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Divisi solo da un corso d’acqua trasparente come diamante
e impetuoso come tempesta erano i due regni meravigliosi.
Sulla
sponda destra – il lato del bene e del giusto, del buono e dell’onesto, del
perdono e della fiducia, dell’obbedienza e della perfezione – v’era un luogo
dalla sublime bellezza.
Il
prato d’un verde smeraldo, dove ogni filo d’erba era uguale all’altro, dove
crescevano fiori dai mille stupendi colori, era attraversato da una strada di
marmo lucido e perfetto che camminava ordinata e tranquilla, ornata da
lampioni, tra le villette di ogni abitante di quel piccolo paradiso.
Ville
più umili, ville più costose, ma non una casa normale, non una stonata con
l’altra, non una dai colori scuri, solo colori tenui e gentili.
Il
cielo d’azzurro perfetto, col sole che gli dava luce paradisiaca, raramente era
velato da nuvole bianche e candide.
Gli
abitanti dai bei capelli biondi e gli occhi acquamarina avevano candide ali
bianche sulla schiena ma, senza timore, indossavano solo gilet e pantaloni, o
top e gonna,il giusto per non sentire
caldo né freddo.
D’altronde
l’inverno non esisteva, sul lato destro.
Gli
abitanti avevano un carattere mite, gentile, altruista.
Nessuna
lite, nessun’ingiustizia.
Non
era possibile.
Non al lato destro.
*
La
sponda sinistra – il lato del male e dell’ingiusto, del cattivo e del
disonesto, del rancore e del sospetto, dell’infrazione e dell’imperfezione –
mostrava invece un luogo totalmente diverso.
L’erba
trascurata dei prati, ornata solo da colonie di formiche ed erbacce cresciute
senza controllo, era attraversata da una lunga strada onice che si svicolava
disordinata, con ifuochi delle
prostitute come unica luce, nella massa delle case.
Case
che potevano essere cartoni, come potevano essere ville.
Ma
che potevano essere anche monolocali e castelli, appartamenti decorosi e suit
disgustosamente lussuose.
Tutte
dai colori accessi, vivaci, aggressivi o scuri.
Il
cielo scuro come la notte, raramente vedeva il sole, mentre più spesso vedeva piogge.
Gli
abitanti dai capelli e gli occhi color della notte più cupa, con le ali dello
stesso nero, potevano indossare da stracci a vesti ingioiellate, da girare
senza nulla fino a coprirsi dalla punta dei capelli fino alle dita dei piedi,
non importava.
Il
loro carattere scontroso, lussurioso, iroso, orgoglioso, semplicemente
pericoloso, non badava ai vestiti se volevaqualcosa.
Tra
chi abitava il lato destro – quelli che comunemente sono chiamati angeli –
ve n’era uno particolarmente noto.
Era
un angelo anche più bello dei suoi con fraterni già stupendi, uno degli angeli
guerrieri, i pochi che sapevano difendersi e che difendevano la città da
chicchessia.
I
guerrieri, di solito, anche essendo angeli avevano un comportamento abbastanza
severo e freddo, ma non lui.
Goku,
perché questo era il nome che faceva sospirare le donne, era come un bambino e
ciò suscitava la tenerezza e l’amicizia di molti angeli.
Ingenuo
e impacciato, giocherellone e gentile, nessuno poteva immaginare che potesse
essere davvero un guerriero.
Eppure
tutti l’avevano visto almeno una volta camminare lungo il ruscello che separava
la Destra dalla Sinistra, gli angeli dai demoni.
E
poi, tutti notavano la spada che portava al fianco.
Solo
i guerrieri potevano girare armati.
Molte
donne e uomini lo scortavano fino a pochi metri dal fiume, augurandogli di non
imbattersi in nessun demone e d’essere valoroso.
I
guerrieri erano pochi, perciò Goku passava più tempo al fiume che nella propria
dimora.
Nessuno
si stupiva di scorgerlo andar via.
L’angelo
sospirò.
Sperava
proprio che qualche demone cercasse di varcare i confini.
Si
stava annoiando.
*
Il capo reclinato all’indietro – i capelli all’insù che
toccano il sudiciume del muro, che s’insozzano, quasi a voler diventare neri
come la tua anima, demone – gli occhi socchiusi, come le labbra, le mani
che reggono il capo ad una demone seminuda, proprio tra le gambe dell’uomo.
La gente passa, corre, continua ad uccidere e rubare, a
scoparsi le altre prostitute o semplicemente ad ignorare chicchessia.
Poco dopo un gesto secco, il demone stacca la donna da sé.
Lei ingoia e con fare provocante comincia a strusciarsi,
lussuriosa.
Non ci pensa un secondo di più, occhi di notte, un colpo
sordo di pistola, ti sistemi i boxer e ti riallacci i pantaloni.
Non avevi soldi.
Lasci il cadavere della puttana sulla strada, sanguinante.
Chissà se qualcuno vorrà farsela ancora, adesso.
Ecco cosa pensi.
