Le Stagioni Dell'Amore

di SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sfogo ***
Capitolo 2: *** Perdono ***
Capitolo 3: *** Imbarazzo ***
Capitolo 4: *** Gita - Primo Giorno (1° Parte: Ricerca) ***
Capitolo 5: *** Gita – Primo Giorno (2° Parte: Obbligo o Verità?) ***
Capitolo 6: *** Gita – Primo e Secondo Giorno (3° Parte: Trauma) ***
Capitolo 7: *** Gita – Secondo Giorno (Innamorata Persa) ***
Capitolo 8: *** Gita – Seconda e Terza Notte e Quinto Giorno ***
Capitolo 9: *** Tre Giorni Perfetti ***
Capitolo 10: *** Gelosia? ***
Capitolo 11: *** Confusione ***
Capitolo 12: *** Sentimenti ***
Capitolo 13: *** Conseguenze ***
Capitolo 14: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 15: *** Complicazioni ***
Capitolo 16: *** Incertezze ***
Capitolo 17: *** Ferite ***
Capitolo 18: *** Tragedia ***
Capitolo 19: *** Amore ***
Capitolo 20: *** La Coppia Perfetta ***
Capitolo 21: *** Violazione ***
Capitolo 22: *** Malattia? ***
Capitolo 23: *** Insieme ***
Capitolo 24: *** Matrimonio ***
Capitolo 25: *** Rivelazioni ***



Capitolo 1
*** Sfogo ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Uno: Sfogo

Il suono della campanella annuncia a tutti gli studenti che l’intervallo è iniziato. Soddisfatta del mio lavoro chiudo il quaderno di matematica e lo ripongo accuratamente nella cartella.

Sonoko mi si avvicina sbadigliando sonoramente.

“Per fortuna è finita! Stavo per addormentarmi!” Sorrido. È proprio buffa! Lancia un occhiata al banco dietro di me assottigliando gli occhi. “A quanto pare non sono l’unica che trovava la lezione noiosa…” Mi volto nella sua stessa direzione, ma so benissimo a chi si riferisce.

Shinichi è placidamente addormentato con il capo poggiato sulle braccia incrociate sul banco. Sorrido, ma appena noto lo sguardo di Sonoko puntato su di me la mia espressione torna indifferente.

“Avrà lavorato fino a tardi…di nuovo…” Il tono mi esce un po’ acido. Ieri sera i nostri genitori sono andati a cena insieme e in principio saremmo dovuti andare con loro, ma all’ultimo momento Shinichi ha ricevuto una telefonata dall’ispettore Megure che lo pregava di aiutarlo in un caso.

Sonoko, capendo che qualcosa è andato storto tra di noi a causa delle sue manie, prende il quaderno dal suo banco, sbattendoglielo con forza sulla nuca.

“Kudo! Svegliati!” Prima che Shinichi si riprenda gli tira altri tre scappellotti con il quaderno.

“Mmm?” Finalmente le palpebre si sollevano e con una mano si stropiccia gli occhi, facendo scivolare lo sguardo da me a Sonoko.

“Era ora! Dormito bene?” Sonoko porta le mani sui fianchi, guardandolo truce.

“Sì, benissimo grazie!” Shinichi si stiracchia sulla sedia e, senza degnarmi di uno sguardo, si alza ed esce dalla classe. Improvvisamente mi passa la fame. Mi sento come se non riuscissi a respirare e sento gli occhi pizzicarmi.

“È proprio un idiota!” Sonoko sbuffa arrabbiata. “Dai vieni Ran, andiamo a farci un giro prima che finisca l’intervallo!” Detto questo mi prende per un braccio e mi trascina fuori dalla classe.

Durante tutto l’intervallo, passato girando per i corridoi dell’istituto, non presto ascolto ai continui commenti della mia amica riguardo ai ragazzi, e dopo alcuni minuti anche lei sembra essersene resa conto. “Ehi Ran, che hai?” Mi ridesto dal mio stato di semi-coscienza. Sonoko è davvero preoccupata.

“Mh?” Possibile che per colpa di quell’idiota debba far preoccupare anche gli altri?

“Cosa ha combinato di nuovo quel deficiente?” Riduce gli occhi a fessure, pronta ad avere una nuova scusa per tirargli dietro qualcosa.

“Niente, sono io che sono un po’ giù di morale, niente di che…” Sorrido, cercando di essere convincente. La mia migliore amica mi guarda diffidente. Non si è bevuta la bugia ma non sembra voler indagare oltre e a salvarmi arriva anche il suono della campanella.

Velocemente torno in classe, ma davanti alla porta trovo un gruppo di ragazze che tentano in tutti i modi di avvicinarsi a un punto fermo sull’uscio della porta.

Quando capisco chi è al centro della loro attenzione un moto di gelosia e rabbia mi cattura. A me non ha rivolto nemmeno uno sguardo in classe, invece a quelle oche starnazzanti sta rivolgendo sorrisi a trentadue denti! Questo è troppo! Prepotente mi avvicino alla folla, e spintonando alcune di quelle sciocche arrivo davanti a lui.

“Ran! Vuoi anche te un mio autografo? Oppure hai da consegnarmi una lettera come mia ammiratrice?” Sghignazza divertito, mentre il mio cuore inizia a sanguinare. Spaventata da quel suo lato e allo stesso tempo ferita ed arrabbiata alzo la mano in aria. Con uno schiocco il mio palmo e le dita si scontrano sulla pelle liscia della sua guancia. Lo stormo di ammiratrici restano immobili e silenziose. La sua guancia inizia ad arrossarsi mentre sento la mia mano bruciare per il colpo forse troppo forte. Sento gli occhi bruciare e che le lacrime sono ormai raccolte sulle ciglia e che nel giro di pochi secondi cadranno lungo le mie guance. Shinichi rimane immobile, con il volto leggermente girato dopo lo schiaffo e poi sposta lentamente lo sguardo su di me, confuso.

“Ran…ma…” Prima che finisca di formulare una frase di senso compiuto corro via. Passo vicino a Sonoko, che ha osservato la scena immobilizzata e la vedo lanciare un occhiataccia a Shinichi, e poi seguirmi. Mi rinchiudo in bagno, nascondendomi in una toilette chiudendo la porta a chiave.

Da sotto la porta scorgo i piedi di Sonoko. Resta immobile senza provare ad aprire la porta.

“Ran…” Sussurra dolcemente. “Ran, lo sai che è solo un idiota, non devi piangere per lui…” Sonoko è l’unica a conoscenza di quello che provo realmente per Shinichi, anche se molti nella nostra classe l’hanno ormai capito che per me lui è più di un semplice amico.

A quel pensiero i miei singhiozzi aumentano. Perché? Perché dovevo innamorarmi proprio di lui? Perché nonostante tutte le delusioni continuo a pensarlo? Perché non riesco a dimenticarlo?

“Ran… posso entrare?” Povera Sonoko, dal suo tono capisco che è tremendamente preoccupata. È la prima volta che faccio una scenata del genere davanti a qualcuno. Di solito mi rinchiudo in camera da sola a piangere e soffoco i singhiozzi nel cuscino, ma questa volta non ho resistito.

Sgancio il chiavistello della porta e lei entra nel piccolo abitacolo. Devo avere un aspetto orribile perché sgrana gli occhi terrorizzata. Appena richiude la porta mi abbraccia di slancio.

“Ran, non fare così… Shh… Non pensarci più…” Mi accarezza dolcemente i capelli, tentando di tranquillizzarmi.

“Gliela faccio vedere io a quel presuntuoso, appena esce di scuola! Se necessario chiamo anche Makoto! Così ci pensa lui a dargli una bella lezione!” No, non dovevano fargli del male.

Ma cosa sto pensando?! Dopo che mi spezza il cuore in tutte le maniere possibili voglio pure che l’unica a soffrire sia io?! Allora sono davvero masochista!

Mi stringo a Sonoko, sperando di riuscire a calmarmi.

Dopo qualche minuto mi riprendo. Sonoko mi fa un sorriso incoraggiante e insieme usciamo dal bagno, fortunatamente deserto. Quando il mio occhio cade sul mio riflesso nello specchio quasi rimango scioccata. Gli occhi sono rossi e gonfi e alcune ciocche di capelli sono rimaste appiccicate al mio viso. Mi avvicino ai lavandini e mi sciacquo il viso, sperando di cancellare almeno in parte i segni del pianto.

“Se rientriamo adesso la prof come minimo ci manda dal preside…” Sono preoccupata più per Sonoko che per me. A causa mia rischia un richiamo sul registro.

“No, non ti preoccupare. Lungo il corridoio ho incrociato la prof e l’ho informata che ti sentivi poco bene e che venivo a vedere come stavi.” Mi tranquillizzo. Quindi posso restare ancora un po’ in bagno tranquilla…

“So che è stupido ma…pensi che posso chiedere di tornare a casa? Non so se riuscirò a reggere lo sguardo di Shinichi una volta entrate…” Sonoko mi sorride comprensiva.

“Certo! Vieni, andiamo in segreteria. In effetti non hai una bella cera, dovrebbero mandarti a casa senza problemi!” Le sorrido grata. Insieme ci dirigiamo verso la segreteria, imbarazzata per quel mio sfogo improvviso. Come mi comporterò quando ci rivedremo non lo so, e per il momento non voglio nemmeno pensarci. Di certo sarà molto imbarazzate. Chissà se con questo mio sfogo ha capito qualcosa sui miei sentimenti… No. Sicuramente non ha capito niente. Come sempre del resto. Dopo una decina di minuti mio padre arriva a scuola a prendermi. Saluto Sonoko abbracciandola e ringraziandola del grande aiuto che mi ha dato, e poi salgo in auto con mio padre, che preoccupato mi domanda cosa mi è successo.

“Niente papà, ho solo un po’ di nausea…”

Apprensivo mi riaccompagna a casa e una volta sdraiata nel letto cado in un sonno profondo, ma di certo non tranquillo.


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CIAO A TUTTI *-* HO CAMBIATO LEGGERMENTE LA GRAFICA E NON APPENA AVRO' TERMINATO DI SCRIVERE LA STORIA PROCEDERO' CON UNA RILETTURA TOTALE DEI CAPITOLI, COSI' DA ELIMINARE GLI ERRORI FATTI :) A PRESTO ^^


 

Tratto dal Capitolo Due: Perdono

Assottiglio gli occhi e mentre ride gli schizzo un po’ d’acqua addosso. Si volta guardandomi minaccioso. Sorrido furba.

“Vuoi la guerra Mori?” Si avvicina pericolosamente a me con il viso. Possibile che tutta questa vicinanza non gli faccia il minimo effetto?

“Tanto sai che perderai!” Mi riprendo, ricambiando lo sguardo di sfida.

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Capitolo 2
*** Perdono ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Due: Perdono

È pomeriggio inoltrato e cammino tranquilla per le strade di Beika. Nonostante sia solo marzo fa già molto caldo. Arrivata davanti ad una gelateria mi fermo a guardare il suo interno. Sorridendo entro nel piccolo locale e prendo un gelato. Fragola e cioccolato: i miei gusti preferiti. Soddisfatta esco dalla gelateria, gustandomi il cono.

Cammino ancora un po’ fino a giungere al parco. Mi inoltro tra il viale alberato, mentre il suono della ghiaia sotto i piedi mi rilassa. Arrivo fino al centro del parco, dove al centro di una piazzetta è collocata una grande fontana. Mentre mi sto avvicinando per rinfrescarmi noto una coppia di ragazzi abbracciata seduta dall’altra parte della fontana. Quando il ragazzo di volta verso la ragazza il mio cuore salta un battito. Shinichi. Ma chi è quella che è con lui?

Il colpo di grazia per il mio cuore arriva quando i volti dei due si avvicinano, unendosi in un bacio appassionato. Il cono che si sta sciogliendo mi scivola dalle mani, schiantandosi sul suolo ghiaioso.

Vorrei scappare ma resto immobile con il mio cuore a pezzi. Quando si staccano i suoi occhi incontrano i miei, pieni di lacrime. Mi volto dalla parte opposta alla loro, iniziando a correre.

Dietro di me sento una voce femminile sconosciuta: “Chi era quella?” Noto un velo di malizia nella sua voce.

“Nessuno. Solo una sciocca che sperava di competere con te.” Al suono quelle parole cado a terra, sbucciandomi i polsi e le ginocchia. Inizio a urlare in preda a un fitto dolore al petto. Intanto intorno a me tutto si fa sempre più scuro, finché il buio non mi inghiottisce.

Mi risveglio urlante, mentre due mani forti e sudate cercano di afferrarmi per le braccia. Urlo ancora di più.

“Lasciami! Lasciami stare!” La mia voce è roca per il pianto. Le mie palpebre sono serrate e non riesco a trovare la forza per sollevarle.

“Ran, sono io! Ti prego calmati!” Nella confusione riconosco la voce di mio padre. Piano, riapro gli occhi, e dopo alcuni secondi di offuscamento riesco a riconoscere il viso sconvolto di mio padre Kogoro.

“Tesoro, va tutto bene, ci sono io.” Sconvolta mi getto tra le sue braccia. Perché mi sto comportando così?

“Vuoi dirmi cosa c’è che non va?” Mi siedo sul letto e solo in quel momento noto i miei polsi arrossati. Devo averli sfregati contro il pavimento. Osservo il volto di mio padre. Sembra teso e questo mi induce a sospettare che sappia già qualcosa.

“Non penso sia il caso…” Sussurro imbarazzata. Mio padre odiava Shinichi già a causa del suo lavoro, se avesse anche saputo che mi stava facendo soffrire senza nemmeno rendersene conto la situazione sarebbe peggiorata ancor di più.

“Centra quell’idiota di mini detective, non è vero?!” Lo guardo interrogativa ma anche spaventata. Oddio. Come fa a saperlo? “Non facevi altro che urlare il suo nome! – mi lancia un’occhiata sprezzante – Se ti ha fatto qualcosa giuro che…” Lo fermo posando una mano sul suo braccio.

“No, non ha fatto niente, sono io che ho fatto solo un brutto incubo, niente di grave, non ti devi preoccupare!” Ci manca solo che mio padre peggiori la situazione…

Mi guarda di sbieco, poi si alza dal letto. “Hai bisogno di qualcosa? Io stavo per andare al bar, ma se vuoi posso rimanere qui con te…” Dalla sua espressione capisco che l’ultima cosa che vuole è restare con me a parlare dei miei problemi di cuore.

“Non ti preoccupare papà, vai pure al bar, adesso è tutto passato. Era solo un brutto sogno.” Gli rivolgo un sorriso abbastanza tirato, ma sembra convincersi.

“D’accordo, se hai bisogno di qualcosa basta che mi chiami sul telefonino.” Annuisco. Lo saluto cercando di essere il più possibile sorridente e appena la porta di richiude torno ai miei pensieri.

Accidenti. Due episodi a dir poco imbarazzanti nel giro di un solo giorno. Se passo un’altra giornata così prima o poi mi rinchiuderanno nel reparto psichiatrico dell’ospedale, o peggio ancora al manicomio.

Allungo il braccio verso il comodino, afferrando il cellulare. Le cinque del pomeriggio. Cavoli, questa sera sarà davvero dura addormentarsi. Un messaggio è da parte di Sonoko: mi chiede come sto e se mi va di fare un giro in centro. Deve consegnarmi una cosa molto importante per la gita della settimana prossima.

Le rispondo, chiedendole se è davvero necessario vederci proprio oggi. In fondo quella cosa può anche darmela domani, cosa cambia?

Nel giro di poco più di un minuto mi ha già risposto.

A quanto pare è un avviso da consegnare entro domani assolutamente e che deve essere firmato da un genitore. Sbuffo. Controvoglia accetto di uscire per un’oretta e ci diamo appuntamento al parco di Beika. Quando leggo il luogo dell’incontro un brivido mi percorre la schiena. Anche nel mio sogno andavo al parco ed era sempre pomeriggio inoltrato. Basta, non devo pensarci: è stato solo un incubo. Punto. Così se vado ho l’opportunità di dimostrare a me stessa che non è assolutamente la realtà. E poi Shinichi a quest’ora sarà rintanato nella sua biblioteca a leggere per l’ennesima volta un libro di Conan Doyle.

Cercando di auto-convincermi apro l’armadio e indosso il primo paio di jeans e maglietta che trovo. Effettivamente fa molto caldo. Proprio come nel mio sogno… Alt! Non devo ricominciare.

Esco di casa e passo senza fermarmi davanti alla gelateria sulla strada, tirando dritta per il parco.

Probabilmente Sonoko non è ancora arrivata ma almeno non ho la tentazione di fermarmi a prendere un gelato.

Dopo pochi minuti arrivo al parco. Rallentando il passo cammino sulla ghiaia del vialetto, mentre il cuore mi batte all’impazzata per la paura. Devo stare tranquilla, è stato solo in incubo.

Arrivo alla piazzetta con la fontana. Come immaginavo non c’era nessuna coppia seduta sul muretto della pozza d’acqua. Sospirando vado a sedermi dove avevo sognato i due ragazzi. Prima che Sonoko arrivi passeranno parecchi minuti, lo so bene. Sovrappensiero non avverto alcuni passi avvicinarsi a me e all’improvviso uno schizzo d’acqua mi fa chiudere gli occhi.

Li riapro spaventata.

“Cosa…?” Non faccio in tempo a formulare la domanda che il sorriso di Shinichi mi fa accelerare il battito cardiaco. Un sorriso di fa strada sul mio viso, ma subito quella momentanea felicità viene scacciata dalla rabbia e la frustrazione.

Shinichi sghignazza divertito, mentre io metto il broncio.

“Cosa ci fai qui?” Il tono mi esce acido. Bene, meglio farlo sentire in colpa, non è giusto che le passi tutte lisce.

“Potrei farti la stessa domanda…” Ancora quell’odioso sorrisetto.

“Beh, se non ti è gradita la mia presenza non preoccuparti, me ne vado immediatamente, almeno non dovrai scusarti con qualche tua ammiratrice per esserti intrattenuto con me!” Possibile che quando c’è lui nei paraggi il mio comportamento cambi all’improvviso? Mi sento tremendamente stupida a volte…

Mi alzo dal muretto e mi incammino verso l’uscita del parco. Una mano mi afferra il polso, tirandomi indietro.

“Ehi, Ran, scherzavo!” Mi guarda, evidentemente dispiaciuto. Perché mi fa così tanta tenerezza? “Mi dici cosa ti sta succedendo? Ti comporti in modo strano ultimamente…” Oh no, quindi se n’è accorto!

Non lo so, vorrei rispondergli, ma non è il caso…

“Niente, solo che sai benissimo quanto mi dà fastidio questo tuo lato arrogante…” Abbasso lo sguardo a terra. È vero, ho sempre saputo che Shinichi ha due personalità: una dolce e generosa, l’altra arrogante e viziata.

“Lo so, solo che non sono abituato a comportarmi in un certo modo con tutti, dovresti saperlo…” Sembra anche lui rattristarsi.

“Mi dispiace per lo schiaffo…” Ammetto imbarazzata. Mi guarda sorpreso. “Però te lo sei meritato!”

Mi sorride ridendo. “Mi sembrava troppo strano che ti scusassi e basta!” Prima inarco un sopracciglio, ma subito dopo scoppio a ridere insieme a lui.

“Comunque cosa ci fai al parco a quest’ora?” Mi chiede subito dopo, sedendosi sul muretto e facendomi segno di accomodarmi vicino a lui.

“Sto aspettando Sonoko… Ha detto che deve darmi un foglio per la gita che vi hanno dato oggi in classe…” Lo vedo inarcare un sopracciglio. “Un foglio?” Mi chiede perplesso. Annuisco.

“Veramente non ci hanno consegnato niente oggi…” Aggrotto le sopracciglia. Sonoko le escogitava davvero tutte pur di farmi stare un po’ con Shinichi, ma devo verificare che sia davvero come penso.

“Tu perché sei qui?” Aggrotta anche lui le sopracciglia.

“Perché Sonoko mi ha detto che ha bisogno del mio aiuto per un nuovo caso accaduto nella sua famiglia…” Possibile che abbia creduto a una simile bugia?

“Ma a quanto pare l’ha fatto solo per darti l’opportunità di chiedere scusa al sottoscritto!” Sorride a trentadue denti, togliendomi il fiato per alcuni secondi. Possibile che mi debba sempre stuzzicare?

Assottiglio gli occhi e mentre ride gli schizzo un po’ d’acqua addosso. Si volta guardandomi minaccioso. Sorrido furba.

“Vuoi la guerra Mori?” Si avvicina pericolosamente a me con il viso. Possibile che tutta questa vicinanza non gli faccia il minimo effetto?

“Tanto sai che perderai!” Mi riprendo, ricambiando lo sguardo di sfida.

“Ah sì?” Approfittando di un mio piccolo tentennamento mi cinge il busto con un braccio e facendo pressione con esso inizia a spingermi verso la pozza della fontana. Rido mentre afferro la sua camicia bianca tentando di reggermi. Appena la pressione sul mio corpo si allenta inizio a spingerlo io. Non so se perché non se l’aspetta o perché non ha alcuna intenzione di opporre resistenza, fatto sta che prima ancora che me ne renda conto mi ritrovo con la testa sott’acqua. Quando riemergo tossendo capisco di trovarmi a cavalcioni su Shinichi immersa nell’acqua fino alla vita, data la mia posizione. Shinichi invece ride tranquillo, mentre il mio viso assume una colorazione simile a quella dei pomodori maturi. Quando tento di rialzarmi le sue mani me lo impediscono afferrandomi per la vita. Tra i due il più bagnato è senz’altro lui. Tiene le braccia all’indietro e facendo leva sui polsi cerca di lasciare il busto fuori dall’acqua, ma dal ventre in giù è completamente sommerso nella pozza, grazie anche al mio dolce peso che lo atterra sul fondo della fontana.

Mi guardo intorno e ringrazio il cielo per il fatto che il parco sia completamente vuoto.

Tossisco a causa del’acqua che ho bevuto alla caduta, mentre lui smette di ridere evidentemente preoccupato.

“Stai bene Ran?” Cerca con lo sguardo i miei occhi per accertarsi di come ho preso questo piccolo scherzetto.

“Sì, ma non credi sia meglio uscire, prima che ci vedano?” Sono rossa di vergogna. Possibile che lui nemmeno in questa posizione provi un minimo di imbarazzo? Diamine, sono a cavalcioni su di lui!

Quando questa volta tento di rialzarmi non oppone resistenza, e mi aiuta tendendomi la mano quando usciamo dalla vasca della fontana.

“Oddio, cosa penseranno vedendomi per strada completamente bagnata?” Mi chiedo terrorizzata dai commenti che tutti potrebbero fare su di me.

“Casa mia è più vicina, potresti venire da me e aspettare che si asciughino i vestiti, oppure chiamiamo tuo padre per fartene portare altri, anche se non penso sia una buona idea…” Imbarazzata decido di seguirlo, anche se mi pongo alcune domande. Cosa avrei fatto una volta arrivata a casa sua? Mi sarei dovuta spogliare?! E cosa mi avrebbe dato da vestire? Oddio, ma quanti problemi mi sto ponendo?! Sospiro rassegnata.

“Se torno a casa conciata così mio padre mi ammazza, forse è meglio se vengo da te…” Mi sorride e insieme ci dirigiamo verso villa Kudo.

 

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Tratto dal Capitolo Tre: Imbarazzo

Solo quando abbasso lo sguardo imbarazzata noto la sua camicia sbottonata. Il petto muscoloso si mostra in tutta la sua magnificenza sotto i miei occhi, facendomi avvampare pericolosamente. Di questo passo rischio il collasso! Chiudo gli occhi tenendo il viso verso il basso. Oddio, oddio, oddio! Respira, Ran, respira…

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Capitolo 3
*** Imbarazzo ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Tre: Imbarazzo

Camminiamo velocemente per strada, cercando di eludere le curiose occhiate che ci lanciano alcuni passanti. Tengo lo sguardo basso, sperando che nessun conoscente passi per strada proprio in quel momento o per lo meno che non mi riconosca.

Arriviamo in meno di tre minuti davanti al cancello in ferro battuto della grande villa Kudo e con un rapido movimento del polso Shinichi fa scattare la serratura, dopo aver infilato nella toppa la chiave tirata fuori dalle tasche bagnate. Lancio un ultimo sguardo alla strada, verificando che nessuno ci abbia visto e varco la soglia della casa di Shinichi.

“Dai Ran, cosa può succedere se qualcuno ti vede?” Sghignazza apertamente, raggiungendo la porta dell’ingresso. Dalla finestra della cucina traspare una luce. Grazie al cielo sua madre è in casa!

“Sappi che quello che rischia la vita in questo momento sei tu, non io! Non penso saresti molto felice di una visitina di mio padre pronto a strangolarti…” Impallidisce per alcuni secondi, mostrando uno sguardo di puro terrore. Sorrido divertita.

Appena entrati in casa il rumore delle nostre scarpe cigolanti sul pavimento dell’ingresso e lo sbattere della porta avvisano la madre di Shinichi del nostro arrivo. Una donna sulla trentina appare da una porta in legno come una visione celestiale. Come sempre è bellissima.

“Ragazzi! Cosa vi è successo?” Si avvicina a noi, inarcando un sottile sopracciglio.

“Diciamo che faceva troppo caldo e abbiamo pensato di fare un bagno…” Yukiko lancia un’occhiataccia di rimprovero al figlio che sghignazza.

“Siete bagnati fradici, dovete assolutamente cambiarvi e asciugarvi, altrimenti vi ritroverete  con la febbre e addio gita!” Già, tra due giorni partiremo per una fantastica gita di cinque giorni! Al pensiero sento l’adrenalina salire.

Yukiko fa cenno con il capo al figlio di dirigersi verso le scale, mentre a me rivolge uno dei suoi soliti dolci sorrisi.

“Vieni cara, ti presto alcuni miei vestiti e metto i tuoi ad asciugare. Sono sicura che nel giro di un’ora si asciugheranno.” Ringraziandola salgo con lei al piano superiore e arrivate nella sua stanza mi porge un paio di morbidi pantaloni neri e una maglietta di cotone bianca. Dopo essermi cambiata vado nella grande biblioteca della villa, dove spesso io e Shinichi ci rifugiavamo da bambini per giocare. Mi avvicino alla grande scrivania di mogano e accidentalmente faccio cadere a terra una pila di libri. Mordendomi il labbro inferiore mi abbasso a raccoglierli, inginocchiandomi a terra.

“Che hai combinato?” Quel tono beffardo lo riconoscerei tra mille ma mi fa comunque sussultare, facendomi sbattere la testa contro la scrivania.

“Ahia!” Mi porto una mano sulla parte dolente, sollevando lo sguardo verso il mio interlocutore. Mi ritrovo con il viso di Shinichi a una spanna dal mio. Ha le mani poggiate sulle ginocchia e il busto proteso verso di me. Solo quando abbasso lo sguardo imbarazzata noto la sua camicia sbottonata. Il petto muscoloso si mostra in tutta la sua magnificenza sotto i miei occhi, facendomi avvampare pericolosamente. Di questo passo rischio il collasso! Chiudo gli occhi tenendo il viso verso il basso. Oddio, oddio, oddio! Respira, Ran, respira… Sono certa di avere assunto un colore simile a quello di un semaforo rosso talmente è tanto il mio imbarazzo!

“Sei sempre la solita imbranata…” Sento un fruscio di tessuto, e quando riapro gli occhi – uno alla volta – lo vedo davanti a me raccogliere i libri che poco prima ho fatto cadere a terra con un sorrisino beffardo disegnato sul viso. La camicia è ancora sbottonata. Ma lo fa apposta?!

“Scusa…” Biascico, con la voce rotta dall’emozione. Nel mio stomaco è come se qualcosa si fosse ribaltato, facendomi provare le vertigini. Accidenti ai miei ormoni impazziti!

Raccoglie tutti i libri che ho fatto cadere, riappoggiandoli sulla scrivania. Poi inizia ad abbottonarsi la camicia, dirigendosi verso la porta.

“Cosa vuoi fare mentre aspetti?” Ricaccio subito indietro i pensieri che mi hanno attraversata al suono di quelle parole. Arrossisco nuovamente.

“Boh, non saprei…” Sono curiosa di sentire cosa propone lui.

“Mmm…” Mentre pensa sua madre si affaccia alla porta.

“Ran, cosa ne dici di rimanere a cena da noi? Yusaku è partito e siamo a casa da soli, così ci fai un po’ di compagnia, dopotutto domani è sabato e non c’è la scuola, no?” Mi sorride e ringraziandola accetto volentieri l’invito. Sorride soddisfatta.

“Mamma, tu hai qualche idea su come passare il tempo?” Domanda Shinichi. Evidentemente non è riuscito a trovare una soluzione.

“Effettivamente qualche idea ce l’avrei…” Yukiko sorride maliziosa. Oddio, cosa starà pensando? Shinichi inarca un sopracciglio. Inutile dirlo, quando quella donna fa così ci mette i brividi!

 

Siamo tutti e tre accomodati intorno al grande tavolo della cucina di villa Kudo, e ci fissiamo tesi.

Ho fatto bene i conti e se non mi sbaglio dispongo ancora di 116100 yen (*), mentre Shinichi ne possiede meno della metà a giudicare dalle poche banconote disposte davanti a lui. Inoltre dispone di pochissime proprietà – tra l’altro poco proficue.

Il mio vero avversario a questo punto è lei: Yukiko. Anche lei possiede circa la metà dei miei guadagni, ma le sue proprietà sono di gran lunga le più dispendiose e pericolose. Ha il controllo su quasi tutta la zona ovest della città. Ci fissiamo serie. è il mio turno. Prima di afferrare i dadi valuto attentamente la situazione: sulle dieci caselle del lato est otto di esse mi porterebbero a una perita di 108000 yen (**) all’incirca – ogni casella è disposta di due alberghi! Per salvarmi devo segnare tre oppure otto. Afferro i dadi e concentrandomi lancio i due cubetti in legno sulla tavola. Il primo si ferma segnando un tre mentre il secondo continua a roteare su sé stesso. “Cinque, cinque, cinque…” Sussurro tra me e me, mentre la sua corsa rallenta. Ancora due ribaltamenti e il cubo si ferma. Cinque. “Sì!” Lancio un piccolo urlo di gioia, mentre Shinichi biascica un “fortunata”. Yukiko invece è ancora tesa e le labbra sono tese in un sorrisetto.

“Un momento. Osserva bene la casella Ran…” Preoccupata faccio come mi dice. Imprevisti. Cavolo. Allungo la mano verso il mazzetto di cartine giallo – colore che induce a pensare ad un’allerta. Ne prendo una e lancio uno sguardo di sfida alla mia avversaria. Poi leggo e sbianco.

“Retrocedete di tre caselle.” Leggo ad alta voce, mentre un sorriso perfido si disegna sulle labbra della giovane attrice. Shinichi sghignazza divertito al mio fianco.

Osservo bene il tabellone. ‘Parco della vittoria’, la casella più cara di tutto il percorso. Yukiko mi rivolge il palmo di una mano, facendomi segno di depositare lì i miei soldi.

“Sono 108600 yen, cara.” Sbuffando racimolo le mie banconote e gliele porgo. Ora mi sono rimasti 7500 yen (***), troppo pochi per riuscire a terminare anche solo il giro. Fortunatamente è il turno di Shinichi, che sbuffando lancia i dadi. Se sono fortunata lo mando in banca rotta. Basta che finisca su una mia proprietà ed è fatta. In quel momento l’orologio a pendolo del salone adiacente alla cucina segna le dieci di sera. Sono ben due ore e mezza che giochiamo! Mi alzo velocemente dalla sedia, facendo cadere alcune pedine sul tabellone.

“Cavoli, devo andare subito a casa o papà si arrabbierà tantissimo!” Mi avvicino alla porta.

“Potresti rimanere qui a dormire, la camera degli ospiti è sempre libera.” Yukiko mi sorride dolcemente. Dormire a casa di Shinichi?! L’ultima volta che mi sono fermata a dormire in quella casa avevo appena dieci anni. In effetti mi tenta moltissimo passare la notte da loro… Scuoto la testa sorridendo.

“No, grazie, preferisco tornare a casa. Papà si preoccupa se non mi vede per troppo tempo, comunque grazie mille per la cena e la bellissima serata, Yukiko.”

“Di niente Ran, lo sai che sei sempre la benvenuta qui.” Mi sorride materna. “Shinichi, riaccompagnala a casa, non mi fido mandarla in giro da sola a quest’ora!” Shinichi sbadiglia sonoramente, biasciando un “d’accordo” e dirigendosi verso il salone buio.

Durante il tragitto verso casa mia non parliamo, camminando tanto vicini da poterci sfiorare ma sempre attenti a non farlo. La sua mano ciondola a pochi centimetri dalla mia e sento l’impulso di afferrarla e stringerla alla mia. Più volte sono sul punto di farlo ma sempre mi trattengo, timorosa della sua reazione. Arrivati sotto casa mia mi saluta restando sempre distante, augurandomi la buonanotte. Lunedì mattina ci saremmo rivisti alle cinque alla stazione per partire per la gita, e questo non mi aiuta a riprendere sonno. La notte – ancora una volta – sogno Shinichi.

 

(*)116100 yen valgono all’incirca 860€ (1€ = 135 yen, circa)

(**)108000 yen valgono all’incirca 800€

(***) 7500 yen valgono all’incirca 55€

 

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Tratto dal Capitolo Quattro: Gita – Primo Giorno (Prima Parte)

“E quanto costa?” La donna, senz’altro cinese, guarda un foglietto appeso al muro.

“1350 yen.” Ci guardiamo stupiti.

“Quanti litri sarebbero?” Shinichi assottiglia gli occhi. Per costare così poco o è di bassissima qualità, oppure deve essercene pochissimo quantitativo dentro.

“Credo un litro e mezzo.” La donna sorride.

“Va bene, la prendiamo.” Shinichi tira fuori dal portafogli le banconote, mentre la donna si allontana dal bancone per andare a prendere la bottiglia nel magazzino.

“Cavoli, con la vodka liscia restiamo secchi stasera…” Sussurra Sachiko al mio orecchio.

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Capitolo 4
*** Gita - Primo Giorno (1° Parte: Ricerca) ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Quattro: Gita – Primo Giorno (1° Parte: Ricerca)

Cinque giorni di totale libertà – sotto molti aspetti –, ma soprattutto di puro divertimento! Arrivata alla stazione alle cinque di mattina sento l’adrenalina procurarmi brividi lungo la schiena e la stanchezza per quell’alzataccia mattutina non si sente neanche. Appena arrivata lascio la mia valigia all’autista e dopo aver lanciato un breve saluto a mio padre – che ha insistito per accompagnarmi perfino la mattina! – salgo sul pullman, cercando con lo sguardo Sonoko. La ritrovo seduta all’incirca a metà del corridoio, nel sedile appena prima della scaletta per la seconda porta del veicolo. Allo stesso numero di fila, ma dal lato opposto del corridoio, si trovano già accomodati ai loro posti Makoto e Shinichi. Con mio grande rammarico noto che quest’ultimo si trova vicino al finestrino. Prevedo già che le possibilità di parlare non saranno molte a causa della scomoda posizione.

Mi accomodo sul sedile vicino al finestrino, mentre davanti a me si posizionano Akane e Sachiko, grandi amiche mie e di Sonoko. Subito si voltano verso di noi sorridenti.

“Ciao ragazze! Siete pronte?” Sachiko ci rivolge un sorriso a trentadue denti. È emozionatissima, come tutte noi. L’unico che sembra essere apatico alla situazione è Shinichi, che resta appoggiato con la testa al finestrino.

Approfittando del fatto che Sonoko si è alzata vado a sedermi nel sedile davanti a lui, dando le spalle all’autista.

“Che hai Shinichi?” Non riesco a trattenere un sorriso.

“Uhm? Ho sonno…” Sbadiglia.

“Non sei neanche un po’ emozionato?” Inarco un sopracciglio. Come può non ritenere eccitante un’esperienza simile?

“Sì…” Okay, è proprio stanco. Decido di lasciarlo in pace. Il mio sguardo si volge a Sonoko e Makoto, che si lanciano sguardi ricchi di sottintesi. Distolgo lo sguardo imbarazzata. Qualcosa mi dice che quei due prima della fine della gita si fidanzeranno.

Mi riaccomodo sul mio sedile, mentre la professoressa Mizuno inizia a fare l’appello. Siamo solo due classi, ma comunque formiamo un gruppo di ben 57 persone – compresi i quattro professori che hanno l’“onore” di accompagnarci. Se per noi si sarebbero annunciati cinque giorni fantastici, per loro corrisponderanno a cinque giorni esatti al centro dell’inferno.

Durante il viaggio sento alcuni miei compagni parlare dei loro progetti da mettere in atto appena giunti nella prima città da visitare, e decido con Sachiko di partecipare con loro, nonostante Akane e Sonoko si siano lanciate occhiate preoccupate. Anche Shinichi si aggrega a noi, mentre Makoto preferisce restare in disparte. Il piano prevede di comprare alcuni alcolici per rallegrare la serata in albergo. Se un anno fa mi avessero detto che avrei iniziato a bere alcolici non ci avrei creduto, invece adesso è una delle poche cose che mi concedo. È da quasi un anno che pressoché tutti i sabato sera io, Sonoko, Sachiko, Akane, Shinichi e Makoto frequentiamo un locale dove servono cocktail e alcolici. Non si trova molto lontano dalla scuola ed è frequentato soprattutto dagli studenti del nostro istituto. Non ci spingiamo mai più in là di un bicchiere, e non ci siamo mai ubriacati prima d’ora, quindi se restiamo nei nostri canoni può andare più che bene bere qualcosa in compagnia. Sachiko ci informa di avere portato un po’ di succo di frutta, più precisamente alla pera.

“Vedrai Ran, rum e pera è assolutamente da provare! È buonissimo!” Sorrido poco convinta, ma sempre pronta a provare qualcosa di nuovo.

Durante tutto il viaggio ascoltiamo la musica, cantando a squarciagola i nostri pezzi preferiti grazie alle casse che Makoto ha portato nello zaino. Dopo quattro ore di viaggio raggiungiamo la nostra prima tappa. Appena scesi i professori ci lasciano due ore di libertà assoluta, quindi abbiamo il tempo per procurarci il materiale per la nostra serata.

La nostra classe si divide in due gruppi, il nostro – formato da coloro che partecipano alla serata a porte chiuse con l’alcool – è composto da dodici ragazzi, ma a noi si uniscono – sebbene non partecipino – anche Sonoko, Makoto e Akane. Camminiamo assembrati per le vie della città in stile europeo medievale, chiacchierando del più e del meno. In totale siamo dieci ragazze e cinque ragazzi.

A guidarci sono Hitoshi e Akira, che ad ogni negozio che espone bottiglie di liquore si fermano ed entrano chiedendo il prezzo dei fiaschi. Giriamo tutte le vie del borgo, e dopo un’ora e mezza non siamo ancora riusciti a trovare niente. Sbuffando ci sediamo sui muretti di una piazza.

Harumi e Megumi – inseparabili come sempre – iniziano a fumare una sigaretta, facendomi storcere il naso. Fortunatamente il fumo non mi attira. Le due ragazze portano entrambe i capelli scuri sciolti, con un paio di occhiali da sole a coprire loro gli occhi; entrambe hanno assunto una posa da dive, sdraiate sul muretto. Effettivamente sono molto carine, l’unico problema per Megumi era il naso, tremendamente adunco. Entrambe hanno il fidanzato, ma sono certa che si tratti semplicemente di una loro cotta passeggera. A loro si avvicinano Hitoshi e Akira, che tirano fuori a loro volta un pacchetto di sigarette. Sono entrambi dei bei ragazzi. Il primo ha le spalle ampie e braccia e gambe forti e muscolose, il secondo invece è muscoloso al punto giusto e porta i capelli sparati in tutte le direzioni, usando un quantitativo innumerevole di gel.

Sachiko, che ha i capelli raccolti come al solito in una coda di cavallo dietro la nuca, mi si avvicina sorridendo.

“Penso che in quel bar abbiano qualcosa – mi indica con un cenno del capo lo snack bar proprio di fronte a noi – andiamo a vedere, tra poco dobbiamo andarcene…” Annuisco, poi do uno scrollone a Shinichi, facendogli cenno di seguirci.

Entrati nel bar decide di prendere lui la parola.

“Mi scusi, avete del rum?” La donna, sulla trentina, lancia un’occhiata al marito.

“No, ma se volete ho una bottiglia di vodka liscia.” Shinichi, Sachiko ed io ci lanciamo uno sguardo affermativo.

“E quanto costa?” La donna, senz’altro cinese, guarda un foglietto appeso al muro.

“1350 yen(*).” Ci guardiamo stupiti.

“Quanti litri sarebbero?” Shinichi assottiglia gli occhi. Per costare così poco o è di bassissima qualità, oppure deve essercene pochissimo quantitativo dentro.

“Credo un litro e mezzo.” La donna sorride.

“Va bene, la prendiamo.” Shinichi tira fuori dal portafogli le banconote, mentre la donna si allontana dal bancone per andare a prendere la bottiglia nel magazzino.

“Cavoli, con la vodka liscia restiamo secchi stasera…” Sussurra Sachiko al mio orecchio. Ma non sembra preoccupata, anzi, sembra molto eccitata all’idea.

La cinese torna con in mano un bottiglione trasparente. Strabuzzo gli occhi. Più che un litro e mezzo a me sembrano due e mezzo!

Dopo aver pagato usciamo dal bar con in mano il sacchetto. Hiroshi si avvicina a noi curioso.

“Cosa avete trovato?” Sbircia dentro alla borsa, rimanendo colpito.

“Porca miseria! Quanta ne avete presa?!”

“Era l’unica che avevano.” Dice Shinichi, facendomi segno di aprire la mia tracolla.

Una volta nascosta al suo interno la bottiglia ci incamminiamo verso il luogo del ritrovo, non prima di avere scritto e spedito una cartolina al mio adorato ‘fratellone’ Mamoru, dove lo informo dei nostri progetti e gli prometto di telefonargli presto. Con Mamoru ho stretto amicizia molto velocemente, e per me è diventato subito una specie di fratello maggiore, sempre pronto a consigliarmi ed aiutarmi nei momenti di difficoltà. Non so perché ma sono quasi convinta che Shinichi sia almeno in parte geloso di lui, e la cosa devo ammettere che mi fa piacere.

Passiamo l’intera giornata in giro per la città, e la sera ripartiamo e raggiungiamo all’hotel, dove alloggeremo per quattro notti.

Si tratta di un piccolo edificio stretto tra altri due laterali in una stradina buia, l’intonaco ocra è scrostato in vari punti. Entriamo ammucchiati, occupando tutta la piccola hall. Sul pianerottolo laterale noto un pianoforte a corda bianco. Di certo Mai e Fujio potranno deliziarci con la loro musica durante le serate.

Io, Sonoko e Sachiko riceviamo una chiave che indica il numero 222, quindi ci dirigiamo al secondo piano. Avremmo voluto dividere la camera anche con Akane, ma a quanto pare il massimo di persone per stanza è di tre…

Vicino alle scale si trova anche un ascensore, ma rinunciamo a prenderlo talmente è piccolo l’abitacolo. I corridoi dell’albergo sono stretti e ricoperti da moquette verde smeraldo a punti sporca e strappata. Rabbrividisco quando supero alcune macchie a terra. Le porte sono anch’esse verdi e portano una targhetta bianca con decorazioni floreali intorno al numero. La nostra stanza è nel corridoio a sinistra, la seconda porta a destra.

Appena apro la porta della stanca lascio la valigia sul letto e corro a vedere emozionata le altre stanze. Kaori e Nanako sono ancora sull’uscio che osservano stranite la loro stanza. Curiosa mi affaccio. Due letti singoli più uno a castello. Sarebbe perfetto per…

“Nanako, Kaori, vi prego possiamo fare cambio? Volevamo stare anche con Akane ma ci avevano detto che non c’erano stanze da quattro… Per favore!” Unisco la mani in preghiera, e loro mi sorridono.

“Sì, tanto noi siamo solo due in stanza…” Kaori mi sorride e l’abbraccio riconoscente. Corro alla mia vecchia stanza per informare Sachiko e Sonoko, e insieme ci trasferiamo con le valigie nella stanza 224, la prima a sinistra nel corridoio. Solo adesso noto la porta antipanico posta all’inizio del nostro corridoio e quello davanti a noi.

La stanza – come il corridoio – è ricoperta da uno spesso strato di moquette verde smeraldo sporca, a sinistra un piccolo armadio occupa quasi per intero la parete, e nell’angolo dietro di esso si trova la porta che dà su un piccolo bagno. Sulla parete di fondo si trova una finestra con tapparelle verde smeraldo oserei dire anteguerra; vicino ad essa si trova, a sinistra, un tavolo con una luce fatta a sfera, mentre a destra si trova una sedia. La parete destra è occupata per intero dai letti. Due singoli separati e un letto a castello addossato alla parete, tutti con la testiera rivolta alla parete. Davanti al letto a castello – subito a destra della porta – è posizionata una poltroncina.

“Io voglio stare nel letto sotto!” Urla Sachiko, lasciando la valigia davanti all’armadio e lanciandosi sul letto inferiore del castello. Io e Sonoko sorridiamo. In quel momento arriva Akane che ci corre ad abbracciare felice.

“Oh mamma, guarda! È fatta apposta per noi!” Le guance di Akane si colorano di un bel rosso acceso, così come capita sempre quando si emoziona. È abbastanza robusta e porta i capelli ricci castani sciolti, anche se spesso si presenta a scuola dopo averli lisciati – a detta sua odia averli ricci. Nonostante tutto è un tesoro di ragazza, sempre dolce e gentile con tutti, e cerca di trovare un modo per aiutarti ogni volta che hai un problema.

Sachiko invece è l’esatto contrario: sfrontata e vitale, è fanatica del motto ‘chi fa da sé fa per tre’, ma non per questo esita a dare una mano quando le sue amiche sono in difficoltà. Porta sempre i capelli raccolti in una coda alta, anche se di recente ha iniziato a lasciare che la frangia le copra la fronte spaziosa.

Facciamo il giro di tutte le camere. L’altra sezione è stata collocata al piano superiore, e ogni tanto alcuni ragazzi scendono a salutarci e a controllare le nostre posizioni, così da poterci facilmente trovare in futuro. Con mio grande rammarico scopro che Shinichi ha la stanza dalla parte opposta alla mia, ovvero nel corridoio a destra, più precisamente alla stanza 215. Dividerà la camera con Makoto e Matsuo.

Dopo aver fatto una doccia veloce e aver sistemato le nostre cose nell’armadio ci prepariamo per la serata. Su consiglio di Sachiko decido di indossare un top nero con coordinato un copri spalle dello stesso colore. I pantaloni sono anch’essi neri e ai piedi porto un paio di ballerine. Il nero non è il mio colore preferito, anzi, ma recentemente ho scoperto che mi sta a pennello per le serate in compagnia. Akane, abile truccatrice, mi aiuta a dipingermi gli occhi, senza esagerare con il mascara e l’ombretto, proprio come piace a me. Una volta finito scendiamo al piano terra, dove entrambe le classi sono riunite. Così inizia la nostra fantastica serata.

 

(*) 1350 yen = circa 10€

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Tratto dal Capitolo Cinque: Gita – Primo Giorno (2° Parte: Obbligo o Verità?)

La testa inizia a vorticarmi, ma riesco comunque a mantenere il pieno controllo di me. Divengo particolarmente attenta quando è il turno di Shinichi. Tocca a Nanako porre le condizioni.

“Kudo: obbligo o verità?” Shinichi, ancora seduto ai piedi dell’armadio solleva lo sguardo.

“Obbligo.” Il cuore inizia a tamburellarmi nel petto. Oddio, cosa vorranno fargli fare?

“Bene…” Nanako e Kaori mi rivolgono un sorriso malizioso, mentre Sachiko mi indica apertamente. “Devi dare un bacio a Ran.” Il mio respiro si blocca mentre un altro spiraglio di lucidità mi abbandona.

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Capitolo 5
*** Gita – Primo Giorno (2° Parte: Obbligo o Verità?) ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Cinque: Gita – Primo Giorno (2° Parte: Obbligo o Verità?)

Velocemente saliamo le scale del piccolo albergo, raggiungendo la nostra stanza. Akane si fionda sulla specchiera, dandosi una controllata al trucco, mentre Sonoko raggiunge la valigia, finendo di ritirare le poche cose che aveva tirato fuori prima di cena. Sachiko invece apre l’armadio, disseppellendo da sotto la miriade di borse e vestiti la bottiglia di vodka nascosta appena entrate in camera – circa un’ora prima.

Mi fa segno di chiudere la porta a chiave, e così faccio. La appoggia sul tavolo, facendosi largo tra le beauty-case e facendo apparire dall’armadietto sottostante una bottiglia di succo alla pera.

Proprio mentre sta per stoppare la bottiglia di vodka liscia bussano alla porta. Ci lanciamo uno sguardo di intesa ma apro solo dopo aver sentito la voce di Makoto. Velocemente raggiungo l’uscio, facendo entrare quest’ultimo e Shinichi, che si accomodano sul letto.

“Non sarà granché, ma proviamoci comunque…” Dice Sachiko, riempiendo alcuni bicchieri di plastica. Sei con un goccio di vodka e sei con succo.

Quando prendo in mano il bicchiere con la vodka lo esamino attentamente.

Il liquido è trasparente, non sembra nemmeno acqua. Lentamente avvicino il naso e una smorfia deforma il mio viso.

“Che schifo! Sa di acetone!” Schifata allontano il bicchiere, mentre i miei amici sghignazzano.

Subito dopo però Akane mi guarda stupita.

“È vero!” Urla ridendo.

“Su, dai, quante storie! Non è poi così male!” Sghignazza Sachiko, bevendolo tutto d’un sorso. Arriccio il naso.

“Forza Ran! Tutto d’un fiato, così non senti nemmeno il gusto!” Nel frattempo si volta verso Shinichi che lo ingurgita velocemente, guardando poi il bicchiere rimasto vuoto. Oserei dire che le sue palpebre sono più chiuse di prima. Makoto invece fissa il bicchiere, con aria disgustata, proprio come me e Sonoko.

Akane prende un profondo respiro e ne ingurgita un goccio, e senza farsi vedere da Sachiko che riempie di nuovo il bicchiere a Shinichi lo svuota fuori dalla finestra, non prima di aver bevuto tutto il succo di pera.

I miei occhi si alternano tra il bicchiere con il succo e quello con la vodka.

“Dai Ran, solo un sorso, se non ti piace poi lo dai a me!” Sorride Sachiko. Dopo un attimo di indecisione prendo un profondo respiro e ingurgito tutto d’un fiato tutta la vodka, per poi sciacquarmi la bocca con il succo alla pera. Sachiko applaude soddisfatta.

La gola mi brucia e la testa mi gira per un attimo, ma il tutto sparisce in pochi secondi. Butto il bicchiere nel cestino, andando poi a sedermi sul letto. Okay, basta vodka liscia: è altamente distruttiva e anche disgustosa!

Shinichi e Sachiko si concedono un altro giro di vodka, mentre io e Akane – con alle spalle Sonoko e Makoto che si tengono per mano – decidiamo di fare un giro per le altre stanze. Alla fine entrambi hanno solo assaggiato la vodka e poi l’hanno rifilata a Sachiko e Shinichi. Non avrei mai pensato che Shinichi potesse reggere così tanto l’alcool…

Mentre passeggiamo per il corridoio davanti a noi passano Nanako e Kaori che ci sorridono.

“Ehi, venite anche voi a giocare?” Domanda Kaori. Nel frattempo alle nostre spalle sopraggiungono anche Shinichi – più addormentato che sveglio – e Sachiko, curiosi.

“A cosa?” Chiedo io.

“Obbligo o verità!” Nanako ci sorride euforica. Dallo sguardo capisco che ha già bevuto.

“Sisi!” Sachiko è entusiasta, e si dirige verso la stanza delle nostre due compagne con Nanako sottobraccio.

Io rivolgo uno sguardo preoccupato a Shinichi. Quando vedo che si dirige verso la stanza con Kaori però decido di andare. Akane mi trattiene per un braccio, terrorizzata.

“Che c’è Akane?” Chiedo agitata. Devo andare, prima che chiudano a chiave la camera.

“Non andare Ran…” I suoi occhi mi fissano ansiosi e…preoccupati?

“Sta tranquilla, non bevo molto.” Sorrido, cercando di tranquillizzarla. Di certo ha paura che io beva troppo.

Liberandomi dalla sua presa corro verso quella che avrebbe dovuto essere la mia stanza. Appena entro Hitoshi mi fa segno di chiudere la porta a chiave. La stanza ha due letti: uno singolo e uno matrimoniale. Mi accomodo sul letto singolo, vicino a Sachiko e Megumi. Sul letto matrimoniale invece si trovano Harumi, Matsuo, Nanako, Jun e Kaori, tutti accatastati. Davanti all’armadio invece prendono posto Shinichi, Akira, Rinako e Hitoshi.

Sui letti si trovano pacchetti di patatine, mentre sui comodini trovano posto bottiglie di alcolici di tutti i generi – alcuni addirittura spacciati per aranciata e limonata nelle apposite bottiglie per non destare sospetti – e un paio di pacchetti di sigarette. Dietro alla tenda della finestra scorgo altre tre bottiglie di alcolici. Sul comodino, vicino al letto su cui mi trovo, Sachiko posiziona la nostra bottiglia di vodka, che inizia a fare il giro della stanza. Shinichi si siede a terra, lasciandosi andare con la schiena contro l’armadio.

“Okay, da chi iniziamo?” Kaori prende la parola, iniziando a far vagare lo sguardo sui presenti.

“Dai, inizia Harumi!” A parlare è stato Matsuo, con la testa poggiata sulle gambe di Jun.

L’interessata alza la testa, guardandolo confusa. “Va bene…”

“Aspettate!” Megumi interrompe Kaori, che sta per porre la fatidica domanda all’interessata.

Tutti quanti ci voltiamo verso di lei, curiosi.

“Quelli fidanzati però danno solo un bacio a stampo, vero?” Sembra preoccupata… Sachiko mi rivolge uno sguardo ricco di sottintesi.

“Come se le dispiacesse baciare Matsuo…” Mi sussurra all’orecchio. Scrollo le spalle. Non mi interessa sinceramente, la mia unica preoccupazione è un’altra: e se una ragazza deve baciare Shinichi? Sono terrorizzata all’idea di assistere ad un bacio tra lui e un’altra ragazza. Ma in fondo è per questo che sono qui: per far sì che quella ragazza sia io. Sono eccitata all’idea, ma allo stesso tempo terrorizzata, anche se non riesco a capire bene il motivo.

Kaori annuisce alla domanda di Megumi, la quale sorride soddisfatta. Che faccia quello che vuole…

I primi del giro scelgono tutti l’opzione Verità’, ma non presto molta attenzione, fino quando non è il turno della persona che mi interessa. È Hitoshi a rivolgere la domanda a Shinichi.

“Hai mai baciato una ragazza Kudo?” Avvampo. Oddio. Io so benissimo la risposta.

“Sì.” Risponde solamente. Sachiko mi lancia un’occhiata di chi la sa lunga, ma non le presto attenzione. È il mio turno. Nanako mi sorride complice.

Sachiko mi scongiura all’orecchio di rispondere ‘Obbligo’, ma testardamente scelgo l’opposto, nonostante anche la mia interlocutrice mi stia facendo segno di ascoltarla.

“Sei interessata a qualcuno della classe?” Sento le guance imporporarsi. Nonostante tutto – probabilmente a causa della vodka che continua a girare nella stanza e che coraggiosamente sorseggio più volte – rispondo velocemente e con disinvoltura.

“Sì.” Non ho tempo di osservare le reazioni degli altri che mi sembra di cadere in un sonno profondo e riprendo coscienza solo quando Sachiko mi stacca la bottiglia di vodka dalle mani.

“Danne un po’ a me, Ran.” Ride, ma nel frattempo noto che siamo arrivati al secondo giro di domande.

La testa inizia a vorticarmi, ma riesco comunque a mantenere il pieno controllo di me. Divengo particolarmente attenta quando è il turno di Shinichi. Tocca a Nanako porre le condizioni.

“Kudo: obbligo o verità?” Shinichi, ancora seduto ai piedi dell’armadio solleva lo sguardo.

“Obbligo.” Il cuore inizia a tamburellarmi nel petto. Oddio, cosa vorranno fargli fare?

“Bene…” Nanako e Kaori mi rivolgono un sorriso malizioso, mentre Sachiko mi indica apertamente. “Devi dare un bacio a Ran.” Il mio respiro si blocca mentre un altro spiraglio di lucidità mi abbandona.

Il cuore inizia a battermi nel petto furiosamente, facendomi quasi male. Sento la testa girare mentre mi irrigidisco. Non so quanto tempo passa prima che Shinichi si alzi da terra. Si avvicina lentamente e barcollante a me, e quando è a due passi dal letto lo sento bisbigliare.

“Dai Ran, è solo un bacino…” Non so nemmeno se ho chiuso gli occhi. Il tocco con le sue labbra è quasi inesistente, non lo avverto nemmeno.

Mi rendo conto di quello che è successo solo quando alcuni applausi riempiono la stanza e lo vedo allontanarsi da me. Io sono ancora immobile seduta sul letto. Sachiko mi da uno scrollone, sorridente.

“Dammi la vodka.” Dico porgendo la mano verso Sachiko, mentre Rinako mi imita e ride sguaiatamente. La mia vista è appannata, e il cervello è come in fase di stand-by.

L’enorme bottiglia di vodka viene posata tra le mie mani e ne bevo un lungo sorso, mentre il giro continua. Dentro di me sento il vuoto, ma mi rendo conto che le labbra si sono incurvate in un sorriso. Il mio pensiero corre a Sonoko e Akane. Devono sapere subito cosa è successo! Esco dalla stanza, incurante dei richiami altrui, e mi fiondo nella mia stanza. Akane, Sonoko e Makoto sono comodamente sdraiati sul letto: questi ultimi a scambiarsi coccole e tenerezze, e la mia amica single a guardare la televisione.

Appena spalanco la porta si alzano tutti in piedi. Devo avere un aspetto orribile, perché Akane e Sonoko mi corrono incontro. Mi lancio sul letto a castello, stringendo a me il cuscino.

Akane e Sonoko mi fissano preoccupate.

“Cosa è successo, Ran?” Sono preoccupate. Contro ogni previsione – mia e loro – inizio a ridere.

Rido e non capisco perché lo faccio. Rido e perdo il controllo di me.

Come in lontananza sento Makoto urlare esasperato: “È ubriaca!”

A quelle parole rido ancora più forte. Akane si siede vicino a me, accarezzandomi un braccio.

“Cosa è successo di là, Ran?” Mi domanda dolcemente. Ripenso a ciò che è successo senza che nemmeno me ne rendessi conto. Avrei voluto piangere, ma invece scoppio a ridere se possibile ancora più forte.

Akane e Sonoko mi guardano allucinate.

Mi rialzo dal letto, riprendendo un minimo di lucidità.

“Torno di là.” Makoto mi afferra per un braccio.

“No! Tu non vai da nessuna parte, resti qui con noi, non stai bene!” Lo guardo seria. Finalmente la lucidità è tornata. Lotto contro me stessa per cercare di rimanere tale.

“Sto bene. Ho perso solo un attimo il controllo, niente di che…” Scappo dalla sua presa ed esco dalla stanza.

La porta della stanza in cui si tiene quel pericoloso gioco è chiusa a chiave. Nell’istante in cui persi lucidità avevo pure perso la cognizione del tempo, quindi non so per quanto tempo sono stata lontana da quella stanza. Busso repentinamente e ad aprirmi trovo Hiroshi.

“Tornata?” Chiede ironico. Ha gli occhi lucidi e sembra sudato. Mi infilo nella stanza senza rispondergli. Shinichi è ancora seduto a terra davanti all’armadio e Sachiko è sdraiata sul letto con la bottiglia di vodka in mano. All’apparenza nessuno sembrerebbe ancora ubriaco.

“Raaan… Sei tornata…” Sachiko si alza in piedi repentinamente, allacciando un braccio al mio collo. L’alito puzza di alcool. Orripilante.

“Ran tocca a te!” Urla Kaori, con in mano un pacchetto di patatine.

“Devi dare un bacio con la lingua a Shinichi!” Urla  a squarciagola, rovesciando le patatine sul letto. Okay, mi sono completamente sbagliata: lì dentro sono tutti ubriachi! Bevo un altro sorso di vodka; la lucidità mi sta di nuovo abbandonando alla stessa velocità a cui batte il mio cuore impazzito. Sachiko e Nanako mi prendono per i polsi, facendomi alzare.

“Dai, Ran!” Urlano in coro. Mi avvicino al letto matrimoniale, barcollante. Shinichi si alza in piedi. Riprendo in mano la bottiglia di vodka, stringendola a me come fosse un pupazzo. No… non ce la faccio… Hiroshi mi strappa la bottiglia di mano, per bere.

Non so quanto tempo passo in piedi davanti a lui, so solo che alla fine qualcuno decide al nostro posto.

“Ragazzi, se non lo vuole fare non possiamo costringerla, dai…” Forse qualcuno ha letto lo sguardo terrorizzato dipinto sul mio volto…

Torno a sedermi. Cosa diavolo ho nella testa? Cosa ho di così sbagliato? Perché quando posso realizzare il mio sogno non colgo l’occasione? Sono proprio un’idiota…

Stringo i pugni sulle ginocchia.

È di nuovo il turno di Shinichi.

“Devi dare un bacio stampo a Rinako!” Decide Harumi. Il mio cuore salta un battito. Cosa?!

Volto lo sguardo, terrorizzata, giusto in tempo per vedere Shinichi posare le sue labbra su quelle della mia più odiata compagna di classe. Il mio cuore si ferma, per poi riprendere a battere furiosamente. È come se mille schegge l’avessero trafitto e ora è crollato a terra, spezzandosi se possibile ancora di più. Mi alzo dal letto. La mia lucidità va a farsi benedire per l’ennesima volta. Corro via da quella stanza, lasciando la porta spalancata dietro di me sotto gli sguardi di tutti. Mi catapulto in camera mia, lasciando tutti sbigottiti e chiudendomi in bagno, senza nemmeno accendere la luce.

Lì, in quel piccolo stanzino, mi chiudo dentro – non a chiave perché non c’è la serratura – e mi getto in un pianto disperato, accovacciata sulla piccola tazza del bagno. Sento i sussurri sconvolti delle mie migliori amiche raggiungermi. Lo stanzino è buio e l’unica luce filtra dalla fessura della porta.

Non so quanto tempo passo da sola nel bagno. Un lieve bussare alla porta mi fa alzare la testa dalle braccia.

“Ran… Sono io… Posso entrare?” È Akane, che mi parla dolcemente. Accetto, nascondendo il volto dietro le braccia. Sento la porta aprirsi e poi richiudersi. Per fortuna è entrata solo lei.

“Ehi…” La sento accovacciarsi vicino a me, e dolcemente mi accarezza i capelli. “Guardami…” Sussurra. Lentamente alzo il viso, incontrando i suoi occhi marrone scuro. Sussulta.

“Si è sciolto tutto il trucco… Aspetta prendo dei fazzoletti…” Mormora, afferrando il rotolo di carta igienica. Ne afferro un lungo pezzo, pulendomi alla bell’e meglio il viso, con gesti furiosi, sfregandomi il volto. Akane mi ferma le mani, e inizia a pulirmi lei, intingendo la carta nell’acqua.

“Mi vuoi raccontare cosa è successo?” Mi chiede dolcemente, cercando di sovrastare i miei singhiozzi che non hanno ancora cessato di riempire la stanza.

Quando ripenso a ciò che è successo un altro moto di pianto mi coglie, ancora più feroce, facendomi sciogliere tra le braccia di Akane, che mi stringe dolcemente a sé. Affondo la testa sulla sua spalla. Profuma di ciliegie.

Restiamo così per un tempo indeterminato, poi, finalmente, riesco a parlare.

“Do-Dov’è…Sachi-ko?” La mia voce è roca e rotta dai continui singhiozzi.

“Non lo so… penso sia ancora di là…” In quel momento Sonoko bussa alla porta, preoccupata.

“Ran… posso entrare?” Annuisco, e Akane la chiama. Lentamente entra nella stanza, richiudendosi la porta alle spalle.

“Che è successo?” Si accovaccia vicino ad Akane, iniziando ad accarezzarmi la schiena.

“Shi-Shini-chi…ha ba-ciato pri-prima me…p-poi ha ba-baciato Rina-ko…” Al ricordo di quegli attimi appena passati le lacrime e i singhiozzi aumentano. Akane aumenta la sua presa su di me.

“Oddio… Ti avevo detto di non andare… Santo cielo, mi dispiace tantissimo…” Sussurra al mio orecchio agitata. Sonoko mormora alcuni insulti contro la nostra compagna di classe più odiata, ma questo non fa altro che aumentare i miei singhiozzi.

Resto abbracciata alle mie amiche per moltissimo tempo, finché non riesco a calmarmi un poco. Alcuni potenti suoni arrivano dalla stanza adiacente: la nostra camera da letto.

“Chi…chi c’è?” Chiedo mentre il cuore riprende a battere normalmente, ma a ritmo dei miei singhiozzi incontrollati.

“Sachiko…” Mormora Sonoko soprappensiero. In quel momento Makoto socchiude la porta.

“Scusate… Sonoko, puoi venire un attimo?” Sembra preoccupato. Cosa sarà successo?

Le mie amiche si lanciano sguardi di intesa, mentre io resto accovacciata tra le braccia di Akane, inspirando il suo profumo alla frutta.

Alcune parole attutite arrivano più forti delle altre e alzo la testa, controllando i singhiozzi.

“È Sachiko…” Sussurra Akane.

“Voglio vederla! Fammi passare Makoto!” Sachiko sta lottando contro il mio migliore amico, per raggiungermi. Stranamente non noto il suo pessimo accento e le parole biascicate.

“Falla entrare…” Sono pronta ad affrontarla. So che è preoccupata per me.

Akane mi rivolge uno sguardo terrorizzato. Le metto una mano sulla spalla, chiedendole di lasciarci sole.

La mia amica esce titubante e Sachiko entra, accendendo la luce. Mi lancia le braccia al collo, sorridendomi.

“Raaan… ti sei presa la ciuca trista?” Aggrotto le sopracciglia. Una sola parola ronza nella mia testa. Ubriaca. Ubriaca fradicia.

Appena mi si avvicina perdo di nuovo la lucidità. Mi trascino fuori dal bagno con lei, e insieme iniziamo a ballare per la stanza. Cosa sto facendo? Mi siedo a terra, tenendomi la testa fra le mani. Makoto cerca di tenere ferma Sachiko, che però si libera e si accuccia al mio fianco, guardandomi con occhi da pazza.

“Ran! È stato solo un gioco! Tanto lo sai che Shinichi non prova niente per te!” Gli sguardi di Makoto, Sonoko e Akane diventano terrorizzati; tutti sgranano gli occhi, attendendo una mia reazione. “Dimenticatelo!” Le lacrime e i singhiozzi tornano a uccidermi, facendomi sprofondare nuovamente nell’abisso senza fondo da cui ero appena riuscita quasi a riemergere. Mi alzo di scatto da terra, correndo fuori dalla stanza. La vista mi si appanna e finisco contro qualcosa – o qualcuno. Due braccia forti mi afferrano prima che possa cadere all’indietro. Alzo gli occhi e sento il cuore esplodere. Shinichi. Fuggo via spaventata. Nei suoi occhi stanchi, cerchiati da marcature violacee,  leggo solo confusione.

Corro e arrivo fino all’ultima stanza del corridoio opposto al mio. Apro la porta senza bussare.

Chomei – sdraiato sul letto che legge un libro – mi rivolge un’occhiata shockata, mentre mi dirigo verso il bagno, chiudendomi dentro a chiave. Nella stanza oltre a lui ci sono anche Baiko ed Eichiro, intenti a sfidarsi in una partita a carte.

Appena mi rifugio nell’angolo più lontano di quel particolare bagno di dimensioni rettangolari sento la porta della stanza riaprirsi. È Makoto, grazie al cielo.

“È andata in bagno?” Chiede velocemente. Lo sento avvicinarsi alla porta del mio nascondiglio. Nel frattempo sento la voce di Chomei che infuriata scaccia dalla stanza quel ficcanaso di Fujio. Sono certa di avergli pestato un piede durante la mia fuga.

Makoto entra silenzioso nel bagno, avvicinandosi a me. Quando mi è abbastanza vicino mi tende una mano.

“Vieni, dai, andiamo nella mia stanza, così non ci daranno fastidio…” Singhiozzando afferro tremante la sua mano; prontamente mi tira verso di lui. Usciamo dalla stanza. Prima di mettere piede nel corridoio, però, mi fermo. Makoto mi osserva, inarcando un sopracciglio.

“Puoi…puoi controllare che non ci sia… il deficiente?” Chiedo imbarazzata. Non riesco nemmeno a pronunciare il suo nome. Makoto mi sorride dolcemente, poi apre la porta, guardando fuori.

“No, non c’è.” Cautamente seguo Makoto per il corridoio. Arriviamo alla sua stanza e appena entriamo ci investe un forte odore di… tabacco? No, non è solo quello. Osservo la stanza in cui ci troviamo, scansando la spalla del mio migliore amico. Matsuo, Akira e Hitoshi sono affacciati alla finestra aperta e tra le mani tengono alcune sigarette – o almeno penso siano sigarette, anche se non ne sono affatto sicura… Nella stanza aleggia una folta coltre di fumo e l’odore è dolciastro ma pizzicante. Porto una mano al naso, chiudendomi le narici disgustata. La risposta mi arriva ancora una volta dalla mia mente: spinelli. Mentre Makoto si avvicina a loro per farli uscire, scappo di nuovo lungo il corridoio, raggiungendo l’ultima stanza dalla parte opposta. A questo punto inizio ad avere seri dubbi sulla mia sanità mentale. Devo essere masochista, non c’è più dubbio: la stanza è di Rinako, ma insieme a lei dovrebbe esserci anche Mai.

Apro la porta, e dopo essere entrata la richiudo alle mie spalle. Rinako è sdraiata sul letto, addormentata. Indossa solo un top molto aderente arrotolato fino alle ascelle e il reggiseno copre ben poco le sue fattezze. Disgustata, distolgo lo sguardo. In quel momento dal bagno esce Mai, con in mano il cellulare.

Mi guarda sorpresa. Perché tutti mi guardano così stasera? Le sorrido e mi siedo sul letto, lontana da Rinako.

“Come stai?” Mi chiede solamente. Ha già saputo tutto, a quanto pare…

“Così, così… Preferisco non pensarci, per favore…” Mormoro. La porta si spalanca e Makoto entra sospirando. Ha il fiato corto.

“Ran! Non sparire mai più così! Mi hai fatto prendere un bello spavento!” Urla. Mai gli fa segno di abbassare la voce, indicando Rinako. Ma cosa pensa? Che potrei tentare il suicidio?! Evidentemente sì…

Abbasso il volto.

“Va beh, vieni di là che quei tre se ne sono andati e ho spruzzato il deodorante…” Annuisco, salutando Mai con la mano. Ogni persona che incontriamo nel corridoio mi guarda apprensiva. Diamine, basta! Non sono mica in procinto di suicidarmi! Probabilmente è per colpa del mio aspetto… Appena rientrati in camera sono già pronta per uscire nuovamente, ma Makoto mi riafferra per un braccio, facendomi risedere sul letto, di fianco a lui.

“Dove vai adesso?” Povero, lo sto facendo sfiancare. Ma devo tenere la mente occupata.

“A prendere il pigiama e a cambiarmi.” Apro la porta, camminando verso la mia stanza a passo felpato. Davanti alla porta esito per alcuni istanti. Non voglio che Sachiko mi rivolga ancora la parola…

Cautamente apro la porta, entrando nella stanza. Sonoko e Akane stanno cercando di tenere ferma Sachiko, che si dimena fra le loro braccia.

“Voglio la mia vodka!” Urla, come in preda a una crisi isterica. Sgrano gli occhi. Santo cielo…

Akane e Sonoko si voltano verso di me, poi il loro sguardo cade su Makoto, che fulminano con gli occhi. Sachiko mi sorride contenta. Si avvicina a me velocemente, stringendomi la mani.

“Ran! Voglio la vodka!” Le parole sono biascicate, e a fatica riesco a mantenermi lucida. Osservo la stanza. A quanto pare la bottiglia non è qui. Sul tavolo dietro di loro però si trovano un paio di bicchieri e una bottiglietta d’acqua. Un’idea mi balena in testa.

“Aspetta, te la prendo.” Le sorrido, mentre Akane e Sonoko sgranano gli occhi. Mi avvicino al tavolo e, cercando di nascondere la bottiglia dietro il mio corpo, rovescio un po’ del suo contenuto in un bicchiere pulito. Poi mi avvicino alla mia amica ubriaca.

“Tieni.” Sorrido. Lei mi guarda incerta e dopo aver assaggiato un goccio di liquido butta a terra il bicchiere, facendo una smorfia e stringendo i pugni.

“Non è vodka!” Urla, come una bambina viziata. Insisto e riempio un altro bicchiere. Questa volta cerco di essere più convincente e faccio finta di essere nel suo stesso stato. Per poco non mi perdo nuovamente nell’oblio. Bevo un goccio di acqua e, convinta dalla mia farsa, Sachiko inizia a berla, credendola vodka. Mentre beve ne approfitto per raccogliere dall’armadio il mio pigiama e la beauty-case dal tavolo. Con Makoto abbandono la stanza, mentre gli occhi si fanno sempre più pesanti. Appena raggiungo la stanza e mi chiudo in bagno però, le lacrime hanno di nuovo il sopravvento e mentre mi sciacquo con l’acqua non sento la mia amica Sonoko entrare terrorizzata nella stanza. La notte si prospetta ancora molto lunga, su questo non c’è dubbio.

