Altair Zero di Clive Danbrough (/viewuser.php?uid=82969)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un brusco risveglio ***
Capitolo 2: *** La ferocia dell'Aquila ***
Capitolo 3: *** Le parole di Al Mualim ***
Capitolo 4: *** Il bersaglio ***
Capitolo 5: *** Il dolore di Ada ***
Capitolo 6: *** Le informazioni del rafiq ***
Capitolo 1 *** Un brusco risveglio ***
Altaïr
aprì gli occhi. Fissando la volta spoglia
del soffitto sopra di sé, si concentrò sul rumore
che lo aveva svegliato. Era
un suono flebile, che solamente un orecchio dall’udito
estremamente fine come
il suo, forgiato dall’esperienza di molti anni al servizio
degli Assassini,
poteva percepire. Il rumore si avvicinava, e Altaïr si
alzò, avvicinandosi alla
porta di legno. Si trattava di passi felpati, di piedi abituati a
muoversi di
soppiatto... proprio come quelli di un Assassino.
«Ora
inconsueta per le visite» mormorò Altaïr
a
bassa voce.
Era
mezzanotte passata, ed era estate. Lungo il
corridoio che il misterioso visitatore stava percorrendo
silenziosamente, non
c’erano altre porte fuorché quella della sua
camera. Chiunque egli fosse, era
lì per lui. In pochi secondi, la mente di Altaïr
era passata dal sonno profondo
a uno stato di concentrazione estrema. Benché fossero infime
le probabilità che
un intruso si fosse introdotto nel castello di Masyaf eludendo la
sorveglianza
delle vedette, l’esperienza gli aveva insegnato che non si
può mai dare nulla
per scontato.
L’inatteso
ospite si trovava ora dinanzi alla
soglia della sua dimora. Solo un sottile uscio di legno li separava, e
Altaïr
si era già stancato di giocare con quella preda che si
credeva un predatore.
In
un attimo, afferrò la maniglia e spalancò
l’anta, mentre una micidiale lama nascosta sbucava dalla sua
mano. Avrebbe
travolto ed eliminato l’uomo, se non si fosse tempestivamente
accorto che si
trattava di Malik, il fratello che più di tutti gli altri
considerava un buono
a nulla.
«Pace,
Altaïr!» gridò questi, sorpreso e
sconvolto dalla fulminea e imprevedibile reazione del Priore.
«Malik!
Che cosa ti spinge a rischiare la vita
cercando di cogliermi di sorpresa di notte?»
domandò Altaïr, sprezzante.
«Non
intendevo disturbare il tuo sonno, ma
notizie importanti sono giunte dalla Terra Santa».
«Parla,
dunque. E sii essenziale».
«Il
re d’Inghilterra, al comando della sua orda
di infedeli, ha espugnato la città di Acri. Ciò
significa una sola cosa».
Altaïr
inspirò a fondo. Non ebbe bisogno che il
confratello terminasse il discorso perché intuisse
quant’altro avesse da
riferirgli.
«È
iniziata la Terza Crociata.
Presto Salah
al-Din e il re cristiano, con i loro eserciti, insanguineranno le
pianure della
Terra Santa» pronunciò lentamente
l’Assassino, rivolto più a sé stesso
che a
Malik.
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Capitolo 2 *** La ferocia dell'Aquila ***
Malik
scrutò il volto rabbuiato del Priore. Era
abituato, ogniqualvolta si trovava al suo cospetto, a sentirsi
inferiore:
Altaïr sprigionava un’aura di manifesta
superiorità, di surreale indifferenza,
di forza tangibile che ogni Assassino ambiva a eguagliare. Con scarso
successo,
tuttavia. Quanto invidiava quell’uomo! Benché
fosse anch’egli un esperto
Assassino, Malik sapeva perfettamente in cuor suo di non possedere
nemmeno un
decimo del portentoso talento del pupillo di Al Mualim.
«Mi
hai dunque svegliato nel cuore della notte
per questo? Non potevi attendere le luci
dell’alba?» domandò Altaïr,
visibilmente innervosito.
«Certo
che no, poiché l’ordine di informarti mi
è
stato affidato direttamente dal maestro! Egli desidera parlarti,
adesso!»
Altaïr
alzò lo sguardo. Per la prima volta, sulle
sue labbra si dipinse la lieve ombra di un sorriso.
«E
così il maestro ora ti utilizza come
galoppino. Bene, finalmente un impiego all’altezza delle tue
capacità. La
fratellanza ne trarrà certamente maggior beneficio che dalle
tue abilità di Assassino»
mormorò Altaïr, a voce sufficientemente alta
perché Malik afferrasse ogni
sillaba.
