Flashback

di miseichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La corsa ***
Capitolo 2: *** Titanic ***
Capitolo 3: *** Nutella, nocciola e amore... ***
Capitolo 4: *** Ti va di fare un bagno? ***
Capitolo 5: *** Scala reale ***
Capitolo 6: *** Indespensabile più dell'aria ***
Capitolo 7: *** Shopping in coppia ***
Capitolo 8: *** Il tramonto è niente ***
Capitolo 9: *** Bagno al chiaro di luna ***
Capitolo 10: *** Ogni sera... ***



Capitolo 1
*** La corsa ***


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Flashback

 

“Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”

“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”

 

 

Correvo. Correvo con lei.

Lei che continuava solo grazie alla sua forza di volontà, erano passati solo sei minuti ma già era esausta.

Non voleva dare a vedere che non ce la faceva più, ma io la conoscevo troppo bene. Continuai ad osservarla divertito.

Un rivolo di sudore le scendeva lungo la tempia e il respiro le era diventato sconnesso.

Per me quei sei minuti non erano niente. Soprattutto visto che avevo adattato la mia falcata alla sua… e normalmente nello stesso tempo io avrei percorso almeno un chilometro in più. Ma non mi importava, non me ne importava niente. Ero con lei. Solo questo era importante.

Quando con la mano si scostò dal viso una ciocca di capelli ribelle non ce la feci più. Mi fermai di colpo, la presi per mano e la attirai impaziente a me.

Lei. A meno di un respiro da me. Mi guardò sorpresa. Con quei suoi grandi occhi da cucciolo. E io sorrisi.

Innamorato perso sorrisi. Che potevo fare altrimenti? Lei era lì con me. Tra le mie braccia. Solo mia. E mi sorrideva.

La strinsi a me ancora più forte e la baciai. Eravamo entrambi sudati. Lei era esausta, io solo un po’ stanco.

Le strinsi i fianchi e la sollevai un po’. Lei mi passò allora le braccia attorno al collo. Ci staccammo un attimo per guardarci negli occhi. E mi persi nei suoi.

Fu lei questa volta ad attirarmi di nuovo a sé, donandomi un altro dei suoi preziosi baci.

E poi un altro, e un altro ancora, finché non ci dimenticammo completamente di dov’eravamo.

Chi se ne importava, in fondo?

Eravamo nel bel mezzo della strada. Davanti a tutti, a tanti occhi curiosi e invidiosi. Ma non importava. Non contava nient’altro che lei.

Lei fra le mie braccia. Lei mia.

Semplicemente lei.

 

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Capitolo 2
*** Titanic ***


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Flashback

Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”

“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”

 

 

Ero stata io a convincerlo.

Glielo avevo chiesto con voce dolce, facendomi piccola piccola contro il suo petto e guardandolo negli occhi.

Alla fine avevo vinto. Era venuto con me a vedere Titanic.

Mi aveva tenuto la mano per tutto il tempo, strusciando delicatamente il pollice come per accarezzarmi.

Durante il secondo tempo mi aveva fatto sedere con lui.

Sulle sue ginocchia. Avvolgendomi con le braccia. Baciandomi il collo. Bisbigliandomi parole dolci. Ripetendo le battute di Di Caprio nel mio orecchio.

Ero stata ben attenta a non lasciarmi andare.

Ma all’ultimo avevo abbassato la guardia ed ecco una lacrima scendermi lungo la guancia.

Cercai di toglierla velocemente con il dorso della mano, sperando che lui non l’avesse notata. E invece l’aveva vista e non sorrideva più.

Cercai di capire a cosa stesse pensando ma non me ne diede il tempo.

Mi fece girare e mi ritrovai faccia a faccia con lui. Seduta a cavalcioni. Mi strinse. Forte.

E mi guardò con quei suoi bellissimi occhi verdi a cui proprio non sapevo resistere. Sorrise dolcemente e mi baciò.

Un bacio dolcissimo… mille volte più bello di quello sullo schermo.

Mi allontanai un attimo per riprendere fiato ma lui impaziente mi riprese e…

 

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Capitolo 3
*** Nutella, nocciola e amore... ***


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Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”

“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”

 

 

- Allora? Lo vuoi o no questo gelato?-

Era stato Davide a chiedermelo, con un tono che voleva essere esasperato senza però buoni risultati.

