Un orsetto per Teddy

di fri rapace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Tonks diede una lieve spinta di incoraggiamento al bambino.
“Avanti, Teddy, prendi il pupazzo che ti porge Rem…”
Remus, la mano artigliata all’imbottitura dell’orsetto che stava allungando al figlio, alzò lo sguardo sulla donna quel tanto che bastava da vederla strizzare gli occhi, inghiottendo a vuoto un singhiozzo. 
“Che ti porge… papà”, si corresse infine Tonks, sforzandosi di non rendere evidente il suo stato d’animo al piccolo.
Ma il bambino, per nulla rassicurato, non si mosse.
“Teddy, su, fa il bravo”, lo incitò nuovamente lei, con dolcezza.
Remus provò un violento moto d’affetto nei confronti di Tonks. Malgrado quello che le aveva fatto - l’aveva abbandonata, con un bimbo da crescere! – si stava prodigando affinché Teddy lo accogliesse gentilmente. 
Un padre che non aveva mai visto prima d’allora, che non si era mai degnato di rispondere neppure ai suoi gufi, limitandosi a spedire alla sua mamma tutto il denaro di cui poteva privarsi. Non era molto, ma si augurava fosse stato sufficiente almeno per coprire le spese per gli acquisti di prima necessità.
Tonks accennò un passo in direzione del marito, spingendo Teddy davanti a sé.
Quanta sofferenza vedeva Remus nei gesti abbandonati a metà della donna: una mano sollevata verso il suo viso mai arrivata a lambirgli la guancia, ma ridotta a un pugno lasciato cadere con evidente frustrazione lungo il fianco.
Gli occhi scuri che avevano indugiato a lungo fissi nei suoi, in una muta accusa a cui non aveva ancora osato dar voce.
Remus si inginocchiò davanti a Teddy, tirando un profondo sospiro per cercare di rallentare i battiti del cuore che gli martellava furiosamente nel petto.
Era la prima volta che poteva vederlo così da vicino, che poteva sentire il suo profumo di bimbo, che poteva parlargli.
Quando Teddy e Tonks lo avevano raggiunto nell’ufficio di lei al Ministero della Magia, luogo neutrale scelto per l’incontro, Remus aveva creduto di essere sul punto di perdere i sensi.
La testa gli era diventata incredibilmente leggera, in netto contrasto con il suo stomaco, che si era tramutato nel pesante e doloroso macigno a cui si era aggrappato per rimanere ancorato alla realtà.
Il bimbo sembrava spaventato da lui, lo guardava timidamente cercando la vicinanza rassicurante della madre.
Teddy aveva ereditato da lei il faccino a forma di cuore e i suoi poteri, come gli suggeriva l'ispida chioma, che da quando era arrivato aveva cambiato colore almeno una decina di volte.
Ma gli occhi… gli occhi erano quelli di Remus. Così strani, il taglio obliquo, orientale, ma grandi e che abbinati al suo viso e ai capelli variopinti gli davano un’aria allegra, da monello.
E mentre se ne stava inginocchiato davanti a lui, Remus capì di amarlo già alla follia. 
Il desiderio di attirarlo a sé si fece straziante. Quanto avrebbe voluto stringerlo forte tra le braccia, per donargli un poco di quell’affetto che gli aveva sempre negato. Quell’affetto che non aveva mai potuto dimostrargli, ma che provava fin da quando Tonks gli aveva annunciato, piena di speranza e di gioia, che aspettavano un bambino.
Ma sapeva bene che un abbraccio da parte sua non sarebbe stata una buona idea. Teddy non era pronto per un contatto del genere, non con un uomo che gli era stato presentato come il suo papà, ma che per lui era solo un estraneo.
Remus s'impose di concentrarsi di nuovo sul proprio respiro, determinato a darsi una calmata, premessa necessaria per mostrarsi sereno. Teddy era già fin troppo scosso a causa sua.
“Scusami, piccolo…” esordì, felice di sentire la propria voce risultare pacata. Non aveva perso la capacità di celare ad arte le proprie emozioni, chiudendole a doppia mandata in un angolino dentro di sé. Angolo ora molto stipato, doveva ammettere. “Lo so che questo orsetto non è molto bello, che non è uguale a quello dei ritagli di giornale che mi hai spedito via gufo, ma…” 
Che scelta stravagante, quella di Teddy. Da bimbo Babbano. 
I piccoli maghi di solito facevano i capricci per ottenere peluches a forma di drago, o di grifone.
Il bimbo ora fissava il pupazzo con aria apertamente delusa.
“Non parla”, squittì con la voce più tenera che Remus avesse mai udito, per poi prendere coraggio e con un gesto repentino sottrargli l’orso, gettandogli un’occhiata fugace prima di passarlo velocemente alla mamma.
Remus si rialzò. Era dispiaciuto per non essere riuscito ad accontentarlo, ma non sorpreso. Si era aspettato una reazione simile da parte di Teddy.
D’altro canto, lui non poteva permettersi di meglio e il giocattolo scelto da suo figlio era molto costoso: era stregato in modo da parlare, ignorava per dire cosa.
“È tutto quello che hai da offrirgli?” gli chiese svelta Tonks, come se volesse trattenerlo ancora un po’, impaurita dall’idea che Remus stesse per scappare via.
Con il peluches di Teddy stretto al petto e gli occhi lucidi, gli fece una tenerezza infinita.
Ma… “Dove sono finiti i tuoi capelli rosa?” pensò Remus, senza azzardarsi ad aprir bocca.
Il rosa era stato sostituito da un biondo ordinario, simile al colore di capelli che aveva avuto Ted, suo padre. Forse quello era semplicemente il vero colore dei suoi capelli, riflettè. 
Remus guardò nuovamente gli occhi del figlio, così simili ai suoi. Doveva esserne sicuro, voleva una prova certa.
Infilò una mano nella tasca del mantello logoro e ne estrasse una scatolina blu. Se la rigirò combattuto tra le mano prima di consegnarla, spaurito, a quella che era ancora sua moglie.
Lei l’aprì cautamente.
Conteneva una catenina. L’avevano acquistata i suoi genitori per lui quando era piccolo, pochi giorni prima che Greyback lo attaccasse.
“Lui può indossarla, vero?” la sua fu più una supplica che una domanda. “Dimmi che può.”
Tonks aggrottò appena la fronte.
“È d’argento?”
Remus ebbe un fremito e poi rispose, flebilmente:
“Sì.”
Lei, senza proferir parola, si piegò sul piccolo, agganciandogli con gesti maldestri la catenina al collo.
“Un altro regalo di papà”, gli disse, con forzata allegria.
A Remus fu necessario appoggiarsi alla parete dietro di lui, il sollievo provato era stato così forte da fargli cedere le ginocchia.
Tonks si accorse subito del suo mancamento.
“Remus, hai qualcuno che si prende cura di te?” chiese con apparente noncuranza, ma senza riuscire a nascondere del tutto l’apprensione che trapelava dal tono della sua voce.
Lui scosse la testa.
“Non ho bisogno che qualc…”
“Beh, si vede,” l’interruppe seccamente lei, corrucciata. “Hai un aspetto davvero tremendo.” 
Eccola: la solita Tonks! Così sfacciata, così sincera. Così… Tonks!
Con la sua osservazione riuscì a strappargli l’ombra di un sorriso e notò, stupito, che Teddy lo imitava immediatamente, regalandogliene uno dolce, grandissimo, stupendo.







Lo so, lo so: Fri ha appeno finito una long ed è di nuovo qui a sfinirci con un’altra storia…  Perdonatemi! Ma questa fic l’avevo iniziata mesi & mesi fa, appena conclusa “It’ the fear”… era il mio modo per far sì che Remus e Tonks potessero sopravvivere e fare da mamma e papà a Teddy, ma poi…  mi sono buttata sulle one-shot (molto meno impegnative), poi mi sono iscritta al concorso sugli AU e ho pubblicato “Alla fine del tunnel” (il concorso sta per scadere, quindi dovevo scriverla in fretta) e ora mi affretto a pubblicare questo prologo, prima che mi venga l’idea per qualche nuova one-shot che mi faccia accantonare questa storia un’altra volta.

Ne approfitto per RINGRAZIARE Moony3, Fennec e Thiliol per i bellissimi commenti lasciati all'ultimo capitolo di “Alla fine del tunnel”, grazie!! Siete state gentilissime!
Per Fennec: la moglie di Sirius è una ragazza che lavorava al Ministero, “Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche”. Sirius era alla disperata ricerca di una scappatoia per fare uscire Remus da Azkaban (lui pensava che fosse ancora lì), e aveva trovato in lei un’alleata.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Tonks aveva preparato la cena: le padelle sporche, i resti di cibo e i cocci di oggetti infranti sparsi un po’ ovunque ne erano la prova. La strega decise coraggiosamente che era venuto il momento di assaggiare quello che aveva cucinato e, mentre sbirciava Bill Weasley e Remus accomodati nella sua piccola sala da pranzo, addentò con cautela una delle salsicce appena tolte dal fuoco, che fumava nuvolette dal colore inquietante.
“Fa schifo?” le chiese Teddy.
Era seduto sul finto marmo del pianale della cucina e stava facendo dondolare le gambe a ritmo frenetico, chiaro segno di quanto fosse nervoso.
“Un sacco…” sbuffò Tonks, aprendo mesta la finestra che dava sul giardinetto pieno di erbacce e gettando il frutto della sua fatica ai gatti del vicinato.
Accorsero in molti, ma il loro entusiasmo scemò velocemente dopo aver annusato il cibo: un gatto rosso dal pelo arruffato prese a calciare giù per il vialetto d’accesso una patata annerita, pressoché identica un pezzo di carbone.
“Mamma?”  Teddy stava torcendo la catenina d’argento che aveva al collo, mentre la fissava ansioso. Non l’aveva mollata un solo istante da che Bill e Remus aveva messo piede in casa. Aveva invitato anche Bill per avere qualcuno che potesse allontanare il bimbo da tavola finita la cena con la scusa di giocare con lui, mentre lei e Remus discutevano. 
Bill aveva dei problemi con Fleur e si erano avvicinati molto nell’ultimo anno. Teddy lo adorava. Teddy… che aveva tanto bisogno di un papà. 
“Mamma?” 
“Sì?” rispose un po’ troppo bruscamente, addolcendo subito la voce nel vedere l’espressione turbata del bambino. “Sì, piccolo lupacchiotto dal tondo pancino?” gli chiese con un sorriso.
“Mamma!” le urlò lui, indignandosi tanto da far assumere un intenso tono di rosso ai suoi capelli.
“Che c’è?”
“Giura che non mi chiami così davanti al signore!”
“Mmm…” mormorò lei, mentre compilava velocemente una pergamena e la legava alla zampa di Bottone, il suo gufo di scorta. Aveva già sfruttato innumerevoli volte il self-service che offriva, per le streghe al passo coi tempi come lei, pasti perfetti in dieci minuti, via camino.
Teddy si infuriò:
“No: Mmm… Mamma! Giura!”
“Va bene, giuro, e senza mugugnamenti.”
“Mamma?”
“Sì?”
“Quel signore è proprio il mio papà? Proprio di sicuro?”
Tonks lo osservò di sottecchi, preoccupata. Era stato un bello scossone emotivo per il suo bambino l’apparizione improvvisa del padre che non aveva mai conosciuto. Lo era stato anche per lei, a dir la verità.
Dopo aver scoperto per caso che Teddy comunicava regolarmente con Remus da almeno un anno (ecco perché Asola, la sua gufetta di punta, era sempre così sfinita!) aveva deciso di allegare una pergamena al ritaglio di giornale che il bambino voleva spedire al padre. Missiva in cui Tonks aveva riversato tutta la sua frustrazione, risentimento e rabbia. 
Aveva scritto a Remus, tra le lacrime, che lei aveva diritto a rifarsi una vita e Teddy ad avere un padre. Li aveva abbandonati, lei e il loro bambino, e non poteva obbligarli ad avere un legame con lui per il resto della loro vita.
Tutto quello che aveva ottenuto era stata una riposta telegrafica:
“Hai ragione, scusami. Dimmi quando possiamo vederci.”
E ora erano lì, per discutere di un divorzio che sapeva di non desiderare affatto, il suo rancore che aveva iniziato a vacillare nel momento stesso in cui l’aveva rivisto, stretto nei suoi soliti vestiti stracciati, l’aspetto disordinato che rendeva palese quanto poco tenesse a se stesso.
“Mamma? Stai bene?”
“Sì,” mormorò, asciugandosi di nascosto gli occhi bagnati. “Ora mangiamo.”
Ritirata discretamente la cena dal caminetto della sua camera, quasi senza intoppi – una sedia rovesciata era un dettaglio del tutto trascurabile per una come lei – si era data da fare per servirla spargendone sui suoi ospiti il meno possibile.
“Ottima cena!” si era complimentato Bill, dopo aver ingoiato due grossi bocconi. Il commento aveva scatenato l’ilarità di Teddy, che dopo aver sputacchiato sulla tovaglia davanti a sé buona parte di quello che stava masticando, si era allungato verso l’uomo, sussurrandogli qualcosa all’orecchio.
“Lo sospettavo…” aveva sentito mormorare Bill, scuotendo con una delusione del tutto fittizia la testa.
Tonks, mentre progettava la pena che avrebbe inflitto al piccolo traditore, si soffermò a osservare Remus. Stava guardando il figlio con gli occhi appannati, le sopracciglia appena aggrottate e la schiena curva sulla tavola. Sembrava affaticato, come se stesse sostenendo sulle spalle il peso di un mondo intero. 
Ma quando si accorse che lei gli aveva rivolto la sua attenzione si tirò su, sbattendo più volte le palpebre.
“Vorrei fare anche io i miei complimenti alla cuoca,” esordì serio, strizzando un occhio a Teddy. 
Il bimbo, subito attento, smise di ridere immediatamente.
Tonks, sospettosa, inclinò il capo su una spalla.
“Dici sul serio?”
“Certo. Se mi passi il tuo gufo, omaggerò subito Rosy con una lettera di ringraziamento, era come minimo una settimana che non mangiavo così bene.”
“Oh. Anche tu sfrutti il take away via camino per le streghe al passo con i tempi?” gli chiese Tonks perplessa.
Remus annuì compunto.
“Lo ammetto. Mi firmo Clara quando spedisco loro un ordine. Non sanno che in realtà non sono una strega al passo con i tempi, ma un mago e anche piuttosto antico. Confido che voi tre manteniate il mio segreto.”
Rivolse un sorriso stranamente timido a Teddy, che continuava a guardarlo in silenzio, la bocca dischiusa e l’aria sorpresa. Sembrava desiderasse ardentemente fare qualcosa, ma si fosse momentaneamente scordato come eseguirla.
“Però il dolce l’ho preparato io! Quello non l’ho gettato dalla… ehm…” Tonks si mise le mani sui fianchi in un tentativo di sembrare severa e arrabbiata per distogliere l'attenzione dalla sua ultima frase, ma senza riuscire a soffocare un sorriso divertito.
“Oh. I gatti se ne faranno una ragione. Niente tempi supplementari, stasera.”
La voce di Remus era dolce, con un’inflessione di triste nostalgia.
“E tu come sai dei gatti che calciano quello che getto dalla finestra?” chiese Tonks allibita, stringendo poi gli occhi e fissando furiosa Bill. “Glielo hai detto tu? Sono circondata da una manica di traditori!” Allungò una mano e afferrò l’orecchio di Bill più vicino a lei, strattonandoglielo fino a farlo diventare scarlatto. Lui piagnucolò, mentre Teddy, tornato in sé, si contorceva sulla sedia per il gran ridere.
“Scusami,” sentì mormorare Remus al di sopra del baccano che stavano facendo Bill e Teddy. Tonks mollò la presa, alzandosi involontariamente dalla sedia. 
Malgrado il tono avvilito della voce, lo sguardo di Remus, fisso su Bill, era feroce.
“Remus?” non lo capiva, perché si stava comportando in un modo così strano?
“Scusami”, ripeté lui, mordendosi il labbro e avvicinando i pugni serrati posati sulla tavola al petto, come a ritirare una minaccia inespressa.
“Remus… io… lo sai, no, che non mi offendo facilmente.”
“Hai frainteso. Non ti sto chiedendo scusa per aver fatto incautamente cenno allo sport a cui hai dato vita tra i gatti del quartiere… stanno organizzando anche un torneo, sai?” abbassò le spalle, chiudendosi su se stesso. “Scusami per… tutto. Tu e Teddy. Vi chiedo scusa.”
Tonks si accorse di essere ormai tanto vicina a lui da poterlo toccare. Fermò appena in tempo la mano, prima che si posasse sul suo capo chino. 
E con un’enorme sforzo gli voltò le spalle, borbottando che sarebbe andata a prendere il dolce in cucina. Remus non meritava le sue carezze, anche se il desiderio di poterselo tenere di nuovo vicino, di toccarlo, era ben più forte della rabbia che provava nei suoi confronti per averli abbandonati. Era una donna incapace di serbare rancore, ma Remus aveva bisogno di essere educato. Ora era una madre e sapeva bene che i facili perdoni portavano solo a far commettere gli stessi identici errori all’infinito. E Remus l’aveva già abbandonata due volte, non avrebbe retto un altro avvicinamento seguito da una sua fuga. Era forte, e paziente, ma anche lei dotata di limiti, e inoltre ora c’era Teddy. Non gli avrebbe permesso di fargli del male.
Tornò dalla cucina a grandi passi, distribuendo con insolita perizia la torta di mele.
Remus affondò svogliatamente la forchetta nel dolce, mentre lei indugiava con lo sguardo sul suo viso.
Remus assomigliava tanto a Teddy. Gli occhi, il sorriso… il papà del suo bimbo, il suo amante...
Presa dall’emozione si impappinò: la sua intenzione era di Appellare una delle cose che doveva restituirgli, e si ritrovò tra le mani un paio delle sue mutande. Non le guardò neppure e del tutto disinteressata gliele porse, ancora stordita dall’emozione.
Remus alzò le sopracciglia.
“Cosa dovrei farci con quelle?” le chiese. Sembrava decisamente più preoccupato per lei che imbarazzato.
“Sono tue, le hai dimenticate qui quando…” la voce le tremava, lei tremava, e percepì l’apprensione di Remus aumentare. 
“Va tutto bene, Dora”, le disse gentilmente.
“Non chiamarmi Dora! Hai perso il diritto di chiamarmi così!”
“Va bene”, mormorò lui, facendo per riappropriarsi dell’indumento, per deviare poi il suo gesto, accarezzandole il dorso della mano.
Tonks soffocò a fatica un singhiozzo.
“Mamma?”
La voce tesa di Teddy la riportò bruscamente alla realtà.
Bill si intromise, cercando di assumere un tono leggero. “Oh, quanto vorrei che mamma fosse qui, lei non sopporta neppure che ci portiamo il giornale, a tavola…”, scherzò, con il chiaro intento di spezzare la tensione.
Tonks lo ringraziò mentalmente.
“Scusate…” sospirò lei, mortificata. “Non era questo quello che volevo restituirti, Remus. Non fraintendermi, non è che volevo conservarle per ricordo… non intendevo restituirtele a tavola, ecco.”
“Ok.”
Remus le fece un sorriso di incoraggiamento, che ebbe il solo effetto di farle salire di nuovo le lacrime agli occhi. Le nascose abilmente, asciugandosele svelta con una manica, mentre Appellava un fazzoletto di un rosa brillante, facendo sparire le mutande nella tasca dell’ampia felpa che indossava.
“Era questo.”
Remus si ficcò in bocca un pezzo di dolce, usandolo per ricacciare giù qualcosa d’altro.
Lacrime? Anche lui? 
Masticò lentamente, come per prendere tempo, tutto il tempo che gli era necessario per rimettersi insieme.
“Non credo di averne bisogno. Il dolce non è così male da scoppiare a piangere, ma grazie comunque per il gesto.”
“Remus!” 
“No, sul serio. 
É buono. Brava.”
Tonks cercò di ficcargli nella mano il fazzoletto, sentendosi completamente scombussolata per il suo complimento. Era mai possibile che avesse ancora quell’effetto su di lei?
“È il tuo, ricordi? Quello magico, per i momenti tristi.”
Gettò un’eloquente occhiata alla luna, un graffio sottile nel buio incorniciato dalla finestra. 
Remus equivocò, secondo lei di proposito, fingendo di essere certo che stesse guardando l’orologio appeso alla parete.
“Hai ragione, è tardi”, borbottò, alzandosi da tavola di scatto, il fazzoletto stretto nella mano. 
“Ma… non abbiamo ancora parlato!” gli urlò, sgomenta all’idea che stesse per andarsene. Forse non l’avrebbe rivisto mai più.
Ma lui l’ignorò, defilandosi in tutta fretta, dopo aver rivolto un unico sguardo carico di vergogna a Teddy.




Ed ecco il primo capitolo. Lo so, Teddy è un po' in ombra e ancora poco caratterizzato, ma è un bimbo di neanche sei anni, e si comporta proprio come un bimbo (non sarà un piccolo adulto, come spesso viene dipinto Remus da ragazzino) alle prese con un uomo che gli si dice sia suo padre, ma che lui non ha mai visto prima...

Passo ai ringraziamenti, prima di tutto a chi mi ha lasciato una recensione:


Fennec e Nestoria
Grazie ^^ era proprio quello che volevo, che lo stato d'animo di Remus fosse percepito da chi legge la mia storia. E scrivere in questo modo mi da la sensazione che i "miei" (eh, almeno fossero miei... sono della Rowling...) personaggi siano vivi. Insomma, lo sono davvero, mentre scrivo di loro, spero prendano vita anche mentre voi leggete.
Per Fennec- grazie a te per le domande sugli "extra" delle mie fic, non hai idea di quanto mi facciano piacere ^^

Nin
Grazie! Devo dire che Remus, Tonks e Teddy ispirano proprio a scrivere cose dolci. Ed ecco il capitolo, spero ti piaccia.

Moony3
Intanto ti ringrazio, perchè è leggendo la tua fic che mi è venuta voglia di riprendere in mano questa, che se ne stava abbandonata tra i miei quaderni. Sono felice che i comportamenti di Remus, Tonks e Teddy siano credibili, ci tengo parecchio che lo siano.
Non ci saranno spie, no. Però qualche sorpresina, sì ;-)
grazie ancora per la recensione ^^


Ringrazio la mia Beta 
Ely79, che poveraccia si smazza in anteprima tutte le mie storie e mi dimentico sempre di citarla a fine capitolo (la prossima volta che venite qui, tu e il moroso, cena via camino!!!)

E ringrazio i lettori 
silenziosi (mai avuti così tanti per un primo capitolo di una long!) e chi ha aggiunto la mia fic ai preferiti/seguite.
Al prossimo capitolo, se vi va.
Ciao
Fri

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


“Ehi, Remus, ma sei uno straccio!” gli urlò Rodolphus, entrando nella sua abitazione.
Non aveva l’ardire di pensare ad essa con l’aggettivo di “casa”, anche se la trovava tutto sommato dignitosa. Insomma, sempre meglio che dormire sotto i ponti o nella foresta.
Rod lo guardò di sbieco e, dopo una sommaria valutazione del suo stato, lo prese per la camicia tirandolo di peso su dal divano.
“Ma hai dormito vestito?”
Remus si strinse con indifferenza nelle spalle.
“Ho capito, ho capito. Lo sapevo che sarebbe andata a finire così. Anche se cerchi di negarlo, sei quello che sei: un lupo mannaro… come me!” esclamò orgoglioso Rod, puntandosi entrambi i pollici al petto e alzando il mento. “Era logico che tu e la tua graziosa mogliettina sareste finiti a fare sesso. Notte di fuoco, eh?”
“Se ti fa piacere, puoi anche definirla così… con un po’ d’immaginazione posso persino io ricordarla in questi termini”, sbuffò Remus, lisciandosi con le mani la camicia, così stropicciata da sembrare il collo di una tartaruga vecchia di seicento anni.
“Dimmi, ti prego, che la tua immaginazione non sta confondendo il fuoco della passione con quello del caminetto qui davanti a me. Ma che hai fatto? Volevi dare fuoco alla casa?”
Rod indicò con rimprovero i pezzi di legno carbonizzati che era scoppiati fuori dal focolare. 
Remus era così sconvolto, appena tornato dalla casa di Tonks, che aveva acceso il fuoco con un po’ troppo entusiasmo.
“Quindi non ci sei andato a letto?” realizzò dopo un momento Rod, sussultando stupefatto.
“No.”
“Allora sul tavolo?”
“No.”
“In bagno?”
“Rod! C’era anche il bambino!” 
“Dove, nel bagno?”
Remus alzò gli occhi dalla camicia, sapeva che non stava parlando seriamente. Rod non era affatto uno stupido, ma gli piaceva passare per tale. Riteneva che fosse un utile asso nella manica essere sottovalutato, d’altronde anche Remus aveva spesso sfruttato a suo favore la capacità di sembrare molto più mansueto di quello che era.
“Sul menù hai altro, a parte le tue solite idiozie? Controlla un po’ se c’è una brioche…” gli rispose Remus con un debole sorriso. “No, Teddy non era in bagno, e non ci siamo stati neanche io e Dora. Non assieme, comunque.”
“Però tu hai l’aria di aver passato tutto la notte con la testa ficcata nel cesso… sei più pallido del dopo nottataccia da luna piena. E l’ultima, senza Pozione Antilupo, è stata davvero una piaga.”
Per un attimo Rod si fece triste e preoccupato. La Pozione Antilupo, che dal dopo guerra il Ministero distribuiva gratuitamente ai lupi mannari, da qualche mese arrivava a singhiozzo.
Scarseggiavano i maghi in grado di prepararla, la maggior parte dei quali preferivano impiegare il loro talento a rimestare intrugli che ritenevano ben più importanti di un tonico per mostri.
“Sto benissimo”, lo rassicurò. 
Rod si riprese subito, riassumendo il tono allegro:
“Ah, ho capito! Mi avevi accennato alle fantastiche doti di cuoca della piccola Auror dai capelli rosa. Per dessert ti ha servito un’intossicazione alimentare?”
Remus sgusciò sotto il suo braccio, raggiungendo la cucina alla disperata ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti per quietare lo stomaco sottosopra. 
Era riuscito a controllare le proprie emozioni per tutta la cena a casa di Tonks, ma era bastato quel suo cenno alla luna piena per gettarlo nel panico. A passo svelto aveva raggiunto l’uscita e a fatica si era impedito di Smaterializzarsi all’istante.
Si era voltato verso la casa mentre chiudeva il cancelletto dell’ingresso, e attraverso le tende tirate del salotto aveva intravisto la sagoma di Tonks, vicina alla finestra a braccia incrociate. Teddy e Bill, invece, correvano attorno alla tavola, inseguendo le sedie che immaginava avesse stregato l’uomo. Ricordava di averlo visto giocare allo stesso modo alla Tana assieme a Charlie, anni prima, con sedie e tavoli zampettanti che schizzavano per il giardino.
Era evidente che Teddy adorava Bill, e chissà in che razza di rapporti era con Tonks. Erano rimasti soli per un po’, mentre lei buttava via la cena dalla finestra. Avevano parlato dei vecchi amici dell’Ordine fino a che Remus, senza alcuna malizia, aveva chiesto come stava Fleur, sorpreso dal fatto che lei non fosse lì. 
Bill si era rabbuiato, scuotendo mestamente il capo.
“Se non ci fosse stata Tonks, a tirarmi su in questo periodo… d'altronde, chi meglio di lei sa cosa significa essere abband…” Bill si era interrotto bruscamente, diventando rosso fino alla punta delle orecchie e affannandosi nello sciorinare una sequela di scuse sconnesse, fino a che Tonks non era sbucata con l’aria innocente dalla sua camera da letto, trasportando la cena fumante sopra un vassoio.
“Remus, andiamo, ti offro una bella brioche al bar!” lo invitò Rod, omaggiandolo con una serie di amichevoli pacche sulla schiena che gli rintronarono il cervello. “Oggi siamo di secondo turno, abbiamo tempo.”
Lui e Rodolphus lavoravano come magazzinieri a Diagon Alley, si erano conosciuti poco dopo aver ottenuto in affitto due delle fatiscenti abitazioni spuntate come funghi ai margini di Londra per ospitare quelli come loro. I mannari, illudendosi che i cambiamenti promessi dal Ministero fossero sul serio fattibili, si erano trasferiti in città, abbandonando la macchia alla ricerca di una vita migliore.
Ma il Ministero aveva ben presto dovuto fare i conti con i pregiudizi ben radicati nella popolazione: nessuno voleva avere come vicini di casa o dipendenti gente come loro, le gesta di Greyback durante la guerra non avevano certo aiutato a un miglioramento dell’immagine dei mannari, e Remus, beh… aveva finito con il non essere neppure lui una “buona pubblicità” per la causa dei suoi pari.
L’unica soluzione era stata quella di costruire un ghetto e obbligare le aziende più prospere ad assumere almeno un lupo mannaro ogni venti dipendenti: i posti a disposizione erano pochi e lui aveva ottenuto il lavoro solo grazie a Rod, che aveva spifferato al loro capo, Phelps, che Remus aveva fatto parte dell’Ordine della Fenice.
La sua posizione all’interno dell’Ordine era stata resa da Rita Skeeter alquanto ambigua.
Remus l’aveva aiutata nel gettare ombre su di lui, defilandosi svelto dalla battaglia finale e non presentandosi mai, né ai funerali dei caduti, né alle cerimonie indette in onore degli eroi di guerra. Il suo atteggiamento denotava di sicuro qualcosa da nascondere e la giornalista si era affrettata a pubblicare un articolo intitolato: “Remus J. Lupin: eroe dalla pelliccia senza macchia o degno figlio di Fenrir Greyback?”.
Per fortuna non aveva fiutato che il vero scoop riguardava la sua vita privata. Tonks e Teddy erano stati lasciati in pace.
Comunque Phelps odiava con tutto se stesso la Skeeter (quella poco di buono! Ha osato scrivere sul suo giornalaccio che vendo merce con incantesimi scaduti!), e il solo fatto che lo stesso Remus fosse stato infangato dalle porcherie che scriveva lo aveva spinto a un moto di solidarietà tale da assumere su due piedi sia lui che Rod.
“Racconta, come è andata con il tuo bimbo?”
Remus si irrigidì.
“Non importa.”
“Sì, che importa!” lo incalzò Rod, incoraggiante.
“Non intendo entrare a far parte della sua vita, me ne sono andato per evitargli la vergogna di avere un padre come me, sarà stato tutto vano se ora decido di tornare da lui… da loro”, rispose cocciuto, deciso a non esporsi oltre con Rod. Decisione non condivisa dal suo corpo che, forse ribellandosi a tanta omertà, sembrò decidere di sua volontà di dire ad alta voce quello che avrebbe voluto tenere solo per sé. “E comunque, loro non mi vogliono affatto, sarei di troppo, e fuori posto, io…” deglutì, stringendo i pugni sui fianchi.
Rod gli posò una mano alla base del collo, scrollandolo affettuosamente.
“Tu hai fatto parte del mitico Ordine della Fenice! Hai commesso un grave errore quando hai abbandonato Dora, ma puoi ancora rimediare. Dovresti uscire allo scoperto, hai il diritto di riabilitare il tuo nome. Faresti un favore a te stesso, alle persone che ami e a tutti noi lupi mannari! Nessuno si permetterà mai di considerarti feccia come fanno con me e la mia famiglia!”
Le sue parole fecero sentire Remus terribilmente meschino. Rod era sposato, aveva due figli e una moglie, tutti lupi mannari. E non era feccia, era un padre stupendo, un marito pieno di premure… Rod – e non lui! - avrebbe avuto il diritto di essere trattato non solo dignitosamente, ma con rispetto. 
“Puoi incontrare Teddy ogni tanto, se ancora non ti senti pronto a riportarti nel letto tua moglie. A chi vuoi che importi?”
“Tonks vuole il divorzio, è per questo che ho accettato di incontrarla. Teddy avrà un papà, e non sarò io”, tirò fuori tutto d’un fiato Remus, sentendosi malissimo, sul punto di vomitare. 
Perché la cosa lo faceva soffrire tanto? In fondo, aveva ottenuto quello che voleva, no?
Rod sbuffò, scuotendo la testa.
“E chi sarebbe l’amante di Dora? Si crederà mica di poter competere con un lupo mannaro, vero?”
“Io non ho più il diritto di chiamarla Dora…” mormorò tra sé e sé lui, all'improvviso preda di una sensazione di solitudine e abbandono tale da dargli le vertigini.
“Credo di non aver afferrato.”
“Bill Weasley.”
Remus sussultò: l’aveva detto sul serio ad alta voce?
“Cosa?” urlò Rod. “Quello che Fenrir ha morso senza la luna piena? Remus! Pensi davvero che Dora possa desiderare un mezzo lupo mannaro quando ne può avere uno che lo è per intero, tutto incluso e coda in mano?”  alzò gli occhi al soffitto. “Devi scaraventare quel Weasley lontano mille miglia dalla tua famiglia! Sta violando il tuo territorio!” gli ringhiò con ferocia, gli occhi ardenti.
Oh… se avesse dato retta al suo istinto… Vedere Bill così in confidenza con Tonks, con Teddy che lo adorava, che rideva con lui, che giocava con lui… lo aveva fatto sentire geloso da impazzire.
Si schiacciò una mano sul torace. Merlino, quanto era egoista! Avrebbe dovuto solo gioire per loro, avevano trovato qualcuno migliore di lui, che li avrebbe resi felici!
“Andiamo”, gli disse seccamente Rod, estraendo la bacchetta dal mantello rattoppato.
“Dove?”
“A trovare Bill.”
“Scordatelo!”
“Invece ci andiamo. Tu ci devi parlare, quello deve tenere le sue manacce lontano dalla tua famiglia!”
“È inutile che andiamo da lui, non intendo dirgli nulla del genere.”
“E io ti ci trascino con la forza,” gli sorrise Rod.
“Darò la mia benedizione al loro matrimonio!”
Rod lo guardò ironicamente.
“Vedremo.”


