il ritratto di Vincent Valentine

di shining leviathan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ritratto ***
Capitolo 2: *** smantellare ***
Capitolo 3: *** Dubbi ***
Capitolo 4: *** Assassino ***
Capitolo 5: *** Mai più come prima ***
Capitolo 6: *** Qualcuno che invecchia al tuo posto ***
Capitolo 7: *** Accetti la sfida? ***
Capitolo 8: *** La battaglia contro il Fato ***
Capitolo 9: *** Il nostro destino ***



Capitolo 1
*** ritratto ***


 

Ok, lo so che sto pubblicando storie a raffica, ma mi diverto troppo! Scusate -_-“… comunque questa fan fiction mi è venuta in mente guardando il trailer de il  “ Ritratto di Dorian Gray” e, non ho potuto non pensare a Vincent. Premetto che non ho mai visto ne il film, ne ho mai letto il libro, quindi in base alle poche informazioni di cui dispongo rielaborerò la storia a modo mio. Vi lascio all’orror..ehm alla storia ^^ buona lettura.

 

 

 

 

 

Come l’aveva convinto?

Come l’aveva convinto a fare questo quando odiava addirittura che le puntassero contro una macchina fotografica? Mha! Sarà stato il suo sorriso a scioglierlo, come tutte le volte.

Erano talmente rari nell’ultimo periodo, che Vincent non voleva perdere l’occasione di bearsi ancora una volta nella sua spensieratezza e nella sua dolcezza.

Sedeva su un vecchio sgabello, guardando la donna mescolare i colori su una tavolozza per poi stenderli in modo uniforme sulla tela. Il viso imbronciato in un’espressione concentrata mentre valutava dove fosse meglio scurire un po’ le forme. Sorrise.

“ Sembra che stia valutando una questione di importanza mondiale, dottoressa Crescent” Lucretia alzò gli occhi dal quadro e inarcò le sopracciglia “ Vincent, ti ho già detto di chiamarmi Lucretia!” “ Mi scusi.. cioè scusa” la donna annuì e tornò al suo lavoro.

Incredibile che una scienziata sapesse anche dipingere così bene, pensò Vincent. Ma Lucretia era speciale, nessuna donna che Vincent avesse conosciuto era lontanamente paragonabile a lei.

“ Vincent! Stai fermo!” lo rimproverò scherzosamente lei puntandogli il pennello contro “ Come faccio a finire se tu ti muovi ogni sette secondi?” “ mi dispiace” replicò Vincent grattandosi la nuca “ E che a stare fermo senza muovermi dopo un po’ mi viene prurito” “ Sì certo bella scusa” Lucretia superò la tela e si avvicinò a Vincent con espressione furbetta. Lui cominciò a sudare. Dovevano smetterla con questa storia, non potevano stare insieme. Un Turk e una scienziata, ridicolo. Ma nessuno dei due sembrava intenzionato a lasciare l’altro. Ormai erano indissolubilmente legati.

La donna si avvicinò ancora e si sporse verso di lui, come a volerlo baciare.

Vincent era pronto a fermarla, ma lei fece una cosa del tutto inaspettata.

Allungò il pennello e gli lasciò uno sbaffo di colore sul naso. Il giovane Turk spalancò gli occhi ,sorpreso, provocando una leggera risata da parte della donna. “ Stai fermo o la prossima volta ti coloro tutta la faccia, chiaro Vincent?” il suo sorriso, la sua risata…. Non ne avrebbe più trovata una così. All’inferno i pregiudizi, le malelingue. Voleva rimanere sempre con lei anche a costo di rimetterci il lavoro.

Lucretia, dopo avergli dedicato un’ultimo sorriso tornò alla sua postazione. Ma quando si voltò lo sgabello era vuoto. Confusa, si guardò attorno. “ Vincent?” sobbalzò quando due forti braccia le circondarono la vita e un respiro caldo le sfiorò il collo. Vincent la stringeva a se, annusando piano la leggera fragranza che quei capelli castano scuro emanavano. “ è un bel quadro” disse baciandogli la testa, ed in effetti era bello davvero. Due occhi rossi fissavano la coppi abbracciata e il gioco di chiaro scuro disegnava linee ombrose sul volto conferendole un’austerità degna dei ritratti antichi.

“ Davvero ti piace?” mormorò Lucretia arrossendo un poco e Vincent annuì “ Sì” la voltò “ Tutto ciò che fai mi piace” e la baciò. Affondò le dita nei suoi capelli per attirarla più vicina e dischiuse le labbra. Lei rispose, seppur goffamente. Il Vincent Valentine del ritratto fissava imperturbabile la scena.

 

È un po’ scarno lo so ma dai prossimi capitoli vedrò di fare di meglio. Un bacio a tutti!

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** smantellare ***


 

Si svegliò di soprassalto con l’immagine dei suoi stessi occhi impressa nella mente.

Affannato, si guardò intorno temendo di vedere qualche fantasma del suo passato osservarlo. Ma nessuno, a parte lui, occupava la piccola e angusta stanzetta del motel nel quale soggiornava da più di una settimana.

Dalla finestra affianco al letto filtrava solo la debole luce dei lampioni, resa ancora più soffusa dalla leggera e fitta pioggia che lavava le strade polverose di Edge.

Respirò a fondo per tranquillizzarsi e appoggiò la schiena al cuscino. Di nuovo quel sogno.

Non poteva essere un caso, ormai era da settimane che quell’incubo lo tormentava senza tregua. Che Lucretia stesse cercando di dirle qualcosa?

Afferrò il bicchiere d’acqua dal comodino e mandò giù un piccolo sorso, lasciando che gli rinfrescasse la gola secca.

Il sonno aveva smesso di esistere e, con un gesto, scostò le coperte per alzarsi in piedi.

La moquette gli solleticò le palme nude mentre si dirigeva pesantemente in bagno e accendendo la luce si ritrovò immediatamente di fronte allo specchio che riflettè l’immagine di un ventisettenne smilzo e pallido con lunghi capelli corvini e gli occhi cremisi. Niente di nuovo. Se non per le ombre scure che, notte dopo notte, si facevano sempre più marcate.

Portò la mano al volto e si passò le dita sulla pelle come a volerle cancellare. Di questo passo sarebbe impazzito.

“ Lucretia” mormorò “ Cosa vuoi dirmi?”

La suoneria metallica del suo cellulare lo fece sobbalzare. Chi poteva essere a quest’ora?

Uscì dal bagno e prese il telefonino dalla scrivania. Il display illuminava in verde il nome REEVE.

Premette il tasto per rispondere e lo portò all’orecchio.

“ Vincent Valentine” esordì la voce gioviale e attiva di Reeve “ Disturbo?” Sì.                                         “ No, è successo qualcosa?”

 “ Nulla volevo solo avvisarti che domani smantelleremo l’ultimo laboratorio di ricerca e mi piacerebbe che tu sovrintendessi i lavori. Dato che lo conosci eviteremo alcuni problemi” Il laboratorio…. Dove la sua vita era cambiata. Dove la vita del Turk che fu venne spezzata.

Lucretia….

Un dolore bruciante ed improvviso al petto al petto lo fece gemere. Si guardò, ma non c’era nulla di anomalo. In compenso, una risata folle e stridula le rimbombò nelle orecchie distorcendo le parole che Reeve gli stava dicendo.

“ Hojo?

 “ Vincent Valentine?”

“ Mh?” la risata si dissolse

“ Mi hai chiamato Hojo, o sbaglio?”

“ Sbagli. Comunque per domani va bene, arriverò lì per le sette e mezza”

E prima che l’altro potesse replicare, riattaccò.

Fissò per qualche minuto lo schermo poi lanciò il telefono sul piano di legno. Prima il sogno adesso la voce di Hojo. No, non era decisamente un caso.

 

 

 

 

 

Si presentò puntuale all’incontro e con sorpresa notò una ragazza iperattiva che conosceva troppo bene. Fasciata dagli immancabili shorts e coperta solamente dal mantello di pelle di moguri, Yuffie Kisaragi lanciò uno strilletto entusiasta e corse verso Vicent con le braccia tese in avanti “ VINCE!” esclamò superando il limite consentito di decibel “ Allora non era uno scherzo! Ci sei verament…” un lembo troppo lungo del mantello la fece capitombolare per terra. Vincent alzò gli occhi al cielo.

Un’entrata tipica di Yuffie.

La ninja si rimise in piedi, un po’ barcollante, e lo abbracciò.

“ Che bello rivederti!”

“ Yuffie. Ci siamo incontrati ieri”

“ Lo so!” liberò il Turk dalla sua stretta e lo guardò sorridente “ Però mi fa sempre piacere vederti”

Vincent abbozzò un mezzo sorriso poi si voltò verso il laboratorio.

Alcuni soldati della WRO stavano già entrando, seguiti a breve distanza da un gruppo di muratori armati di grossi mantelli e Vincent fu certo di scorgere anche la figura sottile di Shelke. Le fattezze da bambina erano completamente scomparse, lasciando spazio a forme più morbide e mature e con i capelli lunghi lasciati ricadere morbidamente sulle spalle sembrava la coppia perfetta di Shalua.

Notando l’indifferenza di Vincent, Yuffie si voltò.

“ Oh..” mormorò cupa “ C’è anche lei, che felicità!”

  “ Trattala bene. Ha sopportato duri colpi”

“ Pfff. Secondo me se ne approfitta un po’ troppo. Sembra che adesso sia lei a orchestrare tutto in assenza di Reeve”

“ Shelke?”

Strano che Reeve si fidasse così tanto della ex- Deepground tanto da lasciarle il comando dell’organizzazione.

“ Esatto.Uh? Non dirmi che sta venendo qui!” stava venendo lì “ Oh no, fingi di non vederla”

“ Vincent Valentine” lo salutò la rossa ignorando completamente Yuffie “ Sono felice che tu sia qui.”

Vincent fece solo un cenno con la testa, guadagnandosi tutta l’approvazione della ninja.

“ I lavori dovrebbero iniziare tra poco. Gli uomini sono già dentro, ti dispiacerebbe raggiungerli?”

“Non rimani qui a fare il cane da guardia Shelke?” si intromise Yuffie velenosa.

La ragazza scosse il capo “ Devo tornare alla base per riorganizzare alcune cosette. Reeve  non c’è, quindi mi ha lasciato questo compito”

“ Ve la intendete bene voi due. Troppo per essere un semplice rapporto lavorativo”

Gli occhi di Shelke diventarono gelidi. “ Quello che c’è tra me e Reeve” sibilò “ Non ti deve riguardare Yuffie Kisaragi” si voltò verso Vincent “ A presto Vincent Valentine e fa un buon lavoro” detto questo si affrettò a raggiungere la macchina.

“ Quella” proclamò Yuffie “ Ha qualche serio problema mentale”

“ Andiamo. Non perdiamo altro tempo”

 

 

 

Lo smantellamento ebbe inizio. Intere ale di ricerca furono fatte a pezzi dai poderosi colpi di martello.

Il rumore di vetri infranti si propagava per tutto l’edificio insieme agli ordini impartiti dai capomastri ( capomastri? Bho, non sono per niente esperta di demolizioni).

Vincent osservava il tutto con finto distacco, rievocando i tempi in cui lui e Lucretia si nascondevano in uno di quei laboratori per vivere indisturbati il loro amore. Un tempo così lontano e irraggiungibile anche nelle sue memorie.

“ Signor Valentine..” un uomo della WRO gli si avvicinò “ Ci sarebbero ancora le camere criogene ma gli uomini non vogliono saperne di entrare”

“ Non fatelo. Avvertirò Reeve di mandare qualche operatore domani.”

“ Sì signore”

“ Vinceeent!! Vieni qui!!”

Sospirò scocciato. Cosa voleva adesso?

Superò alcuni soldati ed entrò nella stanza dove si trovava la ninja. Gli mancò il fiato.

“ Ehi Vince, tutto bene?” chiese Yuffie piegandosi un po’ “ Hai una faccia”

Vincent scosse la testa come a voler scacciare qualche fantasma. “ Sto bene” replicò atono e si avvicinò al piano da lavoro.

Ricordava quanto Lucretia tenesse al proprio lavoro anche al di fuori del laboratorio. Tutto in quella stanza era impregnato di lei: la brandina col materasso squarciato e ammuffito, provette e alambicchi impolverati, appunti e fogli sparsi per il pavimento. Un piccolo sgabello nero era rovesciato per terra.

Rimase ad osservarlo, come incantato, mentre Yuffie frugava in giro alla ricerca di qualcosa di interessante.

SBRANG!

Rassegnato, si voltò per vedere il disastro che aveva combinato la ninja e si irrigidì vedendo, dal cumulo di robaccia che era caduta addosso a Yuffie, due occhi scarlatti che lo osservavano nuovamente dopo tanto tempo.

 

 

Ta-dan!! Premetto che io non ho mai giocato a Dirge of Cerberus e quel poco che so lo devo ad altre fan fiction e ai video su You Tube. Spero mi perdonerete per aver inserito anche la coppia ReevexShelke ( succederà qualcosa. Ma non vi anticipo niente) ringrazio Arysan per la recensione e per le dritte che mi ha dato ( certe volte faccio un po’ di confusione…) e vi saluto. Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Dubbi ***


 

“ Davvero ti piace?”

“ Sì, è meraviglioso”

“ Esagerato!”

“ No,no sto dicendo sul serio”

Lucretia si portò le mani al volto per coprire il  rossore delle gote. “ Dai, così mi imbarazzi”

“È la verità. Dovresti dipingere più spesso”

“ Oh Vincent..”

 

 

“…Vincent! Ti dispiacerebbe aiutarmi?”

“ Cosa?” Vincent tornò in sé e fissò Yuffie che si dimenava cercando di liberarsi dall’immenso cumulo di immondizia che la ricopriva.

La povera ninja era bloccata tra strati di lenzuola e polvere, talmente spessa da sembrare copertine di lana.

“ Ti ho chiesto..” esclamò starnutendo “ Se puoi aiutarmi! Mi è caduto in testa qualcosa e mi ha fatto un male cane! Ohi,Ohi…..”

Vicent afferrò un braccio di Yuffie e la sollevò dalla sporcizia come se pesasse poco meno di una bambola.

La ragazza si pulì i pantaloncini imprecando a mezza voce, poi notò il quadro.

“ Ohhhhh” commentò sgranando gli occhi “ Carino”

Sussultò portandosi una mano alla testa “ Ahi” disse accigliandosi “ Mi ha fatto male!”

Vincent ignorò le maledizioni che Yuffie lanciava contro il ritratto, perché era troppo sorpreso per dire qualcosa.

