Il mio cielo

di Papaya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuvole ***
Capitolo 2: *** Dea ***
Capitolo 3: *** Inseguimento ***
Capitolo 4: *** Guai ***
Capitolo 5: *** Sorpresa ***
Capitolo 6: *** Sagge mosse ***
Capitolo 7: *** Cambiamenti ***
Capitolo 8: *** Rimpianti ***
Capitolo 9: *** Sparizione ***
Capitolo 10: *** Incontro inaspettato ***
Capitolo 11: *** Ricercati ***
Capitolo 12: *** Profumo ***
Capitolo 13: *** Ricordi ***
Capitolo 14: *** Rivelazioni ***
Capitolo 15: *** Complicazioni ***
Capitolo 16: *** Riunione straordinaria ***
Capitolo 17: *** Identità ***
Capitolo 18: *** Fuori controllo ***
Capitolo 19: *** Cancellazione ***



Capitolo 1
*** Nuvole ***


Non avrei mai immaginato di poter fare quello che volevo. Leader della fazione degli automisti Albhed. Davvero il massimo. Sto tutto il giorno a contatto con le macchine, le guido, le perfeziono, ne invento di nuove. Perché davvero, modestia a parte, ho un gran bel cervello e lo uso a dovere nel mio lavoro. E quello che faccio mi piace. Sono soddisfatto di me stesso, della mia mente, del mio ruolo, di dove sono arrivato dopo aver sudato non poco.

Eppure...

No, sono contento, davvero. Ma c’è sempre un neo, c’è sempre qualcosa lungi dall’essere perfetta. La perfezione non si può raggiungere, mai. E allora perché noi umani non facciamo altro che cercarla anche nella consapevolezza di non poterla avere mai? E’ come voler raggiungere l’orizzonte. Che cosa stupida. Lo sanno tutti che è impossibile. Non si fa altro che fantasticare sulle cose che puoi avere, senza tenere in considerazione quelle che hai già. Errore madornale. Magari la vita che vorresti ce l’hai proprio sotto gli occhi, ma tu ti ostini a guardare sempre al di là del tuo campo visivo, scavalcando ogni altra cosa. Oddio, non che sia sbagliato, anzi. L’ambizione è la cosa che ti fa migliorare e migliorare, sapendo che non hai ancora dato il massimo, e ti ostini a dover fare sempre di più, di più. Ma è inutile alzare la testa e guardare sempre in alto, quasi per provare a contare le stelle, o tentare di guardare il sole ad occhio nudo. Si sa che le stelle sono infinite e che il sole acceca. Lo sappiamo com’è fatto il cielo. Ma se abbassassimo un attimo gli occhi per vedere com’è la nostra vita in quel momento, essere concreti per un attimo, come la realtà circostante? Chi direbbe mai di aver visto quella stella del cielo proprio accanto a lui? Io non l’ho fatto nemmeno. Ho sempre pensato che la parte migliore del mondo è il cielo. E quando pensavo questo, il mio cielo era fatto di macchine, di persone che condividevano le mie idee, che seguivano i miei consigli, di un lavoro importante, bello, appagante.

Bene, è arrivata una nuvola a coprire questo cielo. Adesso tutto ciò che desideravo fa parte della mia realtà concreta. Nonostante questo alzo ancora gli occhi al cielo, nella speranza di scorgere qualche altra stella da raggiungere per riempire quello che c’è di imperfetto nella mia vita. Figuriamoci se Dio mi manda un segno positivo. La nuvola copre tutto. È così fitta che quasi si mette a piovere.

Vaffanculo. Piove davvero. Dico a tutti di rientrare a Djose tramite un auricolare che ho dato per comunicare in situazioni di emergenza. Non che quattro gocce siano un’ emergenza, ma non mi va che la gente vada in giro con le mie macchine con questo tempaccio, che potrebbe andare sempre a peggiorare. E dato che le strade del circondario non siano delle migliori, potrebbe anche succedere che gli automisti rimangano bloccati lontani dal Tempio...

Ma a chi voglio fare ridere? Come se le persone che lavorano con me non siano abbastanza grandi e vaccinate da potersela cavare da soli...Che mania di superiorità. Il titolo di leader a volte mi da alla testa. Avrei davvero bisogno di qualcuno che mi frenasse, a volte. Avrei davvero bisogno di Qualcuno. Punto. Quel Qualcuno che ho scavalcato per vedere al di là del visibile, quel Qualcuno per cui la mia vita è imperfetta, quel Qualcuno che quella dannatissima nuvola copre.

Sto impazzendo. Dov’è finito il mio orgoglio?

“Gippal, sono rientrati tutti”.

Come? Oh, già. Ero così sovrappensiero da dimenticarmi dell’ordine dato. Ma chi è il tizio che mi ha parlato? Ci sono così tanti automisti che a volte mi dimentico anche i nomi. O forse è colpa del fatto che è da un po’ che ho la testa da un’altra parte.

“Ok, grazie.” Ma grazie di che? Non ho proprio niente da ringraziare a nessuno, io. Devo smetterla di essere sempre così assente. Questo è il mio lavoro. Se continuo così, prima o poi faccio qualche danno.

Ormai è tardi. Congedo tutti, che ritornano alla proprio a casa. Dovrei tornare anche io, ma è così bello stare qui, in silenzio, da soli. Circondato dagli automi, la mia passione da sempre, e dai miei pensieri, la mia Ossessione di sempre. Chiudo gli occhi. Il suono della pioggia è davvero piacevole...

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Capitolo 2
*** Dea ***


Quando riapro gli occhi, il sole illumina il grande spiazzo dinanzi al Tempio di Djose. Bah, anche oggi mi sono addormentato qui. Che cretino che sono. Tra l’altro è anche tardi, dato che vedo già gruppi di automisti avvicinarsi. Ma chi se ne frega...

“Buongiorno, capo! Già all’opera?” Non ricordo nemmeno il suo nome, in questo momento. Che testa.

“Già. Prima si comincia, prima si finisce”. Ma quando mai... Dico a tutti di riportare le macchine fuori. Inoltre ce ne sono due nuove che hanno bisogno di essere collaudate. La cosa è allettante. Mi andrebbe proprio di fare un giretto qui intorno.

“Ehi, Seth!” Beh, qualcuno mi dovrà pur rispondere.

“Dimmi!” Colpo di culo. “Che succede?”

“Credo proprio che mi allontanerò da qui un attimo. Mi faccio un giretto su quel nuovo automa. Non ci metterò molto, sul serio, ma mi serve che tu stia di guardia mentre sono via. D’accordo?” E’ davvero un’idea del cazzo. Ma, onestamente, oggi mi secca stare di nuovo rinchiuso in una fetta di territorio a fare il meccanico. Il che è alquanto strano.

“Nessun problema!” Ci mancava solo quello!

“Grazie, Seth, ti devo un favore!”

Cavalco l’automa abilmente. Sono già fuori da Djose, quest’aggeggio funziona davvero bene. Come sempre, ho fatto un gran bel lavoro. Mi dirigo verso la via Mico Rocciosa per poi proseguire nella via Mihen. Infine torno indietro. Lascio l’automa di guardia al principio della via che arriva dritta dritta al quartier generale, mentre io proseguo a piedi.

Non l’avessi mai fatto.

Per un momento la mia testa si ritrova a conservare un cervello morto, guasto, bloccato. Il resto del corpo segue il suo esempio. Rimango immobile, come avessi visto chissà quale mostro orrendo e spaventoso. Okay, diciamo che la cosa che vedo è un bel po’ diversa da un mostro orrendo e spaventoso. I miei occhi mettono bene a fuoco e a quel punto ne sono certo. C’è lì, a una decina di metri davanti a me, una persona. Cioè, una in particolare. A quest’ora questa via è abbastanza trafficata, ma come non notare una ragazza che va in giro in bikini? …E in minigonna. Dai, ma dico io, è normale una cosa del genere? Vuole vedere schiattare tutti gli uomini della zona? No, sai, perché gli ormoni reggono fino ad un certo punto, biondina. E tu non te ne puoi stare così tranquilla, mezza nuda davanti a me. Non devi. Perché, te l’assicuro, potrebbe davvero finirti male. Ringrazia il Cielo che mi ha donato uno spiccato autocontrollo. Comunque, superato il blocco iniziale, di certo non me ne starò a guardarti solo da lontano. Ho passato anni a cercarti ed a stare in pena per te. Ma la cosa che più mi fa incazzare è che la colpa è la mia. Non mi sarei mai aspettato che saresti venuta tu un giorno da me. Anche perché, dopo che ti ho letteralmente mandata a fanculo, non me lo merito, davvero.

“Ehi, guarda un po’ chi si rivede dopo tanto tempo!” Mi sorprendo io stesso di come sembro spavaldo e tranquillo. Riesco a mascherare il mio stato d’animo. E ringrazio nuovamente il Cielo. Peccato che subito dopo mi si crea un groppo alla gola. Si gira verso di me. Merda. È una dea. I capelli lunghissimi, biondi, legati in una coda e con numerose trecce che le coprono la fascia blu, ondeggiano a destra e a sinistra. Porta una sciarpa lunga, come a voler nascondere un poco la sua pelle nuda. Pessimo risultato. Il reggiseno giallo in bella vista e la minigonna di certo non aiutano.

“Ciao, figlia di Cid!” Riesco incredibilmente a parlare, mostrando sempre quella solita faccia da schiaffi.

Detto fatto.

Si avvicina a me più veloce di quanto mi aspettassi (effettivamente mi aspettavo che corresse via), ed eccolo, lo schiaffo sonoro e doloroso.

“Ahia! Hai la mano pesante!” Dico, massaggiandomi la guancia arrossata. “E’ così che accogli un vecchio amico?” Ops. Forse non dovevo dirlo.

“AMICO?” Ed ecco il secondo schiaffo. Per fortuna ho i riflessi abbastanza pronti. Le afferro il polso prima che la sua mano riesca a sfiorare anche l’altra parte della mia faccia.

“Sei un pezzo di merda” Oh. Mi sa che è davvero arrabbiata.

“Ehi, ehi, che paroloni per una bambina come te!” Ma perché amo farmi del male da solo? Bah. Poteva anche evitare di sputarmi in un occhio.

“Vaffanculo!” E si allontana da me, così, senza una parola di più.

“Rikku!!” Oh, non mi ero accorto delle sue amiche. Se non mi sbaglio, quella che ha appena parlato è Yuna, la famosa invocatrice che ha ucciso Sin. E l’altra...Ma tu guarda la coincidenza! Paine! Da quanto tempo che non la vedevo. Mentre guardo le due allontanarsi correndo, mi asciugo la saliva di Rikku dalla faccia.

“E’ inutile che ti comporti così, Gippal” Paine si avvicina a me. “Sai di essere nel torto completo.”

“Stai fuori dalla mia vita, Paine. Quello che faccio non ti riguarda” Beh, di certo nemmeno io ho il titolo di “miglior accoglienza di vecchi amici”. Ma non sopporto che gente estranea si immischi nei fatti miei.

“Che ci fai qua?” mi chiede. Ma come? Non lo sa?

“Sono leader degli automisti, mia cara, e a Djose sta il nostro quartier generale. Possibile che non lo sapevi?”

“Qualcuno me l’ha detto?” Io no di certo. “Sicuramente non mi aspettavo di incontrarti. Non ci aspettavamo” si corresse. “Perché penso proprio che se l’avessimo saputo non ci saremmo nemmeno avvicinate a Djose. Io perché non amo ricordare il mio passato. E Rikku perché…beh, la stessa cosa.”

“Senti, lo so che è colpa mia se Rikku adesso mi vede come un nemico da annientare, ma tu non sai come sono realmente andate le cose e non puoi permetterti di giudicare, chiaro? Hai altro da dirmi?” La guardo con uno faccia incazzosa, ma lei non se ne cura completamente.

“So che tieni a lei” continua “e so che adesso che l’hai ritrovata, non la molli più”. Perspicace. “Ti do un consiglio: non farlo. Lasciala in pace e vattene. Aveva faticosamente rimosso quella parte della sua vita in cui c’eri anche tu.” Anche io. O almeno lo speravo. “ Quindi se non vuoi farla soffrire per la seconda volta, non cercarla più” Bene. Adesso è il mio turno. Mi avvicino a lei finchè il mio volto non sia più distante di un centimetro rispetto al suo.

“Paine...” le sussurro all’orecchio. Giurerei si averla sentita sussultare, alle mie parole. Comunque uso il più garbato e cortese dei miei modi cavallereschi. “Vai a farti fottere”.

Allontano il viso dal suo. Lei mi guarda torvo, non so come ha fatto a resistere dal tranciarmi in due con la sua spada. Ci guardiamo ancora minacciosi, finchè lei non si gira e raggiunge le sue amiche.

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Capitolo 3
*** Inseguimento ***


“Seth, scusami, ma dovrai sostituirmi per un altro po’ di tempo” Dico di fretta, prendendomi l’auricolare. “Per qualsiasi problema, chiama”

“Ma...Dove vai?” Ficcanaso.

“Mi hanno chiamato urgentemente dal deserto di Bikanel, hanno bisogno del mio aiuto” Che balla.

“Ok...Ma se vuoi, qualcuno di noi può andare laggiù al posto tuo.” Ma che testa dura!

“ No, Seth, vado da solo. Non venite e non mi cercate da nessuna parte per nessun motivo. Se avete problemi...” e gli mostro il mio auricolare. “...verrò subito qui.”

“D’accordo...”

“Grazie, ti devo un altro favore” E fuggo.

Di certo non gli avrei mai detto la verità. Chissà che avrebbero pensato di me, di uno che abbandona il lavoro per correre dietro ad una ragazza. Bisogna avere le palle per fare queste cose, ma questa per me è una faccenda davvero importante. Non mi è venuto niente di meglio della balla di Bikanel, ma penso che se la sia bevuta. E’ anche la più plausibile che potessi usare.

Ho ancora rapporti abbastanza buoni con Cid. E’ un grand uomo, quello. L’ho sempre pensato. Mentre cammino a prendere l’automa più veloce che abbia, prendo la trasmisfera che avevo posto in un angolo del cortile antistante il quartier generale. Quel piccoletto di Shinra è un genio. Ringrazio lui se quella trasmisfera ha il collegamento con la gigantesca aeronave di Cid. Solo che è da parecchio tempo che non viene usata, chissà se funziona ancora. L’accendo. Prima che prende il collegamento ci sta un po’, ma alla fine funziona alla perfezione. Ecco! Comincio a vedere qualcosa. Ma si, quella è la sala pilotaggio!

“Cid? Ehi, Cid!” Lo chiamo. Però non mi risponde nessuno, strano. Oddio, strano... In realtà, dopo tutto questo tempo si sarà sorpreso a sentire la mia voce.

“Chi parla?” Eccolo là.

“Cid! Da quanto tempo! Spero non ti sia dimenticato del tuo caro meccanico di fiducia! Ahah!”

“Gippal! Come va, giovanotto? Da quanto tempo! Qual buon vento ti porta da queste parti?” Simpaticone come sempre. Non è cambiato di una virgola e questo non può farmi che piacere.

“Ho notato la trasmisfera che avevo dimenticato del tutto in un angolino qui intorno, e quando l’ho rivista ho pensato subito a te. Mi fa davvero piacere risentirti” Beh… Non è del tutto una bugia…

“Ma certo, anche a me!” Ok. Andiamo al punto, paparino.

“Perché non vieni qui a trovarci? Sarei davvero contento di rivederti!” Bingo.

“Ma certo, perché no? È davvero una splendida idea!”

“Dimmi tu quando sei libero, figliuolo. So che sei abbastanza impegnato con il lavoro, non vorrei…”

“Scherzi? Per quanto mi riguarda potrei venire anche subito! Il mio lavoro a volte è pesante, mi servirebbe proprio una pausa.”

“Sante parole! Passiamo subito a prenderti, allora!” Passiamo? Fratello e Compagno devono essere con lui. Cazzo, questo non è bene. So che Fratello mi odia quasi quanto sua sorella da quando l’ho lasciata. Okay, non è poi un problema grave. Basta non farci troppo caso, stare alla larga il più possibile da lui, e quelle poche volte che ci parliamo, essere il più amichevole possibile, ed è fatta. Semplice.

“D’accordo, mi faccio trovare al principio della via per Djose. Ti aspetto” E chiudo.

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Capitolo 4
*** Guai ***


“GIPPAL! Ragazzo mio! Ci si rivede finalmente!!” Cid è davvero molto entusiasta di vedermi. Anche troppo. Mi intrappola in un abbraccio stritola-ossa e per poco non ci lascio la pelle.

“Si…anche…io…sono…felice…di…vederti…” Fatico a parlare. Cid scioglie l’abbraccio ancora festoso, mentre io riprendo fiato con un’espressione traumatizzata.

“Come stai? Va’ tutto bene? Hai un bel titolo nel lavoro! Ed è meritato! Sei un grande meccanico! Vedi l’aeronave? Non è cambiata di una virgola da quando c’hai messo mano tu! E’ perfetta!”

“Vedo…”

“Piuttosto abbiamo modernizzato un po’ l’interno. Dovresti vedere che bel laboratorio che abbiamo! E che cabine!” Quasi non si ferma più di parlare, tanto è su di giri.

“Ehi, ehi, con calma, Cid! Adesso vado ad esplorare un po’ i piani, ma prima dimmi di te. Come stai? Dove vai di bello con quest’aggeggio?”

“Io sto benone! Stiamo tutti bene, abbiamo una salute di ferro, noi albhed, lo sai! Ah, a proposito…Fratello non è molto felice di vederti…cerca di non farci troppo caso, tanto lui non baderà molto a te. A deciso di evitarti, anche se non ho capito bene il perchè…” Già. Come previsto. Beh, se è lui stesso ad evitarmi non c’è problema. Mi renderà le cose più facili.

“Si, beh…lo immaginavo.”

“Perdonalo, è un viziato. Io invece penso che è una fortuna che ci siamo rivisti! Piuttosto quello laggiù è Shinra…Ehi, piccoletto!”

“Si? Oh, ciao, Gippal.” Mi saluta e ritorna al suo lavoro. Simpatico…

“E laggiù c’è Compagno”

“Ciao, Gippal! Come andiamo?” Anche Compagno è felice di vedermi.

“Tutto bene, ti ringrazio” Riesco solo a dire, perché Cid, con i suoi soliti modi indelicati, mi trascina via con un’allegria degna di un bambino di cinque anni per incitarmi a farmi un giro nella sua fantastica aeronave. Ma quello che voglio io, quello per cui io ho lasciato il mio lavoro non c’è.

Lei dov’è?

“Ma Rikku non c’è?” Improvvisamente pronuncio la frase tutta d’un fiato.

“Rikku? No, quella testaccia dura è in giro con mia nipote e un’altra amica, Paine. Pare che stiano cercando un ragazzo, un vecchio conoscente di Yuna…”

“Erano fidanzati, Cid...” Irrompe nel discorso Shinra. Si mette in ginocchio sulla sua sedia e mi guarda. “Lui è scomparso due anni fa. Si è sacrificato per annientare Sin, ma c’è il dubbio che sia realmente morto. Rikku le ha mostrato una sfera in cui si vedeva quel ragazzo. Adesso sono cacciasfere, ma sono anche nei guai.”

“Nei guai..?” Beh, che Rikku sia nei guai non è una novità.