Malik,
visibilmente offeso, tacque. Comprendeva
il motivo di tanta ostilità nei suoi confronti.
L’ultimo incarico che gli era
stato affidato, disgraziatamente, si era concluso con un grave
fallimento.
Nonostante la colpa della disfatta non fosse stata interamente sua, la
responsabilità della missione gravava su di lui, e
ciò lo rendeva colpevole.
«So
che mi disprezzi, Altaïr. Disprezzi la mia
devozione al Credo, ma sono fermo nella mia convinzione che questo non
faccia
di me un debole. Io sono fedele alla fratellanza, non al sangue.
Tienilo a
mente» rispose Malik, mentre Altaïr, con passo lento
ma deciso, si allontanava
dal corridoio.
Il
silenzio continuò a regnare sovrano. L’Aquila
in Volo di Masyaf non aveva ritenuto il suo interlocutore degno di
risposta.
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Capitolo 3 *** Le parole di Al Mualim ***
Percorrendo
i tetri passaggi e contemplando le
sacre mura del rifugio degli Assassini, Altaïr uscì
infine all’aperto,
soffermandosi un istante ad assaporare la rinfrescante brezza notturna.
Dinanzi
a lui si stagliava, inquietante e
imponente, il grande maniero di Masyaf, che ospitava al suo interno
centinaia
di validi e letali Assassini, ognuno dei quali fermamente determinato a
obbedire
alle disposizione del maestro Al Mualim.
I
cancelli di Masyaf erano aperti, e ciò
confermava le parole di Malik: il maestro lo attendeva. Senza indugi,
Altaïr
varcò la soglia e penetrò nella sala.
L’antichissima biblioteca in cui si ritrovò
era lo studio di Al Mualim, un reliquiario di conoscenze alla cui
preservazione
il suo saggio precettore aveva dedicato l’intera esistenza.
Una scalinata in
marmo conduceva al piano sopraelevato, dove con tutta
probabilità avrebbe
incontrato il suo anfitrione.
Balzato
sui gradini, li salì rapidamente e si
trovò al cospetto di un vecchio uomo vestito di nero, dalla
familiare barba
grigia e privo di un occhio. Gli volgeva le spalle, e fissava il
paesaggio
notturno da una finestra che dava sulla valle sottostante.
«Sono
qui, maestro» sussurrò Altaïr,
benché sapesse
per certo che Al Mualim si era accorto del suo arrivo.
«Ben
arrivato, figliolo. Come Malik ti avrà già
riferito, nuovi nemici insidiano il nostro cammino»
parlò il maestro, con
quella voce che aveva insegnato ad Altaïr tutto ciò
che sapeva.
«Almeno
in questo semplice compito, Malik ha
avuto successo».
«Non
essere tanto arrogante nei suoi confronti. Egli
ha qualità che non riconosci perché rifiuti di
vederle».
«Avete
ragione. Perdonatemi».
Al
Mualim fissò il suo discepolo. Le ultime
parole da lui proferite erano prive di qualunque significato per
Altaïr, e non
erano state udite da quell’orecchio capace di distinguere il
battito d’ali di un’aquila
da quello di una rondine. Si rassegnò e lasciò
cadere l’argomento, per
iniziarne uno assai più importante.
«Riccardo
I d’Inghilterra, detto Cuordileone, è
un grande condottiero e la sua devozione alla fede cristiana
è all’altezza
delle aspettative del Papa di Roma. Egli è ferocemente
determinato a restituire
Gerusalemme alla cristianità. Tuttavia, ha fama di essere
uomo leale e animato
da principi degni di onore».
«Dite
solo una parola e il ferro della mia lama
trapasserà il suo corpo».
«Non
è questo ciò che ti chiedo. Non ancora,
perlomeno.
Io non condanno le motivazioni che spingono quest’uomo alla
guerra. È un
sovrano cristiano, e si attiene a un rigido codice di cavalleria che
molti suoi
pari conoscono solamente di nome. In un’epoca come la nostra,
è un’autentica
rarità».
«Che
cosa volete che faccia, dunque?»
«Per
combattere un nemico, bisogna innanzitutto
conoscerlo. Acri è divenuta un cumulo di rovine dopo il
passaggio dei crociati,
e penetrarvi richiederà molta scaltrezza».
«Di
questa dote non difetto, e lo sapete».
«Ah,
naturalmente. Sono purtroppo altre le doti
che ti mancano, e che ti renderebbero un Assassino ancora
migliore».
