Another story so.. Queer as Fiction!

di Maik
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01-We will survive. ***
Capitolo 2: *** 02-Babylon aperto agli etero. ***
Capitolo 3: *** 03-Un Natale diverso dal solito. ***
Capitolo 4: *** 04-La scommessa era destinata a fallire. ***
Capitolo 5: *** 05-L'avremmo scoperto questa notte. ***
Capitolo 6: *** 06-Due mondi a confronto. ***
Capitolo 7: *** 07-Nessuno può combattere contro ciò che è stato già deciso. ***
Capitolo 8: *** 08- L'essere umano è stato creato per cedere. ***
Capitolo 9: *** 09-Nessuno riusciva a capacitarsi. ***



Capitolo 1
*** 01-We will survive. ***


E il thumpa thumpa continua. Sarà sempre così, qualsiasi cosa accada. Chiunque sia il Presidente! Come Nostra Signora della Disco, Gloria Gaynor ci ha sempre cantato...
WE WILL SURVIVE!

La musica sovrastava qualsiasi cosa. Un figura, sempre la stessa, poggiata al bancone illuminato dal basso coi gomiti. Alzò lo sguardo tutt’intorno e buttò giù il contenuto trasparente di un bicchierino da liquore. Alzò lo sguardo sul barman, sorridendo sghembo.

-Grazie, Jason.-

-E’ un piacere, signor Kinney.-

Jason sorrise malizioso e la figura alta e slanciata distolse lo sguardo, con lo stesso sorriso sghembo di poco prima.

-Il piacere è tutto mio, Jason-  Rispose allontanandosi dal bancone. Trasse fuori dalla tasca posteriore dei jeans scuri un flaconcino e se lo avvicinò al naso. Immobile, in prossimità della pista, tirò su col naso, chiudendo poi gli occhi. Fece ricadere le braccia lungo i fianchi, lo sguardo verso l’alto. I miracoli del popper. Abbassò lo sguardo sulla pista. Uomini, solo uomini. A dorso nudo, oppure con una maglietta a rete. Aggrottò la fronte. Nessuna faccia nuova. Poi sentì uno strattone, qualcuno gli aveva afferrato la camicia nera senza maniche. Si voltò verso destra, intontito.

-Brian! E’ la nostra canzone!-

Un viso familiare. Brian sorrise: Michael. L’amico di sempre. L’unico che probabilmente non l’avrebbe mai abbandonato. Almeno, ancora non l’aveva fatto. Si voltò verso la pista da ballo. Riconobbe la canzone solo in quel momento: Proud. Sì, era la loro canzone. Non rispose, non disse una parola. Afferrò l’amico per un braccio e lo trascinò su uno dei cubi al centro della pista. Come faceva sempre, come avrebbe continuato a fare con Mickey al proprio fianco. Salì per primo ed aiutò poi il moro a salire con lui. Si misero a ballare. Brian alzò la testa verso le luci, a tempo di musica. Le braccia andarono a posarsi sulle spalle di Mickey. Come in un flash tornò a tre addietro. Solo tempo. Il tempo però gli continuava a scorrere tra le mani, come sabbia. E non riusciva ad afferrare più nulla che non fosse ripetitivo. Abbassò lo sguardo sull’amico, sorridendo. Mickey gli rese il sorriso. Poi qualcosa o qualcuno entrò nel campo visivo di Brian. L’uomo si voltò di scatto verso sinistra, strabuzzando gli occhi. Qualcosa di biondo chiaro. Una pugnalata alla bocca dello stomaco. Fece un passo indietro, staccandosi da Michael. L’altro si voltò verso la stessa direzione di Brian e vide anche lui un ragazzo basso, mingherlino e biondo. Ma non quel ragazzo mingherlino e biondo. Michael si voltò di scatto verso Brian, prendendolo per le spalle.

-Non è Justin.- Disse con sicurezza, fissando gli occhi vuoti di Brian, immobile al centro del cubo. Scosse un attimo Brian, che battè le palpebre due volte. Trattenne il respiro un secondo, guardando Michael. -Non è Justin.-  Ripeté Mickey. Brian aggrottò la fronte, grugnendo qualcosa. Si divincolò da Michael e saltò giù dal cubo, senza guardarsi alle spalle.

 

-Dove cazzo eri finito ieri sera?- Un tornado entrò nella tavola calda, facendo voltare tutti i presenti. Tranne uno. Brian rimase, stretto nel suo cappotto nero, a fissare bacon ed uova strapazzate. –Ti ho cercato tutta la sera!- Ancora il volto basso, senza girarsi a guardare Michael, che nel frattempo si era seduto sullo sgabello alto accanto a lui. Michael abbassò la cerniera della giacca corta e scura, levandosi poi guanti e sciarpa di lana. –Brian?- Ancora nessuna risposta e l’amico era immobile. Era tanto tempo che non lo vedeva in quello stato ed il Brian depresso non gli era affatto mancato. Allungò una mano verso Brian, scuotendolo dolcemente. –Brian! Ehi, dico a te!-

Brian si voltò di scatto, con gli occhi in fiamme. Detestava quando Mickey insisteva. –Dove cazzo volevi che fossi? Ero nella dark room a fottere! Problemi, Michael?- Sbraitò Brian, scattando in piedi. Lasciò i soldi sul bancone, senza aver toccato cibo. Lanciò uno sguardo fulminante a Michael ed uscì dalla tavola calda. Uscendo per poco non travolse un’altra figura familiare, che fece in tempo a scansarsi. La figura alta e slanciata strabuzzò gli occhi celesti, arricciando le labbra. Entrò nella tavola calda e riconobbe Michael. Si sedette al posto di Brian, togliendosi gli occhiali da sole.

-Era più furioso del solito o sbaglio?-

-Non sbagli.-

Michael abbassò lo sguardo sulle proprie mani, posate sul bancone. Prese di prepotenza la colazione di Brian ed iniziò a mangiare controvoglia. Gli sembrava semplicemente un peccato.

-Sempre per la stessa cosa?- Chiese Emmett, dopo aver ordinato un cappuccino. Michael annuì con la testa e basta. Emmett corrugò la fronte. –Prima o poi passerà.- Concluse, fiero di sé. Arrivò il cappuccino.

-Lo spero. Ma non per lui. Per me!- Si voltò verso Emmett, buttando giù una forchettata di uova strapazzate. Gli occhi marroni spiritati. Sembrava davvero esausto. –Non posso passare le notti ad inseguirlo per il Babylon!-

Emmett fece spalluccia. Ormai il Babylon non era più un suo problema. Aveva trovato l’amore che durava da tre anni ormai. Cosa poteva desiderare di più? Prese un pezzo di pane tostato tra indice e medio e, guardando Michael di sottecchi, se lo portò alle labbra. Avevano entrambi l’espressione dubbiosa. Pensierosa. Michael aveva il viso rivolto verso il piatto e continuava a mangiare. Emmett fissava l’amico. Poi un’idea. Emmett sorrise, pulendosi le mani entusiasta.

-Sai di cosa ha bisogno il caro Brian per rimettersi in carreggiata?- Si voltò verso l’amico, indicandolo con entrambi gli indici, sorridente. Michael alzò un sopracciglio, mandando giù un sorso di succo d’arancia.

-Justin?- Propose. Emmett lo folgorò con gli occhi chiari, posando le mani sul bancone e rimanendo voltato a tre quarti, con le gambe accavallate.

-E’ proprio questo il punto! Deve levarsi dalla testa Justin. E come può fare?- Michael scosse la testa, troppo preso dalle farneticazioni di Emmett per proporre qualcosa. Attese con la forchetta a mezz’aria. Emmett alzò gli occhi al cielo, chiedendosi a voce bassa perché fosse lui l’unica fonte di luce in una città così grigia. Michael lo folgorò ed Emmett continuò le farneticazioni. –L’unico modo che Brian ha per rimettersi in piedi è scopare!-

Michael scosse la testa. –Lo sai com’è fatto lui! Mai nessuno due volte. E se li è già fatti tutti!- Guardò Emmett e sorrise di sbieco. –Gli errori si fanno una volta sola, lo sai.- Scosse la testa e buttò giù l’ultima forchettata di bacon insieme al pane.

-E noi organizziamo una festa!- Propose battendo le mani una contro l’altra, raggiante. –Abbiamo un locale intero a nostra disposizione! Il Babylon!- Aggiunse notando l’espressione interrogativa di Michael.

-Dimmi che non hai in mente nulla!- Supplicò Michael. Ma Emmett era già scattato in piedi, prendendo la propria borsa e posandosela sulla spalla destra. Prese gli occhiali da sole e se li posò sul naso, tenendoli bassi.

-Scusami, ma ho da fare.- Salutò Michael con un sorriso, spingendo gli occhiali in cima al naso e prendendo il cellulare dalla tasca della giacca di pelliccia. Michael rimase da solo a fissare il piatto ormai vuoto e sperare che il Terribile Organizzatore di Eventi non avesse già le idee chiare.

 

Pausa pranzo. Aprì per l’ennesima volta la casella di posta elettronica e per l’ennesima volta la trovò vuota. Ringhiò e sbatté il mouse ad infrarossi sulla scrivania trasparente. Spense il computer e si voltò di centottanta grandi con la sedia. Posò le mani sui braccioli e la testa allo schienale, scivolando lentamente. Gli occhi chiusi. Erano passati anni, ma dentro sentiva ancora bruciar qualcosa. Come in attesa. Allargò leggermente le gambe, inspirando rumorosamente. Sentì bussare alla porta e rimase immobile, come sperando di non esser stato visto.

-Brian?- Sentì chiamare una voce familiare, rauca. Si voltò sfoggiando un sorriso ironico ed al contempo stanco. Posò i gomiti sulla scrivania ed intrecciò le dita, osservando Ted con la testa leggermente inclinata a sinistra. Ted alzò un sopracciglio, guardandolo interrogativo. –Dovresti firmare qui.- Posò dei fogli sulla scrivania ed osservò Brian. Si muoveva in modo normale, agiva in modo normale. Alla “Brian Kinney”, insomma. Eppure Emmett era sembrato così allarmato. Prese i fogli che Brian gli porgeva. Sorrise, voltando le spalle all’amico e principale.

-Ted. Torna qui un attimo..- La voce bassa di Brian sembrò quasi tuonare nel silenzio dell’ufficio deserto in pausa pranzo. Ted si voltò e tornò indietro. Brian gli fece cenno di sedersi e Ted eseguì, con l’espressione interrogativa ed un po’ preoccupata. –C’è qualcosa che non va Ted.- Iniziò Brian. Lo sguardo fisso sulle proprie dita intrecciate ed immobili. Ted si sistemò sulla poltrona, posando i fogli sulla scrivania. Aggrottò la fronte, tenendo lo sguardo fisso su Brian. Erano anni che “c’era qualcosa che non andava”.

-Che ti succede, Brian?-

Brian alzò la testa, guardando l’amico di sottecchi. Batté le palpebre qualche volta, inumidendosi le labbra con la punta della lingua. Abbassò di nuovo lo sguardo. –Voglio tornare ad essere quello di anni fa, ma non ci riesco.- Ted alzò un sopracciglio interrogativo. Aspettando che l’altro continuasse. Ma dalla bocca di Brian non usciva più nulla.

-Non.. Scopi più Brian?- Se così fosse stato, la cosa era diventata preoccupante. Estremamente preoccupante. Per Brian Kinney il mondo era sesso. Senza quello non si muoveva nulla. E vedersi cadere così tutte le proprie convinzioni doveva esser stato un brutto colpo per Brian.

-Non è questo il punto. Certo che scopo, Ted!- Brian alzò le mani dalla scrivania, poggiandosi con la schiena alla sedia. Alzò gli occhi verso il soffitto, come esasperato. Sospirò ancora una volta. Guardò Ted, che lo stava osservando con lo sguardo di chi si chiede quale sia il punto. -Ho voglia di qualcosa di nuovo.-

-Hai provato il sesso sadomaso?-

Brian agguantò la penna che aveva di fianco e la lanciò contro Ted con violenza. Lo prese ad un braccio, mentre cercava di recuperare i fogli che Brian aveva firmato poco prima. –Corri o la prossima cosa che ti colpirà sarà la tazza!- Prese in mano la tazza che utilizzava per il caffè e la alzò sopra la testa. Ted uscì dall’ufficio di Brian a gambe levate.

 

-Sarà lui stesso a chiedermelo! Vedrai.- Emmett sembrava sicurissimo di sé. Percorreva Liberty Evenue con Michael, diretto verso la palestra. Era pomeriggio inoltrato. Stranamente Michael sperava tanto, con tutto se stesso, di non vedere Brian in giro quel pomeriggio. Emmett avrebbe fatto di tutto per convincerlo che aveva bisogno di una festa. E, Michael ancora non aveva capito come mai, ma quando c’erano di mezzo le feste di Emmett succedeva sempre qualcosa. Michael ed Emmett entrarono nella palestra e subito Emmett sorrise giocondo. –C’è Brian.- Annunciò. Michael sospirò e si avviò verso lo spogliatoio senza alzare lo sguardo dal parquet.

Non seguì i movimenti di Emmett e così si trovò in palestra dopo di lui. Non si guardò attorno, ma si diresse tranquillamente verso il bilanciere. Lì trovò Ben ed Hunter che si allenavano. In poche parole ed alla rinfusa spiegò l’idea di Emmett, definendola malsana ed insensata. Ricevette una risata da parte di Hunter ed un’alzata di spalle da parte di Ben. Ancora più inviperito andò verso gli attrezzi. Trovò Brian che, come se nulla fosse accaduto quella mattina, gli si avvicinò per salutarlo. Subito accorsero Ted ed Emmett, raggianti. Brian prese Michael per le spalle, voltandosi verso Ted.

-Un mio caro assistente..- Iniziò fissando prima Michael e poi Ted. –Mi ha fatto notare che sarebbe il caso di fare qualcosa di nuovo, ogni tanto.- Sorrise sghembo, avvicinando le labbra alla tempia di Michael. Osservò di sottecchi gli altri due, specialmente Emmett.

-Hai optato per il sado?- Propose Ted raggiante, mettendosi l’asciugamani dietro il collo. Emmett e Michael si voltarono a guardarlo disgustati. Brian si limitò a folgorarlo, rimpiangendo di non avere tazze a portata di mano. –No, niente sado.- Lasciò Michael ed aprì la bottiglietta d’acqua.

–Rinnovo il Babylon.- Sentenziò, sorridendo sghembo. Bevve un sorso d’acqua, osservando i tre amici davanti a sé. Sorrise, alzando leggermente il mento, mordendosi il labbro inferiore. –Lo apro anche agli etero.- Michael strabuzzò gli occhi, ed Emmett spalancò la bocca. Ted deglutì rumorosamente.

-Come puoi? Il Babylon è il nostro regno! La nostra discoteca..-

Brian si voltò verso Michael, folgorandolo. C’erano troppi ricordi là dentro. Ed andavano cancellati.

-Ed i miei soldi.- Voltò le spalle e si avviò verso gli spogliatoi. Michael e Ted si voltarono verso Emmett, come se fosse lui la causa di tutto.

-Complimentoni, Emmett! Gran bella idea.- Sentenziò Ted tra i denti, allontanandosi, diretto verso il bilanciere. Michael rimase a fissare Emmett in silenzio.

-Magari ti chiederà di organizzare la festa per la riapertura!- Voltò le spalle e sparì anche lui.

Era come se una biblica minaccia avesse appena deciso di puntare Pittsburgh, in particolare Liberty Evenue. Emmett aveva convinto Ted a parlare con Brian, convincerlo a fare qualcosa di nuovo. Ma nessuno si sarebbe mai aspettato una cosa simile da Brian. Brian Kinney, l’eterofobo. Non poteva stare in piedi: il Babylon aperto agli etero. I gay sarebbero scappati a gambe levate da quel posto.

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Capitolo 2
*** 02-Babylon aperto agli etero. ***


Fu così che il mondo ci cadde addosso. Come sempre c’era il suo zampino.

Poche parole di Brian Kinney bastarono a sconvolgere i nostri mondi.

BABYLON APERTO AGLI ETERO.

-No, dai. E’ improponibile. Infattibile!- Erano passate settimane, eppure Brian ancora non aveva accantonato quel suo progetto ritenuto ridicolo da tutti i suoi amici. Ted spense la tv, esasperato, avvilito. Si voltò verso la cucina. –La cosa peggiore è che mi sento in colpa!- Fissò il biondo che teneva le spalle contro il frigorifero. Blake sorrise, scuotendo lentamente la testa, sorridendo ironico.

