Il clan dei Devastanti

di Morna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prigioniera ***
Capitolo 2: *** Peccato di sangue ***
Capitolo 3: *** Fuga ***
Capitolo 4: *** Il patto ***
Capitolo 5: *** “UNA NOTTE PARTICOLARE” ***
Capitolo 6: *** Un convoglio inaspettato ***
Capitolo 7: *** "Essere Vampiro" ***
Capitolo 8: *** Extra: Una parentesi ***



Capitolo 1
*** Prigioniera ***


Il clan dei Devastanti
 

 

 

 

 

 

 

 


                                                          

                                                            

 

1996, Londra.

 

Avevo le mani legate da una spessa…corda direte voi…sbagliato, catene, pesanti e spessi catenacci che a ogni mio piccolo movimento tintinnavano. I miei polsi e le caviglie erano stati sfregiati fino a sanguinare ai miei continui tentativi di riuscire a liberarmi ma invano. Ero stata privata di tutte le mie armi, compreso il mio pugnale d’argento che mi accompagnava ovunque e che ora se ne stava attaccato alla cintura del mercante degli schiavi che mi fissò ghignando. Digrignai i denti contando lentamente fino a dieci per astenermi dal prenderlo a cazzotti in quel ventre piatto che si ritrovava sperando che bastasse…per fortuna fu sufficiente un’occhiatina alla frusta nella sua mano mi calmò, non desideravo un’altra cicatrice come se non ne avessi già abbastanza.

Ma iniziamo a spiegarvi bene la situazione. Non sono una schiava come molti avranno pensato ma una sterminatrice di vampiri. Avete incontrato uno di questi mostri? Bene mandatemi a chiamare pagandomi profumatamente e lo troverete morto quella notte stessa. La polizia richiedeva spesso il mio aiuto dato che oltre a essere una dei pochi Devastatori rimasti al mondo provengo da una stirpe di Sterminatori considerata la più antica in tutta Inghilterra. Non siamo comuni esseri umani perché siamo dotati di poteri speciali, alcuni di noi sanno resuscitare i morti e di fare incantesimi, altri possono avere premunizioni. Adesso siete curiosi di sapere il mio potere vero? Spiacente deludervi ma non ne possiedo. Eh già! Proprio così non sto mentendo non possiedo proprio alcuna dote particolare a parte una spiccata qualità per le arti marziali e le armi. Vengo considerata da tutta la mia famiglia una pecora nera e i miei genitori erano molto delusi di me fino a quando non ci hanno rimesso la pelle durante il lavoro. Beh pazienza, non ho mai pianto la loro morte, mi avevano sempre ignorata e io avrei fatto lo stesso anche dopo la loro morte. I miei parenti sono rimasti a vivere in Scozia mentre io sono scappata. Proprio così non ce la facevo più a sentirmi dire di quanto fossi una disgraziata…eccetera, eccetera…E se qualcuno ha da obbiettare che a venti anni si è troppo immaturi gli spacco il cranio in due, a me piace così e vivo la mia vita come mi pare e piace. Avevo accumulato un bel gruzzoletto e vivevo in un grazioso appartamento a Londra punto e basta.

E allora perché ero nei sotterranei di un castello abbandonato circondata da vampiri? Semplice. Un piccolo errore sul lavoro, stavo cacciando un branco di vampiri impazziti in un cimitero poco lontano dalla città e sono stata cacciata io. Era stato solo un diversivo per attirarmi fin là e quando mi ero accorta della trappola era già troppo tardi…Dopodiché non ricordo molto, ero stata colpita alla nuca perdendo i sensi e quando sono rinvenuta mi trovavo qui in questa specie di asta lugubre di cui io ero l’unica merce in vendita, a dir poco fantastico!!! Fissai la folla di quegli esseri che continuavano a sparar cifre a tutto spiano mentre il mercante che mi teneva sotto controllo li aizzava ancor di più, sembravano molto umani se non fosse stato per qualche luccichio di zanne alla tremolante luce delle fiaccole…Tutti erano ansiosi di gustare una Devastatrice vergine porca miseria! Era l’ultimo momento per agire altrimenti sarei finita nella merda oltre il mio collo esile. Feci un piccolo passo in avanti e poi mi diedi una spinta molto forte all’indietro verso il vampiro rinsecchito che mi teneva imprigionata. Con una gomitata piantatagli bene nel plesso solare lo feci volare contro il muro. Gli altri vampiri indietreggiarono intimoriti. Un punto per me. Inchinandomi sul mercante estrassi il pugnale dalla sua cintura impugnandolo saldamente con due mani. Era lungo una cinquantina di centimetri, lama d’argento ed elsa in avorio. Mi mancava la pistola fatta su misura per me (tipo quella di Black Cat N.d.A.), ma non avevo tempo di ispezionare meglio le tasche dello strozzino steso. I vampiri si erano ripresi quel tanto che bastava per affrontarmi. Non mi scorraggiai la magia che emanavano era quella di settanta massimo cent’anni, un’età giovane per un vampiro ma in massa erano comunque temibili. Mi diedi alla carica e ne uccisi uno prendendolo col pugnale dritto al cuore poi passai al successivo, stavo cercando di aprirmi un varco verso l’unica uscita all’angolo della sala sotterranea ma venni bruscamente afferrata per il collo. Maledizione il mercante di schiavi non era morto! Non potevo muovere le braccia liberamente perché erano legate dalle catene perciò venni messa al tappeto con facilità la testa schiacciata dalla sua lurida scarpa.

-“Coglione! Lasciami andare o ti ammazzo!” Urlai. Il tacco si piantò con più forza sulla mia testa strappandomi una smorfia di dolore. Le mie braccia erano state torte dietro la schiena in modo molto doloroso. Lo strozzino cercò di strapparmi il coltello dalle mani ma io piantai saldamente le dita attorno l’elsa facendo sbiancare le nocche.

-“Molla il pugnale strega!”Mi minacciò torcendomi ancor più le braccia.

-“Col cazzo!”Gli gridai contro spavalda, nessuno a parte me toccava Zaroc (così l’avevo soprannominata.). 

Mi pentii della mia risposta quasi immediatamente. Il mercante sghignazzò:-“Come vuoi.” Mi torse ancor più i gomiti e io urlai dal dolore lancinante, con un CRACK! Spaventoso mi spezzò le ossa delle articolazioni. Per poco non svenni ancora una volta. La sofferenza che provavo era terribile e mi salì il bile alla bocca.

-“Allora chi offre diecimila sterline per questo bocconcino?” Continuò lui imperturbabile come se non fosse accaduto nulla un istante fa. I “clienti” si ritrassero spaventati, eh già! Dopo un massacro come quello non volevano certo una Devastatrice fra le mani per quanto ferita e debole fosse. Nonostante il dolore atroce sorrisi fra me e me, lottando per non vomitare mi concentrai sulla crepa nella pietra sotto i miei occhi, l’unica cosa che riuscivo a vedere. D’improvviso dal silenzio tombale salì una voce pacata:-“Diecimila sterline e neanche un centesimo in più.” Vidi due stivali grigi  e poi guardai verso l’alto. Era sicuramente un vampiro, lo dedussi dalla sua bellezza ultraterrena, pelle lattea e capelli ramati. Gli occhi verdi erano puntati su di me perciò distolsi lo sguardo frettolosa, non mi avrebbe ipnotizzato come un serpente con la preda, dal viso dedussi almeno una ventina d’anni ma l’aspetto ingannava un’esperienza di oltre un secolo. Rabbrividì. E così sarei morta per mano di quell’essere. Non lottai più contro il senso di svenimento, almeno non gli avrei dato la soddisfazione di mordermi e seviziarmi da sveglia. Caddi in un accogliente buio privo di qualsiasi luce.

 

                                                                             * * *

 

-“Ugh…” Mugolai. Un forte dolore alle braccia mi colse impreparata facendomi quasi urlare. Ero viva. Ma com’era possibile? Dovevo essere morta, ma nell’aldilà non bisognerebbe provare sofferenza fisica. Aprii cautamente gli occhi, un soffitto alto e illuminato da calde candele fisse in un candelabro d’oro appeso mi destò completamente. Sì ero in qualche maniera rimasta viva. La prima cosa che mi venne in mente dopo era: Mi avevano morso? Non potevo constatarlo di persona a causa degli arti inutilizzabili. Mi alzai in ginocchio con le braccia inerti lungo i fianchi, fasciate strettamente. Ero distesa su un tappeto persiano soffice di fronte a un enorme letto a baldacchino con le tende nere trasparenti e lenzuola di seta nera. Dietro di me un fuoco allegro scoppiettava in un camino e un divano in pelle nera era di fronte ad esso. Alla mia sinistra notai una scrivania color ebano con tanto di sedia e calamaio sul legno lucido. Tende in velluto nero coprivano finestre lunghe tutta la parete invece alla mia destra…La via di fuga!!! Accanto a una libreria enorme c’era una porta a due ante, se non fosse stata chiusa e magari se nessuno mi avesse fermato…Tentar non nuoce, conclusi alzandomi faticosamente in piedi, le braccia ciondolarono procurandomi fitte di un acutissimo dolore ma non ci feci caso. Dovevo fuggire, a qualsiasi costo, mi rendevo perfettamente conto che in quel posto ero in pericolo. Sentivo qualcosa di minaccioso nell’aria. Decisa feci per spingere il pesante portone con una spalla quando una voce pacata proferì:-“Io al tuo posto non lo farei. Oltretutto è chiusa.” Proveniva dal letto a baldacchino, di scatto mi voltai e scorsi una sagoma indistinta a causa delle tende nero trasparente. I capelli mi si rizzarono sulla nuca, come avevo fatto a non notarlo? Si era forse nascosto sotto le coperte? Poco probabile ma allora…D’improvviso una folata di magia m’investì mandandomi nel panico, era un vampiro ma non un vampiro qualsiasi. Era anziano almeno quattrocento anni se non più era la prima volta che ne incontravo uno talmente potente. Non dovevo perdere tempo ma agire, con una violenta spallata che per poco non mi fece slogare la scapola mi aspettai che la porta cedesse ma invano, era chiusa. Il vampiro non mi aveva mentito. Presa dalla disperazione mi sarei messa a battere i pugni e a gridare ma con gli arti superiori in quelle condizioni che cosa avrei potuto combinare? Mi lasciai scivolare a terra il capo chino. Se dovevo morire tanto valeva arrendersi. Combattere avrebbe significato ritardare la morte al più tardi ma di pochi secondi con molta probabilità.

-“Per favore non svenirmi di nuovo.” Suonava più come una richiesta supplichevole che un ordine o altro.

Fissai la sagoma dello sconosciuto che si mosse lentamente fino a toccare le tende scostandole. Una chioma lunga biondo paglia raccolta in una coda apparve seguita da un viso affilato ma dai lineamenti stranamente armoniosi e dolci, le labbra ben proporzionate erano semichiuse in un mezzo sorriso ma nel momento in cui vidi gli occhi sussultai. Erano color nocciola con goccioline di ambra attorno alla cornea…strepitosi. Ma quel vampiro non mi era sconosciuto. Lo avevo già visto! Inaspettatamente mi feci indietro. Lui sorrise scendendo silenziosamente dal letto:-“Noto che mi rimembri.” Non era una domanda perciò non risposi.

La camicia da notte color cremisi lunga fino a coprirgli i piedi frusciò sommessa. Notai che era ornata con tanto di pizzi e volane che avrebbero ridicolizzato qualsiasi uomo ma non lui. Le maniche che gli nascondevano quasi l’intera mano scivolarono sull’avambraccio quando la alzò aprendo la mano:-“Vieni.” M’invitò melodioso a raggiungerlo. Scossi la testa, quel uomo che dimostrava solo ventitre o ventiquattro anni vantava in realtà un’esperienza di oltre quattro secoli! Mi ricordai la notte in cui morirono i miei, ero presente anch’io assieme a mio fratello, spesso capitava che i figli facessero pratica anche da giovanissimi nell’arte dello Sterminatore. Rividi davanti ai miei occhi la scena in cui mia madre veniva sbranata mentre mio padre strangolato. Mio fratello era svenuto dopo un colpo ricevuto alla testa e giaceva con il volto nell’erba accanto a una lapide. Paralizzata dal terrore vidi quegli occhi ambra prima che i rinforzi fossero sopraggiunti. Mi aveva fissato per un secondo poi aveva battuto la ritirata assieme ai suoi scagnozzi. Non era cambiato da allora.

-“Sei mutata rispetto a cinque anni fa mia cara.” Senza che me ne accorgessi si era fatto avanti ma non era più il momento di scappare, non ora. Mi alzai faticosamente ad affrontarlo:-“Bastardo! Hai ucciso i miei genitori, te la farò pagare cara.” Non è che in realtà mi avesse fatto poi quel gran dispiacere, ma era una questione di principio porca miseria!

-“I tuoi cari parenti hanno tolto la vita ai miei genitori ed è per colpa loro se sono divenuto vampiro. Mi vendicherò su tutta la tua stirpe mia cara, fino all’ultimo.” Non sembrava arrabbiato ma le labbra si strinsero e gli occhi divennero di ghiaccio dietro le ciglia di seta.

-“Allora vuoi uccidere anche me?” Chiesi tutt’altro che felice.

-“Oh no, no, no! Tu sei un’esca. È tuo fratello che voglio. Per te ho altri piani. Estirperò con lui tutte le speranze di voi MacDiarmid.”

-“Anch’io ho il loro sangue quindi se non uccidi anche me...”

-“Ma allora non lo sai!” enunciò sorpreso. Scossi il capo, cattiva mossa, mi assalii un conato di rigetto che a stento trattenei.

-“Non so a cosa vuoi arrivare bastardo.” Mi appoggiai alla porta, stanca. Volevo che la facesse finita al più presto. Mi era arrivato talmente vicino che sentivo il suo profumo di rose. Vomitargli addosso non sarebbe stata una cattiva idea dopotutto…

 -“Sai qual è il vostro segreto di famiglia che tentate di nascondere?” Chiese improvvisamente guardandomi.

-“No.”

-“Peccato di sangue.”

Incominciai a ridere istericamente. Proprio non riuscivo a trattenermi. Peccato di sangue! Questa è bella! Quel vampiro aveva il cervello divenuto marcio nel corso degli anni! Lui si accigliò visibilmente seccato:-“Puoi non credermi mia cara ma ti assicuro che i tuoi genitori erano cugini di primo grado e tuo fratello scoprirà del luogo in cui ti trovi…”

M’infuriai alla sua sicurezza, figuriamoci se mio fratello avesse dovuto…No impossibile!

-“Sei pazzo!” Annunciai irosa. Lui rise:-“Ma che peperino che abbiamo qui! Beh, lo vedremo…”

-“E se non vuoi ammazzarmi che cazzo vuoi da me?”

-“Che linguaggio colorito!” Finse di scandalizzarsi.

-“Rispondi coglione!”

Lui rise eufonico prima di decidersi a parlare:-“Oh! Questa sfrontatezza non la vivevo da anni!” Poi tornò serio e la scintilla di allegria scomparve dai suoi occhi:-“Io distruggerò ogni membro della famiglia MacDiarmid…Però  mi serve un erede con molto potere.”

-“E dovrei essere io?” Conclusi.

-“Esatto. Ma come hai fatto a indovinare?” Domandò sorridendo.

-“Mi spiace deluderti ma non tengo alcun potenziale speciale a differenza dei miei parenti.”

-“Oh! Ma tu li possiedi solo che il tuo subconscio si è sempre rifiutato di darli alla luce.” Rise. Deglutii. Ero incappata in una fossa molto profonda, voleva tenermi soggiogata sotto il suo potere e forse anche nel suo regal letto… Dovevo uscirne in qualche modo e sparai per prender tempo:-“Mi spiace ma sono sterile.” Annunciai sfidandolo apertamente. Lui smise di ridere anche se un mezzo sorriso rimase sulle sue labbra. Avvicinandosi felpato mi afferrò per la nuca senza che riuscissi a scansarlo e con un unico rapido movimento abbassò il capo sfiorando le mie labbra con le sue, vellutate. Non potevo muovere le mani per staccarmelo di dosso perciò piegai le testa di lato. Ero diventata paonazza dall’imbarazzo e l’umiliazione, una Devastatrice che viene baciata da un vampiro! Inaudito! Lui si scostò da me dopo aver tracciato dolcemente la curva del mio collo con i polpastrelli poi fece un passo indietro compiaciuto:-“Non puoi esser infeconda mia cara perché sei ancora una vergine.” Si umettò le labbra sorridendo.Non aveva funzionato cazzo! Mi maledissi per la mia vulnerabilità.

-“Sei un lurido bastardo!” Gridai buttandomi con tutto il mio peso verso il suo ventre. Naturalmente non fece alcuna fatica a bloccarmi, così mi ritrovai tra le sue bracca.

-“Ne vuoi ancora mia cara?” Sorrise malizioso.

-“Vaffanculo! E smettila di chiamarmi in quel modo!” Mi dimenai come una forsennata cercando di liberarmi ma lui me lo impedì.

-“Ora calmati un attimo. Sono stanco e tra un po’ sarà l’alba. Lasciati curare quei gomiti per favore così ce ne andiamo tutti a dormire.” Con una presa dolce ma salda mi afferrò le articolazioni strappandomi un gemito, vidi tutto nero per un attimo.

-“Tra un poco sarà tutto finito, porta pazienza.” Mi sussurrò comprensivo dopodiché chiuse gli occhi mormorando parole sconosciute che riconobbi per celtico. Mi sentii la parte lesa scaldarsi e per poco non mi venne un accidente. Chiusi gli occhi perdendomi in quel calore e quando li riaprii constatai di non provare alcun dolore. Lentamente mossi un braccio poi l’altro. Niente. Erano guariti perfettamente. Sbalordita puntai gli occhi sul vampiro in una muta domanda.

Lui sorrise enigmatico:-“Ora riposa mia cara.” E con ciò si diresse verso la porta chiusa che attraversò. Solo una potente magia ti permetteva di attraversare i muri e lui la possedeva. Ancora incredula mossi le braccia come un uccello che sta per spiccare il volo dopodiché mi stiracchiai. Ero stanca e avevo sonno. L’unico mio pensiero era un letto comodo, comodo. MI trascinai fino al baldacchino ove su di un guanciale scorsi una veste blu notte con maniche bianche a pizzo. In un primo momento storsi le labbra. Se quel tizio pensava che avrei indossato una delle sue camicie da notte…Mi guardai i pantaloni neri di pelle incrostati di sangue e il cappotto fino alle ginocchia sporco di terra e fango…Beh non era proprio il momento di fare gli schizzinosi. Mi tolsi la giacca scura e i pantaloni assieme alla maglia aderente bianca (beh, una volta doveva essere bianca perlomeno), afferrato il capo me lo passai sopra la testa. La seta morbida mi cinse il corpo accarezzandomi la pelle nuda, distendendomi tra le lenzuola pensai se non fosse il caso di alimentare il fuoco ma in fondo che me ne fregava? Non avevo neanche posato la testa sul guanciale che crollai in un lungo sonno senza sogni.

Mi destai molto più tardi e lui era di fronte a me, sorridente. Solitamente mi dava parecchio fastidio che qualcuno mi vedesse da appena sveglia ma in quell’istante non ci pensai. Notai che indossava un’altra veste di colore cremisi, bianco quanto la sua pelle e ornato di fronzoli, tra le mani reggeva un vassoio carico di ogni ben di Dio e proprio in quell’istante lo stomaco brontolò, reclamando la sua parte.

-“Quanto ho dormito?” Volli sapere, massaggiandomi le tempie, avevo perso ogni cognizione del tempo.

-“Il sole è appena tramontato.”

Bene, erano allora più o meno le sette e mezza perché eravamo in ottobre. Mi sollevai leggermente seduta e lui depose il vassoio davanti a me, incoraggiandomi:-“Mangia pure tutto ciò che vuoi.” Si sistemò sul bordo del letto di fronte a me.

-“Grazie ma non ce n’era bisogno.”

-“Devi essere in forze.”

-“E per cosa?”

Lui sorrise in risposta facendomi accapponare la pelle. Lo guardai in cagnesco:-“Dovrai uccidermi prima di riuscirmi a sfiorare solo con un dito. Non intendo essere un’erede di un vampiro, tanto meno un’amante.”

-“Davvero? Credo che sarai costretta a cambiare prospettiva.” Era molto sicuro del fatto suo il bastardo. Mantenni a stento la calma altrimenti avrei fatto il suo gioco:-“Sono impiegabile mi dispiace.”

Lui non replicò perciò mi misi a osservare le pietanze davanti a me. Non sarei riuscita a finire tutta quella roba perciò optai per un piatto di salmone e una mela rossa per dessert. Mentre consumavo il mio pasto sentivo gli occhi del vampiro bruciarmi addosso e alla fine non ressi:-“Insomma la smetti di fissarmi?” Sbottai seccata.

-“Mi piace vederti mangiare di gusto mia cara.” Ribatté facendo un sorriso da seduttore. Lo mandai al diavolo mentalmente e ripresi a sfamarmi senza più badargli. Mi dava troppo sui nervi, poi d’improvviso un pensiero mi folgorò:-“Ti sei nutrito stanotte?” Se non lo aveva fatto ero in pericolo. In un GRAVE pericolo.

-“Preferirei non rispondere, rischierei di rovinarti l’appetito.”  Lo presi per un sì e ciò non mi piacque comunque. Poteva aver ucciso la vittima oppure no, non lo sapevo né lo volevo sapere. Respinsi il resto delle cibaglie sul vassoio e lui me lo portò via, poggiandolo sul comodino di fianco a me. Speravo che se ne andasse invece con mio forte disappunto si accoccolò sul letto abbracciandosi le ginocchia. I suoi occhi erano fissi su di me e ciò mi dava un incredibile fastidio.

-“Te ne vai per piacere?”

-“Lo vuoi davvero mia cara?”

-“Sì.” Non batté ciglio nell’alzarsi e si accomodò davanti al camino sedendosi su uno dei divani in pelle. Notai che era acceso ma io non lo avevo di certo fatto. Rabbrividii, sicuramente qualcuno era entrato nella stanza prima del mio risveglio, forse lui stesso. Intanto quel succhia sangue non se ne era andato come volevo io ma non avevo precisato merda!Si sporse oltre lo schienale del divano:-“Porteresti qua un po’ d’uva tesoro?”

-“Non sono il tuo tesoro e non sono la schiava di nessuno.” Ribattei aspra. Lui sospirò ma non si mosse attendendo che eseguissi la sua richiesta, non ne avevo alcuna intenzione ma dato che continuava a fissarmi insistentemente mi alzai furibonda. A grandi passi presi il piatto d’oro con il grappolo d’uva rossa e mi avvicinai tesa, porgendoglielo bruscamente. Lui me lo prese dalle mani fingendo di non aver notato i miei modi rozzi e sorrise:-“Grazie…tesoro.”

-“stronzo.”  

-“Lo prendo per un “prego”.”

Cos’è adesso si metteva anche a impartirmi lezioni di buona educazione?

Mi porse una mano invitandomi a sedere ma io non l’accettai cingendomi a fare un duro dietro front ma velocissimo lui me lo impedì afferrandomi per un polso:-“Non scappare tesoro, vieni, accomodati accanto a me…” Invitò. Era steso su tutto il divano, con il gomito poggiato sul bracciolo e quindi l’unico spazio disponibile era di fronte a lui, lo volevo? No, assolutamente. Intuendo i miei pensieri si mise seduto, tenendomi sempre sotto la sua presa. Nervosa mi lasciai cadere al suo fianco. Dovevo capire che la sua era una trappola per avvicinarmi. Calmo prese il grappolo d’uva in una mano e ne staccò un chicco lanciandoselo in bocca. Non ricordavo che i vampiri  mangiassero ma d’altronde era anche vero che non avevo mai conosciuto uno talmente antico. Si diceva che in America ne pullulavano di bestie come lui ed erano persino legalizzati…incredibile!!!. Bene, io non ci avrei mai messo piede.

-“Ne vuoi un po’ mia cara?” Era una domanda trappola. Se avessi detto di sì sicuramente mi avrebbe imboccato se invece avessi risposto in maniera negativa avrebbe chiesto se volevo qualcos’altro perciò usai una scappatoia.

-“Sì grazie.” E prima che potesse muoversi gli strappai di mano l’intero grappolo.

-“Che ingorda che sei tesoro!” Esclamò scherzoso ma notai con soddisfazione che era deluso.

-“Senti…A meno che non vuoi trovarti a esser chiamato succhia sangue o redivivo potresti rivelarmi il tuo nome?” Cambiai bruscamente discorso.

-“Morna…” Mormorò sorpreso dalla mia “improvvisa” curiosità.