Ti guardi un po’ intorno, cercando qualche rissa, per
sfogare quegli istinti malefici che sono parte di te.
Rapine, orge, abboffate, niente risse, ripassi più tardi.
Allarghi la visuale.
Scorgi il fiume e lì, un angelo.
Starai pensando che questa sia proprio fortuna sfacciata.
Ti accarezzi una collana, con una V incisa sopra.
La V di Vegeta.
Muovile grandi ali nere, poi voli alla riva.
Atterri come se fossi il padrone.
Sei un demone e vuoi che quel damerino lo capisca bene.
Sembra
essere il padrone del mondo e l’angelo pensa che forse creda davvero di
possederlo.
Il
guerriero finge indifferenza, ma tiene lo sguardo incollato al demone.
Vegeta,
dal canto suo, non parla né guarda Goku.
Fissa
un po’ il fiume limpido e, senza indugiare oltre, posa uno stivaletto nero
all’interno dell’acqua.
Goku
non dice nulla.
Il
fiume è territorio neutro, finché il demone è lì, il guerriero non può
attaccarlo.
Sarebbe
ingiusto, immorale.
Non
da angelo.
Vegeta
avanza tranquillo, unpasso dopo
l’altro, perché quel corso d’acqua che sembra tanto breve in realtà non lo è.
Goku
comincia a picchiettare il piede a terra.
Desidera
ardentemente che quel diavolo invada il suo territorio, per combattere, ma allo
stesso tempo la sua natura angelica lo fa sperare che il demone si goda
semplicemente per un po’ l’acqua fresca, tornando poi nel suo inferno.
Vegeta
sembra capire l’impazienza dell’angelo.
Forse
per il ticchettio del piede.
O
forse perché anche lui non vede l’ora di combattere.
S’immerge
completamente e quando riemerge è dall’altra parte, a qualche passo da Goku.
Con
i piedi ancora nel fiume.
“Demone,
sei troppo vicino alla riva”non resisteva più, l’angelo.
“Però
non l’ho toccata”sorride beffardo Vegeta.
“E
non pensare nemmeno di profanare questo luogo con la tua malvagità”il demone
rotea gli occhi.
“Ne
ho ammazzati a centinaia, di guerrieri angelici come te”dice, mentre avanza
ancora un po’.
“Non
un altro passo”ringhia Goku.
“Prova
a convincermi”ghigna Vegeta.
L’angelo
estrae la spada e la punta alla gola del demone.
I
guerrieri possono uccidere ed odiare, poiché sono guerrieri.
Vegeta
sa che in realtà sono solo demoni troppo buoni.
Ma
questo lo sanno solo lui, il re degli angeli e il re degl’inferi.
I
guerrieri hanno gli stessi istinti dei demoni, chetati da un cuore generoso.
Per
questo Vegeta adora provocarli.
È
molto orgoglioso di sé, poi, quando fa uscire il lato più malvagio di quegli
esseri che si credono perfetti.
“Oh,
ma fammi il piacere”e con l’indice della mano sposta la lama.
Goku
è meravigliato.
Ha
conosciuto demoni coraggiosi, demoni fortissimi, che gli hanno lasciato segni
indelebili sulla pelle, ma mai ne aveva visto uno così.
Lo
osservò bene.
Era
qualche spanna più basso di lui, eppure perfettamente proporzionato.
Era
muscoloso, ma non troppo.
Il
giusto.
Goku
storse il labbro.
Da
quel che sapeva, e ne sapeva, c’erano pochissimi demoni che s’intendevano davvero
di lotta.
Tutti
s’accapigliavano, ma pochissimi – anche meno di quanti fossero i guerrieri
angeli – erano veri e propri lottatori.
Aveva
una spada ed una pistola, fu per questo che notò che indossava dei pantaloni a
mezza gamba aderenti.
Ora
che c’andava a pensare, era anche a petto nudo.
Lo
aveva notato perché portava una catenina d’argento, con un ciondolo a V.
Eppure,
se non ricordava male, nell’inferno faceva freddo.
La
cosa, però, che più lo meravigliava era lo sguardo.
Ogni
demone aveva avuto paura, davanti alla morte.
Come
biasimarli, d’altronde.
Ma
lui no.
Sembrava
quasi ne stesse ridendo.
“Sei
coraggioso”riconosceva sempre i meriti di un’avversario, lui.
Vegeta,
nascose lo stupore.
Aveva
conosciuto migliaia di angeli, ma mai nessuno così sincero.
E
così simile ad un vero guerriero.
I
guerrieri angelo che aveva visto, e lui li aveva visti tutti, solitamente
avevano l’indifferenza dei demoni e il corpo delicato degli angeli.
Questo
Goku, invece, aveva il corpo robusto dei demoni e la purezza degli angeli.
Bene,
ghignò tra sé il moro, sarà più divertente vedere il suo lato oscuro.
“Non
ho paura di un angelo”e lo fa sembrare un’insulto.
“Strano,
stavo proprio per dirti che io nemmeno ne ho di te”e sembra una litigata tra bambini.
