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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il drago ***
Capitolo 2: *** Chiarimenti ***
Capitolo 3: *** Discussioni in famiglia ***
Capitolo 4: *** La freccia ***
Capitolo 5: *** Un altro attacco ***
Capitolo 6: *** Scontri e battibecchi ***
Capitolo 7: *** Damasco ***
Capitolo 8: *** The NGT ***
Capitolo 9: *** La famiglia Mishima ***
Capitolo 10: *** Angeli e Demoni ***
Capitolo 11: *** Essere una squadra ***
Capitolo 12: *** Verso il grande Torneo ***
Capitolo 13: *** L'isola ***
Capitolo 1 *** Il drago ***
Il drago
Quel viaggio gli era
sembrato eterno. Hong Kong - Roma in una sola botta, quindi Roma -
Firenze in treno. Sei ore di fuso orario sulle spalle e tutto lo
scombussolamento della seconda parte del viaggio (che, ovviamente,
aveva trascorso per la maggior parte del tempo in piedi) iniziarono a
fargli odiare l'Italia già da subito e a fargli mancare la
voglia di cercare...cercare poi chi? Il maestro Wang era stato molto
vago.
"Sono
ragazzi speciali e te ne accorgerai. Alcuni con caratteri difficili, ma
risponderanno alla chiamata"
Come
altro indizio gli aveva dato un simbolo che tutti questi ragazzi
avrebbero dovuto avere marchiato da qualche parte sulla pelle: un drago
chiuso a cerchio, con un pugnale che dal basso entrava in esso e una
freccia che si intersecava con la punta del pugnale per uscire
diagonalmente dal cerchio. Piuttosto insolito come simbolo, aveva
pensato subito, mentre lo studiava sull'aereo, poi il sonno aveva preso
il sopravvento e non ci aveva più pensato.
In
quel momento stava girando per le vie di Firenze, dopo aver depositato
i bagagli in albergo. La gente non sembrava fare molto caso a lui, i
cinesi in Italia erano ormai una presenza abituale e, purtroppo, erano
eccessivamente occidentalizzati, a parer suo. Attirò ogni
tanto l'attenzione di qualcuno per il suo fisico muscoloso e tonico
oppure per i lunghi capelli neri raccolti all'altezza della nuca in una
coda, sentì ogni tanto qualche commento in quella cadenza
che gli stava rendendo i fiorentini simpatici. Qualcosa,
però, distolse la sua attenzione dall'accento toscano della
gente.
Non
c'era proprio verso di ascoltare la lezione quella mattina. Era anche
comprensibile, l'ultima ora di Filosofia del Sabato uccideva chiunque,
lei in special modo. Ma come si poteva mettere una materia pallosa come
Filosofia all'ultima ora dell'ultimo giorno della settimana di scuola?
Voleva proprio conoscere quel bischero di prof che aveva steso l'orario
delle lezioni quell'anno. Fortuna che era il suo ultimo anno al Liceo
Classico Michelangelo. I cinque anni più noiosi della sua
vita, senza uno straccio di ragazzo che la notasse nè
qualcuno che si potesse definire "migliore amico". Non che di amici non
ne avesse, però non era mai riuscita a legare con nessuno in
particolare. Per quanto riguarda i ragazzi poi, se altezza mezza
bellezza lei era proprio tagliata fuori: poco più di un
metro e cinquanta. Eppure, nonostante tutto, non si era mai vista
così brutta, anzi, per essere un incrocio tra un
italo-brasiliano e una cinese era venuta fuori piuttosto bene: seno
evidente ma non troppo prosperoso, fondoschiena leggermente
all'infuori, molto JLo, e un fisico da atleta pur non avendo mai fatto
sport, giusto un po' di Tai Chi con la nonna in giardino.
Il
sonno stava per prendere il sopravvento, quando un tonfo sordo
attirò l'attenzione sua e del resto della classe, professore
compreso, che subito uscì dalla porta per controllare cosa
fosse successo.
Qualcosa,
però, si mosse dentro Mei Mei (Melania all'anagrafe, ma
tutti a partire dai suoi genitori la chiamavano Mei Mei) e
improvvisamente sentì un gran bruciore sul dorso della mano,
dove lentamente apparve uno strano simbolo, con un drago messo a
cerchio.
La
porta sbattè violentemente, riuscendo a far gridare quasi
tutte le ragazze della classe. Un uomo incappucciato e col volto
coperto da un bavaglio teneva il professore sollevato per la gola ed
era molto vicino a soffocarlo.
"Dov'è?"
chiedeva insistentemente con voce roca, ma il prof non riusciva ad
emettere alcun suono.
Se
continua così lo ammazza, pensò allarmata Mei
Mei. Una vocina dentro continuava a dirle che doveva intervenire, ma la
ragazza non sapeva come. La vocina però era sempre
più insistente e il prof sempre più paonazzo,
così decise di seguirla.
Era
come se qualcuno la stesse comandando da fuori, fece perno con un piede
sul banco della sua vicina, quindi balzò con l'altro sulla
cattedra, saltando verso l'uomo incappucciato e assestandogli un
poderoso calcio in piena faccia, che gli fece perdere la presa sul
professore e lo fece volare oltre il muro della scuola. La ragazza si
meravigliò di ciò che aveva appena fatto e anche
i suoi compagni restarono ammutoliti per qualche secondo, prima di
correre a vedere che fine avesse fatto l'uomo. Era steso a terra,
qualche metro più in basso (la loro classe era al primo
piano dell'edificio), senza sensi e immobile. Un altro tizio, nerboruto
e coi capelli lunghi neri, lo stava studiando attentamente. Quindi
alzò lo sguardo verso gli studenti ed espose un distintivo.
"Sono
Lei Wulong, del' Interpol di Hong Kong, vorrei parlare con il
responsabile di tutto questo" si presentò in un italiano un
po' troppo cinese.
Tutti
gli studenti catalizzarono la loro attenzione su Mei Mei, che in quel
momento avrebbe voluto sprofondare.
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Capitolo 2 *** Chiarimenti ***
Chiarimenti
"Siediti" ordinò l'agente Wulong perentoriamente.
Mei Mei non osò obiettare e prese posto sulla sedia che le
era vicino, mentre lui faceva lo stesso su quella dall'altra parte
della cattedra. Quella era la prima parola che le rivolgeva dopo
l'altrettanto perentorio "Seguimi" che le aveva rivolto appena si era
presentata come responsabile del KO dello sconosciuto.
L'agente intrecciò le mani sulla cattedra e la
fissò talmente intensamente che Mei Mei dovette distogliere
lo sguardo, concentrandosi sulla libreria alla sua destra.
"Dunque, hai detto di chiamarti Melania Correa Guimaraes, giusto?"
domandò Wulong.
"Come? Ah sì, ma tutti mi chiamano Mei Mei"
"Hai origini cinesi, a giudicare dagli occhi"
"Mia mamma, mentre mio papà ha origini brasiliane"
"Mmh, un bel miscuglio...ma non mi interessava questo...quindi il
cinese lo sai parlare" si sporse sulla cattedra "Voglio sapere nei
minimi dettagli cosa è successo in quell'aula" disse infine
nella sua lingua madre.
"Se le dicessi tutto quanto non ci crederebbe" rispose alle stesso modo
la ragazza.
"Mettimi alla prova" sorrise beffardo l'agente.
Mei Mei iniziò il suo racconto, stando molto attenta alle
reazioni dell'uomo quando parlò delle sue sensazioni. Quando
iniziò a parlare del simbolo Wulong la incalzò.
"Com'era?"
"Una specie di drago che si chiudeva a cerchio"
"Come questo?" le mise davanti un foglio che lei guardò
sorpresa.
"Sì era proprio così! Senza la freccia e il
pugnale, però...ahi!"
Il dorso della mano prese a bruciarle più forte di prima e
su di esso ricomparva il simbolo, prima rosso, poi sempre
più scuro fino a diventare nero, come un tatuaggio. L'agente
osservò meravigliato ciò che accadde, molti dei
suoi dubbi stavano diventanto certezze. Un sorriso gli sorse spontaneo
sulle labbra.
"Lo sa che non si ride delle disgrazie altrui?!?" lo
rimproverò stizzita la ragazzina, che continuava a sfregarsi
la mano nel tentativo di far andare via il simbolo "Come diavolo si
toglie questo coso?!?"
"Non si può togliere, almeno non ora"
"E lei come fa a saperlo??"
"Sono stato mandato apposta per cercare questi tre simboli"
perchè erano tre, non uno solo, ne era certo. Uno per ogni
ragazzo, e la prima era lei. Il drago.
"E per cercare i ragazzi che li possiedono" continuò Wulong,
facendo spalancare la bocca di Mei Mei sempre di più "Tu sei
una di questi ragazzi, la nuova stirpe di combattenti che
dovrà partecipare al Settimo Torneo del Pugno d'Acciaio e
sconfiggere il male..."
"ALT! STOP! Fermo! Che sta blaterando?? Cos'è questa nuova
generazione e cos'è questo torneo d'acciaio o roba simile??"
"So che è difficile da capire e da concepire, ma devi
ascoltarmi. La Mishima Zaibatsu organizza da qualche anno a questa
parte un torneo di arti marziali, il Torneo del Pugno d'Acciaio. Vi
partecipano i guerriei più forti al mondo e per i motivi
più svariati: vendetta, gloria, voglia di mettersi in gioco.
Mi sono iscritto anche io per molti anni, per indagare sulla Mishima
Zaibatsu e sui loschi traffici di Heihaci Mishima prima e di suo figlio
Kazuya poi. Come me, molti guerrieri hanno partecipato più
volte al torneo, ma quest'anno è cambiato qualcosa, nemmeno
io so cosa. Il maestro Wang Jinrei mi ha mandato in cerca di voi
ragazzi della nuova generazione perchè siate addestrati per
questo settimo torneo. Tu sei la prima, mancano gli altri due"
Dallo sguardo perplesso della ragazza capì di non aver fatto
centro.
"Te la raccontava il nonno la sera per farti addormentare? Come favola
fa proprio schifo"
"E' la verità, stupida ragazzina"
"Attento a chi dai della stupida, muso giallo" Mei Mei iniziava a
scaldarsi, e di nuovo quella strana sensazione la colse e la vocina che
diceva "Colpisci, colpisci, colpisci".
Lei Wulong capì di aver preso la strada giusta.
"Senti da che pulpito! Altrimenti che mi fai?"
Era una provocazione, la vocina incalzò.
"Hai presente l'uomo steso a terra di poco fa?"
"Un principiante, chiunque si saprebbe difendere da un colpo come
quello"
Era troppo per la vocina. Mei Mei, con un rapido gesto di gambe,
sollevò la sedia, la prese per lo schienale e, saltata sulla
cattedra, cercò di colpire l'agente, il quale
però intercettò il colpo afferrando due gambe
della sedia e facendole fare un mezzo giro. Mei Mei girò
insieme al mobile, ma atterrò agilmente sul pavimento prima
che l'agente la bloccasse a terra con la stessa sedia e ci si sedesse
sopra. Abbassò la testa per guardarla in volto.
"Come ti spieghi tutto questo?" le domandò.
"Tutto questo cosa?"
"Tutte le mosse che hai usato. Non hai il fisico da praticante di kung
fu, ma, seppur grezze, quelle erano mosse di arti marziali cinesi"
"A-arti marziali?"
"Neanche immagini il potere che è in te, vero?
Però lo senti, quando ti arrabbi. Brucia dentro e ti chiede
di essere sprigionato"
"...sì..."
"Se mi segui ti insegnerò a controllarlo e ad usarlo al
meglio e per il meglio. Ma devi credermi e fidarti di me"
Mei Mei ci pensò su. In fondo, quando si lasciava andare, si
sentiva dannatamente bene, libera, sicura di sè, non la
solita Mei Mei. Perchè non poteva aver ragione?
"Però non so se i miei ti crederanno..."
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Capitolo 3 *** Discussioni in famiglia ***
Discussioni
in famiglia
L'approccio con la famiglia di Mei Mei non fu dei migliori. Il padre
squadrò l'agente Wulong da capo a piedi, prima di
rivolgergli un gelido "Avanti". La madre anche lo osservò
con attenzione, ma il fatto che fosse cinese come lei lo metteva sotto
una luce migliore ai suoi occhi. La vecchia nonna, invece, non lo
degnò nè di un saluto nè di uno
sguardo, concentrato su una soap opera alla TV.
"Mei Mei, ci ha chiamato il preside della scuola e ci ha raccontanto
cosa è successo" iniziò la madre, Chen Li Wong,
dopo aver fatto accomodare l'ospite un salotto.
"Infatti" commentò lei "a questo proposito ho portato
l'agente Wulong per darvi dei chiarimenti su quello che è
successo"
"Era presente durante l'accaduto?" chiese il padre Carlos, accigliato.
"No, ho visto dall'esterno una figura sfondare il muro dell'edificio
scolastico, così sono accorso subito" rispose l'agente
"Immediatamente ho chiesto chi fosse il responsabile e, devo ammettere,
sono rimasto un po' sorpreso quando mi si è presentata
vostra figlia"
Mei Mei gli rivolse una linguaccia.
"Mi sono fatto raccontare nei dettagli cosa fosse accaduto nell'aula,
poi Mei Mei ha iniziato a parlare di un simbolo sulla sua mano"
L'agente guardò la ragazza, che lentamente si
scoprì il dorso della mano, prima nascosto dalla manica,
lasciando vedere il drago nero marchiato su di essa. Sua madre
sussultò e si portò una mano alla bocca.
"Chi ti ha fatto quella cosa, Melania?" domandò Carlos
severo.
"Nessuno, è apparsa da sola quando..." provò a
spiegare la ragazzina, ma sembrava assurdo pure a lei ciò
che era successo.
"...quando ha sentito l'energia del drago scorrere in lei" concluse per
lei l'agente.
"Energia del drago? Che fandonie sta blaterando, agente?"
sbottò il padre.
"Non sono fandonie, razza di ignorante" intervenne la vecchia nonna
dalla poltrona, non più interessata alla soap opera "E' una
verità più antica della terra". L'anziana signora
si alzò, posizionandosi tra i familiari e Lei, dando le
spalle a quest'ultimo. Lentamente, sollevò la manica della
maglia, mostrando a genero e figlia lo stesso simbolo della nipote,
leggermente sbiadito. I coniugi continuarono a fissarla increduli, come
anche Mei Mei e Wulong. Nella testa della ragazza la confusione stava
aumentando. La donna si risistemò la manica e si rivolse a
Lei.
"Facevo parte di una delle vecchie generazioni di combattenti, quando
il pericolo della Mishima Zaibatsu non era ancora nato. Fu Wang Jinrei
a trovarmi e ad addestrarmi, insieme agli altri tre ragazzi. Insieme a
lui e a Jinpachi Mishima riuscimmo a sconfiggere il male, per poi
passare il testimone ai nostri discendenti. Ora tocca a te, Mei Mei. Ti
ho insegnato il Tai Chi per imparare a controllare l'energia. E'
arrivato il momento di usarlo"
"Assolutamente no" Carlos era in piedi, furente "Melania deve
diplomarsi e continuare gli studi, non può lasciar perdere
tutto solo per un'antica leggenda"
"Se non la lascerai andare le conseguenze saranno disastrose. Senza di
lei la nuova generazione non potrà farcela. Siamo sempre
stati tre e dovremo continuare ad esserlo" ribattè risoluta
la nonna.
"E' mia figlia, decido io cosa è bene per lei"
"Adesso basta!" urlò Chen, con le lacrime agli occhi.
Rivolse lo sguardo al marito "Mei Mei deve andare"
"Cosa? Sei impazzita forse?"
"Io non ho risposto alla chiamata, anni fa" la donna sollevò
la mano, mostrando una brutta bruciatura circolare sul dorso "Il
simbolo si è infiammato lasciandomi questa. Non è
una scottatura causata da una pentola. Mei Mei deve andare"
Carlos sospirò e tornò a sedersi, prendendo
entrambe le mani della moglie tra le sue.
"Tu cosa vuoi fare, Mei Mei?" domandò infine alla figlia.
"Io..." non sapeva nemmeno lei. Avrebbe rischiato la vita, questo era
certo, però quella sensazioni di benessere quando combatteva
era invitante. Si sentiva se stessa, libera e forte. Se per stare bene
doveva salvare anche il mondo, poi, la cosa diventava anche di una
certa importanza "Io voglio andare" rispose risoluta, portando la nonna
e la madre a sorridere e strappando un mezzo sorriso al padre.
"Molto bene, Mei Mei" l'agente Wulong si alzò dalla poltrona
per andare a mettere una mano sulla spalla alla ragazza "Ora non resta
che trovare gli altri due"
"La freccia apparteneva a Lao Chang" disse la nonna "Mentre il pugnale
era di Abdel Adil"
"Lao Chang ha detto? Per caso c'entra qualcosa con Michelle e Julia
Chang?" chiese Lei, fiutando una pista nelle parole della donna.
"Michelle era sua figlia" rispose Chen al suo posto "Anche lei aveva la
freccia, quando fummo chiamate a combattere"
"Eccellente! Vi ringrazio per l'informazione! Per quanto riguarda il
pugnale mi sembra di aver capito che dovrò andare in Arabia"
"Sì agente, ma si prepari. Il pugnale è a doppio
taglio" concluse la nonna, prima di tornare alla sua soap opera.
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Capitolo 4 *** La freccia ***
La freccia
Nuova meta: Stati Uniti. Secondo Lei, lì avrebbero trovato
il secondo membro della squadra.
Erano partiti il giorno dopo la discussione con la famiglia di Mei Mei,
seppur suo padre avesse cercato in tutti i modi di posticipare la
partenza il più possibile. Però il tempo
stringeva e il torneo sarebbe iniziato nel giro di mesi, massimo un
anno.
L'aereo stava effettuando le manovre di atterraggio all'aeroporto
Kennedy di New York, dove poi avrebbero preso un piccolo aereo privato
per andare nel Sud Dakota, diretti alla riserva indiana.
"Ancora non capisco" disse Mei Mei mentre l'aereo rallentava
"Perchè cerchiamo un, o una, cinese in America, o meglio, in
una riserva di pellerossa?"
"Perchè il discendente di quel cinese che cerchiamo noi
è un pellerossa, Mei Mei" rispose paziente Lei.
"Beh, magari non più di tanto...insomma, col giallo si
sarà un po' scolorito...AHAHAahaah..." l'occhiata fulminante
dell'agente troncò sul nascere la sua risata.
Il fuso orario ha un pessimo effetto su di lui, pensò la
ragazza mentre litigava con la cintura di sicurezza nel tentativo di
slacciarla.
Aspettarono diversi minuti che spuntassero i loro bagagli sul rullo,
quindi si diressero verso la zona shopping dell'aeroporto, e
lì fu difficile trattenere Mei Mei dal comprare qualsiasi
cosa in qualsiasi negozio.
Sedutà al tavolino di un bar, Lei indivuò una
ragazza di poco più di vent'anni, in jeans e giacca dello
stesso tessuto, i lunghi capelli castani raccolti in due trecce e un
paio di occhiali da vista che le conferivano un'aria intellettuale. I
due si rivolsero un saluto con le mani.
"Uhm, carina" commentò Mei Mei "però non
è un po' troppo giovane per lei, agente Wulong?"
"Ma che ti salta in mente, ragazzina! Julia è solo un'amica
e ha gentilmente accettato di aiutarci nella nostra ricerca"
"Sì sì, dicono tutti così" concluse la
ragazza, non più sentita da Lei, che si era avvicinato al
bar e aveva iniziato a conversare con Julia. Mei Mei li raggiunse
facendosi strada tra i viaggiatori.
"Ah, tu devi essere Mei Mei" esrdì Julia, rivolgendole un
sorriso bianchissimo e porgendole la mano, che Mei Mei
subitò strinse "Io sono Julia Chang"
"Eppure non mi sembri molto 'cinese'" constatò Mei Mei
guardandola bene.
"No, infatti non lo sono. Mia madre mi ha adottata"
"Aaah, ora è tutto chiaro"
"Già..." Julia si fece leggermente cupa, al che Mei Mei
diede una gomitata a Lei dicendoglia di avvicinarsi.
"Ho detto qualcosa che non va?" sussurrò all'orecchio
dell'agente.
"Ti spiego poi" tagliò corto lui "Bene, direi che possiamo
andare"
Guidati da Julia, giunsero in breve in un hangar privato dove era
custodito un piccolo aereo , di capienza massima di dieci persone,
già pronto per la partenza. La ragazza fece accomodare i
passeggeri al loro posto, quind si mise alla guida del velivolo e in
breve furono in volo, diretti nel Sud Dakota.
Fu un viaggio breve e tranquillo, durante il quale Mei Mei
potè ammirare dall'alto i magnifici paesaggi del continente
americano.
Atterrarono su un'isolata pista di atterraggio, in un luogo arido e
ricoperto da sola prateria di erba bassa, con qualche agglomerato di
case qua e là. Poco distante una jeep sgamgherata verde
scuro li attendeva, con tanto di autista, un energumeno tutto muscoli,
coi capelli lunghi neri, una camicia smanicata, un paio di jeans pieni
di polvere e dei vecchi occhiali da sole a renderlo ancora
più minaccioso. Julia disse che si chiamava Bisonte
Selvaggio e che parlava poco, come dimostrò il silenzioso ma
turbolento viaggio verso la riserva.
L'uomo li fece scendere davanti ad una casetta ben tenuta, intonacata
d'azzurro e col tetto bianco spiovente da cui spuntavano due pannelli
solari, circondata da un varipinto e rigoglioso giardino curato nei
minimi dettagli. Un breve vialetto in terra conduceva alla soglia della
porta che, una volta aperta, mostrò una casa ben arredata ma
molto disordinata.
"Scusate il disordine, ma con tutte le mie ricerche ho poco tempo per
riordinare" si giustificò Julia.
"Ricerche?" domandò Mei Mei.
"Julia è a capo di un'equipe di ricerca per la salvaguardia
delle foreste" spiegò brevemente Lei "Ma la Mishima Zaibatsu
le ha dato non pochi problemi"
"E continua a darmene, dopo il furto dei dati e la storia dell'Inferno,
adesso hanno proposto al governo un piano di edificazione totale delle
zone da riforestare. Per contrastarli dovrei comprare i terreni, ma
avrei bisogno di una cofra esorbitante che non possiedo"
"Pensi di partecipare al torneo?" le chiese Lei.
"Sì, sto aspettanto l'invito come ogni anno. Non so se i
soldi del premio basteranno, però potrebbe essere un inizio"
"Accidenti quanto rigiri" commentò Mei Mei "Ad ogni modo,
sono favorevole alla tua causa"
"Grazie Mei Mei. Ora però è venuto il momento di
pensare a voi, e credo di aver capito chi state cercando, devo solo
fare una telefonata"
"Eccellente" esultò Lei, ormai convinto della riuscita della
sua missione.
La conversazione al telefono fu breve, ma dal tono di voce di Julia
sembrò andare a buon fine. Poco dopo, infatti, la ragazza
ritornò raggiante dai suoi ospiti.
"La persona che state cercando è nella riserva, a
pochi chilometri da qui. In garage ho due motociclette, saremo
lì in men che non si dica"
In breve furono pronti per partire, Julia e Mei Mei su una moto,
l'agente Wulong sull'altra. Partirono sollevando una grande
quantità di polvere e presero una strada altrettanto
polverosa che si disperdeva nella prateria, infine, dopo una ventina di
minuti, raggiunsero un piccolo gruppo di case, o catapecchie, secondo
Mei Mei, dove, a detta di Julia, avrebbero trovato chi stavano cercando.
La ragazza andò a bussare ad una delle case e le venne ad
aprire un vecchio indiano, con la pelle scura coperta di rughe e la
bocca quasi completamente sdentata, gli occhi ridotti a due fessure e i
capelli lunghi bianchi raccolti in una treccia decorata con una piuma.
"Ah...Julia" disse il vecchio sorridendole.
"Lupo Nero, questi sono i miei amici Lei Wulong e Mei Mei"
Lupo Nero fece un cenno col capo ai due, quindi tornò a
giardare Julia, che riprese a parlare.
"Stiamo cercando Aquila Solitaria"
"Sì, Aquila Solitaria...sapevo che sarebbe giunto il
momento" rispose il vecchio, rivolgendosi stavolta a Mei Mei
così intensamente che la giovane dovette abbassare lo
sguardo. Lupo Nero continuò "Lo trovare in riva al fiume,
sotto la grande quercia"
"Grazie" risposero i tre in coro, quindi Julia li guidò
verso il fiume.
"Lupo Nero è il capo di questa comunità, il suo
vero nome è Geoffrey Lincoln, ma in pochi lo chiamano
così" spiegò Julia durante il tragitto.
"Quindi è una specie di capo indiano" ribattè Mei
Mei.
"In un certo senso"
"E Aquila Solitaria?" domandò invece Lei, ma dovette
attendere un po' di più prima di ricevere una risposta.
"E' mio fratello" disse alla fine Julia tutto d'un fiato, chiudendo il
discorso.
Aquila Solitaria era un ragazzo strano, se stranezza si poteva
considerare la sua tendenza ad isolarsi e all'evitare qualsiasi altro
essere umano, tendenza che aveva sin da quando era nato e che sua
madre, Michelle, Piccola Onda, gli aveva sempre rimproverato. Poi sua
madre era scomparsa, probabilmente rapita e uccisa da qualcuno che la
considerava scomoda, e non gli era rimasto nessun altro se non la sua
sorellastra Julia, di poco più piccola, che la madre aveva
trovato e adottato. Ma tra loro non era mai scorso buon sangue e si
erano sempre evitati, prendendo infine strade diverse. Lei era
diventata una ricercatrice, mentre lui aveva continuato a vivere nella
solitudine, che rompeva solo durante i pasti a casa di Lupo Nero,
l'unico che capisse e che lo lasciasse stare.
Ma qualcosa stava cambiando, lo sentiva, la natura glielo suggeriva,
come anche quello strano simbolo che ogni tanto gli compariva sul dorso
della mano. Una freccia. Doveva significare qualcosa di importante, a
giudicare dall'espressione che aveva fatto Lupo Nero una volta che
gliel'aveva mostrata. Non aveva però voluto spiegargli
niente, secondo lui non era ancora il momento.
Ma quel giorno il fiume non era tranquillo, e nemmeno la grande
quercia. C'era turbamento.
"Sempre solo, Aquila Solitaria?" la voce di Julia alle sue spalle lo
riportò di malavoglia alla realtà. Non rispose
nè si mosse.
"Preferisci che ti chiami Alex Chang forse?" incalzò lei.
