A Song Of Eternal Creatures di San e Rachel (/viewuser.php?uid=1189)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
A
Song Of Eternal
Creatures
Cos'é una leggenda?
Una
storia insolita tramandata di generazione in generazione, un racconto
basato su
esperienze di vita vissuta che, passando di bocca in bocca, assume
sfaccettature
sempre più inverosimili, perdendo di credibilità
e divenendo così semplici
storie per dilettare o spaventare i bambini.
Tuttavia
ogni leggenda ha un suo perché, un inizio dal quale ha preso
vita. Vi sono poi
leggende più o meno famose, più o meno
apprezzate, e molto spesso ruotano
attorno a creature mistiche ed affascinanti di cui però non
v'è alcuna reale
prova della loro esistenza.
Un
esempio? I vampiri.
Come
dite, é sicuramente tutto inventato? Rimarreste sorpresi nel
sapere quanto di
vero c'é dietro tutto.
Mettetevi
comodi, sarà un racconto incredibile.
In
principio fu
l'esilio.
Era
il 116 d.C. e
l'Impero Romano aveva
ormai
raggiunto la sua massima estensione, tuttavia non sempre era
invincibile e fu
proprio una legione decimata, di ritorno da una battaglia di confine,
che
s’imbatté in un villaggio disperso tra le
montagne, un luogo pacifico
dimenticato da Dio in cui tutto era incontaminato e dove la Pax Romana
non era
ancora giunta. Affamati, distrutti, trovarono ospitalità in
questo piccolo
popolo che viveva di caccia e pesca, in casolari di bambù,
dove
"denaro" e "mercato" erano parole ancora sconosciute. Fu in
questa breve permanenza che impararono a conoscere questa gente
estremamente
particolare per molteplici punti: erano straordinariamente belli,
poterono
giurare molto più belli dei più belli mai visti;
erano forniti di un fascino
particolare e di una longevità oltremodo disumana, il loro
cittadino più
anziano aveva la bellezza di centoquarantacinque anni, età
molto improbabile da
raggiungere al tempo; infine, e forse punto più incredibile
ed importante,
erano dotati di particolari poteri che li differenziavano e li
rendevano
terribilmente potenti. Alleati o nemici, questo non si poteva dire,
tuttavia al
rientro a Roma e dopo aver esposto queste scoperte all'Imperatore
Traiano, fu
decretato il loro esilio in un'isola disabitata e pericolosa neanche
segnata
sulle carte, senza che potessero avere modo di tornare nel continente.
Traiano
si ammalò
inesorabilmente lo stesso anno e nel 117 d.C. lasciò questa
terra. Per molto
tempo i pochi che erano a conoscenza dell'esilio sostennero
strenuamente la
teoria che Traiano fosse stato maledetto da quella stessa gente che lui
aveva
bandito.
***
«Tu
non capisci!» tuonò voltandosi in direzione
dell’anziano, le mani strette
a pugno, segno della forte rabbia «Morirete se non vi
adatterete come
noi!»
Il
vecchio Hisashi lo
guardò, all'apparenza rilassato, mentre volgeva lo sguardo
al cielo. «Cercheremo altre soluzioni, non credo nella
drasticità. Il nostro popolo
ha sempre vissuto di tradizione, la dea bendata non ci ha mai
abbandonato e non
lo farà nemmeno ora.».
L'uomo biondo tremava d'irritazione verso il vecchio
ostinato che continuava a rifiutarsi di accettare il suo aiuto.
Cercò di
calmarsi, si passò le mani tra i sottili fili dorati, prima
di rialzare gli
occhi neri su di lui e cercare un tono più calmo con cui
rivolgersi al fu capo
villaggio, quando ancora erano sul continente.
«Morirete.» ribadì
asciutto, sedendosi poi su uno degli innumerevoli scogli che
componevano il
terreno sotto i loro piedi. Sembrava che la conversazione sarebbe
andata per le
lunghe, tanto valeva imitare l'anziano Hisashi e rilassare un attimo
gli arti
stanchi. «Ascoltami, te ne prego: posso salvarvi!»
puntò lo sguardo pieno
di speranza su chi era seduto di fronte a lui e poi lo alzò
sul centinaio di
persone che formava la folla alle spalle dell'anziano prima di voltarsi
verso
gli altri dietro di sé, erano circa la metà.
Centosessantasette sopravvissuti
esiliati e lui aveva potuto salvare solo un terzo di questi, mentre
tutti gli
altri si erano ostinati a seguire Hisashi e le sue folli idee di una
soluzione
che, sosteneva, presto sarebbe arrivata, senza dubbio sarebbe arrivata.
Ma chi
voleva prendere in giro? C'erano già stati sedici decessi
nelle sue file, i più
anziani morti per disidratazione. Non c'era acqua su quell'isola, un
mare in
realtà a circondarli, ma nessun modo per rendere quel
nettare, così prezioso,
privo di sale. Il biondo, però, sapeva cosa stava facendo,
lui aveva in mano le
redini della situazione, avrebbe potuto salvare tutti, se solo non si
fossero
intestarditi nel contrastare le sue idee. «Facendoci
diventare delle
bestie? Costringendoci a bere il nostro stesso sangue?
Sciocchezze!» la
calma apparente sfumata, mentre mormorii di disappunto si levavano
dietro di
loro. «E poi… l’immortalità!
Quale eresia! Nessuno di noi vuole vivere per
sempre, quando la nostra ora verrà, noi tutti saremo ben
lieti di trapassare e
goderci la pace di questa, ma non in una vita terrena. Tu e i tuoi
compari
siete dannati e lo sarete fino alla fine di questo mondo!» Il
biondo
scattò in piedi, inferocito, pronto a gettarsi verso
l'anziano, per aggredire
lui e la sua maledetta ostinazione, li avrebbe uccisi tutti. Fu fermato
da due
sostenitori della sua fazione, nonché suoi amici da tempo
immemore, che lo
afferrarono per le braccia giusto in tempo, prima che i suoi artigli
potessero
affondare nelle carni di Hisashi.
«HA CERCATO DI
ATTENTARE ALLA VITA DEL CAPOVILLAGGIO!» urlò
qualcuno dalla folla,
aizzando tutti allo scontro con gli altri, che però non vi
fu. Hisashi levò una
mano, quindi si alzò in piedi e placò gli animi
di tutti con poche semplici
parole. «Abbiamo preso la nostra decisione, voi la vostra.
Avete solo
l'immortalità più di noi ed inoltre siete
dannati... ma non siete più potenti!
Cacciate gli animali, nutritevi con il loro sangue, ma se soltanto uno
di voi
osasse toccare uno di noi... sarebbe guerra aperta. Questa é
una promessa! E
ora andatevene, questa é la nostra parte d’isola.
Le nostre strade si dividono
qui... Addio.» furono le ultime parole, dopodiché
calò il silenzio. Il
biondo capo dell'opposizione scosse la testa incredulo, mentre il suo
gruppo
iniziava a voltare le spalle ed allontanarsi. Gli occhi neri si
soffermarono su
tanti di quelli che un tempo erano stati suoi amici. Possibile che
dovesse
finire così? Vivere sulla stessa isola ed ignorarsi per
l'eternità? Non aveva
senso. Meglio comunque della guerra. Strinse la mano di Hisashi,
promettendo
che avrebbero rispettato il patto.
Ma così non fu e il
resto... beh, il resto é solo storia.
... continua...
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Capitolo 1
"Possiamo
credere che tutto
quello che viviamo sia frutto solamente di una monotona vita come tutte
le altre, specialmente in un paesino di provincia come il nostro, ma
non si può nemmeno immaginare quali segreti possa nascondere
una
persona tanto vicina a noi."
A
Song Of Eternal Creatures
Capitolo 1
Era
un vento funesto quello che soffiava sulla città, un
vento che portava con sé solo essenza di morte e
scompigliava i capelli rossi della ragazza seduta sulla balaustra,
facendola rabbrividire non solo per il soffio gelido sulla sua pelle,
ma anche per ciò che quel soffio le sussurrava alle
orecchie: un qualcosa che non capiva, ma intriso di sangue, ne era
certa. Tirò una grossa boccata dalla sigaretta che teneva
tra le labbra, rosse di quel rossetto che tanto le piaceva, di una
tonalità così simile ai suoi capelli e che si
sposava benissimo con la carnagione pallida, bianca come forse solo un
morto potrebbe essere. Osservò, con il limpido sguardo
verdino, la figura seduta sull'altalena di fronte a lei e
sospirò: «È strano questo vento freddo
in questa stagione, vero?» chiese alla figurina minuta che
continuava a dondolarsi fiaccamente su quel seggiolino. Quest'ultima,
identica all'altra, se solo non fosse stato per i capelli rosa, gli
occhi azzurri e la corporatura esile, quasi infantile, rispose con una
scrollata di spalle ed un mezzo sorriso. «È tanto
che c'è qualcosa di strano nell'aria, nee-chan.»
rispose fermando l'altalena, puntellando i talloni sul selciato sotto
di lei.
«Già,
la stessa sensazione di quella volta.» aspirò
un’ultima ampia boccata e gettò il mozzicone,
raggiungendo la sorella. «Qualcosa sta cambiando, di
nuovo.». Si lasciò cadere sull’altalena
di fianco alla sua, imitandole il precedente gesto altalenante e
fermandosi poi bruscamente ad osservare l’espressione della
rosetta. Questa, dopo un attimo di smarrimento, alzò lo
sguardo su di lei, annuendo afflitta, gli occhietti cristallini che
brillavano. La rossa le sorrise dolcemente, allungando una mano in sua
direzione, ad accarezzare la testolina rosa.
«Andrà bene, io sarò con te e so che
anche tu sarai al mio fianco. Sempre.». Le labbra di Hagumi
si curvarono appena, in un sorriso dolce.
«Sì.» rispose semplicemente, mentre
anche sua sorella gemella ora sorrideva. Saltò in piedi, un
sorriso ora a trentadue denti che le illuminava il viso, mentre porgeva
una mano alla rosetta. «Suvvia, pensiamo a goderci i bei
momenti finché ci sarà concesso. Che fai, vieni
con noi?» domandò, indicando una Mustang nera alle
sue spalle che frenava la sua corsa, intanto che un ragazzo si sporgeva
dal finestrino, strombazzando ripetutamente il clacson e sbracciandosi
in direzione delle due, subito imitato da una ragazza rossiccia.
«Mhh…
» mugugnò la confettina, scuotendo leggermente la
testa e declinando gentilmente l’offerta. «Len e
gli altri mi attendono.».
«Non
studiare troppo o il cervello non ti entrerà più
nella testa!». Himiko le stampò un sonoro bacio
sulla guancia, facendole l’occhiolino e avviandosi verso il
gruppo di amici, che una volta caricata l’ultima arrivata, si
affrettò a sgommare via.
***
Osservò
il bel viso a pochi centimetri dal proprio, liberandosi facilmente
dalla sua stretta, allentata dallo stato di profondo sonno in cui si
trovava. Raccolse i vari capi gettati a casaccio per la stanza,
indossandoli man mano che li trovava, e varcò la soglia
uscendo dall’appartamento, senza voltarsi neanche una volta
ad osservare il ragazzo assopito. Scese in strada, aprendo una lattina
di birra avanzata dalla nottata e bevendone un’ampia sorsata,
avidamente. Infilò il casco ed inforcò la sella
della sua moto, seppur ancora leggermente brilla, aprì il
gas, sgommando via alla velocità della luce. Si
lasciò cullare dall’aria fresca del mattino, che
le accarezzava la pelle, destandola completamente. Fu soddisfatta nel
notare che arrivò al promontorio proprio in vista
dell’alba; posteggiò il veicolo e scese,
appoggiandosi alla palizzata, levando la lattina dalla tasca del
giubbotto e assaporando nuovamente il gusto amarognolo della bevanda.
Si arrampicò sulla staccionata e vi si sedette sopra,
fermandosi ad osservare il gioco di colori aranciati del sole sorgente
e il risveglio della città, rispondendo ora velocemente ad
un sms.
«Perché
te ne sei andata?!» una voce profonda, in quel momento
piuttosto agitata, preceduta da uno stridio di freni.
Non
si premurò nemmeno di voltarsi a guardarlo, sapeva benissimo
chi era. Era ovvio. «E perché sarei dovuta
restare?».
Lui
la guardò incredulo, mentre la rossa voltava appena il capo
in sua direzione, osservandolo nell’avanzata.
«Pensavo… pensavo che avessi capito cosa provo per
te… ». Himiko annuì appena, piegando la
testa di lato, l’espressione per nulla sorpresa.
«Sì,
lo so, mi dispiace.». «Ti dispiace?»
domandò il moro incredulo «Ti ho dato tutto me
stesso questa notte!»«Accidenti, mi sento
onorata… » ironizzò la rossa,
chiedendosi cosa si fosse messo in testa. Lui ci provava con lei da un
paio di settimane, anche se aveva già sentito
precedentemente tramite voci di corridoio della sua cotta per lei e, la
sera prima, si era fatta rimorchiare ubriaca marcia ad un festino,
l’aveva seguito a casa sua e l’avevano fatto. Quale
dimostrazione di profondo affetto. Il ragazzo le si avvicinò
ulteriormente, scavalcando la staccionata, approfittando dei pochi
metri di terreno prima del precipizio, piazzandosi proprio di fronte a
lei, cingendole la vita sottile.
«Dammi
una possibilità, Himiko, ti prego. Lasciati andare per una
volta, non scappare sempre dalle relazioni. Io… io potrei
renderti felice!» Lei chiuse un momento gli occhi,
sospirando, riaprendoli poi per osservare fieramente il moro, ferma
sulla sua decisione.
«Non
posso, Seiya.». «Perché?!»
scattò lui, appoggiando ora le mani sulle sue spalle,
scuotendola appena. «Dammi una ragione!».
«Chiamalo
sesto senso.» ed era vero, non era spiegabile razionalmente
il perché lui non andasse bene, ma sentiva ciò.
E, ne era certa, nel momento in cui avrebbe trovato quello giusto, lo
avrebbe saputo.
«Fottiti
stronza, abbassa quella cresta da gallina che ti ritrovi!»
scattò nuovamente il ragazzo, afferrandola ora per il
colletto del giubbotto, l’espressione decisamente furiosa.
«Ehh,
ma quanto amore che predichi!» sogghignò lei,
stringendo di più la presa sulla lattina di birra e, con un
gesto fulmineo, lo lavò da cima a fondo. Gli fece
“ciao ciao” allegramente con la mancina,
riscavalcando la staccionata e rinforcando la moto, mentre lui ululava
per il bruciore agli occhi causato dalla bevanda.
Corse
più veloce che poteva, aprendo il gas al massimo,
posteggiando poi malamente davanti ad un edificio piuttosto elegante,
ignorando le proteste del portiere e salendo le scale fino al quinto
piano a tempo di record. Non le andava di prendere
l’ascensore, l’attesa l’avrebbe uccisa.
Arrivata davanti all’appartamento in questione,
puntò il dito sul campanello, che trillò per due
minuti buoni incessantemente. Quando la porta si aprì,
trovò quelle due forti braccia pronte ad accoglierla, come
sempre, e senza pensarci due volte vi ci si tuffò, liberando
finalmente le lacrime.
«Ma
che succede?» la voce impastata precedette la vista di
un’arruffata testa bionda, che spuntò da dietro il
divano, appendendosi al bracciolo per sollevarsi e sporgersi a
sufficienza da osservare l’entrata della stanza.
La
longilinea figura del bruno,
si portò un dito sulle labbra, in segno ad uno dei due
abusivi ospiti di tornare a dormire, mentre spariva con la rossa
visibilmente scossa fra le braccia nella sua stanza da letto.
Un'altra voce assonnata provenne dai piedi del divano dove, su un
futon, un altro ragazzo si stava svegliando «Che succede,
Natsu?». Il biondo, ancora affacciato al bracciolo con lo
sguardo profondo fisso sulla porta dove erano scomparsi gli altri due,
fece spallucce «Torna a dormire Ryo, era solo quella rossa
squinternata.» borbottò rituffandosi con la testa
sul cuscino, con un grosso sbadiglio. «Himiko? Che ci fa qui,
a quest'ora?». «Ha preso Oda per il suo
psicologo.» commentò l'altro, ridacchiando, prima
di tornare improvvisamente serio «Oda s'è un po'
fritto il cervello con Himiko, che lo vede solo come un rifugio
sicuro.» commentò atono ed algido, tanto che Ryo
per un attimo si spaventò. Natsu non era lo spensierato di
ogni situazione? Non concepiva quello strano cambiamento d'umore, ma
non fece domande, sentiva che era meglio lasciar correre. Il bruno si
accese una sigaretta, porgendo il pacchetto anche all’amico,
offrendogliene una, sapendo che l’avrebbe rilassato.
Alzò appena il busto, puntellando il peso sulle braccia,
osservando la porta della stanza di Oda.
«Io
penso che ti sbagli, in ogni caso.» tirò
un’ampia boccata, giocando a fare dei cerchietti con il fumo
che fuoriusciva dalla sua bocca. «E che dovremmo levare le
tende, era già contrario ad ospitarci stanotte.».
Natsu
lanciò un'altra occhiatina a quella porta, prima di
scrollare le spalle e accendere la sigaretta. «Se io mi
sbaglio, non devono fare nulla, ergo noi possiamo rimanere. »
sorrise appena, non aveva la minima voglia di tornare dai suoi, in
quella casa dove veniva continuamente additato come inutile, superfluo,
non voluto. Era stufo di quella situazione, ma era anche troppo pigro
per iniziare a lavorare part-time e permettersi un appartamento suo,
perciò quando poteva sfruttava
l’ospitalità di Oda. Il bruno scosse la testa,
spense la sigaretta nel posacenere sul tavolino di vetro, si
alzò, infilando i pantaloni, e si avviò alla
porta. «Beh, io comunque è meglio che vada, ci
vediamo al locale. Buona fortuna!» ridacchiò
appena e lasciò l’appartamento. Il biondo
aspirò il suo ultimo tiro alla paglia, prima di rispondere
al cellulare che aveva iniziato a vibrare incessantemente.
«Nami?
I tuoi sono usciti? Ah, perfetto, arrivo.» terminò
la telefonata e si rivestì, seguendo l’esempio di
Ryo, ma pronto per un’altra lunga mattinata, decisamente
più appagante.
***
Chiuse
lo sportello del cellulare, sospirando appena alla lettura
dell’sms della gemella. Infilò le ballerine rosa,
borsa in spalla, e si avviò fuori di casa, raggiungendo a
piedi la biblioteca comunale.
«Buongiorno
signorina Tanaka.» salutò educatamente la
bibliotecaria, riconsegnando alcuni libri e si avviò in
direzione del suo tavolo preferito, quello vicino all’enorme
finestra che dava sul giardino. Fu sorpresa, però, di
vederlo occupato, soprattutto visto l’orario mattutino.
Sgranò gli occhietti cerulei ed abbassò gli
occhiali sul naso, per mettere a fuoco la figura che aveva preso il suo posto.
Rimase
stupita nel constatare che il ladro di tavoli era qualcuno che
conosceva, se non bene, comunque abbastanza. D'altronde come avrebbe
potuto non conoscere il cugino di Natsu, con cui il suo biondissimo
migliore amico passava maggior parte del tempo a scuola e anche fuori?
In realtà si chiese com'era possibile essere così
fortunati, dopotutto era tempo ormai che Shiki la incuriosiva e, spesso
e volentieri, si era soffermata ad osservarlo: lei in aula era al primo
banco accanto alla finestra, amava i posti accanto alle finestre, e
nella scuola dalla pianta a forma di C squadrata, chi poteva essere se
non lui che siedeva accanto alla finestra di fronte alla propria?
Quante ore passate a sognare, osservando quel ragazzo un po' pigro dal
buffo codino a forma d'ananas, che sbadigliava sonoramente durante una
lezione o addirittura dormiva con le braccia sul banco e la testa
abbandonata su di esse. Quei modi di fare strafottenti erano per lei
come il miele per le api, l'attiravano inesorabilmente, e anche se non
aveva mai avuto occasione di parlare con lui a quattr'occhi, le
piaceva. Probabilmente, proprio perché era così
diverso da lei, ma nel frattempo tanto simile. Lei era la classica
ragazza un po’ secchiona, amava leggere i libri, a scuola
aveva sempre voti alti ed era appassionata di medicina. Passava la
maggior parte del suo tempo in biblioteca, da sola o con gli amici, ad
imprimere tutte le sue forze nello studio, sognando di diventare
medico. Lui, invece, per quanto svogliato fosse, era sempre nei primi
posti della classifica nazionale e lo ammirava ed invidiava allo stesso
tempo per questo.
Era
sempre seconda a scuola, sempre. Per quanto s’impegnasse,
c'era sempre lui sopra di lei nelle classifiche di metà e
fine trimestre, nonostante tutti gli sforzi, superarlo era impossibile.
Perché lei era una secchiona, lui invece un genio di natura.
Ma questo non le provocava rabbia, non le portava odio, né
rancore. Avrebbe invece voluto studiare con lui, capirne il segreto
più profondo, almeno per sfiorarlo, per provare a
raggiungerlo e fargli capire "Ehi, ci sono anch’io!". Voleva
solo che la notasse, solo questo. Sospirò e si
portò al tavolo, spostando la sedia attenta a non fare
rumore, per non disturbarlo, ma lui si distrasse lo stesso.
Alzò lo sguardo dal suo libro e la osservò un
istante, indecifrabile, poi tornò a leggere, senza dire
nulla. Quando lui distolse gli occhi, si rese conto che aveva
trattenuto il respiro e che era rimasta a mezz'aria, a pochi centimetri
dalla sedia, senza riuscire a sedersi né muovere un solo
muscolo, incatenata da quelle due pozze nere.
«Se
è un problema… ».
«No.» esordì solo lui, precedendola
sulla domanda. «E poi è il
“tuo” posto.».
Hagumi
si ritrovò a guardarlo piuttosto spaesata, mentre finalmente
lasciava andare il corpo ad occupare il posto sulla sedia. Allora era a
conoscenza della sua esistenza e perfino di una sua piccola abitudine.
Si ritrovò a sorridere incredula e piacevolmente sorpresa,
mentre apriva il grande libro, preso poco prima da uno scaffale vicino,
alternando lo sguardo dalla lettura a lui, cercando di non darlo a
vedere.
Si
sentiva piuttosto accaldata, le gote erano due pomelli rossi e i denti
torturavano quel povero labbro inferiore che, poverino, in tutto questo
era innocente, ma da qualche parte doveva scaricare quell'ansia di
parlargli, chiedergli tutto di lui, perdersi in lui, perché
non aveva il coraggio di spiccicare mezza parola e la situazione stava
diventando esasperante.
Dopo
neanche cinque minuti, che per lei sembrarono un'eternità,
Shiki alzò lo sguardo nuovamente e la guardò con
la solita espressione, apatica e indifferente.
«Ehi.»
disse solo e lei sussultò, urtando con la mano la propria
borsetta in piedi sul tavolo, che cadde in avanti e rovesciò
tutto il proprio contenuto, o almeno parte di questo, sul libro aperto
di Shiki, che guardò il tutto stralunato.
«Oh.
Oh, cielo, scusami, raccolgo subito tutto!» disse alzandosi
in piedi ed aggirando il tavolo, portandosi accanto alla sua sedia e
raccattando i vari oggetti frettolosamente. Qualche ciocca di lunghi
capelli rosa ed ondulati di tanto in tanto lo sfiorava, lui ne prese
una e l'avvicinò al volto e lei si bloccò,
cercando di sembrare impassibile, in realtà il suo cuore era
diventato un tamburo e a momenti le avrebbe perforato il petto. Si
voltò a guardarlo, proprio mentre lui inspirava il profumo
dei suoi capelli. «Come immaginavo, eri tu.» disse
atono, alzando lo sguardo sul volto di lei «Sentivo un forte
profumo di frutti di bosco, mi chiedevo da dove provenisse.»
Non aggiunse molto altro, lasciò andare i sottili fili rosa
e chiuse il libro con un tonfo, alzandosi in piedi. «Ci si
vede in giro.» disse solo, prima di allontanarsi. Hagumi
cadde indietro e dovette sostenersi con le mani sul bordo del tavolo,
per non cadere a terra. Cos'era appena successo?
***
Il
periodo dei primi caldi raggi del sole sembrava terminato con
quella giornata tanto afosa e spossante. Si portò una mano
davanti agli occhi,
coprendo la forte luce che esso emanava. Quel clima tanto torrido
sembrava
amplificare all’infinito i suoi peccaminosi pensieri, che
parevano doverlo
condannare per sempre ad una vita sicuramente piena di agonia. Lo
perseguitava,
da troppo ormai. Tirò un sospiro, portandosi alle labbra la
bottiglietta
d’acqua e bevendo avidamente il suo contenuto e poi, ancora
la sua immagine.
Strinse con forza l’oggetto che aveva fra le mani, rabbioso,
sfogando tutto il
suo tormento su quell’insignificante e sfortunata bottiglia,
gettandola bruscamente
nella pattumiera al di là del cespuglio.
Attraversò il piccolo ponticello che
lo conduceva alla fine del parco, tratta necessaria per raggiungere la
sua
casa, soffermandosi solo pochi istanti ad osservare la sua immagine
riflessa
nel laghetto. Il viso si contorse in una smorfia di dolore, mentre
disgustato
probabilmente più da se stesso che da altro, distolse lo
sguardo, tornando a
puntarlo sulla via da seguire, quasi fosse uno strano scherzo del
destino. La
via da seguire, insomma, non era una scelta sempre molto semplice nella
vita di
una persona. Una folata di vento gli scompigliò i capelli
castani,
rinfrescandolo dal caldo del sole estivo che picchiava insistentemente
quel
pomeriggio. Sistemò meglio la tracolla della borsa e
rimboccò le maniche della
divisa scolastica, mentre quell’antipatica sensazione si
faceva sempre più
forte, preparandolo mentalmente a ciò che sarebbe successo
da lì a pochi
secondi.
«TESORO MIO!» la voce acuta e cristallina quasi gli
perforò
il
timpano destro, mentre un peso morto gli si appese al collo.
«Che bella
coincidenza incontrarti!».
«Non posso dire altrimenti, Naoko… »
bofonchiò il
brunetto, cercando
di far mollare la presa alla ragazza, che al contrario si faceva sempre
più
forte. Naoko strusciò il suo viso affettuosamente contro la
guancia di Shin,
facendogli le fusa, totalmente in estesi.
Una risatina nervosa si alzò alle spalle dei due, mentre una
testolina rosa
faceva capo ansimante, con un ginocchio sbucciato. Quando
l’amica aveva visto
il suo adorato fratellone da lontano, aveva iniziato a correre alla
velocità
della luce per raggiungerlo il più in fretta possibile,
seminandola
letteralmente. Lei di conseguenza aveva tentato di inseguirla ma,
sbadata
com’era, era ovviamente caduta e si era ferita. Irritante.
Sì, notevolmente
seccante.
«Shinicinuccio mio!» continuò la bella
moretta, sbattendo
alla
velocità della luce le palpebre, provocando quasi un fruscio
percettibile con
le lunga ciglia nere e lasciando andare finalmente la presa al collo
del
ragazzo. «Non dirmi che stavi già andando a casa,
dai vieni
a divertirti
un po’ con noi! Stavamo andando a bere qualcosa da Pink
Tiger!» continuò,
appendendosi subito al suo braccio per evitare che il ragazzo sfuggisse
alle
sue grinfie.
Shinichi lanciò un'occhiata veloce all'orologio da polso,
quindi alzò lo
sguardo sulla sorella dai capelli color confetto che era appena
sopraggiunta.
«Mh... veramente... sono appena uscito dai corsi e devo
andare al
part-time... » cercò di trarsi
d’impaccio, ben
conscio di stare per
ricevere l’ennesima strigliata riguardo ai suoi continui ed
incessanti impegni.
Impegni peraltro di cui aveva bisogno intensamente, per cercare di
distrarsi
dal non commettere quel terribile ma tanto ambito peccato.
Naoko, infatti, non lo fece neanche finire, sbuffò
sonoramente e mise il
broncio. «Da quando abiti da solo, non ci degni
più di uno
sguardo...
finché eri a scuola con noi, passavi ogni momento in nostra
compagnia... ma da
quando sei passato all’università, sei diventato
peggio di un fantasma! La cosa
più comica è che la tua scuola è
annessa al nostro liceo! Odio questo
cambiamento!»
Shin sorrise un po' colpevole e appoggiò una mano sulla
testa della mora,
arruffando leggermente la sua lunga chioma, per consolarla.
«Mi
dispiace,
sarà per la prossima... ehi sorellina!» il braccio
si
abbassò
allontanandosi da Naoko quasi meccanicamente, mentre Hagumi li guardava
un po'
contrariata. «Ti odio Shin... ogni volta che Naoko ti vede,
per
inseguirla, prendo una caduta. » sbottò, prima di
sorridere
con infinita
tenerezza al fratello «Tutto bene? Sono un paio di giorni che
non ti
fai
sentire a casa, mamma é preoccupata... » lo
sguardo del
bruno sembrò farsi
colpevole, forse perché lo era davvero.
«Lo so, son stato parecchio preso dai corsi e dal
part-time…
dille che sto
bene e passerò a salutarla uno di questi giorni.»
rispose
distratto,
perdendosi intensamente nelle iridi azzurrine di Hagumi per qualche
secondo,
osservando poi la sua splendida figura contornata da quei magnifici ed
inusuali
capelli rosa, prima di ridestarsi dai suoi inquietanti pensieri.
«Mh… » mugugnò incerta la
confettina, osservando
con un cipiglio il
fratello «Guarda che se non passi non si offenderà
solo
mamma! Non puoi
almeno raggiungerci dopo il part-time? Anche Himiko e gli altri saranno
là, anche
a lei farebbe piacere vederti ogni tanto!».
Shinichi si lasciò scappare un’espressione
leggermente tra il divertito e il
contrariato, senza però scomporsi eccessivamente
«Himiko?!
Stiamo parlando
della stessa persona? Son convinto che non appena mi vedrebbe
inizierebbe ad
urlarmi addosso, tentando di darmi qualche calcio per qualche assurda
ragione!
Come sempre del resto… ».
Se Shin e Hagumi avevano un rapporto totalmente affettuoso e maturo fra
loro,
con Himiko era un altro paio di maniche. I due passavano la maggior
parte del
tempo a litigare ma, lo sapeva bene Hagumi, era il classico
comportamento di
due fratelli, in fondo quei due si volevano bene e Shin soprattutto lo
dimostrava quando qualche ragazzo si avvicinava troppo alla sorellina,
iniziando ad abbaiare totalmente infastidito. Con la confettina era
però molto
diverso, decisamente troppo. Loro non avevano il comportamento di due
fratelli
e questo molto spesso le faceva male e le pesava fortemente, era un
po’
invidiosa del rapporto fra i due, perché per quanto fosse
dolce con lei, Shin
si dimostrava sempre piuttosto distaccato, come se avesse paura di
avvicinarsi
troppo a lei. Ma paura di cosa poi? Non riusciva a trovare risposta e
il
tormento le rosicchiava il cervello ormai da mesi.
«Beh... allora nulla... buon part-time... » disse
solo, cercando di
nascondere la nota di delusione, facendo spallucce e salutando con un
cenno
della mano il ragazzo. Si congedò, lasciando che Naoko lo
salutasse nel suo
modo scoppiettante, mentre già aveva dato loro le spalle e
si allontanava,
l'amica la raggiunse più in là. Odiava vederli
salutarsi, le dava brutte fitte
al cuore e non trovare mai un perché o una risposta
esauriente a questa
situazione le provocava un senso di profonda frustrazione.
***
Aprì
piuttosto bruscamente la porta del locale, sedendosi al
bancone e ordinando un piatto di bignè alla crema e un
frappé alla fragola. Una
figurina esile uguale a lei, si avvicinò picchettandole una
mano sulla spalla.
«Yo, brutta giornata?»
ridacchiò la rossa, portandosi una
ciocca dei
lunghi capelli dietro l’orecchio e sedendosi al suo fianco.
«Guarda che
per quando salirò sul palco, ti voglio carica ed energica,
perché devi esser lì
sotto a tifare per me e la mia band!».
Hagumi alzò lo sguardo sulla ragazza, mentre due lacrimucce
iniziarono a
pungerle gli occhi, e si lasciò cadere con la testa sulla
spalla di sua sorella
gemella. La rossa scrutò attentamente la sorellina, poi
sospirò.
«Ok, ok… ho capito tutto… »
fece un cenno al
barista e ordinò una
cioccolata calda in aggiunta al già ricco menù di
Hagumi, capendo bene che alla
sorella ci sarebbe voluto ben più di qualche
bignè e di un frappé per
riprendersi dall’incontro con il loro fratellone.
«È... é... un ghiacciolo... gelido...
brutto,
scemo, cattivo,
antipatico... » continuò così per
cinque minuti
buoni, alla ricerca degli
aggettivi più svariati, con Himiko che la teneva tra le
braccia e le dava
pacchette rassicuranti sulla testa e dietro la schiena in fallimentari
tentativi di consolarla, con la consapevolezza che se avesse
acchiappato Shin
mentre era in giro in moto, lo avrebbe investito senza alcuna riserva.
«Su su… se ti fa sentire meglio la prossima volta
che lo
vedrò, lo
prenderò a calci più duramente del
solito!»
sorrise entusiasta, ben
felice di poter aver una scusa per aver la meglio su suo fratello.
Di conseguenza Hagumi la guardò notevolmente contrariata,
per quanto potesse
essere antipatico con lei, Shin non andava toccato! Era pur sempre il
suo
adorato Shinichi, o no?
Poi una risatina sfuggì anche a lei e la soffocò
sulla spalla di Himiko. «Pff... beh dopotutto se li
meriterebbe... » si riprese, infine,
sciogliendo l'abbraccio e guardandosi attorno. «Dove sono
tutti?»
chiese, ma li individuò ancor prima di ottenere risposta.
«Oh
eccoli!» Un tavolo poco più in là
ospitava tutto
il gruppo, formato dagli
amici di Himiko un po' alternativi e da quelli di Hagumi un po' nerd e
secchioni, alla fine nonostante le differenze avevano fatto tutti
amicizia con
il tempo, probabilmente proprio grazie alle gemelle.
«Già, che ne dici di raggiungerli? Devo lavorarmi
un
po’ Akira, il nuovo
arrivato, è troppo un asso con la chitarra, ci farebbe
comodo nel gruppo… e
poi… è un gran bel pezzo di… insomma
guarda che razza di sedere si ritrova!» una scintilla
maliziosa negli occhi smeraldo della rossa,
lasciò tutto a
intendere alla confettina su quali fossero i perversi pensieri che
alleggiavano
nella mente di sua sorella, non poté che scuotere la testa
rassegnata. Himiko
era veramente incorreggibile quando si parlava di ragazzi, ma non
poteva darle
torto riguardo al fascino di questo. Non era il suo tipo, certo, ma non
era
sicuramente da buttare nemmeno per i suoi gusti: piuttosto alto, sul
metro e
ottanta, esile e sempre con il fisico in mostra, grazie alle camicie
con i
primi bottoni slacciati. I capelli lisci e scalati, lunghi fino alle
spalle,
andavano a incorniciargli il viso, risaltando gli occhi color del
ghiaccio,
ancor più messi in mostra dalla matita nera immancabile. La
rossa si avviò
tutta contenta in direzione degli amici, tendendo la sorellina
saldamente per
mano e trascinandosela dietro, pregustandosi già
l’appagante visione del nuovo
arrivato. Tutti salutarono calorosamente l'ultima giunta, mentre tra
Len e
Sunako si creava lo spazio per far sedere la rosetta.
«Tutto bene, Haguchan? Ti sei ripresa?» chiese la
prima un po'
preoccupata per la sua migliore amica. Len era una ragazza molto
matura,
nonostante la sua giovane età faceva quasi da mamma a tutti,
il che certe volte
poteva risultare molto scocciante. La cosa curiosa era che, sebbene il
suo
aspetto angelico, andasse in giro vestita unicamente di nero, come se
stesse in
lutto perenne. Ad osservarla, in effetti, la sua espressione sembrava
appartenere ad una persona in prossimità di avviarsi a un
funerale, ma quando
sorrideva, era radiosa come il sole e questo suo lato Hagumi lo
adorava, perché
quel piccolo gesto quando apparteneva a Len sapeva trasmetterle sempre
tanta
energia positiva. La ragazza appoggiò una manina sulla
spalla di Hagumi per
farle sentire che le era vicino, regalandole uno dei suoi famigerati
sorrisi, e
la rosetta sorrise di rimando, grata. «Sì, sto
bene, solo un
abbattimento
temporaneo, sai che... » non poté terminare il
discorso che
l'urlo
inferocito di Himiko spezzò la quiete e si espanse per tutta
la sala. Il
batterista non era ancora arrivato e pochi minuti dopo sarebbe iniziato
il
piccolo concertino live nel ritaglio di tempo che il Pink Tiger
concedeva loro
ogni giovedì sul tardo pomeriggio, prima che arrivassero
band più prestigiose
per la serata.
«Dove diavolo è finito
quell’idiota?!»
urlò adirata mentre Natsu, il
chitarrista del gruppo, tentava di farla calmare. Cercò di
fermare la sfuriata
della ragazza, che era in procinto di lanciare una sedia, bloccandole
le
braccia, ma mancò la presa e finì per tastarle il
seno, prendendosi di rimando
un pugno sul naso e facendola inferocire ancora di più. Il
biondino, totalmente
affranto e ora arrabbiato quanto la rossa, mantenendosi il naso
dolorante corse
in direzione di Hagumi, abbracciando la confettina e cercando conforto
in
quell’anima dolce che tanto adorava.
«Ah fortuna che ci sei tu… »
sospirò in estasi,
strusciando la
pallida guancia su quella tanto morbida di Hagumi «Su due
gemelle
almeno
una doveva uscire come si deve… AHIA!» non
poté
continuare la frase che
cacciò un urlo di dolore, ricevendo in pieno viso uno
stivale appesantito da
manette e mille accessori di Himiko.
Il ragazzo tornò a litigare con la rossa, mentre Hagumi
tirò un sospiro e
continuò a dedicarsi alla sua cioccolata, ordinata in
precedenza dalla sorella,
ignorando gli insulti che i due avevano iniziato a scambiarsi e
tornando a
chiacchierare allegramente con Len. Inutile dire che sarebbero andati
avanti
almeno per mezzora a bisticciare, come ormai consueta abitudine, quindi
tanto
valeva dedicarsi a faccende più piacevoli. Nel frattempo
anche Naoko li aveva
raggiunti e aveva preso a torturare la povera Sunako a suon di
“Shin è troppo
figo, è l’amore della mia vita, ma è
uno stupido a darmi sempre buca” e altre sciocchezze
simili. Sunako era esattamente l’opposto caratterialmente a
Naoko e forse per
questo andavano tanto d’accordo… o per meglio
dire, Naoko parlava e Sunako
annuiva silenziosamente ascoltando pazientemente le sue chiacchiere
finché non
si fosse sfogata, decisamente sottomessa. In ogni modo il pomeriggio
continuò
piuttosto piacevolmente, arrivò anche il batterista
ritardatario, che si prese
una tirata d’orecchie memorabile da Himiko. Il concerto fu
molto gradevole,
sorvolando sulle fans di Natsu che puntualmente guardavano Hagumi in
cagnesco,
quando il ragazzo le dedicava qualche commento o un’occhiata
dal palco,
ammiccando. Nonostante i suoi gusti musicali totalmente differenti,
Hagumi
doveva ammettere che la sorella e il suo gruppo erano veramente molto
bravi e
apprezzava davvero la loro musica. In qualche strano modo, quella gran
pazzoide
era anche riuscita a convincere quell’asociale di Akira ad
entrare nella band
come seconda chitarra. Quel poveretto era stato messo talmente alle
strette
dalla rossa, che non aveva potuto far a meno di accettare, pur di non
sentir
più le sue strabilianti e fasulle teorie di come sarebbe
diventata notevolmente
magnifica la sua vita se fosse entrato a far parte dei Lucky Rain. A
show
concluso, la confettina prese ad avviarsi verso il back stage del
locale, per
congratularsi con Himiko e gli altri ragazzi, ma finì per
cadere rovinosamente
a terra, sbucciandosi anche l’altro ginocchio.
Alzò la faccia da terra, mentre
due lacrimucce presero a farle DIN-DON-DAN dagli occhi azzurrini,
quella era
una giornata NO!
«Ahia… » si lamentò una voce
alle sue spalle,
mantenendosi lo stomaco
dolorante «Non guardi mai dove metti i piedi?» le
domandò
adirato un
ragazzo moro con il codino, scrutandola con delle profonde ed
ipnotizzanti
pozze nere, e alzandosi faticosamente da terra in tutto il suo metro e
ottanta.
Hagumi si alzò di scatto, totalmente imbarazzata,
inchinandosi davanti al
giovane e scusandosi per la sua sbadataggine. «Scusa Shiki,
non ti
avevo
proprio visto… ma anche tu, non potevi trovare un posto
migliore per metterti a
schiacciare un pisolino?» domandò con un cipiglio,
arrossendo lievemente.
Ogni volta che vedeva quel ragazzo, il suo cuore perdeva un
battito… era cosi,
così… maledettamente misterioso e affascinante!
Peccato che lui non la filava
minimamente e rubargli due parole era già un dono dal cielo,
poiché sembrava
dare importanza solo a suo cugino Natsu.
Il moro corrucciò lo sguardo, rimuginando sul fatto che
forse la ragazza
potesse anche aver ragione, sospirando scocciato. «Beh, poco
importa,
stavi andando dagli altri? Ti accompagno, imbranata come sei, sono
sicuro che
saresti capace di perderti o di rischiare di uccidere qualche altro
povero
malcapitato!» le sorrise beffardo iniziando ad incamminarsi,
mentre il
viso di Hagumi si tinse bordeaux per l’umiliazione. Lo
seguì in silenzio, nel
retroscena, con la mente un po' annebbiata, senza aggiungere altro; e
niente vi
era da aggiungere, infatti, come rifiutare il suo invito? Fosse stato
per lei,
lo avrebbe seguito fino in capo al mondo.
***
Un
mattino soleggiato, le gemelle non avrebbero potuto chiedere di
meglio per l'esperienza che stava per iniziare. Un mattino come un
altro di
metà Agosto, precisamente un venerdì, finalmente
si partiva per il tanto ambito
campeggio scolastico, a cui tutti gli studenti, o quasi, della loro
scuola
superiore avrebbero preso parte. Ovviamente era troppo sperare che le
due
arrivassero puntuali, perché se Hagumi era precisa e
puntuale come un orologio
svizzero, altrettanto non poteva dirsi di Himiko, che aveva scordato di
preparare la valigia la sera prima e aveva dovuto fare tutto in fretta
e furia
prima di partire.
«Spero vivamente tu non ti sia scordata nulla. L'ultima volta
non
è stato
piacevole doverti prestare persino lo spazzolino!»
borbottò
la rosata,
precipitandosi verso l'entrata della scuola dove i pullman erano tutti
ormai
pieni e pronti alla partenza, nell’attesa solo degli ultimi
ritardatari.
«Minamoto rosa e Minamoto rossa!!!» urlò
adirata la
professoressa di
matematica, gracchiando in direzione delle due ritardatarie e
sventolando
istericamente qualcosa che assomigliava tanto a un libro della sua
stessa
materia.
Una mano si posò sulla spalla della donna che
sembrò calmarsi in un istante, il
viso intanto si tingeva di una fiammante gradazione porpora.
«Professoressa Hitsuya, non le fa bene agitarsi
così. » la
voce
fredda e leggermente roca del giovane uomo sembrò
ipnotizzarla seriamente.
«Oh professor Shibata… sono sempre in ritardo
quelle due!»
il tono
della sua voce suadente, al contrario di quello che avrebbe dovuto
avere.
Lui guardò l’orologio che portava al polso,
volgendo poi lo sguardo sulle due
giovani che entravano di soppiatto in uno dei pullman in partenza,
cercando di
evitare il rimprovero della professoressa.
«Faremo meglio ad affrettarci anche noi, se non vogliamo
rimanere
qui.» Sorrise beffardo alla donna e si avviò nello
stesso
bus su cui le
due gemelle Minamoto si erano appena accomodate.
Come sempre, figlie predilette della fortuna, avevano individuato
proprio il pullman
giusto, quello dove almeno parte dei loro amici aveva preso posto.
Salirono le
scalette dell'entrata sulla fiancata posteriore e furono liete di
trovare il
solito gruppetto di casinisti in fondo ad esso.
«Uh, c'è posto accanto a Len. Come al solito la
evitano,
dicono porti
sfiga.».
Borbottò la signora in rosa a sua
sorella, infastidita.»Vado io
a tenerle compagnia, ok?» le lanciò un'occhiata in
segno di
scuse e la
mollò lì, in cerca di un posto singolo ancora
vuoto. Per ironia della sorte,
questo si manifestò poco dopo, proprio accanto al carissimo
Natsu. Le tempie di
Himiko iniziarono a pulsare con veemenza, mentre con un sorriso tirato
si
avvicinò al ragazzo chiedendo se era libero.
Ovviamente non attese risposta e si sedette tranquillamente di fianco
al
ragazzo, non prima di mettere il borsone di proporzioni megagalattiche
che si
portava appresso sul ripiano per le valigie, urtandolo con lo stesso.
«Ooops, scusa biondino!» sorrise beffarda e per
nulla dispiaciuta,
voltandosi subito in direzione di Akira seduto proprio dietro di lei,
levandogli un auricolare e prendendo subito la scusa di ciò
che stava
ascoltando per attaccar bottone e provarci con lui, com’era
ormai sua abitudine
fare.
Natsu, ancora interamente sonnolento, mugugnò qualcosa e
sembrò decidere per
una volta di metter da parte l’orgoglio e lasciar correre,
girandosi dall’altra
parte e riprendendo sonno. Dopo alcuni minuti che si godeva il bel
momento con
Akira, però, Himiko si voltò verso il biondino al
suo fianco con aria
totalmente sorpresa.
«Sei finalmente andato a farti fare il vaccino contro la
rabbia?»
domandò divertita, notando che il ragazzo sembrava per la
prima volta non voler
attaccar briga con lei. La cosa era quasi seccante.
Natsu si voltò annoiato verso la rossa e sbuffò
borbottando la prima cosa che
gli venne in mente: «No, sono solo depresso perché
la
signora sfiga ha
voluto farmi iniziare questo viaggio accanto a te, anziché
alla gemella giusta.
Quella carina e dolce per intenderci, non la psicopatica con manie
ossessivo-compulsive,
malata di provarci con tutti i bei faccini che incontra, compreso un
certo
tizio seduto qui dietro in questo momento!» chiuse il becco e
si
voltò
nuovamente verso il finestrino, lasciando che la ragazza reagisse alla
doccia
fredda delle sue parole.
«La gelosia è una brutta bestia, te l’ha
mai detto
nessuno?» lo
ripescò lei, afferrandolo con un buffetto sulla guancia e
costringendolo con
questo a girarsi, per continuare ad urlargli addosso totalmente
imbestialita. «Se hai le tue cose, non dovresti prendertela
con me! Va a sederti
accanto
alla gemella perfetta se tanto ci tieni!».
La rossa mise il muso, rubò di mano il lettore mp3 ad Akira,
cuffiette annesse,
non lasciando neanche al poveretto il tempo di replicare, isolandosi
totalmente
con la musica a massimo volume. Si permise solo di dire
un’ultima frase al
biondino, levando un auricolare in caso di eventuale risposta, prima di
decidere di ignorarlo completamente.
«E comunque è la mia signora sfiga, non la
tua!».
«No, farò una cosa migliore, per evitare che sua
maestà possa disturbare
qualche altra povera anima. Ti mando tua sorella e vado a sedermi
accanto alla
Shimada... tanto più sfiga di così!»
ribatté il ragazzo, alzandosi dal suo
sedile per fare come detto. Ma a quanto pareva quel giorno gli scherzi
del
destino non finivano così. Nel passare tra lei e il
sediolino dinnanzi a lei,
cadde in seguito ad una brusca frenata dell'autista; quando
riaprì gli occhi,
il suo viso affondava in qualcosa di morbido e profumato. Profumo di
abiti
puliti e... due seni?
Un urlo che rimbombò in tutto il pullman, facendo voltare
tutti i presenti
verso i due, riecheggiò per due minuti buoni insieme ad un
rumore di schiaffi.
Inutile dire che Natsu si era ritrovato con un viso totalmente rosso e
gonfio
in seguito ad una cascata di cinquini della rossa, che aveva il volto
tanto
rosso di rabbia quanto d’imbarazzo. Hagumi scosse la testa
totalmente
scandalizzata, da quando sua sorella era diventata così
pudica da fare tante
storie per una palatina da un ragazzo? Casuale per di
più… insomma stando ben
chiari, non che lei approvasse i comportamenti che solitamente Himiko
aveva con
il mondo maschile, ma si era trovata in situazioni sicuramente
più imbarazzanti
di quella di una semplice toccatina!
«Ti odio brutto idiota!!!» gli urlò per
finire la rossa,
scaraventandolo con una spinta contro il finestrino del pullman ed
allontanandosi visibilmente scossa per obbligare la sorella, che sicuro
non
gliel’avrebbe negato, di far cambio di posto.
Nel giro di un minuto Hagumi era accanto a Natsu e gli passava
amorevolmente
sul viso un fazzolettino bagnato per rinfrescare le sue guance che
bruciavano
di dolore. «Scusala... é un po' manesca, ma non
è
cattiva sai; però un po'
te la sei cercata, si può sapere che volevi
fare?». Lui
sbuffò,
piagnucolando appena «Volevo solo venire da te e chiederti di
fare
cambio
posto, non é colpa mia se il conducente di questo rottame
non sa
guidare!». Hagumi sorrise comprensiva, bagnando il fazzoletto
con un
altro
po' d'acqua fredda della bottiglietta, tirata fuori dalla borsetta
termica che
aveva preparato per conservare gli spuntini preparati da lei stessa
quella
mattina, prima della partenza.
Natsu tirò su un po’ con il naso, finendo subito
di fare il bambino. Accanto a
lei, alla sua migliore amica, non riusciva proprio ad essere un
perfetto idiota
come a volte pareva comportarsi. Era ironico perché,
malgrado passasse più
tempo con Himiko per via dei Lucky Rain, aveva da subito legato con
Hagumi e, a
dire il vero all’insaputa di tutti, avevano stretto una
profonda amicizia. Con
la gemella dai capelli rossi, contrariamente, non riusciva proprio ad
avere un
particolare feeling, certo forse era anche vero che non avevano mai
cercato di
parlare seriamente, ma sembrava quasi che ad entrambi uscisse naturale
litigare
in continuazione e alla fine, a quanto pareva, la cosa stava bene ad
entrambi.
L’unica parte strana del rapporto con Hagumi, invece, era
solamente il fatto
che era più facile far finta di essere il solito farfallone
incallito qual era
e far credere a tutti di avere una cotta per lei. Sarebbe stato troppo
difficile far credere che lui riuscisse ad avere una ragazza, molto
bella tra
l’altro, solo per amica e non avesse nessun reale desiderio
di portarsela a
letto.
«Secondo me dovresti seriamente provare ad addomesticarla,
è
un’animale!
Non ho mai conosciuto una persona così odiosa, non fosse che
facciamo parte
dello stesso gruppo ed è veramente una vocalist eccezionale
l’avrei già mandata
al diavolo!» borbottò quasi più fra
sé
e sé, visibilmente incavolato nero. «Anzi, a dire
il vero non riesco ad avere feeling con lei nemmeno nella
musica! Ogni volta che cerchiamo di comporre una canzone, deve sempre
finire
per provocarmi, dannata di una! Il fatto che sia brava e che
accompagnare la
sua voce con la chitarra è una goduria, non leva il
problema!».
Hagumi lo lasciò sfogare, ben sapendo che il ragazzo doveva
semplicemente
smaltire la rabbia, anche se non era sicura che questa volta gli
sarebbe
passata in fretta come al solito, così com’era
certa non sarebbe passata
velocemente ad Himiko, l’espressione shockata che aveva visto
sul volto della
sorella l’aveva vista in precedenza ben poche volte e non
portava nulla di
buono, anche se ancora non capiva la forte reazione della rossa.
All’incirca un’ora più tardi raggiunsero
la meta dove avrebbero campeggiato.
Era una bella zona, comprendente lago e fiume dove avrebbero potuto
rilassarsi
e rinfrescarsi, dietro i bungalow che sarebbero stati assegnati a
gruppi, in
tutta la sua maestosità, si eleggeva un boschetto
dall’aria quasi magica. Al
centro di tutte le cascine, infine, si trovava il campo principale
comprendente
cucina e mensa, docce e terme, sul retro campi da tennis e da calcio.
Non
appena tutti gli studenti scesero dal pullman, fu assegnato loro un
foglio comprendente
tutte le istruzioni con il gruppo quindi anche il bungalow a cui
appartenevano,
turni di pulizie, cucina, ed affini sarebbero stati appesi alla
bacheca. Hagumi
sbuffò un pochino, l’aria decisamente preoccupata,
il cottage, che era stato a
lei assegnato, era proprio quello più vicino al bosco e, si
ritrovò a pensare,
se fosse apparso un fantasma? Rabbrividì un poco, cercando
di contenersi.
Fortuna che l’avevano messa di gruppo con Len,
notò piacevolmente. Ogni cascina
comprendeva dieci studenti, di cui due per stanza e lei era proprio
finita con
la sua migliore amica.
«Grazie dea bendata!» ululò fra
sé e
sé totalmente piena di gioia.
Notò che anche a sua sorella era andata bene, capitata in
stanza con la sua
migliore amica Misa, anche se da parte di Hagumi non era certa fosse
una buona
cosa, ogni volta che Himiko stava con quella ragazza finiva per
mettersi nei
guai. Era certa che, visto soprattutto l’umore della rossa,
per colpa di Misa
sarebbe finita ubriaca nel giro di un’ora e avrebbero fatto
irruzione nel
bungalow di qualche ragazzo. Non riusciva ancora a capire come quella
ragazza
riuscisse sempre a procurarsi alcool e a nasconderlo perfettamente
perfino ai
controlli dei docenti. Poteva quasi far concorrenza al mago Houdini!
Scosse la
testa, decidendo di non pensarci, salutò con un cenno della
mano Natsu e il suo
gruppo di amici e si avviò insieme a Len nella loro stanza.
Aprirono la porta
scorrevole e, per delusione di Hagumi, non poté far altro
che notare la
freddura di quella camera, semplice, tradizionale e
così…
«Vuota… » si lasciò scappare
in un sussurro,
notevolmente
rattristata, anche se era una cosa aspettata. Sembrò,
però, riprendersi in un
attimo, aprì la cerniera del suo gran borsone rosa confetto
e ne estrasse una
coperta dello stesso colore, che posò sul futon destinato a
lei, sorridendo ora
beata. «Insomma, non è molto, ma…
»
arrossì lievemente, che sciocca
forse ad un’amante del nero come Len la cosa sarebbe
risultata fastidiosa.
Len la guardò, sorridendo serena, sedendosi sul futon
accanto al suo. «Diciamo che fa già più
casa, hai fatto bene a
portarla.» le riferì
sincera. Hagumi le sorrise di rimando, realmente grata. Ahhh, quanto
l’adorava,
lei, quella ragazza. Era così dolce e pensare che tutti la
evitavano solo per
quel look dark, che stupidi, non sapevano che persona squisita si
stavano
perdendo. «Dunque a quanto pare per stasera non abbiamo
nessuna
attività
particolare da svolgere, possiamo rilassarci alle terme se ti
va… anche se…
ahhh non vedo l’ora dell’ultima sera per la prova
del terrore!» accentuò
l’ultima parte con un urletto eccitato, mentre la povera
confettina non poteva
far a meno di sbiancare. La prova del terrore, accidentaccio, ma
perché ad ogni
gita scolastica si divertivano ad inventarsene una? Ogni volta finiva
per
ritrovarsi qualche capello bianco dalla paura che prendeva! I suoi
pensieri
colmi di terrore furono però interrotti da una schiarita di
voce alle proprie
spalle. Sia Hagu, che Len, si voltarono incuriosite e rimasero sorprese
nel
vedere la figura di Himiko, appoggiata allo stipite della porta con le
braccia
incrociate, e Misa di fronte a lei, appoggiata all'altro lato dello
stipite,
nella stessa posa teatrale.
«Sorellina! Come mai qui? Anche voi in questo
cottage?» chiese
sorpresa, prima di entrare in stanza aveva intravisto anche altri
amici,
possibile fossero capitati quasi tutti lì? Chissà
se anche lui... ? Quasi a
leggere i suoi pensieri, la rossa confermò la sua domanda.
«Sembra che ci
siamo tutti, ma proprio TUTTI!» accentuò
l’ultima
parola con vago
fastidio, facendo segno con la testa in direzione di Natsu e Shiki che
erano
appena entrati dalla porta principale e li stavano raggiungendo per
occupare la
loro stanza, proprio tra quelle delle due gemelle e rispettive amiche.
«Gli altri sono già tutti in camera e ironia della
sorte, ho
una sorpresa
per te sorellina… non indovinerai mai chi è il
sorvegliante del nostro cottage…
Shin è qui!».
«Davvero?» chiesero Hagumi e Len all'unisono, prima
di voltarsi l'una
verso l'altra. Len arrossì e distolse lo sguardo. Hagumi
sorrise con dolcezza,
conosceva da tempo la cotta che la sua migliore amica aveva per suo
fratello.
Si alzò in piedi ed avvicinandosi, le diede una pacca sulla
spalla «Meno
male, eh, Len?». L'amica non disse nulla, ma l'espressione di
tutti si
pianificò, quando gli urletti di Naoko la piattola
confermarono le parole di
Himiko.
«SHIIIINCHAAAAN!». «Ecco
l'oca... »
Sbottò Misa,
infastidita, mentre Himiko faceva spallucce. Non c'era molto da fare,
il prezzo
da pagare per avere Shin con loro era quello di doversi sorbire anche
Naoko.
Ne fece capo uno Shin piuttosto scocciato, con una Naoko al collo che
dondolava
allegramente senza intenzione di staccarsi. Il ragazzo decise di non
dar peso
alla cosa. Si portò il fischietto alle labbra, assordando
tutti i presenti e
soprattutto la moretta, richiamando i ragazzi nelle camere ad uscire.
«Buongiorno a tutti ragazzi, sono Shinichi Minamoto, il
vostro
sorvegliante. Per qualsiasi dubbio o problema che abbiate, domandate a
me, la
mia stanza è quella in fondo al corridoio. Vi ricordo che
per le undici dovrete
essere tutti qui e per le undici e mezza le luci dovranno essere
spente. Detto
questo, buon divertimento!».
«Come siamo formali fratellone… »
ridacchiò
Himiko, tirando un copino
sulla nuca del ragazzo e salutandolo affettuosamente «Come te
la
passi?».
Shin la guardò esterrefatto, come se la risposta non fosse
ovvia, mentre
indicava Naoko ancora appesa al suo collo «Tu che
dici?» .
Himiko rise all'espressione corrucciata del fratello, quindi si
allontanò con
Misa, avevano altro a cui pensare e non avevano voglia di continuare a
sentire
gli schiamazzi della ragazza. Shin si affacciò nella stanza
di Hagumi e Len
invece, per controllare che tutto andasse bene, dopo essere riuscito
almeno a
convincere Naoko a scollarsi qualche attimo per il gran caldo.
«Tutto bene, qui?» chiese con lo sguardo totalmente
fisso sulla
sorella, riservò per Len solo un veloce cenno del capo, che
fece comunque
arrossire la ragazza, la quale a causa dell'imbarazzo, per alzare la
mano e
ricambiare il saluto, urtò un posacenere su di un tavolino,
che cadde sul piede
di Hagumi, facendole cacciare un urletto di dolore. «Ahioooo!
Che cosa
cavolo... » la rosetta abbassò lo sguardo
sull'oggetto
pesante che era
volato giù dal ripiano, prima di alzare lo sguardo su Shin e
ridacchiare «Sì, come vedi, tutto bene qui... a
parte i soliti danni che
combiniamo... » come se ciò dovesse rincuorarlo!
«Capisco… mi raccomando, se avete bisogno di
qualcosa, non
fatevi problemi
a chiamarmi… » come calamitato da quello sguardo
azzurrino,
non riusciva
proprio a muovere un passo dalla soglia della porta, si
affrettò quindi a dire
la prima cosa che gli passò per la mente, giusto per non
risultare un perfetto
idiota. «Quali turni di lavoro vi sono capitati?»
la domanda
più
interessante del mondo, sicuramente, si ritrovò a pensare
dandosi ora veramente
del perfetto idiota.
«Lavori? Orari? Ah, sì, quelli appesi in
bacheca!» rispose
la
confettina dopo aver rimuginato un po'. «Non ci siamo ancora
passate...
andiamo adesso, anzi, vero Len?» si voltò verso
l'amica che
acconsentì. Si
piegò per recuperare il posacenere e riporlo al suo posto,
quindi si avviarono
assieme verso la porta. Nell'uscire sfiorò con le dita
quelle della mano del
fratello, questo provocò un brivido ad entrambi, ma mentre
lui era rimasto
scosso dalla cosa perché era davvero da tanto che non aveva
neanche un minimo
contatto con Hagumi, lei cercò di non badarci troppo.
Altrimenti sapeva che il
suo cuore sarebbe scoppiato. Fece finta di nulla per se stessa, per il
suo
cuore e per l'amore segreto di Len.
***
Guardò suo cugino che disfaceva svogliatamente il borsone,
mentre si rilassava
sul suo futon, perso come sempre nei suoi mille e più
pensieri. Osservò
attentamente i movimenti di Natsu, quasi ogni capo che prendeva in mano
gli
cascava a terra e, irritato, lo lanciava in malo modo
nell’armadio.
«Si può sapere che ti prende? Non starai ancora
pensando
alla litigata con
la Minamoto spero… » domandò seriamente
preoccupato per l’umore del
biondo, che stranamente non si era ripreso neanche dopo tutto il
viaggio
accanto alla sua adorata Hagumi. «Se neanche
l’altra Minamoto
è riuscita a
tirarti su l’umore, immagino sia davvero grave…
».
«Himiko e Hagumi! Si chiamano Himiko ed Hagumi!
Perché
diamine non impari
mai i nomi? Sei snervante!» Sbottò questo
voltandosi a
guardare il cugino
in malo modo, prima di ricominciare a svuotare il borsone buttando
tutto
nell'armadietto alla rinfusa. Mannaggia a quell’Himiko, la
guancia gli pulsava
ancora dal dolore al solo pensandoci. Shiki sospirò, prima
di sbadigliare
annoiato. «Certe volte sembri una femmina isterica, Natsu,
datti una
calmata... » lo rimbeccò prima di sdraiarsi e,
portando le
mani dietro la
testa per appoggiare il capo moro, chiuse gli occhi per rilassarsi
meglio. Tutto
quel vedere Natsu agitarsi era stancante. «E poi i nomi li
so, solo che
non mi fa differenza chiamare in un modo o nell'altro... neanche le
conosco e
non voglio averci nulla a che fare. Sono strane, c'è
qualcosa in loro che... mi
puzza... ».
«Qui l’unica cosa che puzza sei tu! Non pensare
minimamente
che la mia
adorata Hagumi puzzi!» sbottò ancor più
adirato
Natsu, poi arrossì di
botto, ricordando che quella mattina era caduto su Himiko ed aveva
avuto modo
di sentire il profumo dei suoi vestiti e dei seni. Scosse la testa,
schiaffeggiandosi mentalmente il viso. Che diavolo gli saltava in
mente?!
«Ma che hai capito?!» saltò su Shiki,
alzandosi ed
avviandosi alla
finestra, scrutando il paesaggio esterno «Hanno qualcosa di
strano
quelle
due… ».
Natsu interruppe un attimo lo schiaffeggiamento mentale e si
voltò a guardarlo,
incuriosito dalla cosa. «Qualcosa di strano? Beh una
é tutta
rosa da testa
a piedi e l'altra veste solo maculato ed ha i capelli dello stesso
colore di un
fanale, ma a parte questo io le trovo piuttosto normali!».
Shiki
sospirò e
lo guardò sconsolato «Beh, giacché tu
vesti come
un pagliaccio, immagino
non possa essere altrimenti... » lo prese un po' in giro,
niente di
più.
«Ehi! Io ho uno stile tutto mio e spettacolare, non osare
insultarlo!
Ricordati che le ragazze mi venerano anche per questo!»
bofonchiò non
seriamente arrabbiato, sapeva benissimo che il cugino si divertiva
così, anche
se non gli perdonava di farlo a sue spese.
«In ogni caso, mister monocromatico, cosa ci vedresti di
così strano in
quelle due?» domandò seriamente incuriosito. Shiki
assottigliò lo sguardo,
voltandosi a guardare il cugino, l’aria seriamente
preoccupata. «Non ne
sono ancora sicuro, in ogni caso meglio tenerle d’occhio,
quando stai con loro
resta in allerta… ».
«Mh... se lo dici tu… » rispose il
cugino, stranito. «Beh»
riprese Shiki «Io vado a controllare i miei turni di pulizie,
ti lascio
finire di disfare i bagagli». Uscì dopo un
semplice cenno
d'assenso di
Natsu, richiudendosi la porta alle spalle e lasciandolo solo a
riflettere sulle
indicazioni che gli aveva appena dato.
***
«Sì, tranquilla, avviati senza di me, torno
subito!» furono
le parole
di una Hagumi che si allontanò frettolosamente da Len per
tornare in stanza a recuperare
lo zainetto con gli affetti personali che preferiva tenere con
sé, come
portafogli, cellulare e via discorrendo. Percorse trafelata il lungo
corridoio
e nello svoltare l'angolo andò a sbattere contro qualcuno.
«Ma possibile che mi finisci sempre addosso, Minamoto? Sei un
danno... » La voce era conosciuta. Arretrò di un
passo e
guardò Shiki come si
guarda un quadro di Van Gogh: ammaliata. «Oh... s... salve...
così anche
tu sei qui... » cercò di attaccare bottone, non
voleva farsi
sfuggire
un'altra occasione per parlare con lui.
«Sfortunatamente sembrerebbe di sì…
»
affilò lo sguardo, guardandola
in ogni suo dettaglio probabilmente, come la stesse studiando. Hagumi
arrossì,
lievemente imbarazzata. «Ho qualcosa di strano?»
domandò
innocentemente. Shiki scosse la testa, distogliendo per un attimo lo
sguardo. «A prima vista nulla.» si
limitò a rispondere, tornando sui
suoi
passi ed allontanandosi dalla confettina, ma lei non lo
lasciò scappare così
facilmente. Che cosa voleva intendere con quella frase?
«Ehi aspetta, che cosa intendi con "a prima vista
nulla"?!»
domandò
preoccupata, estraendo dalla tasca della gonna lo specchietto che
portava
sempre con sé e osservando il suo riflesso, cercando
qualcosa di strano sul suo
viso. Shiki si lasciò scappare un sorriso, seriamente
divertito dalla reazione
della ragazza.
«Nulla che intendi tu, non ti preoccupare.».
Lei lo guardò sorpresa, poi sospirò e ripose lo
specchietto al suo posto. «Ti sembro forse strana?»
chiese poi, insistendo un po'. Voleva
capire i suoi pensieri, ne aveva bisogno, per sentirsi di almeno un
passo più
vicina a lui.
«Non penso tu sia strana. Sei una persona originale, certo...
ma non
é
questo il punto.».
Abbassò lo sguardo, puntandolo
dritto negli occhi azzurrini
di lei. Rimasero così qualche secondo, guardandosi fisso
«È come se ci
fosse qualcosa in te che non riesco a spiegarmi, come se nascondessi un
segreto
troppo più grande di te... » si zittì
improvvisamente però, alzò lo
sguardo oltre la ragazza ed incontrò il viso del professore
di biologia. E
ancora, da un angolo, svoltò anche il fratello della
confettina. Bloccavano il
corridoio e così, entrambi i nuovi giunti, si fermarono alle
spalle della
ragazza. «Oh, sembra quasi che ci siamo dati appuntamento
qui.». Disse
scherzoso Shiki e Hagumi, che nel frattempo era arrossita come la polpa
di un
cocomero, si voltò di scatto capendo che qualcuno era alle
sue spalle. Si
sorprese nel vedere Shin, una sorpresa che la mise a disagio. E ancora
di più
andò in confusione, quando vide Hiro, o meglio, il professor
Shibata. Oh, mio
dio, era accerchiata! Il fratello con cui aveva un rapporto troppo
oltre la
parentela, il ragazzo che le piaceva e il professore per il quale
provava una
grande stima, così bravo, così bello, ne era
infatuata e... maledizione, ma di
quanta gente era preso il suo mutevole cuore? Brutta situazione. Doveva
trovare
una scusa per fuggire: «Io andrei a... » attimi di
silenzio, mentre
muoveva una manina verso destra, come per indicare che doveva
proseguire per di
là, ma non ricordava nemmeno cosa era tornata a fare.