“Potrei
metterti KO con una sola mossa”e ci crede sul serio.
Non
per nulla nel suo regno di Sinistra non ha rivali.
O
sono morti, o lo temono, o lo vogliono.
Uomini
e donne, indistintamente.
E
lui non s’era fatto certo scrupoli.
Pur
di guadagnare pane e un tetto aveva fatto di tutto.
Per
un certo tempo era stato anche amante del Re, perciò sapeva tutto sugli angeli.
E
sapeva che certe cose sono assolutamente proibite.
Un
bacio.
Già
vedeva la scena.
L’angelo
sconvolto, che si chiede cos’è e lui che lo colpisce a morte.
“Perché
non ci provi allora?”era un’invito a nozze.
Un
passo dalla riva, un millimetro dalle labbra dell’angelo.
“Sei
troppo fottutamente onesto per morire”un bisbiglio che sa di carezza.
“Ti
ho detto d’indietreggiare”un panico che sa di proibito.
“Sto
indietreggiando”una bugia che sa di perversione.
Ma
improvvisamente, sulla testa dei due, sole e luna s’incontrano.
È
l’ora di rientrare, poiché quando sole e luna s’incontrano si fa buio.
E
se non ci sono tutti, sono cazzi.
Per
chi manca, ovviamente.
I
due si separano, e sembra che tra loro non ci sia più un piccolo fiume ma una
grande voragine.
Goku
il giorno dopo torna al fiume.
Ma
di Vegeta, del demone di cui non sa il nome, non c’è traccia.
Vegeta passeggiava, nel suo mondo sbagliato ma perfetto
per lui.
Con superiore indifferenza ignorò le prostitute che
cercavano di mettergli la lingua in bocca, spostandole con malagrazia.
Stava pensando a quell’angelo.
L’aveva visto quasi una settimana prima.
Per circa cinque giorni, ad essere sinceri, il bel viso di
Goku era sparito dai pensieri di Vegeta ma poi il demone l’aveva notato di
nuovo al fiume.
Avrebbe voluto raggiungerlo, ma in quel momento aveva un
altro impegno che non poteva essere trascurato – la prostituta a gattoni
davanti a lui ci sarebbe rimasta parecchio male, non era sua intenzione
deludere una signora – perciò era rimasto lì.
Ed, il giorno dopo, al fiume c’era uno degli angeli
guerrieri che per lui erano come mosche.
Ora era un’esatta settimana, ed il demone voleva sapere di
più su quello strano guerriero così sincero e diverso dagli altri.
Non se ne stupì nemmeno.
Era ovvio volesse conoscere il suo avversario.
Meglio lo conosci, meglio puoi batterlo.
Molti angeli erano divenuti demoni, lui stesso n’aveva
trasformati a migliaia.
Bastava insinuare il dubbio – quello malefico ed
eccitante, che ti entra nella testa e ti tormenta notte e giorno – dentro
quelle creature così obbedienti.
Mostrare loro che quello che credevano inferno altro non
era che un luogo libero – una libertà che gli angeli non potevano nemmeno
sperare, una libertà dove l’unica regola era se vuoi una cosa prendila e
basta – dalle oppressioni.
Vegeta sapeva anche che un angelo poteva trasformare un
demone in uno di loro.
Bastava chetare il suo animo tormentato
Per fortuna non era tanto facile quanto sembrava.
Lanciò un’altra occhiata al fiume e, con sua sorpresa,
notò Goku dare il cambio all’altro angelo.
Sentì qualcosa battere freneticamente nel petto, a
rivederlo.
La stessa cosa che sentiva durante una battaglia decisiva,
in preda all’orgasmo o quando vinceva una rissa.
Soddisfazione.
Sembrava improvvisamente aver trovato un senso alla sua
“vita”.
Trasformare quell’angelo – che perfetto lo era davvero,
non come i suoi compaesani che ciarlavano ma avevano più difetti di un demone –
e tenerlo con sé.
Il desiderio scorreva nelle sue vene più veloce del
sangue.
Doveva essere suo.
Buttò a terra pistola e spada – non c’erano problemi che
li rubassero: sapevano che erano suoi e che chi tocca le sue cose muore. E non
ci tenevano a morire, i demoni. Amavano troppo la loro bella vita – e volò
verso la riva.
E Goku, l’angelo di cui Vegeta non sapeva il nome, lo
accolse con un sorriso.
*
Toccata, toccata, schivare, affondo, toccata.
Goku si asciugò la fronte.
Ed erano cento.
Pensò soddisfatto, rinfoderando la spada.
Il suo sguardo volò direttamente all’inferno, dove sapeva
vivere Vegeta.
Si chiedeva qual era la sua situazione.
Aveva freddo?Dai pantaloncini corti che indossava l’ultima
volta non si sarebbe detto.
Possedeva una casa?Una famiglia?
Quella parola gli suonava ancora strana.
Aveva però scoperto che i demoni usavano accoppiarsi – ma
non aveva capito bene come – tra loro e che spesso nascevano altri demoni.