"Quello non è il mio nome" rispose lui arido, restando
seduto e dandole le spalle "Che se venuta a fare qui?"
"C'è qualcuno che ti cerca"
Un rumore di passi alle sue spalle, altre due persone erano venute
insieme a Julia.
"Ciao Aquila Solitaria, mi chiamo Lei Wulong, sono un agente
dell'Interpol di Hong Kong"
"Cosa l'ha spinta ad attraversare il globo per raggiungere me, agente?"
"Vorrei farti delle domande, se non ti dispiace"
"Riguardo a cosa?"
"Per esempio a quella freccia che hai sulla mano" rispose Mei Mei, che
si era portata dall'altra parte della quercia per osservare meglio il
ragazzo e aveva notato la freccia.
Alex coprì subito la mano con l'altra e rivolse a Mei Mei
uno sguardo truce, che però non sembrò turbarla.
"Non ti hanno insegnato a farti gli affari tuoi?"
"Non ti hanno insegnato a non dare le spalle alla gente che ti parla?"
"Mei Mei, ora basta" intervenne Lei, per poi tornare a parlare al
ragazzo "Possiamo spiegarti cosa significa quella freccia"
Aquila Solitaria si voltò per la prima volta a guardare
l'agente e vide che in mano teneva un foglio con sopra uno strano
simbolo. In esso vi era anche una freccia identica alla sua.
Guardò poi Mei Mei, che nel frattempo aveva scoperto il
dorso della sua mano mostrando il suo simbolo, il drago. Alex
sembrò convincersi e si alzò in piedi. Sovrastava
Mei Mei di una ventina di centimetri, la pelle abbronzata era coperta
solo dalla vita in giù da pantaloni marroni, i capelli
nerissimi raconti in una coda sulla nuca. Tutto di lui ricordava gli
antichi guerrieri indiani, dal fisico scultoreo allo sguardo fiero ma
malinconico. Guardò per diversi secondi la sorellastra,
rimasta in disparte appoggiata alla quercia. Troppo diversi per essere
fratelli, eppure uniti da qualcosa che non era mai voluto uscire fuori,
celat da anni di indifferenza.
"Cosa sapete di tutto ciò?" domandò Alex a Lei.
"Non qui" rispose l'agente, facendo cenno di tornare a casa di Lupo
Nero.
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Capitolo 5 *** Un altro attacco ***
Un
altro attacco
"Nuova
generazione di guerrieri?". Il volto impassibile di Alex per un attimo
si animò di interesse verso ciò che l'agente
Wulong gli stava spiegando.
"Esatto, Alex, e quel simbolo dimostra che tu sei destinato a farne
parte. E' come una specie di chiamata alle armi"
"E se io non rispondessi?"
"Ti rimarrebbe una cicatrice a forma di freccia sul dorso della mano,
un marchio indelebile dell'ignominia che hai commesso". La voce di Lupo
Nero vibrò per tutta la stanza, la voce forte e altera di un
capo, e il suo sguardo si concentrò su Mei Mei la quale,
incapace di reggere la pressione, abbassò il volto sulle sue
braccia incrociate.
"Nessuno ti obbliga a fare qualcosa contro la tua volontà,
Alex" riprese Lei "Ma se quel marchio è comparso, forse vuol
dire che potresti darci un grosso aiuto a sconfiggere la Mishima
Zaibatsu al prossimo torneo del Pugno d'Acciaio"
Lo sguardo di Aquila Solitaria vagò per qualche istante dal
poliziotto a Lupo Nero a Mei Mei, per finire su Julia. Era appoggiata
al davanzale interno della finestra della piccola abitazione del
vecchio indiano, con le mani affondate nelle tasche dei jeans. Lo stava
osservando di rimando da dietro gli occhiali.
Avrebbe partecipato anche lei al torneo, e con i soldi della vincita
avrebbe finanziato le sue ricerche. Ancora una volta. Esisteva quindi
la possibilità di uno scontro tra i due fratelli. Come lo
avrebbe affrontato Alex?
Non ebbe tempo di pensarci, al suo orecchio fino giunse distintamente
il rumore di un'auto in avvicinamento seguito dallo scatto di un fucile
caricato. Lo sguardo lesto andò oltre la schiena della
sorella fino alla quasi invisibile canna del fucile, puntata contro di
lei. Si gettò sopra di lei portandola a terra appena prima
che il proiettile rompesse il vetro, andando a conficcarsi nel muro di
legno di fronte. Immediatamente tutti quanti furono a terra, sottoposti
ad una raffica di colpi. Erano anche delle semiautomatiche a sparare,
constatò Lei, che prontamente aveva messo mano alla sua e si
era appostato sotto la finestra. Poco dopo lo raggiunse Lupo Nero, con
un fucile a pompa sgamgherato in mano.
"Ci farà ben poco con quello"
"Non li lascerò crivellare la mia casa di pallottole"
rispose il vecchio capo risoluto.
Appena gli assalitori si fermarono per ricaricare, Lei si sporse dalla
finestra per rispondere agli spari, mirando più che altro
alle gomme della vettura. Non dello stesso parere, Lupo Nero ne prese
in pieno uno.
"Ottima mira, ma me ne lasci uno vivo, devo fargli un paio di domande"
"Ah non si sprechi, non siamo nuovi a incursioni di questo tipo"
"Quelli non sono Yankee che vengono a rivendicare il territorio, grande
capo. Uno di loro ha già aggredito Mei Mei a scuola"
"Quindi non sono venuti per far fuori me" disse Julia, accovacciata
poco distante assieme agli altri due ragazzi.
"No, non sei l'obiettivo principale, Julia. Sono loro".
Accennò col capo ad Alex e Mei Mei.
"Bisogna portarli via" affermò Julia.
"NO" protestò il fratello, sollevandosi sopra di lei, ma Mei
Mei lo riportò giù in tempo per evitargli di
diventare un gruviera.
"E se li aggirassimo?" domandò la ragazza in un sussurro ai
due fratelli. Non voleva farsi sentire da Lei, di sicuro non avrebbe
approvato. A pensarci bene, nemmeno lei avrebbe mai fatto una cosa del
genere, ma in quel momento percepiva l'energia fluire dal simbolo sulla
mano in tutto il corpo, spingendola ad agire.
Julia e Alex si guardarono, poi voltarono lo sguardo a Lei e Lupo Nero,
che sparavano agli aggressori a intervalli regolari. Il vecchio capo ne
aveva stesi due. Tornarono a guardarsi.
"Dalla porta sul retro" sentenziò Alex.
Sempre tenendosi bassi, i tre sgattaiolarono verso la cucina, dove una
piccola porticina in legno dipinta di bianco portava direttamente fuori
dall'abitazione. Una volta usciti restarono rasenti alla parete e
raggiunsero l'angolo della casa, da cui partica uno spesso recinto di
legno, a delimitare idealmente il possedimento di Lupo Nero. Julia si
sporse e intravide un'anonima jeep nera coperta di polvere sulla strada
sterrata, e da sopra di essa gli aggressori tenevano sotto tiro la
finestra e la porta principale. La loro attenzione era tutta rivolta ai
due uomini armati rimasti in casa.
"Dilettanti" mormorò la ragazza tra sè e
sè, invitando poi con la mano gli altri due a seguirla.
Tutti e tra si accovacciarono cercando di farsi coprire il
più possibile dal recinto e lo percorsero in tutta la sua
lunghezza, fino al grande albero, confine ultimo del territori del
vecchio capo. Si appostarono dietro di esso, continuando ad osservare
la scena. Gli uomini sulla jeep erano solo quattro, di cui due
già morti. Gli altri resistevano agli spari di Lei e Lupo
Nero facendosi scudo con l'abitacolo, i cui vetri erano ormai
inesistenti.
"Ok, ecco il piano: Alex, sali sull'albero e stai pronto a piomabe
addosso a quei due quando li avremo disarmati. Tu Mei Mei resta qui
dietro e distraili"
"Cosa? Perchè devo restare io indietro?"
"Perchè non sei pellerossa, ti faresti subito scoprire".
Alex si guadagnò una bella linguaccia.
"Se riesci a distrarli, allora Alex potrà bloccarne uno
saltando dall'albero e io riuscirò ad arrivare alla jeep e
fermare l'altro"
"Ok d'accordo" si arrese Mei Mei, iniziando a pensare ad un modo per
attirare la loro attenzione. Lo sguardo le cadde su alcuni sassi ai
suoi piedi e li raccolse.
"Augurati di avere una buona mira". Un'altra linguaccia raggiunse
Aquila Solitaria, ormai a metà della sua scalata. Anche
Julia si era appostata, pronta a scattare al primo momento buono.
Mei Mei soppesò il sasso che aveva in mano. Non sapeva
nemmeno lei come fosse la sua mira, ma da quando aveva quel simbolo
sulla mano aveva fatto le cose più impensate, colpire la
jeep non doveva poi essere troppo difficile. Trasse un respiro
profondo, quindi si sporse dall'albero a scagliò la pietra,
che colpì al fianco uno degli uomini. Questi
guardò meravigliato la cosa che lo aveva colpito poi
alzò lo sguardo in tempo per vedere Mei Mei sparire dietro
l'albero. Subito le puntò la pistola contro, ma un
proiettile preciso partito dalla semiautomatica di Lei, che aveva visto
tutto dalla finestra, lo colpì alla mano che impugnava
l'arma, obbligandolo a mollarla. Alex ne approfittò per
piombargli addosso e stenderlo con un destro notevole, senza
però accorgersi del secondo uomo, che gli puntò
la pistola alla tempia.
"Non ti muovere" gli intimò, ghignando sotto i baffoni neri.
Col suo fine udito Alex sentì i passi felpati di Julia
venire nella loro direzione, ma prima che la ragazza raggiungesse la
jeep un colpo partì dalla casa e prese l'uomo alla spalla
sinistra. Girandosi, vide il vecchio indiano ancora col fucile puntato
e gli sparò, prendendolo in pieno petto.
"NO!!" urlò Alex, lanciandosi fuori dalla jeep e lasciando
l'uomo nelle mani di Julia, che era riuscita a raggiungere la vettura e
a disarmarlo. Il ragazzo aprì la porta di casa gettandoci
tutto il suo peso addosso e vide davanti a sè l'agente
Wulong che teneva Lupo Nero tra le braccia, sanguinante.
"Chiama un medico, presto!" urlò il poliziotto, ma quando
Alex mosse il primo passo verso il telefono, la mano del vecchio gli
intrappolò la caviglia. Il ragazzo si voltò e
incrociò lo sguardo dell'uomo, stava sorridendo.
"E' un buon giorno per morire" biascicò Lupo Nero, prima di
lasciare del tutto la presa su Alex e accasciarsi tra le braccia di Lei.
Aquila Solitaria si inginocchiò a fianco del corpo del
vecchio capo e lo prese tra le sue du braccia, scoppiando poi a
piangere sul petto di Lupo Nero. Anche Mei Mei piangeva, sulla soglia
della porta, e anche Julia, intenta a rendere inermi i due uomini sulla
jeep.
Dopo poco Alex risollevò la testa e guardò Lei
intensamente con gli occhi neri contornati di rosso.
"Va bene, accetto"
Perdonatemi per la lunghissima
attesa!!
Ringrazio tutti quelli che hanno continuato a leggere nonostante la
brusca interruzione e quelli che hanno commentato e aggiunto la storia
ai preferiti. Mi farò perdonare, lo giuro!!
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Capitolo 6 *** Scontri e battibecchi ***
Scontri
e battibecchi
Lupo
Nero era stato
come un padre per lui, esattamente come per tutti i ragazzi della
riserva. Li aveva educati alle tradizioni e ai valori dei pellerossa,
li aveva fatti diventare uomini. Era morto da eroe, emulando i suoi
più illustri antenati. Alex non avrebbe mai dimenticato
quell'uomo e per lui aveva deciso di partecipare al Torneo del Pugno
d'Acciaio. Voleva che fosse fiero di lui, voleva dimostrargli il suo
valore di guerriero...e voleva vendicarlo, per non rendere vana la sua
morte.
Il fiume scorreva sotto i suoi occhi, lento, eppure ad un orecchio
esperto non sarebbe sfuggita la nota d'inquietudine e agitazione
all'interno dell'abituale sciabordio delle acque. Ribolliva di rabbia
per la morte di un amico, di un fratello, e cantava la sua rabbia al
cielo, alla terra, alle rocce, agli alberi, al vento. Tutti insieme
rendevano omaggio a Lupo Nero e al suo coraggio, accompagnandolo nel
suo viaggio fino al cospetto del Grande Spirito.
Anche Alex iniziò a cantare sulle note della natura, la sua
voce
profonda saliva fino in cielo accompagnata dal vento, che aveva quasi
completamente asciugato le copiose lacrime che il ragazzo aveva
silenziosamente pianto, seduto a gambe incrociate sotto la grande
quercia. Quello stesso vento gli scompigliava i lunghi capelli neri
lasciati sciolti e gli solleticava il petto abbronzato e glabro.
Sembrava veramente un'aquila solitaria, pensò Mei Mei, che
ormai
lo osservava da molti minuti, tenendosi a debita distanza. La ragazza
aveva le braccia incrociate al petto, nel tentativo di ripararsi dal
vento freddo che Alex non sembrava nemmeno sentire. Ascoltò
in
silenzio il canto del ragazzo, e un brivido crescente la percorse per
tutto il corpo. Qualcosa di magico aleggiava intorno a lui, come se
tutte le forze della natura si fossero unite al suo dolore. Mei Mei ne
ebbe paura e fece istintivamente un passo indietro, pestando
inavvertitamente un ramoscello che si spezzò sotto il suo
peso.
Trattenne il respiro e si voltò verso la fonte del
fastidioso
rumore.
"Che ci fai lì?" le domandò imperioso Alex, senza
nemmeno voltarsi.
Mei Mei continuò a retrocedere a passo lento e felpato,
nella
speranza di evitare una discussione col ragazzo, ma inutilmente.
"Ti ho fatto una domanda". Alex alzò il tono della voce.
"Ecco io...ero solo venuta a vedere come stavi...ma me ne stavo andando"
"L'ho notato". Mei Mei percepì una punta d ironia nella sua
risposta ma, seppur irritata, fece finta di niente.
"Beh, allora vado. Scusa il disturbo"
"Aspetta, non ti ho detto che potevi andare". Il tono autoritario di
Alex cominciava a darle veramente sui nervi, ad ogni modo si
fermò. Il ragazzo si mosse dalla sua rigida posizione e si
alzò per procedere verso di lei. La sua imponenza la mise in
soggezione ma cercò di non darlo a vedere.
"A quanto pare combatteremo insieme" iniziò Alex.
"A quanto pare"
"Bene, allora un consiglio spassionato per il futuro: vedi di imparare
il più in fretta possibile a muoverti silenziosamente se
vuoi
restare viva il più a lungo possibile. Il Torneo del Pugno
d'Acciaio non è posto per goffe ragazzine alle prime armi".
Fece
per andarsene, senza degnarla di uno sguardo, ma per Mei Mei aveva
superato il limite.
"Scusa tanto, Toro Seduto, se non sono stata addestrata fin dalla culla
ad essere un grande
guerriero, ma
fino a pochi giorni fa me ne stava seduta dietro un banco di scuola a
seguire una pallosa lezione di Filosofia, senza nemmeno immaginare di
finire in questo posto dimenticato da dio con la prospettiva di
rischiare la pelle. Perciò non venirmi a fare la predica,
considerato anche il fatto che non sei tanto più grande di
me e
quindi nella posizione per farmi la paternale"
"Se sai di essere una schiappa per quale motivo hai accettato?
C'è un particolare complesso adolescenziale che ti ha spinto
in
modo masochistico ad andare a morire o sei qui solo per irritare il
sottoscritto?"
"Proprio tu parli di complessi, che vorresti rischiare le tue belle
penne da aquilotto perchè sei frustrato e asociale"
"Sei talmente frivola e superficiale che non mi spreco a spiegarti il
potere del silenzio e della meditazione"
"E tu sei talmente scorbutico, Piccolo Buddha, che non mi impegno
neanche a starti ad ascoltare, perciò rifugiati nella tua
sofferenza e nel tuo silenzio e lascia vivere serenamente gli altri"
Gli diede sfacciatamente le spalle e fece per andarsene, ma Alex la
bloccò con forza per una spalla. Sentì la sua
mano
vibrare e percepì la stessa energia che scorreva in lei
quando
le si infiammava il simbolo. Ironia della sorte, il drago comparve
sulla sua mano più nitido e potente del solito e l'energia
prese
il sopravvento.
Assecondò la presa di Alex e, voltandosi, lo
afferrò per
un polso torcendoglielo con un movimento veloce e fluido, ma il ragazzo
rispose con una presa simile ribaltando la situazione e fece girare Mei
Mei su se stessa, dando poi uno strattone deciso per farla cadere. La
ragazza rimase un secondo il volo, poi atterrò saldamente
sui
due piedi e si inginocchiò tirandosi dietro Alex, che cadde
rovinosamente a terra di schiena, esattamente davanti a lei.
Mei Mei incrociò lo sguardo stupito del giovane pellerossa e
sorrise soddisfatta, ringraziando mentalmente la nonna per le lezioni
di Tai Chi, quindi si sedette a gambe incrociate.
"Senti, io non sto simpatica a te e tu non stai simpatico a me, ma se
vogliamo combinare qualcosa come squadra dobbiamo collaborare. Sei
d'accordo con me?"
Alex, che nel frattempo si era rialzato e si era seduto di fronte a
lei, annuì impercettibilmente
"Bene, quindi proporrei di ricominciare tutto da capo e andare poi
avanti in una pacifica indifferenza". Gli tese la mano destra. "Io sono
Melania, per gli amici Mei Mei"
Alex guardò perplesso la mano e si lasciò
sfuggire un ghigno, quindi porse la sinistra.
"L'indiano saluta con la sinistra, con la destra uccide"
"Oh". Mei Mei si affrettò a cambiare mano, che subito
scomparve
dentro quella enorme di Alex. "Io sono Aquila Solitaria, per gli amici
Alex".
Julia osservava con attenzione la scena dalla finestra della casa di
Lupo Nero e si sorprese quando si rese conto di invidiare quella
ragazza, semplice ma determinata, che era riuscita in qualche modo a
scalfire la corazza che Alex aveva eretto intorno a sè dal
giorno della morte della madre. In qualche modo Mei Mei stava
dimostrando di poter essere un vero leader e forse, all'interno della
squadra, era quello il suo destino. Rise tra sè al pensiero
di
Alex sottomesso da una semplice studentessa che gli arrivava a mala
pena al mento. L'aquila solitaria che veniva domata. Stranamente
quell'immagine le diede fastidio e provò un moto d'antipatia
verso Mei Mei, che era riuscita dove lei per tanti anni aveva fallito.
Probabilmente era tanto l'odio che Alex provava nei suoi confronti che
non c'era speranza di diventare qualcosa di più che
fratellastri
in perenne conflitto.
"NON SO NIENTE!". L'urlo dell'uomo legato alla sedia e insistentemente
interrogato da Lei la riportò alla realtà.
"Sai, mi risulta difficile credere che tu non sappia il motivo per cui
ti hanno mandato ad uccidere delle persone"
"Mi pagano per eseguire gli ordini e non indagare oltre. Dovrebbe
conoscere i metodi della Mishima Zaibatsu, agente Wulong"
"Ah, quindi vi ha mandato la Mishima Zaibatsu"
L'uomo si contorse in una smorfia quando si rese conto di aver rivelato
troppo.
"Diciamo non proprio" cercò di salvarsi.
"Ascolta, sacco di merda, piantala di giocare a Indovina Chi?
perchè non sei nella posizione per farlo. Ti manda Jin
Kazama sì o no?"
"No, non Jin Kazama"
"E allora chi?"
"Lee Chaolan, è lui che di fatto controlla la Mishima
Zaibatsu. Kazama è solo un fantoccio"
Lei respirò profondamente mentre si portava dietro l'uomo,
per
poi renderlo inoffensivo con un colpo preciso sulla nuca che lo fece
svenire. Si rivolse quindi a Julia, ancora alla finestra.
"La situazione è peggiore di quant pensassimo"
"Ma cosa vuole Chaolan dai ragazzi?" domandò Julia,
portandosi al centro della stanza.
"Portarli dalla sua parte, suppongo. Al momento è l'unico
motivo che mi viene in mente"
"E Kazama che ruolo ha in tutto questo?"
"Non lo so, ma ho un brutto presentimento. Bisogna terminare la ricerca
il prima possibile. Chiama i ragazzi, mi serve sapere la prossima meta"
Il mercato di Damasco era affollato come al solito, rallegrato dai
variopinti veli che coprivano i volti delle donne, resi ancora
più sgargianti dagli incisivi e luminosi raggi del sole di
mezzogiorno. Il frastuono era a tratti assordante, le voci si
accavallavano l'una sull'altra, e chi riusciva a farsi sentire sopra
gli altri vendeva la propria merce. Bracciali, spezie, abiti, stoffe,
animali, su quei banchetti si poteva trovare qualsiasi cosa. Per questo
motivo l'uomo tarchiato che stava seguendo si era recato lì
quel
giorno. Ma il suo interesse non era rivolto alle merci sui banchetti,
bensì ai venditori. Al suo passaggio la folla attorno a lui
ammutoliva e apriva un varco per rendergli il più agevole
possibile il passaggio fino alla bancarella del mercante. Non gli
serviva parlare, bastava uno sguardo per intendersi, e il venditore si
abbassava per prendere un piccolo sacchetto carivo di monete e
banconote, che silenziosamente porgeva all'uomo tarchiato, che
sorrideva soddisfatto prima di proseguire nella riscossione. Era uno
degli uomini più ricchi della città, e l'affitto
dei
mercanti era la sua maggior fonte di guadagno. Si accontentava della
metà del ricavo della giornata, ma per molti venditori
quella
metà era indispensabile per mantenere la famiglia.
Gli venne in mente suo padre, che aveva portato avanti il proprio
banchetto di spezie per anni, fiero del suo lavoro e di riuscire con
esso a portare avanti una famiglia numerosa come la loro. Aveva tre
figli, un maschio e due femmine, tutti avuti dalla stessa moglie, che
spesso lo aiutavano a servire i clienti.
Jamal era il maggiore, il più brillante, il più
in salute
dei tre. A lui erano sempre toccati i lavori pesanti, che gli avevano
col tempo scolpito un fisico statuario, molto utile nelle risse tra i
ragazzini del quartiere. In quelle occasioni il ragazzo aveva
dimostrato una predisposizione per la lotta, mettendo in mostra uno
notevole agilità mista alla giusta dose di forza. Suo padre
non
ne era rimasto particolarmente sorpreso, memore delle grandi imprese
del nonno e della setta a cui la loro famiglia apparteneva da
generazioni. Erano Assassini, un tempo gli spietati sicari dei sultani,
sostenitori di un culto estremista e sanguinario, abili combattenti,
infidi massacratori di uomini. La loro fama era andata col tempo
scemando, ma alcuni focolai erano rimasti accesi qua e là
per il
Medio Oriente, inattivi. La tradizione voleva però che lo
stile
di lotta venisse comunque insegnato al maschio maggiore della famiglia,
in gran segreto. Così Jamal era stato addestrato dal padre
al
combattomento a mani nude e col coltello, aveva imparato come uccidere
un uomo con una sola mossa, e muoversi silenziosamente in mezzo ad una
folla, a rendersi invisibile, e il suo fisico ne aveva tratto
giovamento. A sedici anni ogni muscolo del suo corpo era difinito alla
perfezione, scattante al primo segnale. L'esattore lo notò e
non
nascose al padre il desiderio di comprare il ragazzo per farne la sua
guardia del corpo. Trovò però resistenza da parte
del
mercante, che rimase sempre sulla sua posizione: Jamal era intoccabile.
Al pingue affittuario la risposta non andò a genio e la sua
vendetta non tardò ad arrivare. Alcuni suoi scagnozzi
bruciarono
il magazzino in cui teneva le spezie, assicurandosi che dentro vi fosse
anche il mercante. Jamal si impegnò con tutto se stesso per
domare l'incendio, ma i suoi tentativi furono vani.
La sua famiglia si ritrovò di punto in bianco sul lastrico e
la
povera madre fu costretta a vendere le due sorelle di Jamal
all'esattore, che le aggiunse al suo numeroso harem, per non finire per
strada a chiedere l'elemosina. Quanto a lui, continuò a
lavorare
solo per amore di quella donna, ma quando anche lei morì, si
dedicò anima e corpo a quello stile di combattimento perduto
ma
indomabile.
Le storie sui leggendari Assassini ritornarono a circolare per le vie
della città, Jamal divenne in breve una specie di supereroe.
Ma
non era amatoi, bensì temuto. In breve era riuscito a
rintracciare i sicari del padre, mandandoli al creatore con lo stesso
metodo che avevano utilizzato col mercante. Non aveva neanche
risparmiato le famiglie. Era diventato un mostro, senza
pietà,
ma di fatto nemmeno loro avevano avuto pietà nei confronti
della
sua famiglia. Occhio per occhio. L'ultimo obiettivo era l'esattore. Ne
aveva seguito i movimenti per settimane, celato sotto il suo mentello
grigio, col viso in ombra sotto il cappuccio, riparandosi dentro le
scure ombre che i palazzi proiettavano sulle strade e sui vicoli.
Quel giorno, finalmente, avrebbe agito. Non sapeva di preciso cosa
avrebbe fatto dopo, probabilmente sarebbe fuggito per iniziare una
nuova vita in un'altra città. In quel momento gli importava
del
presente, della folla che nemmeno si accorgeva del suo passaggio, del
vociare che alle sue orecchie giungeva ovattato, del collo taurino
dell'uomo a pochi centimetri dalla sua lama.
Un urlo di donna attirò l'attenzione di tutti intorno a lui
e a
quel rumore il suo braccio si bloccò. Qualcosa
iniziò a
scorrere in lui, veloce, come se oltre a sangue e linfa nei condotti
del suo corpo ci fosse qualche altro fluido. Si sentì pieno
di
energia, onnipotente. Sul dorso della mano armata comparve il disegno
di un pugnale molto simile a quello che stringeva tra le dita. Un altro
urlò e Jamal allontanò il braccio dalla sua
vittima,
guardando nella direzione della donna. Un uomo molto più
vecchio
di lei la stava strattonando per un braccio, il povero velo marrone le
era caduto dalla testa, lasciando che tutto il mercato vedesse il suo
bellissimo e giovane volto rigato dalle lacrime e deformato in una
smorfia di terrore. L'uomo la stava minacciando con una mannaia,
urlando alla folla tutto il suo disprezzo per quella creatura
demoniaca. Doveva essere sua moglie, e a parer suo aveva guardato
troppo insistentemente un giovane garzone di una bancarella
lì
vicino.
