A Song Of Eternal Creatures

di San e Rachel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

A Song Of Eternal Creatures


Cos'é una leggenda?
Una storia insolita tramandata di generazione in generazione, un racconto basato su esperienze di vita vissuta che, passando di bocca in bocca, assume sfaccettature sempre più inverosimili, perdendo di credibilità e divenendo così semplici storie per dilettare o spaventare i bambini.
Tuttavia ogni leggenda ha un suo perché, un inizio dal quale ha preso vita. Vi sono poi leggende più o meno famose, più o meno apprezzate, e molto spesso ruotano attorno a creature mistiche ed affascinanti di cui però non v'è alcuna reale prova della loro esistenza.

Un esempio? I vampiri.
Come dite, é sicuramente tutto inventato? Rimarreste sorpresi nel sapere quanto di vero c'é dietro tutto.
Mettetevi comodi, sarà un racconto incredibile.

In principio fu l'esilio.
Era il 116 d.C. e l'Impero Romano aveva ormai raggiunto la sua massima estensione, tuttavia non sempre era invincibile e fu proprio una legione decimata, di ritorno da una battaglia di confine, che s’imbatté in un villaggio disperso tra le montagne, un luogo pacifico dimenticato da Dio in cui tutto era incontaminato e dove la Pax Romana non era ancora giunta. Affamati, distrutti, trovarono ospitalità in questo piccolo popolo che viveva di caccia e pesca, in casolari di bambù, dove "denaro" e "mercato" erano parole ancora sconosciute. Fu in questa breve permanenza che impararono a conoscere questa gente estremamente particolare per molteplici punti: erano straordinariamente belli, poterono giurare molto più belli dei più belli mai visti; erano forniti di un fascino particolare e di una longevità oltremodo disumana, il loro cittadino più anziano aveva la bellezza di centoquarantacinque anni, età molto improbabile da raggiungere al tempo; infine, e forse punto più incredibile ed importante, erano dotati di particolari poteri che li differenziavano e li rendevano terribilmente potenti. Alleati o nemici, questo non si poteva dire, tuttavia al rientro a Roma e dopo aver esposto queste scoperte all'Imperatore Traiano, fu decretato il loro esilio in un'isola disabitata e pericolosa neanche segnata sulle carte, senza che potessero avere modo di tornare nel continente.
Traiano si ammalò inesorabilmente lo stesso anno e nel 117 d.C. lasciò questa terra. Per molto tempo i pochi che erano a conoscenza dell'esilio sostennero strenuamente la teoria che Traiano fosse stato maledetto da quella stessa gente che lui aveva bandito.

***

«Tu non capisci!» tuonò voltandosi in direzione dell’anziano, le mani strette a pugno, segno della forte rabbia «Morirete se non vi adatterete come noi!»
Il vecchio Hisashi lo guardò, all'apparenza rilassato, mentre volgeva lo sguardo al cielo. «Cercheremo altre soluzioni, non credo nella drasticità. Il nostro popolo ha sempre vissuto di tradizione, la dea bendata non ci ha mai abbandonato e non lo farà nemmeno ora.». L'uomo biondo tremava d'irritazione verso il vecchio ostinato che continuava a rifiutarsi di accettare il suo aiuto. Cercò di calmarsi, si passò le mani tra i sottili fili dorati, prima di rialzare gli occhi neri su di lui e cercare un tono più calmo con cui rivolgersi al fu capo villaggio, quando ancora erano sul continente. «Morirete.» ribadì asciutto, sedendosi poi su uno degli innumerevoli scogli che componevano il terreno sotto i loro piedi. Sembrava che la conversazione sarebbe andata per le lunghe, tanto valeva imitare l'anziano Hisashi e rilassare un attimo gli arti stanchi. «Ascoltami, te ne prego: posso salvarvi!» puntò lo sguardo pieno di speranza su chi era seduto di fronte a lui e poi lo alzò sul centinaio di persone che formava la folla alle spalle dell'anziano prima di voltarsi verso gli altri dietro di sé, erano circa la metà. Centosessantasette sopravvissuti esiliati e lui aveva potuto salvare solo un terzo di questi, mentre tutti gli altri si erano ostinati a seguire Hisashi e le sue folli idee di una soluzione che, sosteneva, presto sarebbe arrivata, senza dubbio sarebbe arrivata. Ma chi voleva prendere in giro? C'erano già stati sedici decessi nelle sue file, i più anziani morti per disidratazione. Non c'era acqua su quell'isola, un mare in realtà a circondarli, ma nessun modo per rendere quel nettare, così prezioso, privo di sale. Il biondo, però, sapeva cosa stava facendo, lui aveva in mano le redini della situazione, avrebbe potuto salvare tutti, se solo non si fossero intestarditi nel contrastare le sue idee. «Facendoci diventare delle bestie? Costringendoci a bere il nostro stesso sangue? Sciocchezze!» la calma apparente sfumata, mentre mormorii di disappunto si levavano dietro di loro. «E poi… l’immortalità! Quale eresia! Nessuno di noi vuole vivere per sempre, quando la nostra ora verrà, noi tutti saremo ben lieti di trapassare e goderci la pace di questa, ma non in una vita terrena. Tu e i tuoi compari siete dannati e lo sarete fino alla fine di questo mondo!» Il biondo scattò in piedi, inferocito, pronto a gettarsi verso l'anziano, per aggredire lui e la sua maledetta ostinazione, li avrebbe uccisi tutti. Fu fermato da due sostenitori della sua fazione, nonché suoi amici da tempo immemore, che lo afferrarono per le braccia giusto in tempo, prima che i suoi artigli potessero affondare nelle carni di Hisashi.
«HA CERCATO DI ATTENTARE ALLA VITA DEL CAPOVILLAGGIO!» urlò qualcuno dalla folla, aizzando tutti allo scontro con gli altri, che però non vi fu. Hisashi levò una mano, quindi si alzò in piedi e placò gli animi di tutti con poche semplici parole. «Abbiamo preso la nostra decisione, voi la vostra. Avete solo l'immortalità più di noi ed inoltre siete dannati... ma non siete più potenti! Cacciate gli animali, nutritevi con il loro sangue, ma se soltanto uno di voi osasse toccare uno di noi... sarebbe guerra aperta. Questa é una promessa! E ora andatevene, questa é la nostra parte d’isola. Le nostre strade si dividono qui... Addio.» furono le ultime parole, dopodiché calò il silenzio. Il biondo capo dell'opposizione scosse la testa incredulo, mentre il suo gruppo iniziava a voltare le spalle ed allontanarsi. Gli occhi neri si soffermarono su tanti di quelli che un tempo erano stati suoi amici. Possibile che dovesse finire così? Vivere sulla stessa isola ed ignorarsi per l'eternità? Non aveva senso. Meglio comunque della guerra. Strinse la mano di Hisashi, promettendo che avrebbero rispettato il patto.

Ma così non fu e il resto... beh, il resto é solo storia.

... continua...

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
"Possiamo credere che tutto quello che viviamo sia frutto solamente di una monotona vita come tutte le altre, specialmente in un paesino di provincia come il nostro, ma non si può nemmeno immaginare quali segreti possa nascondere una persona tanto vicina a noi."

A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 1


Era un vento funesto quello che soffiava sulla città, un vento che portava con sé solo essenza di morte e scompigliava i capelli rossi della ragazza seduta sulla balaustra, facendola rabbrividire non solo per il soffio gelido sulla sua pelle, ma anche per ciò che quel soffio le sussurrava alle orecchie: un qualcosa che non capiva, ma intriso di sangue, ne era certa. Tirò una grossa boccata dalla sigaretta che teneva tra le labbra, rosse di quel rossetto che tanto le piaceva, di una tonalità così simile ai suoi capelli e che si sposava benissimo con la carnagione pallida, bianca come forse solo un morto potrebbe essere. Osservò, con il limpido sguardo verdino, la figura seduta sull'altalena di fronte a lei e sospirò: «È strano questo vento freddo in questa stagione, vero?» chiese alla figurina minuta che continuava a dondolarsi fiaccamente su quel seggiolino. Quest'ultima, identica all'altra, se solo non fosse stato per i capelli rosa, gli occhi azzurri e la corporatura esile, quasi infantile, rispose con una scrollata di spalle ed un mezzo sorriso. «È tanto che c'è qualcosa di strano nell'aria, nee-chan.» rispose fermando l'altalena, puntellando i talloni sul selciato sotto di lei.

«Già, la stessa sensazione di quella volta.» aspirò un’ultima ampia boccata e gettò il mozzicone, raggiungendo la sorella. «Qualcosa sta cambiando, di nuovo.». Si lasciò cadere sull’altalena di fianco alla sua, imitandole il precedente gesto altalenante e fermandosi poi bruscamente ad osservare l’espressione della rosetta. Questa, dopo un attimo di smarrimento, alzò lo sguardo su di lei, annuendo afflitta, gli occhietti cristallini che brillavano. La rossa le sorrise dolcemente, allungando una mano in sua direzione, ad accarezzare la testolina rosa. «Andrà bene, io sarò con te e so che anche tu sarai al mio fianco. Sempre.». Le labbra di Hagumi si curvarono appena, in un sorriso dolce. «Sì.» rispose semplicemente, mentre anche sua sorella gemella ora sorrideva. Saltò in piedi, un sorriso ora a trentadue denti che le illuminava il viso, mentre porgeva una mano alla rosetta. «Suvvia, pensiamo a goderci i bei momenti finché ci sarà concesso. Che fai, vieni con noi?» domandò, indicando una Mustang nera alle sue spalle che frenava la sua corsa, intanto che un ragazzo si sporgeva dal finestrino, strombazzando ripetutamente il clacson e sbracciandosi in direzione delle due, subito imitato da una ragazza rossiccia.

«Mhh… » mugugnò la confettina, scuotendo leggermente la testa e declinando gentilmente l’offerta. «Len e gli altri mi attendono.».

«Non studiare troppo o il cervello non ti entrerà più nella testa!». Himiko le stampò un sonoro bacio sulla guancia, facendole l’occhiolino e avviandosi verso il gruppo di amici, che una volta caricata l’ultima arrivata, si affrettò a sgommare via.

 

***


Osservò il bel viso a pochi centimetri dal proprio, liberandosi facilmente dalla sua stretta, allentata dallo stato di profondo sonno in cui si trovava. Raccolse i vari capi gettati a casaccio per la stanza, indossandoli man mano che li trovava, e varcò la soglia uscendo dall’appartamento, senza voltarsi neanche una volta ad osservare il ragazzo assopito. Scese in strada, aprendo una lattina di birra avanzata dalla nottata e bevendone un’ampia sorsata, avidamente. Infilò il casco ed inforcò la sella della sua moto, seppur ancora leggermente brilla, aprì il gas, sgommando via alla velocità della luce. Si lasciò cullare dall’aria fresca del mattino, che le accarezzava la pelle, destandola completamente. Fu soddisfatta nel notare che arrivò al promontorio proprio in vista dell’alba; posteggiò il veicolo e scese, appoggiandosi alla palizzata, levando la lattina dalla tasca del giubbotto e assaporando nuovamente il gusto amarognolo della bevanda. Si arrampicò sulla staccionata e vi si sedette sopra, fermandosi ad osservare il gioco di colori aranciati del sole sorgente e il risveglio della città, rispondendo ora velocemente ad un sms.

«Perché te ne sei andata?!» una voce profonda, in quel momento piuttosto agitata, preceduta da uno stridio di freni.

Non si premurò nemmeno di voltarsi a guardarlo, sapeva benissimo chi era. Era ovvio. «E perché sarei dovuta restare?».

Lui la guardò incredulo, mentre la rossa voltava appena il capo in sua direzione, osservandolo nell’avanzata. «Pensavo… pensavo che avessi capito cosa provo per te… ». Himiko annuì appena, piegando la testa di lato, l’espressione per nulla sorpresa.

«Sì, lo so, mi dispiace.». «Ti dispiace?» domandò il moro incredulo «Ti ho dato tutto me stesso questa notte!»«Accidenti, mi sento onorata… » ironizzò la rossa, chiedendosi cosa si fosse messo in testa. Lui ci provava con lei da un paio di settimane, anche se aveva già sentito precedentemente tramite voci di corridoio della sua cotta per lei e, la sera prima, si era fatta rimorchiare ubriaca marcia ad un festino, l’aveva seguito a casa sua e l’avevano fatto. Quale dimostrazione di profondo affetto. Il ragazzo le si avvicinò ulteriormente, scavalcando la staccionata, approfittando dei pochi metri di terreno prima del precipizio, piazzandosi proprio di fronte a lei, cingendole la vita sottile.

«Dammi una possibilità, Himiko, ti prego. Lasciati andare per una volta, non scappare sempre dalle relazioni. Io… io potrei renderti felice!» Lei chiuse un momento gli occhi, sospirando, riaprendoli poi per osservare fieramente il moro, ferma sulla sua decisione.

«Non posso, Seiya.». «Perché?!» scattò lui, appoggiando ora le mani sulle sue spalle, scuotendola appena. «Dammi una ragione!».

«Chiamalo sesto senso.» ed era vero, non era spiegabile razionalmente il perché lui non andasse bene, ma sentiva ciò. E, ne era certa, nel momento in cui avrebbe trovato quello giusto, lo avrebbe saputo.

«Fottiti stronza, abbassa quella cresta da gallina che ti ritrovi!» scattò nuovamente il ragazzo, afferrandola ora per il colletto del giubbotto, l’espressione decisamente furiosa.

«Ehh, ma quanto amore che predichi!» sogghignò lei, stringendo di più la presa sulla lattina di birra e, con un gesto fulmineo, lo lavò da cima a fondo. Gli fece “ciao ciao” allegramente con la mancina, riscavalcando la staccionata e rinforcando la moto, mentre lui ululava per il bruciore agli occhi causato dalla bevanda.

Corse più veloce che poteva, aprendo il gas al massimo, posteggiando poi malamente davanti ad un edificio piuttosto elegante, ignorando le proteste del portiere e salendo le scale fino al quinto piano a tempo di record. Non le andava di prendere l’ascensore, l’attesa l’avrebbe uccisa. Arrivata davanti all’appartamento in questione, puntò il dito sul campanello, che trillò per due minuti buoni incessantemente. Quando la porta si aprì, trovò quelle due forti braccia pronte ad accoglierla, come sempre, e senza pensarci due volte vi ci si tuffò, liberando finalmente le lacrime.

«Ma che succede?» la voce impastata precedette la vista di un’arruffata testa bionda, che spuntò da dietro il divano, appendendosi al bracciolo per sollevarsi e sporgersi a sufficienza da osservare l’entrata della stanza.

La longilinea figura del bruno, si portò un dito sulle labbra, in segno ad uno dei due abusivi ospiti di tornare a dormire, mentre spariva con la rossa visibilmente scossa fra le braccia nella sua stanza da letto.
Un'altra voce assonnata provenne dai piedi del divano dove, su un futon, un altro ragazzo si stava svegliando «Che succede, Natsu?». Il biondo, ancora affacciato al bracciolo con lo sguardo profondo fisso sulla porta dove erano scomparsi gli altri due, fece spallucce «Torna a dormire Ryo, era solo quella rossa squinternata.» borbottò rituffandosi con la testa sul cuscino, con un grosso sbadiglio. «Himiko? Che ci fa qui, a quest'ora?». «Ha preso Oda per il suo psicologo.» commentò l'altro, ridacchiando, prima di tornare improvvisamente serio «Oda s'è un po' fritto il cervello con Himiko, che lo vede solo come un rifugio sicuro.» commentò atono ed algido, tanto che Ryo per un attimo si spaventò. Natsu non era lo spensierato di ogni situazione? Non concepiva quello strano cambiamento d'umore, ma non fece domande, sentiva che era meglio lasciar correre. Il bruno si accese una sigaretta, porgendo il pacchetto anche all’amico, offrendogliene una, sapendo che l’avrebbe rilassato. Alzò appena il busto, puntellando il peso sulle braccia, osservando la porta della stanza di Oda.

«Io penso che ti sbagli, in ogni caso.» tirò un’ampia boccata, giocando a fare dei cerchietti con il fumo che fuoriusciva dalla sua bocca. «E che dovremmo levare le tende, era già contrario ad ospitarci stanotte.».

Natsu lanciò un'altra occhiatina a quella porta, prima di scrollare le spalle e accendere la sigaretta. «Se io mi sbaglio, non devono fare nulla, ergo noi possiamo rimanere. » sorrise appena, non aveva la minima voglia di tornare dai suoi, in quella casa dove veniva continuamente additato come inutile, superfluo, non voluto. Era stufo di quella situazione, ma era anche troppo pigro per iniziare a lavorare part-time e permettersi un appartamento suo, perciò quando poteva sfruttava l’ospitalità di Oda. Il bruno scosse la testa, spense la sigaretta nel posacenere sul tavolino di vetro, si alzò, infilando i pantaloni, e si avviò alla porta. «Beh, io comunque è meglio che vada, ci vediamo al locale. Buona fortuna!» ridacchiò appena e lasciò l’appartamento. Il biondo aspirò il suo ultimo tiro alla paglia, prima di rispondere al cellulare che aveva iniziato a vibrare incessantemente.
«Nami? I tuoi sono usciti? Ah, perfetto, arrivo.» terminò la telefonata e si rivestì, seguendo l’esempio di Ryo, ma pronto per un’altra lunga mattinata, decisamente più appagante.



***

 

Chiuse lo sportello del cellulare, sospirando appena alla lettura dell’sms della gemella. Infilò le ballerine rosa, borsa in spalla, e si avviò fuori di casa, raggiungendo a piedi la biblioteca comunale.

«Buongiorno signorina Tanaka.» salutò educatamente la bibliotecaria, riconsegnando alcuni libri e si avviò in direzione del suo tavolo preferito, quello vicino all’enorme finestra che dava sul giardino. Fu sorpresa, però, di vederlo occupato, soprattutto visto l’orario mattutino. Sgranò gli occhietti cerulei ed abbassò gli occhiali sul naso, per mettere a fuoco la figura che aveva preso il suo posto.

Rimase stupita nel constatare che il ladro di tavoli era qualcuno che conosceva, se non bene, comunque abbastanza. D'altronde come avrebbe potuto non conoscere il cugino di Natsu, con cui il suo biondissimo migliore amico passava maggior parte del tempo a scuola e anche fuori? In realtà si chiese com'era possibile essere così fortunati, dopotutto era tempo ormai che Shiki la incuriosiva e, spesso e volentieri, si era soffermata ad osservarlo: lei in aula era al primo banco accanto alla finestra, amava i posti accanto alle finestre, e nella scuola dalla pianta a forma di C squadrata, chi poteva essere se non lui che siedeva accanto alla finestra di fronte alla propria? Quante ore passate a sognare, osservando quel ragazzo un po' pigro dal buffo codino a forma d'ananas, che sbadigliava sonoramente durante una lezione o addirittura dormiva con le braccia sul banco e la testa abbandonata su di esse. Quei modi di fare strafottenti erano per lei come il miele per le api, l'attiravano inesorabilmente, e anche se non aveva mai avuto occasione di parlare con lui a quattr'occhi, le piaceva. Probabilmente, proprio perché era così diverso da lei, ma nel frattempo tanto simile. Lei era la classica ragazza un po’ secchiona, amava leggere i libri, a scuola aveva sempre voti alti ed era appassionata di medicina. Passava la maggior parte del suo tempo in biblioteca, da sola o con gli amici, ad imprimere tutte le sue forze nello studio, sognando di diventare medico. Lui, invece, per quanto svogliato fosse, era sempre nei primi posti della classifica nazionale e lo ammirava ed invidiava allo stesso tempo per questo.

Era sempre seconda a scuola, sempre. Per quanto s’impegnasse, c'era sempre lui sopra di lei nelle classifiche di metà e fine trimestre, nonostante tutti gli sforzi, superarlo era impossibile. Perché lei era una secchiona, lui invece un genio di natura. Ma questo non le provocava rabbia, non le portava odio, né rancore. Avrebbe invece voluto studiare con lui, capirne il segreto più profondo, almeno per sfiorarlo, per provare a raggiungerlo e fargli capire "Ehi, ci sono anch’io!". Voleva solo che la notasse, solo questo. Sospirò e si portò al tavolo, spostando la sedia attenta a non fare rumore, per non disturbarlo, ma lui si distrasse lo stesso. Alzò lo sguardo dal suo libro e la osservò un istante, indecifrabile, poi tornò a leggere, senza dire nulla. Quando lui distolse gli occhi, si rese conto che aveva trattenuto il respiro e che era rimasta a mezz'aria, a pochi centimetri dalla sedia, senza riuscire a sedersi né muovere un solo muscolo, incatenata da quelle due pozze nere.

«Se è un problema… ». «No.» esordì solo lui, precedendola sulla domanda. «E poi è il “tuo” posto.».

Hagumi si ritrovò a guardarlo piuttosto spaesata, mentre finalmente lasciava andare il corpo ad occupare il posto sulla sedia. Allora era a conoscenza della sua esistenza e perfino di una sua piccola abitudine. Si ritrovò a sorridere incredula e piacevolmente sorpresa, mentre apriva il grande libro, preso poco prima da uno scaffale vicino, alternando lo sguardo dalla lettura a lui, cercando di non darlo a vedere.

Si sentiva piuttosto accaldata, le gote erano due pomelli rossi e i denti torturavano quel povero labbro inferiore che, poverino, in tutto questo era innocente, ma da qualche parte doveva scaricare quell'ansia di parlargli, chiedergli tutto di lui, perdersi in lui, perché non aveva il coraggio di spiccicare mezza parola e la situazione stava diventando esasperante.

Dopo neanche cinque minuti, che per lei sembrarono un'eternità, Shiki alzò lo sguardo nuovamente e la guardò con la solita espressione, apatica e indifferente.

«Ehi.» disse solo e lei sussultò, urtando con la mano la propria borsetta in piedi sul tavolo, che cadde in avanti e rovesciò tutto il proprio contenuto, o almeno parte di questo, sul libro aperto di Shiki, che guardò il tutto stralunato.

«Oh. Oh, cielo, scusami, raccolgo subito tutto!» disse alzandosi in piedi ed aggirando il tavolo, portandosi accanto alla sua sedia e raccattando i vari oggetti frettolosamente. Qualche ciocca di lunghi capelli rosa ed ondulati di tanto in tanto lo sfiorava, lui ne prese una e l'avvicinò al volto e lei si bloccò, cercando di sembrare impassibile, in realtà il suo cuore era diventato un tamburo e a momenti le avrebbe perforato il petto. Si voltò a guardarlo, proprio mentre lui inspirava il profumo dei suoi capelli. «Come immaginavo, eri tu.» disse atono, alzando lo sguardo sul volto di lei «Sentivo un forte profumo di frutti di bosco, mi chiedevo da dove provenisse.» Non aggiunse molto altro, lasciò andare i sottili fili rosa e chiuse il libro con un tonfo, alzandosi in piedi. «Ci si vede in giro.» disse solo, prima di allontanarsi. Hagumi cadde indietro e dovette sostenersi con le mani sul bordo del tavolo, per non cadere a terra. Cos'era appena successo?


***


Il periodo dei primi caldi raggi del sole sembrava terminato con quella giornata tanto afosa e spossante. Si portò una mano davanti agli occhi, coprendo la forte luce che esso emanava. Quel clima tanto torrido sembrava amplificare all’infinito i suoi peccaminosi pensieri, che parevano doverlo condannare per sempre ad una vita sicuramente piena di agonia. Lo perseguitava, da troppo ormai. Tirò un sospiro, portandosi alle labbra la bottiglietta d’acqua e bevendo avidamente il suo contenuto e poi, ancora la sua immagine. Strinse con forza l’oggetto che aveva fra le mani, rabbioso, sfogando tutto il suo tormento su quell’insignificante e sfortunata bottiglia, gettandola bruscamente nella pattumiera al di là del cespuglio. Attraversò il piccolo ponticello che lo conduceva alla fine del parco, tratta necessaria per raggiungere la sua casa, soffermandosi solo pochi istanti ad osservare la sua immagine riflessa nel laghetto. Il viso si contorse in una smorfia di dolore, mentre disgustato probabilmente più da se stesso che da altro, distolse lo sguardo, tornando a puntarlo sulla via da seguire, quasi fosse uno strano scherzo del destino. La via da seguire, insomma, non era una scelta sempre molto semplice nella vita di una persona. Una folata di vento gli scompigliò i capelli castani, rinfrescandolo dal caldo del sole estivo che picchiava insistentemente quel pomeriggio. Sistemò meglio la tracolla della borsa e rimboccò le maniche della divisa scolastica, mentre quell’antipatica sensazione si faceva sempre più forte, preparandolo mentalmente a ciò che sarebbe successo da lì a pochi secondi.
«TESORO MIO!» la voce acuta e cristallina quasi gli perforò il timpano destro, mentre un peso morto gli si appese al collo. «Che bella coincidenza incontrarti!».
«Non posso dire altrimenti, Naoko… » bofonchiò il brunetto, cercando di far mollare la presa alla ragazza, che al contrario si faceva sempre più forte. Naoko strusciò il suo viso affettuosamente contro la guancia di Shin, facendogli le fusa, totalmente in estesi.
Una risatina nervosa si alzò alle spalle dei due, mentre una testolina rosa faceva capo ansimante, con un ginocchio sbucciato. Quando l’amica aveva visto il suo adorato fratellone da lontano, aveva iniziato a correre alla velocità della luce per raggiungerlo il più in fretta possibile, seminandola letteralmente. Lei di conseguenza aveva tentato di inseguirla ma, sbadata com’era, era ovviamente caduta e si era ferita. Irritante. Sì, notevolmente seccante.
«Shinicinuccio mio!» continuò la bella moretta, sbattendo alla velocità della luce le palpebre, provocando quasi un fruscio percettibile con le lunga ciglia nere e lasciando andare finalmente la presa al collo del ragazzo. «Non dirmi che stavi già andando a casa, dai vieni a divertirti un po’ con noi! Stavamo andando a bere qualcosa da Pink Tiger!» continuò, appendendosi subito al suo braccio per evitare che il ragazzo sfuggisse alle sue grinfie.
Shinichi lanciò un'occhiata veloce all'orologio da polso, quindi alzò lo sguardo sulla sorella dai capelli color confetto che era appena sopraggiunta.
«Mh... veramente... sono appena uscito dai corsi e devo andare al part-time... » cercò di trarsi d’impaccio, ben conscio di stare per ricevere l’ennesima strigliata riguardo ai suoi continui ed incessanti impegni. Impegni peraltro di cui aveva bisogno intensamente, per cercare di distrarsi dal non commettere quel terribile ma tanto ambito peccato.
Naoko, infatti, non lo fece neanche finire, sbuffò sonoramente e mise il broncio. «Da quando abiti da solo, non ci degni più di uno sguardo... finché eri a scuola con noi, passavi ogni momento in nostra compagnia... ma da quando sei passato all’università, sei diventato peggio di un fantasma! La cosa più comica è che la tua scuola è annessa al nostro liceo! Odio questo cambiamento!»
Shin sorrise un po' colpevole e appoggiò una mano sulla testa della mora, arruffando leggermente la sua lunga chioma, per consolarla. «Mi dispiace, sarà per la prossima... ehi sorellina!» il braccio si abbassò allontanandosi da Naoko quasi meccanicamente, mentre Hagumi li guardava un po' contrariata. «Ti odio Shin... ogni volta che Naoko ti vede, per inseguirla, prendo una caduta. » sbottò, prima di sorridere con infinita tenerezza al fratello «Tutto bene? Sono un paio di giorni che non ti fai sentire a casa, mamma é preoccupata... » lo sguardo del bruno sembrò farsi colpevole, forse perché lo era davvero.
«Lo so, son stato parecchio preso dai corsi e dal part-time… dille che sto bene e passerò a salutarla uno di questi giorni.» rispose distratto, perdendosi intensamente nelle iridi azzurrine di Hagumi per qualche secondo, osservando poi la sua splendida figura contornata da quei magnifici ed inusuali capelli rosa, prima di ridestarsi dai suoi inquietanti pensieri.
«Mh… » mugugnò incerta la confettina, osservando con un cipiglio il fratello «Guarda che se non passi non si offenderà solo mamma! Non puoi almeno raggiungerci dopo il part-time? Anche Himiko e gli altri saranno là, anche a lei farebbe piacere vederti ogni tanto!
».
Shinichi si lasciò scappare un’espressione leggermente tra il divertito e il contrariato, senza però scomporsi eccessivamente «Himiko?! Stiamo parlando della stessa persona? Son convinto che non appena mi vedrebbe inizierebbe ad urlarmi addosso, tentando di darmi qualche calcio per qualche assurda ragione! Come sempre del resto… ».
Se Shin e Hagumi avevano un rapporto totalmente affettuoso e maturo fra loro, con Himiko era un altro paio di maniche. I due passavano la maggior parte del tempo a litigare ma, lo sapeva bene Hagumi, era il classico comportamento di due fratelli, in fondo quei due si volevano bene e Shin soprattutto lo dimostrava quando qualche ragazzo si avvicinava troppo alla sorellina, iniziando ad abbaiare totalmente infastidito. Con la confettina era però molto diverso, decisamente troppo. Loro non avevano il comportamento di due fratelli e questo molto spesso le faceva male e le pesava fortemente, era un po’ invidiosa del rapporto fra i due, perché per quanto fosse dolce con lei, Shin si dimostrava sempre piuttosto distaccato, come se avesse paura di avvicinarsi troppo a lei. Ma paura di cosa poi? Non riusciva a trovare risposta e il tormento le rosicchiava il cervello ormai da mesi.
«Beh... allora nulla... buon part-time... » disse solo, cercando di nascondere la nota di delusione, facendo spallucce e salutando con un cenno della mano il ragazzo. Si congedò, lasciando che Naoko lo salutasse nel suo modo scoppiettante, mentre già aveva dato loro le spalle e si allontanava, l'amica la raggiunse più in là. Odiava vederli salutarsi, le dava brutte fitte al cuore e non trovare mai un perché o una risposta esauriente a questa situazione le provocava un senso di profonda frustrazione.

***

Aprì piuttosto bruscamente la porta del locale, sedendosi al bancone e ordinando un piatto di bignè alla crema e un frappé alla fragola. Una figurina esile uguale a lei, si avvicinò picchettandole una mano sulla spalla.
«Yo, brutta giornata?
» ridacchiò la rossa, portandosi una ciocca dei lunghi capelli dietro l’orecchio e sedendosi al suo fianco. «Guarda che per quando salirò sul palco, ti voglio carica ed energica, perché devi esser lì sotto a tifare per me e la mia band!».
Hagumi alzò lo sguardo sulla ragazza, mentre due lacrimucce iniziarono a pungerle gli occhi, e si lasciò cadere con la testa sulla spalla di sua sorella gemella. La rossa scrutò attentamente la sorellina, poi sospirò.
«Ok, ok… ho capito tutto… » fece un cenno al barista e ordinò una cioccolata calda in aggiunta al già ricco menù di Hagumi, capendo bene che alla sorella ci sarebbe voluto ben più di qualche bignè e di un frappé per riprendersi dall’incontro con il loro fratellone.
«È... é... un ghiacciolo... gelido... brutto, scemo, cattivo, antipatico... » continuò così per cinque minuti buoni, alla ricerca degli aggettivi più svariati, con Himiko che la teneva tra le braccia e le dava pacchette rassicuranti sulla testa e dietro la schiena in fallimentari tentativi di consolarla, con la consapevolezza che se avesse acchiappato Shin mentre era in giro in moto, lo avrebbe investito senza alcuna riserva.
«Su su… se ti fa sentire meglio la prossima volta che lo vedrò, lo prenderò a calci più duramente del solito!» sorrise entusiasta, ben felice di poter aver una scusa per aver la meglio su suo fratello.
Di conseguenza Hagumi la guardò notevolmente contrariata, per quanto potesse essere antipatico con lei, Shin non andava toccato! Era pur sempre il suo adorato Shinichi, o no?
Poi una risatina sfuggì anche a lei e la soffocò sulla spalla di Himiko. «Pff... beh dopotutto se li meriterebbe... » si riprese, infine, sciogliendo l'abbraccio e guardandosi attorno. «Dove sono tutti?» chiese, ma li individuò ancor prima di ottenere risposta. «Oh eccoli!» Un tavolo poco più in là ospitava tutto il gruppo, formato dagli amici di Himiko un po' alternativi e da quelli di Hagumi un po' nerd e secchioni, alla fine nonostante le differenze avevano fatto tutti amicizia con il tempo, probabilmente proprio grazie alle gemelle.
«Già, che ne dici di raggiungerli? Devo lavorarmi un po’ Akira, il nuovo arrivato, è troppo un asso con la chitarra, ci farebbe comodo nel gruppo… e poi… è un gran bel pezzo di… insomma guarda che razza di sedere si ritrova!» una scintilla maliziosa negli occhi smeraldo della rossa, lasciò tutto a intendere alla confettina su quali fossero i perversi pensieri che alleggiavano nella mente di sua sorella, non poté che scuotere la testa rassegnata. Himiko era veramente incorreggibile quando si parlava di ragazzi, ma non poteva darle torto riguardo al fascino di questo. Non era il suo tipo, certo, ma non era sicuramente da buttare nemmeno per i suoi gusti: piuttosto alto, sul metro e ottanta, esile e sempre con il fisico in mostra, grazie alle camicie con i primi bottoni slacciati. I capelli lisci e scalati, lunghi fino alle spalle, andavano a incorniciargli il viso, risaltando gli occhi color del ghiaccio, ancor più messi in mostra dalla matita nera immancabile. La rossa si avviò tutta contenta in direzione degli amici, tendendo la sorellina saldamente per mano e trascinandosela dietro, pregustandosi già l’appagante visione del nuovo arrivato. Tutti salutarono calorosamente l'ultima giunta, mentre tra Len e Sunako si creava lo spazio per far sedere la rosetta.
«Tutto bene, Haguchan? Ti sei ripresa?» chiese la prima un po' preoccupata per la sua migliore amica. Len era una ragazza molto matura, nonostante la sua giovane età faceva quasi da mamma a tutti, il che certe volte poteva risultare molto scocciante. La cosa curiosa era che, sebbene il suo aspetto angelico, andasse in giro vestita unicamente di nero, come se stesse in lutto perenne. Ad osservarla, in effetti, la sua espressione sembrava appartenere ad una persona in prossimità di avviarsi a un funerale, ma quando sorrideva, era radiosa come il sole e questo suo lato Hagumi lo adorava, perché quel piccolo gesto quando apparteneva a Len sapeva trasmetterle sempre tanta energia positiva. La ragazza appoggiò una manina sulla spalla di Hagumi per farle sentire che le era vicino, regalandole uno dei suoi famigerati sorrisi, e la rosetta sorrise di rimando, grata. «Sì, sto bene, solo un abbattimento temporaneo, sai che... » non poté terminare il discorso che l'urlo inferocito di Himiko spezzò la quiete e si espanse per tutta la sala. Il batterista non era ancora arrivato e pochi minuti dopo sarebbe iniziato il piccolo concertino live nel ritaglio di tempo che il Pink Tiger concedeva loro ogni giovedì sul tardo pomeriggio, prima che arrivassero band più prestigiose per la serata.
«Dove diavolo è finito quell’idiota?!» urlò adirata mentre Natsu, il chitarrista del gruppo, tentava di farla calmare. Cercò di fermare la sfuriata della ragazza, che era in procinto di lanciare una sedia, bloccandole le braccia, ma mancò la presa e finì per tastarle il seno, prendendosi di rimando un pugno sul naso e facendola inferocire ancora di più. Il biondino, totalmente affranto e ora arrabbiato quanto la rossa, mantenendosi il naso dolorante corse in direzione di Hagumi, abbracciando la confettina e cercando conforto in quell’anima dolce che tanto adorava.
«Ah fortuna che ci sei tu… » sospirò in estasi, strusciando la pallida guancia su quella tanto morbida di Hagumi «Su due gemelle almeno una doveva uscire come si deve… AHIA!» non poté continuare la frase che cacciò un urlo di dolore, ricevendo in pieno viso uno stivale appesantito da manette e mille accessori di Himiko.
Il ragazzo tornò a litigare con la rossa, mentre Hagumi tirò un sospiro e continuò a dedicarsi alla sua cioccolata, ordinata in precedenza dalla sorella, ignorando gli insulti che i due avevano iniziato a scambiarsi e tornando a chiacchierare allegramente con Len. Inutile dire che sarebbero andati avanti almeno per mezzora a bisticciare, come ormai consueta abitudine, quindi tanto valeva dedicarsi a faccende più piacevoli. Nel frattempo anche Naoko li aveva raggiunti e aveva preso a torturare la povera Sunako a suon di “Shin è troppo figo, è l’amore della mia vita, ma è uno stupido a darmi sempre buca” e altre sciocchezze simili. Sunako era esattamente l’opposto caratterialmente a Naoko e forse per questo andavano tanto d’accordo… o per meglio dire, Naoko parlava e Sunako annuiva silenziosamente ascoltando pazientemente le sue chiacchiere finché non si fosse sfogata, decisamente sottomessa. In ogni modo il pomeriggio continuò piuttosto piacevolmente, arrivò anche il batterista ritardatario, che si prese una tirata d’orecchie memorabile da Himiko. Il concerto fu molto gradevole, sorvolando sulle fans di Natsu che puntualmente guardavano Hagumi in cagnesco, quando il ragazzo le dedicava qualche commento o un’occhiata dal palco, ammiccando. Nonostante i suoi gusti musicali totalmente differenti, Hagumi doveva ammettere che la sorella e il suo gruppo erano veramente molto bravi e apprezzava davvero la loro musica. In qualche strano modo, quella gran pazzoide era anche riuscita a convincere quell’asociale di Akira ad entrare nella band come seconda chitarra. Quel poveretto era stato messo talmente alle strette dalla rossa, che non aveva potuto far a meno di accettare, pur di non sentir più le sue strabilianti e fasulle teorie di come sarebbe diventata notevolmente magnifica la sua vita se fosse entrato a far parte dei Lucky Rain. A show concluso, la confettina prese ad avviarsi verso il back stage del locale, per congratularsi con Himiko e gli altri ragazzi, ma finì per cadere rovinosamente a terra, sbucciandosi anche l’altro ginocchio. Alzò la faccia da terra, mentre due lacrimucce presero a farle DIN-DON-DAN dagli occhi azzurrini, quella era una giornata NO!
«Ahia… » si lamentò una voce alle sue spalle, mantenendosi lo stomaco dolorante «Non guardi mai dove metti i piedi?» le domandò adirato un ragazzo moro con il codino, scrutandola con delle profonde ed ipnotizzanti pozze nere, e alzandosi faticosamente da terra in tutto il suo metro e ottanta.
Hagumi si alzò di scatto, totalmente imbarazzata, inchinandosi davanti al giovane e scusandosi per la sua sbadataggine. «Scusa Shiki, non ti avevo proprio visto… ma anche tu, non potevi trovare un posto migliore per metterti a schiacciare un pisolino?» domandò con un cipiglio, arrossendo lievemente. Ogni volta che vedeva quel ragazzo, il suo cuore perdeva un battito… era cosi, così… maledettamente misterioso e affascinante! Peccato che lui non la filava minimamente e rubargli due parole era già un dono dal cielo, poiché sembrava dare importanza solo a suo cugino Natsu.
Il moro corrucciò lo sguardo, rimuginando sul fatto che forse la ragazza potesse anche aver ragione, sospirando scocciato. «Beh, poco importa, stavi andando dagli altri? Ti accompagno, imbranata come sei, sono sicuro che saresti capace di perderti o di rischiare di uccidere qualche altro povero malcapitato!» le sorrise beffardo iniziando ad incamminarsi, mentre il viso di Hagumi si tinse bordeaux per l’umiliazione. Lo seguì in silenzio, nel retroscena, con la mente un po' annebbiata, senza aggiungere altro; e niente vi era da aggiungere, infatti, come rifiutare il suo invito? Fosse stato per lei, lo avrebbe seguito fino in capo al mondo.


***

Un mattino soleggiato, le gemelle non avrebbero potuto chiedere di meglio per l'esperienza che stava per iniziare. Un mattino come un altro di metà Agosto, precisamente un venerdì, finalmente si partiva per il tanto ambito campeggio scolastico, a cui tutti gli studenti, o quasi, della loro scuola superiore avrebbero preso parte. Ovviamente era troppo sperare che le due arrivassero puntuali, perché se Hagumi era precisa e puntuale come un orologio svizzero, altrettanto non poteva dirsi di Himiko, che aveva scordato di preparare la valigia la sera prima e aveva dovuto fare tutto in fretta e furia prima di partire.
«Spero vivamente tu non ti sia scordata nulla. L'ultima volta non è stato piacevole doverti prestare persino lo spazzolino!» borbottò la rosata, precipitandosi verso l'entrata della scuola dove i pullman erano tutti ormai pieni e pronti alla partenza, nell’attesa solo degli ultimi ritardatari.
«Minamoto rosa e Minamoto rossa!!!» urlò adirata la professoressa di matematica, gracchiando in direzione delle due ritardatarie e sventolando istericamente qualcosa che assomigliava tanto a un libro della sua stessa materia.
Una mano si posò sulla spalla della donna che sembrò calmarsi in un istante, il viso intanto si tingeva di una fiammante gradazione porpora.
«Professoressa Hitsuya, non le fa bene agitarsi così. » la voce fredda e leggermente roca del giovane uomo sembrò ipnotizzarla seriamente.
«Oh professor Shibata… sono sempre in ritardo quelle due!» il tono della sua voce suadente, al contrario di quello che avrebbe dovuto avere.
Lui guardò l’orologio che portava al polso, volgendo poi lo sguardo sulle due giovani che entravano di soppiatto in uno dei pullman in partenza, cercando di evitare il rimprovero della professoressa.
«Faremo meglio ad affrettarci anche noi, se non vogliamo rimanere qui.» Sorrise beffardo alla donna e si avviò nello stesso bus su cui le due gemelle Minamoto si erano appena accomodate.
Come sempre, figlie predilette della fortuna, avevano individuato proprio il pullman giusto, quello dove almeno parte dei loro amici aveva preso posto. Salirono le scalette dell'entrata sulla fiancata posteriore e furono liete di trovare il solito gruppetto di casinisti in fondo ad esso.
«Uh, c'è posto accanto a Len. Come al solito la evitano, dicono porti sfiga.
». Borbottò la signora in rosa a sua sorella, infastidita.»Vado io a tenerle compagnia, ok?» le lanciò un'occhiata in segno di scuse e la mollò lì, in cerca di un posto singolo ancora vuoto. Per ironia della sorte, questo si manifestò poco dopo, proprio accanto al carissimo Natsu. Le tempie di Himiko iniziarono a pulsare con veemenza, mentre con un sorriso tirato si avvicinò al ragazzo chiedendo se era libero.
Ovviamente non attese risposta e si sedette tranquillamente di fianco al ragazzo, non prima di mettere il borsone di proporzioni megagalattiche che si portava appresso sul ripiano per le valigie, urtandolo con lo stesso.
«Ooops, scusa biondino!» sorrise beffarda e per nulla dispiaciuta, voltandosi subito in direzione di Akira seduto proprio dietro di lei, levandogli un auricolare e prendendo subito la scusa di ciò che stava ascoltando per attaccar bottone e provarci con lui, com’era ormai sua abitudine fare.
Natsu, ancora interamente sonnolento, mugugnò qualcosa e sembrò decidere per una volta di metter da parte l’orgoglio e lasciar correre, girandosi dall’altra parte e riprendendo sonno. Dopo alcuni minuti che si godeva il bel momento con Akira, però, Himiko si voltò verso il biondino al suo fianco con aria totalmente sorpresa.
«Sei finalmente andato a farti fare il vaccino contro la rabbia?» domandò divertita, notando che il ragazzo sembrava per la prima volta non voler attaccar briga con lei. La cosa era quasi seccante.
Natsu si voltò annoiato verso la rossa e sbuffò borbottando la prima cosa che gli venne in mente: «No, sono solo depresso perché la signora sfiga ha voluto farmi iniziare questo viaggio accanto a te, anziché alla gemella giusta. Quella carina e dolce per intenderci, non la psicopatica con manie ossessivo-compulsive, malata di provarci con tutti i bei faccini che incontra, compreso un certo tizio seduto qui dietro in questo momento!» chiuse il becco e si voltò nuovamente verso il finestrino, lasciando che la ragazza reagisse alla doccia fredda delle sue parole.
«La gelosia è una brutta bestia, te l’ha mai detto nessuno?» lo ripescò lei, afferrandolo con un buffetto sulla guancia e costringendolo con questo a girarsi, per continuare ad urlargli addosso totalmente imbestialita. «Se hai le tue cose, non dovresti prendertela con me! Va a sederti accanto alla gemella perfetta se tanto ci tieni!
».
La rossa mise il muso, rubò di mano il lettore mp3 ad Akira, cuffiette annesse, non lasciando neanche al poveretto il tempo di replicare, isolandosi totalmente con la musica a massimo volume. Si permise solo di dire un’ultima frase al biondino, levando un auricolare in caso di eventuale risposta, prima di decidere di ignorarlo completamente.
«E comunque è la mia signora sfiga, non la tua!».
«No, farò una cosa migliore, per evitare che sua maestà possa disturbare qualche altra povera anima. Ti mando tua sorella e vado a sedermi accanto alla Shimada... tanto più sfiga di così!» ribatté il ragazzo, alzandosi dal suo sedile per fare come detto. Ma a quanto pareva quel giorno gli scherzi del destino non finivano così. Nel passare tra lei e il sediolino dinnanzi a lei, cadde in seguito ad una brusca frenata dell'autista; quando riaprì gli occhi, il suo viso affondava in qualcosa di morbido e profumato. Profumo di abiti puliti e... due seni?
Un urlo che rimbombò in tutto il pullman, facendo voltare tutti i presenti verso i due, riecheggiò per due minuti buoni insieme ad un rumore di schiaffi. Inutile dire che Natsu si era ritrovato con un viso totalmente rosso e gonfio in seguito ad una cascata di cinquini della rossa, che aveva il volto tanto rosso di rabbia quanto d’imbarazzo. Hagumi scosse la testa totalmente scandalizzata, da quando sua sorella era diventata così pudica da fare tante storie per una palatina da un ragazzo? Casuale per di più… insomma stando ben chiari, non che lei approvasse i comportamenti che solitamente Himiko aveva con il mondo maschile, ma si era trovata in situazioni sicuramente più imbarazzanti di quella di una semplice toccatina! 
«Ti odio brutto idiota!!!» gli urlò per finire la rossa, scaraventandolo con una spinta contro il finestrino del pullman ed allontanandosi visibilmente scossa per obbligare la sorella, che sicuro non gliel’avrebbe negato, di far cambio di posto.
Nel giro di un minuto Hagumi era accanto a Natsu e gli passava amorevolmente sul viso un fazzolettino bagnato per rinfrescare le sue guance che bruciavano di dolore. «Scusala... é un po' manesca, ma non è cattiva sai; però un po' te la sei cercata, si può sapere che volevi fare?». Lui sbuffò, piagnucolando appena «Volevo solo venire da te e chiederti di fare cambio posto, non é colpa mia se il conducente di questo rottame non sa guidare!». Hagumi sorrise comprensiva, bagnando il fazzoletto con un altro po' d'acqua fredda della bottiglietta, tirata fuori dalla borsetta termica che aveva preparato per conservare gli spuntini preparati da lei stessa quella mattina, prima della partenza.
Natsu tirò su un po’ con il naso, finendo subito di fare il bambino. Accanto a lei, alla sua migliore amica, non riusciva proprio ad essere un perfetto idiota come a volte pareva comportarsi. Era ironico perché, malgrado passasse più tempo con Himiko per via dei Lucky Rain, aveva da subito legato con Hagumi e, a dire il vero all’insaputa di tutti, avevano stretto una profonda amicizia. Con la gemella dai capelli rossi, contrariamente, non riusciva proprio ad avere un particolare feeling, certo forse era anche vero che non avevano mai cercato di parlare seriamente, ma sembrava quasi che ad entrambi uscisse naturale litigare in continuazione e alla fine, a quanto pareva, la cosa stava bene ad entrambi. L’unica parte strana del rapporto con Hagumi, invece, era solamente il fatto che era più facile far finta di essere il solito farfallone incallito qual era e far credere a tutti di avere una cotta per lei. Sarebbe stato troppo difficile far credere che lui riuscisse ad avere una ragazza, molto bella tra l’altro, solo per amica e non avesse nessun reale desiderio di portarsela a letto.
«Secondo me dovresti seriamente provare ad addomesticarla, è un’animale! Non ho mai conosciuto una persona così odiosa, non fosse che facciamo parte dello stesso gruppo ed è veramente una vocalist eccezionale l’avrei già mandata al diavolo!» borbottò quasi più fra sé e sé, visibilmente incavolato nero. «Anzi, a dire il vero non riesco ad avere feeling con lei nemmeno nella musica! Ogni volta che cerchiamo di comporre una canzone, deve sempre finire per provocarmi, dannata di una! Il fatto che sia brava e che accompagnare la sua voce con la chitarra è una goduria, non leva il problema!
».
Hagumi lo lasciò sfogare, ben sapendo che il ragazzo doveva semplicemente smaltire la rabbia, anche se non era sicura che questa volta gli sarebbe passata in fretta come al solito, così com’era certa non sarebbe passata velocemente ad Himiko, l’espressione shockata che aveva visto sul volto della sorella l’aveva vista in precedenza ben poche volte e non portava nulla di buono, anche se ancora non capiva la forte reazione della rossa.
All’incirca un’ora più tardi raggiunsero la meta dove avrebbero campeggiato. Era una bella zona, comprendente lago e fiume dove avrebbero potuto rilassarsi e rinfrescarsi, dietro i bungalow che sarebbero stati assegnati a gruppi, in tutta la sua maestosità, si eleggeva un boschetto dall’aria quasi magica. Al centro di tutte le cascine, infine, si trovava il campo principale comprendente cucina e mensa, docce e terme, sul retro campi da tennis e da calcio. Non appena tutti gli studenti scesero dal pullman, fu assegnato loro un foglio comprendente tutte le istruzioni con il gruppo quindi anche il bungalow a cui appartenevano, turni di pulizie, cucina, ed affini sarebbero stati appesi alla bacheca. Hagumi sbuffò un pochino, l’aria decisamente preoccupata, il cottage, che era stato a lei assegnato, era proprio quello più vicino al bosco e, si ritrovò a pensare, se fosse apparso un fantasma? Rabbrividì un poco, cercando di contenersi. Fortuna che l’avevano messa di gruppo con Len, notò piacevolmente. Ogni cascina comprendeva dieci studenti, di cui due per stanza e lei era proprio finita con la sua migliore amica. 
«Grazie dea bendata!» ululò fra sé e sé totalmente piena di gioia.
Notò che anche a sua sorella era andata bene, capitata in stanza con la sua migliore amica Misa, anche se da parte di Hagumi non era certa fosse una buona cosa, ogni volta che Himiko stava con quella ragazza finiva per mettersi nei guai. Era certa che, visto soprattutto l’umore della rossa, per colpa di Misa sarebbe finita ubriaca nel giro di un’ora e avrebbero fatto irruzione nel bungalow di qualche ragazzo. Non riusciva ancora a capire come quella ragazza riuscisse sempre a procurarsi alcool e a nasconderlo perfettamente perfino ai controlli dei docenti. Poteva quasi far concorrenza al mago Houdini! Scosse la testa, decidendo di non pensarci, salutò con un cenno della mano Natsu e il suo gruppo di amici e si avviò insieme a Len nella loro stanza. Aprirono la porta scorrevole e, per delusione di Hagumi, non poté far altro che notare la freddura di quella camera, semplice, tradizionale e così…
«Vuota… » si lasciò scappare in un sussurro, notevolmente rattristata, anche se era una cosa aspettata. Sembrò, però, riprendersi in un attimo, aprì la cerniera del suo gran borsone rosa confetto e ne estrasse una coperta dello stesso colore, che posò sul futon destinato a lei, sorridendo ora beata. «Insomma, non è molto, ma… » arrossì lievemente, che sciocca forse ad un’amante del nero come Len la cosa sarebbe risultata fastidiosa.
Len la guardò, sorridendo serena, sedendosi sul futon accanto al suo. «Diciamo che fa già più casa, hai fatto bene a portarla.» le riferì sincera. Hagumi le sorrise di rimando, realmente grata. Ahhh, quanto l’adorava, lei, quella ragazza. Era così dolce e pensare che tutti la evitavano solo per quel look dark, che stupidi, non sapevano che persona squisita si stavano perdendo. «Dunque a quanto pare per stasera non abbiamo nessuna attività particolare da svolgere, possiamo rilassarci alle terme se ti va… anche se… ahhh non vedo l’ora dell’ultima sera per la prova del terrore!» accentuò l’ultima parte con un urletto eccitato, mentre la povera confettina non poteva far a meno di sbiancare. La prova del terrore, accidentaccio, ma perché ad ogni gita scolastica si divertivano ad inventarsene una? Ogni volta finiva per ritrovarsi qualche capello bianco dalla paura che prendeva! I suoi pensieri colmi di terrore furono però interrotti da una schiarita di voce alle proprie spalle. Sia Hagu, che Len, si voltarono incuriosite e rimasero sorprese nel vedere la figura di Himiko, appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate, e Misa di fronte a lei, appoggiata all'altro lato dello stipite, nella stessa posa teatrale.
«Sorellina! Come mai qui? Anche voi in questo cottage?» chiese sorpresa, prima di entrare in stanza aveva intravisto anche altri amici, possibile fossero capitati quasi tutti lì? Chissà se anche lui... ? Quasi a leggere i suoi pensieri, la rossa confermò la sua domanda. «Sembra che ci siamo tutti, ma proprio TUTTI!» accentuò l’ultima parola con vago fastidio, facendo segno con la testa in direzione di Natsu e Shiki che erano appena entrati dalla porta principale e li stavano raggiungendo per occupare la loro stanza, proprio tra quelle delle due gemelle e rispettive amiche. «Gli altri sono già tutti in camera e ironia della sorte, ho una sorpresa per te sorellina… non indovinerai mai chi è il sorvegliante del nostro cottage… Shin è qui!».
«Davvero?» chiesero Hagumi e Len all'unisono, prima di voltarsi l'una verso l'altra. Len arrossì e distolse lo sguardo. Hagumi sorrise con dolcezza, conosceva da tempo la cotta che la sua migliore amica aveva per suo fratello. Si alzò in piedi ed avvicinandosi, le diede una pacca sulla spalla «Meno male, eh, Len?». L'amica non disse nulla, ma l'espressione di tutti si pianificò, quando gli urletti di Naoko la piattola confermarono le parole di Himiko.
«SHIIIINCHAAAAN!
»«Ecco l'oca... » Sbottò Misa, infastidita, mentre Himiko faceva spallucce. Non c'era molto da fare, il prezzo da pagare per avere Shin con loro era quello di doversi sorbire anche Naoko.
Ne fece capo uno Shin piuttosto scocciato, con una Naoko al collo che dondolava allegramente senza intenzione di staccarsi. Il ragazzo decise di non dar peso alla cosa. Si portò il fischietto alle labbra, assordando tutti i presenti e soprattutto la moretta, richiamando i ragazzi nelle camere ad uscire.
«Buongiorno a tutti ragazzi, sono Shinichi Minamoto, il vostro sorvegliante. Per qualsiasi dubbio o problema che abbiate, domandate a me, la mia stanza è quella in fondo al corridoio. Vi ricordo che per le undici dovrete essere tutti qui e per le undici e mezza le luci dovranno essere spente. Detto questo, buon divertimento!».
«Come siamo formali fratellone… » ridacchiò Himiko, tirando un copino sulla nuca del ragazzo e salutandolo affettuosamente «Come te la passi?».
Shin la guardò esterrefatto, come se la risposta non fosse ovvia, mentre indicava Naoko ancora appesa al suo collo «Tu che dici?» .
Himiko rise all'espressione corrucciata del fratello, quindi si allontanò con Misa, avevano altro a cui pensare e non avevano voglia di continuare a sentire gli schiamazzi della ragazza. Shin si affacciò nella stanza di Hagumi e Len invece, per controllare che tutto andasse bene, dopo essere riuscito almeno a convincere Naoko a scollarsi qualche attimo per il gran caldo.
«Tutto bene, qui?» chiese con lo sguardo totalmente fisso sulla sorella, riservò per Len solo un veloce cenno del capo, che fece comunque arrossire la ragazza, la quale a causa dell'imbarazzo, per alzare la mano e ricambiare il saluto, urtò un posacenere su di un tavolino, che cadde sul piede di Hagumi, facendole cacciare un urletto di dolore. «Ahioooo! Che cosa cavolo... » la rosetta abbassò lo sguardo sull'oggetto pesante che era volato giù dal ripiano, prima di alzare lo sguardo su Shin e ridacchiare «Sì, come vedi, tutto bene qui... a parte i soliti danni che combiniamo... » come se ciò dovesse rincuorarlo!
«Capisco… mi raccomando, se avete bisogno di qualcosa, non fatevi problemi a chiamarmi… » come calamitato da quello sguardo azzurrino, non riusciva proprio a muovere un passo dalla soglia della porta, si affrettò quindi a dire la prima cosa che gli passò per la mente, giusto per non risultare un perfetto idiota. «Quali turni di lavoro vi sono capitati?» la domanda più interessante del mondo, sicuramente, si ritrovò a pensare dandosi ora veramente del perfetto idiota.
«Lavori? Orari? Ah, sì, quelli appesi in bacheca!» rispose la confettina dopo aver rimuginato un po'. «Non ci siamo ancora passate... andiamo adesso, anzi, vero Len?» si voltò verso l'amica che acconsentì. Si piegò per recuperare il posacenere e riporlo al suo posto, quindi si avviarono assieme verso la porta. Nell'uscire sfiorò con le dita quelle della mano del fratello, questo provocò un brivido ad entrambi, ma mentre lui era rimasto scosso dalla cosa perché era davvero da tanto che non aveva neanche un minimo contatto con Hagumi, lei cercò di non badarci troppo. Altrimenti sapeva che il suo cuore sarebbe scoppiato. Fece finta di nulla per se stessa, per il suo cuore e per l'amore segreto di Len.


***


Guardò suo cugino che disfaceva svogliatamente il borsone, mentre si rilassava sul suo futon, perso come sempre nei suoi mille e più pensieri. Osservò attentamente i movimenti di Natsu, quasi ogni capo che prendeva in mano gli cascava a terra e, irritato, lo lanciava in malo modo nell’armadio.
«Si può sapere che ti prende? Non starai ancora pensando alla litigata con la Minamoto spero… » domandò seriamente preoccupato per l’umore del biondo, che stranamente non si era ripreso neanche dopo tutto il viaggio accanto alla sua adorata Hagumi. «Se neanche l’altra Minamoto è riuscita a tirarti su l’umore, immagino sia davvero grave… ».
«Himiko e Hagumi! Si chiamano Himiko ed Hagumi! Perché diamine non impari mai i nomi? Sei snervante!» Sbottò questo voltandosi a guardare il cugino in malo modo, prima di ricominciare a svuotare il borsone buttando tutto nell'armadietto alla rinfusa. Mannaggia a quell’Himiko, la guancia gli pulsava ancora dal dolore al solo pensandoci. Shiki sospirò, prima di sbadigliare annoiato. «Certe volte sembri una femmina isterica, Natsu, datti una calmata... » lo rimbeccò prima di sdraiarsi e, portando le mani dietro la testa per appoggiare il capo moro, chiuse gli occhi per rilassarsi meglio. Tutto quel vedere Natsu agitarsi era stancante. «E poi i nomi li so, solo che non mi fa differenza chiamare in un modo o nell'altro... neanche le conosco e non voglio averci nulla a che fare. Sono strane, c'è qualcosa in loro che... mi puzza... ».
«Qui l’unica cosa che puzza sei tu! Non pensare minimamente che la mia adorata Hagumi puzzi!» sbottò ancor più adirato Natsu, poi arrossì di botto, ricordando che quella mattina era caduto su Himiko ed aveva avuto modo di sentire il profumo dei suoi vestiti e dei seni. Scosse la testa, schiaffeggiandosi mentalmente il viso. Che diavolo gli saltava in mente?!
«Ma che hai capito?!» saltò su Shiki, alzandosi ed avviandosi alla finestra, scrutando il paesaggio esterno «Hanno qualcosa di strano quelle due… ».
Natsu interruppe un attimo lo schiaffeggiamento mentale e si voltò a guardarlo, incuriosito dalla cosa. «Qualcosa di strano? Beh una é tutta rosa da testa a piedi e l'altra veste solo maculato ed ha i capelli dello stesso colore di un fanale, ma a parte questo io le trovo piuttosto normali!». Shiki sospirò e lo guardò sconsolato «Beh, giacché tu vesti come un pagliaccio, immagino non possa essere altrimenti... » lo prese un po' in giro, niente di più.
«Ehi! Io ho uno stile tutto mio e spettacolare, non osare insultarlo! Ricordati che le ragazze mi venerano anche per questo!» bofonchiò non seriamente arrabbiato, sapeva benissimo che il cugino si divertiva così, anche se non gli perdonava di farlo a sue spese.
«In ogni caso, mister monocromatico, cosa ci vedresti di così strano in quelle due?» domandò seriamente incuriosito. Shiki assottigliò lo sguardo, voltandosi a guardare il cugino, l’aria seriamente preoccupata. «Non ne sono ancora sicuro, in ogni caso meglio tenerle d’occhio, quando stai con loro resta in allerta… ».
«Mh... se lo dici tu… » rispose il cugino, stranito. «Beh» riprese Shiki «Io vado a controllare i miei turni di pulizie, ti lascio finire di disfare i bagagli». Uscì dopo un semplice cenno d'assenso di Natsu, richiudendosi la porta alle spalle e lasciandolo solo a riflettere sulle indicazioni che gli aveva appena dato.


***


«Sì, tranquilla, avviati senza di me, torno subito!» furono le parole di una Hagumi che si allontanò frettolosamente da Len per tornare in stanza a recuperare lo zainetto con gli affetti personali che preferiva tenere con sé, come portafogli, cellulare e via discorrendo. Percorse trafelata il lungo corridoio e nello svoltare l'angolo andò a sbattere contro qualcuno.
«Ma possibile che mi finisci sempre addosso, Minamoto? Sei un danno... » La voce era conosciuta. Arretrò di un passo e guardò Shiki come si guarda un quadro di Van Gogh: ammaliata. «Oh... s... salve... così anche tu sei qui... » cercò di attaccare bottone, non voleva farsi sfuggire un'altra occasione per parlare con lui.
«Sfortunatamente sembrerebbe di sì… » affilò lo sguardo, guardandola in ogni suo dettaglio probabilmente, come la stesse studiando. Hagumi arrossì, lievemente imbarazzata. «Ho qualcosa di strano?» domandò innocentemente. Shiki scosse la testa, distogliendo per un attimo lo sguardo. «A prima vista nulla.» si limitò a rispondere, tornando sui suoi passi ed allontanandosi dalla confettina, ma lei non lo lasciò scappare così facilmente. Che cosa voleva intendere con quella frase?
«Ehi aspetta, che cosa intendi con "a prima vista nulla"?!» domandò preoccupata, estraendo dalla tasca della gonna lo specchietto che portava sempre con sé e osservando il suo riflesso, cercando qualcosa di strano sul suo viso. Shiki si lasciò scappare un sorriso, seriamente divertito dalla reazione della ragazza.
«Nulla che intendi tu, non ti preoccupare.».
Lei lo guardò sorpresa, poi sospirò e ripose lo specchietto al suo posto. «Ti sembro forse strana?» chiese poi, insistendo un po'. Voleva capire i suoi pensieri, ne aveva bisogno, per sentirsi di almeno un passo più vicina a lui.
«Non penso tu sia strana. Sei una persona originale, certo... ma non é questo il punto.
». Abbassò lo sguardo, puntandolo dritto negli occhi azzurrini di lei. Rimasero così qualche secondo, guardandosi fisso «È come se ci fosse qualcosa in te che non riesco a spiegarmi, come se nascondessi un segreto troppo più grande di te... » si zittì improvvisamente però, alzò lo sguardo oltre la ragazza ed incontrò il viso del professore di biologia. E ancora, da un angolo, svoltò anche il fratello della confettina. Bloccavano il corridoio e così, entrambi i nuovi giunti, si fermarono alle spalle della ragazza. «Oh, sembra quasi che ci siamo dati appuntamento qui.». Disse scherzoso Shiki e Hagumi, che nel frattempo era arrossita come la polpa di un cocomero, si voltò di scatto capendo che qualcuno era alle sue spalle. Si sorprese nel vedere Shin, una sorpresa che la mise a disagio. E ancora di più andò in confusione, quando vide Hiro, o meglio, il professor Shibata. Oh, mio dio, era accerchiata! Il fratello con cui aveva un rapporto troppo oltre la parentela, il ragazzo che le piaceva e il professore per il quale provava una grande stima, così bravo, così bello, ne era infatuata e... maledizione, ma di quanta gente era preso il suo mutevole cuore? Brutta situazione. Doveva trovare una scusa per fuggire: «Io andrei a... » attimi di silenzio, mentre muoveva una manina verso destra, come per indicare che doveva proseguire per di là, ma non ricordava nemmeno cosa era tornata a fare. 
«Forse a controllare i tuoi turni di lavoro?» domandò ironicamente Hiro, arruffandole leggermente la lunga chioma. Hagumi per poco non svenne dalla gioia, arrossì di botto e andò in tilt totale.
«Ah... Eh… sì, sì proprio quello… credo… ohhh… » si coprì con le manine lattee il viso ormai in fiamme, accidenti se quello era il paradiso che nessuno osasse svegliarla!
Shin si avvicinò alla sorella, l’aria totalmente gelosa, poi guardò il bel professore e si rivolse a lui. «Anche noi avevamo qualcosa da fare!» bofonchiò visibilmente scombussolato dalla reazione della sorella nei confronti di due ragazzi che non erano lui. Sentiva il cuore che gli stava scoppiando di dolore, che sensazione orribile la gelosia.
«Sì, Minamoto, ero venuto appunto a cercare tua sorella!» rispose il professore dai capelli albini e sottili come fili argentati, rispondendo al fratello visibilmente geloso a vista di Shiki ed Hiro, probabilmente Hagumi era proprio l'unica a non essersene resa conto. «Hagu, si tratta dell'articolo riguardante il campeggio che dovrai scrivere per il giornale della scuola, vieni nel cottage dei professori alle diciannove, che ci saranno anche gli altri per discutere i punti che dovrai affrontare, d'accordo?» la ragazza annuì e il bel Shibata si congedò con un solo cenno del capo. Lei lo guardò adorante finché non svoltò l'angolo, poi rinsavì e fece spallucce. «Scusate ragazzi, ho mollato Len da sola, mi sono scordata. Shiki poi lo continueremo quel discorso eh... ciao ad entrambi!» Fece un cenno della manina e sparì come il suo predecessore. Shin rimase a bollire di rabbia, affianco a Shiki, che lo guardò perplesso, prima di roteare gli occhi. «Minamoto, l'incesto é una cosa illegale, lo sapevi?» borbottò prima di andarsene pure lui, mollandolo lì da solo. Shin rimase sorpreso di quelle parole. Ma l’aveva scritto in fronte? Abbassò lo sguardo, con un'espressione infinitamente triste. «Lo so anch'io, cosa credi... ».