Lo guardai di rimando, tormentandomi le mani. Poi abbassai lo sguardo, messa in difficoltà.

- Non lo so-

Lui sbuffò divertito e con due dita mi sollevò il mento. Incatenò il mio sguardo nei suoi occhioni indagatori:

- E come mai non lo sai?-

Sorrisi indecisa. Imbarazzata ancor di più per via di quegli smeraldi che mi fissavano.

- Perché fa freddo-

Lui si illuminò. Sembrava quasi sollevato da quella risposta, svagato per la situazione.

- Solo per questo? Ti scaldo io piccola. Ti tengo stretta per tutto il tempo che vuoi…-

Gli diedi uno schiaffetto sulla spalla e lui rise.

Poi mi guardò con aria interrogativa, aspettando che decidessi: alla fine annuii e con un gesto veloce afferrai la banconota che mi porgeva.

- Va bene: lo prendo. Ma vado sola, tu aspettami qui-

Mi incamminai verso la gelateria dall’altro lato della strada con ancora la voce di lui nelle orecchie:

- Non mi muoverò per nulla al mondo-

Scossi la testa, chiudendo gli occhi: com’era esagerato! Esageratamente dolce…

Quando uscii con il cono in mano lo vidi ancora nello stesso identico posto: cercava me con lo sguardo.

Non appena mi intravide fra la folla aprì le braccia per chiamarmi a sé, non me lo feci ripetere due volte e mi tuffai contro il suo petto.

Mi osservava, con quei suoi occhioni verdi… e poi di colpo vi  si accese una scintilla.

Era uno sguardo che ormai avevo imparato a riconoscere: uno sguardo che preannunciava una sua idea.

Un’ idea che sapeva bene mi avrebbe messa in imbarazzo.

Lo guardai di sottecchi e a mezza voce gli chiesi che avesse. Lui mi fissò ancora un po’, poi sussurrò:

- Sei sporca di gelato…-

Avevo già mosso la mano per prendere un fazzolettino nella borsa, quando lui mi fermò. Si avvicinò di più e sorridendo con aria furba concluse la frase:

 - …ci penso io-

Non ebbi il tempo di capire cosa aveva intenzione di fare.

Mi attirò a sé e con la lingua iniziò a percorrere il contorno della mia bocca.

Cercai di allontanarmi  ma lui era irremovibile e continuò finché non mi lasciai andare a quell’ultimo bacio.

Quando mi fui arresa Davide ridacchiò e iniziò a succhiarmi dolcemente il labbro inferiore.

Spensierati come non mai.

Divertiti da quel nuovo gioco, da quel nuovo bacio… da quel vortice confuso in cui si fondevano e mischiavano nutella, nocciola e stracciatella.

 

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Capitolo 4
*** Ti va di fare un bagno? ***


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“Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”

“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”

 

 

Mi ero addormentata al sole, sulla spiaggia.

Con il rumore delle onde a cullarmi gentilmente.

All’improvviso, sentii un soffio sul collo, più volte: ma non era fastidioso, anzi era piacevole, molto.

Continuando a tenere gli occhi chiusi, senza aver ancora realizzato dove fossi, sorrisi.

E allora sentii al mio fianco una risata dolcissima.

Una risata che avrei riconosciuto ovunque.

Aprii gli occhi e vidi Davide sdraiato sul fianco vicino a me. Il mio sorriso si allargò ancora di più.

Mi diede un leggero bacio sulle labbra e lentamente si spostò lungo il collo… a un certo punto si fermò e mi guardò sovrappensiero:

- Non hai caldo?-

Esitai un secondo, sentendomi scendere una goccia di sudore lungo la schiena annuii:

- Un po’. Ma…-

Scossi la testa istintivamente vedendo di nuovo quella luce nei suoi occhi.

Lui mi prese la mano e iniziò a solleticarmi il palmo.

- Ti va di fare un bagno?-

Sorrisi e scossi la testa, leggermente preoccupata dalla sua espressione.

