I matrimoni dei parenti sono sempre una seccatura

di wari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pomodori e giuramenti ***
Capitolo 2: *** Onigiri e detective ***
Capitolo 3: *** Cereali e gabinetti ***
Capitolo 4: *** Esplosioni e viscidume ***
Capitolo 5: *** Ottimismo e rumori sinistri ***
Capitolo 6: *** Punizioni e torte nuziali ***



Capitolo 1
*** Pomodori e giuramenti ***


Prima pubblicazione: 24/11/2009
Revisione: 01/10/2011



1. Pomodori e giuramenti



«Etchù!»
«Salute. Il moccioso ti ha di nuovo attaccato qualche simpatica malattia infantile?»
Itachi decise di ignorare il ghigno di suo cugino.
D'altro canto, aveva già provveduto a picchiare Shisui meno di due settimane prima, quando aveva avuto l'ardire di scompisciarsi dalle risate dopo che lui si era ritrovato a letto col morbillo insieme a Sasuke. Quel bambino sembrava un amplificatore di germi: li assimilava, si beccava la forma più intensa che la malattia poteva procurare e poi, non contento, emanava bacilli contagiosi che attecchivano su chiunque gli si avvicinasse.
In conclusione, Itachi optò per un più diplomatico «ci vediamo, Shisui» e superò la casa degli zii, senza fermarsi.
«Ci si vede, vecchio mio!» rispose Shisui, imitando l'espressione seria del cugino, prima di voltarsi per raggiungere la porta di casa.
Fortunatamente per lui, Itachi si era già allontanato.


«Sono tornat... tou san, che stai facendo?»
Lo spettacolo di Fugaku Uchiha, piegato a gattoni nell'ingresso, non era cosa di tutti i giorni.
«Ah! Alla buon ora, anche tu! Che stavi facendo in giro, invece di essere qui nel momento del bisogno?»
Dal pulsare sinistro di una vena sulla tempia di suo padre, Itachi dedusse che non era il caso di ribattere.
«In realtà ero in missione, ma non importa. Serve aiuto?» tentò, conciliante.
«Cerca la fede».
Itachi tacque. Forse era incappato nel bel mezzo di una crisi mistica. Non pensava che suo padre fosse tanto religioso.
«Ehm, quindi tu stai cercando la tua fede... sul pavimento dell'ingresso» ripeté, cauto, tentando di dare un senso alla situazione.
Fugaku strabuzzò gli occhi.
«Non la mia fede, sciocco di un primogenito! Quella di tuo zio, dannazione!»
Ora Itachi stava seriamente iniziando a pensare che, più che mistica, quella di suo padre fosse una crisi epilettica con allucinazioni associate.
Annuì lentamente e, mantenendosi impassibile, aggirò Fugaku, dirigendosi con cautela verso la cucina.
«Kaa san, credo ci sia un problema con tou san, di là. Dice che sta cercando...»
«Dannazione, ma dove può essere finita quella fede? Eppure era qui!»
Mikoto Uchiha emerse da sotto il tavolo con espressione corrucciata.
«Oh, Itachi, bentornato! Che dicevi? »
A mali estremi, estremi rimedi.
Itachi uscì alla svelta dalla cucina e si fiondò in corridoio.
«Sasuke!
»
Sasuke trotterellò fuori dalla sua stanza e gli corse incontro.
«Nii san!» esclamò felice, abbracciandogli le gambe.
Itachi pregò che almeno il fratellino fosse stato risparmiato da quella che - iniziava a pensare - fosse un'ondata di follia dilagante.
«Si può sapere che sta succedendo qui, Sasuke?» chiese in tono un po' allarmato. La vista di suo padre che gattonava nell'ingresso come un indemoniato lo aveva un tantino sconvolto.
Il bambino assunse un'espressione mortalmente seria.
«Oh... tou san ha combinato un pasticcio, nii san. » disse, con fare da cospiratore.
Itachi sollevò un sopracciglio. No. Decisamente c'era qualcosa che non andava.
«E sentiamo, che avrebbe combinato tou san?»
«Ha perso una fede. E non doveva perderla. No no. Perché kaa san ha detto che lui le deve dare allo zio e alla zia, domani. E invece ne ha persa una, e allora...»
Itachi si batté una mano sulla fronte.
Ma certo! Il matrimonio degli zii! L'aveva dimenticato. Probabilmente perché non aveva neanche ben presente di quale zio si trattasse. Scoppio in una breve risata: si era immaginato chissà quale catastrofe e invece stavano solo cercando uno stupido anello.
Sollevato, scompigliò i capelli di Sasuke, che lo guardava un po' confuso.
«Ho detto una cosa buffa, nii-san?»
«No, no, lascia perdere».
Fu interrotto da Mikoto, che annunciava la cena.
«E chiamate vostro padre! La cercheremo dopo, quella dannata fede».


