I matrimoni dei parenti sono sempre una seccatura di wari (/viewuser.php?uid=83330)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pomodori e giuramenti ***
Capitolo 2: *** Onigiri e detective ***
Capitolo 3: *** Cereali e gabinetti ***
Capitolo 4: *** Esplosioni e viscidume ***
Capitolo 5: *** Ottimismo e rumori sinistri ***
Capitolo 6: *** Punizioni e torte nuziali ***
Capitolo 1 *** Pomodori e giuramenti ***
Prima
pubblicazione: 24/11/2009
Revisione:
01/10/2011
1.
Pomodori e giuramenti
«Etchù!»
«Salute.
Il moccioso ti ha di nuovo attaccato qualche simpatica malattia
infantile?»
Itachi decise di ignorare il ghigno di suo cugino.
D'altro canto, aveva già provveduto a picchiare Shisui meno di due
settimane prima, quando aveva avuto l'ardire di scompisciarsi dalle
risate dopo che lui si era ritrovato a letto col morbillo insieme a
Sasuke. Quel bambino sembrava un amplificatore di germi: li
assimilava, si beccava la forma più intensa che la malattia poteva
procurare e poi, non contento, emanava bacilli contagiosi che
attecchivano su chiunque gli si avvicinasse.
In conclusione,
Itachi optò per un più diplomatico «ci vediamo, Shisui» e
superò la casa degli zii, senza fermarsi.
«Ci si vede, vecchio
mio!» rispose Shisui, imitando l'espressione seria del cugino, prima
di voltarsi per raggiungere la porta di casa.
Fortunatamente per
lui, Itachi si era già allontanato.
«Sono
tornat... tou san, che stai facendo?»
Lo spettacolo di Fugaku
Uchiha, piegato a gattoni nell'ingresso, non era cosa di tutti i
giorni.
«Ah! Alla buon ora, anche tu! Che stavi facendo in giro,
invece di essere qui nel momento del bisogno?»
Dal pulsare
sinistro di una vena sulla tempia di suo padre, Itachi dedusse che
non era il caso di ribattere.
«In realtà ero in missione, ma non
importa. Serve aiuto?» tentò, conciliante.
«Cerca la fede».
Itachi tacque. Forse era incappato nel bel mezzo di una
crisi mistica. Non pensava che suo padre fosse tanto religioso.
«Ehm,
quindi tu stai cercando la tua fede... sul pavimento
dell'ingresso» ripeté, cauto, tentando di dare un senso alla
situazione.
Fugaku strabuzzò gli occhi.
«Non la mia
fede, sciocco di un primogenito! Quella di tuo zio, dannazione!»
Ora
Itachi stava seriamente iniziando a pensare che, più che mistica,
quella di suo padre fosse una crisi epilettica con allucinazioni
associate.
Annuì lentamente e, mantenendosi impassibile, aggirò
Fugaku, dirigendosi con cautela verso la cucina.
«Kaa san, credo
ci sia un problema con tou san, di là. Dice che sta cercando...»
«Dannazione, ma dove può essere finita quella fede? Eppure
era qui!»
Mikoto Uchiha emerse da sotto il tavolo con
espressione corrucciata.
«Oh, Itachi, bentornato! Che dicevi? »
A
mali estremi, estremi rimedi.
Itachi uscì alla svelta dalla
cucina e si fiondò in corridoio.
«Sasuke!»
Sasuke
trotterellò fuori dalla sua stanza e gli corse incontro.
«Nii
san!» esclamò felice, abbracciandogli le gambe.
Itachi pregò
che almeno il fratellino fosse stato risparmiato da quella che -
iniziava a pensare - fosse un'ondata di follia dilagante.
«Si può
sapere che sta succedendo qui, Sasuke?» chiese in tono un po'
allarmato. La vista di suo padre che gattonava nell'ingresso come un
indemoniato lo aveva un tantino sconvolto.
Il bambino assunse
un'espressione mortalmente seria.
«Oh... tou san ha combinato un
pasticcio, nii san. » disse, con fare da cospiratore.
Itachi
sollevò un sopracciglio. No. Decisamente c'era qualcosa che non
andava.
«E sentiamo, che avrebbe combinato tou san?»
«Ha
perso una fede. E non doveva perderla. No no. Perché kaa san ha
detto che lui le deve dare allo zio e alla zia, domani. E invece ne
ha persa una, e allora...»
Itachi si batté una mano sulla
fronte.
Ma certo! Il matrimonio degli zii! L'aveva dimenticato.
Probabilmente perché non aveva neanche ben presente di quale zio si
trattasse. Scoppio in una breve risata: si era immaginato chissà
quale catastrofe e invece stavano solo cercando uno stupido
anello.
Sollevato, scompigliò i capelli di Sasuke, che lo
guardava un po' confuso.
«Ho detto una cosa buffa, nii-san?»
«No,
no, lascia perdere».
Fu interrotto da Mikoto, che annunciava la
cena.
«E chiamate vostro padre! La cercheremo dopo, quella
dannata fede».
La
cena non fu esattamente uno spasso.
Fugaku, con la vena pulsante
sempre più sporgente, attaccò il riso impugnando le bacchette come
se gli avessero fatto un torto personale e a nulla valsero le parole
di Mikoto, che cercava di placarlo.
«La troveremo caro. Dopotutto
era lì. Le fedi non hanno le gambe».
Itachi ebbe la prontezza
di sollevare la sua ciotola e quella del fratellino, un secondo prima
che il pugno di Fugaku si abbattesse sul tavolo, schizzando riso
sulle facce dei presenti.
«Tu non capisci, Mikoto. Sono il
testimone! Non posso presentarmi al matrimonio di mio cugino
dicendogli che ho perso...» sottolineò la parola con un
rantolo addolorato, «la sua fede nuziale. Sono un Uchiha! Gli Uchiha
non perdono quello che gli viene affidato!»
Questa gli
giungeva nuova, pensò Itachi tra sé.
Ogni giorno suo padre
inventava almeno un paio di nuovi super poteri Uchiha, di cui, a suo
dire, tutti gli appartenenti al clan dovevano essere dotati fin
dalla nascita.
«Ma io» sussurrò Sasuke, preoccupato, «ho
perso due pastelli, ieri».
Itachi sospirò. Se continuava così,
suo fratello sarebbe venuto su complessato.
«Non preoccuparti,
otouto. Tou san scherza» rispose, piano.
«Quindi devo trovarla!
» concluse Fugaku, alzandosi in piedi. «È una questione di
onore!»
Mikoto osservò suo marito varcare la porta della cucina
a passo marziale e scosse la testa.
«Beh, peccato, c'era anche il
secondo» commentò, prendendo un'insalatiera. «Allora, chi vuole i
pomodori?»
«Mh... no, grazie».
Itachi rivide la sua stessa
espressione sconvolta dipinta sul volto di sua madre che, come lui,
si era voltata a guardare Sasuke come se stesse seriamente
delirando.
«Ma... ma a te piacciono tanto i pomodori, Sasuke
chan. Hai insistito tu perché li comprassi...» balbettò Mikoto,
esterrefatta.
«Hai battuto la testa?» chiese Itachi,
preoccupato.