 

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Tratto dal Capitolo Sei: Gita – Primo e Secondo Giorno (3° Parte: Trauma)

Shinichi entra nella stanza, e prima che mi possa spostare mi prende per le spalle, sbattendomi con forza contro il muro. Il dolore alla testa è micidiale. Chiudo gli occhi spaventata.

Quando la presa sulle mie spalle sparisce li riapro, cauta.

Shinichi è davanti alla finestra, e osserva la luna, alta nel cielo. Aggrotto le sopracciglia. Cosa vuole fare?

Si volta, lentamente, verso di me, sorridendomi. Ma non con uno dei suoi soliti sorrisi radiosi, quello disegnato sul suo volto è più simile a un ghigno. Rabbrividisco.

“Voglio volare.” Sussurra. Sgrano gli occhi, terrorizzata.

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Capitolo 6
*** Gita – Primo e Secondo Giorno (3° Parte: Trauma) ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Sei: Gita – Primo  e Secondo Giorno (3° Parte: Trauma)

Quando esco dal bagno Sonoko e Makoto sono seduti sul letto. Entrambi hanno il volto teso ma non ci faccio molto caso. Mi accomodo sul letto, sporgendomi per agguantare un cuscino. Sussulto quando riconosco il pigiama blu scuro che scopro quando stringo a me il morbido guanciale. Le lacrime tornano a scorrere lungo il mio viso, mentre il corpo è percosso da mille tremiti e singhiozzi.

Makoto e Sonoko mi sono subito vicini.

“No, Ran, non fare così…” Mormora Sonoko, accarezzandomi la testa, che nascondo nel cuscino. Alzo lo sguardo quando sento Makoto che borbotta infastidito. Con una mano afferra il pigiama dell’amico, buttandolo nell’armadio, con un gesto irritato.

“Vuoi ascoltare della musica?” Mi chiede, speranzoso di farmi smettere al più presto. Annuisco. Afferra il mio mp3 appoggiato sulla scrivania e lo collega alle casse, mettendo una delle mie canzoni preferite. Pur di farmi tranquillizzare sta ascoltando un cantante che non sopporta, ma sono troppo confusa per ringraziarlo. I miei gemiti si fanno sempre più soffocati, quando un leggero bussare alla porta mi fa sussultare. Spaventata mi volto verso Makoto, che apre la porta di pochissimo, giusto per vedere chi ci disturba.

Tira un sospiro. “Sonoko, c’è Akane che ti cerca…” Mormora, lanciandomi occhiate preoccupate.

Vorrei sapere cosa sta succedendo, ma sono troppo scossa. Mi sdraio sul letto, singhiozzando nuovamente. Il cigolio del letto mi fa capire che qualcuno si è seduto al mio fianco. La calda mano del mio migliore amico inizia ad accarezzarmi il braccio, cercando di consolarmi.

Il baratro si apre un’altra volta sotto i miei piedi. In preda ad una crisi di panico sento le parole – piene di rabbia e disperazione – uscire dalle mie labbra, fuori controllo. Le braccia di Makoto mi stringono al suo petto, mentre io mi raggomitolo stritolando il cuscino. Mi sento stupida e patetica. Stupida per aver pensato di non essergli indifferente, patetica per essere in preda al dolore davanti a tutti, senza alcun ritegno. Sento Makoto agitarsi, alle mie spalle. Appoggia la testa alla mia spalla, pregandomi di tranquillizzarmi. Non so cosa darei per poter esaudire il suo desiderio, ma le lacrime e i singhiozzi continuano a scuotermi dentro, mentre sento la mente annebbiata. Le labbra mi bruciano, mentre me le copro con una mano. È la seconda volta che tocca le mie labbra, e la seconda volta che dimentico cosa si provi ad essere baciati.

“Voglio… voglio Aka…ne…” Mormoro tra i singhiozzi. Makoto sospira, sollevandosi dal letto e uscendo dalla stanza. Chi sono io per arrecargli tutto questo dolore? Sento che sta soffrendo per me, e che lo sto facendo impazzire, ma benché la mia volontà di farlo stare meglio sia enorme le forze mi mancano, ogni secondo sempre di più.

Dopo alcuni minuti Akane arriva, seguita da Makoto. Non indossa più i pantaloni di prima ed è sudata. I capelli ricci sono più scompigliati del solito, e le guance sono di un rosso intenso. In casi normali le chiederei cosa è successo, ma la mia mente è annebbiata e riesco solo a tendere le braccia verso di lei, come una neonata che cerca la madre.

La mia amica mi raggiunge, sedendosi vicino a me. Parole confuse iniziano ad uscire dalle mie labbra, senza controllo.

“Ehi, Ran, cosa c’è?” Sussurra al mio orecchio, mentre cerco di affondare il volto nel cuscino – ormai zeppo di lacrime.

“Sono una deficiente.” Mormoro, scossa dai singhiozzi.

“No, non dire così. È lui che è proprio stupido… Non ci puoi fare niente…”

“No… Sono io che sono stupida e antipatica…” I singhiozzi aumentano, mentre lei continua a smentirmi. Perché mi comporto così?

“Ran…”

“Vorrei essere come… te, Akane…” Sussurro.

“Ma figurati!” Urla, sorpresa. “Non dire cavolate, perché dovresti essere come me?”

“Perché… sei dolce… gentile… con… tutti…” Mormoro. “E… è impossi…bile non… volerti… bene…” Singhiozzo. La sua presa attorno alle mie spalle aumenta.

“Non è vero, e poi non hai visto? Sono tutti preoccupati per te, perché ti vogliono bene!” No… non è vero, la loro è solo curiosità… Perché allora una vocina nella mia testa mi dice che sto mentendo a me stessa?

“Non… non è vero…” In quel momento mi rendo conto di una cosa: mi hanno abbracciato quasi tutti i componenti della mia classe nell’ultima ora!

“Mi…mi hanno abbracciato tutti! Ti rendi conto?” Esclamo, in un momento di calma – per lo meno apparente – “Sono patetica!” Urlo, ricacciando il volto arrossato nel cuscino.

“Non sei patetica! Sono solo molto preoccupati per te!” Urla anche lei, perdendo un poco la pazienza.

“No… Gli faccio…pena, è… è diverso…” Mugugno.

“Ascoltami.” Mi prende il volto fra le mani, che nel frattempo ho fatto riemergere dal cuscino per riprendere fiato. “Nessuno pensa che tu sia patetica. Anzi, pensano che quel… quel…– mi studia un attimo, esitando – “Quel cretino non meriti che tu perda il tuo tempo con lui! E inoltre sappi che Hitoshi gli ha anche tirato un bel pugno prima, quando l’ha trovato per strada che non faceva niente!” Sgrano gli occhi. Cosa? Devo ammettere che un po’ mi dispiace, ma allo stesso tempo mi sento lusingata per la premura di Hitoshi…

“Comunque, sappi che mentre eri chiusa in bagno è venuto in camera per vedere come stavi…” Mormora Akane, controllando la mia reazione. Non capisco. Si riferisce a Hitoshi o… o lui?

“Ma… lui?” Chiedo curiosa. I singhiozzi sono terminati, anche se la mia voce è ancora spezzata dal pianto.

“Sì… Era davvero preoccupato Ran, credimi, glielo si leggeva negli occhi, anche se era evidentemente ubriaco…” Annuisco, anche se le lacrime tornano. Perché? Perché si comporta così? A volte si comporta come se non gli importasse niente di me, e altre in modo dolce e premuroso… Perché?!

“Forse è meglio se dormiamo…” Mormora Akane. “Vado a prendere il pigiama e a chiamare Sonoko…”

Si alza dal letto, sparendo dietro la porta verde.

“Ti senti un po’ meglio?” Mi chiede Makoto. Non mi ero resa conto che si fosse messo il pigiama. Sospiro, annuendo. Trattengo a stento le lacrime. Spero che la sbornia passi presto, sono stufa di cercare di resistere per non perdere completamente il senno. Per tutto il tempo – sebbene a volte non ci sono riuscita – ho cercato di restare lucida, e in parte mi ha aiutato Eichiro, proponendomi un piccolo giochino con i numeri. Restare lucida è davvero difficile. È come addormentarsi, ma mi rendo conto che se mi lascio andare non finirò a terra addormentata. Esco un attimo dalla porta, approfittando del fatto che Makoto è andato in bagno. Davanti a me – come un fulmine – passa Jun, tenendo tra le mani un paio di asciugamani bianchi. Mentre medito su cosa possano servirle Akira passa davanti alla stanza, con una maglietta del calcio e i soli boxer addosso. Spalanco la bocca, scioccata. Dalla mia stanza – la 224 – vedo uscire di corsa Akane e Sonoko, che tengono tra le mani il pigiama. Al loro posto entra Jun.

Alle mie spalle appare Makoto, che mi prende per le spalle, affacciandosi anche lui. Entrambi ci spostiamo per fare entrare le nostre amiche. Il ragazzo si chiude la porta alle spalle a chiave. Le nuove arrivate non dicono niente, e si chiudono in bagno per cambiarsi. Makoto mi fa segno di mettermi a letto.

Facendo forza sulle gambe sposto il piccolo letto a una piazza, facendolo combaciare con il letto matrimoniale. Mi accomodo sulla fessura ben chiusa dei letti, per fare spazio ad Akane, che preferisce stare su un lato. Sonoko e Makoto occuperanno invece il letto matrimoniale. Dopo qualche minuto le ragazze escono dal bagno e tutti insieme ci sdraiamo a letto, coprendoci con le coperte leggere. Però quando sono finalmente sotto le coperte, al buio, il dolore mi colpisce di nuovo. Mi mordo un labbro, cercando di non scoppiare in un pianto rumoroso. Quando finalmente l’oblio inizia ad avvolgermi alcune voci mi fanno ridestare.

“Dorme?” Sento sussurrare Makoto. Akane – fino a quel momento girata dalla parte opposta alla mia si volta verso di me. Chiudo gli occhi, fingendomi addormentata.

“Sì…” Sussurra.

“Cosa ha fatto Sachiko?” Al pronunciare quel nome ho un sussulto. Non ho più pensato alla mia amica, troppo presa dal mio dolore da non rendermi più conto di niente.

“Ha fatto un disastro… Ha persino vomitato… Santo cielo, ti prego, te lo racconto domani, sono stanchissima…” Sussurra Sonoko, al mio fianco.

“Va bene…” Mormora Makoto. Uno schiocco e più niente. Akane si rivolta dall’altra parte, mentre io mi abbandono tra le braccia di Morfeo, dopo aver dato uno sguardo alla sveglia: le tre e mezzo del mattino.

 

Un bussare insistente alla porta mi costringe ad aprire gli occhi. La camera è oscurata, e a tentoni cerco l’interruttore. Dopo aver acceso la luce rimango un attimo abbagliata. Quando gli occhi si riabituano alla mancanza di oscurità mi guardo intorno. La stanza è completamente vuota e l’unico letto disfatto è quello dove sono sdraiata. Anche le valigie sono sparite. L’unica cosa strana è la finestra: spalancata.

Un altro scossone alla porta mi convince ad alzarmi. Faccio scattare la serratura, aprendo la porta, inarcando un sopracciglio. Chi diavolo può essere a quest’ora?

Shinichi entra nella stanza, e prima che mi possa spostare mi prende per le spalle, sbattendomi con forza contro il muro. Il dolore alla testa è micidiale. Chiudo gli occhi spaventata.

Quando la presa sulle mie spalle sparisce li riapro, cauta.

Shinichi è davanti alla finestra, e osserva la luna, alta nel cielo. Aggrotto le sopracciglia. Cosa vuole fare?

Si volta, lentamente, verso di me, sorridendomi. Ma non con uno dei suoi soliti sorrisi radiosi, quello disegnato sul suo volto è più simile a un ghigno. Rabbrividisco.

“Voglio volare.” Sussurra. Sgrano gli occhi, terrorizzata.

Cosa? Non faccio in tempo ad aprire bocca che si sporge dalla finestra, aprendo le braccia.

“Voglio volare!” Urla, facendomi rabbrividire e pietrificare sul posto. Sbatte le braccia come fossero ali, fino quando non spicca un salto. Scavalca con facilità il muretto. In breve tempo sparisce dalla mia visuale. Rimango immobile, a fissare la finestra aperta, nuovamente sola.

Il mio corpo è scosso da migliaia di termiti.

“NOOO!” Urlo. Le lacrime scivolano veloci sul mio viso. Poi l’oscurità mi avvolge.

 

“NO!” Mi metto a sedere di scatto. La luce si accende quasi immediatamente, facendomi sussultare. Una mano si posa delicata sul mio braccio. Mi volto spaventata.

“Ran?!” Sonoko mi fissa sconcertata, così come Makoto dietro di lei. Mi passo velocemente una mano sul viso, scoprendolo completamente sudato e bagnato dalle lacrime.

Con un agile balzo scendo dal letto, chiudendomi in bagno. Mi avvento sul lavandino, aprendo l’acqua fredda. Lascio che il liquido trasparente scenda veloce, e sollevo lo sguardo, posandolo sulla mia figura riflessa nello specchio. Sussulto quando mi riconosco nella ragazza di fronte a me. Occhiaie profonde e marcate cerchiano gli occhi arrossati e gonfi, e i capelli restano appiccicati al collo e la fronte. Il colorito del volto è pallido e giallognolo. Disgustata dalla mia persona bagno il viso con potenti getti d’acqua, bagnandomi anche i capelli.

Dopo essermi rinfrescata per bene torno nella stanza, dove tutti sono già in piedi.

“Come stai Ran?” Mi chiede Sonoko, correndomi vicino, preoccupata.

“Così così…” Ammetto. Con entrambe le ragazze lascio la stanza, per dirigerci verso la nostra.

Prima di arrivare alla porta però mi fermano.

“Ascolta Ran, abbiamo dovuto mettere Sachiko qui a dormire… Ha fatto davvero un casino tremendo stanotte…” Mormora Sonoko, disgustata.

“Cosa ha combinato?” Chiedo, sedendomi su una delle sedie che si trovano davanti alle scale. Sonoko si siede sull’altra sedia libera, mentre Akane si accomoda su un gradino della scala.

“All’inizio ha iniziato a vomitare, infatti abbiamo dovuto lavare anche il pavimento, e c’è una puzza tremenda…” Mormora Sonoko, scuotendo il capo.

“Poi si è messa a cantare e abbiamo dovuto portarla a fare una doccia, perché si era sporcata tutta… Solo che non voleva più alzarsi dalla vasca, quindi abbiamo dovuto chiamare Matsuo, perché la portasse nel letto…” Spalanco gli occhi, sorpresa. “Non guardarmi così… Per fortuna tu non hai assistito alla scena… Mamma mia…” Sonoko si porta le mani davanti al volto, chiudendo gli occhi.

“Quindi adesso è di qui da sola?” Sgrano gli occhi. Lasciare un’ubriaca persa in una camera con le finestre non è affatto una buona idea. Al pensiero gli occhi mi diventano lucidi. Non devo ricordare il sogno. Non posso.

“Sì, ma con lei dovrebbero esserci state Jun e Mai finché non si è addormentata…” Mormora Akane.

Sospiro. Questa non possiamo lasciargliela passare liscia. Ricordo – anche se in maniera piuttosto offuscata – di essermi preoccupata abbastanza per lei, anche se ero mezza ubriaca. Non oso immaginare le mie amiche cosa hanno dovuto sopportare a causa di questa sbronza. Già io ho i miei debiti nei loro confronti per avermi sostenuta e coccolata, figuriamoci lei che le ha fatte impazzire letteralmente…

“Oddio…” Mormoro tra me e me. Akane e Sonoko mi fissano preoccupate.

“Cosa c’è Ran?” Chiede Akane, tesa.

“Come sarà conciata questa mattina?” Chiedo preoccupata. Si scambiano un’occhiata che non è da meno, terrorizzate.

Insieme ci alziamo, e apriamo la porta della stanza, con il cuore in gola.

Le finestre sono spalancate e l’aria soffia fredda nella stanza. Nonostante tutto una puzza terribile mi fa rivoltare lo stomaco. Mi copro il naso con un fazzolettino. Sachiko è sdraiata in mezzo ai letti uniti, con una semplice magliettina di cotone bianco addosso. Il lenzuolo la copre dalla vita in giù, grazie al cielo.

Mentre Sonoko e Akane danno una sistemata alla camera la scuoto dolcemente, cercando di svegliarla. Dopo quasi un quarto d’ora di inutili tentativi vado in bagno – dove la puzza è più consistente – e riempio la bottiglia di acqua vuota con acqua ghiacciata.

Sonoko mi guarda interrogativa. Facendo attenzione a dove punto la bocca della bottiglia, rovescio un goccio di acqua in testa a Sachiko, che si muove convulsamente nel letto. Dopo averle rovesciato un altro po’ del contenuto ghiacciato finalmente si sveglia.

Si mette a sedere, stiracchiandosi. Akane le poggia un paio di slip sul letto, imbarazzata tanto quanto me e Sonoko. Obbedendo come una bambina Sachiko si riveste, senza parlare. Quando domanda cosa è successo nella stanza ci lanciamo occhiate esasperate. Mi vesto velocemente, senza badare alle domande confuse di Sachiko, che manifesta un forte mal di testa. Io per fortuna non riporto alcun danno dalla sbornia di ieri sera, se non una profonda ferita al cuore.

Appena esco dalla stanza Sonoko mi segue, e insieme scendiamo al piano di sotto, per fare colazione. Nella sala adibita alla zona mensa si trovano già molti dei nostri compagni. Terrorizzata cerco di tenere lo sguardo puntato a terra. Insieme alla mia amica raggiungo la zona caffè, dove alcuni ragazzi sono in fila per prendere l’ordinazione. Mentre aspetto la spremuta e il caffè non avverto la presenza di Shinichi al mio fianco. Sussulto quando incrocio il suo sguardo neutro, riabbassando immediatamente il mio. Ho deciso di utilizzare la tattica del mutismo. Chissà se capisce che c’è qualcosa che non va, vedendo che non gli rivolgo la parola per tutto il giorno…

Sospirando mi siedo a tavola, ma ben presto Matsuo ci raggiunge. Anche lui ha un idea simile alla mia, anche se è destinata ad un’altra persona. Tuttavia la sua è diretta a Sachiko, e quasi tutta la classe ha deciso di aderire all’iniziativa. So che non è una bella cosa da fare ad un’amica, ma deve capire di avere sbagliato! Siamo già stati fortunati a non essere scoperti dai professori… Sospiro rassegnata. La fantastica gita che avevamo programmato sta andando a farsi friggere… e siamo solo al secondo giorno!

 

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Tratto dal Capitolo Sette: Gita – Secondo Giorno (Innamorata Persa)

“Piaciuta la visita?”

Shinichi mi sorride, ammiccante. Per tutta risposta mi volto dalla parte opposta.

“Tu lo sapevi che si erano fidanzati?” Mi chiede, cercando di attaccare bottone. Fingo di non averlo sentito.

“Andiamo, Ran, per quanto non vorrai parlarmi?” Sospira, e lo sento accomodarsi meglio sul sedile.

Chiudo gli occhi, cercando di resistergli.

“Non mi lasci altra scelta…” Lo sento sussurrare al mio orecchio.

Spalanco gli occhi avvampando quando sento le sue mani posarsi delicate sui miei fianchi. Che…?

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Capitolo 7
*** Gita – Secondo Giorno (Innamorata Persa) ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Sette: Gita – Secondo Giorno (Innamorata Persa) 

Alle undici in punto siamo davanti ad un piccolo tempio di molti secoli fa. Non ho ancora rivolto la parola a Shinichi, e lui sembra fare il possibile per evitarmi da quando ha tentato di chiamarmi inutilmente. Nonostante le nostre insistenze per tentare di far rimanere Sachiko a letto, alla fine ha voluto venire con noi, nonostante lamentasse un enorme male alla testa. Nessuno della nostra classe le ha rivolto la parola. In pullman è stata persino male e appena siamo tornati con i piedi per terra è corsa dietro ad alcuni cespugli a vomitare. Davvero orripilante.

Stiamo camminando per le vie del centro, quando mi sento trattenuta per un braccio. Con il cuore in gola mi volto. Che sia…

Sachiko mi sorride, ammiccante. “Ehi Ran…” Mormora. Distolgo lo sguardo, infuriata, liberandomi dalla sua stretta e riprendendo a camminare. Le parole che mi ha rivolto ieri sera continuano a ronzarmi in testa, senza darmi pace. Tra l’altro l’immagine di Shinichi che si butta giù dal balcone mi tormenta, rendendomi ansiosa.

“Ti prego, ascoltami!” Urla Sachiko, correndomi vicino. La ignoro. “Akane mi ha detto che ho fatto qualcosa di terribile… E ti chiedo scusa! Anche se non so cosa ho detto e fatto, non l’ho fatto apposta: ero ubriaca!” Mormora al mio fianco. Mi fermo di scatto, puntando gli occhi nei suoi.

“Ci hai fatto preoccupare tantissimo Sachiko! E poi tu non hai idea del male che mi hai fatto dicendomi certe cose…” Sussurro. Mi fermo immediatamente, riprendendo a camminare e ricacciando indietro le lacrime.

“Sì, ma cosa ti ho detto?! Se non me lo dici come faccio a chiederti scusa?!” Urla ancora, facendo girare alcuni passanti. Raggiungo Akane e Sonoko, che camminano poco più avanti con Mai e Jun.

“Ran… Cosa succede…?” Mormora Akane, quando vede avvicinarsi Sachiko alle mie spalle.

“Cavolo, vi ho già chiesto scusa un milione di volte… Cosa posso fare di più?!” Urla Sachiko. Il suo comportamento così superficiale però mi fa saltare ancora di più i nervi.

Riprendiamo a camminare, ma rallento, affiancandomi a Sachiko.

“Ascolta, noi non siamo arrabbiate per quello che hai fatto mentre eri ubriaca… Noi siamo arrabbiate perché ti sei ubriacata e non hai cercato di fermarti… Certo, anche io ho rischiato di finire come te, ma almeno mi sono fermata! E comunque noi siamo disposti a passare sopra a questa storia… L’unica cosa che ci ferma è il fatto che tu non sembri neanche lontanamente dispiaciuta!” Urlo, allibita. “Cavolo, continui a dire che ti dispiace, ma come possiamo crederti se ogni volta che lo fai hai il sorriso sulle labbra?!”

“Ma non lo so, preferite che mi metta anche a piangere?! Non siete sempre voi che dite che è inutile piangere sul latte versato?!” Chiede Sachiko, stizzita. Stringo i pugni, cercando di trattenermi dal tirarle una sberla. Come può essere così… così…

“Non ti chiediamo di piangere, ma di dimostrare un minimo di dispiacere!” Urlo, alterata. “Sai, non è proprio il massimo pulire un pavimento dal vomito e fare la doccia ad un’ubriaca!”

Sachiko sbuffa. “Ho già capito che non posso farle con voi queste cose…” Ride. Questa volta non mi trattengo e la schiaffeggio davanti ai nostri compagni di classe.

“Che diavolo…?!” Mormora Sachiko, tenendosi con una mano la guancia che si sta arrossando.

Quando sta per corrermi addosso per contrattaccare Matsuo si mette in mezzo, fermandola. Akane, Makoto e Sonoko mi vengono vicini, portandomi via. Sono ancora allibita dal comportamento di Sachiko. Quando passo vicino al mio ‘salvatore’ mormoro un ‘grazie’.

Perché le cose non possono andare almeno una volta per il verso giusto?

Il resto della giornata passa velocemente, e finalmente arrivano le diciotto. Abbiamo ancora una decina di minuti prima di dover salire sul pullman per rientrare in albergo.

“Ran…” Un sussurro alle mie spalle mi fa sussultare. Non avevo più sentito quella voce dalla mattina stessa. Mi volto, inarcando un sopracciglio. Sachiko abbassa lo sguardo, intimorita. “Posso parlarti un attimo?”

Prendo un profondo respiro, seguendola vicino ad una vetrina.

“Akane mi raccontato quello che ti ho detto ieri notte…” Mormora imbarazzata. Abbasso lo sguardo, cercando di non badare alla voragine che si riapre nello stomaco. “Mi dispiace tantissimo…” Sussurra. Fisso improvvisamente interessata una borsa in paglia, esposta in vetrina.

“Non avrei mai dovuto dire una cosa del genere…” Prende un profondo respiro. “E credimi, non lo penso affatto.”

Mi volto a guardarla. Nei suoi occhi non leggo più il divertimento, come quella mattina, ma solo dolore. È davvero dispiaciuta. “Però ormai Ran, sinceramente…” Mormora. Oddio, vuole di nuovo farmi male al cuore? “Credo l’abbiano capito tutti che sei innamorata persa di Shinichi…” Arrossisco di botto.

“Lo so… però mi ha fatto un male che nemmeno ti immagini sentirti dire certe cose…” Sussurro, nascondendo gli occhi dietro la frangetta.

“Lo so… scusami… io non le penso nemmeno quelle cose… lo sai che ti voglio bene, non direi mai certe cose per ferirti…” Sussurra. Le sorrido.

Prima che possa risponderle la voce della professoressa Mizuno ci richiama, ordinando a tutti di salire sul pullman. Prima però corro a riprendere la mia borsa, lasciata vicino alla fontana, poco prima.

Quando salgo a bordo tutti i miei amici sono già seduti. Akane ha preso posto vicino a Sachiko, mentre Sonoko è con Makoto, e si scambiano piccole tenerezze. L’unico posto libero è… Sussulto. Fulmino con lo sguardo Sonoko e Makoto, che mi rivolgono occhiate maliziose.

“Questa me la pagate…” Gli sussurro, quando gli passo vicino per andare a prendere posto vicino a Shinichi. Cercando di essere indifferente mi siedo dalla parte del corridoio, mentre lui osserva il paesaggio fuori dal finestrino. Dopo un veloce appello il pullman parte.

“Piaciuta la visita?”

Shinichi mi sorride, ammiccante. Per tutta risposta mi volto dalla parte opposta.

“Tu lo sapevi che si erano fidanzati?” Mi chiede, cercando di attaccare bottone. Fingo di non averlo sentito.

“Andiamo, Ran, per quanto non vorrai parlarmi?” Sospira, e lo sento accomodarsi meglio sul sedile.

Chiudo gli occhi, cercando di resistergli.

“Non mi lasci altra scelta…” Lo sento sussurrare al mio orecchio.

Spalanco gli occhi avvampando quando sento le sue mani posarsi delicate sui miei fianchi. Che…?

Con un rapido movimento mi fa salire sulle sue gambe, che nel frattempo si sono spostate più verso il mio sedile.

“Che…che stai facendo?” Chiedo rossa in volto.

“Allora non sei diventata muta!” Sghignazza, facendomi scivolare sul sedile dove fino un attimo fa c’era lui. Ha invertito i posti…

“Perché l’hai fatto?” Chiedo stizzita, incrociando le braccia al petto. Shinichi scrolla le spalle.

“Così non puoi sfuggirmi.” Dice solamente, mentre cerco di calmarmi per far sparire il rossore dalle guance.

“Posso sempre girarmi verso il finestrino.” Sbotto, girandomi infatti dall’altra parte.

“Ti prego Ran, parlami, lo sai che non mi piace quando mi tieni il broncio…” Mormora, posando una mano sulla mia spalla.

“Però…” Mormoro, abbassando lo sguardo.

“Cosa?” Mi chiede, afferrando al volo l’opportunità di farsi perdonare.

“Promettimi… che non ti ubriacherai più…” Okay, adesso dirà che sono patetica.

“Eh, chissà…” Borbotta, facendomi sbuffare. Irritata mi rigiro, volgendogli le spalle e accoccolandomi sul sedile.

“Ehi, ehi, scherzo!” Ride, prendendomi per le spalle.

“Prometti.” Dico, risoluta. Lui mi rivolge un sorriso gentile.

“Promesso.” Allora sorrido anche io.

Mi riaccomodo meglio sul sedile, tornando in posizione eretta. Stupendo entrambi avvolgo le mie braccia intorno al suo, stringendolo a me. Cerco di ignorare il calore alle guance.

“Hai sonno?” Mi chiede. L’unica volta che mi sono permessa di compiere un gesto simile era stato quasi due mesi prima, quando siamo andati in vacanza in montagna con i nostri padri. Il pullman era scomodo, e mi ero appoggiata alla sua spalla per dormire. Allora gli avevo promesso che se in gita avessi avuto sonno lui sarebbe stato il mio ‘cuscino’. Sorrido al ricordo di quei tre giorni perfetti.

“Sì…” Mormoro. Effettivamente è vero. Sento gli occhi pesanti e improvvisamente sbadiglio.

Sghignazza, abbassandosi un poco per rendermi più comoda.

Lui appoggia la testa allo schienale, mentre io la faccio scivolare lentamente vicino all’incavo del suo collo.

Prima che me ne renda conto scivolo nel mondo dei sogni.

 

Un delicato buffetto alla testa mi fa riemergere dal mondo dei sogni. Tengo gli occhi chiusi, godendomi la dolce sensazione di essere cullata. Sento due braccia forti avvolgermi dolcemente, cullandomi avanti e indietro. Un dolce profumo mi stordisce. Sento alcuni borbottii confusi.

“Secondo voi dobbiamo svegliarla?” Chiede una voce, che riconosco dopo alcuni secondi essere quella di Sonoko.

“Shinichi, non puoi portarla in braccio?” Chiede qualcun altro. Akane?

Un momento… Shinichi… essere portata in braccio… profumo… Non può essere…!

Riapro gli occhi, intontita. Subito mi rispecchio in due occhi blu come l’oceano.

“Ben svegliata, bella addormentata!” Ghigna Shinichi. Il suo respiro caldo mi soffia sul viso, confondendomi. In quel preciso momento mi rendo conto di essere tra le braccia di Shinichi, sul pullman, sotto gli sguardi di tutti.

Avvampando come non mai scatto a sedere, liberandomi dalla presa di Shinichi, che mi teneva stretta al suo petto. Come ho fatto a finire in quella posizione?

Shinichi sghignazza divertito.

“Che c’è da ridere?!” Sbotto, rossa come un pomodoro maturo.

“Niente… solo che stavo per addormentarmi quando ti ho sentita cadere in avanti e non ti svegliavi, quindi ho dovuto prenderti in braccio come una bambina, altrimenti ti risvegliavi con un male al collo tremendo, sicuramente!” Sbaglio o avevo deciso di non rivolgergli la parola?! Perché non riesco a resistergli? Sbuffo. Le parole di Sachiko mi tornano in mente: ‘innamorata persa’. Sospiro. Temo che abbia proprio ragione…

Guardo fuori dal finestrino. Passiamo davanti all’hotel, diretti verso la zona degli autobus. Mi hanno svegliato in tempo… Molti sono mezzi addormentati, quindi non si sono accorti della mia piccola dormita, almeno spero…

Tutti quanti scendiamo dal pullman, e insieme ci dirigiamo verso l’albergo. Forse questa sera non andrà poi così male…

 

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Tratto dal Capitolo Otto: Seconda e Terza Notte e Quinto Giorno

“Shinichi?” Sussurro, nel cuore della notte. Sento Sachiko borbottare nel sonno.

“Hm?” Mugugna. L’ennesimo tuono mi fa sobbalzare.

“Posso…” Mormoro, imbarazzata come non mai.

Non riesco a terminare la frase, troppo imbarazzata. Una mano sul braccio mi fa lanciare un urlo.

“Shh!” Biascica, mezzo addormentato. “Vieni qui…”

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Capitolo 8
*** Gita – Seconda e Terza Notte e Quinto Giorno ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Otto: Gita – Seconda e Terza Notte e Quinto Giorno

Appena finiamo di cenare ci concediamo una piccola passeggiata nel piccolo centro cittadino della città, ma dato il freddo pungente preferiamo rientrare immediatamente in albergo. I professori ci comunicano che l’ultima serata ci porteranno in discoteca. A differenza di tutti gli altri miei compagni la cosa non mi entusiasma affatto. Odio ballare…

Raggiungo insieme a Sonoko il piccolo salotto dell’hotel, dove è posizionato un bellissimo pianoforte bianco. La professoressa Mizuno, una donna di all’incirca quarant’anni e molto robusta si siede su una sedia vicino allo strumento, incitando Mai e Fujio a suonare qualcosa.

Dopo alcuni attimi di esitazione Mai decide di sedersi al piano, iniziando a suonare alcune canzoni. Tutta la classe forma un piccolo coro e iniziamo a cantare. Un ragazzo molto simpatico dell’altra classe decide di provare a suonare e, indossando un paio di occhiali da sole e rimboccandosi le maniche, inizia a fare battute e a mimare famosi cantanti, facendo ridere tutti i presenti.

Dopo di loro è il turno di Fujio. Sebbene sia molto bravo tutta la classe lo guarda abbastanza irritata dal suo comportamento da grande maestro d’opera. Con grandi movimenti delle mani suona alcuni complicati pezzi di musica classica. Alla fine scoppiano gli applausi, anche se si attira nuovamente la nostra ira facendo grandi inchini e gesti per sollecitarci a congratularci.

Finita la loro esibizione decido di rientrare in camera, stanchissima. La notte precedente non ho dormito affatto bene, quindi ho bisogno di una bella dormita. Quando arrivo al piano di sopra però trovo tutta l’altra classe comodamente seduta a terra e sulle sedie del piccolo atrio del pianerottolo. Il ragazzo che prima faceva le imitazioni è seduto in mezzo al corridoio e per sorpassarlo per poco non gli cado addosso. Arrossendo mi chiudo in camera.

Appena entro però qualcosa a terra mi fa cadere in avanti e con mia grande sorpresa mi ritrovo sdraiata su qualcosa di morbido. Riapro gli occhi e scopro che il pavimento della stanza è quasi completamente coperto da materassi.

“Che…?” Alzo lo sguardo, mettendomi in ginocchio. Sul letto si trovano Chomei ed Eichiro, entrambi già in pigiama.

“Ran, bentornata!” Mi saluta Chomei, sorridendomi. “Come è stato il concerto?”

Lui e il suo compagno stanno giocando a carte.

“Mmm… Così…” Mormoro confusa. “Cosa fate qui?”

Eichiro mi risponde, senza sollevare lo sguardo dalle carte. “Abbiamo deciso di dormire qui con Sonoko, Akane e Makoto.” Inarco un sopracciglio. Perché non vengo mai informata? “Ci sono anche Fujio e Baiko.”

“E… Io e Sachiko dove dormiamo?” Chiedo, sentendomi offesa dal non essere nominata.

“Beh, dormite con Shinichi.” Chomei mi sorride malizioso. Eh?! O Santo Cielo!

“Però mi raccomando, non vorrei venirti a trovare in ospedale tra nove mesi!” Aggiunge Eichiro, facendomi avvampare.

“Ma per favore!” Urlo imbarazzata. Con un gesto veloce agguanto il pigiama e la beauty-case, uscendo dalla stanza. Il ragazzo delle imitazioni mi porge una merendina.

“Vuoi?” Mi chiede, sorridendo. Non so perché ma sento il mio volto riscaldarsi.

“N-No, grazie…” Mormoro, sentendo uno strano capovolgimento dello stomaco. I capelli sono bronzei e gli occhi di un azzurro che sfuma verso il verde. Avvampando corro verso la stanza di Makoto, Matsuo e Shinichi, ignorando il resto della classe di quel ragazzo che mi osserva.

Quando entro nella stanza mi richiudo la porta alle spalle, appoggiandomi al legno verniciato di verde. Un sorriso esce spontaneo sulle mie labbra mentre cerco di riprendere fiato. È strano, è come se avessi appena fatto una lunghissima corsa…

Dietro di me alcuni colpi alla porta mi fanno sussultare.

Mi allontano spaventata, aprendo la porta. Sachiko mi rivolge uno sguardo indecifrabile, scocciata.

“Ehi, Sachiko…” Sorrido, ancora rossa in volto. Lei inarca un sopracciglio sottile, ma non dice niente. Dietro di lei c’è anche Shinichi.

“Quindi dormite qui?” Domanda quest’ultimo, stiracchiandosi.

“Per forza… ci hanno esiliate dalla nostra stanza!” Sbuffa Sachiko, appoggiando la beauty-case sul letto. Non ha il pigiama… L’unico a sua disposizione da quanto ne so è ancora appeso fuori dalla finestra che si sta asciugando…

In questo momento mi rendo conto di una cosa: i tre letti sono uniti, e di certo Shinichi non si metterà in mezzo a noi…

Cercando di essere il più indifferente possibile mi siedo sul letto centrale. Non sono sicura, ma ho quasi la certezza che Sachiko mi ha rivolto un’occhiata indecifrabile.

“Kudo, mi puoi prestare il tuo pigiama, che il mio è ancora ad asciugare?” La gelosia torna a divorarmi… Non può chiedere a qualcun altro di prestarglielo?…

Shinichi le lancia il suo completo grigio, tirandone fuori un altro dalla valigia.

Approfittando del fatto che è entrato in bagno io e Sachiko ci cambiamo. Quando esce siamo già a letto.

Prima di addormentarci parliamo del più e del meno, senza mai toccare gli argomenti ‘amore’ e affini.

Quando chiudo gli occhi sprofondo in un sonno senza sogni.

 

Il fastidioso suono dello squillo del telefono mi strappa dal mondo dei sogni, facendomi aprire gli occhi. Mormoro qualcosa di incomprensibile, prima di riprendere completamente conoscenza.

Una strana massa blu mi oscura la vista. Quando sollevo lo sguardo per un attimo riconosco la massa confusa dei capelli di Shinichi. Arrossisco di botto quando noto le mie braccia stringere convulsamente il suo, facendolo aderire al mio corpo. Imbarazzata allento la presa, cercando di non svegliarlo. Il suono del telefono però non mi aiuta. Lo sento mormorare, prima che riapra gli occhi e si volti dalla parte opposta. Lascio definitivamente la presa, scavalcando Sachiko – che ancora dorme profondamente, senza fare una piega – e afferrando la cornetta del telefono della stanza, posto sopra al comodino. Riaggancio la cornetta senza portarmela all’orecchio. È solamente la sveglia.

Scuoto sia Sachiko che Shinichi, e finalmente entrambi si svegliano. Siamo al terzo giorno.

 

Il nostro terzo giorno non potrebbe andare peggio. Abbiamo passato l’intera giornata sotto la pioggia, correndo da una parte all’altra di una grande città d’arte, con il vento che soffiava furioso tra di noi, rompendo addirittura gli ombrelli. Quando rientriamo in albergo il temporale infuria sulla città. La luce va e viene, facendomi rabbrividire. Non mi sono mai piaciuti i temporali. Anche questa notte la passerò con Sachiko e Shinichi, augurandomi di non fare la figura della fifona e restare sveglia tutta la notte terrorizzata.

Purtroppo i miei buoni propositi servono a poco. Sono infatti le tre del mattino e ancora non ho chiuso occhio. Dalla finestra con le tapparelle semichiuse giungono i raggi di luce abbagliante, che proiettano immagini terrificanti sulla parete opposta, regolarmente ogni minuto.

Terrorizzata mi aggrappo al braccio di Shinichi, dopo essermi avvicinata al suo letto il più possibile.

Lo sento mormorare qualcosa di incomprensibile e non capisco se è sveglio o dorme. Forse è nella fase di dormiveglia…

“Shinichi?” Sussurro, nel cuore della notte. Sento Sachiko borbottare nel sonno.

“Hm?” Mugugna. L’ennesimo tuono mi fa sobbalzare.

“Posso…” Mormoro, imbarazzata come non mai.

Non riesco a terminare la frase, troppo imbarazzata. Una mano sul braccio mi fa lanciare un urlo.

“Shh!” Biascica, mezzo addormentato. “Vieni qui…”

Lo sento muoversi nel letto, e con un rapido movimento si volta, ritrovandosi a pochi centimetri da me. Posa un braccio sul mio fianco, stringendomi. Avvampo. Sta di sicuro dormendo, altrimenti non farebbe mai una cosa del genere…

Nonostante il batticuore che mi suscita un simile contatto riesco a tranquillizzarmi, scordando per alcuni istanti il temporale che infuria contro la finestra della stanza. Tuttavia quando mi sono tranquillizzata l’ennesimo tuono – più forte dei precedenti – mi fa sobbalzare. Con un lieve e fulmineo movimento scatto con la testa in avanti. La mia fronte fredda viene a contatto con il volto di Shinichi, più precisamente le sue labbra. Con entrambe le mani mi stringo alla sua camicia da notte. Accidenti. Il contatto nonostante tutto è piacevole e riesco facilmente ad abituarmi alla situazione creatasi. Quando mi addormento sono certa di avere dipinto sul volto un sorriso beato.

 

“Ran…” Un mormorio vicino al viso mi sveglia, dolcemente. Sento un lieve movimento sulla schiena, e poi un delicato buffetto alla testa.

“Scusa Ran, ma mi sta andando in cancrena un braccio…” Sento Shinichi sghignazzare, ma non riesco a connettere bene le parole con il loro evidente significato. Sento solo un dolce torpore avvolgermi, e le palpebre pesanti.

“Ran…” Questa volta decido di aprire gli occhi.

“Cosa… C’è?” Mugugno, sfregandomi un occhio con la mano, ma senza alzarmi dalla mia comoda posizione.

“Mi stai facendo andare in cancrena un braccio…” Mormora imbarazzato Shinichi. Che strano, mi sembra vicinissimo.

Quando il suo respiro caldo mi soffia sul viso riesco a capire. Strabuzzo gli occhi, avvampando.

Con uno scatto felino rotolo di lato, affondando la testa nel cuscino abbandonato durante la notte. Sachiko, avvolta dalle coperte, sogghigna.

“Ahh…” Mormora Shinichi, alzandosi e stiracchiandosi. Muove il braccio sinistro avanti e indietro, verso il basso, tentando di far rifluire il sangue.

“Dormito bene?” Mi chiede, facendomi avvampare.

“Scusa…” Mormoro imbarazzata. Ricordo solo di essermi addormentata con lui che mi stringeva, ma non di essermi completamente sdraiata su di lui! Santo Cielo, che vergogna… Chissà cosa penserà ora…

Imbarazzata come non mai esco dalla stanza, correndo verso la mia stanza. Giusto in tempo per vedere il ragazzo dai capelli bronzei che scende le scale accompagnato da un altro ragazzo. Ancora la strana sensazione delle farfalle nello stomaco. Cosa mi sta succedendo? Busso ripetutamente la porta della mia stanza, e Chomei mi apre, sorridendomi.

“Buongiorno Ran!” Come fa questo ragazzo a essere sempre così di buon umore? Con questa domanda entro nella mia stanza, confusa e imbarazzata allo stesso tempo.

 

Purtroppo anche il quinto giorno è arrivato. La sera precedente siamo andati in discoteca e siamo ritornati in camera alle tre del mattino, quindi mi sento abbastanza stanca, anche a causa delle faticose giornate appena passate e delle poche ore di sonno. Siamo sul pullman e ancora una volta il mio sguardo incrocia il volto perfetto del ragazzo dai capelli bronzei. Sono seduta vicino a Shinichi e un idea mi fa subito scattare sull’attenti. Con un gesto fulmineo afferro la macchina fotografica all’interno della borsa e approfitto del fatto che Shinichi è sporto in avanti per parlare con Makoto per appoggiarmi alla sua schiena e mettermi in posizione per scattare una fotografia.

Il ragazzo dai capelli bronzei – di cui non conosco ancora il nome – ha il viso appoggiato a una mano, con il braccio puntato sul gomito. Le palpebre sono serrate e nelle orecchie porta le cuffie.

Facendo sorridere Sonoko – che fin dal primo momento ha notato il mio strano comportamento nei confronti di quel ragazzo – gli scatto una fotografia, nascondendo subito dopo l’apparecchio fotografico nella borsa, per evitare che Shinichi controlli.

Mi guarda scettico, senza però farmi domande. Ancora una volta – così come in tutti i viaggi in pullman di quei giorni – il suo braccio diventa per me un comodo ‘cuscino’, sebbene non sempre prenda sonno. Mi piace quel contatto, mi fa sentire più vicina a lui.

La sera intorno alle ventidue rientriamo a Tokio, e alla stazione trovo ad aspettarmi sia mia madre che mio padre. Quando scendo dal pullman però la prima cosa che faccio è cercare con lo sguardo quello di quel ragazzo, che vista la sua somiglianza – a mio parere – con il vampiro della storia di Twilight ho deciso di soprannominare ‘Edward’. Lo incontro a pochi metri di distanza da me. Quando si volta non sono sicura che abbia notato il mio sguardo puntato su di lui, comunque mi allontano velocemente, senza nemmeno salutare Shinichi. Che cosa mi sta succedendo? Perché quando incontro quello strano ragazzo il mio cuore sussulta e le farfalle si liberano nel mio stomaco? Che… che sia la mia seconda cotta? Con questi pensieri mi rifugio nel mio letto, sentendomi improvvisamente sola dopo aver passato cinque giorni a stretto contatto con i miei amici.

 

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Tratto dal Capitolo Nove: Tre Giorni Perfetti

Le mie mani vengono subito sostituite dalle sue, calde e morbide.

“Forza, vedrai che tra poco finirà, non ti preoccupare…” Mormora Shinichi, tamponando la ferita.

Stringo gli occhi, mentre controlla il taglio. La vista del sangue mi fa girare la testa.

Quando mi permetto di lanciare un piccolo sguardo alla ferita però non resisto alla vista del mio braccio squarciato e senza rendermene conto svengo tra le braccia di Shinichi.

 

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Capitolo 9
*** Tre Giorni Perfetti ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Nove: Tre Giorni Perfetti

Tre mesi prima…

“Papà, sei pronto?” Mi affaccio alla piccola camera da letto di mio padre, trovandolo intento a buttare a casaccio alcuni vestiti all’interno del borsone.

“Sì, sì, arrivo…” Sbotta, chiudendo con un gesto secco la lampo della borsa.

Mi sposto, per permettergli di passare.

“Hai preso tutto, tu?” Mi chiede, percorrendo il piccolo corridoio del nostro appartamento.

“Certo!” Esclamo. Di solito sono io che pongo certe domande. “Vedrai, ti farà bene una piccola vacanza in mezzo alle montagne!” Sorrido radiosa, mentre mi guarda di sottecchi.

“Guai a te se provi ad allontanarti! E soprattutto non farti trascinare da quel bamboccio in qualche strana avventura! Sono stato chiaro?!” Mi punta un dito contro, minaccioso.

“Stai tranquillo, papà.” Il messaggio è chiaro: mai stare troppo vicina a Shinichi o mio padre lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani.

Raggiungiamo in taxi la stazione, dove è parcheggiato un lungo pullman. Dai finestrini noto che molta gente è già salita a bordo. Shinichi e suo padre Yusaku ci vengono incontro, mentre io e papà sistemiamo i bagagli e l’attrezzatura per sciare nel baule del mezzo.

“Ehi, Kogoro, come stai?” Yusaku assesta una pesante pacca sulla spalla di mio padre.

“B-Bene Yusaku…” Mormora Kogoro, tossicchiando.

“Pronti a sciare?” Chiede Shinichi, avvicinandosi a noi. Mio padre deglutisce sonoramente. So bene quanto soffra di vertigini e sciare non è mai stata la sua passione – e a dirla tutta è anche abbastanza imbranato.

Prima che possa rispondere l’organizzatore della gita, un uomo sulla quarantina di nome Taro Okaji, ci richiama per salire sul pullman.

A bordo io e Shinichi non parliamo molto. Verso le nove di sera sento le palpebre degli occhi diventare sempre più pesanti e facilitata dal silenzio che regna nel pullman e dal buio mi addormento.

Mi risveglio di soprassalto quando una voce stridula e un fischio acuto giungono alle mie orecchie. Mi guardo intorno spaesata.

“Dormito bene?” La voce di Shinichi mi giunge beffarda e molto vicina.

“Hm?” Mi volto nella sua direzione, trovandolo a pochi centimetri da me. Sono certa di avere assunto una faccia da pesce lesso con le sfumature che vanno da un colore all’altro.

Una donna, seduta al fianco di un uomo nei sedili davanti ai nostri, si gira. È Yumiko Azane, con affianco il marito Kunio, vecchi amici di famiglia. Mi chiedo come ho fatto a non notarli prima. Però mi preoccupa il sorrisetto stampato sulle labbra della donna. Lei è sempre stata certa che io e Shinichi ci saremmo fidanzati un giorno, e non manca mai occasione ogni volta che ci vede di farci qualche battutina…

“Ciao Ran!” Rispondo al suo saluto cortesemente, pronta al peggio. “Che carini che eravate addormentati!” Mi sorride maliziosa. Strano, si è fermata solo al complimento…

Abbasso lo sguardo imbarazzata, mentre la voce gracchiante che mi ha svegliata del signor Taro inizia a dare informazioni sull’albergo in cui alloggeremo. Mi affaccio al finestrino, cercando di non badare alla vicinanza di Shinichi, scrutando le tenebre alla ricerca della struttura che ci ospiterà.

Alla fine un insieme scomposto di piccole luci indicate dalla guida fa capolino da dietro la chioma scura di alcuni alberelli. È un posticino davvero grazioso. Una piccola baita in vecchio stile si erge in cima ad una collina, completamente coperta da uno spesso strato di neve bianchissima. Alcune chiome di alberi sono piegate a causa del peso della neve. Appena scendo dal pullman rimango incantata da quel paesaggio fiabesco e corro verso una staccionata. Brutta idea. Un piede finisce su una pozzanghera ghiacciata, e sento il mio corpo cadere, ma due braccia mi afferrano appena in tempo, spingendomi verso un petto caldo e muscoloso.

“Stai attenta, è tutto ghiacciato.” Sbuffa Shinichi, cercando di rimettermi in piedi. Arrossisco e ringrazio il buio per non darglielo a vedere.

“Ehi, voi due!” Sento la voce di mio padre avvicinarsi sempre di più. “Che stai facendo? – Kogoro osserva con gli occhi fuori dalle orbita le mani di Shinichi attorno alla mia vita – “Tieni giù le mani da mia figlia!” Terrorizzato dal vocione e il dito puntato contro di mio padre, il mio salvatore lascia subito la presa, portandosi le mani davanti al petto, come a proteggersi.

“Ehm…io…” Balbetta, cercando di salvarsi dalla furia di mio padre.

“Papà! Mi ha solo aiutato! Stavo per scivolare a terra!” Mi paro davanti a Shinichi, rivolgendo a mio padre un’occhiataccia. Lui sbuffa irritato, e – continuando a lanciarci occhiate di sottecchi – si allontana.

L’interno dell’albergo è molto carino e spazioso. La zona bar – dove si terranno anche la colazione e la cena – si trovano in una costruzione poco lontana, che si raggiunge passando per il giardino.

La mia stanza si trova dalla parte opposta a quella di Shinichi, e sono convinta che su questa sistemazione mio padre abbia influito parecchio.

Stremata, mi addormento, emozionata per le altre due giornate che si prospettano ricche di emozioni.

 

Alle sette in punto mi alzo, e dopo essermi data una rinfrescata, e preparata a dovere, corro nella stanza di mio padre – esattamente vicino alla mia – per svegliarlo. Quando finalmente si è preparato raggiungo il piccolo edificio dove servono la colazione, trovando già molti partecipanti pronti a partire. Nonostante tutto non vedo né Shinichi né Yusaku.

Quando finalmente terminiamo la colazione li vedo scendere trafelati. Mio padre sghignazza.

“Non è suonata la sveglia?”

“No, qualcuno ha fatto fatica ad alzarsi.” Ammette Yusaku, dando uno scappellotto in testa al figlio. Purtroppo sono costretta a uscire con mio padre, e insieme andiamo a finire di prepararci per partire.

 

Abbiamo passato l’intera giornata a sciare, e adesso mi sento stanchissima. Oltretutto mio padre ha tentato in tutti i modi di tenermi lontana di Shinichi, arrestando persino la fila per una seggiovia a due pur di non farmi sedere con lui! Adesso mi ritrovo sdraiata in camera. Yusaku è riuscito a convincere Kogoro a fare un giro in centro per andare in qualche bar a bere qualcosa, e davanti a tale richiesta non ha obbiettato ovviamente. Guardo l’orologio. Le dieci in punto. Il bar dell’albergo è di sicuro già chiuso, ed io ho una sete tremenda. A tavola, troppo divertita dagli scherzi di Shinichi, non avevo pensato a prendere una bottiglia d’acqua per la notte e non c’è nemmeno un distributore nel corridoio!

Mi alzo dal letto. Forse posso raggiungere mio padre…

Esco nel corridoio, arrivando davanti alla porta della stanza che mi interessa.

“Shinichi…” Busso alla porta, ma questa si spalanca improvvisamente. Shinichi si butta istintivamente sul letto, ma il mio sguardo cade sulle sue mani. Oddio. Inevitabilmente ho notato i suoi pantaloni abbassati e i boxer neri, nonostante abbia fatto di tutto per nascondersi in tempo.

Chiudo gli occhi e mi volto dalla parte opposta, rimanendo sull’uscio.

“Ma non puoi chiudere la porta?!” Sbotto imbarazzatissima. Lo sento farfugliare qualcosa di incomprensibile. Sento un fruscio di stoffa e dei passi avvicinarsi.

“Che cosa c’è Ran?” Mi volto lentamente, sperando che il rosso in viso si sia attenuato.

“Mi accompagni da mio padre?” Chiedo, evitando il suo sguardo.

“Sai almeno dov’è?” Alzo gli occhi. Ha un sopracciglio inarcato.

“Ehm…” Cavolo. Tiro fuori dalla tasca il cellulare ma lo trovo stranamente spento. “Oh, no!”

“Cosa c’è?”

“Ho il cellulare scarico e ho dimenticato il caricabatteria a casa!” Mi mordo un labbro, preoccupata. Speriamo non mi serva domani… Se dovessi perdermi in cima alle montagne sarei spacciata.

“Chiamo io, aspetta…” Mormora, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni il suo e premendo una serie di tasti. Dopo un breve colloquio con suo padre ci dirigiamo verso l’entrata dall’albergo.

Le strade sono poco illuminate e alcuni fiocchi di neve scendono lentamente dal cielo.

“Non mi hai ancora detto perché devi andare da tuo padre…” Alza gli occhi al cielo, osservando il percorso confuso dei fiocchi bianchi.

“Tu non me lo hai chiesto…” Rispondo. Probabilmente mi avrebbe presa per pazza se gli avessi detto che l’ho fatto uscire solo per prendere una bottiglietta d’acqua. In verità l’ho fatto anche perché voglio passare del tempo con lui, dopo che mio padre ha fatto di tutto per tentare di tenerci lontani oggi. Risollevo lo sguardo e lo vedo osservarmi curioso. Aspetta una risposta.

“Ho bisogno dell’acqua.” Okay. Mezza verità, va bene.

Assottiglia gli occhi.

“Mi hai fatto uscire con questo freddo solo per una bottiglia d’acqua?” Sghignazzo, nervosa.

Passiamo vicino ad un muretto pieno di neve. Il mio sguardo è attirato da un piccolo ruscello completamente ghiacciato.

Un delicato colpo alla nuca e qualcosa di freddo e bagnato mi riempie i capelli, facendomi rabbrividire. Mi volto infuriata dalla parte opposta, ma un’altra palla di neve mi colpisce in pieno viso, facendomi crollare all’indietro – fortunatamente su una montagna di soffice neve fresca.

Nonostante il freddo pungente al viso – rimasto completamente coperto dalla soffice sostanza bianca – rimango immobile.

“Ran…?” Come previsto dei passi si avvicinano frettolosamente al mio corpo steso a terra. Quando due mani gelate mi iniziano a scoprire il viso raccolgo una manciata di neve con ogni mano, riempiendo la testa di Shinichi.

“Ehi!” Urla, cercando di ripulirsi. Approfittando della sua distrazione lo prendo per le spalle, spingendolo all’indietro e facendolo rotolare sulla neve fresca. Sghignazzo, contenta per quella mia piccola rivincita.

“Questa me la paghi!” Mormora, esibendo un sorrisetto simile a un ghigno. Velocemente mi rialzo da terra, correndo lungo la strada, ma le sue mani mi riacchiappano. Cingendomi con entrambe le braccia la vita mi solleva da terra, ghignando. Si allontana dalla strada, inoltrandosi nel piccolo campo completamente coperto di neve.

“Lasciami Shinichi!” Urlo, ma il mio tono è ben lungi dall’essere minaccioso.

“Come desidera!” Lo sento abbassarsi e lasciarmi a terra, seduta.

“Che…” Non faccio in tempo a terminare la frase che le sue mani iniziano a farmi il solletico sui fianchi. Mi sdraio a terra come un’ossessa, tentando di liberarmi da quella tortura che in questo momento mi sembra terribilmente piacevole. Quando vede che il respiro inizia a mancarmi termina di muovere le sue mani, ma prima che possa rialzarsi gli do uno spintone che lo fa cadere all’indietro, ma inaspettatamente le sue mani afferrano i miei polsi, facendomi cadere addosso a lui. Chiudo gli occhi, tenendo il capo poggiato al suo petto, che si alza e abbassa freneticamente per le troppe risate.

“Non hai freddo?” Lo sento sghignazzare.

“No.” Effettivamente sento solo un gran caldo. Ma del resto ho il corpo praticamente solo sopra quello di Shinichi, quindi è ovvio che non senta il freddo della neve.

“Ehi!” Urla qualcuno, poco distante da noi. Terrorizzata alzo il capo. Mio padre si sta avvicinando a noi, tenendo tra le mani una bottiglietta d’acqua. Il più velocemente possibile io e Shinichi ci rialziamo, scrollandoci di dosso la neve.

“Che state facendo?!” Chiede, sventolando minaccioso la bottiglia.

“Stavamo venendo da voi…” Mormoro. Proprio adesso deve arrivare mio padre?!

“E allora cosa ci fate qui in mezzo?!” Accidenti!

“Abbiamo solo fatto una partita a palle di neve papà!” Esclamo, spazientita.

Yusaku grazie al cielo riesce a far calmare mio padre, e tutti quanti torniamo all’albergo.

 

È domenica, e il tempo qui in montagna sembra non faccia altro che peggiorare. Aggregandoci a molti altri sciatori nonostante tutto decidiamo di sciare anche oggi, dato che è l’ultimo giorno. Sempre grazie a Yusaku finalmente riesco a sedermi in seggiovia con Shinichi. A causa del vento si muove continuamente, e devo fare forza su tutto il mio coraggio per non mettermi ad urlare quando questa si ferma, a chissà quanti metri di altezza, cigolando.

“P-Perché si è f-fermata?” Balbetto, chiudendo gli occhi per non sentire il continuo ciondolare avanti e indietro a causa del vento.

“Probabilmente qualcuno è caduto, non ti preoccupare.” A quelle parole mi si ghiaccia il sangue nelle vene. In che senso caduto?! Mi volto a guardare Shinichi, terrorizzata.

“Nel senso che è caduto quando stava scendendo dalla seggiovia, Ran!” Esclama, anche lui agitato, notando il mio sguardo atterrito.

Le mie mani sono strette saldamente alla sbarra di protezione e sento il mio corpo rigido come un pezzo di legno. Shinichi si volta indietro, facendo oscillare ancora di più i seggiolini.

“S-Stai f-fermo…ti p-prego…” Mormoro, sentendo gli occhi pizzicare. Il vento mi frusta violentemente il viso, facendomi arrossare e bruciare le guance.

“Ran, stai tranquilla, non accadrà niente…” Mormora Shinichi, cercando di essere il più dolce possibile per farmi tranquillizzare. Nonostante tutto non serve a niente e tiro un sospiro di sollievo solo quando dopo alcuni minuti – che per me sembrano eterni – la seggiovia riparte. Il tempo purtroppo non è migliorato in cima alla montagna, anzi, una fitta coltre di nebbia offusca la visuale.

Mi guardo intorno. Non si vede niente oltre i tre metri, forse anche meno. Un brivido freddo mi percorre la schiena. Mi avvicino ancora di più a Shinichi, facendo sfiorare i nostri sci.

I nostri padri arrivano subito dopo di noi.

“Accidenti, c’è un tempo davvero pessimo…” Mormora Yusaku, preoccupato. “Dobbiamo usare la massima cautela e stare soprattutto molto vicini.” Purtroppo infatti in questo punto non si trova nemmeno una baita, questo significa che se non vogliamo rimanere sotto la neve che scende a grandi fiocchi dal cielo dobbiamo tornare a valle. Deglutisco quando vedo il padre di Shinichi avvicinarsi a quello che penso sia il bordo pista. Quando anche io e Shinichi ci avviciniamo noto il piccolo cartello rotondo appeso poco distante. È completamente nero. Santo cielo. È una pista nera!

Mio padre mi lancia un’occhiata preoccupata. So quanto sia difficile per lui tenere il mio passo, soprattutto perché di solito si lascia andare, andando quindi troppo veloce per me. Il giorno precedente infatti è stato Shinichi a seguirmi tutto il tempo, aspettandomi anche quando i nostri padri erano già più avanti. Il suo sguardo assorto si sposta sul mio amico.

“Posso affidartela?” Chiede titubante. Cosa? Shinichi sembra stupito almeno quanto me, ma annuisce con un solo cenno del capo.

“Allora, andiamo?” Chiede Yusaku, anche lui evidentemente preoccupato.

Con un colpo di racchette lo vedo iniziare la sua corsa. Io e gli altri gli andiamo subito dietro, preoccupati di vederlo sparire. Shinichi resta dietro di me, per non perdermi.

Ogni secondo che passa il vento si fa sempre più forte e con una folata più potente delle altre contro la mia schiena acquisto troppa velocità. Inizio a urlare, in preda al panico. Non riesco a fermarmi. Sento le urla di Shinichi che mi rincorrono, mentre perdo di vista i nostri genitori. L’ultima cosa che vedo prima di chiudere gli occhi sono alcuni rami e un grosso tronco.

A differenza di come avrei immaginato non svengo. Sento solo un dolore allucinante al braccio sinistro e il mio corpo ruzzolare a terra. Vorrei riaprire gli occhi ma sono troppo terrorizzata. Mi rendo conto di essere sdraiata sul fianco sinistro sulla neve ghiacciata, in un posto dove i fiocchi che scendono dal cielo non mi possono raggiungere.

Sento la voce preoccupata di Shinichi farsi sempre più vicina e questo mi basta a tranquillizzarmi almeno un poco, anche se mi sento tremendamente scossa. Un paio di sci si fermano a pochi passi da me. Piano, riapro gli occhi. Davanti a me vedo alcune lunghe impronte lasciate dai miei sci, fino al punto dove ho iniziato a rotolare. Poco distante ci sono anche i miei sci. Non voglio provare a muovere le gambe – ora attorcigliate tra loro – terrorizzata di scoprirle rotte. Tuttavia per ora il dolore lo provo solo al braccio sinistro, schiacciato sotto il mio peso. Non oso sollevarmi per controllarlo. Shinichi si accuccia davanti a me.

“Ran… Ran…” Mormora, terrorizzato. Fortunatamente dove ci troviamo non c’è la nebbia, quindi riesco a vedere chiaramente il suo volto, sfigurato dalla paura. “Ran… Mi senti?”

“Shi…nichi…” Mormoro. I singhiozzi mi scuotono il corpo.

“Dove hai male?” Lo vedo osservarmi attentamente tutto il corpo.

“Al…braccio…sinistro…” Porta una mano sotto il mio capo, l’altra la fa passare sotto il fianco, attento a non muovermi troppo. “Non ti fanno male le gambe?” Lasciandomi un attimo la testa, tasta delicatamente le mie gambe. Scuoto il capo in senso negativo. Con un movimento fluido mi solleva, facendomi scivolare con la schiena a terra. Lo sento trattenere per un attimo il respiro.

“Un ramo ti ha ferita al braccio…” Mormora. Chiudo gli occhi, mentre sento l’odore del sangue entrarmi nelle narici e farmi girare la testa. Alcune lacrime mi scendono lungo il viso.

“Non è grave, ma devo cercare di tamponarti la ferita…” So cosa vuol dire… Tento di sollevarmi a sedere, ma una fitta mi fa portare la mano alla ferita. Sento il sangue scorrere caldo lungo le mie dita e la testa girare sempre di più.

“Aspetta…” Lo sento muoversi. Poi un suo braccio mi cinge la vita, facendomi scivolare vicino a lui. Capisco che si è appoggiato al tronco di un albero.

La mia mano viene subito sostituita dalle sue, calde e morbide.

“Forza, vedrai che tra poco finirà, non ti preoccupare…” Mormora Shinichi, tamponando la ferita con un fazzoletto.

Stringo gli occhi, mentre controlla il taglio. La vista del sangue mi fa girare la testa.

Quando mi permetto di lanciare un piccolo sguardo alla ferita però non resisto alla vista del mio braccio squarciato e senza rendermene conto svengo tra le braccia di Shinichi.

 

Oggi

Fortunatamente quando mi risvegliai ero già in ospedale. La ferita al braccio non era niente di grave e nel giro di un mese ero già guarita.

Mio padre era infuriato con sé stesso per essersi lasciato convincere da Yusaku e mia madre Eri a partecipare alla piccola vacanza, ma ovviamente scaricò metà della colpa del mio incidente su Shinichi, a cui ha proibito di starmi vicino. Ovviamente non approvo la sua scelta e la ignoro completamente.

Nonostante tutto sento che qualcosa sta cambiando dentro di me, e ciò mi appare sempre più chiaro ogni volta che incontro ‘Edward’. Però ormai ho deciso. Lo voglio conoscere e capire cosa provo davvero.

 

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Tratto dal Capitolo Dieci: Gelosia?

“Se vuoi possiamo uscire questa settimana…” Mi lancia un’occhiata di sottecchi. Un sorriso si forma sulle mie labbra.

“Certo!” Mi sento…felice, ed emozionata. È strano, finora mi sono sentita così solo nelle poche volte che Shinichi mi invitava per fare qualcosa…

“Allora ci sentiamo oggi!” Mi saluta con un cenno della mano, sorridendomi.

Poco distante da noi però incontro lo sguardo di Shinichi, e sono certa che è di ghiaccio.

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Capitolo 10
*** Gelosia? ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Dieci: Gelosia?

È passata una settimana da quando siamo tornati dalla gita. Tra me e Shinichi le cose sembrano essere tornate alla normalità, anche se da qualche tempo sento di non avere più l’enorme bisogno di stargli accanto come prima.

Questa sera ci sarà una festa a scuola, per salutare alcuni studenti che hanno fatto lo scambio interculturale e che torneranno nei rispettivi paesi. Io e Sonoko abbiamo deciso che sarà questa sera che conoscerò il misterioso ‘Edward’. Grazie alla mia amica sono riuscita a ricavare alcune informazioni su di lui: si chiama Kaito Nikiuri, adora giocare a calcio e non ha mai avuto una ragazza.

Il mio sguardo cade su una fotografia che Sonoko mi ha gentilmente procurato. Ritrae lui, sorridente come al solito, con indosso una semplice maglietta nera e i capelli più spettinati del solito. Sul volto è dipinta un’espressione di stupore. Un sorriso compare anche sulle mie labbra, ogni volta che osservo la foto.

Per la sera ho deciso di indossare un semplice top che fascia il seno, scendendo poi a balze fino alla vita; il tutto rigorosamente nero. Le gambe sono fasciate da un paio di delicati jeans bianchi, e ai piedi porto un paio di semplici ballerine di un argento opaco.

Dopo essermi leggermente truccata gli occhi esco di casa, accompagnata da Sonoko. 

La palestra della scuola è stata addobbata con vari festoni e fotografie delle varie classi, mentre il cortile è illuminato da semplici lanterne bianche. Quando arriviamo a scuola trovo fermi sul cancello Shinichi, Sachiko e Makoto. Shinichi indossa una camicia bianca, coordinata a una cravatta nera e un paio di jeans scuri, che gli fasciano le gambe muscolose. Sachiko invece veste un tubino nero, molto aderente; i capelli sono rilegati in un complicato chignon dietro la nuca. Makoto porta una camicia celeste, anche lui con la cravatta bianca allegata.

Sonoko, che indossa un semplice top bianco coordinato alla gonna a balze di jeans scura, si avvicina al suo fidanzato, e insieme si allontanano da noi, salutandoci.

Dopo i saluti io, Sachiko e Shinichi ci dirigiamo verso la palestra. Mi sento irritata quando Sachiko si aggrappa al braccio di Shinichi per reggersi in piedi: ai piedi porta un paio di vertiginose decolté nere tacco dodici.

Durante tutta la festa osservo appoggiata al muro Kaito Nikiuri, meglio conosciuto come ‘Edward’, incantata dal suo sorriso, sempre presente su quelle labbra perfette. È vestito esattamente come Shinichi, solo che il nodo della cravatta è allentato, e i primi tre bottoni della camicia sono liberi dalle asole. Sono indecisa. Non so se andargli a parlare. Ammetto che non vedo l’ora di sentire la sua voce, ma sono più che altro imbarazzata a presentarmi davanti ai ragazzi dell’altra sezione.

Sono ormai le dieci e mezza, e ancora non ho avuto l’occasione di presentarmi a lui. Takashi Sakani e Chika Uzumaki non l’hanno lasciato solo un attimo! Inizio a cercare con lo sguardo Shinichi – che si è volatilizzato con Sachiko e Akane – iniziando a cercare nei meandri della buia palestra accompagnata da Sonoko.

Ritroviamo tutti e tre i nostri amici davanti all’entrata. Qui arriva il colpo di grazia per il mio cuore: Shinichi e Sachiko si stanno tenendo per mano. Una morsa improvvisa mi attanaglia il cuore. Sonoko, notando il mio improvviso cambio di umore – sono certa di essere sbiancata – mi trascina via, facendomi nascondere dietro una colonna, al buio. Sento una strana sensazione di inadeguatezza e delusione farsi strada dentro di me, fino a quando non vedo qualcosa – o meglio, qualcuno – alle spalle della mia migliore amica.

“Adesso basta!” Sbotto, trascinando Sonoko per un braccio. Mi dirigo verso l’altra parte della palestra, con la mia amica al seguito. Devo prendermi la mia ‘vendetta’.

Arrivo davanti alla persona interessata, finalmente sola. Prendo un profondo respiro, sperando di non arrossire.

“Ciao…” Dico, cercando di apparire tranquilla e rilassata. Il diretto interessato si volta verso di me, evidentemente sorpreso.

“Ciao…” Mormora. I suoi occhi – azzurri come il cielo – mi scrutano, attenti. La sua voce è morbida e melodiosa.

“Sono Ran Mouri…” Le mie mani si torturano a vicenda. Probabilmente mi darà della stupida…

“Io Sonoko Suzuki.” Sorride Sonoko, affiancandomi.

“Piacere, io sono Kaito Nikiuri.” Sembra imbarazzato, ma più che altro è sorpreso.

“Ecco noi…” Balbetto, cercando di trovare le parole. Ero talmente presa dal cogliere l’occasione che non avevo nemmeno pensato a cosa dirgli!

“Volevamo chiederti se ti andava di diventare nostro amico!” Sonoko corre prontamente in mio aiuto. “Ti abbiamo visto insieme a Takashi e Chika – due ragazzi dell’altra sezione con cui io e Sonoko abbiamo legato durante la gita e che hanno una relazione – e pensavamo che magari volessi stare con qualcuno per non fare il terzo incomodo…” Come fa Sonoko a trovare sempre una scusa sul momento?

Kaito ci sorride. Da vicino è ancora più bello…

“Grazie, siete molto gentili! In effetti mi sento di troppo con loro due… I miei compagni di classe non sono potuti venire e mi hanno lasciato da solo con i piccioncini…”

Sonoko annuisce soddisfatta. “Dai, vieni con noi, almeno non passi l’intera serata da solo!”

Annuendo iniziamo a passeggiare per la palestra, cercando di sovrastare con le nostre voci la musica che rimbomba per la palestra. Iniziamo a parlare del più e del meno, carpendo informazioni a vicenda. Da quanto ho capito oltre ad essere bravo a calcio è anche uno degli studenti migliori della sua classe. È anche molto simpatico e fa parte del gruppo studentesco che si occupa di mettere in scena le commedie: il suo ruolo è quello di scrivere le battute.

Usciamo all’aperto, per parlare meglio. Iniziamo a fare il giro della scuola, circondati dagli alberi. A un certo punto Sonoko si ferma, osservando stupita il cellulare.

“Scusate, Makoto mi sta cercando…” Mormora, fingendosi imbarazzata. “Voi continuate pure il giro, torno subito!” Esclama, allontanandosi.

No! Sonoko… Mi sento improvvisamente agitata. Kaito mi sorride, riprendendo a camminare al mio fianco.

“Tu sei amica di Shinichi Kudo, vero?” Mi chiede, lasciandomi spiazzata.

“Sì…” Perché deve tirare in ballo quell’imbecille?

“Ma voi due…” Mormora, fissandomi intensamente con quei suoi occhi così azzurri. “Non siete fidanzati?”

Eh?

“No!” Esclamo, forse con troppa convinzione. Che razza di domande gli saltano in mente?!

“Strano, a scuola pensano tutti il contrario…” Arrossisco, ma allo stesso tempo sento le mani fremere.

“Chi ti ha detto una simile assurdità?” Chiedo, a denti stretti.

“Non ricordo, sinceramente. Ma di certo nella mia classe lo danno tutti per scontato…” Abbasso lo sguardo, sentendo le lacrime pizzicarmi gli occhi. Stringo i pugni. Perché anche quando provo a dimenticarlo mi perseguita?

“Ehi! Dai, stai tranquilla!” Si ferma, voltandosi verso di me, cercando di guardarmi in viso. “Sono solo voci, e comunque non sorprenderebbe sapere che una ragazza così carina e simpatica è già impegnata!” Rimango sorpresa dalle sue parole, ma anche lusingata. Nonostante tutto tengo lo sguardo basso.