“Già” Cid mostra un’espressione poco interessata “Pare che quello nella sfera non è il ragazzo che cercano. Non vogliono comunque sospendere le ricerche. Adesso, poi, si sono messe in testa di dover annientare Vegnagun. C’entra qualcosa con quel ragazzo, ma io non ho capito bene…”

La mia mente ci mette un po’ a recepire il significato di quelle informazioni. Ma poi capisco. Cazzo, capisco. Ma non ci posso credere.

“COSA??? Vogliono mettersi contro Vegnagun?? Ma è una follia!!”

“Concordo. Gliel’ho anche detto, ma non mi danno retta. Rikku è la prima che è entusiasmata all’idea di un nuovo combattimento. Non le è bastato eliminare Sin, eh no. Non c’è mai fine al male in questo mondo, ma non lo vuole capire. Lei fa la paladina della giustizia, senza pensare al suo povero vecchio…” Tipico di Rikku. Ma perché non pensa mai a se stessa e lascia fare a più esperti il lavoro duro? E’ un’irresponsabile.

“Ma ha idea di che macchina spietata parliamo? E cosa più annientare una macchina se non una macchina? Io ho un esercito di automi nel mio quartier generale pronti per l’occasione. Non lascerò di certo che altre persone mettano in ballo la propria vita per tentare ciò che non gli è dovuto. Mi dispiace Cid. Devo fermare tua figlia.” Ancora non ci credo. Se quando mi vede, quella ragazza ha voglia di pestarmi a sangue, appena scopre che voglio fermarla per evitare che si metta contro Vegnagun, che farà? Dio, ma perché mi devi complicare le cose?

“Fa come credi. Ma non ti darà retta, lo sai.”

Ma vaffanculo. È incredibile come quella ragazza debba sempre cercare guai. Gli affari suoi mai, eh? E io che prima desideravo vederla, adesso le do la caccia. Ed ecco che sono nei guai anche io. Cid ha detto che non appena vedranno una trasmisfera, si collegheranno con l’aeronave, come ha raccomandato lui. Saliranno sull’aeronave e, appena Rikku mi vedrà, urlerà contro me, suo padre, Compagno e tutti. Mi mollerà un altro ceffone e se ne scapperà in cabina. Bene, non vedo l’ora.

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Capitolo 5
*** Sorpresa ***


Sono esausto. Cid mi ha fatto fare il giro completo della sua aeronave, facendomela esplorare in lungo e in largo senza tralasciare un angolo. Non so se rendo l’idea, ma mi ha fatto esplorare questo mostro gigantesco in 2 ore e mezza. Mica poco. E ho dovuto anche supplicarlo di lasciarmi andare a riprendere fiato. Tra l’altro è da più di una notte che non dormo in un letto comodo come questo. Ho preso l’abitudine ad addormentarmi nel pavimento del tempio e ora un materasso del genere mi sembra paradiso. Peccato che io sto andando dritto dritto verso l’inferno. Non solo mi metterò contro una macchina spietata per cercare di salvare il mondo, ma, quel che è peggio, mi metterò contro la volontà di una ragazzina testarda, idiota e immatura. Comunque, non m’importa. Di certo non starò a guardare come Vegnagun decide di ucciderla. Oddio...mi vengono i brividi al solo pensiero…

“PORCA PUTTANA!” Mi guardo intorno e noto con sollievo che mi trovo ancora sul letto della cabina dell’aeronave dopo non so quante ore di sonno e dopo un incubo che per poco non mi ha fatto cadere dal letto. Mi sento appiccicare la maglia alla schiena, tanto sono sudato. Sento caldo. Cerco con gli occhi una bottiglia d’acqua da qualche parte, ma non ne trovo. Sprofondo di nuovo sul materasso asciugandomi la fronte con il polso. Non so se è il caldo o se è lo stress dell’incubo a farmi stare così. Già…l’incubo...Mi ricordo che c’era Vegnagun. E poi c’erano anche un ragazzo e una ragazza, biondi entrambi. Il primo armeggiava qualcosa nella macchina. Lei non lo so…tentava di farsi strada, di raggiungerlo...Io guardavo tutto in prima persona, ma qualcosa non andava…ero bloccato, non riuscivo a muovermi, malgrado volessi. Era tutto sfocato, i miei occhi non mettevano bene a fuoco, e il dal mio corpo proveniva un dolore lancinante. Allungavo la mano verso quella che sembrava essere la ragazza, ma poi...che era successo? C’era un raggio di luce che la travolgeva…o forse era la luce della cabina che mi arrivava dritta sugli occhi e che mi ha svegliato?

C’è troppo caldo. Mi alzo, esco dalla stanza e mi dirigo verso la sala pilotaggio dove trovo Cid, Compagno, Shinra e stavolta anche Fratello.

“Gippal!” Cid si gira verso di me. “Sonno pesante, eh?”

“Che ore sono?” dico strofinandomi un occhio, reduce dalla vista offuscata del sogno. P Preduce dalla vista offuscata del sogno. la sala pilotaggio. occhi e che mi ha svegliato?lore lancinante.oi mi accorgo, guardando attraverso il vetro, che fuori è buio.

“Beh, hai dormito un bel po’! Comunque volevo avvisarti che abbiamo una rotta.”dice Cid facendomi l’occhiolino.

“Quindi dove?”chiedo.

“Luka.”

L’acqua mi scorre tiepida addosso. Avevo assolutamente bisogno di una bella doccia. Troppo stress. Troppi pensieri per la testa. Chissà se a Djose va tutto bene. Spero che anche gli scavi a Bikanel vadano per il meglio. Adesso che Seth sa che io sono li, nessuno andrà a controllare la situazione. Ah, mi preoccupo troppo. Ho dei buoni dipendenti e, in ogni caso, possono chiamarmi. Piuttosto devo pensare a quella stupida. Lei lo sapeva che dovevo andare io a combattere Vegnagun. Gliel’avevo detto io stesso. E adesso vuole farlo lei. Le avevo detto di starne fuori, e invece no. Perché?

Esco dalla doccia legandomi un’ asciugamano bianca alla vita e prendo i vestiti che avevo poggiato sul coperchio del water. Torno nella stanza accanto, la cabina, asciugandomi i capelli con un’ asciugamano più piccola, sempre bianca, che strofino sulla testa. Sono due passi lontano dalla porta del bagno quando alzo lo sguardo e la vedo di fronte a me, appena entrata in cabina. A pochi passi da me e con gli occhi sgranati c’è Rikku.

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Capitolo 6
*** Sagge mosse ***


“Ah…” Rimane impalata nella sua posizione anche dopo che le è caduto dalle mani il bicchiere d’acqua che portava. Dopo qualche secondo rimasti a guardarci immobili, senza dire una parola, lei fa uno scatto: si gira, apre la porta, tenta di uscire. Forse non ha capito chi si trova davanti...

Con forse il doppio della sua velocità, le afferro il braccio e la tiro di nuovo dentro la stanza, chiudendomi la porta a chiave alle spalle. Mi allontano da lei sorridendo beffardo, facendo saltare la chiave della porta dalla mia mano e riprendendola, in continuazione. Anche Rikku sogghigna, ma mi sembra tutt’altro che tranquilla.

“Tsk...Vorresti chiudermi nell’aeronave di mio padre?”

“Perché no?” chiedo continuando a giocherellare con la chiave.

“Non è una mossa saggia” Faccio qualche passo aventi verso di lei, mentre lei ne fa uno indietro, finché non si ritrova contro la porta. Sempre sorridendo, avanzo ancora, facendo sparire il anche il sorriso nervoso con cui mi aveva rivolto la parola.

“Non sarebbe la prima mossa non saggia che faccio nella mia vita, e nemmeno l’ultima, a dirla tutta.” Le sussurro ad un palmo dal suo viso. Lei mi guarda con aria minacciosa, ma la cosa non mi tocca minimamente. Anzi, mi diverte. Mi sento abbastanza tranquillo rispetto a prima. Forse è perché è qui con me. Sta di fatto che adesso mi va di stuzzicarla un po’. Posso concedermelo, no?

Mi scosto da lei e mi volto per andare a conservare la chiave in un cassetto del comodino accanto al letto. Non la prenderà se prima non avrà finito di parlare con me, ne sono più che sicuro.

“Che cosa vuoi da me?” mi chiede, sempre immobile appoggiata alla porta con le braccia conserte.

“Beh...ci sarebbero un paio di cose da dire, fra cui una abbastanza urgente. Saresti disposta ad ascoltarmi?” Mi volto verso di lei, dopo aver chiuso il cassetto del comodino.

“Non credo.” mi dice risoluta.

“E io non credo che tu abbia scampo.” Rispondo battendo delicatamente la mano sul mobile e suscitandole ancora più rabbia di quanta ne avesse prima. Sogghigno. “Vedi, mi hanno riferito che...scusa, potresti voltarti giusto un attimo?” Rikku mi guarda perplessa.

“Perché dovrei? Mi piace stare in questa posizione, qualche problema?”

“Dovrei cambiarmi...” dico e indico l’asciugamano che ancora avevo legata in vita.

“Cos’è, ti vergogni di una ragazza, adesso?” Tenta forse di provocarmi?

“ Oh, no, assolutamente. Se ci tieni così tanto a vedermi nudo, potevi anche dirlo prima!” Rido mentre vedo che lei si volta, forse anche per non fare vedere di essere diventata paonazza in volto. Mi giro anche io dall’altro lato e comincio a vestirmi.

“Dicevo...Mi hanno riferito che ora sei una cacciasfere, giusto?”Chiudo la cerniera dei pantaloni. Non ho nessuna risposta, perciò vado avanti. “Tutt’e tre, tu e le tue amiche, avete delle belle collezioni. Siete brave.” Il suo silenzio mi ordina di continuare. “Avete in programma qualche altra sfera da prendere?” Ora, o mi risponde o mi risponde.

“Non proprio. Per adesso ci stiamo dedicando ad un altro genere di attività” Continuiamo a parlare schiena a schiena, mentre indosso anche la maglietta.

“Che genere di attività?”Mi fingo curioso.

“T’importa qualcosa?”

“Direi di si”

“Non ho intenzione di dirtelo”

“Fa niente, credo di saperlo.” Indosso le scarpe. E riecco il silenzio curioso. “Volete combattere Vegnagun.” Il silenzio predomina sempre. E’ ancora rivolta verso la porta, ma percepisco la sua sorpresa. Me la immagino con gli occhi misti di stupore e curiosità e pensare un “ come lo sai? ” che sta reprimendo dal dirmi. Pare che meno mi rivolge la parola meglio è, per lei. Mi avvicino silenziosamente a lei che rimane nella sua posizione senza aspettarsi che io sia a meno di un passo da lei. Avvicino le labbra al suo orecchio.

“Non è una mossa saggia.” Sobbalza. Si volta di scatto, riducendo a due centimetri la distanza del suo viso dal mio. Non so se il rossore delle sue guance sia dovuto alla nostra vicinanza o alla rabbia che le ribolle dentro nei miei confronti. C’entro sempre io, comunque. È un passo avanti.

“Te l’ha detto papy, non è così?”

“Importa qualcosa?” Il nostro dialogo è diventato un sussurro. “Sapevi benissimo che quella era la strada che avevo scelto per me.”

“Fare un esercito di automi e tentare di sconfiggere Vegnagun. Gran bella strada...”

“La stessa che hai preso tu in questo momento”

“Tu avevi un’alternativa.”

“Quale, per esempio?” Restiamo a fissarci per 5 lunghissimi secondi. Quasi mi fanno male.

“Me.”

Colpito e affondato. Cazzo, mi sto sentendo male. Tutti i sensi di colpa cominciano a riaffiorare e a pugnalarmi il petto. Quel sorriso beffardo che mi ero portato per tutta la sera, scomparve improvvisamente. Allontano il mio volto dal suo.

“Non ti avevo lasciata. Sarei tornato.”

“...Forse.”

Ma che fa, ha deciso di vendicarsi in una serata? Qui abbiamo scambiato i ruoli. Adesso è lei quella tranquilla e spavalda, mentre io sono la vittima delle sue parole affilate. Sembra persino soddisfatta di aver fatto centro.

“Tu mi avevi letteralmente abbandonata anche dopo che eri venuto a conoscenza del mio totale disappunto sulla questione.” Rigiriamo il coltello nella ferita, cara. Mi vuoi KO. D’accordo, fa’ pure. “Forse mi credevi una bambina e la mia parola non aveva valore per te. Forse lo credi anche adesso,” assolutamente no. “ma sinceramente non me ne frega niente di quello che pensi. Io ho la mia vita e tu la tua. Punto. Non ho intenzione di intromettermi negli affari tuoi, né tu devi farlo nei miei. Chiaro?” Bene, ha finito. Ritorniamo ai ruoli di prima, biondina.

“Volevi stare lontano da me, non volevi più vedermi né parlarmi...”

“Infatti.”

“Come mai, allora, hai deciso di intraprendere la mia stessa strada, anche tu la mossa non saggia di Gippal? Sapevi che facendo ciò prima o poi ci saremmo rincontrati.” Mi guarda con un misto di aria interrogativa e furiosa.

“Dove vuoi arrivare?” Mi avvicino di nuovo a lei e appoggio il braccio alla porta, oltre la sua testa, faccia a faccia alla distanza di pochi centimetri. Le parlo in un sussurro.

“L’hai fatto per me. In realtà volevi rincontrarmi, ma non lo ammetterai mai. Ti conosco.” Mi guarda sempre minacciosa, ma ha di nuovo le gote in fiamme.

“Ti sbagli. E non mi conosci affatto.” Volge lo sguardo da un’altra parte, pur di non incontrare il mio. Sa anche lei che ho ragione. Ma, come ho detto, non lo ammetterà mai. Mi allontano da lei, con lo stesso sorriso di prima e vado al comodino. Apro il cassetto e prendo la chiave della porta che vi avevo posto.

“Libera.” Dico, e le porgo la chiave. Lei prima mi guarda, accertandosi che non la stia prendendo in giro o che voglia giocarle qualche scherzo, poi la prende in fretta e la inserisce nella serratura.

“Sappi comunque che non mi farò gli affari miei. Non ti permetterò di metterti contro Vegnagun, mossa saggia o no.” Dopo essersi fermata per sentire quello che avevo da dirle, torna alla serratura, apre la porta ed esce, senza dire una parola.

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Capitolo 7
*** Cambiamenti ***


Bè, non male. Ho parlato senza ricevere nessuno schiaffo. Tutte le ragazze morirebbero per poter passare del tempo ad ascoltarmi, ma non c’è stata una volta, fino ad ora, che abbia parlato con Rikku senza che lei alzasse mani. Perché non è come tutte le ragazze?

Guardo fuori dalla finestra. E’ notte fonda, ma, ovviamente, io non ho sonno. Decido di uscire fuori dalla cabina. Lungo il corridoio c’è solo silenzio e buio. Pace, direi. Quella che manca a me da un bel po’ do tempo. Quella che sto cercando da un po’ di tempo...

Arrivo alla fine del corridoio e decido di ritornare in cabina a provare a prendere sonno almeno fino all’alba, ma adesso faccio improvvisamente caso ad un lieve rumore di lame che proviene dell’interno di una cabina. Vorrei farmi i cazzi miei, ma la mia curiosità prevale sulla mia forza di volontà e, molto spesso, ciò si rivela una cosa negativa.

Apro leggermente la porta e sbircio senza farmi vedere.

Paine. La vedo che combatte contro l’aria. Muove la spada abilmente, i movimenti delle braccia, delle gambe, di tutto il corpo, sono precisi, puliti. Sembra che stia danzando un tango mortale, stende la gamba indietro mentre il braccio scaglia la spada che taglia l’aria, silenziosa. Poi si gira e taglia l’aria anche alle sue spalle. Come se stesse combattendo contro un esercito di uomini che le si scagliano addosso e più lei ne uccide, più loro diventano numerosi. E continua a danzare. E’ bella.

Rimango a guardare, incantato, sorridendo orgoglioso, come se le avessi insegnato io l’arte del combattimento. Trancia per l’ultima volta l’aria e rimane ferma, gambe aperte, spada in giù, ansimante. Dopo pochi secondi di silenzio, faccio risuonare il mio battito di mani nella stanza. Lei si volta di scatto verso la porta, vedendomi appoggiato con la spalla allo stipite sfoggiare il mio sorriso compiaciuto.

“Complimenti”dico. Lei fa un mezzo sorriso, poi ritorna seria.

“Chiudi la porta, prima che si svegli qualcuno.” Mi dice semplicemente riponendo la sua spada nell’apposita fodera.

“Non sapevo che ti allenassi di notte” dico e mi chiudo la porta alle spalle.

“Ora lo sai.”

“Lo fai sempre?”

“Spesso.”

“Uh, di poche parole, la ragazza” Mi guarda torvo. Io sorrido. “ Non sei cambiata per niente in tutto questo tempo”. Mi guarda per un istante. Poi ripone la fodera accanto l’armadio mentre io mi siedo sul suo letto ancora ben fatto.

“Io speravo di si” dice.

La guardo per un attimo perplesso, finchè non mi rivolge di nuovo la parola.

“Perché sei qui?” Domanda lecita, ma gelida.

“Per nessun motivo in particolare” le rispondo “solo non avevo sonno e passando di qua ho sentito che eri sveglia anche tu, tutto qui.”

“Tutto qui?” chiede Paine, quasi delusa.

“Si, tutto qui”

Continuiamo a guardarci imperterriti. Fa un sospiro.

“Gippal...sei capitato male, qui” adesso sembra persino dispiaciuta.

“che vuoi dire?”

“ Voglio dire che avresti fatto meglio a non farti vivo. Per me, per Rikku, ma, soprattutto per te.”

“Ah, si? Che cosa ci guadagnavo io a non farmi vivo? Pena? Angoscia?” comincio a parlare con il mio tono sarcastico.

“Ci avresti guadagnato il non essere nei casini che ti complicheranno la vita”. Rido

“ Piantala di farmi la morale, Paine! Onestamente non riesco a capire dove sta il trucco in questa tua preoccupazione. Non credo che mi dici queste cose per il mio bene e, sinceramente, non credo che lo fai nemmeno per il bene di Rikku.”

“No, infatti. Io penso al mio di bene.” Ci penso un po’ su.

“Perfetto.” Dico. “E allora qual è il problema per te se io sono qui?”

“il problema è…” si avvicina al letto e si ferma di fronte a me. Alzo la mia testa, che le arriva all’altezza del bacino, per guardarla negli occhi. “…che, come hai detto tu stesso, io non sono affatto cambiata in un sacco di tempo”

“continuo a non capire”

Non mi risponde. Alza semplicemente i suoi occhi rubini al cielo. Poi mette le sue mani sulle mie spalle e ci fissiamo per diversi secondi. Mi parla con uno sguardo. Ha gli occhi sottili, come se mi stesse minacciando o dicendo di fare attenzione a qualcosa. Ma cosa? Mi lascia e si volta dandomi le spalle. La guardo stranito, ancora non comprendo che cosa mi ha detto. Si aspetta forse che Dio mi ha dato il dono della telepatia?

Improvvisamente si gira, di scatto, distende il braccio velocemente, scagliandomi uno dei pugni più dolorosi che io abbia mai ricevuto e, credetemi, non che ne abbia ricevuti pochi. Rotolo sul materasso lanciando un urlo e comprimendo mezza faccia con le mani. Ma che cosa gli sarà mai saltato per la testa?? E’ impazzita??

“AHI! MA CHE CAZZO T’E’ PRESO ALL’IMPROVVISO?? SEI SANA? MA PORCA...”

“Mh, deludente. Pensavo avessi dei riflessi più pronti.” Dice accarezzandosi le nocche.

“RIFLESSI PIU’ PRONTI??”