Insomma. Sasuke adorava i pomodori. L'aveva beccato a
fare merenda con i pomodori. Colazione con i pomodori. Spuntini
notturni a base di pomodori. Se gli chiedevi di scegliere tra
pomodori e gelato, sceglieva i pomodori.
Era un pomodoromane in
stadio avanzato, per citare testualmente Shisui.
«Ho mal di
pancia...» mugolò Sasuke in risposta. E quasi a conferma di quelle
parole, il suo stomaco scelse proprio quel momento per protestare con
un gorgoglio sinistro che strappò al bambino una smorfia di
dolore.
«Oh, povero gnagno della mamma!»
Itachi inorridì al
ricordo di quando anche lui, a suo tempo, si era ritrovato
appiccicati addosso graziosi nomignoli quali “bimbino”e
“patatino”, spesso sostituiti dai più originali “ninnoso”,
“pacchio” e “gnagno” (nelle varianti “gnagnuccio” e
“gnagnino”).
«Ha quasi cinque anni, Kaa san. Potresti anche
smetterla di chiamarlo in quel modo» tentò.
«Sei geloso, Itachi
chan? Non ti preoccupare» cinguettò lei, dandogli un pizzicotto
sulla guancia. «Tu sarai sempre il mio puccio pacchioso!»
Ah,
ecco. Sapeva di averne dimenticato uno.
Sospirò, massaggiandosi
la guancia, mentre Mikoto prendeva in braccio il suo “gnagno che ha
la bua al pancino” e lo portava di là.
Era appena uscita quando
Fugaku spalancò nuovamente la porta scorrevole, rischiando
seriamente di far sgretolare la carta di riso.
«Itachi. Ti
ricordi quello che ti ho detto l'altro giorno?» esordì,
autorevole.
«“tagliati i capelli, sembri un
fricchettone”?»
«No, non quello. Anche se sono sempre della
stessa opinione».
«A me piacciono così, tou san. E poi, se
permetti, i capelli sono miei».
«Di questo parleremo un'altra
volta. Intendo... ricordi quello che ti ho detto due giorni
fa?»
Itachi tentò di fare mente locale.
«Qualcosa sul clan?» In realtà non rammentava nulla in proposito ma
sapeva che, quando
suo padre assumeva quell'espressione grave, novantanove volte su
cento la faccenda riguardava il clan.
«Proprio così, figliolo»
Fugaku annuì, soddisfatto.
«E ricorderai anche cosa ti ho detto»
affermò, come se l'ipotesi contraria non fosse neanche
contemplata.
C'è da dire che Itachi era ancora molto concentrato
sulla cena.
Infatti, sebbene fosse da poco rientrato da una
missione e stesse morendo di fame, i suoi gentili familiari si
stavano prodigando tutti per impedirgli di finire il
pasto.
«Veramente no, tou san» rispose, un po' più stizzito di
quanto volesse apparire, «ma immagino che tu provvederai a
ricordarmelo. Sappi che pendo dalle tue labbra».
Fugaku ignorò
il sarcasmo di fondo.
«Itachi. Un Uchiha si riconosce nel momento
del bisogno».
Ah. E lui che aveva sempre pensato si
riconoscessero dallo sharingan e dal ventaglio sulla schiena.
Itachi
si riscosse e balzò all'indietro quando il volto di Fugaku, con gli
occhi quasi lucidi, si parò davanti al suo.
Non poté
allontanarsi quanto avrebbe voluto, però. Perché suo padre gli mise
entrambe le mani sulle spalle e lo costrinse a fissarlo negli
occhi.
«Dovrò essere più diretto» disse. «Aiutami a
cercare quella dannata fede, o io non potrò più guardare in faccia
almeno due terzi del nostro clan! »
Itachi deglutì.
«Basta
chiedere, non c'è bisogno di...»
«Lo farai, Itachi? Per
preservare l'onore e la dignità di tuo padre? Giuri di ritrovare
quella dannata fede?»
Itachi avrebbe volentieri rettificato
che, per quanto lo riguardava, si perdeva più dignità a supplicare
un figlio a quel modo, piuttosto che a perdere un anello. Ma ebbe il
buon senso di restare in silenzio. E giurò.
Nda
Ciao,
sono wari e questa è la mia prima fanfic *scivola sulla sua stupidità*
No,
riproviamo.
Sono
passati tre anni da quando un dì ho scoperto che le mie ridicole
fantasie da teenager disadattata potevano venire condivise con altri
esseri senzienti. Da allora, questo è diventato il mio principale
hobby, e a suo tempo ha salvato il mio umore e la mia sanità mentale
più d'una volta.
Questa
storiella stupida in sei capitoli è stata scritta di getto in meno
d'una settimana (sì, sono lenta. Questo non è cambiato) e ci
sono molto affezionata, nonostante tutti i suoi madornali difetti.
Comunque, visto che sta tra le scelte (Dark, wtf?!
XD) e qualche
essere meraviglioso si ferma persino a lasciare due righe di
recensione nonostante sia così vecchia (grazie **), ho deciso di
sprecare qualche mezz'ora della mia frivola esistenza per
revisionarla.
Se
dovessi riscriverla, certamente sarebbe diversa (ah, l'Omino
dell'Ovvio!), ma
mi dispiacerebbe modificare un ricordo dei miei quindici anni, indi,
in pratica ho corretto principalmente html, punteggiatura sbarellata
e qualche scemeria, giusto per renderla un po' meno mostruosa. Sono
rimaste giappominkiosità, frasi grezze e IC tirato con le molle. Che
poi, a conti fatti, non è che sia così lontana da quel che scrivo
adesso XD
Cielo, c'è mica da esserne contenti *sviene*
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Capitolo 2 *** Onigiri e detective ***
Prima
pubblicazione: 28/11/2009
Revisione:
21/10/2011
2.
Onigiri e detective
«Allora,
ricapitolando... Tu, Mikoto san, eri uscita con Sasuke».
Mikoto
ridacchiò, osservando incuriosita il nipote che spulciava il suo
blocchetto.«Lo confermi, Sasuke?» lui annuì, molto compreso nel
suo ruolo di “testimone oculare dei fatti avvenuti”- come l'aveva
pomposamente definito suo cugino -, solo che lo fece con foga
eccessiva, rischiando di soffocarsi con la camomilla che la madre gli
aveva preparato nel tentativo di “attenuare la bua al
pancino”.
Itachi batté un paio di colpi distratti sulla schiena
del fratellino, che tossì.
«La vuoi piantare con questa idiozia,
Shisui?» chiese, stancamente.
Quello gli sventolò in faccia il
blocco per gli appunti, fingendosi indignato.
«Guarda che questa
è la procedura standard, cugino! Qui è avvenuto un crimine! Bisogna
raccogliere le testimonianze dei presenti, analizzare i fatti,
esaminare i luoghi del reato...»
«Ma quale reato!» sbottò
Itachi, ottenendo unicamente di far strozzare di nuovo Sasuke. «È
un cerchio di metallo! Piccolo, rotolante e dannatanente giallino
come il tatami! Era praticamente matematico perderlo!»
«Abbassa
la voce, Itachi, o Fugaku vi sentirà» sorrise Mikoto, servendo il
tè al nipote.
Itachi non rispose, ma non poté esimersi dal
maledirla mentalmente.
In
fondo era tutta colpa sua.