***
 

Allontanò un ramo che si parò davanti, per aprire il passaggio alla riva del fiume, aveva bisogno di rilassarsi e stare un attimo per conto suo. Era davvero di pessimo umore, ma quella volta non ci riusciva a sfogare tutto facendo finta che alcool e feste potessero farla stare realmente meglio. Si sedette su un enorme masso sulla riva del fiume, quindi si levò gli stivali ed immerse i piedi nella fredda acqua, ignorando totalmente di stare bagnando le autoreggenti nere, sarebbe stato troppo complicato levarsi tutto. Alzò lo sguardo al cielo, assaporando il calore del sole che stava ormai affievolendo per l’arrivo della notte ed ascoltando il canto dei grilli che avevano iniziato a uscire allo scoperto. Chiuse gli occhi, come a voler imprimere quel momento nella sua mente, quando il rumore di alcuni rametti spezzati la fece mettere in allerta e voltare nella direzione da cui proveniva.
«Ah sei tu Akira, che spavento mi hai fatto prendere!».
«Chi pensavi che fosse, un vampiro?» Chiese lui sorridendo mellifluo, prima di avvicinarsi e sedersi al suo fianco, senza accorgersi che la sua battutina l'aveva fatta sussultare. «Che ci fai qui? In genere sei una festaiola, sempre in cerca di svago e confusione... » era seriamente sorpreso, tant’era che l'aveva seguita apposta, incuriosito dal suo allontanarsi in completa solitudine dal camping. Lei scrollò le spalle, ma non disse nulla, non sapeva cosa avrebbe potuto dirgli. Che anche i festaioli avessero bisogno di stare da soli, talvolta? A questo poteva arrivarci da solo. Però apprezzò non poco il suo interessamento.
«E tu, invece, che ci fai qui?» domandò lei, come se già non lo sapesse. Era semplicemente curiosa di sentirglielo dire e non era certo cosa di tutti i giorni. Lui sorrise, sedendosi accanto a lei, imitandola levando gli stivali e mettendo a mollo i piedi nel fiume.
«Acc… come fai? È gelida!» domandò sorpreso, levandosi subito dalle fredde acque.
Lei ridacchiò un pochino, quasi nervosamente.
«Oh, sono un animale a sangue freddo, io.» Gli fece una linguaccia, continuando poi a sorridergli.
Lui scosse il capo, sorridendo «Già, immagino che se i vampiri esistessero sarebbero loro a dover avere paura di te.» Poi un altro sussulto impercettibile da parte della giovane, che dissimulò con un colpetto di tosse «Hai la carnagione così bianca, i capelli così rossi... potresti sembrarlo sai, un vampiro intendo. » Si avvicinò solo un po' al suo volto, per osservarla meglio «Le labbra, i denti bianchissimi... scommetto che da questa distanza, se mi sorridessi, potrei scorgere i canini affilati!».
Himiko sobbalzò, allontanandolo con una leggera pressione della mano. Poi rise.
«Ma dai, che vai dicendo, così mi metti in imbarazzo! E poi… » assunse uno sguardo malizioso, guardandolo dritto negli occhi «… con questo tuo atteggiamento potrei quasi pensare che tu sia ammaliato da me e che finalmente le mie avances nei tuoi confronti abbiano dato i suoi frutti… 
».
Il moro la guardò un po’ imbarazzato, non sapendo bene cosa risponderle, ma lei riprese a ridere, spezzando la tensione, levando i piedi dall’acqua e alzandosi in piedi, lo sguardo rivolto verso il tramonto.
«Guarda, è veramente stupendo… pensa che brutto, se davvero fossi un vampiro, non potrei apprezzare certi piaceri della vita, come questo bel tramonto del resto… ».
Anche Akira si alzò, ma non si voltò verso il tramonto. «E chi dice che la leggenda dei vampiri che s’inceneriscono al sole debba essere vera?» chiese enigmatico, smuovendo un passo verso la rossa, che colta di sorpresa arretrò. Un paio di passi e si trovò ad inciampare in una radice che usciva dispettosa dal suo posto nel terreno. «ATTENTA!» si affrettò ad allungare un braccio e cingerle la vita, tenendola su, fin troppo accostata al suo corpo. «Ti sei fatta male?»
«N-no… » disse in un sussurro lei, aggrappandosi meglio al suo petto, mentre la testa iniziava a girarle fortemente «Sei veramente interessato ai vampiri eh? Come mai?».
Lui rise divertito, portando anche l’altra mano sui suoi fianchi.
«Beh, è un argomento che mi ha sempre interessato e tu… mi ricordi molto uno di questa razza, tutto qui. Non son convinto davvero della loro esistenza, ma al tempo stesso sono sicuro che un essere tale non possa esser scaturito solamente per mente di qualche scrittore dall’immaginazione troppo grande, son sicuro ci sia un fondamento a tutte queste storie di vampiri.
».
Lei alzò lo sguardo, piegando un po' il collo in modo che la testa s’inclinasse all'indietro quel tanto perché potessero essere a faccia a faccia, a una distanza di pochi centimetri. «Però... » continuò lui «... al di là della tua somiglianza con un ipotetico essere sovrannaturale, sei tu come persona che mi hai colpito, Himiko... » il nome fu un sussurro sulle sue labbra, mentre alzava una mano e portava due dita a prenderle il mento, con delicatezza. Neanche il tempo di lasciarle capire cosa stesse succedendo, che aveva già appoggiato le labbra su quelle di lei, ma nessuna dolcezza in tutto ciò, più che altro fu travolta da una passione inaspettata, mentre la sua lingua fremeva perché lei ricambiasse il bacio, cercando di infilarsi tra le sue labbra. Si lasciò ammaliare da quel tanto ambito bacio, ricambiandolo con la stessa passione, al che lui ruppe il contatto, alzandola leggermente ed adagiandola a sedere sul gran masso, riprendendo poi ciò che aveva lasciato in sospeso. Himiko si lasciò cadere all’indietro, trasportando con lei Akira che si fece sopra in un momento, senza farselo ripetere. Lasciò giusto un momento le sue labbra per passare a baciarle il collo, provocandole un gemito, al che tornò a concentrarsi sulle sue labbra, lasciando che una mano s’infilasse sotto la canottierina leopardata di lei. Poi di colpo lei lo fermò.
«Aspetta c’è qualcuno… » lui la guardò confuso «Siamo soli qui… guarda che se non vuoi andare avanti basta dirm… » lei però lo interruppe «Ti dico che ho sentito un rumore.».
Aspettarono qualche attimo, ma nessuno si fece vivo e nessun altro rumore spezzò il silenzio. Solo che ormai il momento era passato.
«È meglio se torniamo al campeggio.» disse solo lui, un po' imbarazzato, mentre sfilava la mano da sotto i suoi abiti e si spostava da lei, porgendole poi una mano per aiutarla a rialzarsi. Incanto spezzato. Almeno per ora...


***

 
Arrivarono mano nella mano al focolare che gli insegnanti avevano allestito per la cena di quella sera: salsicce e marshmellows! Tutti gli altri erano già davanti al fuoco, intenti a cucinare qualcosa sui loro bastoncini. Non appena vide arrivare i due, Misa si alzò in piedi, sventolando la mano per segnar loro la posizione di dove si trovavano tutti.
«Ehy brutti porcelloni, ma dove eravate andati a finire? Ci sono dei bei posticini imboscati per del sesso selvaggio allora?!» domandò divertita ai due, Akira arrossì violentemente e si sedette accanto ad Himiko che aveva già preso posto al fianco della rossiccia.
«Smettila… » le disse solamente Himiko, prendendo anche lei un bastoncino, iniziando ad arrostire un marshmellow. 
«I bambini non dovrebbero parlare di sesso, ma pensare a giocare ancora con le bambole!» la canzonò Shiki, il quale sembrava proprio non sopportare la ragazza pel di carota. «Ah sì... non è che nella vostra imboscata avete coinvolto pure mio cugino? È scomparso da qualche ora.» Aggiunse poi il moro, che si teneva un po' spostato rispetto al gruppo, non amava particolarmente mangiare in compagnia, aveva appoggiato la schiena al tronco di un albero e, sigaretta tra le mani, osservava tutto un paio di metri più in là. Stava per tirare un'altra boccata, quando qualcuno gli rubò la paglia dalle dita «Ehi, che cavolo... !». 
«Vergogna, Shiki, queste cose fanno male alla salute, lo sai?» stavolta fu lui ad essere canzonato, dall'altra gemella per la precisione. Hagumi era schizzata in piedi, quando l'aveva scorto accendersi una sigaretta da lontano ed era accorsa per mettere fine a tale scempio per la sua vista. La ragazza gettò la sigaretta a terra e la spense con la suoletta della scarpina rosa, sotto lo sguardo stravolto di Shiki, una sua versione inedita e quanto mai rara, quindi si voltò verso la sorella e la guardò sospettosa «Natsu era venuto a cercarti per chiederti scusa, non é che l'avete visto, mentre facevate le vostre porcellate?» insomma, ci si mise anche lei ad infierire.
«Ti ci metti anche tu?!» sbottò arrossendo Himiko «Non stavamo facendo proprio niente e no non l’ho visto!» un momento, si ritrovò a riflettere. Natsu la stava cercando? Per chiederle scusa? Stava forse arrivando la fine del mondo? Al che s’introdusse Akira. «A dire il vero, quando eravamo al fiume, Himiko ha sentito dei rumori, forse poteva essere lui… 
».
«Ah, chissà quanta invidia avrà provato quel poveretto!» rise divertita Misa «Lui nemmeno ha potuto minimamente palparti il seno che si è ritrovato la faccia gonfia di botte!».
Hagumi non disse nulla al commento di Misa, ma notò Himiko arrossire di botto e zittirsi. Qui iniziava ad essere tutto molto sospetto, ma convenne con se stessa e la sua coscienza che era meglio cambiare discorso. Abbassò lo sguardo un attimo verso sinistra e beccò Shiki che stava per accendersi un’altra sigaretta. «Ancora?! SORVEGLIANTEEEEE! QUI C'È UNO CHE TRASGREDISCE AL REGOLAMENTO!» ok, l'avrebbe odiata a morte e sarebbe stata la fine di un possibile rapporto mai iniziato, ma non poteva proprio ignorare la cosa, era più forte di lei. Il suddetto sorvegliante quasi si strozzò al suo urlo, povero Shin, e dovette alzarsi per andare a controllare cosa stava succedendo. «Haguchan, che hai da scampanellare con quella vocettina trillante che ti ritrovi?» chiese scherzoso avvicinandosi al gruppo, portandosi affianco alla sorella e guardandola divertito, ma con infinita dolcezza. Lei bofonchiò qualcosa riguardo al non prenderla in giro per la vocetta sottile e un po' infantile che non accennava proprio ad abbandonarla, poi indicò con un ditino Shiki. Shin guardò il ragazzo, l'accendino in una mano e la sigaretta nell'altra, quindi rammentò che quel ragazzo sapeva tutto riguardo il sentimento che covava dentro di sé. Non riuscì a dirgli nulla, distolse lo sguardo e tergiversò alla bell'e meglio «Mh, Himiko, hai i capelli tutti scombinati, non é da te... » meglio buttare l'attenzione su qualcun altro, mentre mentalmente pregava perché sua sorella non lo ammazzasse di botte. Cosa che, ovviamente, accadde. La rossa si avvicinò al fratello, gli tirò il solito scappellotto dietro la nuca e si allontanò diretta verso i bagni, alla ricerca di uno specchio per sistemarsi meglio. Nel tragitto in direzione dei servizi non troppo distanti dall’accampamento, s’imbatté in Natsu che, manco fosse un clone del cugino, era anche lui appoggiato ad un albero a fumarsi una sigaretta.
«Ti conviene non farti vedere da Hagumi, ti sgriderebbe sai? In ogni caso sarebbe ora che tu ti facessi vedere dagli altri, ti stanno cercando.» Lui girò appena la testa, posando lo sguardo sulla rossa, non avendo realmente la necessità di guardarla per riconoscerla, la sua voce l’avrebbe distinta fra mille. Era pur sempre la vocalist della sua band.
«Tua sorella? No, con me si é arresa, che vada a fare la piattola con qualcun altro... » borbottò atono ed Himiko rimase molto stranita per questo tono, soprattutto parlando di Hagumi, siccome normalmente passava i tre quarti del tempo a venerarla ed idolatrarla. Natsu alzò un sopracciglio all'espressione un po' ebete che si era dipinta sul suo volto, si lasciò sfuggire una breve risata e sospirò, gettando il mozzicone lontano ed alzandosi in piedi, un paio di pacche sui jeans stracciati per spolverarli dal terriccio. «Non fare quel musetto, Himiko, lo sai che la adoro. Lascia stare sono un po' nervoso, oggi pomeriggio ho visto qualcosa che mi ha lasciato infastidito. Ad ogni modo vorrei chiederti scusa per il macello di stamattina nel pullman... insomma... lo sai... non é che lo avessi fatto apposta, eh... ».
Lei parve rilassarsi e la tensione di tutta quella mattina sembrava svanire in un momento.
«Allora è proprio vero che sei andato a farti fare il vaccino contro la rabbia.» Lo guardò incuriosita da quel suo strano atteggiamento, solitamente non le chiedeva mai scusa e dopo una litigata, passavano ad un’altra di queste, senza però metterci reale cattiveria. «Mi sorprende che tu mi domandi scusa, in fondo, da come dici, non l’hai fatto apposta no? Se ti scusi, sembra che ti addossi la colpa di un fatto. » sorrise, contenta però di quel piacevole cambiamento. In fin dei conti, non era neanche brutto far finta di andare d’accordo per un minuto soltanto. «Scusami anche tu, non so perché me la sono presa tanto... ».
Lui sorrise di rimando, prima di scrollare le spalle, come a voler scrollarsi di dosso anche tutti quei brutti pensieri che nel pomeriggio l'avevano torturato. «Fa niente, ormai ci sono abituato ai tuoi cinquini, ogni tanto mi fanno bene.» rise «Beh, spero con questo che le cose siano risolte. Ci si becca in giro, né!» Si voltò e si allontanò dandole le spalle, dopo solo un cenno della mano. Lo sguardo un po' cupo, ma lei ormai non poteva più vederlo e si cullò per qualche tempo nella convinzione che tutto fosse sistemato.


***


Da brava vegetariana, non aveva perso troppo tempo a fuggire via dal falò dove l'odore di carne bruciata era un po' troppo per le sue narici. Sicuramente una scelta particolare, quella di evitare la carne, ma fatta da lei in modo consapevole, per un motivo ben preciso. Gli occhi azzurrini di Hagumi vagavano nel buio della notte, sul sentierino che portava al cottage dei professori, dove Hiro Shibata e gli altri in campeggio con loro la stavano aspettando per discutere del famoso articolo. Era molto grata al professore di averle dato una scusa per sgattaiolare via proprio all’ora di cena, dopotutto era al corrente della sua debolezza. Raggiunse la costruzione di legno e muratura e diede due colpetti alla porta d'ingresso, che notò essere socchiusa. Non giunse nemmeno un suono dall'interno, così la spinse lentamente e con un cigolio sonoro la spalancò completamente. «Professor Shibata?» squittì incerta, prima di compiere qualche passo all'interno. Rimase un attimo sulla soglia, prima di richiuderla alle proprie spalle ed inoltrasi nella stanza «Hiro?» chiese ancora, con una confidenza particolare. Dopotutto non erano propriamente degli sconosciuti; poi un rumore proveniente da un'altra stanza, qualcosa nell'aria che le fece sospettare che le cose non stessero bene. Si affrettò verso la camera e spalancò la porta con un gesto deciso. Hiro era all'interno e tra le sue braccia aveva una studentessa del primo anno. La conosceva bene perché sua kohai nel club di medicina. «HIRO!» Corse incontro ai due, cercando di attirare l’attenzione dell’uomo verso di sé.
«Hiro, HIRO! Guardami, su forza, guarda me!» lo implorò, mentre gli occhi color del sangue dell’uomo tornarono della loro normale colorazione grigiastra. «Ecco, da bravo… ce la fai… su… ».
Il professore si ritrovò ad ansimare, afferrando con forza le braccia della confettina.
«Portala via da qui, ti supplico… » Hagumi non poté far altro che annuire ed accompagnare faticosamente fuori la ragazza, facendole riprendere i sensi e inventando la scusa che l’aveva trovata svenuta davanti alla soglia e che le consigliava un buon riposo. Non appena riuscì a congedarsi dalla sua kohai, si affrettò a raggiungere Hiro, che aveva un pallore al di fuori del normale, anche per il suo status.
«Scusa io… io non ho resistito… avevo bisogno… di vero cibo… 
».
Lei sorrise come per rincuorarlo, gli andò incontro e allungò una mano verso il suo viso, per sfiorargli la guancia con le dita, delicatamente. «Non ti preoccupare. Fortuna che sono venuta in tempo! Lo sapevi vero che stasera non ce l'avresti più fatta a resistere? È per questo che mi hai dato un orario serale, avremmo potuto vederci nel pomeriggio.» sospirò, abbassando poi la mano, allontanandola dal suo volto «Sei stato bravo, davvero!» cercò infine di tirarlo su. Lui la guardò qualche istante, come rapito, quindi si voltò altrove, non sapendo bene cosa dire. Quella ragazza era un angelo, da quando la conosceva, non aveva più fatto del male a nessuno, gli era sempre stata accanto mentre lottava per resistere alla tentazione, per abituarsi. «Vieni!» disse poi lei, distogliendolo dai pensieri negativi che ancora una volta lo assalivano e lo torturavano. Lo afferrò per mano e lo condusse verso il letto, dove lo fece sedere. «Resta qui, che io vado in infermeria. È un po' che ti controllavo, sapevo che non stavi bene, sei indebolito... da cosa? Ti sei ferito? Hai perso molto sangue?».
Lui scosse la testa, dispiaciuto «Diciamo che forse l’impatto con la dieta è stato un po’ troppo forte per me… son abituato a nutrirmi più consistentemente come ben sai… lo so, lo so, me ne devo vergognare, ma è irresistibile la tentazione… 
».
Hagumi lo guardò comprensiva, rassicurandolo «Lo so bene, non ti preoccupare, non posso di certo esser io a biasimarti. Cerca di stare buono e non uccidere nessuno finché non torno con la pappa!» gli fece l’occhiolino, per tirargli un po’ su il morale. Hiro la osservò uscire dalla stanza, mentre a fatica si spostava nel letto fino ad appoggiarsi alla parete. Non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lei, probabilmente sorpreso a cacciare qualche vittima, sarebbe stato assassinato da qualche cacciatore.
Correva a perdifiato, cercando di non inciampare nei sassi del sentiero che la conduceva all’infermeria. Si affrettò ad entrare di soppiatto nel locale, che fortunatamente era sempre aperto nel caso di qualche emergenza, si avvicinò al piccolo frigo che teneva le scorte d’emergenza di sangue, scelse un AB+ e infilò un paio di sacche ematiche nello zainetto. Richiuse tutto e uscì, ben attenta a non farsi vedere da nessuno. Pochi passi più avanti, però, una voce familiare la costrinse a fermarsi e a voltarsi. Deglutì nervosa. E se l’avesse vista? 
«È pericoloso per una ragazza girare da sola, con questo buio, a quest’ora della notte.» Era Shiki, che l’aveva ormai raggiunta. Buttò la sigaretta a terra e la spense schiacciandola con il piede destro, aspettandosi già un rimprovero dalla confettina, rimprovero che, però, non sembrava arrivare.
«Ah… si giusto, stavo, infatti, ritornando al nostro bungalow!» provò a trarsi d’impaccio lei.
«Dalla parte opposta del campeggio?» domandò lui sospettoso.
Hagumi iniziò a sudare freddo. Mannaggia, ma proprio lui doveva incontrare? E proprio in quel momento? Temeva seriamente per Hiro, fortunatamente era troppo debole per muoversi, ma se qualcuno fosse entrato lì e l’avesse visto… e se lui accecato dalla fame non avesse resistito…
«Uhhhmm... » Deglutì, cercando una scusa plausibile per cavarsi d'impiccio, ma non le veniva in mente proprio nulla, il cervello sembrava essersi svuotato. «Ecco, in realtà facevo il giro lungo perché... é una così bella serata, speravo di incontrare qualche lucciola, sì!» scusa poco plausibile, ma meglio di quello non le venne proprio nulla.
«Le... lucciole... ?» chiese lui quasi perplesso e decisamente cinico. «Stai cercando di farmi passare per stupido? Beh, se devi andare a qualche incontro romantico, non sarò io a giudicarti, ma quell’idiota che dovevi vedere non poteva darti appuntamento in un luogo un po’ più sicuro? Dai, ti accompagno io, dove devi incontrarlo?
».
Hagumi per poco non cadde a terra per lo stupore. Incontro romantico? Da dove gli usciva un’idea simile? Beh, poco male, se non altro l’aveva distratto dal reale motivo della sua scampagnata notturna.
«Oh non ti preoccupare, è proprio qui dietro, va pure tranquillo!» si affrettò a rispondere lei, salutandolo con un cenno della mano e avviandosi già in direzione di Hiro. Lui però sembrava non voler mollare.
«Non fare la stupida, ti dico! Stanotte è pericoloso, c’è… no, nulla, ma non vorrei averti sulla coscienza, fatti accompagnare!
».
«C'è... cosa?
» chiese aggrottando la fronte, quasi certa che stesse dicendo qualcosa d'importante, ma il discorso non ebbe modo di continuare, interrotto da un nuovo arrivo. «C'è qualche problema?» la voce gentile e calma di Shin attirò l'attenzione dei due, che si voltarono a guardarlo. Lo sguardo di Shiki s’illuminò, come se avesse appena fatto due più due. «Oh, capisco... incontro romantico... tuo fratello... immagino tutto torni!». La ragazza rimase di stucco «Prego?».
«Cercate almeno di non farvi vedere dai professori, dubito approverebbero… » detto questo, quasi divertito, se ne tornò sui suoi passi, riservando l’ultimo sguardo a Shin, il quale non apprezzò. N’era certo, quel dannato moccioso gli avrebbe ben presto procurato dei bei problemi.
«Ah Shin, grazie al cielo… non sapevo più come trarmi d’impaccio… Hiro… 
» ma lui la fermò. «Lo so, l’ho percepito… sono corso subito al suo bungalow e mi ha detto che eri venuta qua da sola, quindi son venuto a controllare… affrettiamoci… » timidamente le afferrò la mano, avviandosi davanti a lei, sentendosi più sicuro, anche se ben conscio per loro non ci fosse nessun reale pericolo.
Un battito saltato quando lui le afferrò la mano, ma cercò di non dare peso alla cosa, era certa che il motivo fosse la mancanza di abitudine ad avere contatti fisici con lui. E poi era il momento di pensare ad Hiro, no? Sicuramente meglio affrettarsi.



... continua....

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 2


Era sdraiata tranquillamente sul suo futon, sorseggiando una birra, mentre Misa finiva di ripassarsi il trucco, tra un sorso e un altro di whisky. 
«Dai, come stai leggera stasera, non dirmi che non hai intenzione di far irruzione dai ragazzi!» le domandò infastidita la ragazza pel di carota, voltandosi in direzione della rossa e rovesciando un’abbondante porzione di un altro alcolico nel suo bicchiere ormai vuoto. «Akira è stato così soddisfacente da toglierti ogni possibile voglia di qualche bell’uomo?».
Himiko sbuffò, un pochino irritata. «Mi spieghi per quale motivo, oggi, insisti tanto per sapere tutti i dettagli con Akira? Te l’ho già detto poi, nulla di piccante che possa soddisfare la tua curiosità.»«Non sono insistente io, sei tu che sei semplicemente strana!» borbottò allacciandosi il reggicalze poco sopra l’altezza del ginocchio, lasciandolo ben visibile fuori della minigonna di pelle nera, com’era consueta abitudine sua e di Himiko. Le due erano amiche dai tempi delle medie, ormai, ed il motivo principale per il quale si erano avvicinate al tempo fu proprio la condivisione di molti interessi, compresi lo stile nel vestirsi e nei modi di fare: Misa era poco più bassa di Himiko, appena un paio di centimetri in meno, ed aveva anche lei lunghi e scalati capelli rossi, di una tonalità però meno ciliegia, più ramato, grandi occhi nocciola ed abiti succinti alternativi che avvolgevano un corpo formoso, anche se meno di quello dell’amica. Una reale differenza era la sua predilezione per il nero e tinte comunque scure ed unite, mentre Himiko preferiva le macule; oltretutto avevano la stessa passione per la musica glam, l’alcool e le avventure di una notte dopo le quali preferivano tagliare i ponti e non saldare legami, più che altro per l’estrema sensibilità di cui entrambe erano dotate, non volevano legarsi a nessuno, avevano già sofferto per amori andati male ed avevano deciso di chiudere il loro cuore e saldarlo, allontanandolo da tutti; o, almeno, così pareva.
È un mese che sbavi dietro ad Akira, lui ti salta addosso e tu non ci combini niente, in più la fai sembrare una cosa normale!» Misa era davvero sospettosa di quel comportamento, non era da Himiko. «Sarà che non erano la giornata e il posto giusto.» ipotizzò la rossa, bevendo avidamente un altro sorso di birra dalla bottiglietta di vetro verde «In ogni caso ora che so che anche lui è attratto da me, non avrò problemi a concludere, ne venisse voglia.» Misa roteò lo sguardo, ora seriamente scocciata. Chi diavolo era quell'essere noioso e apatico? Rivoleva la sua migliore amica, la più fantastica compagna d'avventure pazzoidi, quella con cui poteva sempre divertirsi. «Non so che diavolo t'é preso oggi, davvero, dall’incidente con Natsu sei strana, hai perfino picchiato quel gran pezzo di ragazzo solo perché ti ha tastato, involontariamente aggiungo, il seno. Fossi stata in te, avrei provveduto ad infilargli la lingua in bocca, altro che picchiarlo. Anche se sembra che tu non te ne accorga, quello sì che è davvero un bel figliolo!» Dopotutto, neanche la qui presente pel di carota era rimasta indifferente al fascino del biondo e tutto di lui lo attirava: i capelli biondi lunghi quasi fino a metà schiena e scalati, gli occhi di un turchese sublime, sempre calcati da una pesante matita nera a fare da risalto al colore chiaro, la pelle fin troppo candida per essere un ragazzo, il fisico asciutto e ben piazzato e l’altezza. Sì, certamente Natsu era molto alto, sovrastava entrambe di almeno quindici centimetri, se non di più, e la cosa era davvero allettante. Insomma, in Giappone ragazzi così erano più unici che rari, il che faceva supporre che il ragazzo avesse parenti stranieri, o in ogni caso radici lontane.«E vacci allora se tanto ci tieni!» rispose ora seriamente irritata Himiko, lanciando la bottiglia nel cestino ed aprendone subito un’altra, prendendone un’abbondante sorsata. Misa la guardò sconvolta, ancora una volta scombussolata dallo strano atteggiamento della rossa, si limitò a congedarsi con un «Spero tu rinsavisca in fretta!» e si avviò a caccia d’uomini, pronta a fare irruzione in qualche stanza contente bei maschietti. Himiko si girò dall’altra parte e si portò sotto le coperte, accendendo il lettore mp3 che ancora non aveva restituito ad Akira, lasciandosi cullare dalle melodie fino a addormentarsi profondamente. Alcune ore più tardi si risvegliò totalmente confusa, la luce ancora accesa le permise di vedere l’orologio sopra la scrivania che segnava già le tre del mattino, accanto a lei il futon di Misa ancora vuoto.«Ma dov’è finita quella pazza?» si ritrovò a pensare, preoccupata. D’accordo, lei non era di certo una che, quando andava a rimorchiare, guardava l’orario, ma con il coprifuoco alle undici e la sveglia alle sette del mattino anche un’irresponsabile come Misa avrebbe fatto ritorno. Si alzò, infilò gli stivali e una giacchetta per ripararsi dal fresco serale e uscì dalla stanza, avviandosi in fondo al corridoio. Bussò un paio di volte alla porta del fratello, ma non ricevette risposta. Provò ad aprirla piano, ma non poté far a meno di rimanere sorpresa nel trovare la stanza vuota e il futon ancora fatto. Che i professori assieme ai sorveglianti avessero deciso di far baldoria fino a tardi? Fece spallucce e lasciò correre, decise di provare a vedere se Akira fosse stato disposto ad accompagnarla nella ricerca della ragazza, ma spiacevolmente notò che il bel moretto aveva il sonno particolarmente pesante, quindi neanche il fatto di avergli infilato le cuffiette del suo stesso lettore mp3, a massimo volume, l’avrebbe destato. Sbuffò scocciata, aveva sperato veramente che uno dei due ragazzi potesse aiutarla, lei mica poteva infilarsi nella camera di ogni ragazzo con la scusa di aver sbagliato stanza, l’avrebbero presa di sicuro per una maniaca! «E ora che faccio?» piagnucolò sconsolata, lasciandosi scivolare contro la parete del corridoio, fino a sedersi sul freddo pavimento, quando il suo sguardo cadde sulla stanza accanto alla sua. Forse, giacché sembrava avessero fatto pace, poteva chiedere il favore a Natsu. Provò a bussare piano alla porta, senza però ricevere risposta e, ipotizzando che il biondino avesse il sonno pesante, la spalancò, lasciando che la luce del corridoio illuminasse la camera. La scena che le si parò davanti, però, non poté fare a meno di spiazzarla totalmente. «Ehm… scusate… stavo cercando te… e te… ma vedo che state bene entrambi eh? Ciao!» balbettò totalmente imbarazzata uscendo in fretta e furia, il viso in fiamme, mentre i due occupanti della stanza la stavano guardando scombinati e sorpresi, interrotti proprio sul dunque. Percorse il corridoio con un imbarazzo secolare a tenerle compagnia, come aveva fatto a non pensarci? Era stata proprio lei dopotutto a dire a Misa di andare da lui ed era ubriaca, ovvio che l'avrebbe presa alla lettera. Misa e Natsu; che strana sensazione. Aveva lo stomaco che ribolliva, sentiva che a breve avrebbe vomitato, ma non riusciva a spiegarsi il perché di quella reazione. Sorpresa? Era scossa, di certo. Inoltre doveva trovare Hagumi, ma non la percepiva lì attorno, bensì dall'altra parte del camping. Si avviò all'uscita del cottage ed imboccò il sentiero più veloce per raggiungere la sorella.
 

***

Si lasciò scappare un sospiro, mentre la porta si richiudeva con una forza inaudita. Si alzò dal futon e s’infilò i boxer, prese una paglia dal pacchetto sulla scrivania e l’accese, avvicinandosi alla finestra e spalancandola.
«Ehi che ti prende?! Non vorrai mica lasciarmi qui così come un’ebete?» gli domandò la rossiccia, alzandosi e avvicinandosi al ragazzo, poggiando le mani sul suo petto, passando poi a circondargli il collo con le braccia e appoggiandosi con l’intero corpo a lui «Dai, te la faccio tornare io la voglia, non temere.» Disse maliziosa, mentre cercava il contatto con le sue labbra, lui, però, voltò il viso, aspirando un altro tiro dalla sigaretta.
«Non ti capisco!» sbottò lei infastidita, lasciandolo andare e sedendosi sul bordo del letto. La testa sembrava scoppiare, stava passando la sbronza bella pesante che si era presa prima di raggiungere Natsu e come al solito, quando questa dissipava, tutto ciò che rimaneva era un pessimo stato mentale e fisico. «Vai a dormire, Misa... alle sette abbiamo la sveglia, sono stanco.» disse lui, gelido, mentre si piegava a raccogliere i vestiti della ragazza e a porgerglieli. Lei rimase un attimo in silenzio guardandoli, poi alzò gli occhi su di lui, brillavano di lacrime. C’era rimasta davvero male, era tanto che sognava di avvicinarsi al biondo. Era tanto che lo amava in silenzio, e finalmente, quando il suo desiderio sembrava starsi avverando, sfumava tutto così. Per Himiko, poi. Assurdo! «Dimmi perché hai reagito così all'entrata di Himiko? Non é che ti piace?»
Lui sembrò un attimo smarrito, poi lasciò cadere i vestiti della ragazza, che sembrava non volerseli riprendere.
«Non dire sciocchezze, semplicemente non mi piace essere disturbato in certi momenti, di certo non mi accende la passione.». Ma nel suo tono glaciale, la voce sembrava tremare. Misa si alzò, avvicinandosi a lui e tirandogli uno schiaffo.
«Sei un bugiardo! Non ti fai schifo? Baciami con tutta la passione che possiedi, se ciò che dici è vero! Dimostrami che non ero la prima arrivata che era abbastanza decente da soddisfare le tue voglie sessuali!» le lacrime scesero copiosamente, senza soluzione per frenarle.
Lui la guardò esterrefatto, massaggiandosi la guancia con perplessità. «Ma chi ha mai affermato che eri qualcosa di più, scusa?» borbottò incredulo, porgendole ancora una volta i vestiti. «Vattene, Misa. Se volevi farmela completamente passare, la voglia, col tuo schiaffo ci sei riuscita in pieno.». Voleva solo starsene da solo con i suoi pensieri. Era lei che si era presentata ubriaca da lui, spogliandosi sotto il suo naso, era pur sempre un uomo, perché avrebbe dovuto dire di no? Che diamine ne sapeva che lei fosse così presa, con la reputazione che ad ogni gita saltava da un letto all'altro, pensava di essere uno dei tanti.
La rossiccia però sembrò ancora più incredula di lui, afferrò i vestiti e non si premurò nemmeno di indossarli.
«Sei solo un cretino, va al diavolo!» gli urlò uscendo dal locale e maledicendolo con una cascata d’insulti che sembravano non finire mai.


***

Prese l’asciugamano che stava sulla destra del lavandino, premendolo leggermente sul viso umido e guardando la sua immagine riflessa. Era sazio, quindi finalmente sembrava esser tornato ad un colorito normale, sempre cereo, ma sicuramente più vicino alla tonalità di un essere umano. Uscì dal bagno, ritornando nella sua stanza da letto. Guardò sorpreso il ragazzo ancora presente cercando un’altra figura che, però, sembrava essersi dileguata.
«Dov’è Hagumi? domandò seriamente sorpreso della sua assenza. Abitualmente, dopo le sue crisi, non avrebbe mai lasciato il suo capezzale senza esser sicurissima che lui stesse bene.
Shin, seduto su una poltroncina in un angolo della stanza in penombra, schiena curva in avanti, gomiti appoggiati sulle ginocchia e dita delle mani incrociate ad altezza delle labbra, si scosse dai suoi pensieri ed alzò lo sguardo su Hiro, che sembrava essersi ripreso ed ora chiedeva di sua sorella. «È corsa via sostenendo che Himiko aveva bisogno di lei. Lo sai, quelle due hanno un modo particolare di percepirsi che non riusciremo mai a capire.». Fece spallucce, quindi abbassò le mani e continuò «Come ti senti? Sono rimasto a fare le veci di Hagumi per accertarmi andasse tutto bene.».
«Meglio, grazie.» Disse l'altro, sedendosi nuovamente sul letto e arricciando il naso «Peccato che la tua puzza mi ribalti lo stomaco.».
Shin lo guardò esterrefatto, sbuffando un poco. «È un odore così forte?» domandò seriamente preoccupato della cosa e se anche Hagumi lo percepiva e ne fosse infastidita?
«Diciamo che per un olfatto fine come il mio è parecchio percepibile.» borbottò il bel professore, lo sguardo ancora vagamente disgustato «Soprattutto in momenti come questi.».
Il bruno si alzò in piedi, preparandosi ad andare via, ma ancora s’intrattenne qualche istante, per capire ciò che lo stava incuriosendo. «Ma... quindi tutti i vampiri possono percepire l'odore dei cacciatori?» chiese inclinando appena il capo di lato, sorpreso. Hiro scosse la testa, in segno di diniego. «No, é solo una mia peculiarità. Come ben sai ognuno di noi ha un potere particolare, il mio é questo, riconoscere l'odore dei cacciatori, in modo da poter riconoscere quelli ostili. Tu non sei ostile, ma puzzi lo stesso.» sbuffò, arricciando il naso seriamente infastidito. «Ma almeno hai un odore lieve, vista la tua natura. Non hai idea di quanti vampiri e cacciatori ci siano nella nostra scuola, é come se si fossero concentrati tutti lì, non so se per semplice coincidenza o se siano stati attirati da qualcosa, fatto sta che intorno al vostro gruppo ci sono più esseri sovrannaturali di quanti tu possa immaginare. Tu puoi riconoscere i vampiri, ma non sei in grado di riconoscere gli altri cacciatori, nessun cacciatore può. Non sono certo perfetti come noi eterni.» fu comunque un'affermazione piuttosto atona, non c'era arroganza, né ironia nella sua voce; era solo un dato di fatto e Shin sapeva bene quanto avesse ragione, i vampiri erano gli esseri perfetti in assoluto, quelli che la natura aveva voluto mettere un gradino più in alto rispetto a tutte le altre razze, cacciatori compresi che, seppur loro nemici naturali, dovevano coalizzarsi ed unire le forze per abbatterne anche uno solo. Shin era seriamente sorpreso dalla cosa. «Mi stai forse dicendo che devo iniziare a preoccuparmi?» la voce tremava leggermente, mentre i pensieri volavano lontano, nel futuro, in un eventuale momento in cui cacciatori e vampiri sarebbero entrati nuovamente ed inevitabilmente in conflitto. Sarebbe stata guerra, anzi un massacro reciproco, come in tempi passati. Si ritrovò automaticamente a pensare alle sue sorelline, temendo per la loro stabilità. Era da tanto, tanto tempo che non vedeva le due ragazze più importanti della sua vita, anche se in modo diverso, così serene e mai avrebbe voluto che il loro mondo ora così perfetto venisse turbato. Hiro però scosse la testa. «Non per ora.» si limitò semplicemente a rispondere.
In un secondo momento continuò il discorso, dopo aver riflettuto qualche secondo «In ogni modo, data la tua natura, io penserei fin da adesso da che parte schierarmi, Shinichi. Suppongo però che per te non sarebbe piacevole affrontare Hagumi ed Himiko. Soprattutto la prima, immagino.». Solito sguardo gelido, solita voce monocorde, eppure sembrava quasi un avvertimento il suo «Quale sarà il sangue che predominerà in te?» chiese infine, enigmatico. Shin lo guardò stupito, ma poi si rese conto che con quell'olfatto miracoloso era impossibile nascondergli il suo duplice essere. Non disse nulla, quei pensieri s’infilarono nel suo cervello con prepotenza e lo sconvolsero: quale strada avrebbe scelto? Impossibile darsi una risposta. Guardò Hiro e fece solo un cenno del capo, quindi si congedò frettolosamente. Doveva allontanarsi dal cottage, quell'uomo, quel VAMPIRO, lo inquietava troppo.


***

Correvano entrambe a perdifiato, sapendo perfettamente in che direzione recarsi per trovare l’altra. Il cuore di Himiko batteva all’impazzata, al di fuori della corsa che stava facendo. Non era ben certa del perché fosse rimasta tanto sconvolta della cosa, in fondo, se a Misa piaceva realmente Natsu e viceversa, per lei non c’era nessun problema reale. La sua mente saettò in un evento del passato, che lei aveva cercato forzatamente di cancellare: teneva per mano sua madre, mentre lei con la mano libera abbassava la maniglia di una porta. Ricordava solo la mamma scoppiare a piangere, accasciandosi a terra e stringerla forte a sé, dopo aver guardato oltre l'entrata di quello che sembrava un ufficio. Un uomo e una donna al loro interno erano anch’essi impegnati in un amplesso di dubbia natura. L’uomo al suo interno aveva lo sguardo pieno di terrore e osservava la scena, totalmente scosso. Già. Ma chi era quell’uomo? Non ricordava di averlo mai visto in vita sua. Chissà perché quello strano ricordo le era tornato in mente dopo quella vicenda.
«Himiko!» urlò la rosetta, che era ora nella sua visuale, arrivando finalmente davanti alla gemella che accolse a braccia aperte, mentre dava sfogo a tutte le sue lacrime.
«Dio Hagu… non capisco perché… in fondo, sono solo Misa e Natsu no? Eppure… quella visione… mi ha ricordato qualcosa di doloroso, ma fa ancora più male il fatto che io non riesca a capire nulla di quello che ho visto… e non conosco il perché di tutto questo e… oddio, ma perché sto così?» domandò confusa quasi più a se stessa, stringendosi di più alla sorella, che non capiva realmente cosa stava balbettando la rossa.
«Ferma, ferma. Calmati e spiegati meglio, altrimenti non capisco cosa ti sia successo. Ero da Hiro, ha avuto un'altra crisi e poi all'improvviso ho avvertito questa fitta al cuore, ho capito subito che eri tu!» spiegò, allontanandola quel poco che bastava ad asciugarle il viso con il dorso della mano e sorriderle piena di comprensione. «Oh, lì c'è una panchina. Vieni, accomodiamoci, così mi racconta tutto passo per passo.» la prese per mano e la invitò a seguirla, dirigendosi sulla panca di metallo ricoperta di goccioline d'acqua per l'umidità notturna della montagna. Himiko sembrò calmarsi un pochino, mentre si sedeva con la sorella al fianco, prese a guardare un punto indefinito davanti a lei, passandosi poi una mano nei capelli con fare nervoso.
«Non lo so io… ero preoccupata perché Misa non era ancora tornata, quindi ho pensato di cercarla e di farmi accompagnare, ho cercato Shin, ma non c’era… ho provato a svegliare Akira, ma neanche le cannonate l’hanno buttato giù dal letto… allora ho pensato a Natsu… solo che, quando ho aperto la porta… beh insomma… » arrossì visibilmente «Diciamo che li ho trovati entrambi ed ehm… insomma, lo stavano facendo… » Hagumi la guardò con un cipiglio. Questo cosa significava? Himiko si affrettò subito a fermare il flusso dei pensieri della gemella, che stava già elaborando qualcosa di contorto «Ferma, ferma! Non pensare fossi gelosa o fossi sconvolta per il fatto si trattasse di loro due e mi desse fastidio! È solo che, quella scena, mi ha ricordato qualcosa… qualcosa di doloroso… ».
La gemella dai capelli rosa guardò la sorella seriamente confusa. Quale scena poteva averle evocato beccare due persone a letto? Ed era un ricordo che apparteneva solo ad Himiko? Perché lei non ricordava nulla del genere, per quanto ne sapesse, non aveva mai visto nessuno in vita sua fare sesso, né lei stessa l'aveva mai fatto, da brava verginella lo conosceva solo per sentito dire e non era neanche certa che tutto ciò che avesse sentito su questa... "pratica"... fosse propriamente realtà. «Chi pensi che fossero le due persone del tuo ricordo?» chiese poi, cercando di mantenersi razionale.
Himiko scosse la stessa. «Non ne ho idea… ricordo solo chiaramente me e mamma… poi sono sicura ci fossero anche un uomo e una donna, le due persone in questione, ma non ho idea di chi fossero… » fece spallucce, guardando ora la sorella negli occhi, probabilmente Hagumi era ancora più confusa di quanto lo fosse lei «Scusa, forse dovrei solamente darmi una calmata e lasciar correre tutto, alla fine è una sciocchezza.» Ma la rosetta scosse la testa, pensandola diversamente.
«Non é una sciocchezza, niente che ti faccia stare male é una sciocchezza, sorellina mia. Stai tranquilla, indagheremo, dobbiamo scoprire cos'è che ti scombussola, vedrai che ne verremo a capo. Allungò una manina e le diede un paio di pacche sulla spalla, in modo buffo, per farla ridere un po'. Himiko fece appena un flebile sorriso, grata alla sorella semplicemente per essere com'era e capirla sempre, qualsiasi cosa accadeva. Aprì nuovamente la bocca per cambiare discorso, voleva chiederle di Hiro, ma si bloccò appena in tempo, quando una voce interruppe i suoi pensieri. «Minamoto! Che diamine ci fai ancora in giro, non ti eri imboscata con tuo fratello?» la voce profonda e la parlata un po' rozza di Shiki fece sussultare Hagumi, che si voltò a guardarlo terrorizzata; e adesso che s'inventava? Ma non dovette inventarsi nulla, quando il cervello elaborò cosa le avesse chiesto. «Imboscata... ? Credo che tu abbia frainteso qualcosa, Shiki.».
Il moro la guardò con un cipiglio, mentre percorreva gli ultimi passi che lo portavano di fronte alla due. «Che cosa dovrei aver frainteso? Due concordano un appuntamento in un luogo isolato a certi orari della notte e con l’evidenza che… » si bloccò, illuminandosi «Ahhh, ma forse allora tu NON sai… » calcò la negazione, un ghigno divertito si dipinse sulle sue labbra, mentre intuiva che la rosetta era sicuramente all’oscuro dei sentimenti che il fratello nutriva per lei. Incrociò le braccia dietro la testa, guardando ora Himiko, di cui sembrava aver notato solo in quel momento la presenza; lo sguardo della ragazza era in fiamme, perciò dedusse che lei lo sapeva. Degli enormi punti di domanda sbucarono sulla testa di Hagumi, ora più confusa che mai, ma fu Himiko a salvare la situazione. «E tu cosa ci faresti in giro a quest’ora di notte da solo? Vai a spiare le ragazze nelle loro stanze, mentre dormono, per rubare loro la biancheria intima?!».
Shiki sghignazzò divertito «Minamoto color semaforo rosso e pensare che ti facevo un po' più arguta della Minamoto color caramella gommosa. E soprattutto con un senso dell'umorismo un po' meno prevedibile.» il suo, invece, non lo era mai, tant'é che fece andare Himiko in escandescenze. Hagumi, dal canto suo, continuava a non capirci nulla, siccome era sì dotata di un'intelligenza spropositata, ma in quanto a furbizia scarseggiava in modo quasi scandaloso. «Ad ogni modo, no, semplicemente non riesco a dormire ed é inutile rimanere nel cottage a fare rumore, così ho chiesto agli insegnanti il permesso di aiutare i sorveglianti» più furbo delle due messe assieme, senza alcun’ombra di dubbio. Certo non poteva dire alle due che tornato nella sua camera e aveva sentito ansimare dietro la porta ed aveva deciso che era il caso di farsi un altro giretto.
«Ma che ragazzo diligente.» si limitò a dire Himiko, ora a braccia incrociate e l’aria piuttosto imbronciata. Ciò portò Shiki ad essere ancora più divertito. «Sicuramente preferisco questa tua versione a quella di piagnucolona, non ti si addice per niente!» La rossa sobbalzò, mentre il viso le andava in fiamme. Che figuraccia, allora era già da un po’ che le teneva d’occhio e sicuramente l’aveva vista piangere. La sua reputazione era andata a quel paese! Si lasciò scivolare sulla panchina, affranta, mentre Hagumi prendeva parola.
«Eri preoccupato per mia sorella, l'hai vista piangere, perciò sei venuto a prenderci in giro con la scusa che mi avevi vista già prima, per tirarla un po' su e farle distogliere i pensieri da ciò che le faceva male.» disse quasi psicanalizzandolo, sorridendo poi pacata in sua direzione «Non conoscevo questo lato premuroso di te, Shiki.». Il ragazzo borbottò qualcosa d’insensato, prima di voltarsi ed allontanarsi. «Bah, donne... sempre a credere di sapere cosa pensi!». Le gemelle ridacchiarono, dopodiché Hagumi puntò intensamente lo sguardo dietro la sua nuca, sulla sua schiena e lo osservò andare via con un'espressione rapita. «È imbarazzato. Ho fatto centro!» disse solo, ridacchiando, voltandosi poi verso sua sorella, che ora la guardava sorridendo sotto i baffi ed un'espressione furbacchiona. Una piccola gomitata nelle costole, per prenderla un po' in giro «Che c'è?» chiese la rosata, arrossendo più dei capelli di Himiko.
«Ti piaaace… » sorrise seriamente divertita, mentre dava una seconda leggera gomitata alla sua adorata sorellina. «Non mi avevi detto di essere interessata a qualcuno!». Hagumi simulò dei colpetti di tosse, mentre il viso assumeva tonalità ora purpuree. Himiko guardò la gemella, sorridendo ora dolcemente. «È un tipo interessante in effetti, nella sua indifferenza per tutto e per tutti, riesce lo stesso ad avere sempre un atteggiamento piuttosto misterioso ed affascinante e, a quanto pare, in fondo è anche un bravo ragazzo. Sì, è decisamente il tuo tipo.».
«Il mio tipo?» rispose l'altra, sorpresa ed oltremodo imbarazzata. «Oh... beh, sì... suppongo sia così... » le gote tinte di un rosso adorabile sbiancarono però quasi subito nel vedere Shin tornare finalmente dal cottage di Hiro. «Oh, fratellino!» disse alzando una manina per fargli segno, ma nessun entusiasmo scosse la sua voce. Fare certi pensieri su Shiki, poi vedere arrivare Shin, l'aveva mandata in confusione e la cosa più snervante era non capire perché dovesse accelerarle il battito ogni volta che il fratello spuntava nei dintorni di dov'era lei. O forse lo sapeva?
Il ragazzo raggiunse le due, l’aria un pochino assorta, ancora stava ripensando alle parole di Hiro.
«Beh? Il gatto ti ha mangiato la lingua?» domandò divertita Himiko, vedendo che il ragazzo non reagiva come suo solito, soprattutto alla presenza della bella confettina. Lui sembrò ridestarsi dai suoi pensieri e prestar loro attenzione. «No, scusate, sono solo un po’ stanco… in ogni caso Hiro si è ristabilito completamente, per un po’ penso possiamo stare tranquilli, con quella razione dovrebbe rimanere sazio per almeno qualche giorno.».
Himiko annuì sollevata, mentre Hagumi si lasciava scappare un sospiro di sollievo e sorrideva rilassata. «Ma voi due che state facendo qui? Non è il caso che stiate in giro da sole a questi orari della notte.». La rossa lo guardò con un cipiglio. «Non penso ci siano pericoli di cui dovremmo temere, noi, o sbaglio?» lui scosse la testa, tergiversando No, semplicemente rischiate che un insegnante v’infligga una punizione esemplare, sono pur sempre le quattro del mattino.». Porse ad entrambe le gemelle una mano per aiutarle ad alzarsi e insieme s’incamminarono verso il bungalow in cui tutti e tre avevano alloggio.
Himiko afferrò la mano del fratello, senza esitazione, almeno un po' più allegra rispetto a poco prima, Hagumi dal canto suo fu parecchio titubante. Allungò la mano, stava per sfiorare la sua, ma poi la ritrasse, non se la sentiva. La appoggiò in petto, chiusa a pugno ed abbassò lo sguardo, chiudendo gli occhi. Himiko la guardò incredula. Possibile che Hagumi fosse giunta ad avere tali problemi con Shin e lei nemmeno se ne fosse accorta? Forse era il caso di lasciarli soli, avviarsi davanti e fare in modo che potessero chiarirsi, le occasioni per parlare da soli erano praticamente inesistenti da quando lui non abitava più con loro. Dopo alcuni passi che mossero tutti insieme, prese parola.
«Ehhh ma come siete lenti, volete farmi invecchiare? Io vado avanti, sono stanca e voglio riposare almeno qualche ora, ma di questo passo finirei per non vederlo neanche il mio letto!» Shin le fece un cenno di gratitudine quasi impercettibile, mentre la rossa si allontanava. Era sempre stata la sua ancora di salvezza quella ragazza, ogni volta che stava male o aveva qualche problema per via del suo rapporto burrascoso con Hagumi e la feriva in qualche modo, lei trovava sempre il modo di confortarlo e creargli l’occasione di sistemare tutto. Era l’unica con cui poteva parlare liberamente dei suoi sentimenti per la confettina. Hagumi, dal canto suo, non sembrava così grata alla gemella per l’occasione offerta. Non si sentiva tranquilla e avrebbe preferito evitare il contatto diretto con lui, almeno per il momento.
«Ti va di fermarci e scambiare due parole?» chiese con una voce così dolce che lei non poté inventarsi nessuna scusa per sfuggirgli. Alzò lo sguardo ed incontrò il suo, di un ambrato caldo e profondamente triste. «Shin, senti io... » «No, aspetta. Posso parlare per primo?» lei tacque ed abbassò gli occhi sulla punta delle scarpette rosa, deglutì e fece un cenno d'assenso. Rincuorato, poté proseguire: «Vedi, Hagu, da quando mi sono trasferito e sono passato all'università, le occasioni di parlare un po' sono state più uniche che rare e mi rendo conto di averti trascurata parecchio. Sono stato molto impegnato, in un certo senso ho quasi voluto ciò, perché c'è qualcosa che mi tormenta ed avevo bisogno di stare da solo, per riflettere. Se però questo ti offende, o in qualche modo ti affligge, io posso tornare a vivere con voi. L'ultima cosa che voglio é renderti triste, sei la persona più importante per me e la mia ultima intenzione è quella di ferirti.».
Un discorso piuttosto chiaro il suo, nonostante qualcosa le diede da pensare intensamente, punti che non riusciva a capire: la persona più importante? Immaginò che fosse sottointesa anche la sorella, in tale affermazione. «No, beh, non voglio certo costringerti a rinunciare alla tua privacy e alla tua autonomia. Non sono offesa, é vero che mi dispiaceva vederti un po' lontano, ma immagino che crescendo certe cose accadano.». Cercava di sembrare sincera, lo guardò dritto negli occhi solo un momento però, prima di distoglierli e voltarsi altrove, le dita incrociate in grembo che si torturavano le une con le altre, nervosamente.
Lui rise un pochino, forse più per spezzare la tensione e la delusione delle parole della rosetta. Probabilmente avrebbe preferito che lei lo pregasse di tornare, già. «Beh, insomma, crescere non penso sia l’esatta parola… bada bene, ho sempre adorato vivere a casa, anche se dovevo spesso scontrarmi con l’umoraccio di Himiko, sono sempre stato contento di vivere con voi, però… » corrucciò lo sguardo, cercando quello di Hagumi, che però sembrava non aver intenzione di alzarlo. Decise allora di calcare la mano, non ce la faceva più a tenersi dentro tutto, il suo cuore bruciava di dolore e fremeva per liberarsi di quel segreto. «Probabilmente ciò che ti sto dicendo cambierà tutto fra noi, ma a questo punto è tanto inutile continuare a far finta di niente.» la confettina strizzò gli occhi, preparandosi ad incassare il colpo, sicura che le avrebbe fatto più male di quanto non si sarebbe mai aspettata. «Diciamo che non posso più vivere sotto lo stesso tetto di quella che non ho mai realmente ritenuto mia sorella, ma la donna di cui mi sono perdutamente innamorato. Lo so, ti farò schifo ora per le parole che ti ho detto, ma io ti amo Hagumi… scusami se sono così egoista, ma non posso starti accanto solo come fratello… » appoggiò delicatamente la mano sulla testa della ragazza, che era ormai immobile come una statua di pietra, totalmente sotto shock, accarezzandola dolcemente per confortarla e farle capire non fosse colpa sua. Sgranò gli occhi nello stesso istante in cui la sua mano si posò sui suoi capelli. Ora che se ne rendeva conto, cosa c'era da rimanere sorpresi di una cosa che, in cuor suo, aveva sempre saputo? «Shin tu sei... noi siamo... fratelli. Io non posso credere... non é possibile... » non riusciva a formulare un solo pensiero completo e coerente, senza che altri mille le intasassero già la testa e premessero per uscire dalle sue labbra. Fratelli. I fratelli non possono amarsi, è contro natura. Lui non poteva provare quel sentimento, era un tabù, era illecito, illegale... era assolutamente, senza ombra di dubbio PROIBITO. «Questo non é possibile, lo escludo. Lo escludo e mi rifiuto di accettarlo. Credo tu ti stia sbagliando Shin, mi dispiace, io... io... » lei nulla. Non sapeva che dire. Si portò le mani sulla testa, s’inginocchiò a terra e rimase così, scossa da tremiti inconsulti e con il viso che lentamente iniziava a rigarsi di lacrime prepotenti che proprio non volevano saperne di rimanere al loro posto. «Shin, noi siamo fratelli... siamo fratelli... » singhiozzò incredula, mentre lui la guardava dall'alto, rimanendo in piedi, sconvolto. Com’era potuto succedere? Avrebbe dovuto insultarlo, per essersi liberato di quel peso mollandolo a lei e invece semplicemente si era chiusa a riccio ed aveva iniziato a piangere come una bambina, turbata, ferita, semplicemente svuotata. «Oh, no. No, no, Hagumi, non devi prenderla così.» s’inginocchiò davanti a lei, ma cosa poteva fare? Cosa poteva dirle? Ormai il guaio l'aveva fatto, no? «Scusami. Perdonami. Perdonami, ti prego, se puoi, anche se non lo merito... ti lascerò stare, sparirò dalla tua vita se lo vorrai, non volevo spaventarti, non voglio farti schifo, Haguchan... Haguchan, ti prego, ascoltami, non piangere... non... » strinse i pugni, si sentiva così impotente. Fece per piegarsi in avanti e stringerla forte, ma dovette trattenersi, non era sicuramente la cosa più giusta da fare. Si limitò semplicemente a passarle un braccio sotto le ginocchia e l’altro dietro la schiena, sollevandola senza nessuno sforzo ed accompagnandola al loro bungalow. Ad attenderli nel corridoio c’era ovviamente Himiko, che aveva percepito lo stato della sorella, fece segno al fratello di metterla nel letto di Misa, la quale, pensò, aveva probabilmente deciso di continuare la seratina hot con Natsu nella stanza affianco e non tornare per la notte. Hagumi tremava ancora, terrorizzata, e lo sguardo impaurito di Shin le aveva già spiegato tutto, senza ulteriore bisogno di parole. Si alzò in punta di piedi, per arrivare a raggiungere con la mano il capo del fratello, e gli fece una carezzina affettuosa, abbracciandolo subito dopo premurosamente.
«Non ti preoccupare fratellone, hai fatto la cosa giusta, anche se per Hagu è stato uno shock, sono sicura che si riprenderà, ma è giusto che le cose andassero così, non potevate continuare a vivere in quel modo, prima o poi avreste fatto crack entrambi… » lui si strinse alla sorella, ricambiando l’abbraccio, cercando di darsi un contegno. «Non penso mi perdonerà mai per la ferita che le ho inflitto.» La rossa scosse la testa. «Non dire sciocchezze, dalle tempo, ne avrà bisogno, ma non pensare mai più cose del genere! Parliamo sempre di Hagumi! Ora su, vai a riposarti un po’, sei uno straccio, ne hai bisogno, vedrai che appena sveglio vedrai già tutto più roseo.» lo invitò lei, ma Shin continuava a non sembrare troppo convinto, comunque pensò che forse fosse la cosa giusta da fare e si avviò nella sua stanza, mentre Himiko si accoccolava di fianco ad Hagumi, abbracciando forte la sorella nel tentativo di calmarla e farla riprendere.

***

L'indomani giunse in fretta, anche perché tutta quella confusione era accaduta a notte ormai inoltrata e nessuno di quelli che aveva preso parte alle varie peripezie era riuscito a chiudere occhio. Alle otto in punto, orario dell'appuntamento per partire per la passeggiata in montagna, loro erano gli unici già svegli. Himiko, Hagumi, Shiki, Shin, Natsu, Hiro e Misa. Un gruppetto non molto omogeneo, tutto sommato, e nessuno di loro aveva detto la minima sillaba al di là di un semplice saluto, appena giunto sul posto, per poi tacere. Shiki si guardò attorno, pensieroso, chiedendosi se i topi di montagna fossero particolarmente famelici e mangiassero la lingua di chiunque si facesse beccare in giro a notte fonda o cose del genere. Certo, pensieri stupidi, ma era famoso per la sua pigrizia e grazie al regalino notturno di Natsu aveva dormito poco e niente, il suo cervello, per quanto sviluppato al di fuori della norma, doveva ancora ingranare.
Il povero Shin fu ben presto costretto a svegliarsi, riprendendosi prima degli altri dal suo stato vegetativo, in seguito all’arrivo scoppiettante di Naoko, che ovviamente decise di incollarsi a lui tutto il tempo, dimenticandosi ben in fretta dell’amica Sunako, che la seguiva come un’ombra, in silenzio. Hagumi aveva preferito distrarsi dai suoi pensieri portandosi in disparte per parlare con Hiro, con la scusa della crisi della sera prima e di sapere come stava, come se già non fosse stata informata da Shin. Misa e Himiko si sedettero sul prato di fianco al luogo dell’incontro, rimanendo però in silenzio fra loro, ogni tanto la rossa aveva provato a domandarle qualche cosa, sorvolando sull’incidente con Natsu, ma la ragazza sembrava preferire la scena muta; infine Shiki e Natsu furono soli. 
«La prossima volta che ti devi portare a letto qualche tipa, per favore fallo fuori della nostra stanza. Ho passato la notte in bianco per colpa tua.» lo riprese Shiki, concentrandosi nell’accendere come suo solito una sigaretta ed inspirando a fondo. Natsu ghignò appena, allungando una paglia verso il cugino per farsela accendere: «Tu almeno non ti sei beccato un ceffone e un paio d’insulti, con annessa particolare dichiarazione d'amore» rispose amarognolo, ritraendo la mano una volta accesa e concedendosi un'ampia boccata calmante. «Come se non l'avessero capito anche i muri di ciò che prova per te, pel di carota» ribatté Shiki, ironicamente. Natsu fece spallucce, ma non disse nulla; doveva immaginarlo che suo cugino avesse capito tutto prima di saperlo, d'altronde era famoso per essere veramente intelligente, superiore alla media come dicevano anche i suoi risultati scolastici, studiava poco e si piazzava sempre tra i primi studenti nella graduatoria nazionale ed inoltre era un acuto osservatore. «E senti, mentre eri in giro, hai mica beccato la Minamoto? Quella maculata, intendo... » chiese incuriosito, erano ore che si stava torturando con il pensiero di voler sapere cosa avesse provato quella squinternata beccandoli.
«Perché me lo domandi?» chiese l’altro, curioso di sapere il perché in quel periodo il cugino fosse tanto interessato a quella ragazza. In realtà, non sapeva bene cosa pensare riguardo allo stato in cui l’aveva vista insieme ad Hagumi, ma era certo che la rossa non sarebbe stata clemente con lui se avesse rivelato di averla vista in quelle condizioni e decise, quindi, che avrebbe glissato su quel piccolo dettaglio. Natsu nel frattempo si sistemò meglio il cappello nero sulla testa, abbassando lo sguardo, non sapendo se sentirsi imbarazzato per quella situazione o poter stare tranquillo.
«Mh, no beh, niente... curiosità... l'ho sentita parlottare con qualcuno fuori la porta, passando, mi sono chiesto cosa ci facesse sveglia a quell'ora e... » si bloccò, Shiki lo stava guardando accigliato «Ohhhh, va bene, non guardarmi così! Ci ha beccato, cercava Misa, e boh... ci ha colto sul fatto, mentre mi cavalcava. Non male tra l'altro, ci sa fare la... AHI!». Shiki gli aveva appena mollato uno scappellotto che aveva fatto volare via il suo cappello «Non dire scemenze, per favore, siamo in pubblico, se qualcuno ti sentisse, ci rimetterebbe lei la reputazione, idiota che non sei altro!».
«Ma quale reputazione? Se è famosa per le sue prestazioni sessuali di letto in let… AHI!» questa volta era un pugno, ben piantato sulla sua nuca. Natsu si massaggiò la testa dolorante. Dannato cugino. «Anche se fosse, non mi sembra il caso di peggiorare la sua situazione con i tuoi racconti dettagliati. Piuttosto, che hai intenzione di fare con la Minamoto?» Natsu fece spallucce, in fin dei conti lui non aveva nulla di cui scusarsi, quella volta, mica era colpa sua se lei entrava nelle stanze altrui senza permesso.
 

