Los Angeles

di Elepinkina
(/viewuser.php?uid=1366)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Part 1-Ritorno a scuola ***
Capitolo 2: *** Non più come prima... ***
Capitolo 3: *** La festa ***
Capitolo 4: *** Serata con i ragazzi. ***
Capitolo 5: *** divertimento, cena e..ricerca! ***
Capitolo 6: *** Riaffiorano i ricordi... ***
Capitolo 7: *** La proposta di Evan ***
Capitolo 8: *** ***FLASHBACK*** ***
Capitolo 9: *** Chiarimenti ***
Capitolo 10: *** La festa ***



Capitolo 1
*** Part 1-Ritorno a scuola ***


LOS ANGELES
<---Veduta della costa di L.A.


Nuovo anno al college di Los Angeles. Di solito, prima di varcare la porta di scuola, mi lamentavo di tutto e rimpiangevo l’estate ma quell’anno non ero proprio così scocciata di andare a scuola. Non avevo visto il mio migliore amico tutta l’estate e non era stata particolarmente bella senza di lui. Ci conoscevamo fin da piccoli e facevamo sempre tutto insieme e al college siamo anche arrivati a frequentare gli stessi corsi. Avevamo sempre fatto tutto insieme ma quell'anno lui non c’era stato nella stagione che preferivamo di più, così ero contenta perché almeno c’era la possibilità che venisse a scuola.
Salutai un po’ di persone che richiamavano la mia attenzione e raggiunsi il mio armadietto. Misi giù tutti i libri che avevo portato a casa per le vacanze e mi osservai nello specchietto che avevo attaccato io tre anni prima. Avevo lasciato i capelli sciolti che mi arrivavano giusti giusti sopra le spalle e non mi ero truccata, odiavo truccarmi. In dosso avevo una T-shirt rossa, delle bermuda neri e le ALL STARS rosse. Al polso portavo dei bracciali fini neri che mi aveva regalato Jeremy, il mio migliore amico, anni prima.
Osservai la foto attaccata con un po’ di scotch sopra lo specchietto. Era una foto di Jeremy di maggio, quando non era ancora diventato così famoso.
Poi... il destino: vidi passare Jessica, sua sorella gemella, così la bloccai.
«Ciao» le sorrisi. Non ci conoscevamo bene, eravamo state all’asilo insieme ma dopo lei aveva scelto corsi diversi dai miei e da Je.
«Ciao» disse anche lei «Cerchi Jeremy?»
«Sì, dov’é? E’ tutta l’estate che non lo vedo!!» dissi un po’ impaziente e con aria supplicante.
«Penso sia già andato in classe» rispose guardando l’orologio al polso
«adesso dovrebbe suonare» e come aveva detto, la campanella suonò. Avevo inglese la prima ora, così, presi i libri necessari e corsi nell’aula.
Arrivai proprio 3 secondi prima del professore e, dopo aver individuato Jeremy, mi sedetti nel banco dietro al suo.
Il prof. fece l’appello e quando arrivò su ‘Sumpter’ si fermò e alzò lo sguardo. «Signor Sumpter» disse con un sorriso osservandolo da sopra gli occhiali «volevo dirle che ho ammirato molto la sua interpretazione nel film di Peter Pan e le sue assenze a scuola sono state ripagate. Complimenti, proprio un bel film» Era il prof. che io e Jeremy preferivamo in assoluto perché era sempre d’accordo con tutte le iniziative dei ragazzi.
«La ringrazio, professore» rispose Jeremy.
«Bene...Vik!» sorrise continuando l’appello. Dopo quelle due ore veloci (perché il prof. ci faceva ridere e scherzare), avevamo Scienze Matematiche e Fisiche. Jeremy mi accompagnò al mio armadietto.
«Allora, come va?» gli chiesi «Ti hanno assaltato qui a scuola?»
«No, tranne alcune ragazzine di prima che mi hanno chiesto l’autografo. Sono quello di sempre per tutti i miei compagni! E spero anche per te!»
«Ah, che peccato, io mi aspettavo che tu volassi!» risi «Certo che sei sempre il solito Jeremy per me! Il solito stupido e incosciente Jeremy Sumpter»
«C’é di buono che adesso per un po’ avrò tempo da dedicarti! Almeno finché non inizio le riprese di un telefilm...»
«DI NUOVO????» saltai su.
«SSSsssh! Abbassa la voce!»
«Ma uffa, é tutta l’estate che non ti vedo!»
«E mi vedrai fino a dicembre adesso, inizierò a Gennaio, più o meno.»
Feci un mezzo sorriso, lui manteneva sempre le sue promesse «Ok...»
«Te come stai, invece?»
«Benino, però non mi sono divertita molto questa estate senza le tue scemenze!»
«Anche tu mi sei mancata un casino! Ti ho anche scritto un po’ di e-mail ma tu non vai mai in internet.»
«E invece le ho lette, perché da quando sei famoso sono andata molto spesso in internet a trovare notizie su di te.»
«Ah, sì? Sai che somigli tanto a tutte le mie fans nel mondo??»
«Io sono la tua prima fan ma non ti muoio dietro!»


Per adesso é un po' poco ma gli altri capitoli sono già pronti...posto anche il secondo...

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Non più come prima... ***



«Andiamo a casa insieme?» mi chiese Je appena suonata la campanella di fine lezioni. Pensavo che non me lo chiedesse più dato che magari era un po’ impegnato.
«Ok!!»
Appena fuori dal cancello della scuola, si mise un berretto in jeans da baseball in testa: era quello che gli avevo regalato io.
«E Rachel com’é?» gli chiesi. Ero un po’ curiosa perché nelle sue e-mail mi aveva scritto che gli piaceva un pochino.
«Rachel, beh, volevo dirtelo, non mi piace più.»
«No? Ma se nelle tue e-mail parlavi solo di lei!»
«Si ma se una ragazza non cede, un ragazzo si stufa a starle dietro e capisce che ce ne sono di meglio!!!»
«Beati voi raga che la pensate così!» osservai «Noi ragazze ci attacchiamo troppo al ragazzo che ci piace, facciamo fatica ad andare avanti facilmente»
Io e lui abitavamo vicini. Le nostre erano le poche case a schiera di Los Angeles e avevano il giardino davanti e dietro! Non era da tutti i giorni trovarsi case del genere. Le nostre mamme stavano parlando nel giardino della casa di Je, così noi decidemmo di andare a casa mia.
Jeremy si tolse il berretto e si passò una mano fra i capelli: «Che caldo fuori!» affermò.
«Mmmm...già!» dissi. Lui si sedette svogliatamente su una delle poltrone in salotto e io andai in cucina a prendere due aranciate. Ormai non gli chiedevo neanche più se aveva sete o cosa volesse da bere, prendevo e basta. Ci conoscevamo da così tanto tempo che casa mia era casa sua e casa sua era casa mia, solo fino a quando i genitori non c’erano se no sarebbe stato poco opportuno per le mamme trovare il figlio o la figlia dell’amica stravaccato su una delle sue poltrone.
«Grazie!» disse deglutendo tutto. Risi e lui mi ignorò: era talmente abituato alle mie continue risatine sul suo comportamento che ormai non faceva altro che far finta di non sentirle. «Che facciamo per festeggiare la nostra amicizia?»
«Ah, credi che tu mi sia mancato?» dissi con un tono di ironia nella voce.
«Ah, no? Beh, allora niente...» disse fintamente offeso buttando la schiena contro lo schienale della poltrona.
«No dai scherzavo!» risi. Ma siccome lui non mollava di fare quella farsa, gli saltai addosso e gli feci il solletico, proprio come quando eravamo piccoli.
«OK! OK!» finì per urlare «Mi arrendo!»
«Allora che facciamo?»
«Te l’ho proposto prima io!»
«Si ma dopo la discussione si era interrotta e l’ho riiniziata io!»
«Va bene...» disse pensieroso «Che ne dici se andiamo nel Bar di Joe, stasera dopo mangiato e ci facciamo portare due maxi gelati al cioccolato che fa solo lui?»
«WOW!!! Come i vecchi tempi! Che bello, non l’ho preso per tutta l’estate!»
«Io invece ci ho pensato per tutto il tempo solo che ero troppo lontano.»
ci fu un po’ di silenzio e poi tutti e due in coro: «PAGHI TU!» Ridemmo.