La cena non fu esattamente uno spasso.
Fugaku, con la vena pulsante sempre più sporgente, attaccò il riso impugnando le bacchette come se gli avessero fatto un torto personale e a nulla valsero le parole di Mikoto, che cercava di placarlo.
«La troveremo caro. Dopotutto era lì. Le fedi non hanno le gambe».
Itachi ebbe la prontezza di sollevare la sua ciotola e quella del fratellino, un secondo prima che il pugno di Fugaku si abbattesse sul tavolo, schizzando riso sulle facce dei presenti.
«Tu non capisci, Mikoto. Sono il testimone! Non posso presentarmi al matrimonio di mio cugino dicendogli che ho perso...» sottolineò la parola con un rantolo addolorato, «la sua fede nuziale. Sono un Uchiha! Gli Uchiha non perdono quello che gli viene affidato!»
Questa gli giungeva nuova, pensò Itachi tra sé.
Ogni giorno suo padre inventava almeno un paio di nuovi super poteri Uchiha, di cui, a suo dire, tutti gli appartenenti al clan dovevano essere dotati fin dalla nascita.
«Ma io» sussurrò Sasuke, preoccupato, «ho perso due pastelli, ieri».
Itachi sospirò. Se continuava così, suo fratello sarebbe venuto su complessato.
«Non preoccuparti, otouto. Tou san scherza» rispose, piano.
«Quindi devo trovarla! » concluse Fugaku, alzandosi in piedi. «È una questione di onore!»
Mikoto osservò suo marito varcare la porta della cucina a passo marziale e scosse la testa.
«Beh, peccato, c'era anche il secondo» commentò, prendendo un'insalatiera. «Allora, chi vuole i pomodori?»
«Mh... no, grazie».
Itachi rivide la sua stessa espressione sconvolta dipinta sul volto di sua madre che, come lui, si era voltata a guardare Sasuke come se stesse seriamente delirando.
«Ma... ma a te piacciono tanto i pomodori, Sasuke chan. Hai insistito tu perché li comprassi...» balbettò Mikoto, esterrefatta.
«Hai battuto la testa?» chiese Itachi, preoccupato.
Insomma. Sasuke adorava i pomodori. L'aveva beccato a fare merenda con i pomodori. Colazione con i pomodori. Spuntini notturni a base di pomodori. Se gli chiedevi di scegliere tra pomodori e gelato, sceglieva i pomodori.
Era un pomodoromane in stadio avanzato, per citare testualmente Shisui.
«Ho mal di pancia...» mugolò Sasuke in risposta. E quasi a conferma di quelle parole, il suo stomaco scelse proprio quel momento per protestare con un gorgoglio sinistro che strappò al bambino una smorfia di dolore.
«Oh, povero gnagno della mamma!»
Itachi inorridì al ricordo di quando anche lui, a suo tempo, si era ritrovato appiccicati addosso graziosi nomignoli quali “bimbino”e “patatino”, spesso sostituiti dai più originali “ninnoso”, “pacchio” e “gnagno” (nelle varianti “gnagnuccio” e “gnagnino”).
«Ha quasi cinque anni, Kaa san. Potresti anche smetterla di chiamarlo in quel modo» tentò.
«Sei geloso, Itachi chan? Non ti preoccupare» cinguettò lei, dandogli un pizzicotto sulla guancia. «Tu sarai sempre il mio puccio pacchioso!»
Ah, ecco. Sapeva di averne dimenticato uno.
Sospirò, massaggiandosi la guancia, mentre Mikoto prendeva in braccio il suo “gnagno che ha la bua al pancino” e lo portava di là.
Era appena uscita quando Fugaku spalancò nuovamente la porta scorrevole, rischiando seriamente di far sgretolare la carta di riso.
«Itachi. Ti ricordi quello che ti ho detto l'altro giorno?» esordì, autorevole.
«“tagliati i capelli, sembri un fricchettone”?»
«No, non quello. Anche se sono sempre della stessa opinione».
«A me piacciono così, tou san. E poi, se permetti, i capelli sono miei».
«Di questo parleremo un'altra volta. Intendo... ricordi quello che ti ho detto due giorni fa?»
Itachi tentò di fare mente locale.
«Qualcosa sul clan?» In realtà non rammentava nulla in proposito ma sapeva che, quando suo padre assumeva quell'espressione grave, novantanove volte su cento la faccenda riguardava il clan.
«Proprio così, figliolo» Fugaku annuì, soddisfatto.
«E ricorderai anche cosa ti ho detto» affermò, come se l'ipotesi contraria non fosse neanche contemplata.
C'è da dire che Itachi era ancora molto concentrato sulla cena.
Infatti, sebbene fosse da poco rientrato da una missione e stesse morendo di fame, i suoi gentili familiari si stavano prodigando tutti per impedirgli di finire il pasto.
«Veramente no, tou san» rispose, un po' più stizzito di quanto volesse apparire, «ma immagino che tu provvederai a ricordarmelo. Sappi che pendo dalle tue labbra».
Fugaku ignorò il sarcasmo di fondo.
«Itachi. Un Uchiha si riconosce nel momento del bisogno».
Ah. E lui che aveva sempre pensato si riconoscessero dallo sharingan e dal ventaglio sulla schiena.
Itachi si riscosse e balzò all'indietro quando il volto di Fugaku, con gli occhi quasi lucidi, si parò davanti al suo.
Non poté allontanarsi quanto avrebbe voluto, però. Perché suo padre gli mise entrambe le mani sulle spalle e lo costrinse a fissarlo negli occhi.
«Dovrò essere più diretto» disse. «Aiutami a cercare quella dannata fede, o io non potrò più guardare in faccia almeno due terzi del nostro clan! »
Itachi deglutì.
«Basta chiedere, non c'è bisogno di...»
«Lo farai, Itachi? Per preservare l'onore e la dignità di tuo padre? Giuri di ritrovare quella dannata fede?»
Itachi avrebbe volentieri rettificato che, per quanto lo riguardava, si perdeva più dignità a supplicare un figlio a quel modo, piuttosto che a perdere un anello. Ma ebbe il buon senso di restare in silenzio. E giurò.





Nda
Ciao, sono wari e questa è la mia prima fanfic *scivola sulla sua stupidità*
No, riproviamo.
Sono passati tre anni da quando un dì ho scoperto che le mie ridicole fantasie da teenager disadattata potevano venire condivise con altri esseri senzienti. Da allora, questo è diventato il mio principale hobby, e a suo tempo ha salvato il mio umore e la mia sanità mentale più d'una volta.

Questa storiella stupida in sei capitoli è stata scritta di getto in meno d'una settimana (sì, sono lenta. Questo non è cambiato) e ci sono molto affezionata, nonostante tutti i suoi madornali difetti. Comunque, visto che sta tra le scelte (Dark, wtf?! XD) e qualche essere meraviglioso si ferma persino a lasciare due righe di recensione nonostante sia così vecchia (grazie **), ho deciso di sprecare qualche mezz'ora della mia frivola esistenza per revisionarla.
Se dovessi riscriverla, certamente sarebbe diversa (ah, l'Omino dell'Ovvio!), ma mi dispiacerebbe modificare un ricordo dei miei quindici anni, indi, in pratica ho corretto principalmente html, punteggiatura sbarellata e qualche scemeria, giusto per renderla un po' meno mostruosa. Sono rimaste giappominkiosità, frasi grezze e IC tirato con le molle. Che poi, a conti fatti, non è che sia così lontana da quel che scrivo adesso XD
Cielo, c'è mica da esserne contenti *sviene*



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Capitolo 2
*** Onigiri e detective ***