Era il quadro che Lucretia aveva dipinto anni prima, ne era sicuro, eppure l’uomo raffigurato non era lui.

Una sottile ragnatela di rughe contornava gli occhi scarlatti ( che forse erano l’unica cosa che ancora riconosceva) e i capelli nero pece cominciavano a diventare bianchi in più punti, segno di una vecchiaia ormai avanzata.

L’espressione del volto non possedeva più la giocosa euforia della gioventù ma solo una saggezza accumulata in anni di dolore e privazioni.

Come lui. Ma lui non era mai cambiato in trent’anni.

Una violenta vertigine lo assalì, e una voce che aveva sperato di non udire mai più gli sussurrò alle orecchie: “È il tuo turno Valentine….”

 

 

“ Vincent!” esclamò Lucretia sfuggendo alla presa del ragazzo “ Ma cosa fai?”

Lui abbassò gli occhi, imbarazzato dal gesto appena compiuto.

“ Io… ecco…”

Forse non era stata una buona idea quella di palparla , ma aveva dato retta al suo istinto e adesso, sicuro quanto è sicuro che il cielo è azzurro,ne avrebbe pagato le conseguenze.

Forse era meglio scusarsi.

“ Perdonami..” biascicò arrossendo “ Io…”

La risata musicale della donna lo fece sobbalzare.

“ Allora anche Vincent Valentine è schiavo dei suoi istinti!”

Vincent boccheggiò sconcertato poi escalmò con voce stridula “ Non è vero!”

Lucretia le sorrise con dolcezza. Sembrava un bambino che cercava di giustificare una marachella ,ma lei non si era arrabbiata per ciò che aveva fatto. Erano ben altre le cose da condannare e una palpatina non avrebbe ucciso nessuno.

“ Vincent” disse materna “ Non mi sono arrabbiata con te ,sciocco, ero solo…. Solo sorpresa tutto qui”

Vincent sospirò sollevato e si allungò nuovamente per abbracciarla.

Ma lei si ritrasse con espressione scherzosa.

“ Ma..”

“ Se davvero mi vuoi, prendimi!”

E corse fuori dal laboratorio ammaliata dal suo stesso gesto , godendosi la normalità di giocare con l’amore come una qualsiasi donna normale che non chiede altro che pace.

L’inebriava potersi considerare libera quando in realtà non lo era. Ma nella sua mente vedeva solo spazi aperti ,e li vedeva con lui ad aspettarla.

Scese le scale sentendo l’eco delle proprie risate e quelle di Vincent propagarsi per il trombato rione come una musica leggera e gioiosa.

“ Presa!” esclamò Vincent afferrandola per i fianchi e lei urlò sorpresa prima di unirsi alle sue risate piene e allegre.

“ Vorrei che questo momento non finisse mai” pensò

Ma la realtà tornò a farsi spazio con prepotenza.

“ Che diamine sta succedendo qui? Valentine!”

 

 

 

“ Valentine!”

Vincent strinse le mani alla testa, sperando di far tacere quella voce stridula, e gemette affondando la faccia nel cuscino.

La risatina che seguì lo fece scattare seduto, convinto che Hojo si trovasse in quella stanza, ma lo accolse solo il vuoto e quello strano quadro che, appoggiato sulla parete di fronte a lui, lo guardava quasi con pietà.

Passò una mano sul viso per scacciare gli ultimi residui di sonno e si voltò verso la finestra. Era quasi sera ma i lampioni non si erano ancora accesi, quindi voleva dire che era abbastanza presto.

Si alzò e andò in bagno a sciacquarsi la faccia. Le ciocche nere sfuggivano da tutte le parti aderendo al collo bagnato e toccando, lievi come ombre, il bordo di ceramica del lavabo.

Ma non gli importava.

Sentiva un terribile cerchio alla testa e faticava addirittura a stare in piedi tanto era frastornato.

La voce di Hojo non le aveva dato tregua da quando era fuggito dal laboratorio, mormorando una mezza scusa a Yuffie, di corsa. Portando con lui il suo ritratto.

Se suo si poteva definire.

Mentre si asciugava la faccia con un asciugamano uscì dal bagno e si avvicinò cautamente al quadro.

Niente. Il solito vecchietto che fissava il vuoto con occhi pensierosi.

Non poteva essere lui.

Lui non poteva invecchiare.

Eppure….. un pensiero gli accarezzò la mente , troppo fugace per crederci ma non improbabile.

Forse quello era veramente lui, se avesse avuto una vita normale e se fosse invecchiato.

Scosse la testa davanti a quella supposizione.

I quadri sono opere che congelano un individuo nell’eternità, non possono cambiare come una persona in carne ed ossa.

L’avevano di sicuro riverniciato.

Allungò la mano con l’artiglio e cominciò a portare via qualche centimetro di pittura ,ma il cellulare nella tasca vibrò facendolo scattare in piedi.

Lo prese e guardò chi era e nel farlo notò che aveva trentasei chiamate perse da Reeve e centoquattordici da Yuffie.

Di lei c’erano anche cinquantotto messaggi.

Sospirò, non sapendo se scocciarsi o sentirsi in colpa, e ignorò gli SMS per rispondere.

“ Pronto?”

“ Vincent sono Shelke. Ti prego, devi venire subito!”

 

 

 

 

Ho aggiornato!! ( sei in ritardo ndm tutti) scusate se ci ho impiegato così tanto tempo ma…. Ero a un punto che non sapevo più come continuare la storia ma ora ce l’ho tutta in mente e prometto di aggiornare più spesso!

Ok nel prossimo capitolo preparate i fazzoletti, perché un bel colpo di scena farà impazzire Vincent del tutto.

Ora rispondo alle recensioni.

 

Arysan

 

Argh! I “le” e “gli” sono la mia maledizione! Spero di non aver fatto tanti casini in questo chappy!

Comunque la coppia ReevexShelke a me non dispiace ,meglio della VincentxShelke lei è come la carta moschicida solo molto più rompibolas!  Lucretia è l’unica donna che riesca a vedere con Vincent . Quindi mi dispiace per i fan dello Yuffentine ma qui la ninja non farà coppia con lui ( non mi picchiate!)

Spero che continuerai a seguirmi! ^:^

 

Xikhy_Chan

 

Ma ciau! Sono contenta che ti piaccia questa storia un po’ bacata e ,sì, Vincent non è male come personaggio anche se non è tra i miei preferiti ( abbiamo gli stessi gusti ^:^) . grazie per il tuo supporto lettrice fidata!

 

 

Alla prossima!!!

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Capitolo 4
*** Assassino ***


 

La telefonata di Shelke lo aveva allarmato.

Raramente una cosa lo faceva preoccupare, ma l’inquietudine dell’ex- Tsviet gli aveva trasmesso la stessa angoscia che la ragazzina stentava a contenere nel tono di voce.

“ Ti prego!” aveva esclamato col respiro rotto dall’agitazione “ Devi venire subito!”

Non gli aveva detto altro, ma quelle poche parole furono sufficienti.

Uscì dallo spartano motel e si diresse a passo sostenuto verso la base della WRO, mentre il vento gelido della sera gli sferzava il viso come una coltellata. Camminando per le strade a malapena illuminate da qualche lampione ancora funzionante si chiese cosa potesse essere successo di tanto grave da richiedere la sua presenza.

Forse qualche operaio era morto nella demolizione quando lui era scappato? No,Shelke non si sarebbe scomposta di molto per un incidente sul lavoro. Eppure non riusciva a capire per quale motivo l’avesse chiamato.

Arrivò davanti all’immenso edificio di metallo quando gli ultimi raggi di sole morirono a oriente per far posto al nero pece delle tenebre. Gli uomini di guardia smisero immediatamente di chiacchierare, e lo salutarono portando una mano alla fronte nel tipico saluto militare.

“ Devo vedere Revee” disse semplicemente e il soldato alla sua destra premette un interruttore, facendo aprire il pesante portone blindato che dava sui corridoi illuminati dalle fredde lampade al neon.

Lo percorse quasi di corsa, seguito solo dall’eco dei suoi passi e da….. risatine?

Si fermò di botto, smettendo anche di respirare, e voltò lentamente la testa all’indietro. Nessuno. Oltre a lui non c’era nessuno. Socchiuse gli occhi e riprese a camminare spedito, ma le risate non accennavano a smettere,anzi, gli sembrava che stessero diventando sempre più forti e di conseguenza allungò ulteriormente il passo.

Una mossa inutile, pensò. Se le voci esistevano solo nella sua mente era inutile scappare.

“ Scappi Valentine?” lo schernì Hojo come se gli avesse letto nel pensiero “ Pensi di poterti liberare di me così facilmente? Illuso….  Sei decisamente un illuso”

“ Vattene” sibilò Vincent portando una mano alla tempia “ Vattene subito!”

“ Cosa c’è? Hai paura di un povero scienziato?”

“ Non ho paura..”

“ E allora perché corri?”

Stava correndo? Non se ne era accorto

“ Corri, corri Valentine” lo incitò malignamente Hojo “ Tanto non sai far altro che questo ih,ih”

La provocazione di quell’uomo odioso seguì Vincent fino alla porta dell’ufficio di Reeve. Lì scosse con veemenza la testa e sistemò il bavero del mantello con un gesto veloce, tirandolo fin sopra il naso. Non aveva voglia di giustificare la sua espressione stravolta al capo della WRO, ne di dirgli che aveva Hojo nella testa. Voleva decisamente evitare di essere affidato a qualche strizza cervelli.

Respirò a fondo poi, cercando di ricomporsi, aprì l’anta di metallo mormorando un lugubre “ Che succede?”

Si bloccò non appena ebbe varcato la soglia.

“ Non avrei potuto scegliere un momento migliore” pensò vedendo Shelke che si staccava ,paonazza, dalle labbra di Reeve. Dal canto suo l’uomo scattò in piedi diventando dello stesso colore della compagna. Da quello che Vincent potè capire stava farfugliando delle stupide scuse.

“ I-io ecco…”

Vincent si trattenne dal sorridere apertamente.

“ Questo spiega molte cose” commentò ironico e Shelke lo fulminò con lo sguardo.

“ Ah… sì” mormorò Revee grattandosi la nuca, poi tornò lentamente a sedersi.

“ Che succede?” ripetè il moro “ Per quale motivo mi avete convocato.

L’imbarazzo di entrambi si tramutò in serietà e Revee afferrò un telecomando, puntandolo verso lo schermo piatto in fondo alla stanza.

Subito apparve l’immagine di un luogo avvolto dalla nebbia, laghetti stagnanti si alternavano a pozze di fango e i gli alberi si ergevano scheletrici dal terreno paludoso.

“ Osserva”

L’immagine venne zoomata ancora di più fino a che Vincent non riuscì a distinguere un oggetto lungo e sporco. Al suo interno vi stava una persona, ma distinguere se fosse addormentata o meno era impossibile. I capelli rossi, però, li avrebbe riconosciuti ovunque.

“ Shalua?” mormorò sorpreso e si voltò verso Shelke per ricevere conferma. La ragazza teneva lo sguardo fisso a terra, e non spicicò parola, così si rivolse nuovamente a Reeve.

“ Sì” rispose annuendo “È la signorina Rui, non ci sono dubbi. Dopo lo scontro con Weiss la capsula di contenimento è finita in una palude. Ma recuperarla sarà un’impresa molto complicata data l’aggressività dei mostri di quei luoghi.”

“ Le difficoltà non mi spaventano Reeve” lo interruppe Vincent deciso “ Dimmi solo cosa devo fare”

Reeve chiuse gli occhi e sospirò.

“ Devi accompagnare Shelke laggiù” lo disse come se gli costasse dolore e probabilmente era così. Lasciare Shelke ai pericoli non gli piaceva per niente. Anche se sapeva cavarsela da sola non poteva sopportare il pensiero di perderla.

Vincent, notando il turbamento interiore dell’uomo, si affrettò a rassicurarlo “ Tranquillo. Veglierò io su di lei”

Shelke grugnì, offesa del fatto che la trattassero come una bambina, ma Reeve parve più sollevato.

“ Mi fido di te” disse con un sorriso forzato e si alzò per andare verso la ragazza.

“ Sei sicura?” le chiese speranzoso di una risposta negativa, ma lei annuì.

“ Devo farlo. È  pur sempre mia sorella” lo guardò teneramente e gli accarezzò una guancia, sciogliendo la tensione creata fino a quel momento “ Tornerò presto” si piegò un po’ permettendo alle loro labbra di toccarsi ancora, in un bacio lento e disperato condito dal sapore delle lacrime.

Vincent distolse lo sguardo, un po’ geloso del fatto che quel bacio, quella felicità gli era sempre stata negata.

In un momento di pura follia desiderò essere al posto di Reeve.

 

 

 

 

 

Il mezzo che li aveva portati fino a lì si fermò lentamente, affondando un po’ in quel limo maleodorante.

Vincent aprì la portiera e venne investito da una poderosa zaffata di marcio, la compagna era già scesa e osserva con disinteresse l’ambiente che la circondava.

“ Da questa parte Vincent Valentine” disse freddamente e agitò i suoi bastoni in direzione di un albero coperto di muffa.

Il moro la seguiva a breve distanza, affondando nel fango fino alle ginocchia. Come lei, si guardava in giro per evitare di essere aggredito da un mostro. Con la canna della Cerberus stretta nel pugno, memorizzava ogni dettaglio utile per non perdersi e scostava i lembi del mantello che correvano il rischio di impigliarsi nei rovi neri che crescevano rigogliosi nonostante l’ambiente alquanto inospitale.

La nebbia ,delle volte, era talmente fitta che non riusciva a distinguere la figura di Shelke da un albero secco e parecchie volte le andava a sbattere contro.

“ Scusa” disse per la milionesima volta ma lei non gli rispose. Al contrario gli afferrò una mano tenendogliela ben stretta.

“ Shelke?”

Gli occhi azzurri della ragazza brillavano di luce propria, fendendo il fitto banco di nebbia con il loro luccichio.

“ Volevo ringraziarti” disse veloce.

Vincent rimase interdetto, non capendo ciò che la giovane gli aveva detto.

“ Per cosa?”

“ Per tutto. Mi hai sempre trattato aiutato senza chiedere nulla in cambio, per cui…. Grazie Vincent”

Si avvicinò ancora un po’ a lui e gli circondò il collo con le sue braccia esili. Si guardarono intensamente per un minuto prima di scambiarsi un timido bacio.

Dapprima Vincent ricambiò esitante, poi sorpreso, poi voglioso di quelle labbra piccole e vellutate che toccavano le sue come una carezza.

La ragazza affondò le dita nei capelli corvini e insinuò la lingua nella bocca del compagno, iniziando una danza dolce quanto frenetica dei due muscoli.