«Forse a controllare i tuoi turni di lavoro?»
domandò
ironicamente
Hiro, arruffandole leggermente la lunga chioma. Hagumi per poco non
svenne
dalla gioia, arrossì di botto e andò in tilt
totale.
«Ah... Eh… sì, sì proprio
quello… credo… ohhh… » si
coprì con le
manine lattee il viso ormai in fiamme, accidenti se quello era il
paradiso che
nessuno osasse svegliarla!
Shin si avvicinò alla sorella, l’aria totalmente
gelosa, poi guardò il bel
professore e si rivolse a lui. «Anche noi avevamo qualcosa da
fare!»
bofonchiò visibilmente scombussolato dalla reazione della
sorella nei confronti
di due ragazzi che non erano lui. Sentiva il cuore che gli stava
scoppiando di
dolore, che sensazione orribile la gelosia.
«Sì, Minamoto, ero venuto appunto a cercare tua
sorella!»
rispose il
professore dai capelli albini e sottili come fili argentati,
rispondendo al
fratello visibilmente geloso a vista di Shiki ed Hiro, probabilmente
Hagumi era
proprio l'unica a non essersene resa conto. «Hagu, si tratta
dell'articolo
riguardante il campeggio che dovrai scrivere per il giornale della
scuola,
vieni nel cottage dei professori alle diciannove, che ci saranno anche
gli
altri per discutere i punti che dovrai affrontare,
d'accordo?» la
ragazza
annuì e il bel Shibata si congedò con un solo
cenno del capo. Lei lo guardò
adorante finché non svoltò l'angolo, poi
rinsavì e fece spallucce. «Scusate ragazzi, ho
mollato Len da sola, mi sono scordata. Shiki poi
lo
continueremo quel discorso eh... ciao ad entrambi!» Fece un
cenno della
manina e sparì come il suo predecessore. Shin rimase a
bollire di rabbia,
affianco a Shiki, che lo guardò perplesso, prima di roteare
gli occhi. «Minamoto, l'incesto é una cosa
illegale, lo sapevi?»
borbottò prima
di andarsene pure lui, mollandolo lì da solo. Shin rimase
sorpreso di quelle
parole. Ma l’aveva scritto in fronte? Abbassò lo
sguardo, con un'espressione
infinitamente triste. «Lo so anch'io, cosa credi...
».
***
Allontanò
un ramo che si parò davanti, per aprire il passaggio
alla riva del fiume, aveva bisogno di rilassarsi e stare un attimo per
conto
suo. Era davvero di pessimo umore, ma quella volta non ci riusciva a
sfogare
tutto facendo finta che alcool e feste potessero farla stare realmente
meglio.
Si sedette su un enorme masso sulla riva del fiume, quindi si
levò gli stivali
ed immerse i piedi nella fredda acqua, ignorando totalmente di stare
bagnando
le autoreggenti nere, sarebbe stato troppo complicato levarsi tutto.
Alzò lo
sguardo al cielo, assaporando il calore del sole che stava ormai
affievolendo
per l’arrivo della notte ed ascoltando il canto dei grilli
che avevano iniziato
a uscire allo scoperto. Chiuse gli occhi, come a voler imprimere quel
momento
nella sua mente, quando il rumore di alcuni rametti spezzati la fece
mettere in
allerta e voltare nella direzione da cui proveniva.
«Ah sei tu Akira, che spavento mi hai fatto
prendere!».
«Chi pensavi che fosse, un vampiro?» Chiese lui
sorridendo mellifluo,
prima di avvicinarsi e sedersi al suo fianco, senza accorgersi che la
sua
battutina l'aveva fatta sussultare. «Che ci fai qui? In
genere sei una
festaiola, sempre in cerca di svago e confusione... » era
seriamente
sorpreso, tant’era che l'aveva seguita apposta, incuriosito
dal suo
allontanarsi in completa solitudine dal camping. Lei scrollò
le spalle, ma non
disse nulla, non sapeva cosa avrebbe potuto dirgli. Che anche i
festaioli
avessero bisogno di stare da soli, talvolta? A questo poteva arrivarci
da solo.
Però apprezzò non poco il suo interessamento.
«E tu, invece, che ci fai qui?» domandò
lei, come se
già non lo
sapesse. Era semplicemente curiosa di sentirglielo dire e non era certo
cosa di
tutti i giorni. Lui sorrise, sedendosi accanto a lei, imitandola
levando gli
stivali e mettendo a mollo i piedi nel fiume.
«Acc… come fai? È gelida!»
domandò
sorpreso, levandosi subito dalle
fredde acque.
Lei ridacchiò un pochino, quasi nervosamente.
«Oh, sono un animale a sangue freddo, io.» Gli fece
una linguaccia,
continuando poi a sorridergli.
Lui scosse il capo, sorridendo «Già, immagino che
se i
vampiri esistessero
sarebbero loro a dover avere paura di te.» Poi un altro
sussulto
impercettibile da parte della giovane, che dissimulò con un
colpetto di tosse «Hai la carnagione così bianca,
i capelli così
rossi... potresti sembrarlo
sai, un vampiro intendo. » Si avvicinò solo un po'
al suo
volto, per
osservarla meglio «Le labbra, i denti bianchissimi...
scommetto che da
questa distanza, se mi sorridessi, potrei scorgere i canini
affilati!».
Himiko sobbalzò, allontanandolo con una leggera pressione
della mano. Poi rise.
«Ma dai, che vai dicendo, così mi metti in
imbarazzo! E
poi… »
assunse uno sguardo malizioso, guardandolo dritto negli occhi
«… con
questo tuo atteggiamento potrei quasi pensare che tu sia ammaliato da
me e che
finalmente le mie avances nei tuoi confronti abbiano dato i suoi
frutti… ».
Il moro la guardò un po’ imbarazzato, non sapendo
bene cosa risponderle, ma lei
riprese a ridere, spezzando la tensione, levando i piedi
dall’acqua e alzandosi
in piedi, lo sguardo rivolto verso il tramonto.
«Guarda, è veramente stupendo… pensa
che brutto,
se davvero fossi un
vampiro, non potrei apprezzare certi piaceri della vita, come questo
bel
tramonto del resto… ».
Anche Akira si alzò, ma non si voltò verso il
tramonto. «E chi dice che la
leggenda dei vampiri che s’inceneriscono al sole debba essere
vera?»
chiese enigmatico, smuovendo un passo verso la rossa, che colta di
sorpresa
arretrò. Un paio di passi e si trovò ad
inciampare in una radice che usciva
dispettosa dal suo posto nel terreno. «ATTENTA!» si
affrettò
ad
allungare un braccio e cingerle la vita, tenendola su, fin troppo
accostata al
suo corpo. «Ti sei fatta male?»
«N-no… » disse in un sussurro lei,
aggrappandosi meglio al
suo petto,
mentre la testa iniziava a girarle fortemente «Sei veramente
interessato
ai vampiri eh? Come mai?».
Lui rise divertito, portando anche l’altra mano sui suoi
fianchi.
«Beh, è un argomento che mi ha sempre interessato
e
tu… mi ricordi molto
uno di questa razza, tutto qui. Non son convinto davvero della loro
esistenza,
ma al tempo stesso sono sicuro che un essere tale non possa esser
scaturito
solamente per mente di qualche scrittore dall’immaginazione
troppo grande, son
sicuro ci sia un fondamento a tutte queste storie di
vampiri.».
Lei alzò lo sguardo, piegando un po' il collo in modo che la
testa s’inclinasse
all'indietro quel tanto perché potessero essere a faccia a
faccia, a una
distanza di pochi centimetri. «Però... »
continuò
lui «... al di
là della tua somiglianza con un ipotetico essere
sovrannaturale, sei tu come
persona che mi hai colpito, Himiko... » il nome fu un
sussurro sulle
sue
labbra, mentre alzava una mano e portava due dita a prenderle il mento,
con
delicatezza. Neanche il tempo di lasciarle capire cosa stesse
succedendo, che
aveva già appoggiato le labbra su quelle di lei, ma nessuna
dolcezza in tutto
ciò, più che altro fu travolta da una passione
inaspettata, mentre la sua
lingua fremeva perché lei ricambiasse il bacio, cercando di
infilarsi tra le
sue labbra. Si lasciò ammaliare da quel tanto ambito bacio,
ricambiandolo con
la stessa passione, al che lui ruppe il contatto, alzandola leggermente
ed
adagiandola a sedere sul gran masso, riprendendo poi ciò che
aveva lasciato in
sospeso. Himiko si lasciò cadere all’indietro,
trasportando con lei Akira che
si fece sopra in un momento, senza farselo ripetere. Lasciò
giusto un momento
le sue labbra per passare a baciarle il collo, provocandole un gemito,
al che
tornò a concentrarsi sulle sue labbra, lasciando che una
mano s’infilasse sotto
la canottierina leopardata di lei. Poi di colpo lei lo fermò.
«Aspetta c’è qualcuno…
» lui la
guardò confuso «Siamo soli qui…
guarda che se non vuoi andare avanti basta dirm… »
lei
però lo interruppe «Ti dico che ho sentito un
rumore.».
Aspettarono qualche attimo, ma nessuno si fece vivo e nessun altro
rumore
spezzò il silenzio. Solo che ormai il momento era passato.
«È meglio se torniamo al campeggio.»
disse solo lui, un po'
imbarazzato, mentre sfilava la mano da sotto i suoi abiti e si spostava
da lei,
porgendole poi una mano per aiutarla a rialzarsi. Incanto spezzato.
Almeno per
ora...
***
Arrivarono
mano nella mano al focolare che gli insegnanti avevano
allestito per la cena di quella sera: salsicce e marshmellows! Tutti
gli altri
erano già davanti al fuoco, intenti a cucinare qualcosa sui
loro bastoncini.
Non appena vide arrivare i due, Misa si alzò in piedi,
sventolando la mano per
segnar loro la posizione di dove si trovavano tutti.
«Ehy brutti porcelloni, ma dove eravate andati a finire? Ci
sono dei
bei
posticini imboscati per del sesso selvaggio allora?!»
domandò divertita ai
due, Akira arrossì violentemente e si sedette accanto ad
Himiko che aveva già
preso posto al fianco della rossiccia.
«Smettila… » le disse solamente Himiko,
prendendo anche lei
un
bastoncino, iniziando ad arrostire un marshmellow.
«I bambini non dovrebbero parlare di sesso, ma pensare a
giocare ancora
con le bambole!» la canzonò Shiki, il quale
sembrava proprio
non
sopportare la ragazza pel di carota. «Ah sì... non
è che nella vostra
imboscata avete coinvolto pure mio cugino? È scomparso da
qualche ora.»
Aggiunse poi il moro, che si teneva un po' spostato rispetto al gruppo,
non
amava particolarmente mangiare in compagnia, aveva appoggiato la
schiena al
tronco di un albero e, sigaretta tra le mani, osservava tutto un paio
di metri
più in là. Stava per tirare un'altra boccata,
quando qualcuno gli rubò la
paglia dalle dita «Ehi, che cavolo... !». «Vergogna,
Shiki,
queste
cose fanno male alla salute, lo sai?» stavolta fu lui ad
essere
canzonato,
dall'altra gemella per la precisione. Hagumi era schizzata in piedi,
quando
l'aveva scorto accendersi una sigaretta da lontano ed era accorsa per
mettere
fine a tale scempio per la sua vista. La ragazza gettò la
sigaretta a terra e
la spense con la suoletta della scarpina rosa, sotto lo sguardo
stravolto di
Shiki, una sua versione inedita e quanto mai rara, quindi si
voltò verso la
sorella e la guardò sospettosa «Natsu era venuto a
cercarti
per chiederti
scusa, non é che l'avete visto, mentre facevate le vostre
porcellate?»
insomma, ci si mise anche lei ad infierire.
«Ti ci metti anche tu?!» sbottò
arrossendo Himiko «Non
stavamo
facendo proprio niente e no non l’ho visto!» un
momento, si
ritrovò a
riflettere. Natsu la stava cercando? Per chiederle scusa? Stava forse
arrivando
la fine del mondo? Al che s’introdusse Akira. «A
dire il
vero, quando
eravamo al fiume, Himiko ha sentito dei rumori, forse poteva essere
lui… ».
«Ah, chissà quanta invidia avrà provato
quel
poveretto!» rise
divertita Misa «Lui nemmeno ha potuto minimamente palparti il
seno che
si
è ritrovato la faccia gonfia di botte!».
Hagumi non disse nulla al commento di Misa, ma notò Himiko
arrossire di botto e
zittirsi. Qui iniziava ad essere tutto molto sospetto, ma convenne con
se
stessa e la sua coscienza che era meglio cambiare discorso.
Abbassò lo sguardo
un attimo verso sinistra e beccò Shiki che stava per
accendersi un’altra
sigaretta. «Ancora?! SORVEGLIANTEEEEE! QUI C'È UNO
CHE
TRASGREDISCE AL
REGOLAMENTO!» ok, l'avrebbe odiata a morte e sarebbe stata la
fine di
un
possibile rapporto mai iniziato, ma non poteva proprio ignorare la
cosa, era
più forte di lei. Il suddetto sorvegliante quasi si
strozzò al suo urlo, povero
Shin, e dovette alzarsi per andare a controllare cosa stava succedendo.
«Haguchan, che hai da scampanellare con quella vocettina
trillante che
ti
ritrovi?» chiese scherzoso avvicinandosi al gruppo,
portandosi affianco
alla sorella e guardandola divertito, ma con infinita dolcezza. Lei
bofonchiò
qualcosa riguardo al non prenderla in giro per la vocetta sottile e un
po'
infantile che non accennava proprio ad abbandonarla, poi
indicò con un ditino
Shiki. Shin guardò il ragazzo, l'accendino in una mano e la
sigaretta
nell'altra, quindi rammentò che quel ragazzo sapeva tutto
riguardo il
sentimento che covava dentro di sé. Non riuscì a
dirgli nulla, distolse lo
sguardo e tergiversò alla bell'e meglio «Mh,
Himiko, hai i
capelli tutti
scombinati, non é da te... » meglio buttare
l'attenzione su
qualcun altro,
mentre mentalmente pregava perché sua sorella non lo
ammazzasse di botte. Cosa
che, ovviamente, accadde. La rossa si avvicinò al fratello,
gli tirò il solito
scappellotto dietro la nuca e si allontanò diretta verso i
bagni, alla ricerca
di uno specchio per sistemarsi meglio. Nel tragitto in direzione dei
servizi
non troppo distanti dall’accampamento,
s’imbatté in Natsu che, manco fosse un
clone del cugino, era anche lui appoggiato ad un albero a fumarsi una
sigaretta.
«Ti conviene non farti vedere da Hagumi, ti sgriderebbe sai?
In ogni
caso
sarebbe ora che tu ti facessi vedere dagli altri, ti stanno
cercando.» Lui
girò appena la testa, posando lo sguardo sulla rossa, non
avendo realmente la
necessità di guardarla per riconoscerla, la sua voce
l’avrebbe distinta fra
mille. Era pur sempre la vocalist della sua band.
«Tua sorella? No, con me si é arresa, che vada a
fare la
piattola con
qualcun altro... » borbottò atono ed Himiko rimase
molto
stranita per
questo tono, soprattutto parlando di Hagumi, siccome normalmente
passava i tre
quarti del tempo a venerarla ed idolatrarla. Natsu alzò un
sopracciglio
all'espressione un po' ebete che si era dipinta sul suo volto, si
lasciò
sfuggire una breve risata e sospirò, gettando il mozzicone
lontano ed alzandosi
in piedi, un paio di pacche sui jeans stracciati per spolverarli dal
terriccio. «Non fare quel musetto, Himiko, lo sai che la
adoro. Lascia stare sono
un
po' nervoso, oggi pomeriggio ho visto qualcosa che mi ha lasciato
infastidito.
Ad ogni modo vorrei chiederti scusa per il macello di stamattina nel
pullman...
insomma... lo sai... non é che lo avessi fatto apposta,
eh... ».
Lei parve rilassarsi e la tensione di tutta quella mattina sembrava
svanire in
un momento.
«Allora è proprio vero che sei andato a farti fare
il
vaccino contro la
rabbia.» Lo guardò incuriosita da quel suo strano
atteggiamento,
solitamente non le chiedeva mai scusa e dopo una litigata, passavano ad
un’altra di queste, senza però metterci reale
cattiveria. «Mi sorprende
che tu mi domandi scusa, in fondo, da come dici, non l’hai
fatto apposta no? Se
ti scusi, sembra che ti addossi la colpa di un fatto. »
sorrise,
contenta
però di quel piacevole cambiamento. In fin dei conti, non
era neanche brutto
far finta di andare d’accordo per un minuto soltanto.
«Scusami anche tu,
non so perché me la sono presa tanto... ».
Lui sorrise di rimando, prima di scrollare le spalle, come a voler
scrollarsi
di dosso anche tutti quei brutti pensieri che nel pomeriggio l'avevano
torturato. «Fa niente, ormai ci sono abituato ai tuoi
cinquini, ogni
tanto
mi fanno bene.» rise «Beh, spero con questo che le
cose siano
risolte. Ci si becca in giro, né!» Si
voltò e si
allontanò dandole le
spalle, dopo solo un cenno della mano. Lo sguardo un po' cupo, ma lei
ormai non
poteva più vederlo e si cullò per qualche tempo
nella convinzione che tutto fosse sistemato.
***
Da brava vegetariana, non aveva perso troppo tempo a fuggire via dal
falò dove
l'odore di carne bruciata era un po' troppo per le sue narici.
Sicuramente una
scelta particolare, quella di evitare la carne, ma fatta da lei in modo
consapevole, per un motivo ben preciso. Gli occhi azzurrini di Hagumi
vagavano
nel buio della notte, sul sentierino che portava al cottage dei
professori,
dove Hiro Shibata e gli altri in campeggio con loro la stavano
aspettando per
discutere del famoso articolo. Era molto grata al professore di averle
dato una
scusa per sgattaiolare via proprio all’ora di cena, dopotutto
era al corrente
della sua debolezza. Raggiunse la costruzione di legno e muratura e
diede due
colpetti alla porta d'ingresso, che notò essere socchiusa.
Non giunse nemmeno
un suono dall'interno, così la spinse lentamente e con un
cigolio sonoro la
spalancò completamente. «Professor
Shibata?»
squittì incerta, prima
di compiere qualche passo all'interno. Rimase un attimo sulla soglia,
prima di
richiuderla alle proprie spalle ed inoltrasi nella stanza
«Hiro?»
chiese ancora, con una confidenza particolare. Dopotutto non erano
propriamente
degli sconosciuti; poi un rumore proveniente da un'altra stanza,
qualcosa
nell'aria che le fece sospettare che le cose non stessero bene. Si
affrettò
verso la camera e spalancò la porta con un gesto deciso.
Hiro era all'interno e
tra le sue braccia aveva una studentessa del primo anno. La conosceva
bene
perché sua kohai nel club di medicina.
«HIRO!» Corse
incontro ai due,
cercando di attirare l’attenzione dell’uomo verso
di sé.
«Hiro, HIRO! Guardami, su forza, guarda me!» lo
implorò,
mentre gli
occhi color del sangue dell’uomo tornarono della loro normale
colorazione grigiastra. «Ecco, da bravo… ce la
fai… su… ».
Il professore si ritrovò ad ansimare, afferrando con forza
le braccia della
confettina.
«Portala via da qui, ti supplico… »
Hagumi non
poté far altro che
annuire ed accompagnare faticosamente fuori la ragazza, facendole
riprendere i
sensi e inventando la scusa che l’aveva trovata svenuta
davanti alla soglia e
che le consigliava un buon riposo. Non appena riuscì a
congedarsi dalla sua
kohai, si affrettò a raggiungere Hiro, che aveva un pallore
al di fuori del normale,
anche per il suo status.
«Scusa io… io non ho resistito… avevo
bisogno… di vero cibo… ».
Lei sorrise come per rincuorarlo, gli andò incontro e
allungò una mano verso il
suo viso, per sfiorargli la guancia con le dita, delicatamente.
«Non ti
preoccupare. Fortuna che sono venuta in tempo! Lo sapevi vero che
stasera non
ce l'avresti più fatta a resistere? È per questo
che mi hai dato un orario
serale, avremmo potuto vederci nel pomeriggio.»
sospirò,
abbassando poi la
mano, allontanandola dal suo volto «Sei stato bravo,
davvero!»
cercò
infine di tirarlo su. Lui la guardò qualche istante, come
rapito, quindi si
voltò altrove, non sapendo bene cosa dire. Quella ragazza
era un angelo, da
quando la conosceva, non aveva più fatto del male a nessuno,
gli era sempre
stata accanto mentre lottava per resistere alla tentazione, per
abituarsi. «Vieni!» disse poi lei, distogliendolo
dai pensieri negativi che
ancora una volta lo assalivano e lo torturavano. Lo afferrò
per mano e lo
condusse verso il letto, dove lo fece sedere. «Resta qui, che
io vado
in
infermeria. È un po' che ti controllavo, sapevo che non
stavi bene, sei
indebolito... da cosa? Ti sei ferito? Hai perso molto sangue?».
Lui scosse la testa, dispiaciuto «Diciamo che forse
l’impatto
con la dieta
è stato un po’ troppo forte per me… son
abituato a nutrirmi più
consistentemente come ben sai… lo so, lo so, me ne devo
vergognare, ma è
irresistibile la tentazione… ».
Hagumi lo guardò comprensiva, rassicurandolo «Lo
so bene,
non ti
preoccupare, non posso di certo esser io a biasimarti. Cerca di stare
buono e
non uccidere nessuno finché non torno con la
pappa!» gli
fece
l’occhiolino, per tirargli un po’ su il morale.
Hiro la osservò uscire dalla
stanza, mentre a fatica si spostava nel letto fino ad appoggiarsi alla
parete.
Non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lei, probabilmente sorpreso a
cacciare
qualche vittima, sarebbe stato assassinato da qualche cacciatore.
Correva a perdifiato, cercando di non inciampare nei sassi del sentiero
che la
conduceva all’infermeria. Si affrettò ad entrare
di soppiatto nel locale, che
fortunatamente era sempre aperto nel caso di qualche emergenza, si
avvicinò al
piccolo frigo che teneva le scorte d’emergenza di sangue,
scelse un AB+ e
infilò un paio di sacche ematiche nello zainetto. Richiuse
tutto e uscì, ben
attenta a non farsi vedere da nessuno. Pochi passi più
avanti, però, una voce
familiare la costrinse a fermarsi e a voltarsi. Deglutì
nervosa. E se l’avesse
vista?
«È pericoloso per una ragazza girare da sola, con
questo
buio, a quest’ora
della notte.» Era Shiki, che l’aveva ormai
raggiunta.
Buttò la sigaretta a
terra e la spense schiacciandola con il piede destro, aspettandosi
già un
rimprovero dalla confettina, rimprovero che, però, non
sembrava arrivare.
«Ah… si giusto, stavo, infatti, ritornando al
nostro
bungalow!» provò
a trarsi d’impaccio lei.
«Dalla parte opposta del campeggio?»
domandò lui sospettoso.
Hagumi iniziò a sudare freddo. Mannaggia, ma proprio lui
doveva incontrare? E
proprio in quel momento? Temeva seriamente per Hiro, fortunatamente era
troppo
debole per muoversi, ma se qualcuno fosse entrato lì e
l’avesse visto… e se lui
accecato dalla fame non avesse resistito…
«Uhhhmm... » Deglutì, cercando una scusa
plausibile per
cavarsi
d'impiccio, ma non le veniva in mente proprio nulla, il cervello
sembrava
essersi svuotato. «Ecco, in realtà facevo il giro
lungo
perché... é una
così bella serata, speravo di incontrare qualche lucciola,
sì!» scusa poco
plausibile, ma meglio di quello non le venne proprio nulla.
«Le... lucciole... ?» chiese lui quasi perplesso e
decisamente
cinico. «Stai cercando di farmi passare per stupido? Beh, se
devi
andare a
qualche incontro romantico, non sarò io a giudicarti, ma
quell’idiota che
dovevi vedere non poteva darti appuntamento in un luogo un
po’ più sicuro? Dai,
ti accompagno io, dove devi incontrarlo?».
Hagumi per poco non cadde a terra per lo stupore. Incontro romantico?
Da dove
gli usciva un’idea simile? Beh, poco male, se non altro
l’aveva distratto dal
reale motivo della sua scampagnata notturna.
«Oh non ti preoccupare, è proprio qui dietro, va
pure
tranquillo!» si
affrettò a rispondere lei, salutandolo con un cenno della
mano e avviandosi già
in direzione di Hiro. Lui però sembrava non voler mollare.
«Non fare la stupida, ti dico! Stanotte è
pericoloso,
c’è… no, nulla, ma
non vorrei averti sulla coscienza, fatti accompagnare!».
«C'è... cosa?»
chiese aggrottando la fronte, quasi certa che
stesse
dicendo qualcosa d'importante, ma il discorso non ebbe modo di
continuare,
interrotto da un nuovo arrivo. «C'è qualche
problema?»
la
voce
gentile e calma di Shin attirò l'attenzione dei due, che si
voltarono a
guardarlo. Lo sguardo di Shiki s’illuminò, come se
avesse appena fatto due più
due. «Oh, capisco... incontro romantico... tuo fratello...
immagino
tutto
torni!».
La ragazza rimase di stucco «Prego?».
«Cercate
almeno di non farvi vedere dai professori, dubito
approverebbero… »
detto questo, quasi divertito, se ne tornò sui suoi passi,
riservando
l’ultimo sguardo a Shin, il quale non apprezzò.
N’era certo, quel dannato
moccioso gli avrebbe ben presto procurato dei bei problemi.
«Ah Shin, grazie al cielo… non sapevo
più come
trarmi d’impaccio… Hiro… »
ma lui la fermò. «Lo so, l’ho
percepito… sono corso subito al suo
bungalow e mi ha detto che eri venuta qua da sola, quindi son venuto a
controllare… affrettiamoci… »
timidamente le
afferrò la mano, avviandosi
davanti a lei, sentendosi più sicuro, anche se ben conscio
per loro non ci
fosse nessun reale pericolo.
Un battito saltato quando lui le afferrò la mano, ma
cercò di non dare peso
alla cosa, era certa che il motivo fosse la mancanza di abitudine ad
avere
contatti fisici con lui. E poi era il momento di pensare ad Hiro, no?
Sicuramente meglio affrettarsi.
...
continua....
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Capitolo 2
A
Song Of Eternal Creatures
Capitolo
2
Era sdraiata
tranquillamente sul suo futon, sorseggiando una
birra, mentre Misa finiva di ripassarsi il trucco, tra un sorso e un
altro di
whisky. «Dai,
come stai leggera stasera, non dirmi che non hai
intenzione di far
irruzione dai ragazzi!»
le domandò infastidita la ragazza
pel di carota,
voltandosi in direzione della rossa e rovesciando
un’abbondante porzione di un
altro alcolico nel suo bicchiere ormai vuoto. «Akira
è stato
così
soddisfacente da toglierti ogni possibile voglia di qualche
bell’uomo?».
Himiko
sbuffò, un pochino irritata. «Mi
spieghi per quale motivo,
oggi,
insisti tanto per sapere tutti i dettagli con Akira? Te l’ho
già detto poi,
nulla di piccante che possa soddisfare la
tua curiosità.», «Non
sono insistente io, sei tu che sei semplicemente strana!»
borbottò
allacciandosi il reggicalze poco sopra l’altezza del
ginocchio, lasciandolo ben
visibile fuori della minigonna di pelle nera, com’era
consueta abitudine sua e
di Himiko. Le due erano amiche dai tempi delle medie, ormai, ed il
motivo
principale per il quale si erano avvicinate al tempo fu proprio la
condivisione
di molti interessi, compresi lo stile nel vestirsi e nei modi di fare:
Misa era
poco più bassa di Himiko, appena un paio di centimetri in
meno, ed aveva anche
lei lunghi e scalati capelli rossi, di una tonalità
però meno ciliegia, più
ramato, grandi occhi nocciola ed abiti succinti alternativi che
avvolgevano un
corpo formoso, anche se meno di quello dell’amica. Una reale
differenza era la
sua predilezione per il nero e tinte comunque scure ed unite, mentre
Himiko preferiva
le macule; oltretutto avevano la stessa passione per la musica glam,
l’alcool e
le avventure di una notte dopo le quali preferivano tagliare i ponti e
non
saldare legami, più che altro per l’estrema
sensibilità di cui entrambe erano
dotate, non volevano legarsi a nessuno, avevano già sofferto
per amori andati
male ed avevano deciso di chiudere il loro cuore e saldarlo,
allontanandolo da
tutti; o, almeno, così pareva.
È
un mese che sbavi dietro ad Akira, lui ti salta addosso e
tu non ci combini niente, in più la fai sembrare
una cosa normale!»
Misa era davvero sospettosa di quel comportamento, non era da Himiko. «Sarà
che non erano la giornata e il posto giusto.»
ipotizzò la
rossa, bevendo avidamente un altro sorso di birra dalla bottiglietta di
vetro
verde «In
ogni caso ora che so che anche lui è attratto da
me, non avrò
problemi a concludere, ne venisse voglia.»
Misa roteò lo sguardo, ora seriamente scocciata. Chi diavolo
era quell'essere noioso e apatico? Rivoleva la sua migliore amica, la
più fantastica compagna d'avventure pazzoidi, quella con cui
poteva sempre divertirsi. «Non
so che diavolo t'é preso oggi, davvero,
dall’incidente con Natsu sei
strana, hai perfino picchiato quel gran pezzo di ragazzo solo
perché ti ha
tastato, involontariamente aggiungo, il seno. Fossi stata in
te, avrei
provveduto ad infilargli la lingua in bocca, altro che picchiarlo.
Anche se
sembra che tu non te ne accorga, quello sì che è
davvero un bel figliolo!»
Dopotutto, neanche la qui presente pel di carota era rimasta
indifferente al
fascino del biondo e tutto di lui lo attirava: i capelli biondi lunghi
quasi
fino a metà schiena e scalati, gli occhi di un turchese
sublime, sempre calcati
da una pesante matita nera a fare da risalto al colore chiaro, la pelle
fin
troppo candida per essere un ragazzo, il fisico asciutto e ben piazzato
e
l’altezza. Sì, certamente Natsu era molto alto,
sovrastava entrambe di almeno
quindici centimetri, se non di più, e la cosa era davvero
allettante. Insomma,
in Giappone ragazzi così erano più unici che
rari, il che faceva supporre che
il ragazzo avesse parenti stranieri, o in ogni caso radici lontane.«E
vacci allora se tanto ci tieni!»
rispose ora
seriamente irritata Himiko, lanciando la bottiglia nel cestino ed
aprendone
subito un’altra, prendendone un’abbondante
sorsata. Misa
la guardò sconvolta, ancora una volta scombussolata
dallo strano
atteggiamento della rossa, si limitò a congedarsi con
un «Spero
tu
rinsavisca in fretta!»
e si avviò a caccia
d’uomini, pronta a fare irruzione
in qualche stanza contente bei maschietti.
Himiko
si girò dall’altra parte e si portò
sotto le coperte,
accendendo il lettore mp3 che ancora non aveva restituito ad Akira,
lasciandosi
cullare dalle melodie fino a addormentarsi profondamente.
Alcune
ore più tardi si risvegliò totalmente
confusa, la luce
ancora accesa le permise di vedere l’orologio sopra la
scrivania che segnava
già le tre del mattino, accanto a lei il futon di Misa
ancora vuoto.«Ma
dov’è finita quella pazza?»
si ritrovò
a pensare,
preoccupata. D’accordo, lei non era di certo una
che, quando andava a
rimorchiare, guardava l’orario, ma con il coprifuoco alle
undici e la sveglia
alle sette del mattino anche un’irresponsabile come Misa
avrebbe fatto ritorno.
Si alzò, infilò gli stivali e una giacchetta per
ripararsi dal fresco serale e
uscì dalla stanza, avviandosi in fondo al corridoio.
Bussò un paio di volte
alla porta del fratello, ma non ricevette risposta. Provò ad
aprirla piano, ma
non poté far a meno di rimanere sorpresa nel trovare la
stanza vuota e il futon
ancora fatto. Che i professori assieme ai sorveglianti avessero deciso
di far
baldoria fino a tardi? Fece spallucce e lasciò correre,
decise di provare a
vedere se Akira fosse stato disposto ad accompagnarla nella ricerca
della ragazza,
ma spiacevolmente notò che il bel moretto aveva il sonno
particolarmente
pesante, quindi neanche il fatto di avergli infilato le cuffiette del
suo
stesso lettore mp3, a massimo volume, l’avrebbe destato.
Sbuffò scocciata,
aveva sperato veramente che uno dei due ragazzi potesse aiutarla, lei
mica
poteva infilarsi nella camera di ogni ragazzo con la scusa di aver
sbagliato
stanza, l’avrebbero presa di sicuro per una maniaca! «E
ora
che faccio?»
piagnucolò sconsolata,
lasciandosi scivolare
contro la parete del corridoio, fino a sedersi sul freddo pavimento,
quando il
suo sguardo cadde sulla stanza accanto alla sua. Forse,
giacché sembrava
avessero fatto pace, poteva chiedere il favore a Natsu.
Provò a bussare piano
alla porta, senza però ricevere risposta e, ipotizzando che
il biondino avesse
il sonno pesante, la spalancò, lasciando che la luce del
corridoio illuminasse
la camera. La scena che le si parò davanti, però,
non poté fare a meno di
spiazzarla totalmente.
«Ehm… scusate… stavo
cercando te… e te… ma
vedo che state bene entrambi eh? Ciao!»
balbettò totalmente
imbarazzata
uscendo in fretta e furia, il viso in fiamme, mentre i due occupanti
della
stanza la stavano guardando scombinati e sorpresi, interrotti proprio
sul
dunque.
Percorse
il corridoio con
un imbarazzo secolare a tenerle compagnia, come aveva fatto a non
pensarci? Era
stata proprio lei dopotutto a dire a Misa di andare da lui ed era
ubriaca,
ovvio che l'avrebbe presa alla lettera. Misa e Natsu; che strana
sensazione.
Aveva lo stomaco che ribolliva, sentiva che a breve avrebbe vomitato,
ma non
riusciva a spiegarsi il perché di quella reazione. Sorpresa?
Era scossa, di
certo. Inoltre doveva trovare Hagumi, ma non la percepiva lì
attorno, bensì
dall'altra parte del camping. Si avviò all'uscita del
cottage ed imboccò il
sentiero più veloce per raggiungere la sorella.
***
Si
lasciò scappare un sospiro, mentre la porta si richiudeva
con
una forza inaudita. Si alzò dal futon e
s’infilò i boxer, prese una paglia dal
pacchetto sulla scrivania e l’accese, avvicinandosi alla
finestra e
spalancandola.
«Ehi
che ti prende?! Non vorrai mica lasciarmi qui così come
un’ebete?»
gli domandò la rossiccia, alzandosi e
avvicinandosi al ragazzo,
poggiando le mani sul suo petto, passando poi a circondargli il collo
con le
braccia e appoggiandosi con l’intero corpo a lui «Dai,
te la
faccio
tornare io la voglia, non temere.»
Disse
maliziosa, mentre
cercava il contatto con le sue labbra, lui, però,
voltò il viso, aspirando un
altro tiro dalla sigaretta.
«Non
ti capisco!»
sbottò lei infastidita, lasciandolo andare e sedendosi sul
bordo del letto. La
testa sembrava scoppiare, stava passando la sbronza bella pesante che
si era
presa prima di raggiungere Natsu e come al solito, quando questa
dissipava,
tutto ciò che rimaneva era un pessimo stato mentale e
fisico. «Vai
a
dormire, Misa... alle sette abbiamo la sveglia, sono stanco.»
disse
lui,
gelido, mentre si piegava a raccogliere i vestiti della ragazza e a
porgerglieli. Lei rimase un attimo in silenzio guardandoli, poi
alzò gli occhi
su di lui, brillavano di lacrime. C’era rimasta davvero male,
era tanto che
sognava di avvicinarsi al biondo. Era tanto che lo amava in silenzio, e
finalmente, quando il suo desiderio sembrava starsi avverando, sfumava
tutto
così. Per Himiko, poi. Assurdo! «Dimmi
perché hai
reagito così all'entrata
di Himiko? Non é che ti piace?»
Lui
sembrò un attimo smarrito, poi lasciò cadere i
vestiti della
ragazza, che sembrava non volerseli riprendere.
«Non
dire sciocchezze, semplicemente non mi piace essere disturbato in
certi momenti, di certo non mi accende la passione.».
Ma nel suo
tono glaciale, la voce sembrava tremare. Misa si alzò,
avvicinandosi a lui e
tirandogli uno schiaffo.
«Sei
un bugiardo! Non ti fai schifo? Baciami con tutta la passione che
possiedi, se ciò che dici è vero! Dimostrami che
non ero la prima arrivata che
era abbastanza decente da soddisfare le tue voglie sessuali!» le
lacrime
scesero copiosamente, senza soluzione per frenarle.
Lui
la guardò
esterrefatto, massaggiandosi la guancia con
perplessità. «Ma
chi ha mai
affermato che eri qualcosa di più, scusa?»
borbottò incredulo, porgendole
ancora una volta i vestiti. «Vattene,
Misa. Se volevi farmela
completamente passare, la voglia, col tuo schiaffo ci sei riuscita in
pieno.».
Voleva solo starsene da solo con i suoi pensieri. Era lei che si era
presentata
ubriaca da lui, spogliandosi sotto il suo naso, era pur sempre un uomo,
perché
avrebbe dovuto dire di no? Che diamine ne sapeva che lei fosse
così presa, con
la reputazione che ad ogni gita saltava da un letto all'altro, pensava
di
essere uno dei tanti.
La
rossiccia però sembrò ancora più
incredula di lui, afferrò i
vestiti e non si premurò nemmeno di indossarli.
«Sei
solo un cretino, va al diavolo!»
gli urlò uscendo dal
locale e maledicendolo
con una cascata d’insulti che sembravano non finire mai.
***
Prese
l’asciugamano che stava sulla destra del lavandino,
premendolo leggermente sul viso umido e guardando la sua immagine
riflessa. Era
sazio, quindi finalmente sembrava esser tornato ad un colorito normale,
sempre
cereo, ma sicuramente più vicino alla tonalità di
un essere umano. Uscì dal
bagno, ritornando nella sua stanza da letto. Guardò sorpreso
il ragazzo ancora
presente cercando un’altra figura che, però,
sembrava essersi dileguata.
«Dov’è
Hagumi?
domandò seriamente
sorpreso della sua assenza.
Abitualmente, dopo le sue crisi, non avrebbe mai lasciato il suo
capezzale
senza esser sicurissima che lui stesse bene.
Shin,
seduto su una
poltroncina in un angolo della stanza in penombra, schiena curva in
avanti,
gomiti appoggiati sulle ginocchia e dita delle mani incrociate ad
altezza delle
labbra, si scosse dai suoi pensieri ed alzò lo sguardo su
Hiro, che sembrava
essersi ripreso ed ora chiedeva di sua sorella. «È
corsa via
sostenendo
che Himiko aveva bisogno di lei. Lo sai, quelle due hanno un modo
particolare
di percepirsi che non riusciremo mai a capire.».
Fece
spallucce, quindi abbassò
le mani e continuò «Come
ti senti? Sono rimasto a fare le
veci di Hagumi
per accertarmi andasse tutto bene.».
«Meglio, grazie.»
Disse l'altro, sedendosi nuovamente sul letto e arricciando il
naso «Peccato
che la tua puzza mi ribalti lo stomaco.».
Shin lo guardò esterrefatto, sbuffando un poco. «È
un odore così
forte?»
domandò seriamente preoccupato della cosa e se anche
Hagumi lo
percepiva e ne fosse infastidita?
«Diciamo
che per un
olfatto fine come il mio è parecchio percepibile.»
borbottò il bel
professore, lo sguardo ancora vagamente disgustato «Soprattutto
in
momenti
come questi.».
Il
bruno si alzò in
piedi, preparandosi ad andare via, ma ancora s’intrattenne
qualche istante, per
capire ciò che lo stava incuriosendo. «Ma...
quindi tutti i
vampiri
possono percepire l'odore dei cacciatori?»
chiese inclinando appena il
capo di lato, sorpreso. Hiro scosse la testa, in segno di
diniego. «No,
é
solo una mia peculiarità. Come ben sai ognuno di noi ha un
potere particolare,
il mio é questo, riconoscere l'odore dei cacciatori, in modo
da poter
riconoscere quelli ostili. Tu non sei ostile, ma puzzi lo stesso.»
sbuffò,
arricciando il naso seriamente infastidito. «Ma
almeno hai un odore
lieve,
vista la tua natura. Non hai idea di quanti vampiri e cacciatori ci
siano nella
nostra scuola, é come se si fossero concentrati tutti
lì, non so se per semplice
coincidenza o se siano stati attirati da qualcosa, fatto sta che
intorno al
vostro gruppo ci sono più esseri sovrannaturali di quanti tu
possa immaginare.
Tu puoi riconoscere i vampiri, ma non sei in grado di riconoscere gli
altri
cacciatori, nessun cacciatore può. Non sono certo perfetti
come noi
eterni.»
fu comunque un'affermazione piuttosto atona, non c'era
arroganza,
né ironia nella sua voce; era solo un dato di fatto e Shin
sapeva bene quanto
avesse ragione, i vampiri erano gli esseri perfetti in assoluto, quelli
che la
natura aveva voluto mettere un gradino più in alto rispetto
a tutte le altre
razze, cacciatori compresi che, seppur loro nemici naturali, dovevano
coalizzarsi ed unire le forze per abbatterne anche uno solo. Shin era
seriamente sorpreso dalla cosa. «Mi
stai forse dicendo che devo
iniziare a
preoccuparmi?»
la voce tremava leggermente, mentre i pensieri volavano
lontano, nel futuro, in un eventuale momento in cui cacciatori e
vampiri
sarebbero entrati nuovamente ed inevitabilmente in conflitto. Sarebbe
stata
guerra, anzi un massacro reciproco, come in tempi passati. Si
ritrovò
automaticamente a pensare alle sue sorelline, temendo per la loro
stabilità.
Era da tanto, tanto tempo che non vedeva le due ragazze più
importanti della
sua vita, anche se in modo diverso, così serene e mai
avrebbe voluto che il
loro mondo ora così perfetto venisse turbato. Hiro
però scosse la testa. «Non
per ora.»
si limitò semplicemente a rispondere.
In
un secondo momento
continuò il discorso, dopo aver riflettuto qualche
secondo «In
ogni modo,
data la tua natura, io penserei fin da adesso da che parte schierarmi,
Shinichi. Suppongo però che per te non sarebbe piacevole
affrontare Hagumi ed
Himiko. Soprattutto la prima, immagino.».
Solito sguardo gelido, solita
voce monocorde, eppure sembrava quasi un avvertimento il suo «Quale
sarà
il sangue che predominerà in te?»
chiese infine, enigmatico.
Shin lo
guardò stupito, ma poi si rese conto che con quell'olfatto
miracoloso era
impossibile nascondergli il suo duplice essere. Non disse nulla, quei
pensieri
s’infilarono nel suo cervello con prepotenza e lo
sconvolsero: quale strada
avrebbe scelto? Impossibile darsi una risposta. Guardò Hiro
e fece solo un
cenno del capo, quindi si congedò frettolosamente. Doveva
allontanarsi dal cottage,
quell'uomo, quel VAMPIRO, lo inquietava troppo.
***
Correvano
entrambe a perdifiato, sapendo perfettamente in che
direzione recarsi per trovare l’altra. Il cuore di Himiko
batteva all’impazzata,
al di fuori della corsa che stava facendo. Non era ben certa del
perché fosse
rimasta tanto sconvolta della cosa, in fondo, se a Misa piaceva
realmente Natsu
e viceversa, per lei non c’era nessun problema reale. La sua
mente saettò in un
evento del passato, che lei aveva cercato forzatamente di cancellare:
teneva
per mano sua madre, mentre lei con la mano libera abbassava la maniglia
di una
porta. Ricordava solo la mamma scoppiare a piangere, accasciandosi a
terra e
stringerla forte a sé, dopo aver guardato oltre l'entrata di
quello che
sembrava un ufficio. Un uomo e una donna al loro interno erano
anch’essi
impegnati in un amplesso di dubbia natura. L’uomo al suo
interno aveva lo
sguardo pieno di terrore e osservava la scena, totalmente scosso.
Già. Ma chi
era quell’uomo? Non ricordava di averlo mai visto in vita
sua. Chissà perché
quello strano ricordo le era tornato in mente dopo quella vicenda.
«Himiko!»
urlò la rosetta, che era ora nella sua
visuale, arrivando finalmente davanti alla gemella che accolse a
braccia
aperte, mentre dava sfogo a tutte le sue lacrime.
«Dio Hagu… non
capisco perché… in fondo, sono
solo
Misa e Natsu
no? Eppure… quella visione… mi
ha ricordato
qualcosa di doloroso, ma fa ancora più male il fatto che io
non riesca a capire
nulla di quello che ho visto… e non
conosco il perché di tutto
questo e… oddio, ma perché sto
così?»
domandò confusa quasi più
a se stessa, stringendosi di più alla sorella, che non
capiva realmente cosa
stava balbettando la rossa.
«Ferma,
ferma. Calmati
e spiegati meglio, altrimenti non capisco cosa ti sia successo. Ero da
Hiro, ha
avuto un'altra crisi e poi all'improvviso ho avvertito questa fitta al
cuore,
ho capito subito che eri tu!»
spiegò, allontanandola quel
poco che bastava
ad asciugarle il viso con il dorso della mano e sorriderle piena di
comprensione. «Oh,
lì c'è una panchina. Vieni,
accomodiamoci, così mi
racconta tutto passo per passo.»
la prese per mano e la
invitò a seguirla,
dirigendosi sulla panca di metallo ricoperta di goccioline d'acqua per
l'umidità notturna della montagna. Himiko sembrò
calmarsi un pochino, mentre si
sedeva con la sorella al fianco, prese a guardare un punto indefinito
davanti a
lei, passandosi poi una mano nei capelli con fare nervoso.
«Non
lo
so io… ero preoccupata perché
Misa non era ancora tornata, quindi ho
pensato di cercarla e di farmi accompagnare, ho cercato Shin, ma non
c’era… ho provato a svegliare Akira, ma
neanche le cannonate l’hanno
buttato giù dal letto… allora
ho pensato
a Natsu… solo che, quando
ho aperto
la porta… beh insomma… »
arrossì
visibilmente «Diciamo
che li ho trovati entrambi
ed ehm… insomma, lo
stavano facendo… »
Hagumi la
guardò con un cipiglio. Questo cosa significava? Himiko si
affrettò subito a
fermare il flusso dei pensieri della gemella, che stava già
elaborando qualcosa
di contorto «Ferma,
ferma! Non pensare fossi gelosa o fossi sconvolta
per
il fatto si trattasse di loro due e mi desse fastidio! È
solo che,
quella scena, mi ha
ricordato qualcosa… qualcosa
di doloroso… ».
La
gemella dai capelli
rosa guardò la sorella seriamente confusa. Quale scena
poteva averle evocato
beccare due persone a letto? Ed era un ricordo che apparteneva solo ad
Himiko?
Perché lei non ricordava nulla del genere, per quanto ne
sapesse, non aveva mai
visto nessuno in vita sua fare sesso, né lei stessa l'aveva
mai fatto, da brava
verginella lo conosceva solo per sentito dire e non era neanche certa
che tutto
ciò che avesse sentito su questa... "pratica"... fosse
propriamente
realtà. «Chi
pensi che fossero le due persone del tuo
ricordo?»
chiese poi, cercando di mantenersi razionale.
Himiko
scosse la stessa. «Non
ne ho idea… ricordo
solo chiaramente me e mamma… poi sono
sicura ci fossero anche un uomo
e una donna, le due persone in questione, ma non ho idea di
chi fossero… »
fece spallucce, guardando
ora la sorella negli
occhi, probabilmente Hagumi era ancora più confusa di quanto
lo fosse lei «Scusa,
forse dovrei solamente darmi una calmata e lasciar correre
tutto,
alla fine è una sciocchezza.»
Ma la rosetta scosse la testa,
pensandola
diversamente.
«Non
é una
sciocchezza, niente che ti faccia stare male é una
sciocchezza, sorellina mia.
Stai tranquilla, indagheremo, dobbiamo scoprire cos'è che ti
scombussola,
vedrai che ne verremo a capo. Allungò una manina e le diede
un paio
di pacche sulla spalla, in modo buffo, per farla
ridere un po'.
Himiko fece appena un flebile sorriso, grata alla sorella semplicemente
per
essere com'era e capirla sempre, qualsiasi cosa accadeva.
Aprì nuovamente la
bocca per cambiare discorso, voleva chiederle di Hiro, ma si
bloccò appena in
tempo, quando una voce interruppe i suoi pensieri. «Minamoto!
Che
diamine
ci fai ancora in giro, non ti eri imboscata con tuo fratello?»
la voce
profonda e la parlata un po' rozza di Shiki fece sussultare Hagumi, che
si
voltò a guardarlo terrorizzata; e adesso che s'inventava? Ma
non dovette
inventarsi nulla, quando il cervello elaborò cosa le avesse
chiesto. «Imboscata...
? Credo che tu abbia frainteso qualcosa,
Shiki.».
Il
moro la guardò con un cipiglio, mentre percorreva gli ultimi
passi che lo portavano di fronte alla due. «Che
cosa dovrei aver
frainteso? Due concordano un appuntamento in un luogo isolato a certi
orari
della notte e con
l’evidenza che… »
si bloccò,
illuminandosi «Ahhh,
ma forse allora tu NON sai… »
calcò la negazione, un ghigno
divertito si dipinse sulle sue labbra, mentre intuiva che la rosetta
era
sicuramente all’oscuro dei sentimenti che il fratello nutriva
per lei. Incrociò
le braccia dietro la testa, guardando ora Himiko, di cui sembrava aver
notato
solo in quel momento la presenza; lo sguardo della ragazza era in
fiamme,
perciò dedusse che lei lo sapeva. Degli enormi punti di
domanda sbucarono sulla
testa di Hagumi, ora più confusa che mai, ma fu Himiko a
salvare la situazione. «E
tu cosa ci faresti in giro a quest’ora di notte da solo?
Vai a spiare
le ragazze nelle loro stanze, mentre dormono, per rubare loro la
biancheria
intima?!».
Shiki
sghignazzò
divertito «Minamoto
color semaforo rosso e pensare che ti facevo un po'
più arguta della Minamoto color caramella gommosa. E
soprattutto con un senso
dell'umorismo un po' meno prevedibile.»
il suo, invece, non lo era mai,
tant'é che fece andare Himiko in escandescenze. Hagumi, dal
canto suo,
continuava a non capirci nulla, siccome era sì dotata di
un'intelligenza
spropositata, ma in quanto a furbizia scarseggiava in
modo quasi
scandaloso. «Ad
ogni modo, no, semplicemente non riesco a dormire ed
é
inutile rimanere nel cottage a fare rumore, così ho chiesto
agli insegnanti il
permesso di aiutare i sorveglianti»
più furbo delle due
messe assieme,
senza alcun’ombra di dubbio. Certo non poteva dire alle due
che tornato nella
sua camera e aveva sentito ansimare dietro la porta ed aveva deciso che
era il
caso di farsi un altro giretto.
«Ma
che ragazzo diligente.»
si limitò a dire
Himiko, ora a braccia incrociate e l’aria piuttosto
imbronciata. Ciò portò
Shiki ad essere ancora più divertito. «Sicuramente
preferisco questa tua
versione a quella di piagnucolona, non ti si addice per niente!»
La
rossa
sobbalzò, mentre il viso le andava in fiamme. Che
figuraccia, allora era già da
un po’ che le teneva d’occhio e sicuramente
l’aveva vista piangere. La sua
reputazione era andata a quel paese! Si lasciò scivolare
sulla panchina,
affranta, mentre Hagumi prendeva parola.
«Eri
preoccupato
per mia sorella, l'hai vista piangere, perciò sei venuto a
prenderci in giro
con la scusa che mi avevi vista già prima, per tirarla un
po' su e farle
distogliere i pensieri da ciò che le faceva male.»
disse
quasi psicanalizzandolo,
sorridendo poi pacata in sua direzione «Non
conoscevo questo lato
premuroso di te, Shiki.».
Il ragazzo borbottò qualcosa
d’insensato, prima
di voltarsi ed allontanarsi. «Bah,
donne... sempre a credere di sapere
cosa pensi!».
Le gemelle ridacchiarono, dopodiché Hagumi
puntò intensamente
lo sguardo dietro la sua nuca, sulla sua schiena e lo
osservò andare via con
un'espressione rapita. «È
imbarazzato. Ho fatto centro!»
disse solo,
ridacchiando, voltandosi poi verso sua sorella, che ora la guardava
sorridendo
sotto i baffi ed un'espressione furbacchiona. Una
piccola gomitata nelle costole, per prenderla un po'
in giro «Che
c'è?»
chiese la rosata, arrossendo più dei
capelli di Himiko.
«Ti piaaace… »
sorrise seriamente divertita,
mentre dava una seconda leggera gomitata alla sua adorata
sorellina. «Non
mi avevi detto di essere interessata a qualcuno!».
Hagumi
simulò dei
colpetti di tosse, mentre il viso assumeva tonalità
ora purpuree. Himiko
guardò la gemella, sorridendo ora dolcemente. «È
un tipo interessante in
effetti, nella sua indifferenza per tutto e per tutti, riesce lo stesso
ad
avere sempre un atteggiamento piuttosto misterioso ed affascinante e, a
quanto
pare, in fondo è anche un bravo ragazzo. Sì,
è decisamente il tuo tipo.».
«Il
mio tipo?»
rispose l'altra, sorpresa ed oltremodo imbarazzata. «Oh...
beh,
sì...
suppongo sia così... »
le gote tinte di un rosso adorabile
sbiancarono
però quasi subito nel vedere Shin tornare finalmente dal
cottage di Hiro. «Oh,
fratellino!»
disse alzando una manina per fargli segno, ma
nessun entusiasmo scosse la sua voce. Fare certi pensieri su Shiki, poi
vedere
arrivare Shin, l'aveva mandata in confusione e la cosa più
snervante era non
capire perché dovesse accelerarle il battito ogni volta che
il fratello spuntava
nei dintorni di dov'era lei. O forse lo sapeva?
Il
ragazzo raggiunse le
due, l’aria un pochino assorta, ancora stava ripensando alle
parole di Hiro.
«Beh?
Il gatto ti ha mangiato la lingua?»
domandò divertita
Himiko,
vedendo che il ragazzo non reagiva come suo solito, soprattutto alla
presenza
della bella confettina. Lui sembrò ridestarsi dai suoi
pensieri e prestar loro
attenzione. «No,
scusate, sono solo un
po’ stanco… in ogni caso
Hiro si è ristabilito completamente, per un po’
penso possiamo stare tranquilli,
con quella razione dovrebbe rimanere sazio per almeno qualche giorno.».
Himiko annuì sollevata, mentre Hagumi si lasciava scappare
un sospiro di
sollievo e sorrideva rilassata. «Ma
voi due che state facendo qui? Non
è
il caso che stiate in giro da sole a questi orari della
notte.».
La rossa lo
guardò con un cipiglio. «Non
penso ci siano pericoli di cui
dovremmo
temere, noi, o sbaglio?»
lui scosse la testa, tergiversando No,
semplicemente rischiate che un insegnante v’infligga una
punizione esemplare,
sono pur sempre le quattro del mattino.».
Porse ad entrambe le gemelle
una
mano per aiutarle ad alzarsi e insieme s’incamminarono verso
il bungalow in cui
tutti e tre avevano alloggio.
Himiko
afferrò la mano
del fratello, senza esitazione, almeno un po' più allegra
rispetto a poco
prima, Hagumi dal canto suo fu parecchio titubante. Allungò
la mano, stava per
sfiorare la sua, ma poi la ritrasse, non se la sentiva. La
appoggiò in petto,
chiusa a pugno ed abbassò lo sguardo, chiudendo gli occhi.
Himiko la guardò
incredula. Possibile che Hagumi fosse giunta ad avere tali problemi con
Shin e
lei nemmeno se ne fosse accorta? Forse era il caso di lasciarli soli,
avviarsi
davanti e fare in modo che potessero chiarirsi, le occasioni per
parlare da
soli erano praticamente inesistenti da quando lui non abitava
più con loro.
Dopo alcuni passi che mossero tutti insieme, prese parola.
«Ehhh ma
come siete lenti, volete farmi invecchiare? Io vado
avanti,
sono stanca e voglio riposare almeno qualche ora, ma di questo passo
finirei
per non vederlo neanche il mio letto!»
Shin le fece un cenno di
gratitudine quasi impercettibile, mentre la rossa si allontanava. Era
sempre
stata la sua ancora di salvezza quella ragazza, ogni volta che stava
male o
aveva qualche problema per via del suo rapporto burrascoso con Hagumi e
la
feriva in qualche modo, lei trovava sempre il modo di confortarlo e
creargli
l’occasione di sistemare tutto. Era l’unica con cui
poteva parlare liberamente
dei suoi sentimenti per la confettina. Hagumi, dal canto suo, non
sembrava così
grata alla gemella per l’occasione offerta. Non si sentiva
tranquilla e avrebbe
preferito evitare il contatto diretto con lui, almeno per il momento.
«Ti
va di fermarci
e scambiare due parole?»
chiese con una voce così dolce che
lei non poté
inventarsi nessuna scusa per sfuggirgli. Alzò lo sguardo ed
incontrò il suo, di
un ambrato caldo e profondamente triste. «Shin,
senti io... » «No,
aspetta. Posso parlare per primo?»
lei tacque ed
abbassò gli
occhi sulla punta delle scarpette rosa, deglutì e fece un
cenno d'assenso.
Rincuorato, poté proseguire: «Vedi,
Hagu, da quando mi sono
trasferito e
sono passato all'università, le occasioni di parlare un po'
sono state più
uniche che rare e mi rendo conto di averti trascurata parecchio. Sono
stato
molto impegnato, in un certo senso ho quasi voluto ciò,
perché c'è qualcosa che
mi tormenta ed avevo bisogno di stare da solo, per riflettere. Se
però questo
ti offende, o in qualche modo ti affligge, io posso tornare a vivere
con voi.
L'ultima cosa che voglio é renderti triste, sei la persona
più importante per
me e la mia ultima intenzione è quella di
ferirti.».
Un
discorso piuttosto
chiaro il suo, nonostante qualcosa le diede da pensare intensamente,
punti che
non riusciva a capire: la persona più importante?
Immaginò che fosse
sottointesa anche la sorella, in tale affermazione. «No,
beh, non
voglio
certo costringerti a rinunciare alla tua privacy e alla tua autonomia.
Non sono
offesa, é vero che mi dispiaceva vederti un po' lontano, ma
immagino che
crescendo certe cose accadano.».
Cercava di sembrare sincera,
lo guardò dritto
negli occhi solo un momento però, prima di distoglierli e
voltarsi altrove, le
dita incrociate in grembo che si torturavano le une con le altre,
nervosamente.
Lui
rise un pochino, forse più per spezzare la tensione e la
delusione delle parole della rosetta. Probabilmente avrebbe preferito
che lei
lo pregasse di tornare, già. «Beh,
insomma, crescere non
penso sia
l’esatta parola… bada bene, ho
sempre adorato vivere a casa, anche se
dovevo spesso scontrarmi con l’umoraccio di Himiko,
sono sempre stato
contento di vivere
con voi, però… »
corrucciò lo sguardo,
cercando quello di Hagumi, che però sembrava non aver
intenzione di alzarlo.
Decise allora di calcare la mano, non ce la faceva più a
tenersi dentro tutto,
il suo cuore bruciava di dolore e fremeva per liberarsi di quel
segreto. «Probabilmente
ciò che ti sto dicendo cambierà
tutto fra noi, ma a questo
punto è tanto inutile continuare a far finta di niente.»
la
confettina
strizzò gli occhi, preparandosi ad incassare il colpo,
sicura che le avrebbe
fatto più male di quanto non si sarebbe mai
aspettata. «Diciamo
che non
posso più vivere sotto lo stesso tetto di quella che non ho
mai realmente
ritenuto mia sorella, ma la donna di cui mi sono perdutamente
innamorato. Lo
so, ti farò schifo ora per le parole che ti ho detto, ma io
ti amo
Hagumi… scusami se sono così egoista, ma
non posso starti accanto solo
come fratello… »
appoggiò
delicatamente la mano sulla testa
della ragazza, che era ormai immobile come una statua di pietra,
totalmente
sotto shock, accarezzandola dolcemente per confortarla e farle capire
non fosse
colpa sua. Sgranò gli occhi nello stesso istante in cui la
sua mano si posò sui
suoi capelli. Ora che se ne rendeva conto, cosa c'era da rimanere
sorpresi di
una cosa che, in cuor suo, aveva sempre saputo? «Shin
tu sei... noi
siamo... fratelli. Io non posso credere... non é
possibile... »
non
riusciva a formulare un solo pensiero completo e coerente, senza che
altri
mille le intasassero già la testa e premessero per uscire
dalle sue labbra.
Fratelli. I fratelli non possono amarsi, è contro natura.
Lui non poteva
provare quel sentimento, era un tabù, era illecito,
illegale... era
assolutamente, senza ombra di dubbio PROIBITO. «Questo
non é
possibile, lo
escludo. Lo escludo e mi rifiuto di accettarlo. Credo tu ti stia
sbagliando
Shin, mi dispiace, io... io... »
lei nulla. Non sapeva che dire. Si
portò
le mani sulla testa, s’inginocchiò a terra e
rimase così, scossa da tremiti inconsulti
e con il viso che lentamente iniziava a rigarsi di lacrime prepotenti
che
proprio non volevano saperne di rimanere al loro posto. «Shin,
noi
siamo
fratelli... siamo fratelli... »
singhiozzò incredula, mentre
lui la
guardava dall'alto, rimanendo in piedi, sconvolto. Com’era
potuto succedere?
Avrebbe dovuto insultarlo, per essersi liberato di quel peso mollandolo
a lei e
invece semplicemente si era chiusa a riccio ed aveva iniziato a
piangere come
una bambina, turbata, ferita, semplicemente svuotata. «Oh,
no. No, no,
Hagumi, non devi prenderla così.»
s’inginocchiò davanti a lei, ma cosa
poteva fare? Cosa poteva dirle? Ormai il guaio l'aveva fatto,
no? «Scusami.
Perdonami. Perdonami, ti prego, se puoi, anche se non lo
merito... ti lascerò stare, sparirò dalla tua
vita se lo vorrai, non volevo
spaventarti, non voglio farti
schifo, Haguchan... Haguchan, ti prego,
ascoltami, non piangere... non... »
strinse i pugni, si sentiva
così
impotente. Fece per piegarsi in avanti e stringerla forte, ma
dovette trattenersi,
non era sicuramente la cosa più giusta da fare. Si
limitò semplicemente a
passarle un braccio sotto le ginocchia e l’altro dietro la
schiena,
sollevandola senza nessuno sforzo ed accompagnandola al loro bungalow.
Ad
attenderli nel corridoio c’era ovviamente Himiko, che aveva
percepito lo stato
della sorella, fece segno al fratello di metterla nel letto di Misa, la
quale,
pensò, aveva probabilmente deciso di continuare
la seratina hot con
Natsu nella stanza affianco e non tornare per la notte. Hagumi tremava
ancora,
terrorizzata, e lo sguardo impaurito di Shin le aveva già
spiegato tutto, senza
ulteriore bisogno di parole. Si alzò in punta di piedi, per
arrivare a
raggiungere con la mano il capo del fratello, e gli fece
una carezzina affettuosa, abbracciandolo subito dopo
premurosamente.
«Non
ti preoccupare fratellone, hai fatto la cosa giusta,
anche se per Hagu è stato uno shock, sono sicura che si
riprenderà, ma è giusto
che le cose andassero così, non potevate continuare a vivere
in quel modo, prima
o poi avreste fatto crack entrambi… »
lui
si strinse alla
sorella, ricambiando l’abbraccio, cercando di darsi un
contegno. «Non
penso mi perdonerà mai per la ferita che le
ho inflitto.»
La rossa
scosse la testa. «Non
dire sciocchezze, dalle tempo, ne
avrà bisogno,
ma non pensare mai più cose del genere! Parliamo sempre di
Hagumi! Ora su, vai
a riposarti un po’, sei uno straccio, ne hai bisogno, vedrai
che appena sveglio
vedrai già tutto più roseo.»
lo invitò
lei, ma Shin continuava a non
sembrare troppo convinto, comunque pensò che forse fosse la
cosa giusta da fare
e si avviò nella sua stanza, mentre Himiko si accoccolava di
fianco ad Hagumi,
abbracciando forte la sorella nel tentativo di calmarla e farla
riprendere.
***
L'indomani
giunse in
fretta, anche perché tutta quella confusione era accaduta a
notte ormai
inoltrata e nessuno di quelli che aveva preso parte alle varie
peripezie era
riuscito a chiudere occhio. Alle otto in punto, orario
dell'appuntamento per
partire per la passeggiata in montagna, loro erano gli unici
già svegli.
Himiko, Hagumi, Shiki, Shin, Natsu, Hiro e Misa. Un gruppetto non molto
omogeneo, tutto sommato, e nessuno di loro aveva detto la minima
sillaba al di
là di un semplice saluto, appena giunto sul posto, per poi
tacere. Shiki si
guardò attorno, pensieroso, chiedendosi se i topi di
montagna fossero
particolarmente famelici e mangiassero la lingua di chiunque si facesse
beccare
in giro a notte fonda o cose del genere. Certo, pensieri stupidi, ma
era famoso
per la sua pigrizia e grazie al regalino notturno di Natsu aveva
dormito poco e
niente, il suo cervello, per quanto sviluppato al di fuori della norma,
doveva
ancora ingranare.
Il
povero Shin fu ben
presto costretto a svegliarsi, riprendendosi prima degli altri dal suo
stato vegetativo,
in seguito all’arrivo scoppiettante di Naoko, che ovviamente
decise di
incollarsi a lui tutto il tempo, dimenticandosi ben in fretta
dell’amica
Sunako, che la seguiva come un’ombra, in silenzio. Hagumi
aveva preferito
distrarsi dai suoi pensieri portandosi in disparte per parlare con
Hiro, con la
scusa della crisi della sera prima e di sapere come stava, come se
già non
fosse stata informata da Shin. Misa e Himiko si sedettero sul prato di
fianco
al luogo dell’incontro, rimanendo però in silenzio
fra loro, ogni tanto la
rossa aveva provato a domandarle qualche cosa, sorvolando
sull’incidente con
Natsu, ma la ragazza sembrava preferire la scena muta; infine Shiki e
Natsu
furono soli.
«La
prossima volta che ti devi portare a letto qualche tipa, per favore
fallo fuori della nostra stanza. Ho passato la notte in bianco per
colpa
tua.»
lo riprese Shiki, concentrandosi nell’accendere come
suo solito una
sigaretta ed inspirando a fondo. Natsu ghignò appena,
allungando una paglia
verso il cugino per farsela accendere: «Tu
almeno non ti sei beccato un
ceffone e un paio d’insulti, con annessa particolare
dichiarazione
d'amore»
rispose amarognolo, ritraendo la mano una volta accesa e
concedendosi un'ampia boccata calmante. «Come
se non l'avessero capito
anche i muri di ciò che prova per te, pel di carota»
ribatté Shiki,
ironicamente. Natsu fece spallucce, ma non disse nulla; doveva
immaginarlo che
suo cugino avesse capito tutto prima di saperlo, d'altronde era famoso
per
essere veramente intelligente, superiore alla media come dicevano anche
i suoi
risultati scolastici, studiava poco e si piazzava sempre tra i primi
studenti
nella graduatoria nazionale ed inoltre era un acuto
osservatore. «E
senti,
mentre eri in giro, hai mica beccato la Minamoto? Quella maculata,
intendo... »
chiese incuriosito, erano ore che si stava torturando con il pensiero
di
voler sapere cosa avesse provato quella squinternata beccandoli.