Prima pubblicazione: 28/11/2009
Revisione: 21/10/2011




2. Onigiri e detective


«Allora, ricapitolando... Tu, Mikoto san, eri uscita con Sasuke».
Mikoto ridacchiò, osservando incuriosita il nipote che spulciava il suo blocchetto.«Lo confermi, Sasuke?» lui annuì, molto compreso nel suo ruolo di “testimone oculare dei fatti avvenuti”- come l'aveva pomposamente definito suo cugino -, solo che lo fece con foga eccessiva, rischiando di soffocarsi con la camomilla che la madre gli aveva preparato nel tentativo di “attenuare la bua al pancino”.
Itachi batté un paio di colpi distratti sulla schiena del fratellino, che tossì.
«La vuoi piantare con questa idiozia, Shisui?» chiese, stancamente.
Quello gli sventolò in faccia il blocco per gli appunti, fingendosi indignato.
«Guarda che questa è la procedura standard, cugino! Qui è avvenuto un crimine! Bisogna raccogliere le testimonianze dei presenti, analizzare i fatti, esaminare i luoghi del reato...»
«Ma quale reato!» sbottò Itachi, ottenendo unicamente di far strozzare di nuovo Sasuke. «È un cerchio di metallo! Piccolo, rotolante e dannatanente giallino come il tatami! Era praticamente matematico perderlo!»
«Abbassa la voce, Itachi, o Fugaku vi sentirà» sorrise Mikoto, servendo il tè al nipote.
Itachi non rispose, ma non poté esimersi dal maledirla mentalmente.
In fondo era tutta colpa sua.
Shisui era passato per portare delle stupide onigiri fatte dalla zia e Mikoto aveva avuto la brillante idea di chiacchierargli tutta la storiaccia delle fedi. D'altro canto, anche Shisui, entrando, era incappato in un Fugaku sempre più ossessionato che perlustrava i pavimenti facendo micio micio allo sciagurato pezzetto di metallo. Al suo posto, probabilmente persino Itachi, notoriamente taciturno, avrebbe iniziato a porre domande ai parenti.
Solo che, come sempre, Shisui aveva ingigantito la faccenda, improvvisandosi novello Sherlock Holmes, con grande disappunto del cugino e somma delizia di Mikoto e Sasuke, che parevano trovare la cosa estremamente divertente.
«Itachi! Spergiuro di un figlio! Perché non sei qui ad aiutarmi?!» la voce imperiosa di Fugaku li fece sobbalzare tutti. Inutile dire che Sasuke si soffocò di nuovo e, decidendo che forse era il caso di abbandonare quella camomilla assassina, scostò la tazza.
«Vengo tra un attimo, tou san! » righiò Itachi, di rimando.
«Sei davvero nervoso, Itachi... Non è che ci stai nascondendo qualcosa? Sei forse tu il colpevole?»
L'interessato scostò con una manata la penna che Shisui, in un impeto di patos, gli aveva avvicinato alla bocca, a mo' di microfono.
«Sei davvero stato tu, nii san?!» rantolò Sasuke, sgranando gli occhi inorridito.
Itachi abbandonò la testa sul tavolo: ci mancava solo che suo fratello si mettesse a credere alle boiate del cugino. Quello ne approfittò per rincarare la dose.
«Ah-ah! Un segno di cedimento! E così sei stato davvero tu: Itachi Uchiha! L'insospettabile! La serpe in seno!»
Mikoto rise, divertita dal siparietto. Sasuke invece sembrava sull'orlo delle lacrime.
«Non sono stato io, Sasuke»lo rassicurò Itachi, sospirando.
«Davvero, nii-san? Tu non dici le bugie, vero? »
«No, Sasuke» confermò.
Sasuke tirò su col naso, abbastanza soddisfatto della risposta. Poi parve colto da un'illuminazione.
«Allora sei stato tu, Shisui!» accusò, puntando il dito.
«Eh?» fecero in coro Itachi e Shisui.
«Quando qualcuno accusa qualcun'altro, il colpevole è sempre quello che ha accusato per primo» sentenziò, solennemente.
«Forse non dovevo fargli vedere La signora in giallo, l'altra sera...» borbottò Mikoto.
Shisui scoppiò a ridere. Itachi alzò gli occhi al cielo e convinse suo fratello a rimettersi seduto.

«Perché Shisui ride, nii san? » chiese il bambino, confuso dal fatto che la sua brillante deduzione non avesse sortito gli effetti sperati. Quando capitava a Jessica, poi i poliziotti la ringraziavano sempre.

Shisui cercò di ridarsi un contegno serio.
«Allora. Meglio ricapitolare nuovamente i fatti» iniziò, ignorando lo sbuffo di Itachi.
«Alle ore dieci e trenta minuti, la qui presente Uchiha Mikoto, accompagnata dal suo secondogenito Uchiha Sasuke, si recava al mercato di Konoha per la spesa settimanale».
Itachi osservò suo fratello seguire il ridicolo racconto con gli occhi spalancati e attenti.
Shisui proseguì, inesorabile.
«Alle ore undici e quindici minuti, Uchiha Fugaku-professione-shinobi-di-Konoha, si recava da suo cugino Uchiha Kotaro allo scopo di prendere in custodia le fedi nuziali del suddetto in vista del matrimonio che si teneva il giorno seguente».
«Il “giorno seguente” è domani, pezzo di idiota».
«Taci, Itachi! È gergo tecnico, tu non puoi capire! Non interrompermi. Dunque, e qui veniamo a noi, alle ore undici e trentacinque il suddetto Uchiha Fugaku-professione-shinobi-di-Konoha, rientrava a casa e, avendo un'urgenza di tipo pratico nella stanza da bagno...»
Mikoto rise, Itachi si batté il palmo sulla fronte e Sasuke spostò lo sguardo dall'una all'altro, senza capire.
«Dicevo, avendo un urgenza, posava le due fedi nuziali, una delle quali è il corpo del reato, sul tavolo della cucina» Shisui voltò pagina. «Intanto alle ore undici e quaranta minuti, rientravano i suddetti Uchiha Mikoto e Uchiha Sasuke-suo-secondogenito e si recavano in cucina, dove poggiavano la sporta con le vivande. E poi che è successo, Mikoto san?» chiese, rivolgendosi alla zia.
Lei sollevò lo sguardo, pensierosa.
«Beh, ho messo le buste sul tavolo e ho iniziato a svuotarle. Sasuke mi ha dato una mano».
Sasuke annuì, convinto.
«E poi?» incalzò Shisui.
«E poi niente, Shisui. Ho messo la spesa nella dispensa... In realtà Sasuke ha rovesciato per sbaglio un po' di roba sul tavolo, mentre cercava i pomodori, ma ho rimesso a posto e basta. Non mi ero neanche accorta delle fedi, prima che Fugaku iniziasse a cercarle» concluse, finendo di lavare le stoviglie.
«Uhm... Strano. Molto strano» Shisui prese a scribacchiare, meditabondo.
«Forse è il caso che mi metta anche io a gattonare per terra» borbottò Itachi, memore dell'incauto giuramento.
«Nii san...»
«Si, otouto?» chiese distrattamente, mentre perlustrava il pavimento con lo sguardo, sperando in un improbabile colpo di fortuna.
«Cos'è una fede, nii san?»
Itachi, Shisui e Mikoto si voltarono simultaneamente verso il bambino.
«Ma tu sei stato qui tutto il tempo senza capire di che accidenti si stava parlando?» disse Itachi, incredulo, mentre Shisui si piegava di nuovo in due dal ridere.
«Questa è una fede, Sasuke» intervenne Mikoto, mostrando il suo anello. «È un oggetto che due persone che si vogliono molto bene si regalano a vicenda nel giorno delle loro nozze. Quando vostro padre me la diede, ricordo che...»
Intuendo l'inizio di una barbosa riminiscenza, Itachi interruppe il racconto sul nascere e si rivolse direttamente a Sasuke.
«Non è che tu hai visto un anello come quello qui in giro, stamattina? Cerca di ricordare».
Sasuke iniziò a tormentarsi la maglietta.
«Proprio no, nii san» rispose, un po' balbettante.
Itachi alzò un sopracciglio. No, non gliela raccontava giusta.
«Sasuke, tu sai qualcosa di questa storia, non è vero? Prometto di non arrabbiarmi».
Che Fugaku non si sarebbe arrabbiato, non poteva prometterlo.
Sasuke prese a torturarsi i polpastrelli.
«Beh, nii san, può darsi che io...» ma si bloccò: il suo stomaco aveva ripreso ad emettere strani brontolii.
«Oh! Ti fa ancora male il pancino? Povero!» intervenne Mikoto, preoccupata. «Basta tormentarlo, Itachi. È tardi. Tu vai ad aiutare tuo padre, mentre io porto il puffino gnauloso a fare la nanna. Ci vediamo Shisui! Salutami tutti e ringrazia tua madre per le onigiri! » e, detto questo, si defilò col figlio minore tra le braccia.
«Itachi! Vuoi venire si o no, figlio degenere?! Guarda che ti disconosco!»
La carta di riso tremò pericolosamente. Shisui si alzò, intimorito.
«Beh, meglio che vada... buona fortuna, cugino! Arrivederci, Fugaku san, riposati!» e se la squagliò rapidamente, fulminato da un'occhiataccia dello zio, lasciando Itachi da solo alle prese con suo padre ormai sull'orlo di una crisi nervosa.
«Mi aspetta una gran bella nottata...» borbottò, chiudendo la porta.
«Che? L'hai trovata?»
«No, tou san. Ho detto nottata, non trovata».
«Che? Trovata? Dove?!»
Itachi fece un profondo respiro. Chiuse gli occhi e, accovacciandosi sul pavimento, prese a recitare tre sé: non è un buon motivo per ucciderlo, non è un buon motivo per ucciderlo, non è...