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Capitolo 4 *** Il bersaglio ***
Altaïr
tacque. Non per mancanza di parole, né per
rispetto verso Al Mualim. Il suo silenzio era motivato unicamente dal
desiderio
di non compromettere la propria riverita posizione
all’interno della
fratellanza. Benché sapesse perfettamente di essere il
miglior Assassino di
Masyaf, Al Mualim era grande e saggio, e non avrebbe esitato a
toglierlo di
mezzo se la sua condotta si fosse rivelata disdicevole.
«In
che cosa consiste il mio compito, maestro?»
«Dovrai
recarti ad Acri e trovare un uomo. Questa
non è una missione di sangue, ma di ombra».
«Intendete
dire che non dovrò far nient’altro che
catturare il mio bersaglio? Come Priore, le mie mansioni includono
soltanto le
più ardue missioni di assassinio. Catturare e interrogare
uomini vicini al
nemico è un’incombenza che spetta ad Assassini di
rango inferiore» disse Altaïr,
profondamente risentito.
«Credi
che non lo sappia, ragazzo? Non intuisci
da solo che, se ho deciso di affidare a te questo compito, significa
che una normale
spia non è all’altezza di tale dovere?»
«Comprendo.
Perdonate la mia arroganza» disse
Altaïr, mentre il risentimento continuava a ribollire nel suo
animo.
«Bene.
Ad Acri dovrai metterti sulle tracce di Norberto
di Cornovaglia, consigliere personale di re Riccardo e comandante della
sua
guardia personale. Ci sono pochi uomini più vicini di lui al
re d’Inghilterra. Trovarlo
e catturarlo ci fornirà uno scrigno di preziosissime
informazioni su questo possibile
nemico. Vai ad Acri e ascolta le parole del rafiq,
che ha raccolto per
te tutto ciò che le nostre spie hanno potuto racimolare sul
suo conto».
«Farò
quanto chiedete».
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Capitolo 5 *** Il dolore di Ada ***
L’indomani
mattina...
«Altaïr!»
L’Assassino,
udendo il proprio nome, dapprima
preferì non voltarsi. Aveva riconosciuto immediatamente
quella voce e, malgrado
il suo udito così fine, fece finta di non aver udito
alcunché. Procedette verso
la barricata in legno che costituiva il cancello del villaggio di
Masyaf con
quell’incedere altezzoso che lo contraddistingueva.
«Altaïr!»
ripeté la voce.
Di
fronte a quest’ulteriore richiamo, persino il
suo cuore freddo e distante si riscaldò, seppur
momentaneamente, con una scintilla
di umanità. Lentamente, volse il capo.
Dinanzi
ai suoi occhi profondi e cupi, si
stagliava l’esile figura di una fanciulla dai lineamenti
aggraziati, dalla
carnagione ambrata e dalla chioma fluente e dorata come il grano
maturo. Altaïr
era più alto e possente, ma la fanciulla non pareva turbata
a causa
dell’aspetto minaccioso e, soprattutto, della fama che
precedeva il suo
interlocutore.
«Che
cosa vuoi, Ada?» domandò Altaïr,
sprezzante.
Quelle
parole trafissero la donna più
dolorosamente di quanto avrebbe mai potuto fare una lama nascosta.
«Non
puoi continuare a fare finta di nulla!»
«Non
capisco a che cosa alludi. Mi aspettano
mansioni più urgenti delle tue chiacchiere».
«Come
puoi essere tanto crudele?» esclamò Ada,
ormai con gli occhi ricolmi di lacrime.
«Ricordati
chi sono» rispose Altaïr. «I
sentimenti che vorresti che mi dominassero, come nei poemi degli
antichi
cantori arabi, appartengono al passato. L’amore in me
è morto il giorno in cui
ho indossato questa cappa bianca, la pietà il giorno in cui
uccisi il primo
uomo, la gentilezza il giorno che percossi un mendicante
perché ostacolava la
mia missione».
«Eppure
un barlume di umanità deve essere
sopravvissuto al massacro che tu stesso hai compiuto dentro di
te!»
«Io
non lascio mai superstiti».
A
quel punto, Ada afferrò la mano di Altaïr e la
appoggiò di forza sul proprio grembo. Era un gesto che
avrebbe potuto costarle
la vita, ma il dolore della morte non l’avrebbe mai
spaventata quanto il dolore
di perdere l’uomo che tanto amava.
«Lo
senti? Stai toccando tuo figlio! La creatura
che sta crescendo dentro di me è tua e mia!
Perché la rifiuti?»
Altaïr
ritrasse bruscamente la mano, ripugnato.
«Ti
prego, Altaïr!» implorò Ada, piangendo.
«Non
lasciare che nostro figlio patisca il tuo stesso destino! Non voglio
che anche
lui diventi uno dei troppi Figli di Nessuno che Al Mualim alleva e
trasforma in
macchine di morte!»