***

Il sole picchiava insistentemente sulle loro teste. Alcuni erano così stanchi da lagnarsi già dopo le prime ore di cammino per raggiungere la cima della montagna, dove avrebbero trovato ad accoglierli delle terme prenotate per sera e nottata, e sarebbero tornati giù l'indomani mattina. Altri invece, più pazienti e temprati, si limitavano a procedere in silenzio, di tanto in tanto sorseggiando una qualche bibita fresca conservata nelle borse termiche, altre volte fermandosi qualche minuto a riposare alla penombra degli alberi. Hagumi, dal canto suo, si era fermata già una sessantina di volte in due ore, con la strabiliante media di una pausa ogni due minuti. Himiko con lei, semplicemente perché indossare gli stivali con le manette e catene era stata una pessima scelta ed avrebbe dovuto portarsi dietro scarpe più comode. «Siete due fannullone!» si burlò di loro Shiki, dopo averle viste fermarsi ed essere tornato indietro, tutto sommato, per accertarsi delle loro condizioni.
Himiko, pugno serrato, gli urlò qualcosa di poco sensato, lamentandosi poi per il forte caldo. Hagumi guardò con gli occhi luccicosi di lacrime le sue amate ballerine rosa, ormai irriconoscibili e totalmente ricoperte di fango. Entrambe le ragazze sospirarono, mentre Shiki le guardava confuso, poi porse la mano ad Hagumi. «Prendi la mia mano, ti aiuto io a proseguire, se camminerai attaccata a me, farai meno fatica, ti tirerò io.» le propose lui, rendendosi conto di quel passo non sarebbero arrivati neanche per l’indomani. Hagumi passò tutte le tonalità purpuree esistenti, mentre era indecisa se accettare o no l’aiuto del bel moretto. Da quando era così gentile con lei?
Mentre Himiko gonfiava le guance, per l'invidia che a lei nessuno porgesse la mano, e tirava anche un pizzicotto alla sorella per vendetta, quest'ultima ritrasse la propria mano dall'afferrare quella di Shiki. Stava passando Shin proprio in quel momento e non sarebbe stato delicato prendere la mano di qualcuno, dopo che la sera prima aveva rifiutato la sua. «Mh, no... penso di farcela da sola, ti ringrazio.» Abbozzò un sorriso poco convinto e si alzò, i piedi presi da mille fitte invocarono pietà e lei, barcollando, cadde in avanti finendo dritta tra le braccia di Shiki. «Oplà! Ce la fai da sola?». «Eh ma quanto miele… » si azzardò a dire Himiko, prima di alzarsi e correre a raggiungere il fratello, che sembrava essersi liberato un momento di Naoko ed essere notevolmente infastidito dalla scena appena vista, nel frattempo che Hagumi sembrava continuare la sperimentazione di quale tonalità scarlatta si addiceva di più al suo viso. Natsu, che intanto osservava la scena tenendosi in disparte, rimanendo un poco più su, sul sentiero, fu giusto in quel momento raggiunto da Naoko, che gli saltò al collo in un gesto affettuoso, facendolo quasi strozzare e bruciare con la sigaretta, che gli cadde sui pantaloni e per un soffio non andarono a fuoco. «Nii-chan!» esordì in un cinguettio lei, ignorando le lamentele del fratello riguardo al casino che aveva combinato «Hai mica visto Shin-chan passare da qui? Mi ha mollato come un’idiota, mentre cercavo qualcosa da bere nella borsa termica, quell’antipatico!».
«Antipatico, eh? Se é così antipatico dagli tregua e staccati da lui, fallo respirare.». Sbottò scrollandosela di dosso «E possibilmente fai respirare anche me, sei una piattola quando fai così, mi chiedo che diamine ti sia preso, non sei mai stata così oca come da un paio d'anni a questa parte. È stato il liceo o la cotta per Shinichi Minamoto a farti uscire pazza?» chiese seriamente curioso, tanto conoscendo la sorella sapeva quanto era furba e anche quanto riusciva ad essere subdola.«E non cinguettare quando sei con me, mi fai senso». Una risata acuta partì dalla ragazza, mentre gli tirava una pacca poco delicata sulle spalle, facendolo piegare in avanti dal dolore «Che vai dicendo Natsuccio-chan!» poi il suo sguardo si fece serio, quasi con una nota malvagia nascosta «Ho solo deciso di prendermi ciò che voglio sia mio, no? Pare sia l’unica tattica funzionale per avvicinarmi a lui… è un soggetto veramente interessante, sai?» tornò a sorridere come sempre, mentre faceva ciao ciao con la manina al biondino, ancora più confuso, informandolo, come se ce ne fosse bisogno, che continuava la sua ricerca del ragazzo.
Natsu rimase da solo a massaggiarsi una spalla, pensando che sua sorella l'avesse un po' inquietato. Pazza squinternata. Si guardò attorno e si rese conto di essere rimasto indietro, così come Shiki ed Hagumi che alla fine erano rimasti a scambiare due chiacchiere. Fece spallucce, chiedendosi cosa fosse tutto quell'attaccamento del moro per la confettina ambulante, quindi decise di raggiungerli, tanto ormai gli altri erano tutti spariti. E ad una trentina di metri dai due, notò anche Shin ed Himiko, sembravano piuttosto agitati. Si chiese come quell'imbecille di Naoko non avesse pensato di guardare indietro per trovare Shin ed avesse invece pensato fosse sicuramente andato avanti, quindi raggiunse Shiki ed Hagumi, con la stessa brutta sensazione di poco prima. «Yo! Sembrate due piccioncini, una seduta su un masso all'ombra di un albero, lui un braccio appoggiato al tronco, che le parla dall'alto guardandola romanticamente... sigh, mi verrà il diabete!». «Sta zitto!» lo rimbeccò Shiki, mentre Hagumi abbassava lo sguardo ed arrossiva ancora una volta, proprio ora che si era calmata. Forse tutto quel rinnovato imbarazzo che Shin poté notare da lontano sarebbe stato meglio evitarlo, fatto sta che lo fece infuriare come una belva. «SHIN, NO!» l'urlo di Himiko si espanse nell'aria e raggiunse senza affanno i tre, che si voltarono sorpresi, giusto in tempo per vedere la rossa cercare di fermare il fratello, visibilmente... cambiato! Aveva occhi rosso sangue, canini appuntiti e una strana aura nera attorno al suo corpo; ma Himiko non riuscì nell'intento di placarlo, fu brutalmente spintonata via, compiendo un volo in aria di almeno cinque metri, prima di sbattere con violenza contro un albero che frenò la sua corsa. Shiki e Natsu erano sbigottiti, Hagumi cacciò un urlo, terrorizzata. Shin aveva iniziato la corsa in direzione di Shiki, evidentemente intenzionato a cibarsi di lui. Il moro prontamente si allontanò dal cugino e Hagumi, portandosi con un agile salto su un ramo dell’albero sopra di lui, spostandosi poi velocemente su alcuni più avanti, cosicché anche Shin cambiò la sua corsa. Hagumi, che da prima aveva nascosto il volto dietro le mani, aprì gli occhi giusto in tempo per osservare la scena e rimanere allibita dell’agilità decisamente fuori dal comune di Shiki. Fu tutto molto veloce, anche Shin con un agile salto aveva raggiunto il punto più alto dell’albero, iniziando ad attaccare il moro nel tentativo di indebolirlo e poterlo mordere, ma il ragazzo sembrava sapere il fatto suo. D’accordo, come mezzo vampiro non era di certo il più veloce della sua razza, ma superava notevolmente un essere umano normale, tuttavia Shiki sembrava tenergli testa e schivare facilmente ogni suo colpo, cosa che lo fece imbestialire ancora di più, se possibile.
Hagumi scoccò un'occhiata preoccupata verso la sorella e si alzò per correre da lei, dimentica del dolore ai piedi. Natsu ovviamente corse al suo fianco, la raggiunsero insieme. «Himi, stai bene?» chiese la sorella con voce rotta dal pianto, allungando una mano verso il suo volto per spostarle alcune ciocche di capelli che erano caduti disordinatamente in avanti. Himiko fece una smorfia di dolore, poi emise un piccolo gemito ed aprì gli occhi, stordita. «Tutto ok, sembra integra... .» disse Natsu, non senza lanciare occhiate preoccupate verso i due che sull'albero se le stavano ancora dando di santa ragione.
«Hagu devi fermare Shin… » mugugnò la rossa, massaggiandosi la nuca dolorante, che Natsu si domandò come facesse a non sanguinare dopo un impatto del genere «Solo tu puoi calmarlo ora, è accecato dalla gelosia!» Hagumi, però, scosse la testa, convinta di non poter far nulla e terrorizzata allo stesso tempo. «Ti prego Hagu, fidati di me… Shin ha solo bisogno che tu gli dia un attimo d’attenzione, non si perdona di averti ferita!» continuò ad insistere convinta delle sue ragioni.
Hagumi trasse un lungo respiro, voltandosi a guardare i due. Shiki gli teneva testa in modo incredibile, tuttavia sentiva che alla lunga avrebbe avuto Shin la meglio. «Va bene. Natsu, resta con lei!» s’infuse coraggio, si alzò e si allontanò di corsa dai due, verso l'albero. Himiko guardò poi Natsu, chiedendosi come mai non fosse sorpreso, e soprattutto per quale motivo non la tempestava di domande. Natsu si voltò a guardarla a sua volta e si maledì mentalmente per non aver finto come avrebbe dovuto. «Oh... ah! Ora che abbiamo appurato che stai bene, penso tu mi debba qualche spiegazione sulla mostruosità in cui si è mutato tuo fratello!» parlò convinto, ma la sua voce a lei risuonò, in qualche modo, falsissima; che strano! «Sembri abbastanza consapevole di ciò che é, o sbaglio?» domandò lei atona, non si fidava di lui e temeva per l’incolumità di Shin; e ora che si era rivelato a due estranei, a due esseri umani, come sarebbe finita? Sarebbero stati alleati o li avrebbero consegnati direttamente nelle mani del nemico? Affilò lo sguardo, scrutando il biondino attentamente nei suoi occhi cerulei, cercando traccia di qualche sua intenzione che, però, non sembrava rivelarsi, anzi sembrava ora aver assunto un’aria piuttosto grave, guardandola nello stesso modo in cui stava facendo ora lei con lui.
«Non é la prima volta che mi capita di vedere un vampiro, tutto qui. Non mi sono sconvolto semplicemente perché tuo fratello non é il primo... » disse semplicemente e lei assottigliò lo sguardo per scrutarlo meglio, ma non riuscì a trovare traccia di menzogna nei suoi occhi.
Hagumi frattanto era arrivata sotto l'albero e cercava di arrampicarsi alla bell'e meglio, ovviamente con scarsi risultati; quando non era trasformata, era agile come un ippopotamo col mal di schiena e zoppo. Riuscì ad appendersi solo al primo ramo e poi gridò: «UFFA VOI DUE FINITELAAA! SHIIIIN! Smett... KYYAAAH!» inevitabile anche la caduta, dritta, dritta col sedere a terra, non era riuscita a tenere bene la presa ed eccola lì ora, con l'osso sacro spiattellato al suolo e lacrime grosse come pinoli a rigarle il volto. Ma almeno quei due si erano fermati. Shin pareva essere rinsavito. «HAGU!» gridò, prima di catapultarsi giù dall'albero per raggiungerla. Si portò al suo fianco e la prese in braccio, preoccupato. «Ti sei fatta male?» «No, mettimi giù, che cavolo ti é saltato in testa?» Gli occhi di Shin sembravano riacquistare la loro tonalità ambrata, mentre i canini affilati scomparivano velocemente. Si strinse forte alla confettina, ancora leggermente sotto shock dall’ira che l’aveva assalito, l’aria confusa. «Piccola mia… » le disse solamente, gli occhi velati da una strana patina di tristezza, mentre liberava una mano per carezzarle dolcemente una guancia. Hagumi però non si fece impietosire, questa volta l’aveva combinata veramente grossa, aveva rivelato ad umani la loro presenza, aveva rischiato di mettere in pericolo tutta la loro razza e la loro famiglia. Per cosa poi? Questa non gliela poteva davvero perdonare.
«No, no, mettimi giù. Mettimi giù, ho detto!» gli ordinò lei, agitandosi tra le sue braccia e riuscendo alla fine a scendere a terra. Anche Shiki scese agilmente dall'albero e si avvicinò ai due, raggiunti infine anche da Natsu e da una Himiko zoppicante che, per camminare, si appoggiava a lui. Non era proprio il momento di fare la schizzinosa, anzi era quello di sotterrare un attimo l'ascia di guerra e mettere in ordine la situazione. «Hagu, mi dispiace, io, io... io non so cosa mi sia preso, te lo giuro.». Fu interrotto da uno «Tsk!» convinto di Shiki, che si avvicinò ai due passando il dorso della mano su un angolo delle labbra dal quale scendeva copioso del sangue «Io, invece, penso di saperlo. Un vampiro, per di più instabile. Bell'affare... ». Shin abbassò lo sguardo colpevole, ben conscio di averla combinata davvero pesante quella volta, alzò gli occhi su Hagumi, nella speranza di vedere in lei anche una minima goccia di pietà nei suoi confronti, ma il suo sguardo era duro. In realtà, dentro era distrutta, ma non poteva permettersi di essere dolce come avrebbe voluto con lui. Doveva capire la gravità della cosa. Il bruno scosse allora la testa, strizzando gli occhi per il dolore che provava. «Ho capito.» si limitò a dire, allontanandosi dal gruppo in direzione della valle. Shiki scattò allarmato. «Ehi no, no fermi! Non possiamo mica lasciarlo andare così!». Fece per inseguirlo, ma un braccio di Hagumi lo bloccò, mentre con lo sguardo ancora seguiva la figura del fratello. «Lascialo andare, non farà del male a nessuno. È mio fratello, lo conosco.» sospirò lei, Shiki si voltò a guardarla, quindi allungò una mano verso il suo viso e le alzò il mento, per guardarla negli occhi. «Stai bene?». Lei fece spallucce e si liberò con gentilezza dalla sua mano, voltando il viso altrove. «Sì. Un po' scossa, solo. Himiko per fortuna si è procurata solo qualche livido ed un po' di mal di schiena» guardò la rossa «Vero sorellina?».
Lei sorrise, facendo il segno della vittoria in direzione della confettina.
«Pare io sia una persona fortunata!» affermò fingendo alla perfezione, normalmente nessun essere umano normale sarebbe potuto uscire da una caduta come quella quasi illeso, ma i due parvero berla, perlomeno Natsu. Shiki, al contrario, si era fatto ancora più sospettoso. Se intorno alle due c’era un vampiro, significava solamente che aveva scoperto cos’era di strano che sentiva aleggiare attorno alle loro figure, quindi era tutto finito lì, o c’era dell’altro? Decise che avrebbe continuato sicuramente ad indagare. Si era fatto ormai il tramonto e i quattro erano in ritardo. Continuarono la salita in totale silenzio fra loro, con Natsu che portava sulle spalle Himiko, anche se la ragazza in realtà aveva già rimarginato le sue ferite, ma per essere credibile al meglio aveva continuato a fingere la storta, Shiki davanti a tutti ed Hagumi che chiudeva il gruppo. Una volta arrivati a destinazione, chiaramente, si presero una bella strigliata dai professori seriamente preoccupati. Natsu, da perfetto attore qual era, rifilò loro la scusa che il maggiore dei Minamoto si era sentito poco bene e si erano fermati per soccorrerlo, poi per giustificare la sua assenza informò loro che era tornato a valle per il malessere. Per quella sera e fino al giorno successivo, Shin non si fece più vedere, rimase solo, il tormento per le proprie azioni a logorargli l'anima.

... continua...

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 3


Tutto sommato non era malaccio fingersi ferita. Erano giunti alle terme, poteva essere servita e riverita e l'ambiente conciliava un certo rilassamento. Zoppicava di qua e di là con finta espressione di dolore, con Hagumi al suo fianco che, nonostante fosse impensierita dalla sparizione di Shin, si concedeva di tanto in tanto qualche risatina nell'osservare la sorella che si faceva coccolare un po' da tutti. Quando Akira seppe che Himiko aveva avuto un incidente, si fece indicare da chi l'aveva già incontrata dove potesse trovarla. Qualcuno gli disse che era semplicemente a zonzo con la rosetta, ma quando incontrò Len, questa seppe dirgli con precisione che si trovavano nella saletta comune ed erano sedute su un divanetto ad assistere ad una focosa sfida di ping pong tra Misa e Shiki. Era risaputo l'odio tra i due, quindi Akira si recò ben volentieri da Himiko anche per assistere allo scontro secolare.

«Minamoto, come stai?» le chiese una volta giunto, avvicinandosi al divanetto su cui le due sedevano indossando solo dei sottili yukata estivi, quello di Himiko era di un bel rosso con disegnate elegantissime farfalle nere, quello di Hagumi invece era rosa e la fantasia floreale la faceva sembrare un bocciolo lei stessa. Le due si voltarono, rispondendo in contemporanea «Bene!», ma Hagumi rise di se stessa vedendo poi Akira «Ma immagino chiedessi di Himiko.» si voltò verso Misa «Posso unirmi a te, contro Shiki? Ti sta schiacciando!» disse alzandosi dal divanetto, per lasciare i due a chiacchierare con calma. Saltellò verso il tavolo, nel farlo sbatté anche con l'anca contro lo spigolo di questo, ululando di dolore; Shiki borbottò qualcosa sul suo solito essere imbranata, Misa rise e le si avvicinò per vedere se stesse bene; Himiko, dal canto suo, sorrise con tenerezza ai modi buffi della sorella, mentre Akira si sedeva al suo fianco e la guardava rapito «Siete molto affezionate, vero?» Himiko annuì, senza però scollare gli occhi di dosso ai tre che ormai più che giocare a ping pong, giocavano a "raccogli la pallina che Hagumi fa cadere". Si sentiva un po' in soggezione, imbarazzata dall'evento del pomeriggio precedente dopo il quale ancora non si erano parlati, così evitò accuratamente di incontrarne lo sguardo, o di sbilanciarsi troppo. «Non sembrate gemelle, chi non vi conosce e non sa quale legame profondo vi unisca, non lo indovinerebbe mai. Occhi diversi, capelli diversi, tu sei un po' più formosa, lei sembra avere ancora il fisico più acerbo, come se stesse ancora crescendo, tant'é che é anche un po' più bassa di te... di quanto? Un cinque-sei centimetri?» chiese curioso ed Himiko si trovò ad annuire di nuovo, stavolta però non poté fare a meno di voltarsi a guardarlo. Era stranamente vicino, un braccio appoggiato al bordo dello schienale del divanetto, una guancia posata sulla mano ed il corpo girato verso di lei, come se in quel momento solo a lei fosse interessato. Himiko si chiese se non avesse capito qualcosa, riguardo tutto quel parlare di vampiri: per quanto gemelle, crescevano diversamente a causa del sangue soprannaturale che scorreva in loro e se Himiko aveva quasi già raggiunto la sua forma finale e così sarebbe stata per l'eternità, Hagumi era rimasta indietro. La forza di volontà nei vampiri era tutto, tutto ciò che ne delineava alcune caratteristiche fisiche e anche comportamentali. Himiko era rossa perché così voleva essere, lo stesso Hagumi con i capelli rosa; Hagumi aveva gli occhi azzurri perché era così che le piacevano, mentre ad Himiko garbavano più verde smeraldo; Himiko non aveva problemi a diventare adulta, invece Hagumi faticava ad accettare ulteriori cambiamenti nel suo corpo, lei voleva rimanere così fino al raggiungimento dell'età del blocco e, se ci fosse riuscita, avrebbe assunto quelle sembianze per sempre. Hagumi non voleva crescere, era come un blocco psicologico che s’imponeva, per avere l'illusione che, se fosse rimasta bambina, Shin sarebbe stato sempre al suo fianco, senza abbandonarla mai, ed in quello stato mentale così infantile non si era mai resa conto probabilmente che ricambiava i suoi sentimenti... NON VOLEVA ricambiarli, Shin doveva essere il suo fratellone per sempre, perché era così che era felice. Cos'avrebbe comportato ora la dichiarazione di Shin nella psicologia contorta di Hagumi? Non sapeva di testimonianze riguardo riavvolgimenti della crescita nei vampiri, ma Hagumi aveva una forza di volontà così forte che avrebbe quasi potuto farlo, pur di tornare bambina, in modo che Shin non la vedesse donna, in modo che tornasse solo il suo amato fratellone. Non sapeva da cosa dipendesse questo rifiuto di Hagumi ad amare, d'altronde si rese conto che anche lei stessa era ben poco disposta verso certi sentimenti. A lei bastavano le scappatelle temporanee, le avventure di una notte, tutto ciò che contava, era che le cose a lei e a sua sorella andassero bene, dell'amore per ora non gliene poteva importare di meno. Il tocco gentile della mano di Akira sul suo volto la ripescò da questi intricati pensieri. Alzò di nuovo lo sguardo incontrando il suo e notò che il suo volto era ancora più vicino «Come mai ti sei zittita? Non ti faccio più domande, se ciò può turbarti!» lei scosse la testa. Non era turbata, solo che certe cose semplicemente non poteva dirgliele. Continuò ad accarezzarla e dopo qualche istante si alzò dal divanetto, porgendole poi una mano «Ti va di andare a farci un giro... soli?» il tono non era particolarmente malizioso ed il suo sguardo infinitamente dolce le disse che non ci sarebbe stato nulla di male. Afferrò la sua mano, si fece aiutare ad alzarsi e si allontanarono insieme, nello stesso momento in cui Natsu entrava nella stanza e lo vedeva andare via. Sbuffò, avvicinandosi al tavolino da ping-pong e prendendo una racchetta. Misa lo vide arrivare e mollò la partita, allontanandosi di cattivo umore, Natsu fece spallucce e occupò il suo posto al fianco della confettina, Shiki era troppo forte già anche da solo. «Ti do una mano. A proposito, stasera sembri un fiorellino, lo sai? Posso rimpicciolirti e portarti con me nel taschino, bambolina?» chiese scherzoso ed Hagumi rise, sapendo bene che fosse una semplice burla, Natsu era sempre così con lei, ma tra loro non c'era nulla, né mai ci sarebbe stato. Una pallina, però, arrivò dritta spedita sulla fronte del ragazzo, che si voltò verso Shiki infuriato «NON HAI DATO IL VIA!» si lamentò lui, ma Shiki lo guardò rassegnato alla sua eterna scemenza «Sì che l'ho dato, ma stavi facendo il cascamorto con la marshmallow ambulante, perciò non te ne sei accorto!». Natsu gonfiò le guance di rabbia, mentre strinse più forte la racchetta e fece partire il colpo, iniziando una partita all’ultima pallina con Shiki. Hagumi, dal canto suo, li guardava esterrefatta, dov’era finita la pallina? Quasi non riusciva a vederla dalla velocità con cui i due se la scambiavano. «Ehi non è giusto, se giocate così mi escludete totalmente!» si lamentò la rosetta, ma i due sembrarono non darle ascolto, al che lei sbuffò un poco e decise di mollarli lì, per dedicarsi a qualcosa di meglio. A partita finita i due ragazzi, entrambi sudati fradici per il pesante incontro, di cui Shiki era ovviamente vincitore, si guardarono l’un l’altro «Acc… da quanto tempo che non disputavamo una partita come si deve!» notò felicemente Shiki, Natsu sembrava un po’ meno felice del moretto. «Proporrei di visitare queste famose terme, che dici? Già che siamo qui, tanto vale cogliere l’occasione.» Shiki annuì, ma si voltò verso Hagumi che si era accoccolata su un divanetto ed aveva preso sonno. «Vabbè, ti raggiungo fra due minuti, l'escursione termica qui in montagna non é indifferente, se dormisse qui, domattina si sveglierebbe a pezzi.» spiegò indicando con un cenno del capo la confettina e Natsu sghignazzò appena. Hagumi era la sua principessina da difendere, ma tutto sommato, il cugino era troppo serio per pensare di fare qualcosa di sconcio una volta solo con lei, tanto valeva lasciargli quei due minuti di gloria per portarla in stanza a dormire. «A fra poco, allora... briccone!» fuggì via prima che Shiki potesse piantargli un pugno sul naso. Il moro si soffermò un momento ad osservare la confettina, incerto. «Chissà se ha la stessa natura del fratello, o è veramente solo un essere umano di mezzo ad una sfortunata situazione… » si ritrovò a domandarsi, abbassandosi poi sulla ragazza e sollevandola dolcemente, evitando di svegliarla, per poi accompagnarla nella sua camera. Qualche passo più avanti, però, Hagumi aprì pigramente gli occhi e osservò intorno un po’ confusa, poi guardò all'insù e notò il viso del moro poco più in alto del suo, capendo che la stava portando in braccio.
«Ehm... perché mi hai presa in braccio?» chiese infinitamente imbarazzata, mentre un alone rosso compariva sulle gote morbide e si estendeva fin dietro le orecchie. Tra l'altro notò senza problemi che la portava con tranquillità e senza il minimo sforzo, come se fosse una piuma; certamente il suo peso non era estremamente elevato, tuttavia quello sguardo completamente calmo le fece pensare che dovesse essere davvero molto forte. Se possibile, arrossì ancora di più.
«Ah, ti sei svegliata, vuoi scendere?» domandò lui, mentre la confettina scuoteva la testa in segno di diniego. Quale altra occasione avrebbe potuto farle provare ancora una sensazione così? Si sentiva la principessa di una favola! Lui allora annuì e continuò. «Non era il caso di continuare a dormire nella sala comune… ti saresti presa il raffreddore… ».
Lei sorrise pacata «Hai perfettamente ragione. E anch’io avevo ragione nel dire che hai anche un lato premuroso.».
«Tsk» fu la sua semplice risposta, infastidito da certi complimenti che per lui erano solo rotture di scatole.
Hagumi ridacchiò, ma non si arrese «Come mai nascondi questo tuo lato?».
Lui sbuffò, abbassando lo sguardo su di lei, i loro volti estremamente vicini data la situazione «E tu perché nascondevi la natura di tuo fratello?». Hagumi s’impietrì, ma lui rise e proseguì «Ognuno nasconde qualcosa per un motivo che non va detto, immagino.».
«Allora sai anche tu di essere premuroso.».
«Può essere... ».
La ragazza gonfiò le guance, infastidita. Accidenti, era impenetrabile, imperscrutabile e... anche antipatico, sì. Perché lei provava a conoscerlo, spinta da una curiosità implacabile, ma continuava a sbatterle contro un muro, non voleva proprio aprirsi.
«Shiki, come hai fatto a resistere alla trasformazione di Shin? Lui é davvero forte quando si trasforma, qualsiasi essere umano dovrebbe soccombere e... » lui, però, la fermò, appoggiandole un dito sulle labbra dopo averla posata a terra.
«Non è certo questo il momento di parlare di queste cose.» fece segno con la testa verso un gruppo di ragazze che stava arrivando loro incontro, chiacchierando allegramente. Aspettarono in silenzio che li superassero, poi Shiki riprese parola. «Ora pensa a dormire, è tardi.» Hagumi scosse la testa scocciata. Eh no, qualche spiegazione gliela doveva!
«Non cercare di far cadere la cosa così facilmente, penso che dopo quello che ho visto mi devi qualche spiegazione!» lui sbuffò, vagamente scocciato, abbassando lo sguardo fino ad incrociare quello della confettina.
«Facciamo così… » ebbe un’idea «Io ti dirò come ho fatto a resistere a tuo fratello, se tu mi dici come lui ci è finito in quelle condizioni.» poi sottolineò «La verità.».
Acc... l'aveva incastrata. D'altronde se non gliel'avesse detto, sarebbe poi sembrata una fuga per nascondere altro. Doveva inventarsi qualcosa e subito, perché poi... no, non avrebbe funzionato. Guardò il suo volto, scrutò attentamente in quei profondi occhi neri, che brillavano di arguzia ed intelligenza. Non poteva raggirarlo con scuse, tanto valeva dichiarare la verità, magari rimanendo sul vago. «Lui é... semplicemente così. Non c'é finito, non c'è molto da dire. È così... e basta... » lasciò cadere la frase, ma non distolse lo sguardo dal suo, non poteva mostrare debolezza.
«È così… » sembrò riflettere lui. «Ci è nato così, suppongo tu intenda… ciò significa che altri nella tua famiglia sono vampiri.» sbottò acido lui, lo sguardo ora tagliente. I suoi sospetti sembravano ora fondati. Lei però si affrettò a scuotere la testa. Accidenti, sembrava sapere più di quanto dovesse, non era cosa nota a tutti l’argomento vampiri, soprattutto le loro creazioni. I vampiri per nascita, infatti, erano ovviamente generati da altri due vampiri, nello stesso modo in cui un essere umano gravidava, con l’unica differenza che nel suo fior fiore dell’età la sua crescita si fermava, rendendolo un completo vampiro eterno. Nel caso di un vampiro trasformato in essere umano, invece, semplicemente il suo aspetto e la sua età si bloccavano nel momento in cui venivano morsi, acquistando un proprio potere particolare, tra cui una forza e una velocità degni di lode, anche se mai al livello di un vampiro per nascita.
Comunque a questo punto tanto valeva giocare in contropiede, subire l'interrogatorio standosene con le mani in mano le pareva una cosa ridicola.
«Ma sai, ciò che mi perplime invece é la tua profonda conoscenza di una razza della quale nessun essere umano é a conoscenza. C'è solo un'altra razza che conosce i vampiri e questi sono i cacciatori. O forse hai scoperto l'esistenza degli eterni solo per puro caso?».
«Solo i vampiri si definiscono eterni, i cacciatori li definiscono feccia, gli umani mostri... devo dedurre che tu quindi sia come tuo fratello.» e qui Hagumi si morse la lingua. Maledizione, ne sapeva una più del diavolo per incastrarla. «E tu, svicolando, mi fai dedurre di essere un cacciatore.». «Lo sono, ma non dovresti avere problemi a saperlo, se non fossi un vampiro, no?» lui sorrise trionfante. L'aveva beccata. E ora avrebbe potuto catturarla e presentarla al cospetto del consiglio degli anziani, avrebbero deciso poi loro cosa farne e... il flusso dei suoi pensieri s’interruppe quando lei arretrò di un passo ed iniziò a tremare, spaventata. Ma davvero avrebbe voluto fare questo alla piccola Minamoto?
«Non ti preoccupare, per ora non ti farò nulla… » si limitò a dire lui, guardandola con fierezza da tutta la sua altezza «Ti terrò d’occhio però, sappilo, alla prima mossa sbagliata sei morta, lo stesso vale per tuo fratello.». Hagumi deglutì sonoramente, mentre il moro le dava le spalle e si allontanava. Si accasciò a terra, il fiato corto, mentre gli occhi si riempivano di lacrime. E ora che sarebbe successo? 

***

Niente male l'idea di recarsi assieme alle terme comuni. Nessuno aveva il coraggio di farlo, gli uomini stavano con gli uomini, le donne con le donne, e loro avevano approfittato di quell’enorme sorgente completamente vuota, dove si misero a bollire a mollo e chiacchieravano tranquillamente, entrambi in costume, a scanso di equivoci.
La ragazza era di spalle, appoggiata con le braccia alle pietre che circondavano e delineavano la "piscina" di acqua bollente, la testa abbandonata su di esse, mentre discutevano sui prossimi concerti che avrebbero voluto vedere. Vide passare sotto il porticato tradizionale in legno Shiki con Hagumi dormiente tra le sue braccia e si chiese se fosse una cosa normale, prima di distrarsi nuovamente e voltarsi verso Akira.
«Ti annoio?» le domandò lui divertito, notando che la ragazza si era distratta dalla loro conversazione e non gli aveva risposto. Lei scosse la testa in segno di diniego, arrossendo un po’. Che figuraccia.
«No scusa, ho solo notato una cosa strana.» lui ridacchiò «Un vampiro che si aggirava furtivo, magari?». Himiko si schiaffò mentalmente la mano in viso, c’era proprio fissato.
«No, nessun vampiro.» rise anche lei, in fondo non poteva far altrimenti. Lui nuotò in direzione della rossa, prendendo ora la sua stessa posizione, giusto ad un paio di centimetri di distanza. Himiko si fermò un istante ad osservarlo, senza nessun dubbio era davvero un bel ragazzo e in costume da bagno, con il fisico che si ritrovava, era anche meglio. I capelli bagnati gli cadevano ribelli sulle spalle, quegli occhi di un freddo grigio, che quando la guardavano sembravano tanto caldi e passionali, le sembrava gli donassero un fascino ancora più ammaliante di quanto avesse mai notato.
Allungò una mano verso il suo viso ed Himiko ebbe la sicurezza che quella fosse una sua peculiarità, giacché non faceva altro che dispensare carezze. «Mhh... » non disse nulla, fu solo un mugolio sorpreso, frattanto che abbassava lo sguardo verso lo specchio dell'acqua, totalmente imbarazzata. «Ehi, che hai?» la guardò curioso lui, prima di sorridere «Guarda che non ti farei nulla di cui tu non fossi consenziente, credimi... » lei alzò una mano e gli fece segno di placarsi. Non era certo questo! Solo che era qualche giorno che non sapeva più che pesci prendere, un po' le era passata la voglia, il pensiero di Natsu e Misa, del ricordo che quella visione le aveva provocato, continuava a rimbombarle nella testa. Sospirò ripetutamente, inquieta, prima di rialzare lo sguardo sul suo viso ed avvicinarsi a lui. Le braccia scivolarono attorno al suo collo, mentre lui le cingeva la vita. Cosa c'era di male a spassarsela un po' con Akira? Tanto più che le piaceva anche abbastanza. Allungò un po’ il collo, per raggiungere le sue labbra ed incatenarle alle sue in un bacio decisamente appassionato, mentre una mano di Akira raggiungeva i suoi capelli trasportandola in una passione che mai avrebbe immaginato. La mano del moro poi scese, fino a dietro al suo collo, afferrando il nastrino nero del bikini leopardato, slacciandolo. Himiko sussultò un pochino, ma lui tornò a stringerle la vita, come a rassicurarla, continuando a trasportarla in quel bacio che sembrava infinito, tanto da levarle il respiro. Quando la mano di Akira, però, fece per slacciarglielo anche sul retro, sentirono un tonfo pesante che li costrinse a staccarsi e a voltarsi. Sotto un paio di spazzoloni per la pulizia della piscina ed in mezzo a qualche secchio d’acqua sporca rovesciata si trovava Natsu, sedere e schiena a terra, che ululava dal dolore, massaggiandosi la nuca.

Si rialzò imprecando contro tutti i santi del mondo e anche contro i secchi, gli scopettoni, l'acqua, le terme e i camping. Ne aveva avuto davvero già abbastanza di quella stramaledettissima gita. Akira, piuttosto contrariato, uscì dall'acqua dopo aver lasciato andare Himiko e si avvicinò al ragazzo, senza la minima intenzione di accertarsi come stesse, ma solo per dargli addosso. «Sei un rompiscatole! Questa é la seconda volta, sembra quasi tu lo faccia apposta!» Natsu lo guardò sorpreso, allora Akira non era fesso come dava a vedere, si era accorto che il pomeriggio precedente era stato lui che li aveva beccati, nei pressi del lago. Himiko però non fece caso alle parole del moro, troppo intenta a mettersi a mollo fin sopra il naso per nascondersi bene e cercare di riallacciare il bikini. Ma dov'era finito uno dei due laccetti? Accidenti.
«Mica è colpa mia se in ogni dove vi mettete a far sesso! Cercatevi una stanza, perdio!» si lamentò Natsu, seriamente contrariato, mentre osservava piuttosto irritato la rossa nell’intento di ritrovare il laccio del costume. Chissà perché quella scena lo stava mandando in escandescenza. Akira, che ora gli era addosso, lo spintonò, facendolo finire spalle al muro. «Non permetterti!» urlò adirato, spintonandolo una seconda volta «Non permetterti nemmeno di parlare riguardo questo, proprio tu poi!» Himiko accortasi della situazione uscì allora dall’acqua, ignorando il problema del bikini e tenendolo solo premuto con un braccio contro di sé, avvicinandosi ai due.
«Ehi calmi, calmi tregua!!!» azzardò lei «Non è successo niente infondo!» il biondo allora la guardò ribollente di rabbia.
«No, è vero, ma cosa sarebbe successo se non fossi arrivato io?» sbottò iracondo. Akira quasi rise, schernendolo «Ma scusa, a te che t'importa di cosa sarebbe accaduto?». Natsu boccheggiò un paio di volte, poi tacque. Già, cosa gliene importava, dopotutto? Borbottò qualcosa d’indecifrabile, prima di continuare alzando la voce e schiarendola «Ad ogni modo, sarebbe il caso che andassi a rivestirti Himiko, sei un po' nuda... » le fece notare, osservando non proprio contrariato il pezzo di sopra che, allentata la presa distrattamente da parte della ragazza, stava quasi scivolando giù. Lei s’infuriò, urlò qualcosa che suonava molto come "depravato!" e corse via, stizzita. Natsu si chiese come avesse fatto la sua caviglia a guarire così in fretta.

 
***

Si girò mille e mille più volte nel letto, svegliandosi spesso fradicia ed ansimante. La sua mente elaborava i più contorti pensieri, facendole fare i più brutti sogni della sua vita, al punto di riuscire ad immaginare perfino l’odore dei luoghi che la circondavano. E Shiki era sempre presente, la ossessionava, la inseguiva, la uccideva, in un cerchio infinito di eventi mentre Shin, nella sua follia, lo uccideva a sua volta. Le sembrò perfino di riuscire a sentire l’odore del sangue dolciastro del moro, nel momento in cui sognò che suo fratello gli portava via la vita. Curioso. Aprì faticosamente gli occhi al trillare della sveglia, mentre Len, da perfetta mattiniera qual era, era già vestita di tutto punto e si godeva la lettura di un libro dell’orrore.
«Ben svegliata, Hagu!» le sorrise radiosa 
«Notte movimentata eh? Stai meglio?» le domandò in tono scherzoso, per non darle a vedere la sua preoccupazione. Probabilmente Hagumi aveva rimosso tutto, ma puntualmente ogni ora era stata presa da una crisi. Urlava a squarciagola, chiamando ogni volta una persona diversa, agitandosi e rischiando di farsi del male.
La rosata fece spallucce, non sapeva cosa avrebbe potuto rispondere, perché effettivamente stava bene ed era stato un buon risveglio, ma qualcosa non la convinceva per niente, a partire dal punto che si sentiva stanchissima ed aveva odore di sangue e carne putrida sotto le narici. Si sentì nauseata, tant'è che corse verso il bagno, dove rimase chiusa a chiave per un'oretta. Len, preoccupata per le sue condizioni, pensò che l'unica cosa da fare fosse andare a cercare i fratelli. Il primo che incontrò fu Shin, appena uscita in corridoio, che stava facendo il primo giro di controllo giornaliero.
Lo mise al corrente degli strani movimenti della sorella quella notte e del fatto che fosse chiusa da un po' troppo in bagno. Lui disse che l'avrebbe seguita, seppur notò un po' titubante, ma lei lo mandò avanti per andare a cercare anche Himiko, che sicuramente avrebbe voluto essere messa al corrente di una cosa del genere…
Aprì la porta della stanza di Len ed Hagumi, entrando solamente con il viso. «Hagu?» provò a chiamare, ma nessuna risposta. Entrò allora completamente, dirigendosi verso il bagno e dando due colpi secchi alla porta. «Hagu?! Sei lì?». Ma dal bagno nessuna risposta. Si guardò intorno, ora totalmente in panico. «Ma che diav… HAGU!». In quel momento la cosa migliore gli sembrò prendere a spallate la porta, nel tentativo di aprirla.
Stava per sfondarla, ma lei lo precedette proprio dopo una sua rincorsa, spalancandola, e fu investita. Caddero assieme dentro al bagno, l'uno sull'altra: ci mancava solo questa!Rimase qualche istante a fissare il suo volto, rapito, prima di ricordarsi per quale motivo fosse andato a cercarla. «HAGU! Che hai? Che ti é preso? Sei così pallida e... » alzò lo sguardo verso il gabinetto, ma era pulito, probabilmente aveva già scaricato, l'odore di acidognolo e acre del rigurgito, però, era ancora lì. Si abbassò a guardarla, ma tutta la risposta che ebbe fu un semplice pigolato «Alzati... » si accorse così di starle ancora sdraiato sopra, i corpi pressati l'uno contro l'altro, poteva sentire tutto suo calore. Arrossì con violenza e si alzò di scatto, tornando in piedi. Razza d’idiota che non era altro!

«Scu-scusa… » balbettò, porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi, lei però rifiutò l’offerta. «Sei forse pazzo? Cosa ci fai qui dopo il casino di ieri? Se ti vedesse Shiki, sarebbero guai.» disse fredda. Lui abbassò lo sguardo, ricordando gli eventi del giorno prima, quando accecato dalla gelosia, si era trasformato nel tentativo di uccidere il moro. Poi un filo di voce «Non potevo andarmene così, anche per contratto di lavoro… ».
L'espressione di Hagumi si sciolse subito dalla sorpresa e  rabbia iniziale, dovuta anche al malumore che si portava dietro dall'incubo che non ricordava d'aver fatto e dall'essere stata male. Sul volto dunque trovò spazio un flebile sorriso, Conosceva suo fratello, sapeva cosa potesse significare quel "non potevo andarmene così" «Dovevi prima chiarire con me, eh?» lui annuì, per nulla sorpreso. Lei sospirò e gli fece cenno di uscire dal bagno, che almeno si doveva dare una sistemata, dopo avrebbero parlato con calma. Lui acconsentì e tornò nella stanza. Si sentiva un po' a disagio da solo nella camera di due donne, ma era tutto molto ordinato e per fortuna non c'erano fuori cose imbarazzanti come biancheria intima o altro del genere. Individuò senza fatica il futon di Hagumi, dopotutto solo rosa poteva essere, e vi si sedette sopra, pensieroso. Neanche il tempo di calmarsi e rilassarsi, comunque, che Hagumi uscì ben rinfrescata, dopo aver lavato i denti, il viso ed aver raccolto i lunghi capelli rosa in una coda alta ed ondulata, avrebbe dovuto farsi lo shampoo, la mattina si era svegliata più sudata di un giocatore di basket a fine partita. Mentre fissava un paio di ultime ciocche sfuggenti sulla nuca con una pinzetta, lo vide seduto e si diresse anche lei sulla copertina rosa, per sedersi al suo fianco. «Come mai hai vomitato? Hai mangiato qualcosa di strano?» chiese solo per sicurezza, ma la risposta sapeva che sarebbe stata sicuramente negativa, perché la sorella non si era mai nutrita in quel modo. Mai una sola volta in tutta la sua vita di giovane vampira aveva bevuto sangue umano, quello che utilizzava per tenersi in forze era di animali che le procurava il suo macellaio di fiducia, un altro vampiro che aveva scelto la dieta "vegetariana" e non toccava un goccio di sangue umano da un paio di secoli. E il paio di secoli non era un modo di dire. «No, niente di ciò che pensi. Mi sono svegliata con una brutta sensazione, lo stomaco sottosopra, sudata come una capra e con il morale sotto le scarpe. Non so perché... » fece spallucce, appoggiando i palmi delle mani sul materasso, poco arretrate rispetto al punto in cui sedeva, in modo da tenersi comoda, la schiena leggermente curva all'indietro. Lui non si voltò a guardarla nemmeno una volta, teneva lo sguardo fisso dinnanzi a sé ed osservava ogni singola venatura del legno della porta, come se fosse realmente interessato. Hagumi lo guardò, invece, studiandolo attentamente in quegli imbarazzanti minuti di silenzio. Infine, tornò dritta, voltò il busto verso di lui mettendosi inginocchiata e, molto semplicemente, lo abbracciò. Tutto qui, niente di più, niente di meno. Allargò le braccia e cinse il suo collo, appoggiando la fronte contro il lato destro della sua testa castana, chiuse gli occhi ed inspirò profondamente, per sentire il suo profumo. Si tranquillizzò con quel gesto, il profumo di Shin aveva sempre un potere calmante su di lei, le portava alla mente bei ricordi, la faceva sentire bene. «Resta per sempre mio fratello... ti prego... » si maledì quasi subito per averlo detto, sapeva di suonare infinitamente egoista, ma cosa poteva farci? Le mancava così tanto. Shin era rimasto piuttosto scosso, dal gesto prima e dall'affermazione poi. Lo sguardo sembrò svuotarsi e, vacuo, si bloccò sul pavimento, mentre un senso d’incredulità s’impadroniva della sua mente e del suo cuore. Come poteva fargli questo, come? Dopo che le aveva detto ciò che provava... non era giusto! Si sentiva frustrato e sminuito. Si sentiva preso in giro. Alzò le mani e le serrò con delicatezza attorno al braccio della ragazza che le cingeva la parte anteriore del collo, quindi con altrettanta gentilezza, eppure fermezza, lo spostò, liberandosi dalla sua presa. Fece per alzarsi, ma lei lo fermò per un lembo della maglia ed infine lui si voltò a guardarla: era così bella! Così dannatamente stupenda, avrebbe voluto stringerla forte, urlarle tutto il suo amore, fuggire con lei per un posto lontano, dove magari amarsi tra fratelli non era peccato. Esistevano luoghi del genere in quel maledetto mondo? Si curvò verso di lei, non poteva frenarsi. L'aveva fermato lei e lui sapeva che era da stupidi, ma lo prese come un via libera per fare ciò che da tempo immemore sognava di realizzare. Fu un bacio molto casto, in realtà. Niente travolgimento, niente grande passione. Semplicemente le prese il mento con una mano e lo avvicinò al proprio viso, appoggiando teneramente le sue labbra su quel piccolo bocciolo di rosa che erano le sue. Solo a fior di labbra, per sentire la consistenza, che risultò essere morbida da farlo impazzire e il sapore agrodolce. Ad un certo punto gli occhi di Hagumi si riempirono di lacrime, che scesero giù bagnando un po' ovunque, anche quel bacio. Lacrime salate, comunque, che gli comunicarono un semplice messaggio: quello a lei non faceva piacere, non poteva forzarla e doveva lasciarla andare. Così fece, si allontanò e le lasciò il mento, lei, però, aveva ancora la mano serrata su un lembo della sua maglia. Le lacrime che scendevano copiose e gli occhi azzurri fissi nei suoi ambrati, pieni d’incredulità. «Perché?» riuscì solo a domandargli in un sussurro, la voce tremante, mentre tutto il suo mondo sembrava frantumarsi. Ora ne era certa, dopo quel bacio, Shin non sarebbe mai più potuto essere solo suo fratello, tutto sarebbe cambiato. Per sempre e in quel caso per sempre era veramente riferito all’eternità.
«Perché ti amo niente di più banale e scontato avrebbe potuto dire, d'altronde era solo la semplice verità. «Ti amo da sempre, forse da quando sei nata. Avrò avuto sì e no cinque anni e già ti amavo. Sei la mia ossessione, Hagu!» disse piegandosi in avanti, le mani sulla testa a comprimere, non voleva impazzire di nuovo davanti a lei come il giorno precedente, era solo che ormai quel sentimento gli stava divorando l'anima, presto o tardi di lui sarebbe rimasto solo il mostro.


***

«Himiko!» urlò Len, il fiato corto per la corsa, mentre si avvicinava alla rossa che, comodamente seduta su una poltroncina della sala comune, si godeva la visione di un film, cullata dai primi caldi raggi di sole del mattino che filtravano dalle finestre che davano sul giardino, approfittando che tutti fossero ancora nelle proprie stanze. Himiko alzò lo sguardo dall’apparecchio, spegnendolo con il telecomando. «Che è successo ad Hagumi?» domandò alla moretta, ben conscia del fatto che con l’espressione che aveva, poteva solo essere successo qualcosa alla confettina. Proprio in quel momento, in effetti, una fitta parve spezzarle il cuore: era il cuore di Hagumi che andava in frantumi.
«Anche se non ne è conscia, ha passato tutta la notte agitata, si svegliava ogni ora urlando, come totalmente sopraffatta da incubi. Quando si è svegliata la mattina, si è sentita male, forse a causa della notte travagliata, e si è chiusa in bagno senza più uscirne. Ho incontrato Shin e l’ho mandato da lei, ho però ritenuto giusto informare anche te!» la rossa inchinò il capo in segno di ringraziamento «Non ti preoccupare, se ora Shin è con lei starà sicuramente bene… in parte… ».
Len ignorava cosa volesse intendere Himiko con quell’“in parte”, ma la rossa aveva potuto far due più due grazie alla sensazione che aveva provato e all’informazione riguardante Shin e aveva capito il momento in cui i due si dovevano essere trovati. Non era il caso di interromperli, anche se avrebbe voluto esser lì con loro per sostenerli entrambi.
Guardò poi Len che la osservava come per dire "allora le alzi le chiappe dal divanetto e vai da tua sorella?". Himiko si grattò la testa rossa, cercando un modo per tergiversare, ma effettivamente non ne esisteva uno. «Ahhm... sì, sì, giusto... andiamo... » disse vaga, alzandosi dal divanetto ed avviandosi pensierosa verso il corridoio, camminando come una lumaca. Oh, giusto, lei zoppicava! Iniziò così ad assumere un'andatura claudicante, almeno avrebbe guadagnato tempo.
Quasi come a volerla salvare da quella situazione, un acuto urlò riecheggiò per l’intero corridoio, attirando l’attenzione delle due, che con un solo cenno del capo s’intesero ed andarono a vedere. Il grido sembrava esser partito dall’esterno, raggiunsero quindi la fine del corridoio per aprire la porta che dava sul giardino, girarono l’angolo della pensione per poi notare una ragazza in preda al panico. Le mani che quasi strappavano i capelli corvini da quanto affondavano nervosamente fra questi, la figura tremante, mentre stava accovacciata proprio davanti al pontile del terrazzo tradizionale, uno strano fetore alleggiava nell’aria, che portò Himiko a coprirsi subito il viso, l’aria disgustata.
«Ehi, tutto bene?» domandò Len, avvicinandosi e poggiandole una mano sulla spalla. Non appena il suo sguardo si posò nel punto dove anche l’altra guardava, si portò le mani alla bocca, indietreggiando di un passo, la voce le morì in gola. Himiko, tuttavia, non raggiunse le due, anzi indietreggiò di qualche passo, mentre le sue narici sembravano bruciare per il forte odore di sangue che si era espanso nell’aria e i suoi occhi per un vago istante assunsero una tonalità rossiccia. «Cos'è, Minamoto, l'odore del sangue é troppo per te?» la voce di Shiki le raggelò la linfa vitale, mentre si accorse di aver sbattuto proprio contro di lui retrocedendo. Altra gente accorreva, nessuno faceva caso a loro e allo scambio di battute, poterono parlare in tranquillità. Lei non disse nulla, non osò rispondere, sapeva che qualsiasi cosa avrebbe detto l'avrebbe rigirata a suo favore «Più furba del confetto umano, non c'è che dire... » fece lui ironico, puntando poi lo sguardo sul capannello di persone attorno al cadavere. «Dov'è tuo fratello? Devo scambiare due parole con... quel MOSTRO... ».
«Non è affar che ti riguarda!» sbottò lei asciutta, il respiro che sembrava tornare normale, grazie alla folla di curiosi che faceva da barriera e copriva l’odore del cadavere. Lui alzò un sopracciglio con fare superiore. «Se ti dicessi che son convinto del contrario?» allora Hagumi non aveva rivelato nulla alla sorella, meglio così, sicuramente gli rendeva la cosa più semplice. Himiko puntava ora i piedi per terra, l’aria infuriata. «Stanne fuori! Non impicciarti di affari che non ti riguardano!».
Shiki la guardò gravemente, prima che un bagliore di trionfo gli attraversasse lo sguardo. «Sì, penso tu abbia ragione. Mi farò gli affari miei. Ah e... com'è che non hai negato che tuo fratello è un mostro?» ghignò appena, prima di voltarsi verso il corridoio di destra. Hiro Shibata era appoggiato affaticato ad un muro, una mano al petto a stringere i vestiti, il respiro affannoso. Dava loro la schiena e tenendosi in piedi solo grazie ad una spalla che appoggiava alla parete, cercava di andare via, arrancando. Cosa diamine stava accadendo in quel posto, quella mattina? «Che sia stato lui?» questo significava che anche Shibata-sensei era un vampiro? Dannazione, stavano spuntando fuori come funghi. Si voltò e si avviò a grandi falcate verso il professore di biologia, con Himiko che lo guardò allontanarsi confusa, per accorgersi in un secondo momento della figura ansante di Hiro. Non servì nemmeno partire per cercare di fermarlo, la testa rosa di Hagumi si era già messa sul suo percorso, seguita da uno Shin mogio che si portò accanto alla sorella rossa. «Non la vedo bene qui.» si limitò a dire Himiko, avviandosi verso i tre, Shin al seguito.
«Levati di mezzo Minamoto!» ma Hagumi continuava a bloccargli la strada, braccia aperte in segno di protezione verso Hiro. «Devo forse farti fuori per farti spostare?!» si limitò, però, ad avvicinarsi a lei e a strattonarla. La rosetta sembrava ora infuriarsi, mentre una strana aura pareva andare e venire dal suo corpo, gli occhi che lampeggiavano di due colori ben distinti. «Stai alla larga da lui!» Shiki titubò un attimo, indietreggiando di due passi. Sicuramente in quel momento era decisamente svantaggiato, erano ben quattro contro uno.
A quanto pare la fortuna volle essergli amica, notò Natsu affiancarsi a lui, confuso. «In che guaio ti sei cacciato, cugino?» chiese, non senza una risatina, guardando poi gli occhi lampeggianti dall'azzurro al rosso «Ah, si sta immedesimando in un semaforo, o è ciò che penso io?» Shiki non rispose. Il cervello lavorava freneticamente in cerca di una soluzione. Affrontare la Minamoto? Ma se giusto ieri sera aveva deciso che non voleva entrare in conflitto con lei? Shin si portò accanto alla sorella per darle man forte all'arrivo di Natsu, mentre Himiko, sconsolata, si avvicinò ad Hiro, per accertarsi delle sue condizioni. Si chiese se non fosse stato lui a provocare quella morte, ma scacciò subito l'idea di testa. Hiro stava male perché cercava di resistere all'odore del sangue, in quel momento, non per altro. Se se ne fosse cibato, non sarebbe stato così di certo. Sembrò però Natsu, stranamente, a riportare la tranquillità nel gruppo, notando che avevano attirato l’attenzione dei presenti. «Ragazzi, direi di allontanarci da qui, prima che qualcuno inizi a farsi strane domande… » indicò loro la folla di curiosi, che alternava lo sguardo fra la ragazza morta e loro «E poi il signore là dietro penso che non resisterà ancora a lungo in questo luogo.» Tutti assentirono, intanto che anche Hagumi sembrava placare un momento la sua ira, rimanendo comunque sulla difensiva.
Si voltò imbufalita e si avviò accanto alla sorella e ad Hiro, per il quale era preoccupata da morire. Cercò di fare capolino con il visetto nella sua visuale, come faceva sempre. «Hiiiro-chan! Sono io, guardami. Che bravo che sei, hai resistito così bene. Vieni con me, dai, dammi la mano!» con gentilezza gli prese una mano e lo condusse via, come faceva sempre, riempiendolo di attenzioni e gesti amorevoli. Himiko li guardò soddisfatta, Hiro si fidava ciecamente e si affidava completamente ad Hagumi, perciò avrebbe rimesso lei a posto le cose, raccogliendo come sempre i cocci che il povero insegnante si lasciava indietro. Lei dal canto suo si voltò verso i tre ragazzi e, afferrato il fratello per mano, fece una linguaccia agli altri due, allontanandosi con Shin, nella direzione dove la sorella ed Hiro erano spariti poco prima. 

***

Inutile dire che con l’avvenimento di quella mattinata, gli insegnanti avevano dato ufficialmente fine alla gita, di cui comunque nessuno sembrava averne più voglia, obbligando i ragazzi a far le valigie e a prepararsi per scendere a valle, dove i pullman già li attendevano per il rientro in città. Il luogo di ritrovo per la partenza, davanti all’entrata della pensione termale, era un perfetto mortuario, alcune ragazze più sensibili non riuscivano a trattenere le lacrime, altri pregavano per l’anima della ragazza, nella speranza che potesse trovare la pace in un altro mondo, e via discorrendo. Himiko stava seduta sul suo borsone, ovviamente leopardato, con accanto la sorella nella stessa posizione, entrambe perse nei loro pensieri. Shin e Hiro si erano riuniti al gruppo di professori, dopo che quest’ultimo sembrava tornato stabile, per non dare troppo nell’occhio circa la loro assenza. Shiki frattanto, appoggiato ad un albero nell’attesa del cugino, sigaretta alle labbra per scaricare la tensione, non levava gli occhi di dosso alle due, le uniche al momento nella sua visuale. Si soffermò a pensare all’enorme potere percepito provenire da entrambe, sicuramente neanche un centesimo di quello originale, nel misero frammento di tempo in cui la loro natura stava uscendo allo scoperto. Levò giusto lo sguardo dalle due per notare l’arrivo di Natsu, che zigzagava in mezzo agli studenti, cercando di evitare le piccole tombe costruite per l’anima della ragazza, imprecando incavolato nero, mentre cercava di tenere l’enorme e pesante borsone sulle spalle.
«Sei di una delicatezza disarmante, Natsu... » commentò Shiki atono, senza neanche voltarsi a guardarlo. Il biondo fece spallucce, facendo finta di non capire e si appollaiò accanto al cugino, voltandosi verso il punto che tanto interessava Shiki da non fargli distogliere lo sguardo nemmeno mezzo secondo. «Mi chiedo se sei più interessato al segreto che nascondono o al bel faccino della principessina in rosa. Ovviamente lo chiedo a me, e non a te, perché so che da te non riceverò alcuna risposta, se non un sonoro grugnito.
» il moro, infatti, grugnì, più che altro per dirgli di starsi un po' zitto.
«Fossi in te, eviterei certe battute, perlomeno io mi ero accorto che in loro qualcosa non andava, tu non hai proprio percepito nulla.». Natsu cercò il pacchetto di sigarette nella tasca del giubbotto di pelle, trovandolo solo dopo diversi attimi, estraendone una ed accendendosela. «Ehhh, quante storie, in fondo quella è la tua peculiarità, non la mia!” un tiro alla paglia, mentre rilassatamente poi buttava fuori il fumo.
Shiki sbuffò. «Lo spirito d'osservazione non è la mia peculiarità e lo sai bene.» Natsu fece spallucce: ma sì, non gliene importava niente. Il punto era che da quella distanza poté vedere chiaramente Hagumi scoppiare a piangere come una fontana, con un'espressione così addolorata da fare pena a chiunque, persino al cugino «Che tu sappia era amica della defunta?
» chiese il moro, dissimulando l'interesse guardando altrove. Natsu scosse il capo «Figurati, conosco Hagumi come conosco i miei calzini, e so per certo che non si erano mai neanche parlate... ». Shiki lo guardò un istante, meditando e sorvolando sul pessimo paragone della rosata con un calzino, quindi buttò a terra la sigaretta, la spense con un pestone e gli fece cenno di seguirlo. «Sei ancora il suo migliore amico, da quel che ne so, quindi sarebbe il caso che tu andassi a consolarla ed io ne approfitterò per parlare di nuovo con loro ed indagare. Vieni!». «Sei senza cuore!» rispose il biondo, fintamente scandalizzato, d'altronde era contento di poter andare a coccolarsi Hagumi ancora, quelle potevano essere le ultime volte, se avessero scoperto una natura in lei differente da quella umana, non sarebbero più potuti essere amici. E pensare che era la sua principessina da difendere. S’incamminarono verso le due, facendo sempre attenzione ad evitare le piccole tombe, e quando furono all’incirca ad un paio di metri da loro, Natsu prese a correre in direzione della confettina. «Hagu-chaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan!!!» ululò letteralmente, mentre il suono della sua voce accompagnava la caduta che stava prendendo proprio arrivato all’altezza di Himiko, dimentico di guardare dove metteva i piedi. Cadde in avanti, atterrando letteralmente di faccia nelle casse delle provviste, specificamente in quella dei pomodori, mentre l’impatto con le altre fece volare tutto il loro contenuto nei dintorni, rischiando di colpire come meteore tutti i presenti. Fortuna che non sarebbero più servite per cena! Dopo un paio di minuti di silenzio, in cui tutti si erano fermati a guardare la scena dopo aver cercato di evitare verdure volanti, compresa Hagumi che aveva smesso di piangere nel giro di un secondo, il biondo non sembrava ancora accennare a volersi alzare. «Si sarà fatto male?» domandò Himiko alla sorella, la quale fece spallucce, non sapendo se iniziare a preoccuparsi fosse morto. Il ragazzo sembrò dare finalmente qualche segno di vita, mentre faceva leva sulle braccia nel tentativo d’alzarsi. Himiko, come del resto tutti i presenti, scoppiarono in una grassa risata; Natsu, che finalmente stava di nuovo in piedi, aveva il viso che grondava ormai passata di pomodoro tanto da sembrare questo vegetale formato umanoide. «TU!» urlò lui adirato, indicando la rossa. Lei smise immediatamente di ridere, indicando se stessa con aria interrogativa. «Io?» il ragazzo le si avvicinò, mentre con una mano si strofinava gli occhi che bruciavano dannatamente «E chi se no?! Sei stata tu a farmi lo sgambetto!». Gli occhi di Himiko uscirono letteralmente dalle orbite, mentre scattava in piedi. «Cosa?! Come avrei potuto farti lo sgambetto, se stavo qui?!». «Osi anche negare?!» ora lui l’era proprio di fronte, in pratica sarebbero stati faccia a faccia se la rossa non fosse stata un’abbondante quindici centimetri più bassa di lui «Non incolpare me se hai la grazia di un elefante e l’equilibrio di un ippopotamo!». «Perché gli ippopotami hanno problemi di equilibrio?!» Fu la domanda che si posero all’unisono Hagumi e Shiki, decisamente confusi. «No, hai ragione, non è colpa tua se hai le gambe di una giraffa!». «Questo dovrei prenderlo come un complimento?!». «E io chi dovrei incolpare per questo?» fece capolino il professore di letteratura, un vecchietto dall’aria sempre seria e notevolmente pacata, accentuata dagli occhialetti da vista, che ora stava sistemando diritti sul naso, mentre quello che sembrava tanto il residuo di uno dei famosi pomodori, ora colava disordinatamente dalla sua testa semi calva fino a cadere a goccioloni sulla pulitissima e perfettissima camicia bianca. Era troppo. Quella visione fu veramente troppo per i due che, smesso di litigare, avevano le guance gonfie e rosse, nel tentativo di trattenere una risata che però non riuscirono a soffocare, provocando l’ira del professore sul quale una venetta aveva iniziato a pulsare insistentemente sulla tempia.
«MINAMOTO! NAKAMOTO! SIETE IN PUNIZIONEEEEEEEEEEEEEEEE!
».

