History repeating itself di crazy640 (/viewuser.php?uid=39055)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Alive & Kicking ***
Capitolo 3: *** Reunion ***
Capitolo 4: *** Sweetie & Ginger ***
Capitolo 5: *** Music & lyrics ***
Capitolo 6: *** All the things that makes life worth living ***
Capitolo 7: *** Feeling blue ***
Capitolo 8: *** You are a stranger to me ***
Capitolo 9: *** Sunday morning ***
Capitolo 10: *** Little Sunshine ***
Capitolo 11: *** In the city of blinding lights(prima parte) ***
Capitolo 12: *** In the city of blinding lights(seconda parte) ***
Capitolo 1 *** Un nuovo inizio ***
un nuovo inizio
Il furgone bianco si
fermò davanti al numero 23 di Bleecher St. Neanche una settimana prima un
altro furgone si era fermato davanti alla stessa casa con la mobilia dei nuovi
proprietari e,come la volta precendente i vicini,sia quelli all'interno delle
loro case che quelli che stavano curando il loro giardino,si sporsero per vedere
se riuscivano a rubare qualche altra informazione sui nuovi vicini:sapevano già
che arrivavano da Pittsburgh,che erano una coppia sposata da più di dieci anni e
che erano entrambi due professionisti affermati. Erano riusciti a mettere
insieme queste informazioni grazie ai piccoli accenni che erano riusciti a
strappare ai traslocatori e dalle occhiate veloci che avevano lanciato ai
mobili,chiaramente costosi e di valore:c'erano divani di pelle,mobili di chiara
manifattura italiana e,qualcuno giurava di aver visto anche dei quadri di Justin
Taylor,uno dei più quotati artisti della "new art" del momento. Del resto,i
nuovi vicini dovevano essere più che benestanti se potevano permettersi una casa
come quella al numero 23 di Bleecher St. Era riduttivo chiamarla casa,quella
era una reggia otto camere da letto con bagno personale annesso,una piscina,il
campo da tennis coperto e quello scoperto,un garage che avrebbe potuto ospitare
l'intera scuderia Ferrari,un piccolo appartamento sopra di questo,che un tempo
era destinato all'autista e alla sua famiglia,una cucina,due salotti e molto
altro ancora. Giravano voci che ci fosse anche un bowling con tre piste
privato,ma non erano in molti a credere a quella diceria... Tutti,quando la
casa era stata messa in vendita ci avevano fatto un pensierino,viaggiando per
qualche istante con la fantasia chiedendosi se avrebbero potuto permetterselo;ma
bastava una telefonata all'agente immobiliare a mandare in frantumi i loro
sogni. Nello stesso istante in cui i due trasportatori,due ragazzi con
maglietta nera a maniche lunghe ed un capello rosso con sopra il logo della
ditta,scendevano dal furgone, un SUV blu notte imboccò la via,fermandosi a pochi
metri dalla casa. La prima a scendere fu una ragazza,di media altezza
nonostante indossasse un paio di stivali da cavallerizza con almeno sei
centimetri di tacco,con indosso un paio di jeans blu marine con degli strass che
seguivano il contorno delle tasche,ed un maglione rosso a collo alto. Dando
le spalle ai vicini,chiuse la porta del SUV e si mosse veloce verso la
casa,osservandola con un'espressione di chiara incredulità sul volto. -OH
SANTO CIELO!-esclamò incapace di staccare lo sguardo dalla casa. Cercando di
cogliere qualcosa dell'aspetto della ragazza,ma sperando di non apparire troppo
invadenti Mrs.Connors e Mrs.Gable,ognuna nel proprio giardino posarono gli
accessori da giardinaggio e,toltesi i guanti,fecero un passo in avanti verso il
marciapiede. In quel frangente,poterono osservarla meglio:notarono la pelle
candida del suo viso,le sue labbra rosse e piene,il suo naso dritto che le dava
un aria austera,ed i capelli biondi che le ricadevano sulle spalle in boccoli
ordinati. Quasi avessero aspettato quel grido per uscire dall'auto,la
portiera del guidatore e quella del passeggero si aprirono,e ne scesero due
uomini completamente diversi l'uomo dall'altro. Uno era alto,muscoloso,dai
corti capelli castani che gli ricadevano sugli occhi,un cappotto di lana
pettinata grigia che lasciava intravedere soltanto un paio di jeans,chiaramente
firmati,sopra un paio di scarpe nere lucide,anche quelle di ottima
marca. L'altro era biondo,con lunghi capelli che gli accarezzavano il collo e
che sembravano leggermente spettinati,più basso di una spanna del moro,un fisico
quasi efebico nonostante fosse chiaro che l'età dell'adolescenza era passata da
un pezzo,una sciarpa attorno al collo ed giacca di pelle nocciola sopra un paio
di jeans azzurri ed un paio di sneakers nere. -Ti piace?-chiese avvicinandosi
alla ragazza,un piccolo sorriso ironico sulle labbra. -E me lo domandi?Questo
posto è fantastico!-commentò guardando ora uno ora l'altro. Il moro
sorrise,abbassando per qualche istante la testa,facendo così ricadere alcune
ciocche scure davanti agli occhi. -Aspetta di vedere le scuderie...-le disse
rialzando poi lo sguardo su di lei. La ragazza lo guardò per qualche istante
incredula prima di lanciarsi in un gridolino e di abbracciare entrambi. I due
uomini strinsero un braccio per uno attorno alla vita della ragazza,creando
quell'abbraccio che avevano perfezionato con gli anni e che tutti e tre
consideravano un momento privato,qualcosa che non concedevano alla curiosità
degli estranei o degli amici. -Questo è un nuovo inizio tesoro...-mormorò
Justin,prima di dare un bacio fra i capelli biondi della ragazza. I tre
restarono in quell'abbraccio per qualche altro istante,finchè il biondo non
rialzò lo sguardo e non si accorse del piccolo pubblico che aveva osservato la
scena. Era ora di ricordarsi delle buone maniere... Si sciolse
dall'abbraccio e,con un sorriso solare sul viso,quello per cui si era guadagnato
il soprannome di "Sunshine",attraversò il piccolo tratto di strada che divideva
i due lati della strada e si fermò davanti ad una casa dipinta di
giallo. Dietro di sè sentiva i passi del compagno e questo accentuò il suo
sorriso:forse Brian non sarebbe stato sempre un buon vicino,ma sapeva che per
lui era importante dare una buona prima impressione. -Salve,sono Justin
Taylor Kinney,il suo nuovo vicino-disse tendendo una mano alla donna dai capelli
castani che era di fronte a lui. Questa restò qualche istante a
fissarlo,incredula che un'artista,una "star" come lui fosse il proprietario
della casa di fronte alla sua. -Salve,sono Elisabeth Connors-disse
riscuotendosi dal incredulità e stringendo la mano che quello ancora gli
tendeva. -Lui è mio marito,Brian Kinney-disse facendo un cenno con il capo
alla sua destra verso Brian. Brian accennò uno dei suoi sorrisi maliziosi
capaci di farti innamorare o di ucciderti all'istante e strinse la mano alla
donna. -Piacere di conoscerla-le disse con voce profonda. Mrs Connors si
schiarì la gola cercando di non farsi distrarre da quella voce e da quegli occhi
nocciola e si ritrovò a pensare al nome appena detto dal biondo. -Kinney?Ha
qualcosa a che fare con la Kinnetik Corporation?-gli domandò incerta. -Ne è
il presidente-rispose una voce. La ragazza si era unita a loro,fermandosi
accanto a Justin e solo in quel momento Elisabeth Connors si accorse della
innegabile somiglianza fra i due. -Mrs.Connors le presento nostra
figlia,Victoria-disse Justin. -Vic per carità!Molto piacere di
conoscerla-fece poi la ragazza educatamente con un piccolo cenno della
testa. -Scusi Mr Kinney?-s'intromise uno dei traslocatori. Brian si voltò
verso i due e annuì,lanciando uno sguardo veloce a Justin prima di avviarsi
verso il furgone,seguito da Victoria. Aveva fatto la sua parte,ora toccava a
Justin intessere relazioni di buon vicinato... Mrs.Connors gli presentò
alcuni dei loro vicini e,nonostante la loro chiara sorpresa di trovarsi davanti
una "persona famosa",nessuno fece commenti o espressioni strane quando vedevano
Brian dirigere i lavori degli scaricatori. Già un gran cambiamento rispetto a
Pittsburgh... Quando Justin finalmente riuscì a liberarsi dei loro nuovi
vicini si avvicinò al furgone,già aperto e mezzo svuotato:quel secondo camion
conteneva soprattutto ciò che gli serviva per il suo lavoro,più tutto ciò che
era nella cucina,nel salotto e nella camera da letto di Victoria e nella
loro. Brian,senza cappotto e con le maniche della camicia rivoltate a lasciar
scoperti i gomiti,uscì dalla porta e sorrise vedendolo andargli
incontro. -Ehi tesoro!Credevo ti avessero sequestrato-commentò fermandosi
davanti a lui. Justin sorrise e gli cinse le spalle con un braccio,sentendosi
stringere alla vita da un braccio di Brian. -Dovevo fare davvero un'ottima
impressione per evitare che restino sconvolti quando verranno a farci visita
Emmett o Debbie-gli disse senza staccare lo sguardo dal suo. -Mh,buona
idea. Ora che ne dici di darmi una mano con questa roba?-gli disse
riferendosi agli scatoloni ancora in attesa. -Se devo proprio...-si
lamentò. Brian ghignò e lo guardò di sottocchi,come soltanto lui sembrava
capace,facendogli partire dei brividi lungo la schiena. -Posso sempre
chiederlo a uno dei traslocatori,ma poi non garantisco cosa succederà...- Il
biondo sorrise e,alzandosi sulle punte,gli diede un bacio veloce sulle
labbra,accarezzandogli i capelli sul retro del
collo. -Papà!Papà!- Victoria corse scese i tre larghi scalini di finta
pietra e non si fermò neanche quando li vide persi nelle loro effusioni. Era
abituata a quelle scene,non l'avevano forse accompagnata ogni giorno fin da
quando era nata? Justin si allontanò dal volto di Brian e guardò sua
figlia,in attesa. -Ho avuto un'idea fantastica...Che ne dici se io mi
trasferisco nel piccolo appartamento sopra il garage?-gli chiese con un sorriso
a trentadue denti. -Dovrai passare prima sul mio cadavere-le disse con lo
stesso sorriso. La ragazza sospirò scocciata e guardò Brian in cerca di
appoggio. -Ti prego papo fallo ragionare- Il moro alzò le spalle in un
gesto quasi comico per farle capire che in quella conversazione preferiva non
intromettersi,almeno se voleva continuare a vivere sereno. Certe volte,padre
e figlia erano più simili di quanto si desiderasse e prendere una posizione in
quei litigi equivaleva a firmare la propria condanna a morte. -Cosa c'è che
non va nelle altre otto camere da letto?-chiese ancora Justin. -Neanche tu
riusciresti a dormire se avessi dei vicini di stanza rumorosi quanti i miei-lo
beccò. -Credo stia parlando di noi-commentò Brian facendo scivolare fra i
denti il labbro inferiore,senza staccare lo sguardo da Justin. Justin lo
guardò con un espressione del tipo "non mi dire",prima di tornare a guardare
Victoria e farsi scappare un sospiro frustrato. -Ok,se è questo il problema
possiamo spostarci nella camera più distante,così i vicini rumorosi non saranno
più un problema-disse guardando la ragazza. Victoria lo guardò per qualche
istante incerta,prima di alzare le spalle. -Credo mi dovrò accontentare se
non posso proprio avere l'appartamento sul garage-concesse. Justin sorrise e
si avvicinò alla figlia,affondandole una mano fra i capelli e
scompigliandoli. -Ok avete finito?-s'intromise Brian ad entrambi. I due
annuirono facendo nascere un sorriso malizioso sul viso del
moro. -Bene,perchè stavamo dimenticando una cosa molto importante...-disse
sibillino guardando Justin. Questi ricambiò il suo sguardo con la fronte
aggrottata cercando di capire dove volesse arrivare il marito,ma solo quando lo
vide avvicinarsi e posargli una mano sul fianco destro,capì le sue
intenzioni. -Stai scherzando,vero?-gli chiese fissandolo con aria
stupita. Brian si limitò a scuotere la testa,continuando a guardarlo con
quegli occhi profondi e pieni d'amore,prima di prenderlo in braccio e
incamminarsi verso la porta fra le risate di Victoria. Justin allacciò un
braccio attorno alle spalle di Brian,certo che comunque l'altro non l'avrebbe
mai lasciato cadere a terra. Neanche quando si erano sposati Brian lo aveva
portato in braccio oltre la porta del loft e forse,il fatto che lo stesse
facendo ora,per la loro nuova casa,segnava davvero un nuovo
inizio.
Se si escludeva il buco nero
che comprendeva la notte del prom,che nonostante fossero passati anni non
riusciva ancora a ricordare,della sua storia con Brian,Justin ricordava ogni
istante,ogni momento,che fosse importante o meno,perchè tutto aveva contribuito
a costruire la loro coppia. Anche i tradimenti e le
separazioni... Ricordava perfettamente la sera in cui avevano deciso di non
sposarsi:era arrivato così vicino a realizzare il suo sogno per poi accorgersi
che questo si era trasformato in una sorta di incubo. Il loro amore si stava
davvero trasformando in una sottospecie di surrogato etero che poneva l'amore
davanti a tutti,anche davanti ai propri sogni e alla propria felicità. Se si
fossero sposati allora avrebbero finito per rovinarsi la vita a vicenda finchè
uno dei due non avesse ceduto,e conoscendosi sarebbe toccato a lui quel
compito. Così era partito alla conquista di New York,lasciando Brian a
Pittsburgh. Per i primi mesi si era sistemato nell'appartamento dell'amica di
Daphne,usandolo anche come studio visto che non aveva abbastanza soldi per
affittare uno studio apposito. Certe volte ancora si chiedeva come Sally
avesse fatto a sopportarlo:non doveva essere stato facile vivere con un pazzo
che passa nottate intere a dipingere,per poi crollare morto di stanchezza alle
prime luci dell'alba. Però presto,le cose avevano iniziato a girare e i suoi
quadri avevano fatto la loro comparsa nelle gallerie;inizialmente in quelle più
piccole,più underground e frequentate soltanto da artistoidi e fanatici
dell'arte. Finchè un giorno,qualche mese dopo il suo arrivo a New York,Sophia
Palin si era trovata a passare in una di queste gallerie ed era rimasta
affascinata da un quadro di Justin,chiedendo alla curatrice della mostra come
poteva contattare l'artista. Sophia Palin possedeva una galleria d'arte nel
Greenwich Village e,nonostante avesse già una certa fama nell'ambiente,non
smetteva di girare per la città alla ricerca delle novità e di quello che di
meglio il mondo dell'arte poteva offrire. Dichiaratamente lesbica,sui
trent'anni,aveva un viso leggermente paffuto,incorniciato da lunghi capelli
castani che stringeva sempre in una crocchia per sembrare professionale,occhi
neri profondi capaci di incenerire il proprio interlocutore con uno sguardo,e un
naso dritto che gli conferiva un'aria severa che veniva smentita non appena si
passava del tempo con lei. -Lì fuori è una giungla,siamo tutti alla ricerca
del meglio,del miglior pezzo di carne su cui affondare i denti,ma sono in pochi
quelli che hanno il coraggio di ammetterlo-aveva detto la prima volta che aveva
incontrato Justin. Ed il biondo era rimasto colpito dalla sua crudezza,dal
suo modo schietto,perchè in qualche modo gli aveva ricordato
Brian. Già,Brian. Un'altra cosa che ricordava chiaramente di quei mesi a
New York era il silenzio:nonostante si fossero promessi di sentirsi e di fare
avanti e indietro da Pittsburgh per vedersi,le cose erano andate
diversamente. Lui doveva conservare i pochi soldi che aveva per le spese
giornaliere e per comprare altre tele e colori,mentre Brian era sempre occupato
con il suo lavoro. Con il passare dei mesi,anche le telefonate che li avevano
tenuti uniti fino a quel momento, diminuirono fino a cessare del
tutto. L'incontro con Sarah Palin aveva fatto sì che alcuni quadri di Justin
venissero esposti nella sua galleria:iniziarono con due quadri,ma visto la
velocità con cui vennero acquistati,la donna ne espose altri quattro e la volta
successiva altri sei. Quelle vendite garantirono a Justin una certa stabilità
economica e gli consentirono di affittare un piccolo studio e di far un breve
viaggio a Pittsburgh,per andare a trovare i vecchi amici e soprattutto per
dimostrare a Brian che niente era cambiato. In aprile,otto mesi dopo il suo
arrivo a New York,il mondo dell'arte sembrava veramente curioso riguardo al
nuovo "genio creativo",come lo aveva definito il "New Yorker",e lo stesso si
poteva dire dei collezionisti e dei ricchi uomini d'affari. -Ho deciso di
esporre una tua personale-gli annunciò Sophia una mattina davanti ad un
caffellatte,mentre erano seduti ad un tavolino dello Starbuck a
Manhattan. Justin,il cui sorso di caffè era andato di traverso,il viso rosso
per la mancanza d'ossigeno,tossì a lungo finchè non gli sembrò che tutto fosse
tornato normale e poi alzò lo sguardo sul volto di Sophia. -Stai
scherzando?-le aveva chiesto incredulo. La donna aveva scosso la testa prima
di riportare le labbra sul suo bicchiere. -Sai che non scherzo mai quando si
tratta di lavoro-gli aveva detto quasi rimproverandolo. Justin si fece
serio,cercando di realizzare le sue parole:una sua mostra personale. -Non
credi sia troppo presto?-le aveva chiesto timoroso. -Stai scherzando?Hai idea
di quante persone entrano nella galleria per chiedermi i tuoi quadri e se ne
vanno a mani vuote perchè altri l'hanno già acquistati prima? O quanti
colleghi vorrebbero riuscire a metterti le mani addosso?-gli aveva domandato lei
a sua volta. -In effetti sono sempre stato molto richiesto!-aveva scherzato
lui cercando di mascherare il nervosismo che quella notizia gli aveva
provocato. -Già certo immagino...Comunque,per tornare alla tua mostra,posso
dirti con certezza che è il momento giusto. Nessuno ha più palle di
te,artisticamente parlando-aveva aggiunto subito. Il biondo rise
leggermente,abbassando lo sguardo sulle proprie mani per qualche
istante. -Quando sarebbe?-aveva chiesto senza guardarla. -Ce la fai a fare
venti quadri per giugno?-gli aveva domandato nel tono professionale che usava
sempre quando parlavano d'affari. Il biondo si era morso il labbro
inferiore,restando in silenzio qualche istante:non sarebbe stato un problema
portare a termine quel compito. La cosa che più lo intristiva era che non ci
fosse la sua famiglia a festeggiare con lui...Che Brian non fosse lì. In
fondo era anche merito suo se quello che aveva solo sognato stava diventando
realtà. Aveva rialzato lo sguardo ed aveva annuito. Si era subito messo a
lavoro,gettandosi anima e corpo in quel pensiero quasi avesse bisogno di
dimenticare. Nonostante la mostra fosse a giugno,Sophia si era rivolta ad
un'importante agenzia pubblicitaria che desse il giusto riscontro pubblicitario
all'evento. Vennero coinvolti giornali e televisioni,ed una trupe televisiva
venne nel suo studio per intervistarlo chiedendogli come si stesse preparando a
quell'evento,e di dargli un' anticipazione, qualcosa che invogliasse i
telespettatori a venire alla mostra. Non aveva programmato quello che accadde
in diretta,successe soltanto per la dannata curiosità dell'anchorwoman. Forse
la sua storia con Brian era finita,anche se non ne aveva la certezza assoluta,ma
questo non lo aiutava certo a dimenticare,o a togliersi il corpo perfetto di
Brian dalla mente,o ancora a cancellare tutto quello che c'era stato fra di
loro. Nonostante fossero passati mesi dall'ultima volta che lo avesse visto o
sentito,gli bastava chiudere gli occhi per ricordare ogni particolare del suo
volto e del suo corpo. Così,quando incorreva in un momento di crisi o aveva
bisogno di una pausa,prendeva il pennello o il carboncino e a fine giornata
aveva un ritratto di Brian. Erano ormai quasi una trentina,tutti impilati a
terra,coperti da un telo bianco. Il giorno dell'intervista però aveva
dimenticato uno di questi ritratti sul cavalletto,e se ne era ricordato soltanto
quando l'anchorwoman glielo aveva fatto notare. -Questo è uno dei quadri che
sta preparando per la mostra?-gli aveva chiesto avvicinandosi, seguita dalla
telecamera,al cavalletto. Il quadro era un semplice ritratto di Brian fatto
con il carboncino,un'immagine di Brian che gli tornava alla mente sempre più
spesso in quell'ultimo periodo;con i capelli di media lunghezza che gli
coprivano gli occhi e rendevano impossibile capire cosa stesse pensando,il mento
leggermente basso perpendicolare con il torace,la stessa camicia nera che aveva
indosso l'ultima sera che avevano trascorso insieme prima della sua partenza per
New York ed una sigaretta fra le dita della mano sinistra. Il viso di Justin
era diventato di tutti i colori quando si era accorto di che quadro la donna
stava parlando e,incapace di rispondere,aveva fissato smarrito la
telecamera,chiedendosi cosa Brian e gli altri avrebbero pensato vedendo quel
quadro. Riusciva ad immaginare senza alcuno sforzo le risate trattenute di
Ted,il sorriso a trentadue denti che era nato sul volto di Debbie e quello più
contenuto su quello di Micheal. -Certamente-si era intromessa
Sophia,accortasi del suo sbandamento-E' uno dei pezzi per cui credo ci saranno
più offerte- Quando si erano liberati della giornalista,Justin aveva cercato
in tutti i modi di far cambiare idea a Sophia sul vendere il quadro di Brian,ma
la donna si era dimostrata irremovibile:aveva promesso in diretta nazionale,non
poteva certo rimangiarsi la parola! Aprile e maggio passarono in fretta e
prima che Justin se ne rendesse conto,passava i suoi giorni alla galleria per
controllare che tutto fosse apposto e ogni quadro venisse sistemato nell'ordine
da lui scelto. -Questa mostra sarà un successo-gli annunciò Sophia
fermandoglisi accanto mentre osservava il quadro di Brian-Preparati a diventare
famoso-gli predisse mettendogli un braccio attorno alle spalle. Justin
accennò un sorriso e voltò la testa verso di lei. -Hai fatto quello che ti ho
chiesto?-le aveva domandato curioso. La donna aveva annuito,lo sguardo ancora
fisso sul quadro. -Tutto fatto...In fondo te lo dovevo:è grazie a te se sto
per diventare schifosamente ricca- Il biondo aveva riso e le aveva dato una
lieve spinta che,invece di smuoverla,l'aveva portata a ridere con lui. Il
giorno della mostra non riuscì a toccare cibo,teso a tal punto che il solo
pensiero del cibo gli faceva venire la nausea. Era stato a lungo indeciso se
presentarsi con abiti formali o con quelli che indossava di solito,e alla fine
aveva trovato una via di mezzo,indossando un paio di jeans sotto una camicia
bianca ed una giacca blu. Era arrivato prima che la galleria aprisse le porte
al pubblico per controllare che tutto fosse esattamente come lo aveva
immaginato,ma nonostante quell'accortezza era dovuto passare dal retro a causa
dei fotografi presenti davanti alle porte in attesa. A quanto pare non era
stato l'unico ad aver avuto quell'idea:oltre ai camerieri che si occupavano del
ricevimento,Sophia e Janet,la sua compagna,erano già dentro. -Ma non avete
una casa dove tornare?-aveva chiesto loro scherzoso. -Credo che dovremmo
aprire prima dell'orario stabilito-gli aveva detto Sophia dopo averlo salutato
con un bacio. Justin si era avvicinato a Janet per salutarla e poi si era
voltato a guardare l'amica. -E per quale motivo?- -Hai dato un'occhiata
alla gente che aspetta fuori?Neanche ai saldi di "Saks" sulla Fith c'è tanta
folla!-aveva commentato. Il ragazzo aveva sorriso e aveva scosso la
testa. -Facciamoli fremere ancora un pò...-aveva detto poi. Quella sera il
suo principale pensiero,ancor più della mostra,dei giornalisti e di come
sarebbero stati accolti i suoi quadri,era rivolta agli inviti che Sophia aveva
spedito per suo conto alle persone che lui considerava più importanti...Senza le
quali non sarebbe stato lì in quel momento. -Che risposta hai avuto?-le aveva
infatti chiesto,cercando di apparire indifferente. -Oh,quasi tutti hanno dato
conferma della loro presenza,a parte uno-gli aveva risposto senza bisogno di
altre informazioni. Justin aveva annuito. Non aveva bisogno di sapere chi
era l'unico "disertore". Aveva annuito in silenzio,staccandosi poi dalle due
donne per dare un'ultima occhiata ai quadri;quando si era fermato di fronte a
quello di Brian lo aveva fissato a lungo,quasi volesse imprimersi nella sua
mente ogni contorno ed ogni sfumatura di colore,dando il suo personale
addio. -Sono pronto-aveva detto poi voltando la testa verso Sophie. Le
porte di vetro erano state aperte e,ordinatamente,la folla era entrata nella
galleria:per qualche istante Justin si sentì mancare al fiato. Forse solo al
Babylon aveva visto tanta gente tutta insieme! Su consiglio di Sophie aveva
iniziato a girare per la sala,ricambiando molte strette di mani, rispondendo ad
alcune domande volanti di qualche giornalista e conversando amabilmente con
uomini in giacca e cravatta con moglie al seguito. Scorse sua madre e il suo
compagno non appena questi entrarono nella galleria ed era andato loro incontro
sorridendo quando la madre gli aveva gettato le braccia al collo. -Non puoi
capire come sono orgogliosa di te!-gli aveva detto la madre dandogli un bacio
sulla guancia destra. Lui aveva sorriso di nuovo. -Tutti questi
complimenti e non hai ancora visto l'esposizione...-la prese bonariamente in
giro, guadagnandosi un buffetto sulla guancia sinistra ed un altro
bacio. -Vieni ti faccio fare un giro della sala-si era offerto. -Oh santa
merda!- L'esclamazione era arrivata poco distante da lui facendo voltare un
gruppo poco distante alla sinistra di Justin,che si era guardato intorno
all'istante:sulla porta,visibilmente commossa,Debbie si era guardata attorno per
qualche altro istante prima di trovare Justin con lo sguardo e aprirgli le
braccia in un gesto dei suoi. Accanto a lei,chiaramente in imbarazzo,Carl
continuava a sistemarsi la punta della cravatta perchè questa fosse in perfetto
accordo con la cintura di pelle marrone. -Allora mamma ti decidi ad
entrare?-sentì Justin,riconoscendo la voce di Micheal ancora fuori dalle
vetrate. Si era scusato con la madre ed era andato verso di loro,un sorriso
felice sul volto. Prima che potesse dire qualsiasi cosa,Debbie lo aveva
afferrato e lo aveva stretto in un'abbraccio che aveva portato alla memoria
tanti altri abbracci come quello:quante volte Debbie lo aveva consolato nei suoi
momenti di confusione,di rabbia e soprattutto nei momenti di crisi con
Brian... Si era staccato leggermente da lei e le aveva sorriso. -Sono
felice che tu sia qui-le aveva detto prima di darle un bacio sulla guancia
sinistra. -Stai scherzando Raggio di Sole?Non ci saremmo persi questo momento
per niente al mondo!- Ancora una volta lui aveva sorriso e aveva
annuito. Una mano si posò sulla sua spalla sinistra e alzando lo sguardo
aveva colto quello di Micheal e di Ben e Hunter. -Allora quando hai
intenzione di farci vedere il famoso quadro di Brian?-gli aveva poi chiesto
l'amico spezzando l'atmosfera seria. Tutti avevano riso e,dopo i
saluti,Justin aveva fatto loro da guida personale,ripetendo lo stesso ruolo una
seconda volta quando,leggermente in ritardo erano arrivati Melanie e Lindz da
Toronto e Ted,Blake e Emmett da Pittsburgh. -Tesoro è davvero incredibile
quello che sei riuscito a fare stasera-gli aveva detto Melanie sinceramente
ammirata mentre erano fermi accanto ad una vetrata che dava sulla strada insieme
a tutti gli altri. -Io non ho fatto niente:ho solo dipinto qualche
quadro...Al resto ha pensato tutto Sophia-si era schernito sincero. -Ah
proposito di quadri:credi che potrei comprarne uno senza dover dar fondo a tutti
i miei risparmi?-gli aveva chiesto Ted con il suo solito sarcasmo. -Sei già
in bolletta Ted?-gli aveva chiesto Mel guardandolo preoccupata. -Per quanto
ti dai da dare all'agenzia,dovresti dire a Brian di darti un'aumento-aveva
aggiunto Debbie prima di affondare i denti in una tartina al salmone. Quelle
parole avevano fatto scendere il gelo fra il gruppo di amici e aveva portato
Debbie a lanciare uno sguardo di scuse a Justin:finora avevano evitato
accuratamente di fare il suo nome o anche il più piccolo accenno su di lui per
evitare che la grande serata del ragazzo venisse rovinata da quell'ingombrante
fantasma. Ma Justin non aveva bisogno di sentire il suo nome per
ricordarlo:era tutta la sera che guardava la porta sperando di vederlo entrare,o
che lanciava sguardi veloci al display del suo cellulare per controllare che non
ci fossero delle chiamate perse. A salvarlo dagli sguardi preoccupati dei
suoi amici,fortunatamente,era arrivata Sophie che si era avvicinata al gruppo a
passi veloci. -Devi venire con me-gli aveva detto in tono perentorio. -Che
succede?Problemi?-le aveva chiesto aggrottando la fronte. Lei aveva scosso la
testa,tendendo la mano e prendendo quella di lui aiutandolo poi a mettersi in
piedi. -Abbiamo venduto il quadro che abbiamo fatto vedere in quel servizio
alla televisione-gli aveva detto senza lasciargli la mano. Quella
notizia,invece che rallegrarlo come era stato per le vendite precedenti,lo aveva
incupito:avevano comprato il quadro di Brian. Chissà se era stato uno dei
suoi amanti da una notte ad averlo comprato... -Oh...-si era limitato a
dire. -Vuole conoscerti-aveva detto la donna con tono fermo. -E per quale
motivo?Spera di avere uno sconto sul prezzo?-aveva scherzato,poco desideroso di
gettarsi di nuovo in mezzo alla folla. -Non fare storie e vieni con me!-gli
aveva ordinato la donna. Justin aveva sospirato e aveva annuito,ma prima di
allontanarsi si era voltato verso il gruppo di amici con un pallido ricordo del
suo classico sorriso e aveva guardato Ted. -Ted,per quanto riguarda il
quadro,scegli quello che preferisci ed è tuo-gli aveva detto. Era poi tornato
a voltarsi e si era incamminato dietro Sophia,stringendo nel cammino qualche
altra mano e ringraziando per le congratulazioni che riceveva qua e là. Solo
quando fu ad una decina di metri di distanza si accorse di quello che doveva
essere l'acquirente del quadro:era voltato di spalle,una giacca nera a delineare
il profilo perfetto della sua schiena,le ciocche di capelli castani che gli
accarezzavano il colletto nero della camicia perfettamente stirato. Justin
aveva rallentato il passo,chiedendosi se la sua mente stressata dal troppo
lavoro non avesse iniziato a giocargli brutti scherzi,finchè Sophia non si era
avvicinata all'uomo e gli aveva posato una mano sul braccio sinistro facendolo
voltare. E,per la seconda volta nella sua vita,Justin si era trovato davanti
la faccia di Dio. I suoi occhi castani si erano posati per pochi secondi su
Sophia prima di saettare veloci su di lui,che era ancora a qualche metro di
distanza incapace di terminare il breve tragitto e per un lungo istante si
limitò a guardarlo. Era lì. Solo ora Justin si rendeva realmente conto di
quanto gli era mancato e di quanto era stata infantile la speranza di una sua
chiamata...Non sarebbe stato nel suo stile. E questo lo era decisamente
meno. -Mr Kinney,le presento Justin Taylor-aveva detto Sophia facendo le
presentazioni. Un sorriso divertito aveva incurvato le labbra di Brian e
subito dopo le sue:dopo tutto quello che era successo fra loro,c'era ancora
qualcuno che credeva avessero bisogno di presentazioni? -Ci conosciamo già
Sophia-le aveva detto senza staccare lo sguardo dal volto di
Brian. -Oh...Questa sì che è una sorpresa- I due uomini avevano continuato
a fissarsi,escludendo Sophia da quel gioco di sguardi come in passato avevano
lasciato fuori i loro amici e tutti gli altri amanti occasionali che avevano
avuto. -Spero non ti sia costato troppo-aveva detto Justin,mordendo la parte
interna del labbro inferiore. -Il giusto prezzo...Ma per un quadro come
questo avrei anche offerto una cifra più alta-gli aveva detto parlando per la
prima volta. La sua voce fu una carezza ed insieme un brivido sulla sua
pelle,facendogli ricordare quante volte gli era bastato ascoltarlo parlare per
eccitarsi. Justin accennò un sorriso e piegò leggermente la testa verso
destra,prima di tornare a guardarlo. -Il solito narcisista...-aveva
commentato poi. Brian aveva sorriso:soltanto lui poteva permettersi certi
commenti senza aver paura di una morte lenta e dolorosa. -Faccio sempre del
mio meglio,tu dovresti saperlo- -Purtroppo non potremmo farle avere il quadro
fino alla fine della mostra,quindi si ricordi di lasciare il suo indirizzo;così
potremmo farglielo recapitare al momento opportuno-si era intromessa
Sophie,completamente immersa nel suo ruolo, che fino a quel momento aveva
seguito il loro discorso guardando ora uno ora l'altro neanche fosse una partita
di tennis. -Perfetto.Anche perchè al momento sono in pieno trasloco-aveva
detto Brian rivolgendosi direttamente a Justin. Il biondo aveva corrugato la
fronte,sorpreso da quella notizia:Brian aveva lasciato il loft e nessuno si era
preoccupato di avvertirlo? Che razza di amici erano se gli nascondevano una
cosa del genere? Cosa significava quel trasferimento?Che Brian forse stava
andando avanti con la sua vita,lasciandolo indietro,rilegando la loro storia nel
passato? Per la prima volta da quando si erano incontrati,Brian spostò lo
sguardo su Sophia concedendole uno dei suoi meravigliosi sorrisi. -Ha mai
sentito parlare della Kinnetik?-aveva chiesto a Sophia. La donna aveva scosso
la testa facendo sorridere Brian. -Me lo aspettavo...Beh presto lo
farà. La Kinnetik è l'agenzia pubblicitaria di cui sono il presidente a
Pittsburgh,la migliore della città,ed ora ho deciso che è venuto il momento di
tentare l'assalto alla Grande Mela-aveva spiegato alla donna. Justin ascoltò
quelle parole incredulo:Brian stava traslocando a New York? -Cosa?-aveva
chiesto incapace di trattenersi oltre. Il moro lo aveva guardato di nuovo
e,incontrando i suoi occhi,Justin aveva capito che il vero motivo che spingeva
Brian a trasferirsi era lui. Soltanto lui. -Te l'avevo detto che prima o
poi avrei conquistato il mercato newyorkese-gli aveva detto con quell'aria
sbruffona di sempre. -E' solo per questo che lo fai?-gli aveva
chiesto. Non avrebbe avuto bisogno di rassicurazioni ulteriori,sapeva che
Brian lo stava facendo per lui; il motivo che lo aveva spinto a fare quella
domanda era per essere sicuro che non fosse la sbruffonata del momento,qualcosa
di cui poi si sarebbe pentito l'attimo dopo. Solo allora Brian aveva fatto i
pochi passi che ancora li dividevano fermandosi davanti a lui, costringendolo ad
alzare leggermente la testa per incontrare i suoi occhi. Si erano fissati per
qualche secondo in silenzio,resistendo all'impulso di muovere una mano verso
l'altro. -Tu sai perchè lo faccio-gli aveva detto poi osservando gli occhi
azzurri di Justin. L'altro aveva annuito,premendo una contro l'altra le
labbra per qualche secondo:c'era ancora una cosa da chiarire. -Le cose non
sono cambiate da Pittsburgh-gli aveva detto senza staccare gli occhi dai
suoi. Voleva ancora una famiglia,una marito e dei figli,e sperava con tutto
sè stesso di poterli avere con Brian,ma non se questo significava porre dei
limiti alla propria individualità o a quella del compagno. Brian aveva
sospirato,provocandogli una leggera pelle d'oca sulla pelle del collo,prima di
alzare le spalle. -Lo avevo immaginato...Ma credevo di averti dato la mia
risposta presentandomi qui- Justin era rimasto in silenzio e lo aveva fissato
qualche istante in silenzio,incerto:tutto quello che voleva era gettargli le
braccia al collo e non lasciarlo più andare via. Ma nonostante la paura di
commettere un altro errore fosse forte,non era niente confrontata a quella di
vederlo andare via. -Ok...-aveva sussurrato poi,quasi avesse paura di farsi
sentire dagli altri presenti alla mostra. Brian aveva sorriso prima di
chinare il viso verso il suo e baciarlo:nello stesso istante in cui le loro
labbra si erano sfiorate,il braccio destro del moro si era stretto attorno alla
vita di Justin,attirandolo contro di sè,incurante come al solito della
possibilità di dare spettacolo. Il biondo aveva sorriso sulle sue
labbra,alzando poi un braccio per portare la mano dietro il collo di
Brian,sfiorando con i polpastrelli di capelli morbidi leggermente più lunghi di
come li ricordava. Quando si staccarono,si accorsero degli sguardi degli
ospiti più vicini ed il flash di alcuni fotografi,e per un'attimo Justin si
chiese cosa avrebbero scritto di quel bacio l'indomani parlando della
mostra,accantonando il pensiero l'attimo dopo nell'angolo più lontano della sua
mente. Finalmente,quasi un anno dopo averlo "perso",aveva ritrovato il suo
Brian.
Osservando i vestiti
per l'indomani sistemati ordinatamente sulla scrivania poco distante dal suo
letto,Vic si chiese se le sarebbe stato possibile inventarsi un mal di gola già
il primo giorno di scuola. Si guardò attorno nella sua stanza,piena di
scatoloni ancora imballati,e si ritrovò a scuotere la testa:non sarebbe servito
a nulla,se non a posticipare qualcosa di inevitabile. Due colpi leggeri
vennero bussati sulla sua porta e Vic,si voltò verso l'ingresso senza
preoccuparsi di infilare la vestaglia di spugna poco distante dal
letto,nonostante avesse indosso solo il top rosso e i boxer grigi che indossava
per dormire:nè lei nè i suoi padri si sarebbero scandalizzati per
quell'abbigliamento. -Avanti-disse fissando la porta. Suo padre apparve
sulla soglia e,la mano ancora sulla maniglia,le sorrise. -Sapevo di trovarti
sveglia...Che ne dici di una tazza di tè?-le chiese. Vic accennò un sorriso e
annuì,uscendo poi dalla stanza e seguendo il padre al piano di sotto verso la
cucina. Quella casa di notte assumeva un aspetto completamente
diverso:sembrava quasi uscire da un film dell'orrore! -E' normale che sia
così spoglia?-domandò al padre. Nonostante l'uomo fosse di spalle lo sentì
sorridere. -Ancora non abbiamo finito di aprire tutti gli scatoloni,vedrai
che quando avremo sistemato tutto sarà molto più accogliente-la rassicurò. Si
avviarono verso la cucina e Vic si sedette su uno degli sgabelli da bar marroni
attorno all'isola cucina,il piede destro che sfiorava il parquet mentre
osservava suo padre preparare le due tazze di tè. -Abbiamo del miele?-gli
chiese senza grandi speranze. Anche se quel pomeriggio erano andati insieme
al drugstore per comprare alcuni generi di prima necessità non era certa che si
fosse ricordata anche di quello. -Guarda il mobile vicino al frigo-le disse
suo padre voltandosi per lanciarle un'occhiata. Vic scese dallo sgabello e
fece come lui le aveva detto,sorridendo alla vista del contenitore a forma di
orsetto pieno di miele. -Come farei senza di te?-gli domandò concedendogli un
sorriso. -Lasceresti i vestiti ovunque come tuo padre e mangeresti solo
schifezze-ribattè l'uomo posando le due tazze sopra l'isola. Vic chiuse
l'anta del mobile e tornò a sedersi sullo sgabello. -Papo dov'è?-gli chiese
aprendo il barattolo del miele e iniziando a spremerne la pancia. -Sotto la
doccia,ci raggiunge quando ha finito...Basta con quel miele!-le disse
Justin,girando con un cucchiaino il suo tè. Vic sbuffò scocciata e per
qualche minuto nessuno dei due parlò,impegnati com'erano a sorseggiare
tè. -Sei nervosa per domani,vero?-domandò poi il biondo con tono
sicuro. Vic annuì. Era ovvio che lo fosse:dopo tutto quello che aveva
passato al liceo di Pittsburgh come poteva sperare in qualcosa di
diverso? Justin sospirò e fece per allungare una mano verso quella della
figlia per poi cambiare idea, certo che Victoria avrebbe rifiutato il
contatto. -Qui a Toronto le cose sono diverse-le disse per la millesima
volta. -Certo,qui il vostro matrimonio è legale...-commentò lei senza
guardarlo. -Non è solo questo!-s'intromise la voce di Brian facendo voltare
la testa di entrambi verso l'entrata della cucina. Con indosso un paio di
pantaloni da tuta blu ed una maglietta dello stesso colore,Brian andò loro
incontro a piedi scalzi. -Che intendi?-domandò Vic fissandolo mentre le si
sedeva accanto. -Beh qui possiamo tranquillamente fare causa a tutti quelli
che ti infastidiscono sicuri che la legge ci darà ascolto-disse suo
padre. -Oppure possiamo passare direttamente alle maniere forti...Magari
possiamo rigar loro la macchina-aggiunse l'altro. -Brian!-lo rimproverò
Justin. -Cosa?Si sono fatti qualche scrupolo nel rovinarmi l'Harley?-gli
domandò Brian,il cuore ancora sanguinante dalla fine ignominosa che aveva fatto
una delle sue moto. Justin aveva sospirato e lo aveva guardato per qualche
istante in silenzio prima di alzare le spalle. -Per fortuna Mel vive a pochi
isolati di distanza...-commentò poi. Brian accennò un sorriso prima di
tornare a guardare Vic con espressione seria. -Ascolta Little Sunshine non
possiamo prometterti che non succederà niente di grave,perchè sarebbe
impossibile...-le disse con voce seria,ma allo stesso tempo rassicurante-Ma
possiamo prometterti fin da adesso che qualsiasi cosa succederà,positiva o
negativa che sia,l'affronteremo insieme come abbiamo sempre fatto- Vic fissò
per qualche istante gli occhi nocciola del suo secondo padre e annuì
leggermente:sapeva che i due uomini avrebbero fatto di tutto pur di evitarle
un'ulteriore dolore. -Se te lo promette un supereroe puoi
crederci,tesoro-scherzò suo padre facendo sorridere sia lei che Brian. Il
moro si voltò verso Justin e lo fissò con un sorriso ironico sul
volto. -Spiegami una cosa:è per il tuo umorismo che ti ho sposato?-gli
domandò poggiando entrambi i gomiti sul tavolo e sporgendosi in avanti. Il
padre storse leggermente la bocca chiusa verso destra in una posa pensierosa per
poi scuotere la testa. -No,non credo sia per questo...-rispose
poi,sistemandosi nella stessa posizione di Brian. I due uomini sorrisero e
avvicinarono le teste per un bacio che perse in pochi secondi tutta l'innocenza
iniziale. Vic sospirò e,la tazza nella mano sinistra,scese dallo
sgabello. -Ho capito,me ne vado a letto. Buona notte!-salutò entrambi
prima di voltargli le spalle. -Buona notte Little Sunshine!-la salutò Brian
voltando la testa verso di lei. -Dormi bene tesoro e mi raccomando,smettila
di preoccuparti...Andrà tutto bene-le disse suo padre,scostandosi dal compagno
per incrociare di nuovo lo sguardo della ragazza. Vic annuì poco convinta
prima di voltarsi di nuovo e avviarsi verso le scale. Domani sarebbe stato il
suo "grande giorno",doveva essere in forma.
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Capitolo 2 *** Alive & Kicking ***
alive and kicking
Il sole invase
completamente la stanza nello stesso istante in cui venne alzata la
tapparella;non avevano ancora avuto il tempo di montare le tende,quindi quello
era il solo riparo che potesse avere dal Sole. -Sveglia pigrona!- Cercando
di scappare in qualche modo alla voce di suo padre,Victoria nascose la testa
sotto uno dei cuscini e si tirò ancora più su le coperte,quasi volesse ricreare
quell'oscurità che le era strappata tanto brutalmente. -Va via!-mugugnò senza
aprire gli occhi. -Non vorrai mica fare tardi il primo giorno di scuola?-le
domandò ancora l'uomo,fermo a pochi metri dal suo letto. Fosse per me non ci
andrei neanche,pensò la ragazza sfregando il mento contro la spalla
sinistra. Il silenzio che sentì intorno a sè la fece sperare che suo padre si
fosse deciso ad uscire dalla stanza e a lasciarla dormire ancora un pò,ma quella
speranza si rivelò infondata quando pochi istanti dopo il cuscino che le copriva
la testa le venne strappato via espondendola di nuovo alla luce del
Sole. -Alzati!-le ordinò. Vic,la mano destra che stropicciava gli occhi
socchiusi,sospirò frustrata. -Ti odio!- Sentì la sua risata divertita e i
passi che si allontanavano verso la porta. -Anche io ti voglio bene-rispose
lui prima di uscire dalla stanza. Ormai sveglia,Vic si sistemò con la schiena
sul materasso e guardò per qualche istante il soffitto:non aveva idea di che ore
fossero,ma era certa che suo padre l'avesse svegliata in tempo per farle fare
una doccia e una veloce colazione prima di andare a scuola. Per un'istante si
chiese chi dei due l'avrebbe accompagnata,o se avevano intenzione di venire
entrambi,come un fronte compatto,per aiutarla a superare la paura di quel
terribile primo giorno. In un certo senso sarebbe stato meglio,così avrebbero
evitato tutto quello che era successo a Pittsburgh. Decisa a non pensarci,si
tirò a sedere e posò entrambi i piedi sul parquet freddo:non poteva cominciare a
portarsi sfiga da sola,qui le cose erano diverse. Aveva perso il conto di
quante volte i suoi genitori glielo avevano detto o delle volte in cui lo zio
Micheal l'aveva rassicurata dicendole che a Toronto non sarebbe stata la sola
ragazza con i genitori dello stesso sesso. Ma come poteva fidarsi dopo quello
che era successo al liceo di Pittsburgh? Come poteva credere che anche lì non
ci sarebbero state scritte inguriose sul suo armadietto, quando questo non era
aperto e le sue cose rubate;come poteva sperare di farsi degli amici quando sia
a New York che a Pittsbugh era stata sistematicamente isolata per colpa della
sua famiglia? Bloccò il pensiero più doloroso e si lasciò andare ad un altro
sospiro,prima di alzarsi in piedi e avviarsi verso il bagno. L'ultima cosa di
cui aveva bisogno era presentarsi in ritardo il primo
giorno.
-Hai intenzione di cucinare ancora a
lungo?Potremmo vivere di frittelle per almeno tre giorni- Con la spatola
ancora stretta nella mano destra,Justin si voltò verso il marito, trovandolo con
il viso immerso nel giornale. Per qualche istante ebbe il sospetto di aver
solo immaginato quel commento,poi incontrò uno sguardo veloce di Brian e capì
che l'altro aveva realmente parlato. -Sai che quando sono nervoso,cucinare è
l'unica cosa che mi calma-gli disse per scusarsi. Brian abbassò un angolo del
giornale e annuì lentamente. -Già,me ne sono accorto...E perchè saresti
nervoso questa volta?-gli domandò con voce calma. Justin aggrottò la
fronte,sorpreso che l'altro gli facesse una domanda simile. -Sai perchè lo
sono!Voglio dire,dopo tutto quello che è successo con Vic è normale che...-disse
confusamente cercando di dire più concetti insieme. -Che io prenda due chili
in più per colpa della tua cucina nervosa?-gli domandò posando del tutto il
giornale sul tavolo. Il biondo accennò un sorriso prima di abbassare lo
sguardo e posare la spatola sul piano della cucina poco distante dai
fornelli. -Per lo meno così avrò qualcosa da stringere mentre siamo a
letto...-gli disse con voce carica di sottintesi quando tornò a
guardarlo. -Ah è per questo che lo fai?Beh sono certo che troveremo
qualcos'altro da farti stringere...-commentò Brian. Ancora una volta Justin
gli regalò un sorriso,ma al suo occhio attento non era sfuggita la tensione che
ancora gli tendeva le spalle. Si alzò dal suo sgabello e aggirò il bancone
avvicinandosi al compagno,portandosi alle sue spalle, e poggiando il suo torace
contro la schiena di Justin,i suoi capelli biondi che gli accarezzavano il collo
e l'odore del suo dopobarba che gli solleticava le narici. Gli allacciò un
braccio attorno alla vita e lo tirò a sè,chinando la testa per portare le labbra
vicino al suo orecchio sinistro. -Devi smetterla di preoccuparti,altrimenti
Little Sunshine se ne accorgerà e penserà che tutti questi mesi le abbiamo
raccontato stronzate sul fatto che qui le cose sarebbero state diverse e che la
sua vita sarebbe stata più facile-gli disse con voce calma e
rassicurante. Justin mosse leggermente la testa sulla sua spalle e
sospirò. -E' solo che vorrei fare di più...-confessò l'altro. Brian lo
fece voltare nel suo abbraccio e incontrò i suoi occhi azzurri,leggermente più
scuri per via della preoccupazione e sorrise. Fare di più?Fin da quando erano
iniziati i problemi,Justin si era speso in prima persona cercando di rendere la
vita di Vic il più possibile normale,sentendosi anche in parte responsabile per
tutti i problemi che il loro matrimonio aveva provocato alla figlia. Nessun
altro avrebbe potuto fare di più;Brian lo sapeva e in una parte della sua mente
lo sapeva anche Justin. -Facciamo una scommessa?-gli disse per allontanare la
sua mente da quella costante preoccupazione. -Di che tipo?-chiese l'altro
cauto. -Se oggi pomeriggio Little Sunshine torna a casa felice o per lo meno
serena,tu stasera farai tutto quello che ti chiedo-gli disse con il suo sorriso
malizioso. Justin trattenne una risata e lo guardò con quella che sperò
essere un'espressione seria. -E se così non fosse?-gli domandò
ancora,sperando in cuor suo che quell'eventualità non si verificasse. Il moro
alzò le spalle. -Allora sarai tu a decidere...-disse,lasciando cadere la sua
offerta con noncuranza. Gli occhi del biondo si illuminarono,chiaramente
eccitati da quell'offerta. Si alzò in punta di piedi e posò le labbra sulle
sue più volte. -Per favore!Devo ancora fare colazione...- Victoria si
affacciò sulla soglia della cucina posando la borsa per la scuola a
terra,coprendola con il cappotto che avrebbe indossato di lì a
poco,avvicinandosi poi al bancone dove erano sistemati i piatti per la
colazione. -Possibile che non riusciate a stare separati più di dieci
minuti?-chiese loro lasciandosi cadere sulla sedia accanto a quella di
Brian. -Sì chiama amore-le rispose suo padre,sciogliendo l'abbraccio e
avvicinandosi al fornello per prendere delle frittelle per la figlia. -Io
veramente ricordo avesse un altro nome-commentò Brian aggirando l'isola e
sedendosi accanto a Victoria. Justin tornò a voltarsi verso entrambi e
sorrise,per nulla infastidito da quello che l'altro aveva appena
detto. -Anche allora era amore...Quante frittelle tesoro?-le domandò poi
guardandola. -Due,non ho molta fame- Il biondo le riempì il piatto
spingendo poi verso di lei lo sciroppo d'acero e finalmente riempì il proprio
piatto,sedendosi di fronte a loro. -A che ora hai l'appuntamento con
l'architetto?-chiese a Brian,che nel frattempo aveva ripreso in mano il
giornale,prima di affondare la forchetta nelle frittelle. -Alle dieci-rispose
l'altro senza alzare lo sguardo. -Sai già come hai intenzione di arredare il
nuovo ufficio papo?-chiese Vic girandosi leggermente verso l'uomo. Brian
guardò la ragazza e accennò un sorriso. -Naturamente con le pareti rosa ed
una sfera stroboscopica sul soffitto per i venerdì casual- Vic rise e scosse
la testa,fissando per qualche istante le frittelle nel proprio
piatto. -Conoscendoti ne saresti capace-fece a mezza bocca Justin. Brian
risucchiò l'aria fra i denti e si dondolò leggermente sullo sgabello. -Già,ma
credo che Ted me lo impedirebbe...- -Comunque ricordati di essere a casa per
le tre-gli disse ancora Justin con il boccone ancora in bocca. Sia Vic che
Brian lo fissarono sorpresi:aveva forse intenzione di metterli subito al lavoro
con gli scatoloni? -Mi sono perso la notifica degli arresti
domiciliari?- Il marito scosse la testa,un sorriso divertito sulle
labbra. -No,ma abbiamo visite:Mel e Lindz hanno chiesto se potevano passare a
trovarci-gli spiegò. -E tu naturalmente hai detto di sì...L'ho sempre detto
che sei troppo buono-disse Brian alzandosi e posando la propria tazza nel
lavello alle spalle di Justin. Un campanello nella mente di Vic:aveva sentito
tante volte quei nomi nella sua vita,ma per lei sarebbe stato difficile
associare una faccia a quei nomi se non fosse stato per le foto;l'ultima volta
che le aveva viste doveva avere al massimo quattro anni nell'ultima visita che
aveva fatto a Toronto. I suoi genitori erano andati spesso a Toronto nel
corso degli anni per far visita alla coppia d'amiche ma Vic,dopo l'incidente
capitato a nonno Carl durante il lavoro e lo spavento che si era presa aveva
sempre preferito restare a Pittsburgh,con la sciocca convinzione che niente
sarebbe accaduto a lui o a nonna Debbie se lei fosse stata con loro. -Lindz è
la madre di tuo figlio,vero papo?-chiese per essere sicura di non
sbagliare. Brian annuì. -Gus...Gliel'ho dato io il nome:è nato la stessa
notte che ho conosciuto tuo padre e lui mi ha chiesto un consiglio sul
nome-l'informò suo padre,gli occhi che gli brillavano ancora al solo ricordo di
quel giorno. -Beh l'alternativa era Abrahm!-ribattè il moro. Justin si
voltò e fissò lo sguardo in quello di Brian per qualche istante,riuscendo ad
ottenere un sorriso dal marito. -Verrà anche lui oggi?-chiese Vic ad
entrambi. -Spero di no!Se a 22 anni va ancora dietro alle sue madri vuol dire
che i miei geni sono andati davvero sprecati-commentò Brian dando un'occhiata al
Rolex che aveva al polso. Justin sospirò e scosse la testa. -Sei davvero
un caso disperato!-commentò a bassa voce. -Già,forse hai ragione...Comunque
Little Sunshine è ora di andare- disse prendendo la borsa ventiquattro ore da
uno degli sgabelli. Justin si alzò,imitato subito dopo da Vic,e le si fermò
davanti con un sorriso incoraggiante;le sistemò i boccoli biondi dietro le
spalle con un gesto della mano sinistra facendola sorridere. -Hai tutto
quello che ti serve?-le domandò,cercando di non mostrarsi troppo nervoso o
apprensivo. Victoria annuì. L'uomo le posò le mani su entrambe le spalle e
la fissò indeciso se dire qualcos'altro o seguire il consiglio che Brian gli
aveva dato poco prima e tenere la propria ansia per sè. Avvicinò il viso e le
diede un bacio sulla guancia destra,facendola sorridere e provocando un sospiro
frustrato da parte del marito. -Hai finito?Le farai fare tardi già il primo
giorno!-lo rimproverò venendo verso di loro. Strinse il polso sinistro di Vic
in una mano tirandola lontano dal padre,per poi sporgersi verso Justin e dargli
un bacio di saluto. -Mi raccomando non fare tardi;lo sai che Mel odia i
ritardatari-gli disse quando si staccò da lui. -Non mi dire...-commentò il
moro staccandosi da lui e voltandogli le spalle avviandosi poi con Victoria
fuori dalla cucina.
Nonostante la sua lieve speranza,Brian si era
rifiutato di accompagnarla con una delle sue moto. "Vuoi farmi perdere
un'altra moto già il primo giorno di scuola?Aspettiamo almeno il terzo Little
Sunshine" aveva commentato mentre toglieva l'antifurto al SUV. Seduti uno
accanto all'altra avevano percorso gran parte del viaggio in silenzio,lui
concentrato sul tratto di strada davanti a sè e lei con lo sguardo fisso al
paesaggio che diventava velocemente sempre più metropolitano man mano che si
avvicinavano alla scuola. Cercando di calmarsi,prese un ricciolo biondo che
le ricadeva sulla spalla sinistra fra due dita e iniziò a tirarlo e ad
arrotolarlo attorno il dito medio,in uno gesto che faceva senza neanche
accorgersene quando era nervosa. -Finirai per ritrovarti calva se continui
così-le disse Brian riscuotendola dai suoi pensieri. Vic voltò la testa verso
di lui e sospirò,smettendo però di giocherellare con i capelli. -Lo so che mi
avete detto di non preoccuparmi,che qui le cose saranno diverse,ma voi siete i
miei genitori,avreste detto qualsiasi cosa per rassicurarmi-disse
sincera. Con Brian non aveva bisogno di frenarsi,di bloccare i propri giudizi
per paura che restasse ferito, perchè sapeva che,al contrario del padre,le
avrebbe sempre dato la sua opinione più sincera e schietta,che fosse d'accordo o
meno con lei. -Quando ho conosciuto tuo padre,lui aveva due anni più di
te...Ora tu lo vedi adesso,ma all'epoca era uno stronzetto fastidioso-iniziò a
raccontarle dopo qualche altro istante di silenzio,lo sguardo fisso sulla
strada. Vic rise divertita scuotendo la testa:l'onestà e la schiettezza erano
uno solo alcuni dei motivi per cui amava Brian quasi fosse anche lui suo
padre. -E' vero,tuo zio Micheal non poteva sopportarlo!Ogni volta che credevo
di essermi liberato di lui, ecco che me lo ritrovavo accanto:era una
persecuzione...E uno dei miei "obblighi",visto che era sempre a casa mia e nonna
Jennifer lo aveva messo in chiaro fin dall'inizio,era accompagnarlo a scuola la
mattina prima di andare a lavoro. La prima volta che io e tuo zio Micheal lo
abbiamo lasciato davanti al suo liceo la mia jeep aveva scritto "FROCIO" sulla
fiancata destra,e per rendere ancora più chiara la cosa,io e tuo padre ci siamo
baciati davanti a mezza scuola- continuò. Vic abbassò lo sguardo
pensierosa:quando erano iniziati i suoi problemi a Pittsburgh,suo padre le aveva
raccontato quello che lui stesso aveva vissuto in passato,ma erano stati nonna
Debbie, nonna Jennifer e la zia Emmett a raccontargli cosa era successo davvero
compresa l'aggressione che suo padre aveva subito la notte del ballo. -Da
allora,ogni volta che la mia jeep si fermava davanti alla scuola di tuo
padre,tutti si fermavano a fissarla,in attesa di un nuovo spettacolo,anche se
non avevano bisogno di un'ulteriore aiuto per rendere la vita di tuo padre
un'inferno. Ogni giorno,io vedevo le facce schifate di quei piccoli bastardi
e sapevo che una volta entrato lì dentro,tuo padre avrebbe dovuto tirar fuori le
palle e guardarsi le spalle fino alla fine delle lezioni, ma ogni volta lui
scendeva dall'auto dopo avermi salutato con uno dei suoi soliti sorrisi neanche
stesse andando incontro ai suoi fan- Il SUV si fermò e alzando lo sguardo Vic
si accorse di essere di fronte ad un edificio di mattoni rossi:dovevano essere
arrivati a destinazione. -Era il suo modo per dire "Fanculo tutti"!-concluse
tirando il freno a mano e portando lo sguardo sulla ragazza. Vic accennò un
sorriso. -Non sapevo che papà fosse così coraggioso...-disse con un sorriso
accennato. -Che rimanga fra me e te,anche perchè negherei fino alla morte di
aver detto quello che sto per dire,ma ho conosciuto poche persone coraggiose
come tuo padre-le disse Brian unendosi a quel sorriso e accarezzandole
lievemente i capelli. Lei restò in silenzio pochi secondi prima di incontrare
i suoi profondi occhi castani. -Fanculo tutti?-chiese Vic,quasi volesse
essere certa di aver afferrato bene il concetto. Brian annuì,le labbra ancora
distese in un sorriso. Lei annuì a sua volta e si sporse leggermente verso di
lui per dargli un bacio sulla guancia più vicina. -Grazie- -Quando vuoi
Little Sunshine...- Vic sorrise e,dopo essersi slacciata la cintura di
sicurezza e aver sistemato la borsa a tracolla sulla spalla sinistra,aprì la
portiera e uscì in strada. Aveva fatto appena due passi verso la scuola che
si sentì richiamare. -Ehi Little Sunshine!- Si voltò e vide Brian con un
gomito poggiato al tettuccio della macchina e la portiera aperta che la
guardava. -Hai abbastanza soldi per il pranzo?-le chiese poi. Quelle poche
parole e lo sguardo che l'uomo le le rivolse,la fecero sorridere divertita:aveva
ripetutamente preso in giro suo padre per la sua preoccupazione,ed ora era lui
quello che cercava di mostrarle la sua apprensione,anche se in quel suo modo
tutto particolare. Annuì e gli fece un cenno di saluto con la mano. Tornò
a voltarsi e guardò la scuola;prese un respiro profondo e si incamminò verso la
scalinata.
