TEMPI SUPPLEMENTARI

di forevergiulia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Il sole splendeva ancora alto su Nerima. Il cielo blu cobalto era privo di nuvole ed il caldo vento dell’est trasportava con sé il profumo dei fiori di ciliegio appena sbocciati. Nel parco del piccolo quartiere, madri e padri guardavano i loro piccoli giocare con gli aquiloni mentre i cani abbaiavano festosamente al loro seguito. All’ombra di qualche albero giovani coppie scambiavano i loro primi incerti baci d’amore ed in lontananza il suono di un’antica canzone popolare riecheggiava, dolcissima.

Era il primo giorno di primavera, il giorno in cui si sarebbe celebrato il matrimonio tra Akane Tendo e Ranma Saotome.

Il Tendo Dojo era allestito a festa, le sue antiche e pesanti travi erano circondate da ghirlande di fiori bianchi e profumati, gli stessi appuntati sulla giacca di lui e tra i capelli morbidi di lei.

Sarebbe stata una giornata stupenda, doveva essere così…

“Tsk’…doveva…appunto…” pensò nella sua testa Akane. Si alzò da terra e con la mano fece per strofinarsi il lungo abito bianco per liberarlo dalla polvere sottile che creava un’ombra scura sul suo colore immacolato, poi così facendo si guardò la mano; era ancora rossa e dolorante. Quella stessa mano pochi secondi prima aveva spedito Kuno Tatewaki della Sezione B detto “il Tuono Blu” direttamente su un’altra galassia. Non gli fece nemmeno finire la frase: “Akane Tendo, sposiamoci noi du…!” che il malcapitato si ritrovò in orbita accompagnato a ruota dal vecchio maestro Happosai che facendosi forte delle sue piccole fattezze non aveva esitato a nascondersi tra i mille volant del suo vestito da sposa.

La sua mano bruciava ancora, non tanto per il gesto appena compiuto quanto per la rabbia che le stava scorrendo dentro e che le faceva serrare i pugni…doveva essere il giorno più felice della sua vita, diavolo, quanto le era costato quel passo!

Ripensò a qualche settimana prima, a lei che era in bilico tra la vita e la morte e a Ranma che gridava disperato il suo nome in una grotta sperduta a Yusenkyo, in Cina. Lo stesso Ranma, quella mattina, aveva negato tutto, le aveva dato della “cretina” e l’aveva lasciata sola per cercare l’unica cosa che realmente gli interessava: l’acqua della Nan Nichuan! “Pensavo…che.. mi amasse.” sibilò a sé stessa con un filo di voce, quel tanto per farle salire un groppo in gola e farle bruciare gli occhi che volevano solo piangere…

Si girò e con amaro disgusto vide quello che la circondava. Nel disordine più totale il Dojo era stato preso in possesso da più persone di quante effettivamente ne potesse contenere quel luogo. Nabiki Tendo era stata accorta a spargere la voce del fatidico evento quanto più possibile, certa che questo avrebbe giovato ai suoi bilanci ed al suo portafoglio, come sempre, ovviamente, quando si trattava di qualcosa che riguardava Ranma e Akane.

Su di un piccolo palchetto era stata posizionata in bella vista quella che avrebbe dovuto essere la torta nuziale, un gigantesco trionfo di squisita panna montata che ora giaceva rovinosamente sul pavimento di legno corteggiata da un’affamatissima Hinako Ninomiya, la prof. della sua classe, anch’ella invitata al convivio.

I sui compagni di classe stavano intanto imprecando ad alta voce per le buste in denaro, poco prima lasciate in custodia a Nabiki come pegno per gli sposi, rivalendosi del diritto di vedersele restituite consci del fatto che quel giorno non sarebbe avvenuto ciò che era stato annunciato.

In un angolo Nodoka Saotome fissava la scena con uno sguardo attonito, in piedi accanto a Kasumi, la più grande delle tre sorelle Tendo, mentre suo marito Genma cercava di estraniarsi dal trambusto facendo roteare una palla sulle sue zampe di panda. Soun, il padre della sposa, era ridotto ad un’entità spettrale, prosciugato fino all’osso dagli eventi e dai debiti contratti per organizzare quella cerimonia. Akane lo guardò così affranto e pensò, mentre una lacrima le rotolava sulla guancia resa viva dal trucco, “Perdonami papà… anche oggi ti ho deluso”.

Il dojo versava nel più completo caos, tutto si poteva dire tranne che quella fosse una cerimonia di matrimonio…La palestra dei Tendo era ridotta ad un cumulo di macerie a causa dei terribili okonomiyaki speciali di Ukyo a base di polvere esplosiva. Li aveva preparati apposta per impedire che la cerimonia avesse corso, ma inavvertitamente l’esplosione aveva finito per coinvolgere il povero Ranma che finì a terra svenuto con due X al posto degli occhi.

“Brutto deficiente!”, Akane digrignò i denti mentre guardava Shan-pu ed Ukyo che cercavano di rianimarlo, lottando tra di loro per stabilire chi gli avrebbe praticato la respirazione bocca a bocca.

Agguantò il codino del povero Ranma ancora svenuto e con un “MEGATON PUNCH” lo spedì a far compagnia agli uccelli…Il pugno gli fece riprendere coscienza, ma fu questione di un attimo e “SDENG!” la testa gli si incastrò tra le tegole di un tetto, qualche isolato più in là, tramortendolo nuovamente.

“Aya, cosa hai fatto al mio povelo Lanma, dannata usulpatlice” le ringhiò contro la bella cinesina.

“Sì, cosa pensavi di fare Akane, credevi che vi avremmo lasciato fare tranquillamente come se niente fosse?Ricorda che anch’io sono la sua fidanzata….” urlò Ukyo “…e se oggi hai pensato di essere tu alla fine a vincere, ti sbagli! Non te lo permetterò mai, capito?!!”.

Akane non poteva più reggere la collera. Senti dietro di sé il forte odore delle rose nere e subito ne fu avvolta “Akane Tendo, pazza! Come hai osato rovinare il mio meraviglioso matrimonio con Ranma?!! Non ti perdonerò mai!”. Kodachi Kuno, chiamata la “Rosa Nera“ le stava puntando il dito contro mentre sfacciatamente aveva indosso anch‘ella un abito da sposa dello stesso colore delle rose che portava sempre con sé.

L’aura di Akane si fece di un colore blu acceso e sembrò che il suo corpo quasi andasse in fiamme: “Maledette avete rovinato tutto quanto!!!Sparite da casa mia immediatamenteeee!!” e con l’altra mano rispedì le tre indesiderate direttamente all’altro capo della città.

Era a testa bassa, guardava il pavimento con gli occhi velati dalla rabbia e dalla tristezza, le sue mani erano ancora strette in due pugni chiusi e tremava…si, tremava come se tutta la tensione di quella giornata le trasudasse dal corpo proprio in quell’istante…

Kasumi tentennò, poi le appoggiò delicatamente una mano sulla spalla, mentre con l’altra le scostò alcune ciocche di capelli che si erano separate dal resto dell’acconciatura creata con le sue mani sapienti e le disse: “Non preoccuparti per quello che è successo, Akane. So che tu e Ranma vi volete bene e che non sarà questo a separarvi o ad impedirvi di sposarvi. Organizzeremo nuovamente il matrimonio la prossima settimana!”. La sua voce era dolce e lieve come una carezza.

“Sì, sì, io ci sto!”disse Nabiki. “Doppio matrimonio, doppie entrate!!Ah ah ah!……ah…..A...Akane? Ti senti bene?”

Akane era fuori di sé, non una parte del suo corpo era sotto controllo ormai, tanto meno il cervello.

Scostò bruscamente la mano della sorella lasciandola nel vuoto: “Ve lo potete scordare che io commetta una seconda volta una simile pazzia! Non sposerò mai quell’idiota, MAI, avete capito? MAI!!!” e scappò via, così, tra le lacrime e portando con sé ancora i mille volant del suo vestito ed il velo ancora appuntato sul capo.

“Oh, povera Akane…non l’ho mai vista tanto sconvolta e disperata!” sibilò Kasumi.

“Akaneeeee!! Torna dal tuo papà…Akaneeeee!!”. Il povero Soun stava inondando la palestra delle sue lacrime, mentre Genma, ancora sotto forma animale estrasse dalla folta pelliccia un cartello: “Ah…sono rovinato!”……….

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Capitolo 2
*** 2 ***


“Andate, lo spettacolo per oggi è finito!”. Nabiki congedò gli ospiti al portone del dojo: “Se ci saranno novità non preoccupatevi , vi informerò rapidamente” sorrise maliziosa, “…per la modica cifra di 3000 yen a notizia!”

“NO, GRAZIE!” le risposero in coro con voce tagliente e sguardi furenti; così dicendo ognuno ritornò da dove era arrivato.

Nel dojo regnava finalmente il silenzio, ma quello stesso silenzio opprimeva l’animo di Nodoka,

Non si era ancora spostata , era rimasta lì, a guardare l’uscio dal quale Akane era scappata via in lacrime.

Sentì qualcuno bussare con un dito sulle sue spalle, lei si voltò di scatto, quasi come se si svegliasse da un’ipnosi e vide il volto del Cerimoniere di nozze, quello che era stato interpellato per celebrare il congiungimento di suo figlio con la ragazza.

“Bhè, direi che per oggi possiamo concludere qui, non vero signora Saotome?” e fece per uscire, non prima di averla salutata con un rispettoso inchino.

“No…no, aspetti. Forse c’è qualcosa ancora che possiamo fare per salvare questa giornata!” disse lei d‘impeto.

“Signora, io non voglio contraddirla, ma dopo quello che ho visto oggi sinceramente temo che…”

“Mio figlio e la figlia di Tendo si amano sul serio! La prego…si fidi di me” disse sfoderando un dolce sorriso al quale era impossibile opporre resistenza.

“…Sarà…”

Nonostante le ottime previsioni meteorologiche cominciò a piovere su Nerima. Era una pioggerellina fitta e lieve, ma fu quel che bastava per far riprendere a Ranma i sensi, sortendo,però, la ben nota maledizione che lo costringeva a tramutarsi in ragazza. Era ancora tutto indolenzito, gli faceva male ogni respiro, si sentiva le ossa ridotte in polvere. “Ahio…aahii…Ahiaa!Sarà stata sicuramente quella stupida di Akane a ridurmi così!Maledizione!”

Cercò di rimettersi in piedi e così facendo notò che il suo abito da sposo era quasi ridotto a brandelli e che la rosa sul suo petto era completamente appassita. Si accorse anche delle rotondità che sostituivano il possente e virile petto e gli uscì un’imprecazione: “MERDA!Se quel maledetto Happosai non avesse bevuto tutta l’acqua della Nan Nichuan che la guida mi aveva regalato a quest’ora non avrei più questo odioso corpo femminile!!!”

Nodoka cercava di correre il più velocemente possibile, ma il suo prezioso kimono da cerimonia non la agevolava affatto nei movimenti. Doveva fare in fretta, doveva trovare Ranma…sarebbe stata solo colpa sua , pensò, se suo figlio ed Akane non fossero riusciti a….

“MAMMA!”. Un richiamo forte la fece bloccare e volgere lo sguardo verso l’alto. Ranma era ancora là, su quel tetto, col vestito ridotto ad uno straccio e bernoccoli che spuntavano sulla sua testa come funghi.