«Perché
me lo domandi?»
chiese l’altro, curioso di
sapere il perché in quel periodo il cugino fosse tanto
interessato a quella
ragazza. In realtà, non sapeva bene cosa pensare riguardo
allo stato in cui
l’aveva vista insieme ad Hagumi, ma era certo che la rossa
non sarebbe stata
clemente con lui se avesse rivelato di averla vista in quelle
condizioni e decise,
quindi, che avrebbe glissato su quel piccolo dettaglio. Natsu nel
frattempo si
sistemò meglio il cappello nero sulla testa, abbassando lo
sguardo, non sapendo
se sentirsi imbarazzato per quella situazione o poter stare tranquillo.
«Mh,
no beh, niente...
curiosità... l'ho sentita parlottare con qualcuno fuori la
porta, passando, mi
sono chiesto cosa ci facesse sveglia a quell'ora e... »
si
bloccò, Shiki
lo stava guardando accigliato «Ohhhh,
va bene, non guardarmi
così! Ci ha
beccato, cercava Misa, e boh... ci ha colto sul fatto, mentre mi
cavalcava. Non
male tra l'altro, ci sa fare la... AHI!».
Shiki gli aveva appena mollato
uno scappellotto che aveva fatto volare via il suo cappello «Non
dire
scemenze, per favore, siamo in pubblico, se qualcuno ti sentisse, ci
rimetterebbe lei la reputazione, idiota che non sei altro!».
«Ma
quale reputazione? Se è famosa per le sue prestazioni
sessuali di
letto in let… AHI!»
questa volta era un
pugno, ben piantato
sulla sua nuca. Natsu si massaggiò la testa dolorante.
Dannato cugino. «Anche
se fosse, non mi sembra il caso di peggiorare la sua situazione
con
i tuoi racconti dettagliati. Piuttosto, che hai intenzione di fare con
la
Minamoto?»
Natsu fece spallucce, in fin dei conti lui non aveva nulla
di
cui scusarsi, quella volta, mica era colpa sua se lei entrava nelle
stanze
altrui senza permesso.
***
Il
sole picchiava
insistentemente sulle loro teste. Alcuni erano così stanchi
da lagnarsi già
dopo le prime ore di cammino per raggiungere la cima della montagna,
dove avrebbero
trovato ad accoglierli delle terme prenotate per sera e nottata, e
sarebbero
tornati giù l'indomani mattina. Altri invece, più
pazienti e temprati, si
limitavano a procedere in silenzio, di tanto in tanto sorseggiando una
qualche
bibita fresca conservata nelle borse termiche, altre volte fermandosi
qualche
minuto a riposare alla penombra degli alberi. Hagumi, dal canto suo, si
era
fermata già una sessantina di volte in due ore, con la
strabiliante media di
una pausa ogni due minuti. Himiko con lei, semplicemente
perché indossare gli
stivali con le manette e catene era stata una pessima scelta ed avrebbe
dovuto
portarsi dietro scarpe più comode. «Siete
due fannullone!»
si burlò
di loro Shiki, dopo averle viste fermarsi ed essere tornato indietro,
tutto
sommato, per accertarsi delle loro condizioni.
Himiko,
pugno serrato, gli urlò qualcosa di poco sensato,
lamentandosi poi per il forte caldo. Hagumi guardò con gli
occhi luccicosi di lacrime le sue amate ballerine
rosa, ormai
irriconoscibili e totalmente ricoperte di fango. Entrambe le ragazze
sospirarono, mentre Shiki le guardava confuso, poi porse la mano ad
Hagumi. «Prendi
la mia mano, ti aiuto io a proseguire, se camminerai attaccata
a
me, farai meno fatica, ti tirerò io.»
le propose lui,
rendendosi conto di
quel passo non sarebbero arrivati neanche per l’indomani.
Hagumi passò tutte le
tonalità purpuree esistenti, mentre era indecisa se
accettare o no l’aiuto del
bel moretto. Da quando era così gentile con lei?
Mentre
Himiko gonfiava
le guance, per l'invidia che a lei nessuno porgesse la mano, e tirava
anche un
pizzicotto alla sorella per vendetta, quest'ultima ritrasse la propria
mano
dall'afferrare quella di Shiki. Stava passando Shin proprio in quel
momento e
non sarebbe stato delicato prendere la mano di qualcuno, dopo che la
sera prima
aveva rifiutato la sua. «Mh,
no... penso di farcela da sola, ti
ringrazio.»
Abbozzò un sorriso poco convinto e si
alzò, i piedi presi da
mille fitte invocarono pietà e lei, barcollando, cadde in
avanti finendo dritta
tra le braccia di Shiki. «Oplà!
Ce la fai da sola?».
«Eh
ma
quanto miele… »
si azzardò a
dire Himiko, prima di alzarsi e
correre a raggiungere il fratello, che sembrava essersi liberato un
momento di
Naoko ed essere notevolmente infastidito dalla scena appena vista, nel
frattempo che Hagumi sembrava continuare la sperimentazione di quale
tonalità
scarlatta si addiceva di più al suo viso. Natsu, che intanto
osservava la scena
tenendosi in disparte, rimanendo un poco più su, sul
sentiero, fu giusto in
quel momento raggiunto da Naoko, che gli saltò al collo in
un gesto affettuoso,
facendolo quasi strozzare e bruciare con la sigaretta, che gli cadde
sui
pantaloni e per un soffio non andarono a fuoco. «Nii-chan!»
esordì in
un cinguettio lei, ignorando le lamentele del fratello riguardo al
casino che
aveva combinato «Hai
mica visto Shin-chan passare da
qui? Mi ha
mollato come un’idiota, mentre cercavo qualcosa da bere nella
borsa termica,
quell’antipatico!».
«Antipatico,
eh? Se
é così antipatico dagli tregua e staccati da lui,
fallo respirare.».
Sbottò
scrollandosela di dosso «E
possibilmente fai respirare anche me, sei
una
piattola quando fai così, mi chiedo che diamine ti sia
preso, non sei mai stata
così oca come da un paio d'anni a questa parte. È
stato il liceo o la cotta per
Shinichi Minamoto a farti uscire pazza?»
chiese
seriamente curioso,
tanto
conoscendo la sorella sapeva quanto era furba e anche quanto riusciva
ad essere
subdola.«E
non cinguettare quando sei con me, mi fai senso».
Una risata acuta
partì dalla ragazza, mentre gli tirava una pacca poco
delicata sulle spalle,
facendolo piegare in avanti dal dolore «Che
vai
dicendo Natsuccio-chan!»
poi il suo sguardo si fece serio,
quasi con
una nota malvagia nascosta «Ho
solo deciso di prendermi ciò
che voglio sia
mio, no? Pare sia l’unica tattica funzionale per avvicinarmi
a lui… è
un soggetto veramente interessante, sai?»
tornò a sorridere
come sempre,
mentre faceva ciao ciao con la manina al biondino,
ancora più
confuso, informandolo, come se ce ne fosse bisogno, che continuava la
sua
ricerca del ragazzo.
Natsu
rimase da solo a
massaggiarsi una spalla, pensando che sua sorella l'avesse un po'
inquietato.
Pazza squinternata. Si guardò attorno e si rese conto di
essere rimasto
indietro, così come Shiki ed Hagumi che alla fine erano
rimasti a scambiare due
chiacchiere. Fece spallucce, chiedendosi cosa fosse tutto
quell'attaccamento
del moro per la confettina ambulante, quindi decise di raggiungerli,
tanto
ormai gli altri erano tutti spariti. E ad una trentina di metri dai
due, notò
anche Shin ed Himiko, sembravano piuttosto agitati. Si chiese come
quell'imbecille di Naoko non avesse pensato di guardare indietro per
trovare
Shin ed avesse invece pensato fosse sicuramente andato avanti, quindi
raggiunse
Shiki ed Hagumi, con la stessa brutta sensazione di poco
prima. «Yo!
Sembrate due piccioncini, una seduta su un masso all'ombra di un
albero, lui un
braccio appoggiato al tronco, che le parla dall'alto guardandola
romanticamente... sigh, mi verrà il diabete!». «Sta
zitto!»
lo rimbeccò Shiki, mentre Hagumi abbassava lo sguardo ed
arrossiva ancora una
volta, proprio ora che si era calmata. Forse tutto quel rinnovato
imbarazzo che
Shin poté notare da lontano sarebbe stato meglio evitarlo,
fatto sta che lo
fece infuriare come una belva. «SHIN,
NO!»
l'urlo di Himiko si
espanse nell'aria e raggiunse senza affanno i tre, che si voltarono
sorpresi,
giusto in tempo per vedere la rossa cercare di fermare il fratello,
visibilmente... cambiato! Aveva occhi rosso sangue, canini appuntiti e
una
strana aura nera attorno al suo corpo; ma Himiko non riuscì
nell'intento di
placarlo, fu brutalmente spintonata via, compiendo un volo in aria di
almeno
cinque metri, prima di sbattere con violenza contro un albero che
frenò la sua
corsa. Shiki e Natsu erano sbigottiti, Hagumi cacciò un
urlo, terrorizzata.
Shin aveva iniziato la corsa in direzione di Shiki, evidentemente
intenzionato
a cibarsi di lui. Il moro prontamente si allontanò dal
cugino e Hagumi,
portandosi con un agile salto su un ramo dell’albero sopra di
lui, spostandosi
poi velocemente su alcuni più avanti, cosicché
anche Shin cambiò la sua corsa.
Hagumi, che da prima aveva nascosto il volto dietro le mani,
aprì gli occhi
giusto in tempo per osservare la scena e rimanere allibita
dell’agilità
decisamente fuori dal comune di Shiki. Fu tutto molto veloce, anche
Shin con un
agile salto aveva raggiunto il punto più alto
dell’albero, iniziando ad
attaccare il moro nel tentativo di indebolirlo e poterlo mordere, ma il
ragazzo
sembrava sapere il fatto suo. D’accordo, come mezzo vampiro
non era di certo il
più veloce della sua razza, ma superava notevolmente un
essere umano normale,
tuttavia Shiki sembrava tenergli testa e schivare facilmente ogni suo
colpo,
cosa che lo fece imbestialire ancora di più, se possibile.
Hagumi
scoccò
un'occhiata preoccupata verso la sorella e si alzò per
correre da lei,
dimentica del dolore ai piedi. Natsu ovviamente corse al suo fianco, la
raggiunsero insieme. «Himi,
stai bene?»
chiese la sorella con voce
rotta dal pianto, allungando una mano verso il suo volto per spostarle
alcune
ciocche di capelli che erano caduti disordinatamente in avanti. Himiko
fece una
smorfia di dolore, poi emise un piccolo gemito ed aprì gli
occhi, stordita. «Tutto
ok, sembra integra... .»
disse Natsu, non senza lanciare
occhiate preoccupate verso i due che sull'albero se le stavano ancora
dando di
santa ragione.
«Hagu
devi fermare Shin… »
mugugnò la
rossa,
massaggiandosi la nuca dolorante, che Natsu si domandò come
facesse a non
sanguinare dopo un impatto del genere «Solo
tu puoi calmarlo ora,
è
accecato dalla gelosia!»
Hagumi, però, scosse la testa,
convinta di non poter
far nulla e terrorizzata allo stesso tempo. «Ti
prego Hagu, fidati
di me… Shin ha solo bisogno che tu gli dia
un attimo d’attenzione,
non si perdona di averti ferita!»
continuò ad insistere
convinta delle sue
ragioni.
Hagumi
trasse un lungo
respiro, voltandosi a guardare i due. Shiki gli teneva testa in modo
incredibile, tuttavia sentiva che alla lunga avrebbe avuto Shin la
meglio. «Va
bene. Natsu, resta con lei!»
s’infuse coraggio, si
alzò e si
allontanò di corsa dai due, verso l'albero. Himiko
guardò poi Natsu,
chiedendosi come mai non fosse sorpreso, e soprattutto per quale motivo
non la
tempestava di domande. Natsu si voltò a guardarla a sua
volta e si maledì
mentalmente per non aver finto come avrebbe dovuto. «Oh...
ah! Ora che
abbiamo appurato che stai bene, penso tu mi debba qualche spiegazione
sulla
mostruosità in cui si è mutato tuo fratello!»
parlò convinto, ma la sua
voce a lei risuonò, in qualche modo, falsissima; che
strano! «Sembri
abbastanza consapevole di ciò che é, o sbaglio?»
domandò lei atona, non si
fidava di lui e temeva per l’incolumità di Shin; e
ora che si era rivelato a
due estranei, a due esseri umani, come sarebbe finita? Sarebbero stati
alleati
o li avrebbero consegnati direttamente nelle mani del nemico?
Affilò lo
sguardo, scrutando il biondino attentamente nei suoi occhi cerulei,
cercando
traccia di qualche sua intenzione che, però, non sembrava
rivelarsi, anzi
sembrava ora aver assunto un’aria piuttosto grave,
guardandola nello stesso
modo in cui stava facendo ora lei con lui.
«Non
é la prima
volta che mi capita di vedere un vampiro, tutto qui. Non mi sono
sconvolto
semplicemente perché tuo fratello non é il
primo... »
disse semplicemente
e lei assottigliò lo sguardo per scrutarlo meglio, ma non
riuscì a trovare
traccia di menzogna nei suoi occhi.
Hagumi
frattanto era
arrivata sotto l'albero e cercava di arrampicarsi alla bell'e meglio,
ovviamente con scarsi risultati; quando non era trasformata, era agile
come un
ippopotamo col mal di schiena e zoppo. Riuscì ad appendersi
solo al primo ramo
e poi gridò: «UFFA
VOI DUE FINITELAAA!
SHIIIIN! Smett...
KYYAAAH!»
inevitabile anche la caduta,
dritta, dritta col sedere
a terra, non era riuscita a tenere bene la presa ed eccola
lì ora, con l'osso
sacro spiattellato al suolo e lacrime grosse come pinoli a rigarle il
volto. Ma
almeno quei due si erano fermati. Shin pareva essere
rinsavito. «HAGU!»
gridò, prima di catapultarsi giù
dall'albero per
raggiungerla. Si portò al suo fianco e la prese in braccio,
preoccupato. «Ti
sei fatta male?» «No,
mettimi giù, che cavolo ti
é saltato in
testa?»
Gli occhi di Shin sembravano riacquistare la loro
tonalità ambrata,
mentre i canini affilati scomparivano velocemente. Si strinse forte
alla
confettina, ancora leggermente sotto shock dall’ira che
l’aveva assalito,
l’aria confusa. «Piccola mia… »
le disse solamente, gli
occhi velati da una strana patina di tristezza, mentre liberava una
mano per
carezzarle dolcemente una guancia. Hagumi però non si fece
impietosire, questa
volta l’aveva combinata veramente grossa, aveva rivelato ad
umani la loro
presenza, aveva rischiato di mettere in pericolo tutta la loro razza e
la loro
famiglia. Per cosa poi? Questa non gliela poteva davvero perdonare.
«No,
no, mettimi
giù. Mettimi giù, ho detto!»
gli
ordinò lei, agitandosi tra le sue braccia
e riuscendo alla fine a scendere a terra. Anche Shiki scese agilmente
dall'albero
e si avvicinò ai due, raggiunti infine anche da Natsu e da
una Himiko
zoppicante che, per camminare, si appoggiava a lui. Non era proprio il
momento
di fare la schizzinosa, anzi era quello di sotterrare un attimo l'ascia
di
guerra e mettere in ordine la situazione. «Hagu,
mi dispiace, io, io...
io
non so cosa mi sia preso, te lo giuro.».
Fu interrotto da uno «Tsk!»
convinto di Shiki, che si avvicinò ai due passando il
dorso
della mano su un angolo delle labbra dal quale scendeva copioso del
sangue «Io,
invece, penso di saperlo. Un vampiro, per di più
instabile.
Bell'affare... ».
Shin abbassò lo sguardo colpevole, ben
conscio di averla
combinata davvero pesante quella volta, alzò gli occhi su
Hagumi, nella
speranza di vedere in lei anche una minima goccia di pietà
nei suoi confronti,
ma il suo sguardo era duro. In realtà, dentro era distrutta,
ma non poteva
permettersi di essere dolce come avrebbe voluto con lui. Doveva capire
la
gravità della cosa. Il bruno scosse allora la testa,
strizzando gli occhi per
il dolore che provava. «Ho
capito.»
si limitò a dire,
allontanandosi
dal gruppo in direzione della valle. Shiki scattò
allarmato. «Ehi
no, no fermi! Non possiamo mica lasciarlo andare
così!».
Fece per
inseguirlo, ma un braccio di Hagumi lo bloccò, mentre con lo
sguardo ancora
seguiva la figura del fratello. «Lascialo
andare, non farà
del male a
nessuno. È mio fratello, lo conosco.»
sospirò
lei, Shiki si voltò a
guardarla, quindi allungò una mano verso il suo viso e le
alzò il mento, per
guardarla negli occhi. «Stai
bene?».
Lei fece spallucce e si
liberò
con gentilezza dalla sua mano, voltando il viso altrove. «Sì.
Un po'
scossa, solo. Himiko per fortuna si è procurata solo qualche
livido ed un po'
di mal di schiena»
guardò la rossa «Vero
sorellina?».
Lei sorrise, facendo il
segno della vittoria in direzione della confettina. «Pare
io sia una
persona fortunata!»
affermò fingendo alla perfezione,
normalmente nessun
essere umano normale sarebbe potuto uscire da una caduta come quella
quasi illeso,
ma i due parvero berla, perlomeno Natsu. Shiki, al contrario, si era
fatto
ancora più sospettoso. Se intorno alle due c’era
un vampiro, significava
solamente che aveva scoperto cos’era di strano che sentiva
aleggiare attorno
alle loro figure, quindi era tutto finito lì, o
c’era dell’altro? Decise che
avrebbe continuato sicuramente ad indagare. Si era fatto ormai il
tramonto e i
quattro erano in ritardo. Continuarono la salita in totale silenzio fra
loro,
con Natsu che portava sulle spalle Himiko, anche se la ragazza in
realtà aveva
già rimarginato le sue ferite, ma per essere credibile al
meglio aveva
continuato a fingere la storta, Shiki davanti a tutti ed Hagumi che
chiudeva il
gruppo. Una volta arrivati a destinazione, chiaramente, si presero una
bella
strigliata dai professori seriamente preoccupati. Natsu, da perfetto
attore
qual era, rifilò loro la scusa che il maggiore dei Minamoto
si era sentito poco
bene e si erano fermati per soccorrerlo, poi per giustificare la sua
assenza
informò loro che era tornato a valle per il
malessere. Per
quella sera e fino al giorno successivo, Shin non si fece
più vedere, rimase solo, il tormento per le proprie azioni a
logorargli l'anima.
... continua...
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Capitolo 3
A
Song Of Eternal Creatures
Capitolo
3
Tutto sommato non era malaccio fingersi ferita. Erano giunti alle
terme,
poteva essere servita e riverita e l'ambiente conciliava un certo
rilassamento.
Zoppicava di qua e di là con finta espressione di dolore,
con Hagumi al suo
fianco che, nonostante fosse impensierita dalla sparizione di Shin, si
concedeva di tanto in tanto qualche risatina nell'osservare la sorella
che si
faceva coccolare un po' da tutti. Quando Akira seppe che Himiko aveva
avuto un
incidente, si fece indicare da chi l'aveva già incontrata
dove potesse
trovarla. Qualcuno gli disse che era semplicemente a zonzo con la
rosetta, ma
quando incontrò Len, questa seppe dirgli con precisione che
si trovavano nella
saletta comune ed erano sedute su un divanetto ad assistere ad una
focosa sfida
di ping pong tra Misa e Shiki. Era risaputo l'odio tra i due, quindi
Akira si
recò ben volentieri da Himiko anche per assistere allo
scontro secolare.
«Minamoto,
come stai?» le chiese una volta giunto,
avvicinandosi al divanetto su cui le due sedevano indossando solo dei
sottili
yukata estivi, quello di Himiko era di un bel rosso con disegnate
elegantissime
farfalle nere, quello di Hagumi invece era rosa e la fantasia floreale
la
faceva sembrare un bocciolo lei stessa. Le due si voltarono,
rispondendo in
contemporanea «Bene!», ma Hagumi rise di se stessa
vedendo poi Akira «Ma
immagino chiedessi di Himiko.» si voltò verso Misa
«Posso unirmi a te, contro
Shiki? Ti sta schiacciando!» disse alzandosi dal divanetto,
per lasciare i due
a chiacchierare con calma. Saltellò verso il tavolo, nel
farlo sbatté anche con
l'anca contro lo spigolo di questo, ululando di dolore; Shiki
borbottò qualcosa
sul suo solito essere imbranata, Misa rise e le si avvicinò
per vedere se
stesse bene; Himiko, dal canto suo, sorrise con tenerezza ai modi buffi
della
sorella, mentre Akira si sedeva al suo fianco e la guardava rapito
«Siete molto
affezionate, vero?» Himiko annuì, senza
però scollare gli occhi di dosso ai tre
che ormai più che giocare a ping pong, giocavano a "raccogli
la pallina
che Hagumi fa cadere". Si sentiva un po' in soggezione, imbarazzata
dall'evento del pomeriggio precedente dopo il quale ancora non si erano
parlati, così evitò accuratamente di incontrarne
lo sguardo, o di sbilanciarsi
troppo. «Non sembrate gemelle, chi non vi conosce e non sa
quale legame
profondo vi unisca, non lo indovinerebbe mai. Occhi diversi, capelli
diversi,
tu sei un po' più formosa, lei sembra avere ancora il fisico
più acerbo, come
se stesse ancora crescendo, tant'é che é anche un
po' più bassa di te... di
quanto? Un cinque-sei centimetri?» chiese curioso ed Himiko
si trovò ad annuire
di nuovo, stavolta però non poté fare a meno di
voltarsi a guardarlo. Era
stranamente vicino, un braccio appoggiato al bordo dello schienale del
divanetto, una guancia posata sulla mano ed il corpo girato verso di
lei, come
se in quel momento solo a lei fosse interessato. Himiko si chiese se
non avesse
capito qualcosa, riguardo tutto quel parlare di vampiri: per quanto
gemelle,
crescevano diversamente a causa del sangue soprannaturale che scorreva
in loro
e se Himiko aveva quasi già raggiunto la sua forma finale e
così sarebbe stata
per l'eternità, Hagumi era rimasta indietro. La forza di
volontà nei vampiri
era tutto, tutto ciò che ne delineava alcune caratteristiche
fisiche e anche
comportamentali. Himiko era rossa perché così
voleva essere, lo stesso Hagumi
con i capelli rosa; Hagumi aveva gli occhi azzurri perché
era così che le
piacevano, mentre ad Himiko garbavano più verde smeraldo;
Himiko non aveva
problemi a diventare adulta, invece Hagumi faticava ad accettare
ulteriori
cambiamenti nel suo corpo, lei voleva rimanere così fino al
raggiungimento
dell'età del blocco e, se ci fosse riuscita, avrebbe assunto
quelle sembianze
per sempre. Hagumi non voleva crescere, era come un blocco psicologico
che
s’imponeva, per avere l'illusione che, se fosse rimasta
bambina, Shin sarebbe
stato sempre al suo fianco, senza abbandonarla mai, ed in quello stato
mentale
così infantile non si era mai resa conto probabilmente che
ricambiava i suoi
sentimenti... NON VOLEVA ricambiarli, Shin doveva essere il suo
fratellone per
sempre, perché era così che era felice.
Cos'avrebbe comportato ora la
dichiarazione di Shin nella psicologia contorta di Hagumi? Non sapeva
di
testimonianze riguardo riavvolgimenti della crescita nei vampiri, ma
Hagumi
aveva una forza di volontà così forte che avrebbe
quasi potuto farlo, pur di
tornare bambina, in modo che Shin non la vedesse donna, in modo che
tornasse
solo il suo amato fratellone. Non sapeva da cosa dipendesse questo
rifiuto di
Hagumi ad amare, d'altronde si rese conto che anche lei stessa era ben
poco
disposta verso certi sentimenti. A lei bastavano le scappatelle
temporanee, le
avventure di una notte, tutto ciò che contava, era che le
cose a lei e a sua
sorella andassero bene, dell'amore per ora non gliene poteva importare
di meno.
Il tocco gentile della mano di Akira sul suo volto la
ripescò da questi
intricati pensieri. Alzò di nuovo lo sguardo incontrando il
suo e notò che il
suo volto era ancora più vicino «Come mai ti sei
zittita? Non ti faccio più
domande, se ciò può turbarti!» lei
scosse la testa. Non era turbata, solo che
certe cose semplicemente non poteva dirgliele. Continuò ad
accarezzarla e dopo
qualche istante si alzò dal divanetto, porgendole poi una
mano «Ti va di andare
a farci un giro... soli?» il tono non era particolarmente
malizioso ed il suo
sguardo infinitamente dolce le disse che non ci sarebbe stato nulla di
male.
Afferrò la sua mano, si fece aiutare ad alzarsi e si
allontanarono insieme,
nello stesso momento in cui Natsu entrava nella stanza e lo vedeva
andare via.
Sbuffò, avvicinandosi al tavolino da ping-pong e prendendo
una racchetta. Misa
lo vide arrivare e mollò la partita, allontanandosi di
cattivo umore, Natsu
fece spallucce e occupò il suo posto al fianco della
confettina, Shiki era
troppo forte già anche da solo. «Ti do una mano. A
proposito, stasera sembri un
fiorellino, lo sai? Posso rimpicciolirti e portarti con me nel
taschino,
bambolina?» chiese scherzoso ed Hagumi rise, sapendo bene che
fosse una
semplice burla, Natsu era sempre così con lei, ma tra loro
non c'era nulla, né
mai ci sarebbe stato. Una pallina, però, arrivò
dritta spedita sulla fronte del
ragazzo, che si voltò verso Shiki infuriato «NON
HAI DATO IL VIA!» si lamentò
lui, ma Shiki lo guardò rassegnato alla sua eterna scemenza
«Sì che l'ho dato,
ma stavi facendo il cascamorto con la marshmallow ambulante,
perciò non te ne
sei accorto!». Natsu gonfiò le guance di rabbia,
mentre strinse più forte la
racchetta e fece partire il colpo, iniziando una partita
all’ultima pallina con
Shiki. Hagumi, dal canto suo, li guardava esterrefatta,
dov’era finita la
pallina? Quasi non riusciva a vederla dalla velocità con cui
i due se la scambiavano. «Ehi non è giusto, se
giocate così mi escludete totalmente!» si
lamentò la
rosetta, ma i due sembrarono non darle ascolto, al che lei
sbuffò un poco e
decise di mollarli lì, per dedicarsi a qualcosa di meglio. A
partita finita i
due ragazzi, entrambi sudati fradici per il pesante incontro, di cui
Shiki era
ovviamente vincitore, si guardarono l’un l’altro
«Acc… da quanto tempo che non
disputavamo una partita come si deve!» notò
felicemente Shiki, Natsu sembrava
un po’ meno felice del moretto. «Proporrei di
visitare queste famose terme, che
dici? Già che siamo qui, tanto vale cogliere
l’occasione.» Shiki
annuì, ma si voltò verso Hagumi che si era
accoccolata su un divanetto ed aveva preso sonno.
«Vabbè, ti raggiungo fra due
minuti, l'escursione termica qui in montagna non é
indifferente, se dormisse
qui, domattina si sveglierebbe a pezzi.» spiegò
indicando con un cenno del capo
la confettina e Natsu sghignazzò appena. Hagumi era la sua
principessina da
difendere, ma tutto sommato, il cugino era troppo serio per pensare di
fare
qualcosa di sconcio una volta solo con lei, tanto valeva lasciargli
quei due
minuti di gloria per portarla in stanza a dormire. «A fra
poco, allora...
briccone!» fuggì via prima che Shiki potesse
piantargli un pugno sul naso. Il
moro si soffermò un momento ad osservare la confettina,
incerto. «Chissà se ha
la stessa natura del fratello, o è veramente solo un essere
umano di mezzo ad
una sfortunata situazione… » si ritrovò
a domandarsi, abbassandosi poi sulla
ragazza e sollevandola dolcemente, evitando di svegliarla, per poi
accompagnarla nella sua camera. Qualche passo più avanti,
però, Hagumi aprì
pigramente gli occhi e osservò intorno un po’
confusa, poi guardò all'insù e
notò il viso del moro poco più in alto del suo,
capendo che la stava portando
in braccio.
«Ehm...
perché mi hai presa in
braccio?» chiese infinitamente imbarazzata, mentre un alone
rosso compariva
sulle gote morbide e si estendeva fin dietro le orecchie. Tra l'altro
notò
senza problemi che la portava con tranquillità e senza il
minimo sforzo, come
se fosse una piuma; certamente il suo peso non era estremamente
elevato,
tuttavia quello sguardo completamente calmo le fece pensare che dovesse
essere
davvero molto forte. Se possibile, arrossì ancora di
più.
«Ah,
ti sei svegliata, vuoi scendere?» domandò lui,
mentre la confettina
scuoteva la testa in segno di diniego. Quale altra occasione avrebbe
potuto
farle provare ancora una sensazione così? Si sentiva la
principessa di una
favola! Lui allora annuì e continuò.
«Non era il caso di continuare a dormire
nella sala comune… ti saresti presa il
raffreddore… ».
Lei
sorrise pacata «Hai
perfettamente ragione. E anch’io avevo ragione nel dire che
hai anche un lato
premuroso.».
«Tsk»
fu la sua semplice
risposta, infastidito da certi complimenti che per lui erano solo
rotture di
scatole.
Hagumi
ridacchiò, ma non si
arrese «Come mai nascondi questo tuo lato?».
Lui
sbuffò, abbassando lo
sguardo su di lei, i loro volti estremamente vicini data la situazione
«E tu
perché nascondevi la natura di tuo fratello?».
Hagumi s’impietrì, ma lui rise e
proseguì «Ognuno nasconde qualcosa per un motivo
che non va detto, immagino.».
«Allora
sai anche tu di essere
premuroso.».
«Può
essere... ».
La
ragazza gonfiò le guance,
infastidita. Accidenti, era impenetrabile, imperscrutabile e... anche
antipatico, sì. Perché lei provava a conoscerlo,
spinta da una curiosità
implacabile, ma continuava a sbatterle contro un muro, non voleva
proprio
aprirsi.
«Shiki,
come hai fatto a
resistere alla trasformazione di Shin? Lui é davvero forte
quando si trasforma,
qualsiasi essere umano dovrebbe soccombere e... » lui,
però, la fermò,
appoggiandole un dito sulle labbra dopo averla posata a terra.
«Non
è certo questo il momento
di parlare di queste cose.» fece segno con la testa verso un
gruppo di ragazze
che stava arrivando loro incontro, chiacchierando allegramente.
Aspettarono in
silenzio che li superassero, poi Shiki riprese parola. «Ora
pensa a dormire, è
tardi.» Hagumi scosse la testa scocciata. Eh no, qualche
spiegazione gliela
doveva!
«Non
cercare di far cadere la
cosa così facilmente, penso che dopo quello che ho visto mi
devi qualche
spiegazione!» lui sbuffò, vagamente scocciato,
abbassando lo sguardo fino ad
incrociare quello della confettina.
«Facciamo
così… » ebbe un’idea
«Io
ti dirò come ho fatto a resistere a tuo fratello, se tu mi
dici come lui ci è
finito in quelle condizioni.» poi sottolineò
«La verità.».
Acc...
l'aveva incastrata.
D'altronde se non gliel'avesse detto, sarebbe poi sembrata una fuga per
nascondere
altro. Doveva inventarsi qualcosa e subito, perché poi...
no, non avrebbe
funzionato. Guardò il suo volto, scrutò
attentamente in quei profondi occhi
neri, che brillavano di arguzia ed intelligenza. Non poteva raggirarlo
con
scuse, tanto valeva dichiarare la verità, magari rimanendo
sul vago. «Lui é...
semplicemente così. Non c'é finito, non
c'è molto da dire. È così... e
basta... » lasciò cadere la frase, ma non distolse
lo sguardo dal suo, non poteva
mostrare debolezza.
«È
così… » sembrò riflettere
lui. «Ci è nato così,
suppongo tu intenda… ciò significa che altri
nella tua famiglia sono vampiri.»
sbottò acido lui, lo sguardo ora tagliente. I suoi sospetti
sembravano ora
fondati. Lei però si affrettò a scuotere la
testa. Accidenti, sembrava sapere più
di quanto dovesse, non era cosa nota a tutti l’argomento
vampiri, soprattutto
le loro creazioni. I vampiri per nascita, infatti, erano ovviamente
generati da
altri due vampiri, nello stesso modo in cui un essere umano gravidava,
con
l’unica differenza che nel suo fior fiore
dell’età la sua crescita si fermava,
rendendolo un completo vampiro eterno. Nel caso di un vampiro
trasformato in
essere umano, invece, semplicemente il suo aspetto e la sua
età si bloccavano
nel momento in cui venivano morsi, acquistando un proprio potere
particolare,
tra cui una forza e una velocità degni di lode, anche se mai
al livello di un
vampiro per nascita.
Comunque
a questo punto tanto
valeva giocare in contropiede, subire l'interrogatorio standosene con
le mani
in mano le pareva una cosa ridicola.
«Ma
sai, ciò che mi perplime
invece é la tua profonda conoscenza di una razza della quale
nessun essere
umano é a conoscenza. C'è solo un'altra razza che
conosce i vampiri e questi
sono i cacciatori. O forse hai scoperto l'esistenza degli eterni solo
per puro
caso?».
«Solo
i vampiri si definiscono
eterni, i cacciatori li definiscono feccia, gli umani mostri... devo
dedurre
che tu quindi sia come tuo fratello.» e qui Hagumi si morse
la lingua.
Maledizione, ne sapeva una più del diavolo per incastrarla.
«E tu, svicolando,
mi fai dedurre di essere un cacciatore.». «Lo sono,
ma non dovresti avere
problemi a saperlo, se non fossi un vampiro, no?» lui sorrise
trionfante.
L'aveva beccata. E ora avrebbe potuto catturarla e presentarla al
cospetto del
consiglio degli anziani, avrebbero deciso poi loro cosa farne e... il
flusso
dei suoi pensieri s’interruppe quando lei arretrò
di un passo ed iniziò a
tremare, spaventata. Ma davvero avrebbe voluto fare questo alla piccola
Minamoto?
«Non
ti preoccupare, per ora non ti farò nulla…
» si limitò a dire lui,
guardandola con fierezza da tutta la sua altezza «Ti
terrò d’occhio però,
sappilo, alla prima mossa sbagliata sei morta, lo stesso vale per tuo
fratello.».
Hagumi deglutì sonoramente, mentre il moro le dava le spalle
e si allontanava.
Si accasciò a terra, il fiato corto, mentre gli occhi si
riempivano di lacrime.
E ora che sarebbe successo?
***
Niente
male l'idea di recarsi
assieme alle terme comuni. Nessuno aveva il coraggio di farlo, gli
uomini
stavano con gli uomini, le donne con le donne, e loro avevano
approfittato di
quell’enorme sorgente completamente vuota, dove si misero a
bollire a mollo e
chiacchieravano tranquillamente, entrambi in costume, a scanso di
equivoci.
La ragazza era di spalle,
appoggiata con le braccia alle pietre che circondavano e delineavano la
"piscina" di acqua bollente, la testa abbandonata su di esse, mentre
discutevano sui prossimi concerti che avrebbero voluto vedere. Vide
passare
sotto il porticato tradizionale in legno Shiki con Hagumi dormiente tra
le sue
braccia e si chiese se fosse una cosa normale, prima di distrarsi
nuovamente e
voltarsi verso Akira.
«Ti annoio?» le domandò lui divertito,
notando che la ragazza si era distratta dalla loro conversazione e non
gli
aveva risposto. Lei scosse la testa in segno di diniego, arrossendo un
po’. Che
figuraccia.
«No scusa, ho solo notato una cosa
strana.» lui ridacchiò «Un vampiro che
si aggirava furtivo, magari?». Himiko si
schiaffò mentalmente la mano in viso, c’era
proprio fissato.
«No, nessun vampiro.» rise anche lei, in
fondo non poteva far altrimenti. Lui nuotò in direzione
della rossa, prendendo
ora la sua stessa posizione, giusto ad un paio di centimetri di
distanza.
Himiko si fermò un istante ad osservarlo, senza nessun
dubbio era davvero un
bel ragazzo e in costume da bagno, con il fisico che si ritrovava, era
anche
meglio. I capelli bagnati gli cadevano ribelli sulle spalle, quegli
occhi di un
freddo grigio, che quando la guardavano sembravano tanto caldi e
passionali, le
sembrava gli donassero un fascino ancora più ammaliante di
quanto avesse mai
notato.
Allungò una mano verso il suo
viso ed Himiko ebbe la sicurezza che quella fosse una sua
peculiarità, giacché
non faceva altro che dispensare carezze. «Mhh... »
non disse nulla, fu solo un
mugolio sorpreso, frattanto che abbassava lo sguardo verso lo specchio
dell'acqua, totalmente imbarazzata. «Ehi, che hai?»
la guardò curioso lui,
prima di sorridere «Guarda che non ti farei nulla di cui tu
non fossi consenziente,
credimi... » lei alzò una mano e gli fece segno di
placarsi. Non era certo
questo! Solo che era qualche giorno che non sapeva più che
pesci prendere, un
po' le era passata la voglia, il pensiero di Natsu e Misa, del ricordo
che
quella visione le aveva provocato, continuava a rimbombarle nella
testa.
Sospirò ripetutamente, inquieta, prima di rialzare lo
sguardo sul suo viso ed
avvicinarsi a lui. Le braccia scivolarono attorno al suo collo, mentre
lui le
cingeva la vita. Cosa c'era di male a spassarsela un po' con Akira?
Tanto più
che le piaceva anche abbastanza. Allungò un po’ il
collo, per raggiungere le
sue labbra ed incatenarle alle sue in un bacio decisamente
appassionato, mentre
una mano di Akira raggiungeva i suoi capelli trasportandola in una
passione che
mai avrebbe immaginato. La mano del moro poi scese, fino a dietro al
suo collo,
afferrando il nastrino nero del bikini leopardato, slacciandolo. Himiko
sussultò un pochino, ma lui tornò a stringerle la
vita, come a rassicurarla,
continuando a trasportarla in quel bacio che sembrava infinito, tanto
da
levarle il respiro. Quando la mano di Akira, però, fece per
slacciarglielo
anche sul retro, sentirono un tonfo pesante che li costrinse a
staccarsi e a
voltarsi. Sotto un paio di spazzoloni per la pulizia della piscina ed
in mezzo
a qualche secchio d’acqua sporca rovesciata si trovava Natsu,
sedere e schiena
a terra, che ululava dal dolore, massaggiandosi la nuca.
Si rialzò imprecando contro
tutti i santi del mondo e anche contro i secchi, gli scopettoni,
l'acqua, le
terme e i camping. Ne aveva avuto davvero già abbastanza di
quella
stramaledettissima gita. Akira, piuttosto contrariato, uscì
dall'acqua dopo
aver lasciato andare Himiko e si avvicinò al ragazzo, senza
la minima
intenzione di accertarsi come stesse, ma solo per dargli addosso.
«Sei un
rompiscatole! Questa é la seconda volta, sembra quasi tu lo
faccia apposta!»
Natsu lo guardò sorpreso, allora Akira non era fesso come
dava a vedere, si era
accorto che il pomeriggio precedente era stato lui che li aveva
beccati, nei
pressi del lago. Himiko però non fece caso alle parole del
moro, troppo intenta
a mettersi a mollo fin sopra il naso per nascondersi bene e cercare di
riallacciare il bikini. Ma dov'era finito uno dei due laccetti?
Accidenti.
«Mica è colpa mia se in ogni
dove vi mettete a far sesso! Cercatevi una stanza, perdio!»
si lamentò Natsu,
seriamente contrariato, mentre osservava piuttosto irritato la rossa
nell’intento di ritrovare il laccio del costume.
Chissà perché quella scena lo
stava mandando in escandescenza. Akira, che ora gli era addosso, lo
spintonò,
facendolo finire spalle al muro. «Non permetterti!»
urlò adirato, spintonandolo
una seconda volta «Non permetterti nemmeno di parlare
riguardo questo, proprio
tu poi!» Himiko accortasi della situazione uscì
allora dall’acqua, ignorando il
problema del bikini e tenendolo solo premuto con un braccio contro di
sé,
avvicinandosi ai due.
«Ehi calmi, calmi tregua!!!» azzardò lei
«Non è successo niente infondo!» il
biondo allora la guardò
ribollente di rabbia.
«No, è vero, ma cosa sarebbe
successo se non fossi arrivato io?» sbottò
iracondo. Akira quasi rise,
schernendolo «Ma scusa, a te che t'importa di cosa sarebbe
accaduto?». Natsu
boccheggiò un paio di volte, poi tacque. Già,
cosa gliene importava, dopotutto?
Borbottò qualcosa d’indecifrabile, prima di
continuare alzando la voce e
schiarendola «Ad ogni modo, sarebbe il caso che andassi a
rivestirti Himiko,
sei un po' nuda... » le fece notare, osservando non proprio
contrariato il
pezzo di sopra che, allentata la presa distrattamente da parte della
ragazza,
stava quasi scivolando giù. Lei
s’infuriò, urlò qualcosa che suonava
molto come
"depravato!" e corse via, stizzita. Natsu si chiese come avesse fatto
la sua caviglia a guarire così in fretta.
***
Si
girò mille e mille più volte nel letto,
svegliandosi spesso fradicia
ed ansimante. La sua mente elaborava i più contorti
pensieri, facendole fare i
più brutti sogni della sua vita, al punto di riuscire ad
immaginare perfino
l’odore dei luoghi che la circondavano. E Shiki era sempre
presente, la
ossessionava, la inseguiva, la uccideva, in un cerchio infinito di
eventi
mentre Shin, nella sua follia, lo uccideva a sua volta. Le
sembrò perfino di
riuscire a sentire l’odore del sangue dolciastro del moro,
nel momento in cui
sognò che suo fratello gli portava via la vita. Curioso.
Aprì faticosamente gli
occhi al trillare della sveglia, mentre Len, da perfetta mattiniera
qual era,
era già vestita di tutto punto e si godeva la lettura di un
libro dell’orrore.
«Ben svegliata, Hagu!» le sorrise radiosa «Notte
movimentata eh? Stai
meglio?» le domandò in tono scherzoso, per non
darle a vedere la sua
preoccupazione. Probabilmente Hagumi aveva rimosso tutto, ma
puntualmente ogni
ora era stata presa da una crisi. Urlava a squarciagola, chiamando ogni
volta
una persona diversa, agitandosi e rischiando di farsi del male.
La rosata fece spallucce, non
sapeva cosa avrebbe potuto rispondere, perché effettivamente
stava bene ed era
stato un buon risveglio, ma qualcosa non la convinceva per niente, a
partire
dal punto che si sentiva stanchissima ed aveva odore di sangue e carne
putrida
sotto le narici. Si sentì nauseata, tant'è che
corse verso il bagno, dove
rimase chiusa a chiave per un'oretta. Len, preoccupata per le sue
condizioni,
pensò che l'unica cosa da fare fosse andare a cercare i
fratelli. Il primo che
incontrò fu Shin, appena uscita in corridoio, che stava
facendo il primo giro
di controllo giornaliero.
Lo mise al corrente degli
strani movimenti della sorella quella notte e del fatto che fosse
chiusa da un
po' troppo in bagno. Lui disse che l'avrebbe seguita, seppur
notò un po'
titubante, ma lei lo mandò avanti per andare a cercare anche
Himiko, che
sicuramente avrebbe voluto essere messa al corrente di una cosa del
genere…
Aprì la porta della stanza di Len ed Hagumi, entrando
solamente con il
viso. «Hagu?» provò a chiamare, ma
nessuna risposta. Entrò allora
completamente, dirigendosi verso il bagno e dando due colpi secchi alla
porta. «Hagu?!
Sei lì?». Ma dal bagno nessuna risposta. Si
guardò intorno, ora totalmente in
panico. «Ma che diav… HAGU!». In quel
momento la cosa migliore gli sembrò
prendere a spallate la porta, nel tentativo di aprirla.
Stava per sfondarla, ma lei lo
precedette proprio dopo una sua rincorsa, spalancandola, e fu
investita.
Caddero assieme dentro al bagno, l'uno sull'altra: ci mancava solo
questa!Rimase qualche istante a
fissare il suo volto, rapito, prima di ricordarsi per quale motivo
fosse andato
a cercarla. «HAGU! Che hai? Che ti é preso? Sei
così pallida e... » alzò lo
sguardo verso il gabinetto, ma era pulito, probabilmente aveva
già scaricato,
l'odore di acidognolo e acre del rigurgito, però, era ancora
lì. Si abbassò a
guardarla, ma tutta la risposta che ebbe fu un semplice pigolato
«Alzati... »
si accorse così di starle ancora sdraiato sopra, i corpi
pressati l'uno contro
l'altro, poteva sentire tutto suo calore. Arrossì con
violenza e si alzò di
scatto, tornando in piedi. Razza d’idiota che non era altro!
«Scu-scusa…
» balbettò, porgendole la
mano per aiutarla a rialzarsi, lei però rifiutò
l’offerta. «Sei forse pazzo?
Cosa ci fai qui dopo il casino di ieri? Se ti vedesse Shiki, sarebbero
guai.»
disse fredda. Lui abbassò lo sguardo, ricordando gli eventi
del giorno prima,
quando accecato dalla gelosia, si era trasformato nel tentativo di
uccidere il
moro. Poi un filo di voce «Non potevo andarmene
così, anche per contratto di
lavoro… ».
L'espressione di
Hagumi si sciolse subito dalla sorpresa e
rabbia iniziale, dovuta anche al malumore che si portava
dietro
dall'incubo che non ricordava d'aver fatto e dall'essere stata male.
Sul volto
dunque trovò spazio un flebile sorriso, Conosceva suo
fratello, sapeva cosa
potesse significare quel "non potevo andarmene così"
«Dovevi prima
chiarire con me, eh?» lui annuì, per nulla
sorpreso. Lei sospirò e gli fece
cenno di uscire dal bagno, che almeno si doveva dare una sistemata,
dopo
avrebbero parlato con calma. Lui acconsentì e
tornò nella stanza. Si sentiva un
po' a disagio da solo nella camera di due donne, ma era tutto molto
ordinato e
per fortuna non c'erano fuori cose imbarazzanti come biancheria intima
o altro
del genere. Individuò senza fatica il futon di Hagumi,
dopotutto solo rosa
poteva essere, e vi si sedette sopra, pensieroso. Neanche il tempo di
calmarsi
e rilassarsi, comunque, che Hagumi uscì ben rinfrescata,
dopo aver lavato i
denti, il viso ed aver raccolto i lunghi capelli rosa in una coda alta
ed
ondulata, avrebbe dovuto farsi lo shampoo, la mattina si era svegliata
più
sudata di un giocatore di basket a fine partita. Mentre fissava un paio
di
ultime ciocche sfuggenti sulla nuca con una pinzetta, lo vide seduto e
si
diresse anche lei sulla copertina rosa, per sedersi al suo fianco.
«Come mai hai
vomitato? Hai mangiato qualcosa di strano?» chiese solo per
sicurezza, ma la
risposta sapeva che sarebbe stata sicuramente negativa,
perché la sorella non
si era mai nutrita in quel modo. Mai una sola volta in tutta la sua
vita di
giovane vampira aveva bevuto sangue umano, quello che utilizzava per
tenersi in
forze era di animali che le procurava il suo macellaio di fiducia, un
altro
vampiro che aveva scelto la dieta "vegetariana" e non toccava un
goccio di sangue umano da un paio di secoli. E il paio di secoli non
era un
modo di dire. «No, niente di ciò che pensi. Mi
sono svegliata con una brutta
sensazione, lo stomaco sottosopra, sudata come una capra e con il
morale sotto
le scarpe. Non so perché... » fece spallucce,
appoggiando i palmi delle mani
sul materasso, poco arretrate rispetto al punto in cui sedeva, in modo
da
tenersi comoda, la schiena leggermente curva all'indietro. Lui non si
voltò a
guardarla nemmeno una volta, teneva lo sguardo fisso dinnanzi a
sé ed osservava
ogni singola venatura del legno della porta, come se fosse realmente
interessato. Hagumi lo guardò, invece, studiandolo
attentamente in quegli
imbarazzanti minuti di silenzio. Infine, tornò dritta,
voltò il busto verso di
lui mettendosi inginocchiata e, molto semplicemente, lo
abbracciò. Tutto qui,
niente di più, niente di meno. Allargò le braccia
e cinse il suo collo,
appoggiando la fronte contro il lato destro della sua testa castana,
chiuse gli
occhi ed inspirò profondamente, per sentire il suo profumo.
Si tranquillizzò
con quel gesto, il profumo di Shin aveva sempre un potere calmante su
di lei,
le portava alla mente bei ricordi, la faceva sentire bene.
«Resta per sempre
mio fratello... ti prego... » si maledì quasi
subito per averlo detto, sapeva
di suonare infinitamente egoista, ma cosa poteva farci? Le mancava
così tanto.
Shin era rimasto piuttosto scosso, dal gesto prima e dall'affermazione
poi. Lo
sguardo sembrò svuotarsi e, vacuo, si bloccò sul
pavimento, mentre un senso
d’incredulità s’impadroniva della sua
mente e del suo cuore. Come poteva fargli
questo, come? Dopo che le aveva detto ciò che provava... non
era giusto! Si
sentiva frustrato e sminuito. Si sentiva preso in giro. Alzò
le mani e le serrò
con delicatezza attorno al braccio della ragazza che le cingeva la
parte anteriore
del collo, quindi con altrettanta gentilezza, eppure fermezza, lo
spostò,
liberandosi dalla sua presa. Fece per alzarsi, ma lei lo
fermò per un lembo
della maglia ed infine lui si voltò a guardarla: era
così bella! Così
dannatamente stupenda, avrebbe voluto stringerla forte, urlarle tutto
il suo
amore, fuggire con lei per un posto lontano, dove magari amarsi tra
fratelli
non era peccato. Esistevano luoghi del genere in quel maledetto mondo?
Si curvò
verso di lei, non poteva frenarsi. L'aveva fermato lei e lui sapeva che
era da
stupidi, ma lo prese come un via libera per fare ciò che da
tempo immemore
sognava di realizzare. Fu un bacio molto casto, in realtà.
Niente
travolgimento, niente grande passione. Semplicemente le prese il mento
con una
mano e lo avvicinò al proprio viso, appoggiando teneramente
le sue labbra su
quel piccolo bocciolo di rosa che erano le sue. Solo a fior di labbra,
per
sentire la consistenza, che risultò essere morbida da farlo
impazzire e il
sapore agrodolce. Ad un certo punto gli occhi di Hagumi si riempirono
di
lacrime, che scesero giù bagnando un po' ovunque, anche quel
bacio. Lacrime
salate, comunque, che gli comunicarono un semplice messaggio: quello a
lei non
faceva piacere, non poteva forzarla e doveva lasciarla andare.
Così fece, si
allontanò e le lasciò il mento, lei,
però, aveva ancora la mano serrata su un
lembo della sua maglia. Le lacrime che scendevano copiose e gli occhi
azzurri
fissi nei suoi ambrati, pieni d’incredulità.
«Perché?» riuscì solo a
domandargli in un sussurro, la voce tremante, mentre tutto il suo mondo
sembrava frantumarsi. Ora ne era certa, dopo quel bacio, Shin non
sarebbe mai
più potuto essere solo suo fratello, tutto sarebbe cambiato.
Per sempre e in
quel caso per sempre era veramente riferito
all’eternità. «Perché ti amo.»
niente di più
banale e
scontato avrebbe potuto dire,
d'altronde era solo la
semplice verità. «Ti
amo da sempre,
forse da quando
sei
nata. Avrò
avuto sì e no cinque
anni e
già ti amavo.
Sei la
mia ossessione, Hagu!»
disse
piegandosi in
avanti, le
mani sulla testa a
comprimere, non
voleva impazzire
di nuovo davanti a lei come
il giorno
precedente, era solo
che ormai quel
sentimento gli stava divorando l'anima, presto o tardi
di lui sarebbe
rimasto solo
il mostro.
***
«Himiko!»
urlò
Len, il fiato corto per la corsa, mentre si avvicinava alla rossa che,
comodamente seduta su una poltroncina della sala comune, si godeva la
visione
di un film, cullata dai primi caldi raggi di sole del mattino che
filtravano
dalle finestre che davano sul giardino, approfittando che tutti fossero
ancora
nelle proprie stanze. Himiko alzò lo sguardo
dall’apparecchio, spegnendolo con
il telecomando. «Che è successo ad Hagumi?»
domandò alla moretta, ben conscia
del fatto che con l’espressione che aveva, poteva solo essere
successo qualcosa
alla confettina. Proprio in quel momento, in effetti, una fitta parve
spezzarle
il cuore: era il cuore di Hagumi che andava in frantumi.
«Anche
se non ne è conscia, ha passato tutta la notte agitata, si
svegliava ogni
ora urlando, come totalmente sopraffatta da incubi. Quando si
è svegliata la
mattina, si è sentita male, forse a causa della notte
travagliata, e si è
chiusa in bagno senza più uscirne. Ho incontrato Shin e
l’ho mandato da lei, ho
però ritenuto giusto informare anche te!»
la rossa inchinò il capo in segno di
ringraziamento «Non ti preoccupare, se ora Shin è
con lei starà sicuramente
bene… in parte… ».
Len
ignorava cosa volesse intendere Himiko con
quell’“in parte”, ma la rossa
aveva potuto far due più due grazie alla sensazione che
aveva provato e
all’informazione riguardante Shin e aveva capito il momento
in cui i due si
dovevano essere trovati. Non era il caso di interromperli, anche se
avrebbe
voluto esser lì con loro per sostenerli entrambi.
Guardò
poi Len che la osservava come per dire "allora le alzi le chiappe dal
divanetto e vai da tua sorella?". Himiko si grattò la testa
rossa,
cercando un modo per tergiversare, ma effettivamente non ne esisteva
uno. «Ahhm...
sì, sì, giusto... andiamo... » disse
vaga, alzandosi dal divanetto ed
avviandosi pensierosa verso il corridoio, camminando come una lumaca.
Oh,
giusto, lei zoppicava! Iniziò così ad assumere
un'andatura claudicante, almeno
avrebbe guadagnato tempo.
Quasi
come a
volerla salvare da quella situazione, un acuto urlò
riecheggiò per l’intero
corridoio, attirando l’attenzione delle due, che con un solo
cenno del capo
s’intesero ed andarono a vedere. Il grido sembrava esser
partito dall’esterno,
raggiunsero quindi la fine del corridoio per aprire la porta che dava
sul
giardino, girarono l’angolo della pensione per poi notare una
ragazza in preda
al panico. Le mani che quasi strappavano i capelli corvini da quanto
affondavano nervosamente fra questi, la figura tremante, mentre stava
accovacciata proprio davanti al pontile del terrazzo tradizionale, uno
strano
fetore alleggiava nell’aria, che portò Himiko a
coprirsi subito il viso, l’aria
disgustata.
«Ehi,
tutto bene?»
domandò Len, avvicinandosi e poggiandole una mano sulla
spalla. Non appena il suo sguardo si posò nel punto dove
anche l’altra
guardava, si portò le mani alla bocca, indietreggiando di un
passo, la voce le
morì in gola. Himiko, tuttavia, non raggiunse le due, anzi
indietreggiò di
qualche passo, mentre le sue narici sembravano bruciare per il forte
odore di
sangue che si era espanso nell’aria e i suoi occhi per un
vago istante
assunsero una tonalità rossiccia. «Cos'è,
Minamoto,
l'odore del sangue é troppo per te?»
la voce di Shiki le raggelò la linfa
vitale, mentre si accorse di aver sbattuto proprio contro di lui
retrocedendo.
Altra gente accorreva, nessuno faceva caso a loro e allo scambio di
battute,
poterono parlare in tranquillità. Lei non disse nulla, non
osò rispondere,
sapeva che qualsiasi cosa avrebbe detto l'avrebbe rigirata a suo favore
«Più
furba del confetto umano, non c'è che dire... »
fece lui ironico, puntando poi
lo sguardo sul capannello di persone attorno al cadavere.
«Dov'è tuo fratello?
Devo scambiare due parole con... quel MOSTRO... ».
«Non
è affar che ti riguarda!»
sbottò
lei asciutta, il respiro che sembrava tornare normale, grazie alla
folla di
curiosi che faceva da barriera e copriva l’odore del
cadavere. Lui alzò un
sopracciglio con fare superiore. «Se ti dicessi che son
convinto del contrario?»
allora Hagumi non aveva rivelato nulla alla sorella, meglio
così, sicuramente
gli rendeva la cosa più semplice. Himiko puntava ora i piedi
per terra, l’aria
infuriata. «Stanne fuori! Non impicciarti di affari che non
ti riguardano!».
Shiki
la guardò gravemente, prima che un bagliore di trionfo gli
attraversasse lo
sguardo. «Sì, penso tu abbia ragione. Mi
farò gli affari miei. Ah e... com'è
che non hai negato che tuo fratello è un mostro?»
ghignò appena, prima di
voltarsi verso il corridoio di destra. Hiro Shibata era appoggiato
affaticato
ad un muro, una mano al petto a stringere i vestiti, il respiro
affannoso. Dava
loro la schiena e tenendosi in piedi solo grazie ad una spalla che
appoggiava
alla parete, cercava di andare via, arrancando. Cosa diamine stava
accadendo in
quel posto, quella mattina? «Che sia stato lui?»
questo significava che anche
Shibata-sensei era un vampiro? Dannazione, stavano spuntando fuori come
funghi.
Si voltò e si avviò a grandi falcate verso il
professore di biologia, con
Himiko che lo guardò allontanarsi confusa, per accorgersi in
un secondo momento
della figura ansante di Hiro. Non servì nemmeno partire per
cercare di
fermarlo, la testa rosa di Hagumi si era già messa sul suo
percorso, seguita da
uno Shin mogio che si portò accanto alla sorella rossa.
«Non la vedo bene qui.»
si limitò a dire Himiko, avviandosi verso i tre, Shin al
seguito.
«Levati
di mezzo Minamoto!»
ma Hagumi continuava a bloccargli la strada, braccia aperte
in segno di protezione verso Hiro. «Devo forse farti fuori
per farti spostare?!»
si limitò, però, ad avvicinarsi a lei e a
strattonarla. La rosetta sembrava ora
infuriarsi, mentre una strana aura pareva andare e venire dal suo
corpo, gli
occhi che lampeggiavano di due colori ben distinti. «Stai
alla larga da lui!»
Shiki titubò un attimo, indietreggiando di due passi.
Sicuramente in quel
momento era decisamente svantaggiato, erano ben quattro contro uno.
A
quanto pare la fortuna volle essergli amica, notò Natsu
affiancarsi a lui,
confuso. «In che guaio ti sei cacciato, cugino?»
chiese, non senza una
risatina, guardando poi gli occhi lampeggianti dall'azzurro al rosso
«Ah, si
sta immedesimando in un semaforo, o è ciò che
penso io?»
Shiki non rispose. Il
cervello lavorava freneticamente in cerca di una soluzione. Affrontare
la
Minamoto? Ma se giusto ieri sera aveva deciso che non voleva entrare in
conflitto con lei? Shin si portò accanto alla sorella per
darle man forte
all'arrivo di Natsu, mentre Himiko, sconsolata, si avvicinò
ad Hiro, per
accertarsi delle sue condizioni. Si chiese se non fosse stato lui a
provocare
quella morte, ma scacciò subito l'idea di testa. Hiro stava
male perché cercava
di resistere all'odore del sangue, in quel momento, non per altro. Se
se ne
fosse cibato, non sarebbe stato così di certo.
Sembrò però Natsu, stranamente,
a riportare la tranquillità nel gruppo, notando che avevano
attirato
l’attenzione dei presenti. «Ragazzi, direi di
allontanarci da qui, prima che
qualcuno inizi a farsi strane domande… »
indicò loro la folla di curiosi, che
alternava lo sguardo fra la ragazza morta e loro «E poi il
signore là dietro
penso che non resisterà ancora a lungo in questo luogo.»
Tutti assentirono,
intanto che anche Hagumi sembrava placare un momento la sua ira,
rimanendo
comunque sulla difensiva.
Si
voltò imbufalita e si avviò accanto alla sorella
e ad Hiro, per il quale era
preoccupata da morire. Cercò di fare capolino con il visetto
nella sua visuale,
come faceva sempre. «Hiiiro-chan! Sono io, guardami. Che
bravo che sei, hai
resistito così bene. Vieni con me, dai, dammi la mano!»
con gentilezza gli
prese una mano e lo condusse via, come faceva sempre, riempiendolo di
attenzioni e gesti amorevoli. Himiko li guardò soddisfatta,
Hiro si fidava
ciecamente e si affidava completamente ad Hagumi, perciò
avrebbe rimesso lei a
posto le cose, raccogliendo come sempre i cocci che il povero
insegnante si
lasciava indietro. Lei dal canto suo si voltò verso i tre
ragazzi e, afferrato
il fratello per mano, fece una linguaccia agli altri due,
allontanandosi con
Shin, nella direzione dove la sorella ed Hiro erano spariti poco prima.
***
Inutile
dire che con l’avvenimento di
quella mattinata, gli insegnanti avevano dato ufficialmente fine alla
gita, di
cui comunque nessuno sembrava averne più voglia, obbligando
i ragazzi a far le valigie
e a prepararsi per scendere a valle, dove i pullman già li
attendevano per il
rientro in città. Il luogo di ritrovo per la partenza,
davanti all’entrata
della pensione termale, era un perfetto mortuario, alcune ragazze
più sensibili
non riuscivano a trattenere le lacrime, altri pregavano per
l’anima della
ragazza, nella speranza che potesse trovare la pace in un altro mondo,
e via
discorrendo. Himiko stava seduta sul suo borsone, ovviamente
leopardato, con
accanto la sorella nella stessa posizione, entrambe perse nei loro
pensieri.
Shin e Hiro si erano riuniti al gruppo di professori, dopo che
quest’ultimo
sembrava tornato stabile, per non dare troppo nell’occhio
circa la loro
assenza. Shiki frattanto, appoggiato ad un albero nell’attesa
del cugino, sigaretta
alle labbra per scaricare la tensione, non levava gli occhi di dosso
alle due,
le uniche al momento nella sua visuale. Si soffermò a
pensare all’enorme potere
percepito provenire da entrambe, sicuramente neanche un centesimo di
quello
originale, nel misero frammento di tempo in cui la loro natura stava
uscendo
allo scoperto. Levò giusto lo sguardo dalle due per notare
l’arrivo di Natsu,
che zigzagava in mezzo agli studenti, cercando di evitare le piccole
tombe
costruite per l’anima della ragazza, imprecando incavolato
nero, mentre cercava
di tenere l’enorme e pesante borsone sulle spalle.
«Sei
di una delicatezza disarmante, Natsu... » commentò
Shiki atono, senza neanche
voltarsi a guardarlo. Il biondo fece spallucce, facendo finta di non
capire e si
appollaiò accanto al cugino, voltandosi verso il punto che
tanto interessava
Shiki da non fargli distogliere lo sguardo nemmeno mezzo secondo.
«Mi chiedo se
sei più interessato al segreto che nascondono o al bel
faccino della
principessina in rosa. Ovviamente lo chiedo a me, e non a te,
perché so che da
te non riceverò alcuna risposta, se non un sonoro grugnito.»
il moro, infatti,
grugnì, più che altro per dirgli di starsi un po'
zitto.
«Fossi in te, eviterei certe battute,
perlomeno io mi ero accorto che in loro qualcosa non andava, tu non hai
proprio
percepito nulla.». Natsu cercò il pacchetto di
sigarette nella tasca del
giubbotto di pelle, trovandolo solo dopo diversi attimi, estraendone
una ed
accendendosela. «Ehhh, quante storie, in fondo quella
è la tua peculiarità, non
la mia!” un tiro alla paglia, mentre rilassatamente poi
buttava fuori il fumo.
Shiki
sbuffò. «Lo spirito d'osservazione non
è la mia peculiarità e lo sai bene.»
Natsu fece spallucce: ma sì, non gliene importava niente. Il
punto era che da
quella distanza poté vedere chiaramente Hagumi scoppiare a
piangere come una
fontana, con un'espressione così addolorata da fare pena a
chiunque, persino al
cugino «Che tu sappia era amica della defunta?»
chiese il moro, dissimulando
l'interesse guardando altrove. Natsu scosse il capo
«Figurati, conosco Hagumi
come conosco i miei calzini, e so per certo che non si erano mai
neanche
parlate... ». Shiki lo guardò un istante,
meditando e sorvolando sul pessimo
paragone della rosata con un calzino, quindi buttò a terra
la sigaretta, la
spense con un pestone e gli fece cenno di seguirlo. «Sei
ancora il suo migliore
amico, da quel che ne so, quindi sarebbe il caso che tu andassi a
consolarla ed
io ne approfitterò per parlare di nuovo con loro ed
indagare. Vieni!».
«Sei
senza cuore!»
rispose il biondo, fintamente scandalizzato, d'altronde era
contento di poter andare a coccolarsi Hagumi ancora, quelle potevano
essere le
ultime volte, se avessero scoperto una natura in lei differente da
quella
umana, non sarebbero più potuti essere amici. E pensare che
era la sua
principessina da difendere. S’incamminarono verso le due,
facendo sempre
attenzione ad evitare le piccole tombe, e quando furono
all’incirca ad un paio
di metri da loro, Natsu prese a correre in direzione della confettina.
«Hagu-chaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan!!!»
ululò letteralmente, mentre il suono della sua voce
accompagnava la caduta che
stava prendendo proprio arrivato all’altezza di Himiko,
dimentico di guardare
dove metteva i piedi. Cadde in avanti, atterrando letteralmente di
faccia nelle
casse delle provviste, specificamente in quella dei pomodori, mentre
l’impatto
con le altre fece volare tutto il loro contenuto nei dintorni,
rischiando di
colpire come meteore tutti i presenti. Fortuna che non sarebbero
più servite
per cena! Dopo un paio di minuti di silenzio, in cui tutti si erano
fermati a
guardare la scena dopo aver cercato di evitare verdure volanti,
compresa Hagumi
che aveva smesso di piangere nel giro di un secondo, il biondo non
sembrava ancora
accennare a volersi alzare. «Si sarà fatto male?»
domandò Himiko alla sorella,
la quale fece spallucce, non sapendo se iniziare a preoccuparsi fosse
morto. Il
ragazzo sembrò dare finalmente qualche segno di vita, mentre
faceva leva sulle
braccia nel tentativo d’alzarsi. Himiko, come del resto tutti
i presenti,
scoppiarono in una grassa risata; Natsu, che finalmente stava di nuovo
in
piedi, aveva il viso che grondava ormai passata di pomodoro tanto da
sembrare
questo vegetale formato umanoide. «TU!»
urlò lui adirato, indicando la rossa.
Lei smise immediatamente di ridere, indicando se stessa con aria
interrogativa. «Io?»
il ragazzo le si avvicinò, mentre con una mano si strofinava
gli occhi
che bruciavano dannatamente «E chi se no?! Sei stata tu a
farmi lo sgambetto!». Gli occhi di
Himiko uscirono letteralmente dalle orbite, mentre scattava in
piedi. «Cosa?! Come avrei potuto farti lo sgambetto, se stavo
qui?!».
«Osi anche
negare?!»
ora lui l’era proprio di fronte, in pratica sarebbero stati
faccia a
faccia se la rossa non fosse stata un’abbondante quindici
centimetri più bassa
di lui «Non incolpare me se hai la grazia di un elefante e
l’equilibrio di un
ippopotamo!».
«Perché gli ippopotami hanno problemi di
equilibrio?!»
Fu la
domanda che si posero all’unisono Hagumi e Shiki, decisamente
confusi. «No, hai
ragione, non è colpa tua se hai le gambe di una giraffa!».
«Questo
dovrei
prenderlo come un complimento?!». «E
io chi dovrei incolpare per questo?»
fece
capolino il professore di letteratura, un vecchietto
dall’aria sempre seria e
notevolmente pacata, accentuata dagli occhialetti da vista, che ora
stava
sistemando diritti sul naso, mentre quello che sembrava tanto il
residuo di uno
dei famosi pomodori, ora colava disordinatamente dalla sua testa semi
calva
fino a cadere a goccioloni sulla pulitissima e perfettissima camicia
bianca.