La prima cosa che doveva fare era presentarsi in
segreteria e farsi dare il programma delle lezioni ed una piantina
dell'edificio. Il suo nuovo liceo aveva l'aspetto di un antico castello
medievale,le cui torri erano crollate o non erano mai state costruite,ma i
mattoni rossi le davano una connotazione temporale di almeno quattro secoli
dopo,verso la fine dell'Ottocento. Salì la piccola scalinata di finta
pietra,circondata da altri studenti e per qualche secondo valutò l'idea di
domandare ad uno di loro dove si trovava la segreteria,ma l'idea di fare la
figura della sprovveduta non le andava particolarmente a genio. L'avrebbe
trovata da sola...in qualche modo. Entrò in quello che doveva essere il
corridoio principale,dalle pareti giallo uovo e con il soffitto
bianco;sull'intera lunghezza del corridoio su entrambe le pareti erano sistemati
gli armadietti,di ferro e di colore blu scuro,forse per distinguerli
chiaramente. Alcuni stendardi la informarono dell'esistenza di una
squadra,forse basket o anche baseball, chiamata "Warriors" che si riuniva ogni
venerdì pomeriggio dopo le lezioni per gli allenamenti... Il che significava che
il venerdì sarebbe dovuta uscire prima se non voleva incorrere in quegli idioti
che di solito fanno parte delle squadre e in quelle galline delle
cheerleaders. Si guardò attorno notando un corridoio alla sua destra ed un
altro alla sua sinistra:e ora quale era quello giusto? Senza nessuna
predilizione particolare,scelse quello a sinistra e camminò spedita,cercando di
dare l'impressione che sapesse cosa stava facendo,ma arrivata alla fine del
lungo corridoio si trovò in quello che le sembrò un'altro mondo. Qui le
pareti erano color vinaccia,un colore insolito per un liceo dove si
prediliggevano colori accesi e vivaci;le porte che si affacciavano in quel
corridoio erano tutte nere,con un piccolo vetro all'altezza del viso per
guardare all'interno. Erano spariti gli stendardi e gli avvisi per la
squadra,e al suo posto c'erano foto incorniciate di vecchi con le parrucche
bianche o con la barba,alternate a quelle di alcuni pittori che Vic aveva visto
grazie ai libri che suo padre aveva in casa. Un rumore attirò la sua
attenzione facendola voltare:era una sua impressione oppure aveva sentito il
suono di un pianoforte? Restò immobile nel corridoio,chiaramente confusa da
tutto quello che la circondava e si riscosse solo quando sentì un rumore di
passi venire verso di lei. Un ragazzo alto e dalla corporatura robusta,stava
venendo verso di lei;aveva lo sguardo fisso al pavimento o alle proprie
scarpe,questo Vic non era riuscì ad indovinarlo,ma restò a fissarlo quasi non
potesse fare altrimenti:fissò i capelli castani sistemati ordinatamente con il
gel che gli arrivavano fino al collo,le spalle larghe chiuse nella giacca di
pelle nera,i fianchi stretti fasciati nei jeans blu marine sopra un paio di
scarpe da ginnastica nere. Il ragazzo si accorse di lei solo quando fu sul
punto di andarle addosso. Alzò lo sguardo e lo portò sul suo volto,fissandola
per qualche istante con i suoi occhi color cioccolato fondente. -Non hai
niente di meglio da fare?-le domandò poi,parlando con voce secca e
profonda. Vic aggrottò la fronte,sorpresa da quella domanda. -Come
scusa?- -Ti hanno messo a controllare il corridoio?E' per questo che non
riesci a staccarti da qui?-le chiese ancora con lo stesso tono
saccente. -No,ecco veramente io sto cercando la segreteria- Un sorriso
ironico stirò le labbra sottili del ragazzo,portandola a chiedersi cosa ci
trovasse di tanto divertente in quelle parole. -Capisco...Beh credo tu sia
nell'edificio sbagliato-le disse con quell'aria saputa che Vic stava iniziando
ad odiare. -No,io non credo-ribattè con decisione. Il ragazzo sospirò
lievemente,per poi posarle una mano sul braccio sinistro e percorrere
all'indietro il corridoio che lei aveva fatto poco prima. -Ehi,ma che
stai...-si lamentò Vic. Si fermò davanti al lungo corridoio che l'aveva
portata lì e la guardò. -Questa è l'Accademia di Belle Arti.Lì c'è la tua
scuola,appena arrivi alla fine del corridoio,prendi quello che va a destra e
percorrilo finchè non arrivi di fronte alla fotografia della regina
Elisabetta;lì c'è una piccola finestra di legno. Quella è la segreteria:bussa
e una delle responsabili ti darà retta. Credi di farcela da sola oppure hai
bisogno che ti ci accompagni tenendoti per mano?- Il viso di Vic si indurì e
con uno strattone riuscì a liberare il braccio dalla stretta del ragazzo. -So
cavarmela benissimo da sola-gli disse con fierezza. Si avviò verso l'inizio
del corridoio quando la voce del ragazzo la richiamò. -Oh figurati è stato un
piacere aiutarti!-le gridò dietro. Vic si voltò,un'espressione incredula sul
volto:doveva anche ringraziarlo per il modo scostante in cui si era
comportato? -Non ti hanno insegnato l'educazione?-le domandò il ragazzo di
nuovo con un sorriso divertito sulle labbra. -E a te non hanno insegnato come
ci si comporta con una ragazza?-gli chiese di rimando lei. -Ah credimi per
quello non ho bisogno di nessun'insegnamento...-rispose caricando la frase di
chiari sottintesi. Vic spalancò leggermente la bocca sorpresa da quelle
parole,scuotendo poi la testa per riscuotersi:aveva già perso troppo
tempo. -Comunque se proprio ci tieni:grazie per le tue informazioni- Tornò
a voltarsi ed era già a metà del corridoio quando gli arrivò all'orecchio
l'ultima battuta del ragazzo. -Attenta a non perderti di nuovo
Sweetie...-
Letteratura,biologia,calcolo,storia e
arte:queste erano le sue lezioni. Grazie ai consigli di quel ragazzo era
riuscita a trovare la segreteria facilmente e,dopo aver recuperato l'orario,si
era diretta alla prima lezione della giornata,stranamente in orario. Si era
seduta ad uno dei banchi liberi dopo aver fatto firmare al professore il foglio
che le avevano dato in segreteria e aveva sfogliato distratta il libro che
questi le aveva dato,la mente persa dietro a quello che era successo solo pochi
minuti prima. Quel ragazzo aveva davvero una terribile faccia tosta! Con
quanta prosopopea le aveva rivolto la parola,il tono di voce saccente e poi
quelle battutine ironiche,era davvero insopportabile! Se tutti i ragazzi di
Toronto erano come quel tizio allora avrebbe fatto meglio a restare a
Pittsburgh... Quel pensiero la fece sorridere:aveva veramente pensato una
cosa del genere? Doveva essere diventata pazza tutt'insieme! Il professore
chiuse la porta dell'aula,attirando su di sè l'attenzione di tutti gli
studenti. -Ok cominciamo;mettete sulla mia scrivania i cellulari,i palmari e
tutte quelle diavolerie che vi portate dietro- Vic prese il proprio cellulare
dalla tasca della borsa e si alzò per posarlo sulla cattedra,imitata dai suoi
compagni. -Prima di cominciare,vorrei deste tutti il benvenuto a Victoria
Kinney-Taylor-continuò il professore. Vic pregò che la terra si aprisse in
due e la inghiottisse con tutto il banco,facendola scomparire all'istante
salvandola così dalla curiosità degli altri;ma visto che era impossibile riuscì
a fare un sorriso in risposta ai cenni di saluto dei suoi compagni. Il
professore si avviò verso la cattedra e,finalmente,iniziò la lezione. L'ora
passò velocemente ascoltando le rassomiglianze fra la biografia di Charles
Dickens e le avventure capitate al protagonista di "Oliver Twist",opera
dichiaratamente autobiografica e quando la campanella suonò Vic raccolse tutta
la sua roba,dopo aver recuperato il cellulare,uscì dalla classe occhieggiando la
mappa che le avevano dato in segreteria alla ricerca dell'aula di
biologia. -Serve aiuto?-si sentì chiedere. Alzò lo sguardo dalla mappa e
fissò la ragazza accanto a lei che le sorrideva amichevolmente: capelli rossi
raccolti in un codino alto,occhi neri,un naso piccolo che si accordava
perfettamente con il suo viso magro,una spruzzata di efelidi rosse sulle guance
e sul naso,ed una bocca leggermente carnosa. Ma la cosa che attirò
l'attenzione di Vic furono i quattro buchi sull'orecchio destro:suo padre
l'avrebbe fatta dormire nelle scuderie anche solo per aver pensato ad un solo
piercing e quella ragazza ne aveva quattro! -Sì magari,grazie! Ho lezione
di biologia,ma non ho la minima idea di dove andare-le confessò
sincera. -Devo andarci anche io,se vuoi possiamo fare la stessa strada-le
propose la ragazza. Vic sorrise,sinceramente sollevata. -Sarebbe
perfetto!Io sono Victoria,ma tutti mi chiamano Vic-disse tendendo la mano verso
la ragazza. -Io sono Carly ed il mio nome è talmente corto che non ha bisogno
di diminutivo-si presentò l'altra stringendole la mano-Ora andiamo altrimenti
facciamo tardi e rischiamo di finire al primo banco-le disse allontanando la
mano. Vic sorrise e si incamminò accanto a lei lungo i corridoi. -Per me
non è un problema...Sono sempre stata brava in biologia-disse alzando le
spalle. -Oh,allora ti dispiace se mi siedo sempre accanto a te durante gli
esperimenti?Odio dover avere a che fare con i vetrini ed i microscopi ed ora ho
scoperto che quest'anno faremo l'autopsia di una rana...Disgustoso!-disse
scuotendo la testa con aria schifata. Vic rise,nascondendo parzialmente il
sorriso dietro una mano. Carly entrò in un'aula sul corridoio destro ed
entrambe si sedettero in un banco in seconda fila. Si erano appena
sistemate,che un ragazzo si sporse verso di loro dalla fila dietro. -Ehi
Carly,hai fatto gli esercizi di trigonometria?-chiese alla ragazza. -Te li
farò copiare durante il pranzo,ma cerca di fare qualche errore,altrimenti se ne
accorgono che hai copiato-rispose lei prendendo dalla borsa un quaderno ad
anelli. Il ragazzo lanciò uno sguardo a Vic,che imbarazzata ricambiò
l'occhiata in silenzio per qualche istante,prima di accennare un
sorriso. -Ciao,io sono Victoria-si presentò. -Rhyes.Pranzi con noi più
tardi?-le chiese ricambiando il suo sorriso. -Certo che sì...Che domande!-si
intromise Carly scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo in
un'espressione incredula che fece ridere Vic. Finora Toronto non era poi così
male...Vuoi vedere che avevano ragione i suoi genitori?
-Come mai hai due cognomi?- Sapeva che prima
o poi qualcuno le avrebbe fatto quella domanda,era inevitabile,ma aveva sperato
di poter superare il primo giorno incolume. Lei,Carly e Rhyes erano seduti ad
un tavolo nell'angolo più lontano della mensa,quasi avessero bisogno di privacy
per permettere a Rhyes di copiare in pace. Avevano mangiato il loro pranzo
chiacchierando del più e del meno:Carly le aveva illustrato la topografia della
mensa,commentando i vari tavoli ed i gruppetti che li occupavano,raccontandole
com'era vivere in quella scuola e quali erano le regole "occulte" da seguire per
essere lasciati in pace. Poi,fra un morso al panino con l'insalata di pollo
ed un sorso di Coca,era arrivata la domanda fatidica. -Hai due
cognomi?-domandò Rhyes alzando la testa dal proprio quaderno. Rhyes le
sembrava una versione adolescente della zia Emmett:era più alto di lei di almeno
venti centimetri,con corti capelli castani perfettamente sistemati con il
gel,occhi verdi da cucciolo che colpivano al primo sguardo e una risata
coinvolgente,che già un paio di volte l'aveva portata a sorridere insieme a
lui. Vic annuì,prendendo un lungo sorso dalla propria lattina di Coca. Era
venuto il momento della verità;prese un respiro profondo e guardò i due
ragazzi,che le restituirono lo sguardo. "Fanculo tutti!",si disse ricordando
le parole che Brian le aveva detto in macchina quella mattina. -Sì ho due
cognomi:Kinney-Taylor. Mio padre è un pittore e...-iniziò non sapendo bene
come continuare il discorso. -Per caso è parente con il Taylor di
"Rage"?-domandò Rhyes interrompendola. Vic lo guardò incredula,la bocca
aperta dallo stupore. -Forse non lo conosci,ma è un fumetto su un supereroe
gay e...-continuò il ragazzo notando il suo smarrimento,iniziando a cercare
qualcosa nella sua borsa. -E lui se lo porta sempre dietro,neanche fosse la
Bibbia! Passa tutto il tempo a leggere quella roba,ecco perchè poi la mattina
si ritrova senza i compiti fatti-commentò Carly sarcastica. A riprova delle
parole della ragazza,Rhyes gettò sul tavolo fra di loro una copia dell'ultimo
numero di "Rage". Ancora stordita,Vic prese il fumetto nelle dita della mano
sinistra e fissò la corpertina per qualche istante,anche se la conosceva a
memoria:aveva seguito tutto il processo creativo,le lunghe telefonate in
vivavoce fra suo padre e lo zio Micheal per fare le ultime modifiche ai disegni
e ai dialoghi ed era stata la prima insieme a suo padre,e forse insieme allo zio
Ben e ad Hunter a leggere il fumetto finito. -Quindi tu sei...-chiese Vic
timidamente,sperando di non offendere il ragazzo riportando lo sguardo sul suo
volto. -Gay?-disse Carly per lei. Vic annuì. -Totalmente.Senza neanche
possibilità di appello-rispose Rhyes sincero. Victoria scoppiò in una risata
sollevata:possibile che tutto questo stesse accadendo davvero? Forse lo stava
solo immaginando,magari era ancora nel suo letto e stava sognando! Quando lo
avrebbe raccontato a Brian sarebbe scoppiato in una risata
fragorosa. "Sei talmente abituata ad avere intorno dei gay da
non poterne più fare a meno Little Sunshine", avrebbe commentato
ghignando. -Va tutto bene?-chiese il ragazzo confuso. Lei si affrettò ad
annuire:gli doveva delle spiegazioni. Ritornò seria,o almeno tentò,e fissò
Rhyes. -Mio padre è Justin Taylor-disse certa che sarebbe bastato quello
perchè Rhyes capisse. Il volto del ragazzo divenne una maschera di stupore,le
labbra leggermente spalancate a formare una piccola o e gli occhi un pò più
aperti di poco prima. -Tu sei Little Sunshine?La figlia di Rage e JT?-chiese
incredulo. Lei scosse la testa. -Veramente mia madre è una gallerista di
New York,una delle migliori amiche di mio padre,ma Rage è il marito di mio
padre-spiegò serena,come se fosse la cosa più normale del mondo. -Quindi i
tuoi genitori sono gay?-chiese Carly per essere sicura di aver capito
bene. Vic annuì,scrutando il suo volto per essere sicura che questo non le
desse fastidio. La ragazza sbuffò,abbassando le spalle. -Possibile che
solo io ho una famiglia schifosamente banale?- Il suono della campanella
avvisò i tre che era ora di tornare a lezione e Vic si separò dai due per le
lezioni di storia,calcolo e di arte,con la promessa di rivedersi
all'uscita. Essendosi liberata del suo "grande segreto inconfessabile",la
ragazza si sentì quasi un'altra:seguì le lezioni con tranquillità,con la sempre
più viva speranza che le cose sarebbero andate diversamente da come erano andate
a Pittsburgh. Le ultime ore di lezione passarono velocemente e prima che se
ne rendesse conto la campanella suonò un ultima volta. Infilò le sue cose
nella borsa e l'infilò a tracolla,uscendo poi nel corridoio affollato di
studenti. Pochi minuti e Carly fu alla sua sinistra. -Ehi!Come ti sei
trovata fra i secchioni di storia?-le domandò infilando un quaderno nello
zaino. -Bene...Questo vuol dire che sono una secchiona anche io?le chiese con
un sorriso accennato. Carly rise e scosse la testa. -No,non credo;sei
troppo forte per essere una secchiona- -Grazie!A voi invece come è
andata?Rhyes è riuscito a superare indenne la lezione di trigonometria?-le
domandò curiosa. -Più che indenne,ha preso anche una B!Ti rendi conto?Con i
miei compiti!-esclamò la ragazza. Rhyes si unì a loro,sistemandosi alla
destra di Vic e,capito subito perchè Carly si stava lamentando,sbuffò. -La
smetti?E' grazie ai miei sbagli che ho preso B;se avessi seguito gli
esercizi come tu li avevi fatti,avrei preso A-disse esponendo il suo
pensiero. Carly si infiammò facendo ridere Vic,che scosse la
testa. -Ok,facciamo così,la prossima volta che avrai bisogno di aiuto per
trigonometria,chiedi a me-si offrì volontaria. Rhyes alzò un
sopracciglio. -Davvero?-chiese sorpreso. Vic annuì. -Non so perchè ma
sono portata per le materie matematiche...-disse alzando le spalle. Seguendo
il corridoio,uscirono fuori dall'edificio,e si fermarono in un'angolo per non
essere travolti dagli altri studenti. -Hai impegni oggi pomeriggio Vic?Che ne
dici di un giro per la città in modo da farti sentire meno spaesata?-le propose
Rhyes. -Sarebbe un'idea fantastica,davvero,ma oggi devo essere a casa
presto.Che ne dite di domani?-chiese guardando ora uno ora l'altra. Carly
alzò le spalle. -Nessun problema- -Ehi Blondie!-disse una voce alla fine
della scalinata. Victoria riconobbe subito quella voce:in tutto il
mondo,c'era una sola persona che la chiamava così. Guardò alla fine della
scalinata e un sorriso radioso apparve sul suo viso quando vide l'uomo che la
fissava con un leggero sorriso sulle labbra. Anche lui l'aveva vista
nascere,ma rispetto alle altre persone che facevano parte della sua vita era
quello con cui aveva meno differenza di età al punto che certe volte,quando
erano insieme sembravano due ragazzini nonostante l'altro avesse
trent'anni. Hunter era sempre stato il suo consigliere,il suo migliore
amico,la spalla su cui piangere, il modello a cui ispirarsi quando le cose si
erano fatte difficili,totalmente incurante di quello che gli altri potevano
pensare della loro amicizia e della differenza d'età che c'era fra di
loro. Si voltò verso i due ragazzi e li salutò velocemente per poi correre
giù per la piccola scalinata e gettargli le braccia al collo. -Blondie
ricordati che siamo in pubblico-disse lui ironico. Vic rise e rialzò la testa
dalla spalla sinistra del ragazzo per fissare il suo sguardo. -Mi sei
mancato-gli disse senza paura di apparire sdolcinata. Hunter sorrise e le
posò un bacio sulla guancia sinistra. -Anche tu mi sei mancata in questi
mesi.Stai bene?-le domandò con voce seria. Vic annuì prima di scompigliargli
i capelli in un gesto che per loro era solito,quasi un rituale. Hunter si
scostò da lei e rise prima di farle un cenno con la testa verso
destra,portandola a guardare in quella direzione. La sorpresa fu tanta che a
stento trattenne un grido:appoggiati alla macchina,neanche fossero una brutta
imitazione dei poliziotti televisivi degli anni '70,lo zio Micheal e lo zio Ben
avevano seguito tutto la scena. Vic corse verso di loro,e per primo abbracciò
lo zio Micheal,il suo padrino,leggermente più alto di lei,dandogli un bacio su
entrambe le guance. -Smettila di crescere Little Sunshine,o non riuscirò più
a raggiungerti!-le disse con un sorriso affettuoso sulle labbra. -Vedrò di
fare del mio meglio,ma non ti prometto niente-scherzò lei prima di andare ad
abbracciare lo zio Ben. Aveva sempre avuto un grande amore per lo zio Ben,fin
da quando era bambina:Brian le ricordava sempre di come a quattro anni gli
avesse chiesto di sposarla quando sarebbe diventata grande,fra le grasse risate
di tutto il gruppo di amici. -Non fate caso a me,sono solo il marito!-aveva
commentato allora lo zio Micheal,chiaramente divertito. Lo zio Ben però aveva
preso la cosa sul serio e le aveva promesso che,se da grande avrebbe voluto
ancora sposarlo,lui l'avrebbe fatto con grande piacere. -Sempre che a Brian
vada bene-aveva aggiunto poi. Naturalmente crescendo aveva capito che quel
matrimonio sarebbe stato impossibile,ma ancora adesso lo zio Ben la chiamava "la
mia fidanzata" ogni volta che la vedeva. -Come sta la mia piccola
fidanzata?-le domandò infatti stringendola in un grande abbraccio e sollevandola
per qualche istante da terra. Vic sorrise,ricambiando l'abbraccio. -Sto
bene...Ma che ci fate tutti qui?-domandò loro. -Brian ci ha chiesto di
venirti a prendere,per evitare che tu arrivassi in ritardo-le spiegò lo zio
Micheal. -Ha talmente paura di Mel e Lindz che ha bisogno dei
rinforzi?-chiese lei confusa. Hunter scosse la testa,mettendole un braccio
attorno alle spalle. -No non è questo...E' solo che non può vedere
Mel-aggiunse poi. -Scusami!Stai parlando della madre di tua sorella-lo beccò
lo zio Micheal. -Ok,credo sia meglio salire in macchina prima che scoppi una
terza guerra mondiale-intervenne lo zio Ben aggirando la macchina e portandosi
al posto di guida. Hunter lo imitò e Vic aprì lo sportello,quando le
ritornarono a mente le parole che Brian aveva detto quella mattina in
auto. -Zio Mike,è vero che non sopportavi papà?-
I suoi occhi non lo abbandonavano mai. Erano
affondati nei suoi,quasi avessero bisogno di quel contatto per restare in vita,o
per avere la certezza che lui fosse realmente lì. Era dentro di lui,i loro
corpi si muovevano in perfetta sincronia,ma l'unica cosa che sembrava
interessare a Justin era riuscire a cogliere il proprio riflesso nei suoi
occhi. Brian,sotto una spinta più intensa delle altre,si morse il labbro
inferiore,sorridendo subito dopo quando gli arrivò alle orecchie il lieve gemito
del biondo. Vide la sua mano sinistra da artista stringersi sul lenzuolo
bianco che avevano steso a terra in fretta e furia,prima di lasciarvisi cadere
sopra,e stendendosi su di lui la raggiunse per chiuderla nella sua, intrecciare
le dita alle proprie,in quello sforzo congiunto. I loro movimenti erano più
veloci ora,i gemiti rieccheggiarono nella stanza semivuota,entrambi sapevano che
non restava molto tempo;sentì un braccio di Justin stringergli le spalle e
attirarlo ancora più vicino,prima che i loro visi si avvicinassero per far
incontrare le labbra in un bacio appassionato e famelico. Senza smettere di
baciarlo,Brian portò una mano verso il basso,all'erezione tesa e pulsante di
Justin,circondandola completamente e iniziando a muovere la mano
velocemente,provocando i profondi gemiti di gola che tanto
amava. Continuarono a muoversi l'uno verso l'altro, a cercarsi,finchè non
vennero uno dopo l'altro. Brian si lasciò cadere su Justin,accolto subito
dalle braccia del marito,che si strinsero attorno alla sua vita,il viso nascosto
nell'incavo fra il collo e la spalla,con le punte bionde che gli facevano il
solletico su una guancia. Un tempo si sarebbe alzato,si sarebbe tolto il
profilattico e sarebbe andato di corsa a farsi una doccia,quasi come se l'idea
di avere un altro odore addosso lo infastidisse. Ora invece gli piaceva
restare lì fra le sue braccia,lasciarsi in qualche modo coccolare da quelle
piccole carezze,respirare quella combinazione particolare di sudore e
profumo,quella nuova fragranza fatta del suo odore e quello di Justin uniti
insieme,che si creava sulla sua pelle dopo aver fatto l'amore,gli piaceva aver
ancora bisogno di quelle cose dopo tanti anni. Certo a lui non lo avrebbe mai
detto,ma era certo che Justin non avesse bisogno di sentirglielo dire:lo capiva
senza bisogno di parole. Era per questo che lo amava. Voltò la testa sulla
sua spalla per incontrare il suo sguardo e lo vide sorridere. -Hai uno sbafo
di pittura blu sulla guancia destra-gli disse il biondo. Si lasciò scappare
un sospiro scocciato. -E' uno degli inconvenienti nello sposare
un'artista...Ti ritrovi sempre con una macchia di pittura
addosso-commentò. -Te l'avevo detto che avresti dovuto almeno farmi lavare le
mani,ma certe volte sei veramente impaziente-fece Justin,scostandogli alcune
ciocche castane dalla fronte. -Io fossi in te ne sarei contento!Non sono
molti quelli diposti a scoparsi per sedici anni lo stesso ragazzo-gli fece
notare. -Oh povero martire!Come mai ancora non ti è cresciuta l'aureola?-lo
prese in giro l'altro, sorridendo divertito. Brian ghignò,portando il viso
alla sua altezza,facendo forza su un gomito, fissandolo per qualche istante
negli occhi. -Non c'è niente da fare...Sei rimasto sempre il solito
stronzetto fastidioso che eri una volta-commentò poi. -E' per questo che mi
ami-rispose Justin senza scomporsi. Il ghigno sul volto di Brian si fece più
vivido,prima che questi abbassasse la testa per baciarlo, subito trattenuto dal
marito. -Già...è vero-disse quando si staccarono. Gli occhi di Justin si
fecero più accesi,ed il suo viso si illuminò quando le sue labbra si tesero in
quel meraviglioso sorriso che tanto amava:gli venivano i brividi quando
osservava le reazioni che gli provocava sentirsi dire "ti amo". Beh,la colpa
era anche sua e del fatto che non glielo diceva spesso:in sedici anni di
matrimonio,si potevano contare sulla punta delle dita. Ma a che serviva
dirglielo?Justin lo sapeva,lo aveva sempre saputo. -Sai cosa stavo
pensando?-disse poi cambiando completamente argomento,tornando a sdraiarsi
accanto a lui. -Cosa?- -Pensavo di arredare l'appartamento sopra il
garage,nel caso Gus volesse restare a dormire qui qualche volta,invece di
tornare nel covo delle lesbiche-gli disse. Questa volta fu Justin a
sollevarsi leggermente verso di lui per incontrare il suo sguardo. -E'
un'idea fantastica!Chi ti sente può addirittura credere che ti interessi di tuo
figlio-lo prese in giro. Il moro gli diede una lieve spinta facendolo così
tornare con le spalle al pavimento,fra le risate di Justin. -Idiota!E' solo
che ora che siamo qui possiamo vederci più spesso,lui ti adora e si trova bene
con noi,vorrei far fruttare meglio il tempo che passiamo insieme,senza il
generale Mel fra i piedi che controlla ogni mossa. Che ne pensi?-gli domandò
poi. Se lui non fosse stato d'accordo,non se ne sarebbe fatto
nulla. Justin sospirò e si sollevò i capelli dalla fronte con una mano,prima
di voltare la testa verso di lui ed incontrare il suo sguardo. -Credo che Vic
andrà su tutte le furie quando lo scoprirà-disse semplicemente. Brian sorrise
e tornò a sporgersi verso di lui,pronto a ringraziarlo a dovere per aver
permesso che Gus facesse parte della loro famiglia,quando due colpi decisi
vennero battuti alla porta dello studio. -Sono tornata!Sbrigatevi a scendere
che ci sono delle persone che vi aspettano-disse ad alta voce
Victoria. Restarono in ascolto dei passi che si allontanavano sul
parquet,prima di tornare a fissarsi. -Il momento della verità...-commentò
Justin. Brian fece un mugugno d'assenso,prima di posare una mano sul suo
torace nudo e iniziando a muoverla verso il basso. -Credi si arrabbieranno se
ritardiamo qualche altro minuto?Giusto per...- -No!Siamo già in ritardo e non
mi va di farmi fare la ramanzina da Mel più del necessario...E poi scusa non sei
curioso di scoprire chi ha vinto?-gli domandò issandosi a sedere. Brian
sospirò chiaramente scontento. -Tanto lo so già- Il biondo scosse la
testa,un sorriso ironico sulle labbra. -Sei davvero uno
sbruffone-commentò. Ma era,in fondo,era anche per quello che lo
amava.
Salve a
tutti!!!Come state?
Innanzitutto volevo ringraziare tutti coloro che hanno aggiunto la storia
fra le seguite e le preferite,e quelli che hanno lasciato un
commento.
So che
molti di voi si staranno chiedendo:"Com'è possibile finire in un diverso
istituto soltanto attraversando un corridoio?"
Vi
spiego subito:l'ispirazione mi è venuta grazie alla mia vecchia scuola scuola
media;qs divideva il giardino e parte dell'istituto con il liceo
artistico,bastava aprire le porte antipanico al piano terra x trovarsi in
un'istituto completamente diverso,anche se i due licei avevano 2 entrate
diverse.
Ci ho
ripensato l'altro giorno mentre stavo iniziando a pensare a questa storia,e mi è
sembrata una buona idea x il primo incontro fra Gus e Vic.
Chiedo
scusa x eventuali errori di battitura o di ortografia.
E ora i
ringraziamenti:Sunshine'86(Se
devo dirti la verità credevo di essere la sola che,dal mondo di Harry Potter,si
catapultava in questo così sfacciato e sincero.Però sono felice di essermi
ricreduta e prometto che nel prox capitolo metterò un piccolo avviso nel caso ci
fossero altri interessati...Se ci pensi nn è tanto strano:al contrario di Rose e
James loro nn hanno nessunissimo legame di sangue,e come hai potuto già
vedere,sn due estranei l'uno x l'altra),Desme(So che può sembrare misteriosa,ma
manmano che andiamo avanti si svelerà tt, anche x lasciare un alone di mistero
su Vic,che altrimenti perderebbe tt la sua attrattiva), Dany23(Sono contenta che ti sia
piaciuto!Ci saranno altri flashback,sparsi nei vari capitoli x riempire il vuoto
fra il mio presente ed il passato del telefilm...),GiulyWeasley(Spero tu nn abbia
rischiato l'astinenza;Hai ragione,lo so,i miei capitoli sn lunghi una
quaresima!E' solo che qnd scrivo ho già l'idea di come deve essere strutturato
il capitolo,dall'inizio alla fine e nn mi accorgo della lunghezza finchè nn è
finito;Un piccolo accenno sulla madre lo ha dato Vic stessa in qst capitolo,ma
poi verrà spiegato meglio in seguito,così pure quello che è successo a
Pittsburgh),Jo'87(Grazie x
i complimenti!Spero ti piaccia anche questo capitolo...),LaTum(Grazie x i complimenti!Ogni
persona è un'enigma agli occhi del proprio vicino,figurati poi se si prende la
casa + bella della tua strada e se scopri che è un artista famoso...Come minimo
ti fiondi a pesce x sapere + cose possibili su di lui!O almeno qst è l'idea che
mi ha guidato mentre scrivevo quel pezzo),Mae(Eccoti un piccolo assaggio...E ma
aspetta il prox capitolo,lì ci sarà veramente da
ridere!).
Bene x
il momento è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox
capitolo...
"Reunion"
Baci,Eva.
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Capitolo 3 *** Reunion ***
reunion
Quella sera furono gli
ultimi a lasciare la galleria così che Justin potesse godersi fino all'ultimo
tutti gli onori che gli spettavano;il gruppo di amici aveva accolto la presenza
di Brian con un'espressione sorpresa stereotipata che difettava soltanto sul
viso di Debbie. -Sapevo che non potevi essere bastardo fino a questo
punto-gli aveva detto andando loro incontro per abbracciare Brian. Dopo aver
passato un pò di tempo insieme agli altri,il biondo gli aveva presentato
Sophia,Janet e Sally, spiegandogli quanto erano state importanti per lui in quei
mesi,ognuna in un modo diverso e fortunatamente Brian non si era lasciato andare
ai suoi soliti commenti. Quando finalmente avevano lasciato la galleria,si
erano diretti verso l'hotel di Brian camminando uno accanto all'altro in
silenzio. L'albergo,uno dei migliori di Manhattan,era nel quartiere di
Tribeca e quando entrarono,Justin era rimasto in un angolo,lasciando a Brian
la privacy necessaria per prendere la chiave e gli eventuali messaggi. Con la
chiave stretta nel pugno destro,Brian era tornato verso di lui puntando subito
gli occhi sul suo volto, ed insieme si erano diretti verso l'ascensore,che
naturalmente si era fermato ad uno degli ultimi piani. La camera era
assolutamente perfetta:tutto l'arredamento era impostato sui toni chiari del
panna e del beige,delle tende e del divano,ed era evidente che non difettava di
nessun confort. Ma la cosa che attirò subito l'attenzione di Justin fu la
vista che si godeva dalle finestre enormi del salotto:si era avvicinato al vetro
e aveva fissato lo sguardo sulla Statua della Libertà che si stagliava fiera e
perfettamente visibile a quell'altezza;al suo sguardo "creativo" era sembrato
quasi che la fiaccola della Statua stesse facendo luce ad Ellis Island perchè
fosse visibile anche in quella notte senza luna. Aveva sentito i passi dietro
di sè,ma era rimasto immobile,lo sguardo ancora fisso sull'Oceano che si
stagliava tranquillo davanti a sè,finchè non aveva sentito le braccia di Brian
stringersi attorno al suo torace,precedute di qualche attimo dal suo
respiro. -Che te ne pare?-gli aveva chiesto con voce bassa. Lui aveva
accennato un sorriso e aveva alzato le spalle. -Se non fosse per la vista
potrei scambiarlo per il tuo loft-aveva scherzato. La sua risata gli aveva
accarezzato l'orecchio destro,portandolo a voltarsi per incontrare il suo
sguardo. -E' vera questa notizia che ti stai trasferendo a New York?-gli
aveva chiesto non riuscendo più ad evitare quella domanda. C'era una parte
della sua mente che era felice per quella novità,elettrizzata per quel
cambiamento,mentre un'altra parte gli imponeva di andarci piano di non partire
subito in quarta,altrimenti sarebbe stato ancora più difficile dopo rimettere
insieme i pezzi. Ancora una volta. Il moro aveva annuito,senza staccare lo
sguardo dai suoi occhi. -Già,ho capito che era il momento giusto...Con tante
aziende in crisi,queste povere star avrano pur bisogno di qualcuno che si occupi
di loro-gli aveva risposto. Justin aveva fatto un cenno affermativo con la
testa,mentre scaricava la tensione tormentando la parte morbida del labbro
inferiore con i denti. -E come farai con la Kinnetik di Pittsbugh?-gli aveva
domandato pensando a tutti quelli che lavoravano nella società di Brian e che
conosceva fin da quando l'azienda aveva aperto. -Ho deciso che era tempo per
Ted di avere una promozione,anche se penso non la vedrà allo stesso modo,visto
che dovrà dividere il posto di direttore con Cynthia per i primi mesi...Sai
quanto sa essere irriconoscente certe volte-aveva aggiunto. Sentirgli
pronunciare quelle parole era stato davvero strano,quasi fosse stato una specie
di allucinazione:voleva davvero lasciare la sua creatura,il suo "bambino" in
mano ad un altro? Aveva abbassato lo sguardo e si era allontanato di qualche
passo da lui,avvicinandosi al divano beige. Erano tornati di nuovo al punto
di partenza?O meglio,in questo caso lo stava facendo soltanto Brian:stava per
rinunciare alla sua carriera,pronto a fare un salto nel buio,a mettere a rischio
la sua attività affidandola a Ted e Chyntia che,pur essendo al suo fianco da
anni,non avrebbero mai eguagliato la sua malizia e il suo intuito per gli
affari. Era davvero disposto a lasciarsi indietro Micheal,a spezzare quel
cordone sembrava indissolubile? -A cosa stai pensando?-gli aveva chiesto
Brian senza accennare ad avvicinarsi. Sapeva che se ora avesse mosso anche un
solo passo verso di lui,Justin si sarebbe tirato indietro,
rifiutandolo. -Stavo contando tutte le cose che a cui stai rinunciando per
questo trasferimento...Il loft,la Kinnetik,i ragazzi...-aveva elencato fissando
la stoffa del divano. Si era voltato verso di lui e aveva osservato il suo
volto sereno,scrutando i suoi occhi per cercare anche il minimo accenno di
ripensamento. Ed era rimasto sorpreso quando un sorriso aveva disegnato le
labbra sottili del moro. -Ah Sunshine,possibile che devo proprio spiegarti
tutto?Non ho nessuna intenzione di vendere il loft. Penso che tua madre mi
attaccherebbe il telefono in faccia se le dicessi che voglio in vendita di nuovo
mettere il loft. Ci farà comodo avere un posto dove fermarci quando torneremo
a Pittsburgh,io per controllare che l'agenzia sia ancora in piedi e tu per
andare a trovare tua madre e i ragazzi- -C'è sempre Britin...-aveva suggerito
con un filo di voce Justin. -Mi ci vedi a svegliarmi presto la mattina per
tornare a Pittsburgh dal West Virginia?-gli aveva chiesto con voce
ovvia. Justin ovviamente aveva scosso la testa. -Infatti.Quello che dicevo
prima su Ted era vero:ha lavorato molto in questi anni e,visto il modo
eccellente in cui mi ha sostituito durante il cancro,credo che sarà un ottimo
presidente...Se seguirà i consigli di Cynthia e farà tutto quello che gli urlerò
nelle telefonate interurbane-aveva continuato muovendo un paio di passi verso di
lui. Le ultime parole avevano fatto sorridere Justin,una chiara immagine di
una simile scena nella mente. -Qual'era l'ultimo problema?Ah,i
ragazzi. Beh,che tu ci creda o no,questa non sarà una grande sorpresa per
loro-aveva risposto semplicemente fermandosi davanti a lui. Il biondo aveva
alzato un sopracciglio,facendogli una domanda con lo sguardo. -Perchè loro
sanno,e lo hanno capito molto prima di me,che il mio posto è qui- Il silenzio
era caduto dopo quelle parole,dando maggiore enfasi a quella affermazione,mentre
un sorriso lieve incurvava le labbra di Justin,felice per quella che era la
seconda dichiarazione della serata. Brian era davvero convinto della sua
scelta... Doveva smetterla con tutte quelle nevrosi e paure. Gli aveva
allacciato un braccio al collo e gliene aveva sfiorato il retro con le
dita,alzandosi in punta di piedi per arrivare al suo viso e baciarlo. Tutto
era iniziato quella notte. Il mattino dopo,quando erano riusciti a trovare la
forza necessaria per uscire dal letto,Brian lo aveva portato a vedere
l'appartamento a Manhattan che aveva affittato in una delle Trump Tower e,mentre
erano stati di nuovo in strada diretti verso lo studio di Justin,si erano
fermati per comprare il New York Times per leggere la critica alla mostra della
sera prima,che naturalmente era stata positiva,per non dire entusiasta. -Va a
finire che mi diventi una celebrità Sunshine-lo aveva preso in giro Brian,
nascondendo l'orgoglio dietro lo scherzo come era solito fare. Si erano
separati il giorno seguente quando Brian era dovuto tornare a Pittsburgh per
sistemare le ultime cose all'agenzia prima del suo trasferimento,ma prima
dell'inizio di agosto erano entrambi nel nuovo appartamento. E
questo,provvisto di tre camere da letto,due bagni,un'enorme cucina,un salotto
padronale ancora più grande,ed una terrazza dove si poteva tranquillamente
istallare una pista di pattinaggio,era semplicemente perfetto. Non avevano
avuto bisogno di fare grandi cambiamenti,ma Justin aveva personalmente
rinfrescato le pareti di tutte le camere,per il grande divertimento di Brian che
non faceva altro che prenderlo in giro. -Se metti la tua firma alla fine di
ogni muro,possiamo trasformare questa casa in un museo e farci pagare ogni volta
che qualcuno viene a trovarci-scherzava. Nei primi mesi del suo soggiorno
newyorkese Brian fu completamente assorto dal suo lavoro e dall'agenzia:grazie
al suo intuito aveva capito che,invece di puntare alle grandi aziende,che
sicuramente avrebbero rifiutato di lavorare con una società sconosciuta,doveva
diversificare il target della nuova azienda. Mentre la Kinnetic Pittsburgh
avrebbe continuato ad occuparsi di pubblicità per i grandi marchi, la filiale di
New York si sarebbe specializzata nello spettacolo e soprattutto in
Broadway. Grazie a Justin e alle feste a cui veniva invitato in quanto
"artista dell'anno",Brian ebbe la possibilità di conoscere alcuni dei più
importanti impresari della città e nel giro di pochi mesi riuscì ad entrare nel
giro più esclusivo. Nonostante fossero tutti e due impegnati con il proprio
lavoro,la nuova convivenza non fu destabilizzante come entrambi avevano
pensato:era la prima volta,da quando si conoscevano,che erano soltanto
loro,senza i loro amici a fare da contorno e ad aiutarli quando
litigavano. Per la prima volta erano davvero una coppia:tutte le esperienze
passate ed i continui tira e molla,li aveva portati a capirsi senza bisogno di
parole inutili;Brian capiva quando Justin era concentrato su un progetto grazie
al modo nervoso in cui suoi occhi si muovevano sulla tela,alla presa salda sul
pennello e anche dalle pennellate decise che stendeva sulla tela. Sapeva di
dover restare alla larga per tutto il "processo creativo" perchè,perfezionista
com'era, Justin gli avrebbe fatto vedere il quadro soltanto una volta completato
perchè fosse il primo a vedere la nuova opera completa. Allo stesso
modo,Justin si limitava ad osservarlo da lontano fingendosi occupato in altre
faccende mentre lui era impegnato al telefono o al computer per buttare giù gli
abbozzi per le campagne,dandogli il suo "parere critico" quando l'altro glielo
chiedeva. Fu in quell'ambiente sereno che alla fine di novembre,arrivò Gus
pronto a trascorrere con loro le due settimane di vacanza per la Festa del
Ringraziamento.
Le aveva trovate ad
aspettare fuori dalla porta,nel vialetto lastricato che dava sulla strada. Lo
zio Ben aveva parcheggiato la macchina poco lontano e si erano avviati a piedi
verso casa, Victoria e Hunter davanti ed i due "adulti" dietro;quando però si
era accorta della presenza di estranei davanti alla porta,la ragazza si era
fermata di colpo costringendo Hunter a fare lo stesso. -Che succede?-le
chiese lui guardandola. Vic scosse la testa,continuando a fissare le due
donne,visibilmente impazienti che camminavano avanti ed indietro sul
vialetto. Proprio in quel momento,anche lo zio Micheal si accorse della
presenza delle due e le chiamò facendole voltare. Mentre le osservava venire
verso di loro con passi veloci,Vic le osservò attentamente, cercando di trovare
delle rassomiglianze con le foto che suo padre teneva su una mensola nella casa
di Pittsburgh. Come i suoi genitori,una era bionda e l'altra aveva i capelli
castani,ma sembravano della stessa altezza:quella bionda,che stava infilando un
cellulare nella borsa,aveva delle onde morbide che le arrivavano fino all'inizio
della schiena,e una pelle candida quasi fosse di porcellana,messa in risalto
anche dal suo cappotto color rosa antico. L'altra invece aveva un perfetto
caschetto che le copriva le orecchie,un viso affilato e magro quasi quanto la
sua figura slanciata che si intravedeva attraverso l'impermeabile blu
scuro. -Grazie al Cielo!-commentò la mora ormai a pochi passi dal
gruppo. Mentre lo zio Ben e lo zio Micheal salutavano le due donne,imitati
poco dopo da Hunter,Vic si chiese chi delle due fosse Mel e quale fosse
Lindz:aveva sempre sentito i loro nomi insieme,quasi fossero un'entità
indivisibile ed era passato troppo tempo dall'ultima volta che le aveva
viste. Le due donne si accorsero del suo sguardo e la bionda sorrise
affabile,quasi a volerle dimostrare che non le avrebbero fatto alcun
male. -Tu sei Victoria-disse in tono sicuro. -Vic-precisò subito la
ragazza-E tu,invece sei...-disse chiaramente titubante. -Lindsay-le venne
subito in aiuto la donna. Vic annuì in un gesto quasi militare e portò lo
sguardo sulla mora:quindi,andando per esclusione, lei doveva essere la famosa
Mel. La bestia nera di Brian...A guardarla non sembrava tanto
pericolosa. -Scusate l'incertezza,ma è passato tanto di quel tempo
dall'ultima volta che vi ho viste-disse leggermente imbarazzata. Mel scosse
la testa. -Sta tranquilla non è colpa tua...- -Ma che ci fate qui
fuori?-domandò lo zio Micheal lanciando uno sguardo alla casa. Vic capì
subito perchè le donne,nonostante fossero già le tre e un quarto,fossero ancora
fuori sul vialetto e si lasciò andare ad un sospiro. -Hai davvero bisogno che
te lo spieghiamo?-sentì dire da Mel. Un sorriso divertito le incurvò le
labbra mentre,con lo sguardo basso per cercare le chiavi di casa nella
borsa,saliva i gradini che l'avrebbero portata alla porta d'ingresso,sentendo
dietro di sè i passi degli altri. -Avevamo detto alle tre...-sentì dire da
Mel. -Lo so!Ma lo sai come è fatto Brian-rispose Lindz. -Perchè ve la
prendete sempre con Brian?Non credi che dovresti cominciare a rimproverare anche
Justin?-s'intromise Micheal,pronto a correre in difesa dell'amico. Sentì un
piccolo sospiro alle sue spalle e si chiese di chi potesse essere. -E'
proprio vero...Certe cose non cambiano mai-commentò Mel. Vic infilò la chiave
nella serratura e aprì la porta facendosi da parte per far entrare il gruppo,
richiudendo poi la porta dietro di sè. Gli indicò dove lasciare le giacche e
le borse e li guidò verso la cucina. -Mettetevi comodi,io torno subito!-disse
fermandosi sulla soglia della cucina. Tutti la fissarono per qualche secondo
prima che lei si avviasse a passo svelto su per le scale fino al piano
superiore:le bastò un'occhiata alla porta aperta della camera da letto per
capire che i suoi genitori non si trovavano lì. Per un'istante ebbe paura di
doverli cercare per tutta la casa,ma poi si accorse dell'unica porta chiusa di
quel piano che corrispondeva allo studio del padre,si avvicinò e sentì provenire
delle risate dall'interno. Dopo anni di convivenza,non aveva dubbi su quello
che stava succedendo lì dentro,o che almeno era appena successo... Sospirò e
battè due colpi decisi sulla porta. -Sono tornata!Sbrigatevi a scendere che
ci sono delle persone che vi aspettano-disse loro a voce alta in modo che
sentissero perfettamente il suo messaggio. Dopodichè si voltò e tornò a
scendere le scale,di nuovo diretta verso la cucina. Quando riapparve sulla
soglia della cucina vide lo zio Ben e Mel che stavano chiacchierando fra di loro
con Hunter che ascoltava in silenzio,e lo zio Micheal e Lindz che osservavano il
giardino interno da una delle finestre. -Posso offrirvi qualcosa?-domandò
facendo un paio di passi nella cucina e avvicinandosi verso l'isola
cucina. Il gruppo portò di nuovo lo sguardo su di lei,facendola sentire
leggermente in imbarazzo:i tre uomini avevano fatto parte della sua vita fin da
quando aveva memoria,ma era strano pensare che lo stesso si poteva dire per Mel
e Lindz,anche se lei non le conosceva. Intercettò lo sguardo attento della
bionda e,sempre di più in soggezione,abbassò lo sguardo sul parquet nocciola
quasi avesse fatto qualcosa di cui vergognarsi,ed iniziò a torturare un ricciolo
biondo con quelli che sperò essere gesti naturali,casuali. -E' incredibile la
rassomiglianza...-le sentì dire poi. Rialzò lo sguardo sorpresa da quelle
parole e vide lo zio Micheal e Mel annuire. -Te l'avevo detto-commentò
l'uomo. -Cosa?-chiese la ragazza,ricordando ad entrambi la sua
presenza. Questa volta fu Mel a parlare. -Prima quando tu sei andata di
sopra ho detto a Micheal che,nonostante fosse passato un pò di tempo dall'ultima
foto che abbiamo visto,avrei potuto riconoscerti senza problemi. Sei identica
a tuo padre-le disse con un accenno di sorriso. -Non per niente è Little
Sunshine-commentò Hunter prendendola in giro. Lindz rise,imitata dagli
altri. -Oh sta zitto!La tua è tutta invidia perchè io sono nel fumetto e tu
no...-ribattè la ragazza andandogli vicino e facendogli una smorfia. -Per tua
informazione non ci tengo a diventare un'icona gay-rispose lui con aria di
sufficenza che la fece sorridere. -Sì certo come no-si intromise lo zio Ben
con un sorriso divertito sulle labbra. Per qualche istante,Vic si chiese se
parlare di Rhyes e della sua passione per Rage,ma poi decise di tenere quel
segreto ancora un pò per sè,almeno finchè non fossero arrivati i suoi genitori,
altrimenti avrebbe dovuto raccontare tutto di nuovo. Il rumore che arrivava
dalle scale le fece capire che non avrebbe dovuto aspettare ancora molto
e,infatti,pochi attimi dopo,Brian apparve sulla soglia della cucina,con indosso
un paio di pantaloni della tuta ed una t-shirt grigia che Vic aveva visto più
volte adosso a suo padre. Due passi dietro c'era suo padre,a piedi scalzi,con
un paio di jeans ed un maglione che aveva visto chiaramente giorni migliori e
sulle cui maniche c'erano delle macchie di vernice. -Wow,a quanto pare
abbiamo solo posti in piedi!-commentò ironico Brian. -Finalmente!Stavamo
quasi per chiamare le persone scomparse-fece lo zio Micheal con lo stesso tono
ironico. -Hai idea di che ore sono?-domandò Mel guardando Brian. -L'ora
dei saluti?-chiese a sua volta il moro senza la minima esitazione. -Avevamo
detto alle tre!-gli ricordò Lindz dando manforte alla compagna. Brian,ghignò
muovendosi verso Micheal e salutarlo con un bacio sulle labbra. Quella era
una parte del rapporto fra Brian e lo zio Micheal che Vic non riusciva a capire:
perchè si baciavano sulle labbra se erano entrambi felicemente sposati? E
perchè,soprattutto,la cosa non sembrava infastidire nè lo zio Ben nè suo
padre? Quando aveva chiesto spiegazioni ad Hunter,l'unica persona con cui
aveva pensato di poterne parlare liberamente,questo le aveva spiegato che quei
baci non erano altro che gesti d'affetto, ricordi del loro passato in comune e
dell'amore che lo zio Micheal aveva provato per anni verso Brian. -E' colpa
mia...Quando dipingo non mi accorgo del tempo che passa-disse Justin a titolo di
scuse. Vic capì che nessuno si era bevuto quella balla e vide Hunter poco
distante da lei sorridere divertito,chiedendosi curiosa cosa lo divertisse
tanto,poi si accorse dello sbafo di colore sulla guancia di Brian e sorrise a
sua volta. Non aveva idea che suo padre si fosse dato alla
body-painting... Cercò di tornare seria quando lo vide venire verso di lei,il
viso chiaramente atteggiato in un'espressione preoccupata e partecipe,quasi
volesse mostrarle a priori il suo supporto per il suo primo giorno di
scuola. Le baciò entrambe le guance,facendole il solletico con la barba
appena accennata che gli copriva il viso e la guardò negli occhi. -Come è
andata oggi tesoro?-si decise a domandarle. Vic continuò a sorridere ed
annuì. -Tutto bene,a parte qualche difficoltà nel trovare la
segreteria. Quel posto è un vero labirinto...-commentò serena. -Anche JR
ha avuto problemi i primi giorni,finiva sempre nelle classi sbagliate-raccontò
Mel. -Allora è vero che è tua figlia Mickey!-scherzò Brian. Lo zio
Micheal gli diede una lieve spinta allontanandolo da sè mentre scuoteva la
testa. Justin si allontanò da Vic e andò a salutare Lindz e Mel,salutando
quest'ultima con un bacio sulle labbra. Per qualche istante Vic credette di
aver avuto una visione o un miraggio:aveva veramente visto suo padre baciare una
donna? Era forse la prima volta in vita sua che vedeva una cosa
simile;neanche con sua madre si erano mai salutati così! Un braccio le cadde
sulle spalle e alzando lo sguardo incontrò gli occhi nocciola di Brian che la
fissarono ridenti. -Lo so,anche a me fa ogni volta lo stesso
effetto...Disgustoso,vero?-le disse in tono quasi cospiratore facendola
ridere. Circondò la vita di Brian con un braccio come se fosse la cosa più
naturale del mondo e si sentì tirare contro il fianco dell'uomo. -Hai una
macchia di colore sulla guancia,lo sai?- Brian ghignò e annuì. -Qualcuno
me lo ha già gentilmente fatto notare...-commentò-Come è andato il tuo primo
giorno di scuola Little Sunshine?-le chiese cambiando abilmente
discorso. Questa volta toccò a lei alzare le spalle. -Ho seguito il tuo
consiglio...E devo dire che ha funzionato. Uno dei ragazzi che ho conosciuto
è un fan di Rage ed ha quasi avuto un infarto quando ha saputo chi erano i miei
genitori-gli raccontò,sentendo su di sè lo sguardo di suo padre. -Little
Sunshine,con questa media finirai per rendere deserta la scuola prima delle
vacanze invernali-la prese in giro il moro,cercando di non mostrarsi troppo
preoccupato per lei. Vic gli diede una spinta e scosse la testa,facendo
muovere i boccoli biondi. -Non in quel senso!-commentò con una
risata. -Quindi questo tizio era un'ammiratore del fumetto?-domandò lo zio
Micheal chiaramente orgoglioso. Vic annuì voltando poi lo sguardo verso il
padre. -A proposito,prima che mi dimentichi:domani posso evitare di tornare
subito a casa? Avrei un invito-disse senza aggiungere altri dettagli. Suo
padre la guardò con aria incerta,la presenza degli altri che gli impediva di
fare altre domande,per poi annuire. -E sia-concesse. Vic sorrise e gli
andò incontro per dargli un bacio in segno di ringraziamento. -Adesso però
sarà il caso che tu vada di sopra a studiare-fece il biondo. -Vengo con
te,non ci tengo a sorbirmi le chiacchiere noiose di questi qui!-le disse Hunter
aggirando l'isola cucina per avvicinarsi alla soglia,seguito subito da
Vic. Prima di avviarsi verso le scale,però,Vic si voltò e guardò Mel e Lindz
un'ultima volta. -Sono contenta di avervi conosciuto-disse sincera. Le due
donne sorrisero e Vic vide chiaramente lo sguardo di Mel saettare verso suo
padre. -Anche per noi tesoro-le disse Lindz.
-Devo ammetterlo,quella
ragazza è davvero adorabile- Avevano aspettato di sentir chiudersi la porta
della stanza di Vic prima che Lindz si lasciasse andare a quel
commento. Mentre i ragazzi salivano le scale,Justin aveva messo su il bricco
del caffè mentre Brian si era seduto accanto a Micheal su uno degli
sgabelli. -Ed è veramente ben educata per essere cresciuta con voi
due-aggiunse Mel. -Credevi che avessimo tirato su un camionista?Ah,no
scusa...Quello è il compito delle lesbiche-fece Brian distratto muovendo lo
sguardo in giro per la stanza. -Ah ah!Sai dovresti aggiornare il tuo
repertorio,queste battute ormai sono fuori moda!-lo beccò ancora Mel-Sai di
avere uno sbafo di pittura sulla guancia?-gli domandò ancora. -Chi vuole del
caffè?-chiese Justin voltandosi verso il gruppo d'amici,le mani appoggiate sul
bordo della cucina. Quasi tutti,eccetto Ben,alzarono la mano e Justin tornò a
voltarsi per prendere le tazze necessarie dallo mobile sopra il lavello. -Beh
non ci vuole un genio per capire come te lo sei fatto-commentò Micheal
sporgendosi per sfiorare la guancia dell'amico. Brian si tirò
indietro,dondolando sullo sgabello per evitare che le dita di Micheal
arrivassero a toccargli la guancia,prima di alzarsi in piedi. -Anche se
fosse?Cos'è invidia?-domandò cinico come al solito. Ben scosse la testa
divertito,come faceva sempre a quelle uscite dell'uomo e l'espressione sul viso
di Mel si indurì ancora un pò. -Ok tregua!-fece Justin avvicinandosi al
tavolo con le tazze. Tutti presero la propria tazza e per qualche istante
restarono tutti in silenzio,assorti nei propri pensieri,finchè Mel non parlò di
nuovo,questa volta rivolta a Justin. -Comunque sembra il tuo ritratto...E'
cresciuta parecchio dall'ultima foto che abbiamo visto-gli disse. Justin
annuì. -Quella è una cosa che ha ripreso da sua madre;credo che sarà alta da
grande- -Che ha ripreso da te?-domandò ancora l'amica curiosa. Il biondo
sorrise,imbarazzato e alzò le spalle. -Non lo so:ha i miei occhi,i miei
capelli...Il mio sorriso-iniziò ad elencare. -Quello era ovvio altrimenti non
l'avremmo chiamata Little Sunshine,non credi?-fece Micheal. -Beh sicuramente
ha ripreso anche il tuo dono dell'ubiquità:te la ritrovi sempre dove meno te
l'aspetti al momento meno opportuno-fece Brian,le labbra nascoste dalla
tazza. -Traduzione quella povera ragazza è già stata traumatizzata nel
vedervi fare sesso-commentò Mel con aria saputa. Brian posò la tazza e tornò
a guardarsi intorno per la cucina. -Justin per caso hai visto dove...-gli
chiese. -Le hai lasciate nel mio studio;ne stavi fumando una quando sei
entrato-rispose l'altro senza fargli finire la frase. Il moro annuì
lentamente,quasi come se solo in quel momento gli fosse tornato alla mente quel
particolare,e si avviò verso il corridoio,fermandosi però sulla soglia della
cucina e voltandosi di nuovo verso il gruppo. -Ah Sunshine...-disse
richiamando l'attenzione del marito su di sè. Justin spostò lo sguardo dal
volto di Melanie al suo e lo fissò in attesa. -Come volevasi dimostrare ho
vinto io-fece poi con un sorriso ironico sulle labbra. Dopodichè,senza
aggiungere un'altra parola tornò a voltarsi e uscì dalla stanza,mentre Justin
scuoteva leggermente il capo fra gli sguardi curiosi degli altri. Per qualche
istante ci fu silenzio,mentre arrivavano fino a loro i passi di Brian sulle
scale e la musica soffusa che usciva dalla porta della stanza di Vic. -Avete
notizie di Emmett?-chiese Justin cercando di distrarre l'attenzione degli amici
dalle ultime parole di Brian per evitare domande. Micheal annuì. -L'ho
sentito ieri. Lui e Drew sono a Pensacola per un impegno di lavoro di
Drew;dovrebbero tornare fra un paio di giorni- -Ah bene,perchè ha promesso a
Vic di aiutarla ad arredare la sua camera e ora lei non ha intenzione di aprire
gli scatoloni finchè non avrà rimodernato la sua stanza con Emmett-raccontò il
biondo dopo aver bevuto un lungo sorso. -Non potresti farle quattro
scarabocchi sul muro?-continuò Micheal con tono scherzoso. Justin tramutò il
sorriso in una smorfia. -E' grazie a queste battute che ricordo perchè siamo
ancora amici dopo tanto tempo-lo punzecchiò. Micheal sorrise in risposta a
quella frase,senza offendersi. -Sai tesoro,l'altra volta alcuni amici sono
venuti a cena e hanno notato il quadro che ci hai regalato quando siamo partite
per Toronto...Dalle offerte che ci hanno fatto,avremmo potuto pagare un'anno del
college di JR-gli raccontò Lindz,chiaramente orgogliosa. Brian rientrò in
quel momento,una sigaretta fra le labbra e nonostante avesse colto solo le
ultime battute del discorso decise di intervenire. -Credevi avessi speso i
miei soldi per niente?-chiese infatti alla donna. -Veramente credevo lo
avessi fatto per portartelo a letto-gli rispose Lindz a tono. Justin storse
la bocca chiusa verso destra,annuendo leggermente e l'attimo dopo anche Brian
fece un cenno d'assenso. -Parlando di artisti:Vic ha ripreso il tuo
talento?-domandò ancora Lindz tornando a guardare Justin. -Cos'è vuoi già
opzionare i diritti delle sue opere?-le chiese prendendola in giro e facendo
ridere Ben e Micheal. -Perchè no?-si limitò a domandare la donna. -Beh non
ci faresti granchè:Vic ha mille talenti,ma sicuramente non quello artistico e
lei è la prima ad ammetterlo- -Come ti è sembrata quando è uscita da
scuola?-domandò Brian parlando direttamente a Micheal. Quella sua particolare
capacità di cambiare discorso improvvisamente,senza alcun preavviso, riusciva
spiazzante certe volte,specialmente quando i due argomenti erano agli
antipodi. Justin si voltò verso Ben e Micheal e li fissò per qualche
istante,chiaramente sorpreso. -Siete andati a prenderla a scuola?-domandò ad
entrambi. -Brian ci ha chiamato questa mattina per chiederci se
potevamo...-iniziò Ben. Ora si spiegava la presenza dei due uomini lì con
loro:quando era entrato in cucina non aveva dato molto peso alla cosa
preoccupato per il ritardo e la ramanzina che quasi sicuramente li aspettava,ma
ora appariva quasi lampante il motivo della loro presenza. Tornò a voltarsi
verso Brian e lo fissò con la bocca leggermente spalancata. -Sei un fottuto
imbroglione!-gli disse. L'altro lo guardò con aria innocente,che usava
pochissime volte e sempre quando era colpevole,e scosse la testa. -Non so di
cosa stai parlando Sunshine...E se anche lo sapessi,non ho mai detto che avrei
giocato lealmente-aggiunse subito dopo. -Ma di che state
parlando?-s'intromise Micheal incapace di sostenere ancora quel discorso a senso
unico. -Io ormai ho rinunciato a capirli-commentò Lindz. Justin si voltò
verso gli amici e scosse la testa. -Comunque per tornare alla tua domanda
iniziale,sembrava serena. Era insieme ad un ragazzo e una ragazza e stavano
chiacchierando quando Hunter le si è avvicinato-rispose Micheal guardando
Brian,ma parlando principalmente a Justin. -Com'erano questi tizi?Ti sono
sembrati dei tipi apposto?-chiese Justin con aria seria. -Vuoi anche la loro
fedina penale?-gli domandò Brian avvicinandosi a lui e portandosi alle sue
spalle,il torace poggiato contro la sua schiena. Il biondo piegò la testa
all'indietro per incontrare il suo sguardo. -Posso averla?- -Tesoro sei
troppo apprensivo...Dovresti vedere gli amici di Gus-fece Lindz con voce
rassicurante- Ad esempio Matt,il suo migliore amico,veste con borchie e jeans di
pelle eppure suona il pianoforte in maniera fantastica ed è un ragazzo
perfettamente educato- -Sai che Matt è gay,vero?-domandò Michael guardando
l'amica con sguardo divertito. -Perchè permetti al ragazzo di frequentare
certi artisti da strapazzo?-domandò Brian con un'espressione leggermente
contrariata sul volto. -Disse l'uomo sposato con un'artista-commentò
Melanie. Justin,che aveva capito perfettamente cosa intendeva in realtà Brian
con quelle parole,alzò una mano e la posò su una delle sue,intrecciando le dita
a quelle del marito:nonostante fossero passati anni,Brian non aveva mai superato
il suo odio personale verso i musicisti. E la colpa di tutto era solo
sua... -A me sono sembrati dei ragazzi per bene,forse un pò alternativi,ma ho
visto di peggio-s'intromise Ben cercando a sua volta di rassicurare
Justin-Vedrai qui Vic si troverà benissimo e in poco tempo riuscirà a
dimenticare quello che è successo a Pittsburgh- -Già,Ben ha ragione!E se
malauguratamente dovesse succedere qualcosa,questa volta non dovrete affrontarla
da soli-fece Lindz sicura. Justin scoccò un sorriso di ringraziamento alla
bionda e sospirò,cercando di scrollarsi di dosso quell'aura nera che quel
discorso si portava sempre dietro. -Che ne dite di restare a cena?-disse poi
rivolto a tutto il gruppo. -Oh sì,abbiamo frittelle a sufficenza per
tutti-fece Brian allungando il braccio libero verso la tazza di Justin e
portandosela alla bocca. Come al solito non si smentiva
mai...
-E questo è
tutto- Fin da quando aveva avuto qualcosa di interessante da
raccontare,Hunter era stato il suo "confessore",la sola persona a cui dire tutto
quello che le succedeva senza paura di essere giudicata. Nonostante la sua
giovane età,Vic conosceva tutti i "segreti" della vita che Hunter aveva vissuto
prima di incontrare lo zio Ben e lo zio Micheal;questi lo avevano accolto e,dopo
le prime schermaglie e le prime incomprensioni,lo avevano trattato come un
figlio,fino all'adozione che aveva ufficializzato il legame affettivo che già
c'era fra loro. Sapeva della sua malattia,la stessa che purtroppo affliggeva
lo zio Ben,ma non ne era spaventata: anche quella aveva contribuito a renderlo
la persona che era,quella a cui voleva bene. Era quasi convinta che era
grazie a quella malattia che Hunter fosse diventato una persona migliore:se le
circostanze fossero state diverse,lui avrebbe continuato a vivere la sua vita
sregolata e sicuramente tutto avrebbe avuto un altro corso. -Sicura?-le
domandò lui,seduto sul suo letto,leggermente più in basso rispetto a lei che
aveva scelto di sedersi sulla sedia accanto alla scrivania. Vic annuì. -Ma
se anche una sola parola di quello che ti ho detto esce da questa stanza giuro
che te la faccio pagare-lo minacciò vanamente,dato che entrambi sapevano che non
avrebbe avuto niente con cui rifarsi su di lui. Hunter annuì e
sorrise,chiaramente divertito. -Hai più visto quel tipo?-le domandò
curioso. Lei inarcò un sopracciglio. -Quello dell'Accademia?-gli chiese a
sua volta. L'uomo annuì e lei scosse la testa. -Come avrei potuto
scusa?Siamo in due istituti diversi...E' stato solo un caso che ci siamo trovati
sulla stessa strada-gli disse in tono pratico. -Più che al caso darei la
colpa alla tua testardaggine e a quel brutto vizio che hai di non chiedere mai
informazioni-la rimproverò bonariamente Hunter. Vic sbuffò,stanca di sentirsi
rimproverare per quella particolarità del suo carattere e per qualche istante fu
sul punto di lanciargli contro il mouse del pc,ma poi si trattenne pensando alle
lamentele di Brian e di suo padre se questo si fosse danneggiato. -Va bene,ho
capito...Era veramente un tipo odioso!-commentò poi,mentre l'immagine del
ragazzo moro si profilava chiaramente nella sua mente. Non era la prima volta
che le succedeva:anche durante la lezione di storia,si era ritrovata a fissare
la pagina del suo libro senza sapere a che punto fossero con la lezione perchè
si era persa a pensare ad un paio di occhi color cioccolato. -Sì,ma a quanto
sembra ha trovato un modo per farsi ricordare...-disse Hunter facendole
riportare lo sguardo sul suo volto. -Cioè?-chiese lei cercando di mostrarsi
sorpresa dalle sue parole. -Almeno ne vale la pena?Oppure assomiglia a quel
cavallo con cui stavi parlando all'uscita dell'edificio?-le domandò ancora
Hunter con un sorriso ironico sulle labbra. -Ehi non prendere in giro i miei
amici!E poi scusa che ti viene in mente?Aveva almeno sei anni più di me!-gli
fece notare la ragazza. -E allora?Brian e Justin hanno più di dieci anni di
differenza-ribattè lui senza scomporsi. Vic sospirò e scosse la testa,facendo
ridere l'uomo. -Deve proprio valerne la pena...Se io fossi al tuo posto,non
mi lascerei scappare quest'occasione- le confessò. -Stai davvero dicendo
quello che credo tu...-domandò la ragazza confusa e imbarazzata allo stesso
tempo. Hunter annuì. -Ma non so neanche come si chiama!- L'uomo alzò le
spalle. -Allora cerca di scoprirlo,no?Possibile che debba insegnarti proprio
tutto?- Vic riflettè qualche istante sulle parole dell'amico prima di
scuotere la testa con decisione e abbassare lo sguardo sulle proprie
ginocchia. -No,meglio di no...Lo sai come la penso-aggiunse poi incupendosi
leggermente. Il lieve rumore che arrivò dal letto le fece capire che Hunter
si era alzato in piedi e l'ombra che si frappose fra lei e la scrivania la portò
a rialzare lo sguardo. -Dimenticavo:tu hai chiuso con l'amore-commentò l'uomo
con aria scettica sul volto. Vic annuì restando in silenzio:che altro c'era
da aggiungere? -Quindi hai intenzione di dargliela vinta?-domandò ancora
Hunter con voce più ferma, chiaramente determinato a portare avanti quel
discorso. -Dargliela vinta?Non sapevo fosse una gara-fece lei cercando di
scherzare. -Ho perso il conto delle ragazze che mi hanno lasciato quando
venivano a sapere che ero sieropositivo,ma credi che mi abbia fermato dal
cercarne un'altra?-le domandò,lo sguardo nei suoi occhi. -Però nonostante
questo sei ancora single-gli fece notare lei,alzandosi in piedi e allontanandosi
da lui di un paio di passi. Aveva bisogno d'aria e sembrava impovvisamente
che la presenza di Hunter accanto a lei stesse risucchiando tutto
l'ossigeno. -Non è questo il punto!-ribattè l'uomo secco. -Allora
qual'è?Dovrei permettere ad un altro idiota di avvicinarsi a me come è successo
con Kyle,magari innamorarmi di lui e fare la stessa fine un'altra volta?-gli
domandò fissandolo con occhi arrabbiati. Hunter la fissò per qualche istante
in silenzio,prima di sospirare e muoversi verso di lei fino a fermarlesi di
fronte. -Sì...Perchè è quello che fanno tutti. Credi davvero che "chiudere
con l'amore" ti aiuterà a stare meglio?Ti farà dimenticare quello che è
successo? Purtroppo non funziona così-aggiunse con voce dolce. Nello
sguardo di Vic la rabbia era stata soppiantata dalla tristezza e della
consapevolezza che Hunter aveva ragione. Una mano dell'uomo scivolò sul suo
braccio sinistro,fino a chiudersi sul polso e sollevarlo in modo che fosse sotto
lo sguardo di entrambi. -Inoltre per quanto ti sforzi di dimenticare,ci sarà
sempre questa che te lo riporterà alla mente- Nonostante sapesse cosa
avrebbero visto i suoi occhi,Vic abbassò lo sguardo e vide chiaramente la
piccola lucida cicatrice verticale sul suo polso.
Salve a
tutti!!!Come
state?