... continua...

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 4



Appollaiati a terra come due galline, scontavano la punizione già da qualche minuto, mentre quasi tutti ormai stavano abbandonando il luogo per far ritorno al campeggio a valle. Hagumi, però, stentava ad andarsene. Aveva più volte provato a rimboccarsi le maniche per andare dalla sorella e dal migliore amico ad aiutarli, dopotutto era colpa sua che era scoppiata in lacrime, ma Shiki accanto a lei continuava a fermarla. «Non fare sciocchezze e muoviti, iniziamo a scendere.». «Non posso almeno attendere che loro finiscano? Non mi sento di lasciare mia sorella quassù da sola, e... » lui la zittì, però, con un semplice sguardo torvo. «Scendiamo, tua sorella se la caverà, e poi è meglio se rimangono un po' da soli» disse lui infine, serrando poi le dita della mancina attorno ad un suo braccio esile ed iniziando a trascinarla con sé. Shin, l'ultimo rimasto a chiudere le fila, perché avrebbe dovuto sorvegliare i due in punizione, scattò in piedi dal masso dove sedeva e guardò i due allontanarsi, tormentato. Himiko si fermò solo un istante e lo spronò a seguirli; se Shiki voleva indagare sulla natura di Hagu, era meglio non lasciarli soli, intanto, non faceva che battibeccare con Natsu, lanciandosi un insulto tra un vegetale e l’altro raccolto.
«La finisci?!» bofonchiò ad un certo punto lui. «Io?! Hai iniziato tu! È colpa tua se siamo qui!». «No, la colpa è tua! Se non ridevi sguaiatamente in faccia al professor Azuma, non ci avrebbe mai messo in punizione!» allora lei lo guardò con un cipiglio. «Mi risulta che tu eri addirittura piegato a terra mantenendoti la pancia dal ridere!» Lui sembrò fermarsi un momento, dandosi una leggera grattata alla testa bionda, in effetti… rise, al che anche Himiko sembrò rilassarsi. «In effetti, era proprio buffo… ».

Rimasero in silenzio per un po', raccogliendo con calma i residui di quei poveri pomodori, le mani di entrambi indossavano guantini trasparenti di plastica, per non sporcarsi. Himiko, ad un certo punto, ne sfilò uno e si portò la mano corrispondente sulla fronte, ad asciugare qualche perla di sudore provocata dal sole che batteva insistente e rovente sulle loro teste. «Ormai é quasi ora di pranzo... » notò contrariata, osservando l'altezza della grossa sfera nel cielo. Nel fare l'affermazione, si voltò verso di lui e notò che questo era fermo, forse già da un po', a scrutarla tutto serio. «Natsu?» chiese curiosa, il ragazzo gattonò verso di lei e si portò a neanche mezzo metro dalla sua figura, il collo allungato quel po' per scrutarle meglio il viso, ancora a quattro zampe, la sua testa alla stessa altezza di quella di lei, che era inginocchiata. «Himiko, posso chiederti perché l'altra sera, quando... beh si... sai io con Misa... perché sei scappata a quel modo?».

La ragazza diventò ancor più rossa dei suoi capelli, se possibile, mentre un’altra fitta al cuore faceva capolino. «Che razza di domande, dovevo chiedervi se potevo unirmi a voi?» La voce acidula, mentre indietreggiava un po’ da lui, rimettendo il guanto e ricominciando a raccogliere le poche verdure ancora rimaste a terra.
Il biondo storse il naso alla solita brutalità con cui lei gli rispondeva, ma stavolta non voleva litigare. Si mise anche lui in ginocchio, tolse i guanti gettandoli in un punto imprecisato del terreno alle sue spalle, quindi si avvicinò a lei ancora di più, afferrandole i polsi. Lei cercò di divincolarsi, pensava di poterci riuscire facilmente, ma si sbagliava di grosso, perché lui si rivelò molto più forte di quanto il suo aspetto magro ed asciutto poteva rivelare. «Lasciami... » intimò, quasi un po' stupita da quella situazione assurda, chiedendosi chissà cosa cavolo volesse fare. Lui però non accennava a volerla lasciare «Himiko, ascoltami, io devo sapere se... ». «LASCIAMI HO DETTO!» gridò lei, non voleva ascoltare ciò che aveva da dire, in realtà le venne persino il dubbio che stesse indagando su di loro proprio come Shiki e la cosa le fece un po' paura. Ma cosa volevano quei maledetti umani da loro? Cercò di alzarsi, di liberarsi di lui, ma il risultato di tutto quell'agitarsi fu solo farlo incavolare di più. La spinse verso il suolo e le si fece sopra, bloccandole i polsi a terra e le gambe con le proprie.
«Si può sapere che diavolo vuoi?!» la voce ora rotta, era spaventata. Natsu allentò un po’ la presa sui suoi polsi, liberandone uno e levandole una ciocca di capelli che le era caduta disordinatamente sul viso. A quel contatto lei sussultò. «Voglio solo che mi ascolti e rispondi ad una mia domanda… ». «Se vuoi sapere se mi ha dato fastidio, no, assolutamente! Puoi fare quello che vuoi con Misa, son poi affari vostri! Non farti strane seghe mentali!» Lui incassò un po’ male il colpo, anche se decise di non darlo a vedere e scosse un po’ la testa, in segno di diniego.
«No, non é questo. Voglio parlarti di una cosa un po' più delicata. » disse serio, guardandosi attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno, quindi piegandosi verso di lei e sussurrarle piano ciò che solo lei doveva sentire. «Non m’interessa cos'è tuo fratello. Non m’interessa nemmeno cos'è Hagumi, per ora posso volerle bene lo stesso. Ma ti prego... ti prego Himiko, dimmi che tu non sei un vampiro... ti prego... ».

I suoi occhi si sgranarono, mentre le parole sembravano morirle in gola. Natsu prese quel silenzio come un assenso, anche se non voleva crederci. «Himiko… » sussurrò nuovamente, guardandola ora nei suoi occhi smeraldo, che sembravano persi in un mondo lontano. Le carezzò una guancia, come a volerla riportare a quella triste realtà. Lei però voltò il viso, non potendo fare altro bloccata ancora sotto il peso del suo corpo, volgendo lo sguardo in un punto imprecisato, non ce la faceva a vedere la sua espressione. «Ti faccio schifo?» domandò semplicemente.
Poi lo guardò, voltandosi senza esitazione dopo la sua domanda, aveva bisogno di vedere che espressione sarebbe nata sul suo volto, guardare i suoi occhi al momento della risposta, capire se ci fosse traccia di menzogna o meno. I loro volti così vicini e lo sguardo di Himiko così terribilmente triste passarono a Natsu una sensazione di tenerezza. No, che non gli faceva schifo, certo che no! Non avrebbe potuto fargli schifo nemmeno se fosse stata una maledetta succhia sangue. Accidenti, non se ne era nemmeno reso conto, ma forse si era preso una bella sbandata. Una di quelle gravi però. Scosse il capo frettolosamente «No, non mi fai schifo. Se fossi Shiki, ti odierei, forse... » sorrise amaro «Ma di te seguiterei a pensare che, nonostante tutto, continueresti ad essere la meravigliosa creatura che sei. » Un sorriso amaro le dipinse il volto, pensando all’aspetto che madre natura, nel suo essere eterno, le aveva donato, ben convinta che Natsu si riferisse a questo e ne fosse ammaliato. Era sempre quello, il problema. Il suo aspetto fisico era stato creato appositamente così, con l’aiuto della sua volontà, per i vampiri non era casualità essere sempre di bella presenza, in fondo era un’arma di caccia perfetta. Ma alla fine, a chi importava davvero di quello che tutti loro portavano dentro? Erano mostri agli occhi di tutti. Indubbiamente la loro parte esterna era ciò da cui erano attratti, così come l’era stato per Akira, anche se aveva sostenuto di essere stato attirato da lei, era un fatto inevitabile portato dal suo aspetto fisico, a lui reso ancora più affascinate dalla passione per i vampiri. «Sì, in effetti, madre natura ha deciso di essere clemente con noi.» lui la guardò confuso, non capendo esattamente cosa volesse dirgli. «Beh, diciamo che non è certo una casualità che io abbia quest’aspetto che sembra attrarre gli uomini in ogni sua forma.» Natsu la guardò accigliato, quindi le portò una mano su una guancia e, con un grosso pizzicotto, iniziò a tirare la pelle morbida e pallida «Sei veramente una stupidina, m’irriti!» borbottò scherzoso, giocando con quella guanciotta come se fosse plastilina. «Mia cara, io non parlavo di aspetto fisico. Sì, ok, tu e tua sorella siete due gnocche da paura, su questo non ci piove» tanto per essere delicati «Ma non é questo il punto, perché tra le umane ne ho viste di ragazze altrettanto belle. Io parlavo del tuo cuore. Se fosse per l'aspetto fisico, mi sarei innamorato di tua sorella, credimi, é proprio il mio tipetto» rise un po', prima di zittirsi, rendendosi conto di ciò che aveva appena detto. Non é che nella sua affermazione era sottointeso "invece sono innamorato di te"? Si sentì confuso ed il bello era che era stato lui stesso a mandarsi in confusione il cervello. Ancora con la faccia deformata dalla mano di Natsu, che sembrava non voler liberare la sua povera guancia, Himiko prese parola. «Ma sche schtai dischendo? Fatshi curashe sche è meghio!» Il biondo la lasciò andare, mentre scoppiò in una sonora risata, mantenendosi lo stomaco dal dolore. «AHAHAHAHAH DOVEVO REGISTRARTI!» ruggì, mentre la rossa si puntellava sui gomiti, alzando il busto al massimo che potesse fare, con lui ancora che la bloccava dal bacino in giù. Alzò la mano e caricò un cinquino, il biondo si preparò a riceverlo, ma questo non arrivò. Lei sbuffò un poco, abbassando il braccio. «Non è divertente!».
Lui la guardò incuriosito, era la prima volta che la rossa rinunciava a colpirlo e maltrattarlo. Sorrise, quindi si sporse verso di lei, ormai tanto vicina per l'essersi alzata quasi a sedere, e le posò un piccolo bacio sulla fronte, con infinita dolcezza. Si tirò su quindi, per liberarla, e le porse una mano per aiutarla a rialzarsi a sua volta. Lei però era rimasta pietrificata. Lo guardò dal basso con la bocca un po' aperta e si chiedeva cosa potesse significare quel gesto. Volle giungere alla conclusione che era stato solo un modo per sotterrare, temporaneamente, l'ascia di guerra. Ora dovevano collaborare, rimettere tutto in ordine e poi tornare da soli al camping. Meglio aiutarsi e non litigare, sì. Ma da domani, tutto come prima... dopotutto era questo ciò che rendeva divertente il loro rapporto, no? Sorrise, afferrò la mano e si fece tirare su, lasciandogli un bacio sulla guancia a sua volta, alzandosi sulle punte e tirandolo verso il basso, dopo avergli afferrato un lembo del colletto del giubbotto di pelle. «Non farla diventare un'abitudine però, ok?» ridacchiò con lo sguardo raggiante, prima di ricominciare a mettere in ordine. Natsu si portò la mano sulla guancia, guardandola come uno stoccafisso, quindi sorrise ed alzò lo sguardo verso il cielo. Il sole era veramente splendido.

 
***

Camminavano ormai da un’abbondante ora, sentendo sempre lo sguardo di Shin puntato sulle loro teste. Shiki fumava una paglia dietro l’altra, nervoso, sotto le occhiatacce di Hagumi, che puntualmente all’accensione di ogni sigaretta gli tirava uno scappellotto, ordinandogli di spegnerla. Una venetta pulsava sulla sua tempia insistentemente ma, quando cercava di voltarsi per dirne una a Shin, puntualmente la confettina lo faceva voltare nuovamente e zittire.
«La pianti di fare la prima donna?!» sbottò lui, all’ennesimo rimprovero che la ragazza gli tirava.
Lei lo guardò imbarazzata, sentendosi quasi in colpa, d'altronde che doveva fare? Lasciare che si azzuffassero? E poi il fumo faceva male, non sapeva più in che lingua dirglielo, accidenti. «Io la finisco, se tu la desisti dal volerlo stuzzicare. Smettila di girarti verso di lui, non vedi che lo stai innervosendo?» rispose seriamente preoccupata, continuando a percorrere quella discesa un po' ripida, lo sguardo ora dritto dinnanzi a sé. Si voltò poi a guardare il moro per continuare il discorso, ma con i suoi soliti modi impacciati beccò l'unico sasso su quel pezzo di sentiero, una pietra alta sì e no dieci centimetri e larga altrettanti. Con un urletto, cadde in avanti, finendo poi di percorrere i dieci metri successivi ruzzolando in una successione di capriole, fino a raggiungere un albero che fermò il suo percorso in modo brusco e anche piuttosto doloroso. La sigaretta cadde dalle labbra di Shiki, chiedendosi come diavolo si potesse essere così incapaci, mentre Shin lo superava e correva accanto alla sorella per accertarsi sulle sue condizioni. S’inginocchiò davanti alla confettina, chiedendole se stesse bene, lei alzò lo sguardo su di lui, gli occhietti azzurrini avevano due lacrimucce che le facevano DIN-DON-DAN, il viso coperto di fango. Possibile che dovesse essere sempre tanto sfortunata? Nel frattempo anche Shiki aveva raggiunto i due, per accertarsi delle condizioni di Hagumi.
«Sei peggio di un elefante in una cristalleria!» esordì il moro, curvandosi e tendendo una mano alla rosetta. «Ti sei fatta male da qualche parte?».

La ragazza si mise a sedere e sorrise alle parole di Shiki, nonostante il dolore. «Qualche acciacco un po' ovunque, ma niente di rotto!» rise, allungando la mano per afferrare la sua, ma si accorse poi che anche Shin le era giunto al fianco e le porgeva la mano per aiutarla ad alzarsi. Ritirò subito quella con cui stava afferrando quella di Shiki e borbottò qualcosa che suonava molto come "Ma da sola ce la faccio, sì!" e si tirò su, un po' a fatica, la schiena dolorante che sarebbe stata meglio non sforzare, ma tant'era, sarebbe guarita in pochi minuti.

«C’è da dire che, nonostante la tua grazia inesistente, sei un osso duro.» commentò Shiki, quasi invidioso di quella qualità che a lui non era stata donata. Gli avrebbe fatto sicuramente comodo in alcune occasioni del passato e probabilmente anche del futuro.
«Eh sì, qualcosa che un essere come te non potrebbe mai avere, senza diventare quello che chiami “mostri”!» fu Shin, che sembrava aver messo fine al suo silenzio, e nel modo sbagliato chiaramente. Il moro storse il naso in sua direzione. «No, hai ragione, dovessi scegliere fra la cosa in cui ti sei trasformato te, per una gelosia infondata per di più, e me stesso, preferisco rimanere come sono e avere la capacità di controllo del mio corpo!».
Eccoli che ricominciavano. Hagumi roteò gli occhi e si portò tra i due, centralmente, per separali, allungando il braccio destro verso uno e il sinistro verso l'altro, i palmi delle mani aperti in segno di stop. «Basta così, voi due. Sbrighiamoci a tornare, altrimenti facciamo notte e non vorrei che il pullman del rientro ci lasciasse qui.».
Delle urla, precisamente quelle dei loro compagni, attirarono la loro attenzione. Dovevano essere parecchio distanti, quasi al campeggio, malgrado ciò riuscirono a sentirle distintamente. Shiki si mise in allarme, pronto a correre in direzione del gruppo, percorse qualche metro per raggiungere il sentiero, ma fu preceduto da qualcosa d’indefinito che gli piombò addosso in un attimo, ferendolo di striscio.
«Acc… ma che diavolo è?» si domandò osservando la maglietta sgualcita sul fianco destro, alzando poi lo sguardo al cielo e facendosi ombra con il braccio, per non rimanere accecato dai raggi di sole. Con la coda dell’occhio notò Hagumi che lo stava raggiungendo, Shin al seguito. «State indietro!» urlò, mentre l’indefinita creatura scendeva in picchiata dalla cima dell’albero, puntando ai due, pronta a colpirli. Il moro le bloccò la strada, proteggendosi con le braccia, che la creatura usò come punto di appoggio per lo slancio di allontanamento, tornando subito al contrattacco. Shiki la schivò facilmente questa volta, ma quando provò a colpirla, anch’essa non ebbe problemi ad evitare il colpo.
Hagumi li raggiunse, non aveva la minima intenzione di fare la fanciulla in difficoltà che andava protetta. Shin si portò al suo fianco, non voleva offenderla, ma era una cosa del tutto naturale voler proteggere sua sorella; la donna che amava, precisamente. Bastarono pochi attimi perché si trasformasse, gli occhi rossi come il sangue, i canini affilati e gli artigli pronti al combattimento. «Cosa diamine é quel coso? Sembra uno di noi, ma c'è qualcosa di diverso... » commentò il bruno sorpreso, in modo che gli altri due lo sentissero, magari ponendo fine al suo dubbio, ma né Hagumi, né Shiki, seppero dargli una risposta.

La creatura sembrò sorridere loro, lo sguardo decisamente malvagio, colpendoli poi con una raggelante risata. «Due vampiri e un cacciatore… misere creature del passato.» porse il braccio in avanti, aprendo la mano e caricando quella che sembrava tanto una sfera di energia, pronta a colpire. «Siete ormai superati, questa è la nuova vincente forma che porterà la fine del conflitto!». Lasciò partire il colpo, mentre loro saltarono ai tre lati opposti per evitare di essere colpiti. Quando il polverone si dissolse, il gruppetto guardò esterrefatto il cratere profondo almeno un centinaio di metri che si era formato. Shiki scrutò intorno alla ricerca della creatura, ma questa sembrava scomparsa con l’aiuto della nube che si era creata in seguito alla sfera di energia.
Hagumi tossì un po', uscendo da alcuni cespugli in cui si era gettata, ovviamente rovi spinosi, poteva mai essere altrimenti con la sfortuna che si ritrovava sempre in certe situazioni? «Ahi... ahio... che dolore... » uscì piena di graffi, qualche gocciolina di sangue che scorreva sul candido corpo pallido, lasciando innumerevoli rigagnoli. Alle sue spalle, tra il fogliame, gli occhi dell'essere brillarono. «HAGU ATTENTA!» urlarono all'unisono i due, che si erano appena rialzati, e fu Shin, il più vicino a lei, a spingerla via tuffandosi in sua direzione e prendere il suo posto tra le grinfie del nemico che stava per aggredirla, spinto dall'effluvio di sangue che gli aveva messo una gran sete, risvegliando quella che solo quella mattina aveva placato nutrendosi della giovane ragazza alle terme. Shiki si affrettò a raggiungere la figura di Hagumi, senza però perdere di vista i due combattenti. La creatura aveva affondato i suoi canini nel petto di Shin, che stava cacciando un urlo disumano, come se un forte veleno gli stesse facendo ribollire tutto il corpo, distruggendolo dall’interno. Fu questione di un secondo, l’aura di Shin si potenziò incommensurabilmente, travolgendo al suo interno anche la creatura, e quando il bruno portò le mani al collo di questa, essa sembrò sbriciolarsi fino a ridursi in cenere. Il giovane cadde a terra, ansimante, perdendo i sensi. Shiki non riuscì a capire cose fosse realmente successo, come del resto Hagumi, che però preferì occuparsi del fratello, correndo a soccorrerlo. Il moro si alzò in piedi, osservando il punto dove era stata distrutta la creatura, mentre una folata di vento portava via ciò che rimaneva di lei. Forse, il vero pericolo di cui parlava la leggenda, poteva rivelarsi qualcosa di diverso da ciò a cui aveva sempre pensato.
 

***

Spalancò la pesante porta del locale, che si trovava proprio nelle cantine del Pink Tiger, sorridendo radiosa: finalmente era il giorno delle prove e poteva sfogarsi cantando! Cantare le trasmetteva sempre una sensazione di forza, come se tutti i problemi che la circondassero in quel momento svanissero, facendola sentire al massimo. Prese la rincorsa come suo solito, saltando al collo di Oda, il membro anziano del gruppo.
«Oda-Channnn!» ululò felice, piantandogli un sonoro bacio sulla guancia e scompigliandogli i capelli bruni. Mollò la presa dal collo del ragazzo, lasciandosi cadere nel vuoto fino ad atterrare a terra un secondo dopo. Oda si curvò in tutta la sua altezza, ben un metro e novantadue, facendo una carezzina affettuosa alla rossa, che sorrise radiosa. Himiko si voltò di novanta gradi verso destra, per notare Natsu seduto sul divanetto nero di fianco a loro, aria imbronciata, birra in una mano e sigaretta nell’altra. Gli rubò la bottiglietta verde di mano, bevendo tutto il suo contenuto e restituendogliela vuota, sotto le prediche del ragazzo, che decise di ignorare, troppo impegnata a farsi coccolare da Oda, che ormai non vedeva da ben due settimane.

«Non te la prendere… » era Ryo, il batterista del gruppo, che ora prendeva posto sul divanetto a fianco a Natsu, stappandosi una birra. «Dopo tutto questo tempo non ti sei ancora abituato alle loro effusioni d’affetto?» gli diede una gomitatina nelle costole, sorridendo ora beffardo «Dì la verità, sei geloso perché per una volta una ragazza dà l’attenzione ad un altro e non a te!».

Natsu tossicchiò un po', dopo una profonda boccata dalla sigaretta, voltandosi poi a guardare Ryo con fare quasi schifato. «Sei scemo? Ma chi lo vuole l'interesse di quella racchia!» sbottò acidognolo, beccandosi poi la bottiglietta di birra in testa, che Himiko gli aveva nuovamente sottratto di mano. «Ahio!» borbottò voltandosi in sua direzione, si fecero la linguaccia a vicenda, poi si voltarono ai lati opposti. Oda rise appena, iniziando ad accordare il suo basso pronto per iniziare le prove «Non cambiate mai voi due, eh... pensavo che in gita vi sareste avvicinati almeno un po', a quanto pare mi ero illuso. » disse con fare quasi paterno, mentre un Akira un po' trafelato varcava la soglia della sala e chiedeva scusa per il ritardo. Himiko guardò altrove cercando di non intercettare il suo sguardo, era ancora imbarazzata dall'ultimo incontro ravvicinato e non avevano avuto modo di chiarire. Natsu sbuffò ed insieme ad Himiko fu l'unico a non salutare l'ultimo giunto. Oda intuì subito qualcosa, si appuntò mentalmente che avrebbe dovuto parlare con la rossa, dopo le prove.

Provarono un paio di pezzi, che dovettero ripetere almeno una decina di volte, per rivedere qualche parte che non funzionava, prima di fermarsi esausti e concedersi una meritata pausa.

«Ti vedo in forma, Himi.» notò piacevolmente Oda, accendendosi una sigaretta. «E Shin? Novità?». La ragazza scosse la testa, afflitta. Dalla battaglia in montagna, di cui Hagumi e Shiki avevano rispettivamente raccontato a lei e Natsu, Shin giaceva ormai da una settimana in coma. Oda, paglia alle labbra, la afferrò per il braccio, poco più su del gomito, tirandola verso di sé ed abbracciandola amorevolmente, carezzandole la lunga chioma rossa, in segno di conforto. «Vedrai che si ristabilirà presto.». Himiko ricambiò l'abbraccio, non tanto sicura che ciò che dicesse il bruno potesse essere realmente vero. Hagumi, con i suoi poteri di guaritrice, passava ormai ogni momento della giornata a tentare di curare le ferite di Shin, fino a svenire esausta e, puntualmente, non appena riacquistava un momento le forze, ci
riprovava. Era la prima volta in cui i suoi poteri sembravano risultare inutili. I freddi occhi grigi di Oda si fermarono sulla figura di Natsu, che li osservava insistentemente, l'aria di uno geloso marcio. Sorrise beffardo, in tono di sfida, liberandosi della sigaretta e stringendo di più a sé Himiko, abbassandosi fino all'altezza delle sue labbra e dandole un piccolo bacio sulla punta del naso, che dalla posizione di Natsu, però, risultò più un perfetto bacio a fior di labbra, mandandolo in escandescenza. Lui non era la persona giusta per Himiko e, anche se fingeva piacere ad una loro ipotetica amicizia, non gli avrebbe mai realmente permesso di avvicinarsi a lei. Da quando aveva scoperto che era un cacciatore, ascoltando per caso un discorso tra lui e Shiki grazie al suo udito sopraffino, che poteva permettergli di ascoltare le conversazioni di persone anche molto distanti da lui, era diventato totalmente riluttante verso il biondo, anche se per precauzione non lo dava a vedere. In ogni caso, uno sporco cacciatore come lui, non doveva nemmeno osare quel pensiero.
«Ma che fai?» ridacchiò divertita la rossa, tirandogli uno scappellotto dietro la nuca, a cui arrivava facilmente, dato che lui era curvato su di lei. «Che scemo!».

Oda sorrise, in quel modo infinitamente dolce che ad Himiko piaceva tantissimo. Non disse nulla più, tornò a concentrarsi sul suo adorato basso e lei rimase a fissarlo per un po'. Come avrebbe voluto che uno come lui s’interessasse a lei. Era così posato, maturo, estremamente bello, il che non guastava mai e, come se non bastasse, sapeva fare tutto, oltre ad essere un vampiro molto influente nella cerchia del loro paese, se fossero esistite gerarchie, lui sicuramente sarebbe stato un vampiro nobile, appartenendo ad una famiglia addirittura più antica di quella delle gemelle, degli originali che risalivano a prima del medioevo europeo. Insomma, se avesse dovuto scegliere il suo compagno di eternità perfetto, non c’era sicuramente soggetto migliore. Akira sospirò un poco, levando lo sguardo dalla rossa, amareggiato dai suoi comportamenti con Oda. Si concentrò, iniziando a pizzicare le corde della sua amata chitarra, infondendo in quelle note tutto se stesso, chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dalla melodia.

«Ehi e questo da dove salta fuori?» domandò curioso Ryo, sedendosi di fronte al moro. «Non è dei nostri pezzi, davvero niente male. L’hai composto tu?». Lui fece un assenso con la testa, spostando la chitarra dal suo grembo e rimettendola nella custodia rigida. «Nulla di particolare, diciamo che è ben lontana da ciò che doveva essere.» Il batterista lo guardò, ora curioso. «E qual’era il progetto originale?». «Beh, diciamo che riuscire a comporre una melodia che possa arrivare al successo di essere ricordata anche in molti anni a venire, non è un’impresa semplice. ». Ryo sorrise amabilmente, dandogli una pacca sulle spalle. «Sembra un sogno importante, impegnati e vedrai che riuscirai nel tuo intento.». Lui sorrise grato, caricandosi la custodia in spalla e avvicinandosi alla rossa.

«Possiamo parlare un momento?» le domandò, poi si affrettò a sottolineare «In privato… ». Lei lo guardò un attimo titubante, per poi acconsentire con un cenno del capo ed avviarsi verso il pesante portone della loro sala prove, uscendo nel corridoio, il ragazzo al seguito.

«Vorrei parlare dell'ultima sera alle terme... » iniziò lui, ma Himiko lo interruppe, ironica «Non che avessi dubbi. Vai avanti... ». Sospirò, iniziavano proprio bene. «Dopo che Natsu ci interruppe, non mi hai più rivolto la parola. Alle prove m’ignori, a scuola mi eviti... cosa devo fare per riavere la tua attenzione?» chiese con un tono di voce così sincero, che lei pensò seriamente stesse dicendo il vero, che forse... forse gli mancava davvero. Si decise a guardarlo: sembrava sincero, sì. «Non é che voglio ignorarti... » iniziò titubante. Si sentiva in imbarazzo e non sapeva comportarsi. Insomma, l'avevano capito anche i muri che se in quel momento non fosse arrivato Natsu, loro l'avrebbero fatto. Ma quando una cosa così viene interrotta in quel modo, é un po' difficile riprendere a parlarsi come nulla fosse, soprattutto perché tra i due non c'era mai ancora stato nulla di affettivo.

«Ma?» domandò lui ansioso, gli occhi velati di tristezza. Lei allora si fece coraggio. «Insomma… cioè… capisci, dopo ben due volte… due volte che veniamo interrotti… è imbarazzante ecco… » borbottò sconnessamente, le gote che assumevano un colorito purpureo, che agli occhi del bruno, ora visibilmente più rilassato, risultavano adorabili. «Tutto qui?» le domandò in un sorriso, avvicinandosi a lei, facendole la solita carezzina affettuosa. «Alla fine, forse, è stato meglio così. Probabilmente ho accelerato un po’ i tempi, scusami… » le disse sincero. Himiko lo guardò un momento confusa. Accelerato i tempi? Perché la loro relazione aveva mai dato ad intendere uno scopo diverso dal fare quello?

«Anzi, poniamo subito rimedio. Ti va di uscire insieme una di queste sere e conoscerci meglio? Potremmo andare a mangiare qualcosa, o a vedere un film... non so... puoi decidere tu.» sorrise, non conoscendo i gusti della ragazza le lasciò carta bianca, ignaro del fatto che lei stava interiormente rabbrividendo per la piega che la situazione stava prendendo. Che significava USCIRE INSIEME?

«Ehm… » Himiko non sapeva più che pesci pigliare, cosa rispondergli, per non ferirlo totalmente. Il moretto aveva capito decisamente male riguardo le intenzioni che LEI aveva con lui. Proprio in quel momento, come una manna dal cielo, la porta del locale si aprì, spintonandola in avanti, poiché poco intelligentemente ci si era fermata dietro, cascando addosso ad Akira che cadde a sua volta, sedere a terra con la rossa sopra di lui.

«Ancora?» domandò facendo capolino con la testa bionda dal locale «Non potete stare due minuti da soli senza fare cose sconce?».

Akira digrignò i denti, stavolta ne aveva davvero le tasche piene «E tu non riesci a stare due minuti senza ficcare il naso in giro? Se ti piace Himiko, diglielo, anziché continuare con questi blitz che non servono a nulla, se non a renderti odioso e ridicolo!» sputò fuori quest'affermazione con una rabbia irreprimibile. Forse era la volta buona che avrebbero litigato malamente, ma Himiko, tutta rossa in viso per essere finita addosso ad Akira, si rialzò di scatto spolverandosi i vestiti e cercando di allisciare i lembi spiegazzati dalla caduta, quindi si mise tra i due, se possibile più irritata di entrambi messi assieme.

«Mi avete forse scambiata per il vostro giocattolo? O per una buona scusa per urlarvi addosso?» domandò stizzita, prima guardando uno e poi l’altro. Akira abbassò lo sguardo, stringendo i pugni, scuotendo la testa in segno di diniego e scusandosi con lei. Natsu, invece, mantenne lo sguardo fisso negli occhi della rossa, senza però dire nulla.

«Forse però… » si fece coraggio il moro «Dovresti deciderti a scegliere uno dei due… ».

Gli occhi di Himiko uscirono dalle orbite, mentre lo guardava scandalizzata.

«Dovrei scegliere? Ho una relazione con entrambi e non ne sono cosciente?» domandò con un cipiglio, chiedendosi quale serio problema avesse. O se l’avesse lei. Non aveva ritenuto di avere una relazione con Akira, con il quale era in ogni caso successo qualcosa di quasi piccante, figurarsi con Natsu, che non aveva neanche mai minimamente calcolato sotto quel punto di vista. «Credo tu abbia preso un abbaglio… ».

Il biondo sorrise serafico, guardandoli quasi con saccenza, come se lui sapesse qualcosa che gli altri due non sapevano. «Ma lei ha già scelto, mio caro! No, Himiko?» lei lo guardò come se fosse rincitrullito d'un botto. Ma il punto é che era convinto davvero al cento per cento di ciò che stava dicendo, non erano semplicemente vaneggiamenti, per una volta aveva bevuto solo una birretta, non era neanche ubriaco. C'era qualcosa tra lui ed Himiko, non sapeva spiegarlo a parole, ma certi sguardi che si scambiavano, persino durante i litigi... possibile li avesse immaginati solo lui? Ignorando bellamente la presenza di Akira, si curvò leggermente verso Himiko, che fece un passo indietro sorpresa, quasi allibita, stava per aprire bocca e mandarlo via, ma non riuscì a fare in tempo poiché una mano del ragazzo si era già serrata con delicatezza sulla sua mascella, per attirare il bel viso verso di sé ed appoggiare le proprie labbra su quelle rosse, carnose e morbide di lei. Akira rimase completamente sconvolto, ma non meno di lui Himiko, che tuttavia non si ritrasse, anzi approfondì il bacio con un certo, nuovo interesse. Chiuse gli occhi, perdendosi in quella sensazione sconosciuta che tuttavia le dava un senso di pace, come se fosse giusto, come se finalmente ogni tassello stesse andando al proprio posto. Tutto esattamente come doveva essere, pensò, mentre alzava le braccia e le faceva scivolare sulle spalle di Natsu, che sorrise quasi nel baciarla, e le cinse dal canto suo la vita, attirandola verso di sé. Per Akira invece no, non era nulla come doveva essere. Il suo volto si contrasse in una smorfia rabbiosa, mentre allungava una mano verso il braccio di Himiko e serrò le dita attorno al piccolo ed esile polso, tirandola via con uno strattone violento che fece quasi perdere l'equilibrio alla ragazza, mentre si staccava da Natsu che rimase stordito qualche istante, prima di allungare anche lui una mano e prendere l'altro braccio della rossa, irritato. «CHE DIAVOLO FAI, AKIRA? LASCIALA, LEI HA SCELTO, RITIRATI!» quasi un ordine con tono autoritario, ma Akira non lo ascoltò. Guardava la ragazza con odio, tanto da spaventarla, non aveva mai visto e notato quella vena di follia nello sguardo di ghiaccio del moro. Strinse più forte la presa sul suo polso, che le fece contorcere il viso in una smorfia di dolore.

«Lo sai come si chiamano quelle come te, Himiko? Quelle che stanno con uno e poi, davanti a lui soprattutto, vanno con un altro?» le domandò, gli occhi ridotti a due fessure. «LO SAI?!» Lei scosse la testa, confusa da tutta quella situazione, ma chi gli aveva mai detto che loro due avevano una storia?

«Ma… Akira, noi due non siamo mai stati insi… » non fece nemmeno in tempo a finire la frase che lui la strattonò ancora una volta, mollando poi la presa per alzare il braccio, mano aperta, e tirarle uno schiaffo in pieno viso. «SEI UNA PUTTANA!» Himiko perse l’equilibrio e cadde all’indietro, sbattendo contro la parete del corridoio.

«SEI UN BASTARDO!» gli urlò Natsu, che fece per assestargli un pugno, ma qualcuno fu più veloce di lui. Himiko, che aveva avuto uno slancio fulmineo degno di un’acrobata, era ora sul ragazzo, bloccandolo a terra. Akira la guardò con terrore, gli occhi ora rossi di lei lo guardavano spietati, intanto che si passava la lingua sulle labbra e sui denti, due canini bianchissimi ed affilati spuntavano minacciosi, mentre la sua espressione indicava che stava già pregustando il banchetto. Natsu rimase pietrificato, impotente, avrebbe dovuto fare qualcosa, ma semplicemente non poteva muovere un muscolo, neanche con tutta la volontà di questo mondo. Rimase inerme a guardare la ragazza affondare i canini nella carne di Akira, avrebbe potuto giurare di sentire persino il rumore di quelle zanne da predatrice che affondavano inesorabilmente, e il sangue poi fluire dal corpo del ragazzo, alla sua bocca. Akira urlò, urlò di un dolore mai provato prima, mentre il sangue iniziava a bruciargli nelle vene. E fu così che, probabilmente per la prima volta nella storia, proprio sotto agli occhi di un cacciatore, un vampiro si era rivelato in ogni sua negativa forma.

***

La piccola stanza, illuminata solo da qualche filo di luce, sembrava così vuota e triste, immersa in tutto quel silenzio. I pochi raggi di sole che filtravano dalle persiane, accarezzavano il viso addormentato di Shin, come a volerlo chiamare, neanche desiderassero riportarlo a quella realtà che aveva abbandonato ormai da ben otto giorni. Hagumi chiuse gli occhi, mentre l’ennesima lacrima le rigava la pallida e morbida guancia. Sospirò un poco, mentre con entrambe le mani stringeva la destra di Shin, concentrando tutte le sue energie. Una piccola sfera bianca e luminescente si formò esattamente sopra il petto del ragazzo, proprio all’altezza del cuore, fino a penetrarlo ed annullarsi, di nuovo. E ancora i suoi occhi rimasero chiusi, il corpo inerme. Un sospiro si levò alla sua destra dove, un paio di metri più in là, seduto su una poltroncina nera di pelle, Hiro osservava tutta la scena con la solita espressione distaccata, quasi un po' cinica, appoggiato sulle mani incrociate e puntellando i gomiti sulle ginocchia, un po' ricurvo in avanti vegliava sui due con infinita pazienza: non perdeva d'occhio Hagumi neanche quando lei, stremata, perdeva i sensi e dormiva anche per ore. «Dovresti fare una pausa.» disse lui, senza usare un tono troppo convinto, tanto chiunque provasse ad allontanarla contro la sua volontà dal capezzale di Shin finiva ridotto male, incappando in una rabbia senza precedenti nella piccola gemella rosata, che aveva rischiato di far del male persino a sua madre per allontanarla quando cercava solo di convincerla a dormire un po'. Lei non fece neanche un cenno verso di lui comunque, facendo quasi finta di non sentirlo. Chiuse nuovamente gli occhi e ritentò, caparbia. Non si sarebbe arresa finché non avesse visto Shin aprire gli occhi e sorriderle con quel fare dolce e caloroso che solo lui sapeva trasmetterle. Ovviamente, fallì per l’ennesima volta. Nascose il viso con le manine lattee, mentre calde lacrime le rigarono le guance e i singhiozzi fecero capolino.
«Perché non ci riesco? Non è giusto… perché proprio a Shin?» domandò, forse per la millesima volta dal famoso evento in montagna, addossandosene puntualmente la colpa. Hiro si alzò dalla poltrona in un gesto automatico, inginocchiandosi accanto a lei. «Guardami.» le intimò, ma lei non volle reagire, al che lui glielo ripeté, forzandola ad alzare lo sguardo su di lui.
«Quante volte dobbiamo affrontare il discorso? Non dire che è colpa tua. Stai facendo il massimo per aiutarlo, anche più di quanto il tuo corpo ti permetta. Dovresti avere più cura di te stessa, Shin non si perdonerebbe mai di vederti in queste condizioni a causa sua.» le passò una mano fra i morbidi e profumati capelli rosa, posandole un soffice bacio sulla fronte.
Lo guardò qualche istante, cercando di calmarsi, aveva ragione dopotutto, il suo discorso non faceva una piega, eppure quel senso d’impotenza era così angosciante. Abbozzò solo un lieve sorriso, quindi si schiarì la gola, provò a parlare ed uscì qualcosa di gracchiante, forse per la stanchezza o forse per le lacrime «Grazie... » disse solo, mentre Hiro le lasciava un’altra carezza sulla testa rosata. «Vado a prenderti un bicchiere d'acqua, torno subito.» era l'unica cosa che poteva fare per aiutarla, dopotutto. Si alzò e si avviò fuori dalla stanza, richiudendo la porta alle proprie spalle. Lei sospirò, osservando la porta chiusa, e passò solo qualche secondo prima che si alzasse dallo sgabello e si stendesse su letto, accanto al fratello, appoggiando la testa sul suo torace che si alzava lentamente al ritmo di ogni flebile respiro, fu quasi rincuorante sentire il suo cuore battere, almeno sapeva che era ancora vivo, perché solo toccandogli la mano o guardandolo in viso, così deturpato da quella specie di malattia che gli stava succhiando anche l'anima, non riusciva più a sentirlo. Sentì le lacrime salirle nuovamente ed impossibilitata a trattenerle, si lasciò trasportare da loro, liberando con quel pianto il peso che la stava soffocando, stringendo la coperta azzurrina. Fu come un attimo, quando le sembrò di sentire Shin pregarla di non piangere in un flebile soffio di voce. Alzò la testa, incredula, guardando il fratello, che ancora giaceva addormentato. Se l’era forse sognato? Già, probabilmente. Sospirò un attimo, quando lo sentì nuovamente.
«Hagu… » un filo di voce, quasi impercettibile.

Sgranò gli occhi, ritrovandosi completamente senza parole, mentre si alzava a sedere e si portava con il viso ad altezza di quello di Shin, tanto vicino per sentire meglio, per capire se non stesse sognando. «Shin... Shin, sei sveglio?» chiese scossa, mentre le palpebre del ragazzo si alzavano lentamente, fino a schiudere gli occhi, quel po' che lei potesse scorgere l'incredibile tonalità ambrata delle iridi e la pupilla, leggermente dilatata più del normale, forse a causa del veleno che gli era entrato in corpo, riducendolo ad un vegetale. Si portò una mano alle labbra, incredula, mentre prese ad accarezzargli i capelli bruni, sembrando conoscere solo il suo nome e ripetendolo continuamente. Lui alzò una mano a fatica, arrivando fino alla sua guancia ora leggermente arrossata per il pianto, facendole una flebile carezza, il massimo che poteva permettergli in quel momento il suo fisico.
«Sono qui… » abbozzò un lieve sorriso, che a lei sembrò infinitamente dolce e tenero. Sì, quello era proprio il suo Shin.
«Shin... Shin... sì... il mio Shin... » pianse, tornando ad appoggiarsi a lui, nascondendo il viso nel suo collo, incurante di tutto, persino di andare ad avvisare i genitori che Shin si era svegliato. Non esisteva niente, nient'altro che lui. Nient'altro che loro. Con uno sforzo immane il ragazzo la circondò con le braccia e la tenne stretta a sé. Se per avere Hagu solo per sé doveva andare in coma ogni volta, pensò che, tutto sommato, non fosse un prezzo così oneroso e lo avrebbe fatto volentieri. La porta si aprì improvvisamente, Hiro entrò seguito dai genitori dei ragazzi. Avevano sentito i singhiozzi di Hagumi dalla stanza affianco, ed erano accorsi pensando a qualcosa di terribile. Hiro si bloccò prima di avvicinarsi al letto, incredulo. Fino ad un secondo prima quel ragazzo era quasi morto, ed ora eccolo lì, a cullare la sorellina tra le braccia. Sorrise, uno dei suoi rari sorrisi, mentre Ai, la madre dei ragazzi, si rifugiava tra le braccia del marito, piangendo anche lei, sollevata. «Bentornato fra noi, ragazzo.» Kojiro si scambiò un sorriso con il figlio.

 

***

Oda aveva mandato Ryo e Natsu a casa, dopo aver trovato quella scena straziante aveva semplicemente fermato Himiko e rinviato le prove, con un sangue freddo degno di nota. Ryo non aveva capito niente, non aveva assistito alla scena, né nessuno di loro gli aveva spiegato nulla. Natsu dal canto suo era incredulo: persino Oda sapeva della storiella dei vampiri? Era andato via riservando ad Himiko uno sguardo di disprezzo... e se pensava che solo cinque minuti prima l'aveva baciata con una passione travolgente si sentiva a pezzi. Ad ogni modo le sorprese non erano finite qui, per qualcuno c'era altro da scoprire. Oda aveva raccolto Akira con fare protettivo, lo portava tra le braccia, un braccio dietro la schiena ed una sotto le ginocchia, ed aveva semplicemente fatto cenno ad una piangente e tremante Himiko di seguirlo. Lei lo fece senza spiccicare parola, si fidava di lui ciecamente, dopotutto sapeva fosse un pezzo grosso. Non sapeva ancora quanto grosso, però. Rientrarono nel locale, Himiko lo seguì confusa, chiedendosi oltretutto cosa poteva esserci nello scantinato del locale che potesse aiutare il povero malcapitato. Si fermarono dopo la prima rampa di scale, prima di raggiungere il piano inferiore.
«Sciacquati il viso, dietro questa porta c'è il bagno.» lei ubbidì ed entrò all'interno, ancora scossa dai singhiozzi. Si avvicinò ad un lavandino, aprì il rubinetto e fece scorrere l'acqua in modo più rumoroso e scrosciante possibile, mentre piangeva disperatamente guardandosi allo specchio. Lasciò che le zanne, gli artigli e gli occhi tornassero umani ed osservò la sua figura disgustata: era un mostro, questa sua natura non sarebbe mai cambiata ed avrebbe continuato ad odiarsi per sempre. Si sciacquò bene viso e collo, era tutto un trionfo di sangue. Per i vestiti c'era poco da fare e le ciocche di capelli coinvolte nell'incidente le tirò semplicemente indietro con qualche molletta che per fortuna aveva con sé nello zaino di scuola, l'aveva portato con sé alle prove poiché non era tornata a casa alla fine delle lezioni, ed anche prima di scendere giù si era ricordata di recuperarlo. Dopo parecchi minuti, un po' più ordinata stavolta, uscì dal bagno ed Oda le sorrise lievemente, come per tirarla su.
«Tranquilla.» disse solo, come per farle capire che non era successo nulla di grave, che Akira non sarebbe morto, lo aveva quasi dissanguato, ma respirava ancora. Scesero ancora le scale, lui davanti e lei qualche gradino più indietro, che avanzava a testa bassa. Raggiunsero quella che tutto era, fuorché una cantina: si ritrovarono in una piccola stanza con solo una porta nella parete di fronte alla rampa di scale. Oltrepassarono questa porta, che Akira aprì semplicemente sussurrando qualcosa e quando furono andati oltre, questa si richiuse alle sue spalle e la serratura scomparve. «Oda... ma... ?» non aveva mai visto niente di simile. Lui la guardò rassicurante, mentre un lunghissimo, quanto buio corridoio, illuminato solo dalla tiepida luce di alcuni candelabri, si stagliava dinnanzi ai loro occhi. «Ci sono vampiri e vampiri, alcuni hanno poteri curativi come tua sorella, altri riconoscono i cacciatori, come Hiro... ci sono altri che sono in grado di imprimere qualcosa di magico negli oggetti, in modo che questi siano utilizzabili solo da chi é al corrente del loro segreto. Quella porta é stata creata da un vampiro molto potente secoli fa, un vampiro che conoscerai a breve. » spiegò con calma, mentre percorrevano quel corridoio silenzioso, quasi inquietante. Himiko era sconvolta, non immaginava affatto ci fosse un luogo del genere, non sotto il locale oltretutto. Le porte si susseguivano, tutte chiuse, su ognuna di queste c'era una targhetta dorata, sembravano uffici... ma uffici di cosa? Non ebbe molto tempo per perdersi in quei pensieri, perché ora Oda si era fermato e lei distratta com’era, era riuscita perfino a finirgli addosso. Non fece però in tempo a proferire delle scuse. «Siamo arrivati.» esordì, pronunciando un’ulteriore formula in una qualche strana lingua antica, che lei non riusciva a capire, questa volta decisamente lunga. Si avviò in avanti, mentre i candelabri della stanza si accesero in successione, fino ad arrivare ad una specie di altarino, sopra ad esso quella che sembrava una poltrona regale, un trono probabilmente. Himiko si guardò intorno curiosa, quando si sentì afferrare alle spalle. «Ma che caaaaaaaaaarina!» una voce un po’ acuta ed effeminata, alle sue spalle, le perforò i timpani, mentre la persona in questione la stritolava in un abbraccio affettuoso.
Oda, rise appena, voltandosi verso la ragazza e il possessore di quella voce. «Okura, non mi sembra il momento.» proferì, ma tutto sommato una risata per far riprendere Himiko ci stava. La ragazza, confusa, attese che lo sconosciuto la lasciasse e la aggirasse, portandosi di fronte a lei, accanto all'amico. «Himiko, ti presento Okura Koizumi, il capo degli anziani.».
Lei rimase semplicemente allibita. Arretrò di un passo, bocca aperta, occhi sgranati, mentre lo squadrava confusa. Capo degli anziani? Ma dimostrava sì e no trent'anni! Beh, d'altronde di cosa si stupiva? Ogni vampiro fermava l'invecchiamento al raggiungimento di una data età, diversa per tutti, ma rari erano i casi di vampiri che invecchiavano oltre i trentacinque/quarant'anni. Erano predatori e il loro corpo eterno era fatto per rimanere giovani per sempre. Quando si rese conto che aveva davanti l'uomo più importante della comunità dei vampiri, arrossì fin dietro le orecchie e fece un profondo inchino, formando col corpo un angolo acuto. «Oooohh, suvvia, suvvia, quante cerimonie! Alzati bambina e se possibile chiamami zio Okura con la tua dolce vocina... su su!» la guardò con gli occhi pieni di stelline. La ragazza tornò dritta e si chiese se non fosse pazzo, oltre che un maniaco depravato. «Zio... Okura?» più una domanda, che un'affermazione, ma lui non ci fece caso, semplicemente fece una piroetta allegra «Muuuusica per le mie orecchie!» con Oda affianco che lo guardava divertito. «Okura, non siamo qui per assecondare la tua follia incipiente, dovremmo occuparci di questo ragazzo!» gli fece notare. «Oh sì, giusto.» si fece infine serio e senza quell'espressione un po' stupida dipinta sul volto, Himiko pensò che fosse addirittura più bello di tutti i vampiri finora incontrati. Alto sul metro e ottanta, molto meno di Oda, ma era un'altezza che gli donava molto, capelli lunghi e biondi raccolti in un codino, un po' come Kojiro, il suo papà, e si chiese se fosse così comune tra i vampiri di una certa età farli crescere ed acconciarli a quel modo, occhi di un nero intenso e portamento regale, così come gli abiti, lunghe vesti di pregiata fattura e di una raffinatezza unica. Poteva capire facilmente perché era il supremo di tutti, carattere che aveva rivelato a parte, nel vedere il look che costui indossava, così di tempi andati, così antico… doveva sicuramente avere qualche secolo. Okura si avvicinò ad Akira, lo sguardo ora grave, mentre pregava Oda di poggiarlo sul tavolo di pietra al lato della stanza. Si voltò ora di nuovo verso Himiko, che ebbe un tuffo al cuore, mentre temeva il peggio.
«È già… » non riuscì a terminare la frase che lui scosse la testa. Si sentì un attimo sollevata, ma fu subito riportata alla triste realtà. «No, non lo è, ma manca poco a questo. Devi fare la tua scelta.» Lei lo guardò confusa. Che cosa intendeva con scegliere? Scegliere che cosa? «Non capisco… » Okura si voltò verso Oda, lanciandogli uno sguardo di fulmini dardeggianti. «OoOoOoda non le hai ancora detto nulla?». Lui sorrise colpevole. «Credo sia meglio che senta le parole direttamente da te, Okura.». Himiko era sempre più confusa, mentre temeva il peggio, sicura che quello sarebbe stato un arduo e doloroso punto della sua vita. Il biondo si avvicinò a lei, prendendole la mano destra fra le sue.
«Mia cara, devi scegliere se trasformarlo o metter fine alla sua vita.» Le gambe di Himiko cedettero sotto quella notizia, disarmandola completamente. Non poteva crederci, doveva esistere una via alternativa. Non poteva permettersi di scegliere una cosa così importante, non poteva decidere di portare via la vita ad Akira o dargli la dannazione eterna.
«N-non potete chiedermi di fare... questa cosa... » disse in tono grave, la voce spezzata. Mentre si torturava per la scelta da prendere, comunque, altre persone giunsero nella sala. Si voltò sentendo la porta aprirsi e sbiancò nel vedere suo padre lì. «Scusate, abbiamo fatto il prima possibile non appena é giunta la comunicazione e... oh, Himiko!» la guardò sorpreso e lei non era di certo da meno «Papà? Cosa... che...? Non eri a casa con Shin... Hagumi... HIRO?» l'ultimo nome non faceva parte del discorso, semplicemente anche Hiro entrò al seguito di Kojiro, solita espressione in volto, o meglio la sua non-espressione. «Shin si é ripreso, mia cara. Sta bene e siamo andati via mentre Hagumi gli dava da mangiare facendo l'aeroplanino col cucchiaio!».
La ragazza quasi cadde a terra a quell'affermazione. Che razza di giornata. Nonostante il casino in cui si era ficcata, però, non poté fare a meno di sorridere. Shin stava bene, questo era ciò che contava più di tutto. «Ma... papà tu conosci il signor Koizumi?». «Zio Okura!» protestò l'uomo, tornando per un attimo a fare lo scemo, prima di riportare serietà nella voce «Himiko, ti spiegheremo tutto dopo. È ora che faccia la tua scelta, questo ragazzo fra pochi minuti potrebbe non esserci più... » Il panico sembrò persuaderla. «Non posso essere io a decidere una cosa così importante. Come posso decretare della vita o della dannazione di una persona?!» Fu allora Oda a prendere parola, avendo più influenza sulla ragazza, avvicinandosi a lei e cullandola in un abbraccio. «Piccolina, purtroppo dal momento in cui l’hai morso, questo è diventato inevitabile, è come una clausola sottoscritta, come una punizione, infondo. Devi scegliere o sarà il tempo a farlo per te. Tu, solo tu, puoi ridargli una vita, anche se diversa, altrimenti sarà condannato.» Una lacrima scappò, scivolando lungo la pallida guancia, mentre era ben conscia di cosa avrebbe dovuto fare. Lei aveva sbagliato, un errore madornale di cui avrebbe pagato il prezzo per l’eternità, non poteva lasciarlo morire così. Acconsentì con un cenno del capo, mentre si avvicinò al moro, sussurrandogli un «Perdonami… » sincero e affondando nuovamente le zanne, ora di nuovo trasformata, nel suo collo.


... continua...

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 5




Il viaggio in macchina con il padre durò un istante, o almeno così parve ad Himiko che, assalita continuamente da pensieri angoscianti e piangendo per tutto il percorso con la testa appoggiata al finestrino appannato dell'auto, non si accorse minimamente del tempo trascorso. La macchina si fermò dinnanzi al cancelletto della loro bella villetta in un quartiere residenziale di periferia, e la ragazza fu ripescata dalla propria testa da una carezza sui capelli di Kojiro, che le fece cenno di scendere così da poterla posare in garage. Lei annuì ed uscì sotto la pioggia battente. Senza ombrello, né nulla, alzò lo sguardo al cielo e si chiese quand'è che aveva iniziato a piovere. Le sembrò quasi uno scherzo del destino. Varcò il portoncino, percorse il vialetto che la condusse sotto il porticato bianco e rimase immobile dinnanzi alla porta. Con che coraggio avrebbe affrontato Shin che si era appena svegliato dal coma per essere stato morso da un mostro? Oggi il mostro era lei. Kojiro la raggiunse dopo pochi minuti, ma non disse nulla, rispettando la sua voglia riflettere. Inserì la chiave nella serratura ed aprì, subito una Ai tutta trafelata si mostrò all'ingresso, correndo incontro alla figlia ed abbracciandola. «Tesoro mio, non piangere… » le disse solamente, ben conscia dello stato mentale della figlia in quel momento. Lei lo sapeva sempre quando le sue piccine stavano male e poi, dopo la telefonata di suo marito che gli aveva spiegato la situazione, la sua sensazione, che da qualche ora la assillava, si era spiegata. Non appena si era ripresa Hagumi, con il risveglio di Shin, era successo qualcosa ad Himiko. Si domandò se le due ragazze avrebbero mai potuto trovare un po’ di serenità. «Sei fradicia, entra su… » le intimò in modo dolce. Himiko annuì e fece come detto, subito fu raggiunta da Hagumi, che percepita la sorella era accorsa per comunicarle la buona notizia, inciampando nel penultimo scalino e facendo uno dei suoi soliti poco aggraziati ruzzoloni. Si rialzò nel giro di un secondo, troppo euforica per pensare al ginocchio ora dolorante, il suo Shin era vivo, sveglio e stava bene, quale miglior fonte di forza interiore!

Poco prima di saltarle addosso, però, frenò la sua corsa ed osservò il suo volto, rigato di lacrime tanto che il trucco si era sciolto fino a darle l'aspetto di un tenero panda e ricordò quando, poche ore prima, mentre imboccava Shin, aveva sentito male al petto e la voglia di trasformarsi ed a casa aveva squillato il telefono per avvertire Kojiro di recarsi subito chissà dove. Il padre era uscito dicendo che era tutto ok, che Himiko aveva avuto un piccolo incidente, ma stava bene e che si apprestava ad andare a prenderla. A quanto pareva, non aveva detto proprio la verità. Raggiunse la sorella con gli ultimi passi un po' lenti e la abbracciò con tutta la tenerezza e l'amore per lei di cui disponeva, un amore fraterno certamente infinito. Himiko sorrise flebilmente e ricambiò l'abbracciò «Fortuna che Shin si é svegliato, eh, Hagu?». La rosa però non rispose. Dopo pochi attimi spuntò a metà scale Shin, che scendeva un gradino alla volta, tenendosi al corrimano. Himiko distolse lo sguardo, si sentiva un verme. «Himiko... stai b... bene... ?» domandò un po' affannato, mentre la mamma con fare amorevole si portò al suo fianco per fargli da appoggio nello scendere gli ultimi gradini.

«Ragazzi, seguitemi tutti in salotto, penso che sia momento di parlare di un paio di cose importanti.» era Kojiro, che invitò i presenti a seguirlo e, mentre Hagumi accompagnava Himiko tenendola per mano, Ai aiutò il figlio ad accomodarsi su uno dei divani, sparendo subito dopo e ricomparendo in seguito con un vassoio di tazze di cioccolato, porgendone una ad ognuno.

«Papà, mi dispiace, se dobbiamo andarcene, lo farò io da sola, in fondo è colpa mia se… » cominciò Himiko, sorseggiando il contenuto della sua tazza, soffiando ogni tanto per raffreddarla, ma fu interrotta dal padre, che prese parola.

«Anche Shin si è rivelato a degli umani, ma per ora ancora non è successo nulla, quindi non saltiamo a conclusioni affrettate.».

«Ma Shin non ha morso nessuno! Non… non si è rivelato un mostro come me… ». Hagumi aguzzò le orecchie, volendo ora più spiegazioni, che diavolo era successo di cui era ora all’oscuro?

Kojiro spiegò velocemente l'accaduto ai tre ignari, sorvolando su cosa avesse fatto Akira per meritarsi il trattamento avuto, a quello ci avrebbe pensato Himiko in un secondo momento se avesse voluto. Nessuno dei tre però la giudicò, Hagumi rimase un po' scossa, ma tutto ciò che fece fu circondare le spalle della sorella con un braccio ed appoggiare la testolina alla sua, per farle capire che non era sola e che nessuno la disprezzava. Shin le appoggiò una mano sulla testa, scompigliandole i capelli affettuosamente, e lei ebbe finalmente il coraggio di guardarlo. Pianse di nuovo, come una bimba, e solo quando si fu calmata Kojiro continuò, seduto sul divanetto di fronte a quello dove sedevano i tre figli.

«Ora, passiamo a ciò che devo spiegare invece a voi, figli miei.» strinse una mano che teneva appoggiata sul ginocchio a pugno ed Ai allungò una sua per appoggiarla su quella del marito. Lui si tranquillizzò, anche se non sapeva da dove partire, e non voleva che venissero a conoscenza di certe cose fin da ora, così giovani ed inesperti. Hiro, per esempio, aveva saputo tutto dopo la laurea, ed era così ormai prassi in tutto il mondo dei vampiri. I vampiri originali venivano lasciati crescere e maturare, prendere un titolo di studi da umano e poi messi dinnanzi alla scelta se far parte della comunità degli eterni o meno.

«Dovete sapere che noi siamo più di quanti voi potreste immaginare. È vero, potete fiutare gli altri vostri compagni e riconoscerli da subito, ma non potete concepire sicuramente quanta potenza possiede la nostra stirpe. Ovviamente, questo comporta la necessità di un governo che gestisca tutto, anche se nel nostro caso rimane celato. Non sono molti a sapere dell’esistenza di questa confraternita, di cui tu Himiko, hai conosciuto chi ne è a capo. Non sottovalutarlo per il suo carattere frivolo, è molto più potente e pericoloso di quanto perfino io possa immaginare. In ogni caso, al momento della loro riunita, decisero che nessuno avrebbe dovuto sapere di loro, se non in età e maturità adeguata e, ovviamente, nel caso che il soggetto a loro interessato possedesse i requisiti necessari, quelli di un purosangue… » qui strinse di più la mano della moglie, cosa che Shin notò, ben conscio che questo comportava il suo argomento di mezzo sangue, di cui non aveva ancora avuto il coraggio di chiedere una spiegazione ben chiara ai genitori, troppo shockato da questa rivelazione quando Hiro lo accusò di essere un cacciatore. Era al nono anno di scuola quando incontrò Hiro, suo senpai che frequentava le scuole superiori, e la sua vita aveva subito un netto cambiamento: Hiro aveva un potere particolare e fiutò subito ciò che di "marcio", così l'aveva definito, c'era in lui. Fu ripescato dai suoi pensieri dal padre, che proseguì il discorso. «Gli originali sono a capo di tutto, quelli che non lo sono invece di nascita possono comunque collaborare, unendosi a loro come sottoposto del tutto rispettati e stimati, ed il semplice motivo per cui non possono entrare a far parte della cerchia degli anziani é che non sono eterni. I vampiri non di nascita muoiono, prima o poi. Non sono "brevi" come gli umani, ma neanche longevi come gli eterni e questa é una debolezza che gli originali ancora non ammettono. Ad ogni modo, come ben sapete, io non sono un originale, ma faccio comunque parte del clan, sono un subordinato ed il mio compito é quello di spalleggiare il capo-anziano». «Okura... » sussurrò Himiko e Kojiro annuì «Esattamente, proprio lui. È un vampiro potentissimo, sapete... ». Ai abbassò lo sguardo, come a volersi estraniare da quel discorso. Hagumi prese parola «Ne fa parte anche Hiro?» ed il padre annuì ancora «Sì, lui però é giovane. Ha ventitré anni e fa parte del gruppo da nemmeno due... ». «E tu da quanto ne fai parte, papà?» chiese Shin. L'uomo alzò gli occhi al cielo, facendosi un paio di conti «Credo che l'anno venturo siano sedici anni, correggimi se mi sbaglio, mia cara... ». Ai scosse la testa, sorridendo in direzione del marito «No, sono sedici tondi tondi.».

«Quindi, poiché noi non siamo vampiri originali, purosangue insomma, non dovremmo essere interessati alla cosa, giusto? A meno di non seguire il tuo esempio.» guardò dritto negli occhi il padre, con un tono di sfida, per fargli capire che aveva compreso, che voleva sapere, ma costui sembrò ignorare la sua domanda, rispondendo furtivamente.

«Non proprio, in un certo senso forse… penso comunque che tutto questo possa tornarvi utile, nel caso vi troviate in difficoltà o abbiate problemi, se io e vostra madre dovessimo mancare per qualsiasi ragione, o foste in una situazione particolare e veniste chiamati al loro cospetto.».

«Sinceramente avrei preferito non scoprirlo… » fece capolino la voce di Himiko, che non riusciva a smettere di tormentarsi di tutto l’accaduto, perseguitata dalla visione di come dava compimento alla trasformazione di Akira.

«Inoltre... » Ai prese parola «... voi siete vampiri di nascita, anche se vostro padre non é un originale, siete considerati anche purosangue in tutto e per tutto, poiché siete stati concepiti comunque da due vampiri.» i due si guardarono però, ed infine fu il momento di Shin. «Per Shin, però, non vale lo stesso discorso.» il ragazzo tremò solo un attimo, prima di deglutire e farsi coraggio. La verità tanto attesa, finalmente era giunta.