Qualcosa dentro Jamal lo spinse a fare un passo nella loro direzione,
ma con la mente tornò al suo obiettivo primario. L'esattore
non
sembrava essersi minimamente accorto del pericolo che aveva corso e si
era avvicinato ancora di più alla calca di gente. L'impulso
di
sorprenderlo nuovamente era forte, ma le suppliche della giovane donna
presero il sopravvento, e il suo corpo agì.
Con un balzò superò la folla che si era riunita a
cerchio
intorno ai due e con un movimento fluido mozzò la mano
dell'uomo
che impugnava la mannaia, costringendolo a lasciare la donna per
stringersi dolorante il moncherino zuppo di sangue. Prese poi la
ragazza per un braccio e se la caricò in spalla. Lei si
strinse
subito alle sue spalle e insieme balzarono sopra i tetti delle case,
sempre più lontani dal mercato, fino ai confini della
città. Durante la corsa il pianto della donna si
calmò e
lei si strinse ancora di più al ragazzo.
Si fermarono sul tetto di una delle ultime case di Damasco, sotto la
quale correva una strada sterrata che conduceva ad un piccolo
agglomerato urbano vicino al deserto. Jamal fece scendere la donna
dalle sue spalle.
"Quella strada conduce ad una piccolo paese. Prendi questi soldi e
rifatti una vita". Le porse un pesante sacchetto pieno di monete, il
ricavato dell'esattore di quel giorno, poi fece per andarseme, ma la
presa gentile di lei sul suo braccio lo convinse a voltarsi.
Era veramente bella, con gli occhi a mandorla contornati da un filo di
trucco nero, leggermente sbavato a causa del pianto. Le scure labbra
carnose erano invitanti e i setosi capelli neri brillavano sotto gli
intensi raggi del sole.
"Posso vedere il volto del mio salvatore?" chiese suadente,
avvicinandosi a Jamal e portando le mani vicino al viso del ragazzo,
per toglierli il cappuccio. Lui prontamente le fermò e si
guardò intorno, ma la zona sembrava deserta.
Lasciò
quindi la presa e la giovane donna gli scoprì il volto.
Anche
lei rimase meravigliata dalla singolare bellezza del ragazzo, in
particolare dai profondi occhi neri con cui la osservava. Il naso
dritto e sottile si intonava perfettamente con le labbra appena
accennate, e il volto ovale era incorniciato dai capelli castano scuro
lunghi fino alle spalle, tenuti indietro da una fascia bianca che
percorreva tutta la circonferenza del cranio. La donna sorrise
maliziosa. "Sei molto bello"
"Forse ho fatto male a salvarti"
"Tu dici?". Poso le mani affusolate sul suo petto e si
avvicinò
di più. "Pensi che una giovane donna non abbia il diritto di
godersi gli anni che ha? Pensi che avesse ragione mio marito?"
"Sul fatto che sei una creatura demoniaca sì"
La afferrò con prepotenza per la vita e fece aderire i loro
corpi alla perfezione. Lei gli si aggrappò al collo e si
avventò sulle labbra di Jamal, che subito costrinsero le sue
a
schiudersi per poterle esplorare la bocca con avidità. La
donna
rispose con lo stesso slancio ma si sentì pochi attimi dopo
spinta via con la stessa violenza con cui l'aveva attratta a
sè,
la punta del pugnale a pochi centimetri dagli occhi.
"Il problema è che io sono più demoniaco di te".
Sparì tra le ombre di Damasco, esattamente com'era venuto.
Capitolo di
Natale, anche se pubblicato qualche giorno dopo. E qui spunta il terzo
membro della squadra, un po' inquietante come personaggio...
Grazie a tutti i lettori e commentatori!!
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Capitolo 7 *** Damasco ***
Damasco
"Con
questo coso
addosso sto morendo di caldo e non vedo un accidente!" si
lamentò Mei Mei scostandosi per l'ennesima volta il velo
dagli
occhi per non urtare uno dei tanti avventori del mercato di Damasco
"Era proprio necessario che lo mettessi?"
"Non dobbiamo dare nell'occhio, Mei Mei" rispose paziente Lei,
anch'egli col capo coperto da un'anonima kefia a quadri bianca e nera
"I tuoi tratti sono un po' troppo appariscenti per non essere notata
qui, specialmente se ci sono gli scagnozzi di Chaolan in giro"
"Con questo caos è impossibile che ci vedano. Non si riesce
nemmeno a camminare!"
"Piantala di lamentarti e aguzza la vista" la rimproverò
Alex,
anch'egli con la testa velata "Dobbiamo trovare il terzo membro prima
che lo trovino gli altri"
"E' più facile a dirsi che a farsi"
"Forse i simboli sulle vostre mani possono aiutarvi. Ma non date troppo
a vedere che li state guardando" suggerì Lei.
Erano partiti dagli Stati Uniti poco dopo i funerali di Lupo Nero,
diretti a Damasco alla ricerca dell'ultimo membro della squadra, di cui
conoscevano solo il cognome: Adil. Stando alle informazioni della nonna
di Mei Mei, il vecchio Abdel, dopo aver portato a termine la sua
missione, aveva messo su un banchetto di spezie nel mercato di Damasco,
che presumibilmente era poi passato ai discendenti, uno dei quali
doveva essere il ragazzo o la ragazza che stavano cercando. Non
conoscendo l'arabo, però, erano costretti ad affidarsi
più al caso che all'intuizione, il tutto reso più
difficile dal grande viavai di gente del centro della città.
"Quello sembra un banchetto di spezie" constatò Mei Mei,
indicandolo poi con un cenno all'agente Wulong. Cercarono di farsi
strada tra la folla e dopo poco riuscirono ad intravedere le due
sgraziate donne a cui apparteneva la bancarella. Non dovevano essere
molto avanti con l'età, ma il viso segnato dalla stanchezza
e il
corpo sformato nascondevano la loro effettiva giovinezza. Ad ogni modo,
era difficile che una di quelle tre ragazze fosse il terzo guerriero.
Lei si avvicinò ugualmente nel tentativo di carpire qualche
informazione, sempre con Alex e Mei Mei dietro.
Un lieve formicolio alla mano destra attirò però
l'attenzione del ragazzo, che con circospezione si guardò il
simbolo sul dorso, leggermente più vivido. Lo
interpretò
come un segno inconfutabile che il loro obiettivo era vicino.
Guardò con attenzione tra la gente che affollava il mercato,
alla ricerca di qualche tratto distintivo che gli permettesse di
riconoscerlo, quando un'ombra passò velocissima sopra di
lui,
oscurando il sole per un millesimo di secondo. Alex alzò gli
occhi verso uno dei bassi tetti degli edifici della città
giustò in tempo per vedere scomparire una figura dietro una
canna fumaria.
Il prurito alla mano era tornato per la seconda volta dopo il
salvataggio della ragazza due giorni prima, ma la sensazione di dover
salvare qualcun altro non lo aveva pervaso. Come quella volta, il suo
obiettivo era l'esattore e, come quella volta, si era appostato ad
attenderlo proprio sopra quella che una volta era la bancarella della
sua famiglia, adesso gestita dalle sue infelici sorelle. Il formicolio
era iniziato quando tre estranei, due uomini e una donna, si erano
afficinati al banco. Non gli erano sembrati del posto, nonostante il
tentato mascheramento con i veli, e pareva inoltre che stessero
cercando qualcosa o qualcuno. Inconsciamente si era sporto
più
del previsto dal tetto ed era andato a fare ombra esattamente su uno
degli uomini, che era rimasto distaccato dal resto del gruppo. Sperava
di essere riuscito a nascondersi in tempo perchè non lo
vedesse,
quindi si avvicinò con fare felino alla esile ringhiera che
circondava il tetto e da lì si calò
silenziosamente nel
vicolo sottostante, nascosto dall'ombra degli edifici vicini. Arrivato
all'incrocio con la piazza del mercato, potè finalmente
guardare
in volto gli stranieri. I tratti dell'uomo che parlava alla bancarella
e della donna - che più che altro era una ragazza
-
sembravano orientali, mentre l'altro ragazzo aveva una carnagione scura
e i tratti duri dei nativi americani. Una compagnia stranamente
assortita, pensò, prima che la sua attenzione si rivolgesse
alla
mano, sulla quale il pugnale aveva iniziato a pulsare di energia. Si
guardò alle spalle, ma il vicolo sembrava deserto. Degli
spari e
delle grida soffocate lo portarono a guardare di nuovo verso il
mercato, dove un gruppo di uomoni vestiti uguali aveva immobilizzato la
ragazza e teneva sotto tiro gli altri due. In Jamal nacque un solo
bisogno: salvare la ragazza.
"Mei Mei!" urlarono contemporaneamente Alex e Lei non appena si
accorsero del suo rapimento. Gli uomini, probabilmente mandati da
Chaolan, l'avevano immobilizzata con uno storditore elettrico e uno di
loro se l'era caricata in braccio. Lei e Alex avevano mosso pochi passi
nella loro direzione, ma due spari davanti a loro avevano arrestato il
loro incedere. L'agente aveva preso prontamente in mano la sua pistola,
ma si ritrovò la canna di un fucile a pochi centimetri dal
naso.
"Se ci tieni alla vita, agente, rimettila a posto e dacci il ragazzo"
gli disse beffardamente l'uomo, indicando con uin cenno Alex, rimasto
indietro.
"Provate a prendermi" li sfidò, mettendosi in guardia.
L'uomo
non sembrò intimorito dal suo atteggiamento e con la mano
libera
prese dalla tasca dei pantaloni un'altra pistola, con uno storditore
elettrico nella canna. Un trambusto alle sue spalle lo fece
però
voltare. Ebbe giusto il tempo di notare una macchia grigia che metteva
al tappeto uno per uno i suoi uomini senza il minimo sforzo, prima che
Lei afferrasse il suo fucile e lo colpisse il pieno viso col calcio,
facendogli perdere i sensi.
"Sta scappando con Mei Mei!" urlò Alex per poi lanciarsi
oltre
Lei all'inseguimento dell'altro uomo con la ragazza. Un volto nascosto
da un mantello grigio gli si parò davanti e senza pensarci
due
volte tentò di colpirlo con un pugno al volto. La figura
però schivò il colpo e gli immobilizò
il braccio,
rimanendo poi a fissargli la freccia sul dorso della mano con sguardo
stupito. Al tentativo di Alex di liberarsi lo lasciò andare
e
gli mostrò prontamente la sua mano.
"Sei tu, allora" disse Alex, sorpreso dalla rivelazione.
Il ragazzo annuì, prima di spiccare un salto sul davanzale
di una piccola finestra e, da lì, sul tetto della casa.
"Cercherò di tagliargli la strada" disse ad Alex, prima di
iniziare a correre lungo i tetti "Tu continua ad inseguirlo!"
Mei Mei sentì il proprio corpo, prima completamente rigido e
insensibile, tornare lentamente normale. Uno degli uomini che l'avevano
aggredita ora la stava portando in spalla per tutto il mercato. Nella
corsa, resa goffa dalla folla immensa che popolava il mercato,
continuava a sballottarla e a farle sbattere la faccia sulla sua
schiena.
L'uomo cambiò poi bruscamente direzione e si andò
a
infilare in uno stretto dedalo di vicoli completamente in ombra. Non
conoscendo le strade, svoltò altre volte a caso, nella
speranza
che i suoi inseguitori perdessero le sue tracce. Dovette fermarsi
bruscamente quando il ragazzo col mantello grigiò comparva
improvvisamente davanti a lui armato di pugnale. Rapidamente gli diede
le spalle e iniziò a correre nella direzione opposta, senza
curarsi se il ragazzo lo stesse inseguendo o meno. Imboccò
casualmente altre traverse, finchè la strada non gli venne
nuovamente sbarrata da un altro energumeno, stavolta il ragazzo
indiano. Di nuovò tornò indietro. Con la coda
dell'occhio
vide spuntare il ragazzo col mantello grigio da uno dei vicoli.
Provò ad accelerare il passo, ma incespicò su un
sasso e
cadde, schiacciando col suo peso Mei Mei. Si rialzò il
più in fretta possibile e fece per caricarsela di nuovo in
spalla, ma una volta messa in piedi questa gli assestò una
poderosa ginocchiata all'addome e lo stese definitivamente con un
calcio in faccia.
Certa che non si sarebbe più rialzato, Mei Mei
abbassò la
guardia. Pochi secondi dopo Alex spuntò dall'imbocco del
vicolo,
rimandendo sorpreso nel vedere l'uomo a terra privo di sensi e Mei Mei
in perfetta salute.
"Grazie lo stesso per averci provato" disse lei, prima che il ragazzo
col mantello grigio sbucasse dietro Alex. Dopo aver dato una rapida
occhiata all'uomo a terra, fissò il suo sguardo su Mei Mei.
"Non male per una ragazzina" commentò apatico e, senza
aspettare risposta, si voltò per andarsene.
"Aspetta, non puoi andartene" protestò Alex afferrandolo per
un
polso. Si ritrovò il pugnale a neanche un centimetro dalla
gola
e gli occhi fiammeggianti del ragazzo piantati sui suoi.
"Non provare mai più a dirmi quello che devo o non devo
fare,
hai capito?" lo minacciò. Il rumore di una sicura
disinnescata
alle sue spalle lo paralizzò.
"Metti giù il pugnale" gli intimò l'agente Wulong
"Adesso"
"Potrei sgozzarla in neanche un secondo. Potrei farvi fuori tutti
quanti" i suoi occhi fiammeggianti guizzarono da Alex a Mei Mei, che si
era avvicinata senza timore.
"Eppure li hai aiutati a salvarmi" gli fece notare con naturalezza
"Perchè adesso ci vuoi uccidere?". Non c'era timore nelle
sue
parole. Il ragazzo rimase a guardarla mentre si avvicinava. Nonostante
fosse minuta e poco potente, qualcosa in quella ragazza lo obbligava a
portarle rispetto. Anche con l'indiano aveva avuto la stessa
sensazione, ma meno potente.
"Chi siete?" domandò sempre in tono di sfida, dopo aver
abbassato il pugnale dalla gola di Alex "E che cosa volete da me?"
"Io sono Mei Mei, lui è Alex. So che ti farà
sorridere,
ma...teoricamente facciamo parte di una squadra di guerrieri che deve
salvare il mondo o qualcosa del genere. Tu saresti il terzo membro
della squadra"
Mostrò il dorso della sua mano, su cui spiccava il drago,
come riprova di quello che aveva appena detto. D'istinto il ragazzo si
guardò il pugnale sulla sua e la freccia su quella di Alex.
"E se mi rifiutassi?" chiese poi con lo stesso tono duro.
"Ci rimarrebbe una grossa cicatrice sulla mano e il male vincerebbe,
credo"
Il ragazzo riflettè qualche secondo "Mio padre aveva una
cicatrice simile sulla mano"
"Anche mia madre e quella di Mei Mei" spiegò Alex "La loro
squadra non si era formata"
"Ed è iniziata l'eterna lotta tra Kazuya ed Heihachi
Mishima" concluse Lei, la pistola ancora puntata contro il ragazzo.
"E noi cosa dovremmo fare?" domandò allora il ragazzo.
"Partecipare al prossimo Torneo del Pugno d'Acciaio e vincerlo,
suppongo" rispose Mei Mei, non molto convinta.
Il ragazzo rise "Una ragazzina e un pellerossa? Non sopravvivereste al
primo incontro"
"Perchè, tu sì? Che ne sai del Torneo?"
ribattè Alex, infastidito dalle sue allusioni.
"Ho ricevuto l'invito per l'ultimo che è stato indetto"
rispose beffardamente "Devono essere molto potenti per avermi trovato.
Ma a me non interessa confrontarmi con altri combattenti, il mio
obiettivo è qui a Damasco. Perciò mi dispiace, ma
devo declinare l'invito anche quest'anno"
"Ma non puoi!" protestò Mei Mei "Abbiamo bisogno di te!"
"Chi ti dice che io abbia bisogno di voi?"
Mei Mei non rispose e abbassò lo sguardo a terra. Lei
sospirò e prese la parola "E va bene"
Con un calcio dietro alle ginocchia costrinse il ragazzo ad
inginocchiarsi, tenendolo sempre sotto tiro con la pistola, quindi
lanciò ad Alex un paio di manette e gli ordinò di
metterle ai polsi del ragazzo.
"Jamal Adil, diciannove anni, figlio di Hussein Adil, morto tre anni fa
in un incendio. Sei il principale indiziato della morte di tre uomini e
delle rispettive famiglie, casualmente in un incendio simile a quello
che ha ucciso tuo padre. Devo andare avanti?"
"Agente, questo è ricatto"
"No, ragazzo, questo è un favore che ti sto facendo. Accetta
di entrare a far parte di questa squadra e potrai riscattare tutti i
crimini che hai commesso"
"E come? Ci metterà lei una buona parola? E' davvero
così influente?"
"Come farò non ti riguarda. Allora, cosa scegli?"
Gli occhi di Jamal andarono dallo sguardo corrucciato di Alex a quello
supplichevole di Mei Mei. Prese lei la parola "Prendila
così: potrebbe essere una possibilità per
cambiare questo mondo che ti ha fatto così male"
"Cosa ne sai di quello che mi ha fatto questo mondo?"
"Cos'altro spingerebbe un ragazzo ad uccidere, se non una
crudeltà altrettanto grande o anche di più?"
Sia Lei che i due ragazzi rimasero colpiti dalle parole sagge appena
dette da Mei Mei. Alex divenne d'improvviso curioso di sentire la
risposta di Jamal. Questi si limitò ad annuire leggermente
col capo e Mei Mei non riuscì a trattenere un ampio sorriso.
"Mi assicuri che non farai niente di stupido, ragazzo?"
domandò Lei, ancora dubbioso.
"Ha la mia parola, agente"
"Bene" rinfoderò la pistola e tolse le manette a Jamal, che
potè così rialzarsi "Dobbiamo muoverci adesso.
L'aver riunito tutta la squadra spingerà Lee Chaolan ad
attaccarci nuovamente. Se ci muoviamo saremo in Cina in meno di un
giorno. Lì aspetteremo che venga annunciato l'inizio del
Torneo?"
"E nel frattempo che faremo?" chiese Alex.
"Non lo so. Il mio compito era quello di trovarvi. Wang Jinrei non mi
ha detto altro"
Urcaaaaaaaaa!!! E' quasi un anno
che non aggiorno questa fic, scusateeeeeeeeeee!!
Cmq ecco il nuovo cap, spero sia di vostro gradimento :)
Cercherò di aggiornare il prima possibile, promesso!
A presto e grazie a tutti i lettori fedeli e i commentatori!!
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Capitolo 8 *** The NGT ***
The
NGT
Sin
da quando erano saliti su quel treno, Mei Mei non aveva fatto altro che
studiarsi il dorso della sua mano destra, concentrata e ignara di tutto
ciò che le sarebbe potuto accadere attorno. Fino a quel
momento non avevano incontrato ostacoli lungo il loro viaggio verao la
Cina. Da Damasco erano montati sul primo aereo per Istanbul, da dove un
altro volo li aveva portati a Pechino. Lì erano poi saliti
su quel treno deserto diretto alle montagne. A parte loro quattro,
pochi erano stati i passeggeri a salire su quella corsa, tutti scesi
molte stazioni prima della loro.
Il vagone in cui avevano trovato posto era quindi deserto e
ciò aveva permesso ai tre ragazzi di sedersi alla larga
l'uni dagli altri. Secondo Mei Mei non rendevano molto l'idea di una
squadra, ma dovette adattarsi alle circostanze e rassegnarsi ad un
viaggio solo in compagnia della propria valigia e dei propri pensieri.
Per questo motivo si era messa a studiare ogni singolo millimetro del
simbolo sulla sua mano, e tra una congettura e l'altra le era sorta
spontanea una domanda su cui ormai rimuginava da parecchi minuti. Ma a
chi poteva esporre il proprio dubbio?
Di Lei non se ne sapeva più nulla da un po' e gli altri due
ragazzi non sembravano inclini alla conversazione. Jamal, nonostante
avesse optato per abiti più moderni e occidentali, non aveva
rinunciato al suo fedele cappuccio grigio - stavolta appartenente ad
una felpa - che in quel momento era calato sul suo viso a nasconderne
una buona parte. Quanto ad Alex, seduto dal lato opposto del vagone e
molte file più indietro, i suoi occhi erano chiusi, ma non
si capiva se fosse addormentato o altro. Dei due era però
quello con cui aveva avuto più rapporto - se così
si poteva dire - quindi perchè non provare?
Mei Mei si alzò lentamente dal suo sedile, molto
più avanti rispetto ai posti degli altri due, e si
andò a sedere su quello esattamente davanti ad Alex. Il
ragazzo sembrò non accorgersene. Forse dormiva.
Probabilmente si sarebbe arrabbiato molto se l'avesse svegliato. Mei
Mei si morse il labbro, incerta sul da farsi. Le venne in mente un
approccio meno traumatico e iniziò ad agitare la mano
davanti alla faccia di Alex. Niente. Si sporse un po' di più
e fece lo stesso più vicino.
"C'è un motivo particolare per cui mi sventoli la mano
davanti agli occhi?" domandò laconico il ragazzo senza
però aprire gli occhi.
"Ah, allora sei sveglio" constatò Mei Mei ritirando la mano.
"A meno che non abbia l'abitudine di parlare nel sonno"
Finalmente aprì gli occhi lanciando alla ragazza uno sguardo
scocciato.
"Allora vuoi qualcosa in particolare o ti interessava solo sapere se
ero sveglio'?"
"No io...volevo farti una domanda" rispose Mei Mei, quindi
andò a sedersi vicino ad Alex.
"Secondo te" iniziò, sorvolando sull'espressione contrariata
del ragazzo "Questi simboli che ci sono spuntati sulle mani sono
serviti solo a farci rintracciare oppure hanno un'altra
utilità?"
"Cosa vuoi che ne sappia io?"
"Non ti ho chiesto se lo sapevi, solo cosa ne pensi"
"Beh, non lo so, non mi sono mai posto il problema"
Mei Mei annuì e Alex sperò di averle dato un
motivo valido per andarsene.
"Perchè sai, ho pensato" riprese però lei,
abbattendo tutte le sue speranze "Se fossero serviti solo a farci
incontrare, ora che siamo insieme non avrebbero più motivo
di essere visibili, non credi?"
"Sì, può darsi" rispose lui con sempre meno
entusiasmo.
"Si potrebbe quindi dedurre che abbiano un altro scopo, giusto?"
"Se lo dici tu"
"Oppure sono solo un marchio per far vedere che facciamo parte della
NGT e che sarà sempre così"
"NGT?" domandò Alex confuso.
"Next Generation Team" ribatè Mai Mai con naturalezza "Mi
sembrava un nome azzeccato da dare alla squadra"
"Tu non sei normale"
"Sicuramente molto più di te e di Prince of Persia"
rispose a tono, accennando col capo a Jamal.
A sentire quel nomignolo Alex abbozzò un sorriso, che pian
piano proruppe una fragorosa risata che lasciò spiazzata
persino Mei Mei. Alla fine, però, ne venne contagiata anche
lei.
"Vi faccio ridere così tanto, eh?" ringhiò
improvvisamente Jamal, alzatosi di scatto dal suo posto, torreggiando
sopra Mei Mei "Beh, sappiate che non mi piace fare il ruolo del
pagliaccio"
Mei Mei e Alex placarono subito le risate.
"Scusa, non volevamo offenderti" disse subito la ragazza con tono
dimesso "Stavamo solo scherzando"
"Allora scherzate su qualcos'altro, se non vi dispiace"
sibilò in risposta, lanciando fiamme dagli occhi.
"Non mi sembra il caso di fare tante scende per una semplice battuta"
disse Alex, infastidito dal comportamento del compagno "Non abbiamo
fatto del male a nessuno"
"Ma posso farvene io a voi" attaccò nuovamente Jamal "E non
sto scherzando" aggiunse rivolgendo uno sguardo assassino a Mei Mei,
che sprofondò nel sedile.
Alex invece si alzò in piedi e andò a sovrastare
Jamal.
"Adesso stai esagerando, non ti pare?"
"Credimi, mi sto trattenendo"
"Ah, giusto! A quest'ora avresti già sgozzato entrambi,
vero?"
"Non provocarmi, indiano"
"E tu impara a controllare il tuo umore, visto che sei così
permaloso"
"Ragazzi, basta!" intimò Mei Mei, tentando di separarli, ma
fu tutto inutile, erano due volte più grossi di lei e non
sembrarono nemmeno notarla.
"Che ne dici di sistemare le cose per bene appena scendiamo?" propose
Alex, un po' più calmo.
"Perchè non adesso, selvaggio" sbottò Jamal
afferrandolo per la maglietta e caricando il destro.
"No, fermati!" ulrò Mei Mei prendendolo per il braccio, ma
Jamal la afferrò alla gola con un movimento fulmineo e la
inchiodò al sedile. Nel momento esatto in cui
iniziò a stringere, un dolore lancinante si
propagò per tutto il suo corpo, costringendolo a mollare la
presa su entrambi. Si afferrò il polso nel tentativo di
fermare i tremori alla mano, da dove era partita la scarica. Il simbolo
sul dorso era diventato di un rosso acceso e si era ispessito,
assumendo l'aspetto di una cicatrice.
Una volta libera, Mei Mei, con le lacrime agli occhi, si
rifugiò dietro Alex, che istintivamente allungò
un braccio per proteggerla, senza però distogliere lo
sguardo allibito da Jamal.
"Che gli succede?" domandò tremante Mei Mei, anche lei
concentrata su Jamal,
"Non lo so, ma a quanto pare non possiamo scontrarci tra di noi"
rispose Alex altrettanto sconvolto.
Jamal alzò lo sguardo sugli altri due, che fecero
inconsciamente un passo indietro. Il dolore iniziava a scemare e la
mano riprese mobilità. Il simbolo, infine, tornò
alla forma e alla consistenza originarie. Gli occhi neri del ragazzo
incontrarono quelli altrettanto scuri e accusatori di Alex, quindi
quelli velati di lacrime di Mei Mei. Fino a un giorno prima aveva fatto
di tutto per salvarla, e ora aveva tentato di strangolarla quasi fosse
la sua peggior nemica. Era davvero diventato così mostruoso?
Era questo che succedeva a covare odio e desiderio di vendetta per
tanto tempo? I suoi antenati non si sarebbero mai comportati
così e si vergognò all'estremo per ciò
che aveva fatto.