So che
molti di voi si aspettavano l'incontro fra Gus e Vic,ma ho deciso di
posticiparlo x via di un idea improvvisa.
Spero nn
siate arrabbiati!
Ringrazio
tutti coloro che leggeranno e recensiranno qst capitolo e mi scuso x eventuali
errori di ortografia o battitura.
E ora i
ringraziamenti:Sweey(Ciao!!!Non
credevo che anche tu fossi fan di qsta serie!Beh,meglio così,+ siamo meglio
è...Grazie x i complimenti e come al solito,spero di meritarmi la tua
fiducia),Mae(Non siamo poi
tanto lontani dalla verità,no?Possiamo dire che il loro è un classico rapporto
amore-odio con una punta di gelosia...Una punta di Brian?Beh,sarebbe un vero
peccato se i suoi geni andassero persi!),LaTuM(Allora credo di essere la
scrittrice che fa x te:nei miei capitoli succede sempre qualcosa,mi dicono
sempre che cn me nn si può stare mai tranquilli!Nonostante nn abbia amato la
fine della serie,credo che qlla pausa fosse necessaria x Justin,in modo che
capisse di potercela fare anche cn le proprie forze,senza x qst dimenticarsi di
Brian o venir meno all'amore che c'è fra di loro),Giuly Weasley(Grazie x i
complimenti...Ci vorrà un pò x scoprire tutto,sia il passato di Brian e Justin
che le vicende di Pittsburgh,ma nn preoccuparti,vi lascerò "indizi" ad ogni
capitolo!),Asterix_c(Grazie x i complimenti!Spero che il capitolo sia cm te lo
aspettavi...),Desme(Visto
il loro patrimonio genetico non mi stupirei di nulla,ma vista la scelta di Vic
di rinunciare all'amore ci vorrà un pò prima che riesca a fidarsi di nuovo di un
ragazzo),Yumisan(Allora
vuol dire che ho accontentato le tue preghiere!Se il tuo pensiero coincide con
il mio,come del resto credo vista la risata "malefica",allora la tua idea
sull'identità del ragazzo è giusta...),Dany'23(Non può piovere per
sempre...Esatto,nn credo che le farà particolarmente piacere l'idea di
un'estraneo che le ruba l'appartamento sopra il garage,ma forse la vicinanza
forzata la costringerà a rivedere le sue convinzioni),Jo'87(Io adoro Ben e Micheal,ma
soprattutto Ben,non so se si era capito dal capitolo,come potevo tenerli
fuori?).
Bene x il
momento è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox
capitolo...
"Sweetie
& Ginger"
Baci,Eva.
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Capitolo 4 *** Sweetie & Ginger ***
sweetie & ginger
Due settimane. Tanto era
passato dal suo arrivo a Toronto e nel nuovo liceo. Dopo i primi giorni,in
cui aveva colto gli sguardi curiosi del gruppo delle cheerleaders che la
studiavano per capire se sarebbe potuta diventare una di loro e quelli
interessati dei ragazzi,la sua vita in quella scuola aveva preso a scorrere
serenamente,senza grandi problemi. Gran parte del merito andava a Rhyes e
Carly che l'avevano aiutata ad ambientarsi e che avevano fatto capanello intorno
a lei,evitando così che si sentisse un pesce fuor d'acqua tutte le volte che si
trovava in mensa durante la pausa pranzo oppure quando camminavano per i
corridoi,con lei rigorosamente nel centro,Carly alla sua destra e Rhyes alla sua
sinistra. Come le avevano promesso,il giorno dopo il suo arrivo nella nuova
scuola l'avevano portata in giro per Toronto,indicandole quelli che erano i
posti più alla moda,almeno per il momento,fra i loro compagni di
scuola. Ovvero il mall,con i suoi trenta negozi,ed annesso Mc
Donald's. -Anche voi avete dei gusti così ordinari?-aveva chiesto loro
leggermente sorpresa. A guardarli tutto si sarebbe detto tranne che
seguissero la massa e la moda del momento;infatti sul volto dei due ragazzi era
apparsa un'espressione quasi scioccata e Rhyes aveva scosso la testa. -Spero
tu stia scherzando! Noi ci circondiamo soltanto di persone altamente
stimolanti...-aveva commentato Carly con un'aria da intellettuale che l'aveva
fatta ridere. -Certo anche noi andiamo da Burger King,sarebbe stupido
negarlo,ma al contrario dei nostri coetanei abbiamo interessi completamente
diversi-aveva continuato Rhyes. Interessi che le avevano mostrato il giorno
dopo,quando le avevano mostrato un'altra faccia di Toronto,quella fatta di
piccoli negozietti seminascosti,dove comprare dischi in vinile rari o l'ultimo
cd dei The Killers o dei Fall Out Boy,oppure girare fra i vari scaffali alla
ricerca di una prima edizione di "Orgoglio e Pregiudizio" da aggiungere alla
collezione di Carly. Oltre naturalmente all'immancabile negozio di fumetti di
fiducia,dove Rhyes avrebbe potuto passare ore intere controllando gli ultimi
numeri arrivati,contrattando con il proprietario sul prezzo del fumetto che gli
interessava per ottenere un piccolo ulteriore sconto. Vista la passione
viscerale di Rhyes per i fumetti,un pomeriggio Victoria li aveva portati al
negozio dello zio Micheal,certa di fare un bel regalo al ragazzo. -Te ne sarà
riconoscente tutta la vita!-le aveva detto Carly mentre erano per strada,diretti
verso il negozio. Ma a Vic era bastata un'occhiata al negozio per capire che
una vita non le sarebbe bastata per smaltire tutta la gratitudine di
Rhyes...Sempre che il ragazzo fosse ancora in vita alla fine della
giornata. Appoggiato al bancone,terribilmente elegante con il suo completo
Armani grigio ferro,Brian era impegnato in una conversazione con lo zio Micheal
mentre questo faceva avanti ed indietro fra il negozio e il
ripostiglio. Sentendo il suono della piccola campanella sopra la porta,i due
uomini avevano alzato la testa e sul volto di entrambi era apparso un
sorriso,più evidente su quello dello zio Micheal. -Ehi Little
Sunshine!-l'aveva apostrofata venendole incontro. In quel momento nel negozio
non c'era nessuno quindi Vic non se la prese il volume troppo alto della
voce. -Ciao zio Micheal!Ti disturbo?-gli aveva chiesto andandogli incontro e
dandogli un bacio sulla guancia destra. L'uomo aveva scosso la testa mentre
Vic si avvicinava a Brian e lo baciava su entrambe le guance. -Little
Sunshine se sei venuta qui in cerca di un passaggio a casa non contare su di
me...-le aveva detto con il suo solito tono ironico. La ragazza aveva sorriso
per poi scuotere la testa. -No papo,veramente ero venuta per lo zio
Micheal:volevo fargli conoscere i miei amici-gli aveva spiegato. Lo sguardo
dei due uomini si era spostato verso i due ragazzi che,poco distanti
dall'entrata,erano rimasti in silenzio fino a quel momento,entrambi con lo
sguardo su Brian,totalmente ipnotizzati. Una risata divertita di Micheal era
risuonata nel negozio,portando Vic a chiedersi cosa ci fosse di tanto
divertente,per poi ricordarsi il motivo principale per cui erano andati
lì. -Zio,loro sono Carly e Rhyes. Ragazzi lui è mio zio Micheal,mentre
questo invece è...-aveva detto poi riferendosi a Brian. -Scommetto che lui è
Rage-aveva commentato Carly,chiaramente ammaliata dall'uomo. Vic l'aveva
guardata sorpresa e l'amica aveva alzato le spalle. -Sono anni che lo ascolto
parlare di questo fumetto,ormai so anche la cosa più insignificante-aveva
commentato Carly in risposta. -Sì so cosa vuoi dire...Anche io ho avuto lo
stesso problema-aveva detto Brian lanciando un'occhiata a Micheal. Vic aveva
accennato un sorriso,poggiando la schiena contro il bancone poco distante
dall'uomo,lo sguardo concentrato su Rhyes,preoccupata che potesse svenire da un
momento all'altro. -Piacere di conoscervi,ragazzi-aveva detto lo zio Micheal
in tono affabile e cordiale. -Ma perchè li hai portati qui?Eri a corto di
soldi e volevi chiedere un prestito a Micheal senza che noi lo venissimo a
sapere?-aveva chiesto Brian abbassando lo sguardo sulla ragazza. Lei aveva
scosso la testa. -No...Che idea assurda!- Brian aveva alzato le
spalle. -Non tanto se ci pensi;io lo facevo sempre:quando da ragazzi andavamo
in giro,io finivo subito tutti i soldi e finivo sempre per chiederli a
lui-raccontò lui. -Ora che mi ci fai pensare quei soldi non sono mai
rientrati-aveva commentato l'altro. Brian aveva fatto finta di non sentire il
commento dell'amico ed era tornato a fissare Vic,in attesa di una
risposta. -Beh,io non sono te. Ho pensato di presentare lo zio Mike a
Rhyes vista la loro passione comune per i fumetti...-aveva spiegato
lei. -Così almeno non dovremmo aspettare ore mentre lui contratta sul prezzo
con il proprietario del negozio-aveva commentato Carly,alzando lo sguardo da uno
stand che stava guardando distratta. Vic aveva sorriso e aveva fissato Rhyes
muoversi per il negozio indeciso se avvicinarsi a Brian o iniziare a sbirciare
fra gli scaffali. Alla fine era stata Vic a prendere la decisione al suo
posto,dopo aver colto una volta di più uno sguardo timido diretto a Brian;gli
era andata incontro e,dopo averlo preso per mano,lo aveva portato davanti al
bancone dietro il quale stava lavorando lo zio Micheal,sotto lo sguardo
divertito e attento di Carly e Brian. -Rhyes questo è Micheal
Novotny-Brackner,il creatore di Rage. Zio Mike questo è Rhyes,uno dei tuoi
più affezionati fan-aveva detto facendo le presentazioni. Micheal aveva
sorriso e aveva teso la mano a Rhyes che,dopo un'attimo di incertezza,l'aveva
stretta. -Voglio solo dirti che il tuo fumetto mi ha cambiato la vita...Cazzo
non avevo visto niente di così incredibile dai primi numeri dei "Watchmen"-gli
aveva detto. Vic e Carly si erano guardate con aria dubbiosa,ma dal sorriso
che nacque sul volto dello zio Micheal,Vic dedusse che doveva essere un gran
complimento. -Ok se questo era un modo per ottenere un fumetto gratis...ci
sei riuscito-aveva detto l'uomo ritirando la mano e continuando a
sorridere. -E lui è...-si era intromessa Vic tirando Rhyes verso
Brian. -Scusami Little Sunshine,ma non credo di aver bisogno di
presentazioni-aveva detto Brian portando lo sguardo sul ragazzo. -Ha ragione
lui Vic...-aveva convenuto Rhyes con lo sguardo fisso sul suo volto. Incapace
di dire qualsiasi cosa di senso compiuto,Rhyes si era ammutolito continuando a
fissare Brian che,per nulla infastidito da quell'ammirazione palese,aveva
ricambiato lo sguardo del ragazzo con un sorriso accennato,per il divertimento
di Micheal e di Vic. -Rhyes sei sicuro di stare bene?-gli aveva chiesto Carly
facendo un paio di passi verso di loro. Il ragazzo si era affrettato ad
annuire. -Mai stato meglio- -Ne sono felice,ma ora purtroppo devo davvero
scappare a salvare qualche povero ragazzo in difficoltà-aveva detto Brian
voltandosi leggermente all'indietro sul bancone per prendere la sua
ventiquattrore. Si era chinato verso Vic per salutarla e,dopo un ultimo cenno
di saluto agli altri due ragazzi e a Micheal,si era avviato verso la porta del
negozio. Quella sera,quando era tornata a casa,aveva sentito i suoi genitori
in salotto chiacchierare amabilmente e le erano bastate poche parole per capire
di cosa stavano parlando. -Insomma hai folgorato un altro povero ragazzo
innocente con il tuo fascino irresistibile-sentì dire da suo padre. -Che vuoi
farci,non è colpa mia se mi basta un solo sguardo per far cadere tutti ai miei
piedi...-aveva risposto Brian. La risata di suo padre era risuonata per il
salotto fino a lei. -Già,ancora me lo ricordo che effetto fai sui ragazzini
innocenti-aveva commentato suo padre di nuovo con voce seria. Per qualche
istante era sceso il silenzio e Vic si era chiesta se non avessero dato inizio
alle effusioni come al solito,quando un rumore la fece ricredere. Un sorriso
accennato. -Tu non sei mai stato un ragazzino innocente...-aveva risposto
Brian. Quelle parole le avevano fatto capire che la conversazione stava
diventando troppo personale e, per non interromperli,aveva deciso di tornare in
camera sua. In tutta quella settimana un pensiero l'aveva
accompagnata,nascosto in un angolo della sua mente,pronto a saltar fuori nei
momenti più assurdi. Nonostante non avesse più incontrato il ragazzo
dell'Accademia,non riusciva a dimenticare i suoi occhi. Erano sempre con
lei:al mattino appena sveglia,durante una lezione troppo noiosa;una volta si era
addirittura ritrovata a fare paragoni con gli occhi di un attore che aveva visto
su una rivista. Perchè non riusciva a dimenticarli? Appartenevano alla
persona più antipatica ed acida che avesse mai incontrato,qualcuno che non
avrebbe mai più rivisto nella sua vita,perchè continuava a pensarci? L'unica
spiegazione che riuscì a trovare era che l'istinto masochista che l'aveva
accompagnata in quei quindici anni non l'aveva abbandonata,nonostante la
speranza di averlo lasciato a Pittsburgh. Doveva smetterla di pensarci,doveva
dimenticarlo. Non aveva altra scelta.
Fu la musica a spingerla di
nuovo verso l'Accademia. Il destino,coaudivuato dalla segreteria del liceo,le
aveva assegnato l'ultimo armadietto sul corridoio di sinistra,lo stesso che
collegava i due istituti. Più volte il suo sguardo si era spinto verso il
corridoio bianco,non vedendo niente di più che figure sconosciute che
attraversavano i corridoi per andare alla prossima lezione. Riflettendo a
mente fredda si era chiesta più volte cosa si aspettava di scorgere in quei
pochi attimi:credeva forse che lui fosse lì fermo all'inizio del corridoio con
la stessa speranza di vederla anche solo di sfuggita? Che assurdità! Se
era fortunata,quel tipo aveva riso di lei con i suoi amici per poi dimenticarsi
del loro incontro. Il mercoledì mattina,dopo la lezione di biologia Victoria
si avvicinò al suo armadietto per riporvi dentro i libri,con l'intento di
raggiungere Rhyes e Carly in mensa quando aveva sentito la musica arrivare dal
corridoio. Nonostante l'armadietto fosse aperto,si era affacciata verso il
corridoio ed era rimasta in ascolto,cercando di ignorare il caos che c'era
intorno a lei,per essere certa che quella musica fosse reale e non soltanto
nella sua testa. Aveva chiuso l'armadietto,la borsa ancora a tracolla sulla
spalla sinistra e,senza una precisa motivazione si era incamminata lungo il
corridoio,sentendo aumentare l'intensità della musica man mano che si avvicinava
all'Accademia. Era il suono di un pianoforte,ora riusciva a distinguerlo
bene. Non conosceva la melodia,ma chiunque stesse suonando,ci sapeva
veramente fare. Ancora una volta si era trovata alla fine del corridoio
e,seguendo la musica si era incamminata alla ricerca dell'aula,decisa a scoprire
chi era il talentuoso musicista. Incontrò un gruppo di ragazze che,stupite
dalla sua presenza,le lanciarono un'occhiata attenta ma quando nessuna di loro
la fermò,Vic non si preoccupò oltre della loro presenza continuando a camminare
fino ad una delle tante porte nere:questa era stata lasciata aperta,permettendo
così al suono di propagarsi per l'edificio ed arrivare a lei. Si appoggiò
allo stipite destro della porta e fissò attenta e curiosa l'interno della
stanza:un ragazzo era seduto al pianoforte,perfettamente concentrato sulle
proprie mani che sembravano volare sui tasti. Victoria osservò il viso serio
e concentrato del ragazzo,soffermandosi sui capelli biondo cenere che gli
sfioravano il collo e le orecchie,studiando il taglio perfetto degli occhi,di
cui ancora non riusciva a vedere il colore,il mento pronunciato e l'accenno di
barba che gli copriva le guance. La canzone era quasi finita,lo capiva dal
modo più lento in cui si muovevano le mani sui tasti ed infatti pochi istanti
ancora e la musica cessò del tutto. Il musicista alzò lo sguardo e solo
allora si accorse della sua presenza. Imbarazzata,Vic gli sorrise
timidamente,non sapendo cosa dire e,dopo qualche istante di silenzio vide
sorridere il ragazzo. -Non sapevo di avere del pubblico...-disse con voce
calma e leggermente arrocchita dal silenzio. Arrossendo leggermente per
quella situazione inconsueta,Vic si staccò dallo stipite e fece due passi
nell'aula,andando verso il pianoforte. -Scusami non volevo disturbarti,è solo
che mi ha colpito questa musica e non sono riuscita a trattenermi;dovevo sapere
da dove proveniva-gli spiegò. Il ragazzo sorrise,riprendendo a fissarla in
silenzio. -Ti è piaciuta?-le domandò poi. Vic si affrettò ad
annuire. -Assolutamente!Sei davvero bravo,complimenti. L'hai scritta
tu?-gli chiese curiosa. Questa volta lui scosse la testa,un sorriso divertito
sulle labbra. -Magari! No,purtroppo sono solo un modesto esecutore-le
disse fissando i suoi occhi. Vic si avvicinò ancora,arrivando a poggiare le
mani sulla coda del pianoforte. -Ammetto che la mia conoscenza della musica
classica è molto limitata,ma mi haiemozionato... Questa canzone fa davvero
venire i brividi-gli disse sincera. Ancora una volta lo vide sorridere,questa
volta sinceramente lusingato,per poi poggiare entrambe le braccia sul piano e
sporgersi verso di lei. -Visto che ti piace così tanto,posso darti il
titolo-fece lui. -Lo faresti davvero?-chiese lei sorpresa. -Hai una
penna?- Vic annuì e aprì la borsa,tirando fuori un'agenda e una penna che
posò sul pianoforte di fronte a lui. Il ragazzo abbassò lo sguardo
sull'agenda e,su una pagina bianca,scrisse il titolo della canzone e dell'autore
prima di voltare il diario verso di lei perchè potesse leggere ciò che aveva
scritto. "The heart ask for pleasure
first". -Come mai non ti ho mai visto prima qui in giro?-le
domandò lui facendole rialzare lo sguardo sul suo volto. -Beh sarebbe stato
un pò difficile visto che mi sono trasferita qui a Toronto soltanto da poche
settimane-gli disse accennando un sorriso a sua volta mentre sistemava il diario
nella borsa. I suoi occhi verdi continuavano a fissarla,senza però essere
insistenti,quasi lui sapesse già quando lasciarla andare e quando ricercare il
suo sguardo. -Da dove?-chiese ancora lui. -Pittsburgh- -Da quanto so
non è un gran che come città...-fece lui,appoggiandosi maggiormente sul
pianoforte. Vic alzò le spalle. Anche Brian diceva sempre che Pittsburgh
era la città più noiosa dove gli era capitato di vivere,ma lei non aveva mai
capito perchè si lamentasse tanto:lei aveva vissuto gran parte della sua vita in
quella città e non aveva mai trovato nulla da ridire su Pittsburgh. Forse
questo era da imputare al fatto che non aveva quasi mai lasciato Liberty Avenue
o il quartiere gay? -E' ok,se sai dove andare per divertirti- Lo vide
sorridere di nuovo e istintivamente si ritrovò a pensare che le piaceva il suo
sorriso. Ma che accidenti le veniva in mente? Cosa c'era di così
intrigante in quella scuola da farle trovare interessante ogni ragazzo che
incontrava? -Forse sarà meglio che vada...-disse indicando la porta,quasi
volesse rendere più reali le sue parole. Si voltò e fece qualche passo verso
la porta,quando la voce del ragazzo la portò a fermarsi. Tornò a voltarsi e
vide che il ragazzo era in piedi ora,anche se non aveva accennato ad
allontanarsi dal pianoforte. -Comunque,io sono Matt-le disse
presentandosi. Per qualche secondo Vic chiuse gli occhi,mentre la sua mente
realizzava che avevano parlato tutto quel tempo senza neanche sapere i
rispettivi nomi. -Hai ragione,scusa. Io sono...- -Sweetie,che piacere
rivederti!-fece una voce alle sue spalle. Vic si immobilizzò al suono di
quella voce,senza neanche sapere perchè,e solo quando lo vide passarle accanto e
fermarsi accanto al pianoforte riconobbe il misterioso ragazzo che l'aveva
aiutata il primo giorno. -Scusa se ci ho messo così tanto,ma ho dovuto
aspettare più del previsto alla cassa-disse rivolto a Matt prima di passargli
una lattina di Coca ed un panino. Il ragazzo annuì per poi tornare a posare
lo sguardo su Vic,ancora in attesa di sapere il suo nome. -Allora Sweetie,che
ti è successo? Non dirmi che ti sei persa di nuovo-commentò mentre apriva la
propria lattina di Coca. Vic indurì l'espressione del viso e strinse le dita
della mano sinistra attorno alla cinghia dello zaino,in segno di
nervosismo. Odiava quel soprannome! -Tranquillo,non mi sono persa...E
comunque so ritrovare la strada da sola Ginger- Non aveva idea di dove le
fosse uscito quel soprannome,ma la infastidiva non avere nessun'arma con cui
ribattere. Sentendosi apostrofare così il ragazzo sorrise divertito prima di
alzare le spalle con fare disinteressato. -Fa come vuoi..Per un'attimo ho
temuto che fossi venuta per me;sai non saresti la prima a cadere vittima del mio
fascino-commentò. Vic rise,ma si affrettò a nascondere il sorriso con una
mano per non sembrare sgarbata. -Io al tuo posto non ci conterei
troppo- Il suono della campanella risuonò per il corridoio fino
all'aula,facendole spalancare gli occhi e gettare un'occhiata veloce
all'orologio che aveva al polso. Dannazione,aveva saltato l'appuntamento con
Carly e Rhyes! -Accidenti...-si lamentò a denti stretti prima di voltarsi e
avviarsi a passi veloci verso la porta. -No aspetta non mi hai ancora detto
il tuo nome!-si sentì richiamare da Matt. Avrebbe potuto fermarsi e
presentarsi,ma aveva lezione di calcolo e l'aula era al secondo piano,senza
contare la fastidiosa presenza di quello che doveva essere un amico di
Matt. E poi forse era meglio lasciar perdere...Non si ripeteva da giorni che
voleva dimenticare? Spinta da questi propositi,uscì nel corridoio e affrettò
il passo per ritornare nel liceo in tempo per essere puntuale alla
lezione.
-Ciao sono tornato!- Chiuse la
porta dietro di sè e restò nell'ingresso,in ascolto qualche istante del silenzio
per capire chi altro ci fosse in casa. Il silenzio avvolgeva il primo
piano,non avvertiva neanche il rumore di sottofondo prodotto dal rumoroso pc che
sua madre si ostinava a tenere nello studio. Si tolse il cappotto e lasciò la
borsa ai piedi dell'attaccapanni,anche se gli era stato detto più volte di non
farlo,prima di avviarsi verso la cucina. Passando accanto alle scale che
conducevano al piano di sopra sentì della musica provenire quasi certamente
dalla stanza di sua sorella e si fermò davanti alle scale con lo sguardo
all'insù. -Jenny?Ci sei?-domandò ricordando le volte in cui sua sorella
usciva lasciando lo stereo acceso per far credere alla madre di essere ancora
nella sua stanza. -Ciao Gus!-si sentì salutare in
risposta. Rassicurato,tornò a camminare verso la cucina,la mente impegnata
nella preparazione di un panino per calmare i morsi della fame,quando sentì i
passi rumorosi di sua sorella venir giù dalle scale. Entrò nella cucina e si
diresse verso il frigo,alzando lo sguardo solo quando la sentì fermarsi davanti
alla soglia della stanza. Jenny Rebecca si fermò sulla porta,lo sguardo sul
suo volto e quando i loro occhi si incontrarono un sorriso gentile le incurvò le
labbra. Nonostante fossero fratelli non avevano molto in comune,almeno
fisicamente,ma questo era dovuto al fatto di avere due patrimoni genetici
completamente diversi. Due madri diverse,due padri diversi. Gus aveva
corti capelli castani,mentre Jenny li aveva neri come la pece lunghi fino a metà
schiena;lui aveva occhi castani profondi e riflessivi,almeno a sentire sua
madre,e sua sorella aveva gli occhi grigi di suo padre a cui assomigliava ogni
giorno di più. E lo stesso discorso valeva per Gus,come gli ricordavano lo
zio Emmett e lo zio Justin ogni volta che lo vedevano. Ma nonostante questo,i
due ragazzi avevano superato il periodo critico dell'infanzia incolumi,evitando
spargimenti di sangue inutili, ed erano riusciti a creare un buon rapporto che
il più delle volte li faceva sembrare due amici più che due fratelli. -Io non
racconterei mai a mia sorella tutto quello che combino...-aveva commentato una
volta Matt rendendolo partecipe della sua sorpresa per quello strano
rapporto. Lui aveva alzato le spalle e aveva ghignato come al suo
solito,senza rispondere convinto che l'amico non avrebbe capito anche se avesse
provato a spiegarglielo. Nonostante Matt fosse il suo migliore amico,c'erano
cose che soltanto Jenny poteva capire,almeno così credeva Gus,perchè solo lei
aveva vissuto le sue stesse esperienze. Sua sorella era forse una delle poche
persone che lo conosceva veramente... -Mamma è ancora al lavoro?-domandò alla
sorella voltandole poi le spalle per prendere il pane dallo scaffale della
credenza. Lei annuì. -Mamma ha chiamato per avvertire che avrebbe lavorato
fino a tardi e che probabilmente non sarebbe tornata per cena,ma credo che Lindz
tornerà a casa in orario-gli disse andando a sedersi ad una delle sedie attorno
all'isola osservando la preparazione del sandwich. Gus annuì continuando a
spalmare la maionese sulla fetta. Fin da quando anche Jenny era diventata
adolescente,i due ragazzi avevano creato un loro linguaggio personale:nonostante
volessero bene ad entrambe,quando erano soli,Gus e Jenny avevano preso
l'abitudine di chiamare "mamma" soltanto la propria vera madre,chiamando l'altra
con il suo nome di battesimo. Era più semplice e più pratico... -Vuoi un
sandwich?-le domandò tornando a posare lo sguardo su di lei in tempo per vederla
fare un cenno di diniego. -No,grazie,ho già mangiato...Come è andata
oggi?-gli domandò lei poggiando entrambi i gomiti sul piano di marmo e
osservando il suo volto. Gus alzò le spalle,avvicinandosi poi al frigorifero
per prendere delle foglie di insalata ed un pomodoro. -Al solito. Tu
invece?-domandò portando subito il discorso su di lei. -Al solito-rispose
facendogli il verso. Gus sorrise leggermente divertito,poi poggiò entrambe le
mani sul tavolo e fissò la sorella,incerto se raccontarle o meno quello che era
davvero successo. Le loro madri dicevano sempre che per capire chi fossero i
loro padri bastava osservare il rapporto che i due ragazzi avevano fra di
loro. La grande amicizia ed intimità che c'era sempre stata fra Brian e
Micheal sembrava essersi trasmessa ai loro figli attraverso i geni,oltre
ovviamente alla incredibile rassomiglianza fisica che i ragazzi avevano con i
due uomini. Sin da quando erano bambini,i due ragazzi avevano stretto un
rapporto complice che li portava a non tradire mai i segreti dell'altro,a fare
il possibile per aiutarlo in caso di bisogno incurante degli anni di
differenza,delle difficoltà e dell'astio che di solito ci dovrebbe essere nei
rapporti fra un ragazzo ed una ragazza. -Che mi nascondi?-gli domandò la
sorella ricambiando il suo sguardo. Gus fece scivolare il labbro inferiore
fra i denti,indeciso se parlarle o meno,prima di scuotere la testa. -Niente
di importante...- Jenny lo fissò per qualche altro istante,certa che lui non
le avesse detto la verità,poi alzò le spalle. -Ok,come vuoi. Io torno di
sopra a studiare,se vuoi sono in camera mia-gli disse alzandosi in piedi e
voltandogli le spalle. Gus annuì e completò il suo sandwich,rialzando di
nuovo lo sguardo verso la porta quando la sentì tornare indietro. -Quasi mi
dimenticavo...Ha chiamato lo zio Brian,voleva parlarti. Mi ha detto di dirti
se lo richiami- Il ragazzo fece un cenno d'assenso e la osservò allontanarsi
nel corridoio. Guardò l'orologio appeso al muro accanto al frigo:erano le tre
e mezza. Quasi sicuramente suo padre era in ufficio a quell'ora...Magari lo
avrebbe chiamato dopo aver finito il suo sandwich. Prese il piatto ed uscì
dalla cucina,diretto verso il salotto,dove si sdraiò sul divano con lo sguardo
fisso al soffitto,il piatto in bilico sul proprio torace. Nonostante la sua
famiglia fosse la più inconsueta fra quella dei suoi amici,Gus non si era mai
sentito diverso dagli altri;non aveva mai avuto bisogno di uno psicologo per
affrontare quella "strana" situazione,come avevano più volte suggerito i suoi
insegnanti a scuola,scatenando la rabbia di Melanie,perchè fin da quando era
piccolo lui aveva ben chiari in mente i ruoli. Lui sapeva chi erano sua madre
e suo padre ed entrambi avevano sempre fatto del loro meglio per non fargli
mancare niente,nonostante uno vivesse in uno stato diverso dal suo. Poi
ovviamente c'erano lo zio Justin e Melanie,due figure fondamentali nella sua
vita,con un ruolo ben definito ma diverso:uno era il marito di suo padre e
l'altra era la sua seconda mamma,la persona che si esponeva in prima persona
quando c'era un problema a scuola o con un compagno di classe. Gus voleva
bene ad entrambi,in maniera indistinta,erano tutti e due parte di lui:era grazie
allo zio Justin se aveva evitato il nome Abrahm ed era con lui che,da
bambino,trascorreva gran parte delle sue vacanze quando andava a trovare suo
padre a New York o a Pittsburgh. Era stato proprio lui ad accorgersi del suo
talento e spingerlo verso l'Accademia di Belle Arti,idea subito appoggiata dai
suoi genitori. Certo poi c'erano lo zio Micheal,il padre di Jenny,lo zio Ben
e Hunter,ma Gus li aveva sempre considerati come una figura di contorno nella
sua vita,almeno finchè anche loro non si erano trasferiti in Canada. Le vere
persone fondamentali nella sua vita,quelle per cui avrebbe davvero dato la
vita,si contavano sulle dita di una mano:i suoi genitori,sua sorella,Melanie e
lo zio Justin. Nessuno finora dei tanti amici e delle varie ragazze che aveva
avuto si era meritato quel titolo,e Gus era convinto che sarebbero passati
ancora anni prima di incontrare una persona che acquistasse tanta importanza
nella sua vita. Sospirò e si rizzò a sedere,posando il piatto ormai vuoto sul
tavolino di legno poco distante dal divano. Forse era meglio sentire di cosa
voleva parlargli suo padre... Cercò con lo sguardo il portatile e,solo dopo
averlo scovato sul mobile della televisione,si alzò in piedi. Dato che non
conosceva ancora il numero del nuovo ufficio,compose il numero del cellulare di
suo padre,sentendo il segnale di libero non appena ebbe finito di digitare
l'ultimo numero. -Pronto?-risposero dall'altra parte della cornetta dopo due
squilli. -Papà,sono Gus-gli disse,quasi avesse bisogno di ricordargli il suo
nome. -Ehi sonnyboy!-lo apostrofò suo padre,un sorriso nella voce. Il
ragazzo sorrise a sua volta e abbassò la testa,come faceva sempre quando si
sentiva chiamare con quel nomignolo. Nonostante fosse ormai un uomo,suo padre
continuava a chiamarlo con in quel modo,in ricordo dell'infanzia. -Jenny mi
ha detto che mi hai cercato-gli disse sedendosi sul bracciolo di una poltrona
beige e fissando la strada che si intravedeva dalle finestre che coprivano
un'intera parete. -Già,volevo sapere se avevi impegni per questa sera;Justin
mi sta dando il tormento perchè ancora non sei venuto a vedere la casa
nuova-fece l'uomo. Gus sorrise,immaginando chiaramente uno dei classici
battibecchi fra i due uomini che quasi sempre si risolvevano con una battuta
ironica o un bacio. -Inoltre ci tenevo a parlarti di una cosa...-aggiunse suo
padre con voce seria. Il ragazzo corrugò la fronte,leggermente sorpreso dal
cambiamento repentino del tono. -Devo preoccuparmi?-gli chiese infatti. Un
sorriso arrivò fino a lui dalla cornetta,rassicurandolo lievemente,ma poi si
rese conto che in ogni caso suo padre avrebbe reagito in quel modo,anche se ci
fossero state brutte notizie. -Certo!Dovrai preoccuparti della reazione di
Justin se ci dai buca-scherzò infatti l'uomo. -Lo zio Justin mi adora...-fece
Gus con lo stesso tono scherzoso. -Non se gli fai saltare una cena all'ultimo
momento. Alle sette e mezzo?-domandò poi cogliendo l'occasione
giusta. -Cosa ti fa credere che io non abbia già altri impegni?-gli domandò
per il gusto di stuzzicarlo,ben consapevole che alla fine avrebbe accettato
l'invito. -Lo spero tanto per te,sonnyboy,ma io al posto tuo non rinuncerei a
questa cena- Gus sospirò e annuì,come se suo padre fosse nella stessa stanza
insieme a lui. -Va bene,basta che non sia una cena troppo
affollata-cedette. Sentì suo padre ridere e,di riflesso,sorrise a sua
volta. -Tranquillo saremmo soltanto noi,Justin e Victoria. Mi raccomando
non fare tardi!- Dopo i saluti,Gus restò qualche istante con lo sguardo fisso
sul telefono mentre la mente vagava alla ricerca di qualche informazione su
Victoria,la figlia dello zio Justin. Quanti anni aveva
adesso? Dodici?Tredici? Non riusciva proprio a ricordarla... Beh,almeno
quella sera avrebbero potuto recuperare il tempo perduto per via della
lontananza.
-Cosa sentono le mie
orecchie!- Vic si voltò verso Brian,appena entrato nel salotto
dall'ingresso,e si affrettò a spegnere lo stereo facendo cessare all'improvviso
la musica del pianoforte. Quel pomeriggio quando era uscita da scuola,era
andata in uno dei negozi di dischi che frequentava con Rhyes e Carly e aveva
comprato il cd contentente la canzone che quel ragazzo, Matt,stava suonando
quella mattina con tanta passione e mastria. Non sapeva se era stato per via
di quell'incontro o della breve chiacchierata con Matt,ma per le ore restanti
aveva avuto quella melodia in testa,quasi si fosse insinuata dentro di lei e non
volesse sapere di andarsene. Quando era rientrata a casa l'aveva trovata
avvolta nel silenzio così,invece di chiudersi nella sua stanza,aveva sistemato i
suoi libri sul tavolo del soggiorno e aveva acceso lo stereo,lasciando che la
musica si diffondesse per tutta la casa. Suo padre era stato il primo a
rientrare,e data l'espressione che gli si era disegnata sulla faccia Vic,corrugò
la fronte. -Sembra che tu abbia visto un fantasma-gli aveva detto prendendolo
amabilmente in giro. Lui aveva scosso la testa e aveva accennato un
sorriso. -No...E' solo che sono anni che non sentivo questo genere di
musica-le aveva detto a mo di scusa. Vic aveva messo in pausa il disco e lo
aveva fissato sorpresa. -Non ti piace la musica classica?-gli aveva chiesto
ancora curiosa. Il sorriso sul volto del padre era sparito e questi aveva
alzato le spalle. -Diciamo che non è il mio genere-aveva tagliato corto-Com'è
andata oggi a scuola?-le aveva poi chiesto. Avevano parlato per qualche altro
minuto prima che lui andasse al piano di sopra per dare un'ultima occhiata ad un
quadro che stava finendo di dipingere. -Ah tesoro,questa sera abbiamo ospiti
per cena-le aveva detto ricordandosene all'ultimo momento. Lei era rimasta in
silenzio e l'aveva fissato in attesa. -Viene a trovarci Gus,il figlio di
Brian- Vic aveva annuito:finalmente avrebbe conosciuto colui che le aveva
rubato il loft sopra il garage. -Ok,cercherò di finire in tempo per la
cena-gli aveva detto alzando le spalle. Aveva riacceso lo stereo solo quando
era stata sicura che suo padre fosse nel suo studio, abbassando il volume per
non infastidirlo più del necessario e per la successiva ora e mezza aveva
continuato a studiare senza nessun interruzione. Fino al ritorno di
Brian. -Non dirmi che anche tu non sopporti la musica classica-gli chiese
spegnendo lo stereo e alzandosi per andare a dargli un bacio di
saluto. L'uomo si tolse il cappotto,lasciandolo sulla spalliera del
divano. -Credo di essere allergico alla musica classica-le disse poi
risucchiando l'aria attraverso le labbra strette. Vic rise e scosse la
testa. -Forse se sentissi questa canzone cambieresti idea...E' davvero
fantastica!-gli disse sporgendosi verso il tavolo per prendere la custodia del
cd-Aspetta te la faccio sentire...- -Davvero Little Sunshine è meglio di
no;va a finire che mi riempio di bolle su tutto il corpo-fece Brian scuotendo la
testa. -Ma...- -Lascia perdere Vic,è una battaglia persa-le consigliò suo
padre entrando in quel momento nel salotto. Si avvicinò a Brian e lei vide
chiaramente lo sguardo che i due si lanciarono prima che suo padre gli si
fermasse di fronte per dargli un bacio di saluto,cercando di tenere la camicia
sporca di vernice rossa lontana dal completo di Brian. -Non mi avevi fatto
una promessa?-domandò Brian,un sopracciglio inarcato e lo sguardo sul viso del
biondo. -Io non c'entro nulla,ha fatto tutto Vic. E poi da quello che ho
sentito dal mio studio,non c'è neanche un violino lì dentro-rispose suo padre
prontamente,un lieve sorriso sulle labbra per convincerlo delle sue
parole. Brian si lasciò scappare un mugugno poco convinto,incuriosendo ancora
di più la ragazza. -Sarà meglio che vada a farmi una doccia...Gus sarà qui
fra poco- Diede un altro bacio a Justin e poi si avviò verso le scale. Vic
lanciò un'occhiata a suo padre e lo interrogò con lo sguardo. -Fossi in te
nasconderei quel cd,o almeno non lo ascolterei quando tuo padre è in casa-le
consigliò avviandosi verso la cucina. -Per quale motivo?-chiese
curiosa. -Hai qualche preferenza per la cena?Che ne dici del sushi?-le
domandò lui a sua volta,eludendo la sua domanda. -Non male come idea...Ma che
ne dici di un paio di bistecche?Mica stiamo aspettando uno dei vostri amici
sofisticati di New York-gli fece notare lei. Suo padre la guardò,riflettendo
sulla sua proposta e alla fine alzò le spalle. -Forse hai ragione tu-disse
poi avvicinandosi al frigo. Per qualche secondo Vic ebbe la tentazione di
porgergli ancora la stessa domanda,ma la certezza che suo padre non le avrebbe
riposto la convinse a desistere. -Sarà meglio che porti i libri di
sopra...-disse voltando le spalle al padre. -Ah,tesoro quasi
dimenticavo:questa mattina è arrivata un'email di tua madre,l'ho lasciata sulla
scrivania in camera tua-le disse il padre girando la schiena per incontrare il
suo sguardo. Vic annuì e lo ringraziò con un sorriso. -Ok,magari più tardi
la chiamo- Tornò in salotto e raccolse i propri libri dal tavolo,per poi
salire al piano di sopra:stranamente non si sentiva dell'umore adatto per una
cena,senza sapersene spiegare il motivo. A lei piacevano le cene affollate
dei suoi genitori,le erano sempre piaciute...Allora perchè quella volta doveva
essere diverso? Forse perchè non conosceva affatto Gus:l'ultima volta che lo
aveva visto lui aveva dieci anni e lei tre per il compleanno del
ragazzo! Erano due persone completamente diverse adesso...Per quanto ne
sapeva lei,poteva anche avere i capelli verdi ed essere pieno di
tatuaggi. Cosa poteva avere in comune con un tipo del genere? Scacciò quel
pensiero negativo dalla mente e si impose di non lasciarsi andare ad immagini
ancora peggiori di quella. Si lasciò cadere sulla sedia accanto alla
scrivania e lesse l'email di sua madre,dove la donna le chiedeva di andare a
trovare lei,Janet e sua sorella per il Labour Day a New York. All'email era
incluso un post scriptum di sua sorella Georgia,in cui le prometteva mari e
monti pur di convincerla a passare con loro quella festa. Vic posò il foglio
sulla scrivania con un sorriso divertito sulle labbra:sicuramente suo padre non
avrebbe fatto storie se gli avesse chiesto di andare a New York da sua
madre,anzi sarebbe stato felice di godersi un paio di giorni in piena solitudine
con Brian. Si alzò dalla sedia e lanciò uno sguardo nello specchio alla sua
figura,indecisa se cambiarsi o meno. Era la prima volta che si vedevano...era
meglio fargli una buona impressione. Tirò fuori dall'armadio una maglia a
maniche lunghe viola,e si cambiò anche i pantaloni, indossando un paio di jeans
leggermente più larghi di quelli a sigaretta che aveva indossato per tutto il
giorno. Si spazzolò i capelli,ma resistette alla tentazione di truccarsi per
evitare di sembrare ridicola. Fu allora che sentì la voce di suo padre
arrivare fino a lei dal piano di sotto. -Vic,tesoro,puoi scendere?- Dopo
un'ultima veloce occhiata nello specchio,Vic si avvicinò alla porta e stretta la
maniglia nella mano destra si lasciò andare ad un respiro profondo. Sarebbe
andato tutto bene... Attraversò il corridoio e scese le scale con un lieve
sorriso sul volto,mentre le voci dei suoi genitori arrivavano fino a lei dal
salotto. -Non avresti dovuto disturbarti Gus-sentì dire da suo padre. -E'
stata un'idea della mamma;le sembrava brutto che mi presentassi a mani
vuote,sapete com'è fatta...-sentì rispondere. Era una sua impressione oppure
conosceva già quella voce? -Già,certe abitudini borghesi sono dure a
morire-commentò Brian. Arrivata sulla soglia del salotto,vide i tre uomini in
piedi al centro della stanza,fra il divano e le poltrone,il ragazzo fra i suoi
genitori. -Devo ricordarti i regali che facevi tu un tempo,quando
ci invitavano a cena?-domandò suo padre a Brian. -Regali utili e
costruttivi-ribattè lui. Suo padre scosse la testa lasciando cadere la
discussione e solo allora si accorse della presenza di Vic nella
stanza. -Tesoro!- Sentì lo sguardo di entrambi i suoi genitori posarsi su
di lei e accennò un sorriso in risposta a quello che le indirizzò Brian,prima
che una mano dell'uomo si poggiasse sulla spalla sinistra del
ragazzo. -Little Sunshine,ti ricordi di Gus?-le domandò. Il ragazzo,si
decise a voltarsi e nell'istante in cui i loro sguardi si incontrarono Vic si
pietrificò, notando solo distrattamente la stessa reazione nel ragazzo. Era
proprio lui,l'odioso studente dell'Accademia! Restarono in silenzio a
fissarsi per quello che sembrò un tempo interminabile,finchè un pensiero
attraversò la mente di Vic:quello era il figlio di Brian,il "proprietario" del
loft sopra il garage. D'ora in avanti avrebbero passato molto tempo
insieme... Oh merda! Ma che male aveva fatto per meritarsi una punizione
simile?
Salve a
tutti!!!E buon'inizio di settimana.
Come
state?
Finalmente,dopo un'ennesimo incontro-scontro,i nostri sono stati
presentati ufficialmente,era pure ora! Ora chissà quale sarà il loro
comportamento durante la cena...
Per tutti
coloro che fossero curiosi,posto un link con la melodia suonata da Matt che ha
riportato di nuovo Vic all'Accademia favorendo il nuovo incontro con
Gus.
http://www.youtube.com/watch?v=0dPS-EHl-FE
Ringrazio
tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e mi scuso per
eventuali errori di ortografia e di battitura.
E ora i
ringraziamenti:Sweey(Meno
male!Già anche Vic ha avuto la sua dose di problemi...purtroppo), Yumisan(Era come te lo aspettavi?Stiamo
facendo un passo alla volta,ma credo sia chiaro in che direzione siamo
diretti),Scar(Grazie x i
complimenti!Senza Brian e Justin nn ci sarebbe qst storia,quindi anche se alle
volte è difficile e richiede uno studio approfondito dei personaggi,cerco di
sviluppare un futuro che sia abbastanza credibile senza xò essere smielato o
noioso),Desme(Piano piano
arriveremo anche al perchè Vic è così risoluta nel voler chiudere con
l'amore...Ma ora che ha incontrato due ragazzi carini,sarà ancora della stessa
opinione?),Asterix_c(Grazie x i complimenti!),Dany23(Prometto che ci saranno altri
flashback,in qualche modo dobbiamo pur sapere la storia fra Brian e
Justin,no?Andando avanti con la storia,Hunter ti piacerà ancora di più
credimi...),Giulia Weasley(Grazie x i complimenti!E' vero,non ha avuto dei momenti facili,ma
forse ora le cose andranno in modo diverso...),LaTuM(Complimenti,sei stata la sola a
scovare il significato nascosto nel nomignolo dato a Victoria!Ogni personaggio è
importante, anche uno cm Hunter da sempre ritenuto secondario.Tutti
sappiamo quanto Brian odiasse le coppie che perfette,qlle un pò alla Micheal e
Ben,ma ho pensato che dopo 16 anni di matrimonio qst "orticaria" doveva essergli
passata,altrimenti nn sarebbero durati cs a lungo e proprio su qst
ragionamento,ho modificato un pò il suo modo di rapportarsi a Justin:ormai sn
due uomini sposati,nn ha + senso nascondere i suoi sentimenti x il marito o
limitare le effusioni davanti agli amici...E' un altro modo silente per
dimostrargli il suo amore).
Bene,x il
momento è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox
capitolo...
"Music and
Lyrics"
Baci,Eva.
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Editor
|
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Capitolo 5 *** Music & lyrics ***
music and lyrics
Fu Justin che andò ad
accogliere Gus all'aereoporto. Quel viaggio era doppiamente importante per il
bambino,in quanto avrebbe rappresentato la prima volta di Gus in una città
diversa da Toronto e Pittsburgh,dove si recava abitualmente per le feste,ed il
primo volo che avrebbe compiuto da solo senza nessun'accompagnatore. Il
bambino aveva lottato molto perchè le due madri gli concedessero quella grande
opportunità, supportato da Brian e Justin,che lo giudicavano abbastanza sveglio
per capire che non doveva dare confidenza a nessuno sull'aereo tranne ovviamente
agli stewart e alle hostess. Alla fine quello sforzo congiunto aveva dato i
suoi frutti e Mel e Lindz avevano capitolato. Justin aveva sistemato una
delle stanze vuote in modo che fosse pronta in tempo per l'arrivo di Gus,con la
possibilità di un'ulteriore cambiamento se l'arredamento non incontrava i gusti
del bambino. -Sei sicuro di non voler venire anche tu all'aereoporto?-aveva
domandato Justin a Brian il giorno dell'arrivo mentre facevano
colazione. Brian aveva portato lo sguardo su di lui e aveva annuito. -Sai
che non sono il tipo da scene strappalacrime...Le lascio volentieri a te-gli
aveva detto con un sorriso ironico. Justin gli aveva rivolto una smorfia che
lo aveva fatto ridere,prima di alzarsi in piedi e stendere invisibili grinze sul
completo Dolce & Gabbana. -A che ora arriva il volo?-gli aveva chiesto
mentre si avvicinava al biondo fermandoglisi davanti. -Alle undici,quindi
faremo un salto nel tuo ufficio verso mezzogiorno;ce la fai a liberarti per il
pranzo?-gli aveva domandato Justin ottenendo un cenno di assenso dal
compagno. -E' questo il bello di essere il boss-aveva scherzato. Finita la
colazione tutti e due avevano preso la propria strada,con il proposito di
ritrovarsi di lì a qualche ora. Quando era arrivato all'aereoporto,l'aereo
proveniente da Toronto non era ancora atterrato,quindi Justin si era sistemato
in bella vista fuori dalle uscite internazionali in modo da essere ben visibile
quando le porte si aprivano sui passeggeri in arrivo. Alle undici e un quarto
i passeggeri del volo da Toronto avevano iniziato ad uscire ed il biondo si era
guardato attentamente intorno per evitare che Gus gli passasse davanti agli
occhi senza che lui se ne accorgesse,ma fu solo quando anche gli ultimi
ritardatari ebbero attraversato le porte, che Justin vide uscire un ragazzino
alto poco più di un metro,parzialmente nascosto dietro un carrello portabagagli,
accompagnato da una hostess. -Zio Justin!-aveva esclamato non appena lo aveva
visto. Lui gli era andato incontro e lo aveva abbracciato,sollevandolo
leggermente da terra fra le risate del bambino. -Guarda chi si vede!Hai fatto
buon viaggio?-aveva domandato al bambino rimettendolo a terra e posando lo
sguardo sul suo volto. Era incredibile la somiglianza già evidente fra Brian
e Gus:ogni volta che si incontravano i due avevano sempre più punti in
comune. Il bambino gli aveva sorriso con il classico sorriso targato Kinney
prima di annuire. -E' andato tutto bene!Mi hanno fatto anche vedere la cabina
di pilotaggio...-gli aveva raccontato entusiasta. Justin aveva riso prima di
ringraziare l'hostess che lo aveva accompagnato e prendere la valigia. Per
tutto il tragitto dall'aereoporto alla Kinnetic,Gus gli aveva raccontato
minuziosamente quello che era successo durante il viaggio,fermandosi
saltuariamente per gettare qualche occhiata estasiata fuori dal
finestrino. Ma una volta arrivati nell'edificio che ospitava la
Kinnetic,Justin non era riuscito a trattenere una risata divertita notando
l'espressione sbigottita sul volto di Gus. -A Toronto non ci sono palazzi
così alti-gli aveva detto il bambino mentre si dirigevano verso
l'ascensore. -Aspetta di vedere il palazzo dove abitiamo,è ancora più
alto-aveva risposto l'uomo. Si erano incamminati per i corridoi che Justin
ormai conosceva a memoria e si erano diretti verso la sala riunioni,visibile da
tutti i corridoi grazie alle pareti trasparenti,con l'intento di aspettare la
fine della riunione nel corridoio per non disturbare il lavoro di Brian. Ma
il loro arrivo era stato notato anche dall'uomo che si era scusato con i suoi
collaboratori ed era uscito dalla stanza per andare loro incontro. -Ehi
sonnyboy!- Non appena aveva sentito la voce del padre,il viso di Gus si era
illuminato e vedendolo a pochi metri di distanza,era corso verso di lui finendo
fra le braccia aperte di Brian. Justin avrebbe potuto restare ore ad
osservare i due:amava il modo in cui Brian si rapportava con il
bambino,dimenticando il resto del mondo e concentrandosi soltanto su di
lui. -Come è andato il viaggio figliolo?-gli aveva chiesto fissando il suo
volto. -Bene!Ho fatto amicizia con le signorine che lavoravano
sull'aereo,hanno detto che mi vengono a trovare quando passano per Toronto-gli
aveva raccontato entusiasta. Brian aveva sogghignato. -Sarà contenta mamma
Mel...- Il suo sguardo si era poi posato su Justin e,continuando a tenere Gus
contro il fianco destro,si era sporto verso di lui per dargli un bacio. -So
che ti avevo detto che sarei stato libero,ma la riunione si sta rivelando più
lunga del previsto; vi dispiace aspettare nel mio studio così poi possiamo
andare a pranzo insieme?-gli aveva domandato. Il biondo aveva scosso la
testa. -Fa con calma...Io e Gus ci divertiremo a mettere in disordine il tuo
ufficio,vero Gus?-aveva detto chiamando in causa il bambino. -Certo-era stata
la pronta risposta. Dopo la riunione,Brian si era preso il resto della
giornata libera per poter stare con Gus e Justin:pranzarono tutti e tre
insieme,mentre il bambino non la smetteva un istante di raccontare tutto quello
che di importante era successo nella sua vita nei mesi che erano stati
lontani,facendo ridere i due uomini. Finito il pranzo Brian e Justin lo
avevano portato a casa perchè sistemasse le sue cose e telefonasse a Lindz per
raccontarle quel primo giorno a New York,e rassicurasse Mel sul fatto di essere
ancora vivo. Quando finalmente erano riusciti a mettere a letto il
bambino,Brian si era lasciato cadere sul divano accanto a Justin,la testa sulle
sue gambe,stanco ma chiaramente felice per la giornata appena conclusa. -Se
avessi saputo che era questo che ci si aspettava da me,ci avrei pensato mille
volte prima di invitarlo-aveva sospirato chiudendo gli occhi. Justin aveva
sorriso,una mano che gli accarezzava i capelli,senza prenderlo sul serio neanche
per un'istante:sapeva che quello era il modo contorto in cui Brian esprimeva la
felicità per la presenza di Gus lì con loro. La presenza di Gus aveva portato
una novità inaspettata nella loro routine quotidiana:il primo giorno,ad un certo
punto della nottata il bambino si era alzato per andare in bagno e,una volta
finito,invece di tornare nella sua stanza,si era diretto nella camera del padre
e di Justin, sistemandosi sopra le coperte,al centro del letto. Quando i due
uomini si erano accorti della sua presenza,troppo stanchi per portarlo nella sua
stanza,si erano limitati a coprirlo con le coperte per evitare che prendesse
freddo,sprofondando di nuovo nel sonno. Dando così il via ad una consuetudine
che si era ripetuta ogni notte. Tutte le mattine,dopo colazione,mentre Brian
andava all'agenzia per qualche ora per controllare che tutto fosse apposto,in
modo da poter passare il pomeriggio con Justin e il bambino,i due restavano a
casa impegnati con i compiti di Gus,o a fare qualche "scarabocchio" nello studio
di Justin. In quelle due settimane,nonostante il freddo sempre più
pungente,girarono New York in lungo ed in largo:visitarono la Statua della
Libertà e il Museo di Storia Naturale,il Planetario e lo Zoo. Justin portò
Gus alla galleria di Sophia presentandolo alla donna e a Janet,facendo
innamorare entrambe le donne del bambino. -Si vede che è figlio di
Brian...-aveva commentato Sophia. -Già,da grande farà strage di cuori-aveva
convenuto lui. Il Giorno del Ringraziamento,nonostante i ripetuti tentativi
di Brian di convincere Justin a cenare in un ristorante, questi aveva preparato
il tacchino,il ripieno e la torta di mele,che Gus adorava,mentre padre e figlio
fingevano di guardare il SuperBowl alla televisione. -Avreste anche potuto
darmi una mano-si era lamentato il biondo quando si erano messi a
tavola. -Sai che assomigli sempre di più ad una delle mogliettine di
Stepford?-lo aveva preso in giro Brian con un sorriso divertito. Quello era
stato uno dei giorni più belli della vita di Justin:quel momento,vedere Gus e
Brian seduti attorno al tavolo che scherzavano fra di loro durante la cena,gli
aveva fatto capire che finalmente aveva quello che aveva sempre
sperato,desiderato e per cui aveva lottato tanto. Anche se per poco
tempo... Quelle due settimane passarono troppo in fretta e,prima che se ne
rendessero conto,era già arrivato per Gus il momento di tornare a casa. Per
rendere l'ultima sera indimenticabile Justin e Gus sistemarono una tenda
canadese nel salotto,dopo averlo sgombrato da quanti più mobili
possibile. Quando Brian era tornato dall'ufficio e aveva trovato il salotto
semideserto e la tenda al posto del divano era rimasto interdetto per qualche
istante prima di guardare Gus,che rideva sotto i baffi,e Justin. -Siamo stati
derubati?-aveva chiesto ai due. Entrambi avevano scosso la testa. -Questa
notte dormiamo in tenda papà!-aveva esclamato Gus incapace di trattenersi
ancora. Brian aveva portato lo sguardo sul volto di Justin e aveva visto il
biondo alzare le spalle con aria innocente. -Me lo ha chiesto lui...E poi io
non ho mai usato l'attrezzatura che ho comprato per la Liberty Ride-aveva
aggiunto a sostegno della sua idea folle. Il moro aveva sospirato. -Ho
trent'anni,mi ci vedi a dormire per terra in un sacco a pelo?-gli aveva
domandato mentre Justin gli si avvicinava. -Trentasei-aveva precisato
beccandosi un'occhiataccia da parte del compagno,prima di posargli una mano sul
petto-Inoltre non dormirai per terra:ho sistemato uno dei migliori piumoni nella
tenda,in modo che nonostante il sacco a pelo dormiremo comodi- Brian aveva
sospirato,cedendo,e l'altro lo aveva ringraziato con un bacio. Quella stessa
sera,nel cuore della notte,Justin si era svegliato per colpa di un piede di Gus
che premeva sul suo stomaco,e si era accorto dell'assenza di Brian. Cercando
di fare il minimo rumore possibile,era uscito dalla tenda e si era incamminato
nel corridoio verso la camera da letto,ma a metà strada si era fermato
scorgendolo nella stanza che Gus aveva occupato fino a quel momento. Si era
fermato sulla soglia e lo aveva osservato mentre sdraiato sul letto osservava la
carta da parati con le piccole mongolfiere del soffitto. -Scusa,ma quella
tenda mi stava dando la claustrofobia...-gli aveva detto senza staccare gli
occhi dal soffitto. Justin era entrato nella stanza e si era seduto ai piedi
del letto,posando una mano sulla gamba destra del moro. -Stai bene?-gli aveva
chiesto leggermente preoccupato. Brian aveva alzato le spalle,con fare
noncurante,facendo annuire Justin:come al solito avrebbe dovuto cavargli le
parole di bocca. Era evidente che stava male per l'imminente partenza di
Gus,ma avrebbe preferito le torture piuttosto che ammetterlo. -Mi mancherà
non averlo in giro per casa tutto il giorno...-aveva detto,cercando di spingerlo
ad ammettere i suoi sentimenti. Brian aveva sospirato e si era rizzato a
sedere nel centro del letto,poco distante da lui. -Sapevamo che era una cosa
di breve durata;il generale Mel non avrebbe mai permesso che restasse di
più-aveva commentato Brian evitando il suo sguardo. -Questo però non
significa che non tornerà più:è rimasto talmente impressionato da New York che
vorrà tornarci il prima possibile...Ce lo ritroveremo fra i piedi prima di
quanto credi-gli aveva detto con la speranza di farlo sorridere. Ancora una
volta l'altro aveva annuito distratto. Justin allora aveva sospirato e gli
aveva preso il viso fra le mani e lo aveva costretto ad incontrare il suo
sguardo. -Mancherà anche a me,ma tuo figlio ti adora...Non hai idea di quanto
sia fiero di te,e soprattutto soffre per la lontananza quasi quanto te e visto
che è testardo almeno quanto te farà di tutto per tornare qui alla prima
occasione-aveva ripetuto con maggiore convinzione. I loro occhi si erano
fissati per un lungo istante prima che le mani di Justin lasciassero andare il
viso del compagno,permettendogli così di posare la testa sulla sua spalla
sinistra. Erano rimasti così a lungo,finchè Brian non si era lasciato andare
ad un lungo sospiro e aveva rialzato la testa,baciandolo più volte. -Hai
ragione...E' solo che sarà strano non vederlo più girare per casa-aveva
commentato poi. -O sentirlo mentre si infila sotto le coperte in piena
notte...-aveva aggiunto l'altro con un sorriso che aveva coinvolto anche il
moro. L'attimo dopo il viso di Brian si era fatto serio. -Beh una
soluzione ci sarebbe-aveva detto. -Melanie ci darebbe la caccia in capo al
mondo se stai pensando di rapire Gus-aveva scherzato Justin con un
sorriso. Brian aveva scosso la testa. -Che ne dici di un bambino?- A
quelle parole Justin aveva risposto con una risata leggera. -Certo
tesoro...Devo solo smettere di prendere la pillola e poi potremo provare ad
avere un figlio-aveva ironizzato. L'altro aveva scosso la testa,un'improvvisa
espressione seria sul volto. -Sto parlando sul serio Justin- L'aveva visto
abbassare lo sguardo prima di respirare rumorosamente. -Ascolta,perchè non
torniamo a letto?Sono le tre del mattino,non è il momento adatto per fare questa
conversazione-aveva proposto l'altro alzandosi in piedi,fermandosi poco distante
dal letto. Ma prima che potesse allontanarsi maggiormente,la mano di Brian
era scattata attorno al suo polso sinistro,fermandolo. -Senti so che può
sembrare folle detto da me,ma perchè no? Non è quello che desideri da
sempre?-gli aveva domandato senza allontanare lo sguardo dal suo viso. -E
tu?Perchè vuoi avere un figlio con me? La settimana scorsa non hai voluto che
portassi a casa quel gatto randagio,e ora vuoi addirittura avere un
bambino? Perchè domani Gus andrà via e tu sentirai la sua mancanza?Beh,non
funziona così:non possiamo creare un suo sostituto...Non sarebbe giusto nè per
Gus nè per il bambino-aveva risposto l'altro con voce seria. Brian non aveva
mai lasciato il suo sguardo,limitandosi a trattenerlo per il polso per evitare
che si allontanasse prima di aver finito quella
discussione. -Justin...- -Senti...Io lo so che in questo momento lo vuoi
davvero, e ti amo per questo,ma so anche che quando saremo tornati alla solita
vita,ti renderai conto che questa ti piace così com'è-aveva detto sporgendosi
verso di lui,avvicinando il viso al suo. Il moro aveva premuto le labbra una
contro l'altra,prima di alzare le spalle,sapendo che era quello che Justin si
aspettava da lui. Le labbra del biondo si erano posate sui suoi capelli e
quando era tornato a guardarlo,Brian aveva incontrato il sorriso che lo
caratterizzava. -Ora che ne dici di tornare di là e provare a dormire un
pò? Domani sarà una giornata pesante-
Non riusciva a
staccargli gli occhi di dosso. Quanto tempo era passato da quando i loro
sguardi si erano incontrati? Secondi,minuti,ore? Quanto tempo ancora
avrebbero potuto continuare così prima che i suoi genitori si accorgessero che
c'era qualcosa di strano? La sua lingua sembrava un corpo morto nella
bocca:non sarebbe riuscita a parlare neanche con un miracolo. Ma anche se ne
fosse stata capace cosa avrebbe dovuto dire?Doveva far finta di niente e fingere
di non aver mai visto Gus prima di allora oppure doveva raccontare ai due uomini
la figuraccia che aveva fatto il primo giorno di scuola? No,assolutamente
no! Sforzando i muscoli facciali riuscì a sorridere affabile,muovendosi verso
il gruppo con la mano tesa per stringere quella di Gus. -Piacere di
conoscerti...Sono Victoria-gli disse. Un lampo attraversò gli occhi del
ragazzo prima che un sorriso malandrino gli stendesse le labbra
sottili. -Victoria,è davvero incredibile quanto tu sia cresciuta!-le disse
venendole incontro. Strinse la mano in quella della ragazza
e,inaspettatamente,con un veloce scatto del braccio la tirò verso di sè portando
il suo viso ad una distanza ravvicinato da quello di Vic;lei lo osservò da sotto
in su per cercare di capire cosa avesse in mente,incontrando per pochi secondi
il suo sguardo, prima che Gus le posasse un bacio su entrambe le
guance. Dopodichè si allontanò,lasciandole addosso il lieve ricordo del suo
dopobarba. -Quando è stata l'ultima volta che ci siamo visti?-domandò poi
guardando ora suo padre ora Justin. Brian alzò le spalle. -Dal tuo decimo
compleanno-rispose pronto Justin-Dev'essere stata l'ultima volta che Vic è
venuta a Toronto,giusto tesoro?-chiese lanciando uno sguardo alla
ragazza. Vic annuì distratta:ora tutto quello che voleva era tornare in
camera sua ed evitare quella cena. -Paura dell'aereo?-le domandò Gus portando
di nuovo lo sguardo su di lei. Victoria accennò un sorriso in risposta a
quello ironico che campeggiava sulle labbra del ragazzo e scosse la
testa. -Affatto;mi divertivo di più a Pittsburgh-rispose cercando di
mostrarsi affabile. -Questo è sempre stato un mistero per me...-commentò
Brian facendo ridere il marito. -Che ne dite di andare di la?Io comincio ad
avere una certa fame-si intromise Vic cercando di ridurre al minimo la durata di
quella cena. I genitori si guardarono per qualche secondo,quasi scambiandosi
un messaggio in codice,prima di posare di nuovo lo sguardo su di lei e
Gus. -Perchè invece voi non finite di apparecchiare in sala pranzo mentre io
faccio vedere a Gus il loft?-propose Brian accompagnato subito da un cenno di
assenso di suo padre. Vic sospirò e dopo aver alzato le spalle si era diretta
verso la sala da pranzo. Tanti pensieri le giravano per la testa cozzando uno
contro l'altro:fino a poche ore prima era convinta di poter instaurare una
convivenza pacifica con Gus,anche se questi le aveva rubato l'appartamento sopra
il garage e non lo vedeva da anni,per il bene della famiglia,ma ora quell'idea
era sparita quasi del tutto. Come poteva Brian avere un figlio così
antipatico e odioso?Possibile che fosse davvero tutta colpa delle sue due madri
come Brian diceva sempre? Concentrata su quei pensieri,aveva registrato
soltanto vagamente l'arrivo di suo padre in cucina e, quando si era voltata dopo
aver preso i piatti dalla credenza,l'aveva trovato a fissarla. -Che c'è?-gli
aveva chiesto. -Va tutto bene?-le domandò lui. Vic aveva alzato le
spalle. -Perchè non dovrebbe?- Senza aspettare la sua risposta aveva preso
i piatti e si era incamminata in corridoio fino alla sala da pranzo,sempre
seguita da suo padre. -Ho avuto l'impressione che la presenza di Gus ti
infastidisse-le disse lui andando per tentativi. Quelle parole portarono Vic
a chiedersi quanto evidente fosse stata la sua reazione alla vista di Gus,prima
di scuotere la testa facendo ondeggiare i boccoli. -Non dirmi che sei
gelosa-aggiunse poi con quello che voleva essere un tono
scherzoso. Nonostante tutti i pensieri che le occupavano la mente,Vic
sorrise:davvero suo padre credeva che lei potesse essere gelosa di un tipo
simile? Alzò lo sguardo,un piatto a mezz'aria in attesa di essere posato sul
tavolo,e fissò il volto di suo padre. -Che motivo avrei di essere gelosa di
Gus?-chiese. L'uomo alzò le spalle,posando entrambe le mani sulla spalliera
della sedia davanti a lui. -Non lo so,ho solo pensato che potesse darti
fastidio il fatto che con lui abbiamo un rapporto più...-tentò di spiegarle non
trovando le parole adatte. -Amichevole?Alla mano?-gli suggerì lei. Justin
annuì facendola sorridere:quello era stato il suo ultimo
pensiero. -Tranquillo papà,è tutto a posto...A parte il fatto che mi ha
rubato il loft sopra il garage-disse con il solo scopo di tranquillizzare il
padre,riprendendo poi ad apparecchiare la tavola. Sentì su di sè il suo
sguardo per qualche altro istante finchè non lo sentì mugugnare. -Come
vuoi...Sarà meglio che vada a dire a quei due di sbrigarsi!-aggiunse
poi. Rimasta sola,Vic si lasciò andare ad un sospiro profondo,prima di
chiudere gli occhi,cercando in qualche modo di calmarsi. Doveva soltanto
superare indenne quella cena. Poteva farcela!Del resto non aveva superato di
peggio?
