perchè tutto il resto è aria e polvere

di Bellatrix Lestrange
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Il giovane generale also il capo

PERCHÈ TUTTO IL RESTO È ARIA E

 POLVERE

 

 

 

 

Il giovane ufficiale alzò il capo. Guardò il cielo e la sua chiara sfumatura azzurrina chiedendosi se l’avrebbe rivisto. E quanto strano e sconcertante fosse porsi questa domanda ad appena 29 anni. Non poi così sconcertante. Comune. Banalmente comune. La guerra. Per quasi 10 anni aveva ucciso i suoi uomini e visto morire i suoi amici. Ma se dapprima era rimasto sconvolto, turbato, aveva poi cominciato a considerarla normale. Scontata. La morte è scontata se vi assisti per un così lungo periodo. Massimo guadò l’esercito avversario. Rozzi individui cui la luce di Roma avrebbe insegnato qualcosa. Roma. Se la immaginava luminosa. Un’ immensa fonte di luce che raggiunge anche le oscurità più ostinate nell’esserlo. Scosse la testa. Non era il momento. Non era mai il momento? Eseguire gli ordini è facile. Darli ti spinge a riflettere, e questo fa male se l’unica cosa che vorresti è non pensare. A un suo ordine, 2000 uomini avrebbero rassegnatamente corso, si sarebbero rassegnatamente precipitati incontro (contro) il fato. Il loro fato. Una corsa interminabile verso il proprio filo, gridando alle parche di attenderli. Fissò i suoi uomini. Magri, laceri, storditi dalle continue veglie e le perenni battaglie. Cattivi forse? No, pensò il generale guardando il soldato più vicino. No. Disperati o felici. Ciascuno di oro sa di stare per cominciare un’altra lotta per la vita a comando. Un solo gesto, e 2000 storie avrebbero rischiato il tutto e per tutto contro la parola fine. Il suo sguardo percorse il suo braccio alzato in attesa di venire abbassato per il segnale convenuto. In attesa di ordinare a 2000 fili di incrociarsi, spezzarsi, unirsi, mischiarsi, scalfirsi.

Solo.

Un.

Gesto.

Il generale contemplò l’idea di lasciarli andare, di non dare il via a quella carneficina per molti interminabile e interinata, una cui immagine sarebbe stata l’ultima per molti, l’ultimo sguardo su cui gli occhi di molti suoi uomini si sarebbero chiusi per sempre. Abbassandolo, l’aria tiepida sferzò per un tempo che a lui parve lunghissimo sul suo braccio, sul suo strumento di distruzione.

E l’inferno affiorò gridando sul terreno innocente.

 

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


PERCHÈ TUTTO IL RESTO È ARIA E

PERCHÈ TUTTO IL RESTO È ARIA E

 POLVERE

 

 

 

Massimo cercò inutilmente di ricomporsi. Per cosa poi, si chiese. Vengo onorato perché uccido e mi preoccupo di non dare a vedere che l’ho fatto. Eppure l’aveva sempre fatto, aveva sempre cercato di darsi un tono di serenità quando incontrava l’imperatore o i suoi superiori…quando la sera, annebbiati dal sangue e ubriachi di morte i suoi uomini cantavano attorno al fuoco, nelle notti fredde della Germania, alla luce della luna filtrata dai pini e degli scintillii gialli degli occhi dei lupi i soldati cercavano di dimenticare…e allora cantavano e ballavano, in una sorta di festino che avrebbe dovuto rallegrare ma che per molti era mirato allo stordimento dei pochi sensi di colpa che sopravvivevano a quella vita…e che di notte strisciavano in superficie come il sangue da una ferita…quelle notti erano qualcosa di meno lucido e sano del battersi, qualcosa di più corrotto e contorto…tanto che alcune notti Massimo avrebbe preferito continuare a combattere che prendervi parte. Forse era proprio per questo, per cercare di essere un po’ meno lì per tentare di non pensare che cercava di dare l’impressione di non avere niente da rimproverarsi, niente di triste a cui non pensare.

Ma quella sera era diverso. Quella sera non poteva mancare…l’Imperatore era venuto in visita all’esercito…e lei ci sarebbe stata. E allora non avrebbe avuto bisogno di sforzarsi di non pensare alle battaglie dei giorni precedenti.