Non sapeva ancora come Rod fosse riuscito a convincerlo a recarsi sul serio a Villa Conchiglia. 
Remus bussò alla porta svogliatamente, lambiccandosi alla ricerca di una scusa per giustificare la sua presenza lì.
La porta si aprì immediatamente, forse Bill attendeva delle visite.
“Oh”, esclamò deluso, quando li vide. Ma poi ebbe un sobbalzo e si mosse frenetico, come se gli fosse appena stata offerta una via di fuga.
Remus vide con la coda dell’occhio Rod picchiarsi il pugno contro il palmo della mano aperta, una chiara incitazione a stendere Bill con un cazzotto.
Lo ignorò, mentre il padrone di casa tornava all’ingresso… tenendo per mano Teddy!
“Cosa ci fa, lui, qui?” pensò Remus, prendendo seriamente in considerazione il rude suggerimento di Rod, roso da una gelosia tanto infantile e meschina da farlo subito vergognare terribilmente dei propri sentimenti, ormai del tutto fuori controllo.
“Remus! Sono così felice di vederti!” disse Bill con fare sbrigativo. “Tonks è…”  lanciò un’occhiata preoccupata al piccolo. “Ecco, è occupata. Lavoro… sai… Ero al Ministero per sbrogliare certi miei affari e me l’hanno affidato, gli altri dovevano discutere di alcune faccende che non era consigliabile che lui sentisse.”
“Abbiamo capito, roba vietata ai minori…” sbuffò Rod, grattandosi il mento. “Taglia corto, carotino, Remus ti deve parlare.”
Bill gli dedicò una sola occhiata perplessa, prima di tornare a rivolgersi a Remus.
“Ma ora io devo andare in un posto. È urgente!”
Gli passò la manina di Teddy, ma il piccolo non sembrava avere intenzione di mollare la presa, anzi, si aggrappò di peso a quella lentigginosa dell'uomo.
“Su, piccolo, va con papà!” 
Teddy guardava Bill supplicante, facendo sentire Remus del tutto inadeguato. Suo figlio desiderava solo stargli lontano, ed era giusto che fosse così, se ne rendeva conto.
“Andiamo, ti farà bene passare un po’ di tempo con lui. Ci tenevi così tanto, a conoscerlo! Gli piacerai tantissimo, assicurato!” lo rassicurò Bill.
Il bimbo si decise a lasciarlo, avvicinandosi poi timidamente a Remus.
Rod lo afferrò per le spalle e lo tirò d’un colpo accanto a loro, senza smettere di sorvegliare con fare minaccioso Bill.
“Ehi, ragazzino! Sei proprio come ti immaginavo. Sai che ho anche io un bambino della tua età? Si chiama R.J., come il tuo papà. Lui adora il tuo papà, e tu non puoi essere da meno, non credi?” Gli strizzò l’occhio, con un sorriso provocatorio.
Teddy aggrottò appena la fronte, sporgendo il labbro inferiore. Sembrava contrariato.
“Vedrai, Remus, andrà tutto bene”, s'intromise Bill, intuendo quanto fosse spaventato.
Remus fece per ribattere, ma il giovane Weasley si Smaterializzò, lasciandolo a fissare il vuoto.
“Remus, ora che facciamo? Ci portiamo il bimbo al lavoro?”
Remus avrebbe voluto recarsi subito al Ministero per sapere dove si trovava Tonks, accertarsi che stesse bene. Ma non poteva permettersi di perdere una giornata di lavoro, ne perdeva già troppe a causa della sua malattia.
“Sì.”


Non avevano ancora messo piede a Diagon Alley che una folla cospicua li investì.
Di lì a breve sarebbe incominciato l’anno scolastico e la via era invasa da genitori stravolti che cercavano di tenere a bada eccitatissimi ragazzini che correvano da tutte le parti, fermandosi di tanto in tanto per premere la faccia contro le vetrine.
Remus guardò giù, verso la testolina celeste del figlio.
“Ti va di darmi la mano, Teddy? Così non ci perdiamo”, gli propose con un sorriso gentile.
Lui alzò il viso, ma non fu in grado di decifrare la sua espressione.
“Sì?” gli rispose titubante, con la sua vocetta da giocattolo di gomma. Tutti i bambini piccoli avevano una voce così tenera? Remus non se ne era mai accorto, prima.
“Sì. Se vuoi.” 
Teddy fece un piccolo sorriso, prima di far scivolare la manina nella sua, abbandonandola poi mollemente alla sua stretta.
Remus non poté fare a meno di trattenere il respiro… e mentre si incamminavano diretti verso il magazzino del signor Phelps, tutta la sua attenzione si concentrò lì, sulle loro mani, su quel primo contatto fisico tra lui e il figlio. Non prestava attenzione a dove metteva i piedi, e l’immagine sfocata della gente che li incrociava era solo una macchia di colore indistinta, mentre il pugnetto di Teddy accoccolato come un caldo cucciolo nel palmo della sua mano era prezioso più dell’oro, dolce e confortante come il ricordo dei baci di Dora a cui si aggrappava nei momenti di sconforto, di cui mai avrebbe dimenticato il calore.
Si lasciò guidare da Rod, senza protestare neanche quando, senza che ne capisse il motivo, lo tirò nella via opposta a quella dove avrebbero dovuto svoltare per recarsi al lavoro.
Pochi istanti dopo una donna gli intimò con voce altera: “Ti vuoi scansare?” 
Remus la ignorò. Non aveva voglia di tornare sulla terra, non ancora.
Rodolphus lo prese per il mantello, spostandolo di peso, mentre Teddy gli caracollava dietro stringendo forte la sua mano.
“Ci spostiamo subito, signora”, sentì borbottare Rod in tono mellifluo.
Remus cercò di mettere a fuoco l’ambiente attorno a lui. Non riconobbe subito la donna, malgrado il suo viso gli fosse famigliare, ma il giovane uomo che l’accompagnava aveva osservato Remus con ripugnanza per un anno intero, da dietro uno dei banchi di Hogwarts. Era Draco Malfoy.
“Draco?” disse, stupito. 
“Madre, andiamocene”, sputò lui, distogliendo subito lo sguardo dai suoi occhi e prendendo la madre per un braccio.
Ma lei non fece un solo passo.
“Tu conosci quest’uomo?”
Sembrava preoccupata.
“No, affatto”, tagliò corto Draco, a testa bassa.
“Aspetta un attimo… ma… quel bambino! I suoi capelli!” 
Remus voltò subito la testa verso Teddy, la cui chioma stava sfumando dall’azzurro a un inquietante verde oliva.
“Merlino, non può essere che lui! Non ce ne sono poi molti, di questo genere!” la donna era visibilmente impallidita. “Questo è il figlio della mocciosa… e lui è… è Lupin!”
“Per favore, non aggiunga altro”, la pregò gentilmente Remus, una mano tesa davanti al figlio in un gesto protettivo.
Sorpreso per la facilità con cui aveva zittito Narcissa, Remus si guardò attorno e capì che l’improvviso silenzio non era certo merito suo. Una nutrita folla di curiosi si era fermata attorno a loro. La famiglia Malfoy era, dopo la caduta in disgrazia a causa degli esiti della guerra, ancor più sulla bocca di tutti. I pettegolezzi su di loro erano considerati come merce preziosa.
“Quel bambino è il figlio della mocciosa, non è vero?” gli chiese la donna. E malgrado avesse parlato con un tono di voce molto basso, le parole erano state pronunciate a testa alta, con un’intonazione ferma e autoritaria.
La folla vociferò e Remus capì che era ora di defilarsi. Attirare troppo l’attenzione non era affatto una buona idea.
“Aspetta, aspetta!” urlò all’improvviso Rod, prendendolo alla sprovvista. “Ma questi sono gli ex Mangiamorte? Quelli della Villa con i pavoni che avevano assoldato il caro, vecchio, Fenrir?”
“Rod…”
“No, aspetta…” ridacchiò Rod, affondando il viso nelle mani grandi come badili. “Oh, quelli come noi vi fanno ancora schifo, eh?” spalancò platealmente le braccia e, anche se apparentemente sembrava del tutto tranquillo, il tono allegro e leggero, Remus sapeva bene che era fuori di sé. Lui e la sua famiglia avevano provato sulla propria pelle l’umiliante discriminazione riservata dal Mondo Magico a quelli come loro, prima della caduta di Voldemort. “Maghi e streghe!” declamò. “Eccolo qui, il nipotino dei Malfoy. Teddy Lupin! Lupin! Lupin! Ah! I Malfoy Purosangue?” sputò a terra, disgustato.
Remus serrò la mascella. Non si aspettava un’uscita del genere e per un attimo fu preso dal desiderio di colpire Rod, di fargli del male, perché aveva messo in mezzo il suo bambino per ottenere una rivalsa personale.
Ma gli occhi dell’amico, passata la foga, si posarono su di lui tornando limpidi e lesse in essi le mille scuse che sapeva non sarebbe mai stato in grado di esprimergli a voce.
Remus cercò subito di aggiustare la situazione, rivolgendosi ai Malfoy:
“Lui non è mio figlio, porta solo il mio cognome”, precisò, mantenendo esteriormente il contegno, pur provando solo disgusto per se stesso mentre pronunciava l'ignobile bugia.
Narcissa parve compiaciuta.
“Oh, la mocciosa è anche una sgualdrina…. Ma noi lo sapevamo già, mia sorella non è uscita del tutto di senno, per fortuna. Ha fatto in modo che tutti quelli che contano qualcosa sapessero che il suo nipotino non era affatto figlio di Remus Lupin il lupo mannaro!”
Remus boccheggiò. Teddy aveva lasciato la sua mano qualche minuto prima e ora indietreggiava, sull’orlo delle lacrime. 
“Vai da R.J., il bambino del signore!”singhiozzò, le manine tese davanti a sé con i palmi rivolti verso il padre, uno scudo per tenerlo lontano da lui.
“Teddy, ascoltami…”, mormorò Remus, il respiro affannato. La vergogna che provava era enorme, gli occhi e il viso gli bruciavano e avrebbe solo voluto che tutto quello che stava accadendo cessasse all’istante, non gli importava come, purché cessasse.
“No! Io mi chiamo anche come il tuo nome! Anche io!”
“Teddy, mi spiace. Lo so che non vorresti portare il mio cognome, è tutta colpa mia, solo mia! Troverò il modo di rimediare, io...”
Il bambino non sembrò affatto rassicurato dalle sue parole e non poteva essere altrimenti. Remus riusciva a mala pena a nascondere le ondate di brividi che sentiva risalire lungo la schiena, non era in grado, in quel momento, di controllare nient’altro. La sua voce tremava, lo sguardo che rivolgeva al suo bambino era pieno di paura.
Fece per stringere le braccia minute di Teddy, così delicate da sembrare le ali di un uccellino. Il bimbo teneva il viso lucido di lacrime voltato di lato, si rifiutava di guardarlo. Remus lasciò cadere le mani, appoggiando i palmi sul terreno su cui si era inginocchiato, mentre osservava colpevole le spalle del figlio sussultare a ogni singhiozzo. 
Sentì appena Draco che gli sussurrava, passandogli accanto.
“Pagherai per quest’umiliazione pubblica, Lupin. Appena mio padre lo verrà a sapere…” 
L’unica cosa che Remus riuscì a pensare fu che persino Lucius Malfoy era un padre migliore di lui.








Ed ecco il terzo capitolo. Piccole spiegazioni: lo so che anche il marito di Bellatrix si chiama Rodolphus, ma Rodolfo significa “lupo glorioso” e mi sembrava azzeccato come nome per un lupo mannaro (immagino che Bellatrix non approverebbe affatto, ma…)
Forse ha un po’ annoiato la parte in cui spiego come immagino il Mondo Magico del dopo guerra, ma era necessaria e spero che sia risultata credibile.
Passo ai ringraziamenti, prima di tutto per le persone che mi hanno lasciato una recensione:

Alchimista
Grazie mille Alchimista, sai che la stima è reciproca e recensisci pure quando ti pare, passassero anche 20 giorni da quando ho pubblicato non fa nulla ;-) Ho ficcato Remus e Tonks in una situazione difficile... mi sono emozionata anche io nell’immaginare le scene che hai citato, ma quando poi ti trovi a cercare di renderle a parole non sai mai se ti riuscirà di esprimere quello che hai visto per immagini, è una soddisfazione sapere di esserci riuscita almeno un pochino ^^ 

Nin
Felicissima di non averti delusa ^^
La cena via camino? Eh, un sogno anche per le Babbane, non sarebbe comodissimo? ;-)

Moony3 
Mi piace giocare sull’alternanza di scene divertenti e scene tristi, mettendo un pizzico di malinconia anche nelle situazioni più “stupide”, ed evitando, quando possibile, di cadere nel patetico più totale con un po’ di umorismo, mi fa piacere sapere che il mio stile ti piace. E sono contenta che ti siano piaciuti i gatti calciatori, e Remus che si firma Clara, beh, un uomo di classe, no? XD!
Anche a me sta molto simpatico Bill, l’ho cacciato anche lui in una situazione complicata, spero mi perdonerà per questo.
Grazie per la bella recensione ^^

Fennec 
Oh, le tue recensioni non mi annoiano mai, te lo assicuro ;-) E non sai che gioia mi dai scrivendomi che trovi il mio modo di scrivere migliorato.
Sì, hai indovinato, Remus è un po’ tanto geloso di Bill, in quest’ultimo capitolo l’ho obbligato ad ammetterlo.
La cena via camino ha riscosso molto successo, ne sono felice ^^

Lupinuccia
Grazie, Lupinuccia ^^


Ancora un grazie a chi continua ad aggiungere la mia fic alle preferite/seguite e ai lettori silenziosi.
Ciao
Fri.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***



Remus cambiò nuovamente posizione sulla sedia, arrivando alla conclusione che durante la sua assenza doveva essersi ricoperta di spine. Era la spiegazione meno infelice che era riuscito a trovare per giustificare la sua momentanea incapacità di rimanerci seduto sopra fermo e composto.
Semisdraiato sul suo divano, Teddy si fissava con ostinazione i piedi.
Alla fine solo Rod si era recato al lavoro, Remus sperava munito di una buona scusa per giustificare la sua assenza. Non aveva potuto trascinarci anche Teddy, povero piccolo… era da poco che aveva smesso di piangere e ogni tanto tirava ancora su con il naso. Più per riflesso condizionato che per altro visto che se l’era già pulito accuratamente nella manica del maglioncino. 
Se fosse stato un padre anche solo passabile sarebbe intervenuto lui facendoglielo soffiare in un fazzoletto, ma Remus era un incapace e neanche lontanamente all’altezza della situazione, tanto che aveva capito quello che avrebbe dovuto fare solo dopo che Teddy aveva provveduto da sé.
E forse anche ora Teddy aveva bisogno di qualcosa che lui era troppo ottuso per individuare. 
Forse aveva sonno. O fame. O forse era solo che lo odiava: ora sapeva, sapeva cosa era.... doveva tenerlo bene a mente.
Remus scelse una delle opzioni, quella che pensava di poter risolvere con più facilità.
“Hai fame, Teddy?” chiese, passando mentalmente in rassegna il contenuto degli armadietti della cucina e del frigo, alla disperata ricerca di qualcosa che potesse piacere a un bimbo di sei anni.
Teddy interruppe il suo inventario alla voce “ossobuco surgelato” con un “No” appena sussurrato. I suoi capelli si erano arricciati e erano di una triste sfumatura di grigio.
“Va bene. Non hai fame… ma qualunque cosa vuoi, basta che me la chiedi”, gli sorrise Remus, sperando che la magia del loro primo incontro si ripetesse, e il bambino lo imitasse prontamente.
Teddy non sorrise, ma incredibilmente iniziò a parlare ad alta voce, con cautela, come soppesando le parole. “Io… voglio…”
“Sì?” boccheggiò, terrorizzato all’idea che il piccolo rinunciasse ad esprimersi, cadendo nuovamente in quel silenzio insostenibile, che dilatava la distanza tra di loro fino a farla apparire di miglia e miglia di sterile deserto. Un’immagine dolorosa, che gli confermava che nulla avrebbe mai potuto nascere tra di loro. 
Ora Remus capiva cosa doveva aver provato Tonks a causa dei suoi silenzi, del suo rifiutarla. 
“Adesso sa quello che sono!” si ripeté per l’ennesima volta, la testa che gli doleva per il troppo rimuginare.
La consapevolezza che era arrivato il momento di affrontare l’argomento gli rese penoso il portare a termine ogni singolo respiro: dopo aver fatto soffrire fino allo sfinimento sua madre, ora stava rovinando la vita anche a Teddy. 
“Teddy, io… ti capisco, capisco perché sei spaventato, ma non ti farò del male. Non devi avere paura di me, io sono solo malato.”
Abbassò lo sguardo, rilassando le spalle e congiungendo le mani in grembo, facendosi piccolo nel tentativo di mostrarsi il più innocuo possibile.
Il bimbo lo guardò confuso, quasi preoccupato.
“Sei ammalato? Oh. Quando viene la mamma gli dici dove ti fa male, lei ti fa guarire,” i suoi occhi iniziarono nuovamente a riempirsi di lacrime. “Mamma. Voglio mamma.”
Remus allargò il sorriso che in qualche maniera era riuscito a non lasciar scemare, malgrado si sentisse anche lui sul punto di scoppiare a piangere. Non aveva la benché minima esperienza nel trattare con bimbi così piccoli… giocare saltuariamente con R.J. non era neanche lontanamente paragonabile al prendersi cura sul serio di un bambino, del suo bambino. 
“La mamma torna presto, vedrai”, cercò di rassicurarlo, pensando assurdamente che dire ad alta voce quello che anche lui sperava con tutto se stesso che avvenisse, potesse aiutare a far avverare il loro desiderio.
Teddy saltò giù dal divano, il volto e i capelli in fiamme.
“Bugiardo! Hai detto che mi davi cosa volevo!” urlò in un improvviso scoppiò d’ira.
“Teddy…” iniziò Remus, preso alla sprovvista.
“No! Bugiardo!”
“La mamma…”
“Bugiarda anche lei!”
“Teddy, calmati. Perché dici che la mamma è una bugiarda?” gli chiese Remus, stupito.
“Ha detto che eri mio papà”, piagnucolò lui, dondolandosi sui talloni.
Remus gli si avvicinò, abbassandosi davanti a lui. Merlino, era così piccolo.
“La mamma non è una bugiarda. Io sono il bugiardo. Quelle persone che abbiamo incontrato a Diagon Alley non devono sapere che io sono il tuo papà, per questo ho mentito.”
“Sono cattivi?”
Sulle prime pensò di dargli una risposta un po’ più conciliante riguardo i Malfoy, ma poi optò per la versione breve e coincisa.
“Sì.”
Teddy incrociò le braccia davanti al petto.
“A me non mi piacciono. Sono cattivi”, sentenziò, assumendo un cipiglio che Remus trovò adorabile. Poi sciolse appena le braccia, aggrottando la fronte. “Allora sei davvero il mio papà?”
“Sì”, rispose Remus, con il tono e l’atteggiamento di chi sta confessando un crimine orribile.
Sulle prime il bambino parve stranamente soddisfatto della conferma ricevuta. Ma subito dopo assunse un'aria riflessiva, impegnandosi nello strattonare soprappensiero una ciocca dei suoi capelli, come faceva sempre Tonks quando era concentrata.
“Dov’è R.J.?” gli chiese, guardandosi attorno sospettoso.
“Abita nella casa qui a fianco. Vuoi giocare con lui?” propose Remus. Gli era parsa subito una gran buona idea.
Ma Teddy non era della sua stessa opinione.
“No.”
“Oh. Va bene.”
Il bambino si rilassò un poco.
“Io non gioco mai con l’orso che mi hai dato”, affermò, spostando il peso da un piede all’altro.
Un lupo mannaro che regala orsi di peluches, era logico che non poteva funzionare, e malgrado se ne rendesse conto, Remus non riuscì a non sentirsi offeso per l’ammissione di Teddy e pensò subito che se glielo avesse regalato Bill, l’orso, il bimbo ci avrebbe giocato sicuramente. Si passò una mano sulla fronte gelata, desiderando intensamente di poterla sbattere ripetutamente contro il muro. Se contusione doveva essere, meglio, mille volte meglio una comprensibile commozione cerebrale che l’imbarazzante caduta nell’infantilismo più totale di cui era vittima. 
Era geloso. Geloso! E lo era a discapito della felicità di suo figlio!
Sospirò, sedendosi sul pavimento e appoggiando la schiena al divano.
“È giusto. Se non ti piace non ci devi giocare”, disse, complimentandosi con se stesso per essere riuscito almeno a fingersi ragionevole.
Teddy lo fissò con gli occhi socchiusi per un lungo istante.
“Non è che non mi piace. A parte che è sbagliato e che non parla, è un orso bello e pelosissimo.”
“Oh.”
“Non ci gioco perché la mamma se lo tiene tutto il giorno abbracciato, in casa, sempre lei! A volte lo porta anche all’ufficio. Ci dorme pure assieme!” alzò le manine al cielo per poi lasciarle cadere a peso morto sulle cosce, sconcertato.
Remus non poté reprimere un sorriso triste, immaginandosi Tonks dormire con il suo orsacchiotto. La sua piccola… Si riscosse, ora non era più sua, non lo era più da anni. Non aveva più il diritto di chiamarla Dora, doveva tenerlo bene a mente.
Teddy attirò la sua attenzione, tirando un rumoroso sospirone e iniziando subito dopo a salterellare sul posto.
“La mamma dice che io sono bellissimo”, asserì con un po’ d’affanno, senza smettere di saltare. Più che saltare, in effetti, stava ballando sul posto. Come se dovesse…
“Beh, ha ragione”, gli rispose, guardandolo con occhi velati. Quanto avrebbe voluto stringerlo tra le braccia, il suo bambino bellissimo.
Teddy gli sorrise – finalmente! Gli ci erano volute quasi quattro ore per estorcergli un sorriso! – e quando vide i suoi perfetti dentini da latte provò uno slancio d’affetto tale da sentire il cuore dilatarsi nel petto, infondendogli una consolatoria sensazione di tepore in tutto il corpo.
“Sono più bello di R.J.?” chiese Teddy, assumendo un’aria minacciosa che per un attimo lo fece assomigliare terribilmente alla nonna.
“Sì, certo.” 
Il suo bimbo gli regalò un sorriso ancora più grande, prima di chiedergli:
“Perché?”
Voleva sentirselo dire. Un bambino insicuro, in questo aveva preso senz’ombra di dubbio da… oh. Gli ci vollero alcuni istanti perché fosse abbastanza in sé da rispondergli.
“Perché sei il mio bambino.”
E non aveva neppure il coraggio di guardarlo negli occhi, mentre glielo diceva. 
Teddy si schiacciò entrambe le mani sul viso, ridacchiando compiaciuto, mentre i capelli sfumavano nel blu intenso.
“Sono il tuo bambino!” affermò, aprendo le dita e osservandolo attraverso di esse, con uno sguardo da furbetto irresistibile.
“Sì.”
Lo era davvero, consapevolezza che gli diede le vertigini.
Vedendo Teddy saltellare sempre più velocemente, Remus cercò di emergere dallo strano sentimento di benessere che lo stava di nuovo allontanando dalla realtà. Non aveva capito in tempo che aveva bisogno di un fazzoletto, ma ora poteva rimediare: aveva intuito qual era il problema. Forse. 
“Devi andare in bagno, Teddy?”
Il piccolo arrossì un poco.
“C’è il bagno, qui?”
Sembrava sbigottito.
“Sì, a volte serve anche a me, sai…” disse Remus perplesso, pensando subito dopo che al lavoro c'era chi si rammaricava di quel particolare, temendo, ottusamente, che la licantropia si potesse trasmettere dividendo lo stesso bagno.
“Bill dice che i lupi mannari se la tengono per ore e ore, perché ci devono andare a… a… farla contro gli alberi, per… ehm…”
“Segnare il territorio?”
“Sì! Quello!”
Remus sentì di nuovo la fitta di gelosia.
“Non è vero. E poi lui non è un lupo mannaro, non può sapere i nostri segreti.”
Gli occhi di Teddy luccicarono per l’eccitazione e Remus, per la prima volta in vita sua, fu orgoglioso di essere un licantropo. In quel momento non comprendeva come avesse potuto ripudiare per una vita la sua vera natura, quando era una cosa così straordinaria da far splendere gli occhi del suo bambino.
“Tu sì, tu sei un lupo mannaro, l’ha detto anche Ha… ehm… la signora cattiva.”
Remus tornò con i piedi per terra, e l’impatto fu così rude da fargli sbattere i denti.
“E tu ti sei arrabbiato quando la signora ha detto cosa sono.” Arrabbiato e in lacrime. Reazione comprensibile, era quello che facevano i lupi mannari: terrorizzare i bambini e rovinare loro la vita, lui lo sapeva bene, l'aveva provato sulla sua pelle.
“No! Non per quello, mi hai fatto piangere perché hai detto che non sei il mio papà!”
Era troppo bello per crederci. Troppo.
“Ops…” esclamò il bimbo, smettendo di ballare.
“Ne parliamo dopo”, disse Remus, tanto sollevato da sentirsi malfermo sulle gambe, prendendolo per mano e conducendolo verso il bagno.
“Sai farlo da solo?”
“Certo! Mica ho quattro anni come Victorie!” gli rispose Teddy offeso, prima di chiudergli la porta in faccia.
Dopo qualche minuto si riaffacciò alla porta, la maglietta rincalzata a metà nei pantaloni slacciati, che gli scappava fuori da tutte le parti da sotto il maglioncino. Aspettò docilmente sull’uscio che Remus lo andasse a prendere e quando gli fu vicino alzò le braccia per permettergli di sistemargli i vestiti.
Sorrise come uno stupido mentre sfiorava l’ombelico di Teddy facendolo scoppiare a ridere. 
La risata del suo bimbo era quanto di più bello avesse mai udito, aveva la capacità di farlo sentire completamente indifeso, incapace di tenere a bada l’emozione.
“È andato tutto bene?” gli chiese con la voce più roca del solito, mentre gli allacciava i pantaloni sbattendo ripetutamente le palpebre. Per la prima volta nella sua vita si era preso cura, in qualche maniera, del suo bimbo.
“Hmm…”
“C’entrato l’obbiettivo?” scherzò. Suo padre glielo chiedeva sempre, quando era piccolo.
Il faccino di Teddy si rabbuiò.
“Io la so fare solo seduto”, confessò, con aria drammatica. “E i maschi lo so che fanno la pipì in piedi, l’ha detto anche Victorie.”
“Victorie è la bambina di Bill?”
“Sì. E quando la vedo le dico subito che adesso ho un papà che fa la pipì in piedi…” lo guardò trepidante con la bocca un poco dischiusa, in attesa di una conferma.
“Sì, in piedi. Sicuro. E ho una mira invidiabile”, si vantò Remus, sinceramente orgoglioso.
Teddy annuì soddisfatto, prima di proseguire.
“E che il mio papà è un lupo mannaro vero, invece il suo, no.”
A Remus si mozzò il respiro.
“No, Ted. Tu non lo devi dire a nessuno che il tuo papà è un lupo mannaro”, disse, forse un po’ troppo frettolosamente.
“Perché?”
“Promettimelo, Ted!” Remus assunse un’aria autoritaria, che spinse il bambino a chinare il capo.
“Hmm…”
“Teddy?”
“Va bene. Però lo posso dire che fai la pipì in piedi?”
“Certo. Quello è giusto che si sappia”, acconsentì Remus, serissimo.
“Non dico niente che tu sei un lupo mannaro e sai i segreti. Non dico neanche che dici le bugie alla signora che ci manda da mangiare nel camino, che gli dici che ti chiami Clara. Sono bravo, no?”
Remus non potè evitarsi di sfiorargli piano i capelli.
“Sì, sei bravissimo.”
“Faccio il bravo. Adesso però voglio la mamma, faccio il bravo, però voglio la mamma.”
Il bimbo si stava stropicciando gli occhi, ma Remus stavolta sapeva cosa fare. Tirò fuori dalla tasca il fazzoletto di Tonks.
“Prendi, Teddy.”
“Grazie”, mormorò lui, usandolo per asciugarsi gli occhi.
“È magico, sai? Me lo ha regalato la tua mamma, per i momenti tristi.”
“Io sono triste.”
Remus gli sorrise.
“Sì. Quindi è perfetto.”
Teddy lo dispiegò davanti al visto, osservandolo poco convinto.
“Cos'ha di magico?”
Lui lo invitò ad avvicinarselo al naso arrossato.
“Chiudi gli occhi.”
Teddy ubbidì all’istante.
“Senti? Ha il profumo della mamma, ” gli disse dolcemente Remus, scendendo con la mano ad accarezzargli piano la schiena, in un goffo tentativo di dargli un po’ di conforto. “Puoi immaginare che lei sia qui, vicino a te.”
“Sì!” Teddy si accoccolò sulle sue gambe, appoggiandogli la testa contro il petto. “Fai come la mamma”, osservò con voce assonnata. “Anche lei mi fa le carezze alla schiena prima di dormire.”
E Remus, seduto sul pavimento con il suo bimbo in braccio, fermò quel momento nella mente, fingendo di incantare il tempo affinché smettesse di scorrere, per rivivere quella gioia sconcertante e mai provata prima all’infinito.