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Capitolo 3
*** Cereali e gabinetti ***





3.Cereali e gabinetti




Itachi si guardò allo specchio: sembrava un reduce di guerra, neanche dalle missioni più difficili e impegnative era uscito così distrutto.
Fugaku l'aveva tenuto in piedi tutta la notte per cercare quello che, in cuor suo, Itachi aveva ormai ribattezzato “il fottutissimo pezzetto di metallo”; ma ovviamente non era stata la nottata in bianco a ridurlo come uno straccio calpestato. In effetti riteneva che, se avesse condotto da solo le ricerche, quella gli sarebbe parsa una noiosa, monotona, rilassante missione di livello D.
E invece suo padre l'aveva stressato con una decina di crisi isteriche del tipo “oddio-come-farò-sono-un-disonore-per-il-mio-clan”, intervallate da scatti d'ira funesta e accuse deliranti e infondate, il cui bersaglio erano stati Itachi, Mikoto, Sasuke, lo zio Kotaro (colpevole di volersi sposare) e, poco prima dell'alba, persino il tatami, la casa e varie sconosciute divinità.
«Nii-san...»
Itachi non fece in tempo ad uscire dal bagno, che si  ritrovo davanti il fratellino.
«Che c'è, otouto, devi usare il bagno? Hai ancora mal di pancia? » chiese, stancamente.
Il bambino scosse la testa in segno di diniego.
«Veramente devo dirti una cosa... »
Ma fu interrotto da un'elegante Mikoto in kimono da festa.
«Siete ancora così?! Forza, rischiamo di far tardi!» e prima di dare ai figli il tempo di rispondere, si era già dileguata in cucina per intimare al marito di smetterla di comportarsi come un bambino e andarsi a vestire.
Fugaku, accasciato con la testa sul tavolo, sembrava più propenso a lasciarsi morire: si faceva rotolare l'unica fede rimasta davanti al naso, mugolando parole sconfortate. Mikoto dovette praticamente alzarlo di peso e spingerlo in camera, sbuffando qualcosa sui mariti disordinati e ritardatari.
Itachi e Sasuke assistettero passivamente alla scena con espressione sconvolta.
«Ehm... Che dicevi otouto?» domandò Itachi in tono neutro.
«Oh, sì. Vedi nii-san, ieri...»
«Il campanello! Itachi, vai tu?» 
Itachi alzò gli occhi al cielo.
«Si, Kaa-san! Scusa Sasuke, me lo dici dopo... » borbottò, raggiungendo svelto l'ingresso.


«Buondì, vecchio mio!»
Itachi fu seriamente tentato di richiudere la porta sulla stupida faccia di suo cugino.
«Che ci fai qui, Shisui?» chiese, brusco.
Lui come al solito non si fece problemi di sorta e irruppe in casa, gettando le scarpe in un angolo.
«Non c'è che dire, cugino, la cordialità è sempre stata una delle tue migliori virtù. Comunque, i miei vecchi si sono già avviati alla cerimonia... Con un'ora d'anticipo! Ma siete fuori, gli ho detto! E quindi sono venuto qui, così andiamo insieme» spiegò a nessuno in particolare. «L'avete trovata poi, la fede?»
In risposta, Fugaku esplose fuori dalla sua stanza, sbraitando.
«Trovata? Dove?!»
Shisui si ritrovò ad abbracciare suo cugino con trasporto.
«Togliti. Subito. Di. Dosso. » gli intimò Itachi, emanando furia omicida.
Shisui si staccò, borbottando e ridendo, mentre Fugaku veniva afferrato per la collottola e trascinato di nuovo nella stanza da Mikoto.
«Mi pare di capire che non l'avete...» abbassò la voce, sussurrando. «Trovata».
Itachi si limitò ad alzare le spalle: dopo la nottata appena trascorsa, non aveva una gran voglia di approfondire la questione. Si voltò, quando sentì che qualcosa gli tirava un lembo della maglietta.
«Nii-san...» nella voce di Sasuke c'era una nota di urgenza.
«Che c'è, Sasuke» ringhiò in risposta. Tutta la faccenda stava seriamente iniziando ad irritarlo.
Il bambino pigolò poche parole incomprensibili, senza smettere di fissarsi i piedi.
«Ti alleni per comunicare con i pipistrelli, Sasuke chan?» ghignò Shisui.
Itachi lo rimproverò con un'occhiataccia e si piegò all'altezza del fratellino.
«Che dicevi, otouto?» chiese, mostrando più pazienza di quanta ne avesse in realtà.
Lui alzò gli occhi. Li riabbassò. Si schiarì la voce. Si tormentò un po' la maglietta...
«Sasuke, in giornata, però!»
«Credodisaperedov'èlafededitousan» sciorinò, tutto d'un fiato.
«Sai dov'è? Davvero? » chiese Shisui, entusiasta.
La reazione di Itachi fu molto più misurata. Dopo il primo istante di gioia, si disse che, se la fede fosse stata intatta o recuperabile, Sasuke non si sarebbe di certo posto tutti quei problemi prima di parlare. Chiuse gli occhi per un momento, pregando di sbagliarsi.
«E dove sarebbe...? »
Altri pigolii. Poi, incalzato dalle occhiate del fratello e del cugino, alzò la voce di mezzo decibel.
«L'ho mangiata, nii-san».