«Mamma, stasera posso uscire con Je? E’ tutta l’estate che non usciamo!» supplicai. Erano solo le quattro del pomeriggio e mia mamma si stava guardando il suo telefilm preferito alla televisione. Lei, aveva 35 anni (mi aveva avuto molto giovane), era una manager molto richiesta dalle star che vivevano a Los Angeles. Mio papà, invece, stava giocando al computer come un bambino: anche lui aveva 35 anni e anche lui faceva il manager ma era meno richiesto di mamma perché lui trattava solo con star dello spettacolo veramente famose o che piacevano a lui...
«Va bene» rispose semplicemente.
«Oh, thanks!» urlai «Allora pensavo di uscire oggi pomeriggio con lo skate e poi casomai se lui ha voglia andiamo a fare un po’ di surf.»
«Ok» rispose mio papà questa volta. «Non tornare tanto tardi stasera, comunque, perché domani c’é scuola. Io e mamma usciamo con altri amici e staremo via molto.»
«VERAMENTE?» urlai felice, poi cercai di contenere la mia contentezza e ripresi il tono normale: «Voglio dire, come mai?»
«Così, perché sono amici che non vediamo da tempo.» rispose mamma.
«E io come farò qui da sola impaurita a casa?» feci un po’ di scena.
«Per questo abbiamo chiesto a Jeremy di stare qua a farti compagnia» ero al settimo cielo, chissà cosa avremo potuto combinare, ma i miei sogni svanirono quando mia mamma aggiunse: «E siccome anche i suoi genitori vengono con noi, verranno qui anche Jennifer e Jessica.»
“Ok, che lo dica prima che mi ha preso una guardia personale per controllarmi!” pensai. Infatti, Jessica é la tipica ragazza che non sgarra una regola neanche per tutto l’oro al mondo e, se si trattava di mettere nei guai qualcuno, spifferava tutte le regole violate. Non che lo facesse apposta, credo che fosse un istinto di natura...
Comunque, alle quattro e mezza io e Jeremy eravamo già fuori. Lui con la sua tavola da surf in mano e io con lo skate ai piedi. Avevamo hobby diversi, ma lui mi aveva insegnato a fare surfing e io a lui ad andare sullo skateboard.
«Allora stasera c’é anche Jessy a casa mia, vero?» chiesi un po’ da distante perché con lo skate l’avevo superato. Lui mi raggiunse: «Sembrerebbe proprio di sì, purtroppo»
«Che sfiga!» affermai.
«Beh, ma per che ora devi essere a casa?»
«I miei hanno detto di non rientrare tardi.»
«Anche i miei. Quindi...»
«Quindi possiamo rimanere fuori quanto vogliamo!!!» saltai di gioia. Jeremy rise piano.
Andammo in spiaggia così Jeremy poté provare la sua nuova tavola da surf mentre io mi facevo largo in quell’ammasso di gente. Mi distesi sul mio asciugamano e stetti ad osservarlo. Poi mi buttai distesa e mi misi gli occhiali da sole. Pochi secondi dopo sentii delle ragazze muoversi verso la riva del mare tutte urlanti. Mi tirai su sui gomiti: le ragazze stavano impazzendo perché avevano riconosciuto Jeremy che ignaro di tutto stava ancora felicemente surfando. Pensai di intervenire: fischiai in modo che Jeremy potesse sentire che ero io e lui si voltò. Le ragazze sulla riva mi fissarono stupite e in un attimo mi furono tutte addosso. “Conosci Jeremy?” “Sei sua amica?” “Come ti chiami?” “A che scuola va Je?” ‘JE??!?!?’ come osavano chiamarlo così? Chi erano per chiamarlo con il suo nomignolo? Mi divincolai da quella massa e me ne andai un po’ arrabbiata. Un ragazzo diventa famoso e tutti possono chiamarlo come vogliono?? Nemmeno a quelli che conosceva lasciavo chiamarlo così, io avevo il diritto di chiamarlo così, nessun altro. Io e lui eravamo amici dall’asilo e loro lo trattano come se lo conoscessero meglio. Si e no avranno visto una sua foto quando aveva 5-6 anni mentre io a casa ho un album mio e suo personale con tutte le nostre foto!
Con lo skate ero riuscita a seminare tutte quelle ragazze. Mi tolsi gli occhiali.
«Meno male avevi quelli addosso se no ti avrebbero riconosciuta dappertutto!» disse Je alle mie spalle.
«Cavolo che colpo ho preso!» dissi facendo finta di svenire. Aveva fatto a tempo a cambiarsi il costume ma i capelli erano ancora tutti bagnati che bagnavano a loro volta la maglietta.
«Va là, stupida! Ti devo anche ringraziare»
«Xké?»
«Xké non me ne sarei mai accorto di quelle ragazze e avrebbero potuto arrivare presto dei giornalisti.»
«Per una cosa così mi ringrazi! Ormai, ti salverei anche da un drago.»
«Quello di solito lo fanno i ragazzi fingendosi principi azzurri.» mi fece notare.
«E beh? Non hai mai sentito parlare della ragazza che combatteva tutti anche se era una principessa?» chiesi come una bambina sognante. Lui rise: «Fantaghirò!» Ci fu un po’ di silenzio. Io abbassai lo sguardo osservando il vuoto mentre camminavamo.
«Ash, che c’é?» mi chiese ad un certo punto.
«Niente» dissi cercando di fargli un sorriso ma lui mi conosceva troppo bene così ammisi: «Stavo pensando che non sarà più lo stesso adesso che tu sei famoso.»
«Perché? Insomma, tranne per i turisti le altre ragazze mi conoscono tutte almeno dal college!»
«Si, ma non é bello comunque. Mi da fastidio che la gente creda di conoscere uno solo perché ha un suo cd o un suo dvd e vanno diecimila volte in internet a trovare foto. Così tutti hanno il permesso di chiamarti come vogliono!»
Mi spettinò amichevolmente i capelli e mi sussurrò all’orecchio: «Questa si chiama gelosia» Sorrisi e lo allontanai con la mano.
«Comunque» continuò «che ne dici se andiamo adesso da Joe?»
«OK!» saltai sullo skate e corsi nella direzione del bar. Jeremy correva dietro, la tavola l’aveva lasciata nella sua cabina personale nella spiaggia.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La festa ***


Il bar di Joe era in angolo ed aveva lo stile delle tipiche case di Los Angeles. Era tutto grigio e, siccome a noi non era mai piaciuto quel colore, ci eravamo più volte offerti di ridipingere il tutto ma lui aveva sempre rifiutato.
Entrammo e il campanello sopra la porta segnò il nostro arrivo. Joe ci salutò dal banco e noi andammo a sederci nel “nostro” tavolo vicino alla finestra. Melinda, la moglie di Joe, venne da noi con il suo solito sorriso stampato in faccia.
«Che bello rivedervi!» esclamò «Non vi ho visti per tutta l’estate! Allora, come va?» chiese curiosa. Era da sempre convinta che fra me e Jeremy ci fosse una bellissima storia d’amore e a noi piaceva stare al gioco, per prenderla un po’ in giro. Mi sporsi in avanti nel tavolino e sussurrai, trattenendomi dal ridere: «Je, amoruccio, un bacino.» Vidi che anche lui si trattenne dal ridere, si sporse verso di me e mi scoccò un bacio a fior di labbra. Lo facevamo spesso e non c’erano mai stai problemi anche perché non erano baci “seri”.
«Siete proprio una bella coppia!» disse felice Melinda.
«Cara, lascia stare quei poveri ragazzi!» le urlò Joe, poi si rivolse a noi: «Due MAXI GELATI AL CIOCCOLATO, vero?»
«Ottimo!» gli urlò di risposta Jeremy con aria di uomo soddisfatto del suo lavoro.
Poco dopo stavamo sorseggiando tutti e due con una cannuccia i nostri gelati.
«Allora, non dovevamo mica venirci stasera qui?» chiesi.
«Il punto é che ho avuto un invito ad una festa e pensavo potevamo andarci insieme.» disse tirando fuori un biglietto d’invito.
«Di chi é la festa?» chiesi.
«Di quella della nostra età... una certa Nicole.»
«Oddio, ho presente chi é!» esclamai «Non vorrai mica andarci, vero?»
«Beh era per far qualcosa, dicono che faccia sempre belle feste.» disse. Ma siccome io non mi convincevo aggiunse: «E poi tu starai sempre con me durante quella festa.»
«Mah, allora potrei anche venire...» dissi con un sorriso.
«Bene, allora devi metterti qualcosa di carino...» disse osservandomi.
«Nooooo! Non posso star senza le mie bermuda, almeno finché fa ancora caldo...» dissi supplicante.
«Ma alla festa ti toccherà mettere qualcosa di più... mmm...»
«Non dire quella parola!» lo minacciai.
«...femminile...»
«Oh, l’hai detta! Vuol dire che devo venire fuori in gonna?»
Annuì sorridendo.
«Ma non riuscirò nemmeno a fare un passo! E poi non ne ho neanche una!!»
«Per questo non c’é problema, te ne ho presa una io dall’armadio di Jessy.»
«Ah, almeno spero che tu l’abbia presa del mio colore preferito.»
«Si...»
Arrivati a casa me la mostrò. Era una gonna nera mini molto stretta.
«Ho pensato che tu ci stai... Hai un fisico! Mia sorella non ci sta!» disse sorridendo.
«Io ti odio, non sopporto le mini...»
«Si ma é l’unica gonna che ho trovato nera...»
«Mmmm...ok mi hai convinto quando i miei escono vieni a prendermi.»

Oltre alla gonna indossai una canottiera rossa, i capelli li lasciai sciolti come al solito e cose a cui ero affezionata come i bracciali con le borchie, i polsini, i bracciali e gli anfibi li lasciai.
«Ashley, noi andiamo!» urlò mio padre.
«Ok!» Urlai in risposta. Sentii mamma che faceva entrare Jeremy e le sue sorelle e poi la porta chiudersi. Bussarono alla mia porta.
«Posso?» era Jeremy.
«Si si entra!»
Dire che rimase a bocca aperta vedendomi é dire poco, poi rise.
«Che c’é?» chiesi imbronciata dandogli una pacca sul braccio.
«Niente, stai proprio bene.»
Era da un po’ che non mi vedeva in gonna, da quando avevo 10 anni!
«Beh andiamo?» chiesi per cambiare argomento.
«Ok!» disse «Prendiamo la metrò»