“RANMA!”urlò la madre felice di averlo finalmente trovato. “Ranma! Come ti sei ridotto?! Figlio mio, stai bene?”

Il ragazzo raggruppò le forze e con un gran balzo atterrò lievemente a poca distanza da sua madre: “Ah ah ah!”, rise con tono spavaldo, il suo solito: “Sto benissimo mamma, non preoccuparti, ci vuole ben altro per mettere ko il grande Ranma Saotome, cosa credi sono un uomo i…”…si bloccò ricordandosi di colpo che, in quel preciso momento, il suo corpo stava sfoggiando una quarta di seno abbondante! “Emh…vabbè, lasciamo perdere…Comunque è tutta colpa di quella cretina di Akane! Se mi avesse dato subito l’acqua della sorgente anziché mettere in piedi questa “farsa” del matrimonio a quest’ora non sarei in queste condizioni! Dannazione!” e con un pugno ben assestato piegò il palo della luce di novanta gradi.

Nodoka lo guardò con occhi sgranati ed increduli. Avevano davvero sentito bene le sue orecchie? Davvero Ranma, il suo unico e prezioso figlio era così dannatamente INGENUO?

“Ranma, possibile?…Possibile che tu non abbia capito nulla?”

“Eehh?Ma di cosa stai parlando, mamma?

“Ranma, Akane questa mattina era davvero intenzionata a sposarti e non solo per darti l’acqua come puoi aver pensato tu,. Questa è una cosa che è venuta fuori dopo, quando abbiamo chiamato la guida di Yusenkyo per comunicargli la felice notizia…”

“M…ma…”

“Ascolta Ranma, Akane voleva davvero che questo matrimonio avvenisse… dovevi vedere la sua faccia quando questa mattina io e Kasumi l’abbiamo aiutata a prepararsi…era così raggiante…ed …innamorata…”.

Il volto di Ranma era ormai paonazzo, non sapeva se doveva vergognarsi di più per ciò che solo ora stava apprendendo o se per il comportamento che aveva tenuto con la ragazza quella mattina: “I..io…non lo sapevo…”

Lo sguardo di Nodoka si fece dolce, le sembrava di cogliere in quel ragazzo,così all’apparenza sicuro di sé, una nota si smarrimento: “Ranma, sei davvero tutto tuo padre…eh eh eh!”.

“Eeeehhh?! COSA STAI DICENDO?!!!Preferirei infilzarmi il ventre subito con la tua katana che assomigliare a quel maledetto di mio padre!!”

Nodoka non fece caso a quelle parole, si appoggiò ad uno scalino e proseguì: “Figlio mio, tuo padre ti ha mai raccontato come ci siamo conosciuti e come ci siamo sposati?”.

“Ve-veramente no, anzi, in realtà non mi aveva nemmeno raccontato di avere una madre fino a quando non ti sei presentata quel giorno a casa Tendo!”…Ranma ribollì a quel ricordo e a quel sentimento di frustrazione che gli dava l’impossibilità di presentarsi a sua madre a causa si uno stupido giuramento fatto da quell’irresponsabile quando lui era ancora in fasce…

“Lo immaginavo…è troppo timido per farlo. Ascolta Ranma, quando dico che tu e tuo padre siete simili intendo dire che lo siete nel comportamento e nel carattere…d’altronde tu hai passato tutta la tua giovane vita solo con lui, come potrebbe non essere così?”.Ranma ricordò in un momento tutte le disavventure che aveva condiviso con quello stolto di suo padre, pensò a tutti i viaggi che avevano fatto, fino a quell’ultimo, maledetto, in Cina…ma la voce di sua madre lo distolse da quel pensiero…

“Io e tuo padre eravamo entrambi figli di due delle più importanti Scuole Indiscriminate di Arti Marziali di tutto il Giappone…sfortunatamente, però, le nostre famiglie erano anche acerrime nemiche,un odio tramandato di generazione in generazione…”fece una lunga pausa come a raccogliere in sé le giuste parole che le servivano per esprimere meglio quello che stava per raccontare - “Siamo cresciuti nel reciproco disprezzo, ma ben presto ci accorgemmo che quel sentimento che provavamo l’uno per l’altra era solo una faccia della medaglia…capimmo che quell’odio non ci apparteneva e mai ci sarebbe appartenuto…nonostante ciò tuo padre non fece mai un passo per farmi capire che provava per me lo stesso sentimento che io nutrivo per lui… era forte, forse il ragazzo più abile che avessi mai conosciuto, ma nelle faccende di cuore era davvero inesperto…proprio come te, Ranma.”.

“Glom!” Ranma deglutì come per farsi andare giù quelle parole che sapeva, mai erano state più vere “E…e poi…cosa accadde?” chiese timidamente alla madre come per incitarla a proseguire il racconto.

“Poi…arrivò… un altro...un altro uomo.”.Nodoka sentì le guance arrossarsi lievemente a quel ricordo… “Eeeehhh?!!” Ranma la guardava a bocca aperta, non capiva.

“Sì, mio padre mi promise in sposa all’erede di una delle famiglie più facoltose della città…era un uomo ricco e potente, l’uomo giusto per risollevare le sorti della nostra Scuola che da qualche anno versava in uno stato di declino economico insostenibile…io non lo amavo, ma per obbedire a mio padre decisi di sacrificare me stessa ed il mio amore per Genma…” - “E lui?Possibile che quel deficiente non abbia provato a fermarti!?” ormai Ranma era completamente assorbito da quel racconto.

“La notizia si sparse velocemente e lui non ci mise molto ad apprenderla dato che frequentavamo lo stesso liceo…ricordo ancora quel suo sguardo così smarrito, negli occhi un misto di odio e disperazione, occhi che evitavano accuratamente ogni mio sguardo, ma che io sentivo prepotentemente su di me ad ogni mio respiro…”. La voce di Nodoka era leggermente incrinata; il ricordo di quel giorno aveva lasciato un segno profondo nella sua anima. Respirò profondamente e proseguì: “Volevo che mi fermasse, lo volevo con tutte le mie forze, ma il suo stupido orgoglio e la paura della reazione delle due famiglie gli impedì di confessarmi i suoi sentimenti.”

“Ma…ma allora come hai fatto poi a diventare sua moglie?Cosa è successo?” chiese il figlio esasperato.

“Semplice, la notte prima del fatidico matrimonio nessuno dei due riuscì a prendere sonno… entrambi lasciammo le nostre case all’insaputa l’uno dell’altro, costeggiammo il fiume in direzioni opposte, ognuno in cerca di una risposta…

finchè non ci ritrovammo l’uno di fronte all’altra…noi, soli con le sole stelle che facevano da pubblico…appena lo vidi pensai che fosse un sogno e senza pensare alla logica mi buttai col viso pieno di pianto sul suo petto…era imbarazzato, eccome, non sapeva né cosa fare né cosa dire. Decise perciò di smettere per una buona volta di pensare…al diavolo l’onore, l’orgoglio e l’antico odio…tuo padre mi baciò, semplicemente e con quel bacio io sentii tutte le parole che non aveva mai avuto il coraggio di dire…”.

Sul volto di Nodoka scivolò una lacrima calda che subito si affrettò ad asciugare.

“Nonostante tutto tornai a casa, ero ancora convinta che il mio bene venisse dopo quello della mia famiglia. Aspettai così, insonne, di andare incontro al mio destino sapendo che la luce del mio amore mi avrebbe dato la forza per vivere…”. Ranma l’ascoltava rapito…non gli sembrava nemmeno che stesse sentendo parlare del padre…non era abituato ad immaginarlo in quei termini; per lui era sempre stato un uomo al di sopra dei sentimenti, un padre duro, inaffidabile…mai aveva scorto in lui tale tenerezza, se non rare volte, quand’era ancora piccolo…

“La mattina dopo mi incamminai verso l’altare col mio kimono bianco per unirmi ad un uomo del quale sapevo appena il nome, ma all’improvviso sentii le porte del dojo di famiglia spalancarsi con un gran fragore… lui era lì, sul ciglio di quel portone…i suoi occhi erano pieni di disperazione e di supplica…

“Nodoka! Nodoka…ti scongiuro…non lo fare…io…io … ti …amo! Nodoka!!”sorrise dolcemente a quel pensiero…“tuo padre dimostrò con quel gesto quanto più coraggio può vantare un uomo in tutta la sua vita…aveva sfidato il destino, le stelle e tutte le leggi dell’universo…Mio padre rimase colpito quanto me da quelle parole e da quell’uomo così temerario che, consapevole di essere finito nella tana del leone, aveva comunque rischiato per amore di sua figlia…si voltò verso di me, mi fissò serio e mi disse: “Figlia, è lui l’uomo che ami?” ed io mi ritrovai ad urlare la risposta a quella domanda con quanto più fiato avevo in gola: “Sì! Sì, padre! E‘ lui che amo ed è per lui che sono pronta a morire se tu vorrai che la tua mano cada su di me per punizione!…So che mi ripudierai per questo, ma…io lo amo! Io ti amo, Genma Saotome!”.

Il suo viso era sbiancato, non aveva parole…Ranma non aveva mai immaginato che l’amore tra i suoi genitori fosse in realtà così profondo…e puro…

“Mio padre rimase così colpito che decise di annullare il matrimonio in corso per recarsi di persona dalla famiglia Saotome…parlarono per ore ed ore, cercando di risolvere le vecchie incomprensioni ed alla fine quando fummo invitati ad entrare nella stanza dove i nostri genitori stavano discutendo venimmo accolti dai nostri padri che con una pacca sulle spalle ed un enorme sorriso si congratularono con noi e diedero la loro benedizione al nostro matrimonio…un anno dopo nascesti tu, Ranma, frutto di un amore sincero e profondo come il mare…”.

Le lacrime investirono il viso femminile di Ranma che si aggrappò alle braccia della madre lasciando il capo chino perché lei non potesse vederlo in volto: “Mamma…mamma…perché mi hai raccontato questa storia?”

Lei gli alzò dolcemente il viso perché potesse guardarlo negli occhi: “Perché tu sappia che la luce di una storia è molto più forte dei dubbi che uno ha*…e perché tu capisca che un vero maestro di arti marziali non è colui che si impone con la forza o con l’orgoglio, ma è colui che combatte con l’amore nel cuore…pensa Ranma…pensa a tutte le volte che ti sei trovato ad aver la peggio in un incontro con uno dei tanti e terribili nemici che hai fin’ora dovuto affrontare…chi è che ti ha dato la spinta verso l’alto per continuare a lottare e vincere?”… la domanda che la madre gli pose aveva un’unica risposta e la risposta sgorgò dalla sua gola sincera e libera: “…Akane…”.

Lei gli mise una mano sulla spalla e con l’altra gli sistemò dolcemente i capelli ancora arruffati: “Ora, figlio mio, sai cosa devi fare…non aspettare, non indugiare oltre…lei non ci sarà per sempre, potrebbe stancarsi prima o poi di questa tua indecisione, ma so che tu non vuoi perderla…non è vero?”

Ranma pensò immediatamente al significato di quelle parole… “perdere Akane” equivaleva a rivivere quell’inferno che aveva provato quando l’aveva sentita così fredda ed inerme tra le sue braccia, in quella grotta, a Yusenkyo…era stato solo un assaggio, ma gli era bastato…non poteva immaginare di vivere senza di lei, senza i loro battibecchi e senza i loro litigi…i litigi…oh, ne avevano avuti di straordinari, ma lui era sempre tornato da lei e lei lo aveva sempre perdonato. Sarebbe stato così anche stavolta? Dopo tutto quello che era accaduto quella mattina lei avrebbe avuto ancora la forza di perdonarlo?

