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“Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri
felice.”
“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi
sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”
Correvo. Correvo con lei.
Lei che continuava solo grazie alla sua
forza di volontà, erano passati solo sei minuti ma già era esausta.
Non voleva dare a vedere che non ce la
faceva più, ma io la conoscevo troppo bene. Continuai ad osservarla divertito.
Un rivolo di sudore le scendeva lungo la
tempia e il respiro le era diventato sconnesso.
Per me quei sei minuti non erano niente.
Soprattutto visto che avevo adattato la mia falcata alla sua… e
normalmente nello stesso tempo io avrei percorso almeno un chilometro in più.
Ma non mi importava, non me ne importava niente. Ero con lei. Solo questo era
importante.
Quando con la mano si scostò dal viso
una ciocca di capelli ribelle non ce la feci più. Mi fermai di colpo, la presi
per mano e la attirai impaziente a me.
Lei. A meno di un respiro da me. Mi
guardò sorpresa. Con quei suoi grandi occhi da cucciolo. E io sorrisi.
Innamorato perso sorrisi. Che potevo
fare altrimenti? Lei era lì con me. Tra le mie braccia. Solo mia. E mi
sorrideva.
La strinsi a me ancora più forte e la
baciai. Eravamo entrambi sudati. Lei era esausta, io solo un po’ stanco.
Le strinsi i fianchi e la sollevai un
po’. Lei mi passò allora le braccia attorno al collo. Ci staccammo un
attimo per guardarci negli occhi. E mi persi nei suoi.
Fu lei questa volta ad attirarmi di
nuovo a sé, donandomi un altro dei suoi preziosi baci.
E poi un altro, e un altro ancora,
finché non ci dimenticammo completamente di dov’eravamo.
Chi se ne importava, in fondo?
Eravamo nel bel mezzo della strada.
Davanti a tutti, a tanti occhi curiosi e invidiosi. Ma non importava. Non
contava nient’altro che lei.
Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”
“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi
sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”
Ero stata io a convincerlo.
Glielo avevo chiesto con voce dolce,
facendomi piccola piccola contro il suo petto e
guardandolo negli occhi.
Alla fine avevo vinto. Era venuto con me
a vedere Titanic.
Mi aveva tenuto la mano per tutto il
tempo, strusciando delicatamente il pollice come per accarezzarmi.
Durante il secondo tempo mi aveva fatto
sedere con lui.
Sulle sue ginocchia. Avvolgendomi con le
braccia. Baciandomi il collo. Bisbigliandomi parole dolci. Ripetendo le battute
di Di Caprio nel mio orecchio.
Ero stata ben attenta a non lasciarmi
andare.
Ma all’ultimo avevo abbassato la
guardia ed ecco una lacrima scendermi lungo la guancia.
Cercai di toglierla velocemente con il
dorso della mano, sperando che lui non l’avesse notata. E invece
l’aveva vista e non sorrideva più.
Cercai di capire a cosa stesse pensando
ma non me ne diede il tempo.
Mi fece girare e mi ritrovai faccia a
faccia con lui. Seduta a cavalcioni. Mi strinse. Forte.
E mi guardò con quei suoi bellissimi
occhi verdi a cui proprio non sapevo resistere. Sorrise dolcemente e mi baciò.
Un bacio dolcissimo… mille volte
più bello di quello sullo schermo.
Mi allontanai un attimo per riprendere
fiato ma lui impaziente mi riprese e…
“Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”
“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi
sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”
- Allora? Lo vuoi o no questo gelato?-
Era stato Davide a chiedermelo, con un
tono che voleva essere esasperato senza però buoni risultati.
Lo guardai di rimando, tormentandomi le
mani. Poi abbassai lo sguardo, messa in difficoltà.
- Non lo so-
Lui sbuffò divertito e con due dita mi
sollevò il mento. Incatenò il mio sguardo nei suoi occhioni indagatori:
- E come mai non lo sai?-
Sorrisi indecisa. Imbarazzata ancor di
più per via di quegli smeraldi che mi fissavano.
- Perché fa freddo-
Lui si illuminò. Sembrava quasi
sollevato da quella risposta, svagato per la situazione.
- Solo per questo? Ti scaldo io piccola.
Ti tengo stretta per tutto il tempo che vuoi…-
Gli diedi uno schiaffetto sulla spalla e
lui rise.
Poi mi guardò con aria interrogativa, aspettando
che decidessi: alla fine annuii e con un gesto veloce afferrai la banconota che
mi porgeva.
- Va bene: lo prendo. Ma vado sola, tu
aspettami qui-
Mi incamminai verso la gelateria
dall’altro lato della strada con ancora la voce di lui nelle orecchie:
- Non mi muoverò per nulla al mondo-
Scossi la testa, chiudendo gli occhi:
com’era esagerato! Esageratamente dolce…
Quando uscii con il cono in mano lo vidi
ancora nello stesso identico posto: cercava me con lo sguardo.
Non appena mi intravide fra la folla
aprì le braccia per chiamarmi a sé, non me lo feci ripetere due volte e mi
tuffai contro il suo petto.
Mi osservava, con quei suoi occhioni
verdi… e poi di colpo visi accese
una scintilla.
Era uno sguardo che ormai avevo imparato
a riconoscere: uno sguardo che preannunciava una sua idea.
Un’ idea che sapeva bene mi
avrebbe messa in imbarazzo.
Lo guardai di sottecchi e a mezza voce
gli chiesi che avesse. Lui mi fissò ancora un po’, poi sussurrò:
- Sei sporca di gelato…-
Avevo già mosso la mano per prendere un
fazzolettino nella borsa, quando lui mi fermò. Si avvicinò di più e sorridendo
con aria furba concluse la frase:
-
…ci penso io-
Non ebbi il tempo di capire cosa aveva
intenzione di fare.