Era troppo. Quella visione fu veramente troppo per i due che, smesso di
litigare, avevano le guance gonfie e rosse, nel tentativo di trattenere
una
risata che però non riuscirono a soffocare, provocando
l’ira del professore sul
quale una venetta aveva iniziato a pulsare insistentemente sulla tempia.
«MINAMOTO! NAKAMOTO! SIETE IN PUNIZIONEEEEEEEEEEEEEEEE!».
...
continua...
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Capitolo 4
A
Song Of Eternal Creatures
Capitolo
4
Appollaiati
a terra come due galline, scontavano la punizione già da
qualche minuto, mentre
quasi tutti ormai stavano abbandonando il luogo per far ritorno al
campeggio a
valle. Hagumi, però, stentava ad andarsene. Aveva
più volte provato a
rimboccarsi le maniche per andare dalla sorella e dal migliore amico ad
aiutarli, dopotutto era colpa sua che era scoppiata in lacrime, ma
Shiki
accanto a lei continuava a fermarla. «Non fare sciocchezze e
muoviti,
iniziamo a scendere.». «Non posso almeno attendere
che loro finiscano?
Non mi sento di lasciare mia sorella quassù da sola, e...
» lui la zittì,
però, con un semplice sguardo torvo. «Scendiamo,
tua sorella se la caverà, e
poi è meglio se rimangono un po' da soli» disse
lui infine, serrando poi le
dita della mancina attorno ad un suo braccio esile ed iniziando a
trascinarla
con sé. Shin, l'ultimo rimasto a chiudere le fila,
perché avrebbe dovuto
sorvegliare i due in punizione, scattò in piedi dal masso
dove sedeva e guardò
i due allontanarsi, tormentato. Himiko si fermò solo un
istante e lo spronò a
seguirli; se Shiki voleva indagare sulla natura di Hagu, era meglio non
lasciarli soli, intanto, non faceva che battibeccare con Natsu,
lanciandosi un
insulto tra un vegetale e l’altro raccolto.
«La
finisci?!» bofonchiò ad un certo punto lui.
«Io?! Hai iniziato tu! È
colpa tua se siamo qui!». «No, la colpa
è tua! Se non ridevi
sguaiatamente in faccia al professor Azuma, non ci avrebbe mai messo in
punizione!» allora lei lo guardò con un cipiglio.
«Mi risulta che tu eri
addirittura piegato a terra mantenendoti la pancia dal
ridere!» Lui sembrò
fermarsi un momento, dandosi una leggera grattata alla testa bionda, in
effetti… rise, al che anche Himiko sembrò
rilassarsi. «In effetti, era
proprio buffo… ».
Rimasero
in silenzio per un po', raccogliendo con calma i residui di quei poveri
pomodori, le mani di entrambi indossavano guantini trasparenti di
plastica, per
non sporcarsi. Himiko, ad un certo punto, ne sfilò uno e si
portò la mano
corrispondente sulla fronte, ad asciugare qualche perla di sudore
provocata dal
sole che batteva insistente e rovente sulle loro teste.
«Ormai é quasi ora
di pranzo... » notò contrariata, osservando
l'altezza della grossa sfera nel
cielo. Nel fare l'affermazione, si voltò verso di lui e
notò che questo era
fermo, forse già da un po', a scrutarla tutto serio.
«Natsu?» chiese
curiosa, il ragazzo gattonò verso di lei e si
portò a neanche mezzo metro dalla
sua figura, il collo allungato quel po' per scrutarle meglio il viso,
ancora a
quattro zampe, la sua testa alla stessa altezza di quella di lei, che
era
inginocchiata. «Himiko, posso chiederti perché
l'altra sera, quando... beh
si... sai io con Misa... perché sei scappata a quel
modo?».
La ragazza diventò
ancor più rossa dei suoi capelli, se possibile, mentre
un’altra fitta al cuore
faceva capolino. «Che razza di domande, dovevo chiedervi se
potevo unirmi a
voi?» La voce acidula, mentre indietreggiava un po’
da lui, rimettendo il
guanto e ricominciando a raccogliere le poche verdure ancora rimaste a
terra. Il
biondo storse
il naso alla solita brutalità con cui lei gli rispondeva, ma
stavolta non
voleva litigare. Si mise anche lui in ginocchio, tolse i guanti
gettandoli in
un punto imprecisato del terreno alle sue spalle, quindi si
avvicinò a lei
ancora di più, afferrandole i polsi. Lei cercò di
divincolarsi, pensava di
poterci riuscire facilmente, ma si sbagliava di grosso,
perché
lui si rivelò
molto più forte di quanto il suo aspetto magro ed asciutto
poteva rivelare. «Lasciami... » intimò,
quasi un po'
stupita da quella situazione assurda,
chiedendosi chissà cosa cavolo volesse fare. Lui
però non
accennava a volerla
lasciare «Himiko, ascoltami, io devo sapere se...
».
«LASCIAMI HO
DETTO!» gridò lei, non voleva ascoltare
ciò che
aveva da dire, in realtà le
venne persino il dubbio che stesse indagando su di loro proprio come
Shiki e la
cosa le fece un po' paura. Ma cosa volevano quei maledetti umani da
loro? Cercò
di alzarsi, di liberarsi di lui, ma il risultato di tutto
quell'agitarsi fu
solo farlo incavolare di più. La spinse verso il suolo e le
si
fece sopra,
bloccandole i polsi a terra e le gambe con le proprie.
«Si può sapere
che diavolo vuoi?!» la voce ora rotta, era spaventata. Natsu
allentò un po’
la presa sui suoi polsi, liberandone uno e levandole una ciocca di
capelli che
le era caduta disordinatamente sul viso. A quel contatto lei
sussultò. «Voglio solo che mi ascolti e rispondi
ad una
mia domanda… ». «Se vuoi
sapere se mi ha dato fastidio, no, assolutamente! Puoi fare quello che
vuoi con
Misa, son poi affari vostri! Non farti strane seghe mentali!»
Lui
incassò un
po’ male il colpo, anche se decise di non darlo a vedere e
scosse
un po’ la
testa, in segno di diniego.
«No,
non é questo. Voglio parlarti di una cosa un po'
più
delicata. » disse
serio, guardandosi attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno,
quindi
piegandosi verso di lei e sussurrarle piano ciò che solo lei
doveva sentire. «Non m’interessa cos'è
tuo fratello.
Non m’interessa nemmeno cos'è Hagumi,
per ora posso volerle bene lo stesso. Ma ti prego... ti prego Himiko,
dimmi che
tu non sei un vampiro... ti prego... ».
I suoi occhi si
sgranarono, mentre le parole sembravano morirle in gola. Natsu prese
quel
silenzio come un assenso, anche se non voleva crederci.
«Himiko… »
sussurrò nuovamente, guardandola ora nei suoi occhi
smeraldo, che sembravano
persi in un mondo lontano. Le carezzò una guancia, come a
volerla riportare a
quella triste realtà. Lei però voltò
il viso, non potendo fare altro bloccata
ancora sotto il peso del suo corpo, volgendo lo sguardo in un punto
imprecisato, non ce la faceva a vedere la sua espressione.
«Ti faccio
schifo?» domandò semplicemente. Poi
lo guardò,
voltandosi senza esitazione dopo la sua domanda, aveva bisogno di
vedere che
espressione sarebbe nata sul suo volto, guardare i suoi occhi al
momento della
risposta, capire se ci fosse traccia di menzogna o meno. I loro volti
così
vicini e lo sguardo di Himiko così terribilmente triste
passarono a Natsu una
sensazione di tenerezza. No, che non gli faceva schifo, certo che no!
Non
avrebbe potuto fargli schifo nemmeno se fosse stata una maledetta
succhia
sangue. Accidenti, non se ne era nemmeno reso conto, ma forse si era
preso una
bella sbandata. Una di quelle gravi però. Scosse il capo
frettolosamente «No, non mi fai schifo. Se fossi Shiki, ti
odierei, forse... » sorrise
amaro «Ma di te seguiterei a pensare che, nonostante tutto,
continueresti ad
essere la meravigliosa creatura che sei. » Un sorriso amaro
le
dipinse il
volto, pensando all’aspetto che madre natura, nel suo essere
eterno, le aveva
donato, ben convinta che Natsu si riferisse a questo e ne fosse
ammaliato. Era
sempre quello, il problema. Il suo aspetto fisico era stato creato
appositamente
così, con l’aiuto della sua volontà,
per i vampiri
non era casualità essere
sempre di bella presenza, in fondo era un’arma di caccia
perfetta. Ma alla
fine, a chi importava davvero di quello che tutti loro portavano
dentro? Erano
mostri agli occhi di tutti. Indubbiamente la loro parte esterna era
ciò da cui
erano attratti, così come l’era stato per Akira,
anche se
aveva sostenuto di
essere stato attirato da lei, era un fatto inevitabile portato dal suo
aspetto
fisico, a lui reso ancora più affascinate dalla passione per
i
vampiri. «Sì,
in effetti, madre natura ha deciso di essere clemente con
noi.»
lui la
guardò confuso, non capendo esattamente cosa volesse dirgli.
«Beh, diciamo
che non è certo una casualità che io abbia
quest’aspetto che sembra attrarre
gli uomini in ogni sua forma.» Natsu la guardò
accigliato,
quindi le portò
una mano su una guancia e, con un grosso pizzicotto, iniziò
a
tirare la pelle
morbida e pallida «Sei veramente una stupidina,
m’irriti!» borbottò
scherzoso, giocando con quella guanciotta come se fosse plastilina.
«Mia cara,
io non parlavo di aspetto fisico. Sì, ok, tu
e tua sorella siete due gnocche da paura, su questo non ci
piove» tanto per
essere delicati «Ma non é questo il punto,
perché tra le umane ne ho viste
di ragazze altrettanto belle. Io parlavo del tuo cuore. Se fosse per
l'aspetto
fisico, mi sarei innamorato di tua sorella, credimi, é
proprio il mio tipetto»
rise un po', prima di zittirsi, rendendosi conto di ciò che
aveva appena detto.
Non é che nella sua affermazione era sottointeso "invece
sono innamorato
di te"? Si sentì confuso ed il bello era che era stato lui
stesso a
mandarsi in confusione il cervello. Ancora con la faccia deformata
dalla mano
di Natsu, che sembrava non voler liberare la sua povera guancia, Himiko
prese
parola. «Ma sche schtai dischendo? Fatshi curashe sche
è meghio!» Il
biondo la lasciò andare, mentre scoppiò in una
sonora risata, mantenendosi lo
stomaco dal dolore. «AHAHAHAHAH DOVEVO
REGISTRARTI!» ruggì, mentre la
rossa si puntellava sui gomiti, alzando il busto al massimo che potesse
fare,
con lui ancora che la bloccava dal bacino in giù.
Alzò la mano e caricò un
cinquino, il biondo si preparò a riceverlo, ma questo non
arrivò. Lei sbuffò un
poco, abbassando il braccio. «Non è
divertente!».
Lui la guardò incuriosito, era la prima
volta che la rossa rinunciava a colpirlo e maltrattarlo. Sorrise,
quindi si
sporse verso di lei, ormai tanto vicina per l'essersi alzata quasi a
sedere, e
le posò un piccolo bacio sulla fronte, con infinita
dolcezza. Si
tirò su
quindi, per liberarla, e le porse una mano per aiutarla a rialzarsi a
sua
volta. Lei però era rimasta pietrificata. Lo
guardò dal
basso con la bocca un
po' aperta e si chiedeva cosa potesse significare quel gesto. Volle
giungere
alla conclusione che era stato solo un modo per sotterrare,
temporaneamente,
l'ascia di guerra. Ora dovevano collaborare, rimettere tutto in ordine
e poi
tornare da soli al camping. Meglio aiutarsi e non litigare,
sì.
Ma da domani,
tutto come prima... dopotutto era questo ciò che rendeva
divertente il loro
rapporto, no? Sorrise, afferrò la mano e si fece tirare su,
lasciandogli un
bacio sulla guancia a sua volta, alzandosi sulle punte e tirandolo
verso il
basso, dopo avergli afferrato un lembo del colletto del giubbotto di
pelle. «Non farla diventare un'abitudine però,
ok?»
ridacchiò con lo sguardo
raggiante, prima di ricominciare a mettere in ordine. Natsu si
portò la mano
sulla guancia, guardandola come uno stoccafisso, quindi sorrise ed
alzò lo
sguardo verso il cielo. Il sole era veramente splendido.
***
Camminavano
ormai da un’abbondante ora, sentendo
sempre lo sguardo di Shin puntato sulle loro teste. Shiki fumava una
paglia
dietro l’altra, nervoso, sotto le occhiatacce di Hagumi, che
puntualmente
all’accensione di ogni sigaretta gli tirava uno scappellotto,
ordinandogli di
spegnerla. Una venetta pulsava sulla sua tempia insistentemente ma,
quando
cercava di voltarsi per dirne una a Shin, puntualmente la confettina lo
faceva
voltare nuovamente e zittire.
«La pianti di fare la prima donna?!»
sbottò
lui, all’ennesimo rimprovero che la ragazza gli tirava. Lei
lo guardò imbarazzata, sentendosi quasi in
colpa, d'altronde che doveva fare? Lasciare che si azzuffassero? E poi
il fumo
faceva male, non sapeva più in che lingua dirglielo,
accidenti. «Io la
finisco, se tu la desisti dal volerlo stuzzicare. Smettila di girarti
verso di
lui, non vedi che lo stai innervosendo?» rispose seriamente
preoccupata,
continuando a percorrere quella discesa un po' ripida, lo sguardo ora
dritto
dinnanzi a sé. Si voltò poi a guardare il moro
per continuare il discorso, ma
con i suoi soliti modi impacciati beccò l'unico sasso su
quel pezzo di
sentiero, una pietra alta sì e no dieci centimetri e larga
altrettanti. Con un
urletto, cadde in avanti, finendo poi di percorrere i dieci metri
successivi
ruzzolando in una successione di capriole, fino a raggiungere un albero
che
fermò il suo percorso in modo brusco e anche piuttosto
doloroso. La sigaretta
cadde dalle labbra di Shiki, chiedendosi come diavolo si potesse essere
così incapaci,
mentre Shin lo superava e correva accanto alla sorella per accertarsi
sulle sue
condizioni. S’inginocchiò davanti alla confettina,
chiedendole se stesse bene,
lei alzò lo sguardo su di lui, gli occhietti azzurrini
avevano due lacrimucce
che le facevano DIN-DON-DAN, il viso coperto di fango. Possibile che
dovesse
essere sempre tanto sfortunata? Nel frattempo anche Shiki aveva
raggiunto i
due, per accertarsi delle condizioni di Hagumi.
«Sei peggio di un elefante in una
cristalleria!» esordì il moro, curvandosi e
tendendo una
mano alla rosetta. «Ti sei fatta male da qualche
parte?».
La ragazza si mise a sedere e sorrise alle
parole di Shiki, nonostante il dolore. «Qualche acciacco un
po' ovunque, ma
niente di rotto!» rise, allungando la mano per afferrare la
sua, ma si
accorse poi che anche Shin le era giunto al fianco e le porgeva la mano
per
aiutarla ad alzarsi. Ritirò subito quella con cui stava
afferrando quella di
Shiki e borbottò qualcosa che suonava molto come "Ma da sola
ce la faccio,
sì!" e si tirò su, un po' a fatica, la schiena
dolorante che sarebbe stata
meglio non sforzare, ma tant'era, sarebbe guarita in pochi minuti.
«C’è da dire che, nonostante la tua
grazia
inesistente, sei un osso duro.» commentò Shiki,
quasi invidioso di quella
qualità che a lui non era stata donata. Gli avrebbe fatto
sicuramente comodo in
alcune occasioni del passato e probabilmente anche del futuro.
«Eh sì, qualcosa che un essere come te non
potrebbe mai avere, senza
diventare quello che chiami “mostri”!» fu
Shin, che sembrava aver messo fine
al suo silenzio, e nel modo sbagliato chiaramente. Il moro storse il
naso in
sua direzione. «No, hai ragione, dovessi scegliere fra la
cosa in cui ti sei
trasformato te, per una gelosia infondata per di più, e me
stesso, preferisco
rimanere come sono e avere la capacità di controllo del mio
corpo!».
Eccoli che ricominciavano. Hagumi roteò gli
occhi e si portò tra i due, centralmente, per separali,
allungando il braccio
destro verso uno e il sinistro verso l'altro, i palmi delle mani aperti
in segno
di stop. «Basta così, voi due. Sbrighiamoci a
tornare, altrimenti facciamo
notte e non vorrei che il pullman del rientro ci lasciasse
qui.».
Delle urla, precisamente quelle dei loro compagni,
attirarono la loro attenzione. Dovevano essere parecchio distanti,
quasi al
campeggio, malgrado ciò riuscirono a sentirle distintamente.
Shiki si mise in
allarme, pronto a correre in direzione del gruppo, percorse qualche
metro per
raggiungere il sentiero, ma fu preceduto da qualcosa
d’indefinito che gli
piombò addosso in un attimo, ferendolo di striscio.
«Acc… ma che diavolo è?» si
domandò
osservando la maglietta sgualcita sul fianco destro, alzando poi lo
sguardo al
cielo e facendosi ombra con il braccio, per non rimanere accecato dai
raggi di
sole. Con la coda dell’occhio notò Hagumi che lo
stava raggiungendo, Shin al
seguito. «State indietro!» urlò, mentre
l’indefinita creatura scendeva in
picchiata dalla cima dell’albero, puntando ai due, pronta a
colpirli. Il moro
le bloccò la strada, proteggendosi con le braccia, che la
creatura usò come
punto di appoggio per lo slancio di allontanamento, tornando subito al
contrattacco. Shiki la schivò facilmente questa volta, ma
quando provò a
colpirla, anch’essa non ebbe problemi ad evitare il colpo.
Hagumi li raggiunse, non aveva la minima
intenzione di fare la fanciulla in difficoltà che andava
protetta. Shin si
portò al suo fianco, non voleva offenderla, ma era una cosa
del tutto naturale
voler proteggere sua sorella; la donna che amava, precisamente.
Bastarono pochi
attimi perché si trasformasse, gli occhi rossi come il
sangue, i canini
affilati e gli artigli pronti al combattimento. «Cosa diamine
é quel coso?
Sembra uno di noi, ma c'è qualcosa di diverso... »
commentò il bruno
sorpreso, in modo che gli altri due lo sentissero, magari ponendo fine
al suo
dubbio, ma né Hagumi, né Shiki, seppero dargli
una risposta.
La creatura sembrò sorridere loro, lo sguardo decisamente
malvagio, colpendoli poi con una raggelante risata. «Due
vampiri e un
cacciatore… misere creature del passato.» porse il
braccio in avanti,
aprendo la mano e caricando quella che sembrava tanto una sfera di
energia,
pronta a colpire. «Siete ormai superati, questa è
la nuova vincente forma
che porterà la fine del conflitto!».
Lasciò partire il colpo, mentre loro
saltarono ai tre lati opposti per evitare di essere colpiti. Quando il
polverone si dissolse, il gruppetto guardò esterrefatto il
cratere profondo
almeno un centinaio di metri che si era formato. Shiki
scrutò intorno alla
ricerca della creatura, ma questa sembrava scomparsa con
l’aiuto della nube che
si era creata in seguito alla sfera di energia. Hagumi
tossì un po', uscendo da alcuni cespugli in cui si era
gettata,
ovviamente rovi spinosi, poteva mai essere altrimenti con la sfortuna
che si
ritrovava sempre in certe situazioni? «Ahi... ahio... che
dolore... »
uscì piena di graffi, qualche gocciolina di sangue che
scorreva sul candido corpo
pallido, lasciando innumerevoli rigagnoli. Alle sue spalle, tra il
fogliame,
gli occhi dell'essere brillarono. «HAGU ATTENTA!»
urlarono all'unisono i
due, che si erano appena rialzati, e fu Shin, il più vicino
a lei, a spingerla
via tuffandosi in sua direzione e prendere il suo posto tra le grinfie
del
nemico che stava per aggredirla, spinto dall'effluvio di sangue che gli
aveva
messo una gran sete, risvegliando quella che solo quella mattina aveva
placato
nutrendosi della giovane ragazza alle terme. Shiki si
affrettò a raggiungere la
figura di Hagumi, senza però perdere di vista i due
combattenti. La creatura
aveva affondato i suoi canini nel petto di Shin, che stava cacciando un
urlo
disumano, come se un forte veleno gli stesse facendo ribollire tutto il
corpo,
distruggendolo dall’interno. Fu questione di un secondo,
l’aura di Shin si
potenziò incommensurabilmente, travolgendo al suo interno
anche la creatura, e
quando il bruno portò le mani al collo di questa, essa
sembrò sbriciolarsi fino
a ridursi in cenere. Il giovane cadde a terra, ansimante, perdendo i
sensi.
Shiki non riuscì a capire cose fosse realmente successo,
come del resto Hagumi,
che però preferì occuparsi del fratello, correndo
a soccorrerlo. Il moro si
alzò in piedi, osservando il punto dove era stata distrutta
la creatura, mentre
una folata di vento portava via ciò che rimaneva di lei.
Forse, il vero
pericolo di cui parlava la leggenda, poteva rivelarsi qualcosa di
diverso da
ciò a cui aveva sempre pensato.
***
Spalancò
la pesante porta del locale, che si
trovava proprio nelle cantine del Pink Tiger, sorridendo radiosa:
finalmente
era il giorno delle prove e poteva sfogarsi cantando! Cantare le
trasmetteva
sempre una sensazione di forza, come se tutti i problemi che la
circondassero
in quel momento svanissero, facendola sentire al massimo. Prese la
rincorsa
come suo solito, saltando al collo di Oda, il membro anziano del gruppo.
«Oda-Channnn!» ululò felice,
piantandogli un
sonoro bacio sulla guancia e scompigliandogli i capelli bruni.
Mollò la presa
dal collo del ragazzo, lasciandosi cadere nel vuoto fino ad atterrare a
terra
un secondo dopo. Oda si curvò in tutta la sua altezza, ben
un metro e
novantadue, facendo una carezzina affettuosa alla rossa, che sorrise
radiosa. Himiko
si voltò di novanta gradi verso destra, per notare Natsu
seduto sul divanetto
nero di fianco a loro, aria imbronciata, birra in una mano e sigaretta
nell’altra. Gli rubò la bottiglietta verde di
mano, bevendo tutto il suo
contenuto e restituendogliela vuota, sotto le prediche del ragazzo, che
decise
di ignorare, troppo impegnata a farsi coccolare da Oda, che ormai non
vedeva da
ben due settimane.
«Non te la prendere… » era Ryo, il
batterista
del gruppo, che ora prendeva posto
sul divanetto a fianco a Natsu, stappandosi una birra. «Dopo
tutto questo
tempo non ti sei ancora abituato alle loro effusioni
d’affetto?» gli diede
una gomitatina nelle costole, sorridendo ora beffardo
«Dì la verità, sei
geloso perché per una volta una ragazza dà
l’attenzione ad un altro e non a te!».
Natsu
tossicchiò un po', dopo una profonda boccata dalla
sigaretta, voltandosi poi a
guardare Ryo con fare quasi schifato. «Sei scemo? Ma chi lo
vuole
l'interesse di quella racchia!» sbottò acidognolo,
beccandosi poi la
bottiglietta di birra in testa, che Himiko gli aveva nuovamente
sottratto di
mano. «Ahio!» borbottò voltandosi in sua
direzione, si fecero la
linguaccia a vicenda, poi si voltarono ai lati opposti. Oda rise
appena,
iniziando ad accordare il suo basso pronto per iniziare le prove
«Non
cambiate mai voi due, eh... pensavo che in gita vi sareste avvicinati
almeno un
po', a quanto pare mi ero illuso. » disse con fare quasi
paterno, mentre un
Akira un po' trafelato varcava la soglia della sala e chiedeva scusa
per il
ritardo. Himiko guardò altrove cercando di non intercettare
il suo sguardo, era
ancora imbarazzata dall'ultimo incontro ravvicinato e non avevano avuto
modo di
chiarire. Natsu sbuffò ed insieme ad Himiko fu l'unico a non
salutare l'ultimo
giunto. Oda intuì subito qualcosa, si appuntò
mentalmente che avrebbe dovuto
parlare con la rossa, dopo le prove.
Provarono un paio
di pezzi, che dovettero ripetere almeno una decina di volte, per
rivedere
qualche parte che non funzionava, prima di fermarsi esausti e
concedersi una meritata
pausa.
«Ti vedo in
forma, Himi.» notò piacevolmente Oda, accendendosi
una sigaretta. «E
Shin? Novità?». La ragazza scosse la testa,
afflitta. Dalla battaglia in
montagna, di cui Hagumi e Shiki avevano rispettivamente raccontato a
lei e
Natsu, Shin giaceva ormai da una settimana in coma. Oda, paglia alle
labbra, la
afferrò per il braccio, poco più su del gomito,
tirandola verso di sé ed
abbracciandola amorevolmente, carezzandole la lunga chioma rossa, in
segno di
conforto. «Vedrai che si ristabilirà
presto.». Himiko ricambiò
l'abbraccio, non tanto sicura che ciò che dicesse il bruno
potesse essere
realmente vero. Hagumi, con i suoi poteri di guaritrice, passava ormai
ogni
momento della giornata a tentare di curare le ferite di Shin, fino a
svenire
esausta e, puntualmente, non appena riacquistava un momento le forze,
ci riprovava.
Era la prima volta in cui i suoi poteri sembravano risultare
inutili. I freddi occhi grigi di Oda si fermarono sulla figura di
Natsu, che li
osservava insistentemente, l'aria di uno geloso marcio. Sorrise
beffardo, in
tono di sfida, liberandosi della sigaretta e stringendo di
più a sé Himiko,
abbassandosi fino all'altezza delle sue labbra e dandole un piccolo
bacio sulla
punta del naso, che dalla posizione di Natsu, però,
risultò più un perfetto
bacio a fior di labbra, mandandolo in escandescenza. Lui non era la
persona
giusta per Himiko e, anche se fingeva piacere ad una loro ipotetica
amicizia,
non gli avrebbe mai realmente permesso di avvicinarsi a lei. Da quando
aveva
scoperto che era un cacciatore, ascoltando per caso un discorso tra lui
e Shiki
grazie al suo udito sopraffino, che poteva permettergli di ascoltare le
conversazioni di persone anche molto distanti da lui, era diventato
totalmente
riluttante verso il biondo, anche se per precauzione non lo dava a
vedere. In
ogni caso, uno sporco cacciatore come lui, non doveva nemmeno osare
quel
pensiero.
«Ma che fai?» ridacchiò divertita la
rossa,
tirandogli uno scappellotto dietro la nuca, a cui arrivava facilmente,
dato che
lui era curvato su di lei. «Che scemo!».
Oda sorrise, in quel modo
infinitamente dolce che ad Himiko piaceva tantissimo. Non disse nulla
più,
tornò a concentrarsi sul suo adorato basso e lei rimase a
fissarlo per un po'.
Come avrebbe voluto che uno come lui s’interessasse a lei.
Era così posato,
maturo, estremamente bello, il che non guastava mai e, come se non
bastasse,
sapeva fare tutto, oltre ad essere un vampiro molto influente nella
cerchia del
loro paese, se fossero esistite gerarchie, lui sicuramente sarebbe
stato un
vampiro nobile, appartenendo ad una famiglia addirittura più
antica di quella delle
gemelle, degli originali che risalivano a prima del medioevo europeo.
Insomma,
se avesse dovuto scegliere il suo compagno di eternità
perfetto, non c’era
sicuramente soggetto migliore. Akira sospirò un poco,
levando lo sguardo dalla
rossa, amareggiato dai suoi comportamenti con Oda. Si
concentrò, iniziando a
pizzicare le corde della sua amata chitarra, infondendo in quelle note
tutto se
stesso, chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dalla melodia.
«Ehi e questo da dove salta
fuori?» domandò curioso Ryo, sedendosi di fronte
al moro. «Non è dei
nostri pezzi, davvero niente male. L’hai composto
tu?». Lui fece un assenso
con la testa, spostando la chitarra dal suo grembo e rimettendola nella
custodia rigida. «Nulla di particolare, diciamo che
è ben lontana da ciò che
doveva essere.» Il batterista lo guardò, ora
curioso. «E qual’era il
progetto originale?». «Beh, diciamo che riuscire a
comporre una melodia
che possa arrivare al successo di essere ricordata anche in molti anni
a venire,
non è un’impresa semplice. ». Ryo
sorrise amabilmente, dandogli una pacca
sulle spalle. «Sembra un sogno importante, impegnati e vedrai
che riuscirai
nel tuo intento.». Lui sorrise grato, caricandosi la custodia
in spalla e
avvicinandosi alla rossa.
«Possiamo parlare un
momento?» le domandò, poi si affrettò a
sottolineare «In privato… ».
Lei lo guardò un attimo titubante, per poi acconsentire con
un cenno del capo
ed avviarsi verso il pesante portone della loro sala prove, uscendo nel
corridoio, il ragazzo al seguito.
«Vorrei parlare dell'ultima
sera alle terme... » iniziò lui, ma Himiko lo
interruppe,
ironica «Non
che avessi dubbi. Vai avanti... ». Sospirò,
iniziavano
proprio bene. «Dopo che Natsu ci interruppe, non mi hai
più rivolto la parola. Alle prove m’ignori,
a scuola mi eviti... cosa devo fare per riavere la tua
attenzione?» chiese
con un tono di voce così sincero, che lei pensò
seriamente stesse dicendo il
vero, che forse... forse gli mancava davvero. Si decise a guardarlo:
sembrava
sincero, sì. «Non é che voglio
ignorarti... »
iniziò titubante. Si
sentiva in imbarazzo e non sapeva comportarsi. Insomma, l'avevano
capito anche
i muri che se in quel momento non fosse arrivato Natsu, loro
l'avrebbero fatto.
Ma quando una cosa così viene interrotta in quel modo,
é
un po' difficile
riprendere a parlarsi come nulla fosse, soprattutto perché
tra i
due non c'era
mai ancora stato nulla di affettivo.
«Ma?» domandò lui
ansioso, gli occhi velati di tristezza. Lei allora si fece coraggio.
«Insomma… cioè… capisci,
dopo ben due
volte… due volte che veniamo
interrotti… è imbarazzante ecco…
»
borbottò sconnessamente, le gote che
assumevano un colorito purpureo, che agli occhi del bruno, ora
visibilmente più
rilassato, risultavano adorabili. «Tutto qui?» le
domandò in un sorriso,
avvicinandosi a lei, facendole la solita carezzina affettuosa.
«Alla fine,
forse, è stato meglio così. Probabilmente ho
accelerato
un po’ i tempi,
scusami… » le disse sincero. Himiko lo
guardò un
momento confusa. Accelerato
i tempi? Perché la loro relazione aveva mai dato ad
intendere
uno scopo diverso
dal fare quello?
«Anzi, poniamo subito
rimedio. Ti va di uscire insieme una di queste sere e conoscerci
meglio?
Potremmo andare a mangiare qualcosa, o a vedere un film... non so...
puoi
decidere tu.» sorrise, non conoscendo i gusti della ragazza
le lasciò carta
bianca, ignaro del fatto che lei stava interiormente rabbrividendo per
la piega
che la situazione stava prendendo. Che significava USCIRE INSIEME?
«Ehm… » Himiko non sapeva
più che pesci pigliare, cosa rispondergli, per non ferirlo
totalmente. Il
moretto aveva capito decisamente male riguardo le intenzioni che LEI
aveva con
lui. Proprio in quel momento, come una manna dal cielo, la porta del
locale si
aprì, spintonandola in avanti, poiché poco
intelligentemente ci si era fermata
dietro, cascando addosso ad Akira che cadde a sua volta, sedere a terra
con la
rossa sopra di lui.
«Ancora?» domandò facendo
capolino con la testa bionda dal locale «Non potete stare due
minuti da soli
senza fare cose sconce?».
Akira digrignò i denti, stavolta ne aveva
davvero le tasche piene «E tu non riesci a stare due minuti
senza ficcare il
naso in giro? Se ti piace Himiko, diglielo, anziché
continuare con questi blitz
che non servono a nulla, se non a renderti odioso e
ridicolo!» sputò fuori
quest'affermazione con una rabbia irreprimibile. Forse era la volta
buona che
avrebbero litigato malamente, ma Himiko, tutta rossa in viso per essere
finita
addosso ad Akira, si rialzò di scatto spolverandosi i
vestiti e cercando di
allisciare i lembi spiegazzati dalla caduta, quindi si mise tra i due,
se
possibile più irritata di entrambi messi assieme.
«Mi avete forse scambiata per il vostro
giocattolo? O per una buona scusa per urlarvi addosso?»
domandò stizzita,
prima guardando uno e poi l’altro. Akira abbassò
lo sguardo, stringendo i
pugni, scuotendo la testa in segno di diniego e scusandosi con lei.
Natsu,
invece, mantenne lo sguardo fisso negli occhi della rossa, senza
però dire
nulla.
«Forse però… » si fece
coraggio il moro
«Dovresti deciderti a scegliere uno dei due…
».
Gli occhi di Himiko uscirono dalle orbite, mentre
lo guardava scandalizzata.
«Dovrei scegliere? Ho una relazione con entrambi
e non ne sono cosciente?» domandò con un cipiglio,
chiedendosi quale serio
problema avesse. O se l’avesse lei. Non aveva ritenuto di
avere una relazione
con Akira, con il quale era in ogni caso successo qualcosa di quasi
piccante,
figurarsi con Natsu, che non aveva neanche mai minimamente calcolato
sotto quel
punto di vista. «Credo tu abbia preso un abbaglio…
».
Il biondo sorrise serafico, guardandoli
quasi con saccenza, come se lui sapesse qualcosa che gli altri due non
sapevano. «Ma lei ha già scelto, mio caro! No,
Himiko?» lei lo guardò
come se fosse rincitrullito d'un botto. Ma il punto é che
era convinto davvero
al cento per cento di ciò che stava dicendo, non erano
semplicemente
vaneggiamenti, per una volta aveva bevuto solo una birretta, non era
neanche
ubriaco. C'era qualcosa tra lui ed Himiko, non sapeva spiegarlo a
parole, ma
certi sguardi che si scambiavano, persino durante i litigi... possibile
li
avesse immaginati solo lui? Ignorando bellamente la presenza di Akira,
si curvò
leggermente verso Himiko, che fece un passo indietro sorpresa, quasi
allibita,
stava per aprire bocca e mandarlo via, ma non riuscì a fare
in tempo poiché una
mano del ragazzo si era già serrata con delicatezza sulla
sua mascella, per
attirare il bel viso verso di sé ed appoggiare le proprie
labbra su quelle
rosse, carnose e morbide di lei. Akira rimase completamente sconvolto,
ma non
meno di lui Himiko, che tuttavia non si ritrasse, anzi
approfondì il bacio con
un certo, nuovo interesse. Chiuse gli occhi, perdendosi in quella
sensazione sconosciuta
che tuttavia le dava un senso di pace, come se fosse giusto, come se
finalmente
ogni tassello stesse andando al proprio posto. Tutto esattamente come
doveva
essere, pensò, mentre alzava le braccia e le faceva
scivolare sulle spalle di
Natsu, che sorrise quasi nel baciarla, e le cinse dal canto suo la
vita,
attirandola verso di sé. Per Akira invece no, non era nulla
come doveva essere.
Il suo volto si contrasse in una smorfia rabbiosa, mentre allungava una
mano
verso il braccio di Himiko e serrò le dita attorno al
piccolo ed esile polso,
tirandola via con uno strattone violento che fece quasi perdere
l'equilibrio
alla ragazza, mentre si staccava da Natsu che rimase stordito qualche
istante,
prima di allungare anche lui una mano e prendere l'altro braccio della
rossa,
irritato. «CHE DIAVOLO FAI, AKIRA? LASCIALA, LEI HA SCELTO,
RITIRATI!»
quasi un ordine con tono autoritario, ma Akira non lo
ascoltò. Guardava la
ragazza con odio, tanto da spaventarla, non aveva mai visto e notato
quella
vena di follia nello sguardo di ghiaccio del moro. Strinse
più forte la presa
sul suo polso, che le fece contorcere il viso in una smorfia di dolore.
«Lo sai come si chiamano quelle come te,
Himiko? Quelle che stanno con uno e poi, davanti a lui soprattutto,
vanno con
un altro?» le domandò, gli occhi ridotti a due
fessure. «LO SAI?!» Lei
scosse la testa, confusa da tutta quella situazione, ma chi gli aveva
mai detto
che loro due avevano una storia?
«Ma… Akira, noi due non siamo mai stati
insi… » non fece nemmeno in tempo a finire la
frase che lui la strattonò
ancora una volta, mollando poi la presa per alzare il braccio, mano
aperta, e
tirarle uno schiaffo in pieno viso. «SEI UNA
PUTTANA!» Himiko perse
l’equilibrio e cadde all’indietro, sbattendo contro
la parete del corridoio.
«SEI UN BASTARDO!» gli urlò Natsu,
che fece per assestargli un pugno, ma qualcuno fu più veloce
di lui. Himiko,
che aveva avuto uno slancio fulmineo degno di un’acrobata,
era ora sul ragazzo,
bloccandolo a terra. Akira la guardò con terrore, gli occhi
ora rossi di lei lo
guardavano spietati, intanto che si passava la lingua sulle labbra e
sui denti,
due canini bianchissimi ed affilati spuntavano minacciosi, mentre la
sua
espressione indicava che stava già pregustando il banchetto.
Natsu rimase
pietrificato, impotente, avrebbe dovuto fare qualcosa, ma semplicemente
non
poteva muovere un muscolo, neanche con tutta la volontà di
questo mondo. Rimase
inerme a guardare la ragazza affondare i canini nella carne di Akira,
avrebbe
potuto giurare di sentire persino il rumore di quelle zanne da
predatrice che
affondavano inesorabilmente, e il sangue poi fluire dal corpo del
ragazzo, alla
sua bocca. Akira urlò, urlò di un dolore mai
provato prima, mentre il sangue
iniziava a bruciargli nelle vene. E fu così che,
probabilmente per la prima
volta nella storia, proprio sotto agli occhi di un cacciatore, un
vampiro si
era rivelato in ogni sua negativa forma.
***
La
piccola stanza, illuminata solo da qualche filo
di luce, sembrava così vuota e triste, immersa in tutto quel
silenzio. I pochi
raggi di sole che filtravano dalle persiane, accarezzavano il viso
addormentato
di Shin, come a volerlo chiamare, neanche desiderassero riportarlo a
quella
realtà che aveva abbandonato ormai da ben otto giorni.
Hagumi chiuse gli occhi,
mentre l’ennesima lacrima le rigava la pallida e morbida
guancia. Sospirò un
poco, mentre con entrambe le mani stringeva la destra di Shin,
concentrando
tutte le sue energie. Una piccola sfera bianca e luminescente si
formò esattamente
sopra il petto del ragazzo, proprio all’altezza del cuore,
fino a penetrarlo ed
annullarsi, di nuovo. E ancora i suoi occhi rimasero chiusi, il corpo
inerme. Un
sospiro si levò alla sua destra dove, un paio di
metri più in là, seduto su una poltroncina nera
di pelle,
Hiro osservava tutta
la scena con la solita espressione distaccata, quasi un po' cinica,
appoggiato
sulle mani incrociate e puntellando i gomiti sulle ginocchia, un po'
ricurvo in
avanti vegliava sui due con infinita pazienza: non perdeva d'occhio
Hagumi
neanche quando lei, stremata, perdeva i sensi e dormiva anche per ore.
«Dovresti fare una pausa.» disse lui, senza usare
un tono
troppo
convinto, tanto chiunque provasse ad allontanarla contro la sua
volontà dal
capezzale di Shin finiva ridotto male, incappando in una rabbia senza
precedenti nella piccola gemella rosata, che aveva rischiato di far del
male
persino a sua madre per allontanarla quando cercava solo di convincerla
a
dormire un po'. Lei non fece neanche un cenno verso di lui comunque,
facendo
quasi finta di non sentirlo. Chiuse nuovamente gli occhi e
ritentò, caparbia.
Non si sarebbe arresa finché non avesse visto Shin aprire
gli
occhi e
sorriderle con quel fare dolce e caloroso che solo lui sapeva
trasmetterle.
Ovviamente, fallì per l’ennesima volta. Nascose il
viso
con le manine lattee,
mentre calde lacrime le rigarono le guance e i singhiozzi fecero
capolino.
«Perché non ci riesco? Non è
giusto…
perché proprio a Shin?» domandò, forse
per la
millesima volta dal famoso
evento in montagna, addossandosene puntualmente la colpa. Hiro si
alzò dalla
poltrona in un gesto automatico, inginocchiandosi accanto a lei.
«Guardami.» le intimò, ma lei non volle
reagire, al
che lui glielo
ripeté, forzandola ad alzare lo sguardo su di lui.
«Quante volte dobbiamo affrontare il
discorso? Non dire che è colpa tua. Stai facendo il massimo
per aiutarlo, anche
più di quanto il tuo corpo ti permetta. Dovresti avere
più cura di te stessa,
Shin non si perdonerebbe mai di vederti in queste condizioni a causa
sua.»
le passò una mano fra i morbidi e profumati capelli rosa,
posandole un soffice
bacio sulla fronte.
Lo guardò qualche istante, cercando di
calmarsi, aveva ragione dopotutto, il suo discorso non faceva una
piega, eppure
quel senso d’impotenza era così angosciante.
Abbozzò solo un lieve sorriso,
quindi si schiarì la gola, provò a parlare ed
uscì qualcosa di gracchiante,
forse per la stanchezza o forse per le lacrime «Grazie...
» disse solo,
mentre Hiro le lasciava un’altra carezza sulla testa rosata.
«Vado a
prenderti un bicchiere d'acqua, torno subito.» era l'unica
cosa che poteva
fare per aiutarla, dopotutto. Si alzò e si avviò
fuori dalla stanza,
richiudendo la porta alle proprie spalle. Lei sospirò,
osservando la porta
chiusa, e passò solo qualche secondo prima che si alzasse
dallo sgabello e si
stendesse su letto, accanto al fratello, appoggiando la testa sul suo
torace
che si alzava lentamente al ritmo di ogni flebile respiro, fu quasi
rincuorante
sentire il suo cuore battere, almeno sapeva che era ancora vivo,
perché solo
toccandogli la mano o guardandolo in viso, così deturpato da
quella specie di
malattia che gli stava succhiando anche l'anima, non riusciva
più a sentirlo.
Sentì le lacrime salirle nuovamente ed impossibilitata a
trattenerle, si lasciò
trasportare da loro, liberando con quel pianto il peso che la stava
soffocando,
stringendo la coperta azzurrina. Fu come un attimo, quando le
sembrò di sentire
Shin pregarla di non piangere in un flebile soffio di voce.
Alzò la testa,
incredula, guardando il fratello, che ancora giaceva addormentato. Se
l’era
forse sognato? Già, probabilmente. Sospirò un
attimo, quando lo sentì
nuovamente.
«Hagu… » un filo di voce, quasi
impercettibile.
Sgranò gli occhi, ritrovandosi
completamente senza parole, mentre si alzava a sedere e si portava con
il viso
ad altezza di quello di Shin, tanto vicino per sentire meglio, per
capire se
non stesse sognando. «Shin... Shin, sei sveglio?»
chiese scossa, mentre
le palpebre del ragazzo si alzavano lentamente, fino a schiudere gli
occhi,
quel po' che lei potesse scorgere l'incredibile tonalità
ambrata delle iridi e
la pupilla, leggermente dilatata più del normale, forse a
causa del veleno che
gli era entrato in corpo, riducendolo ad un vegetale. Si
portò una mano alle
labbra, incredula, mentre prese ad accarezzargli i capelli bruni,
sembrando
conoscere solo il suo nome e ripetendolo continuamente. Lui
alzò una mano a
fatica, arrivando fino alla sua guancia ora leggermente arrossata per
il
pianto, facendole una flebile carezza, il massimo che poteva
permettergli in
quel momento il suo fisico.
«Sono qui… » abbozzò un lieve
sorriso, che a lei sembrò infinitamente dolce e tenero.
Sì, quello era proprio
il suo Shin.
«Shin... Shin... sì... il mio Shin... »
pianse,
tornando ad appoggiarsi a lui, nascondendo il viso nel suo collo,
incurante di tutto, persino di andare ad avvisare i genitori che Shin
si era
svegliato. Non esisteva niente, nient'altro che lui. Nient'altro che
loro. Con
uno sforzo immane il ragazzo la circondò con le braccia e la
tenne stretta a
sé. Se per avere Hagu solo per sé doveva andare
in coma
ogni volta, pensò che,
tutto sommato, non fosse un prezzo così oneroso e lo avrebbe
fatto volentieri.
La porta si aprì improvvisamente, Hiro entrò
seguito dai
genitori dei ragazzi.
Avevano sentito i singhiozzi di Hagumi dalla stanza affianco, ed erano
accorsi
pensando a qualcosa di terribile. Hiro si bloccò prima di
avvicinarsi al letto,
incredulo. Fino ad un secondo prima quel ragazzo era quasi morto, ed
ora eccolo
lì, a cullare la sorellina tra le braccia. Sorrise, uno dei
suoi
rari sorrisi,
mentre Ai, la madre dei ragazzi, si rifugiava tra le braccia del
marito,
piangendo anche lei, sollevata. «Bentornato fra noi,
ragazzo.» Kojiro si
scambiò un sorriso con il figlio.
***
Oda
aveva mandato Ryo e Natsu a casa, dopo
aver trovato quella scena straziante aveva semplicemente fermato Himiko
e
rinviato le prove, con un sangue freddo degno di nota. Ryo non aveva
capito
niente, non aveva assistito alla scena, né nessuno di loro
gli aveva spiegato
nulla. Natsu dal canto suo era incredulo: persino Oda sapeva della
storiella
dei vampiri? Era andato via riservando ad Himiko uno sguardo di
disprezzo... e
se pensava che solo cinque minuti prima l'aveva baciata con una
passione
travolgente si sentiva a pezzi. Ad ogni modo le sorprese non erano
finite qui,
per qualcuno c'era altro da scoprire. Oda aveva raccolto Akira con fare
protettivo, lo portava tra le braccia, un braccio dietro la schiena ed
una
sotto le ginocchia, ed aveva semplicemente fatto cenno ad una piangente
e
tremante Himiko di seguirlo. Lei lo fece senza spiccicare parola, si
fidava di
lui ciecamente, dopotutto sapeva fosse un pezzo grosso. Non sapeva
ancora
quanto grosso, però. Rientrarono nel locale, Himiko lo
seguì confusa, chiedendosi
oltretutto cosa poteva esserci nello scantinato del locale che potesse
aiutare
il povero malcapitato. Si fermarono dopo la prima rampa di scale, prima
di
raggiungere il piano inferiore.
«Sciacquati il viso, dietro questa porta
c'è il bagno.» lei ubbidì ed
entrò all'interno, ancora scossa dai
singhiozzi. Si avvicinò ad un lavandino, aprì il
rubinetto e fece scorrere
l'acqua in modo più rumoroso e scrosciante possibile, mentre
piangeva
disperatamente guardandosi allo specchio. Lasciò che le
zanne, gli artigli e
gli occhi tornassero umani ed osservò la sua figura
disgustata: era un mostro,
questa sua natura non sarebbe mai cambiata ed avrebbe continuato ad
odiarsi per
sempre. Si sciacquò bene viso e collo, era tutto un trionfo
di sangue. Per i vestiti
c'era poco da fare e le ciocche di capelli coinvolte nell'incidente le
tirò
semplicemente indietro con qualche molletta che per fortuna aveva con
sé nello
zaino di scuola, l'aveva portato con sé alle prove
poiché non era tornata a
casa alla fine delle lezioni, ed anche prima di scendere giù
si era ricordata
di recuperarlo. Dopo parecchi minuti, un po' più ordinata
stavolta, uscì dal
bagno ed Oda le sorrise lievemente, come per tirarla su.
«Tranquilla.» disse solo, come per
farle capire che non era successo nulla di grave, che Akira non sarebbe
morto,
lo aveva quasi dissanguato, ma respirava ancora. Scesero ancora le
scale, lui
davanti e lei qualche gradino più indietro, che avanzava a
testa bassa.
Raggiunsero quella che tutto era, fuorché una cantina: si
ritrovarono in una
piccola stanza con solo una porta nella parete di fronte alla rampa di
scale.
Oltrepassarono questa porta, che Akira aprì semplicemente
sussurrando qualcosa
e quando furono andati oltre, questa si richiuse alle sue spalle e la
serratura
scomparve. «Oda... ma... ?» non aveva mai visto
niente di simile. Lui la
guardò rassicurante, mentre un lunghissimo, quanto buio
corridoio, illuminato
solo dalla tiepida luce di alcuni candelabri, si stagliava dinnanzi ai
loro
occhi. «Ci sono vampiri e vampiri, alcuni hanno poteri
curativi come tua
sorella, altri riconoscono i cacciatori, come Hiro... ci sono altri che
sono in
grado di imprimere qualcosa di magico negli oggetti, in modo che questi
siano
utilizzabili solo da chi é al corrente del loro segreto.
Quella porta é stata
creata da un vampiro molto potente secoli fa, un vampiro che conoscerai
a
breve. » spiegò con calma, mentre percorrevano
quel corridoio silenzioso,
quasi inquietante. Himiko era sconvolta, non immaginava affatto ci
fosse un
luogo del genere, non sotto il locale oltretutto. Le porte si
susseguivano,
tutte chiuse, su ognuna di queste c'era una targhetta dorata,
sembravano
uffici... ma uffici di cosa? Non ebbe molto tempo per perdersi in quei
pensieri,
perché ora Oda si era fermato e lei distratta
com’era, era riuscita perfino a
finirgli addosso. Non fece però in tempo a proferire delle
scuse. «Siamo
arrivati.» esordì, pronunciando
un’ulteriore formula in una qualche strana
lingua antica, che lei non riusciva a capire, questa volta decisamente
lunga.
Si avviò in avanti, mentre i candelabri della stanza si
accesero in
successione, fino ad arrivare ad una specie di altarino, sopra ad esso
quella
che sembrava una poltrona regale, un trono probabilmente. Himiko si
guardò
intorno curiosa, quando si sentì afferrare alle spalle.
«Ma che
caaaaaaaaaarina!» una voce un po’ acuta ed
effeminata, alle sue spalle, le
perforò i timpani, mentre la persona in questione la
stritolava in un abbraccio
affettuoso.
Oda, rise appena, voltandosi verso la
ragazza e il possessore di quella voce. «Okura, non mi sembra
il
momento.» proferì, ma tutto sommato una risata per
far riprendere Himiko ci
stava. La ragazza, confusa, attese che lo sconosciuto la lasciasse e la
aggirasse,
portandosi di fronte a lei, accanto all'amico. «Himiko, ti
presento Okura
Koizumi, il capo degli anziani.».
Lei rimase semplicemente allibita. Arretrò
di un passo, bocca aperta, occhi sgranati, mentre lo squadrava confusa.
Capo
degli anziani? Ma dimostrava sì e no trent'anni! Beh,
d'altronde di cosa si
stupiva? Ogni vampiro fermava l'invecchiamento al raggiungimento di una
data
età, diversa per tutti, ma rari erano i casi di vampiri che
invecchiavano oltre
i trentacinque/quarant'anni. Erano predatori e il loro corpo eterno era
fatto
per rimanere giovani per sempre. Quando si rese conto che aveva davanti
l'uomo
più importante della comunità dei vampiri,
arrossì fin dietro le orecchie e
fece un profondo inchino, formando col corpo un angolo acuto.
«Oooohh,
suvvia, suvvia, quante cerimonie! Alzati bambina e se possibile
chiamami zio
Okura con la tua dolce vocina... su su!» la guardò
con gli occhi pieni di
stelline. La ragazza tornò dritta e si chiese se non fosse
pazzo, oltre che un
maniaco depravato. «Zio... Okura?» più
una domanda, che un'affermazione,
ma lui non ci fece caso, semplicemente fece una piroetta allegra
«Muuuusica
per le mie orecchie!» con Oda affianco che lo guardava
divertito. «Okura,
non siamo qui per assecondare la tua follia incipiente, dovremmo
occuparci di
questo ragazzo!» gli fece notare. «Oh
sì, giusto.» si fece infine
serio e senza quell'espressione un po' stupida dipinta sul volto,
Himiko pensò
che fosse addirittura più bello di tutti i vampiri finora
incontrati. Alto sul
metro e ottanta, molto meno di Oda, ma era un'altezza che gli donava
molto,
capelli lunghi e biondi raccolti in un codino, un po' come Kojiro, il
suo papà,
e si chiese se fosse così comune tra i vampiri di una certa
età farli crescere
ed acconciarli a quel modo, occhi di un nero intenso e portamento
regale, così
come gli abiti, lunghe vesti di pregiata fattura e di una raffinatezza
unica.
Poteva capire facilmente perché era il supremo di tutti,
carattere che aveva
rivelato a parte, nel vedere il look che costui indossava,
così di tempi
andati, così antico… doveva sicuramente avere
qualche secolo. Okura si avvicinò
ad Akira, lo sguardo ora grave, mentre pregava Oda di poggiarlo sul
tavolo di
pietra al lato della stanza. Si voltò ora di nuovo verso
Himiko, che ebbe un
tuffo al cuore, mentre temeva il peggio.
«È già… » non
riuscì a terminare la
frase che lui scosse la testa. Si sentì un attimo sollevata,
ma fu subito
riportata alla triste realtà. «No, non lo
è, ma manca poco a questo. Devi
fare la tua scelta.» Lei lo guardò confusa. Che
cosa intendeva con
scegliere? Scegliere che cosa? «Non capisco…
» Okura si voltò verso Oda,
lanciandogli uno sguardo di fulmini dardeggianti. «OoOoOoda
non le hai
ancora detto nulla?». Lui sorrise colpevole. «Credo
sia meglio che senta
le parole direttamente da te, Okura.». Himiko era sempre
più confusa, mentre
temeva il peggio, sicura che quello sarebbe stato un arduo e doloroso
punto
della sua vita. Il biondo si avvicinò a lei, prendendole la
mano destra fra le
sue.
«Mia cara, devi scegliere se
trasformarlo o metter fine alla sua vita.» Le gambe di Himiko
cedettero
sotto quella notizia, disarmandola completamente. Non poteva crederci,
doveva
esistere una via alternativa. Non poteva permettersi di scegliere una
cosa così
importante, non poteva decidere di portare via la vita ad Akira o
dargli la
dannazione eterna.
«N-non potete chiedermi di
fare... questa cosa... » disse in tono grave, la voce
spezzata.
Mentre si
torturava per la scelta da prendere, comunque, altre persone giunsero
nella
sala. Si voltò sentendo la porta aprirsi e
sbiancò nel
vedere suo padre lì. «Scusate, abbiamo fatto il
prima
possibile non appena é giunta la
comunicazione e... oh, Himiko!» la guardò sorpreso
e lei
non era di certo da
meno «Papà? Cosa... che...? Non eri a casa con
Shin...
Hagumi... HIRO?»
l'ultimo nome non faceva parte del discorso, semplicemente anche Hiro
entrò al
seguito di Kojiro, solita espressione in volto, o meglio la sua
non-espressione. «Shin si é ripreso, mia cara. Sta
bene e
siamo andati via
mentre Hagumi gli dava da mangiare facendo l'aeroplanino col
cucchiaio!».
La ragazza quasi cadde a terra
a quell'affermazione. Che razza di giornata. Nonostante il casino in
cui si era
ficcata, però, non poté fare a meno di sorridere.
Shin
stava bene, questo era
ciò che contava più di tutto. «Ma...
papà tu
conosci il signor Koizumi?». «Zio Okura!»
protestò l'uomo, tornando per un attimo a fare lo scemo,
prima di riportare serietà nella voce «Himiko, ti
spiegheremo tutto dopo. È
ora che faccia la tua scelta, questo ragazzo fra pochi minuti potrebbe
non
esserci più... » Il panico sembrò
persuaderla.
«Non posso essere io a
decidere una cosa così importante. Come posso decretare
della
vita o della
dannazione di una persona?!» Fu allora Oda a prendere parola,
avendo più
influenza sulla ragazza, avvicinandosi a lei e cullandola in un
abbraccio. «Piccolina, purtroppo dal momento in cui
l’hai
morso, questo è diventato
inevitabile, è come una clausola sottoscritta, come una
punizione, infondo.
Devi scegliere o sarà il tempo a farlo per te. Tu, solo tu,
puoi
ridargli una
vita, anche se diversa, altrimenti sarà
condannato.» Una
lacrima scappò,
scivolando lungo la pallida guancia, mentre era ben conscia di cosa
avrebbe
dovuto fare. Lei aveva sbagliato, un errore madornale di cui avrebbe
pagato il
prezzo per l’eternità, non poteva lasciarlo morire
così. Acconsentì con un
cenno del capo, mentre si avvicinò al moro, sussurrandogli
un
«Perdonami… » sincero e affondando
nuovamente le
zanne, ora di nuovo trasformata, nel
suo collo.
...
continua...
|
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Capitolo 5
A
Song Of Eternal Creatures
Capitolo
5
Il viaggio in macchina con il
padre durò un istante, o almeno così parve ad
Himiko che, assalita
continuamente da pensieri angoscianti e piangendo per tutto il percorso
con la
testa appoggiata al finestrino appannato dell'auto, non si accorse
minimamente
del tempo trascorso. La macchina si fermò dinnanzi al
cancelletto della loro
bella villetta in un quartiere residenziale di periferia, e la ragazza
fu
ripescata dalla propria testa da una carezza sui capelli di Kojiro, che
le fece
cenno di scendere così da poterla posare in garage. Lei
annuì ed uscì sotto la
pioggia battente. Senza ombrello, né nulla, alzò
lo sguardo al cielo e si
chiese quand'è che aveva iniziato a piovere. Le
sembrò quasi uno scherzo del
destino. Varcò il portoncino, percorse il vialetto che la
condusse sotto il
porticato bianco e rimase immobile dinnanzi alla porta. Con che
coraggio
avrebbe affrontato Shin che si era appena svegliato dal coma per essere
stato
morso da un mostro? Oggi il mostro era lei. Kojiro la raggiunse dopo
pochi
minuti, ma non disse nulla, rispettando la sua voglia riflettere.
Inserì la chiave
nella serratura ed aprì, subito una Ai tutta trafelata si
mostrò all'ingresso,
correndo incontro alla figlia ed abbracciandola. «Tesoro mio,
non piangere… » le disse solamente, ben conscia
dello stato mentale della figlia in quel
momento. Lei lo sapeva sempre quando le sue piccine stavano male e poi,
dopo la
telefonata di suo marito che gli aveva spiegato la situazione, la sua
sensazione, che da qualche ora la assillava, si era spiegata. Non
appena si era
ripresa Hagumi, con il risveglio di Shin, era successo qualcosa ad
Himiko. Si
domandò se le due ragazze avrebbero mai potuto trovare un
po’ di serenità. «Sei fradicia, entra
su… » le intimò in modo dolce. Himiko
annuì e fece
come detto, subito fu raggiunta da Hagumi, che percepita la sorella era
accorsa
per comunicarle la buona notizia, inciampando nel penultimo scalino e
facendo
uno dei suoi soliti poco aggraziati ruzzoloni. Si rialzò nel
giro di un
secondo, troppo euforica per pensare al ginocchio ora dolorante, il suo
Shin
era vivo, sveglio e stava bene, quale miglior fonte di forza interiore!
Poco
prima di saltarle
addosso, però, frenò la sua corsa ed
osservò il suo volto, rigato di lacrime
tanto che il trucco si era sciolto fino a darle l'aspetto di un tenero
panda e
ricordò quando, poche ore prima, mentre imboccava Shin,
aveva sentito male al
petto e la voglia di trasformarsi ed a casa aveva squillato il telefono
per
avvertire Kojiro di recarsi subito chissà dove. Il padre era
uscito dicendo che
era tutto ok, che Himiko aveva avuto un piccolo incidente, ma stava
bene e che
si apprestava ad andare a prenderla. A quanto pareva, non aveva detto
proprio
la verità. Raggiunse la sorella con gli ultimi passi un po'
lenti e la abbracciò
con tutta la tenerezza e l'amore per lei di cui disponeva, un amore
fraterno
certamente infinito. Himiko sorrise flebilmente e ricambiò
l'abbracciò «Fortuna che Shin si é
svegliato, eh, Hagu?». La rosa però non rispose.
Dopo pochi attimi spuntò a metà scale Shin, che
scendeva un gradino alla volta,
tenendosi al corrimano. Himiko distolse lo sguardo, si sentiva un
verme. «Himiko... stai b... bene... ?»
domandò un po' affannato, mentre la mamma
con fare amorevole si portò al suo fianco per fargli da
appoggio nello scendere
gli ultimi gradini.
«Ragazzi,
seguitemi tutti
in salotto, penso che sia momento di parlare di un paio di cose
importanti.»
era Kojiro, che invitò i presenti a seguirlo e, mentre
Hagumi accompagnava
Himiko tenendola per mano, Ai aiutò il figlio ad accomodarsi
su uno dei divani,
sparendo subito dopo e ricomparendo in seguito con un vassoio di tazze
di
cioccolato, porgendone una ad ognuno.
«Papà,
mi dispiace, se
dobbiamo andarcene, lo farò io da sola, in fondo
è colpa mia se… » cominciò
Himiko, sorseggiando il contenuto della sua tazza, soffiando ogni tanto
per
raffreddarla, ma fu interrotta dal padre, che prese parola.
«Anche
Shin si è rivelato a
degli umani, ma per ora ancora non è successo nulla, quindi
non saltiamo a
conclusioni affrettate.».
«Ma
Shin non ha morso
nessuno! Non… non si è rivelato un mostro come
me… ». Hagumi aguzzò le
orecchie, volendo ora più spiegazioni, che diavolo era
successo di cui era ora
all’oscuro?
Kojiro
spiegò velocemente
l'accaduto ai tre ignari, sorvolando su cosa avesse fatto Akira per
meritarsi
il trattamento avuto, a quello ci avrebbe pensato Himiko in un secondo
momento
se avesse voluto. Nessuno dei tre però la
giudicò, Hagumi rimase un po' scossa,
ma tutto ciò che fece fu circondare le spalle della sorella
con un braccio ed
appoggiare la testolina alla sua, per farle capire che non era sola e
che
nessuno la disprezzava. Shin le appoggiò una mano sulla
testa, scompigliandole
i capelli affettuosamente, e lei ebbe finalmente il coraggio di
guardarlo.
Pianse di nuovo, come una bimba, e solo quando si fu calmata Kojiro
continuò,
seduto sul divanetto di fronte a quello dove sedevano i tre figli.
«Ora,
passiamo a ciò che
devo spiegare invece a voi, figli miei.» strinse una mano che
teneva appoggiata
sul ginocchio a pugno ed Ai allungò una sua per appoggiarla
su quella del
marito. Lui si tranquillizzò, anche se non sapeva da dove
partire, e non voleva
che venissero a conoscenza di certe cose fin da ora, così
giovani ed inesperti.
Hiro, per esempio, aveva saputo tutto dopo la laurea, ed era
così ormai prassi
in tutto il mondo dei vampiri. I vampiri originali venivano lasciati
crescere e
maturare, prendere un titolo di studi da umano e poi messi dinnanzi
alla scelta
se far parte della comunità degli eterni o meno.
«Dovete
sapere che noi
siamo più di quanti voi potreste immaginare. È
vero, potete fiutare gli altri
vostri compagni e riconoscerli da subito, ma non potete concepire
sicuramente
quanta potenza possiede la nostra stirpe. Ovviamente, questo comporta
la
necessità di un governo che gestisca tutto, anche se nel
nostro caso rimane
celato. Non sono molti a sapere dell’esistenza di questa
confraternita, di cui
tu Himiko, hai conosciuto chi ne è a capo. Non
sottovalutarlo per il suo
carattere frivolo, è molto più potente e
pericoloso di quanto perfino io possa
immaginare. In ogni caso, al momento della loro riunita, decisero che
nessuno
avrebbe dovuto sapere di loro, se non in età e
maturità adeguata e, ovviamente,
nel caso che il soggetto a loro interessato possedesse i requisiti
necessari,
quelli di un purosangue… » qui strinse di
più la mano della moglie, cosa che
Shin notò, ben conscio che questo comportava il suo
argomento di mezzo sangue,
di cui non aveva ancora avuto il coraggio di chiedere una spiegazione
ben
chiara ai genitori, troppo shockato da questa rivelazione quando Hiro
lo accusò
di essere un cacciatore. Era
al
nono anno di scuola quando incontrò Hiro, suo senpai che
frequentava le scuole
superiori, e la sua vita aveva subito un netto cambiamento: Hiro aveva
un
potere particolare e fiutò subito ciò che di
"marcio", così l'aveva
definito, c'era in lui. Fu ripescato dai suoi pensieri dal padre, che
proseguì
il discorso. «Gli originali sono a capo di tutto, quelli che
non lo sono
invece di nascita possono comunque collaborare, unendosi a loro come
sottoposto
del tutto rispettati e stimati, ed il semplice motivo per cui non
possono
entrare a far parte della cerchia degli anziani é che non
sono eterni. I
vampiri non di nascita muoiono, prima o poi. Non sono "brevi" come
gli umani, ma neanche longevi come gli eterni e questa é una
debolezza che gli
originali ancora non ammettono. Ad ogni modo, come ben sapete, io non
sono un originale,
ma faccio comunque parte del clan, sono un subordinato ed il mio
compito é
quello di spalleggiare il capo-anziano». «Okura...
» sussurrò Himiko e
Kojiro annuì «Esattamente, proprio lui.
È un vampiro potentissimo, sapete... ». Ai
abbassò lo sguardo, come a volersi estraniare da quel
discorso. Hagumi
prese parola «Ne fa parte anche Hiro?» ed il padre
annuì ancora «Sì,
lui però é giovane. Ha ventitré anni e
fa parte del gruppo da nemmeno due... ». «E tu da
quanto ne fai parte, papà?» chiese Shin. L'uomo
alzò gli
occhi al cielo, facendosi un paio di conti «Credo che l'anno
venturo siano
sedici anni, correggimi se mi sbaglio, mia cara... ». Ai
scosse la testa,
sorridendo in direzione del marito «No, sono sedici tondi
tondi.».
«Quindi,
poiché noi non
siamo vampiri originali, purosangue insomma, non dovremmo essere
interessati
alla cosa, giusto? A meno di non seguire il tuo esempio.»
guardò dritto
negli occhi il padre, con un tono di sfida, per fargli capire che aveva
compreso,
che voleva sapere, ma costui sembrò ignorare la sua domanda,
rispondendo furtivamente.
«Non
proprio, in un certo
senso forse… penso comunque che tutto questo possa tornarvi
utile, nel caso vi
troviate in difficoltà o abbiate problemi, se io e vostra
madre dovessimo
mancare per qualsiasi ragione, o foste in una situazione particolare e
veniste
chiamati al loro cospetto.».
«Sinceramente
avrei
preferito non scoprirlo… » fece capolino la voce
di Himiko, che non riusciva
a smettere di tormentarsi di tutto l’accaduto, perseguitata
dalla visione di
come dava compimento alla trasformazione di Akira.
«Inoltre...
» Ai prese
parola «... voi siete vampiri di nascita, anche se vostro
padre non é un
originale, siete considerati anche purosangue in tutto e per tutto,
poiché
siete stati concepiti comunque da due vampiri.» i due si
guardarono però, ed
infine fu il momento di Shin. «Per Shin, però, non
vale lo stesso
discorso.» il ragazzo tremò solo un attimo, prima
di deglutire e farsi
coraggio. La verità tanto attesa, finalmente era giunta.
Hagumi
era totalmente confusa,
così come Himiko, che sembrava però sicuramente
meno sconvolta della
confettina. Che cosa significava tutto questo? La paura fece capolino
nel cuore
della rosetta. «Com’è possibile che noi,
come vostre figlie, siamo vampiri
purosangue e Shin no? Spiegamelo mamma!». Lei,
però, spostò lo sguardo da
quello della figlia, concentrandosi in quello del marito.
«Caro… » disse
solo, ma questo annuì in segno di assenso e lei
tornò a prestare l’attenzione
ai suoi tre adorati figlioletti. «Perdonatemi…
» la voce ora rotta,
mentre eventi troppo dolorosi del passato facevano capolino nel suo
cuore,
ricordandole quella profonda ferita. «Shin, io ti voglio bene
come fossi mio
figlio, ti prego di credermi… ».