Hagumi era totalmente confusa, così come Himiko, che sembrava però sicuramente meno sconvolta della confettina. Che cosa significava tutto questo? La paura fece capolino nel cuore della rosetta. «Com’è possibile che noi, come vostre figlie, siamo vampiri purosangue e Shin no? Spiegamelo mamma!». Lei, però, spostò lo sguardo da quello della figlia, concentrandosi in quello del marito. «Caro… » disse solo, ma questo annuì in segno di assenso e lei tornò a prestare l’attenzione ai suoi tre adorati figlioletti. «Perdonatemi… » la voce ora rotta, mentre eventi troppo dolorosi del passato facevano capolino nel suo cuore, ricordandole quella profonda ferita. «Shin, io ti voglio bene come fossi mio figlio, ti prego di credermi… ». Fu come se il cuore di Shin si fosse fermato per un tempo lunghissimo, in realtà aveva saltato solo un battito, ma a lui era sembrata un'eternità. «Lo so, mamma. Lo sapevo già... » dichiarò infine, abbassando lo sguardo. «Perlomeno sapevo di non essere figlio di uno dei due, data la mia doppia natura.» continuò a spiegare ed i genitori si guardarono scossi: avevano taciuto a lungo per proteggerlo ed invece si era rivelato tutto un fallimento che forse l'aveva solo ferito di più. Hagumi invece scuoteva la testa incredula. Che diavolo stava succedendo? Strinse una mano della sorella, se la strinsero a vicenda, per farsi forza, mentre Kojiro riprendeva parola: «Shin, prima di conoscere Ai, io ero sposato con un'altra donna. Ero un umano, non sapevo nulla di vampiri, cacciatori e tutte le altre creature. Vivevo la mia vita tranquillamente, ero uno studente universitario di scienze naturali, e tra i banchi del corso conobbi Mayumi. Tua madre. Ci innamorammo e ci sposammo. Io rimasi vittima di un vampiro, mi trasformai, e Mayumi mi spiegò tutto. Lei era una cacciatrice, ma si ritirò dal suo compito per rimanermi accanto. Fu uccisa da altri cacciatori per questo, nel tentativo di difenderci. Di difendere me, suo marito, e te, che eri stato concepito poco dopo la mia trasformazione, ed eri un fagotto di pochi mesi non voluto da entrambe le comunità.». Shin annuì silenzioso, mentre quella verità finalmente faceva capolino e lo sollevava. In un certo senso, questo lo rendeva quasi felice, perché finalmente era libero, libero di essere anche lui un uomo come tanti altri, agli occhi della sua piccola ed adorata Hagumi.

«Capisco, ora è tutto più chiaro… » sorrise sollevato, non rendendosi nemmeno conto dell’espressione distrutta della confettina, che scoppiò in lacrime, cullata dalla sorella, che invece non era certa di cosa pensare. Quel giorno era stato un vortice infinito di sensazioni, tra le dichiarazioni di Natsu e Akira, il bacio di Natsu, che tanto l’aveva scossa e rasserenata allo stesso tempo e poi, quel terribile evento con Akira… in aggiunta ora non aveva nemmeno più un fratello. Spettacolare. Shin si girò verso Hagumi, che stava in mezzo a lui ed Himiko, prendendole una mano fra le sue.

«Hagu, non piangere… se vuoi che io rimanga tuo fratello per il resto della vita, lo farò… voglio solo che tu sia felice, ti supplico, non piangere… » quelle parole gli costarono un certo sforzo, ma in fondo ciò che per lui era veramente più importante al mondo era che la sua amata stesse bene, non gli importava di cos’altro fosse successo, voleva solo che lei fosse felice, anche a costo di dover sacrificare se stesso.

Lei scosse la testa, ripetutamente, e stava male, male da impazzire. Si divincolò dalla sua presa e si alzò, correndo fuori dalla stanza, in corridoio e via, uscì di casa senza neanche prendere una giacca o un ombrello, troppo scossa per pensare a qualsiasi cosa. Shin fece per alzarsi e seguirla, ma lo fermarono «Lasciala andare, ha bisogno di stare da sola. È molto intelligente, sa di non doversi allontanare troppo, né fare sciocchezze. Tornerà... » furono le sagge parole di Himiko. Erano tutti d'accordo con lei.

 

***

 


Fu come un fulmine che gli saettò davanti, tanto veloce che quasi credette di aver avuto un’allucinazione. Chiuse l’ombrello, che gli avrebbe impedito la corsa in quello stato, e proseguì per la stessa strada in cui l’aveva vista sfrecciare. Non fece fatica a raggiungerla, giacché era di gran lunga molto più veloce di lei, che nemmeno in un momento come quello sembrava esser aiutata dalla signora agilità,
poiché barcollava al punto di correre a zig zag. Entrò nel parchetto, dove l’aveva vista sparire, raggiungendo la piccola torretta dello scivolo blu. Si arrampicò salendo giusto un paio di scalini, per vederla lì, davanti a sé, che tremava come una foglia e, raggomitolata su se stessa, piangeva disperatamente. Si levò la giacca, che pur avendo preso l’umidità esterna, dentro era ancora calda ed asciutta, posandogliela sulle spalle. Lei sussultò, rendendosi conto solo in quel momento di non essere sola. Alzò lo sguardo offuscato dalle lacrime sullo sconosciuto, che ora aveva salito gli ultimi gradini, per sedersi accanto a lei, passandole un braccio sulle spalle e tirandola a sé, senza nessuna parola. Se lei avesse avuto bisogno di parlarne, era certo non si sarebbe fatta pregare.

Nello stringerla, comunque, gli giunse al naso un odore di alcool da stendere anche i bevitori più incalliti. La allontanò per guardarla in viso, appoggiandole le mani sulle spalle, stralunato. Da quando la Minamoto rosa beveva? Lei che era sempre così fissata con la salute del corpo?

«Hagumi?» chiese in un misto tra preoccupazione e curiosità, dovette lottare per non ridere quando lei alzò il viso e risultò avere nasino rosso ed occhi lucidi. Sembrava, se possibile, più indifesa del solito, mentre inerme alzava lo sguardo per guardarlo e sorrideva scioccamente.

«Shiki... » biascicò, tuffandosi poi verso di lui e circondandogli la vita con le braccine esili, appoggiando una guancia al suo petto, inebriandosi del suo profumo. «Oggi non puzzi di sigaretta!» esclamò, condendo il tutto con un "Hic" finale, che gli diede la conferma di quanto fosse ubriaca. Lui se la staccò di nuovo di dosso, serrando poi le mani sulle sue spalle per tenerla ferma. «Sta buona e spiegami che ti é successo!». Lei sorrise ancora, non disse nulla, semplicemente allungò il collo, si sporse verso di lui e gli lasciò un casto bacino sulle labbra, prima di ritirarsi e sghignazzare divertita. «Ihihih questo era il mio primo bacio, ladro!».

Shiki era semplicemente rimasto inebetito. «Sarà meglio che ti accompagni a casa, Hagumi. Sei ancora capace di indicarmi la strada per arrivarci?» le domandò alzandosi e tentando di tirarla su a sua volta, ma lei si lasciò cadere come un sacco di patate, facendo il peso morto e scuotendo ripetutamente la testa, dicendo di non volerci tornare. Una venuzza iniziò a pulsare sulla tempia del moro, mentre cercava di far ragionare la rosetta, che sembrava preferire continuare a fare i capricci. «Hagumi, dai ti prego… sei bagnata fradicia, ti prenderai un accidente così… ». La rosetta sorrise arricciando un po' il labbro inferiore, alzò una manina con la quale tirò un lembo dei suoi pantaloni, come per farlo tornare giù. Lui sbuffò ed acconsentì, s’inginocchiò di nuovo al suo fianco e si ritrovò la ragazza completamente spalmata su di sé, le sue braccia attorno al collo e la testolina appoggiata al suo petto.

«Posso venire da te, Shiki? Non voglio tornare a casa.» la voce era seria adesso, non tremava, né singhiozzava a causa di lacrime e forse, pensò Shiki, a causa dell'alcool che sicuramente aveva buttato giù, dato che ne sentiva l'effluvio ovunque ed era certo provenisse da lei, dopotutto c'erano solo loro due lì sopra. «Saranno tutti preoccupati per te… » si ritrovò a pensare, il pensiero ad Himiko e Shin, giungendo poi subito alla conclusione che, in effetti, non era forse la migliore delle idee riportarla a casa in quello stato e poi il suo appartamento era proprio dietro l’angolo. Acconsentì con un cenno del capo, aiutando Hagumi a scendere la scaletta della casa di legno, sollevandola appena arrivati a terra, e portandola a casa sua. Ciò che Hagumi riuscì a notare nonostante la sua mente fosse decisamente brilla, non appena varcò la soglia dell'appartamento di Shiki, fu che era un luogo veramente freddo. Asettico, di una pulizia quasi maniacale, che certamente non proveniva da lui dato quanto fosse pigro e tutto l'arredamento era moderno e in tonalità di bianco e nero. Eppure, nonostante fosse così lontana dai suoi gusti, quella casa le piacque molto, si sentì a suo agio, forse perché in ogni angolo riusciva a notare la presenza di Shiki, come se fosse impregnata in quelle pareti. Anche il profumo che c'era nell'aria era inconfondibile, era il suo. Si chiese come fosse possibile che tutto sapesse o ricordasse lui, quando un'idea balenò nella sua testa: «Shiki, abiti da solo?» chiese incuriosita, mentre il ragazzo toglieva il giubbotto bagnato e lo appoggiava sull'attaccapanni all'ingresso. Certo non si sarebbe aspettata quell'ordine da lui, ma non poté pensare altrimenti, poiché sembrava una casa vuota, come se fosse poco vissuta e nessun altro oltre lui ci mettesse piede da tanto. Lui ebbe un cipiglio, guardandola da tutta la sua altezza, come se le fosse superiore, cosa ormai abituale. Hagumi non ci fece caso. «Ti sorprende la cosa?». Lei ridacchiò un poco, no, in effetti era proprio da lui anche se… un senso di tristezza sembrò avvolgerla, vivere da soli doveva essere anche immensamente triste. Loro a casa erano sempre stati in cinque, tranne l’ultimo periodo in cui Shin si era trasferito, ma anche se ogni tanto le capitavano conflitti in famiglia, non avrebbe mai potuto immaginare la vita senza loro. Stare sempre da sola, consumare i pasti da sola, vivere in un instancabile silenzio, non poter cucinare deliziosi dolcetti per qualcuno e farsi fare i complimenti in modo affettuoso, anche se le uscivano bruciacchiati. No, non avrebbe mai potuto rinunciare al calore di una famiglia.

«Un pochino.» rispose infine alla sua domanda, mentre piegava prima un ginocchio e poi l'altro per sfilarsi le scarpette rosa con movimenti abbastanza fluidi, nonostante la mente decisamente annebbiata. Lasciò le scarpe all'ingresso e, ignorando bellamente le pantofole femminili per ospiti che lui le porse, si addentrò a piedi scalzi, con i lisci e vellutati collant bianchi che avvolgevano i piedini e poco facevano per difenderla dal pavimento gelido. Squittì appena a quel contatto freddo e fu rincuorata nel vedere un divanetto nella sala che era poi un tutt'uno con l'ingresso. Sorrise soddisfatta di questa importante scoperta e corse verso il sofà, gettandovisi sopra senza troppi complimenti. Shiki non ci badò troppo, sapeva che sarebbe stato stupido pretendere un po' di educazione e discrezione da una ragazzina distrutta e mezza brilla ed oltretutto era troppo impegnato a ripensare al contatto caldo che le loro labbra avevano avuto poco prima; un incontro ravvicinato inatteso, quanto piacevole. Assunse un'aria sbalordita e, nello stesso istante in cui faceva quei pensieri, altri presero possesso del suo cervello in modo prepotente: iniziò a chiedersi cosa diavolo fosse tutta quell'accondiscendenza verso i comportamenti liberi di Hagumi, cosa fosse poi quello strano pizzicore avvertito alle guance mentre le lo baciava e, per ultimo ma non ultimo, si fissò sul ricordo del tepore che quelle labbra emanavano. Non sapeva che i vampiri fossero caldi, dopotutto fino ad ora era cacciatore di nome, ma non di fatto, troppo giovane per averne mai cacciato alcuno, non aveva neanche ancora terminato gli studi che lo avrebbero portato ad essere un cacciatore completo, figurarsi quindi se aveva mai avuto modo di toccarne una... baciarla, anzi! Si schiaffò una mano sulla fronte, mentre lei canticchiava soddisfatta, sdraiandosi a pancia in giù sul divano ed affacciandosi verso di lui, braccia posate su un bracciolo e mento abbandonato su di esse: «Shiki-chan!» canticchiò, prima di essere scossa da infantili risatine, mentre arrossiva e si copriva la testa col primo cuscino che riuscì ad acciuffare, tutta imbarazzata per l'ardore dimostrato nel chiamarlo con tanto affetto. Lui rimase basito. E poi capì. «Dio mio… » imprecò mentalmente, mentre la testa iniziò a girargli fortemente e dovette appoggiarsi con la spalla al muro, per non cadere. Lei lo guardò confusa, s’alzò dal divanetto, avvicinandoglisi. «Stai bene Shiki-chan?» domandò, guardandolo dal basso, essendo più piccina di lui, frattanto che appoggiava le mani sul suo petto, il suo corpo che ormai sfiorava quello del moro. «Ti prego Hagumi, se fai così, potrei non rispondere di me… » si morse subito la lingua per ciò che aveva appena detto. Che diavolo gli stava prendendo? Quella era un vampiro!

Lei sbatté le ciglia lunghe, mentre scrutava il suo volto imbarazzato, appoggiandosi quasi a lui ora con tutto il peso del corpo, rimanendo solo sulle punte dei piedi. Sorrise maliziosetta, puntando poi indice e medio della mancina sul suo petto, facendoli camminare in su, alternati in un movimento buffo, fino a raggiungere il suo naso su cui fermò poi le due dita, per circondarlo e tirarlo appena, come si fa con i nasi a patata dei bimbi. Trillò in una risatina, mentre lui tratteneva il respiro e si appuntava mentalmente di ordinare alla gemella rossa di non fare alzare ma più il gomito a sua sorella, perché era pericoloso, così come confermò l'appena vago gonfiore nei suoi pantaloni. «Cazz... ».

Ebbe solo modo di esclamare in modo poco raffinato, prima di alzare una mano e spingerla via, con non troppa forza, ma abbastanza per scollarsela di dosso. Appoggiò poi le mani sulle sue spalle e la guardò dritto negli occhi, tutto serio. «Hagumi, no! Non si fa! Ora ti riaccompagno a casa, maledetta succhiasangue malefica.» a quanto pare, era più turbato del previsto, ancor più di quanto la sua geniale mente riuscisse a rendersene conto. «Ma Shika-chan... AHIO!» fu l'urletto contrariato, mentre lui le afferrava il braccio destro con fermezza ed iniziò a trascinarla via, verso l'ingresso. Non era il caso di rimanere da soli, si stava allegramente fottendo il cervello e per lui ed il suo sommo genio, era assolutamente INACCETTABILE. Lei si portò la mano libera alle labbra, fingendo un singhiozzo, mentre lo guardava sempre con tono malizioso. «Mi trovi così brutta?» gli chiese senza pudore, facendolo voltare nella sua direzione e mollare la presa sul suo braccio. La rosetta prontamente approfittò dell’occasione per levarsi il maglione compreso di canottierina e rimanendo solo con il reggiseno di pizzo rosa. «Anche così sono troppo poco affascinante ai tuoi occhi?». Si passò una mano fra i lunghi capelli, gettandone alcune ciocche all’indietro, mentre con l’altra mano giocava con una ciocca degli stessi. Eh no, quello era veramente troppo anche per lui. Era pur sempre un uomo no? E lei lo stava decisamente provocando.

Tuttavia era troppo intelligente per farsi tentare così. Si voltò altrove con l'ultimo briciolo di senno che gli rimaneva, s’avvicinò al maglioncino di lana rosa che lei aveva gettato per aria e, senza voltarsi a guardarla, glielo porse. «Vestiti.» ordinò gelido, non ammetteva repliche. Era convinto che mostrando indifferenza lei avrebbe cessato quello strano giochino nato da chissà quale parte del suo cervello, che aveva sempre creduto casto, puro, lindo e pinto come neanche il bucato più bianco, ma a quanto pareva si sbagliava, tant'é che se la ritrovò di nuovo sotto il naso. Arrossì violentemente fin dietro le orecchie e non poté trattenersi più. Mollò la maglia sul pavimento, aprendo semplicemente la mano questa cadde al suolo senza indugi, mentre il braccio di lui già si muoveva in direzione del corpicino della diavoletta tentatrice che, si poteva dire, aveva vinto. La afferrò avvolgendole il corpo piccolo e caldo tra le sue braccia, mentre le labbra si congiunsero con quelle di lei passionalmente. Arretrò di qualche passo verso il muro, affondando le mani nei suoi capelli rosa che profumavano di shampoo alla camomilla, e si lasciò scivolare contro la parete contro la quale aveva cozzato nella retromarcia, sedendosi a terra, lei ancora stretta a lui inginocchiata tra le sue gambe, il busto appoggiato sul suo petto e la faccia in fiamme nascosta nei suoi abiti. Per quanto brilla, si rese conto di aver superato il limite con lui, averlo spinto troppo oltre. Eppure... non le importò. Non le importò affatto. Si aggrappò ai suoi vestiti, stringendone i lembi tra le piccole manine pallide, e lasciò che lui iniziasse ad esplorare il suo corpo, ansioso di farla sua, con carezze piene di bramosia che simboleggiavano la distruzione di certi freni inibitori che, tra loro, non avevano vacillato mai, neanche un attimo... o almeno, così era sembrato fino a quel momento.


 

***


 

Uscì dall’appartamento in punta di piedi, chiudendo silenziosamente la porta, ballerine in mano per non fare rumore. Le indossò in fretta e furia e intraprese una corsa in direzione della scuola, totalmente sconvolta da se stessa. Se voleva sorprendersi, con quell’azione ci era riuscita perfettamente. Insomma, non era cosa da tutti passare dal primo bacio alla prima volta nel giro di così poco. Si portò una mano alle labbra, le lacrime pungenti volevano scendere copiose, ma sembravano come bloccate. Si sentiva sporca, si sentiva come una sgualdrina qualunque, ma al contempo stesso non riusciva a pentirsi di quell’azione, se mai in vita sua avesse potuto avvicinarsi al paradiso beh, quella notte sicuramente l’aveva raggiunto. Corse a perdifiato lungo la strada, era molto in anticipo, ma sapeva che anche sua sorella lo era, lo sentiva, perché lei stava correndo esattamente lungo la stessa strada, dalla parte opposta, per raggiungere l'edificio scolastico. Neanche si fossero date appuntamento, s’incontrarono davanti al portone ancora chiuso ed entrambe arrestarono la corsa a pochi metri l'una dall'altra, guardandosi negli occhi completamente sfatte ed affannate.

«Hagu... ti ho... portato... anf... la borsa... ».

Hagumi riuscì a malapena a sorridere con lo stato d'animo in cui versava, ma ci provò comunque. Allungò una mano verso lo zaino, non guardò neanche cosa ci fosse dentro, era già tanto che gliel'aveva preparato, generalmente Himiko non preparava neanche il suo, fu molto grata alla sorella e le sorrise cercando di sembrare convincente, prima che i volti di entrambe si contorcessero dalla tristezza e si tuffassero l'una nelle braccia dell'altra, piangendo all'unisono. In che razza di situazioni si erano andate a cacciare?

Dopotutto, comunque, quando si furono calmate riuscirono persino a trascinarsi lontano da lì, mancava ancora almeno un'ora al suono della campanella, così l'idea di trovare un baretto aperto e fare colazione ad un tavolino per parlare con tranquillità fu la cosa più sensata che riuscirono a pensare. Himiko non chiese nulla su cosa avesse fatto quella notte, perché semplicemente l'aveva capito, aveva sentito le emozioni della sorella, poiché non aveva avuto chiuso occhio a causa dei troppi pensieri che le affollavano la mente. Una domanda però sorse spontanea: «Chi era?».

Hagumi smise di succhiare il frappé alla fragola come stava rumorosamente facendo da qualche minuto e guardò la sorella rossa come un bel pomodoro, mentre allontanava le labbra dalla cannuccia. «Ah, allora hai sentito... » se possibile, arrossì ancora di più. Beh, come avrebbe potuto non avvertire i sentimenti della gemella, se fosse stata sveglia? Sicuramente la sua attenzione era alta perché aspettava un qualsiasi segno che le dicesse dove potesse essersi andata a ficcare, di conseguenza avrebbe dovuto immaginare che tutto ciò che avesse potuto fare, sarebbe stato sentito e bollato da Himiko, troppo sconvolta ed ubriaca per chiudere la propria mente e far si che i propri sentimenti non sgorgassero fino a raggiungere la sorella. Himiko annuì. «Non sei obbligata a parlarne.» le disse solamente, strappando alla rosetta un sorriso di gratitudine. In fin dei conti, alla sua prima volta, neanche lei se l’era sentita di parlarne con Hagumi, l’aveva trovata una cosa troppo imbarazzante, alla fine son pur sempre cose molto intime e personali, anche per una gemella. Sospirò, sorridendole e avvicinandosi un po’, per arrivare a tirarle una gomitatina nelle costole. «Son però contenta di sapere che ti è piaciuto, doveva essere proprio uno stallone… benvenuta nel mondo degli adulti sorellina!» squittì abbracciandola forte, coccolandosela tutta e scompigliandole i capelli.

«Uno sta... CHE?» pigolò guardando la sorella prima che le saltasse addosso per festeggiarla e la osservò in modo così sconvolto che era quasi come se Himiko avesse detto la cosa più indecente del mondo. Arrossì furiosamente fin dietro le orecchie, lasciò che l'altra la spupazzasse un po', perlomeno così facendo poteva nascondere tutto il suo imbarazzo affondando la testa da qualche parte. «... Shiki... » miagolò infine, mentre l'altra la lasciava andare. Non aveva capito bene. «Come?» o almeno sperò di non aver capito bene. «Shi... Shiki... era Shiki... » terminò infine, prima di doversi tuffare con la testolina di lato per evitare un cucchiaino volante diretto in fronte. «Ma sei pazza?!» chiesero all'unisono, la rossa che la guardava scandalizzata, e l'altra che la squadrò di rimando alzandosi dalla sediolina e prendendola tra le mani per alzarla e farsi scudo. «SHIKI?!» ripeté con lo stesso tono Himiko. Cosa diavolo le era saltato in mente di tuffarsi tra le braccia di Shiki, il cugino di colui che aveva assistito all'incidente con Akira del giorno prima? «Beh… non puoi dire che non sia un gran bel pezzo di ragazzo, no?» domandò innocentemente la confettina, nascondendosi meglio dietro la sedia, ben conscia che sarebbe finita sbranata nel giro di pochi istanti. Himiko sembrò fermarsi a riflettere per un istante, poi la guardò come illuminata. «In effetti, come darti torto… » si sedette confusa sulla sua sedia, perdendosi in un silenzio di pochi attimi, al che Hagumi fece capolino dal suo nascondiglio, credendo che il peggio fosse passato, ma proprio in quel momento Himiko riscattò in piedi, picchiando un pugno sul tavolino. «Ma resta sempre SHIKI!» ululò, portandosi le mani nei capelli e ributtandosi a sedere sulla sediolina, riprendendo la degustazione del suo frappé al cioccolato.

«Sì... beh... » la rosa portò la sedia al suo posto, affondandocisi dentro come se volesse scomparire, mentre appiattiva convulsamente una ciocca di capelli sul volto «... lo so chi é... » un cacciatore, niente di più e niente di meno «... ma ero mezza ubriaca... » la bocca di Himiko si spalancò «... anzi diciamo che ero tutta ubriaca... » e qui se possibile il mento della rossa avrebbe toccato terra «... e lui era così... bello... forte... insomma, dai, come facevo a resistere?» tacque, guardandola imbarazzata. Himiko sospirò: per essersi addirittura ubriacata, Hagumi doveva aver preso davvero una brutta batosta alla rivelazione delle origini di Shin, ben più grande di quanto non avesse sospettato. «Come pensi di comportarti, adesso?» chiese preoccupata. «Non so. Sinceramente... credo che farò finta di nulla. Ed immagino che anche lui farà lo stesso, conoscendolo. E tu invece? Tu cosa farai con Natsu?». Himiko abbassò lo sguardo con espressione sofferente. Avrebbe dovuto spiegare alla sorella per quale motivo aveva fatto tutto quel casino proprio sotto gli occhi del biondo, ma non era propriamente una cosa semplice da raccontare.

«Non lo so… » rispose semplicemente, ripensando a quel momento. Le era sembrato di passare dal paradiso all’inferno nel giro di pochi secondi. Ironico. E pensare che lei non l’aveva nemmeno mai calcolato da quel punto di vista, ma sapere che lui ora la disdegnava le faceva così male, quasi più di quanto la distruggesse ciò che era successo con Akira. La cosa comica, si ritrovò a pensare, era che quando scontavano la punizione, l’ultimo giorno della gita, le aveva proprio detto che non gli avrebbe mai potuto fare schifo, ma come dargli torto, non aveva visto la sua vera natura di mostro. Sorrise tristemente, alzando gli occhi su quelli della sorella. «Dopo quello che ho fatto ad Akira, le cose non potranno mai tornare come prima, mi disprezzerà in eterno e non posso biasimarlo. Sarà più importante concentrarsi su come spiegare tutto ad Akira e calmarlo, una volta che si sarà risvegliato come vampiro.». Un anelito affranto quello che sfuggì ad Hagumi, mentre alle sue orecchie giungeva la campanella che segnava l'inizio delle lezioni. «Uhm, dobbiamo sbrigarci!» borbottò senza troppa attenzione, finendo di bere il suo frappé ed alzandosi in piedi. Sistemò la gonna della divisa che Himiko le aveva portato in un sacchetto assieme alla borsa e che aveva indossato nel bagno del bar prima di sedersi a fare colazione, quindi recuperò lo zaino e fece cenno alla sorella di muoversi. Ad Akira ci avrebbero pensato più tardi.

Uscirono di corsa, arrivando davanti al cancello della scuola proprio al finire del trillare della campanella. Svoltarono l’angolo per entrare nel vialetto che conduceva al portone di entrata, ma la sfortuna sembrava non essere proprio dalla loro. Sbatterono entrambe contro due figure fin troppo bene conosciute, cadendo rovinosamente a terra, lo sguardo inebetito in direzione di Shiki e Natsu, che sembravano attenderle. Le due boccheggiarono per un momento, guardandosi poi a vicenda, piuttosto preoccupate. E ora?

«Vi aspettavamo.» prese parola Shiki, lo sguardo fisso sulla confettina. Le porse una mano per aiutarla a rialzarsi.

«Non si era capito… » borbottò Himiko, alzandosi da terra e spolverandosi la divisa, raccogliendo subito la cartella.

Hagumi arrossì come un semaforo, abbassò lo sguardo portandosi i pugnetti sulle ginocchia e non osò più muoversi da quella posizione, almeno non finché Shiki non ritrasse la mano, un'espressione indecifrabile dipinta in volto. Fu Himiko ad aiutare la sorella che, mancandole almeno il doppio della grazia che mancava alla rossa, nel cadere si era anche slogata una caviglia. Come sempre.

«Allora, cosa volete?» chiese Himiko guardandoli mentre spolverava la divisa della sorella con qualche pacchetta che, anche se tornata in piedi, rifiutava ancora di muovere un solo muscolo, guardando ovunque tranne che Shiki. O perlomeno, ci provava, ma quando lo sguardo cadeva su di lui, non poteva fare a meno di farsi assalire da flash-back della notte precedente, il suo corpo nudo su di lei, i suoi baci appassionati, le sue mani calde che s’infilavano ovunque con un vago dispotismo che... oh no, ci stava ricascando! Distolse di nuovo lo sguardo, mentre Himiko tratteneva a stento le risate, cercando di mantenere un certo decoro ed un po' di serietà. Era anche un po' dispiaciuta, se non ci fosse stato quel problemino tra di loro, sarebbe stata davvero una scena divertente a cui assistere. Come aveva detto in passato, Shiki era proprio il suo tipo, e l’aveva dimostrato riuscendo a rubarle il primo bacio e la prima volta, cosa che nessun altro, ne era convinta, sarebbe stato capace di fare, per di più in un tempo record. Peccato che i loro status li dividessero in partenza.

«Perché sei scappata, stamane? Mi sono preoccupato.» domandò Shiki asciutto, segno che era anche un attimo piuttosto irritato. Hagumi provò ad alzare lo sguardo timidamente su di lui, ma era più forte di lei, non ce la faceva proprio. Provò a balbettare una qualche scusa, ma le parole sembravano non volerle uscire. «Ti sei pentita?» insistette lui, avvicinandosi alla confettina e alzandole il mento, per poterla guardare negli occhietti azzurri.

La ragazza scosse appena il capo e, nel farlo, si liberò anche dalla presa di Shiki sul suo viso. Voltò nuovamente lo sguardo altrove, non aveva il coraggio di guardarlo. «Ero ubriaca... » disse semplicemente, rimanendo sul vago. Già, ubriaca. Ciò però non significava si fosse pentita, no?

Natsu, poco dietro le spalle del cugino, sbuffò contrariato. Che si metteva a fare anche tutto il dolce, ora? Incrociò le braccia e si voltò verso Himiko, con un sorrisetto sghembo. «Spero tu sia venuta sazia stamattina, non vorrei ci scappasse un altro incidente solo perché uno ti chiama come pensa che tu sia.» disse aspro, gelido, malvagio, come Himiko non l'aveva mai sentito. Le si strinse il cuore, mentre lo guardava supplichevole, pregandolo già solo con lo sguardo di smetterla, di non infierire.

«È stato un incidente… » pigolò lei, stringendosi nelle spalle, sentendo quella ferita bruciarle come non mai. Lui però prese a ridere, ironico.

«Certo, è un dato di fatto che i vampiri si cibino di esseri umani per incidenti casuali.» ruggì, tornando subito serio, avvicinandosi a lei e strattonandola per il braccio. «Sai che ti dico? Forse Akira, a pensarci bene, aveva proprio ragione. Se ora t’insulto un po’ anch’io, morderai anche me? Eh, Himiko? Farai anche a me quello che hai fatto a lui?».

«LASCIAMI!» urlò lei, cercando di liberarsi dalla presa, mentre una lacrima le scivolava lungo la pallida guancia.

Stavolta fu Hagumi a perdere il controllo, anche se non del tutto. Uno spintone di una violenza inaudita lo fece sbalzare indietro di parecchi metri, prima che capitombolasse a terra di schiena. Si rialzò a sedere, confuso, e trovò la rosa che faceva scudo alla sorella con il suo corpo, gli occhi lampeggiavano dall'azzurro al rosso, in una trasformazione non ancora totale. «Non toccare mia sorella, Natsu. Per quanto siamo potuti essere amici, non te lo perdonerei... MAI!» l'ultima parola fu un ringhio che suonò fin troppo sfalsato per la tonalità di voce acuta e cinguettante della giovane vampira. Himiko quasi tremava dietro di lei, ma poi si calmò, doveva far rinsavire la sorella prima che anche lei commettesse qualche errore madornale. Le appoggiò una mano sulla spalla ed Hagumi tornò immediatamente alle sembianze umane. «Lascia stare. Va tutto bene, tranquilla. Grazie di avermi difesa... ora... ora ci penso io.» annuì decisa, quindi ignorò il suo sguardo preoccupato e si avvicinò con fierezza al biondo, porgendogli una mano. «Alzati e vieni con me, dobbiamo scambiare due parole... CIVILMENTE... » se non si fosse ricordato che erano ancora in una scuola.

Lui rifiutò l’aiuto, si alzò e le fece segno di seguirla. Himiko assentì con un gesto della testa, girandosi un momento in direzione della sorella e sussurrandole qualcosa all’orecchio. «Cerca di chiarire con Shiki, penso ci sia rimasto male.». Le fece l’occhiolino e si avviò dietro al biondo, ben conscia che non avrebbe passato piacevoli momenti, da quell’istante in poi.

 

 

***

 


Aprì il pesante portone bianco che portava al tetto, uscendo su questo, volgendo per un momento lo sguardo al cielo. Notò piacevolmente che era coperto da nuvoloni neri che sembravano portare un potente temporale estivo, perfetto, non poteva chiedere di meglio. Sorrise cinico, salendo alcuni scalini della scaletta di cemento che portava al pianerottolo superiore, quello sopra la cupola dell’entrata, appoggiandosi alla parete, in fare strafottente. Estrasse una sigaretta dal giubbotto e se l’accese, aspirando ampie boccate, evitando di guardare in direzione della rossa che lo osservava da sotto. Himiko lo lasciò fare, ben conscia che farlo calmare un attimo le sarebbe solo stato d’aiuto, ma dopo cinque minuti buoni di silenzio, si decise a prendere parola.

«Ero sincera, quando ho detto che si è trattato di un incidente.» lo sguardo puntato verso di lui, che però sembrava trovare più interessante guardare in direzione del panorama della città.

Dopo qualche istante sorrise amaro, mentre dava un leggero colpetto alla sigaretta per eliminare un po' di cenere. «Vorrei crederti Minamoto. Dico sul serio... » però non ci riusciva, era troppo difficile accettare ciò che era accaduto sotto i suoi occhi... e sotto il suo cuore che fino a pochi secondi prima era scoppiato d'amore per lei. Che razza d’idiota era stato a credere che, nonostante fosse un vampiro, avrebbe potuto essere diversa. «Se vuoi, puoi farlo!» rimbeccò lei, raggiungendolo e portandosi al suo fianco, speranzosa; perché lui non era stato l'unico a provare quei sentimenti il giorno prima, dopotutto; perché quando l'aveva baciato era cosciente di ciò che stava facendo e in quei pochi istanti aveva sperato di aver finalmente trovato qualcuno che potesse diventare importante, importante davvero; perché semplicemente credeva di aver finalmente riempito un vuoto.

Lui scosse la testa, in segno di diniego, quindi con molta semplicità allungò una mano verso di lei e l'appoggiò sul suo petto, ad altezza del cuore. Lei non capì cosa stesse accadendo, non finché il cuore si strinse fino a farle male e gettò il capo indietro urlando al cielo, disperatamente, in un dolore che non trovava fine, né inizio, sembrò semplicemente eterno. Il suo grido fu coperto da un rombo di tuono a seguito di un fulmine che squarciò il cielo, come se anche quest’ultimo volesse disperarsi assieme a lei. Natsu interruppe per un momento quel contatto, mentre lei scivolava contro la parete di cemento, accasciandosi al suolo, mantenendosi il petto dolorante. S’inginocchiò davanti a lei, afferrandole il mento e alzandole il viso verso il suo, per poterla guardare in tutta la sua sofferenza, per vedere la paura nei suoi occhi.

«Sai, probabilmente questo è nulla in confronto a quello che ha provato Akira nel momento in cui ti sei cibata di lui, ma non ti preoccupare, alla fine questo era solo un assaggio.» lei strizzò un attimo gli occhi, mentre cercava di rimettere a fuoco la vista. Un cacciatore, Natsu era un cacciatore, e dal potere che le aveva rivelato probabilmente anche uno dei più potenti. Si ritenne già morta, furioso com’era, non l’avrebbe mai risparmiata.

«Uccidimi pure… conosco le mie colpe e non me le perdonerò mai. Se vuoi liberarmi di questo peso, fallo. Mi faresti solo un favore.» sussurrò a fatica, il fiato corto per il forte dolore al cuore.

«MA NON LO FAREI A ME STESSO!» tuonò lui, cogliendola alla sprovvista, tanto da farla sussultare. «Non a me stesso, Himiko! Io ti amo... dannazione... ti amo!» sbatté le mani sul muro, ai lati della testa della ragazza, e si accasciò in avanti, in lacrime. Di rabbia, di tristezza, di colpa... Colpa, sì! Perché se solo l'avesse fermata anziché rimanere pietrificato, ora Akira sarebbe ancora umano, e lui non avrebbe dovuto crogiolarsi nella dolorosa consapevolezza di essersi innamorato di una donna appartenente alla stirpe dei suoi nemici naturali. Himiko non ebbe, però, il tempo di assaporare a pieno quelle parole, scattò in avanti, con le poche forze che le rimanevano dall’attacco di Natsu, mettendosi in posizione di scudo davanti a lui, giusto in tempo per incassare il colpo che volava in loro direzione e la investì in pieno.

«CHE DIAVOLO STAI FACENDO, HIMIKO?! STAVA PER AMMAZZARTI E LO DIFENDI?» la voce di Misa risuonò, intanto che scavalcava la ramina di protezione del tetto su cui era appollaiata poco prima, e correva in direzione della rossa che, accasciata a terra, si manteneva il fianco. La vista le si annebbiò completamente, mentre perdeva velocemente i sensi. «Brutto idiota di un biondo arrapato, chiama Hagumi!!!» urlò infuriata nera, guardandolo in cagnesco. Natsu era totalmente confuso. La velocità di quelle scene si erano susseguite troppo in fretta per lui.

«Misa? Sei anche tu un vam… ». «MUOVITI HO DETTO!».

La guardò incredulo: era un vampiro, gli stava dando degli ordini... e se l'era anche portata a letto. Ma dove diavolo aveva ficcato il suo istinto da cacciatore, il suo sesto senso? E poi possibile che fosse ancora arrabbiata con lui? Dall'espressione disgustata avrebbe detto di sì. Si alzò ancora un po' stordito e guardò il corpo di Himiko tra le braccia dell'amica, forse ancora più pallida del solito, il che era un'impresa non indifferente. Rantolava nonostante fosse priva di sensi, gemeva, gli abiti sul fianco completamente inceneriti, e la pelle al di sotto di questi visibilmente ustionata. Ma era un vampiro, avrebbe dovuto rimarginarsi tutto subito, no?

Poi guardò l'espressione disperata e totalmente colpevole di Misa e capì che il potere vampirico della ragazza era forse letale se colpiva suoi simili. Il perché non riuscì a spiegarselo, ma il cuore s’appesantì d'angoscia: Himiko stava rischiando di morire. Fu con la testa immersa nella più totale confusione e in un cieco terrore, che si allontanò dal tetto, correndo a perdifiato alla ricerca della gemella rosa, perché nonostante tutto, nonostante fosse sua nemica, una vampira ed avesse persino aggredito un essere umano sotto i suoi occhi, non poteva fare a meno di pensare che non lo disgustava per niente, e che anzi ai suoi occhi, seppure fosse contrario a questa cosa, continuava ad apparire come la creatura più bella che avesse mai visto, quella di cui inesorabilmente s’era innamorato, quella che aveva provato ad odiare... invano.

 

 ***

 
«Ti sei pentita?» domandò nuovamente, approfittando ora del fatto di essere soli e che lei non potesse sfuggirgli. La rosetta, alzando finalmente lo sguardo dalle ballerine, lo guardò ora confusa.
«Te l’ho detto, ero ubriaca, e dubito che la cosa ti sia sfuggita.». Lui scosse la testa, avvicinandosi di un passo a lei, arrivando a stare a pochi centimetri dalla sua figura.
«Questo non risponde alla mia domanda e se pensi che ti chiederò scusa per aver approfittato del fatto che non eri in te, sbagli di grosso.». Hagumi lo guardò un po’ offesa, di certo non era ciò che si definitiva un gentiluomo. Lui sembrò cogliere i suoi pensieri da quello sguardo. «Senti, ti sei spogliata davanti a me, hai fatto di tutto per provocarmi e sono pur sempre un uomo. Per me puoi benissimo rifarlo che la cosa non mi offende, ma se ferisce il tuo candido animo, la prossima volta evita di girare ubriaca, la cosa non mi tocca.».

Lei spalancò la boccuccia, scandalizzata. «Sei... sei... osceno!» sputò fuori con rabbia, cercando di dargli un pugnetto sul petto, ma lui fu più veloce e le fermò il polso, con nonchalance. «Eh no, miss ingenuità. Sei tu quella che mi strusciava addosso due tonde protuberanze. Io ho solo accettato l'invito.» rettificò secco, prima di aggiungere uno sbuffatissimo «Che seccatura!» e mollarle il braccio, già stanco di parlare. Lei si massaggiò il polso tenendo lo sguardo basso, seriamente infastidita. La stava trattando come la prima sgualdrina che si era infilata nel suo letto e lei che per un attimo si era persino illusa che c'era stato qualcosa di più di una scopata, tra loro. Ovviamente aveva toppato alla grande. «Allora... » riprese lui, dopo aver guardato un po' in giro per assicurarsi che nessuno passasse, ed essere tornato su di lei spingendola un paio di volte verso il sottoscala, facendola indietreggiare tanto che ci mise poco a cozzare contro il muro alle sue spalle. «Allora che?» incalzò, nascondendo maldestramente l'ansia per ciò che stava facendo. Erano nel sottoscala della rampa che accedeva alle cantine della scuola, qualsiasi cosa fosse successa, nessuno avrebbe visto o sentito nulla provenire da laggiù, era impossibile. «Allora, ti sei pentita?» chiese ulteriormente, appoggiando un braccio al muro, sopra la testa di lei, e di seguito la fronte su questo, piegandosi in avanti e schiacciandola contro la parete, sovrastandola in tutta la sua altezza, tanto che lei dovette reclinare il capo indietro per quel che poté pur di vederlo in viso, scrutare nei suoi occhi e capire dove volesse arrivare. «Non sono pentita.» rispose infine, arrendendosi. L'aveva praticamente messa alle strette e non solo in senso metaforico. Lui non si scompose minimamente. Alzò l'altra mano che teneva abbandonata lungo il fianco e la portò su una guancia di lei, ad accarezzarla. Un tocco freddo, pensò Hagumi, eppure gentile. «Sai quando Natsu mi ha raccontato di cosa avesse fatto tua sorella sono rimasto scosso. Mi sono chiesto se fosse per quello che eri distrutta e ubriaca... ma sono giunto alla conclusione che non poteva essere solo per quello, sei sensibile, ma non abbastanza per distruggerti solo perché tua sorella ha fatto ciò che, dopotutto, tutti i vampiri fanno. Poi mi sono ricordato che non volevi assolutamente tornare a casa e di come poi ti sia appiccicata a me nonostante non avessimo mai avuto contatti... e non eri abbastanza ubriaca per questo, Hagumi, perché eri ancora lucida da capire dov'eri, cosa facevi, e addirittura che la casa era troppo vuota e asettica perché io abitassi con qualcuno... » lei ascoltò attentamente quasi rapita da quel discorso. Come aveva fatto a capire tutto ciò senza che lei gli dicesse niente? Forse non era un caso che tutti lo ritenessero un genio, dopotutto. «Vedi, Hagumi, non é un segreto ciò che tuo fratello prova per te.» lei impallidì, mentre gli occhi si riempivano di lacrime quasi con violenza «... e non é un mistero ciò che tu provi per lui, un affetto fraterno morboso, non amore. Allora semplicemente ho pensato che per aggrapparti ad un altro uomo con tutta te stessa, stessi cercando di scacciare Shin dalla tua testa.» terminò mentre le passava la mano tra i lunghi capelli rosa, appoggiando poi la fronte alla sua «È successo qualcosa con Shin, Hagu?» chiese infine, mentre la vista della ragazza si appannava ed in preda ad un dolore troppo forte da reprimere scoppiava in lacrime, abbandonandosi tra le sue braccia.

«Suppongo che questo risponda alla mia domanda… » disse, lasciando poi che le sue braccia la circondassero e la stringessero a sé. «Sfogati, dopo ti sentirai meglio.» concluse, lasciando che Hagumi piangesse tutte le sue lacrime e buttasse fuori tutto il suo dolore, tutta la sua frustrazione di quello che aveva passato. Non appena la rosetta sembrò calmarsi un po’, portò una mano alla sua fronte, alzandole la frangetta, per guardarla meglio negli occhietti azzurri, un sorriso sincero dipinse il suo volto, mentre notava che tutta l’oscurità che aveva visto in quelle due pozze d’acqua cristallina sembrava essersi dileguata. Ora appariva decisamente più serena. Si abbassò su di lei per posarle un bacio sulla fronte, come a volerla ridestare dallo stato di trance in cui era caduta e, non appena lei alzò lo sguardo su di lui, portò le mani sul suo viso, dandole un leggero bacio a fior di labbra.

«Se hai bisogno di un uomo che continui a fartelo dimenticare, ricordati che son sempre disponibile.» la punzecchiò un attimo, nella speranza di farla reagire.

Lei abbozzò un sorriso, celando la sottile inquietudine che provava nel pensare che non doveva andare così, che non potevano avvicinarsi a quel modo, che erano troppo diversi e sarebbe stato troppo difficile un giorno, allo scoppio di una nuova ipotetica guerra, separarsi e disporsi su due fronti nemici. Strizzò le palpebre e si aggrappò di nuovo a lui, come il giorno precedente, quindi riaprì gli occhi con una decisione rinnovata nello sguardo. Alzò una mano verso il suo viso e lo accarezzò ricambiando il dolce gesto di lui pochi attimi prima, quindi lo spinse oltre, portando la mano sui lucenti capelli neri, e poi ancora verso il nastro che legava quei fili d'ebano in quel buffo codino, che a lei tanto piaceva, ma ora voleva vederlo al naturale. Lo sfilò e lasciò che la lunga chioma cadesse attorno al suo bel volto ed il cuore saltò un battito al ricordo della notte precedente, ancora una volta: lui aveva sciolto i capelli anche in quel frangente. Un brivido attraversò la sua schiena, prima di perdere le dita sottili tra i suoi capelli, giocare appena con quelle ciocche ed infine far scivolare la mano dietro la sua nuca, per spingerlo verso di sé. Fu un bacio piuttosto casto rispetto agli altri innumerevoli che si erano scambiati durante la notte, neanche il tempo alle loro lingue di incontrarsi che si separarono, per guardarsi. Ed il cuore correva, ora, mentre incredula fissava i suoi occhi di pece ed una strana consapevolezza s’insinuò in lei, nella sua mente ed in ogni fibra del suo corpo: Shiki le piaceva così tanto che tutto il resto aveva improvvisamente perso d’importanza.

«HAGUMI!» la voce di Natsu rimbombò nelle loro orecchie, facendo schizzare la rosetta lontana dal moro, totalmente imbarazzata. Accidenti a lui, ma sempre nei momenti sbagliati doveva arrivare? Notò un tono piuttosto preoccupato nella sua voce che la richiamava interrottamente, sembrava piuttosto scosso. Shiki uscì dal loro rifugio, segnalandogli la loro posizione.

«Che è successo?» domandò, avendo notato probabilmente anche lui lo stato di suo cugino. Natsu li raggiunse, poggiando le mani sulle ginocchia, piegato a riprendere fiato per un paio di attimi, Hagumi nel frattempo era uscita anche lei dal sottoscala e ora gli stava di fronte. Il biondo alzò lo sguardo su di lei, per poi afferrarla per il braccio ed iniziare a trascinarla con lui. «È Himiko! Devi venire con me!».

 
***

 
La mano tremò appena mentre l'indice si allungava verso quel piccolo tasto che tanto lo spaventava. Deglutì con parecchio timore, prima di trarre un lungo sospiro e voltarsi verso Shiki, che lo guardava come se fosse un povero fesso.

«Scusa, io non ce la faccio. Fallo tu!».
Shiki scosse il capo, rassegnato all'idea che suo cugino fosse troppo stupido, quindi lo spostò con una manata e pigiò quel dannatissimo tasto del citofono di villa Minamoto.
«E pensare che sei tu ad aver tanto insistito per venire fino a qui! Secondo me ti piace stare in pasto ai leoni!» borbottò, distratto quasi subito da strani rumori provenienti dall’interno dell’abitazione. Una bella signora, decisamente ancora troppo giovane, aprì loro la porta, tutta scomposta, mentre poterono intravedere il corridoio con diversi mobiletti rovesciati a terra. Se quella era la madre delle gemelle, come venne loro naturale pensare, cominciarono a capire come mai Hagumi fosse tanto imbranata. Ai guardò i due giovanotti con un notevole apprezzamento, sorridendo loro melliflua, cercando di darsi un contegno.
«Posso aiutarvi cari?» domandò cordialmente. Shiki annuì, mentre il codino nero sembrò ipnotizzare la donna, come se non fosse ovvio per quale motivo fossero lì.
«Ah, immagino voi siate qui per le mie bambine! Prego accomodatevi!» li invitò ad entrare cordialmente e li indirizzò in salotto, scomparendo come suo solito per qualche minuto in cucina e ricomparendo con un vassoio portante due cioccolate calde ed un piatto di biscottini che sembravano appena sfornati. «Prego, servitevi!» li incitò cordiale, il suo sguardo saettò alla porta del salotto, che dava sul corridoio, dove vide la figura della figlia confetto passare. «Ah Hagumi, ci sono i vostri amici!» la richiamò, gli occhi due cuoricini battenti, mentre faceva strani gesti per indicare alla ragazza quanto apprezzasse l’aspetto e la presenza dei due giovanotti.
Hagumi, che stava ciabattando dalla stanzetta adibita a biblioteca, dove lei potesse divorare spaventosi tomi di medicina, alle scale per salire in camera da sua sorella, tornò sui suoi passi e si affacciò oltre lo stipite della porta del salotto, sbiancando alla vista dei due. «Dio mio... » seppe solo dire, prima di connettere il cervello che lavorò freneticamente. Indossava un pigiamone-scafandro rosa, pantofole a forma di fragola ai piedi, occhiali inforcati sul naso e capelli spettinati in due lunghe treccione... e Shiki era seduto in salotto a bere cioccolata calda con sua madre. «EEEEEK!» fu tutto ciò che riuscì a dire prima di catapultarsi su per le scale, inciampando anche due o tre volte, e scomparire dal pian terreno. I due cugini osservarono il punto in cui la rosetta era scomparsa chiedendosi se fosse impazzita, mentre Ai ridacchiava nervosamente «Ohohoh... non fateci caso, suvvia!» meglio cambiare discorso «Com'è che vi chiamate?».

Natsu si grattò la chioma bionda, presentandosi alla donna, così come fece Shiki. Lei li guardò estasiata. «Natsu, Shiki… ahhh quali bei nomi per due giovanotti così affascinanti.» si portò le mani alle guance, urlettando tutta felice, mentre i due si guardarono fra loro sconvolti. Erano forse finiti in un manicomio? «Comunque… » sembrò riprendersi la donna «Potete trovare le mie bambine al piano di sopra, non è il caso che vi tratteniate ancora con una donna anziana come me… potrei non rispondere di me stessa! Uhuh!!!» ridacchiò, congedandosi dai due, indicando loro la via da seguire. Un brivido percosse la schiena di Natsu, mentre sbiancava visibilmente, attaccandosi alla manica del giubbotto del cugino, decisamente spaventato. Frattanto, al piano di sopra, Himiko guardò divertita l’uragano Hagumi che irrompeva nella piccola lobby fra le loro stanze, dove tenevano scarpe e cappotti, passando nella porta sinistra che conduceva alla sua stanza.
«Ehi Hagu, che succede?» domandò notando la sorella in preda ad una crisi isterica, mentre sporgendosi leggermente dal letto, poteva notare vestiti volare in ogni dove.
«Himiko!» squittì sorpresa di trovare la sorella a letto... ah già, ma lei era a letto da qualche giorno, no? «Himi, devi sbrigarti, assolutamente, alzati, muoviti, lavati, vestiti, renditi presentabile per l'amor del cielo, stanno arrivando!!!». «Chi sta arrivando?» chiese confusa la rossa, mentre la porta della lobby si spalancò, rivelando due figure ben conosciute. Sbiancò come solo pochi attimi prima aveva fatto la gemella, mentre Natsu e Shiki alzavano una mano in cenno di saluto. Si rifugiò con la testa sotto il piumone, non dopo aver lanciato il libro che stava leggendo per passare il tempo verso i due, il quale attraversò senza affanni la porta e la oltrepassò entrando nella stanza di Hagumi, inchiodandosi sulla sua testa, facendola cadere lacrimante al suolo «Ahio... » pigolò la rosa, mentre Himiko urlava, anche questo come poco prima aveva fatto la sorella «EEEK! HAGU SEI UNA... MALEDETTAAA, PERCHÉ NON ME L'HAI DETTO?» piagnucolava da sotto alle coperte, mentre l'altra piagnucolava all'unisono, spalmata sul parquet di legno della sua stanza. Shiki e Natsu stavano seriamente prendendo in considerazione l'idea di fuggire.

«Se è un problema, la nostra presenza, ce ne andiamo… » bofonchiò il moro con un cipiglio, mentre osservava le due nella loro scenata esagerata. Himiko uscì da sotto il piumone, ora i capelli scompigliati, mentre prese a lanciare tutti i manga che aveva sul letto in direzione degli indesiderati nella lobby.
«Tornate fra dieci minuti!!!!» imprecò, non dando ai due neanche il tempo di replicare, che furono sbattuti all’esterno della stanza, che Hagumi si affrettò a chiudere, con l’arrivo di due cuscini di proporzioni giganti diretti sulle loro facce.
«E questa sarebbe una che sta male?» domandò al cugino, cuscino che aveva intercettato in mano, mentre quest’ultimo era intento a massaggiarsi la faccia, non avendo avuto i riflessi di Shiki.
«Ricordami di non fare mai più una visita a sorpresa a casa di una ragazza… » si appuntò mentalmente Natsu, mentre informava anche il moro della sua saggia idea.
Si appoggiarono al muro del corridoio di fronte alla porta e rimasero in silenzio per un po', lasciandosi contagiare dal buon'umore delle due gemelle che, all'interno della lobby, urlacchiavano sul più e sul meno, principalmente riguardo a cosa sarebbe stato più adeguato mettersi. Hagumi, poi, era completamente su di giri, mentre Himiko, più calma, ma entusiasta comunque, non aveva fatto altro che pensare a Natsu e a cosa le avesse detto poco prima che lei perdesse i sensi. "Io ti amo, Himiko!". «Aaaawwww... » mugolò, sentendosi avvampare, nascondendo il visetto nelle mutandine pulite che doveva mettere. Hagumi si fermò ad osservarla, con il reggiseno per metà indossato, l’aria assai preoccupata.
«Sembri una perversa… » le fece notare, al che Himiko arrossì fino alla punta delle orecchie, diventando un tutt’uno con i suoi capelli.
«Non dire sciocchezze!» balbettò, indossando il capo ed il resto della biancheria intima, affrettandosi a mettere anche la gonnellina a pieghe, seguita da un paio di calzini neri lunghi sopra al ginocchio ed una canottierina dello stesso colore, ma ovviamente con una parte della fantasia leopardata. Fece una linguaccia alla rosetta e si sedette davanti allo specchio da trucco, sistemando i capelli con una fascia della sua fantasia preferita e iniziando la fase di make up.
Nel frattempo in corridoio i due iniziavano seriamente a stufarsi. «Dieci minuti eh?» bofonchiò Natsu accovacciandosi a terra, pronto a far fronte ad un'ancora molto lunga attesa. Shiki sospirò, fece per tirare fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca dei jeans neri, ma si bloccò ricordandosi che era in casa altrui. Che seccatura, ora iniziava ad innervosirsi. Pregò per trovare qualcosa per passare il tempo e, guarda caso, le sue preghiere furono esaudite in quattro e quattr'otto, quando un rumore di passi si udì dalle scale alla loro sinistra e dopo poco sbucò la testa di Shinichi, ancora a casa dei genitori per la convalescenza, indebolito, doveva ancora riprendersi del tutto, anche se ormai era più un fantasma in casa e lui ed Hagumi si evitavano accuratamente, o meglio lei evitava lui. Shin stava salendo al primo piano dal garage, dov'era assieme a Kojiro per sistemare una delle macchine che faceva i capricci da un po', e rimase piuttosto sorpreso nel ritrovarsi i due cugini sotto il naso, in cima alle scale.
«E voi due di grazia, si può sapere che diavolo ci fate qui?» domandò accigliato, portandosi le mani sui fianchi. «Ah ho capito, siete così incompetenti come cacciatori che dovete andare diretti nella tana del nemico per stanarlo?».
Salì gli ultimi scalini fino a raggiungerli e si piazzò davanti a loro, l’aria di sfida. Per suo gusto, con quella mossa, avevano decisamente superato il limite.
«Andatevene, prima che vi butti fuori io a calci!» li intimò, indicando loro la via da seguire. I due cugini si guardarono l’un l’altro, tornando poi con lo sguardo sul bruno e scoppiarono in una fragorosa risata.
«AHAHAHAH se questa doveva essere una virile minaccia non ci sei proprio riuscito, Shinichiuccio!» ruggì Natsu, che accovacciato a terra, si manteneva la pancia dal ridere. Il poveretto, infatti, oltre ad essere ricoperto di grasso dalla punta dei piedi a quelli dei capelli, indossava un tenero grembiule rosa con i fiocchettini, probabilmente per proteggere i vestiti dallo sporco durante il lavoro.
«Non hai trovato nulla di più grazioso da mettere? Non sapevo che arrivassi perfino a chiedere in prestito i vestiti ad Hagumi! Sembri proprio la rispettabile sorella maggiore!» lo schernì Shiki, sapendo di colpirlo nel suo punto debole.

Il ragazzo osservò il proprio vestiario, quindi arrossì un po', balbettando qualcosa d’insensato e se lo sfilò con un leggero imbarazzo «Questo era... » lasciò cadere la frase, non sapendo bene cosa inventarsi, e ringraziò mentalmente Himiko che in quell'istante uscì dalla stanza, dopo aver sentito il vociare e le risate folli di Natsu. «Che succede?» s’intrufolò anche Hagumi, affacciandosi allungando il collo da dietro la sorella, vestita per metà, gonnona rosa al ginocchio, calze e ballerine infilate, mentre il busto era da un lato coperto, con una manica infilata e l'altra ancora no, facendo scorgere così pancia e un po' della base inferiore del reggiseno, giusto un po' di pizzo che però fece arretrare Shin di qualche passo, sembrava addirittura sconvolto. Shiki aggrottò la fronte e si avvicinò alla confettina, quasi indignato «Ti sembra il modo di presentarti, Hagu?» borbottò, mentre le dava un colpettino sulla fronte con un dito, facendola indietreggiare. «Ahio!» protestò lei, ma fu troppo tardi, perché lui si sporse in avanti, sorrise beffardo ed afferrò il pomello della porta, richiudendola dall'esterno. Lei rimase a fissare l'anta un po' contrariata, prima di ridacchiare ed arrossire, nel piegarsi in avanti era così vicino che quasi l'aveva baciata. Lanciò un urletto soddisfatto e riprese a vestirsi, mentre all'esterno Natsu ridacchiava guardando Shiki «Che crudeltà mandarla via così, eh!» disse, mentre si alzava in piedi, era ancora accucciato dalle risate di poco prima. Shiki fece spallucce e si voltò verso gli altri, Himiko si stava avvicinando al fratello e una volta raggiunto gli appoggiò una mano su una guancia, sfregandola per mandar via una macchiolina di grasso, fu un gesto molto affettuoso, al quale Shin sorrise grato ed infinitamente dolce, chiedendosi da dove nascesse quello slancio di bene da parte di Himiko, in genere era Hagumi a riservare certe accortezze verso di lui. Sospirò, raggiungendo la conclusione che probabilmente doveva fargli proprio pena, anche se non si sentiva disperato al punto di dover attirare la sua pietà.
«Sei un disastro, vatti a cambiare! Non vorrai che Hagu ti veda conciato così!» gli sorrise dolcemente, spedendolo in camera sua. Lui però sembrava incerto sul da farsi, certo, da una parte una doccia non gli sarebbe dispiaciuta, ma dall’altra non voleva proprio lasciare le gemelle da sole in compagnia di quei due.

Fu proprio durante il suo dissidio interiore, che una voce in fondo al corridoio spezzò il filo dei suoi pensieri, e fece voltare tutti in quella direzione, con sorpresa.
«Himiko belllaaaa, guarda chi é venuto a trovartiiii!» fu la voce cinguettante di Okura ed Himiko non fece in tempo ad arretrare neanche di qualche passo, che si ritrovò avvinghiata dai tentacoli del biondo capo degli anziani, soffocata a morte dalle sue braccia che le premevano sul visetto. Mosse le braccia convulsamente implorando pietà con qualche gemito, ma fu Natsu a salvarla dal polipo sconosciuto, afferrandogli un polso e strattonandolo via da lei. «Chi diavolo sei?» sbottò stizzito, mentre la ragazza tornava ad un colorito normale, appoggiandosi alla spalla di Shin nel fare profondi respiri per riprendere fiato. Okura sorrise al biondo, mentre Shiki e Shin lo squadravano, immobili e diffidenti.
«Come chi sono? Io sono lo zio Okura!» sorrise mellifluo, congiungendo le mani all’altezza del viso, sprizzando amore da tutti i pori, per poi strizzare le guanciotte di Natsu come si fa con i bimbi. «Quanto sei caaariiiino!».
«Non è vostro zio, vero?» domandò Shiki, sicuro della cosa, al bruno, che scosse la testa piuttosto allarmato. «Mai visto in vita mia… ». Fu però Himiko a prendere parola, liberando il povero Natsu dalla presa dello stravagante uomo.
«Okura… ». «ZIO OKURA!» squittì lui, scuotendo la testa ripetutamente, offeso dal fatto che la ragazza si ostinava a non chiamarlo come di dovere. La rossa però non ci fece caso.
«Sì, sì, come ti pare… cosa ti porta fino a qui?» domandò seriamente curiosa e piuttosto irrequieta, ben conscia che era sicuramente lì per portare notizie riguardanti il risveglio di Akira.
«Uhm? Cosa mi porta? Beh, ovviamente sono venuto a trovare la mia splendida nipotina e... » non terminò di parlare, che sorrise soffiando un "Ecco l'altra", mentre la porta della lobby si apriva e ne usciva una Hagumi finalmente presentabile. «Che sono tutti questi schiamazzi? Cosa mi son per... oh?» anche lei si bloccò ed inclinò la testolina verso l'uomo, guardandolo sorpresa. «Chi... ?». «CHE CARINAAAAAAAAAA!» ed Okura si avventò anche verso la rosetta, che chiuse gli occhi spaventata e portò le braccia davanti al corpo in difesa, spaventata. Quando li riaprì però lui non le stava addosso, ma era spalmato al suolo, Shin con un piede sulla sua schiena e Shiki con un piede sulla sua testa, dopo averlo acchiappato e riempito di pugni. «Ohibò... » disse il biondo anziano, piagnucolando appena.

«Che scena patetica… » una voce conosciuta, che fece sussultare la rossa, fece capolino alle orecchie del gruppetto, frattanto che si avvicinava e si fermava proprio davanti a lei, guardandola con un ghigno sadico. «Ciao Himiko.».
Lei indietreggiò giusto qualche passo, boccheggiando appena, mentre la figura di Akira, ora così pallida, la guardava divertito. Okura si alzò, spolverandosi gli abiti con aria offesa, portandosi poi di fianco al moro e appoggiandogli una mano sulla spalla, l’aria ora seria. «Dovrai tenerlo sotto la tua ala protettiva, Himiko. Kojiro ha già approvato il fatto che vivrà sotto il vostro stesso tetto d’ora in avanti, non può permetterti di lasciarlo troppo a lungo da solo, ora è come un bambino, affamato ed incontrollabile. Ovviamente non è possibile per lui intraprendere da subito una dieta vegetariana, sarà quindi tuo compito offrirti tu come suo pasto, per aiutarlo nella crescita e a convertirsi come tutti noi. ».
«Dai zio, così mi fai sembrare un marmocchio… » sorrise subdolamente in direzione dell’anziano, chiaramente in un palese gesto di arruffianarselo.
Himiko sentì le proprie gambe tremare e cedere sotto il suo stesso peso, se non cadde in ginocchio fu solo grazie a Natsu che, affianco a lei, la prese al volo, sorreggendola. Fare da pasto? Significava concedergli il suo sangue come e quando voleva, ad ogni suo capriccio? E poi... mostrargli tutto di sé, ogni suo tribolamento, ogni minimo e più recondito pensiero? «MAI!» non fu lei a parlare, fu Natsu che aveva prontamente formulato i suoi stessi pensieri. «Himiko non farà da pasto a nessuno. È stato un incidente!» ammise anche lui, mentre aiutava la ragazza a tornare dritta. La rossa era sconvolta, oltre a quell’atroce sorpresa, ora Natsu sembrava crederle ed essere dalla sua parte. Com'era possibile? Come aveva fatto a cambiare opinione in così pochi giorni? L'aveva persino TORTURATA! E ora... ? Non sospettava minimamente, ingenua, ciò che il ragazzo aveva realizzato di provare per lei, quando era sull'orlo di perderla. Shiki sorrise appena alle parole del cugino ed annuì soddisfatto di tanto ardore, mentre Hagumi e Shin continuavano a domandarsi chi diavolo fosse quel tizio e come facesse Himiko a conoscerlo.

Okura sorrise amaro, scuotendo la testa in segno di diniego.
«Mi dispiace ragazzi, questa è la regola.» fu allora la rosetta a prendere parola, che in un lampo momentaneo sembrava aver iniziato a legare il filo del discorso.
«Okura… il capo degli anziani giusto?» pigolò in sua direzione, al che l’uomo la guardò estasiato, annuendo energicamente, gli occhi illuminati di gioia. Hagumi sapeva chi era, cosa poteva chiedere di meglio? Ma se in un attimo si ritrovò alle stelle, nel giro di un istante finì nelle stalle. «Allora le regole sei tu che le detti e puoi cambiarle, no? Puoi evitare a mia sorella questo tormento, vero?».
E lo chiese con una vocina così tenera che fu seriamente tentato di farlo. Ma non poteva, sarebbe andato contro ogni suo principio. «Tua sorella... » iniziò, avvicinandosi a lei e prendendole una manina tra le sue, accarezzandola lentamente con le dita affusolate e un po' fredde «... deve scontare la sua pena. È severamente vietato creare nuovi eterni, é giusto che continuiamo ad esistere solo tramite procreazione. Dovrebbe comunque scontare una pena e, credimi, questa é la meno brutta che possa accaderle. Ha creato un vampiro ed é giusto che ne paghi le conseguenze.» la voce vellutata aveva un tono quasi dolce le parlare, nonostante l'espressione perennemente enigmatica stampata sul suo volto. Shiki non poté fare a meno di pensare che sembrava quasi ci tenesse alle gemelle come fossero molto preziose per lui.