Mi attirò a sé e con la lingua iniziò a
percorrere il contorno della mia bocca.
Cercai di allontanarmima lui era irremovibile e continuò finché non
mi lasciai andare a quell’ultimo bacio.
Quando mi fui arresa Davide ridacchiò e
iniziò a succhiarmi dolcemente il labbro inferiore.
Spensierati come non mai.
Divertiti da quel nuovo gioco, da quel
nuovo bacio… da quel vortice confuso in cui si fondevano e mischiavano
nutella, nocciola e stracciatella.
“Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri
felice.”
“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi
sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”
Stavo male.
Avevo la febbre.
Non riuscivo quasi a respirare. Avevo la
gola in fiamme. Gli occhi iniettati di sangue. E la testa mi scoppiava.
Avevo chiesto a Maurizio di chiamare
Ilaria per annullare l’appuntamento di quella sera.
Non ero in condizione di fare niente.
Odiavo essere vulnerabile.
E non volevo assolutamente che lei mi
vedesse in quello stato… Ero sdraiato sul divano.
Con la televisione spenta: non faceva assolutamente
niente.
Non avevo sentito il campanello e quando
Maurizio mi disse che avevo visite lo guardai con gli occhi sgranati e con voce
atona gli chiesi se scherzasse.
Lui negò:
- Ho chiamato Ilariama lei mi è sembrata preoccupata e… lei
mi piace Davide,non volevo che
rovinassi tutto anche con lei e perché sei malato poi!
Perciò le ho detto che non volevi
vederla perché avevi la febbre: lei ha riso e poi haattaccato -
E poi la vidi.
Lì, poggiata allo stipite della porta.
Con quel sorriso che mi faceva
impazzire.
Si avvicinò lentamente e si inginocchiò
vicino al divano.
Mi fissava con quei suoi occhioni.
Posò leggermente le labbra sulle mie.
Quel piccolissimo contatto bastò a farmi dare i numeri.
Sorrisi anch’io. Dimentico della
febbre. Del dolore. Della vergogna.
C’era solo lei. Lei lì davanti a
me.
Aprì la busta che aveva in mano e tirò
fuori dei dvd.
Ne mise uno e poi si sdraiò accanto a
me. La avvolsi con un braccio e tirai la coperta anche su di lei.
Poggiava la testa sul mio petto. Ogni
tanto si girava verso di me e mi guardava.
Poi metteva le sue labbra sulla mia
fronte per sentire la temperatura, scostava con delicatezza i capelli che,
scompigliati, mi ricadevano in viso e mi baciava, per poco tempo, come se
avesse paura che la mia poca riserva d’aria non mi permettesse di reggere
più a lungo.
E forse aveva ragione.
Ma non aveva importanza, avrei
rischiato.
Avrei rischiato il tutto per tutto con lei.
Lei che era venuta da me.
Lei che mi aveva visto malato.
Lei che mi avrebbe potuto mandare al
manicomio in qualsiasi momento, lei che era inutilmente preoccupata per me.
Fui io a baciarla questa volta, per
tanto tempo… davvero, davvero tanto.
La parte finale del bacio era stata
eccezionale.
Quando non riuscivo quasi più a
respirare, avevo lei lì con me,e sapevo
che era più importante anche dell’aria…
“Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri
felice.”
“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi
sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”
Avevo detto a Veronica che avrei lavorato
come volontaria all’ospedale.
Davide aveva raccontato di dover andare
in non so che concessionaria lontanissima per far revisionare l’auto.
Invece no.
Era venuto a prendermi sotto casa di
mattina presto ed eravamo andati a tutto gas verso il porto della città vicina.
Lì avevamo lasciato la macchina ed
eravamo saliti su una barca, una barca enorme e bellissima: la barca di Davide.
Era una delle tante, ma era diventata la
mia preferita.
Eravamo andati verso il largo, lontani
da tutti e tutto, lontani dal rumore, dal caos, dalla realtà.
Fuori dal tempo e dallo spazio.
C’eravamo solo io e lui.
Il mio Davide.
Ci eravamo sdraiati per prendere il sole,
in costume…avevamo fatto il
bagno, guardato i fondali, visitato una grotta…
Felici ed eccitati, per il semplice
fatto di essere insieme, di essere soli.
Eravamo fuori dal mondo:
irraggiungibili, i cellulari erano stati gettati sotto coperta non appena
avevamo buttato l’ancora.
Ma la parte migliore della giornata era
stato il finale.
Seduta a prua a guardare il tramonto: il
cielo che iniziava a tingersi di colori indescrivibili, il mare che piatto come
non mai, cullava dolcemente la barca.
Sentii delle dita che delicatamente mi
mettevano una ciocca di capelli ancora bagnati dietro l’orecchio.
Mi voltai lentamente e vidi Davide: in
costume, ancora bagnato,mi guardava
come se… non so ma in un modo che mi scaldò il cuore.
Mi prese per mano e mi portò verso una
scaletta che non avevo notato prima: portava sopra, sopra dove?
Salimmo sul tetto della barca,
c’era sistemato un enorme divano, pieno di cuscini, e rivolto verso il
tramonto.
Si sedette e poi mi tirò vicino a lui.
Fra le sue braccia fresche, appoggiata
al suo corpo bagnato, con il suo respiro caldo sul collo…
Mi baciò il collo dicendomi che il
tramonto, per quanto magnifico potesse essere, in confronto a me non era
niente, assolutamente niente.