“Su, vai. Akane ti sta aspettando da un pezzo, oramai.” gli disse la madre intuendo il suo pensiero, “Mostrale che nonostante il tuo aspetto sei un vero uomo! So che puoi farcela perché sei figlio mio e di Genma, sei il figlio del coraggio…”

“Mamma…mamma…!” disse asciugandosi le lacrime e guardandola fisso negli occhi.

“Sì?”

“GRAZIE!”

Ranma si voltò e cominciò a correre forte, sempre più forte fino a che la sua sagoma scomparve in lontananza.

 

“Mmmhh…forse ho un po’ esagerato, ma quel ragazzo aveva bisogno di un incoraggiamento…ha vissuto tutta la sua vita dedicandosi anima e corpo alle arti marziali ed all’addestramento, dimenticando di coltivare i propri sentimenti…è cresciuto senza l’amore e le attenzioni di una madre e questo ha fatto di lui un ragazzo timido ed insicuro…, perdonami Ranma, è anche colpa mia, ma sono sicura che dopo oggi, figlio mio, capirai di essere diventato uomo…anche senza “Nan Nichuan”……”.

*(questa fase è tratta da una bellissima canzone dei TIROMANCINO, mi aveva così colpito che ho deciso di utilizzarla in quel contesto. Sarà mica reato…boh?)

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Capitolo 3
*** 3 ***


Akane stava lì, seduta su un’ altalena, nel parco ormai deserto.

Il sole era tramontato da un pezzo, ma lei non se n’era accorta. Ciondolava assente e l’unica compagnia era il cigolio delle catene che teneva strette nelle mani.

Non sapeva cosa fare, non sapeva nemmeno se tornare a casa, ma poi, anche se l’avesse fatto, che cosa avrebbe detto? E cosa avrebbe detto lui?…No, non poteva tornare…non così, non ora…

Dio, come si sentiva stupida! Aveva lanciato alle ortiche tutto il suo orgoglio quel giorno, si era presentata al cospetto dell’uomo che amava, pronta a fare di sé la sua sposa…per amarlo e onorarlo tutti i giorni della sua vita, nella gioia e nel dolore, in salute ed in malattia, finché morte non li avrebbe separati…ed invece che cosa aveva fatto lui? L’aveva trattata come al solito, anzi, peggio! Aveva calpestato l’amore che lei stava donandogli preferendole un vaso pieno d’acqua di sorgente…

“Bè, almeno ho avuto la prova definitiva che Ranma non mi ama….”sorrise beffarda tra le lacrime che riprendevano a sgorgare dai suoi occhi belli - “…non mi ama…” ripeté come a volersi convincere di quell’amara realtà. Prima se ne sarebbe fatta una ragione e meno avrebbe sofferto, ma in quel momento tutto ciò le faceva male, male da morire…

“Ranma…perché?…Perché non mi hai mai detto che mi odiavi allora? Sarebbe stato meno doloroso ed io non mi sarei così illusa…sarebbe stato meglio soffrire per il tuo odio che capire che non mi hai mai amata…”.

Piangeva, ora più disperatamente di prima e la cosa più terribile era che non aveva la più pallida idea di come smettere, sembrava non essere più in grado di ragionare lucidamente, razionalmente come aveva sempre fatto. Era sempre riuscita a tenere a bada i sentimenti che nutriva per lui, ma ora non poteva più. Erano esplosi in tutta la loro forza e passione e non sapeva come fare per imprigionare nuovamente dentro di sé quel tornado che la stava investendo…Nemmeno quando era finita nell’Hiryu Shotenha lanciato da Ranma si era sentita così in balia delle forze della natura. Si stava lasciando cadere giù, nel vuoto che la disperazione aveva creato.

 

Ranma correva veloce. Nella testa aveva ancora le parole di sua madre e l’immagine di suo padre, in preda alla disperazione ed al panico, sulla porta di quel dojo, che urlava il nome della donna che amava…proprio come, per uno strano scherzo del destino, aveva fatto lui solo qualche settimana prima, in quella grotta fredda ed umida…

“Chissà cosa ha provato in quel momento…uff…”pensò tra i sensi di colpa: “… forse ho sbagliato a reputarlo così superficiale in tutti questi anni e a trattarlo come tale. Non ho mai immaginato che potesse arrivare a compiere un gesto del genere…mah, cercherò di essere un po’ più indulgente con lui d’ora in poi…”.

Pensò che se per sua madre era stato capace di provare un sentimento così forte e profondo, avendo l’inconfutabile abilità di nasconderlo agli altri, lo stesso doveva sentire per lui che era suo figlio, frutto di quel suo stesso amore.

Non l’avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stesso, ma quel pensiero gli donava una sensazione strana, un senso di completezza che mai aveva avvertito. Era come ritrovare le braccia di suo padre che lo avvolgevano quando era bambino, nelle fredde notti d’inverno, chiusi in una tenda, ad aspettare che la tormenta finisse.

Chiuse gli occhi a quel ricordo , avvertì quel calore e si sentì di nuovo amato.

 

“Akaneee!Torna a casa…., dove sei, piccola miaaaa…!!!”.Soun stava ancora “galleggiando” per casa con fare spettrale, mentre Kasumi, con la sua solita flemma, si destreggiava tra i fornelli della sua grande cucina sperando intimamente che quella sera sarebbero riusciti a cenare tutti insieme, serenamente, come sempre.

Nabiki era chiusa nella sua stanza. Più di tutto, in quel momento, le interessava stabilire a quanto ammontava il gruzzolo che con quella giornata era riuscita a tirare su. “Tutto qui? Solo 4500 Yen? Tsk, dovevo immaginarmelo da dei ragazzini delle superiori…ed io che non aspettavo altro che questo giorno arrivasse per rimpinguare il mio conto! Bè, a questo punto a che serve organizzare un altro matrimonio? Rischiamo pure di rimetterci con quello che ci sono costati i preparativi!…Che nervi!”disse e lanciò sul letto la sua fidata calcolatrice accasciandosi, poi, sul pavimento: “Akane era davvero arrabbiata oggi…chissà, forse questo darà finalmente una scossa a quei due testardi orgogliosi!…Aahh, come ti invidio Akane…tu che hai l‘amore che ti scorre tra le dita non riesci a trovare la forza per stringere la presa ed afferrarlo…come vorrei riuscire a provare quello che provi tu, sorellina…ma io…sono diversa da te, non ne sono capace…” chiuse gli occhi per trattenere una lacrima, ma non fece in tempo. Le era già rotolata giù.

“Akane! Sei qui? Vieni fuori, devo parlarti!!!” la voce di Ranma ruppe il silenzio che da poco si era creato.

“Ranma?” una voce lieve lo accolse.

“Ah, sei tu Kasumi?” arrossì flebilmente accorgendosi di essere entrato in casa urlando come un ossesso: “Scu-scusami, mi sai dire do- dove posso trovare Akane?Devo parlarle di una cosa molto import…”…

“RAAANMAAA!!!” Soun si era materializzato sopra di lui: “ Come osi presentarti a casa senza avermi riportato la mia bambinaaaaaa!!!!”

“Ma che diavolo stai dicendo Soun, cosa ne so io di dov’è finita quella cretina di Aka…”

“E allora ritrovala, fedifrago!” e con un calcio lo spedì tra le stelle facendolo atterrare, quattro isolati dopo, direttamente nella vasca da bagno dove Kuno Tatewaki in persona si stava godendo il suo, tanto atteso, bagno serale..

“Ranmaaa Saotomeeee!!!” Kuno si mise prontamente in piedi brandendo la sua fedele spada di legno: “Non ho nessuna intenzione di fare il bagno insieme ad un uomo!! Questo è un vero affronto per il grande Kuno Tatewaki, ora pagherai con la morte!!!!”

“Ma che è? Siete tutti matti?!!” urlò Ranma, disgustato da quel “belvedere” e con un balzo si fiondò fuori da quelle mura lasciando il poveretto steso a terra, svenuto, con l’impronta del suo piede impressa sulla fronte.

“Dio, che incubo…” pensò fermandosi un po’ per riprendere fiato, “..ma almeno ho ripreso il mio aspetto maschile, finalmente!”. Camminò lento cercando di pensare a che cosa doveva essere successo durante la sua assenza.

“Dalle condizioni in cui era Soun immagino che Akane deve aver fatto una delle sue solite scenate da bambina!…”

Si pentì subito di quel pensiero, ricordandosi che se Akane era arrabbiata la colpa principale era sua e della sua stupida insensibilità.

“…lei non ci sarà per sempre…potrebbe stancarsi prima o poi….”. Gli tornarono d’improvviso in mente le parole di sua madre…doveva trovarla, parlarle e fare pace con lei. Subito, prima che fosse troppo tardi.

 

Lei era ancora lì, su quell’altalena, in mezzo al parco immerso nel buio della sera. Akane aveva ancora indosso il vestito da sposa, il velo invece era appoggiato sulle ginocchia avvolgendola come a volerle dare protezione dal freddo che cominciava a farsi pungente. La luna rifletteva i suoi raggi argentei sul suo vestito bianco illuminandola come una piccola stella scesa dal cielo; la sua carnagione sembrava ancora più candida.

Lui la vide.

Si fermò per respirare più a fondo, temendo che l’aria gli mancasse di colpo. Anche da lontano la poteva immaginare e la vedeva bella, bellissima come non mai…

Rimase per un attimo in contemplazione e sentì improvvisamente il suo cuore scaldarsi. Sapeva di aver dato un nome a quel groviglio di sentimenti che provava ogni qualvolta lei gli era accanto , quando, ad esempio, la mattina, a colazione, coi primi raggi di sole che le illuminavano il viso gli dava il buongiorno o quando in classe, durante la lezione, si scopriva a guardarla teneramente mentre metteva tutto il suo impegno nello svolgimento di un compito particolarmente difficile oppure ancora quando lei, dopo l’ennesimo litigio, gli gridava di odiarlo e di andarsene al diavolo per poi sentire da dietro la sua porta i singhiozzi nati dalle sue lacrime…

…Amore…

Aveva avuto così poco amore nella sua vita che non sapeva nemmeno di essere in grado di provarlo…non lo sapeva, fino a quando non aveva incontrato Akane.

Per che cosa e come era vissuto fino ad allora?

Anche sforzandosi non riusciva a ricordare nulla, forse perché non c’era nulla di così esaltante da dover essere ricordato o forse perché da quando era comparsa lei nella sua vita ogni cosa aveva assunto il giusto peso, il reale significato. Per quanto ingarbugliata, la sua esistenza aveva trovato un senso logico solo dal giorno in cui si era ritrovato a solcare il portone dei Tendo, tutto il suo passato, invece, ora, faceva parte di una vita che non sentiva nemmeno più sua.

In realtà, lo capì proprio solo in quell’istante.

Tutto ciò che prima di lei c’era stato era solo un sentiero da percorrere per arrivare lì, quel giorno, in quel parco, a Nerima, sotto la notte più stellata che avesse mai visto.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Il suo corpo era ancora immobile su quella seduta. Aveva freddo, ma non tremava; le sembrava che il sangue le si fosse gelato nelle vene e che il cuore avesse smesso di battere già da un pezzo.