«E se lo mettessimo a testa in giù?»
Itachi bocciò la proposta del cugino tirandogli un'orrenda statuina in alabastro, un souvenir da Suna, regalo di una vecchia zia svampita.
Shisui la schivò con destrezza e si piazzò davanti a Sasuke, scrutandolo in viso con aria meditabonda.
«E allora che facciamo, Itachi?» chiese  «Non so se lo sai, ma mancano meno di venti minuti all'inizio della cerimonia!»
Itachi lo ignorò, continuando a misurare la stanza a grandi passi. 
Fugaku e Mikoto si erano avviati, anche se il primo era stato praticamente trascinato dalla moglie. Itachi non aveva mai visto suo padre in quelle condizioni. Sembrava invecchiato di dieci anni nell'arco di  una sola sera.
E anche se Shisui continuava a sostenere che al matrimonio, con quell'espressione contrita, lo zio Fugaku avrebbe fatto un figurone perché tutti avrebbero pensato che si stesse commuovendo, Itachi non era riuscito a lasciarlo in quello stato pietoso; così aveva trovato il tempo di comunicargli che (forse, ma proprio forse, con una bassissima percentuale di certezza) aveva una (vaghissima) idea di dove potesse essere finita la fede e che (forse, ma proprio forse, con una bassissima percentuale di certezza) lui e Shisui gliel'avrebbero riportata in tempo per lo scambio degli anelli.
Ma, sebbene questo avesse restituito un po' di colore al viso sciupato di suo padre, Itachi si era chiesto se non fosse crudele instillare delle probabili false speranze nell'animo già prostrato di Fugaku. Soprattutto perché sapeva che, nel posto dove era finita, c'erano solo due modi per recuperare la fede.
Opzione uno: espulsione del materiale gastrico dal cavo orale.
Opzione due: evacuazione della materia fecale da...beh, preferiva non pensarci.
«Insomma, cugino... Vomito o cacca?»
Shisui lo riportò violentemente alla cruda realtà.
Sasuke stava iniziando ad assumere un'aria seriamente preoccupata, seduto sul tavolo, mentre loro lo osservavano con aria critica, come fosse una cavia da laboratorio.
Itachi sospirò.
«Tu sei assolutamente sicuro di aver ingoiato quell'anello, otouto?»
Sasuke annuì per la decima volta.
«Ho rovesciato i cereali, quelli puzzolenti con l'ape sulla scatola. Quelli che piacciono tanto a te, nii-san...»
Shisui strabuzzò gli occhi, ma la risata gli morì in gola, stroncata da un'occhiata omicida di Itachi.
«Non trovavo i pomodori, ma avevo fame... E così ne ho mangiati un po'. Solo che sono a forma di anello e pure le fedi sono a forma di anello... E allora io... » il resto si perse in un borbottio incomprensibile.
Shisui zittì il guginetto, schiarendosi la voce.
«La faccenda è chiara, Itachi. Bisogna prendere una decisione. Se vuoi sapere il mio parere... » aggiunse, ignorando un'eloquente occhiata che esprimeva tutto il disinteresse che Itachi provava nei nei confronti del suo parere. «Secondo me, l'opzione uno-barretta-missione-vomito, è decisamente la più praticabile. »
Sasuke rabbrividì, rivolgendo al cugino lo stesso sguardo terrorizzato di una vittima al suo carnefice.
«Non devi preoccuparti, Sasuke chan, faremo in fretta!» ghignò il carnefice, scrocchiandosi le dita. «Un bel pugno nello stomaco e vedi come torna tutto su!»
Itachi assestò a lui un violento diretto alla bocca dello stomaco.
«Tu provaci, Shisui, e io ti defenestro» scandì, minaccioso. Il cugino rantolò qualcosa, tossendo. «Allora... » proseguì Itachi, degnandolo della stessa attenzione che avrebbe riservato ad uno qualsiasi dei mobili. «E se provassimo con una purga?»
Sasuke cercò, balbettando, di avere una delucidazione sul significato di quell'inquietante parola, ma Itachi ignorò anche lui.
«Oh, si! Potremmo provare a rimpinzarlo di prugne secche!» propose Shisui in tono brillante. Neanche il pugno era riuscito a cancellargli il solito sorriso ebete dalla faccia.
Itachi alzò gli occhi al cielo. 
Il cugino deficiente, il padre psicolabile... Tutte a lui capitavano. Se continuava così un giorno sarebbe uscito di testa e li avrebbe uccisi tutti...
«Ci serve qualcosa di rapido» affermò, riscuotendosi a malincuore dalla dolce fantasia omicida.
L'orologio a muro indicava crudelmente che mancavano pochi minuti all'inizio della cerimonia. Immaginò Fugaku che tentava di affogarsi nel fiume per il disonore. Scosse la testa, scacciando quell'immagine: eanche suo padre poteva essere tanto stupidamente attaccato all'onore del clan da suicidarsi per una così futile mancanza. O si?
«Allora mi sa che dobbiamo ficcargli due dita in gola» sentenziò Shisui, scompigliando con aria sadica i capelli del suo terrorizzato cuginetto, che deglutì, pallido.
«Ma... Ma perché, Shisui san?» chiese, tremante.
«Perché, nanerottolo, dobbiamo recuperare quel dannato anello che hai ingoiato e quindi, a meno che tu non abbia una voglia matta di fare la popò, dovremo tirarlo fuori alla vecchia maniera...»
«Ma io l'ho già fatta la cacca».
Shisui e Itachi si guardarono, costernati.
«Cioè... » iniziò Itachi «Tu avresti... Avresti già...»
Sasuke annuì, solennemente.
«Presto! Il bagno!»
Si precipitarono nella stanza, ben consapevoli che correre non serviva a nulla. Ormai di sicuro Sasuke aveva già...
«Scaricato, ovviamente!» si lamentò Itachi, guardando sconsolato il suo riflesso, nell'acqua pulita nel water. «Possibile che per una volta che potevi, anzi, dovevi dimenticare di tirare lo sciacquone, tu abbia scaricato?» disse, inveendo contro Sasuke, che li aveva seguiti in silenzio.
«Scusami, nii-san. Non lo farò più, promesso».
«Cos...? No, certo che lo devi...! Insomma, non puoi mica lasciare la tua, beh, nel... Oh, insomma. Lasciamo perdere» concluse, sospirando davanti all'espressione confusa di Sasuke.
Inutile arrabbiarsi: ormai non c'era più nulla da fare. Forse Fugaku avrebbe fatto seppuku davanti all'altare, macchiando di sangue il kimono della sposa e poi il suo fantasma sarebbe tornato per perseguitarlo... “spergiuro di un figlio...mi hai tradiiitoo! 
«Toc toc! Sei morto in piedi, cugino? »
«Scusate, mi ero un attimo perso... Hai detto qualcosa?»
«Dicevo di smontare il gabinetto».
Itachi ci mise quasi due secondi per carpire il significato di quelle parole.
«Smontare il... Ma dimmi, Shisui, a colazione ti sei fatto un paio di damigiane di sake?»-
Shisui si nascose dietro a Sasuke, altrettanto terrorizzato dallo scatto del fratello.
Itachi fece l'ennesimo profondo sospiro della giornata. Se continuava cosi, li avrebbe ammazzati tutti. Tutti, dal primo all'ultimo.
«Ascolta, cugino... » iniziò Shisui, cauto. «C'è una remota possibilità che l'anello sia ancora nelle tubature. Sai, tempo fa mia nonna aveva perso un'orecchino nel lavandino e alla fine l'abbiamo recuperato».
Itachi lo scrutò a lungo negli occhi.
«E come avete fatto...?»
«Eheheh, lo vedrai...»
Più tardi, Itachi si disse che avrebbe fatto meglio a non chiederlo.