La foschia li nascose agli occhi del mondo in un breve attimo di passione.

Si staccarono lentamente, con un sapore zuccherino sul palato, e si guardarono negli occhi.

Shelke aveva un sorriso appena accennato sul volto pallido e Vincent non potè non ricambiare, anche se la consapevolezza di aver sbagliato glielo rendeva più amaro.

La rossa si liberò dall’abbraccio di Vincent ,piegando la testa di lato con espressione maliziosa “ Una piccola soddisfazione volevo prendermela” sussurrò roca e Vincent annuì.

“ Mi pare sensato”

Anche Shelke annuì, poi riprese la sua solita aria indifferente “ Andiamo ora, Vincent Valentine”

Camminarono nel pantano per un'altra mezzora, nella quale Vincent cominciò a dubitare fortemente della presenza di Shalua in quel luogo. Ma Shelke sembrava decisa a trovarla a tutti i costi, così non fece commenti e continuò a setacciare il perimetro con la sua stessa minuzia.

Tre ore dopo i loro sforzi vennero premiati.

“ Guarda!” urlò Shelke indicando la capsula che galleggiava in mezzo a un laghetto verde  “ L’abbiamo trovata!!”

Colma di felicità, si gettò in acqua e raggiunse la sorella poggiando la palme delle mani sui vetri. Vincent la seguì, per assicurarsi che nessuno l’attaccasse, ma il gracidio dei rospi di palude si trasformò gradualmente in una canzonetta sguaiata e si accorse di una figura che era apparsa dal nulla tra lui e Shelke. Quello che sembrava un banco di nebbia risultò essere Hojo.

Vincent si paralizzò ma fu lesto a puntare la Cerberus verso la fronte dello scienziato.

“ Hojo..”

L’uomo sorrise beffardo e sistemò gli occhialini che le stavano scivolando giù per il naso.

“ Valentine” rispose facendogli il verso “ Sorpreso di vedermi? Immagino di no”

“ Cosa vuoi ancora dalla mia vita??” escalmò rabbioso “ Non ti pare di avermela già rovinata abbastanza?”

“ Vincent?”

Ignorò quella voce femminile. Poteva essere una trappola di quel mostro.

“ No, non ancora” rispose il folle scienziato sghignazzando “ In verità, questo è solo l’inizio. Povera dottoressa Crescent. Lei ha cercato di avvertirti ma ancora una volta sono stato il più veloce” e rise di quella risata stridula che solo lui riusciva a fare.

Una vampata d’ira accecò Vincent che non esitò un solo istante a premere il grilletto. L’odore del sangue gli salì per le narici e la nuvola scura della polvere da sparo gli impedì per un attimo di vedere. Voleva solo vederlo morto e stavolta, per tutti gli dei, avrebbe finalmente goduto della sua agonia. Ma quando la polvere si fu diradata ebbe una brutta sorpresa.

Hojo era ancora lì. A ridere e schernire.

“ Ah,ah!!”

“ N-no” balbettò Vincent indietreggiando “ Non è possibile!”

“ Possibilissimo” lo corresse con civetteria “ Non puoi sparare ad un fantasma. Ma a chi c’è dietro sì”

Scomparve con la stessa velocità con cui era arrivato, rendendolo partecipe di un orribile consapevolezza.

Il vetro della capsula era diventato vermiglio e viscido, il proiettile  l’aveva forata e adesso sangue e liquido mako zampillavano dal piccolo foro.

La ragazza a terra boccheggiava tenendosi la ferita al petto mentre una macchia scura si andava allargando sul suo petto. I capelli rossi erano impiastricciati si sangue e sudore.

Sollevò a fatica un braccio “ V-Vincent….”

Vincent si precipitò lì, e circondò le spalle della giovane per sorreggerla “ Shelke!” escalmò spaventato di ciò che aveva fatto “ Shelke resisti!” la scosse leggermente per farla reagire e lei sorrise ignorando il dolore.

“ D-Dì a a R-Reeve che che lo amo” Il braccio ricadde a terra ed esalò un ultimo sospiro, chiudendo gli occhi per sempre.

Quella notte fu l’inizio.

Quella notte Vincent Valentine morì una seconda volta.

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi!!!!!!! Ve l’avevo detto che sarebbe successo qualcosa di drammatico! E Vincent ha ufficialmente perso il senno. Da qui in poi farà una scelta sbagliata dietro l’altra…..

Spero che non ce l’abbiate tanto con me per aver fatto morire Shelke, ma immagino che qualcuno gioirà della sua dipartita poveretta T_T sono stata davvero crudele ma almeno le ho permesso di baciare Vincent ( scappa inseguita dai fan dello Yuffentine) vabbè rispondo alle recensioni.

 

 

Arysan

 

Sigh…mi sa che errori così ne farò sempre anche se sto attenta, spero solo che non comprometta la scorrevolezza della storia ( se poi è scorrevole). Sì forse la parte sul passato devo metterla con caratteri più grandi. E comunque Vincent in questa fic diventa pazzo! Avere Hojo nella testa è una brutta cosa ;) grazie del tuo supporto! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto!

 

Xikhy_Chan

 

Sì su KH siamo un po’ diverse però su ff7 siamo già più complementari;) grazie del tuo sostegno!

 

A presto!!!!!!  

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Capitolo 5
*** Mai più come prima ***


15 novembre 2010

 

 

Da quel giorno è passato un mese esatto.

 E ancora non riesco a capire.

Non riesco a capire perché le cose abbiano preso una piega così oscura. Non riesco a capire cosa mi sia successo.

Perché ad un tratto il mondo mi è di nuovo crollato addosso.

Prima le voci o, per meglio dire, la  SUA voce e poi lei, Shelke, morta. Morta tra le mie braccia, per colpa mia. Uccisa dalla mia fida Cerberus, da un proiettile che era destinato all’uomo che più odio a questo mondo.

È una situazione che non riesco a spiegarmi.

Ma l’odio ha bisogno di essere spiegato? No, è un sentimento che gli esseri umani conoscono troppo bene.

Io stesso l’ho visto, provato, subito …

Per quanto una persona cerchi di arginarlo questo ritorna sempre con forza. Rompendo gli argini dell’autocontrollo più ferreo.

Io non sono mai stato impulsivo, neanche quando ero un ragazzo.

Sapevo che agire in modo avventato poteva portare a situazioni spiacevoli. E in seguito, quando diventai Turk, questa certezza divenne una colonna portante nello svolgimento del mio lavoro.

Una sola mossa falsa durante una missione poteva significare la morte, così come nella vita quotidiana. E non scherzo.

Mia madre pagò le sue scelte con la vita e io, che all’epoca avevo cinque anni appena compiuti, conobbi il dolore di una perdita. La prima delle tante che avrebbero costellato la mia esistenza.

Comunque sia, vidi morire l’unica persona che fino a quel momento mi aveva amato con tutta se stessa.

Mio padre, Grimoire Valentine, si era separato da lei poco dopo la mia nascita ed era venuto a trovarci talmente poche volte che lo consideravo un perfetto sconosciuto.

Un uomo solitario e austero che raramente mi concedeva qualche gesto affettuoso, che litigava con mia madre per le cose più banali.

Arrivai ad odiarlo per il semplice motivo di esistere. Esisteva solo per far soffrire la mamma, per rimproverarmi quando lei non osava, per rovinare la mia spensieratezza di bambino…

Per questo ed altro.

E il giorno del funerale, con gli occhi colmi di lacrime e dolore, compresi che avrei dovuto passare il resto della mia vita con lui. Freddo e impassibile anche quel giorno.

Fissava la bara con un misto di serietà e fastidio, circondato dai pianti di coloro che avevano amato mia madre molto più di lui.

Lo disprezzai come si può disprezzare un viscido verme.

Qui la mia memoria vacilla.

Ricordo che a cerimonia finita mi aveva preso per mano, trascinandomi lontano dalla piccola folla.

Ricordo il vento che soffiava tra le chiome dei cipressi, le lapidi ordinatamente allineate su un prato verde. E poi il mare.

Non so come ci arrivammo, ricordo solo le onde che si infrangevano sugli scogli, l’odore salmastro e quella distesa blu che si perdeva all’orizzonte.

Mi pare di vederlo ancora.

Fiero nel suo completo scuro, osservava i gabbiani volare alti, con i capelli neri che danzavano nel vento.

Sembrava molto più giovane e sereno. Il suo viso aveva perso quella durezza tipica a cui ero abituato, i suoi occhi erano limpidi, persi nella contemplazione del paesaggio.

In quel momento, tutto il risentimento provato nei suoi confronti per tanti anni allentò la sua stretta nel mio animo.

Mi chiesi quale parte di Grimoire avessi conosciuto veramente.

Quella freddezza era solo una facciata che usava per celare il vero se stesso? Solo in futuro sarei riuscito a dire con certezza “Sì”. Ma per il momento ero piccolo e confuso, in compagnia di un uomo che era mio padre ma che dal punto di vista affettivo non conoscevo affatto.

“ Vincent” mi chiamò ad un certo punto “ Cosa vedi?”

Non capii. C’era il mare, dissi.

“ E come lo vedi, il mare?”

Ero sempre più confuso ma gli risposi ugualmente.

Era spento, triste.

“ E tu come ti senti?”

Spento e triste, risposi.

“ Il mondo è triste” mormorai sull’orlo delle lacrime “ Perché anch’io lo sono?”

Scosse la testa e si avvicinò a me, inginocchiandosi sulla sabbia.

“ No Vincent” disse mettendomi le mani sulle spalle “ Tu lo vedi triste. Ma tutto continua. Guarda il sole, l’aria.. non sono scomparsi, ascolta..”

Lo stridio di un gabbiano si propagò intorno a noi, accompagnato dallo sciabordio dell’acqua sulle rocce.

“ Quando una persona muore non scompare del tutto, così come le cose continuano a esistere in stretto legame l’una con l’altra.

La mamma continuerà a vivere in tutto questo e ti amerà, sempre. Ricordalo Vincent”

Lo ricordai al giorno della sua morte.

Ero un uomo ormai, ma quando lo vidi su un lettino d’obitorio con il volto sfigurato mi sembrò di tornare a quando avevo poco più di cinque anni. Addolorato, confuso.

Tuttavia non piansi, sapevo che non l’avrebbe gradito, e osservai la cerimonia svolgersi come di consueto, celando i miei sentimenti come fece lui in passato.

Ma dentro soffrivo, come lui. E allora capii …

Tornai a quella spiaggia, ma  stavolta non c’era nessuno a consolarmi. A parlarmi delle cose che vivono anche grazie all’anima di coloro che abbiamo amato.

Nessuno in quel giorno nero si accostò a me. Rimasi solo, come lo sarei sempre stato da quel momento in poi.

 

Fuori cominciò a piovere.

 

 

C’era tanto sole quando i miei genitori vennero seppelliti. Al contrario, il giorno dell’estremo saluto alle sorelle Rui il cielo era plumbeo e minaccioso.

Gocce di pioggia mi colpivano furiose, come a volermi punire per tutta la sofferenza causata. Gli occhi di Reeve non si spostarono mai dal feretro, come a sperare fino all’ultimo che Shelke non fosse morta ma semplicemente addormentata.

Solo quando la calarono nella terra i nostri sguardi si incontrarono.

Stavamo l’uno dalla parte opposta della fossa e a quel punto notai con quanto odio mi fissava.

Potevo capirlo.

Gli avevo detto che l’avrei riportato in sana e salva e invece ero tornato alla WRO con il suo cadavere sanguinante.

Non ero riuscito a riportare a casa nessuna delle due, viva.

Shalua Rui era morta per lo stesso proiettile che aveva trapassato Shelke. Aveva forato il vetro e raggiunto anche lei.

Non c’è stato niente da fare, la morte le ha reclamate entrambe.

Che ironia del destino… per tutta la vita hanno cercato di re-incnontrarsi e adesso potranno finalmente stare insieme.

Nell’aldilà

Avevo fallito e la fiducia di Reeve nei miei confronti si infranse come un cristallo sul pavimento.

Ne ero consapevole, eppure non riuscii a far altro che fissarlo a mia volta, incapace di pronunciare anche solo una semplice scusa.

Sperai con tutto me stesso che capisse. Io non avevo intenzione di ucciderla.

Avrei voluto gridarlo a tutti, a lei a quel cielo di piombo che, impietoso, ci guardava.

Ma non potevo.

Oltre ad aver ammazzato un altro essere umano avevo mentito.

Non dissi che eri io il colpevole della dipartita di Shelke e Shalua Rui.

Mentii  a tutti  quanti, a me stesso.

E ci pensò personalmente Hojo a ricordarmelo.

Lo vidi seduto sui bordi della fossa con le gambe a penzoloni, che mi sorrideva malignamente.

Era vestito con uno smoking nero, come se fosse in lutto e sentii la rabbia montarmi feroce.

Per quanto ancora voleva perseguitarmi?

“Oh Valentine, che hai combinato piccolo bugiardo?”

Decisi di andarmene appena finita la funzione.

Non salutai nessuno, nemmeno Yuffie che si asciugava gli occhi con un lembo del suo mantello, e sparii.

Percorsi le strade a piedi, ignorando le vesciche e i calli che mi spuntavano sotto le piante.

Chilometri su chilometri in compagnia dei miei ricordi e dai commenti di Hojo, che risuonavano chiari in ogni momento.

Adesso, dopo un mese, non riesco ancora ad essere sereno.

Sono stanco, debilitato e i farmaci che prendo servono più a distruggermi che altro.

Lo sento ancora qualche volta, nel dormiveglia. Sussurrarmi che sono un assassino, che devo perire.

Sono arrivato al punto di tagliarmi le vene, una volta. Ma poi ho capito che era inutile, avrei fatto solo il suo gioco.

Ma ancora oggi non sto bene.

Ho troncato ogni contatto, anche se Yuffie insiste in telefonate e messaggi a cui non risponderò mai..

 

Un tuono squarciò l’aria con la sua luce bianca accecante.

 

“ Ci sono molte cose che non mi spiego…. E di molte cose non troverò mai la risposta.

Tutto è cominciato da quel quadro.

Il quadro che Lucretia dipinse più di trent’anni fa..

Perché quando mi apparì davanti quel giorno, non mostrava il volto di colui che mai sarebbe invecchiato?

Perché, tornando dal funerale di Shelke, la sua espressione era trasfigurata in una smorfia disgustata?

Cosa mi succede? E perché?

Hojo, Lucretia, Shelke, i sogni che turbano le mie notti.

Cosa vogliono dire?

Che per tutta la vita mi sono creduto un altro quando in realtà sono tutto quello che mostra il dipinto?