Mosse i primi passi verso l'uscita del vagone alla sua destra, ma
trovò la strada sbarrata dall'agente Wulong.
"Ho sentito un po' di casino provenire da qui" iniziò
pacatamente "E' successo qualcosa?"
Il suo sguardo indagatore squadrò rapidamente tutti e tre i
ragazzi, soffermandosi più a lungo su Jamal.
"Mi stavano facendo i loro soliti scherzi" rispose inaspettatamente Mei
Mei, sorprendendo tutti, Jamal per primo.
"Soliti scherzi?" chiese Lei poco convinto.
"Sì, sai come fanno i ragazzi..." cercò di
prendere tempo mentre cercava affannosamente qualcosa nelle tasche dei
pantaloni che potesse aiutarla a costruire un alibi credibile.
Finalmente trovò ciò che faceva al caso suo: un
vecchio braccialetto che si era persino dimenticata di avere. Lo
tirò prontamente fuori.
"Volevano prendermi questo" lo sventolò sopra la spalla di
Alex "Ci stavo giocherellando per passare il tempo e Alex ha detto che
era orrendo" e in effetti lo era "Poi si è unito anche Jamal
e hanno iniziato ad inseguirmi per prenderlo. Solo che poi Jamal ha
preso una ginocchiata contro il bracciolo del sedile e mentre stava
andando a bagnarselo sei arrivato tu"
Lei tornò a guardare gli altri ragazzi, scettico.
Contemporaneamente Mei Mei li incitò con gli occhi a dire
qualcosa.
"Sì, beh..." iniziò Jamal "...insomma,
è proprio inguardabile come braccialetto, non trova anche
lei?"
"Non è assolutamente vero, e anche se fosse ci tengo
comunque molto"
Alex glielo strappò di mano senza complimenti e senza
ascoltare le sue lamentele. Lo studiò per qualche secondo,
quindi se lo allontanò dal volto, schifato.
"Ugh, non riesco a guardarlo!"
"Piantala!" gli ordinò Mei Mei stizzita, riprendendosi il
bracciale "Piantatela tutti e due"
"Anche perchè siamo quasi arrivati a destinazione, vi
conviene prepararvi" concluse Lei " riuscendo poi dalla porta da cui
era venuto.
Tutti e tre i ragazzi sospirarono di sollievo e Mei Mei si
lasciò cadere sul sedile dietro di lei. Alex, invece, si
appoggiò alla testiera di quello davanti a lui e si
passò una mano sul volto, prima di incenerire Jamal con gli
occhi.
"Tu sei completamente pazzo" gli sibilò, ma non ottenne
reazione dal ragazzo.
"Almeno ringraziala!" sbraitò allora, indicando Mei Mei "Ha
salvato il culo a tutti quanti e soprattutto a te"
"Alex, non importa" si intromise debolmente la ragazza,
contemporaneamente lanciò una breve occhiata a Jamal. Era
sconvolto. Le fece molta pena. A quello sguardo lui parve rianimarsi.
"Non guardarmi così" la implorò quasi, quindi si
mosse versa l'uscita dal lato opposto, seguito a ruota da Mei Mei che
lo pregava di non andare.
"Jamal, aspetta!"
Ma nemmeno stavolta riuscì a raggiungere la porta,
perchè un paio di fucili di precisione gli si pararono
davanti agli occhi. Mei Mei si bloccò poco dietro di lui.
Gli uomini davanti a loro erano vestiti tutti uguali, con divise nere e
giubbotti antiproiettile, il volto coperto da passamontagna e occhiali
per la visione notturna. Oltre ai due che li tenevano sotto tiro, molti
altri erano in attesa dietro con i fucili imbracciati. Ma la cosa
più spaventosa era che non erano gli stessi uomini che
stavano dando loro la caccia da giorni ormai.
"Siete in arresto per ordine del signor Mishima. Non vi conviene
opporre resistenza"
"Mishima?" domandò Mei Mei più a se stessa che a
qualcuno in particolare, voltandosi poi a guardare Alex, che l'aveva
raggiunta guardingo.
"Esatto, Mishima" le rispose invece una voce proveniente da dietro gli
uomini armati. Tutti e tre i simboli presero a pulsare. Un uomo
possente in elegante abito bianco si fece avanti, sul volto un ghigno
malefico reso ancora più inquietante dall'occhio sinistro
innaturalmente rosso e brillante.
"Kazuya Mishima per l'esattezza" precisò dopo che si fu
interposto tra i fucili e Jamal "E voi siete la squadra, giusto?"
"Cosa volete da noi?" gli domandò Alex sprezzante.
"Da voi? Niente. E' voi
che voglio"
"Perchè?" chiese Mei Mei, senza alcuna esitazione nella voce.
"Perchè vi vogliono mio figlio e mio fratello? Io vi voglio
per lo stesso motivo. Sarete il mio asso nella manica, la mia arma per
schiacciare la Mishima Zaibatsu e quei due pagliacci al suo comando una
volta per tutte"
"E' qui che ti sbagli, Kazuya" si intromise Lei "Questi ragazzi non
vengono da nessuna parte con te"
Senza dargli il tempo di ribattere tirò il freno
d'emergenza. L'inchiodata del treno fece perdere l'equilibrio a tutti i
passeggeri, che caddero rovinosamente a terra. Mei Mei
rischiò di rovinare su Jamal ma il ragazzo, ripreso subito
l'equilibrio, la afferrò prima che potesse succedere.
"Gra-grazie" balbettò lei sorpresa.
"Ora siamo pari. Adesso corri!" gli intimò lui, accennando
all'agente Wulong, che aveva sfondato la porta d'uscita per consentire
loro la fuga. Mei Mei non se lo fece ripetere due volte e corse verso
l'uscita con Jamal dietro.
"Sparate, idioti!" sbraitò Kazuya, ritornato rapidamente in
piedi. In risposta Lei gli sparò due colpi di pistola, senza
però ferirlo, quindi uscì dal treno dietro a
Jamal.
Atterrò sull'erba e con una capriola fu nuovamente in piedi,
pronto per correre dietro ai tre ragazzi, diretti al bosco poco
distante. Gli uomini della G Corporation gli furono subito dietro e
iniziarono a fare fuoco. Riuscì a raggiungere il limitare
del bosco e a ripararsi dietro un albero, ma un proiettile lo raggiunse
di striscio ad una spalla. Incurante del dolore, riprese a correre,
tentanto contemporaneamente di non perdere di vista i tre ragazzi,
sparsi in mezzo agli alberi. Un altro colpo scheggiò il
tronco di un albero a pochi centimetri da lui e Lei rispose voltandosi
rapidamente e sparando. Il colpo non andò a segno e
rischiò un'altra volta di essere ferito. La gelida canna di
una pistola contro la nuca lo immobilizzò.
"Sempre in mezzo, agente Wulong, eh?" sghignazzò Kazuya
Mishima a pochi centimetri dal suo orecchio "Faremo in modo che non
succeda più"
Lo sentì togliere la sicura all'arma e chiuse istintivamente
gli occhi. Non fu però il rumore di uno sparo quello che ne
seguì. Si voltò e vide Kazuya a terra con una
mano sul volto e Mei Mei di fronte a lui, col fiatone.
"Avanti, si muova!" urlò la ragazza.
Altri spari li raggiunsero, colpendo il terreno o gli alberi. Lei e Mei
Mei ripresero a correre e ben presto furono di nuovo separati. Col
cuore che stava quasi per esplodere, la ragazza si nascose dietro ad un
alto cespuglio per riprendere fiato. Intorno a lei c'era il
più totale silenzio, rotto solo dai fruscio delle piante
agitate dalla brezza. Notò la lucina rossa sul suo petto
giusto in tempo per evitare che la pallottola la raggiungesse, quindi
riprese a correre a zig zag nella foresta, totalmente ignara di dove
stesse andando. Uno sparo colpì il terreno vicino ai suoi
piedi e istintivamente saltò, andando a fare perno con un
piede sul tronco più vicino e spingendosi poi ancora
più in alto, fino ad atterrare su uno spesso ramo.
Saltò nuovamente su un albero vicino prima che un altro
colpo intaccasse il ramo, ma quello su cui atterrò non resse
il suo peso e la fece cadere rovinosamente a terra. Fu nuovamente in
balia del suo inseguitore, che la teneva sotto tiro col fucile. Il
laser tremava all'altezza del suo cuore, che martellava con sempre
maggior prepotenza nel suo petto. Alzò lo sguardo sul
soldato, che però non si mosse dalla sua posizione.
Sperò con tutto il cuore che Lei e gli altri fossero in
salvo, almeno non avrebbero avuto la squadra al completo.
Un'ombra passò rapida sopra la sua testa e il puntino rosso
sul suo petto sparì immediatamente. Sentì i
lamenti del soldato, che cadeva sotto i colpi esperti di qualcuno. Una
ragazza, doveva avere sì e no la sua età, i
capelli neri raccolti in due codini e un fisico minuto ma muscoloso. Le
dava le spalle, in attesa che l'uomo con cui si era battuta si
rialzasse. Ma il soldato doveva aver perso i sensi, così
abbassò la guardia e si voltò verso Mei Mei. Gli
occhi a mandorla le fecero intuire le sue origini orientali.
"Stai bene?" le chiese con voce squillante in cinese, porgendole la
mano per rialzarsi.
"Sì, grazie" rispose lei una volta in piedi "Chi sei?"
"Un'amica che ti deve chiedere un grande favore"
Sul viso allegro si dipinse un'espressione addolorata e malinconica. La
ragazza si avvicinò a Mei Mei e le prese una mano tra le sue.
"Aiutami a salvare Jin, ti prego" la supplicò.
"Chi è Jin?" domandò Mei Mei, non capendo a chi
alludesse.
"Jin Kazama. Dovete salvarlo, ve ne prego! Solo voi, potete farlo!"
A quelle parole Mei Mei si illuminò.
"Sai qualcosa della squadra?"
Prima che la ragazza potesse rispondere un vociare concitato raggiunse
le loro orecchie. Lei si voltò, ma tornò subito a
guardare Mei Mei.
"Adesso devo andare, ma ci rivedremo" le disse emozionata "E salveremo
Jin"
Lasciò la presa sulla sua mano e sparì tra gli
alberi. Mei Mei, interdetta, la cercò con lo sguardo, ma
quando sentì le voci farsi più vicine decise di
lasciar perdere e di scappare. Dopo pochi passi vide qualcuno tagliarle
la strada di gran corsa, senza nemmeno accorgersi di lei.
"Alex!" chiamò sporgendosi dall'albero dietro cui era
sparito.
Il ragazzo si voltò verso di lei, apparentemente sorpreso di
vederla.
"Mei Mei! Tutto bene?" le chiese mentre tornava indietro verso la
ragazza.
Lei annuì "Una strana ragazza mi ha aiutata, e mi ha detto
una cosa..."
"Strana?"
"Beh, sì, ha detto che dobbiamo salvare Jin Kazama. Sai chi
è?"
"L'ho già sentito nominare, ma non saprei aiutarti. Ora
però cerchiamo gli altri"
"Non serve, siamo qui" la voce di Lei attirò la loro
attenzione e dopo poco l'agente comparve tra la boscaglia, seguito da
Jamal. Mei Mei notò che Lei si teneva il braccio con una
mano, ma lui la anticipò prima che potesse chiedergli
qualcosa.
"Sto bene, è solo un graffio, ma temo che dovremo preseguire
a piedi"
"Siamo molto lontani?" chiese Jamal.
"No, siamo alle pendici del monte su cui sorge il tempio. Dobbiamo
trovare l'imbocco del sentiero alla fine della foresta, quindi
sarà meglio muoversi"
Il soldato iniziò a sudare freddo già fuori dalla
pesante porta di metallo. Su di essa troneggiava la scritta LEE CHAOLAN
- DIRIGENZA DELLA MISHIMA ZAIBATSU. Sperò con tutto il cuore
che il suo capo fosse di buon umore, perchè le notizie che
era stato incaricato di riferirgli non erano per niente positive. A
dire la verità, in tutto quel macello di scontri, guerre e
tornei, poche erano le notizie che potevano considerarsi buone. Il
soldato prese un respiro profondo e bussò. Il rumore
metallico che ne produsse gli raggelò il sangue nelle vene.
La porta si aprì con uno scatto altrettanto agghiacciante e
la voce melliflua di Chaolan lo invitò ad entrare. L'uomo
oltrepassò la soglia e si mise sull'attenti.
"Riposo, soldato" ordinò nuovamente la voce da dietro
un'immensa poltrona in pelle che impediva la vista del dirigente "Per
quale motivo sei qui?"
"Notizie dal distaccamento NGT-1, signore"
"Avete preso la squadra?" domandò Lee, senza nascondere un
accenno di speranza nella voce.
"No, signore. Se ne sono perse le tracce a Damasco. Ma c'è
dell'altro oltre a questo"
"Parla"
"Sono state intercettate delle conversazioni via radio e abbiamo
scoperto che anche la G Corporation è sulle tracce dei
ragazzi"
"Kazuya vuole la squadra". Non era una domanda, piuttosto
un'affermazione divertita.
Lee Chaolan si alzò dalla poltrona, ma rimase con le spalle
rivolte verso il soldato.
"Comunica al quartier generale di abbandonare le ricerche della squadra
e di concentrare tutte le forze nella preparazione del torneo. Voglio
che sia indetto in meno di sei mesi"
"E con la G Corp che dobbiamo fare?"
"Se Kazuya riuscirà a mettere mano sulla squadra, lo verremo
a sapere. Ma conosce l'agente Wulong e so per certo che
riuscirà a portare i ragazzi da Wang. E a me serve che
così accada. Ora puoi andare"
Il soldato salutò militarmente, ringraziando i suoi antenati
in paradiso per averlo protetto, quindi uscì dall'ufficio e
si richiuse la porta alle spalle.
Tutto stava andando esattamente come aveva previsto. La squadra sarebbe
arrivata a destinazione e lì allenata, quindi ognuno dei
suoi componenti si sarebbe iscritto al Torneo, portando l'arma
più potente al suo cospetto. La sua creatura avrebbe poi
fatto il resto.
Si voltò verso il pc che occupava la sua immensa scrivania
in vetro e premette un tasto. Sul monitor comparvero le immagini di una
telecamera a circuito chiuso, il cui obiettivo era puntato su una
figura incatenata ad un muro. Non poteva definirsi un essere umano, le
lunghe corna che gli spuntavano dalla fronte e le ali nere dietro la
sua schiena lo facevano somigliare più che altro ad una
creatura mitologica. L'intero corpo era percorso da scariche elettriche
e il possente petto si alzava e abbassava ritmicamente. Due occhi neri
guardarono verso l'obiettivo, che inquadrò così
due pupille luminose e innaturalmente bianche.
Lee Chaolan sorrise soddisfatto e chiuse la schermata.
"Buonanotte, nipotino" cantilenò.
Sbuff! Questo capitolo
è stato un parto, ma essendo un capitolo di svolta non
poteva essere altrimenti.
Troviamo qui personaggi già conosciuti e amati che
ricompariranno più avanti nella storia, perciò
continuate a leggere mi raccomando"
Grazie ai lettori fedeli e ai commentatori!
A presto!
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Capitolo 9 *** La famiglia Mishima ***
La
famiglia Mishima
Camminavano
ormai da
un paio di ore. Il sole stava tramontando dietro il monte, ma della
fine del sentiero non se ne vedeva nemmeno l'ombra. Gli uomini della G
Corporation non si erano più fatti vedere, ma nessuno dei
quattro aveva abbassato la guardia per tutto il tragitto. In testa alla
piccola comitiva stava Lei, il braccia sinistro fasciato alla buona e
la pistola in mano, seguito da Jamal e Alex. In cosa, Mei Mei non si
sentiva più i piedi e le gambe le tremavano per la
stanchezza,
ma non osava chiedere di fermarsi. Sapeva benissimo del pericolo che
stavano ancora correndo, completamente alla mercè di
un'enventuale imboscata da parte degli uomini di Kazuya Mishima.
Ricordò come il drago sulla sua mano avesse iniziato a
pulsare
energicamente in presenza di quell'uomo inquietante. Che fosse lui il
nemico? E cosa c'entrava Jin Kazama? Cosa significava la richiesta
d'aiuto da parte di quella ragazza? Mei Mei alzò gli occhi
al
cielo, nel tentativo di scorgere il tempio a cui erano diretti. Forse
lì le avrebbero dato tutte le risposte che cercava.
"Tutto bene là dietro?" le domandò Lei,
voltandosi appena ma senza smettere di camminare.
"Sì, tutto a posto" mentì la ragazza, cercando di
mettere
a tacere il dolore provocatole dalle numerose vesciche che le si erano
aperte sui piedi.
"Resistete ancora un po', non dovrebbe mancare molto" tentò
di
incoraggiarli il poliziotto, nonostante lui per primo stesse perdendo
le speranze di portare quei tre ragazzi sani e salvi da Wang.
"E' strano che gli uomini di Mishima si siano ritirati"
constatò Alex e Jamal si dimostrò d'accordo con
lui.
"Siamo troppo in vista" aggiunse poi, guardandosi intorno circospetto
"Potrebbero attaccarci da un momento all'altro"
"Sì, lo so" rispose Lei, senza nascondere la grande
stanchezza
che lo stava opprimendo "Ma rischieremmo di perderci se ci
addentrassimo nella foresta e diverremmo un bersaglio forse
più
facile da prendere. Ad ogni modo, tenete gli occhi aperti"
I due ragazzi annuirono e continuarono la camminata.
Più proseguivano, però, più la
distanza tra Mei
Mei e il resto del gruppo aumentava. Completamente esausta, faceva
persino fatica ad alzare i piedi. Non riuscì quindi ad
evitare
una radice che sporgeva dal terreno e cadde, scoprendosi totalmente
priva di forze e incapace di rialzarsi. Guardò davanti a
sè in cerca di aiuto, ma vide solo il sentiero deserto che
curvava per sparire dietro gli alberi.
Sospirò in segno di resa e cercò di fare forza
sulle
braccia per rialzarsi. Con grande fatica riuscì a mettersi
carponi, ma la vista le si annebbiò leggermente e le gambe
le
cedettero, costringendola ad appoggiarsi sui gomiti. Il respiro le si
fece affannoso, ma tentò ugualmente di inspirare a fondo e
di
calmare il battito del cuore. Quando riuscì a mettere a
fuoco il
terreno davanti a lei, notò un paio di piedi davanti al suo
volto. Stese le braccia e alzò il busto per vedere chi le si
parava davanti.
Jamal le risparmiò ulteriore fatica e si
inginocchiò davanti a lei.
"Non hai una bella cera" le disse studiandole il viso con gli occhi
neri.
"Già, in effetti non mi sento molto bene" ribattè
lei debolmente.
Il ragazzo le passò una mano sulla fronte e sulle guance,
completamente bagnate di sudore freddo.
"Stai rischiando di svenire, non ti conviene continuare a camminare"
"Ma dobbiamo raggiungere il tempio prima che ci trovino"
"In queste condizioni non farai molta strada, credimi"
"Beh, ci proverò" concluse determinata Mei Mei, quindi
puntò mani e piedi e si alzò. In un attimo la
vista le si
oscurò e la testa prese a girare, facendole perdere
l'equilibrio. Jamal la prese prima che potesse ricadere nuovamente a
terra.
"Sei ancora convinta di potercela fare?" domandò
retoricamente.
"Adesso cosa facciamo? Gli altri saranno preoccupati" chiese Mei Mei,
cercando di distrarsi dal senso di nausea che stava provando.
"Per questo sono qui, perchè erano preoccupati per te"
"Ah, grandioso"
"Non è colpa tua se sei una ragazza"
"Come battuta era pessima" rise Mei Mei, prima di essere preda di un
altro giramento di testa.
Jamal non rispose, e in un attimo ne comprese il motivo. Il simbolo
sulla mano stava pulsando più forte di prima e sembrava
stesse
ridando un po' di forze alla ragazza, che in breve non ebbe
più
bisogno di essere sorretta da Jamal.
"Nel bosco, veloce" le ordinò lui, strattonandola per un
braccio
oltre il ciglio del sentiero. Mei Mei lo seguì rapida fino
ad un
grande albero su cui entrambi si arrampicarono agilmente. Mei Mei si
appollaiò quindi su uno dei rami alti più
robusti, mentre
Jamal rimase un po' più in basso, all'erta. Dalla manica
della
felpa fece uscire l'elsa di un pugnale.
Sentirono ben presto il rumore ritmico di foglie smosse da qualcuno che
vi camminava sopra e in breve sagome nere si stagliarono contro i
colori del sottobosco, accerchiando l'albero e scrutando in mezzo alla
foresta. Tra di loro comparve poi la macchia bianca di Kazuya Mishima,
il volto contorto nel solito ghigno. Mei Mei trattenne il respiro per
paura che potesse sentirla e vide Jamal acquattarsi di più,
pronto a scattare.
"Non potete nascondervi" disse con voce profonda al nulla "Vi ho visti,
non potete più scappare. Siete in trappola"
Mei Mei guardò la schiena di Jamal, completamente immobile,
e
pregò che avesse un piano per uscire da quel pasticcio.
"Soprattutto ho visto te, ragazzo" riprese Kazuya, sorprendendola "Ho
capito perfettamente chi sei e come sei"
Jamal si irrigidì e strinse la presa sul pugnale.
"Sei esattamente come me" continuò mellifluo "Pieno di odio
e
rancore. Totalmente diverso dai tuoi compagni, solo al mondo. Un giorno
verrai da me, io lo so"
Il ragazzo deglutì e ripensò a ciò che
era
successo in treno, al suo scatto d'ira senza senso. "Io solo posso
insegnarti a dominare il tuo demone, come ho imparato a dominare il mio"
Demone. Ecco cos'era. Una creatura diabolica e senza scrupoli. Gli
occhi di Mei Mei sulla schiena lo stavano perforando come una
pugnalata. Non doveva essere lì, non doveva sentire. Forse
avrebbe dovuto essere impaurita da quelle parole, così
vicine
alla verità, invece Mei Mei provò soltando una
gran pena
per quel ragazzo e avrebbe tanto voluto dirgli qualcosa che lo
convincesse della falsità di ciò che Kazuya aveva
appena
detto. Una mano lesta le tappò però la bocca e un
giovane
monaco le fece segno col dito sulle labbra di fare silenzio. Mei Mei
guardò in basso e vide che un altro monaco si era affiancato
a
Jamal e stava facendo altrettanto. Il ragazzo sollevò lo
sguardo
verso di lei, la fronte corrugata in un'espressione sofferente.
Distolse subito lo sguardo quando i soldati di Mishima iniziarono a
cadere ad uno ad uno sotto i colpi precisi dei monaci, che presto
attorniarono Kazuya. Sarebbe stato perfettamente in grado di
sconfiggerli uno per uno, ma aveva altro a cui pensare. Non era
riuscito a mettere le mani sulla squadra, ma nemmeno Lee ce l'aveva
fatta. Nessuno dei due possedeva quell'arma tanto agognata, ma presto
essa stessa sarebbe giunta a loro, più potente che mai. Era
solo
questione di tempo.
Kazuya arretrò con le mani in vista e ritornò sul
sentiero, che iniziò a percorrere a ritroso seguito a vista
dai
monaci, finchè non fu abbastanza lontano da non costituire
più un pericolo.
I due monaci sull'albero saltarono agilmente giù dai rami,
seguiti da Jamal e Mei Mei. La ragazza cercò lo sguardo di
lui,
che però lo distolse subito e si incamminò dietro
ai loro
soccorritori. Non provò nemmeno a fermarlo, pensando non
fosse
il momento più adatto per parlare dell'accaduto e
seguì
anch'ella i monaci in mezzo al bosco.
Dopo pochi minuti incontrarono un altro gruppo di monaci, in mezzo ai
quali spiccava Alex in tutto il suo metro e novanta di altezza. Si fece
rapidamente largo tra gli altri uomini e corse incontro a Mei Mei e
Jamal.
"State bene?" domandò seriamente preoccupato, ma Jamal gli
passò oltre senza dargli risposta.
Mei Mei lo vide irritarsi e gli posò una mano sul braccio
per calmarlo.
"Ti spiego tutto poi" si giustificò a voce bassa, sbirciando
in direzione di Jamal.
Lei, che fino a quel momento era intento a parlare con qualcuno
nascosto dai monaci, si accorse del loro arrivo e si rilassò.
"Ah, meno male, vi hanno trovati. Ho buone notizie ragazzi"
Si avvicinò a Mei Mei, seguito a ruota dal suo
interlocutore, un
vecchietto basso e alquanto bizzarro, ma che emanava un'aura di potenza
e saggezza che nessuno dei ragazzi aveva mai visto. Li
guardò
tutti e tre da dietro i piccoli occhiali rotondi, quindi sorrise loro
increspando la pelle cadente in una miriade di piccole rughe.
"Benvenuti al Tempio degli Angeli, ragazzi e ragazze della nuova
squadra"
Tutti e tre iniziarono a guardarsi intorno in cerca di un qualche
scorcio del tempio tra gli alberi. La risata divertita del vecchio
riportò la loro attenzione su di lui.
"Da qui non si vede, ma non temete, non è molto lontano"
Detto questo diede loro le spalle e iniziò a camminare lungo
il
pendio con dietro lo stuolo di monaci che lo aveva accompagnato. I tre
ragazzi e Lei li seguirono in coda e Mei Mei si affiancò a
Lei.
"Chi è quell'uomo?" gli domandò confusa.
"Colui che mi ha mandato a cercarvi, Wang Jinrei"
Mei Mei rimase a bocca aperta dopo quella rivelazione. Se l'era
immaginato in modi diversi quell'uomo, tutti lontani chilometri da
ciò che aveva visto. Sperò con tutto il cuore che
fosse
veramente in grado di rispondere a tutti i suoi dubbi.
"Allora, Lei, che mi dici di questi ragazzi?" domandò Wang
dopo
aver bevuto una piccola sorsata del suo tè fumante e aver
posato
con eleganza la tazza sul piccolo tavolo a cui si era seduto insieme
all'agente.
Si trovavano in una delle sale private del grande Tempio degli Angeli,
un edificio ai più sconosciuto ma da cui erano usciti fuori
molti tra i migliori combattenti al mondo, quasi tutti partecipanti, in
passato come nel presente, del Torneo del Pugno d'Acciaio. L'agente
Wulong era stato medicato, ripulito e rivestito, quindi convocato dal
vecchio maestro in privato, prima dell'incontro coi ragazzi, di cui i
monaci si stavano prendendo cura.