La casa di Nicole era una villa in confronto alle nostre. Davanti aveva un discreto giardinetto ma la festa si svolgeva nel retro della casa dove c’era persino una piscina coperta con due lastre di vetro per ballare!
Bussammo alla porta e Nicole venne ad aprirci. Era l’esatto contrario di me: bionda con ricci ben definiti, più alta di me (beh io ero un po’ piccolina), occhi marroni ed era un po’ più grassottella di me. Quando vide Jeremy gli fece un grande sorriso: «Ciao Jeremy! Sono proprio contenta che tu sia venuto.» guardò me e fece un sorriso sforzato: «Ashley...»
«Ciao Nico!» la salutai e notai che si trattenne dall’urlarmi dietro, odiava il nomignolo ‘Nico’ «Come va? Dov’é la festa?»
«Beh, vi ci accompagno io!» disse.
Ci fece passare attraverso la casa, era tutta ricoperta di legno, attraversammo l’entrata e andammo in salotto dove c’era già un po’ di gente. Nicole ci indicò una scala alla nostra destra e disse: «Se avete bisogno del bagno, su per di lì e poi l’ultima porta a sinistra». Annuimmo.
Poco dopo Jeremy fu assorbito da gente che lui definì, più tardi, troppo di alta classe per lui. Io, invece, mi precipitai nel tavolo delle patatine e bevande, poi mi appoggiai ad un muro e osservai la gente ballare mentre mi bevevo una coca in lattina che avevo fregato ad un cameriere che passava per di lì. Notai dei ragazzi che mi stavano osservando ma gli ignorai continuando a bere la mia lattina. Anche se questo non servì perché vennero da me e si presentarono.
«Ciao come ti chiami?» disse un ragazzo alto e moro.
«Ashley. Voi?»
«Io sono Ludwing» disse il moro.
«Io sono Edward.» disse un ragazzo biondo di fianco a me che riconobbi come quello che piaceva a Nicole e poi c’era un ragazzo di capelli rossi con gli occhiali «Piacere, io sono Scrugh»
“Ragazzi che nomi! Perché non qualcosa di più semplice?” decisamente non era una festa per me. Erano tutti troppo ‘nobili’ e di ottimi voti per me che ero una ragazzina normale che si impegnava quanto bastava a scuola per passare alla classe più avanti.
********
Intanto Jeremy stava parlando con delle ragazze.
«Je, posso avere il tuo autografo?»
«Jeremy, é vero che hai una storia con Rachel?»
«EHY! Dov’é Nicole?» disse un po’ spaventato da quella massa di ragazze.
«Sono qui.» gli sussurrò da dietro. Jeremy si voltò: «Avevi detto che non avrebbero rotto!»
«State rompendo?» chiese Nicole. E mentre mandava via quel gruppo di ragazze, Jeremy guardò al di là di lei e scorse....
************
Siccome stavano facendo un discorso intellettuale a cui a fatica riuscivo a starci dietro circa da un’ora, cercai disperatamente una via di fuga. Detto fatto, Jeremy stava correndo nella mia direzione, mi prese la mano «Ma cosa---?» feci solo in tempo a dire. Lui sempre tenendomi per mano mi fece correre dentro la casa, prese una giacca che era appoggiata sul divano e mi portò nelle scale. Non le salimmo tutte e lui mi mise con le spalle al muro, si mise velocemente la giacca e si mise il cappuccio in testa e, a questo punto, fece per avvicinarsi alle mie labbra.
«Jeremy, che vuoi fare?» chiesi senza capire.
«Ti bacio.» si avvicinò di nuovo.
«Perché?Non abbiamo Melinda che guarda!» gli feci notare sorridendo divertita.
«Ashley, ho visto dei giornalisti! Salvami ancora ti prego!» e quindi mi baciò. Ma, non ci eravamo mai baciati così, insomma, mai con la lingua. Baciava proprio bene, voglio dire, mi faceva girare la testa e mi faceva sentire la pancia piena di farfalle. Sembrava quasi un bacio vero. Poi, sentii passare due uomini che dicevano: «Non é qui, l’abbiamo perso» e se ne andarono. Jeremy in teoria doveva smetterla di baciarmi, così aprii gli occhi e mi staccai: «Ehy, non hai sentito che se ne sono andati?»
«Ah sì?» disse mettendosi una mano dietro la testa «Non me ne ero accorto, scusa! Comunque grazie per la seconda volta, dovrò farmi ripagare!»
Sorrisi amichevolmente: «Dai, stupido, togliti quel giubbotto che non é tuo e andiamocene senza dire niente!»
«Hai sempre delle brillanti idee!» disse scherzando.
«Lo so!» sorrisi.
Usciti da quella casa dove non ci sentivamo a nostro agio non sapevamo veramente cosa fare. Prendemmo un gelato e finito finalmente, mi venne un’idea: «E se andiamo al PUNK-SKATE?»
Jeremy questa volta fu colpito: «Ci stavo pensando anch’io, magari ci troviamo i ragazzi!»
Il PUNK-SKATE era uno di quei normali posti all’aperto dove ci sono le varie cose per andare in skate e c’é persino un campo da basket. Jeremy, ma soprattutto io, eravamo abituali di quel posto, lì ci conoscevano tutti. Quando arrivammo tre ragazzi, che riconoscemmo come Evan, Matt e Mark (questi si che erano nomi normali!), stavano giocando a basket.
«Ehy guys!» urlai.
«Ashley?» dissero avvicinandosi feci una mossa diversa per saluto ad ognuno di loro e lo stesso fece Jeremy.
«Wow, come siamo vestiti bene stasera!» rise Matt mentre Evan osservava la mia gonna e la tirava un po’.
«Ev, giù le mani!»
«Beh, lasciati ammirare!» disse Mark.
«Non ti abbiamo mai vista in gonna!» protestò Evan.
«Beh perché non ne ho nemmeno una!!»
«Ragazzi!» disse Jeremy che aveva preso la palla «Facciamo una partita a pallacanestro?»
«Ma io non posso giocare!» protestai mettendomi seduta in ginocchio.
«Io ci sto» disse Evan
«Chi vince tirerà giù la gonna ad Ashley!» propose Mark.
Feci la linguaccia: «Tanto le mutande sono sempre le solite, non metto roba con il pizzo o altro!»
«Beh, allora cambiamo premio!» disse Evan.
«Chi vince porta a casa in braccio Ashley!» disse Matt.
«Allora dillo prima che bisogna cercare di perdere!» commentò Jeremy.
«Tutti contro tutti....» urlò Mark «UNO...DUE....VIA!»
Cominciarono a giocare all’impazzata poi, finalmente, verso mezzanotte decisero che il vincitore era Matt. Mi prese e mi mise sulle sue spalle, era molto più alto e robusto degli altri anche se non era difficile sollevare una come me, piccola e magra. Parlammo molto, finché i ragazzi non dovettero cambiare strada così ci salutammo rimanendo solo io e Jeremy come eravamo partiti. Arrivammo a casa che i nostri genitori dovevano ancora tornare. La TV era accesa ma sia Jessica che Jennifer dormivano sul divano.
«Che facciamo?» sussurrai «Io sarei un po’ stanca... te?»
«Anch’io, potremo guardarci un po’ di TV in camera tua, i miei avevano detto che forse sarebbero potuti tornare anche domani mattina!» sussurrò anche lui, ridendo.
Così lui si accomodò nel divano-letto in camera mia, dopo essersi tolto le scarpe. Io, invece, andai in bagno e mi misi il pigiama. Quando tornai in camera, Jeremy stava già dormendo pacificamente. Mi avvicinai e lo osservai sorridendo: chissà se tutte le sue fans l’avevano mai visto mentre dormiva. Aveva quell’espressione angelica, i boccoli dei capelli biondi stavano in disordine e la bocca era socchiusa. Risi piano, poi un pensiero mi attraversò la mente: il bacio che mi aveva dato appena poche ore prima. Non me l’aveva mai dato così e dovevo ammettere che era veramente bravo! Ma il punto non era la bravura, era perché. Insomma, secondo me, si poteva anche avvicinare e non sfiorarmi neanche... ma magari i giornalisti se ne sarebbero accorti... allora, il bacio era ok ma il fatto che avesse chiuso gli occhi... i ragazzi chiudono gli occhi raramente mentre baciano... solo per situazioni particolare... beh, se non era particolare quella situazione... okay, allora perché ero così nervosa nel guardarlo, come se stessi aspettando qualcosa... ma cosa??? E poi, non l’aveva mica fatto apposta a non staccarsi dopo che aveva sentito benissimo che i giornalisti se ne erano andati?.... cancellai tutti quei pensieri dalla mia testa che, sicuramente, non avevano un senso. Andai al mio letto e mi misi sotto le coperte, spensi il cellulare e la luce sul comodino e, piano piano, mi addormentai.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Serata con i ragazzi. ***