Si domandava perché facessero soffrire altri esseri,
costringendoli a nascere in quel luogo.
Si diceva usassero anche unirsi in matrimonio, anche per
tradirsi in continuazione.
Goku avrebbe proprio voluto sapere che fosse, un
“matrimonio”.
Gli angeli avevano sorriso della sua ingenuità,
spiegandogli che era un sacramento.
E Goku non aveva capito.
Se era qualcosa di sacro e buono perché era
presente all’inferno e non in paradiso?
Gli angeli avevano sorriso di nuovo e spiegato che non era
per il matrimonio, ma per ciò che veniva dopo.
Che cosa era, però, non avevano voluto dirglielo.
Forse il demone gliel’avrebbe potuto spiegare, si disse
Goku, cacciando quell’idea un istante dopo averla formulata.
Era vietato far domande ai demoni.
Gli angeli ricordavano sempre che avrebbero insinuato il
dubbio nella tua mente – un dubbio malvagio e blasfemo, che ti fa credere che
l’inferno sia positivo e il paradiso negativo – e ti trasformano in uno di
loro.
Goku sospirò, sistemandosi la spada al fianco.
Era ora di andare sulla riva.
Arrivò e, dopo che l’altra guardia fu congedata, atterrò
qualcun altro sull’altra sponda.
Goku sorrise al demone di cui non sapeva il nome, senza
nemmeno accorgersene.
E, per un attimo, pensò che se lui
viveva all’inferno, non poteva essere tanto male.
“Chi non muore si rivede”fu il saluto ironico che Vegeta
rivolse a Goku, appena atterrò.
“Ciao”sorrise,
invece, con disarmante affetto l’angelo.
“L’ultima
volta non eri così contento di vedermi”ghignò il demone.
“Beh,
ma ho capito che infondo sei solo un codardo e non affronteresti mai un
angelo”ci aveva pensato tutta la settimana, Goku, al modo in cui doveva parlare
a quel demone.
Le
minacce sarebbero state inutili, l’aveva già testato la settimana scorsa e le
parole gentili sarebbero servite ancor meno, così aveva deciso di puntare sullo
smisurato orgoglio dei demoni.
Non
poteva sapere, però, di trovarsi davanti ad uno dei più orgogliosi.
Due
colpi d’ali, e Vegeta era ad un millimetro da Goku.
“Cosa…”riuscì
solo a dire l’angelo, prima che un calcio lo scagliasse contro un albero.
Altri
due colpi d’ali e il demone era sulla sua riva.
“Questo
succede a dare del codardo a Vegeta”incrociò le braccia sul nudo petto,
aspettando che l’angelo si rialzasse.
Goku
non lo deluse, fu in piedi in poco tempo e con un sorriso ancora più grande.
Aveva
trovato pane per i suoi denti e, quel che meglio, sapeva il nome del demone.
“Io
sono Goku”si presentò l’angelo.
“Nessuno
te l’ha chiesto”borbottò Vegeta.
“Io…vorrei
farti una domanda”balbettò Goku.
Il
fatto che fosse proibito in quel momento non gli interessava, lui voleva solo
togliersi quei dubbi che lo tormentavano.
In
realtà sperava d’insinuare in Goku il dubbio ancora più profondo, trasformarlo
in un demone, averlo per sé.
La
lussuria invase il suo corpo, e lui l’accolse senza protestare.
Era
abituato a sentirla scorrere in corpo e non si meravigliava se non era rivolta
ad una donna.
La
lussuria era un peccato in ogni sua forma e da tutti i demoni era percepita
verso qualsiasi cosa.
“Perché
vi sposate?”il demone reclinò il capo.
Non
si aspettava una domanda del genere.
Anche
se era la più ovvia.
Chiunque
sapeva che il matrimonio era sacro ma, per i demoni, era sacro solo ciò che
portava il matrimonio.
Sesso,
qualcuno che ti sfama, degli eredi.
“Un
passatempo come un altro”rispose vago.
“E
cosa fate dopo il matrimonio?”Goku era arrossito, perché sentiva vergogna a
chiedere cose proibite ad un demone, che per di più aveva violato il suo suolo
anche se solo per un secondo.
“Qualcosa
che posso insegnarti”un sorriso malizioso gli inclinò il volto, al demone, e
Goku si sentì avvampare, ancor di più di quel che era.
“Quando?”gli
uscì, come un gemito.
“Anche
ora”un soffio portato dal vento, che carezzò il viso di Goku.
“Dove?”proibito,
proibito, proibito.
Solo
questa parola nella sua testa.
Non
gli interessava.
Se
fosse stato solo con Vegeta, sarebbe certamente riuscito a convertirlo.
“Seguimi”il
demone spiccò il volo, Goku esitò un po’ ma poi lo seguì, sbattendo le candide
ali bianche.
Vegeta
ghignò e atterrò dove il fiume nasceva, in cima ad un monte innevato caldo come
l’estate.