I suoi occhi, segnati dal lungo pianto, erano fissi verso un punto impreciso, indefinito…guardavano il nulla, lo stesso nulla di cui,oramai, si sentiva pienamente parte.

Non voleva più rimanere in quel posto, sarebbe fuggita lontano mille miglia se solo avesse potuto, ma allo stesso tempo si sentiva pesante, stanca, ancorata come un piombo su quell’altalena dalla quale non aveva la forza di alzarsi.

Da quante ore era lì? Una, due…forse molto di più.

Si pose quella domanda senza preoccuparsi di darvi una risposta, rendendosi conto che neppure le interessava.

In realtà, aveva deciso in quel pomeriggio, erano molte le cose che da quel giorno in avanti, non avrebbero più avuto importanza per lei… innanzitutto non si preoccupava di ciò che sarebbe accaduto alla sua esistenza da quel momento in poi, tanto meno le interessava quello che ne sarebbe stato di Ranma e del loro rapporto. Doveva evitare in tutti i modi di pensare a lui, doveva farlo per non impazzire…

Era emotivamente esausta.

Da quando l’anno prima Ranma si era stabilito in casa sua, a causa di quel fidanzamento deciso dai loro genitori, la sua vita non era stata più la stessa. Ogni giorno le sembrava un vorticoso giro di giostra, una girandola si sentimenti ed emozioni talmente forti da riuscire a farle vivere inferno e paradiso insieme.

Sapeva che alla fine ne avrebbe sofferto, lo sapeva da quando era morta sua madre, lasciando in lei il dolore devastante per la perdita inaspettata di quell’amore, così assoluto e sconfinato, che il suo piccolo cuore di bambina non riusciva neppure a contenere.

Si era ripromessa, a quel tempo, che mai più avrebbe amato. Non avrebbe più sofferto per amore, perché di amore in lei non ve ne era più per nessuno, se non per la sua famiglia.

Aveva cominciato così ad odiare gli uomini…li evitava per salvaguardarsi da un’ulteriore sofferenza, convinta che, se mai si fosse lasciata andare, prima o poi, qualcosa sarebbe intervenuto a strapparle ancora quella piccola speranza di felicità… sarebbe stata lasciata sola ancora una volta e lei questo non avrebbe più potuto sopportarlo.

Poi, un giorno, arrivò Ranma.

Era un ragazzo speciale, così diverso da tutti quelli che prima di lui aveva conosciuto. Era indubbiamente bello, coi suoi capelli corvini e gli occhi blu come il cielo d‘agosto, ma non fu questo che la colpì. Lui era forte, onesto, leale e molto coraggioso , ma purtroppo era anche testardo, orgoglioso e spesso superficiale ed insensibile. Era un capolavoro di pregi e difetti, e lei lo amava, amava anche ciò che apparentemente non sopportava.

Non se ne era innamorata subito, questo no, ma, man mano che il tempo scorreva si era accorta che quel buffo ragazzo con la treccia era riuscito a solcare tutti i suoi confini, abbattendo la sua corazza ed arrivando dritto dritto al suo cuore…nonostante tutto. Non sapeva nemmeno come era accaduto, sapeva solo di provare una morsa allo stomaco quando assisteva ad una delle sue innumerevoli corteggiatrici che gli si strofinavano addosso o che le era impossibile guardarlo fisso nei suoi grandi occhi blu per più di cinque secondi senza arrossire.

Avrebbe dato la vita per lui, anzi c’era quasi arrivata a farlo, a Yusenkyo, quando si era gettata sul “kinjakan” per salvarlo dall’attacco della Fenice, lasciando agire il suo cuore e non più il cervello.

Per lui aveva smesso di odiare. Per lui, dentro di lei, finalmente, c’era solo e soltanto amore.

Quel ricordo le provocò un senso di nausea. Come aveva potuto arrivare a tanto? Aveva ceduto, si era fatta trarre in inganno da quell’amaro sentimento che l’aveva tradita e questo non se lo sarebbe mai perdonato.

Non avrebbe mai più commesso lo stesso sbaglio.

Era ancora persa nei suoi foschi pensieri quando d’improvviso una leggera raffica di vento soffiò su di lei scompigliandole i capelli, ancora umidi per la pioggia di poco prima, e facendole volare via il velo appoggiato sempre sulle gambe. Alzò il viso per seguire con lo sguardo la danza lieve di quella piuma leggera sospesa nell’aria…la vide volteggiare ed allontanarsi sempre più, lasciandola sola, al freddo, preda dei suoi stessi sogni, ora divenuti incubi.

Si alzò d’istinto per cercare di recuperarlo senza accorgersi che il vento aveva portato con sé anche il profumo dell’uomo che fino a quella mattina avrebbe giurato di amare.

Era solo qualche metro dietro di lei.

“Akane!”

Lei non si girò, rimase immobile, in silenzio.

“Akane…ti ho cercata per mezza città, si può sapere cosa ci fai qui a quest’ora di notte!?! Tuo padre si sta preoccupando moltissimo per te, lo conosci, no? Dai, andiamo a casa!” il suo tono tradiva preoccupazione e tensione.

“Vattene.” gli rispose lei, non accennando al benché minimo movimento.

“Akane, non fare la bambina come al solito! Non senti che freddo che fa? Guardati! Sei tutta bagnata, ti prenderai un malanno stando ancora qui!”.

“Ti ho detto di andartene…non fartelo ripetere ancora.”

Solo allora Ranma si accorse che la voce di Akane era insolitamente strana, non trapelava alcuna emozione, era una linea piatta. Si era aspettato di trovarla su tutte le furie, si aspettava anche una sua reazione violenta, come suo solito, ma in quella voce non c’era nulla di tutto ciò che si era preparato ad affrontare. Era completamente disorientato.

“Akane, senti, lo so che sei arrabbiata per quello che è successo oggi…io… sono stato davvero uno…uno stupido, ma ti prego, adesso torniamo a casa. Più tardi ne parleremo con calma, vuoi?….Akane?Ehi!…Akane, mi stai ascoltando o no? Girati e guardami quando ti parlo!” la prese per un braccio cercando di voltarla per vederla in viso, ma quando finalmente i suoi occhi incontrarono quelli di lei abbandonò di scatto la presa, quasi spaventato.

Gli occhi di Akane lo fissavano glaciali, il suo sguardo sprezzante si rifletteva in quelle esterrefatto di Ranma.

“Non ti azzardare a toccarmi. Tornerò a casa solo quando sarò certa che tu avrai preso tutte le tue cose e sarai sparito per sempre…Non voglio mai più vedere la tua faccia in tutta la mia vita!”….lo disse senza alcun sentimento, come se quello che era appena uscito dalla sua bocca le fosse indifferente.

Ranma rimase impietrito per qualche minuto mentre continuava a fissarla. Nella sua mente rimbombavano le parole che sua madre gli aveva detto solo qualche ora prima: “…lei non ci sarà per sempre, potrebbe stancarsi prima o poi di questa tua indecisione, ma so che tu non vuoi perderla…non è vero?”…

“lei…”

”per sempre…”

”non vuoi perderla…”

”vero?”…

No che non voleva, dannazione! Era lì per scusarsi, lui. Le avrebbe chiesto anche di perdonarlo, sapendo che sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe dovuto farlo. Voleva solo fare pace con lei e con lei voleva ritornare a casa…ma…che cos’era quello sguardo? Era certo di non essere mai stato guardato da Akane in quel modo, da quando la conosceva mai aveva visto quell’espressione sul suo volto. Si ricordò d’improvviso che una volta gli capitò di essere fissato in quel modo, quella volta che Shan-pu aveva indossato per sbaglio la “spilla muta-sentimenti” tramutando l’amore per lui in un feroce odio, ma in quel momento era diverso…non c’era odio nello sguardo di Akane, non c’era rabbia, non c’era rancore né tanto meno amore!

Era completamente privo di tutti quei sentimenti che aveva imparato così bene a leggere in lei.

Negli occhi di Akane, in quel momento poteva scorgere una sola cosa: il disprezzo.

Ranma abbassò lo sguardo, gli occhi ancora spalancati, sul viso l’espressione di chi ha appena sentito il cuore andare in frantumi. Le parole che lei gli aveva appena lanciato erano più dolorose di lame affilate conficcate nella carne.

Strinse i pugni lasciandoli cadere debolmente giù, lungo i fianchi.

Era troppo scioccato per reagire, la bocca era aperta, ma non emetteva alcun suono. Fece così qualche passo all’indietro, come per mettere meglio a fuoco ciò che stava accadendo.

“Sta…stai scherzando?” fu l’unica cosa che riuscì a dire, anche se si accorse subito dopo di aver fatto una domanda ridicola..

“Mai stata più seria in tutta la mia vita.” fu la risposta secca e tagliente di lei.

Ranma capì che Akane stava facendo dannatamente sul serio, non era un litigio come gli altri, quello.

Non l’avrebbe insultato o malmenato, come era ormai abituato da un anno a questa parte. Non avrebbe nemmeno cercato poi di riconciliarsi con lui, perdonandolo per l’ennesima volta. Non le avrebbe più sfiorato la mano distrattamente mentre gli passava una ciotola di riso, la sera, a cena e non avrebbe più corso al suo fianco la mattina per andare a scuola, cercando di non arrivare col solito ritardo. Non si sarebbe più allenato con lei in palestra al chiaro di luna e non l’avrebbe più presa in giro chiamandola “vita larga”. Non lo avrebbe più obbligato ad assaggiare le “schifezze” che ogni tanto provava a sperimentare in cucina e non si sarebbe mai più sdraiato accanto a lei sul il tetto di casa, nelle notti d’estate, a contemplare le stelle mentre tutto intorno suonava il canto delle cicale.

Non avrebbe più riavuto quei piccoli e preziosi attimi passati insieme perché tutto in quello sguardo era cambiato.

Dinnanzi a quella amara scoperta sentì che tutto ciò che di lei aveva appena perso

già gli mancava terribilmente.

Come avrebbe fatto ad andare avanti e a vivere d’ora in poi senza avere al suo fianco colei che gli dava la forza per farlo?…

continua...

Ciao a tutti! Uff...non avete idea di quanto sia stato difficile scrivere questo capitolo! A parte la mancanza di tempo perenne e la stanchezza arrivata ormai a livelli catatonici, mi sono trovata in reale difficoltà nel cercare di gestire l'onda di risentimento che la piccola Akane sta provando. Non mi è piaciuto dipingerla in questo modo così cupo, ma d'altronde mi è venuto naturale pensando a quello che si può provare trovandosi in una situazione del genere. Ma non preoccupatevi, cari amici dell'happy end, nel prossimo episodio cercherò di sbrogliare tutti i nodi e di dare un tono un pò più leggero a 'sta specie di storia. Un bacio grande grande a tutti coloro che continuano ad inviarmi i loro suggerimenti e le loro impressioni. E' la ricompensa più grande che potevo immaginare. Siete voi a darmi la spinta per continuare. Grazieee! See you later. Kisu.