Fu come se il cuore di Shin
si fosse fermato per un tempo lunghissimo, in realtà aveva
saltato solo un
battito, ma a lui era sembrata un'eternità. «Lo
so, mamma. Lo sapevo già... » dichiarò
infine, abbassando lo sguardo. «Perlomeno sapevo di non
essere
figlio di uno dei due, data la mia doppia natura.»
continuò a spiegare ed i
genitori si guardarono scossi: avevano taciuto a lungo per proteggerlo
ed
invece si era rivelato tutto un fallimento che forse l'aveva solo
ferito di
più. Hagumi invece scuoteva la testa incredula. Che diavolo
stava succedendo?
Strinse una mano della sorella, se la strinsero a vicenda, per farsi
forza,
mentre Kojiro riprendeva parola: «Shin, prima di conoscere
Ai, io ero
sposato con un'altra donna. Ero un umano, non sapevo nulla di vampiri,
cacciatori e tutte le altre creature. Vivevo la mia vita
tranquillamente, ero
uno studente universitario di scienze naturali, e tra i banchi del
corso
conobbi Mayumi. Tua madre. Ci innamorammo e ci sposammo. Io rimasi
vittima di
un vampiro, mi trasformai, e Mayumi mi spiegò tutto. Lei era
una cacciatrice,
ma si ritirò dal suo compito per rimanermi accanto. Fu
uccisa da altri
cacciatori per questo, nel tentativo di difenderci. Di difendere me,
suo
marito, e te, che eri stato concepito poco dopo la mia trasformazione,
ed eri
un fagotto di pochi mesi non voluto da entrambe le
comunità.». Shin annuì
silenzioso, mentre quella verità finalmente faceva capolino
e lo sollevava. In
un certo senso, questo lo rendeva quasi felice, perché
finalmente era libero,
libero di essere anche lui un uomo come tanti altri, agli occhi della
sua
piccola ed adorata Hagumi.
«Capisco,
ora è tutto più
chiaro… » sorrise sollevato, non rendendosi
nemmeno conto dell’espressione
distrutta della confettina, che scoppiò in lacrime, cullata
dalla sorella, che
invece non era certa di cosa pensare. Quel giorno era stato un vortice
infinito
di sensazioni, tra le dichiarazioni di Natsu e Akira, il bacio di
Natsu, che
tanto l’aveva scossa e rasserenata allo stesso tempo e poi,
quel terribile
evento con Akira… in aggiunta ora non aveva nemmeno
più un fratello.
Spettacolare. Shin si girò verso Hagumi, che stava in mezzo
a lui ed Himiko,
prendendole una mano fra le sue.
«Hagu,
non piangere… se
vuoi che io rimanga tuo fratello per il resto della vita, lo
farò… voglio solo
che tu sia felice, ti supplico, non piangere… »
quelle parole gli costarono
un certo sforzo, ma in fondo ciò che per lui era veramente
più importante al
mondo era che la sua amata stesse bene, non gli importava di
cos’altro fosse
successo, voleva solo che lei fosse felice, anche a costo di dover
sacrificare
se stesso.
Lei
scosse la testa,
ripetutamente, e stava male, male da impazzire. Si divincolò
dalla sua presa e
si alzò, correndo fuori dalla stanza, in corridoio e via,
uscì di casa senza
neanche prendere una giacca o un ombrello, troppo scossa per pensare a
qualsiasi cosa. Shin fece per alzarsi e seguirla, ma lo fermarono
«Lasciala
andare, ha bisogno di stare da sola. È molto intelligente,
sa di non doversi
allontanare troppo, né fare sciocchezze.
Tornerà... » furono le sagge parole
di Himiko. Erano tutti d'accordo con lei.
***
Fu come un fulmine che gli
saettò davanti, tanto veloce che quasi credette di aver
avuto un’allucinazione.
Chiuse l’ombrello, che gli avrebbe impedito la corsa in
quello stato, e
proseguì per la stessa strada in cui l’aveva vista
sfrecciare. Non fece fatica
a raggiungerla, giacché era di gran lunga molto
più veloce di lei, che nemmeno
in un momento come quello sembrava esser aiutata dalla signora
agilità,
poiché barcollava
al punto di correre a zig zag. Entrò
nel parchetto, dove l’aveva vista sparire,
raggiungendo la piccola torretta dello scivolo blu. Si
arrampicò salendo giusto
un paio di scalini, per vederla lì, davanti a sé,
che tremava come una foglia
e, raggomitolata su se stessa, piangeva disperatamente. Si
levò la giacca, che
pur avendo preso l’umidità esterna, dentro era
ancora calda ed asciutta,
posandogliela sulle spalle. Lei sussultò, rendendosi conto
solo in quel momento
di non essere sola. Alzò lo sguardo offuscato dalle lacrime
sullo sconosciuto,
che ora aveva salito gli ultimi gradini, per sedersi accanto a lei,
passandole
un braccio sulle spalle e tirandola a sé, senza nessuna
parola. Se lei avesse
avuto bisogno di parlarne, era certo non si sarebbe fatta pregare.
Nello
stringerla, comunque,
gli giunse al naso un odore di alcool da stendere anche i bevitori
più
incalliti. La allontanò per guardarla in viso, appoggiandole
le mani sulle spalle,
stralunato. Da quando la Minamoto rosa beveva? Lei che era sempre
così fissata
con la salute del corpo?
«Hagumi?»
chiese in un
misto tra preoccupazione e curiosità, dovette lottare per
non ridere quando lei
alzò il viso e risultò avere nasino rosso ed
occhi lucidi. Sembrava, se
possibile, più indifesa del solito, mentre inerme alzava lo
sguardo per
guardarlo e sorrideva scioccamente.
«Shiki...
» biascicò, tuffandosi poi verso di lui e
circondandogli
la vita con le braccine esili, appoggiando una guancia al suo petto,
inebriandosi del suo profumo. «Oggi non puzzi di
sigaretta!» esclamò,
condendo il tutto con un "Hic" finale, che gli diede la conferma di
quanto fosse ubriaca. Lui se la staccò di nuovo di dosso,
serrando poi le mani
sulle sue spalle per tenerla ferma. «Sta buona e spiegami che
ti é
successo!». Lei sorrise ancora, non disse nulla,
semplicemente allungò il
collo, si sporse verso di lui e gli lasciò un casto bacino
sulle labbra, prima
di ritirarsi e sghignazzare divertita. «Ihihih questo era il
mio primo
bacio, ladro!».
Shiki
era semplicemente rimasto inebetito. «Sarà meglio
che ti
accompagni a casa, Hagumi. Sei ancora capace di indicarmi la strada per
arrivarci?» le domandò alzandosi e tentando di
tirarla su a sua volta, ma
lei si lasciò cadere come un sacco di patate, facendo il
peso morto e scuotendo
ripetutamente la testa, dicendo di non volerci tornare. Una venuzza
iniziò a
pulsare sulla tempia del moro, mentre cercava di far ragionare la
rosetta, che
sembrava preferire continuare a fare i capricci. «Hagumi, dai
ti prego… sei
bagnata fradicia, ti prenderai un accidente così…
». La rosetta sorrise
arricciando un po' il labbro inferiore, alzò una manina con
la quale tirò un
lembo dei suoi pantaloni, come per farlo tornare giù. Lui
sbuffò ed acconsentì,
s’inginocchiò di nuovo al suo fianco e si
ritrovò la ragazza completamente
spalmata su di sé, le sue braccia attorno al collo e la
testolina appoggiata al
suo petto.
«Posso
venire da te, Shiki? Non voglio tornare a casa.» la voce
era seria adesso, non tremava, né singhiozzava a causa di
lacrime e forse,
pensò Shiki, a causa dell'alcool che sicuramente aveva
buttato giù, dato che ne
sentiva l'effluvio ovunque ed era certo provenisse da lei, dopotutto
c'erano
solo loro due lì sopra. «Saranno tutti preoccupati
per te… » si ritrovò a
pensare, il pensiero ad Himiko e Shin, giungendo poi subito alla
conclusione
che, in effetti, non era forse la migliore delle idee riportarla a casa
in
quello stato e poi il suo appartamento era proprio dietro
l’angolo. Acconsentì
con un cenno del capo, aiutando Hagumi a scendere la scaletta della
casa di
legno, sollevandola appena arrivati a terra, e portandola a casa sua.
Ciò che
Hagumi riuscì a notare nonostante la sua mente fosse
decisamente brilla, non
appena varcò la soglia dell'appartamento di Shiki, fu che
era un luogo
veramente freddo. Asettico, di una pulizia quasi maniacale, che
certamente non
proveniva da lui dato quanto fosse pigro e tutto l'arredamento era
moderno e in
tonalità di bianco e nero. Eppure, nonostante fosse
così lontana dai suoi
gusti, quella casa le piacque molto, si sentì a suo agio,
forse perché in ogni
angolo riusciva a notare la presenza di Shiki, come se fosse impregnata
in
quelle pareti. Anche il profumo che c'era nell'aria era inconfondibile,
era il
suo. Si chiese come fosse possibile che tutto sapesse o ricordasse lui,
quando
un'idea balenò nella sua testa: «Shiki, abiti da
solo?» chiese
incuriosita, mentre il ragazzo toglieva il giubbotto bagnato e lo
appoggiava
sull'attaccapanni all'ingresso. Certo non si sarebbe aspettata
quell'ordine da
lui, ma non poté pensare altrimenti, poiché
sembrava una casa vuota, come se
fosse poco vissuta e nessun altro oltre lui ci mettesse piede da tanto.
Lui
ebbe un cipiglio, guardandola da tutta la sua altezza, come se le fosse
superiore, cosa ormai abituale. Hagumi non ci fece caso. «Ti
sorprende la
cosa?». Lei ridacchiò un poco, no, in effetti era
proprio da lui anche se…
un senso di tristezza sembrò avvolgerla, vivere da soli
doveva essere anche
immensamente triste. Loro a casa erano sempre stati in cinque, tranne
l’ultimo
periodo in cui Shin si era trasferito, ma anche se ogni tanto le
capitavano
conflitti in famiglia, non avrebbe mai potuto immaginare la vita senza
loro.
Stare sempre da sola, consumare i pasti da sola, vivere in un
instancabile
silenzio, non poter cucinare deliziosi dolcetti per qualcuno e farsi
fare i
complimenti in modo affettuoso, anche se le uscivano bruciacchiati. No,
non
avrebbe mai potuto rinunciare al calore di una famiglia.
«Un
pochino.» rispose infine alla sua domanda, mentre piegava
prima un ginocchio e poi l'altro per sfilarsi le scarpette rosa con
movimenti
abbastanza fluidi, nonostante la mente decisamente annebbiata.
Lasciò le scarpe
all'ingresso e, ignorando bellamente le pantofole femminili per ospiti
che lui
le porse, si addentrò a piedi scalzi, con i lisci e
vellutati collant bianchi
che avvolgevano i piedini e poco facevano per difenderla dal pavimento
gelido.
Squittì appena a quel contatto freddo e fu rincuorata nel
vedere un divanetto
nella sala che era poi un tutt'uno con l'ingresso. Sorrise soddisfatta
di
questa importante scoperta e corse verso il sofà,
gettandovisi sopra senza
troppi complimenti. Shiki non ci badò troppo, sapeva che
sarebbe stato stupido
pretendere un po' di educazione e discrezione da una ragazzina
distrutta e
mezza brilla ed oltretutto era troppo impegnato a ripensare al contatto
caldo
che le loro labbra avevano avuto poco prima; un incontro ravvicinato
inatteso,
quanto piacevole. Assunse un'aria sbalordita e, nello stesso istante in
cui
faceva quei pensieri, altri presero possesso del suo cervello in modo
prepotente: iniziò a chiedersi cosa diavolo fosse tutta
quell'accondiscendenza
verso i comportamenti liberi di Hagumi, cosa fosse poi quello strano
pizzicore
avvertito alle guance mentre le lo baciava e, per ultimo ma non ultimo,
si
fissò sul ricordo del tepore che quelle labbra emanavano.
Non sapeva che i
vampiri fossero caldi, dopotutto fino ad ora era cacciatore di nome, ma
non di
fatto, troppo giovane per averne mai cacciato alcuno, non aveva neanche
ancora
terminato gli studi che lo avrebbero portato ad essere un cacciatore
completo,
figurarsi quindi se aveva mai avuto modo di toccarne una... baciarla,
anzi! Si
schiaffò una mano sulla fronte, mentre lei canticchiava
soddisfatta,
sdraiandosi a pancia in giù sul divano ed affacciandosi
verso di lui, braccia
posate su un bracciolo e mento abbandonato su di esse:
«Shiki-chan!»
canticchiò, prima di essere scossa da infantili risatine,
mentre arrossiva e si
copriva la testa col primo cuscino che riuscì ad acciuffare,
tutta imbarazzata
per l'ardore dimostrato nel chiamarlo con tanto affetto. Lui rimase
basito. E
poi capì. «Dio mio… »
imprecò mentalmente, mentre la testa iniziò a
girargli fortemente e dovette appoggiarsi con la spalla al muro, per
non cadere.
Lei lo guardò confusa, s’alzò dal
divanetto, avvicinandoglisi. «Stai bene
Shiki-chan?» domandò, guardandolo dal basso,
essendo più piccina di lui, frattanto
che appoggiava le mani sul suo petto, il suo corpo che ormai sfiorava
quello
del moro. «Ti prego Hagumi, se fai così, potrei
non rispondere di me… »
si morse subito la lingua per ciò che aveva appena detto.
Che diavolo gli stava
prendendo? Quella era un vampiro!
Lei
sbatté le ciglia lunghe, mentre scrutava il suo volto
imbarazzato,
appoggiandosi quasi a lui ora con tutto il peso del corpo, rimanendo
solo sulle
punte dei piedi. Sorrise maliziosetta, puntando poi indice e medio
della
mancina sul suo petto, facendoli camminare in su, alternati in un
movimento
buffo, fino a raggiungere il suo naso su cui fermò poi le
due dita, per
circondarlo e tirarlo appena, come si fa con i nasi a patata dei bimbi.
Trillò
in una risatina, mentre lui tratteneva il respiro e si appuntava
mentalmente di
ordinare alla gemella rossa di non fare alzare ma più il
gomito a sua sorella,
perché era pericoloso, così come
confermò l'appena vago gonfiore nei suoi
pantaloni. «Cazz... ».
Ebbe
solo modo di esclamare in modo poco raffinato, prima di alzare una
mano e spingerla via, con non troppa forza, ma abbastanza per
scollarsela di
dosso. Appoggiò poi le mani sulle sue spalle e la
guardò dritto negli occhi,
tutto serio. «Hagumi, no! Non si fa! Ora ti riaccompagno a
casa, maledetta
succhiasangue malefica.» a quanto pare, era più
turbato del previsto, ancor
più di quanto la sua geniale mente riuscisse a rendersene
conto. «Ma
Shika-chan... AHIO!» fu l'urletto contrariato, mentre lui le
afferrava il
braccio destro con fermezza ed iniziò a trascinarla via,
verso l'ingresso. Non
era il caso di rimanere da soli, si stava allegramente fottendo il
cervello e
per lui ed il suo sommo genio, era assolutamente INACCETTABILE. Lei si
portò la
mano libera alle labbra, fingendo un singhiozzo, mentre lo guardava
sempre con
tono malizioso. «Mi trovi così brutta?»
gli chiese senza pudore,
facendolo voltare nella sua direzione e mollare la presa sul suo
braccio. La
rosetta prontamente approfittò dell’occasione per
levarsi il maglione compreso
di canottierina e rimanendo solo con il reggiseno di pizzo rosa.
«Anche così
sono troppo poco affascinante ai tuoi occhi?». Si
passò una mano fra i
lunghi capelli, gettandone alcune ciocche all’indietro,
mentre con l’altra mano
giocava con una ciocca degli stessi. Eh no, quello era veramente troppo
anche
per lui. Era pur sempre un uomo no? E lei lo stava decisamente
provocando.
Tuttavia
era troppo intelligente per farsi tentare così. Si
voltò
altrove con l'ultimo briciolo di senno che gli rimaneva,
s’avvicinò al
maglioncino di lana rosa che lei aveva gettato per aria e, senza
voltarsi a
guardarla, glielo porse. «Vestiti.»
ordinò gelido, non ammetteva
repliche. Era convinto che mostrando indifferenza lei avrebbe cessato
quello
strano giochino nato da chissà quale parte del suo cervello,
che aveva sempre
creduto casto, puro, lindo e pinto come neanche il bucato
più bianco, ma a
quanto pareva si sbagliava, tant'é che se la
ritrovò di nuovo sotto il naso.
Arrossì violentemente fin dietro le orecchie e non
poté trattenersi più. Mollò
la maglia sul pavimento, aprendo semplicemente la mano questa cadde al
suolo
senza indugi, mentre il braccio di lui già si muoveva in
direzione del
corpicino della diavoletta tentatrice che, si poteva dire, aveva vinto.
La afferrò
avvolgendole il corpo piccolo e caldo tra le sue braccia, mentre le
labbra si
congiunsero con quelle di lei passionalmente. Arretrò di
qualche passo verso il
muro, affondando le mani nei suoi capelli rosa che profumavano di
shampoo alla
camomilla, e si lasciò scivolare contro la parete contro la
quale aveva cozzato
nella retromarcia, sedendosi a terra, lei ancora stretta a lui
inginocchiata
tra le sue gambe, il busto appoggiato sul suo petto e la faccia in
fiamme
nascosta nei suoi abiti. Per quanto brilla, si rese conto di aver
superato il
limite con lui, averlo spinto troppo oltre. Eppure... non le
importò. Non le
importò affatto. Si aggrappò ai suoi vestiti,
stringendone i lembi tra le
piccole manine pallide, e lasciò che lui iniziasse ad
esplorare il suo corpo,
ansioso di farla sua, con carezze piene di bramosia che simboleggiavano
la
distruzione di certi freni inibitori che, tra loro, non avevano
vacillato mai,
neanche un attimo... o almeno, così era sembrato fino a quel
momento.
***
Uscì
dall’appartamento in punta di piedi, chiudendo
silenziosamente la
porta, ballerine in mano per non fare rumore. Le indossò in
fretta e furia e
intraprese una corsa in direzione della scuola, totalmente sconvolta da
se
stessa. Se voleva sorprendersi, con quell’azione ci era
riuscita perfettamente.
Insomma, non era cosa da tutti passare dal primo bacio alla prima volta
nel
giro di così poco. Si portò una mano alle labbra,
le lacrime pungenti volevano
scendere copiose, ma sembravano come bloccate. Si sentiva sporca, si
sentiva
come una sgualdrina qualunque, ma al contempo stesso non riusciva a
pentirsi di
quell’azione, se mai in vita sua avesse potuto avvicinarsi al
paradiso beh,
quella notte sicuramente l’aveva raggiunto. Corse a
perdifiato lungo la strada,
era molto in anticipo, ma sapeva che anche sua sorella lo era, lo
sentiva,
perché lei stava correndo esattamente lungo la stessa
strada, dalla parte
opposta, per raggiungere l'edificio scolastico. Neanche si fossero date
appuntamento, s’incontrarono davanti al portone ancora chiuso
ed entrambe
arrestarono la corsa a pochi metri l'una dall'altra, guardandosi negli
occhi
completamente sfatte ed affannate.
«Hagu...
ti ho... portato... anf... la borsa... ».
Hagumi
riuscì a malapena a sorridere con lo stato d'animo in cui
versava, ma ci provò comunque. Allungò una mano
verso lo zaino, non guardò
neanche cosa ci fosse dentro, era già tanto che gliel'aveva
preparato,
generalmente Himiko non preparava neanche il suo, fu molto grata alla
sorella e
le sorrise cercando di sembrare convincente, prima che i volti di
entrambe si
contorcessero dalla tristezza e si tuffassero l'una nelle braccia
dell'altra,
piangendo all'unisono. In che razza di situazioni si erano andate a
cacciare?
Dopotutto,
comunque, quando si furono calmate riuscirono persino a
trascinarsi lontano da lì, mancava ancora almeno un'ora al
suono della
campanella, così l'idea di trovare un baretto aperto e fare
colazione ad un
tavolino per parlare con tranquillità fu la cosa
più sensata che riuscirono a
pensare. Himiko non chiese nulla su cosa avesse fatto quella notte,
perché
semplicemente l'aveva capito, aveva sentito le emozioni della sorella,
poiché
non aveva avuto chiuso occhio a causa dei troppi pensieri che le
affollavano la
mente. Una domanda però sorse spontanea: «Chi
era?».
Hagumi
smise di succhiare il frappé alla fragola come stava
rumorosamente facendo da qualche minuto e guardò la sorella
rossa come un bel
pomodoro, mentre allontanava le labbra dalla cannuccia. «Ah,
allora hai
sentito... » se possibile, arrossì ancora di
più. Beh, come avrebbe potuto
non avvertire i sentimenti della gemella, se fosse stata sveglia?
Sicuramente
la sua attenzione era alta perché aspettava un qualsiasi
segno che le dicesse
dove potesse essersi andata a ficcare, di conseguenza avrebbe dovuto immaginare che tutto
ciò che
avesse potuto fare, sarebbe stato sentito e bollato da Himiko, troppo
sconvolta
ed ubriaca per chiudere la propria mente e far si che i propri
sentimenti non
sgorgassero fino a raggiungere la sorella. Himiko annuì.
«Non sei obbligata
a parlarne.» le disse solamente, strappando alla rosetta un
sorriso di
gratitudine. In fin dei conti, alla sua prima volta, neanche lei se
l’era
sentita di parlarne con Hagumi, l’aveva trovata una cosa
troppo imbarazzante,
alla fine son pur sempre cose molto intime e personali, anche per una
gemella.
Sospirò, sorridendole e avvicinandosi un po’, per
arrivare a tirarle una
gomitatina nelle costole. «Son però contenta di
sapere che ti è piaciuto,
doveva essere proprio uno stallone… benvenuta nel mondo
degli adulti
sorellina!» squittì abbracciandola forte,
coccolandosela tutta e
scompigliandole i capelli.
«Uno
sta... CHE?» pigolò
guardando la sorella prima che le saltasse addosso per festeggiarla e
la osservò
in modo così sconvolto che era quasi come se Himiko avesse
detto la cosa più
indecente del mondo. Arrossì furiosamente fin dietro le
orecchie, lasciò che
l'altra la spupazzasse un po', perlomeno così facendo poteva
nascondere tutto
il suo imbarazzo affondando la testa da qualche parte. «...
Shiki... »
miagolò infine, mentre l'altra la lasciava andare. Non aveva
capito bene. «Come?» o almeno sperò di
non aver capito bene. «Shi... Shiki... era
Shiki... » terminò infine, prima di doversi
tuffare con la testolina di lato
per evitare un cucchiaino volante diretto in fronte. «Ma sei
pazza?!»
chiesero all'unisono, la rossa che la guardava scandalizzata, e l'altra
che la squadrò
di rimando alzandosi dalla sediolina e prendendola tra le mani per
alzarla e
farsi scudo. «SHIKI?!» ripeté con lo
stesso tono Himiko. Cosa diavolo le
era saltato in mente di tuffarsi tra le braccia di Shiki, il cugino di
colui
che aveva assistito all'incidente con Akira del giorno prima?
«Beh… non puoi
dire che non sia un gran bel pezzo di ragazzo, no?»
domandò innocentemente
la confettina, nascondendosi meglio dietro la sedia, ben conscia che
sarebbe
finita sbranata nel giro di pochi istanti. Himiko sembrò
fermarsi a riflettere
per un istante, poi la guardò come illuminata. «In
effetti, come darti
torto… » si sedette confusa sulla sua sedia,
perdendosi in un silenzio di
pochi attimi, al che Hagumi fece capolino dal suo nascondiglio,
credendo che il
peggio fosse passato, ma proprio in quel momento Himiko
riscattò in piedi,
picchiando un pugno sul tavolino. «Ma resta sempre
SHIKI!» ululò,
portandosi le mani nei capelli e ributtandosi a sedere sulla sediolina,
riprendendo la degustazione del suo frappé al cioccolato.
«Sì...
beh... » la rosa
portò la sedia al suo posto, affondandocisi dentro come se
volesse scomparire,
mentre appiattiva convulsamente una ciocca di capelli sul volto
«... lo so
chi é... » un cacciatore, niente di più
e niente di meno «... ma ero
mezza ubriaca... » la bocca di Himiko si spalancò
«... anzi diciamo che
ero tutta ubriaca... » e qui se possibile il mento della
rossa avrebbe
toccato terra «... e lui era così... bello...
forte... insomma, dai, come
facevo a resistere?» tacque, guardandola imbarazzata. Himiko
sospirò: per
essersi addirittura ubriacata, Hagumi doveva aver preso davvero una
brutta
batosta alla rivelazione delle origini di Shin, ben più
grande di quanto non
avesse sospettato. «Come pensi di comportarti,
adesso?» chiese
preoccupata. «Non so. Sinceramente... credo che
farò finta di nulla. Ed
immagino che anche lui farà lo stesso, conoscendolo. E tu
invece? Tu cosa farai
con Natsu?». Himiko abbassò lo sguardo con
espressione sofferente. Avrebbe
dovuto spiegare alla sorella per quale motivo aveva fatto tutto quel
casino
proprio sotto gli occhi del biondo, ma non era propriamente una cosa
semplice
da raccontare.
«Non
lo so… » rispose
semplicemente, ripensando a quel momento. Le era sembrato di passare
dal
paradiso all’inferno nel giro di pochi secondi. Ironico. E
pensare che lei non
l’aveva nemmeno mai calcolato da quel punto di vista, ma
sapere che lui ora la disdegnava
le faceva così male, quasi più di quanto la
distruggesse ciò che era successo
con Akira. La cosa comica, si ritrovò a pensare, era che
quando scontavano la
punizione, l’ultimo giorno della gita, le aveva proprio detto
che non gli
avrebbe mai potuto fare schifo, ma come dargli torto, non aveva visto
la sua
vera natura di mostro. Sorrise tristemente, alzando gli occhi su quelli
della
sorella. «Dopo quello che ho fatto ad Akira, le cose non
potranno mai
tornare come prima, mi disprezzerà in eterno e non posso
biasimarlo. Sarà più
importante concentrarsi su come spiegare tutto ad Akira e calmarlo, una
volta
che si sarà risvegliato come vampiro.». Un anelito
affranto quello che
sfuggì ad Hagumi, mentre alle sue orecchie giungeva la
campanella che segnava
l'inizio delle lezioni. «Uhm, dobbiamo sbrigarci!»
borbottò senza troppa
attenzione, finendo di bere il suo frappé ed alzandosi in
piedi. Sistemò la
gonna della divisa che Himiko le aveva portato in un sacchetto assieme
alla
borsa e che aveva indossato nel bagno del bar prima di sedersi a fare
colazione, quindi recuperò lo zaino e fece cenno alla
sorella di muoversi. Ad
Akira ci avrebbero pensato più tardi.
Uscirono
di corsa, arrivando
davanti al cancello della scuola proprio al finire del trillare della
campanella. Svoltarono l’angolo per entrare nel vialetto che
conduceva al
portone di entrata, ma la sfortuna sembrava non essere proprio dalla
loro.
Sbatterono entrambe contro due figure fin troppo bene conosciute,
cadendo
rovinosamente a terra, lo sguardo inebetito in direzione di Shiki e
Natsu, che
sembravano attenderle. Le due boccheggiarono per un momento,
guardandosi poi a
vicenda, piuttosto preoccupate. E ora?
«Vi
aspettavamo.» prese
parola Shiki, lo sguardo fisso sulla confettina. Le porse una mano per
aiutarla
a rialzarsi.
«Non
si era capito… » borbottò
Himiko, alzandosi da terra e spolverandosi la divisa, raccogliendo
subito la
cartella.
Hagumi
arrossì come un
semaforo, abbassò lo sguardo portandosi i pugnetti sulle
ginocchia e non osò
più muoversi da quella posizione, almeno non
finché Shiki non ritrasse la mano,
un'espressione indecifrabile dipinta in volto. Fu Himiko ad aiutare la
sorella
che, mancandole almeno il doppio della grazia che mancava alla rossa,
nel
cadere si era anche slogata una caviglia. Come sempre.
«Allora,
cosa volete?» chiese
Himiko guardandoli mentre spolverava la divisa della sorella con
qualche
pacchetta che, anche se tornata in piedi, rifiutava ancora di muovere
un solo
muscolo, guardando ovunque tranne che Shiki. O perlomeno, ci provava,
ma quando
lo sguardo cadeva su di lui, non poteva fare a meno di farsi assalire
da
flash-back della notte precedente, il suo corpo nudo su di lei, i suoi
baci
appassionati, le sue mani calde che s’infilavano ovunque con
un vago dispotismo
che... oh no, ci stava ricascando! Distolse di nuovo lo sguardo, mentre
Himiko
tratteneva a stento le risate, cercando di mantenere un certo decoro ed
un po'
di serietà. Era anche un po' dispiaciuta, se non ci fosse
stato quel problemino
tra di loro, sarebbe stata davvero una scena divertente a cui
assistere. Come
aveva detto in passato, Shiki era proprio il suo tipo, e
l’aveva dimostrato
riuscendo a rubarle il primo bacio e la prima volta, cosa che nessun
altro, ne
era convinta, sarebbe stato capace di fare, per di più in un
tempo record.
Peccato che i loro status li dividessero in partenza.
«Perché
sei scappata,
stamane? Mi sono preoccupato.» domandò Shiki
asciutto, segno che era anche
un attimo piuttosto irritato. Hagumi provò ad alzare lo
sguardo timidamente su
di lui, ma era più forte di lei, non ce la faceva proprio.
Provò a balbettare
una qualche scusa, ma le parole sembravano non volerle uscire.
«Ti sei
pentita?» insistette lui, avvicinandosi alla confettina e
alzandole il
mento, per poterla guardare negli occhietti azzurri.
La
ragazza scosse appena il
capo e, nel farlo, si liberò anche dalla presa di Shiki sul
suo viso. Voltò
nuovamente lo sguardo altrove, non aveva il coraggio di guardarlo.
«Ero
ubriaca... » disse semplicemente, rimanendo sul vago.
Già, ubriaca. Ciò però
non significava si fosse pentita, no?
Natsu,
poco dietro le spalle
del cugino, sbuffò contrariato. Che si metteva a fare anche
tutto il dolce,
ora? Incrociò le braccia e si voltò verso Himiko,
con un sorrisetto sghembo. «Spero tu sia venuta sazia
stamattina, non vorrei ci scappasse un altro
incidente solo perché uno ti chiama come pensa che tu
sia.» disse aspro,
gelido, malvagio, come Himiko non l'aveva mai sentito. Le si strinse il
cuore,
mentre lo guardava supplichevole, pregandolo già solo con lo
sguardo di
smetterla, di non infierire.
«È
stato un incidente… »
pigolò lei, stringendosi nelle spalle, sentendo quella
ferita bruciarle come
non mai. Lui però prese a ridere, ironico.
«Certo,
è un dato di fatto
che i vampiri si cibino di esseri umani per incidenti
casuali.» ruggì,
tornando subito serio, avvicinandosi a lei e strattonandola per il
braccio. «Sai che ti dico? Forse Akira, a pensarci bene,
aveva proprio ragione. Se
ora t’insulto un po’ anch’io, morderai
anche me? Eh, Himiko? Farai anche a me
quello che hai fatto a lui?».
«LASCIAMI!»
urlò lei,
cercando di liberarsi dalla presa, mentre una lacrima le scivolava
lungo la
pallida guancia.
Stavolta
fu Hagumi a perdere
il controllo, anche se non del tutto. Uno spintone di una violenza
inaudita lo
fece sbalzare indietro di parecchi metri, prima che capitombolasse a
terra di
schiena. Si rialzò a sedere, confuso, e trovò la
rosa che faceva scudo alla
sorella con il suo corpo, gli occhi lampeggiavano dall'azzurro al
rosso, in una
trasformazione non ancora totale. «Non toccare mia sorella,
Natsu. Per quanto
siamo potuti essere amici, non te lo perdonerei... MAI!»
l'ultima parola fu
un ringhio che suonò fin troppo sfalsato per la
tonalità di voce acuta e
cinguettante della giovane vampira. Himiko quasi tremava dietro di lei,
ma poi
si calmò, doveva far rinsavire la sorella prima che anche
lei commettesse
qualche errore madornale. Le appoggiò una mano sulla spalla
ed Hagumi tornò
immediatamente alle sembianze umane. «Lascia stare. Va tutto
bene, tranquilla.
Grazie di avermi difesa... ora... ora ci penso io.»
annuì decisa, quindi
ignorò il suo sguardo preoccupato e si avvicinò
con fierezza al biondo,
porgendogli una mano. «Alzati e vieni con me, dobbiamo
scambiare due
parole... CIVILMENTE... » se non si fosse ricordato che erano
ancora in una
scuola.
Lui
rifiutò l’aiuto, si alzò e
le fece segno di seguirla. Himiko assentì con un gesto della
testa, girandosi
un momento in direzione della sorella e sussurrandole qualcosa
all’orecchio. «Cerca di chiarire con Shiki, penso
ci sia rimasto male.». Le fece
l’occhiolino e si avviò dietro al biondo, ben
conscia che non avrebbe passato
piacevoli momenti, da quell’istante in poi.
***
Aprì il pesante portone bianco
che portava al tetto, uscendo su questo, volgendo per un momento lo
sguardo al
cielo. Notò piacevolmente che era coperto da nuvoloni neri
che sembravano
portare un potente temporale estivo, perfetto, non poteva chiedere di
meglio.
Sorrise cinico, salendo alcuni scalini della scaletta di cemento che
portava al
pianerottolo superiore, quello sopra la cupola dell’entrata,
appoggiandosi alla
parete, in fare strafottente. Estrasse una sigaretta dal giubbotto e se
l’accese, aspirando ampie boccate, evitando di guardare in
direzione della
rossa che lo osservava da sotto. Himiko lo lasciò fare, ben
conscia che farlo
calmare un attimo le sarebbe solo stato d’aiuto, ma dopo
cinque minuti buoni di
silenzio, si decise a prendere parola.
«Ero
sincera, quando ho
detto che si è trattato di un incidente.» lo
sguardo puntato verso di lui,
che però sembrava trovare più interessante
guardare in direzione del panorama
della città.
Dopo
qualche istante sorrise
amaro, mentre dava un leggero colpetto alla sigaretta per eliminare un
po' di
cenere. «Vorrei crederti Minamoto. Dico sul serio...
» però non ci
riusciva, era troppo difficile accettare ciò che era
accaduto sotto i suoi
occhi... e sotto il suo cuore che fino a pochi secondi prima era
scoppiato
d'amore per lei. Che razza d’idiota era stato a credere che,
nonostante fosse
un vampiro, avrebbe potuto essere diversa. «Se vuoi, puoi
farlo!»
rimbeccò lei, raggiungendolo e portandosi al suo fianco,
speranzosa; perché lui
non era stato l'unico a provare quei sentimenti il giorno prima,
dopotutto;
perché quando l'aveva baciato era cosciente di
ciò che stava facendo e in quei
pochi istanti aveva sperato di aver finalmente trovato qualcuno che
potesse
diventare importante, importante davvero; perché
semplicemente credeva di aver
finalmente riempito un vuoto.
Lui
scosse la testa, in segno
di diniego, quindi con molta semplicità allungò
una mano verso di lei e
l'appoggiò sul suo petto, ad altezza del cuore. Lei non
capì cosa stesse
accadendo, non finché il cuore si strinse fino a farle male
e gettò il capo
indietro urlando al cielo, disperatamente, in un dolore che non trovava
fine,
né inizio, sembrò semplicemente eterno. Il suo
grido fu coperto da un rombo di
tuono a seguito di un fulmine che squarciò il cielo, come se
anche quest’ultimo
volesse disperarsi assieme a lei. Natsu interruppe per un momento quel
contatto, mentre lei scivolava contro la parete di cemento,
accasciandosi al
suolo, mantenendosi il petto dolorante.
S’inginocchiò davanti a lei,
afferrandole il mento e alzandole il viso verso il suo, per poterla
guardare in
tutta la sua sofferenza, per vedere la paura nei suoi occhi.
«Sai,
probabilmente questo
è nulla in confronto a quello che ha provato Akira nel
momento in cui ti sei
cibata di lui, ma non ti preoccupare, alla fine questo era solo un
assaggio.» lei strizzò un attimo gli occhi, mentre
cercava di rimettere a
fuoco la vista. Un cacciatore, Natsu era un cacciatore, e dal potere
che le
aveva rivelato probabilmente anche uno dei più potenti. Si
ritenne già morta,
furioso com’era, non l’avrebbe mai risparmiata.
«Uccidimi
pure… conosco le
mie colpe e non me le perdonerò mai. Se vuoi liberarmi di
questo peso, fallo.
Mi faresti solo un favore.» sussurrò a fatica, il
fiato corto per il forte
dolore al cuore.
«MA
NON LO FAREI A ME
STESSO!» tuonò lui, cogliendola alla sprovvista,
tanto da farla sussultare. «Non a me stesso, Himiko! Io ti
amo... dannazione... ti amo!» sbatté le
mani sul muro, ai lati della testa della ragazza, e si
accasciò in avanti, in
lacrime. Di rabbia, di tristezza, di colpa... Colpa, sì!
Perché se solo
l'avesse fermata anziché rimanere pietrificato, ora Akira
sarebbe ancora umano,
e lui non avrebbe dovuto crogiolarsi nella dolorosa consapevolezza di
essersi
innamorato di una donna appartenente alla stirpe dei suoi nemici
naturali.
Himiko non ebbe, però, il tempo di assaporare a pieno quelle
parole, scattò in
avanti, con le poche forze che le rimanevano dall’attacco di
Natsu, mettendosi
in posizione di scudo davanti a lui, giusto in tempo per incassare il
colpo che
volava in loro direzione e la investì in pieno.
«CHE
DIAVOLO STAI FACENDO,
HIMIKO?! STAVA PER AMMAZZARTI E LO DIFENDI?» la voce di Misa
risuonò, intanto
che scavalcava la ramina di protezione del tetto su cui era appollaiata
poco
prima, e correva in direzione della rossa che, accasciata a terra, si
manteneva
il fianco. La vista le si annebbiò completamente, mentre
perdeva velocemente i
sensi. «Brutto idiota di un biondo arrapato, chiama
Hagumi!!!» urlò
infuriata nera, guardandolo in cagnesco. Natsu era totalmente confuso.
La
velocità di quelle scene si erano susseguite troppo in
fretta per lui.
«Misa?
Sei anche tu un vam… ». «MUOVITI HO
DETTO!».
La
guardò
incredulo: era un vampiro, gli stava dando degli ordini... e se l'era
anche
portata a letto. Ma dove diavolo aveva ficcato il suo istinto da
cacciatore, il
suo sesto senso? E poi possibile che fosse ancora arrabbiata con lui?
Dall'espressione disgustata avrebbe detto di sì. Si
alzò ancora un po' stordito
e guardò il corpo di Himiko tra le braccia dell'amica, forse
ancora più pallida
del solito, il che era un'impresa non indifferente. Rantolava
nonostante fosse
priva di sensi, gemeva, gli abiti sul fianco completamente inceneriti,
e la
pelle al di sotto di questi visibilmente ustionata. Ma era un vampiro,
avrebbe
dovuto rimarginarsi tutto subito, no?
Poi
guardò
l'espressione disperata e totalmente colpevole di Misa e
capì che il potere
vampirico della ragazza era forse letale se colpiva suoi simili. Il
perché non
riuscì a spiegarselo, ma il cuore
s’appesantì d'angoscia: Himiko stava
rischiando di morire. Fu con la testa immersa nella più
totale confusione e in
un cieco terrore, che si allontanò dal tetto, correndo a
perdifiato alla
ricerca della gemella rosa, perché nonostante tutto,
nonostante fosse sua
nemica, una vampira ed avesse persino aggredito un essere umano sotto i
suoi
occhi, non poteva fare a meno di pensare che non lo disgustava per
niente, e
che anzi ai suoi occhi, seppure fosse contrario a questa cosa,
continuava ad
apparire come la creatura più bella che avesse mai visto,
quella di cui inesorabilmente
s’era innamorato, quella che aveva provato ad odiare...
invano.
***
«Ti sei pentita?» domandò
nuovamente, approfittando ora del fatto di essere soli e che lei non
potesse
sfuggirgli. La rosetta, alzando finalmente lo sguardo dalle ballerine,
lo
guardò ora confusa.
«Te l’ho detto, ero ubriaca, e
dubito che la cosa ti sia sfuggita.». Lui scosse la testa,
avvicinandosi di
un passo a lei, arrivando a stare a pochi centimetri dalla sua figura.
«Questo non risponde alla mia
domanda e se pensi che ti chiederò scusa per aver
approfittato del fatto che
non eri in te, sbagli di grosso.». Hagumi lo
guardò un po’ offesa, di certo
non era ciò che si definitiva un gentiluomo. Lui
sembrò cogliere i suoi
pensieri da quello sguardo. «Senti, ti sei spogliata davanti
a me, hai fatto
di tutto per provocarmi e sono pur sempre un uomo. Per me puoi
benissimo
rifarlo che la cosa non mi offende, ma se ferisce il tuo candido animo,
la
prossima volta evita di girare ubriaca, la cosa non mi
tocca.».
Lei
spalancò la boccuccia, scandalizzata. «Sei...
sei... osceno!» sputò fuori con rabbia, cercando
di dargli un
pugnetto sul petto, ma lui fu più veloce e le
fermò il polso, con nonchalance. «Eh no, miss
ingenuità. Sei tu quella che mi strusciava addosso due tonde
protuberanze. Io ho solo accettato l'invito.»
rettificò secco, prima di
aggiungere uno sbuffatissimo «Che seccatura!» e
mollarle il braccio, già
stanco di parlare. Lei si massaggiò il polso tenendo lo
sguardo basso,
seriamente infastidita. La stava trattando come la prima sgualdrina che
si era
infilata nel suo letto e lei che per un attimo si era persino illusa
che c'era
stato qualcosa di più di una scopata, tra loro. Ovviamente
aveva toppato alla
grande. «Allora... » riprese lui, dopo aver
guardato un po' in giro per
assicurarsi che nessuno passasse, ed essere tornato su di lei
spingendola un
paio di volte verso il sottoscala, facendola indietreggiare tanto che
ci mise
poco a cozzare contro il muro alle sue spalle. «Allora
che?» incalzò,
nascondendo maldestramente l'ansia per ciò che stava
facendo. Erano nel
sottoscala della rampa che accedeva alle cantine della scuola,
qualsiasi cosa
fosse successa, nessuno avrebbe visto o sentito nulla provenire da
laggiù, era
impossibile. «Allora, ti sei pentita?» chiese
ulteriormente, appoggiando
un braccio al muro, sopra la testa di lei, e di seguito la fronte su
questo,
piegandosi in avanti e schiacciandola contro la parete, sovrastandola
in tutta
la sua altezza, tanto che lei dovette reclinare il capo indietro per
quel che
poté pur di vederlo in viso, scrutare nei suoi occhi e
capire dove volesse
arrivare. «Non sono pentita.» rispose infine,
arrendendosi. L'aveva praticamente
messa alle strette e non solo in senso metaforico. Lui non si scompose
minimamente. Alzò l'altra mano che teneva abbandonata lungo
il fianco e la
portò su una guancia di lei, ad accarezzarla. Un tocco
freddo, pensò Hagumi,
eppure gentile. «Sai quando Natsu mi ha raccontato di cosa
avesse fatto tua
sorella sono rimasto scosso. Mi sono chiesto se fosse per quello che
eri
distrutta e ubriaca... ma sono giunto alla conclusione che non poteva
essere
solo per quello, sei sensibile, ma non abbastanza per distruggerti solo
perché
tua sorella ha fatto ciò che, dopotutto, tutti i vampiri
fanno. Poi mi sono
ricordato che non volevi assolutamente tornare a casa e di come poi ti
sia
appiccicata a me nonostante non avessimo mai avuto contatti... e non
eri
abbastanza ubriaca per questo, Hagumi, perché eri ancora
lucida da capire
dov'eri, cosa facevi, e addirittura che la casa era troppo vuota e
asettica
perché io abitassi con qualcuno... » lei
ascoltò attentamente quasi rapita
da quel discorso. Come aveva fatto a capire tutto ciò senza
che lei gli dicesse
niente? Forse non era un caso che tutti lo ritenessero un genio,
dopotutto. «Vedi, Hagumi, non é un segreto
ciò che tuo fratello prova per te.» lei
impallidì, mentre gli occhi si riempivano di lacrime quasi
con violenza «...
e non é un mistero ciò che tu provi per lui, un
affetto fraterno morboso, non
amore. Allora semplicemente ho pensato che per aggrapparti ad un altro
uomo con
tutta te stessa, stessi cercando di scacciare Shin dalla tua
testa.» terminò
mentre le passava la mano tra i lunghi capelli rosa, appoggiando poi la
fronte
alla sua «È successo qualcosa con Shin,
Hagu?» chiese infine, mentre la
vista della ragazza si appannava ed in preda ad un dolore troppo forte
da
reprimere scoppiava in lacrime, abbandonandosi tra le sue braccia.
«Suppongo
che questo risponda alla mia domanda… » disse,
lasciando poi che le sue braccia la circondassero e la stringessero
a sé. «Sfogati, dopo ti sentirai
meglio.» concluse, lasciando che Hagumi
piangesse tutte le sue lacrime e buttasse fuori tutto il suo dolore,
tutta la
sua frustrazione di quello che aveva passato. Non appena la rosetta
sembrò
calmarsi un po’, portò una mano alla sua fronte,
alzandole la frangetta, per
guardarla meglio negli occhietti azzurri, un sorriso sincero dipinse il
suo
volto, mentre notava che tutta l’oscurità che
aveva visto in quelle due pozze
d’acqua cristallina sembrava essersi dileguata. Ora appariva
decisamente più
serena. Si abbassò su di lei per posarle un bacio sulla
fronte, come a volerla
ridestare dallo stato di trance in cui era caduta e, non appena lei
alzò lo
sguardo su di lui, portò le mani sul suo viso, dandole un
leggero bacio a fior
di labbra.
«Se
hai bisogno di un uomo che continui a fartelo
dimenticare, ricordati che son sempre disponibile.» la
punzecchiò un attimo,
nella speranza di farla reagire.
Lei
abbozzò un
sorriso, celando la sottile inquietudine che provava nel pensare che
non doveva
andare così, che non potevano avvicinarsi a quel modo, che
erano troppo diversi
e sarebbe stato troppo difficile un giorno, allo scoppio di una nuova
ipotetica
guerra, separarsi e disporsi su due fronti nemici. Strizzò
le palpebre e si
aggrappò di nuovo a lui, come il giorno precedente, quindi
riaprì gli occhi con
una decisione rinnovata nello sguardo. Alzò una mano verso
il suo viso e lo
accarezzò ricambiando il dolce gesto di lui pochi attimi
prima, quindi lo
spinse oltre, portando la mano sui lucenti capelli neri, e poi ancora
verso il
nastro che legava quei fili d'ebano in quel buffo codino, che a lei
tanto
piaceva, ma ora voleva vederlo al naturale. Lo sfilò e
lasciò che la lunga
chioma cadesse attorno al suo bel volto ed il cuore saltò un
battito al ricordo
della notte precedente, ancora una volta: lui aveva sciolto i capelli
anche in
quel frangente. Un brivido attraversò la sua schiena, prima
di perdere le dita
sottili tra i suoi capelli, giocare appena con quelle ciocche ed infine
far
scivolare la mano dietro la sua nuca, per spingerlo verso di
sé. Fu un bacio
piuttosto casto rispetto agli altri innumerevoli che si erano scambiati
durante
la notte, neanche il tempo alle loro lingue di incontrarsi che si
separarono,
per guardarsi. Ed il cuore correva, ora, mentre incredula fissava i
suoi occhi
di pece ed una strana consapevolezza s’insinuò in
lei, nella sua mente ed in
ogni fibra del suo corpo: Shiki le piaceva così tanto che
tutto il resto aveva
improvvisamente perso d’importanza.
«HAGUMI!»
la
voce di Natsu rimbombò nelle loro orecchie, facendo
schizzare la rosetta
lontana dal moro, totalmente imbarazzata. Accidenti a lui, ma sempre
nei
momenti sbagliati doveva arrivare? Notò un tono piuttosto
preoccupato nella sua
voce che la richiamava interrottamente, sembrava piuttosto scosso.
Shiki uscì
dal loro rifugio, segnalandogli la loro posizione.
«Che
è
successo?» domandò, avendo notato probabilmente
anche lui lo stato di suo
cugino. Natsu li raggiunse, poggiando le mani sulle ginocchia, piegato
a
riprendere fiato per un paio di attimi, Hagumi nel frattempo era uscita
anche
lei dal sottoscala e ora gli stava di fronte. Il biondo alzò
lo sguardo su di
lei, per poi afferrarla per il braccio ed iniziare a trascinarla con
lui. «È
Himiko! Devi venire con me!».
***
La mano tremò
appena mentre l'indice si allungava verso quel piccolo tasto che tanto
lo
spaventava. Deglutì con parecchio timore, prima di trarre un
lungo sospiro e
voltarsi verso Shiki, che lo guardava come se fosse un povero fesso.
«Scusa, io non
ce la faccio. Fallo tu!».
Shiki scosse il
capo, rassegnato all'idea che suo cugino fosse troppo stupido, quindi
lo spostò
con una manata e pigiò quel dannatissimo tasto del citofono
di villa Minamoto.
«E pensare che
sei tu ad aver tanto insistito per venire fino a qui! Secondo me ti
piace stare
in pasto ai leoni!» borbottò, distratto quasi
subito da strani rumori
provenienti dall’interno dell’abitazione. Una bella
signora, decisamente ancora
troppo giovane, aprì loro la porta, tutta scomposta, mentre
poterono
intravedere il corridoio con diversi mobiletti rovesciati a terra. Se
quella
era la madre delle gemelle, come venne loro naturale pensare,
cominciarono a
capire come mai Hagumi fosse tanto imbranata. Ai guardò i
due giovanotti con un
notevole apprezzamento, sorridendo loro melliflua, cercando di darsi un
contegno.
«Posso aiutarvi cari?» domandò
cordialmente. Shiki annuì, mentre il codino nero
sembrò ipnotizzare la donna,
come se non fosse ovvio per quale motivo fossero lì.
«Ah, immagino voi siate qui per le
mie bambine! Prego accomodatevi!» li invitò ad
entrare cordialmente e li
indirizzò in salotto, scomparendo come suo solito per
qualche minuto in cucina
e ricomparendo con un vassoio portante due cioccolate calde ed un
piatto di
biscottini che sembravano appena sfornati. «Prego,
servitevi!» li incitò
cordiale, il suo sguardo saettò alla porta del salotto, che
dava sul corridoio,
dove vide la figura della figlia confetto passare. «Ah
Hagumi, ci sono i
vostri amici!» la richiamò, gli occhi due
cuoricini battenti, mentre faceva
strani gesti per indicare alla ragazza quanto apprezzasse
l’aspetto e la
presenza dei due giovanotti.
Hagumi, che stava
ciabattando dalla stanzetta adibita a biblioteca, dove lei potesse
divorare
spaventosi tomi di medicina, alle scale per salire in camera da sua
sorella,
tornò sui suoi passi e si affacciò oltre lo
stipite della porta del salotto,
sbiancando alla vista dei due. «Dio mio... » seppe
solo dire, prima di
connettere il cervello che lavorò freneticamente. Indossava
un
pigiamone-scafandro rosa, pantofole a forma di fragola ai piedi,
occhiali
inforcati sul naso e capelli spettinati in due lunghe treccione... e
Shiki era
seduto in salotto a bere cioccolata calda con sua madre.
«EEEEEK!» fu
tutto ciò che riuscì a dire prima di catapultarsi
su per le scale, inciampando
anche due o tre volte, e scomparire dal pian terreno. I due cugini
osservarono
il punto in cui la rosetta era scomparsa chiedendosi se fosse
impazzita, mentre
Ai ridacchiava nervosamente «Ohohoh... non fateci caso,
suvvia!» meglio
cambiare discorso «Com'è che vi
chiamate?».
Natsu si grattò la chioma bionda,
presentandosi alla donna, così come fece Shiki. Lei li
guardò estasiata. «Natsu, Shiki… ahhh
quali bei nomi per due giovanotti così
affascinanti.»
si portò le mani alle guance, urlettando tutta felice,
mentre i due si
guardarono fra loro sconvolti. Erano forse finiti in un manicomio?
«Comunque… » sembrò
riprendersi la donna «Potete trovare le mie
bambine al piano di sopra, non è il caso che vi tratteniate
ancora con una
donna anziana come me… potrei non rispondere di me stessa!
Uhuh!!!»
ridacchiò, congedandosi dai due, indicando loro la via da
seguire. Un brivido
percosse la schiena di Natsu, mentre sbiancava visibilmente,
attaccandosi alla
manica del giubbotto del cugino, decisamente spaventato. Frattanto, al
piano di
sopra, Himiko guardò divertita l’uragano Hagumi
che irrompeva nella piccola
lobby fra le loro stanze, dove tenevano scarpe e cappotti, passando
nella porta
sinistra che conduceva alla sua stanza.
«Ehi Hagu, che succede?» domandò
notando la sorella in preda ad una crisi isterica, mentre sporgendosi
leggermente dal letto, poteva notare vestiti volare in ogni dove.
«Himiko!»
squittì sorpresa di trovare la sorella a letto... ah
già, ma lei era a letto da
qualche giorno, no? «Himi, devi sbrigarti, assolutamente,
alzati, muoviti,
lavati, vestiti, renditi presentabile per l'amor del cielo, stanno
arrivando!!!». «Chi sta arrivando?»
chiese confusa la rossa, mentre la
porta della lobby si spalancò, rivelando due figure ben
conosciute. Sbiancò
come solo pochi attimi prima aveva fatto la gemella, mentre Natsu e
Shiki
alzavano una mano in cenno di saluto. Si rifugiò con la
testa sotto il piumone,
non dopo aver lanciato il libro che stava leggendo per passare il tempo
verso i
due, il quale attraversò senza affanni la porta e la
oltrepassò entrando nella
stanza di Hagumi, inchiodandosi sulla sua testa, facendola cadere
lacrimante al
suolo «Ahio... » pigolò la rosa, mentre
Himiko urlava, anche questo come
poco prima aveva fatto la sorella «EEEK! HAGU SEI UNA...
MALEDETTAAA, PERCHÉ
NON ME L'HAI DETTO?» piagnucolava da sotto alle coperte,
mentre l'altra
piagnucolava all'unisono, spalmata sul parquet di legno della sua
stanza. Shiki
e Natsu stavano seriamente prendendo in considerazione l'idea di
fuggire.
«Se è un problema, la nostra presenza,
ce ne andiamo… » bofonchiò il moro con
un cipiglio, mentre osservava le due
nella loro scenata esagerata. Himiko uscì da sotto il
piumone, ora i capelli
scompigliati, mentre prese a lanciare tutti i manga che aveva sul letto
in
direzione degli indesiderati nella lobby.
«Tornate fra dieci minuti!!!!»
imprecò, non dando ai due neanche il tempo di replicare, che
furono sbattuti
all’esterno della stanza, che Hagumi si affrettò a
chiudere, con l’arrivo di
due cuscini di proporzioni giganti diretti sulle loro facce.
«E questa sarebbe una che sta
male?» domandò al cugino, cuscino che aveva
intercettato in mano, mentre
quest’ultimo era intento a massaggiarsi la faccia, non avendo
avuto i riflessi
di Shiki.
«Ricordami di non fare mai più una
visita a sorpresa a casa di una ragazza… » si
appuntò mentalmente Natsu,
mentre informava anche il moro della sua saggia idea.
Si appoggiarono al
muro del corridoio di fronte alla porta e rimasero in silenzio per un
po',
lasciandosi contagiare dal buon'umore delle due gemelle che,
all'interno della
lobby, urlacchiavano sul più e sul meno, principalmente
riguardo a cosa sarebbe
stato più adeguato mettersi. Hagumi, poi, era completamente
su di giri, mentre
Himiko, più calma, ma entusiasta comunque, non aveva fatto
altro che pensare a
Natsu e a cosa le avesse detto poco prima che lei perdesse i sensi. "Io
ti
amo, Himiko!". «Aaaawwww... » mugolò,
sentendosi avvampare,
nascondendo il visetto nelle mutandine pulite che doveva mettere.
Hagumi si
fermò ad osservarla, con il reggiseno per metà
indossato, l’aria assai
preoccupata.
«Sembri una
perversa… » le fece notare, al che Himiko
arrossì fino alla punta delle
orecchie, diventando un tutt’uno con i suoi capelli.
«Non dire
sciocchezze!» balbettò, indossando il capo ed il
resto della biancheria
intima, affrettandosi a mettere anche la gonnellina a pieghe, seguita
da un
paio di calzini neri lunghi sopra al ginocchio ed una canottierina
dello stesso
colore, ma ovviamente con una parte della fantasia leopardata. Fece una
linguaccia alla rosetta e si sedette davanti allo specchio da trucco,
sistemando i capelli con una fascia della sua fantasia preferita e
iniziando la
fase di make up.
Nel frattempo in corridoio i
due iniziavano seriamente a stufarsi. «Dieci minuti
eh?» bofonchiò Natsu
accovacciandosi a terra, pronto a far fronte ad un'ancora molto lunga
attesa.
Shiki sospirò, fece per tirare fuori il pacchetto di
sigarette dalla tasca dei
jeans neri, ma si bloccò ricordandosi che era in casa
altrui. Che seccatura,
ora iniziava ad innervosirsi. Pregò per trovare qualcosa per
passare il tempo e,
guarda caso, le sue preghiere furono esaudite in quattro e quattr'otto,
quando
un rumore di passi si udì dalle scale alla loro sinistra e
dopo poco sbucò la
testa di Shinichi, ancora a casa dei genitori per la convalescenza,
indebolito,
doveva ancora riprendersi del tutto, anche se ormai era più
un fantasma in casa
e lui ed Hagumi si evitavano accuratamente, o meglio lei evitava lui.
Shin
stava salendo al primo piano dal garage, dov'era assieme a Kojiro per
sistemare
una delle macchine che faceva i capricci da un po', e rimase piuttosto
sorpreso
nel ritrovarsi i due cugini sotto il naso, in cima alle scale.
«E voi due di grazia, si
può sapere che diavolo ci fate qui?»
domandò accigliato, portandosi le mani
sui fianchi. «Ah ho capito, siete così
incompetenti come cacciatori che
dovete andare diretti nella tana del nemico per stanarlo?».
Salì gli ultimi scalini fino a
raggiungerli e si piazzò davanti a loro, l’aria di
sfida. Per suo gusto, con
quella mossa, avevano decisamente superato il limite.
«Andatevene, prima che vi
butti fuori io a calci!» li intimò, indicando loro
la via da seguire. I due
cugini si guardarono l’un l’altro, tornando poi con
lo sguardo sul bruno e
scoppiarono in una fragorosa risata.
«AHAHAHAH se questa doveva
essere una virile minaccia non ci sei proprio riuscito,
Shinichiuccio!» ruggì
Natsu, che accovacciato a terra, si manteneva la pancia dal ridere. Il
poveretto, infatti, oltre ad essere ricoperto di grasso dalla punta dei
piedi a
quelli dei capelli, indossava un tenero grembiule rosa con i
fiocchettini,
probabilmente per proteggere i vestiti dallo sporco durante il lavoro.
«Non hai trovato nulla di
più grazioso da mettere? Non sapevo che arrivassi perfino a
chiedere in
prestito i vestiti ad Hagumi! Sembri proprio la rispettabile sorella
maggiore!» lo schernì Shiki, sapendo di colpirlo
nel suo punto debole.
Il ragazzo osservò il proprio
vestiario, quindi arrossì un po', balbettando qualcosa
d’insensato e se lo
sfilò con un leggero imbarazzo «Questo era...
» lasciò cadere la frase,
non sapendo bene cosa inventarsi, e ringraziò mentalmente
Himiko che in
quell'istante uscì dalla stanza, dopo aver sentito il
vociare e le risate folli
di Natsu. «Che succede?»
s’intrufolò anche Hagumi, affacciandosi
allungando il collo da dietro la sorella, vestita per metà,
gonnona rosa al
ginocchio, calze e ballerine infilate, mentre il busto era da un lato
coperto,
con una manica infilata e l'altra ancora no, facendo scorgere
così pancia e un
po' della base inferiore del reggiseno, giusto un po' di pizzo che
però fece
arretrare Shin di qualche passo, sembrava addirittura sconvolto. Shiki
aggrottò
la fronte e si avvicinò alla confettina, quasi indignato
«Ti sembra il modo
di presentarti, Hagu?» borbottò, mentre le dava un
colpettino sulla fronte
con un dito, facendola indietreggiare. «Ahio!»
protestò lei, ma fu troppo
tardi, perché lui si sporse in avanti, sorrise beffardo ed
afferrò il pomello
della porta, richiudendola dall'esterno. Lei rimase a fissare l'anta un
po'
contrariata, prima di ridacchiare ed arrossire, nel piegarsi in avanti
era così
vicino che quasi l'aveva baciata. Lanciò un urletto
soddisfatto e riprese a
vestirsi, mentre all'esterno Natsu ridacchiava guardando Shiki
«Che crudeltà
mandarla via così, eh!» disse, mentre si alzava in
piedi, era ancora
accucciato dalle risate di poco prima. Shiki fece spallucce e si
voltò verso
gli altri, Himiko si stava avvicinando al fratello e una volta
raggiunto gli
appoggiò una mano su una guancia, sfregandola per mandar via
una macchiolina di
grasso, fu un gesto molto affettuoso, al quale Shin sorrise grato ed
infinitamente dolce, chiedendosi da dove nascesse quello slancio di
bene da
parte di Himiko, in genere era Hagumi a riservare certe accortezze
verso di
lui. Sospirò, raggiungendo la conclusione che probabilmente
doveva fargli
proprio pena, anche se non si sentiva disperato al punto di dover
attirare la
sua pietà.
«Sei un disastro, vatti a
cambiare! Non vorrai che Hagu ti veda conciato
così!» gli sorrise
dolcemente, spedendolo in camera sua. Lui però sembrava
incerto sul da farsi,
certo, da una parte una doccia non gli sarebbe dispiaciuta, ma
dall’altra non
voleva proprio lasciare le gemelle da sole in compagnia di quei due.
Fu proprio durante il suo
dissidio interiore, che una voce in fondo al corridoio
spezzò il filo dei suoi
pensieri, e fece voltare tutti in quella direzione, con sorpresa.
«Himiko belllaaaa, guarda
chi é venuto a trovartiiii!» fu la voce
cinguettante di Okura ed Himiko non
fece in tempo ad arretrare neanche di qualche passo, che si
ritrovò avvinghiata
dai tentacoli del biondo capo degli anziani, soffocata a morte dalle
sue
braccia che le premevano sul visetto. Mosse le braccia convulsamente
implorando
pietà con qualche gemito, ma fu Natsu a salvarla dal polipo
sconosciuto,
afferrandogli un polso e strattonandolo via da lei. «Chi
diavolo sei?»
sbottò stizzito, mentre la ragazza tornava ad un colorito
normale,
appoggiandosi alla spalla di Shin nel fare profondi respiri per
riprendere
fiato. Okura sorrise al biondo, mentre Shiki e Shin lo squadravano,
immobili e
diffidenti.
«Come chi sono? Io sono lo zio Okura!»
sorrise mellifluo, congiungendo le mani all’altezza del viso,
sprizzando amore
da tutti i pori, per poi strizzare le guanciotte di Natsu come si fa
con i
bimbi. «Quanto sei caaariiiino!».
«Non è vostro zio, vero?»
domandò Shiki,
sicuro della cosa, al bruno, che scosse la testa piuttosto allarmato.
«Mai
visto in vita mia… ». Fu però Himiko a
prendere parola, liberando il povero
Natsu dalla presa dello stravagante uomo.
«Okura… ». «ZIO
OKURA!» squittì
lui, scuotendo la testa ripetutamente, offeso dal fatto che la ragazza
si
ostinava a non chiamarlo come di dovere. La rossa però non
ci fece caso.
«Sì, sì, come ti pare… cosa
ti porta fino
a qui?» domandò seriamente curiosa e piuttosto
irrequieta, ben conscia che
era sicuramente lì per portare notizie riguardanti il
risveglio di Akira.
«Uhm? Cosa mi porta? Beh,
ovviamente sono venuto a trovare la mia splendida nipotina e...
» non
terminò di parlare, che sorrise soffiando un "Ecco l'altra",
mentre
la porta della lobby si apriva e ne usciva una Hagumi finalmente
presentabile. «Che sono tutti questi schiamazzi? Cosa mi son
per... oh?» anche lei si
bloccò ed inclinò la testolina verso l'uomo,
guardandolo sorpresa. «Chi...
?». «CHE CARINAAAAAAAAAA!» ed Okura si
avventò anche verso la rosetta,
che chiuse gli occhi spaventata e portò le braccia davanti
al corpo in difesa,
spaventata. Quando li riaprì però lui non le
stava addosso, ma era spalmato al
suolo, Shin con un piede sulla sua schiena e Shiki con un piede sulla
sua testa,
dopo averlo acchiappato e riempito di pugni.
«Ohibò... » disse il biondo
anziano, piagnucolando appena.
«Che scena patetica… » una voce
conosciuta, che fece sussultare la rossa, fece capolino alle orecchie
del
gruppetto, frattanto che si avvicinava e si fermava proprio davanti a
lei,
guardandola con un ghigno sadico. «Ciao Himiko.».
Lei indietreggiò giusto qualche passo,
boccheggiando appena, mentre la figura di Akira, ora così
pallida, la guardava
divertito. Okura si alzò, spolverandosi gli abiti con aria
offesa, portandosi
poi di fianco al moro e appoggiandogli una mano sulla spalla,
l’aria ora seria. «Dovrai tenerlo sotto la tua ala
protettiva, Himiko. Kojiro ha già approvato
il fatto che vivrà sotto il vostro stesso tetto
d’ora in avanti, non può
permetterti di lasciarlo troppo a lungo da solo, ora è come
un bambino,
affamato ed incontrollabile. Ovviamente non è possibile per
lui intraprendere
da subito una dieta vegetariana, sarà quindi tuo compito
offrirti tu come suo
pasto, per aiutarlo nella crescita e a convertirsi come tutti noi.
».
«Dai zio, così mi fai sembrare un
marmocchio… » sorrise subdolamente in direzione
dell’anziano, chiaramente in
un palese gesto di arruffianarselo.
Himiko sentì le proprie gambe
tremare e cedere sotto il suo stesso peso, se non cadde in ginocchio fu
solo
grazie a Natsu che, affianco a lei, la prese al volo, sorreggendola.
Fare da
pasto? Significava concedergli il suo sangue come e quando voleva, ad
ogni suo
capriccio? E poi... mostrargli tutto di sé, ogni suo
tribolamento, ogni minimo
e più recondito pensiero? «MAI!» non fu
lei a parlare, fu Natsu che aveva
prontamente formulato i suoi stessi pensieri. «Himiko non
farà da pasto a
nessuno. È stato un incidente!» ammise anche lui,
mentre aiutava la ragazza
a tornare dritta. La rossa era sconvolta, oltre a
quell’atroce sorpresa, ora
Natsu sembrava crederle ed essere dalla sua parte. Com'era possibile?
Come
aveva fatto a cambiare opinione in così pochi giorni?
L'aveva persino
TORTURATA! E ora... ? Non sospettava minimamente, ingenua,
ciò che il ragazzo
aveva realizzato di provare per lei, quando era sull'orlo di perderla.
Shiki
sorrise appena alle parole del cugino ed annuì soddisfatto
di tanto ardore,
mentre Hagumi e Shin continuavano a domandarsi chi diavolo fosse quel
tizio e
come facesse Himiko a conoscerlo.
Okura sorrise amaro, scuotendo la testa
in segno di diniego.
«Mi dispiace ragazzi, questa è la
regola.» fu allora la rosetta a prendere parola, che in un
lampo momentaneo
sembrava aver iniziato a legare il filo del discorso.
«Okura… il capo degli anziani
giusto?» pigolò in sua direzione, al che
l’uomo la guardò estasiato,
annuendo energicamente, gli occhi illuminati di gioia. Hagumi sapeva
chi era,
cosa poteva chiedere di meglio? Ma se in un attimo si
ritrovò alle stelle, nel
giro di un istante finì nelle stalle. «Allora le
regole sei tu che le detti
e puoi cambiarle, no? Puoi evitare a mia sorella questo tormento,
vero?».