Quasi non mi strozzai con un chicco. Che nome ridicolo! Lui lo notò e non parve gradirlo perciò partì all’attacco:-“E il tuo qual è se posso permettermi di chiedertelo.”

-“No non puoi permettertelo.” Lo beccai con le sue stesse smancerie.

-“Ah no…Huna?” L’ultima parola me la sibilò nell’orecchio, sporgendosi in avanti. Per poco non sobbalzai, ma mi trattenei ferma:-“Come fai a sapere il mio nome?” Non mi piaceva affatto che avesse indagato sul mio conto. Voluttuoso mi passò l’indice sulle labbra prima di rispondere a pochi millimetri dalla mia bocca:-“L’albero genealogico dei MacDiarmid non è poi tanto introvabile e il tuo nominativo non passa inosservato.” Aveva abbassato la guardia, sentii le sue difese magiche diminuire e me ne approfittai all’istante. Come un lampo mossi la mano con le dita stese bloccandomi proprio sulla sua carotide:-“Non prenderti troppe confidenze bastardo. Anche se non ho il mio pugnale posso perforarti il collo con solo cinque dita.” Sibilai sulla sua bocca minacciosa. Morna sgranò gli occhi visibilmente sorpreso ma poi il suo volto tornò pacato:-“Fallo pure tesoro, nessuno te lo impedirà…” La sua sicurezza mi fece vacillare, credevo che si sarebbe spaventato ma la sua imperturbabilità mi mandava in confusione. Bastarono solo quei pochi secondi per ribaltare completamente la situazione. I polsi mi furono imprigionati in una ferrea morsa e lui sorrise:-“Sei ancora molto inesperta mia piccola Sterminatrice.” Ringhiai furiosa digrignando i denti:-“Crepa maledetto!” Lui sorrise chinando il capo sul mio collo. Per poco non mi venne un accidente. E se avesse l’intenzione di mordermi. Sentii i denti acuminati sulla pelle e anche qualcosa di caldo e umido. Che schifo! Mi aveva leccato! _“Non sono uno spuntino a lecca-lecca!” Urlai fondandomi in avanti e affondandogli i miei denti nella sua spalla. Certo non avevo delle zanne ma il dolore che provò secondo me era identico. Ritraendosi di scatto si massaggiò la parte morsicata.

-“Provaci ancora e ti ammazzo!”Ringhiai minacciosa.   

Lui non replicò, preoccupato si aprì il primo bottone della vestaglia denudando la spalla.Con estrema delicatezza si passò due dita sulla parte lesa e sussultò quando le ritrasse luccicanti di sangue fresco.

-“Mi hai morso!”

-“Direi di si.” Ghignai trionfante. Lui invece perse parte della sua maschera di bellezza, perché il suo volto si contrasse dall’ira e gli occhi si velarono di una strana fiamma ardente:-“lo sai cosa potrebbe accadere se ti mordessi io?” Sorrise mostrando le zanne. Sbiancai. Non ci avevo pensato. Lui notò il mio pallore e il suo sorriso si fece più ampio ma non doveva cantare vittoria così presto perché le mie risorse non erano certo esaurite:-“Vorresti trasformarmi in un morto succhia sangue come te?” Domandai spavalda. Lui non parve molto felice del termine con cui lo avevo appioppato:-“bada a come parli.” Disse duro. Risposi con un ghigno:-“Sai…se mi trasformassi in un essere orripilante come te farei presto a ficcarmi un paletto nel cuore prima di aver vissuto neanche dieci minuti da mostro.” Annunciai sicura. Lui tremò di furore:-“…Io non avrei voluto divenire come sono ora! È tutta colpa vostra! Ma vivrò finché non mi sarò vendicato…dopodiché si…penso che morirò…” Sibilò

-“Sei matto!” Gridai

-“Forse sì ma non m’importa. Raggiungerò il mio scopo. E sai una cosa? Se io volessi potrei costringerti con la forza risparmiandomi del tempo prezioso…E sai perché non lo faccio?”

Non risposi perché mi resi conto che aveva ragione. Avrebbe potuto farlo senza esitazioni e poi piegarmi alla sua volontà. Deglutii:-“Perché?”

-“Sarò sincero con te. Non voglio che diventi come me. Dopo che la mia vendetta sarà conclusa ti lascerò andare, in fondo noi due siamo simili in un certo senso. Entrambi senza genitori e disprezzati, tu dalla famiglia io da tutti i vivi.” Mormorò amaro. Sinceramente mi fece pena però non potevo accettare le mie condizioni perciò urlai:-“Sei pazzo, pazzo,pazzo! Non paragonarmi a un essere come te, hai capito?! Noi non siamo per niente simili!” Serrai i pugni. Avrei voluto menarlo.

-“…Non rivolgerti a me con quel tono…” Sibilò minaccioso e il suo potere strisciò come un serpente sulla mia pelle facendomi rizzare i peli sulla nuca:-“…La notte è ancora lunga.” Sorrise. Ignorai il suo tono voluttuoso e mi rabbuiai.

-“…Vieni più vicino.” Non lo feci :-“Ti costringerò altrimenti…” niente si mosse a quella minaccia. Io non l’avrei mai fatto. Lui sospirò sommesso:-“…Mi costringi a usare la forza tesoro…” Mormorò pigramente una parola arcana e d’improvviso un’ energia sconosciuta, simile a una corda legata attorno al mio ventre come un boa mi trascinò inesorabilmente contro di lui. Combattei con tutte le mie forze ma fu inutile, sudore freddo m’imperlò la fronte dal terrore e dai continui tentativi di liberarmi ma senza profitto. -“è inutile che ti sforzi, ogni atto è vano. Arrenditi.” Mi ammonì piano aprendo le braccia in attesa che gli venissi incontro. Naturalmente non diedi ascolto alle sue parole ma il mio corpo sembrava muoversi da solo e alla sua voce si era affrettato, era come essere un burattino mosso dai fili inesorabili del burattinaio che poteva comandarlo a piacimento. Chiusi gli occhi convulsamente mordendomi le labbra quando sentii al contatto il tessuto morbido della sua veste. Ero un pezzo di manichino rigido, immobilizzata in una morsa paranormale. Intanto Morna mi accarezzò dolcemente la schiena. Il suo tocco era gelido e lo sentivo sulla pelle nonostante la stoffa della tunica che mi separava dai suoi polpastrelli. Rabbrividii. Dovevo agire…ma come?! -“Brava…Così…Impara  a essere più remissiva…”Sussurrò al mio orecchio piano. Le sue braccia mi avevano cinto la vita e solo allora con sommo orrore mi resi conto di stare sulle sue ginocchia. Era davvero una situazione allarmante. Mi morsi il labbro dal terrore. Il lieve dolore sembrò aiutarmi perché d’improvviso il corpo parve perdere parte della rigidità, capii a quel punto il trucco che usava il vampiro. Non era magia quella, ma ipnosi. Abbassai il capo leggermente per non mostrargli che sanguinavo,poi mi morsi la lingua e il dolore fu molto maggiore. All’istante l’immobilità scomparve e fui di nuovo me stessa. Ero stata incauta nel guardarlo negli occhi così esplicitamente, in tal modo gli avevo facilitato il compito nell’ipnotizzarmi senza che io me ne accorgessi. Intanto lui non parve notare del mio risanamento e questo era un bel punto per me perché adesso gliel’avrei fatta pagare a modo mio. Umettandomi nervosamente le labbra risposi al suo abbraccio piano, lui parve trasalire poi lo udii pronunciare:-“E così non puoi resistermi tesoro mio?”  fortunatamente non vide il mio ghigno malefico altrimenti il piano sarebbe saltato all’istante. Gli conficcai le unghie nella schiena e gli feci leggermente male perché sobbalzò ma non si ritrasse. Forse pensava che fossi stata accecata dalla passione, ma era meglio così. Lentamente mi accostai al suo collo ove lo avevo morso. Il segno dei denti spiccava ancora ma si era parzialmente rimarginato…hum…una rapida capacità di rigenerazione. Sapevo che i vampiri ne erano capaci ma finora il record era in una nottata, invece quell’essere non ci impiegava neanche ore. Benissimo. Ora vediamo cosa fai se è più profonda. Ovviamente di zanne non ne avevo ma avrei fatto come loro con maggiore impeto magari. Mi ritrassi leggermente indietro e poi affondai con tutte le forze della mascella, come un bulldog furioso. Morna urlò dalla sorpresa e dal dolore e fece per ritrarsi bruscamente ma io mi ero aggrappata alla sua schiena con le unghie simili a ganci dalla furia. Ecco cosa si provava a mordere un vampiro…Avrei dovuto sperimentarlo prima. Infine fui scaraventata a terra perché lui balzò in piedi improvvisamente, durante la caduta mi ero saldamente afferrata alla sua schiena  così forte che nel lasciarlo lo avevo graffiato molto profondamente poiché la tunica gli si lacerò fino a metà scapola, scoprendogli una spalla. Lui vacillò lievemente prima che lo lasciassi andare poi si eresse in tutta la sua altezza un metro e ottantacinque abbondante in confronto ai miei centosettantaquattro centimetri. Non ero bassa ma neanche altissima, nella norma insomma. Il vampiro invece per quanto alto fosse non si mostrava molto muscoloso all’apparenza con la corporatura magra e le spalle esili. Beh, mi resi conto di aver giudicato male la sostanza perché anche se non robusta aveva una muscolatura asciutta, la sola spalla dava l’idea a muscoli scolpiti, ma forse anche quella era solo un’illusione. Non lo sapevo e non me ne importava una cicca. Con soddisfazione osservai il sangue colare copioso lungo il collo fino a macchiare l’abito. Lui era ancora sconvolto ma cominciava a riprendersi.

-“Come diamine hai fatto a liberarti?!” Sbottò furibondo digrignando i denti dalla sofferenza. Benissimo, mi congratulai con me stessa. Morna mi studiò come un predatore in vista della preda poi si accorse del labbro ferito e comprese:-“Geniale, il dolore aiuta…Stavolta hai vinto ma la notte non è ancora finita…Diciamo un piccolo punto a tuo favore…” S’interruppe gemendo piano. Io invece avrei tanto voluto vedere la sua espressione ma non lo feci. Non potevo rischiare nuovamente di essere ipnotizzata perciò mi limitai a fissare la ferita. Lui se ne accorse e sorrise:-“Andiamo più cauti, vero?” Annuii:-“…Con i piedi di piombo…” dopodiché lui disse una cosa che mi pietrificò ma non capii se me lo fossi sognata o fosse realtà pura perciò chiesi cauta:-“Come? Temo di non aver…capito bene.” Invece dalle sue labbra increspate in un ghigno malizioso confermai di non essermelo immaginata.

-“Oh…hai capito benissimo…chi semina raccoglie, quindi ora mi curerai le ferite altrimenti ci metteranno più tempo a guarire. Sei stata pesante stavolta…” Si toccò piano il collo trasalendo dal dolore:-“Da quanto tempo che non sento tale sofferenza…” Si avvicinò piano e io mi ritrassi. Ma lui chiamò semplicemente:-“Raphael!” al suo grido sommesso dopo un poco giunse l’individuo richiesto che aprii la porta…compresi allora che si apriva dall’esterno ma non dall’interno…ma poi il mio pensiero restò interrotto a metà perché riconobbi il tizio. Era il vampiro che mi aveva comprata! Rimasi sbigottita.Lui mi fissò attentamente ma poi si soffermò sul padrone, perché si, oramai ne ero sicurissima, era il braccio destro di Morna senza dubbio alcuno. Ne fui più che convinta quando preoccupato si avvicinò all’altro vampiro:-“Signore…Voi siete ferito…E pesantemente dalla vista…Vado a prendere qualcosa per curarvi…” Venne interrotto da un gesto impaziente di Morna che scosse la testa:-“Non temere Raphael…Lo farà questa signorina qui presente…”

Raphael mi fissò gelido ma non se ne andò anzi, avvicinandosi a Morna lo costrinse a piegare il collo di lato ed esaminò la ferita preoccupato:-“Ne è sicuro? Vuole davvero che sia lei a…”

-“Sì Raphael.”Concluse lui imperioso

-“Allora non insisto ulteriormente signore…” Acconsentì lui indietreggiando e ritirandosi. Passò attraverso la porta chiusa e se ne andò. Con uno sbuffo Morna andò a sdraiarsi sul letto coprendosi gli occhi con la mano e io mi ripromisi di non dormirci mai più sopra preferendo il pavimento.

-“Huna.” Sobbalzai al mio nome, era la seconda volta che mi chiamava. E il mio nome pronunciato da lui diveniva strano, simile a un sogno o al paradiso sulla terra ma non mi lasciai incantare. Era sicuramente un’altra illusione delle sue:-“Cosa vuoi?” Sbottai aspra. :-“Nulla. Volevo solamente stuzzicarti.” Ridacchiò. Quanto era odioso! Feci per ribattere ma la porta si aprì e vi entrò Raphael con una bacinella d’acqua e bende pulite oltre che a un disinfettante e cotonfiocchi… una balia premurosa. Senza dir nulla mi si avvicinò e mi depose tutto in mano, prima di andarsene mi sorrise incoraggiante dopodiché se ne andò…solo allora mi resi conto, troppo tardi di averlo guardato negli occhi ma non mi parve che mi avesse ipnotizzato in qualche maniera ma per ogni evenienza mi morsi nuovamente il labbro che ricominciò a sanguinare. Depositai il tutto sul comodino ma non feci altro. Che si curasse da solo il succhiasangue.

-“Huna?” Dopo poco giunse la sua voce melliflua.

-“Curati da solo.” Risposi brusca.

-“Huna…” Ora era dolcemente minacciosa come un cobra. Lo ignorai. Dal letto giunse un sospiro sommesso:-“Dobbiamo giungere a compromessi per farti convincere?” Domandò docile.

-“Sentiamo a che patto possiamo metterci d’accordo.” Dissi scettica.

-“Se mi curi…”S’interruppe per riflettere un minuto:-“Ti prometto che non cercherò più di ipnotizzarti…” Concluse.

-“Come faccio a fidarmi?” Chiesi ironica.

-“Io mantengo la mia parola.”

Non potevo esserne sicura ma era meglio di niente. Se non avessi accettato…sicuramente avrebbe trovato un altro modo. Perciò mi avvicinai piano e giunta al bordo del baldacchino depositai il tutto. Era ora disteso a pancia in giù. La ferita continuava a sanguinare e lui aveva chiuso gli occhi. Al mio arrivo li aprì e per un momento li incontrai. Profondi inquietanti ma almeno…normali. Si era denudato la schiena mostrando lunghi graffi profondi ma quelli si stavano rimarginando pian piano, era spettacolare.

-“Alzati.”

-“Devo proprio?”

-“Sì.”

Si mise seduto chinando il capo. Qualche ciocca gli coprì i zigomi alti, scoprendo il collo. Scostai qualche altro ciuffo e immersi il cotonfiocco nel disinfettante cominciando poi a pulire piano. Lui mugugnò dal dolore ma non si mosse. Non ci misi molto dopo quell’operazione glielo fasciai non strettamente e conclusi l’opera, scommisi che di li a poco si sarebbe rimarginata subito.

-“Grazie.” Mi sorrise. Non diedi risposta. All’improvviso con una velocità sovrannaturale mi afferrò per la nuca, avvicinando il suo volto al mio e poco dopo mi stava baciando arditamente. Sentii la sua lingua incontrare la mia. Feci per indietreggiare istintivamente ma lui me lo impedì trattenendomi un attimo in più. Il suo potere si sprigionò come un’onda impetuosa prima che si staccasse. Lo fissai stordita e arrabbiata:-“Avevi detto niente ipnotismi.”

-“Non stavo cercando di farlo infatti…” Si umettò le labbra e mi sembrò stranamente preoccupato.

-“Non dovevi baciarmi.” Soffiai irosa. Lui mi guardò:-“Ti giuro che non era mia intenzione volontaria…Io…” saltò in piedi e prima che potessi dir altro era già scomparso oltre il muro. Scossi la testa ansiosa…Cosa gli era preso? 

 

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Capitolo 2
*** Peccato di sangue ***


Da quel giorno al calar del sole Morna mi faceva sempre visita

Da quel giorno al calar del sole Morna mi faceva sempre visita. L’accaduto del bacio venne accantonato e non ci ritornammo più sopra anche se talvolta nei suoi occhi leggevo una strana bramosia o attesa, non sapevo con certezza cosa si aspettasse, che fossi una preda appetitosa al suo palato oppure una donzella invitante. Aveva mantenuto la promessa e potevo di nuovo guardarlo direttamente, ma in certe situazioni avrei preferito che non lo avesse mai fatto. I suoi occhi rispecchiavano spesso ciò che lui pensava e non riusciva a nasconderlo tradito da lui stesso. Io intanto cominciai ad annoiarmi da quella vita sedentaria. Non ero abituata a starmene chiusa in camera 24 ore su 24. Morna mi aveva concesso di potermene andare liberamente in giro per il castello ma anche se all’inizio mi ero intrattenuta a visitare la dimora di un vampiro a lungo andare mi aveva scocciato. Era tutto come nel XIX secolo. Durante il giorno quando tutto era deserto avevo provato qualche via di fuga ma era impossibile. Le porte massicce del piano terra erano chiuse. E le finestre erano sbarrate dall’esterno con grate nere stile barocco e pesantemente decorate. Mentre scappare da quelle del secondo e del terzo piano prive di grate era impossibile perché anche se avessi spaccato i vetri per poi calarmi giù a causa dei muri lisci e senza appigli era praticamente un suicidio. E così la maggior parte del tempo me ne stavo in camera, soffocata da tutta quella ricchezza. Pensavo di impazzire e Morna parve accorgersene perché una notte esclamò:-“Ma tesoro mio, sul tuo viso noto un pallore mortale. Dimmi stai bene?” Pareva preoccupato ma io avrei scommesso che la sua era solo finzione. Scossi il capo senza dir parola alcuna. Ero sdraiata sul letto con i capelli sparsi sul cuscino e lui era appena entrato dalla porta oltrepassandola come al solito, oramai ci ero abituata e non mi mossi quando si sedette sul bordo del letto. Non me ne fregava nulla. Ero stanca moralmente. Avevo tutto ciò che desideravo, vivevo nel lusso ma la cosa più importante che mai avrei voluto scambiare era la mia libertà. L’idea del suicidio cominciava a impadronirsi di me.

-“Davvero non hai un bell’aspetto…” Morna mi prese la mano nelle sue. Non feci nulla per liberarmi. :-“Posso fare qualcosa per te?” Chiese sorridendo.

-“Non ce la faccio più.” Dissi tetra voltando la testa dall’altra parte per non fissarlo negli occhi.

-“Come?”

-“Voglio andarmene.”

-“Oh abbiamo qui una persona che si è scordata la sua posizione.” La sua voce si era fatta dura e sibilante, fui contenta di non vedere la sua espressione in quel momento ma lui mi costrinse a voltare il capo con una mano. Le pupille si erano fatte piccole e si conficcavano nei miei occhi come frecce. Si chinò in avanti e sussurrò nel mio orecchio:-“Tu sei mia. Ti ho comprata lecitamente. Sei schiava mia. E se vorrò restituirti la libertà dipenderà da me. Ricorda che se respiri, se vivi è grazie l sottoscritto.Ti ho cercata a lungo e ora che finalmente sei mia non ti lascerò andare via così facilmente, sai cosa voglio.” Era inquietante ma se pensava che sarei stata muta si sbagliava. Balzai in piedi allontanandomi da lui. :-“Il denaro non può comprare l’anima delle persone. Io non avrò mai un padrone. Ma tu non puoi capirlo perché tu l’anima non ce l’hai nemmeno!” Urlai. Lui si avvicinò minaccioso.:-“Ti farò rimangiare le tue parole.” Disse il volto contratto dalla rabbia. Scossi il capo indietreggiando ancora. Ma avevo raggiunto la finestra e la mia schiena si addossò al freddo vetro. Fuori pioveva come già da un po’ di giorni, un tempo da cani ma perfetto per un suicida. Sorrisi e un lampo ci illuminò. Morna tese la mano:-“Vieni qui,immediatamente.” Il mio sorriso si fece più ampio e lui lo vide perché in quel momento un altro lampo scese dal cielo in tempesta. Capì la mia intenzione oppure perché non gli obbedivo, non lo so sta di fatto che urlai:-“Questo lo vedremo!” Fu una specie di rallentatore. Mi spinsi con tutte le mie forze contro il vetro ed esso si frantumò conficcandosi nelle carni della schiena. Sorrisi al dolore. La pioggia mi inondò mentre la tende svolazzarono come ali di pipistrello davanti a me. Poi il vuoto. Morna senza esitazioni si gettò al mio folle inseguimento nella morte. Riuscì a ghermirmi e mi strinse a sé. Sentì il suo cuore battere all’impazzata ma tra pochi secondi non avrei più sentito nulla. Chiusi gli occhi sorridendo tra me. Una fine tragica per alcuni ma per me una liberazione. Un violento scossone mi fece capire che avevamo raggiunto il terreno. Un dolore acuto alle gambe e alla schiena mi stordirono, svenni. Mi ridestai dalla pioggia che picchiava sulla fronte e dalla voce che mi suonava opaca di qualcuno.:-“Huna…Huna…”gemetti, il dolore non era passato e ritornò più violento che mai. Aprii gli occhi, un’ombra si stagliava contro il cielo in subbuglio. Misi a fuoco e vidi Morna chino su di me:-“Huna, finalmente sei rinvenuta…”Sospirò sollevato buttandosi al mio fianco con un mezzo riso. Tentai di alzarmi ma il dolore era acutissimo, le gambe non le sentivo più. Erano paralizzate. La schiena…forse la spina dorsale si era rotta…:-“Dannazione…dannazione…Io volevo morire…” Cominciai a piangere in silenzio. Morna accanto a me aveva riaperto gli occhi:-“Taci sciocca ragazza! Stavolta ci sei andata vicina. Fatti forza. Non appena sarò riuscito a rigenerare le mie parti lese ce ne andremo da qui.” Mi accarezzò una guancia e si mise a ridere:-“Non pensavo avessi tanto fegato!” Non sapevo cosa ci fosse tanto ridicolo sta di fatto che rise per un bel pezzo e io intanto smisi di piangere anche se non ero per nulla felice. Forse il suicidio non era stata una buona idea anche se non aveva funzionato. Dopo un poco Morna si alzò piano:-“Ora posso muovermi.” Si chinò e mi prese in braccio:-“fortunatamente era solo un’emorragia interna. Guarisco più facilmente dalle ferite interne che da quelle esterne.” Andò velocemente all’entrata principale e gli bastò una parola per aprire la porta robusta:-“…come diamine fai…” Mi sforzai di parlare ma caddi nuovamente nell’incoscienza. Mi destai più tardi. Ero in un ampio letto ma non ero in camera mia. Quello aveva lenzuola bordò e tende della stessa tonalità. Mi alzai digrignando i denti preparandomi a un dolore imminente ma non provai nulla. Sorpresa mi guardai attorno. Era un’ampia stanza senza finestre. Un’enorme libreria era contro la parete opposta e alla destra del baldacchino uno scrittoio, sul comodino di fianco a me vi era un candelabro e un bicchiere di cristallo vuoto. Lo presi esaminandolo, un odore metallico colse le mie narici e notai qualcosa color ruggine ai bordi. Non dovevo indovinare per sapere cosa fosse. Lo misi a posto e mi misi seduta. Indossavo una veste cremisi non mia sicuramente. M’intonavo all’ambiente. Fantastico. Il caminetto accanto la libreria scoppiettava allegro a differenza del mio umore. Perché ora ero certa di trovarmi nella stanza di Morna anche se mi aspettavo una bara al posto del letto ma forse si trovava sotto il letto? Non osavo guardarci sotto. Mi presi un colpo quando Morna entrò nella stanza anche se stavolta aveva aperto la porta. Alla mia vista mi sorrise:-“Vedo che ti sei svegliata. Dormivi profondamente anche dopo le mie cure.” Sorrise sempre avvicinandosi, ma io concepii all’improvviso che la veste non poteva essere comparsa dal nulla sul mio corpo e divenni paonazza:-“Non avvicinarti!” Urlai buttandogli addosso un cuscino dal letto. Lui lo incassò in viso troppo stupito per evitarlo. Lo prese in mano impedendogli di cadere e mi guardò strano:-“Non potevo fare altrimenti.” Si giustificò piegando la testa di lato con una scintilla di ilarità negli occhi. Almeno si era risparmiato di ridere. Mi abbracciai le ginocchia di nuovo sane e lo fissai seccata:-“Ci proverò ancora.” Annunciai tetra. Lui sorrise mestamente:-“Non importa ci sarò sempre io a trattenerti.” Era determinato a passare l’inferno per attuare le sue parole. :-“Non è giusto.” Mormorai piano. Lui lo udì comunque e con un sospiro sommesso si accomodò di fianco a me posando il cuscino sul materasso:-“Ti dirò la verità. Non lo farei solo peri mie i interessi.” Alla mia domanda “come mai?” sorrise misteriosamente e io arrossii involontariamente abbassando in fretta il capo. :-“Non dormi in una bara come tutti i tuoi simili? Insomma so che siete obbligati a farlo all’alba.” Dissi sviando il discorso, e poi m’interessava, dico davvero.