-Hai una faccia orribile- -Buongiorno anche a te
Carly-la salutò Vic fermandosi sul marciapiede e seguendo con lo sguardo il SUV
che si allontanava velocemente. -Scusami Vic,ma almeno io che ti sono amica
devo dirtelo-ribattè prontamente la ragazza. In fin dei conti,Carly non aveva
tutti i torti. La sera prima la cena era andata per le lunghe mentre il
"figliol prodigo" raccontava di quello che gli era successo negli ultimi tre
mesi,spaziando dall'Accademia alla famiglia per finire alle ragazze, argomento
che quasi sicuramente ai suoi genitori non interessava. Ma il fatto che
avesse parlato quasi ininterrottamente era stata una salvezza per lei,evitandole
così di dover intervenire spesso e di dover dire la sua,permettendole così di
restare in silenzio e fingersi interessata mentre la sua mente spaziava in
tutt'altra direzione. Fortunatamente non si erano trovati da soli neanche una
volta,impossibilitati così di parlare del loro inaspettato incontro,nonostante i
loro sguardi si fossero incrociati più volte,facendole scorgere ogni volta
quella scintilla maliziosa nei suoi occhi castani che vi aveva scorto fin dal
loro primo incontro-scontro. Quando finalmente Gus si era deciso ad
andarsene,era mezzanotte passata. -Ho dormito poco ieri sera-tagliò corto la
bionda. In attesa dell'arrivo di Rhyes,fuori dal liceo,Vic si strinse la
sciarpa attorno al collo per combattere il vento freddo che scompigliò i
capelli. -Come è andata la cena?-le domandò poi Carly,ricordandosene solo in
quel momento-Questo Gus è bello come Rage?- Vic si limitò ad alzare le
spalle. -Sì,diciamo di sì...-minimizzò. Era più che bello...Forse
avrebbero dovuto inventare un sinonimo soltanto per descrivere la sua
particolare bellezza. Era qualcosa che aveva notato fin da subito,ancor prima
di sapere il suo nome. Ma questo non toglieva nulla al fatto che fosse anche
la persona più spocchiosa che avesse mai conosciuto. Come tutte le
mattine,una bicicletta nera si fermò a poca distanza da loro e,con lo zaino a
tracolla,ne scese Rhyes. Le due ragazze lo salutarono con un cenno del capo e
questi,dopo aver ricambiato il saluto, si chinò per sistemare il lucchetto
attorno alla ruota anteriore. -Che ne dite di tornarcene tutti a
casa?-propose Carly sfregando le mani per riscaldarle. -Perchè non a casa di
Vic?-disse prontamente Rhyes senza alzare la testa. Quel piccolo siparietto
si ripeteva ogni mattina,mentre tutti e tre cercavano la voglia di fare i pochi
metri che mancavano all'ingresso del liceo,quindi Vic accennò un sorriso e alzò
le spalle. -Basta che stiate lontano dalla piscina e dalle
scuderie...-rispose. -Potremmo mai usarla quella piscina?-domandò
Rhyes,questa volta alzando la testa verso di lei. -Che ne dici di aspettare
la primavera?Oppure hai intenzione di congelarti le chiappe?-lo bacchettò
Carly. Rhyes sospirò e tornò ad alzarsi in piedi,sistemandosi accanto a
Vic. -Tutto questo interesse per le mie chiappe...Ammettilo che sei
innamorata di me-la stuzzicò ironico. Vic rise,alzando il colletto del
cappotto,quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla sinistra. -Ehi
Sweetie- Sentendo di nuovo quel soprannome,Vic chiuse gli occhi
indispettita:perchè non usava il suo nome ora che lo conosceva? -Quante volte
ancora devo...Matt!- Si era voltata pronta a strigliarlo per bene,ma le
parole le si bloccarono in gola quando,al posto di Gus, vide Matt che veniva
verso di lei. Il ragazzo accennò un sorriso e,con due lunghi passi,la
raggiunse e si fermò a pochi metri da lei. -Scusa-disse subito
sorridendole-Ma ieri il mio amico è entrato prima che potessi dirmi il tuo nome
e ho pensato che così magari non avrei fatto girare tutte le ragazze del
liceo...-le spiegò scusandosi. Lei sorrise in risposta e allontanò un boccolo
che il vento le aveva portato davanti agli occhi. Nonostante sentisse su di
sè lo sguardo di Matt,unito a quello curioso di Carly e Rhyes,si concesse
qualche altro istante prima di rispondere,mentre i suoi occhi indugiavano sul
volto rilassato del ragazzo,restando di nuovo colpita dal suo sguardo. Le
avevano sempre detto che avevano dei begli occhi,che il suo sguardo era
speciale,ma affondare negli occhi verdi di Matt la portava a pensare che finora
le avevano raccontato solo balle. -Victoria-si decise a rispondere. Matt
sorrise e annuì lentamente come se volesse,con quel gesto,memorizzarsi il suo
nome, facendola sorridere a sua volta per quell'atteggiamento un pò
adolescenziale. La prima campanella del liceo arrivò fino a loro,portando i
tre ragazzi a voltare la testa verso l'edificio di mattoni rossi. -Forse è
ora di andare-commentò Carly,con poca voglia. Vic annuì e sorrise un'ultima
volta a Matt. -Mi ha fatto piacere rivederti;ci vediamo in giro...-disse
pentendosi l'attimo dopo delle sue parole. Ma da dove le usciva una frase
simile? Adesso avrebbe pensato che era una ragazzina viziata o qualcosa di
simile! Vergognandosi,gli voltò le spalle e fece un paio di passi verso il
liceo. -E quello chi è?-le bisbigliò curiosa Carly,prendendola
sottobraccio. Proprio in quel momento tutti e tre sentirono la voce di Matt
che la richiamava costringendoli a voltarsi di nuovo e portando Vic a zittire
Carly per evitare che facesse dei commenti inappropriati. -Perchè non
oggi?-le domandò Matt fermandosi di nuovo davanti a lei,la borsa a tracolla che
si muoveva contro il suo fianco destro facendo rumore. Vic aggrottò
leggermente la fronte e lo fissò,incerta se aveva capito bene o meno. -Tu hai
detto ci vediamo...Perchè non oggi?Che ne dici di pranzare insieme?-le domandò
subito dopo. Vic socchiuse leggermente la bocca,sorpresa dalla sua proposta e
per qualche secondo non seppe come rispondere. -Veramente avrei già un
impegno con loro e non so se...-disse poi guardando ora Carly ora Rhyes. I
due scossero la testa prontamente. -Ah,veramente noi abbiamo parlare con il
professore di trigonometria,quindi avremmo dovuto rimandare lo stesso-intervenne
prontamente Rhyes supportato da Carly che annuì. Vic guardò i due amici
scettica prima di riportare lo sguardo su Matt che stava sorridendo,
perfettamente consapevole di quello che stava succedendo. -Ti prometto che
arriverai in tempo per le lezioni e che ti suonerò la tua canzone preferita-le
disse poi per convincerla. A quelle parole Vic sorrise e
annuì. -Perfetto!A più tardi allora...Ora scappo che sono davvero in
ritardo!-le disse poi lanciandole un ultimo sguardo prima di correre verso
l'Accademia. Vic lo osservò allontanarsi di corsa,ancora stupita per la
proposta che Matt le aveva fatto e che lei l'avesse accettata. Un leggero
colpo di tosse la riportò con i piedi per terra e le fece incontrare gli sguardi
dei due amici. -Cos'è questa storia del professore di trigonometria?-domandò
ad entrambi mentre si avviavano velocemente verso la classe di
biologia. Rhyes scosse la testa,come se quel gesto fosse una risposta
sufficente alla sua domanda e le mise una mano sul braccio sinistro. -No no
no...Ora ci racconti come fai a conoscere quel fusto dagli occhi di cerbiatto-le
disse curioso-E mi raccomando non essere avida di particolari-
-Hai da fare oggi pomeriggio?- Matt alzò la testa e
lo guardò perplesso:ogni volta che Gus gli aveva fatto quella domanda c'era
sempre qualcosa di nascosto,di taciuto che aspettava la sua risposta per essere
rivelato. Come l'ultima volta,quando lo aveva convinto a fare quasi duecento
miglia per raggiungere un paesino sperduto dove era sicuro di trovare la
tonalità perfetta di colore che stava cercando per un dipinto. -Perchè?-gli
domandò guardingo. L'amico alzò le spalle,mostrandosi distratto,poggiando
entrambi i gomiti sul pianoforte nonostante Matt gli avesse detto più volte che
la cosa lo infastidiva. -Volevo portare alcune cose nel loft sopra il garage
a casa di mio padre e avevo bisogno di una mano...Te la sentiresti?-gli
domandò. -Ti hanno appena dato le chiavi e già vuoi trasferirtici?Tua madre
che ne pensa?-gli chiese leggermente curioso. Conosceva Melanie e Lindz da
quando aveva quattordici anni e,fin dal primo istante,aveva sviluppato una
simpatia istantanea con le due donne:erano completamente diverse una dall'altra
ma riuscivano ad integrarsi perfettamente. Tutto il contrario della sua
famiglia:i genitori di Matt si erano separati quando lui aveva nove anni,ed
essendo figlio unico,lui era stato al centro della battaglia legale per
l'affidamento,che alla fine era stato concesso a sua madre,con cui lui non
andava particolarmente d'accordo. Suo padre si era risposato,ed aveva avuto
un'altra figlia,Sally,che Matt considerava sua sorella a tutti gli
effetti. -A lei sta bene che passi del tempo con mio padre e lo zio Justin
ora che ne ho la possibilità...E poi chi sarebbe tanto pazzo da rinunciare
all'offerta di un loft tutto per sè?-gli domandò subito dopo. Matt abbozzò un
sorriso e annuì,d'accordo con lui. -Allora ci stai?-gli chiese ancora
Gus. L'amico sospirò e annuì,cedendo a quell'attacco
martellante. -Perfetto!Ho pensato di andare a casa mia subito dopo scuola per
prendere le cose più importanti...- -Vestiti e porno?-scherzò l'altro. Gus
rise e scosse la testa. -No!Vestiti,porno e l'occorrente per la
scuola-precisò poi. I due ragazzi risero,facendo risuonare le loro risate per
la stanza silenziosa per qualche istante prima di guardarsi di nuovo. -Ok,ora
basta!Che ne dici di andare a pranzo?-gli domandò Gus,rimettendosi in posizione
eretta. -Ecco veramente oggi dovrai trovarti qualcun'altro con cui
pranzare:sto aspettando una persona...- Un sorriso malandrino apparve sul
viso di Gus,che aggirò il pianoforte per accostarsi all'amico e dargli una
leggera pacca sulla spalla sinistra. -Hai capito il nostro Casanova!Non mi
hai detto niente per paura che te la soffiassi,eh?-scherzò dandogli una seconda
pacca sulle spalle. Matt scosse la testa e scivolò leggermente sul seggiolino
del pianoforte,allontanandosi dall'amico. -Ma piantala! Inoltre è qualcuno
che conosci anche tu,ma che non sembra esserti molto simpatica...-commentò il
biondo. Gus aggrottò le sopracciglia,passando in rassegna tutte le ragazze
che conosceva per cercarne una che fosse conforme alle parole
dell'amico. -Non starai parlando di Suzie della classe di
Scultura,vero?-tentò. Matt scosse la testa,un sorriso divertito sulle
labbra. -No!Per carità...Sto parlando di Victoria,anche se forse tu non
conosci il suo vero nome,visto che ieri l'hai chiamata "Sweetie"- Il viso di
Gus si immobilizzò a quelle parole,cristallizzato dalla sorpresa:Matt aveva
appuntamento con Victoria? La stessa Victoria con cui aveva passato la sera
precedente?La figlia dello zio Justin? -Ma è una ragazzina,va ancora al
liceo-si ritrovò a ribattere senza neanche accorgersene. Matt alzò le
spalle. -Da quello che ho visto finora è una ragazza simpatica,educata e
soprattutto molto carina. Le ho chiesto di pranzare insieme oggi,così avrò
modo di capire se la mia prima impressione è giusta o se invece è una gallina
senza cervello come tutte le ragazzine di quell'età... Inoltre è una grande
fan della mia musica-gli spiegò. Gus restò in silenzio ripensando alla sera
precedente,al senso di incredulità che aveva provato quando aveva scoperto che
Sweetie e Victoria erano la stessa persona,a come quel sentimento era stato
sostituito dal sollievo quando aveva capito che lei non aveva intenzione di
raccontare niente del loro primo incontro ai loro genitori e a tutte le volte
che i loro occhi si erano incontrati per pochi secondi,prima che lei spostasse
lo sguardo altrove,chiaramente infastidita dalla sua presenza. Lo considerava
una minaccia? Magari non era disposta ad accettare i cambiamenti che
inevitabilmente la sua presenza avrebbe comportato nella sua vita. Allontanò
la mente da quei pensieri e accennò di nuovo quel sorriso malizioso che lo
contraddistingueva. -Allora sarà meglio che ti lasci il campo libero...Non
vorrei finire a fare il terzo incomodo- Lo salutò ed uscì dall'aula per
dirigersi verso la mensa. Ma lanciando uno sguardo verso la sua destra lungo
il corridoio vide una figurina venirgli incontro e capì immediatamente di chi si
trattava. Senza neanche sapersi spiegare il perchè,le andò incontro ed un
sorriso gli incurvò le labbra quando la vide fermarsi non appena lo ebbe
riconosciuto. Con passi cadenzati e senza nessuna fretta le si avvicinò fino
a fermarlesi davanti,le mani affondate nelle tasche della giacca di pelle e le
fece un cenno con la testa. -Ehilà Sweetie,qual buon vento? La mensa del
liceo è più scadente del solito oggi?-le domandò ironico. Si accorse subito
del cambiamento d'espressione sul volto della ragazza,ma continuò a sorriderle
ironicamente. -Victoria. Cerca di impararlo visto che per nostra immensa
sfortuna saremo costretti a passare tanto tempo insieme. A meno che tu non
voglia che i nostri padri inizino a martellarci con mille domande- Gus la
fissò in silenzio per qualche secondo,fissando i suoi occhi azzurri che
sembravano un cielo in tempesta. -Cercherò di fare del mio meglio,ma non
posso assicurarti nulla-la stuzzicò. La vide premere le labbra una contro
l'altra,fulminandolo chiaramente con lo sguardo;si portò una mano fra i capelli
biondi e li allontanò per qualche istante dalla fronte prima che i boccoli le
ricadessero in modo disordinato sulle spalle. -Tu lo sapevi?-gli domandò poi
sorprendendolo-Sapevi chi ero?- Gus scosse la testa. -Come avrei
potuto?L'ultima volta che ti ho visto eri una mocciosa-le rispose con aria
saccente. Vic atteggiò la bocca in una posa stizzita prima di distenderle in
un sorriso forzato. -Sì,anche tu eri più simpatico allora-commentò. Fermi
uno di fronte all'altra,gli occhi che non accennavano ad allontanarsi,rimasero
in quella posizione per qualche altro istante,quasi volessero entrambi mostrare
la propria forza sull'altro. -Matt ti sta aspettando-disse alla fine
Gus. Le voltò le spalle e percorse all'indietro il corridoio che aveva fatto
pochi minuti prima,passando davanti all'aula dove Matt stava sistemando alcuni
spartiti musicali sul leggio del pianoforte e girando a destra in un altro
corridoio che conduceva all'uscita di emergenza. Spinse il maniglione
antipanico e si ritrovò sulla scala anti incendio. Il vento freddo gli mozzò
il fiato per qualche secondo,giusto il tempo necessario per fargli prendere le
sigarette da una delle tante tasche della giacca e per accenderne
una. Appoggiò la schiena contro il muro di mattoni e fissò il parcheggio
riservato ai professori davanti a sè. Era la prima volta che una
ragazza riusciva a tenergli testa:era qualcosa di impensabile per lui
abituato alle ragazze che non facevano altro che ridacchiare alle sue battute e
giochi di parole. Tirò una lunga boccata alla sigaretta e mentre gli
ritornavano in mente le parole di Victoria buttò fuori il fumo:avrebbero dovuto
passare molto tempo insieme. Ci sarebbe stato da
divertirsi...
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Capitolo 6 *** All the things that makes life worth living ***
all the things that
"Who can say
if I've been Changed for the better? I do believe I have been
Changed for the better and because I knew you I have been changed for good"
"Chi può dire
se sono cambiato in meglio? Io credo di esserlo e,grazie a te, sono
cambiato per sempre"
Gus ripartì la
mattina successiva. Brian lo salutò prima di scappare al
lavoro,abbracciandolo forte e promettendogli che sarebbe potuto ritornare a
trovarli anche per le vacanze di Natale se le sue mamme non avrebbero avuto
niente da ridire. Justin lo accompagnò all'aereoporto e anche lui lo
abbracciò a lungo prima di consegnarlo all'hostess incaricata di prendersi cura
di lui durante il volo,riuscendo a trattenere le lacrime finchè non si trovò di
nuovo in macchina. Sapeva che sia lui che Brian avrebbero sentito la mancanza
di quella piccola peste... Ritornò a casa e si chiuse nel suo studio cercando
di distrarsi dai mille pensieri che gli affollavano la mente,non riuscendo però
a trovare neanche un'ispirazione decente,limitandosi a fissare la tela bianca
sul cavalletto. Ad un certo punto di quell'infinita giornata il telefono era
squillato facendolo sussultare e facendogli scottare le dita con la cenere della
sigaretta. -Pronto?- -Sono io...-disse Brian dall'altra parte della
cornetta. Justin restò in silenzio,in attesa di quello che Brian aveva da
dirgli,cercando di combattere i ricordi rumorosi nella sua testa. -Ha
chiamato Lindz;Gus è arrivato sano e salvo a Toronto. Credevo ti facesse
piacere saperlo-lo informò. Justin annuì,quasi come se l'altro fosse lì nella
stessa stanza con lui e potesse vederlo. -Ok,ora devo tornare al lavoro-fece
ancora Brian,dopo qualche istante di reciproco silenzio. -Va bene,ci vediamo
a casa...-lo salutò Justin. Chiuse la telefonata e posò il portatile sul
pavimento dello studio accanto al suo sgabello, lasciandosi andare ad un sospiro
rumoroso. Le parole non dette,quel silenzio fra di loro era assordante e
riportava alla memoria ricordi di un passato doloroso e mai veramente
dimenticato:in tanti anni di vita insieme soltanto un'altra volta si erano
ritrovati a vivere nel silenzio ed era stato quando lui aveva perso la testa per
Ethan. Certo adesso la situazione e le circostanze erano diverse,ma perchè
gli sembrava tutto così simile? Si passò una mano fra i capelli,sollevando la
zazzera bionda dalla fronte e fissò i listelli del parquet nocciola del
pavimento,ripensando alla conversazione che avevano avuto quella notte. Un
figlio... Il mondo stava davvero andando alla rovescia se Brian Kinney voleva
avere un figlio con lui. Ma il mondo non aveva già iniziato a girare al
contrario quando Brian si era trasferito a New York per stare con lui? I
motivi che la sera prima gli sembravano così giusti,ora gli sembravano soltanto
scudi dietro quali nascondersi per evitare di soffrire ancora. E lui ne
sapeva qualcosa su quell'argomento;c'erano stati dei momenti durante la sua
relazione con Brian che aveva avuto l'impressione di essere diventato un
punching-ball umano atto solo a ricevere le frecciate ed i colpi
dell'uomo! Ogni volta era riuscito a rimettere insieme i pezzi e a
ricominciare da capo,ma cosa sarebbe successo se lo avesse seguito in questa
follia del bambino e si fosse trovato improvvisamente da solo? Ne sarebbe
uscito devastato...Era per questo che non poteva rischiare. Inoltre era certo
che Brian sarebbe tornato quello di sempre non appena la lontananza da Gus
avesse smesso di farsi sentire così forte. Ma ancora una volta dovette
ricredersi. Le due settimane seguenti al ritorno a Toronto di Gus furono
contraddistinte dal silenzio che caratterizzava tutti i momenti che passavano
insieme. Più volte Justin aveva provato a parlare con il compagno,cercando di
risolvere quella situazione ma ogni volta doveva fare un passo
indietro,anteponendo il lavoro di Brian a loro due. Almeno fino a quella sera
di inizio dicembre. Brian era tornato a casa al solito orario,aveva posato la
ventiquattrore sul tavolo che usava sempre per lavorare ed era andato nella loro
camera da letto per spogliarsi prima di dirigersi verso il bagno per farsi una
doccia. Justin aveva seguito i suoi spostamenti con lo sguardo,senza perderlo
d'occhio finchè non era entrato in bagno. Ascoltando il rumore dell'acqua
corrente si era sdraiato sul divano e aveva fissato il soffitto, chiedendosi per
la millesima volta se faceva bene ad affrontare quell'argomento e rispondendosi
per l'ennesima volta che doveva farlo. Anche se questo poteva portare delle
conseguenze negative. Quando il rumore era cessato,erano passati soltanto
pochi minuti prima che Brian tornasse in salotto,scalzo con i capelli ancora
bagnati ed i pantaloni di tuta blu ed una canotta bianca indosso. -Che fai
lì?-gli aveva domandato lanciandogli un'occhiata. Justin aveva alzato le
spalle. -Pensavo...- Brian aveva sogghignato mentre si avvicinava al
divano e posava entrambe le mani sullo schienale rigido. -Lo sai che non ti
fa bene-aveva risposto. Justin aveva accennato un sorriso e lo aveva fissato
per qualche istante prima di issarsi a sedere sul divano. -C'è qualcosa che
ti preoccupa-aveva sentenziato Brian. L'altro aveva annuito e aveva preso un
respiro profondo,raccogliendo tutto il coraggio possibile per prepararsi al
discorso che stava per fare. -Hai ragione...Sono preoccupato per questo
silenzio- La fronte di Brian si era accigliata,cercando un senso a quelle
parole,lo sguardo sempre fisso sul volto del biondo. -Se il problema è solo
questo potresti accendere lo stereo- Justin aveva scosso la testa. -No,non
è questo il problema. Mi preoccupa il silenzio fra me e te-aveva
precisato. -E' per caso uno di quei momenti che piacciono tanto alle
lesbiche?No,perchè lo sai che mi fanno venire l'orticaria-aveva detto subito
Brian staccandosi dal divano e voltandogli le spalle. Justin si era alzato in
piedi e aveva fissato la sua schiena,deciso a non lasciar cadere
l'argomento. -Mi preoccupa il fatto che da quando se ne è andato Gus non mi
parli più se non per le cose importanti o quando siamo a letto!- Lo vide
fermarsi ad una decina di passi da lui e,nonostante Brian fosse ancora voltato
di spalle, Justin era certo che lo stesse ascoltando. -E' ovvio che senti la
mancanza di Gus,ma ho paura che ci sia anche qualcos'altro, qualcosa per cui sei
arrabbiato con me-aveva ripreso. Brian si era voltato e gli aveva lanciato
uno sguardo a metà fra il divertito ed il sarcastico. -Davvero?-gli aveva
chiesto con voce ironica. Justin aveva annuito senza farsi intimorire nè dal
tono di voce nè dallo sguardo che non accennava a staccarsi dal suo
volto. -Sì,e so per certo che sei arrabbiato per quella storia del
bambino- -E perchè dovrei?Oh aspetta...Forse perchè l'uomo che dice di amarmi
più di ogni altra cosa non vuole avere un figlio con me?-lo aveva punzecchiato
il moro. Justin lo aveva fissato per qualche istante sconcertato:da quando si
erano ribaltati i ruoli? Da quando era Brian quello che aveva bisogno di
rassicurazioni,quello pieno di insicurezze? Poi un lampo gli attraversò la
mente aiutandolo a capire:era sempre stato così,ma fino a quel momento era
riuscito a mascherarlo meglio. Quando erano a Pittsbugh quei momenti erano
competenza di Micheal:era sempre stato una specie di tramite fra loro due,era
lui che si sorbiva il cattivo umore,le sfuriate di Brian riuscendo sempre a
mostrargli la giusta ottica delle cose. Justin aveva scosso la testa,in modo
sconsolato allontanandosi di qualche passo dal divano restando però a debita
distanza dal moro. -Sei veramente un coglione certe volte...Possibile che non
ci arrivi? Per anni hai negato con te stesso e con gli altri che ti
importasse qualcosa di me,che mi amavi,ed ora improvvisamente mi proponi di
creare una famiglia insieme? Una famiglia Brian...Qualcosa che tu stesso
definisci destinato al fallimento. Non credi di potermi concedere almeno
qualche dubbio?- Lo sguardo di Brian era concentrato sul suo
volto,imperscrutabile,attento a non perdersi neanche una parola
dell'altro. Justin,in un gesto concitato,si era passato una mano fra i
capelli ed aveva preso fiato in quel lungo monologo,allontanando lo sguardo dal
moro e fissandolo sul pavimento. -Tu sai che avere una famiglia nostra
sarebbe il mio sogno più grande,lo è sempre stato...Ma sono terrorizzato dalla
possibilità che tu possa cambiare idea,possa decidere che un figlio non era
quello che veramente volevi e che hai fatto quella proposta solo perchè Gus
stava per partire. Non voglio mettere in pericolo questo equilibrio
fragile...-aveva concluso rialzando lo sguardo sul suo volto. Brian aveva
fatto un piccolo cenno con la testa,il labbro inferiore che scivolava fra i
denti;Justin aveva sospirato di nuovo e si era coperto gli occhi con la mano
destra cercando di riprendersi dopo quel momento. -Pochi giorni dopo la tua
partenza per New York,Micheal mi ha trascinato al Babylon-aveva detto
Brian,portando l'altro ad alzare di nuovo lo sguardo su di lui. Aveva fatto
un passo avanti,ora la distanza di loro era diminuita,ma Justin non se la sentì
di imitarlo. -Era un cumulo di macerie,un rottame,pronto per essere
abbattuto. Io non volevo neanche uscire,ma Micheal mi aveva costretto a forza
di calci e una volta al locale voleva costringermi a salire sulla pedana insieme
a lui e a ballare,nonostante non ci fosse musica. Alla fine mi ha detto
qualcosa che è riuscita a smuovermi...- -E sarebbe?-aveva chiesto Justin,la
fronte leggermente aggrottata. -Mi ha detto "Tu sei e resterai per sempre
Brian Kinney"-aveva risposto l'altro. Confuso,Justin era rimasto in
silenzio,aspettando il resto del racconto certo che quelle parole avrebbero
trovato un senso. -Così spinto dalle parole di Mikey mi sono dato una
smossa:ho ripreso a lavorare,ho riaperto il club,ho provato anche a portarmi a
letto due o tre tizi del Babylon. Ma non ha funzionato...Qualcosa era
diverso. -Ho passato mesi cercando di capire perchè la mia vita,esattamente
identica a come l'avevo sempre vissuta ora non mi soddisfacesse più. Finchè
non ho visto il tuo quadro in televisione-aveva aggiunto soffiando via le parole
con il respiro. -Il quadro?Vuoi dire il tuo ritratto?-gli aveva chiesto
Justin. Brian aveva annuito. Era la prima volta in sei anni di
fidanzamento(poteva azzardarsi a chiamarlo così?),che Brian si permetteva di
essere così aperto e sincero con lui:doveva considerarlo un buon
segno? Oppure questa volta l'aveva fatta talmente grossa che prima di
lasciarlo Brian aveva intenzione di farlo sentire piccolo e
insignificante? -Per la prima volta dopo mesi,sapevo cosa volevo... Il
servizio non era ancora finito che ero attaccato al telefono a parlare con un
agente immobiliare- -Brian scusami,ma non capisco dove porta tutto
questo...-lo aveva interrotto il biondo. L'altro aveva fatto un altro paio di
passi verso di lui,un lieve sorriso ad inarcargli le labbra. -Micheal si
sbagliava quella sera. E' vero,per gran parte della mia vita sono stato un
bastardo arrogante capace solo di inveire contro l'amore il matrimonio ed i
figli perchè ero convinto che se tutte le famiglie erano come la mia allora era
meglio tenersene alla larga. Però poi ho incontrato te- Si era fermato
davanti a lui e aveva posato le mani sulle sue spalle,fissandolo negli
occhi. -Tu sei riuscito a stravolgere la mia vita senza che me ne
accorgessi,facendomi sentire la tua mancanza quando eri lontano e il desiderio
di non lasciarti mai andare via quando eri con me. Sei forse l'unica persona
che mi conosce veramente,e che mi ama nonostante i miei difetti-aggiunse
accennando un sorriso. Justin aveva abbassato lo sguardo per pochi istanti
concedendosi un sorriso,prima di tornare a fissare i suoi occhi. -Se ora
penso alla famiglia in modo diverso è merito tuo:nelle due settimane che Gus è
stato qui ho visto con quanta pazienza lo seguivi,come organizzavi tutte le
sue giornate perchè non si annoiasse o non sentisse troppo la mancanza di Lindz
e Mel;fosse stato per me saremmo rimasti tutto il tempo a casa davanti alla
televisione-aveva commentato. -Sai che non è vero!L'avresti portato sulla
Luna se solo te lo avesse chiesto...-aveva risposto l'altro con voce
sicura. Brian aveva annuito distrattamente,posando una mano sul retro del
collo. -Quella sera mi hai chiesto perchè volevo un figlio con te. Sul
momento non sono stato capace di darti una risposta pronta,magari una di quelle
frasi sdolcinate che ti piacciono tanto,ma ora mi rendo conto che non ce ne è
motivo...-gli aveva detto fissandolo negli occhi. Justin sentì il suo cuore
aumentare i battiti,leggermente spaventato da quelle parole,le labbra intente a
torturare la parete morbida del labbro inferiore. -Che vuoi dire?-gli aveva
chiesto con un filo di voce. Brian lo aveva fissato per qualche secondo in
silenzio,facendo aumentare con quell'attesa l'ansia che stava divorando
entrambi. -Voglio avere un figlio con te perchè ti amo e perchè sei la sola
persona con cui potrei mai immaginare di costruire una famiglia. Se questa è
una motivazione valida per due etero che hanno vissuto anche solo la metà di
quello che abbiamo condiviso io e te,perchè non può esserlo anche per
noi?- Sentirgli dire che lo amava a solo un anno di distanza dall'ultima
volta gli mozzò il fiato in gola per qualche istante. Buttò fuori il fiato e
restò qualche altro secondo ad ascoltare il silenzio che avvolgeva la stanza ora
che Brian aveva finito di parlare ed aspettava una sua risposta. Non abituato
a vederlo così "sincero":l'ultima volta che Brian si era comportato in quel modo
era stato quando gli aveva fatto la proposta di matrimonio a Britin ed entrambi
sapevano come era finita. Chi gli assicurava che anche questa volta non
avrebbero iniziato a dare di matto? Erano davvero pronti per assumersi
un'incarico così grande,senza la minima preparazione o senza aver prima
riflettuto mille volte? Ah cazzo!Odiava avere tutti quei dubbi!!! Era
qualcosa che credeva di essersi lasciato alle spalle;ora era una persona
stabile,con un carriera da artista promettente e con un uomo che
l'amava. Quei pensieri schizzati non erano qualcosa che dovevano appartenere
al passato? Poi una flebile luce si era fatta strada in mezzo a quel
groviglio di pensieri:quelle non erano le stesse preoccupazioni che affliggevano
tutti quelli che si trovavano ad affrontare quell'argomento? Chiunque
affrontasse il problema "bambini e famiglia",preparato o meno,iniziava a dare di
matto. Almeno in quello non erano diversi da tante altre coppie
etereo... Coppie che,come Brian gli aveva appena ricordato,non avevano
passato neanche la metà di quello che avevano vissuto loro durante gli anni
della loro relazione. Fu quel pensiero ad aiutarlo a capire. -Ok- Gli
occhi di Brian si assottigliarono e lo fissarono mentre Justin annuiva per
confermare le sue parole. -Ok?Possibile che rispondi sempre allo stesso modo
ogni volta che ti faccio una domanda importante?-gli aveva domandato
sarcastico. Justin aveva riso e si era lasciato abbracciare,nascondendo il
viso nel suo petto per pochi secondi prima di rialzare lo sguardo sul volto
dell'uomo e sorridergli. -Mettiamo su famiglia!Ma avrei una richiesta...-gli
aveva detto stringendogli le braccia attorno alla vita. Brian aveva fatto un
cenno con il capo per incitarlo ad andare avanti. -Vorrei essere io il padre
di questo bambino...sempre che per te vada bene-aveva aggiunto subito
dopo. Il moro lo aveva fissato con un lieve sorriso sulle labbra prima di
alzare le spalle. -Mi sembra giusto.La vita di Gus è già abbastanza
complicata,senza aggiungerci un altro fratello-aveva convenuto accarezzandogli i
capelli biondi-E poi non mi dispiace l'idea di avere un piccolo raggio di sole
in giro per casa-aveva aggiunto poi. Justin si era illuminato nel suo solito
sorriso prima di alzarsi in punta di piedi e posare le labbra sulle quelle di
Brian. -Ti amo,lo sai?- Si,lo sapeva.
Nessuno sapeva del loro
arrivo. Quando Micheal lo aveva chiamato pochi giorni prima per sapere se
avevano intenzione di tornare a Pittsburgh per festeggiare insieme il suo
compleanno,Brian gli aveva risposto che avevano troppi impegni a New York e che
non potevano assolutamente allontanarsi dalla città. Neanche per ventiquattro
ore e soprattutto non per una cosa così irrisoria come un
compleanno. Dall'altra parte della cornetta Micheal aveva mandato loro i
peggiori improveri per quella mancanza di tatto e per il modo in cui si stavano
velocemente allontanando dai vecchi amici e dalla famiglia prima di attaccare il
telefono in faccia a Brian. Per questo non fu una sorpresa non trovare il
comitato di accoglienza ad attenderli all'aereoporto eccetto l'autista dell'auto
a noleggio,che prese le loro borse e le caricò nel portabagagli di un Hammer con
i vetri oscurati. Brian diede all'uomo l'indirizzo del loft e lasciò andare
la testa all'indietro contro lo schienale del sedile. Justin aspettò qualche
istante che il compagno trovasse la posizione giusta prima di sistemare la testa
contro la sua spalla sinistra, subito attirato più vicino dal braccio del
moro. -Tutto ok?-chiese Justin osservandolo in quella distanza
ravvicinata. Brian annuì. -E' solo l'aria di Pittsburgh...Ormai non c'ero
più abituato-gli rispose. L'altro sorrise e chiuse per qualche istante gli
occhi,respirando il profumo intenso del dopobarba di Brian. -Non è un pò
troppo eccessiva questa macchina?-gli domandò poi senza riaprire gli
occhi. Brian rispose con un mugugno. -La colpa è tua...Ormai sei diventato
famoso-aggiunse poi. -Ma piantala!Qui non siamo mica a New York,non corro il
rischio di essere riconosciuto se camminiamo per strada-ribattè Justin
guardandolo con sguardo ironico. Era successo soltanto un paio di
volte,durante quelle poche puntate a Central Park che si erano concessi,ma Brian
non la smetteva più di prenderlo in giro. Justin si allontanò da lui quel
poco che gli serviva per infilare una mano in tasca e tirare fuori il
cellulare. -Te l'hanno mai detto che una gravidanza dura nove mesi?- Il
biondo incontrò di nuovo il suo sguardo e lo fissò qualche istante cercando di
dare un senso alle sue parole. -Non farai abbreviare i tempi se continui a
stare attaccato a quel telefono-aggiunse Brian. -Hai ragione,lo so che hai
ragione... Sophia finirà per odiarmi se continuo così-convenne Justin,il
cellulare ancora stretto fra le dita della mano sinistra. Brian alzò le
spalle,preferendo evitare di dire la sua su quell'argomento. Sapeva benissimo
di non poter fare nessun paragone fra la gravidanza di Lindz e quella di
Sophia,perchè della prima aveva soltanto dei ricordi confusi:il massimo del suo
impegno era stato venire in tazza e consegnarla a Mel,lavandosene le mani per i
seguenti nove mesi. Naturalmente grazie a Micheal,Debbie e tutti gli altri
aveva saputo che tutto procedeva bene e che il bambino era sano e forte,ma
certamente non avrebbe vinto il premio come "Padre dell'Anno". Invece quella
volta,per interposta persona,stava vivendo tutte le fasi della gravidanza:aveva
vissuto sulla sua pelle il periodo dell'astinenza,comprendendo perfettamente il
malumore di Ben quando i suoi rapporti con Micheal erano stati drasticamente
interrotti,quello dell'inseminazione e dell'attesa, fino allla notizia della
gravidanza. -E se per questi giorni ti consegnassi il mio cellulare?- -C'è
qualche numero interessante nella rubrica?-gli chiese interessato Brian. Il
ragazzo aveva sorriso prima di scuotere la testa e di cedergli il
telefono. -No,credo che tu ti sia già fatto tutti i nominativi della mia
rubrica...Ma potresti lo stesso tenerlo per me evitando così che cada nella
tentazione di assillare Sophia con le mie chiamate- Brian aveva alzato le
spalle. -Mi sembra un'idea sensata-disse prendendo il cellulare dell'altro e
infilandolo in una tasca del cappotto. Justin gli sorrise e gli diede un
bacio lieve prima di tornare a posare la testa sulla sua spalla. Dai
finestrini il panorama cominciava ad essere quello familiare che li aveva
accompagnati per tanti anni:riconobbero alcuni negozi di abbigliamento e si
sorpresero trovando anche a Liberty Avenue uno Starbuck. -Questo quartiere
finirà per omologarsi come tutti gli altri...-commentò triste Brian. -Beh ci
sarà sempre il Babylon a ricordare i vecchi splendori-ribattè Justin. L'auto
passò accanto al Diner e tutti e due fissarono il locale finchè questo non fu
sparito dalla loro vista. Almeno c'era qualcosa che non cambiava
mai... -Come credi che reagiranno alla notizia?-gli domandò Justin muovendo
la testa sulla sua spalla in modo da incontrare il suo sguardo. -Al
solito:Ted sarà il primo che si congratulerà con noi,Micheal ci fisserà per
qualche minuto a bocca aperta prima di iniziare a sbraitare e Debbie e Emmett ci
sommergeranno con le loro lacrime-riassunse perfettamente il moro. -Io credo
che anche Micheal si commuoverà quando saprà come vogliamo chiamarla-aggiunse
Justin. Brian sogghignò,premendo le labbra una contro l'altra,lo sguardo
fisso dinanzi a sè. -Non vedo l'ora di vedere le loro facce-gli
confessò. -Mi prometti di non ridere?-gli chiese Justin,ben sapendo di poter
fare poco affidamento su quella promessa. -Ci posso provare-disse infatti il
moro prima di avvicinare le labbra alle sue. L'Hammer si fermò davanti al
loro palazzo e li aiutò a scaricare le borse,ripartendo subito dopo. Tornare
nel loft fece uno strano effetto a Justin;era la prima volta che vi ritornava
dopo quasi un anno. L'ultima volta che c'era stato il suo stato d'animo era
completamente diverso:era convinto che la sua storia con Brian sarebbe finita di
lì a poco,visti i pochi sforzi che l'altro stava facendo per manterla viva e
quando se ne era andato aveva dato uno ultimo sguardo a quelle stanze come aveva
fatto quella mattina lontana di tanti anni prima dopo aver raccolto tutte le sue
cose prima di tornare da Ethan. Ora,invece,ritornava da "padrone di casa",se
così poteva definirsi:per la prima volta in sei anni,quella era davvero casa
sua. -Sai dovresti portarmi in braccio oltre la soglia di casa-gli disse dopo
aver posato la propria borsa sul divano bianco. Il suono di un sorriso gli
era arrivato alle orecchie,facendolo sorridere a sua volta. -Non siamo mica
sposati...Stiamo solo per avere un figlio- Justin fece un respiro profondo
lasciandosi avvolgere dal suono di quelle parole:amava sentirglielo dire. Era
forse la più grande prova d'amore che Brian potesse dargli. Che importava se
il loro matrimonio era andato a monte o se sarebbe dovuto passare un altro anno
prima di sentirgli dire di nuovo che lo amava? Fra quattro mesi ci sarebbe
stata la prova evidente di quell'amore. Perchè era soltanto per amore Brian
Kinney aveva messo da parte le sue paure e aveva iniziato a pensare ad un futuro
insieme. Si voltò e gli si avvicinò fino ad allacciargli le braccia attorno
al collo,un sorriso felice che ancora aleggiava sul suo volto. -Dillo
ancora- Un lieve sospiro uscì dalle labbra dischiuse di Brian prima che
questo mugugnasse divertito. -Finirai per trasformarmi in una
lesbica-commentò come al suo solito. -Già!Faresti di tutto per rimangiarti la
tua promessa- La risata di Brian era risuonata per il salotto prima che il
moro facesse un movimento con il capo per avvicinarsi al viso di Justin e posare
le labbra sulle sue. Quella sera erano rimasti a casa,riappropriandosi di
quegli spazi troppo a lungo disabitati e facendo l'amore in ogni stanza del
loft,addormentandosi sfiniti quando mancavano poche ore
all'alba.
-E' incredibile quello che è stato capace di
dire...Ed io stronzo che l'ho anche chiamato per invitarli qui oggi!- Micheal
aveva ripetuto più volte a chiunque avesse avuto la voglia,o la sfortuna,di
capitargli accanto in quegli ultimi giorni il suo racconto di come si era svolta
la telefonata con Brian. Tutti erano rimasti sorpresi dal modo distaccato in
cui Brian aveva chiuso la discussione,senza neanche ribattere quando il suo
migliore amico aveva accusato lui e Justin di aver dimenticato i vecchi
amici. -Lo sai come è fatto Brian-disse Ben cercando di mettere a tacere quel
discorso. I due uomini si erano presentati,con Hunter al seguito,a casa di
Debbie per il grande pranzo che la donna dava in onore del figlio ad ogni suo
compleanno. Sulla strada,a pochi metri dalla casa di Debbie avevano visto
venire loro incontro Ted e Blake,e una volta entrati,vi avevano trovato ad
aspettarli Mel e Lindz arrivate la sera prima insieme ai bambini da Toronto in
modo che JR fosse presente al compleanno del suo papà. Emmett era arrivato
poco dopo,sempre di corsa per via dei mille impegni del suo lavoro. -Non è
una giustificazione!-ribattè Micheal in tono deciso. -Tesoro perchè non
cerchi di rilassarti e di goderti la tua festa?-gli chiese la madre dalla cucina
senza neanche voltarsi a guardarlo. Conosceva a memoria quel discorso che
ogni volta si ripeteva sempre uguale,senza grandi cambiamenti:Brian si
dimenticava di qualcosa,o il suo comportamento diventava peggiore del
solito,provocando la reazione di Micheal che ogni volta,nonostante lo conoscesse
da una vita, rimaneva sempre deluso dall'amico. -Credete che quei due abbiano
problemi?-domandò Emmett portando in tavola un'insalatiera di vetro piena di
purè di patate. Tutti si lanciarono occhiate perplesse:in fondo erano mesi
che Brian e Justin vivevano lontano, dando poche notizie oltre quelle che
uscivano sui giornali,come avrebbero potuto sapere se c'era qualcosa che non
andava? -L'ultima volta che Gus è stato da loro,ha detto che era tutto come
al solito. Sono anche andati a pattinare sul ghiaccio-raccontò
Lindz,ricordando quel particolare. Ben sorrise,cercando di immaginarsi Brian
con i pattini ai piedi mentre cercava di non cadere. -Ted tu lavori con
lui,possibile che non sai niente?-gli domandò Debbie affacciandosi nella sala da
pranzo. L'uomo rise chiaramente divertito prima di scuotere la
testa. -Io?Ce lo vedete Brian che viene a confidare i suoi più intimi segreti
a me? Lo ha fatto solo una volta e soltanto perchè lo avevo costretto...Però
io non ho colto nessun segno di crisi-disse loro. -Non possono semplicemente
avere altri impegni?-chiese loro Hunter,dalla sua posizione sul divano,
intromettendosi nel discorso. -Ehi ragazzino!Non ti hanno insegnato ad alzare
la mano prima di parlare?-fece Debbie, cercando di proteggere Micheal da quelle
parole. Questi però scosse la testa,lo sguardo perso nel vuoto:Hunter aveva
ragione. Forse la lontananza era riuscita dove le incomprensioni e le
diversità non erano riuscite:magari Brian a New York aveva trovato amici più
cool da portarsi dietro,qualcuno molto più sexy di lui, che non sembrasse il suo
"caso pietoso" e si stava facendo la sua nuova vita senza di lui. Lo aveva
lasciato indietro... Fu proprio mentre era immerso in quei pensieri neri che
due colpi decisi vennero sferrati sulla porta di casa. Tutto il gruppo seduto
sul divano voltò la testa verso l'ingresso e Debbie apparve dalla cucina con un
mestolo di legno leggermente sporco di sugo stretto nella mano
sinistra. Carl,essendo il più vicino alla porta,si alzò dalla sua poltrona e
si avviò verso l'ingresso seguito a due passi di distanza da Gus e
JR. Un'espressione sorpresa apparve sul volto dell'uomo quando vide i due
uomini fermi sulla soglia: sembravano impegnati in una conversazione,ma quando
Carl aprì la porta entrambi voltarono la testa verso di lui e gli
sorrisero. -Salve,è questo il Grand Hotel Novotny?-domandò Brian. Una
risata stese le labbra di Carl prima che si facesse da parte per farli
entrare,mentre all'interno un rumore di passi concitati annunciò l'arrivo di
tutti gli altri nel piccolo ingresso. Il primo a raggiungere i due fu Gus
che,con due passi veloci,si gettò fra le braccia del padre facendosi issare in
alto. -Guarda guarda chi abbiamo qui...Mr sonnyboy-disse voltandosi verso
Justin e piegandosi in modo che la testa di Gus finisse sulla spalla sinistra
del biondo fra le risate del bambino. -Il nostro piccolo agente
segreto-aggiunse il biondo aiutandolo a sistemarsi di nuovo in posizione
eretta. -Hai visto papà?Te l'avevo promesso che non avrei detto niente!-disse
Gus chiaramente soddisfatto di sè. Brian accennò un sogghigno ed annuì prima
di posargli un bacio fra i capelli e lanciare uno sguardo ai suoi
amici,perfettamente schierati a semicerchio attorno a loro. -Gus!Tu lo
sapevi?-domandò Lindz al figlio,chiaramente sorpresa. Il bambino annuì
proprio mentre il padre lo rimetteva a terra. -E perchè non hai detto niente
alla mamma?-chiese ancora la donna. -Papà mi aveva detto di non farlo-rispose
Gus con semplicità. Lindz tornò a fissare i due uomini che,uno accanto
all'altro,avevano iniziato a togliersi i cappotti. -Che c'è?-chiese ad un
tratto Brian. Ted trattenne una risata per evitare di beccarsi
un'occhiataccia e Emmett scosse la testa nel suo classico modo prima di
avvicinarsi a Justin e abbracciarlo. -E' bello rivederti tesoro-gli disse
dandogli un bacio sulla guancia sinistra. -Sì però andiamoci piano con le
effusioni,d'accordo?-ribattè Brian lanciando un'occhiata ai due. -Non dirmi
che sei diventato geloso-commentò Debbie facendo un passo avanti per salutarli e
lasciando un segno di rossetto sulla guancia di Justin prima di stringerlo in un
abbraccio. -Infatti non lo dico-fece il moro prima di ricevere lo stesso
trattamento. Solo quando il balletto degli abbracci fu finiti Brian lanciò
uno sguardo a Micheal,che per tutto il tempo lo aveva fissato da un angolo
dell'ingresso,indeciso se arrabbiarsi per il comportamento di Brian o essere
felice per la sua comparsa a sorpresa. Ben sapendo che toccava a lui la prima
mossa,Brian gli andò incontro e gli indirizzò un ghigno divertito che si
accentuò quando vide l'espressione indispettita che campeggiava sul volto di
Micheal. -Tanti auguri Mikey!-fece poi. L'amico sbuffò e gli lanciò
un'occhiataccia. -Sei veramente uno stronzo!-gli disse-Non potevi dirlo
subito che saresti venuto?- -Non sarebbe stato nel mio stile,non
credi?-chiese a sua volta Brian. Micheal si ritrovò ad essere d'accordo con
lui,e la cosa lo infastidì ancora di più. -Oh andiamo...Non lo sai che ti
vengono le rughe se continui a guardarmi così?-gli domandò prima di avvicinarsi
e dargli un bacio sulle labbra chiuse. Micheal si lasciò baciare quasi fosse
un segno di riappacificazione e,quando tornarono a separarsi,gli lanciò uno
sguardo circospetto. -Visto quello che ti inventi ad ogni mio compleanno devo
aspettarmi qualche altra sorpresa?-gli domandò poi. Il ghigno sul volto di
Brian si accentuò,diventando un vero sorriso e prima che questi potesse
rispondere,Justin si avvicinò ai due e annuì. -Credimi,sarà un compleanno che
non dimenticherai tanto facilmente-gli disse prima di tornare a voltarsi verso
Debbie-Posso lasciarla qui?-disse alzando la mano destra che fino a quel momento
aveva stretto i manici di una scatola rossa. Finiti i convenevoli e smaltita
almeno in parte la sorpresa per quell'arrivo improvviso,tutto il gruppo si
spostò in sala da pranzo. Justin si fece raccontare cosa era successo nella
vita dei suoi amici scoprendo così che Emmett aveva cambiato fidanzato già tre
volte,ma che era abbastanza sicuro di aver trovato nell'ultimo la sua anima
gemella;che Mel,neanche tre anni dopo essere entrata a far parte di quello
studio legale,ne era diventata una degli associati più importanti con ottime
probabilità di diventare socia nel giro di un paio d'anni e che Lindz aveva
ripreso ad insegnare Storia dell'arte in un liceo di Toronto. La vita di
Micheal,Ben e Hunter era trascorsa tranquillamente durante quell'anno:grazie
alle lunghe telefonate fra lui e Micheal per via di "Rage",Justin sapeva che
Hunter era stato accettato alla Brown e che sarebbe partito a settembre e che
Ben continuava il suo lavoro all'università unito al suo lavoro
letterario. -E voi che ci raccontate?Com'è la vostra vita?-domandò Emmett
curioso quando ebbero finito di pranzare. Brian alzò le spalle,quasi volesse
racchiudere in quel solo gesto quell'anno di vita a New York. -Andiamo!Voglio
qualche dettaglio sui locali di New York!-lo incitò ancora Emmett. -Ecco non
è che li frequentiamo poi tanto...Ci saremmo stati sì e no un paio di
volte-rispose Justin attirandosi lo sguardo sorpreso degli amici. Quando
avevano deciso di raccontare del bambino ai loro amici,Brian e Justin avevano
convenuto di dover andare per gradi,far abituare i ragazzi all'idea che le cose
erano cambiate da quando vivevano a Pittsburgh,altrimenti quando avrebbero
saputo che stavano per avere un figlio avrebbero finito per avere tutti un
infarto. -Brian Kinney che non frequenta i locali?-domandò Ted
incredulo. -Tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro Theodore:sono sempre
io che ti butto giù dal letto la mattina alle cinque per parlare di lavoro-gli
fece notare Brian. L'uomo annuì,deglutendo il sorso d'acqua in
fretta. -Certo,ma avevo quest'idea assurda che fossi appena rientrato da una
notte in giro per locali-gli confessò sinceramente. Brian scosse la
testa. -La tua ammirazione per me alle volte supera davvero il limite-si
limitò a commentare. -Per caso vi hanno buttato fuori da tutti i locali per
atti osceni?-domandò scherzosamente Micheal cercando un senso a quel cambiamento
improvviso da parte dell'amico. Questa volta fu Justin a scuotere la testa,un
sorriso divertito sulle labbra. -No...E' solo che il più delle volte siamo
troppo stanchi per uscire,oppure abbiamo qualche altro impegno per via del mio
lavoro o di quello di Brian-spiegò loro. -Avete incontrato qualche attore
famoso?-tornò a chiedere Emmett sentendo riaccendersi il suo
interesse. -Brian si è occupato della pubblicità per "Wicked" e per "Le
Miserables",così siamo andati alla prima mi abbiamo conosciuto qualcuno degli
attori...Sono anche riuscito a strappare qualche autografo-raccontò
Justin,ancora eccitato al solo ricordo. -E' stato veramente imbarazzante...La
prossima volta ci andrò da solo,così eviterò di fare certe figure!- ricordò
Brian in tono sarcastico. -Certo,come se te lo lasciassi fare-ribattè
l'altro. -Ma che cazzo vi è preso a tutti e due?-domandò Debbie facendo
voltare entrambi su di lei. Solo in quel momento i due uomini si accorsero
che tutti li stavano fissando come se li vedessero per la prima volta. -Che
vi prende?-domandò Justin con voce incerta. -E lo chiedi a noi?Voi sembrate
due persone completamente diverse...-commentò Ted. A quelle parole Justin si
accorse che non c'era niente di più vero in quello che Ted aveva appena
detto. Ora erano...felici. Forse non c'era altra parola per spiegare come
si sentivano ed era normale che i loro amici,abituati a drammi e problemi a non
finire,si trovassero leggermente spiazzati in quell'atmosfera serena e
rilassata. Doveva essere scioccante rivederli dopo un anno e non
riconoscerli. -Non state per caso fingendo?-domandò Micheal,esprimendo in
parole un pensiero improvviso. Brian aggrottò la
fronte. -Fingere?- L'amico annuì. -Dai non far finta di non aver
capito:magari vi siete lasciati e non avete il coraggio di dircelo-spiegò
poi. Lo sguardo di Brian saettò verso Justin,incontrando subito i suoi occhi
e,senza parlare,si sporse verso di lui e posò le labbra su quelle del
biondo,facendo scivolare la lingua nella sua bocca e sfiorando quella dell'altro
che gli venne incontro con lo stesso entusiasmo di sempre,senza preoccuparsi di
quanto quel gesto potesse apparire maleducato. -Hai ancora qualche
dubbio?-gli chiese Brian quando si staccò da Justin. L'amico scosse la
testa. -In effetti era un pò una stronzata tesoro-disse Debbie. Micheal
annuì,rendendosi conto che la sua idea non era delle migliori,ma non per questo
deciso a lasciar perdere. -Sai credo che prima di andare avanti con le tue
ipotesi tu debba aprire il nostro regalo Micheal-disse Justin alzandosi in piedi
e avviandosi verso l'ingresso. Brian premette le labbra una contro
l'altra,preparandosi al momento del grande annuncio e, per evitare domande
inutili nell'attesa,si portò il bicchiere alle labbra e bevve un lungo sorso di
vino bianco. Justin ritornò nella stanza pochi istanti dopo,le mani strette
attorno ad una scatola rettangolare nera dall'aria elegante. Tutti si
accorsero dello sguardo che il biondo lanciò a Brian prima di tendere la scatola
oltre il tavolo verso Micheal e,tutti nessuno escluso,si domandarono il
significato di quello sguardo. Forse lì dentro c'era qualcosa che li avrebbe
aiutati a capire lo strano comportamento dei due uomini? -Buon compleanno
Micheal-disse poi tornando a guardare l'amico. Questi strinse le due mani ai
lati della scatola e la fissò qualche istante,sentendo Justin tornare a sedersi
accanto a Brian. -Chiaramente non è un completo dell'ultima collezione
Armani,ma sono certo che ti piacerà molto di più-commentò Brian con voce sicura.
Ancora non del tutto certo di potersi fidare delle parole dell'amico,Micheal
sollevò il coperchio della scatola per poi passarla a Ben che era alla sua
destra. Due veli di carta crespa coprivano il contenuto della scatola e solo
quando l'ebbe sollevati Micheal vide la cornice di vetro che era sistemata nel
mezzo. La sollevò con attenzione e fissò la foto che c'era all'interno
restando sorpreso quando capì di cosa si trattava in realtà:un ecografia. Un
ecografia in cui si vedeva chiaramente la testa del feto e la mano sinistra che
fluttuava nel liquido amniotico. Simultaneamente Ben Micheal e Debbie,che era
seduta alla sinistra di Micheal,portarono lo sguardo su Brian e Justin;tutti e
tre con lo stesso sguardo confuso sul volto. -Che vuol dire?-domandò Micheal
con voce leggermente strozzata. Un braccio mollemente abbandonato sullo
schienale della sedia di Justin,Brian fissò l'amico di sempre per qualche
secondo prima di dischiudere le labbra e respirare profondamente:nello stesso
istante in cui avrebbe parlato,tutto sarebbe stato reale. Non che fino a quel
momento non lo fosse stato,ma rendere partecipe la loro "famiglia" della scelta
che avevano fatto era l'ultimo passo. Sentì una mano di Justin posarsi sulla
sua poggiata sul ginocchio sinistro e un ghigno stese le sue labbra. -Micheal
ti presento la tua figlioccia- Era strano vedere come le previsioni fatte
neanche ventiquattro ore prima si stavano avverando:Justin colse l'espressione
sbigottita di Mel e Lindz,il labbro tremulo di Emmett e la bocca eccessivamente
spalancata di Micheal e Ben. -Oh santa merda!-disse Debbie rompendo per prima
il silenzio. Remore della sua promessa,Brian premette le labbra una contro
l'altra cercando di non ridere e restò in silenzio lasciando agli amici un altro
pò di tempo per metabolizzare la notizia. -Voi state per avere una
figlia?-domandò Mel,ovviamente la prima di tutti a riprendersi,ma non per questo
meno sorpresa degli altri. Justin annuì. -Ed è...-chiese Lindz rivolta a
Brian. L'uomo scosse la testa. -Questa volta è tutta opera di
Sunshine-scherzò accarezzandogli i capelli con la mano abbandonata sullo
schienale. Gli occhi degli amici si spalancarono ancora di più a quella
notizia,quasi avessero appena avuto la notizia che quel bambino fosse frutto di
un'inseminazione aliena. -Ma chi cazzo è sua madre?-domandò Debbie con la sua
solita delicatezza. Justin rise divertito,lo sguardo sulla donna. -Abbiamo
chiesto l'aiuto di Sophia-disse sereno. -Sophia la tua gallerista?-chiese Mel
per essere certa di ricordare bene. Justin annuì e raccontò brevemente di
come,dopo aver preso la decisione di avere un figlio,si fossero rivolti ad
un'agenzia specializzata per avere qualche consiglio su uteri in affitto e madri
surrogato e di come avevano abbandonato quell'idea era stata abbandonata molto
in fretta per via dei costri elevati e per la poca sicurezza del
processo. -Fino alla firma dei documenti la madre poteva sempre riprendersi
il bambino-s'intromise Brian. -Questo discorso mi suona familiare-commentò
Mel,un sorriso ironico sulle labbra. Justin continuò il racconto parlando di
come avessero avuto l'idea di rivolgersi a qualcuno che conoscevano e di cui si
fidavano,come avevano fatto appunto Mel e Lindz,parlandone così con Sophia e la
sua compagna che fortunatamente avevano deciso di aiutarli. -A patto che
poi,quando saranno loro a volere un figlio,ricambieremo il favore-concluse il
biondo. -Quindi lei rinuncia al bambino senza problemi?-chiese Mel,la sua
mente d'avvocato già al lavoro. Brian scosse la testa. -Abbiamo deciso di
seguire il vostro esempio,se così vogliamo dire:Sophia farà parte della vita
della bambina,ma Justin ed io saremmo i suoi genitori a tutti gli effetti e
prenderemo tutte le decisioni che la riguardano- -Siete sicuri che sarà una
bambina?-domandò Emmett,con un sorriso eccitato sul volto. Justin
annuì. -Quando dovrebbe nascere?-chiese Lindz,ancora incredula per la grande
notizia,ma iniziando a venire a patti con la novità. -Fra cinque mesi,verso
la fine di ottobre-disse ancora il biondo. -Cinque mesi?Tua madre è venuta al
Diner poche settimane fa e non mi ha detto niente di questa cosa-ribattè Debbie
indispettita. -Abbiamo costretto Jennifer al silenzio...Volevamo farvi una
sorpresa-spiegò Brian. -Beh ci siete riusciti eccome-commentò ancora la
donna. -Hai pensato a come parlare a Gus di questo bambino oppure vuoi che
gliene parli prima io?-domandò Lindz preoccupata per la reazione che il figlio
poteva avere a quella notizia. Brian sorrise e scosse la testa prima di
chiamare il figlio a gran voce. Pochi istanti e Gus apparve nella sala da
pranzo fermandosi accanto alla sedia del padre;questi lo prese in braccio e lo
fece salire sulle proprie ginocchia. -Perchè non racconti alla mamma che cosa
abbiamo fatto davvero l'ultima volta che sei stato a New York?-disse al
bambino. Gus guardò il padre per qualche secondo,poi lanciò un'occhiata
dubbiosa alla madre che accennò un sorriso. -Sta tranquillo la mamma non si
arrabbierà-lo rassicurò Brian. Gus annuì e tornò a guardare la madre. -E'
vero che siamo andati a pattinare...Ma abbiamo anche visto la figlia dello zio
Justin-aggiunse poi. -Sapevi anche questo?-chiese Mel incredula. Il
bambino annuì prima di alzare le spalle. -Era una sorpresa-commentò
poi. Brian sorrise e gli posò un bacio fra i capelli prima di farlo scendere
dalle proprie ginocchia proprio mentre Micheal si schiariva la gola attirando
così l'attenzione di tutti su di sè. -Tu stai per avere un figlio-commentò in
tono secco. Brian annuì. Conosceva Micheal troppo bene e da troppo tempo
per non capire che c'era qualcosa che non andava. Ma decise lo stesso di
giocare la carta dell'ingenuità e vedere a cosa avrebbe portato. -Come ho già
detto è tutta opera di Justin...Io non avrei sopportato tutti quei chili in
più-rispose. Micheal scosse la testa,un sorriso amaro sulle labbra. -E che
fine hanno fatto tutti quei discorsi sull'inutilità del matrimonio e di tutte
quelle convenzioni etero che avrebbero finito per distruggerci?-domandò
all'amico ricordandogli le sue parole. -Infatti ogni volta che io e Justin
accenniamo anche solo lontanamente al matrimonio mi viene l'orticaria- -Non è
divertente!Insomma che cazzo ti è successo?- -Micheal...-s'intromise Ben
cercando di calmarlo. -Improvvisamente vuoi una famiglia,dei figli,magari
finirai in una casa con lo steccato bianco!Sei diventato una persona
completamente diversa dal Brian Kinney che conoscevo, possibile che ti sono
bastati pochi mesi a New York per cambiare così drasticamente?-continuò
imperterrito l'altro. Brian restò in silenzio,lo sguardo fisso nello sguardo
dell'amico prima che questi lo muovesse su Justin. -E' opera tua non è
vero?-chiese al biondo. -Come scusa?- -Chissà quanto devi averlo
tartassato con quest'idea del bambino-gli spiegò. Un'espressione sconcertata
si dipinse sul volto di Justin,mentre la memoria gli riportava alla mente i
primi scontri con Micheal proprio a causa di Brian e della sua innata gelosia
verso l'uomo. -Io non c'entro proprio niente in questa storia-si limitò a
commentare. -Sì certo come no-ribattè l'altro. -Cosa c'è che ti sconvolge
tanto nell'idea di questo bambino?-domandò Justin facendo il gesto di alzarsi in
piedi,ma venendo trattenuto da una mano di Brian che si posò decisa sul suo
braccio più vicina. -Non sopporto che tu lo porti a fare qualcosa che gli è
completamente estraneo qualcosa che...- -Che in condizioni normali non farei
mai?-s'intromise Brian con voce dura-Credi che sia diventato un povero coglione
in questo periodo?-gli chiese poi fissandolo con sguardo severo. Micheal
sostenne il suo sguardo e restò in silenzio. -Avere questo figlio è stata una
mia idea,e se proprio vuoi saperlo ho dovuto lavorare parecchio per convincere
Justin-gli disse. -Immagino quali siano state le tue armi di
convincimento...-si lasciò scappare Micheal. Gli occhi di Brian si
assottigliarono ancora di più,quasi lanciando saette,prima che questo si alzasse
in piedi e posasse il tovagliolo sul tavolo. Justin lo imitò all'istante,lo
sguardo di tutta la tavolata su di loro. -Sai qual'è la differenza fra di noi
Mikey? Che mentre tu cerchi da sempre la mia approvazione per tutte le scelte
importanti della tua vita,io non ne ho bisogno. Io riesco a vivere
serenamente anche senza-gli disse quasi a denti stretti. Justin girò attorno
alla tavola e andò a salutare Debbie,Mel,Lindz ed Emmett prima di precedere
Brian di qualche passo verso l'ingresso. Sicuramente dopo la loro partenza si
sarebbero scatenate mille discussioni,ma su una cosa avevano avuto ragione fin
dall'inizio. Quel compleanno non lo avrebbero dimenticato tanto
facilmente.
Salve a
tutti!!!
Come
state?
So che vi ha
sorpreso trovarvi di fronte un intero capitolo di flashback,ma mentre scrivevo
l'inizio mi sono accorta che non più andavo avanti e più quel ricordo prendeva
piede e non c'era modo di tagliarlo a metà.