“La smetti di urlare?? Vuoi che si svegliano tutti?” Ma che merda avrà mai nel cervello? Tolgo la mano dalla bocca e la vedo sporca di sangue.

“Mi hai spaccato un labbro!”

“uh, poverino” sorride “Credo che tu abbia affrontato cose ben più gravi di un graffietto sul labbro”

“Ma io ti…” scendo dal letto infuriato e comincio a anche io a lanciarle pugni. Ammetto che vorrei stenderla, ma dato che è una ragazza mi limito a deboli manate. Che, ovviamente, mi para.

“Ti sei indebolito! Non hai mai combattuto così male, Gippal!” dice mentre para tutti i miei colpi.

“Paine, ti ricordo che sei una ragazza. Non combatterei mai sul serio con te” Le colpisco l’avambraccio all’altezza del petto.

“E fai male!” E mi scaglia un calcio allo stomaco mandandomi lungo tutto il pavimento fino all’altro lato della stanza. Tossisco e sputo dalla bocca del sangue dalla spaccatura del labbro.

“Gippal, sei un rammollito” Rammollito? “Un pappamolle” Pappamolle?

Mi alzo lentamente, tenendo il braccio stretto alla pancia. Lei si avvicina e accosta le sue labbra al mio orecchio.

“Un debole.” DEBOLE?

“Paine…” sono senza voce. Lei mi guarda.

“che vuoi?” Incrocio il suo sguardo.

“Vaffanculo” dico con un filo di voce

“Come?”

“Vaffanculo” continuo a sussurrare

“Parla più forte, non ti sento” Mi prende in giro?

“Ho detto…VAFFANCULO!”

Le rendo il calcio allo stomaco. Lei cade a terra e scivola accanto l’armadio. Rimane così, distesa, con una mano allo stomaco e l’espressione dolorante. L’ha voluto lei.

“Per tua sfortuna, nemmeno io sono cambiato in tutto questo tempo.”

Solo che...non credevo di stenderla con un colpo solo. Non era nemmeno un calcio tanto potente...Ah, non ce la faccio a vederla così. Mi avvicino a lei, la prendo in braccio e la stendo sul letto. Io mi siedo accanto a lei.

“Te l’avevo detto che era meglio se non combattevo sul serio...” le dico, mentre lei rimane dolorante rannicchiata su se stessa.

“Scusa…” le sposto i capelli e le do un bacio in fronte. Le mie labbra le sfiorano ancora la fronte quando lei alza improvvisamente la testa.

E mi bacia.

Tiene le sue mani sulla mia nuca, sfiorandomi i capelli, in modo che non possa scappare. Non che non possa farlo, volendo. Volendo. In effetti vorrei. Vorrei staccarmi da lei, vorrei spiegazioni, vorrei non baciare una persona mentre quella che amo sta nella cabina accanto.

Ma non mi stacco.

Alla fine, termina lei il bacio. Allontana le sue labbra dalle mie e mi guarda negli occhi mentre io faccio lo stesso.

“Intendevo questo, quando ti ho detto che non sono cambiata affatto in un sacco di tempo”

. . .

Salve a tutti! Rieccomi dall'oltretomba con un nuovo capitolo di questa storia! Riconosco di essere stata molto assente, ma fra mancanza di ispirazione, fra mancanza di tempo non ho potuto continuarla. Avendo sempre molti compiti, non vi garantisco una regolarità nella continuazione della fic, ma spero di non perdere i miei lettori :) Vi ringrazio a tutti di cuore per leggere questa storia, spero vi stia piacendo! Mi farebbe piacere ricevere delle vostre recenzioni, ogni tanto, ma in ogni caso...buona lettura!:)

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Capitolo 8
*** Rimpianti ***


Okay, calma. Facciamo il quadro della situazione. Perché sono venuto qui dentro? Ah, si, non avevo sonno. Ma che razza di cretino. Non potevo stare tranquillo nella mia cabina a dormire, come tutte le persone normali?

Fisso ancora Paine, come pietrificato, che se ne sta sul letto in silenzio. Dai, parlami. Spiegami che cos’hai in quel cervello. Spiegami perché l’hai fatto. Perché mi hai baciato? Non che ritenga che sia una cosa grave. Figuriamoci se mi faccio intimorire da un bacetto. Ma c’è qualcosa che non quadra. Qualcosa che dovrei sapere, ma che mi manca. Ma cosa? 

“Ehm…Credo…credo di non capire bene di cosa stai parlando...”

“Non capisci? O non vuoi capire?” Ma che significa? Mi si sta fondendo il cervello...

“Il fatto è che sei un bastardo”

“Cosa?”

“Hai sentito. Sei un emerito bastardo. Perché sei riuscito a fare lo stesso errore per ben due volte. Con Rikku e con me.” Oddio. Ma è rincretinita tutta in una volta? O mi ha scambiato per qualcun altro?

“Senti, Paine, capisco che non hai avuto un passato felice, ma, detto con molta sincerità, a me non importa e non dovrebbe importare nemmeno a te. Il passato è passato. Dovresti imparare a non avere rimpianti, perché ormai quel che è fatto è fatto.” Mi guarda. Poi si mette a sedere sul letto, di fronte a me, a gambe incrociate.

“Tu non hai alcun rimpianto?” mi chiede con un tono di rimprovero.

“Uno gigantesco. Purtroppo io non ho ancora imparato a non averne. Per questo sono qui.”

“Tsk, sei ridicolo. Il classico ‘predica bene, razzola male’.”

“Ne sono pienamente consapevole. Ma di certo non sei la persona giusta per giudicarmi, non credi?” Mi guarda torvo.

“Sono curiosa...” si alza dal letto e comincia a passeggiare per la stanza. “Qual è il tuo rimpianto più grande? Aver abbandonato Rikku…o averla tradita?” Ma che...Ora comincio a scaldarmi. Come si permette di farsi i cazzi miei? Per di più è una gran bugiarda.

“Tradita? Ma stai scherzando, vero? Io non ho mai…”

 

“Un altro, per favore”

“Non ti sembra di esagerare?”

 

“Ah!” Che dolore alla testa! Mi doveva venire proprio ora un’emicrania? Ma porca puttana!

“Che c’è? Ti senti bene?” Chiede Paine. Non ne sono sicuro, ma mi sembra un pelino preoccupata.

“Si, si...” Mi comprimo la fronte con la mano per un po’, finché il dolore non diminuisce.

“Sicuro di stare bene?” domanda scettica.

“Si. Dicevo: io non ho mai tradito nessuno. Non so che cosa ti stia passando per la testa in questo periodo, ma, sul serio, fatti vedere da qualcuno perché non sei normale. Credo che tu soffra di disturbi che ti fanno scambiare una persona per un’altra” mi alzo e faccio per andarmene.

“Sappi che io non me lo scordo mai il passato. Che voglia o no, è sempre parte di me. A volte t’invidio, perché tu hai già dimenticato.” Queste parole mi bloccano davanti alla porta. O è solo testarda o è davvero malata. Mi volto verso di lei.

“Chi ti ha detto che io mi dimentico il passato?” Dico rassegnato alla sua testardaggine. Sentiamo che cos’è che vuole realmente da me.

“Ti ricordavi per caso che io ti amavo?”    …    “No, vero? Eppure io te l’ho anche detto”

Sono allibito. Non me la sarei mai aspettata una dichiarazione del genere. Mi amava e io non me lo ricordo. Ma il punto è proprio che era innamorata di me, quando io ho sempre pensato che amasse Baralai. Baralai...da quanto tempo non lo vedo...Si confidava sempre con me, questo lo ricordo. Mi ricordo che aveva un debole per Paine. Solo che io ho sempre voluto restare fuori dalle storie altrui. Mi definiscono un tipo menefreghista. Io direi di più ‘poco invadente’. Onestamente a me frega solo della mia vita. Voglio che sia perfetta. Eppure non lo è. Perché il mio cielo non ha mai smesso di tuonare.

“Perciò…ti riferivi a questo quando mi hai detto che non sei cambiata da un sacco di tempo…Tu…mi ami?” I miei pensieri giungono solo a questa conclusione.

“Diciamo che provo un’ attrazione fisica nei tuoi confronti. Amare è una parola grossa, adesso.” Orgogliosa, come sempre.

“Ma lo sai che non ci farai niente con me.” La guardo, serio.

“Quello che mi hai fatto mi ha dato così il voltastomaco che credo che non lo proverò un’altra volta. Tu sei disgustoso. Non capisco come faccio ad essere così stupida da essere attratta da un tipo come te.” Mi prendo pure gli insulti, ma di certo non passo sopra alla prima affermazione.

“Il voltastomaco? Ma sentila…Io non ho mai toccato la tua vita sentimentale, né conosco come sei realmente. Sei sempre stata riservata e io non sono venuto di certo a scavare nella tua vita. Che ti avrò mai fatto di così gr…AH!”

 

“Vieni”

“Dove?”

“Tu vieni”

“…Tu non stai bene. Va’ a casa.”

“E tu non dirmi quello che devo fare, chiaro?”

 

Di nuovo quel dannato trapano alla testa! Ma che cos’era? Io sto diventando pazzo! Sto impazzendo! Sento voci! Eppure Paine mi sta fissando in silenzio, io sono zitto…Che mi succede? Dannazione!! Perché la mia vita è così complicata?? Perché, perché mi succede questo?? Ok, ho sbagliato. Rikku, ho sbagliato. Ma non c’è bisogno che mi scagli maledizioni, cazzo!

“Gippal, che c’è??” Stavolta si avvicina a me, che sono seduto sul pavimento con la testa tra le mani.

“Senti...ne riparleremo un’altra volta, io…credo di non stare molto bene…” Mi alzo.

“D’accordo…” Paine continua a guardarmi con aria interrogativa. Apro la porta e dando un ultimo sguardo dentro, me la richiudo alle spalle.

Perché Paine ha sorriso?

Bah, sarà stata impressione mia. Io l’ho detto, sto diventando pazzo. Faccio un respiro profondo e mi dirigo verso camera mia.

 

“Gippal sei ubriaco!”

 

“Come?” Mi volto di scatto. Ma non c’è nessuno. Avrei giurato che fosse la voce di Paine. Ma che cos’ho? Ho delle voci in testa che mi rimbombano…e mi fa così male...Riprendo a camminare.

 

“Ehi!”

 

Mi volto di nuovo di scatto.  Nessuno.

 

“Dove mi stai portando?”

 

Basta, basta!

 

“Io ti amo”

 

NO! Non ne posso più! Mi sta scoppiando la testa!

 

“Gippal che staiuto Gippal?Non avresti dovuei un vermIO TI ODIO! Se contiuccido, chiae non farti vedere mai piResta ti precon me…”  “Basta!” “Devo andareNON VOGLIO! Gippal sicuro di quello che faaahti amoTI AMO!”  “Smettetela! Fate silenzio!”  “ti piacio voglio stare con te per semperchè mi fai questo?non voleVA’ ALL’INFERNO!ti va?”   “Basta! Andate via!!”  “non sei inriaco?Gippal perchun’altro, per favorare?sei già al settizzi tuoi! La mia camero 13ntra…riposa che non staeni…pprofittato di mea fammi il piacere! Tu seieiMUORI!

 

BASTAAAAAAAAAAA”

 

 

 

E cala il buio.

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Capitolo 9
*** Sparizione ***


Il soffitto giallo della cabina mi sovrasta. Apro gli occhi lentamente, risvegliandomi da quello che mi è sembrato essere un brutto sogno. La cabina è illuminata dai raggi del sole, segno che è già mattino. Sento qualcuno bussare alla porta.

“Rikku? Rikku, sei sveglia? Forza che è già tardi!”

Scendo dal letto e mi dirigo verso la porta, a petto nudo.

“Chi è che bussa in questo modo?” Apro. Dinanzi a me vedo una Yuna dapprima immobilizzata alla mia vista, poi alquanto imbarazzata.

“Ehm…ecco, io…scusa, è che...” cerca di farfugliare.

“Tranquilla, è tutto ok. Cerchi Rikku? Dovresti vedere nella sua cabina, non credi?” Mi guarda adesso con aria interrogativa.

“Ma…è questa la sua cabina...”

“No, questa…” Mi giro verso l’interno della stanza. Che è successo ai mobili?? Sono tutti diversi, e anche la loro disposizione non è quella che mi ricordo. Oh-oh.

Chiudo la porta di scatto, in faccia a Yuna, tanto che se fosse stata un passo più vicina alla soglia, le avrei rotto il naso. Questa non è la mia cabina. Questa è davvero la cabina di Rikku, santo cielo. Merda, ma che ci faccio io qua? Cerco la mia maglietta che vedo appoggiata allo schienale della sedia posta accanto alla finestra e le mie scarpe sotto di essa. Apro nuovamente la porta velocemente e vedo Yuna ancora lì davanti.

“E’ successo qualcosa?” chiede, vedendomi agitato.

“Dov’è Rikku?”

“Se non lo sai tu che sei nella sua cabina...” subentra la voce sarcastica di Paine.

“Piantala, Paine. Non sono stato con lei.” Le lancio uno sguardo torvo. Poi salgo in sala pilotaggio dove ancora Cid, Fratello e Compagno sono sonnecchianti, mentre Shinra è già vispo, per quanto il suo carattere possa permettergli di esserlo.

“Non siamo ancora in volo?” chiedo al capo.

“Figliuolo, noi aspettiamo solo voi!” mi dice irritato, come se gli avessi dato dello scansafatiche.

“Hai visto tua figlia?” Cerco di apparire il più tranquillo possibile

“Ah, quella poltrona! Starà ancora dormendo!”

Quello che non avrei voluto sentir dire.

“Bene…allora…vado a chiamarla” dico, e corro via con dietro lo sguardo accusatore di Fratello. Per la strada verso la sala macchine incontro Yuna.

“Non c’è né in sala macchine né su in coperta” mi dice cominciando ad essere anche lei preoccupata.

Fantastico. L’ho persa di nuovo. L’avevo finalmente accanto a me e me la sono lasciata scappare proprio sotto il naso. Si, si, sono una testa di cazzo, porca troia!

“Vabè, l’aeronave è posteggiata a Luka, non dev’essere andata lontano, se se ne fosse andata stanotte...” dice Yuna. Paine fa il suo arrivo alle sue spalle.

“Ha 17 anni, è già abbastanza grande senza che ci sia bisogno che qualcuno le stia con il fiato sul collo per tutto il tempo.” e guarda me “Se ha scelto di stare da sola, io rispetto la sua scelta. E dovreste farlo anche voi.” E si allontana. Io e Yuna rimaniamo a guardarla allontanarsi, allibiti.

“Ma tu guarda che razza di…Brava, si trattano così gli amici? Vipera!”

“Gippal, dai...In un certo senso, Paine ha ragione...Dopotutto è stata una scelta di Rikku, noi non dobbiamo obbligarla a fare niente...” Che cosa? Ma dico, non ci pensano che c’è in giro una macchina distruttiva pronta ad annientare tutto e tutti? Non ci pensano che è da sola? Ma non pensano? A che affare ce l’hanno quelle diamine di teste??

“Ma che cosa dici, anche tu ? C’è una ragazza, sola, in giro per Spira, che…Ah, lasciamo perdere!!” Sto cominciando ad infervorarmi! Sono davvero irritato, irritato! Che nervi, santo cielo! C’è un tumulto di neuroni nella mia testa...Faccio per andare in sala pilotaggio, quando Yuna mi rivolge la parola.

“Tu la ami, non è così?”

Mi fermo all’istante. Vorrei schiaffare anche a lei un bel “fatti i cazzi tuoi” ma non lo faccio. Yuna è una bravissima persona, che io stimo molto e rispetto. A lei non importa se io ami o no Rikku. Lei vuole solo aiutarmi. E questo lo apprezzo, davvero. Ma preferisco risolverle da solo le mie faccende. Mi volto verso di lei sospirando.

“Oh, io non volevo essere invadente, no, assolutamente, a me non importa, però…ecco...se magari avessi bisogno...” Che abbia interpretato il mio sospiro? E’ tenera. Le sorrido, sincero.

“Tranquilla, tranquilla, rilassati…Sei una tipa okay, tu, sai? Apprezzo il fatto che tu voglia aiutarmi, ma…credimi quando dico che non ne ho bisogno. Comunque, grazie, eh” Le scocco un occhiolino e salgo di nuovo in sala pilotaggio.

“Cid, senti…”

“Si, lo so, lo so...Abbiamo perso Rikku...Me l’ha riferito Paine...” Questa sua tale indifferenza non mi colpisce. E’ fatto così, sangue freddo in ogni situazione.

“I guai sono la sua passione...Scommetto che sei venuto a dirmi che andrai a cercarla!”

“Ehm...Si...”

“Tranquillo, avrai a disposizione l’aeronave quando vuoi”

“Ti ringrazio. Penso che per adesso comunque faccio un salto a Luka, già che ci sono. Sarà nei paraggi.”

“D’accordo. Per contattarci puoi usare le trasmisfere. Shinra le ha piantate su tutta Spira!”

“Allora scendo qua. Grazie di tutto, capo!”

“Di nulla! Anzi, già che ci sei, aggiornami sui risultati del blitzball! Deve essere già iniziata la stagione dei tornei! Quasi quasi, se le ragazze me lo consentiranno, faccio un salto allo stadio...”

“Ahah! D’accordo! Ci vediamo!”

Che simpaticone. Mi dirigo verso l’uscita a passo veloce, quando, non so come, mi ritrovo faccia a faccia con Fratello. Mi squadra, guardandomi disgustato.

“Dove vai?” Mi chiede brusco.

“A prendermi una boccata d’aria” dico, ironico. Lui fa una faccia scandalizzata, tanto che quasi mi viene da ridere.

“Vedi che io lo so dove stai andando!”

“Ehm…e allora?” Si, lo sto prendendo per il culo. Dai, come si può parlare seriamente con un tipo del genere? Basta guardarlo in faccia che vien subito da ridere!

“E allora ?! E allora non farlo! Non seguire Rikku! Lei non ti vuole, è inutile! E’ una causa persa, ritirati! Ri-ti-ra-ti!”. Sospiro. Mi avvicino a lui di più con aria di sfida e gli parlo piano.

“Io andrò a cercare Rikku e la troverò. E quando la troverò verrò qui. E quando tu ci rivedrai insieme e rosicherai, io godrò immensamente, e questo succederà, oh si...” Ora ha la bocca spalancata.

“Tu…Hai per giunta la faccia tosta di dire che tornerai insieme a lei??”

“Eeeeee…si!”

“TU…hai intenzione di ritornare insieme a Rikku??”

“Oh, anche di fare cose oscene con lei! Non mi limito solo a tornarci insieme!” Ahahaha! Si, ho voluto un po’ scherzare, ma non pensavo ci credesse davvero! Ha la bocca ancora più aperta di prima e mi guarda con gli occhi sbarrati. Smammo prima che possa riprendersi dallo stato di trance e scendo dall’aeronave ridendo. Quando ancora sono per la via appena davanti l’aeronave, sento urlare alle mie spalle.

“SAPPI CHE TI FARO’ PAGARE PER TUTTI I TORTI CHE LE HAI FATTO, STUPIDO MECCANICO!” impreca Fratello dall’aggeggio volante.

“D’accordo!” Gli faccio ciao-ciao con la mano sorridendo a mò di presa per il culo, e ritorno al mio obiettivo principale.