Un uomo capace di simili bassezze, vecchio, insidioso e sadico?

Sono paranoie, ma comincio a crederlo…

 

Rimase con la penna per aria, colto da un’improvvisa spossatezza. Non sapeva come riempire il resto di quella pagina, che gli sembrava ancora troppo bianca.

Le parola dalla calligrafia sottile e lunga, spiccavano leggere ed eteree sul foglio in piccoli spezzoni della sua vita passata e presente.

Fissò le domande che aveva posto più a se stesso che ad altri e sospirò, buttando la biro sulla superficie di legno dello scrittoio. Spense la abat-jour e chiuse il quaderno con lentezza osservando la copertina color sangue come una reliquia.

Le sue memorie, la sua storia era tutto annotato lì. Ma non era soddisfatto. Voleva ancora sfogare quelle perplessità che assillavano le sue notti così, senza accendere la luce, prese la penna e aprì il diario scarabbochiando furiosamente una frase.

Lo scroscio dell’acquazzone conciliava la sua frustrazione e l’ennesimo lampo illuminò la piccola stanza dell’hotel di Meedel come un faro.

La scritta occupava tutta la pagina, sottile e quasi illeggibile.

 

 

Cerchiamo il male nelle altre persone quando dovremmo riguardarci da noi stessi….

 

Piegò l’angolo della bocca in una smorfia ironica e poggiò il quadernetto sullo scrittoio.

Si voltò verso la finestra, osservando pigramente il ramo di un albero sbattere ritmicamente sul vetro. Sembrava che chiedesse il permesso di entrare.

Sbadigliò, mettendosi la mano davanti alla bocca, poi si alzò con fatica dalla sedia imbottita e andò in bagno.

Evitò accuratamente di guardarsi allo specchio e afferrò un flaconcino di pillole. Se ne fece cadere due nel palmo della mano e le ingoiò, accompagnate da un sorso d’acqua che prese direttamente dal lavandino, piegandosi a bere direttamente dal rubinetto.

Sospirò dissetato e si voltò velocemente, scorgendo comunque l’ombra di un viso smunto e cadaverico.

Trascinò il suo corpo verso il letto e si lasciò cadere a pancia in giù. Le palpebre erano cariche di sonno e casualmente l’occhio gli finì su un rettangolo coperto da un drappo viola in fondo alla stanza. Si voltò dall’altra parte e si raggomitolò come un gatto, prendendo definitivamente sonno.

Il cellulare squillò, per un quarto d’ora. Ma lui non lo sentii.

Dieci minuti dopo, un messaggio di segreteria.

“ Vincent, sono Yuffie, qui ad Edge ci sono dei problemi devi venire subito” una pausa.

“ Ti prego Vince” sussurrò “ Torna indietro…”

 

 

 

 

Ok questo chappy fa schifo….. scusate. Ormai non manca tantissimo alla fine, ma devo ancora vedere bene. Spero vi sia piaciuto. Tutta sta storia del diario ecc.

Da prox chappy la storia sarà già più dinamica, ancora scusa per questo orrore

 

Arysan

 

Povera Shelke! Vabbè sì Vincent è più carino però… tutto nel prox chappy ^_-

Sì l’unica cosa furba che Hojo abbia fatto nella sua vita, tranne Sephi certo…^____^

Spero che ti piaccia questo chappy e comunque ti ringrazio di seguire questa fic! Mi fa molto piacere! Ciao!!

 

Xikhy_Chan

 

Lettrice fidata! Grazie! Sono contenta che ti piaccia questa ficcy ^___^ davvero, sono molto felice!!

 

E con questo è tutto gente, ciaoooooooo!!!!!!

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Qualcuno che invecchia al tuo posto ***


Cosa diamine stava facendo?

 

Non si era ripromesso di non rispondere alle telefonate di Yuffie, per quanto strazianti fossero?

Eppure, quando aveva visto le chiamate perse elencate in memoria, non era riuscito a fermare il pollice per premere il tasto verde. Troppo tardi si accorse dell’immensa stupidaggine che aveva fatto, ma ormai la ninja, dopo il secondo squillo, stava rispondendo.

“ VINCENT VALENTINE!” Vincent fu lesto ad allontanarsi il ricevitore dall’ orecchio “SI Può SAPERE DOVE SEI STATO PER TUTTO QUESTO TEMPO?? E SOPRATTUTTO,PERCHé NON RISPONDEVI ALLE MIE CHIAMATE??!”

“ Ciao, Yuffie” replicò il Turk molto tranquillamente e questo la fece imbestialire parecchio.

“ Cos..?? Dopo un mese e passa che non ricevo tue notizie tutto quello che hai da dire è “ Ciao, Yuffie”?? Io ti strangolo se mi capiti a tiro, hai capito Vincent? Ti strangolo!”

“ Deduco che tu non sia felice di sentirmi” sospirò Vincent con finto rammarico “ Allora è meglio che riattacchi..”

“ No,No,no, no, no scherzavo!” si affrettò a chiarire la ninja “ Scherzavo..”

Vincent sorrise.

La solita Yuffie, impossibile non sorridere della sua goffagine anche quando incespicava sulle parole pronunciate.

Era una ragazza speciale, l’unica che lo cercasse per dargli un po’ di conforto nei momenti bui.

L’unica persona che provasse per lui affetto e non timore.

L’ennesima persona a cui non aveva mai ripagato abbastanza la sua amicizia.

“ Lo so” rispose tristemente Vincent “ Anch’io”

“ Ehi! Hai fatto del sarcasmo!” la solita allegria di Yuffie stava lentamente tornando a galla e il Turk accennò una risata appena percettibile. Ghignò più che altro.

Ridere era una cosa che aveva dimenticato da tanto tempo.

“ Ehi Vince”

“ Sì?”

“ Potresti … tornare qui?” esitò un momento “ Le cose vanno un po’ maluccio da quando..”

Ti prego, non dirlo..

“ Bhè, lo sai” farfugliò la ragazza “ E Reeve, non è più lo stesso. È sempre depresso, scostante, credimi sembra un'altra persona e ultimamente dei mostri che bazzicano nei dintorni di Edge stanno creando diversi problemi e una mano ci farebbe comodo.

Cloud e gli altri ti aspettano. E anch’io…”

Vincent si rassettò i capelli, chiudendo gli occhi scarlatti.

Non gli stava chiedendo poco, non era ancora pronto per affrontare la realtà che si era lasciato alle spalle un mese prima (un mese!) e tornare a quell’inferno.

Inoltre si sentiva sempre più debole. Quegli psicofarmaci facevano più bene che male, inibendo la sua lucidità in maniera spaventosa. Delle volte gli pareva di galleggiare in una nuvola per quanto poco sentisse la terra sotto i piedi.

Meglio non parlarne a Yuffie..

Non le avrebbe fatto piacere sapere che Vincent Valentine prendesse quelle porcherie che gli conferivano uno sguardo da drogato. Per niente.

“ Non so Yuffie” improvvisamente si sentì molto stanco, come a dimostrare la veridicità dei suoi pensieri “ Reeve non gradirà il mio ritorno. Non dopo quello che è successo”

“ Cosa? Ma non dire sciocchezze! Dopotutto mica sei tu il responsabile della morte di Shelke!”

Quell’affermazione convinta lo ferì come una coltellata.

Si portò una mano alla fronte, sedendosi sulla sponda del letto.

Quanto ti sbagli..

Hai fatto tutto il possibile, ma non è colpa tua!”

“ Forse” rispose sofferte l’uomo “ Possiamo cambiare argomento?”

“ Ok… Ti dicevo, abbiamo bisogno di te e poi” tacque, mordendosi il labbro inferiore.

Vincent alzò un sopracciglio, perplesso del prolungato silenzio che si era creato tra loro.

Decisamente poco da Yuffie.

“ Yuffie?”

“ Vorrei che tornassi per il mio compleanno” disse con un timido candore “ Ne compio venti, vorrei tanto che ci fossi anche tu alla festa”

Festa? Venti? Leviathan, gli sembrava ieri che l’avesse conosciuta quando era poco più di una sedicenne.

Ma ormai non era più una ragazzina, era una donna.

Non si sarebbe mai abituato a quel cambiamento. Per lui ,Yuffie sarebbe rimasta quella ladruncola di Materia acerba e petulante, in perenne contrasto con Cid. La ragazzina che si appoggiava a lui quando le girava la testa per il mal d’aria.

Che lo rallegrava con la sua immensa gioia di vivere.

Poteva deluderla?

Ma soprattutto … poteva  ricominciare a vivere?

“ Non saprei” mormorò indeciso “ Io..”

“ Oh, ti prego!” esclamò Yuffie con la voce incrinata “ Sarebbe il regalo più grande che tu possa farmi!”

Io? Davvero?

Nessuno avrebbe mai considerato la sua presenza come un regalo. Tranne lei.

Per un attimo il suo cuore si sciolse. Riempiendo tutti i momenti di solitudine che aveva sopportato per un mese.

Fu felice, solo per poco, ma fu felice.

Forse fu quel sentirsi desiderato a fargli accettare l’invito, con la gioia immensa di Yuffie a perforargli i timpani già abbastanza disastrati dalle medicine.

Ciò che successe dopo, è solo l’ennesimo intrigo che il destino pone sulla strada di un uomo che ha già sofferto molto.

Ma, a quanto pare, non abbastanza.

 

 

 

 

 

Lo sferragliare del treno sulle rotaie, il paesaggio che sfrecciava dal finestrino semi-aperto gli impedirono di ragionare lucidamente.

Gli dava fastidio quel rumore di ferro su ferro, l’aria che gli scompigliava i capelli, gli occhi che lacrimavano e l’immensa stanchezza che gli impediva di chiudere il vetro.

Aveva freddo e caldo al tempo stesso.

Gocce di sudore gli solcavano la fronte pallida, mentre brividi di freddo gli scuotevano la schiena appoggiata al sedile consumato.

Teneva la testa appoggiata allo schienale, le palpebre socchiuse a fissare la lampada al neon sul soffitto che ogni volta gli sembrava sempre più sfocata.

Respirava piano, in modo irregolare, sempre più convinto che quella febbre fittizia fosse dovuta al fatto che non avesse preso le medicine all’ora prestabilita.

Quelle cose maledette creavano una dipendenza che si stava male se non si appagava ogni volta, ma ormai voleva smettere.

Le visitine di Hojo si erano molto ridotte in quel periodo e non aveva intenzione di continuare a distruggersi per una paranoia.

Devo solo riposare..

La lampadina si sdoppiò un momento prima di tornare normale al suo sguardo e gemette, massaggiandosi le tempie con un movimento lento.

Si accomodò meglio, ignorando l’aria fredda, e chiuse gli occhi sperando di trovare un po’ di conforto.

“ Mi scusi” strano gli pareva familiare quella voce “ Questo posto è occupato?”

Aprì un occhio, poi entrambi, e scattò seduto.

Chinata leggermente in avanti e con una mano sulla maniglia della porta scorrevole, c’era lei.

Lucretia Crescent.

I lunghi capelli castani erano acconciati nella solita coda di cavallo, che lascia scoperto il viso delizioso e niveo.

Sorrise, inclinando la testa di lato.

“ Mh?”

Vincent riuscì solo ad annuire e lei entrò prendendo posto nel sedile di fronte a lui.

“ Lucretia?” sussurrò sconvolto “ Sei.. sei..”

La donna alzò una mano e il Turk si zittì.

“ Vincent” disse assumendo un cipiglio serio “ Finalmente..” esitò “ Riesco a parlarti. Come ti senti?”

“ Sto bene”

“ Vincent, dimmi la verità”

Vincent abbassò lo sguardo, fissandosi l’artiglio con finto interesse.

Perché voleva mentirle se sapeva benissimo che non poteva? Lei aveva di sicuro visto tutto ciò che aveva fatto.

Si sentì un completo idiota. Chissà cosa pensava di lui..

“ No” ammise infine e a malincuore “ Non sto bene. Questi farmaci mi stanno distruggendo, ma lo farebbe  molto di più LUI se smettessi di prenderli”

Gli occhi nocciola della dottoressa si tinsero d’angoscia.

“ Oh Vincent” bisbigliò stropicciandosi le mani “ Mi dispiace ma..”

Ma?

“ Dei..” imprecò la donna stringendosi spasmodicamente le dita “ È tutta colpa mia..”

“ Tua?” perché doveva essere colpa sua?

“ Sì. Ti devo dire una cosa e non so quanto potrà farti piacere”

“ A questo punto..”

Lucretia respirò profondamente, prendendo una ciocca di capelli sfuggita dall’elastico, e cominciò a intrecciare tre bande per farsi una piccola treccia. Vincent la fissava intensamente, aspettando risposte per domande che non aveva mai osato rivolgere a nessuno.

“ Vedi..” iniziò a raccontare mentre intrecciava, fissando le dita che operavano con agilità “ Trent’anni fa ti chiesi di posare per un quadro, un capriccio direi, solo col pretesto di passare più tempo con te” un piccolo sorriso increspò le labbra sottili “ Ti ricordi? Sai Vincent, in quei momenti mi sentivo una donna normale, libera. Libera di stare con l’uomo che amavo senza limitazioni.

Ma..”

“ Hojo scoprì il nostro passatempo” completò Vincent con un’ombra scura negli occhi.

“Sì”

In quel momento il treno entrò in una galleria.

 

“ Valentine!”

Hojo zoppicò fino alla coppia, che lo osservava con sgomento.

Vincent si accorse di stare stringendo ancora Lucretia per i fianchi e la lasciò andare, mettendosi rapidamente sull’attenti.

“ Professor Hojo”

Lo scienziato lo squadrò da capo a piedi, annoiato, poi rivolse tutta la sua attenzione alla donna.

“ Dottoressa Crescent” disse con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono “ Vedo che si lavora, eh?”

Lucretia arrossì e abbassò lo sguardo sui piedi, sentendo il licenziamento più vicino di quanto non lo fosse in realtà.

“ Io” farfugliò col viso in fiamme “ Mi scusi professore, non succederà più..”

“ Lo spero. Il nostro lavoro richiede serietà, non giochetti da quaglie innamorate con la guardia del corpo”

Vincent strinse i pugni. Ma come osava?

“ Valentine” disse di nuovo Hojo con finta sorpresa “ Perché quella faccia contrariata?”

Vincent corrugò le sopracciglia, scegliendo le parole adatte per colpire quello scienziato da strapazzo.

“ Volevo far presente” rispose con presunzione “ Che Lu.. la Dotteressa Crescent non stava qui a far niente, anzi, si dedicava ad un lavoro di grande manualità e bravura”

“ Ah davvero?” stavolta Hojo mostrava interesse “ Di che tipo?”