Così ho deciso
di prendere una piccola deviazione dalla strada maestra e raccontarvi un pò di
cosa è successo al momento del grande annuncio,prima di ritornare ad occuparci
di Vic e Gus.
Forse sarà
meglio che vi spieghi anche il perchè della reazione che ha avuto Micheal:x come
l'ho sempre visto io,il personaggio di Michael è un pò ambivalente;vorrebbe che
Brian si costruisse una vita come quella che lui si è fatto con Ben,ma
quando poi Brian ci prova rimane spiazzato da quel cambiamento,al punto che
qnd il matrimonio va a monte,l'unica cosa che gli viene in mente per
risollevare il morale dell'amico è riportarlo fra le rovine
del Babylon.
Riportarlo indietro in un passato dove Justin non
esisteva ancora.
Qui la
situazione è un pò esacerbata anche da tutti i commenti sarcastici e
cattivi che Brian si è generosamente lasciato scappare durante la 5 serie
sullo stile di vita dell'amico.
Ringrazio tutti
coloro che leggeranno e commenteranno questo capitolo e mi scuso x
eventuali errori di ortografia e battitura.
La
frase in corsivo è tratta da "For Good" del musical Wicked.
E ora i
ringraziamenti:Yumisan(Già,Matt
ha fatto colpo;si vede che Vic ha ereditato la passione x i musicisti da suo
padre...Ma come sappiamo x esperienza kè
questa passione è destinata a spegnersi presto),Sweey( Prima di tutto
sfatiamo qst luogo comune messo in giro da qll pettegola di Micheal:Matt nn è
gay.Se cs fosse stato nn avrebbe chiesto un altro appuntamento a Vic,nn
trovi?Inoltre,x qnt riguarda la tua seconda domanda,credo che sia dovuta
soprattutto ad un'esigenza letteraria:Vic ha smesso di andare a Toronto qnd
aveva 4 anni x stare accanto a Carl,dopo kè era stato ferito sul lavoro,e Debbie
perdendo così anche i contatti con Lindz Mel e Gus),Desme(Saranno come cane e gatto,ma
dovranno tenere nascosta la propria reciproca antipatia x nn far capire niente
ai propri padri,senza contare l'intervento di Matt e a breve qll di
JR),Nefene(Innanzitutto
grazie x i complimenti e benvenuta!Hai ragione a dire che la famiglia di Gus è
completamente diversa da quella di Brian,ma nn x qst è meno complicata:due madri
due padri,una sorella ed ora qst nuova ragazza che da una parte lo attira e da
un'altra è una specie di parente,senza contare poi tt i personaggi di
contorno...C'è bisogno di una mappa x non
perdersi).
Bene,x il
momento è tt,io vi saluto e vi do appuntamento al prox
capitolo...
"Feeling
blue"
Baci,Eva.
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Capitolo 7 *** Feeling blue ***
feeling blue
-Con questa abbiamo
finito- Matt lasciò cadere un pesante scatolone poco distante dai suoi piedi
e si pulì le mani sui jeans, neanche avesse trasportato oggetti
impolverati. Gus annuì e si guardò intorno nell'appartamento:era piccolo e
sicuramente tutta la sua roba non sarebbe mai entrata,ma fin da quando suo padre
gliel'aveva mostrato la sera prima la considerava casa sua. In qualche modo
rassomigliava al loft dove suo padre e lo zio Justin avevano abitato per tanti
anni a Pittsburgh,quello stesso loft dove gli era permesso di mangiare il gelato
direttamente dalla vaschetta,almeno quando non c'era lo zio Justin,e dove
l'ultima sera prima della sua partenza facevano un piccolo campeggio,alzando le
tende nel soggiorno. In un certo senso si sentiva a casa. -Sei proprio
sicuro di voler vivere qui?-gli domandò Matt scettico,dando un'occhiata alle
pareti spoglie. L'unico pezzo di arredamento già presente nel loft era il
letto,naturalmente ad una piazza e mezza e già sistemato contro la finestra,che
qualcuno aveva pensato di ricoprire con un piumone blu elettrico,all'apparenza
molto caldo. -Sarà perfetto-commentò Gus convinto. L'amico alzò le
spalle,evitando di sollevare altre obiezioni. -Che ne dici di scendere di
sotto e mangiare qualcosa?-domandò Gus tornando ad alzare lo sguardo sul volto
dell'amico. -Ti hanno dato anche le chiavi di casa?-chiese incredulo
l'altro. -E' casa di mio padre,è naturale che le abbia-commentò il moro
avviandosi verso la scala che collegava il loft e il garage. Le dita della
mano sinistra che giocherellavano con le chiavi di casa,Gus sentì alle sue
spalle i passi di Matt giù per la scala e seguirlo fino alla porta che portava
dal garage alla casa. Era stato solo una volta in quella casa,quindi fu per
puro caso che indovinò al primo colpo come arrivare alla cucina. -Hai
sete?-domandò voltandosi leggermente verso l'amico e togliendosi allo stesso
tempo la giacca di pelle nera,posandola sul primo sgabello che incontrò sulla
sua strada. Matt annuì e restò indietro guardandosi attorno:nonostante la
casa non fosse ancora completamente arredata,c'erano alcuni ambienti che erano
già finiti. Ovviamente il piano inferiore,quello che veniva usato più
spesso,era già perfetto,con tanto di quadri e fotografie appese alle pareti e
furono proprio le foto appese lungo il corridoio che portava alla cucina che
attirarono l'attenzione di Matt. Gus sapeva benissimo cosa l'amico aveva
visto e cosa sarebbe successo di lì a poco,ma decise di mostrarsi indifferente e
avvicinarsi al frigo e tirar fuori due lattine di Coca. Quel
pomeriggio,mentre erano in macchina diretti verso la casa di suo padre,Gus gli
aveva chiesto come era andato l'appuntamento con quella ragazza,con quello che
sperò essere il tono più disinteressato e casuale possibile. Era curioso,è
vero,ma non sapeva neanche spiegarsi il perchè... -Siamo stati bene
insieme-aveva risposto Matt,senza togliere lo sguardo dalla strada davanti a
loro-Deve essere una ragazza timida perchè per gran parte del tempo ha lasciato
parlare me, ma da quel poco che sono riuscito a capire deve essere una persona
interessante-aveva continuato senza dargli soddisfazione. Gus era rimasto in
silenzio,l'occhio attento alla guida,sentendo un piccolo mugugno provenire dal
sedile di Matt. -Sì,credo che la rivedrò ancora...Sempre se lei vorrà-si era
sbrigato ad aggiungere. Quell'affermazione gli aveva fatto capire che doveva
affrontare l'argomento Victoria,almeno per evitare ai due una situazione
imbarazzante:ora le probabilità di incontrarsi erano più elevate visto che
entrambi frequentavano la stessa casa. Aveva appena aperto la propria lattina
quando Matt entrò in cucina con una fotografia nella mano sinistra ed
un'espressione sorpresa dipinta sul volto. -Che ci fa Victoria in una foto in
casa di tuo padre?-domandò Matt avvicinandosi all'isola cucina e posando la
cornice sul piano di marmo. Gus lanciò un'occhiata alla foto incorniciata:era
un classico foto di famiglia scattata il giorno di Natale;suo padre,lo zio
Justin e una Victoria più giovane di qualche anno in pigiama,e con l'aria
arruffata di chi si è appena alzato,erano seduti sotto l'albero. Era strano
vedere suo padre,un sorriso assonnato che gli piegava le labbra,completamente
rilassato e sereno:dai racconti di sua madre e di Mel,aveva costruito
un'immagine di un uomo tormentato e sfuggente,di un lupo solitario che per puro
caso si trovava a convivere con altri essere umani. Sua madre diceva sempre
che era stato un vero miracolo per suo padre incontrare lo zio
Justin. Ripensando a quelle parole,lo sguardo sull'immagine dei due
uomini,Gus non potè non essere d'accordo. Per qualche istante Gus fissò anche
Victoria e la trovò carina,già leggermente attraente nonostante in quella foto
fosse solo una bellezza acerba. I suoi occhi furono la cosa che più lo
colpirono... -Sarebbe inutile dirti che è una coincidenza,vero?-domandò
portando la lattina alle labbra, cercando di scacciare quei
pensieri. -Gus!-lo riprese l'amico. Questi annuì e si lasciò andare ad un
piccolo respiro prima di alzare le spalle. -Ecco,stavo giusto per
parlartene...Vedi Victoria è la figlia dello zio Justin-gli disse grattandosi il
naso in un gesto impacciato. Matt aggrottò la fronte,sorpreso da quella
rivelazione. -Il marito di tuo padre?-chiese poi per essere sicuro. Gus
annuì. Per qualche istante l'amico lo fissò,quasi avesse bisogno di qualche
secondo per immagazzinare quell'informazione. -Quindi anche lei è una specie
di tua sorella?-gli chiese,cercando di capire la complicata rete di relazioni
che legava i due ragazzi. Gus ghignò divertito e scosse la
testa. -No,certo che no! Io e lei non abbiamo niente in comune,siamo due
perfetti estranei...Figurati che non ci vedevamo da quando lei aveva quattro
anni ed io dieci-gli disse per avvalorare la sua tesi. -Allora non sapevi chi
era l'altro giorno-gli domandò ancora. Il viso di Gus si atteggiò in una
smorfia perplessa,indeciso se parlargli dell'incontro scontro che avevano avuto
un paio di settimane prima,decidendo poi di essere sincero. -Veramente ci
eravamo incontrati già un'altra volta:doveva essere il suo primo giorno di
scuola e si era persa,finendo all'Accademia,così io l'ho aiutata a ritornare al
suo liceo. Ma non avevo la minima idea di chi fosse-precisò ancora. Matt
annuì,riflettendo sulle parole dell'amico,prima di fissare di nuovo il suo
volto. -Perchè non me lo hai detto?-si decise a chiedergli. Gus alzò le
spalle. -Non credevo fosse importante...- -Questa mattina ti ho detto che
l'avrei vista di nuovo e,sempre questa mattina,tu sapevi benissimo di chi stavo
parlando,perchè non me lo hai detto?-chiese ancora Matt,certo che ci fosse
qualcos'altro. Gus ghignò di nuovo,cercando di nascondere il fastidio che gli
procuravano tutte quelle domande. -Te lo sto dicendo ora- Matt scosse la
testa incredulo,facendo calare il silenzio nella cucina. -Quindi non ti da
fastidio se la rivedo di nuovo...-domandò poi Matt,senza guardare
l'amico. Gus si produsse in una risatina ironica,che portò Matt ad alzare lo
sguardo sul suo viso e cogliere il suo cenno di diniego. -Te l'ho detto,anche
se i nostri padri sono sposati,siamo come due perfetti estranei-ripetè
Gus. Matt annuì,ricambiando lo sguardo del'amico:anche se non era del tutto
convinto delle sue parole,decise di credergli. -E tu che ci fai qui?- La
voce,inattesa,portò entrambi i ragazzi a voltarsi verso la porta della cucina
dove,ferma sulla soglia con un'espressione indecifrabile sul volto e le braccia
serrate contro il petto,Victoria fissava i due ragazzi.
-Zia Emmett ti sei mai
sentito solo?- Quel pomeriggio,non appena aveva messo piede fuori dal
liceo,aveva capito di essere attesa. Emmett,uno dei più cari amici dei suoi
genitori e una delle persone a cui lei era più legata al mondo,aveva
parcheggiato la sua Mercedes giallo canarino a pochi metri dalle scalinate e non
appena l'aveva intravista sugli scalini era uscito e aveva iniziato a
sbracciarsi per farsi notare da lei. Dopo i saluti,sempre affettuosi,si erano
messi in macchina e avevano girato per ore alla ricerca di tutte le cose più
stravaganti per arredare la sua nuova stanza. Dopo qualche ora erano
ritornati a casa cariche di buste,ma con il morale mai così leggero. Ed era
stato quando si erano ritrovate in camera di Vic che la ragazza aveva deciso di
aprirsi con lui e chiedergli consiglio. -Ci sono tanti tipi diversi di
solitudine tesoro-aveva detto l'uomo togliendo due cuscini lilla dalla busta e
iniziando a sistemarli sul letto. Vic annuì e riflettè per qualche istante in
silenzio. -Ti sei mai sentito solo in casa tua?-specificò riportando lo
sguardo sull'uomo. Emmett annuì. -Sì quello mi è capitato,ma è stato tanto
tempo fa,Madonna faceva ancora canzoni degne di questo nome... Comunque,mi
ero appena trasferito in un bellissimo appartamento,con tutto quello che avevo
sempre sognato,ma stranamente non mi sentivo a mio agio-le raccontò passandole
il tappeto arrotolato. Vic alzò lo sguardo su di lui e aggrottò la
fronte,incintandolo così ad andare avanti. -Per la prima volta mi ritrovavo a
vivere da solo e,nonostante avessi sempre sognato il momento in cui avrei avuto
una casa tutta per me,senza coinquilini troppo rumorosi o ritardatari,mi sentivo
perso in mezzo a tutto quel silenzio-continuò l'uomo dispiegando insieme a lei
il tappeto ai piedi del letto. Vic annuì,ritrovandosi perfettamente nelle sue
parole. Emmett le voltò le spalle e tirò fuori una lava-lamp blu che sistemò
sulla scrivania accanto al computer. Solo quando si voltò di nuovo le si
avvicinò e le posò un braccio sulle spalle,un sorriso rassicurante sulle
labbra. -Come mai mi hai fatto questa domanda?Non dirmi che ti senti persa
fra tutte queste stanze...-le disse ponendo la domanda in tono scherzoso. Vic
accennò un sorriso e abbassò la testa per qualche istante,nascondendo i propri
occhi dietro la cortina di boccoli biondi. Si sentiva
sola? Certo. Anche se in alcune cose Toronto era molto meglio di
Pittsburgh,non sarebbe mai riuscita ad eguagliare la sua città. Sospirò e
fece scosse la testa,sentendosi improvvisamente più piccola della sua reale
età. -No,non è per quello...E' solo che alle volte mi manca la mia vita di
Pittsburgh. Mi mancano le piccole cose-aggiunse. Vivere a Pittsburgh era
diventato velocemente un inferno per lei,ma le mancava uscire da scuola e
fermarsi al Diner per pranzare con nonna Debbie,o tornare insieme a casa e farsi
aiutare da nonno Carl a fare i compiti per poi guardare insieme la televisione
aspettando che arrivassero i suoi genitori per ritornare a casa. Le mancavano
i pettegolezzi del Diner e i battibecchi fra la nonna e Kiky,la vecchia trans
che lavorava lì come cameriera. Emmett la guardò con uno sguardo semiserio
sul volto e annuì. -Ti mancano Carl e Debbie,non è così?-chiese con voce
sicura. Ancora una volta Vic annuì,ricevendo così un abbraccio
dall'uomo. -Tesoro...Anche loro sentono la tua mancanza,e questo te lo posso
confermare con assoluta certezza perchè li ho visti neanche una settimana fa e
tuo nonno continuava a guardare quelle terribili repliche di "Una mamma per
amica"-le disse accarezzandole la schiena. Vic sorrise leggermente commossa
al pensiero di nonno Carl seduto sul divano che guardava le repliche di quel
telefilm che avevano sempre visto insieme. -E poi tu non sei sola:ci sono i
tuoi genitori...-le disse ancora Emmett poggiando entrambe le mani sulle spalle
ossute della ragazza e spingendola lontano da sè quel tanto che bastava per
incontrare il suo sguardo. Certo,aveva i suoi genitori,ma loro erano fuori
per la maggior parte del tempo per colpa del lavoro,ed escluse le volte che
invitava Carly e Rhyes a studiare da lei,quella casa era completamente avvolta
nel silenzio. -Inoltre ci sono lo zio Micheal e lo zio Ben e Hunter,che ti
adorano,e poi ci sono Mel e Lindz;certo tu non le conosci ancora bene,ma non
sono poi tanto male per essere due lesbiche. E poi non dimentichiamoci il più
importante di tutti:hai me!- Vic sorrise e annuì,ricevendo un nuovo
abbraccio,questa volta più stretto,prima che la zia Emmett tornasse ad
allontanarla da sè,tenendole però una mano nella sua. -So perfettamente cosa
ci vuole per risollevarti il morale:il budino alla vaniglia di mia zia
Lulah!- La ragazza rise e si lasciò guidare fuori dalla stanza e giù per le
scale,ma quando furono vicini alla cucina sentì un brusio:voci impegnate in una
discussione. Liberò la mano da quella della zia Emmett e la superò di un paio
di passi:i suoi genitori non sarebbero tornati prima di un paio d'ore,quindi chi
diavolo c'era nella sua cucina? Fu solo quando fu ad un passo dalla porta che
riconobbe la voce. -Te l'ho detto,anche se i nostri padri sono sposati,siamo
come due perfetti estranei- Quella frase la bloccò e,inspiegabilmente,la
ferì. Era stato il tono o le parole stesse? Dopo pochi secondi capì cosa
le aveva davvero dato fastidio:il senso dietro quelle parole. Nonostante le
sue buone intenzioni,e a dispetto del fatto che i loro padri fossero sposati,Gus
non aveva nessuna intenzione di conoscerla meglio,per lui era davvero soltanto
un'estranea. Beh,se questo era quello che pensava,allora si sarebbe
comportata di conseguenza. Fece l'ultimo passo che la divideva dalla
cucina,le braccia conserte strette al petto,quasi volesse prepararsi da
eventuali colpi e fissò i due ragazzi che,uno di fronte all'altro,occupavano la
sua cucina. -E tu che ci fai qui?-
-Victoria,è un
piacere rivederti-la salutò Gus,cercando di ignorare il tono severo con cui gli
era stata rivolta la domanda. Era evidente che avesse sentito la sua ultima
frase,era stampato a chiare lettere cosa pensava di lui in quel
momento. Avrebbe dovuto cercare di rimediare? Ma rimediare a cosa poi?Non
aveva forse detto la verità? A salvarlo da quei dubbi arrivò Emmett che
apparve dietro le sue spalle e che,non appena lo vide,gli sorrise come faceva
sempre ogni volta che lo vedeva. -Gus!-disse superando Vic e avvicinandosi a
lui fino ad abbracciarlo brevemente-Accidenti ragazzo diventi ogni giorno più
bello. Finirai per essere più bello di Brian-commentò con la sua solita aria
svampita. -Mi raccomando,non farti sentire da lui,potrebbe ucciderti per un
commento del genere-scherzò il ragazzo,un sorriso divertito sulle
labbra. Emmett sbuffò leggermente prima di scuotere la testa. -Raggio di
Sole non gli permetterebbe di farmi del male-ribattè con sicurezza facendo
ridere il ragazzo. Solo in quel momento l'uomo si voltò e si accorse della
presenza di Matt alla sua destra,ma la cosa non fu reciproca:infatti tutta
l'attenzione del biondo era concentrata su Victoria. Questa si era
allontanata dalla soglia e aveva fatto un paio di passi nella cucina,restando
però discosta dal resto del gruppo. -Ciao Victoria-la salutò Matt,chiaramente
in imbarazzo. Vic fece un piccolo cenno con il capo,fermandosi a pochi metri
di distanza dall'isola cucina. -Ciao Matt- Allo sguardo allenato e attento
di Emmett non sfuggì la veloce occhiata che Vic ed il ragazzo si scambiarono
prima che questi voltasse la testa verso Gus. -Salve green eyes!Permettimi di
presentarmi:sono Emmett-disse sporgendosi leggermente verso di lui con un
sorriso accennato che più di una volta lo aveva aiutato nella
conquista. Leggermente a disagio,Matt rispose al sorriso e tese una mano
verso Emmett. -Matt.Ho sentito parlare molto di lei-disse in tono
educato. Emmett strinse la mano del ragazzo e si concesse una piccola
risata. -Tutto vero ragazzo mio...Accidenti che stretta decisa,è sinonimo di
virilità,lo sapevi?-domandò poi. Vic sospirò stufa di tutte quelle moine ai
due ragazzi e,con passi veloci,si avvicinò al frigo trovandosi così accanto a
Gus che,di proposito,si appoggiò con la schiena al mobile della cucina. Non
sapeva se aveva fatto quel gesto per infastidirla ancora di più o per essere
sulla traettoria del suo sguardo,ma quando lei richiuse lo sportello del frigo
con una bottiglietta d'acqua fra le mani,si voltò in modo da dargli le
spalle. -Noi stavamo per fare del budino alla vaniglia,che ne dite di unirvi
a noi?-domandò Emmett ai due ragazzi. -Non sapevo ci fosse bisogno di tante
persone per fare del budino-commentò leggermente acida Vic. Emmett si
avvicinò e le posò un braccio sulle spalle,le labbra a poca distanza dal suo
orecchio destro. -Tesoro,la ricetta di mia zia è per cinque persone:dobbiamo
pur trovare dei volontari se non vogliamo passare le prossime settimane a
smaltire i chili di troppo-le disse a bassa voce. Vic sorrise,mordendosi poi
il labbro inferiore per nascondere quel sorriso e alzò le spalle. -Allora,ci
state?-domandò Emmett voltandosi verso i due ragazzi. -Perchè no?-fece
Gus. -Veramente io avrei degli altri impegni...-fece Matt. -Ah ah...Non
sono ammesse scuse. Devi assolutamente assaggiarlo!-ribattè Emmett per
convincerlo a restare. Lo sguardo di Matt tornò di nuovo su Vic,chiedendole
quasi il permesso con gli occhi e lei alzò le spalle. -Resta,non sapremmo che
farcene di tutto questo budino-gli disse poi cercando una motivazione
plausibile. Il ragazzo sorrise e finalmente annuì.
Emmett mise tutti
all'opera,comandandoli neanche fossero un gruppo di camerieri in uno dei suoi
ricevimenti. -Zia Emmett non credi che dovresti fare qualcosa anche tu?In
fondo la ricetta è tua-gli disse Vic senza smettere di girare il composto di
latte e vaniglia. -Hai ragione tesoro,ma qualcuno deve pur prendere le redini
di quest'operazione,non credi? Non posso permettere che mandiate tutto
all'aria per via del vostro spirito d'iniziativa-rispose l'uomo alzando lo
sguardo da un pentolino sul fuoco. -Perchè non dici piuttosto che non ti va
di lavorare?-lo prese in giro Gus. Emmett si morse per qualche secondo il
labbro inferiore prima di sospirare. -Ok,anche questo è vero-confermò facendo
ridere i tre ragazzi. C'era anche un altro motivo per cui aveva deciso di
astenersi dalla preparazione del budino: restando accanto al fornello,aveva la
possibilità di guardare i tre ragazzi e cercare così di capire che cosa era
successo fra di loro. Era apparso chiaro fin dal primo istante che ci fosse
dell'attrito fra Gus e Vic,anche se Emmett non se ne spiegava la ragione visto
che i due ragazzi si conoscevano molto poco e si erano incontrati pochi giorni
prima dopo anni. Inoltre era bastato cogliere lo sguardo fra Vic e Matt per
capire che c'era qualcosa in sospeso fra di loro,qualcosa di non detto. Lui
era un maestro nel capire le relazioni,anche se questo non lo aveva aiutato
assolutamente con le proprie,ma avvertire la tensione che c'era fra quei ragazzi
gli ricordò i primi anni fra Brian e Justin. Certo,in quella stanza ancora
non si avvertiva l'odore di sesso che si avvertiva ogni volta che Brian e Justin
erano vicini,ma Emmett era convinto che fossero sulla strada giusta. Forse
era il caso di parlarne con qualcuno... -Oh che sbadato!-disse ad alta
voce,alzandosi in piedi. -Non dirmi che abbiamo sbagliato la ricetta!-disse
Vic voltandosi verso di lui. Emmett scosse la testa,un piccolo sorriso
ironico sulle labbra. -Certo che no!Little Sunshine potrei fare questa
ricetta anche ad occhi chiusi e sarebbe sempre perfetta. E' solo che ho
dimenticato di fare una telefonata di lavoro...Credi di poterti occupare del
budino per qualche minuto?-le domandò poi avviandosi verso la porta della cucina
senza attendere la risposta di Vic. Si allontanò lungo il corridoio fino
all'ingresso fermandosi a qualche passo dalla porta e,certo che i ragazzi non lo
sentissero,compose il numero di Micheal e nel giro di qualche minuto riuscirono
a programmare un incontro per quella sera. Naturalmente ci avrebbe pensato
Micheal ad avvisare Brian:era l'unico che sapeva come trattare con l'uomo,se si
escludeva Justin. Tornò sui suoi passi,ma si fermò sulla soglia quando vide
che ora nella cucina c'erano soltanto Vic e Matt. Dedicò un veloce pensiero
alla scomparsa di Gus,ma poi si affrettò a nascondersi per non farsi notare dai
due e poter,almeno in parte,ascoltare quello che si dicevano. Almeno così
avrebbe capito se le sue sensazioni erano esatte o meno... -Non volevo
piombare in casa tua in questo modo...Avrai pensato che sono un terribile
maleducato-sentì dire da Matt. Vic scosse la testa,lo sguardo fisso al
pentolino ancora sul fuoco. -Sta tranquillo,va tutto bene-si limitò a
rispondergli. Anche Matt scosse la testa e,con un gesto inaspettato che fece
sollevare la fronte di Emmett, posò una mano sul gomito della ragazza e la fece
voltare,in modo che fossero faccia a faccia. -Davvero?Perchè l'ultima cosa
che vorrei è che mi scambiassi per uno di quei ragazzi ossessivi-le disse con un
sorriso divertito sul volto. Sorriso che contagiò anche Vic;Emmett la vide
scuotere di nuovo la testa questa volta con lo sguardo fisso in quello del
ragazzo. Quelle sensazioni che aveva sentito ora erano molto più forti,ma
ancora non riusciva a spiegarsi come facevano i due ragazzi a conoscersi. Ma
la sua attenzione venne riportata sul discorso fra i due quando sentì Matt
parlare di nuovo. -Perchè non me lo hai detto?-lo sentì chiedere. Vic alzò
le spalle,muovendo lo sguardo senza però accennare ad allontanarsi da
lui. -Di solito non vado in giro a sbandierare la mia situazione familiare ai
quattro venti e ora le cose sembrano ancora più complicate... Inoltre non ne
sapevo niente neanche io fino a ieri sera-disse poi. Matt restò in
silenzio,alzando la mano che fino a quel momento era stata attorno al gomito di
Vic e le allontanò alcuni boccoli dal viso. -Avevi paura che non avrei
capito?-le domandò poi. Vic si lasciò scappare un suono ironico prima
atteggiare le labbra ad un sorriso ironico. -Non saresti il primo. Tutti
gli altri sono scappati a gambe levate non appena hanno sentito quanto è
complicata la mia famiglia e che per tutta la mia vita ho vissuto in mezzo a
uomini gay- Emmett si sentì infinitamente triste a quelle parole:purtroppo
era tutto vero. Nonostante avesse solo quindici anni Victoria aveva già
dovuto superare varie prove difficili che avevano rischiato di rovinare la
fantastica ragazza che era. Matt la fissò per qualche istante prima di
chinare il capo verso di lei e darle un bacio lieve sulla guancia
destra. Sorpresa,Vic mosse velocemente gli occhi ritrovandoli subito bloccati
in quelli di Matt;lo vide deglutire nervosamente prima di dischiudere le labbra
e prepararsi a parlare di nuovo. -A me importa di te non della tua
famiglia. Sei divertente,attraente e anche se ci siamo visti solo due
volte,sto bene con te. Inoltre non sembra darti fastidio osservarmi suonare
il piano,e questo è certamente un punto a tuo favore-disse il ragazzo con un
leggero tono scherzoso nella voce. L'angolo destro della bocca di Victoria si
sollevò in un mezzo sorriso che portò Matt ad imitarla prima di andare
avanti. -Voglio conoscerti,sapere quanto più posso su di te,passare del tempo
insieme a te...L'avrei voluto lo stesso anche se avessi avuto una famiglia
noiosa e convenzionale-le disse con voce sicura e ferma. Che
bastardo! Emmett restò immobile,in attesa,lo sguardo ancora sui due
ragazzi. Vic alzò le spalle e atteggiò il volto ad un'espressione
neutrale. -Finirei per sentirmi davvero crudele se ti privassi della mia
presenza-scherzò. Matt rise e quando,qualche secondo dopo,rialzò lo sguardo
su Vic,Emmett capì perfettamente cosa stava per succedere. Era ora di
intervenire! -Non è odore di bruciato quello che sento?-
-Quel fottuto
bastardo!- I programmi per la loro serata erano improvvisamente cambiati
quando Micheal l'aveva chiamato in ufficio e li aveva invitati tutti a cena da
lui e Ben. -Possibile che tu e tuo marito non troviate niente di meglio da
fare la sera?-aveva chiesto Brian poco propenso ad accettare
quell'invito. -Veramente è stata un'idea di Emmett..Ha detto che deve
parlarci-gli aveva risposto l'altro. -Che fantastica serata si
prospetta!Sentir parlare per l'ennesima volta dei problemi fra Drew e
Emmett!-aveva risposto Brian sarcastico. Dall'altro lato della cornetta era
arrivato un breve silenzio che gliaveva fatto capire che non sapeva ancora
tutto,che c'era qualcosa che Micheal gli stava nascondendo. -Mikey?-lo aveva
chiamato. -Sono qui...Vedi veramente Emmett ha detto che vuole parlarci di
Vic- Brian aveva alzato lo sguardo dalle carte che stava firmando e aveva
fissato il vuoto per qualche istante,sorpreso. -Vic?La mia Vic?- -Lei ed
Emmett hanno passato insieme il pomeriggio e lui ha detto che ha qualcosa da
dirci,ma non mi ha detto cosa-gli aveva spiegato confusamente Micheal. La
curiosità per quello che poteva aver scoperto Emmett in quel paio d'ore che
aveva trascorso con la ragazza avevano portato Brian ad accettare l'invito anche
da parte di Justin e Vic. Ma fu solo a cena conclusa,quando Vic e Hunter
furono usciti per andare a prendere qualcosa di dolce,che Emmett si decise a
raccontare quello di cui era stato testimone. -Crede davvero di portarsi a
letto Vic con questi mezzucci?-domandò Micheal avvicinandosi al divano,un
bicchiere stretto nella mano sinistra. -Ehi!Stai parlando della mia
bambina!-gli ricordò Brian voltandosi di scatto verso l'amico. Questi si
limitò ad annuire e a sedersi accanto a Ben. -Em sei sicuro che non sia una
delle tue solite esagerazioni?-domandò Ben,conoscendo la tendenza al melodramma
dell'amico. -Sono certo di quello che ho sentito-ribattè. -Come quella
volta che avevi sentito la notizia dell'Oscar a Madonna?-gli ricordò
Micheal. L'uomo scosse la testa con decisione per poi portare lo sguardo su
Justin,che fino a quel momento era rimasto in assoluto silenzio. -Stai bene
Sunshine?- Solo quando sentì chiamare il suo nome,Justin sembrò rianimarsi
come se si fosse risvegliato da un lungo trance. Brian osservò il marito
e,anche solo con quello sguardo,gli sembrò di poter sentire i pensieri che si
agitavano nervosi in quella testolina bionda. -Hai detto che lui ha fatto
qualche accenno alla musica...-disse Justin rivolto all'amico. Emmett
annuì. -Qualcosa a proposito di un pianoforte-rispose poi ripescando quel
ricordo dalla mente. Il biondo annuì,con la stessa espressione pensierosa di
poco prima. Ora si spiegava l'improvviso amore di sua figlia per la musica
classica,ma del resto avrebbe dovuto capirlo prima:non era successa la stessa
cosa anche a lui? Non aveva passato ore ad ascoltare il disco di
Ethan,trovandolo ad ogni ascolto sempre più toccante e spiritualmente affino a
sè? Cercò lo sguardo di Brian,come sempre succedeva nei momenti in cui la sua
mente si perdeva dietro quei ricordi,e li trovò pronti ad incontrare i suoi
occhi. -Un musicista...-commentò poi a mezza bocca. -A quanto sembra tu e
tua figlia avete parecchio in comune-disse Brian alzandosi e coprendo in pochi
passi la distanza dalla poltrona su cui era seduto Justin,sistemandosi sul
bracciolo. -Ma come ha fatto a conoscerlo?-chiese Micheal riportando
l'attenzione su Emmett. L'uomo alzò le spalle. -Non so rispondere a
questo,però lui ha detto che si erano già visti due volte-disse ripassando nella
mente ancora una volta quel breve attimo rubato. -E' davvero incredibile!Io
credevo che quel Matt fosse gay-commentò Micheal,cercando di risollevare il
morale generale. -Ormai sembra ovvio che non lo è-rispose Justin,un tono
rassegnato nella voce. Ben si voltò verso Brian,che nel frattempo aveva
sistemato un braccio attorno alle spalle del marito e l'aveva avvicinato a sè,la
mente di nuovo corrugata per le nuove informazioni. -Due volte?-chiese poi il
moro. -Lui ha detto così- Justin alzò lo sguardo sul volto del marito e lo
vide pensieroso. -Devono essersi conosciuti prima che Vic e Gus si
incontrassero,non c'è altra spiegazione-gli disse poi. -A proposito di
Gus...-s'intromise ancora Emmett,ricordando l'altra sensazione che aveva
avvertito chiaramente in quella cucina. Il gruppo tornò a voltarsi verso di
lui e,godendosi qualche altro istante di assoluta attenzione, Emmett si domandò
se faceva bene a mettere in mezzo Brian e Justin:parlare delle sue sensazioni
sui due ragazzi avrebbe portato a domande e a lunghi discorsi che forse era
meglio evitare. -Cos'altro c'è?-gli chiese Brian,sospirando leggermente fra
le labbra dischiuse. -Che rapporto c'è fra lui e Vic?-chiese parlando
direttamente con Brian e Justin. -Rapporto?Nessuno!Si sono visti per la prima
volta ieri sera dopo dodici anni,che razza di rapporto vuoi che abbiano-gli
chiese a sua volta Brian. Non sopportava quelle domande:se Emmett aveva
qualcosa da dire,qualcosa di concreto l'avrebbe ascoltato,ma non si sarebbe
rovinato la vita dietro un sospetto,nè avrebbe permesso che lo facesse
Justin. Emmett annuì e si mordicchiò qualche istante il labbro
inferiore,perplesso. Come spiegare quello che aveva avvertito fra i due
ragazzi? Forse un modo c'era. Portò lo sguardo su Micheal e lo vide
spalancare leggermente gli occhi come faceva sempre quando qualcuno stava per
rivolgergli la parola. -Ti ricordi la prima volta che abbiamo incontrato
Justin?-domandò Emmett parlando soltanto con Micheal. Questi si concesse una
risatina. -Come potrei dimenticarlo?-chiese poi a sua volta. Emmett annuì
soddisfatto. -Dove vuoi arrivare?-gli domandò Justin perplesso. L'amico
fece un gesto come per zittirlo e tornò a concentrarsi su Micheal. -Ti
ricordi l'espressione di Brian?- Micheal restò pensieroso per pochi secondi
prima di lasciarsi andare ad un lungo fischio. -La cosa è seria-commentò
poi. -ESATTO!-esclamò Emmett felice che l'amico avesse capito perfettamente
cosa intendeva. -Si può sapere di che cazzo state parlando?-fece Brian
leggermente stizzito. Micheal guardò il suo migliore amico e alzò le
spalle. -Gus potrebbe essere attratto da Vic-disse il più semplicemente
possibile. A quelle parole,Justin strabuzzò gli occhi mentre Brian sorrise
divertito,il massimo che poteva concedere a quell'assurdità. -Com'è
possibile?Si sono incontrati soltanto una volta!-ribattè Justin. Emmett
sorrise leggermente intenerito:quando si parlava della figlia,Raggio di Sole
perdeva ogni senso della realtà. Micheal rise ancora più forte. -Quanto
tempo è passato fra il vostro primo incontro e la vostra prima
scopata?-
Durante il viaggio di
ritorno a casa,i suoi genitori erano stati silenziosi,completamente immersi nei
loro pensieri. Forse dovevano aver avuto qualche discussione con lo zio
Micheal,o almeno quel silenzio era un sintomo facilmente riconducibile alle loro
liti. Aveva dato loro la buonanotte ed era andata in camera sua,infilato i
pantaloncini short rossi e il top che indossava sempre come pigiama e poi aveva
deciso di fare quella telefonata a sua madre che non era riuscita a fare la sera
prima. La donna,felice di sentirla,ascoltò paziente il suo racconto sulla
scuola,sui nuovi amici che si era fatta e sui cambiamenti alla camera da letto
che aveva apportato proprio quel pomeriggio. Dopodichè aveva parlato
velocemente con zia Janet,la compagna di sua madre,prima che questa le passasse
Georgia. Le due ragazze avevano tre anni di differenza e nessuno avrebbe
dubitato neanche per un'istante che fossero sorelle,visto che entrambe avevano
ereditato gli stessi capelli biondi e gli occhi blu del padre. Impegnata
nella sua conversazione con Georgia che,felice della notizia della sua visita
durante il Labour Day,stava già fantasticando su cosa avrebbero combinato in
giro per Manhattan,Vic uscì dalla sua camera e si diresse al piano di
sotto. Una volta in cucina accese il bollitore e infilò una bustina di tè
nella sua tazza preferita. -Poi voglio portarti da Saks,dove ci sono dei
fantastici stivali che ti starebbero benissimo,e da Selfridge...- -La mamma
lo sa che hai intenzione di dilapidare il suo conto in banca?-la interruppe
Vic. -Chi ha parlato del suo conto in banca?Io stavo pensando di usare il mio
conto personale-ribattè la sorella. Vic rise e scosse la testa come se la
ragazza si trovasse lì a pochi passi da lei. -Certo puoi farlo,ma poi saresti
costretta a trasferirti qui:la mamma sarebbe capace di seguirti con una mazza
fino in Canada se tocchi anche un penny di quei soldi-le disse continuando a
sorridere. Sentì sua sorella sbuffare dall'altra parte della
cornetta,direttamente nelmicrofono, chiaramente frustrata. -Potresti almeno
per una volta,lasciarti coinvolgere dalla mia pazzia?-le domandò
poi. Impegnata a versare l'acqua nella tazza,Vic rise e la sua risata risuonò
più forte e contagiò la sorella. Sempre di spalle,si avvicinò al mobile poco
distante dal frigo,e prese il miele spremendolo poi senza remore nella
tazza. Solo quando tornò a voltarsi,la tazza stretta nella mano
sinistra,sobbalzò spaventata quando si accorse di non essere più sola:un sorriso
ironico sulle labbra,e nient'altro indosso oltre un paio di boxer e una t-shirt
bianca,Gus era fermo poco distante dall'isola cucina e la
osservava. -Georgia,tesoro,devo riattaccare. Ci sentiamo fra un paio di
giorni,ok?-disse salutando la sorella. Chiuse la comunicazione e posò il
portatile sul marmo della cucina,lo sguardo su Gus. -Sai che è pericoloso
apparire così alle spalle senza nessun'avvertimento?-gli domandò
stizzita. -Non sapevo fossi così delicata Sweetie,comunque non volevo
spaventarti-le disse. Vic atteggiò il volto in un'espressione
scettica. -Infatti non lo hai fatto-replicò. Aggirò l'isola cucina e si
avviò verso la porta:non voleva parlare con lui,a meno che non fosse
strettamente necessario. -A quanto pare hai fatto colpo Sweetie!-la richiamò
lui quando ormai era già sulla porta della cucina. Terribilmente infastidita
da quel nomignolo,Vic irrigidì le spalle e la schiena,prima di voltarsi con
un'aria battagliera sul volto:voleva giocare? Voleva rischiare mentre era nel
suo territorio?Allora tanto peggio per lui! -La cosa ti infastidisce
Ginger?-gli domandò. Gus ghignò chiaramente divertito e fece un paio di passi
verso di lei. -No,anzi capisco perfettamente come sei riuscita a far perdere
la testa a Matt... Hai usato la tecnica della famiglia
difficile,vero? No,aspetta,scommetto che gli hai fatto tanti complimenti per
la sua musica- Lei lo fissò,gli occhi leggermente più stretti:in quel momento
lo avrebbe volentieri strozzato! Lo vide fermarsi a pochi centimentri di
distanza da lei,con lo stesso sorriso sicuro e fastidioso di poco prima. -Io
ho una famiglia perfetta e felice,forse hai ricevuto delle notizie sbagliate nel
corso degli anni. E a Matt va davvero di conoscermi...-obiettò. -Oh
Sweetie non ho nessuna difficoltà a crederlo-ribattè Gus. Cogliendo i
significati ambigui di quella frase,Vic si infiammò ancora di più,riducendo la
bocca ad una fessura. -Sei geloso per caso?-gli domandò solo per il gusto di
infastidirlo. Gus ghignò,assomigliando terribilmente a Brian e facendole
mancare un battito per quel singolo gesto,prima di scuotere la testa. -Se
davvero fossi geloso te ne accorgeresti...-le rispose poi con il tono più
sensuale possibile. Vic restò qualche istante in silenzio prima di
annuire. -Ho fatto una domanda stupida. In fondo perchè dovresti essere
geloso di una perfetta estranea?-gli domandò poi con sguardo arrabbiato. Gli
voltò le spalle e si avviò verso il corridoio,decisa a tornare in camera sua e
dimenticare la presenza di Gus in casa sua.
Era riuscito a
nascondersi in una delle camere appena in tempo. Sentì sbattere la porta
della camera di Vic e solo allora riaprì la porta,uscendo dalla stanza e
fermandosi nel mezzo del corridoio. Si era accorto di aver finito le
sigarette e,ricordando di averne lasciato un pacchetto intero nella giacca si
era spinto fuori dalla sua camera da letto,ma arrivato vicino alle scale aveva
sentito le voci provenire dal piano di sotto. Aveva ascoltato attentamente il
discorso fra i due ragazzi e,nonostante prima avesse provato a ricacciare in
un'angolo le parole di Emmett,ora dopo aver sentito le loro parole ed il tono
usato,capì che qualcosa di vero c'era. Stava davvero succedendo qualcosa fra
i due... Non sapeva cos'era o quando era cominciata,ma aveva tutte le
intenzioni di scoprirlo.
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Capitolo 8 *** You are a stranger to me ***
you are a stranger to me
"Strangers in
the night Two lonely people, we were strangers in the night Up to the
moment when we said our first hello little did we know Love was just a glance
away, a warm embracing dance away"
Il chiacchiericcio che
proveniva dalla cucina le fece capire che vi avrebbe trovato un ospite
indesiderato:i suoi genitori non erano mai tanto loquaci di prima mattina,a meno
di non esserci costretti. Infastidita sbuffò:possibile che quel ragazzo
dovesse essere in giro per casa ventiquattr'ore su ventiquattro? Credeva che
lo scopo di concedergli l'uso del loft sul garage fosse abituarlo alla vita
indipendente... Stropicciandosi con una mano gli occhi ancora un pò
assonnati,percorse l'ultimo tratto di corridoio fino alla porta della cucina e
lì si fermò,fissando per qualche secondo la scena che le si parava davanti:una
volta tanto,suo padre era seduto al bancone,invece di girare neanche una
casaliga frustrata per la cucina e chiacchierava con Gus,che nel frattempo
spiluccava le frittelle nel suo piatto,mentre Brian sorseggiava il caffè e dava
una letta veloce al giornale. Era la classica scena di ogni mattina,solo che
il suo posto era stato preso da qualcun'altro... Sistemandosi dietro
l'orecchio destro alcuni boccoli arruffati,entrò nella cucina attirando così su
di sè lo sguardo di suo padre. -Buongiorno tesoro-la salutò con il suo solito
sorriso. Lei si limitò a rispondere con un cenno della testa prima di
iniziare il giro dei saluti:si avvicinò a Brian e gli diede un bacio sulla
guancia destra,leggermente pungente per via della barba, e poi si diresse verso
suo padre,che le schioccò un bacio su entrambe le guance,neanche fosse ancora
una bambina di cinque anni. Ricordando la lite della sera precendente,lanciò
uno sguardo verso Gus ricevendo dal ragazzo lo stesso cenno che aveva rivolto a
suo padre pochi istanti prima. -Ho fatto le frittelle,ne vuoi un pò?-le
domandò suo padre. Vic scosse la testa prima di voltargli le spalle e
avvicinarsi al frigorifero per prendere il bricco del succo d'arancia. -Non
sai cosa ti perdi,sono fantastiche!-commentò Gus prima di infilzarne un altro
pezzo con la forchetta. Voltata di spalle,Vic riuscì a nascondere il sorriso
ironico che le era nato sulle labbra: quel Gus davvero un ragazzo d'oro! Le
lesbiche avevano fatto davvero un ottimo lavoro con lui...Oddio si stava
trasformando velocemente in Brian! Versò il succo in un bicchiere e lasciò il
bricco sul mobile della cucina accanto a sè,tornando a voltarsi verso i tre
uomini. -Oggi sei davvero di poche parole Little Sunshine...-commentò Brian
da dietro il suo giornale. Le labbra a pochissima distanza dal vetro del
bicchiere,Vic alzò le spalle:capitava a tutti di avere una giornata
storta,no? -Chissà da chi ho preso,eh papo?-gli domandò di rimando prima di
bere un altro sorso dal proprio bicchiere. Il suono che arrivò da dietro il
giornale le fece capire che suo padre stava sorridendo e questo la portò ad
imitarlo. Sentendosi osservata si voltò verso Gus e restò qualche secondo in
silenzio, ricambiando semplicemente il suo sguardo,prima di atteggiare il viso
ad un'aria cordiale e dischiudere le labbra. -Com'è stata la tua prima notte
qui Gus?-gli domandò giusto per non dare l'impressione di essere cresciuta con i
lupi. Il ragazzo alzò le spalle,le dita della mano sinistra che
giocherellavano con la forchetta. -Solitaria...-commentò,facendo ridere gli
altri due uomini. Vic ghignò e annuì lentamente:credeva di metterla in
imbarazzo,di scioccarla con quella frase? Dopo aver vissuto quindici anni con
i suoi forse non c'era più niente che potesse farlo! -Hai provato con una
bambola gonfiabile?Dicono che facciano miracoli- Questa volta soltanto Brian
si lasciò scappare una risatina accennata,subito bloccata,mentre suo padre la
fissava con un'espressione sorpresa in volto:chiaramente non si aspettava che la
sua "bambina" rispondesse a quel modo. Evitando accuratamente di incontrare
lo sguardo dei tre uomini,Vic finì di bere il resto del suo bicchiere e lo posò
nel lavello,prima di tornare a voltarsi e muovere un passo verso la
porta. -Vado a farmi la doccia prima che voi due consumiate tutta l'acqua
calda...-disse poi rivolta ai suoi genitori. -Vic aspetta...-la richiamò suo
padre. La ragazza si fermò e voltò la testa verso di lui,una mano ferma sul
fianco sinistro in un gesto che la faceva assomigliare terribilmente
all'uomo. -Ecco,io e tuo padre avevamo pensato che sarebbe stata una buona
idea andare a pranzo tutti e quattro insieme-iniziò senza allontanare lo sguardo
dalla figlia. -Io ci sto!-s'intromise subito Gus. -Tu sei come me quando
si tratta di scroccare un pranzo,vero?-chiese Brian,il giornale finalmente
posato da una parte in modo da poter essere partecipe alla
conversazione. -Puoi dirlo forte-scherzò il ragazzo con un leggero sorriso
sulle labbra. Brian scosse la testa e portò a sua volta l'attenzione su
Vic,l'unica che fino a quel momento era rimasta in silenzio. La ragazza mosse
lo sguardo da uno all'altro dei suoi padri e poi scosse la testa:sapeva che il
solo motivo che spingeva i due uomini era favorire l'interazione dei due
ragazzi,permettere che si conoscessero meglio dopo tutti questi anni di
lontananza,ma lei non aveva nessuna voglia di conoscere Gus. Lui era
un'estraneo... -Mi dispiace ma ho appuntamento con Rhyes per aiutarlo con i
compiti di trigonometria. Credevo di avervelo detto che sarei rimasta a
pranzo fuori-aggiunse poi poco certa di averlo fatto davvero. Justin restò
qualche istante immobile prima di annuire. -Sì,lo hai fatto-confermò. -Non
puoi chiamarlo e disdire l'appuntamento?-le domandò Brian. Vic scosse la
testa,determinata a non cedere. -Mi piacerebbe,ma Rhyes ha il compito di
trigo lunedì,non posso lasciarlo a piedi-commentò. Justin la fissò per
qualche secondo prima di annuire. Vic sapeva che suo padre aveva tante altre
cose da dirle,che avrebbe voluto tentare ancora di farle cambiare idea,ma che
aveva preferito lasciar correre per non peggiorare le cose,come faceva sempre il
più delle volte. Accennò un sorriso verso di lui,cercando in quel modo di
farsi perdonare la sua assenza al pranzo. -Ok,vado a farmi la doccia
ora...- Dopodichè si voltò e uscì dalla cucina.
I momenti di silenzio di
Justin avevano mille significati per Brian. Era talmente abituato a sentire
la sua voce sempre e in ogni situazione che nell'esatto momento in cui quel
familiare chiacchiericcio cessava gli sembrava di perdere una parte importante
del biondino. Da quei silenzi riusciva a capire se l'uomo era
preoccupato,triste o incazzato. Lo conosceva così bene da sapere anche quando
quel silenzio poteva essere interrotto o doveva continuare perchè Justin potesse
liberarsi da tutti i pensieri e le preoccupazioni da solo,arrivare ad una
qualche pace interiore prima di parlare con lui di quello che lo
angustiava. Ma questa volta non c'era neanche bisogno che lui gliene
parlasse:era chiaramente scritto sul suo volto. Dopo che Vic era uscita dalla
cucina e Justin era tornato a sedersi al tavolo,affondando nei propri
pensieri,Gus aveva finito la propria colazione in fretta prima di tornare al
proprio loft, forse sentendosi di troppo o a disagio per quel silenzio
improvviso. Lui era tornato a nascondersi dietro il giornale,senza leggere
neanche una riga della pagina che aveva davanti,riuscendo a sbirciare con la
coda dell'occhio il marito seduto di fronte a sè, che aveva preso a
giocherellare con la propria tazza di caffè,sfiorando con la punta del dito
indice della mano destra la superficie della tazza in senso orario e poi nel
senso inverso. -Forse Micheal aveva ragione ieri sera...-si decise a parlare
interrompendo il lungo silenzio. Mettendo da parte,per l'ennesima volta,il
giornale Brian incontrò lo sguardo dell'uomo e lo fissò per qualche istante in
silenzio,certo che ci fosse ancora dell'altro. -Voglio dire...Vic adora
uscire il sabato a pranzo con noi,che motivo avrebbe per rinunciarci?-gli
domandò aggrappandosi a quell'appiglio esiguo. -Aiutare un amico?-disse
infatti Brian ricordandogli le parole che la ragazza aveva detto poco
prima. Justin scosse la testa. -Non ne sono convinto-mormorò
ancora. Incapace di trattenersi,Brian sorrise portando Justin ad aggrottare
la fronte. -Che ci trovi di tanto divertente?-gli chiese infatti il
biondo. Questa volta fu il moro a scuotere la testa. -E' solo che certe
volte sei davvero buffo... Quand'è stata l'ultima volta che fra un'uscita con
me ed i ragazzi ed una con tua madre hai scelto quella con tua madre?-gli
domandò cercando di farlo ragionare. Justin dischiuse leggermente le
labbra,ritornando per qualche secondo il ragazzino che era stato un
tempo. -Questo che c'entra!!Io avevo diciassette anni ed ero un ragazzo,e poi
noi non siamo come mia madre-aggiunse in tono battagliero. Brian annuì,quasi
stesse convenendo con lui,ma Justin lo conosceva troppo bene e da troppo tempo
per non sapere che non era così. -Noi siamo i suoi genitori Justin,le ultime
persone al mondo con cui un'adolescente si farebbe vedere in giro-cercò di farlo
ragionare. -E come spieghi la discussione che hanno avuto ieri sera Vic e
Gus?Ed il fatto che non si sono quasi parlati questa mattina?-domandò ancora
Justin cercando una spiegazione che forse neanche esisteva. Brian restò in
silenzio,dandosi del coglione per aver parlato al marito di quello che aveva
sentito la sera prima,ma come al solito Justin aveva capito subito che c'era
qualcosa di diverso non appena aveva messo piede in camera da letto. Così
alla fine aveva parlato,raccontandogli quello che aveva sentito e confessandogli
che iniziava a credere che ci fosse una parvenza di verità nelle farneticazioni
di Emmett. -E' sabato,chi ha tanta voglia di parlare di sabato mattina?-disse
cercando di dribblare la domanda. Capì subito che avrebbe comunque dovuto
rispondere dallo sguardo infastidito che l'altro gli lanciò prima di alzarsi in
piedi,la tazza nella mano sinistra,ed avvicinarsi al lavello. Brian sospirò e
si alzò a sua volta,avvicinandosi al biondo finchè non gli arrivò alle spalle,
allacciandogli le braccia attorno alla vita. -Vuoi sempre salvare il mondo eh
Sunshine?-gli domandò avvicinando le labbra all'orecchio sinistro. Justin
sbuffò e restò in silenzio,senza fare il minimo cenno di avvicinarsi o
allontanarsi da lui, cosa che Brian interpretò in positivo:forse al momento
potevano avere idee diverse,ma Justin era sempre disposto ad ascoltare la sua
opinione. Come farebbe qualsiasi mogliettina... -Quante volte tua madre ti
ha detto di lasciarmi perdere?-gli domandò deciso ad usare il
ragionamento. Un lieve sorriso incurvò le labbra piene di Justin,prima che
questo alzasse leggermente la testa verso di lui,senza però sciogliersi dal suo
abbraccio. -Innumerevoli- -E tu non le hai mai dato ascolto,se lo avessi
fatto ci saremmo risparmiati tanti problemi...-aggiunse poi giusto per vedere la
sua reazione che ovviamente non si fece attendere e che portò Justin ad
allontanarsi,lottando contro la stretta che gli bloccava i fianchi. Con poco
sforzo,Brian lo riportò di nuovo contro di sè,questa volta facendogli compiere
una giravolta in modo che i loro sguardi potessero incontrarsi:quando incontrò
quegli occhi blu che gli lanciavano saette,Brian sentì un brivido attraversargli
la schiena fermandosi nel basso ventre. Possibile che ogni volta,nonostante
fossero passati anni dalla prima volta che aveva incontrato quegli occhi,provava
le stesse emozioni? -Sei veramente uno stronzo!-sbottò Justin. Il moro
alzò le spalle. -Niente che non sapessimo già-commentò-Ma tu stai perdendo di
vista il problema principale- -Stai parlando di Vic e Gus?- Brian
annuì,portando Justin ad aggrottare la fronte,chiaramente confuso. -Ok,credo
di essermi perso-confessò. Il moro sospirò in modo enfatico e fissò lo
sguardo in quello del marito,certo che così il suo messaggio sarebbe recepito
meglio. -Abbiamo due strade:una è lasciare che le cose facciano il loro
corso,seguendo la situazione da vicino,molto vicino,in modo da essere pronti ad
intervenire quando le cose saranno sul punto di peggiorare...-iniziò. -E
l'altra?-chiese Justin chiaramente propenso verso l'incognita. Brian restò in
silenzio fissando il marito. -Oppure possiamo intrometterci,possiamo impedire
che Vic e Gus si incontrino,che abbiano anche un semplice rapporto di
conoscenza...Ma sappiamo entrambi che non risolveremo niente e che forse
peggioreremo le cose così-gli fece notare. Il biondo abbassò lo
sguardo,sospirando frustrato. Non c'era un modo facile per mettere fine a
tutto quello,non c'era una persona meno importante o a cui voleva meno bene in
quella faccenda:Gus era un pezzo del suo cuore,era il figlio di suo marito,e
Vic...Vic era tutta la sua vita. Forse anche più di Brian. Senza bisogno
di parole,Brian capì qual'era la scelta di Justin e,per aiutarlo ad allontanare
la paura che si era impossessata di lui,lo attirò contro di sè e gli strinse le
braccia attorno alle spalle,permettendogli di nascondere il volto nell'incavo
fra la spalla ed il collo. Cercando di mandar via,a sua volta,quella stessa
paura...
-Com'è il figlio di Rage in mutande?- Sorridendo
leggermente divertita per quella domanda,Vic scosse la testa. Era stato
un'errore raccontare a Rhyes dell'incontro che aveva fatto quella mattina nella
sua cucina:da quando gli aveva parlato di Gus,il ragazzo non aveva fatto altro
che chiederle maggiori dettagli su di lui. Le aveva fatto ripetere per ben
due volte quei pochi minuti che avevano trascorso nella stessa stanza neanche si
fosse trovata al cospetto di George Clooney o Johnny Depp. Avevano studiato
tutta la mattina in camera di Rhyes,dove il ragazzo le aveva fatto vedere il
primo numero di "Rage",ormai introvabile,anche se lei lo conosceva bene e dopo
pranzo avevano deciso di alzare bandiera bianca alla trigonometria ed
uscire. Dopo una visita veloce ad alcuni negozi dove andavano abitualmente,la
tappa successiva quasi obbligatoria era stato il negozio di fumetti dello zio
Micheal. -La vuoi smettere?E' esattamente identico a te!-ribattè lei
sistemandosi i boccoli biondi dietro le spalle. -Non credo!Io non farei
certamente la sua figura in boxer...-rispose lui scuotendo la testa. Vic
sogghignò. -Ma se neanche lo hai visto,come fai a dirlo con tanta
sicurezza?-gli domandò continuando a sogghignare. Rhyes sospirò e scosse la
testa,un'espressione sul volto che mostrava tutta la pazienza che aveva ad
intrattenere quel discorso con lei. -Vic,tesoro,cercherò di renderti questo
concetto il più semplice possibile:io non sono il figlio di Rage. Quindi,non
sarò mai bello quanto lui-concluse. Arrivata davanti alla porta del
negozio,Vic aprì la porta facendo tintinnare la piccola campanella posta sopra
l'ingresso. -Io non mi butterei così giù se fossi in te...Forse sei anche
meglio del figlio di Rage e non lo sai-continuò giusto per stuzzicarlo. Rhyes
aprì leggermente la bocca,scandalizzato. -Non farti più sentire da me quando
dici queste eresie,chiaro?- Vic sospirò cercando di trattenere le
risate,abbassando lo sguardo sul primo espositore di fumetti che le capitò
davanti. -Ecco guarda!-le disse Rhyes prendendo un numero di "Rage" e
mostrandoglielo-Credi davvero che potrei essere meglio del figlio di Rage?-le
chiese ancora. -Chi è il figlio di Rage?-s'intromise una terza voce. Vic e
Rhyes si voltarono verso il magazzino dal quale era uscito,con un sorriso
accennato sul volto come sempre,lo zio Micheal. La ragazza scosse la testa
e,lasciando perdere i fumetti,andò verso l'uomo per salutarlo. -Niente,è solo
lo sclero quotidiano di Rhyes-gli disse cercando di tagliar corto. -Perchè
non lo chiediamo a lui?Certamente lo conosce e può essere più imparziale di
te!-ribattè il ragazzo poco propenso a lasciar perdere. Lei cercò ancora una
volta di far cadere l'argomento scuotendo la testa,mentre si chiedeva perchè lo
zio Micheal dovesse essere più imparziale di lei,ma ormai quelle parole avevano
stuzzicato la curiosità dello zio Micheal,che continuava a muovere lo sguardo da
lei a Rhyes,chiaramente in attesa di una spiegazione. -Vic continua a dire
che in quanto a bellezza io ed il figlio di Rage ce la giochiamo alla pari,
mentre io sono certo che vincerebbe lui senza neanche tanti complimenti-gli
spiegò il ragazzo. Micheal guardò la ragazza accanto a lui,la fronte ancora
corrugata per la confusione. -Sta parlando di Gus!-lo aiutò lei. Certe
volte aveva la sensazione che lo zio Micheal fosse un pò tonto...La zia Emmett
avrebbe capito subito a chi si stesse riferendo Rhyes. Dal volto dell'uomo
sparì l'espressione confusa per essere sostituita da una più seria e matura,
come se si stesse impegnando per ricoprire il ruolo "istituzionale" della
situazione. -Oh ecco...-farfugliò improvvisamente a disagio,allontanandosi da
Vic e tornando dietro il bancone. Vic lo fissò per qualche secondo,sorpresa
da quella reazione che non riusciva a spiegarsi. -E' quasi un'ora che cerco
di fargli capire che lui non ha niente di meno di Gus,e che sotto certi aspetti
è anche meglio...-fece poi cercando di riempire quel silenzio stranamente
imbarazzante. -La vuoi smettere di bestemmiare?-la rimbrottò di nuovo
Rhyes. La bionda sbuffò e scosse la testa. -Rhyes soltanto perchè Gus è il
figlio di Rage non vuol dire che sia perfetto come lui...Non siamo mica nel tuo
fumetto-gli fece notare. Sentendo su di sè lo sguardo dello zio,voltò
leggermente la testa nella sua direzione incontrando i suoi occhi,poco prima che
l'uomo le rivolgesse un sorriso accennato. -Rage non è perfetto...E credimi
nessuno può saperlo meglio di me,in fondo sono io il suo creatore-commentò
Micheal. Vic sorrise e alzò le spalle. -Per me lo è- -Anche per me-si
accodò Rhyes. Vic rise e,tornando a guardare l'amico,gli si avvicinò finchè
non potè dargli una piccola spinta che fece ridere entrambi. -Sei davvero
un'idiota!-lo beccò. I due ragazzi risero e le loro risate attuttirono per
qualche secondo il suono della campanella che annunciò l'entrata di un nuovo
acquirente. Micheal portò lo sguardo sulla porta e sorrise vedendo uno dei
tanti fan degli "X-Men",che dopo aver richiuso la porta fece un paio di passi
nel negozio. -Ehi Matt!Era da un pò che non ti si vedeva...-lo salutò
Micheal. Colpita da quel nome,Vic si voltò,trovandosi faccia a faccia con il
"suo" Matt che la fissò con lo stesso sguardo sorpreso che doveva essersi
dipinto sul suo viso. -Ciao...-lo salutò poggiando la schiena contro uno
degli espositori. L'espressione sorpresa scomparve dal volto di
Matt,sostituita da un sorriso che mise in risalto i denti bianchi. -Ciao
Victoria-la salutò chiamandola con il suo nome completo,come aveva sempre
fatto. Fu quel nome a far scattare la molla nella mente di Micheal e a
riportargli alla mente il ricordo della sera precedente con tutti i discorsi di
Emmett:come accidenti aveva fatto a dimenticarlo? -Non ti aspettavo-disse con
voce seria e più distaccata di poco prima,rivolto al ragazzo che non aveva
ancora allontanato lo sguardo da quello di Vic. Matt,riscuotendosi da una
sorta di ipnosi,lo guardò e scosse la testa. -So di essere venuto prima del
solito,ma ho pensato che così facendo magari avrei avuto fortuna...E poi non mi
andava di aspettare altre due settimane prima di sapere che cosa succedeva-gli
confessò sincero. Suo malgrado,Micheal sorrise comprendendo quella sensazione
perfettamente. Si avvicinò al computer controllando se l'ordine di Matt fosse
arrivato,registrando con la coda dell'occhio che il ragazzo aveva ripreso a
guardare Vic. Era una sua impressione oppure la distanza fra loro era
diminuita? -Non ti facevo tipo da fumetto...-sentì dire da Vic. Alzando
leggermente gli occhi dal computer,vide Matt annuire,passandosi poi una mano sul
retro del collo. -E' una passione che ho preso da mio padre:quando ero
bambino mi passava tutti i suoi fumetti dopo averli letti. Ancora adesso è
una cosa che ci accomuna-le confessò. Vic accennò un sorriso. -Ma ad
essere sincero,potrei dire lo stesso di te...Non immaginavo fossi una fan di
Batman e Catwoman- -Infatti non lo sono,fatta eccezione per "Rage"
ovviamente,ma uno dei miei amici è un grande appassionato di fumetti e sfrutta
le mie conoscenze per ottenere sconti mostruosi-disse ironica. Matt sorrise e
abbassò leggermente la testa,lanciando uno sguardo verso Rhyes in un'angolo
lontano del negozio che faceva finta di non conoscerla. -E' lui per caso?-le
domandò sottovoce. Vic si limitò ad annuire. Sapendo benissimo che,in caso
contrario,gliel'avrebbe fatta pagare cara,Vic si mosse per raggiungerlo,seguita
da Matt,e gli si fermò a pochi passi di distanza. -Rhyes lui è Matt;Matt lui
è Rhyes-disse facendo le presentazioni. Chiamato in causa,il ragazzo alzò la
testa dal fumetto che fingeva di leggere e sorrise spudoratamente malizioso a
Matt prima di stringergli la mano. -Piacere,Vic mi ha parlato molto di
te...-disse,lo sguardo affondato nei suoi occhi. Sentendo il viso avampare
per la vergogna,la ragazza immaginò tutte le possibili torture a cui avrebbe
sottoposto l'amico alla prima occasione. -Spero sia stata clemente-si limitò
a rispondere l'altro continuando a sorridergli educato. -Forse non avresti
vinto il Premio Nobel per la Pace,ma saresti rimasto soddisfatto lo
stesso- Ma che diavolo si stava inventando quell'idiota?E proprio davanti a
suo zio,che avrebbe riferito tutto a suo padre non appena usciti dal
negozio. -Matt mi dispiace,ma il tuo ordine non arriverà prima della prossima
settimana-s'intromise Micheal portando Matt a voltarsi verso il
bancone. Questi alzò le spalle in un gesto rassegnato. -Non importa,tanto
ci sono abituato...- Lo sguardo a sua volta verso il bancone e lo zio
Micheal,Vic non si accorse del gesto di Matt finchè non sentì la mano sinistra
del ragazzo stringere la sua più vicina,con un gesto casuale e rilassato:sentì
scivolare le sue dita fra quelle affusolate di Matt e il suo palmo sfiorare
quello caldo di lui. Era una sensazione piacevole... -Cavolo!Quanto è
tardi!-commentò Rhyes in maniera troppo enfatica per poter avere anche una
minima parvenza di credibilità. Vic lo guardò e per qualche secondo ebbe la
certezza che l'amico si stesse guardando il polso destro nudo come se lì ci
fosse un'orologio. -Vuoi che andiamo?-gli domandò. Rhyes scosse la
testa. -Non preoccuparti,posso tornare anche da solo...Inoltre farmi vedere
in giro con te da queste parti non fa bene alla mia popolarità-scherzò prima di
avvicinarsi a lei e darle un bacio per ogni guancia. -Sei morto!-sussurrò lei
in modo che soltanto Rhyes potesse sentirla. In risposta il sorriso del
ragazzo divenne ancora più brillante e soddisfatto prima di salutare Matt e
Micheal ed avviarsi alla porta del negozio. -Vuoi che ti accompagni a casa
Little Sunshine?-le domandò Micheal,che aveva capito chiaramente tutto quello
che era successo nel suo negozio. E a cui non era affatto sfuggito il fatto
che i due ragazzi a pochi metri da lui si stessero tenendo per mano. Vic,come
si aspettava,scosse la testa avvicinandosi poi verso di lui. -Non serve zio
Micheal. Sono abbastanza grande per tornare a casa da sola senza dare
confidenza agli sconosciuti-scherzò prima di salutarlo con un bacio sulle
guance. Micheal annuì,chiaramente insoddisfatto. -Vado anche io
Micheal. Ci vediamo la settimana prossima-disse Matt per congedarsi. Non
mi dire,pensò l'uomo limitandosi ad annuire. Una davanti all'altro i due
ragazzi uscirono dal negozio e dopo essersi salutati sulla porta, ben in vista
delle vetrine,andarono ognuno per la propria strada.