“E ora a noi due, piccola”

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Capitolo 10
*** Incontro inaspettato ***


Le vie sono trafficate. C’è un via vai di gente continuo in questa città. Da dove dovrei cominciare la ricerca? Mi guardo intorno. C’è gente entusiasta, forse per l’inizio della stagione del blitzball. Non credo che Rikku si trovi in mezzo a questa bolgia. Conoscendola, se ne sarà andata alla ricerca di qualche missione da svolgere per stare il più lontano possibile da me. Ma si, qualche sfera da cercare, qualche nemico da sconfiggere, qualche guaio da cui liberarsi, insomma.

A proposito di sfere…Aguzzo la vista e scorgo una figura familiare in lontananza. Sembra che stia imprecando. Mi viene da ridere quando la riconosco, l’ orgogliosa per eccellenza, eccetto alla presenza del vecchio caro Nooj. Lei, con i suoi scagnozzi sempre al seguito. Le Blanc. Mi faccio strada tra la folla e mi avvicino alle tre comiche figure velocemente, senza perderle di vista.

“Grrr, che rabbia, che rabbia!! E’ solo una mocciosa, come si permette a trattarmi così??”

“Signora, si calmi!”

“Taci, Ormi! Siete degli imbecilli! Ve la siete fatti scappare come niente, l’avevo in pugno!”

“Scusi!” dicono all’unisono i due scagnozzi chinando il capo.

“Uh, aria di tempesta, eh?” i tre alzano lo sguardo e mi vedono a braccia conserte e con un sorrisetto irritante.

“TU!” esclama lei. “Tu! Dovresti imparare a tenere a bada i tuoi animali domestici!”

“Di che parli?”

“Lo so che la conosci! È una di quei guastafeste dei Gabbiani! Tu sei amico loro! Perché non le consigli di smetterla di importunare gli altri??” I Gabbiani, i Gabbiani...

Il mio cervello si ferma un istante per ricordare dove ha sentito questo nome.

Poi mi sovviene in mente. Avevo sentito parlare di questo gruppo di cacciasfere…

Bingo. Cacciasfere.

“Chi era?” chiedo, apparendo il più indifferente possibile.

“Era la bionda, quella che un attimo vedi e un attimo dopo...sparisce! Mi ha rubato ben due sfere che avevo conquistato con tanta fatica! E per colpa di questi due imbecilli!”

“Scusi!” ripetono Ormi e Logos all’unisono.

“Scusi un corno! Per fortuna ho tanti altri dipendenti oltre voi due fannulloni!”

“Che intendono fare questi tuoi ‘dipendenti’?” chiedo cominciando a preoccuparmi. Sul volto di Le Blanc appare ora un sorriso maligno.

“Ovviamente combatteranno contro di lei e, dopo averla sconfitta, la cattureranno per me e mi farò restituire le sfere in ginocchio! Ahahah! E già che ci sono mi farò dare in prestito qualche sua collezione, giusto il tempo di battere una volta per tutte i Gabbiani! Ahahah! Sono troppo astuta!” No, tu sei pazza.

“Ah ah, davvero molto, molto astuta…” le dico in tono ironico.

“Prendi in giro, ragazzo?”

“Senti Lebby, tu stessa hai detto che quella ragazza è troppo veloce per voi...Non sapete nemmeno dov’è adesso!” Forza, dimmi dov’è...

“Ti sbagli! Poco fa uno dei miei mi ha contattato dalla mia meravigliosa reggia a Guadosalam e mi ha avvertito che quella mocciosa è passata di la a bordo di un automa. Ohohoh! Se la sarà davvero vista brutta! S’è infilata da sola nella tana dell’avversario, che sciocca!” Merda, ma in che guai si va a cacciare? È sciocca davvero!

“Oh, scusami, cara, ma ètardi ed io devo proprio andare…Ci vediamo!” Dico. “Ah, e salutami Nooj!”

“Oh, l’amore mio…Ma certo! Bye bye!” E già, quando sente il nome del suo amato sembra che entri in un altro mondo completamente.

Okay, adesso comincia la gara. Devo assolutamente raggiungere quella stupida di Rikku prima che gli scagnozzi di Le Blanc la mettano davvero in ginocchio.

Comincio a correre in direzione dell’aeronave che se ne sta ancora posteggiata nel grande spiazzale poco distante dal teatro di Luka. La grande portiera si apre dinanzi a me e mi ritrovo di nuovo nella sala pilotaggio. Cid sgrana gli occhi.

“Dimenticato qualcosa?”

“Portami a Guadosalam” dico in fretta.

“Uh, vedo che hai trovato qualche indizio…e in ben 13 minuti! Sei davvero in gamba!” Si, si ok. Portami a Guadosalam, cacchio!

Compagno si volta verso di me.“Ma Yuna e Paine sono anche loro scese poco fa qui a Luka. Non credi che dovremmo…”

“Aspettarle?” Lo guardo torvo. “Scusa, Compagno, ma non ho davvero tempo da perdere. Devo andare a Guadosalam. Ora.”

L’aeronave decolla con un forte rombo. Mi sembra una ricerca infinita. Quella ragazza è imprevedibile, a volte non so come comportarmi. Come posso mai proteggere una cosa che si volatilizza dalle mie mani? Proteggere, si…perché Rikku a volte è troppo ingenua per affrontare da sola certe situazioni. E io la amo troppo per poter permettere che affronti da sola certe situazioni. Mi sembra tutto una favola: la principessa persa da sola nel bosco incantato e il principe azzurro che la trae in salvo. Solo che in questo caso ci sono differenze sostanziali con la favola: la principessa scappa dal suo principe azzurro e sembra che il principe azzurro non sia destinato ad un lieto fine. Peggio per lui. È lui stesso che scrive la favola...

“Preparati, Gippal. Stiamo per atterrare”

Compagno mi riporta alla realtà. L’impazienza si fa sentire sempre di più. Non capisco solo perché Yuna e Paine sono scese a Luka. Sperano forse di trovare delle sfere in una città così trafficata? O si sono forse messe anche loro alla ricerca di Rikku? A giudicare da quanto detto da Paine, non credo. A meno che la bontà di Yuna non l’abbia persuasa e convinta ad aiutare lei nelle ricerche. In quel caso io devo essere abbastanza celere da trovare Rikku non solo prima degli scagnozzi di Le Blanc, ma anche prima delle sue stesse amiche.

Un gioco da ragazzi.

L’aeronave è appena atterrata sulla via di fronte l’entrata della città di Guadosalam. Il portellone si apre ed io mi avvio fuori dall’aeronave. Quando sono a terra, mi sfiora il vento provocato dal decollare della macchina che si allontana rumorosamente. Io, invece, mi addentro cautamente nella città.

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Capitolo 11
*** Ricercati ***


All’interno, la città appare come una grande stanza incavata all’interno di un tronco di un albero. Davvero, da’ questa impressione. C’è un’atmosfera strana. La trovo quasi inquietante. Forse perché sono consapevole che è da qui che si accede all’Oltremondo. Ma comunque lo stile di vita dei Guado non mi è mai piaciuto: troppo cauti, troppo silenti, troppo freddi. Ora come ora, però, non ci sono solo Guado a girare per le vie qui intorno. C’è in generale un movimento che di solito non si direbbe da gente tranquilla come loro. E infatti, più tardi mi rendo conto che non sono loro a provocare questa agitazione: gli scagnozzi di Le Blanc entrano ed escono dalla sua dimora al centro della città freneticamente. Due uomini che indossano una tuta verde militare e una maschera che gli copre il volto, stanno di guardia dinanzi il grande e ornato portone. Altri di loro –sono tutti uguali, come faranno a riconoscersi?- vanno in giro per le vie, altri stanno a guardia di altre piccole porte. Ci sono anche donne fra di loro: vestite con una tuta aderente che mette in risalto le forme, rossa con un cuore stampato sul petto e sul velo della maschera che portano. Vedo due Guado lungo la via e decido di avvicinarmi a loro.

“Scusate” dico, garbato. I due si voltano verso di me. Sono un  uomo e una donna, giovani, penso sulla trentina d’anni. Non so distinguere la loro età tanto facilmente. “Sapete dirmi che cos’è questo trambusto?”

“Uh, davvero una seccatura!” dice la donna. “Pare che abbiano fatto un torto alla residente nella casa centrale e adesso ci rimettiamo anche noi!”

“Già,” s’intromette l’uomo, “gli scagnozzi di Le Blanc stanno mettendo a soqquadro l’intera città, ma non credo che ne caveranno un ragno dal buco. E oltre questo, dobbiamo sopportare la loro invadenza anche nelle nostre case!”

“Nelle vostre case? Che significa?”

“Significa che finché non troveranno il malfattore, staranno in continua vigilanza anche nelle nostre dimore!” Davvero Le Blanc si spinge a tanto? Quella donna è pazza.

“E’ davvero assurdo” afferma la donna. “non abbiamo più un po’ di privacy nemmeno fra di noi. E poi, lasciami sfogare, ma sono davvero stupidi! Non credo proprio che il malfattore sapendo di essere ricercato rimanda qui a Guadosalam!” Ah, ehm, su Rikku non scommetterei proprio...

“Ad essere sincero, io credo che ormai, questo malfattore sia arrivato al bosco. Ho saputo che era a bordo di un automa e non ci vuole molto ad attraversare la Piana dei Lampi costeggiando le torri parafulmini.” L’uomo mi indica l’accesso alla Piana, proprio alle nostre spalle. “Qualche scagnozzo più furbo si sarà reso conto che un uomo su di un automa non sia invisibile o che non si possa nascondere in delle piccole case come le nostre. Cercherebbe un posto adatto per nascondersi, e quale posto migliore della Piana dei Lampi, dove nessuno cercherebbe mai, o del bosco di Macalania, dove ci si perde facilmente tra i fitti alberi?” Acuta osservazione. E dato che Rikku ha una fifa matta dei fulmini, a meno che non sia completamente cambiata negli ultimi due anni, io opterei sicuramente per il bosco.

“Vi ringrazio” dico “Siete stati molto gentili. Se dovessi vedere qualcuno sospetto, verrò qui e avvertirò immediatamente. Almeno vi togliete dai piedi quegli uomini mascherati!” Bè, almeno mi fingo interessato alla loro condizione.

“Oh, grazie, ragazzo” dice cordiale la donna. “Arrivederci!”

 

Impossibile atterrare con l’aeronave direttamente al bosco: poco spazio. Alla piana dei Lampi dubito che l’aeronave ne uscirebbe senza qualche danno, date le costanti condizioni meteorologiche del luogo. Per non attraversare a piedi la Piana, l’unica cosa da fare sarebbe atterrare a Bevelle e poi da lì fare marcia verso Sud e raggiungere il bosco. Spero solo che i neoyevoniti  non  si infastidiscano. Nel qual caso, parlerò con il loro capo. Sono certo che Baralai capirà.

“Gippal, ci siamo” mi informa Cid.

Ok. Scendo dell’aeronave nel lungo corridoio che sfocia alla piazza di Bevelle. Mi guardo intorno. In fondo alla via vedo delle figure strambe, le stesse che ho visto a Guadosalam. Non posso crederci. Vedo anche qui scagnozzi di Le Blanc all’opera! Non posso credere che Baralai li lasci fare senza dirgli niente. Di sicuro c’è qualcosa che non va’. Faccio per andare in direzione del tempio con l’intenzione di vedere il mio vecchio amico e di chiedergli perché permette agli scagnozzi di Leb di rimanere in una città da loro ritenuta sacra, ma mi blocco. Non è questo il mio obiettivo. Sono qui per un’altra cosa. Mi giro verso l’uscita della città, ma la mia strada viene bloccata da un uomo e una donna, entrambi mascherati e con le loro tipiche uniformi. Non sopporto non poter guardare negli occhi qualcuno, e questi due mi stanno già dando sui nervi.

“Permesso…” dico gentilmente facendo mezzo passo avanti. La figura con l’uniforme rossa mi barra la strada puntandomi un pugnale contro.

“Ti sembra forse che siamo stupidi?” dice con la sua voce acuta. “Abbiamo riconosciuto l’aggeggio da cui sei sceso. Era la Celsus, la stessa macchina che ospita la nostra ricercata. Sappiamo che la conosci, quella mocciosa dei Gabbiani, e ci condurrai da lei senza troppe storie” Mh, per essere una donna, ha abbastanza fegato e direi anche faccia tosta, nonostante il suo volto sia nascosto. L’amico accanto ringhiò annuendo.

“Senta, signorina, avrei una certa fretta…” cerco di tagliare corto, ma strozzo le mie parole in gola quando mi punta il pugnale contro la gola così vicino che sento il freddo della lama affilata sulla pelle. Per niente impaurito, alzo gli occhi al cielo, sospirando annoiato.

“Lo sai che le persone che non si fanno vedere in faccia mi danno sui nervi?” l’uomo e la donna si scambiano un’occhiata veloce, o almeno così mi è sembrato dal movimento lieve delle loro teste. Velocemente, lancio una gomitata al braccio della donna, allontanando il pugnale dalla mia gola, e do un calcio all’arma che vola lontano qualche metro alla mia sinistra. Se proprio vi va di combattere, combattiamo ad armi pari, signori. L’uomo, di stazza media, ma con un ringhio che fa paura, si avventa su di me correndo. Prima che possa arrivare a me lo guardo con aria divertita. Poi, al momento giusto, mi sposto di poco verso destra, accanto alla donna, lasciando giusto lo spazio all’uomo per avventarsi contro l’aria e di cadere a terra scivolando per buona parte della strada. Rido di gusto, mentre la donna accanto a me rimane immobile. Immagino che sia imbarazzata per il suo amico, ma ripresasi, mi scaglia un pugno che riesco a bloccare prima che mi colpisca. Potrei anche stenderla per liberarmi di questa seccatura che mi sta solo facendo perdere tempo, ma dietro di me sento avvicinarsi i soccorsi. Eh, no, dieci contro uno non ci sto. Prendo la donna per i polsi e la butto a terra con tutta la forza. Poi scappo verso l’uscita della città.

 

 

 

Salve ragazzi, scusate il ritardo ma purtroppo ho problemi di linea e quindi non ho potuto pubblicare i capitoli. Eccovi qui l'undicesimo. Un grazie particolare a Scricciola che segue pazientemente questa storia ^^ ciao!

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Capitolo 12
*** Profumo ***


Corro il più veloce possibile attraverso i fitti alberi del bosco di Macalania. Adesso ci sono due ricercati anziché uno. Le Blanc si dovrà dare un bel da fare per trovarci qui in mezzo. E’ stata una fortuna che abbia raggiunto il bosco appena in tempo per disperdermi fra la natura azzurra del luogo. I miei inseguitori dovranno per forza dividersi per cercarmi e ad uno ad uno posso sicuramente batterli. Comincio a rallentare fino a trasformare la mia corsa in una passeggiata. Ancora con il fiatone, mi aggiro fra gli alberi. Dopotutto sono anche io un inseguitore, no? E la mia preda sarà qui da qualche parte. A meno che non l’abbiano già trovata le guardie di Le Blanc. Effettivamente, attirare qui quel mucchio di uomini non è stata del tutto una buona idea. Se io posso batterli ad uno ad uno e, perché no, anche a due alla volta, non è detto che Rikku possa cavarsela allo stesso modo. Devo assolutamente trovarla. Solo che…la stanchezza comincia a farsi sentire e le gambe a cedermi. Ah, che pappamolle che sei, Gippal. Non ti puoi fermare proprio adesso o sei fritto. Ma quanto ho corso? Il cuore sembra impazzito e grondo di sudore. C’è un caldo terribile. Mi tolgo la maglietta e la lego alla vita mentre continuo ad andare avanti, non so per quale strada. Sembro un vagabondo senza meta. In effetti che meta ho? Sto solo cercando un qualcosa che sembra introvabile. Alzo lo sguardo verso il cielo, ma non lo vedo. È coperto da migliaia e migliaia di foglie tanto che sembra che in questo posto ci sia sempre e solo la notte. Vado verso l’albero più vicino e ne tasto con le mani la corteccia dure e spessa. Mi basterebbe solo un appiglio per arrivare al ramo più basso. Continuo ad esaminare il grosso tronco finché riesco ad arrampicarmi e a salire ramo per ramo. E’ un albero altissimo, ci metto un po’ per raggiungere la cima. Quando finalmente ci riesco, scosto un po’ le foglie che mi infastidiscono e lo vedo, il cielo. E’coperto da qualche nuvola qua e là e l’aria è fresca. Riduco gli occhi a una fessura perché non sono abituato alla luce dopo essere stato nel bosco buio. È ancora mattino, ma il sole è nascosto dietro ad una nuvola più grande che sembra voglia imporsi in tutto il cielo. Il mio sguardo cade al di là di qualche albero. Che panorama...da quassù riesco a vedere il lago. E non solo. Nonostante la lontananza riesco a distinguere da qua che quelle figure che si muovono freneticamente sono le guardie di Le Blanc. E io non ho ancora trovato Rikku. Mah, probabilmente sarà andata via da qui, vedendo tutta questa gente venuta a cercarla. Anche se probabilmente stanno cercando me. Che seccatura…

Scendo dall’albero piano. Quando tocco terra finalmente, alzo lo sguardo dritto davanti a me.

Sincero, quasi mi è venuto un colpo a vedere una donna con una tuta aderente rossa con un cuore disegnato all’altezza del seno e, ovviamente, una maschera dello stesso colore della tuta. Le forme non sono niente male e da lì ho capito che non si tratta della stessa donna contro cui ho combattuto a Bevelle. Beh, d’altronde hanno la maschera, quindi l’unico modo per riconoscerle è guardarle attentamente il corpo, no? D’altronde…io sono un maschio, no?

Inizia lei per prima. Tenta di scagliarmi un pugno in piena faccia, ma io mi scanso, per un pelo. Devo dire che questa tizia è davvero veloce. Comincio a colpire con gli avambracci tutti i suoi pugni, a difesa della faccia, ma mi prende in contropiede con un calcio ad un ginocchio. Cado per terra e non ho nemmeno il tempo di rialzarmi perché mi scaglia un forte calcio anche allo stomaco. Rimango così, rannicchiato su me stesso stringendomi la pancia. Si, mi ha fatto male, ma non eccessivamente da non permettermi di rialzarmi. Rimango ugualmente nella mia posizione, facendo credere di essere stato messo KO. Lei poggia un piede sul mio fianco e mi spinge mettendomi in posizione supina. Poi, come se il combattimento fosse finito, arretra lentamente, forse con l’intenzione di andare a chiamare qualche altro dei suoi per prendermi e portarmi con loro. Non appena si trova alla portata dei miei piedi, però, con un movimento repentino delle gambe le blocco una caviglia e la tiro verso di me, facendo cadere la donna con la faccia a terra. Ancora più velocemente, le impedisco l’uso delle gambe sedendomici sopra e le blocco i polsi tirandole le braccia dietro la sua schiena e tenendole strette nella morsa delle mie. Adesso non può davvero muoversi. Cerca di dimenarsi, ma quello che riesce a fare sono solo dei movimenti impercettibili. Rido compiaciuto.

“Non mi andava di rovinare questo bel corpicino...L’unico modo per metterti KO senza colpirti era bloccarti in questo modo. Spero tu abbia apprezzato il mio gesto!” Rido di nuovo. Lei sbuffa arrabbiata. “Bè? Non dici niente? Un grazie sarebbe più che sufficiente...E assicurami anche che mi lascerete in pace per un po’. Sai, non mi va di avere scagnozzi di Le Blanc sempre alle costole. Inoltre vi chiedo anche di sospendere qualsiasi ricerca state facendo, d’accordo? Posso contare su di te?”. Lei non mi risponde, continua sono a dimenarsi. “Sappi che finché non mi rispondi non ti lascerò andare, cara”. Dato che continuo a non avere risposta, le stringo ancora più forte le braccia dietro la schiena con uno strattone violento. Lei geme, ma resiste. Non male. “Non mi piace parlare da solo” dico “e non mi piace nemmeno parlare con una maschera”. La sento dimenarsi sotto di me ancora più di prima. Ma non le do molto conto. Piuttosto le tengo bloccate le braccia stringendole nel mio gomito, mentre con la mano libera le sfilo la maschera scoprendo una chioma dorata. Sì, dei capelli perfettamente biondi, lisci, che odorano di un profumo che io conosco anche troppo bene.