“Io non sono impegnata…” Mormoro, affranta.

“Davvero?” Il suo tono dimostra che è sorpreso. “Allora i ragazzi che conosci devono essere ciechi…” Borbotta, riprendendo a camminare.

Sollevo lo sguardo, stupita. Mi affianco a lui, pronta a chiedergli cosa intendesse con quella frase, ma lui si ferma nuovamente.

“Guarda!” Esclama, indicandomi un punto impreciso tra i cespugli.

“Cosa?” Domando, cercando di affinare la vista, per scorgere qualcosa nell’oscurità.

“Vieni…” Sorprendendomi afferra una mia mano, trascinandomi verso il boschetto. Sento il mio cuore aumentare i battiti. Ci inoltriamo nella fitta boscaglia dietro la scuola, facendoci strada tra i rami degli arbusti.

Ci fermiamo in mezzo ad un piccolo spazio di erba. Senza lasciarmi la mano mi indica nuovamente un punto in mezzo ai cespugli. È abbastanza buio e l’unica luce arriva dalla luna piena che si erge maestosa sopra le nostre teste, facendo capolino tra le fronde degli alberi.

In mezzo al buio finalmente riesco a vedere ciò che Kaito cerca di indicarmi da prima.

Tante piccole lucine si illuminano a intermittenza in mezzo ai boschi, muovendosi di pochi centimetri ogni secondo che passa. Rimango incantata da quel gioco di luci creato dalla grande quantità di lucciole che volano nel bosco. La mia mano è ancora stretta a quella di Kaito, e in questo momento sento la pace infondersi dentro di me. Mi volto ad osservare il suo viso, e lo trovo intento ad osservarmi intensamente. Sorrido, contenta. Lui sì che è perfetto.

 

 Mi giro e rigiro nel letto, fino a quando il suono assordante della sveglia mi costringe ad aprire gli occhi per accendere la luce.

Mi stiracchio, sbadigliando. A causa della festa sono andata a dormire intorno all’una di notte, anche se ho passato parecchie ore a rigirarmi nel letto, ripensando alla serata appena passata. Kaito è senza dubbio un ragazzo perfetto. Siamo rimasti più di un’ora seduti in quella piccola radura a parlare, osservando il movimento sinuoso delle lucciole. A fine serata ci siamo scambiati i numeri di telefono, mentre Sonoko ci osservava soddisfatti sottobraccio a Makoto, anche lui sorridente. Tuttavia l’immagine della mano di Sachiko stretta a quella di Shinichi continua a perseguitarmi. Si divertono così tanto a farmi stare male quei due?!

Mi vesto velocemente, raggiungendo la scuola con più foga del solito. Appena giungo in classe abbandono la cartella sul banco, avviandomi con Sonoko alla porta. Rimaniamo ferme sull’uscio, in attesa. Molte compagne di classe si uniscono a noi, mentre Akane mi sorride contenta, accennando alla mia passeggiata con ‘Edward’. Arrossisco, ma un sorriso si fa largo sulle mie labbra.

Quando la campanella suona vedo Kaito comparire da dietro un angolo. La sua classe è proprio di fianco alla nostra. Quando passa davanti a noi sorride radioso.

“Ciao Ran!” Avvampo, ma ricambio il sorriso e il saluto. In questo momento mi rendo conto che Sonoko è rientrata, nascondendosi dietro il muro. Ha fatto di tutto affinché lui salutasse solo me, che gentile!

Le nostre compagne di classe si voltano stupite verso di me, con la bocca spalancata.

“Lo conosci?” Urlano.

“Ehm… Sì…” Balbetto, imbarazzata. Mentre le mie amiche iniziano a farmi domande a raffica, alle nostre spalle appaiono Shinichi, Sachiko e Makoto. Le ragazze continuano a pormi domande, mentre il mio sguardo si posa su quello di Shinichi, che mi scruta, distaccato.

Rivolgo uno sguardo confuso a Sachiko, che scrolla le spalle, alzando gli occhi al cielo e sollevando le mani, in segno di esasperazione. Che Shinichi abbia saputo che ieri ho passato la serata con Kaito…?

L’arrivo del professore pone fine alle mie mute domande, mentre tento di capire cosa stia accadendo.

 

Finalmente è giunto l’intervallo. Non appena la campanella suona mi alzo dal mio posto, diretta verso il banco di Shinichi. Lui però balza subito in piedi, uscendo dalla classe. Si può sapere che cosa gli prende?!

Sbuffando raggiungo Sachiko e Akane, mentre Sonoko e Makoto si allontanano tenendosi per mano. Le mie amiche iniziano a pormi domande sulla serata, così inizio a raccontarle ogni singolo avvenimento, con il sorriso stampato sulle labbra. Appena finisco il mio racconto Kaori si avvicina a noi, chiamandomi.

“Ran, c’è Nikiuri che ti sta cercando…” Mi informa, sorridendo. La ringrazio, ed esco dalla classe, trovandolo appoggiato al muro, vicino alla porta.

“Ciao!” Sorride, alzandosi dal muro.

“Ciao!” Mi avvicino a lui, sorpresa. “Come mai qui?” Lo seguo quando mi fa cenno di dirigerci verso le scale.

“Volevo ringraziarti per ieri!” Arrossisco, piacevolmente stupita. “Se non mi avessi fatto compagnia te, mi sarei annoiato a morte!”

“Figurati, è stato un piacere! E poi sono io che ti devo ringraziare! Mi hai mostrato un panorama stupendo: tutte quelle lucciole… È stato davvero…” Mi fermo, quando mi rendo conto che sto per pronunciare la parola ‘romantico’. “…davvero stupendo!” Termino, imbarazzata.

“Se vuoi possiamo uscire questa settimana…” Mi lancia un’occhiata di sottecchi. Un sorriso si forma sulle mie labbra.

“Certo!” Mi sento…felice, ed emozionata. È strano, finora mi sono sentita così solo nelle poche volte che Shinichi mi invitava per fare qualcosa…

“Allora ci sentiamo oggi!” Mi saluta con un cenno della mano, sorridendomi. Mi rendo conto che ci troviamo nuovamente davanti alla mia classe. Annuisco, alzando la mano in segno di saluto.

Poco distante da noi però incontro lo sguardo di Shinichi, e sono certa che è di ghiaccio. Prima che possa raggiungerlo è già scomparso lungo il corridoio. Che sia…geloso?

Scuotendo il capo rientro in classe, dove Sachiko, Sonoko e Akane mi attendono sorridenti.

 

Per tutta la giornata non ho avuto modo di parlare con Shinichi. Ogni volta che tento di avvicinarmi a lui si allontana, andando a nascondersi chissà dove. Secondo Sachiko è tutto merito della gelosia, che lo sta logorando pian piano. Mi sembra ancora strano che sia davvero geloso…

Passo l’intero pomeriggio a pensare e ripensare a quanto stia accadendo in questi giorni. Vorrei andare da Shinichi a parlargli, ma non trovo il coraggio. E poi cosa potrei dirgli? Che non sono più certa di essere innamorata di lui? E comunque non ho nessun dovere nei suoi confronti! Non siamo mai stati fidanzati, e non ho mai promesso niente di alcun genere a nessuno…

Scuoto la testa, cercando di cacciare indietro i pensieri che mi attanagliano la mente. La vibrazione del cellulare fortunatamente mi distrae. Una chiamata.

“Pronto?” Domando agitata, senza badare al nome comparso sul piccolo display.

“Ehi Ran, sono Kaito!” Sorrido, emozionata.

“Ciao! Come stai?” Non posso credere che mi abbia telefonato.

“Molto bene, grazie. Ascolta, volevo chiederti se domani pomeriggio ti andrebbe di venire con me all’inaugurazione di un nuovo grattacielo in centro… All’ultimo piano si trova anche un ristorante con vista panoramica, e potremmo fermarci lì per cena…” Dalla voce sento che è imbarazzato.

“Sì certo, mi farebbe molto piacere!” Sono entusiasta. Dopotutto domani è sabato, quindi non ci sono problemi!

“Perfetto. Va bene se ti passo a prendere intorno alle quattro e mezza? Prima della cena offrono un rinfresco e possiamo fare un giro per i vari negozi che ci sono dentro!” Annuisco, ringraziandolo dell’invito.

Quando la conversazione termina mi butto all’indietro sul letto, osservando il soffitto. Poso una mano sul petto. Il cuore mi batte all’impazzata. Devo essere perfetta per domani…

Come una furia afferro nuovamente il cellulare, componendo il numero di casa Suzuki. Probabilmente me ne pentirò, ma ho assoluto bisogno di Sonoko per trovare l’abbigliamento adatto. Emozionata come poche volte esco di casa alla svelta, alla ricerca di un vestito per il mio primo appuntamento.

 

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Tratto dal Capitolo Undici: Confusione

Un respiro affannato che si scontra contro la pelle del mio viso mi convince a sollevare le palpebre. Una folta chioma scura si trova a pochi centimetri da me, e alcuni ciuffi sbarazzini mi pizzicano il volto. Il mio ‘aggressore’ tiene il volto leggermente abbassato, con la frangetta a coprirgli gli occhi.

Rimango impietrita, in attesa della sua prossima mossa.

Dopo un attimo che mi sembra eterno alza lo sguardo. Sussulto: è di ghiaccio.

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Capitolo 11
*** Confusione ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Undici: Confusione

Mi sento estremamente emozionata. Agitata, mi specchio per l’ennesima volta in bagno. Devo ammettere che è valsa la pena di passare un intero pomeriggio in centro con Sonoko a fare shopping.

Dopo ore di ricerca ho optato per un semplice vestitino rosa pastello senza spalline che fascia stretto il seno per poi ricadere delicato fino a metà coscia. Sonoko ha insistito affinché lo portassi da solo, ma l’ho convinta a comprare un paio di jeans attillati bianchi, abbinati a un paio di ballerine molto semplici dello stesso colore. Gli occhi sono abbelliti da un leggero trucco rosa pastello – come il vestito – e da un sottile tratto di matita nera. Sulle labbra spicca un brillante lucidalabbra trasparente.

L’adrenalina che mi percorre il corpo raggiunge il culmine quando il campanello di casa squilla. Fortunatamente mio padre non è in casa, altrimenti Kaito avrebbe dovuto sopportare le pene dell’inferno prima di potermi portare fuori a cena… Afferro la borsetta dal comodino e appoggio il biglietto per mio padre sul tavolo della cucina, poi mi dirigo verso la porta d’ingresso.

Quando la apro trovo Kaito che si guarda intorno, curioso.

“Ciao…” Mormoro imbarazzata quando scopro i suoi occhi scrutarmi curiosi.

“Ciao.” Mi sorride raggiante, facendomi cenno di andare. Chiudo la porta alle mie spalle, guardandolo attentamente mentre scende le scale.

Porta una camicia bianca con i primi bottoni slacciati, un paio di jeans scuri e le converse nere. I capelli bronzei sono come sempre artisticamente spettinati, e alcuni ciuffi ribelli gli ricadono sulla fronte chiara. Osservo rapita la sua immagine mentre scendiamo le scale di casa mia, raggiungendo la strada affollata.

Con il taxi posteggiato di fronte a noi raggiungiamo il centro di Tokio, fermandoci proprio di fronte ad un nuovo grattacielo. Alzo lo sguardo al cielo, osservando la costruzione.

“Andiamo?” Mi domanda, sorridendo. Annuisco, e lo seguo all’interno di quel maestoso edificio.

 

Sono giunte le sei del pomeriggio. Kaito si è gentilmente offerto di accompagnarmi a fare il giro di tutti i negozi dell’edificio, senza mai lamentarsi. Ovviamente a causa del mio scarso budget non ho potuto comprare niente, ma nonostante tutto mi sono divertita ad ascoltare i commenti del mio accompagnatore riguardo ad alcune commesse che tentarono di farmi comprare i vari abiti che provavo.

Arriviamo al penultimo piano dell’edificio, dove si terrà una presentazione e il rinfresco. Non mi ha ancora spiegato il motivo per cui ci troviamo in questo posto, e ogni volta che gli ho posto la domanda è sempre riuscito a portarmi su un altro argomento.

Mentre camminiamo in mezzo alla folla di gente elegantemente vestita, veniamo fermati da una donna di mezza età, che ci sorride.

“Kaito!” La donna abbraccia stretto il ragazzo, mentre lui tenta di liberarsi dalla sua morsa. “Grazie al cielo sei venuto! – La signora mi lancia uno sguardo che non saprei interpretare – E vedo che hai anche l’accompagnatrice!”

L’interessato abbassa lo sguardo, in imbarazzo. “Zia, ti presento Ran Mouri.” Si volta verso di me, sorridendo. “Ran, ti presento mia zia Atsuko Nikiuri.”

“Molto piacere.” Mi chino leggermente in avanti, mentre la zia di Kaito mi sorride contenta.

“È un vero piacere conoscerti Ran, spero ti divertirai alla festa, e che avremo il piacere di vederti a uno dei nostri tavoli questa sera.” Rimango perplessa alle sue parole. “Ovviamente offre la casa!”

“Ehm… La ringrazio signora, è molto gentile.” Sorrido, non sapendo bene cosa stia accadendo. Che cosa mi ha nascosto Kaito?

“Grazie zia…” Mormora Kaito. “C’è un signore laggiù che ti sta cercando, faresti meglio ad andare…” La signora Atsuko ci sorride, e salutandoci si allontana.

Appena Kaito si volta a guardarmi gli rivolgo un’occhiata perplessa, inarcando un sopracciglio.

“Ehm… Vedi, i miei parenti sono i proprietari di questo grattacielo…” Ammette, abbassando lo sguardo. Sospiro.

“Cosa cambiava se me lo dicevi prima?” Chiedo incuriosita.

“Beh… Il fatto è che non so mai se la gente sta con me per i soldi o per l’amicizia… Spero tu possa capirmi…” Mormora, tenendo lo sguardo basso. Un’ombra oscura i suoi bellissimi occhi azzurro cielo. Rimango stupita dalla sua fragilità. Sono sempre stata abituata a vederlo sorridere davanti a tutti, e quell’espressione seria e malinconica non si addice affatto al suo viso.

Non sapendo cosa dire lo convinco solamente a sollevare lo sguardo, sorridendogli.

Quando anche lui mi sorride le luci della sala si spengono, mentre su un palco non molto lontano da noi si accende una luce, che illumina la zia di Kaito.

“Buonasera, signore e signori! Vi ringrazio per essere presenti all’inaugurazione di questo nuovo complesso della famiglia Nikiuri! Purtroppo mio fratello non potrà unirsi a noi questa sera, ma spero che tutti voi passiate una lieta serata con noi!” Un applauso riempie la sala.

“Per festeggiare, un mio amico di lunga data ci ha lusingati con sua presenza, e ci presenterà una sua nuova opera in anteprima!” Esclamò Atsuko, attirando l’attenzione di tutti i presenti. “Signore e signori, Yusaku Kudo: il famoso scrittore di libri gialli della fortunata serie ‘Il Barone della Notte’!”

Uno sciame di applausi esplose nella sala, mentre una seconda luce illuminava il palcoscenico.

Yusaku salì sul palco, raggiungendo la zia di Kaito e scambiando i soliti convenevoli.

Improvvisamente mi sento agitata. Se c’è lui… non ci sarà anche Shinichi?!

Un leggero capogiro mi fa voltare verso Kaito, che prontamente mi prende passando un braccio dietro la mia schiena e afferrando una mia spalla. Una ruga di preoccupazione frastaglia la sua fronte chiara.

“Che succede Ran?”

“Non mi sento molto bene… Ho avuto un piccolo giramento di testa…” Ammetto, imbarazzata. Solo quando il suo respiro arriva sul mio viso noto la grande vicinanza tra i nostri volti.

Sperando che nessuno ci abbia visti mi allontano da lui, rimettendomi in piedi.

“Scusa, vado un attimo in bagno, torno subito.” Annuisce, fissandomi perplesso.

Prima di quanto sperassi trovo i bagni, dirigendomi verso quello riservato alle signore.

Lascio che la porta si richiuda da sola, e non mi accorgo di un’altra presenza alle mie spalle. Non faccio in tempo a guardare in viso la persona che mi stava alle spalle che due mani mi afferrano saldamente le spalle, spingendomi con forza contro le piastrelle fredde del muro. La mia nuca rimbalza contro il freddo marmo bianco, procurandomi un dolore acuto che mi costringe a chiudere gli occhi.

Un respiro affannato che si scontra contro la pelle del mio viso mi convince a sollevare le palpebre. Una folta chioma scura si trova a pochi centimetri da me, e alcuni ciuffi sbarazzini mi pizzicano il volto. Il mio ‘aggressore’ tiene il volto leggermente abbassato, con la frangetta a coprirgli gli occhi.

Rimango impietrita, in attesa della sua prossima mossa.

Dopo un attimo che mi sembra eterno alza lo sguardo. Sussulto: è di ghiaccio.

“Perché sei qui?!” Mi domanda Shinichi. Dalla sua voce traspaiono tutta la sua ira e la sua freddezza. Che cosa ho fatto di male?!

“Sono uscita, non posso?!” Domando, acida. Questo suo comportamento mi sta dando fastidio.

“Con…con quello lì?!” La presa sulle mie spalle aumenta, facendomi gemere. Lui sembra non notarlo.

“Quello lì ha un nome… e comunque sì, sono uscita con quello lì!” Urlo, facendogli capire tutto il mio disprezzo per il suo comportamento. “C’è qualche problema per caso?!”

Ormai le lacrime premono di uscire, ma non è il dolore alla testa e le spalle che le spingono a venire fuori.

“Ran… non… non puoi uscire con lui!” Esclama, lasciandomi sorpresa. Cosa?

“Posso sapere il motivo per cui non potrei uscire con Kaito?” Ormai la frittata è fatta… Con tutte le mie forze sostengo il suo sguardo, che però lasciandomi sbigottita cede. Non sarà…?

I suoi occhi tornano ai miei.

“Non voglio che frequenti quel tipo…” Mormora. Il mio cuore salta un battito.

Il suo viso si avvicina ancora di più al mio, facendomi trattenere il respiro.

“Perché?” Domando, con voce spezzata. Una lacrima solca la mia guancia. Shinichi mi osserva interrogativo. Sento il suo respiro affannato sbattere caldo sulle mie labbra, troppo vicine alle sue.

“Perché mi fai questo?” Sento la presa alle mie spalle allentarsi, mentre lui sgrana gli occhi. “Perché quando finalmente inizio a dimenticarti, torni?!”

Tutta la confusione che ero riuscita a reprimere nei giorni precedenti torna a invadere la mia testa.

“Tu non…” Mormora confuso. “Tu lo… ami?” Si allontana da me, come se si fosse avvicinato troppo al fuoco e si fosse scottato.

“Io…non lo so…” Sussurro, sgomenta dalla sua espressione ferita.

“Bene.” Sbotta. Si allontana, dirigendosi verso la porta. Tutta la rabbia scaturita dalla confusione che alberga nel mio animo esplode, come una bomba. Serro i pugni, staccandomi dal muro.

“Bene?!” Ripeto, urlando. “Tutto qui quello che hai da dire?!” Shinichi si volta, stupito dalla mia reazione.

“Cos’altro dovrei dire Ran?” Esclama, digrignando i denti.

“Non lo so! Sei tu che mi hai aggredito!” Urlo ancora, sentendo il mio viso in fiamme. Seguono minuti – o forse solo pochi secondi – carichi di un silenzio assordante. Sia io che Shinichi fissiamo le piastrelle del pavimento del bagno, fortunatamente deserto. Stringo i denti, sperando inutilmente di trattenere le lacrime, che scorrono lungo il mio viso, per poi schiantarsi al suolo.

La tensione è troppo grande, e temo di non resistere.

“Io ti ho aspettato per tutto questo tempo Shinichi…” La mia voce è spezzata. Alzo gli occhi e lo vedo irrigidirsi. “Ora… – un singhiozzo mi blocca – ora non so più che cosa provo…” Mormoro d’un fiato, dopodiché corro via, lasciandolo solo a rimuginare.

Cammino velocemente, timorosa che mi raggiunga. Mentre mi sto dirigendo verso l’ascensore per andarmene una mano mi ferma, afferrandomi il polso. Mi volto di scatto, pronta a urlare contro Shinichi.

Con mia grande sorpresa mi specchio in due grandi occhi azzurri, che mi fissano preoccupati.

“Ran…” Mormora Kaito. Senza aspettare mi getto fra le sue braccia, che mi stringono con forza al suo petto, mentre esplodo in un pianto senza fine. Lo sento spostarsi di alcuni passi, e tendere un braccio. Il suono di un campanello mi informa che ha appena chiamato l’ascensore. Sempre tenendomi stretta entriamo nel piccolo abitacolo – fortunatamente deserto – e lo vedo premere il pulsante del piano inferiore. Le porte ci mettono alcuni secondi prima di chiudersi e in questo frangente mi accorgo di due cose contemporaneamente: Kaito sorride enigmatico, e seguendo il suo sguardo incontro quello di Shinichi, che ci osserva sconvolto.

Ma in questo momento non ci faccio molto caso. Sento solo le braccia di Kaito stringermi dolcemente, mentre abbandono la testa sul suo petto, in cerca di conforto.

 

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Tratto dal Capitolo Dodici: Sentimenti

“Una vacanza?” Domando estasiata.

“Esatto!” Conferma Kaito, sorridendomi raggiante. “Andremo al mare una settimana, e con noi verranno anche Sonoko, Akane, Sachiko, Makoto e Shinichi…– al solo nominare quel nome mi lancia un’occhiata di sottecchi – sempre se per te va bene…” Mormora, abbassando lo sguardo.

“Certo, non vedo l’ora!” Sorrido, entusiasta. Un’intera settimana con Kaito e tutti i miei amici: cosa posso desiderare di più?

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Capitolo 12
*** Sentimenti ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Dodici: Sentimenti

Finalmente sono arrivate le vacanze. Queste ultime settimane di studio sono risultate abbastanza pesanti, e la tensione tra i banchi di scuola era palpabile. La situazione tra me e Shinichi è ancora indefinita. Non so bene in che fase sia subentrato il nostro rapporto, fatto sta che ogni volta che mi si avvicina non faccio altro che provare una miriade di sensazioni contrastanti. Odio, amore, felicità, rabbia, irritazione, piacere…

Inoltre da quel giorno in cui abbiamo avuto il nostro primo ed unico faccia a faccia non fa altro che tentare in tutti i modi di attirare la mia attenzione – o almeno credo che sia così…

La cosa più strana di tutte è che non sono più nemmeno sicura di voler stare con Kaito!

I miei sentimenti sono una miriade di emozioni contrastanti a cui non riesco a dare nomi precisi, e a peggiorare il tutto è la fine della scuola. Ammetto però che in questi primi due giorni di vacanza ho finalmente potuto rilassarmi e porre fine alle continue emozioni che scaturiscono ogni volta che sto insieme a Shinichi e Kaito.

È lunedì, e a questo punto posso davvero dire che le vacanze sono iniziate. Intorno alle quattordici una telefonata mi distrae dai lavori domestici. È Kaito, che mi invita a fare un giro in centro oggi pomeriggio. Accetto volentieri, dandoci appuntamento alle quindici.

Al settimo cielo, corro a prepararmi. Quando apro l’armadio fa capolino tra la marea di abiti appesi il vestitino rosa pastello che avevo indossato per il mio primo appuntamento con Kaito. È passato ormai un mese, ma non potrò mai dimenticare la reazione di Shinichi in quel bagno. E soprattutto non posso dimenticare la sua espressione distrutta quando mi ha vista scappare insieme a Kaito.

Il mio accompagnatore dal’altra parte si era dimostrato molto comprensivo e gentile. Dopo essere arrivati al piano bar – deserto – ci siamo accomodati su un comodo divanetto, dove abbiamo parlato a lungo. Anche lui, come molti altri, è arrivato alla conclusione che sono innamorata di Shinichi, ma sono riuscita a spiegargli che ora non so più che cosa provo realmente.

“Io devo confessarti che mi piaci molto, Ran.” Mi aveva risposto, facendomi sobbalzare. “Però non voglio solo una parte del tuo cuore… Io lo voglio tutto…” Mormorò, guardandomi tristemente.

Non seppi cosa rispondergli. Nonostante tutto lui non cambiò atteggiamento, anzi, continuò ad essere spontaneo, e dopo che mi sistemai mi propose di cenare insieme. Accettai volentieri, e passammo l’intera serata senza più toccare l’argomento ‘sentimenti’.

Sospiro, scartando il vestito dalla mia scelta. Per un caldo pomeriggio in centro è meglio qualcosa di più comodo e leggero. Opto per un semplice top blu scuro e un paio di bermuda bianchi, abbinati a un paio di sandali estivi scelti da Sonoko.

Passo molto tempo sdraiata sul letto, in attesa che Kaito arrivi.

Quando finalmente il suono acuto del campanello riecheggia per la casa salto in piedi, accorrendo alla porta. E lo ritrovò lì, sorridente come sempre, ad attendermi sull’uscio. A differenza di quanto immaginavo l’ondata di emozioni non mi travolge con grande intensità, e mentre rifletto su questo aspetto mi aggrappo al suo braccio – che mi ha gentilmente porto – e insieme iniziamo a percorrere la lunga strada di Tokio.

 

Sono passate due ore da quando io e Kaito siamo in giro per le strade della città. Mentre mangiamo un gelato ci sediamo su una panchina del parco, al riparo dalla luce abbagliante del sole, osservando la gente che passa tranquilla lungo il vialetto alberato.

“Ti andrebbe di andare venire con me al mare la settimana prossima?” Mi chiede a un certo punto Kaito, incatenando il suo sguardo al mio.

“Una vacanza?” Domando estasiata.

“Esatto!” Conferma Kaito, sorridendomi raggiante. “Andremo al mare una settimana, e con noi verranno anche Sonoko, Akane, Sachiko, Makoto e Shinichi…– al solo nominare il nostro amico mi lancia un’occhiata di sottecchi – sempre se per te va bene…” Mormora, abbassando lo sguardo.

“Certo, non vedo l’ora!” Sorrido, entusiasta. Un’intera settimana con Kaito e tutti i miei amici: cosa posso desiderare di più?

Un problema però mi fa tornare con i piedi per terra.

“Non posso… Mio padre non mi lascerà mai venire…” Sbuffo, seccata.

“Invece ti sbagli!” Mi sorride Kaito. “Io e Sonoko siamo andati a trovarlo al bar questa mattina, e lo abbiamo convinto a lasciarti venire.”

“Dici sul serio?” Sorrido, al settimo cielo.

“Certo!” Kaito sghignazza. “Dimentichi forse la mia straordinaria dote di persuasione?”

È vero, mio padre è come plastilina nelle mani di Kaito. Quando l’ha conosciuto pensavo fosse sul punto di sbatterlo fuori di casa, invece appena ha iniziato a parlarci insieme ha subito avuto un occhio di riguardo per lui.

Rido, mentre sale l’eccitazione per quella settimana che si preannuncia all’insegna del divertimento.

 

Stancamente mi appoggio alla balaustra del balcone della mia stanza. Per motivi di trasporto abbiamo dovuto anticipare la partenza a domenica sera, quindi adesso mi ritrovo nella sfarzosa villa della famiglia Nikiuri ad osservare l’oceano.

Il vento fresco, saturo di sale, arriva prepotente alle mie narici. Sospiro, abbandonandomi sulla ringhiera in ferro battuto.

“Bello vero?” Mormora qualcuno molto vicino a me. Mi volto alla mia destra, dove trovo Kaito, sul balcone della sua stanza, comodamente appoggiato.

“Già, è davvero stupendo.” Sorrido, contenta. Con un balzo scavalca il piccolo muretto che divide i balconi, raggiungendomi.

Sobbalzo quando lo ritrovo a pochi centimetri da me. Le sue mani si posano sulle mie spalle.

“Ran… Hai deciso?” Mi chiede carezzevole, facendomi arrossire. Abbasso lo sguardo, scuotendo la testa.

Lo sento sospirare, e con un salto torna nella sua stanza.

“Sogni d’oro…Ran…” Detto questo sparisce dietro la portafinestra.

 

È lunedì mattina e sono due ore che siamo in spiaggia.

“Ran, vieni con noi a prendere un gelato?” Mi chiede Akane, abbassandosi verso di me. È da quando siamo arrivati che siamo sdraiate sotto all’ombrellone, e non siamo ancora entrate in acqua.

“Sì, certo.” Sorrido, alzandomi da terra. Vicino a me vedo arrivare Kaito con in mano un pallone da pallavolo e seguito da tre ragazzi.

“Kudo.” Lo vedo chiamare Shinichi, comodamente sdraiato all’ombra, che legge un libro. L’interpellato solleva lo sguardo. “Ti va una partita contro questi ragazzi?” Kaito indica i ragazzi alle sue spalle.

“Certo.” Un sorrisino che non promette nulla di buono si forma sulle labbra di entrambi.

“Ragazze, rimanete a fare il tifo?” Ci chiede Kaito, esibendo uno dei suoi sorrisi migliori.

“Vi raggiungiamo dopo… Andiamo a prendere un gelato…” Borbotto, vedendo Makoto alzarsi e sgranchirsi le braccia.

Non so perché, ma mentre mi allontano ho uno strano presentimento.

 

Sono passati all’incirca venti minuti da quando io, Sonoko, Sachiko e Akane siamo sedute al tavolino del bar. Non abbiamo molta voglia di andare a vedere una partita di pallavolo tra ragazzi, quindi rimaniamo sedute al coperto, occupando il tempo con una partita a carte.

Il bar non è molto affollato. Ci sono solo un paio di ragazzi seduti al bancone, che parlano.

Quando Akane vince l’ennesima partita un altro ragazzo entra nel bar, sghignazzando.

“Ehi, in riva ci sono due ragazzi che se le stanno dando di santa ragione!” Urla, facendo voltare tutti i presenti.

Una strana angoscia inizia a invadermi.

“Chi sono?” Sghignazza un altro, alzandosi.

“Due di quei tizi che hanno giocato con noi a pallavolo. Penso stiano litigando perché hanno perso la partita.” Il ragazzo ride, mentre io e le mie amiche ci alziamo in piedi di scatto.

Oh no…

Iniziamo a correre a perdifiato verso la riva del mare, incuranti delle carte volate a terra.

Quando arriviamo, un gruppo di persone si trova sul bagnasciuga, e spingendole riesco ad arrivare davanti a loro, immergendo i piedi nella fredda acqua salata.

Lo spettacolo che mi si presenta di fronte mi fa rabbrividire. Shinichi e Kaito si stanno picchiando. Entrambi perdono sangue dal labbro, mentre tentano in tutti i modi di annegarsi a vicenda.

Kaito sferra un fortissimo pugno in pieno viso a Shinichi, facendolo cadere in acqua.

“È stata tutta colpa tua, imbecille!” Urla Kaito, tentando di fermare Shinichi che si è di nuovo lanciato all’attacco. Perché litigano per una semplice sconfitta a pallavolo?!

“Non è vero! Se tu non ti fossi messo in mezzo non sarebbe finita così!” Ribatte Shinichi, facendo cadere a terra l’avversario e tentando di affondare la sua testa sotto l’acqua.

Poco distante da noi vedo arrivare Makoto.

“Che diavolo state facendo?!” Urla, strabuzzando gli occhi. Velocemente corre ad afferrare la spalle di Kaito, immobilizzandolo. Altri due ragazzi invece corrono a fermare Shinichi, che stava per saltare di nuovo addosso all’avversario.

Solo quando si sono fermati sembrano accorgersi di tutta la gente che si è radunata intorno a loro. Entrambi soffermano i loro occhi sulla mia figura. Sembrano sorpresi.

“Ran…” Mormorano all’unisono. Infuriata per il loro comportamento infantile mi allontano, accompagnata da Sachiko e Akane.

Raggiungo l’ombrellone, dove raccolgo tutta la mia roba, ritirandola nella borsa da spiaggia.

“Dove vai Ran?” La voce di Kaito mi arriva alle orecchie.

“Vado in camera. Non ho intenzione di assistere a un’altra delle vostre sceneggiate.” Rispondo acida, incamminandomi verso la casa di Kaito, a pochi metri di distanza dalla spiaggia.

“Ti prego, non fare così!” Esclama, mettendosi davanti a me. Dal labbro fuoriesce ancora un po’ di sangue. Lo fulmino con lo sguardo, schivandolo.

Davanti a me appare Shinichi, che mi guarda con aria colpevole. Lo vedo aprire la bocca, nell’intento di parlare.

“Non. Parlare.” Scandisco per bene le parole. “Siete solo dei bambini.” Urlo, e detto questo me ne vado, lasciandoli soli.

 

Ho passato l’intero pomeriggio in compagnia di Sonoko. Dopo che mi ero rifugiata in camera la mia amica mi ha raggiunto, e insieme abbiamo deciso di passare il pomeriggio nel piccolo centro cittadino, girovagando per i negozi. Ovviamente abbiamo anche fatto una nuotata nella fantastica piscina della villa Nikiuri. Quella casa sembra avere proprio di tutto!

Verso l’ora di cena siamo rientrati in casa, e ho accuratamente evitato lo sguardo di Shinichi e Kaito.

Adesso sono comodamente sdraiata sul letto, e stranamente trovo il soffitto estremamente interessante…

Un colpo alla finestra mi fa sussultare.

Mi avvicino alle tende – accuratamente tirate – e con un colpo secco le scosto, scoprendo che Kaito è sul mio balcone. Tiro un sospiro di sollievo.

Seccata, apro la finestra.

“Cosa c’è Kaito?” Sbuffo, tenendo la finestra mezza aperta, per evitare che entri.

“Voglio chiederti scusa per questa mattina.” Ammette, guardandomi negli occhi.

“Va bene. Scuse accettate, adesso te ne puoi andare.” Sbotto, tentando di richiudere la finestra, ma le sue mani mi fermano, riaprendola completamente.

“Ti prego Ran, lasciami spiegare almeno perché abbiamo litigato!” Esclama, alzando gli occhi al cielo.

“Avete perso, per questo avete litigato. Lo so benissimo!” Aggrotto le sopracciglia. Che razza di stratagemmi vuole intentare per farsi perdonare?

“Credi davvero che saremmo così stupidi da litigare per una sciocchezza simile?” Mi chiede, abbassando lo sguardo.

“Perché, non è così?” Ribatto, con un tono sempre più acido, ma allo stesso tempo incredulo.

Kaito scuote il capo.

“Scusa per il disturbo.” Mormora, poi torna sul suo balcone, ritirandosi nella sua stanza.

Richiudo la finestra, sbattendola. Si può sapere che diavolo ha anche lui?!

Stanca, mi getto sul letto, ripensando alle sue parole. Se non hanno litigato per quello, per cos’altro si sono presi a pugni? Con questa domanda nella testa mi addormento, sprofondando nell’oblio.

 

“Avanti Ran, buttati, vedrai che il freddo non lo senti nemmeno!” Sghignazza Sachiko, già immersa nell’acqua limpida da alcuni minuti.

“Non ci penso neanche, è troppo fredda!” Esclamo, muovendo i piedi nell’acqua avanti e indietro, rabbrividendo. Akane, Sachiko e Sonoko ridacchiano, mentre cerco di entrare in acqua senza congelare.

Ad un certo punto due grandi mani si posano sui miei fianchi, sollevandomi. Il mio ‘rapitore’ inizia a correre nell’acqua, e dopo alcuni passi mi lancia in aria, facendomi sprofondare nell’acqua ghiacciata, tra mille spruzzi.

Quando riemergo tossicchio, cercando di sputare l’acqua salata che mi è entrata in bocca. Apro gli occhi, scostandomi i capelli dalla faccia.

Makoto sghignazza apertamente, con le ragazze che si congratulano.

“Visto? Non è tanto fredda l’acqua.” Ride, mentre io sbuffo. Subito dopo però lo imito, iniziando a nuotare insieme a loro.

Dopo quasi un’ora passata in acqua decidiamo di andare a stenderci al sole. Quando arriviamo all’ombrellone però sento il mio cuore sussultare.

Una ragazza si trova al fianco di Shinichi, che è comodamente seduto su uno sdraio.

“Allora…” La sento mormorare melliflua. “Che ne dici di andare a fare un bagno insieme?”

Rimango sbigottita. Come si permette quella tipa di venire sotto al nostro ombrellone, e di infilarsi nel nostro gruppo?

Adesso che la osservo bene, però, devo ammettere che è davvero molto bella…

Shinichi alza lo sguardo, incontrando il mio. Kaito, che fino a un attimo fa era seduto sullo sdraio, si avvicina a me, passando un braccio intorno alla mia vita.

“Non ti preoccupare, vai pure e divertiti. Noi ti aspettiamo qui.” Un sorrisino di scherno è stampato sulle labbra perfette di Kaito.

Shinichi scolla gli occhi dai miei, per concentrarsi sulla ragazza.

“Mi spiace, ma tra poco devo andare via.” Il mio cuore sembra alleggerirsi al suono di quelle parole. La ragazza sbuffa, e, dopo aver farfugliato qualcosa, se ne va, evidentemente irritata.

Dopo alcuni minuti di silenzio Akane decide di andare a mangiare, così la seguiamo tutti, raggiungendo il bar.

Mentre mangiamo Shinichi si allontana, raggiungendo il bancone. Ancora una volta la ragazza di prima si avvicina a lui con fare sensuale. Sento il sangue ribollirmi nelle vene, mentre Akane mi osserva preoccupata.

Stanca di quella stupida messa in scena mi alzo, e afferrando il materassino da mare che era sotto l’ombrellone corro in acqua, tentando di allontanarmi almeno un po’ dalla riva.

Quando arrivo a dove l’acqua mi bagna i capelli salgo sul piccolo gonfiabile, sdraiandomi completamente. Il sole mi abbaglia, e poso un braccio sul mio viso, coprendomi gli occhi.

Sento la fronte bollente, ma sono certa che si tratti solo del calore impressionante dei raggi solari. In cielo le nuvole si fanno sempre più fitte e cupe, mentre la mia vista si fa via a via più offuscata. Nel giro di pochi minuti il buio mi  sommerge, facendomi sprofondare nell’incoscienza.

 

Un getto d’acqua tiepida mi costringe ad aprire gli occhi. Mi metto a sedere, sfregandomi il viso. Con mio grande stupore scopro che l’acqua è… salata. Mi guardo intorno, alla ricerca del mio disturbatore. Sgrano gli occhi.

Invece di incontrare lo sguardo divertito di qualche mio amico che ha tentato di svegliarmi, intorno a me scorgo solo il vuoto. Solo l’oceano. Il terrore si impossessa di me, mentre un’altra ondata mi fa perdere l’equilibrio e precipitare in acqua.

Il mare è mosso, e in cielo fitti nuvoloni oscuri preannunciano un temporale con i fiocchi.

Mi sento estremamente debole, e la vista è offuscata. Con le poche forze che ho mi aggrappo al materassino, cercando di risalire. Non ce la faccio. Mi guardo intorno, alla ricerca della riva.

Sento l’angoscia aumentare quando la vedo a chissà quanti metri di distanza. Sento gli occhi pizzicare, mentre tento di nuotare verso la spiaggia. I battiti dei piedi sono deboli, e la corrente continua a trascinarmi verso il largo, mentre l’ennesima ondata mi fa bere acqua salata. Tossisco, sentendo lo stomaco in subbuglio. Tossisco più forte che mai, mentre un tuono rimbomba nel cielo oscuro. Alcune gocce di pioggia iniziano a scivolare sul materassino di plastica, rendendolo ancora più scivoloso. Lo sento scivolare dalle mie mani, mentre tento inutilmente di raggiungerlo. La corrente lo sta trascinando troppo lontano, ed io mi sento sempre più debole.

Un’ondata ancora più forte mi fa rigirare su me stessa, facendomi andare sott’acqua ancora un po’. Un dolore atroce alla gamba mi fa urlare. Quando torno con la testa all’aria vedo l’acqua intorno a me tingersi di rosso. Cosa è successo?

Evito di portarmi la mano alla gamba, che mi brucia incredibilmente.

Un suono che non riesco a identificare inizia a ronzare in lontananza, ma ormai è troppo tardi. Sento il capo divenire troppo pesante, e mentre sprofondo nell’abisso dell’oceano riesco solo a rivedere il volto di Shinichi, che mi chiede di resistere. Ma ormai per me è troppo tardi.

Chiudo gli occhi, mentre l’acqua salata si fa strada dentro il mio corpo.

 

Un dolce calore mi avvolge. Sono quasi certa di essere morta.

Poi però un forte bruciore alla gola mi convince che non può essere vero. La morte non dovrebbe essere luogo di pace? Apro gli occhi. Mai fatto un errore più grande. Li sento bruciare terribilmente, forse ancora di più della gola. Li richiudo senza esitare.

Mi rigiro dalla scomoda posizione supina, mettendomi su un fianco. Altra brutta mossa. Anche la gamba ora inizia a farmi male.

No, non posso essere affatto morta. E se lo sono, sono senza dubbio finita all’inferno, dove si soffre in eterno.

Riprovo ad aprire gli occhi, mentre un gemito per il dolore sfugge alle mie labbra.

Sollevo con molta calma le palpebre, e le lacrime mi aiutano a liberarmi dal bruciore.

Quando finalmente gli occhi sono spalancati posso riconoscere di trovarmi nella mia stanza in casa di Kaito.

Mi metto a sedere, facendo forza sulle braccia – che sembrano essere le uniche parti del mio corpo ad essere illese.

Solo adesso scopro che ai piedi del mio letto, seduto su una sedia, c’è qualcuno.

Shinichi. Sento le mie guance imporporarsi. Non sono sicura che sappia che sono sveglia, in quanto è ancora nella stessa posizione di prima. La sua testa è abbassata, appoggiata ai palmi delle mani, sostenute dalle braccia, impuntate sulle sue ginocchia.

Sembra stia dormendo. A confutare la mia opinione ci pensa lui, alzando il capo e incontrando i miei occhi.

Rimaniamo in silenzio per un tempo che mi sembra infinito, specchiandoci l’uno negli occhi dell’altra. È lui a rompere il silenzio.

“Come ti senti?” Abbasso lo sguardo, intimorita dal suo tono freddo e distaccato, direi tagliente.

“Bene… Credo…” La voce mi esce roca, e la gola mi brucia tantissimo. Sul comodino vicino a me trovo un bicchiere d’acqua. In un sorso termino tutto il suo contenuto. Finalmente l’incendio alla gola sembra essersi estinto.

Lo vedo aprire la bocca, pronto a parlare, ma la porta si spalanca, presentando Kaito e le mie amiche, preoccupati.

“Ran! Finalmente ti sei svegliata, ci hai fatto preoccupare tantissimo!” Sonoko si butta sul mio letto, stringendomi in un forte abbraccio.

Dopo il grande spavento provato capisco che non potrei fare a meno di lei. La stringo a me, mentre vedo Shinichi uscire dalla stanza, quasi ringhiando.

“Scusate… Potete lasciarci un attimo soli?” Chiede Kaito, rivolgendomi un occhiata di sottecchi.

Forse è giusto che gli dia una risposta, non posso continuare a tenerlo sulle spine.

Le ragazze mi guardano preoccupate, ma le tranquillizzo, facendole cenno di uscire dalla stanza.

Rimaniamo solo io e Kaito. Entrambi ci guardiamo negli occhi, e lui attende una mia risposta.

Prendo un profondo respiro, pronta a parlare. È il momento della verità.

 

Oggi ho passato l’intero giorno chiusa in casa. Il dottore mi ha proibito di sforzare troppo la gamba, ma ho comunque convinto i miei amici ad andare al mare.

Dopo cena sento un gran fermento, e mi affaccio alla porta. Saranno le dieci di sera e sento la musica arrivare ad alto volume dal piano inferiore.

Per i corridoi incontro ragazzi di ogni genere, mai visti prima d’ora.

Che sta succedendo?

Tra la folla vedo comparire Kaito, con in mano una bottiglia di alcool.

Mi passa un braccio intorno alle spalle.

“Ehi Ran!” Urla, alitandomi contro. Sento la nausea salire, mentre sono costretta ad appoggiarmi sulla gamba ferita per reggermi in piedi. “Amore, vieni di sotto a festeggiare!”

Sgrano gli occhi. È ubriaco fradicio. Mi libero dal suo abbraccio, appoggiandomi al muro.

Quando sta per riavvicinarsi qualcuno si interpone fra noi, bloccando il suo braccio.

“Torna dentro Ran…” Shinichi mi lancia un’occhiataccia, mentre io annuisco solamente.

Rientro in stanza, sdraiandomi sul letto. Osservo la mia gamba malata. La benda è ancora fortunatamente pulita.

Chiudo gli occhi, cercando di dormire, ma il rumore della musica me lo impedisce.

All’improvviso però il componimento cessa, mentre alcune urla di terrore iniziano ad alzarsi dal piano inferiore.

Mi rialzo dal letto, tentando di raggiungere la porta. Quando la apro tutti i ragazzi stanno correndo verso le scale, e uno di loro mi colpisce, facendomi cadere a terra. Il dolore alla gamba è incredibilmente forte, ma nello stesso tempo noto una coltre di fumo arrivare dal fondo del corridoio.

Iniziando a strisciare sul pavimento raggiungo le scale. Non c’è più nessuno in casa, e i mobili iniziano a prendere fuoco. Le scale fortunatamente sono ancora intatte – sebbene siano di legno.

Il fumo arriva prepotente alle mie narici, facendomi tossire.

Gli occhi mi lacrimano, e la vista è sempre più offuscata. Mi siedo sul primo gradino, e mi aggrappo al corrimano, per tentare di rimettermi in piedi. La gamba ferita però cede nuovamente, e se non fosse per una mano che mi ha afferrato il braccio sarei sicuramente ruzzolata giù per le scale.

Mi volto verso il mio salvatore.

“Incosciente, dove credi di andare con quella gamba?” Mi chiede, tirandomi in piedi. Mi aggrappo alle sue spalle, sollevando la gamba malata. Un suo braccio corre dietro la mia schiena, cingendomi il busto.

Reggendomi iniziamo a scendere i gradini, ma all’improvviso una delle assi di legno del soffitto crolla, impedendoci il passaggio.

“S-Shinichi…” Tossicchio, mentre lui inizia ad arretrare, imprecando sottovoce.

Con un movimento veloce mi solleva da terra, prendendomi in braccio.

Torniamo al piano superiore, correndo verso il lato opposto della casa, dalla parte dove sono certa si trovi la piscina della villa.

Le fiamme ormai si sono propagate per tutto l’edificio, ed entrambi tossiamo. Con un calcio Shinichi apre la porta, arrivando nell’unica stanza – probabilmente – dove nulla ha ancora preso fuoco.

Mi appoggia a terra, chiedendomi di restare in piedi.

Afferra l’unica sedia della stanza, e con un colpo secco sfonda il vetro della finestra. Una fiammata entra nella stanza, e mi urlando allontano dalla porta.

“Non… non vorrai saltare dalla finestra?!” Grido, terrorizzata.

“Hai altre soluzioni?” Mi chiede, sorridendo amaramente.

Mi guardo intorno, sconvolta.

“Non voglio… Non ce la faccio…” Sussurro, appoggiandomi al muro, mentre il cuore mi esplode nel petto. “Vai tu… Io… Non ce la faccio…”

Si avvicina a me, sgranando gli occhi.

“Non ti posso lasciare qui!” Urla, incatenando i miei occhi ai suoi.

“Sì che puoi!” Strillo. “Almeno tu salvati!” Le lacrime escono copiose dai miei occhi. “Vai, e salvati la vita!”

“Possibile che non capisci?!” Shinichi mi afferra le spalle, costringendomi a guardarlo negli occhi. “Sei tu la mia vita Ran!”

Spalanco gli occhi, arrossendo. “Cosa farò se tu muori?!” Esclama, guardandomi negli occhi.

Le fiamme ormai si sono propagate in tutta la stanza, e tra poco nemmeno la finestra sarà più agibile.

“Shinichi io…” Non mi lascia terminare, allontanandosi un poco da me.

“Ti prego Ran…” Mormora, facendomi segno di andare verso la finestra. “Ti fidi di me?”

Non ho dubbi sulla risposta. “Sì.”

Mi sorride, e afferrando la mia mano ci avviciniamo alla finestra.

La piscina è appena sotto alla finestra, a pochi metri dalle mura della costruzione.

Ci allontaniamo quanto più possibile, per prendere la rincorsa. La mia gamba però è troppo debole, quindi Shinichi mi prende in braccio.

“Ma… come…?” Come farà a saltare con me in braccio?

“Non ti preoccupare.” Mi rivolge uno dei suoi sorrisi. Un sorriso che da tempo ormai non vedevo sul suo volto. Mi stringo alla sua camicia, tenendo gli occhi aperti.

Inizia a correre, poggiando un piede sul muretto della finestra. Poi un salto. E poi la sensazione di cadere nel vuoto.

Le braccia di Shinichi mi avvolgono e anche se sento il mio corpo cadere nel vuoto posso dire di essere finalmente felice.

 

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Tratto dal Capitolo Tredici: Conseguenze

Lo vedo abbandonare il capo sull’erba soffice, stanco per la corsa.

“Shinichi…?” Sussurro, nell’ombra. Da qui solo il fumo è visibile.

“Hm…?” Mormora, al mio fianco.

Aggrotto le sopracciglia, mentre i battiti del mio cuore non accennano a rallentare.

“Perché è scoppiato l’incendio?” Okay, sono totalmente, indiscutibilmente un idiota.

 

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Capitolo 13
*** Conseguenze ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Tredici: Conseguenze

Questa é la mostruosità dell'amore, signora, che infinito é il volere ma limitata é la sua attuazione… (Shakespeare – Romeo E Giulietta)

Sento il mio corpo sprofondare nell’acqua tiepida della piscina, mentre le mie braccia scivolano dalla presa di Shinichi. Gli occhi sono chiusi, e sento il respiro mancarmi.

Le guance sono gonfie d’acqua, e il gusto del cloro mi fa girare la testa. Scuoto tutti e quattro gli arti, tentando di risalire a galla, ma la gamba mi brucia incredibilmente. Riapro gli occhi e una macchia rosso scuro sale verso di me. Sangue. Roteo gli occhi all’indietro, mentre mi sento svenire.

Le labbra si aprono involontariamente, e l’acqua fluisce dentro di me.

Prima che possa perdere conoscenza due braccia mi afferrano il corpo, riportandomi a galla.

Tossisco forte, sputando tutta l’acqua che ho in gola.

Le braccia di Shinichi mi stringono forte a lui. L’acqua in questo punto della piscina deve essere alta almeno due metri, troppo poco per il mio metro e settanta di altezza, e perfino per il ragazzo che adesso tenta di tenere a galla entrambi.

Mi rilasso lentamente, appoggiando la testa sulla spalla di Shinichi, mentre lui si attacca al bordo della piscina.

Respira affannosamente, come me.

Un enorme schianto mi fa voltare. Alcune tegole del tetto stanno precipitando verso il suolo.

Non sento nessun rumore intorno alla casa, probabilmente sono fuggiti tutti, e i soccorsi non sono ancora arrivati.

“Usciamo, presto!” Esclama Shinichi, raggiungendo la scaletta di ferro posta nell’angolo della vasca. Tentando di appoggiare il mio peso solo sulla gamba illesa salgo tutti i gradini, atterrando sull’erba morbida e verde del prato.

I vestiti aderiscono al mio corpo come una seconda pelle, infastidendomi molto.

“È meglio se raggiungiamo gli altri…” Sussurra Shinichi, una volta al mio fianco. “Saranno tutti preoccupati, e poi dobbiamo farti medicare la gamba…”

Annuisco, osservando la grande villa invasa dalle fiamme. Si saranno salvati tutti…vero?

“Sono usciti tutti, vero?” Mormoro, abbassando lo sguardo. Inizio ad incamminarmi verso la parte anteriore della villa, saltellando su una gamba.

“Sì, non ti preoccupare… Anche se molti erano ubriachi, appena hanno visto le fiamme se la sono data a gambe…” Mi risponde Shinichi. Mi ferma, poggiando una mano sulla mia spalla.

Prima che possa accorgermene non sento più la terra sotto ai piedi, e le mie gambe si ritrovano a penzoloni, sostenute dalle braccia di Shinichi.

Arrossisco quando per un riflesso istintivo allaccio le mie braccia intorno al suo collo.

“Ran…?!” Una voce ben conosciuta arriva alle mie orecchie, ma non è quella di Shinichi, ne sono sicura. Alzo lo sguardo, incontrando due occhi azzurrissimi.

“Kaito…?” Sento Shinichi irrigidirsi.

Il proprietario della villa in fiamme si avvicina a noi, barcollante.

“Kudo… metti giù le mani dalla… mia Ran…!” Biascica, fermandosi a pochi passi da noi. La presa sul mio corpo aumenta, e lo sguardo di Shinichi si affina.

“Kaito… è meglio se vai ad aspettare i pompieri…” Mormoro, sperando che Shinichi arretri.

“No! Non puoi stare con lui!” Kaito inizia a scuotere il capo furiosamente. I perfetti capelli bronzei si spettinano ancora di più, mentre le mani si stringono in pugni. “Lo capisci che ti fa solo soffrire lui?!” Sbotta tornando a fissarci.

Apro la bocca, nell’intento di ribattere, ma non me lo permette.

“Non ti permetto di portarla via!” Esclama, rivolgendosi ora a Shinichi.

“Scommettiamo?!” Gli risponde lui, in tono di sfida. Un sorrisetto compiaciuto si disegna sulle sue labbra carnose.

Prima che Kaito possa ribattere, inizia a correre, inoltrandosi nel bosco vicino alla villa. Sporgo la testa oltre la sua spalla, e vedo Kaito inciampare a terra, troppo ubriaco per avere un buon equilibrio.

Un sorriso compiaciuto si disegna sulle mie labbra, mentre Shinichi continua a correre nella foresta, sebbene non sia necessario.

Dopo alcuni minuti si ferma, appoggiandomi all’ombra di un albero. Intorno a noi regna sovrano il buio e il suono di alcuni grilli.

Shinichi si siede al mio fianco, sospirando. Lo vedo abbandonare il capo sull’erba soffice, stanco per la corsa.

“Shinichi…?” Sussurro, nell’ombra. Da qui solo il fumo è visibile.

“Hm…?” Mormora, al mio fianco.

Aggrotto le sopracciglia, mentre i battiti del mio cuore non accennano a rallentare.

“Perché è scoppiato l’incendio?” Okay, sono totalmente, indiscutibilmente un idiota. Avrei dovuto tornare sull’argomento ‘sentimenti’, invece che chiedergli per quale motivo la casa è andata in fiamme. Ammetto però che sono estremamente curiosa di conoscere per quale motivo è accaduto tutto questo.

“Mmm… hai presente il camino che c’era in sala?” Annuisco, pensando allo splendido caminetto in marmo posizionato nel salotto della villa.

“A quanto pare qualche stupido ha acceso il fuoco, e qualcosa deve essersi incendiato lì, divampando poi per il resto della casa…” Shinichi tiene gli occhi aperti, fissando le poche stelle visibili attraverso la povera chioma dell’alberello che ci ospita.

Coraggio Ran, è la tua occasione. Chiedigli quello che devi.

“Dicevi…” Il respiro si blocca, mentre il mio cuore batte fortissimo. “Dicevi sul serio… prima?” Sposto lo sguardo da un’altra parte, dimostrandomi improvvisamente interessata a studiare in tutti i suoi particolari un piccolo grillo vicino ai miei piedi.

Tengo la gamba illesa stretta al mio corpo, stringendola con forza.

“A cosa ti riferisci?” Mormora, facendomi rabbrividire. Ma fa il finto tonto? Il suo tono è tranquillo, ma non ho il coraggio di voltarmi verso di lui e incrociare il suo sguardo.

Chiudo gli occhi. Ormai ‘il dado è tratto’, come si dice…

“Quando…” Prendo un altro respiro, racimolando tutto il mio coraggio. “Quando…”

Il suono di una chitarra mi fa sussultare. Mi volto verso Shinichi, che dopo aver sfilato dalla tasca il cellulare balza a sedere. Nell’aria risuonano ancora gli accordi di una canzone che non ricordo bene, quando risponde alla chiamata.

“Pronto?” Credo che abbia sospirato, ma non ne sono certa. Ha il fiato corto, è come se abbia appena trattenuto il respiro per chissà quanto tempo.

Annuisce un paio di volte. Credo sia Makoto.

“Va bene, arriviamo.” Chiude lo sportellino del cellulare, ritirandolo nella tasca dei pantaloni. Noto che era chiuso dentro una piccola custodia in plastica. Facendo forza sulle gambe si alza in piedi.

Sussulto, tastando le tasche dei pantaloncini che indosso. Dalla tasca sinistra sfilo il mio cellulare.

È completamente bagnato. Non era acceso al momento del ‘bagno’, ma non sono certa che sia ancora funzionante.

“Lo faremo mettere a posto, non ti preoccupare.” Mi consola Shinichi, tendendomi le mani per alzarmi. Le afferro entrambe, facendo leva sulla gamba destra – l’unica illesa – e alzandomi in piedi. Ancora una volta le braccia di Shinichi mi solevano da terra, e la mia testa si appoggia alla sua spalla.

Camminando raggiungiamo la villa. Passando vicino alla piscina – dentro la quale sono cadute parecchie macerie e tegole – arriviamo davanti al cancello in legno, dove sono radunate alcune ambulanze e dove stanno sopraggiungendo i pompieri.

Un paramedico ci raggiunge, ordinando a Shinichi di farmi sedere su un lettino dell’ambulanza.

Fortunatamente lui si siede al mio fianco, mentre il paramedico richiude gli sportelli e fa cenno all’autista di ripartire. I nostri amici a quanto pare sono già stati portati in ospedale, e lì dovremo anche sostenere l’interrogatorio della polizia.

Sono due ore che sono richiusa in ospedale, e la mezzanotte è scoccata da pochi minuti.

Shinichi è stato portato da un dermatologo, in quanto ha presentato alcune ustioni, ma per fortuna niente di grave. La tenda che nasconde il mio lettino al resto del pronto soccorso viene tirata con forza – quasi strappata via – e un Kogoro Muori estremamente agitato si presenta ai miei occhi.

“Ran!” Esclama, correndo ad abbracciarmi. “Stai bene? Cosa ti hanno fatto bambina mia?”

Sofferma con insistenza il suo sguardo sulla benda alla mia coscia sinistra.

“Sto bene papà, non ti preoccupare… Questo me lo sono fatta l’altro giorno contro uno scoglio in mare…” Meglio evitare di dirgli che sono quasi affogata… Infatti il profondo taglio – a quanto mi ha riferito Sonoko – me lo sono procurata finendo contro gli scogli nascosti sotto il livello del mare, e che quindi non sono visibili, specialmente durante le tempeste. Avrei dovuto notare le boe arancioni che delimitavano la zona, ma ero troppo agitata .

Mio padre scuote la testa, indignato.

“Mai più ti farò andare in vacanza da sola, scordatelo!” Esclama, incrociando le braccia al petto.

Sospiro. Meglio lasciarlo perdere, altrimenti avremmo iniziato a litigare.

Un medico appare alle spalle di mio padre. È lo stesso che mi ha ricucito la ferita.

“Bene, visto che è arrivato suo padre penso che potrà tornare a casa, signorina.” Mio padre lancia uno sguardo all’orologio.

“Non può rimanere qui? È mezzanotte, e ci vogliono due ore di viaggio per tornare a casa nostra: abitiamo a Tokio.” Borbotta imbarazzato Kogoro.

Il medico scuote il capo, mortificato.

“Mi dispiace, ma sono in arrivo delle ambulanze, e abbiamo bisogno di letti liberi.” Si scusa il medico, per poi allontanarsi. Mio padre sospira, mentre io cerco di alzarmi in piedi. Affianco al letto si trovano due stampelle, che afferro di malavoglia. Il medico ha previsto tre settimane, prima che la ferita si rimargini del tutto.

Mentre camminiamo per il pronto soccorso scorgo Kaito. È circondato da due poliziotti, uno dei quali sta stilando un rapporto sul suo taccuino. Fortunatamente io ho già dato la mia versione dei fatti, quindi sono libera di andare.

Entriamo in sala d’attesa, quasi deserta.

Da una sedia si alza Shinichi. Non ha niente di diverso, se non alcune bende alle mani e un piccolo cerotto sulla guancia sinistra.

Mio padre borbotta qualcosa, ma non gli presto molta attenzione. Saltellando sulle stampelle raggiungo Shinichi.

“Dove andate?” Mi chiede, guardando di sottecchi mio padre, che si siede su una poltroncina.

“Non ne ho idea… Penso che resteremo qui in sala d’attesa, anche perché fino a domattina non ci sono treni in partenza per Tokio…” Borbotto.

Da dietro una porta appare anche Sonoko. Appena mi vede si avvicina a me, abbracciandomi.

“Oh, Ran! Ero così preoccupata!” Ricambio l’abbraccio, contenta che stia bene.

“Sachiko e Akane dove sono?” Le chiedo, notando la mancanza delle altre mie amiche.

“Al telefono a parlare con i loro genitori… A quanto pare tuo padre e mia madre sono gli unici ad essere potuti venire…” Infatti alle nostre spalle appare anche la signora Suzuki, che stringe calorosamente la mano a mio padre.

“Signor Mouri, che ne dice se passiamo tutti la notte a casa mia?” Chiede la donna, sorridendoci gentile.

“Avete una casa qui?” Chiedo a Sonoko, sottovoce.

“Non qui, ma in un paesino vicino. Ci si arriva in dieci minuti in macchina.” Sorride Sonoko, guardando sua madre.

“Ehm… D’accordo, anche se non vorrei esservi di disturbo…” Kogoro si gratta la nuca, imbarazzato.

“Nessun disturbo.” Sorride la signora Suzuki.

Attendiamo un’altra mezz’ora, prima che i poliziotti lascino andare Kaito. I suoi genitori sono arrivati poco dopo mio padre, e hanno dovuto rispondere alle domande della polizia.

Accettando l’invito della signora Suzuki tutti quanti raggiungiamo la casa della famiglia di Sonoko, che ci ospiterà per questa notte.

La villa Suzuki non ha nulla da invidiare a quella della famiglia Nikiuri, e le stanze sono addirittura più grandi.

Sonoko ha dovuto prestare molti dei suoi vestiti – conservati in quella casa –, poiché tutti noi abbiamo perso ogni cosa in quella villa.

Mi richiudo la porta della stanza in cui dormirò alle spalle, sospirando.

È l’una di notte.

Sono tre ore che Shinichi mi ha confessato di essere innamorato di me, ed io non ho ancora avuto il coraggio di parlargli e chiedergli conferma. Non mi sembra ancora possibile.

Sospiro nuovamente, avvicinandomi al letto. Quasi urlo quando qualcuno bussa con forza alla porta.

Mi avvicino con calma, socchiudendola per vedere chi può essere a quest’ora. Inutile dire che la speranza si fa viva in me più di quanto potessi immaginare.

“Kaito…?” Inarco un sopracciglio, anche se sono certa che la delusione sia ben visibile sul mio viso.

“Posso parlarti un secondo…?” Mormora, tenendo lo sguardo basso. Sospiro, annuendo.

Lascio andare la porta, avvicinandomi alla finestra. Lo sento entrare, lasciando la porta socchiusa.

“Scusami, per questa notte…” Borbotta, rimanendo distante. “Sono stato un idiota, non avrei dovuto bere così tanto…”

Sospiro, rimanendo voltata verso la finestra. L’effetto degli antidolorifici somministrati in ospedale per sopportare il dolore alla gamba sta lentamente svanendo.

“Non fa niente Kaito. L’importante è che siamo tutti sani e salvi.” Rispondo, senza mai voltarmi.

“Non è vero che non fa niente! Ti ho delusa, lo so bene!” Il suo tono si alza di alcune ottave, facendomi sussultare. Le sue mani si posano sulle mie spalle, costringendomi a voltarmi verso di lui.

I suoi occhi mi scrutano intensamente, ma questo non fa che irritarmi ancora di più.

“Lasciami.” Sbotto, cercando di liberarmi dalla sua presa.

Al contrario delle mie supposizioni le sue mani rimangono ben salde, impedendomi ogni singolo movimento.

Sussulto quando il suo viso inizia ad avvicinarsi inesorabilmente al mio.

Poso le mani sul suo petto, tentando di spingerlo via, con tutte le mie forze.

Non voglio! Urlo nella mia mente.

Chiudo gli occhi, aumentando la forza, ma ancora nessun risultato.

Ormai sento chiaramente il suo respiro caldo sbattere contro le mie labbra, e i suoi capelli stuzzicarmi la fronte e giocare con la mia frangia.

Poi un cigolio, e una frase spezzata.

“Ran, posso…” La presa di Kaito non accenna ad allentarsi, mentre il mio cuore salta un battito.

Apro gli occhi, volgendo lo sguardo verso la porta della stanza. Davanti ad essa – spalancata – Shinichi osserva la scena a lui di fronte. Una mano è protesa verso me, l’altra è ancora attaccata alla maniglia della porta. La bocca è spalancata, e gli occhi sono sbarrati.

Non mi ci vuole molto per capire che sta fraintendendo tutto.

Tento di liberarmi dalla presa di Kaito, ma invano.

“Shinichi…” Balbetto, muovendo con forza le spalle, per tentare di scrollarmi di dosso le mani di Kaito.

“Scusate il disturbo…” Borbotta Shinichi, e con gesti molto lenti e lo sguardo sempre basso richiude la porta, sparendo nel corridoio buio.

“Bene, torniamo a noi…” Kaito si volta nuovamente verso di me, mellifluo.

Si avvicina nuovamente alle mie labbra, ma questa volta non lo lascerò vincere.

Con tutta la rabbia repressa verso di lui gli sferro un potente pugno nello stomaco, liberandomi finalmente dalla sua presa.

“Scusa…” Borbotto, rendendomi conto che forse ho esagerato. Prima che lui possa dire qualcos’altro però esco dalla stanza, e camminando a tentoni nel buio corridoio raggiungo la stanza di Shinichi.

Busso un paio di volte, rimanendo in attesa.

Nessuna risposta.

Apro con estrema lentezza la porta, trovando la stanza completamente buia.

Ho sempre avuto il terrore del buio, ma in questo momento ho cose ben più importanti da risolvere.

Richiudo la porta alle mie spalle, e mi inoltro nella stanza.

“S-Shinichi?” Mormoro, nel cuore della notte.

Neanche questa volta mi arriva una risposta. L’unica luce della stanza proviene dalla finestra, alla quale mi avvicino, lentamente, cercando di non cadere a terra.

Arrivo a due passi dal vetro, e una voce mi fa sussultare.

“Non hai paura del buio?” Mi tappo la bocca con una mano, reprimendo l’impulso di urlare.

Mi volto alla mia sinistra, e scorgo un’ombra a pochi centimetri da me.

“Cosa ci fai qui?” Sbotta Shinichi, rimanendo nell’ombra.

“Devo parlarti.” Rispondo, cercando di assumere un tono atono.

“Non mi interessa.” Avverto un lieve spostamento d’aria, e un fruscio di stoffa, segno che si è spostato.

“Ti prego, ascoltami.” Mormoro, cancellando ogni speranza di poter parlare senza apparire troppo coinvolta nella conversazione.

“Ran, è tardi. Vai a dormire.” Il suo tono è freddo e distaccato, e questo mi ferisce.

“No!” Urlo, mentre sono sicura che si è sdraiato nel letto. “Non me ne vado. Almeno finché tu non mi ascolterai.”

“È inutile. Torna da Kaito, sono sicuro che avete molte cose da dirvi, voi due.” Quindi… è geloso.

“Ti prego, ascoltami. Quello che hai visto prima non era niente!” Sbotto, scocciata dalla sua infantilità.

“A me non sembra.” Tagliente, ecco come è diventato il suo tono.

“Sei un idiota, Shinichi.” Sussurro, sentendo le lacrime agli occhi a causa dell’irritazione. “Ti ostini a vedere cose che non ci sono e a rifiutare la realtà…”

Prima che possa aggiungere altro mi allontano da quella stanza, correndo lungo il corridoio e buttandomi sul mio letto.

E nel cuore della notte lascio libero sfogo a tutte le mie lacrime.

Sono passate due settimane da quando Shinichi mi ha confessato di essere innamorato di me, e da quando abbiamo litigato. Due lunghe settimane durante le quali sono uscita pochissimo, e cosa più importante, due lunghe settimane durante le quali non l’ho visto, né sentito.

Provo una forte morsa al petto quando penso a lui, ma l’orgoglio mi impedisce di telefonargli.

Come se non bastasse a quanto pare ha deciso di partire per gli Stati Uniti, per passare le vacanze con i suoi genitori.

La cosa che mi irrita ancora di più è il fatto che Sachiko lo seguirà.

I suoi genitori hanno chiesto ai signori Kudo di poterla tenere per un po’ con loro, per poterle permettere di imparare bene l’americano in tutte le sue sfaccettature, e potersela così cavare quando frequenterà l’ultima parte dell’anno in una scuola americana.

Sbuffo, rigirandomi nel letto.

Perché sono ancora qui? Perché sono stata così stupida da non rivelargli subito i miei sentimenti? Perché non sono io quella che partirà con lui alla volta dell’America?

Alcune lacrime scendono dai miei occhi. Guardo l’orologio. È ora di andare.

Io, mio padre e tutti i miei amici andremo all’aeroporto a salutare Sachiko e Shinichi.

Il terrore mi percorre la schiena al pensiero di Shinichi e Sachiko a stretto contatto per più di due mesi. Ebbene sì, staranno lontani dal Giappone per la bellezza di sessantasette giorni, durante i quali Shinichi dovrà fare da guida turistica e insegnate privato di lingua inglese a una delle mie migliori amiche.

Ma non è questo che mi preoccupa. È il fatto che io non ho mai avuto piena conferma sui sentimenti che Sachiko prova verso di lui. Ho sempre avuto l’impressione che avesse un debole per lui, e la cosa non mi è mai piaciuta…

“Ran!” Mio padre mi chiama dal salotto. Di malavoglia mi alzo in piedi, raggiungendolo.

Nel giro di un’ora siamo arrivati in aeroporto.

Mio padre sorride, entusiasta della partenza di Shinichi. La sua preferenza sfacciata per Kaito – che alla fine ho deciso di perdonare, ma che rimane sempre e solo un amico – è come sempre palese.

Stringo a me Sachiko. Sebbene sia preoccupata di quello che potrebbe accadere tra lei e Shinichi, mi dispiace non vederla più per così tanto tempo.

Shinichi abbraccia – stupendo perfino me – tutti quanti, tranne me, ovviamente.

“Allora… ci rivediamo a Settembre…” Borbotto, tenendo lo sguardo puntato sul pavimento.

“Già…” Alzo lo sguardo. Sembra indeciso se abbracciarmi o meno. Fa un breve passo avanti, ma poi si allontana subito. Fortunatamente l’attenzione di tutti i nostri amici era rivolta a Sachiko…

“Mi raccomando, mandateci una cartolina!” Mi sforzo di sorridere, mentre sento gli occhi lucidi.

Sachiko mi rivolge uno sguardo di sottecchi, facendomi cenno di avvicinarmi a Shinichi. Faccio finta di non averla vista, e la saluto per un’ultima volta.

“Ti prometto che lo terrò d’occhio per te.” Mormora al mio orecchio, anche lei con le lacrime agli occhi. Mi sbagliavo su di lei. Non farebbe mai niente contro di me, è una vera amica.

Annuisco, stringendola un’ultima volta.

Quando ci lasciamo si allontanano, e il nostro gruppo di amici avanza verso l’uscita. Quando metto piede fuori dall’aeroporto ho come un’illuminazione.

“Torno subito!” Urlo a Makoto, e lasciando tutti sbigottiti rientro in aeroporto.

Corro più forte che posso, raggiungendo la zona della dogana. Tento in tutti i modi di ignorare il fastidio che mi provoca la gamba sinistra – dove si è già formata una lunga cicatrice dai contorni ancora arrossati – ad ogni falcata.

Shinichi e Sachiko stanno facendo passare i loro zaini dentro il metal-detector.

“Shinichi!” Urlo, sperando che mi senta. Poco prima di attraversare le barriere metalliche fortunatamente si ferma. Sachiko è già dall’altra parte, ma non è con lei che devo parlare…

Abbandona lo zaino alla nostra amica, dirigendosi verso di me. Il resto dei passeggeri si volta verso di noi per un attimo, per poi tornare alle loro faccende.

Non mi fermo fino a quando sono a un solo passo da lui, e sento l’improvviso bisogno di abbracciarlo. Con un improvviso slancio gli cingo il busto con entrambe le braccia, e affondo il viso nel suo petto.

Rimaniamo in questa posizione per non so quanto tempo, e per alcuni istanti spero che le sue braccia mi stringano a sé, ma purtroppo non avviene.

“Ran…” Lo sento mormorare, mentre il suo corpo continua a rimanere rigido.

“Scusami…” Mormoro. Ormai è chiaro che non per me non prova più niente…

“Ti amo…” Sussurro, e mi allontano, correndo verso l’uscita della porta, mentre le lacrime iniziano a scendere copiose lungo il mio viso.

“Aspetta!” Sento le urla di Shinichi alle mie spalle, ma dopo quello che gli ho detto non ho il coraggio di incontrare il suo sguardo, così continuo a correre, sperando di arrivare alla svelta all’uscita, e di trovare già un taxi pronto a partire.

Una mano afferra il mio braccio, costringendomi a fermarmi. Prima che mi possa voltare e incontrare lo sguardo blu di Shinichi mi sento attrarre verso il suo petto. Le sue braccia mi stringono dolcemente a lui, mentre ascolto il suo battito accelerato quanto il mio.