Tonks fece irruzione in quella che le era stata indicata come la casa di Remus quando era ormai buio. Aveva scoperto dove abitava solo grazie a una fortunata coincidenza, un interrogatorio che le aveva fruttato a sorpresa anche quell’informazione.
“Teddy?” chiamò preoccupata, una volta entrata nell’abitazione illuminata solo dalla fioca luce di un camino. 
Remus era seduto per terra con Teddy in grembo, e per un attimo Tonks venne colta da una forte sensazione di deja vù: lei che tornava a casa stanca dal lavoro e suo marito e suo figlio l’aveva attesa trepidanti, fino a che il bimbo era crollato per la stanchezza. 
Ma tutto quello non era mai successo. 
Si riscosse dalle fantasticherie, avvicinandosi a grandi passi al divano.
“Dove diavolo sei stata?”
La voce roca di Remus era carica di rabbia e alla luce del fuoco il suo viso le sembrò livido.
Teddy si mosse nel sonno e Remus trasalì, l'espressione che mutava all’istante facendosi sollecita, mentre accarezzava con lo sguardo la testolina del piccolo.
Tonks si sforzò di ignorare il groppo in gola che quella piccola scena le aveva provocato, Remus non aveva alcun diritto di parlargli con quel tono!
Tonks si piegò su di lui, sollevando Teddy tra le braccia. Il bambino brontolò qualcosa, prima di aprire gli occhi e fissarla incredulo.
“Mamma! Sei tornata!”
Le gettò le braccia al collo, tra grandi sbadigli.
“Ehi, piano! Così mi butti a terra!” protestò lei.
“Dove sei stata?” ripetè Remus, questa volta gentilmente.
Valutò se il maleducato si meritasse davvero una risposta.
“Teddy era preoccupato”, aggiunse l’uomo, recuperando il suo fazzoletto magico dal cuscino su cui era posato e fissandolo cupo.
Tonks diede un bacio sonoro sulla guancia arrossata di Teddy.
“Oh, ma lui sa che io sono la più grandissima Auror di tutti i tempi e quindi nessuno può farmi del male, non è vero?”
“Sì”, confermò il bimbo corrucciato, asciugandosi la guancia con il dorso della mano e fingendosi stizzito.
Il suo ometto stava crescendo, si vergognava già a venire baciato da lei davanti agli amici, o alla sua nonna. Davanti a suo padre. 
Tonks chiuse gli occhi per un istante per il dolore provocatole dall'ultimo pensiero.
Io ero preoccupato”, aggiunse Remus stringendo i denti e gettando a terra il fazzoletto.
“Oh… eri preoccupato? Ma tu lo sai quante volte ho fatto tardi al lavoro in questi ultimi sei anni?”
“Un sacco di volte…” annuì Teddy, ormai completamente sveglio.
“Appunto. E tu non te ne sei mai preoccupato. Né dei miei ritardi, né di noi. Quindi fa il piacere di startene zitto!” disse Tonks, sentendosi male nel pronunciare quelle parole. Malgrado tutto quello che le aveva fatto passare ferirlo non le dava alcun sollievo, anzi, le procurava un’intensa sensazione di malessere. 
Remus aggrottò appena la fronte, guardando di lato. Le parve che avesse gli occhi lucidi.
“Io… vi ho dato tutto quello che potevo.”
Tonks sentì l’ira montarle dentro. Mise Teddy a terra.
“Su, da bravo, vai un attimo di là e riempi un bicchiere d’acqua alla mamma che ha tanta sete. E uno anche a papà. Sai dove sono i bicchieri?”
“No.”
“Meglio. Cercali. Metti sottosopra la cucina, se necessario. Anzi, mettila sottosopra anche se li trovi al primo colpo,” gettò uno sguardo provocatorio a Remus, sfidandolo a protestare. “Ma non ti azzardare a salire in piedi sulle sedie! Guarda solo in basso.”
“I bicchieri sono in basso”, intervenne Remus. 
Teddy annuì, serio e impettito come un soldatino. Tonks sapeva di averlo fatto felice, adorava quando gli venivano assegnati dei compiti da portare a termine.
Tonks riprese a parlare solo dopo che il trambusto in cucina si era fatto convincente.
“Ci hai dato tutto quello che potevi?” gemette accovacciandosi davanti a Remus. “A cosa ti riferisci? Ai soldi?”
Remus non le rispose, il viso rivolto verso il muro alle sue spalle e lo sguardo che vagava senza posarsi su nulla in particolare.
“Potevi dare a Teddy un padre, potevi dare a me un marito. Mi hai portato via l’uomo che amavo!”
Si accorse di star piangendo solo quando vide le sue lacrime inumidire il dorso della mano di Remus. Erano lacrime silenziose, non accompagnate da singhiozzi.
“I soldi vi sono certamente stati più utili di me”, disse lui, gelido.
“Ah, i soldi? Avresti potuto avere un posto ben pagato al Ministero, Kingsley non te l’avrebbe negato, avrebbe voluto dire più soldi per Teddy. E avresti potuto avere una moglie e un figlio, io e Teddy non te l’avremmo negato, razza di… di… lupo stropicciato e assurdo!”
Remus, per la prima volta da quando era entrata in casa sua, la guardò apertamente in viso.
“Ho fatto solo quello che ho ritenuto fosse meglio per voi.” 
Merlino, aveva l’aria così sicura di sé, e non muoveva un solo muscolo, né per mostrare imbarazzo, o dispiacere o senso di colpa. Era del tutto impassibile.
Tonks, già provata dalla giornata pesante appena trascorsa, non riuscì più a controllare la rabbia: alzò una mano e gli rifilò uno schiaffone sulla spalla, non per fargli male ma per scuoterlo. Ma lui non fece nulla per scansarlo e non se ne lamentò, limitandosi a mantenere rigidamente la sua posizione.
“Il meglio per noi? Hai fatto del tuo peggio, per tutti!” gli urlò, tuffando subito dopo il viso nell’incavo del suo collo e stringendolo in un abbraccio serrato, mettendo in esso tutta la forza che aveva nella braccia, fino a farle dolere, fino a far sentir male anche Remus, condividendo con lui un po’ del suo dolore. Erano passati sei anni dall’ultima volta che lo aveva tenuto così vicino e l’emozione fu tale che si sentì venir meno. Si lasciò andare a un pianto stremato, sentendosi all’improvviso debolissima.
Fu la volta di Remus di stringerla. 
“Dora? Dora… non piangere”, supplicò, mentre le passava una mano nei capelli. 
Tonks si accorse a mala pena che il trambusto in cucina era cessato mentre Remus l’abbracciava con tenerezza, respirando a singhiozzi contro il suo collo. 
Non notò che Teddy, affacciato alla porta della sala con i vestiti sgocciolanti e due bicchieri semivuoti in mano, fissava a bocca aperta lo sconosciuto che da poco aveva scoperto essere suo padre cullare piano la sua mamma.





VERSIONE CORRETTA (grazie Moony3 ;-)


Rieccomi, con un cap quasi tutto dedicato a Teddy, sperando che sembri proprio quello che è: un bimbo di sei anni. 

Grazie alle persone che mi hanno lasciato una recensione:


MooN94
Grazie! Ed eccoti il nuovo capitolo, spero ti piaccia anche questo.

Lupinuccia 
Il fascino dei lupi mannari... XD!  Qualunque età abbiano sono sempre irresistibili  ^^
Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto.

Nestoria
Sono contenta che i gatti calciatori siano piaciuti anche a te.  Sì, dovevo trovare un amico a Remus, era troppo triste il fatto che, dopo i Malandrini, non si fosse più legato a nessun altro, o almeno così sembra. E... complimenti per la domanda che mi hai posto! Hai centrato il punto della situazione, beh, in questo capitolo lo spiego, Teddy si è offeso perché Remus ha detto di non essere suo padre. Non ha pregiudizi nei confronti dei lupi mannari, perché nessuno glieli ha mai inculcati. Tonks di sicuro non avrebbe mai parlato male di loro,  e neanche Andromeda, malgrado approvasse l'allontanamento di Remus.

Moony3 
Essendo che Rod è un personaggio che ho inventato io, sono più che felice che sia piaciuto! Eh... come scrivevo a Lupinuccia, il fascino dei lupi mannari... ;-)
Uh, temevo che la gelosia di Remus lo rendesse un po' troppo infantile e OOC, ma non so... ce lo vedo a comportarsi così, mi sembra che il suo bimbo lo porti a comportarsi proprio a questo modo, a perdere del tutto il controllo che dimostra invece di avere in tutti i libri di HP (tranne, appunto, il settimo).
Draco e Narcissa: Draco è, credo, l'unico personaggio di HP che non mi va giù in nessun modo
, lo ammetto (neanche i suoi genitori incontrano molto le mie simpatie, sia chiaro...). Cerco comunque di essere obiettiva e se dovessi cadere nel bashing mi raccomando, fammelo notare!! Per ora felice che risulti IC, ci tengo sempre tanto.

Alchimista
Noto che Draco non sta tanto simpatico neppure a te ;-) Grazie per i complimenti, davvero, mi fanno un piacere immenso ^^ E il fatto che quello che scrivo risulti semplice e naturale è sul serio un gran complimento, non sopporterei che risultasse macchinoso. Spero che anche questo cap ti piaccia.



ciao
Fri.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Tonks stava guardando sognante fuori dalla finestra incantata dell’ufficio che divideva con Harry. Quel giorno i tizi della Manutenzione Magica avevano optato per un sole malaticcio, oscurato a tratti da nuvole sfilacciate che assomigliavano terribilmente a Remus: pallide, sbrindellate e tanto tenere. 
Le bastava chiudere gli occhi per sentirsi ancora cullare tra le sue braccia, come la sera prima. E tutto le pareva così reale che, appoggiandosi una mano sulla guancia, si stupì di trovarla tiepida e asciutta. Non c’erano più lacrime a rigarle il viso, ma le dolci carezze con cui Remus gliele aveva asciugate erano un ricordo così vivido da farle credere il contrario.
Tonks non si era mai vergognata a mostrare le proprie debolezze, accettava senza paura di sentirsi vulnerabile e malgrado tutto non intendeva rinunciare a lottare per la sua famiglia, perché lei sapeva amare in una sola maniera: incondizionatamente e senza risparmiarsi. Il dover lavorare duramente per ottenere dei risultati non l’aveva mai messa in difficoltà.
Prima di tutto doveva aiutare Remus a diventare abbastanza forte da tornare da lei, mostrandosi a tutti per quello che era: un marito, un padre… e che lo facesse con orgoglio. Perché un giorno Teddy avrebbe dovuto fare i conti con quello che il Mondo Magico pensava dei lupi mannari, e per uscirne fieramente, era necessario che Remus smettesse di vergognarsi di se stesso. 
Perché Tonks non poteva insegnare a Teddy ad accettarlo e volergli bene, se lui per primo non si amava. 
Sospirò, cercando con la mano la zampa dell’orsetto del suo bimbo, che la guardava con i suoi grandi occhi di plastica azzurra dalla pila di scartoffie recalcitranti su cui l’aveva messo a sedere.
“Allora, Harry, alla fine Ginny ti ha mostrato quella cosa che le avevo consigliato di farti a letto?” chiese Tonks, pensando altruisticamente che forse il giovane potesse essere infastidito dal suo innaturale silenzio.
“Ehm…” tossì lui, imbarazzato. “C-cosa?”
Avvertendo un certo disagio nel tono di Harry, Tonks si sforzò di guardarlo.
Era piegato sulla sua scrivania, le mani sulle tempie in una posa di estrema concentrazione. Sembrava alla disperata ricerca di una via di fuga, e non ne capiva il motivo: non le pareva di avergli posto una domanda così personale da metterlo in difficoltà. A meno che…
“Oh!” comprese, picchiandosi una mano aperta sulla fronte. “Sono la solita scema! Non pensare male, non mi riferivo assolutamente a qualcosa di sessuale!”
Harry sprofondò il viso nella mani, sollevandosi gli occhiali sulla fronte fino ad affondarli nei capelli a mo’ di cerchietto.
“Cioè… Ginny mi ha avvertita del fatto che ti manda del tutto in palla parlare apertamente di queste cose persino con lei, figuriamoci con me…”
L’uomo si fece cadere le mani in grembo e prese ad osservare con maniacale interesse la gente che camminava per lo scorcio di corridoio visibile dalla porta aperta del loro ufficio, come se desiderasse ardentemente che qualcuno si decidesse a fare loro visita, per poter porre fine a quella discussione.
“Harry? Guarda che mi riferivo a dei semplici massaggi,” lo tranquillizzò Tonks. “Pure io a furia di stare a fare la muffa dietro a questa scrivania ho sempre male al collo! Per fortuna ogni tanto ci scappa un po’ d’azione…”
Harry, visibilmente tranquillizzato, si decise a voltarsi verso di lei, sfoggiando un’audace cresta nera dove i capelli erano stati sollevati dagli occhiali, velocemente riportati alla loro posizione originaria. 
“Sì, è stato un sollievo uscire di qui,” concordò. “Quando sognavo di diventare un Auror non credevo di dover passare così tanto tempo a compilare scartoffie. Certo, adoro la mia vita di adesso, così tranquilla,” si sfiorò di sfuggita la cicatrice. “Ma…” 
“Ma così è uno strazio”, concluse Tonks per lui. “Pensa positivo, almeno tu hai una donna a casa con cui spassartela, beh… fino a che il suo pancione non inizierà a intralciarla troppo.”
Harry tossicchiò, asciugandosi i palmi delle mani sui pantaloni. “Ehm…” borbottò infine, cauto. “Che ne hai fatto dell’informazione su Lupin che ti ha dato quel ragazzo che abbiamo arrestato?” 
Il giovane mostrò tutto il suo disagio nel pronunciare il nome dell’ex professore: rancore, delusione, rimorso. 
Tonks sapeva che Remus era andato da lui dopo che l’aveva abbandonata, Hermione le aveva raccontato tutto.
“Che vuoi che ci abbia fatto… sono corsa da lui!” 
Harry si accalorò.
“Cosa? Lo dici come se… come se…”
“Come se non fossero passati sei anni dall’ultima volta che ho posato gli occhi su quel lupo stropicciato?”
“Eh…”
“Infatti l’avevo visto poche ore prima.”
Harry sembrò parecchio innervosito dalla notizia. Temeva di dover trovarsi di nuovo a faccia a faccia con Remus, combattuto tra il senso di colpa e la vergogna per come lo aveva trattato e la certezza di aver agito per il meglio, ma senza ottenere i risultati sperati. 
“Senti, se ti va di farti i fatti miei… Io e Remus ci siamo visti due giorni fa, per parlare del divorzio…”
“Oh. Divorziate?”
“Ora ti stai facendo troppo i fatti miei”, scherzò Tonks, ammiccando. Era un’impicciona, era vero, ma anche bendisposta nei confronti di chi si comportava come lei.
“Direi che sarebbe la soluzione migliore, voglio dire, lui vi ha mollati così, su due piedi. Mi ha deluso così tanto, non me lo sarei mai aspettato un comportamento del genere da Lupin… è scappato come un vigliacco. I miei genitori… insomma… mio padre avrebbe approvato il modo in cui ho cercato di spingerlo a tornare da te.”
L’ultima frase suonò più come una domanda che come un’affermazione, rendendo palese quanto Harry fosse poco convinto che quella sarebbe stata davvero l’opinione di James in merito. Il giovane sembrava temere di aver fatto del male in maniera irreparabile a Remus, compromettendo per sempre il loro rapporto e attirandosi, con il suo comportamento, anche le ire del padre mai conosciuto.
“Harry?”
“Sì?”
“Mi spiace che Remus ti abbia deluso, ma non hai idea di cosa ha fatto passare a me, te l’assicuro.”
Harry sembrò dispiaciuto.
“No, no, certo… scusa, io… lo so che ci sei stata male anche tu…”
“Non importa, lo so che tu sei un tantino egocentrico…”
“Come egocentrico?!”
Tonks lo zittì con un’occhiataccia.
“Ma Remus è mio marito e il padre di mio figlio, non ti permettere mai più di parlare in quei termini di lui davanti a me. Solo io posso chiamarlo vigliacco, o lupo stropicciato…”
“Io non mi permetterei mai…” Harry mise le mani avanti, allibito alla sola idea di chiamare Remus in quel modo assurdo. 
“O rompipallini tutto rigato…” l’occhio le scappò verso la porta dell’ufficio, Kingsley stava arrivando di gran carriera con una pila di giornali tra le braccia.
“In prima pagina!” sbraitò l'uomo, rovesciandoli sulla scrivania di Tonks. “Ho ordinato il ritiro e la distruzione della seconda tiratura della Gazzetta del Profeta, ma la prima era già partita con i gufi delle sette! Tonks!”
“Che c’è?”
“Si può sapere che ci faceva Remus a spasso per Diagon Alley con Teddy? È tornato da voi?” 
Kingsley sembrava molto preoccupato.
Neanche lui aveva notato Remus che si aggirava per il Ministero, giorni prima? Harry non c’era, doveva accompagnare Ginny a una visita, ma Kingsley… 
Remus era riuscito a raggiungere il suo ufficio senza farsi notare da nessuno. La cosa non la stupiva più di tanto, era bravo nel passare inosservato.
Tonks prese una delle copie del giornale e la dispiegò. 
“Il nobile Purosangue e il piccolo lupo mannaro colorato!” Urlava un titolone che scorreva da lato a lato della prima pagina, seguito da una frase in rosso che lampeggiava:
“Esclusivo! Gli ultimi due eredi della Nobile Casata dei Black a Diagon Alley: Draco Malfoy e Teddy Lupin!”
Tonks pensò che avrebbe dovuto sentirsi sconvolta, ma mentre osservata Remus mano nella mano con il loro bimbo camminare dritto contro Narcissa e Draco Malfoy, la testa chiaramente tra le nuvole, non poté trattenersi. 
Scoppiò a ridere, sinceramente divertita, registrando solo di sfuggita che l’unica cosa che aveva impedito a Remus di scontrarsi con la sua cara zietta era stato l’intervento di quello che riconobbe essere il padre del ragazzo arrestato da loro, nella retata che l’aveva allontanata dal Ministero il giorno prima.
Kingsley e Harry la osservavano sconcertati.
“Forse questo sistemerà tutto”, pensò lei, ignorandoli. 
Ma poi realizzò che anche Remus avrebbe potuto leggere la Gazzetta e se ciò fosse accaduto… conoscendolo sarebbe stato capace di commettere una follia!
“Devo andarci subito!” urlò afferrando la bacchetta e infilandosela nella tasca dei jeans.
“Vuoi ammazzare la Skeeter?” chiese Kingsley con aria di approvazione.
“Posso darti una mano?” si offrì Harry, speranzoso.
“Quello dopo. Ora devo trovare Remus e fermarlo!”


Tonks, decisa ad attuare un pronto intervento d’emergenza, si Materializzò direttamente nella casa di Remus. L’uomo non era nel salottino e, mentre passava in rassegna tutte le possibili sciocchezze che avrebbe potuto commettere dopo aver letto l’articolo, un gufo attirò la sua attenzione picchiettando altezzosamente il becco contro la finestra davanti a lei.
Lo fece entrare, sfilandogli la pergamena e osservandolo perplessa spiccare subito dopo il volo, senza attendere un risposta.
Fece per curiosare in cucina, quando lo scorrere dell’acqua in quello che immaginava fosse il bagno attirò la sua attenzione.
La doccia era aperta, ma vuota. Si infilò inciampando nel cubicolo di plastica e chiuse il rubinetto, inzuppando se stessa e la lettera con l’acqua fredda.
Tornò nel corridoio strizzandosi con una mano il mantello, mentre con l’altra si sventolava davanti agli occhi la pergamena per evitare che diventasse una poltiglia inchiostrata.
Ovviamente Tonks non poté trattenersi dal leggerla.
“Oh. Che invito interessantissimo!” ridacchiò. Ci sarebbe stato da spassarsela!
Sfoggiando un ghigno divertito abbassò un poco la lettera, e attraverso la porta dischiusa al suo fianco vide Remus.
Se ne stava seduto immobile
 a fissare il vuoto, con il suo fazzoletto rosa stretto nel pugno, i capelli bagnati che sgocciolavano sulle lenzuola rincalzate disordinatamente.
I vestiti che indossava, una maglietta e un paio di pantaloni del pigiama lisi e rattoppati, erano anch’essi bagnati e in più punti incollati al suo corpo magro, tanto che poteva vedergli le costole.
Tonks sospirò, entrando nella stanza.
Remus la salutò a mezza voce, senza alzare lo sguardo né mostrare alcun stupore per la sua presenza lì.
“Che hai fatto? Ti sei infilato i vestiti senza asciugarti prima?” lo apostrofò allegra. “Come Teddy la prima volta che gli ho permesso di lavarsi da solo: uscito dalla doccia tutto bello insaponato, si è rimesso i vestiti sporchi appena levati, dicendomi che così si lavavano anche loro!”
Inclinò la testa su una spalla, osservando Remus in viso. Sembrava rassegnato.
“Il mio… il nostro bambino,” proseguì Tonks. “È un vero spasso. Adesso con te fa il timido, ma vedrai, quando prenderà confidenza…”
“Sì”, rispose laconico Remus, serrando i denti.
E le parve così indifeso, seduto sulle lenzuola umide con il suo fazzoletto in mano, che non riuscì a resistere all’impulso di abbracciarlo. 
“Sei gelato”, osservò, baciandolo tra i capelli bagnati più volte. 
Un brivido scosse anche lei, ricordandole di essere ridotta nelle sue stesse condizioni.
“Hai letto la Gazzetta del Profeta, vero?” 
“Sì.”
“Lo so a che pensi, ma andrà tutto bene, vedrai. Ci sono qui io, adesso,” cercò di rincuorarlo. “Non hai fatto nulla di stupido prima che arrivassi come un’eroina d’altri tempi a salvarti, vero?”
“No.”
“Giura!”
“Un tentativo l’ho fatto, ma…”, Remus si strinse nelle spalle, inespressivo.
“Ma per fortuna hai fermato per tempo il tuo istinto da…”
“…lupo mannaro”, mormorò lui, liberandosi dal suo abbraccio e strofinandosi stancamente gli occhi.
“No, da Grifondoro… Sai, il motto della vostra Casa: prima agiamo, poi, magari, se troviamo un briciolo di tempo… forse… ci riflettiamo su. Ma deve essere proprio che non abbiamo niente di meglio da fare.”
Rispose alla smorfia di Remus con un sorriso sfacciato. “E adesso, visto che siamo tutti e due belli surgelati, andiamo di là a scaldarci con una doccia calda.”
“Contemporaneamente?”
Tonks alzò le sopracciglia.
“Di quanta acqua calda disponi, qui?”
“Ok. Contemporaneamente. Una doccia breve, però”, acconsentì Remus, rianimandosi un poco.
“Perché breve?”
“Perché, lo ammetto, mi sento abbastanza triste…” sottolineò le parole sollevando il fazzoletto, a dimostrazione del suo stato d’animo. “…da riuscire a tenere le mani a posto per una breve doccia con una splendida Auror dai capelli… beh… non più rosa,” la osservò con l’aria che il suo nuovo colore di capelli lo rendesse ancora più malinconico. “Ma alle prese con una doccia più lunga… non so…” si scusò con un pallido sorriso.
“Non mi sembra di averti chiesto di tenere le mani a posto.”
“Ti prego, Tonks…” la supplicò lui. “Non voglio sentirmi coinvolto.”
“Non vuoi sentirti coinvolto?” scattò lei, incredula. “Abbiamo fatto un figlio assieme! Il massimo del coinvolgimento possibile!” fremette, furiosa. Uscite come quella le facevano desiderare ardentemente di Schiantarlo, ma poi… poi scrutava più a fondo il suo viso segnato e non poteva non vedere tutta la pena che si portava dentro. 
“È sbagliato! La vuoi capire che non funzionerà mai? Pensa a Teddy!” sbottò Remus, e la voce gli uscì come un lamento.
“Io penso sempre a Teddy, Remus. E tu?”
Lui scosse la testa, afferrandosi i capelli tra le mani.
“Lo sai come andrà a finire”, cacciò un lungo sospiro, accompagnato da un brivido sconnesso. “Sono anni che non fai più sesso, Dor.. ehm… Tonks,” sospirò di nuovo. “Non riuscirai a controllarti per più di un secondo, con me tutto nudo e bagnato davanti!”
Gli scagliò contro la pergamena zuppa. Ecco una delle cose in cui riusciva ancora a sorprenderla, la sua capacità di riacquistare il controllo quando meno se l’aspettava, anche in situazioni di totale abbattimento. Era una sua specialità e a volte era davvero sconcertante. E buffo, doveva ammetterlo.
“Razza di idiota!” urlò, fingendosi arrabbiata. “Pensi veramente che io abbia fatto la verginella per sei, lunghissimi anni?”
Tonks sorrise malefica, mentre Remus la fulminava con uno sguardo da lupo mannaro assassino. 
“E con chi…”
“Zitto e infilati in quella doccia. Così iniziamo lavorare sull’opinione che hai di te stesso. Mi sembra corretto partire con una delle cose che ti vengono meglio, per aumentare la tua scarsissima autostima.”
Non gli diede il tempo di ribattere di nuovo, lo prese per mano e lo trascinò direttamente nel cubicolo di plastica aprendo l’acqua calda, che iniziò subito a produrre un piacevole vapore.
Si spogliarono a vicenda, senza malizia, abbandonando i vestiti sul fondo della doccia. 
E allo stesso modo gentile Remus iniziò a insaponarla, indugiando sui suoi seni, mentre lei faceva scivolare le mani lungo il suo petto, giù, fino a quella cicatrice così carina sulla sua pancia e poi...
“Ehi, tieni su quelle mani!” la riprese lui, severo. “Lo vedi che non ti controlli?”
“Mi spiace, Remus, ma lo devo proprio fare…”
“Devo dirti una cosa, Tonks.”
“Io non ti ho perdonato”, lo anticipò lei.
“Comprensibile, ma…”
“Ma ho bisogno di questo, subito,” lo interruppe svelta. Tonks non voleva fermarsi a riflettere ed era saggio impedire anche a lui di farlo. “Ne ho bisogno, lo faccio solo per me,” lo fissò dritto negli occhi. “Questa cosa rimarrà tra di noi, non significa che ci stiamo rimettendo assieme. Devo difendere Teddy, lo capisci? Non ti posso perdonare perché non posso permetterti di farlo soffrire e tu non sei ancora pronto ad accettare questa situazione, è così, vero?” gli chiese, desiderando con tutta se stessa che lui la contraddicesse.
“Sì. E non credo, Tonks, che sarò mai abbastanza forte da affrontare… per affrontare…”, Remus scosse la testa, sinceramente rammaricato, ma allo stesso tempo come se ritenesse che quello fosse solo un bene, per loro.
“Dora”, lo corresse. Una piccola concessione per il suo amante. Per suo marito.
“Va bene, io… va bene,” Remus sollevò lo sguardo, trasalendo. “Dora? Sul serio posso? Dora? Dora”, pronunciò il suo nome molte volte, con l’aria di chi ha appena ricevuto un regalo straordinario. “Ma devo dirti…”
“Cosa non ti è chiaro nelle parole: ne ho bisogno subito?”
“Va bene.”
“Ecco, bravo. E poi mettiti elegante, stasera abbiamo un invito a cena.”
“Dalla Skeeter?” Remus si passò un dito sui denti. “Mmm, giornalista per cena… Indigesto, ma appagante.
Tonks ridacchiò.
“Sbagliato. Dai Malfoy.”
“Scherzi?” 
“Giuro. Ci sarà da divertirsi, così ti tiri un po’ su… Oh! Ma vedo che ti sei portato avanti, tirandoti già parecchio su per conto tuo, lì sotto…”
“Zitta, Dora.”
“Zitto tu. E incomincia a darti da fare!”









Un capitoletto di passaggio, spero non troppo noioso. Mmm… è la prima volta che mi cimento nella caratterizzazione di Harry, non so se mi è venuto bene, ammetto che trovo molto più facile trattare i personaggi secondari creati dalla Row, rispetto al trio protagonista. 

(…) prima agiamo, poi, magari, se troviamo un briciolo di tempo… forse… ci riflettiamo su. Ma deve essere proprio che non abbiamo di meglio da fare.”
Frase sottolineata made in “Ely79”: grazie  per l’aggiunta ^^, per le correzioni, per la pazienza… 

E grazie a chi mi ha lasciato una recensione:

Nin: “descrizione introspettiva degna della Row”? beh, che dire se non : grazie! E’ uno dei più bei complimenti che potevi farmi. Sì, Remus e Tonks volevano abbracciarsi fin dal loro primo incontro, e doveva essere per forza una cosa molto emozionante, sono contenta di essere riuscita a rendere bene quel momento.

Moon94: Grazie! Sono felice che la mia storia ti entusiasmi così tanto ^^

Nestoria: Ho cercato un argomento divertente, da “maschio”, che Teddy potesse discutere con il padre, e mi è subito venuto in mente questo ^^

Arylupin: Grazie! Ed ecco il seguito, sono contenta che Teddy sia piaciuto così tanto.

Moony3: Immagino che Remus, soprattutto in questo momento, si senta orgoglioso di qualunque cosa possa aiutarlo ad avvicinarsi a Teddy, anche quella che odia di più.
E pure il fatto della pipì in piedi, eh… c’è da esserne orgogliosi, se lo è Teddy, vuol dire che è una gran cosa davvero ^^
Ti ringrazio per la correzione al mio capitolo precedente (e per la divertentissima recensione, giuro che Remus usa il nome di “Clara” solo per procurarsi un pasto via camino!! XD!) e ti invito a correggermi senza problemi, per quanto rilegga un milione di volte i capitoli non riesco mai a trovare tutti gli errori, anche perché a furia di rileggere mi vedo davanti agli occhi il filmino della scena descritta, invece che il testo… Oh, le recensioni lunghe mi piacciono, quindi scrivi pure tutto quello che vuoi ^^ E grazie anche per il giudizio su Teddy!

Alchimista: Grazie, e spero che alla fine tu abbia dormito. E’ una soddisfazione sapere di essere riuscita a farti sentire “coinvolta” nel racconto. Descrivere la quotidianità è la cosa che mi riesce più naturale, a volte temo di essere un po’ banale, ma sono proprio le scene di vita quotidiana a ispirarmi per le mie ff.

Lupinuccia: Grazie, ed ecco il nuovo capitolo ^^

Rorothejoy: Grazie, da parte mia e di Teddy ^^

Ringrazio anche i tanti lettori silenziosi e chi continua ad aggiungere la mia storia ai preferiti/seguite.
Ciao
Fri

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


UN orsetto per Teddy cap 5 Tonks aveva ancora i capelli umidi per la lunga doccia: farla contemporaneamente a Remus alla fine non aveva valso questo gran risparmio in termini di consumo di risorse idriche. Finito di fare l’amore erano rimasti a lungo abbracciati, a cullarsi a vicenda in una tenera danza, scandita solo dal battito affrettato dei loro cuori. Non sentivano più neppure lo sgocciolare della doccia, cure e attenzioni erano rivolte esclusivamente verso il corpo dell’altro. Pelle contro pelle, Tonks viveva solo per Remus in quel momento, c’era solo lui, solo lui che era tutto il suo mondo.
La loro intimità venne sciolta controvoglia e parecchio tempo dopo che l’acqua calda li aveva abbandonati, lasciando il posto a uno scroscio gelato.
Dopo la doccia, Remus non l’aveva più mollata per un secondo, ogni scusa era buona per accarezzarle i capelli, o sfiorarle un braccio. Anche in quel momento la teneva possessivamente per mano, come se non fosse solo un desiderio mantenere un contatto fisico costante con lei, ma gli fosse necessario. Come se non potesse più neppure respirare, se non attraverso la pelle di lei.
E ora erano nel salotto della casetta della madre di Tonks, anche lei invitata alla cena dai Malfoy.
Forse Tonks avrebbe dovuto consentire ad Andromeda di parlare sola con Remus, come le aveva chiesto quando aveva saputo che era tornato, ma non le era sembrato il caso. Non senza che entrambi le avessero consegnato prima le bacchette.
Remus si rassegnò a lasciarle la mano e si spostò un po’ in disparte, accanto a Teddy, mentre lei si faceva avanti decisa ad affrontare serenamente la madre, da cui si aspettava come minimo una scenata.
Andromeda non aveva mai fatto mistero della sua opinione sul genero.
Teddy, ancora euforico dopo aver passato la giornata a giocare al parco con la nonna, il cappellino ben calcato in testa per nascondere i suoi capelli ai bimbi Babbani, fece un saltello, aggrappandosi con entusiasmo a una delle tasche della giacca di Remus.
“Tu lo sai chi è quella bella signora?” gli chiese con l’aria da furbetto.
Remus fece un sorriso cordiale alla suocera.
“È la tua nonna.”
“Sì!” s'impettì il bimbo. “E il mio nome, cioè Ted, è il nome del mio nonno. Tu lo sai chi è il mio nonno?”
“Sì, Teddy. L’ho conosciuto.”
“E eravate amici?”
Tonks avvertì il nervosismo di sua madre, malgrado esteriormente sembrasse solo un po’ rigida. L’ultima volta che lei e Ted avevano parlato con Remus gli avevano esternato, senza tanti giri di parole, quale era la loro opinione riguardo la sua persona e il loro matrimonio. E “disgustoso” era stato un addio ben poco amichevole.
Remus non tentennò, ma il suo sorriso si fece triste. “Sì,” disse semplicemente. “Lo stimavo molto.”
Era sincero, di questo Tonks era certa.
Teddy cercò di sollevarsi da terra facendo nuovamente leva sulla tasca di Remus.
“Stiravo?” ripeté, confuso.
“No, stirare è una cosa che proprio non mi si addice”, confessò Remus, il mento sul petto, guardandosi la giacca stropicciata. “Ho detto stimavo,” scandì. “Vuol dire tuo nonno era una gran persona e tu dovresti essere fiero di portare il suo nome.”
Teddy sfoggiò un sorrisone soddisfatto, che vacillò appena nel momento in cui la già provata giacca di Remus cedette, e lui si trovò con il sedere per terra e la tasca sfilacciata ancora stretta tra le manine.
“Ops…” mormorò, osservando di sottecchi il padre, ma senza smettere di sorridere, come se avesse la certezza di farla franca.
“Non ti preoccupare, piccolo… sapevo che la mia giacca aveva degli importanti problemi strutturali, è colpa mia che non ti ho avvertito prima.”
Teddy aveva indovinato. E gli sarebbe bastato trascorrere assieme al padre ancora qualche ora per imparare a raggirarselo a suo piacimento.
Andromeda stava osservando i due con una strana espressione, Tonks sapeva che le parole dette da Remus su Ted l’avevano colpita. Ora sapeva quanto corretto e incapace di serbare rancore fosse quel lupo mannaro che lei aveva rifiutato da subito, senza neppure conoscerlo.
“Remus”, disse Andromeda, allungando una mano verso di lui.
“Ciao, Andromeda”, la salutò lui, ricambiando la stretta della suocera con egual fermezza e uno sguardo di scuse.
La donna fece un passo indietro, studiandolo con una mano sul mento e un’aria stranamente nostalgica, quasi commossa. Anche Ted era sempre stato un gran sciattone, forse Remus glielo ricordava un poco.
“Oh. E questo secondo te significa essere eleganti?” lo apostrofò severamente.
Tonks non poté fare a meno di intervenire.
“Mamma, lascialo in pace, questi vestiti li ho scelti io, sono i meno disastrati che ha…”
“Li hai stirati con le mani?” proseguì Andromeda, ignorandola.
Remus si fece pensieroso, e rifletté a lungo prima di rispondere.
“Ehm… ho fatto mente locale… non ricordo bene…” divagò, assumendo infine un’intonazione grave. “Ma sono quasi sicuro di sì.”
Si grattò la nuca, con un’espressione che replicò inconsapevolmente, ma alla perfezione, quella di Teddy nel momento in cui si era trovato con il sedere per terra e la tasca della giacca paterna in mano.
“Hai proprio bisogno di una donna che si prenda cura di te”, sospirò esasperata Andromeda, gettando un’occhiataccia alla figlia. “Certo… questo di sicuro non migliorerà la piega dei tuoi vestiti…”
“Mamma!” protestò Tonks, indicandosi il vestito “quasi da signora” che indossava, per mostrarle quanto fosse “circa” stirato bene. Gli incantesimi domestici non erano mai stati il suo forte.
“…ma forse potresti avere un aspetto meno trascurato. Sembri un orfano abbandonato a se stesso. Anche Ted era come te… ma io facevo in modo che…” la donna si interruppe, come raggelata.
Remus, dispiaciuto, fece per stringerle un braccio, ma lo ritrasse subito lasciandolo ricadere lungo il fianco.
Andromeda scosse il capo, incamminandosi poi verso la sua camera, da cui uscì poco dopo con un vestito da uomo amorevolmente ripiegato su un braccio.
“Tieni,” lo porse a Remus. “Questo ti andrà bene, credo. Forse un po’ largo…” guardava l’abito con gli occhi lucidi.
Remus parve sbigottito. Era chiaro che l'atteggiamento della suocera nei suoi riguardi era cambiato, ma non si aspettava tanta indulgenza, un gesto così generoso che riteneva sicuramente di non meritare. “Grazie. Davvero… grazie”, le mormorò, la voce calda che tradiva tutta la sua emozione.