Rimango di sasso. Anche se non la vedo in faccia, so perfettamente chi è. Riconoscerei il suo profumo ovunque.

“ …Rikku?” riesco solo a dire. Ho la gola secca, la lingua attaccata al palato, non riesco a dire una parola senza che mi si mozzi il fiato in gola. La sorpresa mi ha letteralmente immobilizzato, corpo e mente. Cerco di riprendermi, non posso permettermi di farmela scappare proprio adesso. Lei ha smesso di dimenarsi non appena le ho tolto la maschera, arresa. Rimaniamo per qualche secondo in silenzio, immobili. Poi lei fa un sospiro.

“Per quanto tempo hai intenzione di lasciarmi bloccata in questa posizione?” chiede. Io sono ancora mezzo intontito, ma ora sono capace di sostenere un dialogo con lei. Credo.

“A dire il vero, ancora per un po’”. Almeno mi deve spiegare che ci fa vestita così, no? Con un movimento veloce la giro in posizione supina, in modo da poterla vedere in volto, mentre io rimango sopra di lei a bloccarle le gambe e le braccia. Solo che, non appena la guardo dritto negli occhi, sono invaso violentemente da delle scene del passato che avevo del tutto dimenticato.

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Capitolo 13
*** Ricordi ***


“Gippal, ci sei?” Quella voce soave che mi faceva sempre sentire bene.

“Si, sono nella mia camera. Sali, Rikku” Ah, già. La mia camera della mia casa a Luka. Rikku veniva spesso a trovarmi. E altrettanto spesso andavo io da lei. Mi trovò seduto sul letto con un espressione tutt’altro che felice. E Rikku se ne accorse.

“Ehi, ti senti bene? Qual è il problema?” Si sedette sul letto accanto a me e mi diede un bacio sulla guancia. “Andata male al lavoro?” chiese. Poi sorrise. “Tranquillo, lo so che tu sei un fenomeno. Qualunque cosa sia successa, non c’è niente che non puoi sistemare!” Mi diede una pacca sulla spalla, ma vedendo che io non cambiavo espressione, ritornò seria. “Ehi, amore…cosa c’è che non va?” Si spostò a sedersi sul pavimento di fronte a me. “Sai che puoi parlarmi di qualunque cosa, non c’è bisogno che te lo ripeta.  Sei stanco di fare il pendolare da qui a Djose ogni giorno, vero? Ti capisco, però stai tranquillo. D’altronde ti è sempre piaciuto fare il meccanico, è una cosa che fai volentieri, no? E quando passerai al grado di ‘capo’ avrai un mucchio di soddisfazioni ogni giorno! E poi quando non sei…”

“Mi trasferisco.” 

Silenzio. Rikku sgranò gli occhi. Fece non so che tipo di calcolo a mente per farle ritornare il sorriso.

“E’ questo il problema? Ovunque tu vada io verrò con te, e lo sai. Papy capirà. Tesoro, devi solo stare tranquillo, chiaro?” Più faceva così, più mi faceva male. Volevo solo farmi odiare, perché lei non soffrisse di quella mia scelta.

“No, tu non puoi venire.” Lei si fece di nuovo seria.

“Perché non potrei?” chiese con una punta di irritazione.

“Perché io non voglio” E uno. Un passo avanti per arrivare a spezzarle il cuore.

“Cosa?” sgranò gli occhi.

“Non voglio che vieni con me”

“E perché mai?”

“Ho una missione alquanto pericolosa da svolgere e non ho intenzione di coinvolgerti” A queste parole tirò un sospiro di sollievo e di addolcì di nuovo.

“Qualunque cosa sia, non sarà abbastanza pericolosa per me!” disse col sorriso sul volto.

Ho detto no” E due. Un altro passo avanti per spezzarle il cuore.

“Ma…Gippal, dai…Di certo non permetterò che tu faccia un qualcosa di pericoloso. Io voglio stare con te, per sempre. Quindi o vengo con te, o non ti permetterò di andare. Che missione è?”  Ci avvicinavamo al terzo passo. Non volevo rivelarle la mia missione. Però lo feci.

“Formeremo un esercito di Automi e li guideremo contro…” presi un bel respiro prima di pronunciare quel nome. “… Vegnagun. Tenteremo di mettere fine all’angoscia di tutti.”  Non trovo parole per descrivere l’espressione di Rikku nell’istante in cui pronunciai quelle parole.

“Tentare? TENTARE? Hai idea del significato di questa parola? Cosa succede se fallite??” Non le risposi. I suoi occhi divennero lucidi, ma trattenne le lacrime. Non le piaceva piangere davanti a qualcuno. Non lo faceva mai. Ecco il terzo passo in più per arrivare a spezzarle il cuore.

“Gippal, mi sembra ovvio che io non ti lascerò andare” La guardai intensamente.

“Rikku, è inutile. Non mi fermi”. Mi guardò negli occhi.

“Se mi ami, resta.”  Questo trucchetto lo usava spesso e quando lo usava l’aveva sempre vinta lei.

“Finiscila, devo andare.”  Quattro. Sgranò di nuovo gli occhi, incredula.

“Gippal, tu…mi ami, vero?”  Non le risposi nemmeno in quel momento. Mi alzai dal letto e uscii dalla camera. Mi voltai solo una volta e vidi Rikku immobile nella posizione in cui l’avevo lasciata prima. Sembrava una statua. Guardava nel punto in cui prima ero seduto. Sospirai. La guardai per un’ ultima volta per poi uscire di casa, senza una parola.  Ero ancora davanti casa mia, quando sentii aprire la porta alle mie spalle e due braccia che mi cinsero la vita.

“Non andare, ti prego! Io ti amo! Capito? TI AMO! Ti prego, non andare! Resta con me…resta con me, ti prego…”  Usai tutta la forza che mi rimaneva per pronunciale le ultime parole.

“Rikku, lasciami in pace!” E a quel punto scoppiò in lacrime. Ci vogliono cinque passi per spezzare il cuore ad una persona. E io li percorsi tutti, quella sera. La lasciai davanti la porta di casa mia, mentre io mi allontanai diretto per non so dove. Comunque non volevo vederla. Non in quello stato. Non per colpa mia.

Le strade di Luka erano trafficate, nonostante quella sera facesse molto freddo. Ogni negozio, ogni pub, ogni angolo della città pullulava di vita. Passeggiavo con sguardo vuoto, poco attento su dove stessi andando. Le insegne luminose scorrevano man mano andavo avanti. Avevo bisogno di sfogarmi. Avevo bisogno di dimenticare. Perché inseguire un obiettivo era sempre così difficile? Perché si doveva rinunciare per forza a qualcosa? Quella mia scelta distrusse anche me, quella sera. Ma sentivo che era quella giusta. Dovevo, volevo eliminare il male che come un’ombra insegue Spira da millenni.  Fare del male ad una persona per aiutarne cento. Anzi, a due persone.

Le gambe mi portarono dinanzi l’insegna luminosa di un locale. Era il pub di un hotel e già dall’esterno si sentiva che dentro c’era un inferno: si sentivano lo sghignazzare e il parlare di uomini burberi e risatine e grida giocose di donne ubriache. Sembrava il ritrovo di barboni e donne facili, per dirla pulita. Ma non mancavano persone giuste, ma disperate. Non quando entrai io, perlomeno. Mi addentrai fra la bolgia e mi diressi quasi meccanicamente verso uno sgabello libero davanti al bancone e ordinai un cocktail qualsiasi. Diedi la scelta al barista, raccomandandogli che fosse bello forte. Cominciai a bere e mi piacque così tanto che ne ordinai un altro, e poi un altro e un altro ancora.

“Ciao, Gippal” Una voce femminile familiare.

“Paine” dissi, come saluto.

“E’ insolito vederti qui” Si  sedette sullo sgabello accanto al mio.

“Già” dissi solo.  

“Come va?”  Mi chiesi perché la gente ha sempre voglia di rompere le palle nei momenti meno opportuni…

“Una meraviglia, grazie”  dissi sarcastico e finii di bere il quarto bicchiere, se bicchiere si poteva chiamare quella roba gigantesca. “Un altro, per favore” dissi al barista ad alta voce, per sovrastare quelle squillanti di quel centinaio di persone che c’erano ai tavoli alle mie spalle e quella della cantante alla radio che sembrava stesse avendo un orgasmo più che cantando una canzone. Immaginai che era quel genere di canzoni che si addicevano ad un pub e ad un pugno di ubriaconi disperati.

“Non ti sembra di esagerare?” chiese Paine, ma non era preoccupata. Cominciò a preoccuparsi due boccali più avanti, dopo che smise di credere che ero capace di reggere a tutti quelli che stavo ordinando.

“Gippal, sei già al settimo!” disse lei, quasi disgustata.

“Vuoi assaggiare?”  Le porsi il boccale. Lei mi guardò e forse acconsentì solo per togliermi il boccale di mano. Ma quando stava per prenderlo, me lo riportai alla bocca e bevvi un'altra sorsata.

“Ehi, avevo detto di si!”  Non badai troppo a lei. Abbassai il boccale e avvicinai veemente le mie labbra a quelle di Paine. Le schiusi e feci passare il cocktail dalla mia bocca alla sua. Mi allontanai da lei ghignando.

“Se t’è piaciuto ne ordino uno anche per te” dissi. Ormai non ero più in me, ma forse ero convinto del contrario. Mai avevo visto Paine scossa. Per la prima volta vidi vacillare quella ragazza forte e imperturbabile che conoscevo. Poi mi alzai.

“Vieni” le dissi porgendole la mano.

“Dove?” mi chiese, un po’ impaurita dal mio comportamento.

“Tu vieni” incitai.

“Gippal, sei ubriaco!”

“Non sono ubriaco” ne ero proprio convinto.

“Gippal…tu non stai bene…dovresti tornare a casa e…”

“Prova ancora a dirmi quello che devo fare e ti uccido.” Paine sbuffò, per niente intimidita. Certo che era strana: si faceva intimidire da un bacio, ma le minacce non la toccavano minimamente.

“Allora vuoi venire con me o no?”  insistetti. Lei mi guardò per un attimo, poi tornò a fissare la bottiglia di vodka riposta in uno scaffale al di là del bancone.

“Si” disse, cercando di dare l’impressione di disinteressamento. Ma lo sapevo che era sincera. Finii di bere la mia bibita e presi una camera per la notte, mettendo in tasca la chiave della stanza 013 .

“Ti sei deciso ad andare a dormire, eh”  disse con un mezzo sorriso. Io mi alzai dallo sgabello e per un momento vidi muoversi le bottiglie sullo scaffale, lo scaffale stesso, il bancone. Tutta la sala stava ruotando. Barcollai e mi tenni stretto al bancone per evitare di cadere per terra.

“Santo cielo…” sussurrò Paine. Mi prese per un braccio e si diresse con me – barcollante – alla scalinata che conduceva al piano superiore, dove c’erano le stanze. Rischiai di rovinare giù per le scale più di una volta, ma alla fine riuscii ad arrivare sano e salvo dinanzi alla porta 022. Le orecchie cominciarono a riposarsi, una volta affievolito il gracchiare delle voci del piano inferiore. Solo la musica era un po’ troppo forte.

“Chiave” disse lei porgendomi un palmo aperto. La guardai ghignando, infilai la mano in tasca e estrassi la chiave che adagiai sulla sua mano, sempre senza staccarle gli occhi di dosso. Aprì la porta ed entrammo. Dopo che la porta si richiuse alle mie spalle, anche la musica cessò.

“E adesso vedi di riprenderti, non hai una bella cera” disse, mentre posava la chiave sul comodino accanto al letto.  “Hai davvero esagerato, oggi, con i cocktail. Riposati.”  Andò verso la porta, l’aprì. Forse voleva davvero andarsene, ma io la richiusi e fissai Paine negli occhi.

“Era proprio qui che desideravo che tu venissi” dissi, ghignando. Le presi il volto con la mani e la baciai violentemente. Non so che cosa avevo per la testa in quel momento. Però lo ricordai, ricordai benissimo che, non so in quale angolo del mio cervello, avevo impressa davanti a me l’immagine di una ragazza bionda, sorridente, desiderosa, come lo ero io di farla mia, lì in quel momento. Ma la realtà era un’altra: la ragazza desiderosa c’era, ma non era Rikku.

E io non lo sapevo.   

Spinsi Paine verso il letto e cademmo sulle bianche lenzuola. Continuai a baciarle le labbra, il collo, l’orecchio anche mentre la privavo dei vestiti. E ad un certo punto vidi anche i miei vestiti in un angolo lontano dal letto, dal mio corpo.

“Mi ami?” mi interruppe lei. Io le sorrisi, dolce.

“Certo che ti amo” ovviamente “Rikku” era sottinteso. Certo che amavo Rikku. Certo che la volevo, la desideravo, certo, certo che era più importante della mia stessa vita, per me.

E così ci perdemmo in un sogno ambito da tanto.

 

Non so quanto tempo trascorse. Tuttavia, dopo quel lasso di tempo che non so ben definire, accadde la cosa più spiacevole che potesse mai essere capitata nella mia vita. Quel sogno in cui io credevo di essermi perso, in realtà era un incubo. Tutta la mia vita, tutti i miei sogni, tutto, tutto si sgonfiò in quel momento. La ragione stava già cominciando a ritornare, anche se la sbronza non era del tutto passata. Ma era passata quanto bastava perché mi rendessi conto che la ragazza che avevo creduto fosse quella per cui avevo perso la testa parecchi mesi addietro, in realtà non era la stessa che dormicchiava sotto le coperte accanto a me quel giorno (o quella notte). Ma il vero momento in cui mi sentii crollare il mondo addosso fu quando mi voltai verso la porta.

Rikku era lì.

Immobile, braccia conserte, appoggiata con una spalla alla porta, mi guardava con quegli occhi accusatori, infuriati, pieni di dolore e lacrime. E fu lì che io credetti di stare ancora dormendo. Non potevo credere che era tutto realtà, sarebbe stato troppo per me. Provai ad aprire gli occhi, ma non ci riuscii perché erano già aperti, sbarrati. Quando finalmente collegai che tutto quello che stavo vivendo faceva parte di una crudele realtà, attesi. Attesi che qualcosa mi colpisse, un fulmine, una scarica elettrica, che potesse incenerirmi sul momento. Attesi che un qualunque dio avesse pietà di me e mi portasse con lui all’inferno, purché io non restassi in quella stanza un secondo in più. Dio non poteva essere così crudele da farmi rimanere li senza che morissi all’istante.

E invece appurai che lo era. Rimasi pietrificato, immobile, muto, ma il cuore non cessava di battere.

“Era per…questo che tu mi hai lasciata.”  Le sue parole mi trafissero il petto. Provai il dolore peggiore che un essere umano possa mai provare. Ma nemmeno quella volta morii. Avrei voluto difendermi, dirle che io…io…che cosa? Dirle che cosa?? “Oh, scusa, l’avevo scambiata per te”? I fatti dicevano tutto e non avevo modo di giustificarmi. Nemmeno il fatto che ero ubriaco era una giustificazione. Avevo sbagliato. Punto.  Boccheggiai qualcosa, ma non uscì alcun suono dalla gola.

“Come ho potuto essere così cieca?? Sono un’idiota!” sgorgarono altre lacrime. “In tutto questo tempo tu…non hai fatto altro che ingannarmi…”

“No” mi uscì, all’improvviso. Anche lei fu stupita di sentirmi parlare. Mi guardò per un momento, disgustata di me. “Tu sei…tutta la mia vita. Non ti ho mai ingannata, sono sempre stato sincero con te, potessi andare all’inferno se non lo fossi” sperai di andarci davvero, tutto sarebbe stato meglio di stare a vedere il viso indignato in lacrime della ragazza della mia vita.

“Gippal, stai zitto! Devi solo stare zitto!!” urlò tappandosi le orecchie. Scoppiò in singhiozzi. Eccome se mi ammutolì. Lei mi guardò di nuovo, sprezzante. Ma non riuscì a trattenersi. Venne verso di me a passo svelto, portò il gomito indietro e mi scagliò un potente pugno in piena faccia. Sbattei la testa sul muro dietro di me con un rumore sordo. Ah, finalmente. Finalmente arrivò questo colpo tanto atteso. Sperai in un trauma cranico, in un qualcosa che comunque mi avrebbe rinchiuso in ospedale per il resto della mia misera vita. Sentii la testa in fiamme. Non potevo sperare in un dolore più forte. Ma il mio istinto di sopravvivenza mi imponeva di non cedere.

“Muori, bastardo, MUORI!” Magari. La testa continuava bruciare. Infine sentii dei passi veloci allontanarsi sempre di più e capii che Rikku se n’era andata. Forse per sempre. Chiusi gli occhi. Sentivo il sapore del sangue in bocca, lo sentivo scorrere fra i miei capelli, sulla fronte. Sospirai. Improvvisamente sentii un fruscio di lenzuola accanto a me.

“Eri ubriaco e io mi sono illusa. Non t’importa se io ti amo, tu vuoi lei. Tutto quello che è successo ieri è stato solo un grosso errore per te, vero?”  Paine non dormiva dall’inizio. Aveva sentito tutto. Meglio così. Mi occorse un po’ di tempo prima di recepire la domanda, ma risposi sicuro di me.

“Già” dissi.

E finalmente caddi in quel sonno profondo tanto atteso.

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Capitolo 14
*** Rivelazioni ***


Che colpo. Non riesco a crederci. Ancora mi sembra che io abbia immaginato tutto, nella mia pazzia. Cos’era quello che ho sentito? Cos’era quell’incubo orribile? La risposta mi arriva quasi subito: la mia vita. Quella è la mia vita. O almeno, una parte. Giusto quella parte che non ricordavo. Giusto quella parte che non avrei mai voluto ricordare. Eppure adesso tutto comincia a quadrare. La reazione di Paine, quella di Rikku, le strane voci nella mia testa. Ogni pezzo del puzzle sembra incastrarsi alla perfezione.

Le spirali degli occhi della ragazza bionda che sta ancora sotto di me mi fissano imperterrite. Perché adesso non scappa? Ha la possibilità di farlo, dato che sono immobilizzato dalla sorpresa. Lei sa. Sa cosa mi sta succedendo. Sapeva che dopo averla rivista in volto, avrei ricordato ogni cosa. Per questo non voleva che le togliessi la maschera? Lei non voleva che ricordassi? La guardo, quasi con aria furiosa.

“Cos’era quello?” le dico, freddo. La forza nelle mie braccia mi è ritornata e la uso tutta per evitare i movimenti di lei. Deve assolutamente parlare con me.

“Cosa?” mi chiede, innocente.

“Lo sai cosa, non fare la finta tonta.” le stringo i polsi un po’ troppo forte, da provocarle una smorfia di dolore.

“Sei arrabbiato?” Mi guarda con gli occhi a fessura. Non le rispondo subito. Si, sono furioso, furioso per aver vissuto da quel fatidico giorno ad ora senza sapere niente, in una completa bugia.