Vincent sorrise, non accorgendosi che Lucretia lo fissava con sgomento modulando un “No” basso ma comprensibile.

“ Venga a vedere, professore” disse “ E si ricrederà..”

 

 

 

“ Uhm..” Hojo intrecciò le dita sulla schiena e si sporse in avanti, osservando il dipinto che emanava ancora odore di vernice e collante.

Alle sua spalle, Vincent si voltò raggiante verso Lucretia. Ma il sorriso gli morì sulle labbra quando vide il viso della donna impallidirsi.

Si avvicinò ancora avvicinando il volto al suo.

“ Che succede?”chiese col labiale ma lei non rispose e continuò ad osservare il folle scienziato con un vago timore. Non prevedeva nulla di buono.

“ Lu..”

“AH!”

Hojo si raddrizzò e Vincent tornò rapidamente al suo posto.

“ Devo ammetterlo Dottoressa Crescent” disse voltandosi con un ghigno “È decisamente un opera degna di nota. Un vero capolavoro”

Non le fece piacere ricevere i complimenti da lui,anzi, la agitò ancora di più.

“E lei, signor Valentine” guardò Vincent “ Che ne dice?”

“È un capolavoro” affermò sicuro “ Che durerà nei secoli”

“ Nei secoli?oh sì..” lo scienziato sospirò, con una teatralità troppo studiata per essere vera “ Grandi opere, i quadri, Congelano il tempo in un istante, cristallizzando la bellezza che nell’essere umano tende a perdersi nel tempo” allargò le braccia, due stecchi ossuti, ed esclamò “ Sarebbe meraviglioso se al posto nostro invecchiasse qualche alter ego in un quadro, donandoci l’eternità e l’immortalità”

Vincent rimase a bocca aperta, concentrando la sua attenzione sul ritratto.

Lo fissava come avrebbe fissato gli altri, per sempre., Rimanendo imperturbabile a tutto e a tutti. In una perenne giovinezza che lui avrebbe perso molto presto.

Aveva ventisette anni, non molti, ma sentiva ,ogni giorno, il peso del tempo che scorreva. Rallentandogli i riflessi, sottraendo la sua forza, rubando la sua precisione con la pistola.

Non ci aveva mai pensato in quei termini, ma Hojo gli aveva aperto gli occhi:

l’intera esistenza in una mano, da disporre a piacimento lasciando che qualcun altro subisse al posto suo.

Avrebbe avuto più tempo, non avrebbe sentito il peso dei peccati.

Con la coda nell’occhio, fissò la figura tremante di Lucretia.

L’eternità per vivere il loro amore, senza costrizioni e bugie, senza dolore.

Il ritratto lo fissò serio, come a volerlo rimproverare, ma lui non ci badò.

Preso da qualche mania d’onnipotenza, desiderò qualcosa che in futuro avrebbe causato tanta sofferenza a lui e alle persone care.

“ SE ci fosse un modo” pensò eccitato “Vorrei che a subire il peso del tempo e del peccato fosse il quadro, non io”

Aveva segnato in maniera indelebile il suo destino.

 

 

Silenzio. Sorpreso, sgomento, incredulo.

Le luci sembravano macchie confuse nel buio della galleria e il volto di Lucretia, in penombra perché la lampadina si era bruciata, sembrava un gioco di ombre cinesi che disegnavano un’espressione colpevole, disperata.

Vincent, gli occhi sbarrati, la fissava sperando di aver capito male. Ma non era così.

“ Quindi..” riuscì a sillabare, senza avere la forza di continuare “…”

La donna si morse le labbra “ Mi dispiace..”

“ Lui..”

“ Sì” guardò fuori dal finestrino “ Qualcuno che invecchia al tuo posto..”

 

 

 

Aggiornamento rapido! Vince ha scoperto solo parte della verità, che svelerò nel prox chappy, ma non la scrivo qui sennò non riesco a collegare bene la storia.

Oooook vi avevo promesso dinamismo ma vi ho dato solo un altro chappy sbandato, -_-“ pardon…

Il prossimo capitolo conterrà anche la festa di Yuffie ^___^ ( festa!!!!nda tutti) perché tra Vincent e Reeve si creerà una situazione che li porterà a combattersi, segnando la definitiva frattura. Tutto nel prox chappy ovviamente (suspence!)

Spero che vi sia piaciuto, anche come è scritto.

Ringrazio THE ONE WINGED ANGEL per aver commentato l’altro capitolo, sono felice che ti piaccia la mia fic ^___^ spero di non averti annoiato!

P.s scrivendo questa fic ho ascoltato spesso queste canzoni: Forever Young (Jay-Z e Mr Hudson) e Die another day (Madonna) tanto che le considero un pò le colonne sonore della fic. Non so voi, ma per me calzano a pennello ^_^ ciaoooo!!

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Capitolo 7
*** Accetti la sfida? ***


 

“ Qualcuno che invecchia al tuo posto”

In quel momento molti pezzi del complicato puzzle della sua vita andarono a posto, incastrandosi con perfetta logica negli spazi vuoti e illuminando i punti di domanda che avrebbe preferito tenere nell’oscurità.

L’ennesima colpa, quella di essere stato superbo nei confronti di forze oltre la sua portata. Di essersi auto- condannato una seconda volta senza sapere.

Lucretia lo fissò, preoccupata dall’improvvisa tensione che si era creata tra loro.

“ Vincent..” l’uomo non rispose, ancora perso nei dolorosi ricordi del suo passato.

“ Vincent, ti prego dì qualcosa”

Lui alzò lo sguardo e, per la prima volta, fissò la donna che aveva sempre amato con una rabbia tale da farla sussultare.

“ E allora?” mormorò con una calma gelida “ Cosa dovrei dirti? Che va tutto bene e che non importa? Pensi che si risolverà tutto così?”

“ No, ma…”

“ “ma” cosa??”

“ Non volevo condannarti a tutto questo, Vincent, mi dispi..”

“ NON dire quella parola!!” ringhiò Vincent alzandosi in piedi, sovrastandola con gli occhi accesi d’ira “ Sono stufo di essere manovrato! Da Hojo, da te!! Pensi che con un “mi dispiace” possa tornare tutto come prima?? Che tutto ciò che ci è successo svanisca??” ricadde seduto, tradito dalla debolezza delle gambe, e riprese fiato mentre minuscole gocce di sudore gli  imperlarono la fronte.

“ Mi trovo così” continuò esitante “ Per colpa delle mie scelte, per qualcosa che non ho fatto. Penso di aver già pagato abbastanza, eppure non puoi fare a meno di tornare a dirmi cose che non avrei mai voluto sentire. Possibile che tu non riesca a dire altro che “mi dispiace”?”

Lucretia era rimasta in silenzio, ascoltando ogni parola con dolore.

Poteva capirlo, dopo tutto ciò che aveva passato meritava di rifarsi una vita. Lontano da lei e dal Turk che era stato. Ma se voleva quella realtà doveva prima ascoltarla.

“Ti capisco, Vincent, credimi” disse in poco più di un sussurro, guardando il paesaggio collinare che sfrecciava fuori dal finestrino “ Vorrei che tu fossi libero, lo vorrei con tutta me stessa”

Quelle poche parole riuscirono a calmarlo un poco, e il suo respiro tornò lentamente regolare.

La rabbia si dissolse, lasciando posto ad una desolante vergogna. Si era scagliato su di lei senza motivo, quando magari stava cercando di aiutarlo. Come sempre.

Lucretia era sempre stata l’elemento più ingenuo nella sua lotta contro Hojo. Non poteva fare del male a qualcuno volontariamente, non ne era capace.

Anche se aveva effettuato degli esperimenti su di lui e l’aveva condannato ad una lotta interna con Chaos  non poteva dire che l’aveva fatto in cattiva fede.

Aveva capito i suoi errori e aveva cercato in tutti i modi di rimediare, anche se alla fine si era rivelata una tortura peggiore della morte.

“ Scusa” mormorò raddrizzandosi sullo schienale “ Non volevo dire questo. Io..”

“ No, hai ragione” lo interruppe lei voltandosi a guardarlo “ Ma lascia che ti aiuti, ci sono molte cose che non sai. Dopo sparirò, non ti disturberò mai più”

“ Non voglio che tu sparisca, Lucretia” rispose Vincent “ non riuscirei a sopportarlo”

La donna sorrise tristemente, conscia di quanto avesse torto il moro “ Ci riuscirai invece. Un giorno ti sveglierai e ti accorgerai che io sarò solo un ricordo lontano”

“ Questo non accadrà mai” affermò notando che la voce di Lucretia si era incrinata, e allungò un braccio per stringerle una mano.

Incontrò delle dita gelide, ma materiali, e sperò con tutto il cuore che capisse quanto fosse importante per lui nonostante il tempo fosse passato su di loro senza pietà. Cancellando la loro storia come il mare cancella le orme sulla spiaggia.

“ Accadrà” mormorò Lucretia ricambiando la stretta “ Avverrà tutto quanto senza che tu te ne accorga…… se vivrai”

Un'altra galleria inghiottì le ultime due  parole e le trascinò nel buio, insieme all’espressione perplessa di Vincent.

La donna sospirò.

“ Quando Hojo ti uccise ti portai subito al laboratorio. Lì mi accorsi che le tue funzioni vitali non erano scomparse ma, come dire, sospese. Era come se tu avessi interrotto momentaneamente la tua vita. Ti trovavi in una situazione di stasi” liberò le dita da quelle di Vincent e tornò a guardare fuori “ Rimasi sorpresa, ma non ci feci troppo caso, pensai che fosse un malfunzionamento delle macchine e continuai a cercare un modo per riportarti in vita. Quando eri già vivo e vegeto….”

“ Ero…” boccheggiò Vincent sorpreso “ Vivo?”

“ Sì, ma in stasi biologica. Comunque sia la tua anima era al sicuro nel quadro nella mia stanza, e tu aspettavi solo un input per riattivare il tuo corpo”

Vincent portò una mano alla tempia. Improvvisamente gli girava la testa, e l’incredulità per ciò che stava sentendo non  fece altro che peggiorare la situazione.

Non poteva essere andata in quel modo, come poteva un desiderio formulato incoscientemente determinare la vita di un uomo? Com’era possibile sigillare un’anima dentro un dipinto?

Lo sguardo gli cadde accidentalmente proprio su quest’ultimo, poggiato sul portabagagli sopra la sua testa, coperto da un drappo viola.

Abbassò gli occhi, turbato.

“ Cosa successe dopo?” domandò cercando di sembrare calmo e Lucretia lo fissò con immenso rammarico.

“ Inserii la Protomateria nel tuo corpo, quando in realtà non serviva. Bastava qualcosa con una potenza minore ma…. Non lo sapevo, così successe quello che sai”

“ Diventai un tutt’uno con Chaos”

“ Sì. Tu non invecchi ,Vincent, per il semplice fatto che c’è qualcuno che lo fa al tuo posto. Tutti gli scempi che il tempo e i peccati compiono su una persona su di te non hanno alcun effetto, perché la tua anima risiede in una sede separata dal tuo corpo”

“È impossibile”

“ Lo è?”

Vincent dovette ammettere di no.

“ Non pensavo ad una cosa del genere”

“ Neanche io, ma la realtà non lascia alcun dubbio. La tua richiesta si è avverata, Hojo ha giocato la sua prima parte”

“ Hojo? Non capisco”

“ I patti di questo genere venivano chiamati “ Avichi”, inferno, presso i Cetra era un’operazione piuttosto comune fino al Medioevo. Consisteva nel trasferire l’anima in un oggetto per evitare che la morte prendesse il sopravvento, in modo tale da vivere molti più anni di quelli concessi normalmente dalla natura. Ma separare l’anima dal corpo è un abominio che segna una persona per l’eternità”

“ Come ho fatto? Ho semplicemente desiderato…”

“È stato anche grazie ai colori”

Lucretia sospirò, adottando l’espressione tipica di quando si sentiva colpevole per qualcosa senza tuttavia esserlo.

“ Appartenevano a mia nonna” disse abbassando lo sguardo “ Non credevo che avessero dei poteri. Li ho ereditati da lei quando è mancata, ma non li avevo mai utilizzati. Mi dispia… non lo credevo…”

Vincent era sempre più sorpreso, ma mantenne una certa calma per non colpevolizzare ancora la donna. E poi desiderava solo dormire.

Gli faceva troppo male la testa per pensare lucidamente a qualcosa. Ma non poteva ignorare le parole che Lucretia gli stava dicendo. Anche perché temeva che sparisse nuovamente dalla sua vita.

“ Non fa nulla” mormorò roco e Lucretia chiuse gli occhi.

“ Stai mentendo”

“ Lo so. Continua”

Lo sferragliare sulle rotaie divenne sempre più forte.

“ Grazie alla magia, i colori hanno favorito la tua richiesta”

“ E Hojo cosa centra?”

La scienziata si accinse a spiegare la parte più difficile della storia.

“ Secondo i Cetra, gli esseri umani possiedono due spiriti. Uno buono e l’altro malvagio, positivo e negativo, un po’ come lo Ying e lo Yang. Questi spiriti” e mimò il gesto di un cerchio che continuava a girare su se stesso “ Sono ciclici, in un momento può essere più forte la parte malvagia e viceversa. Gli spiriti guidano una persona e la portano a compiere gesti che dipendono strettamente dalla loro natura” fissò Vincent, che non riusciva ancora a capire.

“ Non capisco”

“ Gli spiriti non sono quelli che intendiamo comunemente. Sono persone che hanno influenzato la nostra vita in maniera particolare. Nel bene e nel male”

Vincent scattò “ Vuoi dire che è per questo che vedo te ed Hojo? Siete i miei spiriti?”

“ Nel bene e nel male” puntualizzò Lucretia annuendo “ Ma ci sono dei momenti in cui lui è più forte, e io vengo relegata in un angolo della tua mente…. Praticamente ogni volta” ridacchiò con un sorriso tirato e Vincent si commosse a pensare alla sua Lucretia incatenata dentro di lui, schiava di quel pazzoide di Hojo che l’aveva sempre manovrato come un burattino.

Si sentì peggio.

“ Ho ucciso Shelke per colpa sua”

“ Lo so” Lo sapeva??

Per la prima volta da quando si era risvegliato, le sue guance andarono in fiamme. Immaginò che Lucretia sapesse di quel bacio e non osò pensare a cosa potesse dire.

“ Ma in parte è stata anche colpa mia”

Il Turk sobbalzò. Come poteva essere colpa sua? Basta colpevolizzarsi!