“Mamma, guarda quei cosi lì! Guarda!” strillò Teddy, tirandola per la mano eccitatissimo.
Remus aprì la bocca, sicuramente per correggere il figlio e fargli sapere il nome esatto dei rumorosi uccelli, ma lo sguardo gli cadde su Andromeda e si zittì.
Tonks lo guardò intenerita. Infilato nel vestito di suo padre - uno di quelli di lusso, acquistati per le grandi occasioni - era davvero carinissimo, tanto da farla sentire accaldata come sotto la doccia, anche se lui non sembrava molto a suo agio tutto agghindato.
Forse temeva di rovinare il prezioso prestito, e passava dal fissarsi con reverenza i bottoni delle maniche, al controllare preoccupato le cuciture dei risvolti e le tasche dei pantaloni, accertandosi ossessivamente che non mancasse nulla.
Il tutto senza mai mollarle la mano.
Quando gli aveva confidato che i Malfoy non li avevano invitati a cena per il puro piacere di passare del tempo in loro compagnia, ma per trovare il più in fretta possibile una soluzione all’imbarazzante situazione in cui si trovavano, Remus si era limitato a ribattere con un laconico. “Vedremo”, riprendendo possesso della sua mano.
Raggiunsero l’ingresso illuminato e prima che potessero suonare il campanello, Narcissa aprì la porta, invitandoli a entrare nel corridoio tappezzato di ritratti.
La tensione tra Andromeda e la sorella era palpabile.
“Narcissa”, disse sua madre, gelida.
La donna più giovane rispose con un nervoso cenno del capo, mentre Teddy, a disagio, si schiacciava tra lei e Remus.
Lasciarono le due donne precederli di parecchi passi, mentre Tonks si abbassava sul figlio, sostituendo per un istante la chioma corta e biondo-grano, con una lunga, liscia e quasi bianca. Si passò le mani nei capelli. “Io sono Lucius Malfoy” mormorò, facendo la voce grossa. Lei e Teddy soffocarono le risate nei palmi delle mani, mentre Remus le dava di gomito, ma senza riuscire neppure lui a trattenersi dal ridacchiare.
Riacquistò le sue sembianze un secondo prima di sbucare in un ampio salone, dove, davanti a un monumentale camino di marmo, li attendeva la famiglia Malfoy al completo.
Tonks e Teddy riuscirono a stento a non scoppiare nuovamente a ridere nel vedere Lucius, il viso immobile incrinato da una lieve smorfia di disgusto, mentre il suo sguardo si posava ora su di lei, ora su Teddy e su Remus.
L’uomo frequentava abitualmente il Ministero, un poco meno di prima della guerra, ma con assiduità, deciso a riprendersi almeno in parte il potere a cui riteneva di aver diritto anche solo per il sangue purissimo che scorreva nelle sue vene. Tonks l’aveva incrociato più volte, anche con Teddy al seguito, e lui non mancava mai di mostrare il suo disappunto nel trovarseli davanti.
D’altronde anche il bimbo lo odiava a pelle, più di una volta si era girato indietro facendogli le linguacce. Anche un bambino era in grado di riconoscere il disprezzo, quando ne era vittima.
Il suo sguardo si posò su Draco. Il suo unico cugino… Ormai era un uomo, ma non era cambiato poi molto da quando era un ragazzino: sempre lo stesso viso affilato, i capelli un po’ diradati di un biondo quasi bianco. Forse l’atteggiamento era un briciolo meno tronfio.
Accanto a lui c’era una donna sulla ventina, sottile e dal portamento nobile, probabilmente la moglie.
Non ci furono presentazioni. Lucius li invitò con voce strascicata a sedersi a tavola, mentre con un battito di mani ordinava agli Elfi Domestici di servire il pasto.
Una serie di cibi elaborati vennero fatti scivolare nei loro piatti.
Teddy, che riusciva a mala pena a raggiungere il piatto, prese tra le dita un gamberone, fissandolo perplesso. “Devo davvero mangiare questo mostro da paura?” chiese alla mamma, la bocca spalancata per lo sconcerto. Tonks vide con la coda dell’occhio Remus ridere dentro il bicchiero da cui stava bevendo, il vino elfico che faceva le bolle contro le sue labbra.
“Certo che no, bimbo”, gli rispose, picchiando poi con la forchetta su uno dei tre bicchieri che aveva di fronte, riuscendo con un sol colpo a rovesciarli tutti.
Quello alto e stretto, che sospettava avesse manie suicide dal momento in cui l’aveva visto, così slanciato e di conseguenza poco stabile, rotolò fino a schiantarsi sul pavimento.
“Oh, beh, per fortuna erano vuoti” borbottò, prima di rivolgersi allo zio. “Ehilà, Lucius! Posso darti del tu e chiamarti per nome, immagino.”
“Non…”iniziò lui, non sembrava affatto entusiasta della sua proposta.
“Se non ti va bene, posso sempre passare a chiamarti zio”, ghignò lei.
“Lucius andrà benissimo”, si affrettò a risponderle. Dalla sua espressione costernata Tonks capì che secondo l’opinione dell’uomo già con “Lucius” si era allargata troppo.
“Ecco, Lucius… mio figlio questa roba non se la mangia…”
Lui sospirò, massaggiandosi gli occhi.
Narcissa alzò il naso al soffitto, con la solita aria di superiorità. Sembrava felice di poter tornare a sfoggiarla apertamente, grazie ai commensali chiaramente di livello molto, molto inferiore al suo. “Draco a tre anni già pasteggiava a caviale e crostacei”, osservò il figlio con amore infinito, chiaramente orgogliosa, mentre il ragazzo gongolava fissando con sufficienza Teddy.
“Sul serio, Narcissa?” intervenne gelida Andromeda, e dal lampeggiare dei suoi occhi Tonks capì che era parecchio risentita. “Ma Teddy non è Draco. Per fortuna.” Un largo sorriso soddisfatto le illuminò il bel viso, mentre quello altrettanto bello della sorella si oscurava.
“Non ti permettere di parlare a questo modo di mio figlio! Come se… come se… potesse essere da meno di quel piccolo ibrido!” Narcissa era livida, offesa profondamente dalle parole della sorella.
Andromeda fece per ribattere , ma Remus l’anticipò. “Signora,” disse gentilmente. “La prego di non chiamare mai più a quel modo mio figlio.”
Il tono era pacato, ma Tonks poteva vederlo aprire e chiudere con rabbia i pugni sotto la tavola. Lei stessa stava fremendo.
“Tuo figlio?” soffiò Narcissa. “Il ragazzino non è tuo figlio, lo hai ammesso tu stesso!”
Lucius levò una mano verso la moglie, e lei tacque.
“D’accordo. Siamo qui per risolvere questa incresciosa situazione, non per azzannarci…” lanciò un’occhiata di avvertimento a Remus, che non replicò.
“Forza, diteci il nome del vero padre del bambino, lo renderemo pubblico. Ottima, direi, come strategia per mettere a tacere quella dannata giornalista”
Tonks, attonita, fece cadere di schianto la forchetta nel piatto, che rimbalzò finendo in grembo alla moglie di Draco, che strillò.
“Prego?”
“Il nome dell’uomo che ti ha messa incinta, spero lo ricorderai!”
“Per chi mi hai presa? Per una sgualdrina?”
E dallo sguardo dei Malfoy ebbe la conferma che quella era precisamente la loro opinione su di lei.
“Mio marito è il padre di Teddy!”
Un mormorio concitato si levò per la tavola, mentre Teddy si sporgeva verso di lei, nascondendosi la bocca con la manina ma parlando con un tono di voce tutt’altro che discreto. Non era mai stato molto bravo a parlare sottovoce, soprattutto nei momenti di tensione. “Non dovevi dirglielo!” l’avvertì. “Loro sono cattivi!” indicò con l’indice prima Narcissa e poi Draco.
Andromeda si schiarì la voce. “Ninfadora, Remus… Remus?” ripeté, non proseguendo nel discorso fino a che lui non l’ebbe guardata in viso. “Perdonatemi. Ho mentito, ma l’ho fatto a fin di bene.”
E Tonks seppe da chi era venuta quell’idea assurda e il suo primo istinto fu quello di insultare la madre, come Merlino le era venuto in mente di… i suoi pensieri matricidi furono spezzati da Remus, che disse solo: “Lo capisco. Grazie.”
Andromeda gli sorrise, prima di volgersi verso la sorella, che era esterrefatta quanto la nipote.
“Ho mentito per proteggere mia figlia e mio nipote, dal crudele giudizio della gente… della gente come voi.”
Narcissa emise un suono aspro. “Non mi stupisce che sia andata a finire a questo modo. È l’esempio che si da ai propri figli che li plasma.”
Remus lasciò scivolare una mano giù dalla gamba, facendola penzolare lungo il suo fianco in un gesto di abbandono e guardando con colpevole rassegnazione Teddy. Tonks gliela solleticò con le dita, lui poteva ancora rimediare ai suoi errori.
A patto che la smettesse di approvare i piani assurdi della suocera, che facevano passare la sua santa moglie per una poco di buono.
“Mio figlio ha sposato una Purosangue”, disse Narcissa, fiera.
Andromeda raddrizzò la schiena, fissando la sorella dritta negli occhi. “Mia figlia, invece, ha sposato l’uomo che amava. Come ho fatto io.”
Tonks era sempre più stupita. Malgrado fosse evidente quanto la sua storia con Remus e quella di lei con il marito fossero simili, era la prima volta che Andromeda lo ammetteva apertamente, e lo stava facendo davanti a un nutrito pubblico.
Narcissa sulle prime sembrò decisa a non risponderle, mantenendo un gelido contegno, ma dopo un lungo istante assottigliò le labbra e il suo corpo ebbe un fremito appena visibile. “Tu ci hai tradite!” l’accusò, con un sibilo.
Tonks osservò preoccupata la madre, pensando che quello che aveva detto Narcissa era davvero troppo e tanto ipocrita che la donna avrebbe sfoderato la bacchetta e Schiantata all’istante. Ma Andromeda si limitò a irrigidirsi. “Tu… e… Bellatrix… Voi avete le mani sporche del sangue di mio marito. Del mio Ted.”
Si interruppe, tirando un sospiro tremulo.
“Bellatrix ha avuto quello che si meritava. E, Narcissa, io non ti perdonerò mai. Mai”, concluse con una mano a pugno posata sul cuore, e una compostezza così dignitosa da far salire le lacrime agli occhi di Tonks.
Narcissa era impallidita vistosamente, e le sue mani lunghe e sottili, appoggiate alla tavola, tremavano.
Seguì un silenzio imbarazzato, persino Teddy tratteneva il respiro, fino a che Draco si azzardò a parlare: “Padre, ora che facciamo?”
“Direi che l’idea di Andromeda era buona. Anche se il padre è il mann… ehm… Lupin, potremmo sempre trovare qualcun altro disposto a fingersi il padre del bambino. Posso pagare molto bene.”
“Non se ne parla!” sbottò seccamente Tonks, che registrò di sfuggita che Remus, apparentemente senza motivo, aveva le orecchie cotte per il rossore.
Lucius si spazientì. “Andiamo! Avrai pur avuto degli amanti un po’ più dignitosi in vita tua, un lupo mannaro è cadere davvero in basso anche per una Mezzosangue!”
“Come ti…”
Remus intervenne, le orecchie ancora arrossate ma la voce tranquilla, in contrasto con gli occhi, che ardevano. “Non chiamarla mai più a quel modo.”
Lucius aveva assunto un colorito terreo, la cena stava chiaramente mettendo a dura prova i suoi nervi. “Io chiamo le persone per quello che sono, tuo figlio è un ibrido, tua moglie una Mezzosangue. E tu sei solo un animale, quindi non ti permettere mai più di interrompermi!”
Remus spinse indietro la sedia, grattando il marmo del pavimento.
“Mamma, cosa è che sono io? Cosa è ibrido?” chiese Teddy, tirandole una manica.
“Persino un lupo mannaro si vergogna nel ritrovarsi con un figlio del genere,” lo schernì Lucius. “È per questo che sei scappato con la coda tra le gambe, non è vero, Lupin?”
Tonks, paonazza fino alla punta dei capelli, fece per prendere la bacchetta, mentre Remus, l’aria molto poco rassicurante, tremava per la rabbia inespressa.
Teddy, seduto tra di loro, sembrò capire che l’uomo biondo li aveva offesi, gonfiò le guance, e ribadì con l’intenzione di farsi sentire solo dalla mamma, ma incapace di mantenere un tono di voce basso. “Loro sono cattivi!”
“Fai bene ad arrabbiarti, piccolo. Con il mostro fallito che ti ritrovi come padre…” ridacchiò Draco.
Il bimbo lo guardò corrucciato e sembrò valutare che il cugino era abbastanza giovane da essere ancora etichettato come “ragazzo” e quindi di potergli parlare schiettamente come a un coetaneo. “Il mio papà, fa pipì in piedi!” disse tutto orgoglioso, scatenando l’ilarità dell’intera famiglia Malfoy.
“Il tuo papà invece no. Perché secondo me mica ce l’ha il coso per farla in piedi!” Teddy gli fece una linguaccia, poi strizzò gli occhi, assumendo un’aria di dolorosa concentrazione. I suoi capelli mutarono, allungandosi fino alla vita minuta, lisci e biondissimi. Il bimbo aprì una manina e prese a passarsela nella chioma a mo’ di pettine, sbattendo le ciglia in maniera esagerata.
Remus lo fissò sorpreso, mentre Tonks scoppiava apertamente a ridere, piegandosi sulla tavola fino a schiacciare il viso nel piatto con la cena.
Era proprio suo figlio, quello, pensò, mentre si rialzava per riprendere fiato con una foglia di insalata incollata a una guancia.
“Come osi, piccolo…”
“Attento, Lucius,” Remus aveva parlato senza che il sorriso innamorato che stava rivolgendo al figlio vacillasse, e non staccò lo sguardo da lui neppure per un secondo.
“Guardami, quando mi parli! E non ti permettere mai più di minacciarmi in casa mia!”
Remus strinse appena gli occhi. “Tuo figlio ha minacciato me. Perché non andiamo fuori a parlarne tra uomini?” propose, facendo una carezza a Teddy, i cui capelli tornarono azzurri e corti sotto la sua mano.
Lucius annuì. “Ve bene. Andiamo, Draco.”
Tonks afferrò il marito per la mano. “Che è questa storia del “tra uomini”? Pensi che io non sia abbastanza forte da spiaccicare quei due?” gli disse, preoccupata e risentita.
Remus gliela strinse un poco, sussurandogli all’orecchio. “Tu sei molto più forte di me, per questo mi sono scelto gli avversari più innocui tra tutti i commensali, le streghe malefiche le lascio volentieri alla tua mercé”, le strizzò l’occhio, lasciandola poi a malincuore, prima di osservare preoccupato il giovane Malfoy. “Ho detto tra uomini, Lucius. Lascia Draco qui.”
Draco fece per risedersi, visibilmente sollevato, ma Lucius lo prese stizzito per un braccio. “Andiamo!”


Remus li seguì fuori dalla villa, fino ad un angolo di giardino ornato da curatissime aiuole. Era stanco e l’idea di aver lasciato dentro casa Tonks e Teddy, di non poterli vedere, lo innervosiva enormemente. Sapeva di star comportandosi come uno stupido, aveva ragione Tonks, non li aveva mai frequentati per sei anni e ora pretendeva di avere il diritto di preoccuparsi per loro.
In verità li aveva osservati tutte le volte che poteva, da lontano, era vero, ma sedersi sul muretto del parco giochi vicino a dove vivevano e aspettare che tornassero dalla casa della nonna o dal lavoro, era stato il momento migliore delle sue giornate. Quello che attendeva con ansia, contando ossessivamente le ore e i minuti che lo separavano da esso. Non aveva mai confessato come passava le sue serate neppure a Rod.
Deciso a tornare il prima possibile dalla sua famiglia, si voltò verso i Malfoy, ma rivolgendosi solo a Lucius. Il posto di Draco era lontano dagli scontri, a suo parere. Lì rischiava solo di farsi del male.
“Sai quello che sono,” iniziò, conciliante. “Sai quello che so fare. Ricorderai, immagino, la battaglia al Ministero…”
Lucius fece una smorfia, quella battaglia gli era valsa un soggiorno nella ridente residenza di Azkaban.
“Lucius, guarda in faccia la realtà. Ti posso schiacciare sia fisicamente che come mago, senza grosse difficoltà. Ma non intendo farlo. Stasera non raggiungeremo nessun accordo, ma ci possiamo lasciare cordialmente. Io lo preferirei. E ti assciuro che lo preferiresti anche tu.”
Lucius sulle prime impallidì, ma poi scrollò le spalle, e quando parlò lo fece in tono di scherno: “Oh, sono terrorizzato! Cosa vuoi farmi? Mostrarmi come sei bravo a fare pipì in piedi?” lo provocò. Solo il tremito appena percettibile delle sue mani tradiva una certa ansia.
Draco, ignaro del tentennamento paterno, scoppiò a ridere e Remus lo rivide ragazzino, mentre prendeva in giro Harry o qualche altro bambino, naturalmente sempre spalleggiato dai due enormi amici.
Non si scompose. “Se tu, o tuo figlio, provate ancora a minacciare la mia famiglia, mi troverò costretto a mostrarvelo…”
“Uuuu! Che paura!” rise Draco, tenendosi la pancia. Chiaramente si sentiva completamente al sicuro al fianco del padre.
Remus lo ignorò. “Sarò costretto a mostrarvelo, con voi in posizione orizzontale e io che punto alla vostra testa. Ho una mira invidiabile, sapete?” fece loro un gran sorriso, incrociando le braccia sul petto.
Lucius scattò, oltraggiato. “Io non mi faccio pisciare in testa da un…”
Remus fece un passo verso di lui e lo spinse appena, ma tanto bastò per gettare Lucius a gambe all’aria su una delle sue aiuole.
“Beh, ti sbagli, Lucius.”
Draco sfoderò la bacchetta, aiutando il padre a rialzarsi. “Siamo in due,” bisbigliò. “Due contro uno! Facciamogliela pagare!”
Lucius sembrò approvare la sua proposta, ma gli fece segno di aspettare. “Calma, Draco, calma. Ci siamo ritrovati a casa nostra per cercare una soluzione a questo guaio… Non per azzuffarci come stupide bestie. Non scenderemo al suo livello.”
“Ma…”
“Bene, Lupin. Domani tu ti presenterai alla redazione della Gazzetta del Profeta e parlerai con la Skeeter. Gli dirai che non sei tu, il padre del ragazzino. Credimi quando ti dico che faresti un gran piacere a lui per primo, con questa dichiarazione.”
Remus deglutì a vuoto più volte. Lucius aveva ragione, era quello che la sua coscienza gli suggeriva di fare, quello che aveva provato a fare, ma… “Io non posso. Non più.”
“E perché mai?” si spazientì l’uomo.
“Temo che dovrai rassegnarti ad avermi come parente”, tagliò corto, voltandogli le spalle e facendo per tornarsene in casa, da sua moglie e suo figlio.
“Questo, mai!” sibilò Lucius.
Remus sentì le sue parole e reagì d’istinto, l’attaccare alle spalle era una delle prerogative dei Mangiamorte. Lo colpì con uno Schiantesimo prima che Lucius potesse anche solo pensare a un incantesimo da scagliargli contro, e lo vide accasciarsi esanime ai piedi del figlio, il quale si fece sfuggire di mano la bacchetta con un gemito.
“Madre!” chiamò il ragazzo atterrito, mentre Remus avanzava verso di lui.
Le donne arrivarono subito, con in testa una preoccupatissima Narcissa.
“Cosa hai fatto a mio marito?” lo accusò, coprendosi la bocca con una mano.
Remus puntò nuovamente la bacchetta sull’uomo svenuto.
“No!” urlò lei, avanzando decisa.
“Voglio solo farlo rinvenire”, spiegò Remus, gentilmente.
“Togliti da lì!”
Vedendola così disperata, Remus l’accontentò docilmente.
“Tu sei un Auror!” disse Draco, rivolgendosi a Tonks. “Cosa aspetti? Arresta il mannaro!”
Tonks fece un verso sprezzante. “Non ci penso neanche!”
Narcissa si mise davanti al marito e al figlio, coprendoli con il suo corpo. “Ha attaccato la mia famiglia!”
Tonks fece la stessa cosa con Remus, mentre Teddy, che voleva seguire la madre, veniva trattenuto da Andromeda. “Chissà che hanno fatto loro a lui!”
“Niente, madre! Il mannaro ci ha attaccato senza motivo! È pazzo!”
“Piccola serpe bugiarda!” gli urlò Tonks, appoggiando la schiena al petto di Remus, le braccia allargate a difenderlo.
Narcissa si piegò sul marito, che stava riprendendo conoscenza. “A chi credi che daranno retta al Winzegamot?” osservò. “A due maghi Purosangue, o a un lupo mannaro?”
“Che c’entra il…”
“Astoria, su, cara. Va a chiamare dei veri Auror.”
La ragazza ubbidì, svelta.
“Remus, andiamocene”, disse Tonks, seccata.
“No.”
“Cosa?”
“Sei un Auror, Dora. Non ti farò finire nei guai con il lavoro per causa mia.”
“Ma Remus!” protestò lei, con ardore.
“Remus ha ragione”, lo spalleggiò Andromeda.
Tonks fece per ribattere di nuovo, ma due Auror si Materializzarono davanti a loro.
Remus boccheggiò, vittima di una intensa sensazione di smarrimento.
“James?” mormorò, osservando il giovane uomo con gli scarmigliati capelli neri sussultare violentemente, mentre abbassava la bacchetta puntata su di lui.
“Io… sono Harry. Sono solo Harry…” esalò.









Pubblicazione anticipata per mie ferie imminenti.
E’ un capitolone, questo, ma non mi sembrava corretto spezzarlo.
Avrete notato che io descrivo sempre Remus come uno (usando le parole di Dora) “sciattone”, in realtà nelle ff viene quasi sempre descritto come preciso e perfettino... e non ne capisco il motivo. Nei libri (e lo dice chiaramente anche in un’intervista) la Row scrive che proprio preciso non è, non si cura del suo aspetto (come tutte le persone con scarsa autostima, e la sua povertà non può che peggiorare la cosa), improvvisa e arriva in ritardo alle lezioni, è un disastro in Pozioni...

A un certo punto, in questo capitolo, scrivo quello che Tonks pensa del cugino, e voi vi sarete chiesti: “E come fa Tonks a confrontare l’aspetto fisico di Draco da ragazzo con quello da adulto?”
Non hanno frequentato Hogwarts assieme, di sicuro le loro famiglie non si incontravano mai.

Semplice! Lei l’ha incrociato nel sesto libro, prima di trovare Harry Pietrificato, ne sono sicura. E un giorno scriverò una ff su questo incontro ^^
E ora passo ai ringraziamenti:

Nestoria
Oh, per fortuna non è risultato noioso, il capitolo precedente :-) In compenso questo è
parecchio lungo... ve beh... sono felice che il “mio” Remus (che spero sia il più possibile in linea con quello della Row) continui a piacerti ^^

Nin
Non so se questo capitolo eguaglia il precedente, ma io mi sono divertita a mettere a confronto la famiglia Malfoy e la famiglia Lupin ^^
Tonks si deve adattare, come scrivi anche tu, e poi credo che non gli costi molta fatica essere sfacciata ;-)

Moony3
Ok, sei assoldata come quarto killer per punire la Skeeter, è ufficiale ^^
Grazie per i complimenti su Tonks, naturalmente ho scelto di proposito di farle condividere l’ufficio con Harry, mi sembrava divertente, dato che nei libri mi sembra che lei lo metta davvero parecchio a disagio ;-)
Riguardo Harry, beh, lo ammetto... mi sono riletta apposta dei brani del settimo libro, così andavo più sul sicuro. Ihihihi... eh, Remus si becca parecchi nomignoli assurdi nelle mie ff, ma è Tonks che glieli affibbia, mica io! Anche perché i miei sarebbero molto più imbarazzanti, mio marito ne sa qualcosa...
Mi fa molto piacere che la scena della doccia ti sia piaciuta ^^
E, sì, Remus ama il suo bimbo, lo dimostra chiaramente nel settimo libro, hai ragione.
Grazie per la bella recensione!

Alchimista
Sono felicissima che Tonks ti sia piaciuta, io la vedo proprio così, mi spiace che a tanti invece non vada giù come personaggio, eppure dimostra una pazienza e un coraggio non indifferenti nei libri di HP.
Sì, a fare la doccia in coppia ci si tira sempre su, è accertato ^^

Arylupin
Uh! Anche a te è piaciuta Dora, mi state facendo molto felice, ma tanto, tanto ^^, che dire, grazie! Eh, sulle “malandrinate” Remus è più discreto, ma spesso non da meno della moglie.
D’altronde, come non tirarsi su, con un bella signora innamorata a farti compagnia nella doccia? E, dimmi, alla fine come ti è sembrato Remus vestito elegante? ;-)

Hogwarts_My_Life_
Lo so, anche la mia beta voleva i dettagli, ma mi sembrava più corretto lasciare un po’ di intimità a Remus e Dora.
Tonks non poteva starsene zitta, la discrezione non è il suo forte ^^
Grazie per la recensione ^^

Grazie ai tanti nuovi Preferiti/Seguite, e ai tantissimi lettori silenziosi (se vi va, potete farmi sapere che ne pensate della mia ff ^^)
ciao
Fri