“No...” Le dico, tuttavia. Ma non è stupida. Lei lo sa che sono di pessimo umore.

“Tu sei in assoluto l’ultima persona a dover essere arrabbiata” Già. Per questo le ho risposto di no. Chiudo gli occhi e sospiro forte. Non ho mai avuto un mal di testa così forte prima d’ora.

“Perché?” le chiedo adesso calmo con tono gentile. Poi riapro gli occhi per guardarla. “Perché non mi hai detto niente? Perché non volevi che ricordassi?”

“Perché…” comincia, ma le parole le muoiono in gola. Sta piangendo. Volta la testa per evitare che io veda i suoi occhi lucidi, ma il tentativo fallisce non appena una lacrima ribelle le scivola giù sulla guancia. Forse si crede più forte di quanto è realmente. La mia Rikku...

Le libero le braccia, tanto non può comunque scappare dato che non può contare sull’uso delle gambe. Le raccolgo la lacrima dalla guancia, ma lei ha un fremito.

“NON…toccarmi. Ti prego...” Allontano la mia mano dal suo volto. La sua immagine sofferente mi tortura. Sono tormentato, non posso vederla così. Non posso vederla così per colpa mia. Paine ha ragione. Sono disgustoso. Mi faccio schifo da solo per quello che sono riuscito a fare.

Sento un tuono in lontananza. Casca davvero a pennello adesso. Quello è il mio cielo. Quel cielo nuvoloso, orribile, come la mia vita.

Non so cosa dire. Sono un mostro. Perché oltre a rovinare la mia vita, ho rovinato anche la vita di Rikku. Non lo merita. Farei davvero meglio a sparire dalla sua vista per sempre.

“Quel giorno...ti pedinai...” La sua voce smorzata mi distrae dai miei pensieri. Sa che ho un mare di confusione nella mia testa, ma come fa a rivolgermi ancora la parola? Perché non mi ammazza? “Ero...così disperata...Non potevo credere che tu...non provassi la mia stessa disperazione...Così io...ti seguii fino al locale...” Singhiozza. Amore, ti prego, non darmi spiegazioni. Uccidimi e basta. Quello che non sei riuscita a fare quel giorno, fallo adesso. “ Quando…improvvisamente ti persi di vista...fra la confusione...immaginai che fossi salito in camera...Ne presi una anche io...per la notte e ...restai li fino alla mattina presto...quando decisi di entrare nella tua camera...Non era chiusa a chiave, perciò io...” Altre lacrime. Basta, amore, ti prego. Mi fa più male vederti così che essere trafitto con una spada. “E’ stato il...tuo amico Baralai a...prendersi cura di te...dopo che io ti ho...preso a pugni...Tu eri svenuto e...quando ti sei ripreso…già non ricordavi niente…”

Quindi...Baralai sa tutto. Ho distrutto anche la sua vita. Chissà perché nemmeno lui mi ha ucciso dopo che è venuto a sapere che ero stato a letto con...la ragazza che amava. Tutti questi sensi di colpa...Il mio cuore non reggerà ancora per molto. Mi porto automaticamente una mano al petto, dopo che una fitta mi colpisce. Rikku deve averlo notato, dato che non parla più. La guardo nei suoi occhi impauriti.

“C-continua…” Forse così arrivo a morire da me. Se continuo a sapere altre verità, altri sensi di colpa graveranno su di me uccidendomi, finalmente. Avrei già dovuto morire quel giorno, in verità. Ho posticipato fin troppo la mia ora.

“Ecco...Alla fine Baralai...ti lasciò libero di andare a Djose...E anche lui scomparve dalla tua vita...” Il dolore della fitta è passato quasi del tutto. Continuo ad ascoltarla.

“So questo perché...me lo ha riferito Paine...Da quel momento lei abbandonò Baralai e Nooj e venne da me.  Non…voleva giustificarti, infatti mi disse che…tu eri la persona peggiore che abbia mai conosciuto…però disse anche che…non eri in te quella notte...che avevi bevuto e che...” Altre lacrime le sgorgarono dagli occhi “…mi amavi...”

Un’altra fitta. Sono sulla buona strada. Mi sento come mi sentivo quel giorno: un verme, inutile, che merita solo di sparire dalla faccia della terra. Mi porto la mano al petto, dolorante, cercando di nascondere le mie espressioni.

“Mi rivelò che avrebbe intrapreso la strada verso Vegnagun, così...quando stava per andarsene...decisi di unirmi a lei. Io ero…combattuta dalla voglia di vederti  e quella di starti per sempre lontano…non volevo mai più avere alcun tipo di rapporto con te, volevo solo non conoscerti...eppure...decisi di intraprendere la tua stessa strada...Sapevo che non ricordavi nulla di quello che era successo, così pensai che anche per te sarebbe stato meglio che non ci fossimo mai più rivisti...Non volevo farti ritornare alla mente...questo…episodio orribile...Sapevo che ci saresti rimato molto male, ti conosco...Anzi, eri stato davvero fortunato a dimenticare...Non soffrivi più di tanto la mia mancanza...Ma se avessi saputo, magari...ti saresti...” Non continuò la frase. Singhiozza di nuovo e si copre il volto con le mani. Tira su col naso, si asciuga le guance con il polso e riprende a parlare. “Ma Paine ha sempre ritenuto meglio che tu sapessi...Non potevi essere estraneo della tua stessa vita...Così da quando ci siamo rincontrati non ha fatto altro che cercare di riportarti alla mente tutto...E quando ti ho trovato svenuto lungo il corridoio delle cabine, lì in aeronave...avevo intuito che c’era quasi riuscita. Bastava una goccia per far traboccare il vaso, e quella goccia ero io. Eri già psicologicamente debole, perciò…è bastato semplicemente guardarmi per ricordare tutto. Per questo ero scappata dall’aeronave, non volevo che ritrovavi in me l’elemento conclusivo per far cadere la barriera mentale che avevi inconsciamente costruito…”

Ecco perché Paine mi ha baciato: stava cercando di farmi ricordare. Ecco perché aveva sorriso di nascosto quando sono uscito dalla sua cabina quella notte: era consapevole di aver fatto un buon lavoro. Quelle voci che sentivo erano la prova che io stavo per ricordare tutto. Ed ecco perché stamattina mi sono svegliato nella stanza di Rikku: quando lei mi ha trovato svenuto in corridoio mi ha portato nella stanza più vicina, la sua. 

Mi colpisce un’altra fitta al petto, ancora più forte, che mi fa tremare. Cado sui gomiti, la mia fronte sfiora il suo mento e comincio ad ansimare. La prima ed ultima volta in cui mi sono sentito così male, sia fisicamente che psicologicamente, è stato proprio quando Rikku mi aveva quasi rotto la testa quel giorno. Quanto può resistere un essere umano schiacciato da tali rivelazioni? Sto per morire?

“Gippal...” dice, stupita. Per la prima volta dopo anni ha pronunciato il mio nome, davanti a me, piangendo. La fitta al petto aumenta ancora. Non posso. Non posso più stare con lei. Sono un mostro, sono un…verme. Sono l’essere più ignobile che sia mai esistito, dopo Sin. Non sarò mai la persona giusta per questa ragazza. Non solo non sono capace di garantirle un minimo di felicità, ma le distruggo pure la vita. A questo punto ha ragione lei: farei meglio a starle lontano. Per il suo bene. Magari riesce a trovare un ragazzo migliore.

Ancora quella fitta violenta. Lo so, lo so che vado contro la mia stessa volontà, contro la mia salute fisica. Ma non posso fare altro che lasciarla libera di prendere le sue decisioni da sola. Non sono la persona giusta per starle accanto. Punto.

Sento un tuono, seguito dal rumore scrosciante della pioggia oltre la chioma dei fitti alberi che ci riparano.

“Mi dispiace...mi dispiace tanto per tutto quello che hai passato per colpa mia. Non ti chiedo di perdonarmi, so che è impossibile. Ma giuro, giuro sulla mia stessa vita che non permetterò mai più a nessuno, nemmeno a me stesso di farti di nuovo del male.”

Ci guardiamo in silenzio ed un’altra lacrima le scivola giù sul mento. Le sposto i capelli dorati e le bacio la fronte, senza nessuna opposizione da parte sua.

“Scusa, piccola… Scusa...” Scendo giù con le labbra, esitante. So che mi respingerà. Magari urlerà anche. Ma ne ho bisogno.

Poggio le mie labbra sulle sue. E’...bello. Dopo tanto tempo finalmente posso provare una sensazione piacevole come questa. Lei è splendida. Io la amo. Non esiste nient’altro. Io e lei. Punto. Ma come già so, la mia vita non può mai essere perfetta. La perfezione ritrovata in questo piccolo gesto, è destinata a svanire in poco tempo. Vorrei poter fermare il tempo e non staccarmi mai più da lei. Poter rimanere così per sempre, come ho sempre desiderato. In questa perfezione, in questo cielo stellato. In questo mio paradiso personale. Ma non me lo merito. È durato anche troppo.

Mi allontano piano dalle sue labbra. La guardo negli occhi un’ ultima  volta. Poi mi alzo e sento di nuovo dolore al petto. Ma non posso darmi retta, se voglio farle del bene. Lei si mette a sedere portandosi le ginocchia al petto, nascondendo un po’ il suo volto triste. Noto che ancora non mi ha tolto il dubbio riguardo la tuta rossa degli scagnozzi di Le Blanc, ma dato che non è una cosa importante in questo momento, lascio cadere la domanda. Da ora in poi devo solo imparare a non pensare più a lei. Comincio a camminare verso i fitti alberi di fronte a me.

“Perché vai via...di nuovo?” dice, improvvisamente, fra le lacrime. Io mi fermo, dandole le spalle.

Silenzio. Solo dopo un po’ riesco a dirlo.

“Perché ti amo.”

E mi allontano.

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Capitolo 15
*** Complicazioni ***


Salve a tutti, perdonate la mia precaria regolarità…Spero continuerete a leggere la mia storia! ^^ Attenzione: da questo capitolo saranno presenti SPOILER che mi serviranno per andare avanti nella storia.

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Ed eccomi al capolinea. Ho fallito. Ho fallito nella mia missione di ritrovare Rikku e passare tutta la mia vita con lei. Sono solo riuscito a dimostrare a tutti – Rikku, Paine, Baralai e persino Fratello – quanto valgo veramente: niente. Un bel niente. Pazienza. Vorrà dire che tornerò al cielo nuvoloso di Djose e continuerò a lavorare fin quando non si presenterà il giorno in cui mi batterò con Vegnagun e mi ammazzerà. Direi che è un piano breve, semplice e facile da ricordare.  

Sto così, fermo, seduto per terra con la schiena appoggiata ad un grosso tronco d’albero dopo aver camminato per un po’. Chiudo gli occhi è comincio ad ascoltare attentamente: il fruscio delle foglie, la pioggia oltre le fronde, la voce di un grillo...passi. Passi di una persona. Anzi, più di una. Prima avanzano lenti. Poi più veloci, sempre più vicini, fino a fermarsi.

“Ti spiacerebbe risparmiarmi per adesso? Farà Vegnagun il tuo lavoro, ma almeno morirò con onore. Sarebbe davvero squallido farsi ammazzare da uno scagnozzo di Le Blanc, non ti pare?” Riapro gli occhi e lo vedo esitare. Sono due, uno vestito di verde e la donna con la soluta tuta aderente rossa.

“Vorremmo farlo, ma purtroppo non abbiamo avuto ancora l’ordine di ucciderti. Fosse stato per me saresti già morto.” dice lei altezzosa.

“Oh, allora ti ringrazio” ironizzo io ghignando, mentre guardo il cuore rosso che le copre il volto.

“Ordine del capo.” Interviene l’uomo. “vuole vederti…vivo.” Sembra quasi dispiaciuto. Quindi questi due vengono per ordine di Le Blanc per portarmi da lei. Ma che cosa vorrà Le Blanc da me?

“Riferite al vostro capo che non ho proprio voglia di andare da lei. Sono lusingato, comunque. Mandatele un bacio da parte mia”. Sarcastico e con il mio solito sorrisetto irritante. La donna mi punta un pugnale contro, irritata come avevo previsto. “Verrai con noi. Nessun alternativa.”

Mi alzo da terra sbuffando, annoiato. Si, ho deciso di andare con loro. Se riesco a tenermi sempre impegnato riuscirò a non pensare ad altro. Sto immobile a braccia conserte davanti ai due. Anche loro non si muovono.

“Bè? Ci muoviamo o no? Ho un sacco di lavoro da fare a Djose”. Sempre con le maschere rivolte a me, l’uomo mi spinge in avanti prendendomi per un gomito, mentre la donna rimane a puntarmi il pugnale alla nuca. Seguo lui fino alla fine del bosco, finchè arriviamo davanti ad una macchina, poco sofisticata, direi.

“Sali” ordina l’uomo. Salgo sulla macchina che usiamo per attraversare la Piana dei Lampi. Quel viaggio interminabile si conclude dinanzi il portone di casa Le Blanc. Ovviamente non c’è nessuno scagnozzo in giro, non qui, perlomeno. L’uomo davanti a me apre le porte ed entro con al seguito la donna. Inaspettatamente vedo con sorpresa che la maggior parte, se non tutti i dipendenti di Leb sono qui in casa divisi tra l’androne ed il salone. Che è successo? Hanno sospeso le ricerche?

Salgo una rampa di scale e l’uomo mi indica la strada; poi si allontana facendomi proseguire solo con la donna. Sono alquanto sorpreso della situazione. Apro la porta che mi era stata indicata ed entro.

Quello che vedo è una stanza ben arredata, tende eleganti e qualche cuore rosso sparso qua e la sui tappeti. Due donne vestite di rosso stanno accanto al letto. Ma la vista di Le Blanc piangente sul suo baldacchino mi fa tralasciare tutto il resto.

“Ehi,” la chiamo, he è successo?"esso?””che è successo?”

“Ragazzo, ti prego, aiutami…Nooj…”  Nooj? Comincio a preoccuparmi.

“E’ successo qualcosa a Nooj?” Vado verso di lei. Ad ogni mio passo corrisponde un passo della donna che stava dietro di me.

“E’ sparito...E pare che sia sparito anche il capo di Neoyevon. Come farò senza il mio Noojino? Morirò!” Singhiozza.

“Calmati, Le Blanc. Lo troveremo, tranquilla. Tu dì a questa qua dietro di smetterla di puntarmi l’arma addosso!” La donna con la tuta aderente rossa guardò Le Blanc, che le fece un cenno, e lei tolse di mezzo il pugnale. Un problema in meno. “Comincerò le ricerche ora stesso. Userò l’aeronave. Tu aggiornami qualunque cosa succeda.” Le Blanc tira su col naso, annuendo. Io esco dalla camera e mi dirigo all’uscita del piano inferiore. Ancora c’è molta gente qui ma non manca chi continua a seguirmi: di nuovo una donna.

“ Dì un po’, vuoi seguirmi anche in bagno?” Chiedo, irritato, con una mano sulla maniglia del portone, pronto ad uscire. Quando la vedo allontanarsi esitante, esco a cercare una trasmisfera per contattare Cid. La trovo.

“Sono a Guadosalam. Raggiungimi all’entrata.

E chiudo.

 

La scomparsa di Nooj deve aver creato non poco scompiglio all’interno della Lega della Gioventù. Dato che lui ne è il capo, adesso tutti i membri saranno incontrollabili. Senza contare che Lega della Gioventù e Neoyevon  sono in perenne conflitto fra di loro dalla loro formazione, e adesso che sono spariti entrambi i capitani, Nooj e Baralai, si è creato un vero e proprio problema. Nooj e Baralai…Questa non è una coincidenza. E io ho una mezza idea su dove possano essere.

Prossima fermata: i sotterranei di Bevelle

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Capitolo 16
*** Riunione straordinaria ***


Eccomi con un nuovo aggiornamento, questa volta in tempo record ;) Voglio utilizzare questo spazio per ricordarvi che ci saranno spoiler, compreso in questo capitolo, quindi attenzione. Per evitare problemi ho messo anche “Spoiler!” come tipologia della fic. Inoltre approfitto per ringraziare Ultima Weapon e Bella Swan per aver seguito la storia fino adesso e aver recensito. Grazie, le vostre recensioni mi spronano ad andare avanti. Un bacio*

 

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L’aeronave si ferma proprio a Bevelle. Qui è tutto deserto, non ci sono le guardie che di solito controllano la via per il tempio. Vedo in lontananza solo una ragazzina, vestita con una lunga tunica verde e bianca, seduta al margine della strada. Mi avvicino a lei per qualche informazione.

“Ehi, piccola” dico attirando la sua attenzione “Non è pericoloso stare qui sola soletta? Dove sono tutti?”

“No, non sono sola, ci sono altri bambini in giro. Il mio papà mi ha detto che andavano al quartier generale della Lega della Gioventù. Mi ha detto che sono stati loro a rapire il nostro pretore. Però i grandi ci hanno detto di rimanere qui perché era troppo pericoloso.” Questo significa che è già guerra aperta fra le leghe. Devo fare qualcosa, non posso permettere questo trambusto. Dovremmo essere più uniti proprio adesso, per cercare di fermare Vegnagun. Ma…un momento: non è che uno dei due gruppi abbia risvegliato Vegnagun per demolire l’altro? …

Ah, Gippal, ma che vai a pensare? Solo un pazzo farebbe una cosa del genere…Cercando di autoconvincermi che mi sbaglio, allontano da me questo pensiero assurdo. Ringrazio la ragazzina per l’informazione e le raccomando attenzione prima di dirigermi verso il tempio.

Entrato, noto che anche qui è tutto deserto. Prendo la navetta centrale che mi porta giù ai sotterranei.

Sotto Bevelle si nasconde un mondo: spazi enormi, cupi, come se ci fosse una città meccanizzata. Esatto, macchine. Pochi sono a conoscenza dei segreti di Bevelle. Pochi della corruzione di Yevon. Perché chiunque avesse qualche sospetto, subito gli sarebbe chiusa la bocca. Io, Nooj, Baralai e Paine, quando facevamo ancora parte della squadra Crimson –quella che si occupava di allenarne i membri per la distruzione di Sin- spesso quando dovevamo parlare di affari importanti, ci riunivamo qui, nascosti in un posto sconosciuto a tutti, con la sola compagnia del rumore dei macchinari di quella specie di città fantasma. Adesso che Baralai è il pretore, custodisce bene i segreti del suo credo, giustificandolo con ogni mezzo.

Scendo dalla navetta e percorro ancora uno stretto corridoio che sfocia in un’ampia stanza vuota. Vedo in lontananza solo due figure: Nooj e Baralai, nel mezzo di una discussione. Mi sembra di tornare indietro nel tempo. Le nostre riunioni segrete, la nostra amicizia…Si è perso tutto in questi anni. Mi fa un certo effetto rivederci di nuovo insieme nella stessa stanza, solo un po’ cresciuti. Baralai, il pretore, con la sua veste che lo distingue; Nooj, il capitano, quello più maturo, con la parte sinistra del suo corpo robotizzata, dopo aver perso i due arti –braccio e gamba sinistri- in seguito ad un attacco contro Sin; e infine me.

Entro e mi avvicino ai due.

“Ehi” dico.

“Sei in ritardo” dice Baralai, serio. Nooj ridacchia.

“Se fosse stato puntuale mi sarei preoccupato sul serio” scherza. Quindi avevano giù previsto che sarei venuto qui?

“Siete certi che dovreste essere qui adesso? La Lega della Gioventù e i Neoyevon si stanno sgretolando senza di voi.” Il mio tono suona come un rimprovero. Ma anche io ho lasciato la mia base, sono stato un irresponsabile. Ma la cosa peggiore è che non me ne pento. “Perché siete qui?”