-E’ il suo locale, lascia che faccia ciò che desidera.- Blake alzò le spalle, sorridendo. Lui era fatto così: lasciava libero spazio agli altri, lasciava libertà d’azione. Secondo lui era più che politicamente corretto che fossero le persone stesse a rendersi conto dei propri sbagli, non che venisse loro imposto di non agire in un determinato modo. Così facendo, del resto, il mondo sarebbe stato completamente svuotato dai gay! Si avvicinò al divano, mettendo le mani sul dorso di questo, inclinandosi in avanti. Abbassò il volto verso Ted, che lo guardava dal basso. –Stai tranquillo. Brian è pazzo, non stupido!- Ridacchiò, dando poi un bacio al proprio fidanzato. Fece il giro del divano, andandosi a sedere accanto a Ted. –Parliamo di cose serie, piuttosto!- Sorrise, mettendo il braccio destro sulla spalliera del divano, rivolto verso l’altro. Ted inclinò la testa, guardandolo un attimo. Alzò un sopracciglio, interrogativo. –Che facciamo a Natale? Non manca poi tanto!- Alzò le sopracciglia, guardando Ted, con mezzo sorriso disegnato sulle labbra.

Ted fece mente locale: -Mancano solo… Quindici giorni?!- Si voltò di scatto verso Blake. Non poteva essere. Era già un mese che Brian farneticava circa il Babylon? Ted fece spalluccia. Non ne aveva idea. E non gli interessava più di tanto, forse.

Blake scosse la testa, sorridendo sarcastico. –Se non ci fossi io, passeresti il Natale da solo con una scatoletta di tonno!- Ted abbassò la testa, ridacchiando. Per un attimo fu tentato dal rispondere “O al Babylon!” Ma poi si accorse che il Babylon era momentaneamente chiuso. –Ho chiamato Debbie. Ha invitato tutti noi a casa sua il 24 notte.- Ted sorrise. Ci sarebbero stati tutti. Peccato che però..

-Ma siamo tutti accoppiati! Io e te..- Iniziò a contare sulle dita, osservandosi le mani. –Mickey e Ben. Debbie e Carl… Emmett e Calvin.. Mel e Liz!- Si voltò verso Blake con gli occhi sgranati, quasi intimorito. –Brian sarà da solo!-

Blake sbuffò, infastidito. Effettivamente non ci aveva pensato minimamente. –Figurati se Brian se ne farà un problema! C’è comunque suo figlio, non te lo scordare!-

Ted distolse lo sguardo. Non lo convinceva molto il fatto che Brian si trovasse a cena solo con coppie e bambini. Si sarebbe trovato a disagio e sarebbe fuggito via prima della fine. Ne era certo. Inspirò profondamente. Anche se magari la presenza di Gas lo avrebbe tenuto un po’ di più.

-Ci toccherà comprare regali per tutti!- Si voltò verso Blake, implorante. Non aveva voglia di perdere la testa dietro ad orologi o roba simile. Detestava proprio fare i regali, non gli piaceva come idea.

-Andremo a comprali insieme!- Acconsentì Blake, alzando gli occhi al cielo. Ted sorrise e lo spinse contro il bracciolo del divano, iniziando a baciarlo. Adorava quando Blake afferrava al volo le cose. Adorava Blake, in ogni suo atteggiamento. La sua sola presenza gli infondeva una calma che non aveva mai neppure osato immaginare.

 

-Hunter!- Una voce femminile, acuta. Hunter stava parlando con due compagni di corso, poggiato contro la propria auto, quando sentì una voce chiamare il suo nome. Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille. Gettò via la sigaretta, buttando fuori il fumo. Sorrise appena, riconoscendo la ragazza che gli stava correndo incontro. Lunghi capelli scuri, coperti da un cappello di lana ed una sciarpa dello stesso colore. La borsa a tracolla le sbatteva contro il fianco destro. Arrivata vicino ad Hunter, gli saltò al collo, stampandogli un sonoro bacio sulle labbra.

-Katie, non sarai troppo poco rumorosa?- Rise un ragazzo, alto e dalle spalle larghe. Katie si voltò verso di lui, folgorandolo.

-Fottiti!- Ringhiò, finta offesa.

-Sempre troppo poco.- Rispose alla domanda del ragazzo un’altra ragazza. Capelli corti, sotto il mento. Lisci e biondi. Niente cappelli, niente sciarpe. Solo una corta giacca lucida nera. Ed occhi profondi, nocciola. Labbra sottili ed un sorriso sarcastico su di esse.

-Fottiti anche tu, Flavia!- La rimbeccò l’amica.

Katie si voltò estatica verso Hunter: -E’ vero? Eh? E’ vero?- Hunter corrugò le sopracciglia, Flavia sbuffò e mandò gli occhi al cielo, intrecciando le braccia sul petto. –Il Babylon! E’ vero? Diventa una discoteca etero?- Hunter annuì, mettendo un braccio attorno alla vita di Katie, sorridendo. Katie battè le mani una contro l’altra, più volte. Come dei piccoli applausi tutti per sé.

–Dobbiamo andarci, allora!-

-Io non ci ballo coi froci!- Rispose immediatamente l’atro compagno di Hunter. Si beccò una gomitata nel fianco da parte di Flavia.

-Stronzo insensibile. Si dice gay!- Il ragazzo si voltò di scatto verso Flavia, abbassandosi per guardarla in faccia.

-Ok.. Io non ci ballo coi gay!- Scimmiottò la ragazza, facendole una smorfia. –Il Babylon diventa un locale aperto anche agli etero, non etero! Vuol dire che i gay ci saranno comunque!- Rincarò la dose. Flavia si voltò verso il ragazzo, salendo sulle punte dei piedi. Era troppo mingherlina anche per essere bassa. Con quei capelli biondi e lisci sembrava una piccola bambola di porcellana. Alzò l’indice destro puntandolo sul giovane.

-Finalmente otterresti ciò che vuoi. Fartelo succhiare da un uomo, dato chele donne preferiscono la clausura piuttosto che stare con te!- Ridusse gli occhi a due fessure ardenti.

-Non dicevi così l’anno scorso!- Sorrise sarcastico il ragazzo, avvicinando il proprio volto a quello di Flavia. Ma si beccò soltanto un sonoro malrovescio. Flavia voltò le spalle e si diresse verso la propria macchina. Hunter si guardò con Katie e fece cenno alla propria fidanzata di seguire l’amica. Katie partì, tirando una spallata al ragazzo, senza guardarlo in faccia. Hunter si voltò, e fece per salire in macchina insieme all’altro compagno di corso, poi si voltò verso il terzo ragazzo, quello che aveva avuto il diverbio con Flavia.

-No, Matt. Gli stronzi omofobi stupratori non salgono nella mia macchina.- Lo guardò ed entrò in macchina, chiudendo lo sportello. Si voltò verso Steve, il moro che era entrato in macchina con lui. –Non mi è mai stato simpatico.- Disse, accendendo il motore.

Steve rise e posò la testa contro il sedile dell’automobile. –Neppure a me.-

 

-E’ un mese e mezzo che ci lavorano!- Michael guardò il riflesso di Brian nella vetrina del negozio addobbato per Natale. Brian sospirò rumorosamente, tirando dalla sigaretta accesa. Alzò gli occhi al cielo ed allargò le braccia. Le buste che aveva in mano dondolarono un attimo nell’aria gelida di Liberty Evenue.

-Ti sembra abbia in mano pittura e calce struzzo? Non è mica colpa mia!- Rispose sgranando gli occhi. Sbuffò e precedette l’amico lungo la strada. Mancavano quattro giorni a Natale. Quello era l’ultimo giorno di spese. E come sempre si erano ridotti all’ultimo minuto. Brian si guardava attorno, osservando le vetrine. Gli mancava ancora il regalo per Gas. Aveva in mente qualcosa, ma era solo vaga. Si voltò per chiamare Michael, ma venne travolto da qualcuno. Si voltò di scatto, folgorando chiunque fosse. Si trovò davanti uno scricciolo di ragazza dai capelli biondi e corti. Gli occhi nocciola lo fissavano implorando di non farle del male.

-Mi scusi!- Disse a voce bassa, sorridendo appena.

-Flavia!- Un’altra voce arrivò squillante, completamente contrapposta a quella della giovane bionda. La ragazza si voltò con gli occhi ancora imploranti, Brian guardò senza difficoltà oltre la testa bionda. Un’altra ragazza, dai capelli lunghi ed a boccoli le corse incontro, tenendo strette due borse di Prada. –Ma riesci a non fare danni per qualche minuto?- La mora alzò lo sguardo sull’uomo con il quale si era scontrata l’amica. –La perdoni.. E’ così sbada..- Poi spostò lo sguardo accanto a Brian. –Signor Novotny!-

Michael focalizzò la ragazza e sorrise: -Katie! Che ci fai da queste parti?-

Katie diede due baci sulla guancia a Michael, sorridente. –Ho accompagnato la mia amica a fare compere da Prada! C’è fissata!- La bionda abbassò lo sguardo, quasi imbarazzata. Era uno dei suoi difetti. Se doveva spendere soldi, amava spenderli in grande. Brian gettò via la sigaretta.

-Non è un delitto, sai?- Alzò un sopracciglio, fissando la ragazza, che alzò gli occhi da cerbiatta nei suoi. –Non hai ucciso nessuno!- Ridacchiò. –Brian Kinney.- Porse la mano.

Flavia alzò un sopracciglio, quasi turbata. –Flavia Perez.- Strinse la mano di Brian, scrutandolo. Alzò completamente il volto. –Non è per quello.. E’ che detesto conoscere persone perché ci vado a sbattere contro.- Sorrise sghemba, spostando lo sguardo su Michael e presentandosi anche a lui.

Katie le porse le borse e sorrise a Michael. –Flavia ed io andiamo a prenderci un caffè da Hunter… Buone spese!- I quattro si salutarono e le due ragazze si avviarono lungo Liberty Evenue, senza voltarsi indietro.

Brian le seguì con lo sguardo, per poi voltarsi verso Michael. –Signor Novotny?!- Chiese, alzando un sopracciglio.

-E’ la fidanzata di Hunter!- Rispose soddisfatto Michael, precedendo Brian lungo la strada. Brian scosse la testa, sorridendo sarcastico. Senza fare troppo caso a Michael entrò nel negozio di Prada, quello in fondo alla strada. Era appena oltre il confine di Liberty Evenue.

Passarono lì dentro quasi un’ora e Brian finì con lo svaligiare il negozio. Appena fuori, Michael si voltò infuriato verso l’amico. –Pensavo fossimo usciti per comprare regali agli altri!-

-Se non faccio una buona dose di acquisti per me, non riesco ad avere abbastanza buonumore da spendere soldi per altri!- Spiegò Brian, prendendo il pacchetto di sigarette dalla tasca interna del cappotto nero.

-Brian?- La sigaretta rimase a mezz’aria e gli occhi dell’uomo si spalancarono. Si voltò di scatto, riconoscendo la voce.

-Jennifer!- Disse Brian, abbassando la sigaretta. Andò incontro alla signora bionda e distinta che lo stava raggiungendo. La salutò e lo stesso fece Michael. –Come mai da queste parti?- Si guardò con finta nonchalance attorno, segretamente preoccupato.

-Sono venuta a salutare Debbie e ad organizzare le ultime cose per la cena di Natale.- Sorrise, osservando i due uomini davanti a sé.

-Quindi ci sarà anche lei!- Disse Michael, indicandola con la mano e continuando a sorridere. Gli faceva sempre piacere rivedere Jennifer. Era Justin che odiava. Jennifer annuì e chiese se ci sarebbero stati anche loro.

-Sì, entrambi.- Rispose sicuro Brian, guardandola negli occhi. Jennifer ne fu lieta. Li salutò e poi si avviò lunga la strada, a piedi. Michael si voltò verso Brian, sbalordito.

-Ma se avevi detto che avresti fatto solo un salto!-

-Ci sarà mio figlio. Avrò pur il diritto di stare con lui a Natale!- Alzò un sopracciglio, sorridendo a Michael. Ma quello era il suo solito sorriso di facciata. Quello tirato, a labbra unite. Quello di quando si imponeva di tacere.

-No tu non vieni per Gas!- Rispose Michael, iniziando ad inseguire Brian lungo Liberty Evenue. Riuscì a raggiungerlo per un pelo, scansando alcuni uomini. Indicò l’amico con l’indice sinistro, guardandolo un cagnesco, adirato. –Non mentirmi, Brian!- Disse a voce alta, riducendo gli occhi a due fessure. Ma Brian continuava a non rispondere, camminando a testa alta lungo la strada. Aveva qualcosa di freddo nello stomaco, qualcosa che lo metteva in agitazione e lo avvertiva. Ma non riusciva a definire bene ciò che sentiva. Non ancora.

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Capitolo 3
*** 03-Un Natale diverso dal solito. ***


Ed ormai c’eravamo. Il Natale tanto atteso era arrivato. Finalmente.

Ma neppure immaginavamo ancora che cosa stava per accadere, quella notte.

UN NATALE DIVERSO DAL SOLITO.

Una luce soffusa illuminava tutto l’ambiente circostante. Un albero addobbato di rosso ed oro stava in un angolo e sotto di questo pacchi e pacchetti incartati e colorati. Gli invitati c’erano già quasi tutti. Chi con lo spumante in mano, chi con qualche panino da aperitivo. E le risate che inondavano il pian terreno della villetta di Debbie e Carl. Con la padrona di casa che rimbalzava da un capo all’altro del salotto, per salutare tutti, per scambiare una parola con tutti. Tutti vestiti a festa, eleganti. L’occasione e Debbie lo pretendevano. Con Carl che chiacchierava amorevolmente con Blake e Ted. Emmett, Calvin, Michael e Ben facevano gruppo a loro. Brian vagava per il salotto. Hunter era andato a prendere Mel, Liz ed i bambini. Brian si avvicinò alla porta che dava sul giardino. Lì stava il regalo di Gas. Sotto l’albero invece quello per Jennyrebecca. Bevve un sorso di spumante e poi sentì il campanello suonare. Erano arrivati. Posò il bicchiere a metà su un tavolinetto. Debbie corse insieme a Michael alla porta. Brian rimase in disparte, posato contro la porta che dalla cucina dava in salotto. Sorrideva leggermente nel vedere Melanie con i capelli lunghi e lisci, Liz invece che li portava legati dietro la nuca. Jenny passò dalle braccia della madre Mel in quelle del padre, Michael. Poi sentì una voce squillante.

-Papà?- Sorrise felice nel sentire quella voce cristallina. Poi vide uno scricciolo imbacuccato con sciarpa, cappello, guanti e piumino corrergli incontro a braccia aperte. Si abbassò, sorridendo.

–Papà!- Gas gli si tuffò tra le braccia, stringendolo per il collo. Brian si tirò in piedi, affondando il volto nella sciarpa del figlio, sempre più simile a lui. Lo allontanò un attimo, per osservarlo in volto.

-Ehi, ometto!- Gli stampò un bacio sulla guancia paffuta e poi sentì la voce di Liz chiamarlo. La bionda si avvicinò, sfilandosi il cappotto scuro. Diede un leggero bacio sulle labbra a Brian, raggiunta da Mel, che diede all’uomo due baci sulle guance, spettinando i capelli a caschetto di Gas.

-Lo sai? Gas ha una fidanzatina!- Rise Mel, dando un buffetto sulla guancia del bambino, che affondò il viso nel petto largo del padre.

-Oh no!- Ridendo si ritrasse col bambino in braccio, tenendogli la testa con una mano. –Michael! Attento a tua figlia, potrebbero fartela diventare lesbica!- Disse allarmato, ma sorridendo. Michael si voltò verso Brian, interrogativo, così come gli altri presenti. –Mi hanno fatto diventare etero Gas!- Spiegò sgranando gli occhi, guardando le due donne. Emmett scoppiò a ridere in contemporanea con Michael e Debbie, che scosse la testa. Mise Gas a terra, che scappò verso l’albero di Natale, con Liz dietro che tentava di togliergli la giacca. Brian si avvicinò a Michael, prendendo in braccio Jenny, che gli sorrise felice di rivederlo. –Da’ un bel bacione allo zio?- La bimba rise, avvicinandosi al faccione di Brian e dandogli un bacio sulle labbra. Brian rise, stringendo la bambina a sé e guardando Michael. –Jennyrebecca è a posto: le piacciono gli uomini!- Altre risate di tutti, con Hunter che finalmente si decise a chiudere la porta. Altri saluti ed abbracci. Brian si mise sul divano, insieme a Jenny e Gas.