“ Non avresti potuto nulla contro Hojo”
“ Non è per quello. Sentivo, nella tua mente, che stava per succedere qualcosa. E dato che ero troppo debole ho usato l’unico canale mentale a cui avevo accesso. Cioè quello di Shelke. L’ho avvertita, ma lei non ha voluto ascoltarmi. Mi ha insultata e derisa, mi odiava, e allora  ha usato quel bacio per farmi un ripicca, ecco come è andata. Voleva farmi soffrire, ma alla fine c’è andata di mezzo lei.”

Il ricordo di quella notte colpì Vincent come uno schiaffo. Ricordò la morbidezza delle labbra di Shelke, la ricerca affannosa nella palude, il proiettile, il sangue.

E le sue parole.

Volevo prendermi una piccola soddisfazione.

Ma certo. Adesso gli era tutto più chiaro.

Di’ a Reeve che lo amo…

Non riuscì a parlare. Il corpo sanguinante della ragazza tra le sue braccia ancora lo tormentava. Era ancora fresco l’odore di morte.

“ Il suo destino era comunque segnato” cercò di rassicurarlo Lucretia, senza capire che nel suo tono cercava più di confortare se stessa “ La colpa, Vincent, è stata mia e di Hojo. Non tua”

Vincent buttò fuori l’aria dai polmoni, in un sonoro sbuffo “ Sono io che ho sparato, di questo posso anche recriminarmi. Smettiamola di addossarci colpe che non sono nostre, te in particolare”

“ Allora non mi ascolti!” esclamò Lucretia alzandosi in piedi. Gli occhiali scivolarono sul suo naso, ma lei non li risistemò, conferendole un aspetto distorto e disordinato. L’aria nel vagone diventò più fredda, sul vetro un leggero strato di brina coprì la vista esterna.

“ Non è stata una tua scelta! La nostra influenza, il ritratto… il Fato ha preparato questo! E io non voglio! Hai capito ,Vincent?? Non voglio!” Vincent si alzò e la prese per le spalle. Gli occhi scuri di Lucretia incontrarono i meravigliosi rubini dell’uomo, che vennero celati quando le posò un bacio sulle labbra.

Quando si scostarono, Vincent la costrinse a sedersi delicatamente, spingendola sul sedile di fronte. Ancora inebetita, ubbidì.

Vincent sorrise, e il calore tornò improvvisamente nella piccola cabina. Forse anche troppo, ma lei era così felice di aver avuto questo fugace momento che proprio non se ne rese conto.

Per un attimo le parve che nulla fosse cambiato da allora. Lei la timida scienziata e lui l’altero Turk di cui si era innamorata. Sarebbe stato bello vivere per sempre insieme a lui..

“ Cosa intendi per il Fato?”

Ma è impossibile eludere l’amara realtà.

Nascondendo il suo disappunto continuò a raccontare “ Il destino è mutevole e pieno di inganni. Sta a te scoprire la strada giusta. Io ho fatto la mia parte, è ora che vada”

“ Aspetta!” Vincent gli si inginocchiò davanti, fissandola con angoscia “ Non capisco, come farò a sapere quando?”

Lucretia fece scivolare una mano sull’artiglio dorato di Vincent, in un’incerta carezza minacciata da alcune lacrime silenziose.

“ Tu farai la cosa giusta” mormorò mesta “ Lo so. Guardati da chi prima era un tuo amico, molte cose sono cambiate, Vincent”

Qualcosa coprì i suoi occhi, facendolo sprofondare nell’oscurità.

“ Lucretia?”

Silenzio.

“ Stazione di Edge city, ultima fermata!”

Aprì gli occhi di scatto, e si ritrovò a fissare il sedile vuoto, inginocchiato in avanti. Si radrizzò molto lentamente, voltandosi verso il dipinto poggiato nel vano portabagagli.

Assottigliò le palpebre.

Destino.

 

 

 

 

Il Seventh Heaven sembrava adornato per la festa di un bambino.

Per un attimo si chiese se anche Denzel o Marlene compissero gli anni, ma poi si ricordò che a Yuffie piacevano un sacco quelle decorazioni puerili.

Gli striscioni colorati e i palloncini erano arrivati fino in strada e un enorme “ Buon compleanno Yuffie” svettava sulla facciata del bar, e Vincent pensò che sarebbe stato un miracolo se nei giorni seguenti qualcuno non avesse saputo di quella festa. La musica e gli invitati sembravano troppo allegri e colorati rispetto a lui, ma non era dell’umore più giusto per festeggiare. Non dopo quello che era successo.

Ma doveva provarci almeno per lei. Gliel’aveva promesso.

Varcò la soglia, esitante, ma non ebbe nemmeno tempo di entrare che qualcosa di piccolo e incredibilmente veloce lo travolse buttandolo quasi a terra. Sbattè la schiena contro il muro, sorreggendo prontamente la figura che urlava felice e che gli si appendeva al collo.

“ VINCENTOMMIODDIO!!” strillò dritta dritta al suo orecchio “ SEI QUI!!”

Vincent sorrise, rischiando di soffocare in quella morsa mortale.

“ Avevi qualche dubbio?” annaspò cercando di staccarsi dalla ragazza di Wutai e fu a quel punto che avvertì una possente pacca che per poco non gli sfondò la spalla.

“ A dire il vero più di uno, vampiro!” tuonò gioviale Barett e Cid, seduto poco distante gli fece un cenno.

“ Ehi, Vince!”

“ Vincent!” la piccola Marlene corse verso di lui, con un sorriso stampato sulle labbra rosee “ Sei arrivato!”

Tifa uscì dalla cucina, asciugandosi le mani con uno strofinaccio “ Vincent” sorrise “Da quanto tempo. Come stai?”

“ B..” un violento capogiro lo fece cadere per terra, con la ninja ancora stretta a se. Lei strillò.

Tutti accorsero, preoccupati, ma Vincent fece un cenno per tranquillizzarli e si alzò aiutando Yuffie. Lo sforzo per poco non lo fece precipitare nelle tenebre dell’incoscienza. Combattendo contro la debolezza, tornò il Vincent di sempre.

“ Tutto bene, grazie”

“ Sei sempre così freddo Vinnie!” lo rimproverò Yuffie più tranquilla “ Non cambi mai”

“ Non sai quanto hai ragione Yuffie” pensò vedendo entrare delle persone che non conosceva ma che probabilmente erano amici dalla wutaiana “ Non sai quanto”

 

 

La festa proseguiva bene. Si era tenuto fuori da sciocchi giochi, tipici di quelle occasioni, e aveva osservato divertito Cid e Yuffie litigare sul possesso della sedia alla fine della musica, i bambini che facevano incetta di dolci preparati da Tifa, che era impegnata in una fitta conversazione con Cloud. Lui le prese una mano e la mora arrossì, sorridendo lieve.

Vincent deviò lo sguardo in un altro luogo, provando un po’ d’invidia per i due, e osservò Barett scherzare rumorosamente con alcuni uomini, bevendo ogni tanto un sorso di birra direttamente dalla lattina. I palloncini e le risate abbondavano in quel luogo, così come i regali ordinatamente impilati in un angolo. Alcuni dei quali enormi.

Si vergognò un po’ del suo, ma poi pensò che non ce n’era ragione. Era piccolo, carico di una sua importanza. Almeno per lui.

Forse Yuffie non era una ragazza per quel genere di cose, forse non l’avrebbe mai indossato.

Ma Vincent ci teneva a donarglielo. Di sicuro sarebbe stato maglio a lei che a lui.

Sorrise. Il dolce peso del ciondolo di sua madre gli rimembrava la carezza dolce con la quale gli dava la buonanotte. E il profumo della sua pelle pareva ancora vivo nel freddo argento che incastonava il piccolo rubino a forma di goccia.

Rosso come il sangue che aveva da sempre marchiato la sua vita.

Non importava, quel monile era una parte di lui. E Yuffie, se avrebbe voluto, poteva portarlo vicino al suo cuore.

“ Valentine”

Si girò, troppo velocemente per non tradire il suo disagio, e il volto sorridente di Reeve l’accolse. Teneva un bicchiere in mano, mentre l’altra era abbandonata lungo il fianco. Nonostante cercasse di apparire sereno, i suoi occhi tradivano una certa ostilità.

“ Lieto di rivederti”

“ Reeve” quanto era invecchiato…. Sembrava dimostrasse sessant’anni. I capelli cominciavano a tendere verso il grigio. Le rughe sotto gli occhi diventavano più evidenti alla luce delle lampade.

Si sentì male. Come l’aveva ridotto?

“ Facciamo quattro passi”

Non era una richiesta, era un ordine. Trapelato con un’impazienza che Vincent non gli riconobbe. In quel momento capì che il Reeve che aveva conosciuto non esisteva più.

 

 

 

 

 

La sera calava rapidamente, i tetti si dipingevano di nero.

Vincent uscì nella fresca sera novembrina seguito da Reeve, che a due passi dal bar si fermò.

“ Volevo parlare un po’ con te Vincent” cominciò bevendo un sorso dal bicchiere e Vincent si voltò, guardingo. Una folata d’aria gelida gli gonfiò il mantello, facendo tintinnare il ciondolo che aveva nella tasca.

“ Sei sparito senza lasciare tracce” riprese prima che lui potesse rispondere “ Ma da te dovevo aspettarmelo. D’altronde nemmeno Yuffie sapeva dov’eri”

Abbassò lo sguardo, fissandosi le punte delle scarpe, e Reeve gli si avvicinò ancora.

“È stato codardo. Speravo che almeno affrontassi direttamente le conseguenze del tuo fallimento”

“ Come?” alzò gli occhi, fissandolo glaciale “ Shelke non sarebbe tornata comunque in vita”

Reeve aspirò bruscamente l’aria, mentre gli occhi si colmarono di tutta l’ira repressa.

“ Di questo” sibilò “ Non importa. Non più. Questo problema si risolverà presto”

Un campanello di allarme mise Vincent  in agitazione.

“ Cosa intendi dire?”

Reeve sorrise, prima di bere di nuovo “ Nel vecchio laboratorio i miei uomini hanno rinvenuto dei progetti di Hojo. Progetti in grado di risuscitare i morti mediante i fluidi H”

Il nome di Hojo collegato a “progetti” lo fece sussultare. Ecco cosa lo metteva in soggezione.

“ Sei impazzito?” rispose con collera trattenuta “ i fluidi H devono essere testati prima. Su esseri umani”

“ Lo farò, immagino che nessuno noterà la presenza di qualche civile in meno” Vincent lo prese per il bavero, portandoselo a pochi centimetri dal viso.

“ Sei uscito si senno, Reeve??” Vincent lo strattonò, deformato dalla rabbia “ Pensi che una cosa del genere funzionerà? Non sai quanto male ha causato Hojo con i suoi scervellati esperimenti!! Condannerai degli innocenti alle pene dell’inferno!!”

Molto tranquillamente Reeve si liberò dalla mano che lo stringeva e fece per vuotare il bicchiere, ma con una manata, il Turk glielo fece cadere e terra, in una sinfonia di vetri rotti.

“ Succederà prima o poi” dichiarò Reeve con uno sguardo di sfida “ Tu non mi impedirai di essere felice, Valentine”

Il moro fece una smorfia, indeciso. Ma poi il pugno che colpì il volto di Reeve parlò da se.

Il capo della WRO cadde a terra, tenendosi il naso che, rotto in più punti, cominciò a stillare sangue.

“ Vedremo” mormorò Vincent accettando la sfida, e rientrò nel bar.

Nel delirio di Reeve aveva trovato un nuovo e pericoloso nemico.

Guardati da chi una volta era tuo amico….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono qui e… sorpresa! Mancano solamente due capitoli alla fine! Allora, Reeve è uscito di senno e vuole riportare in vita Shelke , anche a costo di dover sacrificare delle vite. Vincent ha scoperto tutta la verità, e giocherà la sua battaglia contro il Fato. Che succederà?

Spero che la spiegazione dell’eterna giovinezza di Vincent sia chiara. Riuscirà a liberarsi dalla maledizione? Tutto nei prossimi capitoli!

Ah “avichi” è l’inferno indiano e i fluidi H….. me li sono inventati di sana pianta, ma sono molto letali e basici. Per questo Vinnie ne ha timore…

 

 

 

RoseMari

 

Sono contenta quando qualcuno esce allo “scoperto” ^^ grazie mi fa piacere che ti piaccia, anche se ormai siamo alla fine. Non anticipo nulla ma dico solo che Vincent avrà una brutta discussione. Ciao, continua seguirmi!

 

Zack_Fair

 

Grazie ^^ mi fa sempre piacere sentire persone nuove. Spero di aver spiegato bene la situazione. Anche se Vincent che perde le staffe con Lucry lo vedo un po’ improbabile O_O

 

 

 

Ciaoooo, a presto!!

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Capitolo 8
*** La battaglia contro il Fato ***


 

Tutto quello che so
è che il tempo è una cosa preziosa
Vedilo volare mentre i secondi passano
Vedilo passare fino alla fine del giorno
L’orologio fa passare la vita
è cosi falso
Non ero attento
Vedi il tempo volare fuori dalla finestra
Ho provato a fermarlo / ma non sapevo neanche
L’ho sprecato tutto solo per
Vederti andare via.

Linkin park In the end

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rientrò nel bar nel momento stesso in cui Yuffie spense le sue venti candeline, seguita da una scrosciante pioggia di auguri.

Non si curò di Cid, che respirando l’elio da un palloncino gli si era avvicinato nella speranza di vederlo ridere almeno una volta nella sua vita, e scostò la mano che il pilota gli aveva messo sulla spalla.

“ Ehi, Vince, va tutto bene?” domandò con la sua nuova voce da papera, e Vincent lo guardò brevemente. Scosse la testa, lasciando Cid perplesso mentre si allontanava da lui.

Salì al piano superiore per sfuggire al rumore e alla compagnia degli altri e si sedette sul davanzale della finestra in fondo al corridoio, osservando la strada sottostante perso nei suoi pensieri.

Non poteva credere che Reeve intendesse fare questo. Non pensava che gli estremi del suo gesto avrebbero preso un risvolto così pericoloso, rischiando di far coinvolgere perfetti innocenti in un baratro di dolore.

Dannato Hojo. Anche dopo la morte continuava a causare problemi, sfruttando le sue debolezze e quelle di Reeve.

Perché ormai era sicuro che il piano di Reeve centrasse con il compimento del suo destino, nel bene ma soprattutto nel male.

D’altronde le occasioni per redimere se stesso c’erano state, ma aveva preferito rinchiudersi trent’anni in una bara per non avvertire il peso dei propri peccati sulla pelle, rimandano ciò che inevitabilmente gli sarebbe capitato in futuro.