La mattina dopo, quando mi svegliai, la sveglia suonava all’impazzata! Feci un balzo e guardai verso il divano-letto ma Jeremy non c’era. Mi vestii velocemente: le bermuda verdi militare, una maglietta rossa maniche corte, anfibi, bracciali con le borchie e braccialetti. Mi pettinai i capelli e scesi in cucina.
«Ciao Ma’!» dissi vedendo mia mamma che metteva sul mio piatto un uovo strapazzato. «A che ora siete tornati ieri sera?» chiesi cominciando a mangiare.
«Verso le due. Tu e Jeremy?» mi guardò con sguardo sospettoso.
«A-Alle 11.» dissi più naturalmente possibile. «A proposito, dov’é?»
«Ah, quando l’abbiamo trovato in camera tua l’abbiamo svegliato ed é andato a casa.»
«Poverino!»
«Già, poverino a vedere te che pisolavi tranquillamente nel tuo letto!» si intromise mio padre mentre scendeva le scale e si sistemava la cravatta.
Risi
«Che ore sono, Pa’?» domandai.
«Sono le 8 e mezza. Jeremy sarà qua fuori.» mi disse.
«Sì, adesso vado!»
Presi la mia cartella e uscii. Jeremy aveva ancora il mio berretto da baseball in testa e stava sgranocchiando una fetta di pane scaldato. Ci salutammo e andammo a scuola. Io avevo la prima ora buca così, salutai Je che doveva andare in classe e me ne andai a ripassare nella biblioteca della scuola. Mi sedetti in uno dei tavoli liberi. La biblioteca era ancora in stile antico, c’erano scaffali pieni di polvere dove c’erano libri che nessuno guardava da anni. I tavoli erano di legno pesante e le sedie avevano la paglia che pizzicava il sedere. Aprii il libro di storia ma, dopo aver letto le prime due righe, cominciai a fare disegnetti sulle pagine con la matita.
«Ciao.» sussurrò qualcuno davanti a me. Alzai lo sguardo: era Christine una delle mie amiche fin dall’asilo. Lei era bionda con i ricci ben definiti, aveva una faccia “paffuta” ed era molto timida con la gente che non conosceva.
«Ciao» ricambiai facendole segno di sedersi vicino a me.
«Come va?» mi chiese «Ieri non ti ho mai incrociata!»
«Già, ero un po’ preoccupata perché non avevo visto Je tutta l’estate, sai per via del film...»
«Sì, lo so. Ma mi pare che a scuola sia tutto apposto, no? Insomma, nessuno gli ha rotto con gli autografi.»
«Già.» sussurrai un po’ pensierosa.
«Ehy, che c’é?» mi chiese mettendomi una mano sulla spalla.
«Niente, stavo solo pensando che...» le raccontai tutto della sera prima e del bacio di Jeremy e le esposi tutto il ragionamento che avevo fatto la sera prima di andare a dormire.
«Ma dai, che magari non se ne é veramente accorto!» sorrise.
«Ma non mi aveva mai baciato così...» ribattei.
«Ash, sei sicura di non esserti innamorata del tuo migliore amico?» Questa domanda mi prese alla sprovvista: non ci avevo mai pensato! Aprii la bocca per rispondere ma la richiusi al suono della campanella. Senza dire niente ci alzammo tutte e due e mentre andavamo in classe, aprii più volte la bocca perché volevo dirle qualcosa, volevo rispondere alla sua domanda ma era come se fossi dentro ad un film muto e lei sorrideva soddisfatta.
Passai tutta la mattina a pensare sempre alla domanda. In molti mi salutavano o mi parlavano durante i cambi d’ora e io rispondevo ma se qualcuno più tardi mi avesse chiesto di cosa avevo parlato non lo avrei saputo dire. Tutto intorno a me era come attutito, molto lontano nella mia mente. Solo il suono della campanella di fine lezioni mi risuonò più vicina.
«Ehy!» urlò Jeremy mentre stavo mettendo giù i libri nel mio armadietto. Mi fece sobbalzare, e così facendo mi svegliò da quella “trans” in cui ero dalla mattina.
«Je! Che colpo! Mi hai messo paura!» dissi un po’ in tono di rimprovero.
«Tu mi fai paura.» disse Jeremy leggermente preoccupato «A letteratura eri impassibile! Eppure c’era Shakespeare, che é l’autore che preferisci!»
«Oh, scusa.» dissi veramente dispiaciuta. «Avevo altro per la mente.»
Jeremy sorrise dolcemente. Non l’avevo mai visto sorridere così o forse, non l’avevo mai guardato in quel modo. Aveva un espressione da angioletto vivace. Era veramente carino!
Boccheggiai molto prima di riuscire a dire: «Andiamo a casa?» e incamminarmi. Jeremy mi seguì dicendo: «Sì, ma sei sicura di sentirti bene?»
Nel pomeriggio del sabato della settimana dopo, verso le cinque, cominciò a piovere. Io me ne stavo seduta in camera mia sul mio letto, con la chitarra in mano a canticchiare la canzone “Tomorrow” di Avril Lavigne, la mia cantante preferita, nonché, secondo me, esempio da seguire. Avevo già avvertito con un sms i ragazzi di venire a casa mia tanto i miei non c’erano fino al giorno successivo, e poco dopo arrivarono ed entrarono in camera mia: Jeremy, Evan, Matt e Mark tutti fradici.
«Uscite immediatamente!» urlai ridendo. Ci tenevo al mio tappeto azzurro tanto morbido.
«Dai, Ash! Fammi provare la tua chitarra elettrica nuova, piuttosto!» si lamentò Evan.
«Almeno toglietevi le scarpe e lasciatele fuori dalla mia camera.» dissi
«Ai suoi ordini, regina» disse Jeremy.
Rientrarono subito dopo scalzi. Evan si fiondò sulla mia extra nuova chitarra elettrica per provarla.
«Ev! La prendo io!» dissi mettendo la chitarra classica sul letto. Lui l’aveva già presa in mano e la stava osservando. Era rossa con la tracolla nera. Ci avevo già attaccato un po’ di adesivi e scritte su Avril, i Blink 182 e sui Green Day.
Anche Evan suonava la chitarra, anche lui una classica e una elettrica ed era veramente bravo.
«Dai, facci vedere come ti sta!» propose Jeremy. Evan mi porse la chitarra e io me l’infilai.
«Beh, stai proprio bene, potresti anche arrivare ad assomigliare alla Lavigne!» commentò Mark. Evan l’attaccò all’amplificatore: «Facci sentire qualcosa!»
Suonai un pezzo di “MY HAPPY ENDING” cantandola anche. Poi mi sedetti a gambe incrociate sul letto con di nuovo la chitarra classica in mano davanti ai ragazzi che erano seduti sul tappeto “morbidoso”.
«Che si fa?» chiese Matt.
«Mah, che giornata di merda!» commentò Mark osservando fuori dalla finestra.
«Potremo giocare a picchiarci!» propose Je, poi lanciò un’occhiata verso di me e disse: « o potremo riempire di solletico Ashley!»
Questa proposta allettò molto i ragazzi che si buttarono tutti su di me e continuarono a farmi il solletico finché non li supplicai di lasciarmi stare. Decisero, così, di andare in salotto a cercare una cassetta carina da vedere. Non ne trovarono così Jeremy e Evan andarono a noleggiarne una. Non mi fidavo molto dei loro gusti ma alla fine mi divertivo sempre a vedere i film che prendevano.
Matt, Mark e io giocammo alla Play.
«Allora, restate da me a dormire?» chiesi.
Mark scosse la testa: «Io non posso» disse «Guardo il film e vado» Ci rimasi un po’ male: «Che peccato, per una volta che si poteva far casino tutta la notte perché i miei non ci sono!»
«Io resto, Ash!» disse Matt agitando una mano per farsi notare. «Ma dove dormiamo?»
«Dormire?» chiesi stupita «Io non pensavo che avremo dormito, domani non c’é scuola!»
«Ah, giusto! Ma se mi venisse un attacco di sonno?»
«Beh, sul divano. Basta che non sia né in camera mia né in camera dei miei. Potete mettervi anche in bagno se volete!» risi.
Mezz’ora dopo, Ev e Je ritornarono con la cassetta: Men in Black 2.
«Oh, Great!» esclamai mentre gliela prendevo dalle mani e la inserivo nel videoregistratore. Mi sedetti fra Matt e Je che a sua volta era vicino ad Evan. Ci gustammo il film insieme ai popcorn, ridendo alle battute e ridendo anche per i nostri commenti. Eh, già, perché noi guardavamo i film soprattutto per commentarli e, io ed Evan, che siamo nella stessa classe a Biologia, ci divertiamo a commentare anche i video noiosi della Prof.
A fine film, come detto, Mark si mise la sua giacchetta e andò a casa. Io ero appoggiata con la testa sulla spalla di Jeremy e stavo per addormentarmi...
«Ehy, Ash! Non eri mica tu quella che non dormiva stasera?» mi chiese punzecchiandomi un braccio Matt.
«Oh,Fuck you!» risi buttandogli un cuscino contro.
All’una circa, aprii lentamente gli occhi. Mi ero addormentata sulla spalla di Je, anche lui addormentato. Evan dormiva sulla poltrona mentre Matt si era buttato nel lato opposto del divano. La tv era spenta, mi alzai piano, non avevo più sonno così andai in camera mia. Presi in braccio la mia chitarra e cominciai a canticchiare piano “Tomorrow”, ero innamorata di quella canzone. Sentii dei rumori fuori nel corridoio e bloccai le corde. Misi lentamente per terra la chitarra e mi misi sotto le coperte facendo finta di dormire. Era già successo altre volte che mi sgridassero perché li avevo svegliati cantando, delle volte non controllo la mia voce! Entrò in camera mia, come previsto, e si sedette sulla poltroncina gonfiabile vicino al mio letto. Sentivo che mi stava guardando o forse, in queste situazioni, bisognerebbe dire che mi stava osservando. Dal profumo inconfondibile che aveva, dedussi che era Jeremy. Si alzò piano e fece una cosa che mi sorprese e che nelle ore dopo non mi fece dormire: mi scoccò un lieve bacio sulle labbra.
La mattina dopo, i ragazzi risero vedendo che tutti si erano addormentati.
«Colpa della scuola!» osservò Evan ridendo.
«Giusto abbasso la scuola!» approvammo io e gli atri due.
Non ero riuscita a guardare in faccia Jeremy, perché? In fondo era lui quello che non doveva avere il coraggio di guardarmi per quello che aveva fatto, invece io mi comportavo come se mi piacesse. Questo pensiero mi spaventò: anche Christine il giorno prima era arrivata alla stessa conclusione ed io non ero riuscita a darle una risposta, né a darla a me una risposta. E adesso mi trovavo davanti alla stessa domanda... Ke buffo, no?
«Ciao Ash!» mi salutarono poco dopo mentre uscivano. Dovevo mettere apposto il casino primo che i miei ritornassero.
«Ash, se vuoi ti aiuto...» mi propose Jeremy. Era l’ultima persona che volevo lì!
«No, grazie» dissi prontamente bloccandolo con una mano sul petto, cavolo sentivo il fisico anche attraverso la maglietta.
«Ok.» disse lui un po’ titubante seguendo gli altri.
«Vieni al PUNK-SKATE oggi, Ashley?» mi chiese Ev.
«Si alla solita ora.»
«Allora porta la chitarra elettrica che andiamo a casa mia dopo e proviamo qualcosa insieme alla mia batteria» disse Matt. Il mio pensiero andò subito a Jeremy, lui non suonava nessuno strumento, strimpellava la chitarra ma nient’altro e si sarebbe sicuramente stufato a casa di Matt.
«Ci raggiungi anche tu, Jeremy?» gli chiese Matt.
«No, io non posso... devo andare via con i miei.» rispose lui.
«Ke sfiga! Beh, Ash, allora ci vediamo, ciao!» disse Evan.
«Ciaoooo!» salutai.
Pulii il salotto e la cucina dove avevamo fatto la “nostra” colazione. I miei sapevano che delle volte invitavo i ragazzi a dormire e, anche se all’inizio non approvavano molto, dopo averli conosciuti gli avevano definiti dei sempliciotti. C’avevo litigato un’intera settimana per quella definizione ma almeno così, avevo il permesso di invitarli. I miei arrivarono poco dopo.
«Ciao Mà! Ciao Pà!» li salutai aprendoli la porta.
«Ciao Ashley!» ricambiarono appoggiando di fianco alla porta i bagagli. Li presi io e li portai in camera loro senza disfarli chiaramente, era già tanta quella mia cortesia. Riscesi in salotto: mio papà era seduto sulla poltrona e si guardava uno di quei quiz in tv.
«Sei frizzante, che hai?» mi chiese sorridendo.
«Vado a suonare a casa di Matt!»
«Ah, beh, adesso si capisce tutto!» rise. «Perché non provi a rispondere a quella domanda?» mi incitò indicando la domanda che il presentatore alla tv aveva proposto.
«Oh, papà! Non lo so, smettila!» tentava sempre di farmi rispondere a qualcosa.
Mia mamma si sedette sul divano, si era cambiata e indossava una tuta adesso.
«Che hai fatto stanotte? Hai invitato qualcuno?»
«Si, sono venuti i ragazzi!»
«Veramente?» sbarrò gli occhi «Questa volta sei stata più brava a pulire! Non mi sembrava...»
«Forse sono stati loro a non sporcare!» commentò mio papà. Risi e gli buttai un cuscino contro.
«Voi che mi raccontate?» domandai. In realtà non me ne fregava niente e lo sapevano anche loro perché mi conoscevano bene.
«Beh, i nonni stanno bene, hanno detto che a Natale vengono a mangiare qui.» mi informò mamma.
«E anche...» cercai di dire.
«Anche Karen verrà, sì.» completò papà. Karen era mia sorella maggiore. Quando aveva compiuto 17 anni ci aveva lasciati tutti ed era andata a vivere con i nonni, stufa di stare in una città troppo grande e inquinata e con una sorella maschiaccio, come diceva lei. Eravamo completamente diverse. Io, appunto, mi vestivo più da maschiaccio, lei era molto tirata, amava la perfezione e prima di stringere la mano a qualcuno chiedeva sempre se si era lavato le mani, soprattutto ai miei amici. Ero arrabbiata da più di un anno con lei e lei lo era con me. Quando i nonni venivano da noi lei non veniva e quando i miei andavano là io non andavo. I nostri genitori avevano accettato il tutto, dicendo che l’avremo superata, ma non so se dopo un anno ne erano ancora così convinti.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** divertimento, cena e..ricerca! ***