Liz seguì Debbie in cucina, per andare a sistemare il dolce che aveva preparato: -Ci siamo tutti?- Debbie abbassò lo sguardo, prendendo un coltello dal cassetto delle posate.

-No, manca Jennifer.- Sorrise, iniziando a tagliare il dolce. Liz corrugò la fronte e guardò Mel che era appena entrata nella cucina. –Sì, la madre di Justin…-

-La madre di Justin?- Chiese Mel, che non aveva sentito tutto il discorso, ma solamente quella puntualizzazione di Debbie.

Debbie annuì, iniziando a tagliare il dolce. Con attenzione meticolosa, senza alzare lo sguardo dal vassoio. Mel e Liz si guardarono interrogative e sospettose. Come se sentissero puzza di bruciato.

 

-Ma sei sicura?- Lo sportello del guidatore si chiuse. La donna alzò gli occhi al cielo, sbuffando esausta. Folgorò il ragazzo che aveva davanti. Chiuse lo sportello del passeggero e si avviò verso la veranda della villetta. Si voltò e fece cenno di raggiungerla. Un gesto stizzito, con gli occhi spalancati. Quando furono entrambi sulla veranda, la donna suonò il campanello, nello stesso istante il ragazzo si voltò verso l’auto scura parcheggiata lì davanti.

-Ma potrò lasciarla lì?- Appena ebbe finito la frase, vide tutto attorno a sé illuminarsi. La porta era stata aperta.

 

Liz stava per ribattere a Debbie, quando venne suonato il campanello di casa. Uscì dalla cucina con Debbie, che strillava al figlio di aprire la porta. Liz vide Gas saltare giù dal divano e correre verso la porta di ingresso: -Gas, no!- Scattò anche lei, raggiungendo la porta. Prese il figlio per un braccio, mentre Michael, sorridendo ancora ad Emmett, apriva la porta.

Immobile. Il cuore di Michael restò immobile per un attimo. Lo sguardo andò oltre la figura della donna bionda che lo salutò con un bacio sulla guancia sinistra ed entrò in casa. Rimase di sasso, riconoscendo quei capelli biondi lisci, portati lunghi, poco sopra la spalla. Le spalle non troppo larghe, il cappotto nero che ricadeva morbido, coprendo un corpo snello. E poi il giovane lì fuori si voltò. E quegli occhi Michael li avrebbe riconosciuti ovunque, addosso a chiunque. La bocca si aprì un po’, mentre il ragazzo là fuori mise le mani nelle tasche del cappotto. La voce di Debbie superò il frastuono generale per l’arrivo di Jennifer: -Raggio di sole!-

Brian si era alzato dal divano quando Gas era schizzato verso la porta, cercando di prenderlo, ma Jennyrebecca lo chiamò indietro, perché voleva scendere dal sofà. Brian la prese in braccio e si avvicinò a salutare Jennifer, dandole un bacio sulla guancia ed augurandole buon Natale. Poi la voce di Debbie gli aprì il petto in due, tirandone fuori qualcosa che non sentiva battere da un po’. Si voltò di scatto, sentendosi improvvisamente sbiancato.

-Ciao, Michael..- La stesa voce di sempre, forse solo un po’ più roca e bassa. Più da uomo e meno da ragazzino che era sempre stato. Michael lo guardò fisso negli occhi: -Che cazzo ci fai qui?-

Justin si ritrasse, inclinando la schiena all’indietro. Stava per ribattere, quando Debbie gli piombò addosso, abbracciandolo forte. Chiedendogli a raffica come stesse, cosa avesse fatto per tutto quel tempo. Lo trascinò in casa, perché tutti lo potessero salutare. Gli andarono incontro tutti. Solo i due bambini rimasero in disparte. Gas attaccato alle gambe e Jenny al collo di Brian. Guardavano interrogativi quel ragazzo del quale non si ricordavano. Solo Gas alzò lo sguardo sul padre:

-Ma è Justin?- Qualcosa forse si ricordava, ma solo vagamente. Brian restò immobile, annuendo muto. Teneva lo sguardo fisso su Justin, osservando come rideva, come rispondeva alle domande delle persone attorno a lui. Come fosse diventato il miglior omosessuale che avesse mai conosciuto.

Che ci vediamo il prossimo weekend, e il prossimo mese..

 O mai più.. Non importa.

E' solo tempo.

Solo tempo. Parole che gli rimbombavano in testa da tre anni. Non ce la faceva più a risentire la propria voce che lo ripeteva. E Justin Taylor era di nuovo lì. Nella sua stessa stanza ed ancora non gli aveva rivolto la parola. Melanie gli si avvicinò, prendendo Jenny dalle sue braccia. Lo guardò, voltando le spalle al capannino: -Va’ a salutarlo.- Disse piano e Brian si riscosse, come se avesse desiderato quelle parole da quando il biondo aveva superato la soglia della villetta. Michael vide Brian annuire a Melanie e si avvicinò a Justin: -Scusami per prima.-

Justin si voltò e sorrise all’altro. –Sta’ tranquillo.. E’ più che comprensibile.- Poi notò Michael alzare lo sguardo. Si voltò. Brian.

Un tuffo al cuore. Deglutì a vuoto, sentendo gli occhi di Brian nei propri. Gli altri pensarono bene di dileguarsi, tornando a sparpagliarsi, lanciando un’occhiata nascosta ai due. Anche Michael si allontanò, tornando da Mel, Ben ed Hunter. Brian e Justin rimasero immobili a guardarsi per qualche minuto. Brian teneva gli occhi fissi su Justin, il biondo distoglieva lo sguardo, sorridendo di tanto in tanto a chi lo guardava.

-Bentornato.- Justin si voltò di scatto. La voce di Brian, bassa e seducente, gli arrivò alle orecchie come lame.

-Grazie.- Bisbigliò appena, abbassando lo sguardo.

Brian intrecciò le braccia al petto, osservando Justin. La fronte leggermente corrugata, gli occhi che nascondevano un tornado che giaceva sotto il suo petto.

-Quanto rimarrai?- Justin alzò lo sguardo, fissandolo negli occhi. Brian intravide Michael ed Emmett voltarsi a guardarli. Erano preoccupati, tremendamente preoccupati. Temevano Brian avesse in mente qualche follia. Che stesse tramando qualcosa di losco.

-Non parto più.- Disse piano, quasi con la paura di una qualsiasi reazione.

Brian inspirò profondamente e superò Justin, diretto verso la porta d’ingresso, l’aprì ed uscì fuori, senza neppure la giacca addosso.

Aveva voglia di sentire il gelo entrargli nelle ossa, magari si sarebbe svegliato. Non sapeva se era un incubo oppure un sogno, quello. Per quanto tempo aveva desiderato sentirsi dire una cosa simile? Quanto? E adesso, adesso che sentiva quelle parole uscire dalla bocca di Justin, non ci credeva. O forse non voleva crederci. Per non finire per lo stare come era già successo. Allora forse aveva sempre fatto bene a non esporsi, con nessuno. Perché l’unica volta che l’aveva fatto aveva sofferto troppo per sottoporsi di nuovo ad una tortura simile. Non avrebbe resistito. Eppure Justin era là dentro, a meno di pochi metri da lui, come se nulla fosse mai cambiato. Come se ogni cosa avesse sempre mantenuto il proprio posto, per tre anni. Sentì la porta aprirsi e richiudersi. Si voltò. Sorrise appena, riconoscendo Liz. Si voltò di nuovo verso la strada.

-Dice che insegnerà all’Accademia. Per almeno un anno sarà qui…-

-E dopo? Partirà di nuovo? Tornerà a New York?- Si voltò, cacciando fuori il fumo della sigaretta. Liz gli porse il suo cappotto.

-Fa freddo, Brian…- Spiegò. Brian posò la sigaretta tra le labbra, riducendo gli occhi a due fessure per via del fumo. Infilò il cappotto e tirò dalla sigaretta. –Non so cosa farà dopo. E’ stato molto..-

-Vago! Sì, posso immaginare..- Rispose sarcastico Brian.

-Non puoi vivere nella paura di stare di nuovo male, Brian!- Liz gli si avvicinò, tenendolo per il bavero del cappotto. Brian distolse lo sguardo, fissandolo sulla BMW scura parcheggiata lì davanti. –Lasciati andare. Vivi le cose come vengono, senza imposizioni.- La donna fece spalluccia, sorridendo. Brian gettò la sigaretta e portò lo sguardo sul volto di Liz. –Lo so che vederlo è l’ultima cosa che ti aspettavi… Ma so anche quanto tu possa averlo desiderato. Ed è per questo che sei sconvolto, te lo leggo in faccia.-

Brian abbassò lo sguardo. –Entriamo.- Sussurrò, prendendo la donna per le spalle ed aprendo la porta d’ingresso.

 

La serata andò avanti tra risate e regali. Brian rimise il giaccone a Gas e lo portò in giardino. Lì lo aspettava una macchina in miniatura, rossa fiammante con sopra scritto a grandi lettere il nome del bambino. Gas ricevette miriadi di vestiti e giocattoli, così come Jenny, che da Brian ricevette invece una catenina d’oro, che avrebbe potuto mettere una volta grande. Tutti rimasero allarmati quando Debbie presentò il regalo di Justin al giovane. Michael folgorò la madre che tornò a sedersi accanto a Carl. Brian restò allibito. Debbie aveva saputo fin dall’inizio che quella notte ci sarebbe stato Justin e, per la prima volta in vita sua, era riuscita a non farne parola con nessuno.

Brian fu il primo a dire che stava tornando a casa, alle due passate. Fu accompagnato sulla porta da tutti e scese le scale. Si avviò alla macchina nel silenzio totale. Solo una volta davanti all’auto si accorse che qualcuno l’aveva seguito. Si voltò e, nel buio della strada, riconobbe una cascata di capelli biondi. Trattenne il fiato un secondo, riconoscendo Justin. Intrecciò le braccia al petto, osservandolo.

-Volevo parlarti un attimo..- Iniziò il ragazzo, rimanendo a qualche passo da Brian. –Volevo scusarmi per..- Distolse lo sguardo, inspirando dal naso, a labbra serrate. Si morse il labbro inferiore, tenendo gli occhi celesti fissi sui fanali della macchina sportiva di Brian. –Per non averti cercato, chiamato… Esser venuto a trovare…-

-Sarai stato fin troppo impegnato!- Rispose Brian con sarcasmo lancinante.

-No!- Esclamò subito Justin, sgranando gli occhi e portandoli sull’uomo, che stava per aprire l’auto. Brian si voltò lentamente, osservandolo con distacco e menefreghismo. –Nel senso che… Temevo non volessi più saperne di me.- Deglutì il biondo, abbassando lo sguardo.

-E cosa ti fa pensare che adesso voglia ascoltarti, allora?- Alzò un sopracciglio Brian. Silenzio. Justin rimase immobile a fissare gli occhi profondi dell’altro, che sembravano neri nel buio della traversa di Liberty Evenue.

Justin alzò la testa, con orgoglio malcelato. Serrò le labbra e guardò Brian: -Infatti, non mi interessa.- Sorrise gelido, allargando le braccia e mostrando, sotto il cappotto, la camicia bianca che portava. Brian la riconobbe subito: Prada. Ne aveva comprata una identica esattamente quattro giorni prima. Riportò lo sguardo sul giovane. –Sto facendo proprio quello che mi va, sbattendomene di quello che credi tu. Non mi interessa più ciò che pensi.- Sorrise ancora, facendo urtare le braccia contro i fianchi. Voltò le spalle a Brian, infilando le mani nelle tasche del cappotto ed avviandosi di nuovo verso casa di Debbie.

-Vieni a stare da me, stanotte.-

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Capitolo 4
*** 04-La scommessa era destinata a fallire. ***


Ormai era diventata una scommessa. Quanto ci avrebbero messo per rimettersi insieme.

E per poi lasciarsi. Ma nessuno ancora sapeva, e tantomeno loro due.

LA SCOMMESSA ERA DESTINATA A FALLIRE.

-Allora ci porti tre caffè.- Concluse Emmett sorridendo ad Hunter. Il figlio adottivo di Michael e Ben continuava a lavorare alla tavola calda che era da sempre il ritrovo numero uno per i gay di Pittsburgh, dopo Woody ed il Babylon. Ma dato che era troppo presto per andare da Woody ed il Babylon era ancora chiuso.. –Dai, su! Raccontaci!-

Justin abbassò lo sguardo sulle proprie mani, intrecciate sul tavolo. Stava sorridendo lievemente, quasi imbarazzato. Alzò gli occhi al cielo: -Cosa vuoi che vi dica!-

-Come sono i ragazzi a New York, ad esempio!- Emmett tirò una gomitata a Calvin, il suo fidanzato. Justin l’aveva conosciuto alla festa di natale ed avevano passato il Capodanno insieme a casa di Michael e Ben.

-Con i dettagli, possibilmente!- Rise Emmett, tornando con lo sguardo su Justin, che però notò incupito.

-Sono tutti uguali, dopo un po’.- Storse la bocca, spostando gli occhi celesti sulla tazza che gli aveva appena messo davanti Hunter con un sorriso. Il ragazzo svanì subito, perché squillò il telefono.

-Ed hanno per caso il volto di Brian Kinney?-

Justin sfoggiò un sensualissimo sorriso malizioso. Abbassò lo sguardo, prendendo la tazza calda tra le mani ghiacciate. Era vero, in fin dei conti. In ogni uomo cercava lo stesso sorriso, lo stesso colore di capelli. Gli stessi occhi e lo stesso scintillio in questi. Quei modi di fare.. Ma si era trasformato lui in un Brian Kinney newyorkese. Andando in discoteca, stando con chi desiderava solo per una notte, per sparire nel nulla dal quale era arrivato. Dominando, pur di non pensare a quel volto.

Il volto di Dio: Brian Kinney.

 

E la mente volò a poche notti prima. La notte tra la Vigilia e Natale. Non salì in macchina con Brian, prese la propria. La BMW scura parcheggiata davanti casa di Debbie. Seguì Brian fino al suo loft, per trovare lì dentro tutto come lo aveva lasciato. Gli stessi mobili italiani, la stessa stanza da letto. Per ritrovarci dentro tutti i ricordi che si era tenuto stretti nelle notti di New York.

Si baciarono come non avevano mai fatto, con un desiderio tanto forte da esser lancinante. Fece sesso come non mai. Con un desiderio che sfiorava la violenza. Come se quel gesto dovesse racchiudere in sé non solo la passione reciproca, ma anche il male che si erano fatti mutamente. Il dolore che per anni non avevano condiviso. Colpa dell’uno, dell’altro.. Non importava. Non era rilevante in quel letto, nel quale i loro corpi di mischiavano in modo tale che l’uno perdeva se stesso nell’altro. In un continuo ciclo vizioso che non voleva esser concluso.

Justin si era svegliato per primo, prima dell’alba. Se ne vedevano appena i colori nascenti oltre le tende chiare del loft. Brian dormiva, voltato dalla’altra parte, dandogli le spalle. Justin fece quello che forse avrebbe dovuto fare anni addietro, ma che non aveva ma avuto il coraggio di compiere.

Prese i propri vestiti ed uscì dalla casa di Brian, lasciandolo da solo.

 

Il tintinnio della campanella sopra la porta della tavola calda, lo riportò al presente. Allontanandolo da quella notte e dalle seguenti. Sempre lo stesso copione. Sesso e Justin che spariva. Ma Brian ancora non aveva fatto domande. Ma il giovane biondo sapeva che sarebbero arrivate, prima o poi.

E da quella porta entrò proprio Brian. Justin e Brian si scambiarono uno dei loro soliti sguardi. Brian fece cenno ad Hunter, che era ancora al telefono, di portargli un caffè al tavolo. Rimase in piedi a fissare i tre.