E lo chiese con una vocina
così tenera che fu seriamente tentato di farlo. Ma non
poteva, sarebbe andato
contro ogni suo principio. «Tua sorella... »
iniziò, avvicinandosi a lei
e prendendole una manina tra le sue, accarezzandola lentamente con le
dita
affusolate e un po' fredde «... deve scontare la sua pena.
È severamente
vietato creare nuovi eterni, é giusto che continuiamo ad
esistere solo tramite
procreazione. Dovrebbe comunque scontare una pena e, credimi, questa
é la meno
brutta che possa accaderle. Ha creato un vampiro ed é giusto
che ne paghi le
conseguenze.» la voce vellutata aveva un tono quasi dolce le
parlare,
nonostante l'espressione perennemente enigmatica stampata sul suo
volto. Shiki
non poté fare a meno di pensare che sembrava quasi ci
tenesse alle gemelle come
fossero molto preziose per lui.
«La meno terribile?» domandò Shin,
totalmente incredulo, avvicinandosi all’uomo e mettendosi fra
lui ed Hagumi. «OK, lei avrà sbagliato, ma
è stato un incidente no? Non l’avevate appurato?
E quali sarebbero queste cosa così brutte?» Hagumi
però lo zittì, tornando a
gestire lei la situazione. Sicuramente aggredendolo non avrebbero
risolto
nulla, era meglio proseguire con più tatto.
«Ma signor Okura… » squittì
con
occhioni malinconici, cercando nuovamente la mano dell’uomo e
stringendola
forte. «Sei tu sei il capo, il potente, tu decidi queste
cose. Che problema
dovrebbe nascere se tu decreterai che è stato un incidente e
che non debba
scontare nessuna pena? Staranno tutti
al
tuo volere, giusto?».
«Basta così, Hagu. Ha ragione lui…
» fu Himiko a richiamarla dalla sviolinata, mentre
l’espressione di Akira si
fece se possibile ancora più subdola.
Hagumi abbassò le manine,
sconsolata, mentre Shin le appoggiava una mano sulla spalla per
rincuorarla,
tuttavia lei si allontanò, non si sentiva ancora di avere
contatti con lui, di
nessun genere. Akira sorrise trionfante e si avvicinò alla
rossa, sovrastandola
dalla sua altezza e passandole le mani attorno ai fianchi, la lingua
che si
leccava lentamente le labbra, bramosa di assaggiare quel nettare di cui
già
sentiva il profumo. «Posso?» chiese scostandole i
capelli con una mano e
carezzandole lentamente il collo, facendola rabbrividire. Lei
lanciò uno
sguardo quasi d'aiuto verso Okura, che però si
voltò a guardare altrove,
impotente. Non poteva fare nulla per aiutarla e ancora una volta la
feriva.
Ancora una volta. Akira si piegò su di lei, gustando il suo
collo con la punta
della lingua, mentre gli altri erano pietrificati a quella visione
quasi
oscena, RACCAPRICCIANTE.
Natsu, rimasto fino a quel momento
impotente a guardare la scena, non poté più
frenarsi. Non gli importava di
quello a cui sarebbe andato incontro, anziani, non anziani, potere e
non, e le
loro stupide leggi. Perché i vampiri dovevano essere tanto
sadici verso i loro
simili? Perché valutavano solo l’errore di Himiko
e non le motivazioni di
questo? Partì in quarta in direzione del moro, piantandogli
un pugno in pieno
viso, gesto che ormai agoniava da quando l’aveva conosciuto e
l’aveva visto
gironzolare intorno alla sua Himiko. Poiché già
allora qualcosa dentro di lui
palpitava per lei e lo rendeva consapevole del fatto che non avrebbe
mai voluto
lasciarla nelle mani di un altro uomo.
«Non ci provare nemmeno!» esordì,
portandosi davanti alla rossa mentre Akira, ora a terra, si ripuliva il
rivolo
di sangue che usciva dal labbro spaccato, leccandolo con gusto. Si
voltò allora
in direzione di Himiko, prendendola per le spalle e scuotendola.
«Himi-chan,
ti prego, non devi farlo se non vuoi, non devi. Ci deve essere
un’altra
soluzione, ti prego.» la supplicò, mentre lei,
passiva, teneva lo sguardo
puntato ai suoi piedi, trattenendo le lacrime.
«Non l’hai capito eh, Natsu? Sei tu
quello che ha perso, non io! Lei ha già scelto!»
ridacchiò Akira
ipocritamente, ricordando la discussione che avevano avuto poco prima
della sua
creazione, mentre la ferita già si rimarginava e si alzava
senza nessuno sforzo
da terra, l’aria vittoriosa.
Fu allora che Himiko alzò il viso e si
perse per alcuni attimi in quei suoi limpidi e stupendi occhi del
colore del
cielo, che tanto la facevano sentire viva in quel momento e le
portavano una
nuova speranza. Si alzò in punta di piedi e
circondò il collo del ragazzo,
unendo le labbra alle sue in un casto e fugace bacio, che le
sembrò però così
intenso, così paradisiaco, con quel sapore agrodolce che
sembrava accompagnarla
in un mondo lontano, stordendola. Fu un attimo che assaporò
appieno, come a
volerne imprimere il ricordo, ma dovette staccarsi quasi subito da lui.
Prese
il suo viso fra le mani, spostandogli poi una ciocca di capelli ribelli
dal
volto, sorridendogli.
«Andrà tutto bene, non ti preoccupare…
» era una bugia colossale, era vero, ma in quel momento si
ritrovò a pensare
che agire come la “forte” della situazione fosse
probabilmente la soluzione
migliore per non creare ulteriori problemi a se stessa e a tutti i
presenti. Natsu
la guardò
supplichevole, non poteva arrendersi così, ma prima che
riuscisse a dire altro,
Akira l'aveva già agguantata per un braccio e senza troppi
riguardi la stava
trascinando via. Via da lui...
***
Il corridoio era rimasto
semivuoto, se non per la presenza di Hagumi e del biondo anziano
accanto a lei.
Natsu aveva avuto un crollo psicologico, non appena Himiko era
scomparsa con
Akira dietro una porta, e Shiki l'aveva portato via, scusandosi e
dicendo ad
Hagumi che sarebbe tornato da solo un'altra volta. Shin si era
appostato dietro
la porta dove Himiko ed Akira erano scomparsi, per fare la guardia in
caso
succedesse qualcosa, se Akira non fosse riuscito ad esempio a fermarsi
ed
avesse esagerato. La rosa sospirò e si voltò a
guardare l'uomo, corrucciata.
«Sa per quale motivo avrei
voluto nascere cacciatrice, anziché vampiro, in
quest’assurdo conflitto?»
buttò lì, seria. Lui la guardò
sorridendo ingenuamente come sempre e lei pensò
che avesse davvero un'immensa faccia da schiaffi, furbo come una volpe
e
viscido come un serpente. «I cacciatori hanno mantenuto la
loro indole
umana. Noi invece... siamo dei mostri... ».
Lui sorrise in direzione della
confettina, non distogliendo un momento lo sguardo dai suoi occhi.
«Credi veramente
questo?» domandò, appoggiandosi alla parete in
modo teatrale, le braccia
incrociate, mentre parlava come a saperne una più del
diavolo. «Sì, lo
credo!».
«Io invece no… » la sua
risposta la lasciò letteralmente di stucco, mentre
cominciava a sentire un
senso di rabbia pervaderla. Come diavolo poteva pensare una cosa del
genere?
Esseri che si cibavano della linfa vitale di altri per sopravvivere,
cosa osava
sostenere che loro non erano mostri?
«Sai Hagumi, alla fine non
è tutto oro ciò che luccica, devi sapere
che… ».
«… Okura… !» una voce alle
loro spalle li fece voltare, mentre la figura
di Ai si avvicinava ai due, salendo gli ultimi gradini della scalinata.
Se il corridoio non fosse
stato in totale penombra, Hagumi avrebbe potuto giurare di aver visto
un guizzo
di tristezza attraversare solo per un istante lo sguardo di Okura.
«Ai... » sorrise l'uomo, mentre la donna si
avvicinava. «Com'é andata?»
chiese lei senza neanche salutarlo, anche un po' brusca. Mentre loro
erano su,
al piano di sotto Kojiro spiegava alla moglie cosa fosse tutto quel
vociare e
le impediva di salire, conscio che non avrebbe mai permesso una cosa
simile. Il
biondo anziano fece spallucce, prima di allungare le mani verso la
donna e
tentare di acciuffarla, cinguettando allegro «AIIIICHAAAAN,
SEI SEMPRE LA
DONNA PIÙ BELLA DEL MONDOOOO!» ma i riflessi di
lei furono più veloci,
semplicemente si spostò di lato e gli piazzò un
pugno in testa mente lui la
superava in volo, facendolo finire dritto, dritto spiattellato contro
la parete. «Non cambierai mai!» disse irritata,
prima di sciogliersi in un sorriso.
Dopotutto andava bene così. La donna si voltò poi
verso la figlioletta e la abbracciò,
cullandola appena. «Himiko?» chiese tristemente,
mentre la figlia si
aggrappava a lei. «È con Akira... ».
Tacquero, non c'era bisogno di
aggiungere altro.
A salvare la situazione fu
l’arrivo di Kojiro, che interruppe
quell’imbarazzante silenzio fra i tre,
facendo una carezza amorevole alla figlia.
«Hagu tesoro, forse è il
caso che tu vada a riposarti un po’, è stata una
giornata pesante e noi adulti
abbiamo ancora un paio di cose da discutere.». Le sorrise
dolcemente,
invitando gli altri due a seguirlo e iniziando a scendere al piano di
sotto,
precisamente in salotto, dove vi si chiusero.
«Allora, di cosa dovevi
parlarci esattamente, Okura?» domandò, ora seduto
sul divano, mentre la
moglie si premurava si servire loro una tazza di caffè
fumante, accomodandosi
poi accanto al marito.
Il biondo li
guardò con un sorrisetto soave, mentre soffiava nella sua
tazzina per freddarne
appena il contenuto. «Sono cresciute molto.» disse
sinceramente colpito e
i due consorti annuirono, sorridendo a loro volta. «Era molto
che non le
vedevi, no? Saranno almeno quindici anni.».
Già... quindici
anni, si ritrovò a pensare Okura; come volava il tempo,
anche per loro esseri
immortali. «E quei ragazzi vengono spesso a
trovarle?». Ai negò col capo «No,
é la prima volta.». «Capisco.»
smise di soffiare e bevve il
suo caffè, prima di riporre la tazzina sul vassoio.
«Immagino volessi dirci
altro, però!» incalzò Kojiro, che era
piuttosto curioso e anche un po' in
ansia. «Sì, sì. Si tratta delle nuove
creature. Hiro ha potuto fiutare in
loro odore di vampiro e cacciatore mischiato.» si
fermò quando vide la mano
di Kojiro che teneva la tazza, tremare lievemente. «Anche
Shin... ?». «No.» si affrettò
a rispondere Okura, sicuro «No, Shin é nato di
parto
naturale da un vampiro e una cacciatrice, se é potuto
nascere significa che non
é qualcosa di disumano. Non corre alcun pericolo, altrimenti
la natura avrebbe
vietato la sua fecondazione.» cercò di rassicurare
l'amico e subordinato,
quindi guardò entrambi «Non so chi ci sia dietro
la loro creazione, ma sono
in tutto e per tutto degli ibridi creati in modo innaturale. Non so
come e non so
perché, controlliamo tutti i vampiri esistenti, i nuovi
vengono subito portati
da noi per essere addestrati, e quelli che decidono di non essere
"vegetariani", sanno comunque di non dover mordere cacciatori
perché
nessuno conosce le conseguenze di questo. O almeno, così
credono tutti.»
sospirò, pronto a buttare fuori la verità.
«Io, Oda e un'altra persona in
realtà sappiamo che così non é.
C'è un caso nella documentazione vastissima
delle nostre biblioteche secolari, un solo, unico caso... Ma
c'é. Ed é esattamente
descritto come quelle cose che stanno seminando il panico tra la gente.
Altri
quindici morti solo questa settimana... qualcuno sta creando un
esercito... un
esercito di IBRIDI. Cacciatori morsi da vampiri, un connubio non
fattibile. Il
cacciatore dovrebbe morire al primo contatto con il veleno di vampiro,
ma se
questo non accade, avviene una mutazione... una mutazione immonda e
ripugnante.
Ecco cosa sono quelle bestie, ecco cos'è che ha attaccato
Shin!». Ai non
voleva più sentire, terrorizzata. Si portò il
viso tra le mani e si rifugiò tra
le braccia del marito, che cercò di cullarla, nonostante
fosse sconvolto anche
lui.
«Non c’è nessun
modo per fermare queste mutazioni?» domandò Kojiro
al biondo, ben sicuro di
quale fosse la risposta, ma fu qualcun altro a rispondere.
«Per il momento
sfortunatamente non abbiamo trovato nulla di concreto, siamo solo
sicuri che se
continueranno così dovremmo batterci, altrimenti finiranno
per uccidere tutta
la nostra stirpe.».
«Oh, Hiro, Oda,
finalmente!» canticchiò Okura, improvvisando un
balletto felice intorno ai
due, manco fosse un cagnolino che fa la festa al nuovo arrivato.
Oda rise appena,
mentre Hiro raggelò Okura con uno sguardo di ghiaccio,
ignorandolo bellamente
ed avvicinandosi ai padroni di casa. «Kojiro, il garage
é aperto, siamo
entrati da lì... state
attenti, potrebbe
intrufolarsi chiunque!» disse, mentre Okura piangeva su una
spalla di Oda, lamentando
qualcosa circa il poco amore di Hiro nei suoi confronti. Kojiro
ringraziò per
aver chiuso il garage, quindi si rivolse ad Okura, facendo tornare
l'atmosfera
seria e pesante di pochi istanti prima che i due arrivassero.
«Dovremmo
parlarne con il resto del consiglio... » disse cauto ed il
biondo annuì,
tornando a sedersi, dopo aver tentato di scoccare un bacio affettuoso
ad Oda,
che lo aveva respinto disgustato. «Sicuramente, ma avevo
bisogno di
confrontarmi prima con voi, siete i miei uomini più fidati,
dopotutto.».
Il
silenzio calò nuovamente nella
stanza e nessuno osava proferir parola, in fin dei conti stava tutto
nel
trovare una soluzione che faticava ad arrivare. «A
costo di giungere a mezzi
drastici, dovremmo in ogni modo evitare una guerra. Per le bambine, per
Shin,
per noi e per tutta la nostra stirpe… sarebbe troppo dura
ora, siamo appena
riusciti a ristabilirci, non possiamo tornare in quella situazione, non
di
nuovo… » fu Ai a spezzare il silenzio, le lacrime
agli occhi al ricordo di
eventi passati, mentre cercava di tirare fuori tutto il suo coraggio.
«Non si preoccupi, faremo
l’impossibile per risolvere tutto nel modo meno doloroso
possibile.» il
sorriso e la voce dolce di Oda sembrarono tranquillizzarla, mentre
tornava ad
abbracciare il marito. Tutti annuirono in segno di assenso.
«Oda, Hiro.» li richiamò Okura
«Andate a dare un’occhiata alle ragazze, son sicuro
che in questo momento
avranno bisogno di una figura amica vicino a loro.» .
Li guardò supplichevole della cosa,
sentendosi un verme per non poter essere lui di aiuto alle gemelle, ma
purtroppo, quello non era ancora il tempo di rivelare loro ogni cosa.
...
continua...
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Capitolo 6
A
Song Of Eternal Creatures
Capitolo
6
Hagumi
era appena
tornata nella sua stanza, quando decise che forse era il caso di fare
dietro-front e andare a controllare sua sorella. Non era molto
allettante
l'idea di rimanere sola con Shin e in cuor suo pregava che Shiki
tornasse per
tirarla fuori da quella brutta situazione, ma sapeva fosse impossibile,
suo
cugino aveva bisogno di lui. Fu con il cuore in gola e la testa in
subbuglio
che percorse il corridoio, fino a raggiungere la porta del bagno,
dietro la
quale Akira stava facendo un banchetto così sostanzioso che
l'odore del sangue
di Himiko si riversò ovunque, nauseandola. Seduto sul
pavimento, con le spalle
al muro, Shin teneva gli occhi chiusi, le dita che torturavano con
ansia un
bottone della camicia azzurra. Lo guardò sofferente e fu
quasi tentata di
andare via prima che lui si destasse dai propri pensieri, ma
aprì gli occhi
proprio mentre formulava quell'idea. «Ehi... »
disse solo imbarazzata,
alzando una manina come cenno di saluto, un cenno che
risultò piuttosto
impacciato. «Ehi.» rispose lui, sorridendole con
affetto, troppo, tanto
affetto da farle male e lacerarle l'anima. Intimidita, si sedette sul
pavimento
di fronte a lui, appoggiando la schiena alla parete di rimpetto alla
porta.
Rimasero in silenzio per un po', lei con lo sguardo basso, lui invece
con gli
occhi color ambra fissi su di lei, sui suoi capelli sottili, sul suo
viso bello
da morire e sul suo esile corpicino che, nonostante gli abiti larghi e
tutto
sommato coprenti, lo attirava come una calamita. «Come ti
senti?» chiese
lei alzando lo sguardo, dopotutto si era risvegliato da quella sorta di
stato
vegetativo da appena un paio di giorni e lo vedeva nel suo colorito
pallido e
negli occhi un po' scavati che, forse, non si era ancora ripreso.
«Diciamo che potrebbe andare meglio,
ma mi ritengo fortunato, in fin dei conti avrei potuto non essere
più qui,
no?» continuò con quel sorriso, così
dolce, così preso, così aperto nel
mostrarle i suoi sentimenti, era soffocante.
«Ti prego, non essere così gentile
con me… » si portò le ginocchia al
petto, stringendole a sé, mentre lo
sguardo fissava le venature del pavimento, per distrarla da quello di
Shin,
ovviamente sempre puntato su di lei. «Non me lo
merito… ».
Shin allora la guardò più confuso che
mai. Perché mai avrebbe dovuto trattarla in modo differente?
In fondo, non la
biasimava mica se era cresciuta nella convinzione che fossero fratelli
e non
riuscisse a vederlo diversamente, ci aveva pensato molto, ed era
arrivato alla
conclusione che era una cosa naturale. Probabilmente, se avesse
invertito le
parti, si sarebbe sentito esattamente come lei. Si trascinò
sul pavimento, fino
a raggiungerla e starle di fronte. Le carezzò la testolina
rosa, forzandola a
guardarlo.
«Hagumi, piccola, non devi fartene
una colpa, son io in fin dei conti quello che ha provato sentimenti
fuori dal
comune e ti ha messa in difficoltà.» lei fece per
dire qualcosa, ma lui la
zittì prontamente. «Devi però venirmi
incontro anche tu… devi dirmi cosa desideri
da me, quale vuoi che sia il mio ruolo… se preferisci che io
rimanga
eternamente tuo fratello o se mi permetti di vederti come un uomo
guarda una
donna, la donna di cui è follemente innamorato…
Ti prego, aiutami ad uscire da
questo tormentoso limbo, dimmi cosa devo fare… »
abbassò la testa, fino a
sfiorare la fronte della confettina con la sua, guardandola
supplichevole. Alla
fine a lui stava bene, anche se non lo ricambiava, voleva solo un ruolo
nella sua
vita, un ruolo che potesse renderlo importante ai suoi occhi, sempre.
Stavolta non si
tirò via da quei gesti affettuosi. Alzò lo
sguardo azzurro incrociandolo al
suo, una mano si portò istintivamente ad accarezzargli il
volto e qualche
ciocca di capelli ribelle, come faceva sempre quando da piccoli si
facevano
tante coccole. «Shinchan... » fu quasi un sospiro
il pronunciare il suo
nome, mentre fermava la mano sulla sua guancia e sfiorava la punta del
suo naso
con il proprio «Shinchan, tu sei mio fratello.»
disse convinta e lo
sguardo di lui si velò di rassegnazione, che fu spodestata
subito dopo da
sorpresa alle parole che seguirono «Però
è cambiato qualcosa, ora. Sai tante
volte sono stata gelosa di ragazze che ti stavano intorno, non so
quante volte
avrei voluto infilzare Naoko come uno spiedino e metterla al
girarrosto... »
ridacchiò appena e fu un trillo soave da sembrare musica
alle orecchie di lui,
che rise contagiato «... tante volte ho pensato che fossi
davvero bello, poi
mentalmente mi schiaffeggiavo e mi dicevo che eri mio fratello e non
dovevo
pensare a come stessi diventando, perché... beh... era
illecito, no? Era
proibito.» chiuse gli occhi, mentre le si riempivano di
piccole lacrime che
cercò di cacciare indietro. «Mi chiedevo come
sarebbe stata un'altra vita in
cui tu non fossi stato mio parente; mi chiedevo sempre quale sapore
potessero
avere le tue labbra e venivo prontamente pungolata dalla mia coscienza,
accusando me stessa di essere folle, eretica... sporca!»
scoppiò infine a
piangere, e lui la strinse subito a sé, incredulo a
ciò che le sue orecchie avevano
appena udito. «E quando mi hai detto... sniff... »
cercò di calmarsi, la
piccola Hagumi, quindi lo scostò con gentilezza e
proseguì «... quando mi
hai detto di amarmi il dolore che ho provato era perché
cercavo di strizzare
quei sentimenti nel cuore, non farli uscire, senza riuscire a
convincere me
stessa che della parentela non avrebbe dovuto importarmene nulla, se mi
piacevi
e tu dicevi di amarmi... sono stata così ostinata, ho
mentito a me stessa, ho
ferito te, ho stracciato il mio cuore in mille pezzi per non deludere
mamma
e papà e
tutti quelli che ci hanno sempre visti come fratelli. Per non deludere
me
stessa e la mia impeccabile vita che ho cercato strenuamente di portare
avanti
con logica, rigore e purezza. Ma come poteva essere puro questo
sentimento?
Attratta da mio fratello. No, lo negavo, non poteva essere... e invece
poi papà
ha detto che non siamo fratelli. Mi sono sentita così...
stupida... la più
stupida di questo mondo, la regina degli stupidi. Ti avevo allontanato
per un
motivo inesistente e mi sono odiata a morte... avrei voluto
morire.» riprese
a singhiozzare, mentre una nuova speranza si faceva largo nella testa
del
bruno, che forse aveva finalmente trovato il lieto fine al suo amore.
Ma così
non era, non poteva essere. Si era illuso troppo in fretta e troppo!
Tanto da
osare dire qualcosa di cui si sarebbe pentito per tutto il resto della
sua
vita. «Quindi... questo... questo significa che tu mi... che
tu ed io... » arrossì, imbarazzato, mentre negli
occhi di Hagumi lampeggiò puro terrore.
Si portò la testa fra le mani, le stava quasi per scoppiare
«Shin, io sto
frequentando Shiki, adesso!» sputò fuori come
verità assoluta queste parole
che, come tante stalattiti appuntite, si conficcarono nel cuore di
Shin, uccidendolo.
«Co-cosa
intendi con
frequentare?» domandò, aggrappandosi
all’ultimo barlume di speranza che gli
rimaneva nel cuore, così piccolo ed invisibile che era
già ben conscio della
risposta che Hagumi gli avrebbe dato. «Come amico? Come
fidanzato? L’hai baciato?
Sei andata oltre?» il panico sembrò sovrastarlo,
mentre la rosetta
continuava a non negare nulla di ciò «Sei
innamorata di lui, quindi? È una
cosa seria? Perché io… Hagumi, se non
è nulla d’importante io posso far finta che
non sia mai successo niente, posso dimenticare… possiamo
ricominciare insieme,
giusto Hagumi?» Il cuore era lacerato in mille e
più piccole schegge di
cristallo e quando lei lo guardò negli occhi a rivelare la
verità, sentì che
tutto il suo mondo, tutto ciò in cui credeva gli era
letteralmente crollato
addosso, che era finita, per sempre. Che cosa poteva aiutarlo a
continuare a
vivere, ad andare avanti, se Hagumi non fosse stata al suo fianco? No,
non
c’era nient’altro che lo ancorava a quel dannato
mondo di sofferenze, nulla,
perché lei era la sua speranza, la sua luce, che fino a quel
momento gli aveva
dato la forza di continuare a lottare.
Lei non sapeva
proprio cosa dire. Se solo non si fosse ubriacata... non avesse
incontrato
Shiki e... e cosa? Non ci fosse andata a letto? Ma lei non era pentita
di
averlo fatto, neanche in quel momento così delicato. Non era
propriamente
innamorata di Shiki. Non lo amava. Tuttavia sì, stava
passando la fase
dell'innamoramento e voleva continuare su quella strada, sentiva che
era
giusta, che Shiki nonostante fosse un cacciatore, fosse perfetto per
lei. La
faceva sentire... viva...
«Shiki... Shiki
mi piace... non me la sento di mandare tutto all'aria.»
squittì sentendosi
infinitamente in colpa. Se avesse potuto si sarebbe sdoppiata,
così li avrebbe
potuti avere entrambi. Sapeva che era da ingorda pensarlo, ma non
riusciva a
capire chi nel suo cuore fosse più forte al momento, era
come se fosse
precisamente spaccato a metà, e se in quel momento
propendeva verso Shiki, era
solo perché con lui stava bene, lo aveva già
provato, e andava bene così. «Pe...
però... avevi detto che... potevi essere mio fratello,
no?»
inclinò un po' il capo di lato, piegandosi poi in avanti per
rientrare nel suo
campo visivo, adesso che lui aveva abbassato lo sguardo.
«Puoi? Siamo... ancora...
fratelli, no?» chiese quella conferma, inconsapevole di aver
dilaniato il
suo cuore definitivamente.
«Certo, piccolina, te l’ho promesso,
se è questo che desideri, così
sarà.» le sorrise dolcemente, anche se in
quel momento non rispecchiava di certo un gesto naturale del suo cuore,
si
sentiva così falso, ma non poteva permettersi di ferirla
nuovamente, perché era
lui ad averle chiesto di scegliere il ruolo che avrebbe dovuto avere e
così
aveva fatto. Le diede un bacio sulla fronte, prima di alzarsi e
avviarsi nella
sua camera, senza voltarsi verso di lei neanche una volta. E pianse,
pianse
tutte le sue lacrime, ben conscio che se non avesse sfogato tutto il
dolore che
lo lacerava, non avrebbe potuto mantenere la promessa fatta ad Hagumi,
quella
di essere per sempre solo suo fratello.
***
Mentre
salivano la
rampa di legno di ciliegio che li portava al piano superiore,
incrociarono a
metà percorso un Akira più che soddisfatto e
macchiato qui e lì di sangue, che
scendeva al piano inferiore. Hiro lo guardò senza alcuna
particolare
espressione, ma Oda gli riservò solo disprezzo.
«Soddisfatto?» chiese
irritato ed Akira fece solo spallucce ed un sorriso beffardo, mentre li
superava e raggiungeva Okura, con il quale doveva scambiare due parole.
«Che
merda d'uomo.» sbottò Oda, mentre Hiro lo seguiva
su per le scale «Sei tu
che l'hai preso nella band.» gli ricordò l'albino,
atono. Oda sbuffò
stizzito. Un errore di valutazione poteva capitare a chiunque, no?
Raggiunsero
assieme il piano superiore e trovarono uno spettacolo troppo triste.
Hagumi era
inginocchiata accanto alla sorella, nel bel mezzo del corridoio, e
cercava di
ripulirla da tutto quel sangue e consolarla, mentre lei stessa piangeva
per la
ferita inferta a Shin e per quella che era stata inferta alla rossa.
Himiko era
immobile, inginocchiata con lo sguardo spento puntato nel vuoto e i
vestiti
completamente insozzati del suo stesso sangue. Hiro si
affrettò a sostenere
Hagumi, allontanandola da quello spettacolo. La confettina che da
principio
fece resistenza, scoppiò ben presto in un pianto ancor
più disperato
lasciandosi andare e abbracciando l’uomo, che la
sollevò e la portò nella sua
stanza. Oda aveva preso il posto della rosetta, passava amorevolmente
lo
straccio umido sul viso della rossa, eliminando gli ultimi residui di
sangue,
cercando di ridestarla dal suo stato di trance.
«Himiko…
Himi… » provò a chiamarla ancora, ma
lei sembrò continuare a non voler reagire.
Dopo pochi attimi poté notare una piccola lacrima, quasi
impercettibile,
scendere lungo la pallida guancia della ragazza, segno che era ancora
cosciente. «Tesoro dai, vieni con me, ti aiuto a
cambiarti… ». Un piccolo
guizzo di vita sembrò far capolino negli occhietti smeraldo
di Himiko, mentre
allargava le braccia in direzione del bruno, come a chiedergli aiuto.
Lui non
se lo fece ripetere e, incurante di sporcarsi, abbracciò
forte la rossa,
stringendola così forte da toccare quasi la soglia del farle
male, per farle
sapere che lui era lì, vicino a lei, per lei. Himiko
scoppiò in un pianto liberatorio,
mentre si aggrappava con disperazione al suo collo, nascondendo il viso
nell’incavo tra la spalla e il collo di lui.
«Me
lo sono
meritata lo so… » esordì fra un
singhiozzo e l’altro «… ma non pensavo
potesse essere una cosa così dolorosa, non credevo che
avrebbe potuto
straziarmi il cuore in questa maniera. È come se avesse
messo a nudo tutta me
stessa.». Lui la cullò un poco, accarezzandole con
una mano la lunga chioma
scarlatta.
«Non
è mai
piacevole rivelare i propri pensieri e i propri sentimenti
più intimi alle
persone, Himichan, ma tu devi imparare a diventare più
forte, devi allenare la
tua mente a chiudere questo canale, in modo che lui attraverso il tuo
sangue
non possa comunque più leggerti dentro e farti del male.
Devi lottare, reagire,
per sovrastarlo. Non puoi permettergli di ridurti in questo
stato.». Lei
alzò appena lo sguardo verso di lui, guardandolo con una
piccola speranza,
supplichevole di quella piccola via che l’avrebbe potuta
salvare.
«Es...
esiste
un... modo per ottenere questa chiusura?» chiese titubante,
tra gemiti e
singulti. Lui sorrise pacato, infondendole un po' di coraggio
nell'affermare
con certezza che un modo c'era. «Bada, però, non
é semplice. Ci vorrà
costanza e allenamento. Certe volte ti sembrerà di non
riuscire, all'inizio ti
sentirai completamente incompetente... ma tu non arrenderti mai, ce la
farai e
lui non potrà più guardarti dentro. Io posso
aiutarti, se tu lo vuoi. Posso
insegnarti... » le accarezzò il viso con una mano,
spostando qualche ciocca
di capelli che si era appiccicata alla fronte sudata «Vuoi,
Himiko?»
chiese puntando gli occhi sinceramente affezionati in quelli smeraldini
di lei,
in cerca di conferme.
Lei
annuì decisa. «Sì, ti prego, insegnami
questa tecnica Oda. Sii duro con me, se necessario
per questo, ma spiegami come fare, ti supplico.». Il bruno
sorrise sereno,
aiutandola a rialzarsi, sostenendola forte.
«D’accordo.
Ora
vedi di cambiarti, poi inizieremo subito. Non sappiamo quando Akira
reclamerà
il prossimo pasto, dobbiamo affrettarci.» la
guardò un attimo, continuando a
sorreggerla, vista la debolezza che riportava dalla bevuta del moro.
«Devi
però promettermi di non demoralizzarti mai, Himiko,
qualsiasi cosa succeda.».
«Te
lo prometto,
Oda.». Lui sorrise soddisfatto.
Stava
per
lasciarlo andare, per dirigersi in stanza e cambiarsi, ma non ne aveva
proprio
voglia. Sorprese persino se stessa quando tornò ad
aggrapparsi a lui,
nascondendo il viso tra i suoi vestiti. «Per favore... posso
rimanere un
altro po'... così?» lui non si sorprese per nulla,
anzi circondò il corpo
fragile della giovane tra le sue braccia e la cullò con
dolcezza, lasciandole
di tanto in tanto piccoli bacini tra i capelli, oppure sussurrandole
qualcosa
che la faceva ridere e la tirava un po' su. Era incredibile quanto
andassero
d'accordo. Quando aveva scoperto che lui era un vampiro secolare e che
apparteneva alla cerchia degli anziani, era rimasta piuttosto turbata,
ma
adesso si rendeva conto che ciò non cambiava nulla e che
fondamentalmente
rimaneva il solito Oda che conosceva, l'amico tanto saggio e dolce,
l'unico con
cui lei poteva aprirsi davvero aprirsi fino in fondo. Si
ritrovò a chiedersi
come avrebbe fatto in molti momenti della sua vita senza di lui, sicuro
sarebbe
andata avanti, ma il suo sostegno era sempre stato molto importante
nell’aiutarla a crescere. Si conoscevano ormai da almeno due
anni, periodo in
cui avevano formato la loro band. Lui l’aveva trovata a
piangere sulla riva del
laghetto del parco e le si era avvicinato con uno dei suoi soliti ed
amabili
sorrisi, sedendosi accanto a lei e facendole compagnia, porgendole di
tanto in
tanto qualche cleenex, finché non si fu calmata e, solo
allora, le offrì una
mano per aiutarla a rialzarsi. Non le chiese nulla del
perché fosse così
triste, ma le propose di entrare a far parte del gruppo che stava
formando. La
colse di sorpresa, in quanto non sapeva nulla di lei, nemmeno il suo
nome, ma
soprattutto se avesse avuto le capacità per un ruolo simile,
ma Oda la informò
che questo non era necessario, che era sicuro della sua scelta.
Sosteneva di
essere stato estasiato dalla sua voce, che aveva udito in qualche
attimo in cui
aveva pigolato qualche parola, tra un singhiozzo e l’altro,
era stato sicuro
che lei sarebbe diventata la sua cantante, regalandole così
uno scopo per
continuare, per mettere se stessa in qualcosa, per ricevere nuove e
stupende
emozioni. In quel periodo così difficile per lei, era come
se un angelo fosse
sceso dal cielo per condurla nella retta via, quella per la
felicità. In
seguito si erano aggregati anche Natsu e Ryo, ma solo loro erano
diventati
veramente inseparabili nel gruppo. Sempre assieme, sempre
d’accordo su tutto,
sulla stessa lunghezza d’onda, affiatati più di
qualunque coppia d’innamorati
esistente. Certe volte credeva veramente che lui fosse stato la sua
salvezza o
forse, perché no, la sua anima gemella, la sua
metà perduta.
***
Dopo
quegli eventi
che avevano decisamente scombussolato casa Minamoto, il tempo
iniziò a scorrere
abbastanza velocemente senza ulteriori intoppi e tra scuola e ripresa
di una
vita normale, almeno in apparenza, metà Settembre giunse,
decretando che un
mese era passato dalla gita, ossia dall'inizio di tutto. Himiko si
allenava
strenuamente per trattenere i propri sentimenti, pensieri e ricordi,
per non
lasciare che fluissero nel suo sangue e di conseguenza potessero essere
carpiti
da Akira, finora comunque tutto senza molti risultati. Si cibava di lei
almeno
una volta al giorno, tant'è che più di una volta
dovettero portarle sacche di
sangue di scorta per reintegrare tutto ciò che perdeva.
Furono grati ad Okura
di aver almeno messo a disposizione le immense scorte di sangue di cui
disponeva la sede del consiglio. Tra Himiko e Natsu era tutto molto
stabile,
comunque; lui non aveva più cercato di comportarsi come uno
della propria
stirpe, era definitivamente perso di lei e niente al mondo nella sua
natura
avrebbe potuto disgustarlo. Stesso valeva per Shiki, che ormai
frequentava
Hagumi regolarmente... se "frequentare" era il termine adatto,
ovviamente, dato che quando si vedevano i tre quarti del tempo li
passava a
schernirla e sgridarla per i suoi pasticci, più come un
papà scorbutico che
altro. Era domenica e, sotto idea di Len, avevano deciso tutti di
trovarsi per
qualche compera al centro commerciale, più che altro una
scusa come un’altra
per svagarsi. La mora aveva perfino convinto Hagumi a trascinarsi
dietro Shin,
la quale non trovando nessuna scusa plausibile senza rivelare troppo
riguardo
la loro non parentela, dovette accettare. Non era molto felice
all’idea che lui
la vedesse insieme a Shiki, ma Len era così eccitata
all’idea di poterlo vedere
per un pomeriggio intero, che non aveva avuto cuore di dirle di no.
«Allora
ti
spicci?» bofonchiò la confettina, braccia
appoggiate sui fianchi e l’aria
irritata, alla sorella che ancora era davanti allo specchio, indecisa
su quale
giacchetta sarebbe stata meglio con il completo che indossava.
«Siamo in
ritardo!». La rossa alzò lo sguardo su di lei,
mentre disperata le mostrava
i due capi, supplicandola di aiutarla a scegliere.
La
rosa li guardò
entrambi e non ebbe cuore di dirle che li trovava immondi. Dopotutto i
loro
stili erano così diversi che se non passavano il tempo a
schernirsi a vicenda
era solo per il bene che si volevano, nient'altro. Indicò
comunque uno dei due,
quello che le sembrava meno un pugno in un occhio, e ovviamente la
rossa scelse
l'altro, come faceva sempre. Hagumi neanche si offese, semplicemente
fece
spallucce e le intimò di darsi una mossa, ancora una volta.
«Sì, sì, un
attimino eh!» perse ancora tempo Himiko, esasperando la
sorella, che si
voltò per uscire dalla lobby ed avviarsi in corridoio ed
andò a sbattere con il
nasino proprio su Shin, che era sbucato improvvisamente per vedere a
che punto
fossero. «Ehi, ma quanto vi ci vuole. Guardate che vi mollo
qui e venite in
metropolitana, eh!» sorrise, scompigliando appena i capelli
di Hagumi, che
lanciò un gridolino contrariato e si fiondò
davanti allo specchio per
controllare che i bei boccoletti, che aveva legato in due buffi codini
alti ai
lati della nuca, fossero ancora integri. Shin la guardò
perplesso, poi roteò
gli occhi e con una risata si avviò per le scale
«MUOVETEVI O VI LASCIO
QUI!» questo era l'ultimo avvertimento, tant'è che
fece anche tintinnare le
chiavi dell'auto per avvisarle. Le due si guardarono e si fiondarono
fuori
incastrandosi anche nella porta. Sotto le risate di Shin, poterono
finalmente
partire.
«Ehi, siamo
qui!» la voce di Len li richiamava, sbracciandosi appena per
indicare loro
la posizione in cui si trovavano. Ovviamente erano gli ultimi. Hagumi
fece per
pestare un piede alla sorella, arrabbiata di questo, ma lei si
scostò appena in
tempo, al che la rosetta perse l’equilibrio e
finì, nuovamente, contro Shin. Fece
per dare addosso alla rossa, ma questa era già sparita nel
gruppo di amici e,
mentre chiacchierava allegramente con Misa, non faceva che scambiarsi
occhiate
di sottecchi con Natsu. Sospirò, sorridendo a Shin e
avviandosi a raggiungere
anche lei gli altri.
«Poi
me la devi
spiegare questa cosa di Natsu e Himiko, perché sinceramente
non é che ci abbia
capito granché!» bofonchiò Shin, un po'
gelosetto della sorellina, per lei
indubbiamente in modo fraterno, mentre evitava accuratamente di
chiedere
delucidazioni anche su come fosse finita lei con Shiki, che a
proposito, parli
del diavolo e spuntano le corna, uscì dal gruppo andando
incontro ai due.
Hagumi sorrise al moro, ma non lasciò la mano del fratello,
perché aveva deciso
di comportarsi in modo normale, come se fosse ancora convinta di avere
un
legame di sangue con lui, un vero legame fraterno a cui non poteva
voltare le
spalle così, vergognandosi solo per l'arrivo di Shiki. Shin
sorrise grato della
correttezza di Hagumi e fu lui il primo a sciogliere la presa per non
metterla
in imbarazzo. «Vado a salutare gli altri,
sorellina!» le diede un
colpetto sulla fronte con l'indice e si allontanò, salutando
Shiki con un
sorriso cordiale ed un cenno di mano, sorpassandolo. Shiki rispose al
saluto,
non al sorriso, e non perché ce l'avesse con Shin per
qualche motivo,
semplicemente lui non sorrideva mai, a meno che non fosse per ironia, o
fosse
solo con Hagumi.
Lei
sorrise
radiosa, andandogli incontro, allargò le braccia e fece per
buttarsi fra le
sue, ma questo la superò, appiccicandosi alla vetrina dietro
di lei.
«Uao, questo
nuovo televisore è davvero stratosferico, sto seriamente
pensando di
comprarmelo, tu che ne dici, Hagu?» domandò
voltandosi verso la rosetta, che
era rimasta lì, come un ebete, abbracciando
l’aria. Lui si lasciò scappare un
sogghigno, avvicinandosi ora a lei e punzecchiandole la morbida e
pallida
guanciotta con l’indice. «Ti sei innamorata di un
fantasma? Sembri così
presa… ».
I limpidi occhioni
azzurri si riempirono di lacrimucce, le labbra tremarono minacciando lo
scoppio
a breve. Lui si guardò attorno, sembrava che nessuno li
stesse guardando, così
la prese tra le braccia e la cullò un attimino, ma solo un
istante. «Buona,
buona, dai. Ti compro un gelato, ok?» un paio di carezzine
sulla testa e poi
la lasciò andare, avviandosi verso gli altri senza neanche
accertarsi che lei
lo seguisse. Perché tanto lo sapeva che l'avrebbe seguito,
tant'è che lei ora
zampettava dietro di lui a testa bassa, come un cucciolino abbandonato
e
triste.
«Ragazzi…
»
bofonchiò incrociando le braccia dietro la testa,
l’aria annoiata. «Che dite
di prenderci una crepe? Io ho fame… ».
«Non se ne
parla!» squittì Misa in direzione del bel
batterista «Son venuta qui con
l’intenzione di fare compere folli, ho perfino questi coupon
di sconto, non
perderemo tempo a mangiare!».
«Ergghhh, ma
abbiamo un sacco di ore, dai ti prego!» la
supplicò, ma lei non volle
cedere. Himiko ridacchiò, mettendosi in mezzo ai due, uno
strano brillio negli
occhi.
«E se
mangiassimo una crepe facendo spese?» propose e quando i due
acconsentirono,
scappò in direzione del negozio a cui avevano puntato gli
altri due, urlando a
squarciagola “TUTTO MIOOO!”, lasciandoli
lì come due ebeti, crepes in mano, ben
pronta a svaligiare l’intera boutique delle cose migliori.
Len li guardò
scandalizzata, chiedendosi come si potesse essere tanto agguerriti per
un
semplice negozio, quando in quel centro ce ne erano almeno un centinaio.
Comunque erano
così numerosi che ben presto si separarono in gruppetti, se
non addirittura
coppie, per il centro commerciale. Prevedibile. Shin fu rapito da
Naoko, con
Len che li seguiva inventando scuse pur di stare al fianco del bel
bruno di cui
tanto era innamorata, mandando mentalmente maledizioni a Naoko
perché le si
staccassero le braccia e non potesse più appiccicarsi a lui.
Tutti dicevano che
lei portasse sfortuna e malocchio...
"Magari fosse così!" pensò
tristemente, cercando un modo per
scollare quella sanguisuga da Shin, perché purtroppo i
poteri attribuiti a lei
dagli altri e tanto decantati, non esistevano di certo.
Hagumi non sapeva
più dove girarsi, invece: saltava da una vetrina all'altra,
per la maggior
parte quelle di giocattoli, ammirando sognante i peluche più
grandi e morbidi
che avesse mai visto. Appiccicò il nasino ad una vetrina ed
Himiko e Natsu la
seguirono, portandosi ai suoi lati, curiosi. «Che guardi,
Haguchan?»
chiese Natsu, col quale una volta chiarita la questione che fossero
vampire e a
lui stava bene così, era tornata felicemente molto amica.
Lei piagnucolò
qualcosa circa un coniglietto vestito in stile sweet lolita e alto
almeno fino
alla sua vita.
«Ma dai è orrendo!» commentò
la
rossa, che sistemava meglio le cinquantamila borse di shopping che
aveva in
mano. Hagumi si girò verso di lei, lacrimucce agli occhi,
l’aria offesa. Eppure
le sembrava così tenero. Si rassegnò, soprattutto
per il prezzo alle stelle,
pronta a seguire la sorella e il biondo che già si erano
avviati al negozio
successivo, ma nel girarsi alla ricerca di Shiki, sbatté
contro qualcosa di
morbido. Alzò lo sguardo, per trovarsi davanti il moro
dall’aria imbarazzata
che le porgeva proprio quel peluche che le piaceva tanto.
«Non mi tradire anche con lui
però!» bofonchiò porgendoglielo e
incamminandosi «Dai sbrigati, se no li
perdiamo!».
Lei acciuffò il
coniglione gigante prima che cadesse a terra e lo strinse forte,
colpita e così
rossa da nascondere il viso in tutto quel pelo per qualche attimo.
Rimase
immobile ed in silenzio, Shiki se ne accorse, non sentendola
scodinzolare al
suo seguito come al solito. Si voltò tornando sui suoi
passi, al suo fianco. «Hagu?» chiese incerto, prima
di sentirsi afferrare per il colletto della
camicia di cotone nera ed essere trascinato verso un angolino, dietro
al quale
scomparirono agli occhi di Himiko e Natsu. «Uhm... io non ho
visto niente,
tu?» ghignò malizioso e lei si aggregò
alla sghignazzata, facendo la finta
tonta. «No, non mi pare proprio... » disse sul
vago, prima di bloccarsi
ed accorgersi che erano rimasti soli, lontani da qualsiasi componente
del
gruppo. Boccheggiò un paio di volte, mentre improvvisamente
le parole
sembrarono morirle in gola. Dall’avvenimento con Akira, dove
l’aveva
spudoratamente baciato davanti a tutti, non si erano mai ritrovati da
soli e
quindi la situazione fra di loro era rimasta statica, niente
più novità, né un
bacetto, né una parola carina. Il suo sguardo
saettò sulla copertina di un cd
che cercava da una vita, nello scaffale a pochi passi da loro. Ed era
anche
l’ultima copia! Che colpo di fortuna! Corse in direzione del
prezioso pezzo,
prendendolo nelle mani e facendogli le carezzine, sprizzando di gioia.
«Miooo, mioooo!
Non sai da quanto ti cercavo, awww… Natsu
guarda!!!» ululò vittoriosa,
mostrando il cd al ragazzo, al quale gli occhi sembrarono uscire dalle
orbite.
Oddio, era il cd
che cercava da secoli anche lui! «L'ultima? No,
impossibile!» iniziò a
frugare ovunque tra gli scaffali, magari qualcuno l'aveva preso e non
l'aveva
più messo al suo posto, oppure spostato inavvertitamente...
ma dovette
arrendersi quasi subito. Era l'ultima copia. Si voltò
lentamente verso Himiko,
lo sguardo famelico. Lei indietreggiò di qualche passo,
portandoselo dietro la
schiena. «Mio, ho detto!» lo rimbeccò,
che non si facesse venire strane
idee. Ma a quanto pareva, lui l'idea di fregarglielo se l'era
già fatta venire,
tant'è che balzò verso di lei per tirarglielo di
mano. «DAMMI QUEL CD,
HIMIKO!» gridò senza ammettere repliche e lei
urlacchiò spaventata «NOOOO! VIAAAAA, È
MIOOOO, L'HO TROVATO IOOO!» piagnucolò, mentre con
una
mano cercava di spingere lui via e con l'altra allontanava il cd il
più
possibile.
«Ti
dico che deve essere mio, non
sai da quanto lo cerco!» ululò lui, arrivando ora
a prenderlo, ma lei
dall’altro lato non lasciava la presa.
«TU non sai da quanto IO lo cerco,
non ci pensare nemmeno, l’ho trovato io, è
MIO!» diede uno strappo al CD
così forte, che entrambi persero l’equilibrio,
cadendo all’indietro ai lati
opposti, il CD in mezzo a loro. Himiko si massaggiò la
schiena, dolorante, così
come fece lui, ma ebbero la pessima idea di scattare in avanti
esattamente
nello stesso momento verso la copertina, realizzando il suo stato di
abbandono.
Concludendo, picchiarono la testa insieme e questo schizzò
lontano da loro,
proprio ai piedi di un ragazzino che passava in quella corsia.
«Uao, questo CD lo cercavo da tempo,
che fico!» sentenziò allegro, avviandosi alla
cassa e pagandolo, lasciando i
due a bocca aperta.
«È colpa tuuaaa!» lo rimbeccò
la
rossa, appendendosi al suo collo e tentando seriamente di strozzarlo.
Il ragazzo si
diede dello stupido mentalmente, dopotutto avrebbe dovuto lasciarlo a
lei e
fare il galantuomo. «No, dai... non fare così,
Himi, scusa!» supplicò,
agguantandola tra le braccia e dandole qualche colpetto affettuoso in
testa «Prometto che se lo ritrovassi in qualche altro
negozio, lo prenderei per
te!» forse, o forse no, il buon proposito c'era, poi magari
avrebbe cambiato
idea, ma per il momento doveva calmarla in qualche modo. Fu solo quando
ebbe
terminato la frase, che si rese conto che effettivamente si stavano
abbracciando, lei con le braccia attorno al suo collo, lui attorno alla
sua
vita sottile e fragile. Arrossì di botto, allontanandola non
troppo gentilmente
ed alzandosi in piedi con una qualche scusa. «Ah, che scemo,
dimenticavo che
dovevo dire a Shiki di... ».
«Shikicooosaaa!» scattò lei in piedi e
lo
bloccò per la collottola prima che potesse scappare via. Era
rossa ed
imbarazzata altrettanto quanto lui, ma non poteva certo lasciare che
andasse a
disturbare i due piccioncini che si sbaciucchiavano schiacciando il
coniglietto
tra di loro. «Ah, è vero!» si
ricordò subito lui, fermandosi e rimanendo
in silenzio, impacciato.
«Ti va un
sandwich?».
«Ti va una
partita in sala giochi?».
Parlarono
all'unisono, indicando ai due lati opposti del centro commerciale.
Ottimo, ci
mancavano solo le divergenze di opinioni e i conflitti d'interessi.
«Un sandwich giocando una
partita?» propose lei, Natsu fece per accettare, ma la scena
che si era
presentata inizialmente con Misa e Ryo gli balenò alla mente.
«Ehi! Non vorrai liberarti anche di
me per scattare nel prossimo negozio di musica, vero?»
domandò offeso. Lei
fece spallucce «Forse… »
ridacchiò, ma quando lui fece per reagire alla sua
provocazione, lei gli puntò un dito sulle labbra,
ordinandogli di fare
silenzio.
«C’è qualcosa di strano…
» si
avviò verso l’entrata dell’emporio,
guardandosi intorno con fare circospetto,
mentre le figure delle persone davanti a lei erano totalmente immobili.
Guardò
il biondo sconvolta, indicandogli l’insolita scenografia. Che
stessero facendo
uno spettacolo di mimi?
Natsu non seppe
cosa dire, rimase stupito. Girarono un po' per il negozio e, quando il
biondo
passò accanto al ragazzino ladruncolo che si era preso il
loro cd per andare a
pagarlo, glielo rubò dalle mani, oltraggiato.
«Tsk, questo é nostro!»
fece una linguaccia al ragazzino, beccandosi in tutta risposta uno
scappellotto
da parte della ragazza «AHIO!» fece lui guardandola
irritato «Sei una manesca!». «E tu un
cretino. Ridagli quel cd, l'ha pagato, poi seguimi fuori, dobbiamo
scoprire che sta succedendo.». Lo mollò
lì, mentre piangeva accarezzando il
cd. «Sigh... tieni marmocchio.» glielo
infilò tra le mani e poté giurare
che gli occhi del ragazzino si fossero mossi a guardarlo.
Rabbrividì, inquieto,
com'era possibile che quelle statue che sembravano quasi di cera
riuscissero a
muovere lo sguardo. «Ehi, ma sei vivo? Mi vedi?»
passò una mano sugli
occhi di quest'ultimo, che in risposta li mosse di nuovo, per far
capire che lo
aveva sentito. «CACCHIO!» urlò alzandosi
di scatto ed indietreggiando,
ora seriamente spaventato. «Himi... Himichan, devi venire a
vedere una
cosa!!!».
«Che c’è?» scattò
lei, ma quando
si voltò in direzione del biondo, si trovò
davanti uno strano essere, che le
ricordava tanto la descrizione di Hagumi della creatura che aveva
attaccato
Shin al ritorno dalla gita in montagna. Boccheggiò un paio
di secondi, prima di
cacciare un urlo spacca timpani che rimbombò probabilmente
per tutta la
struttura, ed evitare per un soffio di essere lacerata dagli artigli di
questa.
Si ritrovò accovacciata a terra, l’albero di
decorazione dietro di lei ora a
pezzi.
«Che succede?!» era la voce di
Shiki che, sentito il vociare della rossa, stava ora accorrendo con la
rosetta
e il famoso pupazzo coniglio a mano.
«Himiko!»
chiamò quest'ultima, lasciando la mano del moro e correndo
accanto alla
sorella, il peluche stretto tra le braccia esili. «Stai bene,
Himichan?»
chiese spaventata, rincuorata poi dal cenno positivo della rossa che si
rialzò
titubante. Natsu anche li raggiunse, portandosi accanto alla ragazza
completamente terrorizzato, afferrandole le spalle con le mani e
sbatacchiandola un po' «Oh mio Dio Himiko, come stai? Sei
tutta integra vero?
Ti sei rotta qualcosa? Ma chi... » lei gli
schiaffò una mano sulla bocca,
con veemenza «S-T-O B-E-N-E... CALMATI!»
ordinò asfissiata, prima di
compiere un salto indietro allontanandosi da lui per sfuggire ad un
qualcosa
che era volato nella loro direzione, del liquido verde e maleodorante
che finì
sul pavimento, fondendolo. «Cosa cavolo é quella
roba?» quasi imprecò
Natsu, schivando anche lui una manciata di quel composto vischioso, che
concluse il suo percorso direttamente su Hagumi, proprio dietro di lui.
«HAGU!» urlò Shiki, fiondandosi verso di
lei, e ringraziò il cielo per
avergli fatto spendere un bel po' per quell'orrendo peluche, che si era
completamente liquefatto tra le manine della rosetta, che lo guardava
incredula, lacrimando un po'. «Sgnicchinfracchiolo...
» farfugliò con una
vocina pulcinosa, mentre Himiko abbracciò la sorella per
vedere che fosse tutta
integra.
«Ma quello… » notò Shiki, la
creatura in fronte a loro era esattamente uguale a quella che avevano
distrutto
un mese prima e sembrava piuttosto infuriata. Forse gli avevano
rovinato il
piano? In effetti, si ritrovò a pensare, la situazione in
cui si trovavano era
anomala, perché erano gli unici a non esser rimasti
pietrificati? Magari,
quelli che possedevano una qualche caratteristica paranormale, erano
immuni al suo
potere? Non trovò altra spiegazione.
«KYAAAAH!!! Cos’è quello
schifo?!» la voce di Naoko perforò i timpani dei
presenti, facendo voltare
la creatura nella loro direzione, pronta a partire alla carica.
«ATTENTA!» la avvertì Shin, poco
dietro di lei, spingendola di lato.
La ragazza cadde
con un tonfo sul pavimento, qualche metro più in
là, mentre l'ibrido si
avventava su Shin, facendolo cadere rovinosamente a terra e
sovrastandolo,
tenendolo schiacciato sul pavimento con il proprio corpo.
«Anf... anf... »
sembrava piuttosto affannato, mentre spalancava le fauci mostrando
canini
identici a quelli di vampiro. Shin cercò di spingerla via,
ma era troppo forte.
Shiki fece segno a tutti di accerchiare i due a terra, in modo da non
dare alla
creatura una possibile via di fuga. «Shin! Shiki fai
qualcosa, sta per
ucciderlo!» la voce spezzata era quella di Hagumi, mentre
Naoko si rialzava
e si portava accanto a lei, indietreggiando. «Zitta,
Shii-chan e Nii-chan
sanno quel che fanno, non osare dubitare!» sbottò
in modo poco garbato,
mentre i due cugini cacciatori si portavano ai due lati opposti dei due
a
terra, pronti ad agire per catturare quell'essere immondo.
«Shii-chan? Nii-chan?» si ritrovò
a pensare per un istante la rosetta, ma da quando aveva così
tanta confidenza
con loro? Le salì una fitta di gelosia, ma non si
premurò tanto di questa, Shin
era in pericolo!
Furono però confusi nel vedere la
creatura muoversi a una forte velocità ed atterrare
bruscamente, come
scaraventata, contro il pavimento del pianerottolo di sotto, passando
dal
balconcino al piano sottostante. Si girarono quando notarono Himiko,
ora
trasformata, alle loro spalle.
«Psicocinesi… » sembrò
rimuginare
Shiki, quasi geloso del potere della rossa «Forte!».
Naoko guardò sconvolta la scena e,
trascinandosi Sunako per mano, si allontanò in panico dalla
rosetta, intuendo
di volata che doveva essere come la sorella, avvinghiandosi a Natsu.
«Oddio fratellino, ma quella è un
vampiro!» squittì disgustata, soffocandolo quasi
nella sua morsa da piovra.
Si ritrovò sorpresa dal fatto che Sunako, al suo fianco,
fosse lì tutta
tranquilla, come se per lei la cosa fosse normale. Decise di non farci
caso,
probabilmente era solo un’appassionata di horror.
«Perché sono ancora a
piede libero?! Non te n’eri accorto?!».
Il biondo la guardò accigliato, offeso
dalla ripresa della moretta. «Io lo sapevo, sei tu che non
l’avevi
percepito!».
«Non
è il
momento di chiacchierare.» sbottò Shiki,
allontanandosi da Naoko e la sua
vocina odiosa. Si avvicinò a Shin, porgendogli una mano
«Tutto bene? Alzati
dai, sospetto non sia ancora finita!» borbottò
stancamente, aggiungendo un
"Che seccatura questa storia!" mentre Shin sorrideva grato ed
afferrava la sua mano. Si rialzò giusto in tempo per
accogliere Hagumi che gli era
praticamente saltata al collo, preoccupata. «Fratellone, stai
be... aaahh
sei ferito.» inorridì guardando il graffietto
sulla sua guancia, mentre
posava una mano su di esso e concentrandosi, impresse un po' del suo
potere,
tanto che il taglio si rimarginò subito, ancora
più in fretta che con la
naturale guarigione celere dei vampiri. «Grazie.»
rispose lui, le braccia
che le cingevano la vita, sembrava non avesse intenzione di mollarla,
finché
Shiki non si schiarì la gola e i due sobbalzarono,
allontanandosi impacciati. Himiko
ridacchiò, tornando normale, mentre Natsu si
portò al suo fianco, scollandosi
quella piattola di sua sorella. «Che razza di potere che hai,
inizi a farmi
paura!» la prese un po' in giro, accarezzandole la testa. Lei
sorrise «Senti chi parla, signor torturatore.»
cacciò la lingua, ormai le veniva
solo da scherzarci su quell'episodio... per fortuna. Si avvicinarono
infine
tutti al parapetto e si affacciarono per dare uno sguardo al piano
inferiore.
Quell'essere era scomparso, nonostante avrebbe dovuto sfracellarsi al
suolo. «Mi pareva di non aver sentito nessun tonfo...
» disse Shiki, guardandosi
attorno con occhio critico «State in guardia, é
nascosto da qualche parte e
ci osserva. Shin ed Himiko si trasformarono, con una Naoko sconvolta
che sobbalzò
allontanandosi dal ragazzo. Shin era un vampiro? E lei non si era
accorta di
nulla? Ma come cavolo... ? Neanche il tempo di finire di formulare i
pensieri,
che l'ibrido spuntò cadendo dal soffitto a cui si era
aggrappato, nessuno di
loro riuscì a spiegarsi né come né
quando. Toccò il pavimento accovacciandosi a
quattro zampe e li guardò con occhi rossi come il sangue,
canini appuntiti,
artigli affilati ed una strana aura nera che circondava il suo corpo.
Nessuno
di loro fece in tempo a realizzare quanto successo, ma la strana
creatura era
sparita e ricomparsa in mezzo a loro, come dal nulla, colpendoli uno
dopo
l’altro. Chi più di striscio, chi più
profondamente, gli artigli di questa
aveva toccato tutti lacerandoli e fatto questo, scomparve nel nulla. Le
persone
accanto a loro sembrarono riprendere a muoversi e si guardarono intorno
confuse, chi curioso dei danni alla struttura, chi guardava piuttosto
impressionato il loro gruppetto. Fulmineo, con il braccio ancora sano,
Shiki
disegnò quello che sembrava un ideogramma
nell’aria che s’illuminò e
rivelò la
parola “tempo”, chiudendo gli occhi e pronunciando
quella che sembrava una
formula in una strana lingua sconosciuta.
«Ehi,
ma che è
successo? Si sono fermati di nuovo! Che sia tornato?»
domandò Shin incerto, che
non aveva visto la scena, tornando a guardarsi intorno con fare
circospetto.
«Tranquillo,
sono stato io.» esordì Shiki, mentre Naoko
ululò un “Sei troppo fico
Shii-chan”, spalmandosi poi a terra ululando per il dolore
che aveva alla
spalla, dove era stata colpita.
Hagumi
aveva
osservato con estremo interesse il fare di Shiki, aveva tenuto un
sangue freddo
e una razionalità disarmanti durante il combattimento,
tant'è che aveva un po'
diretto i movimenti di tutti. Arrossì appena, scoprendosi a
pensare quanto
fosse in gamba e quanto gli piacesse sempre di più. Poi
intercettò lo sguardo
di Shin e dissimulò con qualche colpetto di tosse.
«Mhhh coff... cough... sì...
uhm... fatemi vedere le vostre ferite!» alzò una
mano che già emanava una
candida aura bianca e perlacea, voltandosi verso Sunako. «Tu
dove sei
ferita, cara?» chiese cordiale, ma Sunako disse che lei stava
benissimo e
non aveva bisogno di nessuna cura. Effettivamente, notarono tutti, fu
l'unica a
non aver subito lesioni. Shiki la guardò accigliato, ma non
disse nulla. Fece
cenno invece ad Hagumi di occuparsi di Naoko, che pareva quella messa
peggio.
Lei annuì e, calandosi completamente nella parte della
perfetta infermierina,
si avvicinò alla moretta, pronta a curarla, ma questa
cacciò un urlo che le
perforò il timpano destro, facendola cadere
all’indietro e picchiare la testa
sul pavimento.
«NO,
MAI E POI
MAI! NON MI FARÒ CURARE DA UN VAMPIRO!»
ringhiò lei, rivolgendosi poi a suo
cugino «Sei forse ammattito Shii-chan? Si può
sapere che diavolo ti passa
per la testa?!».
Lui
fece
spallucce. «Se preferisci continuare a provare dolore e
curarti senza
l’aiuto di Hagu, prego fai pure, la cosa non mi
tocca.» Si avvicinò allora
alla confettina, che si era rialzata piuttosto stordita, mentre la
testa
sembrava esploderle, facendosi curare al posto di Naoko. Quest'ultima,
se
avesse saputo come si fa ad uccidere con un solo sguardo, li avrebbe
già
massacrati, soprattutto il fratello ed il cugino. Ma come potevano fare
amicizia con il nemico? No, assolutamente non avrebbe mai permesso che
il loro
rapporto continuasse a svilupparsi in quella direzione... non
aveva… senso!
...
continua...
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Capitolo 7
A
Song Of Eternal Creatures
Capitolo
7
Con
un forte colpo, iniziarono i fuochi e fu un'esplosione simile ad una
granata che illuminò di rosso la folla sottostante,
nonostante la luce
giornaliera. Tutti alzarono il naso per aria, verso il cielo azzurro,
dove
sembrava essere sbocciato un fiore scarlatto, tanti piccoli puntini che
creavano quell'immagine toccante e brillante, prima di spegnersi a poco
a poco
e lasciare spazio ad altre figure pirotecniche perfette, accurate e
luminose.
Hagumi guardava il cielo con la boccuccia spalancata per la sorpresa,
non
sapeva che durante la pausa pranzo ci fosse in programma quello
spettacolo. Si
voltò verso Hiro affianco a lei e gli tirò una
manica per attirarne
l'attenzione «Hiro, Hiro! Ma quando é stato
organizzato? È bellissimo!»
squittì entusiasta, alzando poi nuovamente il nasino,
buttando il capo rosa indietro, cozzando stavolta con la nuca su
qualcosa.
Sussultò e si voltò a guardare la figura dietro
di sé, ma non fu lei a parlare,
bensì Hiro al suo fianco. «Shin, avete finito
l'ultima gara?» chiese con
la solita atonia. Il bruno annuì e sorrise, poi
guardò la sorellina «Stanno
preparando un pic-nic sotto i ciliegi... Himiko e Misa, intendo. Vieni
anche
tu?» poi si voltò verso Hiro «E tu?
Vieni?».
«Credo
non faccia per me… »
salutò con un cenno freddo della mano, allontanandosi in
direzione del gruppo
di insegnanti. Shin fece spallucce. «Beh, andiamo
Hagu?» domandò, senza
però attendere realmente risposta, prendendola per mano ed
iniziando ad
incamminarsi con lei.
«HIMIKO! NON OSARE FARLO!» furono
attirati dalla voce di Misa che, piuttosto infuriata,
rincorreva la rossa che si gustava nella corsa un Onigiri.
«ASPETTA CHE
ARRIVINO TUTTI, HIMIKOOOO!».
Shin e Hagumi si guardarono un momento, prima di scoppiare in una
fragorosa risata.
«Non
cambierà mai!» ridacchiò lui, mentre si
calmavano, Hagumi
ancora che si teneva la pancia dal ridere. Lui si voltò a
guardarla e le strinse
un po' di più la mano, colpito. Lo sapeva che erano fratelli
e basta, ma questo
non gli impediva di guardarla con occhi da innamorato perso e pensare
che
vederla serena e felice fosse la cosa più bella del mondo.
Avrebbe fatto tutto
per difendere la sua felicità, forse avrebbe anche ucciso.
Non avrebbe mai
permesso a nessuno di ferirla, a nessuno. Lei si asciugò una
lacrimuccia sul
bordo di un occhio e si voltò sorridente a guardarlo. Come
stava bene con il
suo fratellone, proprio come se non fosse cambiato nulla. Era contenta
che le
cose si fossero sistemate così. «Che facevi con
Hiro?» chiese lui,
curioso «Come mai non hai partecipato a nessuna gara? La
festa dello sport é
divertente per questo, no?» lei scosse il capo e fece
spallucce «Sono negata
per lo sport, lo sai. Rischierei di farmi male o fare male a chi mi
è intorno.
Preferisco stare seduta con qualche altro amico che non gareggia ed
osservare
voi. Ti ho scattato un sacco di foto, lo sai? Nei cento metri sei stato
pazzesco, hai schiacciato tutti!» era molto orgogliosa del
suo fratellone,
che anche senza usare poteri da cacciatore o da vampiro, risultava
sempre
essere uno dei migliori. Ma qualcuno non era da meno, infatti aveva
osservato
tanto anche Shiki, ed era altrettanto in gamba. Arrossì,
pensando che non
meritava di essere amata da loro che erano così
schifosamente bravi in tutto.
Lei sapeva solo studiare, al di là di quello non aveva
nessun altro pregio. Il
filo dei pensieri fu interrotto da Himiko, comunque, che si
avvicinò sghignazzando
dopo aver seminato Misa in mezzo alla folla. «Volete un
Onigiri?» chiese
furbetta, porgendo loro un obento molto ben curato. «Sono
veramente ottimi,
per una volta quella frana in cucina ha fatto qualcosa di buono e non
voleva
nemmeno che li vedessimo!». Fece per afferrarne un altro, ma
qualcuno fu più
veloce di lei. «Ehi! Quello era il mio Onigiri!»
piagnucolò la rossa in
direzione del ladro «Era l’ultimo al salmone,
cattivo!!!». Natsu
ridacchiò vittorioso, ingoiando tutto d’un fiato
la polpettina di riso,
rischiando anche quasi di strozzarsi, sotto compiacimento di Himiko.
«Che
strazio… » si lamentò Shiki alle loro
spalle, avvicinandosi
alla confettina e il fratello. Uno sguardo fulmineo partì in
direzione del
bruno, decisamente troppo avvinghiato alla bella rosetta.
«Ehi Shin, più
tardi ti va di fare una gara? Forse sei l’unico in questa
scuola con cui valga
la pena di misurarsi… son tutti dei perdenti…
beh, in ogni caso è scontato che
perderesti anche tu… ».
