Altair Zero

di Clive Danbrough
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un brusco risveglio ***
Capitolo 2: *** La ferocia dell'Aquila ***
Capitolo 3: *** Le parole di Al Mualim ***
Capitolo 4: *** Il bersaglio ***
Capitolo 5: *** Il dolore di Ada ***
Capitolo 6: *** Le informazioni del rafiq ***



Capitolo 1
*** Un brusco risveglio ***


Altaïr aprì gli occhi. Fissando la volta spoglia del soffitto sopra di sé, si concentrò sul rumore che lo aveva svegliato. Era un suono flebile, che solamente un orecchio dall’udito estremamente fine come il suo, forgiato dall’esperienza di molti anni al servizio degli Assassini, poteva percepire. Il rumore si avvicinava, e Altaïr si alzò, avvicinandosi alla porta di legno. Si trattava di passi felpati, di piedi abituati a muoversi di soppiatto... proprio come quelli di un Assassino.

«Ora inconsueta per le visite» mormorò Altaïr a bassa voce.

Era mezzanotte passata, ed era estate. Lungo il corridoio che il misterioso visitatore stava percorrendo silenziosamente, non c’erano altre porte fuorché quella della sua camera. Chiunque egli fosse, era lì per lui. In pochi secondi, la mente di Altaïr era passata dal sonno profondo a uno stato di concentrazione estrema. Benché fossero infime le probabilità che un intruso si fosse introdotto nel castello di Masyaf eludendo la sorveglianza delle vedette, l’esperienza gli aveva insegnato che non si può mai dare nulla per scontato.

L’inatteso ospite si trovava ora dinanzi alla soglia della sua dimora. Solo un sottile uscio di legno li separava, e Altaïr si era già stancato di giocare con quella preda che si credeva un predatore.

In un attimo, afferrò la maniglia e spalancò l’anta, mentre una micidiale lama nascosta sbucava dalla sua mano. Avrebbe travolto ed eliminato l’uomo, se non si fosse tempestivamente accorto che si trattava di Malik, il fratello che più di tutti gli altri considerava un buono a nulla.

«Pace, Altaïr!» gridò questi, sorpreso e sconvolto dalla fulminea e imprevedibile reazione del Priore.

«Malik! Che cosa ti spinge a rischiare la vita cercando di cogliermi di sorpresa di notte?» domandò Altaïr, sprezzante.

«Non intendevo disturbare il tuo sonno, ma notizie importanti sono giunte dalla Terra Santa».

«Parla, dunque. E sii essenziale».

«Il re d’Inghilterra, al comando della sua orda di infedeli, ha espugnato la città di Acri. Ciò significa una sola cosa».

Altaïr inspirò a fondo. Non ebbe bisogno che il confratello terminasse il discorso perché intuisse quant’altro avesse da riferirgli.

«È iniziata la Terza Crociata. Presto Salah al-Din e il re cristiano, con i loro eserciti, insanguineranno le pianure della Terra Santa» pronunciò lentamente l’Assassino, rivolto più a sé stesso che a Malik.

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Capitolo 2
*** La ferocia dell'Aquila ***


Malik scrutò il volto rabbuiato del Priore. Era abituato, ogniqualvolta si trovava al suo cospetto, a sentirsi inferiore: Altaïr sprigionava un’aura di manifesta superiorità, di surreale indifferenza, di forza tangibile che ogni Assassino ambiva a eguagliare. Con scarso successo, tuttavia. Quanto invidiava quell’uomo! Benché fosse anch’egli un esperto Assassino, Malik sapeva perfettamente in cuor suo di non possedere nemmeno un decimo del portentoso talento del pupillo di Al Mualim.

«Mi hai dunque svegliato nel cuore della notte per questo? Non potevi attendere le luci dell’alba?» domandò Altaïr, visibilmente innervosito.

«Certo che no, poiché l’ordine di informarti mi è stato affidato direttamente dal maestro! Egli desidera parlarti, adesso!»

Altaïr alzò lo sguardo. Per la prima volta, sulle sue labbra si dipinse la lieve ombra di un sorriso.

«E così il maestro ora ti utilizza come galoppino. Bene, finalmente un impiego all’altezza delle tue capacità. La fratellanza ne trarrà certamente maggior beneficio che dalle tue abilità di Assassino» mormorò Altaïr, a voce sufficientemente alta perché Malik afferrasse ogni sillaba.