-Da quanto vi piacciono le cose a tre?- Subito Brian venne folgorato da Justin, da sotto qualche ciuffo biondo che gli ricadeva sugli occhi azzurri. Emmett e Calvin si guardarono a vicenda e poi guardarono Brian, interrogativi: -Con le puttane si può parlare solo di sesso!- Emmett guardò male Brian e Calvin sbuffò. Justin ignorò Brian che gli si era seduto accanto, posando un braccio sulla spalliera del divanetto, dietro le spalle del biondo.

-Senti da che pulpito…- Sussurrò Justin, posando la tazza sul tavolo.

-Cosa intendi dire?- Chiese Brian, finto stupito, prendendo con la mano destra la tazza che Hunter gli aveva appena portato.

-Lascia perdere, Brian..- Justin gettò giù il caffè bollente e prese il proprio cappotto. Si voltò verso Brian, che non sembrava intenzionato a spostarsi per farlo alzare. –Ti alzeresti? Devo andare via.- Brian alzò un sopracciglio, osservando Justin da sopra il bordo della tazza. Justin digrignò i denti.

–Vai a farti fottere, Brian!- Justin salì in piedi sul divanetto, scavalcandolo da dietro.

-A quello ci pensi già tu.- Disse, tirando dentro la bocca le labbra, osservando Emmett di sguincio. I due fidanzati non stavano capendo più nulla.

Justin si voltò, guardando Brian infuriato: -Mi dici che cazzo vuoi da me?- Justin si mise il cappotto, lasciandolo sbottonato. La sciarpa dondolava annoiata sul petto del giovane.

-Il Justin Taylor che è andato via. Questa vaga riproduzione non mi piace!- Brian inclinò la testa all’indietro, sorridendo falso, battendo tre volte le palpebre. Justin raddrizzò la schiena, alzando il mento, Un atteggiamento che non gli era mai appartenuto. Un atteggiamento che Brian stesso aveva messo da parte tanto tempo prima.

-Non c’è più quel Justin là.- Il biondo voltò le spalle avviandosi verso la porta.

-Scappa. L’unica cosa che ti riesce bene.-

Justin si voltò indietro, osservando Brian un attimo, poi uscì dal locale, facendo squillare la campanella sopra la porta. Emmett lasciò che Brian bevesse il proprio caffè e, quando vide che aveva intrecciato le braccia sul petto e lo stava guardando, si fece coraggio.

-Cosa è successo, Brian?-

Brian ridusse gli occhi a due fessure inviperite. –Non può permettersi di venire a casa mia ed andarsene prima che mi svegli!- Distolse lo sguardo. –E’ una cosa che non ha mai fatto.-

-O che forse avrebbe dovuto fare prima.- Lo corresse Emmett, inclinando il busto a destra e la testa a sinistra.

-Non è il Justin di sempre!- Disse Brian, allargando le braccia, frustrato.

-No, infatti. E’ il Brian dei tempi d’oro, tesoro!- Sorrise Emmett, allungando una mano verso Brian. Brian corrugò la fronte, spostando lo sguardo verso Calvin che, con le spalle poggiate al muro, stava assistendo muto alla scena. –Per non soffrire è diventato come te.- Brian sospirò rumorosamente, mettendo le mani sul tavolo e facendo girare la tazza. Alzò poi lo sguardo, in una silenziosa richiesta di suggerimento. –Devi solo avere pazienza. Passerà. Ma devi affrontare la scommessa che possa esserti passato ciò che provavi per lui. Che questa tua rabbia nei confronti del suo modo di fare sia una diretta conseguenza della mancanza di sentimenti da parte tua.- Emmett indicò Brian, alzando le sopracciglia. Si sentiva colpevole e soddisfatto al contempo. Se Brian fosse riuscito finalmente a togliersi Justin dalla testa dopo otto anni, per il mondo gay c’era ancora qualche speranza.

Il campanello sopra la porta suonò ancora e Brian vide entrare un volto familiare. Una ragazzina dai capelli lunghi e mossi. Gli sorrise, agitando la mano destra in segno di saluto. Brian alzò il mento. La ragazza andò al bancone e si sedette su uno degli sgabelli più alti.

-Hunter?- Chiamò, posando le mani sul bancone e sporgendosi in avanti.

-Sono in cucina, arrivo subito!- Avvertì il ragazzo. Katie si sistemò sullo sgabello, tirando fuori il cellulare. Fece svelta un numero e chiamò. –Allora, matta, di che colore sono?- Rise divertita, sentendo la voce della ragazza.

Brian, seduto al tavolo faceva finta di ascoltare le paranoie di Emmett circa la festa che stava organizzando al Babylon: -Brian, non possiamo avere solo ballerini gay, capisci? Abbiamo bisogno di almeno un paio di ballerine. Possibilmente etero!- Sbuffò, abbassando gli occhi sulla propria agenda. Brian si voltò verso Katie, che stava dicendo all’amica al telefono qualcosa circa il fatto che era stata cacciata via dal negozio dove lavorava. Brian sorrise sghembo. Si alzò dal tavolo, con Emmett che chiamava il suo nome come un ossesso.

Brian si avvicinò a Katie, toccandole la spalla. –Scusami..- Katie disse di aspettare a chiunque stesse dall’altro capo del telefono e sorrise a Brian. –Ho accidentalmente sentito che hai perso il lavoro.- Katie abbassò lo sguardo. Hunter arrivò in quello stesso momento. La giovane alzò il viso ed annuì. –Senti, sono il proprietario del Babylon, ne avrai sentito parlare…-

Katie si illuminò e fece cenno a Brian di aspettare: -Flavia! Ti ricordi il tipo losco dell’altro giorno? L’amico del padre di Hunter…-

-Tipo losco?- Alzò un sopracciglio Brian. Hunter si coprì le labbra, ridacchiando, poggiato contro la macchina del caffè.

-Sì, quello là! E’ il proprietario del Babylon… No, aspetta!- Katie premette un pulsante sul cellulare e lo mise tra lei e Brian, che la guardava in faccia interrogativo, spostando di tanto lo sguardo su Hunter. –Ora sei in vivavoce!-

-Ma Katie!- Sbraitò Flavia da dentro il cellulare. Brian si ritrasse un attimo.

-Volevo dirvi una cosa importante.- Ricordò Brian a Katie.

-Parla. Ma parla forse, perché sono a farmi i capelli ed il phon è acceso!- Katie alzò gli occhi al cielo, sbuffando.

-Dicevo, o almeno ci stavo provando…- Brian guardò Katie, ch gli sorrise colpevole, abbassando lo sguardo. –Quel ragazzo laggiù…- Indicò Emmett, sorridendo. L’altro restituì un sorriso tirato e preoccupato. –Sta organizzando la festa per la riapertura del Babylon. Vi andrebbe di essere le due cubiste? Sapete ballare?- Katie e Flavia si misero a ridere all’unisono, ed Hunter a ruota. Brian affilò lo sguardo.

Hunter si poggiò al bancone, avvicinandosi a Brian: -Fanno l’Accademia come me, ma seguono le lezioni di ballo. Secondo te sanno ballare o no?- Hunter strizzò l’occhio a Brian, che alzò gli occhi al cielo.

-Quanto ci paghi, signor Kinney?- Gracchiò la voce di Flavia dal telefono.

-Ogni cubista avrà il 5% degli incassi della festa.- Flavia fischiò da dentro il telefono.

-Io ci sto.- Disse Katie e Flavia acconsentì subito. Poi concluse la telefonata, dicendo che era il momento topico della piastra e quindi doveva riattaccare.

Brian sorrise soddisfatto ed Emmett si rilassò sul divanetto della tavola calda: -Allora venite domani sera verso le 18, al Babylon. Katie, preferisci il bianco o il rosso?- Chiese Brian sorridendo, prima di tornare al tavolo. Katie guardò Hunter, che le disse che il rosso le donava di più. Brian sorrise e si sedette al tavolo con Emmett e Calvin. –Anche questa è fatta.- Sospirò soddisfatto, sistemandosi sul divanetto.

-E almeno una delle due è etero!- Ridacchiò Emmett, chiudendo l’agenda.

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Capitolo 5
*** 05-L'avremmo scoperto questa notte. ***


L’evento più atteso. Erano mesi che aspettavamo per entrare.

Erano mesi che bramavamo di sapere quanto il mondo etero fosse diverso dal nostro.

L’AVREMMO SCOPERTO QUESTA NOTTE.

-No, devi starti zitta!- Ringhiò Flavia all’indirizzo di Katie, seduta lì accanto a lei. Katie agitava il foglio di carta sul quale Michael le aveva appuntato la strada da fare per arrivare. Ma Flavia non riusciva più a sentire la voce dell’amica che sbraitava per sovrastar la musica nella macchina. Per l’ennesima volta Katie tentò di farla svoltare dove diceva lei. La macchina inchiodò all’improvviso. Flavia si voltò con gli occhi in fiamme verso l’amica. Abbassò di colpo la musica, fissando l’altra n faccia. Le puntò contro entrambi gli indici. –La musica è a palla, non ti do retta quando parli.. Ciò non ti fa intuire che devi stare zitta?- Alzò la voce, sgranando gli occhi. Katie si voltò dall’altra parte, intrecciando le braccia sul seno. –Come se non bastasse siamo in ritardo perché tu ha perso tempo ad arricciarti i capelli!-

-Riportare i capelli al tuo colore originale ti ha messo di cattivo umore!- Bofonchiò la riccia, guardando fuori dal finestrino. Flavia si osservò un attimo nello specchietto retrovisore. Sì, adesso i suoi capelli erano di nuovo neri, come la pece. E questo le dava una soddisfazione immensa. Sorrise, abbassando il finestrino. Katie stava per ribattere, ma Flavia la folgorò. Si accese una sigaretta e rimise in moto la macchina. Stavolta avrebbe fatto di testa sua. Andò un po’ a rilento, finché non trovò un cartello che indicava la strada. Lo indicò all’amica con un gesto enfatico, in silenzio. Katie distolse lo sguardo, contrariata. Flavia parcheggiò davanti al’entrata posteriore, quella per lo staff. Lì davanti trovò un buttafuori di colore che osservò le due ragazze da capo a piedi.

-Siete le due ballerine etero?-

Flavia fu tentata per un attimo di chiedergli se voleva le prove, ma evitò, gettando a terra la sigaretta: -Si vede tanto?- Alzò un sopracciglio, sorridendo maliziosa. Riportare i capelli al nero originario l’aveva rinvigorita. Si sentiva più se stessa. Si avvicinò alla porta, senza aspettare risposte. Sistemò la borsa sulla spalla, con l’altra mano già sulla maniglia abbassata. Si voltò verso il buttafuori, scansando i capelli con un gesto del capo: -Brian è già dentro?- Sorrise, mostrando i denti perfetti. Katie alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Detestava quando Flavia le fregava la scena e sicuramente sul cubo sarebbe successo. Flavia battè le ciglia una volta e poi entrò, tenendo la porta aperta all’amica. Entrambe con jeans stretti, tacchi e cappotto scuro. Entrarono nel nuovo Babylon, guardandosi attorno. Trovarono Brian e quello che doveva essere Emmett al centro di un cerchio formato da soli uomini. Katie rimase un attimo turbata, Flavia si avvicinò: -Ci è stato detto che avevate bisogno di due ballerine etero!- Quei pochi ballerini etero si voltarono a guardarle, sorridenti. Brian riconobbe quasi per sbaglio Flavia. Si avvicinò a lei e Katie, immobili al centro di quella che sarebbe stata la pista da ballo.

-Che hai fatto ai capelli?- Chiese allarmato.

-Ciao, si sto alla grande! Tu, invece?- Flavia alzò un sopracciglio, intrecciando le braccia al petto, spostando il peso da una gamba all’altra.

-Mi servivi bionda! Avresti dovuto fare l’angelo!- Sorrise sghembo Brian, osservando la ragazza mingherlina che aveva davanti.

-Che angelo sei con i capelli neri e corti?- Strepitò Emmett, avvicinandosi ai tre.

-L’angelo tentatore.- Spiegò Flavia alzando le spalle, sorridendo maliziosa.

Brian scoppiò a ridere, indicandola: -La ragazza ha spirito. Fa l’angelo!- Scosse la testa, tornando dai ragazzi.

Emmett osservò le due: -Io mi occuperò di voi. Vi trasformerò in metrosexual!- Preannunciò entusiasmato alla sola idea. Le due amiche si guardarono tra loro un istante e poi sorrisero ad Emmett.

 

La fila superava in lunghezza la facciata della discoteca, arrivando fino alla strada principale. Tra chi tentava di entrare si vedevano uomini ma anche donne, finalmente. La discoteca iniziava a riempirsi a vista d’occhio. La musica era bassa ed ancora non quella per ballare. Per la prima volta si vedeva un vero dj in postazione. Gente vestita che aspettava la musica. Brian guardò l’orologio. Era mezzanotte passata. Dal bancone, accanto ad Emmett e Michael, fece cenno al dj di partire. Partì una canzone conosciuta da quasi tutti, ma della quale pochissimi sapevano il senso. Forse solo i gay presenti. Il remix di I will survive, di Gloria Gaynor. Michael sorrise. Automaticamente le persone in pista iniziarono a ballare. Ma di cubisti e ballerini ancora non si vedeva l’ombra:

-Venite con me.- Brian lasciò il bicchiere vuoto sul bancone e fece strada ai tre amici e compagni. Li portò a quello che era sempre stato il piano sopraelevato e che adesso era stato trasformato in privè riservato a Brian e chi fosse risultato in lista. I quattro salirono e si posizionarono al terrazzino: -Dai qui si vede meglio lo spettacolo di inizio!- Ridacchiò. Il remix finì e partì Sexy, di Paulina Rubio.

Le luci calarono, fino a spegnersi lentamente. Si accesero solo sul palchetto. Lì si intravidero due ombre nettamente femminili: un angelo ed un diavolo. Ballavano, portate dalla musica. Stavano eseguendo un balletto niente male. La testa di Brian andava a ritmo con la musica, osservando i due corpi che andavano a ritmo con lui, quasi la musica scorresse loro dentro. Aiutate e portate in braccio dagli altri cubisti uomini, raggiunsero gli unici veri cubi della discoteca. Alla svelta sotto di loro si assieparono i ragazzi etero, per guardarle da vicino. Non ci volle molto perché Brian notasse che l’angelo, Flavia, aveva più ragazzi di Katie. Sorrise soddisfatto. –Emmett, l’angelo tentatore funziona!- Emmett rise con lui, annuendo. Continuarono a ballare, le due ragazze, lanciandosi in movenze sensuali. Quando la musica calò bruscamente, facendo terminare la canzone, acqua calda cadde loro addosso, mettendo ancora più in evidenza le forme proporzionate e perfette.

-Sono queste le soddisfazioni!- Rise e si allontanò dalla ringhiera.

Michael si voltò di scatto: -C’è Justin!- Strillò, sovrastando la musica.

Justin era proprio sotto il cubo di Flavia, incantato. Osservando come si muoveva. Brian raggiunse di nuovo i tre amici, guardando cosa stava facendo il biondo. Era laggiù a testa in su ad osservare Flavia. –Sembra un cazzo di etero!- Ringhiò Brian.

 

Da là sopra dominava l’intera discoteca. Vedeva i volti di tutti. Era meglio ch ballare in teatro. Lì non c’erano regole, ci si faceva trasportare e basta. Teneva la testa alta oppure bassa, evitando di guardare direttamente in faccia chi era sotto il cubo. Fu così che portò gli occhi verso il bancone. Intravide Hunter e con lui altri compagni di Accademia. Poi un viso che non si aspettava, poco distante dai suoi amici. Si arrestò subito. Bloccandosi. Come se qualche meccanismo si fosse inceppato. Il Babylon intero le girava attorno. Sentì all’improvviso qualcuno tenerla per le braccia, scuotendola dolcemente. Quasi si riebbe notò un ragazzo biondo che doveva avere circa la sua età. La stava sforando e già questo la fece scattare in piedi. Guardò il biondo, vide che le stava chiedendo qualcosa, ma non riusciva a connettere. Si allontanò automaticamente dal cubo, dirigendosi verso i bagni.

-Brian!- Ted e Michael chiamarono all’unisono Brian che si era disteso sul divanetto. La serata era avanzata e l’orologio segnava più dell’una. Brian si riscosse, tirandosi a sedere.

-Cazzo, la mia ballerina!- Vide Emmett scattare giù per le scale. Corrugò la fronte. Non capiva che stesse succedendo.