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Un orsetto per Teddy - cap 6 Scortato dall’Auror sconosciuto, da Harry e da Tonks, Remus entrò a testa bassa al Ministero della Magia. Questa volta sapeva che non sarebbe riuscito a passare inosservato.
“Piantiamola con questa messinscena”, borbottò Harry, rimettendo la bacchetta nella cinta. Il ragazzo, dopo la sua apparizione a villa Malfoy, non gli aveva più rivolto direttamente la parola. Evitava accuratamente di guardarlo e si scansava bruscamente ogni volta che, camminando affiancati, si trovavano troppo vicini. Era palese che lo imbarazzava il solo fatto di averlo accanto, ma malgrado questo non gli aveva negato quel gesto tanto gentile.
Tonks ringraziò Harry anche da parte sua, girandosi poi con aria aggressiva verso l’altro Auror. “Marcus, per favore, vuoi levare anche tu la bacchetta dal fianco di mio marito?”
Quello la guardò con tanto d’occhi. “Tu hai un marito?”
“Mi sembra ovvio!” scattò lei, dandogli una pacca alla mano armata. “E guarda che se ti scappa un incantesimo e me lo rovini, ti gonfio!” I suoi capelli assunsero un minaccioso color porpora.
Marcus squadrò il viso di Remus, che sottostette all’esame docilmente, senza protestare né mostrare alcun imbarazzo.
“Beh, più rovinato di così… che hai fatto alla faccia?”
Remus si strinse nelle spalle. “Facevamo giardinaggio, Dora camminava con un rastrello in mano, e… beh, conosci Dora, no?”
L’uomo studiò la collega per un lungo istante, annuendo poi comprensivo. Sembrò ritenere saggio prendere un pò le distanze da lei, ma la sua bacchetta restò puntata contro il prigioniero.
“Quanto sei simpatico…” si lamentò Tonks, pizzicando un braccio al marito.
Lui le sorrise, ignorando le persone che li fissavano incuriositi sfilare con passo spedito verso lo studio di Kingsley.
“Ehi! Kingsley non è nel suo ufficio, è ancora in riunione. Ma… ma… Tonks! Indossi un vestito! Oddio, come è potuto succedere? È accaduto qualcosa di grave?” strillò con viva preoccupazione una voce di donna, che Remus riconobbe all’istante. “Aspetta… per Merlino! Remus?”
La ragazza li raggiunse trotterellando. I soliti capelli crespi, lo sguardo intelligente e partecipe su un viso ormai adulto.
“Remus! Non ci posso credere!” esclamò Hermione, stupefatta. Aveva gli occhi lucidi.
“Guarda, non me ne parlare…” gemette Tonks. “Lucius prima ci invita a cena…”
“Ma…”
“… poi ci sbatte lì una bella denuncia a carico di Remus! Non so cosa vuole dimostrare... Che si crede, che incastrando un innocente possa dimostrare di avere l’attrezzatura maschile che persino Teddy ha capito che non ha neanche di striscio?”
Hermione gettò uno sguardo preoccupato a Remus. “Cosa? Aspetta… non mi avevi detto che Remus era tornato da te. Voglio dire, ho visto la Gazzetta del Profeta e quindi ho capito tutto… e guarda, trovo inaudito il comportamento della Skeeter! Farò un esposto, sbattere così in prima pagina la foto di un minore senza il consenso dei genitori è illegale, ho controllato! E poi…”
Tonks si accigliò. “Però si vedeva solo la testolina, di Teddy.”
Hermione sbuffò esasperata. “ Una nuca azzurra, Tonks! Il che rende Teddy identificabile al di la di ogni dubbio da chiunque, più che se avessero pubblicato una foto del suo viso!” si infervorò, placandosi di botto l’istante seguente.
Il suo sguardo si fece dolente mentre tornava a rivolgersi all’ex professore. “Remus, mi è spiaciuto così tanto per tutto quello che è successo. Anche a Harry!” aggiunse con enfasi, indicando il ragazzo che spostava a disagio il peso da un piede all’altro, muto e chiaramente desideroso di allontanarsi da lui il prima possibile.
Remus si sentì ferito dal suo comportamento, ma poi ricordò le circostanze in cui si erano lasciati l’ultima volta che li aveva visti, la sua scenata a Grimmauld Place, e la vergogna fu così forte da spingerlo a fare diversi passi indietro. Ora capiva perché Harry si stava mostrando tanto infelice di essere obbligato a stargli vicino, ancora lo disprezzava per come si era comportato. Non poteva dargli torto.
“Mi spiace molto per avervi coinvolto nei miei problemi personali, ero un adulto e voi solo dei ragazzi. Spero potrete perdonarmi, prima o poi”, disse, avvertendo che la stretta di Tonks alla sua mano si faceva più salda. Gli sembrò che l’aria attorno a lui si facesse rovente, solo la mano chiusa sulla sua era scaldata da un calore diverso, accogliente e piacevole.
Gli fu risparmiato l’imbarazzo di dover accettare un perdono che sicuramente Hermione non gli avrebbe negato, anche se non lo meritava affatto, dall’arrivo di un uomo trafelato e tremante, che disse ansimando: “Tonks, Teddy è nel tuo ufficio con tua madre, e ti vuole. Subito! È parecchio spaventato… e tua madre mi ha minacciato, ha detto che se non ti trovavo immediatamente, lei mi avrebbe…” rabbrividì violentemente. “Preferisco non ripeterlo. Ma è stata parecchio convincente.”
L’uomo si puntò davanti a lei, chiaramente deciso a non andarsene fino che non l’avesse seguito.
“Vai, Dora,” la invitò Remus, ma senza riuscire per il momento a trovare la forza di lasciarle la mano. “Teddy aspetta la mamma.”
Lei si fece scura in volto. “Teddy aspetta anche te”, precisò, gettando sguardi ansiosi verso il corridoio che conduceva al suo ufficio.
Remus le fu grato per le sue parole. Gli aveva spiegato il suo piano per aiutarlo a divenire più clemente con se stesso, ma stava sbagliando tattica, non era certo dandogli false illusioni che avrebbe raggiunto il suo intento. “Non è necessario che tu menta per me. Quello che abbiamo fatto ieri sera è stato già un bell’aiuto a risollevare un po’ la mia autostima, te lo assicuro.”
Tonks lo guardò di sbieco. “Ah, autostima? Tu è così che chiami il tuo…”
Remus le tappò prontamente la bocca. Harry e Hermione erano ormai adulti, se ne rendeva conto, ma per lui erano ancora i tredicenni di cui era stato professore. E la vita sessuale di un professore, nella classifica degli orrori più terribili, veniva subito dopo a quella dei propri genitori. O almeno, così la pensavano lui e i suoi amici da ragazzi, solo l’idea della McGranitt o Lumacorno intenti a… magari assieme… Rabbrividì, fissando con viva preoccupazione i due ragazzi.
Tonks, senza scomporsi minimamente, si appese al suo braccio, liberandosi dalla mano che le premeva sulle labbra.
“Remus! Che credi, che gli blocco la crescita a dire come tu chiami il tuo…” si zittì, lanciando uno sguardo vago verso Harry. “Oh, beh… tanto ormai è vecchio, più di così non cresceva più anche se mi tappavo la mia boccaccia…”
“Eh?” fece Harry, sudando leggermente.
Tonks gli strizzò l’occhio, facendolo arrossire fino alla radice dei capelli neri, e tornando poi a rivolgersi al marito: “Per Merlino, quanto sei assurdo!” sbottò. “Non sto affatto mentendo! Teddy aspetta davvero anche te!” si fece seria, quasi triste. “Sono sei anni che Teddy ti sta aspettando. Tienilo bene a mente.”
Remus scosse lentamente la testa, negare era molto più facile che accettare di aver privato suo figlio di una cosa che desiderava, di una cosa necessaria come un padre. Perché Teddy aspettava un papà normale, non uno come lui, che non era adatto, non era adatto… Continuò a ripeterselo abbassando il capo e chiudendo gli occhi sul calore enorme della vergogna, che come una febbre gli scottava il viso. Avvertì che Tonks lo baciava sulla fronte, sfilava gentilmente la mano dalla sua, senza forzarlo, e lo baciava nuovamente, prima di allontanarsi di corsa per raggiungere il suo bimbo.
Qualcuno gli appoggiò una mano sulla spalla. Alzò appena le palpebre: era Hermione.
Il suo sguardo era ancora basso e notò la fede che luccicava al dito della ragazza.
“Sei sposata?” mormorò, pur sentendosi ancora smarrito. Il suo essere tanto emotivo lo umiliava, odiava vivere qualunque gesto - forse banale per un’altra persona ma non per lui, che per gran parte della vita aveva conosciuto solo emarginazione - con un’intensità tale da farlo sentire sempre estremamente fragile e nella necessità di difendersi.
“Sì!” disse lei, con un sorriso allo stesso tempo commosso e entusiasta, che gli ricordò in maniera dolorosa Tonks, quando andava in giro a mostrare a tutti il modesto anello che le aveva comprato quando si erano sposati.
Hermione attendeva con ansia la sua reazione, con la stessa espressione di quando le riconsegnava un compito in classe che lei era certa di aver eseguito in maniera impeccabile. Le sorrise intenerito. “E chi è il fortunato che ha sposato l’allieva più brillante che abbia mai avuto?”
“Ecco… lui è… Ron!”
Era arrossita leggermente, trepidante.
“Oh, Ma è fantastico! Ron è un ragazzo straordinario, spero che, crescendo, se ne sia reso conto. Si è sempre sottovalutato parecchio.”
Hermione sospirò. “Eh, non tanto, in verità. Lavora al negozio di Scherzi assieme a suo fratello, ma vorrebbe tanto diventare un Auror. Però neanche ci prova a seguire il corso, si ritiene non all’altezza già in partenza. Tonks mi aveva avvertita cosa significava avere un marito con il carattere tuo o di Ron, che aiutarvi è un impegno che necessita costanza e fatiche spesso vane…”
“Davvero Dora ha detto così?”
“No, lei ha detto sbattimento esagerato, ma fa lo stesso.”
Entrambi scoppiarono a ridere, persino Harry accennò a un sorriso titubante.
“Immagino che persone come noi possano diventare davvero esasperanti,” ammise Remus. “Ma Ron non ha nulla di che vergognarsi, e non un motivo al mondo per considerarsi da meno di chiunque altro.”
Hermione gli strinse la spalla, prima di lanciargli uno sguardo un po’ troppo comprensivo. “Neanche tu, ma come Ron, non lo capisci,” non gli diede il tempo di replicare, assumendo un atteggiamento pratico e professionale. “Ora vediamo di sistemare tutto, ok?” guardò l’orologio. “La riunione di Kingsley è quasi terminata”, li informò.
Harry fece segno all’amica di togliergli dai piedi Marcus, che li aveva osservati incuriosito per tutto il tempo senza mai mettere via la bacchetta, e lei capì al volo cosa intendeva comunicarle con il suo gesticolare confuso.
Prese disinvoltamente l’uomo a braccetto e lo trascinò via con sé, stordendolo di chiacchiere.
Harry aprì la porta dell’ufficio di Kingsley.
“È inutile che ce ne stiamo qui fuori in piedi, a lui non dispiacerà se approfittiamo del suo ufficio”, gli disse, atono. Entrarono, ma nessuno dei due accennò a sedersi.
“Lo so cosa pensi di me. Hai perfettamente ragione, in tutto”, iniziò Remus.
Harry teneva lo sguardo basso, e nel sentire le sue parole si accigliò.
“Ehm… e che penso di te?” chiese cauto.
“Che sono un vigliacco, ho abbandonato Dora e Teddy. Credevo di far bene, lo credevo sul serio…” si accorse del tono implorante che aveva assunto la sua voce e si morse il labbro. “Ma forse… forse…”
“Tu ti sbagliavi, te l’avevo detto, che ti sbagliavi!” Harry aveva alzato la voce con arroganza, e l’assoluta certezza di chi sa di essere dalla parte della ragione. Ma allo stesso tempo sembrava sforzarsi di assumere un aspetto conciliante, come se lo pregasse di perdonarlo per qualcosa che a Remus sfuggiva completamente.
“Hai ragione. Ma vedi cosa è successo? Ora Teddy verrà discriminato a causa mia!” Si rendeva conto che, di nuovo, stava sbagliando. Che non doveva discutere di quelle cose con Harry, e non capiva cosa lo spingeva a farlo. Avrebbe potuto parlarne con Rod… ma…
“James”, lo aveva chiamato, appena apparso davanti a lui. La loro somiglianza fisica era innegabile, cadeva anche lui nell’errore commesso da Sirius? Confondeva anche lui Harry con il loro amico scomparso?
Non gli fu necessario riflettere, la risposta era no. A lui Harry piaceva per quello che era: solo Harry.
Il giovane si stava spettinando pensoso i capelli già arruffati. “A Teddy sono sicuro che non importa. Lui ha un’ottima opinione di se stesso, può affrontare tutto questo”, affermò sicuro. “Io lo conosco meglio di te, e per ora non sembra aver ereditato quella parte del tuo carattere così complicata.” Si rilassò un poco, tanto che gli sfuggì un sorrisetto ironico.
“Certo che ora mi sento un po’ esposto, non credevo fosse tanto evidente il mio carattere così complicato. Beh… dovrò farmi una ragione della scarsa opinione che hai di me.”
Harry si schermì, nervosissimo. “No! Io non intendevo affatto dire…”
“Scusa,” lo rassicurò subito Remus. “Ho sbagliato, intendevo dire dalla scarsa opinione che ho di me.”
“Oh.”
“Li ho abbandonati, ma li osservavo tutte le sere, Teddy e Dora, da… beh, da sempre,” non voleva giustificarsi, solo gli andava di parlarne con qualcuno. “Sono venuto qualche volta a controllare anche te, quando stavi dai Dursley, prima della tua ammissione a Hogwarts.”
Harry aprì un poco la bocca, ma la richiuse subito, le sopracciglia alzate e l’aria scettica.
“Naturalmente me ne stavo nascosto. Già così contravvenivo agli ordini di Silente… Fino a che un giorno uno dei vicini di casa dei tuoi zii mi ha notato e minacciato con un coso... mangiaerba… un tosaerba, credo che si chiami così. Il mio aspetto non è molto raccomandabile, in effetti, e non credo che venire accarezzato da quell’affare l’avrebbe migliorato.”
“Mi spiace.”
“Spiace a me, ormai avevo attirato troppo l’attenzione, quell’idiot… ehm, il tuo vicino di casa, si era messo a urlare come se il mio vestiario malridotto fossero una promessa da parte mia di aggressione. Non mi sono più azzardato a venire a Privet Drive. Silente ci aveva spiegato il perché tu dovessi stare lì, ma avrei potuto almeno minacciare i tuoi zii, o… ma non ho fatto nulla. Perché io non sono mai stato in grado di cambiare le cose, neanche ci provo.” Incurvò le spalle, amareggiato.
“Davvero sei venuto a controllarmi quando ero piccolo? Come hai fatto con tuo figlio?” chiese Harry, allo stesso tempo incredulo e stranamente euforico.
“Sì, io… eri il figlio di James. Ti ho tenuto in braccio quando eri un bambino, ti ho anche cambiato il pannolino qualche volta. Con mio figlio non l’ho mai fatto… e ormai è troppo tardi.” Il rendersi conto di tutto quello che si era perso lo faceva sentire malissimo, ma si ostinava a non darlo a vedere. “Io allora non osavo immaginare neanche nei miei sogni più belli che avrei mai potuto avere un figlio mio, e tu, per me, eri l’unica occasione di sentire cosa si provava a essere un padre. Direi che ci riuscivi molto bene.”
Harry sbatté più volte gli occhi dietro le lenti, studiandosi i palmi delle mani. “Che sciocco che sono stato…” mormorò, con rammarico. “Ho sempre creduto che Sirius fosse l’unico a pensare a me al di fuori di Hogwarts.”
Remus si sentì terribilmente colpevole per l’affermazione del ragazzo, ma non ebbe l’occasione di scusarsi. Kingsley fece irruzione nella stanza, sbattendosi la porta alle spalle. Trasalì quando si rese conto della loro presenza, ma fu solo un attimo.
Si passò una mano sulla testa rasata. “Remus!” esclamò, con la sua solita voce profonda e rassicurante. “Per Merlino, che piacere rivederti!”
“Mi spiace per le circostanze del nostro incontro”, si scusò subito lui, sorridendo all’amico.
“Dispiace a me, piuttosto.” Tirò un lungo sospiro e Remus notò che non portava più il suo adorato orecchino.
“Oh!” Kingsley seguì il suo sguardo e intuendo i suoi pensieri si strattonò il lobo forato con stizza. “Sul lavoro evito di indossarlo da anni, ormai. Molti maghi si sono lamentati per il mio look troppo disinvolto.”  Scosse il capo, pareva vagamente nauseato. “Vorrei aiutarti, Remus, ma non posso. Non sai quanto mi spiace.”
Harry si fece subito avanti, aggredendolo. “Non puoi permettere che finisca ad Azkaban!”
Kingsley aggrottò la fronte, perplesso. “Ma Roland ad Azkaban c’è già, ricordi? Ce lo avete portato tu e Tonks.”
“Cosa?”
“Andiamo Harry,” si spazientì un poco l’uomo. “È successo due sere fa. Intendevo dire che non posso tirarlo fuori dal carcere, anche se so che suo padre è amico di Remus.”
Remus restò senza fiato. “Il figlio maggiore di Rod è a Azkaban? Per quale motivo?”
Kingsley si mostrò sinceramente sorpreso. “Ma… credevo che tu ne fossi al corrente, che fossi qui per chiedermi da parte del signor Wagga di liberare suo figlio.”
Mentre Harry gli spiegava il vero motivo della sua presenza, Remus cercava di capire perché Rod non gli avesse detto nulla.
“Ah, tutto qui?” sentì dire Kingsley, visibilmente rilassato. “Per fortuna i Malfoy hanno perduto gran parte del loro potere. E poi Remus non ha ferito nessuno, vero?”
“Roland invece l’ha fatto?” chiese lui, schiacciandosi i pugni contro i fianchi, rigido e atterrito.
“C’era la luna piena,” spiegò Kingsley. “Ma gli Auror sono riusciti a fermarlo per tempo. Non l’hanno però messo fuori gioco e ci sono voluti un po’ di giorni per rintracciarlo. È stata un’indagine condotta in maniera molto discreta, non vogliamo una nuova ondata di intolleranza nei confronti dei lupi mannari.”
“La Pozione Antilupo non ci è stata consegnata la settimana prima dell’ultima luna piena,” ricordò Remus. “Roland è solo un ragazzo! E non era colpa sua se non era in sé. Non puoi permettere che passi anni rinchiuso ad Azkaban per una cosa di cui non ha colpa.”
“Capisco, ma…”
“No! Tu non capisci! Rod deve aver eseguito male gli incantesimi per tenere la sua famiglia dentro casa, e il ragazzo è scappato…” forse era per quello che non gli aveva detto nulla, si vergognava di aver sbagliato. Quando viveva alla macchia non aveva la necessità di proteggere nessuno, ed era stato il Governo a convincerlo con false promesse a trasferirsi. Le responsabilità sull’accaduto dovevano essere ridistribuite, non potevano pesare completamente su un ragazzo.
“Lo so, Remus, ma ho le mani legate. La tua gente non è amata, purtroppo. Ci sono decine di maghi che violano la legge ogni giorno, ma se a farlo è un solo lupo mannaro gli sono subito tutti addosso. Dovresti vedere quanto cuore e entusiasmo Hermione ci sta mettendo per cercare di cambiare le cose…”
Remus si allontanò da lui, smettendo di ascoltarlo, preso da una sensazione di claustrofobia. Nulla sarebbe mai cambiato, una ragazza non poteva essere lasciata sola a combattere una battaglia di cui non conosceva neppure gli estremi. Ma qualcosa doveva essere fatto, qualcosa doveva cambiare.
Tutto doveva cambiare.


A Teddy era bastato vedere Tonks sana e salva per calmarsi subito, ma non era stata sufficiente la sua parola per rassicurarlo sul fatto che anche il papà stava bene, e no, non sarebbe sparito un’altra volta per sei anni.
Così aveva ignorato le proteste di Andromeda e se lo era tirato dietro, in modo che potesse accertarsi di persona che Remus non meditava un’altra fuga degna del ladro di cui portava il nome.
Quando entrò nell’ufficio del Ministro, l’aria era piuttosto tesa.
Remus aveva lo sguardo alterato, malgrado il suo atteggiamento fosse di una tranquillità esasperata. “Noi… quelli come me… speravamo che tu saresti stato diverso. Che avresti avuto sul serio il coraggio di cambiare le cose,” fece un mezzo sorriso di scherno. “Ma ti sei disfatto persino dell’orecchino.”
Tacque per un lungo istante, la mente altrove, prima di rendersi conto della presenza sua e di Teddy. Fece di corsa i pochi passi che li separavano, studiando poi preoccupato il faccino chiazzato di rosso del figlio.
Kingsley sospirò. “Tu non capisci.”
“Sicuramente. Sono solo un lupo mannaro, in fondo.”
L’altro protestò vivacemente, mostrandosi ferito dalle sue parole. “No, non è vero, tu sei diverso.”
“Sono diverso da te. Ma un lupo mannaro come lo sono tutti gli altri.”
“È vero!” annuì Teddy, fiero e felicissimo di poterlo confidare a qualcuno. “Un lupo mannaro proprio vero!”
Remus, cercando di mascherare la commozione per l’atteggiamento del figlio nei confronti della sua licantropia, se lo strinse contro il fianco, scuotendolo di proposito fino a farlo scoppiare a ridere.
Attenta a non sovrastare con la sua voce le risate del piccolo, Tonks sussurrò a Kingsley: “Se mandi Remus ad Azkaban non te lo perdonerò mai. Può stare a casa mia, nel tempo che lo separa dal processo. Lo terrò recluso e al sicuro, ammanettato al letto, se necessario. Giuro. I Malfoy non possono obiettare, Hermione dice che la legge lo permette.” mostrò l’indice violaceo a Kingsley. “La sua ricerca mi è costata cara, come puoi vedere. Mi ha scaraventato sulla scrivania mezza biblioteca.”
“Va bene”, acconsentì subito l’uomo, anche se sembrava non averla ascoltata affatto. Era visibilmente abbattuto.
Remus, sostenendo protettivo il suo bambino che gli stava aggrappato al fianco come un Koala, lo accusò: “Mi stai aiutando solo perché mi vedi come un umano, se fossi un lupo mannaro sconosciuto mi avresti già condannato!” stava infierendo sull’amico con cattiveria e tutta l’intenzioni di non far cadere l’argomento, come se desiderasse attaccar briga. Remus era stato costretto per una vita intera a difendersi, per la prima volta da che Tonks lo conosceva lo vedeva attaccare senza averne la necessità.
La donna gli accarezzò la schiena, e lo sentì deglutire più volte di seguito, come se stesse per sentirsi male. “Ora basta, Remus. Andiamo.”
“Io sono un lupo mannaro,” ribadì all’indirizzo di Kingsley, prima di seguirla, aiutando Teddy a rimettersi con i piedi per terra.
“Sì che lo sei!” sorrise felice il bambino, infilandosi tra i genitori e prendendo la mano di entrambi.
“Sì, lo sono. Ed è giusto che si sappia.”












Ed ecco il sesto capitolo. Ringrazio
Xela 182 (un’autrice di Accio) per avermi spinto a riflettere sul fatto che Ron e Remus, che hanno lo stesso segno zodiacale, hanno in effetti alcune cose in comune… non ci avevo mai pensato. Ringrazio come sempre la mia Beta Ely79, e  le persone che mi hanno recensita, grazie ^^ :



Moony3
Approvo, Quarto Killer, se ti va passa pure a fare fuori anche i miei, di pavoni. Eh, le docce multiple hanno questo effetto collaterale,  l’eccessivo consumo idrico ^^
Andromeda è una mia “vecchia” conoscenza, nel senso che l’ho già trattata, come personaggio, in una mia vecchia ff, e mi ci ero affezionata parecchio. Sono felice che il suo gesto sia risultato toccante, era quello che volevo. Scrivere di Teddy e di Tonks è sempre molto divertente, mi piace imitare il loro modo di esprimersi, la loro sfacciataggine e, lo ammetto, mettere in imbarazzo Lucius è stato proprio spassoso.
Questa cena tra Lupin e Malfoy l’avevo in programma da mesi, finalmente sono riuscita a scriverla.
Ed ecco quello che fa “solo Harry” , spero sia soddisfacente ^^

Nin
Remus forse sta capendo sul serio che scappare non serve a nulla. Forse ;-)
Sono felice che hai trovato tutti i personaggi IC, ho fatto “trattenere” un po’ Andromeda perché non mi sembra il tipo da fare una scenata davanti a tutti, magari con Bellatrix al posto di Narcissa, ci sarebbe stato più movimento ^^
Ti ringrazio per i complimenti, spero che anche l’interpretazione che ho dato di Harry ti piaccia.

Fennec
Remus non poteva allontanarsi del tutto dalla sua famiglia, in fondo non faceva loro alcun male ad osservarli da lontano, e poteva accertarsi che stessero bene ^^
Non so, ce lo vedo a fare una cosa del genere, sono felice che tu sia d’accordo con me.

Arylupin
Allora ho fatto bene a postare il capitolone tutto di un blocco, non ci tengo particolarmente a venire Schiantata ;-)
Hai ragione, persone come Remus fanno più paura di chi urla e fa casino, non sai mai cosa aspettarti da loro, e in genere quando davvero si arrabbiano sono molto più micidiali.
Sono contenta anche Andromeda ti sia piaciuta, sono convinta che l’amore per Ted (che, da quel poco che si sa di lui, sembra un po’ un tenerone) l’abbia aiutata ad ammorbidire il carattere. Mi fa piacere leggere che hai trovato anche Draco e Lucius IC.
La scena di Remus e Lucius è una delle prime che mi sono venute in mente per questa ff, ragiono sempre per “scene”, ho scene, con tanto di dialoghi, appuntate un po’ ovunque, credo che la mia sia deformazione professionale.
Grazie per la recensione chilometrica, mi ha fatto piacere ^^

Alchimista
E’ una cosa che mi sono chiesta spesso, sono un po’ ignorante con i termini internettiani, ma cosa vuol dire OMG? Oh My God? (boh, tiro a indovinare). Ora sai che per adesso Remus non finirà ad Azkaban, e che Harry non era certo dell’idea di portarcelo ^^
Anche io scrivo le recensioni a caldo e tutta entusiasta, non riesco a trattenermi ^^
Grazie mille per i complimenti.

ciao
Fri

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Un orsetto per Teddy-cap 7 “Dunque questa è la casa di un umano”, disse Rodolphus con marcato interesse. Interesse curioso, dato che Remus sapeva bene che l’amico aveva vissuto da umano fino ai diciotto anni.
Tonks annuì, senza cercare di nascondere il suo imbarazzo, anzi, enfatizzandolo scegliendo per i propri capelli una tinta rosso acceso. “Rod, voglio scusarmi per aver arrestato tuo figlio, se avessi saputo come si era messo in quel casino, avrei fatto di tutto per far sì che al Ministero lo credessero sparito nel nulla. Come aveva fatto Kingsley anni fa, coprendo Sirius Black… sai…”
“Sì, l’evaso amico di Remus.” Rod strinse gli occhi, qualcuno era già scappato da Azkaban, e ai tempi in cui la prigione era ancora controllata dai Dissennatori.
Remus sperò che non avesse in mente di commettere qualche sciocchezza per liberare Roland.
“Ecco, proprio lui! Kingsley l’aveva coperto facendo credere a tutti che se ne stava in Tibet.”
Rod sembrò molto sorpreso.
Ma Kingsley sarebbe tornato a essere l’uomo di una volta, ne era certo. Il potere era in grado di destabilizzare chiunque, persino un grande mago come Albus Silente aveva avuto difficoltà a gestirlo, per questo motivo in più occasioni aveva rifiutato il posto che ora occupava Kingsley.
Era stato molto duro con il vecchio compagno dell’Ordine, e il solo ripensare a come lo aveva trattato gli faceva dolere lo stomaco per la vergogna, ma sperava che vedersi sbattere in faccia la realtà lo facesse smuovere. Perché lui era un uomo d’azione, un eroe, un amico discreto e fidato, non un burocrate.
“Davvero, mi spiace un casino per avere arrestato Roland”, ripetè Tonks, tirandosi il collo del maglione fin sotto il naso.
“Ma mia bella signora! Lei non deve scusarsi di nulla con me. Mai. Credo che lei sia l’unica umana che abbia mai fatto il grande passo: amare un lupo mannaro. Certo, per voi umani c’è solo da guadagnarci a sistemarvi con uno di noi…” Prese Remus per una spalla e se lo tirò accanto, indicando entrambi con il palmo aperto della mano, come se stesse mostrandole un gran spettacolo.
“Porca Bacchetta, non sai quanto vorrei che anche Remus la pensasse così.”
“La tua donna sì, che ci capisce, eh… dovresti sul serio pensarla come me, Remus.”
“Quindi mi perdoni?” ripetè lei, parlando attraverso la lana del maglione.
“Assolutamente. E poi, mi ha anche invitato in questa interessantissima casa. Insomma, proprio interessante. Anche le usanze umane, molto interessanti.”
Rod stava osservando con la coda dell’occhio la scia di distruzione che Tonks si era lasciata dietro, mentre gli mostrava la sua casa.
Ma lei non se ne accorse, troppo entusiasta per i complimenti ricevuti. Con gli occhi che brillavano, allargò le braccia e prese a sventolarsele sopra la testa. “Uh! Potrei organizzare delle visite guidate, per i lupi mannari che vogliono conoscere meglio le usanze umane per integrarsi meglio, tipo scambio culturale! Sarebbe fantastico!”
“Che bella idea,” Remus si sfregò una guancia, serissimo. “Vedo già i bambini proporre: giochiamo all’umano! E via a gettare bicchieri per terra, grattare il pavimento con il naso, avvelenare bestiole…”
Tonks sbuffò. “Zitto tu, e poi che ci fai qui? Torna ad ammanettarti al letto!”
Rod batté le mani. “Ah! Quindi: no sul tavolo, no nel bagno, sì con le manette. Caaapisco!”
Remus gli sorrise. “È un’idea. Forza, andiamo di là…”
“Non in camera, spero…” esalò Rod, nella sua perfetta imitazione della verginella spaventata. “Non voglio essere coinvolto nei vostri giochetti, ti supplico!”
Remus lo sostenne mentre lui fingeva di svenire. “Non voglio neanche io, te lo assicuro. Andiamo in cucina, dobbiamo parlare.”
“Va bene”, ammiccò l’uomo, detergendosi la fronte asciutta con il braccio.
Remus non poté fare a meno di notare che la sua mano tremava, e la quantità assurda di idiozie che stava mettendo in scena era indice di quanto nervoso e preoccupato fosse. Quello era il suo personale modo di gestire l’ansia.
Si accomodarono dietro a due Burrobirre.
“Devo proprio farti una confessione”, grugnì Rod, rigirandosi inquieto la bottiglia tra le mani.
“Non ce n’è bisogno, Rod. L’ho già capito.”
L’uomo levò bruscamente il capo. “Sul serio?”
“Ripetimi quello che mi hai detto la mattina dopo il mio primo incontro con Tonks e Teddy.”
L’altro ripensò svelto al loro dialogo, capendo subito dove voleva arrivare. “Ti ho detto che uscendo allo scoperto avresti fatto un favore a te stesso, alla tua famiglia e tutti noi lupi mannari.”
Remus si portò la bottiglia alle labbra, ma non bevve. “Tu hai avvertito la Skeeter della nostra passeggiata a Diagon Alley con Teddy, vero? E ci hai fatto scontrare di proposito con i Malfoy.”
Rod strinse convulsamente i pugni attorno alla bottiglia.
“Come sapevi che sarebbero passati di lì a quell’ora?” proseguì gentilmente Remus.
“Me lo ha detto la Skeeter,” sputò lui. “Sembra che il giovane scolorito e la moglie stiano provando a… blah… riprodursi. E la dolce nonnina già pensa al corredino per il bebè… si reca a Diagon Alley quasi tutti i giorni.” Rod si sporse minacciosamente verso di lui, afferrandolo per la camicia. “Dovresti ringraziarmi, ho fatto un favore anche a te!” ringhiò, gli occhi rabbiosi e lucidi. Gli sfuggì un gemito. “Ho dovuto farlo! Ho visto Roland rientrare in casa tutto lacero dopo la luna piena, sapevo cosa aveva fatto il lupo là fuori! Sono venuti a prenderlo per interrogarlo, e io ero in preda al panico! Dannazione!”
Remus non poté fare a meno di incolparsi di ogni cosa, lui conosceva Rod, avrebbe dovuto capire che c’era qualcosa che lo metteva in ansia già dopo la disgressione dell’amico sulla sua serata con Tonks e Teddy.
Ma era troppo occupato a pensare a se stesso.
“Un lupo mannaro a spasso per Londra!” proseguì l’uomo, urlandogli in faccia, fuori di sé. “È tutta colpa mia se lui adesso è ad Azkaban, non sono mai stato bravo come mago, e dopo anni passati tra i nostri simili senza quasi mai usare la magia… beh…”
Il suo corpo magro ebbe un fremito, ma non mollò la presa. Remus non cercò di liberarsi, malgrado ormai l’amico lo tenesse sollevato dalla sedia.
“Perché non hai chiesto aiuto a me?” domandò, anche se temeva di sentire la sua risposta.
“Non me l’hai offerto.”
“Mi spiace, se solo avessi capito che eri in difficoltà…”, mormorò, sentendosi un miserabile. Anche come amico non era mai stato granché.
“Non ti deprimere, forse non l’avrei neppure accettato, il tuo aiuto. Sai come sono fatto…”
Remus annuì mesto. “So come sono fatto io.”
Rod lo mollò all’improvviso, e Remus franò sulla sedia.
“Tu non sei come me, sia chiaro,”  precisò. “Come vedi finisco sempre con il sollevarti da terra. Sarà perché mi ricordi tanto un lupo. Un cucciolo, di lupo.” Non stava scherzando, il suo era un tono d’accusa.
Remus scosse la testa.
“Oh, dici di no? Non hai il coraggio di dire chi sei! Tu potresti cambiare le cose, ma non lo fai! Speravo che dopo quel maledetto articolo sulla Gazzetta avresti fatto sentire forte la tua voce, avresti urlato a tutti chi sei: il lupo mannaro che ha combattuto al fianco di Harry Potter! È anche grazie a un licantropo se i maghi ora possono vivere in pace, e lo devono sapere! Sei la nostra unica speranza di riabilitare la nostra immagine, l’unica possibilità di ottenere un po’ di giustizia! Roland non è ancora stato condannato, Remus, dai al mio ragazzo l’opportunità di avere un processo equo!”
Remus sapeva che aveva ragione, l’opinione pubblica era tutto. La sua storia, quella vera, pubblicata su un giornale come la Gazzetta del Profeta, avrebbe sul serio potuto cambiare le cose.
Aveva accusato Kingsley di non fare abbastanza per la sua gente, ma lui che aveva fatto? Si era nascosto, zitto e quieto come un bravo lupo addomesticato.
“Ripetimi quello che mi hai detto la mattina dopo il mio primo incontro con Tonks e Teddy.”
Come un bambino che si fa rileggere per l’ennesima volta la favola preferita, sentiva il bisogno di essere rassicurato dalle parole di Rod, perché più le risentiva e più gli sembravano giuste e realizzabili.
“Devi uscire allo scoperto! Per te stesso, per Teddy e Tonks, per noi!”
Remus affondò il viso nelle mani, sapendo che non avrebbe potuto fare una promessa a Rod e poi rimangiarsela, e tuttavia incapace di prendere tempo per riflettere meglio sulle sue prossime azioni.
“Va bene. Uscirò allo scoperto. Credo che forse… che io… sono pronto per accettare quello che sono.”
Rod, un po’ più tranquillo dopo la sfuriata, mormorò con un sorrisetto paterno: “Scommetto che al tuo bimbo pare fighissimo che tu sia un lupo mannaro, eh?”
“Sì. Fighissimo. Io so i segreti”, gli confidò, sentendo un piacevole calore al petto.
Rod lo omaggiò di un paio di affettuose pacche alla schiena. “Quei piccoli disgraziati ti stregano più velocemente di un incantesimo, eh?”
“È così. E ora non ho neppure più un lavoro per poter badare a lui.”
“Sono sicuro di non averti ancora detto che detto che Phelps ti ha licenziato…”
“Non era difficile intuirlo. Non lo biasimo affatto, ho fatto troppe assenze ingiustificate.”
Rod si era accasciato sulla sedia, era molto pallido e il suo viso era lucido di sudore. “Il tuo bambino ha bisogno che tu badi a lui in una maniera che i soldi non possono comprare, dai retta a me. Tu l’hai qui al sicuro, e non sai quanto sei fortunato. Approfittane, Remus. Non sai cosa darei per avere il mio ragazzo accanto, davvero, non sai…” si interruppe, la voce rotta.
Remus lo abbracciò impacciato, sentendo tutta l’angoscia di Rod nelle sue mani che, tremanti, gli artigliavano la schiena. “Farò tutto quello che posso per aiutarlo.”
“E io accetterò il tuo aiuto, Remus. Tutto quello che puoi darmi. Guardami! Mi sto persino lasciando abbracciare da te!”
“Già, ero sicuro che mi avresti scaraventato per terra”, sorrise lui, senza lasciarlo. “Ma questo è un abbraccio virile, sia chiaro.”
“Sì, certo. Ma tieni lontano da me le manette di tua moglie!” La risata di Rod fu priva di allegria, dolorosamente simile un pianto ben camuffato.