Il
bel brunetto sorrise fiero,
porgendogli la mano. «Scommettiamo?». Shiki
trovò la cosa molto
interessante e ricambiò la presa, gli occhi ora luccicanti
di una strana luce
che preoccuparono non poco Hagumi. Era sicura che quella sfida non
promettesse
nulla di buono. «Certo. Che cosa vuoi mettere in
palio?». Shin sorrise
serafico, mentre la sua mente già tesseva un diabolico piano
pronto per esser
servito su di un piatto d’argento.
«Se
vincerò io, per una giornata
Hagu sarà mia esclusiva.». Il moro
accettò di buon grado. Se cercava di
farlo fesso, aveva sbagliato via, era già tutto calcolato.
«Bene, accetto.
Se invece verrai sconfitto, dovrai iniziare a comportarti seriamente
come suo
fratello, evitando sciocchezze tali il prendervi per mano!».
Hagumi alzò
lo sguardo sui due, piuttosto incredula, mentre la boccuccia si muoveva
sconnessamente, senza emettere però nessun suono. Fu
sorpresa soprattutto
dell’atteggiamento di Shiki, allora era geloso!
Himiko,
accanto alla rosata,
emise un ghignetto divertito e così anche Natsu, dall'altro
lato. Entrambi
appoggiarono una mano sulle spalle di Hagumi e le diedero qualche pacca
solidale, anche se in realtà si stavano divertendo da matti.
«Ma...
ma... ma... li avete
sentiti? Fermateli! Mi hanno messa in palio! Cioè...
cioè... Shin mi meraviglio
di te!» sbottò stizzita, agitando i pugnetti in
aria senza nessuna logica,
mentre i due scommettitori si voltarono a guardarla, entrambi
sorridenti in
modo diverso: Shin sfoggiava il solito sorriso dolce, Shiki invece era
di un
sardonico impressionate. La ragazza assottigliò lo sguardo,
strinse le labbra
con veemenza, pronta ad insultarli di brutto, ma si arrese: non c'era
molto da
fare. Sbuffò irritata e si voltò, scrollandosi
Natsu ed Himiko di dosso che
persero l'equilibrio e si diedero una sonora zuccata, e si
allontanò indispettita,
a passo da elefante.
«È
adorabile.» disse
sarcastico Shiki e Shin dopotutto non poté far altro che
ridere e ritrovarsi
d'accordo.
***
«Bella
visuale da quassù.»
commentò, sporgendosi appena dalla ringhiera. «Si
possono notare molte cose
interessanti da qui, vero?» sorrise gelido, mentre sotto di
loro si
presentava il gruppo di amici, impegnati nella solita buffa scenetta
del
momento. La ragazza alzò lo sguardo sulla figura a fianco a
lei,
indietreggiando appena per lo spavento. Lui allora roteò il
corpo,
arrampicandosi sul parapetto e sedendosi sopra questo, l’aria
di chi la sa
lunga.
«Chissà per quale motivo tu non
partecipi mai realmente alle loro uscite, stai sempre in
disparte… osservi… » ora lo sguardo
prendeva una piega cinica, mentre con la mano prese a
giocherellare con una treccia della ragazza.
Lei
non disse nulla, non mosse
un muscolo. Era pietrificata dalla paura, mentre l'albino si chinava
verso di
lei, rimanendo seduto sulla balaustra, ed avvicinando il proprio viso
al suo. «Mi hai sempre un po' insospettito, ma non mi era mai
passato per la testa
che il tuo odore potesse essere diverso da quello di Shinichi Minamoto.
E
invece, a quanto pare, questo miscuglio non indica che i tuoi genitori
fossero
di razze diverse, vero?» chiese retorico, scendendo poi con
un salto agile e
portandosi praticamente a pochi centimetri da lei. Le lasciò
andare la treccia
e la mano si spostò sul suo viso, che afferrò per
il mento, obbligandola a
guardarlo negli occhi, mentre l'altra mano rimaneva tranquillamente
stipata
nella tasca. «Cosa ci fai qui? Qual é il tuo
compito?».
«Non…
non so di cosa tu
stia parlando!» sussultò lei, liberandosi dalla
presa, ma Hiro non sembrava
intenzionato a chiuder lì la questione. Sorrise ancora, con
quell’indifferenza
glaciale.
«Andiamo,
ti facevo più
astuta. Eri così sicura di te stessa e di non essere
scoperta da non esserti
nemmeno preparata un’eventuale e credibile scusa?»
scosse la testa, l’aria
ipocrita, mentre fingeva di essere divertito dalla questione. La
ragazza
strinse i pugni, frattanto lo sguardo si faceva ora velato di
malevolenza.
«Stai
al tuo posto, questi
non sono affari che ti riguardano!» tuonò
sfidandolo, pronta a combattere
per difendere la sua missione. Non poteva permettere di venir scoperta,
non in
quel frangente, non da lui. Era probabilmente l’unico che
poteva realmente
metterle i bastoni fra le ruote, finché tutti gli altri non
fossero stati in
grado di riconoscere un ibrido, aveva libertà di movimento.
Ma con lui che
fiutava ogni sua mossa, la sua presenza, come avrebbe potuto attenersi
al
piano?
Lui
sorrise lievemente,
mantenendo quel caratteristico sguardo privo di espressione che avrebbe
messo i
brividi a chiunque. «E cosa mi fai, se io non me ne tengo
fuori, dimmi?» chiese
sfidandola, tornando dritto poi e superandola, anche l'altra mano
s’infilò in
una tasca dei raffinati pantaloni bianchi «Ti tengo d'occhio,
non
dimenticarlo.» andò via, lasciandola piena
d’inquietudine.
***
Sotto
gli alberi
verdi del cortile, in molti si stavano concedendo la siesta prima di
iniziare
le gare pomeridiane. Erano anche arrivati i parenti degli studenti, in
vista
del match pomeridiano che avrebbe visto schierati genitori e figli di
ogni
sezione, le une contro le altre, ogni ciclo a sé. I Minamoto
erano seduti sul
praticello, all'ombra di un'ampia chioma verde di un fusto, in mezzo a
loro era
disteso sull'erbetta un grosso panno da pic-nic di un bell'arancio
estivo e su
questo erano posate innumerevoli leccornie preparate da Ai. Finito lo
spettacolo pirotecnico, era ora di riempire i pancini ed organizzarsi
per le
sfide successive. «Allora, come ci dividiamo?»
chiese Himiko,
acchiappando un dolcetto e buttandolo nelle fauci, aveva già
mangiato con gli
amici poco prima, ma ai manicaretti della mamma non si diceva mai di
no. «Il
problema é che mentre voi gareggiate qui, Shin gareggia
altrove con i suoi
colleghi universitari, e noi siamo solo in due.». Hagumi fece
spallucce «E che problema c'é? Io posso
tranquillamente astenermi, ho un ginocchio
sbucciato per aver fatto da arbitro alla staffetta, figuriamoci se
posso
partecipare alla corsa a ostacoli con il piede legato a uno di voi.
» rise
nervosamente, decisamente non era il caso di ridicolizzarsi
ulteriormente. «Sciocchezze!» non fu nessuno dei
presenti a parlare. Si guardarono
attorno, poi Himiko gettò il capo indietro e
sbiancò: Okura era appollaiato su
di un ramo e accanto a lui, in piedi, Oda e Akira. Era una
persecuzione! Okura
sorrise e con un salto agile scese dall'albero... scivolando poi e
piantando
una sonora testata al suolo. Kojiro rise e gli porse la mano per
aiutarlo a
rialzarsi «Non cambi mai, vecchio
mio.». Shin anche
ridacchiò «Mi ricorda qualcuno... »
guardò Hagu sorridente, ma questa si
offese e mise il broncio. Mica era colpa sua se era imbranata? Ma fu
contenta
di sapere che non era l'unica. «Eheh, chi altri é
pasticcione come me?»
chiese divertito Okura, ridendo di sé e rialzandosi, dandosi
poi qualche pacca
sui vestiti per spolverarsi. Nessuno rispose, forse perché
non ne diede il
tempo, cambiando già argomento «Dicevo, il
problema non sussiste, posso
partecipare io con Haguchan, no?».
La confettina sbiancò, guardando ora
l’anziano biondo terrificata. Lei partecipare ad una gara? E
con quel polipo
che andava dicendo di chiamarlo “zio Okura”? MAI!
«Faremo furore noi due insieme!»
gli occhi sbrilluccicosi, mentre si era avvicinato alla rosetta e ora
teneva le
manine candide di lei fra le sue. Himiko, che ingollò un
boccone del suo
ennesimo Dorayaki, guardò prima uno e poi l’altro,
scoppiando in una fragorosa
risata. «Mi rifiuto di gareggiare, non posso perdermi questo
spettacolo
grandioso!».
«Himiko, tesoro!» la riprese Ai,
osservando l’altra figlioletta che veniva strapazzata da
Okura, piuttosto
preoccupata. In effetti, era lei la prima a vederli perennemente
spalmati a
terra, vista l’impacciataggine di entrambi.
«Ma... mamma!» rispose
scandalizzata la rossa, in un misto tra l'offeso e il divertito
«Vuoi dirmi
che tu non ti spancerai dalle risate quando si romperanno l'osso del
collo
contemporaneamente?» tanto erano immortali ed una ferita
simile, dolore
atroce a parte, non li avrebbe certo uccisi. Kojiro e Shin anche
ridevano,
dopotutto sarebbe stato divertente. Hagumi si scollò Okura
di dosso dopo molti
tentativi, a suon di spintoni, poi lo tenne ben lontano tenendo distese
le
braccia tra i loro corpi e guardava Shin come se fosse un traditore
«Ah sì,
ridi anche tu eh! Tanto io tiferò per Shiki, dopo, lo
sai?» questa fu
cattivella e fece bloccare Shin d'improvviso, che quasi si
soffocò con la sua
stessa risata. «Non é giusto!»
protestò lui, prima di bloccarsi
contrariato mentre Shiki si avvicinava assieme a Natsu, gongolante.
Ebbene sì,
aveva sentito tutto. Hagumi arrossì violentemente e perse la
presa su Okura che
ebbe modo di buttarsi di nuovo su di lei, per farle le feste, ed Himiko
avrebbe
potuto giurare di aver visto anche una coda scodinzolante; Shin dal
canto suo
si zittì e mise il muso, già in cerca della
concentrazione per vincere la
maledetta sfida con Shiki e togliergli quel sorriso trionfante dal
volto. I
nuovi arrivati li raggiunsero ed Ai li salutò solare e
sognante «Ma che
bello rivederci, Natsu-kun, Shiki-kun!» sospirò,
era proprio bello essere
circondati da baldi giovani «Mamma, non fare come Okura, ti
prego!» la
rimbeccò Himiko, scuotendo il capo, mentre un "Zio Okura" si
levò lì
accanto dal biondo, che continuava a spupazzarsi la rosa.
«Okura?!»
richiamò l’attenzione del biondo, che si decise a
lasciar in pace la
confettina, rivolgendo ora l’attenzione ai nuovi arrivati.
«Eiji… Asako… » lo sguardo
ora serio, mentre l’attenzione andava in direzione di Shiki e
Natsu, che scrutò attentamente, la fronte corrugata, mentre
la sua mente
sembrava elaborare chissà quale strano pensiero
«Che piacere vedervi! Sono i
vostri ragazzi quindi? Che belli!» squittì,
gironzolando intorno ai novelli
cacciatori, che ebbero la forte sensazione che il mondo avesse preso a
girare.
Per qualche istante calò un
silenzio tombale, mentre gli occhi di tutti saltavano da Okura ai due
nuovi
giunti, confusi ed incuriositi.
«Oku... » stava per
prendere parola Himiko, ma si bloccò ad un ringhio di Okura
in sua direzione «Uhm... "ZIO" Okura… »
calcò la parentela inesistente, mentre
una tempia pulsava furiosamente «Vi conoscete?» le
sembrò di ficcare un
po' troppo il naso, d'altronde la curiosità era troppa per
ignorarla così.
Hagumi si accomodò meglio sull'erbetta, dopo aver sistemato
capelli e vestiti
stropicciati dalle coccole di poco prima da parte del biondo, pronta
anche lei
ad ascoltare l'attesissima risposta, che però non giunse da
lui, ma da Eiji «Amici di vecchia data. Non é
vero, Okura?» la parola amici fu detta con
non poco risentimento, mentre Asako lasciava uno sguardo pieno di
disgusto su
Kojiro e Shin: anche loro li conoscevano bene, oh se li conoscevano!
«Il
bastardino é cresciuto, eh?» disse questa,
sprezzante, mentre Natsu aggrottò
la fronte contrariato dal dire di sua madre; Shiki invece rimase
impassibile,
non era un segreto quanto i loro parenti e i cacciatori adulti in
genere
detestassero i vampiri, ancor peggio se uno di quei vampiri e figlio
erano
stati la causa della morte di una loro compagna.
«Volete delle frittelle di mele?»
squittì Okura, attirando l’attenzione di tutti i
presenti, danzando e porgendo
loro un vassoio sul quale era disposta in modo elegante la pietanza.
Kojiro si lasciò scappare un sorriso,
mentre osserva il biondo intento nella sua mossa di riappacificazione.
Se i
cacciatori erano perennemente in cerca di guerra, lui le provava tutte
per far
calare la tensione, anche se, con quegli atteggiamenti, spesso
peggiorava
solamente la situazione.
«Vedo che non cambi mai, ridicolo
eri e ridicolo sei rimasto!» ruggì Eiji,
l’aria di chi è superiore.
«In effetti… » prese parola
Akira, saltando giù dal ramo su cui era appollaiato con Oda
ed appoggiandosi
con le braccia sulle spalle di Himiko per poi passare a cingerla
all’altezza di
queste, inebriandosi del profumo dei suoi capelli e della sua pelle
«… Avrei
anch’io un certo languorino.».
Natsu strinse i pugni e sembrò
voler scattare in direzione del moro e piantargli un altro pugno, le
mani che
prudevano dalla voglia di spaccargli il muso, ma Shiki lo
fermò con un gesto
della mano, rammentandogli che i loro genitori erano presenti, e non
avrebbero
apprezzato di certo scoprire cosa c'era tra lui e la rossa. Akira
appoggiò il
naso sul collo di Himiko, lasciando che tutto il suo profumo entrasse
nelle
narici, lo faceva impazzire. Leccò appena il suo collo,
alzando lo sguardo sul
biondo con un lampo di sfida negli occhi, ma Himiko lo
strattonò e lo spinse
via, irritata. «Che diavolo fai? Non prenderti certe
libertà solo perché ho
accettato di farti nutrire da me, esigo anche rispetto, non sono il tuo
giocattolo!».
Akira la guardò spazientito, mentre Natsu sorrideva
orgoglioso della rossa.
Eiji ed Asako, che erano rimasti in silenzio in quei pochi frangenti,
erano più
che disgustati: vedere una scena del genere non era certo nei loro
desideri. «Dovresti tenere le bestie al guinzaglio, Okura. Il
patto... ». «IL
PATTO... » tuonò Okura, fulminandolo con lo
sguardo prima di tornare a
sorridere in maniera pacatissima «... lo rispettiamo fino in
fondo. La
ragazza sta scontando la punizione, così come voi avete
deciso se qualcuno di
noi avesse messo le mani addosso ad un umano. Questo umano l'aveva
istigata,
lei si é difesa. Sicuramente ha sbagliato ed é
per questo che, anziché
consegnarla a voi, ho scelto l'altra strada. Mi spiace abbiate dovuto
assistere
a questo spettacolo, ma Akira é vampiro da poco e non ha
ancora imparato a
trattenersi.».
Himiko sbatté le palpebre un paio di
volte, guardando alternativamente Okura ed Eiji assieme ad Asako,
totalmente
incredula. Erano dunque i cacciatori ad aver dettato quelle leggi
disumane? E
se non avesse accettato di nutrire Akira sarebbe finita nelle loro
mani? Non
poteva crederci e Natsu fu ancora più incredulo di lei.
«Mamma… Vuoi dire che siamo stati
noi a decidere questa regola?» scosse la testa un paio di
volte, passandosi
una mano fra i capelli, l’aria nervosa «In tutti
questi anni abbiamo
sostenuto che loro fossero dei mostri, ma con queste leggi non siamo
arrivati
forse noi a quel livello?».
La donna lo fulminò con lo sguardo, la mano pronta a
caricare un cinquino in
direzione del ragazzo. Come si permetteva di dire certe cose? Davanti a
dei
vampiri oltretutto! «Sei forse ammattito? Ti rendi conto di
cosa stai
dicendo?».
Lui non mosse un muscolo,
tenne lo sguardo alto e fiero in quello della madre, era certo di non
essere
nel torto e non sarebbe indietreggiato solo per la minaccia di uno
schiaffo. «So bene cosa sto dicendo, mamma. E non mi sembra
il caso di montare tutta
questa scena, avete imposto ai vampiri delle regole...
ASSURDE!» calcò con
intensità l'ultima parola e la mano di Asako
partì in direzione della sua
guancia. Chiuse gli occhi, pronto a ricevere uno schiaffo che non
sarebbe mai
arrivato, poiché quando li aprì, notò
Okura che aveva cinto la vita della donna
con un braccio e con l'altra mano aveva fermato a mezz'aria quella di
lei,
afferrandole il polso. «Ah-ha no, no, no Asako-chan! Non ci
siamo
proprio!» cantilenò, sorridendo in modo amabile,
mentre la donna si agitava
per farsi liberare «NON MI TOCCARE, SPORCO E SCHIFOSO
VAMPIRO!». Eiji
scosse il capo «Asako, basta, ti stai rendendo ridicola
adesso... » gli
faceva rabbia ammetterlo, ma era così, non era un
comportamento molto decorso
quello della donna.
«Gli studenti sono pregati di
recarsi ai punti di ritrovo prestabiliti per l’inizio delle
gare pomeridiane,
ripeto: gli studenti sono pregati di recarsi ai punti di ritrovo
prestabiliti
per l’inizio delle gare pomeridiane.»
rimbombò la voce al megafono,
richiamando l’attenzione di tutte le persone presenti
all’interno della
struttura scolastica.
«Andiamo Asako… » la incitò
Eiji,
richiamando anche Shiki e Natsu, allontanandosi dal gruppetto.
«Quella donna… è orribile!»
sbottò Hagumi quando
furono ad una distanza sufficiente da non essere udita,
l’aria seriamente disgustata mentre
guardava preoccupata i due ragazzi allontanarsi, seriamente inquieta
per il suo
migliore amico. Aveva la sensazione che, da quel momento in poi, sua
madre gli
avrebbe dato del filo da torcere. Himiko si ritrovò
d’accordo con lei, così
come tutti i presenti. Oda, che fino a quel momento era stato in
disparte,
scese dall’albero, avvicinandosi al gruppo.
«Come
ti senti? Stai
bene?» chiese avvicinadosi ad Himiko ed accarezzandole la
testa, mentre
Kojiro si era avvicinato ad Akira e gli mollava uno scappellotto dietro
la
schiena, irritato. «Come ti é venuto di fare
quella sparata, in quel momento
poi? Ricordati che Himiko é mia figlia, cerca di rispettarla
Akira, se no fai
una brutta fine, sappilo.» Akira si massaggiò la
testa, guardandolo
freddamente, eppure forse era quasi mortificato. «Tsk... ho
sete!»
ribadì, guardando la rossa. Himiko sospirò e
rispose ad Oda, alzando il volto
in un sorriso radioso «Sto bene. Vado ad allattare il
pargolo, se no mi fa i
capricci!» ammiccò, scherzosa, e si avvicino poi
ad Akira, che acciuffò per
la collottola della maglia «Vieni, ti sto viziando
troppo.» borbottò
trascinandoselo via. Ai si alzò da terra sospirando e si
avvicinò agli altri
astanti «La piccola Himiko ce la sta mettendo
tutta.» disse estremamente
orgogliosa di sua figlia ed altrettanto stizzita per il comportamento
di Akira
e dei genitori di Natsu e Shiki. «Quei poveri ragazzi, che
fortuna non
abbiano preso dai parenti... eh Hagumi?» chiese alla
figlioletta,
sorridendole ed accarezzandole un po' il capo. Hagumi
sussultò e si affrettò a
rispondere «ASSOLUTAMENTE! NON C'È OMBRA DI
DUBBIO, SHIKI NON ASSOMIGLIA PER
NIENTE AL PADRE, È PERFETTO!» agitò le
braccine e strinse i pugnetti,
gesticolando un po' tutt'intorno, senza alcuna logica. Si
bloccò poi ed arrossì
furiosamente «Ehm... anche Natsu é
perfetto.» aggiunse, cercando di
riparare alla gaffe. Shin però si era già voltato
ed allontanato, l'aria
impassibile, eppure avvolto da un'aura infinitamente triste.
«In
ogni caso… » prese
parola Okura, gli occhi che avevano ripreso a sbrilluccicare, mentre
guardava
nuovamente Hagumi con un’aria trasognata
«… ora è il turno di gareggiare con
lo zietto perfetto! Ciao Oduccio, fa il bravo intanto che
sarò impegnato con
Hagu-chan!» Sorrise seriamente felice sotto lo sguardo
divertito di Oda,
agguantando la rosetta e trascinandosela dietro noncurante delle sue
lamentele,
in direzione dei campi sportivi. Kojiro ed Ai si guardarono,
l’aria affranta,
osservando i due allontanarsi insieme.
***
Uscì
dallo
spogliatoio dopo aver indossato t-shirt bianca, pants blu e scarpette
da
ginnastica, il colorito quasi cianotico e un peso sullo stomaco come se
qualcuno gliel'avesse aperto, avesse buttato al suo interno chili di
piombo, e
lo avesse richiuso, lasciando dentro quel peso tremendo. Aveva paura
che
stavolta si sarebbe fatta male sul serio ed, inoltre, già
sapeva che Shiki
l'avrebbe presa in giro così tanto da farla sentire
un'inetta; per non parlare
della figuraccia con Shin, che l'aveva allenata in vista delle gare con
tanta
dedizione e lei lo avrebbe deluso. Tanto lo deludeva sempre, no?
Sembrava non
riuscisse a fare altro in vita sua che lasciarlo con l'amaro in bocca.
Richiuse
la porta dello spogliatoio alle proprie spalle e fece solo qualche
passo, prima
di guardarsi attorno: era piuttosto isolata, Okura non c'era, se fosse
fuggita
nessuno l'avrebbe saputo. Bene! Avrebbe fatto così! Si
voltò, pronta a correre
via e sbatté come suo solito contro qualcuno più
alto, stabile e massiccio di
lei. Non cadde solo grazie all'intervento di costui che aveva travolto
e che
l'aveva prontamente afferrata per la vita, tirandola a sé.
«Haguchan, che
combini?» rise Kojiro, con la sua voce calda e allegra.
«Papà!» si
divincolò stizzita e lo guardò supplichevole
«Ti prego, fammi andare via
prima che Okura mi becchi!».
Lui
rise, lo sguardo gentile, mentre le
faceva una carezzina alla testa, scompigliandole appena i capelli, ora
legati
in due deliziosi odango alti che le davano un’aria ancora
più infantile.
«Suvvia, non è una tragedia!» ma
lei lo rimbeccò prontamente «Oh, sì che
lo è!» piagnucolò, stringendo i
pugnetti e strizzando gli occhi, immaginando nuovamente ciò
che l’attendeva.
Lui si curvò un po’ verso la figlia, per essere
alla sua altezza e poterla
guardare negli occhietti celesti. «Lo faresti felice, sai? Ci
tiene molto… ».
Lei mise il broncio,
guardando dritto negli occhi del padre: «Non capisco
perché. Non capisco
cos'é tutto quest’attaccamento, ci ha viste tre
volte messe in croce. A me lui
non piace. È subdolo, non voglio averci niente a che
fare.» forse un po'
cruda, ma era vero. Per quanto ci provasse, non riusciva a fidarsi di
lui, un
adulto così strano, che non faceva altro che sorridere in
modo enigmatico e
canticchiare, non era un adulto come tutti gli altri. Kojiro
sospirò, alzò una
mano e la passò sul suo viso, spostando dalla sua fronte
qualche capello più
corto sfuggito alla buffa pettinatura, ed accarezzandole poi una
guancia con
tocchi delicati «Piccolina, garantisco io per lui, credimi.
Ti fidi di tuo
padre, almeno?». Lei lo guardò titubante, ovvio
che si fidava, ma non poteva
obbligarla a fidarsi di Okura con questi giochetti «Lo vedo
come guarda la
mamma, sai?» disse incrociando le braccia e stringendosi
nelle spalle, quasi
scossa da un brivido «Se potesse, le salterebbe addosso.
Cos'é, non può
avere lei perché é tuo amico e allora si riversa
sulle figlie?» in tutta
risposta Kojiro le pizzicò la guanciotta morbida con le dita
e gliela tirò un
po', il massimo che si era sempre concesso per punire le sue
figliolette. «Non dire queste cose. Okura vi ha viste
nascere, anche se non vi ricordate
di lui, ha sempre pensato a voi e si è preso cura di voi.
Concedigli almeno
questa piccola soddisfazione, ti vuole bene come se fossi sua figlia,
sai?».
Hagumi sospirò, arrendendosi «Daccovdo,
daccovdo... oa mi lassi la
guanfia?» lui rise ancora e gliela lasciò andare,
in modo che lei potesse massaggiarla «Mi hai fatto
male.». «Le bimbe capricciose si
puniscono!»
canticchiò lui, quasi imitando il biondo amico
«No, papà, così no! Mi fai
senso. Non imitarlo, per favore!» incredibile come il
malumore trasformasse
la dolce e zuccherina Hagumi in un concentrato di acido.
«Volevi parlarmi
solo di questo?» chiese, preparandosi ad andare via, ma lui
scosse il lato
negativamente «No, in realtà ci sarebbe
dell'altro.».
Lei
lo guardò incuriosita, pendendo
dalle sue labbra, in attesa di una sua parola. Lui sembrava cercare le
parole
adatte per quello che stava per dirle e, dopo un minuto di silenzio,
riprese
l’argomento. «Vedi… volevo chiederti di
Shin… » fece una pausa,
osservando la reazione della rosetta, che sussultò appena
«È successo
qualcosa fra di voi, vero? Sono un po’ preoccupato, lo vedo
particolarmente giù
di morale in questo periodo… ». Hagumi strinse i
pugnetti, abbassando lo
sguardo da lui, rialzandolo solo in un secondo momento, abbozzando un
sorriso. «Probabilmente tutti gli eventi
dell’ultimo periodo, il fatto che è stato
ferito, che siamo circondati da cacciatori… che ha scoperto
di non essere
nostro fratello e non figlio di mamma, l’avranno sicuramente
sconvolto!»
tergiversò.
Lui osservò la sua
reazione con calma ed estremo interesse, tornando dritto e
massaggiandosi il
mento con una mano, assorto. «C'è qualcosa che
Shin tiene segreto a me e a
vostra madre.» Hagumi rimase pietrificata. Avevano scoperto
tutto? «Qualcosa che penso di sapere cosa sia,
perché é mio figlio, e per quanto mi
nasconda certe cose, capirò sempre cosa gli passa per la
testa. D'altronde non
è un mistero per nessuno come guarda una certa personcina...
» si piegò di
nuovo in avanti, alzandole poi il mento con una mano, per farsi
guardare. «È
lo stesso modo in cui Okura guarda la mamma, sì.»
lei sgranò lo sguardo.
Sapevano tutto! «Papà, ti giuro che non
c'è stato niente fra di noi, abbiamo
deciso di rimanere solo fratelli, io ormai frequento Shiki e...
» lui alzò
una mano e le fece cenno di fermarsi «A me non importa cosa
facciate o meno
Haguchan, l'importante é che facciate scelte coscienziose e
non vi facciate del
male. Tu hai scelto la tua strada in modo razionale, lui si
é lasciato
trasportare un po' dai sentimenti, é vero. Ma ti prego di
stargli accanto,
nonostante tutto e non ferirlo. Ha bisogno di te e delle tue
attenzioni, lo
sai, no? Ti prego, prenditi cura di Shin, Haguchan, solo tu puoi farlo
fino in
fondo.» gli occhi lucidi, la voce un po' rotta...
papà Kojiro si preoccupava
così tanto per Shin e loro non si erano mai accorte di
nulla. «Papà... »
pigolò solo, prima di abbracciarlo forte e piangere un po',
anche lei «Lo
farò papà. Te lo prometto.».
***
Lo
trascinò fino
all’ultimo piano della scuola, nel bagno delle ragazze meno
frequentato della
struttura. Chiuse a chiave la porta, dopo essersi assicurata che
nessuno lì
seguisse e, guardando sotto le porte, che fossero soli lì
dentro.
«Uao, sembra
quasi una fuga romantica, per un appassionante momento di sesso
sfrenato.»
la stuzzicò lui, appoggiato alla parete in fare teatrale,
seguendola con lo
sguardo. Lei sorrise acida, controllando l’ultimo cubicolo.
«Se
dovessi scegliere un posto per fare
del sesso non verrei di certo qui, men che meno con te.» si
avvicinò al ragazzo,
scostando le ciocche di capelli rossi per scoprire il collo
«Vedi di
muoverti, non ho tempo da perdere, ho un mucchio di cose da fare e di
gare a
cui tengo a partecipare.». Lui allora scattò in
avanti, posizionandosi a
pochi centimetri da lei, alzandole il mento con una mano per guardarla
negli
occhi. «Non mi risulta che ti facessi schifo qualche
settimana fa, anzi.»
sbottò seriamente irritato. Lei
sorrise serafica, allontanò quella mano
dal suo volto ed inclinò un po' di più il capo
all'indietro, per invogliarlo a
morderla e far finire presto quello strazio. Lo sguardo di lui
lampeggiò solo
due volte prima di colorarsi definitivamente di rosso sangue. Si
chinò sul suo
collo e passò le dita calde sulla pelle candida, l'altro
braccio le cingeva la
vita, senza darle vie di fuga. «Se mi piacevi, é
perché non ti nutrivi
ancora di me... e dei miei pensieri.» lui rise, prima di
passare la lingua
su quel collo estremamente invitante, con quell'odore che lo circondava
e lo
faceva impazzire. «Anche volendo, non potrei resistere. I
tuoi sentimenti
sono come una droga e leggerli come se stessi sfogliando le pagine di
un libro
é troppo bello per potervi rinunciare.». Himiko lo
allontanò in malo modo,
scossa, e lui tornò normale «Che c'é?
Che ho detto?» chiese angelicamente,
facendo finta di nulla. «Non... » lei
iniziò a dire qualcosa, tremando
appena «... non... non ti... permettere di scherzare
così... così, sui miei
sentimenti. Puoi leggerli, ma non mi capirai mai.». Lui rise
gelido,
passandole una mano fra i setosi capelli ed avvicinando le labbra al
suo
orecchio. «Cosa non capirò mai? Come ti sei presa
per quell’idiota di Natsu,
cancellandomi in un istante dal tuo cuore?»
sussurrò, tornando a guardarla
negli occhi, una mano che si alzava sul suo viso, accarezzandoglielo
con
dolcezza mentre passava alle labbra, passando un dito su di queste,
come a
volerle assaporare già da un semplice tocco. Lei lo
scostò con un gesto
scocciato. «NON TI PERMETTERE AKIRA, NON GIUDICARMI! Muoviti!
Se hai fame
cibati ora altrimenti rimarrai a digiuno per un bel
po’!» tuonò non
ammettendo repliche, al che il moro acconsentì con un cenno
del capo, fece per
azzannarle il collo, ma alzò il viso a sufficienza per
appoggiare le labbra su
quelle della ragazza e poter assaporare nuovamente quel sapore che
tanto gli
ricordava l’aroma delle fragole che tanto amava. Lei
sbarrò gli occhi,
meravigliata e sbigottita, mentre il ragazzo la baciava con un ardore
che non
riteneva possibile. Cercò di fuggire, ma non glielo permise,
le prese la testa
tra le mani, in modo che rimanesse con lui, che lo baciasse anche lei,
che lo
ricambiasse, in qualche maledetto modo! Non sapeva che dire, era
completamente
sconvolta, eppure quel contatto la rimandava a poche settimane prima,
quando
lui la attirava per la sua bellezza, il suo mistero e la sua indole
così simile
alla propria. Chiuse lentamente gli occhi e si lasciò
andare, mentre permetteva
alla sua lingua di insinuarsi tra le sue labbra, nella sua bocca e poi
incontrare quella di lei, in una carezza elettrizzante. Si
lasciò andare giusto
quei pochi istanti, istanti che durarono finché la figura di
Natsu non si
materializzò prepotentemente nella sua mente, ricordandole
il momento in cui
l’aveva baciata, prima che il suo scatto d’ira la
portasse a mordere Akira. Quel
senso di completezza, quella dolcezza mista ad una passione infinita,
quel sapore
agrodolce paradisiaco… i suoi occhi tanto puri e limpidi del
colore del cielo,
che sembravano rischiarare in ogni momento la sua mente e darle una
carica che
non immaginava di avere e poi… quella voglia che
s’insinuava in lei di volere
qualcosa di più, qualcosa di più solido di quello
che aveva sempre cercato in
un uomo fino a quel momento. «Ti amo, Himiko…
» la voce di Natsu, che le
rimbombava nella testa, mentre sentiva distintamente quelle
parole… aprì gli
occhi, sconvolta, per notare che Akira si era staccato da lei e ora la
guardava
nel modo più dolce che avesse mai visto, dicendole quelle
stesse esatte parole.
Sembrò realizzare solo in quel momento cosa stesse
accadendo, lo spinse via con
una forza inaudita, facendolo sbattere contro la parete del bagno.
«Non mi
toccare!».
«P...
perché?» fece lui, sconcertato. Ok, non si
aspettava certo lo ricambiasse in
modo docile, ma spingerlo via così dopo la dichiarazione
era... crudele.
Semplicemente crudele. «Perché mi respingi
così?» chiese ancora,
avvicinandosi di nuovo a lei, allargando le braccia e circondandola con
queste,
avvicinandola al proprio corpo e stringendola forte, una guancia
appoggiata
sulla sua testa, mentre la cullava dolcemente. «Akira no!
Lasciami andare,
ti ho detto!» cercò di divincolarsi, ma lui
strinse più forte, le fece quasi
male. E le fece paura. «No, non ti lascio tornare da quel
babbeo. Tu... tu
sei mia. Sei diventata mia nello stesso istante in cui hai deciso di
concederti
a me, Himiko!» e la sua voce fu incrinata da una vena di
follia. Calde
lacrime scesero a rigarle le guance, mentre per l’ennesima
volta tentava di
liberarsi di lui, inutilmente. «Io non sono tua! Sono stata
costretta e tu
lo sai bene! Lasciami Akira!» singhiozzò,
frattanto che lui, ora
trasformato, affondava i canini nel suo collo, iniziando a cibarsi di
lei, ben
conscio che le avrebbe levato energie sufficienti per non permetterle
via di
fuga. «Lo vedi, Himi? Capisci cosa voglio dirti? Abbiamo un
legame
indissolubile, il tuo sangue è dentro di me come il mio
è dentro di te. È il
filo rosso del destino che ci lega, tu sei la mia anima
gemella.». Lei, con
le poche forze che aveva ancora nel suo corpo, batté i pugni
sul suo petto. «Io non sarò mai tua, questo non
è un legame, è solo una maledizione, una
condanna! Tu sei la mia dannazione!».
Lui
rise,
lasciandola andare. Le gambe di Himiko cedettero, le ginocchia
tremarono e dopo
poco si accasciò a terra, sfinita e in lacrime.
«No, mia cara, mi dispiace.
Tu sei dannata di tuo, io aggiungo solo un po' di pepe alla tua vita
eterna e
noiosa!» s’inginocchiò dinnanzi a lei e
le alzò il viso, con fare
prepotente. «Tu... sei pazzo... »
sibilò, convinta di ciò che stava
dicendo. Qualcosa attraversò lo sguardo di Akira, ma lei non
riuscì a spiegarsi
cosa fosse. Sembrava tristezza, ma non ci avrebbe messo la mano sul
fuoco: per
quanto la riguardava, era solo uno squinternato. «Pulisciti
il collo e torna
dagli altri, le gare stanno iniziando.» disse solo lui,
infine, prima di
alzarsi ed uscire da quel bagno, richiudendosi la porta alle spalle.
Himiko
scoppiò in lacrime di frustrazione solo quando lui fu andato
via, non poteva
neanche immaginare che dall'altro lato della porta ed appoggiato ad
essa, lui stava
facendo altrettanto.
***
Le
picchiettò un dito sulla spalla, facendola ululare dallo
spavento. «Ehi
Hagu, non mi aspettavo di vederti qui, non dovevi fare da
arbitro?» domandò
la moretta, allungando un po’ il collo per vedere dietro la
confettina «Chi
è quello strano tipo? Dov’è tuo padre?
Pensavo che se ti fossi decisa a
gareggiare avresti fatto coppia con lui!» Hagumi la
guardò affranta,
saltandole al collo ed abbracciandola forte. «Leeeen, aiutami
ti prego!»
la supplicò con due lacrimucce agli occhi, mentre Okura si
avvicinava alle due
saltellando allegramente, quasi fosse ad uno spettacolo di can-can,
tenendo in
mano la fascia che sarebbe servita per la gara.
«Oh,
Hagumina,
chi é questa bella ragazza, una tua amichetta?»
chiese divertito e gioioso, quanto
adorava i festival scolastici! Lei si voltò a guardarlo di
sottecchi, rimanendo
però appiccicata a Len quasi avessero messo un potente
collante tra le due. «Sì, è una mia
amica... sniff... » lui guardo la rosetta curioso, poi
affranto «Haguchan, mi odi così tanto da non voler
gareggiare con me?»
chiese con un po' di amarezza, improvvisamente serio. Lei lo
scrutò
dispiaciuta, quindi lasciò andare Len, che finalmente
riuscì a respirare. «Non é che ti odio,
Okura... ». «ZIO!». «Va bene,
va bene,
Zio!» si massaggiò una tempia, stancamente
«È solo che avrei voluto
partecipare con il mio papà.» disse in modo quasi
infantile, mentre lui
aveva allungato una mano verso la sua testa ed aveva afferrato un
odango,
tastandolo incuriosito «Ma che deliziosa
polpettina!» cinguettò allegro e
una goccia di sudore imperlò il volto delle due ragazze.
«Zio, non hai
ascoltato nemmeno una virgola di cosa ho detto, eh?».
«Uh?» lui sembrò
cascare dalle nuvole «Ooooh Shikichan!»
agitò una manina, salutando Shiki
che aveva piantato suo padre da qualche parte ad infilarsi le scarpe da
ginnastica e si stava avvicinando da solo. Hagumi si voltò a
guardarlo
sorpresa, raggiante e un po' rossa, mollando poi Len con Okura qualche
istante
e dirigendosi verso il moro. «Lei... »
iniziò a parlare Len, senza
guardarlo, sorridendo invece nel vedere la sua amica così
presa del ragazzo «... fa più il finto tonto di
quanto non sembri. Mi chiedo cos'abbia da
canticchiare a destra e a manca, se poi ha uno sguardo perennemente
triste
negli occhi.» lo aveva psicanalizzato per bene, in poche ore
che lo
conosceva. «E il modo in cui guarda Hagumi non é
normale, tuttavia non é
nemmeno negativo. Non é... preoccupante. Lei ci tiene ad
Hagumi come se fosse
la cosa più preziosa che c'é.» disse
infine, traendo poi un lungo respiro
per riprendere fiato, non era certo abituata a parlare tanto. Lui la
guardò un
attimo smarrito poi le sue labbra si curvarono in un sorriso sincero.
«Sei
una buona osservatrice, in effetti sì, tengo davvero tanto
sia ad Hagumi che ad
Himiko, è come fossero figlie mie. Ero presente alla loro
nascita e continuerò
ad esserci finché non avranno più bisogno di
me.» A quelle parole, notando
che lui sembrava volenteroso a parlare, Len osò calcare la
mano. «Non ha gli
stessi atteggiamenti con Shin, però, e dubito questo derivi
dal fatto che lui è
un ragazzo.» Okura rise un po’, dandole una
pacchetta sulle spalle. «Non
essere troppo avida di sapere ragazza mia.»
sollevò due lembi della camicia
merlettata, che ancora indossava essendosi rifiutato di indossare la
mise
sportiva, dicendo che non gli avrebbe proprio donato e gli avrebbe
levato
fascino, saltellando in direzione dei due innamorati ed appendendosi al
collo
di Shiki, stampandogli un bacio sulla guancia. In tutta risposta,
inutile dire
che si beccò un calcio da quest’ultimo, finendo
spalmato a terra, sedere
all’aria. «Non osare rifarlo!»
tuonò il moro, l’aria disgustata, mentre
si sfregava la guancia contaminata.
Hagumi
si portò
una manina sulla boccuccia, osservando Okura spiattellato al suolo, che
ora
gattonava verso di lei, probabilmente per appendersi ad una sua gamba e
fare i
capricci. «NON TI PERMETTERE!» ripeté
Shiki, agguantando l'uomo per la
collottola ed allontanandolo da Hagumi, accanto alla quale era
sopraggiunta Len
che le dava qualche pacca d’incoraggiamento sulla testa.
«È matto?». «Ma no,
è solo affezionato.» rispose la mora, sorridendo.
Hagumi fece
spallucce, ancora non riusciva a capire, era come se qualche cosa le
stesse
sfuggendo, ma non riusciva a capire l'entità di questa
mancanza. Shiki fece una
bella lavata di capo al biondo, prima di tornare dalla rosata.
«Stavo
dicendo... non mi sembra il caso che tu vada in giro con quei cosi
osceni,
Hagumi!» si riferiva ovviamente ai bloomers che indossava la
ragazza, così
corti ed attillati che lasciavano ben poco spazio all'immaginazione, un
angolino quasi inesistente. «La gara inizia fra poco, ma hai
tempo per
tornare nello spogliatoio ad indossare qualcosa di decente.
Muoviti!» lei
boccheggiò perplessa, mentre Okura si appoggiava alla spalla
di Shiki con un
braccio e sorrideva come uno che la sapeva davvero lunga
«Ahhhh, il nostro
Shikichan é gelosettttooo!» accompagnò
l'esclamazione ad un risolino acuto
da brivido. «Non sono geloso, sono coscienzioso al contrario
di qualcun
altro! Vecchio maniaco!» lamentò, portandosi
davanti alla confettina per
coprirla alla vista di Okura. «Ma… fa
caldo… » pigolò lei incerta,
osservando ora Len, indecisa sul da farsi. Era davvero così
indecente? La mora
ridacchiò, dandole una pacchetta sulle spalle.
«Non ti preoccupare, tutte le
ragazze li stanno indossano, è pur sempre parte
dell’abbigliamento
scolastico!» sorrise, mostrandole con l’indice che
anche lei li stava
portando in quel momento.
Hagumi
annuì, soddisfatta
della risposta. «Se li indossa Len, posso indossarli
anch’io!» dichiarò
sicura e Shiki guardò prima la rosa, poi la mora, poi di
nuovo la rosa. «Ma
Len é una donna! Su di lei risaltano le curve! Tu non puoi
indossare certi
abiti succinti, sei indecente!». Hagumi spalancò
la boccuccia, offesa. «E
cosa sarei io? Un uomo? Magari un travestito?» chiese
allontanandosi di
qualche passo, l’aria di chi se l’era presa a
morte. Lui scosse il capo «No,
assolutamente, sarebbe farti un complimento. Sei più simile
ad una bambina,
ecco!» fece quest'affermazione così tremendamente
serio, che Hagumi scoppiò
in lacrime, buttandosi fra le braccia di Okura lì accanto,
ripetendo fra un
singhiozzo e l’altro “Sono peggio di un travestito!
Sono una mocciosa!”. Il
biondo, che andò in brodo di giuggiole per la
felicità, se la spupazzò tutta.
«Haguchan, non piangere, sarai anche una bambina, ma una
bella bambina!»
sorrise gongolante, convinto di tirarle su il morale, ma la rosetta
fermò il
suo pianto, per guardarlo negli occhi. Ora era seriamente offesa.
Pestò poco
finemente un piede di questo, allontanandosi da lui stizzita.
«Ahiuoooo!»
si lamentò
Okura, massaggiandosi il punto dolente accucciato a terra, mentre
Hagumi si
avvicinava a Shiki e gli puntava un dito sul petto, due, tre, quattro
volte,
con l'intento di fargli male «Sai cosa? Ti faccio vedere io
questa bambina
di cosa é capace!» questa era una sfida in piena
regola. «ZIO!» chiamò
ed Okura balzò in piedi incredulo per essere stato chiamato
così senza dover
protestare nemmeno una volta «Muoviti, andiamo a posizionarci
sul percorso
ad ostacoli. VINCEREMO!» disse decisa, allontanandosi poi dal
gruppetto
senza più voltarsi neanche una volta. Okura
sbatacchiò le palpebre incerto.
Vincere? E va bene, che problema c'era? Impresa più semplice
di vincere una
gara scolastica non c'era, era il momento di smettere temporaneamente
di fare
lo sciocchino e rimboccarsi le maniche e, quando lo faceva, non ce
n'era per
nessuno. Si allontanò anche lui, sorridendo e fischiettando,
mentre Shiki li
guardava perplesso e Len sorrideva divertita. «Shiki, ho
l'impressione che
quel signore biondo ci regalerà uno spettacolo incredibile.
Fossi in te, non
gareggerei nemmeno, era così convinto che, sono quasi certa,
vinceranno
loro.». «Sciocchezze… »
borbottò lui atono, dirigendosi anche lui
sulla linea di partenza, dove suo padre già
l’attendeva, squadrando Okura. «Shiki!»
lo richiamò, l’aria di uno piuttosto furioso
«Guai a te se
non darai il massimo, non possiamo permetterci la figuraccia di perdere
contro
di loro! Sono stato chiaro?!». Il moro annuì
indifferente, ormai aveva
imparato a non dare peso alle parole del padre, il cui passatempo
preferito era
schernirlo e sminuirlo.
Hagumi
batté la punta delle
scarpe sul terreno, per controllare che tutto fosse a posto, quindi
alzò lo
sguardo infastidita verso il padre di Shiki: che razza
d’idiota era? Beh, poco
male, tanto stavolta avrebbe vinto lei. Anche Himiko ed Ai giunsero
sulla
pista, seguite da svariate altre coppie genitore-studente ed, infine,
anche
Natsu ed Asako. Si disposero sulla griglia di partenza, ogni coppia
aveva il
genitore sulla destra ed il figlio sulla sinistra e le loro caviglie
prossimali
erano legate da un laccio bianco, ben stretto. Sul percorso erano
disposti
innumerevoli ostacoli, ma il peggiore era l'ultimo, una grossa piscina
piena di
una sostanza vischiosa, "Muco di scimmia!" scherzò Natsu
beccandosi
uno scappellotto dalla madre, al cui interno erano immerse piccole mele
da
recuperare con la bocca: insomma, una prova al limite del possibile,
considerando che prenderle con la bocca era obbligatorio ed ogni
partecipante
aveva i polsi legati dietro la schiena, per non aiutarsi lungo i vari
ostacoli
del tragitto. Un colpo sparato segnò l’inizio
della gara, la rosetta e Okura ce
la stavano mettendo tutta, tanto che erano già in testa e
ancora non avevano
inciampato. Himiko li osservò a bocca aperta, piuttosto
seccata: e lei che
sperava di poter ridere un po’! Si domandò da dove
arrivava tutta l’agilità che
i due, che ora stavano saltando via un ostacolo in una performance
perfetta,
stavano dimostrando. Hagumi guardò al suo fianco, notando
Shiki ed Eiji che li
stavano raggiungendo, corrucciò lo sguardo.
«Muoviamoci!» ordinò al
biondo accanto a lei, totalmente agguerrita.
Natsu
e la madre erano più
arretrati rispetto agli altri, questo perché tra i due non
c'era la minima
sincronizzazione, per il semplice fatto che lui non voleva ci fosse,
anzi da lì
dietro stava tifando Hagumi, giusto perché si sarebbe
divertito un mondo a
prendere in giro Shiki per la sconfitta poi. «Quell'Okura...
non cambierà
mai!» disse sorridendo un po' affannata Ai, lei dal canto suo
era forse
imbranata più di tutti e anche con tutto l'impegno non era
proprio semplice
tenere il ritmo, ma ad Himiko non importava granché, era
più preoccupata di
doversi tuffare nel mare di "muco di scimmia". Eiji sbuffò
secco,
doveva immaginarlo che la goffaggine di Okura fosse tutta una messa in
scena,
credeva di essere furbo. Ovviamente, il padre di Shiki non poteva certo
immaginare che Okura fosse davvero imbranato e che tutta
quell'agilità gli
stesse costando uno sforzo enorme, solo per la piccola Hagumi. Comunque
i due
recuperarono terreno e raggiunsero i primi, accanto ai quali ora
correvano pari
merito. Hagumi lanciò scintille dallo sguardo verso Shiki e
gli fece una
linguaccia. Arrivarono in vista della vasca, tuffandosi in questa,
riuscendo a
pescare la mela in tempo record. Shiki e suo padre si erano bloccati da
quel
punto, non riuscendo a recuperarla. La rosetta e il biondo sorrisero
vittoriosi, uscendo ormai fradici di quel liquame verdastro, e
tagliando il
traguardo sotto lo sguardo sorpreso di tutti i presenti.
Completamente
viscidi, Okura
ed Hagumi si abbracciarono, il primo la prese persino in braccio e la
strinse
forte, sembrava il più contento tra i due, mentre anche lei
circondava il suo
collo con le braccia esili e lo ringraziava a gran voce, gioiosa.
Fermarono i
festeggiamenti quasi subito, quando anche Shiki ed Eiji uscirono dalla
vasca e
quest'ultimo urlava frustrato contro il figlio, su quanto fosse inutile
ed
incompetente e su come avessero perso a causa sua. Hagumi ed Okura si
staccarono, mentre venivano raggiunte da un Himiko piagnucolante per i
propri capelli
pieni di melma ed Ai che cinguettava contenta per la vittoria
dell'altra
figlia. Anche queste si voltarono ad osservare la scena e, mentre Eiji
si
allontanava, Hagumi chiese ad Okura di metterla giù,
correndo verso Shiki per
accertarsi stesse bene dopo quella sfuriata allucinante. Lo raggiunse,
ancora
trafelata e ricoperta di quel viscidume maleodorante, fermandosi a
pochi passi
da lui, che teneva lo sguardo basso e le mani in tasca.
«Shikichan... »
pigolò incerta, mentre si dava mentalmente la colpa per la
scena a cui aveva
assistito. Lui alzò lo sguardo verso di le e si guardarono
per qualche
interminabili istanti, prima di fare uno dei suoi sorrisi tirati.
«Complimenti, sei stata brava.» disse solo, prima
di voltare le spalle ed
allontanarsi, in silenzio. Hagumi strinse i pugni e tremò
appena, abbassando lo
sguardo mentre Len e Shin, che avevano osservato tutto dagli spalti, la
raggiungevano, quest'ultimo con in mano un asciugamano che le
appoggiò sulla
testa e col quale cercò invano di togliere la poltiglia.
«Ehi, sei stata
bravissima, piccolina!» disse dolce, senza aggiungere nulla
su Shiki e il
suo comportamento, lo stesso fece Len, Hagu aveva bisogno di essere
tirata su. «Sei andata forte, Haguchan, non ti avevo mai
vista correre così!» disse
la mora, con la stessa dolcezza di Shin, ma Hagumi non alzò
lo sguardo su di
loro. Anche Natsu, che ignorò bellamente gli insulti di sua
madre appena usciti
dalla vasca, ed Himiko si portarono accanto a lei, che fu circondata
dall'affetto dei suoi migliori amici e dei suoi fratelli.
«Hagumetta, stai
su, Shiki odia essere sminuito così dai genitori, ma vedrai
che gli passa
presto.» anche Natsu odiava essere maltrattato, ma
fondamentalmente cercava
di sbattersene e tirare avanti, forse un giorno sarebbe scoppiato o si
sarebbe
depresso come aveva appena fatto Shiki, ma quel momento per lui non era
ancora
giunto. Himiko, infine, la prese per mano. «Andiamo a darci
una pulitina,
dai.» disse affettuosamente, conducendola via da
lì, verso gli spogliatoi,
Hagumi che camminava un passo indietro e teneva un braccio sugli occhi,
cercando di cacciare indietro quelle lacrime ostinate che
già le rigavano il
viso. Entrarono nello spogliatoio femminile, avvicinandosi ai lavelli,
dove
Himiko suggerì alla confettina di sciacquarsi il viso.
«Haguchan… » la
richiamò, notandola immobile, incapace di reagire. Fece
qualche passo fino a
raggiungerla, abbracciandola forte. «Haguchan…
dai, non te la devi prendere,
in fin dei conti è normale ci sia rimasto male per come il
padre l’abbia
trattato, ma non significa che abbia qualcosa contro di te. Non capisco
perché
te ne fai una colpa… » mugolò,
percependo i sentimenti della rosetta. Lei
scosse la testa, ricambiando il gesto della sorella. «Ne sono
consapevole
ma… è come se quelle parole fossero passate
tramite lui fino ad arrivare a
ferire perfino me, proprio qui.» indicò con
l’indice destro il suo cuore «Te
l’assicuro, sorellina, giurerei di aver sentito il sentimento
che ha
percepito Shiki.».
Himiko
sorrise appena, quindi
allungò un braccio verso sinistra e prese un asciugamano di
carta dal
distributore appeso alla parete del bagno, per portarlo sul viso della
sorellina e cercare di togliere quel pasticcio di lacrime e poltiglia.
«Empatia.» disse semplicemente la rossa,
strofinando il panno su una
guancia della sorellina. «In pratica, ormai percepisci i suoi
stati d'animo,
perché il vostro rapporto sta diventando molto
profondo.» spiegò allo
sguardo interrogativo di Hagumi, che poi riabbassò.
«Vorrei che si
appoggiasse a me, anziché allontanarmi.»
sussurrò questa, tristemente,
mentre Himiko gettava il fazzoletto in un cestino e ne prendeva un
altro,
ricominciando a pulirla «Haguchan, ti sei innamorata di
Shiki?» chiese a
bruciapelo, senza tergiversare neanche un po', schietta e diretta come
solo lei
poteva fare con sua sorella. La rosetta ebbe come una fitta al cuore,
che
iniziò a battere fortemente al solo pensiero della parola
“amore” riferita al
bel moro. «Non lo so… ». La rossa
ridacchiò appena, fermandosi per un
momento, sorridendo poi radiosa percependo il suo stato.
«Tesoro mio, io
direi che ci sei dentro fino al collo e ti sei scelta anche una
relazione
piuttosto complessa, ad iniziare dai suoi modi di fare! Lui non si
lascerà mai
andare al punto di appoggiarsi a te. Shiki è il tipo di uomo
che ritiene di
essere quello che porta i pantaloni, estremamente orgoglioso da non
potersi
permettere ciò, doveroso di sostenere sempre te, soffrendo
in solitudine. Se
vuoi che lui ti veda come una spalla su cui piangere, dovrai trovare il
modo di
fargli credere che in quel momento in realtà lui sta
sostenendo te, anche se è
il contrario!» assicurò, entusiasta della cosa.
Era così felice di vedere la
sua sorellina finalmente alle prese con il mondo maschile. Hagumi
deglutì e le
fece quasi male farlo, mentre scrutava nel profondo degli occhi verdini
della
sorella, alla ricerca di una spiegazione che neanche lei stessa
riusciva a
darsi. Innamorata di Shiki; possibile? «Ma io... »
non poté terminare la
frase, che un sonoro bussare alla porta dello spogliatoio interruppe
tutto. Si
voltò ad osservare l'entrata, mentre Himiko si dirigeva
verso questa e andava
ad aprirla, per nulla sorpresa di trovare quella persona appena fuori.
«Oh,
che ci fai qui?» chiese facendo la finta tonta, mentre il
ragazzo,
appoggiato con una mano allo stipite della porta, la guardava freddo e
rispose
con fare brusco ed infastidito. «Secondo te? Voi donne siete
veramente
lente.» sbuffò, mentre Himiko rideva a quel
comportamento misogino che a
quanto pare aveva fatto colpo sulla bella gemellina.
«Sì, sì, certo, hai
ragione, ahahm... » lo liquidò, spostandosi dalla
soglia per farlo entrare,
battendosi poi teatralmente una manina sulla fronte ancora piena di
melma. «Oh, che stupidina che sono, dovevo proprio andare
a... » non si prese
neanche la briga di trovare una scusa, uscì, lo
superò e si allontanò dallo
spogliatoio, dirigendosi all'edificio universitario, dove avrebbe
trovato
sicuramente un altro bagno per darsi una pulita.
Shiki
si avvicinò alla
confettina, curvandosi il necessario per riuscire ad appoggiare la
fronte su
quella di lei, guardandola negli occhi. «Perché
piangi?» domandò, senza
però realmente attendere risposta, notando una lacrima
sfuggirle dagli occhioni
celesti. Le tirò appena una guanciotta, come a volerla
sgridare. «Non
devi.» e quando lei, a quelle parole, non poté
più trattenersi da un pianto liberatorio,
il moro l’abbracciò, cullandola fra le sue
braccia. «Hagu guardami.» le
ordinò, alzandole gentilmente il mento, liberando una mano
dalla stretta. «Se hai bisogno di sfogarti, mi sta bene, ma
non voglio che tu stia male per
miei affari personali. Il rapporto con mio padre…
» sembrò avere un momento
di smarrimento, forse a cercare le parole adatte per spiegarsi il
meglio
possibile «… è sempre stato
così, burrascoso, da quando ho memoria. Lui ha
voluto spronarmi a dare il mio massimo in ogni occasione, anche se non
era mai
abbastanza ai suoi occhi. Sono cresciuto in questo situazione, quindi
non devi
preoccuparti di come si comporta, per me è una cosa normale,
non ci faccio
nemmeno più realmente caso.».
Lei
scosse la testa
ripetutamente, alzando poi le mani ed appoggiandole sul suo volto,
accarezzandogli le guance con una dolcezza infinita «Ma ci
faccio caso
io!» rispose triste, strofinando appena la fronte sulla sua,
le punte dei
loro nasi che si sfioravano, sfregando appena ad ogni piccolo
movimento. «Non può... non deve... ma come fa? Sei
suo figlio, dovrebbe essere così
orgoglioso della persona che sei, metterti su un piedistallo e... e
ringraziare
il cielo che un essere infimo come lui abbia potuto avere un figlio
così
straordinario. Tu sei straordinario Shiki, non farti abbattere dalle
sue parole
e ti prego, ti prego… » calcò la
seconda
volta, quasi disperata la voce rotta dal pianto «…
non essere più freddo con
me. Non... non allontanarmi. Fa male... fa troppo, troppo, troppo
male.»
Infine, si aggrappò a lui con tutte le sue forze e nascose
il viso nella
maglietta bianca della sua tuta, stringendosi a lui con tutta se
stessa, anche
col cuore, ed Himiko aveva ragione, perché sentiva quel
cuore ora strabordare d’amore,
solo per lui. Il moro sembrò perdersi per un attimo nei suoi
pensieri, come se
stesse assimilando le parole della rosetta, prima di sorridere sincero,
il più
bel sorriso dei suoi rari che probabilmente la rosetta avesse mai
visto. «Ci
proverò, ma solo perché me lo chiedi
tu… » le sussurrò ad un orecchio,
mentre una mano levava le mollettine che mantenevano gli odango fissi
sulla
nuca di Hagumi, lasciando che la cascata di lunghi capelli cadesse
libera.
Affondò le mani in questi, portando le labbra
all’altezza del suo collo,
baciandoglielo passionale, mentre man mano saliva, fino ad arrivare
alle sua
labbra.
Non
la baciò ancora, le lasciò invece tanti piccoli
baci sul volto,
sulle guance, sulla punta del nasino, attorno alle labbra, in
prossimità delle
orecchie, così da provocarle qualche piccoli brivido, mentre
lei faceva scivolare
le braccia oltre la sua vita e le mani s’aggrapparono alla
sua schiena, i loro
corpi così vicini sembravano volersi fondere in un unico
essere. «Shikichan.» sussurrò, chiudendo
gli occhi, mentre lui non faceva altro
che accarezzare la pelle con le labbra calde, come a dar sollievo a
quel
piccolo rossore che si era creato quando Himiko aveva sfregato la carta
per
tirare via la sostanza viscosa della gara. «Hagu, puzzi da
fare schifo.»
decretò infine, sorridendo, e lei si trovò
d'accordo «Anche tu puzzi!»
borbottò un po' offesa, prima che lui le tappasse la
boccuccia con la propria,
travolgendola con trasporto in un bacio come mai se ne erano dati,
neanche
quella fatidica notte. Le labbra si accarezzavano, le lingue danzavano
assieme,
si sfioravano, vezzeggiavano, fino a ritirarsi, per poi rincontrarsi,
in un
gioco eccitante e provocante che in poco accese il desiderio di
entrambi. Lui
le circondò la vita con le braccia e la tirò su
abbastanza da portarla poco più
in alto di se stesso e piegò un po' il collo indietro, per
continuare a
baciarla. Camminò verso le docce e la lasciò
tornare sul pavimento solo quando
lei fu già dentro uno dei cubicoli, continuando
però a stringerla a sé e
baciarla, senza pause, senza freni, con una lussuria che nessuno dei
due
credeva possibile. L'appoggiò al muro, una mano si
allungò verso la manopola
d'acciaio collegata alle tubature, la girò e l'acqua
iniziò a battere sui loro
corpi con insistenza, lavandoli da quell'odore e quel materiale
appiccicosi.
Lei accarezzava la sua schiena con una lentezza estenuante, incredula
di quanto
potesse eccitarla solo sentire al tatto i suoi muscoli, le spalle,
più possenti
di quanto ricordasse dalla notte in cui era troppo ubriaca per notare
certi
dettagli. Il moro lasciò le sue labbra giusto per un
istante, il tempo di
perdersi nei suoi occhi celesti come a cercare un consenso, quando
portò le
mani ai lembi della sua maglietta, sfilandogliela. Non
incontrò resistenza da
parte di lei, cosa che interpretò come carta bianca.
Tornò a baciarla, a
giocare con le sue labbra, mentre cercava il laccio del reggiseno,
liberandosi
anche di questo e, quando fece per accarezzarla, Hagumi
portò le mani sul suo
viso, sfiorandoglielo in una carezza prima di appendersi al suo collo,
circondandolo con le braccine, sollevandosi per arrivare
all’altezza del suo
orecchio destro. «Ti amo Shiki… »
sussurrò, mentre il cuore ora sembrava
scoppiarle in petto, scoppiare di amore per lui. Lui non fu turbato da
quest’affermazione,
nonostante il loro fosse un amore proibito, non gli importava niente,
niente di
cosa gli altri avrebbero detto, niente di una futura guerra che avrebbe
potuto
separarli, nulla in assoluto avrebbe potuto frenare la gioia di
sentirle
pronunciare quelle parole. La strinse forte, baciandola ancora, per poi
ripetere "Ti amo" tra un bacio e l'altro, più e
più volte, suonando
alle orecchie di Hagumi quasi come una dolce cantilena, mentre le
carezze
diventavano sempre più ardite, libidinose. Non ci volle
molto perché fossero
completamente nudi, sotto l'acqua copiosa il cui getto copriva a mala
pena i
loro ansimi e i loro gemiti, respiri intrisi di amore e passione. La
prese di
nuovo in braccio, le braccia di lei scivolarono sulle sue spalle, le
mani s’incontrarono
dietro la sua testa, una andò fugacemente a sciogliergli il
codino, per poi
gettare chissà dove l'elastico ed affondare le dita nei suoi
capelli d'ebano. «Ti amo da morire.»
ripeté ormai completamente dimentica di dove fossero,
del mondo fuori che continuava a girare, avrebbe voluto che il tempo si
fermasse in quell'istante e che durasse per l'eternità.
Circondò
la sua vita con le gambe, sentiva l'eccitazione di lui, ed era
conscia della propria. Si abbandonò completamente alla sua
presa, i seni contro
il suo petto. Una mano di lui scivolò lungo i suoi fianchi,
poi più in basso,
fino a raggiungere la sua intimità, violandola con due dita,
sorprendendosi di
quanto fosse calda e già pronta ad accoglierlo. Lei emise
qualche gemito di
puro piacere, affondando il viso nel suo collo, e solo un mugolio
d'assenso, in
segno che poteva procedere. Sfilò le dita ed infine
entrò in lei, facendola
sua, due corpi in uno, per raggiungere assieme quel paradiso tanto
bramato.
...
continua...
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Capitolo 8
A
Song Of Eternal Creatures
Capitolo
8
Uscì
dallo spogliatoio, ravvivandosi
i capelli, si stiracchiò sentendosi ora decisamente meglio.
Alzò lo sguardo al
cielo, per notare che malgrado ci avesse messo tanto tempo, il sole era
ancora
alto. Sorrise, incamminandosi in direzione dei campi sportivi e quando
fu in
prossimità di questi, non ebbe nemmeno il tempo di
realizzare cosa stesse
accadendo che la figura di Natsu le era già piombata
addosso, spalmandola a
terra.
«Himichan!»
si lamentò, corrucciando
lo sguardo come un bambino offeso «Perché ci hai
messo tanto? Ti sei persa la mia gara!». Lei lo
guardò con
un cipiglio, mentre le guance si tinsero di un delizioso color porpora,
realizzando che il viso del biondo stava a pochi centimetri dal suo e
la sua
mente già elaborava strani pensieri su quanto fossero
invitanti le sue labbra.
Cercò
di allontanarlo, ma lui sembrava essersi avvinghiato saldamente a
lei e al terreno, così che ogni tentativo fu del tutto
inutile. «Uhm, sì...
ehm... e com'é andata?» chiese titubante, cercando
di guardare ovunque,
tranne che il suo viso così vicino. Lui sorrise a trentadue
denti, le prese il
volto tra le mani e strofinò il naso contro il suo, in uno
slancio d'affetto «Ho vinto!» esultò
trionfante, alzandosi infine e tirando su anche lei.
«Davvero? Oh, wow! Grande!» sorrise davvero
contenta per il biondo,
nonostante l'imbarazzo che ancora non accennava a lasciarla.
«Sì, sì,
modestamente, sono troppo un Dio nei mille metri.»
sghignazzò, prendendo poi
con due dita il laccio blu che teneva appesa al suo collo la medaglia
d'oro e
lo alzò, in modo da farla dondolare ad altezza del suo viso.
«Visto che
brilla?». «Sì sì, lo
vedo… ma stai pur certo che se avessi partecipato
anch’io,
non la porteresti così fieramente al collo ora!»
gli fece una linguaccia,
ridendo divertita, mentre Natsu assumeva un tono di sfida.
«Vogliamo
scommettere?» la provocò, indicando un albero che
stava ad un centinaio di
metri da loro. «Giochiamocela. Se vinco io, tu dovrai darmi
un premio a mia
scelta, senza possibilità di opporti.». Himiko
ammiccò in sua direzione,
sicura di se stessa. «E se vinco io?»
domandò, tirando appena il nastro
della medaglia, attirandolo verso di sé «Mi darai
tu un premio?».
Lui
la guardò piuttosto scosso, il suo viso era così
vicino, al diavolo
la sfida, avrebbe potuto baciarla così, no? In un modo o
nell'altro sentiva che
non lo avrebbe rifiutato, ne era sicuro, ma poi sorrise ed
annuì. «Qualsiasi
premio vorrai.» rispose infine, dopotutto era meglio giocare
pulito. Lei
lasciò andare la medaglia, schioccò la lingua
contro il palato aprendosi in
un'espressione d'apprezzamento, per voltarsi poi entrambi verso
l'albero. «Chi sale prima in cima, vince.
D'accordo?» decise tutto da solo, ed
attese conferma. «VIA!» urlò solamente
lei, iniziando a correre in
direzione dell’arbusto, lasciandosi scappare una risata
liberatoria, mentre
consumava le sue energie per velocizzarsi e non lasciare che lui la
raggiungesse. «Non è leale!»
ululò il biondo, che stava poche falcate
dietro di lei, abbandonandosi poi anche lui, ridendo divertito
«Sappi che
ciò lo sconterai al momento in cui deciderò il
mio premio!». Arrivarono
nello stesso momento all’altezza dell’albero,
iniziando la salita, scalandolo
facilmente arrampicandosi sui rami spessi, quando Himiko
sentì la testa
iniziare a girarle fortemente e si fermò, rimanendo seduta
su uno di questi,
abbracciata al tronco. Maledì quel dannato di Akira, che le
levava tutte le
energie che possedeva, senza darle un attimo di tregua per stabilirsi,
cibandosi di lei tutti i giorni e a volte anche più.