Le mie guancie si imporporano, mentre alcune lacrime vanno ad inzuppargli la camicia bianca.

Sento il suo respiro accelerato contro i miei capelli, mentre le mie braccia ricadono stancamente lungo i fianchi.

“Perdonami…” Mormora sulla mia testa. “Sono un idiota…”

Cosa intende dire? Rimango in ascolto, con il cuore che batte all’impazzata. Che ci sia ancora una speranza…?

Rimaniamo così, in silenzio, circondati dalla folla di gente che ci osserva curiosi per poi tornare a camminare.

Il richiamo dell’altoparlante mi fa sussultare. Stanno iniziando gli imbarchi per il volo diretto a Los Angeles, il volo di Shinichi.

Mi separo lentamente da lui, posando le mie mani sul suo petto e tenendo lo sguardo basso.

“Devi andare…” Mormoro, mordendomi il labbro inferiore.

“Vieni con me…” Sussurra. Il mio cuore salta un battito. Non ha idea di quanto lo vorrei, purtroppo non posso. Primo problema: i soldi. Secondo: mio padre.

“Lo sai che non posso…” Tengo lo sguardo basso. Lo sento sospirare.

“Quindi… immagino che dobbiamo salutarci…” Mormora. Sollevo lo sguardo. Sembra afflitto. Annuisco.

“Mi mancherai…” Mormora, facendomi avvampare.

“Anche tu… Non sai quanto…” Ritorno a fissare la punta delle mie scarpe, mordendomi il labbro, lottando contro le lacrime.

Si avvicina lentamente, e le sue mani si posano sul mio viso, costringendomi ad alzare lo sguardo.

I suoi occhi mi fissano intensi, quasi ardenti.

Il suo viso si avvicina lentamente al mio, mentre il mio cuore galoppa. Chiudo gli occhi, in attesa.

Il suo respiro si confonde con il mio, facendomi girare la testa.

Quando finalmente le sue labbra sfiorano le mie sento la testa girare vorticosamente, mentre tutto intorno perde la sua importanza. Il mio respiro si ferma, mentre mi alzo in punta di piedi e faccio aderire maggiormente le nostre bocche. Le mie mani si aggrappano alla sua camicia, stringendone i lembi del colletto, mentre le sue braccia mi circondano la vita, e le mani tracciano linee immaginarie lungo la mia schiena.

Le nostre labbra giocano, lambendosi a vicenda. Mille emozioni si sprigionano dentro di me, mentre il tempo sembra essersi fermato.

Troppo presto ci separiamo, nel momento esatto in cui l’altoparlante richiama per la seconda volta i passeggeri del volo per Los Angeles.

Abbiamo entrambi il fiato corto, e le guancie arrossate. Abbasso lo sguardo, imbarazzata.

“Beh… allora ci vediamo a Settembre…” Mormoro, schiarendomi la voce.

Mi volto verso la porta. Non pensavo di essere arrivata così vicino all’entrata.

“Ran!” Mi volto, giusto in tempo per vedere la camicia bianca di Shinichi a pochi centimetri dal mio viso.

Ancora una volta le sue braccia mi stringono con infinita dolcezza, e respiro il suo profumo.

“Ti amo.” Sussurra contro i miei capelli. Un brivido scende lungo la mia schiena.

“Anch’io…” Le lacrime premono per uscire, ma mi impongo di resistere. Meglio non rendere tutto ancora più difficile…

Quando ci separiamo mi depone un delicato bacio sulla guancia, per poi allontanarsi verso la dogana.

Prima di superare il metal-detector mi lancia un ultimo sguardo. Sorrido, così come lui.

Rimango ad osservarlo finché non lo vedo sparire dietro alle porta scorrevoli, e poi esco.

Quando raggiungo i miei amici Sonoko mi stringe in un dolce abbraccio.

E le mie lacrime iniziano a scendere, ma per una volta oltre a lacrime di dolore, verso anche lacrime di gioia.


Non ho parole per dirti di più
Ma tremo dentro, lo sai anche tu,
Sai che tra poco dovrò dirti addio… Angelo Mio

(Tiziano Ferro – Angelo Mio)

 

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Tratto dal Capitolo Quattordici: Ritrovarsi

Apro lentamente la porta. Un lieve scricchiolio anticipa la mia entrata.

E lo ritrovo lì, sdraiato sul suo morbido letto con un libro a coprirgli il viso.

Sorrido dolcemente, mentre mi avvicino a lui.

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Capitolo 14
*** Ritrovarsi ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Quattordici: Ritrovarsi

Tre settimane. Sono passate tre settimane da quando ho salutato Shinichi all’aeroporto. Tre settimane da quando ci siamo scambiati il nostro primo vero bacio.

Tre orribili settimane passate a pensarlo. Tre orribili settimane fatte solo di brevi telefonate ed e-mail.

Tre maledettissime settimane in cui non faccio altro che provare una stretta morsa all’altezza del petto, dentro il quale batte un cuore che ormai non è più mio. Un cuore spezzato a metà.

Cerco di essere forte, per me e per le persone che mi stanno attorno, ma è tutto tremendamente difficile.

Mi alzo dal letto, svogliatamente. Ancora una volta l’ho sognato: ho sognato Shinichi.

Scuoto il capo, ricacciando indietro le lacrime che bruciano agli angoli degli occhi.

Prendo un profondo respiro e poi mi alzo. Sono solo le otto del mattino, ma non ho più sonno.

Esco in corridoio, raggiungendo il salotto, trovando con mia grande sorpresa qualcuno già in piedi.

“Sonoko?” Aggrotto le sopracciglia, perplessa. Cosa ci fa a casa mia a quest’ora?

Sobbalza, quando mi vede. Dietro di lei scorgo mio padre, comodamente accovacciato davanti al televisore con una lattina di birra in mano, schiacciata. Fortunatamente doveva essere vuota, poiché il pavimento non si è sporcato.

“Ciao Ran!” Sorride la mia amica, venendomi incontro.

“Ciao Sonoko… Come mai sei già qui?” Le chiedo, lanciando sguardi indagatori sia a lei che a mio padre. C’è qualcosa sotto: per quale motivo mio padre e Sonoko sono già svegli di prima mattina? Non è per niente solito da parte loro.

“Niente, dovevo chiedere a tuo padre alcune cose da parte di mia madre.” Rimane vaga, questo non fa altro che confermare i miei sospetti.

“Visto sono qui che ne dici di andare a fare un giro?” E detto questo mi spinge dentro alla mia stanza, pronta a frugare nel mio armadio.

Mi siedo stancamente sul letto, in attesa che la mia stilista personale decida il tipo di abbigliamento che indosserò oggi.

Mentre mi lancia sul letto alcuni vestiti la vedo osservarsi intorno, per poi scuotere la testa.

“Adesso capisco perché te ne stai rintanata in questa camera giorno e notte!” Esclama spazientita. Inarco un sopracciglio.

“Hai riempito la camera di foto di Shinichi, Ran, te ne rendi conto?” Mi osservo intorno, cadendo dalle nuvole.

Santo cielo, è vero! Sachiko mi continua ad inviare foto scattate a Shinichi durante la giornata, spesso senza che lui se ne renda conto. Ce ne sono davvero di tutti i tipi, e sono tutte divise in base al giorno in tanti piccoli mucchietti in varie parti della stanza. Probabilmente chiunque entri nella mia stanza mi prenderebbe per una maniaca. Arrossisco, torturandomi le mani.

Sonoko sospira, riprendendo a scartare i vestiti.

“Vai a cambiarti, io metto a posto il resto.” Non so perché ma c’è qualcosa di strano. Comunque obbedisco, chiudendomi in bagno.

 

Non sono certa che sia questa la cosa che Sonoko tentava di tenermi nascosta, ma comunque non piace affatto: dopo nemmeno un’ora di passeggiata per il centro incontriamo Kaito, che mi chiede di parlargli. Metto da parte un poco del mio astio, accettando.

“Credimi, non ho intenzione di provarci ancora.” Sghignazza. Inevitabilmente un sospiro di sollievo sfugge alle mie labbra.

“Volevo comunque chiederti ancora scusa per tutto quello che è successo durante la vacanza…” Mormora, abbassando lo sguardo e concentrandosi su un piccolo pesciolino rosso del limpidissimo laghetto del parco centrale.

“Se ti riferisci ancora alla storia del dopo – incendio non ti devi preoccupare… Eri ancora ubriaco, è normale…” Nemmeno io ho il coraggio di guardarlo negli occhi, quindi stringo a me le gambe, restando seduta sul bordo del lago.

“Non è solo a quello che mi riferisco…” Borbotta. Le sue mani artigliano alcuni fili d’erba, strappandoli.

“E a cosa, allora?” Su cos’altro deve farsi perdonare?

“Ad esempio per la lite in spiaggia… Devi sapere che sono io ad avergli tirato un pugno per primo…” Biascica. Rimango perplessa. E questo cosa centra con me?

“Ma… cosa centra con me? È vero, è stata una bambinata litigare per una sconfitta, però…”

“Non abbiamo litigato perché siamo stati sconfitti, Ran.” Kaito scoppia in una fragorosa risata. Aggrotto le sopracciglia, capendoci sempre di meno. Leggendo la mia perplessità mi risponde: “Era per te che stavamo litigando.”

Spalanco la bocca, sorpresa. Faccio uno sforzo, cercando di riportare alla mente le parole sentite qualche tempo fa in riva al mare.

“È stata tutta colpa tua, imbecille!” Aveva urlato Kaito, e Shinichi si era difeso rispondendo: “Non è vero! Se tu non ti fossi messo in mezzo non sarebbe finita così!” 

Solo adesso noto che quelle parole da un altro punto di vista possono avere ben altri significati.

Shinichi aveva accusato Kaito di essersi messo fra di noi, questo era il vero significato del loro litigio.

“È solo per questo che ce l’hai con lui?” Gli domando. Sono curiosa di sentire i vari motivi per cui lui e Shinichi non si sopportano, oltre a quello ormai evidente della gelosia.

“Uhm…no…” Borbotta, storcendo il naso. “A dire il vero sono geloso perché lui ti ha salvato per ben due volte, mentre io nessuna.”

“Due volte?” Sono confusa. “E comunque tu mi hai salvata quando stavo affogando, ricordi?”

“No.” Sospira. “Ti ho mentito. È stato Shinichi a trovarti e portarti in salvo.”

Spalanco gli occhi. Questo non lo sapevo!

“Ho mentito, e dovresti aver capito il motivo… Non ho avuto il coraggio di buttarmi in mezzo a tutto quel sangue… Invece lui appena ha visto la macchia rossa in acqua si è subito buttato giù dal motoscafo, riportandoti a galla…” Borbotta, imbarazzato dalla sua debolezza.

“Grazie.” L’ho colto di sorpresa, infatti alza subito il capo e mi osserva con aria interrogativa.

“Grazie per avermi raccontato la verità.” Preciso.

Lui mi risponde con un sorriso amaro.

“Non ho proprio speranze, non è vero?” Mi chiede, malinconico.

Scuoto il capo. “Vedrai, prima o poi troverai la ragazza giusta per te.” Sorrido, e finalmente anche le sue labbra si incurvano verso l’alto.

 

“Papà?” Entro in casa, chiudendomi la porta alle spalle. “Sonoko?” La mia migliore amica mi ha telefonato circa dieci minuti fa, dicendomi che mi aspetta a casa mia, ma a quanto pare di lei nessuna traccia.

Mi dirigo verso la mia camera, sbuffando. Sarà come al solito in ritardo.

Spalanco la porta, rimanendo perplessa. Cosa ci fa la mia valigia sul letto?

“Ran!” La voce di mio padre mi fa sobbalzare.

“Sono qui, papà.” Mi avvicino alla valigia, scoprendola piena di vestiti. Ma cosa…?

“Tesoro, devo chiederti una cosa.” Papà entra nella stanza, osservando la valigia.

“Perché c’è la mia valigia pronta?” Porto le mani ai fianchi. Sa bene quanto detesto che qualcuno tocchi le mie cose.

“Ecco, è di questo che ti devo parlare.” Mi porta le mani alle spalle, guardandomi intensamente.

“Tesoro, sai che non vorrei mai una cosa del genere, ma…” Il mio cuore inizia a battere all’impazzata. E se…? E se mi lasciasse il permesso di andare negli Stati Uniti a trovare Shinichi? Una volta gliel’ho chiesto, ma ovviamente non ha appreso bene i miei desideri…

“Devi andare a stare per un po’ dalla mamma.” Credo di avere assunto l’aria di qualcuno che sta male. Mi sono illusa. Sarebbe troppo bello che mio padre mi lasciasse il permesso di andare a trovare… chi? Il mio ragazzo? Posso già definirlo tale?

“La signora Suzuki mi ha chiesto di svolgere alcune indagini, quindi sarò fuori città per un po’, e non voglio lasciarti a casa da sola… e poi è da un po’ che non vai a trovare la mamma, o sbaglio?” Annuisco, tenendo gli occhi bassi.

Ogni volta che mi illudo di poterlo rivedere la mancanza di lui si fa sentire ancora di più… Forse è meglio se me ne faccio una ragione… del resto quanti giorni mancano al suo ritorno? Quarantasette? Mi sento male al solo pensiero di avere appena superato la soglia dei ventuno giorni di lontananza.

“Prendi la valigia, è ora di andare…” Borbotta mio padre, uscendo dalla stanza.

Corro alla valigia. Spero ardentemente che Sonoko abbia ritirato tutte le foto di Shinichi in mezzo ai vestiti, ma a quanto pare non ci sono. Frugo in tutti i cassetti e nell’armadio, senza trovarle.

“Ran!” Le urla di mio padre giungono dal soggiorno.

“Arrivo!” Sbotto, continuando a cercare. Alcune lacrime scendono lungo il mio viso. Perché non le trovo? Accidenti, DEVO trovarle!

“Sbrigati, o perderai…il treno!” Esclama, entrando nella stanza. “Si può sapere cosa stai cercando?”

Sospiro, sfregandomi il viso.

“Niente.” Mi alzo, e dopo avere afferrato la valigia me ne vado da quella casa, sentendo già la nostalgia di quel viso per me tremendamente prezioso.

 

Rimango perplessa quando vedo mio padre imboccare la superstrada al volante di un’auto della famiglia Suzuki. Non vorrà portarmi da mia madre di persona?!

“Papà, per arrivare alla stazione dovevi seguire la via per il centro…”

“Ti porto io da lei, tanto il caso che devo seguire è nei pressi di dove abita tua madre, quindi non ci sono problemi. Arriveremo in un attimo, vedrai.”

Sospiro, abbandonandomi contro lo schienale e appisolandomi.

 

“Ran!” La voce squillante di Sonoko mi strappa dal mondo dei sogni facilmente.

“Sei arrivata!” Esclama la mia amica. Quando riapro gli occhi mi accorgo di essere ancora in auto.

Strofino le mani sulle palpebre, guardando fuori dal finestrino.

Una grande intestazione su una finestra in caratteri occidentali attira la mia attenzione: Tokyo Narita International Airport.

Strabuzzo gli occhi. Non è possibile.

“Cosa dobbiamo fare all’aeroporto?” Chiedo, scioccata. Forse sto sognando.

“Cosa devi fare tu, mia cara.” Mi corregge Sonoko, seduta al mio fianco e con un enorme sorriso stampato sul viso.

Mio padre – dal sedile del guidatore – tossicchia, attirando la nostra attenzione.

“Beh… Ho notato che eri abbastanza giù di morale ultimamente, quindi ho rivisto il tuo desiderio di andare a trovare in America quello psicopatico di un detective…” Sonoko si schiarisce la voce, facendo assottigliare gli occhi a mio padre.

“E va bene, la tua amichetta e Yukiko Kudo mi hanno convinto a lasciarti andare!” Sbotta Kogoro Mouri, affondando nel sedile anteriore dell’auto.

“Yukiko?” Domando, curiosa. Sonoko mi fa l’occhiolino.

“A quanto pare non sei l’unica che soffre per la lontananza.” Arrossisco. Davvero Shinichi sente la mia mancanza, tanto da indurre Yukiko a convincere mio padre a farmi andare in America?

“Andiamo, o rischi di perdere l’aereo!” Esclama Sonoko, e insieme a lei scendo dall’auto, più emozionata che mai.

 

Villa Kudo è davvero, davvero enorme. Yukiko arresta la sua Ferrari rossa fiammante all’ombra di un grande albero. Mi guardo attorno, estasiata. Se non ci fosse il garage a pochi metri di distanza giurerei che la meravigliosa facciata che mi è di fronte è l’ingresso della meravigliosa villa.

Con il suo passo aggraziato Yukiko mi accompagna lungo il perimetro della villa, passando per il giardino, mentre osservo estasiata le varie piante che decorano questo meraviglioso parco, ricco di siepi e aiuole. Davanti all’ingresso – soprelevato – si trova un’enorme piscina.

Shinichi non è venuto a prendermi. Sua madre, appena incontrata all’aeroporto, mi ha detto che voleva fargli una ‘sorpresa’, ed io non potei fare a meno che arrossire. Invece Sachiko a quanto ho capito ha stretto amicizia con una ragazza del posto, che l’ha invitata ad andare in spiaggia e a dormire a casa sua, quindi la rivedrò solo domani.

Fin dal primo momento che l’ho rivista, Yukiko non fa altro che lanciarmi occhiate languide, e sorridere maliziosa. Non gli avrà raccontato del bacio, Shinichi?!

Entro nell’enorme salone della villa, dove il televisore è acceso, e Yusaku è sdraiato su uno dei quattro divani a leggere un quotidiano.

Dopo averlo salutato, Yukiko mi mostra la mia camera, indicandomi anche quella di Shinichi, che dista di sole due stanze dalla mia.

Quando finalmente resto sola ne approfitto per farmi una bella doccia rilassante, sebbene la tentazione di correre da Shinichi sia fortissima.

Appena ho finito di prepararmi esco dalla mia stanza, camminando lungo il corridoio ed arrivando davanti alla camera indicatami poco prima da Yukiko.

Apro lentamente la porta. Un lieve scricchiolio anticipa la mia entrata.

E lo ritrovo lì, sdraiato sul suo morbido letto con un libro a coprirgli il viso.

Sorrido dolcemente, mentre mi avvicino a lui.

Richiudo la porta alle mie spalle, attenta a non fare troppo rumore, e poi mi accosto al suo letto.

Come immaginavo l’autore del libro è Conan Doyle. Sorrido, scostandoglielo con delicatezza dal viso e appoggiandolo al comodino.

La mano destra ricade appena sopra alla sua testa, sul morbido cuscino di piume. Il viso è rilassato, e le labbra sono leggermente dischiuse. Mi siedo accanto a lui, attenta a non far sobbalzare il letto, e rimanendo ad osservarlo. Sembra un bambino.

Mi lascio guidare dai miei istinti, sollevando una mano e immergendola nei suoi soffici capelli castani, pettinandoglieli con le dita.

Poi faccio scivolare la mano verso il basso, seguendo il profilo della mandibola, e poi di nuovo su, posandosi sulla sua guancia, che accarezzo con il pollice.

Sorrido, in pace. Mi è mancato. Troppo. Una lacrima solitaria solca la mia guancia, schiantandosi contro la sua camicia.

Il mio sguardo si sofferma sulle sue labbra dischiuse. Ancora una volta le sensazioni provate quel lontano giorno in aeroporto tornano prepotenti nella mia mente, procurandomi alcuni brividi.

Sempre seguendo l’istinto mi sporgo verso di lui, facendo sfiorare il mio naso con il suo.

Il suo respiro è regolare, in netto contrasto con il mio, affannato. Mi sento come se avessi corso per chilometri e chilometri, senza sosta. Ma in questo momento l’unica cosa che corre è il mio cuore, che adesso che l’ho rivisto ha ripreso a battere, più forte di prima.

Chiudo gli occhi. Inconsciamente mi ritrovo a domandarmi se le sue labbra sono ancora morbide come tre settimane fa, e così mi abbasso ancora di pochi centimetri, donandogli un bacio leggero come una piuma. No, non sono affatto cambiate.

Prolungo il contatto, così piacevole da crearmi le farfalle allo stomaco. È una sensazione unica. Sono quasi certa di sentire ancora le braccia di Shinichi stringermi a sé, percorrere il mio braccio e accarezzarmi i capelli. Quando tento di rialzarmi qualcosa mi ferma. Ero talmente presa dalle mie emozioni da non accorgermi della mano che lentamente era risalita lungo il mio braccio, affondando nei miei capelli e fermandosi sulla mia nuca. A discapito di quello che io stessa avrei immaginato continuo a tenere gli occhi chiusi, godendomi le sensazioni che da tanto bramo provare. Senza lasciare il mio collo si allontana, in procinto di svegliarsi del tutto. Rimango in attesa, sorridente.

“Ran…” Mormora, aprendo appena gli occhi, e poi richiudendoli. Sorrido.

“Ran?!” Con uno scatto si alza, facendomi sobbalzare.

Aggrotto le sopracciglia. “Sì?”

“Cosa…?” Strabuzza gli occhi, squadrandomi. “Cosa ci fai qui?!”

“Tua madre e Sonoko hanno convinto mio padre a farmi venire.” Sorrido, entusiasta.

“Ah… Ok.” Dice, riprendendo il libro e riportandoselo sul viso. Rimango perplessa. Cosa gli prende?

“Shinichi, che cos’hai?” Gli chiedo, sporgendomi ancora verso di lui e allungando le mani per afferrare nuovamente quel maledetto libro. La preoccupazione mi sommerge.

Le sue mani però sono più veloci dei miei riflessi. Con un gesto veloce afferra i miei polsi.

“Cosa…?” Non faccio in tempo a concludere la frase che mi ritrovo sdraiata nel punto esatto dove fino a poco fa era sdraiato Shinichi. Il libro cade a terra, con un tonfo sordo.

I miei polsi rimangono intrappolati vicino al mio viso. Quando sollevo lo sguardo ritrovo il volto di Shinichi a pochi centimetri dal mio. Inevitabilmente alla mente mi ritorna il nostro ‘faccia a faccia’ nei bagni del grattacielo della famiglia Nikiuri.

“Mi è famigliare questa situazione.” Scherzo, cercando di nascondere l’imbarazzo.

“L’ultima volta però non è finita tanto bene, se non ricordo male.” Rimango incantata dalla profondità di quegli occhi azzurro oceano che sono sempre riusciti a sciogliermi.

“Già.” Ammetto, ricordando la bruttissima discussione avuta.

“Meglio rimediare, non credi?” Il sorrisetto furbo che l’ha sempre caratterizzato ricompare sul suo viso, leggermente arrossato.

Deglutisco, mentre si china, pronto a baciarmi.

Ancora una volta mi ritrovo a saggiare la morbidezza delle sue labbra, mentre i miei polsi vengono liberati dalla sua delicata morsa.

Le mie mani, finalmente libere, si aggrappano alle sue spalle muscolose, per poi risalire lungo il collo, e infiltrarsi fra i suoi morbidi capelli. Le nostre labbra si dischiudono, pronte ad approfondire il contatto.

“Shinichi, questa…Oh!” Il rumore della porta che si spalanca sopraggiunge poco prima delle parole frettolose di Yukiko, che ora si ritrova ad osservare me e Shinichi che impacciati cerchiamo di rimetterci in ordine. Appena Shinichi ha sentito la voce di sua madre si è separato da me, cadendo addirittura dal letto. Se non fosse che mi trovo in una situazione estremamente imbarazzante sono certa che scoppierei a ridere.

“Mamma! Non lo sai che si bussa?!” Le chiede, rialzandosi da terra.

Io rimango seduta sul letto, guardando fisso il pavimento.

“Ehm… Scusate… Ripasso dopo…” Balbetta imbarazzata. E subito dopo sparisce dietro la porta.

Shinichi scuote il capo, tornando a sedersi sul letto. Un silenzio imbarazzante cala nella camera, e nessuno di noi due ha il coraggio di spezzarlo.

“Ti va di andare al mare?” Finalmente sollevo lo sguardo, incontrando il suo, limpido come l’oceano.

Annuisco, e mi fa segno di andare a cambiarmi.

“Mettiti qualcosa di comodo…” Mormora, prima che possa richiudermi la porta alle spalle. Rimango perplessa.

Quando entro nella mia stanza spero ardentemente che Sonoko mi abbia infilato almeno un costume da bagno in valigia. Fortunatamente è così.

Dopo alcuni attimi di indecisione decido di indossare un costume bianco, con disegnati alcuni frutti rossi su entrambi i pezzi. È molto semplice, e il pezzo sopra è rilegato in un nodo dietro la nuca e la schiena. Sopra al tutto indosso un vestitino bianco con le spalline sottili, che mi arriva appena sopra le ginocchia. Sebbene faccia estremamente caldo decido di indossare anche un paio di pantaloncini corti, ricordandomi la raccomandazione di Shinichi. Meglio non rischiare.

Dalla finestra il sole filtra ancora alto nel cielo. Sono le quattro del pomeriggio. Fortunatamente in aereo sono riuscita ad appisolarmi, altrimenti a quest’ora sarei uno zombie.

Quando esco dalla stanza Shinichi è già fermo ad aspettarmi, appoggiato al muro.

“Gonna?” Mi chiede, aggrottando le sopracciglia. Intuisco che si riferisce all’ammonizione di poco prima, quindi sollevo un poco il vestito, mostrandogli i pantaloncini, esasperata.

Arriviamo al piano di sotto in un attimo, incontrando lo sguardo malizioso di Yukiko, che ci osserva dal salotto, comodamente sdraiata al fianco di suo marito.

“Shinichi, questa sera non ci saremo, e torneremo molto tardi.” Yusaku continua a tenere lo sguardo puntato sul quotidiano che stava leggendo già quando sono arrivata. Shinichi annuisce, continuando a camminare. “Mi raccomando, Shinichi!” Urla sua madre, quando ci chiudiamo la porta di casa alle spalle. Cosa avrà voluto dire?

Quando la serranda del garage si solleva rimango a bocca aperta. È enorme, e al suo interno sono posteggiate altre tre auto di lusso, e in più tre moto. Notando la mia sorpresa Shinichi scrolla le spalle, definendo ciò come un ‘vizio di famiglia’. Prima di raggiungere qualunque mezzo si avvicina ad un armadio, estraendone due giacche. Una bianca e una nera. Inarco un sopracciglio, perplessa.

“Non vorrei che prendessi freddo.” Si giustifica, prima di lanciarmi il giubbino da motociclista bianco. Lo indosso, sebbene faccia un caldo tremendo.

“Quindi andiamo in moto?” Se non ricordo male Shinichi ha la patente per guidare le automobili negli Stati Uniti… Non sarebbe più comodo andare in auto?

Annuisce, estraendo dall’armadio anche due caschi.

Cercando di essere indifferente infilo il casco, allacciandolo stretto. Non sono mai andata in moto, e al solo pensiero mi viene la pelle d’oca.

“Hai paura?” Mi chiede Shinichi, sghignazzando. Afferra la moto più piccola, spingendola fuori dal garage.

“No!” Esclamo, con troppo sentimento. Shinichi scuote il capo, salendo a bordo e rimanendo con i piedi puntati a terra.

“Vieni, ti prometto che non ti farò cadere.” Anche se ha il casco sono certa che ha il suo solito sorrisetto ironico stampato in viso. Sbuffo, avvicinandomi a lui.

Sollevo il vestito, ringraziando la mia scelta di indossare un paio di pantaloncini. Shinichi mi porge un braccio, al quale mi aggrappo, e con un piccolo salto salgo a bordo della moto. I miei piedi non toccano terra, e questo mi fa preoccupare ancora di più.

Dopo avermi indicato i due piccoli spazi in cui appoggiare i piedi avvolgo la sua vita con le mie braccia.

“Reggiti forte.” Mormora, tanto sottovoce che mi è risultato difficile sentirlo.

Quando il rombo del motore mi fa sobbalzare mi stringo ancora di più a lui, chiudendo gli occhi.

Il vento inizia a sferzarmi le gambe, ma più che fredda, l’aria è umida, e non è poi così sgradevole la sensazione delle ruote sull’asfalto. Mi irrigidisco quando sento la moto curvare, e chiudo gli occhi con maggior impeto.

Solo dopo alcuni minuti mi faccio forza, e sollevo lentamente le palpebre. Davanti a me il mare brilla luminoso, e sulla sua superficie si rispecchia il sole, che mi costringe a socchiudere gli occhi.

Le spiagge bianche sono popolate da alcuni ombrelloni piazzati qua e là, e in mare noto alcune persone fare il bagno.

Sorrido. Solo adesso mi rendo conto che il mio sogno è divenuto realtà. Sono in America, con Shinichi.

 

Sfilo le scarpe, lasciandole al fianco dello zaino di Shinichi. La sabbia è granulosa, ma non è affatto sgradevole al contatto con la pelle.

Shinichi stende un lungo telo a terra, sedendosi sopra. Mi siedo al suo fianco, osservando il paesaggio. La zona in cui ci siamo fermati fortunatamente non è molto frequentata, e ci sono solo alcune persone che passeggiano, immergendo i piedi nell’acqua, leggermente mossa.

“Non vuoi toccare l’acqua?” Mi chiede Shinichi sghignazzando, e spezzando la tensione che andava via a via aumentando.

“Mmm…” Mugugno,  sorridendo. “Basta che non mi butti dentro vestita, e poi va bene.”

“Prospettiva allettante, peccato che se ti bagni quando torniamo a casa con la moto ti becchi l’influenza o la polmonite.” Scherza lui, ghignando. Mi alzo in piedi. Il sole è ancora alto, e il mare non sembra molto mosso.

“Dici che non possiamo fare il bagno?” Chiedo, innocente. Shinichi guarda l’orologio, pensieroso.

“Mmm… i miei non ci sono, quindi direi che possiamo rimanere fino al tramonto.” Sorride, e con gesti veloci sfilo il vestito e i pantaloncini, correndo verso la riva del mare.

L’aria soffia calda sul mio viso, rilassandomi. Immergo un piede in acqua. Rabbrividisco: è ghiacciata. Forse ancora di più di quella del Giappone.

Ai miei piedi scorgo un piccolo pesciolino bianco.

“Non ti muovere.” Sussurra Shinichi alle mie spalle. Non mi sono nemmeno resa conto che mi ha seguita.

Mi immobilizzo, voltando solo il capo verso il basso.

Shinichi è accovacciato a terra, al mio fianco, e con le mani si muove in direzione del pesciolino.

L’acqua in questo punto arriva solo fino alle caviglie, ma questo basta per farmi intorpidire i piedi e ghiacciarmeli. Sospiro.

Due mani ghiacciate si posano sui miei fianchi, facendomi sobbalzare.

“Ah!” Urlo, mentre alcuni brividi mi percorrono la schiena.

Shinichi sghignazza, mentre torna ad abbassarsi. Ormai il pesce è scomparso, che cosa ha ancora intenzione di fare?

Prima che possa formulare qualsiasi ipotesi le sue braccia mi afferrano per la vita e le gambe, facendomi ritrovare in braccio a lui.

Sghignazza divertito, mentre solo adesso capisco le sue reali intenzioni.

“No, no, Shinichi, ti prego!” Urlo, aggrappandomi alle sue spalle, e tentando di scendere. “Avevi detto che non lo avresti fatto!”

“Solo se eri vestita!” Mi risponde, rimanendo immobile. “E poi non volevi fare il bagno?” Mi chiede, con finta aria innocente.

“Prima di scoprire che l’acqua è ghiacciata!” Sbotto, continuando a muovermi come un’ossessa fra le sue braccia.

“Uff… D’accordo…” Borbotta, spazientito. Tiro un sospiro di sollievo quando si volta per tornare a riva.

Quando si ferma per farmi scendere però si volta nuovamente verso il mare, correndo.

Urlo, stringendomi ancora di più a lui. Alcuni schizzi mi anticipano il tuffo.

Mi lancia poco distante da lui, dove l’acqua gli arriva ancora alla vita. Mi chiedo se abbia intenzione di farmi schiantare sul suolo ghiaioso dell’oceano, ma quando affondo con tutto il corpo nell’acqua mi rendo conto che non è affatto così. Infatti nel punto esatto in cui si è fermato Shinichi il fondale si inabissa, diventando improvvisamente profondo.(*)

Mi guardo intorno, alla ricerca del mio… amico? O ragazzo?

Comunque sia non lo trovo, e inizio subito a guardarmi intorno, ma l’acqua è così scura che non lo vedo. Quando meno me l’aspetto mi sento sollevare fuori dall’acqua, e le mie gambe vengono afferrate da sott’acqua. Mi aggrappo alla chioma cespugliosa dei capelli di Shinichi, che è riuscito a farmi salire sulle sue spalle. Rossa di imbarazzo inizio ad urlargli contro.

“Ma sei impazzito?! Fammi scendere!” Urlo; sicuramente sono rossa come un pomodoro. Ma come fa a tenermi sulle spalle? Sono certa che ha i piedi puntati a terra, infatti l’acqua gli arriva appena sotto la clavicola. Essendo più bassa di lui è ovvio che non toccassi terra.

“Va bene!” Esclama di nuovo. Ormai ho imparato la lezione, infatti prendo un profondo respiro, aspettandomi di tutto. Si lascia andare all’indietro, e affondo insieme a lui. Lascia andare la presa, mentre mi volto alcune volte in quell’acqua ghiacciata – che ora non mi sembra più così fredda.

Improvvisamente però rivedo nella mia mente ciò che ho vissuto poco tempo fa, e il panico mi sommerge, così come l’acqua. Qualcosa – che mi sembra estremamente freddo e affilato come uno scoglio – mi sfiora la gamba, facendomi aprire la bocca nel tentativo di urlare. Ingurgito non so quanta acqua, prima che le braccia di Shinichi mi riportino a galla.

Tossisco forte, stringendo le braccia dietro il suo collo.

“Cosa c’è Ran?” Mi domanda, preoccupato. Mi stringo con maggior impeto a lui, abbassando lo sguardo verso la mia gamba sinistra, stretta al suo bacino. Fortunatamente l’unica cosa visibile è la grossa cicatrice che risalta più chiara del resto della mia pelle.

“Non…non ci sono scogli, vero?” Chiedo, preoccupata. Affondo il viso tra la sua clavicola e il collo.

“No, al massimo ci sono alcuni sassi sul fondo…” Borbotta. Le sue mani mi stringono la vita più forte. “Scusa… Non pensavo che fare il bagno qui ti avrebbe riportato in mente ciò che è successo al mare il mese scorso…”

Scuoto il capo. “No. Non è per quello… è solo che ho sentito qualcosa graffiarmi la gamba e mi è ritornato in mente il taglio…” 

Annuisce, poco convinto. “Usciamo, altrimenti non riusciamo ad asciugarci in tempo.”

Solo adesso mi rendo conto di quale posizione abbiamo assunto. Le mie braccia sono strette al suo collo, mentre le mie gambe si sono intrecciate intorno al suo bacino, nell’impeto di uscire dall’acqua, che ci arriva alla vita. Avvampo, sentendomi improvvisamente impietrita.

“Aspetta…” Mormora. Immagino abbia interpretato male il mio irrigidirsi, in quanto si sta spostando di più verso la riva, e dopo essere uscito dall’acqua raggiunge il telo steso a terra.

Con molta calma mi fa sedere, e mi porge un asciugamano con cui asciugarmi. Mi avvolgo al suo interno, osservando Shinichi che si friziona i capelli. Quando anche lui si è asciugato si siede al mio fianco, osservando il mare.

“Scusa…” Mormoro, imbarazzata. Lui si volta verso di me, osservandomi curioso.

“Per cosa?”

“Per prima… Non avrei dovuto reagire così, scusami.” Scuote il capo.

“Può capitare a tutti, non è stata una bella esperienza è naturale avere paura adesso.”

Cogliendolo alla sprovvista appoggio la testa alla sua spalla, chiudendo gli occhi.

“Grazie…” Sento le palpebre pesanti.

“Per cosa?” Sghignazzo. È la seconda volta che mi porge questa domanda. Ma non è un detective?!

“Per prima e anche per l’altra volta.” Dal suo silenzio intuisco che non ha capito a cosa mi riferisco. “Kaito mi ha detto che sei stato tu a salvarmi.”

Shinichi borbotta qualcosa, ma a questo punto sto già dormendo. Mi lascio cullare dalla sua presenza e dal calore del sole che sta calando, felice.

 

Il rumore della moto mi risveglia del tutto. Sobbalzo quando il motore ruggisce, e mi stringo ancora di più alla vita di Shinichi, che sghignazza.

Come risveglio è stato cento volte meglio quello di poco prima. Appena ho aperto gli occhi la prima cosa che ho notato sono stati gli occhi di Shinichi, e poi il fatto di essere comodamente sdraiata fra le sue braccia.

Mentre le ruote della moto corrono sull’asfalto osservo il panorama del sole che tramonta al nostro fianco, che sembra sprofondare negli abissi di quell’oceano che in questo momento riflette i suoi raggi, ricreando la sfera imperfetta del pianeta incandescente.

Quando arriviamo a casa parcheggia la moto, e noto che la Ferrari fiammante utilizzata da Yukiko per venirmi a prendere in aeroporto ha rimpiazzato una delle altre lussuose auto che fino a poche ore fa era posteggiata nel garage. Quindi i suoi genitori sono già usciti…

“Cosa vuoi da mangiare?” Mi chiede, sorridendo.

“Mmm… Dipende da cosa c’è in casa.” Sghignazza, facendomi entrare dal retro della villa.

“Credo niente… ma se vuoi ordiniamo una pizza e guardiamo un film…” Propone.

Accetto più che volentieri.

 

È mezzanotte, e il film è appena terminato. Anzi, i film sono appena terminati. Dopo che il primo film è finito abbiamo deciso di guardarne un altro.

All’inizio era stato imbarazzante. Entrambi eravamo seduti sullo stesso divano, senza sapere bene cosa fosse il caso di fare, poi non appena nel grande salone è sceso il buio che anticipa l’inizio del film ho preso l’iniziativa e mi sono appoggiata alla sua spalla, e quasi automaticamente il suo braccio mi ha circondato, stringendomi a sé.

Arrossisco. Non ho molto sonno, e visto il caldo decido di uscire in giardino a fare una passeggiata. Ovviamente Shinichi mi segue.

Camminiamo a lungo nel giardino, illuminato solo da alcune piccole luci simili a lanterne e dal fioco bagliore della luna. Arriviamo fino alla piscina, e ci sediamo su uno dei tanti sdraio che la circondano. È davvero gigantesca. Rimango a fissare incantata il riflesso dello spicchio di luna.

Fra di noi cala il silenzio, e mi rialzo in piedi, pronta ad andare a dormire.

“Niente bagno di mezzanotte?” Mi domanda, sghignazzando.

“Magari un’altra volta.” Scrollo le spalle. Shinichi si alza in piedi, incamminandosi davanti a me. È di schiena, e un’idea mi fa sorridere.

Cercando di fare il minimo rumore gli corro dietro, ma prima che possa premere le mie mani contro la sua schiena si volta, afferrandomi i polsi.

“Niente da fare, Ran.” Ride, mentre tento in tutti i modi di spingerlo in acqua.

Senza che riesca ad opporre resistenza mi solleva i polsi in aria, avvicinando il suo viso al mio. Dietro di lui c’è la piscina, quindi ne approfitto.

Le sue labbra si avvicinano ancora di più alle mie. È da oggi pomeriggio in camera sua che non ci baciamo…

Faccio leva su tutta la mia forza di volontà per restare lucida, e pochi istanti prima che le nostre bocche entrino in contatto fra di loro gli do un’ultima spinta, approfittando della sua presa sui miei polsi allentata. Contro ogni mia previsione però mi afferra per la vita, trascinandomi con lui.

Riemergo con il fiatone, mentre lui sghignazza.

“Uffa! Non è giusto!” Sbotto come una bambina capricciosa. La gonna bianca del vestito galleggia leggiadra nell’acqua. Quando eravamo tornati a casa avevo solo tolto i pantaloncini, e sotto porto ancora il costume, per fortuna.

“Sei tu che mi hai imbrogliato!” Ghigna Shinichi, tirandomi per un braccio. Quando arrivo vicino a lui mi prende da dietro, posando le mani sui miei fianchi. “Quindi meriti una punizione!”

“Cos…?” Le risate mi sommergono, mentre tento di liberarmi dalla sua presa. Il solletico ormai è diventata la sua arma di tortura.

Appena le sue mani finiscono la loro piacevole tortura mi avvento su di lui, e posando le mani sulle sue spalle uso tutta la mia forza per tentare di affondarlo. Ancora una volta però mi ritrovo a seguirlo sul fondo della piscina, e mentre tento di risalire in superficie le sue mani afferrano il mio viso, e le sue labbra si appoggiano sulle mie. Rimaniamo alcuni secondi così, senza riemergere, poi però, quando l’ossigeno inizia ormai a mancare, torniamo in superficie, con il fiato corto.

“Anche tu mi hai imbrogliato…” Commento, cercando di nascondere il rossore sul mio viso.

“Ma io non ho tentato di affogarti.” Sghignazza.

“Beh, visto che ti sei offeso me ne vado.” Mi fingo offesa, e mi avvicino al bordo della piscina, dove l’acqua mi arriva al collo.

“Ehi, Ran, scherzavo!” Urla, avvicinandosi in fretta a me, ma ormai sono uscita dalla piscina, e mi sono seduta sul bordo. Mi strizzo i capelli, facendo colare l’acqua.

Con un balzo si siede al mio fianco. La leggera camicia a maniche corte bianca aderisce perfettamente al suo petto.

“Lo sai che prima scherzavo, vero?” Mi chiede, guardandomi preoccupato. Forse sto esagerando.

Incapace di resistere, scoppio a ridere. Lui mi fissa perplesso.

“Scusa… Avresti dovuto vedere la tua faccia, Shinichi… Era troppo buffa…” Le risate mi soffocano, mentre lui sbuffa.

“Ah, è così…?” Le sue mani si posano sulle mie spalle e tenta di spingermi ancora una volta in acqua. Mi aggrappo alle sue, reggendomi. Continuo a ridere, fino a quando le spinte non si arrestano.

Sollevo lo sguardo e gli occhi di Shinichi mi fissano…quasi ardenti. Proprio come questo pomeriggio. La sua fronte si appoggia alla mia, mentre il mio cuore riprende a galoppare.

Improvvisamente tutto si è trasformato, e l’allegria di pochi istanti fa si tramuta in una piacevole sensazione di benessere.

“Ti amo.” Mormora a pochi centimetri dalle mie labbra. Un sorriso sfiora le mie labbra.

“Anch’io.” Pochi istanti dopo le labbra di Shinichi sfiorano le mie, con estrema delicatezza.

Le mie mani corrono sul suo petto, per poi risalire alla sua nuca, mentre il bacio si fa più intenso.

Le braccia di Shinichi mi stringono contro il suo petto, mentre dischiude la bocca. Rimango rapita da mille emozioni, mentre mi stringo a lui con maggior impeto.

Non so per quanto tempo rimaniamo a baciarci, ma sono certa che vorrei fermare questo momento, e poterlo rivivere in eterno.

 

I don't want this moment to ever end
Where every thing's nothing, without you
I wait here forever just to,
To see you smile, Cause it's true
I am nothing without you 

(Sum 41 – With Me)

 

(*) Per chi non lo sapesse questa è una particolarità del 90% delle spiagge americane, dove la corrente dell’oceano crea spinte così potenti da creare veri e propri strapiombi non molto al largo delle coste; così come è caratteristica quasi ovunque (salvo poche località come in Florida e nel Golfo del Messico) la sabbia ghiaiosa – spesso ricca di veri e propri sassi.

 

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Tratto dal Capitolo Quindici: Complicazioni

“Shinichi?” Mi volto di scatto, mentre la mano di Shinichi si ferma sul mio braccio.

Una ragazza si è fermata vicino a noi, e osserva Shinichi con un sorriso seducente.

È alta, e ha un fisico da atleta. I capelli biondissimi bagnati sono tirati indietro, e un sottile filo di matita nera – resistente all’acqua – le contorna gli occhi verdi.

“Rachel?” Shinichi sembra perplesso, mentre io avverto una brutta sensazione dentro di me.

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Capitolo 15
*** Complicazioni ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Quindici: Complicazioni

“È meglio se rientriamo… Se i miei ci trovano qui fuori mi uccidono.” Scherza Shinichi, sciogliendo l’abbraccio che da parecchio tempo ci tiene stretti l’uno all’altra.

Sorrido, trattenendo l’impulso di sbuffare. Sarei potuta rimanere così in eterno, soltanto a contatto con il suo corpo, e avrei potuto dire di essere in paradiso.

Mi alzo con cautela, mentre lui è già in piedi. Il pavimento è estremamente scivoloso, e i miei piedi sono completamente bagnati. Non so per quanto tempo dopo esserci baciati siamo rimasti seduti con le gambe immerse nell’acqua, ma di certo a sufficienza per permettere ai miei capelli di asciugarsi quasi del tutto. Mentre ripenso al bacio di poco prima alcuni brividi percorrono la mia schiena, facendomi perdere l’attenzione per alcuni secondi, sufficienti per farmi scivolare sulle piastrelle umide.

“Ah!” L’acqua della piscina torna ad essere fin troppo vicina al mio viso, ma fortunatamente la mano di Shinichi afferra prontamente il mio braccio, spingendomi contro il suo petto.

Altri brividi mi corrono lungo la schiena quando mi stringo a lui.

“Grazie…” Mormoro, imbarazzata. Solo a me può saltare in mente di desiderare di cadere ancora in acqua!

“Sei proprio un’imbranata!” Mi schernisce Shinichi, scoppiando in una fragorosa risata.

Mi stacco da lui prepotentemente, e a passo felpato mi dirigo verso l’entrata della villa.

Le sue braccia mi riacciuffano in fretta, e la mia schiena entra in contatto con il suo torace.

“Scherzavo, Ran…” Bisbiglia al mio orecchio, facendomi arrossire.

Sospiro. Quando la smetterà di prendermi sempre in giro?

Trattengo il respiro, quando con una mano mi scosta i capelli dal collo, disegnando il mio profilo con la punta del naso, fino a giungere alla mia spalla, e poi risalendo.

“Mi perdoni?” Chiede mellifluo. Sospiro.

“Sei odioso, lo sai?” Sghignazza divertito, mentre mi sciolgo al suo contatto.

A volte mi chiedo come facciamo a passare da momenti di piena audacia a situazioni in cui l’imbarazzo sommerge entrambi.

Scioglie l’abbraccio, e prendendomi per mano ci incamminiamo verso l’ingresso.

Dopo esserci lasciati alle spalle l’immenso salone della villa saliamo con passi pesanti le scale, raggiungendo il primo piano.

Arrivati davanti alla mia stanza stringo maggiormente la sua mano, involontariamente. Shinichi si volta verso di me, confuso.

Abbasso lo sguardo, imbarazzata. Stupidamente avevo pensato che avrebbe passato la notte con me…

“Senti Shinichi…” Le parole mi muoiono in gola, mentre sento il sangue fluire veloce nelle vene. “P-Puoi…” Inizio a balbettare: non è mai un buon segno. “Puoi restare…”

Prima che termini la frase mi interrompe.

“Vado a cambiarmi, poi vengo, d’accordo?” Non ho il coraggio di alzare lo sguardo talmente sono imbarazzata.

Quando lo sento allontanarsi entro nella mia stanza.

Faccio un profondo respiro, cercando di rallentare il battito cardiaco.

Oddio, cosa avrà pensato quando gli ho chiesto di dormire con me?!

Scuoto il capo, sforzandomi di non pensare.

Corro in bagno – fortunatamente riservato alla mia stanza –, pensando di darmi solo una sciacquata, ma l’acqua del cloro sui capelli e la pelle mi fa storcere il naso. Cercando di essere il più veloce possibile torno in camera, afferrando dalla valigia la beauty-case, il pigiama e un cambio.

Appena torno in bagno mi svesto, infilandomi sotto l’acqua scosciante della doccia, piacevolmente fresca.

Quando ho finito tampono il più possibile i capelli, pettinandoli. Subito dopo mi vesto, lavandomi con cura i denti, sebbene l’abbia fatto appena dopo mangiato, durante una pausa del primo film. Il pigiama è composto da una semplice maglietta a maniche corte e un paio di pantaloncini cortissimi, il tutto blu.

Quando finalmente sono pronta lascio tutte le mie cose in bagno, tornando nell’altra stanza, ancora più buia di quanto non ricordassi. Se non ricordo male l’interruttore della luce si trova vicino alla porta dell’ingresso, quindi decido di andare a sedermi nel letto, in attesa che Shinichi arrivi.

Camminando a tentoni raggiungo il soffice materasso, e cercando di non cadere mi sdraio.

“Ce ne hai messo di tempo.” Mormora una voce roca alla mia sinistra. Lancio un urlo, che viene subito fermato da una mano posta sulla mia bocca.

Terrorizzata, non avevo riconosciuto la voce di Shinichi, e specialmente non l’avevo visto nel buio.

“Shh!” Bisbiglia al mio orecchio, afferrandomi poco prima che cadessi dal letto, per lo spavento. “Sono io! Non urlare, i miei sono appena tornati, e se mi trovano qui sicuramente ci daranno fastidio domani!”

Annuisco, e finalmente la sua mano mi libera.

Mi volto verso di lui, rimanendo su un fianco. Ora che i miei occhi si sono abituati al buio riesco a scorgere il suo profilo, leggermente illuminato dalla fioca luce della luna.

Il suo respiro si fonde con il mio, e questo mi fa capire di essere a pochi centimetri dal suo volto. Arrossisco, ringraziando il buio così che lui non mi veda. La mano che fino a un attimo fa era sulla mia bocca scivola lentamente lungo il mio braccio, posandosi poi sul fianco.

“Non mi hai ancora detto come hai fatto a convincere tuo padre a farti venire qui.” Mormora al buio. Sussulto al suono della sua voce. La sua presenza mi rilassa talmente tanto che stavo per addormentarmi, scordando persino di essere nel suo stesso letto a pochi centimetri da lui.

“Te l’ho detto quando ti sei svegliato…” Biascico, mezza addormentata.

“Ero distratto…” Bisbiglia, facendo sfiorare le punte dei nostri nasi.

“E adesso non lo sei?” Lo punzecchio, aprendo gli occhi – sebbene non veda niente – per evitare di addormentarmi.

“Giusto un po’…” Confessa, mentre i miei occhi si richiudono. “Te invece mi sembri parecchio stanca…”

“No…” Borbotto, lottando contro il sonno. Shinichi sghignazza.

“Buonanotte Ran…” Prima di sprofondare nel sonno sento le labbra di Shinichi premere sulla mia fronte e poi… il nulla.

 

Sono passati tre giorni da quando mi trovo qui in America, e non potrei essere più felice di così.

Io e Shinichi non ci siamo mai allontanati, rimanendo sempre insieme. Ieri sua madre ci ha portato a fare un giro per Hollywood, la città delle stelle. Abbiamo fatto tantissime fotografie, mentre Sachiko ci inseguiva con una videocamera per filmare tutta la visita.

Il momento più imbarazzante è stato sicuramente quando ci ha ripreso mentre ci baciavamo. Fortunatamente mi ha promesso che avrebbe tagliato la scena…

Dopo aver passato la mattinata in giro in moto – mezzo che inizia a piacermi davvero molto – Shinichi mi accompagna in spiaggia. 

Mi sdraio, chiudendo gli occhi. Dopo alcuni minuti sento qualcosa passare delicatamente lungo il mio braccio, solleticandolo.

Trattengo una risata.

“Ti dà fastidio?” Mi chiede Shinichi. Apro gli occhi, ritrovandolo sdraiato su un fianco, che mi osserva preoccupato. Scuoto il capo, mentre lui riprende a far scorrere il dito lungo il braccio.

“C’è qualcosa che non va?” Domando, quando la sua mano si blocca improvvisamente.

Scrolla le spalle, riprendendo a muoversi. “Stavo pensando…” Incomincia, dopo alcuni secondi di silenzio.

Mi volto verso di lui, lasciando il braccio disteso, perché continui a stuzzicarmelo.

“Mi piacerebbe…”

“Shinichi?” Mi volto di scatto, mentre la mano di Shinichi si ferma sul mio braccio.

Una ragazza si è fermata vicino a noi, e osserva Shinichi con un sorriso seducente.

È alta, e ha un fisico da atleta. I capelli biondissimi bagnati sono tirati indietro, e un sottile filo di matita nera – resistente all’acqua – le contorna gli occhi verdi.

“Rachel?” Shinichi sembra perplesso, mentre io avverto una brutta sensazione dentro di me.

“Vedo che ti ricordi allora.” Esclama la bionda, continuando a mantenere il suo sorrisino. Le goccioline d’acqua scivolano lungo il suo corpo. Sembra pronta a girare una pubblicità… Lancia un veloce sguardo a me. “Chi è lei?”

Prima che Shinichi possa risponderle qualcuno la chiama, facendola voltare.

“Rachel! Ecco dov’eri finita!” Un ragazzone biondissimo si avvicina a lei, cingendole la vita.

“Luke, ti avevo detto che sarei tornata a riva.” Sbotta, acida. Il ragazzo non fa caso al suo tono, e ci guarda sorridendo.

“Chi sono loro?” Le chiede, indicandoci.

“Lui è Shinichi, è il ragazzo che ospita Sachiko.” Non fa assolutamente caso a me, e continua ad osservare insistente Shinichi, facendo una smorfia quando nota la sua mano sul mio braccio. Quindi loro sono i nuovi amici di Sachiko…

“Wow! Finalmente ti conosco! Sachiko parla un sacco di te e i tuoi amici, sai?” Esclama Luke, sorridendo. Poi squadra me. “Tu invece devi essere Ran, dico bene?”

Arrossisco, annuendo. “Spero vorrai venire a fare un giro con noi, ogni tanto!” Ammicca, con un sorrisone.

“Certo…” Sorrido, in imbarazzo. Fortunatamente in Inglese non ho mai avuto troppi problemi, altrimenti ora sarei nei guai fino al collo.

“Sachiko è con voi?” Chiede Shinichi, rivolgendosi più a Luke che a Rachel.

“Certo.” Sbuffa Rachel, mettendosi davanti al ragazzone bruno. “Ecco, sta arrivando!”

Mi volto verso l’oceano, scorgendo la figura di Sachiko che ci corre incontro.

“Ehi ragazzi!” Esclama, fermandosi davanti a noi. “Non pensavo veniste qui!”

Strizza i suoi capelli castani, facendo colare l’acqua.

“Abbiamo pensato di venire qui un po’, prima di tornare a casa.” Mi volto, incontrando lo sguardo acido di Rachel, che mi squadra da capo a piedi.

“Andiamo?” Domanda impaziente la bionda, rivolgendosi a Luke, che immagino sia il suo ragazzo.

“Sì… Ragazzi, perché non vi unite a noi? Andiamo a bere qualcosa al bar.” Osservo Shinichi che probabilmente più per cortesia che per altro – o almeno spero – accetta.

Ci alziamo in piedi, e li seguiamo fino al piccolo bar posto al limitare della spiaggia, proprio dove Shinichi ha posteggiato la moto.

Ci sediamo a un tavolino, iniziando a conversare del più e del meno. Insieme a loro c’è un’altra ragazza, di nome Kimberly. È molto simpatica, e mi ricorda molto Akane per il suo temperamento calmo e rilassato. Capisco che è merito suo se Sachiko ha trovato degli amici qui.

“Ehi, ciao ragazzi!” Un ragazzone bruno arriva al nostro tavolo, salutando tutti. È davvero enorme.

“Ciao, Jake!” Luke gli lancia una sonora pacca sulla schiena, facendolo ridere.

“Ehi amico, vedo che ogni giorno che passa fai sempre più conquiste, eh?” Il nuovo arrivato dà una leggera gomitata all’amico, indicandomi con un cenno del capo. Shinichi accanto a me sbuffa.

“Piacere bellezza, io sono Jake.” Mi porge la mano, che stringo esitante.

“Piacere…Mi chiamo Ran.”

“Tu invece saresti…” Mormora, voltandosi verso Shinichi.

“Shinichi… il suo ragazzo…” Ammette, voltandosi verso di me. Arrossisco. È la prima volta che mi definisce come la ‘sua ragazza’.

Il ragazzone di nome Jack sbuffa, sedendosi al tavolo con noi.

Shinichi si alza, raggiungendo il bancone, per prendere qualcosa da bere. Solo quando Jack si lamenta del fatto che Rachel non si lascia andare con lui capisco che anche lei si è alzata.

Allarmata mi guardo intorno, e la scopro a parlare con Shinichi.

“Sachiko…” Sussurro, posando una mano sulla sua spalla. Lei si avvicina, tendendo l’orecchio.

“Come… come fa Shinichi a conoscerla?” Bisbiglio, sperando di non risultare ridicola. Ma so che Sachiko mi capirà.

“L’ha conosciuta con me… Stavamo venendo in spiaggia un giorno, e l’abbiamo incontrata qui.” Mi sussurra. “Comunque dopo quel giorno non l’ha più rivista, ne sono sicura.”

Sospiro, in tensione.

“Se fossi in te starei attenta…” Mormora Kimberly, al mio fianco. Alzo lo sguardo, stupita. “Rachel è famosa per la sua furbizia… Ti conviene tenerti ben stretto Shinichi, se non vuoi che quella serpe te lo porti via.”

Sussulto. Allora non è solo una mia impressione: Rachel vuole davvero provarci con Shinichi!

Mi volto in cerca del mio ragazzo. È ancora al bancone, che chiacchiera tranquillamente con quella serpe.

Stringo i pugni, sentendomi improvvisamente male. Sono certa che Rachel gli ha chiesto qualcosa, e lo capisco quando le annuisce con convinzione, facendo sorridere quell’oca.

Respira Ran, non è ancora successo niente. A casa sistemi le cose con lui. E poi ha detto che ti ama, no? Fidati.

Oddio, sto iniziando a farmi i monologhi in testa! Scuoto il capo, cercando di calmarmi.

Fortunatamente Shinichi torna a sedersi al mio fianco, facendomi tirare un sospiro di sollievo.

Dopo più di un’ora finalmente torniamo a casa. Rimango in silenzio fino all’ora di andare a dormire. Le uniche parole che ho detto sono state per rispondere alle domande, niente di più.

In queste notti Shinichi è sempre rimasto a dormire da me, e oggi immagino non sarà diverso.

Quando lui si è già seduto sul letto sento l’improvviso bisogno di prendere una boccata d’aria.

“Scusa… vado un attimo a bere…” Mento, girandomi per andarmene, ma il mio polso viene trattenuto. Mi volto, confusa.

“Mi dici cosa c’è?” Lo osservo, abbassando lo sguardo.

“Niente… ho solo sete.” Fa una smorfia, tirandomi il braccio fino a farmi sedere vicino a lui.

“Ti prego, Ran.” Sospiro, rassegnata. Forse parlargli è l’unico modo per scoprire se ho ragione o meno…

“Cosa ti ha chiesto Rachel al bar?” Sono certa che gli ha chiesto qualcosa. Ho sentito Shinichi risponderle di sì, non può mentirmi.

“Niente di importante… Perché?” Mi osserva confuso, ma subito il suo sorriso si fa malizioso. “Non sarai gelosa?”

“Non hai risposto alla mia domanda.” Gli ricordo, secca, eludendo la sua domanda. Shinichi sospira, spostando lo sguardo sul pavimento. Brutto segno.

“Mi ha chiesto di insegnarle il giapponese. L’anno prossimo vuole venire a studiare almeno un anno da noi.” Strabuzzo gli occhi. Non è possibile.

“Non può farlo Sachiko?!” Esclamo, seccata.

“Ha detto che lei non voleva.” Shinichi scrolla le spalle, e la cosa mi fa innervosire ancora di più.

“Quindi immagino che le hai detto di sì…” Concludo, anche se so bene la sua risposta.

“Cos’altro potevo fare?”

“Potevi fare come Sachiko: dire di no.” Sbotto, incrociando le gambe sul letto.

“Non devi essere gelosa.” Mormora Shinichi, tornando a fissarmi con gli occhi spalancati.

“Non lo sono.” Cerco di fingermi indifferente, ma ovviamente la mia recita è talmente penosa che Shinichi sghignazza.

“Faccio così ridere?” Sbuffo, voltando lo sguardo dall’altra parte, offesa.

Le braccia di Shinichi mi circondano, attirandomi al suo petto. “Un po’.” Ammette, sempre sghignazzando.

“Quindi… immagino che da domani passerai molto tempo con Rachel…” Borbotto, nascondendo il viso nella sua maglietta.

“Solo lo stretto necessario.” Stringo un lembo della maglietta, stropicciandola. Mi mordo un labbro, tentando di reprimere le lacrime che rischiano di uscire. Per cercare di resistere decido di ripagarlo con la stessa moneta.

“Beh, allora io occuperò il mio tempo con Jake, sempre se non ti dispiace. Ho saputo che è molto bravo a fare surf, magari mi faccio insegnare da lui.” Sghignazzo, ma mi immobilizzo quando sento Shinichi irrigidirsi. “Shinichi? Cosa…?”

Mi afferra con forza le spalle, facendomi specchiare nei suoi occhi.

“Ran! Non devi uscire con quel tipo, hai capito?” Urla, facendomi sbiancare. “È un tizio pericoloso, non ti avvicinare a lui!”

Sgrano gli occhi. Non capisco se fa sul serio oppure è solo geloso.

Fa un profondo sospiro, tornando ad abbracciarmi.

“Scusa…” Soffia sui miei capelli, mentre tento di riprendermi dallo spavento. “Però ti prego… Promettimi di non avvicinarti a lui…”

Annuisco, mentre il mio cuore rallenta poco alla volta.

“È meglio se dormiamo ora …” Mormora, liberandomi dall’abbraccio e spostandosi più sul bordo.

Mi sdraio vicino al muro, aspettando che si metta al mio fianco.

Rimango girata, e così fa anche lui. La sua mano scivola come al solito sul mio fianco, mentre le mie si chiudono in due pugni sul suo petto, catturando la sua maglietta.

Chiudo gli occhi, mentre il suo respiro si fa sempre più vicino. I nostri nasi arrivano a sfiorarsi. Le mie mani si muovono sul suo petto, e inizio a disegnare ghirigori immaginari, preda degli istinti.

Le sue labbra ricercano le mie, fameliche. Mi stringo di più a lui, premendo i seni sul suo torace. Faccio scivolare la mani sotto le sue braccia, esplorando ingorde la sua schiena muscolosa. Le sue iniziano ad accarezzarmi il fianco, e dopo aver trovato un lembo di pelle scoperta inizia a risalire lungo la mia schiena, percossa da mille brividi di piacere.

Quando il materasso prende il posto delle mani di Shinichi – che tornano immediatamente ai miei fianchi – mi rendo conto di essere sdraiata, mentre lui si è portato sopra di me, poggiandosi sui gomiti per non pesarmi. Quando le labbra di Shinichi lasciano la mia bocca per scendere lungo il collo avverto un nuovo bisogno. Il bisogno di stringerlo forte a me, misto a qualcosa di ‘urgente’, che necessita di essere soddisfatto immediatamente. Le mie mani sollevano un poco la sua maglietta, e le sue labbra arrivano fino alla scollatura della mia maglia.

“Sh-Shinichi…” Annaspo, in cerca d’aria. Ho il fiato corto, ma riesco comunque a recuperare un barlume di lucidità per fermarmi prima che sia troppo tardi…

Non voglio che accada adesso, o almeno non subito. Non voglio assolutamente accelerare i tempi fra di noi, anche se ammetto che ho dovuto impiegare tutta la mia forza di volontà per fermarmi.

“Scusa…” Biascica, anche lui con il fiato corto. Lo sento cadere pesantemente al mio fianco, nel tentativo di riprendere fiato. “Scusa, non so cosa mi sia preso…” Mormora, in evidente imbarazzo.

“Nemmeno io… Scusami, ho iniziato io…” Ammetto imbarazzata.

“Devo controllarmi meglio…” Sussurra, con il respiro ancora accelerato. “Se vuoi me ne vado…” Aggiunge, cauto.

“No! Ti prego, resta.” Il mio tono credo abbia assunto le forme di una supplica, e lo tiro per una manica quando capisco che si è alzato a sedere.

Quando capisco che si è di nuovo sdraiato mi appoggio al suo petto, e sempre sul suo torace una mia mano va ad intrecciarsi alla sua, e dopo poco tempo mi addormento, ancora scossa da quelle piacevoli sensazioni.

 

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Tratto dal Capitolo Sedici: Incertezze

“Sai, ad alcuni ragazzi non basta avere un rapporto affettivo.” La guardo sbigottita, cercando di capire cosa ha in mente. “Anzi, tutti i ragazzi hanno bisogno di qualcosa di più. E la stessa cosa vale per Shinichi. E se non sarai tu a dargli questa nuova esperienza, sarà qualcun’altra a farlo per te.”

Rimango pietrificata. Sta cercando di dirmi che lei sarebbe disposta a offrirsi sessualmente a Shinichi?!

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Capitolo 16
*** Incertezze ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Sedici: Incertezze

Il bussare insistente alla porta mi stordisce. Mi stropiccio gli occhi, mettendomi a sedere.

Quando finalmente il rumore termina torno a riappoggiarmi al petto di Shinichi, che dorme ancora profondamente.

Questa volta la porta si spalanca, e sollevo finalmente le palpebre.

“Insomma, sono le dieci! Vi volete alzare?!” Strilla Sachiko, entrando come un uragano nella mia stanza, e battendo furiosamente il piede a terra.

Mi metto a sedere, mentre le braccia di Shinichi continuano a stringermi la vita. Sbadiglio sonoramente.

“Sachiko… cosa c’è?” Le chiedo, cercando di adattarmi alla luce abbagliante che si insinua nella stanza attraverso le sottili tendine azzurre.

“Come cosa c’è?!” Esclama, spazientita. “Sono le dieci! Tra mezz’ora Kimberly passerà a prenderci, e voi siete ancora a letto che dormite!”

Afferra la sveglia dal comodino, controllando frenetica le opzioni. Subito dopo la pone vicino all’orecchio di Shinichi, che dorme ancora.

Rimaniamo in attesa, e dopo pochi secondi il fastidioso suono dell’allarme fa sussultare sia me che Shinichi, che balza a sedere con un salto.

Strabuzza gli occhi, guardandosi intorno confuso. “Che succede?”

“Bell’Addormentato, devo ricordarti che hai deciso di dare lezioni di Giapponese a Miss Acidità?!” Sbotta Sachiko, lasciando la sveglia sul comodino.

Torna verso l’entrata, sbuffando. “Avete mezz’ora!” E detto questo se ne va, sbattendo la porta alle sue spalle, mentre Shinichi sprofonda nuovamente nel cuscino, sospirando.

 

Quando arriviamo davanti al cancello di villa Kudo tre coupé sono posteggiate ai margini della stradina.

Kimberly ci sorride, separandosi dalla sua Mercedes-Benz SLK argentata per venirci incontro.

“Ehi, ragazzi!” La salutiamo, mentre sento dentro di me crescere una brutta certezza: tutte le coupé sono da due posti – guidatore compreso – e questo non può che significare una cosa: ci dovremo separare. Un clacson mi fa sobbalzare. Dalla sua Toyota MR2  rossa fiammante sbuca la testa di Rachel, che porta un paio di occhiali da sole a goccia.

“Allora, andiamo?!” Sbotta, scendendo dall’auto e venendoci incontro. “Shinichi, vieni con me, non è vero?” Chiede, melliflua, avvicinandosi a lui con fare seducente.

“E lei?” Chiede, indicandomi.

“Viene con me, ovviamente.” Alle mie spalle compare Jack, che mi passa un braccio intorno alle spalle, facendomi sussultare.

Il sorriso di Shinichi si fa improvvisamente tirato, e mi riporta alla mente lo spavento della sera precedente, quando mi ha avvertito di rimanere lontana da quel ragazzone.

“Ehi, Jake, posso venire io con te?” Chiede improvvisamente Shinichi, lasciando Rachel a bocca aperta. L’interpellato rimane perplesso.

“Cosa? Ma devi insegnarmi il Giapponese!” Esclama spazientita la bionda, sentendosi offesa.

“Devi guidare, non è il caso che ti distrai.” Shinichi scrolla le spalle, mentre tiro un sospiro di sollievo.

“Veramente speravo di poter mostrare la mia auto a questa bellezza…” Borbotta Jake, ma Shinichi lo sta già spingendo verso la sua Opel Tigra Twin, senza lasciargli il tempo di avvicinarsi di nuovo a me.

Quindi… dovrò viaggiare in auto con Rachel?! Beh, meglio io che Shinichi!

Mi volto verso di lei, che mi osserva sprezzante.

“Andiamo.” Sbotta, salendo sull’auto e sbattendo con forza la portiera.

Durante quasi tutto il viaggio siamo in silenzio, e solo quando l’auto si ferma a causa di un semaforo, mi guarda di sottecchi.

“Da quanto tempo state insieme?” Chiede, fingendosi indifferente.

“Da quasi un mese…” Borbotto, colta alla sprovvista.

“L’avete già fatto?” Un sorrisino si forma sulle sue labbra, mentre arrossisco. Mi volto dall’altra parte, offesa dalla sua curiosità e mancanza di tatto.

“Non penso siano affari tuoi!” Il mio tono esce acido al punto giusto, anche se si nota un velo di imbarazzo.

“A quanto pare no.” Mi volto, osservandola furente. Non ha ancora staccato gli occhi dal semaforo.

Inevitabilmente mi torna in mente la sera precedente, quando ho sentito uno strano e nuovo bisogno impossibile da arrestare.

Scuoto il capo, cercando di restare calma.

“Sai, ad alcuni ragazzi non basta avere un rapporto affettivo.” La guardo sbigottita, cercando di capire cosa ha in mente. “Anzi, tutti i ragazzi hanno bisogno di qualcosa di più. E la stessa cosa vale per Shinichi. E se non sarai tu a dargli questa nuova esperienza, sarà qualcun’altra a farlo per te.”

Rimango pietrificata. Sta cercando di dirmi che lei sarebbe disposta a offrirsi sessualmente a Shinichi?!

“Te lo ripeto: non sono affari tuoi!” Digrigno i denti, fissando lo sguardo sulla strada.

“Per il momento.” Sussurra. Un brivido percorre la mia schiena, ma decido di restare in silenzio. L’auto sgomma sull’asfalto, e dopo alcuni minuti raggiungiamo la casa di Luke.

La casa è molto ampia, e si trova a diretto contatto con la spiaggia. Sospiro quando Shinichi mi viene vicino e Rachel viene chiamata dentro casa dal proprietario.

Abbasso lo sguardo, mentre mi tornano in mente le parola di Rachel. Secondo lei Shinichi ha bisogno di qualcosa di più… che abbia ragione?

“Ehi Ran, cosa c’è?” Mi chiede, passando le mani sulle mie braccia. Mi ridesto dai miei pensieri con un sussulto.

“Niente…” Borbotto. La sua attenzione viene catturata da Rachel che lo chiama dalla porta di casa.

Mi prende la mano, e insieme ci dirigiamo dentro quell’enorme villa.

 

Sbuffo, lanciando l’ennesimo sguardo al tavolino che si trova sul terrazzo della casa di Luke. Shinichi e Rachel hanno passato tutto il giorno insieme, a studiare le regole grammaticali e le lettere Giapponesi. Quella strega in poche parole lo tiene in ostaggio!

L’unico momento in cui sono potuta stare con lui è stato durante il pranzo.

“Mi chiedo perché abbia accettato di fare una cosa simile…” Borbotta Sachiko, davanti a me. È la decima partita a carte che stiamo facendo oggi pomeriggio.

“Me lo chiedo anch’io… non poteva fare come te, e dirle di no?!” Scarto una carta, chiudendo il gioco.

“Come?!” Borbotta Sachiko, fissandomi interrogativa.

“Tu le hai detto di no quando ti ha chiesto di insegnarle il Giapponese, no?” La mia amica strabuzza gli occhi, sconcertata.

“Non me l’ha mai chiesto!” Esclama. Mi alzo in piedi, dirigendomi verso la casa, con Sachiko al seguito.

Lo sapevo, lo sapevo!

Salgo le scale come una furia, arrivando al terrazzo, dove mi fermo sulla portafinestra.

“Scusa, Shinichi, puoi venire un attimo?” L’interessato si alza, mentre quell’oca di Rachel sbuffa.

Gli faccio strada lungo il corridoio, e ci fermiamo nell’angolo più lontano.

“Cosa c’è, Ran?” Mi chiede, preoccupato dal mio comportamento.

“Ti ha mentito!” Esclamo.

“Chi?” Aggrotta le sopracciglia, perplesso.

“Rachel! Non è vero che ha chiesto a Sachiko di insegnarle il Giapponese!” Sbotto, sempre più irata. Shinichi resta in silenzio, leggermente sorpreso.

“Ran, calmati, non cambia niente, non credi?” Mi chiede, pacato. Spalanco gli occhi.

“Come ‘calmati’?! Quella ci prova con te e io dovrei restare tranquilla ad aspettare che faccia chissà che cosa?!” Perché Shinichi non capisce mai niente?!

“Ran, non farà assolutamente nulla! Smettila di preoccuparti per niente!” Esclama, esasperato.

“Quindi continuerai a darle lezioni di Giapponese?” Calma Ran, stai tranquilla.

“Le ho detto che glielo avrei insegnato, devo mantenere la mia parola.” Mi risponde, sempre serenamente. Adesso basta.

“Bene.” Incrocio le braccia al petto, e lui tira un sospiro di sollievo. “Spero che allora non ti dispiaccia se impiego il mio tempo come meglio credo…”

Come se lo avessi chiamato dalle scale appare Jack, con in mano un vassoio.

“No, immagino che ti annoi ad ascoltare le lezioni… quindi…” Borbotta Shinichi.