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Capitolo 5
*** 5 ***


Il suo diniego era più forte del suo amore.
Akane non riusciva più a vedere in quell’uomo che le stava dinnanzi lo stesso che aveva tanto amato fino a quel giorno, anzi, in quel momento lui le sembrava un perfetto sconosciuto.
Desiderava davvero ardentemente che sparisse da quella sua vista e che portasse via con sé quell’onda di tristezza, delusione e sconforto che gli aveva provocato.
Aveva tradito la sua promessa per lui, aveva aperto il suo cuore come mai con nessuno aveva fatto e adesso se ne pentiva.
Continuava a fissarlo, negli occhi la totale indifferenza celata dietro un’ombra di sfida, voleva odiarlo, lo voleva con tutta sé stessa. Sarebbe stato più facile dimenticarlo.

Ranma aveva il capo chino, sembrava che ogni forza gli fosse scivolata via dal corpo e che ogni muscolo gli si fosse atrofizzato sotto la pelle.
Era tutto così assurdo.
Proprio nel giorno in cui aveva finalmente capito, proprio nel momento in cui sarebbe stato pronto per urlarlo al mondo intero, proprio in quel maledettissimo giorno lei lo lasciava.
Ma non solo. Lo disprezzava, il che era ancora peggio che lasciarsi morire di stenti. Avrebbe preferito cento pugni allo stomaco che vedere quell’espressione inconsistente nei suoi occhi.

Pensò che il destino si stesse facendo beffe di lui. Scoprire d’improvviso di vivere per una persona e dovervi allo stesso tempo rinunciare. Equivaleva a morire.
Ironicamente, l’avversione che Akane gli stava indirizzando era indice di quanto in realtà lei avesse profuso speranze e sogni sul loro rapporto.

Quanto più lei lo odiava, tanto più lo aveva amato.


Sapeva che la sua superficialità aveva scalfito irrimediabilmente il cuore della ragazza, calpestando inconsapevolmente, i sentimenti puri e sinceri che lei nutriva nei suoi confronti e che quella mattina gli avrebbe voluto rivelare in tutta la loro profondità.
Come aveva potuto non capire? Quando nella sua stanza l’aveva vista avvolta da quel meraviglioso abito da sposa con gli occhi che brillavano più del sole, come aveva fatto a non scorgere l’intensità di quel sentimento?
Solo ora poteva comprendere, solo adesso che quel sole si era spento per sempre lasciando posto ad uno sguardo vitreo che lo attraversava da parte a parte.



Si voltò, dandole le spalle. Pensava che così facendo avrebbe avvertito meno quel brivido freddo che i suoi occhi gelidi gli stavano provocando. Desiderava più di ogni altra cosa distogliere quello sguardo dalla sua vista.

Fece un lungo respiro, poi raccolse tutte le energie rimaste per affrontare quell’ultima sfida con sé stesso.

“…Io…io…non ti biasimo per questa tua scelta. Da quando sono piombato nella tua vita non ho fatto altro che causarti un mare di guai, senza contare le innumerevoli volte che con la mia stupida insensibilità ti ho ferita… So…che…questo…non ti può bastare, ma…io ti chiedo scusa….Akane…scusami…se puoi…” Ranma glielo stava chiedendo sinceramente, con il cuore in mano, per quello che ne rimaneva in vita. Il tono della sua voce era incerto e tremante, le parole gli uscivano formulate come in una preghiera.

“Ti chiedo scusa…per tutte le mie manchevolezze e per le volte in cui ti ho offesa facendoti soffrire; non…ho mai pensato ciò che ti dicevo…
Ti chiedo scusa per gli imbarazzi, i litigi, le incomprensioni e…per i sorrisi che ti ho rubato.
Ti chiedo scusa per i miei silenzi…troppi…e per le parole che avrei voluto dirti e che…che non ho mai saputo esprimere.
Ti chiedo scusa per tutte le volte che ho messo in pericolo la tua vita e per tutte le volte che non sono stato sincero.
Ti chiedo scusa per le attenzioni, le carezze e…per…i…i…baci…quelli che avrei da sempre voluto darti senza sapere mai come fare.
Ti chiedo scusa per tutte le volte che ti ho illusa e per le volte in cui ho fallito con te. Specialmente questa.
Ti chiedo scusa per tutto ciò che ho fatto, ma soprattutto per ciò che NON ho fatto.
Ti chiedo scusa per tutto ciò che ora mi allontana da te e che probabilmente ti porterà via per sempre…Di una cosa, però non posso chiederti scusa…di…amarti…così…nonostante tutto…”

Si bloccò all’istante. Quell’ultima frase era uscita dalle sue labbra senza avvertimento. Era sgorgata nell’impeto delle emozioni che lo stavano travolgendo come acqua che sfocia con forza nel mare.
Quelle parole le aveva troppo a lungo trattenute, compresse, ed ora, ironia della sorte, erano fuoriuscite così, naturali e spontanee.
Ranma non provò imbarazzo, ma solo stupore per ciò che solo adesso dalla sua bocca aveva ascoltato. Nemmeno a sé stesso, mai, aveva provato ad ammettere quella verità. Si sentì sollevato di un peso enorme, pensando che a quel punto, tanto, non avrebbe avuto più nulla da perdere. Oramai aveva perso già tutto.

Aveva la vita e l’amore che ogni uomo avrebbe potuto desiderare, privilegi che solo un folle può aspettarsi da qualcosa di così arbitrario come la vita…e… ora, la verità era una sola soltanto…molto semplicemente, era finita.

Non gli restava che quest’ultimo filo da spezzare.

“Ecco…io…” cercò di riprendere il fiato che gli mancava in gola: “…so che oramai è… troppo tardi per rimediare, per cui…non…non ti chiedo nulla…io non ti disturberò più, non dovrai più essere in imbarazzo a causa mia…non dovrai più vedere la mia faccia, se è questo che potrà restituirti il sorriso. Solo questo è importante, adesso.”
Deglutì, come a volersi far mandare giù un masso, tanto erano pesanti per lui quelle parole. Serrò i pugni più forte, fino a farsi divenire le mani viola.

“Bè…allora…ciao…A..ka..ne…”.

Quel nome gli si strozzò in gola, Dio com’era difficile lasciarla!
Gli occhi, appannati dalle lacrime, gli restituivano solo i contorni sbiaditi degli alberi che continuavano ad ondeggiare nel vento. Fece un passo, poi due, con fare malfermo. Poi proseguì lento sulla stessa strada che poco prima lo aveva portato fino a lei.
Non si voltò mai indietro. Avrebbe conservato un’ultima immagine di Akane nel suo cuore, avrebbe ricordato quella luce che aveva trovato nei suoi occhi quella mattina, nella sua camera, mentre vestita di bianco gli chiedeva di sposarlo.




Quelle parole, Akane le aveva sentite.


Le avevano udite le orecchie che ardevano riempirsi ancora della voce di lui. Le avevano sentite le mani che adesso tremavano e che desideravano sentire il tocco delle sue, e le gambe, che avrebbero corso da sole pur di fermarlo.
Le aveva intese la sua testa, dalla quale non riuscivano più ad uscire, ed il suo stomaco che sentiva aggrovigliato come una matassa di lana.
E le aveva ascoltate il suo cuore.
Quel cuore che aveva sentito congelarsi e morire nel petto.
Quelle parole avevano trovato un varco, una crepa nel ghiaccio e l’avevano riportata in vita come il primo sole di primavera che scioglie il manto di neve sulle cime ancora imbiancate restituendo i colori ed i profumi della terra.


I lineamenti, che fino a poco prima erano innaturalmente contratti, si fecero dolci e le gote pallide furono attraversate da nuove lacrime.
Ranma era già lontano, poteva vedere la sua figura, stagliata nel nero della notte, farsi sempre più piccola, sempre più distante fino quasi a sparire.
“A…as..pe..tta…”disse con voce impercettibile, simile al pigolio di un debole pulcino.
“A…spetta…Ran…ma!” continuò rendendosi conto che dalla sua bocca usciva solo fiato.


Era rigida come un pezzo di legno, troppo sconvolta da quegli ultimi istanti che stavano decidendo tutto il suo destino.
Decise di provare a correre, ma le gambe erano indolenzite dal freddo e dalla postura immobile in cui si era costretta in tutto quel tempo. Stava compiendo uno sforzo sovrumano solo per riuscire a percorrere pochi metri, ma questo non la scoraggiava. “Devo…devo…fermarlo. Ran..ma!” questa volta la voce uscì esasperata dalle sue corde vocali. Si sentiva la bocca impastata come al risveglio da un incubo
Improvvisamente aveva paura, una paura folle che fosse finita davvero.

Ranma aveva percorso qualche centinaio di metri senza neppure sapere dove le sue gambe fossero dirette. In realtà non sapeva dove andare, non sapeva nemmeno cosa avrebbe fatto della sua vita da quel momento in avanti, ma questi, in quell’istante, gli apparivano come problemi insignificanti. Sì, perché nulla avrebbe avuto più lo stesso significato da quel giorno in poi.
Nella sua testa si arrovellavano pensieri confusi, immagini sbiadite della loro vita insieme che ora lo torturavano come se ogni frammento fosse una spina in più nel cuore.

“Akane…ti ricordi quando ti presi per mano, lì, a Ryugenzawa?
Tu sorridevi felice, mentre il vento accarezzava i tuoi capelli ed il sole baciava la tua pelle.
Sentire il tocco delle tue dita intrecciate alle mie mi stordiva.
Camminavi in silenzio al mio fianco ed io non ti guardavo per paura che avresti capito…
Tu eri appena tornata da me ed io giurai a me stesso che avrei fatto di tutto per non perderti di nuovo…
Se avessi avuto il coraggio di dirti quello che sentivo…forse…a quest’ora…noi…” .
Si fermò un istante.
“…Non riesco a dirti addio…sono un codardo, lo so. Tu me lo dicevi sempre e adesso capisco che mi conoscevi molto più di quanto io non conosca me stesso.…Non riesco a dirti addio…però sappi…quale che sia la distanza che hai voluto mettere tra noi due nulla potrà impedirmi di continuare a pensarti…” chiuse gli occhi mentre un’altra lacrima calda gli scivolava sul viso.

Akane avanzava a fatica. Il suo lungo vestito d’organza incespicava di continuo sotto le preziose scarpette di pelle bianca, ricoprendosi di fango ancora fresco.
Camminava a tentoni nella semioscurità di quel parco debolmente illuminato facendo attenzione a non inciampare contro le radici sporgenti degli alberi. Il sibilo del vento che faceva tremare le foglie e lo scricchiolio dei rametti calpestati dai suoi piedi aumentavano la sua ansia.
Perché gli aveva detto quelle cose così orrende?
Perché aveva lasciato che andasse via?


Maledisse sé stessa ed ogni singola parola uscita dalle sue labbra, si sarebbe presa schiaffi da sola se non fosse stato che in quel momento era totalmente impegnata a ritrovare ciò che aveva appena perso.
Era così assorta che non si accorse d’improvviso di aver urtato un piccolo masso che fuoriusciva dal terreno, precipitando rovinosamente a terra.
Sentì il ginocchio bruciarle terribilmente, si toccò con una mano e sentì un liquido caldo sotto le sue dita. Avvicinò gli occhi e vide il suo stesso sangue scivolarle sul palmo e scendere poi giù, lungo il polso.


Tentò di rialzarsi, ma il dolore si fece subito più acuto, per cui lasciò cadere stancamente il suo corpo su quel prato facendolo aderire a quella miscela di erba e fanghiglia.

Era stata sconfitta. Ma questa volta non da Shan-pu, né da Ukyo, tanto meno da Kodachi.
Era stata sconfitta da sé stessa.