-Raccontami qualcosa di te- Si erano incontrati alla
fine dell'isolato,ad una trentina di metri dal negozio di fumetti e,
ovviamente,Matt si era offerto di accompagnarla a casa. Durante il tragitto
avevano parlato della loro settimana,di cosa era successo a scuola,
contrapponendo i loro mondi così diversi e distanti e trovando alcune cose in
comune in quei due mondi. Lui le aveva parlato delle lunghe ore di
allenamento al pianoforte e di come,per scaricare la tensione,si dilettasse a
giocare a pallacanestro,senza però essere un gran campione. -Io e Gus
scommettiamo sempre sul risultato della partita e alla fine io sono l'unico che
perde soldi...-le aveva raccontato facendola ridere. Vic invece gli aveva
parlato di come passasse ore immersa nei libri e nel silenzio della casa,
accompagnata alle volte soltanto dalla musica che veniva dallo stereo,godendosi
quei momenti di relax prima dell'arrivo dei suoi genitori e di eventuali
amici. -Non credo di aver mai conosciuto nessuno più confusionario di quei
due!Sono peggio di un uragano o di un tifone!-aveva commentato lei con un
sorriso ironico sulle labbra che,sulla fiducia,aveva contagiato anche
lui. Quando erano arrivati a casa Vic lo aveva invitato ad entrare,per
ringraziarlo della gentilezza, e gli aveva offerto una tazza di caffè e una
fetta di torta che aveva portato Gus la sera prima e che doveva essere un regalo
di Lindz per i suoi genitori. Erano seduti in salotto,sul divano,i piattini
con la torta sul piccolo tavolo Mis Van Der Hor e le tazze fra le mani quando
lui le aveva fatto quella domanda. Istintivamente,come succedeva ogni volta
che le facevano quella domanda o altre simili,lei si chiudeva a riccio,sfogando
il suo imbarazzo sui propri capelli,iniziando ad arrotolarne alcune ciocche
attorno ad un dito. -Non sei obbligata a rispondere-aggiunse subito lui con
voce serena,cercando di tranquillizzarla. Vic evitò il suo sguardo e si disse
che era stupido avere paura del ragazzo che era seduto accanto a lei:lui già
sapeva una parte della sua storia eppure era ancora lì,seduto nel suo salotto a
bere caffè e a mangiare torta. Alzò leggermente la testa in modo che i loro
sguardi si incontrassero di nuovo e smise di giocare con i capelli. -Che vuoi
sapere?-gli chiese,cercando di frenare le sue paure. Matt alzò le
spalle. -Gus mi ha detto che tuo padre e il suo sono
sposati...-iniziò. Vic sorrise e annuì. -Ti ha detto anche che è stato mio
padre a dargli quel nome?-gli domandò curiosa. Matt scosse la
testa,chiaramente più incuriosito. -I miei genitori si sono incontrati la
sera della nascita di Gus e,per una serie di circostanze,il padre di Gus è stato
costretto a trascinarsi il mio in ospedale con lui e al momento di decidere il
nome,Mel Lindz e Brian non sapevano decidersi,così lui ha chiesto consiglio a
mio padre che ha scelto Gus-riassunse. Matt rise scuotendo la testa
incredulo. -Assurdo!Anche la tua nascita è stata così movimentata?-domandò
poi. Vic scosse la testa. -No,forse questa è l'unica cosa noiosa di
me. La fortuna tutta agli altri...-scherzò poi facendolo
sorridere. -Quindi siete una specie di fratello e sorella come lui e JR?-le
chiese ancora. La ragazza scosse la testa con forza,quasi
scandalizzata. -Assolutamente no!Noi abbiamo due padri e due madri
diversi,non ci saremmo neanche mai incontrati se non fosse per questo strano
scherzo del destino-gli disse prima di bere un sorso dalla propria
tazza. Matt la imitò e per qualche istante il silenzio scese nella
stanza. -Però ho anche io una sorella-gli disse tornando a poggiare la tazza
sulle proprie ginocchia. Lui la guardò sorpreso e Vic annuì,a conferma delle
sue parole,prima di alzarsi e prendere una foto in cui era ritratta insieme a
sua sorella per poi tornare verso il divano e tendere la cornice verso il
ragazzo. Matt osservò la foto qualche istante prima di rialzare lo sguardo su
di lei,un sorriso accennato sulle sue labbra. -Siete molto simili-le disse
tendendole di nuovo la cornice. -Stessi genitori;si chiama Georgia,ha due
anni meno di me e vive a New York con mia madre e la sua compagna. Certo non
ci vediamo spesso come Gus e sua sorella,però cerchiamo di tenerci in contatto
il più possibile- Matt annuì. -So che vuoi dire:anche a me succede lo
stesso con Sally,la figlia che mio padre ha avuto dalla sua seconda
moglie. Per via dello studio riesco a vederla soltanto durante le vacanze ma
ogni volta cerco di recuperare tutto il tempo perso. Da quanto tempo non vedi
tua sorella?-le chiese senza allontanare lo sguardo dal suo. Vic alzò gli
occhi concentrata,ritornando indietro con la memoria all'ultima volta che
Georgia era venuta a Pittsburgh:avevano appena deciso di trasferirsi in
Canada. -Un paio di mesi,ma per la festa del Labour Day andrò a New York,così
starò con lei e mia madre- Un'espressione sorpresa apparve sul volto di
Matt,portandola ad incarcare un sopracciglio. -Cosa?- Questi scosse la
testa. -Niente,è solo che...Ah lascia perdere-disse accompagnando le parole
con un gesto della mano. Vic avvicinò il viso al suo e cercò di ricontrare il
suo sguardo,ancora più curiosa. -Avanti,non puoi lasciarmi così con le mezze
parole!-ribattè. Matt si lasciò scappare un sospiro dalle labbra dischiuse e
rialzò gli occhi nei suoi. -Mi mancherai- Interdetta per quelle parole,Vic
lo fissò imbambolata,incapace di spiccicare parola prima di riabbassare lo
sguardo e alzarsi in piedi. Non sapeva cosa dire o fare:era la prima volta
che si trovava ad affrontare una situazione del genere. A parte i suoi
genitori e le persone che da sempre facevano parte della sua vita,nessun'
estraneo le aveva mai detto "mi mancherai" e ora non sapeva come reagire. Si
avvicinò alla parete su cui spiccava una grande finestra e gli voltò le
spalle,sentendolo alzarsi dal divano e avvicinarsi a lei. Pochi istanti e le
mani di Matt si posarono sulle sue spalle. -Sai qual'è il mio più grande
difetto?-le chiese. Lei restò in silenzio,certa che l'altro non avesse
bisogno di sollecitazioni per andare avanti. -E' che alle volte parlo a
sproposito,senza capire quando dovrei tenere la bocca chiusa- Vic scosse la
testa,tornando a voltarsi verso di lui. -No,non è questo...E' solo
che...-disse cercando il modo adatto per spiegargli quello che l'aveva
sconvolta. Con due dita Matt le fece alzare il mento ed incontrare il suo
sguardo. -Ti va di ballare?-le domandò,riuscendo a sorprenderla ancora una
volta. Spalancando leggermente gli occhi a quella proposta che non riusciva a
spiegarsi,Vic annuì. Si allontanò,avvicinandosi allo stereo e facendo partire
il cd che era all'interno,quasi sicuramente un mix. Quando partirono le note
di "Halo",fu incerta se cambiare canzone,ma vide che Matt stava già venendo
verso di lei,per nulla intimorito dalla canzone. Una volta fermo davanti a
lei,le allacciò la vita con un braccio e le strinse una mano nella sua iniziando
a guidarla sulla musica. -Voglio che tu sappia che questo è un cd dei miei
genitori quindi non ho la minima idea di quali canzoni ci siano-gli disse
mettendo le mani avanti. Matt sorrise e alzò le spalle. -Non importa-la
rassicurò. Sentendosi più leggera,Vic posò il mento sulla sua spalla destra e
chiuse gli occhi,lasciandosi guidare da Matt e dalla musica. -Hai dei
genitori veramente romantici-le disse lui,muovendo la mano sulla sua
schiena. Vic sorrise e mosse la testa sulla sua spalla per incontrare il suo
sguardo,trovando gli occhi grigi di Matt pronti ad incontrare i suoi. -Hanno
i loro momenti...-si limitò a commentare. La canzone finì e per qualche
istante i due ragazzi restarono immobili aspettando di sentire la prossima
canzone. Annunciato da uno squillo di tromba partì "Hips don't lie"che fece
sorridere Vic:questa era stata certamente scelta da Brian. Ma doveva
ammettere che era una delle sue canzoni preferite e riusciva sempre ad
allontanare i pensieri negativi,quindi sciogliendosi dalla stretta di Matt e
allontanandosi di un passo da lui,Vic iniziò a ballare sul ritmo della
musica. Come aveva visto fare più volte a Shakira mosse i fianchi al ritmo
delle congas,sentendo dietro di sè la presenza di Matt che le strinse le braccia
attorno alla vita e le fece appoggiare la schiena contro il proprio torace,i
capelli biondi che risaltavano contro il nero della sua camicia. Sentiva il
suo profumo e il suo respiro poco distante dall'orecchio e solo in quel momento
si accorse del ritmo accellerato del suo cuore:era colpa del ballo o della
presenza di Matt? Una mano attorno al gomito sinistro,Matt la fece
girare,allontanandola da sè quel poco che bastava per farle fare un'altra
giravolta e poi richiamarla a sè,le braccia attorno alla sua vita. Con un
sorriso divertito e,allo stesso tempo,lusingato Vic strinse le braccia sulle
spalle di Matt permettendogli di farle fare un piccolo casquè mentre la musica
scemava. Leggermente imbarazzata per quella chiusura inconsueta,Vic rise,gli
occhi ancora legati a quelli di Matt che,dopo averla riportata in posizione
eretta,non accennava comunque a lasciarla andare. La nuova canzone "Forever"
era già partita,ma sembrava che i due ragazzi non se ne fossero accorti,troppo
occupati a guardarsi negli occhi,le mani di Vic ferme sugli avambracci solidi di
Matt. Con la mente ancora a quelle poche parole che l'avevano tanto
colpita,Vic si disse che avrebbe potuto restare lì a mezz'aria per
ore,giorni,senza bisogno di nient'altro. Matt sospirò dalle labbra dischiuse
e mosse il viso verso di lei,e Vic ebbe paura di un'infarto sentendo aumentare
maggiormente i propri battiti:stava per baciarla! Stava per avere il suo
primo bacio! Deglutì nervosa e restò immobile,per fargli capire che era
quello che voleva,lo sguardo che balenava dalle labbra agli occhi del ragazzo,il
viso di Matt sempre più vicino al suo,quando improvvisamente la musica si
interruppe. Sorpresa da quel cambiamento,Vic spostò leggermente il volto
verso lo stereo sentendosi gelare l'attimo dopo. Immobili accanto allo
stereo,chiaramente furiosi per quello che avevano appena visto, c'erano i suoi
genitori. Matt,imbarazzato quanto e forse più di lei,sciolse il loro
abbraccio,fermandosi così a pochi passi da lei. -A quanto pare siamo arrivati
nel momento sbagliato...-commentò Brian con voce tagliente. Aveva bisogno di
qualcosa da dire,di una risposta pronta e arguta che facesse capire ai due
uomini che non stava succedendo niente di male...Ma in quel momento la sua
mandibola sembrava bloccata,sigillata con del collante che avrebbe impedito
anche ad un cavallo di parlare! -Già di ritorno?-sentì chiedere alla sua
voce,dandosi dell'idiota l'istante dopo. Voleva per caso farsi uccidere dai
suoi genitori?Era questo il suo scopo? No,perchè ci stava riuscendo
benissimo! Un ghigno sarcastico che avrebbe spaventato qualsiasi estraneo
apparve sul volto di Brian, mentre il volto di suo padre era congelato in un
espressione arrabbiata. -Abbiamo interrotto qualcosa per caso?-domandò ancora
Brian. -Se vuoi possiamo uscire di nuovo e tornare più tardi...-aggiunse suo
padre con una voce bassa che conteneva tutta la sua rabbia. Vic si affrettò a
scuotere la testa,imitata da Matt. -No,io stavo per andare-disse il
ragazzo,cercando di non complicare la situazione. -Non sembrava-commentò
ancora suo padre. Nonostante sapesse di essere nei guai,Vic lanciò
un'occhiataccia a suo padre per la risposta che aveva appena dato a Matt:quella
situazione non era facile per nessuno di loro,allora perchè renderla ancora più
sgradevole? E poi che motivo avevano per essere tanto arrabbiati?Non li
avevano mica scoperti a letto insieme! -Comunque visto che siamo qui papà lui
è Matt;Matt loro sono i miei padri-disse cercando di instaurare almeno un
atmosfera cordiale fra i tre uomini. -Il musicista-aggiunse sprezzante
Brian. Matt aggrottò leggermente la fronte e si voltò verso Vic che si limitò
a scuotere la testa:era una storia per cui neanche lei aveva una
risposta. -Sì è lui-rispose fissando il volto del suo secondo padre,quasi
sfidandolo a qualche nuovo commento. Questi le restituì lo sguardo per
qualche istante prima che il suo ghigno diventasse più cattivo. -Io devo
davvero andare...-s'intromise di nuovo Matt in quel triangolo di sguardi. Vic
si voltò verso di lui e annuì. -Ti accompagno alla porta- I due ragazzi si
avviarono verso l'uscita del salotto,passando inevitabilmente accanto ai due
uomini che si fecero da parte per farli passare e,dopo qualche istante di
esitazione,Matt decise di proseguire senza dir nulla:era chiaro che la sua
presenza lì non fosse gradita. -E' stato un piacere conoscerti
musicista...-disse Brian deciso a non lasciarsi scappare l'occasione per dire
l'ultima parola. Vic accompagnò Matt alla porta,e dopo averlo salutato e aver
richiuso la porta di casa alle sue spalle,tornò in salotto dai due uomini,mai
così arrabbiata con i suoi genitori. Questi,nei due minuti trascorsi,si erano
tolti i cappotti e,mentre Brian si era seduto sul divano in quella che doveva
essere una posa rilassata,suo padre era in piedi accanto al tavolo che usavano
per le cene importanti. -Avete una vaga idea di come vi siete
comportati?-domandò ai due uomini. Suo padre si voltò e per alcuni secondi
entrambi la fissarono in silenzio. -Illuminaci-disse poi Brian,accavallando
le gambe. -Mi avete messo in imbarazzo davanti a Matt...-iniziò. -Quello
non è un problema-commentò Justin. -E vi siete resi ridicoli e questo so che
vi importa!Si può sapere cosa stavamo facendo di così terribile per provocare
una reazione simile?-domandò lei scostandosi un boccolo che le era caduto
davanti agli occhi. Suo padre la guardò per qualche istante con
un'espressione incredula sul volto,come se lei avesse appena raccontato qualcosa
di incredibilmente divertente. -Hai davvero bisogno che te lo spieghiamo?-le
domandò poi. -Altrimenti non te lo avrei chiesto-ribattè lei con la stessa
aria battagliera. Justin sospirò e annuì. -Vic quel ragazzo ha ventidue
anni...Un ragazzo a quell'età pensa soltanto ad una cosa...- -Al
sesso-aggiunse Brian senza mezzi termini. Lei si lasciò scappare una risata
ironica. -E tu credi che i ragazzi della mia età non farebbero lo
stesso?Credevo che almeno foste bravi a capire quel genere di psicologia
maschile!-li punzecchiò facendo un paio di passi verso di loro,la stessa
espressione battagliera di poco prima. -Ehi Little Sunshine!Che ne dici di
moderare i termini?-fece Brian,infastidito dalla piega che stava prendendo
quella discussione. Mai,per quanto potessero andare male le cose,avevano
avuto una discussione così accesa, senza nessun punto in comune o con Vic che li
combatteva a quel modo. La ragazza scosse la testa,quasi stesse rifiutando
quel consiglio e si allontanò di nuovo i boccoli biondi dal viso prima di
tornare a guardare i due uomini. -Al contrario di quello che è successo a
Pittsburgh,qui i ragazzi sembrano essere spaventati da voi,da questa famiglia e
tendono a tenersi alla lontana da me! L'unico,oltre a Carly e Rhyes,che si è
avvicinato veramente a me è stato Matt e voi cosa avete fatto?Lo avete trattato
in modo assurdo e forse lo avete allontanato da me. Complimenti!Ora sarete
davvero fieri di voi! Voleva baciarmi?Sì,probabilmente lo avrebbe fatto se
voi non foste arrivati proprio in quel momento. Vuole portarmi a
letto?Forse. Ma questo non vi autorizzava a comportarvi in maniera così
maleducata con un mio amico!-li rimproverò neanche spettasse a lei ricoprire il
ruolo dell'adulta. Quelle parole fecero scendere un brivido gelido lungo la
schiena dei due uomini:quell'idea era qualcosa che non volevano neanche prendere
in considerazione. Fosse stato per loro avrebbero messo Vic sotto una campana
di vetro e non l'avrebbero più fatta uscire da lì sotto. Lei sospirò e si
strofinò gli occhi,premendone gli angoli con due dita prima di guardare di nuovo
i suoi genitori. -Sapete una cosa?Oggi per la prima volta mi sono vergognata
di voi...E questo mi fa più male dell'idea di essere apparsa un'idiota agli
occhi di Matt- Dopodichè si voltò ed uscì dalla stanza accompagnata dal
silenzio.
Salì i gradini della scala che collegava i piani
della casa senza neanche guardare,percorse il corridoio a testa bassa camminando
automaticamente finchè non si fermò davanti alla porta della sua stanza
afferrandone la maniglia e spalancandola. Solo allora si bloccò sulla
soglia,sorpresa dal trovarvi un'intruso all'interno. Completamente a suo
agio,neanche fosse in casa sua,Gus stava curiosando fra le sue cose, fra le mani
vari cd che stava fissando con un'espressione schifata sul viso. -E tu che
accidenti ci fai nella mia stanza?-gli domandò entrando. Il ragazzo alzò la
testa e,lo sguardo su di lei,alzò la mano che stringeva i cd. -Non hai niente
di Jay-Z?-le domandò. -Mi hai preso per un negozio di musica per caso?-gli
chiese lei a sua volta,fermandosi davanti a lui e togliendogli i cd dalle
mani. Il ragazzo alzò le spalle,mostrandosi colpito da quello
scatto. -Ripeto la domanda:che diavolo ci fai nella mia stanza?Possibile che
da quando ti sei trasferito sei sempre qui intorno?-lo beccò senza curarsi di
essere acida. Era ancora arrabbiata per quello che era successo di sotto con
i suoi genitori:li conosceva, sapeva che quello era soltanto il primo round e
che presto sarebbero venuti a cercarla per parlare,per venire ad una qualche
specie di accordo,ma ora era troppo arrabbiata per pensare anche solo di far
pace con entrambi. Le avevano fatto fare la figura della ragazzina
deficente,della bambola di porcellana e soprattutto si erano resi
ridicoli:niente di quello che era successo in passato aveva mai provocato una
reazione simile prima d'ora! Che accidenti era preso a quei due? -Avresti
preferito che fossi di sotto in salotto ad unirmi alla discussione?-le domandò
Gus facendola tornare con i piedi per terra. -Piuttosto la morte-commentò lei
posando i cd sulla scrivania. Il suono di un sorriso arrivò alle sue orecchie
facendola voltare. -Ma questo comunque non spiega perchè tu sia qui
ora-ribattè insistente lei. Gus alzò di nuovo le spalle. -Avevo pur
bisogno di un posto dove nascondermi,no?- Vic cercò di controllare l'istinto
omicida che sembrava impossessarsi di lei ogni volta che Gus era nei paraggi e
strinse le mani a pugno lungo i fianchi. -Beh ora la discussione è
finita,puoi anche andartene-disse prima di voltargli le spalle. Il silenzio
che seguì le fece credere per qualche secondo che il ragazzo avesse seguito il
suo consiglio,ma poi sentì un sospiro che le fece capire che non sarebbe stato
così facile liberarsi di lui. Dannazione aveva per caso bisogno di un
esorcismo per farlo uscire da quella stanza? -Li hai trattati troppo
male...Non se lo meritavano-gli sentì dire. La bocca leggermente spalancata
per la sorpresa,Vic si voltò e lo fulminò con lo sguardo. -Chiedo
scusa?Adesso devo dar retta ai tuoi consigli su come parlare con i miei
genitori?-gli chiese sentendo montare dentro di sè la rabbia. Gus scosse la
testa. -No,certo che no,ma io li conosco da più tempo di te,so come sono
fatti... Cercano di proteggerti sempre,anche quando è evidente che non ce ne
è alcun motivo-le disse lui con voce serena. Vic si lasciò scappare un suono
ironico dalle labbra dischiuse. -Ah certo,dimenticavo che stavo parlando con
un esperto. Allora perchè non vai di sotto e gli fai vedere che bravo figlio
saresti stato?-lo punzecchiò lei. Gus la fissò qualche secondo in silenzio
prima di fare un passo nella sua direzione. -Sei davvero una
ragazzina-commentò. -Va al diavolo Gus!E' da quando sei arrivato tu che le
cose hanno iniziato ad andare male, quindi perchè non te ne torni a casa?-gli
domandò per il gusto di ferirlo e sfogare al contempo la sua rabbia su
qualcuno. -Questa è anche casa mia,che ti piaccia o no!E se lo vuoi sapere
non credo che me ne andrò tanto presto-le ricordò. Quelle parole portarono la
sua rabbia a livelli che credeva irragiungibili. -Sei veramente uno
stronzo!-lo accusò lei -E tu sei solo una ragazzina insicura!Non c'è voluto
molto per farti prendere dal complesso di inferiorità-le rinfacciò il ragazzo
avvicinandosi ancora di più. Vic spalancò gli occhi,cercando di combattere la
voglia di prenderlo a schiaffi,cercando di non farsi "sottomettere" da quella
distanza ravvicinata che la faceva sembrare ancora più piccola rispetto a
lui. -Complesso di inferiorità?Tu sei davvero l'ultimo dei miei pensieri...Io
e te siamo due estranei,non è quello che hai detto tu stesso ieri?-gli rinfacciò
guardandolo con occhi fiammeggianti. Gus restò qualche istante in silenzio,lo
sguardo affondato nel suo. Fu un attimo. Non si accorse neanche del suo
movimento. Il viso di Gus si avvicinò al suo e,fulminee,le labbra si posarono
sulle sue,chiudendosi attorno al suo labbro inferiore. Vic restò interdetta
per qualche secondo prima di rendersi conto di quello che stava succedendo e
posare entrambe le mani sul torace del ragazzo e spingerlo lontano da sè. Gus
si allontanò di un passo,restando però lo stesso troppo vicino. -Che
accidenti stai facendo?-gli domandò lei guardandolo negli occhi. Lui restò in
silenzio,incapace di spiegarle quello che era successo pochi istanti
prima. Senza rendersene conto,Vic premette le labbra una contro l'altra
ritrovandovi una traccia del sapore di Gus:quello era stato il suo primo
bacio. Quello stesso bacio che neanche un'ora prima credeva di dare a
Matt. Nel più completo silenzio,senza staccare lo sguardo da quello di
Gus,Vic fece il passo in avanti che li divideva e gli posò una mano sul
petto,cercando di controllare il battito forsennato del suo cuore. Alzò lo
sguardo verso gli occhi nocciola del ragazzo e nello stesso istante la mano
destra di Gus si alzò e le si posò sul retro del collo,fra i boccoli
biondi,attirandola verso il suo viso. Ci fu un ultimo sguardo,come se lui
fosse spaventato dalla possibilità che lei lo mordesse all'improvviso,prima che
le sue labbra sottili tornassero a sfiorare la sua bocca carnosa. Le labbra
di Gus,morbide e calde,sfiorarono le sue con delicatezza prima che il bacio
diventasse più profondo:Vic sentì i denti di Gus mordicchiarle il labbro
inferiore,provocandole un brivido lungo la schiena,seguiti poi dalla punta della
lingua che scivolò sul labbro. Il sangue le pulsava nelle orecchie e forse
era sulla soglia dell'infarto,ma Vic decise di fregarsene e godersi quel
momento,così spinta dall'istinto,si premette contro Gus e gli allacciò un
braccio attorno alla vita,proprio mentre il ragazzo stringeva l'altro braccio
attorno alle sue spalle. Sentì la compattezza dei muscoli di Gus fra le
braccia e per un veloce istante la sua mente immaginò come sarebbe stato senza
vestiti,prima che quel pensiero venisse censurato. Dischiuse leggermente le
labbra e trovò la risposta pronta di Gus che spinse la lingua nella sua
bocca,muovendosi lentamente nella sua bocca coinvolgendo la sua gemella in quei
movimenti. Vic sospirò e sentì tremare le proprie ginocchia. Era questo
che si era persa finora?Tutte quelle sensazioni,quei fremiti,quei
brividi? Quando finalmente le labbra di Gus si allontanarono dalle sue,Vic si
accorse di sentirsi in imbarazzo:cosa dirsi adesso dopo quello che era appena
successo? Vide il ragazzo sfiorarsi gli angoli delle labbra con un pollice
prima di alzare lo sguardo su di lei,e accennare un ghigno. -Sarà meglio che
mi faccia vedere di sotto...- Lei annuì. Si salutarono con un cenno del
capo,niente di troppo personale o troppo compromettente. Solo quando fu di
nuovo sola nella stanza,Vic si chiese lasciò cadere sul letto a peso
morto,ancora incredula per quello che era successo fissando il soffitto finchè
un pensiero non le attraversò la mente:se questo era successo perchè erano due
completi estranei,cosa era successo se avessero provato a conoscersi?
Salve a
tutti!!!!
Come
state?Chiedo scusa se vi ho fatto aspettare + del solito,ma avevo un progetto
che doveva essere consegnato entro il 30 ottobre e che ha richiesto tt le mie
attenzioni e le mie energie,ma appena ho concluso ho ripreso il solito
ritmo...Sperando di non aver perso nessuno nel frattempo.
Quanti
avvenimenti in un solo capitolo,eh?Beh l'attesa andava
premiata,no?
Comunque
posso annunciarvi fin d'ora che questo è solo l'inizio...
La frase
in corsivo all'inizio del capitolo è tratta da "Strangers in
the night" di Frank
Sinatra.
Ringrazio
tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo.
E ora i
ringraziamenti:Sweey(Li stiamo
facendo invecchiare precocemente,che conoscendo Brian è peggio della morte
vera...Ed il bello è che abbiamo appena iniziato!!!Anche a me Matt nn
dispiace,ma x come ho immaginato qst fiction Vic la vedo meglio con Gus,ma tu mi
conosci,sai quanto posso essere contorta quando voglio;Hai perfettamente ragione
anche quando parli del rapporto fra Brian e Vic:nel prox capitolo fatto di
flashback si vedrà meglio qnt lui davvero tenga a questa ragazza e credo che
farà salire un pò gli zuccheri a parecchie persone),Yumisan(Grazie x i complimenti!Se ora
se la sono presa x un bacio che neanche c'è stato figuriamoci cosa farebbero se
scoprissero del VERO bacio con Gus...Come minimo scoppierebbe la 3 guerra
mondiale!),Desme(Come vedi
ad un paio di domande ho già risposto,anzi credo di aver risposto a tutte e tre
se nn sbaglio...Hai perfettamente ragione:sono proprio come Brian e Justin,ma
essendo cresciuta con Brian come padre,Vic è molto + intraprendente di
Justin...),Giuly Weasley(I
geni sono quelli,eppure è strano visto che essendo stato cresciuto da 2 donne
dovrebbe avere una particolare attenzione x qst cose,non dovrebbe essere un
bastardo cm era Brian prima di Justin...Mah,misteri della
genetica!),Jo'87(Vorrei
prendermi il merito x "Zia Emmett",ma anke qll è frutto della mente geniale
degli autori del programma...E' vero,sanno ke c'è qualcosa,ma x il momento sn
impegnati a combattere il nemico sbagliato che ha come unica colpa qll di essere
un musicista),Nefene(FAcciamo tutte e due?E' proprio vero quando si dice "un giorno
capirai":se all'epoca avessero detto a Justin una cosa del genere si sarebbe
tenuto la pancia dal ridere!Ma credo che gran parte della gelosia sia da
imputare al fatto che Vic è una ragazza:lo sappiamo tutti che se fosse stato un
ragazzo avrebbe avuto maggiori libertà.Già,credo che Gus sia forse l'unico
"Work-in-progress",ma penso sia normale,visto che lo abbiamo conosciuto da
bambino e abbiamo piena libertà d'immaginazione sulla sua vita dai sei anni in
poi),LaTuM(Tali padri,tali
figli,no?Infatti per alcuni versi,almeno x come l'ho immaginata finora,la loro
storia ricalcherà un pò quella dei loro genitori,magari a ruoli inversi o
facendo quel passo in + che in certe situazioni i loro genitori nn hanno
fatto...oddio nn so se mi sn spiegata;Io adoro Emmett,ma per me è il personaggio
+ difficile dalla storia:gli autori di "QAF" lo hanno caratterizzato talmente
bene che c'è sempre il rischio di renderlo una macchietta o allontarsi da quello
che è in realtà,ogni volta mi muovo su un equilibrio precario;cmq prima che mi
dimentichi,volevo dirti che sarei onorata di una tua recensione sul tuo
sito,così la farei leggere ad una mia amica, la mia unica
fan...).
Bene x
qst volta è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox
capitolo...
"Niente è più sexy di una cosa proibita"
Baci,Eva.
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Capitolo 9 *** Sunday morning ***
sunday morning
Quando Vic si affacciò
sulla soglia della cucina,l'atmosfera era tesa quanto bastava per il secondo
round. Saggiamente,la sera prima,nessuno dei due uomini era andato a bussare
alla porta della sua stanza dopo la discussione che avevano avuto,lasciando a
tutti e tre il tempo di sbollire la rabbia che li aveva colti e avere le idee
più chiare quando sarebbe arrivato il momento di venire a patti con quello che
era successo. Dietro la porta chiusa,fra le coperte,Brian e Justin avevano
passato ore a fissare il soffitto, ripensando alla discussione,intervallando
momenti di silenzio a brevi scambi di opinioni. Quel pomeriggio erano
rincasati con la certezza di avere casa libera per un paio d'ore prima
dell'arrivo di Vic,ore che intendevano sfruttare a pieno,visto che quella
mattina avevano saltato la prima scopata della giornata per fare colazione con
Gus. Ma l'idea era sfumata velocemente quando avevano sentito la musica
provenire dal salotto; certi che Vic fosse in compagnia di Rhyes o al massimo di
Hunter,si erano avviati verso la stanza per salutare i due ragazzi,bloccandosi
alla fine del corridoio quando avevano visto Vic fra le braccia di uno
sconosciuto. Un giovane uomo,non più un ragazzo... Uno di quelli
che,magari con un altro atteggiamento,avevano visto venirgli incontro tante
volte al Babylon alla ricerca di una notte da ricordare per il resto della loro
vita. Le sue braccia erano attorno alla vita di Vic,il suo viso era troppo
vicino a quello della loro figlia e sarebbe bastato un altro movimento per unire
le loro labbra. Incapace di sopportare oltre,di restare mero spettatore di
quella scena,Brian si era avvicinato a passo veloce allo stereo e lo aveva
spento,facendo piombare la stanza nel silenzio. Justin non aveva concesso
neanche uno sguardo al ragazzo,concentrandosi al contrario sulla figlia,certo
che se avesse spostato gli occhi la sua rabbia sarebbe aumentata e forse
esplosa. Forse,come Vic gli aveva fatto notare, il comportamento avuto con il
ragazzo non era stato giusto,ma loro erano genitori,era nel loro diritto essere
ingiusti! Ma come spiegare a Vic cosa li aveva spinti,cosa li aveva portati a
comportarsi così? Non era solo gelosia o paura di rivivere quello che era
successo a Pittsburgh,era altro. Era sempre paura,ma del proprio
passato. Avevano vissuto visto e sentito troppe cose per non aver paura di
quel ragazzo,anche se all'apparenza sembrava gentile. La
gentilezza... Justin aveva ancora chiaro nella mente come la gentilezza ed i
modi dolci di Ethan lo avessero allontanato da Brian,confondendolo e portandolo
a credere a cose che,con il tempo,aveva scoperto essere futili. Ogni
gentilezza,ogni attenzione di Ethan gli aveva lasciato un segno sulla pelle,una
cicatrice invisibile e l'ultima cosa che desiderava era che Vic vivesse le sue
stesse esperienze. Dietro la porta chiusa della loro stanza,quella
notte,Brian e Justin erano dovuti venire a patti con il loro passato,entrambi
d'accordo che sarebbe stato uno sbaglio continuare a tenere Vic all'oscuro di
quella che era stata la loro "storia d'amore",certi che quel racconto l'avrebbe
aiutata a capire il loro comportamento. Ecco perchè l'atmosfera era
tesa;perchè c'era silenzio in cucina quella mattina quando Vic si affacciò sulla
soglia della porta. Nonostante fossero seduti al tavolo uno di fronte
all'altro,i suoi genitori erano in silenzio,Brian con lo sguardo perso oltre la
finestra e suo padre intento a far scivolare il dito medio sulla superficie
della tazza posata davanti a lui sul tavolo. -Buongiorno...-salutò entrambi
prima di entrare nella stanza. I due uomini alzarono lo sguardo
simultaneamente e la seguirono mentre si avvicinava al lavello prima e al frigo
poi per prendere il bricco del succo d'arancia. -Buongiorno tesoro-la salutò
suo padre. Sentendo i loro sguardi bruciare sulla schiena,Vic si riempì un
bicchiere con il succo e,dopo aver rimesso la confezione nel frigo,si voltò
verso di loro,poggiando una mano contro il mobile della cucina. -Hai fame?-le
domandò suo padre,un piede già sul parquet pronto ad alzarsi in piedi per andare
ai fornelli. Lei scosse la testa. Incontrò per qualche secondo lo sguardo
di Brian prima di posarlo di nuovo sul proprio bicchiere,una mano che ravviava
alcune ciocche disordinate e arruffate. In silenzio,si staccò dal mobile e
andò a sedersi su uno sgabello poco distante da quello di suo padre,in modo da
essere vicina ad entrambe gli uomini. Per qualche secondo nessuno dei tre osò
rompere il silenzio,alla ricerca delle parole adatte per iniziare quel discorso
così complicato,finchè Justin non prese un respiro rumoroso e alzò la testa
verso la figlia,lo sguardo su di lei. -Ieri sera abbiamo fatto la figura dei
coglioni-iniziò. Nonostante un lieve sorriso le avesse stirato le labbra
piene,Vic restò in silenzio:non aveva niente da obiettare a
quell'affermazione. -E' chiaro che non ci ha fatto piacere trovarti con quel
ragazzo ma,come tu ci hai più volte fatto notare,non stavate facendo niente di
male-s'intromise Brian. -Già...Ecco forse siamo stati un pò
irruenti...-riprese Justin. -E maleducati-aggiunse Vic. Brian fece una
smorfia per sottolineare come non fosse d'accordo su quell'affermazione, mentre
suo padre si limitò a fare un gesto accennato con la mano sinistra. Justin
fece per parlare di nuovo,ma Vic fu più veloce di lui:c'era una cosa che doveva
assolutamente sapere. -Perchè ce l'avete tanto con i musicisti?-domandò ai
due guardando ora uno ora l'altro. Sul viso di entrambi tornò la stessa
espressione che aveva visto pochi giorni prima,quel misto di fastidio rabbia ed
imbarazzo,quando l'avevano sorpresa a sentire il cd di musica
classica. -Sarebbe stato diverso se Matt fosse stato un artista come te o uno
studente di legge ad esempio?-chiese ancora lei guardando suo padre. Justin
sospirò e Vic si accorse del veloce sguardo che suo padre lanciò al marito che,a
testa bassa,era impegnato a succhiarsi le labbra neanche ne andasse della
propria vita. Poi improvvisamente Brian rialzò la testa e trovò ad attenderlo
lo sguardo di Vic,fissandola con aria mortalmente seria. -Se devo dirti la
verità,Little Sunshine,per me avrebbe fatto differenza...-le
confessò. -Perchè?- Le labbra sottili di Brian si stirarono in un ghigno
rabbioso prima che questi scuotesse la testa,tornando ad allontanare di nuovo lo
sguardo da lei. Justin si strofinò la fronte,sollevando per qualche istante
la zazzera bionda,consapevole che ora sarebbe toccato a lui spiegare tutto
e,dopo aver preso un respiro profondo,dischiuse le labbra. -Ecco...La colpa è
mia-le disse,catturando l'attenzione di sua figlia. Cercando di rendere la
cosa meno spiacevole possibile,Justin raccontò della relazione con Ethan,un
violinista,relazione che lo aveva allontanato da Brian e che aveva quasi
rischiato di dividerli per sempre. Alla fine di quel racconto Vic si chiese
perchè nessuno le avesse mai raccontato niente di questo violinista. La zia
Emmett e Hunter erano le sue "spie" preferite:erano stati loro a raccontarle
della malattia di Brian,dell'aggressione subita da suo padre e del primo
matrimonio annullato che aveva portato suo padre a partire per New
York. -Quand'è successo?-domandò poi a suo padre,con l'assurda convinzione
che se nessuno dei due glielo aveva detto era perchè ancora non conoscevano i
suoi genitori. -Io e tuo padre stavamo insieme da quasi due anni...-le disse
suo padre. -Noi non stavamo insieme!-ribattè prontamente Brian,rialzando lo
sguardo su di loro. Vic vide suo padre sorridere e fissare il marito,per
nulla ferito da quelle parole,prima di annuire lentamente. -Già,è quello che
continuavi a ripeterti-rispose poi rivolto al marito. Brian sbuffò prima di
alzarsi e avvicinarsi al lavello per posarvi la propria tazza. La ragazza
tornò a guardare il proprio padre,cercando di capire il vero senso di quel
racconto. -Tutto questo discorso dove dovrebbe portare?Volete dirmi che per
voi non devo più rivederlo?-domandò ad entrambi,leggermente confusa. C'era
anche la possibilità che lui non volesse più vederla nè sentirla,ma per il
momento doveva sapere se aveva il permesso dei suoi genitori:era sempre stata
una brava ragazza, le sarebbe sembrato strano fare qualcosa alle loro
spalle. -Esatto!-rispose Brian tornando a voltarsi verso di
loro. -Brian!-lo rimproverò suo padre prima di tornare a guardarla-No...Non
dar retta a quello che dice tuo padre. Il motivo per cui siamo così contrari
a questo ragazzo,all'idea di vederlo con te è soltanto perchè abbiamo paura che
tu possa fare i nostri sbagli...- Suo padre allontanò lo sguardo dai suoi
occhi e sospirò frustrato:c'era un tempo in cui gli veniva naturale parlare con
le donne;ricordava ancora le ore passate ad ascoltare le confidenze di Daphne e
i consigli che cercava di darle...Perchè ora non aveva più quel dono? Come
sempre Brian gli venne in aiuto. -Nessuno meglio di tuo padre e me sa quanto
può far male essere innamorati. Tutti quei racconti sull'amore romantico e
dolce sono tutte stronzate...Nessuno ti racconta mai l'altro lato della
medaglia. Sono tutti bravi a raccontarti come sia eccitante e gratificante
ricevere un mazzo di rose o sentirsi dire "ti amo",ma nessuno ti dice mai quanto
faccia male quando resti solo. Vedere l'altro andar via e sapere che
basterebbero poche parole perchè tutto si sistemi,o incontrarlo e venire a patti
con il fatto che si è costruito una nuova vita di cui tu non fai
parte... Nessuno ti dice quanto possa far male questa nuvola rosa chiamata
"amore"- Colpita da quelle parole,Vic fu tentata per qualche istante di
alzarsi e abbracciare suo padre, come se quel piccolo gesto potesse lenire in
qualche modo tutto quello che era successo in passato,ma l'uomo sembrava essersi
già riscosso dai suoi pensieri,l'espressione sul suo volto era tornata quella di
sempre e,con le sue tipiche movenze lente,si stava avvicinando all'isola accanto
al quale erano sedute lei e suo padre. -Per questo non vorremmo nessuno
attorno a te...Tu sei la nostra Little Sunshine-aggiunse poggiando entrambi i
gomiti sul marmo freddo e producendosi in uno dei suoi ghigni. Vic sorrise e
abbassò la testa,per nascondere gli occhi leggermente velati. -Tu sei la cosa
più importante della nostra vita e la sola idea di dividerti con un altro
maschio, un etero,mi...ci sconvolge-aggiunse Justin,abbassando la testa in modo
da incontrare ancora lo sguardo della figlia. Lei prese un respiro e rialzò
la testa,fissando prima suo padre e poi Brian,che si limitò a ricambiare il suo
sguardo in silenzio. -Io non ripeterò i vostri sbagli,su questo sono
sicura. Non passerò la notte della mia prima volta in ospedale ad assistere
alla nascita di un bambino che non conosco,non prenderò droghe,non farò sesso
promiscuo o in luoghi pubblici... Sono certa che non parteciperò ad un
orgia,è un genere di esperienza che non mi attira affatto,e sicuramente non
verrò eletta "King of Babylon",perchè mi mancano alcune caratteristiche
fondamentali,e assolutamente non mi travestirò da hustler per far colpo su un
assassino-aggiunse ricordandosi del primo incontro fra Hunter e suo padre. I
due uomini restarono in silenzio,maledicendo i loro amici per aver raccontato
così tanto e così dettagliatamente della loro storia a Vic neanche stessero
parlando con un'adulta. Improvviso un sorriso illuminò il viso della ragazza
prima che questa stringesse la mano del padre,seduto accanto a sè e si voltasse
verso Brian. -Ma certamente farò i miei errori. Mi sbronzerò e passerò la
notte fuori casa senza avvertirvi,perderò un'amicizia che credevo eterna,mi
innamorerò della persona sbagliata che probabilmente mi spezzerà il cuore e
sicuramente farò sesso con qualcuno che sul momento è la persona più importante
della mia vita,ma che poi con il tempo diventerà solo un pallido
ricordo...-elencò. -Grazie per averci informato Little Sunshine-commentò
Brian,chiaramente in disaccordo con le parole della figlia. Vic rise e scosse
la testa. -Ma ogni volta,la prima cosa che farò sarà tornare da voi:per
piangere,sfogare la mia rabbia su di voi o anche solo perchè papo possa dirmi
"te lo avevo detto". Perchè non importa quanto possa odiarvi sul momento o
quanto possiamo urlarci contro,voi siete i soli a sapere sempre di cosa ho
bisogno,i soli che sanno quando restare in silenzio o quando fare di tutto per
tirarmi su il morale...E anche se alle volte vi comportate come i genitori del
secolo scorso e perdete la testa per la vostra assurda gelosia,siete e sarete
sempre le persone più importanti della mia vita-concluse. Il silenzio seguì
quelle parole,Vic mosse lo sguardo fra i suoi genitori in attesa di sapere le
reazioni dei due uomini al suo discorso e finalmente queste arrivarono:Brian si
rizzò in piedi e fece i pochi passi che lo separavano da lei,mettendole un
braccio sulle spalle prima di abbassarsi e posarle un bacio fra i capelli
arruffati. -Sei troppo saggia Little Sunshine...Sei sicura di essere nostra
figlia?- Vic rise e mosse la testa all'indietro contro il petto del padre in
modo da incontrare il suo sguardo e annuire. Davanti a loro Justin si alzò e
si avvicinò ai due,gli occhi lucidi per le parole di Vic,stringendo per qualche
secondo la mano della figlia in una delle sue. -Che ne dite di fare colazione
da "Berti's"?-domandò ai due. -Perchè il nostro forno è rotto?-chiese a sua
volta Brian. Justin scosse la testa,fissando il marito. -No affatto
funziona benissimo...Ma dobbiamo recuperare il pranzo di ieri,ricordi?- Brian
sospirò in maniera teatrale per poi abbassare lo sguardo verso la figlia,che
ridacchiava chiaramente divertita da quel piccolo siparietto. -Se proprio non
possiamo farne a meno...-
Cercando di fare meno
rumore possibile,Gus inserì la chiave nella serratura e aprì la porta di
casa. Erano solo le dieci di domenica mattina,molto probabilmente avrebbe
trovato ancora tutti sotto le coperte,ma sapeva che avrebbe fatto meglio a
cambiare stato e nome se non si fosse presentato a casa quella mattina. Si
chiuse la porta alle spalle,ascoltando il silenzio che veniva dall'ingresso
e,passando la busta con i cornetti da una mano all'altra,si tolse il cappotto
per poi appenderlo insieme agli altri e avviarsi verso la cucina. Solo quando
fu arrivato a pochi metri dalla cucina sentì dei rumori soffocati dalla porta
chiusa che lo fecero sorridere:JR era già in piedi. Aprì la porta della
cucina e si fermò sulla soglia,osservando sua sorella che,in pigiama e a piedi
scalzi,ballava al suono della musica e contemporaneamente si preparava la
colazione. Tutte le mattine quello spettacolo! Dovevano essere quello il
momento in cui i geni dello zio Micheal che si facevano sentire più forti in
lei... Il tostapane scattò facendo saltare le fette di pane e sua sorella si
voltò sobbalzando spaventata alla sua vista. -Ti venisse un'accidente
Gus!-gli disse,una mano sul petto. Il ragazzo ghignò divertito ed entrò nella
cucina,richiudendosi così la porta alle spalle. -Sempre melodrammatica
tu,eh?- Si sedette ad uno degli sgabelli e posò la busta con i cornetti
davanti a sè,spingendoli poi in avanti verso JR con un paio di dita. -Sono
ancora caldi...-le disse per invogliarla. La smorfia arrabbiata sul volto
della sorella resistette per qualche altro istante prima che questa sospirasse e
gli voltasse le spalle per andare verso il tostapane e le sue fette. -Stanno
ancora dormendo?-chiese il ragazzo. Jenny rispose con un mugugno
affermativo,impegnata a non scottarsi le dita. -C'è stata una cena ieri sera
e allora sono andate a letto più tardi del solito...Piuttosto è strano vederti
in piedi prima delle undici-gli disse tornando a voltarsi verso di lui ed
avvicinandosi all'isola. Il ragazzo alzò le spalle,non raccogliendo la
provocazione. -E' rimasto un pò di caffè?-chiese poi per cambiare
discorso. JR annuì e,dopo aver preso una tazza dal mobile sopra la cucina,la
riempì quasi fino all'orlo di caffè caldo appena fatto,andando poi a sedersi di
fronte al fratello mettendogli davanti il caffè. -Ti sei già stufato della
vita con lo zio Brian e lo zio Justin?-gli domandò prima di affondare i denti
nella prima fetta di pane tostato. Gus,impegnato a prendere un cornetto dalla
busta,evitò di rispondere per qualche istante, limitandosi a scuotere la
testa. -Affatto!Sai quanto ci tenessi a passare più tempo con papà e lo zio
Jus-disse prima di staccare un pezzo dal cornetto con le mani affusolate. La
sorella annuì:al contrario di lei,che dall'età di sei anni aveva avuto entrambi
i genitori a Toronto,Gus aveva dovuto accontentarsi delle visite sporadiche
prima a New York e poi a Pittsburgh,e in seguito di quelle che lo zio Brian e lo
zio Justin compivano a Toronto almeno una volta al mese per un paio di
giorni. -Allora è colpa del loft...Lo sapevo che era un buco!-commentò subito
lei. Gus sogghignò di nuovo prima di scuotere la testa. -No...cioè sì,è un
pò piccolo,ma per me va benissimo- JR la fissò con aria inquisitoria,cercando
di cogliere quel passaggio che ancora le mancava e che le avrebbe permesso di
individuare il problema di suo fratello. L'altro,conoscendo perfettamente
quello sguardo sbuffò. -Che c'è?Mi sono solo svegliato presto,tutto
qui! E' tanto strano?-domandò poi prima di portare alle labbra la
tazza. -Ah fammi pensare:per una persona normale,no...Per te,che saresti
capace di svegliarti alle quattro del pomeriggio se Lindz non venisse a tirarti
giù dal letto,sì- Gus sbuffò di nuovo sempre più infastidito,cercando di
tenere lo sguardo lontano da quello della sorella. In fondo lei aveva
ragione:per la prima volta da quando aveva cinque anni si era svegliato alle
otto di mattina,in testa tanti pensieri confusi. Aveva pensato di scendere in
cucina e fare colazione con suo padre e lo zio Justin come la mattina
precedente,ma si era fermato davanti alla porta chiusa quando aveva sentito il
discorso che si stava svolgendo all'interno. Per qualche secondo eterno aveva
temuto che Vic avesse raccontato ai suoi genitori quello che era successo fra di
loro,ma quella paura era svanita in fretta,sostituita dalla
razionalità. Perchè ne avrebbe dovuto parlare con loro?Sarebbe stato un
problema anche per la ragazza se i due uomini avessero saputo di quel
bacio. Già,il bacio... -Ah proposito,hai conosciuto Vic?-domandò sua
sorella,intromettendosi nei suoi pensieri. Colto alla sprovvista,Gus fissò
per qualche istante la ragazza senza rispondere,senza quasi neanche
vederla,portando JR a ripetere la domanda prima che lui si riscuotesse da quel
senso di torpore e annuisse. -Sì,ci siamo incontrati di sfuggita...-disse
cercando di mantenere un tono vago. Ma nessuno lo conosceva meglio di sua
sorella,che infatti lo stava già fulminando con i suoi profondi occhi
neri. -Ecco,in verità ci siamo visti un paio di volte...-si ritrovò a
rettificare spinto da quello sguardo carismatico. -Non dirmelo,ti prego Gus
non dirmi che ti sei portato a letto la figlia dello zio Justin-disse abbassando
drasticamente la voce in modo che nessun'altro oltre Gus sentisse quelle
parole. -Ma come ti viene in mente?No!-ribattè prontamente il ragazzo
scuotendo la testa. JR sospirò,in maniera quasi inconsapevole,e si portò la
tazza alle labbra per bere un sorso del caffè ormai tiepido. -Però ci siamo
baciati- Gus vide gli occhi di sua sorella spalancarsi prima che questa
sbattesse la tazza sul marmo dell'isola,rischiando anche di romperla,bagnando
con alcune gocce di caffè il marmo bianco dell'isola,fissandolo poi con aria
incredula. Sapendo quanto doveva apparire strana quella situazione,Gus prese
un respiro profondo e iniziò a parlare,raccontando alla sorella tutto quanto:dal
primo incontro-sconto al bacio della sera prima,passando per la scoperta della
vera identità della ragazza e per la sua frequentazione con Matt. Quando ebbe
finito,lo sguardo sempre fisso in quello della sorella,restò in attesa di quello
che lei aveva da dire su tutta quella faccenda. JR si mordicchiò pensierosa
il labbro inferiore per qualche secondo prima di respirare rumorosamente dal
naso. -Se ti faccio una domanda,mi rispondi sinceramente?-gli chiese con lo
stesso tono basso di prima. Il fratello annuì. -Perchè l'hai
baciata?- Un ghigno ironico apparve sulle labbra strette del ragazzo:bella
domanda! Peccato che lui non avesse una risposta,o almeno una risposta
chiara. In quel momento era sembrata la cosa più giusta da fare,quella che
sentiva di dover fare: erano lì che si urlavano a vicenda,lei chiaramente
arrabbiata e con il solo intento di sfogare la sua furia su di lui e l'unico
pensiero chiaro nella sua mente era riuscire a zittirla in qualche
modo. Baciarla era stato solo il passo più ovvio. Il primo bacio non era
durato neanche il tempo di capire cosa stava succedendo,ma quando poi era stata
Vic a posare le labbra sulle sue si era sentito...invincibile. Non c'era
altra parola per descrivere quella sensazione. Era qualcosa che non aveva mai
provato prima d'ora,con nessun'altra delle ragazze che aveva baciato in vita
sua. -Era l'unica cosa da fare-rispose sincero,ben sapendo che sua sorella
non avrebbe capito. Infatti sul volto di JR si dipinse un'espressione
confusa,ma la ragazza annuì ugualmente. Gus rialzò lo sguardo sul volto della
sorella e la fissò per qualche istante prima di abbozzare un ghigno dei
suoi. -Secondo te che devo fare?-le chiese poi. Lei alzò le
spalle. -Come faccio a saperlo?Però voglio essere in prima fila a godermi lo
spettacolo...-commentò divertita. Peccato che non avesse preso anche la
delicatezza di modi dello zio Micheal...
-HAI BACIATO GUS?- Vic gli diede uno schiaffo sul
braccio sinistro,quello più vicino a sè,chiedendosi quale assurda ragione
l'avesse spinta a confidarsi con Hunter. -Urlalo un pò più forte:il tuo
vicino non ha capito bene!- Parlare con Hunter era sembrata la cosa più
logica:aveva fatto quello che faceva di solito. Lui era il suo
confidente,quello capace di darle sempre il consiglio giusto o di spezzare
l'atmosfera più tetra o tragica con una delle sue battutine ironiche e
sarcastiche. Era per questo che era andata a trovarlo a casa sua quel
pomeriggio dopo aver lasciato i suoi genitori,perchè sapeva che niente sarebbe
uscito da quella casa e soprattutto,niente sarebbe sarebbe arrivato alle
orecchie delle loro orecchie. Così davanti ad un barattolino di gelato "Ben
& Jerry" alla vaniglia,gli aveva raccontato di quello che era successo il
giorno prima,partendo dall'incontro con Matt nella fumetteria dello zio
Micheal,passando per il ballo e la lite con i suoi genitori e
finendo,ovviamente,con il bacio fra lei e Gus che aveva messo fine alla loro
piccola discussione. -Scusami,ma devi ammettere che è roba forte...Vi è
bastato veramente poco per iniziare a limonare-commentò leccando il
cucchiaino. Vic lo fulminò con lo sguardo:c'erano delle volte in cui Hunter
era la persona più comprensiva e adorabile del mondo,altre invece aveva la
delicatezza di un'elefante! -La vuoi smettere?Non c'è niente di divertente in
quello che è successo:io dovevo baciare Matt!- disse sicura. Hunter
annuì,giusto per farla contenta. -E perchè allora non lo hai fatto?-le
domandò,impersonando alla perfezione il ruolo di "avvocato del diavolo". Vic
dischiuse leggermente le labbra in un espressione sorpresa che fece ridacchiare
Hunter. -Te l'ho detto perchè!I miei ci hanno interrotto prima che potessimo
farlo-gli ricordò. L'uomo annuì affondando di nuovo il cucchiaio nella
vaschetta del gelato. -Perchè allora non baciarlo quando lo hai accompagnato
alla porta?Li non ti avrebbero visto- -Hai per caso dimenticato chi sono i
miei genitori?Brian sarebbe stato capace di prendere a pugni Matt se solo avessi
fatto una cosa del genere..Era furioso per un ballo figuriamoci se lo avessi
baciato a pochi metri da loro-disse Vic ingoiando il boccone di gelato sulla
punta del cucchiaio. Hunter ridacchiò,seguendo un pensiero che gli aveva
attraversato veloce la mente. -Cos'è che ti diverte tanto?-gli chiese lei
curiosa. Hunter scosse la testa,un pugno davanti alle labbra
chiuse. -Niente,solo l'immagine di Brian che picchia un ragazzo per salvare
il tuo onore...Peccato che sia il ragazzo sbagliato-aggiunse poi. Vic sbuffò
e scosse di nuovo la testa. -Non è il ragazzo sbagliato!-ripetè certa di
quelle parole. -Allora se la pensi così perchè hai baciato Gus?-le domandò
ancora l'altro,fissando lo sguardo su di lei. Quella era davvero una domanda
da un milione di dollari! Aveva baciato Gus perchè lui l'aveva baciata per
prima...No era una scusa troppo debole! Lo aveva fatto perchè era
curiosa...Sì quella era più convincente e forse tutto era successo per colpa
della curiosità:in fondo lei era una vera inesperta,Gus aveva molti più anni di
lei e sicuramente aveva avuto molte ragazze con cui fare pratica,quindi sarebbe
stato un bravo insegnante. Ma soprattutto l'aveva fatto perchè sentiva di
doverlo fare. Era qualcosa più forte di lei...Aveva avuto la sua occasione
per mandarlo via e fingere che fosse stato un incidente quando lo aveva
allontanato da sè la prima volta,ma aveva deciso di avvicinarsi di nuovo e
baciarlo ancora. Ancora adesso ricordava il sapore di Gus,il suo profumo,la
sicurezza con cui l'aveva stretta fra le braccia... Era davvero una
principiante! -L'ho fatto perchè ero curiosa-disse decidendosi a rispondere
alla domanda di Hunter. L'amico annuì,dopo qualche istante di incertezza,per
poi alzare le spalle. -Beh,del resto voi siete due predestinati-commentò
prima di affondare per l'ennesima volta il cucchiaio nella vaschetta. Vic
aggrottò le sopracciglia e lo fissò per qualche istante senza capire. -Ma di
che cavolo parli?-gli domandò infatti. -Dei tuoi genitori tonta! Lui è
figlio di Brian,tu sei figlia di Justin...Credi di poter fare due più due da
sola?-le domandò poi. Quella sì che era una vera assurdità! -Non puoi
crederlo veramente...-disse Vic incredula. Hunter annuì,un espressione seria
in volto. -Spero solo per voi che riusciate ad evitare tutto il dramma e le
pippe mentali che si sono fatti i tuoi genitori-le disse sereno. Dopodichè si
alzò e,presa la vaschetta con una mano,si avvicinò al frigo per rimetterla a
posto, costantemente seguito dallo sguardo di Vic,che ancora non riusciva a
venire a patti con le parole dell'amico. -Ma se io e lui non ci sopportiamo
neanche!-tentò di controbattere la bionda. Ancora una volta Hunter
ridacchiò. -E questo da quando sarebbe un problema?Non lo sai che le più
grandi storie d'amore sono cominciate così?Eccetto ovviamente quella dei tuoi
genitori...- Merda Hunter riusciva a trovare una soluzione a tutte le sue
rimostranze! -Sai sarà divertente vedere il caos che creerà la vostra
storia-disse ancora Hunter tornando di nuovo verso di lei. Hunter aveva
ragione:Gus era il figlio di Brian,ovvero il suo secondo padre,il marito del suo
vero padre,se malauguratamente fosse iniziato qualcosa fra di loro si sarebbe
creato il putiferio,specialmente con Mel e Lindz,i genitori di Gus... Non
poteva permettere che questo accadesse. Doveva fermare questa cosa sul
nascere...
Tornato a casa Gus si era chiuso nel suo loft,la
musica ad alto volume,la mente concentrata su un progetto della classe di
Paesaggistica che doveva consegnare fra due giorni e che non aveva ancora
iniziato. Aveva lavorato per un paio d'ore,finchè la fame non lo aveva
convinto a posare le matite ad olio e a scendere in cucina. La casa era
avvolta nel silenzio,neanche fosse disabitata da decenni. Dopo aver preso
delle fette di pane in cassetta aveva aperto il frigo cercando qualcosa con cui
prepararsi un sandwich,scegliendo poi delle fette di prosciutto arrosto,del
formaggio ed un pomodoro. Mel aveva cercato di convincerlo a restare a
dormire,ma lui era riuscito a smarcarsi mettendo la scusa del progetto per
l'Accademia,ben consapevole di quanto sua madre tenesse alla sua
educazione. -Prima la scuola e poi tutto il resto-gli diceva sempre. Aprì
lo sportello sopra il lavello alla ricerca di un coltello con cui tagliare il
pomodoro,aprendo poi alcuni cassetti alla sua destra,trovando qualsiasi tipo di
utensile per la cucina tranne forchette e coltelli. -Sei un ladro
atipico-disse una voce alle sue spalle. Gus si voltò,stando bene attento a
non sbattere la testa contro lo sportello aperto sopra il lavello e si trovò
faccia a faccia con Vic. Doveva essere appena tornata,perchè indossava ancora
il cappotto e,nella mano sinistra,stringeva le chiavi di casa. -Sto cercando
un coltello-le disse. -Primo cassetto a sinistra-lo aiutò la ragazza. Con
un cenno affermativo della testa,Gus si voltò e fece come lei gli aveva detto
trovando finalmente quello che aveva tanto cercato. -Ti va un sandwich?-le
domandò voltando la testa leggermente verso destra,trovandola seduta su uno
degli sgabelli. -Prego fa come se fossi a casa tua...-commentò la
ragazza. -Allora lo vuoi questo sandwich o no?-le chiese ancora lui. -No
grazie,sono piena- Il ragazzo restò per qualche istante in silenzio,di
spalle,impegnato nella preparazione del suo panino,chiedendosi cosa doveva dire
ora che avevano superato lo scoglio dei convenevoli. -Dove sono i tuoi
genitori?-domandò poi. -Papà ha una mostra a breve,così è alla galleria per
controllare che tutti i suoi lavori siano esattamente come li aveva
immaginati. Papo invece è di sopra a rendere la domenica dello zio Ted un
inferno- Gus sorrise divertito. -Certe volte è proprio crudele...-commentò
voltandosi verso di lei e avviandosi verso l'isola al centro della
stanza. Vic alzò le spalle,sorridendo a sua volta. -Ormai è diventata una
specie di gioco fra loro,anzi credo che lo zio Ted si aspetti quelle
telefonate-fece Vic confessandogli quell'idea. Gus diede un morso al panino e
la fissò per qualche istante:c'era qualcosa in quella ragazza che non riusciva a
capire. Il suo aspetto era quello di una ragazzina eppure bastava sentirla
parlare per capire che la prima impressione era completamente sbagliata,che
c'era molto altro dietro quell'aria innocente. Accorgendosi dello sguardo
attento e serio di Gus,Vic raddrizzò le spalle e la schiena prima di schiarirsi
la gola. -E' ora che vada di sopra a studiare...Ti lascio con il tuo
sandwich-gli disse alzandosi in piedi e prendendo il cappotto che aveva posato
sullo sgabello accanto al suo. Gus annuì e la osservò avvicinarsi alla porta
della cucina,incerto se parlare o meno. Poi capì che era meglio restare in
silenzio:quello che era successo la sera prima era stato soltanto un momento di
follia,un'attimo di pazzia che aveva contagiato entrambi e che sicuramente non
si sarebbe ripetuto più. Doveva dimenticare quello che era successo... Era
sicuramente meglio per entrambi.
Salve a
tutti!!!come state?
So che non
vi aspettavate di rivedermi così presto,ma visto che domani parto x
Londra ho pensato di postare il capitolo qst sera invece di farvi aspettare
fino a lunedì pomeriggio,ovvero fino al mio ritorno.
Almeno x il momento a casa Kinney-Taylor è tornato a splendere il
sereno,i nostri si sono riappacificati con Vic e tutto sembra rose e
fiori..Almeno x il momento,appunto.
Non hanno
idea di cosa succederà quando la loro "Little Sunshine" arriverà a New York...Ed
il bello è che neanche lei ne ha la + pallida idea...Come sono
diabolica!
Ringrazio
tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e chiedo scusa per
eventuali errori di battitura o di calligrafia.
E ora i
ringraziamenti:Sweey(Grazie x i complimenti!Adesso abbiamo fatto un piccolo
passo,almeno sono riusciti a scambiare due parole in croce...Ma dall'altro lato
siamo regrediti terribilmente!Anche a me piace molto Matt,infatti cercherò di
ricompensarlo x la terribile esperienza vissuta con Jus e Brian,ma cm ho già
detto,nn sarà lui il vincitore di qst "gara"...X quanto riguarda Brian e
Justin,com'è quel detto? "Fa quel che dico e non quel che faccio",o una roba del
genere;ecco io credo che si adatti perfettamente alla ns situazione),Yumisan(Eccoti accontentata!Si può dire
che sono stata un lampo qst volta...),LaTuM(Grazie x i complimenti!E'
strano vederli che fanno i genitori rompipalle,vero?Quando l'ho scritto mi
veniva qs da ridere,ma credo che sia normale una certa maturazione alla loro
età...Speriamo che il triangolo Vic/Gus/Matt non faccia tr male agli
interessati...),Mizar(Sorpresa!Non telo aspettavi quel bacio,eh?Beh allora vuol dire
che sn riuscita nel mio intento almeno con te; tranquilla,c sarà anche un bacio
con Matt,e già so che ci saranno
scintille...).
Bene x il
momento è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox
capitolo...
"In the
city of blinding lights"
Baci,Eva.