“Perfetto.” E detto questo lo supero, dirigendomi verso Jack.

“Ehi, Jack!” Urlo, facendolo fermare. Con la coda dell’occhio noto Shinichi immobilizzarsi sul posto.

“Ehi, bellezza!” Il nostro amico si ferma, venendomi vicino. “Ti va di fare un giro sulla mia auto?” Mi fa l’occhiolino, ignorando Shinichi alle mie spalle. Normalmente avrei risposto di no, ma la mia ira è davvero troppa. Se preferisce la compagnia di quell’oca alla mia, è meglio ripagarlo con la stessa moneta.

“Mi farebbe molto piacere.” Sorrido.

“Aspettami qui, porto questo a Rachel e arrivo.” Annuisco, ma le braccia di Shinichi mi afferrano, costringendomi a guardarlo negli occhi.

“Che stai facendo?!” Sbraita, a pochi centimetri dal mio viso.

“Occupo il mio tempo.” Ribatto, sostenendo il suo sguardo.

“Con quel tipo?!” Sibila, facendomi spaventare. “Ti ho già detto che è pericoloso!”

“Non ci credo! E poi, dato che il mio ragazzo è troppo impegnato a fare da maestro a un’oca dovrò pur trovare qualcosa da fare!” Esclamo.

“Ran, quel tizio…”

“C’è qualcosa che non va?” Jack interrompe Shinichi, fissandoci attentamente.

In fretta mi libero dalla stretta, andando vicino al nostro amico.

“Niente, andiamo?” E insieme a lui me ne vado, lasciando Shinichi da solo con quell’oca.

 

Sono stata con Jack solo per fare un giro in auto. Dopo neanche un’ora siamo tornati alla villa di Luke, ed io e Sachiko abbiamo fatto una lunghissima passeggiata in riva all’oceano. Anche lei trova inaccettabile il comportamento di Shinichi. Ho ignorato deliberatamente ogni sua singola telefonata, troppo infuriata per potergli parlare.

La sera sono stata riportata a casa da Jack, sebbene Shinichi abbia tentato di salire ancora una volta con lui. Questa volta il mio ragazzo è salito sull’auto di Rachel, sebbene Sachiko abbia tentato di fargli cambiare idea e andare lei al suo posto.

Mentre seguiamo l’auto di Kimberly – con a bordo Sachiko –, Jack svolta improvvisamente in una stradina.

“Cosa stai facendo?” Chiedo, preoccupata.

“Una piccola deviazione. Andiamo a divertirci, cosa ne dici?” Dal suo tono capisco che sta facendo sul serio e alcuni brividi mi percorrono la schiena. Ho una brutta sensazione.

“No! Ti prego, riportami a casa!” Non mi sono resa conto di urlare. Il suo sguardo da maniaco mi ha subito fatto scattare un allarme in testa.

“Per farti tornare da quel tipo?! Neanche per sogno! Scordatelo! Questa sera starai con me!” Questo è pazzo!

Ho bene in mente cosa posso fare per tentare di sfuggirgli, quindi faccio finta di accettare la sua idea.

“D’accordo.” Mi fingo rilassata, ma resto pronta a scattare.

“Brava, piccola. Vedrai che ci divertiremo.” La stradina che stiamo percorrendo è poco frequentata, e i brividi mi percorrono la schiena continuamente.

Finalmente scorgo un semaforo. Per mia sfortuna intorno a noi non noto nessuno, e alle nostre spalle non c’è traccia dell’auto di Kimberly.

Appena l’auto si ferma faccio scattare la serratura e apro la portiera, approfittando di un attimo di distrazione di Jack.

“Ehi!” Lo sento urlare. Non perdo tempo a chiudere lo sportello, e corro verso la fine della stradina, dove intravedo alcune auto e dei pedoni.

Il cuore mi batte prepotente dentro il petto, e combatto contro le lacrime, che premono di uscire per lo spavento. Non mi volto, sperando che mi abbia lasciato andare.

Prima che raggiunga la strada frequentata due braccia enormi mi cingono la vita, sollevandomi.

Urlo, sperando che qualcuno mi senta, ma subito una mano mi tappa la bocca, soffocando ogni mio lamento.

“Chiudi il becco!” La voce roca e minacciosa di Jack mi risuona nelle orecchie, facendomi tremare.

Tento in tutti i modi di liberarmi, ma la sua presa è sempre salda. Mi porta lontano dalla strada frequentata. La sua auto è rimasta in mezzo alla stradina, ferma al semaforo. Tenta di farmi risalire, ma con un pugno in viso scappo ancora, cercando di andare il più veloce possibile. I miei sforzi sono inutili, infatti Jack mi riacchiappa subito, sbattendomi contro un muro. Rimango intontita, mentre i suoi occhi mi scrutano famelici.

“Questa volta non puoi scappare!” Mormora con voce roca. Con un gesto secco mi apre la camicetta, facendo saltare alcuni bottoni.

Tento nuovamente la fuga, mentre urlo.

“Zitta!” Mi ammonisce Jack, e alcune lacrime iniziano a scendere lungo le mie guance.

Rabbrividisco quando le sue labbra secche e sottili toccano le mie. Lo stomaco si capovolge, e con un pugno lo allontano, facendomi male alle nocche.

“Stupida.” Mi sbatte nuovamente contro il muro, e alcune briciole di intonaco mi crolla sui capelli. Rabbrividisco ancora quando sento le sue viscide mani percorrermi la pancia, e salire verso l’alto.

“Lasciami… ti prego…” Le lacrime mi offuscano la vista. Una risata diabolica mi fa sussultare.

“Neanche per scherzo.”

Con un gesto veloce sollevo la gamba, tirandogli un calcio nello stomaco. Si piega in avanti, e ne approfitto per scappare. Corro verso la sua auto, ancora accesa. Shinichi ha provato ad insegnarmi a guidare, non dovrei avere molte difficoltà.

Salgo a bordo, e inizio a premere i pedali a caso, cercando di partire.

“Mi dispiace bambolina, non sei stata abbastanza veloce.” La porta del guidatore si spalanca, e impallidisco.

Mi afferra un braccio, tirandomi fuori dall’auto. Mi attira a sé, con in volto stampata un’espressione da pazzo.

“Jack, che diavolo stai facendo?!” Sbraita una voce, cogliendo entrambi di sorpresa.

Mi volto, e davanti a me trovo Luke, che sta scendendo dalla sua Audi TT-S Coupè e Roadster con uno sguardo indecifrabile.

“Luke! Sparisci, io e questa bellezza ci stiamo solo divertendo, non ti preoccupare.” Un ghigno appare sulle labbra del mio sequestratore.

Osservo sconvolta Luke, che rimane allibito alla vista del suo amico.

“Lasciala andare, o chiamo la polizia.” Mi sento sollevata quando le mani di Jack mi lasciano, e con uno sbuffo sale in auto, senza dire niente.

“G-Grazie…” Biascico, ancora sconvolta.

“Di niente, figurati. Per fortuna passavo di qui, altrimenti non so cosa…” Si interrompe quando incrocia il mio sguardo smarrito e allibito. Credo di essere bianca come uno spettro, e tento di richiudermi la camicia con mani tremanti.

“Vieni… Ti riaccompagno a casa…” Annuisco, e sempre instabile salgo sulla sua auto bianca.

Il viaggio è stato silenzioso, anche se Luke mi ha rivolto spesso occhiate preoccupate. Io sono caduta in uno stato di shock, e mi riscuoto solo quando arriviamo davanti ai cancelli di villa Kudo.

“T-Ti prego… non d-dire nulla a S-Shinichi…” Mormoro, balbettando. Mi osserva senza capire.

“Lo sai che se vuoi puoi sporgere denuncia, vero?” Mi chiede a voce bassa Luke, senza capire il motivo che mi spinge a tenere segreta una cosa simile.

“N-Non voglio…” Sussurro, e subito dopo scendo dall’auto, cercando di essere il più normale possibile.

Ringrazio Luke per il suo aiuto, ed entro in casa.

Prima di aprire la porta prendo un profondo respiro. La prima persona che incontro è ovviamente Shinichi.

“Dove siete stati?” Sussulto.

“Da nessuna parte, ha solo fatto una deviazione.” Ringrazio la mia voce ferma, ma so di non poter resistere a lungo.

“Che cosa ti ha fatto?!” Shinichi mi osserva preoccupato, scrutando i brutti segni sulle mie braccia. Le nascondo dietro la schiena, anche se ormai è troppo tardi. Abbasso lo sguardo, trattenendo le lacrime.

“Maledizione, Ran! Parlami, sto impazzendo!” Le sue mani mi afferrano le per spalle, scuotendomi.

Serro le palpebre, mordendomi il labbro; alcune lacrime mi solcano le guance.

Sento la stoffa della mia camicia spostarsi, segno che la sta osservando. Sicuramente ha notato i quattro bottoni saltati.

“Sono caduta a terra, tutto qui.” Sbotto, allontanandomi da lui. Mi prende per un braccio.

“Ran, ti scongiuro, dimmi cosa è successo… Se ti ha fatto qualcosa io…” Mi allontano bruscamente, lasciandolo perplesso.

“Tu cosa?! Tu non c’eri! Eri troppo occupato a parlare con Rachel per notare che l’auto con a bordo la tua ragazza aveva svoltato! Troppo lontano per sapere cosa stavo passando! Quindi non venire a parlare di cosa saresti disposto a fare per me, Shinichi!” Urlo. Sachiko appare dalla cima delle scale.

Mi volto, e corro al piano di sopra, chiudendomi nella mia stanza. Raggiungo subito il bagno, prendendo una spugna. La imbevo d’acqua e sapone, iniziando a sfregarmi con forza ogni punto che Jack ha toccato: labbra, braccia, pancia…

Sachiko appare alle mie spalle, sconcertata.

“Ran!” Si fionda su di me, togliendomi di mano la spugna con la quale mi stavo sfregando con troppa energia.

Mi abbraccia, togliendo con un asciugamano la schiuma dal mio corpo.

Singhiozzo, restando attaccata a lei.

“Shh… Ran, stai tranquilla…” Mormora al mio orecchio. “Vuoi raccontarmi cosa è successo?”

Annuisco. Forse mi sentirò meglio dopo che le avrò raccontato tutto…

“Jack…” Biascico tra i singhiozzi che scuotono il mio corpo. “M-Mi ha aggredita… Ha… ha tentato… di… di…” Mi interrompo, sommersa da un’altra ondata di lacrime. La presa di Sachiko si fa più salda, segno che ha compreso benissimo cosa intendo.

“Oddio…” La sento sussurrare. “Gliel’hai detto a Shinichi?” Mi chiede, agitata.

“N-No…” Borbotto. “Perderebbe… la testa…”

È vero, l’unico motivo per cui non gli ho detto niente è perché potrebbe fare cose avventate, ne sono sicura.

“Hai ragione…” Concorda Sachiko. “Hai sonno?” Mi chiede, quando sbadiglio.

“S-Sì…” Mormoro. Sono ancora le otto, e non ho cenato, ma ho lo stomaco chiuso, e lo stress ha raggiunto livelli assurdi…

Mi sdraio nel letto, senza sapere che di lì a poco il mio peggior timore si sarebbe avverato.

 

Sono le dieci. Mi alzo svogliatamente, dopo essermi svegliata a causa di un tremendo bruciore alla gola. Ho una sete tremenda.

Scendo le scale, trovando il salone immerso nell’oscurità. Accendo la luce, per riuscire a raggiungere la cucina senza cadere, e per poco non svengo quando trovo Sachiko seduta su uno dei quattro divani.

“Sachiko! Cosa ci fai qui?” Sussulta. Sembra agitata, e sposta lo sguardo altrove.

“In camera mia faceva troppo caldo, quindi sono venuta un po’ qui…” Aggrotto le sopracciglia. In effetti ora che ci penso qui fa più fresco.

“Ah.” Dico solamente, non sapendo che altro dire.

“Tu che ci fai sveglia? Prima eri stanchissima!” Esclama, alzandosi e venendomi incontro.

“Sono venuta a bere…” Borbotto, sempre più sospettosa.

“Va bene… Io vado a dormire. Ci vediamo domani, Ran.” Mi saluta con un cenno della mano, e risale le scale, trafelata.

Sono troppo stanca per indagare, quindi entro in cucina. Bevo avidamente due interi bicchieri d’acqua, e decido di riempirne uno da portare in camera, per sicurezza.

Spengo la luce e torno in salotto. Quando arrivo davanti all’ingresso però sussulto.

Il bicchiere scivola lento dalle mie mani, e si schianta a terra, rompendosi in mille schegge e cocci di vetro. L’acqua si sparge sul pavimento di marmo, creando una pozzanghera.

“Cosa…?”

 

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Ecco le auto citate nel capitolo ^^:

- L'Auto di Kimberly: Mercedes-Benz SLK

- L'Auto di Rachel: Toyota MR2  

- L'Auto di Jack: Opel Tigra Twin Top

- L'Auto di Luke: Audi TT-S Coupè e Roadster

 

Tratto dal Capitolo Diciassette: Ferite

“Ti rendi conto?! Questa volta ti è andata bene, ma se avesse avuto una pistola… se ti avesse sparato…” Mugugno, stringendo i pugni sulle ginocchia e chiudendo gli occhi. “Io…”

“Ran… io…” Sussurra, avvicinandosi.

“Io non potrei sopportarlo…”

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Capitolo 17
*** Ferite ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Diciassette: Ferite

 “Cosa…? Cosa hai fatto?” Rimango pietrificata sul posto, incurante delle schegge che mi hanno ferito i piedi.

Shinichi rimane immobile, fissandomi con la bocca sanguinante semi spalancata. La camicia bianca – solitamente immacolata – è strappata in vari punti ed è sporca di sangue, specialmente sul colletto. Il volto è rimasto sfigurato da vari tagli: sugli zigomi, sul mento, sopra agli occhi e sulle labbra. Un rivolo di sangue esce dalla sua bocca.

“Cosa ci fai sveglia? Non stavi dormendo?” Sfugge in fretta al mio sguardo, fissando le schegge a terra. Si sposta verso le scale, senza guardarmi.

“Non cambiare discorso. Cosa hai combinato?” Mi avvicino a lui, ignorando le schegge e il dolore che provo quando una di queste mi trafigge il piede.

“Ferma… Rischi di farti male…” Mormora, immobilizzandosi. Lo ignoro, e lo raggiungo.

“Quello che si è fatto male sei te… Mi dici cosa hai combinato?” Sono terrorizzata, non sta affatto bene.

“Niente… Sono caduto dalla moto, tutto qui.” Sbotta, salendo un gradino. Lo fermo, trattenendolo per un braccio. Fa una smorfia. Quando stacco la mano il sangue mi scivola fra le dita, denso. Un capogiro mi coglie alla sprovvista, e cedo. Le braccia di Shinichi mi sostengono prontamente.

“Devi…andare in ospedale…” Mormoro, cercando di restare in piedi.

“No.” Appena capisce che sono in grado di reggermi da sola cerca di allontanarsi, ma lo fermo, stringendolo a me, attenta a non fargli troppo male.

“Ran…” Mormora, cercando di parlare, ma lo interrompo.

“Ti prego… Se non vuoi dirmi cosa hai fatto lascia almeno che ti aiuti…” Biascico contro la sua camicia zuppa di sangue.

Shinichi sospira, e capisco che si è arreso.

Lo lascio andare, facendo uno scalino, però sono costretta a fermarmi. Una smorfia deforma il mio viso.

“Cosa succede?” Mi chiede, immediatamente preoccupato, Shinichi.

“Niente.” Rispondo prontamente. In realtà la scheggia al piede mi fa un male tremendo.

Sospira, prendendomi in braccio.

“Non…” Inizio, ma lui mi zittisce. Saliamo le scale in silenzio, passando davanti alla stanza dei suoi genitori – che sono partiti per una vacanza – e a quella di Sachiko.

Entriamo nella sua stanza, e mi fa sedere sul letto. Subito torna in corridoio, e poco dopo si chiude la porta alle spalle, tenendo fra le mani una cassetta medica.

La appoggia sul letto, mentre si siede al mio fianco. Nel frattempo ho controllato il mio piede, scoprendo che fortunatamente mi sono solo tagliata e che la scheggia non è entrata.

Appena apro la cassetta prendo un pezzo di cotone, imbevendolo d’acqua ossigenata.

“Dammi il braccio…” Mormoro.

“Sicura? Se vuoi faccio io…” Borbotta, tenendo lo sguardo basso. Scuoto il capo, tendendo una mano.

Incerto posa l’avambraccio sul mio palmo, e lotto con tutta me stessa per non svenire. Un taglio di circa dieci centimetri squarcia la carne in diagonale, imbrattando l’intero braccio.

Mi sforzo di non respirare, mentre inizio con calma a disinfettare la ferita, dopo averla sciacquata con un panno bagnato. Gliela fascio con cura, tirando un sospiro di sollievo. Fortunatamente non è profonda.

Subito dopo è la volta del viso. Lo faccio sdraiare sul cuscino, per poter essere più comoda. Chiude gli occhi, infastidito dall’odore di disinfettante.

Non mi ero resa conto di quanti tagli avesse.

“Ti prego… dimmi cosa ti è successo…” Sussurro, con voce tremante, mentre gli medico l’ultima ferita.

“Ho… ho fatto a pugni con Jack…” Sgrano gli occhi, fermando la mia mano.

“P-Perché?” Mormoro, timorosa di conoscere la risposta. Spalanca gli occhi di scatto, balzando a sedere.

“Come perché?! Hai anche bisogno di chiedermelo?!” Sbraita, fissandomi intensamente.

“Come… come…?” Balbetto, senza saper bene a cosa pensare. “Sachiko…”

Distoglie lo sguardo, fissando l’asciugamano zuppo di sangue a terra. “Era giusto che me lo dicesse, Ran…” I suoi occhi tornano a me, fissandomi irati. “Perché non me l’hai detto subito?!”

“Perché sapevo che avresti fatto qualche sciocchezza…” Sussurro. “Infatti guarda come sei ridotto ora!”

“Posso cavarmela benissimo.” Sbotta, voltandosi dall’altra parte.

“Lo vedo! Jack è enorme, avrebbe potuto…” Le parole mi muoiono in gola. “Come hai fatto a farti quel taglio al braccio?” Sussurro, con gli occhi sbarrati. Le mie stesse parole mi hanno portato a temere che avesse appena scampato la morte.

“Aveva un coltello…” Borbotta, abbassando lo sguardo. “Non pensavo fosse armato…”

Le lacrime prendono il sopravvento. Stringo i pugni, cercando di respirare.

“Ran…” Si volta verso di me, tendendo una mano.

“Ti rendi conto che rischiavi di morire?!” Urlo, terrorizzata al solo pensiero.

“Non è successo, quindi non devi preoccuparti…” Mormora, tornando cupo.

“E se avesse avuto una pistola?!” Grido ancora, con gli occhi sgranati. Shinichi sussulta.

“Ti rendi conto?! Questa volta ti è andata bene, ma se avesse avuto una pistola… se ti avesse sparato…” Mugugno, stringendo i pugni sulle ginocchia e chiudendo gli occhi. “Io…”

“Ran… io…” Sussurra, avvicinandosi.

“Io non potrei sopportarlo…” Bisbiglio, singhiozzando. Mi volto verso di lui. “Io non voglio che tu mi lasci!” Urlo, in preda al panico.

Subito le sue labbra si appoggiano alle mie, facendomi sussultare. Rimango immobile per alcuni secondi, prima di riuscire a sciogliermi. Con un gesto quasi disperato mi aggrappo ai suoi capelli, stringendomi a lui. Quando ci separiamo appoggia la sua fronte alla mia, con il fiatone. Chiudo gli occhi, cercando di regolarizzare il battito cardiaco.

“Io non voglio lasciarti…” Mormora, restando a pochi millimetri dalle mie labbra. “Mi dispiace di essere stato poco presente oggi…”

“Quindi… smetterai di dare lezioni a Rachel…?” Domando, speranzosa. Shinichi resta in silenzio. Un silenzio che mi uccide.

“Ho capito…” Sussurro. Con un gesto fluido mi alzo dal letto, ma una sua mano mi afferra il braccio. Un gemito di dolore sfugge alle mie labbra, che si contraggono in una smorfia. La sua presa si allenta subito.

“Scusa…” Biascica, alzandosi anche lui. Afferra la mia mano, sollevando il braccio ed osservandolo alla luce del lampadario. In poche ore sono comparsi alcuni lividi violacei e rossastri, e in alcuni punti – dove le unghie avevano esercitato maggior pressione – sono presenti anche sbucciature, come quelle sui gomiti, dovute al raschiare della pelle contro il muro.

Shinichi cerca di rimanere calmo, osservando attentamente ogni singolo centimetro della mia pelle. Le sopracciglia sono aggrottate e le labbra serrate in una smorfia.

Con una mano copre l’impronta rossastra sulla mia pelle. Sussulto. La mano di Shinichi sembra combaciare alla perfezione con quella che ha tentato di prendermi con la forza. Mi allontano in un gesto improvviso ed involontario, inaspettatamente terrorizzata.

“Ran…?” Shinichi rimane pietrificato, con gli occhi pieni di stupore e dolore. Non si sarebbe mai aspettato questa reazione da me.

Ritraggo le braccia al petto, stringendole al mio corpo, arretrando fino alla porta. Il volto di Jack si fa improvvisamente vivido nella mia mente, sovrapponendosi a quello di Shinichi, davanti ai miei occhi. Arretro di qualche altro passo, finché la mia schiena si scontra contro qualcosa di freddo e… ruvido. Come il muro del vicolo. Davanti a me Jack cammina minaccioso; un ghigno deforma il suo viso ovale. Tremo, rimanendo inerte con la schiena contro la parete.

“Lasciami andare…” Mormoro, con il terrore negli occhi.

“Ti prego, non mi toccare!” Mi accascio a terra, accucciandomi. Le braccia corrono a coprirmi il capo, mentre mi rannicchio.

“Ran…” La voce di Jack risuona minacciosa nella mia testa. La sua risata diabolica mi riempie la mente, costringendomi a tapparmi le orecchie. Ma la voce non cessa di urlare.

“Vattene!” Urlo, con tutto il fiato che ho in corpo.

Le sue braccia tentano di circondarmi il corpo, e recupero un minimo le forze. Con tutta l’energia che riesco a racimolare inizio a scagliare pugni contro il corpo di Jack, che tenta di attrarmi a lui. Lo schiaffeggio a lungo, finché non mi sento sfinita. Chiudo gli occhi, mentre le braccia del mio aggressore smettono di forzarmi.

“Ran…” Questa volta sono certa che non è la voce di Jack a chiamarmi. Sollevo le palpebre, rispecchiandomi in due occhi blu come l’oceano, e non nelle due pozze nere del mio incubo personale.

Improvvisamente mi rendo conto di ciò che ho fatto. Il volto di Shinichi è nuovamente rosso, e alcuni cerotti che poco prima gli avevo fissato per coprire le ferite si sono staccati, riprendendo a sanguinare.

“Io…” Mormoro, incapace di proferir parola. Le lacrime iniziano a solcarmi le guance. “Scusami…” Singhiozzo, mentre Shinichi mi osserva triste. “Scusami… non so cosa…”

“Shh…” Sussurra, avvolgendomi in un caldo abbraccio. “Non è successo niente, stai tranquilla…”

Mi aggrappo alla sua camicia, sentendomi in colpa. Come ho fatto a picchiarlo? Come ho fatto a scambiarlo per Jack?

“Scusa…” Sussurro tra i singhiozzi. Nascondo il volto nell’incavo fra la sua spalla e il collo. “Continuavo… a sentire Jack… e… mi è tornato in mente oggi pomeriggio… scusa… non… volevo… farti male…” Le sue mani mi accarezzano la schiena, nel tentativo di calmarmi.

“Vuoi andare a dormire?” Mi sussurra all’orecchio. Improvvisamente mi ricordo di essere ancora seduta a terra, stretta a lui.

“Ancora un attimo…” Bisbiglio contro il suo collo, restando con gli occhi chiusi. Cerco di non fare troppo caso al colletto della sua camicia sporco di sangue, e mi abbandono completamente contro di lui.

Quando ormai sono con un piede già nel mondo dei sogni le braccia di Shinichi mi sollevano, e improvvisamente sento il materasso sotto la schiena. Mi aggrappo alla sua camicia, mugugnando. Le sue mani si posano sulle mie, cercando di sciogliere la morsa.

“Non… andartene…” Biascico, con la voce impastata dal sonno.

“L’importante è che non mi uccidi durante la notte scambiandomi per quel pezzente…” Scherza, senza lasciare le mie mani. Le mie labbra si incurvano in un sorriso. Tiro ancora di più la camicia.

“Ehm… Ran… dovrei cambiarmi, non penso sia piacevole dormire con la puzza di sangue sotto al naso…” Sghignazza. Sono certa che se sollevassi le palpebre troverei il suo solito sorriso ironico ad accogliermi, ma ora sono troppo stanca.

Sciolgo lentamente la presa, facendo cadere pesantemente le mani sul materasso, al mio fianco.

Sento alcuni passi soffocati dalla moquette della stanza, e poi il cigolio dell’anta dell’armadio. È vero, siamo nella sua stanza…

Lottando contro la stanchezza sollevo le palpebre, mettendo a fuoco la stanza. Davanti all’armadio Shinichi si sta lentamente sfilando la camicia bianca sporca di sangue. Nonostante la luce soffusa – senza che me ne rendessi conto Shinichi aveva spento il lampadario e acceso l’abatjour – posso notare chiaramente i vari segni rossi e neri sulla sua pelle chiara, marchiata. Mi sento improvvisamente in colpa. Se non fossi stata così stupida da fidarmi di Jack non sarebbe ferito. Se mi fossi fidata di Shinichi non saremmo giunti a questo punto. Sì, perché io non mi sono fidata di lui, per questo mi sento terribilmente male.

Richiudo gli occhi, cercando di trattenere le lacrime; li riapro solamente quando sento il materasso ciondolare sotto ad un nuovo peso. Shinichi – che ha indossato una semplice maglietta a maniche corte bianca – si avvicina a me, spegnendo la luce. Nella stanza cala il buio. Buio come lo era quel vicolo. Mi stringo a Shinichi, tremante.

“Tranquilla Ran…” Mormora, preoccupato. Con un braccio mi avvolge, stringendomi a sé. Nonostante il piacevole tepore che mi avvolge non riesco a tranquillizzarmi. Il mio corpo è scosso da continue percosse, simili alle convulsioni.

Stringo i denti, mentre alcune lacrime scivolano lungo le guance, inumidendo il cuscino.

“Non piangere…” Bisbiglia Shinichi, con una nota di tormento nella voce. Stringo i lembi della sua maglietta.

La sua fronte sfiora la mia, mentre con le braccia cerca di stringermi ancora di più a lui.

“Non ci riesco…” Singhiozzo, serrando le palpebre. “Ho paura…” Sussurro.

Shinichi si immobilizza.

“Non si avvicinerà mai più a te, te lo prometto.” Sibila, a denti stretti.

“Non voglio che fai a pugni per me…” Bisbiglio, reprimendo un fremito. Non so cosa farei se tornasse di nuovo a casa sfregiato come questa notte.

Shinichi sbuffa dal naso, facendomi il solletico. Rimango in silenzio, mentre lo stress accumulato in queste poche ore torna a farsi sentire.

“Shinichi…?” Farfuglio, incapace di articolare bene le parole. Un mugolio da parte sua mi informa che è in ascolto. “Ti amo…” L’ultima cosa che avverto sono le sue braccia irrigidirsi, poi sprofondo in un sonno senza sogni.

 

“Hm…?” Tasto più volte il materasso, ad occhi chiusi, cercando di afferrare il lenzuolo che durante la notte è scivolato ai miei piedi. Quando lo agguanto mi copro fino alla punta del naso, rigirandomi su un fianco.

Ci metto alcuni secondi ad elaborare l’idea di essere sola in quel letto da una piazza e mezzo. Mi metto a sedere con un salto, spalancando gli occhi. Resto accecata dalla luce del mattino, ma mi guardo immediatamente intorno, spaventata.

Sono nella stanza di Shinichi, eppure di lui neanche l’ombra. La luce entra fioca dalla finestra, e appena scosto le leggere tendine azzurre posso notare uno spesso strato di nubi grigie e minacciose.

Mi sfrego le braccia con le mani, infreddolita. La temperatura è scesa a picco questa notte.

Tasto il materasso, dove sono certa che fino alla sera precedente ci fosse Shinichi. Al di fuori del piccolo spazio occupato dal mio corpo, il letto risulta freddo.

Il cuore inizia a battermi furioso nel petto, mentre cerco di capire per quale motivo Shinichi non è rimasto a dormire con me.

Osservo la sveglia: le nove in punto. Lui non è mai stato un tipo mattiniero, quindi è improbabile che si sia già svegliato… Forse, però, mi sto facendo troppi problemi. Può essersi benissimo alzato prima di me per farsi una doccia…

Mi alzo in punta di piedi, camminando sulla delicata moquette azzurra. A terra, vicino al comodino, si trova ancora l’asciugamano zuppo di sangue. Se si fosse svegliato per fare la doccia l’avrebbe di certo preso per buttarlo. Scuoto il capo. No, magari non l’ha notato mentre cercava di alzarsi senza fare rumore per non svegliarmi…

Apro la porta, che maledico non appena cigola. Me la richiudo in fretta alle spalle.

Cercando di restare tranquilla mi affaccio sulla mia stanza, scoprendola vuota. Aggrotto le sopracciglia. Dov’è finito Shinichi?

Scrollo le spalle. Forse ho ragione: è solamente andato a farsi un giro perché non aveva sonno. E… se fosse andato con Rachel?! No, a cosa penso? Scuoto il capo con forza, scendendo le scale della villa.

Quando giungo alla fine della lunga rampa scopro che qualcuno ha già ripulito il disastro creato dal mio bicchiere ieri sera, quando l’ho fatto involontariamente cadere a terra. Osservo attentamente il pavimento, verificando che non ci siano schegge ancora sparse, poi procedo nell’atrio, giungendo nel grande salotto.

“No…” Mormora qualcuno. Riconosco immediatamente quella voce, e rimango immobile.

Quando capisco che i lamenti arrivano da uno dei grandi divani mi avvicino lentamente, con brevi passi.

Trattengo il respiro quando noto Shinichi scompostamente sdraiato sul morbido sofà bianco. Cosa ci fa qui?

Poso una mano sulla sua, procurandogli un sussulto.

“Shinichi…” Bisbiglio, avvicinandomi al suo orecchio.

“Ra…” Non termina, perché stringe i denti con troppa forza. Le mani si chiudono in due saldi pugni. Cosa sta sognando?

Il volto è tirato, ed è ancora un po’ arrossato dalla sera precedente. Si è coperto nuovamente i tagli con dei cerotti – dopo che alcuni si erano staccati a causa dei miei schiaffi.

“Shinichi?” Lo scrollo, posando le mie mani sulla sua spalla.

“Rachel!” Urla, rigirandosi nel divano. Mi allontano, ferita nel profondo.

Le mie mani si chiudono in una morsa micidiale, mentre le unghie si conficcano nella mia stessa carne.

Mi mordo il labbro inferiore, mentre il mio cuore cade a pezzi. Senza attendere il suo risveglio scappo, correndo lontano da lui, con il mio cuore scalfito da migliaia di ferite.

 

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Tratto dal Capitolo Diciotto: Tragedia

Mi sfilo in fretta il casco, appoggiandolo alla sella. Corro subito verso l’entrata principale della scuola di ballo, e quando giungo davanti alla porta ho già il fiatone. Mi fermo per alcuni secondi, cercando di riprendere fiato, per non parlare affannata.

Abbasso la maniglia con forza, entrando come una furia nel piccolo atrio. Corro verso la sala uno, davanti a me.

Spingo la porta girevole, mettendo piede sul chiaro parquet. Sgrano gli occhi, mentre sento il cuore fermarsi.

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Capitolo 18
*** Tragedia ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Diciotto: Tragedia

Mi accuccio nascosta dietro ad un roseto, stringendo le gambe al petto. Le lacrime sgorgano dai miei occhi, senza che riesca a fermale; ma non voglio smettere. Non c’è altro modo per sfogarmi.

Forse avrei dovuto rimanere ad ascoltare… Forse era solo un incubo, non era un bel sogno. Del resto non aveva una bella espressione quando ha pronunciato il nome di quella strega…

Però… Perché è andato a dormire in salotto, e non è rimasto con me stanotte?

Stringo i pugni, affondando il volto sulle ginocchia. Un altro ricordo affiora nella mia mente confusa. Quando la sera precedente gli ho detto ‘ti amo’ sono certa che le sua braccia si sono irrigidite improvvisamente, e anche se ero ad un passo dall’addormentarmi sono certa che non ha risposto. Sgrano gli occhi. Significa che… non mi ama? Però… fino a pochi giorni fa me l’aveva detto…

Prima che incontrassimo Rachel.

Prima che quella strega iniziasse il suo perfido e sprezzante corteggiamento.

Prima che Jack provasse a violentarmi.

Scuoto il capo. Troppi ricordi, troppe emozioni. Inizio a pensare che venire in America sia stata l’idea peggiore che potessi avere. Del resto mi conforta l’idea di avere già il biglietto pronto per Tokio. Yukiko ha pensato di prenotarmene uno ‘aperto’, questo significa che posso prendere qualunque aereo diretto a Tokio, non importa in quale giorno o a che ora.

Non mi sento affatto bene. Ho come un enorme peso che mi grava sul petto, e che mi impedisce di respirare liberamente, senza fatica.

“Ran!” La voce di Sachiko mi fa sussultare. Sollevo lo sguardo, trovandola a pochi metri da me. Mi osserva con le sopracciglia aggrottate.

“Cosa è successo?” Si accomoda vicino a me, accarezzandomi i capelli.

“Niente…” Borbotto, senza troppa convinzione.

“Andiamo, Ran, lo sai che puoi dirmi tutto…” Sussurra la mia amica, con la voce incrinata dalla preoccupazione.

“Shinichi… stava sognando Rachel…” Mormoro, con voce rotta. “Gridava il suo nome nel sonno…”

“Per questo l’hai mandato a dormire sul divano?” Mi chiede Sachiko, perplessa. Sussulto.

“No! Per niente…” Respiro, cercando di non scoppiare a piangere nuovamente. “È stato lui ad andarsene mentre dormivo…”

Sachiko tentenna, mentre si domanda cosa abbia spinto Shinichi ad allontanarsi.

“Scusa, ma quindi ieri sera ci hai sentiti quando è tornato a casa?” Le domando, mentre arrossisco. La mia amica scuote il capo in segno di assenso.

“A un certo punto pensavo di venire a vedere cosa stava accadendo, perché ti sei messa a gridare come una pazza…” Mi spiega, pensierosa. Abbasso lo sguardo, imbarazzata dalla mia performance di ieri. Come ho fatto a scambiare Shinichi per Jack è ancora un mistero.

“Scusa se non ho tenuto il segreto… Non pensavo sarebbe corso fuori casa nel bel mezzo della notte per andare a fare a pugni…” Mormora Sachiko, evidentemente dispiaciuta.

“Non importa… Prima o poi l’avrebbe scoperto…” Bisbiglio, osservando una rosa che spunta da sopra la mia testa.

“Vuoi rimanere a casa?” Mi domanda, dopo alcuni minuti di assoluto silenzio, spezzato solo dal cinguettare di alcuni uccellini sopra le nostre teste.

“No… E poi ho intenzione di chiedere a Shinichi cosa sta succedendo…” Non sono ancora sicura che è ciò che voglio, ma meglio mettere in chiaro le cose subito, invece che vivere nell’incertezza.

Sachiko annuisce, anche lei poco convinta dalla mia decisione.

Ci alziamo in piedi, dirigendoci verso l’entrata della villa.

Quando entriamo in salone Shinichi non è più sdraiato sul divano. Mi sento improvvisamente agitata. Cercando di essere il più veloce possibile salgo le scale, rinchiudendomi nella mia stanza.

Tiro un sospiro di sollievo.

“Ran…” Borbotta una voce davanti a me. Sgrano gli occhi, voltandomi verso il letto della mia stanza.

“Che… che ci fai qui?” Chiedo, squadrando Shinichi, comodamente seduto sul mio letto – ancora intatto.

“Voglio… chiederti scusa per stanotte…” Bofonchia, abbassando lo sguardo sulla moquette.

“Non hai niente di cui scusarti…” Mormoro, abbassando anch’io lo sguardo.

“Non è vero!” Sbotta, stringendo i pugni. “Ran… c’è una cosa che devo dirti…”

Il cuore mi martella nel petto, mentre cerco di indovinare a cosa si riferisca. Forse… sta per dirmi che si è innamorato di Rachel…?

Mi volto verso la finestra, mentre sento gli occhi pizzicare.

“Rachel…” La sua frase viene interrotta dalla porta, che si spalanca improvvisamente, facendomi sobbalzare. Fortunatamente mi ero spostata di alcuni centimetri, altrimenti me la sarei ritrovata in faccia.

“Shinichi! Ran!” Esclama Yukiko, stringendomi in un soffocante abbraccio. Ricambio la stretta, contenta di averla ritrovata.

“Mamma!” Shinichi sbuffa, interrotto. “Non lo sai che si bussa?!” Ancora la stessa frase di qualche tempo fa. Avrei sorriso se non fossi terrorizzata dalla sua frase incompleta.

Senza rispondergli corre ad abbracciare anche lui. Dopo alcuni giorni di vacanza – non sappiamo dove – i signori Kudo sono finalmente tornati.

“Cosa hai fatto al viso?!” Chiede a Shinichi, Yukiko.

“Sono… caduto dalla moto, niente di preoccupante…” Borbotta Shinichi, ricevendo un’occhiataccia da parte della madre. Mi osserva preoccupata.

“Tu non eri in moto con lui, vero?” Mi squadra da capo a piedi, alla ricerca del più piccolo taglietto.

“No, non ti preoccupare.” Sorrido, cercando di tranquillizzarla. Dopo tutti questi anni è naturale per me darle del ‘tu’.

Yukiko sospira. “Stai più attento la prossima volta…”

Detto questo sparisce dietro la porta.

“Dicevi…?” Mormoro, tornando improvvisamente seria, così come lui.

“Vedi… io…” Si interrompe, serrando le labbra.

“Tu…?” Lo sprono, mentre le lacrime mi offuscano la vista.

“Ran!” Una voce sopraggiunge dalla finestra spalancata. Mi affaccio, incontrando il sorriso smagliante di Luke. Cosa ci fa nel giardino di villa Kudo?

“Luke! Cosa ci fai qui?” Gli chiedo, cercando di farmi sentire. Sento lo sguardo di Shinichi puntato contro la mia schiena.

“Mi ha aperto Sachiko!” Urla, mostrandomi un casco da moto. “Andiamo?” Mi chiede, indicandolo.

Rimango perplessa. Vado, oppure no?

Mi volto verso Shinichi che mi osserva supplicante.

“Shinichi… mi vuoi dire o no, quella cosa?” Chiedo, incerta.

“Forse… è meglio se rimandiamo la discussione a stasera…” Borbotta, aggrottando le sopracciglia.

Sbuffo. “D’accordo…”

Corro al piano di sotto, raggiungendo Luke, che nel frattempo è entrato in salotto e conversa allegramente con Yusaku.

“Andiamo?” Gli chiedo, sorridente. Lui annuisce, guardando incerto qualcosa alle mie spalle. Mi volto, incontrando lo sguardo dispiaciuto di Shinichi. Accenno un sorriso, che risulta falso persino a me.

Senza dire niente torna al piano di sopra, mentre io e Luke usciamo di casa.

 

“Forse non è davvero come pensi te…” Borbotta Luke, lanciando un sasso in acqua. Lo scruto, cercando di capire cosa intenda.

Abbiamo passato l’intero giorno a parlare di noi, e dei nostri sentimenti, confrontandoci. Da qui ho scoperto che è follemente innamorato di Kimberly, ma che non si è mai fatto avanti, terrorizzato dal pensiero di perderla. Ora ci troviamo in cima ad una scogliera, mentre il sole si sta apprestando a tramontare.

“A cosa ti riferisci?” Gli chiedo, raccogliendo un piccolo sassolino da terra, dalla forma simile a un cuore.

“Lo sai… A Shinichi e Rachel…” Risponde, lanciando un'altra pietra. Sussulto. Per la prima volta sono riuscita ad aprirmi interamente, ed ho confidato a Luke tutte le mie preoccupazioni, senza paura di essere giudicata. Nemmeno con Sachiko sono stata in grado di farlo. “Non penso che lui stia facendo il doppio gioco…”

“Come puoi dirlo?” Gli chiedo, interrompendolo.

“Lasciami finire. Volevo dire che non penso stia facendo il doppio gioco, e di certo se lo fa va contro la sua volontà.” Lo osservo perplessa.

“Rachel è piena di risorse. Ma soprattutto è furba. Basta che abbia trovato il modo di far sottostare Shinichi alla sua volontà ed il gioco è fatto.” Borbotta Luke, lanciando una pietra con il doppio della forza di prima.

“Come potrebbe?” Domando, preoccupata da tale eventualità.

“Non lo so… Ma di certo se è successo, tu rientri nella sua minaccia.” Luke mi osserva intensamente, con una ruga di preoccupazione.

“Cosa potrebbe avergli detto, per convincerlo?” Mi mordicchio un’unghia del dito.

“Da quello che ho capito Shinichi è molto protettivo nei tuoi riguardi, e Rachel conosce un sacco di gente pericolosa… Penso che questo possa essere bastato a lui per farlo sottostare…”

“Ma non è sicuro che Shinichi sia stato ricattato…” Borbotto, abbassando lo sguardo sulla pietruzza a forma di cuore ancora fra le mie mani.

“Neanche che stia facendo il doppio gioco.” Mi risponde prontamente Luke, poggiando una mano sulla mia spalla, in segno di conforto.

“Allora cosa voleva dirmi prima?” Gli chiedo, in tono di sfida. È inutile, è evidente che Shinichi mi sta nascondendo qualcosa. Qualcosa di molto brutto, e doloroso.

“Forse stava per confidarti di essere stato ingannato da Rachel, e che era dispiaciuto.” Sorrido amaramente.

“Forse è meglio che vada a parlargli… Via il dente via il dolore, giusto?” Scherzo, dirigendomi verso la moto di Luke. Sono contenta di aver accettato di andare con lui. A metà mattinata Sachiko mi ha informato che sarebbero andati tutti alla spiaggia, ma non avevo alcuna intenzione di assistere a un ulteriore tentativo di seduzione da parte di Rachel verso il mio ragazzo, quindi ho accettato di buon grado la proposta di Luke di passare la giornata per le colline, girando in moto.

“Aspetta, chiamo Kimberly e le chiedo dove si trovano.” Sorrido quando noto lo strano bagliore che illumina gli occhi del mio amico appena pensa alla ragazza amata.

Mi dirigo verso la moto, mentre lui farfuglia qualcosa al telefono. Quando mi viene vicino indosso il casco.

“Shinichi si trova alla scuola di ballo della madre di Rachel.” Rimango perplessa. Cosa ci fa là?

“Come mai si trova lì?” Cerco di tenere a freno la gelosia.

“A quanto pare Rachel – fa una smorfia quando pronuncia quel nome – non si trovava a proprio agio in mezzo a tante persone e non riusciva a concentrarsi.” Sbotta, accendendo il motore, che prende vita con un rombo.

Non rispondo, e mi godo il viaggio sulla strada che costeggia il mare.

Dopo alcuni minuti la spiaggia viene sostituita da una distesa d’erba, che circonda un edificio ricoperto quasi interamente da vetrate. Un insegna indica che si tratta di una scuola di ballo. La moto scende lungo un vialetto, raggiungendo il parcheggio deserto. Davanti a noi si trova una grossa vetrata, ma ciò che vedo è solo il riflesso della moto, niente di ciò che c’è all’interno.

Mi sfilo in fretta il casco, lanciandolo a Luke. Corro subito verso l’entrata principale della scuola di ballo, e quando giungo davanti alla porta ho già il fiatone. Mi fermo per alcuni secondi, cercando di riprendere fiato, per non parlare affannata.

Abbasso la maniglia con forza, entrando come una furia nel piccolo atrio. Corro verso la sala uno, davanti a me.

Spingo la porta girevole, mettendo piede sul chiaro parquet. Sgrano gli occhi, mentre sento il cuore fermarsi.

Davanti a me, seduti a terra, si trovano Shinichi e Rachel. Lui è di schiena, mentre lei è avvinghiata a lui. Le sue braccia gli circondano il collo.

Si voltano entrambi verso di me appena sentono il fracasso che ho generato alla mia entrata.

Shinichi strabuzza gli occhi, ma è solo questione di pochi secondi, perché il suo viso viene catturato dalle mani ingorde di Rachel, che fa scontrare le loro labbra.

Reprimo un gemito di dolore. Rimango pietrificata sul posto. Se devo proprio perdere Shinichi non voglio farlo senza almeno la più piccola soddisfazione.

Le labbra di Rachel si muovono avide, mentre quelle di Shinichi rimangono immobili. Ma se non vuole per davvero questo bacio perché non la scansa via?!

A costo di rischiare un trauma resto immobile ad osservarli.

Quando finalmente Rachel si stacca dalle labbra di Shinichi prendo un profondo respiro. Non mi ero accorta di aver smesso di respirare.

“Avete finito?” Chiedo, con voce atona. I due si alzano in piedi. Rachel mi osserva stizzita, mentre Shinichi sembra sofferente.

“Ran… Ascolta…” Lo zittisco immediatamente.

“Zitto! Non voglio ascoltare le tue patetiche scuse, né tanto meno interrompere questo vostro ‘intellettuale’ incontro.” Sbotto acida, voltandomi verso la porta.

Rachel sogghigna, facendomi perdere il controllo.

Come una furia torno a fissarli, correndogli incontro.

Quando sono abbastanza vicina sollevo la mano in aria, schiaffeggiandola. Si volta lentamente verso di me, squadrandomi.

“Come hai osato?” Scandisce per bene le parole, guardandomi furente. Le rivolgo un sorriso di sfida, accantonando almeno per il momento il mio dolore.

“Come hai osato tu, baciando il mio ragazzo?” La fulmino con lo sguardo, rivolgendo un’occhiataccia anche a Shinichi, che ci osserva con occhi sgranati.

“Andiamo fuori?” Mi chiede Shinichi, alzando le mani all’altezza del petto. Lo ignoro.

“Certo, tesoro, che ne dici di fare una passeggiata in riva all’oceano?” Chiede Rachel, melliflua. Sento il sangue ribollirmi nelle vene, mentre prende a braccetto il mio ragazzo.

Rimango in silenzio, mentre quella strega lo spinge fino alla porta dell’atrio.

Con passi veloci li raggiungo quando sono già sull’uscio. Shinichi mi lancia continue occhiate ansiose.

Quando Rachel si accorge di me, si volta, fissandomi turbata. Prima che possa dire qualcosa le tiro un fortissimo pugno sulla guancia, che la costringe a staccarsi da Shinichi e ad indietreggiare.

“Ran!” Urla il mio ragazzo, shockato. Non gli bado, mentre osservo la strega che si massaggia la guancia ferita.

“Maledetta!” Urla, correndomi incontro. Mi tira un pugno, che mi spacca il labbro inferiore. Sento il gusto del sangue propagarsi nella mia bocca, facendomi venire la nausea.

Prima che possa allontanarsi le scaglio alcuni pugni nello stomaco, mentre lei mi morde un braccio. Urlo, mentre cerco di liberarmi dalla sua morsa.

Quando finalmente i suoi denti mi lasciano il braccio – lasciandomi profondi segni rossi – mi avvento su di lei, ma vengo accolta in un abbraccio.

“Ran, calmati, ti prego…” Mormora Shinichi, contro i miei capelli, stringendomi con forza contro il suo petto. Mi dimeno, cercando di liberarmi da quella morsa.

“No…” Biascico contro la sua camicia.

“Che stai facendo, Kudo?!” Sbotta Rachel, infuriata.

“Basta Rachel! Sono stufo, non ti permetterò di farle del male! Piuttosto manda i tuoi amichetti a pestare me, ma lascia stare lei!” Urla Shinichi, facendomi sobbalzare. Di cosa stanno parlando?

Mi calmo, restando ad ascoltare il battito accelerato del suo cuore.

“Sei impazzito? Se speri di cavartela in questo modo ti sbagli di grosso!” Grida vendendoci vicino.

“Tu prova ad avvicinarti ancora a me o a lei, o falle capitare qualcosa ed io ti denuncio alla polizia.” La voce di Shinichi si è fatta fredda e tagliente, e mi terrorizza.

Quindi… aveva ragione Luke?

Sento il rumore di una serratura che scatta, e riemergo dal petto di Shinichi, che continua a stringermi a sé.

Solo ora mi accorgo che durante la nostra piccola ‘battaglia’ abbiamo raggiunto l’entrata della scuola di ballo. Le onde si infrangono sugli scogli poco distanti da noi, mentre il sole scende lentamente all’orizzonte, pronto a lasciare il suo posto alla luna e le stelle. Fortunatamente da questa mattina il tempo è nettamente migliorato, e le nuvole sono scomparse quasi del tutto.

“Ran… possiamo parlare?” Mi chiede Shinichi, inquieto. Annuisco, terrorizzata.

Insieme ci dirigiamo verso la sua moto, dove Luke ci attende ansioso.

 

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Tratto dal Capitolo Diciannove: Amore

“Avanti, sono pronta a sentire tutto ciò che hai da dire…” Mormoro, abbassando lo sguardo, pronta al peggio.

“Ran…” Mi torturo le mani, mordicchiandomi il labbro ferito. “Noi non possiamo stare insieme.” Sbotta, tutto d’un fiato.

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Capitolo 19
*** Amore ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Diciannove: Amore

“Luke, puoi prestare il casco a Ran, per favore?” Mi volto ad osservare Luke, che mi lancia occhiate inquiete. Annuisco con un cenno del capo verso il mio amico.

“Certo…” Afferro il suo casco, mentre Rachel parte sgommando a bordo della sua moto.

“Quindi tornate a casa insieme?” Luke osserva attentamente Shinichi, che indossa il suo casco.

“Sì, non ti preoccupare.” Shinichi sale sulla moto, ed io lo seguo, titubante.

Quando le ruote iniziano a rotolare sull’asfalto mi stringo con forza a lui. Chissà, forse questa è l’ultima volta che sarò in grado di farlo…

Mentre sfrecciamo lungo la strada diretta a villa Kudo rivivo ogni singolo istante passato in questo meraviglioso paese. Il mio arrivo, le nostre giornate in moto, girovagando per i colli di Los Angeles: tutti gli episodi belli passati insieme, fino a giungere agli ultimi orribili avvenimenti. Rachel, Jack, le litigate, le ferite di Shinichi dopo che aveva fatto a botte con il mio assalitore… Tutte le lacrime versate.

Involontariamente una lacrima scivola dalle mie ciglia, rigandomi la guancia contro la quale sferza il vento. Vorrei cancellare la sua scia, ma non voglio allentare la presa dal corpo di Shinichi. Ho una terribile sensazione. Sento che tra non molto accadrà qualcosa. Mi convinco a restare calma. Cosa può succedere di così orribile? Una parola guizza nella mia mente: rottura. Un brivido corre lungo la mia schiena. No, non può essere. Non siamo ancora giunti a livelli così critici, no? Del resto quella che dovrebbe essere arrabbiata sono io! Non sono io quella che è stata baciata! A dire il vero sì, ma di certo non ho fatto niente!

Con mio grande stupore la moto rallenta, fino ad arrestarsi.

Mi guardo intorno. Non siamo ancora arrivati a villa Kudo, anche se scorgo il suo maestoso profilo poco distante.

“Per-chè ti sei fermato?” La voce è più tremula di quanto pensassi. Con un gesto del capo mi fa segno di scendere. Non vorrà abbandonarmi qui e farmela fare a piedi?!

Tuttavia la mia stupida supposizione viene subito confutata dallo stesso Shinichi, che scende dalla moto, reggendola solo attraverso il volante.

“Ti va se parliamo qui?” Mi domanda, guardandomi di sottecchi mentre spinge la moto verso il ciglio della strada. Strabuzzo leggermente gli occhi. Perché proprio qui?

“Sì…” Accosta la moto al guardrail, approfittando del piccolo spazio che funge da area di sosta. Solo quando si volta verso i cespugli alle mie spalle noto un piccolo sentiero sterrato.

“Vieni…” Mormora. Prima che possa fare un solo passo però un clacson attira la nostra attenzione, e quando ci voltiamo un’elegante Mercedes nera si ferma in mezzo alla strada. I finestrini oscurati si abbassano, mostrandoci il volto sorridente di Yukiko Kudo, accomodata sul lato del passeggero, con il marito Yusaku al volante.

“Ehi ragazzi, andate a fare una passeggiata?” Yukiko mostra un sorriso malizioso, che si spegne non appena incontra il mio volto spaventato e lo sguardo assente di Shinichi. “Ehm…”

“Ragazzi questa sera non torneremo, a casa c’è Sachiko con Kimberly, mi raccomando non fate tardi e divertitevi!” Sorride Yusaku, facendo scorrere gli occhi da me a Shinichi e viceversa per un paio di volte, con il viso contratto in un’espressione dapprima giocosa, poi seria.

La macchina riparte immediatamente, lasciandoci nel silenzio di questa strada deserta.

“Andiamo.” Sbotta Shinichi, infiltrandosi in mezzo ai cespugli che rendono difficoltoso il passaggio lungo il sentiero. Lo seguo, sentendo l’impulso di tornare immediatamente indietro e di correre fino alla villa, senza aspettarlo.

Tuttavia rimango calma, e cerco di respirare regolarmente e profondamente. Funziona. Certo, il terrore rimane, ma adesso è molto più ridotto e riesco anche a pensare positivo.

Non può essere qualcosa di così grave, del resto non è successo niente di che…

Continuiamo a seguire il sentiero, inoltrandoci in un bosco composto da grandi alberi che con le loro prosperose chiome oscurano il cielo, permettendo a pochi raggi di sole – che sta ormai tramontando – di filtrare. Senza tener conto del sentiero che prosegue verso chissà dove Shinichi si ferma, e dopo un sospiro si volta verso di me. Rimane in silenzio, mentre osservo la sua espressione indecifrabile e il volto tirato. Basta, è arrivato il momento della verità.

“Avanti, sono pronta a sentire tutto ciò che hai da dire…” Mormoro, abbassando lo sguardo, pronta al peggio.

“Ran…” Mi torturo le mani, mordicchiandomi il labbro ferito. “Noi non possiamo stare insieme.” Sbotta, tutto d’un fiato. Immediatamente sollevo il capo, incontrando il suo sguardo sofferente.

“Cosa…?” Per un attimo mi è sembrato che il cuore si sia fermato. Ora riprende a battere convulsamente dentro al mio petto, mentre una voragine si spalanca davanti a me. Sono certa di avere gli occhi sbarrati. “Pe-Perché?”

“Non sono la persona giusta per te.” Perché all’improvviso il mondo sembra crollarmi addosso? Qualcosa dentro di me si sta lentamente logorando, ed è sul punto di spezzarsi in mille pezzi. “Sono sicuro che nel giro di poco tempo troverai la persona adatta a te e mi dimenticherai.”

Osservo il suo volto. È teso, e gli occhi puntano verso alcune rocce a terra. La rabbia mi acceca, superando persino il dolore che si sta diffondendo a macchia d’olio dentro di me. Come può pensare una cosa simile?!

“Cosa te lo fa credere?” Sibilo a denti stretti, stringendo con forza i pugni. Lo vedo spostare lo sguardo, segno che l’ho colto alla sprovvista con una simile domanda.

“Io non sono la persona giusta per te.” Ripete. A questo punto esplodo.

“Tu non sei la persona giusta per me, o io non sono la persona giusta per te?!” Grido, esasperata. La voce mi esce stridula. Shinichi solleva lo sguardo, turbato. I nostri sguardi si incontrano, incatenandosi.

“Non è quello che ho detto.” Sibila, con occhi fiammeggianti.

“Allora spiegati, dannazione!” Urlo, stanca di tutti questi giri di parole. “Se non mi ami dimmelo e basta!”

Abbasso lo sguardo, serrando le palpebre. Perché all’improvviso tutto sembra acquisire un senso. Sono stata una sciocca a sperare. Sono stata una sciocca a credere che per noi due ci sarebbe stato un futuro. Sciocca nel credergli quando guardandomi negli occhi mi aveva detto ‘ti amo’.

Sono stata presa in giro. Solo presa in giro. Dalla persona che amo.

Lotto contro le lacrime. Non voglio che mi veda in questo stato. Devo uscirne a testa alta da questo dibattito.

“Ti ho detto che non possiamo stare insieme, non ti basta come spiegazione?!” Urla anche lui. Sobbalzo, e torno a guardarlo, sebbene le lacrime mi stiano offuscando gradualmente la vista.

“Dammi dei motivi! Non ti chiedo altro!” Il respiro è affannoso, e il cuore martella nel mio petto, in procinto di esplodere.

“Non c’è un motivo! Non possiamo e basta!” Scuoto il capo, rifiutandomi di credergli.

“Non ti credo! Deve esserci qualcosa!” Perché? Perché deve accadere tutto questo? Perché non riusciamo a vivere come due comuni ragazzi liceali?

“Basta!” Urla, esasperato, con il viso rosso. “Ho detto di no!”

Il mio cuore continua a battere furioso ma il tempo sembra essersi fermato. Ormai ci siamo. Siamo al punto di rottura, il momento in cui l’orologio sembra arrestarsi, e con esso anche il tuo cuore.

“Quindi… Mi stai lasciando?” Sussurro, con gli occhi spalancati che vedono solo sagome sfocate ed indistinte. Il volto di Shinichi assomiglia a un disegno fatto con gli acquarelli, sul quale è caduta una grande goccia d’acqua, che ha fatto sciogliere il colore e i suoi contorni, rendendolo una macchia informe.

Sbatto un paio di volta le palpebre, fino a rendere almeno un poco più chiara la sagoma del suo volto.

“Sì.” È appena un sussurro ma riesco a sentirlo chiaramente. Il momento che mai avrei sperato arrivasse è giunto. Sento la crepa di poco prima aumentare a dismisura, fino ad inghiottirmi. Il mio cuore si spezza in mille pezzi, mentre sento che la testa mi gira vorticosamente.

Rimango immobile a fatica.

“Ci… ci vediamo a casa… non è tanto lontana… arriverai in un attimo anche a piedi…” Mormora, passandomi accanto, seguito dal fruscio dei suoi vestiti.

Dopo alcuni istanti passati immobile – quando sono certa di essere sola – cado a terra in ginocchio, rimanendo immobile.

È come se una lunga lancia mi avesse appena trapassato da parte a parte, colpendomi a morte.

Respirare ora è diventata una fatica enorme, e mentre mi accascio al suolo spero ardentemente di svenire, o meglio, morire.

Le lacrime scorrono veloci fino a bagnare il terreno secco, mentre nella mia mente riecheggiano le parole di poco fa.

“No…No…No…” Sussurro continuamente, fuori controllo. Singhiozzo contro il terreno, stringendo i denti.

Mi sento morire, ma per mia sfortuna non svengo. Forse mi avrebbe aiutato ad assimilare meglio la notizia…

Chiudo gli occhi. Non può essere la realtà. Non deve essere la realtà.

Forse se riapro gli occhi mi risveglierò e sarò ancora tra le braccia del mio Shinichi, nel suo letto, ancora in pigiama. Forse in realtà non è passata un’intera giornata, ma solo una notte. Lui non ha mai baciato Rachel e non ci siamo mai lasciati. Mi risveglierò e quando gli racconterò il mio sogno si metterà a ridere e mi darà della sciocca per aver sognato una cosa del genere.

Ma so bene che ciò non accadrà.

Mi lascio cullare dal vento che soffia tra le fronde degli alberi. Lentamente sento le forze abbandonarmi e finalmente perdo conoscenza.

 

Una goccia bagna il mio viso. Stancamente mi metto a sedere, alzando la testa verso il cielo. Enormi nuvoloni neri oscurano il bosco in cui mi trovo, minacciosi.

A poco a poco tutti i pezzi tornano al loro posto, e la realtà si staglia davanti a me, schiacciandomi.

“Mi… ha… lasciata…” Sussurro, sentendomi subito dopo male. Stringo con forza alcuni ciuffi d’erba. Le lacrime mi offuscano nuovamente la vista, e mi lascio a un grido di dolore, per poi scoppiare a piangere. Con foga mi strappo un braccialetto che tenevo al polso, un regalo che mi aveva fatto pochi giorni prima. Lo lancio contro un albero, rannicchiandomi sulla terra.

Alcune gocce scendono velocemente dal cielo, mischiandosi alle lacrime che mi rigano il viso.

Cosa farò ora?

Mi alzo stancamente in piedi, correndo lungo il sentiero, cercando di non pensare al dolore che provo all’altezza del petto. Dopo pochi passi però ritorno indietro, e raccolgo da terra quel braccialetto. Raggiungo la strada, mentre le gocce di pioggia si sono fatte più grandi e frequenti. Inizio a correre in direzione della grande villa Kudo – rimanendo sul ciglio della strada –, sbattendo ripetutamente le palpebre, sommerse dall’acqua. Quando il cancello è in vista però mi immobilizzo. Non sono certa di riuscire ad entrare dentro quella casa. Non sono nemmeno certa di riuscire più a vedere Shinichi.

Indietreggio di alcuni passi, portandomi le mani al petto, ansimante. Chiuso nel polso stringo ancora il braccialetto che poco prima ho tolto. Non ce la posso fare.

Mi volto nella direzione opposta alla villa. Non importa se piove, correrò finché non arriverò a casa di Luke.

Proprio quando i miei piedi si rivolgono verso la direzione voluta vengo illuminata da due luci abbaglianti. Mi porto le mani al viso, nascondendo gli occhi, abbagliata.

Un campanello di allarme suona nelle mie orecchie, e con esso il suono stridulo delle gomme che scivolano sull’asfalto bagnato. Serro le palpebre.

Tuttavia non accade niente, sento solo una folata di vento che mi scompiglia i capelli, mentre un clacson suona in lontananza. Mi volto, aprendo gli occhi, e scorgo i fanali rossi di un’auto che si allontana a tutta velocità lungo la strada.

Sospiro, anche se le lacrime riaffiorano. Perché a me?

Quando mi volto nuovamente altri due fanali mi abbagliano. Mi sposto d’impulso ancora di più al limitare della strada, vicino all’erba. È un attimo. I miei piedi scivolano sull’erba bagnata, e il mio corpo cade a terra, rotolando su se stesso. Sto ruzzolando giù da un fosso. Sento le braccia graffiarsi, mentre la terra viscida e fangosa mi si spalma ovunque. Non ho più la forza di reagire. Nel momento esatto in cui il mio corpo è scivolato, dalle mani è caduto il braccialetto che tenevo gelosamente stretto a me. Le lacrime mi offuscano la vista, e anche quando il mio corpo smette di rotolare rimango sdraiata a terra. Sono certa di non essere caduta molto in basso, e di certo se mi alzassi sarei perfettamente in grado di ritornare sulla strada principale… Ma allora perché le forze mi hanno abbandonato? O meglio, perché non riesco a trovare la forza di alzarmi?

Rimango immobile, sdraiata a terra, in attesa.

Cosa ne sarà di me? Ora che non ho più Shinichi tutto mi sembra estremamente superfluo. Perfino il mio sforzo di tornare in Giappone e di riprendere una vita normale mi sembra inutile.

Un rombo in lontananza mi fa rabbrividire. Serro le palpebre, isolandomi dal mondo esterno. Non mi importa che un fulmine mi colpisca! Non mi importa di che fine farò restando sdraiata qui! Non mi importa di nulla!

Cado in uno stato di dormiveglia, e il viso di Shinichi appare sfocato ai miei occhi. Immagino le sue braccia avvolgermi, e cullarmi contro il suo petto caldo. Tutto mi appare tremendamente reale, posso perfino riuscire ad avvertire le sue mani fare una leggera pressione sul mio viso, mentre me lo pulisce dal fango. Ma questo non è possibile. Forse sono morta. Questa potrebbe essere la ragione per cui ora avverto tutto così nitidamente. È l’unica soluzione.

“Ran? Ran, mi senti? Ti prego rispondimi!” Ora sono certa di poter sentire anche la sua voce. Sembra turbata.

“Ti prego…” Mormora. Sussulto. Agli angoli dei suoi occhi posso scorgere due piccole goccioline. Lacrime. Sta… sta davvero piangendo per me? Ora posso dire di essere davvero morta. A Shinichi non importa niente di me, tutto questo è frutto della mia immaginazione. “Ti prego parlami…”

Sento le braccia bruciare e il freddo avvolgermi completamente. Ma la morte non dovrebbe portare sollievo? Allora perché continuo a sentire dolore? Perché continuo a vedere Shinichi?

Che… no, non è possibile… Che non sia morta e questa sia la realtà?

No, è assurdo. Non posso illudermi, sono stata ferita già fin troppe volte.

“Parlami ti prego…” Una delle due piccole goccioline ai lati dei suoi occhi scivola lungo il suo viso, depositandosi sulle mie labbra. Le dischiudo leggermente. Uno strano sapore entra nella mia bocca secca. È… salato. Il tipico gusto delle lacrime. Quindi… questa è davvero la realtà?

Shinichi sta davvero piangendo per me? Shinichi è davvero qui con me?

Provo a parlare, ma sento i muscoli completamente irrigiditi.

“Shi-ni-chi…” Sussurro, sforzandomi di articolare le parole. Ma il freddo mi avvolge ovunque, e le forze sono poche. I suoi occhi incontrano i miei, fino a un attimo prima spenti.

Spalanca la bocca, sorpreso. Le sue braccia avvolgono in fretta il mio corpo, e in poco tempo mi ritrovo tra le sue braccia, mentre tenta di risalire il piccolo dirupo fangoso. Si aggrappa ad alcuni alberi, e finalmente ritorniamo in strada.

Correndo sotto la pioggia mi porta fino alla sua villa, e appena entriamo in casa mi fa sdraiare su uno dei divani, senza curarsi del fango che ha già macchiato ovunque, colando dai nostri vestiti.

Mi abbandono sul cuscino, senza forze.

“Chiamo un dottore!” Nei suoi occhi leggo tutta la sua preoccupazione. Racimolando forze che non pensavo di avere afferro la sua mano.

“N-No…” Balbetto. Sto battendo i denti. Inspiegabilmente la temperatura è scesa a picco, e ho freddo. Tanto freddo.

“Ran…” Mormora, alternando lo sguardo tra me e il telefono appoggiato al comodino in fondo al salone.

“T-Ti p-pre-go.” Sussurro, sperando che mi ascolti. Non voglio vedere dottori, ho solo bisogno di stare insieme a lui, nient’altro.

Sospira, e si inginocchia davanti al divano. Passa le mani sulle mie braccia.

“Sei ghiacciata…” Aggrotta le sopracciglia. Posa poi una mano sulla mia guancia e poi sulla fronte. Socchiudo gli occhi al suo tocco. “Non hai la febbre… almeno per ora…”

“Vado… a prepararti del tè, va bene?” Mi osserva preoccupato. Scuoto leggermente il capo in avanti. In effetti qualcosa di caldo mi aiuterebbe, sto malissimo.

Si allontana velocemente, per ritornare alcuni minuti dopo con una spessa coperta tra le mani.

Mi avvolge al suo interno, tastando i miei vestiti fradici. Vorrei potermi cambiare, ma non so se ne avrei la forza.

“Vuoi… che ti porti qualcosa da vestire? Sachiko è andata da Kimberly e…” Sono certa che se non fosse per il mio colorito sicuramente cadaverico avvamperei. Quindi… siamo solo noi due in casa? Certo, a quest’ora Sachiko sarebbe accorsa ad aiutarmi se fosse stata in casa…

“Ran…?” Mi riscuoto dai miei pensieri. “Ran, se hai bisogno di qualcosa dimmelo…”

Scuoto leggermente il capo. “S-Sei fr-fra-di-cio.” Sussurro, osservando la maglietta che si appiccica al suo corpo come una seconda pelle.

“Mai quanto te…” Mormora, con una punta di sarcasmo nella voce. Mi rivolge un sorriso amaro. “Vado a prenderti il tè, dovrebbe essere pronto…”

Si allontana velocemente. Dopo un paio di minuti è già di ritorno con una tazza fumante tra le mani. La appoggia al tavolino di vetro davanti al divano, per poi aiutarmi a sollevarmi.

Mi avvolge meglio nelle coperte, e mi appoggio allo schienale. Solo ora scorgo il mio braccialetto abbandonato poco distante dalla tisana, tutto sporco di fango.

Prende di nuovo la tazza fra le mani. “Toccala, magari ti riscalda un po’…” Suggerisce, avvicinandomi la scodella alle braccia, nascoste sotto le coperte. Sfilo le braccia da sotto le coperte, facendo una smorfia. Sono completamente sporche di fango e sono certa che le ferite riportate durante la caduta contro i rami si stiano infettando. Con una mano intorpidita invece che avvicinarmi alla tazza fumante mi sfioro il braccio, e un gemito sfugge alle mie labbra tremanti.

Subito la scodella torna sul tavolo e le mani di Shinichi mi esaminano attentamente il braccio.

“Devi subito sciacquarti… Sei piena di tagli…” Prima ancora che possa dire qualcosa mi prende in braccio – ancora infagottata nella coperta – e mi porta al primo piano, dove mi fa accomodare sul bordo dell’enorme vasca da bagno. Apre l’acqua e mi fa segno di bagnarmi il braccio. Mentre mi sporgo le braccia di Shinichi mi cingono la vita, per evitare che cada. L’acqua è tiepida, e nel giro di pochi secondi il fango scivola via, rivelando alcuni tagli poco profondi dai contorni arrossati. Shinichi passa una morbida spugnetta su tutto il braccio, senza sfregare, levando tutto il fango rimasto. La stessa operazione si compie anche con l’altro braccio, e una volta asciugati me li benda.

Mentre Shinichi corre di sotto a prendermi il tè caldo mi trascino fino alla mia stanza, e mi accomodo sul letto. Ormai ho recuperato buona parte delle forze, sono solo un po’ stanca, e i muscoli sono ancora un po’ intorpiditi.

Quando Shinichi mi trova in camera sospira di sollievo, e mi osserva mentre bevo tutto il tè, che mi aiuta a sentirmi meglio.

“Vado a farmi un bagno…” Mormoro dopo aver bevuto l’ultimo sorso di tisana. Fortunatamente non tremo e balbetto più.

“Sicura di farcela? Non vorrei ti addormentassi nella vasca…” Sghignazza, sebbene si noti benissimo la sua preoccupazione.

“Sì, farò in fretta… Ma almeno mi aiuta a riscaldarmi…” Un brivido mi scuote.

Shinichi mi osserva apprensivo, ma alla fine mi aiuta ad alzarmi. Mentre cerco le cose per cambiarmi mi riempie la vasca da bagno, e prima di chiudersi la porta del bagno alle spalle mi lancia un’occhiata ansiosa.

Mi spoglio in fretta, e mi immergo con lentezza nell’acqua calda. Rovescio un po’ di bagno schiuma, che crea immediatamente tantissime bollicine. Mi lascio andare contro la parete, chiudendo gli occhi.

Solo ora mi rendo conto che io e Shinichi non abbiamo ancora risolto la situazione. Teoricamente lui mi ha lasciata – al solo pensiero provo una fitta al petto – eppure per lui è come se non sia successo niente ora. E poi quelle lacrime… Sono certa di averle viste.

Ma forse… forse il suo comportamento è giustificato dal senso di colpa. Sa che è a causa sua se sono finita giù da quel piccolo dirupo. Sa che è a causa sua se ho pensato di morire.

Apro gli occhi. La stanza è avvolta da una piacevole nebbiolina che rende tutto opaco. Ormai la mia pelle è bollente. La testa mi gira leggermente, quindi decido di uscire dalla vasca. Faccio forza sulle braccia avvolte nelle bende bagnate, alzandomi. Poso i piedi sull’asciugamano steso a terra, e afferro in fretta l’asciugamano più grande appoggiato al lavandino, avvolgendo il mio corpo. Ho bisogno di aria fresca, mi sento soffocare. La stanza inizia a vorticare velocemente, e cammino con passi pesanti verso la porta. Tento di afferrare la maniglia, ma la mia mano scivola, e la porta si socchiude solamente. Cado a terra, con un senso di stanchezza enorme che mi pesa sulla testa.

Non so quanto tempo passa esattamente, ma un’ondata d’acqua fresca mi risveglia da quello stato di trans in cui sono caduta dopo essere uscita dalla vasca.

Mi guardo intorno, disorientata. Shinichi mi osserva terrorizzato a pochi centimetri dal mio viso.

“Come ti senti?” Mi chiede, sbrigativamente, mentre mi solleva in braccio ed esce dalla stanza.

Solo quando sento il contatto tra il tessuto della sua camicia e l’incavo delle mie gambe mi ricordo di essere ancora nuda, con indosso solo un asciugamano.

Avvampo. Entriamo nella mia stanza, e mi adagia sul letto.

“Ehm… Aspetta, mi vesto…” Mormoro, imbarazzata. Arrossisce all’improvviso, e come un automa esce dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Cercando di essere il più veloce possibile corro all’armadio, e indosso in fretta e furia degli altri vestiti, rinunciando ad andare fino al bagno per prendere quelli che avevo preparato. Infilo un pigiama che avevo di scorta e vado ad aprire la porta.

Shinichi è appoggiato al muro del corridoio. Solo adesso noto che anche lui deve essersi lavato. Ha indossato una semplice camicia bianca a maniche lunghe e un paio di jeans scuri.

“Beh… allora vado a dormire… hai bisogno di qualcosa?” Mi chiede, fissando il pavimento. Il suo tono è tornato quello freddo e distaccato di questo pomeriggio.