-L’angelo, Brian! S’è sentita male!-

Fece mente locale: -Flavia.- Scattò in piedi senza rivolgere parola agli amici. Si catapultò dietro Emmett, raggiungendo il cubo, ma ci trovò soltanto Justin che parlava con Emmett. L’amico prese Brian per un braccio: -E’ andata verso il bagno. Vado io.-

-Trascinala qua!- Ringhiò Brian ad Emmett che si allontanava. Guardò Justin un attimo e poi fece per tornare verso il privè, ma sentì una mano sull’avambraccio destro. Si voltò e vide Justin trattenerlo. Osservò la mano e poi il ragazzo. Era troppo tardi. Non c’era più nulla da recuperare tra loro. Justin aveva distrutto tutto. E Brian stesso glielo aveva consentito. Si divincolò e lasciò Justin sotto il cubo, come lui aveva lasciato Brian con un pugno di mosche. Da quella sera non l’avrebbe più cercato, aveva deciso. Non avrebbe più acconsentito a stare con lui. Basta. Ed era sempre più convinto nella propria decisione

-Flavia! Flavia dove sei, dolcezza?- Emmett era nel bagno delle ragazze a cercare la sua ballerina. Sentì d’improvviso un singhiozzo. Si avvicinò all’ultimo bagno, quello addossato al muro. –Sono Emmett. Honeycut. Sono qui per parlarti…- Si sedette a terra, davanti alla porta. Passò qualche minuto poi sentì scattare la serratura.

-Sono Flavia. Perez. Sono qui perché in pista c’è il ragazzo che mi ha stuprata.- Le lacrime nere le rigavano la faccia. L’espressione contratta ed arrabbiata. Emmett scattò in piedi, abbracciandola forte. Un abbraccio che non aveva mai ricevuto da nessuno. Non come quello. Mai.

-Dimmi chi e dico a Brian di sbatterlo fuori.-

-Chi devo sbattere fuori?- Brian era appena entrato in bagno. Flavia si staccò da Emmett, abbassando lo sguardo.

-Nessuno. Mi sono soltanto sentita male. Sistemo il trucco ed esco.- Brian annuì ed uscì dal bagno, lanciando uno sguardo poco convinto ad Emmett. –E’ inutile che lo fai cacciare. Tornerà.- Si sistemò il rimmel e poi la matita sotto gli occhi.

-Come è successo, Flavia? Sei una ragazza così dolce, così solare.- Emmett non se ne capacitava. Eppure quello gli sembrava tanto uno scontro con la dura realtà eterosessuale. Erano cose che accadevano ogni giorno, lontano dal suo mondo perfetto. Fuori, eppure così vicine. Così vicine da poterle toccare allungando una mano.

-In discoteca, l’anno scorso. Lui era ubriaco, io no. Mi trascinò in bagno e mi stuprò. Nn ci vuole molto a prendermi di peso.- Si voltò verso Emmett, alzando le spalle e facendole ricadere di botto.

-Vorrei fare qualcosa per te…-

-Non farne parola con Brian. Questo è già abbastanza.- Emmett sorrise, dandole un bacio sulla fronte. Annuì e la scortò fuori. Flavia risalì sul cubo, riprendendo a ballare come poco prima. Come se nulla fosse. Ormai c’era avvezza a fare finta di niente. Ra abituata a nascondere tutto dietro sorrisi e frasi di circostanza. Emmett si avvicinò al bancone e venne raggiunto da Justin.

-Sta bene la ragazza?- Chiese preoccupato. Emmett aveva visto che era stato proprio Justin a scattare per non farla cadere, quando Flavia aveva avuto quel mancamento. Annuì, fissando il bancone acceso. D lì a qualche istante arrivò Brian, che si mise di spalle al bar, a fissare Flavia.

-Cos’ha?- Chiese semplicemente. Nella sua voce era palpabile una leggera sfumatura di preoccupazione. Immobile a fissare la giovane che si muoveva sul cubo, percorrendo con gli occhi il suo corpo. Cercando di capire cosa nascondesse. Cercando di cogliere il punto della situazione.

-Ha avuto un semplice mancamento.- Rispose Emmett, sorseggiando il proprio Cosmopolitan. Si volt a propria volta, guardando Flavia. La ragazza gli rese lo sguardo, sorridendo appena. Emmett alzò il bicchiere verso la ragazza. Flavia fece un leggero inchino, sorridendo.

-Mi starai mica diventando etero!- Cercò di sdrammatizzare Brian, sorridendo ad Emmett.

Emmett lo guardò una attimo, in cagnesco, poi rilassò il viso: -No, grazie. Mi è bastata una volta.-

Brian rise, scuotendo la testa. Justin portò lo sguardo sulla ragazza angelo. Nascondeva qualcosa. Qualcosa di grosso e lo avrebbe scoperto. C’era sotto qualcosa di losco che gli puzzava. Quello strano atteggiamento di Brian. Le troppe preoccupazioni nei riguardi di una ballerina. Una qualsiasi.

 

Finalmente di nuovo in abiti umani. Aspettò Flavia fuori dal camerino. Aveva notato anche lei Matt entrare in discoteca. Così come aveva visto l’amica dileguarsi come una scheggia. Se avesse continuato per quella strada, sarebbe impazzita. Sicuro. Quando Flavia la raggiunse, si avviarono al privè di Brian. Scostarono la tenda blu notte e lo raggiunsero davanti al divano dello stesso colore. Brian alzò lo sguardo sulle due: -Avete tirato su tanto con le mance?- Sorrise malizioso, guardando le due. Katie non rispose, si limitò a guardarlo male, ma gli occhi di Brian erano già su Flavia. La ragazza gli restituì il sorriso malizioso. Porse due buste alle ragazze. –La vostra paga per questa sera.-  Le due buste finirono subito nelle borse. –Vorrei tornaste a lavorare qui. Tutte le sere.-

Katie sorrise estatica: -Io ci sto!- Intrecciò le dita delle mani, guardando Brian, quello che ormai era diventato il suo datore di lavoro.

-No.- Rispose secca Flavia, guardando Brian negli occhi. –Grazie, ma no.- Sorrise e si voltò per uscire dal privè. Brian la afferrò per un braccio.

-Katie, lasciaci un attimo.- Katie uscì, un po’ preoccupata. Flavia si voltò verso Brian, lasciando che le tenesse il braccio. Non si preoccupava della vicinanza con Brian, non le dava fastidio, ma qualcosa negli occhi dell’uomo la costringeva a non abbassare mai la guardia: -E’ per quello che è successo stanotte?-

-Ho avuto solo un mancamento, tutto qui, Brian.- Abbassò lo sguardo verso sinistra. Brian capì che stava mentendo. Si abbassò, cercando i suoi occhi.

-Allora perché non vuoi tornare qui a lavorare?- Brian allargò le braccia, alzando le sopracciglia.

-Ho trovato lavoro insieme ad Hunter. Almeno avrò orari decenti che mi permetteranno di studiare.-

Brian annuì. –Ci vediamo in giro.-

Flavia annuì a propria volta ed uscì dal privè.

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Capitolo 6
*** 06-Due mondi a confronto. ***


Prima o poi sarebbe arrivato quel momento. Il momento delle spiegazioni.

Prima o poi si sarebbero fronteggiati e lo scontro sarebbe stato epico.

DUE MONDI A CONFRONTO.

Flavia parcheggiò la macchina davanti alla villetta di Katie, dove viveva da circa quattro mesi, dall’inizio dei corsi in Accademia sostanzialmente. Prese la busta di carta del supermercato e si diresse verso l’ingresso. Aprì la porta e trovò Katie che beveva il proprio caffè fissando la porta.

-Mi aspettavi?- Chiese Flavia, andando a posare la busta sul ripiano della cucina. Passò accanto all’amica, che la seguì con lo sguardo, ancora in pigiama.

-Sì.- Disse secca Katie.- Posò la tazza. –Non mi hai raccontato cosa ti ha detto Brian ieri sera.- Ricordò all’amica. Flavia rimase con un barattolo di burro d’arachidi a mezz’aria e lo sportello alto aperto.

-Niente. Mi ha chiesto cosa mi fosse preso. Ma non ho avuto il coraggio di dirgli che lì c’era Matt e cosa è successo.- Flavia abbassò lo sguardo, mettendo il barattolo al proprio posto. Poi continuò, muta e pensierosa a rimettere a posto la spesa. All’improvviso, senza guardarla, rivolse parola all’amica: -Credi davvero che non sappia perché vuoi lavorare al Babylon?- Flavia sorrise sghemba, posando un fianco contro il ripiano della cucina, fissando l’altra. Katie alzò le sopracciglia, interrogativa. –Hai accettato perché sapevi che io non sarei tornata a lavorarci. Sapevi già che avevo accettato il posto alla tavola calda con Hunter. E tu, tra l’altro non hai bisogno di lavorare.-

Katie sorrise sarcastica: -Non ti seguo.-

Flavia scosse la testa, mettendosi dritta e staccandosi dal ripiano della cucina. –Hai accettato perché finalmente avresti avuto la scena tutta per te, senza me tra i piedi.-

Katie rise, coprendosi le labbra. Ma gli occhi non le ridevano come al solito. Era più cattiveria quella che brillava nei suoi occhi: -Se non ti volessi tra i piedi, mi basterebbe cacciarti via da casa mia!- Rispose maligna. Flavia la guardò con espressione schifata, facendo sbattere lo sportello aperto della cucina.

-Infatti mi chiedo cosa stai aspettando.-

Katie folgorò Flavia con gli occhi chiari: -Non tentarmi, Perez!-

Flavia scoppiò a ridere, intrecciando le braccia al petto: -Non ti do la soddisfazione, Williams.- Afferrò la propria borsa e le chiavi della macchina, salendo al piano superiore, seguita dagli occhi inviperiti dell’altra.

Tre borsoni con tutte le cose di Flavia furono pronti in meno di quindici minuti. Peccato in quella situazione potesse chiamare una persona soltanto: Hunter. Per quanto fosse il ragazzo di Katie, era innanzi tutto il suo migliore amico, dai tempi del liceo.

Si diresse con la propria auto a casa Novotny Bruckner, Hunter e Ben l’accolsero, avvertendola che Michael sarebbe arrivato sul tardi, insieme a Brian. Non le interessava poi tanto. Hunter la portò in quella che sarebbe stata la sua stanza, ma che in realtà era lo studio di Ben. Flavia si sentiva così in colpa per aver rivoluzionato la vita del suo amico in quel modo.

 

Passò il pomeriggio a studiare una coreografia per un provino che avrebbe fatto il mese a seguire per una pubblicità. Aveva già scelto la canzone, ma non riusciva a sistemare la coreografia. In pantaloncini e top, coi capelli attaccati alla fronte, rimise la canzone dall’inizio, per la millesima volta.

Il sole fuori era calato e la notte ormai aveva inghiottito Pittsburgh. Non si accorse che però qualcuno aveva aperto la porta e si era messo a guardarla. Quando andò per fare una giravolta, finì col viso rivolto all’uscio e si immobilizzò all’istante.

-Brian!- Disse col fiatone, andando a spegnere la musica.

-Mi sembrava una canzone conosciuta ed Hunter e Ben detestano questo genere.- Ridacchiò, staccandosi dallo stipite. –Come mai sei qui?- Si guardò attorno. Il divano letto aperto, la scrivania sgombrata.

Flavia aprì la bottiglia d’acqua, bevendone una sorsata: -Me ne sono andata via da casa di Katie.-

Sintetizzò con maestria. Ma Brian detestava i riassunti. A meno che non fosse lui stesso a farne:

-Come mai? Eravate così legate da sembrare due lesbiche!- Brian ridacchiò, prendendo in mano il cellulare fuxia della ragazza.

-Sono giunta alla conclusione che non eravamo poi così legate.-

-Non ti va di parlarne, vero?- Brian guardò di sottecchi Flavia, sorridendo. Flavia scosse la testa, prendendo da un borsone l’accappatoio. –Come vuoi.- Flavia ringraziò e si diresse verso il bagno. Brian scese al piano inferiore, per dare un po’ di fastidio a Michael che faceva finta di aiutare Ben a preparare la cena.

Quando si sedettero a tavola, tutti erano vestiti per uscire, tranne Flavia che aveva addosso una tuta per casa. Fu Hunter a farle notare che sarebbero andati tutti al Babylon. Brian non riuscì a fare a meno di alzare lo sguardo su di lei, per osservarne la reazione.

-Perché non vieni anche tu?- Suggerì Hunter. Ricevette conferma di invito sia da Ben che da Michael. Michael rise, dicendo che se voleva stare in casa con loro doveva assolutamente ballare con lui. Flavia rise.

-Sì, devi ballare anche con me.- Tutti si voltarono verso Brian. Flavia rise, accettando l’invito. Finirono di mangiare e la ragazza scappò al piano superiore, per cambiarsi. Ne riscese tre quarti d’ora dopo con i capelli perfetti e lisci, jeans, tacchi alti e top nero.

Presero l’auto di Flavia, dal momento che era l’ultima parcheggiata sul vialetto. Michael andò da solo in macchina con Brian. Arrivò prima Flavia, piccola scommessa fatta con Hunter. Ben scese di macchina guardandola male: -Al ritorno guido io!- Disse, guardando la ragazza.

Hunter si mise a ridere, scuotendo la testa: -Non si fida molto dei giovani al volante!- Spiegò accendendosi una sigaretta insieme a Flavia. I due amici risero insieme.

Quando ormai le due sigarette erano a metà, arrivarono anche Brian e Michael. Brian, sceso di macchina, si fiondò verso Flavia, che già si era avviata con Hunter verso l’entrata della discoteca:

-Che cazzo di strada hai fatto per arrivare prima di me?-

Flavia si voltò, guardandolo interrogativa, colta alla sprovvista: -Andava parecchio forte, più che altro! Ti ha tagliato la strada al semaforo.. Mi sa che non l’hai neanche vista!- Rispose Hunter, salendo i gradoni laterali della porta, quelli riservati a chi era in lista e tutti gli amici di Brian c’erano. Il buttafuori riconobbe Flavia come la ballerina del giorno precedente e la lasciò entrare.

Brian guardò di traverso Flavia. Sì che l’aveva vista e l’aveva anche mandata a farsi fottere con Michael che rideva come un pazzo accanto a lui. Ecco spiegata la risata dell’amico.

Pochi passi indietro c’erano Ben e Michael, uno accanto all’altro. Ben che osservava Hunter e Flavia, Michael a testa bassa. Ben si voltò verso il marito, guardandolo interdetto:

-Stiamo andando in discoteca, non al patibolo!- Prese Michael per le spalle, tirandolo a sé. Michael alzò lo sguardo, sorridendo teso. Ben corrugò la fronte: -Che hai?-

-Ho parlato con Brian, in macchina.- Ben alzò un sopracciglio, facendo un segno d’assenso col capo. Entrambi spostarono lo sguardo su Brian. –E’ strano. Mi ha fatto fin troppe domande circa Flavia.- Ben sgranò gli occhi, portandoli su Michael, che alzò lo sguardo su di lui.

-Pensi che..?- Iniziò Ben, ma la musica li investì in pieno. Erano entrati al Babylon.

 

Hunter e Flavia si fiondarono al bancone a prendere da bere. Entrambi presero un giro di Mojito, ridendo del fatto che erano secoli che non si concedevano una bevuta tra amici. Poi Hunter la buttò un po’ sul ridere, così a caso: -Dai, non ti sei accorta di come ti guarda? Del fatto che ti stia sempre addosso? E dai, Flavia!-

Flavia rise, scuotendo la testa. Stavano parlando di Brian, ovviamente: -E’ gay.- Spiegò Flavia, sorridendo amareggiata. In effetti le dispiaceva alquanto che Brian fosse omosessuale. Ma del resto lei certo non poteva farci proprio nulla.

Hunter le puntò contro un dito, ridacchiando: -Ma ammettilo che..- Sorrise malizioso all’amica.

-Se solo non fosse gay.. Ma lo è!- Concluse Flavia, bevendo un sorso di Mojito.

-Hunter, scusa. Potresti lasciarci soli un momento?- Era una voce decisa e tranquilla. Che Flavia non aveva mai ancora sentito. Si voltò verso sinistra e vide un giovane biondo, snello e poco più alto di lei.

-Ok, Justin.- Hunter sorrise all’amica e le diede una pacca sulla spalla destra, ma lei era già impegnata ad osservare quel ragazzo. Poteva avere appena due o tre anni più di lei.