«La meno terribile?» domandò Shin, totalmente incredulo, avvicinandosi all’uomo e mettendosi fra lui ed Hagumi. «OK, lei avrà sbagliato, ma è stato un incidente no? Non l’avevate appurato? E quali sarebbero queste cosa così brutte?» Hagumi però lo zittì, tornando a gestire lei la situazione. Sicuramente aggredendolo non avrebbero risolto nulla, era meglio proseguire con più tatto.
«Ma signor Okura… » squittì con occhioni malinconici, cercando nuovamente la mano dell’uomo e stringendola forte. «Sei tu sei il capo, il potente, tu decidi queste cose. Che problema dovrebbe nascere se tu decreterai che è stato un incidente e che non debba scontare nessuna pena? Staranno  tutti al tuo volere, giusto?».
«Basta così, Hagu. Ha ragione lui… » fu Himiko a richiamarla dalla sviolinata, mentre l’espressione di Akira si fece se possibile ancora più subdola.
Hagumi abbassò le manine, sconsolata, mentre Shin le appoggiava una mano sulla spalla per rincuorarla, tuttavia lei si allontanò, non si sentiva ancora di avere contatti con lui, di nessun genere. Akira sorrise trionfante e si avvicinò alla rossa, sovrastandola dalla sua altezza e passandole le mani attorno ai fianchi, la lingua che si leccava lentamente le labbra, bramosa di assaggiare quel nettare di cui già sentiva il profumo. «Posso?» chiese scostandole i capelli con una mano e carezzandole lentamente il collo, facendola rabbrividire. Lei lanciò uno sguardo quasi d'aiuto verso Okura, che però si voltò a guardare altrove, impotente. Non poteva fare nulla per aiutarla e ancora una volta la feriva. Ancora una volta. Akira si piegò su di lei, gustando il suo collo con la punta della lingua, mentre gli altri erano pietrificati a quella visione quasi oscena, RACCAPRICCIANTE.
Natsu, rimasto fino a quel momento impotente a guardare la scena, non poté più frenarsi. Non gli importava di quello a cui sarebbe andato incontro, anziani, non anziani, potere e non, e le loro stupide leggi. Perché i vampiri dovevano essere tanto sadici verso i loro simili? Perché valutavano solo l’errore di Himiko e non le motivazioni di questo? Partì in quarta in direzione del moro, piantandogli un pugno in pieno viso, gesto che ormai agoniava da quando l’aveva conosciuto e l’aveva visto gironzolare intorno alla sua Himiko. Poiché già allora qualcosa dentro di lui palpitava per lei e lo rendeva consapevole del fatto che non avrebbe mai voluto lasciarla nelle mani di un altro uomo.
«Non ci provare nemmeno!» esordì, portandosi davanti alla rossa mentre Akira, ora a terra, si ripuliva il rivolo di sangue che usciva dal labbro spaccato, leccandolo con gusto. Si voltò allora in direzione di Himiko, prendendola per le spalle e scuotendola. «Himi-chan, ti prego, non devi farlo se non vuoi, non devi. Ci deve essere un’altra soluzione, ti prego.» la supplicò, mentre lei, passiva, teneva lo sguardo puntato ai suoi piedi, trattenendo le lacrime.
«Non l’hai capito eh, Natsu? Sei tu quello che ha perso, non io! Lei ha già scelto!» ridacchiò Akira ipocritamente, ricordando la discussione che avevano avuto poco prima della sua creazione, mentre la ferita già si rimarginava e si alzava senza nessuno sforzo da terra, l’aria vittoriosa.
Fu allora che Himiko alzò il viso e si perse per alcuni attimi in quei suoi limpidi e stupendi occhi del colore del cielo, che tanto la facevano sentire viva in quel momento e le portavano una nuova speranza. Si alzò in punta di piedi e circondò il collo del ragazzo, unendo le labbra alle sue in un casto e fugace bacio, che le sembrò però così intenso, così paradisiaco, con quel sapore agrodolce che sembrava accompagnarla in un mondo lontano, stordendola. Fu un attimo che assaporò appieno, come a volerne imprimere il ricordo, ma dovette staccarsi quasi subito da lui. Prese il suo viso fra le mani, spostandogli poi una ciocca di capelli ribelli dal volto, sorridendogli.
«Andrà tutto bene, non ti preoccupare… » era una bugia colossale, era vero, ma in quel momento si ritrovò a pensare che agire come la “forte” della situazione fosse probabilmente la soluzione migliore per non creare ulteriori problemi a se stessa e a tutti i presenti.
Natsu la guardò supplichevole, non poteva arrendersi così, ma prima che riuscisse a dire altro, Akira l'aveva già agguantata per un braccio e senza troppi riguardi la stava trascinando via. Via da lui...

 

***

 
Il corridoio era rimasto semivuoto, se non per la presenza di Hagumi e del biondo anziano accanto a lei. Natsu aveva avuto un crollo psicologico, non appena Himiko era scomparsa con Akira dietro una porta, e Shiki l'aveva portato via, scusandosi e dicendo ad Hagumi che sarebbe tornato da solo un'altra volta. Shin si era appostato dietro la porta dove Himiko ed Akira erano scomparsi, per fare la guardia in caso succedesse qualcosa, se Akira non fosse riuscito ad esempio a fermarsi ed avesse esagerato. La rosa sospirò e si voltò a guardare l'uomo, corrucciata.
«Sa per quale motivo avrei voluto nascere cacciatrice, anziché vampiro, in quest’assurdo conflitto?» buttò lì, seria. Lui la guardò sorridendo ingenuamente come sempre e lei pensò che avesse davvero un'immensa faccia da schiaffi, furbo come una volpe e viscido come un serpente. «I cacciatori hanno mantenuto la loro indole umana. Noi invece... siamo dei mostri... ».
Lui sorrise in direzione della confettina, non distogliendo un momento lo sguardo dai suoi occhi.
«Credi veramente questo?» domandò, appoggiandosi alla parete in modo teatrale, le braccia incrociate, mentre parlava come a saperne una più del diavolo. «Sì, lo credo!».
«Io invece no… » la sua risposta la lasciò letteralmente di stucco, mentre cominciava a sentire un senso di rabbia pervaderla. Come diavolo poteva pensare una cosa del genere? Esseri che si cibavano della linfa vitale di altri per sopravvivere, cosa osava sostenere che loro non erano mostri?
«Sai Hagumi, alla fine non è tutto oro ciò che luccica, devi sapere che… ».
«… Okura… !» una voce alle loro spalle li fece voltare, mentre la figura di Ai si avvicinava ai due, salendo gli ultimi gradini della scalinata.

Se il corridoio non fosse stato in totale penombra, Hagumi avrebbe potuto giurare di aver visto un guizzo di tristezza attraversare solo per un istante lo sguardo di Okura. «Ai... » sorrise l'uomo, mentre la donna si avvicinava. «Com'é andata?» chiese lei senza neanche salutarlo, anche un po' brusca. Mentre loro erano su, al piano di sotto Kojiro spiegava alla moglie cosa fosse tutto quel vociare e le impediva di salire, conscio che non avrebbe mai permesso una cosa simile. Il biondo anziano fece spallucce, prima di allungare le mani verso la donna e tentare di acciuffarla, cinguettando allegro «AIIIICHAAAAN, SEI SEMPRE LA DONNA PIÙ BELLA DEL MONDOOOO!» ma i riflessi di lei furono più veloci, semplicemente si spostò di lato e gli piazzò un pugno in testa mente lui la superava in volo, facendolo finire dritto, dritto spiattellato contro la parete. «Non cambierai mai!» disse irritata, prima di sciogliersi in un sorriso. Dopotutto andava bene così. La donna si voltò poi verso la figlioletta e la abbracciò, cullandola appena. «Himiko?» chiese tristemente, mentre la figlia si aggrappava a lei. «È con Akira... ». Tacquero, non c'era bisogno di aggiungere altro.

A salvare la situazione fu l’arrivo di Kojiro, che interruppe quell’imbarazzante silenzio fra i tre, facendo una carezza amorevole alla figlia.
«Hagu tesoro, forse è il caso che tu vada a riposarti un po’, è stata una giornata pesante e noi adulti abbiamo ancora un paio di cose da discutere.». Le sorrise dolcemente, invitando gli altri due a seguirlo e iniziando a scendere al piano di sotto, precisamente in salotto, dove vi si chiusero.
«Allora, di cosa dovevi parlarci esattamente, Okura?» domandò, ora seduto sul divano, mentre la moglie si premurava si servire loro una tazza di caffè fumante, accomodandosi poi accanto al marito.

Il biondo li guardò con un sorrisetto soave, mentre soffiava nella sua tazzina per freddarne appena il contenuto. «Sono cresciute molto.» disse sinceramente colpito e i due consorti annuirono, sorridendo a loro volta. «Era molto che non le vedevi, no? Saranno almeno quindici anni.».
Già... quindici anni, si ritrovò a pensare Okura; come volava il tempo, anche per loro esseri immortali. «E quei ragazzi vengono spesso a trovarle?». Ai negò col capo «No, é la prima volta.». «Capisco.» smise di soffiare e bevve il suo caffè, prima di riporre la tazzina sul vassoio. «Immagino volessi dirci altro, però!» incalzò Kojiro, che era piuttosto curioso e anche un po' in ansia. «Sì, sì. Si tratta delle nuove creature. Hiro ha potuto fiutare in loro odore di vampiro e cacciatore mischiato.» si fermò quando vide la mano di Kojiro che teneva la tazza, tremare lievemente. «Anche Shin... ?». «No.» si affrettò a rispondere Okura, sicuro «No, Shin é nato di parto naturale da un vampiro e una cacciatrice, se é potuto nascere significa che non é qualcosa di disumano. Non corre alcun pericolo, altrimenti la natura avrebbe vietato la sua fecondazione.» cercò di rassicurare l'amico e subordinato, quindi guardò entrambi «Non so chi ci sia dietro la loro creazione, ma sono in tutto e per tutto degli ibridi creati in modo innaturale. Non so come e non so perché, controlliamo tutti i vampiri esistenti, i nuovi vengono subito portati da noi per essere addestrati, e quelli che decidono di non essere "vegetariani", sanno comunque di non dover mordere cacciatori perché nessuno conosce le conseguenze di questo. O almeno, così credono tutti.» sospirò, pronto a buttare fuori la verità. «Io, Oda e un'altra persona in realtà sappiamo che così non é. C'è un caso nella documentazione vastissima delle nostre biblioteche secolari, un solo, unico caso... Ma c'é. Ed é esattamente descritto come quelle cose che stanno seminando il panico tra la gente. Altri quindici morti solo questa settimana... qualcuno sta creando un esercito... un esercito di IBRIDI. Cacciatori morsi da vampiri, un connubio non fattibile. Il cacciatore dovrebbe morire al primo contatto con il veleno di vampiro, ma se questo non accade, avviene una mutazione... una mutazione immonda e ripugnante. Ecco cosa sono quelle bestie, ecco cos'è che ha attaccato Shin!». Ai non voleva più sentire, terrorizzata. Si portò il viso tra le mani e si rifugiò tra le braccia del marito, che cercò di cullarla, nonostante fosse sconvolto anche lui.

«Non c’è nessun modo per fermare queste mutazioni?» domandò Kojiro al biondo, ben sicuro di quale fosse la risposta, ma fu qualcun altro a rispondere.
«Per il momento sfortunatamente non abbiamo trovato nulla di concreto, siamo solo sicuri che se continueranno così dovremmo batterci, altrimenti finiranno per uccidere tutta la nostra stirpe.».
«Oh, Hiro, Oda, finalmente!» canticchiò Okura, improvvisando un balletto felice intorno ai due, manco fosse un cagnolino che fa la festa al nuovo arrivato.
Oda rise appena, mentre Hiro raggelò Okura con uno sguardo di ghiaccio, ignorandolo bellamente ed avvicinandosi ai padroni di casa. «Kojiro, il garage é aperto, siamo entrati da lì...  state attenti, potrebbe intrufolarsi chiunque!» disse, mentre Okura piangeva su una spalla di Oda, lamentando qualcosa circa il poco amore di Hiro nei suoi confronti. Kojiro ringraziò per aver chiuso il garage, quindi si rivolse ad Okura, facendo tornare l'atmosfera seria e pesante di pochi istanti prima che i due arrivassero. «Dovremmo parlarne con il resto del consiglio... » disse cauto ed il biondo annuì, tornando a sedersi, dopo aver tentato di scoccare un bacio affettuoso ad Oda, che lo aveva respinto disgustato. «Sicuramente, ma avevo bisogno di confrontarmi prima con voi, siete i miei uomini più fidati, dopotutto.».

Il silenzio calò nuovamente nella stanza e nessuno osava proferir parola, in fin dei conti stava tutto nel trovare una soluzione che faticava ad arrivare. «A costo di giungere a mezzi drastici, dovremmo in ogni modo evitare una guerra. Per le bambine, per Shin, per noi e per tutta la nostra stirpe… sarebbe troppo dura ora, siamo appena riusciti a ristabilirci, non possiamo tornare in quella situazione, non di nuovo… » fu Ai a spezzare il silenzio, le lacrime agli occhi al ricordo di eventi passati, mentre cercava di tirare fuori tutto il suo coraggio.
«Non si preoccupi, faremo l’impossibile per risolvere tutto nel modo meno doloroso possibile.» il sorriso e la voce dolce di Oda sembrarono tranquillizzarla, mentre tornava ad abbracciare il marito. Tutti annuirono in segno di assenso.
«Oda, Hiro.» li richiamò Okura «Andate a dare un’occhiata alle ragazze, son sicuro che in questo momento avranno bisogno di una figura amica vicino a loro.» .
Li guardò supplichevole della cosa, sentendosi un verme per non poter essere lui di aiuto alle gemelle, ma purtroppo, quello non era ancora il tempo di rivelare loro ogni cosa.

 


... continua...

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 6




Hagumi era appena tornata nella sua stanza, quando decise che forse era il caso di fare dietro-front e andare a controllare sua sorella. Non era molto allettante l'idea di rimanere sola con Shin e in cuor suo pregava che Shiki tornasse per tirarla fuori da quella brutta situazione, ma sapeva fosse impossibile, suo cugino aveva bisogno di lui. Fu con il cuore in gola e la testa in subbuglio che percorse il corridoio, fino a raggiungere la porta del bagno, dietro la quale Akira stava facendo un banchetto così sostanzioso che l'odore del sangue di Himiko si riversò ovunque, nauseandola. Seduto sul pavimento, con le spalle al muro, Shin teneva gli occhi chiusi, le dita che torturavano con ansia un bottone della camicia azzurra. Lo guardò sofferente e fu quasi tentata di andare via prima che lui si destasse dai propri pensieri, ma aprì gli occhi proprio mentre formulava quell'idea. «Ehi... » disse solo imbarazzata, alzando una manina come cenno di saluto, un cenno che risultò piuttosto impacciato. «Ehi.» rispose lui, sorridendole con affetto, troppo, tanto affetto da farle male e lacerarle l'anima. Intimidita, si sedette sul pavimento di fronte a lui, appoggiando la schiena alla parete di rimpetto alla porta. Rimasero in silenzio per un po', lei con lo sguardo basso, lui invece con gli occhi color ambra fissi su di lei, sui suoi capelli sottili, sul suo viso bello da morire e sul suo esile corpicino che, nonostante gli abiti larghi e tutto sommato coprenti, lo attirava come una calamita. «Come ti senti?» chiese lei alzando lo sguardo, dopotutto si era risvegliato da quella sorta di stato vegetativo da appena un paio di giorni e lo vedeva nel suo colorito pallido e negli occhi un po' scavati che, forse, non si era ancora ripreso.
«Diciamo che potrebbe andare meglio, ma mi ritengo fortunato, in fin dei conti avrei potuto non essere più qui, no?» continuò con quel sorriso, così dolce, così preso, così aperto nel mostrarle i suoi sentimenti, era soffocante.
«Ti prego, non essere così gentile con me… » si portò le ginocchia al petto, stringendole a sé, mentre lo sguardo fissava le venature del pavimento, per distrarla da quello di Shin, ovviamente sempre puntato su di lei. «Non me lo merito… ».
Shin allora la guardò più confuso che mai. Perché mai avrebbe dovuto trattarla in modo differente? In fondo, non la biasimava mica se era cresciuta nella convinzione che fossero fratelli e non riuscisse a vederlo diversamente, ci aveva pensato molto, ed era arrivato alla conclusione che era una cosa naturale. Probabilmente, se avesse invertito le parti, si sarebbe sentito esattamente come lei. Si trascinò sul pavimento, fino a raggiungerla e starle di fronte. Le carezzò la testolina rosa, forzandola a guardarlo.
«Hagumi, piccola, non devi fartene una colpa, son io in fin dei conti quello che ha provato sentimenti fuori dal comune e ti ha messa in difficoltà.» lei fece per dire qualcosa, ma lui la zittì prontamente. «Devi però venirmi incontro anche tu… devi dirmi cosa desideri da me, quale vuoi che sia il mio ruolo… se preferisci che io rimanga eternamente tuo fratello o se mi permetti di vederti come un uomo guarda una donna, la donna di cui è follemente innamorato… Ti prego, aiutami ad uscire da questo tormentoso limbo, dimmi cosa devo fare… » abbassò la testa, fino a sfiorare la fronte della confettina con la sua, guardandola supplichevole. Alla fine a lui stava bene, anche se non lo ricambiava, voleva solo un ruolo nella sua vita, un ruolo che potesse renderlo importante ai suoi occhi, sempre.
Stavolta non si tirò via da quei gesti affettuosi. Alzò lo sguardo azzurro incrociandolo al suo, una mano si portò istintivamente ad accarezzargli il volto e qualche ciocca di capelli ribelle, come faceva sempre quando da piccoli si facevano tante coccole. «Shinchan... » fu quasi un sospiro il pronunciare il suo nome, mentre fermava la mano sulla sua guancia e sfiorava la punta del suo naso con il proprio «Shinchan, tu sei mio fratello.» disse convinta e lo sguardo di lui si velò di rassegnazione, che fu spodestata subito dopo da sorpresa alle parole che seguirono «Però è cambiato qualcosa, ora. Sai tante volte sono stata gelosa di ragazze che ti stavano intorno, non so quante volte avrei voluto infilzare Naoko come uno spiedino e metterla al girarrosto... » ridacchiò appena e fu un trillo soave da sembrare musica alle orecchie di lui, che rise contagiato «... tante volte ho pensato che fossi davvero bello, poi mentalmente mi schiaffeggiavo e mi dicevo che eri mio fratello e non dovevo pensare a come stessi diventando, perché... beh... era illecito, no? Era proibito.» chiuse gli occhi, mentre le si riempivano di piccole lacrime che cercò di cacciare indietro. «Mi chiedevo come sarebbe stata un'altra vita in cui tu non fossi stato mio parente; mi chiedevo sempre quale sapore potessero avere le tue labbra e venivo prontamente pungolata dalla mia coscienza, accusando me stessa di essere folle, eretica... sporca!» scoppiò infine a piangere, e lui la strinse subito a sé, incredulo a ciò che le sue orecchie avevano appena udito. «E quando mi hai detto... sniff... » cercò di calmarsi, la piccola Hagumi, quindi lo scostò con gentilezza e proseguì «... quando mi hai detto di amarmi il dolore che ho provato era perché cercavo di strizzare quei sentimenti nel cuore, non farli uscire, senza riuscire a convincere me stessa che della parentela non avrebbe dovuto importarmene nulla, se mi piacevi e tu dicevi di amarmi... sono stata così ostinata, ho mentito a me stessa, ho ferito te, ho stracciato il mio cuore in mille pezzi per non deludere
               mamma e papà e tutti quelli che ci hanno sempre visti come fratelli. Per non deludere me stessa e la mia impeccabile vita che ho cercato strenuamente di portare avanti con logica, rigore e purezza. Ma come poteva essere puro questo sentimento? Attratta da mio fratello. No, lo negavo, non poteva essere... e invece poi papà ha detto che non siamo fratelli. Mi sono sentita così... stupida... la più stupida di questo mondo, la regina degli stupidi. Ti avevo allontanato per un motivo inesistente e mi sono odiata a morte... avrei voluto morire.» riprese a singhiozzare, mentre una nuova speranza si faceva largo nella testa del bruno, che forse aveva finalmente trovato il lieto fine al suo amore. Ma così non era, non poteva essere. Si era illuso troppo in fretta e troppo! Tanto da osare dire qualcosa di cui si sarebbe pentito per tutto il resto della sua vita. «Quindi... questo... questo significa che tu mi... che tu ed io... » arrossì, imbarazzato, mentre negli occhi di Hagumi lampeggiò puro terrore. Si portò la testa fra le mani, le stava quasi per scoppiare «Shin, io sto frequentando Shiki, adesso!» sputò fuori come verità assoluta queste parole che, come tante stalattiti appuntite, si conficcarono nel cuore di Shin, uccidendolo.
«Co-cosa intendi con frequentare?» domandò, aggrappandosi all’ultimo barlume di speranza che gli rimaneva nel cuore, così piccolo ed invisibile che era già ben conscio della risposta che Hagumi gli avrebbe dato. «Come amico? Come fidanzato? L’hai baciato? Sei andata oltre?» il panico sembrò sovrastarlo, mentre la rosetta continuava a non negare nulla di ciò «Sei innamorata di lui, quindi? È una cosa seria? Perché io… Hagumi, se non è nulla d’importante io posso far finta che non sia mai successo niente, posso dimenticare… possiamo ricominciare insieme, giusto Hagumi?» Il cuore era lacerato in mille e più piccole schegge di cristallo e quando lei lo guardò negli occhi a rivelare la verità, sentì che tutto il suo mondo, tutto ciò in cui credeva gli era letteralmente crollato addosso, che era finita, per sempre. Che cosa poteva aiutarlo a continuare a vivere, ad andare avanti, se Hagumi non fosse stata al suo fianco? No, non c’era nient’altro che lo ancorava a quel dannato mondo di sofferenze, nulla, perché lei era la sua speranza, la sua luce, che fino a quel momento gli aveva dato la forza di continuare a lottare.
Lei non sapeva proprio cosa dire. Se solo non si fosse ubriacata... non avesse incontrato Shiki e... e cosa? Non ci fosse andata a letto? Ma lei non era pentita di averlo fatto, neanche in quel momento così delicato. Non era propriamente innamorata di Shiki. Non lo amava. Tuttavia sì, stava passando la fase dell'innamoramento e voleva continuare su quella strada, sentiva che era giusta, che Shiki nonostante fosse un cacciatore, fosse perfetto per lei. La faceva sentire... viva...
«Shiki... Shiki mi piace... non me la sento di mandare tutto all'aria.» squittì sentendosi infinitamente in colpa. Se avesse potuto si sarebbe sdoppiata, così li avrebbe potuti avere entrambi. Sapeva che era da ingorda pensarlo, ma non riusciva a capire chi nel suo cuore fosse più forte al momento, era come se fosse precisamente spaccato a metà, e se in quel momento propendeva verso Shiki, era solo perché con lui stava bene, lo aveva già provato, e andava bene così. «Pe... però... avevi detto che... potevi essere mio fratello, no?» inclinò un po' il capo di lato, piegandosi poi in avanti per rientrare nel suo campo visivo, adesso che lui aveva abbassato lo sguardo. «Puoi? Siamo... ancora... fratelli, no?» chiese quella conferma, inconsapevole di aver dilaniato il suo cuore definitivamente.
«Certo, piccolina, te l’ho promesso, se è questo che desideri, così sarà.» le sorrise dolcemente, anche se in quel momento non rispecchiava di certo un gesto naturale del suo cuore, si sentiva così falso, ma non poteva permettersi di ferirla nuovamente, perché era lui ad averle chiesto di scegliere il ruolo che avrebbe dovuto avere e così aveva fatto. Le diede un bacio sulla fronte, prima di alzarsi e avviarsi nella sua camera, senza voltarsi verso di lei neanche una volta. E pianse, pianse tutte le sue lacrime, ben conscio che se non avesse sfogato tutto il dolore che lo lacerava, non avrebbe potuto mantenere la promessa fatta ad Hagumi, quella di essere per sempre solo suo fratello.


***

 

Mentre salivano la rampa di legno di ciliegio che li portava al piano superiore, incrociarono a metà percorso un Akira più che soddisfatto e macchiato qui e lì di sangue, che scendeva al piano inferiore. Hiro lo guardò senza alcuna particolare espressione, ma Oda gli riservò solo disprezzo. «Soddisfatto?» chiese irritato ed Akira fece solo spallucce ed un sorriso beffardo, mentre li superava e raggiungeva Okura, con il quale doveva scambiare due parole. «Che merda d'uomo.» sbottò Oda, mentre Hiro lo seguiva su per le scale «Sei tu che l'hai preso nella band.» gli ricordò l'albino, atono. Oda sbuffò stizzito. Un errore di valutazione poteva capitare a chiunque, no? Raggiunsero assieme il piano superiore e trovarono uno spettacolo troppo triste. Hagumi era inginocchiata accanto alla sorella, nel bel mezzo del corridoio, e cercava di ripulirla da tutto quel sangue e consolarla, mentre lei stessa piangeva per la ferita inferta a Shin e per quella che era stata inferta alla rossa. Himiko era immobile, inginocchiata con lo sguardo spento puntato nel vuoto e i vestiti completamente insozzati del suo stesso sangue. Hiro si affrettò a sostenere Hagumi, allontanandola da quello spettacolo. La confettina che da principio fece resistenza, scoppiò ben presto in un pianto ancor più disperato lasciandosi andare e abbracciando l’uomo, che la sollevò e la portò nella sua stanza. Oda aveva preso il posto della rosetta, passava amorevolmente lo straccio umido sul viso della rossa, eliminando gli ultimi residui di sangue, cercando di ridestarla dal suo stato di trance.

«Himiko… Himi… » provò a chiamarla ancora, ma lei sembrò continuare a non voler reagire. Dopo pochi attimi poté notare una piccola lacrima, quasi impercettibile, scendere lungo la pallida guancia della ragazza, segno che era ancora cosciente. «Tesoro dai, vieni con me, ti aiuto a cambiarti… ». Un piccolo guizzo di vita sembrò far capolino negli occhietti smeraldo di Himiko, mentre allargava le braccia in direzione del bruno, come a chiedergli aiuto. Lui non se lo fece ripetere e, incurante di sporcarsi, abbracciò forte la rossa, stringendola così forte da toccare quasi la soglia del farle male, per farle sapere che lui era lì, vicino a lei, per lei. Himiko scoppiò in un pianto liberatorio, mentre si aggrappava con disperazione al suo collo, nascondendo il viso nell’incavo tra la spalla e il collo di lui.

«Me lo sono meritata lo so… » esordì fra un singhiozzo e l’altro «… ma non pensavo potesse essere una cosa così dolorosa, non credevo che avrebbe potuto straziarmi il cuore in questa maniera. È come se avesse messo a nudo tutta me stessa.». Lui la cullò un poco, accarezzandole con una mano la lunga chioma scarlatta.

«Non è mai piacevole rivelare i propri pensieri e i propri sentimenti più intimi alle persone, Himichan, ma tu devi imparare a diventare più forte, devi allenare la tua mente a chiudere questo canale, in modo che lui attraverso il tuo sangue non possa comunque più leggerti dentro e farti del male. Devi lottare, reagire, per sovrastarlo. Non puoi permettergli di ridurti in questo stato.». Lei alzò appena lo sguardo verso di lui, guardandolo con una piccola speranza, supplichevole di quella piccola via che l’avrebbe potuta salvare.

«Es... esiste un... modo per ottenere questa chiusura?» chiese titubante, tra gemiti e singulti. Lui sorrise pacato, infondendole un po' di coraggio nell'affermare con certezza che un modo c'era. «Bada, però, non é semplice. Ci vorrà costanza e allenamento. Certe volte ti sembrerà di non riuscire, all'inizio ti sentirai completamente incompetente... ma tu non arrenderti mai, ce la farai e lui non potrà più guardarti dentro. Io posso aiutarti, se tu lo vuoi. Posso insegnarti... » le accarezzò il viso con una mano, spostando qualche ciocca di capelli che si era appiccicata alla fronte sudata «Vuoi, Himiko?» chiese puntando gli occhi sinceramente affezionati in quelli smeraldini di lei, in cerca di conferme.

Lei annuì decisa. «Sì, ti prego, insegnami questa tecnica Oda. Sii duro con me, se necessario per questo, ma spiegami come fare, ti supplico.». Il bruno sorrise sereno, aiutandola a rialzarsi, sostenendola forte.

«D’accordo. Ora vedi di cambiarti, poi inizieremo subito. Non sappiamo quando Akira reclamerà il prossimo pasto, dobbiamo affrettarci.» la guardò un attimo, continuando a sorreggerla, vista la debolezza che riportava dalla bevuta del moro. «Devi però promettermi di non demoralizzarti mai, Himiko, qualsiasi cosa succeda.».

«Te lo prometto, Oda.». Lui sorrise soddisfatto.

Stava per lasciarlo andare, per dirigersi in stanza e cambiarsi, ma non ne aveva proprio voglia. Sorprese persino se stessa quando tornò ad aggrapparsi a lui, nascondendo il viso tra i suoi vestiti. «Per favore... posso rimanere un altro po'... così?» lui non si sorprese per nulla, anzi circondò il corpo fragile della giovane tra le sue braccia e la cullò con dolcezza, lasciandole di tanto in tanto piccoli bacini tra i capelli, oppure sussurrandole qualcosa che la faceva ridere e la tirava un po' su. Era incredibile quanto andassero d'accordo. Quando aveva scoperto che lui era un vampiro secolare e che apparteneva alla cerchia degli anziani, era rimasta piuttosto turbata, ma adesso si rendeva conto che ciò non cambiava nulla e che fondamentalmente rimaneva il solito Oda che conosceva, l'amico tanto saggio e dolce, l'unico con cui lei poteva aprirsi davvero aprirsi fino in fondo. Si ritrovò a chiedersi come avrebbe fatto in molti momenti della sua vita senza di lui, sicuro sarebbe andata avanti, ma il suo sostegno era sempre stato molto importante nell’aiutarla a crescere. Si conoscevano ormai da almeno due anni, periodo in cui avevano formato la loro band. Lui l’aveva trovata a piangere sulla riva del laghetto del parco e le si era avvicinato con uno dei suoi soliti ed amabili sorrisi, sedendosi accanto a lei e facendole compagnia, porgendole di tanto in tanto qualche cleenex, finché non si fu calmata e, solo allora, le offrì una mano per aiutarla a rialzarsi. Non le chiese nulla del perché fosse così triste, ma le propose di entrare a far parte del gruppo che stava formando. La colse di sorpresa, in quanto non sapeva nulla di lei, nemmeno il suo nome, ma soprattutto se avesse avuto le capacità per un ruolo simile, ma Oda la informò che questo non era necessario, che era sicuro della sua scelta. Sosteneva di essere stato estasiato dalla sua voce, che aveva udito in qualche attimo in cui aveva pigolato qualche parola, tra un singhiozzo e l’altro, era stato sicuro che lei sarebbe diventata la sua cantante, regalandole così uno scopo per continuare, per mettere se stessa in qualcosa, per ricevere nuove e stupende emozioni. In quel periodo così difficile per lei, era come se un angelo fosse sceso dal cielo per condurla nella retta via, quella per la felicità. In seguito si erano aggregati anche Natsu e Ryo, ma solo loro erano diventati veramente inseparabili nel gruppo. Sempre assieme, sempre d’accordo su tutto, sulla stessa lunghezza d’onda, affiatati più di qualunque coppia d’innamorati esistente. Certe volte credeva veramente che lui fosse stato la sua salvezza o forse, perché no, la sua anima gemella, la sua metà perduta.

 

 

***

 

Dopo quegli eventi che avevano decisamente scombussolato casa Minamoto, il tempo iniziò a scorrere abbastanza velocemente senza ulteriori intoppi e tra scuola e ripresa di una vita normale, almeno in apparenza, metà Settembre giunse, decretando che un mese era passato dalla gita, ossia dall'inizio di tutto. Himiko si allenava strenuamente per trattenere i propri sentimenti, pensieri e ricordi, per non lasciare che fluissero nel suo sangue e di conseguenza potessero essere carpiti da Akira, finora comunque tutto senza molti risultati. Si cibava di lei almeno una volta al giorno, tant'è che più di una volta dovettero portarle sacche di sangue di scorta per reintegrare tutto ciò che perdeva. Furono grati ad Okura di aver almeno messo a disposizione le immense scorte di sangue di cui disponeva la sede del consiglio. Tra Himiko e Natsu era tutto molto stabile, comunque; lui non aveva più cercato di comportarsi come uno della propria stirpe, era definitivamente perso di lei e niente al mondo nella sua natura avrebbe potuto disgustarlo. Stesso valeva per Shiki, che ormai frequentava Hagumi regolarmente... se "frequentare" era il termine adatto, ovviamente, dato che quando si vedevano i tre quarti del tempo li passava a schernirla e sgridarla per i suoi pasticci, più come un papà scorbutico che altro. Era domenica e, sotto idea di Len, avevano deciso tutti di trovarsi per qualche compera al centro commerciale, più che altro una scusa come un’altra per svagarsi. La mora aveva perfino convinto Hagumi a trascinarsi dietro Shin, la quale non trovando nessuna scusa plausibile senza rivelare troppo riguardo la loro non parentela, dovette accettare. Non era molto felice all’idea che lui la vedesse insieme a Shiki, ma Len era così eccitata all’idea di poterlo vedere per un pomeriggio intero, che non aveva avuto cuore di dirle di no.

«Allora ti spicci?» bofonchiò la confettina, braccia appoggiate sui fianchi e l’aria irritata, alla sorella che ancora era davanti allo specchio, indecisa su quale giacchetta sarebbe stata meglio con il completo che indossava. «Siamo in ritardo!». La rossa alzò lo sguardo su di lei, mentre disperata le mostrava i due capi, supplicandola di aiutarla a scegliere.

La rosa li guardò entrambi e non ebbe cuore di dirle che li trovava immondi. Dopotutto i loro stili erano così diversi che se non passavano il tempo a schernirsi a vicenda era solo per il bene che si volevano, nient'altro. Indicò comunque uno dei due, quello che le sembrava meno un pugno in un occhio, e ovviamente la rossa scelse l'altro, come faceva sempre. Hagumi neanche si offese, semplicemente fece spallucce e le intimò di darsi una mossa, ancora una volta. «Sì, sì, un attimino eh!» perse ancora tempo Himiko, esasperando la sorella, che si voltò per uscire dalla lobby ed avviarsi in corridoio ed andò a sbattere con il nasino proprio su Shin, che era sbucato improvvisamente per vedere a che punto fossero. «Ehi, ma quanto vi ci vuole. Guardate che vi mollo qui e venite in metropolitana, eh!» sorrise, scompigliando appena i capelli di Hagumi, che lanciò un gridolino contrariato e si fiondò davanti allo specchio per controllare che i bei boccoletti, che aveva legato in due buffi codini alti ai lati della nuca, fossero ancora integri. Shin la guardò perplesso, poi roteò gli occhi e con una risata si avviò per le scale «MUOVETEVI O VI LASCIO QUI!» questo era l'ultimo avvertimento, tant'è che fece anche tintinnare le chiavi dell'auto per avvisarle. Le due si guardarono e si fiondarono fuori incastrandosi anche nella porta. Sotto le risate di Shin, poterono finalmente partire.
«Ehi, siamo qui!» la voce di Len li richiamava, sbracciandosi appena per indicare loro la posizione in cui si trovavano. Ovviamente erano gli ultimi. Hagumi fece per pestare un piede alla sorella, arrabbiata di questo, ma lei si scostò appena in tempo, al che la rosetta perse l’equilibrio e finì, nuovamente, contro Shin. Fece per dare addosso alla rossa, ma questa era già sparita nel gruppo di amici e, mentre chiacchierava allegramente con Misa, non faceva che scambiarsi occhiate di sottecchi con Natsu. Sospirò, sorridendo a Shin e avviandosi a raggiungere anche lei gli altri.

«Poi me la devi spiegare questa cosa di Natsu e Himiko, perché sinceramente non é che ci abbia capito granché!» bofonchiò Shin, un po' gelosetto della sorellina, per lei indubbiamente in modo fraterno, mentre evitava accuratamente di chiedere delucidazioni anche su come fosse finita lei con Shiki, che a proposito, parli del diavolo e spuntano le corna, uscì dal gruppo andando incontro ai due. Hagumi sorrise al moro, ma non lasciò la mano del fratello, perché aveva deciso di comportarsi in modo normale, come se fosse ancora convinta di avere un legame di sangue con lui, un vero legame fraterno a cui non poteva voltare le spalle così, vergognandosi solo per l'arrivo di Shiki. Shin sorrise grato della correttezza di Hagumi e fu lui il primo a sciogliere la presa per non metterla in imbarazzo. «Vado a salutare gli altri, sorellina!» le diede un colpetto sulla fronte con l'indice e si allontanò, salutando Shiki con un sorriso cordiale ed un cenno di mano, sorpassandolo. Shiki rispose al saluto, non al sorriso, e non perché ce l'avesse con Shin per qualche motivo, semplicemente lui non sorrideva mai, a meno che non fosse per ironia, o fosse solo con Hagumi.
Lei sorrise radiosa, andandogli incontro, allargò le braccia e fece per buttarsi fra le sue, ma questo la superò, appiccicandosi alla vetrina dietro di lei.
«Uao, questo nuovo televisore è davvero stratosferico, sto seriamente pensando di comprarmelo, tu che ne dici, Hagu?» domandò voltandosi verso la rosetta, che era rimasta lì, come un ebete, abbracciando l’aria. Lui si lasciò scappare un sogghigno, avvicinandosi ora a lei e punzecchiandole la morbida e pallida guanciotta con l’indice. «Ti sei innamorata di un fantasma? Sembri così presa… ».
I limpidi occhioni azzurri si riempirono di lacrimucce, le labbra tremarono minacciando lo scoppio a breve. Lui si guardò attorno, sembrava che nessuno li stesse guardando, così la prese tra le braccia e la cullò un attimino, ma solo un istante. «Buona, buona, dai. Ti compro un gelato, ok?» un paio di carezzine sulla testa e poi la lasciò andare, avviandosi verso gli altri senza neanche accertarsi che lei lo seguisse. Perché tanto lo sapeva che l'avrebbe seguito, tant'è che lei ora zampettava dietro di lui a testa bassa, come un cucciolino abbandonato e triste.

«Ragazzi… » bofonchiò incrociando le braccia dietro la testa, l’aria annoiata. «Che dite di prenderci una crepe? Io ho fame… ».
«Non se ne parla!» squittì Misa in direzione del bel batterista «Son venuta qui con l’intenzione di fare compere folli, ho perfino questi coupon di sconto, non perderemo tempo a mangiare!».
«Ergghhh, ma abbiamo un sacco di ore, dai ti prego!» la supplicò, ma lei non volle cedere. Himiko ridacchiò, mettendosi in mezzo ai due, uno strano brillio negli occhi.
«E se mangiassimo una crepe facendo spese?» propose e quando i due acconsentirono, scappò in direzione del negozio a cui avevano puntato gli altri due, urlando a squarciagola “TUTTO MIOOO!”, lasciandoli lì come due ebeti, crepes in mano, ben pronta a svaligiare l’intera boutique delle cose migliori. Len li guardò scandalizzata, chiedendosi come si potesse essere tanto agguerriti per un semplice negozio, quando in quel centro ce ne erano almeno un centinaio.
Comunque erano così numerosi che ben presto si separarono in gruppetti, se non addirittura coppie, per il centro commerciale. Prevedibile. Shin fu rapito da Naoko, con Len che li seguiva inventando scuse pur di stare al fianco del bel bruno di cui tanto era innamorata, mandando mentalmente maledizioni a Naoko perché le si staccassero le braccia e non potesse più appiccicarsi a lui. Tutti dicevano che lei portasse sfortuna e malocchio...  "Magari fosse così!" pensò tristemente, cercando un modo per scollare quella sanguisuga da Shin, perché purtroppo i poteri attribuiti a lei dagli altri e tanto decantati, non esistevano di certo.
Hagumi non sapeva più dove girarsi, invece: saltava da una vetrina all'altra, per la maggior parte quelle di giocattoli, ammirando sognante i peluche più grandi e morbidi che avesse mai visto. Appiccicò il nasino ad una vetrina ed Himiko e Natsu la seguirono, portandosi ai suoi lati, curiosi. «Che guardi, Haguchan?» chiese Natsu, col quale una volta chiarita la questione che fossero vampire e a lui stava bene così, era tornata felicemente molto amica.

Lei piagnucolò qualcosa circa un coniglietto vestito in stile sweet lolita e alto almeno fino alla sua vita.

«Ma dai è orrendo!» commentò la rossa, che sistemava meglio le cinquantamila borse di shopping che aveva in mano. Hagumi si girò verso di lei, lacrimucce agli occhi, l’aria offesa. Eppure le sembrava così tenero. Si rassegnò, soprattutto per il prezzo alle stelle, pronta a seguire la sorella e il biondo che già si erano avviati al negozio successivo, ma nel girarsi alla ricerca di Shiki, sbatté contro qualcosa di morbido. Alzò lo sguardo, per trovarsi davanti il moro dall’aria imbarazzata che le porgeva proprio quel peluche che le piaceva tanto.
«Non mi tradire anche con lui però!» bofonchiò porgendoglielo e incamminandosi «Dai sbrigati, se no li perdiamo!».
Lei acciuffò il coniglione gigante prima che cadesse a terra e lo strinse forte, colpita e così rossa da nascondere il viso in tutto quel pelo per qualche attimo. Rimase immobile ed in silenzio, Shiki se ne accorse, non sentendola scodinzolare al suo seguito come al solito. Si voltò tornando sui suoi passi, al suo fianco. «Hagu?» chiese incerto, prima di sentirsi afferrare per il colletto della camicia di cotone nera ed essere trascinato verso un angolino, dietro al quale scomparirono agli occhi di Himiko e Natsu. «Uhm... io non ho visto niente, tu?» ghignò malizioso e lei si aggregò alla sghignazzata, facendo la finta tonta. «No, non mi pare proprio... » disse sul vago, prima di bloccarsi ed accorgersi che erano rimasti soli, lontani da qualsiasi componente del gruppo. Boccheggiò un paio di volte, mentre improvvisamente le parole sembrarono morirle in gola. Dall’avvenimento con Akira, dove l’aveva spudoratamente baciato davanti a tutti, non si erano mai ritrovati da soli e quindi la situazione fra di loro era rimasta statica, niente più novità, né un bacetto, né una parola carina. Il suo sguardo saettò sulla copertina di un cd che cercava da una vita, nello scaffale a pochi passi da loro. Ed era anche l’ultima copia! Che colpo di fortuna! Corse in direzione del prezioso pezzo, prendendolo nelle mani e facendogli le carezzine, sprizzando di gioia.
«Miooo, mioooo! Non sai da quanto ti cercavo, awww… Natsu guarda!!!» ululò vittoriosa, mostrando il cd al ragazzo, al quale gli occhi sembrarono uscire dalle orbite.

Oddio, era il cd che cercava da secoli anche lui! «L'ultima? No, impossibile!» iniziò a frugare ovunque tra gli scaffali, magari qualcuno l'aveva preso e non l'aveva più messo al suo posto, oppure spostato inavvertitamente... ma dovette arrendersi quasi subito. Era l'ultima copia. Si voltò lentamente verso Himiko, lo sguardo famelico. Lei indietreggiò di qualche passo, portandoselo dietro la schiena. «Mio, ho detto!» lo rimbeccò, che non si facesse venire strane idee. Ma a quanto pareva, lui l'idea di fregarglielo se l'era già fatta venire, tant'è che balzò verso di lei per tirarglielo di mano. «DAMMI QUEL CD, HIMIKO!» gridò senza ammettere repliche e lei urlacchiò spaventata «NOOOO! VIAAAAA, È MIOOOO, L'HO TROVATO IOOO!» piagnucolò, mentre con una mano cercava di spingere lui via e con l'altra allontanava il cd il più possibile.

«Ti dico che deve essere mio, non sai da quanto lo cerco!» ululò lui, arrivando ora a prenderlo, ma lei dall’altro lato non lasciava la presa.
«TU non sai da quanto IO lo cerco, non ci pensare nemmeno, l’ho trovato io, è MIO!» diede uno strappo al CD così forte, che entrambi persero l’equilibrio, cadendo all’indietro ai lati opposti, il CD in mezzo a loro. Himiko si massaggiò la schiena, dolorante, così come fece lui, ma ebbero la pessima idea di scattare in avanti esattamente nello stesso momento verso la copertina, realizzando il suo stato di abbandono. Concludendo, picchiarono la testa insieme e questo schizzò lontano da loro, proprio ai piedi di un ragazzino che passava in quella corsia.
«Uao, questo CD lo cercavo da tempo, che fico!» sentenziò allegro, avviandosi alla cassa e pagandolo, lasciando i due a bocca aperta.
«È colpa tuuaaa!» lo rimbeccò la rossa, appendendosi al suo collo e tentando seriamente di strozzarlo.
Il ragazzo si diede dello stupido mentalmente, dopotutto avrebbe dovuto lasciarlo a lei e fare il galantuomo. «No, dai... non fare così, Himi, scusa!» supplicò, agguantandola tra le braccia e dandole qualche colpetto affettuoso in testa «Prometto che se lo ritrovassi in qualche altro negozio, lo prenderei per te!» forse, o forse no, il buon proposito c'era, poi magari avrebbe cambiato idea, ma per il momento doveva calmarla in qualche modo. Fu solo quando ebbe terminato la frase, che si rese conto che effettivamente si stavano abbracciando, lei con le braccia attorno al suo collo, lui attorno alla sua vita sottile e fragile. Arrossì di botto, allontanandola non troppo gentilmente ed alzandosi in piedi con una qualche scusa. «Ah, che scemo, dimenticavo che dovevo dire a Shiki di... ». «Shikicooosaaa!» scattò lei in piedi e lo bloccò per la collottola prima che potesse scappare via. Era rossa ed imbarazzata altrettanto quanto lui, ma non poteva certo lasciare che andasse a disturbare i due piccioncini che si sbaciucchiavano schiacciando il coniglietto tra di loro. «Ah, è vero!» si ricordò subito lui, fermandosi e rimanendo in silenzio, impacciato.
«Ti va un sandwich?».
«Ti va una partita in sala giochi?».
Parlarono all'unisono, indicando ai due lati opposti del centro commerciale. Ottimo, ci mancavano solo le divergenze di opinioni e i conflitti d'interessi.
«Un sandwich giocando una partita?» propose lei, Natsu fece per accettare, ma la scena che si era presentata inizialmente con Misa e Ryo gli balenò alla mente.
«Ehi! Non vorrai liberarti anche di me per scattare nel prossimo negozio di musica, vero?» domandò offeso. Lei fece spallucce «Forse… » ridacchiò, ma quando lui fece per reagire alla sua provocazione, lei gli puntò un dito sulle labbra, ordinandogli di fare silenzio.
«C’è qualcosa di strano… » si avviò verso l’entrata dell’emporio, guardandosi intorno con fare circospetto, mentre le figure delle persone davanti a lei erano totalmente immobili. Guardò il biondo sconvolta, indicandogli l’insolita scenografia. Che stessero facendo uno spettacolo di mimi?
Natsu non seppe cosa dire, rimase stupito. Girarono un po' per il negozio e, quando il biondo passò accanto al ragazzino ladruncolo che si era preso il loro cd per andare a pagarlo, glielo rubò dalle mani, oltraggiato. «Tsk, questo é nostro!» fece una linguaccia al ragazzino, beccandosi in tutta risposta uno scappellotto da parte della ragazza «AHIO!» fece lui guardandola irritato «Sei una manesca!». «E tu un cretino. Ridagli quel cd, l'ha pagato, poi seguimi fuori, dobbiamo scoprire che sta succedendo.». Lo mollò lì, mentre piangeva accarezzando il cd. «Sigh... tieni marmocchio.» glielo infilò tra le mani e poté giurare che gli occhi del ragazzino si fossero mossi a guardarlo. Rabbrividì, inquieto, com'era possibile che quelle statue che sembravano quasi di cera riuscissero a muovere lo sguardo. «Ehi, ma sei vivo? Mi vedi?» passò una mano sugli occhi di quest'ultimo, che in risposta li mosse di nuovo, per far capire che lo aveva sentito. «CACCHIO!» urlò alzandosi di scatto ed indietreggiando, ora seriamente spaventato. «Himi... Himichan, devi venire a vedere una cosa!!!».

«Che c’è?» scattò lei, ma quando si voltò in direzione del biondo, si trovò davanti uno strano essere, che le ricordava tanto la descrizione di Hagumi della creatura che aveva attaccato Shin al ritorno dalla gita in montagna. Boccheggiò un paio di secondi, prima di cacciare un urlo spacca timpani che rimbombò probabilmente per tutta la struttura, ed evitare per un soffio di essere lacerata dagli artigli di questa. Si ritrovò accovacciata a terra, l’albero di decorazione dietro di lei ora a pezzi.
«Che succede?!» era la voce di Shiki che, sentito il vociare della rossa, stava ora accorrendo con la rosetta e il famoso pupazzo coniglio a mano.
«Himiko!» chiamò quest'ultima, lasciando la mano del moro e correndo accanto alla sorella, il peluche stretto tra le braccia esili. «Stai bene, Himichan?» chiese spaventata, rincuorata poi dal cenno positivo della rossa che si rialzò titubante. Natsu anche li raggiunse, portandosi accanto alla ragazza completamente terrorizzato, afferrandole le spalle con le mani e sbatacchiandola un po' «Oh mio Dio Himiko, come stai? Sei tutta integra vero? Ti sei rotta qualcosa? Ma chi... » lei gli schiaffò una mano sulla bocca, con veemenza «S-T-O B-E-N-E... CALMATI!» ordinò asfissiata, prima di compiere un salto indietro allontanandosi da lui per sfuggire ad un qualcosa che era volato nella loro direzione, del liquido verde e maleodorante che finì sul pavimento, fondendolo. «Cosa cavolo é quella roba?» quasi imprecò Natsu, schivando anche lui una manciata di quel composto vischioso, che concluse il suo percorso direttamente su Hagumi, proprio dietro di lui. «HAGU!» urlò Shiki, fiondandosi verso di lei, e ringraziò il cielo per avergli fatto spendere un bel po' per quell'orrendo peluche, che si era completamente liquefatto tra le manine della rosetta, che lo guardava incredula, lacrimando un po'. «Sgnicchinfracchiolo... » farfugliò con una vocina pulcinosa, mentre Himiko abbracciò la sorella per vedere che fosse tutta integra.

«Ma quello… » notò Shiki, la creatura in fronte a loro era esattamente uguale a quella che avevano distrutto un mese prima e sembrava piuttosto infuriata. Forse gli avevano rovinato il piano? In effetti, si ritrovò a pensare, la situazione in cui si trovavano era anomala, perché erano gli unici a non esser rimasti pietrificati? Magari, quelli che possedevano una qualche caratteristica paranormale, erano immuni al suo potere? Non trovò altra spiegazione.
«KYAAAAH!!! Cos’è quello schifo?!» la voce di Naoko perforò i timpani dei presenti, facendo voltare la creatura nella loro direzione, pronta a partire alla carica.
«ATTENTA!» la avvertì Shin, poco dietro di lei, spingendola di lato.
La ragazza cadde con un tonfo sul pavimento, qualche metro più in là, mentre l'ibrido si avventava su Shin, facendolo cadere rovinosamente a terra e sovrastandolo, tenendolo schiacciato sul pavimento con il proprio corpo.
«Anf... anf... » sembrava piuttosto affannato, mentre spalancava le fauci mostrando canini identici a quelli di vampiro. Shin cercò di spingerla via, ma era troppo forte. Shiki fece segno a tutti di accerchiare i due a terra, in modo da non dare alla creatura una possibile via di fuga. «Shin! Shiki fai qualcosa, sta per ucciderlo!» la voce spezzata era quella di Hagumi, mentre Naoko si rialzava e si portava accanto a lei, indietreggiando. «Zitta, Shii-chan e Nii-chan sanno quel che fanno, non osare dubitare!» sbottò in modo poco garbato, mentre i due cugini cacciatori si portavano ai due lati opposti dei due a terra, pronti ad agire per catturare quell'essere immondo.

«Shii-chan? Nii-chan?» si ritrovò a pensare per un istante la rosetta, ma da quando aveva così tanta confidenza con loro? Le salì una fitta di gelosia, ma non si premurò tanto di questa, Shin era in pericolo!
Furono però confusi nel vedere la creatura muoversi a una forte velocità ed atterrare bruscamente, come scaraventata, contro il pavimento del pianerottolo di sotto, passando dal balconcino al piano sottostante. Si girarono quando notarono Himiko, ora trasformata, alle loro spalle.
«Psicocinesi… » sembrò rimuginare Shiki, quasi geloso del potere della rossa «Forte!».
Naoko guardò sconvolta la scena e, trascinandosi Sunako per mano, si allontanò in panico dalla rosetta, intuendo di volata che doveva essere come la sorella, avvinghiandosi a Natsu.
«Oddio fratellino, ma quella è un vampiro!» squittì disgustata, soffocandolo quasi nella sua morsa da piovra. Si ritrovò sorpresa dal fatto che Sunako, al suo fianco, fosse lì tutta tranquilla, come se per lei la cosa fosse normale. Decise di non farci caso, probabilmente era solo un’appassionata di horror. «Perché sono ancora a piede libero?! Non te n’eri accorto?!».
Il biondo la guardò accigliato, offeso dalla ripresa della moretta. «Io lo sapevo, sei tu che non l’avevi percepito!».

«Non è il momento di chiacchierare.» sbottò Shiki, allontanandosi da Naoko e la sua vocina odiosa. Si avvicinò a Shin, porgendogli una mano «Tutto bene? Alzati dai, sospetto non sia ancora finita!» borbottò stancamente, aggiungendo un "Che seccatura questa storia!" mentre Shin sorrideva grato ed afferrava la sua mano. Si rialzò giusto in tempo per accogliere Hagumi che gli era praticamente saltata al collo, preoccupata. «Fratellone, stai be... aaahh sei ferito.» inorridì guardando il graffietto sulla sua guancia, mentre posava una mano su di esso e concentrandosi, impresse un po' del suo potere, tanto che il taglio si rimarginò subito, ancora più in fretta che con la naturale guarigione celere dei vampiri. «Grazie.» rispose lui, le braccia che le cingevano la vita, sembrava non avesse intenzione di mollarla, finché Shiki non si schiarì la gola e i due sobbalzarono, allontanandosi impacciati. Himiko ridacchiò, tornando normale, mentre Natsu si portò al suo fianco, scollandosi quella piattola di sua sorella. «Che razza di potere che hai, inizi a farmi paura!» la prese un po' in giro, accarezzandole la testa. Lei sorrise «Senti chi parla, signor torturatore.» cacciò la lingua, ormai le veniva solo da scherzarci su quell'episodio... per fortuna. Si avvicinarono infine tutti al parapetto e si affacciarono per dare uno sguardo al piano inferiore. Quell'essere era scomparso, nonostante avrebbe dovuto sfracellarsi al suolo. «Mi pareva di non aver sentito nessun tonfo... » disse Shiki, guardandosi attorno con occhio critico «State in guardia, é nascosto da qualche parte e ci osserva. Shin ed Himiko si trasformarono, con una Naoko sconvolta che sobbalzò allontanandosi dal ragazzo. Shin era un vampiro? E lei non si era accorta di nulla? Ma come cavolo... ? Neanche il tempo di finire di formulare i pensieri, che l'ibrido spuntò cadendo dal soffitto a cui si era aggrappato, nessuno di loro riuscì a spiegarsi né come né quando. Toccò il pavimento accovacciandosi a quattro zampe e li guardò con occhi rossi come il sangue, canini appuntiti, artigli affilati ed una strana aura nera che circondava il suo corpo. Nessuno di loro fece in tempo a realizzare quanto successo, ma la strana creatura era sparita e ricomparsa in mezzo a loro, come dal nulla, colpendoli uno dopo l’altro. Chi più di striscio, chi più profondamente, gli artigli di questa aveva toccato tutti lacerandoli e fatto questo, scomparve nel nulla. Le persone accanto a loro sembrarono riprendere a muoversi e si guardarono intorno confuse, chi curioso dei danni alla struttura, chi guardava piuttosto impressionato il loro gruppetto. Fulmineo, con il braccio ancora sano, Shiki disegnò quello che sembrava un ideogramma nell’aria che s’illuminò e rivelò la parola “tempo”, chiudendo gli occhi e pronunciando quella che sembrava una formula in una strana lingua sconosciuta.

«Ehi, ma che è successo? Si sono fermati di nuovo! Che sia tornato?» domandò Shin incerto, che non aveva visto la scena, tornando a guardarsi intorno con fare circospetto.

«Tranquillo, sono stato io.» esordì Shiki, mentre Naoko ululò un “Sei troppo fico Shii-chan”, spalmandosi poi a terra ululando per il dolore che aveva alla spalla, dove era stata colpita.

Hagumi aveva osservato con estremo interesse il fare di Shiki, aveva tenuto un sangue freddo e una razionalità disarmanti durante il combattimento, tant'è che aveva un po' diretto i movimenti di tutti. Arrossì appena, scoprendosi a pensare quanto fosse in gamba e quanto gli piacesse sempre di più. Poi intercettò lo sguardo di Shin e dissimulò con qualche colpetto di tosse. «Mhhh coff... cough... sì... uhm... fatemi vedere le vostre ferite!» alzò una mano che già emanava una candida aura bianca e perlacea, voltandosi verso Sunako. «Tu dove sei ferita, cara?» chiese cordiale, ma Sunako disse che lei stava benissimo e non aveva bisogno di nessuna cura. Effettivamente, notarono tutti, fu l'unica a non aver subito lesioni. Shiki la guardò accigliato, ma non disse nulla. Fece cenno invece ad Hagumi di occuparsi di Naoko, che pareva quella messa peggio. Lei annuì e, calandosi completamente nella parte della perfetta infermierina, si avvicinò alla moretta, pronta a curarla, ma questa cacciò un urlo che le perforò il timpano destro, facendola cadere all’indietro e picchiare la testa sul pavimento.

«NO, MAI E POI MAI! NON MI FARÒ CURARE DA UN VAMPIRO!» ringhiò lei, rivolgendosi poi a suo cugino «Sei forse ammattito Shii-chan? Si può sapere che diavolo ti passa per la testa?!».

Lui fece spallucce. «Se preferisci continuare a provare dolore e curarti senza l’aiuto di Hagu, prego fai pure, la cosa non mi tocca.» Si avvicinò allora alla confettina, che si era rialzata piuttosto stordita, mentre la testa sembrava esploderle, facendosi curare al posto di Naoko. Quest'ultima, se avesse saputo come si fa ad uccidere con un solo sguardo, li avrebbe già massacrati, soprattutto il fratello ed il cugino. Ma come potevano fare amicizia con il nemico? No, assolutamente non avrebbe mai permesso che il loro rapporto continuasse a svilupparsi in quella direzione... non aveva… senso!

 

... continua...

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 7



Con un forte colpo, iniziarono i fuochi e fu un'esplosione simile ad una granata che illuminò di rosso la folla sottostante, nonostante la luce giornaliera. Tutti alzarono il naso per aria, verso il cielo azzurro, dove sembrava essere sbocciato un fiore scarlatto, tanti piccoli puntini che creavano quell'immagine toccante e brillante, prima di spegnersi a poco a poco e lasciare spazio ad altre figure pirotecniche perfette, accurate e luminose. Hagumi guardava il cielo con la boccuccia spalancata per la sorpresa, non sapeva che durante la pausa pranzo ci fosse in programma quello spettacolo. Si voltò verso Hiro affianco a lei e gli tirò una manica per attirarne l'attenzione «Hiro, Hiro! Ma quando é stato organizzato? È bellissimo!» squittì entusiasta, alzando poi nuovamente il nasino, buttando il capo rosa indietro, cozzando stavolta con la nuca su qualcosa. Sussultò e si voltò a guardare la figura dietro di sé, ma non fu lei a parlare, bensì Hiro al suo fianco. «Shin, avete finito l'ultima gara?» chiese con la solita atonia. Il bruno annuì e sorrise, poi guardò la sorellina «Stanno preparando un pic-nic sotto i ciliegi... Himiko e Misa, intendo. Vieni anche tu?» poi si voltò verso Hiro «E tu? Vieni?».
«Credo non faccia per me… » salutò con un cenno freddo della mano, allontanandosi in direzione del gruppo di insegnanti. Shin fece spallucce. «Beh, andiamo Hagu?» domandò, senza però attendere realmente risposta, prendendola per mano ed iniziando ad incamminarsi con lei.
«HIMIKO! NON OSARE FARLO!» furono attirati dalla voce di Misa che, piuttosto
infuriata, rincorreva la rossa che si gustava nella corsa un Onigiri. «ASPETTA CHE ARRIVINO TUTTI, HIMIKOOOO!».
Shin e Hagumi si guardarono un momento, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

«Non cambierà mai!» ridacchiò lui, mentre si calmavano, Hagumi ancora che si teneva la pancia dal ridere. Lui si voltò a guardarla e le strinse un po' di più la mano, colpito. Lo sapeva che erano fratelli e basta, ma questo non gli impediva di guardarla con occhi da innamorato perso e pensare che vederla serena e felice fosse la cosa più bella del mondo. Avrebbe fatto tutto per difendere la sua felicità, forse avrebbe anche ucciso. Non avrebbe mai permesso a nessuno di ferirla, a nessuno. Lei si asciugò una lacrimuccia sul bordo di un occhio e si voltò sorridente a guardarlo. Come stava bene con il suo fratellone, proprio come se non fosse cambiato nulla. Era contenta che le cose si fossero sistemate così. «Che facevi con Hiro?» chiese lui, curioso «Come mai non hai partecipato a nessuna gara? La festa dello sport é divertente per questo, no?» lei scosse il capo e fece spallucce «Sono negata per lo sport, lo sai. Rischierei di farmi male o fare male a chi mi è intorno. Preferisco stare seduta con qualche altro amico che non gareggia ed osservare voi. Ti ho scattato un sacco di foto, lo sai? Nei cento metri sei stato pazzesco, hai schiacciato tutti!» era molto orgogliosa del suo fratellone, che anche senza usare poteri da cacciatore o da vampiro, risultava sempre essere uno dei migliori. Ma qualcuno non era da meno, infatti aveva osservato tanto anche Shiki, ed era altrettanto in gamba. Arrossì, pensando che non meritava di essere amata da loro che erano così schifosamente bravi in tutto. Lei sapeva solo studiare, al di là di quello non aveva nessun altro pregio. Il filo dei pensieri fu interrotto da Himiko, comunque, che si avvicinò sghignazzando dopo aver seminato Misa in mezzo alla folla. «Volete un Onigiri?» chiese furbetta, porgendo loro un obento molto ben curato. «Sono veramente ottimi, per una volta quella frana in cucina ha fatto qualcosa di buono e non voleva nemmeno che li vedessimo!». Fece per afferrarne un altro, ma qualcuno fu più veloce di lei. «Ehi! Quello era il mio Onigiri!» piagnucolò la rossa in direzione del ladro «Era l’ultimo al salmone, cattivo!!!». Natsu ridacchiò vittorioso, ingoiando tutto d’un fiato la polpettina di riso, rischiando anche quasi di strozzarsi, sotto compiacimento di Himiko.

«Che strazio… » si lamentò Shiki alle loro spalle, avvicinandosi alla confettina e il fratello. Uno sguardo fulmineo partì in direzione del bruno, decisamente troppo avvinghiato alla bella rosetta. «Ehi Shin, più tardi ti va di fare una gara? Forse sei l’unico in questa scuola con cui valga la pena di misurarsi… son tutti dei perdenti… beh, in ogni caso è scontato che perderesti anche tu… ».