L’erba
era verde e rigogliosa, ma disordinata e creativa.
Una
strada, d’onice, andava dritta e tranquilla verso una villetta, con colori né
tenui né aggressivi.
La
perfetta fusione di paradiso e inferno.
Vegeta
entrò come fosse il padrone e l’angelo lo seguì esitante.
Le
pareti erano d’un delizioso verde smeraldo, al centro della stanza un letto
semplice, con coperte rosse e cuscini dorati.
Vegeta
sfilò il gilet a Goku, stringendogli un capezzolo tra due dita.
L’angelo
gemette, sentendo uno strano calore al basso ventre.
“Benvenuto
nel vero paradiso, nel centro esatto dell’inferno”ghignò Vegeta.
Goku
era in balia delle mani dispettose del demone.
Non
capiva più niente, sentiva solo le mani di Vegeta scorrere sulla pelle del
bassoventre troppo lentamente.
E
più Goku pregava che aumentassero, più gli pareva andassero piano, quasi prendendosi
gioco di quel calore insopportabile.
Ma
se le mani di Vegeta lo facevano impazzire, la bocca lo mandava in estasi.
Mordeva
i capezzoli sul petto, il collo, le spalle, il labbro e le guance, ogni lembo
di pelle che trovava.
E
l’angelo si aggrappava spasmodicamente alle spalle del demone, graffiando,
gemendo, chiedendosi cosa ci potesse essere di sbagliato in un piacere tanto
grande, in quel nero tanto intenso che stava imparando a adorare.
Improvvisamente
il calore sparì, sentì un’enorme soddisfazione invaderlo e, ansimando, si
staccò dalle spalle di Vegeta.
Il
demone gli mostrò la mano, coperta da una sostanza biancastra.
Goku
la guardò incuriosito e, quando Vegeta gliel’accostò alle labbra, l’angelo la
leccò fino a che non sentì sotto la lingua il sapore della pelle del demone.
Non
ci fu tempo per ulteriori effusioni, poiché l’angelo fu spinto supino sul
letto.
Vegeta
non fece complimenti, si sistemò tra le gambe dell’angelo e lo penetrò.
E
il tempo passava, tra gemiti e ansimi, tra unghie che graffiavano e labbra che
mordevano, tra baci e mani che toccavano.
Infine
Goku raggiunse l’apice con un urlo e Vegeta lo seguì poco dopo, reclinando il
capo, incapace d’esprimere quel piacere che lo pervadeva.
L’angelo,
asante, non sapeva cosa sarebbe successo ora.
Vegeta,
dal canto suo, si alzò e rivestì con i suoi boxer, pantaloni aderenti neri,
stivaletti dello stesso colore e guanti bianchi.
“Ci
rivedremo”salutò semplicemente, sbattendo le grandi ali nere e volando via.
Goku,
sperduto, solo, cominciò a sentire il panico salirgli in corpo.
Invece
che risolvergli i dubbi, quell’amplesso ne aveva creati altri nella mente
dell’angelo.
Per
cominciare: dove si trovava?
L’angelo
ricordò che Vegeta aveva accennato ad un paradiso al centro dell’inferno.
Quindi
era in territorio nemico.
Però
il fiume era a pochi passi di lì, poteva sentirlo scorrere, perciò era
relativamente al sicuro.
Poi.
Cos’era
quella sensazione che aveva provato mentre Vegeta si muoveva in quel modo?
Un
piacere anormale, enorme, non gestibile.
Non
come durante una battaglia, o quando vinceva un duello, o quando i suoi
compaesani lo adulavano.
Un
piacere diverso, mai provato, proibito.
Stupendo.
Sbagliato
ma perfetto.
Sì.
Aveva
provato un piacere sbagliato e perfetto proprio per questo.
Bene,
prossima domanda.
Che
cosa provava per quel demone?
Affetto,
sicuramente.
Voleva
salvarlo dall’inferno.
Sicuramente.
Voleva
riaverlo lì nel letto.
Sicuramente.
Lo
amava.
Forse.
Non
lo sapeva.
Non
aveva mai provato quel sentimento, non sapeva come si manifestava.
Ma
non poteva amare un demone, questo sì, lo sapeva.
Quel
giorno, però, aveva già infranto tante di quelle regole che quel dettaglio non
gl’appariva importante come avrebbe dovuto.
Voleva
rivederlo.
Goku
si alzò e si rivestì.
Quando
uscì, con sua sorpresa, Vegeta era lì.
Ghignò.
“Te l’ho detto, che ci rivedevamo”il demone aveva
percepito il dubbio.
“Sesso”rispose,
altrettanto semplicemente, il demone.
“E
cos’è il sesso?”il moro si mise a sedere su una panchina, proprio sulla riva
del fiume.
“Serve
a far nascere i bambini, in genere”disse, vago.
Più
dubbi gli creava, meglio era.
Il
biondo si sedette, mentre un punto interrogativo rosso gli ornava il capo.
“Perché
in genere?”chiese dopo un po’.