Ora il Fato gli stava facendo pagare il prezzo della sua accidia. E quel prezzo era decisamente salato:un morto sulla coscienza, l’allontanamento di coloro che stimava, la minaccia di un nemico che solo lui poteva contrastare. E alla fine avrebbe perso tutto comunque.

Gli incubi, la giovinezza, non si potevano di certo lavare via con un colpo di spugna.

Alzò il braccio con l’artiglio, osservando il riflesso distorto del proprio viso sulle superficie dorata, e pensò che non era cambiato molto da allora, e non solo in senso fisico.

Anni or sono aveva sottovalutato cose  che l’avrebbero poi condotto alla rovina, e in quel frangente stava di nuovo ripetendo lo stesso errore. Solo che questa volta le persone che ci sarebbero andate in mezzo sarebbero state infinitamente di più. E se Reeve avesse perso del tutto il senno non avrebbe avuto problemi a soppiantare l’ordine mondiale con l’esercito, costituendo, forse, una tirannide commerciale come la Shinra.

Un’evenienza del genere non doveva accadere.

Se c’era un modo per salvare le persone a lui care l’avrebbe fatto. Forse quello sarebbe stato il primo passo per perdonare le sue colpe.

E per vincere la sua battaglia contro il Fato.

Si alzò, profondamente convinto di ciò che stava per fare, quando un rumore di passi dalle scale lo fece voltare.

Yuffie aveva un’espressione cupa, in netta contrapposizione col colorato cappellino di carta assicurato con un laccio sotto il collo.

“ Vincent” disse incolore “ Cosa diamine ti è preso?”

Vincent abbassò lo sguardo, nascondendo il viso sotto il bavero scarlatto.

“ Non capisco di cosa tu stia parlando”

“ Non prendermi in giro Vincent!!” Vincent rialzò gli occhi, sorpreso da quella reazione.

“ Reeve è andato via con il naso rotto, e l’unica persona in sua compagnia eri tu! Perché Vincent? Perché fai così? Cosa ti sta succedendo?” la voce rabbiosa si ruppe tra i singhiozzi mentre pronunciava le ultime due domande e a Vincent si strinse il cuore.

Proprio il giorno del suo compleanno doveva tirarle un simile smacco.

Si avvicinò alla ninja, posandole una mano sulla spalla.

Yuffie strizzò gli occhi per evitare alle lacrime di uscire, imbronciandosi in una smorfia sofferente.

“ Yuffie”

Una minuscola gocciolina d’acqua scese sulle gote della ragazza.

“ Yuffie, non è niente. Davvero, non hai motivo di preoccuparti” entrambi sapevano che non era vero, ma Vincent non voleva coinvolgerla nelle sue questioni.

Nonostante lei gli ripetesse sempre di parlare dei suoi problemi per poterli risolvere stavolta non poteva davvero.

Le regole erano state fissate in maniera che nessuno potesse interferire. E lui non voleva metterla in mezzo, con tutta la vita che aveva da vivere.

“ Non è vero” singhiozzò Yuffie indietreggiando. Vincent rimase con una mano a mezz’aria, sconvolto da ciò che stava succedendo.

“ Yuffie..”

“ Abbassa quella mano,per favore. Sei patetico”

Vincent la abbassò, risentito del fatto di essere chiamato patetico. Era una cosa che proprio non sopportava.

“ Sei strano, Vincent” disse la ragazza asciugandosi le lacrime “ Perché ti comporti in questo modo? Reeve era tuo amico” se già usava il passato per indicare Reeve voleva dire che aveva vagamente capito che qualcosa si era incrinato. Inevitabilmente, e questo le faceva paura.

“ Abbiamo discusso. È una cosa normale, tra persone si discute”

“ Con i pugni?”

“ Anche con i pugni, se necessario”

Yuffie si avvicinò, fissandolo con gli occhi lucidi.

Si buttò tra le sue braccia, stringendo i lembi del mantello.

“ Nessuno ti incolpa per quello che è successo a Shelke” mormorò piano “ Hai capito? Devi smetterla di assumerti colpe non tue”

Vincent sussultò.

“ Vince….”

“ Ne sei certa?”

Yuffie alzò lo sguardo, confusa.

“ Cosa intendi dire?”

Le iridi scarlatte di Vincent ricambiarono freddamente lo sguardo, sperando che Yuffie non leggesse ciò che era nascosto nel suo cuore.

Ma evidentemente per lei era un libro aperto.

Si staccò da lui, indietreggiando lentamente, sconvolta dal pensiero che l’aveva appena colpita.

Scosse la testa, mentre nuove lacrime abbandonavano i suoi occhi.

“ No”

“ …”

“ No, stai scherzando!” abbassò il capo, stringendo i pugni “ Tu non sei un assassino!”

“ Pensala come vuoi, ma ciò che sono non posso cambiarlo a parole”

“ Ma…ma.. ma perché??”

Non poteva dirglielo, o sarebbe voluta venire a tutti i costi. Doveva proteggerla, non voleva averla sulla coscienza come Lucrecia.

Per una volta avrebbe mentito a fin di bene.

“ Ti basti sapere che non la volevo più fra i piedi. Era solo una parassita, non meritava la vita. Ne la sua, ne quella di Lucrecia”

“ Sei un bugiardo”

Yuffie scattò verso di lui, scuotendolo per il mantello, urlandogli di tutto. Che non era un assassino e che non avrebbe mai potuto uccidere a sangue freddo quella che lei definiva ancora una bambina.

Vincent subiva, senza dare cenno di voler rispondere alle sue domande.

“ Perché mi racconti balle, Vincent?? Possibile che tu non voglia essere mai aiutato?? Cosa ti è successo, eh? Ti prego, guardami, parlami! Non stare fermo così, ti prego!!”

Doveva farla smettere, non resisteva alle sue suppliche. Non resisteva alla sofferenza del suo volto.

L’allontanò da se, bruscamente, e Yuffie indietreggiò come una bestia ferita.

“ Smettila” ringhiò Vincent “ Pensi che supplicandomi otterrai ciò che vuoi? Bhè, ti sbagli” e fece un passo verso la ninja.

“ Vuoi aiutarmi Yuffie? Allora levati dai piedi. non sopporto di trovarti sempre appiccicata a me, io so qual è il mio posto. Forse è ora che tu trovi il tuo e la smetta di assillarmi!!”

Un silenzio tombale piombò fra loro.

Vincent evitò lo sguardo supplicante di quegli occhi di onice che minacciavano di scoppiare in un pianto disperato, e si voltò verso la finestra, aspettando la prevedibile reazione di Yuffie.

È solo per proteggerti, cerca di capirmi. Forse un giorno mi perdonerai.

Irrigidì la schiena, sentendo arrivare quella raffica d’odio direttamente nelle orecchie.

“ Tu.. tu non… NON PUOI FARMI QUESTO!!!” non riusciva nemmeno a formulare un pensiero coerente e gli urlava tutto quello che la sua lingua srotolava nell’aria “ IO VOLEVO SOLO UNA POSSIBILITà!!!! PERCHè NON CAPISCI?? IO VOLEVO SOLO CHE TU FOSSI FELICE!!”

Meglio la tua della mia. Io non sarò mai realmente felice.

“ NON HAI NEMMENO IL CORAGGIO DI GUARDARMI IN FACCIA??”

“ Basta, Yuffie”

“ Decido io quando piantarla! Non sei mio padre!!”

Lo schiaffo partì troppo in fretta, prima della sorpresa di entrambi. Il suono secco fu l’unica cosa che si udì, di sotto il chiacchiericcio continuava senza interruzioni.

La faccia di Yuffie fu spinta da un lato, mentre un bruciore sordo le invadeva la guancia. Ma più doloroso fu il gesto. Portò lentamente la mano al viso, alzando lo sguardo allucinato sull’uomo. Un uomo estraneo che non poteva essere il Vincent che aveva conosciuto.

Le sue labbra sussultarono, improvvisamente scosse da piccoli singhiozzi.

Vincent si pentì all’istante di ciò che aveva fatto.

“ Yuffie..” non così, non in questo modo voleva perderla “ Mi dispiace. Io..”

“ Sta zitto!!” urlò lei indietreggiando “ Non mi toccare!”

“ NON dire quella parola!! Pensi che con un “ mi dispiace” possa tornare tutto come era prima? E invece no!”

La sua stessa voce rimbombò nelle sue orecchie, ripetendo in un eco infinito le parole di rabbia cieca con cui aveva aggredito Lucretia. Alla fine aveva ragione.

Con le sue scuse non poteva sperare di cancellare ciò che era successo. I pezzi ridotti in cenere del cuore di Yuffie non potevano essere riattaccati. Doveva sopravvivere un’altra volta ai suoi errori.

Non volevo che finisse così dannazione! Avrei voluto tornare. L’avrei fatto per lei.

Era troppo tardi.

Abbassò gli occhi per non vedere la ninja scappare via da lui. Voleva conservare un suo ricordo sorridente e allegro, non una Yuffie in lacrime per la sua stupidità.

Non potè impedirsi, però, questa tortura.

E mentre lei scompariva giù dalle scale un’amara verità si fece spazio nella sua mente.

Non l’avrebbe mai più rivista.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“ Così..” mormorò Cloud “ E’ questo il motivo per cui sei scomparso?”

La festa era finita da un pezzo.

Tutti gli invitati se ne erano andati, e anche Yuffie. Borbottando che aveva della commissioni da sbrigare.

Stranamente, la sua guancia sinistra si era gonfiata fino ad assumere toni bluastri.

Vincent si sarebbe seppellito vivo per averle fatto una cosa del genere.

In quel momento lui e Cloud erano seduti ad un tavolo del bar, uno di fronte all’altro. La scarsa luce di una lampadina scolorita conferiva alla scena un’aria da bisca del porto.

“ Sì” rispose Vincent poggiando la Cerberus sul tavolo e Cloud si allungò dalla sua sedia per stringere la canna dorata.

“ Mh” se la rigirò fra le dita, facendola roteare come un giocattolo sul piano di legno. Le impronte digitali rimasero impresse sul calcio dell’arma, come minuscoli  fili di ragnatela.

“ Cosa intendi fare ora?” glielo domandò senza guardarlo, fissando il Cerbero della catena brillare opaco alla luce delle lampade.

Vincent scosse la testa, incrociando le braccia la petto.

“ Non lo so”

L’unico motivo per cui aveva raccontato tutto a Cloud era che confidava nella sua discrezione. Per quanto gli costasse ammetterlo erano più simili di quanto pensasse, con l’unica differenza che il Soldier era riuscito a emergere dalla sua psicosi autodistruttiva. Lui non ci si era mai soffermato in effetti. Gli sembrava tutto così scontato prima che il delirio lo prendesse.

Cloud sospirò, facendo scivolare l’ arma verso il padrone.

“ Dovresti provare”

“ A fare cosa?”

“ A fermarlo”

Vincent sciolse le braccia, posando quasi con affetto la mano sulla Cerberus. I suoi occhi rossi si spensero ulteriormente.

“ Non saprei da che parte cominciare. Sono troppo vecchio per fare queste cose” poi, per rimediare alla sciocchezza appena pronunciata ,disse “ Sono stanco di lottare per qualcosa oltre la mia portata” e spinse la pistola verso Cloud, come se ciò significasse un rifiuto.

Il biondo fissò la Cerberus, e infine Vincent. Non sembrava adirato.

Era semplicemente calmo.

“ Oltre la tua portata? Hai combattuto minacce cento volte peggiori. La verità è che hai paura, perché stavolta riguarda te stesso”

Il Turk si distrasse un momento a sentire le suppliche di Denzel al piano superiore. La voce di Tifa, che gli ordinava con dolcezza e fermezza di andare a letto lo chetarono subito.

“ Sei fortunato” constatò e stavolta Cloud assunse un’espressione sorpresa.

“ Fortunato?”

“ Hai qualcuno da cui tornare” il pensiero di Yuffie lo colpì come lo schiaffo che le aveva dato, se non con più violenza. Ripensò alle sue lacrime, al suo dolore e con una morsa allo stomaco si accorse che lui era solo ora.

Non ci sarebbe stato nessuno ad aspettarlo, alla fine.

Anche se aveva il viso abbassato, Cloud potè notare una scintilla nuova nello sguardo di Vincent e spinse nuovamente la Cerberus fino alla mano del vampiro.

“ Lo farai?”

Vincent chiuse gli occhi.

Ora sapeva cosa doveva fare.

 

 

 

( attenzione: pezzo estremamente introspettivo)

 

 

 

 

 

 

Le nebbie di tutte le cose perse o mai arrivate a ciò che in origine dovevano diventare.

Un bruco esce dal bozzolo per diventare farfalla.

Un bambino diventa adulto.

Il limbo di una vita a metà, il tuo tormento più grande è anche il tuo amore più grande.

 

 

Tu..

 

 

 

 

Lei…

Loro…

 

 

 

Passato..

 

 

 

Presente….

 

 

 

 

Dove sei?

Chi stai cercando?

Lucretia..

Non credo proprio.

 

 

 

 

Chi sei?

Il vero te.

Sei così vecchio. Io non posso essere così.

Lo sei. Ti prego, ti prego aiutami.

 

 

 

Piangi? Perché?

…..

Perché? Cosa vuoi?

Essere libero. Libero dalle catene di un’esistenza a metà.

 

 

 

Come posso aiutarti?

Puoi farlo solo se vinci. Vinci ,Vincent, fallo per lei.

E per me.

Sì…anche per te….

 

 

 

 

Il vento di quella notte gli sferzò il viso, il sale umido delle onde si appiccicò ai suoi capelli.

Quanto tempo era passato?

Quella sabbia bianca pareva non essere stata toccata dagli anni ne dalla rovina.

Se non fosse stato in quella situazione avrebbe cercato il sorriso di Grimoire un’altra volta, avrebbe ascoltato una storia, la sua storia, il lieto fine che non avrà.

Poggiòa il quadro contro la prua di una barca di pescatoti abbandonata sulla battigia. I capelli del se stesso erano canuti come l’ovatta. Lo prendeva in giro nel suo ghigno malvagio.

Ma presto sarebbe finita.

Lì ,dove la storia di Vincent Valentine era cominciata per volere dello stesso Fato che ora lo metteva alla prova.

Prima però doveva fare una cosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

“ Dai questo a Yuffie da parte mia” disse Vincent mettendo nelle mani di Cloud un involto di carta.

“ Digli che non volevo ferirla. Lei è la cosa più importante per me, non volevo condannarla”

Cloud annuì.

“ Buona fortuna, Vincent Valentine”

 

 

 

 

 

 

 

 

Correva per le strade buie, umide dell’atmosfera autunnale di novembre.