Strinse coi pugni due ciuffi di quel verde e li strappò via con rabbia, mentre le sue lacrime si confondevano tra le gocce di pioggia ancora conservate sui giovani steli.


“…RANMA!…RANMA!” i suoi singhiozzi si fecero più violenti disperdendosi nel vuoto di quello spazio, risuonando in un triste e disperato eco.

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Capitolo 6
*** 6 ***


Era ancora incerto sulla direzione da prendere, da un lato sapeva che sarebbe dovuto tornare a casa Tendo, almeno per tranquillizzare Soun e sua madre, ma dall’altro non aveva nessuna voglia di dover dare spiegazioni o giustificazioni a quello che era appena successo. Era già abbastanza doloroso doverne “parlare” a sé stesso, figuriamoci cosa sarebbe accaduto se gli altri fossero venuti a saperlo!
Akane era stata molto chiara. Non sarebbe tornata a casa fin quando lui non avrebbe raccolto tutte le sue cose e non se ne sarebbe andato, pertanto non gli rimaneva altra scelta. Doveva tornare e affrontare la situazione, anche se poteva già prevedere il cataclisma che ne sarebbe stato generato.

D’improvviso si fermò. Gli era parso si sentire la sua voce che chiamava il suo nome, ma pensò subito che si dovesse trattare di un’illusione, di una proiezione ingannevole dei suoi stessi desideri. Akane lo aveva appena lasciato ed in malo modo, come poteva quindi pensare che lei lo stesse richiamando a sé?
“Tsk, inutile farsi illusioni, stavolta lei non tornerà indietro…” si disse sconsolato. Proseguì per qualche metro.

“RANMA!”

Si bloccò nuovamente. L’aveva sentita di nuovo e questa volta più chiaramente. Se anche fosse stato solo un sogno tutto gli sembrava così dannatamente reale! D’istinto si girò, tornò sulla strada dalla quale aveva appena svoltato e fu lì che la vide.
Potè scorgere solo un puntino bianco, una fioca luce debolmente illuminata dalla luna, ma tanto gli bastò per capire.
Il suo cuore riprese a battere solo in quell’istante, mentre il corpo veniva scosso da una scarica elettrica.
Akane lo stava realmente chiamando.
Era sul ciglio della lunga scalinata che portava direttamente all’ingresso del parco, fece un gradino, poi due, tre, sempre più veloce finchè non si ritrovò a correre. Il cuore gli era salito direttamente in gola.

Akane era ancora per terra, dolorante, ma non era per quello che soffriva. Ben altri erano i motivi della sua disperazione. Si stava infatti chiedendo che cosa sarebbe successo se solo fosse tornata a casa e non lo avesse più trovato lì. Se avesse trovato la sua stanza vuota e spoglia di tutte le sue cose cosa avrebbe fatto? In realtà non riusciva ad immaginarselo perché fino a quel giorno non aveva mai pensato alla sua vita senza di lui. La sua presenza era ormai talmente radicata in lei che pensare di non averlo più vicino sarebbe stato come pensare di non avere più un braccio o una gamba.
Lui era parte di lei, inscindibile ed insostituibile. Anche se avesse vissuto altre cento vite era sicura che Ranma le avrebbe tutte vissute con lei. Oramai non aveva più dubbi.

Fu in quell’attimo che scorse in lontananza una figura sbiadita correrle incontro. Non lo vedeva perfettamente a causa dell’oscurità che la circondava, ma il suo cuore cominciò comunque a battere vorticosamente fino a farle sentire una sensazione di stordimento.
Fu così che si ritrovarono l’uno di fronte all’altra, nuovamente.
Lui ora era lì, ad una decina di metri di distanza che la stava guardando negli occhi con aria interrogativa come a volerle scrutare l’anima.

I suoi occhi…

I suoi occhi erano così lucidi tanto da sembrare che tutte le stelle del firmamento vi si stessero rispecchiando.
Erano così cristallini che Ranma vi si sentiva affogarci dentro.
Soffiava il vento ed i petali dei fiori di ciliegio danzavano intorno ai loro corpi, avvolgendoli in una nube profumata.
Akane non era mai stata così bella…la sua pelle candida era risaltata dalla luna ed i suoi capelli ondeggiavano dolcemente sulle sue spalle…sembrava un angelo sceso dal cielo. Se d’improvviso si fosse alzata e avesse cominciato a volare lui non se ne sarebbe stupito.

Si fissarono per un tempo che sembrò ad entrambi interminabile. Avevano troppe cose da dirsi, ma nessuno dei due aveva il coraggio di rompere quell’attimo. Riuscivano a parlarsi anche senza parole. Non avevano bisogno di grandi discorsi e di frasi fatte. Lui sapeva che lei lo voleva ancora vicino a sé, lei sapeva che lui era tornato per restare. Questo bastava.

Akane avrebbe potuto giurare di sentire il suono di un violino in lontananza. Erano accordi dolci e soavi ed ogni nota si spargeva intorno a loro come pulviscolo nell’aria.
Si sentiva la protagonista inconsapevole di uno di quei film americani, romantici e strappalacrime, che le sue amiche spesso la costringevano a vedere nei sabati pomeriggio passati al cinema. Anche se lei non era mai stata un tipo da romanticherie, in quel momento si sentiva perdere in quell’aria satura di tutta la dolcezza mai saputa esprimere prima dal suo cuore.
La sua stessa natura scontrosa ed introversa si sciolse nell’essenza di quell’atmosfera surreale.


Ranma, dal canto suo, aveva ancora qualche piccola riserva.
Pensava: “E se mi stessi sbagliando? Magari Akane mi ha chiamato per qualche altra ragione…però nei suoi occhi…non c’è più quel gelo e quel disprezzo…anzi c’è…c’è…”. non concluse la frase perché in realtà non riusciva a parole a definire bene quello che lei gli stava trasmettendo. Era un’onda di emozioni che lo stava travolgendo lasciandolo senza respiro.

“A..Akane?” disse poi tutto d’un fiato.
Lei lo guardò fisso per un minuto senza rispondere, poi corrugò la fronte e gli urlò: “Stupido!” mentre le lacrime ripresero improvvise la loro corsa.
“Eeehhh?!…Ma…” Ranma si diede immediatamente dell’idiota. Si era cullato nell’illusione che lei lo volesse ancora con sé ed adesso doveva suo malgrado ricredersi. Insomma, aveva fatto i conti senza l’oste ed ora ne avrebbe pagato le conseguenze.

“Ranma, sei uno stupido! Stupido! Stupidoooo!” continuò lei noncurante dello sguardo disperso nel vuoto di lui: “…Io non posso…non potrò mai perdonarti…!”.
“Ah…allora…è per questo che mi hai chiamato? Per dirmi questo?!” Ranma sentiva una sorta di rabbia mista a frustrazione, una sensazione insopportabile. Avrebbe voluto fuggire.
Lei lo guardò ancora più intensamente, nel suo viso ora vi era una dolcezza disarmante. Ranma faticava a reggerne lo sguardo, sentiva la terra franare sotto ai suoi piedi.
“Io non potrò mai perdonarti se tu ora te ne andrai dopo tutte le parole che mi hai detto! …e non potrò mai perdonare me stessa se ciò avverrà, perché avrei così perso l’unica persona che…che abbia mai amato veramente!”.

Ranma chiuse gli occhi per un attimo. Quelle parole attraversarono tutto il suo corpo come un brivido. Ne fu completamente investito come fa il mare in tempesta che infrange le proprie onde ribelli sugli scogli.
Pensò che in quel momento avrebbe potuto morire. L’emozione che stava sentendo pervadere il suo cuore ed ogni molecola del suo corpo non era cosa terrena, era come riuscire a toccare con un dito un pezzo di cielo.
Era in piedi davanti a lei, ma rischiò di perdere l’equilibrio più volte. Era ebbro di una felicità fino ad allora sconosciuta. Barcollava come fosse ubriaco di quelle parole che lei aveva appena pronunciato.

Lei amava lui, lui amava lei. Era così e sempre così sarebbe stato. Per sempre.

Riaprì i suoi occhi ancora stordito e la prima cosa che notò fu che Akane nel frattempo si era avvicinata a lui lasciando tra i loro corpi un ultimo mezzo metro di distanza.
Le sue gote erano arrossite e questo faceva del suo sguardo una trappola d’amore irresistibile. Ranma aveva completamente perso l’uso della parola, si sentiva un corpo svuotato dell’anima, la quale aveva fatto un enorme balzo ed era volata su, fin sulle stelle.
Non riusciva a fare nient’altro che guardarla. La guardava come se stesse assistendo ad un’apparizione sacra, come se quella che le stava davanti fosse la dea che sedeva al governo del suo destino.

“I…io no…non so davvero c…che dire ades…” disse lui cercando di riacquistare voce.
“Sssshht!” disse dolcemente lei posandogli un dito sulla bocca: “Non dire nulla…dì soltanto di sì.”
“Sì…a che..cosa?” chiese lui cercando di apparire meno stupido di quello che si sentiva nel porle quella domanda.
“A quello che ti ho chiesto stamattina quando…quando eravamo in camera mia…” abbassò lo sguardo, mentre il viso si dipingeva di un purpureo imbarazzo.

Ranma pensò solo un attimo, poi rivide in un istante lei che, splendida come non l’aveva mai vista, gli chiedeva: “Ranma…tu mi ami…non è vero?”

“…mi ami…”
“…non è vero?…”
“…non vuoi perderla…”
“…non è vero…?”

Sentì un moto di tenerezza assalirlo ed una piccola parola gli uscì dal profondo del suo cuore, fu un semplice sussurro: “Sì.”

Accadde subito dopo che anche quell’ultimo spazio tra loro fu cancellato, Akane affondò il suo bel viso nel petto di lui bagnandolo delle sue lacrime, che ora avevano il dolce sapore del miele, mentre Ranma la strinse, con non poco imbarazzo, cullandola teneramente tra le braccia .

E fu lì, proprio tra le braccia l’uno dell’altra, che entrambi trovarono finalmente la propria casa.


Stavano stretti così, coi loro cuori riscaldati dal calore del loro stesso amore che scorreva fluido e possente sotto la loro pelle. Si stringevano come se si stessero trovando in mezzo all’oceano senza alcuna fonte di salvataggio a cui aggrapparsi se non i loro stessi corpi. Era un abbraccio disperato, il loro. Era talmente forte che persero ben presto la cognizione dei loro confini, come se l’uno appartenesse ormai all’altro, senza alcuna distinzione e senza alcun pudore.
Era una sensazione indescrivibile e se anche avessero provato non sarebbero riusciti a trovare nessuna delle parole che avevano fino ad allora imparato per poter anche solo minimamente spiegare quell‘attimo.

Lui avrebbe voluto parlarle, dirle molte più cose di quante non gliene avesse mai dette, ma non sapeva come.
Fu lei a dargli lo spunto.
“Perché…perché fin’ora abbiamo sempre e solo negato?Per tutto questo tempo…perché siamo stati così stupidi? Ranma…”.

La sua coscienza fu come colpita da uno schiaffo. Lui sapeva intimamente qual era la risposta, sapeva perché non era mai stato in grado di dirle la verità ed adesso non poteva negarle quest’ultima confessione.