Il bel brunetto sorrise fiero, porgendogli la mano. «Scommettiamo?». Shiki trovò la cosa molto interessante e ricambiò la presa, gli occhi ora luccicanti di una strana luce che preoccuparono non poco Hagumi. Era sicura che quella sfida non promettesse nulla di buono. «Certo. Che cosa vuoi mettere in palio?». Shin sorrise serafico, mentre la sua mente già tesseva un diabolico piano pronto per esser servito su di un piatto d’argento.

«Se vincerò io, per una giornata Hagu sarà mia esclusiva.». Il moro accettò di buon grado. Se cercava di farlo fesso, aveva sbagliato via, era già tutto calcolato. «Bene, accetto. Se invece verrai sconfitto, dovrai iniziare a comportarti seriamente come suo fratello, evitando sciocchezze tali il prendervi per mano!». Hagumi alzò lo sguardo sui due, piuttosto incredula, mentre la boccuccia si muoveva sconnessamente, senza emettere però nessun suono. Fu sorpresa soprattutto dell’atteggiamento di Shiki, allora era geloso!

Himiko, accanto alla rosata, emise un ghignetto divertito e così anche Natsu, dall'altro lato. Entrambi appoggiarono una mano sulle spalle di Hagumi e le diedero qualche pacca solidale, anche se in realtà si stavano divertendo da matti.

«Ma... ma... ma... li avete sentiti? Fermateli! Mi hanno messa in palio! Cioè... cioè... Shin mi meraviglio di te!» sbottò stizzita, agitando i pugnetti in aria senza nessuna logica, mentre i due scommettitori si voltarono a guardarla, entrambi sorridenti in modo diverso: Shin sfoggiava il solito sorriso dolce, Shiki invece era di un sardonico impressionate. La ragazza assottigliò lo sguardo, strinse le labbra con veemenza, pronta ad insultarli di brutto, ma si arrese: non c'era molto da fare. Sbuffò irritata e si voltò, scrollandosi Natsu ed Himiko di dosso che persero l'equilibrio e si diedero una sonora zuccata, e si allontanò indispettita, a passo da elefante.

«È adorabile.» disse sarcastico Shiki e Shin dopotutto non poté far altro che ridere e ritrovarsi d'accordo.

***

 «Bella visuale da quassù.» commentò, sporgendosi appena dalla ringhiera. «Si possono notare molte cose interessanti da qui, vero?» sorrise gelido, mentre sotto di loro si presentava il gruppo di amici, impegnati nella solita buffa scenetta del momento. La ragazza alzò lo sguardo sulla figura a fianco a lei, indietreggiando appena per lo spavento. Lui allora roteò il corpo, arrampicandosi sul parapetto e sedendosi sopra questo, l’aria di chi la sa lunga.
«Chissà per quale motivo tu non partecipi mai realmente alle loro uscite, stai sempre in disparte… osservi… » ora lo sguardo prendeva una piega cinica, mentre con la mano prese a giocherellare con una treccia della ragazza.

Lei non disse nulla, non mosse un muscolo. Era pietrificata dalla paura, mentre l'albino si chinava verso di lei, rimanendo seduto sulla balaustra, ed avvicinando il proprio viso al suo. «Mi hai sempre un po' insospettito, ma non mi era mai passato per la testa che il tuo odore potesse essere diverso da quello di Shinichi Minamoto. E invece, a quanto pare, questo miscuglio non indica che i tuoi genitori fossero di razze diverse, vero?» chiese retorico, scendendo poi con un salto agile e portandosi praticamente a pochi centimetri da lei. Le lasciò andare la treccia e la mano si spostò sul suo viso, che afferrò per il mento, obbligandola a guardarlo negli occhi, mentre l'altra mano rimaneva tranquillamente stipata nella tasca. «Cosa ci fai qui? Qual é il tuo compito?».

«Non… non so di cosa tu stia parlando!» sussultò lei, liberandosi dalla presa, ma Hiro non sembrava intenzionato a chiuder lì la questione. Sorrise ancora, con quell’indifferenza glaciale.

«Andiamo, ti facevo più astuta. Eri così sicura di te stessa e di non essere scoperta da non esserti nemmeno preparata un’eventuale e credibile scusa?» scosse la testa, l’aria ipocrita, mentre fingeva di essere divertito dalla questione. La ragazza strinse i pugni, frattanto lo sguardo si faceva ora velato di malevolenza.

«Stai al tuo posto, questi non sono affari che ti riguardano!» tuonò sfidandolo, pronta a combattere per difendere la sua missione. Non poteva permettere di venir scoperta, non in quel frangente, non da lui. Era probabilmente l’unico che poteva realmente metterle i bastoni fra le ruote, finché tutti gli altri non fossero stati in grado di riconoscere un ibrido, aveva libertà di movimento. Ma con lui che fiutava ogni sua mossa, la sua presenza, come avrebbe potuto attenersi al piano?

Lui sorrise lievemente, mantenendo quel caratteristico sguardo privo di espressione che avrebbe messo i brividi a chiunque. «E cosa mi fai, se io non me ne tengo fuori, dimmi?» chiese sfidandola, tornando dritto poi e superandola, anche l'altra mano s’infilò in una tasca dei raffinati pantaloni bianchi «Ti tengo d'occhio, non dimenticarlo.» andò via, lasciandola piena d’inquietudine.

 

***

  Sotto gli alberi verdi del cortile, in molti si stavano concedendo la siesta prima di iniziare le gare pomeridiane. Erano anche arrivati i parenti degli studenti, in vista del match pomeridiano che avrebbe visto schierati genitori e figli di ogni sezione, le une contro le altre, ogni ciclo a sé. I Minamoto erano seduti sul praticello, all'ombra di un'ampia chioma verde di un fusto, in mezzo a loro era disteso sull'erbetta un grosso panno da pic-nic di un bell'arancio estivo e su questo erano posate innumerevoli leccornie preparate da Ai. Finito lo spettacolo pirotecnico, era ora di riempire i pancini ed organizzarsi per le sfide successive. «Allora, come ci dividiamo?» chiese Himiko, acchiappando un dolcetto e buttandolo nelle fauci, aveva già mangiato con gli amici poco prima, ma ai manicaretti della mamma non si diceva mai di no. «Il problema é che mentre voi gareggiate qui, Shin gareggia altrove con i suoi colleghi universitari, e noi siamo solo in due.». Hagumi fece spallucce «E che problema c'é? Io posso tranquillamente astenermi, ho un ginocchio sbucciato per aver fatto da arbitro alla staffetta, figuriamoci se posso partecipare alla corsa a ostacoli con il piede legato a uno di voi. » rise nervosamente, decisamente non era il caso di ridicolizzarsi ulteriormente. «Sciocchezze!» non fu nessuno dei presenti a parlare. Si guardarono attorno, poi Himiko gettò il capo indietro e sbiancò: Okura era appollaiato su di un ramo e accanto a lui, in piedi, Oda e Akira. Era una persecuzione! Okura sorrise e con un salto agile scese dall'albero... scivolando poi e piantando una sonora testata al suolo. Kojiro rise e gli porse la mano per aiutarlo a rialzarsi «Non cambi mai, vecchio mio.». Shin anche ridacchiò «Mi ricorda qualcuno... » guardò Hagu sorridente, ma questa si offese e mise il broncio. Mica era colpa sua se era imbranata? Ma fu contenta di sapere che non era l'unica. «Eheh, chi altri é pasticcione come me?» chiese divertito Okura, ridendo di sé e rialzandosi, dandosi poi qualche pacca sui vestiti per spolverarsi. Nessuno rispose, forse perché non ne diede il tempo, cambiando già argomento «Dicevo, il problema non sussiste, posso partecipare io con Haguchan, no?».
La confettina sbiancò, guardando ora l’anziano biondo terrificata. Lei partecipare ad una gara? E con quel polipo che andava dicendo di chiamarlo “zio Okura”? MAI!
«Faremo furore noi due insieme!» gli occhi sbrilluccicosi, mentre si era avvicinato alla rosetta e ora teneva le manine candide di lei fra le sue. Himiko, che ingollò un boccone del suo ennesimo Dorayaki, guardò prima uno e poi l’altro, scoppiando in una fragorosa risata. «Mi rifiuto di gareggiare, non posso perdermi questo spettacolo grandioso!».
«Himiko, tesoro!» la riprese Ai, osservando l’altra figlioletta che veniva strapazzata da Okura, piuttosto preoccupata. In effetti, era lei la prima a vederli perennemente spalmati a terra, vista l’impacciataggine di entrambi.
«Ma... mamma!» rispose scandalizzata la rossa, in un misto tra l'offeso e il divertito «Vuoi dirmi che tu non ti spancerai dalle risate quando si romperanno l'osso del collo contemporaneamente?» tanto erano immortali ed una ferita simile, dolore atroce a parte, non li avrebbe certo uccisi. Kojiro e Shin anche ridevano, dopotutto sarebbe stato divertente. Hagumi si scollò Okura di dosso dopo molti tentativi, a suon di spintoni, poi lo tenne ben lontano tenendo distese le braccia tra i loro corpi e guardava Shin come se fosse un traditore «Ah sì, ridi anche tu eh! Tanto io tiferò per Shiki, dopo, lo sai?» questa fu cattivella e fece bloccare Shin d'improvviso, che quasi si soffocò con la sua stessa risata. «Non é giusto!» protestò lui, prima di bloccarsi contrariato mentre Shiki si avvicinava assieme a Natsu, gongolante. Ebbene sì, aveva sentito tutto. Hagumi arrossì violentemente e perse la presa su Okura che ebbe modo di buttarsi di nuovo su di lei, per farle le feste, ed Himiko avrebbe potuto giurare di aver visto anche una coda scodinzolante; Shin dal canto suo si zittì e mise il muso, già in cerca della concentrazione per vincere la maledetta sfida con Shiki e togliergli quel sorriso trionfante dal volto. I nuovi arrivati li raggiunsero ed Ai li salutò solare e sognante «Ma che bello rivederci, Natsu-kun, Shiki-kun!» sospirò, era proprio bello essere circondati da baldi giovani «Mamma, non fare come Okura, ti prego!» la rimbeccò Himiko, scuotendo il capo, mentre un "Zio Okura" si levò lì accanto dal biondo, che continuava a spupazzarsi la rosa.
«Okura?!» richiamò l’attenzione del biondo, che si decise a lasciar in pace la confettina, rivolgendo ora l’attenzione ai nuovi arrivati.
«Eiji… Asako… » lo sguardo ora serio, mentre l’attenzione andava in direzione di Shiki e Natsu, che scrutò attentamente, la fronte corrugata, mentre la sua mente sembrava elaborare chissà quale strano pensiero «Che piacere vedervi! Sono i vostri ragazzi quindi? Che belli!» squittì, gironzolando intorno ai novelli cacciatori, che ebbero la forte sensazione che il mondo avesse preso a girare.

Per qualche istante calò un silenzio tombale, mentre gli occhi di tutti saltavano da Okura ai due nuovi giunti, confusi ed incuriositi.
«Oku... » stava per prendere parola Himiko, ma si bloccò ad un ringhio di Okura in sua direzione «Uhm... "ZIO" Okura… » calcò la parentela inesistente, mentre una tempia pulsava furiosamente «Vi conoscete?» le sembrò di ficcare un po' troppo il naso, d'altronde la curiosità era troppa per ignorarla così. Hagumi si accomodò meglio sull'erbetta, dopo aver sistemato capelli e vestiti stropicciati dalle coccole di poco prima da parte del biondo, pronta anche lei ad ascoltare l'attesissima risposta, che però non giunse da lui, ma da Eiji «Amici di vecchia data. Non é vero, Okura?» la parola amici fu detta con non poco risentimento, mentre Asako lasciava uno sguardo pieno di disgusto su Kojiro e Shin: anche loro li conoscevano bene, oh se li conoscevano! «Il bastardino é cresciuto, eh?» disse questa, sprezzante, mentre Natsu aggrottò la fronte contrariato dal dire di sua madre; Shiki invece rimase impassibile, non era un segreto quanto i loro parenti e i cacciatori adulti in genere detestassero i vampiri, ancor peggio se uno di quei vampiri e figlio erano stati la causa della morte di una loro compagna.

«Volete delle frittelle di mele?» squittì Okura, attirando l’attenzione di tutti i presenti, danzando e porgendo loro un vassoio sul quale era disposta in modo elegante la pietanza.
Kojiro si lasciò scappare un sorriso, mentre osserva il biondo intento nella sua mossa di riappacificazione. Se i cacciatori erano perennemente in cerca di guerra, lui le provava tutte per far calare la tensione, anche se, con quegli atteggiamenti, spesso peggiorava solamente la situazione.
«Vedo che non cambi mai, ridicolo eri e ridicolo sei rimasto!» ruggì Eiji, l’aria di chi è superiore.
«In effetti… » prese parola Akira, saltando giù dal ramo su cui era appollaiato con Oda ed appoggiandosi con le braccia sulle spalle di Himiko per poi passare a cingerla all’altezza di queste, inebriandosi del profumo dei suoi capelli e della sua pelle «… Avrei anch’io un certo languorino.».
Natsu strinse i pugni e sembrò voler scattare in direzione del moro e piantargli un altro pugno, le mani che prudevano dalla voglia di spaccargli il muso, ma Shiki lo fermò con un gesto della mano, rammentandogli che i loro genitori erano presenti, e non avrebbero apprezzato di certo scoprire cosa c'era tra lui e la rossa. Akira appoggiò il naso sul collo di Himiko, lasciando che tutto il suo profumo entrasse nelle narici, lo faceva impazzire. Leccò appena il suo collo, alzando lo sguardo sul biondo con un lampo di sfida negli occhi, ma Himiko lo strattonò e lo spinse via, irritata. «Che diavolo fai? Non prenderti certe libertà solo perché ho accettato di farti nutrire da me, esigo anche rispetto, non sono il tuo giocattolo!». Akira la guardò spazientito, mentre Natsu sorrideva orgoglioso della rossa. Eiji ed Asako, che erano rimasti in silenzio in quei pochi frangenti, erano più che disgustati: vedere una scena del genere non era certo nei loro desideri. «Dovresti tenere le bestie al guinzaglio, Okura. Il patto... ». «IL PATTO... » tuonò Okura, fulminandolo con lo sguardo prima di tornare a sorridere in maniera pacatissima «... lo rispettiamo fino in fondo. La ragazza sta scontando la punizione, così come voi avete deciso se qualcuno di noi avesse messo le mani addosso ad un umano. Questo umano l'aveva istigata, lei si é difesa. Sicuramente ha sbagliato ed é per questo che, anziché consegnarla a voi, ho scelto l'altra strada. Mi spiace abbiate dovuto assistere a questo spettacolo, ma Akira é vampiro da poco e non ha ancora imparato a trattenersi.».

Himiko sbatté le palpebre un paio di volte, guardando alternativamente Okura ed Eiji assieme ad Asako, totalmente incredula. Erano dunque i cacciatori ad aver dettato quelle leggi disumane? E se non avesse accettato di nutrire Akira sarebbe finita nelle loro mani? Non poteva crederci e Natsu fu ancora più incredulo di lei.
«Mamma… Vuoi dire che siamo stati noi a decidere questa regola?» scosse la testa un paio di volte, passandosi una mano fra i capelli, l’aria nervosa «In tutti questi anni abbiamo sostenuto che loro fossero dei mostri, ma con queste leggi non siamo arrivati forse noi a quel livello?».
La donna lo fulminò con lo sguardo, la mano pronta a caricare un cinquino in direzione del ragazzo. Come si permetteva di dire certe cose? Davanti a dei vampiri oltretutto! «Sei forse ammattito? Ti rendi conto di cosa stai dicendo?».
Lui non mosse un muscolo, tenne lo sguardo alto e fiero in quello della madre, era certo di non essere nel torto e non sarebbe indietreggiato solo per la minaccia di uno schiaffo. «So bene cosa sto dicendo, mamma. E non mi sembra il caso di montare tutta questa scena, avete imposto ai vampiri delle regole... ASSURDE!» calcò con intensità l'ultima parola e la mano di Asako partì in direzione della sua guancia. Chiuse gli occhi, pronto a ricevere uno schiaffo che non sarebbe mai arrivato, poiché quando li aprì, notò Okura che aveva cinto la vita della donna con un braccio e con l'altra mano aveva fermato a mezz'aria quella di lei, afferrandole il polso. «Ah-ha no, no, no Asako-chan! Non ci siamo proprio!» cantilenò, sorridendo in modo amabile, mentre la donna si agitava per farsi liberare «NON MI TOCCARE, SPORCO E SCHIFOSO VAMPIRO!». Eiji scosse il capo «Asako, basta, ti stai rendendo ridicola adesso... » gli faceva rabbia ammetterlo, ma era così, non era un comportamento molto decorso quello della donna.

«Gli studenti sono pregati di recarsi ai punti di ritrovo prestabiliti per l’inizio delle gare pomeridiane, ripeto: gli studenti sono pregati di recarsi ai punti di ritrovo prestabiliti per l’inizio delle gare pomeridiane.» rimbombò la voce al megafono, richiamando l’attenzione di tutte le persone presenti all’interno della struttura scolastica.
«Andiamo Asako… » la incitò Eiji, richiamando anche Shiki e Natsu, allontanandosi dal gruppetto.
«Quella donna… è orribile!» sbottò Hagumi
quando furono ad una distanza sufficiente da non essere udita, l’aria seriamente disgustata mentre guardava preoccupata i due ragazzi allontanarsi, seriamente inquieta per il suo migliore amico. Aveva la sensazione che, da quel momento in poi, sua madre gli avrebbe dato del filo da torcere. Himiko si ritrovò d’accordo con lei, così come tutti i presenti. Oda, che fino a quel momento era stato in disparte, scese dall’albero, avvicinandosi al gruppo.

«Come ti senti? Stai bene?» chiese avvicinadosi ad Himiko ed accarezzandole la testa, mentre Kojiro si era avvicinato ad Akira e gli mollava uno scappellotto dietro la schiena, irritato. «Come ti é venuto di fare quella sparata, in quel momento poi? Ricordati che Himiko é mia figlia, cerca di rispettarla Akira, se no fai una brutta fine, sappilo.» Akira si massaggiò la testa, guardandolo freddamente, eppure forse era quasi mortificato. «Tsk... ho sete!» ribadì, guardando la rossa. Himiko sospirò e rispose ad Oda, alzando il volto in un sorriso radioso «Sto bene. Vado ad allattare il pargolo, se no mi fa i capricci!» ammiccò, scherzosa, e si avvicino poi ad Akira, che acciuffò per la collottola della maglia «Vieni, ti sto viziando troppo.» borbottò trascinandoselo via. Ai si alzò da terra sospirando e si avvicinò agli altri astanti «La piccola Himiko ce la sta mettendo tutta.» disse estremamente orgogliosa di sua figlia ed altrettanto stizzita per il comportamento di Akira e dei genitori di Natsu e Shiki. «Quei poveri ragazzi, che fortuna non abbiano preso dai parenti... eh Hagumi?» chiese alla figlioletta, sorridendole ed accarezzandole un po' il capo. Hagumi sussultò e si affrettò a rispondere «ASSOLUTAMENTE! NON C'È OMBRA DI DUBBIO, SHIKI NON ASSOMIGLIA PER NIENTE AL PADRE, È PERFETTO!» agitò le braccine e strinse i pugnetti, gesticolando un po' tutt'intorno, senza alcuna logica. Si bloccò poi ed arrossì furiosamente «Ehm... anche Natsu é perfetto.» aggiunse, cercando di riparare alla gaffe. Shin però si era già voltato ed allontanato, l'aria impassibile, eppure avvolto da un'aura infinitamente triste.

«In ogni caso… » prese parola Okura, gli occhi che avevano ripreso a sbrilluccicare, mentre guardava nuovamente Hagumi con un’aria trasognata «… ora è il turno di gareggiare con lo zietto perfetto! Ciao Oduccio, fa il bravo intanto che sarò impegnato con Hagu-chan!» Sorrise seriamente felice sotto lo sguardo divertito di Oda, agguantando la rosetta e trascinandosela dietro noncurante delle sue lamentele, in direzione dei campi sportivi. Kojiro ed Ai si guardarono, l’aria affranta, osservando i due allontanarsi insieme.

 

***

Uscì dallo spogliatoio dopo aver indossato t-shirt bianca, pants blu e scarpette da ginnastica, il colorito quasi cianotico e un peso sullo stomaco come se qualcuno gliel'avesse aperto, avesse buttato al suo interno chili di piombo, e lo avesse richiuso, lasciando dentro quel peso tremendo. Aveva paura che stavolta si sarebbe fatta male sul serio ed, inoltre, già sapeva che Shiki l'avrebbe presa in giro così tanto da farla sentire un'inetta; per non parlare della figuraccia con Shin, che l'aveva allenata in vista delle gare con tanta dedizione e lei lo avrebbe deluso. Tanto lo deludeva sempre, no? Sembrava non riuscisse a fare altro in vita sua che lasciarlo con l'amaro in bocca. Richiuse la porta dello spogliatoio alle proprie spalle e fece solo qualche passo, prima di guardarsi attorno: era piuttosto isolata, Okura non c'era, se fosse fuggita nessuno l'avrebbe saputo. Bene! Avrebbe fatto così! Si voltò, pronta a correre via e sbatté come suo solito contro qualcuno più alto, stabile e massiccio di lei. Non cadde solo grazie all'intervento di costui che aveva travolto e che l'aveva prontamente afferrata per la vita, tirandola a sé. «Haguchan, che combini?» rise Kojiro, con la sua voce calda e allegra. «Papà!» si divincolò stizzita e lo guardò supplichevole «Ti prego, fammi andare via prima che Okura mi becchi!».
Lui rise, lo sguardo gentile, mentre le faceva una carezzina alla testa, scompigliandole appena i capelli, ora legati in due deliziosi odango alti che le davano un’aria ancora più infantile.
«Suvvia, non è una tragedia!» ma lei lo rimbeccò prontamente «Oh, sì che lo è!» piagnucolò, stringendo i pugnetti e strizzando gli occhi, immaginando nuovamente ciò che l’attendeva. Lui si curvò un po’ verso la figlia, per essere alla sua altezza e poterla guardare negli occhietti celesti. «Lo faresti felice, sai? Ci tiene molto… ».
Lei mise il broncio, guardando dritto negli occhi del padre: «Non capisco perché. Non capisco cos'é tutto quest’attaccamento, ci ha viste tre volte messe in croce. A me lui non piace. È subdolo, non voglio averci niente a che fare.» forse un po' cruda, ma era vero. Per quanto ci provasse, non riusciva a fidarsi di lui, un adulto così strano, che non faceva altro che sorridere in modo enigmatico e canticchiare, non era un adulto come tutti gli altri. Kojiro sospirò, alzò una mano e la passò sul suo viso, spostando dalla sua fronte qualche capello più corto sfuggito alla buffa pettinatura, ed accarezzandole poi una guancia con tocchi delicati «Piccolina, garantisco io per lui, credimi. Ti fidi di tuo padre, almeno?». Lei lo guardò titubante, ovvio che si fidava, ma non poteva obbligarla a fidarsi di Okura con questi giochetti «Lo vedo come guarda la mamma, sai?» disse incrociando le braccia e stringendosi nelle spalle, quasi scossa da un brivido «Se potesse, le salterebbe addosso. Cos'é, non può avere lei perché é tuo amico e allora si riversa sulle figlie?» in tutta risposta Kojiro le pizzicò la guanciotta morbida con le dita e gliela tirò un po', il massimo che si era sempre concesso per punire le sue figliolette. «Non dire queste cose. Okura vi ha viste nascere, anche se non vi ricordate di lui, ha sempre pensato a voi e si è preso cura di voi. Concedigli almeno questa piccola soddisfazione, ti vuole bene come se fossi sua figlia, sai?». Hagumi sospirò, arrendendosi «Daccovdo, daccovdo... oa mi lassi la guanfia?» lui rise ancora e gliela lasciò andare, in modo che lei potesse massaggiarla «Mi hai fatto male.». «Le bimbe capricciose si puniscono!» canticchiò lui, quasi imitando il biondo amico «No, papà, così no! Mi fai senso. Non imitarlo, per favore!» incredibile come il malumore trasformasse la dolce e zuccherina Hagumi in un concentrato di acido. «Volevi parlarmi solo di questo?» chiese, preparandosi ad andare via, ma lui scosse il lato negativamente «No, in realtà ci sarebbe dell'altro.».

Lei lo guardò incuriosita, pendendo dalle sue labbra, in attesa di una sua parola. Lui sembrava cercare le parole adatte per quello che stava per dirle e, dopo un minuto di silenzio, riprese l’argomento. «Vedi… volevo chiederti di Shin… » fece una pausa, osservando la reazione della rosetta, che sussultò appena «È successo qualcosa fra di voi, vero? Sono un po’ preoccupato, lo vedo particolarmente giù di morale in questo periodo… ». Hagumi strinse i pugnetti, abbassando lo sguardo da lui, rialzandolo solo in un secondo momento, abbozzando un sorriso. «Probabilmente tutti gli eventi dell’ultimo periodo, il fatto che è stato ferito, che siamo circondati da cacciatori… che ha scoperto di non essere nostro fratello e non figlio di mamma, l’avranno sicuramente sconvolto!» tergiversò.
Lui osservò la sua reazione con calma ed estremo interesse, tornando dritto e massaggiandosi il mento con una mano, assorto. «C'è qualcosa che Shin tiene segreto a me e a vostra madre.» Hagumi rimase pietrificata. Avevano scoperto tutto? «Qualcosa che penso di sapere cosa sia, perché é mio figlio, e per quanto mi nasconda certe cose, capirò sempre cosa gli passa per la testa. D'altronde non è un mistero per nessuno come guarda una certa personcina... » si piegò di nuovo in avanti, alzandole poi il mento con una mano, per farsi guardare. «È lo stesso modo in cui Okura guarda la mamma, sì.» lei sgranò lo sguardo. Sapevano tutto! «Papà, ti giuro che non c'è stato niente fra di noi, abbiamo deciso di rimanere solo fratelli, io ormai frequento Shiki e... » lui alzò una mano e le fece cenno di fermarsi «A me non importa cosa facciate o meno Haguchan, l'importante é che facciate scelte coscienziose e non vi facciate del male. Tu hai scelto la tua strada in modo razionale, lui si é lasciato trasportare un po' dai sentimenti, é vero. Ma ti prego di stargli accanto, nonostante tutto e non ferirlo. Ha bisogno di te e delle tue attenzioni, lo sai, no? Ti prego, prenditi cura di Shin, Haguchan, solo tu puoi farlo fino in fondo.» gli occhi lucidi, la voce un po' rotta... papà Kojiro si preoccupava così tanto per Shin e loro non si erano mai accorte di nulla. «Papà... » pigolò solo, prima di abbracciarlo forte e piangere un po', anche lei «Lo farò papà. Te lo prometto.».
 

***

Lo trascinò fino all’ultimo piano della scuola, nel bagno delle ragazze meno frequentato della struttura. Chiuse a chiave la porta, dopo essersi assicurata che nessuno lì seguisse e, guardando sotto le porte, che fossero soli lì dentro.
«Uao, sembra quasi una fuga romantica, per un appassionante momento di sesso sfrenato.» la stuzzicò lui, appoggiato alla parete in fare teatrale, seguendola con lo sguardo. Lei sorrise acida, controllando l’ultimo cubicolo.

«Se dovessi scegliere un posto per fare del sesso non verrei di certo qui, men che meno con te.» si avvicinò al ragazzo, scostando le ciocche di capelli rossi per scoprire il collo «Vedi di muoverti, non ho tempo da perdere, ho un mucchio di cose da fare e di gare a cui tengo a partecipare.». Lui allora scattò in avanti, posizionandosi a pochi centimetri da lei, alzandole il mento con una mano per guardarla negli occhi. «Non mi risulta che ti facessi schifo qualche settimana fa, anzi.» sbottò seriamente irritato. Lei sorrise serafica, allontanò quella mano dal suo volto ed inclinò un po' di più il capo all'indietro, per invogliarlo a morderla e far finire presto quello strazio. Lo sguardo di lui lampeggiò solo due volte prima di colorarsi definitivamente di rosso sangue. Si chinò sul suo collo e passò le dita calde sulla pelle candida, l'altro braccio le cingeva la vita, senza darle vie di fuga. «Se mi piacevi, é perché non ti nutrivi ancora di me... e dei miei pensieri.» lui rise, prima di passare la lingua su quel collo estremamente invitante, con quell'odore che lo circondava e lo faceva impazzire. «Anche volendo, non potrei resistere. I tuoi sentimenti sono come una droga e leggerli come se stessi sfogliando le pagine di un libro é troppo bello per potervi rinunciare.». Himiko lo allontanò in malo modo, scossa, e lui tornò normale «Che c'é? Che ho detto?» chiese angelicamente, facendo finta di nulla. «Non... » lei iniziò a dire qualcosa, tremando appena «... non... non ti... permettere di scherzare così... così, sui miei sentimenti. Puoi leggerli, ma non mi capirai mai.». Lui rise gelido, passandole una mano fra i setosi capelli ed avvicinando le labbra al suo orecchio. «Cosa non capirò mai? Come ti sei presa per quell’idiota di Natsu, cancellandomi in un istante dal tuo cuore?» sussurrò, tornando a guardarla negli occhi, una mano che si alzava sul suo viso, accarezzandoglielo con dolcezza mentre passava alle labbra, passando un dito su di queste, come a volerle assaporare già da un semplice tocco. Lei lo scostò con un gesto scocciato. «NON TI PERMETTERE AKIRA, NON GIUDICARMI! Muoviti! Se hai fame cibati ora altrimenti rimarrai a digiuno per un bel po’!» tuonò non ammettendo repliche, al che il moro acconsentì con un cenno del capo, fece per azzannarle il collo, ma alzò il viso a sufficienza per appoggiare le labbra su quelle della ragazza e poter assaporare nuovamente quel sapore che tanto gli ricordava l’aroma delle fragole che tanto amava. Lei sbarrò gli occhi, meravigliata e sbigottita, mentre il ragazzo la baciava con un ardore che non riteneva possibile. Cercò di fuggire, ma non glielo permise, le prese la testa tra le mani, in modo che rimanesse con lui, che lo baciasse anche lei, che lo ricambiasse, in qualche maledetto modo! Non sapeva che dire, era completamente sconvolta, eppure quel contatto la rimandava a poche settimane prima, quando lui la attirava per la sua bellezza, il suo mistero e la sua indole così simile alla propria. Chiuse lentamente gli occhi e si lasciò andare, mentre permetteva alla sua lingua di insinuarsi tra le sue labbra, nella sua bocca e poi incontrare quella di lei, in una carezza elettrizzante. Si lasciò andare giusto quei pochi istanti, istanti che durarono finché la figura di Natsu non si materializzò prepotentemente nella sua mente, ricordandole il momento in cui l’aveva baciata, prima che il suo scatto d’ira la portasse a mordere Akira. Quel senso di completezza, quella dolcezza mista ad una passione infinita, quel sapore agrodolce paradisiaco… i suoi occhi tanto puri e limpidi del colore del cielo, che sembravano rischiarare in ogni momento la sua mente e darle una carica che non immaginava di avere e poi… quella voglia che s’insinuava in lei di volere qualcosa di più, qualcosa di più solido di quello che aveva sempre cercato in un uomo fino a quel momento. «Ti amo, Himiko… » la voce di Natsu, che le rimbombava nella testa, mentre sentiva distintamente quelle parole… aprì gli occhi, sconvolta, per notare che Akira si era staccato da lei e ora la guardava nel modo più dolce che avesse mai visto, dicendole quelle stesse esatte parole. Sembrò realizzare solo in quel momento cosa stesse accadendo, lo spinse via con una forza inaudita, facendolo sbattere contro la parete del bagno. «Non mi toccare!».

«P... perché?» fece lui, sconcertato. Ok, non si aspettava certo lo ricambiasse in modo docile, ma spingerlo via così dopo la dichiarazione era... crudele. Semplicemente crudele. «Perché mi respingi così?» chiese ancora, avvicinandosi di nuovo a lei, allargando le braccia e circondandola con queste, avvicinandola al proprio corpo e stringendola forte, una guancia appoggiata sulla sua testa, mentre la cullava dolcemente. «Akira no! Lasciami andare, ti ho detto!» cercò di divincolarsi, ma lui strinse più forte, le fece quasi male. E le fece paura. «No, non ti lascio tornare da quel babbeo. Tu... tu sei mia. Sei diventata mia nello stesso istante in cui hai deciso di concederti a me, Himiko!» e la sua voce fu incrinata da una vena di follia. Calde lacrime scesero a rigarle le guance, mentre per l’ennesima volta tentava di liberarsi di lui, inutilmente. «Io non sono tua! Sono stata costretta e tu lo sai bene! Lasciami Akira!» singhiozzò, frattanto che lui, ora trasformato, affondava i canini nel suo collo, iniziando a cibarsi di lei, ben conscio che le avrebbe levato energie sufficienti per non permetterle via di fuga. «Lo vedi, Himi? Capisci cosa voglio dirti? Abbiamo un legame indissolubile, il tuo sangue è dentro di me come il mio è dentro di te. È il filo rosso del destino che ci lega, tu sei la mia anima gemella.». Lei, con le poche forze che aveva ancora nel suo corpo, batté i pugni sul suo petto. «Io non sarò mai tua, questo non è un legame, è solo una maledizione, una condanna! Tu sei la mia dannazione!».

Lui rise, lasciandola andare. Le gambe di Himiko cedettero, le ginocchia tremarono e dopo poco si accasciò a terra, sfinita e in lacrime. «No, mia cara, mi dispiace. Tu sei dannata di tuo, io aggiungo solo un po' di pepe alla tua vita eterna e noiosa!» s’inginocchiò dinnanzi a lei e le alzò il viso, con fare prepotente. «Tu... sei pazzo... » sibilò, convinta di ciò che stava dicendo. Qualcosa attraversò lo sguardo di Akira, ma lei non riuscì a spiegarsi cosa fosse. Sembrava tristezza, ma non ci avrebbe messo la mano sul fuoco: per quanto la riguardava, era solo uno squinternato. «Pulisciti il collo e torna dagli altri, le gare stanno iniziando.» disse solo lui, infine, prima di alzarsi ed uscire da quel bagno, richiudendosi la porta alle spalle. Himiko scoppiò in lacrime di frustrazione solo quando lui fu andato via, non poteva neanche immaginare che dall'altro lato della porta ed appoggiato ad essa, lui stava facendo altrettanto.

 

***

Le picchiettò un dito sulla spalla, facendola ululare dallo spavento. «Ehi Hagu, non mi aspettavo di vederti qui, non dovevi fare da arbitro?» domandò la moretta, allungando un po’ il collo per vedere dietro la confettina «Chi è quello strano tipo? Dov’è tuo padre? Pensavo che se ti fossi decisa a gareggiare avresti fatto coppia con lui!» Hagumi la guardò affranta, saltandole al collo ed abbracciandola forte. «Leeeen, aiutami ti prego!» la supplicò con due lacrimucce agli occhi, mentre Okura si avvicinava alle due saltellando allegramente, quasi fosse ad uno spettacolo di can-can, tenendo in mano la fascia che sarebbe servita per la gara.

«Oh, Hagumina, chi é questa bella ragazza, una tua amichetta?» chiese divertito e gioioso, quanto adorava i festival scolastici! Lei si voltò a guardarlo di sottecchi, rimanendo però appiccicata a Len quasi avessero messo un potente collante tra le due. «Sì, è una mia amica... sniff... » lui guardo la rosetta curioso, poi affranto «Haguchan, mi odi così tanto da non voler gareggiare con me?» chiese con un po' di amarezza, improvvisamente serio. Lei lo scrutò dispiaciuta, quindi lasciò andare Len, che finalmente riuscì a respirare. «Non é che ti odio, Okura... ». «ZIO!». «Va bene, va bene, Zio!» si massaggiò una tempia, stancamente «È solo che avrei voluto partecipare con il mio papà.» disse in modo quasi infantile, mentre lui aveva allungato una mano verso la sua testa ed aveva afferrato un odango, tastandolo incuriosito «Ma che deliziosa polpettina!» cinguettò allegro e una goccia di sudore imperlò il volto delle due ragazze. «Zio, non hai ascoltato nemmeno una virgola di cosa ho detto, eh?». «Uh?» lui sembrò cascare dalle nuvole «Ooooh Shikichan!» agitò una manina, salutando Shiki che aveva piantato suo padre da qualche parte ad infilarsi le scarpe da ginnastica e si stava avvicinando da solo. Hagumi si voltò a guardarlo sorpresa, raggiante e un po' rossa, mollando poi Len con Okura qualche istante e dirigendosi verso il moro. «Lei... » iniziò a parlare Len, senza guardarlo, sorridendo invece nel vedere la sua amica così presa del ragazzo «... fa più il finto tonto di quanto non sembri. Mi chiedo cos'abbia da canticchiare a destra e a manca, se poi ha uno sguardo perennemente triste negli occhi.» lo aveva psicanalizzato per bene, in poche ore che lo conosceva. «E il modo in cui guarda Hagumi non é normale, tuttavia non é nemmeno negativo. Non é... preoccupante. Lei ci tiene ad Hagumi come se fosse la cosa più preziosa che c'é.» disse infine, traendo poi un lungo respiro per riprendere fiato, non era certo abituata a parlare tanto. Lui la guardò un attimo smarrito poi le sue labbra si curvarono in un sorriso sincero. «Sei una buona osservatrice, in effetti sì, tengo davvero tanto sia ad Hagumi che ad Himiko, è come fossero figlie mie. Ero presente alla loro nascita e continuerò ad esserci finché non avranno più bisogno di me.» A quelle parole, notando che lui sembrava volenteroso a parlare, Len osò calcare la mano. «Non ha gli stessi atteggiamenti con Shin, però, e dubito questo derivi dal fatto che lui è un ragazzo.» Okura rise un po’, dandole una pacchetta sulle spalle. «Non essere troppo avida di sapere ragazza mia.» sollevò due lembi della camicia merlettata, che ancora indossava essendosi rifiutato di indossare la mise sportiva, dicendo che non gli avrebbe proprio donato e gli avrebbe levato fascino, saltellando in direzione dei due innamorati ed appendendosi al collo di Shiki, stampandogli un bacio sulla guancia. In tutta risposta, inutile dire che si beccò un calcio da quest’ultimo, finendo spalmato a terra, sedere all’aria. «Non osare rifarlo!» tuonò il moro, l’aria disgustata, mentre si sfregava la guancia contaminata.

Hagumi si portò una manina sulla boccuccia, osservando Okura spiattellato al suolo, che ora gattonava verso di lei, probabilmente per appendersi ad una sua gamba e fare i capricci. «NON TI PERMETTERE!» ripeté Shiki, agguantando l'uomo per la collottola ed allontanandolo da Hagumi, accanto alla quale era sopraggiunta Len che le dava qualche pacca d’incoraggiamento sulla testa. «È matto?». «Ma no, è solo affezionato.» rispose la mora, sorridendo. Hagumi fece spallucce, ancora non riusciva a capire, era come se qualche cosa le stesse sfuggendo, ma non riusciva a capire l'entità di questa mancanza. Shiki fece una bella lavata di capo al biondo, prima di tornare dalla rosata. «Stavo dicendo... non mi sembra il caso che tu vada in giro con quei cosi osceni, Hagumi!» si riferiva ovviamente ai bloomers che indossava la ragazza, così corti ed attillati che lasciavano ben poco spazio all'immaginazione, un angolino quasi inesistente. «La gara inizia fra poco, ma hai tempo per tornare nello spogliatoio ad indossare qualcosa di decente. Muoviti!» lei boccheggiò perplessa, mentre Okura si appoggiava alla spalla di Shiki con un braccio e sorrideva come uno che la sapeva davvero lunga «Ahhhh, il nostro Shikichan é gelosettttooo!» accompagnò l'esclamazione ad un risolino acuto da brivido. «Non sono geloso, sono coscienzioso al contrario di qualcun altro! Vecchio maniaco!» lamentò, portandosi davanti alla confettina per coprirla alla vista di Okura. «Ma… fa caldo… » pigolò lei incerta, osservando ora Len, indecisa sul da farsi. Era davvero così indecente? La mora ridacchiò, dandole una pacchetta sulle spalle. «Non ti preoccupare, tutte le ragazze li stanno indossano, è pur sempre parte dell’abbigliamento scolastico!» sorrise, mostrandole con l’indice che anche lei li stava portando in quel momento.

Hagumi annuì, soddisfatta della risposta. «Se li indossa Len, posso indossarli anch’io!» dichiarò sicura e Shiki guardò prima la rosa, poi la mora, poi di nuovo la rosa. «Ma Len é una donna! Su di lei risaltano le curve! Tu non puoi indossare certi abiti succinti, sei indecente!». Hagumi spalancò la boccuccia, offesa. «E cosa sarei io? Un uomo? Magari un travestito?» chiese allontanandosi di qualche passo, l’aria di chi se l’era presa a morte. Lui scosse il capo «No, assolutamente, sarebbe farti un complimento. Sei più simile ad una bambina, ecco!» fece quest'affermazione così tremendamente serio, che Hagumi scoppiò in lacrime, buttandosi fra le braccia di Okura lì accanto, ripetendo fra un singhiozzo e l’altro “Sono peggio di un travestito! Sono una mocciosa!”. Il biondo, che andò in brodo di giuggiole per la felicità, se la spupazzò tutta. «Haguchan, non piangere, sarai anche una bambina, ma una bella bambina!» sorrise gongolante, convinto di tirarle su il morale, ma la rosetta fermò il suo pianto, per guardarlo negli occhi. Ora era seriamente offesa. Pestò poco finemente un piede di questo, allontanandosi da lui stizzita.

«Ahiuoooo!» si lamentò Okura, massaggiandosi il punto dolente accucciato a terra, mentre Hagumi si avvicinava a Shiki e gli puntava un dito sul petto, due, tre, quattro volte, con l'intento di fargli male «Sai cosa? Ti faccio vedere io questa bambina di cosa é capace!» questa era una sfida in piena regola. «ZIO!» chiamò ed Okura balzò in piedi incredulo per essere stato chiamato così senza dover protestare nemmeno una volta «Muoviti, andiamo a posizionarci sul percorso ad ostacoli. VINCEREMO!» disse decisa, allontanandosi poi dal gruppetto senza più voltarsi neanche una volta. Okura sbatacchiò le palpebre incerto. Vincere? E va bene, che problema c'era? Impresa più semplice di vincere una gara scolastica non c'era, era il momento di smettere temporaneamente di fare lo sciocchino e rimboccarsi le maniche e, quando lo faceva, non ce n'era per nessuno. Si allontanò anche lui, sorridendo e fischiettando, mentre Shiki li guardava perplesso e Len sorrideva divertita. «Shiki, ho l'impressione che quel signore biondo ci regalerà uno spettacolo incredibile. Fossi in te, non gareggerei nemmeno, era così convinto che, sono quasi certa, vinceranno loro.». «Sciocchezze… » borbottò lui atono, dirigendosi anche lui sulla linea di partenza, dove suo padre già l’attendeva, squadrando Okura. «Shiki!» lo richiamò, l’aria di uno piuttosto furioso «Guai a te se non darai il massimo, non possiamo permetterci la figuraccia di perdere contro di loro! Sono stato chiaro?!». Il moro annuì indifferente, ormai aveva imparato a non dare peso alle parole del padre, il cui passatempo preferito era schernirlo e sminuirlo.

Hagumi batté la punta delle scarpe sul terreno, per controllare che tutto fosse a posto, quindi alzò lo sguardo infastidita verso il padre di Shiki: che razza d’idiota era? Beh, poco male, tanto stavolta avrebbe vinto lei. Anche Himiko ed Ai giunsero sulla pista, seguite da svariate altre coppie genitore-studente ed, infine, anche Natsu ed Asako. Si disposero sulla griglia di partenza, ogni coppia aveva il genitore sulla destra ed il figlio sulla sinistra e le loro caviglie prossimali erano legate da un laccio bianco, ben stretto. Sul percorso erano disposti innumerevoli ostacoli, ma il peggiore era l'ultimo, una grossa piscina piena di una sostanza vischiosa, "Muco di scimmia!" scherzò Natsu beccandosi uno scappellotto dalla madre, al cui interno erano immerse piccole mele da recuperare con la bocca: insomma, una prova al limite del possibile, considerando che prenderle con la bocca era obbligatorio ed ogni partecipante aveva i polsi legati dietro la schiena, per non aiutarsi lungo i vari ostacoli del tragitto. Un colpo sparato segnò l’inizio della gara, la rosetta e Okura ce la stavano mettendo tutta, tanto che erano già in testa e ancora non avevano inciampato. Himiko li osservò a bocca aperta, piuttosto seccata: e lei che sperava di poter ridere un po’! Si domandò da dove arrivava tutta l’agilità che i due, che ora stavano saltando via un ostacolo in una performance perfetta, stavano dimostrando. Hagumi guardò al suo fianco, notando Shiki ed Eiji che li stavano raggiungendo, corrucciò lo sguardo. «Muoviamoci!» ordinò al biondo accanto a lei, totalmente agguerrita.

Natsu e la madre erano più arretrati rispetto agli altri, questo perché tra i due non c'era la minima sincronizzazione, per il semplice fatto che lui non voleva ci fosse, anzi da lì dietro stava tifando Hagumi, giusto perché si sarebbe divertito un mondo a prendere in giro Shiki per la sconfitta poi. «Quell'Okura... non cambierà mai!» disse sorridendo un po' affannata Ai, lei dal canto suo era forse imbranata più di tutti e anche con tutto l'impegno non era proprio semplice tenere il ritmo, ma ad Himiko non importava granché, era più preoccupata di doversi tuffare nel mare di "muco di scimmia". Eiji sbuffò secco, doveva immaginarlo che la goffaggine di Okura fosse tutta una messa in scena, credeva di essere furbo. Ovviamente, il padre di Shiki non poteva certo immaginare che Okura fosse davvero imbranato e che tutta quell'agilità gli stesse costando uno sforzo enorme, solo per la piccola Hagumi. Comunque i due recuperarono terreno e raggiunsero i primi, accanto ai quali ora correvano pari merito. Hagumi lanciò scintille dallo sguardo verso Shiki e gli fece una linguaccia. Arrivarono in vista della vasca, tuffandosi in questa, riuscendo a pescare la mela in tempo record. Shiki e suo padre si erano bloccati da quel punto, non riuscendo a recuperarla. La rosetta e il biondo sorrisero vittoriosi, uscendo ormai fradici di quel liquame verdastro, e tagliando il traguardo sotto lo sguardo sorpreso di tutti i presenti.

Completamente viscidi, Okura ed Hagumi si abbracciarono, il primo la prese persino in braccio e la strinse forte, sembrava il più contento tra i due, mentre anche lei circondava il suo collo con le braccia esili e lo ringraziava a gran voce, gioiosa. Fermarono i festeggiamenti quasi subito, quando anche Shiki ed Eiji uscirono dalla vasca e quest'ultimo urlava frustrato contro il figlio, su quanto fosse inutile ed incompetente e su come avessero perso a causa sua. Hagumi ed Okura si staccarono, mentre venivano raggiunte da un Himiko piagnucolante per i propri capelli pieni di melma ed Ai che cinguettava contenta per la vittoria dell'altra figlia. Anche queste si voltarono ad osservare la scena e, mentre Eiji si allontanava, Hagumi chiese ad Okura di metterla giù, correndo verso Shiki per accertarsi stesse bene dopo quella sfuriata allucinante. Lo raggiunse, ancora trafelata e ricoperta di quel viscidume maleodorante, fermandosi a pochi passi da lui, che teneva lo sguardo basso e le mani in tasca. «Shikichan... » pigolò incerta, mentre si dava mentalmente la colpa per la scena a cui aveva assistito. Lui alzò lo sguardo verso di le e si guardarono per qualche interminabili istanti, prima di fare uno dei suoi sorrisi tirati. «Complimenti, sei stata brava.» disse solo, prima di voltare le spalle ed allontanarsi, in silenzio. Hagumi strinse i pugni e tremò appena, abbassando lo sguardo mentre Len e Shin, che avevano osservato tutto dagli spalti, la raggiungevano, quest'ultimo con in mano un asciugamano che le appoggiò sulla testa e col quale cercò invano di togliere la poltiglia. «Ehi, sei stata bravissima, piccolina!» disse dolce, senza aggiungere nulla su Shiki e il suo comportamento, lo stesso fece Len, Hagu aveva bisogno di essere tirata su. «Sei andata forte, Haguchan, non ti avevo mai vista correre così!» disse la mora, con la stessa dolcezza di Shin, ma Hagumi non alzò lo sguardo su di loro. Anche Natsu, che ignorò bellamente gli insulti di sua madre appena usciti dalla vasca, ed Himiko si portarono accanto a lei, che fu circondata dall'affetto dei suoi migliori amici e dei suoi fratelli. «Hagumetta, stai su, Shiki odia essere sminuito così dai genitori, ma vedrai che gli passa presto.» anche Natsu odiava essere maltrattato, ma fondamentalmente cercava di sbattersene e tirare avanti, forse un giorno sarebbe scoppiato o si sarebbe depresso come aveva appena fatto Shiki, ma quel momento per lui non era ancora giunto. Himiko, infine, la prese per mano. «Andiamo a darci una pulitina, dai.» disse affettuosamente, conducendola via da lì, verso gli spogliatoi, Hagumi che camminava un passo indietro e teneva un braccio sugli occhi, cercando di cacciare indietro quelle lacrime ostinate che già le rigavano il viso. Entrarono nello spogliatoio femminile, avvicinandosi ai lavelli, dove Himiko suggerì alla confettina di sciacquarsi il viso. «Haguchan… » la richiamò, notandola immobile, incapace di reagire. Fece qualche passo fino a raggiungerla, abbracciandola forte. «Haguchan… dai, non te la devi prendere, in fin dei conti è normale ci sia rimasto male per come il padre l’abbia trattato, ma non significa che abbia qualcosa contro di te. Non capisco perché te ne fai una colpa… » mugolò, percependo i sentimenti della rosetta. Lei scosse la testa, ricambiando il gesto della sorella. «Ne sono consapevole ma… è come se quelle parole fossero passate tramite lui fino ad arrivare a ferire perfino me, proprio qui.» indicò con l’indice destro il suo cuore «Te l’assicuro, sorellina, giurerei di aver sentito il sentimento che ha percepito Shiki.».

Himiko sorrise appena, quindi allungò un braccio verso sinistra e prese un asciugamano di carta dal distributore appeso alla parete del bagno, per portarlo sul viso della sorellina e cercare di togliere quel pasticcio di lacrime e poltiglia. «Empatia.» disse semplicemente la rossa, strofinando il panno su una guancia della sorellina. «In pratica, ormai percepisci i suoi stati d'animo, perché il vostro rapporto sta diventando molto profondo.» spiegò allo sguardo interrogativo di Hagumi, che poi riabbassò. «Vorrei che si appoggiasse a me, anziché allontanarmi.» sussurrò questa, tristemente, mentre Himiko gettava il fazzoletto in un cestino e ne prendeva un altro, ricominciando a pulirla «Haguchan, ti sei innamorata di Shiki?» chiese a bruciapelo, senza tergiversare neanche un po', schietta e diretta come solo lei poteva fare con sua sorella. La rosetta ebbe come una fitta al cuore, che iniziò a battere fortemente al solo pensiero della parola “amore” riferita al bel moro. «Non lo so… ». La rossa ridacchiò appena, fermandosi per un momento, sorridendo poi radiosa percependo il suo stato. «Tesoro mio, io direi che ci sei dentro fino al collo e ti sei scelta anche una relazione piuttosto complessa, ad iniziare dai suoi modi di fare! Lui non si lascerà mai andare al punto di appoggiarsi a te. Shiki è il tipo di uomo che ritiene di essere quello che porta i pantaloni, estremamente orgoglioso da non potersi permettere ciò, doveroso di sostenere sempre te, soffrendo in solitudine. Se vuoi che lui ti veda come una spalla su cui piangere, dovrai trovare il modo di fargli credere che in quel momento in realtà lui sta sostenendo te, anche se è il contrario!» assicurò, entusiasta della cosa. Era così felice di vedere la sua sorellina finalmente alle prese con il mondo maschile. Hagumi deglutì e le fece quasi male farlo, mentre scrutava nel profondo degli occhi verdini della sorella, alla ricerca di una spiegazione che neanche lei stessa riusciva a darsi. Innamorata di Shiki; possibile? «Ma io... » non poté terminare la frase, che un sonoro bussare alla porta dello spogliatoio interruppe tutto. Si voltò ad osservare l'entrata, mentre Himiko si dirigeva verso questa e andava ad aprirla, per nulla sorpresa di trovare quella persona appena fuori. «Oh, che ci fai qui?» chiese facendo la finta tonta, mentre il ragazzo, appoggiato con una mano allo stipite della porta, la guardava freddo e rispose con fare brusco ed infastidito. «Secondo te? Voi donne siete veramente lente.» sbuffò, mentre Himiko rideva a quel comportamento misogino che a quanto pare aveva fatto colpo sulla bella gemellina. «Sì, sì, certo, hai ragione, ahahm... » lo liquidò, spostandosi dalla soglia per farlo entrare, battendosi poi teatralmente una manina sulla fronte ancora piena di melma. «Oh, che stupidina che sono, dovevo proprio andare a... » non si prese neanche la briga di trovare una scusa, uscì, lo superò e si allontanò dallo spogliatoio, dirigendosi all'edificio universitario, dove avrebbe trovato sicuramente un altro bagno per darsi una pulita.

Shiki si avvicinò alla confettina, curvandosi il necessario per riuscire ad appoggiare la fronte su quella di lei, guardandola negli occhi. «Perché piangi?» domandò, senza però realmente attendere risposta, notando una lacrima sfuggirle dagli occhioni celesti. Le tirò appena una guanciotta, come a volerla sgridare. «Non devi.» e quando lei, a quelle parole, non poté più trattenersi da un pianto liberatorio, il moro l’abbracciò, cullandola fra le sue braccia. «Hagu guardami.» le ordinò, alzandole gentilmente il mento, liberando una mano dalla stretta. «Se hai bisogno di sfogarti, mi sta bene, ma non voglio che tu stia male per miei affari personali. Il rapporto con mio padre… » sembrò avere un momento di smarrimento, forse a cercare le parole adatte per spiegarsi il meglio possibile «… è sempre stato così, burrascoso, da quando ho memoria. Lui ha voluto spronarmi a dare il mio massimo in ogni occasione, anche se non era mai abbastanza ai suoi occhi. Sono cresciuto in questo situazione, quindi non devi preoccuparti di come si comporta, per me è una cosa normale, non ci faccio nemmeno più realmente caso.».

Lei scosse la testa ripetutamente, alzando poi le mani ed appoggiandole sul suo volto, accarezzandogli le guance con una dolcezza infinita «Ma ci faccio caso io!» rispose triste, strofinando appena la fronte sulla sua, le punte dei loro nasi che si sfioravano, sfregando appena ad ogni piccolo movimento. «Non può... non deve... ma come fa? Sei suo figlio, dovrebbe essere così orgoglioso della persona che sei, metterti su un piedistallo e... e ringraziare il cielo che un essere infimo come lui abbia potuto avere un figlio così straordinario. Tu sei straordinario Shiki, non farti abbattere dalle sue parole e ti prego, ti prego… » calcò la seconda volta, quasi disperata la voce rotta dal pianto «… non essere più freddo con me. Non... non allontanarmi. Fa male... fa troppo, troppo, troppo male.» Infine, si aggrappò a lui con tutte le sue forze e nascose il viso nella maglietta bianca della sua tuta, stringendosi a lui con tutta se stessa, anche col cuore, ed Himiko aveva ragione, perché sentiva quel cuore ora strabordare d’amore, solo per lui. Il moro sembrò perdersi per un attimo nei suoi pensieri, come se stesse assimilando le parole della rosetta, prima di sorridere sincero, il più bel sorriso dei suoi rari che probabilmente la rosetta avesse mai visto. «Ci proverò, ma solo perché me lo chiedi tu… » le sussurrò ad un orecchio, mentre una mano levava le mollettine che mantenevano gli odango fissi sulla nuca di Hagumi, lasciando che la cascata di lunghi capelli cadesse libera. Affondò le mani in questi, portando le labbra all’altezza del suo collo, baciandoglielo passionale, mentre man mano saliva, fino ad arrivare alle sua labbra.

Non la baciò ancora, le lasciò invece tanti piccoli baci sul volto, sulle guance, sulla punta del nasino, attorno alle labbra, in prossimità delle orecchie, così da provocarle qualche piccoli brivido, mentre lei faceva scivolare le braccia oltre la sua vita e le mani s’aggrapparono alla sua schiena, i loro corpi così vicini sembravano volersi fondere in un unico essere. «Shikichan.» sussurrò, chiudendo gli occhi, mentre lui non faceva altro che accarezzare la pelle con le labbra calde, come a dar sollievo a quel piccolo rossore che si era creato quando Himiko aveva sfregato la carta per tirare via la sostanza viscosa della gara. «Hagu, puzzi da fare schifo.» decretò infine, sorridendo, e lei si trovò d'accordo «Anche tu puzzi!» borbottò un po' offesa, prima che lui le tappasse la boccuccia con la propria, travolgendola con trasporto in un bacio come mai se ne erano dati, neanche quella fatidica notte. Le labbra si accarezzavano, le lingue danzavano assieme, si sfioravano, vezzeggiavano, fino a ritirarsi, per poi rincontrarsi, in un gioco eccitante e provocante che in poco accese il desiderio di entrambi. Lui le circondò la vita con le braccia e la tirò su abbastanza da portarla poco più in alto di se stesso e piegò un po' il collo indietro, per continuare a baciarla. Camminò verso le docce e la lasciò tornare sul pavimento solo quando lei fu già dentro uno dei cubicoli, continuando però a stringerla a sé e baciarla, senza pause, senza freni, con una lussuria che nessuno dei due credeva possibile. L'appoggiò al muro, una mano si allungò verso la manopola d'acciaio collegata alle tubature, la girò e l'acqua iniziò a battere sui loro corpi con insistenza, lavandoli da quell'odore e quel materiale appiccicosi. Lei accarezzava la sua schiena con una lentezza estenuante, incredula di quanto potesse eccitarla solo sentire al tatto i suoi muscoli, le spalle, più possenti di quanto ricordasse dalla notte in cui era troppo ubriaca per notare certi dettagli. Il moro lasciò le sue labbra giusto per un istante, il tempo di perdersi nei suoi occhi celesti come a cercare un consenso, quando portò le mani ai lembi della sua maglietta, sfilandogliela. Non incontrò resistenza da parte di lei, cosa che interpretò come carta bianca. Tornò a baciarla, a giocare con le sue labbra, mentre cercava il laccio del reggiseno, liberandosi anche di questo e, quando fece per accarezzarla, Hagumi portò le mani sul suo viso, sfiorandoglielo in una carezza prima di appendersi al suo collo, circondandolo con le braccine, sollevandosi per arrivare all’altezza del suo orecchio destro. «Ti amo Shiki… » sussurrò, mentre il cuore ora sembrava scoppiarle in petto, scoppiare di amore per lui. Lui non fu turbato da quest’affermazione, nonostante il loro fosse un amore proibito, non gli importava niente, niente di cosa gli altri avrebbero detto, niente di una futura guerra che avrebbe potuto separarli, nulla in assoluto avrebbe potuto frenare la gioia di sentirle pronunciare quelle parole. La strinse forte, baciandola ancora, per poi ripetere "Ti amo" tra un bacio e l'altro, più e più volte, suonando alle orecchie di Hagumi quasi come una dolce cantilena, mentre le carezze diventavano sempre più ardite, libidinose. Non ci volle molto perché fossero completamente nudi, sotto l'acqua copiosa il cui getto copriva a mala pena i loro ansimi e i loro gemiti, respiri intrisi di amore e passione. La prese di nuovo in braccio, le braccia di lei scivolarono sulle sue spalle, le mani s’incontrarono dietro la sua testa, una andò fugacemente a sciogliergli il codino, per poi gettare chissà dove l'elastico ed affondare le dita nei suoi capelli d'ebano. «Ti amo da morire.» ripeté ormai completamente dimentica di dove fossero, del mondo fuori che continuava a girare, avrebbe voluto che il tempo si fermasse in quell'istante e che durasse per l'eternità.

Circondò la sua vita con le gambe, sentiva l'eccitazione di lui, ed era conscia della propria. Si abbandonò completamente alla sua presa, i seni contro il suo petto. Una mano di lui scivolò lungo i suoi fianchi, poi più in basso, fino a raggiungere la sua intimità, violandola con due dita, sorprendendosi di quanto fosse calda e già pronta ad accoglierlo. Lei emise qualche gemito di puro piacere, affondando il viso nel suo collo, e solo un mugolio d'assenso, in segno che poteva procedere. Sfilò le dita ed infine entrò in lei, facendola sua, due corpi in uno, per raggiungere assieme quel paradiso tanto bramato.

 

... continua...

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 8


Uscì dallo spogliatoio, ravvivandosi i capelli, si stiracchiò sentendosi ora decisamente meglio. Alzò lo sguardo al cielo, per notare che malgrado ci avesse messo tanto tempo, il sole era ancora alto. Sorrise, incamminandosi in direzione dei campi sportivi e quando fu in prossimità di questi, non ebbe nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse accadendo che la figura di Natsu le era già piombata addosso, spalmandola a terra.

«Himichan!» si lamentò, corrucciando lo sguardo come un bambino offeso «Perché ci hai messo tanto? Ti sei persa la mia gara!». Lei lo guardò con un cipiglio, mentre le guance si tinsero di un delizioso color porpora, realizzando che il viso del biondo stava a pochi centimetri dal suo e la sua mente già elaborava strani pensieri su quanto fossero invitanti le sue labbra.

Cercò di allontanarlo, ma lui sembrava essersi avvinghiato saldamente a lei e al terreno, così che ogni tentativo fu del tutto inutile. «Uhm, sì... ehm... e com'é andata?» chiese titubante, cercando di guardare ovunque, tranne che il suo viso così vicino. Lui sorrise a trentadue denti, le prese il volto tra le mani e strofinò il naso contro il suo, in uno slancio d'affetto «Ho vinto!» esultò trionfante, alzandosi infine e tirando su anche lei. «Davvero? Oh, wow! Grande!» sorrise davvero contenta per il biondo, nonostante l'imbarazzo che ancora non accennava a lasciarla. «Sì, sì, modestamente, sono troppo un Dio nei mille metri.» sghignazzò, prendendo poi con due dita il laccio blu che teneva appesa al suo collo la medaglia d'oro e lo alzò, in modo da farla dondolare ad altezza del suo viso. «Visto che brilla?». «Sì sì, lo vedo… ma stai pur certo che se avessi partecipato anch’io, non la porteresti così fieramente al collo ora!» gli fece una linguaccia, ridendo divertita, mentre Natsu assumeva un tono di sfida. «Vogliamo scommettere?» la provocò, indicando un albero che stava ad un centinaio di metri da loro. «Giochiamocela. Se vinco io, tu dovrai darmi un premio a mia scelta, senza possibilità di opporti.». Himiko ammiccò in sua direzione, sicura di se stessa. «E se vinco io?» domandò, tirando appena il nastro della medaglia, attirandolo verso di sé «Mi darai tu un premio?».

Lui la guardò piuttosto scosso, il suo viso era così vicino, al diavolo la sfida, avrebbe potuto baciarla così, no? In un modo o nell'altro sentiva che non lo avrebbe rifiutato, ne era sicuro, ma poi sorrise ed annuì. «Qualsiasi premio vorrai.» rispose infine, dopotutto era meglio giocare pulito. Lei lasciò andare la medaglia, schioccò la lingua contro il palato aprendosi in un'espressione d'apprezzamento, per voltarsi poi entrambi verso l'albero. «Chi sale prima in cima, vince. D'accordo?» decise tutto da solo, ed attese conferma. «VIA!» urlò solamente lei, iniziando a correre in direzione dell’arbusto, lasciandosi scappare una risata liberatoria, mentre consumava le sue energie per velocizzarsi e non lasciare che lui la raggiungesse. «Non è leale!» ululò il biondo, che stava poche falcate dietro di lei, abbandonandosi poi anche lui, ridendo divertito «Sappi che ciò lo sconterai al momento in cui deciderò il mio premio!». Arrivarono nello stesso momento all’altezza dell’albero, iniziando la salita, scalandolo facilmente arrampicandosi sui rami spessi, quando Himiko sentì la testa iniziare a girarle fortemente e si fermò, rimanendo seduta su uno di questi, abbracciata al tronco. Maledì quel dannato di Akira, che le levava tutte le energie che possedeva, senza darle un attimo di tregua per stabilirsi, cibandosi di lei tutti i giorni e a volte anche più.