“Solo
le donne possono avere bambini”disse il demone.
“Ma
perché voi demoni potete far nascere bambini e noi angeli no?”un ghigno
incorniciò il bel viso del demone.
“Perché
voi angeli non siete liberi, noi invece possiamo fare ciò che vogliamo”Goku si
grattò la testa, non capendoci molto.
“Noi
abbiamo delle regole perché senza non si può vivere”affermò, ma suonava di
bugia.
Ormai,
dopo averle infrante, le regole sembravano solo un catenaccio troppo stretto.
“Io
sono nato e cresciuto senza regole e come vedi sto benissimo”e con un gesto
teatrale indicò il proprio fisico scolpito dalle risse.
“Sì,
ma molti demoni soffrono la fame, il freddo, sono privati di tutto senza
motivo”Vegeta rise, rise di gusto, sentendo come per Goku i demoni fossero
bisognosi d’aiuto.
“Non
capisci niente Kakaroth”una parola che nel linguaggio demoniaco significava ingenuo.
“Io
mi chiamo Goku”s’imbronciò il biondo, non capendo il significato della parola.
“Ascolta,
angioletto: noi demoni non soffriamo la fame, né il freddo, né la povertà
perché se ci serve qualcosa la prendiamo e basta, senza chiedere, senza dare
nulla in cambio, il più debole o il più stupido muoiono, mentre il più forte o
il più astuto sopravvivono; queste sono le leggi dell’inferno e sono perfette
così”l’angelo strinse le ali bianche, quasi a volersi difendere da quelle
parole.
Non
capiva.
Davvero.
Gli
avevano sempre assicurato che i demoni soffrivano all’inferno, che lo odiavano,
che erano infelici perché lì non c’erano regole.
Invece
Vegeta non solo affermava di star benissimo all’inferno, di non volersene
andare per nulla al mondo, ma anche che il bello era proprio l’assenza di
regole.
A
chi credere?
Ai
suoi amici angeli, sempre perfetti, obbedienti e sorridenti o a quel demone che
in un giorno lo aveva reso un peccatore ma che, nell’inferno, ci viveva?
Il
biondo angelo non spiccava certo d’intelligenza, ma era ben ovvio che dovesse
credere al demone.
No,
cioè, era ovvio che avrebbe dovuto credere agli angeli ma che la ragione
l’avesse il demone.
Ecco,
sì, così aveva già più senso.
“Vuoi
dire che state bene lì?”mormorò, dopo un po’, Goku.
“Benissimo,
altro che il tuo stupido regno pieno di regole su regole”rispose, alzando le
spalle, Vegeta.
“Vegeta,
un’ultima cosa”
“Dimmi”lo
invitò il demone.
Percepiva
il dubbio, come se avesse un odore proprio, irresistibile per il moro.
Certo,
trasformare gli angeli era sempre stato un suo hobby, e c’era riuscito sempre
bene, ma mai in modo così immediato.
Prima
che nella mente degli ottusi esseri biondi, come li considerava Vegeta, si
formasse il dubbio ci volevano mesi, se non anni interi.
Invece
Kakaroth era decisamente diverso.
Gli
era bastato vederlo due volte, per insinuare il dubbio nella sua mente.
Se
voleva essere sincero – ma lui non voleva,poiché dire il falso era peccato e lui, se non si fosse notato, era un
demone – aveva fatto ben poco: il dubbio si era insinuato in Goku
automaticamente, come se il biondo fosse un demone mancato che aspettava solo
di diventare tale.
“La…la
valle del dubbio?”balbettò Goku, spaventato.
Quel
nome, ovviamente, non gli piaceva.
Lui
voleva rendere Vegeta un angelo, non farsi trasformare in un demone.
Ma
come chetare quell’animo?Sembrava impossibile.
Era
così ribelle, sprezzante, indomabile.
E
poi, si chiedeva l’angelo, sarebbe stato davvero giusto cambiare il moro per il
suo interesse?
Era
giusto privarlo del suo nero, del suo carattere che l’aveva fatto innamorare
– perché ora doveva ammetterlo, ali bianche, lui amava Vegeta – e
donargli un bianco ed un carattere mite e gentile?
No,
che non era giusto.
Ma
d’altro canto, era giusto farsi trasformare?Farsi privare del proprio bianco,
del proprio carattere bambinesco, di tutto quello che aveva, per lui?
Sì,
questo gli sembrava giusto, perché l’amava e stare con lui in maniera legale
era ciò che più voleva.
Però…
Se
avesse rinunciato a se stesso, Vegeta avrebbe continuato ad amarlo?
Ammesso
e non concesso che l’amasse, certo.
Anche
questo era un bel dubbio.
Cominciavano
a diventare irritanti.
“Sì,
caro angioletto, la valle del dubbio dove nulla è certo e tutto è indeciso”Goku
avrebbe voluto alzarsi in volo, con le sue belle ali candide, tornare a casa e
dimenticare tutto.
Ma
si sentiva pesante, stanco.
Era
a causa dei dubbi?