Malik, visibilmente offeso, tacque. Comprendeva il motivo di tanta ostilità nei suoi confronti. L’ultimo incarico che gli era stato affidato, disgraziatamente, si era concluso con un grave fallimento. Nonostante la colpa della disfatta non fosse stata interamente sua, la responsabilità della missione gravava su di lui, e ciò lo rendeva colpevole.

«So che mi disprezzi, Altaïr. Disprezzi la mia devozione al Credo, ma sono fermo nella mia convinzione che questo non faccia di me un debole. Io sono fedele alla fratellanza, non al sangue. Tienilo a mente» rispose Malik, mentre Altaïr, con passo lento ma deciso, si allontanava dal corridoio.

Il silenzio continuò a regnare sovrano. L’Aquila in Volo di Masyaf non aveva ritenuto il suo interlocutore degno di risposta.

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Capitolo 3
*** Le parole di Al Mualim ***


Percorrendo i tetri passaggi e contemplando le sacre mura del rifugio degli Assassini, Altaïr uscì infine all’aperto, soffermandosi un istante ad assaporare la rinfrescante brezza notturna.

Dinanzi a lui si stagliava, inquietante e imponente, il grande maniero di Masyaf, che ospitava al suo interno centinaia di validi e letali Assassini, ognuno dei quali fermamente determinato a obbedire alle disposizione del maestro Al Mualim.

I cancelli di Masyaf erano aperti, e ciò confermava le parole di Malik: il maestro lo attendeva. Senza indugi, Altaïr varcò la soglia e penetrò nella sala. L’antichissima biblioteca in cui si ritrovò era lo studio di Al Mualim, un reliquiario di conoscenze alla cui preservazione il suo saggio precettore aveva dedicato l’intera esistenza. Una scalinata in marmo conduceva al piano sopraelevato, dove con tutta probabilità avrebbe incontrato il suo anfitrione.

Balzato sui gradini, li salì rapidamente e si trovò al cospetto di un vecchio uomo vestito di nero, dalla familiare barba grigia e privo di un occhio. Gli volgeva le spalle, e fissava il paesaggio notturno da una finestra che dava sulla valle sottostante.

«Sono qui, maestro» sussurrò Altaïr, benché sapesse per certo che Al Mualim si era accorto del suo arrivo.

«Ben arrivato, figliolo. Come Malik ti avrà già riferito, nuovi nemici insidiano il nostro cammino» parlò il maestro, con quella voce che aveva insegnato ad Altaïr tutto ciò che sapeva.

«Almeno in questo semplice compito, Malik ha avuto successo».

«Non essere tanto arrogante nei suoi confronti. Egli ha qualità che non riconosci perché rifiuti di vederle».

«Avete ragione. Perdonatemi».

Al Mualim fissò il suo discepolo. Le ultime parole da lui proferite erano prive di qualunque significato per Altaïr, e non erano state udite da quell’orecchio capace di distinguere il battito d’ali di un’aquila da quello di una rondine. Si rassegnò e lasciò cadere l’argomento, per iniziarne uno assai più importante.

«Riccardo I d’Inghilterra, detto Cuordileone, è un grande condottiero e la sua devozione alla fede cristiana è all’altezza delle aspettative del Papa di Roma. Egli è ferocemente determinato a restituire Gerusalemme alla cristianità. Tuttavia, ha fama di essere uomo leale e animato da principi degni di onore».

«Dite solo una parola e il ferro della mia lama trapasserà il suo corpo».

«Non è questo ciò che ti chiedo. Non ancora, perlomeno. Io non condanno le motivazioni che spingono quest’uomo alla guerra. È un sovrano cristiano, e si attiene a un rigido codice di cavalleria che molti suoi pari conoscono solamente di nome. In un’epoca come la nostra, è un’autentica rarità».

«Che cosa volete che faccia, dunque?»

«Per combattere un nemico, bisogna innanzitutto conoscerlo. Acri è divenuta un cumulo di rovine dopo il passaggio dei crociati, e penetrarvi richiederà molta scaltrezza».

«Di questa dote non difetto, e lo sapete».

«Ah, naturalmente. Sono purtroppo altre le doti che ti mancano, e che ti renderebbero un Assassino ancora migliore».

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Capitolo 4
*** Il bersaglio ***


Altaïr tacque. Non per mancanza di parole, né per rispetto verso Al Mualim. Il suo silenzio era motivato unicamente dal desiderio di non compromettere la propria riverita posizione all’interno della fratellanza. Benché sapesse perfettamente di essere il miglior Assassino di Masyaf, Al Mualim era grande e saggio, e non avrebbe esitato a toglierlo di mezzo se la sua condotta si fosse rivelata disdicevole.