La polvere ricopriva l’asfalto, le case erano scure quanto la notte.

La base della WRO svettò nel cuore oscuro di Edge con uno scintillio di luce verde.

Era ora.

Al portone c’erano due guardie, niente di più semplice.

Attirate dallo scalpiccio di passi, imbracciarono velocemente i fucili.

“ Chi è là?”

Uno sparo fu l’ultima risposta alla sua domanda.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“ Siamo quasi pronti, signore”

L’assistente sistemò gli ultimi filamenti sul corpo nudo di Shelke prima di immergerla in un tubo contenente un liquido verdastro.

Reeve era nauseato, un po’ dall’odore di decomposizione, un po’ da ciò che stava per fare, ma non poteva fare a meno di pensare che fosse la cosa più giusta.

Per lui.

La sua sofferenza ,dopo la morte della ragazza, l’aveva ridotto all’ombra di se stesso desiderando una morte che non arrivava. Ogni cosa in quella vita gli pareva vuota, ormai. Bramava di vederla nei suoi sogni  per portarlo dove non sarebbe più stato solo. Ma ora lei sarebbe tornata. Si avvicinò al vetro, sorridendo suo malgrado all’immagine distorta di se stesso in contrapposizione a quella piccola dea che presto sarebbe tornata per essere sua. Sua e di nessun altro.

“Portate le cavie” ordinò con la voce tremante di emozione. La ragazza si alzò dalla sedia vicino la monitor e chinò il capo, dando segno di aver recepito.

“ Subito, signore”

L’allarme.

Reeve scattò, fissando la lucetta rossa illuminare a intermittenza il laboratorio.

“ Che succede?” urlò quando lo schermo della sicurezza si accese in uno dei tanti computer.

“È  Valentine signore! Sta cercando di entrare nella zona K” un eco di spari e delle urla di dolore.

Zona K. Dove si trovava in quel momento!

L’ira deformò i lineamenti dell’uomo.

“ Non fatelo entrare!! Respingetelo”

Vide un’ombra rossa e la comunicazione interrompersi.

“ Dannazione!!”

Si voltò verso l’assistente, tremante.

“ Fa partire la macchina!”

“ No! Non l’abbiamo ancora testata, può essere pericolosa!”

Reeve ringhiò e spinse la ragazza buttandola a terra, poi si avvicinò al pannello e premette alcuni tasti. Il liquido in cui galleggiava la figura di Shelke cominciò a ribollire, mentre l’uomo la fissava trionfante.

Rise brevemente, ma il sibilo di un proiettile gli fece morire il sorriso sulle labbra.

 

 

 

 

Si conficcò nel macchinario, con un suono sordo e uno scoppiettio di scintille. Lo scheletro cominciò a prendere fuoco dall’interno, nelle ventole che trasmisero le fiamme a tutta la struttura come il sangue nelle vene.

Un fumo nerastro gli coprì gli occhi, e mulinò le mani nel disperato tentativo di crearsi uno spazio visivo.

“ NO SHELKE!”

Un’esplosione, che lo scaraventò contro il muro. Pezzi di ferro che gli entrano nel braccio. Una brace viva a deturpargli il viso.

Urlò, non per il dolore.

Urlò perché quel maledetto bastardo gliel’aveva portata via un’altra volta, e stavolta per sempre.

Raggomitolato a terra, cieco, pazzo di rabbia, vide solo le sue inconfondibili scarpe avvicinarsi a passi lenti sul pavimento.

L’allarme non dava tregua alle sue povere orecchie.

“È finita, Reeve”

Alzò lo sguardo, lo vide con un’espressione indecifrabile sul volto. Pietà nei suoi occhi color sangue. L’arma puntata contro la sua tempia, invece, sembra voler dire altro.

Ma nonostante tutto, aveva  solo voglia di ridere.  

“ Ma sì” sghignazzò mentre un rivolo vermiglio gli coprì l’occhio “ Uccidimi. Uccidimi come hai fatto con lei. non è per questo che sei qui?”

Lo vide esitare.

Le palpebre pallide si abbassarono.

Così come la sua Cerberus.

“ Ingenuo” pensò Reeve estraendo la sua pistola dal fodero sotto il mantello.

Un urlo e si avventò contro di lui.

Un fruscio di mantello rosso.

Due spari.

Poi solo più fumo.

E morte.

 

 

 

 

 

 

 

 

La guerra è finita…. Ma non ho ancora vinto…

 

 

 

 

 

 

Il rumore delle onde nelle orecchie diventava sempre più assordante, sbattendo contro gli scogli neri illuminati dalla pallida luna.

Si godè la quiete dopo la tempesta, seduto davanti al suo omonimo ritratto.

La Cerberus giace di fianco a lui sulla sabbia, coperta dall’artiglio come un pulcino sotto il ventre accogliente della mamma. L’altra mano era stretta sul suo petto.

La portò di nuovo agli occhi, vedendo il guanto nero coperto di sangue. Sospirò.

Non era stato abbastanza attento, pensò fissando nuovamente la sua metà che sorrideva beffarda.

Un alito di brezza lo fece rabbrividire.

“ Valentine, è da un po’ che non ci si vede”

Non si voltò, sapeva a chi appartenevano i passi strascicati sulla sabbia.

“ Hojo”

Passato

Lo scienziato sorrise sistemandosi gli occhialini.

“ Sono felice di rivederti” lo prese in giro, soffocando le sue stridule risatine con la mano, ma Vincent non ci fece caso.

“ Sai, pensavo che saresti crollato dopo ciò che ti aveva detto al dottoressa Crescent. Ma mi hai sorpreso. Nonostante i mie tentativi sei andato avanti, anche dopo la morte di quella larva”

Presente

“ Tu non sai nulla di me”

“ Vero. Ma di una cosa sono certo.” Spalancò le braccia esclamando gaio “ Hai perso”

“ No” 

Tu

“ Non ancora” si alzò e Hojo scosse la testa.

“ Povero Vincent. I tuoi amici non ti hanno aiutato, eh?”

Loro

Vincent si voltò a guardarlo per la prima volta, non con odio. Sembrava una cosa simile alla commiserazione. Il vecchio sussultò davanti al sorriso che si aprì sulle labbra del Turk.

“ Qui ti sbagli”

Yuffie

Cloud

Tutti.

 loro c’erano sempre stati.

“ Lucretia”

Lei

Una smorfia si dipinse sulla faccia del vecchio.

“ Cosa?”

Vincent scrollò le spalle, impugnando al Cerberus. Il ritratto lo fissava con trepidazione.

Tu

“ Che vuoi fare?”

Prese la mira, dritto la cuore di se stesso fittizio.

“ FERMO!”

Aveva vinto.

“ NOOO!!”

“ Ora sono libero”

BANG!!

 

 

 

 

 

Silenzio, mentre un’anima si levava in cielo.

 

 

 

 

 

Il rubino si crepò improvvisamente e a Yuffie parve di sentire un lancia che si infilzava nel suo cuore.

Cadde in ginocchio, urlando. Le sue urla attirarono Tifa.

“ Yuffie!” escalmò preoccupata, scuotendola per le spalle. “ Cosa c’è, cosa ti succede?”

Il ciondolo attorno al suo collo si spense.

“ Vincent… Vincent” gemette, prima di sciogliersi in un pianto disperato.

Tifa la strinse a se, mentre il suo petto si bagnava delle lacrime della giovane di Wutai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rieccomi!! Il prossimo capitolo sarà una specie di epilogo dove spiegherò alcuni punti in sospeso.

Come avrete capito Vincent è morto, ma libero dalla sua maledizione.

T_T poverino.

 

The one winged angel

 

 

La ficcy è finita, ma sono contenta che ti sia piaciuta!! Il tuo parere mi è sempre gradito. Ti piaceva la coppia Vin Lucry no? Nell’epilogo allora sarai accontenta, ma sarà molto più corto di questo. Ciao, grazie del tuo sostegno.

 

 

 

Zack_fair

Grazie per avere seguito la mia fic, l’ho apprezzato molto davvero ^_^ ci vediamo al prossimo capitolo.

 

 

Vinnie_phoo

 

Grassie! Mi fa molto piacere che ti piaccia, davvero. Vincentuccio purtroppo non è riuscito a vivere, ma almeno è libero! Spero che ti sia piaciuto questo capitolo!!

 

Ciao!!! A prestissimo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Il nostro destino ***


.

 

Cara Yuffie

Probabilmente quando leggerai queste righe io avrò già adempiuto al mio compito, ma non essere triste. Sto bene adesso.

L’unica  cosa di cui mi rammarico è di averti trattata in quel modo. Spero tu possa capire, se non adesso, in futuro. Lo stesso futuro che non volevo negarti.

Tu meriti più di chiunque altro di vivere, di ridere quando sei contenta e di piangere quando sei triste. Forse è per questo che non ho voluto tornare indietro. Con me saresti stata peggio, non scherzo. Non ho mai voluto tarpare le ali della tua spensieratezza.

Ti lascio con un unico desiderio: che tu non cambi mai. Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo.

Ricordami solo quando non rappresenterò più una sofferenza. Io ti guiderò sempre e comunque.

 

Vincent Valentine

 

Una lacrima cadde sul foglio accartocciato.

Yuffie si sedette sulla sedia di fronte a lei, fissando le ultime parole di Vincent come una speranza di vederlo tornare, pur sapendo che non l’avrebbe mai più rivisto.

Sapeva della sua morte. L’aveva saputo nel momento stesso in cui il ciondolo che le aveva regalato si era rotto, provocando una dolorosa ferita nel suo cuore.

Strinse le dita sulla carta, tremando in preda agli spasmi del pianto.  Perché era finita così?

Poteva aiutarlo, volente o nolente, ma alla lunga si sarebbe accorta che era meglio così. Le catene che avevano costretto Vincent Valentine ad una giovinezza eterna  si erano spezzate, liberandolo da un fardello peggiore della morte.

 

 

Quel giorno, ai funerali, aveva posato un mazzo di garofani rossi sulla sua bara, circondata dai suoi amici.

Avrebbe voluto dire qualcosa davanti al feretro, ma non una parola era uscita dalla sua bocca. Troppo addolorata per concepire che Vincent se ne era andato per sempre.

Gli sarebbe mancato da morire, anche dopo aver scoperto il cadavere di Reeve la notte stessa della sua dipartita.

Prima di andarsene li aveva salvati tutti.

Le persone scomparse e gli addetti ai laboratori avevano vuotato il sacco, mettendo a nudo l’orribile piano del capo della WRO.

Vincent era riuscito ad impedirlo, e ora spettava a Rufus sbrogliare la situazione, prendendo il controllo dell’organizzazione. Monitorato costantemente dall’AVALANCHE ,ovvio.

 

 

 

Grazie, Vincent.

 

 

La giovane ninja si alzò, dirigendosi verso la finestra della sua camera. Le nubi autunnali erano state spazzate via, l’unico ricordo delle piogge erano delle pozzanghere sui lati delle strade, illuminate dal sole e dal caos di Edge.

La vita sarebbe andata avanti nonostante tutto e lei doveva sbrigarsi a starle dietro.

Sorrise, per la prima volta. aprì la finestra e si godette la brezza fredda, chiudendo gli occhi.

Lo farò

Una risata.

Ok, Yuffie. Va e acchiappa il mondo!

 

 

 

 

 

 

“ Lucretia?”

“ Sono qui”

Il viso della donna apparve dall’ombra, illuminato da una tenue luce rosata che investì anche i suoi lineamenti.  Socchiuse gli occhi.

“ Che posto è questo?”

“ Tu cosa pensi?” sorrise e le tese una mano.

Vincent la fissò un momento, poi, con qualche titubanza la strinse.

Improvvisamente, quel mondo scuro e tenebroso lasciò spazio ad un enorme giardino fiorito, invaso dal profumo dei fiori e dal ronzio delle api.

Il Turk si guardò attorno, meravigliato, e Lucretia ridacchiò, portandosi le mani dietro la schiena.

“ Lo riconosci?”

Vincent si avvicinò a passi lenti verso un melo, posando la mano sulla corteccia ruvida.

Annuì “ Sì”

“È un bel posto” constatò Lucretia facendo una mezza giravolta su se stessa “ Potremmo…..potremmo stare qui”

“ Sì”

La donna si sorprese del tono appassionato del moro, e si sorprese ancora di più quando si voltò verso di lei, avvicinandosi con uno sguardo mai avuto.

“ Vincent?” la prese per i fianchi, sollevandola da terra con una risata spontanea a cui si unì, infine, anche lei.

Giocarono come due bambini: rincorrendosi, nascondendosi nell’erba alta, poi, stanchi, si lasciarono cadere su un tappeto di fiori.

Lucretia si accovacciò sul suo petto.

“ Mi piace questo Vincent” mormorò “ Non cambiare mai”

Vincent sorrise, accarezzandole i capelli castani con infinita dolcezza.

Stettero così per molto tempo, godendosi la natura e i suoi profumi inebrianti. Poi, Lucretia parlò.

“ Sapevi  che morendo saresti stato libero. Ma…” strinse il pugno sulla maglia del compagno “ Anche vivendo…”

“ Non sarei mai stato libero. Hojo avrebbe continuato a perseguitarmi, e sarei sopravvissuto a tutto e a tutti” voltò un po’ la testa per guardarla “ La cosa peggiore che potesse capitarmi. Vivere mentre la morte mi passava vicino senza mai toccarmi” fissò nuovamente il cielo.

“ Adesso possiamo riprendere tutto da dove l’avevamo lasciato. Io e te. Il nostro destino”

“ Mi piace” rispose lei con un sorriso “ Sa di libertà”

“ Ora lo siamo, siamo liberi” si alzò, abbracciando la donna, assaporando la pelle del suo collo con pigri baci. Lucretia chiuse gli occhi quando sentì le labbra dell’uomo sulle sue.

 

 

 

Siamo liberi

Io, te.

 

 

 

 

 

 

Il nostro destino.

 

 

 

 

Il ritratto di Vincent Valentine

 

FINE

 

Questa è proprio la fine T_T ma non mi sono dilungata troppo. Fa un effetto strano vederla completa, dato che è stata la mia prima long fic, e devo dire che mi mancherà mi ci ero affezionata.

Ma devo dire grazie soprattutto a chi mi ha seguito.

Arysan, Xikhy_Chan, Rosemari, Zack_fair, The one Winged angel, Vinnie_phoo, White shadow

 

 

Grazie davvero. Senza di voi non sarei mai andata avanti!

Alla prossima fic!!!!!!

CIAOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!

 

 

 

SHINING LEVIATHAN

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