-“Quelli anziani possono anche risparmiarselo. Anzi se vogliono possono andarsene anche in giro di giorno.” Spiegò. Sgranai gli occhi, a questo punto potevano arrivare!:-“E ciò dipende dall’età?” Chiesi cauta. Lui scosse la testa:-“No dipende anche dalla potenza propria.”

-“E tu…puoi farlo?”Domandai circospetta.

-“Solo quando il cielo è plumbeo oppure stando all’ombra. Per ora.” Sorrise e io rimasi a bocca aperta. Era terrificante se avessi dovuto scontrarmi direttamente con uno temibile come lui. Morna giocherellò un attimo con il cuscino poi si sdraiò sul letto accanto a me sorridendo:-“Però ora sono stanco. Buonanotte.” E detto ciò si addormentò su un fianco senza neanche passarsi sopra la coperta. Sembrava quasi umano e non un cadavere dormiente come avevo avuto l’occasione di vivere. Assopiti nelle bare prima che li uccidessi. :-“Non hai paura che ti possa aggredire?”

-“No. Tanto non lo farai.” Mugugnò lui. Aveva ragione. Non lo feci.

Quando mi destai era tramonto. Non potevo confermarlo guardando fuori da una finestra dato che non c’era, però un pendolo era alla sinistra della porta e da quello constatai che erano le sette e dieci, ossia il tramonto se il cielo non era grigio come lo era solitamente. Rimasi a fissare la tenda del baldacchino. Ero ancora viva, ne ero contenta e sperai che la pazzia della reclusione non tornasse, ma nonostante tutto ero ancora prigioniera. Se avessi potuto uscire quando ne avrei avuto voglia e potuto fare tutto ciò che desideravo non sarebbe stato tanto male e poi un uomo con cui scaldare il giaciglio nelle notti fredde…Balzai a sedere, cosa caspio…per un istante mi balenò il viso di Morna in mente. Mi presi un colpo. Era un vampiro per l’amor del cielo! Come si fa a vivere con un redivivo sapendo poi che si nutre del sangue degli umani? E che poi oltre a guardarti sempre le spalle essere consapevoli del fatto che mentre tu invecchierai pian piano quello resterà giovane finché campa la sua pelle? E inconcepibile! Eppure conoscevo persone che vivevano assieme a quei mostri. Tutte infelici, condannate ad un’esistenza quasi sempre mostruosa. Finivano per essere affascinante dal loro potere ipnotico, l’anima corrosa e divorata lentamente. Rabbrividii.

-“Hai freddo cara?” Sobbalzai voltandomi di scatto. Si era svegliato il succhiasangue, mentre lo osservavo si stropicciò innocentemente gli occhi come un bambino appena destatasi. Gli voltai la schiena bruscamente. Lui sbatté le palpebre perplesso alla mia asprezza poi si accostò a me abbracciandomi le spalle, sentii il suo petto caldo contro la mia schiena e mi stupii, pensavo che i vampiri fossero pezzi di ghiaccio e che fossero incapaci di produrre calore proprio, beh, non ci si stupisce mai di quanto si possa imparare dal vivo :-“C’è qualcosa che ti turba?” Chiese baciandomi piano la base del collo, rabbrividii nuovamente e lui se ne accorse perché s’irrigidì e le sue mani si serrarono leggermente:-“Cosa c’è?” domandò nuovamente stavolta più duro. Mi concentrai trovando un punto fisso per rivolgergli il mio quesito perché sapevo che non gli sarebbe piaciuto:-“Morna…Voi vampiri possedete la capacità di amare?” Lui si ritrasse bruscamente rimanendo sempre troppo vicino per i miei gusti. Lo sapevo…non gli era piaciuto. Dopo qualche breve respiro si decise a parlare:-“Perché vuoi saperlo?”

-“Secondo te?” Una domanda trappola che poteva significare molte cose. E poi non lo sapevo neanche io. Morna sospirò piano:-“No penso di no, molti di noi provano passione ma amore…non credo.”

-“come mai tanti dubbi se sei sicuro del fatto tuo?”

-“Perché…ora non ne sono sicuro dato che esiste una persona…che forse mi piace…” Mormorò abbassando la voce fino a ridurla a un filo appena udibile. Incalzai:-“E chi è questa persona?”

-“…Smettila lo sai bene di chi parlo!” Emise un mezzo grido pieno di angoscia. Esultai ironicamente. Magnifico! Ero in balia di un vampiro che si era perduto tra i muri di casa sua! Dov’erano rimasti gli antichi valori della discrezione e della mente fredda dei miei cari mostricciatoli che adoravo eliminare così tanto? Perché in quella maniera mi rendeva più difficile la sua eliminazione, non potevo uccidere uno con l’anima, perlomeno…Non legalmente. Infatti se mi capitava di aiutare la polizia nei casi come lupi mannari impazzititi avevamo un permesso del tribunale. Forse gli yankee non avevano tutti i torti legalizzare il vampirismo ma sfidavo che tutti non avessero un’anima! Figuriamoci! Succhiavano il sangue umano! Ma dai! E poi viene la classica scusa, ma è per la sopravvivenza ma perché è così…Ma allora chi non ti obbliga a infilzarti un paletto nel cuore se non vuoi fare un’esistenza simile?! Gli umani per i redivivi sono bocconcini prelibati in movimento punto e basta. Scusate lo scetticismo…:-“Perché si vede il tuo riflesso nello specchio?” Chiesi bruscamente. Era vero. Lo specchio di fronte a noi rifletteva oltre che me anche lui. Morna fissò il suo riflesso sbattendo le palpebre confuso:-“Non lo so. Non ci avevo mai pensato fino ad oggi.” Riflettei sul significato che poteva racchiudere ma non ne ero certa. Perciò non la espressi ad alta voce. Però la sua vicinanza stranamente mi dava fastidio in quel momento:-“Non devi nutrirti?” Chiesi indirettamente nella speranza che sloggiasse, lui fissò me nello specchio e io lui:-“No, non ho la necessità di nutrirmi tutte le notti, posso fare una pausa di dieci giorni all’incirca…Dipende. Vuoi che me ne vada?” Socchiuse gli occhi. Mi affrettai a negare ma con lui non attaccò. Dovevo immaginarlo, aveva pur sempre quattrocento anni.Si limitò a fissarmi intensamente:-“Ti do così fastidio?” Mi ritrassi ma lui mi passò una mano sul capo impedendomelo:-“Rispondi. Come mi trovi?” Lo disse come se ne cascasse il mondo intero. Allora dissi fissandolo negli occhi:-“Sei pallido, gli occhi strampalati da far ruzzolare ogni puttanella ai tuoi piedi. I capelli lunghi e lisci e ora scarmigliati. Un fisico da schianto adatto per attirare qualche bel frocetto.” Ma ovviamente non fu soddisfatto alla mia risposta secca però almeno si levò dalle scatole, scostandosi si abbracciò il ventre e si mise a gambe incrociate.:-“Non intendevo in quella maniera.” Mi fissò con occhi gelidi. Era infastidito il signorino? Me ne fregava come di una cicca sulla suola della scarpa. :-“Tu invece nascondi un diavolo sotto occhi grigi e innocenti, labbra seducenti e capelli corti e neri. Sei irascibile, violenta e impaziente.” Disse con tono rimproverante. Sapevo che lo aveva fatto per irritarmi ma ci era riuscito comunque. Scoppiai urlando:-“Beh! Io non ho chiesto di venire qui! Non ero certo io quella che voleva finire in un’asta illegale!” Strinsi i pugni. Lui rimase zitto per un minuto come a pensarci su poi disse come improvvisamente illuminato:-“Bene! Allora puoi andartene. Vai, vivi la tua vita come ti pare e piace ma promettimi.” E si fece minacciosamente in avanti:-“Promettimi che tornerai. Non importa se solo per uccidermi o altro ma torna. Anche solo per una notte, o un’ora. Ti prego.” Mi stava implorando. Veramente! Mi sembrava incredibile! Lui insistette afferrandomi per entrambe le mani:-“Promettimelo!” Sembrava  un cucciolo bastonato, da far tenerezza per qualsiasi cuore di pietra. Ma ero ancora troppo sbigottita per proferir parola, sbattei le palpebre e poi riuscii a spiccicare un sì sommesso. Lui parve rilassarsi:-“Puoi andartene quando desideri ma ti scongiuro voglio trascorrere gli ultimi attimi con te. Lo so che chiedo troppo ma per favore…” Cominciava a diventare disgustoso. Quando le persone insistono in quel modo con me non so dire di no accidenti a me! Roteai gli occhi con aria di sufficienza:-“Va bene! Ma smettila di comportarti in quella maniera!” Lui sorrise malizioso, lo aveva fatto apposta. Mi prese per mano intrecciando le sue dita con le mie, sorridendo piano:-“Lo sapevo…Sei accondiscendente…Questo mi piace.” L’atmosfera cominciava a non piacermi, iniziavo a sentire tensione. Non sapevo se era intenzionale o meno. Con Morna non si poteva mai sapere. Tentai di sciogliere la sua presa e mi riuscì facilmente. Stavo già cantando vittoria quando lui mi afferrò per la vita, mi tirai indietro ma lui non perse ardore, supino mi seguì e mi costrinse a sdraiarmi. Sfregò la guancia contro la mia. Stava prendendo troppe confidenze. Prima che posasse le sue labbra sulle mie glielo impedii mettendo le mani e tappandogli la bocca:-“Smettila. O devo pensare che la tua improvvisa generosità sia dovuta a qualche interesse particolare?” Avevo colpito nel segno. SI scostò piano con un  espressione tra il pensieroso e il rammaricato:-“…Si hai ragione…Non è il momento di…” Scosse il capo confuso. Gli diedi una pacca sulla testa, avrei potuto raccontarlo ai miei nipotini, la Pecora nera che sopravvive a un vampiro centenario dandogli un buffetto sulla testa. :-“Non importa. Capita a tutti. È umano.” Dissi rendendomi conto troppo tardi del mio errore.

-“io non lo sono più ormai.” Sembrava amareggiato sul serio, o era un bravo attore. Beh funzionò:-“Ehi non volevo…”

-“Non importa, sono abituato al disprezzo della gente.” Sorrise tristemente. Gli sistemai qualche ciocca sulla fronte dietro l’orecchio:-“ Mi dispiace.” Lui sospirò pesantemente:-“Anche a me.”

Verso l’alba notai spossatezza in Morna ma lui si sforzava di restare sveglio per allungare il momento della mia partenza. Forse si stava persino pentendo della sua concessione, io invece mi pentivo di non averlo ammazzato prima di conoscerlo meglio, così non avrei mai avuto il dilemma se un vampiro avesse o no un’anima. Infine crollò sulla mia spalla. Lo distesi piano sul giaciglio, rimboccandogli le coperte. Lui mormorò tra il sonno e la veglia:-“Fai attenzione mia cara.” Sorrisi dandogli un buffetto sulla guancia poi uscii dalla stanza in fretta. Ma mi bloccai di colpo. Non potevo andarmene in giro con indosso una vestaglia da notte, mi avrebbero presa per matta. Rammentai che i miei abiti erano rimasti nell’armadio della vecchia stanza. Corsi fin là. Nella camera tirava un brutto vento perché il vetro frantumato non era stato ancora sostituito. Pezzi di vetro erano sparpagliati per la stanza e le tende fradice svolazzavano simili ad ali spezzate. Rabbrividii ma corsi fino all’armadio. Era vero trovai gli abiti appesi come li avevo lasciati e anche qualcos’altro. Il mio pugnale Zaroc e la mia Kronos XIII. Non temeva proprio nessuno quel vampiro! Sorrisi tra me mentre mi vestivo. Il maglione nero era incrostato di sangue come del resto i pantaloni, diedi qualche manata al cappotto per togliere almeno un po’ di fango, rendendolo presentabile almeno alla prima vista d’occhio poi infilai il pugnale nella striscia di cuoio degli stivali ed esaminai la pistola. Certamente! Era scarica! Beh, non potevo certo esigere di più. Mi bastava averla per infondermi coraggio. Non sarei uscita dalla porta principale perché quasi sicuramente non sarebbe stata aperta. Ma con la pistola sarei uscita presto di lì. Attaccati al manico vi erano due cordini di seta resistente con ciuffi dorati all’apparenza solo elementi decorativi come il numero tredici romano scritto con oro vero, ma in realtà la loro funzione era molto più utile, erano allungabili per oltre quattro metri ciascuno. Legai la prima corda al gargoyle di pietra accanto alla finestra e mi lasciai andare. Con un sibilo la corda scese fino al secondo piano. Là mi aggrappai ad un’altra statua mostruosa e vi legai la seconda corda mollando la prima con uno strattone. In quella maniera scesi fino a terra. Il cielo plumbeo liberò uno squarcio e il sole vi si affacciò un attimo prima di venir oscurato nuovamente.Misi la pistola nella fondina interiore del cappotto e mi misi in marcia. Dedussi di essere in una regione a me sconosciuta. Quanto distava Londra? Chiesi a un contadino su di un carretto trainato da un pony che perplesso mi diede indicazioni:-“Lei si trova poco distante da Lismore nella regione di Waterford nella contea del Munster”. Dapprima non capii per via dell’accento strambo dello sconosciuto, quei nomi non mi erano per nulla familiari poi con un lampo appresi. Irlanda. Mi trovavo in Irlanda! Come avevo potuto viaggiare così tanto senza accorgermene? Diavolo! Mi avevano ipnotizzata sicuramente. Intanto lo sconosciuto mi fissò. Sicuramente facevo una strana impressione così spaesata. E poi mi sembrava di essere nella vecchia fattoria. Intorno a me aperta campagna. :-“Mi scusi. Saprebbe dirmi che data è oggi?” Chiesi. Lui parve perplesso ma educatamente rispose:-“è il 28 di ottobre.” Sgranai gli occhi. Un’altra mazzata. Quando ero stata catturata era il primo del mese…28 giorni…che mi erano parsi una settimana. Indicai nella direzione del castello e chiesi di chi fosse. Lui sorrise:-“è stato il signore di queste regioni fino al 1350. La stirpe MacBowen che si tramanda tuttora di generazione in generazione. Non ho mai visto il signore del maniero ma mi piacerebbe. C’è chi lo definisce uno strano ma quale nobile non lo è!” Rise. Io invece rimasi zitta. Un vampiro ecco chi era. E da quattrocento anni che aveva bloccato la stirpe con la sua presenza a meno che non li avesse sterminati e si fosse preso il posto recentemente ma era poco credibile. Come avrebbe fatto a mascherarsi fino a tal punto? Bah, non erano affari miei. Intanto compresi perché mi aveva lasciata con tanta facilità. Difficilmente sarei riuscita ad andarmene da quell’isola…Mi feci accompagnare alla città più vicina che sembrava più che altro un villaggio. Appena riuscii a pigliare un telefono composi il numero del mio unico parente che mi avrebbe potuto aiutare e con il quale di rado ma qualche volta comunicavo via lettera. Mio fratello.

 

* * *

Udire la voce di Ruira  dopo molto tempo di mutismo da parte di tutti e due fu strano. Io ero dura e formale lui confuso e stranamente disponibile. Alla fine disse che avrebbe preso il primo volo per Dublino e poi col treno fino a quel paesino sperduto. Restai la notte nella casa del contadino che mi aveva dato indicazioni, gli Irlandesi erano proprio gente disponibile. Lui e la moglie erano entrambi paffuti e vestiti proprio come campagnoli. In Scozia c’erano alcune località dove vi erano ancora in uso costumanze antiche, compresa la mia famiglia, ma L’Irlanda l’immaginavo più moderna e non come nelle favole erano descritti monti verdi e folletti. Mi veniva perfino il dubbio sull’estinzione dei troll delle montagne ma naturalmente non espressi i miei pensieri ai miei benefattori. Era mezzogiorno passato e stavo aiutando Molly e Bern a raccogliere le balle del fieno e passarle per metterle nel lucernario. Erano un po’ tardi con la raccolta, mi dissero che dovevano assolutamente finire entro quella sera. Li aiutai volentieri per sdebitarmi in qualche maniera. Avevamo appena finito e mi stavo pulendo dai residui di fieno che mi si erano attaccati al maglione quando un fischio sommesso mi fece voltare. Ruira si era poggiato alla staccionata e mi sorrideva. Rimasi scombussolata, non me lo ricordavo così alto e neppure virile. Ma erano passati cinque anni dall’ultima volta che ci eravamo visti. Ora era un metro e ottantacinque abbondanti, Il petto ampio e i lineamenti del volto più spigolosi, gli occhi grigi, riflettevano ancora quella disinvoltura infantile, ma la cosa per cui rimasi stupita erano i capelli grigio acciaio. ricordavo li ricordavo rosso fuoco, allora come mai si erano ingrigiti? Perfino le sopracciglia si erano fatte bigie. Indossava una camicia beuje a maniche corte e pantaloni alla pescatora militari. Attorno al collo un ciondolo vodoo e notai dalla spalla alla mano destri un tatuaggio nero che andava a serpeggiare per quasi tutto il braccio. Ma il braccialetto al suo polso mi sconvolse. Se il ciondolo era una specie di protezione contro Wicca il braccialetto era un anti maledizione. Lo riconoscevo. Era un “Wandalà” fatto con ossa di sciacallo e tinto di rosso con sangue di corvo. Più o meno risaliva a tremila anni fa. Era un cimelio di famiglia, ma perché diamine lo portava mio fratello? Scossi il capo. Eravamo cambiati. Molto. Anche lui si era soffermato ad osservarmi. Mi chiesi se fosse armato. E forse se lo stava chiedendo pure lui, mi sorrise giocherellando nervosamente con gli occhiali da sole che aveva tenuto fino ad allora in mano. Mi aspettavo freddezza inculcatagli dai miei parenti invece sembrava un bambino che attende la sgridata di un genitore. In fondo nonostante fossi stata quasi sempre reclusa dalla famiglia io e lui eravamo andati d’accordo. l’unico che aveva pianto la mia fuga era stato lui quando anni prima glielo avevo confessato. Corsi indietro nel tempo nell’istante in cui scavalcavo la finestra e lui mi afferrava per mano supplicandomi di restare. La nostalgia tornò come un’ondata e prima che potessi controllarmi gli saltai al collo con un grido di gioia. Ruira restò di stucco ma poco dopo mi stava abbracciando:-“Huna…Mi sei mancata.” Disse dopo che mi fui scostata. Ci accomiatammo dalla coppia che mi aveva aiutato e promisi che sarei tornata a trovarli. E tanto, sarei stata costretta a farlo. Rimasti soli ci dirigemmo alla stazione e gli raccontai dei miei guai tralasciando il nome di Morna e qualche altro piccolo dettaglio che lo avrebbe messo a rischio. Mio fratello era molto più forte di me. Fin da piccolo aveva sviluppato poteri fuori dal comune. Era estremamente agile e poteva saltare fino a cinque metri d’altezza ed era resistente a molti veleni e ferite che per me sarebbero state mortali. Mi spiegò che negli anni a venire nel corso della mia assenza si era allenato e ora possedeva il potere di guarigione. Sospirò:-“I miei sono solo poteri difensivi avrei preferito l’offensiva.” Risi:-“E io cosa devo dire allora?” Già perché nessun potere si era mostrato. Lui arrossì lievemente:-“Scusa non intendevo…” Gli diedi una pacca sulle spalle. Quando fummo finalmente in treno con un viaggio di due ore davanti osai finalmente chiedere su cosa gli fosse successo accennando al braccialetto. Lui sorrise tristemente:-“Errore sul lavoro…Stavo dando caccia ad una famiglia di Wicca che compievano sacrifici umani quando la patriarca mi ha scagliato una maledizione. Non sono riuscito a deviarla. Il mio scudo magico era troppo debole, fu infranto, fortuna che cugino Brinsley sia riuscito ad ammazzarle prima che scappassero. Beh…all’inizio non sapevamo cosa fosse, il fratello di papà lo ricordi?” Annuì, zio Dylan. Brutto ricordo. Intanto Ruira continuò:-“persino lui ignorava l’entità. Per un po’ di tempo mi avevano messo in una specie di quarantena. Ma nulla accadde se non che questo strano tatuaggio continuava ad espandersi ed era giunto fino a metà spalla ma non accennava a diminuire. Mi accorsi che grazie ad esso la mia forza fisica e spirituale aumentava. Quindi pensammo tutti che la Wicca madre si fosse errata da sola mandando un incantesimo di beneficio. Fu un grosso errore. Una notte mentre venivo inseguito da un licantropo finii alle strette. Ero in un cimitero ed ero stato circondato. Non avevo armi, nulla. Mi avevano colto alla sprovvista. Erano in sei a tendermi la trappola. avvertivo già la morte sulla mia pelle quando d’improvviso sentii l’epidermide bruciare. Capii che il tatuaggio si stava estendendo ancora di più perché altre volte mi era capitato di sentire tale sensazione. E inaspettatamente i miei assalitori fuggirono. Non riuscivo a comprendere la fonte della loro paura quando concepii di essere stato io. Il dolore fiammeggiante non si estinse anzi, aumentò d’intensità e mi avvolse totalmente. Udii delle voci erano i soccorsi, ma ormai non riuscivo più a ragionare dal dolore e poi…avvenne…mi trasformai. Diventai una bestia. E non una qualsiasi. Divenni colui che temono tutti. Il messaggero della morte. Il gramo per alcuni per altri lo Shinigami dalla lingua giapponese. Sta di fatto che questo demone ha origini Asiatiche e che porti sventura. Impazzii, persi il controllo, provai un odio profondo per tutti gli esseri viventi, era invidia e concepii con orrore che quei pensieri non appartenevano a me ma al Gramo, fuori controllo balzai addosso a uno dei soccorritori e lo avrei anche ucciso su un proiettile d’argento  non mi avesse colpito al fianco. Venni stordito poi non ricordo più nulla, mi risvegliai più tardi, avevo riacquistato il mio aspetto ed ero nei sotterranei di famiglia dove spesso andavamo a giocare, ricordi? I nostri parenti mi mandarono da una Wicca e là finalmente scoprimmo la gravità della situazione. Se il tatuaggio non sarebbe stato fermato sarei stato posseduto dalla bestia che si sarebbe impossessata della mia anima, divorandola. Così sigillammo il marchio con il bracciale che per fortuna riesce a bloccarlo.” Scosse la testa:-“Ho paura sorella. Sono sempre teso e ansioso, non riesco a dormire bene e mi desto di frequente la notte. Temo che il bracciale non basti e devo controllare la mia rabbia perché alimenta il potere del marchio. Dalla tensione continua i miei capelli si sono fatti grigi come quelli di un vecchio come vedi.” Sorrise triste. Gli strinsi una mano solidale:-“Fatti forza Ruira. Vedrai che riusciranno a togliertelo.” Gli sorrisi incoraggiante e lui me ne fu grato. Mentre però aumentava la stretta sulla mia mano mi vennero in mente le parole di Morna sulla nostra famiglia…Il peccato di sangue. Lo scacciai dai miei pensieri e cercai di non rifletterci sopra anche se continuarono a tormentarmi per il resto del viaggio e persino sull’aereo. Mentre parlavo con Ruira notai che dietro a suoi chiacchiericci c’era un’ombra di apprensione e quando ne chiesi il motivo rise:-“Nemmeno a cinque anni di distanza riesco a fartela!” Risi anch’io ma insistetti:-“Allora cosa dovrei sapere che non mi hai detto?” Lui si fece inquieto:-“Gli zii…vorrebbero che tu venga a stare un po’ da noi. Sono curiosi di vederti Huna.” Ecco il punto dolente. Abbassai gli occhi ripensando alla loro freddezza e agli scherni velenosi a cui ero soggetta. Ruira si accorse della mia esitazione e aggiunse frettoloso:-“So cosa pensi ma sono passati cinque anni! Da loro un’altra occasione. Potrai sempre andartene!” Ci teneva. Lo capii dalla voce. Sospirai, non potevo deluderlo ancora. :-“Va bene. Prenderò lo scalo con te se ci sarà ancora posto.” Nel profondo sperai di no, ma Ruira parve così felice che mi vergognai di me stessa.