Shisui era passato per portare delle
stupide onigiri fatte dalla zia e Mikoto aveva avuto la brillante
idea di chiacchierargli tutta la storiaccia delle fedi. D'altro
canto, anche Shisui, entrando, era incappato in un Fugaku sempre più
ossessionato che perlustrava i pavimenti facendo micio micio
allo sciagurato pezzetto di metallo. Al suo posto, probabilmente
persino Itachi, notoriamente taciturno, avrebbe iniziato a porre
domande ai parenti.
Solo che, come sempre, Shisui aveva
ingigantito la faccenda, improvvisandosi novello Sherlock Holmes, con
grande disappunto del cugino e somma delizia di Mikoto e Sasuke, che
parevano trovare la cosa estremamente divertente.
«Itachi!
Spergiuro di un figlio! Perché non sei qui ad aiutarmi?!» la voce
imperiosa di Fugaku li fece sobbalzare tutti. Inutile dire che Sasuke
si soffocò di nuovo e, decidendo che forse era il caso di
abbandonare quella camomilla assassina, scostò la tazza.
«Vengo
tra un attimo, tou san! » righiò Itachi, di rimando.
«Sei
davvero nervoso, Itachi... Non è che ci stai nascondendo qualcosa?
Sei forse tu il colpevole?»
L'interessato scostò con una manata la
penna che Shisui, in un impeto di patos, gli aveva avvicinato alla
bocca, a mo' di microfono.
«Sei davvero stato tu, nii san?!»
rantolò Sasuke, sgranando gli occhi inorridito.
Itachi abbandonò
la testa sul tavolo: ci mancava solo che suo fratello si mettesse a
credere alle boiate del cugino. Quello ne approfittò per rincarare la
dose.
«Ah-ah! Un segno di cedimento! E così sei stato davvero
tu: Itachi Uchiha! L'insospettabile! La serpe in seno!»
Mikoto
rise, divertita dal siparietto. Sasuke invece sembrava sull'orlo
delle lacrime.
«Non sono stato io, Sasuke»lo rassicurò Itachi,
sospirando.
«Davvero, nii-san? Tu non dici le bugie, vero? »
«No,
Sasuke» confermò.
Sasuke tirò su col naso, abbastanza
soddisfatto della risposta. Poi parve colto da
un'illuminazione.
«Allora sei stato tu, Shisui!» accusò,
puntando il dito.
«Eh?» fecero in coro Itachi e
Shisui.
«Quando qualcuno accusa qualcun'altro, il colpevole è
sempre quello che ha accusato per primo» sentenziò,
solennemente.
«Forse non dovevo fargli vedere La signora in
giallo, l'altra sera...» borbottò Mikoto.
Shisui scoppiò a
ridere. Itachi alzò gli occhi al cielo e convinse suo fratello a
rimettersi seduto.
«Perché
Shisui ride, nii san? » chiese il bambino, confuso dal fatto che la
sua brillante deduzione non avesse sortito gli effetti sperati.
Quando capitava a Jessica, poi i poliziotti la ringraziavano
sempre.
Shisui
cercò di ridarsi un contegno serio.
«Allora.
Meglio ricapitolare nuovamente i fatti» iniziò, ignorando lo sbuffo
di Itachi.
«Alle ore dieci e trenta minuti, la qui
presente
Uchiha Mikoto, accompagnata dal suo secondogenito Uchiha Sasuke, si
recava al mercato di Konoha per la spesa settimanale».
Itachi
osservò suo fratello seguire il ridicolo racconto con gli occhi
spalancati e attenti.
Shisui proseguì, inesorabile.
«Alle ore
undici e quindici minuti, Uchiha
Fugaku-professione-shinobi-di-Konoha, si recava da suo cugino
Uchiha
Kotaro allo scopo di prendere in custodia le fedi nuziali del
suddetto in vista del matrimonio che si teneva il giorno
seguente».
«Il “giorno seguente” è domani, pezzo di
idiota».
«Taci, Itachi! È gergo tecnico, tu non
puoi capire!
Non interrompermi. Dunque, e qui veniamo a noi, alle ore undici e
trentacinque il suddetto Uchiha
Fugaku-professione-shinobi-di-Konoha,
rientrava a casa e, avendo un'urgenza di tipo pratico nella stanza da
bagno...»
Mikoto rise, Itachi si batté il palmo
sulla fronte e
Sasuke spostò lo sguardo dall'una all'altro, senza capire.
«Dicevo,
avendo un urgenza, posava le due fedi nuziali, una delle quali è il
corpo del reato, sul tavolo della cucina» Shisui voltò pagina.
«Intanto alle ore undici e quaranta minuti, rientravano i suddetti
Uchiha Mikoto e Uchiha
Sasuke-suo-secondogenito e si recavano in
cucina, dove poggiavano la sporta con le vivande. E poi che è
successo, Mikoto san?» chiese, rivolgendosi alla zia.
Lei sollevò
lo sguardo, pensierosa.
«Beh, ho messo le buste sul tavolo e ho
iniziato a svuotarle. Sasuke mi ha dato una mano».
Sasuke annuì,
convinto.
«E poi?» incalzò Shisui.
«E poi niente, Shisui.
Ho messo la spesa nella dispensa... In realtà Sasuke ha rovesciato
per sbaglio un po' di roba sul tavolo, mentre cercava i pomodori, ma
ho rimesso a posto e basta. Non mi ero neanche accorta delle fedi,
prima che Fugaku iniziasse a cercarle» concluse, finendo di lavare
le stoviglie.
«Uhm... Strano. Molto strano» Shisui
prese a
scribacchiare, meditabondo.
«Forse è il caso che mi metta anche
io a gattonare per terra» borbottò Itachi, memore dell'incauto
giuramento.
«Nii san...»
«Si, otouto?» chiese
distrattamente, mentre perlustrava il pavimento con lo sguardo,
sperando in un improbabile colpo di fortuna.
«Cos'è una fede,
nii san?»
Itachi, Shisui e Mikoto si voltarono
simultaneamente
verso il bambino.
«Ma tu sei stato qui tutto il tempo senza
capire di che accidenti si stava parlando?» disse Itachi, incredulo,
mentre Shisui si piegava di nuovo in due dal ridere.
«Questa è
una fede, Sasuke» intervenne Mikoto, mostrando il suo anello. «È
un oggetto che due persone che si vogliono molto bene si regalano a
vicenda nel giorno delle loro nozze. Quando vostro padre me la diede,
ricordo che...»
Intuendo l'inizio di una barbosa
riminiscenza,
Itachi interruppe il racconto sul nascere e si rivolse direttamente a
Sasuke.
«Non è che tu hai visto un anello come
quello qui in
giro, stamattina? Cerca di ricordare».
Sasuke iniziò a
tormentarsi la maglietta.
«Proprio no, nii san» rispose, un po'
balbettante.
Itachi alzò un sopracciglio. No, non
gliela
raccontava giusta.
«Sasuke, tu sai qualcosa di questa
storia, non
è vero? Prometto di non arrabbiarmi».
Che Fugaku non si sarebbe
arrabbiato, non poteva prometterlo.
Sasuke prese a torturarsi i
polpastrelli.
«Beh, nii san, può darsi che io...» ma si
bloccò:
il suo stomaco aveva ripreso ad emettere strani brontolii.