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Capitolo 4
*** Esplosioni e viscidume ***




4.Esplosioni e viscidume



Itachi si stupiva sempre di come Shisui riuscisse a spacciare per geniali idee che, illustrate da qualcun altro, sarebbero apparse subito per ciò che erano: sciocche, deliranti e insensate.
Quindi, non poté fare a meno di insultarsi mentalmente per aver avuto la poco lungimirante presunzione di avere ancora la situazione sotto controllo.
Come poteva essere stato così ingenuo? Allontanarsi per controllare l'orologio! Lasciando suo cugino da solo con un'idea!
Puro suicidio.
Realizzata la pericolosità della situazione, ci mise poco a raggiungere di fretta il bagno e, preparato al peggio, non si scompose neanche più di tanto davanti allo spettacolo che gli si presentò.
Al momento, il suddetto cugino stava infatti applicando con zelo una decina di carte bomba sulla tazza del gabinetto, sotto lo sguardo estasiato di Sasuke.
«Cosa. Diavolo. Stai. Facendo» articolò Itachi, furibondo, reprimendo una vocina nella testa che continuava ad incitarlo alla violenza.
Shisui esibì, contro ogni prudenza, un cipiglio infastidito.
«Se non l'avessi ancora capito, cugino, sto cercando di aiutarti».
Sasuke rabbrividì all'espressione di Itachi.
«Shisui, io ti ammaz... »
A quel punto si era dovuto interrompere, benché avesse già chiara in mente una lunga trafila di minacce da rivolgere al cugino.
Perché Sasuke, per evitare di essere coinvolto in un eventuale (certo) tentativo di omicidio, era arretrato fino a toccare inavveritamente una delle bombe, provocando un'esplosione a catena.
Poi erano caduti.



«State bene?» aveva tossito Itachi, grondante di melma e con le orecchie che non ne volevano sapere di smettere di fischiare. Gran bel colpo: la residenza principale del glorioso clan Uchiha sorgeva su di un meraviglioso condotto fognario.
“Fantastico. Complimenti all'architetto", constatò Itachi, osservando con aria critica la voragine sull'attuale soffitto, da cui filtrava la luce proveniente dal bagno di casa sua.
Ex bagno, si corresse. Ora era più che altro una latrina.
Cercò di alzarsi, tastandosi il fondoschiena indolenzito, che si era incontrato direttamente col fondo melmoso, e rabbrividì quando qualcosa di viscido gli sfiorò la mano. Si ritrasse, schifato, solo per scoprire che la protuberanza viscida in questione era semplicemente un piede di Shisui.
«Alzati, imbecille» grugnì, risentito.
«Si, grazie Itachi. Anche io sto benissimo» rispose quello, sarcastico. Stava per aggiungere qualcosaltro, ma poi si bloccò.
«Oh oh. Questa volta mi sa che ce lo siamo giocato. »
Itachi gli rivolse uno sguardo stralunato che divenne di puro orrore quando vide su cosa il cugino era seduto.
O meglio, su chi.
Si fiondò ad afferrare il corpo immobile di Sasuke, mentre Shisui borbottava qualcosa su come, in effetti, il suo atterraggio fosse stato piuttosto “morbido”.
Combattuto tra l'ansia per la salute del fratellino e l'impellente bisogno di strangolare Shisui, Itachi scrollò il bambino forse con un tantino di irruenza in eccesso, facendogli dare una sonora capocciata alla zucca del cugino che, tra l'altro, aveva fama di essere piuttosto dura.
In compenso, la cosa parve funzionare, perché Sasuke emise un flebile gemito e aprì gli occhi.
«Nii-san... Siamo morti?» chiese, svagato.
L'espressione vacua dei suoi occhi provocò una fitta dolorosa allo stomaco di Itachi.
«Quante sono queste, Sasuke chan?» si intromise Shisui, sventolando quattro dita davanti al naso del cuginetto, che sbatté le palpebre più volte, prima di ricordargli che non sapeva ancora contare bene.
Itachi spedì all'aria il cugino con una manata e prese in braccio il bambino.
«Bene» iniziò, ringhiando. «Bene... Direi che è proprio il caso di finirla, prima che qualcuno ci rimetta davvero la pelle. Ora usciamo di qui e...»
«Nii-san!» 
Itachi rischiò seriamente di inciampare su Shisui, che stava ancora tentando di alzarsi senza scivolare nel fiumiciattolo di acqua sudicia che gli scorreva  sopra le caviglie.
«La fede! La fede di Tou-san!» gridò nuovamente Sasuke, divincolandosi dalla stretta del fratello e indicando alle sue spalle.
Nei due decimi di secondo che Itachi impiegò per registrare l'informazione e voltarsi, l'anello sparì inghiottito dalla corrente.
«Visto? Doveva essersi incastrata nelle tubature, Con l'esplosione deve essersi liberata» commentò Shisui, atteggiandosi a grande conoscitore, con un sorriso soddisfatto stampato sulla faccia.
«Certo che si è liberata, razza di dinamitardo psicopatico! Le tubature non ci sono più!» ululò Itachi, di rimando.
« Dettagli. L'importante è il risultato, cugino».
«Dobbiamo prenderla!» concluse per loro Sasuke, per poi saltare subito giù, deciso, e cominciare a correre nella direzione in cui l'oggetto era sparito.
Shisui non fece in tempo a commentare l'accaduto, che l'altro si era già lanciato all'inseguimento del fratellino.
E, in seguito, Shisui fu sempre pronto a giurare di aver sentito suo cugino maledire tutti gli avi dello zio Kotaro, i matrimoni, gli orafi ed il metallo in generale.
Anche se, come Itachi ci fosse riuscito, nella mezza frazione di secondo che aveva impiegato per  spiccare la corsa e sparire nel vicolo, lo stesso Shisui non era stato capace di spiegarselo.






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Capitolo 5
*** Ottimismo e rumori sinistri ***





5.Ottimismo e rumori sinistri




La rete fognaria era un labirinto piuttosto intricato: a
parte la galleria centrale – che, per lo scherzo di qualche architetto dalla mente malata, si trovava proprio sotto la residenza principale degli Uchiha – nel sottosuolo di Konoha c'era una bella collezione di cunicoli e gallerie.
Tutti puzzolenti. Tutti bui. Tutti uguali.
«Sasuke!» Itachi represse a stento un'imprecazione quando, per l'ennesima volta, l'unico suono che gli arrivò in risposta fu la sua stessa eco.
Sbuffò, nervoso, e riprese ad esplorare la galleria.