Giunti a Londra constatammo che il volo prossimo era la sera. Ma ero stanca e fui contenta quando mio fratello rinunciò a partire per quel dì proponendo il tardo pomeriggio del giorno dopo. Giunti al mio appartamento constatai con gratitudine di avere le chiavi di casa ancora in tasca. Il mio alloggio era ampio. Il salotto era arredato stile yoga con un parquet in legno chiaro e lucido Divani color cremisi disposti a quadrato davanti a una Tv al plasma sotto un arazzo con rappresentante una foresta di bambù, in mezzo ai sofà un tavolino di bambù basso con una fontana piccola di quelle decorative a spina. Poi una porta alla destra conduceva in cucina con tavolo in legno chiaro e sedie cremisi intonate al resto dell’arredamento. Avevo disposto in quasi ogni locale un vaso con palme, due grandi in salotto in anfore e perfino una in camera da letto. Oh il mio letto con legno sempre di bambù! Ampio comodo, lenzuola pulite e morbide di un rilassante blu scuro, mi ci sarei gettata ma prima mi ci voleva una bella doccia calda. Mi tolsi il cappotto mettendolo sull’attaccapanni all’angolo mentre Ruira scrutava l’ambiente con un fischio sommesso:-“Bel posto.” Si complimentò e mentre filavo in bagno mi chiese se gradivo un tè. Diedi risposta affermativa prima di chiudermi la porta alle spalle. Sotto la doccia fu un vero sollievo dopo quel viaggio faticoso e quando fui uscita in accappatoio il dolce aroma del tè nero mi accolse. Ruira stava giusto disponendo le tazze mentre io mi sedevo al tavolo. Ruira non si unì al tè e mi chiese timidamente se poteva usufruire della doccia. Annuii prontamente dandogli una maglietta troppo larga per me che gli potesse andare per la notte. Mentre lui se ne andava ordinai una pizza dato che nel mio frigorifero regnava il deserto. Mio fratello fu ben lieto di trangugiare la pizza come un lupo affamato suscitando ilarità da parte mia, ma d’altronde non ero meglio. Dopo mangiato andai in camera infilandomi una maglia larga e lunga fino alle ginocchia, era semplice comoda meglio delle vesti di Morna questo era certo e fui felice di fare quel cambiamento. M’infilai dei calzettoni di lana e andai in salotto, Ruira stava guardando la televisione massaggiandosi le spalle indolenzito.:-“Questa lunga immobilità è una tortura per me…ouch! Chissà sorella come avrai fatto con quei vampiri chiusa in una buia prigione…” Non replicai non volendo fornirgli altri dettagli sulla faccenda e gli chiesi se voleva un massaggio. :-“Altroché! Mi ci vorrebbe proprio grazie!” Esclamò togliendosi la maglietta. Aveva una schiena ampia e forte solcata da qualche cicatrice che non ricordavo:-“Come te le sei procurato?” Chiesi sfiorandone una, lui scherzò:-“Sul lavoro e…” non concluse ma il tono era sufficiente ridacchiai:-“oho! Erano proprio assetate di te eh?” Iniziai a massaggiare le spalle e il collo con movimenti sicuri premendo sui punti più sensibili.

-“Sempre dura tu eh? Ricordi quando ce lo facevamo a vicenda dopo gli addestramenti?”

-“Già, piangevamo dal dolore ai muscoli.” Sorrisi a quei ricordi infantili ma piacevoli. La mia infanzia non era stata tutta triste come qualcuno potrebbe supporre c’erano anche stati momenti felici ma i miei genitori non l’avevano mandata giù la delusione del fatto che di poteri non ne avevo. trassi un sospiro. Ruira parve capire perché non accennò più alla famiglia. Parlammo del più e del meno parlando delle esperienze sul paranormale. Alla fine si stiracchiò beato:-“Huna, le tue mani si sono fatte più delicate.” Sobbalzai all’appellativo, si ricordava ancora dei nostri soprannomi, “mano di ferro” e “Passo felpato”…Sorrisi triste. :-“Fratello, nel rincontrarti mi vengono in mente pensieri sul passato.” Lui mi squadrò ansioso:-“Ciò ti turba?” Scossi il capo:-“No, ma mi fa venire una certa malinconia. Il tempo fratello. Trascorre e non si ferma mai per permetterti di prender fiato. Distrugge la roccia più resistente, rende più morbido ogni cuore…Ma ci si accorge solo quando è tardi e si è sulla soglia della morte.”
-“come mamma e papà. Penso che avrebbero tanto voluto vederci crescere insieme…” Alla parola di Ruira “insieme” ebbi un brivido, non suonava solo fraterna e nostalgica, ma aveva un significato più oscuro e celato, essendo sensibili alle emozioni di entrambi io e Ruira spesso ci intendevamo senza parole perciò captai quell’intonazione. Ma la lunga distanza di anni che ci aveva separato mi fece ridere di me stessa, ero una sciocca! Mi ero fatta influenzare troppo dalle parole di Morna. Forse mio fratello intuì qualcosa perché alzò il capo scrutandomi penetrante:-“C’è qualcosa che non va?” Mi affrettai a rispondere:-“No, non è nulla, sono solo un po’ stanca.” Non era menzogna. Ruira si stiracchiò soddisfatto, la sua schiena era perfetta, ampia e muscolosa, beh, anche la mia ma naturalmente non si poteva paragonare. Sbadigliai coprendomi la bocca con una mano. Avevo pensato di far dormire Ruira sul divano che era ampio e comodo ma nel momento in cui gli augurai la buonanotte compresi che per lui non sarebbe stata per nulla una buona nottata. La sua espressione si fece rassegnata. Mi venne in mente un’idea avventata:-“Ruira, ti va di dormire con me? In senso…come quando eravamo bambini…” Lui mi guardò e il suo volto si fece luminoso ma aggiunse dubbioso:-“Non so…Sarà poi una buona idea sorella? In fondo sono un uomo…” Borbottò imbarazzato, gli diedi un pizzicotto sulla guancia tirando lievemente, eh il mio caro fratellino se era maggiore di soli due anni mostrava ancora quel suo lato tenero del carattere che tanto mi piaceva ma che ai nostri genitori non era mai andato a genio.:-“Devi essere più duro Ruira, i vampiri non saranno tanto carini con te, sei un Devastatore e una minaccia per loro.” Gli aveva sempre ribadito papà mentre con me si esasperava sempre e perdeva la pazienza dicendo che ero un caso disperato. Mentre spegnevo la luce nella stanza ripensai ai miei genitori e parenti, mi mancavano? Volevo rivederli? Probabilmente non era il massimo dei miei desideri. Abbracciai il ventre di Ruira che si girò verso di me sussurrando nell’oscurità della camera:-“Huna?” Gli stampai un bacio sulla guancia accarezzandogli i capelli morbidi al tatto:-“Dormi fratello.” Con lui tornammo all’infanzia.

feci uno strano sogno, vedo una bestia nera che balza in aria alla luce della luna, sento grida spaurite e scintille infuocate mi balzano negli occhi accecandomi qualcuno mi chiama:-“Huna! Huna!” Ma non riesco a rispondere…Di colpo balzai a sedere, madida di sudore, il sogno era ancora vivido nella mia mente, mi sentivo molto debole e fiacca, guardai di sfuggita l’orologio al comodino accanto al letto, segnava le otto e mezzo, avevo dormito molto nonostante tutto come…morta…la debole luce del sole nel cielo plumbeo mi destò completamente, piano senza svegliare Ruira mi tolsi il suo braccio passato attorno al mio ventre e mi alzai. Dovevo farmi una bella doccia rinfrescante, mentre mi spogliavo fissai il mio riflesso. Capelli scarmigliati, occhiaie e come decorazione bonus pelle pallidissima. Non mi sentivo molto bene. Dopo essermi lavata mi sentii meglio, un profumo di tè attrasse la mia attenzione verso la cucine ove mi diressi, Ruira era desto e stava versando del latte in una tazza colma di tè. Mi avvicinai sbadigliando:-“…Giorno…” Lui alzò gli occhi su di me e sorrise:-“Buondì…Sai oggi ho dormito bene dopo molto tempo.

-“Ne sono contenta.” Biascicai buttandomi sulla sedia esausta malgrado un nuovo giorno avesse appena avuto inizio, lui mi squadrò preoccupato:-“Sei sicura di sentirti bene?”

-“In effetti no.” Ammisi raccontandogli del sogno. Alla mia conclusione lui si rabbuiò:-“La bestia…come l’hai descritta…sembrerebbe il Gramo…forse hai avuto una premunizione!” Esclamò diventando d’un tratto gaio.

-“No…non credo lo sai che sono priva di qualsiasi potere…”Borbottai in risposta.

-“Potrebbe mostrarsi per contatto oppure in determinati casi Huna, nessuno può conoscersi a fondo.” Insistette.

-“Siamo in vena di dottrine Zen, fratellino?” Ridacchiai sorseggiando il mio tè e scaldando le mani fredde attorno alla tazza piacevolmente calda. :-“Sempre! Come dice il saggio…la natura chiama!” Esclamò fuggendo in bagno. Trascorsi piacevolmente la giornata anche se i messaggi in segreteria telefonica erano tutt’altro che confortevoli, qualche mio cliente mi aveva chiamata per chiedere appuntamento e molti messaggi della polizia richiedevano qualche consiglio. In primis chiamai il commissariato e li avvisai che non avrei potuto aiutarli per un lasso di tempo indeterminato…il commissario Rudolph non parve molto contento ma acconsentì, stranamente accondiscendente:-“Hai ragione, devi staccare la spina per un po’, ce la caveremo senza di te anche se un Devastatore ci sarebbe convenuto…” La sua voce come al solito burbera dava notizie angeliche. Riagganciai e sospirai. Non volevo  che il mio conto in banca rimanesse fermo, solitamente lo fornivo periodicamente col mio salario ma per un po’ sarei stata assente quindi, pazienza. Dopodiché passai a digitare il numero di Rachel, una mia cara amica dell’università che praticamente mi aveva sommersa di fax. La prima cosa che fece quando la salutai fu un urlo di gioia poi un aspro rimprovero (durante il quale allontanai il ricevitore dall’orecchio per non rovinarmi l’udito) e un migliaio di domande alle quali risposi evasivamente:-“Senti ti spiegherò dopo questa avventura per così dire, non posso parlare a lungo ho in casa un ospite…”
-“Ahh…Ti sei svegliata finalmente…com’è? È carino?” Stava diventando maliziosa e io odiavo i fraintendimenti perciò mi affrettai a replicare acida:-“è mio fratello Rachel…” Silenzio poi un urlo:-“Tuo fratello?! Ma non eravate…” La interruppi prima di diventare troppo sorda:-“No senti…ti spiegherò tutto…ora però non posso proprio…”

-“Va bene, poi però mi dirai tutto…quando ci vedremo?”

-“Spero al più presto ma temo che sarà per le lunghe…”

-“Ok. Ci sentiamo allora. Ciao.” Riattaccò subito dopo. Ero abituata al suo modo brusco di interrompere le conversazioni e poi anche lei ci aveva fatto callo con il mio lavoro strambo e gli orari incongrui. Conducevo una vita infernale. Misi la cornetta giù, l’orecchio fumante. -“Chi era Huna?” Ruira era sull’uscio del bagno sfregandosi i capelli con l’asciugamano. :-“Nessuno, solo un’amica.” Sorrisi andando ad aiutarlo,lui accettò con evidente soddisfazione anche se dovette chinare il capo per permettermi ad arrivare alla sua testa:-“E proprio un peccato per i tuoi capelli…” dissi e lui sospirò:-“Dispiace anche a me, però mi da un’aria vissuta da intellettuale no?” Scherzò ridendo. Svolsi gli ultimi preparativi e le valigie mentre Ruira mi disse che sarebbe andato a visitare la città Londra dato che non ne aveva avuto mai molto tempo:-“E una passeggiata e quello che mi ci vuole per rilassarmi.” Concluse prima di andarsene. Io dal canto mio non gliel’avrei sicuramente impedito, se dovevo preparare i bagagli preferibilmente lo svolgevo in solitudine. Così quando ebbi finalmente chiuso con uno scatto la grossa valigia tirai un sospiro di sollievo, avevo portato con me un arsenale di armi e in aeroporto sicuramente avrebbero fatto lagne nonostante i miei documenti che mi qualificavano come Devastatrice e collaboratrice soprannaturale della polizia, forse sarei stata costretta a chiamare persino Rudolph ma sperai che non fosse necessario. Intanto Ruira fece il suo rientro. :-“Gustata con calma Londra è una città splendida.” Non gli dissi di visitare i bassifondi della città di notte altrimenti sarei stata troppo cattiva perciò non replicai rispondendo solamente con un sorriso. Il sole stava tramontando perciò dissi calma:-“Sono le sei. Dobbiamo andare.” Ruira aggrottò le sopraciglia:-“Ma il volo è per le sette e mezzo.” Protestò. Risi piano per non sembrare troppo derisoria:-“Oh fratello penso che ne avremo per le lunghe con le autorità, ho portato con me un arsenale di armi per un dirottamento aereo al completo.” Lui non parve d’accordo:-“Non penso che i nostri parenti possano aggredirti e non ne vedo il motivo.” Disse con un tono da rimprovero, feci una smorfia:-“Mica voglio muovere guerra contro un intero clan di Devastanti! Ma sicuramente i cugini e gli zii vorranno che mi unisca a loro nella caccia a vampiri in qualche cimitero buio e abbandonato come se fosse lo sport più divertente del mondo e perciò preferisco adoperare le mie armi personali.” Sorrisi affabile ripensando alla mia Kronos donatami alla nascita da mia madre che veniva tramandata di generazione in generazione l’ultima cosa che mi aveva detto prima di morire e che sperasse che fossi degna per quell’arma, ripensandoci mi viene da ridere, la Kronos era la compagna più fidata che avessi. Poi un arsenale di pugnali dai tre pollici fino ai quindici in su tutti d’argento. Pallottole normali di piombo poi quelle d’argento e possedevo perfino un arco con frecce a punta di mercurio come veleno ma quelle non le avrei portate, mi sembrava eccessivo. Come previsto in aeroporto fui fermata al metal detector ma dopo aver mostrato i documenti mi lasciarono passare e non dovetti telefonare al commissario, se quella non era una fortuna! In aereo mi addormentai di colpo mentre Ruira guardava fuori dal finestrino. Quando infine giungemmo all’aeroporto di Paisley a Glasgow  venne a prenderci in auto nostro cugino Brinsley, lo ricordavo vagamente avevamo dieci anni di differenza perciò doveva avere trent’anni. Era vestito di nero come sul lavoro e sembrava più una guardia del corpo che un Devastante e come scoprii più tardi lo era veramente. Ci salutammo formalmente e non pensai di dargli confidenza in fondo non ci conoscevamo che di vista. Come quasi tutta la famiglia degli MacDiarmid aveva capelli rossi e occhi verdi niente di speciale se non fosse per la sua stazza di due metri, la nostra famiglia non poteva vantare in altezza ma lui faceva eccezione poteva diventare un giocatore da rugby senza dubbio. Dopo un poco scorsi i monti Monadhliath a i Cairngom. Il mio clan abitava vicino ad Aviemore tra il fiume Spey ed il suo affluente Avon che nasceva dal monte Ben Macdui in un antico maniero che si diceva avesse origini remote fin dalle invasioni di Strongbow del XIV  secolo. Le mura cupe del castello di Diarmid mi fecero accapponare la pelle, erano le undici e mezzo, quasi tutte le finestre del maniero erano accese e ammiccavano in lontananza. Ruira mi guardò apprensivo ma io finsi di non notarlo fissando il paesaggio fuori dal finestrino. L’auto alla guida entrò attraverso il cancello e postò nel cortile esterno con le gomme che scricchiolarono sulla ghiaia, scesi veloce. Brinsley scaricò i nostri bagagli poi disse rude:-“Muoviamoci mio padre ci aspetta.” Già zio Dylan. Non appena entrai Brinsley scomparve con i miei bagagli in spalla, la scena era davvero imperiosa una valigia che facevo perfino io fatica a portare ma che lui riusciva a sollevare come se fosse stata una piuma. Feci per protestare però quando non mi permise di venirgli dietro per vedere dove portasse la mia roba e soprattutto, come l’avesse depositata ma non fiatai appena mi perforò con un’occhiata che stava per dire <> così stetti buona guardando la mia adorata valigia andarsene sopra un energumeno dal cervello di un primato. Naturalmente tra i miei zii non scorreva buon sangue e lo dimostrammo a pieno al momento del saluto, una stretta formale, qualche domanda di luogo tipo “come stai?” “Ma come sei cresciuta!” E inezie varie, ma perché le persone si ostinavano ancora con tali quesiti talmente abituali? Non si rendevano conto di quanto risultasse ridicolo? Un po’ di originalità per favore! Roteai gli occhi quando si voltarono per precederci alla sala da pranzo. Ruira mi scoccò un’occhiata preoccupata, gli feci una smorfia alla bambina dispettosa e lui per poco non si tradì soffocando a stento una risatina, bastava poco per tranquillizzare il fratellone! A tavola mangiammo prendendocela con calma, Dylan era a capo tavola mentre zia Trudy al suo opposto come capofamiglia di riguardo, se! E io sono un pinguino che balla nei tropici. Io ero alla destra del mio “amatissimo” zio con Ruira di fronte che talvolta mi lanciava delle occhiate di ammonimento quando rispondevo con parole spicce e prive di finezza, durante una conversazione sui vampiri con zio Dylan osò darmi persino un calcio quando l’avevo contrastato sul fatto che forse anche i vampiri avessero un’anima. :-“Quei mostri cara, è impossibile che ne possiedano una.” Aveva concluso sicuro di sé bevendo poi un sorso di vino dal calice. Me ne approfittai per rispondere con un altro calcio a Ruira, più forte stavolta, lui fece una smorfia di dolore ma solo per un secondo prima di tornare serio. Cupa mi misi a guadarmi attorno senza dar attenzione. La sala grande non era cambiata da allora, le finestre strette e lunghe davano la vista su Aviemore a valle mentre alla parete opposta gli stessi sgargianti arazzi con su i simboli della famiglia MacDiarmid spiccavano vividi esattamente come cinque secoli fa. Era molto antica la mia famiglia, la più potente di tutta l’Inghilterra se non il mondo, in più oltre alla nobiltà i miei zii avevano diverse proprietà sparse per il mondo e facevano attivamente parte della vita politica. Naturalmente non potevano non darsi delle arie stando ben attenti alle amicizie e chi frequentare in base alle sostanze materiali, disgustoso. Come faceva Ruira ad abitare sotto lo stesso tetto di quegli ipocriti arroganti?

-“…Allora volevo invitarti alla caccia di stanotte Huna ma penso che dopo il viaggio sarai stanca…” I miei pensieri furono improvvisamente interrotti dalla voce fastidiosamente melliflua dello zio, aveva accentuato quel “stanca” come per dire <<è un viaggetto da nulla per noi ma per una persona senza doti particolari sarà troppo.>> ma naturalmente non potevo ribattere bruscamente perciò finsi di non captare il messaggio tra le righe sorridendo amabile:-“In effetti non mi sento particolarmente in forma zio Dylan, con tutto il rispetto vorrei ritirarmi nel mio alloggio.” Lui annuì apparentemente compiaciuto ma avrei messo la mano sul fuoco che mentalmente si stava corrodendo il fegato. Nell’alzarmi zia Trudy aggiunse una delle sue:-“Certo cara, ti unirai domani notte a noi, vero? Se ti sarai ripresa naturalmente.” Disse sorridendo sarcastica. Digrignai i denti. Gliel’avrei fatta vedere! Mi diressi a passi pesanti nei piani superiori alla cieca perché non ci vedevo dalla rabbia, perché ero tornata da loro, non ero obbligata dannazione! Maledissi la mia stupidità e solo allora mi accorsi di correre a perdifiato per un corridoio deserto.  Senza essermene data una ragione ero corsa ai piani superiori, forse per il semplice motivo che da bambina per rifugiarmi dalle angherie dei cugini scappavo in soffitta, ma non ero più la mocciosetta piagnucolona di un tempo, era giunto il giorno che mi facessi coraggio e proseguissi la battaglia a testa alta. Mi appoggiai al vecchio muro di pietra, stando attenta a non urtare un l’angolo di un quadro con raffigurato un avo, un ometto brutto dal naso aquilino e occhialini rotondi, ricordava vagamente un esorcista. Col fiatone accostai la schiena al muro con le palme sudate contro esso, rinfrescandomele. Ad un tratto una voce mi fece sobbalzare. :-“Huna…Stai bene?” Era Ruira. Gli voltai la schiena bruscamente:-“Lasciami in pace! Tu e la nostra famiglia! Per quale oscuro motivo sono venuta qui? Accidenti a te!” Sbraitai con foga con lacrime di furore negli occhi. Sentii Ruira muoversi agitato. :-“Huna…Io non…” Lo interruppi:-“Taci! Lasciami in pace!” Voltai di scatto la testa guardandolo negli occhi colta da un’ira inspiegabile:-“Cosa vuoi capirne tu?!stupida bestia!” Solo troppo tardi mi resi conto delle parole che gli avevo gridato contro, parole crudeli e ingiuriose. Coprii la bocca con una mano mentre le lagrime cominciarono a sgorgare irrefrenabili. Ruira sgranò gli occhi innocenti poi abbassò il capo remissivo:-“Perdonami sorella, non volevo disturbarti…” Sussurrò voltandosi. Corsi da lui abbracciandolo di schiena:-“No fratello! Scusami…scusami se puoi…Non è colpa tua…io non avevo intenzione di rivolgerti tale frase ingiusta…Non so perché l’ho fatto…” Singhiozzai, lui si girò rispondendo al mio abbraccio carezzandomi la testa e sussurrandomi parole confortanti:-“Andrà bene Huna, sei solo stanca, calmati ora. Ti conduco nella nostra vecchia stanza…” Alzai di scatto il capo fissandolo stupita, gli occhi arrossati:-“Come?! La camera è quella della nostra infanzia?” Chiesi. Lui sorrise triste:-“Dalla tua partenza l’ho chiusa a chiave e non ci ho messo più piede perché mi ricordava troppo i nostri momenti passati, nulla è mutato. Ho fatto solo spolverare dai domestici con il permesso dello zio…ma se non vuoi dormirci…” Balbettò arrossendo di colpo. Gli cinsi la vita strettamente esclamando:-“No! No! Mi va benissimo! Grazie fratello mio!”

Ruira aveva ragione, la camera non era mutata. I due letti a baldacchino ognuno al proprio angolo e in mezzo il tavolino con le lampade erano rimasti immutati. Vi erano persino libri e soldatini di piombo sparsi in giro come se un bambino un secondo fa li avesse abbandonati per una breve assenza. I miei piedi frusciarono sul tappeto persiano mentre Ruira mi conduceva per mano emozionato come un bambino:-“Ti ricordi quando giocavamo ai briganti?” Risi gaia:-“Si e noi facevamo sempre i buoni mentre Brinsley e gli altri impersonavano i ladri!” Lui si unì alle mie risate. Ci sedemmo sul bordo del letto e là Ruira mi abbracciò nuovamente bisbigliando:-“Promettimi che non te ne andrai mai più sorella, io ti voglio bene.” Sorrisi baciandogli la guancia:-“Per quanto noi saremo lontani nemmeno i chilometri potranno separarci.”

Mio fratello divenne di colpo cupo e io pensai che fosse per le mie parole che non lo avevano soddisfatto invece poco dopo mi fissò serio:-“Huna…Io non ti ho detto una cosa importante per paura che tu non saresti venuta.”

Lo guardai di rimando incuriosita. :-“Cosa dovrei sapere?”

Lui voltò il viso di lato per non vedere la mia espressione

:-“Huna…Gli zii vogliono che io ti sposi.”

 

 

 

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Capitolo 3
*** Fuga ***


Da quel giorno al calar del sole Morna mi faceva sempre visita

Restai di stucco, immobile, gli occhi sgranati. Nella mia mente i pensieri mi sconvolsero come uno tsunami. Le parole di Morna tornarono a sussurrarmi nell’orecchio<>. La voce divenuta stranamente acuta mi aggrappai al braccio di Ruira:-“Dimmi che non è vero…che è tutta una finta…” Lui non rispose abbassando il capo. Mi scostai confusa:-“Non può essere, perché diamine…NOI SIAMO FRATELLI!” Urlai all’improvviso facendolo trasalire. Balzai in piedi cominciando a girare in tondo per la stanza, le mani tra i capelli, non poteva essere vero…non doveva…

-“Huna…calmati, lascia che ti spieghi.” La voce pacata di Ruira penetrò nella mia mente in delirio, mi fermai a guardarlo. Lui si tormentò le mani:-“Pensavo lo sapessi, tutte le coppie sposate nella nostra famiglia hanno affinità parentali. I nostri zii sono cugini, anche mamma e papà lo erano.”