«Oh!
Ti fa ancora male il pancino? Povero!» intervenne Mikoto,
preoccupata. «Basta tormentarlo, Itachi. È tardi. Tu vai ad aiutare
tuo padre, mentre io porto il puffino gnauloso a fare la nanna. Ci
vediamo Shisui! Salutami tutti e ringrazia tua madre per le onigiri!
» e, detto questo, si defilò col figlio minore tra le
braccia.
«Itachi! Vuoi venire si o no, figlio
degenere?! Guarda
che ti disconosco!»
La carta di riso tremò pericolosamente.
Shisui si alzò, intimorito.
«Beh, meglio che vada... buona
fortuna, cugino! Arrivederci, Fugaku san, riposati!» e se la squagliò
rapidamente, fulminato da un'occhiataccia dello zio, lasciando Itachi
da solo alle prese con suo padre ormai sull'orlo di una crisi
nervosa.
«Mi aspetta una gran bella nottata...»
borbottò,
chiudendo la porta.
«Che? L'hai trovata?»
«No, tou san. Ho
detto nottata, non trovata».
«Che? Trovata?
Dove?!»
Itachi fece un profondo respiro. Chiuse
gli occhi e,
accovacciandosi sul pavimento, prese a recitare tre sé: non
è un buon motivo per ucciderlo, non è un buon motivo per ucciderlo,
non è...
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Capitolo 3 *** Cereali e gabinetti ***
3.Cereali e gabinetti
Itachi
si guardò allo specchio: sembrava un reduce di guerra, neanche dalle
missioni più difficili e impegnative era uscito così distrutto.
Fugaku
l'aveva tenuto in piedi tutta la notte per cercare quello che, in cuor
suo, Itachi aveva ormai ribattezzato “il fottutissimo pezzetto di
metallo”; ma ovviamente non era stata la nottata in bianco a ridurlo
come uno straccio calpestato. In effetti riteneva che, se avesse
condotto da solo le ricerche, quella gli sarebbe parsa una noiosa,
monotona, rilassante missione di livello D.
E
invece suo padre l'aveva stressato con una decina di crisi isteriche
del tipo “oddio-come-farò-sono-un-disonore-per-il-mio-clan”,
intervallate da scatti d'ira funesta e accuse deliranti e infondate, il
cui bersaglio erano stati Itachi, Mikoto, Sasuke, lo zio Kotaro
(colpevole di volersi sposare) e, poco prima dell'alba, persino il
tatami, la casa e varie sconosciute divinità.
«Nii-san...»
Itachi
non fece in tempo ad uscire dal bagno, che si ritrovo davanti il
fratellino.
«Che
c'è, otouto, devi usare il bagno? Hai ancora mal di pancia? » chiese,
stancamente.
Il
bambino scosse la testa in segno di diniego.
«Veramente
devo dirti una cosa... »
Ma
fu interrotto da un'elegante Mikoto in kimono da festa.
«Siete
ancora così?! Forza, rischiamo di far tardi!» e prima di dare ai figli
il tempo di rispondere, si era già dileguata in cucina per intimare al
marito di smetterla di comportarsi come un bambino e andarsi a vestire.
Fugaku,
accasciato con la testa sul tavolo, sembrava più propenso a lasciarsi
morire: si
faceva rotolare l'unica fede rimasta davanti al naso, mugolando parole
sconfortate. Mikoto dovette praticamente alzarlo di peso e spingerlo in
camera, sbuffando qualcosa sui mariti disordinati e ritardatari.
Itachi
e Sasuke assistettero passivamente alla scena con espressione sconvolta.
«Ehm...
Che dicevi otouto?» domandò Itachi in tono neutro.
«Oh,
sì. Vedi nii-san, ieri...»
«Il
campanello! Itachi, vai tu?»
Itachi
alzò gli occhi al cielo.
«Si,
Kaa-san! Scusa Sasuke, me lo dici dopo... » borbottò, raggiungendo
svelto l'ingresso.
«Buondì,
vecchio mio!»
Itachi
fu seriamente tentato di richiudere la porta sulla stupida faccia di
suo cugino.
«Che
ci fai qui, Shisui?» chiese, brusco.
Lui
come al solito non si fece problemi di sorta e irruppe in casa,
gettando le scarpe in un angolo.
«Non
c'è che dire, cugino, la cordialità è sempre stata una delle tue
migliori virtù. Comunque, i miei vecchi si sono già avviati alla
cerimonia... Con un'ora d'anticipo! Ma siete fuori, gli ho detto! E
quindi sono venuto qui, così andiamo insieme» spiegò a nessuno in
particolare. «L'avete trovata poi, la fede?»
In
risposta, Fugaku esplose fuori dalla sua stanza, sbraitando.
«Trovata?
Dove?!»
Shisui
si ritrovò ad abbracciare suo cugino con trasporto.
«Togliti.
Subito. Di. Dosso. » gli intimò Itachi, emanando furia omicida.
Shisui
si staccò, borbottando e ridendo, mentre Fugaku veniva afferrato per la
collottola e trascinato di nuovo nella stanza da Mikoto.
«Mi
pare di capire che non l'avete...» abbassò la voce, sussurrando.
«Trovata».
Itachi
si limitò ad alzare le spalle: dopo la nottata appena trascorsa, non
aveva una gran voglia di approfondire la questione. Si voltò, quando
sentì che qualcosa gli tirava un lembo della maglietta.
«Nii-san...»
nella voce di Sasuke c'era una nota di urgenza.
«Che
c'è, Sasuke» ringhiò in risposta. Tutta la faccenda stava seriamente
iniziando ad irritarlo.
Il
bambino pigolò poche parole incomprensibili, senza smettere di fissarsi
i piedi.
«Ti
alleni per comunicare con i pipistrelli, Sasuke chan?» ghignò Shisui.
Itachi
lo rimproverò con un'occhiataccia e si piegò all'altezza del fratellino.
«Che
dicevi, otouto?» chiese, mostrando più pazienza di quanta ne avesse in
realtà.
Lui
alzò gli occhi. Li riabbassò. Si schiarì la voce. Si tormentò un po' la
maglietta...
«Sasuke,
in giornata, però!»
«Credodisaperedov'èlafededitousan»
sciorinò, tutto d'un fiato.
«Sai
dov'è? Davvero? » chiese Shisui, entusiasta.
La
reazione di Itachi fu molto più misurata. Dopo il primo istante di
gioia, si disse che, se la fede fosse stata intatta o recuperabile,
Sasuke non si sarebbe di certo posto tutti quei problemi prima di
parlare. Chiuse gli occhi per un momento, pregando di sbagliarsi.
«E
dove sarebbe...? »
Altri
pigolii. Poi, incalzato dalle occhiate del fratello e del cugino, alzò
la voce di mezzo decibel.
«L'ho
mangiata, nii-san».
«E
se lo mettessimo a testa in giù?»
Itachi
bocciò la proposta del cugino tirandogli un'orrenda statuina in
alabastro, un souvenir da Suna, regalo di una vecchia zia svampita.
Shisui
la schivò con destrezza e si piazzò davanti a Sasuke, scrutandolo in
viso con aria meditabonda.