“N-No…” Balbetto. Ma non voglio che se ne vada.

“Allora buona notte.” Si volta verso la sua camera.

“Aspetta!” Dico, a voce troppo alta. Si immobilizza.

“Possiamo parlare?” Sussurro, abbassando lo sguardo.

“Non c’è niente di cui parlare.” Risponde secco.

“Non è vero, lo sai!”

“Abbiamo già parlato oggi, se non mi sbaglio.” Mormora sarcastico.

“Non abbiamo parlato! Tu hai solo espresso le tue opinioni, nient’altro!” Esclamo, riferendomi alle sue supposizioni completamente errate. “Devi darmi una motivazione! Me lo devi!”

Shinichi rimane immobile, voltato verso la sua stanza. Mi mordo un labbro. Non importa se ciò che dirà mi farà soffrire, almeno saprò la verità.

“Io…” Esita.

“Ti prego dillo e basta!” Urlo, esasperata.

“Non posso…” Sussurra. Aggrotto le sopracciglia.

“Cosa?” Faccio un passo avanti, mentre Shinichi rimane in silenzio. “Cosa non puoi?!” Grido, frustata.

Shinichi si volta di scatto, prendendomi alla sprovvista. Le sue mani afferrano con forza le mie spalle.

“Non posso ferirti ancora!” Urla, scuotendomi leggermente.

Strabuzzo gli occhi. “Cos…?”

“Possibile che non te ne sia resa conto?” Sussurra, guardandomi triste. “Da quando stai con me non fai altro che soffrire. Non è giusto…” Sussulto. Quindi è questo il vero motivo? Per questo vuole lasciarmi? “Ogni cosa che faccio ti fa stare male, quindi è ovvio che ci sia qualcosa che non va… Noi due non siamo fatti per stare insieme…” Scuote il capo, lasciando le mie spalle e indietreggiando.

“Non è vero!” Sussurro.

“Ran, come puoi non vederlo? Non può esserci niente di più sbagliato di questo…” Gli occhi mi si riempiono di lacrime.

“Non è vero!” Ribadisco, strillando. “Noi possiamo stare insieme! Non c’è niente di sbagliato!”

Shinichi scuote il capo, sospirando, frustato.

Annullo la distanza fra noi con due passi e lo abbraccio, affondando il viso nel suo petto.

Si irrigidisce, sorpreso.

“Ti prego…” Sussurro contro la sua camicia. “Non mi lasciare per una stupida idea…” Singhiozzo.

Dopo attimi che mi sembrano eterni finalmente le sue braccia mi avvolgono, stringendomi a lui.

“Scusami…” Mormora sui miei capelli. “È stata tutta colpa mia… Oggi non saresti finita in quelle condizioni se non fosse stato per me…” L’abbraccio si stringe, e nascondo il volto nell’incavo del suo collo, alzandomi sulle punte dei piedi. Avverto chiaramente il profumo del bagnoschiuma.

All’improvviso un rombo squarcia il silenzio che si è creato. Sussulto, e le luci del corridoio e della mia stanza si spengono, facendoci piombare nel buio.

“Tranquilla, è solo il temporale…” Sussurra Shinichi al mio orecchio. Tremo. Ho sempre avuto il terrore dei temporali.

“Vieni…” Tenendomi stretta per la vita mi accompagna a tentoni in camera, dove mi sdraio sul letto.

“Vado a mettermi il pigiama…” Mormora Shinichi. Subito un altro tuono fa tremare i vetri.

“No!” Urlo, aggrappandomi con forza a lui, che nel frattempo si era già alzato. Mi attacco alle sue spalle, ma perdo subito l’equilibrio, e cado all’indietro. Nella foga chiudo gli occhi.

Quando li riapro ritrovo il naso di Shinichi a pochi millimetri dal mio. Avvampo quando mi rendo conto della situazione. Sento ogni parte del mio corpo premere contro quello di Shinichi, che a fatica si sostiene sui palmi delle mani, cercando di non schiacciarmi.

“S-Scusa…” Balbetta imbarazzato cercando di alzarsi. L’ennesimo tuono mi fa sussultare. Urlo, in preda al panico. Con le braccia mi stringo nuovamente a lui, facendolo cadere ancora in avanti.

“Aspetta…” Mormora. Aumento la presa. Non deve nemmeno provare a lasciarmi sola! Lo sa che sono terrorizzata dai temporali!

Lo sento sbuffare leggermente, e con una leggera spinta mi ritrovo a cavalcioni su di lui. Arrossisco ancora di più.

“Più comodo, no?” Sghignazza, mentre sento le guance in fiamme.

“Scemo.” Gli tiro un leggero pugno sul petto, ma subito la mia mano viene catturata dalla sua. Mi attira verso di sé, fino a far incontrare le nostre labbra. Le sue mani mi accarezzano la schiena, mentre le mie arrivano fino al colletto della sua camicia. Improvvisamente mi rendo conto di volere di più.

Non voglio aspettare oltre. Già una volta ho sprecato un’occasione a causa della mia incertezza, ma ora sono certa che lo voglio.

Shinichi ribalta ancora una volta le nostre posizioni, facendomi sdraiare sul materasso. 

Le mie mani armeggiano con un bottone della camicia, frenetiche. Improvvisamente i miei polsi vengono trattenuti. Sollevo lo sguardo, cercando alla cieca il volto di Shinichi.

“Ran… non sei obbligata…” Sussurra affannato, immobilizzandosi.

“Lo so.” Rispondo con fermezza, sebbene sia imbarazzata.

“Forse non…” Mi aggrappo alla sua camicia e mi alzo fino a baciarlo, impedendogli di terminare la frase.

Le sue mani arrivano alla mia vita, sollevando leggermente la maglietta del pigiama.

“Sei sicura?” Mi domanda, appoggiando la fronte alla mia.

“Sì.” Rispondo, sicura.

“Ti amo.” Sussurra sulle mie labbra.

“Anch’io.” E subito dopo avermi baciato mi sfila la maglietta.

Avvampo, stringendomi di più a lui. Con mani tremanti riesco a sbottonare la camicia, che finisce ai piedi del letto.

E dal momento in cui le sue labbra iniziano a lambire la pelle del mio collo perdo la cognizione del tempo, e tutto intorno a me diventa insignificante.


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Tratto dal Capitolo Venti:La Coppia Perfetta

Non va affatto bene. Per quale motivo Shinichi è così preoccupato?

Lo scruto per bene.

“Shinichi.” Solleva per un secondo gli occhi, per poi riabbassarli velocemente. “Cosa ti ha detto di preciso mio padre?”

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Capitolo 20
*** La Coppia Perfetta ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Venti: La Coppia Perfetta

Affondo meglio la schiena nel morbido sedile in pelle. Mi sento come se fossi sdraiata su un letto di spine, e continuo a contorcermi. Shinichi, al mio fianco, è immobile, e ogni tanto lo vedo deglutire. I suoi occhi vagano dal mio viso ansioso alle nostre mani intrecciate, per poi fissarsi sul sedile davanti al nostro.

Con un guizzo mi sollevo un poco, quando dall’altoparlante il comandante annuncia l’inizio della discesa verso Tokio. Deglutisco, voltandomi verso Shinichi che ha gli occhi sbarrati dal terrore. Gli stringo ulteriormente la mano, facendo sbiancare le nocche.

Un uomo sulla sessantina ci osserva comprensivo, sorridendomi rincuorante dalla sua postazione dall’altro lato dell’aereo. A vederci in questo momento potremmo sembrare una normalissima coppia terrorizzata di volare. Ma la verità è un’altra, o meglio, il motivo è un altro.

Dal finestrino vedo il suolo giapponese avvicinarsi sempre di più, mentre l’aeromobile attraversa un leggero strato di nuvole bianchissime. Sebbene queste settimane in America siano state le più belle di tutta la mia vita la mia città natale mi è mancata immensamente.

Un’hostess passa per l’ultima volta con il suo carrellino lungo il corridoio, assicurandosi che tutti abbiano il sedile in posizione eretta e il tavolino chiuso. I genitori di Shinichi ci hanno prenotato il volo in prima classe, e devo dire che nonostante abbia passato quasi tutto il viaggio in apprensione, è stato decisamente più comodo della partenza. Loro ovviamente non sono venuti con noi; sono rimasti a Los Angeles, ma hanno promesso che sarebbero tornati presto per organizzare una cenetta con anche i miei genitori. Se devo essere sincera l’idea non mi elettrizza per niente: il solo pensiero di avere sia Shinichi che mamma e papà allo stesso tavolo mi fa avvampare e mi rende estremamente nervosa. Certo, c’era già stato più volte occasione di cenare tutti e quattro assieme, ma in quei casi il ruolo che rivestiva Shinichi era quello del semplice amico d’infanzia… Sarebbe troppo imbarazzante tenere una cena tra genitori e fidanzato.

Il debole impatto delle ruote che atterrano sull’asfalto mi fa tornare alla realtà. L’aereo sfila sul terreno, rallentando gradualmente la sua corsa, fino a raggiungere una velocità sufficiente a fare il giro del parcheggio per aerei e fermarsi alla sua postazione.

Mi mordo un labbro, mentre Shinichi si volta a guardarmi terrorizzato.

“Sarebbe strano se prendessi un taxi?” Mi chiede, cercando di sorridere. “Magari posso far finta di aver perso l’aereo…”

Sbuffo, ma sono altrettanto agitata. “Dai, non sarà così terribile!”

“Allora come mai sei più agitata di me?” Colpita e affondata. Abbasso lo sguardo, cercando di immaginare cosa potrebbe dire o fare di imbarazzante o preoccupante mio padre.

Il portellone davanti viene aperto, e alcuni passeggeri iniziano a creare una piccola coda lungo il corridoio riservato ai passeggeri della prima classe. Con riluttanza ci alziamo in piedi, raccogliendo i nostri bagagli a mano. Ho comprato un regalino per tutti, e sebbene siano tutti simili fra loro mi sono davvero divertita a sceglierli. Tante statuette identiche a quelle che vengono consegnate per gli Oscar, l’unica differenza è che non sono in vero oro, e che la didascalia del piedistallo recita: ‘World’s Greatest’ con sotto una scritta particolare. Sono stata molto accurata nella scelta. Per Sonoko la statuetta recita: ‘Migliore amica’; per Akane: ‘Ragazza più dolce’; per Sachiko: ‘Ragazza più pazza’ – e ovviamente gliel’ho consegnata il giorno stesso in cui l’ho comprata; per mamma: ‘Miglior avvocato’; per papà: ‘Miglior detective’ – sebbene non abbia mai un solo cliente.

Stringo forte il sacchetto blu di Hollywood in mano, sperando che il piccolo regalo possa addolcire mio padre. Mentre scendiamo dall’aereo tengo stretta la mano di Shinichi, sapendo che questo potrebbe essere l’ultimo contatto ravvicinato per questa giornata. Entrambi siamo d’accordo sul fatto di non restare troppo appiccicati in presenza di Kogoro, per evitare di tirare troppo la corda. Se già prima non digeriva molto la presenza di Shinichi, ora che è il mio fidanzato di certo la situazione è peggiorata. Sospiro quando arriviamo nella saletta dove tanti nastri neri circolano in tondo, mostrando le valigie dei passeggeri. Ci fermiamo sul bordo di quella strana macchina, attendendo che scarichino i bagagli. Fortunatamente qui possono entrare solo i passeggeri appena arrivati con l’aereo. Shinichi passa un braccio dietro la mia schiena, stringendomi a lui. Appoggio il capo sul suo petto, sbadigliando.

“Hai sonno?” Mi chiede, giocando con una ciocca dei miei capelli. Mugugno in segno di assenso.

“Se avessi dormito come ti avevo detto, a quest’ora saresti riposata.” Shinichi sghignazza, ma subito dopo uno sbadiglio lo costringe a stare zitto.

“Ero troppo terrorizza per dormire!” Esclamo, chiudendo gli occhi. Durante il viaggio – mentre attraversavamo l’oceano – l’aereo era incappato in una brutta turbolenza, che gli aveva procurato parecchi scossoni. Shinichi si era appena addormentato, ma ero talmente terrorizzata che sollevai il bracciolo che divideva i nostri sedili e mi accoccolai contro di lui, svegliandolo. Fortunatamente poco prima di avvistare il Giappone era tutto finito, e al panico iniziale dovuto a tutto quel movimento si sostituì il terrore di vedere mio padre.

“Secondo te dovrei dirgli che stiamo insieme o l’ha già intuito?” Chiedo soprappensiero, senza nemmeno rendermi conto di averglielo davvero chiesto. Shinichi si irrigidisce per un secondo. Certamente ha capito a chi mi riferisco. Apro gli occhi, notando così che molta gente si è radunata vicino a noi, in attesa dei bagagli.

“Basta che mi avvisi quando glielo dici, così evito di passare da casa tua quando c’è lui.” Sorrido. Tuttavia non mi sembra giusto nascondere una simile verità a mio padre, e poco importa che lui ne sia già al corrente. Credo che sarebbe giusto se fossi io in persona a riferirglielo. Almeno non potrà lamentarsi per l’assidua presenza di Shinichi in casa.

“Mmm… Allora ti conviene non farti vivo da domani.” Sghignazzo, e il macchinario davanti a noi si mette in funzione, mentre da una apertura con un altro nastro iniziano a uscire delle valigie. Di malavoglia mi stacco da Shinichi.

Passano alcuni minuti prima che le nostre valigie arrivino, ma alla fine siamo costretti a lasciare la sala del ritiro bagagli. Arriviamo a pochi passi dalle porte scorrevoli che ci separano dalla sala d’attesa e ci fermiamo.

“Immagino che se proverò anche solo ad avvicinarmi a te dopo tuo padre mi ammazzerà, vero?” Sghignazza Shinichi, mentre io sbuffo, indignata dal comportamento di papà. Insomma, ormai ho raggiunto i diciotto anni! Ricordo ancora che il 7 luglio – data del mio compleanno – Sonoko aveva organizzato una festa a sorpresa per me, invitando anche Kazuha ed Heiji, due carissimi amici che vediamo raramente, poiché abitano ad Osaka. Purtroppo quel giorno non sono stata molto di compagnia, e ogni volta che ci ripenso mi viene voglia di prendere a testate il muro. Caso vuole che il mio compleanno cadesse proprio durante le tre orribili settimane in cui Shinichi era già in America, e di conseguenza il mio morale era a terra.

“Già… A volte mi chiedo perché deve comportarsi così!” Sospiro, cercando di calmarmi per essere gentile con lui quando lo rivedrò. Del resto è stato molto carino da parte sua accettare che passassi le vacanze in America, lontana da lui.

Shinichi sogghigna, mentre porta una mano al fianco del mio viso, giocando con alcune ciocche di capelli. Sollevo lo sguardo, rimanendo incantata da quegli occhi blu come l’oceano che sono sempre stati in grado di rapirmi. Passano pochi istanti prima che le nostre labbra si sfiorino.

Quando varchiamo la porta che conduce alla sala d’attesa restiamo l’una accanto all’altro, senza tenerci per mano. Non si può mai sapere quanto possa davvero sopportare mio padre.

Trovo sia lui che mia madre fermi vicino al muro, in attesa. Appena Kogoro mi vede mi corre incontro, abbracciandomi stretto.

“Oh bambina mia!” Sbaglio o papà ha calcato sulla parola ‘mia’? “Pensavo non saresti più tornata!”

“Papà, ma cosa dici?” Rido, anche se sono abbastanza imbarazzata. Molta gente si è voltata ad osservarci, mentre mia madre saluta cordialmente Shinichi, che sembra abbastanza imbarazzato e al tempo stesso preoccupato.

Appena mio padre mi libera dalla sua stretta possessiva – con le lacrime agli occhi – è il turno di mia madre Eri, che mi stringe dolcemente.

“Bentornata Ran, mi sei mancata!” Sorrido. Perché papà non può essere così discreto come lei, mi chiedo, mentre si soffia rumorosamente il naso.

“Ciao moccioso.” Borbotta mio padre, tendendo la mano a Shinichi e chiamandolo con il solito soprannome che utilizza quando si riferisce a lui.

L’interessato sobbalza leggermente, e dopo aver deglutito gli stringe la mano, che noto viene stretta con eccessiva forza. Sono cerca che Shinichi trattiene una smorfia. “Buongiorno Kogoro.” Stranamente non balbetta.

“Ti diamo un passaggio fino a casa, Shinichi?” Gli chiede mia madre, fulminando suo marito.

“Beh ecco…” Sono certa che stia per dire: ‘Non vorrei disturbarvi, preferisco prendere un taxi’, quindi lo precedo. “Certo, dopotutto abita poco lontano da noi, e mi sembra anche il minimo dopo che la sua famiglia mi ha ospitato per tutto questo tempo!” Esclamo, cercando di essere indifferente.

“Mi sembra giusto.” Sorride Eri, mentre mio padre grugnisce.

Shinichi mi rivolge un’occhiata esasperata, a cui rispondo facendo la linguaccia. Sorridendo usciamo dall’aeroporto, e nel parcheggio troviamo l’auto a noleggio di papà.

“Vuoi restare dietro con Ran, Eri? Dopotutto sono mesi che non vi vedete…” Borbotta mio padre, speranzoso. Alzo gli occhi al cielo. È disposto a provarle proprio tutte!

“No, grazie Kogoro, preferisco essere certa che non sbagli strada.” Mia madre sorride, sarcastica. Dimenticavo quanto la mamma fosse gentile nei miei confronti.

Mentre siamo in auto sia io che Shinichi cerchiamo di guardare fuori dal finestrino, evitando di incrociare lo sguardo indagatore del detective Kogoro.

“Allora, come è andata in America?” Domanda mia madre, voltandosi dal sedile anteriore per guardarci entrambi. Arrossisco leggermente ripensando a tutte le nuove esperienze.

“Bene…” Ammetto imbarazzata.

“Come sta Sachiko? Ho saputo da Yukiko che ha deciso di anticipare il periodo di studi alla prima metà dell’anno, anziché l’ultima.” Come fa Eri ad essere sempre informata su tutto e tutti?

“Sta bene. È diventata davvero molto brava, e pensare che fino a poco fa non sapeva neanche una parola di inglese!” Sorrido, ripensando a tutte le volte in cui Sachiko accorreva da me dopo una verifica d’inglese a lamentarsi per le enormi difficoltà incontrate.

“Immagino avrai passato molto tempo con lei in queste settimane, non è vero?” Chiede mio padre, guardandomi di sottecchi attraverso lo specchietto retrovisore. “Immagino avrete diviso la camera, non è vero?”

È solo una mia impressione o mio padre ha assunto lo sguardo indagatore che i detective solitamente usano per incastrare i colpevoli? Avvampo appena capisco a cosa stia alludendo, così mi affretto a rispondere, pregando di non avere un tono colpevole.

“Beh, a dire il vero avevo una camera tutta mia, anche perché dopo intere giornate passate al mare eravamo talmente stanche da non riuscire nemmeno a organizzare un pigiama party!” Spero che non noti le mie guance rosse.

“Quindi immagino che voi due…” Interrompo subito mio padre, afferrando la borsa blu che contiene i miei regalini. “Guarda, mamma, ti ho preso questo! Spero ti piaccia!” Esclamo, forse con troppa enfasi.

Mi sporgo in avanti, mostrandole la statuetta da Oscar. Mi osserva stupita.

“Grazie tesoro, non dovevi!” La osserva con attenzione, lusingata.

“Ne ho presa una anche per te papà, ma dovrai aspettare di essere a casa per vederla.” Mostro un sorriso finto, mentre mi sento estremamente imbarazzata. Se i miei genitori venissero a conoscenza di quello che è successo fra me e Shinichi… prima cosa morirei d’imbarazzo, secondo mio padre ucciderebbe sul serio Shinichi, e terzo: come minimo mi manda in convento!

Lancio un fugace sguardo a Shinichi, incrociando i suoi occhi. Entrambi arrossiamo, per poi voltarci ognuno verso il rispettivo finestrino. Fortunatamente il viaggio prosegue senza più accenni a camere da letto, e passiamo quasi tutto il tempo a parlare di tutti i ragazzi conosciuti là. Di sicuro la persona che mi mancherà più di tutti sarà Luke, che era ormai diventato una sorta di migliore amico.

Quando arriviamo a casa di Shinichi mi sforzo di sembrare indifferente, sebbene risulti molto difficile. Dopo aver passato tutto questo tempo a stretto contatto con lui sono certa che sentirò molto presto la sua mancanza.

Kogoro lascia me e mia madre davanti a casa con le valigie, mentre lui riporta l’auto al garage. Mamma passerà la notte qui da noi – in quanto sono già le sette di sera –, quindi papà dovrà accontentarsi di dormire in sala. Quando entro in camera mia mi sdraio sul letto. Come previsto avverto già la sua mancanza, ed inoltre la mia casa non mi è mai sembrata così piccola. Certo, non si può paragonare questo piccolo appartamento con l’enorme villa Kudo di Los Angeles, o anche solo a quella del quartiere di Beika!

“Ran!” Con uno sbuffo mi alzo, raggiungendo mia madre in cucina. “Vado un attimo a fare la spesa, a quanto pare tuo padre ha sempre mangiato fuori, perché qui ci sono solo lattine di birra.” Mamma fa una smorfia.

“Va bene, ti accompagno.” Mi offro, dirigendomi verso l’ingresso.

“No, tu è meglio se ti riposi, il viaggio deve averti stancato.” Mamma mi sorride dolcemente.

“Non è vero.” Mi affretto a rispondere, ma uno sbadiglio da parte mia le fa alzare un sopracciglio, quindi sono costretta ad arrendermi alla sua decisione.

Appena Eri esce mi accingo a raggiungere la mia stanza, per sdraiarmi un po’ sul letto, ma mio padre entra in casa. Forse potrei approfittare di questo momento per dirgli di me e Shinichi… almeno mi libererò di questo peso e non mi scoccerà quando domani uscirò con lui…

“Senti papà…” Borbotto imbarazzata, seguendolo di nuovo in cucina, dove apre il frigorifero per estrarne una lattina di birra e aprirla. “C’è una cosa che dovrei dirti…” Soffio, mentre inizia a bere tutto d’un fiato.

Kogoro si immobilizza per alcuni secondi, e senza staccare le labbra dalla lattina mi lancia un’occhiata. Credo di essere rossa come un peperone. Dio, quant’è imbarazzante!

“Di cosa si tratta?” Mi chiede cauto, sedendosi al tavolo in sala e accendendo la televisione. Via il dente, via il dolore – o almeno così dicono…

“Ecco… si tratta di me e Shinichi…” Sposto lo sguardo a terra. Papà inizia a tossire ripetutamente, a causa della birra andatagli di traverso. Lo osservo perplessa. Appena si riprende si alza in piedi agitato. Mi afferra per le spalle, fissandomi intensamente negli occhi.

“Ascolta Ran, capisco che alla tua età gli ormoni iniziano a farti vedere certe cose sotto un’altra luce ma… sei ancora una bambina, è troppo presto per…” Sgrano gli occhi. Oddio. Scuoto le mani come un’ossessa davanti a me.

“No, no!” Urlo, avvampando. “Non è di quello che volevo parlare!”

“Oh! E… di cosa allora? Perché se quel moccioso prova anche solo ad allungare le mani io…” Lo interrompo nuovamente, sempre più rossa che mai in viso.

“Papà, io e Shinichi ci siamo fidanzati!” Sbotto, arrossendo. Cavoli che situazione! Ma cosa frulla in testa a mio padre? Non può aver davvero scoperto che io e Shinichi…

“Ah! Fi-fidan-za-ti?” Balbetta papà, allontanandosi lentamente.

“Papà…?” Lo chiamo, preoccupata. Improvvisamente è diventato pallidissimo. Con un tonfo si sdraia sul divano, con gli occhi spiritati rivolti verso il soffitto.

Lo scuoto leggermente, ma l’unica parola che gli esce dalla bocca è: ‘fidanzati’.

“Papà!” Strillo, ma dopo alcuni tentativi mi arrendo, e torno in camera mia. Beh, per lo meno ora sono sicura di non avere dei sensi di colpa in futuro per non averglielo detto di persona…

 

“Si può sapere dove mi stai portando?” Sorrido, nonostante abbia una benda nera che mi oscura la vista legata intorno alla testa.

“Lo vedrai quando arriveremo.” Sento un sorriso nella voce di Shinichi, mentre la sua auto nuova di zecca sfreccia per una strada asfaltata. Finalmente Shinichi ha ricevuto la patente, e nonostante avessi già potuto appurare la sua bravura in fatto di guida in America devo dire che se la cava davvero bene. I miei corsi di guida inizieranno a metà settembre, e al solo pensiero mi sento un po’ agitata.

“Non mi dai neanche un indizio?” Chiedo, fingendomi offesa. Sento il mio ragazzo sghignazzare.

“Tranquilla, è un posto che ti piace.”

Per tutto il viaggio – che sarà durato all’incirca venti minuti – resto in silenzio, cercando di resistere alla tentazione di sfilarmi la benda.

Quando finalmente l’auto si ferma aspetto che Shinichi venga ad aprirmi la portiera. Tenendomi per mano mi accompagna verso una meta a me sconosciuta.

Appena si ferma si sposta dietro di me, e con lentezza estenuante mi sfila la benda.

Strabuzzo gli occhi. Non ci posso credere!

“Mi hai portata al Tropical Land?” Squittisco, sentendomi immediatamente al settimo cielo. Prima ancora di essere fidanzati gli avevo sempre chiesto di accompagnarmi in quel parco di divertimenti, senza mai successo.

Shinichi mi sorride soddisfatto, e con uno slancio improvviso gli metto le braccia intorno al collo, baciandolo.

 

Mi siedo sulla panchina, mentre la testa mi gira leggermente. Qualcosa di ghiacciato mi tocca la fronte, facendomi sobbalzare. Accidenti ai colpi di calore!

“Sicura di stare bene?” Mi chiede Shinichi, preoccupato, tendendomi una bottiglietta d’acqua. D’un fiato ne bevo quasi mezzo contenuto, sentendomi subito meglio.

“Sì, avevo solo un leggero giramento di testa…” Mi alzo in piedi, afferrando la mano di Shinichi, e insieme ci dirigiamo verso un’altra attrazione, quando all’improvviso sento qualcosa toccarmi la gonna e tirarla leggermente. Mi fermo avvampando. Subito il mio sguardo stupito si rivolge verso Shinichi, che continua ad osservare la cartina del parco.

“Hm?” Mi osserva sorpreso, senza capire cosa mi succede. Solo ora capisco che non può essere lui a toccarmi, in quanto una sua mano è stretta alla mia, mentre nell’altra c’è la cartina. Mi volto di scatto indietro, specchiandomi in due piccoli occhietti vispi.

“Mamma!” Strabuzzo gli occhi. Cosa?

“Mamma?” Ripete Shinichi, frastornato.

“Mamma!” Strilla il piccolo bambino ai miei piedi, tendendo le piccole manine verso di me, sperando che lo prenda in braccio.

“Eisuke!” Sbraita una voce familiare, alle spalle del bambino.

Sia io che Shinichi solleviamo lo sguardo verso una ragazzo dalla pelle scura, che corre verso di noi. “Insomma, si può sapere per quale motivo continui a scappare?” Brontola il ragazzo, inginocchiandosi davanti a noi e prendendo in braccio il bambino.

“Heiji?!” Shinichi ed io strabuzziamo gli occhi, mentre il nostro amico si rimette in piedi e ci osserva stupito.

“Cosa ci fate voi qui?” Ci chiede, sorpreso.

“È evidente, mi pare. Tu piuttosto, cosa ci fai qui con questo bambino?” Gli domanda Shinichi. Per quanto ne so Heiji è il suo migliore amico da due anni, e si sono incontrati durante un caso. Anche lui si diverte a fare il detective…

“Ehm…” Borbotta Heiji.

“Heiji!” La voce di Kazuha mi arriva subito alle orecchie, e tutti ci voltiamo verso di lei, che appena mi vede corre ad abbracciarmi.

“Ran! Da quanto tempo non ci sentiamo!” Esclama, abbracciandomi.

“Si può sapere cosa ci fate qui con un bambino?” Domanda curioso Shinichi.

“Beh, ecco…” Inizia Kazuha, prendendo in braccio il piccolo Eisuke. “Mia zia ha avuto un malore e l’hanno dovuta portare in ospedale, solo che aveva già comprato tre biglietti per venire qui in treno, e aveva promesso più volte ad Eisuke che l’avrebbe portato … così mi ha chiesto se potevo venire io al suo posto…”

Ora capisco. Che gentile Kazuha a prendersi cura del suo cuginetto!

“Cosa ne dite se passiamo il resto della giornata insieme?” Propone Heiji, con improvviso entusiasmo.

“Beh ecco…” Mormora Shinichi, improvvisamente a disagio.

“Andiamo! In quattro – anzi cinque – ci divertiremo senz’altro di più!” Sorride. Quando il piccolo Eisuke ritorna a tendere le sue manine verso di me non resisto.

“Certo! Sarà divertente!” Esclamo, entusiasta.

Mentre ci avviamo verso un’attrazione però noto Shinichi scuotere il capo.

“Cosa c’è?” Gli chiedo. Lui sospira.

“Non so perché ma credo proprio che ci sia qualcosa sotto…” I suoi occhi si assottigliano. Cosa intende dire?

 

Ora capisco perfettamente cosa intendesse Shinichi con quel ‘qualcosa sotto’.

Siamo seduti da circa mezz’ora su una panchina ombreggiata, in attesa che Heiji e Kazuha finiscano il loro giro sulla ruota panoramica – che sono certa non duri così a lungo!

Sospiro, appoggiando la testa sulla spalla di Shinichi. Eisuke si sta divertendo a scuotere una bottiglietta di Coca – Cola mezza vuota, osservando le bollicine che salgono ogni volta che toglie il tappo. Al primo tentativo ha rischiato di bagnare Shinichi. Ora si trova sulle sue ginocchia, mentre il sole è tramontato da un pezzo. Per fortuna ho avvertito mio padre che sarei tornata tardi.

“Restiamo fino allo spettacolo dei fuochi d’artificio?” Domando, con occhi sognanti.

“Sì… Sperando che Heiji e Kazuha tornino prima…” Borbotta, scocciato, dando un’occhiata ansiosa al suo orologio da polso.

Finalmente dopo altri dieci minuti vediamo ricomparire i nostri due amici.

“Si può sapere che fine avevate fatto?” Gli domanda seccato Shinichi, mentre Eisuke tende le sue manine verso l’amico dalla pelle scura.

“Ehm…” Noto con la coda dell’occhio che Kazuha è diventata improvvisamente rossa. “C’era parecchia coda per salire sulla ruota…” Quindi anche loro finalmente…

Shinichi scuote la testa, sorridendo. Sono certa che è arrivato alla mia stessa conclusione.

“Sono felice per voi, ma ora noi avremmo da fare, ci vediamo!” Prendendomi per mano Shinichi inizia a correre, trascinandomi verso la zona centrale del parco, dove si trova il lago. Quando finalmente arriviamo al limitare del laghetto attraversiamo una piccola distesa d’erba con degli alberi, dove alcune persone si sono già sedute a terra, con lo sguardo puntato verso il cielo scuro punterellato da tante stelle.

Arriviamo quasi vicino all’acqua, e mi fa segno di sedermi.

“Per fortuna siamo in tempo.” Sorride, sdraiandosi sulla morbida erba del prato.

Dopo appena due minuti di attesa uno scoppio annuncia l’inizio dello spettacolo. In cielo scoppiano contemporaneamente più fuochi, come fossero fiori che sbocciano. Rimango incantata da quello spettacolo di luci, e quando Shinichi mi richiama devono già essere passati alcuni minuti.

“Ran…?” Distolgo lo sguardo dal cielo, concentrandomi sul viso di Shinichi, che mi sembra imbarazzato.

“Sì?”

“Ecco… Ho una cosa per te…” Mormora, estraendo dalla tasca interna del suo zaino un piccolo sacchetto, che mi porge impacciato. Lo accetto sorpresa e al contempo curiosa.

“Cos’è?” Gli chiedo, guardando dentro la busta e scorgendo un piccolo pacchetto incartato.

“Aprilo.” Mi incita Shinichi, probabilmente preoccupato che ciò che sta al suo interno non mi piaccia.

Sfilo dalla busta il pacchetto, confezionato in una carta marrone con un sottile filo dorato avvolto intorno, terminante in un grosso fiocco. Sciolgo delicatamente il nodo, facendo scivolare il nastro sulle mie gambe, e facendo attenzione a non rovinare la carta svelo una piccola scatolina quadrata.

Incuriosita sollevo il coperchio, e l’ennesimo fuoco d’artificio illumina quattro cuori di diverse grandezze, tenuti vicini da un nodo al cordino marrone chiaro. Mi volto verso Shinichi che mi osserva in attesa.

“Cosa…?” Ha intenzione di regalarmela? Non può dire sul serio, gli sarà costata tantissimo!

“È per te… Mi sono reso conto di non averti regalato nulla per il tuo compleanno. All’inizio pensavo di prenderti un anello se devo essere sincero, ma quando ho visto quella ho trovato ti si addicesse di più…” Shinichi continua a puntare il suo sguardo verso i piccoli cuoricini d’oro giallo. Sotto la luce di un altro fuoco d’artificio dal colore bianco però noto che il cuore più piccolo è d’oro opaco, mentre quello di grandezza media è d’oro rosa. È davvero stupenda ma…

“È… è bellissima…” Sussurro. “Ma… Non posso accettarla…” Mormoro, in imbarazzo.

“Sì che puoi.” Ribatte Shinichi, aggrottando le sopracciglia. “È il mio regalo di compleanno per te.”

“Ma…” Shinichi mi sfila la scatolina dalle mani, prendendo con delicatezza il cordoncino. È una collana.

“Niente ma.” Sorride, spostandosi dietro di me. Con delicatezza mi allaccia la collana al collo, per poi tornare al mio fianco. Improvvisamente sento le lacrime spingere di uscire.

“Grazie.” Mi stringo a lui, mentre lo spettacolo dei fuochi volge al termine.

 

Quando l’auto si ferma davanti alla scala che porta a casa sospiro. Questa fantastica giornata è già giunta al termine.

Entrambi scendiamo dall’auto, fermandoci davanti alla scalinata.

“Allora ci vediamo domani…” Mormoro, triste. Probabilmente non lo ammetterei neanche sotto tortura ma mi manca non dormire con Shinichi.

La sua mano mi sfiora la guancia, accarezzandola gentile. Chiudo gli occhi, mentre il suo viso si fa sempre più vicino al mio. Come ogni volta il cuore inizia a battermi all’impazzata dentro il petto, come se tentasse di uscire. Qualcuno si schiarisce la voce, facendoci sussultare. Shinichi si allontana di scatto da me, mentre riapro gli occhi scocciata.

Mio padre tamburella seccato il piede a terra, con le braccia incrociate sul petto. Osserva minaccioso Shinichi. Oddio. Cosa ci fa in piedi a quest’ora?!

“Ehm… ciao papà…” Borbotto imbarazzata. Il suo sguardo però rimane puntato contro Shinichi, che tiene gli occhi abbassati, in imbarazzo.

“Ran, puoi andare di sopra?” Mi chiede papà, senza degnarmi di uno sguardo.

“Ehm… Io veramente…” Cerco di dire, ma lui mi interrompe. “Per favore.”

Lancio uno sguardo a Shinichi, e salgo velocemente le scale, e come una furia corro dentro l’ufficio investigazioni, guardando in strada dalla finestra.

Passano alcuni minuti a parlare prima che veda mio padre allontanarsi dal mio fidanzato per salire le scale. Subito esco dall’ufficio, e appena mio padre mi passa accanto corro in strada, dove Shinichi sta per salire in auto, ma appena mi vede torna verso di me.

“Shinichi…” Mi guardo alle spalle, assicurandomi che papà non ascolti. “Cosa ha detto?”

“Niente di che…” Mormora distogliendo lo sguardo. Si morde un labbro, mentre le sopracciglia sono corrugate.

Non va affatto bene. Per quale motivo Shinichi è così preoccupato?

Lo scruto per bene.

“Shinichi.” Solleva per un secondo gli occhi, per poi riabbassarli velocemente. “Cosa ti ha detto di preciso mio padre?”

“Ehm…” Lancia un veloce sguardo verso le finestre e le scale alle mie spalle, poi mi prende per un braccio, facendomi avvicinare alla vetrina del negozietto vicino. “Ecco… tuo padre ci ha proibito di…” Il suo sguardo continua a scappare, a disagio.

“Oh.” Sgrano gli occhi. “Oddio…”

“Il problema è un altro…” Deglutisce. “Mi ha fatto promettere che non l’avremmo fatto fino al matrimonio…”

Mi sento svenire. “E tu cosa hai fatto?” Strillo. Non può avergli detto la verità, ma nemmeno aver promesso una cosa del genere!

“Secondo te cosa avrei dovuto fare? Mi ha praticamente minacciato! Se non glielo promettevo non ci avrebbe lasciato un minimo di pace!” Allora, calma. Non è successo niente di grave. Mio padre poi non verrà mai a sapere della mia vita privata, no? Insomma, di sicuro non vado a raccontargliela!

Sospiro. “Beh… non verrà mai a saperlo, no?”

“No!” Esclama Shinichi, rosso in volto.

“Okay, allora non c’è niente di cui preoccuparsi.” Sorrido, mentre la preoccupazione scivola via.

Shinichi annuisce anche se è ancora un po’ preoccupato. Ritorniamo davanti alle scale che portano all’appartamento, e ignorando mio padre che si trova in cima alla rampa do un veloce bacio a Shinichi, che rimane stupito. Beh, almeno su questo spero che mio padre non abbia posto limiti! Quando risalgo le scale e gli passo accanto noto che sofferma il suo sguardo sul mio collo, da cui pende la collana di cuori. Sorrido, e rientro in camera più felice che mai.

 

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Tratto dal Capitolo Ventuno: Violazione

Io e le mie amiche ci accomodiamo nelle sedie dell’ultima fila, mentre Shinichi sale sul palco, con Makoto alle sue spalle. Sospiro, mentre sento alcune lacrime premere di uscire. Anche l’ultimo anno è giunto al termine. Da adesso le nostre strade cercheranno in tutti i modi di dividersi.

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Capitolo 21
*** Violazione ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Ventuno: Violazione

 “Allora, Ran, hai spedito tutti i moduli?” Sonoko mi sorride entusiasta.
“Sì, ieri ho spedito l’ultimo.” Sospiro, ripensando a tutte le buste che nel giro degli ultimi mesi ho inviato. Ormai la fine della scuola è vicina e gli insegnanti si sono raccomandati di spedire più moduli possibili, anche fra facoltà diverse, senza scartare nessuna opzione.
“Hai già ricevuto qualche risposta?” La mia amica mi osserva con occhi sognanti, senza rivolgere un solo sguardo alla vetrina di costumi davanti a noi. Strano.
“Ehm… no. Tu?” Sonoko rimane in silenzio. C’è qualcosa sotto. “Ehi!” Esclamo, escogitando uno stratagemma per controllare che sia tutto a posto. “Hai visto che bello quel costume? Ti starebbe d’incanto!”
“Sì…” Aggrotto le sopracciglia. I suoi occhi brillano, ma non per il costoso capo d’abbigliamento. Il suo sguardo è fisso sulla vetrina davanti a noi, ma sono certa che non sta realmente osservando il bikini rosa esposto.
“Sonoko?” La chiamo, pronta a farle sputare il rospo. “Che cos’hai?”
Il luccichio dei suoi occhi si riduce, e si volta verso di me, sorpresa.
“Come?”
“Avanti, cos’è successo?” Arrossisce, ed io sorrido trionfante.
“Ho… Ho ricevuto una lettera dalla Facoltà di Design…” Mormora, abbassando gli occhi verso il marciapiede.
“E…?” La sprono, emozionata.
“Mi hanno accettata!” Il suo sorriso si riaccende. “Certo, tutto dipende da questi odiosi esami, ma se tutto va bene a Settembre inizio a seguire le lezioni!”
Le prendo le mani, guardandola con un enorme sorriso. “Dici sul serio? Oddio, Sonoko, sono così contenta!” Ci abbracciamo, incuranti degli sguardi curiosi dei passanti.
Dopo aver scartato molte facoltà, Sonoko aveva deciso di puntare verso un futuro che potesse riguardare in qualche modo il campo della moda, e la possibilità di iscriversi alla Facoltà di Design le ha garantito di poter creare ciò che più le piace. Ovviamente i suoi genitori l’hanno appoggiata, a differenza di mio padre, che ancora non capisce la mia scelta di inviare moduli di richiesta alle facoltà di medicina, biologia e giurisprudenza. Su consiglio della professoressa ho pensato di inviare i moduli alla Facoltà di Lettere.
Sono ancora molto indecisa. Non ho idea di cosa potrei fare quando verrò catapultata nel mondo del lavoro, e ogni giorno che passa l’ansia di non sapere cosa potrei fare aumenta.
“Ehi, Ran, che cos’hai?” Sussulto leggermente, incontrando gli occhi di Sonoko, che mi osserva preoccupata. Sospiro.
“Adesso tutti hanno deciso che cosa fare finita la scuola…” Mormoro, avviandomi con Sonoko verso l’entrata del parco.
“Vedrai che presto scoprirai cosa vuoi davvero fare, ne sono sicura.” Mi rassicura la mia amica, sedendosi vicino a me su una panchina. Lascio che un altro sospiro sfugga alle mie labbra.
“Ma non è solo questo che ti preoccupa, non è vero?” Sorrido amaramente.
“Il fatto è che tu andrai alla Facoltà di Design, Akane a quella di Farmacia, Makoto ad Architettura, Sachiko andrà a fare un corso in America, e Shinichi andrà ad Osaka, alla Facoltà di Biologia…” L’ultima parte la bisbiglio, in preda all’angoscia. “Le nostre strade si divideranno! Non saremo più unite come prima!”
Sonoko rimane per alcuni secondi in silenzio, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi. “Questo accadrà solo se saremo noi a volerlo, ne sono sicura.”
Abbasso lo sguardo, per niente rincuorata. “Ma pensaci solo per un secondo. Sachiko sarà in un altro continente, Shinichi ed Akane ad Osaka, mentre io, te e Makoto probabilmente saremo qui a Tokio! Sai benissimo che con tutte le cose che avremo da fare e studiare non avremo il tempo per uscire insieme!” Sonoko mi stringe le mani.
“Ascoltami bene, Ran. Non importa se non riusciremo a vederci per intere settimane, l’importante è che non perdiamo i contatti. Resteremo unite anche se ci saranno mille e più chilometri a dividerci, ci puoi scommettere!” Ricambio il suo sorriso.
“Promesso?” Domando, sentendomi una bambina.
“Promesso.” Sonoko sorride raggiante. “A proposito…” Inizia a torturarsi le mani, abbassando improvvisamente lo sguardo. La vedo giocherellare con un anello. “C’è un’altra cosa che dovrei dirti…”
Mi faccio improvvisamente curiosa. “Di cosa si tratta?”
“Ecco…” Mi avvicino ancora di più. “Mi sposo!” Urla, con tutta l’aria che ha nei polmoni.
Spicco un balzo, allontanandomi. Mi ha quasi spaccato un timpano, ne sono sicura. Solo quando incontro il suo sguardo sognante comprendo appieno quello che mi ha appena detto.
Strabuzzo gli occhi, sorridendo come un’ebete. “Da-Davvero?”
Sonoko scuote la testa energicamente, rossa in volto.
“Oddio! Sonoko sono così felice per te!” Esclamo, sentendo gli occhi riempirsi improvvisamente di lacrime di gioia. Ancora una volta la stringo in un caloroso abbraccio. “Ma quando te l’ha chiesto?”
“Ieri sera, quando siamo andati a cena…” Mormora, in lacrime.
Quando sciogliamo l’abbraccio osservo l’anello con cui stava giocherellando poco prima. Un bellissimo solitario.
“Che ne dici di festeggiare con un enorme gelato?” Sorrido, alzandomi in piedi. “Vieni, te lo offro io!” E insieme ci dirigiamo verso la gelateria.

Quando arrivo di fronte a casa per poco non finisco a terra, stesa dal ‘dolce’ peso di mio padre.
“Scusami Ran, devo andare da un cliente, ti chiamo, se faccio tardi, va bene?” Lo osservo perplessa. Come mai ha tutta questa fretta? Non faccio in tempo a rispondergli che è già salito a bordo del taxi che era fermo sul ciglio della strada.
Il suono di un telefono che squilla mi porta ad osservare la finestra aperta di casa. Subito inizio a correre su per le scale, sperando di non inciampare.
Apro con un botto la porta di casa, e catapultandomi verso il mobiletto con il telefono, sollevo il ricevitore.
“Pronto?” Domando con il fiatone. Ma a rispondermi è solo il costante ‘tu-tu’ che indica che la linea è già caduta.
Sbuffando riabbasso la cornetta. Pazienza, se era importante richiameranno.
Mentre mi dirigo verso la mia stanza qualcuno bussa alla porta, e solo adesso mi ricordo di averla lasciata spalancata. Torno sui miei passi, raggiungendo l’entrata.
“Non è un po’ avventato lasciare la porta di casa spalancata?” Osserva una voce morbida e suadente. Inevitabilmente sorrido, e mi affaccio alla porta, dove Shinichi mi osserva sorridente.
“Posta!” Sghignazza, mostrandomi alcune buste ancora sigillate. Faccio una smorfia. No, non ci voleva. Se non fosse stato per il telefono avrei controllato la buca delle lettere e le avrei nascoste in un cassetto fino alla fine della scuola.
Sempre sorridente entra in casa, chiudendosi la porta alle spalle. Con uno sbuffo vado in cucina, sedendomi a tavola. Shinichi mi raggiunge, perplesso.
“Ehi, che hai?” Mi chiede, prendendo una sedia e avvicinandola alla mia.
“Niente.” Incrocio le braccia sul tavolo, appoggiandoci sopra la testa.
“Non vuoi sapere se ti hanno accettata all’Università di Giurisprudenza?” Mi chiede perplesso. Certo, è facile per lui, è già stato accettato ad Osaka alla facoltà di Biologia e ha perfettamente chiaro il percorso che intende seguire.
“Aprila te.” Sbotto, nascondendo il volto tra le braccia. Sento un sospiro, e poi il rumore della carta che viene stracciata. Serro con impeto gli occhi, sebbene la mia vista sia già completamente oscurata.
Passano alcuni istanti di silenzio.
“Ti hanno accettata!” Esclama, emozionato. Non riesco a provare felicità, sento solo un grande vuoto dentro.
“Ce ne sono altre?” Mormoro, senza alzare la testa e dare segni di interessamento.
“Sì…” Sono certa che stia aggrottando le sopracciglia. “Facoltà di Medicina? Da quando vuoi fare il medico?” Mi chiede perplesso.
“La professoressa ha detto di non escludere nessuna possibilità.” Ribatto.
Sospira ancora, e scarta anche quella busta.
Silenzio. “Allora?” Gli chiedo, in ansia. Ancora silenzio. Stanca di tutta quell’attesa alzo la testa, e gli strappo il foglio di mano.
“Mi hanno accettata!” Esclamo, entusiasta. Shinichi però non sembra della stessa idea.
“Ran, non starai prendendo in considerazione l’idea di fare medicina solo per venire ad Osaka, vero?” Mi squadra con i suoi occhi indagatori. Inevitabilmente abbasso lo sguardo, colpevole. “Non devi rinunciare al tuo futuro per me!” Esclama, spazientito. “Anche se saremo in città diverse non…”
“Non. Dire. Altro.” Scandisco, stringendo i pugni. Shinichi mi osserva confuso. “Mi ha già fatto questo discorso Sonoko prima, non ho bisogno che rincari la dose.” Sbotto, frustata.
“Io voglio solo che tu non rinunci alla possibilità di avere un futuro da avvocato solo per starmi vicino, non è giusto.” Shinichi scuote il capo.
“E se io non volessi fare l’avvocato?” Chiedo, incerta. Shinichi mi osserva sbigottito. “Io non ho mai detto di voler fare quel lavoro, non capisco per quale motivo vi siate tutti fissati su questa possibilità!”
“E sentiamo, cosa vorresti fare?” Mi chiede, freddamente. “Il medico? Così ogni volta che vedi un po’ di sangue svieni?”
Sento alcune lacrime rigarmi le guance. Quindi è questo quello che pensa di me? Che sono una totale incapace?
Shinichi spalanca leggermente la bocca, sgranando gli occhi.
“Non…” Mormora, capendo di aver sbagliato. Ma io non lo ascolto, mi limito ad alzarmi dalla sedia e a correre verso la mia stanza. “Aspetta, Ran!”
Spingo con entrambe le mani la porta, che però viene fermata da Shinichi, che mi impedisce di richiuderla.
“Ti prego Ran, ascoltami!” Mi implora Shinichi, che tenta in tutti i modi di spalancare la porta.
“No!” Grido. Con una leggera spinta in più riesce finalmente ad entrare; mi allontano in fretta, dirigendomi verso la finestra.
“Lasciami spiegare!”
“Non c’è niente da spiegare!” Sbotto, stringendo i pugni.
“Non intendevo dire quello, prima!” Esclama, avvicinandosi a me di alcuni passi.
“Ah, no?” Gli domando, piccata. “E, di grazia, cosa intendevi allora?”
“Intendevo dire che tu non sei portata per un lavoro simile!” Lo osservo ancora irata. A me sembrava che con quel ‘E sentiamo, cosa vorresti fare?’ detto così acidamente intendesse che non sono in grado di fare alcun lavoro!
“Prima non mi sembrava ti riferissi solo al fatto di voler diventare un medico!”
“Ran, non dire stupidaggini! Io mi riferivo solo al fatto che non mi sembri portata per i lavori scientifici, nient’altro!”
“E quindi cosa dovrei fare secondo te?! La mantenuta a vita?!” Sbotto.
“Non intendo quello! Puoi tranquillamente cercare qualsiasi cosa non riguardi indirizzi scientifici, non credi?” Il suo sguardo si addolcisce. Mi mordo un labbro.
“Ma io…”
“Ran, cosa sta…Oh!” Mio padre si affaccia dalla porta spalancata. “State litigando…– sbaglio o sta sorridendo?! – Non volevo disturbarvi… Volevo solo dirti che ci sono a cena… Il mio cliente mi ha chiamato mentre ero in taxi e ha annullato l’appuntamento.” Quando incontra il mio sguardo furioso si ritira un poco. “Beh, io vado a farmi un giro… A più tardi!”
Quando sento la porta di casa sbattere mi siedo sul letto, tenendo lo sguardo basso e dando le spalle a Shinichi, rimasto immobile vicino all’uscio.
Si siede vicino a me, restando in silenzio. Passano alcuni minuti, dopodiché mi getto fra le sue braccia, in lacrime.
“Ascolta. Non voglio che scarti ogni scuola al di fuori di Osaka. Come puoi pensare che ti lasci solo perché abiteremo in due città diverse?” Sghignazza.
“E tu come puoi pensare che io riesca a restarti lontana così a lungo?” Mormoro, contro la sua camicia. A questa domanda non risponde, e si limita a stringermi forte.
“Promettimi che farai di tutto per cercare di trovare l’università giusta per te, senza farti condizionare dalla città…” Sussurra contro i miei capelli, con voce roca.
“Io...” Cerco di ribattere.
“Ti prego…” Alla fine cedo, convinta dal suo tono implorante.
“Però tu promettimi che non ci lasceremo…” Singhiozzo, terrorizzata al solo pensiero. Come un lampo mi torna alla mente la terribile esperienza dell’anno scorso, quando Shinichi mi ha lasciato – convinto da un’idea alquanto assurda. Ero caduta in uno stato di trans, e ho quasi rischiato di morire congelata.
“Promesso.” Mormora, stringendomi.
Sollevo il capo, incontrando i suoi occhi blu come l’oceano. È incredibile come ancora oggi riesca a smarrirmi dentro quella profondità. Molto lentamente avvicina il suo volto al mio, mentre chiudo gli occhi, pronta a perdermi nelle mie stesse emozioni.

“Congratulazioni, signorina Mouri, ha ottenuto un risultato davvero eccellente!” Il preside mi consegna il diploma, e dopo aver biascicato un flebile ‘grazie’ scendo dal palco, cercando di ignorare i singhiozzi di mio padre, che sovrastano il leggero vociare concitato dei parenti dei neodiplomati.
“Non ci posso credere! Ho passato l’esame!” Esclama emozionata Sonoko, abbracciando il suo futuro marito: Makoto. Stupendo tutti hanno deciso di organizzare la cerimonia nuziale la prossima settimana, e sono già alcuni giorni che a casa Suzuki c’è un continuo viavai di organizzatori. Sarò la damigella d’onore – insieme ad Akane, Sachiko e Kazuha –, mentre Shinichi farà da testimone, insieme ad Heiji. A portare le fedi sarà una cuginetta di Sonoko.
“Signorina Mouri.” Mi volto verso la professoressa Masashi – insegnante di letteratura –, che ha sempre avuto la straordinaria capacità di mettere in soggezione chiunque.
“Buongiorno professoressa.”
“Volevo farle i miei complimenti per il suo risultato, sono davvero molto soddisfatta di lei.” Arrossisco.
“La ringrazio.”
“Mi dica: ha già ricevuto una risposta dalla Facoltà di Lettere?” Mi osserva curiosa. Per quale motivo me lo chiede? “Se non sbaglio ha fatto domanda anche lì.”
“Ehm… sì. Purtroppo non ho ancora ricevuto alcuna lettera.”
“Sono sicura che sarebbero fieri di accettarla. Il suo saggio per l’esame di maturità è davvero… divino, oserei dire. Lei ha senz’altro un grande talento.” La professoressa Masashi mi sorride, per poi allontanarsi.
Rimango alcuni istanti immobile, a riflettere sulle sue parole. Che sia davvero questa la mia inclinazione? La scrittura? In fondo scrivere mi ha sempre appassionato, ma mai mi aveva sfiorato l’idea di dedicarmi interamente alla disciplina delle lettere.
“Ehi, Ran.” Shinichi si avvicina a me, preoccupato. “Stai bene?”
Un momento… la Facoltà di Lettere si trova ad Osaka!
Improvvisamente tutto mi appare più chiaro. Euforica, getto le braccia al collo di Shinichi.
“Mai stata meglio.” Sorrido. Ora so che strada potrei prendere.
“Kudo, Kyogoku: sul palco per il discorso!” Esclama il professore di Filosofia, apparendo al nostro fianco.
“A dopo.” Shinichi mi scocca un veloce bacio sulla fronte, e sono costretta a sciogliere l’abbraccio, lasciandolo libero. La professoressa Masashi ci ordina di andare a sederci nei posti riservati a noi nelle prime file, per poter assistere al discorso di chiusura dell’anno scolastico.
Io e le mie amiche ci accomodiamo nelle sedie dell’ultima fila, mentre Shinichi sale sul palco, con Makoto alle sue spalle. Sospiro, mentre sento alcune lacrime premere di uscire. Anche l’ultimo anno è giunto al termine. Da adesso le nostre strade cercheranno in tutti i modi di dividersi.
Sento Akane al mio fianco respirare affannosamente, a causa dei singhiozzi che scuotono il suo corpo.
Il discorso di Shinichi riguarda tutti noi, e dimostra quanto questi anni passati in questa scuola ci abbiano aiutato a crescere e a migliorare, ma soprattutto mostra quanto ogni classe fosse unita.
Non appena il discorso di Shinichi termina, subentra Makoto, che ringrazia da parte di tutti gli studenti i professori e i genitori, che ci hanno aiutato a maturare e a prendere decisioni importanti.
Quando il discorso di chiusura termina, tutti i presenti applaudono, mentre molte di noi ragazze scoppiano in lacrime, rovinando tutto il lavoro impiegato per truccarsi.
“Ran!” Mia madre appare alle mie spalle. Ricambio il suo abbraccio, felice. “Sono così fiera di te!”
“Grazie, mamma.” Sento il bisogno di confidarle la mia scelta, e abbasso la voce. “Posso parlarti un momento?” Sussurro al suo orecchio, ma papà ci interrompe, correndo ad abbracciarmi.
“Ran! Non posso credere che ti sei appena diplomata!” Singhiozza. Arrossisco. Perché papà deve sempre mettermi in imbarazzo?
“Yukiko!” Mia madre esulta, vedendo apparire alle mie spalle la sua migliore amica. “Da quanto tempo non ti vedo!”
La madre di Shinichi si fa spazio fra la folla, abbracciando la mamma. “Eri! Sono così contenta di rivederti!”
“Ciao Ran.” Mi volto, incontrando il sorriso di Yusaku.
“Ciao.” Sorrido, venendo subito attirata dagli occhi blu di Shinichi, che mi osservano attenti alle spalle del padre. E mentre i nostri genitori iniziano a chiacchierare ci dirigiamo insieme verso i nostri amici, pronti a festeggiare la fine dell’anno scolastico.

“Allora Ran, hai scelto?” Mi domanda Sonoko, scostando leggermente la tendina del camerino per infilarci la testa dentro. Sono più di due ore che provo vestiti, e ancora non sono arrivata a trovarne uno adatto a me e le mie amiche. Odio dover essere io a scegliere per tutti.
Ognuna delle damigelle ha un suo colore: Akane il verde, Sachiko una tonalità perla, Kazuha il giallo ed io il rosa. Tutte in delicati colori pastello. Sonoko ovviamente sarà in bianco. La cerimonia sarà in stile occidentale, con tanto di chiesa prenotata per l’occasione, proprio come nei telefilm che siamo solite vedere.
Il mio sguardo si perde ad osservare i due abiti che mi hanno attirato più degli altri.
Il primo è un vestitino molto semplice, con il corpetto - senza spalline - avvolto da un tessuto morbido all’interno e all’apparenza crespo e stropicciato; e dalla vita cade delicata la gonna a più strati di veli di varie sfumature, fino a sotto il ginocchio.
Il secondo invece è un abito ancora più semplice, senza spalline, e con la gonna a palloncino che arriva fino al ginocchio. Attorno alla vita è stretto un grosso fiocco dello stesso colore.
Chiudo gli occhi, provando a immaginarmi mentre cammino lungo la navata, alle spalle di tutte le mie amiche. Purtroppo non riesco a scegliere quale potrei indossare. Sospiro e mi volto verso la mia amica.
“Tu quale sceglieresti?” Ho passato parecchio tempo a pensare quale modello di abito potesse essere più adatto a tutte noi ragazze e alla fine sono giunta alla conclusione che tutti e due potrebbero essere perfetti per noi. Entrambi sono molto semplici, per non mettere in ombra l’abito della sposa.
Sonoko squadra i due vestiti. “Sono bellissimi tutti e due... Mmm... Chiedi a Sachiko, lei di sicuro avrà le idee più chiare.” Mi sorride, ed esce dal camerino lasciandomi nel dubbio. Li squadro ancora un’altra volta, e finalmente giungo ad una conclusione.

Dopo una lunga settimana di prove e preparativi finalmente è giunto il grande giorno: il giorno del matrimonio tra Sonoko e Makoto. Come programmato alle 8 in punto sono nel giardino dell'enorme villa Suzuki, intenta a controllare che il tendone che ospiterà il ricco banchetto post-cerimonia sia perfetto. I camerieri arriveranno solo alle undici, per prepararsi a ricevere gli ospiti che giungeranno insieme agli sposi dopo la cerimonia. Sono emozionata. Non ho mai avuto la possibilità di assistere ad un matrimonio, e spero che Sonoko non si penta della sua scelta di lasciare a me l'organizzazione del banchetto. Sachiko e Akane arriveranno a momenti, mentre la sposa sta facendo un bel bagno rilassante. Quando si è svegliata ha avuto un attimo di panico, ma fortunatamente è tutto passato in un attimo.
Cercando di non dare a vedere quanto sono agitata raggiungo con passo felpato la camera della mia migliore amica, e mi accoccolo sul letto, osservando il meraviglioso abito bianco che è appena stato scartato dalla sua coperta beige. La porta del bagno si spalanca, e Sonoko appare in accappatoio.
Le sorrido, mentre si siede sulla poltroncina davanti allo specchio.
“Non vai a vestirti?” Mi chiede, notando che non ho ancora indossato il mio abito da damigella.
“Ho tutto il tempo, è ancora presto.” Un leggero bussare impedisce a Sonoko di ribattere, e dopo un balbettato ‘avanti’ la porta viene spalancata, e nella stanza entra una donna dai capelli rossicci ricci e con gli occhiali. L’acconciatrice.
Finalmente Sonoko sorride. Ha sempre adorato andare dalla parrucchiera, in più oggi avrà il servizio completo inerente persino trattamento di bellezza dalla sua estetista di fiducia, che avrà anche il compito di truccarla.
Le porgo una rivista, mentre la parrucchiera inizia il suo lavoro.

Un brivido di eccitazione mi percorre la schiena. Rigiro tra le mie mani il mio piccolo bouquet composto da piccole rose rosa e glicini - in tono con il mio vestito -, incapace di restare ferma. Io, Akane, Sachiko e Kazuha ci troviamo dietro le porte della chiesa, in attesa dell’arrivo di Sonoko. Siamo tutte emozionate, e ormai mancano pochi minuti all’inizio della cerimonia. Alla fine sono giunta alla conclusione che il primo abito fosse più adatto all’occasione. Quando finalmente al limitare del piccolo atrio appaiono Sonoko e suo padre sento il cuore battere ancora più forte. Una dolce melodia si propaga nell’aria, annunciando l’entrata delle damigelle d’onore. Kazuha è la prima a varcare la soglia della chiesa, seguita a ruota da Sachiko, Akane ed infine me. Lentamente percorriamo la navata, a ritmo della soave musica suonata dall’organo posto in fondo alla chiesa. Gli ospiti si voltano ad osservarci, e rimango stupita da quanta gente nonostante il poco tempo di anticipo sia accorsa ad assistere a questo evento. Tra le prime file scorgo i miei genitori, e quando arriviamo davanti all’altare - posto in cima ad una scalinata di tre gradini - i miei occhi corrono a squadrare Shinichi, che indossa il suo abito da testimone. Un semplice completo nero con cravatta e rosa bianca infilata dentro il taschino. Ognuna di noi occupa un posto su ogni gradino, seguendo il nostro ordine. Rimango in piedi vicino all’altare, alla stessa altezza del mio fidanzato, e distolgo lo sguardo dai suoi occhi solo quando la marcia nuziale ha inizio. Gli occhi di tutti gli spettatori si fissano sulla celestiale figura di Sonoko, che avanza lungo la navata principale, a braccetto con il padre, che sorride orgoglioso. Inevitabilmente nella mia mente si forma l’immagine di me, a braccetto con mio padre, mentre avanzo verso Shinichi, nel giorno del nostro matrimonio. Avvampo, cercando di concentrarmi sulla cerimonia.
Il volto di Sonoko è nascosto da un sottile velo, ma posso chiaramente notare i graziosi boccoli che ondeggiano ad ogni suo passo. L’enorme bouquet è composto da rose bianche e glicini, più alcune piccole foglioline verdi che spuntano qua e là tra un fiore e l’altro. Quando raggiunge l’altare e la sua mano viene passata dal padre a Makoto sento le lacrime agli occhi, e accetto il suo bouquet, che terrò fino a fine cerimonia.
Ascolto emozionata ogni singola parola del prete, e quando Sonoko e Makoto si scambiano il bacio che sancisce la loro unione come marito e moglie sento le lacrime di gioia premere di uscire.
Su consiglio di Akane il solito riso utilizzato per essere lanciato sui novelli sposi è stato sostituito da petali di rosa bianca - meglio non ricordare quanto tempo io e le ragazze abbiamo passato a staccare ogni singolo petalo dal suo rispettivo bocciolo.
Appena gli sposi scendono dall’altare Shinichi mi offre il suo braccio, per poterli seguire come previsto. Quando arriviamo davanti alla chiesa restiamo in attesa che il fotografo ingaggiato dal signor Suzuki faccia tutte le foto che verranno rilegate in tanti eleganti album fotografici che verranno distribuiti a tutti gli invitati - quando il padre di Sonoko decide di fare le cose in grande è davvero incorreggibile.
Dopo circa un’ora saliamo tutti a bordo delle auto e raggiungiamo la villa Suzuki, dove si terrà il ricco ricevimento nell’enorme giardino. Quando il pomeriggio sta per lasciare lo spazio alla sera la banda di musicisti inizia a suonare un lento, e le danze vengono aperte dalla coppia di novelli sposi, che vengono subito seguiti da altre coppie, e con mia grande sorpresa anche da mamma e papà.
“Vuoi ballare?” Mi chiede Shinichi, tendendomi una mano. Sorrido, e afferrando la sua mano mi alzo dalla sedia su cui mi ero accomodata poco prima.
Ci dirigiamo verso le altre coppie, e appoggio le mani sulle sue spalle, mentre lui mi cinge i fianchi.
“Da quando sai ballare?” Sghignazza, notando che non gli ho ancora pestato un piede.
“Potrei farti la stessa domanda.” Rido, mentre afferra la mia mano per farmi girare su me stessa.
Quando finisco di girare mi ritrovo a pochi centimetri dal suo viso. Come un fulmine mi torna in mente che non gli ho ancora detto una cosa.
“Ah! C’è una cosa che non ti ho detto...” Esclamo, rendendolo curioso.
“Sarebbe?”
“Ho deciso di iscrivermi alla Facoltà di Lettere...” Sussurro, abbassando lo sguardo, in imbarazzo. L’unica persona che finora sa della mia decisione è mia madre, che ha approvato la mia scelta augurandomi la buona fortuna.
Shinichi sospira. “Ran... Non hai scelto quella scuola solo per venire ad Osaka, vero?”
Strabuzzo gli occhi. “No, no! Per niente, davvero!”
Sembra essere convinto dalle mie parole, e mi scruta attentamente.
“Sicura che è proprio quello che vuoi?” Mi chiede. Non mi ero accorta che avevamo smesso di ballare e che ci troviamo al limitare del tendone che ospita l’improvvisata pista da ballo.
“Sicurissima.” Sorrido.
“Allora...” Sussurra Shinichi, cauto. “Vorresti...”
“Ran!” Esclama qualcuno alle mie spalle. Mi volto di scatto. Mamoru mi viene incontro con un sorriso smagliante dipinto sul viso paffuto.
“Mamoru!” Esclamo, contenta. Ho sempre adorato Mamoru, e posso considerarlo una sorta di fratello maggiore.
Mamoru lancia uno sguardo timido a Shinichi. “Scusate, vi ho disturbato...”
“No, Mamoru tranquillo. Noi parliamo dopo.” Shinichi sorride, e si allontana verso il buffet.
“Dimmi Mamoru!” Sorrido contenta. Mi sembra passata un’eternità dall’ultima volta che ho parlato con Mamoru.
“Mi concede questo ballo, madamigella?” Sorrido e accetto la sua mano che mi ha posto con un inchino.
Iniziamo a volteggiare, mentre la musica cede il suo ritmo tranquillo ad uno più incalzante.
Non so per quanto tempo continuo a ballare, cambiando di volta in volta compagno e senza mai - con mio disappunto - riuscire a terminare il mio ballo con Shinichi.
Quando arrivano le otto di sera gli sposi ci salutano, diretti all’aeroporto. Saluto Sonoko con le lacrime agli occhi, e lei mi promette che presto mi avrebbe chiamato per salutarmi.
Rimango ancora un po’ seduta su una delle morbide poltroncine, stanca. Gli ospiti se ne sono già andati da un pezzo e i camerieri stanno ripulendo i tavoli.
Chiudo gli occhi, affondando la schiena nel morbido schienale.
“Oggi non siamo riusciti a ballare alla fine.” Commenta ‘una’ voce alle mie spalle.
Sorrido. “Ce l’hanno con noi.”
“Beh, adesso non c’è nessuno che può interromperci, a parte i camerieri...” Apro gli occhi, ritrovando Shinichi davanti a me, che mi tende una mano. Inarco un sopracciglio.
“Sul serio?”
“Sul serio.” Risponde lui, sorridendo.
Nonostante la mia indecisione afferro la mano che mi porge, portandomi al centro della ‘sala’ deserta.
Molto lentamente iniziamo ad ondeggiare, stringendoci l’una all’altro.
Una dolce melodia suonata da tre violini mi fa voltare lo sguardo alla mia sinistra, dove sul piccolo palco adibito alla banda tre musicisti ci sorridono, muovendo dolcemente le corde dei loro strumenti. Arrossisco, e dopo aver chiuso gli occhi appoggio la testa sulla spalla di Shinichi, che mi guida nel ballo.
“C’è una cosa che vorrei chiederti...” Sussurra sui miei capelli, facendomi il solletico.
Emetto un lieve mugolio per fargli capire che lo sto ascoltando.
“Ehm... Visto che l’anno prossimo hai deciso di venire a scuola ad Osaka...” Fa una breve pausa, mentre continuiamo a dondolarci.
“Mi chiedevo se...”
La presa sui miei fianchi aumenta e lo sento prendere un profondo respiro.
“Se volevi venire a vivere insieme a me.”
Ci fermiamo insieme alla musica al centro della sala. Il cuore mi martella nel petto, incessantemente.
Sollevo lentamente lo sguardo, incrociando i suoi occhi blu come l’oceano.
“Io...”

