Bruise Pristine

di Delaila Scissorhands
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** // ***
Capitolo 2: *** // ***
Capitolo 3: *** // ***
Capitolo 4: *** // ***
Capitolo 5: *** // ***



Capitolo 1
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Perché io quelle labbra non riesco a non guardarle; ma quelle labbra non possono essere mie, vedi, le sta sfiorando già qualcun altro. Ed io mi costringo a guardare la scena, nonostante le mie orecchie colgano parole meno dolci della danza delle vostre labbra.

« Guardalo lì, il frocio. »

« Che checca. »

« Dovrebbe impiegare il tempo a cercare vestiti da uomo, piuttosto che a truccarsi. »

Sono abituato, Stef, io non ci faccio neanche più caso; rendo la situazione più dolce limitandomi a guardarti. Purtroppo credo d'essere arrivato tardi, perché ora quello tra le tue braccia non sono io. Ci starei bene, lo sai? Piccolino come sono, mi sentirei al sicuro. E invece devo stare su questa sedia, esposto agli attacchi di quelli che tu chiami amici, che in me non vedono altro che un ragazzino estremamente effeminato che reagisce a volte in modo troppo isterico alle loro provocazioni.

Cosa che comunque ora non sto facendo: voglio passare questa serata a guardarti, a pensarmi tra le tue braccia e a non dar retta alle persone attorno.

Non so neanche perché sono venuto a questa festa; non conosco nessuno se non te, non avevo voglia di uscire, potevo rimanere in camera ed evitare di farmi piovere addosso queste cattiverie. Poi, quasi come una nuvola rosa, ricordo il motivo della mia presenza qui: ricordo il tuo sorriso, il tuo “vieni stasera?”, la sigaretta ed i tuoi occhi che aspettano una mia risposta. E come potevo dire di no? Per un attimo mi sono scappati di mente tutti gli insulti, tutte le facce ostili. Era come se avessimo dovuto esserci solo io e te stasera.

Sai una cosa, Stef? Io non credo che tu tenga particolarmente a me. Perché tu ti accorgi, sei consapevole di ciò che il tuo gruppo mi fa, eppure non li fermi.

E sai un'altra cosa? Mi fai cominciare a pensare che tu mi abbia chiesto di venire solo ed unicamente come elemento di distrazione, per tenere lontane queste serpi da te e dal tuo ragazzo.

Guardali; sembrano dei gladiatori che si scagliano su un cucciolo di leone. Ma loro non sanno che se il cucciolo di leone perde la pazienza diventa un elefante. Questo pensiero mi ruba un sorriso che, come al solito, viene mal interpretato dalle scimmie qui attorno.

« Che c'è, Molko, ti stai divertendo? »

Mi limito ad alzare un sorpacciglio, e a lanciare loro uno sguardo superiore e sdegnoso.

« E' inutile che guardi, checca. Porta rispetto. »

Alzo gli occhi al cielo, e torno a guardare di fronte a me; a guardare te.

« Io porto rispetto agli esseri umani che se lo meritano, non alle scimmie che berciano. »

Sapevo che non me l'avrebbero fatta passare liscia; perché in meno di un secondo mi ritrovo ai piedi della sedia su cui ero seduto, con lo zigomo dolorante.

Mi stai guardando, me ne sono accorto; ma è un po' tardi per accorgersi di me, no? Mi alzo, e mi pulisco i jeans, poi vado verso la porta d'uscita, passandoti vicino.

« Scusa, Stef, trovati un altro burattino. »

E mentre esco avrei giurato d'averti sentito chiamarmi.



Alòrs. Chiarimenti. Penso abbiate capito che è una Molsdal. xD A grande richiesta di mia moglie, ecco. A cui la dedico, ecco. Soul Searcher_and Noise Maker, per la precisione, colei con cui condividerò la vitaHH.
Okay, la pianto di fare cose idiote. Con la speranza di regalarle uno scorcio di Londra in attesa di stabilire il nostro pigro sederino lì.
Brian e Stefan, signore e signori, Brian geloso marcio e Stefan menefreghista. Spero vi piaccia.
- Del.

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Capitolo 2
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In un certo senso sono contento che tu non ci sia stamattina in classe. Dopo la pessima serata di sabato sarebbe stata solo un'ulteriore sofferenza per me vederti tranquillo e sereno. E' difficile, Stef, io non riesco a non pensare a te. Nonostante tutto quello che mi stai facendo passare non riesco a pensarti come una persona cattiva.