«E
allora che facciamo, Itachi?» chiese «Non so se lo sai, ma
mancano meno di venti minuti all'inizio della cerimonia!»
Itachi
lo ignorò, continuando a misurare la stanza a grandi passi.
Fugaku
e Mikoto si erano avviati, anche se il primo era stato praticamente
trascinato dalla moglie. Itachi non aveva mai visto suo padre in quelle
condizioni. Sembrava invecchiato di dieci anni nell'arco di una
sola sera.
E
anche se Shisui continuava a sostenere che al matrimonio, con
quell'espressione contrita, lo zio Fugaku avrebbe fatto un figurone
perché tutti avrebbero pensato che si stesse commuovendo, Itachi non
era riuscito a lasciarlo in quello stato pietoso; così
aveva trovato il tempo di comunicargli che (forse, ma proprio forse,
con una bassissima percentuale di certezza) aveva una (vaghissima) idea
di dove potesse essere finita la fede e che (forse, ma proprio forse,
con una bassissima percentuale di certezza) lui e Shisui
gliel'avrebbero riportata in tempo per lo scambio degli anelli.
Ma,
sebbene questo avesse restituito un po' di colore al viso sciupato di
suo padre, Itachi si era chiesto se non fosse crudele instillare delle
probabili false speranze nell'animo già prostrato di Fugaku.
Soprattutto perché sapeva che, nel posto dove era finita, c'erano solo
due modi per recuperare la fede.
Opzione
uno: espulsione del materiale gastrico dal cavo orale.
Opzione
due: evacuazione della materia fecale da...beh, preferiva non pensarci.
«Insomma,
cugino... Vomito o cacca?»
Shisui
lo riportò violentemente alla cruda realtà.
Sasuke
stava iniziando ad assumere un'aria seriamente preoccupata, seduto sul
tavolo, mentre loro lo osservavano con aria critica, come fosse una
cavia da laboratorio.
Itachi
sospirò.
«Tu
sei assolutamente sicuro di aver ingoiato
quell'anello, otouto?»
Sasuke
annuì per la decima volta.
«Ho
rovesciato i cereali, quelli puzzolenti con l'ape sulla scatola. Quelli
che piacciono tanto a te, nii-san...»
Shisui
strabuzzò gli occhi, ma la risata gli morì in gola, stroncata da
un'occhiata omicida di Itachi.
«Non
trovavo i pomodori, ma avevo fame... E così ne ho mangiati un po'. Solo
che sono a forma di anello e pure le fedi sono a forma di anello... E
allora io... » il resto si perse in un borbottio incomprensibile.
Shisui
zittì il guginetto, schiarendosi la voce.
«La
faccenda è chiara, Itachi. Bisogna prendere una decisione. Se vuoi
sapere il mio parere... » aggiunse, ignorando un'eloquente occhiata che
esprimeva tutto il disinteresse che Itachi provava nei nei confronti
del suo parere. «Secondo me, l'opzione
uno-barretta-missione-vomito, è decisamente la più praticabile. »
Sasuke
rabbrividì, rivolgendo al cugino lo stesso sguardo terrorizzato di una
vittima al suo carnefice.
«Non
devi preoccuparti, Sasuke chan, faremo in fretta!» ghignò il carnefice,
scrocchiandosi le dita. «Un bel pugno nello stomaco e vedi come torna
tutto su!»
Itachi
assestò a lui un violento diretto alla bocca dello stomaco.
«Tu
provaci, Shisui, e io ti defenestro» scandì, minaccioso. Il cugino
rantolò qualcosa, tossendo.
«Allora... » proseguì Itachi, degnandolo della stessa attenzione che
avrebbe riservato ad uno qualsiasi dei mobili. «E se provassimo con una
purga?»
Sasuke
cercò, balbettando, di avere una delucidazione sul significato di
quell'inquietante parola, ma
Itachi ignorò anche lui.
«Oh,
si! Potremmo provare a rimpinzarlo di prugne secche!» propose Shisui in
tono brillante. Neanche il pugno era riuscito a cancellargli il solito
sorriso ebete dalla faccia.
Itachi
alzò gli occhi al cielo.
Il
cugino deficiente, il padre psicolabile... Tutte a lui capitavano. Se
continuava così un giorno sarebbe uscito di testa e li avrebbe uccisi
tutti...
«Ci
serve qualcosa di rapido» affermò, riscuotendosi a malincuore dalla
dolce fantasia omicida.
L'orologio
a muro indicava crudelmente che mancavano pochi minuti all'inizio della
cerimonia.
Immaginò Fugaku che tentava di affogarsi nel fiume per il disonore.
Scosse la testa, scacciando quell'immagine: eanche suo padre poteva
essere tanto stupidamente attaccato all'onore del clan da suicidarsi
per una così futile mancanza. O
si?
«Allora
mi sa che dobbiamo ficcargli due dita in gola» sentenziò Shisui,
scompigliando con aria sadica i capelli del suo terrorizzato cuginetto,
che deglutì, pallido.
«Ma...
Ma perché, Shisui san?» chiese, tremante.
«Perché,
nanerottolo, dobbiamo recuperare quel dannato anello che hai ingoiato e
quindi, a meno che tu non abbia una voglia matta di fare la popò,
dovremo tirarlo fuori alla vecchia maniera...»
«Ma
io l'ho già fatta la cacca».
Shisui
e Itachi si guardarono, costernati.
«Cioè...
» iniziò Itachi «Tu avresti... Avresti già...»
Sasuke
annuì, solennemente.
«Presto!
Il bagno!»
Si
precipitarono nella stanza, ben consapevoli che correre non serviva a
nulla. Ormai di sicuro Sasuke aveva già...
«Scaricato,
ovviamente!» si lamentò Itachi, guardando sconsolato il suo riflesso,
nell'acqua pulita nel water.
«Possibile che per una volta che potevi, anzi, dovevi dimenticare di tirare lo
sciacquone, tu abbia scaricato?» disse, inveendo contro Sasuke, che li
aveva seguiti in silenzio.
«Scusami,
nii-san. Non lo farò più, promesso».
«Cos...?
No, certo che lo devi...! Insomma, non puoi mica lasciare la tua, beh, nel... Oh, insomma. Lasciamo
perdere» concluse, sospirando davanti all'espressione confusa di Sasuke.
Inutile
arrabbiarsi: ormai non c'era più nulla da fare. Forse Fugaku avrebbe
fatto seppuku davanti all'altare, macchiando di sangue il kimono della
sposa e poi il suo fantasma sarebbe tornato per perseguitarlo... “spergiuro
di un figlio...mi hai tradiiitoo! ”
«Toc
toc! Sei morto in piedi, cugino? »
«Scusate,
mi ero un attimo perso... Hai detto qualcosa?»
«Dicevo
di smontare il gabinetto».
Itachi
ci mise quasi due secondi per carpire il significato di quelle parole.
«Smontare
il... Ma dimmi, Shisui, a
colazione ti sei fatto un paio di damigiane di sake?»-
Shisui
si nascose dietro a Sasuke, altrettanto terrorizzato dallo scatto del
fratello.
Itachi
fece l'ennesimo profondo sospiro della giornata. Se continuava cosi, li
avrebbe ammazzati tutti. Tutti, dal primo all'ultimo.