-“Ma è inconcepibile! Noi siamo fratelli in più! Abbiamo un legame di sangue più stretto!” Protestai stringendo le mani in pugno furibonda:-“Tu non dici nulla? Per te è uguale chi sposi? Una mucca o tua sorella?” Sul bel volto di Ruira si contrasse un nervo dal furore:-“Non mi è indifferente! Ma cosa devo fare? È la legge del clan e noi vi facciamo parte, volenti o nolenti! Io ti voglio bene lo sai e col tempo impareremo entrambi ad amarci.” Concluse come se la questione fosse finita lì, naturalmente si sbagliava se pensava che poche dure parole potessero far tacere me:-“Ma è proprio questo il punto Ruira! Noi proviamo affetto solo come due buoni fratelli! Se obbedissimo agli zii il nostro rapporto diventerebbe troppo contorto e impuro! Io non sono parte del clan per il sangue che scorre nelle mie vene perché non voglio!” Incrociai le braccia. Ruira fece per ribattere perché si alzò in piedi per affrontarmi ma una smorfia di dolore gli contrasse il volto. Con sommo orrore vidi che il tatuaggio si era esteso lungo il braccio serpeggiando fino a sparire sotto la T-shirt nonostante il braccialetto vodoo. Ruira stese il braccio imprecando tra i denti. Gli corsi incontro aiutandolo a stendersi sul letto preoccupata:-“Sta’ qua! Vado a chiamare qualcuno!” Feci per correre via ma lui non me lo permise afferrandomi per un gomito:-“No…Resta con me, tra poco passerà…” Riuscì a dire tra i stenti del dolore. In ansia gli obbedii controvoglia, non volevo che mio fratello soffrisse, lui chiuse gli occhi ansimando. Gli accarezzai dolcemente la testa e lui sorrise pallido:-“Dammi la mano sorella.” Gliela misi in palmo e lui la strinse confortato. Poco dopo i suoi respiri si fecero regolari, era caduto in un sonno profondo. Con sollievo notai che il marchio si ritirava. Quali atroci tormenti doveva provare Ruira combattendo contro quell’entità malvagia nel suo corpo? Mi sentii tremendamente in colpa ma non potevo comunque sposarlo. E dentro di me capii che se Morna non fosse mai esistito le cose sarebbero state forse più semplici per noi.

Il giorno dopo me ne stetti per lo più nella nostra stanza. Il fatto di ieri sera fu dimenticato come se mai fosse accaduto, col giungere la sera preparai le mie armi caricando la Kronos e lucidando Zaroc. E come avevo previsto un cameriere venne ad annunciarmi l’invito alla caccia. Era giunta l’ora di mostrare quanto valevo. La notte era limpida e fresca. Perfetta per ammazzare dei vampiri. Il cimitero che scelsero era quello del villaggio. Secondo varie fonti vi si aggirava un gruppo di redivivi forestieri che già da un paio di giorni avevano accumulato vittime. Ci sparpagliammo per il cimitero dividendoci in gruppi da due, aspettando il momento buono. Ruira naturalmente era con me. Poggiando la mia schiena contro una lapide emisi un sommesso sospiro.

-“Non mi hai detto una cosa.” Disse improvvisamente Ruira rompendo il silenzio.

-“Cosa c’è?”

-“Il vampiro…Quello che ti ha comprata all’asta illegale, tu mi hai raccontato che gli sei sfuggita, ma non ti ha dato la caccia? E poi come hai fatto? Un vampiro di quattro secoli, solo una volta ci è capitato di incontrarne uno così anziano e per eliminarlo abbiamo dovuto attaccarlo in dieci, tre dei nostri più forti sono morti.”

Restai in silenzio. Lui era in attesa della mia risposta lo sapevo ma non avevo idea di cosa inventarmi. Feci vagare lo sguardo in giro per farmi venire uno straccio di giustificazione quando un fruscio proruppe l’aria. Con cautela mi sporsi oltre la lapide di pietra e ringraziai il cielo per quella interruzione. La banda dei cari non morti era arrivata. Intimai Ruira ad avvicinarsi. Lui strisciò al mio fianco sussurrando:-“Dobbiamo attendere il segnale…” Scossi il capo. :-“Sono solo in sette e giovani, al diavolo! È giunta l’ora di improvvisare!” Ghignai e prima che lui riuscisse a fermarmi saltai in piedi estraendo la Kronos facendo fuoco. Al mio atto si slanciarono anche i devastanti più giovani mentre i veterani imprecando restavano in retro linea. In un istante scoppiò il pandemonio. Uccisi uno della banda colpendolo alla tempia con un colpo e mi diressi da quello che sembrava il capo. Un vampiro dai corti capelli neri sparati in aria e occhiaie nere, era vestito elegantemente con una camicia bianca e cravatta. Alla mia vista mostrò le zanne e mi atterrì prima che riuscissi a reagire in tempo, la Kronos volò in aria e atterrò a poca distanza. Lo maledissi. Dandomi slancio con le gambe mi liberai atterrando sulle ginocchia recuperando velocemente la pistola. Lui di colpo si fermò, forse sapeva che non aveva via di fuga perché i suoi compagni erano stati ammazzati quasi tutti e i restanti due stavano battendo la ritirata con alcuni cacciatori alle calcagna. Col fiatone le mani strette in pugno urlò:-“Coraggio devastante! Uccidimi! Sono un tuo nemico no?” intimò le braccia aperte. Esitai mio malgrado a tale invito. Perché non scappava? Senza accorgermene ero cascata nella trappola psicologica che mi aveva preparato. La mia breve esitazione bastò per ribaltare la situazione. Slanciandosi con impeto in aria mi atterrì. Un ghigno ampio gli schiuse le labbra nere:-“se tu non uccidi me, devo farlo io.” Scoprì le zanne pronto ad attaccare. Sguainai Zaroc ma prima che potessi agire Ruira si buttò sul vampiro togliendomelo di dosso con un ringhio feroce. Il redivivo emise un verso mostruoso afferrandolo per la gola. Una magia impetuosa si sprigionò attorno ai due e mi resi conto di aver fatto male a sottovalutare il capo, era anziano almeno di 2 secoli a dispetto degli altri membri più giovani. Feci per intervenire ma Ruira mi spinse indietro brutalmente incitandomi a stare lontana. Con vigore si staccò di dosso il non morto ma egli lo afferrò per la vita e con una forza disumana lo scagliò contro una lapide che si frantumò con un rumore sordo. Disperata mi guardai attorno, dove diamine erano gli altri? Con orrore constatai che quelli che non si erano lanciati all’inseguimento dei fuggitivi non riuscivano ad avvicinarsi a più di due metri da noi. Il vampiro aveva eretto una barriera magica. Al mio stupore ghignò. :-“E ora…vediamo di concluderla qui.” Disse. Un rumore sordo ci paralizzò entrambi, Ruira si era alzato ma non era più mio fratello. Il suo viso era in preda all’agonia e alle convulsioni. Con orrore vidi il suo tatuaggio estendersi fino a metà volto. Con un urlo agghiacciante cadde a terra strisciando verso di me:-“Sorella…Fuggi…” Disse fra i stenti. Già, avrei tanto voluto farlo perché ero in grave pericolo. Da una parte un vampiro secolare dall’altra l’amatissimo fratellino che si stava tramutando in un amabile cuccioletto “innocuo”. Rabbrividii stringendo l’elsa di Zaroc, e ora che caspio potevo fare? Nel frattempo il redivivo affamato (lo era sicuramente, mi sembrò per un istante udire il suo stomaco brontolare…uhao! Un’altra cosa nuova che si aggiunge alla mia lista!!!), balzò all’attacco. Mi preparai a fronteggiarlo quando un ringhio sordo e un peso disumano mi atterrirono alle spalle. Cazzo! Mi ero dimenticata di Ruira! A parte che non era più umano ma un demone dall’aspetto di un cane nero gigante, col pelo lungo e folto fino a terra, gli occhi grigi mi fissarono inquietanti, paralizzata rimasi distesa a pancia in giù sul terreno umido, trattenei il respiro mantenendo il suo sguardo pensando intensamente di non avere paura…macché! Avevo un terrore folle. Per mia somma grazia la bestia distolse l’enorme testone volgendosi verso colui che poco prima era talmente spavaldo ma che ora sembrava sul punto di fuggire. Ma prima che potesse muovere un solo passo il gramo gli fu addosso gli artigli protesi e le fauci spalancate in un ringhio assordante. Il redivivo fu catapultato all’indietro con gli artigli conficcati nel petto, emise un urlo acuto interrotto dal sangue che vomitò dalla bocca e quello fu anche il suo ultimo grido perché perì subito dopo dilaniato dalla belva. Immediatamente la barriera si dissolse la sentii crollare attorno a noi. Ora dovevo solo pensare a scappare ma non ci riuscivo. Ero come quella volta con Morna che aveva utilizzato l’ipnosi su di me, solo che stavolta si trattava di terrore allo stato puro. Le braccia inerti lungo i fianchi chinai il capo in sconfitta. Non sarei comunque riuscita a scappare, il gramo mi avrebbe raggiunta in pochi balzi. Il demone soddisfatto della prima carneficina si apprestò a compierne un’altra, voltandosi verso di me, mi fissò per un lungo istante. Concepii che mi stava esaminando e nei suoi occhi lessi la mia morte. Soffocai un singhiozzo. Ero impotente. Se in un’ipotesi remota fossi riuscita ad eliminare il gramo, Ruira sarebbe morto, allora tanto valeva che crepassi io. Alzai le braccia incitando ad alta voce:-“Allora che aspetti mostro! Ammazzami coraggio!” Il mio invito non si fece attendere, la belva partì in corsa e io chiusi gli occhi aspettando i suoi artigli conficcarsi nel mio cuore. Nell’aria immobile riecheggiarono degli spari. Una, due, tre volte. Un ringhio mi fece uscire dalla trance. Il gramo era caduto a terra, dal suo collo spiccavano tre belle freccette narcotizzanti, essa cercava ancora di dibattersi per rialzarsi ma per fortuna non ci riuscì. I soccorsi erano arrivati. Cominciai a piangere cadendo a terra. Quella notte era stata troppo. Vomitai tutta la mia cena poi piombai a terra. Svenni.

Mi destai più tardi, scoprendo di trovarmi nella stanza mia e di Ruira. Stordita mi massaggiai le tempie gemendo piano.

-“Ah, ti sei svegliata finalmente.”

Alzai di scatto la testa e rischiai di svenire di nuovo. La schiena poggiata contro la porta e le braccia muscolose intrecciate, mio cugino Brinsley mi fissava arcigno. Mi alzai piano:-“Cos’è successo?”

-“hai combinato un gran casino rovinando il nostro schema d’attacco. Mio padre è furioso.”

-“Ruira…Lui…Dov’è?” Chiesi ansiosa. Brinsley ghignò poco amichevole.:-“è nei sotterranei…ancora sotto forma di micio.”

-“Devo andare da lui.” Dichiarai alzandomi piano. Indossavo gli stessi abiti da sterminatore (tipo matrix N.d A), per fortuna e la Kronos era accanto a me…Andava tutto bene…tutto bene, già col cazzo se andava bene.

-“Non puoi.” Mio cugino si piantò davanti alla porta minaccioso, torreggiando sopra di me con la sua stazza da wrestler.

-“Levati merda! Devo vederlo!” Vociai battendo i pugni sul suo petto, ma era come farlo con un armadio. Brinsley mi fermò i polsi in una ferrea morsa:-“No è pericoloso. E poi mio padre mi ha ordinato esplicitamente di non farti uscire di qui. Ti chiamerà lui più tardi. Deve parlarti di una cosa…importante.” Ghignò. Mi sentii male. Intuivo di cosa volesse parlare. Mi afflosciai piano sul mio letto angosciata. Brinsley parve molto contento della mia depressione perché aggiunse:-“Chissà di cosa si tratterà? Tu cosa pensi?” Non risposi alla provocazione altrimenti avrei fatto il suo gioco mi limitai a tacere.

Passò un’ora interminabile con mio cugino che ogni tanto mi lanciava dei sorrisi cagneschi e io che tentavo di ignorarlo al mio meglio possibile continuando a ripetermi che nel fargli un foro in fronte avrei soltanto complicato le cose a mio svantaggio. Infine giunse un maggiordomo a bussare alla porta che portò il seguente messaggio di mio zio:-“Il Signore ha chiesto esplicitamente di lei, Ms MacDiarmid.” S’inchinò mentre Brinsley si tirava da parte facendomi passare. Deglutii. Il vecchio mi ricevette nello studio, un luogo che io odiavo, pieno zeppo di libri neri e alcuni macabri ritratti dei nostri antenati ci fissava da angoli bui, forse aveva intenzionalmente scelto tale luogo dato che quand’ero piccola era abitudine che per punirmi eseguisse prima una sentenza a base di torture psicologiche. Ancora ora nei miei incubi odo la sua voce burbera che mai si è ammorbidita nel rivolgermi la parola. Ora se ne stava là, seduto dietro la scrivania d’ebano, le dita incrociate sotto il mento, esattamente come tanti anni fa or sono. Appena il domestico chiuse la porta lasciandoci soli incominciò invitandomi a sedere. Molto gentile da parte sua…Mi accomodai sulla poltrona nera di pelle che emise un sospiro quando vi poggiai il mio didietro. Le cose sarebbero andate per le lunghe, ne ero più che certa, ma ora che il momento era giunto non mi sentivo più tanto timorosa, volevo farla finita e basta. Via il dente, via il dolore, come si suol dire.

-“Innanzitutto Huna, per quanto riguarda la faccenda di stanotte…” Incominciò ma mi affrettai ad interromperlo:-“Si lo so, ho combinato un gran casino non rispettando il piano precedentemente stabilito e me ne rincresce <>.” Dissi roteando gli occhi all’in su come se nessuno fosse morto, anche se in realmente caddero ben tre devastanti come seppi più tardi, beh, mi dispiaceva per loro ma meno MacDiarmid in circolazione, tanto meglio…Sbuffai, ora ci sarebbe stato il famoso “Per stavolta passi ma la prossima…”

-“Per stavolta passi anche se la tua azione meriterebbe una punizione ma dato la mia magnanimità…”  Ecco, appunto, come dicevo no? :-“…Poi volevo parlai di un’altra questione…”

Eccoci al dunque, Giunsi le mani come in preghiera di nascosto, facendo una piccola preghierina. :-“Ruira, tuo fratello, è un giovane dalle spiccate qualità e un origine dignitosa…”

-“Ebbene?” Chiesi ingenua. Volevo complicargli il lavoro.

-“La nostra famiglia discende dal più antico MacDiarmid, anticamente denominati come Diarwic o “cacciatori di demoni”, per preservare il nostro status sociale ci siamo uniti ai nostri consanguinei. Come la tradizione vuole dovrai sposare Ruira.” Concluse.Era stato ammirevole, schietto e conciso, ma d’altronde era sempre tale. Ora veniva la mia parte.

-“Non posso.” Dichiarai pronta. Lo zio mi fissò come se fossi nata ieri poi parlò ruvido:-“Come mai? C’è un altro uomo che ami?” La mia risposta naturalmente era negativa in ogni caso. Perché se anche ci fosse stato un uomo e io da brava sempliciotta lo avessi rivelato, entro pochi giorni da lì, sicuramente sarebbe stato tolto di mezzo (chissà se funzionava anche con i vampiri secolari…). Scossi il capo in diniego:-“No. Ma è comunque mio fratello Ruira e non voglio compiere un peccato di sangue…”

-“Dio ci perdona perché noi lo facciamo per la sopravvivenza della specie umana, i suoi figli, cara.”

-“La Bibbia dice che…”

-“La Bibbia dice! DIO CI HA PARLATO! NON UN LIBRO!!!”

-“è una leggenda…”

-“Noi siamo i discendenti degli Arcangeli tesoro e dobbiamo continuare ad estirpare la feccia, umana o ultraterrena che sia.”

-“Non voglio .”

-“Tu parli così perché Ruira è affetto dalla maledizione. Hai paura, provi ribrezzo nei suoi confronti.”  Ecco la pressione psicologica!

-“Non è così, Ruira è ciò che a me sta più caro, ma non sta qui il punto.”

-“C’è qualcosa che nascondi…”

-“Non nascondo nulla…” Tenni duro fissandolo apertamente negli occhi in una muta sfida.

-“Tu lo sposerai. Dovrai crescere suo figlio.” Notai che accentuò suo quindi avevo il compito di una nursery…stronzo…

-“Perché se sarà suo figlio dovrò crescerlo io?”

-“Tu lo partorirai e lo crescerai. Ruira sta morendo Huna, non può resistere a lungo in quello stato. Ma sono sicuro se tu gli procurerai la gioia di un figlio e vivrai al suo fianco avrà più possibilità di respirare su questa terra a lungo.”

-“RUIRA NON MI AMA COME DONNA MA COME SORELLA!!!” Sbraitai stringendo i pugni in grembo. Rivelai il mio punto debole il. Il vecchio sorrise bieco, per lui era una bella rivelazione mentre su di me si versava il veleno del dubbio.

-“Ne sei sicura? Non provi nemmeno un po’ di pena per tuo fratello che durante la tua assenza non ha fatto che pensarti? Lui se vive lo fa perché voleva vederti, altrimenti si sarebbe già tolto la vita per non creare intralci nella nostra famiglia. Devi mantenere la tradizione. È un tuo dovere, il nostro sangue scorre nelle tue vene e tu non puoi farci nulla…Il matrimonio si celebrerà all’inizio della primavera. Fintanto tu vivrai qui sotto spoglie di fidanzata.” Concluse alzandosi. Feci per protestare ma dei domestici fecero irruzione trascinandomi via.

-“Almeno dammi il permesso di vedere Ruira!” Strepitai scalciando. Mio zio si bloccò:-“è nei sotterranei ancora sottoforma di Gramo temo. E non penso gradirà molto la tua visita, ma se insisti…” Ghignò battendo le mani. Il colloquio era concluso.

Mi condussero nei sotterranei, come potevano trattare mio fratello in quella maniera? Come potevano solo osare…Senza tante cerimonie mi scagliarono nella cella richiudendo la porta con un cigolio sordo. Rimasi in ginocchio strofinandomi i polsi, le guardie del corpo non conoscono la parola “delicatezza”.

Il gocciolio sordo dell’acqua mi fece accapponare la pelle. Udii uno sferragliare di catene e mi voltai. Ruira era là, in catene. Era nuovamente umano, ma estremamente debole. Lentamente alzò il capo:-“Hu…Huna?” Balbettò.

Mi avvicinai a carponi, sfiorandogli una gota:-“Sì fratello sono io, adesso ti libero…”

-“NO!” Gridò disperato ritraendosi.

Rimasi di stucco, le mani a mezz’aria,impotente:-“Perché no?”

-“è rischioso…Non ancora…Ah…”Gemette reggendosi il braccio:-“è sempre più difficile contenerlo nel sigillo…Sono stanco…Stanco…”Digrignò i denti trattenendo le lacrime.

-“Cosa posso fare per te fratello?”

-“Arrenditi Huna.”

-“Co…COSA?!” Urlai. Come poteva sottomettersi così? Non lo potevo accettare. Era un DEBOLE! Debole…Ma non potevo permettermi di insultarlo, era lui quello che soffriva più di ogni altro in quel momento. Dovevo stargli vicino.Ma non lo avrei mai accettato come marito…mai. Scossi la testa morsicandomi le labbra, ero tesa. Lui rise tossendo:-“Lo sapevo che questa sarebbe stata la tua risposta.Non importa…” Si alzò a carponi:-“è per quel…Come si chiamava? Morna.”

Mi ritrassi distogliendo lo sguardo da lui:-“Non è così.” Era una bugia. Mentivo a me stessa. Ruira scosse il capo:-“Sorella è inutile lo sai. Io percepisco le tue menzogne. Perché lui ti turba?”

Mi costrinsi a guardarlo:-“Io…Fino ad allora ero sempre stata convinta che fossimo nel giusto, che i vampiri erano solamente dei mostri senza anima da eliminare il più velocemente possibile, ma ora non ne sono del tutto convinta. Forse gli americani hanno fatto bene a legalizzarlo…Forse avevano ragione sin dall’inizio e siamo noi quelli dalla parte del torto…”

-“MA CHE CAZZATE STAI DICENDO SORELLA?! I REDIVIVI NON POSSONO AVERE UN ANIMA! Sei stata ammagliata da quel morto vivente…Ti avrà sicuramente fatto il lavaggio del cervello o un incantesimo…Altrimenti come fai a dire certe cose?Non posso crederci…”Mormorò disperato afflosciandosi contro il muro freddo. Gli presi una mano fissandolo supplichevole:-“Ti prego fratello! Devi credermi! Non mi ha fatto nulla di male!”

Mi guardò scettico e rassegnato:-“Ma non comprendi da sola? Lui vuole semplicemente usarti per togliere di mezzo il nostro clan.” Disse stanco.

-“Sì ma siamo stati proprio noi a sterminare la sua famiglia! Per colpa nostra lui è diventato un morto vivente!”Protestai.
-“Questa è solamente la sua versione non è detto che sia la verità sorella. Ma come fai a credergli?” Sbottò lui :-“I vampiri e i demoni sono creature scaltre e oscure, se poi anche fossa la verità e lui ci sterminasse sai quale potere otterrebbe? Il Mastro su tutti gli altri. Non è abbastanza come potere?” Si torse i polsi digrignando i denti. Mi alzai chiudendo il discorso con lui. Ero confusa. Quando fui in cima alle scale mi voltai per guardarlo, era meglio se non lo avessi mai fatto. Mi fissò abbattuto:-“Non credevo che saresti diventata una protettrice di un redivivo sorella.” Mi girai trattenendo la mia rabbia. Io ERO nel giusto, o almeno, lo speravo.

 

* * *

La mia Kronos era pronta e carica. I pugnali e il resto era nella mia valigia. Non potevo restare in quel maniero un secondo di più. Fuori Brinsley montava la guardia perché non fuggissi. Sogghignai fra me. Era davvero un idiota, figlio di suo padre. Non credevo che non mi perquisissero anzi con molta probabilità avrebbero tutto il bagaglio e invece con mia piacevole sorpresa non era affatto così. Forse pensavano che non sarei fuggita e avrei compiuto il dovere di una buona McDiarmid, quanto si sbagliavano! Eravamo al terzo piano. Nulla che non si potesse fare. Avrei utilizzato il classico trucco. Legai strettamente una delle corde di Kronos alla maniglia salda della valigia e la feci calare dabbasso, sperando che nessuno nei piani inferiori mi vedesse, a mezzo metro da terra diedi uno strattone alla corda che tornò sibilante alla pistola. Feci per legarla alla maniglia della finestra quando udii dei passi fuori dalla mia stanza. Frettolosa la rimisi nella fondina ascellare e attesi. Emisi un impercettibile sospiro di sollievo quando Brinsley fece entrare Ruira. La porta si richiuse e mi rimisi al lavoro.

-“Che fai Huna?!” Esclamò lui avvicinandosi.

-“Zitto!” Soffiai continuando a trafficare.

-“Ma non puoi.” Sibilò:-“Lo zio…”

-“Oh fratello! Ormai non sono più la bambina che conosci!” Strattonai la corda facendomi leva sul piede poggiato contro il davanzale per saggiarne la sicurezza. A posto. Mio fratello non demorse:-“Invece non hai dimostrato la maturità sufficiente la stanotte. E poi quel Morna…Non vorrai tornare da lui spero!” Sbottò insospettito.

-“Ho fatto una promessa. Devo tornare. Prima sarà meglio è. Dopodiché sarò libera.”

-“No sorella non andartene! Non di nuovo!” Mi supplicò Ruira abbracciandomi. Gli sorrisi stampandoli un bacio frettoloso sulla gota. :-“Non temere per me. Piuttosto vedi di salvaguardare la tua salute!” Risi saltando sul davanzale. Non avevo il tempo per preoccuparmi pure per mio fratello perciò quello era il meglio che gli potevo augurare. Saltai all’indietro, nella notte che stava lentamente schiarendo. L’aria fresca mi avvolse. Saltai a terra, atterrando in ginocchio. Guardai in alto. Mio fratello si era appoggiato al davanzale. Ne distinsi la figura in ombra. Mi seguì poco dopo saltando nel vuoto. Repressi un urlo. Per un minuto temetti che potesse ammazzarsi. Ma mi ero dimenticata dei suoi poteri. Eseguì un atterraggio perfetto, in piedi. :-“Sorella. È la tua ultima occasione…Ripensaci.”