Non
lo sapeva.
Che
novità, pensò ironico, sembro non sapere più nulla da un po’.
“Io
non voglio diventare come te, non voglio rinunciare a ciò che sono”bisbigliò, e
si sentì un’egoista.
“Ma
chi vi mette queste idee, a voi biondini?”sbottò il moro.
“In
che senso?”Goku, ormai, gli insulti del demone li ignorava.
“Se
diventi un demone, mantieni il tuo carattere, solo che sei consapevole di poter
fare qualsiasi cosa: questo fa cambiare, ma il carattere altrimenti resterebbe
ciòche è sempre stato”l’angelo ormai
non capiva più nulla.
Gli
avevano insegnato che si cambiava radicalmente diventando demoni, invece Vegeta
diceva che…
Diceva
il contrario, come sempre.
Sembrava
inevitabile.
“Diventando
un angelo tutti i tuoi dubbi svaniscono, possiedi tutto quello di cui hai
bisogno e non lo devi rubare”il demone gli regalò un ghigno.
“E
allora che gusto c’è?”Goku rimase di sasso.
“Che
gusto c’è?”ripeté, non capendo.
“Che
gusto c’è a non avere dubbi?Se non hai dubbi non puoi fare niente di nuovo,
perché non ti poni il problema!Che gusto c’è ad avere tutto senza
meritarselo?Non migliori, se hai tutto su un piatto d’argento!”spiegò,
convinto, Vegeta.
“Tu…tu
stai solo cercando di cambiarmi!”era spaventato, Goku.
Vegeta
lo sapeva, e ghignava.
Bastava
ancora poco, e lo sapeva.
“No,
non io, stai facendo tutto da solo”Goku cominciava a convincersi che era il
paradiso, quello sbagliato.
Le piume bianche di Goku stavano diventando grigie ma, per
contrasto, anche quelle nere di Vegeta lo stavano diventando.
La
verità era che ogni secondo passato a parlare con l’angelo dava al moro un
senso di beatitudine che mai aveva provato.
Non
sentiva voglia di uccidere, rubare, né di compiere azioni malvagie anzi,
cominciava a sentire qualcosa di simile ai sensi di colpa per ciò che stava
facendo a Goku, al suo Kakaroth.
Il
demone si morse forte un labbro, rendendosi conto della trasformazione che
stava avvenendo in entrambi.
Per
fortuna era l’unico ad averla notata, tra i due.
Goku
sembrava non essersi accorto di nulla.
Ma,
d’altronde, così doveva essere.
La
trasformazione in demone non toglieva, dava.
Perciò
non s’avvertiva nulla.
Lui
invece l’aveva notato perché sentiva mancare quegli istinti.
Per
fortuna si era ripreso in tempo.
Prese
il viso di Goku tra le mani e, prima che esso potesse reagire o chiedere
spiegazioni, lo baciò.
Fu
un bacio violento e risoluto, perverso, lussurioso, senza dolcezza.
Un
bacio forzato, una festa a cui Goku non voleva partecipare, ma alla quale si
trovava al centro.
Le
ali dell’angelo cominciarono a diventar nere quando lui si unì a quella festa,
vi partecipò con estrema lussuria, percorrendo la schiena nuda del demone e
stringendogli le natiche in un impulso di cui non sapeva la provenienza.
I
capelli divennero neri di botto, e se gli occhi fossero stati aperti si sarebbe
notato che anche quelli prendevano il colore della notte.
Per
le ali era diverso, un processo più lungo.
Finché
c’era una sola piuma bianca, e Vegeta lo sapeva, la trasformazione non era del
tutto avvenuta.
Le
sue, al contrario, di piume erano tornate più nere che mai mentre infilava una
mano nei pantaloni di Goku.
Aveva
compiuto un’altra trasformazione – quasi, ma questo era un dettaglio – e non
esisteva colpa più grande.
E
lui adorava i peccati.
Infondo,
anzi nemmeno troppo, era un demone.
Goku
non s’accorgeva di nulla.
Si
sentiva come liberato da un enorme peso, ma non gli veniva in mente che peso
fosse.
Sapeva
solo d’avere Vegeta lì, di volerlo e sentiva di poterlo avere.
Questo,
dal canto suo, lasciò fare quello che tra breve sarebbe stato un demone.
Si
lasciò spogliare e a sua volta spogliò l’altro, mordendo la pelle e ricevendo
morsi, leccandone i segni e sentendo la lingua dell’altro.
S’immersero
nell’acqua, fino alla vita, e lì Vegeta lasciò che Goku sfogasse la sua
lussuria.
Si
fece prendere, possedere, in mezzo a quel fiume ed entrambi ne godettero.
Ormai
per Goku non c’era speranza, era un demone e la lussuria lo stava divorando.
Fece
suo il corpo di Vegeta molte volte in quel giorno che pareva eterno ed
altrettante volte fu posseduto, ma mai perse il piacere nel sentire la pelle
dell’altro o l’appagamento che gli dava l’orgasmo.