“Bene, visto che mi hai sconvolta con degli acceleratissimi miglioramenti, ti annuncio che stanotte non la passerai appallottolato sul divano.”
Remus osservò poco fiducioso la sua simpatica consorte. “No?”
“Non farti strane idee. Signor Pelo, l’orsetto, non intende cederti il suo posto.”
“Lo sospettavo…”
Teddy alzò l’indice verso il soffitto. “Io lo so! Io lo so! Stanotte dormi invece che sul divano, nella vasca da bagno!” Ridacchiò, schiacciandosi la bocca con le manine.
“Temo che i miei miglioramenti avranno una brusca frenata, non mi sento più molto motivato.”
“Non ci posso credere…” brontolò Tonks, irritata.
“Eh, ti sembrerà strano, ma dormire in un vasca di gelida porcellana stranamente non mi alletta molto”, ammise Remus, come se stesse confessando una cosa di cui si vergognava profondamente.
“Ma no! Stavo per dire: non ci posso credere! Teddy, non devi prendere in giro papà!”
Si mise la mani sui fianchi, fissando severa il bambino, il quale non si fece per nulla intimorire.
“Ma tu lo fai!” protestò, imitando il gesto della mamma.
“Non rispondere così alla mamma”, disse Remus meccanicamente. Non aveva riflettuto prima di parlare, le parole gli erano uscite di bocca contro la sua volontà. Sapeva di non aver alcun diritto di sgridare il bambino né di intromettersi tra lui e sua madre, e aspettò con ansia la sua reazione, temendo di averlo ferito.
Ma Teddy, a parte un lieve stupore, non si mostrò per nulla risentito per essere stato ripreso. Al contrario, un sorriso estasiato gli illuminò il viso, mentre osservava alternativamente i genitori.
“È come essere…” iniziò, schioccando a vuoto le dita e imitando il suono che non gli riusciva di produrre con i polpastrelli usando con la lingua. “Ecco, come essere insieme, come una famiglia vera!”  concluse, dimostrandosi però poco soddisfatto della maniera in cui si era espresso, tanto che, per essere sicuro che arrivasse loro il concetto, si avvicinò alla mamma, prendendola per i fianchi. “Tu sei la mamma”, decise, guardandola severo, come un regista che attribuisce un ruolo a un attore.
“Lo sono da un sacco di tempo...”
“Sì,” acconsentì lui, con aria di superiorità. “Ma non sei più solo la mamma, adesso sei anche la signora!”
“Oh!” esclamò lei, fingendo di rassettarsi i capelli.
“E tu”, Teddy appoggiò una mano sulla pancia di Remus. “Tu sei il papà.”
“Mi piacerebbe molto,” gli sorrise lui, con l’emozione che gli annodava la gola come una cravatta troppo stretta.
“Ti piace? Sei il papà, e io”, si picchiò entrambe le mani sul petto. “Sono il bambino.”
“Il mio bambino?” chiese Remus, anche se aveva capito. Solo che desiderava sentirselo dire da lui, perché ogni volta che il suo bimbo parlava, a prescindere da quel che diceva, pendeva dalle sue labbra, e poteva immaginare che effetto gli avrebbe fatto sentirgli dire una cosa tanto grande e preziosa.
“Certo! Sono il tuo bambino”, disse Teddy, abbracciandogli con entusiasmo un braccio.
No, Remus non era riuscito a immaginare neppure in piccola parte l’effetto che quelle parole avrebbero avuto su di lui. Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e strinse i pugni con tutte le sue forze per scaricare la tensione emotiva, obbligato a sbattere più volte le palpebre prima di riuscire a guardare di nuovo in viso il bimbo, che intanto, ignaro di quello che aveva provocato con delle semplici parole al cuore del suo papà, stava continuando nel suo discorso.
“…e adesso ti insegno come fare a fare il papà, la mamma la sa già fare la mamma…”
“Sei anni di addestramento!” si vantò lei.
“…ma tu mica lo so se sei capace.”
“Non credo di essere capace”, ammise sinceramente con un filo di voce, stringendosi nelle spalle.
“Fa niente. Allora: i papà sgridano i bambini. Bill una volta ha anche sculacciato Victorie.”
Remus finse di prendere appunti sul palmo della mano. “… sculacciare Teddy.”
Il bambino gli tirò giù il braccio, passando un dito sulle cicatrici e le linee della sua mano, e mormorando qualcosa a fior di labbra, come se stesse leggendo quello che aveva finto di scrivere.
“Bravo, scrivi bene.”
“Grazie. Credo che sculaccerò anche bene”, disse Remus, tutto serio.
Teddy ci rifletté su un istante. “Sì, però per finta”, gli spiegò, a scanso equivoci.
“Ah!”
“Eh, sì! Però devi fare finta bene, perché io mica ce l’ho mai avuto un papà che mi sgrida,” si sporse con aria confidenziale verso di lui. “Però ho la mamma, e lei a volte è cattivissima!”
Remus gli sussurrò comprensivo. “Lo so!”
Tonks sbuffò, fingendosi arrabbiata. “Voi due, piantatela! Non sono sorda! Su, dai, bimbo, mostra al papà la tua camera. Stanotte dormirà nel tuo letto perché, povero papà, ormai è vecchio e malandato. Rischiamo di doverlo tirare su dal divano con un incantesimo di Levitazione…”
“Ah. Anche tu stai facendo degli acceleratissimi miglioramenti, Dora. Una volta, quando ti dicevo che ero vecchio, tu negavi l’evidenza in tutte le maniere”, borbottò Remus, senza riuscire a nascondere un vago risentimento e massaggiandosi di nascosto la schiena all’altezza dei reni. Si sentì un perfetto idiota quando gli venne da pensare che Bill, invece, vecchio non lo era affatto. Ritenne subito opportuno cambiare argomento, per evitarsi ulteriori umiliazioni. “Ma sei sicura che ci entro, nel letto di Teddy?”
“Sì, che ci entri! È un letto da grandi!” strillò il bambino.
Lo prese per mano e lo tirò nella sua cameretta. Non c’erano molti giocattoli, ma la stanza appariva comunque caotica, probabilmente per via dei poster incollati alla rinfusa alle pareti. Tutti ritraevano mostri, da quelli Babbani e immobili con Frankenstein, Dracula e l’Uomo Lupo, a quelli del Mondo Magico, con draghi che sputava fuoco e Troll che roteavano clave.
“Tu non hai paura dei mostri, vero?” gli chiese premuroso Teddy. “Non è che poi stanotte fai gli incubi?”
“No, non  preoccuparti. Quello tutto peloso credo di averlo incontrato, una volta. O forse mi stavo solo guardando allo specchio.”
Teddy sgranò gli occhi, sbalordito. “Che fico!” esclamò estasiato, per poi invitarlo con sollecitudine a sdraiarsi sul suo letto, come fosse un onore immenso poterglielo prestare.
Remus osservò incuriosito il copriletto blu, ornato da quelle che sembravano zanzare.
“Una volta erano fenici,” lo informò Teddy. “Ma secondo la mamma erano noiose, così ha lavato male apposta la coperta, facendole diventare mini.”
“Capisco.”
Remus si sdraiò sul letto, cercando di non far notare a Teddy i suoi piedi, che sporgevano oltre il materasso fino alla caviglia.
Ma lui se ne accorse subito. “Oh…” mormorò, deluso.
Remus, dispiaciuto, si girò su un fianco, rannicchiandosi un poco. “Il tuo letto da grande è perfetto, sono io che sono troppo lungo, ma ci sto comodissimo!”
Il bimbo, subito contento, gli regalò un sorrisone bellissimo.
“Teddy! Vieni di qui un attimo!” lo chiamò a
squarciagola Tonks dall’altra stanza.
“No che non ci vengo!”
“Teddy!” lo riprese Remus, incapace di trattenersi. “Non devi rispondere così alla mamma!”
Il bimbo alzò il pollice verso di lui. “Bravo. Ti riesce bene fare il papà. Sembri davvero Bill!” E trotterellò via, lasciandolo di stucco, senza sapere se ritenersi più offeso o divertito dal fatto che suo figlio non lo prendeva minimamente sul serio.
Si accoccolò meglio nel lettino, la stanzetta era calda e accogliente, tanto che fu colto da un forte bisogno di dormire.
Chiuse gli occhi, rimanendo tuttavia vigile.
Dopo un po’ di tempo, sentì Tonks e Teddy avvicinarsi piano al letto.
“Shhht! Il papà dorme!” sussurrò la donna, mentre gli toglieva le scarpe e lo copriva rincalzandogli le coperte con premura.
Remus fece per aprire gli occhi, ma cambiò idea quando lei prese a lisciargli affettuosamente i capelli.
Se non lo avessero creduto addormentato si sarebbe subito allontanato, incapace di accettare le sue carezze davanti a Teddy. Ma stava dormendo e le coccole di Tonks erano così piacevoli da ricevere, ne aveva tanto bisogno.
“Dai il bacio della buonanotte a papà, Teddy.”
“Ma mamma!” sentì protestare il bimbo. “Siamo due maschi!”
Tonks fece un risolino. “E allora? Non li dai mica anche a Bill, i baci?”
“Certo che no!” si impermalì lui.
“A Harry, Ron e Arthur, però li davi!”
“Tantissimissimi anni fa, quando ero un poppante!”
Remus dovette far appello a tutto il suo autocontrollo, per continuare impassibile a interpretare la sua parte di mannaro profondamente addormentato, cercando di ignorare le zanzare sul copriletto che ora gli sembrava gli stessero svolazzando allegre nello stomaco, sensazione dovuta alle risate trattenute.
“Ma quando eri un poppante, papà non c’era. Poverino, guardalo, a lui un bacio non l’hai dato mai.”
Tonks si stava prodigando in ogni maniera possibile per aiutare Remus ad avvicinarsi al loro bimbo, malgrado quello che le aveva fatto passare. Era un tesoro e lui non se la meritava affatto. E l’amava, dannazione, l’amava così tanto…
“Uhm…”
“E su! Non ti devi vergognare, dorme!”
La decisione di Teddy si fece attendere un po’. “Non è che non voglio,” disse cauto. “È che io non l’ho mai avuto un papà. Io lo insegno a lui come si fa a fare il papà, ma io mica lo so come devo fare con lui.”
“Te lo insegno io”, lo rassicurò la mamma.
“Va bene.”
Remus sentì le labbra umide del figlio posarsi leggere sulla sua guancia. Si abbracciò forte il petto sotto le coperte, il cuore gli batteva con tanta energia da fargli temere di vederselo balzare fuori di schianto.
“Ehi! Ma è ruvidissimo!”
“Uh, dici? Aspetta che lo assaggio anche io.”
Il bacio di Tonks fu decisamente meno delicato, e ammirò come riuscisse a rendere appassionato anche un semplice bacio sulla guancia.
“Sì, è proprio rasposo, ma va bene così, è da papà.”
“Sì? Anche il tuo papà era così?”
“Sì”, rispose Tonks, malinconica.
“Sì. È da papà,” concluse Teddy dopo una lunga riflessione. “Mi piace!”


“Eccoli qui, come mi era stato comunicato.”
Lucius Malfoy si strinse dentro al costoso mantello come se desiderasse isolarsi dalla sozzura che a suo parere lo circondava.
In un parco giochi Babbano risultava come piacevolmente fuori posto, agli occhi Tonks.
“Forza, scatta le foto, che aspetti?”
“Oh, ma chi si rivede? Una mia vecchia amica!” trillò Rita Skeeter, rivolta a Fleur Delacour, che se ne stava torva al fianco di Tonks.
La donna era tornata dalla Francia non appena aveva ricevuto la Gazzetta del Profeta con la foto di Teddy e Remus in prima pagina.
E invece di recarsi a casa dal marito, si era fiondata da lei, rimanendo molto sul vago riguardo le motivazioni della sua fuga, del suo ritorno e del perché si ostinava a evitare il povero Bill. Giusto ieri Tonks si era lamentata con Kingsley del fatto che Victorie le inciampava tutto il giorno in giro per casa, facendole concorrenza in quanto a cadute. A corto di vestiti, la bimba era obbligata a indossare quelli di Teddy, per lei decisamente troppo grandi. Aveva lasciato Kingsley con una riflessione: Victorie sembrava uno dei piccoli mannari che aveva incrociato eseguendo l’arresto di Roland, solo che i vestiti di Teddy, per lo meno, erano nuovi e caldi.
“Cosa sci fa lei, qui?” chiese Fleur, facendo mulinare gli splendidi capelli argentei con disappunto.
“Lo so, cara, è un piacere rivedermi”, tagliò corto la Skeeter, indicando al fotografo tre bambini che giocavano in una quadrato di sabbia sotto il sole, con tre identici cappellini calcati in testa. “Le mammine premurose sono arrivate da lì, forza, immortalate i pupetti.”
Il fotografo armeggiò un istante con la macchina fotografica. “Qual'è il piccolo mannaro?”
“Che diavolo fate?” chiesero all’unisono Fleur e Tonks, sfiorando le bacchette con le dita.
Remus e Mara, la madre di R.J., li raggiunsero a grandi passi.
“Quello con i capelli azzurri,” rispose la Skeeter tranquilla.
“Azzurri?”
“Ma sì, zoomma e sbircia sotto i cappellini!”
“Già fatto. Nessuno dei tre ha i capelli azzurri.”
Una penna verde acido volò fuori dalla borsa della giornalista, seguita da un taccuino.
Tonks fece un verso sprezzante. “Pensi davvero che io sia così rintronata da portare mio figlio in un parco Babbano con i capelli azzurri? Il cappello è solo per le emergenze!”
Il taccuino volava davanti a lei e riuscì a leggere quello che la penna stava scrivendo: “La donna, tanto perversa e disturbata da sposare un lupo mannaro, ammette senza problemi di obbligare il povero e innocente frutto del suo malsano amore a camuffarsi, per far sì che il piccolo sia accettato dai coetanei, malgrado la sua natura di bestia assassina.”
Remus si morse le labbra, lo sguardo ardente. “Mio figlio non è un lupo mannaro,” ringhiò in un tono basso e cupo. “Ma io sì. Lei ha scritto solo menzogne sul mio conto. Io ho combattuto al fianco di Harry Potter, e sono un lupo mannaro! Ero al fianco del Prescelto!”
La Skeeter, per nulla impressionata, gli appoggiò una mano sul petto. “Oh, sì, caro. Lo vedo, lo vedo… ma parliamo di te un’altra volta, ok?” si rivolse al fotografo. “Credo di sapere perfettamente riconoscere un lupo mannaro quando ne incontro uno, capelli azzurri o meno.”
Tonks comprese subito la cocente delusione di Remus per essere stato liquidato a quel modo. Le aveva parlato di quello che Rod gli aveva chiesto di fare, ma l’idea sembrava non avere funzionato affatto.
Lucius si spazientì. “Vogliamo darci una mossa? Questo posto… non è adatto a noi.” Era così nauseato che non aveva neppure informato la Skeeter che lui, Teddy, lo poteva riconoscere senza problemi. Forse si vergognava di dover ammettere di conoscerlo.
“Non potete fotografare dei bambini senza il consenso dei genitori, la legge lo vieta.” disse Tonks tranquilla, meditando di rapire la penna della Skeeter e di usarla per spazzare le cacche dal fondo delle gabbie dei suoi gufi.
“Oh sì, che possiamo.” Lucius si rivolse a Remus. “Kingsley ci ha dato il suo benestare. Insultarlo non è stata una buona idea. E ora, mannaro, puoi depennare anche il Ministro della Magia dall'elenco dei pochi amici che ti sono rimasti!”







Ok… ammetto che questo capitolo non mi soddisfa granché… comunque, forse mi obietterete il fatto che i giornalisti non hanno davvero tutto questo potere, che non possono sul serio modificare l’opinione pubblica a loro piacimento, non possono essere davvero usati per cambiare le cose… ma da quel che vedo è così. Un esempio mi viene subito in mente, come siano riusciti gli organi di informazione a montare una cosa trascurabile come l’influenza aviara in una specie di catastrofe da finimondo, scatenando un panico del tutto ingiustificato. Oh, e la Row è stata davvero una grande, quando ha inventato la Skeeter ^^

Uh! Riguardo al rapporto tra Teddy e Remus, sia chiaro che se fossero potuti crescere assieme da subito come un figlio e un papà non avrei mai scritto che Teddy si permetteva di ignorare le sue sgridate e che Remus si tratteneva in questo senso. Remus è un educatore, e lo si capisce molto bene vedendolo interagire con Harry. Ma qui la situazione è molto delicata e particolare, comunque la cosa si evolverà nel prossimo capitolo, se vi va di continuare a seguirmi ^^

Bene, passo ai ringraziamenti, davvero sentiti, ai miei recensori. Non sapete che gioia mi date ^^ grazie!!:

Nestoria
Remus all’inizio scambia Harry per James a causa della loro somiglianza fisica, ma non vede in lui un altro James, gli vuole bene per quello che è.
Il figlio di Rod ha cercato di aggredire degli umani, per fortuna gli Auror l’hanno fermato per tempo ^^

Half Blood
Ciao! Eh, anche io pensavo di avere difficoltà nell’immaginarmi i ragazzi di HP adulti, ma in fondo, alla fine del settimo volume, avevano già 18/19 anni, quindi di fatto erano già degli adulti, per questo non ho modificato molto il loro carattere, nella mia ff hanno 24/25 anni.
Su quello che Teddy ha ereditato da papà non ti dirò nulla, ma qualcosa l’ha ereditato di sicuro. Uh! Un complimento a te, che hai nominato la carne cruda e non il cioccolato, in effetti i lupi mannari è di carne cruda, che sono golosi, ma quasi nessuno se ne ricorda.
Mi spiace per come ho trattato il povero Kingsley, ma il potere metteva in difficoltà persino Silente, quindi … ^^

Nin
Grazie! Le mie ferie in verità non sono state molto riposanti, ma meglio che niente. Remus, grazie a Tonks e Teddy, è sulla buona strada per aumentare un po’ la sua autostima, ma un uomo difficilmente cambia carattere… lui è fatto così, avrà sempre bisogno di essere rassicurato.
Il rapporto tra Harry e Remus lo vedo proprio come lo descrivi tu, e sono felice di essere riuscita a renderlo bene. E sono felicissima del fatto che Teddy piaccia così tanto ^^

Arylupin
Sono felice che le battute di Tonks e Remus ti divertano, io mi diverto molto nello scriverle ^^
Caspita: “So tutto sull’argomento” è una cosa che avrei potuto sul serio far dire a Hermione, non ci ho pensato. E lo so, la McGranitt e Lumacorno avrei dovuto censurarli, ma rendevano bene l’idea di cosa pensavano Remus e i Malandrini della vita sessuale dei loro prof.
Remus si arrabbia raramente, ma quando lo fa, lo fa bene ^^
Mi spiace per come sto trattando Kingsley, però…

Alchimista
Ciao! Allora ho proprio azzeccato il rapporto tra Remus, Hermione e Harry, visto la mia difficoltà nel caratterizzare il trio protagonista, ne sono felicissima.
Anche io ho pensato “finalmente!” quando ho scritto le ultime parole dello scorso capitolo.
Il Teddy di Moony3 aveva fondato il C.A.L.D.O., un bel movimento pro-lupi mannari, potresti aderire anche tu! E magari pure io, visto che adoro i lupi mannari ^^

Moony3
I pavoni non sono MAI simpatici, te lo assicuro ;-)
Ah! Sono felice che il rapporto tra Harry e Remus sia risultato IC e ti abbia soddisfatto, ci ho lavorato parecchio.
Anche io ho adorato la scena con Hermione e Remus in attesa di Ron e Tonks nell’ultimo libro, peccato che escludo che nel film ci sarà… Hermione e Remus hanno in comune una non indifferente intelligenza e un grande intuito, leggendo i libri stavo sempre ben attenta alle loro opinioni. Per altri versi però Remus si comporta in maniera molto differente da Hermione, che trovo più simile a Lily che a lui.
Il giardinaggio è pericolosissimo!! Soprattutto se fatto assieme a Dora XD!
Remus ha stupito un po’ anche a me nella sua reazione nei confronti di Kingsley, ma nei libri dimostra di sapersi arrabbiare in maniera molto convincente, le poche volte che gli succede ^^
Spero che anche questo capitolo ti piaccia.

BlackFra921
Grazie mille ^^ è sempre un piacere sapere di essere riuscita a commuovere qualcuno.

Evelyn_cla
Grazie a te, per l’entusiastica recensione. Spero che anche questa ff continui a emozionarti ^^

DiraReal
Grazie per aver deciso di recensire anche questa mia ff ^^
Ti ringrazio tantissimo dei complimenti, adoro sia Remus che Tonks e ci tengo molto a renderli bene. Eh… persino il marito della Row si è arrabbiato quando ha letto della morte di Remus, ma lei ha comunque voluto farlo fuori, la cosa che mi irrita di più è che l’ha deciso così, all’ultimo momento, dato che nei suoi piani Remus e Tonks non dovevano morire affatto :-(




Ringrazio anche i lettori silenziosi e chi continua ad aggiungere la mia ff ai Preferiti/Seguite. Grazie ^^
ciao
Fri

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Un orsetto per Teddy-cap 8 “… e questa è la mia famiglia!” disse Tonks, sorridendo radiosa. La sua felicità era in piccola parte dovuta al fatto di non avere Fleur fra i piedi, a commentare con sufficienza quello che secondo lei non andava nell’abitazione e nei suoi occupanti (cioè tutto), dato che era uscita per delle commissioni.
Aveva cercato di tranquillizzare Remus con il suo entusiasmo, forte della certezze che ogni cosa si sarebbe messa a posto, e al motto: “Sbattimento assoluto, ma per un problema alla volta!” si era fiondata a Hogwarts, diretta dalla preside. E Minerva non le aveva negato il favore che le aveva chiesto.
Remus, per non deluderla, cercava di tenere sotto controllo i cattivi pensieri, sforzandosi di apparire sereno e di credere sul serio che sarebbe stato sufficiente rimboccarsi le maniche perché tutto andasse a posto. E c’erano momenti, come quello, in cui non gli era necessario fingere, in cui la paura e il senso di colpa gli davano qualche ora di tregua, in cui s’illudeva davvero che Tonks avesse ragione. Se non altro Roland, contro ogni previsione, era stato scarcerato e rimandato a casa, in attesa del processo.
Probabilmente, grazie alla caparbietà di Hermione.
Severus Piton, o meglio, il suo ritratto, sbirciò disgustato oltre i bordi della cornice, poggiata in equilibrio precario tra due pile di pelosi cuscini fucsia.
“Cosa ci faccio qui!” ripeté per l’ennesima volta, sempre più arcigno.
“Essù! Prima le presentazioni!” lo rabbonì Tonks. “Questo è Remus…”
Piton ricambiò con una smorfia il sorriso gentile dell’ex collega. “Che acume, ragazza…”
“Non ho finito! Remus, mio marito.”
“Il che conferma la mia opinione sul tuo acume. Sulla mancanza dello stesso, nello specifico.”
Lei lo ignorò. “E questo è Teddy, il nostro stratosferico bimbo.”
Remus si piegò sul bambino, indicandogli con rispetto il ritratto. “Teddy, lui è il signor Severus Piton, un grande eroe. Mi ha salvato la vita durante la guerra, e io non gli ho mai neppure detto grazie.”
Quando aveva letto le dichiarazioni di Harry su Severus si era sentito un verme, aveva reindirizzato tutto il disprezzo provato nei suoi confronti dopo l’omicidio di Silente verso se stesso, ma non era stato sufficiente, si meritava ben di peggio per aver sbagliato così platealmente nel giudicarlo.
Il piccolo lo salutò con la manina. “Grazie, dice il mio papà”, esclamò, capendo al volo che voleva che lui gli facesse da tramite. Sapeva che ricevere ringraziamenti direttamente da un Malandrino avrebbe, nella migliore delle ipotesi, fatto rivoltare lo stomaco a Severus, ma sperava che sentirseli porgere da Teddy fosse un modo abbastanza neutrale e il meno sgradevole possibile di fargli capire quanto gli fosse grato.
Piton cercò di fingersi irritato dalle loro parole e poco interessato al bambino, ma lo sguardo gli scappò suo malgrado su di lui, e a Remus sembrò che per un istante la sua espressione si ingentilisse. “Hagrid alla fine è riuscito a portare a termine il suo progetto di allevamento lupi mannari, vedo. È dai tempi di Tom Riddle che ci sta provando”, osservò sarcastico.
Teddy aggrottò la fronte, sembrava stare riflettendo sull’argomento con profondo interesse. E quando si decise a esporre la sua opinione in merito, lo fece assumendo un tono da professionista, sollevandosi sulle punte dei piedi come se si stesse immaginando salire su una cattedra creata dalla sua fantasia. “Hagrid dice che è un dispiacere che io sono solo un Metamocoso…”
“Metamorfomagus”, lo corresse Remus sottovoce, per non sminuirlo davanti al suo interlocutore incorniciato.
“Sì, Metamorfomagus,” scandì il bambino, ruotando gongolante sul posto quando il padre gli sorrise in segno di approvazione. “Solo un Metamorfomagus, e non anche un lupo mannaro come papà. E Hagrid ci capisce in queste faccende, eh!”
Remus ebbe un tuffo al cuore non del tutto spiacevole. Quindi Teddy sapeva cos’era ben prima del loro scontro con i Malfoy a Diagon Alley, per lui non era mai stato un problema.
“Dice che un lupo mannaro tipo tutto colorato sarebbe stato un gran colpaccio.”
“La cosa non mi stupisce,” mormorò Remus. “Hagrid mi ha tallonato per gran parte del mio primo anno a Hogwarts facendomi domande sulle mie preferenze in fatto di cibo, chiedendomi in che modo mia madre mi avesse svezzato…” elencò, abbassando un dito alla volta della mano aperta a ventaglio.
“Giura!” chiese Tonks che, paonazza per le risate, si stava lasciando scivolare a terra.
“Giuro. Immagino che Silente non abbia ritenuto necessario fargli sapere che quando sono diventato un mannaro mangiavo cibi solidi già da po’... Mi aveva anche mostrato un album con un mucchio di foto di ragazze, tutti lupi mannari di un branco non lontano dalla zona abitata dai giganti. Credo che intendessi farmi, beh… ”
“Farti saltare sopra a loro?” chiese Teddy innocentemente.
Remus fece per chiedergli spiegazioni riguardo la sua domanda, tanto appropriata da obbligarlo a nascondere un sorriso divertito, ma Tonks lo anticipò, parlando in tono stranamente freddo. Freddezza chiaramente non rivolta al figlio.
“Sì, Teddy. Proprio quello.”
“Oh, che tocco di finezza, Lupin, parlare di certi argomenti con tuo figlio in questa maniera. Sarai stato entusiasta, immagino, di tutte le attenzioni che Hagrid ti riservava”, sputò Piton, con una smorfia.
“Non molto… me le avesse proposte qualche anno dopo, sicuramente mi sarei sacrificato in nome della scienza, provando tutte le ragazze.”
Il ritratto fece una risatina sgradevole. “Loro sicuramente non aspettavano altro.”
“Infatti! Ma…”
Tonks gli lanciò un’occhiata omicida, prima di dargli una sonora pacca sulla nuca.
“Cos’è, erano troppo alte per saltarci sopra?” gli sibilò, centrandolo con un altro manrovescio.
Remus decise che era saggio assecondarla. “Sì, a undici anni ero un po’ piccolo per…”
La osservò cauto: ancora minacciava botte, mentre Teddy lo ascoltava rapito.
“…avere delle fidanzate così… ehm… alte.”
“Che poi col cavolo, che sarebbero state al mio livello”, puntualizzò Tonks, sfidandolo a contraddirla.
“Certo, Dora, assolutamente. Ahi!” si lamentò, mentre un altro schiaffone lo colpiva in testa. “Ma che ho detto?”
“Non sei stato abbastanza convincente!”    
Piton sprofondò il viso nelle mani in un gesto di disperazione. “Dopo questo toccante racconto, vi ordino di dirmi cosa ci faccio qui, prima che perda del tutto il senno!”
Tonks appellò un calderone, che abbatté vari oggetti prima di raggiungerla.
“Ecco qui!  Avrai l’onore di essere di nuovo il mio insegnante. Lo so, lo so… sei commosso” annuì comprensiva.
“Fino alle lacrime.”
Tonks indicò il calderone. “Insegnami a preparare la Pozione Antilupo!”
L’entusiasmo le impediva di starsene ferma e composta.
“Ci ho già provato con tuo, ehm… marito. Ma quell’ottuso…”
“Non-offendere-mio-marito-davanti-a-nostro-figlio!” ringhiò lei, tornando a sorridere pacifica pochi istanti dopo. “Io ero brava in Pozioni, come sono sicura ricorderai.”
“Uno splendore.”
Remus ghignò di nascosto, il sarcasmo di Severus era sempre impagabile, anche se dubitava fortemente che il suo scopo fosse quello di farlo divertire.
“Appunto. Insegnamelo, io lo insegnerò ad altri.”
Era il modo architettato da Tonks per sopperire alla mancanza di Pozione Antilupo. Remus la trovava splendida, quando partiva in quarta per realizzare un nuovo progetto, con la sua determinazione e l’altruismo smodato e disinteressato di una fiera appartenente alla Casa dei Tassorosso. Perché quando la sua piccola Auror si metteva in testa qualcosa, la portava a termine, a costo di qualunque sacrificio.