Prima
che concludesse la frase, una rude stretta
cinse il collo di Ada e una gelida lama ne tagliò la sottile
pelle. Un rivolo
di sangue cominciò a sgorgare dalla ferita, inzuppando le
vesti candide della
donna.
«Se
desideri vivere abbastanza a lungo da mettere
al mondo il tuo bastardo, ti consiglio di non importunarmi mai
più. Mi hai
capito?»
Ritraendo
la lama, Altaïr oltrepassò la soglia di
Masyaf e montò a cavallo, spronandolo al galoppo. Quando fu
lontano e
invisibile, Ada infine si accasciò a terra, coprendosi il
volto con le mani
bagnate di sangue e pianto.
Grazie
a tutti per i commenti, mi avete
reso davvero felice! Sono contento che la storia vi piaccia e vi prego
di
continuare a commentare. Aggiornerò ogni volta che posso,
perché ho scoperto di
essere particolarmente ispirato quando scrivo questa fanfic. Per
questo,
controllate spesso gli aggiornamenti! Un abbraccio a tutti e tutte! J
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Capitolo 6 *** Le informazioni del rafiq ***
Due
giorni dopo…
Altaïr
sollevò lo sguardo. I corvi che volavano a
decine di metri di altezza descrivevano ampi cerchi attorno al torrione
diroccato delle mura di Acri. L’odore del sangue li aveva
attirati fin lì, e
solo la folta presenza di uomini in marcia impediva loro di planare e
cibarsi
dei cadaveri che costeggiavano il sentiero.
Avanzando
lentamente al centro di un gruppetto di
monaci diretti alla Cattedrale della Santa Croce, Altaïr
varcò l’imponente
cancello annerito della città, che da poco tempo era stata
brutalmente
espugnata dai Crociati.
Infiltratosi
ad Acri, si allontanò dai monaci e
prese a correre verso la Dimora
degli Assassini, la cui ubicazione era nota solamente ai confratelli di
rango
più elevato. Raggiunta l’abitazione,
camminò cauto sino alla scala che
conduceva al tetto e vi salì, assicurandosi di non essere
seguito.
Una
volta all’interno, il dolce aroma dell’incenso
pervase le sue narici. Altaïr amava quell’odore, che
gli permise di avvicinarsi
al rafik in possesso di un’insolita
benevolenza.
«Altaïr!»
esclamò sorpreso il vecchio rafiq
di Acri.
«Salute
e pace, rafiq».
«Che
cosa ti conduce di persona in questa terra
martoriata?»
«La
preoccupazione del Maestro. Al Mualim teme il
nuovo nemico giunto dalle Terre Cristiane, e perciò desidera
approfondirne la
conoscenza. Mi ha incaricato di rapire Norberto di Cornovaglia,
consigliere di
Riccardo d’Inghilterra, e di portarlo al suo cospetto. Che
cosa puoi dirmi di
lui?»
«Il
Maestro deve essere profondamente turbato,
per prendere una simile decisione. Egli è uno dei
più potenti vassalli al
servizio di re Riccardo, e catturarlo non sarà per nulla
cosa semplice. Spero
che quanto sto per dirti possa esserti d’aiuto per la
difficile mansione che ti
attende: Norberto risiede nella cittadella dei crociati al centro della
città,
e ne esce solamente per recarsi alla cattedrale durante le funzioni
religiose. È
un uomo assai devoto, tanto che molti dei suoi lo chiamano Norberto il
Buono».
«E
tutti gli altri che idea hanno di lui?»
«Qui
cominciano le stranezze. Benché una parte
dei soldati lo veneri come uomo giusto e cavaliere ideale, molti altri
lo
disprezzano alla stregua di un sodomita. Si mormora che Guglielmo del
Monferrato,
nominato di recente reggente di Acri, lo voglia addirittura morto.
Credo che
questa sia una delle ragioni per cui Norberto abbandoni la fortezza
così di
rado».
«Che
cos’altro sei venuto a sapere?»
«Presto
si terrà un banchetto nella cittadella
per festeggiare la presa di Acri. Re Riccardo, tuttavia, non
è incline alla
baldoria e si ritirerà prima del termine. Tutti i soldati
della scorta lo
seguiranno, e la sala del banchetto resterà priva di
sorveglianti. A mio
giudizio, quello sarebbe il momento migliore per colpire».
«Non
sta a te decidere come devo svolgere il mio
lavoro».
«Perdonami,
Altaïr. Hai ragione, dopotutto non è
sulle mie spalle che grava quest’incombenza».
«Credo
di aver appreso quanto basta. Foraggia due
cavalli e fa’ in modo che siano pronti per quando ne
avrò bisogno».
«Come
desideri. Spero che la fortuna ti arrida».
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