La parata prevedeva
che tutti i paesi, o comunque tutti quelli che avevano
contribuito alla pace, dovevano riunirsi alla gran piazza del castello
di
Alexandria, facendo sfilare davanti alla regina in persona gruppi di
soldati, o
di sacerdoti (se si trattava di un paese in recupero), in semplici e
veloci
esibizioni programmate. I Tantarus, per esempio, ad ogni occasione del
genere
impostavano un discorso che coinvolgesse gli spettatori: era Gidan a
interpretarlo, spesso cambiandolo o improvvisandolo. Conoscendo
l’affetto che
il popolo nutriva per il gruppetto di ladri gentiluomini, iniziava
sempre con:
«FINALMENTE!!!
I TANTARUS SONO TORNATI!!!»
Benché
Daga ripetesse ogni anno di non far sembrare la parata solo un
esposizione militare, ogni anno erano sempre di più i membri
degli eserciti
alleati, e sempre di più la festa assumeva il carattere
serio e fiero dei
soldati. Anche per questo invitava il gruppo del fidanzato.
Era giunto il gran
giorno. Da fuori città venivano carrozze, nuove vetture
su quattro ruote (già divenute uno status-symbol) ed i
classici idrovolanti da
Lindblum, alcuni erano
arrivati persino
via mare. Tutti i partecipanti, si ripassavano nervosamente i movimenti
di
marcia e di saluto. I nobili venuti da Toleno, che non vedevano
l’ora che la
parata iniziasse, facevano un gran rumore muovendosi senza sosta
cercando un posto
a sedere che fosse il più vicino possibile ai due steccati
messi in parallelo
per consentire il passaggio delle truppe. Chi non aveva così
tanti soldi per le
prime file, ed infatti erano due terzi degli spettatori, si
accontentava di
sedersi sugli altissimi spalti di legno, il che garantiva una visione
spettacolare della parata. Il corridoio creato dai due steccati era
stato posto
al centro della piazza, dividendola in due semicerchi esatti; la
sfilata iniziava
dal portone del castello da dove i partecipanti uscivano, e finiva in
fondo
alla piazza, dove lo schieramento si biforcava in due tangenti quasi
verticali,
mostrandosi tutto di fronte alla regina seduta proprio li davanti. Era
pomeriggio
inoltrato, e già incominciava a scurire.
Un rapido squillo di
trombe fece il silenzio sulla piazza. Poco dopo la
tonante voce di Steiner, che non aveva certo bisogno di un megafono,
proclamò:
«Cittadine,
e cittadini di Alexandria e dintorni! Siamo oggi qui riuniti,
di fronte alla nostra amatissima regina, Garnet Til Alexandros, per
festeggiare
il quarto anniversario della fine del tremendo Conflitto della Nebbia.
Per
celebrare la gloria dei vincitori, e per ricordare i valorosi caduti,
ora
vedrete in questa pubblica piazza, sfilare i corpi dei valorosi regni
che tanto
valorosamente hanno combattuto, e che tanto
valorosame…»
Dagli spalti si
udì una voce che urlò:
«Cavaliè,
e scorcia un po’!» seguito da un coro di risa.
Evidentemente
tutti pensavano lo stesso. Steiner si fece paonazzo per la rabbia e per
la
vergogna. In mente gli vennero, un enorme miscuglio di improperi e
insulti in
latino che era pronto a sciorinare, quando una bianca mano guantata gli
si posò
sulla spalla. Il cavaliere si girò, e vide la regina che con
un bel sorriso, si
portava il megafono alla bocca, e quasi spuntando di nascosto dalla
grossa
sagoma del Generale disse con voce divertita:
«Quello che
il buon Steiner intendeva dire, è che vi sarà
presentato un
bellissimo spettacolo, mai visto prima: che la festa inizi!»
terminò ridendo.
Il pubblico urlò di gioia, e si innalzò spontaneo
il coro:
“Garnet!
Garnet! Garnet!” facendo arrossire vistosamente Daga che si
coprì
il viso col ventaglio aperto.
Steiner distrutto,
concluse andandosene a testa bassa:
«Che
entrino i partecipanti…»
Il portone del
castello si aprì con un gran rumore e da dentro, in un abito
rosso fuoco con una bellissima lancia posta fra la mano e
l’ascella, uscì
Freija accompagnata da Flatrey, pure lui elegantissimo, che
rappresentavano lo
scarso gruppo di soldati del regno di Burmecia-Cleyra. I militari a
passo
cadenzato e impettiti, erano veramente belli da vedere: erano divisi in
due
gruppi da cinquanta, e a separarli erano due ufficiali con i vecchi
vessilli di
Burmecia prima, e di Cleyra poi –in realtà la
presenza dello stendardo della
vecchia città dell’albero era solo ufficiosa,
visto che un vero corpo armato
non l’aveva mai avuto- . Una volta di fronte alla regina, i
due draghieri si fecero
passare i due vessilli e li impugnarono insieme, segno della nuova
unione dei
due antichi regni.
A seguire entrarono
insieme i custodi delle biblioteche di Daguerreo e le
sacerdotesse di Cleyra. Arrivato da Garnet, il sacerdote più
alto in carica
donava, come ogni anno, un antico libro-romanzo alla regina, che ne era
appassionata.
Seguirono i guardiani
dei confini di Toleno e di Dali, che seppur pochi
erano stati richiesti a viva forza dagli abitanti delle due cittadine,
per
essere rappresentati alla festa: il responsabile delle vetture
Berqumea,
rappresentando il più alto in carica si inchinò
di fronte alla regina.