Sono passati solo due giorni dal matrimonio di Sonoko e Makoto e ora mi trovo sdraiata nel letto della mia stanza, indecisa se parlare o no con mio padre. Fin dal mattino il cielo è oscurato da enormi e fitti nuvoloni neri, e la pioggia scroscia incessante contro le finestre. La temperatura è scesa a picco, e più che un giorno di fine Giugno sembrerebbe Febbraio.
Facendomi forza esco dalla stanza, raggiungendolo nel suo studio.
“Ascolta, papà, c’è una cosa che dovrei dirti...” Mormoro, portandomi davanti alla sua scrivania. I suoi occhi nonostante tutto non si staccano dal piccolo televisore poggiato al limitare del tavolo.
Prende l’ennesima lattina di birra, stappandola. “Dimmi.” Borbotta, con sguardo assente. Sospiro.
“Ho deciso di andare alla Facoltà di Lettere di Osaka, il prossimo anno.” Sbotto, tutto d’un fiato.
“Bene...” Ribatte mio padre, bevendo un sorso di birra. Okay, finora sembra andare tutto bene... Ma come farò a dirgli la parte più importante di tutta la faccenda?
“Ehm... Non dovrai preoccuparti per l’affitto dell’appartamento dove andrò a vivere...” I suoi occhi finalmente si spostano sulla mia figura, e con un gesto affrettato abbassa il volume del televisore.
“Cosa stai dicendo? Andrai a vivere ad Osaka?!” Mi chiede, aggrappandosi alla scrivania, come per sorreggersi.
“Beh, l’università si trova lì, e sarebbe troppo scomodo svegliarsi all’alba ogni giorno per tornare a casa di notte dopo le lezioni, non credi?” Gli chiedo, cauta.
“Sì, ma... Non puoi andare a vivere da sola! Sei ancora troppo piccola per un passo così importante!” Okay, è il momento... Sputa il rospo Ran, forza...
“A dire il vero non sarò da sola...” Brontolo, abbassando lo sguardo verso i fascicoli di un vecchio caso di papà. “Shinichi... Mi ha chiesto di andare a vivere con lui...” Balbetto imbarazzata, chiudendo gli occhi e aspettando la sua reazione.
Silenzio. Dopo alcuni istanti di totale silenzio sollevo lo sguardo, intimorita. Sgrano leggermente gli occhi. Papà ha il viso completamente rosso, e gli occhi sembrano volergli uscire dalle orbita. Le labbra sono dischiuse e lasciano intravedere i denti serrati. Le mani che prima si aggrappavano debolmente al bordo della scrivania ora la stringono in una morsa salda e le nocche sono persino sbiancate. Sollevo leggermente le mani. In fondo papà non è più tanto giovane, e un infarto è sempre possibile.
“Papà...” Mormoro, spaventata, con voce fievole.
“Scordatelo!” Esclama, puntando i suoi occhi nei miei.
“Ma...” Sussurro, spaventata dalla sua reazione.
“Niente ma! Non lascerai questa casa fino a quando non sarai abbastanza matura da capire quando commetti un errore simile!” Sbraita, tornando a sedersi. Nemmeno mi ero accorta che durante il suo lungo silenzio era balzato in piedi.
La rabbia inizia a sommergermi.
“Quindi pensi che io sia immatura?!” Ribatto, offesa.
“Esattamente! Non puoi pensare che io ti lasci andare a vivere da sola con un ragazzo! Hai solo diciotto anni, diamine!”
“Per tua informazione: a Settembre avrò già diciannove anni, e poi dovresti sapere che ti puoi fidare di me e Shinichi!” Sbotto, incrociando le braccia al petto.
“Come posso fidarmi di due ragazzini?! Sono tuo padre, e se dico che tu non andrai ad Osaka, e non andrai a vivere insieme a quel bamboccio devi obbedirmi!”
Tutta la rabbia che fino a poco fa mi ha invaso persiste, ma viene pian piano accompagnata da una scia di dolore. Quindi è la verità: lui non si fida nemmeno di me.
“Ti odio.” E detto questo, con le lacrime agli occhi, lascio la casa, senza preoccuparmi di recuperare una felpa e un ombrello.
Corro in strada, incurante della pioggia scrosciante che mi scivola addosso, e del freddo pungente. La temperatura è troppo, troppo bassa per essere fine Giugno.
Mentre la pioggia mi picchia contro gli occhi, facendomeli bruciare, presto attenzione a non scontrarmi contro i passanti, nascosti dai loro ombrelli.
Corro a perdifiato per le vie, fino quando una mano afferra il mio polso sinistro, costringendomi a fermarmi. Mi volto, con la vista offuscata dalle lacrime e la pioggia.
“Ran... Cos’è successo?” Mi chiede la ‘sua’ voce. Sbatto un paio di volte le palpebre, mettendo a fuoco la sua figura. Indossa una semplice camicia e una giacca leggera e nella mano destra impugna un ombrello, chiuso e gocciolante. Probabilmente deve averlo chiuso per rincorrermi più facilmente...
Tiro timidamente su col naso, per poi cercare rifugio tra le sue braccia, che lasciano cadere a terra l’ombrello, per stringermi più forte.
“Shh... Tranquilla...” Sussurra Shinichi, al mio orecchio, sfregandomi la schiena con entrambe le mani. Un brivido mi percorre, sentendo i suoi vestiti ancora asciutti a contatto con le mie braccia gelide e bagnate. Faccio scivolare le mani sotto la sua giaccia, alla ricerca di un po’ di calore.
“Hai freddo...” Mormora dopo un po’, quando i miei singhiozzi sono ormai cessati, sostituiti da alcuni brividi. Ormai anche i vestiti di Shinichi sono fradici, ma nonostante tutto avverto un dolce tepore, restandogli accanto.
“Vuoi tornare a casa?” Mi domanda. Al solo pensiero di rimettere piede nella stessa stanza con mio padre sento il sangue ribollirmi nelle vene.
“No, ti prego...” Lo imploro, aumentando la stretta intorno a lui. Lo sento annuire debolmente, e sfilo le braccia da sotto la sua giacca, permettendogli di raccogliere l’ombrello. La pioggia ha quasi smesso di cadere, e i grandi nuvoloni neri che infestavano il cielo iniziano a diradarsi, lasciando intravedere il cielo ormai scuro.
Tenendoci per mano camminiamo fino a villa Kudo, che inaspettatamente si trova subito dietro l’angolo. Non mi ero accorta di essere arrivata così lontana, nella mia disperata corsa.
Appena entriamo dentro casa Shinichi lascia l’ombrello appoggiato al muro, correndo verso la scala.
“Siediti sul divano, vado a prendere una coperta.” Annuisco, dirigendomi verso il grande divano del salotto. Ancora una volta la grande villa è disabitata. I signori Kudo molto probabilmente hanno deciso di tornare in America, subito dopo il matrimonio di Sonoko e Makoto. Sorrido, ripensando ai miei due amici. Chissà dove si trovano a quest’ora. Sonoko non mi ha ancora chiamato, ma del resto sono passati solo due giorni da quando sono partiti per il loro viaggio di nozze.
Vengo strappata dai miei pensieri dall’arrivo di Shinichi, che appoggia sulle mie spalle una morbida coperta.
“Grazie.” Mi stringo un po’ di più in quel morbido tessuto, fino quando Shinichi non si siede al mio fianco e mi porge un asciugamano per asciugarmi un po’ i capelli.
“Non hai freddo?” Gli chiedo, notando i suoi vestiti ancora bagnati. L’unica cosa cambiata è il suo giubbotto, che non c’è più.
“Tra poco vado a cambiarmi.” Scrolla le spalle, e appoggia l’asciugamano che gli ho teso sul tavolino. Con le mani afferra i due lembi della coperta, coprendomi meglio.
“Hai bisogno di altro?” Mi domanda, senza lasciare la coperta. Faccio finta di pensarci per alcuni secondi.
“In effetti c’è qualcosa di cui avrei bisogno...” Mormoro, avvicinandomi lentamente al suo viso. Shinichi sorride.
“E sarebbe?” Faccio scivolare le mani da sotto la coperta, mentre le sue aumentano la presa sui lembi.
“Questo...” Sussurro, e faccio sfiorare le nostre labbra, in un bacio dolce, con un delicato retrogusto d’acqua.
Le mie mani si aggrappano alle sue spalle, mentre fa scivolare sul divano la coperta che prima mi copriva dal freddo, che improvvisamente è scomparso, per lasciare spazio ad una sensazione di caldo che non pensavo di poter provare. Lentamente vengo spinta a sdraiarmi, e mentre le labbra di Shinichi iniziano a sfiorarmi il collo inizio a slacciare con lentezza i bottoni della sua camicia. Mi aiuta a sfilargliela, ma improvvisamente si separa da me, tornando a sedersi sul divano. Mi sollevo a fatica, con il fiatone.
“Cosa...?” Mormoro, imbarazzata.
“La promessa Ran, non ricordi?” Borbotta a denti stretti. Solo ora mi ricordo di quello che è accaduto quasi un anno fa, dopo il nostro ritorno dall’America. Papà aveva fatto promettere a Shinichi che non avremmo fatto ‘niente’ fino al matrimonio - all’oscuro che quel che doveva succedere era già successo senza che lui potesse impedirlo - “Già così stiamo superando il limite. Se tuo padre...”
Lo interrompo, aumentando il tono della voce. “Non mi importa di mio padre! Mi ha già detto chiaramente che non ripone nessuna fiducia in noi, quando non abbiamo fatto niente di male per più di dieci mesi! Quindi non vedo ragione di non andare oltre!” Sbotto, sfilandomi la maglietta bagnata. Cerco di ignorare il rossore che imporpora le mie guance.
“Ma...” Zittisco il suo tentativo di ribattere con un bacio.
“Ti prego...” Mormoro sulle sue labbra. “Non pensare a mio padre.”
Dopo un attimo di esitazione le sue labbra riprendono a baciarmi con la stessa intensità di prima, e per una volta rinuncio a pensare a tutti i miei problemi.

 

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Tratto dal Capitolo Ventidue: Malattia?

Improvvisamente sento il bisogno di portarmi una mano alla bocca, mentre un senso di disagio si fa strada in me. Mi alzo di scatto dalla sedia, sotto lo sguardo allarmato di Shinichi. 

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Capitolo 22
*** Malattia? ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Ventidue: Malattia?

“Forse dovrei entrare a parlare con tuo padre...” Borbotta Shinichi, quando arriviamo davanti a casa mia. Nonostante abbia insistito per rimanere da lui mi ha convinto a tornare per sistemare le cose con papà.

“No, no! Ti prego, non peggioriamo le cose. Sono sicura che se ti vedesse potrebbe provare a strozzarti!” Esclamo, terrorizzata.

Shinichi sghignazza. “Se me lo dici così allora è meglio che me la dia a gambe prima che ci veda qui fuori.”

Lancio uno sguardo preoccupato verso la finestra. Fortunatamente di mio padre neanche l’ombra. Sospiro. “Già, forse è meglio.” Mormoro, triste.

“Allora ci vediamo più tardi?” Mi chiede, avvicinandosi a me.

“Sì.” Balbetto. Le sue labbra sfiorano le mie dolcemente, mentre mi alzo sulle punte dei piedi per prolungare il contatto.

Sorridendo si stacca da me. “Ci vediamo più tardi.” E detto questo si allontana.

Arrossisco, e salgo le scale che portano all’appartamento. Appena apro la porta mio padre sobbalza. Era sdraiato sul divano, e stranamente nessuna lattina è appoggiata sul tavolino.

“Ran… Possiamo parlare?” Mi chiede mio padre, prima che possa entrare in camera mia.

“Dipende. L’ultima volta non mi pare che sei stato tanto gentile con me.” Borbotto acidamente.

Mi rivolge uno sguardo cupo. “Cerca di capirmi: mi hai dato due notizie sconvolgenti nel giro di un minuto, devi lasciarmi il tempo di digerire bene la situazione.”

“Beh, ora hai avuto tutta la notte per digerire, e avrai tutto il tempo che vuoi perché non ho intenzione di cambiare idea.” Sbotto, incrociando le braccia al petto.

“Lo immaginavo…” Mormora. “Lasciami spiegare però i motivi per cui ho reagito così ieri, ti prego.” Ciondolo leggermente da una parte all’altra, ma alla fine acconsento e mi accomodo sul divano della sala, mentre mio padre si siede sulla poltroncina.

“Beh, tu sai che io e tua madre ci siamo sposati molto giovani…” Inizia papà, distogliendo lo sguardo, leggermente in imbarazzo. “Ma già dopo qualche mese dopo le nozze abbiamo iniziato a litigare, e alla fine, come ben sai, ci siamo separati quando te andavi ancora all’asilo…”

“Questo lo so bene, papà.” Ribatto. Ho sempre odiato questa situazione di distacco tra i miei genitori, e lui lo sa bene.

“È esattamente per questo motivo che ti chiedo di pensare bene a quello che stai per fare. Un giorno potresti pentirtene e non voglio che tu soffra per un ragazzo che potrebbe anche non essere la persona giusta per te.”

“Come puoi sapere che Shinichi non è la persona giusta per me?” Sbotto, irascibile.

“Non ho detto che non lo è, solo che potrebbe non esserlo. Sei troppo giovane per sapere cosa sia davvero giusto…”

“Se c’è una cosa di cui sono assolutamente certa papà è proprio questa.”

Mio padre tentenna, colpito dal mio tono serio, dal quale traspare pura sincerità.

“Ti prego, fidati di me.” Mormoro, implorante.

Kogoro sospira. “Mi fido, ma poi non dirmi che non ti avevo avvertita.”

Sorrido, correndo ad abbracciarlo. “Grazie, grazie papà.”

Forse da ora il comportamento di mio padre nei confronti di Shinichi cambierà…

 

“Ehi, Ran, cos’hai?” Alzo leggermente lo sguardo dal frappé alla fragola davanti a me.

“Eh?” Sachiko mi scruta negli occhi.

“Sei strana, qualcosa non va?” Sorrido impacciata.

“Non so cosa regalare a Shinichi per il nostro anniversario…” Balbetto, imbarazzata.

“Hm, capisco.” Sachiko beve una sorsata di frullato alla pesca dalla cannuccia. “Secondo me accetterà qualunque cosa gli porterai, ne sono certa.”

Sospiro. “Non mi è d’aiuto.”

La mia amica sghignazza, continuando a bere. Siamo già in pieno Luglio, e Sonoko e Makoto non sono ancora tornati dal loro viaggio di nozze. Bevo un’altra sorsata, per poi allontanare da me il bicchiere e portarmi una mano allo stomaco.

“Non ne vuoi più?” Mi domanda la mia amica, notando il bicchiere quasi pieno.

“No… Sono alcuni giorni che non mi sento tanto bene…” Spiego, notando la sua aria scettica. Ho sempre adorato le fragole, e rinunciare ad un frappé a quel gusto non è affatto da me.

“Comunque, non hai proprio nessuna idea di cosa potresti regalargli?” Mi chiede, mischiando il suo intruglio arancione chiaro.

“No.” Sospiro. Mancano solo due giorni e Shinichi mi ha proposto di andare a cena quel giorno, e conoscendolo mi porterà sicuramente in un ristorante di lusso.

“Mmm… un gioiello?” Scuoto il capo, davanti alla sua ipotesi.

“Non è un tipo da gioielli.”

“Forse è meglio fare un giro per i negozi, magari trovi qualcosa che potrebbe essere adatto a lui.” Sachiko mi sorride, alzandosi in piedi non appena finisce il frappé.

Lasciamo il tavolino della gelateria, dirigendoci verso la via che ospita i più svariati tipi di negozi.

Dopo due ore di giri per negozi ho trovato di tutto, tranne qualcosa che potrei regalare a Shinichi. Raggiungiamo la fine della via, ma vengo attirata dalla vetrina di un negozio di bricolage. Sachiko continua a camminare, senza degnarla di uno sguardo.

“Ehi! E se...” Urlo, attirando la sua attenzione. Appena mi raggiunge le indico l’oggetto che ha attirato la mia attenzione. “Cosa ne pensi?” Chiedo, timorosa.

“Mmm... Sì, credo sia perfetto.” Sachiko mi sorride, e insieme entriamo dentro al negozio.

 

“Finito!” Sorrido trionfante, osservando il pacchetto di dimensioni comuni che ho appena preparato. Mi mordo un labbro, pensierosa. Non sono mai stata brava a scegliere i regali, soprattutto per un ragazzo che può permettersi di tutto.

Osservo l’orologio. Sono le undici di mattina. Ho impiegato due interi giorni per riuscire a finire di preparare il regalo, giusto in tempo per il giorno designato. Ho deciso di consegnarglielo oggi, per evitare che debba portarselo in giro per il ristorante.

Mi alzo in piedi, lasciando il pacchetto appoggiato al tavolino su cui ho lavorato fino a poco fa. Improvvisamente la stanza inizia a girare vorticosamente. Mi porto una mano alla testa, mentre il mio corpo cade pesantemente a terra. Sbatto i gomiti sul pavimento, evitando al capo una botta contro le piastrelle. Appoggio delicatamente la fronte sulla superficie fredda del terreno, provando un leggero sollievo. Sono già alcuni giorni che sono preda di nausee e mancamenti, e non riesco trovare una soluzione logica a questo mio malessere. Molto probabilmente è colpa del caldo torrido che ha colpito la città.

Quando sono certa di sentirmi meglio mi alzo in piedi, e mi avvio verso il bagno per darmi una sciacquata al viso. Quando arrivo davanti allo specchio aggrotto le sopracciglia. Il mio viso è pallido, e la fronte è madida di sudore. Forse farei bene a prendere una bustina di zucchero prima di uscire. Può anche darsi che sia stato un semplice calo di zuccheri o di pressione.

Sospiro, e, dopo aver afferrato una bustina di zucchero in cucina e averla mandata giù tutta d’un fiato, raccolgo il mio regalo per Shinichi ed esco di casa, diretta da lui.

 

Trattengo il respiro mentre la carta da regalo viene leggermente stracciata da un lato, per permettere al pacchetto di uscire. Mi volto dall’altra parte, in imbarazzo.

“L’hai fatto te?” Solo quando noto il suo tono stupito mi decido a voltarmi verso di lui.

“Sì...” Mormoro, rossa in volto.

“È... È davvero bellissimo, ti ringrazio, Ran.” Sussurra emozionato, osservando attentamente l’album di fotografie con la copertina che riporta disegni e motivi floreali ovunque. Lentamente lo apre, mostrando le pagine piene di fotografie.

“Hai pure messo le foto?” Sorride,  iniziando a sfogliare le pagine. Non rispondo, sperando che il regalo gli piaccia davvero.

“Grazie Ran.” Appena sollevo il capo cattura le mie labbra con le sue.

Quando si stacca sorride. “Adesso è il mio turno.” Dice, balzando in piedi.

Riduco gli occhi a due fessure. “Spero non sia niente di costoso.”

Shinichi sghignazza. “Tranquilla, non ho speso quasi niente per questo.” Sospiro, mentre sparisce dalla sala. Abbiamo già affrontato il discorso denaro. Sa che non mi piace quando spende troppi soldi per comprarmi regali. 

Quando ritorna tiene tra le mani un pacchetto. Lo accetto, rimanendo seduta sul divano. Quando prende posto vicino a me inizio con delicatezza a scartare il regalo. Rimango sbalordita.

Un bellissimo cofanetto di legno scuro lucido con rifiniture in oro giallo riflette la mia immagine.

“Aprilo.” Sussurra Shinichi, studiando la mia espressione stupita.

Lentamente faccio come mi ha ordinato, e appena sollevo il coperchio del cofanetto una dolce melodia si propaga nell’aria. La piccola statuetta di un angioletto che si trova nello scompartimento superiore dell’interno inizia a girare su se stessa, mentre si sposta da destra a sinistra nel piccolo angolo della scatola. Un carillon.

“È... È...” Mormoro emozionata, non riuscendo a trovare le parole per definire questo regalo. “È stupendo...”

Sento gli occhi lucidi dall’emozione.

“Sono contento che ti piaccia.” Shinichi mi sorride dolcemente, donandomi un lieve bacio sulla guancia, stringendomi in un abbraccio carico d’amore.

“Grazie, grazie!” Sussurro, stringendomi a lui e ricacciando indietro le lacrime di gioia.

“Ma... Non avevi detto di non aver speso quasi niente?” Domando, mentre la soave melodia del carillon continua ad aleggiare nell’aria.

“È così infatti.” Mi risponde Shinichi, allontanandosi per prendere tra le mani la scatolina.

“Non prendermi in giro. Un carillon di questo genere costa parecchio, lo so bene. Inoltre non è una cosa che si trova così facilmente ai nostri giorni.” Aggrotto le sopracciglia.

“L’ho preso in un negozio di antiquariato in effetti.” Commenta, ridacchiando.

“Quindi avrai speso come al solito un sacco di soldi.” Borbotto, mordendomi un labbro. I suoi regali mi fanno piacere ma... non voglio approfittare della sua ampia disponibilità economica.

“Ti sbagli.” Sghignazza, facendo girare una manovella posta sul fondo del cofanetto, facendo riprendere la melodia che si era interrotta. Inarco un sopracciglio, perplessa. “Sono andato nel negozio di antiquariato per chiedere se avevano un pezzo di ricambio per il vecchio pendolo che c’è vicino le scale, e mi sono accorto di una strana scatola che il negoziante teneva su degli scaffali impolverati. Gli ho chiesto di mostrarmela e ho scoperto che si trattava di un carillon che il negoziante aveva intenzione di provare ad aggiustare poiché era vecchio e rotto. Dato che non riusciva a prepararmelo entro oggi ho deciso di comprarlo così come era. Per questo l’ho pagato poco.” Conclude, scrollando le spalle. Spalanco la bocca, ancora più stupita.

“Quindi... L’hai praticamente fatto tu?”

“Dire che l’ho fatto io è esagerato, diciamo che l’ho solo aggiustato.” Ribatte, con nonchalance.

“Non ci posso credere.” Mormoro, accarezzando la superficie liscia della scatola.

“Ehi, non sei l’unica che si è data da fare per trovare un regalo.” Sghignazza, notando la mia espressione stupita. Ridacchio, intrecciando la mano con la sua.

“Quindi, vediamo: sei un detective, un tecnico riparatore, un calciatore, uno studente modello... e cos'altro?” Lo stuzzico, divertita.

“Hai dimenticato che sono un fidanzato perfetto...” Ribatte, assottigliando lo sguardo e sorridendo malizioso.

“Mmm...” Mugugno, pensierosa. “Su questo ho qualche dubbio.” Commento, scoppiando poi in una fragorosa risata quando le sue mani iniziano a solleticarmi i fianchi.

“Ah, sì?” Borbotta, continuando a muovere le dita e facendomi piegare in avanti.

“A-Aspetta...” Sollevo le braccia in alto, cercando di non far cadere il carillon. “S-Shini-chi... basta...” La mia mossa però non fa altro che peggiorare la situazione, infatti i miei fianchi diventano più sensibili.

Smetto improvvisamente di ridere, mentre mi porto una mano sulla bocca, trattenendo il respiro. Il carillon cade sul divano, alle mie spalle. Shinichi si accorge del mio immediato cambio d'umore e si immobilizza, scrutandomi allarmato.

“Ran...?”

Mi alzo in piedi, ma un forte capogiro mi costringe a ripiombare sui cuscini. Respiro profondamente e dopo alcuni secondi riesco a riprendermi e l'impellente bisogno di rimettere sparisce, lasciando spazio a un forte senso di nausea.

Faccio scivolare le mani al grembo, coprendomi la pancia.

“Cos'hai?” Mi chiede preoccupato Shinichi, passandomi una mano sulla fronte improvvisamente bagnata di sudore.

“Non lo so... Credo di aver avuto un calo di pressione...” Mormoro, respirando profondamente per cercare di riprendere fiato.

“Sdraiati, vado a prendere dell'acqua.” Sussurra Shinichi, alzandosi dal divano e spostando il carillon sul tavolino di cristallo davanti a noi. Faccio come mi dice, sentendomi improvvisamente stanca.

Dopo alcuni minuti torna con in mano una bacinella piena d'acqua e un panno bianco che galleggia dentro di essa. Lo strizza leggermente, per poi passarmelo sul viso delicatamente.

“Come ti senti?” Mi domanda, sciacquando di nuovo il panno.

“Come se avessi appena corso una maratona...” Confesso, chiudendo gli occhi sotto il suo tocco leggero.

“Deve essere stato proprio un calo di pressione allora...” Mormora, posandomi il panno fresco sulla fronte e lasciandolo lì.

“Sì...” Affermo con la voce impastata dal sonno.

“Vuoi dormire?” Lo sento sorridere.

“Solo se stai con me...” Sussurro. Sono talmente scossa dal mancamento di prima che credo di non essere nemmeno in grado di arrossire.

“Dai pigrona, fammi spazio.” Sghignazza, aiutandomi a spostarmi più vicino allo schienale. Appena lo sento rilassarsi mi appoggio al suo petto, lasciandomi stringere dal suo abbraccio; e senza nemmeno rendermene conto mi addormento.

 

Guardo l'ennesima volta il mio riflesso allo specchio, aggrottando le sopracciglia con sguardo scettico. Ho indossato un abito che Sonoko mi ha gentilmente regalato per il mio compleanno: nero, senza spalline, stretto al seno e con una fascia che cinge la vita, per poi scendere leggermente vaporoso fino alle ginocchia. Non sono molto convinta della mia scelta; non perché il vestito non mi piaccia, al contrario, ma semplicemente perché sento la pancia gonfia, in subbuglio, da alcuni giorni.

Lancio uno sguardo alla sveglia sul comodino. Le sette meno un quarto. Neanche volendo sarei in grado di cambiarmi, perciò accetto la mia precedente scelta d'abito e mi dirigo verso il cassetto, afferrando la mia trousse dei trucchi. Inizio a truccarmi – come sempre con un semplice e leggerissimo strato di ombretto e matita nera per gli occhi – e appena ho finito corro in bagno, dandomi un’ultima occhiata. Direi che può andare bene. Il mio sguardo cade sulla boccetta di profumo. Allungo la mano, spruzzandone un po’ sul collo e i polsi. Faccio una smorfia. Ha un odore orribile. Mi porto una mano al viso, tappandomi naso e bocca. Improvvisamente mi sento male. Mi siedo sul bordo della vasca, reggendomi al lavandino. Respiro profondamente, con gli occhi chiusi.

Dopo un paio di minuti mi sento già meglio. Deve essere stato solo un lieve mancamento, dovuto all’agitazione, senza dubbio, oppure all’orribile odore di quel profumo.

Mi rimetto in piedi, e afferro la boccetta, tenendola a debita distanza dal mio naso.

Può essere scaduto un profumo? Riluttante lo lascio cadere nel cestino dell’immondizia.

Il campanello di casa suona, e corro verso la porta, afferrando la borsa.

Appena spalanco la porta di casa trovo il sorriso di Shinichi ad attendermi.

“Pronta?” Mi chiede, dandomi un veloce bacio sulle labbra.

“Prontissima.” Sorrido, e scendendo le scale di casa mi dirigo verso la sua auto.

 

Accidenti. Mi mordo un labbro, cercando una maniera carina per dire al mio fidanzato che il vino che ha gentilmente ordinato per festeggiare non è per niente buono.

“Non ti piace questo vino?” Mi domanda Shinichi, preoccupato, notando la mia improvvisa titubanza davanti al bicchiere contenente un liquido giallognolo.

“No, no, affatto!” Esclamo, sorridendo. “È che penso sia meglio che beva dell’acqua. Sai che rischio di impazzire subito se bevo.”

Shinichi annuisce. Chissà se sono riuscita a convincerlo.

Un cameriere per fortuna lo distrae dai suoi pensieri, servendoci le portate. Per essere in un ristorante di lusso abbiamo ordinato piatti molto semplici. Costata di manzo lui, e coda di rospo io. Piatti che avremmo potuto trovare in qualsiasi ristorante che serve piatti di carne e pesce, ma questa sera non ho tanta fame.

Addento una forchettata di pesce, colta da un’improvvisa fame. Continuo a mangiare, finché non termino il piatto. Appoggio soddisfatta la forchetta nel piatto.

“Avevi fame.” Osserva Shinichi, aggrottando le sopracciglia. Arrossisco, abbassando il viso. La sua bistecca è ancora a metà, mentre il mio piatto è già vuoto, con solo i pezzi delle lische accantonati da un lato.

Emetto una risatina isterica, in estremo imbarazzo. Non mi ero resa conto di aver mangiato così in fretta.

Improvvisamente sento il bisogno di portarmi una mano alla bocca, mentre un senso di disagio si fa strada in me. Mi alzo di scatto dalla sedia, sotto lo sguardo allarmato di Shinichi.

Non riesco a dire niente, solo a correre in mezzo alla sala fino ad arrivare ai bagni. Mi chiudo dentro, e mi sporgo sulla tazza, rimettendo. Non credo di essermi mai sentita così male, nemmeno quella mattina stessa. Afferro la carta igienica, pulendomi la bocca.

Quando raggiungo i lavandini ringrazio il fatto che il bagno sia deserto. Mi sciacquo la bocca, reggendomi i capelli. Cosa diavolo mi sta succedendo?

Osservo la mia immagine allo specchio, non molto diversa da quella di questa mattina dopo il mancamento. Gli occhi sono lucidi, e il viso è pallido e livido. Mi sciacquo l’intera faccia, sperando di migliorare il mio aspetto sunto. Fortunatamente riesco a migliorare leggermente la situazione, anche se ho ancora un’aria stanca.

Prendo in considerazione l’idea di restare in bagno finché non mi sento meglio, ma al ricordo del volto spaventato di Shinichi mi ricredo.

Cercando di assumere un’aria tranquilla esco dai bagni, raggiungendo Shinichi, che si trova ancora seduto a tavola. Appena mi vede avvicinarmi balza in piedi, raggiungendomi.

“Ran! Come ti senti?” Mi chiede, accarezzandomi una guancia. “Sei pallida...”

“Sto bene, tranquillo, va tutto bene.” Cerco di tranquillizzarlo, posando una mano sul suo braccio.

“Vuoi ancora mangiare qualcosa o preferisci andare via?” Si lancia un’occhiata alle spalle, verso il tavolo ormai sgombro dai piatti.

“No... Possiamo andare.” Al pensiero del cibo sento un altro conato di vomito, ma riesco a trattenermi dal scappare ancora in bagno.

“Va bene.” Cingendomi la vita raggiungiamo la cassa, dove Shinichi paga.

“Cosa vuoi fare adesso? Se ti senti male ti riaccompagno a casa.” Mi domanda quando saliamo in auto.

“No, adesso sto bene. Deve essere stato il vino di prima.” Deduco, ricordando il gusto orribile di quella bevanda.

“Ma se ne hai bevuto un sorso!” Esclama incredulo Shinichi.

Scrollo le spalle, incapace di trovare una soluzione al mio malessere.

“Allora sei sicura di non voler tornare a casa?” Mi domanda, accendendo l’auto.

“Certo.” Sorrido, mentre l’auto inizia a correre lungo le strade illuminate dalla luce dei lampioni.

 

“Ehi, bella addormentata...” Un delicato buffetto sulla guancia mi costringe ad aprire gli occhi che nemmeno mi ero resa conto di aver chiuso.

Sfrego il viso contro la sua mano che mi sfiora la guancia.

“Sto prendendo in considerazione l’idea di rapirti per questa sera.” Sghignazza.

“Non mi oppongo di certo.” Sorrido, aprendo gli occhi.

Quando scopro di trovarmi ancora nell’auto di Shinichi sotto casa mia mi rendo conto di essermi addormentata subito dopo essere salita a bordo dopo lo spettacolo a teatro.

E pensare che Shinichi aveva organizzato tutto per rendere il nostro primo anniversario perfetto...

“Ran... Stai piangendo?” Mi chiede allarmato. Mi volto di scatto verso di lui, stupita.

“Eh?” La voce mi esce incrinata. Mi sfioro una guancia, scoprendola bagnata dalle lacrime.

“I-Io... non lo so cosa mi sta accadendo... S-Scusami...” Singhiozzo, sentendomi un’idiota. Nascondo il viso tra le mani.

“Shh... Tranquilla si vede che hai un po’ di influenza, non devi scusarti.” Sussurra al mio orecchio, sporgendosi per abbracciarmi.

“No...” Mormoro sulla sua spalla, mentre tenta di destreggiarsi tra il cambio dell'auto per potermi stringere meglio. “Sono una stupida... Tu... Hai preparato tutto per rendere perfetto il nostro anniversario... E io l'ho rovinato... Stamattina addormentandomi sul divano... E stasera stando male al ristorante e addormentandomi ancora adesso qui in auto...” Singhiozzo, mentre lo sento sollevarsi e arrivare al mio fianco sul sedile di pelle. In poco tempo mi ritrovo sulle sue gambe, a piangere come una bambina nell'incavo del suo collo. “Sono una pessima fidanzata... Mi dispiace...”

“Shh....” Sussurra al mio orecchio, sfregando la mano sulla mia schiena. “Non dire stupidaggini. Capita a tutti di avere dei giorni negativi, e poi sarà anche questo caldo che ti fa impazzire...”

“Mi dispiace...” Singhiozzo ancora. Come posso essere così... emotiva oggi?

“Basta scusarti, stai tranquilla, va tutto bene.” Riesco finalmente a smettere di singhiozzare e resto accoccolata contro il suo petto, lasciandomi cullare dalle sue braccia.

 

“Mmm...” Mugugno, rigirandomi su un fianco. Inconsciamente la mia mano tasta la soffice stoffa che sfioro, alla ricerca di qualcosa, o meglio, qualcuno.

Appena capisco di non riuscire ad afferrare niente mi alzo di scatto, ritrovandomi nella mia stanza illuminata dal sole. Il sangue scorre furente nelle vene, e il senso di nausea ritorna come il giorno precedente. Corro in bagno, piegandomi in due sulla tazza per rimettere.

“Ran, stai bene?!” Urla mio padre, accorrendo dal corridoio. Nella foga non ho avuto l'accortezza di chiudere la porta.

“Non molto...” Ammetto, mentre papà mi tiene i capelli indietro.

“Forse è meglio se ti porto dal dottore, non vorrei che ti fossi presa qualche strana malattia...” Mormora mio padre, aiutandomi a rimettermi in piedi senza cadere. Non protesto, del resto è da giorni che sto malissimo, e poi il mio medico di fiducia è il padre di una delle mie migliori amiche: Akane.

“Torna a letto, io chiamo il dottor Hokichi per farti visitare.” Mi informa, agitato, tenendomi per un braccio mentre mi accompagna fino alla porta della mia stanza.

Sbuffo, sdraiandomi sul mio letto. Non ricordo nemmeno come ho fatto a finire qui la notte scorsa, ho solo delle immagini confuse di Shinichi che mi adagiava sul materasso dopo avermi portato in braccio... Devo essermi ancora addormentata fra le sue braccia in auto, è l'unica spiegazione.

“Tesoro, ha chiesto il dottore se possiamo andare nel suo studio... Si è scusato dicendo che sta aspettando anche un altro paziente, ma se non vuoi...” Lo interrompo, stanca di tutti quei giri di parole.

“No, va bene... Adesso mi vesto.” Sbotto, alzandomi di nuovo in piedi – questa volta con calma – e dirigendomi verso l'armadio. Estraggo una semplice t-shirt e un paio di jeans chiari, cercando di sistemare il groviglio dei miei capelli alla bell'e meglio.

Appena sono pronta esco con mio padre di casa, aspettando un taxi.

 

“Da quanti giorni perdura la nausea?” Mi domanda il dottor Hokichi, misurandomi la pressione, come di prassi.

“Mmm...” Ci rifletto per alcuni secondi. “Da cinque giorni...”

“Ti colpisce maggiormente in un particolare momento della giornata, o sono regolari?” Sfila il bracciale per la misurazione della pressione dal mio braccio, annotando su un piccolo taccuino la frequenza del battito e i vari valori.

“Specialmente alla mattina... Ma in generale ogni volta che compio qualche gesto affrettato oppure subito dopo mangiato...” Mormoro, senza soffermarmi troppo sul pensiero del cibo.

Il padre di Akane mi osserva pensieroso. Le sue sopracciglia di aggrottano.

“Devo farti una domanda un po' personale...” Oddio. Cosa vorrà sapere?

“Va bene...” Acconsento, a disagio.

“Hai un ritardo?” Mi chiede senza indugiare. Avvampo, abbassando lo sguardo e pronta a rispondere negativamente.

“Certo che no,” Sbotto, alzando la voce di alcune ottave, senza motivo, “ma cosa...” Un momento. Cosa mi ha chiesto? Mi immobilizzo, e con il cuore che batte a mille inizio a fare alcuni conti.

“Che giorno è?” Domando, con il petto stretto in una morsa agghiacciante che mi toglie il respiro.

“Il 27 Luglio.” Risponde atono il medico, scrutandomi attraverso i suoi occhiali da vista con le lenti rotonde.

“Non... non può essere...” Sussurro con voce spezzata.

“Di quanti giorni è il ritardo, Ran?” Mi domanda dolcemente Hokichi, avvicinandosi al lettino su cui sono seduta.

“N-Nove gio-rni...” Balbetto, sgranando gli occhi e sentendoli pizzicare.

“Hai subito un forte stress in questo periodo?” Mi chiede ancora, scribacchiando ancora sul taccuino.

“No... sì... non lo so...” Mormoro, stringendo i pugni sulle ginocchia.

“Ran. Ran, ascoltami, non c'è motivo d'allarmarsi; se non hai ancora fatto niente non puoi di certo correre il rischio di...” Cerca di consolarmi il medico, all'oscuro di ciò che ho fatto a 'quel' livello.

“Ma io ho fatto qualcosa!” Strillo, avvampando più di prima e sentendo il mio corpo scosso da fremiti.

“Oh.” Riesce solo a dire Hokichi, sgranando gli occhi. Subito però si ricompone. “Quando è successo?”

Arrossisco. “All'incirca due settimane fa...” Vedo il padre della mia amica turbato. “Crede che... potrei...” Balbetto, incapace di continuare.

“Non lo so.” Ammette, sedendosi alla poltrona dietro la scrivania. Con gesti meccanici apre un cassetto, estraendo due scatoline rosa. “Per sicurezza credo sia meglio fare un test.” Mormora, cercando di mantenere il suo tono professionale. “Questi non sono sicuri al cento per cento, ma sono molto più affidabili di altri. Adesso è meglio iniziare a farne due di questi, poi ti chiederò di fare alcune analisi da portare in laboratorio, per avere una conferma certa.”

Annuisco, inerme. Non so cosa fare, il mondo sembra volermi crollare addosso da un momento all'altro.

“Sulla scatola ci sono tutte le istruzioni nel caso non sapessi usarlo... Se hai problemi, comunque, io sono qui...” Hokichi mi tende le due scatoline, indicandomi una porta vicino alla libreria. Un bagno. Incapace di rispondere entro, richiudendomi la porta alle spalle.

 

È da una decina di minuti che sono chiusa in bagno. Dopo un lieve imbarazzo ho aperto la porta al mio medico di fiducia, e adesso ci troviamo tutti e due seduti a terra, in attesa del verdetto finale di entrambi i test.

“È il momento.” Sussurra Hokichi, allungando una mano per prendere il primo bastoncino del test. Chiudo gli occhi, mordendomi il labbro inferiore. Poco fa abbiamo deciso che mi darà un solo risultato, quello finale. O sì, o no. Due risposte, due sentenze.

Dopo pochi secondi lo sento alzarsi, e inevitabilmente apro gli occhi, cercando subito quelli del mio dottore.

“Allora...?” Gli chiedo, alzandomi con calma in piedi.

“Ran...” Sospira. “Sei incinta.”

I miei occhi si spalancano, osservando le strisce rosa che appaiono sul bastoncino.

È un attimo, e il buio mi avvolge, trascinandomi nella sua sfera di oblio.

 

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Tratto dal Capitolo Ventitre: Insieme

“Ti prego... Non lasciarmi sola ad affrontare tutto questo...” Singhiozzo, afferrando la sua mano e portandomela al ventre ancora piatto. Sussulta al contatto con la mia pelle coperta solo dalla leggera stoffa della maglietta.  “Dobbiamo superare tutto... Insieme.”

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Capitolo 23
*** Insieme ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Ventitré: Insieme

Rigiro fra le mie mani la cornice argentata, mordendomi il labbro inferiore. Non ho la forza di piangere, anche se dentro di me avverto il caos più totale. Non so cosa fare.

Un improvviso tremolio proveniente dal cassetto del comodino di fianco al letto mi fa sussultare. Alcuni brividi mi percorrono la schiena, mentre la salivazione si azzera e sento il cuore battere incessantemente. Passa all'incirca un minuto prima che la vibrazione si arresti, e nel frattempo mi torturo il labbro con i denti, mentre le mani stringono convulsamente il materiale argenteo della cornice.

“Ran!” Sobbalzo, e per un millesimo di secondo la voce di mio padre è sostituita da quella del mio fidanzato.

“S-Sì?” Chiedo, cercando di apparire il più calma possibile, mentre la porta della stanza si apre cigolando.

“Ehm... No, niente. Volevo solo dirti che stasera vado a cena con tua madre, quindi non sarò di ritorno fino a tardi...” La notizia mi distrae per alcuni istanti, ma l'ansia torna subito patrona in me.

“O-Ok...” Mormoro, esibendo un sorriso tirato. Mio padre sembra accorgersene.

“Qualcosa non va?” Avanza di alcuni passi nella stanza, preoccupato.

“No, no! Sono solo sorpresa dal fatto che tu e la mamma andrete a cena da soli...” Dico, in maniera affrettata, muovendomi ansiosa sul letto.

“Non esci con il bamboccio?” Mi domanda, aggrottando perplesso le sopracciglia. Rabbrividisco.

“Ehm... Sì... Penso di sì... Non abbiamo ancora deciso...” Mormoro, abbassando lo sguardo sul mio ventre piatto.

“Tesoro, c'è qualcosa che non va?” Mio padre avanza ancora di più, sedendosi sul letto, al mio fianco. “Non sono molto a casa, però ho notato che è da alcuni giorni che non uscite insieme...” Sussulto. Come ha fatto ad accorgersene? “Se è successo qualcosa, se ti ha fatto qualcosa...” Borbotta, alzando un pugno davanti a sé.

“No, no, papà non è successo nulla! Ha preso un brutto raffreddore e per non contagiarmi abbiamo deciso di non vederci!” Esclamo, abbassando la sua mano.

Mio padre mi osserva con le sopracciglia aggrottate. “Un raffreddore? A fine Luglio?” Cavolo. Come ho fatto ad avere un idea così idiota?!

“Ehm... sì! È andato a fare un'escursione in montagna con Heiji domenica, e si sono ammalati tutti e due! Che sfortuna!” Ridacchio, per nulla divertita.

“Capisco.” Fortunatamente Kogoro sembra credermi, e facendo forza sulle ginocchia si alza. “Vuoi che resti a casa a farti compagnia stasera?” Mi chiede, ma nella sua voce leggo benissimo il poco desiderio che ciò avvenga.

“No, tranquillo vai pure. E comunque penso che stasera ci potremo vedere, dovrebbe essere quasi guarito del tutto ormai.” Sorrido, fingendomi contenta.

“Va bene. Vado a prepararmi.” Mi sembra di scorgere una scintilla nei suoi occhi, e non posso che essere felice per lui. Finalmente forse le cose fra lui e la mamma stanno andando bene...

Appena sento l'acqua della doccia scorrere nel bagno adiacente mi alzo dal letto, dirigendomi verso il comodino. Con mano tremante apro il primo cassetto, estraendo il cellulare. Sento i sensi di colpa avventarsi su di me quando leggo il resoconto dell'ultima giornata: diciassette chiamate perse e sette messaggi.

Decido di scoprire chi è stato a chiamarmi per tutte quelle volte, anche se la risposta la conosco più che bene. Difatti non mi sbaglio: Shinichi.

Faccio scorrere il menu del cellulare fino alla cartella dei messaggi ricevuti, e fortunatamente almeno tre di essi sono di Sonoko, Sachiko e Akane; gli altri ovviamente sono di Shinichi.

Le mie tre amiche erano preoccupate per la mia situazione, ed erano anche le uniche – con il dottor  Hokichi, padre di Akane, che mi aveva dato la notizia – ad essere a conoscenza di questo fatto.

È da quattro giorni che sono rinchiusa in casa e non vedo Shinichi. Non ho ancora trovato il coraggio di dirgli cosa sta succedendo, e soprattutto non credo di poter reggere al suo sguardo che ogni volta sembra volermi perforare l'anima. No, non riuscirei a nascondergli che c'è qualcosa di grosso che non va.

Con un sospiro inizio a leggere tutti i quattro messaggi che mi ha inviato. 

È preoccupato. Molto preoccupato. Negli ultimi giorni gli ho detto che sono preda di una violenta influenza, e questo spiega anche il mio malessere della sera in cui siamo usciti per il nostro anniversario. Sembra avermi creduto, ma è sempre molto preoccupato perché gli ho chiesto di non venirmi a trovare per paura di contagiarlo. Sorrido amaramente. Almeno in parte la bugia che ho raccontato a mio padre può essere considerata vera...

Improvvisamente il cellulare prende vita fra le mie mani, iniziando a vibrare. Shinichi.

Prendo un profondo respiro, e premo il tasto con la cornetta verde.

“Pronto?”

“Ran? Sono io...” Dal suo tono di voce capisco che sembra sollevato. “Scusa, so che non dovrei disturbarti e lasciarti riposare, ma è da questa mattina che non ci sentiamo e...”

Interrompo le sue scuse. “No, scusa tu, mi sono addormentata oggi, e ho letto solo ora i messaggi e le chiamate perse...”

“Non ti preoccupare, sono io che mi preoccupo per niente...” Mormora, facendo seguire un attimo di silenzio. “Come stai oggi?”

Sospiro, cercando di non farmi sentire. “Meglio... Ascolta... C'è una cosa di cui dovrei parlarti... Ti andrebbe di uscire?” Gli chiedo, indecisa.

“Certo... Ma... Sei sicura di sentirti bene? Mi sembri strana...” No, no! Non deve capire che c'è qualcosa che non va!

“Sto benissimo, tranquillo!” Esclamo, usando il tono più squillante che posso.

“Va bene.” Il suo tono si fa più leggero, quasi divertito. “Allora passo da te tra mezz'ora?”

Sorrido, anche se non mi può vedere. “Va bene.”

“A dopo.” E detto questo riaggancia.

Osservo per alcuni istanti il cellulare. Avrò fatto la scelta giusta?

Mi vesto, sperando di non perdere la calma, o perlomeno quella apparente, pensando per bene a quali parole usare per rivelare a Shinichi che sono... sono...

Scuoto il capo. Non devo sforzami di pensare a quella parola, troppo difficile al momento per essere effettivamente compresa.

“Io esco!” Sento gridare da mio padre, dall'ingresso.

“Va bene!” Urlo, per farmi sentire da lui. Subito dopo la porta sbatte, e capisco di essere rimasta sola a casa. Chissà cosa accadrà oggi...

Dopo neanche quindici minuti sono pronta. Fortunatamente la nausea si ripresenta meno frequentemente rispetto a prima, e questo mi consente di camminare senza preoccuparmi di non fare scatti veloci, con conseguente giramento di testa e conato di vomito. Molto probabilmente è grazie alla mia nuova dieta... Afferro la mia borsa, cercando al suo interno un bigliettino. L'altro giorno, quando sono svenuta nello studio del dottor Hokichi dopo aver ricevuto la traumatica notizia, il padre di Akane ha deciso di prescrivermi una dieta adatta al mio stato, e fortunatamente sembra avere avuto i suoi effetti.

Una volta trovato il biglietto afferro un taccuino, una penna, e mi dirigo verso la sala: la mia scrivania è tempestata da tutti i libri di scuola da ritirare, e non ho né il tempo né la voglia di sgombrare il tavolo per scrivere un paio di cose.

Mi siedo a terra, e con calma inizio a ricopiare tutte le informazioni e gli avvertimenti, così da poter cestinare la copia originale. Non è sicuro che io tenga un foglio scritto da un medico, se mio padre o Shinichi lo trovano potrebbero insospettirsi. Ed inoltre non so per quanto ancora sarò costretta a seguire questa dieta...

 

“Ran, ascolta: se non ti senti pronta ad assumerti una simile responsabilità io ti capisco. Non ti giudicherò se sceglierai una via alternativa, anche se sai benissimo che sono contrario all'aborto...”

“La prego, non pronunci quella parola...” Singhiozzo, rabbrividendo.

Hokichi scuote il capo. “Comunque sia, prima di prendere qualunque decisione devi parlarne con Shinichi.” Sgrano gli occhi, osservandolo stupita. “È suo il bambino, giusto?” Mi chiede, timoroso.

Che stupida, lo sanno tutti che io e Shinichi siamo felicemente fidanzati, è evidente che quindi anche il dottore – per di più padre di una delle mie migliori amiche – sia giunto alla conclusione che è Shinichi l'unico con cui avrei mai potuto avere rapporti così approfonditi.

Annuisco solamente. Sarà la scelta più difficile della mia vita...

 

Il campanello di casa squilla, facendomi sussultare. Guardo l'orologio: mancano ancora una decina di minuti all'appuntamento, e di solito Shinichi è sempre in perfetto orario, o addirittura in ritardo, quindi dubito che sia lui.

Mi alzo svogliatamente in piedi, andando ad aprire, e mi ritrovo davanti Shinichi. Lo guardo sorpresa, ma subito dopo avverto le farfalle allo stomaco, e la consapevolezza di averlo avuto lontano da me – anche se volontariamente – per quasi una settimana si fa viva in me. Di slancio lo abbraccio, nascondendo il sorriso nella sua maglietta. Le sue braccia mi stringono a lui, ma sento che c'è qualcosa di strano.

“Mi sei mancato...” Sussurro, con voce incrinata. Accidenti agli ormoni! Sbatto un paio di volte le palpebre, e cerco di guardare verso il soffitto per non far colare le lacrime che sento raccogliersi agli angoli degli occhi. In questo modo noto il suo sguardo corrucciato e gli occhi che fissano un punto indefinito della stanza. Mi separo da lui, osservandolo accigliata.

“Cosa c'è?” Gli chiedo, offesa dal fatto che non mi ha ancora rivolto un sorriso o anche solo lo sguardo. Sposto gli occhi, cercando di guardare nella sua stessa direzione. Cavolo. Il biglietto del dottore fa bella mostra di sé, abbandonato sul pavimento ad appena qualche metro da noi. Deve essere volato a terra quando mi sono alzata per andare ad aprire la porta.

Mi abbasso velocemente a raccoglierlo, accartocciandolo e infilandomelo nella tasca dei pantaloni. Subito dopo raccolgo anche il taccuino e l'astuccio.

“Cos'è quel biglietto, Ran?” Mi chiede, perplesso.

“Niente. È solo una lista di cose da comprare per la casa.” Oggi sto continuando a mentire...

Non mi risponde, e fingendomi tranquilla porto le mie cose in camera. Stranamente non mi segue, ma resta fermo al centro della sala, con lo sguardo puntato sul pavimento. Cosa gli succede? Che abbia... No, non può aver scoperto qualcosa!

“Andiamo?” Gli chiedo, ritornando da lui, pronta ad uscire. Annuisce scuotendo appena il capo. Appena richiudo la porta alle mie spalle afferra la mia mano, ed iniziamo a camminare per le vie della città, senza una particolare meta.

Dopo alcuni metri in silenzio, però, decido di capire cosa sta succedendo.

“Insomma, si può sapere cosa c'è che non va?” Gli chiedo, stizzita, fermandomi in mezzo al marciapiedi.

Shinichi solleva lo sguardo, smarrito.

“Come?” Mi domanda, innocente.

“Puoi dirmi cos'hai oggi? Ti sei reso conto che non mi hai ancora rivolto la parola?” Lascio andare la sua mano, risentita.

Il suo viso s'incupisce. “Perché tuo padre pensa che io abbia il raffreddore?”

Sgrano gli occhi. Oddio. Come fa a saperlo? “Non lo so.” Dico, scrollando le spalle. Devo trovare una scusa. “Probabilmente avrà pensato che ti ho contagiato l'altra sera, a cena.”

Mi osserva perplesso, con le sopracciglia aggrottate. “Non mi sembrava che fosse una sua supposizione, da come mi ha parlato prima.”

“Prima?” Gli chiesi, iniziando ad agitarmi. Non avrà...

“L'ho incontrato per strada, sono arrivato un po' in anticipo e ci siamo messi a parlare.” Mi informa, con lo sguardo impenetrabile.

“Ah.” Dico solo, non sapendo cos'altro aggiungere.

Shinichi scuote il capo. “Non fa niente, scusa per prima, ero solo un po' perplesso.” Mi sorride in segno di scusa. Dentro di me tiro un sospiro di sollievo.

“Ah,” il suo sguardo si fa attento, e mi osserva curioso, “prima hai detto che devi dirmi una cosa.”

Sussulto. “Ehm... Ne parliamo dopo, ok? Prima facciamo una passeggiata.”

Inarca un sopracciglio, ma annuisce, e prendendomi per mano ritorniamo a camminare.

 

Ci sediamo su una panchina del parco. Le sue braccia mi stringono a lui, spingendomi ad appoggiare la testa sulla sua spalla. Chiudo gli occhi, beandomi di quella piacevole sensazione di benessere.

Dopo aver passeggiato siamo andati a cena in un ristorante – senza che avessi malesseri, fortunatamente – e adesso ci stiamo riposando. Il sole è calato da poco e alcune stelle iniziano a illuminare il cielo, mentre la luna fa capolino da dietro le fronde degli alberi. È solo a un quarto, ed è leggermente inclinata.

Tengo gli occhi chiusi, mentre con la mano inizia a giocherellare con la mia.

“C'è una cosa che vorrei chiederti...” Mormora, esitante.

“Dimmi...” Mi sollevo da lui, per guardarlo negli occhi.

Abbassa lo sguardo, ma subito lo solleva. “No, prima devi dirmi te quella cosa, ricordi?”

Sussulto. Non voglio rovinare la nostra serata, sto troppo bene qui, fra le sue braccia.

“Non...” Non posso dire che non è nulla di importante, non ne sono in grado. “No, ti prego prima te.” Dico, forse troppo velocemente. Infatti Shinichi lo nota, aggrottando le sopracciglia.

“Ran, se è qualcosa di importante devi dirmelo.” Si mette a sedere composto, guardandomi dritto negli occhi. Colpevole, abbasso lo sguardo.

“Io non so...” Singhiozzo, iniziando a guardarmi intorno, agitata.

“Ran. Ran!” Shinichi ferma il mio volto, prendendolo fra le mani. Attraverso le lacrime distinguo il suo viso trasfigurato dalla preoccupazione. “Dimmi cosa sta succedendo. È da cinque giorni che ti comporti in modo strano. Ti prego dimmelo, non ti posso aiutare se non ti apri con me.”

“Sono incinta, Shinichi.” Dico, in un soffio, sentendo il mio mondo crollarmi addosso. È come se, una volta detta 'quella' parola ad alta voce, tutte le barriere di protezione che mi ero costruita intorno, per cancellare almeno momentaneamente il problema, fossero miseramente crollate, lasciandomi scoperta davanti la cruda realtà.

La presa delle mani sul mio viso si allenta, fino a scomparire del tutto.

Mi sfrego gli occhi con i polsi, ritornando ad avere la vista limpida. Shinichi ha il volto bianco, e gli occhi sono sbarrati. “Sh-”

“Sei... Sei in-cinta?” Sussurra, senza cambiare espressione, interrompendomi mentre tento di chiamarlo.

“S-Sì...” Mormoro, stringendo i pugni sulle ginocchia.

“Ne... ne sei sicura?” Mi chiede, con voce tremante.

“Ho fatto... due test dal... dot-tore...” I suoi occhi riacquistano improvvisamente vita.

“Quando?” Sussulto. Non posso mentirgli...

“C-Cinque giorni fa...”

“Cosa aspettavi a dirmelo?!” Urla, balzando in piedi.

“Io...”

“Come hai potuto tenere per te una cosa così importante?!” Grida ancora, facendomi arretrare sulla panchina, atterrita. “Sono coinvolto quanto te in questa storia! Avresti dovuto venire da me subito! Ti rendi conto di quanto sia grave questo problema?!”

Mi alzo in piedi, inviperita. “Certo che me ne rendo conto! Per chi mi hai preso?!” Sbotto, sentendo le lacrime di rabbia premere di uscire. “Ma avevo paura di come avresti reagito!”

“È per questo che non mi hai voluto vedere in questi giorni?!” Sbotta, trattenendo la rabbia. “Perché non volevi dirmi cosa ti stava accadendo?!”

“No! Stavo cercando di trovare un modo per dirtelo! Speravo avresti capito!” Strillo, lasciando scivolare alcune lacrime lungo le guance.

“Hai solo peggiorato la situazione, invece!” Shinichi scuote il capo, furibondo. “Sei una sciocca. Avresti dovuto correre da me a dirmi tutto subito. Mi hai deluso.”

Mi immobilizzo, di stucco. 'Mi hai deluso'. Mi hai deluso.

Stringo i pugni, lottando contro la ferita che mi sta pian piano lacerando il cuore.

“Hai intenzione di tenerlo?” Mi chiede dopo un po', con tono distaccato.

“A te interessa saperlo?” Domando, con tono freddo e distaccato. Non deve osare parlare in maniera così glaciale di ciò che sta accadendo.

Shinichi alza gli occhi al cielo. “Non fare la bambina, per favore.”

Stringo i denti. “Io mi sto comportando da bambina?”

Shinichi non mi risponde. Scuote il capo, e mi da le spalle, iniziando ad allontanarsi.

“Dove stai andando?!” Urlo, in preda all'ira e l'angoscia. “Shinichi!” Grido di nuovo, non ottenendo un solo segno da parte sua.

Mi mordo il labbro inferiore, fino a farmi male. Poi, con le lacrime che mi rigano il viso, mi volto, correndo verso casa.

 

“Ran, hai preso una decisione?” Mi chiede Sonoko, stringendomi le mani.

“No...” Mormoro, osservando il mio bicchiere di thé freddo.

“Lui non l'hai più sentito?” Mi domanda ancora. Rispondo alla sua stretta, mordendomi il labbro.

“No...” Rispondo, laconica.

“Come può...” Inizia a borbottare la mia amica, stringendo con forza le mani.

“Ti prego, possiamo non parlare di lui?” Le chiedo, affrettatamente, in preda ad un'improvvisa ansia.

“Certo, scusami...” Sonoko, con aria dispiaciuta, lascia le mie mani, riprendendo il suo bicchiere di thé

Sono passati solo tre giorni dalla lite con Shinichi, ma mi sembrano un'eternità. Non un messaggio, non una telefonata. Niente di niente.

Da una parte sapevo di avere io la colpa per non avergli rivelato fin da subito la verità, ma la sua reazione era stata una pugnalata al cuore, così come le parole che mi aveva detto.

'Mi hai deluso.'

Scuoto il capo, maledicendo i miei ormoni impazziti.

Il cellulare di Sonoko squilla, e, dopo aver letto quello che doveva essere un messaggio, la vedo aggrottare le sopracciglia.

“C'è Makoto che vorrebbe parlarti...” Mi informa, perplessa.

“Come mai?”

“Non lo so, ma mi ha chiesto se appena finiamo di bere hai voglia di fare un giro con lui...”

“Sì... va bene...” Borbotto, non riuscendo a trovare un valido motivo per cui Makoto ha chiesto a sua moglie di potermi vedere. Probabilmente anche lui ha dirmi qualcosa riguardo il mio stato...

Dopo alcuni minuti finalmente usciamo dal bar in cui ci eravamo rifugiate, e Makoto ci viene incontro. Era seduto su una panchina, al riparo dal sole cocente.

“Ehi, Ran!” Mi sorride, venendoci incontro. Subito si rivolge alla moglie. “Tesoro, tu torni a casa?”

Lei gli sorride, felice. “Certo.”

Per mia fortuna non si scambiano effusioni, o il mio cuore non penso avrebbe retto davanti a quella dolcezza che a me – almeno per il momento – è preclusa.

Sonoko si allontana a bordo di un taxi, salutandomi affettuosamente. Appena rimaniamo soli Makoto mi fa segno di dirigerci verso il piccolo parco giochi lì vicino. Cerco di non pensare al fatto che in quello stesso posto, quando eravamo piccoli, io e Shinichi venivamo spesso a giocare.

Ci sediamo sulle due altalene, riparate dal sole da una grande quercia. Quanti ricordi...

“Come ti senti?” Mi chiede Makoto, scrutandomi attentamente.

“Bene...” Mento, tenendo lo sguardo fisso sul terreno ghiaioso ai miei piedi.

“Ran...” Mi rimprovera.

“E va bene: sto malissimo. Primo perché ho scoperto di essere a soli diciannove anni incinta, secondo perché il mio ragazzo ha deciso di non parlarmi più, e terzo perché non ho la più pallida idea di come comportarmi e di che scelta fare!” Urlo, iniziando a singhiozzare. Finalmente dopo tre giorni passati a fare finta che non stesse succedendo niente mi sfogo del tutto, mentre Makoto mi osserva in silenzio, seduto al mio fianco.

Quando riesco a regolarizzare il respiro ritorna a parlare.

“Ho parlato con Shinichi questa mattina.” Sussulto. Perché mi dice queste cose? “È da tre giorni che non esce di casa, e credimi: non ha per niente un bell'aspetto.”

Rimango in silenzio.

“Si sente in colpa Ran, non devi pensare che non gli interessi più niente di te.”

“In colpa per cosa?” Gli chiedo, non capendo.

“Per averti fatto finire in questa situazione. Sa che non dovrebbe evitarti così, ma non riesce neanche più a guardarti negli occhi dopo quello che è successo. Mi ha detto di averti detto delle cose orribili, ma non le pensa davvero...”

“Allora perché le ha dette?!” Sbotto, infuriata.

Makoto alza gli occhi al cielo. “Ran, pensaci solo per un secondo. Gli hai appena detto che aspetti un bambino. Un bambino!” Urla, cercando di farmi comprendere il concetto. Rabbrividisco. “Come pensi che possa essersi sentito? Probabilmente in questo momento si sta maledicendo per averti rovinato la vita – almeno così pensa!”

Rimango ad osservare il terreno, ripensando alla sua espressione smarrita dell'altra sera. Forse...

“Grazie Makoto!” Esclamo, balzando in piedi.

Il mio amico sorride, alzandosi dalla piccola altalena. “Buona fortuna.”

Lo saluto frettolosamente, iniziando a correre verso il quartiere di Beika. Devo parlare con Shinichi, non posso più rimandare.

Una volta giunta davanti al grande cancello in ferro battuto suono continuamente il campanello. Tre, quattro, cinque volte, finché la sua voce non mi arriva gracchiante e metallica.

“Chi è?!” Sbotta, irritato.

“Sono io. Aprimi.” Ordino, senza un minimo di esitazione. Senza dire niente apre il cancello, ed entro velocemente, attraversando il giardino curato. Quando arrivo davanti la porta questa si apre, rivelando il volto stanco di Shinichi.

“Ran?” Borbotta, confuso. Non gli lascio il tempo di parlare, che gli getto subito la braccia al collo, stringendolo a me.

Rimane per alcuni istanti immobile, per poi afferrare le mie braccia, e sciogliere la mia stretta.

Lo osservo confusa.

“Non posso, Ran.” Sussurra, tenendo lo sguardo basso.

“Cosa?” Gli chiedo, accigliata. Per quale motivo ho sciolto il mio abbraccio?

“Non posso starti vicino dopo quello che ti ho fatto...” Chiudo la porta alle mie spalle. “Ti ho rovinato la vita!”

Stringo forte le labbra e faccio schioccare la mia mano sulla sua guancia. “Non... Non dire mai più una cosa del genere.” Sibilo, infuriata.

“Ma...”
“Come puoi pensare di avermi rovinato la vita?!” Scuoto il capo, indignata. “Ho bisogno che tu ora mi stia vicino e mi aiuti a prendere una decisione...” Sussurro, cambiando completamente tono.

“Io... Non sono in grado di scegliere Ran...” Borbotta. “Mi dispiace, ma non ti posso aiutare.”

Si volta, dandomi – per la seconda volta – le spalle. Sento gli occhi lucidi.

“Sì che puoi!” Urlo, facendolo fermare. “Non mi puoi chiedere di prendere una simile decisione da sola! Hai detto anche te di centrare quanto me in questa storia!”

Si volta, osservandomi con le sopracciglia corrugate dalla preoccupazione.

“Ti prego... Non lasciarmi sola ad affrontare tutto questo...” Singhiozzo, afferrando la sua mano e portandomela al ventre ancora piatto. Sussulta al contatto con la mia pelle coperta solo dalla leggera stoffa della maglietta.  “Dobbiamo superare tutto... Insieme.”

“Ran... io...” Non lo lascio terminare, e faccio unire le nostre labbra, con un'urgenza impossibile da arrestare. Shinichi risponde con la stessa intensità al bacio, e nei suoi gesti affrettati riesco a cogliere tutto il disagio e la sofferenza che prova.

Quando ci separiamo facciamo unire le nostre fronti, con l'affanno. Chiudo gli occhi, cercando di riprendere fiato.

“Mi dispiace.” Soffia sulle mie labbra, ansante. “Non avrei dovuto dirti quelle cose e non sarei dovuto andarmene...”

“Non fa niente.” Sussurro. “L'importante è che tu ora sia qui...”

Sussulto quando sento la terra mancare sotto ai miei piedi, e mi ritrovo fra le braccia di Shinichi, diretta verso il soggiorno. Mi sdraia sul divano, per poi accomodarsi al mio fianco. Appoggio la testa sul suo petto, godendomi le sue carezze sui capelli.

“Cosa faremo?” Mi chiede, con voce spezzata.

“Non lo so...” Sussurro. “Vuoi che... che... vada a prenotare per...”

Lo sento sussultare. “No!”

“Quindi v-vuoi tenerlo?”

“Sì... no... non lo so, Ran...” Si passa una mano sul volto, stancamente. Non avevo notato le due profonde occhiaie, simili a bruciature. “Tu vorresti tenerlo?” Mi domanda, cautamente.

Sobbalzo. “N-Non lo so...”

Per un istante un'immagine attraversa la mia mente: io e Shinichi, sdraiati su un letto matrimoniale, con un piccolo fagottino bianco fra le braccia.

“So che l'a-abor-”

“Non pronunciare quella parola!” Lo fermo, terrorizzata. Lui annuisce.

“So che è una cosa terribile... Però... Devi anche pensare a come saranno le nostre vite dopo...” Mormora. “Non so per quanto tempo riuscirai a seguire i corsi universitari, nelle tue condizioni...”

Stringo un lembo della sua camicia, frustata. Non voglio assolutamente mettere fine a una vita ma...

“Lo so...” Trattengo a fatica un singhiozzo. “Ma... non voglio neanche spezzare una vita...”

Le sue braccia mi stringono più forte.

E così, fra l'angoscia e i mille pensieri, mi addormento.

 

Mi stiracchio lentamente, per poi stringermi di più a quello che riconosco essere il corpo di Shinichi.

“Ehi...” Bisbiglia la sua voce al mio orecchio. Una mano mi accarezza i capelli, dolcemente.

Sbadiglio, e sollevo leggermente le palpebre, assonnata.

“Che ore sono?” Domando, notando che dalle finestre proviene ancora molta luce – ma del resto è normale, siamo ad Agosto.

“Quasi le cinque. Hai dormito quasi un'ora.” Mi risponde Shinichi, sorridendo.

Mi metto a sedere diritta, per cercare di ridestarmi del tutto dal mio stato di dormiveglia.

“Davvero lo vuoi tenere?” Mi chiede il mio ragazzo, scrutandomi con una strana espressione sul volto. Avvampo. Come può sapere cosa voglio?

“Cosa?” Fingo di non sapere a cosa si riferisce, facendolo scuotere il capo.

“Il bambino...”

Abbasso lo sguardo, pensierosa. È vero, durante il mio sonnellino mi sono risvegliata con la consapevolezza di non voler spezzare questa povera vita umana che sta nascendo, ma prima devo anche prendere in considerazione i desideri di Shinichi. Del resto è il... padre del bambino...

“Rispondimi, Ran...”

“Io non voglio spezzare un vita...” Sussurro.

“Nemmeno io, però...” Scuote il capo. “Poi vorresti comunque tenerlo dopo la nascita, oppure lo lascerai ai servizi sociali?”

Gli lancio un'occhiata indignata. Non potrò mai lasciare questa piccola creatura che si sta formando man mano nel mio stesso corpo... “No!” Esclamo.

“Quindi... vuoi tenerlo?” Mi chiede, prendendomi entrambe le mani.

“Non voglio costringerti a fare niente... Se non vuoi prenderti responsabilità ti capisco. Riuscirò a cavarmela da sola non ti devi preo-”

“Ran.” Shinichi mi ferma, dopo che, in prenda al terrore che lui non voglia il bambino, ho iniziato a fare un monologo. “Io voglio questo bambino.” Mi dice, calcando maggiormente sul verbo 'voglio'. “Voglio te, voglio il nostro bambino e voglio vivere la mia vita insieme a voi.” Mi sorride dolcemente.

Sento gli occhi riempirsi di lacrime di gioia. Sorrido anch'io, mentre le sue mani cancellano con i polpastrelli alcune scie di acqua salata dalle mie guance.

“Ti amo.” Sussurra a pochi centimetri da me.

“Ti amo anch'io...” Bisbiglio, e subito le sue labbra sfiorano le mie.

 

“Wow!” Esclamo, osservando incantata le luci della città, che da qui sembrano tante piccole illuminazioni natalizie. “È bellissimo!”

Le braccia di Shinichi mi stringono da dietro. “Peccato solo che da qui non si riescano a vedere bene le stelle per la troppa luce...” Mormora Shinichi, appoggiando il mento sulla mia spalla.

“Hai qualche desiderio da esprimere?” Ridacchio, alludendo alla particolare ricorrenza di quest'oggi, ovvero la notte di San Lorenzo, in cui le stelle cadenti dovrebbero essere più facilmente visibili.

“Nessuno in particolare, ma ci tenevo per te.” Sorrido, abbandonandomi alla sua schiena.

Passiamo alcuni minuti in silenzio, a contemplare la splendida visuale. Ci troviamo in cima ad una piccola collinetta alla periferia di Tokio, da cui è visibile la città da lontano.

“Ricordi la sera in cui mi hai detto di essere incinta?” Mi domanda improvvisamente.

“Certo...” Mormoro. Come potrei dimenticare quella terribile serata, e soprattutto i tre giorni seguenti?

“Ti avevo detto che avevo qualcosa da chiederti...” Scioglie il nostro abbraccio, e mi fa voltare verso di lui.

“Sì. Ora che ci penso non mi hai mai più detto cosa volevi chiedermi...” Corrugo le sopracciglia. Non capisco perché stia girando così intorno a questa storia.

“Penso sia arrivato il momento di farlo.” Sorride imbarazzato, prima di infilarsi una mano nel taschino della giacca leggera.

Non riesco a vedere cosa estrae, ma quando lo vedo inginocchiarsi di fronte a me sgrano gli occhi, mentre il battito cardiaco aumenta a dismisura.

“Ran. Ci conosciamo da quando siamo bambini, ma ho avuto l'occasione di aprire gli occhi solo un anno fa, su quanto tu fossi realmente importante per me. Insieme abbiamo superato varie difficoltà, e adesso stiamo affrontando un problema più grande di noi, ma so che andrà tutto bene finché noi resteremo insieme. So che forse è troppo presto, ma te lo chiedo ugualmente.” Trattengo il respiro, sentendo la testa girare. “Ran Mouri, mi vuoi sposare?” E detto questo apre la piccola scatolina estratta in precedenza dal taschino della giacca, svelando l'anello di fidanzamento.

Prendo un profondo respiro, pronta a rispondere.

 

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Tratto dal Capitolo Ventiquattro: Matrimonio

Istintivamente aumento la stretta alla sua mano.

“Io e Ran ci vogliamo sposare.” Soffia Shinichi, trattenendo il respiro. La stanza piomba nel silenzio. Gli occhi di mio padre diventano vitrei, il viso assume un colore cadaverico e i suoi muscoli si immobilizzano. Dopo alcuni secondi il suo corpo cade con un tonfo a terra.

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Capitolo 24
*** Matrimonio ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Ventiquattro: Matrimonio

Silenzio. Solo silenzio aleggia nell'ampia sala d'aspetto dell'ospedale di Tokio.

Le seggiole azzurro chiaro sono quasi tutte vuote, ad eccezione di quelle occupate da me, Shinichi, ed una coppia di anziani.

Stringo spasmodicamente la mano del mio fidanzato, mordendomi il labbro inferiore e continuando a battere il piede destro sul pavimento beige.

“Ran.” Mi richiama il mio ragazzo, accarezzandomi il dorso della mano con il pollice. “Andrà tutto bene, stai tranquilla.” Sussurra, cercando di nascondere la sua voce tormentata dietro un tono tranquillo e rilassato. Ma non ci riesce. È preoccupato quasi quanto me.

Al contrario, a quelle parole mi agito ancora di più, e gli occhi tornano a pizzicarmi.

“È tutta colpa mia.” Singhiozzo, sentendo l'ansia stringermi il petto in una morsa glaciale.

Le braccia di Shinichi mi stringono dolcemente. “Lo sai che la colpa è solo mia...” Sussurra, accarezzandomi i capelli.

“No. Non è vero, so-”

“Signorina Mouri?” Un medico avvolto in un camice bianco si presenta davanti le porte che conducono ai corridoi dell'ospedale, dove solo i medici possono accedere. Nelle mani tiene una cartellina con attaccati alcuni fogli.

Mi alzo in piedi tremante, avvicinandomi a lui.

“S-Sì?”

“Buongiorno, sono il dottor Mazumoto, cardiologo di quest'ospedale.” Si presenta, stringendo la mano sia a me che a Shinichi. “Suo padre ha avuto un infarto miocardico acuto, dovuto all'ostruzione di un'arteria coronaria che ha portato alla necrosi del tessuto miocardico.” Il mio cuore perde un battito al suono di quelle parole. Non capisco molto bene quello che ha detto, ma solo il suono di quelle parole mi fa sussultare. “Abbiamo operato appena in tempo, e abbiamo cercato di ridurre il più possibile i danni. Lo abbiamo sottoposto ad un trattamento di morfina, ossigeno e nitrati, per cercare di favorire il flusso sanguigno.” Conclude il medico – che avrà all'incirca una quarantina di anni – sorridendomi.

Vorrei chiedergli se adesso è tutto a posto, ma sono ancora troppo scossa e confusa dalla miriade di termini medici che il dottore ha usato per espormi il problema di mio padre.

“Quindi adesso sta bene?” Gli domanda Shinichi, notando la mia esitazione, stringendomi la mano. Sono certa che lui ha capito per filo e per segno cosa ha appena detto il dottore.

“Non si è ancora svegliato, ma i valori stanno rientrando man mano nella norma, quindi non dovrebbero esserci problemi. Dovrà stare a riposo per alcune settimane, e soprattutto interrompere immediatamente il consumo di tabacco.” Mormora il dottore, sfogliando i fogli della cartellina. Presumo siano le analisi appena eseguite su mio padre.

“Signorina,” Il dottore mi richiama, estraendo dal taschino del camice una penna, “potrebbe raccontarmi come sono avvenuti i fatti? Lei era presente quando il signor Mouri ha avuto l'infarto?”

Sussulto.

“S-Sì, eravamo a casa nostra...” Mormoro, mordendomi il labbro. Nella mia mente rivivo gli avvenimenti di quella mattina, ancora shockata.

 

“Ran, hai intenzione di dire a tuo padre che aspetti un bambino?” Mi chiede Shinichi, titubante.

Sussulto. “Io...veramente...”

I suoi occhi incrociano i miei. Sospiro. “Lo sai come la pensa mio padre. Niente rapporti prima del matrimonio...”

“Lo so però...” Si interrompe, immobilizzandosi.

“Shin-”

“Forse... c'è un modo per non far sapere a tuo padre che sei rimasta incinta prima del matrimonio...” Mormora, abbassando lo sguardo.

“Come?” Gli chiedo, non capendo che idea gli sia venuta in mente.

“Potremmo sposarci prima dell'inizio dei corsi all'università, così ci saranno all'incirca due mesi di differenza fra il giorno delle nozze e il concepimento...” Borbotta, arrossendo.

Avvampo. “Ehm... sì... Forse hai ragione...” Il mio sguardo cade sull'anulare sinistro, ornato da un bellissimo anello. La montatura in oro bianco si apre ad arco da una parte, andando ad avvolgere un diamante. La sera prima, quando Shinichi mi ha chiesto di sposarlo, ho subito accettato. Di certo non pensavo che il matrimonio si sarebbe tenuto a così breve distanza...

Un brivido corre lungo la mia schiena, facendomi tremare.

“Ran, se non vuoi non...” Lo interrompo. Accidenti a me e ai miei momenti di debolezza!

“No! Non è che non voglio, è perché so quello che pensa la gente...” Mormoro, preoccupata.

“In che senso?” Mi domanda, aggrottando le sopracciglia.

“Se ci sposiamo adesso tutti penseranno che sono incinta, lo sai... Hai sentito cosa dicevano su Sonoko e Makoto... Stanno ancora aspettando tutti di vederla apparire con il pancione! Cosa diranno quando tra qualche mese inizierò ad ingrassare a dismisura?” Gli chiedo, in ansia.

Shinichi scuote il capo. “Non dobbiamo ascoltare quello che pensano gli altri. L'importante è che tu e tuo padre non litighiate. Hai visto cosa è successo quando gli hai parlato dell'università... Se gli dicessi che sei incinta non oso immaginare come reagirebbe...” Mormora, preoccupato.

“Hai ragione...” Borbotto. Ad un certo punto mi alzo in piedi. Siamo seduti su una panchina del parco, e sono solo le undici di mattina. “Allora penso sia il momento di andare ad annunciarlo a mio padre.”

Shinichi impallidisce. “Ora?”

Rido, accantonando per un momento il panico. “Ora.”

Lo prendo per mano, e insieme ci dirigiamo verso casa.