«Ascolta,
cugino... » iniziò Shisui, cauto. «C'è una remota possibilità che
l'anello sia ancora nelle tubature. Sai, tempo fa mia nonna aveva perso
un'orecchino nel lavandino e alla fine l'abbiamo recuperato».
Itachi
lo scrutò a lungo negli occhi.
«E
come avete fatto...?»
«Eheheh,
lo vedrai...»
Più
tardi, Itachi si disse che avrebbe fatto meglio a non chiederlo.
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Capitolo 4 *** Esplosioni e viscidume ***
4.Esplosioni e viscidume
Itachi si stupiva sempre di come Shisui riuscisse a spacciare per
geniali idee che, illustrate da qualcun altro, sarebbero apparse subito
per ciò che erano: sciocche, deliranti e insensate.
Quindi, non poté fare a meno di insultarsi mentalmente per aver avuto
la poco lungimirante presunzione di avere ancora la situazione sotto
controllo.
Come poteva essere stato così ingenuo? Allontanarsi per controllare
l'orologio! Lasciando suo cugino da solo con un'idea!
Puro suicidio.
Realizzata la pericolosità della situazione, ci mise poco a raggiungere
di fretta il bagno e, preparato al peggio, non si scompose neanche più
di tanto davanti allo spettacolo che gli si presentò.
Al momento, il suddetto cugino stava infatti applicando con zelo una
decina di carte bomba sulla tazza del gabinetto, sotto lo sguardo
estasiato di Sasuke.
«Cosa. Diavolo. Stai. Facendo»
articolò Itachi, furibondo, reprimendo una vocina nella testa che
continuava ad incitarlo alla violenza.
Shisui esibì, contro ogni prudenza, un cipiglio infastidito.
«Se non l'avessi ancora capito, cugino, sto cercando di aiutarti».
Sasuke rabbrividì all'espressione di Itachi.
«Shisui, io ti ammaz... »
A quel punto si era dovuto interrompere, benché avesse già chiara in
mente una lunga trafila di minacce da rivolgere al cugino.
Perché Sasuke, per evitare di essere coinvolto in un eventuale (certo)
tentativo di omicidio, era arretrato fino a toccare inavveritamente una
delle bombe, provocando un'esplosione a catena.
Poi erano caduti.
«State
bene?» aveva tossito Itachi, grondante di melma e con le orecchie che
non ne volevano sapere di smettere di fischiare. Gran bel colpo: la
residenza principale del glorioso clan Uchiha sorgeva su di un
meraviglioso condotto fognario.
“Fantastico. Complimenti all'architetto", constatò Itachi, osservando
con aria critica la voragine sull'attuale soffitto, da cui filtrava la
luce proveniente dal bagno di casa sua.
Ex bagno, si corresse. Ora era più che altro una latrina.
Cercò di alzarsi, tastandosi il fondoschiena indolenzito, che si era
incontrato direttamente col fondo melmoso, e rabbrividì quando qualcosa
di viscido gli sfiorò la mano. Si ritrasse, schifato, solo per scoprire
che la protuberanza viscida in questione era semplicemente un piede di
Shisui.
«Alzati, imbecille» grugnì, risentito.
«Si, grazie Itachi. Anche io sto benissimo» rispose quello, sarcastico.
Stava per aggiungere qualcosaltro, ma poi si bloccò.
«Oh oh. Questa volta mi sa che ce lo siamo giocato. »
Itachi gli rivolse uno sguardo stralunato che divenne di puro orrore
quando vide su cosa il cugino era seduto.
O meglio, su chi.
Si fiondò ad afferrare il corpo immobile di Sasuke, mentre Shisui
borbottava qualcosa su come, in effetti, il suo atterraggio fosse stato
piuttosto “morbido”.
Combattuto tra l'ansia per la salute del fratellino e l'impellente
bisogno di strangolare Shisui, Itachi scrollò il bambino forse con un
tantino di irruenza in eccesso, facendogli dare una sonora capocciata
alla zucca del cugino che, tra l'altro, aveva fama di essere piuttosto
dura.
In compenso, la cosa parve funzionare, perché Sasuke emise un flebile
gemito e aprì gli occhi.
«Nii-san... Siamo morti?» chiese, svagato.
L'espressione vacua dei suoi occhi provocò una fitta dolorosa allo
stomaco di Itachi.
«Quante sono queste, Sasuke chan?» si intromise Shisui, sventolando
quattro dita davanti al naso del cuginetto, che sbatté le palpebre più
volte, prima di ricordargli che non sapeva ancora contare bene.
Itachi spedì all'aria il cugino con una manata e prese in braccio il
bambino.
«Bene» iniziò, ringhiando. «Bene... Direi che è proprio il caso di
finirla, prima che qualcuno ci rimetta davvero la pelle. Ora usciamo di
qui e...»
«Nii-san!»
Itachi rischiò seriamente di inciampare su Shisui, che stava ancora
tentando di alzarsi senza scivolare nel fiumiciattolo di acqua sudicia
che gli scorreva sopra le caviglie.
«La fede! La fede di Tou-san!» gridò nuovamente Sasuke, divincolandosi
dalla stretta del fratello e indicando alle sue spalle.
Nei due decimi di secondo che Itachi impiegò per registrare
l'informazione e voltarsi, l'anello sparì inghiottito dalla corrente.
«Visto? Doveva essersi incastrata nelle tubature, Con l'esplosione deve
essersi liberata» commentò Shisui, atteggiandosi a grande conoscitore,
con un sorriso soddisfatto stampato sulla faccia.
«Certo che si è liberata, razza di dinamitardo psicopatico! Le tubature
non ci sono più!» ululò Itachi, di rimando.
« Dettagli. L'importante è il risultato, cugino».
«Dobbiamo prenderla!» concluse per loro Sasuke, per poi saltare subito
giù, deciso, e cominciare a correre nella direzione in cui l'oggetto
era sparito.
Shisui non fece in tempo a commentare l'accaduto, che l'altro si era
già lanciato all'inseguimento del fratellino.
E, in seguito, Shisui fu sempre pronto a giurare di aver sentito suo
cugino maledire tutti gli avi dello zio Kotaro, i matrimoni, gli orafi
ed il metallo in generale.
Anche se, come Itachi ci fosse riuscito, nella mezza frazione di
secondo che aveva impiegato per spiccare la corsa e sparire nel
vicolo, lo stesso Shisui non era stato capace di spiegarselo.
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Capitolo 5 *** Ottimismo e rumori sinistri ***
5.Ottimismo e rumori sinistri
La rete fognaria era un labirinto piuttosto intricato: a parte
la galleria centrale – che, per lo scherzo di qualche architetto dalla
mente malata, si trovava proprio sotto la residenza principale degli
Uchiha – nel sottosuolo di Konoha c'era una bella collezione di
cunicoli e gallerie.
Tutti
puzzolenti.
Tutti bui.
Tutti uguali.
«Sasuke!»
Itachi represse a stento un'imprecazione quando, per l'ennesima volta,
l'unico suono che gli arrivò in risposta fu la sua stessa eco.
Sbuffò, nervoso, e riprese ad esplorare la galleria.
«Itachi!»
«Sasuke!»
«No,
Shisui».
«Ah,
sei solo tu» borbottò Itachi, deluso.