Il giovane sorrise allungò una mano: -Justin Taylor.-

Flavia corrugò la fronte. Era un nome familiare. –Flavia Perez.- Strinse la mano del ragazzo e poi lo riconobbe. Massì, era il ragazzo del terzo anno, quando lei entrò, che non velava chiedere pubblicamente scusa all’aspirante sindaco. –Tu sei il ragazzo dell’Accademia che è andato a lavorare a New York!-

Justin sorrise, annuendo. Le chiese come stesse, dicendo che aveva sentito dai propri amici che aveva avuto un mancamento. Evidentemente Justin era amico di Emmett, perché lei aveva detto a lui di inventarsi quella scusa.

-Ho notato ch stai spesso con Brian. Lavori per lui, ti fermi con lui dopo l’orario di chiusura. Arrivi con lui e sei nella lista del suo privè.- Justin bevve un sorso del proprio cocktail, guardando Flavia di sottecchi. Era leggermente spaventata da quella cosa. Chi era lui per pedinarla, osservare Brian in quel modo.

–Ma chi cazzo sei?- Chiese Flavia, staccandosi dal bancone, lasciando lì il bicchiere. La musica le rimbombava nelle orecchie, insieme al rumore del proprio cuore che galoppava. Era terrorizzata.

-Sono l’ex-fidanzato di Brian.-

Flavia strabuzzò gli occhi. Continuava a non trovare una connessione logica. Cosa voleva da lei? Corrugò la fronte. Si avvicinò a Justin, ad un palmo dal suo naso, fissandolo negli occhi azzurri:

-Crederai mica che io ci stia provando con lui, vero?-

Justin abbassò lo sguardo: -Tu con lui non credo, ma lui con te sì.- Alzò lo sguardo sulla ragazza. Sguardo deciso e fermo. Immobile negli occhi scurissimi della giovane. Flavia scoppiò a ridere, coprendosi le labbra con una mano. Certo, se Brian fosse stato etero, a quell’ora sarebbe già stato tra le sue braccia, ma era gay e, dato che rispettava la sua scelta di vita, non si sarebbe mai azzardata a fare nulla. Se Brian voleva qualcosa da lei, si sarebbe dovuto fare avanti lui stesso, e per il momento la ragazza non vedeva segnali da parte di Brian.

-Ma sei matto? E’ gay!- Justin rimase immobile, serio, a fissarla negli occhi, ancora. Flavia intrecciò le braccia al petto, alzando un sopracciglio, scettica: -Cosa vuoi che faccia? Perché è chiaro che hai intenzione di riprendertelo!- Sorrise maliziosa e Justin ricambiò il sorriso. –Vuoi che lo ignori? Che lo mandi via? Che devo fare?-

Flavia alzò gli occhi al cielo e Justin le mise le mani sulle spalle, posando la propria fronte su quella della giovane: -Tu sei esattamente come ero io anni fa. Vorrei tu mi permettesti di starti accanto, in modo da capire cosa mi ha costretto a cambiare. Cosa del mio vecchio modo di fare e quindi di te attrae Brian Kinney.- Sorrise malizioso, strizzandole un occhio.

-Mi suggerisci un alleanza gay-etero per far capire a Brian che è con te che deve stare?- Justin sorrise, silenzioso, annuendo.

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Capitolo 7
*** 07-Nessuno può combattere contro ciò che è stato già deciso. ***


Quando il destino decide, questa decisione è irrevocabile.

Se esiste qualcosa di imprescindibile, questo è il destino.

NESSUNO PUO’ COMBATTERE CONTRO CIO’ CHE E’ STATO GIA’ DECISO.

L’inverno volgeva al termine, per la gioia di tutti. La neve prendeva a sciogliersi ed il sole brillava alto su Pittsburgh. Brian girava per casa con lucidi in una mano e tazza di caffè nell’altra. Squillò il cellulare ed andò a rispondere. Una voce femminile lo avvertì che sarebbe stata lì nel giro di mezz’ora. Brian rispose che era già pronto. Riagganciò. Fece appena in tempo a posare la tazza nella lavastoviglie, quando bussarono alla porta del suo loft. Andò ad aprire solo con i jeans scuri addosso: -Non pensavo mi avessi preso alla lettera!- Esclamò ridacchiando, ma quando aprì la pesante porta di ferro non si trovò davanti ciò che si aspettava.

-Aspettavi visite?- La voce del biondo gli trapanò le orecchie, costringendolo a serrare la mascella. Justin entrò in casa sorridendo.

-Non le tue.- Ripose Brian con distacco. Erano secoli che non si vedevano né parlavano. Chiuse la porta di prepotenza: -Che vuoi?- Chiese, posando la schiena al ferro gelido della porta.

Justin si voltò, sorridendo come se nulla fosse. Allargò le braccia, facendo spalluccia: -Avevo voglia di vederti.-

-Io no.- Brian fece per aprire la porta.

-Già, hai paura di cedere alla tentazione.- Brian si voltò verso il ragazzo, sorridendo malizioso. –Hai così tanta paura di perdere Flavia?- Brian sgranò gli occhi, incredulo. –Dai, Brian! Credi davvero che non ce ne siamo accorti?- Brian intrecciò le braccia al petto, con l’espressione infastidita ed irritata. –Chiedi sempre di le, sei sempre alla tavola calda, quando c’è lei noi non esistiamo…-

-Tu per me non esisti più, è diverso.-

Justin folgorò Brian, che invece sorrideva strafottente: -Ti dà più fastidio che dia le mie attenzioni ad altri o che le dia ad una ragazza?-

Justin puntò un dito contro Brian, coprendo la distanza che li separava: -Allora lo ammetti!-

-Cosa?- Brian spalancò le braccia, ridendo ironico. –Che quella ragazza mi attrae? Non lo nego, nessuno me lo ha mai chiesto apertamente!- Justin spalancò gli occhi, incredulo. Brian con una ragazza? Non c’era più religione. Ma cosa aveva scatenato in lui quell’attrazione fuori dal normale per Brian Kinney? Quello era ancora da decidere e destinare. –Quella ragazza ha fatto e fa quello che gli altri non hanno saputo fare in anni!-  O forse sarebbe stato proprio Brian a svelare l’arcano. Brian si avvicinò a Justin, fissandolo dall’alto: -E’ riuscita a toglierti dalla mia testa. E’ riuscita a tenermi testa e ci riesce ancora. Mi fa ridere, mi risponde a tono. E’ solare, spontanea, spigliata.- Guardò Justin con disprezzo: -Ciò che tu non sei più.- Allora il biondo ci aveva visto bene. Era come credeva. Brian aveva visto in Flavia ciò che Justin era rima. Eppure era stato proprio Brian a farlo diventare ciò che era. Era colpa sua. Solo colpa sua. Era stato lui ad allontanarlo, a permettergli di andare via. A costringerlo a cambiare: -E adesso esci da casa mia.-

Brian spalancò la porta pesante e la madre di Justin si materializzò fuori dall’appartamento. Justin corrugò la fronte: -E tu che ci fai qui?- Chiese acido. Jennifer restò con la mano a mezz’aria, guardandosi con Brian. –Vorrai mica vendere il loft?- Justin si voltò di scatto verso il moro.

Brian guardò Justin con aria di sufficienza: -La cosa non ti riguarda.-

-Lo mette solo in affitto.- Disse Jennifer che venne folgorata da Brian.

-Non lo riguarda ciò che faccio del mio loft.- Ripeté lentamente Brian fissando Jennifer intensamente con gli occhi scuri.

-E dove andrai?-  Justin si avvicinò a Brian, che fece un passo indietro, guardandolo in cagnesco.

-Non ti riguarda. Sparisci, prima che mi incazzi.- Prese Justin per un braccio e lo spinse fuori di casa, davanti a Jennifer che guardava Brian allibita. Brian sbatté la porta, dopo aver buttato fuori Justin.

-Potevi evitare di trattarlo così in mia presenza.- Appuntò Jennifer, togliendosi il cappotto chiaro, alzando un sopracciglio e guardando Brian di traverso.

-E lui poteva evitare di piombare in casa mia!- Brian si accese una sigaretta, gettandosi sul divano bianco: -Che soggetto è chi fitterà il mio loft? Vorrei sapere se posso fidarmi, dato che lascerò questi mobili..- Prese il posacenere dal tavolino lì davanti, tenendo lo sguardo fisso su Jennifer.

-Sembra una brava ragazza, con la testa sulle spalle.-Brian fece un cenno d’assenso, guardandosi attorno. Finalmente si sarebbe disfatto di quel loft che custodiva fin troppi ricordi.

Jennifer vagava per l’appartamento: -Questo posto continua a sembrarmi un mattatoio!- Brian rise, gettando la testa all’indietro, guardando il soffitto alto. –Andrai a vivere dalle parti di Michael, giusto?- Brian annuì, osservando la bionda che si era spostata ad analizzare con sguardo clinico la cucina. –Tra quanto lascerai il loft?- Jennifer si voltò a guardare Brian.

-Appena qualcuno firmerà per l’affitto.- Brian fece spalluccia. Bussarono dopo qualche minuto alla porta di ferro. Brian spense la sigaretta nel posacenere ed andò ad aprire. Un’altra sorpresa. L’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere in quel momento.

-Flavia?.-

-Brian!- Si chiamarono in contemporanea, guardandosi con sorpresa: Non dirmi che questa casa è tua!- Brian rise, facendola entrare. Flavia salutò Jennifer, per poi guardarsi attorno. Brian seguiva con lo sguardo i movimenti della ragazza. Non poteva crederci che il destino gli avesse appena tirato un colpo simile. Far andare a vivere in quel posto pieno di Justin l’unica persona che fosse riuscita a farglielo andare via dalla testa. Flavia si voltò verso Brian: -Perché metti in affitto questo loft?-

Brian mise le mani in tasca, avvicinandosi a lei: -Mi trasferisco dalle parti di Michael. Non voglio più stare qui.-

-E allora perché non lo vendi direttamente?- Chiese in un’alzata di spalle Flavia, innocentemente. Brian si guardò attorno, posando gli occhi su Jennifer, che fissava i due interrogativa: -Ancora non ce la faccio.- Confessò l’uomo. Flavia annuì, spostando lo sguardo tutt’attorno. Jennifer annunciò che sarebbe uscita per lasciarli soli a parlare e mettersi d’accordo. Il silenzio calò tra i due, mentre Flavia si avvicinava ai divani bianchi e bassi. –Troppi ricordi di Justin, vero?- Percorse il profilo della spalliera del divano con gli occhi fissi sul volto di Brian. Ma lo sguardo della giovane era troppo accusatorio e Brian, immobile in mezzo al loft, si sentì costretto a distogliere lo sguardo. Ormai il loro rapporto era diventato talmente profondo, intimo. E Flavia poteva permettersi libertà che altri non osavano neppure immaginare d concedersi con Brian Kinney.

-Non avrei mai immaginato saresti stata tu a vivere qui..- Flavia si voltò interrogativa. –Lascia perdere.- La ragazza alzò gli occhi al cielo, sorridendo. Quando Brian faceva così voleva dire che non aveva voglia di parlarne.

Flavia continuò il giro per la casa: -Andrai a vivere in un posto rispettabile…- Passò dentro la camera da letto, scendendo poi le scale di parquet, guardando Brian negli occhi. L’espressione della ragazza era divertita e Brian era già pronto a ribattere. –Casa tua non potrà più essere un crocevia di uomini!-

Brian rise, andandosi a posare contro il ripiano della cucina: -Vorrò dire che cambierò registro!- Disse con tranquillità, guardando Flavia.

-Ho incrociato Justin poco fa. E’ stato qui?- Brian ridusse gli occhi a due fessure. Anche Justin aveva legato molto con Flavia, dopo che questa si era sentita male in discoteca. Senza contare i veri e propri riti che Flavia ed Emmett facevano tutti i pomeriggi alle sei in punto per il caffè. Flavia era entrata a tutti gli effetti nella vita di Brian e non solo. Brian annuì. –Mi è sembrato parecchio incazzato. Che vi siete detti?-

Flavia posò la borsa sul divano e si avvicinò a Brian a braccia conserte. –L’ho cacciato fuori di casa… E non solo.- Flavia strabuzzò gli occhi. Brian aveva ufficialmente chiuso il capitolo “Justin”. Brian abbassò lo sguardo e poi sentì il corpo piccolo e mingherlino di Flavia contro il proprio. La ragazza lo stava abbracciando, tenendolo da sotto le braccia, col volto girato verso sinistra. Brian restò di stucco. Sentiva le mani fredde della ragazza sulla propria schiena. I capelli ed il viso di lei sul proprio petto. Era come se i loro corpi aderissero perfettamente l’uno sull’altro. Brian deglutì, chiudendo gli occhi, ed abbassando il viso tra i capelli corvini della ragazza, sorridendo leggermente, tenendola per il capo. Il profumo dolce e fresco gli inondò le narici. Era qualcosa che lo prendeva alla bocca dello stomaco. Una voglia che era difficile da combattere. Una voglia alla quale avrebbe ceduto, prima o poi. –Come fai ad esserci nei momenti peggiori e riuscire sempre a farmi stare meglio?-

Flavia aumentò la stretta e Brian fece altrettanto: -Sono la paladina del buonumore!-  Ridacchiò la ragazza, alzando il volto e trovandosi ad un palmo dal viso di Brian. Due scosse elettriche percorsero contemporaneamente le loro schiene. Brian fece per avvicinarsi a lei, che teneva gli occhi fissi sulle labbra dell’uomo, immobile. Tesa ed in attesa di quel tuffo che avrebbero fatto insieme, già trattenendo il respiro. Tre tonfi contro la porta di ferro. Il suono fu quasi simile a quello di uno specchio che si rompe. Flavia si staccò di botto da Brian, guardandolo confusa. Brian la osservò un attimo, mordendosi il labbro inferiore. Andò poi ad aprire la porta. Flavia si osservò le mani. Aveva toccato Brian. Non avrebbe dovuto. Mai. Si era ripromessa di rispettare il suo modo di essere e così facendo era venuta meno a tutto ciò. Eppure sentiva ancora i brividi per la bocca dell’uomo così pericolosamente vicina alla propria. Meno di un soffio. Sentiva un’attrazione irrinunciabile nelle vene.

-Allora, Flavia?- La ragazza si voltò di scatto verso la fonte di quel suono: Jennifer, la madre di Justin. Flavia si portò la mano destra alla bocca, sfiorando il labro inferiore, trattenendo ancora il respiro. E se quella donna avesse capito? E soprattutto la ragazza non aveva ascoltato una sola parola di Jennifer. Alzò lo sguardo e poco dietro vide Brian, immobile che la fissava in un modo diverso dal solito. Con gli occhi brillanti ed un leggero sorriso sulle labbra. Di nuovo la stessa scossa di prima. Flavia riportò gli occhi su Jennifer.

-La prendo.- Disse semplicemente, a fil di labbra. Con il tono della voce talmente basso che rimaneva solo la possibilità di leggere il labiale. La giovane schizzò verso il divano, dove aveva lascato la borsa. Sfiorò appena un braccio di Brian, che tentò di afferrarla, di bloccarla. Ma lei evidentemente era più veloce e piccolina dell’uomo. Flavia scese di corsa le scale e si fiondò nella propria macchina, senza voltarsi indietro né diminuire la propria velocità. Mise le chiavi nel quadro della macchina e posò la testa contro il sedile, scivolando un po’ verso il basso. Fissava incredula il tettuccio dell’auto. Desiderio. Ecco come Brian l’aveva appena guardata: con desiderio.

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Capitolo 8
*** 08- L'essere umano è stato creato per cedere. ***


Le cose cambiano e non è detto che il cambiamento sia indolore.

Ma non siamo così forti da sopportare qualsiasi cosa.

L’ESSERE UMANO E’ STATO CREATO PER CEDERE.

Seduta sul bancone del caffè, si fissava i piedi, facendo rimbalzare le scarpe da ginnastica contro l’interno del mobile. Destra e sinistra, fissandole con impegno. Hunter le passò davanti e la fissò un attimo. La tavola calda era quasi completamente vuota e non c’erano più piatti da servire. Hunter si fermò davanti all’amica, intrecciando le braccia, sorridendo ironico:

-Non è morto nessuno, sai?- Ridacchiò, abbassando il volto per incrociare gli occhi nocciola dell’amica. Flavia alzò il volto, guardando Hunter con espressione colpevole ed addolorata.