La lezione di biologia non è affatto interessante, ed il risultato degli appunti è diventato un non ben definito scarabocchio sul quaderno, fatto di linee, cerchi, e giurerei che quello nell'angolo assomigli ad un cuore.

Mi sarei volentieri addormentato, avrei poggiato la testa sul banco e sarei entrato in un mondo dove non mi consideri un simpatico passatempo, ma vengo distratto dal rumore della porta che si apre.

« Prof, scusate il ritardo. Mi hanno detto che potevo entrare in seconda ora. »

« Vada a sedersi, Olsdal, e prenda appunti. »

Approfitto del prof che si china sul registro per lanciare un'occhiata indagatrice lungo tutta la classe; e per constatare con terrore che l'unico posto libero è proprio quello vicino a me.

...siediti per terra. Sei alto, ci vedi comunque. E invece no! Ti stai proprio avvicinando a me, dannazione.

« Posso, Bri? »

“No, non puoi, non chiamarmi Bri che non sono tuo fratello, tu sei un idiota ed io non ti voglio vicino a me. Mi tratti male, ti servo solo come compagnia e come sottospecie di candela senza miccia, ti diverti nel vedermi soffrire ed io ti odio con tutto me stesso.”

« Certo che puoi. »

Dannata forza di volontà.

Ti sistemi, ed io non ti guardo, continuando la mia astratta opera d'arte e provvedendo a ricoprire con scarabocchi neri il cuore nell'angolo.

« Ehi, Bri... volevo parlarti. »

Non sussurrare in quel modo. Sembri una foca in calore. ...ed io mi sto scoprendo incredibilmente attratto dalle foche.

Non ti rispondo, continuando la mia opera d'arte che se mi vedesse Picasso sbiancherebbe, e anzi, alzo anche le sopracciglia. Gli artisti snob sono sempre quelli più apprezzati. Magari posso farmi crescere anche i baffetti alla francese.

« Bri, volevo chiederti scusa a nome degli altri per sabato sera. »

Mi stringo nelle spalle, e traccio una lunga linea curva con un gesto elegante della mano, facendola passare per il punto in cui c'era il cuore. Per un punto passano infinite rette, per il mio cuore... sei una retta troppo grande per lasciare lo spazio ad altre.

« Bri, senti, io non immaginavo che potessero comportarsi così. »

Faccio una piccola risata sarcastica, e traccio una stella sul foglio.

« Sì che lo sapevi. » mormoro, quasi stessi parlando col foglio.

E lo sento, il tuo sospiro, non credere di mascherarlo.

« Io ci ho provato a farli smettere; non mi ascoltano. »

« Mi basta non venire quando mi inviti, semplice. »

Mi giro dietro, e chiedo a Lucy di fare cambio posto. Raccolgo le mie cose, e vado a sedermi dietro. Mi dispiace, Stef, il cuore nell'angolo ora è coperto di nero.

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Capitolo 3
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Dopo aver chiuso con te e con il tuo gruppo di scimmie è passato poco più di un mese. Non ci parliamo, quando ci incrociamo nei corridoio non ci salutiamo, in classe non ci concediamo neanche uno sguardo. E' calato uno schifoso muro gelido che io non ho il coraggio di toccare; potrei rimanere congelato. Dopo l'ennesima lezione in questo mese raccolgo i libri ed esco dalla classe, sguardo basso e passo veloce. Forse per evitare di esitare davanti a te il più possibile.

« Brian! Ehi, Brian! »

Junior tutto sommato è un bravo ragazzo. Suo padre e sua madre sono stati bravi ad indossare la maschera bianca di coppia felice, e sua sorella più piccola ha già vinto due concorsi nazionali di grammatica ed uno di matematica. Junior, che in realtà si chiama Anthony Peter Wembley Junior, di concorsi non ne ha vinti ancora nessuno, ma è comunque molto popolare a scuola. Semplicemente perché, grazie alle vangate di soldi che gli piovono addosso ogni giorno, riesce a procurarsi e a spacciare la migliore cocaina dello Stato. Dove la trovi, io proprio non lo so.

Però mi avvicino a lui con un sorriso, perché anche lui mi sta sorridendo.

E' bello approcciarsi così alle persone.