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Capitolo 10 *** Little Sunshine ***
little sunshine
Se c'era una cosa che tutti
sapevano era che la rabbia di Micheal,per quanto potesse sembrare impetuosa sul
momento,non durava mai troppo a lungo. Specialmente se era rivolta verso
Brian. Era sempre stato così fin dall'inizio della loro amicizia,così nessuno
si stupì tanto che il giorno dopo il suo compleanno,Micheal fosse già al
telefono cercando di contattare l'amico per scusarsi di quello che gli aveva
detto. Ma non aveva considerato la possibilità che Brian non volesse
parlargli,che rifiutasse addirittura le sue telefonate. In tanti anni
d'amicizia era sempre toccato a Brian farsi perdonare,cercare di rimediare ai
propri errori o alle proprie dimenticanze,cercando di superare il muro di
silenzio che puntualmente Micheal costruiva intorno a sè. Ora l'uomo stava
ricevendo lo stesso trattamento:ogni volta il cellulare dell'amico squillava a
vuoto finchè non entrava la segreteria telefonica;aveva provato a contattarlo
tramite la "Kinnetic New York",ma tutte le volte si era sentito rispondere che
Mr Kinney era in riunione e non poteva essere disturbato. Infine aveva
provato,come ultima spiaggia,a parlare con Justin in modo che questo
intercedesse per lui con Brian,ricevendo anche questa volta un netto rifiuto:il
biondo era ancora troppo arrabbiato per le sue parole,per pensare di fargli un
favore. -Lui non vuole parlarti-gli aveva detto Justin. -Ascolta io ho
davvero bisogno di chiedergli scusa,di spiegargli...-aveva provato a
dirgli. Una risata era arrivata fino a lui dalla cornetta. -Non posso
ripeterti cosa pensa delle tue scuse... Senti Micheal,io non so quasi niente
del vostro rapporto,però posso darti un consiglio?Lascialo in pace ora...voglio
dire tu lo conosci...Ha bisogno di rimurginare un pò su quello che è
successo,arrivare al punto massimo di incazzatura e poi sarà disposto a parlarti
di nuovo. Perchè,nonostante quello che può dire a te a me o sè stesso,sente
la tua mancanza- Stranamente aveva trovato quelle parole confortanti,e per un
pò aveva anche provato a dare ascolto ai consigli di Justin,ma poi aveva ripreso
con le telefonate,nella speranza che l'amico rispondesse ad almeno una di
queste. -Che cazzo ti aspettavi?Una pacca sulla schiena e amici come
prima?-gli aveva chiesto sua madre quando si era lamentato di questi tentativi a
vuoto. Contrariamente a quello che succedeva a lui,sua madre e tutti gli
altri erano riusciti a parlare con Justin e Brian,ottenendo qualche informazione
in più sulla gravidanza e arrivando tutti alla conclusione che i due erano
sicuri della loro scelta. -So che sembrerà strano visto che stiamo parlando
di Brian,ma sembra perfettamente consapevole e...sì quasi ansioso per questo
figlio-aveva commentato Lindz. Mentre i mesi passavano,Micheal aveva
continuato strenuamente a comporre il numero di telefono del suo migliore
amico,se poteva ancora chiamarlo così,lasciando pochi messaggi sporadici in cui
gli chiedeva di richiamarlo o almeno di rispondere ad una delle sue telefonate,
senza mai ottenere nessuna risposta in cambio. Aveva discusso a lungo con Ben
su cosa avrebbe dovuto fare,ma ogni volta sua marito cercava di tenersi fuori da
quella faccenda per evitare,in un prossimo futuro,di essere additato come colui
che lo aveva spinto a fare qualcosa che non voleva pur di riconciliarsi con
Brian. -E' il tuo migliore amico,Micheal...Non è la prima volta che credi di
aver perso la vostra amicizia per sempre,quindi che ne dici di aspettare e
lasciar fare agli eventi?-gli aveva consigliato, condensando in poche parole
tutte le filosofie orientali su cui basava la sua vita. Micheal non aveva
replicato a quelle parole,ripensando all'ultima volta che avevano litigato così
furiosamente:era stato tre anni prima,quando Justin lo aveva lasciato ed era
stato loro ospite per qualche giorno. Anche allora era convinto che la loro
amicizia fosse finita per sempre,poi tutto si era sistemato per il meglio. Ma
in quel caso un aiuto enorme era venuto dalla bomba al Babylon...Forse senza di
quella,tutto sarebbe stato diverso. Una settimana prima della fine della
gravidanza,Debbie annunciò che lei e Jennifer sarebbero partite per New York,in
modo da essere lì al momento del parto. -Perchè?Voglio dire...Jennifer è la
madre di Justin,quindi è giusto che parta,ma che senso ha la tua partenza?-aveva
ribattuto Micheal cercando di trovare un senso all'ennesima assurdità di sua
madre. Debbie aveva alzato le spalle con noncuranza. -Beh,anche io sono la
sua nonna,no?O credi che Joan lascerà il libro delle preghiere e andrà a
conoscere la sua nipotina?-aveva replicato semplicemente. Di fronte a tanta
assurdità,l'uomo si era limitato a scuotere la testa e ad augurarle buon
viaggio,certo che non sarebbe riuscito a farle cambiare idea neanche se le
avesse fatto il lavaggio del cervello. Quella bambina non ancora nata era
diventata il pensiero fisso di tutti:Emmett non resisteva alla tentazione di
entrare in ogni negozio per bebè che incontrava sulla sua strada e aveva già
speso milioni in vestiti per la piccola,Lindz e Mel erano andate a New York per
conoscere Sophia e la sua compagna,già grandi amiche di Gus e avevano raccontato
di quanto si fossero trovate bene in loro compagnia;addirittura Ted voleva
lasciare il comando della "Kinnetic" a Cynthia per qualche giorno per andare a
conoscere la piccola al momento della nascita. L'unico che sembrava immune a
tutto questa allegria era lui. Era davvero una strana sensazione:era come
essere immuni allo spirito natalizio! Con la partenza di sua madre,i suoi
pensieri finirono inevitabilmente per convergere su New York e quello che stava
succedendo lì:più di una volta gli era capitato di alzarsi e scendere nel
salotto e fissare l'ecografia incorniciata che Ben aveva posato sopra uno degli
scaffali della libreria. Quella era la sua figlioccia... Qualcuno per cui
sarebbe stato responsabile per il resto della vita;e lui che credeva di aver
assolto quel compito in tutti gli anni in cui si era occupato di Brian. Forse
le cose ora erano cambiate visto che erano mesi che non parlava con Brian e le
telefonate con Justin si limitavano al lavoro. Dannazione! Che cosa doveva
fare,come poteva rimettere a posto le cose? Possibile che l'unica persona che
avrebbe potuto aiutarlo a risolvere quel dilemma era proprio l'unica che non
voleva parlargli? Un aiuto arrivò da sua madre,la notte di Halloween. Lui
e Ben erano già pronti ad accogliere i bambini che avrebbero bussato alla porta
della loro casa in cerca di dolcetti,quando il suono del telefono aveva
rieccheggiato per il salotto. -Muovi le chiappe e vieni a Toronto!Sta per
nascere la bambina-sentì dire dalla voce inconfondibile di sua
madre. -Cosa?Perchè dovrei farlo?-aveva provato a replicare,indispettito dal
tono di voce e dalle sue parole. -Smettila di fare il bambino e prendi il
primo volo per Toronto...Sai bene quanto me che passeresti il resto della vita a
rimproverarti se decidessi di non farlo- E,per quanto non gli piacesse
ammetterlo,Micheal capì che sua madre aveva ragione. Forse aveva perso per
sempre l'amicizia di Brian,ma niente sarebbe cambiato se non avesse fatto almeno
un tentativo per rimettere a posto le cose. In fondo,dopo tutto quello che
avevano passato insieme,quasi glielo doveva...
Erano partiti il giorno dopo
il pranzo a casa di Debbie. Avevano pensato di fermarsi qualche giorno in più
per passare del tempo con i loro amici,ma visto quello che era successo,i loro
programmi erano cambiati all'istante:non erano neanche rientrati a casa che
Brian era già al telefono con l'agenzia di viaggi per prenotare due posti in
prima classe sul prossimo volo per New York. Per ore il silenzio aveva
avvolto il loft,neanche questo fosse ancora disabitato,e tutti e due si erano
aggirati per quegli ambienti immersi nei loro pensieri:non erano stupidi,avevano
preso in considerazione la possibilità che qualcuno dei loro amici non vedesse
di buon occhio quel cambiamento,ma non avevano mai pensato che Micheal potesse
tirar fuori tanta rabbia. Per Justin gran parte di quella reazione era dovuta
alla gelosia che da sempre legava Micheal a Brian:non importava quanti bei
discorsi facesse o quanto fosse innamorato di Ben,ci sarebbe sempre stata una
parte dell'uomo che avrebbe sofferto per quell'amore mancato. Forse era stato
un peso troppo grande ammettere che l'uomo dei suoi sogni,il suo migliore amico
si stesse facendo una nuova vita,lo stesse lasciando indietro. Ad un certo
punto,stanco del silenzio in cui si era rinchiuso Brian,gli si era fermato alle
spalle e gli aveva allacciato le braccia alla vita. Il moro era rimasto
immobile,quasi si aspettasse quel gesto,lo sguardo fisso sul panorama che gli
rimandavano le vetrate del loft. -Adesso hai capito perchè odio
Pittsburgh?-gli chiese poi con voce atona. Justin gli posò un bacio nel
centro della schiena per poi posarvi la guancia sinistra contro. -Almeno non
sono scoppiati a ridere...Avevo paura che la notizia avrebbe provocato
un'eccesso di risa incontrollato-commentò. Brian si lasciò scappare un suono
sarcastico dalle labbra dischiuse,prima di iniziare a cercare il pacchetto di
sigarette nelle tasche dei jeans. -Vedrai,fra qualche ora Micheal chiamerà e
chiederà scusa per tutto quello che ha detto-gli disse Justin. -Può ficcarsi
le sue scuse nel culo-rispose prontamente Brian prima di accendersi la sigaretta
che aveva stretta fra le labbra sottili. Il biondo gli girò intorno per poter
incontrare il suo sguardo e lo fissò con occhi sorpresi: questo non era affatto
quello che si era aspettato. -E' il tuo migliore amico-gli fece
notare. -Beh questo non gli ha certo impedito di sputare sentenze e trattarmi
da coglione...Persino Ted si è comportato meglio di lui!Si è forse dimenticato
che ha una figlia anche lui?-replicò con voce dura. E lui si era dimenticato
il suo pontificare sul matrimonio e la vita che Micheal e Ben avevano
scelto? Evitando di fargli notare le sue colpe passate,Justin lo fissò
camminare nervosamente in giro per il salotto,lo sguardo basso verso il parquet
nocciola,completamente perso dietro i suoi pensieri. -Ero convinto che lui
più di tutti avrebbe capito...-mormorò poi. Cercando di far tornare di buon
umore il compagno,il biondo sorrise e gli si avvicinò finchè non potè posare una
mano sull'avambraccio destro di Brian. -Hai visto la faccia che hanno
fatto?-gli domandò guardandolo di sottocchi. Un suono divertito uscì dalle
labbra del moro,il cui sguardo continuava ad essere fermo davanti a
sè. -Avrei pagato oro per avere una foto della faccia di
Mel!-commentò. Justin rise e gli allacciò un braccio attorno alla
vita,posando il mento contro la spalla. Brian mosse lo sguardo fino ad
incontrare quello del compagno e lo fissò qualche istante,prima di allacciare un
braccio attorno alla vita del biondo. -Non sarebbero tanto sorpresi se mi
conoscessero davvero-disse serio. L'altro storse leggermente le labbra verso
sinistra prima di alzare le spalle. -O se sapessero quanto mi ami...-disse
per poi avvicinare il viso al suo e posare le labbra su quelle di Brian. Quel
giorno Justin lasciò cadere il discorso Micheal,ben sapendo che al momento non
poteva fare di più: il rapporto fra Micheal e Brian era qualcosa che non lo
riguardava,qualcosa su cui non poteva intromettersi perchè troppo complesso e
sfaccettato e che aveva avuto inizio in un passato su cui non aveva mai voluto
indagare. Inoltre era certo che presto Brian avrebbe cambiato idea e avrebbe
accettato le scuse dell'amico. Ma apparve chiaro fin dai primi giorni che non
sarebbe stata un riconciliazione facile: nonostante i tentativi di Micheal per
rimettere le cose a posto,Brian si era costruito una specie di barriera che non
permetteva all'amico di entrare,contrariamente a quanto succedeva con gli
altri. Nei cinque mesi restanti della gravidanza ricevettero la visita di
Mel,Lindz e dei bambini che sembravano impazienti di conoscere Janet e
Sophia,anche per via dei racconti entusiastici di Gus su di loro e alla fine del
soggiorno entrambe le donne furono concordi nel affermare che non avrebero
potuto trovare di meglio come madre della loro figlia. -Ora che abbiamo anche
l'approvazione delle lesbiche,possiamo dormire sonni tranquilli-aveva commentato
Brian con il solito sarcasmo. Ma Justin sapeva bene quanto fosse importante
per Brian il giudizio di Lindz,anche se avrebbe preferito farsi squoiare vivo
piuttosto che ammetterlo ad alta voce. Un'altra visita arrivò una settimana
prima della fine del termine della gravidanza,del tutto inaspettata. Fin da
quando erano a New York avevano eletto la domenica il "giorno del sesso". Non
che ci fosse niente di diverso dagli altri giorni della settimana,in cui il loro
limite era di quattro volte,ma ogni domenica passavano l'intera giornata al
letto facendo sesso,e intervallando ogni "prestazione" con la colazione,la
lettura dei giornali che il portiere lasciava fuori la porta,la doccia e tante
altre cose futili. Erano rare le volte che uscivano di casa di
domenica...Quello era il loro modo di ricaricare le batterie per la settimana a
venire. Quella mattina,il campanello aveva iniziato a suonare proprio nel
momento meno opportuno: Brian era sdraiato fra le lenzuola blu,completamente
nudo,una mano affondata fra i capelli di Justin,la cui bocca era chiusa attorno
al suo membro svettante,la schiena inarcata sotto le scariche di piacere e i
gemiti rochi che gli uscivano dalle labbra dischiuse senza nessun controllo o
pudore. Per un pò avevano provato ad ignorare il suono fastidioso che
proveniva dall'ingresso, certi che non ottenendo risposta il visitatore
inopportuno se ne sarebbe andato,ma quasi subito era apparso chiaro che la loro
speranza era da considerarsi vana. Justin rialzò la testa e fissò il viso
accaldato e sconvolto del compagno. -Scusa,ma non ce la faccio proprio con
questo casino...Non do il meglio di me!-gli disse facendo forza sul gomito
destro per tenersi leggermente rialzato. Brian aveva sospirato
frustrato,affondando la testa sul cuscino. -Sarà di nuovo quella rompipalle
di Mrs Fire...Secondo me ha una fissa per te-aggiunse ancora Justin con un lieve
sorriso divertito. -Fanculo-rispose l'altro. -Era la mia intenzione!Ora
che ne dici di andare ad aprire e tornare qui a scoparmi?- Sospirando di
nuovo,Brian si alzò in piedi per poi uscire dalla camera da letto completamente
nudo,seguito dallo sguardo affamato di Justin. -Arrivo!-lo sentì urlare a
beneficio dello scocciatore,che non sembrava intenzionato a staccarsi dal
campanello. Justin si sdraiò sul letto,afferrando un cuscino e portandolo
sotto la testa,fissando per qualche istante il soffitto color panna sopra di
sè:il campanello aveva smesso di suonare. Magari Mrs Fire si sarebbe
scandalizzata trovandosi Brian completamente nudo davanti e se ne sarebbe andata
senza fare troppe storie. -Justin!Abbiamo visite!- La voce di Brian gli
fece corrugare la fronte sorpreso:tutti sapevano che la domenica era una specie
di giorno sacro per loro,chi diamine era venuto ad infastidirli? Si mise a
sedere sul letto e,dopo aver indossato il primo pantalone di tuta che trovò a
portata di mano,si diresse verso il salotto,bloccandosi non appena vide gli
ospiti. -Mamma!Debbie!-disse con voce leggermente strozzata per la
sorpresa. Sua madre,chiaramente imbarazzata per la presenza adamitica di
Brian alla sua destra,gli venne incontro e dopo un'istante di esitazione lo
abbracciò. -Tesoro...- Il biondo lanciò uno sguardo nella direzione del
compagno che,come se fosse la cosa più naturale del mondo,si copriva l'inguine
con uno dei cuscini del salotto. Anche Debbie si avvicinò a lui e,come
sempre,gli lasciò lo stampo di un bacio rosso carminio sulla guancia
sinistra. -Che ci fate qui?-domandò Justin quando si staccò dall'abbraccio
della madre. -Beh,vogliamo essere qui quando nascerà la nostra
nipotina-spiegò Jennifer. -La vostra?-chiese Brian certo di aver capito
male. Debbie annuì,lanciandogli uno sguardo noncurante. -Comincia a farci
l'abitudine,perchè la prima parola che voglio insegnare a questa piccola è
"Nonna"-rispose battagliera come al solito. Brian alzò le spalle. -Ma
perchè non ci avete avvisato che sareste arrivate?-domandò ancora
Justin,guardando ora la propria madre ora Debbie. -Per sentirci dire di
restare a Pittsburgh?Tesoro sta tranquillo,abbiamo organizzato questo viaggio
nei minimi dettagli,non ti accorgerai nemmeno della nostra presenza-rispose
Jennifer. -Beh,veramente...-iniziò Brian,interrotto da uno sguardo del
biondo. -E' veramente una bella idea-disse subito Justin,bloccando la
risposta sarcastica del compagno-Che ne dite di una tazza di caffè?Scommetto che
sarete stanche del viaggio-disse poi guidando entrambe le donne verso la
cucina. Brian sogghignò chiaramente divertito e Justin lo vide scuotere la
testa mentre gli passò accanto per arrivare alla cucina:che si aspettava? Di
certo non potevano restare nell'ingresso con lui completamente nudo! Quando
riapparve nella cucina il moro aveva indosso un paio di jeans blu marine ed una
t-shirt nera,e lanciò una maglia a maniche lunghe grigia verso di lui. -E'
rimasto un pò di caffè per me?-domandò poi dando un'occhiata al bricco che il
biondo aveva lasciato sul bancone fra sè e la madre. -La tua tazza è lì
sopra-rispose l'altro accennando dietro di sè con un gesto della testa,prima di
infilarsi la maglia. -Che ne dite di pranzare da qualche parte?-propose
Justin tornando a guardare le due donne. -No,tesoro sta tranquillo,non
vorremmo disturbare...-disse subito Debbie. -Oh beh per quello è troppo
tardi-fece Brian,la schiena contro il frigo poco distante dagli altri. -Come
si chiama quel posto dove siamo andati con Matt e Sandy?-domandò ancora il
biondo,voltandosi verso il compagno,senza tener conto della sua ultima
uscita. -"Il Cammino"?- Justin annuì,chiaramente soddisfatto e tornò a
guardare sua madre e Debbie. -E' un ristorante fantastico,sono sicuro che vi
piacerà...Sarebbe la prima volta da quando ti conosco Deb che ti lasci
servire,piuttosto che girare fra i tavoli come al tuo solito-aggiunse poi
guardando l'amica di sempre. -Non vedo l'ora-commentò Brian,le labbra poco
distanti dalla tazza. Justin si alzò e,dopo averlo fissato per qualche
istante in silenzio,fece i passi che lo separavano da Brian e gli allacciò un
braccio attorno alla vita. -Non sei costretto a venire se non vuoi...Sono
sicuro che Mrs Fire si prenderà ottima cura di te-gli disse poi con un sorriso
ironico sulle labbra. Un suono ironico scappò dalle labbra sottili di
Brian,facendo sorridere ancora di più il biondo. -Fossi in te non lo
farei,chi ti ha detto che non riesca a convertirmi una volta di
queste?-scherzò. Le due donne osservarono quel piccolo scambio di battute
sempre più sorprese:non erano abituate a vedere i due uomini così in
sintonia,così sereni...Era come guardare in una dimensione parallela! Justin
sorrise,con il suo tipico sorriso,prima di allontanarsi da Brian e guardarsi
intorno alla ricerca del portatile. -Allora per quante persone devo
prenotare?Per tre o per quattro?-domandò alla fine quando ebbe il telefono nella
mano sinistra. -Perchè non prenoti per sei?Possiamo chiamare Sophia e Janet e
farle venire a pranzo con noi...Così ci togliamo subito il pensiero delle
presentazioni-aggiunse Brian. Justin restò pensieroso per qualche istante
prima di annuire. -Un invito a pranzo di domenica!Sicuramente penseranno ad
uno scherzo-commentò il biondo componendo il numero. -Vorrei tanto che lo
fosse...- Il pranzo si rivelò ottimo,sia per le pietanze che per la
compagnia:Jennifer e Debbie legarono subito con Sophia e Janet,parlando per gran
parte del tempo della vita di Brian e Justin a New York. Quando Brian aveva
aperto loro la porta completamente nudo,le due donne avevano creduto che niente
fosse diverso da Pittsburgh,che la loro storia fosse improntata più sul sesso
che sull'amore,anche se era innegabile che fosse quello il legame che univa i
due uomini;ma le loro convinzioni erano totalmente cambiate quando avevano
assistito a quel piccolo scambio di battute nella cucina durante il caffè:non
avevano mai avvertito tanta sintonia e complicità, visto tanta serenità nei loro
sguardi. Parlando con Sophia e Janet,Debbie e Jennifer avevano scoperto due
persone completamente diverse da quelle che conoscevano,un Brian e un Justin che
preferivano passare le serate in compagnia dei loro amici piuttosto che in giro
a scopare per locali,che grazie al loro genio artistico erano fra le persone più
ricercate nei circoli di New York,ma che centellinavano le loro apparizioni
pubbliche. -Sono fra le persone più generose quando si tratta di donazioni
per la ricerca sull'AIDS,ma non lo troverai mai scritto sui giornali...Se c'è
una cosa che ho capito in questi due anni che li frequento è che non amano la
pubblicità eccessiva,e questo è davvero ironico visto il lavoro di Brian-aveva
commentato Janet. Quando Debbie aveva raccontato a Micheal di quella cena,il
figlio aveva fatto davvero fatica a credere alle sue parole:possibile che
l'eterno Peter Pan fosse cresciuto? -Se non l'avessi visto con i miei occhi
non ci crederei neanche io tesoro,ma sembra veramente felice-aveva commentato
Debbie. Debbie aveva provato ad affrontare il discorso Micheal più volte sia
con Justin che con Brian,ma ogni volta aveva trovato le porte sbarrate. -Se
sei venuta fin qui per perorare la causa di tuo figlio puoi anche risparmiarti
il fiato-l'aveva interrotta subito Brian non appena aveva accennato al
discorso. -Non sai quante volte ho provato a fargli cambiare idea,ma sai
quanto può essere testardo...-le aveva detto invece Justin quando gli aveva
parlato della reazione dell'altro. -Ma loro due sono amici fin da quando
avevano quattordici anni-gli aveva ricordato Debbie. Il biondo aveva
annuito,allontanando per un'istante lo sguardo dal disegno che aveva
davanti. -Già,e questo non ha impedito a Micheal di ferirlo...Sai più volte
mi sono chiesto se Micheal non confonda Brian con Rage- -Che vuoi dire?-aveva
chiesto la donna perplessa. L'altro aveva alzato le spalle. -Beh parlare
con Rage per lui è più facile:è lui l'ideatore dei suoi dialoghi,sa già come
risponderà ad ogni battuta,cosa farà nel prossimo fumetto...E' più facile per
Micheal comportarsi di conseguenza. Con Brian invece è diverso:nonostante lo
conosca da anni,è ancora convinto che lui sia lo stesso stronzo menefreghista
che ha conosciuto da ragazzino...Il problema è che Brian non è più quella
persona:anche Brian ha dei sentimenti,profondi quanto quelli di chiunque
altro,solo che li tiene nascosti per paura di essere ferito- Sul viso di
Debbie era nato un lieve sorriso,prima che questa gli accarezzasse una
guancia. -Lo difendi sempre,eh Sunshine?- Justin aveva abbozzato un
sorriso. -Beh qualcuno dovrà pur farlo,no?- Per la sera di Halloween Brian
e Justin erano stati invitati ad una rappresentazione speciale di "Dirty
Dancing" e,nonostante Justin fosse riluttante all'idea di doversi sorbire tre
ore di canzoni per quello spettacolo,aveva finito per cedere sotto le insistenze
di Brian. -Mi spieghi che cosa ci trovi di tanto interessante in questo
spettacolo?-gli chiese mentre era davanti allo specchio del bagno per dare gli
ultimi ritocchi alla rasatura. -Ti ho mai parlato di come ho capito di essere
gay?-gli domandò a sua volta il moro,la voce più alta per sovrastare il rumore
della doccia. -Tu e Micheal vi siete fatti una sega su una foto di Patrick
Swazye-tagliò corto il biondo. -Esatto!Devo darti altre
spiegazioni?- Justin sbuffò e si lavò la schiuma da barba dal viso;quando
rialzò lo sguardo sullo specchio scorse la figura di Brian uscire dalla doccia
ed afferrare uno degli asciugamani bianchi. -In fondo non abbiamo nient'altro
da fare...A meno che tu non voglia passare tutta la sera a fare dolcetto o
scherzetto con i bambini del palazzo-ribattè con un'aria chiaramente
disgustata. Justin rise e scosse la testa. -No,quest'anno posso anche
farne a meno...Tanto l'anno prossimo andremo in giro anche noi a fare dolcetto o
scherzetto con nostra figlia-gli ricordò. Brian ghignò e,dopo aver coperto in
due passi la distanza fra di loro,lo baciò coprendo tutto il suo labbro
inferiore con il proprio. Il biondo si tese verso di lui e posò entrambe le
mani sui fianchi del compagno,andando incontro al suo bacio,nelle narici l'odore
del bagnoschiuma. Riaprì gli occhi e incontrò quelli nocciola di Brian che lo
portarono a sorridere senza nessun particolare motivo. -Ti amo-disse Justin
prima di posare di nuovo le labbra su quelle dell'altro per un bacio
veloce. Dopodichè posò la fronte contro quella del moro,chiudendo gli
occhi:la sua vita era perfetta,o quasi. Con l'arrivo di sua figlia avrebbe
avuto tutto quello che aveva sempre desiderato nella vita. Il suono del
telefono arrivò a spezzare quell'atmosfera costringendo i due uomini a
separarsi; controvoglia,Brian allontanò le braccia dalla vita di Justin e si
avviò verso il salotto,seguito a due passi di distanza dal
biondo. -Pronto?Janet...- Sentendo il nome dell'amica,Justin si bloccò,lo
sguardo fisso sul volto del compagno in attesa. -Quando?Va bene,ci vediamo
lì-disse riattaccando e rialzando subito lo sguardo su Justin. -Ci
siamo?-chiese Justin con voce strozzata. Brian si limitò ad
annuire.
Era una sensazione strana
trovarsi lì,in una corsia d'ospedale in attesa. L'ultima volta che lo aveva
fatto era stato dopo la bomba al Babylon,mentre era in attesa di sapere se
Micheal era vivo o morto. Ma ora era tutto diverso:niente di quello che
avevano vissuto fino a quel momento avrebbe mai potuto eguagliare quel
momento. Dopo la telefonata di Janet si erano vestiti in fretta ed avevano
fatto una piccola corsa fino al St.Mary Hospital in auto,riuscendo a compiere il
breve tragitto in meno di venti minuti. Dalla macchina avevano telefonato a
Jennifer e Debbie che,volendo godere dell'atmosfera di festa,erano andate in
giro a fare shopping. Sicuramente le avrebbero trovate già lì,o almeno le
avrebbero raggiunti di lì a poco. Arrivati alla camera indicata loro
dall'infermiera dell'accettazione,Brian aveva bussato frenetico ed era entrato
senza attendere la risposta:Sophia era a letto,il viso rosso per via delle
contrazioni,mentre Janet era dietro di lei e le sosteneva la
schiena -Eccovi!Jus vieni qui-gli disse Janet con il suo cipiglio un pò
militaresco. Fin da quando avevano scoperto di aspettare un figlio,i quattro
avevano stabilito delle regole:sarebbero stati Justin e Sophia ad essere
presenti in sala parto,per evitare inutili affollamenti e problemi come era
successo fra Mel e Lindz. Nonostante fosse chiaramente spaventato,il biondo
si fece avanti e si avvicinò al letto, accennando un sorriso all'indirizzo di
Sophia,ora libera dalla contrazione. -Non hai idea di quanto ti odi in questo
momento-gli sibillò facendo uscire le parole fra i denti. Brian accennò un
sorriso che contagiò anche Janet e che ebbe il potere di far rilassare Justin
che,dopo aver preso un respiro profondo,si arrampicò sul letto dietro Sophia
nella stessa posizione che aveva prima Janet,sistemando le braccia attorno alla
vita dell'amica. -Ora sono qui...Potrai odiarmi di persona-le disse
strappandole un sorriso e allontanandole i capelli sudati dal viso,ravviandoli
dietro l'orecchio sinistro. Neanche pochi istanti e Sophia cercò la sua mano
perchè l'aiutasse a sfogare il dolore di una nuova contrazione. Janet si
fermò accanto a Brian ed entrambi fissarono i due "genitori" per qualche istante
prima di fissarsi a vicenda. -Che ne dici di un caffè?-domandò Janet
all'uomo. Brian annuì. -Sì ed ho bisogno anche di una sigaretta-ammise-Noi
siamo qui fuori...Urlate se avete bisogno di noi-aggiunse poi rivolto a Justin e
Sophia,che sembravano aver dimenticato la loro presenza nella stanza. Si
richiusero la porta alle spalle e si avviarono sulle scale antincendio per
fumare una sigaretta. -Questa è la cosa che mi infastidisce di più-commentò
Janet all'improvviso fra una boccata e l'altra. -Già anche io penso sia
assurdo che non si possa fumare negli ospedali-convenne tirando una nuova
boccata dalla sua sigaretta. La donna scosse la testa. -No...Mi da
fastidio non poter essere lì con loro. In fondo siamo anche noi i suoi
genitori,abbiamo gli stessi diritti,no?-gli domandò fissando il suo
volto. Brian alzò le spalle e tirò sul con il naso. Janet aveva
ragione:anche se non lo avrebbe mai ammesso con anima viva,avrebbe pagato oro
per assistere alla nascita di sua figlia. Ma sapeva bene quali erano i
limiti... -Quando è nato mio figlio io avevo appena conosciuto Justin e tutto
quello che mi interessava era scoparmelo. Poi è arrivata la telefonata della
nascita di Gus e siamo corsi in ospedale. Di quella notte ho solo ricordi
vaghi...ero completamente fatto-ricordò. Janet sorrise chiaramente
divertita,facendo sorridere anche Brian. -Invece adesso sono qui,in attesa di
conoscere mia figlia,perfettamente lucido e sobrio...E' già un bel passo
avanti,non credi?-le domandò. L'amica annuì comprendendo il suo punto di
vista. Finita la sigaretta rientrarono nel corridoio trovando ad aspettarli
Jennifer e Debbie,circondate da pacchi e pacchetti,insofferenti all'attesa
quanto loro. Si sedettero su due delle scomode sedie sistemate nel corridoio
e restarono in attesa. Il tempo si trascinò lento,allungando i secondi,i
minuti e le ore;impaziente Brian uscì a fumare altre due sigarette e fece tre
viaggi al distributore per portare caffè alle tre donne. Fu proprio di
ritorno dalle sue pause sigaretta che si accorse di tre figure nuove,ferme in
attesa accanto ai sedili. Riconobbe subito di chi si trattava. Si fermò a
qualche metro di distanza,lo sguardo fisso sull'uomo finchè questo non voltò la
testa verso di lui fissandolo a sua volta,iniziando a muoversi poi verso di
lui. L'attenzione di tutto il gruppo ora era focalizzata su di loro,in
quell'atmosfera ovattata che precede lo scoppio di una tempesta. -Che ci fai
qui?-gli domandò quando si trovarono a due passi di distanza. L'altro alzò le
spalle. -Sono venuto a conoscere la mia figlioccia,no?-rispose come se fosse
la cosa più ovvia del mondo. Brian guardò Micheal con aria sospettosa lo vide
accennare il suo solito sorriso,quello che usava sempre per chiedergli
scuse. -Sempre che lo sia ancora...-aggiunse poi titubante. Il moro
sospirò e fece per parlare,quando la porta della stanza di Sophia si aprì e
sentì qualcuno chiamare il suo nome. Con la mente completamente svuotata da
ogni pensiero,Brian fece i pochi metri che lo dividevano da quella stanza ed
entrò,seguito da Janet. Alzò lo sguardo verso Justin e quando lo vide in
lacrime il suo primo pensiero fu che fosse successo qualcosa alla
bambina,facendo aumentare i battiti del cuore neanche questo volesse uscirgli
dal petto. Guardò così verso Sophia,attorno a cui si aggiravano un medico ed
un infermiera,e solo quando quest'ultima si fu allontanata dall'amica,riuscì a
vedere il piccolo fagotto che Sophia stringeva contro il petto. Non vide
nulla a parte la coperta con cui era avvolta,ma per il momento non gli
importava:lei era lì. Sua figlia,la figlia che avrebbe cresciuto con Justin
era lì. La mente gli si svuotò e per qualche secondo restò imbambolato con lo
sguardo fisso sulla neonata,finchè l'abbraccio di Justin non lo riscosse:lo
sentì avvolgergli le braccia attorno alla vita e l'attimo dopo lui fece lo
stesso,aggrappandosi a lui,portando lo sguardo sul compagno. Le sue guance
erano bagnate di lacrime,ma per una volta non aveva nessuna battuta sarcastica o
ironica,per una volta non trovava patetico quello spettacolo. Gli asciugò la
guancia sinistra con il pollice e gli sorrise,trovando stranamente doloroso
muovere i muscoli facciali. -Congratulazioni papà-gli disse. Justin rise e
gli si strinse contro,dandogli un piccolo bacio sulle labbra prima di nascondere
il viso nella sua spalla,di nuovo in lacrime;Brian sentì pizzicare le lacrime
agli angoli degli occhi e a sua volta si nascose alla vista degli altri
poggiando la fronte sulla spalla di Justin. Dopo qualche istante si
separarono e Justin lo guidò verso il letto di Sophia:con cautela sollevò la
piccola e gliela tese. -Attento alla testa-disse con voce ancora roca per le
lacrime. C'erano state poche occasioni nella vita di Brian per incontrare il
"vero amore":una era stato l'incontro con Justin,un'altra sicuramente la nascita
di Gus,e ancora l'amicizia di Lindz lo aveva fatto sentire amato in momenti in
cui tutti sembravano odiare anche solo la sua vista. Ma quando posò lo
sguardo sul piccolo viso davanti a sè capì che l'amore lo aveva colpito un'altra
volta. L'unica cosa che riusciva a vedere di lei era il suo volto:le
sopracciglia bionde che conferivano un'aria elegante al piccolo viso,gli occhi
socchiusi per combattere il riverbero della luce artificiale e la piccola bocca
a cuore che già assomigliava a quella di Justin. Brian deglutì nervoso e
sorrise prima di rialzare lo sguardo su Justin,che lo osservava con occhi
lucidi. -Dovremmo farla vedere anche agli altri-disse poi il biondo. Brian
annuì e insieme si avviarono verso la soglia della stanza,fermandosi lì,per
evitare che le correnti fredde del corridoio facessero male alla piccola appena
nata. Non appena li videro arrivare tutti si alzarono in piedi,neanche
fossero un unico blocco, e si mossero velocemente verso di loro: Debbie e
Jennifer si commossero non appena videro il volto della bambina. -Oh
Cristo!La mia prima nipotina!-commentò Jennifer. Justin sorrise,sorpreso
dall'intercalare della madre e scosse la testa. -Avete già deciso il nome
oppure dovete concordarlo con Sophia e Janet?-chiese Debbie curiosa. Il
biondo scosse la testa. -Victoria-annunciò. Lo sguardo dei loro amici e
parenti si fissò su di loro,ancora poco sicuri di aver sentito bene, facendo
sorridere di nuovo Brian. -Victoria Jennifer Deborah Kinney-Taylor-precisò
poi Brian guardando ora la bambina ora il gruppo. Debbie,ormai in
lacrime,allungò le braccia e strinse Justin in un abbraccio mozzafiato. -Oh
tesoro...-si limitò a dire mentre l'uomo lanciava uno sguardo al compagno che
sorrideva divertito. Brian alzò lo sguardo e incontrò quello di
Micheal,trovandolo lucido e pieno di lacrime:era quella la reazione che si era
aspettato di ricevere cinque mesi prima. Come al solito il suo migliore amico
non lo deludeva mai...Anche se alle volte impiegava più tempo del necessario a
capire le cose. Micheal si fece avanti e gli si mise a fianco guardando
Victoria con un sorriso emozionato. -Victoria Kinney-Taylor-disse poi per
abituarsi al suono. Brian annuì,lo sguardo sulla figlia mentre un pensiero
gli attraversava veloce la mente. -La mia piccola Little
Sunshine-
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Capitolo 11 *** In the city of blinding lights(prima parte) ***
in the city of the blinding lights
Faceva caldo in quel
piccolo cubicolo. Più caldo di quanto ti aspetteresti di sentire in una
giornata di ottobre a New York. Forse era solo una sua impressione,ma si
sentiva più accaldata ora di quanto si fosse sentita fino a poco prima sulla
pista da ballo schiacciata dalla folla. Le luci azzurrine che coloravano
l'ambiente ammantavano quel momento di irrealtà,come se fosse soltanto un sogno
da cui si sarebbe svegliata fra poco,ma i rumori di sottofondo non le facevano
perdere il contatto con la realtà...E probabilmente era proprio per questo che
si trovava lì. Fra le sue braccia. Riaprì gli occhi e mosse leggermente il
viso verso destra,incontrando due occhi nocciola che la fissarono leggermente
annebbiati. Deglutì cercando di non far vincere la paura,che fino a quel
momento era riuscita a tenere sotto controllo,e avvicinò il viso a quello del
ragazzo. Appoggiò le labbra su quelle arrossate di lui e lasciò che questi le
circondasse il labbro inferiore,aprendo subito la bocca per far incontrare le
loro lingue. La vita era davvero strana:fino a una settimana prima non aveva
la minima idea di come si baciava un ragazzo e neanche ventiquattro ore prima
l'avevano definita un'esperta. Assecondando i movimenti delle sue labbra,lei
si lasciò scappare un piccolo gemito di gola, prima di allacciare un braccio
attorno ai fianchi stretti e l'altro attorno alle sue spalle, attirandolo contro
di sè. Una mano risalì fino al suo collo,affondando poi fra i riccioli
biondi,ormai irrimediabilmente scompigliati e per qualche istante il suo bacio
divenne più duro,quasi stesse cercando di imporre la sua supremazia su di
lei. Non volendo dargliela vinta,la ragazza allontanò le labbra dalle sue e
chinò leggermente il capo,finchè non le posò sul collo,poco distante dalla
mascella squadrata e perfetta,seguendone il profilo con la punta della lingua e
le labbra. Sentiva una mano vagabonda di lui accarezzarle i fianchi e la
schiena,chiaramente interessato al suo sedere,ma ancora indeciso se prendersi
tanta confidenza così presto...Era già tanto che fossero chiusi in quel
bagno! Ma lui non era l'unico ad essere curioso... Così con la ferma
decisione di seguire l'istinto,mettendo da parte tutte le insicurezze e le
paure,lei rialzò la testa dal suo collo,mentre la mano sinistra accarezzava il
torace teso e modellato che si nascondeva sotto la camicia bianca,prima di
afferrare con due dita il primo bottone e liberarlo dall'asola. Un ghigno
malizioso e compiaciuto apparve sul volto del ragazzo,solo per quel gesto,prima
che riavvicinasse il viso a quello di lei e cercasse di nuovo le sue
labbra,assaporando la sua bocca con la propria. Aprì soltanto i primi tre
bottoni,prima che le mani della ragazza scivolassero al di sotto della camicia e
accarezzassero i muscoli in rilievo del torace e degli addominali,interrotta da
un gesto fulmineo ed inaspettato di lui che la portò con la schiena contro la
porta del cubicolo. Il corpo del ragazzo quasi completamente contro di
lei. Quella vicinanza,quella sensazione era qualcosa che da assaporare per
bene,da imprimere nella mente e ricordare per sempre,anche quando quel momento
di pazzia fosse finito. Sentì chiaramente l'erezione di lui premerle contro
la coscia destra,nonostante i jeans che indossava;un gomito posato contro la
porta all'altezza della testa di lei,il ragazzo fissò lo sguardo in quello di
lei,perdendosi in quelle pozze di cielo che erano i suoi occhi. -Mi farai
finire nei guai...-le disse in un sussurro roco avvicinandosi a lei. La
ragazza sorrise e,invece di abbassare lo sguardo come voleva fare,allacciò un
braccio attorno alle spalle larghe di lui. -Quello che succede a New
York,resta a New York...-gli disse ricordandogli una frase che sembrava essere
diventata il motto di quella vacanza,prima di posare un bacio veloce sulle sue
labbra. Lui trattenne la sua bocca approfondendo quel bacio,una mano sulla
schiena della ragazza per sollevarla e attirarla contro di sè,mentre l'altra
mano scivolava velocemente lungo il fianco sinistro fino ad arrivare alla
gamba,che l'aiutò a piegare e che portò contro il proprio fianco. Sentì una
mano scendere sul suo top nero,seguendo il contorno del seno sinistro e
accarezzando il capezzolo chiaramente visibile nonostante il tessuto,e sotto
quelle attenzioni,lei inarcò la schiena contro di lui spingendo il proprio
bacino contro quello del ragazzo. Neanche una vergine come lei avrebbe potuto
fraintendere le intenzioni di Gus...Non venendo a contatto con la sua
eccitazione... Mentre la sua mano si insinuava lenta sotto la minigonna
nera,con gli occhi chiusi, completamente avvinghiata a lui,Vic diede ascolto per
qualche istante alla parte ancora razionale del suo cervello:dov'erano finiti
tutti i buoni propositi che l'avevano portata a tenerlo a distanza per giorni
fino alla sua partenza per New York? Aprì gli occhi e fissò i pochi metri
quadrati in cui si trovavano:aguzzando l'udito poteva sentire altre coppie nella
loro stessa situazione,il rumore di uno scarico che veniva premuto e una
conversazione fuori,vicino ai lavatoi,di cui non riusciva a cogliere le
parole. Ma che accidenti stava facendo? -Fermo!-
CINQUE GIORNI
PRIMA
-Hai preso tutto?- Era l'ennesima volta
che le faceva quella domanda,ormai aveva smesso anche di
rispondergli! -Passaporto?Portafogli?Spray al peperoncino?-elencò
imperterrito suo padre. -Sì,sì e sì,anche se devo dire che quella è davvero
l'ultima cosa di cui ho bisogno! Credi davvero che se volessero derubarmi li
fermerebbe lo stick dello spray al peperoncino?- domandò la ragazza voltandosi
verso il padre. Ogni volta che doveva prendere l'aereo per andare a New York
si ripeteva la stessa scena: mentre lei continuava a riempire la propria borsa
sul letto,cercando di non portarsi dietro cose inutili o ingombranti,suo padre
le ronzava attorno come una mosca fastidiosa che non riusciva a fare a meno di
darle fastidio con i suoi consigli inutili! Non era la prima volta che andava
a New York,ci aveva anche vissuto per i primi tre anni della sua vita,davvero
suo padre credeva che aveva bisogno di queste insulse raccomandazioni? Sapeva
bene quanto lei che se qualcuno voleva rapinarla o farle del male non lo avrebbe
fermato ne lo spray al peperoncino ne urlare a squarciagola,ma avrebbe fatto
meglio a restare immobile e lasciare che il ladro le portasse via il cellulare e
la borsa senza fare storie. Almeno in quel modo avrebbe avuto salva la
vita! -Beh,forse non sarà di grande utilità,ma mi farà stare più tranquillo
sapere che l'avrei sempre con te-ribattè il padre. Vic scosse la
testa:dov'era Brian quando aveva bisogno di lui? -Dov'è papo?-chiese infatti
guardando verso la porta,neanche sperasse di vederlo comparire per magia
sull'uscio della sua stanza. -E' da Gus al loft.Viene a prenderti tua
madre?-le domandò poi l'uomo cambiando argomento. Vic scosse la
testa. -No,verranno Janet e Georgia,mamma aveva un'incontro importante con
David Selzman,sai quel nuovo artista?-gli spiegò provando un basco violetto
davanti allo specchio a figura intera. -Sempre la solita
stacanovista-commentò l'uomo per nulla risentito. Lei sorrise e,dopo essersi
tolta il cappello,si voltò verso il padre con un sorriso ironico sul
volto. -Possibile che ogni volta che vado a New York ti preoccupi di più?-gli
domandò chiaramente divertita. Suo padre la fissò qualche secondo prima di
sorridere a sua volta e passarsi una mano fra i capelli
corti. -Beh,altrimenti che padre apprensivo sarei?Inoltre ogni volta che vai
a New York aumentano i rischi-le chiese a sua volta. Vic sospirò e tornò
verso la valigia per infilarvi dentro il cappello e controllare di non aver
dimenticato nulla. -Papà,ti prego non dirmi che adesso inizierai con le
lezioni sul sesso sicuro perchè veramente mi metto ad urlare-lo
avvertì. -Tesoro so che mi odi,e credimi neanche a me piace fare quel genere
di discorsi,ma che padre sarei se lasciassi correre?-le domandò facendo un passo
verso di lei. -Un padre normale?- Justin sorrise leggermente divertito da
quelle parole,prima di annuire. -Esatto,e sia tu che io sappiamo che non lo
sono...Quindi ora chiudi il becco e ascolta quello che devo dirti-aggiunse poi
con quello che sperò essere un tono più autoritario. Vic sospirò e si sedette
sul poco spazio lasciato libero dalla valigia,lo sguardo sul volto di suo
padre. -Ok,senti,io ascolterò tutta la tua predica però ho bisogno di sapere
di cosa hai davvero paura...-gli domandò poi,bloccandolo prima che potesse
parlare. Justin alzò le spalle. -Di tutto. Ormai hai sedici anni,sei
una ragazza bellissima e New York è una città piena di pericoli per le ragazze
come te- -Oh andiamo,non siamo mica negli anni Settanta:non vado nel
Greenwich Village a rintronarmi di erba!Vado a trovare la mamma!-gli
ricordò. Suo padre la fissò per qualche secondo,cercando le parole adatte per
farle capire quello che intendeva davvero,poi fece i pochi passi che la
dividevano da lui e le afferrò un polso portandola ad alzarsi in piedi accanto a
lui. Vic aggrottò la fronte,chiedendogli spiegazioni con lo sguardo,ma suo
padre restò in silenzio,e la guidò davanti allo specchio,sistemandosi alle sue
spalle. -Cosa vedi?-le domandò. -Che domanda mi fai?Vedo noi due-ribattè
lei cercando di dare un senso allo strano comportamento dell'uomo. Justin
annuì. -Vuoi sapere cosa vedo io? Io vedo mia figlia:una bellissima
ragazza,nel pieno del suo splendore,dall'aria ingenua,ma allo stesso tempo
provocante,e credimi niente è più intrigante di questo per gli uomini,con uno
sguardo che farebbe cadere ai propri piedi ogni ragazzo o uomo lei volesse nel
raggio di cinque chilometri- Sul viso di Vic si disegnò un'espressione
scettica,che portò Justin a scuotere la testa. -Credimi tesoro,non sto
scherzando!Ti basterebbe sbattere le ciglia per avere chiunque tu voglia e
fidati parlo per esperienza-rispose poi. -Non mi pare che tu abbia
conquistato papà soltanto sbattendo le ciglia-gli fece notare lei. Justin
scosse la testa. -No,non l'ho fatto,mi è bastato soltanto appoggiarmi ad un
palo della luce fuori dal Babylon perchè lui mi notasse e non volesse più
lasciarmi andare...- -Evviva la modestia!-commentò una voce alle loro
spalle. Vic si voltò e sorrise,allontanandosi dal padre e andando incontro a
Brian che,con un sorriso ironico se ne stava sulla soglia e scrutava la sua
stanza. -Grazie al cielo sei qui!Diglielo anche tu che non c'è bisogno di
essere così apprensivi-gli disse fermandosi accanto al moro e allacciando un
braccio attorno al suo. Lui si produsse in uno dei suoi ghigni caratteristici
e lanciò uno sguardo al marito. -A che livello di pazzia è arrivato?-domandò
guardando la figlia,come se Justin non fosse lì nella stanza con loro. -Stava
per farmi un discorso sul sesso sicuro!Ti rendi conto?-gli domandò ancora
incredula. Il ghigno sulla bocca di Brian si allargò illuminando anche i suoi
occhi nocciola. -Avevi intenzione di insegnarle come si infila un
condom?-chiese poi guardando il marito. -Brian!-esclamò il biondo con un
espressione sorpresa sul volto. -Al tuo posto avrei aspettato almeno i
diciassette anni-commentò ancora il moro. -Beh prima è meglio è,no?-replicò
l'altro. Brian annuì,succhiandosi il labbro inferiore. Vic scosse la testa
e si allontanò anche da Brian,tornando di nuovo verso il letto. -La volete
smettere con questi discorsi o volete che cresca più traumatizzata di quanto già
non sia?-chiese prendendoli in giro. -Già immagino sia stato davvero
traumatizzante rinunciare alla tua terza testa...-commentò ironico Brian
facendola sorridere. Justin sospirò e andò a sedersi sul letto,la valigia a
dividerlo dalla figlia. -Riuscite ad essere seri per almeno due
minuti?-chiese guardando ora Vic ora Brian. Il moro fece una smorfia
accondiscendente e si avvicinò alla scrivania per essere a portata
d'orecchio. Ma l'ultima cosa di cui Vic aveva bisogno era un discorso sul
sesso sicuro;così si alzò in piedi e si fermò davanti al padre,le mani su
entrambe le spalle dell'uomo. -Papà ascolta:ti prometto che starò alla larga
da tutte le droghe possibili ed immaginabili,che non farò tardi la sera e che se
anche dovessi partecipare a qualche festa durante questa settimana,cercherò di
stare attenta a non esagerare con gli alcolici e tornerò ad un'orario
decente...-iniziò lei. -Che intendi per orario decente?-chiese subito il
biondo. Vic sbuffò e alzò per qualche istante gli occhi al cielo,prima di
tornare a guardare il padre. -All'una?-tentò. -A mezzanotte-ribattè pronto
Justin. -Come una moderna Cenerentola...-commentò Brian a
mezzavoce. Justin fulminò il compagno con lo sguardo e questo,consapevole
d'aver sbagliato a fare quella battuta,si portò una mano alla bocca facendo il
gesto di tapparla. -Ok,va bene,a mezzanotte!-accordò Vic-Se serve a farti
stare più sereno-aggiunse poi. Il biondo fissò la figlia per un paio di
secondi prima di accennare un sorriso. -Chi l'avrebbe detto che mi sarei
ridotto così...-commentò parlando più a sè stesso che a sua figlia. Vic gli
rispose con il suo stesso sorriso diede una stretta alla mano posata sulla
spalla sinistra. -Oh,vedrai che è una situazione passeggera... E' solo che
qualche volta i geni apprensivi di nonna Jennifer prendono il sopravvento su di
te-gli disse scherzando. Il sorriso sul volto di Justin divenne più vivido
mentre l'uomo si alzava e poggiava un braccio sulle spalle della
figlia. -Vuoi portarti anche lui Little Sunshine?Immagina come sarà la mia
vita questa settimana: dovrò sopportare le sue apprensioni,le sue preoccupazioni
e le sue insofferenze...Praticamente passerò il mio tempo con Emmett!-commentò
Brian facendo ridere la ragazza. -Perchè credi che scappi dalla
mamma?-scherzò lei di rimando. -Tu continua così e vedrai che uno di questi
giorni riceverai la lettera di divorzio!-disse Justin rivolto a Brian,prima di
tornare a guardare la figlia-E tu...Vedi di non farmi cambiare idea su questo
viaggio!-minacciò ben sapendo di essere poco credibile.
NEW
YORK
Vic trascorse il primo giorno sereno. Ad
attenderla all'aereoporto con un grande cartello di benvenuto,come
promesso,c'erano la zia Janet e Georgia,che la soffocarono in un abbraccio non
appena la videro uscire dagli arrivi internazionali,senza curarsi degli sguardi
che gli altri passeggeri del volo per Toronto lanciavano loro. Caricati i
bagagli in macchina,le tre donne si erano dirette alla galleria d'arte di sua
madre,non senza prima essersi fermate a prendere un milkshake alla vaniglia nel
loro Cafè preferito. Una volta alla galleria,Vic aveva trovato sua madre
ancora immersa nelle "discussioni artistiche",come le chiamava lei,con un uomo
alto e dalla corporatura massiccia,il cui mento era seppellito sotto una folta
barba castana,che lei immaginò essere David Selzman. Sua madre si allontanò
dall'uomo soltanto il tempo necessario per darle un abbraccio e per chiederle se
il volo era stato piacevole,prima di salutarla con la promessa che avrebbero
parlato di più una volta a casa. -Sta tranquilla,abbiamo una settimana per
rifarci del tempo perduto-l'aveva rassicurata Vic, prima di salutarla e seguire
Georgia fuori dalla galleria. Una volta a casa,remore delle ultime parole che
si era scambiata con il padre prima di salire sull'aereo,aveva chiamato i suoi
genitori per rassicurarli sul fatto che era arrivata sana e salva a New York
e,soprattutto,che dopo un giro intero passato da sola per quelle strade
pericolose, fosse ancora viva e in perfetta salute. Ma capì subito,non appena
sentì la voce dall'altra parte della cornetta,che aveva interrotto qualcosa...E
che i suoi genitori non sentivano certo la sua mancanza. Pensare che avevano
fatto tante storie prima della sua partenza! -Vic,non mi aspettavo di
sentirti così presto-le disse suo padre. -Ma se sei stato tu a chiedermi di
telefonarti prima possibile-gli aveva ricordato lei. -Ah davvero?Scusami
tesoro mi è passato completamente di testa...Tutto bene,vero?-le aveva domandato
prima di sospirare nella cornetta,facendo soffiare la cornetta. Vic capì che
era inutile rispondergli,tanto non le sembrava molto lucido al
momento... L'attimo dopo sentì un fruscio e al posto di suo padre le arrivò
la voce di Brian. -Little Sunshine?Ciao,ascolta,non dar retta alle paranoie
di tuo padre...Divertiti e salutaci le lesbiche-le aveva detto in un
sospiro. Conoscendolo Vic sapeva che le avrebbe attaccato il telefono in
faccia di lì a qualche secondo,così lo richiamò ad alta voce per attirare la sua
attenzione. -Sì Little Sunshine?-aveva chiesto Brian dall'altra parte del
telefono. -Potreste,per favore,evitare di lasciare tracce della
vostra...vacanza-aveva improvvisato senza sapere bene come chiamarla-al mio
ritorno a casa?- -Puoi contarci Little Sunshine-l'aveva rassicurata
Brian,senza neanche bisogno di chiederle spiegazioni o al contrario provare a
smentire le apparenze,come avrebbe fatto chiunque al suo posto. Una volta
tornata a casa sua madre aveva voluto essere aggiornata su tutto quello che le
era successo negli ultimi mesi,con un'attenzione particolare alle nuove amicizie
che aveva sviluppato a Toronto,i suoi studi e come stava affrontando il
cambiamento da una nazione all'altra. -All'inizio credevo che non mi sarei
mai abituata,che nonostante le sue tante pecche mi sarebbe mancata
Pittsburgh... Ma mi sono ricreduta molto presto:ho incontrato Rhyes e Carly e
grazie a loro ho fatto amicizia con altri ragazzi al liceo e sono entrata a far
parte della redazione del giornalino scolastico. Poi ovviamente c'è sempre
Hunter che si prende cura di me-aveva aggiunto con un sorriso affettuoso nel
nominare l'amico. -Già,credo che il tuo futuro marito sarà molto geloso della
vostra intimità:a vedervi insieme sembrate due amanti-aveva commentato sua
madre. Vic l'aveva fissata con aria stupita:ma come le veniva in
mente? Hunter la conosceva dalla nascita,la sola idea di considerarlo
diversamente dal suo migliore amico era impensabile. -Mamma!-l'aveva
rimproverata. -Tesoro non dirmi che non te ne eri mai accorta?Io ho sempre
pensato che avessi una specie di cotta segreta per lui...Altrimenti come spieghi
questo bisogno di raccontargli sempre tutto quello che ti succede?-le aveva
chiesto ancora sua madre. -Perchè è il mio migliore amico?-aveva detto la
ragazza. Sua madre aveva alzato le spalle,non del tutto convinta di quelle
parole,lasciandole capire con quel gesto che per il momento era disposta a
lasciar cadere l'argomento ma che l'avrebbero affrontato di nuovo il prima
possibile. Ma quando erano andate a letto,Georgia aveva rimpiazzato la madre
con la propria curiosità. -Ok forse Hunter non è la persona che ti interessa
veramente,ma ti conosco e so che mi nascondi qualcosa-le aveva detto non appena
si erano chiuse la porta della camera alle spalle. Per qualche istante Vic
era stata tentata di minimizzare e dirle che era tutta una sua fantasia, un volo
della sua immaginazione,ma poi non ebbe il cuore di farlo:lei e Georgia
passavano già così poco tempo insieme,sarebbe stato crudele non renderla
partecipe della sua vita. Così le raccontò del primo incontro con lo
sconosciuto che poi aveva scoperto essere Gus,il figlio di Brian,passando poi a
raccontarle di Matt e di come si sentisse combattuta fra i due
ragazzi. -Cavolo!Possibile che le fortune capitano tutte a te?-le aveva
chiesto la sorella con una punta d'invidia nella voce. Vic aveva sorriso e le
aveva tirato addosso un piccolo cuscino che ornava il suo
letto. -Scema!Questa è una situazione che non auguro a nessuno:non so
veramente cosa fare;da una parte c'è Matt,che mi ha fatto capire fin dal primo
momento in cui ci siamo incontrati di essere interessato a me,e dall'altra...
-aveva detto lasciando la frase a metà. -Dall'altra?-l'aveva incalzata la
sorella. Vic aveva sospirato. -Dall'altra c'è Gus,che mi fa incazzare ogni
volta che ci troviamo nella stessa stanza,ma allo stesso tempo mi fa schizzare
il cuore in gola-le aveva confessato,sentendosi idiota per quelle parole
tipicamente adolescenti. Sua sorella l'aveva fissata per qualche secondo
incerta prima di annuire. -Ok,d'istinto se dovessi dirmi chi vorresti qui con
te in questo momento,chi sceglieresti?-le aveva chiesto cercando i suoi
occhi. Vic aveva sospirato e,nei pochi secondi di silenzio prima della
risposta,fece scrocchiare le nocche della mano destra,un gesto l'aiutava a
riflettere. -Forse Gus,perchè abbiamo talmente tante cose in sospeso...Tante
questioni ancora da chiarire...-aggiunse poi. Georgia aveva annuito. -Chi
lo sa,magari grazie allo spirito della festa,il tuo desiderio si
realizzerà...-
Di ritorno da un giro per negozi,Victoria e
Georgia decisero di passare per la galleria d'arte e fare un saluto alla
madre. Magari,se la donna non fosse stata troppo impegnata,sarebbero riuscite
a convincerla ad allontanarsi il tempo necessario per mangiare qualcosa
insieme. -Mamma siamo noi!-disse Georgia aprendo la porta di vetro
infrangibile della galleria e incamminandosi con disinvoltura per i
locali. Le due ragazze,fin da quando erano lattanti consideravano quel posto
il loro parco giochi dato che la madre,troppo impegnata con il lavoro ed
impossibilitata ad accompagnarle in un vero parco,stendeva una coperta in
un'angolo appartato del parquet e le sistemava lì con i loro giocattoli in modo
da non perderle mai di vista. Vic,chiuse la porta e seguì la sorella
lasciando i vari pacchetti accanto all'entrata,lanciando un' occhiata ai quadri
che in quel momento erano in esposizione. -Mamma!-chiamò ancora
Georgia. Pochi istanti ed un rumore di passi si sentì dal corridoio più
lontano della galleria,sempre più vicino,finchè sua madre non si palesò davanti
a loro. -Ragazze...Giornata di shopping selvaggio?-disse indicando le borse
che Georgia teneva ancora in una mano prima di avvicinarsi e darle un bacio fra
i capelli. -Macy's ha dei saldi pazzeschi,dovresti approfittarne-le disse la
ragazza per nulla preoccupata. Vic sorrise e si avvicinò alle due per
salutare la madre. -Siamo venute per invitarti a pranzo-le disse poi. Fu
proprio in quel momento che una figura uscì dal corridoio da cui poco prima era
apparsa sua madre. Fermo a pochi passi di distanza da sua madre,Gus la
fissava con un'accenno di sorriso a stirargli le labbra sottili. Che
accidenti ci faceva lì a New York?No, quello le interessava relativamente,che ci
faceva lì nella galleria d'arte di sua madre? -Gus,ciao...-disse per non
sembrare scortese,anche le sue parole suonarono leggermente strozzate. Sentì
su di sè lo sguardo di Georgia,chiaramente curioso,prima che questo corresse a
posarsi su Gus. -Victoria-la salutò con un leggero cenno del capo. Era una
sua impressione o nella voce c'era un'accenno di ironia? -Georgia,tesoro,lui
è il figlio di Brian,il marito di tuo padre. Gus lei è la sorella di
Vic-disse sua madre facendo le presentazioni. Il ragazzo rivolse a Georgia un
vero sorriso,mettendo in mostra leggermente i denti,e le tese la mano che
Georgia strinse dopo un'istante di esitazione. -Piacere di conoscerti;sapevo
che lo zio Jus aveva un'altra figlia,ma non immaginavo fosse così grande-disse
parlando più con la loro madre che con le due ragazze. -Stai per caso
insinuando che sono vecchia?-domandò la donna con un sorriso ironico. Gus
scosse la testa ghignando. -Per me resterai sempre la stessa,lo sai. Credo
che anche fra trenta,quarant'anni ricorderò sempre le volte che facevamo il falò
sul tetto del tuo palazzo-ricordò. Sophia rise e posò una mano sulla spalla
sinistra del ragazzo,in un gesto complice che fece indispettire
Vic. Possibile che quel ragazzo fosse sempre fra i piedi? Poteva capire il
rapporto speciale che c'era fra lui ed i suoi genitori,visto che Brian era suo
padre,ma perchè doveva avere dei ricordi anche di sua madre? Lei non aveva
quel tipo di rapporto con Mel e Lindz,quasi non sapeva distinguerle l'una
dall'altra! -Allora mamma pranzi con noi o no?-chiese tornando a guardare la
madre con aria indispettita. La donna tornò a guardarla e alzò le
spalle. -Sì certo perchè no?Però dobbiamo restare qui,magari andiamo a
prendere qualcosa dal take-away cinese all'angolo. Gus tu resti con
noi?-domandò poi guardando il ragazzo alla sua sinistra. Vic si accorse dello
sguardo fulmineo che le aveva lanciato,ma decisa a non dargli
soddisfazione,allontanò il suo posandolo su uno dei quadri appesi alla parete
alla sua destra. -Come potrei rifiutare?-gli sentì dire poi. Sentì il
mugugno compiaciuto che sua madre emetteva sempre quando qualcosa andava secondo
i suoi piani e quando riportò lo sguardo su di lei,la vide passarle accanto e
avvicinarsi al bancone dietro il quale erano conservate le brochure,da dove si
azionava il sistema d'allarme e dove sua madre custodiva tutte le sue cose
personali. Con passi lenti,seguita da Georgia e poi da Gus,Vic le si avvicinò
e la vide prendere il portafogli dalla borsa e tirare fuori una banconota da
cinquanta dollari. -Ci pensate voi?Mr Wong sa cosa ordino di solito, basta
che gli dici che è per me,poi ordina tutto quello che volete-disse dando i soldi
a Vic. La ragazza annuì e si voltò verso Georgia,che sembrava impegnata a
studiare una brochure su una mostra sugli Impressionisti. -Tu vieni con
me?-le domandò. -Forse è meglio che resti qui...Sai tutta quella puzza di
fritto mi si attacca ai vestiti e ai capelli- le disse con una smorfia. -E
come pensi che riesca a portare tutto da sola?-le domandò Vic implorandola con
lo sguardo. Sapeva benissimo qual'era il gioco di Georgia,cosa stava cercando
di fare,ma non glielo avrebbe permesso! Ma inevitabile arrivò la frase che
segnò la sua sconfitta. -Se vuoi posso accompagnarti io-le disse Gus. Lei
lo guardò e per qualche secondo i due si limitarono a fissarsi,ingaggiando una
silenziosa lotta agli sguardi per stabilire chi fosse il più forte. -Credi di
farcela da sola?E poi ho bisogno di avere il menù davanti per fare una scelta-le
disse ancora lui schiacciando così ogni sua resistenza. Vinta,Vic sospirò e
fece un cenno con la testa. -E va bene...Fa come ti pare- Gli voltò le
spalle e si avviò verso la porta della galleria,senza preoccuparsi della
possibilità che lui non la stesse seguendo. Perchè era lì? Era andata a
New York con la speranza di allontanare la mente dai problemi,di rilassarsi per
una settimana,ed invece i problemi l'avevano seguita fin lì. Ora che altro
sarebbe successo? Per qualche minuto camminarono uno davanti all'altra nel
più completo silenzio,Vic troppo impegnata a macerarsi nelle sue domande e Gus
completamente indifferente di quello che la ragazza stava
pensando. Svoltarono un'angolo,allontanandosi dal caos della strada
principale e alzando lo sguardo lei riuscì ad intravedere la loro
destinazione. Gus affrettò il passo e le sistemò accanto,sulla destra. Vic
poteva sentire la sua presenza,il braccio che sfiorava inavvertitamente quello
del ragazzo e quando si trovò ad alzare gli occhi su di lui,lo vide guardare
dritto davanti a sè. -Si può sapere che ci fai qui?-si decise a
chiedergli. Gus voltò leggermente la testa dalla sua parte e incontrò i suoi
occhi,senza però smettere di camminare. -Sono qui per presentare dei
lavori. Ogni tanto,grazie ai contatti di mia madre,riesco a mostrare i miei
lavori a qualche critico o a qualche galleria d'arte per vedere se riesco a
piazzarne qualcuno...- -E in questi giri d'affari rientra anche la galleria
di mia madre?-gli domandò sospettosa. L'altro scosse la testa. -Mai
mischiare affari e piacere. Conosco Sophia e Janet da quando ho sei anni e
ogni volta che posso,che mi trovo a New York ne approfitto per andarle a
trovare-le disse. Lei restò in silenzio,indecisa se credergli o
meno. -Credevi che fossi a New York per te Sweetie?-le domandò lui
sorprendendola,una risata nella voce. Vic sentì il proprio viso scottare per
l'imbarazzo e capì di essere diventata rossa,se non proprio viola. Anche se
sapeva che era assurdo c'era stato un brevissimo istante,quando Gus era apparso
nella galleria,in cui la sua mente aveva accarezzato quel pensiero. -Non
preoccuparti Ginger,so che non saresti mai così romantico... Specialmente con
me-gli disse prima di allungare il passo e allontanarsi da lui. Per qualche
istante camminò davanti a lui,con passi cadenzati neanche stesse affrontando una
marcia,finchè non si sentì afferrare per il braccio e,con un gesto
veloce,voltare all'indietro. Le labbra di Gus si posarono sulle sue in modo
così impetuoso,così fulmineo da impedirle anche di protestare:le sentì
accarezzarle le labbra andarle incontro e a sfiorarle con la punta della
lingua. Quasi guidate da una volontà propria,le sue braccia si erano strette
attorno ai fianchi di Gus, sentendo quelle del ragazzo fare lo stesso e premere
il suo corpo contro quello solido del ragazzo. Sotto l'invito di Gus,Vic
dischiuse la bocca e lasciò che la sua lingua incontrasse quella di lui,
concedendosi una nuova lentezza per assaporare meglio quelle sensazioni
nuove:quello era il suo secondo bacio,voleva un ricordo chiaro di quello che
stava succedendo. La sua mente era completamente svuotata:aveva dimenticato
dov'era,che ci faceva in mezzo a quella strada,aveva anche dimenticato la rabbia
e l'imbarazzo che l'avevano colta per il commento del ragazzo. Sapeva solo
che ora erano lì,soltanto loro due e quel nuovo momento di pazzia che entrambi
sapevano di non potersi concedere,ma a cui era impossibile rinunciare. Con un
ultimo sfioramento di labbra,Gus si staccò da lei,cercando il suo sguardo non
appena i loro occhi tornarono ad aprirsi. Le labbra gonfie ed arrossate,Vic
lo fissò in silenzio,in attesa di qualcosa,anche se non sapeva spiegarsi
cosa:era lui quello che doveva parlare per primo,quello che doveva chiarire la
situazione fra di loro,specialmente adesso che l'aveva baciata per la seconda
volta. -Sarà meglio andare se non vogliamo far preoccupare tua madre...-disse
infine lui. Certo non era quello che si era aspettata. Ma in fin dei conti
aveva ragione. Così annuì e si allontanò da lui,non prima però di ricevere
un'ultimo bacio lieve a fior di labbra dal ragazzo,che la lasciò,se possibile
ancora più confusa. Quella non era la vacanza che si era immaginata al
momento della partenza da Toronto. Non sapeva ancora perchè,ma aveva la
sensazione che quella sarebbe stata una vacanza che non avrebbe dimenticato
tanto facilmente...