Scossi il capo e lui sorrise:-“D’accordo. Promettimi di stare attenta.”

Le lacrime a lungo trattenute cominciarono a sgorgare copiose lungo le mie guance. Oh il mio adorato fratellino! Lo abbracciai e Ruira mi stampò un bacio sulla fronte carezzandomi i capelli.

-“Sono preoccupata Ruira…Come andrà a finire tutto questo?”

-“Non lo so sorella…Non lo so. Segui la tua strada se la ritieni giusta. Io non ti ostacolerò.” Sospirò.

Mi staccai da lui:-“Allora vado. Addio Ruira.” Corsi via, sparendo oltre il muro.

 

-“No Huna. Stavolta non te ne andrai.” Mormorò Ruira. Lentamente si diresse verso il castello. Avrebbe impedito la sua fuga. Doveva andare dallo zio, confessargli tutto. Morna, aveva velato la sua ragione, ne era sicuro.

 

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Capitolo 4
*** Il patto ***


CAPITOLO 4 -“Caro sei certo che sia una buona idea?” La moglie del capo dei McDiarmid era seduta al lungo tavolo da pranzo, intenta a consumare la propria cena con aria contrariata. Stavano discutendo animatamente da un paio di minuti e sembravano vicini a un litigio. -“Io so quello che faccio. Ruira deve dare assieme ad Huna un degno erede.” -“Ma possono esserci rischi! Non desidero nel nostro clan dei mongoloidi!” -“Non ce ne saranno. Abbiamo già contattato un’anziana Wicca che faccia un incantesimo contro tale possibilità in cambio di un permesso di passare la frontiera senza essere braccata.” -“E se non avesse poteri come quella disgraziata di nostra nipote?” -“Il rischio è comunque minimo. È un peccato per Ruira, era l’unico figlio di mio fratello veramente degno di portare il nome del nostra dinastia, ma è inevitabile che muoia. Non ci sono cure, abbiamo ritardato il suo deterioramento ma non si può arrestare. Quando sarà all’ultimo stadio dovrà morire e questo lui lo sa bene.” -“E Huna?” -“Huna?” Il marito la fissò come se non fosse minimamente importante:-“Lei si limiterà a portare in grembo il feto fino a partorire, dopodichè la toglierò di mezzo, sarà semplice spacciarlo per un dissanguamento durante il parto.” Stese il suo contorto piano come se fosse la cosa più naturale del mondo.:-“Siamo già in pochi e non voglio che la stirpe dei devastanti si estingua, perciò dobbiamo avere solo i soggetti migliori.” -“Allora non avresti mai dovuto fare ciò che hai compiuto in passato!” Sbottò la donna. -“Mia cara se ai tempi non avessi istigato quei vampiri tramite una spia, tu ora non saresti qui. IO dovevo essere a capo del clan sin dalla mia nascita, non quel rammollito di mio fratello! Cercava la diplomazia tra i redivivi e i lupi mannari con stupidi trattati di pace quando è totalmente inutile! Il nostro compito è di eliminarli non di fraternizzare con loro! Se lo avessi lasciato fare saremmo stati spazzati via anni fa! IO ho mandato avanti il clan, IO sono quello che tuttora lo fa!” Aveva alzato la voce, infervorandosi, ma all’espressione spaventata della moglie si dominò:-“Ora mangiamo cara o si raffredda tutto…” Disse tagliando con le posate d’argento una succulenta bistecca al sangue. Non notarono un ombra scivolare furtiva dall’angolo dove si era trovata fino ad allora. Ruira aveva sentito abbastanza. Ora gli divenne chiaro tutto. L’improvviso attacco da parte dei vampiri, quel matrimonio assurdo. Lentamente volse gli occhi sul bracciale vodoo, placido circondava il suo polso come a rassicurarlo ma lui sapeva che era solamente questione di tempo prima che la magia del wandalà perdesse il suo potere, come eco ai suoi timori il braccio cominciò a bruciare terribilmente mentre il marchio si estendeva, digrignando i denti per non gemere e farsi scoprire così dai due coniugi si accasciò contro il muro accasciandosi, sapeva che ciò che stava per fare sarebbe stato molto rischioso ma non aveva alternative. Avrebbe cercato Huna, a qualsiasi costo, e doveva farlo di nascosto. Sorrise tra sé, in passato non gli sarebbe mai passata per l’anticamera del cervello l’idea di ribellarsi al clan ma adesso finalmente aveva aperto gli occhi, ora sapeva come stavano le cose. Era stato uno sciocco a non ascoltare sua sorella, lei che lo aveva avvertito così tante volte sullo zio. Trattenne la sua ira che sembrava voler straripare ma diventava ogni volta sempre più faticoso controllarlo, un giorno sarebbe venuto fuori con tutto l’odio e la frustrazione che aveva accumulato durante tutti quegli anni e poi la fine. Lentamente il suo respiro tornò regolare e la rabbia scemò, anche il braccio ora era tornato alle condizioni normali, ne fu sollevato. Lanciò un’ultima occhiata al capo clan, se qualcuno lo avesse visto in quell’istante si sarebbe spaventato, l’iride si era ristretta e nel suo sguardo si leggevano brame sanguinarie. Non era lui a fissarli ma vi era affacciato il gramo. Uccidere, squarta, squarta! Allora sì che il sangue scorrerà…Morte, morte e sangue… Sibilava dentro di lui premendo per uscire. Capì allora che con le sue sole forze non sarebbe mai riuscito a fuggire, era giunto il momento di affrontarlo, esalò un sospiro e si abbandonò contro il muro incosciente. Lo vide. Era là, una chiazza scura come un’ombra sfocata dalla quale era sempre fuggito nei suoi incubi. Gli occhi rossi rilucevano nell’oscurità beffardi, ma non poteva fargli nulla, non ancora. Sigillato dietro al cerchio del wandalà lo fissava. Non sei umano ma nemmeno una divinità…La tua volontà è più ferrea di un comune mortale ma io sono perenne e lo sappiamo entrambi…Uscirò e poi ci saranno versamenti di sangue, sì, sì! Oh come godrò sì…Per millenni mi hanno tenuto nel mondo degli spiriti ove ero solo una vaga forma ma tornerò, oh se tornerò e poi distruggerò tutti i discendenti di coloro che mi hanno chiuso, sì, sì… Ruira fece fatica a capire le sue parole perché sembrava piuttosto un rauco brontolio ma l’aura del mostro faceva intendere più del dovuto. -“Tu non farai nulla. Perché mi ucciderò ancor prima che tu possa uscire!” Mosse un passo verso la fonte dei suoi timori più nascosti. La belva si mosse preoccupata. Ma lui non può farlo, non ne’ troverà il coraggio è solo un misero mortale, no, no…Prenderò il suo corpo… Il brontolio divenne più acuto e veloce. Ruira sorrise tra sé, funzionava! Prese coraggio:-“Io non ne sarei molto sicuro al tuo posto Gramo! E se non mi toglierò la vita sarà il clan a togliermi di mezzo!” Il mortale dice la verità, cosa fare? Non può, non può! Il demone emise un verso stridulo ansioso. -“Ti propongo un patto Gramo! Vuoi sentire le mia condizioni?” Ci fu un lungo silenzio interrotto solamente dallo sfrigolare dell’aura che avvolgeva il gramo come se fosse fatto di fumo. Alla fine l’essere rispose. Sentiamo il mezzo umano, sentiamo cosa ha da dire… Concesse con un mezzo schiocco delle mascelle. -“Io devo trovare mia sorella, ma da solo non ce la farei mai, in quanto non so nemmeno da che parte cercarla anche se ho il vago sospetto di dove si possa trova…ma il clan mi rintraccerebbe subito. Ho bisogno del tuo aiuto.” Il mortale ha bisogno di aiuto! Il Gramo mostrò una fila di zanne acuminate, era un sorriso veramente grottesco. Cosa darà in cambio? Prometterà di lasciare libero il Gramo? -“Lo farò ma ad un’altra condizione…” Non è corretto, due per uno, due per uno…Non è corretto…schioccò agitato. -“Obbedirai a mia sorella e ai suoi discendenti che verranno. Non le farai alcun male e ogni sua parola sarà un ordine per te.” A quelle parole la bestia emise un ringhio acuto e spiccò un balzo. Ruira indietreggiò proteggendosi il viso con un gomito ma l’essere non riuscì a raggiungerlo. La barriera sfrigolò al contatto fisico con il mostro che volò all’indietro, atterrando in piedi si mise a gironzolare in ampi cerchi, il mezzo umano vuole che lo aiuti nella sua ricerca e pretende che obbedisca a una consanguinea, due per uno, non è corretto, può esaudire uno solo… -“Allora puoi dire addio al mondo!” Lo minacciò Ruira incrociando le braccia. Ma se lo farà se lui prendesse in considerazione l’idea…Manterrà il mortale la parola data? -“Lo farò, seduta stante se rispetterai il patto.” Assicurò incrociando le braccia. Due per uno…Due per uno…Il Gramo continuò a camminare brontolando e emettendo brevi ringhi, sapeva che non avrebbe avuto altre occasioni di uscire dalla sua prigionia e chissà quanto avrebbe dovuto ancora attendere di essere nuovamente richiamato, quella era un’occasione imperdibile, questo lo sapeva, ma quella sua consanguinea alla quale lui sembrava tenerci così tanto poteva decidere di imprigionarlo e questo non doveva accadere, tutto ma non il regno degli spiriti... Alla fine, dopo l’ennesimo cerchio si bloccò mentre la sua enorme testa da semi felino si voltava lentamente verso Ruira, socchiuse gli occhi. Lo farà, liberalo e lo farà se poi solo la consanguinea non lo sigillerà -“Non ti sigillerà.” A quelle ultime parole ci fu un soffio e Ruira venne buttato fuori dal cerchio di luce nel quale si era trovato fino ad allora, poi ci fu il buio. -“Ah…”Gemette scuotendo il capo. Si trovava ancora nell’angolo buio dove si era nascosto, gli zii stavano ancora consumando la loro cena, in silenzio. Dando una rapida occhiata al pendolo di fronte comprese che non erano passati nemmeno molti minuti dal suo stato di incoscienza. Non si sorprese, evidentemente nella dimensione dove si trovava prima il tempo aveva un corso distorto. Si sentiva debole ma orgoglioso. Aveva vinto con la bestia e il patto era stato stipulato, ma ora doveva mantenere la parola data. Il suo sguardo cadde sul braccialetto ancora attorno al suo polso. Lentamente se lo sfilò. * * * Di questo io lo seppi molto più tardi perché in quel momento ero molto lontana da dove si svolgevano i fatti. * * * Lo so che è un capitolo piuttosto breve ma è ciò che sono riuscita a frullare dal mio cervello…*ride*. Grazie a Dalila che mi ha dato consigli preziosi. Spero di non averti deluso! E grazie anche a tutti coloro che hanno solo letto! Un bacione e vi auguro buone vacanze per chi non fosse ancora partito!

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Capitolo 5
*** “UNA NOTTE PARTICOLARE” ***


IL CLAN DEI DEVASTANTI CAP 5: “UNA NOTTE PARTICOLARE” *** Mi dispiace per questa assenza molto lunga ma ahimé non ho più tempo a disposizione e vi combatto tutti i giorni tra scuola e teatro *sospiro* e poi ho problemi con il codice html…Damned! Aprirlo con blocco note e inserirlo, il testo viene arricchito da fastidiosi simboli…D’accordo tenterò di risolverlo presto. PER DALILA: Il precedente capitolo non è stato un granché…specialmente per le gravi imprecisioni ma ero proprio agli sgoccioli col tempo ( mi odia lo so che mi odia! Maledetto orologio…) e ho dovuto correre…e direi che stavolta è pure peggio *piango* Comunque è bello ricevere commenti da parte tua! Grazie di cuore (mille inchini), anche a tutti coloro che si limitano solo a leggere, grazie! (altre reverenze ossequiose) allora a voi il quinto capitolo…Buona lettura! *e fingete di non vedere quei simbolacci* *** Inizialmente pensai di tornare a Londra ma poi, non so cosa mi prese, forse gli innumerevoli messaggi nella segreteria telefonica lasciati dalla mia amica o le chiamate infinite sul cellulare da parte del commissario… no, niente scuse stavolta, lo ammetto volevo incontrarlo. Perciò mandai al diavolo le mie responsabilità. Dovevo sapere se anche i vampiri potevano avere un’anima, curiosità professionale? Non solo. C’era qualcosa in Morna, qualcosa che mi trascinava inesorabilmente da lui. Accidenti a quel vampiro e a tutti quelli della sua razza. Guardai la terra rimpicciolire sotto di me e mi chiesi come ero finita in quell’aereo in volo per l’Irlanda. Senza rendermene conto avevo acquistato il biglietto per la prima andata che ci fosse stata, mi erano rimasti i soldi necessari per farlo, forse nel mio inconscio già sapevo come sarebbero andate a finire le cose. Mi diedi della stupida ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. *** Dove siamo? -“Non ti preoccupare. So cosa fare.” Ruira sorrise, un ghigno diabolico che si estese per tutto il volto, distorcendolo in una smorfia crudele. Non dovevi farlo. Ora ce li avremo alle calcagna -“Stai zitto mezzo umano. Quelli non possono farci nulla. Ora che mi hai liberato lasciati guidare.” Dentro di sé il vero Ruira sospirò. Vedeva tramite i propri occhi ma si era lasciato al Gramo che ora lo stava guidando. Non appena si era tolto il wandalà, il gramo aveva dato via ad una carneficina togliendo di mezzo il capo clan dei McDiarmid e la sua consorte. Erano millenni che bramava il sangue e ora gli era stato servito su un piatto d’argento. Ruira non era riuscito a fermarlo ma in fondo, ammise, per lui non fu una grave perdita specialmente dopo aver scoperto la verità, nonostante ciò quello era stato un gesto avventato e sapeva, non sarebbe trascorso molto tempo prima che Brinsley prendesse il controllo del clan dando loro la caccia. Suo cugino non era particolarmente dotato di intelletto ma ciò non gli impediva di essere spietato quando si trattava poi di questioni di onore svolgeva il suo compito con estrema pignoleria. E non era il solo, nella loro cerchia si evidenziava anche Clare, il braccio destro di Brinsley. Ruira lo aveva sempre ammirato perché sapeva manovrare le persone con il suo solo carisma e spesso influenzava le decisioni degli altri con una parola. Era debole di fisico e gracile, quasi trasparente ma, non passava mai inosservato. E Ruira aveva imparato a non lasciarsi ingannare dalle apparenze. Clare poteva apparire inoffensivo ma in realtà possedeva poteri inimmaginabili. Con un solo dito era in grado di far esplodere tutti gli oggetti che lo circondavano senza differenze di materiali ad eccezione di quelli organici (e quella era una fortuna). Poteva elaborare strategie complesse in pochissimo tempo con un margine di errore bassissimo. L’unica cosa che non aveva mai capito era come potesse sottostare agli ordini di Brinsley e un giorno aveva trovato il coraggio di esprimere a voce il suo sdegno. Era successo quando aveva avuto un battibecco con Brinsley e alla fine si era beccato una sonora lezione dallo zio che, come al solito, era dalla parte del figlio diletto. Si era imbattuto in biblioteca con Clare che consumava il suo tempo libero tra libri e vecchi scritti. :-“Come fai a sopportare tutto ciò?!” Aveva urlato serrando i pugni. L’altro giovane aveva sopportato con pazienza il suo sfogo per poi sorridere:-“Noi non siamo nati per succedere il vecchio capo clan, bisogna sapere qual è il proprio posto nella gerarchia.” -“MA TU PUOI!” -“Cosa? Uccidere Brinsley e gli altri? Certo. Ma se mi andasse storto qualcosa? Finirei per inimicarmeli e rischierei inutilmente la vita. Potrei sempre andarmene certo, scappare. Ma non otterrei nulla, prima o poi mi troverebbero comunque e io non voglio morire come un sorcio in trappola.” -“Ma possiedi il potenziale, puoi essere libero.” -“Sì. Ma io so a dispetto di te qual è il mio compito nella vita. Sterminare vampiri e altri mostri che minacciano l’incolumità degli umani. Non dimenticare a cosa serviamo.” -“Tu devi servire a qualcuno?” -“Si. Altrimenti non ho altri scopi nella vita. Sono stato educato a tale scopo.” Per tale motivo Clare era pericoloso. Si rendeva conto dei propri poteri ma non avrebbe mai tradito i McDiarmid perché aveva la ferrea convinzione di essere nel giusto. Non importava per quanto fossero corrotti i componenti del suo clan, a lui bastava uccidere i redivivi per principio. Da un lato era dei “buoni” ma ora i ruoli si erano invertiti e Clare se ne rendeva conto? Oppure avrebbe continuato a non vedere? Ruira odiava ancora i vampiri e non aveva mai avuto fiducia nei lupi mannari ma ora sua sorella si era invaghita di uno di quei…mostri. Lo aveva capito anche se avrebbe preferito ignorarlo. Ma Huna non era stupida, non si sarebbe ficcata nei guai con un redivivo se non avesse saputo qualcosa che lui ancora ignorava. Aveva comunque ragione su un fattore. Loro non aveva più un posto nei McDiarmid. Non importava se si fossero alienati tutti i componenti del clan, compreso Clare. Non importava se lui fosse morto e sapeva, la sua fine era ormai prossima, ma non prima di trovare Huna e avvertirla dei pericoli che correva. Avrebbe scommesso tutto l’oro del mondo che Clare già sapeva tutto e non avrebbe tardato a organizzare un piano di inseguimento mentre Brinsley si sarebbe pavoneggiato per la sua nuova carica non provando il minimo dolore per la morte dei suoi genitori. Huna sto arrivando. -“Si stiamo arrivando. Deve trasformarsi quindi la tua coscienza ora si addormenterà.” Borbottò il gramo Perché? -“Ha bisogno della sua forma per trovarla. In questo corpo da umano gli sarebbe impossibile.” Ricorda i patti gramo -“Lui non dimentica mai.” Sbuffò. Il tatuaggio cominciò ad estendersi e Ruira gemette ma il dolore fu breve perché svenne subito dopo. Al suo posto ora stava il gramo. Scosse l’enorme testa nera brontolando. Poi volse gli occhi al firmamento, con un poderoso balzo spiccò il volo. Sapeva di dover percorrere migliaia di chilometri ma ciò non lo preoccupava, avrebbe resistito. Gli umani sono tutti degli stolti. *** Ero stanca dopo il lungo viaggio e avevo le ossa indolenzite. Non avevo dormito e ciò non migliorò il mio umore già sotto i calcagni. Desiderai con tutta me stessa che Morna non fosse mai esistito o, al minimo, avrei preferito non incrociare le mie strade con le sue. O se forse fosse stato impossibile? Se in realtà il nostro incontro non era dovuto solo al caso ma al destino? Io non vi avevo mai creduto ma anche le casualità talvolta sembrano guidate come da dei fili invisibili. Scossi il capo. Era inutile trastullarsi ora tra pensieri futili che di certo non avrebbero cambiato di una virgola la mia situazione. Conoscevo Morna, punto. In quel momento non dovevo perdere tempo perciò rivolsi i miei pensieri alla mia situazione attuale; sola e stravolta, a notte fonda, e in un luogo di cui non sapevo bene i luoghi. Tutti punti a mio sfavore. Mi ripresi a riflettere che in caso di un attacco sovrannaturale non sarei stata in grado di difendermi a pieno delle mie forze e ciò avrebbe aumentato le possibilità di danno o peggio, morte. Diciamocela francamente: Nonostante tutte le mie reticenze ero una McDiarmid. Alzai il bavero del mio cappotto uscendo dai confini dell’aeroporto, malgrado le giornate ancora miti per il mese di ottobre la sera faceva davvero freddo là, in Irlanda. Fuori colsi l’odore delle foglie morte. L’autunno era giunto senza che io me ne fossi accorta, il lavoro mi aveva sempre tenuto lontana da frequenti svaghi e talvolta anche di preziose ore di sonno, dopo le peripezie con Morna e i miei parenti proprio non avevo l’allegra spensieratezza di guardare in giro e dire oh ma che bello è giunto l’autunno! Sorrisi, domani sarebbe stato Halloween. Se per i comuni mortali era una festa come le altre, si sarebbe sorpreso sapendo come lo passavo io, in giro per un cimitero a caccia di zombie. Infatti, secondo le tradizioni Wicca, durante tale festività dovevano essere richiamati i morti dall’aldilà, per un motivo attualmente a me sconosciuto. Fissai smarrita la città ignota che si stendeva dinanzi a me. Non sapevo nemmeno come arrivare alla stazione e mi maledissi per non essermi informata prima. Ero ancora indecisa sul da farsi, immobile sul marciapiede a fissare inebetita la strada deserta nel momento in cui, per la via illuminata dai lampioni individuai una figura avvolta in un manto scuro che si avvicinava lentamente a un passo fluido, come se i piedi toccassero a malapena il suolo. Strizzai gli occhi serrando la presa sulla Kronos sotto il cappotto, il tocco freddo del metallo contro i miei polpastrelli mi rassicurò. Perché sapevo con sicurezza che la “cosa” che diveniva sempre più nitida non era umana. Si trattava di un vampiro. Pessima giornata, per lui intendo. Aveva il volto nascosto da un antiquato cappello a cilindro e camminava chino come inseguito da qualcuno. La mia presa si fece ancor più forte. Allora alzò gli occhi su di me e incontrai il suo sguardo, rimasi paralizzata. *** Le stelle sembravano infinite nel cielo buio. Puntellavano il firmamento in quella strada luminosa chiamata anche via lattea mentre la luna bianca lanciava i pallidi bagliori sul mare calmo come un enorme animale addormentato. Il Gramo stava percorrendo quelle vastità con velocità costante. Il suo fiato si perdeva in piccoli sbuffi di vapore. Dove siamo? Chiese Ruira. Rintanato nel remoto della sua anima che condivideva con lo shinigami non riusciva a vedere nulla se non l’oscurità oltre l’alone bianco di luce che lo avvolgeva come vaga nebbia. Il Gramo sbuffò:-“C’è ancora tanta strada mezzo umano. Dormi” Ruira fece per ribattere ma un tiepido calore lo avvolse facendolo cadere nell’incoscienza. Il demone aumentò l’andatura. Erano seguiti. *** Si trattava del servitore fidato di Morna, Raphael. I suoi occhi verdi si conficcarono nei miei, indifferenti. Ero stata imprudente, se fosse stato qualche altro redivivo anche non particolarmente potente con molta probabilità sarei finita dritta nella tomba. Emisi un sospiro dentro di me, ma mantenendo la presa sulla Kronos. Non si sapeva mai delle sorprese che poteva riservarti la vita, e non tutte sono piacevoli, credetemi. Sperai con tutto il mio cuore che stesse facendo la sua quotidiana passeggiatina in cerca di un bocconcino prelibato a cena così avrei avuto via libera ad appioppargli una pallottola nel cranio ma naturalmente sapevo che non si trovava lì per caso. E infatti si fermò dinanzi a me, fissandomi sul bordo della strada. Mi accorsi che stando sul marciapiede lo superavo persino in altezza e mi sentii leggermente più rincuorata. Se state su un piano più alto in confronto ad una possibile minaccia vi assicuro che vi sentirete più spavaldi nonostante sembri un fattore poco rilevante. Raphael rimase col volto impassibile, gelido come nell’espressione in cui probabilmente era morto, pallido e nella sua serietà quasi grave, sfiorò con la mano il bordo del cilindro abbassando impercettibilmente il capo in segno di saluto. Risposi con uno sguardo spazientito. -“Il mio Padrone le porge i suoi ossequi e le proprie scuse per non essere venuto di persona a riceverla a causa di un impegno alquanto urgente. Quindi sono qui in sua vece per condurvi al maniero” Disse inespressivo porgendomi il gomito. Non lo accettai, fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio:-“Per mezzi…umani?” -“C’è una carrozza poco distante che attende solo noi.” Replicò mostrando segni di nervosismo che individuai nell’istante i cui si squadrò intorno guardingo. -“Problemi?!” Ghignai decidendomi ad accettare il suo braccio anche se freddamente mentre la mano destra rimaneva ancorata alla Kronos. Lui non rispose continuando a guidarmi in silenzio. Dimenticavo che era solo un burattino nelle mani di Morna e non faceva altro che eseguire gli ordini. Quando mi aveva parlato di carrozza non lo presi sul serio pensando che fosse un’antiquata espressione per intendere un auto e invece con mia sorpresa compresi che con Raphael dovevi prendere tutto alla lettera. Era un tipo così. Infatti, appena svoltammo l’angolo in uno stretto vicolo alla nostra vista apparve un’antiquata carrozza pesante laccata di nero con delle lanterne attaccate al posto del cocchiere. Ma ciò che mi sorprese furono proprio i cavalli o almeno, li sentivo ma non li vedevo. Li udivo sbuffare e pestare gli zoccoli a terra ma ove dovevano trovarsi c’erano solo posti vuoti. Sgranai gli occhi pensando di aver perso qualcosa durante il tragitto ma Raphael sorrise conciliante:-“Sono solo spiriti di tali animali. Se lei fosse morta potrebbe vederli.” -“Cioè…Tu li vedi?” Non riuscii a nascondere la mia sorpresa. Lui annuì. -“Beh non ci tengo poi tanto.” Fu il mio ultimo commento mentre scivolavo nella vettura ignorando la mano del vampiro che si limitò a chiudere la porticina andando a sedersi poi, al posto del cocchiere. Lo vidi frustare l’aria e di colpo mi venne in mente di come avremmo potuto raggiungere in breve tempo il maniero con quel mezzo stavo per sporgermi dal finestrino per chiederlo ma venni sbalzata all’indietro quando la vettura s’inclinò all’indietro per alzarsi in volo. *** Si trattava di un gruppo di ampie dimensioni che formava un’aura micidiale. Il Gramo non doveva immaginare chi fossero, gli unici ai quali poteva appartenere tale potere poteva appartenere solo al clan di quel mezzo umano, i Mc Diarmid. Ma non erano loro a renderlo nervoso bensì colui che sembrava guidare l’orgia. Era più potente di ogni essere mortale che avesse mai conosciuto, poteva essere Clare? Colui che era stato menzionato da Ruira? O un altro? Non importava. Erano lontani e poteva ancora acquistare vantaggio, nonostante cominciasse a sentire la stanchezza fu costretto ad accelerare, prima fossero arrivati e prima sarebbero stati al sicuro. ***