Pur se a malincuore, staccò dolcemente la presa lasciando scivolare le mani sulle spalle di lei. Aveva bisogno di tutto il suo coraggio per percorrere quell’ultimo passo, poi il miracolo sarebbe stato compiuto. Avrebbe finalmente dato sfogo a tutti i pensieri ed i sentimenti che nell’arco di quell’anno gli si erano affossati nel cuore, non avrebbe più dovuto mentire a sé stesso e a tutti gli altri, specialmente non avrebbe più dovuto fingere con lei.

“Akane, io…non sai quanto avrei voluto…sempre…in ogni circostanza, anche quando mi facevi disperare o arrabbiare…ma…non ne ho mai trovato il coraggio perché…sapevo che quello che potevo offrirti era solo…un 1/ 2.…una metà…una sola parte di me…quella che da sempre desiderava sfiorarti e guardarti negli occhi come… un vero…uomo.
Pensavo che non ti saresti mai potuta accontentare solo di questo, credevo che un giorno sarebbe arrivato qualcuno in grado davvero di amarti completamente con tutto sé stesso…sapevo che meritavi più di quello che io posso offrirti… ” strinse ancora più forte le mani appoggiate sulle spalle di lei mentre con lo sguardo avvilito seguiva i suoi occhi sgranati e colmi di stupore.

“ Akane, la mia strada è segnata da questa maledizione, Dio solo sa se un giorno riuscirò a tornare normale, ma…fino ad allora…se tu…volessi condividere con me questo mio travagliato destino…io non avrei più paura…non mi importerebbe più di quello che ne sarà di questa mia strana vita…”

Lei lo fissò come se lo stesse guardando per la prima volta. Ranma non aveva mai dimostrato insicurezza, anzi, era sempre stato un ragazzo molto spavaldo, temerario…un perfetto egocentrico…ed ora?
Lei scopriva d’un tratto la sua più intima fragilità.

“Io lo so che non sarà facile, più di una volta ti ho esposta a grossi rischi a causa di questa mia “condanna”. Anche a Yusenkyo…” fece una pausa sentendo il dolore di quel ricordo risalire in superficie: “…Tu non avresti mai dovuto trovarti in quella situazione se non fosse stato per me…e per questa odiosa maledizione!”

Akane si accorse che le sue mani, che ancora le cingevano le spalle, tremavano. Provò una tenerezza infinita, sentì il desiderio sconfinato di proteggerlo da ogni dolore e da tutte le sofferenze e brutture del mondo.

Lo guardò sorridendogli amorevolmente, gli accarezzò il volto per catturare i suoi occhi e con voce lieve gli disse . “Questo è il tuo compito. Portare avventure nella mia vita. Io ringrazio Dio per averti portato da me, Ranma. Tu mi hai salvato la vita dieci, cento, mille volte…e non solo fisicamente…tu hai salvato la mia stessa anima! …Ho passato anni ad odiare me stessa e gli altri…mi accontentavo di sopravvivere per non dover soffrire, ma sbagliavo perché una vita senza amore non è vita. Nonostante tutte le sue difficoltà, le sue incomprensioni e le sofferenze che a volte porta con sé, il mio amore per te mi fa sentire viva…come non lo sono mai stata da quando…da quando mia madre…mi ha…lasciata.
Tu mi hai insegnato tutto questo…mi hai insegnato una cosa, la sola cosa che non devo mai dimenticare…e sai qual è? …E’ non arrendermi…non mollare mai…anche quando tutto ti si rivolta contro…mai. Non mi importa di quante avversità dovrò affrontare, o di quanti pericoli dovrò superare se …è per starti vicino. La mia vita è questa adesso ed il mio posto è qui con te…non c’è nessun altro luogo dove vorrei essere. Io voglio tutto e lo voglio insieme a te…ti prego Ranma…dimmi che possiamo ancora…tornare a vivere. Insieme.” Akane si era ritrovata ad urlare quasi supplichevole quelle parole. Se qualcuno il giorno prima le avesse raccontato che dalla sua bocca sarebbe uscito un tale discorso, lei gli avrebbe sicuramente dato del pazzo.

Ranma non aveva capito bene tutte le parole che Akane aveva appena pronunciato, la sua mente aveva smesso di connettere da un pezzo oramai. Si sentiva leggero come una piuma che fluttua nell’aria. Era l’effetto dell’amore, quello? L’amore era davvero una cosa così appagante e travolgente da riuscire a stordire un uomo fino a rendere nulla la propria volontà ed il proprio spirito sottomesso a quella delizia infinita ?

“Akane…mi stai per caso dicendo che vorresti diventare mia… mia… mo… mo… mo…glie?” chiese lui sentendosi sull’orlo si un infarto.
Lei lo guardò seria, poi il suo sguardo si illuminò di un sorriso dolcissimo: “Guarda che io lo volevo già stamattina…sei tu che come al solito ti svegli tardi!” e così dicendo si riappropriò del petto di quell’uomo che amava al di sopra di ogni altra cosa, cominciando a ridere, di più, sempre più forte, sempre più euforica, lasciando che il vento portasse via tutta l’angoscia che fino a poco prima aveva sentito schiacciarle l’anima. Si sentiva libera, libera di amare, finalmente, senza più congetture mentali e sprechi di orgoglio. Libera di amare Ranma.

Lui si sentì sopraffare dal desiderio di tenerla ancora stretta a sé.
Con una mano continuava ad accarezzarle i capelli che profumavano di muschio, foglie e vento, mentre con l’altra le cingeva la vita tenendola in modo da far aderire completamente i loro corpi. Il volto era appoggiato delicatamente sulla sua spalla ed il respiro affannato le giungeva fino al lobo dell’orecchio regalandole un brivido dopo l’altro. Lei non fu capace di resistere oltre e girò quindi il suo viso fino al suo appoggiando le labbra sugli occhi stupiti di lui, chiudendoli poi con un dolce bacio. Scese più giù, sulla punta del naso e sorrise vedendo che Ranma aveva ora la faccia attonita, che spesso assumeva quando si trovava in imbarazzo, tinta di un colore viola acceso che parlava per lui.

Si fermò e d’improvviso lo fissò con aria interrogativa.

C’era qualcosa che voleva assolutamente sapere, ancora una cosa che era da chiarire, prima che accadesse l’irreparabile.
Dalla sua bocca non uscirono parole ben articolate, la sua lingua era secca per l’emozione.
“Shan-pu….Ukyo…Kodachi?” riuscì solo a dire.

Ranma la guardò con nuovo stupore. Che strana ragazza! Come poteva pensare a questo adesso? O…forse…era proprio per questo che glielo stava chiedendo. Lei voleva essere sicura che non avrebbe più dovuto spartirlo con nessun' altra, lei voleva che lui le dicesse che era solo suo.
Ne fu quasi inorgoglito e con una dolcezza che nemmeno pensava di possedere si avvicinò e le appoggiò un bacio sulla fronte.


“Akane…io voglio solo…Akane.” bisbigliò quell’ultima frase prima di chiudere gli occhi lasciando scomparire il mondo intorno a lui mentre lentamente la sua bocca scendeva per cercare la sua. Anche Akane chiuse gli occhi ed una lacrima la colse. Era tutto così perfetto. Come aveva potuto pensare di perdere tutto questo? Ma…no, non era quello il momento di pensarci. Lasciò che la sua mente si perdesse nell’oblio che la stava avvolgendo. Chi era, dov’era? Non sapeva più nulla. Sentiva solo il sapore di labbra salate posarsi sulle sue.

“E..emmhh! Giovanotto, chi ti ha dato il permesso di baciare la sposa?” tuonò una voce a pochi metri di distanza.
“Aaaahhh!” fu la prima cosa che gridarono. Erano stati riportati bruscamente alla realtà.
Si voltarono di scatto e a quella voce seguì un volto noto.

Il Cerimoniere!

“Non abbiamo ancora concluso…insomma, un po’ di pazienza!” li rimbeccò.
Ranma e Akane erano completamente frastornati, i loro volti paonazzi.

“Dunque…avete espresso dinnanzi a Dio e a questi testimoni la vostra volontà di vivere uniti, per sempre, legati dal sacro vincolo del Matrimonio. Ebbene, quindi, Ranma Saotome e Akane Tendo, io, col potere conferitomi da Dio e da questa Santa Nazione, Vi dichiaro Marito e Moglie! Ecco! ORA puoi baciare la sposa!”

“Evviva! Evviva! Ce l‘abbiamo fatta!” gridarono in coro Soun Tendo e Genma Saotome saltando dai rami di un albero di ciliegio, appostato dietro la scena, facendo esplodere coriandoli e bottiglie di champagne.

“Uff, finalmente! Ce ne avete messo di tempo! Hey, Akane, Ranma fate cheeese!” urlò divertita Nabiki, munita della fedele macchina fotografica, sbucando dal grosso cespuglio dietro il quale era rimasta appollaiata insieme a Kasumi e Nodoka per tutto quel tempo.
“Nabiki, non prenderli in giro. Non vedi come sono imbarazzati, poverini? Guardali, fanno tenerezza! !” disse sorridente Kasumi raggiungendo la sorellina per congratularsi e per stringerla a sé, seguita a ruota da Nabiki e da Soun che riversava in una valle di lacrime, questa volta di felicità, però.

“Ragazzo mio, finalmente ce l’hai fatta, eh?” fece Genma dando una sonora pacca sulle spalle al figlio pietrificato: “ Eh eh, devi aver preso tutto da tuo padre! Sai, anch’io da giovane ero un autentico rubacuori, un vero dongiovanni e…”si interruppe, sbiancando in volto, quando sentì la katana di Nodoka puntata sulla schiena. “S…si…insomma…bravo figliolo…hai fatto la cosa giusta! Akane sarà una moglie perfetta!” (…e soprattutto è la chiave per ereditare la palestra Tendo…ah ah ah…vivrò una vita di rendita…ah ah ah) continuò nei suoi meri pensieri.

Nodoka fissò il figlio con un sorriso rassicurante. Lui la guardò come per volervi trovare una risposta a quel tornado che lo stava investendo, ma lei non parlò. Si limitò ad annuire lievemente col capo, con dolcezza.
Ranma non aveva bisogno di altre parole, ora sapeva che finalmente poteva sentire di essersi comportato da vero uomo e tutto grazie a lei ed alla sua comprensione. Sorrise a sua volta, riconoscente, poi si girò verso quella che era appena divenuta la sua sposa.

Ranma e Akane si fissarono per la prima volta da quando erano stati interrotti. Non ne avevano ancora avuto il coraggio.
Le loro mani tremavano le une strette ancora nelle altre, ma le loro bocche non riuscivano ad emettere suoni. I loro sguardi erano incatenati saldamente l’uno all’altro. Si fissavano sbigottiti ed attoniti.
Ai loro anulari erano state ben piazzate dai lesti genitori, due fedine sottili in oro bianco. All’interno vi erano stati incisi i loro nomi, semplicemente: Ranma e Akane.
Le fissarono ancora increduli.
Erano diventati davvero marito e moglie, in un parco, la prima notte di primavera.

“Allora, che aspettate! Non avete sentito quello che vi ha detto? Potete baciarvi adesso! Forza, che vi scatto una bella foto ricordo!”
“Nabiki! E smettila!” intervenne la sorella maggiore: “ Akane aspetta, mettiti questo, è il tuo velo. L’ho raccolto prima, quando è volato via. Ecco…così…aspetta che te lo sistemo meglio…sì, ora sì che sei una vera sposa! Sei davvero bellissima, sorellina!” disse asciugandosi una lacrima che le era sfuggita per l’emozione. Kasumi era sempre stata come una madre per la piccola Akane ed ora, guardarla andare in sposa al suo uomo era una gioia incontenibile.
“Kasumi…grazie.” riuscì solo a mormorare confusa.