L'altro
non si scompose a quell'accoglienza così fredda e raggiunse in fretta
il cugino, lamentandosi ad alta voce di come le fogne puzzassero di
fogne.
Itachi preferì astenersi dal formulare alcun commento riguardo questa
brillante considerazione e proseguì, imboccando un cunicolo laterale: vuoto,
di nuovo.
Respirò
a fondo. Non solo aveva mancato al giuramento e, a cerimonia iniziata,
non aveva ancora recuperato l'anello ma, come se non bastasse, aveva
persino perso Sasuke.
Immaginò di ripresentarsi di fronte a suo padre:
“Ciao,
Tou-san, ho una notizia brutta e una pessima. Quella brutta è che non
ho ritrovato la fede; quella pessima è che il tuo secondogenito si è
perso nelle fogne ed è stato inghiottito da un coccodrillo.”
«Un
coccodrillo? Andiamo, vecchio mio, capisco l'ansia ma cerca almeno di
restare coi piedi per terra»-
«L'ho detto ad alta voce...?» biascicò, incredulo.
Shisui
annuì, trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere e Itachi
chiuse gli occhi un momento.
Ecco,
era successo: l'avevano fatto uscire di senno; strano che fosse
riuscito a resistere fino a quel momento.
Ma, prima che avesse il tempo materiale per intonare un requiem in
memoria del suo defunto cervello, un grido attutito lo fece voltare di
scatto.
«Nii-san!»
«Sasuke!
Stai bene?» urlò, mentre il fratellino gli correva incontro, agitando
il pugno in aria.
«Ce
l'ho, nii-san! Ho la fede!» esultò, rischiando di inciampare per
l'entusiasmo.
Itachi
spalancò gli occhi. Questo andava oltre tutte le più rosee
previsioni che, se fosse stato una persona ottimista, avrebbe potuto
formulare.
Ma Itachi non era mai stato ottimista.
Analizzò la situazione: aveva l'anello, aveva il fratello, Shisui era
dietro di lui. Tutto apposto. Perfetto. Strano.
«Senti,
Nii-san...»
«Dimmi,
otouto».
Dal
fondo della galleria giunsero rumori sinistri, mentre un presagio di
sventura si insinuava velenoso nella mente di Itachi.
«Hai
fatto qualcosa che non dovevi, otouto...?» aveva quasi paura di sentire
la risposta.
«Vedi
nii-san... Ho dovuto litigare con dei topoloni molto grossi, prima...»
Sasuke deglutì allo sguardo perforante del fratello.
«Erano
tanti, ma proprio tanti tanti... E non volevano ridarmi la fede di
Tou-san. Proprio no» spiegò un po' tremante, porgendo l'anello ad
Itachi.
«Ok»
sospirò lui, riponendo l'oggetto in tasca, al sicuro. «Non importa.
Ormai non ci resta che uscire fuori di qui e...»
«Itachi...»
«
Non ora, Shisui. Dicevo... Usciamo e andiamo di filato da Tou-san
così...»
«Itachi,
credo che dovresti ascolt...»
«Cosa
Shisui, cosa? Possibile che tu non possa fare
a meno di sproloquiare per qualsiasi inezia? Non ci riesci proprio a
stare zitt... Che cos'è questo rumore».
«Appunto».
Shisui fece in tempo a grugnire solo questa parola prima che Itachi gli
tappasse la bocca con la mano e iniziasse a tendere l'orecchio per
riuscire ad identificare la fonte di quello strano suono, acuto e
sinistro, che aumentava di intensità.
«Dicevo,
nii-san... Loro proprio non volevano ridarmela e ora sono molto, molto
arrabbiati».
Il
tempo di afferrare il significato di quelle parole borbottate a mo' di
scusa e un'orda di topi infuriati fece il suo ingresso dallo stesso
vicolo laterale da cui era emerso Sasuke: un
esercito di pantegane inferocite e, a giudicare da come muovevano
convulsamente le zampette nella melma umidiccia, anche idrofobe.
Sasuke
liquidò la terrificante apparizione con un «Vedi, nii-san? Sono proprio
arrabbiati».
Invece,
Itachi e Shisui, a detta di quest'ultimo, presero ad urlare come bimbe
in fasce.
Itachi,
in coscienza, non poté mai contraddirlo del tutto su questo punto
perché, a dire il vero, non riuscì mai a ricostruire con
esattezza la corretta sequenza degli avvenimenti.
Era
sicuro di aver afferrato Sasuke per la collottola, ed era altrettanto
certo di aver cacciato qualcosa di molto simile ad un grido (ma di
sicuro non aveva pianto supplicando i Kami, come invece , da quel
giorno in avanti, Shisui si ostinò a raccontare a chiunque gli
prestasse attenzione, compresi il fruttivendolo e l'idrauilico).
Il
resto, però, era piuttosto confuso.
Fatto
sta che dopo cinque minuti - o forse un'ora - lui e Shisui, circondati
dallo sciame di ratti rabbiosi, senza alcuna speranza di uscirne illesi
(o almeno con due dei quattro arti ancora attaccati al corpo) si erano
ritrovati avvinghiati come macachi a dei pioli arruginiti, nel
tentativo di forzare dal basso un tombino dal peso non indifferente.
Quando
si dice la forza della disperazione.
Fu
solo quando, dopo aver spostato il tombino con l'aiuto di Shisui e aver
fatto salire Sasuke in superficie, riuscì finalmente ad assumere una
posizione quasi eretta che Itachi si rese conto del posto dove erano
capitati.
Tra
tutti.
Tra tutti gli stramaledettissimi tombini di Konoha, proprio da quello
dovevano uscire.
Il
silenzio attonito che li accolse si protrasse almeno per trenta secondi
fino a che Shisui, dopo essersi guardato attorno, non borbottò con una
mezza risata.
«Ah,
Itachi, ma tu lo sapevi che era una cerimonia all'aperto?»
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Capitolo 6 *** Punizioni e torte nuziali ***
04/04/2013: sedicimila anni per revisionare tre capitoli di un cortezza
aberrante *si applica una stellina adesiva*.
6.Punizioni e torte nuziali
Ogni
coppia desidera che il giorno del proprio matrimonio sia indimenticabile.
Peccato
che la parola “indimenticabile” possa assumere un bel numero di
sfumature, a seconda delle occasioni.
Quello
delle nozze di Kotaro Uchiha fu indubbiamente un giorno che rimase
impresso nella memoria di tutti gli invitati: gli
Uchiha continuarono a rivangare l'evento per tutti gli anni a venire,
in occasione di ogni singola celebrazione, religiosa e non, che
coinvolgesse Fugaku (come questi si premurava di ricordare a suon di
insulti a figli e nipote dopo ogni festa).
Eppure,
Fugaku Uchiha, pur senza essere mai stato una persona paziente, tendeva
, di norma, a moderare le sue reazioni in pubblico.
Era
quindi un gran peccato che:
Uno,
non avesse dormito.
Due,
si trovasse da quasi due giorni in uno stato di profonda prostrazione
nervosa.
Tre,
si fosse visto consegnare un'anello lurido e puzzolente dalle mani
luride e puzzolenti dell'entusiasta figlio minore appena emerso dalle
fogne.