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Capitolo 6
*** Un convoglio inaspettato ***


Se avevo pensato che dopo lo stancante viaggio in aereo mi sarei potuta godere una piacevole gita per il cielo notturno d’Irlanda beh, avevo fatto male i miei calcoli

Un convoglio inaspettato

 

Se pensavo che dopo lo stancante viaggio in aereo avrei potuto godere di una piacevole gita per il cielo notturno d’Irlanda beh, avevo fatto male i miei calcoli. Quelle poltroncine che erano apparse così soffici nelle loro imbottiture di velluto , erano invece risultate dure e terribilmente scomode tanto che fui costretta a sedermi con il busto rigido mentre il mio fondoschiena, a distanza di una decina di minuti, cominciò a reclamare bisogno di movimento. Alla fine mandai al diavolo tutte le mie buone maniere e mi stravaccai stendendo in diagonale le gambe sulla seggiola di fronte. Cominciavo a star male per quei movimenti oscillanti simili ad una barca in balia alle onde. Sospirai tra me, sarebbe stato un lungo viaggio in quelle condizioni perciò tanto valeva distrarsi un poco in qualche modo. Volsi il mio sguardo al finestrino scrutando con crescente meraviglia il paesaggio che si prospettava sotto di noi. Le luci della città si facevano sempre più rade man mano che avanzavamo a velocità costante, per poi, tramutarsi in piccoli gruppetti che intuii costituissero esigui paesini sempre più distanti tra loro. Solo allora mi resi conto di quanto fosse isolato il luogo ove abitava Morna e non mi parve più strano di come fosse riuscito a nascondersi per così tanto tempo senza mai essere stato scoperto. Mi strinsi nelle spalle, buon per lui, ognuno di noi fa quel che può per la sopravvivenza era…umano, chissà se lo stesso poteva valere anche per una creatura già morta, e ora giungiamo alla mia solita domanda cruciale; come mai, nonostante le svariate occasioni, non lo avevo ancora tolto di mezzo? La risposta era semplice: cominciavo a dubitare del mio clan, eravamo veramente nel giusto? Dai tempi antichi ad oggi le cose erano radicalmente cambiate. I redivivi da cacciatori si erano tramutati in prede braccate in tutto il mondo e le aggressioni umane erano sempre più rare da riscontrare. Negli archivi della polizia apparivano casi in cui le presunte vittime avevano dichiarato di essere state in piena coscienza di sé nel donare il proprio sangue senza essere state vampirizzate in precedenza, mostrando come prova netti tagli di lama, oppure, in alcune dimore abitate da umani, erano state trovate bare contenenti…voi sapete cosa. Ciò aveva scatenato scalpore tra la gente e si erano formate associazioni come “Save the paranormal creatures”  oppure “Friendly vampire society” in una lotta disperata per l’uguaglianza dei diritti tra tutti gli esseri evoluti. Non che stessi difendendo i redivivi, sia ben chiaro; gli stupri, gli attacchi e le violenze erano continuate ma, non accadono anche tra noi umani? Omicidi, abusi sessuali…Non potevamo negare l’evidenza e condannare una razza che per sopravvivere aveva bisogno di sangue umano. Anche noi ci nutriamo di carni animali, per questo veniamo condannati? Lo facciamo per vivere, per vedere un domani. Certo, affermando ciò, non voglio dire che sarei stata disposta a offrire il mio sangue o che avrei voluto convivere con un succhiasangue nella stessa dimora però, volendo, un  compromesso lo avremmo trovato tutti, in un modo o nell’altro. Sospirai nuovamente, era già così difficile vivere tra di noi figuriamoci con qualcosa di ultraterreno però, continuando così avremmo concluso i nostri giorni in un’inutile faida cruenta e non mi pareva proprio una prospettiva allettante.

***

 La carrozza sobbalzò nel momento in cui le sue ruote massicce toccarono la ruvida strada sassosa. Nella vettura venni sbattuta ripetutamente come un bambolotto di pezza e capii come ci si poteva sentire in una centrifuga, ci fu un altro violento scossone quando anche la parte posteriore fu finalmente a terra dopodichè potei strisciare nuovamente al finestrino con lo stomaco sempre più in subbuglio. Gli alberi fitti ora ci separavano dal firmamento con i loro rami scheletrici protesi sopra di noi, ero sicura che in estate offrivano una vista gradevole agli occhi, in un ampio tunnel di fogliame, rinfrescando i passanti con una dolce penombra dai raggi inclementi del sole ma, in quel periodo dell’anno sembravano quasi paurosi nei loro profili irregolari come affamati rachitici pronti ad afferrarti in qualsiasi momento. Non sono una persona che si fa prendere dai giochi della fantasia e quelli erano solamente degli stupidissimi alberi niente ma più cercavo di convincermi, più vedevo in loro delle figure quasi umane. Scossi il capo, non era una bella cosa farsi prendere dal nervosismo quando stavi andando come ospite da un vampiro, per cena potevi anche essere tu il dessert dopo tutto perciò strinsi i pugni. I miei pensieri volarono a Ruira, ero ancora addolorata per il fatto che lui avesse deciso di starsene dalla parte del clan nonostante tutte le angherie che vi avevamo passato, mi sembrava peggio di un tradimento anche se non lo avevo dato a vedere anche se nell’animo la dove la preoccupazione aleggiava ancora, bruciava una ferita ben più profonda, la consapevolezza di essere rimasta nuovamente sola.

Nel vedere il castello di Morna sorrisi, le promesse le avevo sempre mantenute, nel bene o nel male.

 

***

Con mio forte disappunto (dovuto per la mancanza di cordialità, tengo a precisare), Morna non apparve alla soglia come mi ero immaginata. I battenti rimasero chiusi, immobili e severi nella loro imponenza, solo il cancello in ferro nero si aprì cigolando per farci passare, il suo stridore metallico mi fece accapponare la pelle.

Quando finalmente Raphael scese ad aprirmi la porticina barcollai come una ubriaca e senza che potessi oppormi fui costretta ad accettare il suo aiuto per scendere. Avevo tanta voglia di sboccare sul suo vestito ma sarebbe stato poco carino nei suoi confronti che si limitava ad eseguire i compiti a lui assegnati perciò lo spinsi via e buttandomi a bocconi, diedi di stomaco. Uno spettacolo molto penoso e devo dire che in un’altra occasione sarei stata costretta a trattenermi fino a diventare verde, è sempre pericoloso abbassare la guardia ma in fondo, si trattava solamente di Raphael, per quanto potesse essere anziano era sempre il vecchio caro Raphy che fu obbligato a starsene là dinanzi a me, nell’attesa che avessi finito, non sapevo chi si sentisse più a disagio anche se, dopo che finalmente mi fui alzata, asciugandomi la bocca con un lembo della manica, ben sapendo che non fosse molto decoroso, sul suo volto non passò il minimo segno di disgusto o pena, rimase una maschera di impassibilità, gli occhi, una palude verde insondabile. Mi chiesi se nel caso in cui gli avessi appioppato un crocifisso d’argento sulla carne sarebbe rimasto sempre in quello stato comatoso seppure non fosse una buona idea. Le croci santificate infatti, terrorizzano i vampiri non tanto perché possono uccidere ma per il dolore atroce che provocano ai tessuti vivi, un’ ustione in confronto è nulla. Ricordai un giorno della mia infanzia quando, dopo una notte di caccia ai redivivi, mio padre era tornato con un morso ancora sanguinante sulla spalla. Dovettero purificarlo con l’acqua santa perché c’era il rischio che potesse essere vampirizzato. Erano tuttora vivide nella mia mente le urla strazianti che gli uscirono dalla gola mentre mia madre passava un cotonfiocco imbevuto del liquido, e mio Padre, non aveva mai ceduto al dolore in quel modo neppure quando si procurò una ferita da dodici punti sull’avambraccio a causa di una Wicca.

-“Da questa parte”

Mi ero dimenticata di Raphael persa com’ero nei miei pensieri, un altro errore. Egli ora accennava un mezzo inchino con la mano tesa verso l’ingresso che senza, che me ne fossi accorta, aveva lasciato libero il passaggio attraverso un piccolo spiraglio. Non mi piaceva voltare le spalle a qualcuno, neppure alla mia migliore amica, era la prima regola che imparavi, ma pensai che in quella occasione non avevo molta scelta, mi limitai a stringere la Kronos e sperare di fare in tempo di prevenire un eventuale attacco da parte del vampiro, Raphy poteva anche essere un fedele servitore di Morna, ma la prudenza non era mai troppa.

Prima che potessi muovere un solo passo egli si era già mosso fulmineo, colta alla sprovvista non riuscii nemmeno a sfoderare la pistola.

 

***

-“Dimenticavo di chiedervi in custodia la vostra arma.” La mano del vampiro era a mezzo millimetro dal mio petto. Dal suo scatto repentino non ero riuscita a vedere nulla che un lampo accompagnato dallo spostamento d’aria che il braccio aveva provocato. M’irrigidii, come avevo detto, mai sottovalutare i vampiri, errore che cominciavo a commettere spesso nell’ultimo periodo e in futuro avrei potuto maledirmi sotto terra. Estrassi lentamente la Kronos perché ormai era inutile nasconderla ma, al contrario della sua richiesta, la strinsi saldamente in mano. :-“Lei va con me.” Replicai ferma.

-“Mi dispiace creare disagi ma su ordine del mio padrone non vi sarà concesso oltrepassare la soglia con qualsiasi arma che possa nuocere alla nostra incolumità, lo stesso valesi a dire per crocifissi o altro.”

A quel punto mi domandai seriamente se i vampiri possedessero una vista a raggi x. Sulla pelle sentivo il tocco confortevole della catenina santificata con la croce che avevo ricevuto alla nascita, era una tradizione di famiglia. Prima di correre in aeroporto l’avevo vista scintillare nel buio della mia camera da letto e senza pensarci me la ero infilata sotto la camicia nera, era pur sempre una difesa in più.

-“La mia valigia?” Indicai invece con il mento verso la carrozza dove mi ero trascinata tutto il mio arsenale con me, un complesso bellico da ventimila dollari e oltre. Naturalmente avevo perso altro tempo ai controlli tra documenti e non, ma viaggiare senza la mia valigia di devastante non andavo da nessuna parte, tanto meno a casa di un redivivo.

-“Vi prometto che non sarà toccata e potrete trovarla nella camera che vorrei avere il piacere di mostrarvi, ma solo dopo che avrete affidato a me il vostro crocifisso e l’arma che tenete in mano.”

-“Cosa mi nascondi Raphael?” Socchiusi gli occhi. C’era qualcosa che non andava in tutta quella faccenda e mi piaceva sempre meno.

-“Io eseguo solo gli ordini madame.”

-“Se non volessi farlo?”

-“Non mi costringa. Vorrei risolvere questa faccenda nel migliore dei modi mi creda e questo è l’unico.”

Diplomatico bastardo, pensai tra me. Mi trovavo in una situazione difficile e sapevo che negoziare sarebbe stato totalmente inutile con lui, mi aggrappai all’ultimo appiglio rimastami:-“Voglio vedere Morna.”

-“In questo momento il mio padrone è occupato da altre faccende ben più urgenti come vi ho giù detto e non può…”

Imprecai ad alta voce dopodichè con uno scatto furioso mi staccai dal collo la catenina e gliela lanciai. Con un elegante movimento la prese tra le mani inguantate, chissà se era una precauzione già premeditata, avrei potuto metterci la mano sul fuoco che era proprio così. Con molta più esitazione alla fine gli tesi la Kronos guardandola come una mamma che lascia il bambino al suo primo giorno di scuola. Sospirai, senza lei mi sentivo nuda ai pericoli che ora sembravano circondarmi ovunque e non era solo una mia impressione. Raphael s’inchinò:-“Benvenuta nella dimora del mio signore signorina McDiarmid”

Ignorando quel “signorina” che non mi garbò affatto passai avanti a passo felpato mostrando una spavalderia che avevo perso con la mia pistola.

 

***

Sapete quando vi trovate dinanzi ad una scelta e ogni scelta a vostra disposizione può comportare a svolte solamente peggiori? Ecco, io ero finita in una situazione del genere. Già mi dannavo per aver seguito Raphael, poi per aver mollato la valigia in cortile e, infine, abbandonato la pistola in sua mano. Decisamente il coltello non era dalla parte del manico. Quando poi mi accorsi che ci stavamo addentrando nel castello era troppo tardi per scappare. Stizzita mi volsi al mio accompagnatore:-“Dov’è Morna?!” Sbottai furiosa.

-“Mi segua nell’alloggio predestinato a lei senza opporre resistenza per cortesia. Il mio signore ha una riunione importante che si sta svolgendo proprio in questo momento. Più non posso dirle.”

Avrei tanto voluto saperne di più ma chiedere a Raphael era peggio che parlare con un muro perciò mi limitai a voltarmi e seguire lo stretto corridoio, su per una scalinata a chiocciola fino a che lui si pronunciò:-“Qui.” Aprendo la porta mi lasciò entrare dopodichè se la richiuse alle spalle. La riconobbi. Era esattamente quella che aveva utilizzato la prima volta come la mia prigione e ciò mi piacque ancor meno. Rabbiosa mi girai verso il tirapiedi di Morna:-“COSA SIGNIFICA?!”

Mi trovai una pistola puntata contro il petto. La MIA pistola, che scherzo di pessimo gusto. Ma non si trattava di una burla, che è peggio. :-“Mani in alto signorina McDiarmid, se collaborerà potremo rendere più veloce questo procedimento.”

Mettermi contro un vampiro secolare con la Kronos puntata al mio cuore? Non ero diventata ancora così temeraria. Fui costretta a lasciarmi perquisire docilmente e vedere come i due pugnali d’argento venivano sfilati dalle fibbie degli stivali dopodichè il redivivo indietreggiò sino alla porta e si apprestò a scomparire dietro di essa. Ancora non avevo compreso il trucchetto che usavano per smolecolarsi in quella maniera. Appena fu scomparso mi scagliai contro la porta ma naturalmente la trovai chiusa e cominciavo veramente a stancarmi nel trovarmi con le porte sbarrate sotto il naso. Poi mi venne da sorridere. Raphael non era un granché come requisitore. Aveva dimenticato i due pugnali che tenevo attaccati con fibbie ben strette agli avambracci. Certo erano solo due pollici e mezzo per due centimetri ma li tenevo solo per i casi estremi e ciò risultava utile proprio in quella circostanza, Morna avrebbe dovuto essere più rigido con i suoi servitori. Lentamente estrassi la lama con uno scatto del braccio e cominciai a trafficare con la serratura con quanta più prudenza possibile bloccandomi ogni volta che mi pareva di udire un rumore ma non venne nessuno e fu l’unico momento piacevole di quella serata storta. Dopo una mezz’ora buona si udì uno scatto secco mentre la serratura cedeva. Con un calcio aprì la porta, le due lame pronte ad essere adoperate strette nelle mie mani.

***

Mi diressi verso l’unico luogo possibile dove potevo trovare Morna stando a ciò che mi aveva spiattellato Raphael. Se c’è una riunione in corso quale luogo migliore se non i sotterranei?  Così, a passo felpato e rapido mi diressi nei piani inferiori. Il castello sembrava morto. Non c’era anima viva e mi augurai che nessuno mi capitasse tra i piedi. Per mia fortuna filò tutto liscio fino a quando giunsi nei sotterranei, avevo errato per tutte le sale del maniero e mi ero anche trovata a ripercorrerne alcune ripetute volte prima di ritrovarmi infine nel mezzo di un corridoio deserto e umido. I mosaici e i tappeti erano stati sostituiti da tegole in pietra fredda e umida mentre sul muro grezzo dei bracci di ferro arrugginito reggevano delle fiaccole tremolanti. Ero giunta sulla pista giusta. Piano seguii il muro sino a che esso giunse ad una brusca curva, allora mi buttai a carponi sporgendomi oltre di esso. Lo spettacolo non fu uno dei più felici. Tre archi, significavano altrettante vie che potevo intraprendere, ma quale poteva essere quella giusta? Me lo stavo giusto chiedendo quando la sorte mi fu d’aiuto. Da uno degli imbocchi uscì proprio in quell’istante nientemeno che la nostra vecchia conoscenza. Raphael. Per i miei gusti lo stavo incontrando troppo spesso, per un certo periodo avremmo dovuto fare a meno l’uno dell’altra. Sfortunatamente lui non sembrava del mio stesso avviso in quanto tirò dritto nella mia direzione. Mi trassi nell’ombra sperando di non essere vista. Per la seconda volta nella serata la sorte parve dalla mia. Lui non volse il capo di lato ma procedette guardando sempre fisso davanti a sé. Forse soffriva di torcicollo. Sgusciai alle sue spalle correndo a rompi collo nella direzione in cui era venuto senza fare il minimo rumore. Nelle vecchie gallerie era una carognata non farsi sentire. Bastava un sassolino, un qualcosa e rimbombava ovunque e fu così per me. Non avevo fatto che dieci passi quando inciampai in una crepa cadendo rovinosamente a terra il rumore alle mie orecchie parve assordante. Ma forse Raphael era pure sordo perché nessuno tornò a guardare chi fosse l’usurpatore di quiete. Tremante mi trassi in piedi scivolando piano nell’ombra, era meglio continuare con prudenza. Ero entrata in una stretta galleria rispetto a quella precedente, la luminosità era molto più scarsa per le fiaccole ora più rare. Mi parve un’eternità procedere in quel semibuio con la mano sempre contro il muro umido. Faceva freddo e mi sentivo le dita intirizzite dall’immobilità, ancora ben serrate ai manici dei pugnali. Ma ecco che a dissolvere i miei pensieri tetri fu una piccola luce che si fece sempre più grande man mano che procedevo a tentoni. Al mio orecchio giunse un brusio concitato e poi apparvero alla mia visuale. Fu un quadro veramente macabro da vedere. In una sala dal soffitto rialzato sedevano, attorno ad un lungo tavolo d’ebano una cinquantina di redivivi ma non fu ciò a spaventarmi quanto l’aura che impregnava tutta la sala. Antica nei secoli, vibrava sopra le teste dei commensali. Non repressi un brivido che mi fece accapponare la pelle. Al sicuro dietro alle colonne potevo vedere i loro volti, senza età in un borbottio sommesso. A capotavola sedeva Morna. I capelli dorati cadevano sulle spalle ampie in contrasto con la giacca da XIX secolo nera. Naturalmente non si era risparmiato i pizzi e merletti che fuoriuscivano dalle maniche scure. Teneva il mento poggiato sulle dita intrecciate in un’espressione grave, sembrava molto stanco. Mosso dall’impazienza batté il palmo sulla liscia superficie del legno mentre la sua voce rimbombò ampliata contro le mura del sotterraneo. :-“Gradirei un attimo di silenzio dame e signori.”

Come se una mano invisibile avesse tappato la bocca di tutti sulla sala piombò il silenzio immediato. Ora gli occhi di tutti erano puntati su di lui ma non ne sembrava molto impressionato  nonostante fossero sguardi neutrali, duri, attenti ad ogni suo singolo movimento nei visi insondabili di un pallore spettrale ma, si sa, tra redivivi ci si intende, sopportare il peso di quell’attenzione per Morna sembrava un affare di poco conto, abituale. Lentamente alzò il capo abbracciando tutti con la sua aura antica. Notai molti redivivi chiudere gli occhi dal piacere tra cui molte appartenenti al sesso femminile, non so se la cosa mi fece particolarmente piacere perché raggiunse anche me, il suo potere strisciò sulla mia pelle raggelandomi, no, per me non era assolutamente gradevole rendeva Morna sconosciuto e distante perché, mi rendevo conto, per la prima volta nella mia vita lo vedevo tra i suoi simili, per ciò che era effettivamente e mi chiesi se per caso non mi ero sbagliata sul suo conto. Era difficile pensare a lui come ad un essere vivente con anima, lì immobile e terribile allo stesso tempo.

-“Noi, oggi, siamo qui riuniti per la nomina del Supremo Padre Immortale. La sua parola sarà legge per tutti noi, una volta eletto il suo nome verrà pronunciato con timore e reverenza. Da anni ci siamo divisi in piccole zone padroneggiate dal più forte come rozzi barbari ma ora, per la speranza della nostra razza, ci riuniremo sotto un’unica legge. I candidati si alzino.”

Non ci fu alcun applauso, nessuna ovazione. Solo tre vampiri si alzarono in piedi mentre le sedie strisciavano in silenzio. Il primo fu Morna, all’altro capotavola un vampiro dall’aspetto di un giovane sui venticinque anni circa (sottolineo aspetto perché la sua aura emanava una forza superiore ai due secoli), i capelli corti e neri sparati in aria, il lobo dell’orecchio sinistro era ornato da quattro cerchietti d’argento e uno pendente sempre dello stesso materiale. Doveva bruciargli terribilmente perché anche i vampiri sono piuttosto sensibili all’argento ma lui non ne sembrava tanto intimorito. Sulla gota si estendeva un tatuaggio tribale sino alle sopracciglia, notai anche un piercing nero sul labbro storto in un ghigno sicuro di sé. Indossava una giacca corta di pelle nera e pantaloni identici con una grossa cintura borchiata. Naturalmente non mancavano gli anfibi, insomma aveva tutta l’aria di un punk attaccabrighe. Di lato si era alzata una donna senza età, i capelli argentei lunghi sino a terra, portava una lunga veste candida che sembrava fatta di velo. Guardandola non avrei mai detto che fosse un vampiro ma una Dea. Non emanava alcuna aura e ciò mi preoccupò non poco. Nulla è più pericoloso di un redivivo che nasconde perfettamente il proprio potere. Se l’avessi toccata probabilmente avrei constatato almeno cinque secoli di vita, ma probabilmente non  sarei neanche riuscita ad avvicinarmi nell’arco di un metro.

Morna annuì:-“Mildred. Immaginavo che ci fossi stata anche tu.” Lei accennò ad un sorriso lieve annuendo poi fu il turno dell’altro:-“Kirk, apprezzo il tuo coraggio ma sono del preavviso che nonostante il tuo potere, anche se notevole, tu non abbia ancora la maturità necessaria per la nomina del Supremo Padre Immortale.”

Lui storse le labbra:-“Parli tu di maturità? Guardate nei vostri calici.” Si volse alla sala alzando le braccia:-“VINO SIGNORI!!!! NON SANGUE, VINO! Perché il nostro padrone di casa ha pensato bene di tenerci a digiuno? E allora la mia risposta è questa…” Alzò il suo calice versandovi il suo contenuto per terra, già prima mi ero chiesta con timore se vi fosse sangue ma in quell’istante tirai un sospiro di sollievo. A quel gesto pensai che Morna si sarebbe arrabbiato invece rimase impassibile:-“ Questo è solo un lato della tua immaturità.” Commentò gelido.