"Sono promettenti, ma non ancora pronti ad affrontare un torneo come il
Tekken. L'unico che riuscirebbe a combinare qualcosa è
Jamal"
rispose Lei con la tazza in mano, ragionando sui giorni passati insieme
ai tre giovani.
"Il giovane Adil ha molto dei suoi antichi antenati" affermò
Wang, bevendo un altro sorso di tè "Ma il suo animo va
placato o
potrebbe ritorcersi contro di noi, mandando a monte tutti i nostri
piani"
"Credete che basteranno i pochi mesi da qui all'inizio del torneo
perchè ciò avvenga?" domandò l'agente,
preoccupato.
"I ragazzi saranno pronti ad affrontare il Tekken, questo te lo posso
assicurare. Passeranno qui dentro i mesi peggiori della loro vita, ma
ne usciranno completamente nuovi. E saranno una vera squadra" rispose
il vecchio maestro risoluto.
"Gli altri maestri sono già arrivati?"
"Solo uno mancava all'appello ed è arrivato poco prima di
voi"
"E gli altri?" chiese Lei, confuso.
"Stanno sorseggiando un buon tè caldo, proprio intorno a
questo tavolo"
Quel bagno caldo era stato veramente un toccasana, rigenerante e
rilassante. Anche i ragazzi erano stati mandati a lavarsi, ma in
un'altra zona del tempio riservata agli uomini. Quella per le donne
sembrò a Mei Mei completamente disabitata, a parte lei.
Probabilmente non venivano accettati allievi di sesso femminile in quel
tempio. Quando le era comparso davanti agli occhi le era parso di
sognare. Il Tempio degli Angeli sembrava uscito fuori da un'antica
leggenda, con i petali di ciliegio che svolazzavano in balia del vento,
i tetti appuntiti in legno, le maestose statue di draghi e fenici, i
portoni finemente intarsiati. Stranamente si era sentita a casa,
completamente a proprio agio.
Quel bagno rigenerante e la promessa di abiti nuovi e soprattutto
puliti non fecero che aumentare la sua sensazione di benessere.
Arrivata finalmente davanti alla porta della sua stanza, la
aprì e per poco non le venne un infarto quando vide che
c'era qualcuno dentro, inginocchiato davanti alla finestra. Lo spavento
divenne sorpresa quando sua nonna si voltò sorridente verso
di lei.
"No-nonna?" balbettò esterrefatta, entrando finalmente nella
stanza.
"Ben arrivata, Mei Mei. Ti stavo aspettando"
Mei Mei si richiuse la porta alle spalle.
"Ma...tu che ci fai qui? Non dovresti essere a casa con mamma e
papà?"
"Wang mi ha chiesto un piccolo favore in memoria dei vecchi tempi e io
ho accettato volentieri" sorrise l'anziana signora,
dopodichè si alzò in piedi e porse alla nipote
una pila di abiti nuovi, che lei prese riluttante.
"E questo favore sarebbe?" chiese infatti poco dopo.
"Saprai tutto a tempo debito. Ora vestiti, Wang ci aspetta tutti nella
sala del tè per delle comunicazioni importanti"
Detto questo uscì veloce dalla porta senza lasciare il tempo
a Mei Mei di ribattere. Presa dalla curiosità, la ragazza si
vestì in men che non si dica e raggiunse la nonna fuori.
Insieme percorsero i lunghi corridoi del tempio fino all'edificio
centrale e alla sala del tè, dove tutti erano in attesa del
loro arrivo.
"Pensavamo fossi annegata" scherzò Alex dopo che Mei Mei gli
si fi seduta accanto. In risposta ricevette unagomitata nelle costole
che probabilmente nemmeno sentì.
Erano tutti seduti in cerchio, loro tre, la nonna, Lei e Wang, su
soffici cuscini bianchi, ognuno con davanti una tazza di tè
fumante. Allettata dal profumo proveniente dalla tazza, Mei Mei
allungò la mano per prenderla, ma la nonna gliela
colpì sul dorso e la rimproverò con lo sguardo.
Lei rispose con un'espressione imbronciata, quindi rivolse l'attenzione
al vecchio maestro quando questi si schiarì la gola.
"Benvenuti, giovani guerrieri" li salutò affabile,
guardandoli uno per uno "Sono lieto di vedere che avete scelto di
rendere onore alla chiamata come fecero i vostri predecessori ormai
molti decenni fa. Immagino però che non vi siano del tutto
chiare le circostanze della vostra presenza qui"
Mei Mei si fece attenta, dimentica della sua bramata tazza di te. Wang
colse il suo cambio d'atteggiamento e le sorrise.
"So che sono molte le domande che riempiono le vostre teste. Che male
dobbiamo combattere? Come possiamo sconfiggerlo? Tutti dubbi
più che leciti. Molti dicono che per capire il presente
bisogna conoscere il passato. Per questo voglio raccontarvi una storia.
Parla di una famiglia molto potente che ha perso la via"
Tutti i presenti pendevano dalle labbra di Wang e rimasero in silenzio
durante la lunga pausa che egli fece. Solo le labra di Mei Mei si
mossero impercettibilmente.
"Mishima"
Wang le sorrise ampiamente e annuì col capo.
"Molti anni fa" riprese a raccontare "un uomo dal grande cuore
creò un impero industriale e monetario al fine di aiutare i
popoli in difficoltà su questo pianeta. Se ne prese cura con
tutto se stesso e crebbe suo figlio nella speranza che un giorno
potesse essere lui il capo della sua corporazione. Ma l'animo del
figlio era esattamente opposto a quello dell'uomo, avido di potere e
denaro e desideroso di distruzione. Vide inoltre che non era potente
quanto lui nelle arti marziali. Fece studiare allora agli esperti dei
suoi laboratori i DNA suo e del figlio e ciò che
scoprì lo sconvolse: nel suo codice genetico, a differenza
di quello del bambino, era presente un gene unico al mondo e
altrettanto pericoloso. Ulteriori ricerche lo indentificarono come un
gene malefico potenzialmente in grado di risvegliare il lato oscuro di
chi lo possedeva. L'uomo lo denominò Devil Gene, ma non
capì mai come il figlio, che ne era privo, potesse essere
così malvagio.
"Gli anni passarono, l'uomo iniziò ad invecchiare e il
figlio a crescere e a diventare uomo e padre. Nel nuovo membro della
famiglia vide ciò che non era stato il figlio e decide di
prenderlo sotto la sua ala e di addestrarlo ai sani principi delle arti
marziali. Il bambino si dimostrò dotato e attento agli
insegnamenti del nonno, ma ben presto anche il padre iniziò
a sottoporlo a lunghi e massacranti allenamenti, fino al giorno in cui
non portò la famiglia alla rovina. Heihaci gettò
suo figlio giù da un burrone, giustificando il suo gesto in
quanto voleva che diventasse più forte e temprato, ma la
verità era un'altra. Temeva che il padre gli negasse
ciò che avrebbe dovuto ereditare alla sua morte per darlo al
nipote, Kazuya. Heihachi sfidò il padre, Jinpachi, e lo
sconfisse, quindi lo rinchiuse in un vecchio dojo chiamato Honmaru.
"Pieno di rabbia nei confronti del figlio, lo maledisse, urlando al
cielo di fare in modo che la sua stessa progenie si ribellasse in
futuro contro di lui, come era successo a Jinpachi. Poichè
era stato un uomo saggio e virtuoso, il cielo ascoltò la sua
preghiera e attivò il Devil Gene presente nel DNA del
piccolo Kazuya, in fin di vita in fondo al burrone. Kazuya
stipulò col Diavolo dentro di lui un patto: avrebbe avuto la
potenza necessaria a sconfiggere il padre, al caro prezzo della sua
anima. Un Angelo visitò poi Jinpachi, ormai morente, nella
sua prigione e gli mostrò ciò che era stato fatto
per esaudire il suo ultimo desiderio. 'Tutta la stirpe dei Mishima
erediterà il Devil Gene e lo scatenerà contro tuo
figlio' gli disse l'Angelo 'Esattamente come avevi chiesto'. Ma
Jinpachi non voleva che anche gli eventuali figli di Kazuya fossero
maledetti. L'Angelo, però, gli disse che non si poteva
tornare indietro. Allora Jinpachi espresse un ultimo desiderio: chiese
all'Angelo di mantenere una parte dell'animo buono di Kazuya in vita,
dimodochè il ragazzo potesse fare una scelta tra l'odio o il
perdono. Nel caso avesse scelto il primo, allora il Devil Gene avrebbe
preso il sopravvento schiacciando la parte buona. Viceversa, se Kazuya
avesse scelto di perdonare il padre, il gene maligno si sarebbe
nuovamente riassopito.
"L'Angelo decise di esaudire quell'ultimo desiderio e una parte di lui
entrò nell'animo di Kazuya, iniziando un'eterna lotta contro
il Demone in lui. L'altra parte la lasciò a Jinpachi,
perchè ne facesse ciò che riteneva più
giusto. Ma anche l'animo di Jinpachi, logorato dal rancore verso il
figlio, stava per essere sopraffatto dal gene demoniaco,
così decide di affidare il potere dell'Angelo all'uomo di
cui più si fidava al mondo, perchè lo usasse nel
modo giusto. Allegò a quel dono un messaggio: l'amico lo
avrebbe dovuto uccidere se mai il Devil Gene si fosse impossessato
totalmente di lui"
Wang interruppe il racconto per bere un sorso del suo tè, ma
gli occhi dei suoi ascoltatori non lo persero di vista un attimo,
impazienti di sapere come andava a finire la storia. Il vecchio maestro
posò la tazza davanti a sè e chiuse gli occhi in
un sospiro.
"Cosa faceste allora voi?" gli chiese piano Mei Mei, rompendo il
silenzio.
Wang sorrise alla ragazza ancora una volta, soddisfatto della sua
perspicacia innata e, riaperti gli occhi, riprese a parlare.
"Prima che nascesse Heihachi, io e Jinpachi addestrammo tre promettenti
giovani alle arti marziali e al sapere degli antichi,
affinchè, una volta cresciuti, potessero fare lo stesso a
loro volta in giro per il mondo e combattessero il male. Li richiamai
qui, al Tempio degli Angeli, come venne poi chiamato, e divisi il
potere dell'Angelo tra loro tre. Quei tre ragazzi avevano legato
così tanto tra loro da aver deciso di formare una squadra
rappresentata da un simbolo, le cui parti si erano fatti tatuare sul
dorso della mano. Quei simboli, esattamente gli stessi che avete sulle
vostre mani, sono la prova che in voi scorre il potere dell'Angelo"
I tre ragazzi abbassarono istintivamente lo sguardo sulle loro mani,
increduli di fronte a quella grossa rivelazione. Wang riprese a parlare.
"Kazuya fece la sua scelta e si abbandonò totalmente al
Devil Gene, che prese il sopravvento e condannò suo figlio
alla stessa maledizione. Ma il ragazzo ereditò anche, seppur
sopita, quella parte del potere dell'Angelo che il padre aveva deciso
di ignorare. Ed essa combattè contro il Devil Gene del
ragazzo finchè riuscì e ancora tenta debolmente
di prendere il sopravvento. Ma non è abbastanza forte. Ha
bisogno della sua parte mancante per sconfiggere il Demone una volta
per tutte"
"Ed è qui che entriamo in gioco noi" concluse Alex,
ricevendo un cenno di assenso da parte dell'anziano Wang.
"Vi addestrerete in questo tempio come fecero i vostri predecessori,
accrescerete i poteri sopiti in voi, diventerete persone nuove. Una
volta pronti, parteciperete al Torneo del Pugno d'Acciaio e
lì porterete a termine la vostra missione"
"Ma chi è che adesso possiede sia il Devil Gene che il
potere dell'Angelo?" domandò Jamal.
"Jin Kazama è il suo nome. E' stato a capo della Mishima
Zaibatsu fino all'ultimo Torneo, poi di lui non si è saputo
più nulla"
"Quindi non sappiamo se è ancora vivo"
puntualizzò Alex, poi si ricordò di
ciò che gli aveva raccontato Mei Mei nel bosco e si
voltò verso di lei, che però nel frattempo lo
aveva anticipato.
"Maestro Wang, una ragazza oggi nella foresta mi ha chiesto di salvare
Jin Kazama. Magari lei può saperne qualcosa di
più"
Il vecchio maestro sospirò. "Ling" disse sorridendo
amaramente.
Prese allora la parola Lei "Jin Kazama è vivo, ne sono
sicuro".
L'agente ebbe subito l'attenzione di tutti i presenti e
proseguì.
"Dopo l'attacco della Tekken Force al villaggio di Alex, uno degli
uomini mi ha rivelato che alla guida della Mishima Zaibatsu
c'è Lee Chaolan e che Kazama è solo un burattino
nelle sue mani. Questo fa presumere che sia ancora vivo"
"Indubbiamente, ma anche che forse la situazione è peggiore
di quanto sembri" ribattè Wang, per la prima volta in tutta
la serata seriamente preoccupato.
"Che vuol dire, maestro?" lo incalzò Mei Mei, sporgendosi
verso di lui.
"Non ve lo so dire con certezza, devo andare a documentarmi in
proposito. Quel che è certo è che la vostra
partecipazione al Torneo è necessaria e che dovete essere
quindi addestrati. Ogni mattina ciascuno di voi seguirà un
allenamento differenziato sotto la guida di un maestro. Io mi
prenderò cura di Jamal, Lei addestrerà Alex e Mei
Mei sarà affidata a sua nonna"
I tre ragazzi rimasero un po' sorpresi dagli accoppiamenti, Mei Mei in
special modo, ma vista l'agitazione nella voce di Wang, non ribatterono.
"Nel pomeriggio invece vi allenerete assieme per diventare una vera
squadra. Nel frattempo io mi dedicherò alla lettura degli
antichi testi e vedrò di venire a capo di questa faccenda
prima dell'inizio del Torneo"
Tutti i presenti in sala annuirono. Wang pregò che non fosse
veramente come sospettava.
Maaaaaaaaammma mia!! Lunghissimo
questo capitolo, forse il più lungo che abbia mai scritto!
Però è anche bello ricco di novità e
colpi di scena. Per la storia della famiglia Mishima ho cercato di non
distaccarmi troppo da quella narrata a pezzi nei videogiochi, ma per
cautelarmi metterò un AU tra le note :)
Vi auguro una buona lettura, ringrazio Angel Texas Ranger per la sua
fedele e immancabile recensione e spero che questo capitolo le abbia
suscitato ancora più curiosità :P
Ringrazio anche gli altri assidui lettori, ovviamente.
A presto!
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Capitolo 10 *** Angeli e Demoni ***
Angeli
e Demoni
"...e quando le due stelle maligne si saranno
scontrate,
il Distruttore potrà tornare alla sua primigenia potenza
e raccogliere i frutti che aveva seminato nel cuore corrotto degli
uomini.
Il Prescelto sarà il suo umano involucro
e attraverso di lui inizierà a seminare morte e distruzione
fino alla completa assimilazione di tutti i suoi frutti...
...il potere dell'Angelo invocato dovrà essere risvegliato
e la luce nell'anima nera ridestata
perchè il Demone non arrivi alla completezza...
...Grande Distruzione porterà la lotta tra
il Bene e il Male
e solo il Prescelto involucro di entrambi potrà fermarla..."
Wang
Jinrei rilesse i frammenti che aveva tradotto con cura dalle antiche
pergamente conservate nel tempio, e capì che mancava poco
tempo.
Sottili lame di luce filtravano dal folto bosco verde, silenzioso e
pacifico. Il sommesso frusciare delle foglie al leggero vento
mascherava ogni suo movimento. Perchè proprio come il vento
lui
era veloce, e come il camaleonte si nascondeva tra i colori della
foresta, e come il lupo era in agguato. E il suo occhio di Aquila
scrutava ogni angolo. Non gli sfuggì nemmeno quel rapido
movimento tra i cespugli sotto di lui, sebbeno fosse stato felino ed
elegante come mai aveva visto. Sorrise e aguzzò tutti i suoi
sensi, stringendo l'elsa del pugnale tra le sue mani. Balzò
agile su un ramo vicino e si voltò ad osservare soddisfatto
la
lama lucente conficcata su quello sopra cui era stato appollaiato fino
a poco prima. Poi la sentì, proprio sotto di lui. Si mosse
fulmineo.
Si muoveva leggera sul morbido strato di foglie cadute, attenta ad ogni
singolo ramoscello che avrebbe potuto tradirla. Percepiva ogni singolo
atomo della vegetazione attorno a lei, ogni minimo respiro delle
creature del bosco e non solo. Avvertiva la loro presenza, i loro
movimenti, la loro tensione, pari alla sua. Ma il suo cuore era calmo
nel petto, in armonia con la natura e la pace che emanava e che le
acuivano enormemente i sensi. Lo vide balzare da un ramo all'altro
sopra la sua testa e rapida si nascose tra i sottili rami di un
cespuglio, silenziosa e furtiva. Un piccolo movimento laterale e la
lama recise le foglie morte del sottobosco. Un'ombra oscurò
la
striscia di luce che le lambiva il braccio, e la mano
attaccò
veloce.
Era nato per muoversi nell'ombra, con l'allenamento aveva incrementato
le sue capacità e ora poteva metterle alla prova. La foresta
di
alberi e luce poteva aiutare e tradire, bastava conoscere il modo
migliore per sfruttarla. Un segreto che a lui non era mai stato
nascosto. Ma non doveva sottovalutarli, loro erano altrettanto bravi.
Un tempo era lui il migliore, ora tutti erano in gioco. Non si sorprese
quando la preda evitò con apparente facilità il
suo
pugnale, ma era stata solo una mossa preventiva. Poi anche la preda era
diventata cacciatore e aveva lanciato la sua lama fendendo un raggio di
sole e il fogliame da esso colpito. Quindi il cespuglio sotto si mosse
impercettibilmente e il raggio di sole produsse un rapidissimo
bagliore. Scartò di lato e afferrò il pugnale che
gli era
stato scagliato contro, quindi uscì allo scoperto.
Una gola abbronzata fu subito sotto il suo tiro, ma poteva sentire
distintamente il sottile filo di un'altra lama sfiorargli la nuca.
Guardò negli occhi la sua preda. Sorrideva soddisfatto. Il
suo
pugnale pungeva la stoffa che copriva il ventre asciutto e muscoloso
della terza preda, a sua volta sua cacciatrice. Una situazione di
stallo, c'era da aspettarselo. Erano esattamente allo stesso livello,
nonostante le caratteristiche fisiche e tecniche totalmente diverse.
Come erano cambiati in quei cinque mesi, che arma potente erano
diventati i loro corpi.
Alex aveva mantenuto il suo fisico scultoreo e incrementato le sue
abilità tecniche e la velocità, nonchè
acquietato
lo spirito, molto più calmo e riflessivo. Le già
grandi
abilità di Jamal si erano raffinate ed arricchite di nuove
conoscenze utili, e la meditazione a cui si era sottoposto aveva
apparentemente assopito i suoi demoni. Ma chi era cambiata maggiormente
era Mei Mei. Incredibilmente di qualche centimetro più alta,
aveva messo su un fisico asciutto e scattante, perfettamente sotto il
suo controllo. La sua determinazione poi era cresciuta così
tanto che la si poteva percepire solo a guardarla negli occhi. Una
forza interiore che avrebbe fatto abbassare le orecchie al felino
più pericoloso e maestoso. Non era più una
spaurita
liceale, ma una temibile guerriera.
"Eccellente, ragazzi" si congratulò l'anziana nonna di Mei
Mei,
che aveva seguito l'intero esercizio insieme all'altro maestro, Lei,
anch'egli visibilmente soddisfatto dei risultati ottenuti dai tre
giovani.
Tutti e tre si sorrisero a vicenda e abbassarono le lame, quindi si
voltarono verso i loro sue insegnanti.
"Allora abbiamo superato la prova?" domandò Mei Mei "Siamo
pronti per il Torneo?"
La nonna si fece pensierosa e con uno sguardo deviò la
domanda a
Lei. L'agente si portò una mano al mento con fare riflessivo
e
iniziò a studiarli. Alex gli lanciò un'occhiata
impaziente.
"Sì, potreste anche superare il primo turno"
sentenziò alla fine senza troppo entusiasmo.
La ragazza sorrise, sapeva che non era poca fiducia quella che Lei
stava dimostrando loro, ma solo un ammonimento a non accontentarsi
nè sopravvalutarsi mai. Si ricordò della prima
volta che avevano dovuto fare quell'esercizio nel bosco. Era passato un
mese dal loro arrivo al Tempio degli Angeli e i loro miglioramenti
erano stati esponenziali. La caccia,
come era stato chiamato quell'esercizio, era durata un intero
pomeriggio e il tramonto aveva visto Jamal sopraffare gli altri due
compagni, che, nonostante tutto, si erano sentiti ugualmente
soddisfatti.
Il commento di Lei aveva però smontato il loro entusiasmo.
"Cosa?" aveva domandato incredula Mei Mei avanzando verso di lui "Ma
non
è possibile! E' un mese che ci alleniamo come dannati! Non
possiamo essere al livello di poter superare il primo turno!"
"Mei Mei ha ragione, non ci credo che siamo ancora così
deboli" aveva quindi aggiunto Alex.
"Di certo con questo atteggiamento di superiorità non
andrete
molto lontano" lera stato il severo rimprovero della nonna. Tutti e due
erano ammutoliti, Jamal invece aveva sorriso amaramente divertito. La
nonna aveva poi continuato col rimprovero "Non dovete mai
sopravvalutarvi nè sottovalutare gli avversari, altrimenti
sarete già sconfitti in partenza"
"Il partecipanti al Tekken non sono degli sprovveduti" aveva continuato
Lei "Alcuni di loro partecipano sin dalla prima edizione e hanno quindi
un bagaglio di esperienza che nemmeno immaginate. In confronto a loro
siete meno che dilettanti perciò non perdete tempo a lodarvi
e continuate con gli allenamenti con lo stesso impegno che avete messo
in questo mese. La vostra vittoria è fondamentale per la
riuscita della missione"
Da quel giorno nessuno dei tre aveva più osato protestare
per l'apparente poca mancanza di fiducia da parte dei maestri nei loro
confronti. Avevano ripreso ad allenarsi con ancora più
assiduità, fino allo stremo delle forze. Col passare dei
mesi gli allenamenti collettivi avevano visto Mei Mei e Alex riuscire a
sopraffare Jamal, tra tutti quello in partenza più forte,
fino a quell'ennesima caccia, in cui si erano dimostrati tutti e tre
allo stesso livello. Esattamente l'obiettivo che volevano raggiungere.
Nel corso dei mesi, però, il maestro Wang si era fatto
vedere sempre più raramente durante i pomeriggi. All'inizio
aveva seguito alcuni allenamenti collettivi, ma di mese in mese sempre
con meno assiduità. Nelle ultime due settimane solo Jamal
poteva affermare con certezza che fosse ancora nel Tempio. Passava
tutti i pomeriggi chiuso nella vecchia biblioteca, sommerso da
polverose pergamente, in cerca di chissà quali informazioni
utili per la riuscita dell'impresa. Una volta Mei Mei aveva provato a
chiedergli se avesse scoperto qualcosa, ma Wang non le aveva risposto e
aveva cambiato subito argomento.
"Nessuna notizia dal maestro Wang?" azzardò nuovamente con
la nonna mentre tornavano nei loro alloggi al Tempio. Avevano lasciato
Lei e i ragazzi poco prima per dirigersi verso le loro stanze. La nonna
si fermò sotto il grande ciliegio del cortile e si
voltò a guardare la nipote. La piccola Mei Mei era diventata
donna sotto i suoi occhi e le sue mani, il viso innocente della
ragazzina con i capelli a caschetto era diventato il volto di una
guerriera incorniciato da una lunga e liscia chioma nera, tenuta
raccolta in una crocchia disordinata da un semplice fermacapelli di
legno.
L'anziana donna sospirò. "No, nessuna notizia, e non so
dirti nemmeno se è un bene o un male"
"Tu eri una di quei ragazzi, vero?" le domandò poi la nipote
sorprendendola "Quelli a cui Wang ha affidato il potere dell'Angelo"
La nonna sorrise e annuì, quindi si sedette sulla panchetta
sotto il ciliego e fece segno a Mei Mei di imitarla.
"Quando ero poco più che una bambina rimasi orfana di
entrambi i genitori. Vivevamo in un piccolo villaggio nella periferia
di Pechino e un periodo di magra aveva condattato quasi tutti gli
abitanti. Anche io ero quasi morta quando Jinpachi Mishima,giovane
imprenditore con grandi idee e molte speranze, fece visita al villaggio
per portarci aiuti alimentari e in denaro. Insieme a lui, come sempre,
c'era il suo amico Wang Jinrei. Egli decise di prendersi cura di me
come se fossi sua figlia e mi crebbe nel piccolo dojo di famiglia
insegnandomi le arti marziali. Nel frattempo Jinpachi
continuò a far crescere la sua compagnia e
proseguì coi suoi progetti filantropici. Un giorno si
presentò al dojo con altri due ragazzi, orfani come me, e
propose a Wang di prendersene cura insieme a me. Diventammo ben presto
una squadra, nonostante fossimo così diversi. Io per il
semplice fatto che fossi femmina, ma gli altri ragazzi, uno di Hong
Kong e l'altro mediorientale, erano esattamente l'opposto. Coma Jamal,
anche suo nonno era ribelle e come Alex, Lao Chang era una testa calda.
Ma in fondo eravamo più simili di quello che immaginavamo e
diventare inseparabili fu inevitabile. Una volta cresciuti Wang ci
permise di proseguire per la nostra strada sempre nel nome dei principi
che ci aveva insegnato. Per noi fu un onore quando ci
richiamò, tempo dopo, per affidarci quella grande
responsabilità. Ed è per me motivo di orgoglio
vedere che tu hai risposto alla chiamata senza esitazione"
Mei Mei sorrise insieme alla nonna. Anche lei si sentiva orgogliosa di
se stessa per la scelta che aveva fatto. Per la prima volta in vita sua
si sentiva utile per qualcosa, per la prima volta aveva la sensazione
di aver trovato il suo giusto posto nel mondo. Il Torneo imminente la
elettrizzava. Aveva paura, certo, ma quella giusta dose che le avrebbe
permesso di perseverare nel suo obiettivo. Avrebbe salvato Jin Kazama e
la famiglia Mishima, il Devil Gene si sarebbe nuovamente riassopito.
Un giovane monaco richiamò l'attenzione delle due donne,
apparentemente in agitazione.