Quel pomeriggio, come deciso, andai al parco con la chitarra elettrica in mano. Quando arrivai, salutai un po’ di gente che stava andando sullo skate e vidi Evan seduto al di là delle rampe, con la sua chitarra in mano, assorto nei suoi pensieri. Notai delle ragazze più in là che lo fissavano sorridendo e parlottando qualcosa di tanto in tanto.
“Che ochette” pensai scuotendo la testa mentre mi dirigevo da lui. Quando gli fui davanti alzò lo sguardo e mi sorrise. Mi sedetti di fianco a lui, ignorando gli sguardi maligni delle ragazze e presi in braccio la mia chitarra. Ev smise di suonare e si voltò verso di me: «Canta qualcosa!»
«Eh?» esclamai sorpresa «Non dovevamo andare da Matt?»
«Ci andiamo un po’ più tardi, quando mi fa uno squillo... allora ti va di cantare qualcosa per mettere un po’ di musica in questo posto?»
«Facciamo Why?»
«Why? e di chi é?» mi chiese con una smorfia.
«Ok, non la sai, lasciamo perdere...» mi misi a pensare «Facciamo Sk8er Boi?»
«Wow, questa é bella!» prese l’amplificatore che aveva di fianco a lui.
«Ah, ma se c’hai l’amplificatore viene fuori una favola!» commentai mentre collegavamo le chitarre. Ci alzammo in piedi e cominciammo a suonare e poi io a cantare e la gente cantava insieme a me perché era una canzone abbastanza famosa. Con solo le chitarre non é che venisse bene fuori il ritmo ma ce la cavavamo.
Alle cinque e mezza circa, Matt ci raggiunse.
«Ciao Matt!» dissi appena finita la canzone Basket Case dei Green Day.
«Non dovevi mica farmi uno squillo???» si lamentò Evan.
«Te ne ho fatti una decina, deficiente!» disse dandogli una pacca dietro la nuca. Matt aveva un anno in più di noi ed era più alto di Evan e anche più muscoloso. «Poi» continuò «ho sentito che mia mamma si lamentava che c’era una musica orrenda “tipo-quella-che-suono-io”, come l’ha definita lei e ho immaginato che foste voi.»
«Ottima deduzione!» esclamai «Andiamo?»
«Sì, dai! Sono venuto solo a chiamarvi...»
«E Mark?» chiesi «Qualcuno l’ha sentito?»
Evan staccò le chitarre dall’amplificatore che passò a Matt e disse: «Ha un po’ di problemi...ehm...in famiglia...» Mi preoccupai.
«Niente di grave ma non vuole che la gente lo sappia.» aggiunse Matt.
«Ah...ok.» dissi. Ormai non cercavo di farmi dire quello che non doveva essere saputo in giro, mi ritenevano una chiacchierona dei fatti altrui e non riuscivo a farli cambiare idea.
«Tu non ti preoccupare, si sistemerà tutto.» disse Ev mettendomi un braccio intorno alle spalle mentre seguivamo Matt. Quest’ultimo si girò verso il ragazzo di fianco a me e gli lanciò un’occhiata. Non so definire di che tipo ma ne restai sorpresa e incuriosita per tutto il giorno!
Suonammo tutto il pomeriggio, finché non tornò a casa la madre di Matt e allora dovemmo smettere. Li salutai e ritornai a casa. Entrai, misi la chitarra in camera, poi scesi e mi buttai sulla poltrona davanti alla tv accesa. Mamma la stava guardando da dietro il bancone mentre preparava la cena.
«Mà! Posso girare?» chiesi sbuffando. Non mi piacevano i programmi che parlavano dei problemi di una famiglia o delle coppie, erano talmente noiosi!
«La sto guardando io, Ashley! Tu vai in camera tua se non ti interessa.» sbottò di risposta. Io mi appoggiai sul bancone e osservai cosa stava cucinando. Di solito non faceva mai cose troppo sofisticate...
«Chi viene a cena?» fu la domanda automatica vedendo troppe buone cose.
«Ah, i Sumpter.» disse togliendo gli occhi dalla TV contenta che mi interessassi del buon lavoro che aveva fatto. «Tuo padre é da loro, sono appena tornati da un lungo viaggio e non avevano voglia di cucinare.»
«Mmm..buon per me!» dissi sottovoce.
«Che hai detto scusa?»
«Ah, niente.» dissi indifferentemente.
Verso le nove, eravamo tutti a tavola. Le mamme che confrontavano l’andamento di un figlio e dell’altro. I papà che discutevano sulla migliore squadra che meritava di vincere il campionato a Baseball. E noi ragazzi che parlavamo un po’ di tutto in generale.
«Sei andata a suonare oggi?» mi chiese Jennifer mentre si strafogava di pasta al pomodoro.
«Sì...mi sono divertita un mondo!» dissi al pieno delle mie energie.
«Dopo me la fai vedere la tua nuova chitarra?» mi chiese ancora agitandosi sulla sedia. Mi scappò un sorriso divertito, quella ragazza era troppo fuori!
«Certo! Quando finiamo te la faccio vedere!» risposi. Lei fece un grande sorriso e ricominciò a mangiare. Lei confronto a Jessica mi stava molto simpatica, forse per il fatto che ero quasi un mito per lei.
Quando i genitori finirono di raccontarsi gli ultimi fatti ci demmo la buonanotte e ognuno ritornò nelle proprie case. Mamma si mise a lavare i piatti mentre papà guardava la tv. Io, invece, andai in camera mia a fare una relazione per biologia che era per il giorno dopo. Stetti più o meno mezz’ora davanti ad un foglio bianco rigirandomi la penna fra le mani. Non sapevo cosa scrivere! Ecco, l’unica cosa bella che avrebbe potuto fare mia sorella era suggerirmi qualcosina tanto per aiutarmi dato che lei qualunque argomento le si chiedesse lo sapeva perfettamente...Oddio! L’argomento!
«Mamma! Chiamo un attimo un mio amico per sapere una cosa sui compiti» urlai porendendo in mano il mio telefono portatile perché non avevo voglia di sprecare soldi sul cellulare.
«Ok!» mi sentii rispondere.
Feci velocemente il numero di Evan che faceva quel corso con me ma al primo squillo misi giù perché ricordai che era proprio perché scherzavo con lui tutta l’ora che non avevo seguito niente! Pensai ai miei compagni di biologia...Se Jeremy avesse fatto il corso con me avrei sicuramente chiamato lui che anche se non stava attento trovava sempre qualche cavolata da scrivere...Non avevo il numero della maggior parte della classe di biologia anche se li conoscevo tutti perfettamente...C’era Nicole però...magari riuscivo a farmi dire qualcosa...Il suo cellulare squillò almeno una decina di volte prima che rispondesse:
«Che vuoi?» chiese arrogantemente.
«Senti Nico...» dissi “no meglio non prenderla in giro, mi serviva urgentemente quell’argomento.” «Cioé, Nicole come va?» feci cercando di simpatizzare un po’.
«Davis sputa il rospo!» mi odiava era inutile...non le andavo proprio giù per fortuna questo sentimento era reciproco...
«Potresti dirmi l’argomento di biologia, per piacere?» dissi con una vocina dolce dolce quasi da prenderla in giro.
Sbuffò. «Sesso, Davis, SESSO! Penso che tu ne intenda abbastanza da non restare nemmeno attenta alla lezione» mi provocò.
«Senti brutta vacca chiudi quel becco che tu ti sei portata a letto tutti i ragazzi della scuola é per quello che adesso nessuno ti vuole più!!»
Buttai giù il telefono, non offesa, più che altro per non sentirla urlare, non mi offendevo se una brutta racchia diceva cose false sul mio conto, io avevo più amici di lei, più gente che credeva a me piuttosto che lei. E poi ero stata solo con un vero ragazzo in vita mia quando avevo 15 anni ed era finita un po’ male dato che lui era partito per l’Inghilterra e ci sentivamo solo per e-mail e delle volte per chat. Volete proprio saperlo? Mi mancava da morire, non credo di essere stata ancora innamorata di lui ma quando vedevo il suo nick in chat il mio cuore si agitava e cominciavo a sorridere senza ragione. Avevo passato i miei sette mesi più belli con lui e quando cinque mesi fa se ne era andato, ricordo di aver pianto molto fra le sue braccia che ancora adesso mi mancano... Però quelle volte che ci troviamo in chat parliamo come vecchi amici o cominciamo a raccontarci i nostri ricordi.
Decisi di chiamare Matt, lui sapeva tutto sull’argomento e poi era più grande e sarebbe sempre riuscito a suggerirmi qualcosa in qualsiasi argomento.
«Ciao Ash!Che c’é?»
«Ciao Matt! Parlami del sesso...»
Momento di silenzio, poi rise:
«Ash, stai diventando adulta???»
«No defi! E’ per la relazione di biologia, devo consegnarla domani»
«Ah! Adesso si spiega tutto! Mi hai fatto prendere un colpo!»
«Allora?»
«Ma é possibile che in quell’ora tu ed Ev non riusciate a stare attenti un secondo?»
«Uffa, non ho bisogno del terzo grado!»
«Ok ok...Almeno sai dirmi se parlava di animali o di uomini?»
Ci pensai un momento...
«No»
«Andiamo bene...»