«In che cosa consiste il mio compito, maestro?»

«Dovrai recarti ad Acri e trovare un uomo. Questa non è una missione di sangue, ma di ombra».

«Intendete dire che non dovrò far nient’altro che catturare il mio bersaglio? Come Priore, le mie mansioni includono soltanto le più ardue missioni di assassinio. Catturare e interrogare uomini vicini al nemico è un’incombenza che spetta ad Assassini di rango inferiore» disse Altaïr, profondamente risentito.

«Credi che non lo sappia, ragazzo? Non intuisci da solo che, se ho deciso di affidare a te questo compito, significa che una normale spia non è all’altezza di tale dovere?»

«Comprendo. Perdonate la mia arroganza» disse Altaïr, mentre il risentimento continuava a ribollire nel suo animo.

«Bene. Ad Acri dovrai metterti sulle tracce di Norberto di Cornovaglia, consigliere personale di re Riccardo e comandante della sua guardia personale. Ci sono pochi uomini più vicini di lui al re d’Inghilterra. Trovarlo e catturarlo ci fornirà uno scrigno di preziosissime informazioni su questo possibile nemico. Vai ad Acri e ascolta le parole del rafiq, che ha raccolto per te tutto ciò che le nostre spie hanno potuto racimolare sul suo conto».

«Farò quanto chiedete».

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Capitolo 5
*** Il dolore di Ada ***


L’indomani mattina...

«Altaïr!»

L’Assassino, udendo il proprio nome, dapprima preferì non voltarsi. Aveva riconosciuto immediatamente quella voce e, malgrado il suo udito così fine, fece finta di non aver udito alcunché. Procedette verso la barricata in legno che costituiva il cancello del villaggio di Masyaf con quell’incedere altezzoso che lo contraddistingueva.

«Altaïr!» ripeté la voce.

Di fronte a quest’ulteriore richiamo, persino il suo cuore freddo e distante si riscaldò, seppur momentaneamente, con una scintilla di umanità. Lentamente, volse il capo.

Dinanzi ai suoi occhi profondi e cupi, si stagliava l’esile figura di una fanciulla dai lineamenti aggraziati, dalla carnagione ambrata e dalla chioma fluente e dorata come il grano maturo. Altaïr era più alto e possente, ma la fanciulla non pareva turbata a causa dell’aspetto minaccioso e, soprattutto, della fama che precedeva il suo interlocutore.

«Che cosa vuoi, Ada?» domandò Altaïr, sprezzante.

Quelle parole trafissero la donna più dolorosamente di quanto avrebbe mai potuto fare una lama nascosta.

«Non puoi continuare a fare finta di nulla!»

«Non capisco a che cosa alludi. Mi aspettano mansioni più urgenti delle tue chiacchiere».

«Come puoi essere tanto crudele?» esclamò Ada, ormai con gli occhi ricolmi di lacrime.

«Ricordati chi sono» rispose Altaïr. «I sentimenti che vorresti che mi dominassero, come nei poemi degli antichi cantori arabi, appartengono al passato. L’amore in me è morto il giorno in cui ho indossato questa cappa bianca, la pietà il giorno in cui uccisi il primo uomo, la gentilezza il giorno che percossi un mendicante perché ostacolava la mia missione».

«Eppure un barlume di umanità deve essere sopravvissuto al massacro che tu stesso hai compiuto dentro di te!»

«Io non lascio mai superstiti».

A quel punto, Ada afferrò la mano di Altaïr e la appoggiò di forza sul proprio grembo. Era un gesto che avrebbe potuto costarle la vita, ma il dolore della morte non l’avrebbe mai spaventata quanto il dolore di perdere l’uomo che tanto amava.

«Lo senti? Stai toccando tuo figlio! La creatura che sta crescendo dentro di me è tua e mia! Perché la rifiuti?»

Altaïr ritrasse bruscamente la mano, ripugnato.

«Ti prego, Altaïr!» implorò Ada, piangendo. «Non lasciare che nostro figlio patisca il tuo stesso destino! Non voglio che anche lui diventi uno dei troppi Figli di Nessuno che Al Mualim alleva e trasforma in macchine di morte!»