Natsu
raggiunse la cima in men che non si dica
«PRIMOOOO!» esultò
ridendo, guardando poi in basso per vedere lei dov'era e si
meravigliò nel non
trovarla proprio dietro di sé. «Himiko?»
chiese incerto, allungando il
collo per guardare i rami sottostanti e vide la folta chioma rossa
parecchio più
in basso, almeno quattro metri più giù.
«Himichan?» chiese ancora,
ripercorrendo i rami a ritroso per portarsi ad altezza di quello
dov'era lei,
appollaiandosi però su di un altro perché il loro
peso non sarebbe stato retto
da un solo arbusto. «Che hai? Ti senti male?» era
piuttosto pallida e si
chiese se ciò non fosse dovuto a quel maledetto
succhiasangue parassita. Lei
scosse la testa, senza però muoversi di un millimetro, ben
conscia che
all’altezza in cui stava, in quelle condizioni, avrebbe
potuto precipitare
facilmente. «Sto bene… »
sibilò, alzando lo sguardo e sorridendo appena,
non volendo che lui ricollegasse il suo malessere ad Akira. Sapeva
quanto
l’avrebbe fatto infuriare. «Ti ho fatto vincere
apposta, che credi?» si
lasciò scappare una risatina nervosa, allungando i tempi,
frattanto che la
testa sembrava iniziare a smettere di girare. Natsu però non
la bevve,
assolutamente. Scese un paio di rami, giusto per arrivare a stare sotto
di lei
al che, in piedi, poteva stare alla sua altezza. Le portò
una mano sul viso,
appoggiandola su una delle pallide guance, l’aria
preoccupata. «Non mi dire
bugie.» lamentò, mentre lo sguardo della rossa
passava da divertito a
colpevole, ben conscia che non era un allocco e sapeva bene come stava
e perché
si trovasse in quelle condizioni. «Scusa…
» sussurrò, la voce leggermente
incrinata, mentre abbassava gli occhi dai suoi, non reggendo lo
sguardo. «Non ti arrabbiare, per favore, non voglio parlare
di Akira e delle sue
conseguenze ora.».
Il
biondo non rispose nulla. Allargò le braccia e le fece segno
di
aggrapparsi. «Lascia che ti porti giù,
dai.» Himiko non disse nulla,
semplicemente appoggiò le braccia sulle sue spalle e
lasciò che lui cingesse il
suo corpo esile, prendendola in braccio. Con un paio di agili salti da
un ramo
all'altro, giunsero a terra, lui in ginocchio per attutire la caduta
senza
rischio di farsi male e lei aggrappata al suo corpo, ora seduta sulle
sue
ginocchia. «Vuoi che ti porti da Hagumi? Magari con i suoi
poteri
curativi... » lei gli poggiò un dito sulle labbra
e scosse la testa,
sorridendo. «Haguchan é con Shiki, da soli, nello
spogliatoio delle ragazze.
Credo sia il caso di non disturbarli.». Natsu ci
pensò un attimo, la guardò
pensieroso, poi arrossì violentemente fin dietro le
orecchie. «Ah.» rispose
solo, prima di ridacchiare assieme a lei. «E allora cosa
posso fare?»
chiese una volta arrestate le risatine. Lei sorrise radiosa,
appoggiando il
viso nell’incavo fra la spalla e il collo di lui, le braccia
ancora ben salde a
circondargli il collo. «Fai già a sufficienza,
anche troppo, sempre.»
disse, seriamente convinta di quello che diceva. Il biondo
però non capiva a
cosa si riferisse, in fondo cos’è che aveva fatto
per lei? Se doveva pensarci
bene, si sentiva davvero inutile, l’unica cosa importante che
doveva fare,
ovvero sottrarla dalle grinfie di Akira, gli era risultato impossibile
e per di
più si struggeva in quanto lei fosse in quelle pessime
condizioni per colpa di
una legge della sua stirpe. Strinse di più la presa intorno
al suo corpo, cingendola
all’altezza della vita sottile, lasciando che la testa si
abbandonasse contro
quella di lei.
Le
accarezzò piano la nuca, prima di abbassare lo sguardo sul
suo viso,
così bello da mozzargli il fiato. «Vorrei poter
fare molto più di quanto non
riesca, Himichan, credimi.» disse spostandole una ciocca di
capelli rossi,
ancora un po' umidi dalla doccia appena fatta, dietro un orecchio. Lei
lo
guardò intenerita, il cuore stretto in un sentimento dolce,
dolce. «Ti
ricordi cosa ti dissi sul tetto della scuola?»
continuò, sfiorandole la
fronte con le labbra, prima di tornare ad osservarla. Himiko
annuì, sussurrando
una risposta affermativa molto flebile ed arrossendo vistosamente.
«Sai,
ogni giorno che passa, ciò che ti ho detto di provare
aumenta sempre di più. Ti
amo, sempre di più, Himiko.» le ultime parole le
sussurrò all'orecchio
dietro il quale aveva appena spostato i capelli, in un sibilo
così intriso
d'amore da farle quasi perdere la ragione. Si strinse forte a lui,
sentiva che
era il momento giusto, anche lei doveva dirgli cosa provava:
«Natsu,
anc--». «EEEEKKK! L'HO TROVATO, ECCOLO
LÌÌÌÌÌÌÌÌ!»
solo una voce
spaccatimpani interruppe le sue parole, prima di essere travolti
pesantemente
da quella che sembrava una mandria di bufali inferociti; ma erano solo
le fans
di Natsu, che avevano già spintonato via Himiko in
chissà quale modo ed avevano
accerchiato il biondo, urlacchiando soddisfatte ed appiccicandosi a lui
come
tanti piccoli koala. «EHI!» lamentò lei,
lo sguardo infuriato, mentre già
rinunciava all’idea di intrufolarsi in quella mandria di
pazze. Come minimo
l’avrebbero uccisa prima che avesse potuto raggiungerlo o, se
fosse riuscita
nel suo intento, l’avrebbero fatto subito dopo.
Sospirò affranta, ringraziando
di essere ancora viva dopo che l’avevano vista insieme a lui,
soprattutto così
vicini, immaginando che non fosse proprio destino in quel momento,
convinta che
questo le avrebbe regalato un attimo ancora più prezioso. Si
guardò intorno,
sconsolata, incamminandosi in direzione dei campi sportivi, famosa meta
che non
aveva mai raggiunto, notando Oda pochi metri più in
là di lei che, appoggiato
alla parete dell’edificio di fronte, le faceva ciao ciao con
una mano,
invitandola ad avvicinarsi. Lo vide come un colpo di fortuna e corse in
sua
direzione, felice di trovare un viso amico, inconscia che in
realtà aveva
appena incontrato la sua sfortuna.
***
Richiusero
la porta a chiave,
si tenevano ancora per mano ed erano entrambi visibilmente riluttanti a
lasciarsi andare, lei un po' di più. «Vado a
cercare i miei, saranno
indiavolati.» disse seccamente il moro, mentre si voltava a
guardare Hagumi
accanto a sé, le guance ancora tinte di un rosso delizioso
che faceva fatica a
cacciar via e forse non ci sarebbe riuscita per tutto il resto della
giornata. «Mh,
sì, immagino di sì.» rispose tenendo lo
sguardo basso, puntato sulle punte
delle scarpette bianche, sportive, che aveva sapientemente ripulito
assieme
agli abiti, prima di rindossarli, ed erano ancora un po' umidi addosso.
Shiki
accarezzò con lo sguardo i bei lineamenti ancora vagamente
infantili e, dopo
essersi guardato attorno con fare losco e circospetto, si
piegò verso di lei,
lasciandole un bacio su una guancia, pericolosamente in
prossimità delle
labbra. Hagumi sussultò e si voltò verso di lui,
i nasi si sfiorarono mentre si
perdeva in quelle pozze scure che la guardavano con dolcezza.
«Ti va di
uscire assieme, in questi giorni?» la reazione della rosa fu
di puro
stupore, mentre spalancava la boccuccia e boccheggiava senza
possibilità di
dire nulla, la bocca straordinariamente arida. «Ehi, ti
sconvolge così tanto
la proposta? Se vuoi la ritiro!» scherzò e lei si
affrettò a scuotere la
testa «No, no, assolutamente no! Anzi, mi rende
felicissima.». Sorrise
con dolcezza, mentre lui tornava dritto e le lasciava una carezza tra i
capelli, sciolti ed ondulati. «Allora va bene, poi ci
mettiamo d'accordo.
Vado!» solo un'altra carezza sul viso, prima di lasciarle a
malincuore la
mano ed allontanarsi. Lo guardò andar via con gli occhi
incollati sulla sua
schiena finché non scomparve dalla sua vista e il sorrisino
beato si trasformò
in una smorfia di dispiacere. Possibile sentisse già
così tanto la sua
mancanza? Sbuffò, dandosi un pugnetto da sola su di una
tempia. «Scema,
riprenditi.» ordinò, quasi impose a se stessa, per
il bene della sua sanità
mentale. Si voltò dunque anche lei e procedette in direzione
opposta, dove
aveva scorto la sorella non appena uscita dallo spogliatoio, seduta in
lontananza sulle scalette d'emergenza dell'edificio. Era un luogo che
Himiko
apprezzava molto, vi si recava spesso per riflettere in solitudine,
perciò
guardare in quella direzione le era venuto piuttosto naturale. Si
affrettò a
raggiungerla, avevano troppo di cui parlare e troppo poco tempo per
farlo.
«Himichan!» la richiamò,
alzando il braccio e muovendo la manina in segno di saluto. La rossa
alzò lo
sguardo, ripescata dai suoi pensieri, giusto in tempo per vedere la
sorella
raggiungerla e sedersi al suo fianco. Sorrise, dandole una gomitatina
nelle
costole. «Allora, com’è andata? Sembri
felice.» Non le era sfuggito il
sorriso radioso della confettina ed era più che certa che i
due avessero
sistemato tutto. Hagumi arrossì fin dietro le orecchie,
annuendo timidamente. «Sì, lo sono. È
stato, insomma… UAAAAH!» cacciò un
urletto eccitato,
mentre il viso ora cambiava diverse tonalità purpuree,
ricordando i momenti di
poco prima insieme a Shiki. Buttò le braccia al collo della
sorella,
strusciando affettuosamente la guancia contro la sua ed Himiko
giurò quasi di
sentirla fare le fusa, frattanto che continuava a ripetere
“sono felice,
felice, felice!”.
«Calma, calma!» rise,
facendole qualche carezza sulla testa e scollandola poi da
sé, per guardarla
negli occhi. «Spiegami.».
Hagumi si portò le manine
davanti al viso e continuava ad agitare la testolina, senza seguire
alcuna
logica, se non quella della vergogna. «In doccia...
» pigolò, senza
aggiungere altro, cosa che fece intenerire ancora di più
Himiko. «Oh, siete
già a questo punto?» chiese con un ghigno,
abbassandosi appena per entrare
nel campo visivo della sorella, afferrandole i polsi per allontanarle
le manine
dal viso e guardarla negli occhi. «E com'é stato,
meglio o peggio dell'altra
volta?» incalzò divertita, mentre Hagumi quasi
iniziava a fumare dalle
orecchie. «Divinooooooooooo!» urlacchiò,
prima di buttare il visetto
sulle ginocchia della sorella, seduta un gradino più su di
lei e nascondersi
mentre i flash di quegli istanti continuavano a scorrere nella sua
testa, in
una carrellata infinita.
«Oh…
» esclamò Himiko, portandosi una mano sotto il
mento, l’aria
di chi sta elaborando qualche pensiero contorto «Significa
quindi che non
c’è bisogno che ti regali il libro del Kamasutra?
Oppure lo vuoi lo stesso?
Chissà! Potrebbe tornarvi utile per provare qualche nuovo
giochetto.». La
stava ovviamente prendendo in giro, ma la confettina non
poté fare a meno di
credere parlasse sul serio ed era veramente interessata
all’argomento. Sbatté
le palpebre un paio di volte, dopo aver alzato la testa per guardarla
negli
occhi, improvvisamente seria.
«Dici che potrei imparare qualcosa di utile da, insomma...
» fece
una pausa di qualche secondo, cercando di sconfiggere la vergogna
«Potrei
procurargli un piacere maggiore?». Himiko scoppiò
in una fragorosa risata,
afferrandola per la testolina e scompigliandole la chioma con un
pugnetto, in
modo affettuoso.
«Non ti preoccupare sorellina! Non penso siate già
così annoiati da
dover provare cose nuove.».
Hagumi
strabuzzò gli occhi un
paio di volte, prima di seguire la sorella con qualche ridolino
inconsulto. «Credo tu abbia ragione. Annoiati? Non ancora,
direi, anzi... » lasciò
cadere il discorso, mentre il rossore sul volto si estendeva un po'
ovunque «Himiko, avevi ragione sai. Sono proprio innamorata
persa e anche lui mi ha
detto che mi ama. L'avresti mai detto?». Effettivamente era
una situazione
quasi surreale. Himiko non disse nulla, semplicemente sorrise,
perché dopotutto
lo sapeva già. «Beh, ad ogni modo, devo parlarti
di altro adesso, i dettagli
te li propino dopo» aggiunse la signorina in rosa, tornando a
sedere
composta ed iniziando a giocare con una ciocchetta di capelli ondulati,
lo
sguardo nuovamente puntato sulle proprie scarpette «Ho
parlato con papà,
prima.». La rossa la guardò ora curiosa,
inclinò appena il capo strabuzzando
gli occhioni smeraldo, come ad invitarla a continuare. La rosetta
sospirò «Vedi, non pensavo sai, ma si è
accorto della situazione fra me e Shin.»
a queste parole Himiko la guardò un po’
preoccupata della reazione che credeva
avesse potuto avere il suo papà, ma Hagumi si
affrettò a rassicurarla «Era
un po’ preoccupato, ma come succo della questione ha detto
solamente che si
fida di noi e confida in nostre scelte razionali. Mi ha chiesto anche
di
prendermi cura di lui.».
La gemella annuì appena,
assimilando la notizia. «Capisco. In fondo era normale che
prima o poi anche
papà o mamma se ne accorgessero, Shin non è molto
bravo a celare i suoi
sentimenti.» ridacchiò, ricordando momenti in cui
il ragazzo si trovava ad
arrossire teneramente anche in presenza dei genitori, quando Hagumi gli
faceva
qualche carezzina affettuosa o gli dava attenzioni «Sei
preoccupata per
questo? Hai paura di deluderlo?». La confettina
abbassò lo sguardo triste,
certo che era preoccupata. Shin era innamorato di lei, probabilmente
l’unica vera
cosa che avrebbe potuto fare per renderlo felice era ricambiare i suoi
sentimenti, ma questo non poteva farlo. Nel suo cuore si era radicato
Shiki e
il legame che la legava al bruno non riusciva a vederlo evoluto,
egoisticamente
voleva continuare a tenerlo al suo fianco come fratello, sicuramente la
peggior
tortura che potesse infliggerli.
«Sai Hagu, non è vero che
non puoi essergli realmente vicina, che non puoi prenderti cura di lui
se non
ricambi i suoi sentimenti. È la vita, infondo, nessuno
può decidere di chi
innamorarsi o chi far innamorare di sé.».
La sorella annuì a
queste parole e le sorrise grata, prima di abbacchiarsi di nuovo
«Ne sono
perfettamente consapevole. È solo che far soffrire Shin mi
fa... così male.».
Terminò la frase mentre si rendeva conto del grande senso di
vuoto che questa
situazione le provocava. «Io sono innamorata di Shiki, ma non
sono del tutto
indifferente a Shin; inoltre penso continuamente che se non avessi
incontrato
Shiki, starei con Shin, sarei innamorata di lui, e questo mi fa sentire
ancora
peggio, perché vuol dire che dopotutto so che il mio cuore
può amarlo ed è
forse la mia mente a non volerlo.
Razionalmente parlando, é più facile
innamorarsi di qualcuno che, in diciassette anni, non hai mai visto
come un
fratello.». Himiko scosse il capo, non era d'accordo
«Shiki é un
cacciatore, il tuo acerrimo rivale, eppure il tuo cuore non vuole
saperne, lo
ami comunque, no?». Hagumi la guardò sorpresa,
totalmente presa alla
sprovvista, come se una grande rivelazione fosse calata su di lei: la
gemella
aveva perfettamente, indubbiamente e totalmente ragione. Oltretutto
anche
Himiko era certa di avere ragione: non si stava, forse, innamorando
perdutamente anche lei? Non stava forse per gettarsi come la sorella in
una
storia proibita, senza via di uscita e dal lieto fine incerto, se non
quasi del
tutto impossibile?
E proprio a quel proposito, la
rossa sospirò, notando in lontananza Natsu che si dirigeva
probabilmente verso
gli spogliatoi, scherzando allegro con il gruppo di fans scalmanate che
sembravano non volerlo mollare più. Hagumi la
guardò divertita, dimentica per
un istante del dilemma di pochi istanti prima, non potendo fare a meno
di
pensare che fosse decisamente gelosa e che ciò su cui stava
riflettendo era
quindi presumibilmente veritiero.
«Eh sì, Natsu-chan ha
veramente tante ammiratrici.» la punzecchiò un
po’, desiderosa di vedere la
reazione della gemella, per togliersi ogni dubbio. Questa, infatti, in
un primo
momento non rispose e poco dopo assunse un tono piuttosto acidognolo.
«Sì,
ho avuto modo di accorgemene. Riguardo Shin, comunque…
» non poté finire la
frase, Hagumi l’aveva già interrotta.
«Oh, lascia
perdere la storia con Shin ora, tanto non ne verrò a capo lo
stesso, non serve
parlarne, devo fare chiarezza dentro me.» e lo disse con un
vigore che
sorprese molto sua sorella. «Piuttosto, parliamo di Natsu.
Ormai lo sanno
anche i muri che é perso di te, cosa intendi
fare?». Himiko le aveva
raccontato della dichiarazione di Natsu durante la convalescenza per il
colpo
subito da Misa, ma ci sarebbe arrivato chiunque anche senza saperlo,
persino un
cieco, bastava già solo sentire la voce di Natsu e il
cambiamento di tono
quando si rivolgeva alla rossa, con un affetto infinito, ed anche un
po'
d'imbarazzo, tant'era che delle volte si acutizzava di un'ottava.
Fu
ora il turno di Himiko di
sentirsi in imbarazzo, le gote che iniziavano a tingersi di un bel
rosso
acceso. «Ecco… » si trovò una
totale idiota. Non aveva mai realmente
aperto il suo cuore riguardo l’argomento
“amore”, tant’é che non
riusciva a
trovare le parole per esprimersi al meglio. Decise quindi di andare sul
semplice. «Lui mi piace.» buttò
lì, frattanto che Hagumi annuiva. «Questo lo so,
l’ho capito nel momento in cui l’hai baciato
davanti a tutti,
il giorno in cui scopristi del tuo destino con Akira. Eri strana, avevi
una
bizzarra luce negli occhi, non eri la solita Himiko che si sbaciucchia
il primo
bel ragazzo che trova per la serata, l’ho notato subito. Io
voglio sapere se
intendi rispondere positivamente alla sua dichiarazione e provare ad
avere
qualcosa di serio con lui!» il cuore che batteva forte,
mentre già
immaginava il suo migliore amico e la sua adorata sorellina in una
storia
d’amore. La rossa sembrò avere
un’illuminazione, lo sguardo che assumeva una
nota preoccupata e triste al contempo. «A proposito di
dichiarazioni, oggi
mentre eravamo chiusi in bagno, Akira ed io intendo, per il suo pasto
giornaliero, mi ha confessato di essere innamorato di me. Credo
scherzasse e
volesse prendersi gioco di me, chiaramente, però…
».
Hagumi scoppiò in
una risata cristallina, tappandosi subito la bocca allo sguardo omicida
della
sorella. «Coff cough... » dissimulò con
qualche colpetto di tosse, prima
di schiarirsi la voce e proseguire. «Uhm, Himichan, guarda
che era palese.
Nessun nuovo vampiro é così deliziato dall'idea
di bere il sangue, come lui lo
é quando sta per bere il tuo. Sono tutti disgustati
all'inizio, lui invece non
ha avuto un solo attimo di titubanza e sono certa che questo sia legato
al
fatto che quando ti morde sente i tuoi sentimenti, anche i
più reconditi. Ora,
non so se sia proprio amore, perché é una cosa
forse abbastanza immorale, quasi
da squilibrati, ma che sia assuefatto di te... beh... non ti offendere,
ma
l'avevo capito persino io.» il che era grave, se si pensa
quanto riuscisse
ad essere ingenua e tonta in certe questioni.
Himiko
portò l’indice a
grattarle la guancia, mentre sembrava riflettere, un po’
imbarazzata
dall’affermazione della sorella. «Io non me
n’ero accorta, forse perché
ritengo che il suo non sia amore. Se fosse davvero infatuato come dici,
percependo quanto mi ferisce ogni volta, avrebbe già smesso;
perché, in fondo,
quando ami qualcuno vuoi il suo bene e la sua felicità,
no?».
Hagumi si ritrovò d’accordo.
«Sì hai ragione, di norma funziona
così, ma alcune volte, quando l’amore ti
prende al punto di diventare la tua vita, non puoi far a meno di
diventare un
po’ egoista e pensare anche a te stesso, alla tua
felicità.».
Si sorprese di se stessa e di quanto fosse
arguta in quel momento e si convinse che sicuramente vedendo le cose
con occhi
esterni, le sembrava tutto più logico. Si ritrovò
a pensare a quanto sarebbe
stato comodo vedere, di tanto in tanto, i propri problemi
dall’esterno, con
occhi altrui. Himiko
rifletté qualche istante e non trovò nulla di
sensato da dire alle affermazioni
della sorella. «No, mi rifiuto di crederci.»
esclamò infine, alzandosi in
piedi e saltando il gradino dov'era seduta la sorella, per atterrare su
quello
successivo, più in basso. Si voltò a guardarla e
cercò di scrollarsi quella
brutta sensazione di dosso. «Vado da mamma e papà,
saranno preoccupati. Tu
non vieni? A quest'ora Shin starà gareggiando con la sezione
universitaria,
sai.». Hagumi scosse il capo, in segno affermativo e
s'alzò imitandola,
massaggiandosi appena i glutei sui quali, separati dalle insenature dei
gradini
d'acciaio soltanto dai bloomers sottili, erano rimasti i segni rigati e
un po'
dolenti. «Ti raggiungo, sì, però
avviati, devo prima fare una cosa.» lo
sguardo balzò su Natsu e le sue fans in lontananza, solo per
un istante, prima
di tornare sulla sorella e sorriderle. La rossa fece spallucce ed
annuì,
avviandosi in direzione dei familiari. Lo sguardo di Hagumi
cambiò
radicalmente, così come la sua espressione. A passo da
elefante, tanto che
Natsu credette ci fosse stata una scossa di terremoto, si
avviò in direzione
del bel biondo, ora poco distante da lei trovandosi vicino
all’entrata dello
spogliatoio maschile, arrivando davanti al gruppetto con
l’aria di chi è
infuriato nero.
«Vi do dieci
secondi per cambiare aria, altrimenti non risponderò di
me.» tuonò,
minacciando le ragazze che ancora lo accerchiavano, con alcune di
queste
avvinghiate al corpo del ragazzo. Aveva già avuto modo di
affrontarle in
passato, quando ancora credevano che lui fosse innamorato di lei, e
sapeva come
prenderle e che queste avevano paura di cosa avrebbe potuto far loro,
infatti
presero a correre nelle più disparate direzioni, liberando
il ragazzo dalla
loro ossessiva e soffocante presenza.
«Haguchan graz… » fece per abbracciare
la confettina, ma questa gli spalmò una mano in
faccia, frenando il suo slancio, tirandogli poi uno scappellotto dietro
la
nuca.
«Si può sapere
che diavolo stavi facendo?» domandò stizzita,
preoccupata che questo,
seppure innamorato di Himiko, volesse sfogare i suoi istinti sessuali,
vista
l’incertezza in cui navigava nel rapporto con la rossa.
Lui si massaggiò
il volto, piagnucolando «Ma... ma... ma...
Haguchan!» era scandalizzato,
come poteva trattarlo a quel modo, lei sempre tanto dolce e graziosa?
«Stai
diventando manesca come tua sorella? Ahiuo!» mosse un po' la
mascella,
controllando che non si fosse slogata a causa del manrovescio. La
rosetta lo
guardò un po' dispiaciuta, forse aveva esagerato,
però poteva farlo anche da
solo lo sforzo di cacciarle via. «Sei un don giovanni da
strapazzo, Himiko
non starà mai con te finché gironzolerai con
quelle lì abbarbicate ovunque sul
tuo corpo. Era una visione quasi oscena, una ti stava anche mettendo la
mano
nei pantaloni. Cerca di darti un contegno, per l'amor del cielo,
Natsu.».
«Errr…
» mugugnò il ragazzo, non
ben convinto di cosa risponderle. «Cerca di capirmi
Haguchan… » pigolò
solamente, lo sguardo colpevole, ma lei quella volta non si
dimostrò
comprensiva come suo solito.
«Cosa dovrei capire? Che finché
Himiko non ti ricambierà continuare a scorrazzare in cerca
della prima
sgualdrina che te la dia, per non stare in astinenza?»
domandò con un
cipiglio, le mani ora che si erano appoggiate sui fianchi, in tono
rimproverevole.
Il biondo scosse
il capo, indignato: «Ehi! Non ho mai detto nulla del genere,
mi pare.
Semplicemente... beh... Credo che non mi ricambierà mai,
Haguchan.» disse
infine, afflosciandosi su se stesso, per poi acchiappare la confettina
tra le
braccia ed affondare il viso sulla sua testa rosa, cercando di
trattenere il
pianto, anche se liberarsi gli sarebbe stato utile. Lei
mugolò qualcosa d’indecifrabile,
abbracciandolo poi a sua volta. Povero Natsu, doveva essere davvero a
pezzi per
rendersi così vulnerabile davanti a lei. Alzò un
braccio e portò la mano sulla
sua testa bionda, ad accarezzargli la nuca. «Su! Non fare
così,
Natsuchan.». «Non ho speranze.»
farfugliò di nuovo lui, stringendola
un po' di più. «Non dovresti fasciarti la testa
prima di essertela rotta,
chi ti ha detto questa baggianata?». Lo spinse un po' per
guardarlo in
volto. «Dritto e sguardo fiero, espressione allegra e
sicurezza in te
stesso, fatti vedere così da lei, stalle accanto senza
essere invadente, sii
dolce quanto basta e prendila anche un po' in giro, bisticciando come
piace a
voi. Insomma, sii te stesso. L'unica cosa che potrebbe allontanarla da
te sono
quelle oche che ti porti in giro a scuola. Allontanale e vedrai che
andrà tutto
per il meglio!».
«Ne sei sicura?» domandò, poco
convinto della cosa, poi sbuffò. «Se almeno lei mi
desse qualche segno
positivo… » si lagnò e a queste parole
la confettina gli strizzò le guance,
chiedendosi se fosse cieco o realmente ottuso.
«Non predicare di amarla follemente,
se non riesci neanche a riconoscere ciò che per lei sono
gesti importanti e
significativi!» sorrise amabilmente, mentre lo sguardo si
addolciva e gli
faceva una carezzina affettuosa. «Abbi pazienza ed osserva
attentamente i
suoi comportamenti con gli altri e con te, forse riuscirai ad avere
qualche
delucidazione, in fondo vi conoscete da molto.».
La
guardò,
sorpreso, chiedendosi chi l'avesse resa così saggia in
affari di cuore. Fece
spallucce e decise di non pensarci, chiunque fosse, aveva tutta la sua
gratitudine, perché grazie a lei ora si sentiva un po'
meglio e riusciva a
vedere la cosa da un'altra prospettiva. «Sì, hai
ragione. Lo farò!» si
mise in posa statuaria, teatralissima, puntando un dito verso
l'orizzonte. Lei
ridacchiò e si mise accanto a lui, indicando nella stessa
direzione, con la
stessa posa buffa «Sì!»
decretò infine, prima che entrambi scoppiassero a
ridere. Il discorso, per adesso, era finito.
***
Erano
ormai le cinque del pomeriggio e
il clima iniziava a rinfrescarsi. Si ritrovò a tapparsi per
l’ennesima volta le
orecchie, in un vano tentativo di ignorare il professore di educazione
fisica
che le abbaiava contro dandole della lumaca, per l’ennesima
volta.
«Ma professor Hirojima, è
pesante!» si lamentò, lasciando cadere
l’ostacolo, che andò a finire proprio
sul piede dell’uomo, facendolo saltellare ed ululare dal
dolore. «Ups… »
squittì, frattanto che se la ghignava sotto i baffi.
«Ti aiuto io.» la voce di Misa,
alle sue spalle, che fece per aiutarla a sollevare la barriera
massiccia, ma
qualcuno fu più veloce di lei, sollevandola al suo posto.
«Ah! Ragazze
debolucce, lasciate fare agli uomini questi lavori.». Era la
voce di Natsu,
che sghignazzava portandosi quell'affare pesante sulle spalle,
ammiccando poi
verso Himiko e voltandosi per andare a posarlo. Himiko
arrossì, senza dar peso
a Misa che sbraitava "Deboluccia a chi?" e guardava invece Natsu
allontanarsi,
intensamente. Le passò una mano davanti agli occhi, poi
sbottò qualcosa
perplessa e se ne andò anche lei, stizzita. Himiko, invece,
raggiunse il
biondo. «Ti aiuto, davvero. Non sono mica così
debole, sai.» lui abbassò
lo sguardo ed osservò la fanciulla al proprio fianco, con
dolcezza. «Lo so,
ma permettimi di fare l'uomo. Sostenerti e proteggerti è un
mio compito,
no?» lei scosse il capo «È inutile che
fai il ruffiano, non me lo
dimentico che mi hai mollata a terra, mentre ti facevi circondare da
quelle
pazze.». Lui si offese. «Che ruffiano? Sono
serissimo!».
«Quindi non hai intenzione di fare
nulla per farti perdonare?» domandò, mettendo il
broncio e fingendosi
offesa. «Me ne ricorderò.». Lui rise un
po’, avvicinandosi a lei e
scompigliandole dolcemente i lunghi capelli.
«E com’è che ancora non mi hai mollato
qui
da solo?». Himiko sembrò rifletterci per un
momento, prima di pizzicargli il
naso. «Non iniziare con i pensieri contorti, ovviamente sto
attendendo che
tu ti decida a farti perdonare!». La sua espressione
cambiò radicalmente,
come se una vena di tristezza l’avesse invasa, abbassando lo
sguardo dai suoi
occhi. «Scherzavo, ovviamente!» pigolò
tornando a guardarlo, abbozzando
un sorriso «Sei libero nelle tue azioni, non mi devi
nulla!».
Natsu aggrottò le
sopracciglia, lasciò scivolare giù dalle spalle
l'ostacolo e si portò davanti a
lei, in modo da fermare la sua avanzata ed esserle di fronte.
«Che dici?»
chiese confuso, quel cambio repentino di umore non gli era stato molto
chiaro.
Lei sbatté le palpebre, altrettanto perplessa. Aveva
specificato perché non
voleva essere fraintesa, scherzava davvero, non si sarebbe mai permessa
di pretendere
scuse da lui su una cosa che, non essendo impegnato con lei, era
liberissimo di
fare. «Himichan, ti conosco ormai, lo so quando sei ironica e
quando no. Lo
avevo capito, che bisogno c'era di correre ai ripari? Mi hai fatto
sentire un
po' stupido, sinceramente.» specificare che fosse tutto uno
scherzo lo aveva
piuttosto scosso, in realtà nemmeno lui sapeva per quale
motivo. La ragazza
scrutò negli occhi profondi e turchesi, ma non seppe cosa
dire, come reagire,
men che meno se ci fosse qualche gesto da compiere. Lui le
appoggiò le mani
sulle spalle, guardandola seriamente. «Se devo essere
sincero, scherzo o
meno, non c'era bisogno di dirmelo, volevo già chiederti
scusa. Chiederti scusa
per averti rovesciato addosso tutti i miei sentimenti ed averti poi
lasciata
lì, facendomi trascinare via da quelle. In realtà
avevo solo paura di un tuo
rifiuto, quando loro sono arrivate ero sollevato... insomma, non avrei
resistito ad un tuo allontanamento. Scusami se sono stato un codardo,
ma
credimi se ti dico che ti amo e che quelle lì... quelle
lì, per me, non sono
niente, te lo giuro.».
«Lo so, anche io ti conosco a
sufficienza da sapere quando sei serio con una ragazza e quando
no.» ammise,
in fin dei conti in quel campo erano fatti della stessa pasta. Si
passò una
mano nervosamente fra i capelli, piuttosto imbarazzata dalla gaffe che
aveva
appena compiuto. Nel suo contorsionismo di non fargli capire che in
realtà ci
era rimasta un po’ male, era riuscita solo a dimostrargli il
contrario, cosa
che però lui sembrava non aver colto.
«Perché avevi paura di un mio
rifiuto?» gli domandò a bruciapelo, tornando ad
osservare le sue pozze
celesti «Ho fatto qualcosa che ti abbia fatto intendere che
io voglia
allontanarti?».
Il biondo scosse
il capo, portandosi poi una mano dietro la nuca, imbarazzato.
«No, beh... in
realtà... é solo che non mi hai ancora dato una
risposta da quel giorno sul
terrazzo della scuola, sai. Mi hai baciato di tua spontanea
volontà a casa tua
e da lì più nulla, non una parola o un segnale.
Ho pensato che per non dirmi
nulla, semplicemente non ti piacessi e non sapessi come rifiutarmi,
perché sei
troppo gentile per farlo in modo brutale.» spiegò
tutto d'un fiato, voltando
poi lo sguardo altrove, ad osservare una coccinella che camminava su un
muro,
come se fosse la cosa più interessante del mondo.
Lei appoggiò una mano sul suo viso,
facendolo voltare e tornare nuovamente a guardarla, sorridendo radiosa.
«Scusa.» disse seriamente intenerita, alzandosi in
punta di piedi,
appoggiando una mano sulla sua spalla come leva e lasciare che, quella
precedentemente sul suo volto, andasse a giocare con il ciuffo dei suoi
capelli
che gli ricadeva ribelle su questo, scostandolo appena.
Arrossì un poco sulle
gote, accorgendosi solo in quel momento di essere volontariamente a
pochi
centimetri dal suo viso. «Sono dell’idea che il tuo
cervello si perda sempre
in troppi pensieri contorti e assurdi, perché io non sono
così buona come credi
tu. Se avessi voluto scaricarti, credimi, l’avrei
già fatto da un bel
pezzo.». Lo punzecchiò un pochino, forse per
spezzare la tensione, o
semplicemente nel tentativo di calmare se stessa, mentre il cuore
batteva
all’impazzata nel suo petto, al punto che arrivò a
credere volesse uscire da
questo. Il volto del biondo sembrò illuminarsi mentre
cercava di assimilare le
parole della rossa, voleva forse intendere che non lo stava rifiutando?
Che
poteva sperare di essere ricambiato? Aguzzò le orecchie,
avido di sentire ciò
che lei aveva da dirgli.
Lei rise, quando
vide che lui ancora non diceva nulla e sembrava paralizzato.
«Ehi,
intelligentone, ti sto dicendo che non ho intenzione di rifiutare i
tuoi
sentimenti.» s’alzò di più'
sulle punte, mentre lui assumeva un'espressione
mista tra gioia e incredulità. «Himichan...
» sussurrò solo, piegandosi
verso il suo viso, le labbra così vicine
s’attiravano le une verso le altre
come in una sorta di magnetismo ineluttabile. Ed Himiko, mentre
chiudeva gli
occhi per assaporare ciò che stava per arrivare, decise che
era giunto il
momento di rivelare anche i propri sentimenti: «Natsu, io
ti--». Se in
quel momento avesse potuto continuare, sarebbe certamente stato
più semplice il
percorso delle settimane successive, ma il destino volle essere
crudele. Il
destino o qualcun'altro? Una vocina, comunque, interruppe le parole
della
ragazza: «Ehi! È proprio vero, i mostri polipi
quando si attaccano si
succhiano a vicenda!». I due si girarono e, non notando
nessuno, abbassarono
lo sguardo, per scorgere un bambino all’incirca
dell’età di cinque anni, che li
guardava dal basso, con la boccuccia aperta, come fossero la cosa
più
interessante del mondo. Himiko scattò indietro,
sciogliendosi dalla presa di
Natsu, totalmente rossa in viso, d’imbarazzo e di rabbia.
Possibile che ogni
volta che cercasse di dichiararsi dovesse succedere qualcosa che glielo
impediva? Natsu s’abbassò all’altezza
del bimbo, l’aria divertita.
«No no, i
polipi non si succhiano per lottare! Quando attaccano, usano i loro
tentacoli
per picchiarsi!».
Il bambino e Natsu
scambiarono qualche battuta allegramente, mentre la rossa si chiedeva
come
potesse essere già così disinvolto, lei si
sentiva tutto un fremito, mentre
portava le mani sulle guance e si accorse che emanava fuoco dalla
pelle. «Che seccatura!» sbottò in una
perfetta imitazione di Shiki e il suo modo
di dire preferito, prima di alzare lo sguardo per caso ed individuare
Oda
appoggiato al muro poco più in là, braccia
conserte, sigaretta tra le labbra ed
espressione soddisfatta mentre guardava la scena con occhi penetranti.
Cosa
cavolo stava succedendo?
Una
venuzza iniziò a pulsare sulla sua
tempia, la testa che sembrava fumare di rabbia, mentre già
s’avvicinava al
bruno, afferrandolo per il colletto della camicia.
«Oooooda!» ululò, scuotendolo
appena «Mi stai forse pedinando?». E ne era certa,
perché lui non stava
mai in un posto per puro caso e quel giorno era già la
seconda volta che lo
incontrava in una casualità troppo sospetta.
Lui sorrise divertito, afferrando
delicatamente la mano di lei e facendole mollare la presa.
«Dai piccola, me
la sgualcisci.». Aspirò un altro tiro dalla
paglia, buttando fuori il fumo
con fare rilassato, al che Himiko non ci vide più. La sua
faccetta colpevole
l’avrebbe riconosciuta fra mille.
La guardò
divertito, prima di gettare la sigaretta ormai finita in una pattumiera
lì
vicino, con una mira quasi surreale. «Dai, lo ammetto, il
marmocchio ve l'ho
spedito io. E anche le tipe di prima. Piaciuti i miei pacchi regalo? Mi
sento
un po' Babbo Natale!» rise, mentre lei quasi ringhiava dalla
rabbia. Natsu
osservò la scena da lontano, accarezzò la
testolina del bimbo e si allontanò da
lui, avvicinandosi ai due. «Che succede?» chiese al
bruno, che di colpo
si fece serio. «Succede che una persona mi ha affidato il
compito di
occuparmi di Himiko, assicurarmi che stesse bene e che non soffrisse, e
se
questo significa espellerti dalla band pur di non farvi avvicinare
più di così,
per quanto tu possa essere bravo, mi sta bene. Himiko é un
VAMPIRO e tu sei un
CACCIATORE, non ho la minima intenzione di lasciartela.»
tirò a sé la ragazza
e la strinse forte, mentre quelle parole colpivano i due come docce
gelide in
pieno inverno.
Lei si voltò appena, limitata dalla
stretta di lui, facendo ciò di cui si sarebbe pentita
probabilmente per il
resto della sua vita. Gli mollò un cinquino in pieno viso,
facendo più male a
se stessa di quanto realmente fosse il dolore fisico provato da Oda.
«Non ti permettere!» tuonò,
mentre il cuore sanguinava per una nuova ferita piuttosto profonda.
L’unica
persona su cui aveva sempre creduto di poter contare, l’unica
che era sicura
l’avrebbe sempre sostenuta in modo maturo, aiutandola nelle
scelte della vita,
le stava ora imponendo un suo egoistico volere in un modo altamente
infantile. «Chi sei tu? Tu non sei il mio Oda. E se lo sei,
vuol dire che allora non ho
mai veramente capito nulla di te e hai sempre celato il tuo vero io o
una parte
di questo. Ciò mi addolora, ma se deciderai di volermi
imporre delle scelte,
allora sappi che io non ci sto!».
«Io non ti sto
imponendo una mia scelta. Io ti sto mettendo dinnanzi ad un dato di
fatti,
Himiko. Cosa diamine possono saperne due mocciosi come voi della
guerra,
eh?» secco, irritato, non si massaggiò nemmeno la
guancia arrossata, ma li
guardò entrambi severamente, come un padre. «Le
cose non stanno bene, ragazzi.
C'è burrasca, Okura sta facendo di tutto per tenere rapporti
civili, ma voi… » guardò sprezzante
Natsu «… maledetti state rovinando tutto con il
vostro orgoglio, come sempre, come già duemila anni fa avete
fatto. Siete
feccia e non permetterò che Himiko, anzi, che entrambe le
gemelle, rimangano
ferite a causa vostra e a causa della guerra che state minacciando di
far
riscoppiare.».
«Che colpa ne abbiamo Shiki ed io se
le nostre famiglie sono in conflitto con le vostre? Quale diritto avete
di
impedirci di stare bene insieme, solo perché fra di voi
vigono conflitti?»
domandò serio, i pugni in una morsa, mentre lo sguardo si
faceva gelido, nel
guardare il bruno davanti a sé. «Che male
c’è nell’amare qualcuno anche se
diverso da noi?» calcò la mano, seriamente
incredulo di ciò che Oda andava
dicendo. Certo che molte guerre erano scoppiate e avrebbero continuato
a
crearsi, se le loro mentalità seguitavano a navigare in un
oblio, rimanendo
chiuse nel loro mondo senza accettare nessun’infiltrazione
dall’esterno, positiva
o negativa che fosse.
Oda scosse il capo «Non hai capito un cazzo, Natsu. A noi
vampiri non frega nulla di voi, siete
voi che continuare a cercarci, minacciare di ucciderci ad ogni sgarro,
siete
voi il problema, voi che odiate Okura a morte, voi che ci perseguitate
e ci
rendete la vita impossibile. Dopo duemila anni da che le nostre strade
si sono
separate, continuate a trattarci come se fossimo dei mostri. No, non
lascerò
che Himiko venga a contatto con te e la tua gente più di
così, le fareste solo
del male. Cosa farebbero i tuoi genitori, se sapessero, eh
Natsu?» chiese,
prima di incalzare, infuriato «COSA FAREBBERO?».
Natsu tacque, così anche
la rossa. Cosa dovevano dire? Era troppo chiaro ad entrambi che
l'avrebbero
cacciata fino a che non l'avessero uccisa e la guerra allora sarebbe
scoppiata
davvero, senza troppi ripensamenti. Stava per dire qualcosa, ma non
sapeva
davvero come rispondere, perché sapeva perfettamente chi
é che aveva ragione.
Oda continuò, dopo essersi calmato. «Himiko
sarà un vampiro per l'eternità,
continuerà ad avere bisogno di sangue, non vive di cibo
umano, che tu lo voglia
o no, quello ci fa gola solo per il buon sapore, ma non ci sfama e non
lo farà
mai. Si nutrirà perennemente del sangue di animali o di
sacche ematiche che ci
passano i vampiri che lavorano in ospedale... e poi? Se un giorno
avesse una
crisi e ti azzannasse? Cosa accadrebbe, Natsu? Lo sai cosa succede ai
cacciatori che vengono morsi da vampiri? LO SAI?!».
Natsu abbassò lo sguardo, ben conscio
di dove avesse voluto andare a parare il bruno. Diventare un ibrido,
beh, per
lei sarebbe stato disposto anche a questo, se avesse potuto godere di
momenti
felici al suo fianco, ma sapeva bene che non era ciò che
voleva intendere Oda,
che la sua preoccupazione era tutt’altra. Non seppe veramente
cosa rispondere,
così come anche Himiko, che era rimasta in silenzio, scossa
da quelle parole,
mentre sentiva il cuore spezzarsi in mille e più frammenti.
Guardò
alternativamente i due ai suoi fianchi opposti, realizzando solo in
quel momento
ciò che Hagumi volesse intendere con l’egoismo in
amore e sì, in quel momento
si sentiva la persona più egoista del pianeta. Sapeva a cosa
andava incontro,
ma non voleva rinunciare a lui per questo e se Natsu si fosse fidato di
lei a
sufficienza, avrebbe lottato fino allo stremo delle forze per la causa
in cui
credeva.
«Scusa Oda, non posso farmi
intimorire da quello che dici. Lo sai, mi conosci, lotto per le cose in
cui
credo e io non credo in questa guerra. Per quanto le tue ragioni siano
reali e
pericolose, non ho intenzione di limitare la mia vita, di vivere di
proibizioni
e rimpianti, solo perché c’è chi cerca
continuamente conflitto. Non posso. È
vero, non ho una vita da vivere, ho davanti
l’eternità, ma non per questo è una
motivazione valida per non vivere appieno ogni momento pensando che il
futuro
mi darà altre opportunità, magari migliori, da
cogliere.».
Oda sembrò
placarsi un istante e guardare Himiko con infinita dolcezza.
«Sei sicura,
Himichan? Io sono un anziano, se ti ficchi nei guai con lui, non
potrò
aiutarti.» chiaro e conciso, cristallino, mentre Himiko lo
guardava
spaesata. In pratica era come scegliere tra l'amore per Natsu e
l'amicizia con
Oda, giusto? «Oda... » bisbigliò appena,
prima di reprimere un singulto,
premendo una mano sulle labbra. «Mi dispiace.» fu
tutto ciò che riuscì a
dire, mentre la vista si appannava. Non poteva piangere davanti a lui,
aveva
scelto e lui non poteva più essere il suo appiglio. Si
voltò, dandogli le
spalle. «Grazie di tutto. Me la caverò,
davvero.» aggiunse infine, prima
di allontanarsi a passo svelto, sconvolta e scossa dai singhiozzi.
***
Batté
impazientemente il piede sul
terreno, guardandosi intorno con fare scocciato. L’aveva
cercato per ben due
ore e di lui nessuna traccia, ma era certo non fosse un codardo e che
non si
stesse nascondendo. Sbuffò e fece per voltarsi, pronto a
riprendere le
ricerche, quando scorse la sua figura al di là del cortile.
«Ehi, ti sei dimenticato la nostra
sfida?».
Il bruno portò una mano sugli
occhi, a proteggerli dai fiacchi ed aranciati raggi del tramonto, il
sole
maestoso che si ergeva alle spalle del ragazzo di fronte a lui.
«Ovvio che
no. Piuttosto tu, stai andando via? Fuggi?» chiese con un
ghigno «Mi
sembra sia tu a non esserti fatto vedere in giro, Shiki, io dovrei
pensarlo di
te.» precisò pacato, abbassò la mano e
procedette in sua direzione, Shiki
fece altrettanto e s’incontrarono a metà strada.
«Uhm, sì, sono stato
occupato.» Meglio glissare con chi lo fosse stato.
«Ah sì? La sfida l'hai
lanciata tu, ricordi?».
Il moro lo guardò di sbieco.
«Ovviamente.». Si fermò ad osservare un
istante il cielo, per poi tornare
a guardare Shin davanti a lui.
«Allora che sfida preferisci?»
domandò il bruno, impaziente di fargli vedere chi fosse il
migliore e vincere
la possibilità di stare una giornata intera con la sua
Hagumi, senza Shiki tra
i piedi. «Da parte mia non ho preferenze, scegli pure
ciò in cui sei
avvantaggiato, non ho intenzione di perdere.».
L’altro sembrò rifletterci un po’,
prima di scuotere la testa, l’aria annoiata.
«Nessuna.» esordì, lasciando
sbigottito Shin. Cosa significava “nessuna”?
«Non guardarmi in quel
modo.» sorrise, mentre si accendeva una sigaretta e tirava
un'ampia boccata «Oggi ho semplicemente deciso di essere una
persona di buon cuore e fare una
buona azione.». Shin aggrottò la fronte,
sentendosi preso per i fondelli «Non sono un idiota Shiki,
che stai dicendo? Non vuoi più sfidarmi?».
«Voglio dire» riprese parola l'altro «Che
non m’interessa più
sfidarti, ho cambiato idea. Passa una giornata solo con Hagumi,
invitala ad
uscire, comunicami quando sarà e prometto che non
verrò a romperti le uova nel
paniere. Non ne ho bisogno, in effetti.» terminò
serio, senza prese in giro
né altro. Hagumi ormai era sua, ne aveva avuto la conferma,
si fidava
ciecamente di lei e lasciarla a Shin per un giorno gli sembrava un buon
compromesso. «Ah, questo ovviamente sottintende che non
allungherai le mani
su una ragazza impegnata, anche se immagino che per uno che si
é innamorato della
propria sorella, certe questioni etiche le abbia un po' sfalsate, nel
cervello.».
Il bruno
boccheggiò un paio d’istanti, incredulo, poi
sorrise sornione.
«Ah quindi ti sei finalmente deciso
a far sul serio con lei?» lo punzecchiò,
schernendolo con una risata «Siete già arrivati al
punto di parlare in termini di proprietà? Deve essere
proprio un grande passo per uno come te.».
Si avvicinò al moro e gli picchiò una
mano sulla spalla, come a volerlo rassicurare dei suoi buoni propositi.
«Va
bene, accetterò questa situazione… »
improvvisamente si fece serio,
minaccioso «Sappi, però, che se le farai del male
io ti ammazzo.».
Lasciò andare la stretta, che si era
fatta piuttosto pesante, salutandolo con un cenno della mano.
«E poi, chissà
che Hagu in quella giornata che mi hai gentilmente concesso, non cambi
idea… ».
Shiki sorrise, per una volta
senza ironia, e fece spallucce «Credo sia impossibile. Tu
provaci, se vuoi,
magari sarà questa la nostra vera sfida.». Tanto
sapeva di non avere nulla
di cui preoccuparsi, perché Hagumi amava lui ed era certo:
dal modo in cui lo
guardava, dal modo in cui sussurrava quelle due parole come se fossero
la cosa
più preziosa del mondo, persino dal modo in cui pigolava il
suo nome, mentre
erano sotto la doccia, travolti dalla passione, e gli aveva confessato
di
essere il primo ed unico ragazzo per il quale avesse finalmente
desiderato di
diventare donna, abbandonando il corpo da ragazzina in cui si era
rinchiusa da
troppo tempo. Forse sarebbe cresciuta così in fretta, sotto
i loro nasi, che si
sarebbero accorti della metamorfosi accelerata solo una volta che
questa si
fosse completata. A lui, comunque, non importava, Hagumi gli sarebbe
piaciuta
anche vecchia e grinzosa probabilmente, semplicemente perché
era il suo cuore,
quello che amava e desiderava tenere con sé e difendere
più di ogni cosa al
mondo.
Shin fece spallucce, fermando la sua
camminata, voltandosi nuovamente verso il bel moro fece per rispondere,
ma un
urlo spacca timpani attirò la loro attenzione.
«DANNATO MOCCIOSOOO!» l’acuta
voce di Naoko rimbombò per l’intero cortile mentre
rincorreva un bambino biondo
all’apparenza d’incirca otto anni che
andò a nascondersi proprio dietro le
gambe di Shiki, facendo la linguaccia alla mora.
«Ridammelo subito!» sbottò lei,
allungando la mano in direzione del bimbo, affaticata per la corsa.
Shiki la
guardò, scuotendo la testa. « Ti sembra il modo di
andare in giro? Sei
indecente.» commentò acidulo, notando che la
cugina era tutta scomposta, la
canottierina bianca aderente che mostrava tutta la mercanzia.
«Shii-chan! Questo moccioso mi ha
rubato il reggiseno!» urlò stizzita, mentre
ricominciava a rincorrerlo
intorno alla figura del moro, senza riuscire ad acciuffarlo. Fu
però Shin che,
prendendolo per la collottola della maglietta, lo sollevò
leggermente da terra.
«Forza Yosuke! Ridaglielo.» gli
impose, il tono che non ammetteva repliche.
«Conosci questo
bambino, Minamoto?» chiese Shiki con un ghigno, mentre Naoko
rispondeva per
il bruno «CERTO CHE LO CONOSCE, HA CERCATO DI MORDERMI LE
TETTE, MALEDETTO
VAMPIRO!». Shiki alzò un sopracciglio, rimanendo
impassibile: un vampiro,
eh? Sembrava quasi si fossero dati tutti appuntamento in quella scuola.
Shin
sospirò stancamente, mentre afferrava il reggiseno della
mora dalle manine del
marmocchio, non senza diventare prima di tutti i colori, lui che non
aveva mai
toccato intimo femminile in vita sua, se non per puro caso quando
ancora
abitava con le gemelle ed entrando nella lobby trovava tutto sottosopra
e
metteva pazientemente in ordine. Tirò via il capo
d’intimo da Yosuke e lo porse
a Naoko, guardando altrove per l'imbarazzo. «Ecco...
tieni.» farfugliò
impacciato, mentre la ragazza si calmava, troppo presa a violentarlo
con lo
sguardo, quando faceva il timido era ancora più bello.
«Grazie!» squittì cercando
di imitare Hagumi, che tanto ormai l'avevano capito anche i muri che
Shin non
fosse indifferente alla sorella e Shiki la guardò
disgustato. «Risparmiaci.» ordinò secco.
Il moro la osservò per un momento,
l’aria divertita, sorridendo glaciale. «Ti ricordo
che anche il tuo adorato
Shin-chan è un maledetto vampiro.». Fu come una
doccia gelata per la mora,
che si accasciò a terra, affranta, frattanto che Shin
guardava Shiki come a
volergli dire “guarda che sono qui”. Yosuke si
avvicinò alla ragazza,
inginocchiandosi davanti a lei, sorridendo serafico.
«Non pensare a quell’idiota di mio
cugino, ci sono io qua, per te.» gongolò,
abbracciandola ed affondando la
testa nelle sue morbide protuberanze.
«MA ALLORA SEI UN BAMBINO
PERVERSO!» si riprese subito Naoko, alzandosi e mollando un
pugno al bambino
che schizzò qualche metro più indietro, dritto,
dritto tra le braccia di
qualcuno che era appena arrivato. «Yosuke!» la voce
squillante di Hagumi,
che aveva afferrato al volo il moccioso e ora lo teneva tra le braccia,
attirò
l'attenzione di tutti i presenti, che si voltarono a guardarla,
sbiancando alla
vista che gli si parò di fronte: Yosuke affondò
la testa anche tra i seni di
Hagumi che, nonostante fossero piccoli, diceva, erano morbidi e
profumati; alla
gamba della ragazza invece era avvinghiato Okura, che piagnucolava
qualcosa del
tipo che la confetta dovesse trasferirsi da lui, perché non
poteva più vivere
senza lei. Una tempia pulsò furiosamente sia sulla testa di
Shin, che su quella
di Shiki.
Partirono in contemporanea in direzione
della rosetta liberandola dai due indesiderati, Shin recuperando la
piccola
peste e Shiki colpendo Okura, che era rimasto spiaccicato a terra
dolorante,
continuando a farfugliare il nome di Hagumi.
Quando il biondo si riprese e vide il
bimbo, davanti a lui, cacciò un urletto che ricordava tanto
quello di una
donnetta in panico.
«AHHH SEI QUI!» in una scena
teatrale si rialzò da terra, in panico, correndo a
nascondersi dietro la
confettina «DIMMI CHE NON C’È ANCHE
LEI!».
Il bambino lo guardò con un cipiglio,
mentre il viso si contorceva in una smorfia divertita, usando Shin come
appoggio, le braccia conserte.
«Oh, la mamma… » ma non
terminò
la frase che una donna bionda come il bimbo, gli occhi ambrati e il
portamento
come quello di una modella, accentuato dalla vita stretta e i seni
giganteschi,
finì per lui.
«Sì, sono qui, Okura.»
la voce fu gelida e tagliente, mentre la statuaria figura
avanzò anchegginando
e raggiungendo il gruppetto, sguardo fiero e mani posate sui fianchi.
«Zia
Akiko!» cinguettò Hagumi, saltando tra le braccia
dell'adorata zia, che con
la ragazzina si addolcì infinitamente. «Haguchan,
come sei cresciuta e che
bella sei diventata!» disse teneramente, guardandola con
amore «E tua
sorella?» chiese guardandosi in giro in cerca della rossa.
«E mia
sorella?» domandò poi, ovviamente si riferiva ad
Ai, sua sorella maggiore.
Okura, che per l'allontanamento di Hagumi era rimasto senza riparo, si
accucciò
a terra ed iniziò a tremare come un cagnolino infreddolito,
gli occhietti
chiusi e le mani sul viso. Shiki, in piedi proprio accanto a lui, lo
guardò
pensieroso: come poteva, quell'idiota, essere capo degli anziani? Cosa
aveva di
particolare per ricoprire la carica più importante nel mondo
dei vampiri? Non
riusciva proprio a capirlo e per un genio come lui era frustrante.
Aveva in
realtà notato molte cose, che agli occhi degli altri
probabilmente erano futili
dettagli, era certo di avere la soluzione del dilemma a portata di
mano, ma
come riordinare i tasselli? Gli mancava forse la chiave di
tutto. Si scosse e
tornò ad osservare la scena, mentre la bellissima bionda,
forse l'adulta più
bella mai vista, anche più di Ai, ordinava a Yosuke di
smetterla di fare marachelle
alle belle signorine e si muoveva verso Okura, portandosi di fronte a
lui. «Il solito codardo, noto. Abbiamo un conto in sospeso
noi due, mi pare.
Vogliamo chiuderlo adesso?». Okura sbiancò e si
sentì sprofondare in un
vortice oscuro.
«No, no, no! Via Akiko! Sciò!»
singhiozzò, portando le mani davanti a sé in
segno di protezione.
La donna scosse la testa, ravvivandosi
i capelli.
«Akiko-chan!» la voce di Ai fece
capolino, mentre la sorella si voltava in sua direzione, sorridendole
radiosa e
gesticolando con una mano.
«Ai-chan!» canticchiò,
stritolandola in una morsa affettuosa, facendo poi lo stesso con il
cognato. «Kojiro-chan, che bello vedervi!».
Okura si afflosciò su se
stesso, tirando un sospiro di sollievo. «Ai-chaaaan! Mia
salvatrice. Ti
aaaamooooo!» piagnucolò disperato, strisciando
verso di loro, mentre Akiko,
stizzita, si voltava verso di lui e gli piantava una pedata sul viso.
«A CHI
DICI "TI AMO"? BRUTTO DON GIOVANNI DA STRAPAZZO, DÌ DI NUOVO
UNA COSA
DEL GENERE A MIA SORELLA E TI SVENTRO VIVO!» era
così indiavolata che gli
occhi lampeggiavano dall'ambra al rosso sangue e i lunghissimi capelli
biondi
svolazzavano attorno al suo corpo, avvolti da un'aura terrificante.
Shiki,
Shin, Hagumi e Naoko erano in fila ad osservare la scena spiazzati,
mentre Ai
ridacchiava divertita e Kojiro cercava di placare l'animo della
cognata, e
tutti e quattro erano decisamente sconvolti. «Non sapevo che
anche zia Akiko
conoscesse Okura.» buttò lì Shin ed
Hagumi scosse il capo negativamente. «No, neanche io. Questo
mi fa credere che Okura sia legato alla nostra
famiglia più di quanto possiamo immaginare.»
abbassò il capo, inquieta, e
Shin le lasciò una carezza sulla nuca, senza dire nulla. Gli
sorrise grata,
prima che un altro grido spezzasse la quiete di quel buio e del
silenzio ormai
calato sulla scuola, alla fine della festa sportiva. In lontananza,
Himiko
correva con un'espressione tirata e contrita, come se stesse
trattenendo le
lacrime, e Natsu la seguiva pochi metri più indietro,
dicendole di fermarsi.
Sotto gli occhi di tutti, l'afferrò per il polso dopo un
veloce ed agile scatto
verso di lei. «Lasciami parlare, ti prego. Non allontanarti
da me, ora che
hai deciso. Non rinchiuderti in te stessa, non abbandonarmi, ti
prego!» lei
alzò lo sguardo lucido verso di lui, gli occhi cerchiati di
rosso come quelli
di un coniglietto, e stava per gettargli le braccia al collo e
lasciarsi andare
ad un pianto liberatorio tra le sue braccia, quando si accorse che non
erano
soli. Paralizzati, si voltarono verso il resto del gruppo, tutti
altrettanto
immobili e pietrificati, e questi si scossero, facendo finta di non
aver visto
nulla. Okura, Kojiro, Ai ed Akiko improvvisarono una partitella a carte
seduti
a terra con un mazzo tirato fuori da chissà dove, Yosuke si
appolipò di nuovo a
Naoko e Shin cercava di tirarlo via, Shiki era seduto a terra ed Hagumi
inginocchiata dietro di lui gli faceva pettinature buffe, urtandogli,
tra
l'altro, non poco i nervi, il moro si chiedeva perché doveva
essere coinvolto
in quella scena comica e far finta di nulla, se comunque aveva visto e
sentito
tutto?
Entrambi arrossirono di botto fin
dietro le orecchie, mentre la scenetta del gruppo rendeva il tutto
ancora più
ovvio.
«Himiko-chan!» scattò Yosuke,
scocciato di dover far finta di nulla, quando non vedeva
l’ora di saltare al
collo della cuginetta. Corse in sua direzione e, come poco prima con
Hagumi, si
slanciò per appendersi al collo di lei e affondare il viso
fra i suoi seni,
strofinandolo fra questi. Quando riemerse, lei gli fece una carezza
affettuosa
sulla testolina bionda mentre sembrava dimenticare ciò che
l’affliggeva, dando
un bacio sulla guancia del bimbo in segno di saluto. Questo
però girò
velocemente la testolina, ben conscio che la rossa avrebbe mancato il
bersaglio, finendo per centrare le sue labbra.
Natsu spalancò la bocca, totalmente incredulo.
Come si permetteva quel moccioso di prendersi tante libertà
con Himiko? Lei
si allontanò
perplessa dal volto del bambino, che la guardava angelico, e sorrise un
po'
stringendolo a sé: il solito furbetto! Natsu lì
accanto stringeva i pugni e
digrignava i denti, non aveva idea di chi diavolo fosse quel moccioso,
ma
sentiva di odiarlo già, dal profondo del cuore,
perché era riuscito in mezzo
secondo a fare ciò che lui tentava da settimane e in cui non
aveva ancora avuto
successo. Poteva mica essere più impedito di un bambino di
sei, sette o quanti
cavolo di anni poi avesse? «Himichan... »
farfugliò trattenendo una
risatina isterica «Chi diavolo é questo
moccioso?» si corresse ad
un'occhiataccia della rossa «Questo ADORABILE
moccioso.» corresse sottolineando
con disgusto la parola centrale. «È il nostro
cuginetto, si chiama Yosuke e
va in seconda elementare.» disse mettendo giù il
bambino, che ormai era
troppo pesante per tenerlo appeso al collo senza ripercussioni sulla
spina
dorsale. «Ma... che... simpaaaaticooooo... »
sibilò, afferrando le guance
del marmocchio con due pizzicotti decisi e tirandogliele, irritato.
Hagumi si avvicinò ai due, dando una
pacchetta di conforto al suo migliore amico, Shiki al seguito, che in
uno
scatto si portò davanti alla confettina, in segno di
protezione. Un gruppo d’ibridi
stava piombando dal tetto della struttura scolastica, cadendo proprio
sopra di
loro in fase di attacco. «ATTENZIONE!»
urlò Okura, schivando uno di
questi e voltandosi dapprima verso la figura di Ai, poi verso le
gemelle,
assumendo l’aspetto di vampiro completo. Si
rivoltò giusto in tempo per fermare
l’attacco di un ibrido, che l’aveva puntato in
seguito alla sua distrazione e
scaraventarlo via con una potenza inaudita, travolgendo anche quello
che stava
per colpire alle spalle Naoko, frattanto che era impegnata nel
combattimento
con un altro di questi.
«Non ho bisogno del tuo aiuto
nonnetto!» tuonò lei, congiungendo le mani al
petto, fra le quali apparve
una katana con cui, in un gesto seccò, tranciò la
testa del nemico davanti a
lei.
Tutti
i vampiri presenti si
trasformarono, mentre Shiki prese per un polso Hagumi e la
strattonò per
portarla accanto a sé. «Vai via di qui,
Hagu!» le intimò, senza ammettere
obiezioni. «Ma voglio aiutare anch’io!»
rispose frustrata. «Non puoi,
non hai poteri combattivi, non saresti in grado di...
ATTENZIONE!» la prese
tra le braccia e le fece scudo col corpo, mentre artigli affilati si
piantavano
nella sua schiena, trattenne a stento un urlo di dolore, non voleva che
la ragazza
si spaventasse. «Vai via, ho detto!». Hagumi lo
guardò disperata, poi
guardò attorno a sé: Himiko era in
difficoltà nonostante i suoi poteri da
marionettista, i nemici erano troppi e il suo spirito con cui formava i
fili
invisibili per sottometterli al proprio volere non bastava per tutti
quelli che
la circondavano. Natsu provò a correrle incontro per
aiutarla, ma la sua strada
fu sbarrata da cinque mutanti, di cui doveva sbarazzarsi prima, se
voleva
raggiungere la bella rossa; per fortuna arrivò Oda, attirato
da tutto il potere
che c'era nell'aria mentre era altrove, e con lui Hiro, che diedero man
forte.
Eppure
ancora non bastava.
Kojiro era intento a tranciare in due un nemico con le lame di vento
che era in
grado di creare, taglienti come spade affilate, mentre Ai, spalle a
spalle con
il marito, ne trafiggeva svariati con stalattiti di ghiaccio appuntite
che
schizzavano fuori dai palmi delle sue mani ad una velocità
impressionante.
Okura, cosa che meravigliò tutti, non sfoggiò
nessun potere particolare, se non
una conoscenza delle arti marziali approfondita ed una forza ed una
velocità di
movimenti sovrumana, dando filo da torcere a tutti. «Hagu,
maledizione,
guardami, non puoi rimanere qui, non sai combattere.» la
strattonò ancora
Shiki, per riportarla con l'attenzione su di sé.
«Sono l'unica a non poter
essere utile in battaglia, ma posso curare i feriti e... ».
«NON ORA!»
tuonò minaccioso, prima di spintonarla via da sé
e farla cadere verso la loro
destra, lui invece si buttò verso sinistra e con una
capriola riatterrò e tornò
in piedi. Un ibrido aveva appena tentato di tagliare loro le braccia ed
ora era
tra i due, dava la schiena a Shiki e puntava Hagumi, famelico. Si
avventò su di
lei con uno slancio inaudito e le era praticamente addosso quando
irruppe Hiro
e con un calcio lo spinse via, riatterrando oltre Hagumi e facendole da
scudo,
il suo corpo avvolto da un'aura argentata che, convogliata lungo gli
arti,
conferiva ai colpi fisici dei vampiri una forza incredibile, ed era la
stessa
tecnica che stava usando Okura. Hiro cadde in ginocchio, stravolto, non
era
ancora in grado di mantenere quella modalità a lungo. La
rosetta si affrettò a
creare l’aura bianca curativa nelle sue mani, ridonando
energie all’albino, che
la ringraziò, ma le intimò di uscire dalla
battaglia.
Hagumi
si arrese e fece per
andarsene, quando notò i suoi compagni
tutt’intorno a sé, ristretti in cerchio
dall’intero gruppo d’ibridi. Erano decisamente
troppi.
«Sono
più forti di quanto
potessimo immaginare.» commentò Okura, lo sguardo
grave, mentre temeva per
la sorte di tutto il gruppo. Oda annuì in segno di consenso.
«Neanche un
attacco combinato potrebbe aiutarci ora, siamo decisamente in
svantaggio
numerico.».
Un fischio acuto si diffuse nell’aria e, mentre tutti i
vampiri e i cacciatori
presenti si tapparono le orecchie sofferenti, il gruppo
d’ibridi sembrò reagire
a questo come un richiamo. Con dei balzi si allontanarono, raggiungendo
in un
primo momento il tetto scolastico, per poi scomparire dietro questo.
Okura alzò
faticosamente lo sguardo, lottando contro gli acuti che gli perforavano
le
orecchie, notando sorpreso una figura umana in controluce al sole,
proprio nel
punto in cui scomparivano i nemici. Ebbe quasi la sensazione che questa
sorridesse di trionfo e, quando anche l’ultimo ibrido
scomparve, lei li seguì.
Non poté fare a meno che rabbrividire, ben conscio della
sfida che era appena
stata loro lanciata.
...
continua...
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