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Riaffiorano i ricordi... ***


Così il giorno dopo camminavo tranquilla per i corridoi pieni di gente a scuola. La relazione l’avevo fatta ed era tutto apposto, Nicole non mi rivolgeva la parola (che novità!) e io parlavo a destra e a manca con molta gente, delle volte mi pareva di conoscere tutti. Ero al mio armadietto quando i tre intellettuali vennero da me: Scrugh, Ludwing ed Edward. Fu proprio quest’ultimo a rivolgermi la parola.
«Ehy, Ashley!» mi richiamò all’attenzione.
«Ah, ciao!» dissi voltandomi e facendo un sorriso forzato. Non ero felice di vederli logico. Erano dei bravi ragazzi e non mi stavano antipatici ma non erano il mio genere, cioé la gente che conoscevo io era più sciolta e amava fare pazzie.
«Senti fra poco é Halloween e ci sarà la festa...ti va di venirci con me?» mi chiese poi mi guardò un attimo e aggiunse: «Vestita più elegantemente, ovvio»
Avrei voluto rispondergli: “Certo che no! Se vuoi essere incoronato principe del ballo vacci con una bellona che si veste da cenerentola ma io non sono quel tipo di ragazza!” ma non volevo essere considerata antipatica, da nessuno quindi mi limitai ad un semplice: «Devo pensarci é troppo presto ancora, siamo solo al 20 ottobre!» sperando che qualcun’altro mi chiedesse di essere la sua “dama”.
«Ciao Ash!» mi chiamò Christine sempre con il suo bianco sorriso stampato in viso.
«Ehy!Come va?»
«Bene, te? Tutto apposto con i ragazzi? Ho visto che ti si é avvicinato quel secchione di Edward...non mi pare il tuo tipo.»
«Non lo é per niente, infatti!» sbottai.
«Scusa! Comunque con i ragazzi come va?»
«Wow! Non ti é mai interessato così tanto! Vuol dire che nascondi qualcosa!» dissi ridendo «Avanti, chi é la tua vittima?»
«Devo proprio dirtelo?»
«Uffa, siamo amiche!» protestai.
«Beh, ecco mi piace...Jeremy.»
Restai un po’ sbalordita, se non sconvolta. Il mio migliore amico piaceva alla mia amica...beh prima o poi dovevo accettarlo.
«Sei sicura di sentirti bene?» le chiesi.
«Certo! Anzi sei tu quella che non deve sentirsi molto bene...gli muore dietro metà della scuola!» mi fece notare come se fosse la cosa più ovvia al mondo ma non lo era.
«Mah, gusti!»
«Piuttosto, tu e da un po’ che non esci con qualcuno...» mi disse uscendo dalla lezione di aritmetica.
«Oh, no Chris, non riiniziare con la solita storia!» l’avvertii aumentando il passo verso il mio armadietto.
«Ma dai, Ash!» protestò lei raggiungendomi mentre io mettevo dentro i libri e prendevo quelli che mi dovevo portare a casa. «Sono già cinque mesi che non frequenti qualcuno!»
Mi voltai verso di lei e, con un dito contro, le dissi: «Non sono già 5 mesi sono SOLO 5 mesi! E poi mi bastano i miei amici per adesso!»
«Che succede?» chiese Jeremy che si era avvicinato.
«Niente» gli sorrisi. Ma quei suoi occhi azzurri mi guardavano ancora in cerca di una risposta, e non ottenendone una valida si voltò verso Chris.
«Stavamo discutendo su ragazzi» disse lei arrossendo leggermente.
«Ah.» disse poco convinto lui.
«Ciao Chris! Ci sentiamo!» le dissi prima che Jeremy mi prendesse e mi portasse verso l’uscita della scuola.
Mentre tornavamo a casa gli raccontai della ricerca di biologia e degli ultimi avvenimenti che mi erano successi a scuola compreso l’invito al ballo di Edward.
«Mamma mia! Si vede che non ti conosce per niente!» rise lui.
«Appunto! Cioé, se vuole essere incoronato principe del ballo che ci vada con una come Nicole che é popolare in tutta la scuola ma non con una come me!» lo guardai un attimo «Tu con chi pensi di andarci?»
«Ah, beh...non lo so.» disse mettendosi una mano dietro la testa.
«Comunque sia a chiunque tu chieda di andare al ballo accetteranno tutte di certo.» gli dissi.
«Si va beh, comunque che facciamo oggi?»
«Andiamo sempre al solito posto e poi vediamo che hanno in mente gli altri!» gl sorrisi. Varcai il cancelletto cigolante di casa mia e lo salutai mentre entravo in casa. Mi tolsi la sciarpa e il giubbetto in pelle che avevo addosso e appesi tutto all’attaccapanni. Mi guardai intorno e mi venne una morsa allo stomaco: in casa non c’era nessuno come la maggior parte dei giorni. Ormai c’ero abituata ma era più bello aver qualcuno a cui raccontare la proprio giornata. Andai in cucina a prepararmi qualcosa di commestibile e lessi il solito biglietto di mamma:

Ciao tesoro, tutto bene a scuola?
Ci auguriamo di sì. Pensiamo di tornare sul tardi quindi
non aspettarci alzata, intesi?
E se esci rientra prima delle dieci.
Bacioni
Mamma e Papà
P.S.: se hai bisogno di qualcosa chiama papà al cellulare.


Mi feci un panino e andai in camera mia, accesi il computer ed entrai in MSN Messenger. C’era solo una persona in linea. Il suo nick mi fece agitare, solo leggere il suo nome era una sorpresa: Jesse.
“Ehy! Immaginavo che saresti venuta!” scrisse appena apparve il mio nick. Sapevo come lo immaginava, con un po’ di calcoli riusciva a sapere che da me erano le due e sapeva benissimo che la maggior parte dei giorni ero a mangiare da sola.
«Ciao, come va?» scrissi io.
“Benissimo. Sprizzo gioia da tutti i pori in questi giorni”
«Come mai?»
“Te lo dirò...Te come va, invece?”
«Abbastanza. Sai che fra poco c’é il ballo di Halloween, no?»
“Certo, come tutti gli anni!”
«Non immaginerai mai chi mi ha invitato fino ad adesso!»
“Chi?”
«Quel secchione di Edward Lo Smorfioso»
“LOL! Non é di certo il tuo tipo! Ma ti hanno vista bene??”
«LOL!»
Non risponde più, o almeno ci mette un po’ a rispondermi:
“E tu hai accettato?”
L’Halloween prima era quando ci eravamo messi insieme e questo mi fece un po’ di nostalgia, ma dopo tutto non potevo aspettare che finisse gli studi e ritornasse a Los Angeles!
«Certo che no» scrissi.
“Beh, logico. Qui c’é in programma una piccola festicciola ma non sarà mai come quelle lì a Los Angeles!”
«L'Inghilterra sembra un mortorio da come ne parli!»
“No, é il college di Cambridge che é un mortorio”
«Visto che hai fatto male ad andarci?»
“Mi dispiace, Ashley, hai ragione.” Mi si chiuse lo stomaco, questo voleva dire che anch’io gli mancavo?
«Non fa niente Jesse» scrissi. Aspettai un po’ che lui rispondesse ma non lo fece così scrissi: «Adesso devo andare. Ci sentiamo!»
“Ok, ciao!”
Chiusi MSN con un po’ di malincuore e spensi il computer. Presi la chitarra elettrica e l’attaccai all’amplificatore. Mi sedetti sul letto e suonai “Adam’s song” una canzone dei Blink che mi piaceva da morire anche se faceva diventare chiunque depresso.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La proposta di Evan ***


Suonai fino più o meno le quattro quando Evan e Mark vennero a chiamarmi. Corsi velocemente le scale ed aprii la porta.
«Ciao raga!» dissi vedendoli «Entrate mentre mi metto le scarpe.»
Si buttarono tutti e due sul divano.
«Fa un freddo fuori! Sarà un inverno con la neve questo!» affermò Evan.
«E Matt, dov’é?»
«Aveva da lavorare, quel poveraccio!» disse Evan.
«Avete qualche destinazione oggi?» chiesi mentre mi chiudevo il giubbetto in pelle che mi arrivava fino a sopra i ginocchi ed era veramente carino.
«No...» disse Mark.
«Beh potete venire a casa mia!» lo interruppe Evan.
«Ma al parco non c’é nessuno?» chiesi ancora.
«Sì, c’é un po’ di gente...» disse Mark.
«Allora andiamo là e poi quando comincia a far più freddo veniamo tutti da te, Evan, ok?» proposi.
«Ok perfetto!»
Presi lo skate e chiusi la porta a chiave. Saltai il muretto che divideva il mio giardino da quello di Je e suonai il campanello, mentre gli altri aspettavano sul marcia piede. Mi aprì Jennifer.
«Ciao, c’é tuo fratello?» le chiesi cercando di sbirciare. Di solito mi avrebbe fatto entrare e invece quel giorno pareva voler nascondere qualcosa...
«Ehm...no. E’ uscito fuori con una ragazza.»
Sentirono anche Mark e Evan. «Je ha una ragazza??»
«No» sorrise lei un po’ imbarazzata «Per adesso escono alcuni pomeriggi ma non so...»
«Va bene, quando torna puoi dirgli che sono passata e che casomai stasera venga a casa mia?»
«Ok» mi sorrise chiudendo leggermente perché vedeva che stavo sbirciando.
«Ok...»ripetei stavo per andarmene, ma prima che potesse chiudere la porta, mi voltai e le chiesi:
«Jenny, sicura di sentirti bene?» Lei divenne rossa e cercò di fare un sorriso: «Si si tutto apposto.»
«Beh,» dissi poco convinta «Se hai bisogno dimmelo per favore, io ci sono sempre, ok?»
«Ok» disse annuendo e chiuse la porta frettolosamente.
«Aveva qualcosa di strano, vero?» notò Evan continuando a guardare la porta chiusa mentre li raggiungevo.
«Già...» dissi pensierosa chiudendo il piccolo cancelletto. «Spero non sia niente di male...»
«Magari ci stiamo a preoccupare per niente» affermò Mark. Ci voltammo tutti e due verso di lui con facce serie e lui aggiunse: «Cioé, voglio dire, magari non vedeva l’ora che ce ne andassimo perché doveva andare in bagno o ci era appena stata e aveva le mutande al contrario!»
Evan scoppiò a ridere e io feci un piccolo sorrisetto.
«Hai ragione, Mark!» esclamò il biondino «Il vero quesito é: chi é la ragazza con cui esce Jeremy?»
«Potremo scoprirlo» proposi «Ev, tu dove porteresti una ragazza se fossi un tipo dolce come Je?»
«Ehi, mi ofendi! Anch’io sono dolce con le raga!»
«E allora perché con me no?»
«Ash, tu non ti comporti da ragazza!» rise «Comunque, la porterei a vedere il mare se fosse l’ora del tramonto...se no una passeggiata in un parco!»
Passammo il pomeriggio a cercarli in tutti i parchi della nostra zona ma niente, setacciammo tutto il centro e siccome non ottenemmo niente deducemmo che dovevano essere andati in un cinema ma non potevamo certo stare davanti a tutti i cinema di Los Angeles!
Poi, alle sette la nonna di Mark lo richiamò a casa e lui da bravo bambino non oppose resistenza.
«Per quando devi essere a casa?» chiesi ad Evan quando fummo rimasti soli.
«Ah, non ho un orario preciso però é meglio prima delle otto. Ti accompagno a casa e poi vado, ok?»
«Ok.»
Parlammo del più e del meno, era come un altro mio migliore amico perché gli raccontavo tutto, non sapeva esattamente tutto su di me come Je o Jesse ma con lui riuscivo a parlare.
Quando arrivammo davanti a casa mia, ci bloccammo e lui mi fissò, come se stesse cercando qualcosa o delle parole. Io feci finta di niente e un po’ a disagio dissi: «Beh, ciao!» Lui non disse niente ma continuò a fissarmi come se fosse incapace di mettere insieme una frase. Io, allora, aprii il cancelletto e in quel momento mi prese la mano che teneva il ferro ormai arrugginito per bloccarla. Mi voltai a guardarlo.
«Ti va di venire al ballo di Halloween con me?» Lo restai a fissare stupita, poi lo fissai ancora perché volevo capire se stesse scherzando.
«Scusa, dimentica la domanda!» disse.
«No, no. Dicevi sul serio?»
«Sì.» disse quasi sussurrando. Alzai le spalle e gli sorrisi: «Ok»
«Fantastico!» disse frettolosamente. Mi mise un braccio intorno alla vita e mi tirò a sé, avvicinò il suo viso al mio e mi baciò. All’inizio opposi resistenza ma mi lasciai andare alla fine. Ci staccammo e io lo fissai senza sapere cosa fare o cosa dire...
«Beh, io adesso vado.» dissi infine alzando nervosamente la mano con le chiavi.
Lui sussurrò un semplice “Ok” e se ne andò.
Entrai in casa, che era sicuramente molto più calda che fuori, e andai di filato in camera mia anche se non c’era nessuno che potesse farmi domande. Questa volta non accesi il computer, né presi la chitarra in mano. Mi sedetti solamente sul letto, con le spalle addosso al muro e ancora il cappotto addosso.
Non ero ancora del tutto sicura del perché ero lì, a guardarmi intorno senza nulla per la testa...o forse sì? Era strano come sorridessi al niente e poi ritornavo pensierosa...Evan era carino, certo, ma era il mio migliore amico, e non ero sicura nemmeno che mi piacesse...
Squillò il telefono e dato che ce l’avevo di fianco, risposi immediatamente.
«Pronto?» chiesi.
«Ke prontezza di riflessi! Ti senti bene?» fece una voce sprizzante dall’altra parte del telefono: era mio padre.
«Oh, ciao! Dove siete?»
«Beh tua madre é ancora fuori e penso che per questa settimana non tornarà a casa, mentre io sto ritornando...»
«Fantastico! Prendiamo una pizza?»
«Si, l’ho già presa. Tu tira fuori qualcosa di buono da bere, che la mangiamo stravaccati davanti alla tv, ok?»
«Ok!»
Così quella serata la passai con mio padre, a commentare i programmi alla tv, a giocare a carte e a picchiarci a vicenda.