Infine,
il dettaglio che quest'ultimo fosse in compagnia del suo primogenito e
di suo nipote, entrambi dall'aspetto (e dall'odore) spaventosamente
simile a quello di un sacco della spazzatura aperto, non aveva giovato
al suo autocontrollo.
Ma,
da qui a convertire in armi da lancio un intero servizio di piatti in
porcellana sottratto ai regali di nozze, si scadeva nel drammatico.
Shisui,
dopo essere stato colpito dai primi due, era riuscito a rifugiarsi tra
le file di sedie per usare gli altri invitati come scudo, Itachi,
impegnato a cercare di salvare la vita di suo fratello, oltre che la
sua, fu colpito in pieno da tre ciotole, sei piatti fondi e due
vassoi.
Per essere onesti, però, bisogna ammettere che, se Sasuke avesse
evitato di stargli tra i piedi continuando a chiedere “perché Tou-san
non sembra molto contento?”, probabilmente Itachi avrebbe evitato la
maggior parte delle stoviglie e ne sarebbe uscito quasi illeso.
Il
resto poi, era stato un incidente, un
fenomeno di pura tempistica.
Sfortuna, insomma.
Mentre
il padre della sposa, Mikoto ed un'altra ventina di invitati bloccavano
Fugaku per impedirgli di scagliarsi su figli e nipote impugnando la
gamba di una sedia, Itachi ne approfittò per arraffare il fratellino e
lanciarsi nella direzione opposta, allo scopo di mettere almeno
duecento metri di distanza tra sé e la furia cieca di suo padre.
Non
era mai stato una persona distratta e probabilmente quello era il
momento peggiore per iniziare la sua carriera in quel senso, eppure,
chissà perché, non vide quell'enorme frammento di porcellana a
pochi centimetri dal suo piede. O
meglio, dalle suole dei suoi sandali viscidi di melma.
Gli
sembrava impossibile di aver potuto fare una cosa tanto stupida; forse
fu per questo che visse quasi con distacco il suo rovinoso scivolone
sul coccio ed il conseguente volo d'angelo di Sasuke, che schizzò via
dalle sue braccia e, dopo aver sorvolato con grazia l'intero tavolo del
buffet, andò a schiantarsi con una fragorosa esplosione di crema e
panna montata direttamente nella torta nuziale.
«Wow, che mira. Tu non ti smentisci
mai, eh cugino?»
Dopo
questo commento di Shisui, pronunciato nel silenzio più assoluto in
tono trionfante, l'unica cosa che ad Itachi parve opportuno fare fu
scagliarsi su di lui col palese desiderio di ucciderlo.
Nonostante
tutto, nell'economia dell'intera vicenda, la cerimonia si era conclusa
piuttosto felicemente.
Gli
sposi, troppo appagati dall'amore per essere scalfiti da inezie come
l'episodio di violenza gratuita svoltosi durante le loro nozze, avevano
liquidato le prolisse scuse di Fugaku (accompagnate da minacce di morte
verso figli e nipote e giuramenti di ammenda tramite seppuku) con un
gioioso “si sa, i ragazzi sono sempre ragazzi".
Frase
assolutamente innocente per menti poco allenate alle contorte
elucubrazioni di Fugaku; ma
Itachi sapeva bene che, quelle innocue sette parole, erano risuonate
alle orecchie di suo padre come il peggiore degli insulti: sapevano di
commiserazione e indulgenza, e
lui non era disposto a tollerare nessuna delle due.
Chiaramente
lo scotto di queste sue fissazioni personali era ricaduto su Itachi e
Shisui, che si erano dovuti scusare con ogni singolo parente recitando
la nenia “sono terribilmente
spiacente di essere un disonore per il mio clan e spero che prima o poi
possiate perdonarmi per essermi comportato come un babbuino mentecatto”, composta da Fugaku per
l'occasione.
Poi
avevano passato le successive quarantotto ore a riordinare, pulire,
rimontare e lustrare ogni singolo centimetro cubo del cortile dove si
era tenuto il matrimonio.
Come
se non bastasse, Fugaku aveva inoltre deciso che le spese per i danni,
comprese quelle per la ristrutturazione del bagno della residenza
principale, sarebbero stati detratti fino all'ultimo centesimo di ryo
dai compensi delle missioni svolte da Itachi e Shisui fino al completo
risarcimento. Il che, secondo i calcoli di Itachi, significava che
avrebbero dovuto lavorare gratuitamente almeno fino alla maggiore età.
E si trattava di una previsione ottimistica.
Era
di questo che Shisui si stava lamentando mentre, in compagnia del
cugino, si dedicava al noioso compito di imbiancare le pareti e il
soffitto del bagno.
«Voglio
dire...» brontolò, gesticolando col pennello e schizzando vernice sul
naso di Itachi, che però rimase impassibile. « Almeno del servizio di
piatti dovrebbe occuparsene Fugaku san. Dopotutto è stato lui a
convertirlo in arsenale da guerra».
Itachi
fece finta di non sentire, continuando a colpire con violente
pennellate il suo quarto di muro, come fosse una missione di vitale
importanza.
Erano
già sei volte che reprimeva il crescente desiderio di violenza,
ripetendosi che uccidere Shisui non era la soluzione ai suoi problemi.
Cercò
di mantenere la calma, anche se era un compito davvero difficile,
considerato che il cugino, a quanto pareva, riteneva sprecato ogni
istante in cui non faceva funzionare le corde vocali.
«E
poi che bisogno c'era di arrabbiarsi tanto? Dopotutto abbiamo fatto
esattamente quello che ci aveva chiesto».
«Shisui,
di preciso, quand'è che mio padre ci avrebbe chiesto di creare un
baratro del diametro di tre metri nel suo bagno?» il tono era calmo, ma
il modo di agitare il pennello tradiva il profondo desiderio che Itachi
aveva di ficcare il suddetto oggetto su per il naso del cugino.
Come
di consueto, Shisui ignorò il segnale di pericolo e continuò,
imperterrito.
«Dettagli.
E poi è il solito esagerato! Certo, non è bello presentarsi coperti di
sudiciume ad un matrimonio, ma non c'era bisogno di reagire così. La
verità è che lo zio Fugaku è un po' fissato. Un po' tanto!»
«Su
questo non ci piove...» borbottò Itachi, intingendo nuovamente il
pennello. Shisui rise.
«E
poi, se vuoi sapere la mia opinione, alla fine è stato divertente, no?»
ridacchiò di nuovo. «I
ratti poi... Dovevi vedere la tua faccia!»
Silenzio.
«Mi
sono proprio scompisciato! Molto meglio delle solite missioni... Non
sei d'accordo, Itachi? I-Itachi...? Tutto bene?»
«Inizia
a correre».
A
Shisui si gelò il sorriso sulla faccia.
«Corri»
scandì Itachi, con voce sepolcrale. «Corri, Shisui, perché se stavolta
ti prendo io ti ammazzo. Non sto scherzando, ti ammazzo sul serio».
«Andiamo,
Itachi, non dirai sul se... Itachi, posa quel kunai, parliamone...
Itachi...!»
Sì:
forse uccidere suo cugino non era la soluzione ai problemi di Itachi
Uchiha. Ma
una cosa era certa: di sicuro lo avrebbe fatto sentire meglio.
FINE
Grazie
a chiunque sia giunto fin qui ^^
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