-E’ che mi sento tanto in colpa.- Hunter sbuffò, mandando gli occhi al cielo. –E’ come se lo avessi violentato, capisci?- Spiegò sgranando gli occhi.

Hunter scoppiò a ridere, posando la mano destra sulla spalla sinistra di Flavia: -Credimi, gli sarebbe piaciuto da morire esser violentato da te!- Flavia folgorò Hunter, che ridacchiò ancora. –Oh, avanti! Come se non lo sapessi!- Il ragazzo sorrise sghembo. Flavia distolse lo sguardo.

Ormai non riusciva che a pensare a quegli occhi, a quelle labbra. Era diventati un pensiero battente. E quel profumo intenso. Lo sentiva ancora nel naso, sulle labbra. Alzò lo sguardo sull’orologio:

-Siamo in ritardo anche oggi, Hunter..- Disse annoiata, scendendo dal bancone e sfilandosi il grembiule da lavoro. –Andiamo, dai. Ti porto io in macchina.-

-Solo se mi fai guidare!- Flavia si voltò a guardare Hunter. Se lo aspettava. Prese al volo la giacca di jeans che l’amico gli aveva lanciato. Anche se era appena inizio primavera, si percepiva già il leggero tepore del sole e Flavia non riusciva a non sentirne il richiamo.

Se al mondo esisteva qualcuno che guidasse peggio di Hunter Flavia se l’era chiesto spesso e volentieri. Ma per lei era una pacchia potersi spalmare sul sedile del passeggero e godersi la corsa in auto. Con i capelli nel vento tagliente della mattina, le braccia posate sul finestrino abbassato. Con gli occhi chiusi sentiva le curve che Hunter prendeva sempre troppo velocemente. Ma lei adorava correre in auto e la cosa non l’aveva mai preoccupata. Arrivarono in accademia forse troppo presto. Scesero dall’auto ed Hunter lanciò le chiavi della macchina a Flavia, che le gettò nella propria borsa. Si avviarono verso i gradoni dell’ingresso del palazzo dallo stile antico. Lì trovarono con loro sorpresa e rammarico Katie che stava parlando con Matt, il ragazzo che aveva violentato Flavia. Hunter e l’amica si guardarono in faccia. Flavia ignorò chiunque la guardasse e si avviò verso una panchina poco distante, gettandovi sopra la borsa. Hunter la imitò, lanciando uno sguardo folgorante a Katie, la propria fidanzata. Come poteva fare una cosa simile a Flavia?

Hunter e Flavia rimasero a chiacchierare, fumando una sigaretta. Suonò la prima campanella e la ignorarono. Katie li raggiunse e, senza rivolgere parola ad Hunter, guardò male Flavia: -Mi chiedo che cazzo vuoi.-

Flavia osservi Hunter un attimo, poi alzò lo sguardo su Katie, riducendo gli occhi a due fessure per via del sole: -Perché non te lo vai a chiedere altrove?- Flavia sorrise dolce malevola, volgendo lo sguardo verso Hunter, finendo di fumare la propria sigaretta.

Matt ed altri ragazzi si avvicinarono ai tre della panchina: -Sei proprio una stronza!-

Flavia scoppiò a ridere, spostando di nuovo lo sguardo su Katie: -Ma levati di torno e fammi stare zitta!-  Flavia schioccò la lingua, scuotendo la testa. Prese la tracolla e si alzò dalla panchina, ma Katie la spinse giù con prepotenza e cattiveria. Hunter scattò in piedi, allontanando Katie dalla panchina.

La ragazza riccia guardò il proprio fidanzato con gli occhi sgranati: -Che cazzo ti ha fatto? Perché la proteggi ora?- La voce di Katie salì di un’ottava e si volse di nuovo verso Flavia, che era tornata in piedi: -Brutta troia, che hai fatto col mio ragazzo?-

Flavia sgranò gli occhi, indicandosi il petto con l’indice destro. Scosse la testa, passando accanto al gruppetto di gente che si era fermato ad assistere alla scena: -Perché non racconti ad Hunter cosa tu hai fatto con Matt?- Sorrise perfida, andando oltre, entrando nell’Accademia.

 

Pausa pranzo. Ferma davanti alla bacheca dell’ala di danza. Teneva il ginocchio destro posato contro il muro. L’agenda sulla coscia destra, la penna nella mano sinistra. Flavia era mancina. Con la destra stringeva la mela verde che stava mangiando. A pranzo non mangiava mai troppo, visto che il pomeriggio lo passava danzando. Preferiva perciò restare leggera. Con gli occhi scuri e profondi vagliava tutti gli annunci di provini. Ma erano tutti in altre città, spesso e volentieri irraggiungibili. Aggrottò la fronte. Toronto non era poi così lontana. Arricciò le labbra, pronta a correre alla data del 27 Marzo. Ma la penna le cadde, rotolando più in là: -Ma porca…-

Mise giù la gamba, pronta ad abbassarsi per raccogliere la biro blu, quando vide una mano maschile fare più veloce di lei. Alzò lo sguardo ed incrociò un paio di occhi azzurri.

-Ho saputo che hai dato spettacolo in cortile stamattina, con la tua amica..-

Flavia battè gli occhi due volte, mettendosi dritta e prendendo la penna dalle mani di Justin. Rivederlo dopo quello che era quasi accaduto con Brian le faceva un effetto strano, la prendeva alla bocca dello stomaco. –Katie non è più mia amica.- Precisò, imponendosi di non pensare a Brian e Justin insieme a letto. Prese la tracolla da terra e vi gettò dentro bic ed agenda nera.

-Ieri ho visto Brian..- Iniziò Justin. Flavia si mise la tracolla sulla spalla sinistra, intrecciando le braccia al petto ed annuendo una volta sola, in ascolto. Nel frattempo si chiedeva come le fosse mai passato in mente che Brian potesse provare attrazione di qualche tipo per lei, per lei che era una donna. Impossibile. E poi, oltre tutto, come poteva fare una cosa simile a Justin? A qualcuno che quasi poteva reputare amico. –Mi ha detto alcune cose..- Flavia alzò le sopracciglia, sorridendo, come per invogliare l’altro a parlare. Justin abbassò lo sguardo, prendendo a torturarsi le mani con l’espressione contratta. –Cose che riguardano te.- Alzò lo sguardo azzurro di scatto ad incrociare gli occhi marroni e sbarrati di Flavia.

-Me?- Justin annuì, alzando il mento, con l’espressione un po’ offesa. Flavia si puntava un dito al petto e poi sorrise, scuotendo la testa. –Sicuramente niente di importante…-

Justin corrugò la fronte: -Mi ha confessato di essere attratto da te.-

Un tuffo al cuore. Lei? Lei Flavia? Sbattè le palpebre qualche volta, incredulo. –Ma è gay!-

Justin alzò gli occhi al cielo: -L’attrazione non conosce sesso. Come un etero può essere attratto dai gay, così un gay può essere attratto dagli etero.- Spiegò in un’alzata di spalle. Flavia abbassò lo sguardo, meditando la cosa. In effetti il discorso filava, ma non voleva farci troppo affidamento sulla cosa. –Ma il puntò è..- Continuò Justin, cercando gli occhi della ragazza, che lo guardò di sottecchi. –Tu sei attratta da lui?- Alzò un sopracciglio, scrutando l’espressione di Flavia. La ragazza rimase immobile, fissando il pavimento di marmo del corridoio. Si inumidì le labbra ed alzò lo sguardo implorante sull’amico. Justin sorrise, portandosi una mano tra i capelli. –Dovevo immaginarlo!-

Justin si avviò lungo il corridoio, superando Flavia in due passi. Teneva la testa alza, ma dentro rodeva. Non aveva fatto i conti col fatto che Brian potesse conquistare davvero Flavia e viceversa. Non aveva pensato al risvolto della medaglia.

-Justin!- La voce squillante di Flavia raggiunse le orecchie del ragazzo, che si voltò all’istante. Gli occhi profondi della giovane erano lucidi. Soffriva, evidentemente, per quella situazione a lei così nuova. –Mi dispiace..-

Justin sorrise sereno: -Ehi. Era scritto andasse così.- Fece spalluccia, strizzando l’occhio alla ragazza e proseguendo lungo il corridoio.

 

-Vorresti per favore farle capire che non colpa sua, per una volta?- Hunter sorrise, guardando Flavia di traverso. La ragazza teneva lo sguardo fisso sulla tazza di caffè, girandosela tra le mani. Emmett sorrise al figlio di Michael e Ben, allungando poi una mano su quelle di Flavia, che lo guardò implorante. Voleva trovare una soluzione a tutto quel casino e sperava fosse Emmett ad aiutarla.

-Non so più quante volte gliel’ho già ripetuto.- Sorrise Emmett, voltandosi poi verso Hunter. –Sai quanto sia cocciuta.-

Hunter alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Sì, ne aveva una vaga idea. –Potreste smettere di parlare di me come se non fossi qui?- Chiese Flavia, alzando un sopracciglio sui due.

Hunter tornò dietro il bancone, lasciando Emmett e Flavia seduti al tavolo nell’angolo della tavola calda. Flavia si portò le mani tra i capelli castani e lisci, fissando la tazza con sguardo assente.

-Cosa cazzo faccio, Emm?-

Emmett sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Prese il mento di Flavia tra le mani, sporgendosi sul tavolo: -Hai vent’anni. Se non cogli tutte le occasioni ora, non le coglierai mai più!- Flavia lo osservò interrogativa. Perché sembrava che Emmett le stesse dicendo proprio quello che voleva sentirsi dire in quel momento. Emmett sorrise dolcemente alla giovane. –Justin vivrà la sua vita, così come ha sempre fatto. Così come tutti hanno sempre fatto. Brian evidentemente adesso vuole te. Cogli l’opportunità d’esser felice. Senza guardare a ciò che desiderano gli altri. Vivi ciò che vuoi tu.- Flavi sorrise all’amico, i cui occhi però scattarono verso la porta. Il campanello era appena suonato: -Parli del diavolo e spunta Brian Kinney. Poi qualcuno mi spiegherà questa cosa, prima o poi.- Spostò gli occhi su Flavia, che si era messa con la schiena aderente al divano. Tesa come una corda di violino. –Fa’ finta di nulla. Sta venendo qui.- Disse Emmett, con la tazza di caffè davanti alla bocca, così che potesse sentirlo soltanto l’amica.

Brian, senza troppi complimenti, si sedette accanto ad Emmett, posando sul tavolo un mazzo di chiavi: -Il mio loft è diventato ufficialmente il tuo loft, Flavia.- Porse le chiavi alla giovane, che sentì un brivido su per la schiena all’udire il proprio nome detto da Brian. Quasi come se fosse stato immerso nella sensualità e poi riconsegnatole lì per lì. Brian spostò lo sguardo su Emmett ed iniziarono a chiacchierare del più e del meno. Emmett osservava Brian e si divertiva quasi a notare come ogni occasione fosse buona per voltarsi verso Flavia, che beveva il proprio caffè assente. All’improvviso la ragazza si alzò dal tavolo, agguantando le chiavi, Brian non fece in tempo ad afferrarle il polso e così Flavi andò verso il bancone. Mise le chiavi nella borsa appesa lì di fianco e tornò a pulire i piatti e prendere ordinazioni in giro per la tavola calda. Dopo una ventina di minuti Emmett andò a salutarla, dicendo che doveva scappare ad un incontro per l’ennesima festa altrui da organizzare. Flavi si sedette sul bancone della tavola calda quasi vuota. Erano le sette, più o meno. Era un’ora morta quella. Arrivavano sempre tutti insieme alle otto. Si mise a contare i soldi delle mance, scherzando con Hunter, che si era deciso a prendere un caffè. Brian si alzò dal tavolo al quale era ancora seduto e si avvicinò ai due ragazzi. Flavia si voltò di scatto, osservando l’uomo che si era poggiato proprio accanto a lei, alla sua sinistra.

-Volevo dirvi che sto organizzando una festa al Babylon.- Portò lo sguardo su Flavia.

-Per quale occasione?- Chiese Hunter, fissando Brian da sopra il bordo della tazza scura.

Brian fece spalluccia: -Ho bisogno di un’occasione particolare per fare una festa nella mia discoteca?- Hunter rise, Flavia scese dal bancone. –Vi inserirò in lista, così potrete entrare tranquillamente.- Brian sorrise, staccandosi dal bancone.

-Vengo solo se mi fai entrare del privè!- Hunter indicò Brian, per poi posare la tazza nel lavandino.

-Io non vengo. Levami dalla lista.- La voce tagliente di Flavia interruppe le risate dei due.

-Oh sì, che verrai!-

Brian si avvicinò alla ragazza, guardandola fissamente negli occhi. Con decisione, come se la cosa fosse di fondamentale importanza.

-Oh no, che non verrò!- Flavia sorrise sarcastica, bloccandosi davanti a Brian con un piatto di patatine in mano.

-Verrò a prenderti a casa, con violenza.- Rispose risoluto Brian, prendendo il pacchetto di sigarette dal cappotto. –Ora tanto so dove abiti.- Sorrise sarcastico e poi soddisfatto, vedendo gli occhi di Flavia lanciare fiamme. Salutò Hunter e poi uscì dalla tavola calda.

Hunter rise, prendendo il piatto dalle mani dell’amica: -E te lo ha chiesto con le buone!-

 

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Capitolo 9
*** 09-Nessuno riusciva a capacitarsi. ***


Un poeta scrisse che bisogna sempre essere un po’ improbabili.

Il problema è che ciò che è improbabile accade sempre.

MA NESSUNO SAPEVA CAPACITARSI CHE STESSE ACCADENDO PROPRIO A LUI.

 

Il rumore delle tazze e dei bicchieri la mattina presto lo infastidiva più di qualsiasi altra cosa. Forse per il fatto che quel rumore ormai era diventato fin troppo familiare per le sue orecchie. Scese di corsa le scale, saltando gli ultimi tre gradini e mancando di un soffio Ben che stava andando a fare colazione.

“Hunter…” Cantilenò Ben guardando il giovane di traverso. Hunter sorrise e lasciò la tracolla sul divanetto del salotto, avviandosi verso la cucina. Michael era già al tavolo e stava mangiando con fare addormentato la propria colazione. Hunter si avvicinò al ripiano e mise a fare il caffè. Era l’unico in casa a bere il caffè la mattina. Ben e Michael erano troppo salutisti per lasciarsi andare ad un vizio simile. Ben diede il buongiorno a Michael e si sedette al tavolo per la colazione.

Ci fu un po’ di silenzio, tanto caro a chi si sveglia di corsa la mattina. Hunter prese il proprio tazzone di caffè e si andò a sedere al tavolo, portandosi dietro qualche biscotto.

“Stai andando a lavoro?- Chiese Michael. Hunter annuì, masticando un biscotto.- Ci sarà anche Flavia, vero?”

“Certo! Tra poco mi passerà a prendere! Quel loft abitato da lei mi fa uno strano effetto!”

Hunter ridacchiò, girando il caffè bollente. Michael rabbrividì, alzando lo sguardo su Ben. Brian si era trasferito dall’altro capo della strada, in un rispettabile quartiere etero di Pittsburgh. Insomma, Brian diventava ogni istante più folle, almeno agli occhi dell’amico. Sempre più fuori dallo schema “Brian Kinney”. Michael inspirò rumorosamente.

“Invitala alla festa al Babylon. Ci sarà stasera!” Propose Ben, alzando lo sguardo sul marito. Michael era cupo in viso. Avrebbe voluto tenerli lontani il più possibile Flavia e Brian, ma evidentemente risultava impossibile. Mise in bocca una forchettata di bacon, in tempo per sentire Hunter ridere ed alzarsi dal tavolo.

“L’ha già invitata Brian! Minacciandola di andarla a prendere a casa, se non si dovesse presentare!” Hunter posò la tazza nella lavastoviglie e Michael iniziò a tossire.

“L’ha invitata.. Lui??” Chiese strabuzzando gli occhi. Hunter annuì, lavandosi le mani nel lavandino della cucina. Sorrise e guardò Ben.

“Ho iniziato il conto alla rovescia… Quanto ci metteranno a finire a letto?-Sorrise e si avviò verso la porta della cucina. Posò una mano sullo stipite e si voltò verso i due.- Ormai Brian lo ha già detto a Justin: Flavia gli piace!” Stavolta si voltarono in contemporanea sia Ben che Michael, strabuzzando gli occhi. Non Brian! Non il Brian che avevano sempre conosciuto. Non quello che si faceva uomini su uomini per il solo gusto di farlo. Doveva essergli successo qualcosa, non c’era altra spiegazione.