Ogni
giornata ha un termine, purtroppo per i due demoni ed anche quella finì.
Sole
e luna s’incontrarono, mentre i due erano rivestiti e volavano fianco a fianco.
Non
s’erano detti più nulla, ma ora non avevano bisogno di parole.
Il
neo-demone sentiva il bisogno di sapere se Vegeta sarebbe rimasto con lui, ma
non gli sembrava nemmeno così importante ora.
Chissà
quanti altri demoni, uomini e donne, avrebbe potuto avere.
E
stranamente l’idea lo fece ghignare, come sovente aveva visto fare l’altro.
Poi
il ghigno sparì e sorrise.
Era
libero d’amare Vegeta, ora.
“Ora
capisci, quando ti ho assicurato che è stupendo?”domandò il demone, atterrando
nel suo regno.
“Voglio
provare tutto”e Goku si stupì, non poco, di essere il solito curioso.
Nonostante
le rassicurazioni, pensava di aver perso per sempre se stesso.
“Posso
mostrartelo”annuì Vegeta”O puoi vederlo da te”ora che lo aveva, come fosse un
giocattolo, non lo desiderava più.
“Voglio
vederlo con te”sincero, come sempre.
“L’idea
non mi ‘spiace per nulla”ghignò l’altro.
“Resterai
con me?”la voce di Goku era inclinata dalla paura di perderlo.
“Sei
il mio gioco, Kakaroth, devo utilizzarti”il giocattolo prediletto, che resta
sempre tale nonostante le migliaia passate, presenti e future.
A
Goku non importava chi Vegeta avrebbe preso, perché sapeva di essere il suo
prediletto.
E
le piume s’annerirono ancora, mentre pensieri lussuriosi lo sfioravano.
E, sinceramente, non aveva alcuna voglia di
fermarli.
Una
serenità che solo creature angeliche possedevano.
Vegeta
non se n’era dispiaciuto.
Kakaroth
gli era piaciuto
perché era un angelo, ma uno diverso, che ragiona.
Goku
non aveva dimenticato la lezione e aveva ridimensionato notevolmente il suo
concetto di bene e di male.
Nonostante
tutti gli ostacoli, ogni giorno i due si vedevano nella valle del dubbio, e forse
erano proprio quegli ostacoli a spingerli a rischiare.
Sì
sa che l’amore, con i rischi, è più eccitante.
Vegeta
non divenne mai un angelo e nemmeno ci provò.
Goku
provò a imbronciarsi per un po’, ma non avrebbe ammesso mai che in realtà n’era
felice.
Sapeva
che il suo demone sarebbe morto, sotto il peso di regole e privazioni.
E
nemmeno lui, a dire il vero, poteva sopportare l’idea di un Vegeta mansueto e
gentile, rispettoso e cordiale.
Il
loro amore sarebbe andato perso, e tutte le punizioni del mondo per aver
infranto le regole non erano così terribili, in confronto a quella.
Vegeta,
dal canto suo, non aveva più provato a trasformare Goku.
Se
gliel’aveste chiesto – e non foste rimasti immediatamente uccisi – vi avrebbe
detto che mantenersi un compagno era troppo impegnativo.
Naturalmente,
anche quello era uno dei motivi, ma il principale era che l’angelo era tornato
in sé da solo.
E
il demone non se n’era dispiaciuto poi molto.
Gli
piaceva dover correre rischi, doversi giocare il tutto per tutto, e gli piaceva
Goku con le sue ali bianche e i suoi capelli biondi.
Senza
scordare gli occhi acquamarina, ovviamente.
Potremmo
dire che finì così, ma diremmo il falso.
Quello
fu solo l’inizio.
Perché
se la storia può dirsi ben terminata, non si può dire lo stesso per la realtà.
Vegeta
e Goku s’amarono per molti secoli, forse millenni, prima che fossero scoperti.
E
gli fu chiesto di rinnegare l’altro, se volevano sopravvivere.
Nessuno
dei due rinnegò ed entrambi furono uccisi.
Uno
dalla scure crudele di un boia nero, l’altro dalla spada magnanima – ma può
essere magnanima una condanna a morte? – di un angelo bianco.
Si
ritrovarono, i due amanti, in un luogo di cui nessuno era a conoscenza.
Un
luogo con pioggia e con sole alternativamente, un luogo a volte perfetto a
volte terribile, un luogo inesplorato solo per loro.
Loro
non lo sapevano, ma lì finivano angeli e demoni che avevano osato amarsi.
Quando
lo scoprirono, non si stupirono che fosse deserto.
Nessuno
prima di loro aveva osato tanto, e nessuno dei due che mi crediate o no se ne
pentiva.
Lì
vissero per sempre, e sì, felici e contenti.
Ma suppongo che questa sia un’altra storia, che
forse un giorno conoscerete, o forse no.
Per ora vi basti sapere Goku addormentato tra le
braccia del suo demone, il quale lo accarezza in un gesto che non si
permetterebbe mai durante la veglia dell’angelo.