Siamo verso la fine della storia, mi pare manchino solo 3 capitoli da postare...che triste che sono...per fortuna ci sarà Los Angeles part 2 a consolarmi...e spero che seguirete anche voi ancora questa storia...io mi sono divertita e mi diverto a scriverla e spero di aver trasmesso la stessa cosa nel leggerla!!!
Graize per i commenti comunque...al prox capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** ***FLASHBACK*** ***



***FLASHBACK***

Ashley non se lo sarebbe mai aspettato! Jesse McCartney, il ragazzo più popolare della scuola, ascoltava la sua stessa musica, sembrava disprezzare la scuola come tutti e stranamente le parlava di tutto e dolcemente senza problemi.
Forse perché erano le 3 di notte ed erano tutti e due nell’atrio della scuola a svuotare zucche per il giorno dopo. Dovevano aver finito già quel pomeriggio ma Ashley ne aveva distrutte più o meno la metà e quindi si ritrovavano a farne il doppio ma Jesse non si era arrabbiato, anzi, aveva proposto di trovarsi dopo cena.
«Così, tu suoni e canti domani, eh?» le chiese mentre tagliava quella che speravano fosse l’ultima zucca.
«Sì, le canzoni di Avril.»
«Bene, non vedo l’ora di sentirti! Avrai una chitarra elettrica favolosa a casa!» osservò.
«No» disse delusa «non ancora, ho solo quella classica per adesso ma domani qualcuno mi presterà la sua o me ne darà una il prof. Nere.»
«Potrei prestarti la mia, io ce l’ho ma nessuno lo sa.» fece un sorriso, senza senso o forse per nascondere la tristezza che emanava dagli occhi «Ho degli amici che ascoltano solo le canzoni prime in classifica e la gente come te e i tuoi amici loro la chiamano “freaks”»
«Ma allora perché continui a star con loro?» domandò Ashley come una bambina.
«Non lo so più» rispose voltandosi verso di lei «All’inizio lo facevo per essere popolare, ma, adesso che lo sono, mi sono accorto che non é per merito loro.» si rimise a lavorare.
Ashley smise invece e lo osservò mentre si impegnava a tagliare e svuotare la zucca che aveva davanti. Immaginava perché era così popolare, era bravo a scuola e per di più era veramente carino. Tutte quelle che lo ammiravano da lontano nei corridoi sostenevano che avesse gli occhi azzurri ma lei, quelle volte che l’aveva guardata negli occhi, aveva notato che tendevano al verde. E poi, quei capelli biondi, le veniva da spettinarglieli tutti.



E pensare che quando le avevano assegnato di preparare le zucche per Halloween con lui, non era stata per niente contenta. Credeva di essere veramente troppo diversa da quel ragazzo. E invece si stava divertendo e forse lui, le piaceva almeno un pochino.
Quando finirono chiusero la porta della scuola a chiave (perché la bidella aveva affidato a Jesse quell’incarico, stufa di aspettarli) e presero un taxi.
«Allora, domani alla festa ti porto la chitarra, é messa bene, dovresti riuscire ad usarla senza accordarla»
«Ok» rispose solo lei.
Il taxi si fermò davanti alla casa della ragazza.
«Buonanotte» gli augurò Ashley con un sorriso quando fu scesa dal taxi.
«Buonanotte» ricambiò lui dolcemente «A domani!»

Il giorno successivo alla festa...
Ashley era dietro al palco che aspettava con impazienza la sua chitarra. Matt si stava sistemando il gel, Mark stava accordando il basso ed Evan batteva i piedi: «Allora? Quando arriva questa chitarra?»
Entrò Jesse vestito da Dracula da una delle porte secondarie con la chitarra in mano. La porse ad Ashley: «Scusa se c’ho messo tanto»
«Non importa» sorrise lei infilandosi lo strumento a tracolla.
«Ash! Dai, ci hanno chiamati!» le urlò Evan mentre seguiva gli altri salire sul palco.
«Eccomi!» urlò di risposta lei ma Jesse la prese per un polso «Dopo devo parlarti» e la lasciò andare, così lei salì sul palco.
***FINE FLASHBACK***


Vi ho postato un'altro capitolo anche se molto corto. Commentate vi prego! Grazie per chi ha commentato il capitolo precedente... Voglio sentire un po' anche le vostre opinioni dato che il prox sarà l'ultimo...Baciotti!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Chiarimenti ***


Una settimana dopo...
Mancavano solo 3 giorni ad Halloween e io, sinceramente, non avevo ancora affrontato Evan sulla questione del bacio. In quell’ultima settimana l’avevo evitato ed ero riuscita a riflettere. Evan non mi piaceva, ma avevo paura che si arrabbiasse con me se glielo avessi detto. Avevo paura di perdere quell’amicizia che avevamo da circa 14 anni! Ma forse la cosa giusta, invece, era dirglielo ma no lo feci.
A scuola bloccai Jeremy mentre stava andando ad una lezione: «Allora, non mi si racconta niente?» chiesi facendo l’offesa.
«Su cosa?» disse lui mettendosi una mano dietro la testa.
«Di cosa?» saltai su «Non ci vediamo da pomeriggi perché ho devo studiare io o devi uscire con una ragazza! Chi é?»
«Mi fai paura quando fai così...» mormorò.
«Lo faccio apposta! Ma non cambiare discorso!»
«Ok, ok...é Christine»
«Ah» divenni calma, poi gli sorrisi.
«Non volevamo dirlo a nessuno...ma é difficile tenerti nascosto qualcosa per me!»
«Grazie, mi sento importante» poi mi vennero in mente quei due baci che mi aveva dato...«Ma...»
«Si?»
«Perché mi hai baciato allora? Tempo fa intendo...» dissi tutto d’un fiato.
Esitò a rispondere: «Perché mi piacevi...ma tu non dicevi niente...ho capito che sono troppo tuo amico per essere il tuo ragazzo quindi mi é cominciata a piacere Chris...»
Questa volta feci un sorriso a trentadue denti. Mi sentivo sollevata almeno in parte.
Quella sera chiamai Evan per mettermi d’accordo sull’ora che sarebbe passato il giorno della festa o se dovevo andare su da sola...
«Pronto?» rispose.
«Ciao Ev!»
«Ciao Ash...come- come va?»
«Bene. Volevo chiederti come facciamo ad andare a scuola dopodomani sera...»
«Ah» aveva un tono deluso, forse pensava che gli parlassi del bacio. «Pensavo di passare io da te con la macchina, ok?»
«Bene» dissi mordendomi un labbro.
«Bene» ripeté lui. Sapevo cosa aspettava, ma io non ne avevo la minima intenzione di dire qualcosa!
«Ashley» mi chiamò.
«Si?»
«Non devi dirmi niente?» Ok, adesso me l’aveva chiesto troppo esplicitamente per non rispondere. «Mi eviti da giorni e ho saputo che hai fatto finta di star male per passare l’ora di biologia in infermeria»
«E’ che...» cercai di dire.
«Non capisco il perché...» continuò lui.
Presi io la parola questa volta: «Vedi, Ev, dopo che mi hai baciata ero confusa ma poi ho capito che per me sei solo un amico...niente di più.» Ci fu un lungo, lunghissimo silenzio.
«Beh, allora ciao!» mise giù.
Capii all’istante che non sarei andata al ballo con lui, ma andarci da sola non volevo e nemmeno che mi portasse mio padre, va beh, che era giovane ma era pur sempre banale! Così chiamai Matt e gli spiegai tutto. Lui decise di rimanere anche tutta la festa così se non avessi trovato nessuno con un passaggio mi avrebbe riportato a casa lui. Era sempre tanto disponibile! Alla festa andavo vestita da diavoletto: avevo un paio di pantaloni e una giacca di pelle rossi, sotto alla giacca avrei messo un dolcevita nero, ai piedi i miei adorati anfibi e ovviamente avevo comprato delle corna rosse rosse.
Il pomeriggio dopo a scuola, stavo facendo pallavolo nell’ora di ginnastica. Continuavo a far punti su punti. La pallavolo mi piaceva anche se preferivo il basket che praticavo per conto mio al campo. Feci una schiacciata che spiazzò le mie avversarie e la prof. fischiò: «Davis!»
Andai verso di lei lentamente perché ero esausta. Era una donna ben messa e ci dava sempre ordini, non mi stava simpatica ma per lei non era così.
«Davis, che ne dici di giocare nella squadra di pallavolo della scuola?»
Aprii la bocca per rispondere ma lei fu più veloce: «Non darmi adesso la risposta. Pensaci, mi dirai tutto lunedì, nel mio ufficio.»
La sera della festa, alle 8 ero già pronta. Mi ero messa un rossetto nero sulle labbra e un po’ di mascara sugli occhi. Sopra la giacca rossa di mia sorella mi ero messa su anche la mia perché fuori faceva freddo quella sera.
Sentii un clacson e mio padre scostò di poco la tenda con le dita per sbirciare fuori.
«Potrebbe anche scendere» commentò «Come possiamo essere certi che sia Matt? Certo, é la sua macchina ma...»
«E’ Matt, Richard, smettila!» lo bloccò mia madre.
«Ve beh, io vado!» annunciai mentre aprivo la porta. «Ritorno per...»
«Mezzanotte al massimo!» dissero in coro.
«Ok, ok.»
Li salutai e saltai in macchina. Matt non si era vestito proprio per Halloween, era vestito come al solito: camicia non infilata nei pantaloni con la cravatta con i teschi non accuratamente legata(gliel’avevamo regalata io, Jeremy e Evan per il compleanno) e i jeans da rapper tutti strappati e rattoppati tenuti su da una cintura con le borchie. Era stato lui a farmi scoprire lo stile punk, a farmi ascoltare ii Blink e i Green Day. Se non l’avessi conosciuto non sarei mai stata quella che ero. E non mi sarei divertita come mi divertivo, sarei diventata una delle tante ragazze che urlavano se si rompevano un unghia o che vivevano solo per lo shopping, io odiavo far shopping!
«Ehy!» lo salutai.
«Ciao!» mi sorrise « Sai, ti dona quel vestito! Ti rappresenta!»
«Eh, lo so! Me l’ha consigliato Jeremy!»
«Ha fatto bene!» rise lui.
Posteggiammo la macchina nel parcheggio di fianco alla scuola. Notai che non tutti erano a coppie, c’erano soprattutto molti gruppi, o solo di ragazzi o solo di ragazze. La gente si avvicinava alla scuola pian piano, ridendo, scherzando, le coppie si fermavano spesso a guardarsi teneramente o a baciarsi o semplicemente si sussurravano parole dolci. Nicole stava salendo le scale con le sue amiche e ridevano tutte come oche!Era vestita da angioletto, mi scappò un sorriso, eravamo proprio l’opposto, perfino i vestiti si contrastavano! Prima di salire le scalinate anch’io, vidi Edward che mi salutava dall’altra parte del vetro della porta d’entrata. Era vestito da Dracula, ma Dracula non era mica un uomo attraente? E poi, che lui fosse vestito così per me era un affronto...