« Ho-ho, un sorriso, finalmente » esordisce lui, ed io mi stringo nelle spalle, lasciando scivolare via la sua affermazione.

« Ti ho visto un po' giù in questo periodo, dolcezza. Qualche problema? »

Mi stringo di nuovo nelle spalle, poi lo fisso negli occhi.

« Al solito, qualche preoccupazione. » rispondo, con aria tranquilla.

Figurarsi se vengo a dire a te di Stefan e degli altri cazzi miei.

C'è qualche minuto di silenzio tra noi, poi mi si avvicina con aria circospetta.

« Senti. Ho un arrivo di qualità che mi consegnano stasera. Organizzo qualcosa, ho casa libera. Vieni? »

Sospiro, e scuoto la testa.

« Non prendo queste cose, non mi interessa. » mormoro, guardandolo.

Lui sorride, come se non avessi detto nulla.

« Dai! E' roba di prim'ordine. Pura al 100%. »

Dopotutto... dopotutto Junior prende questa roba da anni e... e non è tanto cambiato. E' solo un po' più nervoso.

« Ma dai, Junior, non ho neanche soldi... »

« Non ti preoccupare di questo, troviamo il modo di giungere ad un compromesso. »

La sua aria furba non mi piace, e soprattutto il modo in cui mi sta guardando. E' per questo che esito qualche secondo con gli occhi nei suoi.

Non mi costa niente provare, no?

Tanto non ho nient'altro da perdere. Stefan l'ho già perso, anzi, l'ho mandato via io, e questo non ha fatto altro che logorarmi per tutto questo mese.

Sospiro, e mi stringo il libro al petto.

« Va bene. Allora ci vediamo stasera. »

Ho firmato con il sangue un contratto col Diavolo, e ne sono pienamente consapevole.

« D'accordo, zuccherino, ci vediamo stasera. »

Accenno un altro sorriso, e mi avvio per il corridoio.

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Capitolo 4
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Credo che nessuno al mondo come me sia rimasto tanto a pensare e ripensare se andare ad una festa o no. Non tanto per la festa in sé, per il posto o per le persone, quanto per ciò che mi aspetta una volta oltrepassata quella porta. Junior è carino, ed il suo sguardo mi ha convinto; ma forse tutto ciò è la giusta soluzione al mio stupido cuore nel quale rimane inciso un solo nome.

Credevo che una macchia d'inchiostro su un cuore stilizzato su un foglio potesse risolvere tutti i miei problemi; ma quel nero cupo, invece di coprire, è penetrato nel muscolo, ha annerito tutto, e quel nero via endovena si è diffuso per tutto il corpo.

Sono nero, completamente nero, come sono vestito stasera. Giacca nera lunga, una sciarpa nera e grigia che quasi mi copre le labbra, jeans scuri, Converse e camicia nera.

Quando arrivo davanti alla villa di Junior busso alla porta. Arriva la musica da dentro, deve già esserci gente. Junior viene ad aprire, e mi sorride.

« Ehi, zuccherino! » mi saluta, e mi tira dentro.

Tolgo giacca e sciarpa, e la musica alta mi invade le orecchie. Come mi aspettavo, la situazione è quella usuale: un'orda di ragazzini, birre, sigarette e, secondo le informazioni di Junior, anche qualcos'altro.

Sospiro, accennando un sorriso poco convinto. Dopotutto non mi costa niente. Junior mi viene vicino, e mi sorride.

« Ehi, ti faccio vedere un bel regalo di Natale che mi è arrivato. » mi sussurra, e mi prende per mano.

Disorientato anche dalla folla e dalla musica alta lo seguo, con le labbra leggermente dischiuse. Saliamo una rampa di scale, ed entriamo in una stanza sulla sinistra. Dev'essere la sua stanza personale, perché c'è una scrivania totalmente disordinata, un letto sfatto ed un cannocchiale vicino alla finestra. Sul letto, tra le lenzuola, c'è uno scatolo di cartone simile a quelli delle consegne postali. Junior si avvicina e lo apre, estraendone un sacchetto minuscolo con qualcosa di indefinito dentro.

Forse non vedo bene, per via delle finestre semi-chiuse e del fatto che comunque è sera.

« Buon Natale. » mi sussurra, e mi porge il pacchetto.

E finalmente realizzo: polvere bianca. Cocaina pura al 100%. Sospiro, ed alzo lo sguardo su di lui.