"Il maestro Wang desidera vedervi" disse lasciando intendere l'urgenza
della questione.
Lo seguirono a passo svelto lungo i corridoi del Tempio, fino alla
biblioteca. L'espressione sul volto del vecchio maestro non lasciava
presagire niente di buono. Fece loro segno di sedersi di fronte a lui,
dall'altra parte del basso tavolino occupato solo da una pergamena.
Wang la girò verso le due donne cosicchè
potessero leggerla.
Sembrava una specie di antia profezia, e come da contratto le parole
che la formavano avevano un tono catastrofico. Leggerle,
però, risvegliò il potere in Mei Mei, il cui
simbolo iniziò a formicolare.
"Cosa significa tutto questo, maestro?" domandò la ragazza,
preoccupata.
"Che il prossimo Torneo sarà decisivo per le sorti
dell'intero pianeta"
L'espressione confusa di Mei Mei lo incitò ad andare avanti.
"Allo scorso Torneo un grande potere è stato risvegliato. Il
Distruttore di cui parla la profezia è un demone infernale
dei più potenti di nome Azazel. Secoli fa era risorto e nel
mondo le catastrofi si erano susseguite, finchè i saggi e
illuminati guerrieri del passato riuscirono ad imprigionarlo. Ma
Azazel, lungimirante, aveva previsto che l'umanità col tempo
sarebbe diventata corrotta e in essa piantò il suo seme,
nell'attesa della venuta del Prescelto, l'uomo in cui il gene demoniaco
si sarebbe risvegliato potente"
"Jin Kazama" disse mestamente Mei Mei, iniziando a comprendere il
significato della profezia.
"Se ricordi, al vostro arrivo qui vi dissi che nella famiglia Mishima
erano in tre a possedere il Devil Gene: Jinpachi, Kazuya e Jin. Ma
mentre Kazuya si è totalmente abbandonato ad esso per
soddisfare la sua sete di vendetta, suo nonno e suo figlio hanno
cercato di tenergli testa finchè hanno potuto. Grazie a
questo una parte dell'anima di Jin è rimasta immaccolata,
quella parte in cui si è insidiato l'Angelo"
"Quindi è Jin Kazama il Prescelto della profezia"
considerò Mei Mei, ma Wang alzò una mano
perchè continuasse ad ascoltarla.
"Non so chi sia il Prescelto, se Kazuya o Jin. Quel che so è
che al tempo del quinto Torneo Jin ha assimilato il potere demoniaco di
Jinpachi e la sua anima è diventata ancora più
nera. Allo scorso Torneo, invece, Jin si è ritrovato ad
affrontare Azazel, memore di un'altra profezia secondo la quale solo un
discendente del demone era in grado di sconfiggerlo. L'intento di Jin
era quello di risvegliare il demone per poterlo definitivamente
distruggere, anche a costo della sua vita. Così facendo
avrebbe inoltre fatto estinguere la maledetta casata Mishima e il gene
che essa portava con sè"
"Ma?" incalzò Mei Mei. Wang sospirò.
"Ma quel gesto, seppur mosso da buone intenzioni, ha preparato le basi
per la vera rinascita di Azazel in forma umana. Dopo il sesto Tekken di
Jin non si è saputo più nulla, ma temo che il
potere maligno di Azazel possa essere entrato in lui, in attesa di un
nuovo scontro con Kazuya per l'assimilazione finale e il risveglio
definitivo del demone. Cosa ancora peggiore, temo che qualcuno sia
convinto di poter sfruttare questo grande potere per i suoi scopi"
"Ma è terribile!" esclamò sconvolta la nonna di
Mei Mei "Chi mai potrebbe essere così privo di scrupoli da
risvegliare un così grande potere per i suoi interessi
personali?"
Wang si fece più scuro in volto "Se ciò che
l'agente Wulong ha detto è vero, il principale sospettato
è Lee Chaolan. Non mi meraviglierebbe sapere che tiene
prigioniero Jin, nè che abbia trovato il modo per farlo
sottostare al suo volere. Ha sempre avuto la deviante passione per i
giochetti genetici"
"Che essere orribile!" commentò disgustata Mei Mei.
"Essere adottato dal proprietario di una delle principali compagnie del
mondo ed essere comunque considerato un inetto non aiuta a rafforzare
la stima in se stessi" spiegò Wang "Allora si cercano altre
vie di realizzazione personale. Solo che questa volta è
andato troppo oltre"
"Dobbiamo fermarlo prima che sia troppo tardi!" decise determinata Mei
Mei alzandosi in piedi "Vado a raccontare tutto agli altri"
"Aspetta, Mei Mei, non è ancora il momento" la
fermò Wang quando la ragazza era già sulla soglia
della biblioteca "Alex e Jamal non sono ancora pronti. Non siete ancora
una squadra"
Mei Mei lo guardò allibita. "Maestro, ma...come è
possibile?"
"Il potere che scorre in voi vi lega, è vero, ma non basta.
Il vostro legame deve prescindere da essa perchè possiate
esprimere appieno la vostra potenza. Dovete arrivare al punto di dare
la vita l'uno per gli altri"
La ragazza abbassò lo sguardo, senza una risposta valida per
il maestro. Non poteva dargli torto, mancava ancora qualcosa
perchè potessero sentirsi veramente una cosa sola. Se in
quei mesi l'amicizia tra lei e Alex si era approfondita, Jamal era
sempre rimasto il più distaccato del gruppo e il
più scontroso, nonostante le lezioni con Wang gli avessero
ammorbidito notevolmente il carattere. Si ricordò le parole
della nonna quel giorno a casa sua, a Firenze, quando tutto era
cominciato.
Il coltello ha una
doppia lama.
Scacciò subito dalla mente l'ipotesi che Jamal potesse
tradirli.
Arrenditi! Non puoi
nulla contro di me e lo sai...
"Ti sbagli...sono forte...ce la farò..."
Forte? Sì,
sei forte, ma non abbastanza per sopraffarmi...
"Non avrai mai la mia anima...non ti permetterò di
controllarmi come una marionetta..."
Sei stato messo al mondo
per esserlo, non puoi sottrarti al tuo destino...tu sei il Prescelto...
"Lo so...sono il Prescelto...colui che ti sconfiggerà..."
Sciocco ragazzino! Come
puoi pensare di sconfiggermi? Io sono te..."
"No! Io non sono un mostro! Vattene via!"
Non puoi
scacciarmi...non puoi dimenticare ciò che sei nè
ciò che diventerai...
"Sarò il tuo carnefice...la tua stirpe di demoni
finirà con me..."
Ahahah! Come sei eroico!
Ma ogni tuo sforzo per eliminarmi non farà altro che
rafforzarmi...e tu sei sempre più debole...
"Ti batterò comunque...non sono come mio padre, non mi
corromperai così facilmente..."
Ho scelto
la tua famiglia proprio perchè siete deboli e
corrotti...e tu non sei da meno...
"Io sono forte! Io sono un Kazama e non mi avrai mai!"
Sei un
Mishima esattamente come tuo padre e tuo nonno e come loro cadrai!
Un urlo agghiacciante rimbombò per la buia prigione facendo
tremare i solidi muri di nuda pietra. Scariche elettriche violacee si
propagarono dal suo corpo per tutta la stanza. Il sangue demoniaco
prese a ribollire nelle sue vene, le ali nere si dispiegarono nel vano
tentativo di fuggire da quel dolore lancinante. I muscoli possenti
delle braccia si contrassero tendendo le pesanti catene che lo
inchiodavano al muro. Poi finalmente arrivò, come le altre
volte che era successo, da quell'invisibile fessura nella pietra,
veloce come un lampo. La puntura fu praticamente impercettibile e
l'effetto immediato. Il dolore cessò, il sangue riprese a
scorrere normalmente nel suo corpo, ali e cornasi ritirarono al suo
interno, in attesa di una nuova crisi.
Il corpo seminudo e scosso da tremiti di Jin Kazama cadde sul pavimento
freddo, privo di forze, come ogni volta dopo che gli veniva
somministrato quel calmante. In qualche modo i suoi carcerieri erano
riusciti a trovare un inibitore momentaneo del Devil Gene, in grado di
farlo tornare in sè anche solo per qualche ora. La prima
volta che gli era stato somministrato era svenuto, per risvegliarsi poi
in quella cella buia e umida, incatenato come un animale. Da quella
volta, però, l'effetto dell'inibitore era andato via via
diminuendo, fino a ridursi alle due o tre ore di pace che si poteva
concedere negli ultimi giorni.
Azazel stava diventando sempre più potente dentro di lui.
Aveva scatenato guerre e caos col solo intento di distruggere lui e il
gene maledetto della sua famiglia, invece si era ritrovato ad essere il
contenitore di quel demone tanto odiato che aveva dato inizio alla
storia infinita dei Mishima. Quando era diventato consapevole di
ciò, aveva giurato a se stesso che non avrebbe mai smesso di
lottare, che Azazel non l'avrebbe sopraffatto. Ma più il
tempo passava, più il demone diventava insistente e potente,
più gli era difficile resistere.
Riprese le forse, seppur in minima parte, Jin si tirò su e
si sedette contro la parete cui era inchiodato, passandosi poi una mano
sulla fronte completamente bagnata di sudore. Una luce che a lui parve
accecanti trapelò dalla parete di fronte a lui, rivelando la
posizione dell'unica uscita dalla prigione, praticamente invisibile al
buio. Qualcuno entrò nella cella e si richiuse la porta alle
spalle, quindi avanzò verso di lui producendo un debole
cigolio ad ogni movimento delle gambe.
Alisa Bosconovich si era presa cura di lui, senza dubbio per ordine di
qualcun altro, sin dal suo risveglio nella cella. Il viso dolce del
cyborg, illuminato da quegli occhi verdi così veri e
malinconici, era l'unico che Jin avesse visto durante la prigionia.
Alisa era gentile con lui, ma allo stesso tempo fredda e distaccata.
Gli portava da mangiare due volte al giorno e controllava che stesse
bene ogni volta che gli veniva somministrato l'inibitore. Ma ogni qual
volta Jin gli rivolgeva una domanda, lei non rispondeva e si congedava
con un sorriso comprensivo, come se sapesse quanto fosse terribile
quella situazione ma non potesse farci nulla.
Non era la stessa Alisa che aveva preso parte al sesto Torneo del Pugno
d'Acciaio. Sembrava quasi che l'avessero privata della sua
personalità e della sua coscienza, caratteristiche di ogni
creazione del dottor Bosconovich. Lo scienziato l'aveva costruita
perchè servisse Jin, ma qualcosa era andato storto e il
cyborg non era mai pervenuto a lui. Al torneo era poi rimasto
gravemente danneggiato, ma qualcuno l'aveva riparato, seppur non
riportandola alle condizioni originali.
Ma Alisa non poteva essere soltanto un cyborg, perchè il
dottore aveva fatto in modo che fosse qualcosa di più. Come
Jin, non era solo un involucro vuoto per qualcos'altro. Da quel lato
erano molto più simili di quanto pensassero.
"Sta bene, signor Kazama?" gli domandò inespressiva con la
sua voce acuta e a tratti infantile.
Jin sospirò e annuì abbassando lo sguardo. Allora
Alisa si congedò da lui con il suo solito sorriso
comprensivo e ritornò alla porta. Di nuovo il barlume di
luce, di nuovo il buio e il silenzio.
Non sono pienamente soddisfatta
della profezia, l'ho riscritta tre volte e questo è il
meglio che ne è venuto fuori.
Ho glissato sull'addestramento dei nostri tre eroi perchè ho
pensato potesse risultare noioso e cmq poco utile ai fini della storia.
Al suo posto ho scelto di approfondire il personaggio di Jin Kazama,
ormai eletto uno dei miei preferiti della serie. Inoltre, essendomi
affezionata al pairing Jin/Xiao ed essendo Xiao il primo personaggio
usato in Tekken, non posso non inserire anche lei nella storia,
nonostanza cmq abbia un ruolo più marginale. Mi scuso con
chi mi ha chiesto di toglierla, ma non posso x ragioni sia di trama sia
affettive :) con questo spero di non perdere lettori :D
Grazie a Angel Texas Ranger per la sua fedele recensione, ai lettori e
a chi cmq segue ancora la storia.
A presto!
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Capitolo 11 *** Essere una squadra ***
Essere
una squadra
La
palmata sul naso fu più forte di quanto se la fosse
immaginata e
gli annebbiò la vista per un attimo, bastante a Mei Mei per
farlo cadere a terra con una velocissima spazzata. Alex
approfittò poi dell'arrivo di Jamal a tenere impegnata la
ragazza per rialzarsi in piedi con un colpo di reni e riprendere il
combattimento a tre. Messa alle strette dai due ragazzi, Mei Mei
cercò una posizione di vantaggio salendo sul corrimano in
legno
del ponte che attraversava il fiume. Jamal la raggiunse rapido,
così come Alex alle sue spalle.
"Sei in trappola, ragazzina" la canzonò il pellerossa con
sorriso sghembo.
"Questo è ancora da vedere" ribattè lei
determinata,
prima di effettuare un leggero salto oltre il corrimano e sparire dalla
vista dei due ragazzi.
Jamal e Alex non fecero nemmeno in tempo a chiedersi dove fosse finita,
che le gambe di Mei Mei andarono a circondare il collo del primo.
Sporgendosi poi verso il ponte, la ragazza lo scaraventò a
terra
e si rimise nuovemente in piedi per risparire dalla parte opposta. Alex
allertò tutti i sensi e percorse l'intero ponte con lo
sguardo
attento.
Jamal nel frattempo era ritornato in piedi e si massaggiava la
mascella, dolorante per la facciata presa. ma anch'egli attento ad ogni
rumore fosse diverso dallo scorrere lento del fiume.
"Dovremmo dividerci i due lati" propose Alex senza distogliere
l'attenzione, ma il compagno non rispose.
"Mi ha sentito?" incalzò nuovamente.
"Perchè dovrei collaborare con te?" domandò atono
Jamal, restando sempre voltato.
"Perchè è così l'esercizio. Uno contro
due,
l'abbiamo già fatto poco fa non ricordi? Io contro te e Mei
Mei
e tu contro noi due"
"A parte l'obiettivo comune, nessuno ci obbliga a collaborare" Jamal si
voltò accigliato verso Alex "E io con te non voglio allearmi"
"Amico, nemmeno tu mi stai a genio, ma sta di fatto che facciamo parte
della stessa squadra e di norma i membri di una squadra lavorano
assieme"
"Invece io ti ricordo che non è stata una mia scelta venire
qui,
ma mi ci hanno obbligato. Con voi due non ho niente da spartire"
concluse Jamal per rivoltare nuovamente le spalle ad Alex.
Nell'udire quella risposta seccata tutti i sensi di Alex si
concentrarono su Jamal come unico bersaglio. Scese dal corrimano e
avanzò minaccioso verso di lui col pugno alzato, ma
quandò sferrò il colpo l'altro lo parò
con
facilità e tentò a sua volta l'offensiva. Alex
evitò il colpo, ma concentrato com'era su Jamal non
riuscì a percepire l'arrivo di Mei Mei alle sue spalle, che
lo
colpì al volto con un pugno. Afferrate poi le mani di
entrambi,
li mise schiena a terra in un secondo.
I due ragazzi accusarono il colpo e rivolsero uno sguardo sorpreso a
Mei Mei, che però gliene restituì uno colmo di
delusione.
Aveva sentito tutto il loro litigio appostata sotto il ponte in attesa
del momento migliore per attaccare, e l'astio di Jamal nei confronti di
Alex le aveva fatto rinascere nel cuore la paura che un giorno il
ragazzo potesse abbandonarli, se non addirittura tradirli. Si era
decisa ad intervenire per evitare che succedesse il peggio.
"Ben fatto, Mei Mei" si congratulò Lei spuntando all'inizio
del
ponte "Hai approfittato di una situazione critica e l'hai rigirata a
tuo vantaggio. Molto bene"
Mei Mei annuì impercettibilmente senza mostrare nessuna
emozione.
"Molto male, invece, per voi due" continuò l'agente,
avanzando
sul ponte "Spero che questa sonora batosta vi serva di lezione. La
collaborazione in una squadra è fondamentale per la riuscita
di
una missione, della vostra soprattutto. Mancano poche settimane
all'inizio del Torneo, vedete di porre rimedio a questa mancanza per
allora"
I due ragazzi non risposero, ma si rialzarono doloranti, ognuno
evitando lo sguardo dell'altro. Lei sospirò "Siete liberi
fino
all'ora di cena"
Una volta che l'agente fu lontano, tutti e tre si concessero di
rilassarsi.
"Accidenti a te, ragazzina" si lamentò Alex, massaggiandosi
la
schiena "Ne sentirò le conseguenze per i prossimi cinque
giorni"
Mei Mei abbozzò un sorriso, ma la sua attenzione si distolse
subito da Alex quando notò Jamal allontanarsi in direzione
del
tempio senza proferir parola. Si sentì in dovere di fare un
tentativo.
"Jamal, aspetta!" lo richiamò, fermandolo per un braccio. Il
compagno le rivolse un'occhiata sorpresa e irritata allo stesso tempo a
cui però lei non fece caso. "Avevamo pensato di farci un
bagno
nel fiume dopo l'allenamento. Ti andrebbe di venire con noi?"
Il ragazzo la fissò per pochi ma interminabili secondi,
quindi
liberò il braccio dalla leggera presa di Mei Mei e
ritornò sui suoi passi. Lei provò a richiamarlo,
ma lo
sconforto per quella nuova sconfitta le fece morire le parole in bocca.
"Perchè ci provi?" le chiese invece Alex, contrariato "Hai
visto anche tu che è inutile"
"Qualcuno deve pur farlo" gli rispose Mei Mei, con la rabbia che
iniziava a ribollirle nel cervello. Si voltò verso il
compagno
"Ma tu non mi sembri la persona più adatta a convincere
qualcuno
a stare dalla tua parte"
"Ehi, ho tentato di farmelo stare simpatico e hai visto anche tu che
effetti ha sortito la mia disponibilità nei suoi confronti.
Dopo
cinque mesi di porte sbattute in faccia sinceramente mi sono stancato e
mi meraviglia che tu non lo sia"
"Non posso stancarmi di provarci, lo capisci? Se anche io rinuncio,
allora la squadra, la nostra missione, tutto quanto andrà a
rotoli. C'è molto più di una vittoria al Torneo
in ballo
e noi dobbiamo
essere uniti"
Espirò e inspirò profondamente nel tentativo di
richiamare le lacrime di rabbia che le avevano velato gli occhi.
"A volte mi sento l'unica che crede veramente in questa cosa. Pensavo
che fare parte di una squadra mi avrebbe tolta dalla monotona
solitudine in cui ero costretta a vivere tutti i giorni, invece mi
sembra di essere ancora più sola"
"Mi dispiace, Mei Mei" Alex le si avvicinò e le cinse le
spalle
con un possente braccio, in confronto al quale Mei Mei
sembrò
minuta e fragile "Io non è che non ci creda, però
è anche vero che tutto quello che potevamo fare l'abbiamo
fatto.
E se non riusciremo ad andare al Torneo come squadra, forse anche solo
in due e senza il potere che scorre in noi possiamo combinare qualcosa.
D'accordo, ci rimmarrà una grossa cicatrice sulla mano, ma
andiamo! Ci hai visti? Siamo fortissimi, ce la caveremo alla grande al
Tekken"
Mei Mei lo guardò scettica "Quante volte hai battuto Lei?"
"Ecco...sì, non moltissime, però spesso mi ci
è mancato poco"
"Andiamo a fare il bagno" sispirò per concludere la ragazza,
sfuggendo al braccio di Alex.
Il bagno ebbe il potere di rilassare completamente Mei Mei, sia nel
corpo che nello spirito, ma l'effetto durò giusto fino
all'ora
di cena, quando notò l'assenza di Jamal, oltre a quella
solita
del maestro Wang, attorno al tavolo. Fu presa nuovamente dai cattivi
presentimenti e la sensazione di impotenza che ne derivò le
risultò frustante. Nonostante il conseguente poco appetito,
Mei
Mei mangiò insieme agli altri cercando di non far trasparire
la
sua preoccupazione e vagliando le possibili giustificazioni alla
mancanza di Jamal. Pensò che fosse ad allenarmi per conto
proprio, dei tre era sempre stato il più stakanovista,
oppure
che fosse semplicemente stanco e avesse voluto ritirarsi prima degli
altri. Ma nel suo cuore sapeva che nessuna delle due era la risposta
esatta.
A fine pasto si congedò dai commensali dicendo di essere
stanca,
quindi uscì subito dalla stanza in modo che nessuno avesse
il
tempo di ribattere o di fermarla. Una volta sicura di essere sola nel
piccolo cortile del ciliegio, Mei Mei si arrapicò
sull'albero e
da uno dei rami più sporgenti saltò sul tetto del
tempio,
luogo che, aveva scoperto, riusciva a metterle pace quando, come in
quel momento, era in preda ad ansie e preoccupazioni. Andò a
sedersi vicino ad uno dei possenti draghi che decoravano l'angolo del
tetto e si mise a contemplare la valle sotto i suoi occhi. Oltre al
grande bosco che ricopriva interamente la montagna, le luci di un
piccolo villaggio erano il solo indizio che ci fossero delle forme di
vita umana in quel luogo oltre ai monaci del tempio. Sin dal primo
giorno di allenamenti era stato proibito loro di recarsi al villaggio,
in quanto troppo rischioso per la loro incolumità: sia la
Mishima Zaibatsu che la G Corporation avrebbero sicuramente avuto degli
uomini appostati là ed avventurarcisi sarebbe stato come
entrare
nella tana del lupo.
A Mei Mei non era mai venuta voglia di visitarlo, dopo aver vissuto per
anni in una grande città la pace del tempio le era sembrata
una
manna dal cielo. Nemmeno Alex aveva esternato il desiderio di scendere
a valle in quei mesi.
Un movimento nel buio la distolse dai suoi pensieri. Una figura dalle
movenze ormai conosciute si era addentrata rapidamente nel bosco: Jamal.
Mei Mei si alzò in piedi nella speranza di riuscire a
scorgerlo nuovamente tra gli alberi.
"Non sforzarti" le consigliò Alex dietro di lei, facendola
sobbalzare. Il ragazzo le fu a fianco in breve, anch'egli con lo
sguardo puntato sul bosco "Va sempre nello stesso posto da un po' di
giorni a questa parte"
"E dove?" domandò Mei Mei, temendo però la
risposta che Alex le avrebbe dato.
"Al villaggio, ovviamente"
"Ma è proibito!"
"Non mi sembra che questi dettagli l'abbiano mai fermato" rise lui
amaramente.
"Come fai ad essere sicuro che vada proprio lì?"
"Me lo ha detto una volta che l'ho colto
in flagrante.
Non gli ho nemmeno dovuto porgere la domanda. Inoltre mi ha anche
invitato a spifferare tutto. Forse sperava che l'avrebbero cacciato dal
tempio una volta scoperto delle sue fughe notturne"
"Ma tu non l'hai fatto" constatò Mei Mei, piacevolmente
sorpresa.
"No, perchè, anche se non sembra, voglio veramente che
diventiamo una squadra, ma come te non so più che pesci
prendere
con lui"
Mei Mei gli abbozzò un sorriso, quindi tornò a
guardare
verso il bosco e il villaggio. Sentì Alex sospirare, darle
qualche leggera pacca sulla spalla e consigliarle di andare a dormire,
quindi allontanarsi e scendere silenziosamente dal tetto. Purtroppo i
suoi piani per quella sera erano altri. Doveva fare un ultimo
tentativo, lo sentiva come suo dovere personale. Inoltre era
intenzionata a scoprire il motivo delle uscite notturne di Jamal. Se
era vero ciò che avevano detto loro, era impossibile che il
ragazzo non fosse mai entrato in contatto con una delle due
organizzazioni, specialmente dopo ciò che Kazuya Mishima gli
aveva detto quel giorno di molti mesi prima nel bosco, quello stesso
bosco che ora si trovava davanti ai suoi occhi, buio e portatore di
cattivi presagi. Mei Mei respirò profondamente prima di
addentrarsi in quelle tenebre.
Arrivarono puntuali come sempre, con le stesse espressioni sul volto
della prima volta, quelle di chi è convinto di riuscire nel
proprio intento. Non era molto che Jamal li stava aspettando, nel buio
di quel vicolo, appoggiato ad un muretto in buona parte crollato,
traspirante umidità e maleodorante, il capo coperto dal suo
fedele cappuccio.
L'occhio rosso di Kazuya perforò l'oscurità e
andò
a puntarsi sul suo viso e il simbolo sulla mano iniziò a
formicolare. Lo sguardo penetrante dell'uomo lo mise leggermente in
soggezione, molto meno rispetto al loro primo incontro, quasi due
settimane prima. Jamal si era recato di nascosto al villaggio per
sfuggire ai serrati controlli del Tempio e alle assillanti attenzioni
del maestro Wang, il cui intento principale sembrava essere quello di
ammansirlo, come era successo ad Alex. Ma Jamal non aveva la minima
intenzione di diventare un cagnolino nelle mani del vecchio. Se l'era
ripromesso il giorno in cui l'esattore aveva proposto a suo padre di
venderglielo come guardia del corpo: nessuno l'avrebbe domato per
usarlo per i propri scopi. Era quello il motivo principale per cui si
trovava lì in quel momento.
Se giorni prima l'incontro con Kazuya e i suoi uomini era stato
inevitabile, quella notte era quindi più che voluto.
"Hai preso la tua decisione?" gli domandò con voce calma e
profonda.
"Sì" rispose lui altrettando serafico.
"Dunque, cosa vuoi fare?"
Jamal attese qualche momento prima di rispondere, ripercorrendo con la
mente tutti i motivi che l'avevano portato a quella scelta. Nonostante
non sopportasse l'apprensione del maestro Wang nei suoi confronti,
quell'uomo gli aveva dato molto non solo a livello di combattimento, ma
anche spiritualmente. La sua saggezza era tale che l'epiteto di maestro
gli era più che dovuto. Anche allenarsi con gli altri
ragazzi
gli era stato utile e anche da loro aveva imparato. Inoltre, era
difficile ammetterlo, durante i mesi trascorsi al tempio il suo spirito
si era acquietato e la sensazione di pace che ne era derivata non era
descrivibile.
"Non mi unirò a voi. Non lascerò il tempio"
Kazuya parve accettare la decisione del ragazzo e annuì col
capo.
"Posso sapere il motivo della tua scelta?" chiese poco dopo, sempre
calmo.