L’altro continuò come se non lo avesse sentito:-“ALLORA DOVREMMO ELEGGERE TE?!!! UNO DI NOI CHE NON E’ NEMMENO CAPACE DI UCCIDERE E BEVE IL SANGUE DAL PROPRIO SERVO PERCHE’ COSI’ SI SENTE MENO ASSASSINO?!!! GUARDATE CHI VI HA CONVOCATI QUI! UN VIGLIACCO! UNO CHE HA VERGOGNA DI ESSERE UNO DI NOI!”

-“Kirk ti avverto…” Morna strinse i pugni poggiandoli sul tavolo.

-“Ma non tema oh sommo.” Il moro accennò a un beffardo inchino:-“Come omaggio per il sommo padrone di casa che ha prestato il suo maniero per la nostra assemblea ho portato qualcosa di veramente raro. PORTATE LA VERGINE AL SUO COSPETTO!” Latrò ghignando. Da un’apertura ad arco che prima non avevo notato comparvero due vampiri molto giovani secondo la loro aura, trascinavano dietro una giovane ragazza terrorizzata. Trattenni il fiato. Era indubbiamente umana, in preda ad un attacco isterico dovuto dal terrore, strattonava le catene che la tenevano prigioniera buttandosi persino a peso morto in terra ma invano, i due tirapiedi di Kirk l’avevano già trascinata al suo cospetto. Il moro ghignò. Ghermendola per la collottola la sbatté con vigore sul tavolo. Nel colpo la giovane perse i sensi e il suo corpo cadde con un tonfo sulla superficie. Con orrore notai gli sguardi famelici dei redivivi, qualcuno allungò persino una mano nel saggiarne la carne tenera. :-“Una vergine…” si mormorava in sala quasi in una cantilena.

-“E ora. A lei il primo assaggio. Ne faccia una vampira.”

Come in un accordo silenzioso i redivivi la trascinarono lungo il tavolo afferrandola con le mani pallide e porgendole al vicino fino a che si trovò al cospetto di Morna.

-“Provala”

-“Una vergine…Una vergine…” Parevano tutti ipnotizzati  mentre le labbra si muovevano quasi automaticamente.

Sapevo che, se Morna non avesse fatto ciò che si aspettavano tutti, avrebbe avuto cinquanta vampiri contro ma non potevo non intervenire. Certo, era una mossa suicida ma sarebbe stato ancor più orripilante assistere al macabro banchetto senza impedirlo, i sensi di colpa non mi avrebbero abbandonato per il resto della mia vita. Così accaddero due cose contemporaneamente. Mentre mi slanciavo come una saetta verso la mia morte tendendo i muscoli in un salto dettato dall’adrenalina sopra le teste degli invitati proprio in quell’istante Raphael usciva di corsa dalla galleria nella quale mi ero nascosta sino ad allora. :-“Signore è fuggita! È…”

 

Poi tutto cadde in un silenzio immobile. Ero nella merda… in una grossa merda.

 

***

Salve a tutti! Mi scuso per la mia lunga assenza ma ora che le vacanze sono finite anche il mio tempo ahimé giunge al termine…Ma ho il piacere di aver concluso nei miei giorni di libertà codesto capitolo. E dopo le feste e il lieto andante posso tornare ai miei banchi di scuola sperando che Andrei non abbia passato troppe notti insonni *ride*. Grazie a tutti coloro che leggono la mia storia e a presto!

 

 

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Capitolo 7
*** "Essere Vampiro" ***


Cap. 7

 

Essere vampiro





Mi trovavo dinanzi a Morna, circondata da un silenzio ostile . Fantastico! Avevo fatto la mossa più stupida della mia vita. Nella mia breve vita. Perché dubitavo di sopravvivere quella notte. Era praticamente impossibile, mi ero bruciata tutte le possibilità di sopravvivenza buttandomi a capofitto nel bel mezzo della riunione come un piatto d’argento alla mercè dei mostri. Morna mi fissava ancora leggermente sorpreso ma si era ripreso dallo stupore iniziale, come tutti del resto.

-“Che significa tutto ciò?!!! È una nuova attrazione per caso?!” La voce di Kirk ruppe quella precaria pausa alle mie spalle, sospirai cominciando ad elencare mentalmente i miei ultimi saluti al mondo mentre mettevo in bella vista i pugnali. :-“Huna che cosa ci fai qui?”

-“è quello che cercavo di dirle signore, a causa di un mio drastico err…” Prese a spiegare Raphael ma l’altro lo interruppe volgendosi a me, inutile dire che evitai accuratamente di non fissarlo negli occhi puntando lo sguardo pressappoco sotto il suo mento pallido.

-“Comprendo che trattenerti sarebbe stato ben inutile…Signori…” aprì le braccia come a comprendere tutti i presenti:-“Vi presento la mia più fidata partner, nonché appartenente al clan dei McDiarmid.”

Si alzò un mormorio concitato mentre io non riuscii più a trattenermi dal guardarlo in volto. Imperturbabile mi fissava ma non parve volermi ipnotizzare, anzi sembrò sollevato del mio gesto e poco dopo capii il perché, con lo sguardo mi intimò di non parlare. Compresi che voleva trarmi salvare dalla fossa che mi ero scavata da sola e gli fui grata anche se la parte del partner o quel che era non mi piacque particolarmente ma era meglio quello che trovarmi scarnificata. E per il momento la ragazza innocente era stata dimenticata. Almeno qualcosa di positivo lo avevo pur ottenuto.

Kirk scattò furibondo:-“Vorresti farci credere che questa…umana è la tua serva? Tu che hai sempre odiato i McDiarmid?! Perché allora proprio un componente di quel clan? Non me la dai a bere…”

-“Ma è chiaro…” Raphael si avvicinò a passo quasi danzante. Aveva capito il gioco di Morna e ora ne faceva parte, forse per rimarginare in parte il suo errore:-“Vedete, quale vendetta migliore che quella di soggiogare una McDiarmid? Ha tradito il suo clan, è una rinnegata e ci ha fornito informazioni molto utili che potrebbero essere valide al mio signore e sfruttate a suo vantaggio una volta scelto come Supremo Padre Immortale..:”

-“Sciocchezze! Solo fandonie prive di fondamento! È un espediente per vincere illegalmente la nomina!” Tuonò Kirk battendo un pugno sul tavolo. Qualcuno si aggiunse alla protesta.

-“Saprete tutti…” Intervenne all’improvviso Mildred:-“Che i devastanti possiedono poteri inaspettati. Quindi appoggio pienamente la scelta di Morna nonché valorosa, quanti di noi sono stati sterminati per mano loro?”

-“ COME PUOI…”

-“Taci stolto!” Ribatté lei mentre il suo volto si faceva più severo.

Notai una nota di preoccupazione sul viso di Morna e infatti fu fondata. Voltandosi verso di lui, Mildred sorrise senza gioia.:-“Mettiamola alla prova. Facciamo che combatta contro uno di noi.”

Nella sala piombò il silenzio. Molti si guardarono perplessi ma senza il coraggio di proporsi, leggermente timorosi. Morna aveva una certa influenza, pensai. Purtroppo però non durò a lungo. Kirk balzò sul tavolo:-“Io sarò colui che la distruggerà.” Ghignò. :-“Che si tenga pure i pugnali se vuole. Non ne avrà bisogno una volta morta.”

Bene, almeno le armi mi erano state concesse. Mi girai un’ultima volta verso Morna come a cercare appoggio, lui si limitò ad annuire grave, e io che speravo in una sorta di super potere telepatico! Forse lo stavo sopravvalutando. Sapevamo entrambi che non c’era più nulla da fare. Sarebbe stata un duello con in palio la mia vita, era l’ora di testare le mie capacità mortali. Mi piazzai di fronte al vampiro facendo roteare i pugnali. Lui ghignò mettendosi in posizione di combattimento. Ci fu un millisecondo di immobilità durante la quale gli occhi di tutti erano puntati su di noi, dopodichè una folata di potere mi fece mancare il respiro. Si cominciava.

Con un urlo selvaggio il vampiro si slanciò su di me, ero stata pronta a quel momento sino ad allora perciò non mi fu difficile evitarlo. Con un salto in avanti eseguii una capriola da manuale, slanciandomi alle sue spalle gli diedi un calcio ben misurato alla nuca ma senza voltarsi lo bloccò in aria con una mano scagliandomi oltre di sé, smorzai la caduta con una mezza giravolta atterrando in ginocchio, le giunture scricchiolarono all’immane sforzo, come ammortizzatori non erano proprio il massimo. Era terribilmente forte, la mia unica possibilità era di coglierlo alla sprovvista nel tempo più breve possibile perché non sarei riuscita a svolgere quelle acrobazie in eterno e sapevo che si stava solamente scaldando per non dire divertendo. Bene, avrei fatto leva sulla sua imprudenza. E in quel preciso istante mi resi conto che non stavo facendo tutto quello solo per me stessa o per i miei fottuti principi. Ruira avrebbe fatto lo stesso al mio posto e io desideravo che fosse orgoglioso di me se lo avessi rivisto, dove. Perciò digrignai i denti alzandomi in piedi. Avevamo scelto strade diverse ma ciò non toglieva che eravamo cresciuti insieme e lui era tutta la mia famiglia, sono una devastante. Sapevo che, nonostante le nostre vie si fossero diramate, mi voleva bene ancora come io a lui. Io non sono debole

-“Mi stai facendo veramente ridere. Sei solo uno che cerca di apparire. Tutto fumo e niente arrosto.”

-“COME OSI UMANA!”

Perfetto, si stava scaldando:-“Non vali poi tanto…”

-“NESSUNO PUO’ INSULTARE LA MIA PERSONA TANTO MENO UN ESSERE INFERIORE!” Ululò gettandosi a semivolo su di me. Abilmente lo evitai abbassandomi, non era molto intelligente perché nel furore aveva lasciato il fianco scoperto. Così potei compiere una mossa che mi fu insegnata anni e anni addietro durante i vecchi addestramenti con mio fratello. Rapida gettai in aria i due pugnali per lasciare le mani libere. Tutto accadde in mezzo secondo. Compiendo il salto più vigoroso che potei “spiccai il volo” come disse più tardi Raphael. Puntando verso l’alto riafferrai in aria le lame dopodichè puntai a terra dritta sulla schiena del mio avversario con i tacchi ben mirati, lo atterrai con uno schianto. Non ero molto pesante ma nello slancio gli avevo rotto sicuramente qualche costola. Senza indugi gli puntai le ginocchia sulle braccia e sapevo quanto potesse essere doloroso mortale o meno, dopodichè la sua gola venne sfiorata da una delle mie fidate lame:-“Un movimento e ti trancio di netto la giugulare e sai, non scherzo. È d’argento ti avverto.”

Lui rimase immobile sbuffando come una mantice. Il volto arrossato dall’umiliazione. Mi ero dimenticata di raccomandargli anche di non parlare così si mise a inveire in tutte le lingue ma presto dovette tacere per una leggera pressione del pugnale sulla gola, limitandosi così a schiumare di rabbia.

-“Bene, credo che l’umana ti abbia sconfitto Kirk e con questo sei bandito dall’elezione in quanto con evidenza di tutti non ne sei all’altezza.”

Avevo il fiato corto ed ero madida di sudore, i muscoli che tremavano per lo sforzo ma quelle parole mi diedero l’energia di alzare la testa. Morna mi guardava annuendo compiaciuto. Ma i miei guai non erano ancora finiti. Come ad un’ultima stremata vendetta il vampiro sotto di me sbottò:-“Questo ancora non significa che sia totalmente sotto il controllo del nostro caro padrone di casa. Cosa costa per un devastante ammazzare un vampiro? Abbiamo solo valutato la sua forza non la devozione…”

-“Taci maledetto!” Urlai premendo con forza sul suo collo. Una riga rossa apparve sulla pelle bianca ma le parole non si potevano più cancellare. Ciò che veniva detto una volta non era più raccattabile.

-“Non ha tutti i torti.” Stavolta Mildred parve per un minuto dubbiosa poi il suo volto si schiarì:-“Se è veramente ciò che afferma di essere allora non avrà nulla in contrario a fornire il proprio sangue a te, Morna. Tra partner è usanza comune.”

Io e il mio cosiddetto “partner” ci fissammo per un secondo. Lo fulminai con gli occhi in una silenziosa protesta. Assolutamente no! Non potevo mica permettermi di nutrire un vampiro! Era oltre ogni mia morale etica. Lui scosse il capo in un gesto perfettamente eloquente. O stavo al gioco oppure sarei morta laggiù. Ero in una situazione priva di scelte. Con un sospiro puntai l’acume della mia arma all’avambraccio pronta a scalfire ma Mildred scosse i lunghi capelli argentei:-“No, potreste in ogni caso fingere. Saggiala.”

Sgranai gli occhi volgendomi con disperazione a Morna, ci aveva praticamente letto nel pensiero. Ora ero comunque nei guai, assaggiarmi equivaleva a mordere, e rischiavo di divenire una di loro entro la mezzanotte del giorno successivo se venivo infettata. Volevo veramente diventare un succhiasangue senza anima? (perché non ne potevo ancora essere certa). Comunemente un vampiro uccideva la sua vittima facendola praticamente a pezzi, ma se desiderava farne partecipe alla sua razza bastava dissanguarlo. In quel caso il cadavere avrebbe ripreso vita la terza notte all’ora dell’uccisione mentre, se lasciato vivo e morso aveva tempo un giorno per riuscire a purificarsi con l’acqua santa e non era un’operazione che vi augurerei. Ma comunque la mia risposta era categoricamente un “No” sonoro e lo avrei anche  pronunciato se Morna non mi avesse battuto sul tempo:-“ Huna, avvicinati.” Disse piano tendendo la mano. Lo squadrai dall’alto in basso non riuscendo a nascondere una nota di disprezzo, ciò non parve rallegrarlo molto ma la mano era ancora tesa verso di me :-“Fidati…” mormorò in maniera che solo io potessi udire, scossi il capo scettica ma la presi lasciando che mi aiutasse a scendere, addossandomi contro di lui, gli sussurrai nell’orecchio:-“Avrò un giorno per purificarmi dalla vampirizzazione se non c’è altra scelta.” Lo puntellai con il pugnale nell’addome nascosta com’ero dai nostri corpi ravvicinati, anche troppo per i miei gusti. :-“Rammenta, e se solo proverai a dissanguarmi, questo…” premetti la lama contro il tessuto del suo vestito medievale:-“…Si conficcherà nelle profondità del tuo bel cuoricino.”

Lui sorrise sul mio orecchio:-“Sei sempre piena di risorse ma non sono stato io ad invitarti, sei venuta da sola.”

-“Lo so.” Sibilai :-“Ma quella fottuta promessa me l’hai strappata con un mezzo ricatto.”
-“Perché sapevo l’avresti mantenuta…”Mormorò:-“Fidati di me Huna, e questa notte infernale finirà. Ora, guardami negli occhi. Allevierò il dolore che, mio malgrado, dovrai subire.” Sospirò

-“Niente ipnotismi. Fai ciò che devi fare, ma una bambola in mano tua proprio non voglio essere.”

-“Come desideri…” Acconsentì a malincuore.

Inclinai il capo di lato e lui accostò le labbra vellutate al mio collo. Sapevo che tutti ci stavano fissando ma non potei reprimere un brivido a quel contatto. Nemmeno nei miei sogni più fantastici avrei mai immaginato che sarebbe venuto il giorno in cui mi sarei concessa di mia libera iniziativa a farmi assaggiare da un vampiro. Mi accorsi che Morna stava prendendo tempo con le carezze e non volevo che  si approfittasse dell’occasione perciò soffiai piuttosto seccata:-“Fallo ora o mai più.”  

E lui obbedì. Sentii i canini appuntiti sulla mia pelle, lentamente affondarono e con loro il dolore, all’inizio lieve ma che presto divenne insopportabile. Strizzai gli occhi trattenendo un gemito. Sentivo il mio sangue fluire lentamente nella sua bocca e non ne fui per niente contenta perché con esso anche le forze cominciavano ad abbandonarmi, cercai di respingerlo istintivamente ma  non me lo permise stringendomi a sé così da impedirmi ogni sorta di tentativo alla fuga. Ma oramai ero anche troppo debole per provarci. Prima di svenire mi sembrò di udire un “Mi dispiace” dopodichè un boato assordante e poi…caddi.

 

Ancora voci intorno a me. Sono all’inferno? Vedo un enorme fuoco divampare e ombre allungarsi…Ma io l’ho già visto…Con mio fratello…E come allora improvvisamente si ode un urlo, una sagoma oscura balza nelle fiamme facendo sfrigolare scintille…Sto forse sognando? Ma allora sono viva…viva...HUNA!!!

 

Spalancai gli occhi di colpo. Non ero all’inferno ma ancora sulla terra. Immobile rimasi a fissare il soffitto vellutato davanti ai miei occhi. Nero come i miei pensieri. Perché anche senza alzarmi e guardare attorno sapevo bene di dove mi trovavo. Quante volte avevo fissato quel soffitto durante la mia prigionia? Ero tornata ad esserlo? Odiavo quella stanza a dire la verità detesto ogni ricordo che mi riporti ad un impedimento ma in quel momento avevo altre urgenze da sbrigare, ero viva e vegeta ma potevo anche diventare un cadavere ambulante se già non lo ero.

-“Quanto ho dormito?” domandai ad alta voce. Sapevo di non essere sola, voi lo avreste chiamato sesto senso immagino e il mio, ve lo assicuro, è molto spiccato. Ci fu un lungo silenzio ma sapevo che prima o poi la risposta sarebbe giunta e infatti, poco dopo sentii qualcosa adagiarsi sul bordo del letto accanto a me seguito da un lieve fruscio di stoffa. Il mio volto venne accarezzato da ciocche di fili d’oro ma non ne vidi il volto perché coperto da essi. :-“La notte è alla sua conclusione…” sussurrò Morna alzando finalmente il capo perché lo vedessi. Lo fissai direttamente negli occhi. Non mi avrebbe incantato, lo sapevo con certezza perché era stato così “carino" da non farlo quando mi aveva morso. Come a leggere i miei pensieri fu lui il primo a distogliere lo sguardo apparentemente a disagio:-“Avresti disapprovato.”

Quasi mi venne da ridere:-“Disapprovato? Dopo ciò che mi hai fatto continui a ciarlare su cose talmente futili come l’ipnotizzarmi o meno e pensi che abbia molta rilevanza in confronto a quello che hai compiuto per concludere la tua spassosissima festicciola con i tuoi amichetti?”

-“Huna…Se fosse stato in mio potere non lo avrei mai permesso ma rischiavi la vita!”

-“Si e allora hai pensato bene che diventare come te sarebbe stato divertente vero?”

-“Tu non diventerai come me…E lo sappiamo entrambi. Sei ancora in tempo per la cura…

-“Si ma avrò giusto qualche cicatrice tanto per aggiungere un tocco di bellezza in più…” Stavo perdendo la calma di fronte al suo volto. . .dispiaciuto! Quella ad essere angosciata dovevo essere io non lui!:-“E smettila di fare quella faccia da bravo samaritano…Ammettilo! Ti è piaciuto!”

Mi pentii di averlo detto nello stesso momento in cui lo pronunciai. Il volto di Morna sembrò frantumarsi in mille pezzi mentre tutta la delicatezza dei suoi tratti veniva sconvolta dalla rabbia:-“NON E’ VERO!!!” Scattò su di me ed ebbi il timore che mi aggredisse perciò istintivamente portai le braccia parandomele dinanzi al viso, lui mi afferrò per i polsi imprigionandomi in una morsa di ferro il viso spiacevolmente a pochi centimetri dal mio. :-“Tu pensi che sia divertente vero? Vedere ogni cosa mangiata del tempo avvizzire ai tuoi occhi per poi essere data alla terra, credi che sia divertente questo?! Io non ho voluto essere immortale! È stata la tua famiglia a provocare ciò!”

-“Impossibile il loro scopo è annientare i vampiri non aiutarli a proliferare.”

-“Nel corso degli anni sono state combattute guerre notturne contro di essi che non abbiano coinvolto innocenti. Interi villaggi distrutti, persone morte, bruciate all’interno delle proprie dimore. Lo insinui ancora un bene?”

-“Io non insinuo niente. Mi sono esternata dal clan questa notte stessa.”

Parve sorpreso:-“Hanno scoperto la tua combutta con me?”

-“No. È stata una mia libera iniziativa…”

-“Perché?”
-“Non desidero entrare nei dettagli.” Ignorai il suo sguardo indagatore.

-“Sei quindi una rinnegata?”

-“Preferirei definirmi devastante in proprio.” Mormorai. Inaspettatamente cominciò a ridere, ne fui sollevata perché l’atmosfera parve distendersi ma non avevo ancora risolto il mio problema. :-“Mi lasceresti andare ora?” Sbottai, ancora infatti non si era staccato da me. Emise un verso indefinibile scostandosi con mio conforto. :-“Dov’è la mia valigia?”

-“Cosa c’entra. . .”

-“L’acqua santa.” Tagliai corto. Non c’era bisogno di spiegazioni in fondo e anche lui lo capì. Limitandosi ad un cenno vago smorzò flebile. :-“ Credo Raphael l’abbia sistemata nell’armadio.”

Gli avrei spaccato la faccia. La bua me la sarei fatta io non lui dopo tutto! Stizzita marciai fino al mobile schiudendone le massicce ante. Alla vista della mia attrezzatura da guerra mi sentii parzialmente placata. Ma solo in parte. In fondo da sola cosa avrei potuto fare contro una schiera di vampiri?

-“Sono ancora giù i tuoi amichetti?”

-“Perché?”

Detesto quando qualcuno ribatte con un’altra domanda, ma il suo sembrava un vizio. Mi permisi di sogghignare. :-“Di certo non intendo scendere e affrontare tutte quelle incubatrici di sangue marcio se di questo ti preoccupi.”

-“Il Gran Consiglio. . .è finito.”

-“Adesso mi considerano la tua partner alias spuntino sempre disponibile?”

-“Sei dei nostri.”

-“Sai a cosa accennavo.” Bofonchiai trafficando tra la mia roba, non aggiunsi che in realtà non stavo in nessuno dei due fronti. . .almeno per ora. Cominciai ad innervosirmi poiché l’ampolla ancora non era saltata fuori. Impossibile che non l’avessi portata. . .Io portavo sempre l’Acqua Santa. . .Cominciai a dubitare dell’affidabilità che mi ero sempre affibbiata. Come avrei potuto perdonare una mia così grossolana distrazione? Morna non mi udì o forse fece finta. Sentii solamente un mortal sospiro emulato. Perché i morti non respirano vero? Oppure si? Quanto poco ne sapevo. Altri punti a totale sfavore, anche se in una battaglia non te ne frega tanto se il tuo nemico fiata o meno. Ti limiti a conficcargli il classico paletto nel cuore. Con mio gran sollievo la fiala con il liquido santificato si era incastrata tra due scomparti di pallottole, miracolosamente intatta. La estrassi reggendola tra due dita. Non era molto ma sarebbe bastato. La feci dondolare innanzi agli occhi. Però non dovevo sprecarne nemmeno una goccia inutile.

-“Puoi anche andare. Qui me la cavo da sola.” Annunciai voltandomi. Lui mi squadrò dubbioso. :-“Posso aiutarti?”

-“Ma certo che no.” Replicai angelica. :-“Non sarà un altro spettacolino da visionare. Preferisco provvedere da sola.”

-“Hai bisogno di qualcosa?”

-“Un asciugamano grazie. Ah. . .” Lo bloccai con un’occhiataccia prima che si alzasse. :-“ non chiudere la porta.”

Lui fece un cenno d’assenso uscendo poco dopo. Sospirai, almeno si era limitato a farlo normalmente senza altre sparizioni teatrali. Per quella sera ne avevo avuto abbastanza.






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Capitolo 8
*** Extra: Una parentesi ***


Qualcuno mi ha chiesto di continuare questa storia. E annuncio che lo farò, prossimamente. Ma prima di allora dovrò apportare delle modifiche/correzioni a ciò che ho scritto molto tempo prima. Sono passati degli anni, ma la fantasia rimane. Oltretutto desidero inserire delle special gallery con le illustrazioni dei miei personaggi che potranno essere arricchite da chi mi segue. Per migliorarmi, chiedo anche eventuali consigli a chi desidera continuare a leggere questa storia o chi vuole gettarsi tra le sue righe. Non avendo un occhio obbiettivo chiedo anche la gentilezza degli altri e mettere al voto questa storia; vale la pena di continuarla? Volete davvero un seguito? O ritenete che sia da accartocciare? 

Prenderò in considerazione ogni commento, sensazione, valutazione.
Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno un po' di tempo da dedicare
a questa saga. 

Grazie,

Morna

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