“Allora, vi decidete a mettervi in posa? Papà, signor Genma, smettetela di ballare il tango e venite qui! Almeno una foto di gruppo dobbiamo farla! Ora premo questo tasto e tra dieci secondi partirà l’autoscatto, mi raccomando tutti in posa!” urlò Nabiki correndo ad appoggiare l’apparecchiatura su un sostegno stabile.

“Ecco, stringetevi, che non ci stiamo nell’obiettivo!Signor Genma, quand’è che è diventato un panda, è troppo ingombrante! Si faccia più in là”.
“Deve essersi bagnato con lo champagne ghiacciato!Quando andiamo a casa facciamo i conti!” lo pungolò la moglie.
“Akane, piccola mia…sniff, sob, sob…promettimi che mi regalerai presto la gioia di un nipotino!” disse Soun ai piedi della sua “bambina”.
“Ma papà, si sono appena sposati! Lasciali in pace!” rise divertita Kasumi.
“Guardate, sta spuntando il sole!”. Tutti voltarono lo sguardo all’insù.

Un meraviglioso cielo striato di venature rosa stava schiarendo sulla piccola città. Era l’inizio di un nuovo mattino a Nerima, ma niente era più tale a quelle che l‘avevano preceduta.
Un fiore appena spuntato timidamente si apriva alla fresca rugiada del mattino e tutt’intorno s’inondava di luce.Tutte le stelle si spensero una ad una come piccole fiammelle, solo una, la più luminosa rimase a far compagnia al nuovo sole. Akane rimase ferma a fissarla in silenzio. Le era sembrato un attimo prima di veder un bagliore accecante provenire da quell’astro. Una lacrima le solcò il viso. Capì che sua madre era lì con lei. Sorrise malinconica: “Grazie…mamma…ti voglio bene!”

Quella non era solo l’alba di un nuovo giorno, era l’inizio di una nuova vita, di un nuovo mondo, di un nuovo universo…per Ranma e Akane, per loro due soltanto.

“Ranma, Akane..che sono quelle facce? Sembrate due statue di cera, forza, dai che sta per scattare! Dite tutti in coro: cheeeese!”

“CHEEEEEESE!”

“CLICK!”

 

 

 

 

EPILOGO


6 anni dopo


“Ah ah ah, corri, corri cavallino! Più veloce, dai nonno!” la vocina squillante di una piccola bimba sui quattro anni incitava un vecchio panda esausto a gattonare più in fretta.
“Signorina Aiko Saotome! Quante volte ti devo dire che non devi salire in groppa al nonno? Lo sai che soffre di mal di schiena, non devi stancarlo!” la rimproverò la voce della sua mamma.
“Ma..mamma…io voglio giocare col pandaaa! Bhuuuu! Bhuuuu!” cominciò a frignare furbamente la bambina, che sapeva come ottenere quello che voleva.
“Uff…devo dire che non a caso sei figlia di tuo padre…frignate allo stesso identico modo! Dai, su vieni qui.” disse poi dolcemente alla sua piccola. “Cosa ne dici se dopo telefoniamo alla zia Nabiki, in America? E’ da Natale che non la sentiamo, da quando è tornata per presentarci il suo fidanzato petroliere!”
“Siiiiiiiii! Che bello, che bello!” urlò felice Aiko sbattendo le manine.
“Com’è facile far felice un bambino.” pensò sollevata.

“Prima, però, prova a prendermi! Su, mamma Akane, prendimi!” e corse via verso la sala da pranzo.
“Come non detto!” sospirò Akane costretta a rincorrerla per evitare che si facesse male accidentalmente.
“Corri, corri…Ahahaha…prendimi, mamm…aaaaaaaaa!” urlò inciampando nella fessura di un tatami fissato male alle assi del pavimento ed andando a sbattere contro la credenza.
“Aiko! Piccola mia, ti sei fatta male?” accorse Akane allarmata: “Fammi vedere…ah, non è niente, è solo un graffietto, guarda, mamma ti da un bacino sulla bua così ti passa tutto…ecco, visto?”
“Si…ti voglio tanto bene, mammina!” disse la piccola stringendosi al collo della sua mamma: “ E anche a papà e ai nonni e alle zie! ”
“Anche noi te ne vogliamo tantissimo, Aiko. Sei la nostra gioia….se solo fossi un po’ meno vivace…ma…cos’è caduto dalla mensola, lì per terra?” disse vedendo qualcosa luccicare sul pavimento. Si avvicinò per raccoglierlo e quando lo ebbe tra le mani trasalì…era la foto del suo matrimonio! “Meno male che non si è rovinata” pensò sollevata mentre se la portava al petto per stringerla a sé.
“Che cos‘è, che cos‘è?” squittì la piccola.
“Ah, è la cornice con la foto della tua mamma e del tuo papà nel giorno in cui si sono sposati” disse sorridendo alla domanda della bimba.
“Voglio vedere! Vedere!” esclamò catapultandosi in grembo alla madre

“Mamma…ma perché tu e papà siete così strani in questa foto? Sembra che avete visto un fantasma e poi…avete tutti i vestiti rotti! Avevate fatto la lotta e avevate perso?”
“Umf…in un certo senso sì…” rispose ridendo Akane.

Lei sapeva che quella notte avevano rischiato sul serio di perdersi definitivamente. Il solo pensiero le metteva i brividi. La felicità che quell’unione le aveva e le stava donando le sembrava ora qualcosa di impossibile a cui rinunciare.
La sua piccola bimba la guardava curiosa con due occhioni blu cobalto come il cielo di quel mattino di 6 anni prima, gli stessi occhi del padre.
Lei e Ranma erano tutta la sua vita.

“..E perché?” le domandò scuotendola dai suoi ricordi.
Lei fissò il piccolo visino e accarezzandole i capelli le sussurrò dolcemente: “Nella vita non sempre si vince. Spesso ci può capitare di perdere, ma non conta chi sia il più forte…conta solo quello che si ha nel cuore. Solo così anche una sconfitta può diventare un’inaspettata vittoria.”

La bambina non capì granchè di quel discorso, d’altronde aveva solo pochi anni. Si alzò dimenticandosi subito della fotografia per correre dal papà che era appena tornato a casa con un grosso nikuman per la sua piccola bambina.
“Papà , fammi volare! disse urlando di gioia, mentre Ranma la prendeva e con una spinta sulle sue forti braccia la faceva librare in aria come una foglia nel vento.

Akane guardò la scena e sentì una sensazione di straordinaria completezza ed appagamento .
No, non avrebbe mai potuto vivere senza quelle due pesti. Li amava con tutto il suo cuore e con il passare degli anni sentiva questo sentimento crescere sempre più forte.Guardare Ranma e la loro bellissima bambina, sentire le loro risate mentre cercavano di vincere l’una sull’altro a colpi di solletico era tutto ciò di cui sentiva di aver bisogno.

Rivolse lo sguardo nuovamente a quella fotografia.
“E già, eravamo proprio ridicoli con quegli stracci addosso, gli occhi gonfi e le facce sconcertate…eh eh eh” rise Akane ricordandosi che la prima settimana di nozze fu un autentico disastro, trascorsa ognuno nel proprio letto con la febbre alta ed un raffreddore da fieno!
Altro che “prima notte“!
Ripensò anche a quella volta in cui lui e lei si ritrovarono per la prima volta a dover dormire nello stesso letto.
Fu un trauma per entrambi.
Non ebbero il coraggio nemmeno di sfiorarsi lasciando passare settimane di notti insonni.
Poi tutto avvenne, così, naturale.
Lui una notte, anziché darle la schiena, come aveva fino ad allora fatto, si girò verso di lei, la fissò nella penombra mentre cercava poi di disegnare con un dito i lineamenti del suo naso,dei suoi occhi ed infine della sua bocca.
“Akane, voglio stare con te stanotte.” solo questo le aveva detto con voce roca, il resto lo lasciò fare al suo respiro, alle sue mani che l’accarezzavano percorrendo ogni curva sinuosa del suo corpo ed alla sua bocca che, cogliendola di sorpresa, la cercava insaziabile.
Arrossì a quel ricordo. Possibile che dopo tanti anni, lui aveva ancora il potere di metterla in imbarazzo?
Distolse la sua mente da quei pensieri, sfilò la fotografia dalla cornice dorata e la voltò per guardarne il retro. Ranma le aveva inciso una dedica qualche mese dopo il burrascoso matrimonio. Era scritta a penna con inchiostro di china nera. La rilesse e provò di nuovo quel tuffo al cuore che aveva sentito la prima volta che l’aveva letta.


“Ad Akane, la mia sposa, ora e per sempre ti amo:

A volte nella vita, quando si perde, si vince.”


E lei sapeva che nulla, per loro due, sarebbe mai stato più vero.



-
FINE -

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ANCORA DUE PAROLE

E' finita! Non me ne rendo ancora conto, ma la mia fanfiction è finita! E se ciò è stato possibile lo devo a tutti quelli che mi hanno dato il loro appoggio, amici, colleghi, ovviamente i lettori e soprattutto mio marito! Lui che non distingue un manga da un ravanello ha dovuto sopportare la mia assenza dal "letto coniugale" per queste settimane senza capire che cosa diavolo stessi scrivendo fino alle due-tre di notte! Lui, però sapeva che quello che stavo facendo era un impegno che avevo preso con me stessa e che avrei dovuto portarlo a termine il prima possibile, volente o nolente ed ha così sopportato pazientemente. In realtà erano anni che sognavo di mettere mano a questa storia, ma non avevo la più pallida idea di come fare, per cui è successo che col tempo e le circostanze questo mio piccolo desiderio si fosse fatto flebile fino a quasi scomparire...Poi un giorno capitai su questo sito ed il cerchio si completò. Sento di essere riuscita a dare una forma al mio sogno, che poi è quello di tutti noi fans di Ranma 1/2. Sentirsi soddisfatti per aver dato degnamente sfogo ai sentimenti di quei due impedit...emh, innamorati di Ranma e Akane! Ringrazio di cuore tutti, tutti coloro che hanno inviato i loro commenti, ma anche chi ha avuto la gentilezza di entrare in queste pagine e leggere ciò che è stato scritto. So che siete tantissimi, dal counter risultate quasi 800 persone! Vi ringrazio uno ad uno e naturalmente visto che siamo giunti al finale (questa volta per davvero) vi invito a lasciarmi qualche riga per trasmettermi le vostre impressioni o le vostre critiche tramite la sezione "Commenti" oppure, se non siete registrati, alla voce "Contatta", per mandarmi direttamente un'e-mail. Rispondo a tutti, assicurato! Un ringraziamento caloroso a BREED107 che mi ha dato l'input per iniziare questa avventura e ad Erika che dà la fantastica opportunità a tutti gli appassionati del genere di pubblicare qualcosa scritto di proprio pugno, cosa che sarebbe impossibile fare in altro modo. Piccolo quiz: un paio di frasi ad effetto sono tratte da un bellissimo film con Robin Williams, chi sa dire quale? Rispondete e vincerete un fantastico premio: una serata con VIAGGIO CINESE (Vedi volume 12 Romeo e Giulietta, ndForevergiulia) E' stata una bellissima avventura! Grazie ancora e...a presto! KISU. Giulia

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