"Perchè non puoi darmi molto di più di quello che
ho già, al contrario degli altri"
"Gli altri ragazzi dici? Come possono arricchirti, quando è
palese che tra i tre sei il più forte?"
"Non sottovalutarli come ho fatto io, potresti pentirtene un giorno"
"Io invece penso che tu voglia scappare dalla tua vera natura, ma non
durerai a lungo"
Jamal gli rivolse uno sguardo accigliato che suscitò
ilarità in Kazuya.
"Non sei molto diverso da me, ragazzo" ghignò avanzando
nella
sua direzione "Soprattutto non mi sembri il tipo incline alle buone
azioni, come vogliono invece farti credere i tuoi amichetti del tempio.
Non è nella tua natura, diciamo. Prima o poi tornerai ad
essere
l'Assassino di un tempo, e tornerai da me"
Gli era arrivato a poco più di un metro di distanza e Jamal
ne
poteva distinguere perfettamente il viso deturpato da cicatrici.
Contrasse il volto nel tentativo di non reagire alla provocazione,
senza staccare gli occhi da Kazuya. Questi, però,
tornò
sui suoi passi e riprese a parlare.
"Se però sei così deciso, allora non
basterà nemmeno questo a farti cambiare idea, giusto?"
"Di cosa stai parlando?" gli domandò Jamal, sempre
più accigliato.
L'uomo schioccò le dita e, dopo poco, all'imbocco del vicolo
comparve uno dei suoi tirapiedi che si tirò dietro qualcuno
a
cui poi puntò un coltello alla gola. Nonostante tutto,
però, Mei Mei non sembrava per niente spaventata.
Jamal si scostò velocemente dal muro e fece saettare lo
sguardo dalla ragazza a Kazuya.
"L'hanno trovata che dava una sbirciatina alla nostra conversazione
privata" spiegò lui divertito "E' stato proprio un colpo di
fortuna! Nessuno meglio di lei poteva aiutarmi a convincerti"
"Mei Mei non c'entra niente, lasciala andare" sibilò Jamal.
"Avrà il collo salvo alle condizioni che conosci"
"Sei solo un vigliacco, Kazuya!"
"Può darsi, ma sta di fatto che non hai ancora deciso"
Jamal non seppe cosa ribattere a quelle parole. Tornò a
guardare
Mei Mei, come se, nella situazione in cui si trovava, potesse aiutarlo
in qualche modo. Lei ricambiò il suo sguardo con decisione
per
alcuni secondi, quindi le sue iridi si spostarono impercettibilmente in
alto versa la sua destra, per tornare altrettanto velocemente a fissare
il ragazzo. Aiutato dal cappuccio che gli oscurava gli occhi, Jamal
guardò senza muovere il capo nella direzione indicatagli da
Mei
Mei e un sorriso gli sorse spontaneo sulle labbra. Anche la ragazza
sorrise.
"Deduco che tu abbia fatto la tua scelta" lo incalzò Kazuya.
"Oh, sì" rispose Jamal e subito dopo uno degli uomini di
Kazuya
venne messo al tappeto. Mei Mei approfittò del momento di
distrazione per liberarsi dalla presa dell'altro scagnozzo e colpirlo
fino a fargli perdere i sensi. Kazuya si voltò per vedere
cosa
fosse successo, ma si trovò il pugnale di Jamal puntato alla
gola.
"Nel caso non l'avessi capito, resto con loro"
Kazuya sorrise "Non penserai di aver vinto, ragazzino?"
Mei Mei e Alex, ancora in guardia all'imbocco del vicolo per bloccare a
Kazuya la fuga, vennero subito dopo accerchiati da una decina di uomini
armati di fucile. Kazuya, invece, con un movimento rapidissimo
disarmò Jamal e lo scagliò contro il muro
assestandogli
un calcio in pancia.
"Vedo come ti sei arricchito!" lo derise avvicinandosi a pugni chiusi.
Jamal si rialzò subito e presa la posizione di guardia,
quindi
iniziarono gli scambi tra i due. Nel frattempo Alex e Mei Mei furono
impegnati a disarmare gli uomini attorno a loro, ma l'impegni
durò pochi minuti, dopo i quali tutti e dieci i soldati
furono a
terra privi di sensi. Poterono così andare a dare manforte a
Jamal, messo in seria difficoltà dall'esperienza e dalla
potenza
di Kazuya.
Dopo averlo mandato nuovamente a terra, l'uomo andò a
sovrastare
il ragazzo per dargli il colpo finale. Caricò il sinistro,
da
cui scaturirono alcune scariche elettriche, quindi vibrò il
colpo che però non andò a segno. Mei Mei glielo
aveva
parato con entrambe le mani e, ruotando su se stessa, gli
assestò un potente calcio in faccia. Kazuya entrò
nel
raggio d'azione di Alex, che lo colpì a sua volta con un
gancio
sinistro, mandandolo a terra.
L'uomo si risollevò subito e le scariche elettriche presero
ad
uscire da tutto il suo corpo, costringendo i tre ragazzi ad
allontanarsi. Con un balzò felino poi raggiunse il tetto di
un
edificio vicino e si diede alla fuga.
Senza pensarci due volte, i tre ragazzi si lanciarono al suo
inseguimento ma, una volta saliti sul tetto, di Kazuya non videro
traccia.
"Guardate!" esclamò poi Alex, indicando il cielo scuro.
Mei Mei e Jamal fecero come aveva detto e riuscirono a scorgere in
lontananza una figura alata che si allontanava dal villaggio.
"Quindi è quello l'effetto del Devil Gene"
constatò Jamal.
"E Kazuya ha solo il potere del suo" aggiunse Mei Mei "Immagina
qualcuno con quel potere raddoppiato...o triplicato"
"Già, siamo proprio in un bel casino" concluse Alex.
"Perchè mi avete seguito?" domandò poi Jamal a
bruciapelo, senza staccare gli occhi dal cielo.
"Io non ho seguito te, ma lei" precisò Alex "E direi che ho
fatto bene. Si è cacciata nei guai come al solito"
"Era tutto sotto controllo anche senza il tuo intervento"
"Non avresti più la testa sul collo senza il suo intervento"
intervenne Jamal, lasciandola a bocca aperta. Il ragazzo si
voltò verso di lei "Perchè io avrei
deciso ugualmente di restare nella squadra"
Mei Mei fece per ribattere, ma non le vennero le parole giuste.
L'espressione sul suo volto si fece da pensierosa a divertita.
"E' incredibile, non so se arrabbiarmi o esserne felice. Voglio dire,
sono felice che tu abbia scelto di restare, però arrabbiata
perchè avresti sacrificato il mio collo! Faccio parte anche
io
della squadra, non dovrei essere tenuta un po' più in
considerazione da te?"
"Ma se non gli arrivi nemmeno al mento!" la prese in giro Alex,
suscitando sorprendentemente una breve risata in Jamal.
"Non c'è niente da ridere!" si inbronciò lei, e
Jamal dovette ammettere che era davvero carina quando faceva
così, ma non si sarebbe mai abbassato a dirglielo.
"Sono perfettamente d'accordo"
La voce bassa ma perentoria di Wang congelò tutti e tre. Il
vecchio maestro era sul loro stesso tetto, le mani congiunte dietro la
schiena e un'espressione severa sul volto. Avanzò lentamente
verso di loro.
"Maestro, possiamo spiegare tutto. Noi..." iniziò Mei Mei,
ma
Wang la fermò con un gesto deciso della mano.
Scrutò i
visi di ognuno dei ragazzi, tutti in attesa di un suo rimprovero e di
una qualche punizione.
"Torniamo al tempio. Faremo i conti lì" decretò
alla
fine, prima di scivolare giù dal tetto con estrema eleganza.
Wang aveva riunito tutti, maestri e allievi, nella sala del
tè. I tre ragazzi erano inginocchiati di fronte ai loro
mentori, lo sguardo basso in attesa dell'inevitabile rimprovero, se non
di peggio.
"Chi di voi vuole spiegarmi cosa è successo?"
domandò il vecchio maestro, la cui espressione severa non
era minimanente cambiata durante il tragitto dal villaggio al tempio.
Dopo qualche secondo, Mei Mei decise di parlare a nome di tutti, ma
Jamal la anticipò.
"E' stata colpa mia, maestro" esordì senza preamboli.
L'attenzione di tutti fu su di lui, ma non sembrò
importargliene. Jamal continuò.
"Sapevo che Kazuya era al villaggio. Quando ci ha attaccati al nostro
arrivo al tempio mi ha detto delle cose che non ho potuto dimenticare e
volevo spiegazioni. Non è stato difficile trovarlo, forse si
può dire che lui abbia trovato me. Mi ha proposto di unirmi
a lui, diceva che eravano simili e che mi avrebbe aiutato a sfruttare
appieno le mie potenzialità"
La rivelazione non sembrò sconvolgere il maestro,
così proseguì col racconto.
"Questa sera avrei dovuto comunicargli la mia decisione definitiva.
Sono sceso al villaggio ma non pensavo che Mei Mei e Alex mi avessero
visto, nè tantomeno seguito. Quando ho detto a Kazuya che
volevo restare con la squadra, ha preso in ostaggio Mei Mei per
ricattarmi"
Lo sguardo di Wang si spostò sulla ragazza, che
iniziò a raccontare la sua versione dei fatti.
"Ho visto Jamal che si allontanava nel bosco dopo cena. L'ho seguito
perchè avevo un brutto presentimento e non volevo che
facesse qualche sciocchezza. Arrivata al villaggio ho visto che si era
appostato in un vicolo in attesa di qualcuno. Mi sono nascosta poco
lontano e poi è arrivato Kazuya. Ero concentrata ad
ascoltare la conversazione quando uno degli uomini della scorta mi ha
puntato un coltello alla gola intimandomi di non opporre resistenza
oppure Jamal sarebbe morto. Ho obbedito. Mentre poi Kazuya ordinava
all'uomo di uscire allo scoperto, ho scorto Alex sul tetto"
La parola passò al terzo compagno.
"Quando Mei Mei ha deciso di seguire Jamal, ho fatto altrettanto
temendo che potessero sorgere complicazioni, e ho fatto bene. Sono
riuscito a sconfiggere uno dei tirapiedi di Kazuya e a volgere la
situazione a nostro vantaggio. Dopodichè siamo stati
accerchiati da altri soldati e abbiamo iniziato a combattere contro di
loro e contro Kazuya..."
Wang alzò una mano per farlo tacere "Il resto l'ho visto con
i miei occhi, basta così"
I tre ragazzi si misero in attesa del verdetto del maestro Wang. Questi
li osservò per un po', quindi si voltò a prendere
qualcosa dietro di lui. Porse ai ragazzi tre cartelline con dentro dei
documenti, che presero nonostante non stessero capendo niente della
situazione. Quando però lessero l'intestazione dei
documenti, trattennero il respiro dalla sorpresa e tornarono a guardare
il maestro, il cui volto si era rilassato in un sorriso soddisfatto.
"Maestro, ma queste sono..."
"Proprio così, Mei Mei. Ora siete pronti, siete una squadra"
Tutti e tre i ragazzi sorrisero al più grande complimento
che Wang aveva fatto loro sin dal primo giorno.
"Mancano poche settimane al Torneo del Pugno d'Acciaio,
perciò compilate alla svelta i moduli d'iscrizione e
impegnatevi, nel tempo che vi rimane, a perfezionare le vostre tecniche
singole e di gruppo. Durante il Torneo non sarete insieme, dovrete
contare solo sulle vostre potenzialità senza l'aiuto
materiale degli altri compagni. Ma ricordatevi sempre una cosa: una
squadra, una vera squadra, è unita anche quando è
divisa"
Tutti e tre annuirono e iniziarono a compilare ciascuno il proprio
modulo. Si fermarono quasi contemporaneamente all'ultimo punto: Motivo
di partecipazione al Torneo.
Mei Mei ci riflettè su qualche secondo, rimuginando sulla
storia della famiglia Mishima e di Jin Kazama e sull'accorata richiesta
di quella ragazza il giorno del loro arrivo. Quindi scrisse:
Per
aiutare un amica
Alex invece
trovò subito la risposta:
Per
rendere il mio maestro fiero di me
Jamal
dovette pensare a lungo alla risposta. Non si era arruolato di sua
spontanea volontà, ci era stato costretto. Alla fine,
però, ne aveva solo tratto vantaggio. Rivolse uno sguardo a
Mei Mei, intenta a scrivere. Reimpugnò la penna e
compilò:
Per non deludere chi ha avuto
fiducia in me
Madò, non finiva
più questo capitolo, non l'avevo pianificato così
lungo!
Il torneo si avvicina, sarà la parte più
difficile da scrivere, spero di riuscirci, intanto godetevi il
pre-torneo :)
Grazie a Lotti e Angel Texas Ranger per i commenti, attendo un vostro
parere su questo :)
Grazie anche a tutti i lettori silenzioni :)
A presto!
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Capitolo 12 *** Verso il grande Torneo ***
Verso
il grande Torneo
Quei
fatidici venti giorni mancanti al Torneo passarono come se fossero
stati secondi, cadenzati dal solito ritmo di allenamenti che,
però, dopo che erano diventati una squadra, che si sentivano
una
squadra, non erano mai stati così produttivi e divertenti.
Erano
tutti e tre ulteriormente migliorati e come gruppo riuscivano a
collaborare alla perfezione. Jamal e Alex avevano persino smesso di
litigare, accontentandosi di punzecchiarsi a vicenda e trovando
divertente irritare a più non posso Mei Mei. Ma l'essere una
squadra stava anche in questo.
Mei Mei arrivò alla notte prima della partenza totalmente
esausta, ma elettrizzata e felice. Tutto stava andando secondo i piani,
restava solo da vincere il Torneo. Potevano farcela, se lo sentiva fin
nelle vene che era pienamente nelle loro potenzialità. Con
quella convinzione scivolò velocemente in un sonno profondo
che
subito venne animato da sogni di vario genere, mischiati ai ricordi di
quegli intensi mesi passati al tempio. Nella sua mente
combattè
di nuovo contro Alex e Jamal, si sottopose ancora una volta alle noiose
sedute di Tai Chi della nonna, passeggiò in mezzo alla
pioggia
di petali rosa del cortile del ciliegio, rivide l'occhio rosso e
malvagio di Kazuya. Proprio da esso iniziò il suo incubo.
L'occhio la scrutava intensamente e lentamente perdeva contatto col
proprio corpo per diventare un'entità a sè
stante,
talmente luminosa da oscurare tutto quanto attorno a loro. Da quel buio
comparve quindi un secondo occhio dello stesso colore e
intensità, intorno al quale si delineò poi
l'immensa
figura di una divinità egizia dal muso di lupo e il corpo
percorso da strani simboli. La bestia si eresse mostrandole tutta la
sua temibile possenza e Mei Mei non riuscì nè a
scappare
nè ad urlare talmente era paralizzata dal terrore. Nel suo
cuore
seppe che la creatura davanti a lei non era una divinità ma
un
demone, quel demone. Azazel tornò a guardarla con gli occhi
scarlatti e ruggì, costringendola ad accucciarsi nel vano
tentativo di proteggersi. Il ruggito divenne poi un urlo stridulo,
più umano ma ugualmente agghiacciante. Si azzardò
a
sollevare leggermente lo sguardo. Gli occhi che incontrò non
erano più rossi, ma innaturalmente neri con un'iride
bianchissima nel mezzo. Il volto animalesco di Azazel aveva lasciato il
posto a quello più umano di un ragazzo dai capelli neri,
dalla
cui fronte emergevano due grandi corna nere. La schiena, invece, era
adornata da grandi ali d'angelo dello stesso colore. Il ragazzo la
guardava con un ghigno vittorioso in volto e le mostrò il
motivo. Sollevò un braccio, la cui mano artigliata teneva il
corpo inerme di Kazuya per il collo. La presa su di esso si strinse, le
vene del braccio nudo del ragazzo iniziarono a pulsare come se qualcosa
stesse scorrendo nel loro lume, dritto verso il cuore. Il volto del
ragazzo si contrasse in una smorfia di fastidio, mentre il suo corpo
diventava sempre più nero e simile a quello di una bestia
per
forma e dimensioni. Al crescere della sua potenza, Mei Mei sentiva le
sue forze diminuire proporzionalmente, finchè, col respiro
affannoso e la vista annebbiata, non cadde a terra, impotente di fronte
all'abominio che si stava compiendo davanti ai suoi occhi. Il ragazzo,
se così poteva ancora essere definito l'essere in piedi di
fronte a lei, lasciò cadere il corpo di Kazuya e
tornò a
guardarla di sbieco, il volto deformato da un sorriso desideroso di
sangue. Mei Mei vide li artigli opachi della sua mano avvicinarsi
minacciosi a lei, completamente priva di forze.
Si svegliò nell'esatto momento in cui Jin Kazama le aveva
trafitto il cuore con la mano, totalmente coperta di sudore, col cuore
a mille e un bruciore insistente alla mano destra. L'adrenalina che le
scorreva in corpo continuava a farla tremare. Uscì dalla sua
stanza per prendere un po' d'aria, sperando così di riuscire
a
calmarsi. L'aria fresca della notte le asciugò in fretta il
sudore, ma non bastò a calmarla. Salì allora sul
tetto
del tempio, ma si bloccò ancora prima di muovere un
ulteriore
passo.
"Jamal?" domandò sorpresa alla figura in piedi vicina al
drago
di metallo. Questi si girò di scatto non appena si
sentì
chiamare e guardò accigliato la ragazza.
"Che ci fai tu qui?" le chiese.
"Potrei chiedere la stessa cosa a te" sorrise Mei Mei avanzando verso
di lui. Jamal la seguì con gli occhi finchè non
fu al suo
fianco, quindi tornò a guardare verso il bosco. Lei lo
imitò, appoggiandosi con le braccia e il viso alla testa del
drago. Rimasero in silenzio a scrutare la notte limpida, solleticati
dalla leggera brezza.
"La senti anche tu, non è vero?" domandò poi Mei
Mei d'improvviso, ricatalizzando l'attenzione di Jamal.
"Cosa?"
"Questa pace. Sei qui per questo, scommetto. Come me. In fondo non
siamo molto diversi"
Si voltò a guardare il ragazzo a fianco a lei, che subito
distolse lo sguardo, quasi fosse in imbarazzo. Non si era mai sentito a
disagio con nessuno, perchè quella ragazzina gli faceva
quell'effetto?
"Vedo che non hai perso il vizio di non rispondere alle domande"
constatò lei a commento del suo silenzio.
"No, cioè sì...voglio dire..." Jamal prese in
respiro
profondo e riordinò le idee, nonostante la vista di Mei Mei
in
pigiama non lo aiutasse "Stavo pensando" disse infine, una volta
recuperata la calma "Pensavo a domani, al Torneo"
"Non sei l'unico" ribattè Mei Mei. A Jamal non
sfuggì la
nota malinconica nelle sue parole e tornò a guardarla.
Effettivamente non aveva una bella cera.
"C'è qualche problema?" le chiese impacciato, facendo un
impercettibile movimento verso di lei.
"Ho avuto un incubo, sembrava quasi un presagio. Mi sono svegliata
talmente scossa che non sono più riuscita a prendere sonno"
Al ricordo del sogno, un brivido gelido percorse la schiena di Mei Mei,
che si strinse istintivamente nelle braccia. Jamal lo
interpretò
come un segno del fatto che avesse freddo e si tolse la felpa per
mettergliela sulle spalle. Per la prima volta dopo tanto tempo,
rinunciava al suo fedele cappuccio. Mei Mei sorrise quando gli vide il
volto finalmente scoperto e lo costrinse a dirottare la sua attenzione
sulle tegole del tetto.
"Quindi cosa...cos'hai sognato di preciso?"
"Azazel e Jin Kazama...e quello che potrebbe succedere se falliamo"
"Non falliremo, te lo prometto" cercò di rassicurarla Jamal,
di
nuovo vicinissimo a lei, occhi negli occhi. Notò che quelli
di
lei erano leggermente velati di lacrime.
"Ho paura, Jamal" confessò in un singhiozzò Mei
Mei,
stringendosi al petto del ragazzo, che ebbe un attimo di smarrimento
prima di cingerla con le braccia per consolarla.
"Perchè paura? Te la caverai benissimo!" la
incoraggiò.
"Ma sarò senza di voi" si allontanò leggermente
dal petto
di Jamal per guardarlo negli occhi. Gli parve che avesse le guance
leggermente arrossate "Senza di te"
Jamal ci mise qualche secondo a realizzare ciò che Mei Mei
gli
aveva appena confessato, secondi che a lei bastarono invece per farsi
sempre più vicina a lui. Voglioso di assecondarla, anche lui
si
fece più vicino, ma dovette fermarsi quando la mano di Mei
Mei
gli toccò leggera il collo, come a chiedergli di fermarsi.
"Non...non ho mai baciato un ragazzo" confessò in un
sussurro,
imbarazzata, riuscendo a strappare a Jamal un sorriso intenerito. Le
carezzò una guancia per rassicurarla e col pollice
lavò
via gli ultimi residui di lacrime, prima di poggiare delicatamente le
sue labbra sottili su quelle di Mei Mei. La sentì
irrigidirsi a
quel tocco e aggrapparsi alle sue spalle quasi avesse paura di cadere.
Subito dopo Mei Mei si staccò da lui e fece per andarsene,
ma
Jamal la trattenne.
"Che c'è?" le domandò, preoccupato di aver fatto
qualche passo falso.
"Scusami, sono stata un disastro, io...oh che vergogna!" di nuovo
provò ad andarsene, ma Jamal glielo impedì e la
sorprese
rivolgendole un caldo sorriso. Le fu vicinissimo ancora una volta.
"Non pensare" le consigliò, prima di baciarla nuovamente
senza darle il tempo di riflettere sulle sue parole.
Fu un bacio leggermente più irruento del precedente, ma
tanto
bastò a sgombrare la mente di Mei Mei, che potè
così mettere in pratica il consiglio del ragazzo.
Completamente
in balia di quelle nuove sensazioni, diede piena fiducia a Jamal
permettendogli di guidare il bacio. Quando il ragazzo lo
approfondì un po' di più, Mei Mei dovette
cingergli il
collo con entrambe le braccia per evitare di cadere quando le cedettero
le gambe. Jamal la tenne in piedi senza fatica, ma si lasciò
scappare una risata che lo costrinse a interrompere il contatto. Anche
Mei Mei sorrise, imbarazzata e con lo sguardo basso che Jamal
risollevò prendendole il mento tra le dita.
"Ho esagerato?"
Mei Mei negò con la testa.
"Sai, è strano anche per me"
"Cosa?"
"Questo. Essere qui con te, quello che provo...è la prima
volta che mi succede"
"Non ti è mai piaciuta una ragazza?" domandò Mei
Mei incredula.
"No, non è per questo. Però a nessuna ragazza
è
mai importato così tanto di me come a te. Tu mi hai salvato,
Mei
Mei. Mi hai salvato da me stesso, dal mostro che stavo diventando. Con
te vicina ho sentito per la prima volta di poter fare qualcosa di
buono, di essere qualcosa di buono e non solo una macchina per
uccidere. Grazie"
"Non c'è di che" rispose semplicemente lei, un po' in
soggezione
dopo la lunga confessione del ragazzo. Jamal le sorrise e la
baciò di nuovo delicatamente.
"E' meglio che nessuno venga a sapere di tutto questo" disse ancora
sulle labbra della ragazza "Potrebbero usarci l'uno contro l'altra e
non voglio che succeda come quella notte al villaggio"
"La notte in cui avresti messo a repentaglio la mia vita pur di restare
nella squadra?"
"Non l'avrei mai fatto, piuttosto di vederti morire mi sarei venduto al
diavolo in persona"
Mei Mei sorrise "Lo sapevo"
"Allora sei d'accordo?"
"Sì, penso tu abbia ragione"
"Bene, ora ti porto a letto" concluse poi, prendendola in braccio.
"Magari solo fino al ciliegio, che ne dici? Rischiamo che nonna ci
scopra se entriamo così
nel tempio"
"Fino al ciliegio" acconsentì Jamal, quindi balzò
agilmente giù dal tetto.
Le grida e i colpi sempre più forti contro i muri di pietra
lo
risvegliarono dal torpore in cui era caduto approfittando di un momento
di silenzio all'interno della prigione. Più passavano i
giorni,
più però quei momenti diventavano più
brevi, e le
successive grida più forti e disumane. Ed era tutta colpa
sua,
che si era andato a fidare della persona sbagliata. Ma quando sei un
figlio illegittimo non puoi trovare aiuto che nei tuoi simili. Per
questo motivo Lars aveva riposto piena fiducia in Lee ai tempi del
Sesto Torneo. Tutto ciò che ne aveva ricavato,
però, era
quell'eterna prigionia che durava da non sapeva più quanti
mesi
e, supplizio ancora peggiore, quelle urla strazianti provenienti dalla
cella vicina.
Jin Kazama era stato recuperato dall'organizzazione segreta per cui
lavorava Raven pochi giorni dopo la fine del Torneo. Dopo lo scontro
tra il ragazzo e Azazel al tempio egizio, Lars si era convinto che Jin
fosse morto. Sarebbe stato meglio se fosse andata così, per
tutti ma soprattutto per lui, ormai schiavo di quella lotta dentro di
sè per mantenere quel poco di umanità che gli era
rimasta
e che veniva allo scoperto solo dopo le crisi più violente,
quando gli veniva somministrato l'inibitore del gene Devil. Invece Jin
era sopravvissuto, era stato recuperato, curato e mantenuto in coma
farmacologico per essere sottoposto
a studi genetici a basso rischio. Lee Chaolan l'aveva rapito dai
laboratori
dell'organizzazione con maestria, sorprendendo lo stesso Raven, quindi
aveva portato Lars alla Mishima Zaibatsu con l'inganno per chiedergli
di essere suo alleato nella conquista del potere. Gli aveva detto che
era l'occasione giusta per entrambi per riscattarsi. Al netto rifiuto
dello svedese era scattato
l'arresto e da quel giorno Lars non aveva più visto la luce
del
giorno. Uscire da quella cella era impossibile, l'entrata era solo una
e quando veniva aperta, lasciava entrare l'unica persona a cui Lars mai
avrebbe fatto del male. Un'altra dimostrazione di come Lee avesse
architettato tutto nei minimi dettagli.
Nonostante Alisa non fosse più la stessa, mai si sarebbe
sognato
di farle ancora del male. Era già stato doloroso doverla
sconfiggere ai tempi del Torneo e non voleva più che
accadesse.