«Itachi!»
«Sasuke!»
«No, Shisui».
«Ah, sei solo tu» borbottò Itachi, deluso.
L'altro non si scompose a quell'accoglienza così fredda e raggiunse in fretta il cugino, lamentandosi ad alta voce di come le fogne puzzassero di fogne. Itachi preferì astenersi dal formulare alcun commento riguardo questa brillante considerazione e proseguì, imboccando un cunicolo laterale: vuoto, di nuovo.
Respirò a fondo. Non solo aveva mancato al giuramento e, a cerimonia iniziata, non aveva ancora recuperato l'anello ma, come se non bastasse, aveva persino perso Sasuke. Immaginò di ripresentarsi di fronte a suo padre:
“Ciao, Tou-san, ho una notizia brutta e una pessima. Quella brutta è che non ho ritrovato la fede; quella pessima è che il tuo secondogenito si è perso nelle fogne ed è stato inghiottito da un coccodrillo.”
«Un coccodrillo? Andiamo, vecchio mio, capisco l'ansia ma cerca almeno di restare coi piedi per terra»-
«L'ho detto ad alta voce...?»  biascicò, incredulo.

Shisui annuì, trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere e Itachi chiuse gli occhi un momento.
Ecco, era successo: l'avevano fatto uscire di senno; strano che fosse riuscito a resistere fino a quel momento. Ma, prima che avesse il tempo materiale per intonare un requiem in memoria del suo defunto cervello, un grido attutito lo fece voltare di scatto.
«Nii-san!»
«Sasuke! Stai bene?» urlò, mentre il fratellino gli correva incontro, agitando il pugno in aria.
«Ce l'ho, nii-san! Ho la fede!» esultò, rischiando di inciampare per l'entusiasmo.
Itachi spalancò gli occhi. Questo andava oltre tutte le  più rosee previsioni che, se fosse stato una persona ottimista, avrebbe potuto formulare. Ma Itachi non era mai stato ottimista. Analizzò la situazione: aveva l'anello, aveva il fratello, Shisui era dietro di lui. Tutto apposto. Perfetto. Strano.
«Senti, Nii-san...»
«Dimmi, otouto».
Dal fondo della galleria giunsero rumori sinistri, mentre un presagio di sventura si insinuava velenoso nella mente di Itachi.
«Hai fatto qualcosa che non dovevi, otouto...?» aveva quasi paura di sentire la risposta.
«Vedi nii-san... Ho dovuto litigare con dei topoloni molto grossi, prima...» Sasuke deglutì allo sguardo perforante del fratello. 
«Erano tanti, ma proprio tanti tanti... E non volevano ridarmi la fede di Tou-san. Proprio no» spiegò un po' tremante, porgendo l'anello ad Itachi.
«Ok» sospirò lui, riponendo l'oggetto in tasca, al sicuro. «Non importa. Ormai non ci resta che uscire fuori di qui e...»
«Itachi...»
« Non ora, Shisui. Dicevo... Usciamo e andiamo di filato da Tou-san così...»
«Itachi, credo che dovresti ascolt...»
«Cosa Shisui, cosa? Possibile che tu non possa fare a meno di sproloquiare per qualsiasi inezia? Non ci riesci proprio a stare zitt... Che cos'è  questo rumore».
«Appunto».
Shisui fece in tempo a grugnire solo questa parola prima che Itachi gli tappasse la bocca con la mano e iniziasse a tendere l'orecchio per riuscire ad identificare la fonte di quello strano suono, acuto e sinistro, che aumentava di intensità.

«Dicevo, nii-san... Loro proprio non volevano ridarmela e ora sono molto, molto arrabbiati».
Il tempo di afferrare il significato di quelle parole borbottate a mo' di scusa e un'orda di topi infuriati fece il suo ingresso dallo stesso vicolo laterale da cui era emerso Sasuke: un esercito di pantegane inferocite e, a giudicare da come muovevano convulsamente le zampette nella melma umidiccia, anche idrofobe.  
Sasuke liquidò la terrificante apparizione con un «Vedi, nii-san? Sono proprio arrabbiati».
Invece, Itachi e Shisui, a detta di quest'ultimo, presero ad urlare come bimbe in fasce.
Itachi, in coscienza, non poté mai contraddirlo del tutto su questo punto perché, a dire il  vero, non riuscì mai a ricostruire con esattezza la corretta sequenza degli avvenimenti.
Era sicuro di aver afferrato Sasuke per la collottola, ed era altrettanto certo di aver cacciato qualcosa di molto simile ad un grido (ma di sicuro non aveva pianto supplicando i Kami, come invece , da quel giorno in avanti, Shisui si ostinò a raccontare a chiunque gli prestasse attenzione, compresi il fruttivendolo e l'idrauilico). 
Il resto, però, era piuttosto confuso.
Fatto sta che dopo cinque minuti - o forse un'ora - lui e Shisui, circondati dallo sciame di ratti rabbiosi, senza alcuna speranza di uscirne illesi (o almeno con due dei quattro arti ancora attaccati al corpo) si erano ritrovati avvinghiati come macachi a dei pioli arruginiti, nel tentativo di forzare dal basso un tombino dal peso non indifferente.
Quando si dice la forza della disperazione.
Fu solo quando, dopo aver spostato il tombino con l'aiuto di Shisui e aver fatto salire Sasuke in superficie, riuscì finalmente ad assumere una posizione quasi eretta che Itachi si rese conto del posto dove erano capitati.
Tra tutti.
Tra tutti gli stramaledettissimi tombini di Konoha, proprio da quello dovevano uscire.

Il silenzio attonito che li accolse si protrasse almeno per trenta secondi fino a che Shisui, dopo essersi guardato attorno, non borbottò con una mezza risata.
«Ah, Itachi, ma tu lo sapevi che era una cerimonia all'aperto?»








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Capitolo 6
*** Punizioni e torte nuziali ***


04/04/2013: sedicimila anni per revisionare tre capitoli di un cortezza aberrante *si applica una stellina adesiva*.