Baralai si volta e comincia a passeggiare per la stanza.

“C’è una cosa di cui ho bisogno di essere certo. Vegnagun...è sparito” Tutt’e tre ci voltiamo verso l’enorme spazio vuoti nella stanza. Ora ricordo: in quella stanza vi era custodita quell’arma letale che adesso non è più al suo posto. Credo che dopo aver avuto quella sbronza e quel trauma cranico abbia rimosso un po’ di eventi del mio passato.

“Ma sentilo!” interrompe Nooj. “ ‘Vegnagun è sparito’! Stai forse cercando di dirci che Yevon non è responsabile?”

“E’ la verità. E’ incredibile. Ha percepito ostilità e in un istante è tornato in vita. Nessuno avrebbe mai pensato di danneggiarlo; s’è risvegliato come un bambino impaurito.” Riflette pacato Baralai. E’ una teoria strana, la sua.

“Ah, vedo che hai fatto i compiti” ghigna Nooj.

“Ho avuto due anni di tempo”.

“Aspetta un momento,” intervengo io interrompendo il loro battibecco, “allora tu stai dicendo che Vegnagun si è svegliato perché qualcuno sta cercando di distruggerlo? Ma…chi?” . Sono sconvolto. Forse non mi sbagliavo: che sia vero che uno delle due leghe se ne serve per distruggere l’altra?

“Già, chi?” domanda Baralai retorico. Poi si dirige verso Nooj, che ascolta in silenzio. “Sono un po’ confuso. Tu sei venuto qui per rivendicarlo come tuo, no? Ma Vegnagun si è svegliato. Perché?” Nooj non risponde. “Perché tu lo odi. Sei venuto qui per usarlo o per distruggerlo?” Per un po’ Nooj rimane in silenzio. È un’accusa pesante quella che gli sta facendo Baralai. Perché non risponde?

Poi lo vedo alzare il capo e guardarci.

“Entrambe” dice. Resto di sasso. È stato lui a far risvegliare Vegnagun? “Probabilmente penserai che è impossibile, sei stato sempre troppo ingenuo. Non mi aspetto che tu capisca.” dice a Baralai.

“Allora spero che non ti aspetti anche che io ti creda. Ti ho creduto una volta, quando siamo stati in formazione per la squadra Crimson. Pensavo non avrei trovato un amico migliore. Ma tu mi hai tradito...due anni fa.” Non ricordo di che tradimento parla. Il suo sguardo sembra perso nel passato. Ma voltandosi veloce verso Nooj, Baralai con uno scatto gli punta la pistola in testa, con mio stupore.

“Baralai!” grido.

“ Perché hai sparato?” urla Baralai a Nooj. “Perché hai sparato Gippal e me?” A questo punto sgrano gli occhi. Il mio passato sembra un puzzle da ricostruire e a poco a poco sto trovando tutti i pezzi. Ecco come Nooj ci aveva traditi: aveva tentato di ucciderci. “Eravamo amici e tu ci hai sparato alle spalle! Perché?” continua Baralai con la pistola in mano. “RISPONDI!”

“Baralai, calmati!” dico. Ma lui non accenna a posare la pistola. Nooj non fa niente. No. Non può finire così. “Ne ho abbastanza! Non spingermi a…” prendo anche io la mia pistola e la punto su Baralai. “Se è questo quello che serve…” La situazione sembra tragica finché Nooj non comincia a ridere di gusto, fra sé.

“La situazione si è ribaltata perfettamente, non siete d’accordo? Si, vi ho sparato” Io e Baralai ci voltiamo verso Nooj, mentre lui prende la pistola e completa il triangolo puntandola contro di me. “Eravate bersagli facili. Voi…e Paine” Paine!?

“Hai sparato anche a Paine?!” chiedo, scioccato.

“Perché? RISPONDI!” Baralai non riesce a mantenere la calma. Improvvisamente Nooj appare cosparso di lunioli che escono dal suo corpo e la sua voce diventa metallica, non sembra più la sua. Ride.

“Sono stato io a fargli fare questo.” dice quello che all’apparenza sembra essere Nooj “Era troppo debole per resistermi.”

“Nooj?” chiamo. Ma quello non è Nooj. È qualcun altro in possesso del corpo di Nooj. Si volta verso di me.

“Si, avrei proprio bisogno di un corpo nuovo e agile…”

“NO!” urla Baralai che, evidentemente, ha capito qualcosa che a me è sfuggito. Ma, nonostante la velocità, prima di riuscire a scagliarsi contro Nooj, lui lo stordisce con un colpo del suo bastone sulla testa, che lo fa cadere a terra privo di sensi. Subito dopo, prima che io possa capire cosa stia succedendo, un fascio di luce uscito dal corpo di Nooj pervade il mio. Urlo e a poco a poco sento che perdo il controllo della mia mente.

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Capitolo 17
*** Identità ***


Tristezza. Dolore. Angoscia. Sofferenza. Rancore. Voglia di vendetta. Sono questi i sentimenti che mi travolgono all’improvviso, contemporaneamente. Ma non sono i miei. Questi sentimenti non appartengono a me, ma sono di qualcuno che ha rubato la mia identità, confinandomi in un angolo remoto e buio nella mente non più mia. Forse sta tentando di cancellarmi definitivamente. Ma non ci riuscirà, non lo permetterò. Avrà pure preso il possesso del mio corpo, ma io esisto ancora. E’ come se fossi sotto l’effetto di un sonnifero. I miei sensi si sono assopiti ma non posso permettere che ciò accada alla mia anima. Ciò significherebbe la mia cancellazione. Eppure...ho tanto bisogno di chiudere gli occhi e allontanarmi per un po’...

 

*^*^*^*^*^*^*^*

 

Che differenza. Avevo proprio bisogno di un corpo nuovo. Quello di Nooj, per quanto forte che era, non era abbastanza agile. Questo mi sarà molto d’aiuto. Grazie Gippal.

Ghigno. Lancio un’ultima occhiata a Nooj e Baralai stesi a terra, privi di sensi ed esco dalla stanza. Finalmente. Finalmente riuscirò a mettere fine a questa storia. Sono mille anni che cerco di far provare a quest’ammasso di gente ipocrita che abita questo mondo lo stesso dolore che ho provato io. E ci sto riuscendo. Manca poco ormai.

Adesso mi serve un mezzo per spostarmi. Purtroppo è lo svantaggio di essere un uomo in carne ed ossa, non potersi spostare a proprio piacimento come un’anima. Ma non importa, non è un problema. Vediamo che risorse ha il biondino...

Comincio a scavare nella mente di Gippal, appropriandomi dei suoi pensieri e cercando nei suoi ricordi un qualcosa che mi possa essere utile facendo scorrere tutte le immagini immagazzinate nel suo cervello. Ed eccola lì. Un’aeronave. Rimango basito, maledicendomi per non averlo posseduto prima. E’ tutto così perfetto che non mi sembra vero. Ancora mi chiedo perché ho scelto Nooj prima di Gippal. Mah, non importa.

Tanto faranno tutti la stessa fine.

“Per contattarci puoi usare le trasmisfere. Shinra le ha piantate su tutta Spira!”

Ah, grazie, questo ricordo mi è utile. Quindi ci dev’essere una trasmisfera anche qui a Bevelle, giusto?

Esco dal Tempio e percorro tutta la strada fino all’entrata della città e lì la vedo, la trasmisfera. L’accendo. Dapprima sento un ronzio, poi qualche voce in lontananza. Vedo adesso un uomo calvo che si avvicina e prende a parlare.

“Gippal! Finalmente ci hai intercettato! Abbiamo bisogno di te, le ragazze sono qui. Veniamo a prenderti, dove sei?”

“All’entrata di Bevelle” dico io, con la voce di Gippal.

“Perfetto, arriviamo” e si spegne il collegamento.

Non posso crederci. E’ troppo facile. Tutto troppo perfetto. Adesso quelle persone verranno qui con la loro aeronave a prendermi. Si stanno scrivendo da soli la loro condanna...

Rido. Un riso liberatorio, un riso per il mio successo. Finalmente ho vinto.

Rimango per un po’ seduto per terra finchè non sento un forte rombo. Eccoli. Raggiungo lo spiazzale dove l’aeronave è atterrata e salgo.

Grazie ai ricordi nitidi di Gippal non c’è niente che mi è nuovo. Conosco l’aeronave, conosco le persone che ci sono dentro. Quello che mi aveva parlato per mezzo della trasmisfera si chiama Cid. Bene, mi basterà solo fingere un po’ e farmi portare dritto dritto da Vegnagun.

“Ben tornato” dice Cid. “Hai saputo? I leader dei Neoyevon e della Lega della Gioventù sono spariti. Ormai le insurrezioni sono all’ordine del giorno, non fanno altro che combattersi, quegli stupidi.”

“Davvero? C’era d’aspettarselo, gli uomini sono degli esseri così idioti...”

“Eh si, alle volte è così.” Dice Cid senza accorgersi del senso letterale della mia frase. Meglio così. “Noi l’abbiamo saputo da Rikku” continua “ E secondo lei c’è una connessione fra la scomparsa dei leader e il risveglio di Vegnagun. Magari se ne vogliono servire per farsi guerra.” Rikku, eh? Questa persona sta sospettando troppo...le dovrei chiudere la bocca. Ma chi è? Provo a scavare tra i ricordi di Gippal, ma non vedo nulla connesso con questo nome. Vuol dire che questa persona è nuova anche per lui.

“Chi è Rikku?” chiedo, interessato. Solo che non mi sarei aspettato gli occhi sgranati di Cid, come risposta. E in più si voltano verso di me increduli Fratello, Compagno e il bimbo, Shinra.

Poi Cid comincia a ridere sguaiatamente.

“Ahahah, per un momento c’ho quasi creduto! Certo che te fai di tutto per sdrammatizzare situazioni tragiche!” Mh, qui c’è qualcosa che non va’. Dovrei forse conoscerla questa Rikku? Fingo una risata per stare al gioco. Compagno ritorna al suo lavoro sorridendo, mentre Fratello continua a guardarmi infuriato e Shinra non so che espressione abbia sotto quella sua maschera.

“Se vuole conoscere la suddetta signorina, e sufficiente che vada nelle cabine” dice Cid ironico. Fa un altro sorrisetto mentre io mi allontano dalla sala pilotaggio.

Chi è Rikku? Perché Gippal la conosce, ma nella sua mente non riesco a vederla?

Raggiungo il corridoio delle cabine, senza avere una precisa idea su cosa fare. Cammino avanti e indietro facendo scorrere tutte le immagini dei ricordi di Gippal, ma niente. Il che è molto strano.

All’improvviso si apre la porta della cabina alla quale in quel momento stavo passando davanti e ne esce correndo una ragazzina che, per la fretta, mi sbatte contro, facendomi barcollare. Per istinto, la prendo per un braccio, impedendole di cadere.

“Scu...”comincia lei, ma si blocca non appena alza lo sguardo e riconosce chi sono –ovvero, Gippal-. “Ah!”

 In realtà, adesso che la vedo bene non si tratta di una ragazzina, come l’altezza mi aveva fatto credere. Si tratta proprio di una bella ragazza, vestita con una semplice minigonna e un reggiseno giallo e con un corpo bellissimo...

Improvvisamente sento una lancinante fitta al petto e un mal di testa incredibile.

Lei è mia.

Quella voce nella testa...Che cosa mi succede? Barcollo di nuovo, questa volta per il secondo forte giramento di testa.

“Che...cosa ci fai qua?” chiede lei. Solo dopo si accorge che ancora le sto tenendo un braccio, e lo allontana da sé, imbarazzata. Prima che potessi rimuginare sulla risposta da darle, esce da un’altra cabina una seconda ragazza. Una ragazza che non solo Gippal, ma anche io, Shuyin, conosco: Paine. Credevo fosse morta. Due anni fa le ho sparato, quando ancora controllavo la mente di Nooj.

“Oh, ciao Gippal.” Dice fredda. Poi si rivolge alla ragazza bionda. “T’è venuta in mente qualche idea, Rikku?”

Bingo. È lei, Rikku. Perché, perché non l’ho saputo prima? Perché la mente di Gippal non me l’ha rivelato?

“Si” risponde lei, “stavo giusto andando il sala pilotaggio a proporlo a papy. Ma ci deve essere anche Yuna, sta tutto nelle sue mani.”

“E’ in coperta. Vado a chiamarla.” E Paine si dilegua.

Rikku mi guarda per un’ ultima volta poi mi da le spalle e fa per andarsene.

“Rikku” la chiamo. Lei si ferma ma rimane di spalle. “Guardami.” La incito.

“Perché?” mi chiede con un filo d’amarezza nella voce.

“Guardami. Per favore” Lei si gira, lenta, ma rimane con il viso basso.

Rikku, non farlo!

Sta’ zitto, idiota.

Mi avvicino a lei e con il pollice le alzo il mento. La guardo negli occhi e sento una fitta al petto, più dolorosa di quella di prima. Questo è un sentimento che io non provo da mille anni.

La ami.

Si.

Sai che non dovresti essere in grado di comunicare con me, Gippal?

Si, lo so. Ma in qualche modo, ci riesco. Non sei stato in grado di cancellarmi del tutto. Hai preso il mio corpo e gran parte della mia mente. Ma come vedi, esisto ancora.

Prova a dormire un po’.

Non mi inganni. Per poco non mi addormentavo sul serio, e sarebbe stata la mia fine.

È lei la causa.

Hai perso.

Scaccio quelle voci dalla mia testa e ritorno a guardare Rikku. Lei è la causa per cui Gippal s’è svegliato da qualche parte nella mente. Che sentimento dolce...

Ghigno, improvvisamente preso da una forte rabbia.

“Cos’hai da sorridere in quel modo?” chiede lei pacata. Mi ricompongo.

“Cid mi ha detto che sospetti che la scomparsa di Nooj e Baralai abbia a che fare con il risveglio di Vegnagun. È una teoria strana. Spiegamela, magari mi tornerà utile e potrò scoprire dove si trovano quei due.” mento.

“Si, beh...E’ solo una supposizione...Magari uno di loro due voleva attivare Vegnagun per usarlo e l’altro gli è andato dietro per fermarlo.” Mi sembra imbarazzata, come se non volesse sostenere un dialogo lungo con me. Anzi con Gippal. “Comunque non prendere troppo sul serio quello che dico. Dobbiamo ancora scoprire di più sul ragazzo delle sfere...”

“Il ragazzo delle sfere?” questa volta non fingo, sono davvero interessato.

“Si, Shuyin...” A quel punto sgrano gli occhi. Cosa sanno di me? “Comunque per adesso dobbiamo placare le acque fra Neoyevon e Lega della Gioventù. Quindi...” In quel momento una terza ragazza compare nel corridoio.

“Ciao, Gippal” saluta. Non appena la vedo in volto ho un fremito.

Io non ho niente a che fare con Yuna. Mi dice Gippal telepaticamente, come a difendersi subito e a farmi capire che quel fremito non proveniva da lui, come prima con Rikku, bensì da me.

“Ah, Yunie, vieni sbrigati! Ho avuto un’ideona!” Rikku prende per un braccio Yuna e la trascina correndo in sala pilotaggio, tutto pur di non stare ancora un minuto con me. Faccio per seguirle, quando improvvisamente vengo fermato dalle parole di Gippal.

Non ti permetterò di fare del male a queste persone, né a nessun altro, chiaro?

Rido. Gippal, forse non hai capito che, confinato nei meandri della tua stessa mente come sei, non puoi fare niente.

Invece queste persone saranno le prime a sparire dalla faccia della terra. Rikku sa troppo. Non posso permetterle di essere d’ostacolo ai miei piani. E Yuna e Paine la seguiranno a ruota, per lo stesso motivo. Inoltre, ho un motivo in più per ucciderla: tu la ami. Eliminata lei, tu non avrai più motivo di esistere, caro Gippal, e avrò un ostacolo in meno. Inoltre non permetterò che tu e lei siate felici come non ho potuto esserlo io mille anni fa con…Lenne.

Altra rabbia e altra voglia di distruzione mi pervade.

 

 

---Angolo Autrice----

Rieccomi con un nuovo aggiornamento^^ Questo capitolo è stato un po’ complicato scriverlo, avevo paura che non tutti capissero bene cosa stesse succedendo. Ero indecisa sul cambio di narratore, ma alla fine l’ho fatto. Spero solo che non si sia rivelato confusionario ^^”

Purtroppo Shuyin appare OOC: nel videogioco è rappresentato come il “cattivo” della situazione. Quello che vorrei fare io è, sì mantenere il suo aspetto malvagio, ma anche farlo apparire più umano. D’altronde anche lui era un ragazzo innamorato. Spero vi piaccia lo stesso e di non aver combinato un casino ^^” Ringrazio tutti quelli che recensiscono, un bacio :-*

*Per scrivere questo capitolo mi sono ispirata al libro L’Ospite di Stephanie Mayer, che spero leggiate perché è meraviglioso^^

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Capitolo 18
*** Fuori controllo ***


“Un concerto!?” esclama Yuna.

In sala pilotaggio Rikku ha appena esposto la sua idea e sembra garbare a tutti, fuorché alla diretta interessata che fissa paonazza la cugina. E’ davvero una canzone quello che serve per arrestare la furia dei membri delle Leghe?

“Ma certo!” irrompe Fratello con movimenti degni di un contorsionista. “E’ un’idea ultra-sensazionale! Tutti resteranno talmente colpiti dalla tua voce e dalla tua bellezza che non penseranno ad altro! Figuriamoci se dopo la vista divina di Yuna soubrette pensano ancora di guerreggiare!” L’eccitazione di Fratello mi fa vergognare per lui...

“Non è per Yuna che smetteranno le lotte, idiota! Si tratta di colpirli con le parole, l’arma migliore che esiste al mondo!” Scuote la testa e con lei ondeggiano i capelli dorati. Poi si rivolge a Yuna “Comunque è solo una proposta, Yunie, se non te la senti penseremo a qualcos’altro”

“Ecco...io...”

“Hai tutto il tempo per pensarci” dice Paine “Se è una scelta che ti mette in difficoltà, allora non farlo. E comunque non è nemmeno detto che funzioni. Però sai...tentar non nuoce, come si suol dire, e se l’impresa riesce grazie a te Spira otterrà un po’ di pace, se pur temporanea.”

Segue qualche minuto di silenzio. Tutto sommato, forse a me conviene che si faccia questo concerto. Sarà una sorta di diversivo: mentre tutti saranno intenti a guardare Yuna cantare, nessuno baderà a me e io potrò mandare avanti il mio piano tranquillamente. Mi sembra una grande idea.

“Lo faccio” dice Yuna decisa. Non potevo chiedere di meglio. Tutti fissano la ragazza con un misto di sorpresa e contentezza anche se credo si aspettassero una risposta affermativa. Dopotutto se si tratta di aiutare gli altri, quella ragazza non si tira mai indietro.

“SIIII! SARA’ UN EVENTO ECCEZIONALE!!” Oh, si che lo sarà, Fratello.

“Grande, Yunie! Bene! Quando cominciamo i preparativi?”

“Anche subito, direi” dice Paine a Rikku –Ah! Ogni volta che pronuncio il suo nome mi viene la solita fitta al petto, maledetto Gippal!- “Dobbiamo trovate Tobli. Lui ci aiuterà ad organizzare il tutto.”