 

“Cosa ci fate qui?” Ci chiede mio padre, quando entriamo nel suo piccolo studio.

“Dobbiamo parlarti.” Lo informo, spingendo Shinichi ad andare davanti alla scrivania dove è seduto papà.

Kogoro socchiude gli occhi, sospettoso. “Di cosa si tratta?”

“Ecco papà... io...” Borbotto, iniziando a sudare freddo. “Noi...”

“Kogoro, siamo qui perché c'è una cosa importante che dobbiamo dirle.” Inizia Shinichi, ostentando un tono tranquillo e determinato. Afferro la sua mano, stringendola.

Mio padre si porta una mano al collo, allentando la stretta della cravatta. Sbaglio o sta iniziando a sudare anche lui?

Istintivamente aumento la stretta alla sua mano.

“Io e Ran ci vogliamo sposare.” Soffia Shinichi, trattenendo il respiro. La stanza piomba nel silenzio. Gli occhi di mio padre diventano vitrei, il viso assume un colore cadaverico e i suoi muscoli si immobilizzano. Dopo alcuni secondi il suo corpo cade con un tonfo a terra.

“Papà!” Urlo, lasciando la mano di Shinichi e correndo al suo fianco. È steso su un lato, e sembra non respirare. “Shinichi!” Grido, voltandomi verso di lui. Non mi guarda, è troppo impegnato a parlare al telefono.

“Sì. Credo abbia un infarto.” Borbotta, agitato.

Dopo appena un minuto in lontananza si avverte il suono di una sirena. Chiudo gli occhi, lanciandomi fra le braccia di Shinichi, mentre alcuni paramedici portano via mio padre.

 

“Capisco.” Commenta il dottore, dopo aver ricevuto le informazioni che gli servivano. Lo vedo graffiare con la penna il foglio, trascrivendo alcune informazioni.

“Dottore, è colpa nostra se ha avuto l'infarto?” Gli chiedo, incapace di trovare una spiegazione logica.

Il medico mi osserva imperturbabile. “Assolutamente no. Suo padre fa un largo uso di tabacco, se non sbaglio.” Commenta, sfogliando ancora i fogli.

“Sì...” Mormoro.

Il dottor Mazumoto scuote il capo. “Il tabagismo è uno dei principali fattori di rischio in questo caso. Molto probabilmente nelle condizioni in cui era ridotto avrebbe presto avuto un attacco cardiaco.” Getta ancora uno sguardo alla cartellina. “Le analisi rilevano inoltre un alto tasso di colesterolo nel sangue, e questo non può che aggravare la situazione. Quindi signorina non si deve preoccupare, non è stata assolutamente colpa sua. Probabilmente la notizia che gli avete dato ha accelerato il ritmo cardiaco, aumentando così la pressione arteriosa, provocando l'infarto. Però non deve sentirsi in colpa, se non c'eravate voi a chiamare immediatamente l'ambulanza suo padre avrebbe anche potuto non farcela.” Un brivido mi scuote.

“Possiamo vederlo?” Chiede Shinichi, stringendomi la mano.

“Sta ancora dormendo, comunque potete restare al suo fianco. Ha bisogno di non sforzarsi e soprattutto di non subire ulteriore stress, sia fisico che mentale, quindi forse è meglio se non riprendete il discorso di questa mattina quando si sveglierà...” Mormora il medico, facendoci strada lungo un corridoio oltre le porte da cui è comparso.

Arriviamo davanti una porta. Dalla finestra che dà sul corridoio posso notare, attraverso le tendine, il letto in cui è sdraiato mio padre, incosciente.

“Siamo arrivati. Per qualsiasi domanda potete farmi chiamare da un'infermiera.” Sorride il medico, allontanandosi.

Io e Shinichi rimaniamo davanti alla porta della stanza, immobili.

“Forse è meglio se entri solo te...” Mormora, preoccupato.

“Cosa? Perché?” Gli chiedo, perplessa e anche un po' agitata. Non penso di avere la forza di guardare mio padre in quelle condizioni.

“Il medico ha detto di non sottoporlo a stress mentale, e non penso che vedendomi si rilasserà molto...” Ridacchia, cercando di sdrammatizzare.

“No, ti prego. Non puoi lasciarmi entrare da sola...” Sussulto.

Shinichi sospira.

“Per favore...” Sussurro.

Lo vedo alzare gli occhi al cielo, e capisco che si è arreso. Afferro la sua mano, e spalanco silenziosamente la porta.

La stanza è illuminata dal sole che splende oltre le finestre, e i muri bianchi del locale riflettono la luce quasi ovunque. Una piccola televisione è attaccata alla parete sulla destra, in modo da essere visibile da entrambi i letti disposti a sinistra.

Il mio sguardo corre dal primo letto vuoto fino a quello vicino ad una finestra, occupato da mio padre.

Shinichi mi stringe di più la mano, cercando di infondermi forza.

Avanzo lentamente nella stanza, raggiungendo il letto. Tre tubicini sono collegati al suo polso destro: uno è rosso intenso, l'altro bianco. Seguo il loro profilo, fino a scorgere le due sacche appese vicino al letto, dello stesso colore dei tubicini trasparenti.

Sento la testa girare quando capisco che si tratta di sangue.

Le gambe mi cedono impercettibilmente, ma due braccia corrono a sostenermi. “Ran!” Sussulta Shinichi, cercando di mantenere il tono della voce basso.

Fisso il pavimento, cercando di pensare a qualcosa che non abbia a che fare con l'ospedale, ma l'odore pungente che aleggia nella stanza non mi aiuta affatto.

“Scusa... è... è colpa del sangue...” Mormoro, reggendomi a lui. Le gambe sembrano diventate di gomma.

“Vieni, sediamoci...” Mi conduce verso la poltrona che si trova nell'angolo della stanza, facendomi accomodare. Shinichi prende uno sgabello, mettendosi vicino a me.

Mi prendo la testa fra le mani, cercando di non pensare al sangue.

“Credi che quando si sveglierà potrò chiamare un'infermiera a farmi da scudo?” Ridacchia Shinichi, immaginando il momento cui mio padre ricorderà l'imminente matrimonio. A proposito...

“Shinichi io voglio che mio padre sia presente alla cerimonia.” Sussurro, guardandolo negli occhi.

“Sì, certo.” Mi osserva perplesso. “Perché dici questo?”

Aggrotto le sopracciglia. “Beh, ha appena avuto un infarto – sussulto quando pronuncio quella parola – non penso che si riprenderà molto presto... E poi se dobbiamo sposarci – questa volta un brivido mi scuote – hai detto anche tu che dobbiamo farlo prima che inizino i corsi universitari...”

Shinichi mi prende una mano, stringendola. “Normalmente in caso di infarto bisogna aspettare dai trenta ai cinquanta giorni. Oggi è il 13 Agosto, quindi abbiamo tutto il tempo fino a metà Settembre affinché tuo padre si rimetta in sesto. Ricorda che i corsi universitari inizieranno solo a Ottobre.”

Sorrido, rincuorata. È vero, i corsi all'università inizieranno tardi, e ancora non so per quanto tempo sarò in grado di frequentarli... Come deciso andremo ad Osaka: io alla Facoltà di Lettere, e lui a quella di Biologia. È riuscito a trovare un appartamento molto confortevole a breve distanza dalle nostre università – fortunatamente non molto distanti fra loro –, che sono facilmente raggiungibili anche a piedi. L'anziana signora che ha offerto in affitto il locale gli ha gentilmente offerto anche il posto macchina al coperto, quindi avremo la possibilità di viaggiare in auto, senza ricorrere a treno, autobus o taxi.

“Quando non sarai più in grado di andare a scuola ci ritireremo, e torneremo a Tokio per completare la gravidanza. Dopotutto, un anno di riposo non sarà la fine del mondo.” Mi aveva detto Shinichi, quando avevamo affrontato il discorso 'università' subito dopo aver deciso di tenere il bambino. Ero contraria all'idea che dovesse rinunciare a un anno di scuola a causa mia, ma era stato irremovibile. “No, Ran. Non ho intenzione di lasciarti sola in un momento come questo. In confronto a te la scuola non è niente. Inoltre per fare il detective non mi serve una laurea.”

Sospiro, affondando la testa nella scomoda poltrona.

“Sei stanca?” Mi chiede dolcemente, scostandomi dal viso alcune ciocche di capelli.

“Un po'...” Ammetto. “Ho i nervi a pezzi...” Mormoro, massaggiandomi le tempie.

“Vuoi tornare a casa? Sto io con lui...” Mi offre Shinichi, ma scuoto subito il capo.

“No, non sarebbe giusto. Avrà bisogno di me quando si sveglierà...” 

“Vuoi che vada a prenderti un caffè, allora?” Annuisco, sbadigliando.

Il mio fidanzato si alza in piedi, e in silenzio esce dalla stanza, che cade nel silenzio, rotto solo dall'incessante rumore dell'elettrocardiogramma che segna i battiti cardiaci di mio padre. Sospiro nuovamente, lanciando uno sguardo all'orologio appeso al muro. Le quindici e trenta. Non ho ancora mangiato, e non ho avuto il tempo di richiamare mia madre. Quando l'ho chiamata giunta in ospedale aveva il cellulare spento: probabilmente si trovava in tribunale. Forse è meglio se provo a richiamarla...

Mi alzo in piedi, stiracchiandomi le braccia intorpidite, e mi dirigo verso la porta della stanza, sfilando dalla tasca dei jeans il cellulare. Improvvisamente il 'bip' dell'ECG diventa più frequente, costringendomi a voltarmi verso il letto, con il cuore in gola. Preoccupata, mi fermo in mezzo alla stanza, terrorizzata dal pensiero che mio padre stia avendo un altro attacco cardiaco, ma subito mi tranquillizzo quando noto una sua mano stringersi a pugno, e le sopracciglia aggrottarsi.

Corro vicino a lui, stringendo delicatamente la sua mano nella mia.

“Papà?” Lo chiamo, debolmente. “Papà, mi senti?”

“Ran...” Biascica, con gli occhi ancora chiusi.

“Sono qui, papà...” Sussurro, con le lacrime agli occhi.

Finalmente solleva le palpebre, specchiandosi nei miei occhi. Mi sorride dolcemente, ma subito inizia a guardarsi intorno, furtivo.

“Cosa... cosa succede papà?” Domando, preoccupata.

“Dov'è?” Chiede, cercando di mettersi a sedere.

“Stai giù, devi riposare.” Lo trattengo per le spalle, costringendolo a rimanere sdraiato.

“Lui dov'è?!” Urla, per poi portarsi una mano al petto, con una smorfia di dolore in volto. “Dov'è quel mascalzone?!”

“Papà, hai appena avuto un infarto, non devi sforzarti!” Esclamo, agitata.

“Non mi interessa! Voglio sapere dov'è quell'idiota che vuole sposarti!”

Sussulto, spaesata. Ha appena avuto un attacco cardiaco e l'unica cosa a cui riesce a pensare è il mio matrimonio?

“Papà, per favore: stai sdraiato e stai tranquillo. Tra poco arriverà anche Shinichi, io devo chiamare la mamma.”

“Non è necessario che fai preoccupare inutilmente tua madre! Io sto benissimo.” Borbotta, tossendo.

“Lo vedo...” Mormoro, preoccupata. “Ti prego, stai tranquillo un attimo, vado a chiamare il dottore per dirgli che sei sveglio.”

Esco in fretta dalla stanza, fermando un'infermiera e chiedendole di chiamare immediatamente il dottor Mazumoto, dopodiché chiamo mia madre, che finalmente risponde. Dopo averla informata dell'accaduto e averla anche rassicurata, riattacco, nel momento esatto in cui arriva Shinichi, che tiene fra le mani un bicchiere di plastica con dentro un liquido scuro e dall'aroma intenso. Caffè.

“Grazie.” Biascico, imbarazzata.

“Cosa c'è?” Mi chiede, capendo che gli sto nascondendo qualcosa.

“Mio padre si è svegliato.” Soffio nel bicchiere, cercando di raffreddare il caffè bollente. “Ho chiamato anche la mamma, tra un po' sarà qui.”

“E...” Mi incita Shinichi, capendo che non gli ho detto tutto. Sospiro.

“Papà è arrabbiato...” Mormoro, alzando gli occhi per incontrare i suoi. “Molto arrabbiato...”

Shinichi annuisce, posando una mano sulla maniglia della porta.

“Allora cerchiamo di farlo sbollire.” Ridacchia, ma noto benissimo che è teso. Entra nella stanza, e lo seguo titubante.

“Tu!” L'urlo di mio padre mi fa sussultare. Appoggio il bicchiere con il caffè sul tavolo, correndo poi al letto in cui giace mio padre, per tentare di farlo sdraiare.

“Papà, stai giù! Adesso arriva il dottore!” Sbotto, trattenendolo per le spalle mentre cerca di alzarsi e raggiungere Shinichi – con la chiara intenzione di strozzarlo.

“Come hai osato chiedere a mia figlia la sua mano?!” Ovviamente papà non mi ascolta, e continua a dimenarsi.

Shinichi non tradisce alcuna emozione, e si avvicina con calma misurata al letto. Lo guardo allarmata. Cosa ha intenzione di fare?!
“Shin-”

“Kogoro.” Il mio fidanzato si ferma al mio fianco, scrutando negli occhi mio padre, che si immobilizza, pronto ad ascoltarlo. “Amo sua figlia più di qualunque altra cosa al mondo, e le giuro che mai e poi mai vorrei vederla infelice.” La sua mano cerca la mia, stringendola con determinazione. “So che siamo giovani, ma sento anche che non posso più vivere senza di lei. Vorrei solo che lei ci dia la sua benedizione, così da poter coronare questo nostro sogno senza paure e tormenti.”

Sento gli occhi pizzicare. Non avrei mai pensato che Shinichi fosse in grado di affrontare così direttamente mio padre, e di esternare così pubblicamente i suoi sentimenti. È sempre stato molto timido e, per me, che sia riuscito a confessarli senza tentennamenti a mio padre, è un gesto colmo d'amore.

Sorrido felice, ma il mio pensiero viene subito riportato a mio padre. Mi volto ad osservarlo, e lo trovo a scrutare in silenzio Shinichi, con un cipiglio serio in volto.

Passano alcuni secondi senza che nessuno dei due interrompa il contatto visivo, fino a quando mio padre abbassa lo sguardo, rilasciando un sospiro rassegnato.

“Avete la mia benedizione.” Strabuzzo gli occhi, mentre un sorriso estasiato inizia a prendere forma sul mio viso. “Ma...” Il tono di mio padre si alza di alcune ottave, e solleva il volto, incontrando gli occhi attenti del mio fidanzato, “Guai a te se osi farla soffrire, chiaro?!”

Shinichi abbozza un sorriso. “La ringrazio.”

Io non riesco a contenere la mia felicità, e getto le braccia al collo di mio padre, stringendolo con impeto.

“Grazie, grazie, papà!” Esulto, mentre alcune lacrime di gioia mi solcano il volto.

“Ehi, calma, sono reduce di un infarto grazie a voi due, non procurarmene un altro.” Sghignazza papà, ricambiando goffamente l'abbraccio. Mi stacco imbarazzata da lui.

“Scusa...” Biascico, rimettendomi in piedi, al fianco di Shinichi.

La porta della stanza si apre, e fa il suo ingresso il dottor Mazumoto, sorridente.

“Buongiorno, signor Mouri, finalmente si è svegliato!” Il medico si avvicina al letto, ed io e Shinichi ci spostiamo portandoci vicino alla porta, così che possa visitare mio padre.

Sfoglia velocemente un quaderno ad anelli che teneva sottobraccio, lanciando alcuni sguardi allo schermo dell'elettrocardiogramma.

“Bene.” Commenta, appuntando alcune cose sui fogli. “Vedo che si sta riprendendo molto bene. Di questo passo nel giro di una settimana potremo dimetterla, anche se dovremo attendere all'incirca sette settimane prima di poterla dichiarare completamente guarito. È importante che non riprenda a fumare, o i rischi di un altro infarto saranno molto alti, e questa volta temo sarà fatale.” Rabbrividisco. “Bene, direi che è tutto. Mi raccomando: non si sforzi e cerchi di riposare. Tra poco un'infermiera verrà a somministrarle un'altra dose di morfina, per ridurle il dolore.”

Detto questo il dottore esce dalla stanza, lasciandoci soli con lui. Non faccio nemmeno in tempo ad avvicinarmi al letto che la porta si apre di nuovo, e un'infermiera avanza nella stanza, tenendo fra le mani una siringa. Distolgo lo sguardo, rabbrividendo. Mi sorprende il fatto che sia riuscita a stare così tanto tempo vicino a mio padre, senza badare ai due lunghi fili – di cui uno rosso intenso – collegati al suo corpo, ma soprattutto alla grossa busta di sangue appesa vicino al letto. La dichiarazione di Shinichi deve aver sortito il suo effetto.

Mentre tengo ancora lo sguardo basso avverto le sue braccia passarmi vicino ai fianchi, fino a racchiudermi nel suo abbraccio protettivo. Mi abbandono contro il suo torace, chiudendo gli occhi.

“Non hai fame?” Mi chiede improvvisamente, bisbigliando.

“Uhm...” Bofonchio, inebriandomi del suo profumo. A rispondere per me è lo stomaco, che emette un rumore molto esplicito. Avvampo, mentre Shinichi sghignazza. Scioglie l'abbraccio, prendendomi per mano e tirandomi verso la porta.

“Vieni, andiamo a mangiare qualcosa. Sono già le quattro e hai bevuto solo un caffè finora.”

“Ma...” Cerco di obbiettare, ma mi porta fuori dalla stanza. In fondo ha ragione: ho una fame terribile, e per di più papà si addormenterà di certo grazie alle medicine che l'infermiera gli ha appena somministrato.

Seguo il mio ragazzo lungo il corridoio, ma ci fermiamo quando sentiamo il suono di una voce molto familiare.

“Mamma...” Mormoro, lasciando la mano di Shinichi per andarle incontro. È ferma al bancone dell'accettazione, vicino agli ascensori. “Mamma!” Urlo, ignorando il fatto di trovarmi in un ospedale. Appena mi sente si volta, venendomi incontro a braccia aperte. Non esito a gettarmi fra le sue braccia, rilasciando tutta l'ansia provata in questo giorno. Non pensavo di aver accumulato così tanto stress da non rendermene nemmeno conto. Singhiozzo fra le sue braccia, ignorando chiunque altro al di fuori di noi. Quando mi separo da lei posso notare i muscoli del volto tirati, e gli occhi lucidi.

“Come sta?” Domanda, voltandosi verso Shinichi, che ha osservato la triste scena.

“Adesso dovrebbe essersi addormentato. Il dottore ha detto che va tutto bene, e che in una settimana dovrebbero dimetterlo.” Risponde Shinichi, abbassando lo sguardo.

Mia madre sospira, mentre io mi fisso le mani, ansiosa. Ho ferito Shinichi, me lo sento. Probabilmente si sente offeso perché ho preferito sfogarmi fra le braccia di mia madre, piuttosto che fra le sue, ma non so nemmeno io perché l'ho fatto.

“Voi andate pure a casa, resto io con lui.” Eri tenta di sorridere, nascondendo il suo sollievo alla notizia di buona salute – per quanto possa esserlo in questa situazione – di mio padre.

Annuisco, e dopo che si è allontanata alzo lo sguardo verso Shinichi, che continua a guardare in basso, stringendo i pugni.

“Shinichi, io...”

Lui sospira, impedendomi di continuare. “Andiamo a mangiare.” Esordisce, sorridendo amaramente.

Annuisco, inerme. Non riesco a trovare il coraggio per iniziare il discorso, temendo che questo possa portarci ad un litigio, cosa in cui non voglio assolutamente inceppare.

Iniziamo a camminare verso l'ascensore, e non appena questo arriva entriamo, premendo il bottone per arrivare al piano terra.

Lo sguardo di Shinichi resta fisso al pavimento, e non posso far altro che sentirmi in colpa.

“Shinichi.” Lo chiamo, mordendomi un labbro.

Lui solleva appena il volto.

“Guardami!” Esclamo, prendendo il suo viso con entrambe le mani e costringendolo ad incontrare i miei occhi. Il suo sguardo rimane serio, duro.

“Ti prego, perdonami per prima... Non so nemmeno io cosa mi sia preso! Non pensavo di essere così agitata...” Mormoro, in lacrime.

Shinichi sospira, posando entrambe le mani sulle mie. Chiude gli occhi.

“No...” Bisbiglia, riaprendo gli occhi. “Scusami tu. Non avrei dovuto reagire così, mi dispiace.” Afferra delicatamente il mio viso, accarezzandomi le guance bagnate, e cancellando le scie delle lacrime. Molto lentamente si avvicina, posandomi un delicato bacio sulla fronte.

Quando le porte dell'ascensore si riaprono usciamo insieme, mano nella mano.

 

“Mmm...” Mugugno, rigirandomi un paio di volte davanti lo specchio.

“Secondo me questo abito è troppo ricco ed elegante...” Mormora Akane, stringendo le labbra in segno di disapprovazione.

Sonoko annuisce, concorde. “Akane ha ragione: per te ci vuole qualcosa di molto semplice e allo stesso tempo elegante, ma non eccessivamente.”

Aggrotto le sopracciglia, voltandomi verso di loro. “Ad esempio?”

“Secondo me dovresti mettere un abito come quello che vediamo nei film...” Commenta Akane, portandosi davanti ad un appendiabiti, dal quale pendono tantissimi vestiti bianchi.

“Da principessa!” Esclama Sachiko, schioccando le dita e sorridendo sorniona.

Sbuffo. “Non sarà eccessivo?” Chiedo, mordendomi un labbro.

“No!” Cantilenano tutte e tre le mie amiche, insieme.

Ridacchio, infilandomi nel camerino per sfilarmi l'abito: un vestito molto aderente, con la gonna lunga e stretta, terminante in uno strascico. Non mi piaceva fin dall'inizio, ma la proprietaria era stata così carina quando me l'ha mostrato che non ho potuto rifiutare.

Esco dal camerino con indosso soltanto un accappatoio del negozio di abiti da sposa in cui ci troviamo, dirigendomi verso le mie amiche. Mia madre e Yukiko hanno deciso di lasciarmi la libertà di scegliere il vestito senza la loro influenza. Dovrò solo farglielo vedere quando l'avrò scelto, prima di comprarlo: la mia imminente suocera – mi suona alquanto strano definire così la mamma di Shinichi – ha insistito per poterlo pagare lei. Sarà il mio regalo di nozze, così dice.

“Qui sono disposti gli abiti a gonna larga.” Dice una donna di mezz'età, proprietaria del negozio. Ci troviamo in una stanza dalle pareti chiare, divisa in scompartimenti da lunghe file di appendiabiti, dove fanno bella mostra di sé tantissimi abiti da sposa.

“Dunque:” Inizia la donna, spostando con mano esperta i vari abiti per cercarne uno in particolare. “Abbiamo vari modelli, in base soprattutto a come si presenta la gonna: c'è questo, molto semplice, di seta color panna.” Spiega, abbassando una zip e mostrando un abito. Stringo le labbra: non mi piace, è fin troppo semplice, e le spalline sono troppo spesse. La signora ignora il nostro giudizio, e lo appende sopra agli altri, per lasciarcelo ammirare, mentre infila di nuovo le mani nella massa di vestiti, per sfilarne un altro. “In questo la gonna è piegata ad arte...” Spiega, appendendo anche questo vicino all'altro. Mmm... Non è brutto, ed è molto carino nel complesso... “Questo abito è simile a quello che vi ho appena fatto vedere, ma il tessuto della gonna è molto più morbido, ed è sollevato da un lato da una spilla. Eccolo.” Sorride, mostrandoci un altro vestito: è molto bello, ma non mi piace quel ricamo intorno alla spilla, sul fianco sinistro.

Sospiro, mentre la signora ritorna a cercare abiti nella mischia. Se continuiamo di questo passo non troverò mai l'abito adatto a me...

“Un momento...” Mormora Sachiko, che si è allontanata da noi e sta spostando alcune confezioni con gli abiti. “Possiamo vedere questo?”

La proprietaria si avvicina a lei, sorridendole cortese. “Certamente.”

Lo scarta velocemente, mostrando la delicata stoffa bianca.

“È...” Balbetto, emozionata, non appena vedo l'abito per intero.

“È perfetto!” Esclama Akane, guardandolo estasiata. Non posso che essere d'accordo con lei.


Respira. Respira. Respira.

Calmati Ran, non è niente di grave. Andrà tutto bene. È una cosa che succede, prima o poi, a tutti.

Calma. Calma. Calma.

Oh, al diavolo le raccomandazioni! Sto per sposarmi: ho tutto il diritto di essere in ansia!

“Ran!” Sonoko spalanca la porta, apparendo nel piccolo stanzino della chiesa. Sussulto agitata.

“Sonoko! Mi hai fatto prendere un colpo!” Esclamo, cercando di calmare il mio cuore già agitato di per sé.

“Oh, andiamo!” Ridacchia la mia amica, venendomi accanto e iniziando a sistemarmi la lunga chioma castana.

“Sonoko?” La chiamo dopo un po', con voce incrinata.

“Sì?”

“E... E se non ne sarò capace?” Sussurro, in preda al panico. La vedo aggrottare le sopracciglia attraverso lo specchio davanti a noi. “Cosa penseranno gli altri quando avrò il pancione? Penseranno che io e Shinichi si siamo sposati per uno stupido errore... Non sono sicura di potercela fare... E se non sarò una brava madre? O una brava moglie?” Domando, agitata, abbassando il capo sul mio ventre appena rialzato.

Avverto un lento spostamento, e mi ritrovo con il viso ad una spanna da quello di Sonoko, che mi sorride amorevolmente.

“Ricordi il giorno del mio matrimonio?” Mi chiede. Annuisco. “Anche io ero agitata, ma poi sei arrivata tu e mi sei riuscita a calmare. Ricordi cosa mi hai detto?”

Aggrotto le sopracciglia, concentrandomi.

Sonoko, notando il mio tentennamento, riprende a parlare. “Shakespeare diceva che la mostruosità dell'amore consiste nel suo infinito volere ma la sua limitata attuazione. Noi siamo fortunate se ci pensi: abbiamo l'opportunità di vivere il nostro amore liberamente, e non c'è niente di più bello di...”

“Vivere il resto della nostra vita con la persona che più amiamo. E non importa ciò che diranno tutti gli altri, perché noi potremo sempre crogiolarci nella consolazione di vivere una vita piena di amore.” Sorrido, imbarazzata, terminando la frase per lei. Non avrei mai pensato che Sonoko si sarebbe ricordata quel discorso.

“Esatto.” La mia amica mi sorride trionfante. “Me l'avevi detto quando ero preoccupata di quello che avrebbero pensato gli altri riguardo il mio matrimonio... Hai cercato di consolarmi con quelle parole, e ci sei riuscita. Perciò adesso ascoltami: non è importante quello che penseranno gli altri quando nascerà il bambino. Quello che conta è che tu sia felice, e sono sicura che te e Shinichi sarete degli ottimi genitori! Vi amate, e il vostro bambino crescerà felice e sano.”

Sento gli occhi inumidirsi, ma mi impongo di non piangere, per non rovinare il leggero trucco che adorna il mio viso. Mi lancio addosso a lei, abbracciandola.

“Grazie Sonoko.” Bisbiglio, commossa.

“Ti voglio bene, Ran.”

“Te ne voglio anch'io, Sonoko.”

Appena ci separiamo la porta si spalanca. “Di là sono tutti pronti!” Esclama Akane, emozionata quasi quanto me.

Fisso Sonoko negli occhi per alcuni istanti. “Andiamo?” Mi domanda, tendendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi.

“Sì.” Afferro la sua mano, tirandomi in piedi.

Velocemente ci spostiamo davanti allo specchio a muro, dove le mie due amiche mi sistemano la gonna. L’abito scelto è stupendo: un corpetto di seta bianca stropicciata, due spalline sottili nascoste dai capelli – acconciati in modo molto semplice: lisci dalla radice, con boccoli verso le punte –, con una gonna dello stesso tessuto, che termina arricciata verso metà gamba, sostituita da più strati di raso bianco.

“Sei bellissima.” Commenta emozionata Akane, mentre Sonoko mi fa calare davanti al volto il velo.

“Grazie...” Mormoro, abbassando lo guardo, imbarazzata.

“Sei pronta?” Mi chiede Sonoko, sorridendo contenta.

“Sì.” Balbetto, arrossendo.

Le mie amiche mi precedono, aprendo la porta. Mi guardo un'ultima volta allo specchio.

Coraggio, Ran.

Prendo un profondo respiro ed esco dalla stanza, arrivando davanti alla porta che conduce alla navata principale.

Devo farcela, posso farcela.

Sonoko si sistema il vestito: la vita sottile è fasciata dalla seta blu, con un fiocco su un fianco tenuto fermo da una spilla di zaffiri; la gonna ampia arriva appena sopra le ginocchia, aprendosi in balze. È davvero incantevole. Come lei sono vestite anche Akane e Sachiko. Quest'ultima arriva vicino a noi, tenendo fra le mani il mio bouquet di rose bianche e garofani dello stesso colore. Dietro di lei c'è mio padre, che tiene fra le mani tre bouquet più piccoli, in tinta con gli abiti delle damigelle.

“Grazie.” Sorrido, portandomi al naso i boccioli profumati.

Tutte e tre si dispongono davanti a me, pronte a percorrere la navata in veste di damigelle d'onore. Kazuha ha deciso di rimanere seduta sulle panche, e di assistere alla cerimonia vicino al suo fidanzato, che veste i panni di testimone di nozze con Makoto.

Papà per fortuna sta molto meglio, e adesso si trova qui, al mio fianco, pronto a condurmi all'altare.

Una soave melodia, che preannuncia l'inizio della marcia nuziale vera e propria, si innalza nella sala, e, dopo che mi sono spostata per non farmi vedere dagli ospiti, le porte si spalancano, e le mie tre damigelle, vestite allo stesso modo, iniziano il loro percorso, tenendo fra le mani i loro bouquet, composti da piccole rose blu – dipinte così appositamente per loro.

Appena le porte si richiudono mi posiziono al loro posto, prendendo un profondo respiro. Sento il cuore battere all'impazzata, e la testa leggera come una piuma, che mi gira leggermente. Papà mi viene affianco, porgendomi il braccio.

“Spero...” Borbotta, imbarazzato, senza incontrare il mio sguardo, “Spero che tu sia felice, Ran.”

Sorrido, gioiosa. “Grazie, papà.”

(Richard Wagner – Marcia Nuziale)

Le note scemano, fino a scomparire completamente. Nei pochi secondi di silenzio sento un leggero brusio, che si arresta non appena la musica riprende, con un ritmo diverso, e le fatidiche note della marcia nuziale riempono la chiesa.

Le porte davanti a noi si aprono, rivelandomi la navata principale.

Con passo incerto avanzo, volgendo un'occhiata preoccupata agli ospiti che infestano la sala, che mi osservano dalle loro postazioni sulle panche.

Mio padre mi spinge a proseguire, seguendo il ritmo della musica. Quando arriviamo a metà navata lo vedo.

Il mio bellissimo fidanzato fermo davanti all'altare, perfetto nel suo abito blu scuro con camicia e gilet perlati.

Sorrido, imbarazzata, raggiungendolo. Papà cede la mia mano alla sua, andando poi a sedersi vicino alla mamma – il medico gli ha raccomandato di non stare troppo a lungo in piedi.

Faccio gli ultimi gradini che mi portano davanti all'altare, sotto gli occhi di tutti, e davanti a Shinichi e il parroco, che sorridono.

Faccio un lungo respiro. Sono pronta ad impegnarmi.

 

Il suono delle campane annuncia la fine di un'ora, e l'inizio di un'altra. La chiesa è avvolta dal silenzio totale, rotto solo dalle parole del parroco, che rimbombano nell'ampia sala.

I miei occhi sono rimasti per tutto il tempo della cerimonia incatenati a quelli di Shinichi, e sono certa di essermi persa alcune parole del parroco. Al momento dello scambio delle fedi mi sono riscossa dalla mia bolla di torpore, e ho afferrato con mano tremante il piccolo anello in oro, posizionandolo sulla mano di Shinichi. Quando è arrivato il suo turno di infilarmi l'anello al dito, un brivido mi ha percorso la schiena, facendomi sussultare al tocco delle sue mani.

“Vuoi tu, Shinichi Kudo, prendere come tua legittima sposa la qui presente Ran Mouri, per amarla, onorarla e rispettarla, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi?” Recita il parroco, mentre sento il cuore perdere qualche battito.

“Lo voglio.” Risponde Shinichi, fissandomi intensamente.

“E vuoi tu, Ran Mouri, prendere come tuo legittimo sposo il qui presente Shinichi Kudo, per amarlo, onorarlo e rispettarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi?”

Un brivido mi scuote.

“Lo voglio.” Sussurro, emozionata. Forse ho parlato troppo piano?

“Allora io vi dichiaro marito e moglie.” Esordisce il parroco, alzando le braccia. “Ora può baciare la sposa.”

Shinichi mi sorride, avvicinandosi, fino a ritrovarsi a pochi centimetri da me. Con delicatezza solleva il sottile velo bianco, rivelando il mio volto emozionato.

Con lentezza misurata si avvicina al mio viso, facendo unire le nostre labbra in un bacio delicato.

È mio marito. È mio marito.

Colta da questa constatazione allaccio le mie mani dietro la sua nuca, attirandolo di più a me. Ignorando il fragoroso applauso scoppiato quando le nostre labbra di sono incontrate mi pone le mani sui fianchi, sollevandomi, e continuando a baciarmi. Compie un giro su sé stesso con me ancora ancorata alle sue labbra, dopodiché fa passare un braccio sotto le mie gambe, prendendomi in braccio.

Quando ci separiamo ci guardiamo negli occhi intensamente, mentre applausi e fischi partono dai nostri amici e parenti, che hanno osservato tutta la scena.

“Ti amo.” Sussurro, avvampando.

“Ti amo anch'io.” Sorride, inclinando il capo per baciarmi la punta del naso.

Facendo attenzione a non inciampare, scende le scale e, adesso che guardo bene verso le panche, scopro che molte persone sono già uscite dalla chiesa. Shinichi, notando il mio sguardo interrogativo, risponde al mio quesito mentale.

“Sono usciti ad aspettarci... Sai, il lancio del riso.” Ridacchia, mentre io strabuzzo gli occhi. Accidenti, non ci avevo pensato! Odio il lancio del riso...

Shinichi mi fa scendere dalle sue braccia, e subito mi stringo nell'abbraccio di mia madre, sorridente.

“Ran!” Balbetta, visibilmente emozionata. “Tanti, tanti auguri, piccola mia!”

“Grazie, mamma!” Mormoro, in lacrime. Sono felice. Molto.

“Bambina mia!” Singhiozza mio padre, in lacrime. Vengo soffocata dal suo abbraccio, ma non mi lamento. “Se... Se succede qualcosa vieni subito da me, capito?!”

Noto da dietro la spalla di mio padre che Shinichi ridacchia. È evidente che sottintende il fatto che se dovesse succedere qualcosa sarà lui stesso a fargliela pagare al mio rag-... a mio marito.

Wow, che effetto chiamarlo così: marito. Mio marito.

Mi guardo intorno, e scopro che le mie amiche sono sparite. Eppure fino a un attimo fa erano qui... Saranno andate anche loro fuori ad aspettarci per lanciare il riso?

Non appena i miei genitori si allontanano Shinichi mi è accanto, prendendomi per mano.

“Andiamo?”

“Mmm... non c'è un'uscita secondaria? Sai che non mi piace il lancio del riso...” Mormoro, per poi pentirmene subito dopo. Sono troppo egoista. Non posso rovinare questo giorno fantastico solo per un mio capriccio!

Shinichi alza gli occhi al cielo, sorridendo. “Lo so, però... Mi spiace ma dovrai affrontarli.” Ride, ma poi assottiglia gli occhi. “O hai intenzione di lasciarmi solo?”

Faccio roteare gli occhi. “Andiamo.” Rido, tirandolo verso il portone principale.
“Scommetto che ti piacerà.” Mormora, sorridendomi.

“Sì, certo...” Ridacchio, nervosa, stringendo la sua mano prima di uscire.

Chiudo gli occhi, mentre mi stringo a Shinichi, mentre iniziamo a camminare fuori dalla chiesa, nel piccolo giardino. Urla di gioia e fischi di ammirazione si alzano in cielo, mentre sento alcuni gridare 'Viva gli sposi!' e altre frasi.

Qualcosa di morbido e delicato mi sfiora una guancia, mentre sento qualcos'altro di leggero posarsi sui miei capelli. Apro lentamente un occhio, mentre Shinichi si ferma, costringendomi ad arrestarmi.

Davanti a me scorgo poco lontana la limousine bianca che ci porterà nel posto in cui si terrà il banchetto, e a circondare il vialetto tantissime persone, che tengono fra le mani alcuni cestini, contenenti qualcosa di bianco e blu. Spalanco completamente gli occhi.

Niente riso, assolutamente. Al contrario, una cascata bianca e blu cade dal cielo, mentre alcuni pugni si alzano in aria, liberando quello strano materiale, che vola in alto, per poi ricadere dondolando a terra. Ne afferro uno, chiudendolo nel pugno della mano. Un petalo. Un petalo di rosa.

“Cos-” Non termino la mia domanda che so già la risposta. Mi volto verso mio marito, sorridendo. “Te ne sei ricordato.”

Shinichi ridacchia, togliendomi dai capelli alcuni petali blu e bianchi.

“Già.”

“Grazie.” Mi alzo in punta di piedi – cosa assai inutile, visto che porto i tacchi – e lo bacio, ignorando il nuovo applauso che parte dai nostri spettatori.

Mi prende per mano, e insieme riprendiamo a camminare, sotto la pioggia di petali di rosa.

 

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Tratto dal Capitolo Venticinque: Rivelazioni

“Cosa?!” Sento le urla di mio padre, e mi separo dalle labbra di Shinichi.

“Cosa succede?” Chiedo, confusa. Shinichi mi rivolge un’occhiata perplessa.

“Non lo so…”

“Ran!” Urla mio padre, facendosi spazio fra gli invitati. Il suo volto è rosso. “Sei davvero incinta?!”

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Capitolo 25
*** Rivelazioni ***


Le Stagioni Dell’Amore

Capitolo Venticinque: Rivelazioni

L'auto bianca sfreccia veloce lungo la strada, costeggiando la spiaggia. Il mare rispecchia limpido il cielo azzurro, giocando con i raggi del sole fra le onde.

Ci stiamo dirigendo verso un piccolo paesino vicino a Tokio, dove la famiglia Kudo ha affittato una villetta sul mare per il banchetto post-cerimonia.

Il mio sguardo cade sull'anulare sinistro della mia mano, dove giace una piccola fede dorata.

Sposata.

Sono ufficialmente sposata. Ora sono Ran Mouri Kudo.

Un brivido mi percorre la schiena.

Una mano grande e calda prende la mia, sfiorandola con delicatezza.

Sollevo lo sguardo, osservando gli occhi di Shinichi, che scrutano attentamente il dito che porta la mia promessa. Per sempre sua.

Allungo l'altro braccio, sfiorandogli il volto chiaro. I suoi occhi incrociano i miei, e sorrido dolcemente.

“Sei felice?” Mi chiede, quasi preoccupato.

“Sì.” Il mio sorriso si accentua, e contagia anche lui, che si avvicina al mio viso, facendo sfiorare i nostri nasi.

Chiudo gli occhi, stringendo la sua mano.

“Ti amo.” Sussurra, prima di baciarmi.

“Anch'io.” Rispondo, separandomi per un momento dalle sue labbra per poi riappropriarmene.

Quando l'auto si ferma davanti a un cancello siamo costretti a separarci e a scendere.

Shinichi mi offre il suo braccio come appiglio per evitare brutte cadute, e mi conduce verso la cancellata nera, dove una signora di mezz'età vestita in un elegante tailleur color panna ci aspetta, tenendo fra le mani un blocchetto con dei fogli. Deve essere l'organizzatrice, che controlla anche chi entra nella casa.

Varchiamo la soglia che conduce a un piccolo giardino, con più roseti.

Il ciottolato non mi aiuta affatto con i tacchi che porto, e più volte devo sorreggermi a mio marito.

Quando entriamo dentro la villa ci troviamo in un ambiente molto ampio, dai colori crema e panna, con rifiniture in legno scuro.

Alcuni camerieri vestiti con eleganti smoking girano per le sale, portando piatti vuoti e tovaglioli.

Shinichi mi porta in una sala molto ampia, da cui è possibile accedere a un'ampia terrazza – dove scorgo altri lunghi tavoli apparecchiati ancora vuoti – tramite le grandi portefinestre che si trovano sulla parete.

Nella sala sono disposti molti tavoli rotondi, con delle sedie dai cuscinetti bianchi. I centritavola sono composti da mazzi di fiorellini bianchi e rose di bosco, con alcune foglie verdi a fare da contorno. Collegate al piccolo vaso che contiene i fiori si trovano quattro candele bianche, ancora spente. Il servizio è composto da piatti bianchi con rifiniture dorate, le posate sono in argento e i bicchieri in cristallo. Meglio non pensare a quanto sarà costato organizzare tutto questo.

In fondo alla sala, vicino alla portafinestra aperta, si trova un tavolo ovale, sul quale è depositata una grossa composizione floreale. Tante foglie verdi fanno da contorno ad alcuni boccioli di rosa bianca, i più già sbocciati, e altri fiori. Al centro del mazzo si trova un mazzolino di fiori rosa. Quel tavolo dispone di due sole sedie.

“Dove stiamo andando?” Chiedo a mio marito, vedendo che mi sta trascinando verso il terrazzo.

“Mentre aspettiamo gli ospiti dobbiamo scattare le foto per l'album, ti va?” Mi chiede, varcando una portafinestra e aiutandomi a non inciampare. Ci troviamo su una terrazza molto ampia, con il pavimento in pietra, dove sono sistemati due tavoli bianchi ancora vuoti, dove probabilmente ci trasferiremo per il rinfresco pomeridiano.

Tre uomini muniti di macchine fotografiche ci attendono vicino a una scala che conduce a un enorme giardino, con basse siepi e ricco di alberi e piante di varie specie.

“Possiamo iniziare?” Chiede uno di loro, che dopo un cenno affermativo di Shinichi ci conduce giù per le scale, dove iniziamo a camminare sul manto erboso. Mi appunto di togliere i tacchi se dopo torneremo qui.

I fotografi provano più pose, facendoci anche sedere in mezzo a un roseto.

Dopo circa un quarto d'ora di foto ci permettono di tornare in casa, dove gli ospiti sono già riuniti nella sala con i tavoli e hanno preso i loro rispettivi posti. Più tardi dovremo scattare altre foto con i vari invitati.

Non appena entriamo nella grande sala un enorme applauso si alza da parte di tutti i nostri amici e conoscenti, facendomi arrossire. Non mi piace essere al centro dell'attenzione.

“Grazie a tutti per essere venuti!” Dice Shinichi ad alta voce, per farsi sentire da tutti, dopodiché invita tutti i prendere posto, così che il pranzo abbia inizio.

Shinichi mi conduce fino al tavolo ovale in fondo alla sala, dove ci accomodiamo.

Nei tavoli più vicini a noi scorgo la nostra famiglia – mio padre ha, come mi aspettavo, le lacrime agli occhi – e il nostro gruppo di amici più intimi.

“Wow...” Mormoro, non appena iniziano ad essere servite le pietanze. Sono tutti piatti ricercati ma leggeri, davvero buonissimi.

Fortunatamente nel corso del pranzo non ho avuto nessun mancamento o stato di nausea, e non ho alimentato sospetti in nessuno.

Il momento del brindisi e del discorso del testimone sono stati i più emozionanti del pomeriggio, grazie alle parole di Makoto, che ha riportato alla luce tutte le esperienze di questi anni di liceo, e ha inserito una sottile allusione al mio stato interessante. Fortunatamente nessuno – a parte noi sposi e i nostri amici – ha notato nulla di strano.

Quando tutti i piatti sono stati portati via gli invitati iniziano a spostarsi verso la terrazza e il giardino, in attesa del momento della torta.

Io e Shinichi ci separiamo, per andare a salutare gli ospiti. I fotografi iniziano a girare per le stanze, scattando le fotografie che verranno poi inserite nell'album del matrimonio. Invece sul terrazzo un gruppo di musicisti inizia ad intonare alcune melodie molto dolci, attraverso l'uso delle tastiere e dei violini, che sono arrivati poco fa.

Per tutto il tempo non abbiamo avuto un minimo di privacy, e ad ogni minimo bacio un'enorme applauso rimbombava per la sala, imbarazzandomi.

Sono felice, ma ammetto che tutta questa attenzione mi mette in soggezione.

“Ran, tesoro!” Esclama Yukiko, stringendomi in un caloroso abbraccio.

Ricambio, emozionata.

“Sei davvero bellissima!” Mi stritola di nuovo fra le sue braccia. “E la pancia non si vede nemmeno.” Sussurra al mio orecchio.

Mi immobilizzo, e mi allontano per guardarla negli occhi. Strizza l'occhio, sorridendomi complice.

“Tranquilla, me l'ha detto Shinichi.” Sussurra, portandosi una mano vicino la bocca, con fare cospiratorio. “Non aprirò bocca!”

Sospiro, ringraziandola.

Non appena finisco di salutare alcuni ospiti mi dirigo verso il centro della sala, dove ho scorto Makoto. Di fianco a lui noto l'unica persona che sto cercando.

Mi avvio cercando di sembrare il più possibile normale, sorridendo agli invitati.

C'è davvero moltissima gente, e la maggior parte delle persone non le conosco nemmeno.

Mi avvicino al gruppetto di 'uomini', e vengo accolta dallo sguardo degli amici di mio marito.

Lui si volta sorpreso, ricomponendosi subito dopo e sorridendomi felice.

“Ran.”

Incrocio le braccia al petto, e il mio piede – nascosto dalla lunga e ampia gonna – tamburella impaziente a terra.

Shinichi mi osserva confuso, mentre i signori che poco fa erano al suo fianco si allontanano.

“L'hai detto a tua madre?!” Sbotto, offesa.

Non sono arrabbiata dal fatto che l'abbia informata – mi sembra un'azione più che lecita, escludendo il mio caso –, ma piuttosto perché non me l'ha detto, e non mi ha chiesto se ero d'accordo.

Shinichi mi trascina verso la vetrata, cingendomi la vita con un braccio.

“Ran, stavo per venirtelo a dire...” Mormora, abbassando la voce. “Tuo padre ha parlato con lei, e per qualche strano motivo è saltato fuori il discorso del mese di Luglio, quando hai iniziato a sentirti male. Mia madre ha solo fatto due più due.”

Sgrano gli occhi. “Papà non lo sa ancora vero?”

“No, no! Stai tranquilla, ok?” Mi sorride, baciandomi la punta del naso.

L'ennesimo applauso si solleva nella stanza.

Santo cielo! Non possiamo neanche più sfiorarci che applaudono!

Shinichi alza gli occhi al cielo, e mi invita verso il banchetto.

Quando viene richiamato da alcuni signori mi allontano, per concedergli un po' di spazio.

“Ran!” Mi volto sorridente, richiamata nuovamente dalla voce della mia neo-suocera.

È come sempre elegantissima, e si avvicina accompagnata da un giovane uomo biondo e una donna castana che avrà appena vent'anni. Entrambi hanno i tratti somatici tipici dei paesi occidentali.

Si fermano davanti a me, sorridenti. “Vorrei presentarti Michael Black e sua moglie, Kate Garrent.” Yukiko fa un ampio gesto con la mano, entusiasta. “Sono due famosi attori di Broadway, e mi sono permessa di invitarli. Michael e Shinichi si sono conosciuti qualche anno fa dopo uno spettacolo, e si sentono spesso per telefono.” Mi spiega, sussurrandomi all'orecchio.

Adesso che ci penso quest'estate Shinichi mi ha offerto di passare una settimana a New York, e mi aveva accennato a questo suo amico che lavora a Broadway...

“Molto piacere.” Mormoro, imbarazzata, stringendo la loro mano.

“Tanti auguri, Ran, sono davvero felice per voi!” Trilla Kate. Rimango sorpresa nel constatare che riesce a parlare tranquillamente il giapponese, con una pronuncia quasi perfetta. Sembra una persona simpatica.

“G-Grazie.” Balbetto, colpita dalla sua felicità e dal suo parlato.

“Shinichi mi ha parlato spesso di te.” Interviene Michael, anche lui usando un giapponese preciso. “Sono molto contento per voi.”

Arrossisco, senza saper cosa dire se non ringraziarlo.

La mia ancora di salvezza arriva prontamente, cingendomi la vita con un braccio e tenendo l'altro all'amico.

“Ehi, Michael!” Shinichi sorride all'amico, che stringe la sua mano, entusiasta.

“Shinichi! Ho appena conosciuto la tua mogliettina.” Ridacchia, ammiccando in mia direzione.

Mio marito ridacchia, nervoso. “Grazie per essere venuti.”

“Siete davvero una bellissima coppia! Siete perfetti insieme!” Trilla ancora Kate, battendo anche le mani.

Yukiko, ancora al suo fianco, esulta, annuendo. “Hai ragione! E in più stanno aspettando un bambino!”

Sgrano gli occhi, e per un momento rischio di cadere a terra; solo il braccio di Shinichi mi salva da un possibile svenimento.

“Mamma!” Lo sento sibilare, mentre mi reggo a lui, cercando di recuperare l'equilibrio.

“Oh, tranquillo Shinichi! Sono nostri amici, sono certa che non lo diranno a nessuno.” Ride Yukiko, mentre i due attori abbassano gli sguardi per osservarmi la pancia, stretta nel bustino dell'abito bianco.

Avvampo, stringendomi di più nell'abbraccio di mio marito.

“Ehm...” Mormora lui, in imbarazzo. “Vi saremmo grati se non diceste ancora niente a nessuno...” Gli sguardi dei due americani si fanno sorpresi, così Shinichi si affretta a spiegare. “Non abbiamo ancora avuto l'occasione di informare i genitori di Ran, e vorremmo farlo in un momento più opportuno...”

“Certo! Non vi preoccupate.” Sorride Kate, staccando gli occhi dal mio ventre piatto per guardarmi negli occhi.

“G-Grazie...” Mormoro, preoccupata.

Shinichi mi trascina via, dirigendosi verso il tavolo principale.

“Tranquilla, non diranno niente.” Sussurra al mio orecchio, baciandomi poi la tempia.

Sorrido, rincuorata.

L'importante è che papà non venga a conoscenza del mio piccolo 'segreto'.

“Ran.” Mi volto, per osservare mia madre che mi sorride.

“Mamma!” Esclamo, abbracciandola, mentre Shinichi si allontana per lasciarci la nostra privacy.

Lei si separa da me, assumendo un'espressione seria. Si sistema gli occhiali sul naso. “Non devi dirmi niente, tesoro?” Mi domanda, scrutandomi.

Sgrano gli occhi, e probabilmente sono impallidita. “Ehm... non... non saprei...” Mormoro, guardandomi intorno alla ricerca di un appiglio.

“Non pensi di dovermi dire che sto per diventare nonna?” Mia madre assottiglia lo sguardo, fissandomi seriamente.

O. Mio. Dio.

“C-Cosa?” Balbetto, iniziando a sudare freddo.

Dopo alcuni secondi Eri scoppia a ridere, lasciandomi esterrefatta.

“Tesoro, stai tranquilla, non sono arrabbiata. Mi ha detto tutto Yukiko.” Sorride, sorseggiando lo champagne dal bicchiere di cristallo.

Spalanco la bocca. Sbaglio o dovevamo tenere segreto tutto quanto? Di questo passo lo sapranno tutti!

“Non sei... delusa?” Domando, timorosa.

So bene come la pensa mia madre riguardo al matrimonio, e già che abbia accettato che io e Shinichi ci sposassimo così giovani mi è sembrato un miracolo, ma addirittura accettare che io sia incinta mi sembra impossibile per lei.

Eri mi scruta per un lungo attimo. “Perché dovrei?”

“Beh... mi hai sempre raccomandato di aspettare, e di non fare passi affrettati...” Mormoro, agitata.

“Tesoro.” Mi richiama mia madre, appoggiando il bicchiere al tavolo vicino cui ci troviamo. Mi prende la mani, sorridendomi dolcemente. “Io non ti giudicherei mai. Non dico che non è un passo affrettato il vostro, ma alla fine a me interessa solo che tu sia felice. Ammetto di essere un po' preoccupata per il tuo futuro, dopotutto non potrai frequentare a lungo l'università nelle tue condizioni, però sono convinta che impegnandoti prima o poi riuscirai a recuperare tutto quanto.”

“Grazie.” Sussurro, emozionata, stringendola in un abbraccio.

Sento un leggero tossicchiare alle mie spalle, e mi ritrovo davanti a mio padre, che sorride imbarazzato.

“Papà.” Sorrido, abbracciando anche lui.

Mi accarezza i capelli, e sento che si sta trattenendo dallo scoppiare in lacrime.

“Ran.”

Rimango accoccolata al petto dell'uomo che mi ha cresciuta per tutti questi anni, mentre alcune lacrime sgorgano dai miei occhi. Mi allontana, cancellandole con le sue dita sottili.

“Su, non piangere, piccola.” Mi sorride, anche se noto che anche agli angoli dei suoi occhi sono presenti alcune piccole gocce di lacrime. “Spero tanto che sarai felice.”

Torno a stringerlo, cercando di trasmettergli tutto il mio affetto. “Grazie, papà. Ti voglio bene.”

“Anche io, tesoro, anche io...”

Mi separo da lui, cancellando gli ultimi rimasugli di lacrime.

“Vado... a vedere come se la passa l'attore... credo che abbia bevuto un po' troppo...” Mormora, cercando di cambiare discorso. È sempre stato restio alle dimostrazioni di affetto.

Però... “Michael è ubriaco?!” Chiedo, inarcando un sopracciglio.

Mio padre annuisce, sistemandosi la cravatta. “Vado a controllarlo. Deve solo provare a rovinarti il matrimonio che lo stritolo con le mie stesse mani.”

Ridacchio, mentre Kogoro si allontana, diretto al banco con il vino, dove noto Michael, che tiene fra le mani una bottiglia di champagne e sta imitando alcuni famosi attori. Gli invitati ridono, e spero che continuino a farlo, augurandomi che la situazione non degeneri. Dopotutto è pur sempre un uomo ubriaco, quindi è imprevedibile.

Mi incammino per la sala, alla ricerca di Shinichi. Chissà quando farà portare fuori la torta, ho davvero appetito...

Avvampo al pensiero che a causa della mia gravidanza ho continuamente fame.

Di mio marito non c'è traccia nella sala e sul terrazzo, ma Sonoko mi fa l'occhiolino, indicandomi l'ingresso. Decido di seguire la sua indicazione.

Improvvisamente due braccia mi cingono la vita, trascinandomi in un piccolo corridoio.

“Non dovremmo occuparci degli invitati?” Rido, mentre le braccia di Shinichi mi stringono la vita, spingendomi dentro una delle tante stanze della villetta affittata appositamente per il banchetto.

Inizio a vedere positivamente la situazione che si è creata in sala, ovvero la sbornia di Michael: gli ospiti non hanno notato che ci stiamo allontanando.

“Mmm...” Mormora Shinichi, chiudendo la porta alle nostre spalle, e spingendomi ad appoggiare la schiena contro di essa. Appoggia lo fronte alla mia, socchiudendo gli occhi.

Il suo sorriso si accentua. “Penso che gli invitati possano resistere per qualche minuto senza gli sposi.”

Le sue labbra si posano sulle mie, sfiorandole dolcemente. Incapace di restare ferma faccio risalire le mie mani lungo il suo busto, fino ad arpionare con delicatezza i suoi capelli scuri.

Si allontana di pochi millimetri. “Visto?” Ride, “Nessun applauso finalmente.” Sussurra sulle mie labbra, per poi tornare a lambirle con le sue.

Sorrido, per poi lasciarmi trasportare dall'amore che provo per lui.

Non so per quanto tempo restiamo a baciarci chiusi nella stanza, ma ad un certo punto ci separiamo, entrambi con il fiatone.

“Forse è meglio tornare di là...” Mormoro, con il fiato corto.

“Mmm...” Brontola Shinichi, sfiorandomi con la punta del naso la spalla nuda.

Sussulto, e mi stringo di più a lui. Accidenti.

Ridacchia, e si separa da me.

“Ok, andiamo di là.” Ride, mentre io sbuffo.

Mi prende per mano, e ci dirigiamo nella sala, dove l'attenzione della maggior parte degli ospiti è ancora fissa su Michael, e ciò ci permette di ritornare senza subire occhiate maliziose o altro da parte degli invitati. Speriamo solo che la situazione non precipiti.

Shinichi mi porta vicino al banchetto più grande, dove tra non molto farà portare la torta nuziale.

“Non sapevo avessi ingaggiato anche un intrattenitore.” Ridacchio, cercando di stemperare l'irritazione di Shinichi. So bene quanto detesti questo genere di cose.

Lui sbuffa. “Speriamo solo che non beva più e non faccia disastri...” Mormora, abbracciandomi.

Incapace di resistere alzo il viso, baciandolo.

Questa volta fortunatamente nessuno applaude, e la cosa non può che farmi piacere.

“Cosa?!” Sento le urla di mio padre, e mi separo dalle labbra di Shinichi.

“Cosa succede?” Chiedo, confusa. Shinichi mi rivolge un’occhiata perplessa.

“Non lo so…”

“Ran!” Urla mio padre, facendosi spazio fra gli invitati. Il suo volto è rosso. “Sei davvero incinta?!”

Mi sento mancare, mentre inizio a sudare freddo. Come fa mio padre a saperlo?!

“Kogoro...” Mormora Yusaku Kudo, posando una mano sulla sua spalla. Immagino che anche lui sappia la verità. Osservo il volto livido di mio padre.

“P-Papà...” Balbetto, avvicinandomi a lui. “Ti prego, calmati. Sei appena uscito dall'ospedale...”

Nel caso gli venisse un altro infarto il medico ha detto che le possibilità di sopravvivenza sarebbero scarsissime, non possiamo rischiare.

“Non mi interessa!” Sbraita papà, liberandosi del braccio di mio suocero. “Ran, ora rispondimi! Sei, o non sei incinta?”

Rimango imbambolata in mezzo alla sala, sotto lo sguardo curioso degli ospiti, che restano in silenzio, aspettando il mio verdetto.

“S-Sì...” Balbetto, colpevole.

Kogoro alza gli occhi al cielo, e cade all'indietro. I due uomini che erano vicino a lui, ovvero Yusaku e il dottor Hokichi, lo prendono al volo, e lo stendono delicatamente a terra, mentre quest'ultimo inizia a visitarlo velocemente. Dietro a loro vedo Michael che ride, mentre sua moglie Kate cerca di strappargli di mano la bottiglia di vino.

“Papà!” Strillo, correndogli incontro, ma le braccia di Shinichi mi cingono la vita, facendomi cozzare contro il suo petto.

“Calmati, Ran!” Sussurra Shinichi, immobilizzandomi le braccia contro il busto. “Non devi agitarti.”

“M-Ma... papà...” Borbotto, sull'orlo delle lacrime. Mio Dio, ma non capisce che potrebbe avere un infarto?!

“Shh...” Sussurra, stringendomi. “È solo svenuto, non vedi che c'è il dottore vicino a lui?”

Gli ospiti iniziano a bisbigliare e ad agitarsi, e la madre di Shinichi prende il controllo.

“Signori, non preoccupatevi, il signore è solo svenuto! Non è successo niente di grave, è solo l'emozione!” Dice Yukiko, alzando la voce per farsi sentire da tutti i presenti che stanno iniziando a bisbigliare.

Noto lo sguardo di alcune signore posarsi sul mio ventre piatto, mentre mia madre sorride incoraggiante, mentre accarezza i capelli di mio padre.

Dio, che vergogna.

Mi rifugio fra le braccia di Shinichi, che mi stringono con delicatezza. Lacrime amare iniziano a solcarmi il volto.

Tre uomini prendono in spalla mio padre, portandolo in una stanza separata, per farlo riposare.

“Vieni...” Mormora mio marito, con il chiaro intento di far portare la torta, forse per distrarre gli ospiti dall'accaduto.

“Ti prego...” Sussurro, agitata; mi asciugo le lacrime con il dorso della mano. “Possiamo aspettare che si svegli mio padre... per la torta?”

Shinichi mi sorride dolcemente. “Certo.”

Mi allontano, dirigendomi verso l'ingresso, per cercare la camera in cui è stato portato papà, ma una donna mi ferma.

“Felicitazioni, cara!” Esclama una donna anziana, che credo sia una conoscente di Yukiko. “Sono certa che sarà una bellissima bambina, proprio come la madre.” Mi sorride dolcemente.

Arrossisco. “G-Grazie...” Balbetto, colpita. “A-A dire il vero... non sappiamo ancora... se sarà maschio o femmina...”

Lei mi sorride. “Io ho un buon presentimento. Sono sicura che sarà una bellissima bambina.”

Abbasso lo sguardo sul mio ventre piatto. “Dice?”

“Sì.”

“Grazie.” Sorrido, contenta, per poi dileguarmi nel piccolo corridoio.

Trovo i tre uomini di prima che stanno uscendo, ed entro timorosa.

Il dottor Hokichi sta risistemando il colletto della camicia di mio padre, mentre mia madre è seduta al suo fianco.

“Ran.” Sorride, tranquillo. “Non ti devi preoccupare, tra poco dovrebbe riprendersi. È stato solo lo shock.”

“M-Ma... come ha fatto a scoprirlo?” Chiedo, anche se ho un vago sospetto su chi possa avergli rivelato la verità.

Hokichi sospira. “È stato quel giovane attore americano.” Lo sapevo. “Era ubriaco, e ha iniziato a parlare a sproposito. Però non so chi gli abbia detto che sei incinta.”

Sospiro a mia volta. “È stata Yukiko.”

Il dottore annuisce, uscendo dalla stanza. Mi accomodo sul bordo del letto, dalla parte opposta a mia madre, e sfioro la mano fredda di papà.

“Ran, se vuoi puoi tornare di là, resto io con lui.” Sorride dolcemente Eri, alzandosi.

“Credo...” Mormoro, mordendomi un labbro. “Credo che sia giusto che resti qui... Vorrà parlarmi...”

Mamma annuisce, e quando nota che mio padre sta iniziando a muoversi si avvicina.

“Caro?” Lo chiama, scuotendolo debolmente. “Caro, mi senti?”

Kogoro mugugna qualcosa, per poi sollevare appena le palpebre e richiuderle subito dopo.

“Come ti senti?” Gli chiede sempre, mia madre.

Papà si porta una mano alla testa, massaggiandosela. Quando tenta di sollevarsi Eri lo ferma, facendolo sdraiare nuovamente.

“Sto bene, Eri...” Borbotta, aprendo finalmente gli occhi. Quando incontra il mio sguardo sgrana gli occhi, e si volta verso la porta.

Mia madre si alza ed esce dalla stanza, lasciandoci soli. Il silenzio cala nella camera.

“Papà...” Sussurro, dopo alcuni minuti. Il suo viso rimane voltato, teso. “Papà... ti prego, ascoltami...”

“Sei incinta, quindi?” Sbraita, incrociando le braccia al petto.

“Sì.” Stringo i denti. Non deve usare un tono simile quando parla di questa situazione.

“Bene.” Sibila, scendendo dal letto, dalla parte opposta alla mia.

“Papà, aspetta!” Strillo, alzandomi in piedi e raggiungendolo davanti la porta.

“Ran, capisci il significato di una promessa?” Mi chiede, duro.

Deglutisco, colpita dal suo tono ferito.

“Mi sembra di essere stato abbastanza accondiscendente nei vostri confronti negli ultimi tempi, quindi non capisco per quale motivo mi abbiate tenuto nascosta una cosa simile!” Sbotta, tirando un pugno alla porta.

Faccio un passo indietro, terrorizzata. “Noi non...”

“Quel maledetto...” Sibila, stringendo con forza i pugni. “Gliela faccio vedere io, adesso...”

Cerca di aprire la porta, ma lo fermo tirandogli un braccio.

“Ti prego, papà! Non è stata colpa sua! Sono io che sono andata a casa sua!” Urlo, aggrappandomi al suo braccio.

Mio padre mi guarda scandalizzato. Avvampo.

“T-Tu...” Balbetta, fermandosi. Scuote il capo, mentre il suo viso è rosso quasi quanto il mio. “Q-Quando è successo?”

Se possibile divento ancora più rossa. “Ehm... q-quando... n-non volevi m-mandarmi a v-vivere c-con lui...” Balbetto, a disagio.

“Oh... Ah!” Esclama, dopo aver rimuginato sulle mie parole. Abbasso lo sguardo, bordeaux.

Mio padre si passa le mani sul viso, sconvolto. “O mio Dio...”

Arretra, fino a sedersi sul letto, affondando il volto nei palmi delle mani. Io resto immobile davanti alla porta, incapace di muovermi, pietrificata dall'imbarazzo.

“Ascolta, Ran...” Mormora mio padre, senza alzare il viso. “Sei... sei... sei certa di... volerlo tenere?”

Mi immobilizzo, spiazzata dalla sua domanda.

“Certo, papà!” Esclamo subito, risentita, portandomi le mani sulla pancia, come a proteggerla.

“So che può sembrare strano...” Mormoro, abbassando il tono. “Però... Io voglio davvero questo bambino... E non potrei mai fargli del male.”

Mio padre solleva il viso, incontrando il mio sguardo deciso.

Restiamo in silenzio a scrutarci, fino a quando non si alza in piedi e mi viene ad abbracciare.

“Va bene, tesoro.” Sussurra, sospirando. “Mi dispiace di aver reagito così male...”

Sorrido, anche se ancora agitata.

Passiamo alcuni minuti chiusi in camera, e subisco le domande di mio padre, che ancora non riesce a concretizzare l'accaduto.

Rido, quando appoggia una mano sulla mia pancia, aspettandosi di ricevere 'segnali' da parte del bambino. Ha chiesto se potrà essere presente quando a fine mese andremo a fare la prima ecografia; se tutto andrà bene potremo finalmente scoprire se si tratta di una bambina – come diceva quella signora – oppure di un maschietto.

“Avete già deciso i possibili nomi?” Mi chiede papà, curioso.

“Ehm... no, non ancora...” Mormoro. Abbiamo sfiorato il discorso parecchie volte, ma non abbiamo stilato una possibile lista.

“Mmm... se è una bambina...” Mio padre, alza gli occhi verso di me, timoroso. “La chiamerete Yoko?”

Rimango a fissarlo imbambolata.

Cosa?!

“Ehm...” Mugugno, alzando gli occhi al cielo. Non devo essere sgarbata, è già strano che abbia accettato la mia gravidanza così velocemente. “Ci penseremo, d'accordo?”

Mio padre borbotta qualcosa, alzandosi in piedi.

“Forza! Andiamo di là, non vedo l'ora di mangiare la torta!” Esclama, massaggiandosi la pancia.

Ridacchio, e lo seguo nella sala, che cala nel silenzio totale non appena io e mio padre ci facciamo spazio fra gli invitati.

Noto Shinichi in fondo alla sala, che mi osserva preoccupato. Gli sorrido, e lui, cogliendolo come segnale, richiama l'attenzione degli ospiti, invitandoli a non allontanarsi.

Lo raggiungo a uno dei tavoli da banchetto, mentre gli ospiti si riuniscono intorno a noi, trepidanti.

Nella sala fanno il loro ingresso due camerieri, che spingono un carrellino bianco, sul quale è posta la torta nuziale. Non è molto grande: a quattro piani, ricoperta di glassa bianca, decorata da due piccoli mazzi di rose bianche ed edera, rilegati da un piccolo drappo di seta bianca.

Gli ospiti applaudono, mentre i camerieri depositano la torta sul tavolo davanti a me e Shinichi.

Uno di loro mi porge un coltello lungo ed affilato, e lo stringo con mano tremante.

Shinichi si pone dietro di me, posando una mano sul mio fianco e l'altra sulla mia, impugnando con me la posata.

Sotto gli scatti delle macchine fotografiche iniziamo a tagliare la prima fetta di torta. Un altro applauso riempe la sala, e non appena la prima coltellata è andata a segno lasciamo che siano i camerieri a continuare.

Shinichi mi abbraccia, mentre gli ospiti ci sorridono e iniziano ad andare a sedersi, mentre altri vengono a congratularsi con noi, soprattutto riguardo la gravidanza.

Quando i festeggiamenti sembrano essere giunti al termine, e tutti ci troviamo sulla terrazza ad ammirare il sole che sta per tramontare, i violini riprendono a suonare, mossi dalle mani esperte dei musicisti. Le tastiere fungono da accompagnamento, e mi ritrovo faccia a faccia con Shinichi, che si inchina, offrendomi la sua mano.

La accetto titubante, notando che tutti gli sguardi sono posati su di noi. Iniziamo a volteggiare, seguendo la musica.

Mi sento in imbarazzo. Nessuno ha ancora iniziato a seguirci, e sento gli occhi di tutti puntati su di noi, ma ben presto mi perdo nello sguardo blu di mio marito. Una strana scintilla illumina i suoi occhi color dell'oceano, e sono certa che siano lo specchio dei miei. Stessa felicità, stessa pace interiore.

In breve noto che anche Sonoko e Makoto si sono uniti a noi, seguiti dai nostri genitori, che volteggiano indisturbati al nostro fianco, sorridenti.

I miei occhi rimangono incatenati a quelli di Shinichi, che sorride beato.

Quasi non mi accorgo che la musica ha smesso di echeggiare nell'aria, e mi fermo solo quando mio marito pianta i piedi a terra, attirandomi a sé e baciandomi.

Questa volta non sento gli applausi fino a quando non mi separo da lui, rendendomi conto che gli invitati stanno già battendo le mani, probabilmente da più tempo.

“Andiamo?” Mi chiede sottovoce Shinichi, sorridendo.

Annuisco debolmente, cercando con lo sguardo mia madre.

Lei mi raggiunge, seguendomi accompagnata da mio padre e i genitori di Shinichi.

Prima di abbandonare la sala ci voltiamo un'ultima volta, salutando e ringraziando gli ospiti per la loro partecipazione.

“Dove andiamo, adesso?” Chiedo sottovoce a Shinichi, mentre mia madre mi aiuta ad indossare un cappotto bianco.

“Sorpresa.” Mi risponde, girandosi poi verso Yusaku, con il quale parla sommessamente, e la madre Yukiko.

Sbuffo, voltandomi verso i miei genitori.

“Tranquilla Ran, vedrai che ti piacerà.” Sorride mamma. “Tornerete giusto in tempo per l'università. La valigia per il viaggio te l'ho già preparata, è tutto pronto.”

“Andiamo in viaggio?” Chiedo, confusa. Non abbiamo organizzato niente.

Mia madre Eri si avvicina, con un sorriso furbo dipinto sul volto, abbracciandomi.

“Buon viaggio, piccola. Fai attenzione, mi raccomando.”

Annuisco inerme, mentre cerco di capire dove mi porterà Shinichi.

Mio padre mi abbraccia, titubante.

“Tesoro, non mi combinare altri pasticci... Sono ancora troppo giovane per un altro infarto.” Ridacchia, nascondendo il disappunto. Sorrido, cercando di non pensare al rischio che oggi ho fatto a correre a mio padre.

“Non ti preoccupare, papà.”

“Andiamo?” Mi chiede Shinichi, apparendo alle mie spalle, dopo aver saluto i suoi genitori.

“Sì.”

Prima però mi avvicino ai miei neo-suoceri, abbracciandoli teneramente.

“Grazie mille... per tutto...” Sorrido, imbarazzata, riferendomi alla fantastica cerimonia e seguente festa di oggi.

“Figurati tesoro, è stato un piacere!” Esclama Yukiko, entusiasta.

Mi volto verso Shinichi, che ha abbassato gli occhi sotto lo sguardo truce di mio padre. Gli lancio un'occhiataccia, prima di attaccarmi al suo braccio.

Shinichi solleva lo sguardo, e gli sorrido raggiante.

Saluto un'ultima volta i miei famigliari, e ci avviamo fuori dalla villa, diretti verso il cancello, oltre il quale scorgo la limousine che ci ha condotti qui questa mattina.

“Mi vuoi dire dove stiamo andando?” Gli chiedo ancora, mentre varchiamo il cancello nero.

“No.” Ridacchia, aprendomi la portiera.

Sbuffo, ed entro in auto, seguita da lui.

“Non mi dai nemmeno un indizio?” Cerco di intenerirlo, facendo gli occhi dolci.

Lui alza gli occhi al cielo.

“È un posto che si deve raggiungere in aereo.”

Lo guardo perplessa. “Grazie tante...” Borbotto.

Lui scoppia a ridere.

“È una sorpresa.” Ripete, prima di prendermi il volto fra le mani.

Fingo di pensare, fino a quando non sento le sue labbra sulle mie.

Vorrà dire che rimanderò i miei tentativi per scoprire dove stiamo andando a più tardi.

Adesso voglio solo godermi questo momento, con mio marito.

 

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Tratto dal Capitolo Ventisei: Futuri Genitori

I miei occhi riescono finalmente a distinguere i contorni frammentati e contorti del piccolo corpicino che vive dentro di me, e si riempiono di lacrime.

La mano di Shinichi stringe la mia con maggior forza, e sento che anche lui è emozionato, quasi quanto me.

“È... è davvero lui?” Chiede, con voce tremante, traboccante d'emozione.

“Lei, direi.” Sorride la dottoressa.

Spalanco gli occhi, colmi di lacrime. “È... è... una bambina?”

“Proprio così.” Sorride Mizuno, dolcemente. “Credo che ad Aprile potremo finalmente dare il benvenuto a questa piccolina.”

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