TO BE
CONTINUED...
Salve a
tutti!!! E buon week-end
Quanti di voi mi stanno odiando
per aver spezzato il capitolo a metà?Credo sia la
maggioranza.
Perciò vi spiego subito il
perchè di questa mia scelta:mentre immaginavo questo capitolo e tt quello che
sarebbe successo a Gus e Vic durante il soggiorno a New York,mi sn accorta che
se lo avessi lasciato cs come lo avevo impostato mentalmente sarebbe stato lungo
una quaresima.
Così ho deciso di dividerlo in
una prima parte "introduttiva" che mette in luce le premesse di quello che
succederà poi nella seconda parte...in cui ci saranno anche dei barlumi della
vita da "scapoli" di Justin e Brian.
Ringrazio tutti coloro che
leggeranno e recensiranno questo capitolo e chiedo scusa per eventuali errori di
battitura o di ortografia.
Il titolo del capitolo è preso
da una canzone omonima degli U2.
E ora i ringraziamenti:Sweey(Già,ci voleva proprio,cs chiunque
avesse ancora dei dubbi sul reale desiderio di Brian di avere un figlio li ha
abbandonati all'istante...Mi sa che con questo capitolo non ho fatto che
aumentare la tua curiosità,eh?),Angel_SG(Benvenuta!E fra parentesi,tu nn rompi mai le scatole!Tecnicamente
Gus e Vic nn sono veri parenti,hanno genitori diversi e se nn fosse x il destino
nn si sarebbero mai incontrati.Ma ovviamente,visto l'intreccio di parentele e
relazioni che legano i protagonisti del telefilm sarà un pò scioccante qnd tt
verrà a galla...Ma x qll ci vuole ancora molto tempo),Stellina87_87(Benvenuta!E grazie x i
complimenti! Scrivere di qst personaggi è qs naturale,qs stessi parlando di
persone reali,l'unico che mi da problemi è Emmett che ho paura ogni volta di
trasformare in una macchietta...Raccontare il passato di Justin e Brian è
secondo me importante perchè in caso contrario sarebbe sembrato assurdo,quasi
improbabile la visione di un Brian completamente monogamo,fedele e felice della
nuova vita che sta conducendo con JUstin),Yumisan(Eccoti accontentata:che ne
pensi?),Mizar(E' difficile
essere il "Dio" dei gay,avere tt gli uomini ai propri piedi, e sperare di
poter creare una propria famiglia con una sola persona...Per questo era
necessario dare un taglio a tutto:ai locali,a Pittsburgh e alla solita vita...In
fondo per quanti anni Brian avrebbe potuto continuare con quel
ritmo?),Jo87(Che significa
"wubbare"?).
Bene per il momento è tutto,io
vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...
"In the city of blinding lights
(parte seconda)"
Baci,Eva.
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Capitolo 12 *** In the city of blinding lights(seconda parte) ***
queer
TORONTO
Brian amava sua figlia.
Fin dal primo momento in cui i suoi occhi si erano posati su quel piccolo essere umano avvolto nella coperta, il suo cuore si era aperto concedendo un po’ di spazio a quella nuova arrivata.
Era la seconda persona più importante della sua vita, naturalmente dopo Justin; e ogni volta che si fermava a riflettere a come la sua vita fosse cambiata in quegli anni, a come avesse stravolto le sue convinzioni senza neanche il più piccolo rimorso, si rendeva conto che tornando indietro avrebbe fatto sempre le stesse scelte.
Brian amava sua figlia.
Ma la sua presenza in casa comportava alcune limitazioni.
Fin da quando Vic era stata abbastanza grande da capire, sia lui sia Justin avevano smesso di dormire nudi, o di girare seminudi per casa com’erano soliti fare fin da quando si conoscevano.
Ovviamente anche la loro vita sessuale aveva subito una lieve battuta d'arresto: il loro limite era sceso a tre volte al giorno, anche quattro durante i fine settimana, ma il più delle volte erano scopate veloci che ricordavano a entrambi i primi tempi della loro relazione.
Per questo, quando Vic andava a New York a trovare la madre o passava la notte da Debbie e Carl, i due uomini cercavano di recuperare il tempo perso.
Perché anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, Brian adorava stuzzicare e vezzeggiare Justin.
E lo stesso valeva per il compagno: altrimenti in quel momento non sarebbe stato completamente nudo, coperto soltanto da un grembiule da cucina, impegnato ai fornelli nel preparargli i pancake.
-Se credi che mangerò tutta quella roba ti sbagli di grosso; hai cucinato per un reggimento!- gli disse sbirciando il sedere del marito da dietro l'angolo del giornale.
La risata del biondo arrivò fino a lui, prima che questi voltasse leggermente la testa per incontrare il suo sguardo, trovando invece soltanto il muro del giornale.
-Invece lo farai!Stai diventando troppo magro-decretò Justin con un tono che non ammetteva repliche.
-Chissà di chi è la colpa... -commentò l'altro caricando la frase di sottintesi.
Justin si voltò e puntò lo sguardo sul giornale, fissandolo intensamente finché Brian non fu costretto ad abbassarne un angolo e a incontrare i suoi occhi.
Possibile che dopo quindici anni quegli occhi lo facevano tremare di eccitazione come la prima volta che lo aveva visto?
Ci sarebbe mai stato un giorno in cui guardando quegli occhi blu avrebbe smesso di tremare?
-Non azzardarti a incolpare la mia cucina!Ti ha tenuto in vita quando nel tuo frigo c'erano solo birra e popper-
Brian sogghignò e chiuse il giornale, ripiegandolo in quattro per poi abbandonarlo sul tavolo.
-C'era l'essenziale, no?-scherzò.
Nel frattempo Justin era tornato a dargli le spalle e il moro lo vide spegnere il fuoco sotto la padella dei pancake e sistemare tutto in un piatto prima di tornare a voltarsi verso di lui e posarlo sul tavolo.
-Abbiamo lo sciroppo?-domandò Brian recitando il suo ruolo alla perfezione.
Il biondo sospirò seccato e si avvicinò alla credenza accanto al frigo, offrendo per l'ennesima volta le terga allo sguardo del marito.
-Ecco qui-disse poi mettendosi seduto accanto al moro e tendendogli la bottiglia di sciroppo d'acero.
Brian ghignò in segno di ringraziamento e coprì velocemente i pancake con lo sciroppo, prima di tagliarne un pezzo con la forchetta.
-C'erano alcuni messaggi di Michael in segreteria; vuole sapere se andiamo a cena da lui e Ben una di queste sere-gli disse Justin.
-Quei due devono avere qualche problema, forse hanno smesso di scopare-commentò l'altro con la bocca piena.
Justin sorrise divertito scuotendo la testa.
-E da cosa l'avresti dedotto?-
-Altrimenti perché avrebbero bisogno di averci sempre intorno?Già me li vedo, seduti sul divano davanti alla televisione nel più completo silenzio... -
A quelle parole, Justin rise.
-Cosa?-chiese Brian.
-Non avevo idea che la tua fantasia fosse così fervida; che ne dici di darci una mano con le storie di Rage?-gli chiese ancora con il sorriso sulle labbra.
-Preferisco farmi adorare da orde di fan, il duro lavoro, lo lascio a voi- ribattè l'altro in tono ironico, la forchetta a mezz'aria.
Con una mossa che sorprese il compagno, Justin si sporse verso di lui e gli rubò il boccone dalla forchetta: Brian osservò con attenzione le labbra piene del marito avvolgersi attorno al ferro della forchetta, scivolarvi lentamente portando con sé il boccone di cibo e, una volta arrivato alla punta, lasciarsi scappare un piccolo mugolio d'apprezzamento prima di tornare a sedersi e iniziare a masticare.
-Sai forse dovremmo andare a quella cena, anche per vedere se hai ragione-disse Justin continuando a masticare, perfettamente consapevole della situazione.
Quel fottuto bastardo!
Come pensava che potesse concentrarsi su quello che stavano dicendo dopo che lo aveva visto fare un pompino a una forchetta?
Gli rivolse un mugugno indefinito che fece sorridere Justin.
-Questi pancake sono ottimi - gli disse leccandosi le labbra e fissando i suoi occhi nocciola.
Brian sostenne il suo sguardo, i denti che scivolavano sul labbro inferiore: amava quei momenti.
Il sesso con Justin era fantastico, sempre come la prima volta ma Brian adorava che nonostante fossero passati quindici anni, continuassero a giocare, a stuzzicarsi.
La scopata era soltanto l'atto finale di un lungo percorso...
-Dovresti provarli con lo sciroppo-
Gli bastò vedere il sorriso accennato che apparve sul volto di Justin per capire che la sua frecciatina era stata compresa.
-Mh, forse hai ragione... -
L'istante dopo Justin si sporse di nuovo verso di lui, una mano sulla sua guancia sinistra; uno sguardo fulmineo e l'attimo dopo le sue labbra coprirono quelle sottili di Brian.
Il moro sentì la lingua del compagno scivolare sul proprio labbro inferiore, leccandogli via le labili tracce di sciroppo d'acero.
La bocca di Brian si aprì all'istante, accogliendo la lingua dell'altro, accarezzandola con la propria, una mano fra i capelli biondi del compagno che lo attiravano più vicino.
Senza smettere di baciarlo, con una sincronia che avevano acquisito negli anni, Justin si alzò in piedi e gli andò vicino, finché non poté stringergli le braccia attorno alle spalle, subito attirato contro di sé da Brian.
In quei momenti aveva sempre il bisogno di stringerlo, di sentirlo vicino, di avvertire la sensazione pelle contro pelle, quasi avesse la necessità di un'ulteriore certezza, di una prova che lui fosse davvero lì fra le sue braccia.
Non era amore quello?
Quella paura di perderlo nonostante fosse lì, aggrappato alle sue spalle; quel senso di appartenenza che lo portava a seguire il suo Raggio di Sole con lo sguardo ogni volta che usciva da una stanza, fosse anche per pochi istanti.
Perché se quello non era amore, allora era sicuramente qualcosa molto simile...
Allontanò le labbra da quelle di Justin e cercò i suoi occhi, la sua ancora di salvezza in quei momenti di smarrimento.
Quando quei pensieri lo coglievano impreparato, magari mentre erano a letto, il primo istinto era di lasciarli uscire, di dar loro voce, ma poi guardando quegli occhi capiva che non aveva bisogno di farlo.
Justin sapeva leggergli dentro e anche se in passato aveva odiato quella sua capacità, ora la considerava la sua salvezza: altrimenti come avrebbe fatto a fargli capire quanto era importante per lui?
Quanto la presenza nella sua vita era diventata indispensabile?
Anche quella volta, a Justin bastò incontrare i suoi occhi per capire.
Un sorriso gli disegnò le labbra piene, poi posò la fronte contro di quella di Brian e alzò una mano fino ai suoi capelli, affondandovi dentro le dita.
-Anch'io ti amo-
Brian sorrise e sporse il viso verso quello del marito, strofinando una guancia contro quella dell'altro.
Indispensabile...
NEW YORK
-Perché mi hai baciato?-
Non era il luogo adatto per fargli quella domanda, Vic lo sapeva bene, ma aveva controllato la sua lingua per tutta la durata del pranzo e ora che sua madre era stata provvidenzialmente allontanata da Georgia, aveva deciso di farsi avanti.
Aveva bisogno di capire.
Ogni volta che baciava Gus, si sentiva sempre più confusa, mille emozioni senza nome iniziavano a girarle in testa in attesa che lei li ordinasse.
Forse prima di chiedere al ragazzo perché l'aveva baciata, avrebbe dovuto porre a se stessa la medesima domanda: perché lo aveva baciato?
Concettualmente parlando, era stata costretta a rispondere al bacio, perché lui non le aveva lasciato scelta, ma sapeva benissimo che quella era una scusa, e anche molto debole; avrebbe potuto scansarsi nello stesso istante in cui le labbra di Gus si erano posate sulle sue.
Ma non lo aveva fatto... anzi, aveva risposto al bacio.
E peggio ancora, quel bacio le era piaciuto anche più del precedente!
Era la seconda volta che si poneva quella domanda e, mentre prima era facile nascondersi dietro ad un dito e far finta che fosse stato soltanto un momento di pazzia momentanea, ora era consapevole che ogni volta, avrebbe risposto allo stesso modo: con uguale passione e la stessa incoscienza.
Però cosa spingeva Gus a baciarla?
Anche lui considerava quei baci dei momenti di pazzia oppure attribuiva loro dei significati speciali?
Quell'idea fu scartata non appena attraversò la parte razionale del suo cervello: stava parlando di Gus, non del principe azzurro!
Non lo conosceva per niente, per quanto ne sapeva lei, quello poteva essere il suo modus operandi con tutte le ragazze...
Per questo gli aveva rivolto quella domanda: perché lei aveva bisogno di conoscerlo.
Non appena l'aveva sentita parlare, gli occhi nocciola di Gus si erano posati su di lei, fissandola per qualche secondo con attenzione, prima che un ghigno gli stendesse le labbra.
-Vuoi una dichiarazione d'amore in piena regola?-le domandò con il tono sarcastico che lei aveva imparato a riconoscere.
Vic scosse la testa.
-Certo che no Ginger... so che non sei portato per queste cose-disse soltanto per punzecchiarlo.
Gus aggrottò la fronte, chiaramente colpito da quelle parole.
-Come fai a saperlo?In fondo non mi conosci neanche...
Magari sono il tipo che regala mazzi di rose rosse e giura amore eterno - le fece notare.
Nonostante quel discorso assurdo, Vic sorrise.
-Impossibile, sei cresciuto con due lesbiche-
Sorprendentemente anche Gus sorrise, abbassando lo sguardo per qualche secondo prima di tornare a puntarlo sul suo volto.
-Si vede che sei cresciuta con mio padre-commentò.
Quelle parole appesantirono l'atmosfera fra loro; se quel bacio aveva fatto dimenticare loro tutto ciò che rendeva un’impossibile una relazione fra loro, ora quelle motivazioni erano tornate ben presenti nella mente di Vic.
Si ricordò tutte le complicazioni che sarebbero derivate se fra lei e Gus fosse nato qualcosa e, come sempre le succedeva quando si trovava ad affrontare qualcosa di più grande di lei, si trincerò dietro la sua armatura, frapponendo un muro di silenzio fra sé e Gus.
-Che ti è preso?-le domandò il ragazzo, accortosi del cambiamento.
Lei scosse la testa e si alzò dallo sgabello su cui era stata seduta fino a quel momento per andare a gettare i resti del suo pranzo nel piccolo cestino della spazzatura dietro la scrivania di sua madre.
Se era fortunata, avrebbe dovuto sopportare la presenza di Gus al massimo per un altro paio d'ore, poi ognuno sarebbe andato per la propria strada.
Ma quando tornò a voltarsi se lo ritrovò dietro a pochi centimetri di distanza.
-Devi smetterla di fare così!-lo rimproverò.
Ancora una volta quel ghigno, quel mezzo sorriso che tante volte aveva visto sulle labbra di Brian, apparve sul volto di Gus.
Ora capiva come doveva sentirsi suo padre quando ne riceveva uno...
-Così come?-
Lei sospirò indispettita e si passò una mano fra i capelli, allontanando alcune ciocche dalla fronte.
Gus si avvicinò di un passo e le posò entrambe le mani sui fianchi, continuando a guardarla dall'alto in basso.
Possibile che non si rendesse conto delle conseguenze?
Era davvero così stupido da non accorgersi che dovevano stare il più lontano possibile se davvero non volevano rovinare il complicato intreccio che c'era fra le loro famiglie?
-Spiegami una cosa: tu non capisci o fai solo finta di non capire?
Davvero non ti rendi conto di quello che succederà se i nostri genitori scoprono che tu ed io ci siamo baciati?
Conoscendo Brian andrà su tutte le furie e cercherà qualcuno con cui prendersela e... -iniziò lei ben decisa a mettere un freno a tutta quella storia.
-Hai intenzione di dirglielo?-la bloccò lui.
Vic lo fissò per qualche secondo, incerta di aver afferrato le sue parole, poi scosse la testa.
-Certo che no!Non voglio certo passare i prossimi dieci anni chiusa in camera mia!-
-Allora non vedo dov'è il problema: come fanno a scoprire quello che succede qui mentre loro sono a chilometri di distanza?
Abbiamo appurato che tu non glielo dirai, io ho smesso da molti anni di raccontare i miei segreti a mia madre, quindi il problema non si pone.
Quello che succede a New York resta a New York - le disse in tono sicuro.
In vita sua, Vic non aveva mai nascosto nulla ai suoi genitori e questo in più di un’occasione si era rivelato fondamentale, e cominciare ora, con un segreto così grande, la faceva sentire piccola e meschina.
Ma quale adolescente non ha dei segreti?
Rialzò lo sguardo su quello di Gus e annuì, prima di seguire l'istinto e tendersi verso di lui e avvicinarsi al suo viso, posando le labbra su quelle del ragazzo, trovando subito la risposta di Gus.
Stretta fra le sue braccia per la seconda volta in un giorno, Vic si disse che forse Gus aveva ragione: che bisogno c'era di farsi tanti problemi?
Quel che succedeva a New York restava a New York.
Georgia era diventata una grande "fan" di Gus fin dal primo momento che lo aveva visto.
-E' proprio come lo avevo immaginato: sexy e misterioso al punto giusto... e inoltre assomiglia tanto allo zio Brian - le aveva detto quando il ragazzo se ne era andato.
Quando Gus finalmente era andato per la sua strada, Georgia aveva preteso un racconto molto dettagliato di quello che era successo mentre erano rimasti soli, accompagnando le parole di Vic con risatine e piccole esclamazioni compiaciute.
-Quindi tu non ci vedi nulla di male in una possibile storia fra me e Gus?-le aveva chiesto la ragazza.
Anche se aveva deciso di vivere quei giorni nel segno dell'incoscienza, questo non attenuava il suo senso di colpa, soprattutto verso i suoi genitori.
Sapeva che se quella storia fosse venuta a galla sarebbe scoppiata la fine del mondo, ma il fatto che Gus non fosse minimamente preoccupato per quell'eventualità la rassicurava.
-Assolutamente no!Anzi per me sareste una bellissima coppia... perché tu non la pensi così?-le aveva chiesto la sorella sorpresa.
Vic si era limitata a scuotere la testa e a lasciar cadere l'argomento: a quanto pareva era l'unica a farsi tanti problemi.
I successivi due giorni Georgia non aveva fatto altro che parlare di Gus e di quello che sarebbe successo, almeno secondo lei, durante quella settimana, mentre del ragazzo si erano perse completamente le tracce.
Inizialmente Vic si era sentita sollevata: la scomparsa volontaria di Gus avrebbe evitato a entrambi molti problemi, questo era poco ma sicuro.
Però, con il passare delle ore aveva iniziato a riflettere sulle parole che si erano scambiati: ricordò il tono convinto delle sue parole, l'espressione sicura con cui aveva cercato i suoi occhi... era stato solo un gioco per lui?
Inoltre, come se non bastassero le domande che già si poneva da sola, c'erano anche quelle che Georgia le poneva in continuazione.
-Credi che ti chiederà di andare a letto insieme?-
Vic spalancò gli occhi a quella domanda: sua sorella aveva la capacità straordinaria di parlare di cosa avrebbero fatto quel giorno l'attimo prima e di farle una domanda simile poco dopo.
Certe volte si chiedeva se non fosse figlia di Brian invece che del loro padre...
-Ma come ti viene in mente?-le domandò.
-Andiamo non fare la santarellina!Non dirmi che non hai pensato all'eventualità che lui te lo chieda - le rispose la sorella con un tono da donna vissuta che le fece dimenticare per qualche istante che l'altra aveva soltanto tredici anni.
-No!-
Georgia ridacchiò prima di bere un sorso dalla sua tazza.
-Ma come hai fatto a crescere così innocente vivendo con due gay?-la prese in giro.
-Chi ti ha detto che sono innocente?E' solo che fare sesso con Gus non rientra nei miei piani, almeno non in quelli più immediati-
Georgia la guardò divertita per qualche istante.
-Perché tu hai un'agenda in cui programmi quando fare sesso?-le domandò ironica la sorella.
Vic scosse la testa, facendo ondeggiare i boccoli arruffati.
-Certo che no!E' solo che Gus ed io ci conosciamo da troppo poco tempo, non sappiamo quasi niente l'uno dell'altra... questo non è il momento ideale per fare sesso-le disse, mostrando quindi che aveva pensato all'idea, anche solo distrattamente.
-Quale sarebbe secondo te il "momento ideale"?-le domandò con chiaro intento derisorio.
Ben consapevole che la sua risposta avrebbe provocato altre risate, Vic pensò per qualche secondo alle parole giuste, prima di sbuffare impaziente.
-Non lo so, ok?So solo che adesso è quello sbagliato-
-Vic è sesso, non è mica una proposta di matrimonio o di convivenza!Non c'è mai un momento sbagliato per le sesso-le, fece notare l'altra.
-La smetti?Ho deciso che non succederà niente con Gus durante questa settimana e intendo rispettare quest'impegno- ribattè con fermezza la sorella.
Consapevole che non sarebbe riuscita a far cambiare idea alla sorella, Georgia smise di insistere, commentando però le ultime parole di Vic con un cenno sconsolato del capo prima di uscire dalla cucina.
Vic era convinta delle sue affermazioni, era assolutamente certa di non voler precipitare le cose con Gus: nonostante quei baci, lui era ancora un estraneo ai suoi occhi e lei non era il tipo da fare sesso, per la prima volta, con un perfetto estraneo.
Certo tutto era reso complicato dal suo sorriso intrigante e malizioso, dal modo in cui i suoi occhi castani la fissavano, quasi volessero catturarle a viva forza le parole che lei non aveva il coraggio di dirgli, e soprattutto dall'oblio che la coglieva ogni volta che lo baciava facendole dimenticare ogni cosa.
Ma era decisa a mantenere la sua posizione e, allo stesso tempo, a viversi quel momento di follia di cui si sarebbe dimenticata non appena tornata a Toronto.
-Pronto?-
Aveva impiegato un po’ a rispondere; Georgia le aveva cambiato suoneria quella mattina e ancora non si era abituata alla nuova polifonica.
Sentendo gli squilli sempre più frenetici della suoneria, il panico l'aveva colta al pensiero che fossero i suoi genitori: già vedeva suo padre che, non sentendola rispondere al primo squillo, la immaginava esangue all'angolo di una strada.
-Finalmente!Credevo di aver fatto il numero sbagliato-disse una voce che non riconobbe.
-Chi parla?-chiese aggrottando la fronte come se l'interlocutore potesse vederla.
Era ferma davanti al portatile nella sua stanza, la musica a palla nella casa deserta, impegnata in una conversazione con Carly via chat.
Non riconoscendo subito la voce dell'interlocutore, abbassò le casse del computer, lo sguardo fissò sulla finestra della chat.
-Gus... sono passato alla galleria ma tua sorella mi ha detto che eri a casa e mi ha dato il tuo numero di cellulare-le disse parlando velocemente per evitare che lei lo interrompesse.
Un'espressione incredula sul volto, Vic restò in silenzio, non sapendo bene cosa dire.
-Ci sei ancora?-domandò il ragazzo dall'altra parte.
Lei rispose con un mugugno appena percettibile sotto la musica.
-Va tutto bene?-le domandò ancora Gus.
-Certo, sto solo scegliendo qual è la soluzione più dolorosa per liberarmi di mia sorella... -disse lei mangiandosi le parole.
All'orecchio sinistro le arrivò il suono di un sorriso: lo aveva fatto ridere... credeva che un "duro" come Gus non si concedesse una cosa di così poco conto come una risata.
-Prova con il veleno!E' sempre la mia prima scelta quando JR diventa insopportabile - le disse affabile.
Questa volta toccò a lei sorridere.
-Che stai ascoltando?-le chiese Gus curioso.
-"Lovesong" dei Cure - disse lanciando uno sguardo allo schermo del computer, abbassando leggermente il volume.
-Oh per favore!-commentò lui chiaramente disgustato.
-Hai qualcosa contro i Cure?-domandò Vic, sentendosi quasi offesa.
Fin da quando era piccola, suo padre le faceva ascoltare alcune canzoni di quel gruppo, con una particolare predilezione per "Lovesong", "Just like heaven" e "Boys don't cry".
-Sono canzoni che ti fanno comprendere il vero significato dell'amore-le, diceva sempre.
-A parte il fatto che sono solo dei depressi cronici?-chiese Gus di rimando.
Un suono sarcastico uscì dalle labbra di Vic, finendo direttamente nell'orecchio destro di Gus.
-Oltre che per demolire i miei gusti musicali avevi altri motivi per chiamare?-
Possibile che quel ragazzo riuscisse a essere la persona più affabile del mondo l'attimo prima per trasformarsi in un’arrogante saccente l'attimo dopo?
-Veramente volevo sapere se questa sera avevi da fare-le disse.
Il volto di Vic si congelò in un'espressione sorpresa che sicuramente avrebbe fatto ridere Gus: non la cercava per due giorni e poi le chiedeva di uscire insieme?
Credeva per caso di averla sempre a sua disposizione?
-Avevo pensato di farti fare un giro per la città... mostrarti New York - disse lui, interpretando correttamente quel silenzio.
-Sono nata a New York, credi davvero che abbia bisogno di un tour?-gli domandò.
-Quanto odio la vostra presunzione!Credi di conoscere New York soltanto perché è la tua città natale?le chiese di rimando lui.
Lei alzò le spalle, quasi Gus fosse lì davanti a lei e potesse vederla.
-Scommettiamo che riesco a mostrarti un lato della città che non conosci?-
Mille campanelli d'allarme le risuonavano nella mente; doveva rifiutare l'invito, inventarsi una balla e chiudere la conversazione.
Mentre la sua testa era ben consapevole di quello che doveva fare per porre fine a quel gioco pericoloso, allo stesso tempo, il cuore le era salito in gola, riusciva quasi a sentirne i battiti nella trachea, e lanciando uno sguardo veloce alle proprie mani, si accorse che stavano tremando leggermente.
-E' una sfida?-gli disse lasciando scivolare il labbro inferiore fra i denti.
Ancora una volta sentì il suono del suo sorriso nella cornetta, e capì che avrebbe dovuto iniziare a pensare a una balla decente da inventare con sua madre per quella sera.
Alla fine Vic dovette dar ragione a Gus.
Con l'aiuto di Georgia, la ragazza era riuscita a inventare una scusa plausibile per la madre e per Janet, così quando quella sera il portiere dello stabile le citofonò per informarla dell'arrivo del ragazzo, sia Vic sia Georgia uscirono da casa, delle sacche sportive a tracolla.
-Ricordi tutto quanto?-domandò Vic alla sorella, mentre erano in attesa dell'ascensore.
-Quando la mamma chiama, le dico che sei in bagno a struccarti e che la richiami non appena finito e dopo aver chiuso con lei, chiamo te-ricapitolò la sorella.
Vic annuì entrando nell'ascensore, cercando di controllare i battiti del cuore.
-Smettila di agitarti, andrà tutto bene... -le disse la sorella.
L'altra si voltò verso di lei e la fissò ricevendo in cambio uno sguardo identico al suo.
-Come fai a saperlo?-
Georgia sorrise e alzò le spalle.
-In un certo senso è destino che tu e Gus finiate insieme, no?-le disse.
Era la stessa cosa che le aveva detto Hunter prima di partire...
L'ascensore si aprì al pian terreno, interrompendo la conversazione e portando Vic ad alzare lo sguardo davanti a sé dove, poggiato contro un muro in attesa, c'era Gus che si rizzò, non appena la vide apparire.
-Victoria- la salutò con un cenno della testa.
Vic imitò il gesto, lo sguardo sul suo volto, attenta a non perdersi nessun cambio di espressione.
-Gus-
-Ciao Gus- s'intromise Georgia, interrompendo il gioco di sguardi fra i due.
Il ragazzo si voltò leggermente verso di lei e le concesse un piccolo ghigno che per lui equivaleva a un sorriso a trentadue denti.
-Come stai piccola Taylor?-le domandò cordiale.
-Veramente io sono la piccola Palin, ma sto bene... beh, ora sarà meglio che vada se non voglio arrivare tardi - disse dando un veloce sguardo all'orologio che aveva al polso.
Vic sapeva che era tutta scena, che quello era soltanto un modo educato per allontanarsi da lì il prima possibile e lasciarli soli e cercò in fretta un motivo per trattenerla con loro, ma conoscendo sua sorella sapeva che non sarebbe servito a nulla.
-Vuoi che ti accompagniamo?-le domandò ancora Gus.
Lei scosse la testa.
-Affatto... saprei arrivare a destinazione anche a occhi chiusi, e poi sospetto che voi due abbiate cose più interessanti da fare-aggiunse.
Vic la fulminò con lo sguardo, ottenendo come risultato un nuovo sorriso divertito da parte della sorella.
-Buona serata!-fece Georgia, prima di voltare le spalle a entrambi e avviarsi verso le porte dello stabile.
Rimasti soli, i due ragazzi si lanciarono qualche occhiata di sottecchi, in silenzio: ora iniziava il loro "appuntamento".
Ma era davvero un appuntamento oppure era un'uscita fra amici?
Già, ma due amici non si baciano come facevano lei e Gus!
Per l'ennesima volta si chiese perché si era lasciata convincere a uscire con lui, e accarezzò anche l'idea di richiamare l'ascensore e salire di nuovo a casa.
-Sei pronta ad andare?-le domandò Gus facendosi largo fra i suoi pensieri confusi.
Lei rialzò gli occhi sul suo volto e annuì.
-Anche se molto probabilmente me ne pentirò... -commentò poi.
Gus sogghignò.
-Tu non hai una grande opinione di me, vero?-le domandò avviandosi poi verso l'uscita.
-Chissà come mai... -fece lei seguendolo fuori dallo stabile.
S’incamminarono per le strade di Manhattan, senza una precisa direzione, troppo presi dalla loro conversazione.
Le aveva preso la mano fin da quando erano usciti dal suo palazzo e la cosa le era sembrata talmente naturale che aveva lasciato che le sue dita se intrecciassero con quelle di Gus.
Alle volte, nel bel mezzo della conversazione, Gus si allontanava, facendo un paio di passi in avanti per poi voltarsi verso di lei e camminare in senso contrario, intralciando gli altri passanti.
-Com'è vivere con due lesbiche?-gli chiese curiosa.
-Com'è vivere con due gay?-le domandò di rimando lui.
Vic sorrise.
-L'ho chiesto prima io-
Gus alzò le spalle.
-C'è più biancheria femminile in giro-tagliò corto lui.
Vic rise e abbassò la testa, nascondendo gli occhi dietro le ciocche bionde.
-E' così anche per te?-scherzò ancora Gus.
-NO!Tuo padre avrebbe un attacco di bile se si trovasse davanti a qualcosa del genere... -commentò lei.
E per la prima volta da quando lo conosceva, lo vide ridere.
Una risata vera, che riecheggiò per la strada e fece voltare una coppia che passeggiava poco distante da loro.
-Ti va di prendere un autobus a buffo?-le domandò a un certo punto il ragazzo.
Lei alzò un sopracciglio, chiaramente divertita.
-Sì, saliamo su un autobus a caso, senza preoccuparci di quale sia la destinazione-le, disse per convincerla.
Divertita da quello spirito d'avventura, Vic annuì e salì insieme con lui sul primo autobus che si fermò alla fermata.
Si sedettero in fondo, accanto ai finestrini, per non essere disturbati e per poter sempre controllare dove stessero andando.
-Hai preso una camera in un albergo in questi giorni?-gli domandò curiosa di cosa aveva fatto nei giorni in cui era sparito.
Gus scosse la testa.
-Un mio amico che lo scorso anno ha finito l'Accademia si è trasferito qui e mi ha offerto un letto.
Non è gran che, considerato che si tratta del divano, ma sempre meglio di niente...
Inoltre è a Tribeca, quindi non posso proprio lamentarmi-commentò lui.
Vic fece un cenno con la testa, non sapendo bene come rispondere.
Per un po’ restarono entrambi in silenzio, mentre Gus era impegnato a guardare fuori dal finestrino per cercare di orientarsi e lei osservava lo sparuto gruppetto di passeggeri che era con loro sul bus; senza neanche accorgersene, era scivolata leggermente sul proprio sedile in modo da poter poggiare la testa contro la spalla di Gus, e la cosa non sembrava dar alcun fastidio al ragazzo.
Durante il viaggio sentì un braccio posarsi sulle proprie spalle e le dita di Gus giocherellare con un boccolo biondo.
-Hai almeno una vaga idea di dove siamo?-gli chiese alzando lo sguardo fino al suo volto, quando ormai sul bus erano rimasti soltanto loro e un uomo di colore dal cappotto blu cobalto.
Gus scosse la testa.
-Perfetto- commentò lei.
-Non era questo lo spirito con cui siamo saliti su quest'autobus?-le ricordò lui.
-Perderci per New York?-chiese ancora lei.
Gus ghignò divertito.
-Credevo che tu conoscessi New York perfettamente-la prese in giro.
Vic gli fece una smorfia, ottenendo in cambio un sorriso e alzò la testa dalla sua spalla ma Gus la attirò di nuovo a sé, avvicinando il viso al suo.
-Sei davvero così permalosa Sweetie?-le domandò in quella distanza ravvicinata.
-Soltanto con te Ginger-
-Mh, allora devo ritenermi un uomo fortunato...- -
Vide avvicinarsi il volto di Gus e, istintivamente, voltò il proprio verso destra, impedendogli di baciarla.
Quando incontrò lo sguardo del ragazzo, vide il ghigno divertito che gli stendeva le labbra e sorrise a sua volta.
Deciso a non darsi per vinto, Gus le posò le labbra sul collo, messo in bella mostra dal suo movimento, posandovi dei piccoli baci, risalendo in alto verso la mascella.
Il suono di un cellulare fu provvidenziale, proprio nel momento in cui le labbra di Gus raggiunsero l'angolo destro della bocca di Vic; per i primi due secondi entrambi ebbero difficoltà a riconoscere la suoneria, e fu solo con un evidente fastidio che Gus si staccò da lei per infilare una mano nella tasca destra ed estrarre il cellulare.
-Pronto?-chiese in tono sgarbato.
Vic approfittò di quel momento per allontanarsi da lui e ritornare a una posizione corretta sul proprio sedile, lo sguardo fisso sul bus vuoto: quando era sceso l'altro passeggero?
Era talmente concentrata su Gus che non se ne era neanche accorta!
Credeva che quel genere di reazioni fosse stato inventato dagli scrittori di romanzi per vendere più copie, eppure lei si era davvero dimenticata di tutto quello che non era lei Gus o il loro piccolo stupido diverbio.
-Va bene, vedrò di farci un salto...-sentì dire dal ragazzo prima di chiudere la telefonata.
Tornò a voltarsi verso di lui e gli lanciò uno sguardo curioso, osservandolo mentre lui infilava di nuovo nella tasca il cellulare.
-Ti va di andare a una festa?-
-Una festa?Dove?-gli chiese curiosa.
Le spiegò che il suo coinquilino, per pagare l'affitto e le bollette, lavorava come dj in una discoteca e che lo aveva invitato alla serata che avrebbe fatto quella sera al "Center", una nuova discoteca, molto in voga fra gli adolescenti.
-Ma se non sappiamo nemmeno dove siamo...-gli fece notare lei.
-E che problema c'è?-disse lui con aria rilassata.
L'attimo dopo Vic lo vide premere il pulsante per bloccare la fermata e alzarsi, costringendola a fare lo stesso.
Gus le afferrò la mano e insieme scesero all'autobus, ritrovandosi in una strada che Vic non aveva mai visto in vita sua.
-Scommetto che non hai la minima idea di dove siamo-ripeté guardando ora a destra ora a sinistra.
Lui annuì, confermando le sue paure.
-E come facciamo ad arrivare a questo locale?-gli chiese ben sapendo di essere pedante.
Gus continuò a guardare la strada davanti a sé per qualche secondo finché non vide arrivare un taxi; per attirare la sua attenzione si mise quasi al centro della strada e fischiò a beneficio dell'autista.
Fortunatamente questi si accorse di lui e accostò a pochi metri dai due ragazzi.
Con un sorriso trionfante, che Vic aveva visto tante volte sul volto di Brian, Gus si voltò verso di lei e le indicò il taxi.
-Te l'ho detto che non c'erano problemi-
La fila per entrare al "Center" era lunga quanto tutto l'isolato.
Quasi quanto c'era da aspettare in uno dei giorni buoni del Babylon...
-Sei sicuro che riusciremo a entrare?-domandò Vic, chiaramente preoccupata di dover passare tutta la notte al freddo fuori dal locale.
-Certo che non hai proprio fiducia... te l'ho detto che conosco il dj!Ci ha fatto mettere in lista- la rimproverò Gus.
Lei alzò le spalle, ancora poco convinta delle sue parole.
Del resto quello non era neanche il suo ambiente: le uniche serate in discoteca che i suoi genitori le avevano concesso erano state quelle del Babylon, dove erano sicuri che nessuno l'avrebbe importunata e dove comunque c'era sempre Hunter a farle da "body-guard" e accompagnatore.
Quasi tirandosela dietro, Gus si avvicinò al buttafuori e gli disse i loro nomi; nei pochi istanti che occorsero all'armadio umano per controllare la lista Vic pensò che di lì a poco avrebbe fatto l'ennesima brutta figura.
Per questo fu molto sorpresa quando lo vide farsi di lato e lasciarli entrare, rivolgendo anche un cenno con il capo a Gus.
Il mondo si era capovolto!
Gus la guidò nel corridoio dalle pareti argentate e, dopo aver lasciato la borsa e i cappotti al guardaroba, s’inoltrò nel locale.
Guardandosi attorno, Vic pensò che non fosse molto diverso dal Babylon; anche lì c'era il bar, c'era la piattaforma del dj, e le postazioni rialzate per i ballerini.
Solo che qui non c'erano go-go boys, non c'era il parapetto da cui Brian si "godeva la vista" ogni sera per controllare che andasse tutto bene, e soprattutto c'erano molte ragazze in pista, cosa inconcepibile per il Babylon, sempre che non si trattasse di lesbiche.
Con un braccio attorno alla vita, Gus la attirò più vicino a sé per evitare che si perdessero fra la calca e istintivamente lei si trovò a fare la stessa cosa.
-Ti va di ballare?-le urlò avvicinando le labbra al suo orecchio destro.
Lei scosse la testa.
-Aspetto una canzone migliore-
-Credo che ci vorrà un po’ prima dei lenti-la, prese in giro lui.
Vic fece una smorfia facendolo sorridere.
Perché non beviamo qualcosa prima?-gli propose indicandogli il bar disperso in quel mare di folla.
L'altro annuì e iniziò a muoversi in quella direzione, sempre tenendola stretta contro di sé e, una volta arrivati al bancone riuscì anche a strappare un posto proprio davanti al barista.
-Che vuoi bere?-le chiese.
-Cuba libre-
Capì dall'espressione che si era dipinta sul volto di Gus che lo aveva sorpreso e, felice, sorrise.
-Credevi che avrei chiesto un bicchiere di latte?-lo prese in giro.
Lui scosse la testa e passò le ordinazioni al barista: un cuba libre e un Jack Daniel's per lui. Ascoltando la sua richiesta, Victoria non si sorprese scoprendo che Gus aveva gli stessi gusti di Brian.
La musica era cambiata e ora la marea in pista si muoveva al ritmo di "Sex on fire".
Vic amava quella canzone: le trasmetteva una scarica di adrenalina fin dalle prime note di basso.
Iniziò a tamburellare con le dita sul bancone seguendo il ritmo e solo quando arrivarono le loro ordinazioni e rialzò lo sguardo su Gus si accorse che lui l'aveva osservata per tutto il tempo con un sorriso sulle labbra sottili.
-Cosa?-gli chiese.
Lui scosse la testa e si portò il bicchiere alle labbra, imitato dalla ragazza.
-Vuoi assaggiare?-le domandò tendendo il proprio bicchiere verso di lei.
Vic lo fissò per qualche secondo, indecisa se assecondare quell'idea assurda che le aveva attraversato la mente, prima di avvicinarsi a lui e allacciargli un braccio attorno alle spalle.
Se rimase colpito da quel gesto, Gus riuscì a nasconderlo bene...
-Perché no?-
L'istante dopo le sue labbra avevano coperto completamente quelle di Gus, andando loro incontro, prima che la punta della lingua si spingesse contro le labbra chiuse per forzarle ad aprirsi e a lasciarla entrare.
La risposta a quella piccola sollecitazione arrivò immediata: la lingua di Gus le corse quasi incontro e la succhiò leggermente, invitandola nella propria bocca.
Vic percepì soltanto distrattamente che le aveva stretto le braccia attorno alla vita e che ora era quasi pressata contro il suo torace solido, troppo coinvolta dalle sensazioni che le stava dando quel bacio.
Mai prima d'ora si erano baciati così, mai aveva provato quella sensazione di calore e di desiderio: possibile che fosse merito, o colpadi Gus?
Avrebbe potuto continuare a baciarlo per ore, non sentiva neanche il bisogno di respirare ma, proprio in quel momento qualcuno alle sue spalle le venne addosso nel tentativo di arrivare al bancone del bar e la costrinse a staccarsi da Gus e ad aprire gli occhi: dallo sguardo annebbiato che lanciò alle sue spalle, vide un ragazzo calvo che cercava di avvicinarsi al bancone.
Tornò a voltarsi verso Gus, senza saper bene cosa dire per giustificare il suo comportamento, ma lui non aveva bisogno di spiegazioni.
-Vieni con me-
OUTSIDE THE "CENTER"
Lo aveva lasciato nel bagno.
Se lo era tolto di dosso ed era uscita dal cubicolo prima che lui potesse fermarla.
Sapeva che era un comportamento infantile e stupido, ma non le importava.
Era sbagliato quello che stavano facendo; sapeva di avere gran parte della colpa visto il modo in cui lo aveva baciato al bar, e come aveva assecondato tutti i comportamenti sbagliati di Gus, ma ora sapeva come rimediare.
Facendosi largo fra la folla uscì dalla pista e si avviò verso il guardaroba per ritirare la borsa e il cappotto: doveva andare a casa, anche a piedi se era necessario.
-Non stai dimenticando niente?-le domandò una voce alle sue spalle, mentre aspettava che il ragazzo che consegnasse la borsa e il cappotto.
Non aveva bisogno di voltarsi per sapere che Gus era alle sue spalle.
Restò in silenzio, evitando anche di guardarlo.
Che era successo per farla cambiare in quel modo?Lei era una persona precisa, una ragazza che sapeva cosa voleva esattamente dalla propria vita.
Come aveva fatto a finire in un casino del genere?
-Vai da qualche parte?-le chiese ancora la voce, questa volta più vicina.
-A casa-ribatté lei continuando a ignorarlo.
Il ragazzo del guardaroba tornò e le consegnò il soprabito, lanciando uno sguardo a Gus.
-Era insieme al suo cappotto-gli sentì dire Vic.
Questi sparì per la seconda volta, ma fu di ritorno qualche attimo dopo con la giacca di Gus.
Decisa a mettere quanta più possibile distanza fra sé e Gus, Vic si avviò verso l'uscita del club e l'istante dopo si ritrovò in strada.
Doveva trovare un taxi: non era un gran problema...
-Hai intenzione di continuare a ignorarmi?-le domandò Gus uscendo in strada a sua volta.
Vic strinse le mani a pugni, prima di voltarsi e puntare lo sguardo sul volto del ragazzo.
-Vuoi farmi un favore?Sparisci!-gli disse con voce secca.
-Non credo sia una buona idea lasciarti qui da sola a quest'ora-le disse in tono neutro.
-Troverò un modo per tornare a casa, sta tranquillo-
-Ma se non sai neanche dove siamo-le disse divertito.
Se il suo sguardo avesse potuto uccidere, allora Gus avrebbe dovuto bruciare davanti ai suoi occhi in un unico tizzone.
-Vorrà dire che cercherò qualcuno che sa dove siamo- ribatté, decisa a non dargliela vinta.
Lui scosse la testa e si avvicinò, restando però a debita distanza da lei.
-Mi spieghi perché sei arrabbiata con me? In fondo non è successo niente-le fece notare Gus, perfettamente padrone della situazione.
Vic sbuffò e fece per voltarsi, ma lui la richiamò nuovamente con un tono perentorio.
-Sai benissimo perché sono arrabbiata con te!-gli disse.
-Perché stavamo per scopare in un bagno pubblico?-chiese lui brutalmente onesto.
Lei si bloccò davanti a quelle parole brutali, ma al tempo stesso candide. Del resto cosa poteva aspettarsi dalla copia di Brian Kinney?
Prima che potesse riprendersi e rispondere, lo vide scuotere la testa.
-No, secondo me non è neanche quello che ti dà fastidio-fece lui in tono sicuro.
Una nuova espressione infastidita si materializzò sul volto di Vic.
-Allora spiegamelo tu il motivo, visto che sai tutto- lo sfidò.
-Sei incazzata con te stessa-rispose lui.
Vic rise ironica.
-Davvero?- domandò sarcastica, cercando di nascondere quanto quelle parole si fossero avvicinate alla realtà.
Gus si avvicinò veloce a lei e si fermò a pochi centimetri di distanza. Osservando quell’interazione dall’esterno, si aveva chiaramente l’idea di una lotta per il territorio: nessuno dei due era pronto a lasciar cadere la propria idea ma, allo stesso tempo, i due ragazzi sentivano un’inspiegabile attrazione verso l’altro. Gus era consapevole che se avesse fatto dei gesti avventati, Vic si sarebbe tirata rinchiusa nuovamente nel suo guscio, quindi decise di agire con cautela.
-Sei incazzata con te stessa perché anche tu sei attratta da me. Per questo hai lasciato che le cose andassero tanto avanti poco fa-
Per alcuni secondi Vic si ritrovò boccheggiante: aveva davvero detto ciò che credeva di aver sentito? Ancora incredula, lo fissò incapace di dire una parola.
Perché Gus voleva aprire quel vaso di Pandora?
Avrebbe preferito mille volte affrontare la rabbia dei suoi genitori per le tante bugie dette quella sera e durante la sua vacanza, piuttosto che affrontare i problemi che sarebbero scaturiti da quella conversazione.
La ragazza prese un respiro profondo e abbassò lo sguardo, sentendo ancora su di sé l’occhiata penetrante di Gus che non la abbandonò neanche un istante mentre si dibatteva con i suoi mille pensieri e paure.
-Vuoi davvero affrontare quest’argomento?- gli domandò senza guardarlo.
-Ad essere sincero in questo momento, vorrei sapere perché sei scappata via in quel modo-rispose Gus con una punta di malizia nella voce.
Victoria sospirò nuovamente e finalmente rialzò lo sguardo fino a incontrare gli occhi nocciola di Gus.
-Possibile che non lo hai ancora capito?-gli domandò a sua volta.
Un’espressione corrucciata apparve sul volto del ragazzo portando Vic ad alzare gli occhi al cielo.
-Quando si sono incontrati i miei genitori?-gli domandò poi cogliendolo di sorpresa.
Sorpreso da quella domanda, Gus la fissò per qualche istante in silenzio. Era chiaro che non si era aspettato di affrontare l'argomento dei suoi genitori in quel momento e in quella particolare conversazione.
-Il giorno in cui sono nato. Ma questo cosa c’entra?-le domandò a sua volta.
-Papo ha incontrato papà fuori dal Babylon, l’ha avvicinato e gli ha chiesto dove stesse andando…- raccontò Victoria brevemente.
-Tutti nella nostra famiglia sanno ogni minimo dettaglio del grande incontro tra mio padre e lo zio Justin, anche dettagli che avrei preferito non conoscere per la mia autostima e sanità mentale, ma cosa c’entra il loro primo incontro con noi?-le domandò ancora, lasciando trasparire una nota di frustrazione nella voce.
Vic restò in silenzio qualche istante, osservando il volto perfetto di Gus, e per la prima volta da quando lo aveva incontrato, decise di essere completamente sincera con se stessa e con il ragazzo.
-Hai ragione quando dici che sono attratta da te, infatti mi hai colpito fin dal nostro primo incontro nei corridoi dell’Accademia. Non posso negare sei un bel ragazzo, quindi il tuo aspetto fisico è uno dei motivi principali per cui sono affascinata da te, ma anche il tuo pessimo carattere mi porta a restare ore imbambolata a pensarti, magari ripensando alla nostra ultima conversazione e a come avrei potuto rispondere in maniera perfetta a un tuo commento sarcastico-confessò sincero.
Un sorriso ironico, identico a quello di Brian, si disegnò sulle labbra di Gus.
-Ma nonostante tu sia cresciuto con tua madre e Melanie, tu il figlio di Brian Kinney ed io sono la figlia di Justin Taylor. La versione gay di Romeo e Giulietta a Pittsburgh. Quando ho raccontato a Hunter della mia attrazione per te…-.
-Lo hai detto al figlio dello zio Mickey?-la interruppe lui sorpreso.
Vic annuì.
-Lui è il mio Michael. Nonostante la grande differenza d’età- disse lei con un sorriso accennato prima di riprendere il discorso interrotto poco prima.
-Quando ho parlato con Hunter di noi due, lui ha detto che una storia fra me e te è praticamente inevitabile e la cosa mi terrorizza-gli confessò sincera.
-Ok, ora non ci capisco più niente…- ammise Gus, incrociando le braccia sul petto ampio.
-Oh, andiamo! Sai meglio di me quanto sia stata complicata la storia tra i miei genitori, non posso e non voglio vivere quello che hanno passato loro. Ho promesso a me stessa che avrei vissuto la mia vita cercando di non ripetere i loro errori e questa… questa possibile storia tra noi sarebbe il più grande errore della mia vita- gli disse consapevole di quanto le sue parole potessero ferirlo.
-Chi ti dice che sarebbe un errore?-ribatté subito lui, chiaramente infastidito.
-Perché tu ed io siamo le copie dei nostri genitori-gli fece notare lei.
Gus si lasciò scappare un sospiro frustrato e si passò una mano tra i corti capelli castani senza mai allontanare lo sguardo dal volto di Victoria. Per tutta la durata della loro conversazione, i due ragazzi erano rimasti fermi su un marciapiede, a poca distanza dall’entrata del “Center” incuranti di gruppi che passavano accanto a loro diretti verso il club.
-Ho bisogno di una tazza di caffè- disse infine Gus dopo qualche istante di silenzio, cogliendola di sorpresa.
Victoria, non sapendo cosa rispondere, si limitò ad annuire.
-Ti va di farmi compagnia?-le domandò l’attimo dopo Gus.
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I due ragazzi avevano preso un taxi ed erano tornati a Manhattan, nelle strade che conoscevano fin da quando erano bambini, e una volta pagato il taxi Gus aveva condotto Victoria verso una tavola calda aperta tutta la notte e aveva ordinato del caffè per entrambi.
Il viaggio in taxi era stato silenzioso, e mentre le strade di New York scorrevano veloci attorno a loro, i due ragazzi avevano riflettuto a lungo sugli eventi della serata e sullo scambio di battute avuto fuori dal club.
Victoria era consapevole di aver usato dei toni un po’ accesi durante la discussione, ma era certa di non poter fare altrimenti. L’attrazione che provava per Gus aumentava a ogni loro incontro e questo la spaventava: perché riusciva a provare dei sentimenti così forti nei confronti di Gus quando nessuno prima di lui aveva mai attirato la sua attenzione? Perché non poteva provare dei sentimenti altrettanto forti per Matt?
Inoltre, se doveva essere totalmente onesta con se stessa, Vic doveva ammettere che l’idea di una possibile relazione con Gus la intrigava: come sarebbe stato essere la ragazza di Gus? Sarebbe stato un “fidanzato” premuroso? Oppure si sarebbe comportato come Brian e avrebbe negato con se stesso e con gli altri l’esistenza di una relazione tra loro?
Seduti a un tavolino d’angolo nella tavola calda, Vic pensò per l’ennesima volta alla relazione tra i suoi genitori e si rese conto di come la loro storia d’amore proiettasse una grande ombra sulla sua vita.
Da piccola, considerava il rapporto tra i suoi genitori la più romantica storia d’amore al mondo; ovviamente crescendo aveva scoperto diversi particolari sui suoi genitori che l’avevano portata a ricredersi sul carattere romantico della loro relazione, e infine raggiunta l’adolescenza aveva promesso a se stessa che non avrebbe mai permesso a un uomo di comportarsi con lei come alle volte Brian aveva trattato suo padre.
Amava il suo papo, ma se fosse stato il suo ragazzo, lo avrebbe preso a calci finché non avesse cambiato atteggiamento.
Quindi perché ora considerava anche solo l’idea di iniziare una storia con la copia in miniatura di Brian?
-I tuoi pensieri fanno troppo rumore-le disse Gus, riportandola alla realtà.
Victoria incontrò brevemente i suoi occhi prima di abbassarli sulla tazza di caffè che stringeva tra le dita della mano sinistra.
-Ho pensato a quello che hai detto prima…-aggiunse il ragazzo.
-Quindi sei d’accordo con me?-gli domandò Vic, portando la tazza alle labbra.
-Al contrario. Credo che siano tutte stronzate-rispose Gus, con voce calma.
Un’espressione seccata si dipinse sul volto di Vic dopo quelle parole e la ragazza dischiuse le labbra, pronta a spiegare nuovamente le motivazioni che rendevano impossibile una storia tra loro, ma Gus scosse la testa.
-Adesso tocca a me parlare- le disse per metterla a tacere- Mi sembra che tu abbia espresso ampiamente il tuo pensiero quando eravamo fuori dal club, quindi ora tocca a me-aggiunse.
Vic restò in silenzio, sistemandosi più comodamente sulla propria sedia e incrociando le braccia sul petto in una posa battagliera, pronta a rispondere a tono a ogni affermazione di Gus.
Dal canto suo, Gus lasciò cadere il silenzio tra loro per qualche istante, raccogliendo le proprie idee.
-Io sono convinto che tu ed io insieme siamo grandi- iniziò Gus con voce cauta. –Io non sono il candidato perfetto per ricoprire il ruolo di fidanzato; non ho mai avuto una storia che sia durata più di due settimane e so di non essere la persona ciò che tu stai cercando in un ipotetico ragazzo.
E’ inutile negarlo: tu la perfetta copia dello zio Justin-commentò.
Victoria corrugò la fronte a quell’affermazione.
-Questo cosa vorrebbe dire?-
-Vuol dire che hai un’idea molto romantica dell’amore. Vuoi qualcuno che non ti faccia mai dubitare del suo amore per te, che ti stupisca con dimostrazioni d’affetto inaspettate. Tutto questo è colpa dei tuoi genitori: hai sempre visti felici e in perfetta armonia…-.
-Questa sarebbe una colpa?-
Gus annuì.
-Certo. Se avessi vissuto, come me e Hunter, tutto quello che la nostra famiglia ha passato per arrivare fin qui, allora anche tu avresti un atteggiamento più cinico nei confronti dell’amore. Invece lo hai soltanto vissuto per interposta persona e, probabilmente, conosci soltanto le versioni edulcorate che ti sono state raccontate per non urtare la tua sensibilità- disse ancora il ragazzo.
Malgrado quel discorso la infastidisse, Vic non poté non essere d’accordo con Gus: nonostante l’onestà brutale di Brian e l’atteggiamento svampito di Emmett, la ragazza era certa che riguardo a certi argomenti le avevano raccontato soltanto una parte della verità, tacendole i particolari più scabrosi.
-Ad esempio?-domandò, lasciandosi andare alla curiosità e mettendo da parte per qualche istante l’argomento principale.
Gus la guardò per qualche istante in silenzio, probabilmente indeciso sull’aneddoto da raccontarle.
-Tu sai che mio padre ha avuto il cancro, vero?-le domandò Gus a sua volta.
Victoria annuì.
-Cosa ti hanno raccontato al riguardo?-
-Quando Brian ha scoperto di essere malato, inizialmente non l’ha detto a nessuno, poi si è confidato con lo zio Ted, nonna Debbie e infine con papà e con lo zio Michael, permettendo così a mio padre di stargli vicino-riassunse brevemente la ragazza.
Gus annuì lentamente senza mai staccare lo sguardo dal volto di Vic.
-In realtà, quando mio padre ha scoperto di essere malato, è andato nel panico: si è operato facendo credere a tutti di essere in vacanza e, una volta tornato a casa ha ripreso la sua vita di sempre fino a quando lo zio Justin non ha scoperto tutto. Allora preso dal panico, l’ha cacciato da casa. Per giorni ha rifiutato di incontrarlo, fino a quando lo zio Justin non si è fatto trovare al loft-raccontò.
-Cosa è successo poi?-domandò incredula Vic.
-Conoscendoli, credo abbiano iniziato a urlarsi contro finché lo zio Justin non ha avuto la meglio su mio padre-rispose Gus alzando le spalle.
Vic fissò lo sguardo sulla propria tazza di caffè semivuota, immersa nei propri pensieri.
-Perché mi hanno sempre raccontato un’altra versione?-gli domandò tornando a incontrare gli occhi nocciola di Gus.
Un sorriso divertito apparve sulle labbra del ragazzo.
-Questo è soltanto un assaggio, e anche quello più innocente, di quanto fosse contorta la loro relazione all’epoca. Tu conosci una versione completamente diversa che non rispecchia per niente quello che erano prima del loro arrivo a New York e prima della tua nascita-.
-Tu come fai a conoscere queste storie? In fondo all’epoca eri un bambino…-gli domandò avvicinandosi leggermente al tavolo e sfiorando con la punta delle dita la saliera di vetro.
Gus sorrise nuovamente.
-Melanie è un’ottima fonte d’informazioni. Specialmente quando si tratta di mio padre-le confessò.
Victoria si lasciò scappare una piccola risata e scosse leggermente la testa. Era chiaro che fra Brian e Melanie non ci fosse un grande rapporto, quindi quale modo migliore di screditare l’uomo davanti a suo figlio di raccontare particolari scioccanti del suo passato?
-Capisci ora perché il rapporto tra i tuoi genitori non è un buon metro di giudizio? Soprattutto se parliamo di una storia tra me e te-disse Gus, ritornando sull’argomento precedente.
Victoria lo fissò qualche istante, incerta su cosa rispondere a quella domanda: era chiaramente attratta da Gus, ma un’attrazione fisica era una base sufficiente per una storia tra loro? Sarebbe stata capace di mettere da parte il fastidio che le procurava gli atteggiamenti da sbruffone di Gus?
-Ti stai dimenticando di Matt…-gli ricordò.
Questa volta toccò a Gus corrugare la fronte.
-Cosa c’entra Matt? Non mi sembra che tra voi ci sia una storia-.
-No, ma…-ammise Vic.
-Avete soltanto pranzato insieme qualche volta, quindi non vedo perché dovrei preoccuparmi di Matt. Se fossi stata veramente attratta da lui, non avresti permesso che le cose tra noi arrivassero fino a questo punto-commentò Gus.
-Perché a che punto sono le cose tra noi?- ribatté l’altra con una punta di sfida nella voce.
-Devo ricordarti dove eravamo neanche un’ora fa?-le fece notare lui con un sorriso malizioso sulle labbra.
A quelle parole, un lieve rossore si diffuse sulle guance di Vic portandola ad abbassare lo sguardo.
-Al posto tuo, una volta tornata a Toronto metterei subito le cose in chiaro, in modo che Matt non si faccia strane idee-aggiunse ancora Gus.
-Sei veramente molto sicuro di te. Questo è quello che capita a vivere con due lesbiche-lo rimbeccò Victoria.
Questa volta, Gus si lasciò andare a una sonora risata.
-Tu invece hai passato troppo tempo con mio padre-commentò divertito.
Per qualche istante, tra i due ragazzi calò il silenzio.
La notte si stava velocemente trasformando in un nuovo giorno e sia Gus sia Victoria erano consapevoli che qualsiasi cosa avrebbero deciso in quelle ore avrebbe cambiato il corso delle loro vite, forse soltanto marginalmente oppure in maniera definitiva.
-Che cosa facciamo Gus?-gli domandò infine Victoria, di nuovo con un’espressione seria in volto.
- E’ inutile continuare a negare l’attrazione che c’è tra noi. Ogni volta che ti vedo, provo qualcosa che non ho mai sentito per nessun’altra ragazza prima di te… E’ lo stesso anche per te?-le domandò.
Vic annuì.
-Allora proviamoci. Non sarà facile, lo sappiamo entrambi, ma almeno non resteremo con il dubbio per il resto della nostra vita.
Anche perché, come ho detto prima credo che insieme saremmo fantastici-ripeté sicuro.
L’attimo dopo, Gus si sporse leggermente verso di lei, tendendo la mano destra che andò a posarsi sulla sua fino a intrecciare le dita in quelle di Victoria.
Lo sguardo della ragazza si posò sulle loro mani unite e dopo qualche istante di esitazione, decise di non ritrarre la propria mano, rassicurata dal calore sprigionato dalla vicinanza di Gus.
-Ok…- disse infine rialzando lo sguardo sul volto di Gus giusto in tempo per godersi il sorriso che illuminò il volto del ragazzo. –Che cosa diremo ai nostri genitori?-gli domandò poi.
-Niente.
Almeno per il momento, dobbiamo tenerlo per noi. Io non ne parlerò con JR e tu non dirai niente a Hunter-.
-Cosa? E’ uno scherzo spero!-esclamò sbalordita Vic.
Era un’idea assurda! Fin da quando aveva memoria, Hunter era stato il suo migliore amico, il suo confidente e la persona di cui poteva fidarsi ciecamente, senza paura di essere giudicata. Come poteva ora tenerlo all’oscuro quando le capitava qualcosa di veramente importante?
-Anche io voglio bene a Hunter, ma in una situazione come questa probabilmente non capirebbe…- cercò di spiegarle Gus.
-E’ stato lui a dirmi che saremmo finiti insieme!-gli fece notare Vic, difendendo il ragazzo.
-Ok, ma puoi essere assolutamente sicura che non andrà a raccontare qualcosa allo zio Michael? Se dovesse vederti triste o incazzata per un litigio, sei certa che non cercherebbe di risolvere la cosa mettendo in mezzo Michael e quindi i tuoi genitori?-.
Victoria sospirò frustrata e dovette ammettere che Gus aveva ragione; durante il periodo più buio della sua vita, alcune delle confidenze fatte a Hunter erano arrivate allo zio Michael, permettendo ai suoi genitori di intervenire e di salvarle la vita.
Ora però, era disposta a rischiare qualcosa che fin dalla nascita era molto fragile?
-Va bene, per il momento faremo come dici tu. Però, ho bisogno che tu mi faccia una promessa-gli disse con voce calma.
Gus annuì, fissando attentamente il suo volto.
-Se dovessi renderti conto, fra una settimana o un mese, che questo non è realmente quello che vuoi Non prendermi in giro. Metti fine a questa cosa nel modo veloce e il più indolore possibile.
Voglio che tu sia brutalmente onesto come tuo padre-.
Se Gus era stato colto di sorpresa da quelle parole, l’espressione sul suo volto non lasciò trasparire nulla.
-Se è questo quello che vuoi, te lo prometto-
Rassicurata dalle sue parole, Vic si lasciò andare a un sorriso e per la prima volta da quando avevano iniziato quel lungo discorso, si rilassò completamente.
Non sarebbe stato facile, ma era curiosa di scoprire dove l’avrebbe portata quell’avventura.
-Bene, ora che abbiamo chiarito tutto, che ne dici di andar via di qui?-le domandò Gus accarezzandole il palmo della mano con il pollice.
-Per andare dove?-chiese Vic, leggermente sospettosa.
Con un gesto del capo, Gus indicò la vetrata alla loro destra.
-E’ quasi l’alba. Hai mai visto il sole sorgere su New York?-.
Con lo sguardo fisso negli occhi nocciola di Gus, Victoria scosse la testa.
-A meno che tu non sia troppo stanca e non voglia tornare a casa- la stuzzicò ironico il ragazzo.
Vic ridacchiò a quelle parole.
-Forse dovrei farti la stessa domanda, vecchietto…-ribatté con la stessa ironia nella voce.
La mano di Gus lasciò la sua per pochi istanti, giusto il tempo necessario per lasciare qualche banconota sul tavolo e per alzarsi in piedi.
L’attimo dopo Victoria era in piedi accanto a lui, la sua mano destra nuovamente stretta a quella sinistra di Gus.
-Pronta?-le domandò lui.
-Fammi strada vecchietto-
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