Successivamente
fecero il loro ingresso in piazza il folto schieramento
dell’esercito di Lindblum, che diviso in centurie di diverso
tipo, sfoggiava la
sua tradizione millenaria nell’arte militare. A capo dello
schieramento, che
dovette schierarsi su due file tanto erano numerosi, vi erano il
Granduca Cid,
la moglie Hilda, e la contessina Eiko, che vestita di un appariscente
vestito
rosa e con una acconciatura stile Padmè di “Star
Wars”, si inchinò
vergognandosi di fronte all’amica, che chinandosi sul trono
incontrò il suo
sguardo e gli fece l’occhiolino per tranquillizzarla.
Poi fecero il loro
ingresso i padroni di casa: il corpo dei Plutò era molto
più numeroso che in passato, e i primi nove membri erano
diventati i capitani
di altrettanti reggimenti; ovviamente a capo del gruppo vi era il
Generale
Adalberto Steiner che marciava, rigido nella sua armatura da parata
costellata
di medaglie al merito, impacciato per il peso che portava indosso.
Facendo il
suo classico saluto alla regina, quest’ultima gli
sussurrò:
«Scusa!»
e che ci crediate o no, fece anche spuntare un pezzetto della sua
lingua dalle labbra. Steiner per poco non cadde per terra.
Mentre
l’ultimo gruppo si incamminava fuori dalla piazza,
incominciò ad
innalzarsi del fumo bianco parecchio denso. In poco tempo non si vide
più
nulla. Mormorii dubbiosi si sentirono dagli spalti. Improvvisamente si
sentì un
grosso rumore di eliche: dei fasci di luce illuminarono il fumo che
brillò di
una luce particolarmente forte. Il rumore si fece più forte.
Qualcuno dagli
spalti ebbe l’intuito di alzare lo sguardo e urlando qualcosa
indicò il cielo,
e tutti si misero a guardare verso il punto indicato: il nuovo
Scenalante
Primavista stava lentamente discendendo, abbassandosi il più
possibile senza
però atterrare. Dal fondo dello scafo, si sentì
il rumore di una scaletta metallica
che veniva abbassata e che si ritirava. Poi, con un grosso rombo di
motori a
vapore, l’idrovolante si sollevò rapidamente,
diradando la nebbia finta. Una
volta dissipata, al centro della piazza, comparve quasi per magia Gidan
che
reggendo in mano un megafono di metallo, e la sua daga
nell’altra, sorrideva
smargiasso di fronte al suo pubblico, che esplose di grida,
specialmente
femminili che erano venute solo per lui. Daga cercò di
mantenere la sua
compostezza, rotta solo dai pochi segni di allegria precedenti, e si
limitò a
mostrare una faccia meravigliata. Dopo aver aspettato che le voci
calassero,
Gidan iniziò a parlare:
«Eh, si
è veramente bellissimo essere qui, in questa bella piazza,
in
questa grande… no,no, aspetta un secondo, manca
qualcosa… ah, si: FINALMENTE!»
e il fragore del pubblico riprese, scandendo con Gidan il suo motto
iniziale:
«I
TANTARUS, SONO TORNATI AD ALEXANDRRRIAAA!!!»
Le urla del pubblico
si sentirono in tutta Alexandria. Anche i nobili erano
entusiasti e eccitati dalla semplice entrata in scena del Tantarus.
«Ebbene si,
siamo finalmente qui nella città dove tutto è
iniziato: la
città dove il sottoscritto e i suoi compari hanno rapito la
qui presente
principessa Garnet, anzi pardon, Regina Garnet.» ormai non
era più un mistero,
la voce si era sparsa e più volte il Granduca Cid ammise di
essere stato lui ad
organizzare la cosa.
«Ma non
è solo la città della regina.»
continuò Gidan carichissimo. «E’
anche la città dove migliaia, e migliaia dei fan di Gidan
più volte gli hanno
dimostrato il proprio affetto: i fan che sono saltati in piedi due anni
fa
quando sono ritornato dalla mia regina; i fan che continuano a seguire
il
sottoscritto nei suoi spettacoli teatrali; i fan, che tra un
po’ diventeranno concittadini,
perché tra un anno sarò Re!»
Il popolo fece un
applauso lunghissimo, ritmando il nome del loro futuro
sovrano. I nobili si guardavano imbarazzati l’un
l’altro, toccati nel loro
punto debole. Poi Gidan si avvicinò al trono di Daga che lo
guardava sognante e
emozionata, e continuò:
«Sarò
Re assieme alla più bella ragazza del mondo e insieme,
renderemo
Alexandria la città più bella al mondo! Sempre se
lei mi vuole…»
Daga non si trattenne
più, balzò in piedi contravvenendo alla regola e
corse ad abbracciare Gidan. Il pubblico andò in delirio a
quella scena, proprio
come due anni prima. Dopo essersi divisi, Gidan chiese:
« Quando si
mangia?»
“Spero che
questo capitolo non abbia deluso le vostre aspettative…
giuro
che i prossimi saranno più interessanti e divertenti!
p.s:
se c’è qualcuno che leggendo il
testo, abbia riconosciuto una citazione dal mondo della WWE (sperando
che i
copyright non mi scannino!!) me lo scriva nei commenti. Sono curioso di
sapere
se avete scoperto di chi è…”
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