Hunter andò a lavarsi i denti e dopo qualche minuto sentì il clacson della macchina di Flavia. Era passata a prenderlo, evidentemente. Scese di corsa, agguantando la borsa. Michael si stava mettendo la giacca per uscire e Ben stava sistemando delle cose in cucina. Uscito sul vialetto, Hunter si arrestò sorridendo. Si voltò a cercare Michael che era appena dietro di lui.

Michael si bloccò a bocca aperta. Non era possibile. Doveva essere un incubo.

Flavia era in auto, con il finestrino abbassato e stava fumando. Brian era lì accanto a lei. Stavano chiacchierando amorevolmente come due etero qualsiasi. No, Brian non era uno qualsiasi. Non poteva finire con una ragazza qualsiasi. Con la prima moretta che gliela faceva annusare. Lui era Brian Kinney! Cazzo. Hunter si avvicinò a Michael e gli posò una mano sulla spalla.

“Succede.” Sorrise e volò via, salutando Brian, che si scansò dalla macchina, per farli partire.

“Mi raccomando la festa stasera!” Strillò, alzando una mano. Dalla macchina che partiva si vide il braccio sinistro di Flavia sbucare fuori e fare un “ok”. Michael abbassò gli occhi, irritato ed innervosito. Quella sciacquetta sarebbe stata là. Doveva chiamare Justin.

Percorse il vialetto a testa basta, infilando i pugni chiusi nelle tasche della giacca corta. Brian lo prese per un braccio

“Ehi, Mickey, tutto bene?”

Michael alzò la testa, folgorando l’amico. Ed aveva anche il coraggio di chiederglielo? Come poteva soltanto sfiorarlo l’idea che non ci fosse nulla? Gli venne una voglia irrefrenabile di tirare una testata a quella bella faccina. Poi prenderlo a calci e mandarlo a prenderlo in culo. Probabilmente non gli avrebbe più risposto “Io lo do, non lo prendo!” Gli avrebbe semplicemente detto di andare a scopare e sfogarsi, forse. Ma non gli interessava in quel momento. Abbassò lo sguardo e girò la testa.

“E me lo chiedi?”

Brian corrugò la fronte, osservando l’amico. Doveva esserci qualcosa che non andava, ma proprio non intuiva. Non voleva neppure addentrarsi nella folle idea che fosse per Flavia. Lui era Brian, Brian Kinney. Poteva fare ciò che desiderava. Avere chi desiderava. E se quella volta voleva una ragazza? Che male poteva esserci? Si inumidì le labbra, alzando gli occhi al cielo e lasciando la giacca di Michael.

“Cosa cazzo hai, Michael?” Brian voltò di nuovo lo sguardo sull’amico. Michael fece per andarsene, sibilando un’imprecazione ed un “Lasciami perdere!”

 

La musica quella sera avrebbe benissimo potuto ferire qualcuno ai timpani. Il volume era altissimo e martellante. In pieno spirito Babylon. Flavia era nel privè, con Hunter ed Emmett. Ridacchiavano amabilmente, scherzando e chiacchierando per fatti loro. Sorseggiavano i loro cocktail ad un ritmo oltremodo lento, ma rilassato, senza preoccupazioni. Quella sera l’unico obiettivo era staccare la spina. Per fortuna di Brian ancora non c’era nemmeno l’ombra. In compenso c’era Michael che guardava con fare assassino Flavia, che provava a non farci caso. Immaginava il perché di quel modo di fare, ma non voleva darsene colpa, non era corretto. Non era colpa sua. Ed oltretutto ancora non era successo nulla. Non c’era motivo di avercene con lei.

Dopo un po’ che la festa era iniziata, arrivò Justin. Il ragazzo salutò tutti e poi si avvicinò al gruppetto di Flavia, vicino alla ringhiera del privè. Iniziarono a chiacchierare del più e del meno, con la ragazza che cercava in tutti i modi di evitare lo sguardo di Justin, che invece la fissava indagatore. Poi Hunter, furbo come era, non sapendo mai tenere la lingua a posto, chiese a Justin dove fosse Brian. Flavia, impulso strinse il ferro della balconata. Justin si avvicinò a lei, senza farvi caso, ed indicò un punto della mischia, non troppo distante dal bancone.

“E’ lì con un paio di ragazzi..- Sorrise malizioso, voltandosi verso Flavia.- E’ Brian Kinney, cosa si può pretendere?”

Ridacchiò, voltandosi verso Emmett, che osservava Flavia. La ragazza si scusò e si allontanò dai tre, posando il bicchiere sul primo tavolino. Avrebbe preferito non averlo mai incontrato. Non essersi mai scontrata con lui per strada. Non avergli mai sorriso. Mai accettato la sua casa. Ed invece era andata in quel modo ed adesso si trovava con il cuore in briciole. Ci aveva creduto, ci aveva contato. Come una stupida.

Aprì la tenda del privè e prese a scendere le scale, ignara dello sguardo di Justin fisso su di lei. Ignara del fatto che Brian avesse alzato lo sguardo e l’avesse vista andarsene. Ignara del fatto che Brian non stesse facendo nulla con quei due, che fossero due clienti della Kinnetic.

 Flavia scappò semplicemente via, avviandosi verso i bagni delle ragazze. Arrivò nel piccolo disimpegno.

Justin scese le scale, seguendola. Forse aveva esagerato. Forse non avrebbe mai dovuto dare retta a Michael. Brian si avvicinò alle scale del privè, ma fece appena in tempo a vedere Justin uscirne. Decise di raggiungerlo e chiedergli cosa fosse successo. Justin a malincuore gli spiegò la vicenda.

“Ringrazia il cielo che non ho voglia di perdere tempo, altrimenti ti avrei già inculato.. E non in positivo!” Justin sorrise e gli fece cenno di seguirlo.

Flavia si lasciò scivolare lentamente a terra. Sentiva gli occhi bruciare, lo stomaco stringersi in una morsa di ghiaccio. Dentro vorticavano rabbia e delusione in un alternarsi senza tregua.

“E tu cosa fai, tutta sola?” Alzò la testa e vide tre uomini. Terrore. A delusione e rabbia si aggiunse terrore. Cerca di alzarsi e scappare, ma i tacchi e la minigonna erano troppo d’impiccio. Uno dei tre la prese per un braccio ridendo.

“Ti facciamo compagni noi!” Non aveva neppure il coraggio di reagire. Era una situazione già vista, già vissuta. E solo il pensiero le faceva paura. Una paura che ghiacciava. Il terzo del gruppo si avvicinò a lei, iniziandole ad aprire la camicetta, mordendola sul collo. Flavia era pietrificata.

“Andiamo nel bagno, su.” Disse quello che aveva parlato per primo. La trascinarono senza problemi nel bagno degli uomini. Si chiusero nel bagno in fondo, iniziandola a spogliare e spogliarsi a propria volta.

Brian e Justin arrivarono davanti ai bagni quando qualcuno entrò in quello dei ragazzi. Justin gli fece cenno di entrare in quello delle ragazze. Brian sarebbe rimasto fuori. Justin gli aveva detto di averla vista dirigersi verso i bagni, ma lì non c’era ombra di lei. Brian iniziò a preoccuparsi. Possibile fosse tornata a casa? No, Justin si era portato via la sua borsa dal privè, quindi Flavia doveva avere in mente di tornare. Ed andarsene via senza macchina era impensabile.

Uno dei tre le teneva la bocca tappata, mentre un altro l’aveva immobilizzata contro la parete del bagno. La minigonna alzata e la camicetta completamente aperta, a mostrare il seno scoperto.

Justin uscì dal bagno delle ragazze scuotendo la testa. Flavia non era là. Brian decise di entrare nel bagno dei ragazzi. Si avvicinò ai gabinetti a muro, abbassandosi la zip dei jeans.

“Dove può esser finita?”

Justin posò le mani sul lavandino, alzando gli occhi sullo specchio.

Le mani dei tre si muovevano su di lei, quando sentì quella voce familiare. Si scosse, risvegliandosi.

“Non ne ho idea.” Rispose Brian, alzando gli occhi al cielo, chiudendosi i pantaloni. Si avvicinò al lavandino ed aprì il rubinetto dell’acqua, sospirando preoccupato. Aveva un nodo allo stomaco, una sorta di bruttissima sensazione.

Flavia iniziò a muoversi frenetica, cercando di divincolarsi, scalciando, pestando piedi. Poi riuscì a mordere la mano del ragazzo che tentava di non farla strillare.

“Maledetta!” Sibilò l’uomo. Brian e Justin si voltarono verso i bagni, per poi guardarsi. Justin posò la borsa di Flavia sul ripiano dei bagni, avvicinandosi all’unico bagno chiuso.

“Brian!” Strillò Flavia, cercando di avvicinarsi alla porta.

“Flavia!” Strillarono all’unisono i due. Si avventarono entrambi sulla porta del bagno, riuscendo a sfondarla al secondo colpo. Flavia riuscì a divincolarsi e correre tra le braccia di Brian, tentando di coprirsi come poteva. I tre riconobbero subito il proprietario della discoteca. Justin uscì dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle, chiamando la sicurezza. I tre sapevano che scappare era inutile. Brian li conosceva e non ci avrebbe messo nulla a ritrovarli e conciarli per le feste.

Flavia singhiozzava, affondando il volto nel petto di Brian, che la stringeva forte a sé. L’uomo abbassò il volto sul capelli della ragazza, dandole un lieve bacio su capo.

“Ora andiamo a casa.” Sussurrò. Flavia annuì in silenzio.

La sicurezza arrivò veloce, scortata da Justin. I tre vennero portati subito via. Justin si avvicinò a Flavia, facendole una lieve carezza sulla spalla sinistra.

“Portala a casa. Non lasciarla sola stanotte.” Disse lieve, guardando Brian. Brian annuì e, presa la borsa di Flavia, uscirono dal bagno.

 

Flavia era distesa sul letto, con addosso un piumone. Ancora non era riuscita a trovare la forza per alzarsi e fare una doccia. Restava là, immobile. Senza parlare. Brian era in cucina e la vedeva. Respirava e questo era l’unico segno di vita che gli avesse dato. Erano già due ore che erano tornati a casa e lei non aveva detto una sola sillaba. Brian tolse l’acqua dal fuoco e la versò in una tazza bassa e larga, arancione. Mise poi la bustina di camomille e una goccia di latte caldo. Magari le avrebbe fatto bene, l’avrebbe aiutata a distendersi e quanto meno a dormire. Mise un cucchiaino di zucchero e girò il tutto. Quando l’acqua ebbe preso bene il colore, si avviò in camera. Posò la tazza sul comodino più vicino a Flavia e si andò a distendere dall’altro lato del letto, raggomitolandosi un po’, per non sentire freddo. Osservò il proprio telefono, immobile sul comodino davanti a lui. Aveva tolto vibrazione e suoneria. Michael, Justin ed Emmett avevano già provato a contattarlo milioni di volte. Chiuse gli occhi, inspirando. Sentì Flavia muoversi accanto a lui e poi il rumore della tazza sul comodino. Sorrise appena, leggermente rasserenato. Almeno aveva fatto qualcosa per aiutarla.

“Manca lo zucchero.- Sussurrò Flavia. Brian spalancò gli occhi e scattò a sedersi. Si voltò verso la ragazza, sorridendo. Flavia abbassò lo sguardo e bevve un altro sorso.- Non è vero. Scherzavo!- Sorrise ancora, posando la tazza sul comodino. Mise la schiena contro il muro e tirò le ginocchia al petto, circondandole con le braccia.- Mi dispiace, Brian. Se vuoi puoi tornare a casa tua…” Distolse leggermente lo sguardo e Brian la costrinse a voltarsi verso di lui. Dopo un po’ Flavia alzò gli occhi ad incontrare quelli dell’altro. Brian sorrise.

“Non ti lascio, dormi un po’..”

Flavia scosse la testa, coprendosi un po’ di più. “No, non ci riuscirei.”

Brian si mise accanto a lei, passandole un braccio dietro le spalle e costringendola a posare la testa sul suo petto. La sentì irrigidirsi improvvisamente. Si inumidì le labbra, inspirando. Le prese ad accarezzare i capelli, ma Flavia continuava ad essere rigida. Come se non si fidasse.

“Flavia, sono io… Brian. Non sono loro. Loro non ci sono, non ti faranno più nulla..”

“Potrebbero farlo altri, per loro.” Disse lei, abbassando ancora di più la testa, affondandola tra le coperte ed il petto di Brian.

“No se io sarò al tuo fianco.- Sussurrò piano lui.- Non permetterò a nessuno di farti del male.- Flavia si staccò dall’abbraccio, per fissarlo negli occhi. Lo aveva detto davvero? Battè gli occhi qualche volta ed abbassò lo sguardo. Sentì la mano di Brian sul proprio volto.- Non ti accadrà più nulla, se starai con me.”

Stare? Stare in che senso? Flavia abbracciò forte Brian, posando la testa nell’incavo del collo dell’altro. Chiuse gli occhi un attimo, posando le labbra sul collo di Brian.

“Non voglio che mi tocchi più nessuno. Non l’ho permesso a nessuno per un anno… E voglio che continui così.”

Brian corrugò la fronte e prese Flavia per le spalle, fissandola interrogativo: “Era già successa una cosa simile?”

Flavia annuì: “Un anno fa. Sempre in una discoteca. Un ragazzo che credevo mio amico… Il problema è che tendo a fidarmi troppo delle persone.”

Spiegò fissandolo negli occhi, come a cercarvi un appiglio: “No, il problema è che ti fidi di tutti. Devi imparare a fidarti delle persone giuste, Flavia.”

“E tu sei una delle persone giuste, Brian?” Chiuse lei, deglutendo a fatica. Sentiva una strana morsa allo stomaco. Come se stesse per avvenire qualcosa di portata catastrofica.

“Sì. Lo sono.” Rispose con convinzione. Probabilmente era il peggiore soggetto a piede libero. Probabilmente era cinico, menefreghista e bastardo. Ma sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di ferirla.

“Come faccio ad esserne sicura?” Flavia distolse lo sguardo, allontanandosi leggermente da Brian.

“Guardami negli occhi.- Flavia si voltò ed incrociò gli occhi dell’uomo.- Non ti guardo come ti guardano gli altri. Le mie mani non sono le mani degli altri..- Le sfiorò leggermente il volto col dorso della mano, con tenerezza. Come forse non aveva mai fatto neppure con Justin.- Le mie labbra non sono come quelle degli altri…- Si avvicinò lentamente al volto di Flavia, baciandola appena sulle labbra, a stampo. Con delicatezza, come se fosse una bambolina di porcellana e potesse rompersi da un momento all’altro. Poi la strinse forte a sé e lei lo trattenne, con forza, affondando di nuovo il viso nel suo collo.- I miei abbracci non sono abbracci qualsiasi. Io non sono uno degli altri.” Sentì le lacrime calde di Flavia sul proprio collo. Sentì che si stava lasciando andare, come non faceva mai.

Quella notte fecero l’amore. Dolcemente, come Brian non aveva mai fatto con una donna. Lentamente, assaporandosi ogni attimo. Con tenerezza, quella che Brian non aveva quasi per nessuno. Brian capì di poter esser capace anche lui ad amare. Che Justin non gli aveva portato via tutto, ma che aveva reso possibile il suo incontro con Flavia. E tra quelle lenzuola ritrovò una parte di se stesso che non credeva di aver mai posseduto. Una parte di sé che invita a proteggere l’altra, a tenersela vicina. Perché forza e fragilità vanno di pari passo. E lui voleva, desiderava essere la sua forza. Flavia capì che tutto può essere possibile, per quanto improbabile sia. Non aveva mai creduto fattibile vivere quei momenti con Brian. Per un attimo vagliò l’ipotesi che fosse un sogno, che in realtà lei fosse ancora in quel bagno con quei tre uomini e desiderasse l’arrivo di Brian a salvarla. Ma poi la pelle di Brian, il suo profumo, le sue labbra ed i suoi occhi le fecero capire quanto tutto fosse reale. Quanto Brian fosse reale. E quanto desiderasse che quella diventasse la propria realtà.

 

 

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