6.Punizioni e torte nuziali




Ogni coppia desidera che il giorno del proprio matrimonio sia indimenticabile.
Peccato che la parola “indimenticabile” possa assumere un bel numero di sfumature, a seconda delle occasioni.
Quello delle nozze di Kotaro Uchiha fu indubbiamente un giorno che rimase impresso nella memoria di tutti gli invitati: gli Uchiha continuarono a rivangare l'evento per tutti gli anni a venire, in occasione di ogni singola celebrazione, religiosa e non, che coinvolgesse Fugaku (come questi si premurava di ricordare a suon di insulti a figli e nipote dopo ogni festa).
Eppure, Fugaku Uchiha, pur senza essere mai stato una persona paziente, tendeva , di norma, a moderare le sue  reazioni in pubblico. 
Era quindi un gran peccato che:
Uno, non avesse dormito.
Due, si trovasse da quasi due giorni in uno stato di profonda prostrazione nervosa.
Tre, si fosse visto consegnare un'anello lurido e puzzolente dalle mani luride e puzzolenti dell'entusiasta figlio minore appena emerso dalle fogne.
Infine, il dettaglio che quest'ultimo fosse in compagnia del suo primogenito e di suo nipote, entrambi dall'aspetto (e dall'odore) spaventosamente simile a quello di un sacco della spazzatura aperto, non aveva giovato al suo autocontrollo. 
Ma, da qui a convertire in armi da lancio un intero servizio di piatti in porcellana sottratto ai regali di nozze, si scadeva nel drammatico.
Shisui, dopo essere stato colpito dai primi due, era riuscito a rifugiarsi tra le file di sedie per usare gli altri invitati come scudo, Itachi, impegnato a cercare di salvare la vita di suo fratello, oltre che la sua,  fu colpito in pieno da tre ciotole, sei piatti fondi e due vassoi. Per essere onesti, però, bisogna ammettere che, se Sasuke avesse evitato di stargli tra i piedi continuando a chiedere “perché Tou-san non sembra molto contento?”, probabilmente Itachi avrebbe evitato la maggior parte delle stoviglie e ne sarebbe uscito quasi illeso.
Il resto poi, era stato un incidente, un fenomeno di pura tempistica. Sfortuna, insomma.
Mentre il padre della sposa, Mikoto ed un'altra ventina di invitati bloccavano Fugaku per impedirgli di scagliarsi su figli e nipote impugnando la gamba di una sedia, Itachi ne approfittò per arraffare il fratellino e lanciarsi nella direzione opposta, allo scopo di mettere almeno duecento metri di distanza tra sé e la furia cieca di suo padre.
Non era mai stato una persona distratta e probabilmente quello era il momento peggiore per iniziare la sua carriera in  quel senso, eppure, chissà perché, non vide quell'enorme frammento di porcellana a  pochi centimetri dal suo piede. O meglio, dalle suole dei suoi sandali viscidi di melma.
Gli  sembrava impossibile di aver potuto fare una cosa tanto stupida; forse fu per questo che visse quasi con distacco il suo rovinoso scivolone sul coccio ed il conseguente volo d'angelo di Sasuke, che schizzò via dalle sue braccia e, dopo aver sorvolato con grazia l'intero tavolo del buffet, andò a schiantarsi con una fragorosa esplosione di crema e panna montata direttamente nella torta nuziale. 
«Wow, che mira. Tu non ti smentisci mai, eh cugino?»
Dopo questo commento di Shisui, pronunciato nel silenzio più assoluto in tono trionfante, l'unica cosa che ad Itachi parve opportuno fare fu scagliarsi su di lui col palese desiderio di ucciderlo.


Nonostante tutto, nell'economia dell'intera vicenda, la cerimonia si era conclusa piuttosto felicemente. 
Gli sposi, troppo appagati dall'amore per essere scalfiti da inezie come l'episodio di violenza gratuita svoltosi durante le loro nozze, avevano liquidato le prolisse scuse di Fugaku (accompagnate da minacce di morte verso figli e nipote e giuramenti di ammenda tramite seppuku) con un gioioso “si sa, i ragazzi sono sempre ragazzi".
Frase assolutamente innocente per menti poco allenate alle contorte elucubrazioni di Fugaku; ma Itachi sapeva bene che, quelle innocue sette parole, erano risuonate alle orecchie di suo padre come il peggiore degli insulti: sapevano di commiserazione e indulgenza, e lui non era disposto a tollerare nessuna delle due.
Chiaramente lo scotto di queste sue fissazioni personali era ricaduto su Itachi e Shisui, che si erano dovuti scusare con ogni singolo parente recitando la nenia “sono terribilmente spiacente di essere un disonore per il mio clan e spero che prima o poi possiate perdonarmi per essermi comportato come un babbuino mentecatto”, composta da Fugaku per l'occasione.
Poi avevano passato le successive quarantotto ore a riordinare, pulire, rimontare e lustrare ogni singolo centimetro cubo del cortile dove si era tenuto il matrimonio. 
Come se non bastasse, Fugaku aveva inoltre deciso che le spese per i danni, comprese quelle per la ristrutturazione del bagno della residenza principale, sarebbero stati detratti fino all'ultimo centesimo di ryo dai compensi delle missioni svolte da Itachi e Shisui fino al completo risarcimento. Il che, secondo i calcoli di Itachi, significava che avrebbero dovuto lavorare gratuitamente almeno fino alla maggiore età.
E si trattava di una previsione ottimistica.

Era di questo che Shisui si stava lamentando mentre, in compagnia del cugino, si dedicava al noioso compito di imbiancare le pareti e il soffitto del bagno.
«Voglio dire...» brontolò, gesticolando col pennello e schizzando vernice sul naso di Itachi, che però rimase impassibile. « Almeno del servizio di piatti dovrebbe occuparsene Fugaku san. Dopotutto è stato lui a convertirlo in arsenale da guerra».
Itachi fece finta di non sentire, continuando a colpire con violente pennellate il suo quarto di muro, come fosse una missione di vitale importanza.
Erano già sei volte che reprimeva il crescente desiderio di violenza, ripetendosi che uccidere Shisui non era la soluzione ai suoi problemi.
Cercò di mantenere la calma, anche se era un compito davvero difficile, considerato che il cugino, a quanto pareva, riteneva sprecato ogni istante in cui non faceva funzionare le corde vocali.
«E poi che bisogno c'era di arrabbiarsi tanto? Dopotutto abbiamo fatto esattamente quello che ci aveva chiesto».
«Shisui, di preciso, quand'è che mio padre ci avrebbe chiesto di creare un baratro del diametro di tre metri nel suo bagno?» il tono era calmo, ma il modo di agitare il pennello tradiva il profondo desiderio che Itachi aveva di ficcare il suddetto oggetto su per il naso del cugino.
Come di consueto, Shisui ignorò il segnale di pericolo e continuò, imperterrito.
«Dettagli. E poi è il solito esagerato! Certo, non è bello presentarsi coperti di sudiciume ad un matrimonio, ma non c'era bisogno di reagire così. La verità è che lo zio Fugaku è un po' fissato. Un po' tanto!»
«Su questo non ci piove...» borbottò Itachi, intingendo nuovamente il pennello. Shisui rise.
«E poi, se vuoi sapere la mia opinione, alla fine è stato divertente, no?» ridacchiò di nuovo. «I ratti poi... Dovevi vedere la tua faccia!»
Silenzio.
«Mi sono proprio scompisciato! Molto meglio delle solite missioni... Non sei d'accordo, Itachi? I-Itachi...? Tutto bene?»
«Inizia a correre».
A Shisui si gelò il sorriso sulla faccia.
«Corri» scandì Itachi, con voce sepolcrale. «Corri, Shisui, perché se stavolta ti prendo io ti ammazzo. Non sto scherzando, ti ammazzo sul serio».
«Andiamo, Itachi, non dirai sul se... Itachi, posa quel kunai, parliamone... Itachi...!»
Sì: forse uccidere suo cugino non era la soluzione ai problemi di Itachi Uchiha. Ma una cosa era certa: di sicuro lo avrebbe fatto sentire meglio.
                                          


 FINE


Grazie a chiunque sia giunto fin qui ^^

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