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La festa ***



Matt mi raggiunse e io mi aggrappai al suo braccio in modo che Edward capisse che avevo un cavaliere. Lui sembrò stupito e se ne andò verso la Sala da Ballo che poi era la palestra.
Matt rise: «Quello ti ha chiesto di andare al ballo con lui??»
«Già» risposi «Edward lo Smorfioso»
«Ma ti ha visto bene?? Lui é tutto un “signorotto”, tu sei fra quelli che lui e i suoi amici chiamano “freaks”. Ti ricordi? Anche Jesse ce l’ha detto che ci chiamavano così.»
Sorrisi. Non mi piaceva fare la vittima soprattutto con i ragazzi del campo e per di più ormai erano 5 mesi che non lo vedevo, dovevo pur superarlo, Los Angeles era piena di ragazzi carini!
«Perché quest’anno non ci hanno chiesto di suonare?» mi chiese mentre percorrevamo i corridoi addobbati di scheletri e zucche di carta.
«Si ce l’hanno chiesto» dissi «ma io non ho accettato»
«E perché???»
«Perché non me la sentivo e poi se avessi accettato adesso saremmo senza un chitarrista...sai, Evan»
«Ah» Capii che non era convinto «Ma non ti eri mai accorta che ti veniva dietro?»
«Chi?» chiesi perché avevo perso il filo del discorso.
«Evan Taubenfield!!!!!»
«Ah, no, non me ne ero mai accorta. Cioé pensavo che ci conoscessimo da troppo tempo!»
«E invece a lui piaci ancora prima che ti mettessi con Jesse»
Entrammo nella palestra. La gente ballava di già della musica registrata perché sul palco non c’era nessuno.
«Ehy!» mi richiamò all’attenzione Matt indicandomi Jeremy che ci salutava. Era vestito da Frankestein e Chris era seduta al tavolo con lui vestita dalla moglie di Frankestein.
«Hahahahahahahahaha!» rise Jeremy vedendomi. «E’ proprio per te quel vestito.»
«Già!» risi.
«Io non avrei mai pensato quel vestito per te, Ashley.» sorrise Chris.
«Non suonate?» chiese Chris a Matt. Non si conoscevano, si scambiavano solo poche informazioni come dovrebbero fare due amici della stessa persona.
«No, Ash ha rifiutato.» rispose deluso Matt.
Jeremy mi sorrise amichevolmente, lo sapeva benissimo il motivo del mio rifiuto.
«Va beh, io vado a dare la buona fortuna ai Caffè Confuso.» annunciai.
Mi infilai dietro il palco e John, il cantante, vene da me:
«Ehy, ciao! Non suoni stasera??»
«No... non avevo voglia...» risposi.
«Ah, non ti credo! come si può non aver voglia di suonare e cantare davanti ad altra gente? Soprattutto per una che ha già avuto esperienza l’anno scorso!!!» commentò.
«Signorina Davis!!» mi sentii chiamare. Era la prof . Coconut che insegnava letteratura, non al mio corso per fortuna. Era una tipa stramba e le piaceva sempre organizzare tutto e fare tutto quello che facevano i ragazzi. Quella sera, era seguita da Evan e Mark.
«Si?»
«Ci serve un’altra band questa sera, quindi ho pensato alla vostra.»
«No.» risposi secca. Poi sorrisi: «Non ho la chitarra con me.»
«Non c’é problema per quella, vi darà tutto il prof. Nere.»
Non volevo andare a cantare ma allo stesso tempo pensavo che mi avrebbe distratto.
«E il batterista?» chiesa la prof. Stavo per rispondere che non c’era e quindi non potevamo suonare ma lui arrivò alle mie spalle: «Eccomi»
«Perfetto, ci siete tutti. Andrete dopo di loro.» annunciò contenta indicando i Caffè Confuso.
Ci sedemmo tutti ad un tavolo per decidere le canzoni.
«Basket Case, All the small things, He wasn’t» proposi come scaletta.
«Ok» disse Evan «ma toglierei All the small things.»
«Avete un’altra canzone in mente?» chiesi.
«Boulevard of Broken Dreams ha fatto successo.» suggerì Mark.
«Va bene» annuii «allora Basket Case, Boulevard, He wasn’t e...?»
«Non ne ho idea...» scuoté la testa Evan.
«Potremo fare Sk8er Boi che l’anno scorso é piaciuta.» propose Matt.
«Ok! Deciso!» Ci alzammo e ognuno andò per i fatti suoi tanto mancava ancora molto alla nostra esibizione.
«Ti distrarrà un po’» mi sussurrò Matt all’orecchio.
«Non ho bisogno di essere distratta.»
«Ashley, lo so perché non hai accettato, non nasconderlo ma passerà e intanto tu devi continuare a fare le cose che ti piacciono.»
Annuii. Aveva ragione. Cantare e suonare in pubblico era la cosa che amavo di più fare e l’anno prima avevo fatto di tutto per far conoscere la mia band ai professori della scuola.
Circa un’ora dopo eravamo sul palco, tutti e quattro pronti. E io cominciai a cantare.
«Do you have the time to listen to me whine about nothing and everything or all at once?...»
La canzone piaceva ed era famosa così molti scesero in pista a cantarla, altri si limitavano ad ascoltarla perché magari non sapevano esattamente le parole mentre altri come Edward e i suoi amici uscirono dalla Sala con aria disgustata.
Poco dopo stavo cantando la parte finale Sk8er Boi:
«Sorry girl but you missed out! Well, tough luck! That boi’s mine now/ We are more than just good friends/ This is how the story ends! To bad that you couldn’t see, see the man that boi could be, there is more than meets the eye! I see the suol that is inside!»
E successe una cosa strana, mi bloccai e guardai dritta davanti a me, dritta verso la porta dall’altra parte della sala. Evan mi sussurrava di continuare ma io non vedevo altro che la persona che era appena entrata e che mi stava guardando a sua volta sorridendo. Era un ragazzo vestito da principe del Rinascimento, i capelli biondi sempre li stessi, una rosa rossa in mano e una maschera bianca sul viso. Mi fece un segno, voleva che continuassi.
«He’s just a boy and I’m just a girl...» mi scesero delle dolci lacrime mentre finivo la canzone e, finalmente quando fu finita, mi tolsi velocemente la chitarra di dosso e scesi a cercare il mio principe. Non lo trovai... andai su un balcone e guardai se era andato nel parco ma di lui neanche l’ombra. Mi demoralizzai, girai su me stessa e feci per ritornare in Sala Grande ma..lui era dietro di me!
Mi morsi un labbro e le lacrime ricominciarono a rigarmi il viso, dovevo essere uno schifo con il mascara che colava. Non volevo toccarlo per paura che si rivelasse tutto un sogno. Così, fissai quegli occhi così limpidi e mi persi nel suo sguardo. Poi lui parlò e mi accorsi che anche la sua voce mi mancava da morire.
«Ashley» sussurrò. Oh, come aveva tutto un altro significato il mio nome pronunciato da lui! «Io ti ho portato questa» disse porgendomi la rosa. Sorrisi e fra le lacrime la presi delicatamente. Non sapevo cosa dire, o semplicemente non c’era niente da dire in quel silenzio. Appena presi la rosa, lui si avvicinò e mi strinse forte forte. WOW! Non era un sogno. Lo strinsi forte anch’io affondando il viso contro il suo petto. Poi, ci staccammo di qualche centimetro, ci fissammo e io gli tolsi la maschera. Dio, quanto era bello! Jesse, il mio Jesse... Lui avvicinò piano il viso al mio e appoggiò delicatamente le sue labbra sulle mie come se volesse assaporare ogni momento, ogni sapore di me. Ci perdemmo in un bellissimo bacio.






Buuuuuuuu...l'ultimo capitolo....io lo trovo teneramente romantico...nn ho mai fatto una storia più romantica...Il fatto di perdersi nel bacio a me non suona tanto ma non sapevo come dare l'idea che Ashley é veramente catturata da come bacia bene il suo adorato Jesse... That's all folkes! Recensite please perché voglio sapere che ne pensate...

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=44423