 

Spostò il lembo leggero di stoffa rossa che lo separava dalla tenda dei generali, dove da qualche minuto essi si erano raccolti insieme con l’imperatore per aggiornarlo sulle vittorie degli ultimi 6 mesi. Marco Aurelio alzò gli occhi sul nuovo arrivato, e gli spuntò un sorriso. “Ah, Massimo…cosa dobbiamo fare con te? Tu ci togli ogni dubbio sulla riuscita della battaglia…da quando sei diventato generale, Roma dorme sonni fin troppo tranquilli.” Aggiunse bonariamente. Massimo sorrise di rimando, un sorriso che non aveva nulla di forzato o formale ma che conservava il dovuto rispetto. “Mi hai fatto chiamare, Cesare?” “Già…giusto. Il capo dei barbari ci ha fatto un dono, un dono che troverei ingiusto tenere per me. L’ho fatto portare nella tua tenda, volevo avvertirti per evitare spiacevoli conseguenze al trovarti un simile regalo senza avviso al tuo ritorno in tenda…suppongo che lo troverai meno insolito di quanto non l’ho trovato io…ma spero perdonerai la mia poca dimestichezza con queste cose…e in fondo tutte le cose a noi nuove sono insolite in terra straniera, ma mai quanto in patria…e gran parte di questa terra lo sta diventando, grazie a te… Ma non voglio tediarti oltre né trattenervi oltre dai festeggiamenti…mi stavate illustrando le nostre ultime conquiste, giusto?”

E Massimo si unì agli altri generali attorno alla tavoletta di cera con gli approssimativi tracciati di accampamenti e battaglie, scheggiata e indurita da tutto quello che aveva passato ma ancora intatta, che ricordava così tanto i soldati la fuori.

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Capitolo 3
*** 3 ***


PERCHÈ TUTTO IL RESTO È ARIA E

PERCHÈ TUTTO IL RESTO È ARIA E

 POLVERE

 

 

 

Quando i generali vennero congedati la festa fuori dalla tenda non era nemmeno arrivata al culmine. Massimo ritirò la sua cena in quelle che venivano generosamente chiamate cucine e si diresse verso un drappello di ufficiali. Conversò qualche minuto, gettando di tanto in tanto un occhiata alla folla…e poi la vide. Sorrideva, discorrendo con suo padre…sembrava assorta nella conversazione, ma lui la conosceva troppo bene…non era interessata a una singola parola di quello che stava dicendo il suo interlocutore…lo capiva dalle mani che fletteva ogni tanto, distrattamente, e dagli occhi che non brillavano ma erano anzi quasi leggermente assenti. Si diresse verso di lei quasi in sogno, per riscuotersi dopo pochi passi. Lei non sembrava averlo visto. Stava pensando a una valida ragione per interrompere l’imperatore in una conversazione con sua figlia quando lei si girò verso di lui…si bloccò un momento, il tempo necessario per non correre tra le sue braccia…e poi lo salutò, approfittando di una pausa di Marco Aurelio. “Generale Massimo…era da tempo che non ci vedevamo” suonava padrona di sé e quasi distaccata, ma Massimo aveva imparato a cogliere i piccoli segnali che sfuggivano al suo impeccabile autocontrollo implicito nel suo rango…la vide fremere leggermente, dopo avere terminato di pronunciare quella frase…e avrebbe giurato che la musica si era fermata, e tutto il resto era svanito…quella sera nessuno li avrebbe disturbati, nessuno si sarebbe accorto che mancavano…non era un ricevimento importante, ma era una festa tra soldati…e c’era decisamente troppa confusione per accorgersi di loro…qualcuno salutò l’Imperatore, che andò a raggiungerlo, e loro si allontanarono, fingendo i stare conversando da conoscenti; pochi istanti dopo erano lontani, nella luce tremolante dei fuochi lontani, le fiamme riflesse negli occhi neri di lei un attimo prima che lo baciasse, felice. Non c’erano parole, non serviva ricordare all’altro quanto gli fosse mancato…lo sapevano entrambi, come sapevano che la loro era una storia fin troppo a breve termine e senza futuro…ma non gli era mai importato, mentre erano insieme, solo nei pomeriggi piovosi o grigi quando entrambi erano lontani, come succedeva il 90 per cento del loro tempo…lei si sarebbe sposata, lui avrebbe continuato a combattere, finchè non sarebbe morto o diventato troppo vecchio per continuare a farlo. Ma quella notte, come tutte le altre, come tutte le poche altre che avevano trascorso insieme, non importava… c’erano solo loro, il buio e le stelle riflesse nei loro occhi innamorati.

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