« Dai, su, apri. » mi mormora, e prende da un cassetto un pezzo di specchio rotto. Lo poggia sulla scrivania e dopo che ho aperto il pacchetto me lo sfila da mano. Si siede alla scrivania ed armeggia con qualcosa, poi si gira verso di me con espressione trionfante.

« Vieni, dai. » mormora, e mi porge un bastoncino, o una cannuccia, o qualcosa di simile, non lo capisco.

« Metti questo in una narice, premi sull'altra e tira su col naso seguendo la striscia. »

Sul pezzo di specchio ha sistemato tre strisce. Non deve far male, no? E poi è un po' di polvere. Mi abbasso, e guardandomi nel pezzetto di specchio faccio ciò che lui ha detto. In un attimo mi vedo il viso e gli occhi diventare rossi, ed una tossa violenta mi sale per la gola. Mi sposto velocemente, con la mano sulle labbra. Junior ride, e tira una striscia a sua volta.

« Tranquillo, zucchero, ti ci abitui. »

...sono abituato ad abituarmi al dolore.

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Capitolo 5
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« Brian? Brian? »

...la polvere bianca deve avermi ucciso. Devo essere sicuramente in Paradiso, all'Inferno o non so dove, perché questa è proprio la tua voce.

Sotto il mio corpo sento morbido, come una nuvola, quindi credo sia il Paradiso; anche perché essendo tu un angelo è solo lì che puoi stare.

Apro gli occhi, e lentamente metto a fuoco quella che mi ricordo essere la camera di Junior. E' ancora identica all'ultima immagine che ne ho, l'unica differenza è che dalle tende delle finestre penetra la luce del sole.

Sposto lo sguardo sul viso che ho di fronte; e non so se essere felice o furioso del fatto che ora è davanti a me.

« Ehi, Brian, stai bene? »

Faccio un mugolìo, e mi giro su un fianco.

« Vai via, Olsdal. »

« Sono venuto a prendere Martin, e Junior mi ha detto che ti eri sentito male e che eri qui. »

Corrugo la fronte, e gonfio di poco le guance.

« E allora? »

« Allora se ce la fai ad alzarti vieni via con me. »

Faccio una risata sarcastica, e mi tiro su a sedere su quello che ho scoperto essere il letto di Junior.

« Cosa ne vuoi sapere, tu. » borbotto, mentre un violento giramento di testa mi ricorda che mi sono alzato troppo velocemente.

« Sapere cosa? »

« Sapere tutto. » mormoro, e scendo dal lato del letto opposto a quello dove stai tu.

Mi sento traballare, non mi reggo in piedi, e in modo forse troppo puntuale mi trovo le tue braccia ad avvolgermi.

No, non voglio.

Ce l'avevo fatta, Stefan, ce l'avevo fatta a dimenticare il tuo odore, la tua pelle, ed invece sei di nuovo qui.

Ti poggio una mano sul petto, e ti spingo via.

« Non mi toccare. » sibilo, e mi siedo di nuovo sul letto, con una mano sugli occhi. Voglio dormire, e voglio te fuori da questa stanza.

« Brian, che c'è? Non ti senti bene? »

HA. Che ipocrita. Stronzo.

« No. Devi andare via. »

« Ma si può sapere cosa ti succede? »

Se potessi ringhiare lo farei, perché sembra che tu abbia le fette di salame sugli occhi.

« Mi succede che se stai qui sto peggio. Devi andare via. Non ti voglio vedere. Eri uscito dalla mia vita e non ci devi rientrare. »

« Brian, non capisco. »

Cazzo. Ho fatto un guaio.

Mi sento gli occhi pieni di lacrime; mi verrà un attacco di panico.

« Sei uno stronzo. Uno stronzo! Non mi hai mai difeso, non mi hai mai degnato di uno sguardo! Quel tuo gruppo di scimmie mi diceva e faceva le peggiori cose, e tu non hai mai fatto niente! »

Sto urlando come un ossesso e piangendo come un bambino.

« Non ti voglio più vedere. Pensavo d'amarti ed invece era solo ossessione. » mormoro, e senza aspettare la tua reazione esco velocemente dalla stanza.


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Due capitoli in una botta, avete culo oggi. He he. Corti apposta per dar suspance alla persona a cui sono dedicati. Grazie per le recensioni, e mi fa piacere che vi stia piacendo. <3

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