Prima che concludesse la frase, una rude stretta cinse il collo di Ada e una gelida lama ne tagliò la sottile pelle. Un rivolo di sangue cominciò a sgorgare dalla ferita, inzuppando le vesti candide della donna.

«Se desideri vivere abbastanza a lungo da mettere al mondo il tuo bastardo, ti consiglio di non importunarmi mai più. Mi hai capito?»

Ritraendo la lama, Altaïr oltrepassò la soglia di Masyaf e montò a cavallo, spronandolo al galoppo. Quando fu lontano e invisibile, Ada infine si accasciò a terra, coprendosi il volto con le mani bagnate di sangue e pianto.

 

 

Grazie a tutti per i commenti, mi avete reso davvero felice! Sono contento che la storia vi piaccia e vi prego di continuare a commentare. Aggiornerò ogni volta che posso, perché ho scoperto di essere particolarmente ispirato quando scrivo questa fanfic. Per questo, controllate spesso gli aggiornamenti! Un abbraccio a tutti e tutte! J

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Capitolo 6
*** Le informazioni del rafiq ***


Due giorni dopo…

Altaïr sollevò lo sguardo. I corvi che volavano a decine di metri di altezza descrivevano ampi cerchi attorno al torrione diroccato delle mura di Acri. L’odore del sangue li aveva attirati fin lì, e solo la folta presenza di uomini in marcia impediva loro di planare e cibarsi dei cadaveri che costeggiavano il sentiero.

Avanzando lentamente al centro di un gruppetto di monaci diretti alla Cattedrale della Santa Croce, Altaïr varcò l’imponente cancello annerito della città, che da poco tempo era stata brutalmente espugnata dai Crociati.

Infiltratosi ad Acri, si allontanò dai monaci e prese a correre verso la Dimora degli Assassini, la cui ubicazione era nota solamente ai confratelli di rango più elevato. Raggiunta l’abitazione, camminò cauto sino alla scala che conduceva al tetto e vi salì, assicurandosi di non essere seguito.

Una volta all’interno, il dolce aroma dell’incenso pervase le sue narici. Altaïr amava quell’odore, che gli permise di avvicinarsi al rafik in possesso di un’insolita benevolenza.

«Altaïr!» esclamò sorpreso il vecchio rafiq di Acri.

«Salute e pace, rafiq».

«Che cosa ti conduce di persona in questa terra martoriata?»

«La preoccupazione del Maestro. Al Mualim teme il nuovo nemico giunto dalle Terre Cristiane, e perciò desidera approfondirne la conoscenza. Mi ha incaricato di rapire Norberto di Cornovaglia, consigliere di Riccardo d’Inghilterra, e di portarlo al suo cospetto. Che cosa puoi dirmi di lui?»

«Il Maestro deve essere profondamente turbato, per prendere una simile decisione. Egli è uno dei più potenti vassalli al servizio di re Riccardo, e catturarlo non sarà per nulla cosa semplice. Spero che quanto sto per dirti possa esserti d’aiuto per la difficile mansione che ti attende: Norberto risiede nella cittadella dei crociati al centro della città, e ne esce solamente per recarsi alla cattedrale durante le funzioni religiose. È un uomo assai devoto, tanto che molti dei suoi lo chiamano Norberto il Buono».

«E tutti gli altri che idea hanno di lui?»

«Qui cominciano le stranezze. Benché una parte dei soldati lo veneri come uomo giusto e cavaliere ideale, molti altri lo disprezzano alla stregua di un sodomita. Si mormora che Guglielmo del Monferrato, nominato di recente reggente di Acri, lo voglia addirittura morto. Credo che questa sia una delle ragioni per cui Norberto abbandoni la fortezza così di rado».

«Che cos’altro sei venuto a sapere?»

«Presto si terrà un banchetto nella cittadella per festeggiare la presa di Acri. Re Riccardo, tuttavia, non è incline alla baldoria e si ritirerà prima del termine. Tutti i soldati della scorta lo seguiranno, e la sala del banchetto resterà priva di sorveglianti. A mio giudizio, quello sarebbe il momento migliore per colpire».

«Non sta a te decidere come devo svolgere il mio lavoro».

«Perdonami, Altaïr. Hai ragione, dopotutto non è sulle mie spalle che grava quest’incombenza».

«Credo di aver appreso quanto basta. Foraggia due cavalli e fa’ in modo che siano pronti per quando ne avrò bisogno».

«Come desideri. Spero che la fortuna ti arrida».

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