Tonks era occupata nel rimestare un nuovo calderone di Pozione Antilupo, compito che si era accollata bruciandosi un numero di giorni di ferie non di molto inferiore alla quantità di calderoni che era riuscita a fondere. Ogni tanto gettava un occhio a Remus, che faceva passare nervoso le pagine della Gazzetta del Profeta, cercando la foto del loro bambino.
Il sollievo di non averla trovata lo rasserenava abbastanza da farlo sembrare rilassato e allegro almeno fino alla mattinata successiva.
Remus all’improvviso si alzò e si avviò velocemente verso l’uscita, con un atteggiamento molto sospetto.
 “Dove vai?” gli chiese Tonks, senza nascondere la sua ansia. La paura di essere nuovamente abbandonata non l’avrebbe mai lasciata del tutto.
 “Torno, non ti preoccupare”, rispose lui, adombrato.
Fleur si sporse al di sopra del calderone. “Tuo marito scerca di attirar l’attension, eh?”
“Fleur, passami quella boccetta, và…”
Fu accontentata svogliatamente.
“Lo sciò come sciono fatti gli uomini. Gli piasce essere al scentro dell’attension, e tu, Tonks, non lo vezzeggi abbostanza, il tuo.”
“A Remus fa schifo essere al centro dell’attenzione. E se mi mettessi a spupazzarmelo davanti a tutti come fai tu con Bill, lo farei solo sbroccare.”
Fleur aveva tutta l’aria di non stare ascoltandola affatto.
“Sce Teddì fosse nato strano, se Rèmus gli avesse trosmesso qualcosa di suo… È successo, non è vero? Teddì ha qualcosa di strano? È por questo che tu non stai mai a coccolar Rèmus?”
Tonks fu tentata dall’idea si ficcare la testa nel calderone e affogarcisi.
“Ti ho già detto che a Remus non piace che ci trastulliamo davanti a un pubblico preso ad osservarci, ok? Le cose intime le facciamo in camera da letto!”
“Come se poteste far qualcosa con Teddì che dorme con voi… fossi in te non rosisterei, per compensar, me lo coccolerei tutto il sciorno.”
Tonks si spazientì. “Visto che tu dormi nella camera di Teddy con Vic… non è che io e Remus abbiamo molta scelta!”
“Scia…” rispose la donna, con palese disinteresse.
“Senti, Fleur, sono stata fin troppo discreta per i miei standard finora, non so proprio cosa mi è preso… quindi, adesso mi dici che cavolo ha fatto Bill di così terribile da farti scappare via. Sarai in crisi di astinenza totale dopo settimane che non puoi mettergli le mani addosso…”
Remus si Materializzò di botto davanti a loro, facendole trasalire per la sorpresa. Aveva qualcosa in mano, ma Tonks non riuscì a individuare cosa fosse.
“Vieni in camera. Subito”, le ordinò seccamente.
Si voltò sui talloni e si avviò svelto verso la stanza, senza neppure controllare se lei lo stesse seguendo o meno. Si affrettò a raggiungerlo, preoccupata.
Quando entrò, Remus stava leggendo una pergamena con le spalle al muro. Capì subito che aveva intercettato un gufo diretto a lei, di sicuro aveva notato il sospetto via vai di corrispondenza che regolarmente finiva in cenere nel camino.
“Non mi ricordo di averti mai dato il permesso di leggere la mia posta.”
“Tu hai letto la mia, e ancora non eravamo neppure tornati a dividere il letto”, rispose lui, gelido.
“Se non cambi tono, stai pur certo che il letto mi limiterò a dividerlo con Teddy, tu hai sempre la vasca che ti aspetta”, scherzò lei, cercando di allentare un po’ la tensione.
Ma Remus non sorrise affatto.
Aprì le braccia, in segno di resa. “Ok. Che dice la lettera?”
“Brutte cose.”
“Uff… ancora?”
“Non ho finito!”
“Ok, ok… finisci, allora, io me ne starò qui brava brava a farmi trattare da schifo da te. Ci sono abituata, d’altronde. C’ho fatto il callo.”
Remus la fulminò con lo sguardo. “Qui insultano te, e Teddy! Ne hai ricevute altre, di queste?”
Si strinse nelle spalle, evasiva.
“Dora!”
“Va bene! Sì. Da quei rintronati dei miei vicini di casa, per lo più. Sai, dopo l’articolo su te e Teddy… Ma sono davvero degli scemi, non ci arrivano al fatto che io sono un Auror e per me scovare i mittenti è un giochetto da ragazzi.”
L’uomo non commentò, continuava a rileggere ossessivamente la pergamena.
“Ah, ma ho risposto a tutte le lettere anonime, e quello che ci ho scritto è irripetibile.”
Vide distintamente Remus muovere la bocca, ma non emise alcun suono.
“Remus?”
Lui scosse la testa, i lati della bocca piegati verso il basso.
Gli si avvicinò, ma non le permise di toccarlo.
“No…” mormorò infine l’uomo, inghiottendo aria a più riprese, come se faticasse a riprendere fiato.
“Remus, per Merlino! Non è nulla!”
Sapeva a cosa stava pensando solo guardandolo negli occhi, così limpidi che le riusciva di sentire tutte quelle emozioni che lo facevano stare tanto male, da cui cercava sempre di proteggersi in ogni modo, ottenendo solo di peggiorare la sua pena. Se solo fosse riuscito a sfogarsi, almeno con lei…
“A me quello che c’è scritto in quelle lettere entra da un orecchio e esce dall’altro! E  Teddy, beh… lui non sa leggere…” concluse, guardandolo da sotto in su con un sorriso speranzoso, desiderando con tutta se stessa di essere riuscita a rincuorarlo almeno un po’.
Lui si rilassò per un attimo, quasi sul punto di sorridere con lei per la battuta, ma poi lo sguardo gli cadde nuovamente sulla pergamena e la rabbia raffiorò nei suoi gesti nervosi. “Tutto questo deve finire”, ringhiò risoluto, mentre stracciava la lettera tra le mani. “Ho sbagliato tutto, lo sapevo che non potevo cambiare le cose, lo sapevo! Non devo aspettarmi mai niente di buono da me stesso!”
“Remus…”
“Io… rimedierò in qualche maniera…”
Teddy infilò la testolina nella stanza, strillando allegro: “Remus? Vieni subito! Io e Vic abbiamo visto delle cose che si muovono sotto le piante, cose strane! Vieni!”
Da quando il padre gli aveva mostrato come scovare creaturine magiche e non, Teddy non faceva che setacciare il giardino, lo trovava un passatempo spassosissimo.
“No, Teddy. Non ora”, gli rispose lentamente Remus senza guardarlo.
“Adesso, invece!” protestò il bimbo, pestando un piede a terra.
“No. Per favore, sto parlando con la mamma.”    
“Ma devi venire adesso!”
Remus si decise a guardarlo, era arrabbiato e Teddy se ne accorse subito, tanto che sussultò, spaventato.
“Ti ho già detto di no”, ripeté. Seppur senza alzare la voce, aveva parlato con durezza, sconcertando Teddy, che con gli occhi pieni di lacrime non riuscì a sostenere il suo sguardo neppure un secondo, si voltò e scappò via singhiozzando.
“Oh, hai fatto proprio bene. A volte è davvero un gran maleducato”, disse Tonks. Era ora che la piccola peste capisse che suo padre non era un amichetto che poteva strapazzare a piacimento.
“Io non devo stare con voi”, affermò Remus, il viso congestionato, tornando ad appoggiarsi alla parete.
“Cosa?”
“Hai sentito”, rispose laconico.
Intuì dall’abbreviarsi dalle sue uscite che stava nuovamente tornando a chiudersi a riccio, tentando disperatamente di rendersi sordo sia a quello che gli accadeva attorno che a quello che provava dentro di sé. Ma questa volta non cercava di allontanarsi solo da lei, ma anche da Teddy. E questo non poteva permetterlo.
“Remus, va tutto bene! Perché devi tormentarti così per ogni sciocchezza? Te la sei presa perché hai fatto piangere la peste?” rise, spettinandosi i capelli. “La prima volta che l’ho sgridato ho pianto per un’ora buona. Giuro. Alla fine era lui che consolava me… cosa non da poco visto che era poco più di un neonato. Ma poi ti assicuro che ci fai l’abitudine.”
“Io devo farmi perdonare troppe cose da Teddy, non ho alcun diritto di impormi su di lui!” sussurrò Remus, tenendosi lo stomaco con le braccia.
“Pensi di fargli un favore, lasciandogliele tutte vinte? Che è, tuo padre non ti ha mai sgridato facendoti piangere?”
“No.”
“Non ci credo, sei troppo educato.”
“Mio padre aveva una cosa molto grossa da farsi perdonare, che mi ha fatto piangere a sufficienza per tre vite intere”, osservò lui con leggerezza, come se della questione gli importasse davvero molto poco. D’altronde, a lui era sempre importato molto poco di se stesso.
“Oh, Remus…” gli accarezzò una guancia. Era molto caldo.
“Non voglio andare via, ma devo.”
Ma questa volta aveva cercato di allontanarla solo a parole, mentre a gesti la supplicava di accoglierlo, piegando la testa sulla sua mano e coprendola con la propria.
“No, che non devi”, lo rassicurò con dolcezza. Lo sentiva farsi sempre più debole, come se stesse solo aspettando il momento in cui fosse stato certo di essersi fatto abbastanza del male da espiare almeno in parte le sue colpe, e di potersi perciò concedere finalmente di abbandonarsi tra le sue braccia, corpo e anima.
“Vi stanno insultando a causa mia”, tentò nuovamente, ma con minor decisione.
Il suo tono era di resa, e la cosa la stupì non poco, perché in genere non demordeva tanto facilmente, rimanendo cocciutamente fissato sulle proprie posizioni per ore, giorni. Anni.
Ma forse si era semplicemente ferito oltre il limite che era in grado di sopportare.
“Ci insulteranno uguale anche se te ne vai. Non darti così tanta importanza, tu non sei la causa di tutto il male che c’è al mondo.”
Lui negò con decisione, prendendole la mano ancora posata sul suo viso e baciandogliela delicatamente più volte, sul palmo, sul dorso, accarezzandosi le labbra con le sue dita.
“Sono la causa di tutto il male che è stato fatto a te”, si scusò, baciandola un’ultima volta.
Era vero? Tonks ripensò a tutte le lacrime che aveva versato per lui, tutto il dolore, la preoccupazione, la solitudine patita per non averlo accanto. Ma non le importava. Lei era incapace di serbare rancore ed era stata abbastanza forte da superare ogni cosa, urlando, piangendo, imprecando. Al contrario di Remus, che soffriva sempre in silenzio, senza mai riuscire a tirarsene fuori.
“Sono malato…”  ammise precipitosamente Remus, come se fosse certo che il suo dilungarsi nel riflettere sulle sue ultime parole, l’avrebbe portata a qualcosa che lo spaventava profondamente. L’uomo fece passare un dito sul vetro appannato della finestra accanto a lui. “Sono malato,” ripeté con uno sguardo di scuse che la intenerì tanto da farle salire le lacrime agli occhi. “E fuori fa freddo.”
Tonks gli sorrise, assecondandolo con estremo piacere. “Giusto. Non puoi mica uscire.”
“No?”
“Non se ne parla.”
“Va bene”, sospirò, chiudendo gli occhi. “Grazie. Sono malato, io…” fece un passo avanti e aspettò docilmente che lei lo abbracciasse forte, prima di ricambiare con altrettanto calore, tanto da toglierle il fiato.
“Dora, aiutami. Ti prego”, gemette, infilandole le braccia sotto al maglione e premendogliele sulla schiena, come se avesse un bisogno disperato di sentire la propria pelle contro la sua. Le sue mani erano gelate, ma lei non protestò.
“Ma certo, amore mio”, lo rassicurò, passandogli le dita nei capelli e attirandogli il viso sulla spalla, per poterlo baciare.
“Ti prego, insegnami a essere una persona migliore. Ti prego Dora. Ti prego.”
Le aveva chiesto aiuto, finalmente. E ora aveva la certezza che Remus non se ne sarebbe andato mai più. Decise di tenerselo stretto per tutto il tempo necessario, godendosi ogni sua carezza e ricambiandolo con altrettante amorevoli attenzioni, cercando di ignorare il vociare che veniva dalle altre stanze della casa. Ma quando le risate e le chiacchiere si trasformarono in urla entrambi si riscossero, le bacchette subito alla mano.
“Mamma! Mamma! Remus!”
Era Teddy, ed era terrorizzato.








Anche questo capitolo è finito, un po’ mi dispiace, perché anche questa ff sta per concludersi, ormai manca poco. Riguardo alla parte su Hagrid… forse vi stupirà un po’, ma ho da poco riletto il secondo libro di HP (dopo anni & anni) e Tom Riddle racconta che il simpatico Guardiacaccia aveva cercato di allevare lupi mannari sotto il suo letto, a Hogwarts. Giuro. E me lo sono immaginato con questi, beh… bambini, perché quando non c’è la luna piena sono bambini, sotto il letto, è una cosa abbastanza allucinante…!
Beh, Hagrid non poteva che essere entusiasta di avere sotto mano Remus ;-)

Grazie, ancora tante grazie per le vostre recensioni, non sono abituata a riceverne così tante ^^:

Nestoria
Grazie! Un bacio al papà ci voleva ^^
L’idea di mandare la Skeeter al parco giochi non è di Remus, lui ha solo cercato di sviare l’attenzione su di se, approfittandone per parlare con la giornalista (in maniera molto ingenua, è vero!).

Arylupin
Grazie! Cerco sempre di rimanere fedele ai libri della Row, e poi le tematiche trattate sono davvero interessantissime da sviluppare.
XD! Beh, questa cosa delle manette è un’ipotesi di Rod, non è sicuro che a Remus piaccia davvero ^^ Tu prova ^^
Eh, qua quella più vecchia a malandata sono sicuro io, comunque un incantesimo di Levitazione non si nega a nessuno ;-)
Non mi sono scordata di Bill, presto si saprà anche qual è il suo problema ;-)

Alchimista
Grazie, sono felice che la scenetta famigliare dei Lupin al completo ti sia piaciuta, e hai ragione quando dici che i miglioramenti così veloci di Remus sono dovuti a Rod.
Riguardo la Skeeter e Lucius non posso dirti nulla ;-)

Lupinuccia
Eh, no! Ti devi punire da sola tipo Dobby XD! Lui è così autolesionista ^^ No, dai, non sei mica obbligata a recensire, fallo quando hai tempo o voglia, ci mancherebbe ;-)
Sono felicissima che Rod ti piaccia, è sempre bello sentirselo dire di un personaggio inventato da te. Grazie ^^

Half Blood
Grazie ^^
Eh, Rita è un po’ odiosa, sì ^^ Quando ho inventato Rod, volevo proprio creare un migliore amico adatto a Remus, un fratellone, come dici tu, per dare vita a un rapporto come poteva essere quello tra Sirius e James.
Rod è un mago, ha frequentato Hogwarts ed è diventato un mannaro a diciotto anni. Sua moglie Mara e i suoi due figli invece sono nati lupi mannari. Rod ha conosciuto Mara quando ha lasciato (per disperazione e fame…) il mondo magico, per unirsi ai mannari.

Moony3
I pavoni in primavera iniziano a strillare alle 4 del mattino, e lo fanno per mesi. Spero solo che scoccino i Malfoy almeno tanto quanto scocciano me.
Grazie, sono felice che il capitolo ti sia piaciuto ^^
Non posso che ringraziare anche te per i complimenti su Rod, raramente creo personaggi originali (ne ho inventati solo due, ed entrambi lupi mannari), quindi sono sempre un po’ in ansia… ma desideravo proprio dare a Remus un amico.
Vedo Tonks come una persona molto espansiva, che prova gioia nell’aiutare gli altri, e l’idea di aiutare dei lupi mannari non poteva che entusiasmarla.
Sono felice che anche Teddy ti piaccia, in fondo è un po’ un personaggio originale anche lui, così come sono felice che trovi l’atteggiamento di Remus appropriato.
Contro Lucius e la Skeeter aizzerei volentieri la mia cana assassina e velenosa (peggio di una lupa mannara!) ma mi servono, quindi tocca tenerceli ;-)

Evelyn_cla
Grazie per l’entusiasmo ^^
Il bacetto di Teddy al papà (finto) addormentato ha avuto molto successo, ne sono felice ^^

Nin
Grazie ^^
Sì, Rod e Remus sono proprio come li ha riassunti tu ;-)
E… grazie per i complimenti riguardo al modo in cui descrivo i sentimenti dei Lupin, davvero… non so che dire se non ringraziarti tanto ^^
Spero che ti piaccia anche questo capitolo.
La tua ff mi è piaciuta molto, se mai tornerai a scrivere, sarò felice di leggerti ;-)

Grazie ancora a tutti!
Fri

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Un orsetto per Teddy-cap 8 Remus e Tonks si Materializzarono direttamente nella stanza di Teddy, le bacchette alzate, pronti a difendere quanto avevano di più caro al mondo.
Ma non c’era nulla di strano. O meglio, nulla di più strano del solito.
“Teddy!” urlò Tonks, roteando la bacchetta davanti a lui. “Papà ti ha appena sgridato, e visto che non è servito a nulla, ora passiamo al livello successivo. Giù i pantaloni, subito, voglio vedere immediatamente le tue belle chiappette al vento!”
Il bambino, con il viso che era una replica perfetta di quello di Victorie e due brutte ali squamose che gli spuntavano dalle spalle, sgranò gli occhi, difendendo le sue parti basse appiccicandosi al bordo del letto.
“Ok, ti avverto, o te li tiri giù da solo o lo farò io, e se scegli la seconda opzione, entrambe le tue chiappe diventeranno fosforescenti, non solo una come avevo preventivato! Togliti subito la faccia di Vic e rimettiti la tua!”
Qualcuno le toccò una spalla.
“Che c’è?!” lo aggredì, furiosa.
“Dora …”
Remus stava indicando l’angolo opposto della stanza.
“Ciao, mamma…” disse Teddy, disegnando cerchi approssimativi con la punta del piede sulla moquette.
Nel frattempo Fleur era apparsa dietro di loro, sembrava impietrita.
“Cosa è suscesso?” chiese, cercando di mantenere il suo solito atteggiamento altezzoso, ma senza riuscirci pienamente.
“Scusami!” miagolò Teddy, aprendo le braccia. “Ho detto a Vic che il mio papà è un milione di volte meglio del suo e lei si è arrabbiata di brutto, e è diventata tutta strana!”
Tonks non riusciva a capire. “Ma… ma… anche Vic è una Metamorfomagus? Quindi non è per via dei vestiti troppo grandi se continuava a inciampare?” alzò gli occhi verso il soffitto, prendendosi un secondo per riflettere. “Aspetta… ma prima non era impedita come me!”
Remus sorrise, avvicinandosi alla bimba. “Credo che ti sbagli, Dora. Tu sei in parte Veela, giusto, Fleur?” le chiese, e Tonks vide che si stava sforzando di mostrarsi il più educato e riguardoso possibile, malgrado fosse ancora scosso da quello che era appena avvenuto nella camera da letto, tutto il suo turbamento ridotto a una lieve accelerazione del respiro.
Quella scrollò elegantemente le spalle. “È così. L’hai capito por via del mio fascino irrosistibile?” gli occhi della donna saettarono nuovamente verso la sua bimba, che scampato il pericolo sculacciate, si stava attorcigliando tranquilla una ciocca di capelli attorno alle dita, come se non avesse una sola preoccupazione al mondo.
Tonks aveva già preso la rincorsa con la mano, nel caso la risposta di Remus non le fosse piaciuta, uno schiaffo non glielo avrebbe levato nessuno. Non avrebbe tollerato un elogio alla bellezza di Fleur da parte dell’uomo che amava e che apparteneva solo a lei.
“No, io non sono umano, il tuo… ehm… fascino, non ha alcun potere su di me,” indicò la mano della moglie, ancora levata minacciosamente per aria. “Capito, Dora? Nessun potere”, la rassicurò. “Ci sei solo tu, qui…” aggiunse in un sussurro, poggiandosi una mano sul petto con un sorriso dolcissimo, che la commosse tanto da dover tirare su ripetutamente con il naso.
“Bravo, amore. Risposta esatta”, esclamò con voce tremolante.
“Grazie. Ma vedo l’effetto che hai sugli altri uomini, Fleur. E le Veela assumono le sembianze di uccelli un po’ particolari, quando si infuriano”, Remus tacque, attendendo paziente una conferma da parte sua.
“Scià… a me e alla mia sorellina non è mai suscesso, però. Era mia nonna, a essere una Veela, immascino che i poteri possano saltar qualche generasion.”
Fleur appariva stranamente a disagio, Tonks non l’aveva mai vista così. “Rémus, io ti capisco,” disse, tormentandosi le mani. “Tu capirai me. Anche io sciono scappata…”
Malgrado avesse accusato il colpo, Remus le rispose senza esitazione. “A Bill non importerà, e non mi sembra che la tua bimba soffra per la situazione.”
Teddy stava cercando di imitare l’aspetto di Victorie, ma doveva aver sbagliato qualcosa, dato che al posto di un paio di ali gli erano spuntate piume ovunque.
“Ce le ho pure nelle mutande!” strillò, sbirciandosi nei pantaloni e facendo ridere a crepapelle l’amica, che riacquistò all’istante il suo aspetto consueto.
“No, non scembra, ma Bill… io non li ho mai detto che nostra filia avrebbe potuto essere strana. In verità, neanche lo immascinavo… L’ho antiscipato, l’ho lasciato prima che lui lasciasse noi. Li avevo promesso che sarei stata abbostanza bella per entrambi, anche Vic lo doveva essere,” allargò le spalle, sfidandoli. “E lo è!” disse con orgoglio, appena velato da un rancore diretto non verso se stessa, o la figlia, ma nei confronti di tutti quelli che avrebbero potuto avere obiezioni alle sue parole.
Remus la guardò stranito. “E pensi davvero che Bill ti avrebbe fatto una colpa l’avergli regalato una splendida bambina?”
Tonks spalancò la bocca, incredula, prima di guardarlo in maniera eloquente.
“Da che pulpito, eh…” mormorò lui.
“Proprio…”
“Ok, sto zitto.” Si fissò ostinatamente i piedi, infilandosi impacciato le mani nella tasche dei pantaloni, l’aria colpevole.
Tonks gli passò un braccio attorno alla vita, desiderando di dargli un bacio, ma sapeva che lui non avrebbe gradito, in quel momento, così si limitò a stringerlo.
“In realtà anche Teddy ha ereditato qualcosa di strano da Remus. Ma io lo coccolo lo stesso, vedi?” si sporse verso Fleur, sussurrandogli: “Più di così non posso allargarmi, se no sbrocca!”
“Guarda che ti sento…” protestò debolmente Remus. “Ma cosa ha Teddy… cosa…” Tonks si affrettò a finire il discorso, lo sentiva già irrigidirsi per porre un freno alla sua crescente irrequietezza.
“Ti sei mai chiesto perché Teddy, anche se è un Metamorfomagus come me, non è particolarmente impedito?”
“Oh. Credevo che l’essere un po’… goffa… dipendesse da…”
“Da cosa?”
Remus si strinse nelle spalle. “Non so, sei tu e basta.”
“Anche tu sei tu e basta, Remus. Non perché sei un mannaro o altro.”
“Sì”, disse lui, abbassando la testa. “Come preferisci.”
Tonks sospirò. “Io sono io, certo. In questo caso, però... Beh, ti ricordi quando mi hai fatto soffrire le pene dell’inferno, facendomi anche perdere tutti i miei poteri?”
“Oh. Scusami, Dora”, si affrettò a dirle, conscio delle proprie responsabilità e profondamente dispiaciuto.
“Sì, sì, va bene, non te lo sto mica rinfacciando. E non ti ripetere, ti ho già perdonato secoli fa. Comunque, stavo da cani, testone di un lupo, avevo perso i miei poteri e… non ero più impedita! Chiedi a Harry, sono saltata giù dal treno per Hogwarts in marcia, senza alcun problema!”
Remus sembrò parecchio interessato. “Sul serio?”
“Proprio così! E Teddy ha i miei poteri, ma dentro è per metà lupo mannaro.”
“Wow!” gioì il bimbo, correndo tutto impiumato verso lo specchio della sua camera, spalancando la bocca e guardandosi in gola.
“Non è goffo, perché l’agilità da lupo mannaro compensa…” iniziò Remus.
“… compensa quello che ha ereditato da me. Ma io non sono scappata perché Teddy è un po’ strano a causa mia, come avete fatto voi due impiastri!”
“Ok, te lo conscedo... sei un vero spasso, Tonks”, disse Fleur, scuotendo con grazia la splendida chioma. “E ora, scusatemi. Ma l’amore mio ci aspetta, noi e delle spiogazioni...”
Non li ringraziò a voce, fu sufficiente il suo sguardo.



Rod si accomodò in casa Lupin con un’aria stranamente intimidita, seguito a ruota dalla sua famiglia, finalmente al completo. Anche con indosso i loro vestiti migliori e tutti tirati a lucido, i membri della famiglia Wagga mantenevano un che di selvaggio, e non solo nello sguardo, come Remus.
“Ciao, Roland,” disse apertamente Tonks. “Scusami per averti sbattuto in gabbia e tutto il resto…”
Si chiese se il pallore del ragazzo fosse dovuto di più alla luna piena appena passata, o ai lunghi giorni trascorsi in carcere. Probabilmente entrambe le cose. Ma era un giovanotto forte e con un certo carisma, durante l’interrogatorio aveva dato loro parecchio filo da torcere.
Roland fece un sorrisetto furbo, sbirciando oltre la sua spalla. “Tutto il resto che non dirò mai davanti al tuo uomo”, ridacchiò furtivo.
Rod gli strattonò prontamente un orecchio. “Razza di maleducato! Ti sembra il tono adatto per rivolgersi a una signora?”
Tonks sapeva perfettamente a cosa alludeva Roland, ma non ribatté, accorgendosi della presenza di Remus alle sue spalle.
“Tutto il resto cosa?” chiese lui curioso.
“Oh, niente di che…” cercò di sorvolare Tonks, cedendo subito dopo. “Ok! Il piccoletto era un osso duro, e ho cercato di farlo parlare usando il mio fascino, vuoi forse farmene una colpa?”
Remus la guardò storta. “Ehm… no. Ma credo sia saggio per la mia salute non conoscere i tuoi metodi di interrogatorio.”
“È così”, annuì lei, con approvazione.
Remus era arrivato furtivo (almeno, ai suoi occhi) con Teddy in braccio, prendendola alla sprovvista. Il bambino era tutto preso dallo spazzolare i capelli del padre con un pettine umido.
“Oh! Avevi proprio bisogno di un figlio, Remus. Giova molto alla tua immagine, era ora che iniziassi a pettinarti i capelli!” osservò Rod, sfregandosi il mento.
“Anche tu ti sei pettinato, vedo. Come è potuto succedere, Mara?”
La donna scrollò le spalle. “Non ne ho idea, stasera gli è preso questo schizzo, e l’ho fermato appena in tempo, prima che si radesse! Non avrei mai potuto sopportare di vederlo con la faccia nuda come il sederino di R.J.”
Sorrise, lisciando i capelli del suo figlio più piccolo.
“Papà ha la faccia come il mio sedere?” chiese quello, candidamente.
Rod alzò gli occhi al cielo. “No, grazie all’intervento di mamma, no.”
“E tutti noi la ringraziamo per questo!” aggiunse Remus, schivando quasi soprappensiero un pugno dell’amico.
Tonks aveva osservato lo scambio di battute con crescente gioia, Remus aveva trovato dei nuovi amici, che dovevano aver giocato un ruolo fondamentale nel suo accettarsi come lupo mannaro.
E lei li amava già alla follia, Mara sarebbe potuta diventare una grande amica, lo sapeva. Erano rustiche alla stessa maniera.
I segni dell’ultima luna piena, visibili sui volti di tutti, non ne scalfivano minimamente la loro forza d’animo. Per quel mese il Ministero aveva distribuito puntualmente la Pozione Antilupo, solo Remus aveva fatto da cavia bevendo quella preparata da lei, ed era andato tutto liscio, era stata all’altezza del suo compito.
Secondo Remus, quella era stata la convalescenza da plenilunio più stupenda che avesse mai trascorso, con Teddy a fargli da scaldino quando aveva i brividi per la febbre. Tonks aveva pensato bene di gettarglielo nel letto, il bimbo aveva avuto una doppia utilità: scaldare il papà, e tenerlo buono stordendolo con le sue chiacchiere infinite da seienne. Così Remus stava al caldo e, nell’impossibilità di pensare, anche tranquillo. Sapeva che più era preoccupato e più i suoi sintomi peggioravano, e la tecnica da lei escogitata aveva funzionato egregiamente, due giorni dopo il plenilunio era già in piedi.
E Teddy era stato ben felice di fare da medicina al padre, avere un adulto che lo stava ad ascoltare non-stop per tutto il giorno era stato un sogno. E non un adulto qualsiasi, ma quel papà che aveva aspettato tanto a lungo.
Tonks si allungò una ciocca di capelli biondi quel tanto che bastava da potersela portare davanti al naso. “Mara, che dici? Non trovi il colore dei miei capelli terribilmente noioso?”
La donna inclinò la testa su una spalla. “Parecchio. Quante opzioni di colore hai?”
“Tutte quelle che vuoi! Che mi consigli?”
“Uhm…” Mara rifletté un istante, avvicinandosi nel frattempo a Remus con un sorrisetto complice e ammiccando in maniera esplicita. “Nella foto a cui dormivi sempre abbracciato, Dora aveva i capelli rosa.”
Remus si grattò la nuca, imbarazzato. “E tu come sai che dormivo abbracciato alla sua foto?”
“Remus, le nostre case sono appiccicate, se volevi mantenere il segreto, avresti dovuto evitare di metterti a dormire un po’ ovunque… e magari appendere delle tende alle finestre…”
“Oh.”
“Comunque, Dora, a me piacevi molto, con i capelli rosa. E a Remus… uuuhh! Lui ci stravedeva!”
“Sì”, mormorò lui, ringraziando con un cenno del capo l’amica, e si vedeva lontano un miglio che bruciava dal desiderio di riavere l’ispida capigliatura fucsia di sua moglie, da accarezzare dolcemente dopo aver fatto l’amore.
Tonks strizzò gli occhi provocando gli strilli estasiati di Teddy: “Oh! Che bellissima che sei, così! Io allora posso uscirci con i capelli azzurri?”
“Ma certo. Cosa c’è di meglio di un lupetto tutto colorato?”
Il bambino salterellò entusiasta, rivolgendosi al padre. “Remus, Remus! Mettiti anche tu con i capelli blu, come me! Dài! I lupi colorati sono meglio!”
Remus sembrò valutare seriamente la sua proposta. “No, credo di no. Io non ho i vostri poteri, Teddy”, disse, senza riuscire a nascondere un certo sollievo.
Rod intervenne prontamente. “Ma ci sono sempre le tinte Babbane! E poi tra poco sarà Halloween… secondo me la troviamo, una tinta blu!”
“Uhm?”
“Eddai! Guarda che faccino ha il tuo bimbo! Non lo vuoi far contento?”
“Non credo che…”
“Oh…” mormorò Teddy deluso, con gli occhi decisamente più grossi del solito, e non era solo un’impressione… il piccolo sapeva usare a dovere i suoi poteri per ottenere quello che voleva.
Remus naturalmente abboccò subito. “Ok, Rod… cerchiamo la tinta blu…” scandì lentamente, come ipnotizzato.
Tonks fissò critica il marito. “Che idea grandiosa, ma… Teddy! Togliti subito dalla faccia quegli occhi giganti da cucciolo! Papà non è così brocco da cascarci, tanto”, mentì contro ogni evidenza, dato che Remus ci era cascato eccome, tanto che si era già infilato il mantello, bacchetta alla mano, pronto a girare per Londra ad appellare dai negozi quello che gli serviva.
“Torniamo subito!” trillò allegramente Rod.
Mara e Tonks si scambiarono un’occhiata d’intesa. “Ok...”
Ma l’auto del Ministero parcheggiò proprio in quel momento davanti all’abitazione, mettendo fine ai loro piani.
Salirono a bordo, e appena accomodati Rod tirò fuori dal mantello una copia della Gazzetta del Profeta, la dispiegò per mostrare a tutti la foto in prima pagina, e si schiarì la voce. “E ora, amici miei, per consolarvi del nostro progetto di improvvisarci parrucchieri scemato miseramente, vi leggerò qualche pezzo di questa porcher… ehm… grande opera letteraria.”
Dalla foto, la famiglia Malfoy al completo sorrideva con atteggiamento nobile, appena scalfito da un’ombra di umiltà del tutto posticcia. Le mani di Lucius erano posate amorevolmente sulle spalle del loro sfavillante figliolo.
Tonks sorrise tra sé e sé.
“La nobiltà di questa famiglia è palpabile, viva più che mai negli occhi dell’ultimo erede: Draco. Una storia drammatica alle spalle, ostaggi per mesi dei Mangiamorte, marchiati a forza e solo dopo essere stati piegati con ripetute torture, servi di Voi Sapete Chi per avere salva la vita, ma sempre senza perdere la dignità. Ora denunciano l’ingiusto trattamento subito dal governo, loro, vittime, sottoposti a sanzioni e derubati in parte dei loro averi, la loro innocenza dichiarata dallo stesso Harry Potter, eroe che li aveva difesi a spada tratta da tutte le infondate accuse che persone abbiette e gelose, avevano riversato sulla loro famiglia.”
“Oh, sono commossa!” finse di piangere Tonks.
“Sì, beh, io sto per vomitare, invece, quindi arriviamo al punto,” decise Rod. “Draco, un giovane uomo fiero e dal gran cuore, afferma che prova solo pena nei confronti di quella povera malata di mente della cugina, Ninfadora Lupin, legata sentimentalmente a un lupo mannaro, da cui ha avuto persino un figlio. I Malfoy, naturalmente, non hanno alcunché da spartire con tanta sozzura, ma il loro animo è generoso e su spinta del giovane figlio, hanno deciso di devolvere alla sfortunata nipote un lascito in denaro, per poterle permettere di curarsi adeguatamente.”
Tonks e Remus si guardarono con le sopracciglia alzate, prima di scoppiare a ridere.
“Vogliono comprarsi il nostro silenzio con il denaro, o interpretare la solita parte dei ricconi finti caritatevoli?" si chiese Tonks. "Ah! Ma se sono così tonni da darci quei soldi, saprò usarli al meglio!” e aveva già in mente un’idea molto, molto utile. E spassosa.