Natsu raggiunse la cima in men che non si dica «PRIMOOOO!» esultò ridendo, guardando poi in basso per vedere lei dov'era e si meravigliò nel non trovarla proprio dietro di sé. «Himiko?» chiese incerto, allungando il collo per guardare i rami sottostanti e vide la folta chioma rossa parecchio più in basso, almeno quattro metri più giù. «Himichan?» chiese ancora, ripercorrendo i rami a ritroso per portarsi ad altezza di quello dov'era lei, appollaiandosi però su di un altro perché il loro peso non sarebbe stato retto da un solo arbusto. «Che hai? Ti senti male?» era piuttosto pallida e si chiese se ciò non fosse dovuto a quel maledetto succhiasangue parassita. Lei scosse la testa, senza però muoversi di un millimetro, ben conscia che all’altezza in cui stava, in quelle condizioni, avrebbe potuto precipitare facilmente. «Sto bene… » sibilò, alzando lo sguardo e sorridendo appena, non volendo che lui ricollegasse il suo malessere ad Akira. Sapeva quanto l’avrebbe fatto infuriare. «Ti ho fatto vincere apposta, che credi?» si lasciò scappare una risatina nervosa, allungando i tempi, frattanto che la testa sembrava iniziare a smettere di girare. Natsu però non la bevve, assolutamente. Scese un paio di rami, giusto per arrivare a stare sotto di lei al che, in piedi, poteva stare alla sua altezza. Le portò una mano sul viso, appoggiandola su una delle pallide guance, l’aria preoccupata. «Non mi dire bugie.» lamentò, mentre lo sguardo della rossa passava da divertito a colpevole, ben conscia che non era un allocco e sapeva bene come stava e perché si trovasse in quelle condizioni. «Scusa… » sussurrò, la voce leggermente incrinata, mentre abbassava gli occhi dai suoi, non reggendo lo sguardo. «Non ti arrabbiare, per favore, non voglio parlare di Akira e delle sue conseguenze ora.».

Il biondo non rispose nulla. Allargò le braccia e le fece segno di aggrapparsi. «Lascia che ti porti giù, dai.» Himiko non disse nulla, semplicemente appoggiò le braccia sulle sue spalle e lasciò che lui cingesse il suo corpo esile, prendendola in braccio. Con un paio di agili salti da un ramo all'altro, giunsero a terra, lui in ginocchio per attutire la caduta senza rischio di farsi male e lei aggrappata al suo corpo, ora seduta sulle sue ginocchia. «Vuoi che ti porti da Hagumi? Magari con i suoi poteri curativi... » lei gli poggiò un dito sulle labbra e scosse la testa, sorridendo. «Haguchan é con Shiki, da soli, nello spogliatoio delle ragazze. Credo sia il caso di non disturbarli.». Natsu ci pensò un attimo, la guardò pensieroso, poi arrossì violentemente fin dietro le orecchie. «Ah.» rispose solo, prima di ridacchiare assieme a lei. «E allora cosa posso fare?» chiese una volta arrestate le risatine. Lei sorrise radiosa, appoggiando il viso nell’incavo fra la spalla e il collo di lui, le braccia ancora ben salde a circondargli il collo. «Fai già a sufficienza, anche troppo, sempre.» disse, seriamente convinta di quello che diceva. Il biondo però non capiva a cosa si riferisse, in fondo cos’è che aveva fatto per lei? Se doveva pensarci bene, si sentiva davvero inutile, l’unica cosa importante che doveva fare, ovvero sottrarla dalle grinfie di Akira, gli era risultato impossibile e per di più si struggeva in quanto lei fosse in quelle pessime condizioni per colpa di una legge della sua stirpe. Strinse di più la presa intorno al suo corpo, cingendola all’altezza della vita sottile, lasciando che la testa si abbandonasse contro quella di lei.

Le accarezzò piano la nuca, prima di abbassare lo sguardo sul suo viso, così bello da mozzargli il fiato. «Vorrei poter fare molto più di quanto non riesca, Himichan, credimi.» disse spostandole una ciocca di capelli rossi, ancora un po' umidi dalla doccia appena fatta, dietro un orecchio. Lei lo guardò intenerita, il cuore stretto in un sentimento dolce, dolce. «Ti ricordi cosa ti dissi sul tetto della scuola?» continuò, sfiorandole la fronte con le labbra, prima di tornare ad osservarla. Himiko annuì, sussurrando una risposta affermativa molto flebile ed arrossendo vistosamente. «Sai, ogni giorno che passa, ciò che ti ho detto di provare aumenta sempre di più. Ti amo, sempre di più, Himiko.» le ultime parole le sussurrò all'orecchio dietro il quale aveva appena spostato i capelli, in un sibilo così intriso d'amore da farle quasi perdere la ragione. Si strinse forte a lui, sentiva che era il momento giusto, anche lei doveva dirgli cosa provava: «Natsu, anc--». «EEEEKKK! L'HO TROVATO, ECCOLO LÌÌÌÌÌÌÌÌ!» solo una voce spaccatimpani interruppe le sue parole, prima di essere travolti pesantemente da quella che sembrava una mandria di bufali inferociti; ma erano solo le fans di Natsu, che avevano già spintonato via Himiko in chissà quale modo ed avevano accerchiato il biondo, urlacchiando soddisfatte ed appiccicandosi a lui come tanti piccoli koala. «EHI!» lamentò lei, lo sguardo infuriato, mentre già rinunciava all’idea di intrufolarsi in quella mandria di pazze. Come minimo l’avrebbero uccisa prima che avesse potuto raggiungerlo o, se fosse riuscita nel suo intento, l’avrebbero fatto subito dopo. Sospirò affranta, ringraziando di essere ancora viva dopo che l’avevano vista insieme a lui, soprattutto così vicini, immaginando che non fosse proprio destino in quel momento, convinta che questo le avrebbe regalato un attimo ancora più prezioso. Si guardò intorno, sconsolata, incamminandosi in direzione dei campi sportivi, famosa meta che non aveva mai raggiunto, notando Oda pochi metri più in là di lei che, appoggiato alla parete dell’edificio di fronte, le faceva ciao ciao con una mano, invitandola ad avvicinarsi. Lo vide come un colpo di fortuna e corse in sua direzione, felice di trovare un viso amico, inconscia che in realtà aveva appena incontrato la sua sfortuna.

 

***

Richiusero la porta a chiave, si tenevano ancora per mano ed erano entrambi visibilmente riluttanti a lasciarsi andare, lei un po' di più. «Vado a cercare i miei, saranno indiavolati.» disse seccamente il moro, mentre si voltava a guardare Hagumi accanto a sé, le guance ancora tinte di un rosso delizioso che faceva fatica a cacciar via e forse non ci sarebbe riuscita per tutto il resto della giornata. «Mh, sì, immagino di sì.» rispose tenendo lo sguardo basso, puntato sulle punte delle scarpette bianche, sportive, che aveva sapientemente ripulito assieme agli abiti, prima di rindossarli, ed erano ancora un po' umidi addosso. Shiki accarezzò con lo sguardo i bei lineamenti ancora vagamente infantili e, dopo essersi guardato attorno con fare losco e circospetto, si piegò verso di lei, lasciandole un bacio su una guancia, pericolosamente in prossimità delle labbra. Hagumi sussultò e si voltò verso di lui, i nasi si sfiorarono mentre si perdeva in quelle pozze scure che la guardavano con dolcezza. «Ti va di uscire assieme, in questi giorni?» la reazione della rosa fu di puro stupore, mentre spalancava la boccuccia e boccheggiava senza possibilità di dire nulla, la bocca straordinariamente arida. «Ehi, ti sconvolge così tanto la proposta? Se vuoi la ritiro!» scherzò e lei si affrettò a scuotere la testa «No, no, assolutamente no! Anzi, mi rende felicissima.». Sorrise con dolcezza, mentre lui tornava dritto e le lasciava una carezza tra i capelli, sciolti ed ondulati. «Allora va bene, poi ci mettiamo d'accordo. Vado!» solo un'altra carezza sul viso, prima di lasciarle a malincuore la mano ed allontanarsi. Lo guardò andar via con gli occhi incollati sulla sua schiena finché non scomparve dalla sua vista e il sorrisino beato si trasformò in una smorfia di dispiacere. Possibile sentisse già così tanto la sua mancanza? Sbuffò, dandosi un pugnetto da sola su di una tempia. «Scema, riprenditi.» ordinò, quasi impose a se stessa, per il bene della sua sanità mentale. Si voltò dunque anche lei e procedette in direzione opposta, dove aveva scorto la sorella non appena uscita dallo spogliatoio, seduta in lontananza sulle scalette d'emergenza dell'edificio. Era un luogo che Himiko apprezzava molto, vi si recava spesso per riflettere in solitudine, perciò guardare in quella direzione le era venuto piuttosto naturale. Si affrettò a raggiungerla, avevano troppo di cui parlare e troppo poco tempo per farlo.
«Himichan!» la richiamò, alzando il braccio e muovendo la manina in segno di saluto. La rossa alzò lo sguardo, ripescata dai suoi pensieri, giusto in tempo per vedere la sorella raggiungerla e sedersi al suo fianco. Sorrise, dandole una gomitatina nelle costole. «Allora, com’è andata? Sembri felice.» Non le era sfuggito il sorriso radioso della confettina ed era più che certa che i due avessero sistemato tutto. Hagumi arrossì fin dietro le orecchie, annuendo timidamente. «Sì, lo sono. È stato, insomma… UAAAAH!» cacciò un urletto eccitato, mentre il viso ora cambiava diverse tonalità purpuree, ricordando i momenti di poco prima insieme a Shiki. Buttò le braccia al collo della sorella, strusciando affettuosamente la guancia contro la sua ed Himiko giurò quasi di sentirla fare le fusa, frattanto che continuava a ripetere “sono felice, felice, felice!”.
«Calma, calma!» rise, facendole qualche carezza sulla testa e scollandola poi da sé, per guardarla negli occhi. «Spiegami.».
Hagumi si portò le manine davanti al viso e continuava ad agitare la testolina, senza seguire alcuna logica, se non quella della vergogna. «In doccia... » pigolò, senza aggiungere altro, cosa che fece intenerire ancora di più Himiko. «Oh, siete già a questo punto?» chiese con un ghigno, abbassandosi appena per entrare nel campo visivo della sorella, afferrandole i polsi per allontanarle le manine dal viso e guardarla negli occhi. «E com'é stato, meglio o peggio dell'altra volta?» incalzò divertita, mentre Hagumi quasi iniziava a fumare dalle orecchie. «Divinooooooooooo!» urlacchiò, prima di buttare il visetto sulle ginocchia della sorella, seduta un gradino più su di lei e nascondersi mentre i flash di quegli istanti continuavano a scorrere nella sua testa, in una carrellata infinita.

«Oh… » esclamò Himiko, portandosi una mano sotto il mento, l’aria di chi sta elaborando qualche pensiero contorto «Significa quindi che non c’è bisogno che ti regali il libro del Kamasutra? Oppure lo vuoi lo stesso? Chissà! Potrebbe tornarvi utile per provare qualche nuovo giochetto.». La stava ovviamente prendendo in giro, ma la confettina non poté fare a meno di credere parlasse sul serio ed era veramente interessata all’argomento. Sbatté le palpebre un paio di volte, dopo aver alzato la testa per guardarla negli occhi, improvvisamente seria.
«Dici che potrei imparare qualcosa di utile da, insomma... » fece una pausa di qualche secondo, cercando di sconfiggere la vergogna «Potrei procurargli un piacere maggiore?». Himiko scoppiò in una fragorosa risata, afferrandola per la testolina e scompigliandole la chioma con un pugnetto, in modo affettuoso.
«Non ti preoccupare sorellina! Non penso siate già così annoiati da dover provare cose nuove.».

Hagumi strabuzzò gli occhi un paio di volte, prima di seguire la sorella con qualche ridolino inconsulto. «Credo tu abbia ragione. Annoiati? Non ancora, direi, anzi... » lasciò cadere il discorso, mentre il rossore sul volto si estendeva un po' ovunque «Himiko, avevi ragione sai. Sono proprio innamorata persa e anche lui mi ha detto che mi ama. L'avresti mai detto?». Effettivamente era una situazione quasi surreale. Himiko non disse nulla, semplicemente sorrise, perché dopotutto lo sapeva già. «Beh, ad ogni modo, devo parlarti di altro adesso, i dettagli te li propino dopo» aggiunse la signorina in rosa, tornando a sedere composta ed iniziando a giocare con una ciocchetta di capelli ondulati, lo sguardo nuovamente puntato sulle proprie scarpette «Ho parlato con papà, prima.». La rossa la guardò ora curiosa, inclinò appena il capo strabuzzando gli occhioni smeraldo, come ad invitarla a continuare. La rosetta sospirò «Vedi, non pensavo sai, ma si è accorto della situazione fra me e Shin.» a queste parole Himiko la guardò un po’ preoccupata della reazione che credeva avesse potuto avere il suo papà, ma Hagumi si affrettò a rassicurarla «Era un po’ preoccupato, ma come succo della questione ha detto solamente che si fida di noi e confida in nostre scelte razionali. Mi ha chiesto anche di prendermi cura di lui.».
La gemella annuì appena, assimilando la notizia. «Capisco. In fondo era normale che prima o poi anche papà o mamma se ne accorgessero, Shin non è molto bravo a celare i suoi sentimenti.» ridacchiò, ricordando momenti in cui il ragazzo si trovava ad arrossire teneramente anche in presenza dei genitori, quando Hagumi gli faceva qualche carezzina affettuosa o gli dava attenzioni «Sei preoccupata per questo? Hai paura di deluderlo?». La confettina abbassò lo sguardo triste, certo che era preoccupata. Shin era innamorato di lei, probabilmente l’unica vera cosa che avrebbe potuto fare per renderlo felice era ricambiare i suoi sentimenti, ma questo non poteva farlo. Nel suo cuore si era radicato Shiki e il legame che la legava al bruno non riusciva a vederlo evoluto, egoisticamente voleva continuare a tenerlo al suo fianco come fratello, sicuramente la peggior tortura che potesse infliggerli.
«Sai Hagu, non è vero che non puoi essergli realmente vicina, che non puoi prenderti cura di lui se non ricambi i suoi sentimenti. È la vita, infondo, nessuno può decidere di chi innamorarsi o chi far innamorare di sé.».
La sorella annuì a queste parole e le sorrise grata, prima di abbacchiarsi di nuovo «Ne sono perfettamente consapevole. È solo che far soffrire Shin mi fa... così male.». Terminò la frase mentre si rendeva conto del grande senso di vuoto che questa situazione le provocava. «Io sono innamorata di Shiki, ma non sono del tutto indifferente a Shin; inoltre penso continuamente che se non avessi incontrato Shiki, starei con Shin, sarei innamorata di lui, e questo mi fa sentire ancora peggio, perché vuol dire che dopotutto so che il mio cuore può amarlo ed è forse la mia mente a non volerlo.
Razionalmente parlando, é più facile innamorarsi di qualcuno che, in diciassette anni, non hai mai visto come un fratello.». Himiko scosse il capo, non era d'accordo «Shiki é un cacciatore, il tuo acerrimo rivale, eppure il tuo cuore non vuole saperne, lo ami comunque, no?». Hagumi la guardò sorpresa, totalmente presa alla sprovvista, come se una grande rivelazione fosse calata su di lei: la gemella aveva perfettamente, indubbiamente e totalmente ragione. Oltretutto anche Himiko era certa di avere ragione: non si stava, forse, innamorando perdutamente anche lei? Non stava forse per gettarsi come la sorella in una storia proibita, senza via di uscita e dal lieto fine incerto, se non quasi del tutto impossibile?
E proprio a quel proposito, la rossa sospirò, notando in lontananza Natsu che si dirigeva probabilmente verso gli spogliatoi, scherzando allegro con il gruppo di fans scalmanate che sembravano non volerlo mollare più. Hagumi la guardò divertita, dimentica per un istante del dilemma di pochi istanti prima, non potendo fare a meno di pensare che fosse decisamente gelosa e che ciò su cui stava riflettendo era quindi presumibilmente veritiero.
«Eh sì, Natsu-chan ha veramente tante ammiratrici.» la punzecchiò un po’, desiderosa di vedere la reazione della gemella, per togliersi ogni dubbio. Questa, infatti, in un primo momento non rispose e poco dopo assunse un tono piuttosto acidognolo. «Sì, ho avuto modo di accorgemene. Riguardo Shin, comunque… » non poté finire la frase, Hagumi l’aveva già interrotta.
«Oh, lascia perdere la storia con Shin ora, tanto non ne verrò a capo lo stesso, non serve parlarne, devo fare chiarezza dentro me.» e lo disse con un vigore che sorprese molto sua sorella. «Piuttosto, parliamo di Natsu. Ormai lo sanno anche i muri che é perso di te, cosa intendi fare?». Himiko le aveva raccontato della dichiarazione di Natsu durante la convalescenza per il colpo subito da Misa, ma ci sarebbe arrivato chiunque anche senza saperlo, persino un cieco, bastava già solo sentire la voce di Natsu e il cambiamento di tono quando si rivolgeva alla rossa, con un affetto infinito, ed anche un po' d'imbarazzo, tant'era che delle volte si acutizzava di un'ottava.

Fu ora il turno di Himiko di sentirsi in imbarazzo, le gote che iniziavano a tingersi di un bel rosso acceso. «Ecco… » si trovò una totale idiota. Non aveva mai realmente aperto il suo cuore riguardo l’argomento “amore”, tant’é che non riusciva a trovare le parole per esprimersi al meglio. Decise quindi di andare sul semplice. «Lui mi piace.» buttò lì, frattanto che Hagumi annuiva. «Questo lo so, l’ho capito nel momento in cui l’hai baciato davanti a tutti, il giorno in cui scopristi del tuo destino con Akira. Eri strana, avevi una bizzarra luce negli occhi, non eri la solita Himiko che si sbaciucchia il primo bel ragazzo che trova per la serata, l’ho notato subito. Io voglio sapere se intendi rispondere positivamente alla sua dichiarazione e provare ad avere qualcosa di serio con lui!» il cuore che batteva forte, mentre già immaginava il suo migliore amico e la sua adorata sorellina in una storia d’amore. La rossa sembrò avere un’illuminazione, lo sguardo che assumeva una nota preoccupata e triste al contempo. «A proposito di dichiarazioni, oggi mentre eravamo chiusi in bagno, Akira ed io intendo, per il suo pasto giornaliero, mi ha confessato di essere innamorato di me. Credo scherzasse e volesse prendersi gioco di me, chiaramente, però… ».
Hagumi scoppiò in una risata cristallina, tappandosi subito la bocca allo sguardo omicida della sorella. «Coff cough... » dissimulò con qualche colpetto di tosse, prima di schiarirsi la voce e proseguire. «Uhm, Himichan, guarda che era palese. Nessun nuovo vampiro é così deliziato dall'idea di bere il sangue, come lui lo é quando sta per bere il tuo. Sono tutti disgustati all'inizio, lui invece non ha avuto un solo attimo di titubanza e sono certa che questo sia legato al fatto che quando ti morde sente i tuoi sentimenti, anche i più reconditi. Ora, non so se sia proprio amore, perché é una cosa forse abbastanza immorale, quasi da squilibrati, ma che sia assuefatto di te... beh... non ti offendere, ma l'avevo capito persino io.» il che era grave, se si pensa quanto riuscisse ad essere ingenua e tonta in certe questioni.

Himiko portò l’indice a grattarle la guancia, mentre sembrava riflettere, un po’ imbarazzata dall’affermazione della sorella. «Io non me n’ero accorta, forse perché ritengo che il suo non sia amore. Se fosse davvero infatuato come dici, percependo quanto mi ferisce ogni volta, avrebbe già smesso; perché, in fondo, quando ami qualcuno vuoi il suo bene e la sua felicità, no?».
Hagumi si ritrovò d’accordo. «Sì hai ragione, di norma funziona così, ma alcune volte, quando l’amore ti prende al punto di diventare la tua vita, non puoi far a meno di diventare un po’ egoista e pensare anche a te stesso, alla tua felicità.».
Si sorprese di se stessa e di quanto fosse arguta in quel momento e si convinse che sicuramente vedendo le cose con occhi esterni, le sembrava tutto più logico. Si ritrovò a pensare a quanto sarebbe stato comodo vedere, di tanto in tanto, i propri problemi dall’esterno, con occhi altrui.
Himiko rifletté qualche istante e non trovò nulla di sensato da dire alle affermazioni della sorella. «No, mi rifiuto di crederci.» esclamò infine, alzandosi in piedi e saltando il gradino dov'era seduta la sorella, per atterrare su quello successivo, più in basso. Si voltò a guardarla e cercò di scrollarsi quella brutta sensazione di dosso. «Vado da mamma e papà, saranno preoccupati. Tu non vieni? A quest'ora Shin starà gareggiando con la sezione universitaria, sai.». Hagumi scosse il capo, in segno affermativo e s'alzò imitandola, massaggiandosi appena i glutei sui quali, separati dalle insenature dei gradini d'acciaio soltanto dai bloomers sottili, erano rimasti i segni rigati e un po' dolenti. «Ti raggiungo, sì, però avviati, devo prima fare una cosa.» lo sguardo balzò su Natsu e le sue fans in lontananza, solo per un istante, prima di tornare sulla sorella e sorriderle. La rossa fece spallucce ed annuì, avviandosi in direzione dei familiari. Lo sguardo di Hagumi cambiò radicalmente, così come la sua espressione. A passo da elefante, tanto che Natsu credette ci fosse stata una scossa di terremoto, si avviò in direzione del bel biondo, ora poco distante da lei trovandosi vicino all’entrata dello spogliatoio maschile, arrivando davanti al gruppetto con l’aria di chi è infuriato nero.
«Vi do dieci secondi per cambiare aria, altrimenti non risponderò di me.» tuonò, minacciando le ragazze che ancora lo accerchiavano, con alcune di queste avvinghiate al corpo del ragazzo. Aveva già avuto modo di affrontarle in passato, quando ancora credevano che lui fosse innamorato di lei, e sapeva come prenderle e che queste avevano paura di cosa avrebbe potuto far loro, infatti presero a correre nelle più disparate direzioni, liberando il ragazzo dalla loro ossessiva e soffocante presenza.
«Haguchan graz… » fece per abbracciare la confettina, ma questa gli spalmò una mano in faccia, frenando il suo slancio, tirandogli poi uno scappellotto dietro la nuca.
«Si può sapere che diavolo stavi facendo?» domandò stizzita, preoccupata che questo, seppure innamorato di Himiko, volesse sfogare i suoi istinti sessuali, vista l’incertezza in cui navigava nel rapporto con la rossa.
Lui si massaggiò il volto, piagnucolando «Ma... ma... ma... Haguchan!» era scandalizzato, come poteva trattarlo a quel modo, lei sempre tanto dolce e graziosa? «Stai diventando manesca come tua sorella? Ahiuo!» mosse un po' la mascella, controllando che non si fosse slogata a causa del manrovescio. La rosetta lo guardò un po' dispiaciuta, forse aveva esagerato, però poteva farlo anche da solo lo sforzo di cacciarle via. «Sei un don giovanni da strapazzo, Himiko non starà mai con te finché gironzolerai con quelle lì abbarbicate ovunque sul tuo corpo. Era una visione quasi oscena, una ti stava anche mettendo la mano nei pantaloni. Cerca di darti un contegno, per l'amor del cielo, Natsu.».

«Errr… » mugugnò il ragazzo, non ben convinto di cosa risponderle. «Cerca di capirmi Haguchan… » pigolò solamente, lo sguardo colpevole, ma lei quella volta non si dimostrò comprensiva come suo solito.
«Cosa dovrei capire? Che finché Himiko non ti ricambierà continuare a scorrazzare in cerca della prima sgualdrina che te la dia, per non stare in astinenza?» domandò con un cipiglio, le mani ora che si erano appoggiate sui fianchi, in tono rimproverevole.
Il biondo scosse il capo, indignato: «Ehi! Non ho mai detto nulla del genere, mi pare. Semplicemente... beh... Credo che non mi ricambierà mai, Haguchan.» disse infine, afflosciandosi su se stesso, per poi acchiappare la confettina tra le braccia ed affondare il viso sulla sua testa rosa, cercando di trattenere il pianto, anche se liberarsi gli sarebbe stato utile. Lei mugolò qualcosa d’indecifrabile, abbracciandolo poi a sua volta. Povero Natsu, doveva essere davvero a pezzi per rendersi così vulnerabile davanti a lei. Alzò un braccio e portò la mano sulla sua testa bionda, ad accarezzargli la nuca. «Su! Non fare così, Natsuchan.». «Non ho speranze.» farfugliò di nuovo lui, stringendola un po' di più. «Non dovresti fasciarti la testa prima di essertela rotta, chi ti ha detto questa baggianata?». Lo spinse un po' per guardarlo in volto. «Dritto e sguardo fiero, espressione allegra e sicurezza in te stesso, fatti vedere così da lei, stalle accanto senza essere invadente, sii dolce quanto basta e prendila anche un po' in giro, bisticciando come piace a voi. Insomma, sii te stesso. L'unica cosa che potrebbe allontanarla da te sono quelle oche che ti porti in giro a scuola. Allontanale e vedrai che andrà tutto per il meglio!».
«Ne sei sicura?» domandò, poco convinto della cosa, poi sbuffò. «Se almeno lei mi desse qualche segno positivo… » si lagnò e a queste parole la confettina gli strizzò le guance, chiedendosi se fosse cieco o realmente ottuso.
«Non predicare di amarla follemente, se non riesci neanche a riconoscere ciò che per lei sono gesti importanti e significativi!» sorrise amabilmente, mentre lo sguardo si addolciva e gli faceva una carezzina affettuosa. «Abbi pazienza ed osserva attentamente i suoi comportamenti con gli altri e con te, forse riuscirai ad avere qualche delucidazione, in fondo vi conoscete da molto.».

La guardò, sorpreso, chiedendosi chi l'avesse resa così saggia in affari di cuore. Fece spallucce e decise di non pensarci, chiunque fosse, aveva tutta la sua gratitudine, perché grazie a lei ora si sentiva un po' meglio e riusciva a vedere la cosa da un'altra prospettiva. «Sì, hai ragione. Lo farò!» si mise in posa statuaria, teatralissima, puntando un dito verso l'orizzonte. Lei ridacchiò e si mise accanto a lui, indicando nella stessa direzione, con la stessa posa buffa «Sì!» decretò infine, prima che entrambi scoppiassero a ridere. Il discorso, per adesso, era finito.

 

***

Erano ormai le cinque del pomeriggio e il clima iniziava a rinfrescarsi. Si ritrovò a tapparsi per l’ennesima volta le orecchie, in un vano tentativo di ignorare il professore di educazione fisica che le abbaiava contro dandole della lumaca, per l’ennesima volta.
«Ma professor Hirojima, è pesante!» si lamentò, lasciando cadere l’ostacolo, che andò a finire proprio sul piede dell’uomo, facendolo saltellare ed ululare dal dolore. «Ups… » squittì, frattanto che se la ghignava sotto i baffi.
«Ti aiuto io.» la voce di Misa, alle sue spalle, che fece per aiutarla a sollevare la barriera massiccia, ma qualcuno fu più veloce di lei, sollevandola al suo posto.
«Ah! Ragazze debolucce, lasciate fare agli uomini questi lavori.». Era la voce di Natsu, che sghignazzava portandosi quell'affare pesante sulle spalle, ammiccando poi verso Himiko e voltandosi per andare a posarlo. Himiko arrossì, senza dar peso a Misa che sbraitava "Deboluccia a chi?" e guardava invece Natsu allontanarsi, intensamente. Le passò una mano davanti agli occhi, poi sbottò qualcosa perplessa e se ne andò anche lei, stizzita. Himiko, invece, raggiunse il biondo. «Ti aiuto, davvero. Non sono mica così debole, sai.» lui abbassò lo sguardo ed osservò la fanciulla al proprio fianco, con dolcezza. «Lo so, ma permettimi di fare l'uomo. Sostenerti e proteggerti è un mio compito, no?» lei scosse il capo «È inutile che fai il ruffiano, non me lo dimentico che mi hai mollata a terra, mentre ti facevi circondare da quelle pazze.». Lui si offese. «Che ruffiano? Sono serissimo!».
«Quindi non hai intenzione di fare nulla per farti perdonare?» domandò, mettendo il broncio e fingendosi offesa. «Me ne ricorderò.». Lui rise un po’, avvicinandosi a lei e scompigliandole dolcemente i lunghi capelli.
«E com’è che ancora non mi hai mollato qui da solo?». Himiko sembrò rifletterci per un momento, prima di pizzicargli il naso. «Non iniziare con i pensieri contorti, ovviamente sto attendendo che tu ti decida a farti perdonare!». La sua espressione cambiò radicalmente, come se una vena di tristezza l’avesse invasa, abbassando lo sguardo dai suoi occhi. «Scherzavo, ovviamente!» pigolò tornando a guardarlo, abbozzando un sorriso «Sei libero nelle tue azioni, non mi devi nulla!».
Natsu aggrottò le sopracciglia, lasciò scivolare giù dalle spalle l'ostacolo e si portò davanti a lei, in modo da fermare la sua avanzata ed esserle di fronte. «Che dici?» chiese confuso, quel cambio repentino di umore non gli era stato molto chiaro. Lei sbatté le palpebre, altrettanto perplessa. Aveva specificato perché non voleva essere fraintesa, scherzava davvero, non si sarebbe mai permessa di pretendere scuse da lui su una cosa che, non essendo impegnato con lei, era liberissimo di fare. «Himichan, ti conosco ormai, lo so quando sei ironica e quando no. Lo avevo capito, che bisogno c'era di correre ai ripari? Mi hai fatto sentire un po' stupido, sinceramente.» specificare che fosse tutto uno scherzo lo aveva piuttosto scosso, in realtà nemmeno lui sapeva per quale motivo. La ragazza scrutò negli occhi profondi e turchesi, ma non seppe cosa dire, come reagire, men che meno se ci fosse qualche gesto da compiere. Lui le appoggiò le mani sulle spalle, guardandola seriamente. «Se devo essere sincero, scherzo o meno, non c'era bisogno di dirmelo, volevo già chiederti scusa. Chiederti scusa per averti rovesciato addosso tutti i miei sentimenti ed averti poi lasciata lì, facendomi trascinare via da quelle. In realtà avevo solo paura di un tuo rifiuto, quando loro sono arrivate ero sollevato... insomma, non avrei resistito ad un tuo allontanamento. Scusami se sono stato un codardo, ma credimi se ti dico che ti amo e che quelle lì... quelle lì, per me, non sono niente, te lo giuro.».
«Lo so, anche io ti conosco a sufficienza da sapere quando sei serio con una ragazza e quando no.» ammise, in fin dei conti in quel campo erano fatti della stessa pasta. Si passò una mano nervosamente fra i capelli, piuttosto imbarazzata dalla gaffe che aveva appena compiuto. Nel suo contorsionismo di non fargli capire che in realtà ci era rimasta un po’ male, era riuscita solo a dimostrargli il contrario, cosa che però lui sembrava non aver colto. «Perché avevi paura di un mio rifiuto?» gli domandò a bruciapelo, tornando ad osservare le sue pozze celesti «Ho fatto qualcosa che ti abbia fatto intendere che io voglia allontanarti?».
Il biondo scosse il capo, portandosi poi una mano dietro la nuca, imbarazzato. «No, beh... in realtà... é solo che non mi hai ancora dato una risposta da quel giorno sul terrazzo della scuola, sai. Mi hai baciato di tua spontanea volontà a casa tua e da lì più nulla, non una parola o un segnale. Ho pensato che per non dirmi nulla, semplicemente non ti piacessi e non sapessi come rifiutarmi, perché sei troppo gentile per farlo in modo brutale.» spiegò tutto d'un fiato, voltando poi lo sguardo altrove, ad osservare una coccinella che camminava su un muro, come se fosse la cosa più interessante del mondo.
Lei appoggiò una mano sul suo viso, facendolo voltare e tornare nuovamente a guardarla, sorridendo radiosa. «Scusa.» disse seriamente intenerita, alzandosi in punta di piedi, appoggiando una mano sulla sua spalla come leva e lasciare che, quella precedentemente sul suo volto, andasse a giocare con il ciuffo dei suoi capelli che gli ricadeva ribelle su questo, scostandolo appena. Arrossì un poco sulle gote, accorgendosi solo in quel momento di essere volontariamente a pochi centimetri dal suo viso. «Sono dell’idea che il tuo cervello si perda sempre in troppi pensieri contorti e assurdi, perché io non sono così buona come credi tu. Se avessi voluto scaricarti, credimi, l’avrei già fatto da un bel pezzo.». Lo punzecchiò un pochino, forse per spezzare la tensione, o semplicemente nel tentativo di calmare se stessa, mentre il cuore batteva all’impazzata nel suo petto, al punto che arrivò a credere volesse uscire da questo. Il volto del biondo sembrò illuminarsi mentre cercava di assimilare le parole della rossa, voleva forse intendere che non lo stava rifiutando? Che poteva sperare di essere ricambiato? Aguzzò le orecchie, avido di sentire ciò che lei aveva da dirgli.
Lei rise, quando vide che lui ancora non diceva nulla e sembrava paralizzato. «Ehi, intelligentone, ti sto dicendo che non ho intenzione di rifiutare i tuoi sentimenti.» s’alzò di più' sulle punte, mentre lui assumeva un'espressione mista tra gioia e incredulità. «Himichan... » sussurrò solo, piegandosi verso il suo viso, le labbra così vicine s’attiravano le une verso le altre come in una sorta di magnetismo ineluttabile. Ed Himiko, mentre chiudeva gli occhi per assaporare ciò che stava per arrivare, decise che era giunto il momento di rivelare anche i propri sentimenti: «Natsu, io ti--». Se in quel momento avesse potuto continuare, sarebbe certamente stato più semplice il percorso delle settimane successive, ma il destino volle essere crudele. Il destino o qualcun'altro? Una vocina, comunque, interruppe le parole della ragazza: «Ehi! È proprio vero, i mostri polipi quando si attaccano si succhiano a vicenda!». I due si girarono e, non notando nessuno, abbassarono lo sguardo, per scorgere un bambino all’incirca dell’età di cinque anni, che li guardava dal basso, con la boccuccia aperta, come fossero la cosa più interessante del mondo. Himiko scattò indietro, sciogliendosi dalla presa di Natsu, totalmente rossa in viso, d’imbarazzo e di rabbia. Possibile che ogni volta che cercasse di dichiararsi dovesse succedere qualcosa che glielo impediva? Natsu s’abbassò all’altezza del bimbo, l’aria divertita.
«No no, i polipi non si succhiano per lottare! Quando attaccano, usano i loro tentacoli per picchiarsi!».
Il bambino e Natsu scambiarono qualche battuta allegramente, mentre la rossa si chiedeva come potesse essere già così disinvolto, lei si sentiva tutto un fremito, mentre portava le mani sulle guance e si accorse che emanava fuoco dalla pelle. «Che seccatura!» sbottò in una perfetta imitazione di Shiki e il suo modo di dire preferito, prima di alzare lo sguardo per caso ed individuare Oda appoggiato al muro poco più in là, braccia conserte, sigaretta tra le labbra ed espressione soddisfatta mentre guardava la scena con occhi penetranti. Cosa cavolo stava succedendo?

Una venuzza iniziò a pulsare sulla sua tempia, la testa che sembrava fumare di rabbia, mentre già s’avvicinava al bruno, afferrandolo per il colletto della camicia.
«Oooooda!» ululò, scuotendolo appena «Mi stai forse pedinando?». E ne era certa, perché lui non stava mai in un posto per puro caso e quel giorno era già la seconda volta che lo incontrava in una casualità troppo sospetta.
Lui sorrise divertito, afferrando delicatamente la mano di lei e facendole mollare la presa. «Dai piccola, me la sgualcisci.». Aspirò un altro tiro dalla paglia, buttando fuori il fumo con fare rilassato, al che Himiko non ci vide più. La sua faccetta colpevole l’avrebbe riconosciuta fra mille.
La guardò divertito, prima di gettare la sigaretta ormai finita in una pattumiera lì vicino, con una mira quasi surreale. «Dai, lo ammetto, il marmocchio ve l'ho spedito io. E anche le tipe di prima. Piaciuti i miei pacchi regalo? Mi sento un po' Babbo Natale!» rise, mentre lei quasi ringhiava dalla rabbia. Natsu osservò la scena da lontano, accarezzò la testolina del bimbo e si allontanò da lui, avvicinandosi ai due. «Che succede?» chiese al bruno, che di colpo si fece serio. «Succede che una persona mi ha affidato il compito di occuparmi di Himiko, assicurarmi che stesse bene e che non soffrisse, e se questo significa espellerti dalla band pur di non farvi avvicinare più di così, per quanto tu possa essere bravo, mi sta bene. Himiko é un VAMPIRO e tu sei un CACCIATORE, non ho la minima intenzione di lasciartela.» tirò a sé la ragazza e la strinse forte, mentre quelle parole colpivano i due come docce gelide in pieno inverno.

Lei si voltò appena, limitata dalla stretta di lui, facendo ciò di cui si sarebbe pentita probabilmente per il resto della sua vita. Gli mollò un cinquino in pieno viso, facendo più male a se stessa di quanto realmente fosse il dolore fisico provato da Oda.
«Non ti permettere!» tuonò, mentre il cuore sanguinava per una nuova ferita piuttosto profonda. L’unica persona su cui aveva sempre creduto di poter contare, l’unica che era sicura l’avrebbe sempre sostenuta in modo maturo, aiutandola nelle scelte della vita, le stava ora imponendo un suo egoistico volere in un modo altamente infantile. «Chi sei tu? Tu non sei il mio Oda. E se lo sei, vuol dire che allora non ho mai veramente capito nulla di te e hai sempre celato il tuo vero io o una parte di questo. Ciò mi addolora, ma se deciderai di volermi imporre delle scelte, allora sappi che io non ci sto!».
«Io non ti sto imponendo una mia scelta. Io ti sto mettendo dinnanzi ad un dato di fatti, Himiko. Cosa diamine possono saperne due mocciosi come voi della guerra, eh?» secco, irritato, non si massaggiò nemmeno la guancia arrossata, ma li guardò entrambi severamente, come un padre. «Le cose non stanno bene, ragazzi. C'è burrasca, Okura sta facendo di tutto per tenere rapporti civili, ma voi… » guardò sprezzante Natsu «… maledetti state rovinando tutto con il vostro orgoglio, come sempre, come già duemila anni fa avete fatto. Siete feccia e non permetterò che Himiko, anzi, che entrambe le gemelle, rimangano ferite a causa vostra e a causa della guerra che state minacciando di far riscoppiare.».
«Che colpa ne abbiamo Shiki ed io se le nostre famiglie sono in conflitto con le vostre? Quale diritto avete di impedirci di stare bene insieme, solo perché fra di voi vigono conflitti?» domandò serio, i pugni in una morsa, mentre lo sguardo si faceva gelido, nel guardare il bruno davanti a sé. «Che male c’è nell’amare qualcuno anche se diverso da noi?» calcò la mano, seriamente incredulo di ciò che Oda andava dicendo. Certo che molte guerre erano scoppiate e avrebbero continuato a crearsi, se le loro mentalità seguitavano a navigare in un oblio, rimanendo chiuse nel loro mondo senza accettare nessun’infiltrazione dall’esterno, positiva o negativa che fosse.
Oda scosse il capo «Non hai capito un cazzo, Natsu. A noi vampiri non frega nulla di voi, siete voi che continuare a cercarci, minacciare di ucciderci ad ogni sgarro, siete voi il problema, voi che odiate Okura a morte, voi che ci perseguitate e ci rendete la vita impossibile. Dopo duemila anni da che le nostre strade si sono separate, continuate a trattarci come se fossimo dei mostri. No, non lascerò che Himiko venga a contatto con te e la tua gente più di così, le fareste solo del male. Cosa farebbero i tuoi genitori, se sapessero, eh Natsu?» chiese, prima di incalzare, infuriato «COSA FAREBBERO?». Natsu tacque, così anche la rossa. Cosa dovevano dire? Era troppo chiaro ad entrambi che l'avrebbero cacciata fino a che non l'avessero uccisa e la guerra allora sarebbe scoppiata davvero, senza troppi ripensamenti. Stava per dire qualcosa, ma non sapeva davvero come rispondere, perché sapeva perfettamente chi é che aveva ragione. Oda continuò, dopo essersi calmato. «Himiko sarà un vampiro per l'eternità, continuerà ad avere bisogno di sangue, non vive di cibo umano, che tu lo voglia o no, quello ci fa gola solo per il buon sapore, ma non ci sfama e non lo farà mai. Si nutrirà perennemente del sangue di animali o di sacche ematiche che ci passano i vampiri che lavorano in ospedale... e poi? Se un giorno avesse una crisi e ti azzannasse? Cosa accadrebbe, Natsu? Lo sai cosa succede ai cacciatori che vengono morsi da vampiri? LO SAI?!».
Natsu abbassò lo sguardo, ben conscio di dove avesse voluto andare a parare il bruno. Diventare un ibrido, beh, per lei sarebbe stato disposto anche a questo, se avesse potuto godere di momenti felici al suo fianco, ma sapeva bene che non era ciò che voleva intendere Oda, che la sua preoccupazione era tutt’altra. Non seppe veramente cosa rispondere, così come anche Himiko, che era rimasta in silenzio, scossa da quelle parole, mentre sentiva il cuore spezzarsi in mille e più frammenti. Guardò alternativamente i due ai suoi fianchi opposti, realizzando solo in quel momento ciò che Hagumi volesse intendere con l’egoismo in amore e sì, in quel momento si sentiva la persona più egoista del pianeta. Sapeva a cosa andava incontro, ma non voleva rinunciare a lui per questo e se Natsu si fosse fidato di lei a sufficienza, avrebbe lottato fino allo stremo delle forze per la causa in cui credeva.
«Scusa Oda, non posso farmi intimorire da quello che dici. Lo sai, mi conosci, lotto per le cose in cui credo e io non credo in questa guerra. Per quanto le tue ragioni siano reali e pericolose, non ho intenzione di limitare la mia vita, di vivere di proibizioni e rimpianti, solo perché c’è chi cerca continuamente conflitto. Non posso. È vero, non ho una vita da vivere, ho davanti l’eternità, ma non per questo è una motivazione valida per non vivere appieno ogni momento pensando che il futuro mi darà altre opportunità, magari migliori, da cogliere.».
Oda sembrò placarsi un istante e guardare Himiko con infinita dolcezza. «Sei sicura, Himichan? Io sono un anziano, se ti ficchi nei guai con lui, non potrò aiutarti.» chiaro e conciso, cristallino, mentre Himiko lo guardava spaesata. In pratica era come scegliere tra l'amore per Natsu e l'amicizia con Oda, giusto? «Oda... » bisbigliò appena, prima di reprimere un singulto, premendo una mano sulle labbra. «Mi dispiace.» fu tutto ciò che riuscì a dire, mentre la vista si appannava. Non poteva piangere davanti a lui, aveva scelto e lui non poteva più essere il suo appiglio. Si voltò, dandogli le spalle. «Grazie di tutto. Me la caverò, davvero.» aggiunse infine, prima di allontanarsi a passo svelto, sconvolta e scossa dai singhiozzi.

***

Batté impazientemente il piede sul terreno, guardandosi intorno con fare scocciato. L’aveva cercato per ben due ore e di lui nessuna traccia, ma era certo non fosse un codardo e che non si stesse nascondendo. Sbuffò e fece per voltarsi, pronto a riprendere le ricerche, quando scorse la sua figura al di là del cortile.
«Ehi, ti sei dimenticato la nostra sfida?».
Il bruno portò una mano sugli occhi, a proteggerli dai fiacchi ed aranciati raggi del tramonto, il sole maestoso che si ergeva alle spalle del ragazzo di fronte a lui. «Ovvio che no. Piuttosto tu, stai andando via? Fuggi?» chiese con un ghigno «Mi sembra sia tu a non esserti fatto vedere in giro, Shiki, io dovrei pensarlo di te.» precisò pacato, abbassò la mano e procedette in sua direzione, Shiki fece altrettanto e s’incontrarono a metà strada. «Uhm, sì, sono stato occupato.» Meglio glissare con chi lo fosse stato. «Ah sì? La sfida l'hai lanciata tu, ricordi?».
Il moro lo guardò di sbieco. «Ovviamente.». Si fermò ad osservare un istante il cielo, per poi tornare a guardare Shin davanti a lui.
«Allora che sfida preferisci?» domandò il bruno, impaziente di fargli vedere chi fosse il migliore e vincere la possibilità di stare una giornata intera con la sua Hagumi, senza Shiki tra i piedi. «Da parte mia non ho preferenze, scegli pure ciò in cui sei avvantaggiato, non ho intenzione di perdere.».
L’altro sembrò rifletterci un po’, prima di scuotere la testa, l’aria annoiata. «Nessuna.» esordì, lasciando sbigottito Shin. Cosa significava “nessuna”?
«Non guardarmi in quel modo.» sorrise, mentre si accendeva una sigaretta e tirava un'ampia boccata «Oggi ho semplicemente deciso di essere una persona di buon cuore e fare una buona azione.». Shin aggrottò la fronte, sentendosi preso per i fondelli «Non sono un idiota Shiki, che stai dicendo? Non vuoi più sfidarmi?». «Voglio dire» riprese parola l'altro «Che non m’interessa più sfidarti, ho cambiato idea. Passa una giornata solo con Hagumi, invitala ad uscire, comunicami quando sarà e prometto che non verrò a romperti le uova nel paniere. Non ne ho bisogno, in effetti.» terminò serio, senza prese in giro né altro. Hagumi ormai era sua, ne aveva avuto la conferma, si fidava ciecamente di lei e lasciarla a Shin per un giorno gli sembrava un buon compromesso. «Ah, questo ovviamente sottintende che non allungherai le mani su una ragazza impegnata, anche se immagino che per uno che si é innamorato della propria sorella, certe questioni etiche le abbia un po' sfalsate, nel cervello.».

Il bruno boccheggiò un paio d’istanti, incredulo, poi sorrise sornione.
«Ah quindi ti sei finalmente deciso a far sul serio con lei?» lo punzecchiò, schernendolo con una risata «Siete già arrivati al punto di parlare in termini di proprietà? Deve essere proprio un grande passo per uno come te.».
Si avvicinò al moro e gli picchiò una mano sulla spalla, come a volerlo rassicurare dei suoi buoni propositi. «Va bene, accetterò questa situazione… » improvvisamente si fece serio, minaccioso «Sappi, però, che se le farai del male io ti ammazzo.».
Lasciò andare la stretta, che si era fatta piuttosto pesante, salutandolo con un cenno della mano. «E poi, chissà che Hagu in quella giornata che mi hai gentilmente concesso, non cambi idea… ».
Shiki sorrise, per una volta senza ironia, e fece spallucce «Credo sia impossibile. Tu provaci, se vuoi, magari sarà questa la nostra vera sfida.». Tanto sapeva di non avere nulla di cui preoccuparsi, perché Hagumi amava lui ed era certo: dal modo in cui lo guardava, dal modo in cui sussurrava quelle due parole come se fossero la cosa più preziosa del mondo, persino dal modo in cui pigolava il suo nome, mentre erano sotto la doccia, travolti dalla passione, e gli aveva confessato di essere il primo ed unico ragazzo per il quale avesse finalmente desiderato di diventare donna, abbandonando il corpo da ragazzina in cui si era rinchiusa da troppo tempo. Forse sarebbe cresciuta così in fretta, sotto i loro nasi, che si sarebbero accorti della metamorfosi accelerata solo una volta che questa si fosse completata. A lui, comunque, non importava, Hagumi gli sarebbe piaciuta anche vecchia e grinzosa probabilmente, semplicemente perché era il suo cuore, quello che amava e desiderava tenere con sé e difendere più di ogni cosa al mondo.
Shin fece spallucce, fermando la sua camminata, voltandosi nuovamente verso il bel moro fece per rispondere, ma un urlo spacca timpani attirò la loro attenzione.
«DANNATO MOCCIOSOOO!» l’acuta voce di Naoko rimbombò per l’intero cortile mentre rincorreva un bambino biondo all’apparenza d’incirca otto anni che andò a nascondersi proprio dietro le gambe di Shiki, facendo la linguaccia alla mora.
«Ridammelo subito!» sbottò lei, allungando la mano in direzione del bimbo, affaticata per la corsa. Shiki la guardò, scuotendo la testa. « Ti sembra il modo di andare in giro? Sei indecente.» commentò acidulo, notando che la cugina era tutta scomposta, la canottierina bianca aderente che mostrava tutta la mercanzia.
«Shii-chan! Questo moccioso mi ha rubato il reggiseno!» urlò stizzita, mentre ricominciava a rincorrerlo intorno alla figura del moro, senza riuscire ad acciuffarlo. Fu però Shin che, prendendolo per la collottola della maglietta, lo sollevò leggermente da terra.
«Forza Yosuke! Ridaglielo.» gli impose, il tono che non ammetteva repliche.
«Conosci questo bambino, Minamoto?» chiese Shiki con un ghigno, mentre Naoko rispondeva per il bruno «CERTO CHE LO CONOSCE, HA CERCATO DI MORDERMI LE TETTE, MALEDETTO VAMPIRO!». Shiki alzò un sopracciglio, rimanendo impassibile: un vampiro, eh? Sembrava quasi si fossero dati tutti appuntamento in quella scuola. Shin sospirò stancamente, mentre afferrava il reggiseno della mora dalle manine del marmocchio, non senza diventare prima di tutti i colori, lui che non aveva mai toccato intimo femminile in vita sua, se non per puro caso quando ancora abitava con le gemelle ed entrando nella lobby trovava tutto sottosopra e metteva pazientemente in ordine. Tirò via il capo d’intimo da Yosuke e lo porse a Naoko, guardando altrove per l'imbarazzo. «Ecco... tieni.» farfugliò impacciato, mentre la ragazza si calmava, troppo presa a violentarlo con lo sguardo, quando faceva il timido era ancora più bello. «Grazie!» squittì cercando di imitare Hagumi, che tanto ormai l'avevano capito anche i muri che Shin non fosse indifferente alla sorella e Shiki la guardò disgustato. «Risparmiaci.» ordinò secco.
Il moro la osservò per un momento, l’aria divertita, sorridendo glaciale. «Ti ricordo che anche il tuo adorato Shin-chan è un maledetto vampiro.». Fu come una doccia gelata per la mora, che si accasciò a terra, affranta, frattanto che Shin guardava Shiki come a volergli dire “guarda che sono qui”. Yosuke si avvicinò alla ragazza, inginocchiandosi davanti a lei, sorridendo serafico.
«Non pensare a quell’idiota di mio cugino, ci sono io qua, per te.» gongolò, abbracciandola ed affondando la testa nelle sue morbide protuberanze.
«MA ALLORA SEI UN BAMBINO PERVERSO!» si riprese subito Naoko, alzandosi e mollando un pugno al bambino che schizzò qualche metro più indietro, dritto, dritto tra le braccia di qualcuno che era appena arrivato. «Yosuke!» la voce squillante di Hagumi, che aveva afferrato al volo il moccioso e ora lo teneva tra le braccia, attirò l'attenzione di tutti i presenti, che si voltarono a guardarla, sbiancando alla vista che gli si parò di fronte: Yosuke affondò la testa anche tra i seni di Hagumi che, nonostante fossero piccoli, diceva, erano morbidi e profumati; alla gamba della ragazza invece era avvinghiato Okura, che piagnucolava qualcosa del tipo che la confetta dovesse trasferirsi da lui, perché non poteva più vivere senza lei. Una tempia pulsò furiosamente sia sulla testa di Shin, che su quella di Shiki.
Partirono in contemporanea in direzione della rosetta liberandola dai due indesiderati, Shin recuperando la piccola peste e Shiki colpendo Okura, che era rimasto spiaccicato a terra dolorante, continuando a farfugliare il nome di Hagumi.
Quando il biondo si riprese e vide il bimbo, davanti a lui, cacciò un urletto che ricordava tanto quello di una donnetta in panico.
«AHHH SEI QUI!» in una scena teatrale si rialzò da terra, in panico, correndo a nascondersi dietro la confettina «DIMMI CHE NON C’È ANCHE LEI!».
Il bambino lo guardò con un cipiglio, mentre il viso si contorceva in una smorfia divertita, usando Shin come appoggio, le braccia conserte.
«Oh, la mamma… » ma non terminò la frase che una donna bionda come il bimbo, gli occhi ambrati e il portamento come quello di una modella, accentuato dalla vita stretta e i seni giganteschi, finì per lui.
«Sì, sono qui, Okura.» la voce fu gelida e tagliente, mentre la statuaria figura avanzò anchegginando e raggiungendo il gruppetto, sguardo fiero e mani posate sui fianchi. «Zia Akiko!» cinguettò Hagumi, saltando tra le braccia dell'adorata zia, che con la ragazzina si addolcì infinitamente. «Haguchan, come sei cresciuta e che bella sei diventata!» disse teneramente, guardandola con amore «E tua sorella?» chiese guardandosi in giro in cerca della rossa. «E mia sorella?» domandò poi, ovviamente si riferiva ad Ai, sua sorella maggiore. Okura, che per l'allontanamento di Hagumi era rimasto senza riparo, si accucciò a terra ed iniziò a tremare come un cagnolino infreddolito, gli occhietti chiusi e le mani sul viso. Shiki, in piedi proprio accanto a lui, lo guardò pensieroso: come poteva, quell'idiota, essere capo degli anziani? Cosa aveva di particolare per ricoprire la carica più importante nel mondo dei vampiri? Non riusciva proprio a capirlo e per un genio come lui era frustrante. Aveva in realtà notato molte cose, che agli occhi degli altri probabilmente erano futili dettagli, era certo di avere la soluzione del dilemma a portata di mano, ma come riordinare i tasselli? Gli mancava forse la chiave di tutto. Si scosse e tornò ad osservare la scena, mentre la bellissima bionda, forse l'adulta più bella mai vista, anche più di Ai, ordinava a Yosuke di smetterla di fare marachelle alle belle signorine e si muoveva verso Okura, portandosi di fronte a lui. «Il solito codardo, noto. Abbiamo un conto in sospeso noi due, mi pare. Vogliamo chiuderlo adesso?». Okura sbiancò e si sentì sprofondare in un vortice oscuro.
«No, no, no! Via Akiko! Sciò!» singhiozzò, portando le mani davanti a sé in segno di protezione.
La donna scosse la testa, ravvivandosi i capelli.
«Akiko-chan!» la voce di Ai fece capolino, mentre la sorella si voltava in sua direzione, sorridendole radiosa e gesticolando con una mano.
«Ai-chan!» canticchiò, stritolandola in una morsa affettuosa, facendo poi lo stesso con il cognato. «Kojiro-chan, che bello vedervi!».
Okura si afflosciò su se stesso, tirando un sospiro di sollievo. «Ai-chaaaan! Mia salvatrice. Ti aaaamooooo!» piagnucolò disperato, strisciando verso di loro, mentre Akiko, stizzita, si voltava verso di lui e gli piantava una pedata sul viso. «A CHI DICI "TI AMO"? BRUTTO DON GIOVANNI DA STRAPAZZO, DÌ DI NUOVO UNA COSA DEL GENERE A MIA SORELLA E TI SVENTRO VIVO!» era così indiavolata che gli occhi lampeggiavano dall'ambra al rosso sangue e i lunghissimi capelli biondi svolazzavano attorno al suo corpo, avvolti da un'aura terrificante. Shiki, Shin, Hagumi e Naoko erano in fila ad osservare la scena spiazzati, mentre Ai ridacchiava divertita e Kojiro cercava di placare l'animo della cognata, e tutti e quattro erano decisamente sconvolti. «Non sapevo che anche zia Akiko conoscesse Okura.» buttò lì Shin ed Hagumi scosse il capo negativamente. «No, neanche io. Questo mi fa credere che Okura sia legato alla nostra famiglia più di quanto possiamo immaginare.» abbassò il capo, inquieta, e Shin le lasciò una carezza sulla nuca, senza dire nulla. Gli sorrise grata, prima che un altro grido spezzasse la quiete di quel buio e del silenzio ormai calato sulla scuola, alla fine della festa sportiva. In lontananza, Himiko correva con un'espressione tirata e contrita, come se stesse trattenendo le lacrime, e Natsu la seguiva pochi metri più indietro, dicendole di fermarsi. Sotto gli occhi di tutti, l'afferrò per il polso dopo un veloce ed agile scatto verso di lei. «Lasciami parlare, ti prego. Non allontanarti da me, ora che hai deciso. Non rinchiuderti in te stessa, non abbandonarmi, ti prego!» lei alzò lo sguardo lucido verso di lui, gli occhi cerchiati di rosso come quelli di un coniglietto, e stava per gettargli le braccia al collo e lasciarsi andare ad un pianto liberatorio tra le sue braccia, quando si accorse che non erano soli. Paralizzati, si voltarono verso il resto del gruppo, tutti altrettanto immobili e pietrificati, e questi si scossero, facendo finta di non aver visto nulla. Okura, Kojiro, Ai ed Akiko improvvisarono una partitella a carte seduti a terra con un mazzo tirato fuori da chissà dove, Yosuke si appolipò di nuovo a Naoko e Shin cercava di tirarlo via, Shiki era seduto a terra ed Hagumi inginocchiata dietro di lui gli faceva pettinature buffe, urtandogli, tra l'altro, non poco i nervi, il moro si chiedeva perché doveva essere coinvolto in quella scena comica e far finta di nulla, se comunque aveva visto e sentito tutto?

Entrambi arrossirono di botto fin dietro le orecchie, mentre la scenetta del gruppo rendeva il tutto ancora più ovvio.
«Himiko-chan!» scattò Yosuke, scocciato di dover far finta di nulla, quando non vedeva l’ora di saltare al collo della cuginetta. Corse in sua direzione e, come poco prima con Hagumi, si slanciò per appendersi al collo di lei e affondare il viso fra i suoi seni, strofinandolo fra questi. Quando riemerse, lei gli fece una carezza affettuosa sulla testolina bionda mentre sembrava dimenticare ciò che l’affliggeva, dando un bacio sulla guancia del bimbo in segno di saluto. Questo però girò velocemente la testolina, ben conscio che la rossa avrebbe mancato il bersaglio, finendo per centrare le sue labbra.
Natsu spalancò la bocca, totalmente incredulo. Come si permetteva quel moccioso di prendersi tante libertà con Himiko? Lei
si allontanò perplessa dal volto del bambino, che la guardava angelico, e sorrise un po' stringendolo a sé: il solito furbetto! Natsu lì accanto stringeva i pugni e digrignava i denti, non aveva idea di chi diavolo fosse quel moccioso, ma sentiva di odiarlo già, dal profondo del cuore, perché era riuscito in mezzo secondo a fare ciò che lui tentava da settimane e in cui non aveva ancora avuto successo. Poteva mica essere più impedito di un bambino di sei, sette o quanti cavolo di anni poi avesse? «Himichan... » farfugliò trattenendo una risatina isterica «Chi diavolo é questo moccioso?» si corresse ad un'occhiataccia della rossa «Questo ADORABILE moccioso.» corresse sottolineando con disgusto la parola centrale. «È il nostro cuginetto, si chiama Yosuke e va in seconda elementare.» disse mettendo giù il bambino, che ormai era troppo pesante per tenerlo appeso al collo senza ripercussioni sulla spina dorsale. «Ma... che... simpaaaaticooooo... » sibilò, afferrando le guance del marmocchio con due pizzicotti decisi e tirandogliele, irritato.
Hagumi si avvicinò ai due, dando una pacchetta di conforto al suo migliore amico, Shiki al seguito, che in uno scatto si portò davanti alla confettina, in segno di protezione. Un gruppo d’ibridi stava piombando dal tetto della struttura scolastica, cadendo proprio sopra di loro in fase di attacco. «ATTENZIONE!» urlò Okura, schivando uno di questi e voltandosi dapprima verso la figura di Ai, poi verso le gemelle, assumendo l’aspetto di vampiro completo. Si rivoltò giusto in tempo per fermare l’attacco di un ibrido, che l’aveva puntato in seguito alla sua distrazione e scaraventarlo via con una potenza inaudita, travolgendo anche quello che stava per colpire alle spalle Naoko, frattanto che era impegnata nel combattimento con un altro di questi.
«Non ho bisogno del tuo aiuto nonnetto!» tuonò lei, congiungendo le mani al petto, fra le quali apparve una katana con cui, in un gesto seccò, tranciò la testa del nemico davanti a lei.

Tutti i vampiri presenti si trasformarono, mentre Shiki prese per un polso Hagumi e la strattonò per portarla accanto a sé. «Vai via di qui, Hagu!» le intimò, senza ammettere obiezioni. «Ma voglio aiutare anch’io!» rispose frustrata. «Non puoi, non hai poteri combattivi, non saresti in grado di... ATTENZIONE!» la prese tra le braccia e le fece scudo col corpo, mentre artigli affilati si piantavano nella sua schiena, trattenne a stento un urlo di dolore, non voleva che la ragazza si spaventasse. «Vai via, ho detto!». Hagumi lo guardò disperata, poi guardò attorno a sé: Himiko era in difficoltà nonostante i suoi poteri da marionettista, i nemici erano troppi e il suo spirito con cui formava i fili invisibili per sottometterli al proprio volere non bastava per tutti quelli che la circondavano. Natsu provò a correrle incontro per aiutarla, ma la sua strada fu sbarrata da cinque mutanti, di cui doveva sbarazzarsi prima, se voleva raggiungere la bella rossa; per fortuna arrivò Oda, attirato da tutto il potere che c'era nell'aria mentre era altrove, e con lui Hiro, che diedero man forte.

Eppure ancora non bastava. Kojiro era intento a tranciare in due un nemico con le lame di vento che era in grado di creare, taglienti come spade affilate, mentre Ai, spalle a spalle con il marito, ne trafiggeva svariati con stalattiti di ghiaccio appuntite che schizzavano fuori dai palmi delle sue mani ad una velocità impressionante. Okura, cosa che meravigliò tutti, non sfoggiò nessun potere particolare, se non una conoscenza delle arti marziali approfondita ed una forza ed una velocità di movimenti sovrumana, dando filo da torcere a tutti. «Hagu, maledizione, guardami, non puoi rimanere qui, non sai combattere.» la strattonò ancora Shiki, per riportarla con l'attenzione su di sé. «Sono l'unica a non poter essere utile in battaglia, ma posso curare i feriti e... ». «NON ORA!» tuonò minaccioso, prima di spintonarla via da sé e farla cadere verso la loro destra, lui invece si buttò verso sinistra e con una capriola riatterrò e tornò in piedi. Un ibrido aveva appena tentato di tagliare loro le braccia ed ora era tra i due, dava la schiena a Shiki e puntava Hagumi, famelico. Si avventò su di lei con uno slancio inaudito e le era praticamente addosso quando irruppe Hiro e con un calcio lo spinse via, riatterrando oltre Hagumi e facendole da scudo, il suo corpo avvolto da un'aura argentata che, convogliata lungo gli arti, conferiva ai colpi fisici dei vampiri una forza incredibile, ed era la stessa tecnica che stava usando Okura. Hiro cadde in ginocchio, stravolto, non era ancora in grado di mantenere quella modalità a lungo. La rosetta si affrettò a creare l’aura bianca curativa nelle sue mani, ridonando energie all’albino, che la ringraziò, ma le intimò di uscire dalla battaglia.

Hagumi si arrese e fece per andarsene, quando notò i suoi compagni tutt’intorno a sé, ristretti in cerchio dall’intero gruppo d’ibridi. Erano decisamente troppi.

«Sono più forti di quanto potessimo immaginare.» commentò Okura, lo sguardo grave, mentre temeva per la sorte di tutto il gruppo. Oda annuì in segno di consenso. «Neanche un attacco combinato potrebbe aiutarci ora, siamo decisamente in svantaggio numerico.».
Un fischio acuto si diffuse nell’aria e, mentre tutti i vampiri e i cacciatori presenti si tapparono le orecchie sofferenti, il gruppo d’ibridi sembrò reagire a questo come un richiamo. Con dei balzi si allontanarono, raggiungendo in un primo momento il tetto scolastico, per poi scomparire dietro questo. Okura alzò faticosamente lo sguardo, lottando contro gli acuti che gli perforavano le orecchie, notando sorpreso una figura umana in controluce al sole, proprio nel punto in cui scomparivano i nemici. Ebbe quasi la sensazione che questa sorridesse di trionfo e, quando anche l’ultimo ibrido scomparve, lei li seguì. Non poté fare a meno che rabbrividire, ben conscio della sfida che era appena stata loro lanciata.

... continua...

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