Forse il supplizio più grande era quello: vedere la sua
Alisa
trasformata in una macchina priva di personalità e di
calore,
distaccata come una divinità, vuota come un manichino e
totalmente indifferente alla sua vista e alle sue parole. Era stata
messa a guardia della cella e i suoi compiti erano pochi e precisi:
sfamare e prendersi cura dei prigionieri ed evitare che scappino. Se
Jin non ne aveva le forze fisiche, a Lars mancavano le motivazioni per
fuggire. A chi si sarebbe rivolto una volta fuori? In un mondo dove
tutti erano nemici, quante possibilità aveva di incontrare
un
vero amico, di cui fidarsi ciecamente? L'unica persona nelle cui mani
si sarebbe messo senza indugi non sembrava minimamente calcolarlo.
Un altro urlo, un altro colpo, le pareti tremarono e alcuni pezzi di
muro si staccarono dalle pareti. Jin stava raggiungendo nuovamente il
limite, gli ci era voluto molto meno tempo delle altre volte. Non era
un buon segno. Se anche lui avesse ceduto, le speranze di riportare la
normalità sul pianeta si sarebbero ridotte praticamente a
zero.
Jin doveva
resistere.
La porta si aprì e Alisa avanzò verso di lui con
un
vassoio in mano, inespressiva e fredda come sempre. Poggiò
il
pasto a mezzo metro da Lars e si congedò con un leggero
inchino,
ma Lars la bloccò per un polso prima che fosse troppo tardi
e la
trascinò a terra all'altezza del suo viso.
"Alisa, guardami, per favore" la pregò indirizzando lo
sguardo
del cyborg verso di lui con una mano sulla guancia. Nessuna reazione.
"Devo andare dal signor Kazama" disse lei con voce monocorde, come un
automa.
"Non sai più chi sono?" le chiese disperato.
"Lars Alexandersson, prigioniero LS02HM3..."
Prima che potesse finire Lars la zittì premendo le labbra
contro
quelle gelide di Alisa. Fu come scontrarsi contro un iceberg, duro,
freddo e inesorabile. Alisa non si mosse, ma attese paziente con lo
sguardo perso nel vuoto. Dopo attimi che per lui furono ore, Lars
lasciò la presa sul volto di Alisa e si staccò da
lei,
guardandola ancora una volta negli occhi, nella speranza di vedere
quella luce che li aveva resi luminosi per tutto il tempo in cui
avevano viaggiato assieme. Ma le sue iridi erano rimaste del verde
opaco di sempre.
Lars le liberò il polso e si risedette sul pavimento duro
della
cella, coprendosi con la mano il volto rigato dalle lacrime. Alisa
rimase a guararlo per qualche istante, il cervello elettronico in piena
attività cercava di decifrare ciò che le era
appena
successo, ma il sistema le disse che l'operazione avrebbe richiesto
qualche ora e riattivò i software di default. Alisa si
rimise in
piedi e uscì dalla cella chiudendosi la pesante porta di
metallo
alle spalle. Sicura di essere sola nel corridoio illuminato dai neon,
si portò una mano alle labbra, ancora umide dopo il tocco
del prigioniero.
"Bene, ragazzi! Direi che quello è il nostro treno"
annunciò in pompa magna Lei dalla cima dell'albero su cui si
era appostato in attesa del passaggio del mezzo.
"Non era più semplice andare in stazione come la gente
normale?" obiettò Mei Mei, a cui l'idea di prendere il treno
letteralmente al volo non andava molto a genio.
"E quando mai siamo stati normali, noi?" le rispose Alex "Inoltre
è un buon test per provare quanto siamo migliorati
dall'ultima volta"
"Anche perchè nessuno tirerà il freno d'emergenza
questa volta" aggiunse Jamal.
"E dai, Mei Mei! Sarà divertente" la spronò
infine il pellerossa, per poi iniziare ad avanzare nel prato che
divideva il bosco dai binari. Anche Jamal fece altrettanto, dopo aver
stretto la spalla della ragazza e averla incoraggiata con un sorriso a
cui lei non potè non rispondere. Purtroppo era il massimo
che potevano fare in pubblico, per evitare di destare sospetti. Mei Mei
sospirò e li seguì. Arrivata a metà
strada sentì il treno fischiare in lontananza e
iniziò a correre, la sacca con le poche cose che si era
portata dietro ballava sulla sua schiena, ma il fastidio era minimo. In
breve raggiunse il resto del gruppo e insieme arrivarono sul ciglio dei
binari in concomitanza col treno. Balzarono quindi agilmente sul tetto
di una carrozza.
"Ci siamo tutti?" domandò Lei gridando per farsi sentire
sopra lo sferragliare delle carrozze sui vecchi binari. I tre ragazzi
annuirono.
"Ottimo! Adesso entriamo, non mi sono fatto mandare biglietti di prima
classe per viaggiare scomodo"
L'agente prese a scandagliare il lato sinistro della carrozza in cerca
di un finestrino aperto da cui poter entrare. Non appena ne
trovò uno chiamò i tre ragazzi con un cenno della
mano, quindi si gettò di testa oltre il bordo della
carrozza, aggrappandosi con le mani al finestrino aperto.
"Santi numi!" esclamò l'anziana signora appena la schiena di
Lei comparve fuori dal finestrino. Questi si voltò e, appeso
solo per una mano, mostrò alla donna il distintivo.
"Non si preoccupi, signora, polizia. Non è niente di grave,
solo..."
Si riaggrappò con entrambe le mani e, richiamate le gambe al
petto, entrò nella carrozza cercando di evitare di
calpestare i passeggeri.
"Grazie per la collaborazione signori. Entreranno altri tre ragazzi da
lì, perciò non spaventatevi e dite loro che sono
andato a cercare il controllore"
"D'a-d'accordo" balbettò la donna, unica passeggera del
vagone.
Lei annuì e si diresse verso l'uscita. Una volta sparito la
signora raccolse borsa e cagnolino per andarsene in un altro vagone in
gran fretta.
Mei Mei, Alex e Jamal entrarono uno dopo l'altro nella carrozza ormai
deserta e si guardarono intorno smarriti.
"Ho sentito solo io Lei che parlava con qualcuno?" chiese la ragazza.
"A parte questo, adesso dov'è?" domandò in
aggiunta Jamal.
"Ha detto che aveva biglietti di prima classe" constatò Alex
"Perciò propongo di andare in prima classe"
"Sempre che questo treno ce l'abbia" commentò scettica Mei
Mei.
Chapter un po' più
corto degli ultimi e ricco di sbaciucchiamenti teneri e tristi.
Dopo essermi fatta una scorpacciata di video su Youtube mi sono
appassionata al pairing LarsxAlisa e ho deciso di metterlo nella
fanfic, spero che vi piaccia come idea :)
La storia di come Jin sia stato trovato e recuperato forse non
è molto originale, ma era l'unica che mi era venuta in mente
e che fosse abbastanza utile alla trama...
Grazie a Lotti e Angel Texas Ranger per i fedeli commenti e a tutti i
lettori!
A presto!
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Capitolo 13 *** L'isola ***
L'isola
Uno
ad uno, i partecipanti al Torneo sfilarono davanti all'occhio della
piccola telecamera man mano che scendevano dalle barche a motore con
cui, dalla terra ferma, erano stati portati in quell'isola artificiale,
costruita appositamente per la grande manifestazione. Un sorriso
soddisfatto si inarcava sul volto di Lee ogni qual volta qualcuno di
conosciuto scendeva a terra. Sembrava che tutti gli invitati avessero
accettato. Ma non era di loro che gli interessava. Qualcuno di
più importante era atteso sull'isola, tre nuove reclute che
nemmeno immaginavano di quali piani fossero diventate le pedine.
Tutto era stato organizzato nei minimi dettagli, sei mesi di duro
lavoro per preparare tutto e solo pochi giorni mancanti alla riuscita
dell'impresa. I battiti del cuore di Lee accelerarono a quel pensiero e
l'uomo inspirò a fondo pregustando il suo momento di gloria.
Una voce elettronica annunciò il nuovo arrivo.
Partecipante n° 20: Kazuya Mishima. Approdato al molo 9.
"Ci
siete
proprio tutti" commentò Lee massaggiandosi il mento con due
dita. In breve il suo fratellastro venne inquadrato dalla telecamera,
preannunciato da un tremolio nell'immagine. Il suo io demoniaco doveva
essersi potenziato notevolmente se riusciva addirittura ad infierire
con i circuiti elettrici.
Ma non è
niente in confronto al mio giocattolino
pensò Lee, il cui sguardo saettò veloce verso lo
schermo
del suo computer, su cui campeggiava inquietante la figura alata e
cornuta di Jin. Un ringhio basso arrivò dalle casse
incorporate
del monitor.
"Pazienta, mio caro. Presto sarà il tuo turno"
Di nuovo la voce elettronica parlò. Altri nuovi arrivati.
Finalmente. Gli sguardi dei tre ragazzi scandagliarono il luogo su cui
erano sbarcati.
"Molto presto"
Avevano capito che non era un'isola come le altre non appena apparve
all'orizzonte, quasi un'ora dopo la loro partenza dal porto. Non aveva
le classiche forme di un atollo tropicale e il mare intorno era
praticamente privo di vita. Quando ne costeggiarono una parte per
raggiungere il molo d'approdo, davanti ai loro occhi comparvero
ambienti e vegetazioni diverse, sconnessi gli uni dagli altri,
costruiti su ampi lotti di terra che sembravano connessi ad uno
centrale, su cui spiccava un alto grattacielo.
"Hanno fatto le cose in grande" fu il commento di Alex, per nulla
farcito di sarcasmo.
Nessuno dei suoi due compagni rispose, concentrati su ciò
che li avrebbe aspettati nelle ore successive.
I simboli sulle loro mani, abilmente nascosti alla vista da guanti o
fasciature, avevano iniziato a pulsare violentemente a metà
del
viaggio, e quando ciascuno di loro mise il primo piede a terra, fu
percorso da una potente scossa elettrica. Si scambiarono uno sguardo
teso e iniziarono ad osservare l'ambiete intorno a loro. Alla fine del
molo un grosso cartello metallico portava la scritta "0.1: Porto".
"Secondo voi che vuol dire?" domandò Mei Mei dopo che lo
ebbero sorpassato.
"Non ne ho idea" le rispose Jamal, altrettanto inquieto "Qui
è tutto molto strano"
"A partire da noi" aggiunse Alex, il pugno destro stretto nel tentativo
di placare le scosse che il simbolo inviava.
Un uomo in nero e con gli occhiali da sole venne loro incontro e li
salutò giovialmente.
"Benvenuti ragazzi! Siete i nuovi iscritti immagino" esordì,
ma
non lasciò loro il tempo di ribattere e consegnò
ad
ognuno uno spesso fascicolo "Qui troverete il regolamento del Torneo,
che vi verrà ricordato prima dell'inizio, e una mappa
dell'isola
con la spiegazione della struttura, oltre ai documenti per il check-in
all'hotel in cui alloggerete in attesa dell'inizio. In fondo ci sono i
numeri utili in caso di emergenza, ma potrete usufruirne solo prima
della competizione. Buona permanenza!"
I tre ragazzi lo guardarono passare loro oltre per andare ad accogliere
gli altri partecipanti, quindi Mei Mei aprì la sua cartina e
iniziò a studiarla insieme agli altri.
"Allora, noi siamo qui" indicò un punto sulla mappa
contrassegnato dal numero 0.1 "Mentre l'hotel è qui"
andò
a toccare un altro punto, stavolta denominato 0.2.
"Le zone 0 sono quelle dove non si terranno scontri" aggiunse Jamal,
che stava leggendo invece la guida "Mentre quelle numerate diversamente
saranno le arene di combattimento. Ognuna è caratterizzata
da un
ambiente diverso e sono tutte tra loro interconnesse da ponti"
"Suppongo che l'obiettivo finale del Torneo sia arrivare al grattacielo
centrale, no?" domandò Alex, indicando l'alta costruzione
che si
elevava imperiora su tutta la struttura.
"Sì, esatto" rispose l'amico "Ma puoi arrivarci seguendo la
via
che preferisci, con la sola clausola che devi avanzare di numero di
zona. Non si può tornare indietro a meno che non si venga
sconfitti in un combattimento"
"Non c'è via d'uscita quindi" concluse Mei Mei amaramente
"Ma
d'altronde non è previsto che ci tiriamo indietro, giusto?"
Gli altri due ragazzi annuirono seri e Jamal aggiunse "Dobbiamo
arrivare al grattacielo tutti e tre senza mai scontrarci prima,
altrimenti sarà stato tutto inutile"
"Sì, hai ragione" concordò Alex.
"Nel frattempo propongo di andare a sistemarci in hotel. Stare qua a
ragionare per il momento non serve a molto"
Alex e Jamal furono d'accordo con lei e insieme presero la strada verso
l'albergo. La struttura che si presentò loro davanti era
simile
a quella di un resort a cinque stelle, formato da quattro complessi di
cui due contenevano solo stanze, uno era riservato a bar e ristoranti
mentre l'ultimo, su due piani, era composto da una palestra
perfettamente attrezzata e da casinò.
La stanza affidata a Mei Mei non era nello stesso edificio di quella
dei ragazzi, che ne avrebbero divisa una in due, perciò si
diedero appuntamento davanti al casinò non appena si fossero
sistemati tutti. Le stanze, molto più simili a suite, erano
tutte per due persone e quando Mei Mei trovò la sua vide che
la
sua compagna di stanza era già arrivata e aveva
già
sistemato le sue cose, ma non riuscì a capire chi fosse.
Certo,
a giudicare dai vestiti sparsi sul letto, doveva essere un tipo davvero
bizzarro.
In breve fu nuovamente fuori, nel grande cortile racchiuso dai quattro
palazzi. Si diresse rapida al casinò e attese l'arrivo dei
due
ragazzi seduta su una panchina vicino all'ingresso. Per passare il
tempo iniziò a studiare i dintorni. Il cortile era
abbastanza
affollato, segno che quasi tutti i partecipanti al Torneo erano
arrivati. Ce n'era per tutti i gusti, vecchi, giovani, alti, bassi,
uomini, donne...chissà quali motivazioni li avevano spinti a
partecipare. Molti dei combattenti erano poco più grandi di
lei,
ma da come si parlavano spontaneamente capì che non era la
prima
volta che partecipavano. Distolse subito lo sguardo da uno dei
gruppetti che si erano formati quando un ragazzo orientale dalla
bizzarra capigliatura rossa diede di gomito al suo amico dai tratti
anglosassosi e gli fece poi un cenno verso di lei.
Ma dove sono finiti?!?
si domandò in ansia mentre il rosso le si avvicinava
baldanzoso, seguito con lo sguardo dall'amico.
"Ciao! Sei nuova?" le chiese spavaldo dopo che si fu fermato davanti a
lei. Mei Mei si limitò a sorridere e annuire.
"Da dove vieni?" continuò lui.
"Italia"
"Beh, non sembri affatto italiana"
"E tu con quei capelli sei poco credibile come orientale in generale"
ribattè stizzita.
"Credimi, me ne hanno dette di peggiori"
"Non stento a crederlo"
"Mi sembra di capire che non sono il benvenuto"
"Come siamo intelligenti!"
"Se mi dici come ti chiami me ne vado"
"Il suo nome è Schioda-da-qui-o-non-arrivi-a-domani" rispose
per lei una voce femminile poco distante.
Dall'espressione scocciata che apparve sulla faccia del ragazzo, doveva
conoscerne la proprietaria.
"Madame Rochefort! Sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato" la
accolse con arroganza.
Una ragazza biondissima e griffata da capo a piedi gli si
affiancò e puntò il suo sguardo azzurrissimo su
di lui.
"E tu sempre a infastidire la gente col tuo sarcasmo da quattro soldi,
signor Virilità Nascente" ribattè a tono facendo
il segno
delle virgolette con le dita.
"Non è colpa mia se sei l'unica che non capisce le mie
battute, cervello di gallina"
"O forse ti rode che questo cervello
di gallina sia l'unica ragazza che non ti sei ancora
portato a letto?"
"Piuttosto la clausura" concluse visibilmente irritato il ragazzo, per
poi allontanarsi a passo spedito.
Mei Mei si concesse un sospiro di sollievo e ringraziò la
ragazza che l'aveva aiutata.
"Figurati, è stato un piacere. Ha fatto così con
me il
primo anno che ho partecipato e so quanto possa risultare irritante"
Allungò una mano dalle unghie perfettamente curate.
"Sono Emily Rochefort, ma tutti mi chiamano Lili. Specializzata in
lotta di strada"
"A guardarti non si direbbe" rispose prima di prenderle la mano e
presentarsi a sua volta "Io sono Mei Mei"
"Però devo dargli ragione, non sembri affatto italiana"
"Sono un incrocio un po' strano, mamma cinese e papà
italo-brasiliano"
"Wow, interessante. Arte marziale?"
"Cinesi, soprattutto Tai Chi"
"Ma non serve solo a rilassarsi o cose del genere?"
"E' una credenza comune, ma se insegnato in un certo modo è
una buona arte marziale"
"Beh, vedremo domani se è effettivamente così.
Anche se,
per quanto mi riguarda, potresti già provarle su
Virilità
Nascente"
"Perchè lo chiami così?" domandò
incuriosita Mei Mei.
"E' il suo nome. In coreano Hwoarang"
"Coreano? Con quei capelli?"
"Già, non ci si crede" rise lei con un tono cristallino che
metteva allegria "Probabilmente è colpa dello stress che gli
ha
fatto sbagliare tinta"
"Sinceramente mi sembrava tutto fuorchè stressato"
constatò Mei Mei.
"Oh, certo! Lui è un duro, non può mostrare le
sue
debolezze" lo canzonò Lili "Ma io lo so cosa gli passa in
testa.
E' l'unico motivo per cui si iscrive al Torneo dalla terza edizione.
Jin Kazama, la sua ossessione"
"Non solo la sua" commentò Mei Mei troppo a voce alta
perchè Lili potesse non sentirla.
"Come, scusa?" domandò, infatti, incuriosita.
"No, niente". Non le sembrò opportuno raccontare ad una
perfetta
sconosciuta come Lili dei suoi sogni ricorrenti riguardo Jin Kazama,
che continuavano a tormentarla dalla notte precedente la loro partenza
dal Tempio.
"Toh, parli di ossessionati del bel Kazama! Eccone là
un'altra"
Lili la risvegliò dai suoi pensieri e Mei Mei vide che stava
indicando qualcuno col lungo indice dall'unghia perfettamente smaltata.
La ragazza seguì l'indicazione e riuscì a vedere,
seppur
per poco, la cinese che l'aveva aiutata nel bosco.
"La conosci?" domandò a Lili troppo emozionata per
nascondere il suo interesse verso di lei.
"Si chiama Ling Xiaoyu, è mia compagna di scuola da quando
mi
sono trasferita in Giappone. Una tipa strana, sempre coi panda.
Perchè ti interessa di le...Mei Mei?"
Ma Mei Mei era già partita all'inseguimento di Xiaoyu,
dimentica dell'appuntamento con i suoi compagni di squadra.
"Ovviamente è in ritardo" fece notare Alex a Jamal non
appena arrivarono davanti al casinò.
"D'altronde è una donna" commentò asettico
l'altro
ragazzo, nascondendo perfettamente la leggera preoccupazione che quel
ritardo aveva suscitato in lui. Mei Mei non era mai stata in ritardo al
Tempio e non vedeva apparenti motivi per cui dovesse iniziare ad
esserlo proprio in quel momento.
"Beh, non ci resta che aspettare" concluse rassegnato Alex, lasciandosi
cadere pesantemente sulla panchina lì vicino. Jamal
lanciò un'occhiata in giro per il grande cortile prima di
sedersi e notò che qualcuno lo stava fissando intensamente.
Sbattè le palpebre per mettere meglio a fuoco la sua
immagine,
ma in quel brevissimo istante la figura scomparve. Gli occhi di Jamal
saettarono tutt'attorno per ritrovare quell'uomo, ma fu tutto inutile.
Nessuno gli ricordava la visione fugace che aveva avuto di lui,
possente e in nero, inespressivo come una statua.
"Ehi, amico, hai visto qualcosa di interessante?" lo ridestò
Alex.
"Sì...cioè no...non lo so" balbettò
Jamal, lasciando perdere le sue ricerche per sedersi vicino all'amico.
"Tutto a posto?" gli domandò allora Alex, preoccupato.
"Mi è sembrato di vedere un uomo che mi stava fissando, ma
è stato un attimo e poi è sparito"
"Abbastanza strana come cosa"
"Sì, abbastanza" assentì Jamal, che
tornò a
guardare il giardino davanti a loro. Alex lo imitò e
notò
che in molti erano interessati a loro, ai nuovi,
e non mancavano di fare commentini sottovoce sempre guardandoli di
sbieco. Qualcun altro, invece, non li stava degnando neanche di uno
sguardo, intento a dare fastidio a quella che sembrava una ragazza
parecchio irritata ma in gran parte nascosta dalla notevole massa
dell'uomo, la cui altezza, però, non gli permise di celarne
il
volto quando lei si alzò dalla panchina su cui era seduta
per
andarsene.
"Julia!" esclamò incredulo Alex, per poi alzarsi e andare
nella
direzione della ragazza sotto lo sguardo perplesso di Jamal.
Dovette ammettere a se stesso che rivederla dopo tanto tempo gli fece
un immenso piacere, nonchè un effetto strano alla bocca
dello
stomaco, subito sostituito da una crescente rabbia quando vide l'uomo
che la stava importunando afferrare Julia per un polso e impedirle di
allontanarsi.
"Ganryu, lasciami andare o sarà peggio per te" lo
intimò Julia, cercando di divincolarsi dalla presa dell'uomo.
"Ma Julia, tesoro, voglio solo parlarti due minuti, per favore"
sembrò implorarla lui, con una luce maligna in fondo ai
piccoli
occhietti neri che non piacque per nulla ad Alex, sempre più
vicino ai suoi obiettivi.
"Io non ho niente da dirti, specie dopo quello che hai fatto a me in
tutti questi anni e prima a mia madre"
"Avanti, piccola, non farti pregare..."
"Hai sentito o no cos'ha detto, palla di lardo? Non vuole avere niente
a che fare con te!" intervenne Alex furibondo, staccando in malo modo
la mano di Ganryu dal polso di Julia.
"E tu che diavolo vuoi, ragazzino?" gli domandò arrogante
lui, facendoglisi pericolosamente vicino.
"Alex..." sussurrò nervosa Julia, ma il ragazzo era
concentrato totalmente su Ganryu.
"Sono suo fratello e questo ti basti"
"Alex, calmati" gli intimò Jamal, che lo aveva raggiunto non
appena aveva visto la situazione farsi calda.
"Michelle Chang non ha avuto figli, ha solo adottato Julia. Stai
contando una balla" lo accusò il lottatore ormai a pochi
centimetri dal petto di Alex, guardandolo da sotto in su.
"Un pellerossa non dice mai il falso" rispose Julia al posto di suo
fratello "Sono sua sorella, adesso ci credi?"
Ganryu guardò tutti e tre i ragazzi davanti a lui per
qualche secondo, con un fare indagatore che a Jamal diede i nervi.
"Amico, sloggia, ti conviene" gli disse perferandolo con lo sguardo da
sotto il cappuccio.
L'uomo grugnì qualche parola incomprensibile, quindi si
allontanò guardingo. I tre ragazzi poterono allora
rilassarsi e
tirare un sospito di sollievo.
"Grazie, Alex" disse Julia sorridendo al fratellastro, che le rivolse
uno sguardo non altrettanto cordiale, anzi piuttosto teso e corrucciato.
"Stai un po' più attenta alle persone a cui dai confidenza.
Non
ci sarò sempre io a tirarti fuori dai casini" rispose
infatti
Alex con tono duro, per poi andarsene prima che Julia avesse il tempo
di ribattere. La ragazza lo guardò allontanarsi, quindi si
voltò verso Jamal, rimasto lì vicino, che si
scusò
con lo sguardo al posto dell'amico e gli corse poi dietro.
Julia portò il volto afflitto a terra. Quando l'aveva visto
fiondarsi in suo soccorso, aveva sperato per un attimo che Alex fosse
cambiato, che fosse più ben disposto nei suoi confronti. Ma,
come sempre, non appena si era dimostrata gentile nei suoi confronti
aveva alzato la sua barriera di freddezza, cancellando ogni
possibilità di approdare ad un rapporto fraterno come
sarebbe
dovuto essere il loro. Anche se non era del tutto convinta di potersi
accontentare di averlo come fratello.
Una volta precipitatosi all'inseguimento di Alex, Jamal non aveva avuto
possibilità di raggiungerlo, perchè la figura
nera che
aveva visto poco prima gli si era parata davanti bloccandogli il
passaggio. Ora che l'aveva a pochi centimetri dai suoi occhi, il
ragazzo potè notare quanto particolare fosse il volto di
quell'uomo, solcato al centro da una cicatrice a X, gli occhi coperti
da un paio di occhiali da sole e sormontato da corti capelli biondo
platino. Non tentò neanche di passare oltre, l'uomo l'aveva
inchiodato sul posto con solo sguardo.
"Tu sei l'Assassino, giusto?" gli domandò con voce profonda
e monocorde.
"Sì, sono io" rispose Jamal titubante e per nulla in grado
di mentire all'uomo davanti a lui.
Questi piegò le labbra carnose di lato in uno sghembo
sorriso e
lasciò cadere le braccia, prima incrociate sul petto, lungo
i
fianchi.
"Non dimenticarti del mio viso, perchè ti starò
col fiato sul collo per tutto il Torneo, e forse anche dopo"
"Sembra quasi una minaccia" ribattè Jamal facendosi
guardingo.
"Interpretala come vuoi, ma ho ordini precisi riguardo a te e questo
Torneo sarà il tuo banco di prova"
"Banco di prova per cosa?"
"Spero di battermi con te. Solo così potrò avere
la certezza che sei la persona che stiamo cercando"
In un battito di ciglia l'uomo sparì da davanti a Jamal,
lasciandolo sconcertato e leggermente inquietato. Non aveva capito
molto della breve conversazione che avevano avuto, ma una cosa era
certa: aveva qualcuno da cui guardarsi le spalle.
Eccomi col nuovo
capitolo! Un po' più in ritardo degli altri, ma sono stata
impegnata tra studio e altre storie da portare avanti...
Non succede nulla di nuovo, ma facciamo la conoscenza, per
così
dire, di alcuni personaggi storici del Tekken, che saranno, chi
più chi meno, importanti per il prosequio della storia :)
Grazie a Lotti e Angel Texas Ranger per i commenti fedele, ai
lettori e a chi ha inserito questa storia tra preferiti e seguiti :)
Alla prossima!
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