Scesero lentamente dall’auto, posteggiata davanti alla redazione della “Gazzetta del Profeta”, la loro allegria come spazzata d’un colpo dall’aria gelata che turbinava nella strada deserta. Remus prese subito la mano di Tonks, mentre con l’altro braccio sollevava da terra Teddy, stringendoselo protettivo contro il petto.
“Eccoci Rem… se umiliazione pubblica deve essere, beh… noi ci siamo abituati, no?” disse stoicamente Rod, mentre abbracciava con lo sguardo la sua famiglia, stretta attorno a lui.
“Noi sì,” disse Remus calmo. “Ma se si permettono di fare del male ai ragazzi... o alle nostre signore…”
Rod gli posò una mano sulla spalla. “Sì. E io sarò al tuo fianco, lo sai , vero?”
Remus annuì, determinato.
Entrarono nel salone delle conferenze stampa, contro le pareti erano appoggiate lunghe tavolate riccamente imbandite, mentre appena sotto il soffitto fluttuavano candele rosse e lucide come smalto per le unghie.
Roland e R.J. sgranarono gli occhi, mentre Mara mormorava al marito: “Non ho mai visto tanta roba da mangiare tutta assieme!”
La sala era molto affollata, e nessuno annunciò il loro arrivo, ma in molti si voltarono verso di loro, riconoscendo subito Remus e, soprattutto, Teddy, che sfoggiava una chioma del suo azzurro preferito.
“Che ci fanno, quelli, qui?”
“Non è igienico!”
“Sono degli straccioni, hanno un bel coraggio a mostrare il loro brutto muso in pubblico!”
Tonks capì di averne già abbastanza di quelle cattiverie gratuite, pronunciate in modo da essere chiaramente sentite da loro. Si rivolse all’anziana donna dall’aspetto aristocratico che aveva pronunciato l’ultima frase, puntandole l’indice contro e stando bene attenta a urlare abbastanza forte da essere sentita dal più nutrito numero di persone possibile.
“Che ti credi? Nessuno di noi avrebbe avuto lo stomaco di mischiarci a delle vecchie ciabatte razziste come voi, siamo stati obbligati a venire qui!” Era furiosa, con quella gentaglia e con Kingsley, che aveva imposto loro di recarsi in quel maledetto posto, con minacce decisamente esplicite. Non lo riconosceva più, non riusciva a credere che stava agendo a quel modo per far loro un torto, al solo scopo di vendicarsi per il litigio avuto con Remus.
Le luci si spensero all’improvviso, solo il palco in fondo alla stanza rimase illuminato.
Dopo essere stato annunciato, il Ministro della Magia si presentò davanti a loro.
Smorzatosi il lungo applauso con cui venne accolto, Kingsley si puntò la bacchetta alla gola, mormorando “Sonorus!” e prese la parola. “Bene, signori e signore, siamo qui per festeggiare l’anniversario della fondazione della gloriosa “Gazzetta del Profeta” e per rendere omaggio a una delle sue croniste più graffianti, che ci alletta con i suoi interessantissimi articoli da anni, e anni, e anni…”
Tonks fu sicura, malgrado la distanza, che stesse ridendo sotto i baffi.
La mano di Rita Skeeter baluginò all’interno della pozza di luce dove si trovava l’uomo, lo prese per un braccio e lo tirò un po’ indietro. “Basta anni!” soffiò a denti stretti, la voce amplificata abilmente da Kingsley, che con un movimento rapidissimo della bacchetta aveva scagliato un “Sonorus” anche su di lei. “Non sono una vecchia!”
“Ah, sì, certo… ehm, la signora Rita Skeeter!” Fece una pausa, per permettere al pubblico di applaudire. “Stasera, presenteremo le foto delle cronache più interessanti degli ultimi vent’anni e, in anteprima, alcune non ancora divulgate.”
Una serie di stampe a grandezza naturale calarono volando ai lati del palco.
La folla si fece subito attenta, morbosa nel suo desiderio di nuovi scandali.
Tonks sentì Remus agghiacciare, mentre un unico brivido lo scuoteva. Lo osservò in viso, l’espressione impassibile non riusciva del tutto a nascondere il suo tormento, causato dal sentirsi uno spettatore del tutto impotente, mentre la sua famiglia veniva messa alla berlina.
“È tutta colpa mia... tutto questo sta succedendo a causa mia...” disse parlando tra i denti e evitando, con una cocciutaggine carica di rancore, di guardare le foto.
“Naturalmente tutti siamo in grado di distinguere un mannaro da un umano…” stava proseguendo il Ministro, mentre i segni di assenso nella sala si sprecavano. Tonks lo sentiva parlare, ma la sua attenzione era tutta rivolta a Remus, gli accarezzava piano la schiena, mentre lui, mancandogli la sua mano da stringere, le cingeva la vita, tenendo nel pugno un lembo del suo vestito.
“… quelle abbiette creature sono tanto diverse da noi da renderle distinguibili a occhio nudo a miglia di distanza.”
L’approvazione della folla crebbe, mentre le loro famiglie si schiacciavano in fondo alla sala, creando un muro di difesa a quelle parole che, dette da Kingsley, stavano ferendo profondamente Remus.
“Non… ancora…” mormorò, rivolto a Rod, che stringeva spasmodicamente nella mano la bacchetta, l’ira che lampeggiava nei suoi occhi da lupo.
Anche Tonks si armò, non intendeva certo restarsene lì a guardare mentre umiliavano la sua famiglia e i suoi amici.
Kingsley indicò una delle foto e finalmente lei si decise a guardarle. Un bambino con vestiti troppo grandi giocava a capo chino nella sabbia, c’erano anche altri piccoli con lui, di cui però si scorgevano solo le manine.
“Non è necessario osservare il loro modo sciatto di vestirsi, ma è la prima cosa che balza agli occhi, un modo di sottolineare la loro natura.”
“Ma… cosa…” mormorò Tonks. “Quella…!” La bacchetta quasi le sfuggì di mano per la sorpresa.
“E questo è sicuramente un piccolo mannaro, che la nostra sfavillante giornalista, Rita Skeeter, è riuscita a fotografare in un parco pubblico Babbano. Il frutto dell’amore tra un'umana e un licantropo: Teddy Lupin!”, disse a voce molto più bassa, come se stesse confidando loro un terrificante segreto.
“È scandaloso!” urlò una voce stridula.
“I Malfoy non meritano di dover sopportare quest’onta!”
Ma i maghi e le streghe più vicini a loro si erano voltati a guardare Teddy, confrontando il viso del bambino con quello immortalato nella foto.
“Remie, amore, guarda la foto!” lo incoraggiò Tonks. “E mettete via la bacchetta, tutti e due. Non sarà necessario Schiantare nessuno.”
“No”, risposero i due uomini all’unisono, lo sguardo inferocito.
“Essù!”
“No!” ringhiò Remus.
“La pagheranno!”, gli fece eco l’amico.
“Proprio così,” ripeté Kingsley. “Figlio dell’amore tra un’umana e un licantropo. Un licantropo che ha insegnato a Hogwarts per un anno intero, senza che nessuno smascherasse la sua vera natura. Uno dei migliori insegnati mai avuti, secondo gli alunni che hanno avuto l’onore di frequentare la sua classe.”
“Cosa?!” sbottò Rod, incredulo tanto quanto il pubblico in sala.
“Che ha combattuto al mio fianco, membro anch’esso di quell’Ordine della Fenice che ha lottato con coraggio per difendere il Mondo Magico. Che ama un’umana, da cui ha avuto un bellissimo bambino che, devo ammetterlo, non è affatto quello ritratto nella foto.”
Teddy allungò il collo, sbracciandosi nella direzione di Kingsley, e eludendo i tentativi del padre di farlo stare fermo e zitto. “Certo che no!” strillò, offesissimo e rosso come un pomodoro. “Quella non sono mica io! È una femmina! Una femmina!”
Remus alzò lentamente la testa, abbandonandosi a un lungo sospiro, mentre finalmente si decideva a osservare la foto. Il suo sguardo si fece assente e per un attimo Tonks temette che sarebbe svenuto per il sollievo.
“Giusto, bimbo! E non solo il sesso è sbagliato, ma la piccoletta non è neppure un lupo mannaro, come non lo sei tu…”
“Cosa?!” strillò la Skeeter, fuori di sé. “Lei lo sapeva! Lo sapeva e non mi ha detto nulla! Mi ha imbrogliata! Non erano questi, i patti!”
“Sì, sì, certo…” la liquidò svelto Kingsley. “E ora, Remus, Tonks, amici miei, unitevi a me. Anche voi, signori Wagga.”
“Quello è un grande”, asserì Rod, ancora sconvolto, ma non tanto quanto Remus, che ora tremava letteralmente per il brusco calo di tensione. Tanto che se ne accorse persino Teddy, che gli posò una mano sulla guancia, chiedendogli se avesse ancora la febbre.
“Un po’ sì, piccolo”, gli rispose con un pallido sorriso, appoggiando la fronte contro quella del figlio e accarezzandogli con amore infinito la testolina celeste.
Salirono sul palco, capelli rosa, azzurri, umani e mannari.
Kingsley passò un braccio attorno alle spalle di Remus, e sollevò il piccolo R.J. da terra, che si aggrappò subito al suo collo con un sorriso smagliante. Evidentemente adorava l'essere al centro dell'attenzione.
Tonks ringraziò Kingsley con una pacca sulla gamba. “Ora sei in un mare di guai! Sei ufficialmente un filo-mannaro." Ammiccò, senza riuscire a restare seria.
“Oh, credo che potrò sopportarlo…” rispose lui, indicandogli la tasca della veste, e ignorando del tutto la folla in subbuglio, tanto quanto la luce dei flash delle macchine fotografiche che li investì. “Ti spiace?”
Tonks ne estrasse il suo amato orecchino d’oro. “Da solo non riesco a infilarmelo, e stasera voglio essere al meglio!”







Ed eccomi arrivata all’ultimo capitolo…  ma non abbandonatemi, manca ancora l’epilogo, perché tra Remus e Teddy c’è ancora una questione da sistemare ;-)

Riguardo questo capitolo, spero di non aver mandato Fleur troppo OOC…  la questione delle Veela a cui spuntano ali squamose e teste d’uccello quando si infuriano è trattata nel quarto libro. Riguardo invece Tonks… in effetti ho sempre pensato che la sua imbranataggine fosse strettamente legata ai suoi poteri, ed è vero che nel sesto libro, quando non riesce più a utilizzarli, salta giù dal treno con Harry, mentre questi è già in movimento, Harry barcolla, ma lei nulla. Il che non fa che confermare la mia teoria. D’altronde, cambiare aspetto fisico in continuazione non aiuta certo l’equilibrio ^^
Sperando di avervi soddisfatto e che il giochetto che ho fatto con Kingsley vi abbia sorpreso almeno un pochino, passo ai ringraziamenti, per chi così gentilmente continua a seguirmi e lasciarmi bellissime recensioni:


Nestoria:
Remus è capitolato, sì ^^
Ora sai cosa è successo a Teddy, più che altro, cosa è successo a Victorie ;-) Ti aspettavi altro, e spero non ti abbia delusa ;-)

DiraReal:
Grazie! Sono felicissima che lo scorso capitolo ti sia piaciuto così tanto, ci  speravo, che fosse commovente ^^
E non sai quanto mi fa felice sapere trovi Dora fantastica, è una dei miei personaggi preferiti, a prescindere dalla sua storia con Remus.
Il finale… beh, ormai manca solo l’epilogo… ma non ti dico altro ^^

Arylupin:
Grazie, davvero, ci speravo che lo scorso capitolo fosse almeno un po’ emozionante ^^
Sì, Remus ha avuto anche il battesimo della prima sgridata, ci voleva.
A Teddy non è accaduto nulla, tra l’altro Victorie ha rischiato di essere sculacciata al posto suo ^^
Per il CALDO, bisognerà chiedere a Moony3, potrei fare un banner, quando ho un po’ di tempo…

Moony3
Ciao ^^ visto che c’è tanta gente che vorrebbe iscriversi al tuo CALDO, che ne pensi se ci faccio un bannerino? Quando ho un po’ di tempo…  poi tu puoi decidere a chi darlo e se va bene. Se ti va, naturalmente… o magari preferisci farlo tu. Fammi sapere ;-)
Tornando alla recensione, intanto, grazie per i complimenti, Piton tra i cuscini fucsia in effetti è stata un po’ una cattiveria, ma mi sembrava divertente ^^
Eh, ho già fatto preparare la Pozione Antilupo a Tonks nell’altra mia long (anche se non l’avevo scritto chiaramente… ma avendo ucciso Piton a 15 anni…  argh! Sono davvero cattiva, con lui… ) e sì, sono d’accordo pienamente. Insomma, Tonks è un Auror, aveva un Eccellente in Pozioni con un prof. come Piton, e odio quando viene descritta come una povera scema…  in alcune ff non sa neppure Smaterializzarsi, pur essendo un Auror...
Ihihi… Ehm, sì, ho dato a Tonks delle uscite un po’ manesche, ma Remus sa incassare bene, eh ;-)
Non so, io ho sempre pensato che Remus sia stato influenzato dal comportamento di suo padre, cosa del tutto normale e comprensibile, d’altronde.
Il Canon di Teddy è proprio piccino, ma è divertente giocare su cosa può aver ereditato dai genitori, e su comportamenti che invece sono solo suoi, nel mio caso anche piuttosto facile, dato che è un bimbo di solo sei anni ^^

Alchimista:
Grazie mille per i complimenti ^^ Ammetto che scrivere di Remus e Tonks mi viene facile, e ne approfitto un po’… Remus sarà sempre così, insomma, “tormentato”, perché le persone non possono cambiare il proprio carattere, ma Dora è una buona medicina, per lui ^^
Quello che è successo a Teddy e Victorie immagino sarà un po’ inaspettato, spero non ti deluda troppo.

Nin:
Ammetto che anche io ho riso, immaginandomi Piton tra i cuscini fucsia ihihi… e il libro con le foto di Hagrid definito “Book delle lupe mannare” è davvero divertente ^^ non ci avevo pensato a chiamarlo così.
Ora manca solo l’epilogo, sperando che la mia ff ti piaccia fino alla fine.

Half Blood:
Sono felice che la parte iniziale con la famiglia Lupin e Piton ti abbia fatto ridere ^^
Uh, io non odio affatto il personaggio di Fleur, in questo capitolo si capisce (spero) che le sue domande a Tonks erano pertinenti.  Uhm, Teddy non chiama mamma e papà per qualcosa di bello, ma neanche di così grave, anzi ^^
Non penso che Remus fosse geloso del rapporto tra James e Sirius, ho idea che fosse felicissimo già solo per il fatto di avere degli amici, ma avere un “migliore amico” fa piacere a tutti ^^

Evelyn_cla:
Sono contenta che la parte con Piton ti abbia fatto ridere, si presta molto per dei siparietti comici in effetti, e mi mancava un po’ come personaggio.
Sì, finalmente Remus si è deciso a chiedere aiuto ^^
Ed ecco cosa ha spaventato Teddy, spero di non deluderti ^^

Ringrazio tutti, chi mi segue, i tanti Preferiti/Seguite… e la mia Beta ^^

Ciao
Fri

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


Un orsetto per Teddy-epi Tonks salutò Remus con una carezza, anche se si era allontanato da lei solo per andare in cucina. A suo parere, il fatto che avessero trascorso tutta la mattinata assieme, non era un buon motivo per dissuaderla dal coccolarlo ogni volta che gli capitava a tiro, e con lo stesso calore che ci avrebbe messo se fosse stato di ritorno da un lungo viaggio.
Dopo anni di separazione, ogni nuovo istante passato vicini la faceva sentire un po’ più rinfrancata; si erano persi milioni di momenti irripetibili che avrebbero potuto condividere, era vero, ma questo faceva loro comprendere quanto fosse preziosa ogni piccola cosa.
Grazie a Kingsley, tutto si era risolto per il meglio. Il suo piano, che prevedeva un patto stretto con i Malfoy e la Skeeter, aveva funzionato alla perfezione.
I Malfoy avevano ottenuto quello che volevano: un articolo in cui venivano ritratti come dei poveri martiri innocenti, e con in più la sventura di avere una parente squilibrata che macchiava doppiamente il loro purissimo albero genealogico. Parente da cui prendevano le distanze, aiutandola però finanziariamente. Un’ottima pubblicità, che avrebbe dato una vigorosa spinta al ripristino del loro status sociale.
La Skeeter aveva accettato di comporre l’articolo su di loro, solo perché Kingsley le aveva concesso in cambio di fotografare il piccolo Teddy, ben sapendo, grazie alle lamentele di Tonks, che l’abbigliamento raffazzonato di Victorie avrebbe portato del tutto fuori strada la giornalista. La povertà dei lupi mannari e di conseguenza il loro modo di vestire era il modo più facile per individuarli, e la morbosità offerta dall’articolo era stata troppo golosa perché la Skeeter vi rinunciasse.
Un piano perfetto, pensò Tonks felice, che prevedeva anche il ritiro della denuncia di Lucius Malfoy a carico di Remus.
Roland Wagga, era stato processato poco dopo la pubblicazione dell’articolo sulla festa per l’anniversario della “Gazzetta del Profeta”, redatto da uno di quei giornalisti una volta messi in ombra dalla Skeeter, e le seguenti divulgazioni di Kingsley sulla storia del ragazzo e su quella di Remus. E il Winzegamot, sotto la pressione dell’opinione pubblica, era stato costretto a essere giusto.
Roland aveva passato in carcere poco più di due settimane e, anche se probabilmente la tregua nei confronti dei lupi mannari non sarebbe stata definitiva, questo rappresentava un considerevole precedente nelle cause intentate contro di loro. Traguardo importantissimo, dato che prima, di norma, si equiparavano legalmente i lupi mannari alle altre Creature Oscure, concedendo loro la stessa dignità di bestie senza coscienza.
Tonks prese il piccolo mantello dalle mani del figlio, aiutandolo a vestirsi anche se lui si stava mostrando piuttosto recalcitrante.
“Mamma, ma ci dobbiamo proprio andare?”
“Certo. Tu non sei terribilmente curioso di vedere il bebè di Harry e Ginny?”
Teddy sbuffò, senza nascondere minimamente il suo scarso entusiasmo. “Ma io stavo giocando con papà! Che è molto meglio che guardare un bambino piccolo. Lo so già come sono fatti, mi ricordo Vic. Sono noiosi, non parlano, non giocano, e sono tutti umidi e sbavosi!” il bimbo si dondolò sui talloni. “Magari, invece, potrei cercare con papà lumache carnivore in giardino. Sbavano uguale, non parlano, non giocano… è praticamente la stessa cosa!” disse allargando le braccia, chiaramente convinto che lei non potesse che approvare una proposta tanto ragionevole.
Tonks non poté fare a meno di ridacchiare. “Meno disprezzo, eh… eri così anche tu, una volta! Una piccola lumaca pastrugnona e sbavosa.”
“Ero come una lumaca?” chiese lui scettico e senza chiaramente dare alcun credito alle parole materne.
Gli allacciò il mantello, senza ribattere. Il bambino la fissò per un lungo istante, fino a che, rendendosi conto che la sua decisone di far visita ai Potter era definitiva, si allontanò rassegnato.
“Andiamo, Remus, mettiti il berretto e i guanti, che usciamo!” ordinò Tonks, osservando il marito a braccia conserte.
“Forse intendevi dire Teddy”, la corresse lui, prendendo il figlio per le spalle prima che sgusciasse fuori dalla porta.
“No, intendevo Remus. Teddy è sano come un pesce.”
“Anche io sto bene.”
“E ti credo! Stai bene perché ci sono io che bado a te, quindi sei obbligato a fare quello che ti dico.”
Appellò quel che voleva indossasse, costringendolo a piegarsi per calcargli il berretto di lana in testa, per poi passare ai guanti.
“Dora?” la chiamò cauto, dopo un quarto d’ora. “Ehm, se sei in difficoltà, ecco… io… posso fare da solo, sai…”
“Zitto! Sono già abbastanza incasinata con questi affari!” grugnì. “Ma ti sei per caso giocato un dito e non me ne sono accorta? Ne hai uno in meno, ne sono quasi sicura…” Ricontrollò meticolosamente, doveva essere per forza così, oppure erano i guanti a essere sbagliati.
Remus si osservò serio la mano. “Mmm… mi hai infilato l’indice nello spazio per il pollice, e temo di avere due dita cacciate nello stesso buco, ma… va bene lo stesso, guarda! Sto caldo comunque.”
“Sì, è uguale”, valutò lei, abbastanza convinta.
Teddy fece loro segno di muoversi, all’improvviso impaziente. “Mamma, Remus, se facciamo in fretta, prima di tornare a casa ci fermiamo in Malfoy Street?”
Remus gli sorrise, conoscevano bene quell’indirizzo. “Vuoi passare a salutare R.J.?”
“Certo! Me lo merito, no? Vengo con voi a vedere la lumaca! E poi R.J. gioca e non sbava. È meglio che il bambino di Harry sicuro!”
Il ghetto dei lupi mannari era stato reso in parte più vivibile, grazie al generoso lascito che i Malfoy le avevano fatto avere, per permetterle di curarsi dalla sua malattia mentale, cosa che naturalmente avevano sbandierato per bene ai quattro venti.
Le era sembrato corretto dare alla via principale del quartiere il nome dei tanto generosi benefattori, che di sicuro ne erano stati estasiati, anche se, inspiegabilmente, non si erano fatti vivi all’inaugurazione.
Rise tra sé e sé, mentre si rifugiava sotto il braccio di Remus. Lui sorrideva, come faceva sempre da quando l’aveva conosciuto, anche quando ci si sarebbe aspettato da lui lacrime e non sorrisi.
“Sei felice, amore?” gli chiese, affondando il viso nel suo mantello.
Remus le rispose con un bacio leggero sulle labbra. Un bacio piccolino, ma caldo e pieno d’affetto. 
E sì, era felice. Lo erano tutti.



Harry si fece avanti con un neonato tutto rosso e irrequieto tra le braccia. Lo reggeva prudente, quasi con spavento, come se temesse di potergli fare del male.
Remus non era meno scosso di lui, vedere il figlio di James, quel bambino che aveva cullato tante volte, ora adulto e padre a sua volta, aveva dell’incredibile e gli dava le vertigini.
Mise Teddy a terra, per prendere in braccio il piccolino che il ragazzo gli stava porgendo.
Teddy incrociò le braccia al petto, decisamente imbronciato. “Harry?” chiamò.
“Ehm… sì, Teddy?”
“Sei saltato proprio bene sopra a Ginny, eh?” lo rimproverò, contrariato.
Remus si accorse appena che il povero Harry annaspava per l’imbarazzo, sarebbe accorso subito in suo aiuto, se non si fosse del tutto estraniato da quello che gli accadeva attorno, preso da quel fagottino scalciante che gorgogliava contro il suo petto.
Anche Harry era stato così, un tempo. Anche Teddy, ma lontano dalle sue braccia e dai suoi occhi.
Sentì il respiro caldo di Tonks sul collo, si era chinata sul neonato per osservarlo meglio.
“Remus, guardalo!” rise. “Anche Teddy quando era così minuscolo non faceva altro che fare le bolle e dimenarsi tutto. Oh! Senti come è morbido? Senti le sue guanciotte tonde!”
Gli prese una mano e lo guidò ad accarezzare il viso del piccolo.
“Sì. È stupendo, Harry. Davvero”, mormorò lui senza fiato, mentre il giovane annuiva orgoglioso.
“Non hai mai potuto cambiare il pannolino a Teddy, ma se ti va puoi sempre rifarti con mio figlio”, propose, con un po’ di titubanza, per mostrarsi subito pentito di quello che aveva appena detto, come se si fosse reso conto che poteva essere frainteso, che quelle parole non rappresentavano affatto quello che voleva esprimere davvero.
“Ma che proposta allettante, eh!” rise Tonks.
Lui arrossì, schernendosi goffamente: “No, io… Remus… non volevo approfittarmi di te, cioè… cambiare i pannolini fa proprio schifo… intendevo dire che visto che Teddy ormai è grande e tu mi hai detto che ti dispiace, ecco… ti sei perso delle cose…”
Remus sollevò appena lo sguardo dal bebè, e sfiorò una spalla del giovane con la mano, una carezza contenuta, eseguita con una sorta di pudore.
“Ho capito, Harry, tranquillo. E ti ringrazio, ti ringrazio tanto.”
“Ehi!” strillò Teddy, sventolando le braccia. “Io sono qui! Qui!” si pizzicò una guancia, tirando il padre per la giacca con l’altra mano. “Tocca la mia, guancia rotonda!”
Remus non intendeva ignorarlo, ma in quel momento il piccolo spettacolo che teneva tra le braccia stava assorbendo tutta la sua attenzione. Erano passati più di vent’anni dall’ultima volta che aveva tenuto in braccio un neonato.
“Si chiama James,” disse il neo-papà, decisamente rinfrancato dalle parole dell’ex professore, pur sapendo che loro conoscevano già il nome di suo figlio.
“Sì. James,” ripeté Remus. “Come… come il nonno.”
Era così ingiusto che lui potesse vedere quella meraviglia, mentre Ramoso e Lily…
“Anche io ho il nome del mio nonno,” tentò Teddy speranzoso, ma le sue parole caddero nel vuoto.
“Oh, Remus, immagino che il fatto che il papà di Harry, tuo coetaneo, sia nonno, ti faccia sentire vecchissimo!” gli disse Tonks, dispiaciuta.
“Grazie, Dora, non l’avevo vista in quest’ottica, prima che tu me lo facessi notare,” osservò, con un mezzo sorriso.
“Prego, figurati. Ma per me tu sei sempre tremendamente sexy e fantastico, lo sai, vero?” lo confortò, con lo stesso sguardo sincero e innamorato che gli regalava  da sempre.
La sfiorò appena con le dita, mentre il piccolo James si accoccolava soddisfatto nell’incavo del suo braccio.
“Ehi!” chiamò nuovamente Teddy.
“Sì?” gli rispose Remus, soprappensiero.
“Non mi stai ascoltando davvero!” lo accusò il bambino, stringendo i pugni sui fianchi, il viso acceso per la frustrazione.
“Mmmh…”
“Oh! Mollalo! Mollalo, Remus!” prese il piedino di James, sfilandogli il calzino e gettandolo a terra.
“Teddy!” lo redarguì severamente. Non capiva perché si stava comportando a quel modo.
“Mollalo!” piagnucolò nuovamente, i capelli che si afflosciavano in un triste color grigio cenere. “Prendi me! Papà, prendi me!”
Remus ristette. Neanche si accorse che Tonks gli prendeva dalle braccia James, fulminando Teddy con un’occhiata minacciosa e intimandogli a denti stretti: “Piantala subito di fare il mulo, o le buschi!”
“Come… come mi hai chiamato?” chiese, pensando di aver sentito male.
“Papà, prendi me!” supplicò di nuovo il bimbo, alzando le braccia verso di lui.
Ma Remus non lo accontentò.
Non voleva punirlo per i capricci, ma un peso enorme gli stava comprimendo il petto, facendogli mancare il respiro.
“Papà, perché non mi vuoi?”
Remus accusò un forte colpo al cuore, che gli procurò un dolore tanto intenso da fargli riempire gli occhi di lacrime. Non cercò di sfuggirgli, ma si rifugiò in esso, perché era… piacevole, dolce, confortante.
Non sollevò il figlio da terra, ma si inginocchiò davanti a lui, chiedendogli simbolicamente perdono per tutto, mentre cullava dentro di sé quel dolore dolce, dolce come il suo piccolino.
Teddy lo osservò con il capo reclinato su una spalla, senza dire nulla, in attesa di un suo gesto.
Non lo fece attendere oltre: aprì piano le braccia e sul viso del bimbo si allargò con altrettanta lentezza un sorriso, mentre saltava nel suo abbraccio.
Lo accolse scoppiando di una gioia che non aveva mai conosciuto prima, baciando il faccino che scottava per i tanti capricci.
Teddy rise contento, accoccolandosi contro di lui, le manine intrecciate dietro al suo collo.
“Sono io, il tuo bambino!” strillò forte. “No, quello! Io!” ribadì, mentre entrambi affondavano il viso nella spalla dell’altro.
“Sì. Sì, è questo, il mio bambino…” mormorò, stringendolo forte. “E io sono…”
“Papà!”


Fine.



Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita, aggiunto la mia ff alle Preferite/Seguite, la mia Beta
Ely79 e soprattutto chi ha commentato:
(ps: dopo i ringraziamenti, visto che oggi è il mio compleanno, vi faccio un piccolo regalo: un “dietro le quinte” ^^ giù, giù, a fondo pagina)

Nestoria:
Sono contenta che il finale della mia ff sia stato inaspettato (insomma… ci tenevo all’effetto sorpresa) e ti sia piaciuto ^^
Grazie per i complimenti e l’epilogo è esattamente come hai scritto tu: e vissero felici e contenti ^^

Half Blood:
Sì, Kingsley è stato un grande, mi sono divertita molto nel fargli mettere nel sacco la Skeeter. Sono contenta che Teddy impiumato ti abbia divertito ^^

Moony3:
Prima di tutto: grande!! Credevo che ormai più nessuno avrebbe capito da dove ho preso il cognome “Wagga”!
In effetti i figli di Teddy e Victorie hanno grosse probabilità di uscire molto speciali, visto quello che possono ereditare dai genitori e dai nonni. Tonks me la vedo un po’ manesca forse perché è così… ehm… spontanea ^^ E sono felice che la mia Fleur non sia OOC per te, avevo dei seri dubbi in merito, nonché che tutte le parti che speravo fossero divertenti lo sono state davvero. Oh! Kingsley porterà con orgoglio la spilla del C.A.L.D.O. ^^ (appena faccio il bannerino te lo spedisco via e-mail ;-)

Evelyn-cla:
Sono felicissima di averti sorpresa, e che tutti i “miei” personaggi ti siano piaciuti. Ed è davvero bello pensare a Remus, Dora e Teddy come alla famiglia Lupin, spero che l’epilogo non ti deluda ^^

Arylupin:
Sì, aveva decisamente più bisogno di protezione Victorie, rispetto a Teddy ^^ E, beh… Tonks è per metà una Black, quindi… hai azzeccato cosa trovo abbia in comune con loro, ma anche in cosa differisce. Lei, malgrado la mancanza di tatto, non è mai offensiva, mentre i suoi parenti, compresi sua madre e Sirius, in questo senso non si frenano proprio.
Teddy impiumato era da vedere, eh? ^^ Sono felice che Kingsley sia piaciuto anche a te.
Mmmh, dovrai schivare gli Schiantesimi di Tonks per fare da scaldino a Remus ^^
Che dire… ti ringrazio tanto per i complimenti, alla prossima storia ^^

Nin:
Nin! Hai azzeccato in pieno qual era la questione in sospeso tra Remus e Teddy!! Avevi pienamente ragione, Teddy, prima dell’epilogo, non chiama mai Remus, papà. Brava ^^
Oh, mi hai ricordato quel pezzo del settimo libro, grazie! E’ vero, è bello immaginare che quel bimbo sia cresciuto, ed abbia ancora accanto una mamma e un papà. Grazie ancora per i complimenti ^^

Rebecca Lupin
Ciao ^^, no, per fortuna Kingsley non è ammattito, è stato molto furbo e zitto zitto ha ottenuto quello che voleva. Sono felice che la mia storia ti sia piaciuta, spero ti soddisfi anche l’epilogo ^^

Ancora grazie a tutti ^^



Ecco il “dietro le quinte”


“Ehi, Remus, sentiamo che dice quest’orso!” propose Rod, estraendo uno dei peluches dagli scatoloni che stavano impilando nel magazzino del signor Phelps.
Il loro datore di lavoro ancora gongolava per la figuraccia che aveva fatto la Skeeter, anche grazie a Remus. Tanto che, due ore dopo che la "Gazzetta del Profeta" gli era stata recapitata con i primi gufi del mattino, lo aveva contattato e riassunto su due piedi.
Remus riconobbe subito l’orsetto, era quello che Teddy desiderava tanto riceve in regalo da lui.
Rod ordinò al peluche: “Parla!” e lo schiaffò in faccia a Isabel, una delle loro colleghe.
L’orsetto ubbidì. “Ti voglio bene…” fece una pausa, mentre gli occhi di plastica luccicavano emettendo uno strano suono. “…mam-ma.”
La ragazza ricacciò indietro l’orso, fulminando Rod con lo sguardo.
“Commossa?” le chiese ammiccando.
“Neanche un po’!” si indignò lei, girandogli le spalle.
Non contento, Rod puntò l’orso verso Remus. “È geniale, questo coso. Mi sa che riconosce i maschi e le femmine.”
Il peluche fissò Remus, cigolando piano: “Ti aspetto, pa-pà.”

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