“Lo troverete al Fluvilunio.” dice il piccolo Shinra. Fratello ritorna saltellando ai comandi dell’aeronave, mentre Paine e Rikku incoraggiano l’ex invocatrice che sembra sempre meno decisa ad esibirsi in pubblico.

Che atmosfera che c’è qui dentro. Questo clima di famigliola felice mi nausea. Tutti stanno li a consumare il loro poco tempo prezioso che gli rimane nei preparativi di un misero concerto, come se fosse la cosa più eccitante al mondo. Ridete, scherzate, collaborate più che potete adesso, perché forse è l’ultima volta che riuscirete a farlo.

Resto in piedi in un angolo, appoggiato con la schiena e un piede alla parete e le braccia portate alla nuca quando lo sguardo mi cade sulla ragazza bionda intenta a parlare con Yuna. Mi scopro fissarla dalla testa ai piedi, godendomi ogni parte di quel corpo così bello, così perfetto, arrivando persino a desiderare accarezzare la sua pelle morbida mentre la vedo sorridere così come sta facendo adesso. Sarebbe un vero peccato che tale bellezza venis…

Volto improvvisamente la testa alla mia destra, lontano dall’immagine di Rikku, tenendo gli occhi serrati.

Smettila, bastardo! Non riuscirai ad impietosirmi, esci fuori dalla mia testa!

La MIA testa, vorrai dire. Qui l’intruso sei tu, Shuyin. E poi io non stavo facendo niente, volevo solo vedere lei, al resto hai pensato tu.

La rabbia ritorna a ribollirmi dentro. Con Gippal che di tanto in tanto si risveglia nella mia mente, le cose diventano più difficili di quanto pensassi. Devo liberarmi in fretta di Rikku, senza dover aspettare di raggiungere Vegnagun.

Ah! Che dolore alla testa!

Credo che io sia più forte del previsto, eh?

Premendomi le tempie raggiungo la porta della sala pilotaggio, incazzato nero. Avevo sottovalutato il fattore Gippal.

“Maledizione!” impreco dando un calcio allo stipite. Improvvisamente sento silenzio alle mie spalle ma, con gli occhi di tutti puntati addosso, esco lo stesso dalla sala senza voltarmi. Raggiungo una cabina qualsiasi e mi chiudo la porta alle spalle, sbattendola violentemente.

Sono davvero furioso. Ma stai certo che non sarà un ammasso di pensieri senza forma a fermarmi. Mi hai sentito? Tu non sei niente, NIENTE!

Scaglio un altro calcio potente al comodino accanto al letto, tanto da farne fuoriuscire i cassetti e il loro contenuto. E proprio da uno di questi rotola sul pavimento fino a fermarsi proprio ai miei piedi una piccola palla luminosa. La curiosità comincia a sostituirsi all’ira, così prendo la sfera fra le mani e la osservo attentamente all’interno. Tra il ronzio dell’interferenza che disturba l’audio, riesco a distinguere alcune parole dette da una persona difficilmente riconoscibile all’interno di quel piccolo spazio rotondo. Il video all’interno della sfera mostra un ambiente cupo e inquietante che ha un non so che di familiare.

“Non ho fatto nulla di male! Volevo solo salvare l’invocatrice!”  grida il ragazzo dalla sfera .

Improvvisamente mi si crea un groppo alla gola. Quelle parole, quella voce...quella persona...

SONO IO.

Di fronte a questa realtà, di fronte alla consapevolezza che questa gente possiede qualcosa di mio conservato per più di mille anni, che questa gente mi conosce, mi cerca, mi vuole probabilmente rispedire nell’Oltremondo e farmi tacere per sempre, il mio corpo ha un fremito e io muoio dall’improvvisa voglia di sterminare, fare a pezzi questi uomini schifosi che mille anni fa mi hanno privato della persona più importante della mia vita uccidendola davanti ai miei occhi. Che nessuno su questo misero pianeta si permetta di vivere felice. Nessuno.

La porta della cabina cigola dietro di me e Yuna fa il suo ingresso nella stanza. Io mi volto verso di lei con aria cupa.

“Che fai nella mia cabina?” chiede lei, mantenendo sempre quel suo caratteristico tono gentile. Poi posa lo sguardo sulla sfera che tengo in mano e sospirando chiude la porta. “Non dovresti frugare tra i miei cassetti, sai?”

Io non le rispondo. Lei continua a vagare con lo sguardo fra la sfera nelle mie mani e i cassetti del comodino rovesciati sul pavimento. Poi si accomoda sul suo letto seduta accanto a me.

“Cosa c’è che non va?” chiede pacata. Io continuo a non risponderle. Sento solamente una strana sensazione nel mio corpo, nuova, non più distruttiva: adesso mi lascio trasportare dal sollievo che provoca in me questa ragazza, dalla pace che mi porta dentro. Come è possibile che due sentimenti opposti possano susseguirsi uno dopo l’altro nell’arco di un minuto? Perché mi succede questo, perché non riesco più a controllare quello che provo?

“Prima sei uscito dalla sala pilotaggio in modo un po’…uhm…violento. Cosa ti turba?”

Eh...Cosa mi turba? Ormai non lo so nemmeno io. Vabe, ovviamente la presenza di Gippal nella mia testa occupa il primo posto in classifica. Poi c’è Rikku, quella dannata, che aiuta Gippal a riprendersi possesso della sua mente. E adesso ti aggiungi tu, che mi fai questo strano effetto non appena ti sto vicino. Poi c’è anche il fatto che devo trovare il modo di farmi condurre da Vegnagun e attuare la mia vendetta contro il genere umano, ma con tutte queste cose che ho per la testa adesso, non riesco a controllarmi. Questa situazione mi sta travolgendo, maledetto Gippal.

“Niente” le rispondo alla fine. Mi volto a guardarla e per la prima volta incrocio il suo sguardo così vicino. Mi paralizzo.

Quello sguardo, quell’espressione.

“Lenne...”sussurro.

Lei distoglie subito gli occhi dai miei, come se fosse andata troppo oltre. Guarda ora la sfera che tengo ancora in mano.

“Sì, si chiamava proprio così l’invocatrice di cui parla il ragazzo nella sfera. Quella sfera è la prima che mi mostrò Rikku il giorno che decisi di diventare cacciasfere. Mi ero illusa che quel ragazzo potesse essere lui. D’altronde gli somiglia così tanto...” gli occhi ancora fissi sulla sfera le diventano presto lucidi.

“Di chi parli?” Chiedo io. Lei sospira profondamente.

“Di un sogno svanito.” Si alza e fa per prendere la sfera, ma il contatto delle sue mani con le mie ci fa sobbalzare all’improvviso. Istintivamente ritraiamo le nostre mani, mentre la sfera cade per terra e rotola fino all’altro lato della stanza. Yuna evita volutamente il mio sguardo e, rossa in volto, esce velocemente dalla cabina. Io, con ancora la pelle d’oca, rimango immobile mentre ripenso a quella ragazza che per un momento avevo chiamato Lenne.

 

Com’è possibile che una stupidissima ragazza come tutte mi abbia ricordato Lenne? Com’è possibile che io abbia scambiato per un attimo una qualsiasi con la persona che è stata la mia ragione di vita mille anni fa e per la quale ancora adesso vivo qui su Spira? Non me lo perdonerò mai. Non devo mai più avere questi attimi di debolezza, che idiota che sono stato.

Sei umano.

Non azzardarti nemmeno a pensare di paragonarmi a esseri spregevoli come voi. Io non  sono più umano.

Stai tentando di uccidere tanta gente innocente. Chi è più spregevole fra me e te?

Voi umani siete tutti uguali e tutti ugualmente colpevoli. Non esistono innocenti.

L’unico colpevole qui sei tu. Ti macchierai del sangue di milioni di persone, di donne, di bambini. Ti credi di essere la giustizia, ma in realtà sei solo un assassino.

Io sono la voce di tutte quelle anime che non trovano pace nemmeno nell’Oltremondo.

Pensi che la tua Lenne vorrebbe che ti trasformassi in un mostro proprio come quelli che vi hanno tolto la vita?

“NON OSARE NOMINARLA! Tu non sai proprio niente, di noi, NON SAI NIENTE!!” Al suo nome, non capisco più niente. Preso dalla furia, scaravento tutto per aria, il comodino, la sedia accanto alla scrivania, e tutte le cose appoggiate sulla scrivania stessa. Tutta la cabina a soqquadro, mentre mi perdo in un urlo pieno di rabbia e tormento. Fortuna che mi sono spostato nella mia cabina, o Yuna me ne avrebbe dette quattro. Rimango così, ansimante in ginocchio dopo aver semidistrutto tutto.

Lenne…cosa abbiamo fatto di male per meritarci questo?

Mi butto sul letto, forse l’unica cosa rimasta intatta, esausto.

 

 

-------Angolo Autrice------

 Ehm…come dire…Sì, stavo per lasciare incompiuta la fan fiction ._.” Ma mi sono accorta che ci sono troppo affezionata e, anche se dopo tanto tempo, mi sono ritrovata davanti al pc per continuarla...Perciò ricomincerò a postarne i capitoli, ma come al solito non vi garantisco regolarità. Ringrazio comunque chi ha letto questa storia e ci ha recensito, sono davvero contenta che vi sia piaciuta (almeno fino a qua). Questo capitolo non è granchè, ma mi serve come valvola per andare avanti e collegarmi a quello che succederà dopo ^^ Grazie mille a tutti, vi meritate un bacio :D Ciao!

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Capitolo 19
*** Cancellazione ***


“Gippal! Ehi, Gippal, svegliati!”

“Mh…?” Apro piano gli occhi e… “AAAAH! Va’ via, mostro!!” lancio colpi di cuscino addosso alla figura di fronte a me, tentando di provocarne il soffocamento.

“Gippal, ma sei impazzito o stai ancora dormendo??” mi chiede mentre si ripara dal fatale cuscino con il braccio. “Ehi!!”

Mi blocco dopo che prendo conoscenza della realtà e focalizzo il volto di Cid, un po’ irritato direi.

“Oh…uhm…Ciao, Cid…Scusa, ho fatto un incubo pazzesco...” Mi giustifico, massaggiandomi la fronte.

“C’erano mostri che avevano la mia faccia?”

“Merda, si! È stato orribile!” dico sconvolto, in tono tragico.

Cid mi da una pacca sulla testa. “Grazie tante…Comunque sono passato per dirti che le ragazze hanno trovato Tobli. Hanno mandato me a dirtelo...chissà perché nessuna di loro è voluta scendere a svegliarti...” dice fra sé e sé.

“Mah, si vede che Gippal non è proprio un simpaticone...” dico io, trattenendo una risata.

Cretino…

 “Io dico che sono le donne ad essere troppo difficili. Ma dicevo: il concerto si terrà fra tre giorni alla Piana della Bonaccia” Lo guardo per un attimo. Ma mi rendo conto che onestamente adesso non me ne frega niente di quello stupido concerto, perciò taglio la discussione.

“Ah. Okay. ‘Notte.”e affondo di nuovo la testa sul cuscino.

Ma ti sembra il caso di rispondere in questo modo?! Mostrati almeno un po’ interessato, idiota! Ma tu guarda che figure mi devi far fare…

“Che palle, lasciami in pace.” Rispondo a Gippal. Solo che ho parlato ad alta voce e Cid mi guarda nuovamente con aria irritata.

“Come?”

“Non dicevo a te, Cid. Parlavo...fra me e me.” Merda. Devo imparare a controllare i miei pensieri. E tu, Gippal, ce la fai a toglierti dai piedi per almeno un giorno intero, maledizione?

Cid inarca un sopracciglio e mi guarda con aria dubbiosa.

“Allora quando ti sarai svegliato per bene, vieni in sala pilotaggio e ti daremo tutte le istruzioni per la pubblicità.” Io lo guardo stranito.

“Pubblicità?” Urgh, mi dovrò alzare da questo letto comodo per fare un favore a loro? Cid nota la mia faccia contrariata e ride diabolico.

“Ahahah, ma certo! Come si può organizzare un concerto senza che se ne faccia pubblicità? Questo concerto è pro-pace fra i membri delle Leghe, perciò è li che si deve far sapere di questo evento!” Ma come? Lo scopo del concerto è ancora questo? Quindi i capi delle Leghe, Nooj e Baralai, non sono ritornati alle rispettive basi? Questo significa che probabilmente sono da qualche parte a cercarmi...Dannazione, dovevo liberarmi di loro quando potevo. Come ho fatto a perdermi in una simile sciocchezza? No, adesso non posso scendere dall’aeronave, per nessun motivo.

“Mi sono spiegato?” La voce di Cid mi riporta alla realtà

“Uh? Ah, si certo, come no.”

“Le ragazze sono già all’opera, vedi di sbrigarti che c’è lavoro anche per te!” Ed esce, chiudendosi la porta alle spalle. Poi la riapre “E vedi di dare un’aggiustata a questa stanza, che l’hai ridotta a brandelli!” e se ne va, sbattendo di nuovo la porta. Mi guardo intorno e in effetti tutti i mobili sono sottosopra, reduci della sfuriata di ieri sera. Sospiro. Ritorno a sdraiarmi e chiudo gli occhi.

Per quanto ancora dovrò aspettare? Quando potrò raggiungere Vegnagun? Il corpo di Gippal è perfetto, ma è troppo vincolato dal legame con queste persone. Dovrò fingere ancora per molto, devo fare buon viso a cattivo gioco. Ma per quanto posso resistere se ogni volta che vedo Rikku, Gippal mi sconvolge la mente, e ogni volta che vedo Yuna sento qualcosa dentro di me, come se rivivessi i momenti con Lenne? Sto diventando diverso, sto diventando...umano.

No. Non posso. Devo cancellare Gippal prima che lui cancelli me. E la prima cosa da fare è togliere di mezzo lei...

Ma la vuoi finire? Sei ancora convinto che tu possa fare una cosa del genere con me dentro la tua testa? Questo è il MIO corpo e risponderà ai MIEI comandi, non ai tuoi, intruso.

Tsk, Gippal, Gippal...io avevo sottovalutato te, ma vedo che anche tu non hai un’alta considerazione di me. Ma ti farò subito cambiare idea: prova a fare qualcosa. Forza. Dato che sei tu a comandare questo corpo, perché non ti alzi dal letto e vai dalla tua Rikku, eh?

Non arriverai a lei tramite me, bastardo. Mi ero ripromesso già di starle lontano prima che tu entrassi nel mio corpo e adesso non dovrei nemmeno essere qui.

Ma infatti tu non sei realmente qui. Qui ci sono io. Sono io che cammino, io che parlo, io che guardo. Tu non puoi fare niente. Starai solo ad assistere inerme quando ucciderò tutti. Anzi, per Rikku ho pensato ad una morte lenta e agonizzante...

NON LO FARAI!

Lo vedi, Gippal? Stai lottando nella mia mente, ma come vedi, l’unico effetto che mi fai è un po’ di mal di testa, niente di più. Lo sento che stai cercando di muovere le braccia, le gambe. Eppure io sono qui immobile. Il corpo risponde a me, non a te. Questa è la prova che questo è diventato il MIO corpo.

BASTARDO! SEI UN MALEDETTO BASTARDO!

Oh, non ti affannare, caro Gippal. Non vorrei che ti stancassi e ti addormentassi. E sono certo che non lo vorresti nemmeno tu, dato che sarebbe per sempre...

Rido di gusto, mentre il dolore alla testa si affievolisce sempre di più fino a sparire, e con lui anche la voce di Gippal.

Ah, che bella sensazione avere la mente sgombra.

Mi metto a sedere sul letto, mi stiracchio i muscoli delle braccia e delle gambe, giusto per prendere un po’ di tempo. Sto ancora qualche minuto in cabina, poi mi decido di raggiungere Cid in sala pilotaggio. Dopo che le porte automatiche si aprono, noto che all’interno della sala oltre a Cid, Fratello, Compagno e Shinra, ci sono anche le ragazze. Entro.

“Beh?” dico, “che ci fate qua? Non eravate già all’opera?” e lancio uno sguardo torvo a Cid, che mi ha svegliato con una fretta del diavolo e adesso siamo tutti qui a guardarci in faccia.

“Cambio di programma” dice lui.

“Abbiamo saputo che Lega della Gioventù e Neoyevon si sono dati appuntamento stasera” interviene Paine. “Hanno intenzione di scontrarsi alla Piana dei Lampi.” Io sbarro gli occhi.

“Che? Alla Piana dei Lampi?? Mpf, carne arrostita in arrivo…” dico, sarcastico. Poi mi volto di nuovo verso la porta per ritornare in cabina. “Tutto a posto, allora, no? Verranno fulminati tutti e la guerra finisce qui. Abbiamo un problema in meno e Yuna si può risparmiare il suo concertino. Me ne ritorno in cabina. Bye bye!” ma non appena si riaprono le porte automatiche, vengo raggiunto da Cid e preso per un orecchio.

“Dove credi di andare, eh?” sono costretto a seguirlo di nuovo dentro prima che possa staccarmi un orecchio. “Questi giovani d’oggi, così pigri! Eppure sei un bravo meccanico!”

“Ehi, ehi, ehi, ahi! Lasciami!”

“Il concerto si farà. Stasera stesso. Alla Piana dei Lampi.” Mi lascia l’orecchio e io prendo a massaggiarmelo.

“Abbiamo deciso che sarà questa l’occasione per far cessare l’ostilità fra le due Leghe durante l’assenza dei loro capitani.” Dice Yuna. La guardo.

“Oh. Okay, buon divertimento.” Tento di nuovo di andare via ma la voce di Cid mi ferma nuovamente.

“Forse non hai capito che ci sarai anche tu!”

“Che cosa?” lo guardo sconvolto “Che c’entro io, adesso?”

“Ma è naturale, tu sarai il corpo di ballo!”

Silenzio. Tutti fissiamo l’uomo a bocca aperta. Poi lui sbuffa. “Scherzavo...”

“Oh, santo cielo, papà! Sei proprio da pestare!!” grida Rikku. E ritorna la confusione nella sala. E mentre tutti sono intenti a parlare fra di loro, mi fermo a guardare a lungo la biondina, persa in un battibecco con il padre. Continuo a fissarla in cerca di qualcosa. Ma non sento niente. Ancora mi concentro sul suo corpo e le sue gambe, così tremendamente belle. E ancora tutto tranquillo.

Dove diamine è finito Gippal?

Provo a pensare ai possibili modi di uccidere la ragazza, a come farla soffrire di più, in attesa di un doloroso mal di testa. Ma niente.

Gippal, dove sei? Ehi, dannato umano, rispondi!

Nessuna risposta. Non posso crederci. Possibile che sia scomparso? Magari è scomparso...per sempre? No...non è possibile...Io sono davvero riuscito a...cancellarlo? Ma come? Come ho fatto? Forse si è rassegnato...Quando ero ancora in cabina, prima, s’è reso conto della sua impotenza. E poi con tutte le cose che gli ho detto...ha preso consapevolezza di essere solo un ammasso di pensieri  e si è arreso. Forse involontariamente, ma si è ‘addormentato’. Ma certo. Certo...

Esco correndo come un forsennato dalla sala pilotaggio, con il volto sconvolto, gli occhi sbarrati. Corro così veloce che rischio di cadere per più di una volta prima di arrivare di fronte il grande portellone che porta sul ponte. Non appena le porte si aprono, vengo investito violentemente dal vento freddo e rischio nuovamente di cadere all’indietro. Ma mi rendo conto che sono troppo forte per cadere, in tutti i sensi. E guardando il cielo e le nuvole scorrere veloci, mi perdo in una risata fragorosa, liberatoria.

Addio Gippal.

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