Lui ridacchiò e mi strinse di più la mano:

- Per favore… ti prego!-

Il mio sguardo si addolcì, mi alzai sui gomiti e stavo per ridirgli di no quando scattò in piedi e mi prese fra le braccia.

Troppo sorpresa per oppormi riuscii solo ad aggrapparmi al suo collo mentre correva verso il mare.

Ci tuffammo e ridendo riemergemmo.  Mi ero allontanata da lui solo un po’, ed eccolo di nuovo vicinissimo a me, mi circondò i fianchi e sorrise:

- Non è poi tanto male no?-

Io non risposi, mi strinsi di più a lui e gli passai una mano fra i capelli bagnati…

 

 

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Capitolo 5
*** Scala reale ***


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“Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”

“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”

 

 

- Chi ci sta?-

Era stato Andrea a chiederlo. Al tavolo eravamo Maurizio, Veronica, Andrea, Ilaria ed io.

Maurizio lasciò. Veronica anche.

Toccava a lei. La guardai. Non traspariva nessuna emozione dal suo viso.

Una perfetta faccia da poker.

Quando mi aveva sfidato a giocare io avevo riso. L’avevo abbracciata e le avevo sussurrato:

- No, piccola, non mi va di farti perdere dei soldi-

Ma lei non aveva riso. Anzi, se l’era presa. E si era intestardita fino a quando non avevo accettato di farla giocare.

E ora eccola lì. La mia piccola. Con una perfetta faccia da poker. Incredibile.

Sollevò lo sguardo… e puntò. Ci stava.

Andrea sorrise, credendo di averla in pugno. Solo io l’avevo vista.

Quella luce che si era accesa nei suoi occhi. Le guardai le unghie: non erano viola. Non era nervosa.

Niente da fare, doveva avere un buon punto in mano. La mia piccola.

Toccava a me. Puntai. Andrea ormai fremeva, convinto di poter vincere tutto.

Ma io mi fidavo di lei. E se ci stava significava che gli avrebbe fatto rimpiangere di averla sottovalutata.

Io l’avevo fatto e avevo sbagliato… ma come si dice? L’importante è capirli i propri errori.

Maurizio abbassò le sue carte. Full di donna, niente male.

Toccava a lei, ma la precedetti e abbassai le mie di carte: solo un tris di nove.

Non ero andato per vincere.

Ero andato per vedere Andrea perdere… e lei vincere.

Rimaneva solo una persona. Andrea già si stava allungando verso le fiches.

Lei con lentezza calcolata abbassò le carte. Scala reale.

Eruppi  in un’esclamazione di gioia.

Maurizio e Veronica ridevano e si complimentavano con la vincitrice.

Andrea crollò sulla sua sedia, distrutto, con una faccia degna di essere fotografata.

Aveva perso.

Lei aveva vinto. Aveva vinto alla grande. Aveva stravinto! 

La presi per mano e la portai con me in balcone. Passando per la cucina avevo preso due bicchieri di champagne.

- Dobbiamo festeggiare-

Lei mi sorrise ancora, emozionata.

- Sei stata magnifica-

Prese un bicchiere dalla mia mano e mi sussurrò nell’orecchio:

- Non te lo aspettavi eh?-

Ero raggiante, la strinsi a me con il braccio libero:

- E sbagliavo, non lo farò mai più piccola-

Bevemmo un sorso di champagne… mi passò un braccio dietro il collo per coprire quei centimetri che ci separavano.

La aiutai stringendola di più a me.

Mi ero perso ancora una volta nei suoi occhi…

 

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Capitolo 6
*** Indespensabile più dell'aria ***


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Flashback

 

“Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”

“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”

 

Stavo male.

Avevo la febbre.

Non riuscivo quasi a respirare. Avevo la gola in fiamme. Gli occhi iniettati di sangue. E la testa mi scoppiava.

Avevo chiesto a Maurizio di chiamare Ilaria per annullare l’appuntamento di quella sera.

Non ero in condizione di fare niente.

Odiavo essere vulnerabile.

E non volevo assolutamente che lei mi vedesse in quello stato… Ero sdraiato sul divano.

Con la televisione spenta: non faceva assolutamente niente.

Non avevo sentito il campanello e quando Maurizio mi disse che avevo visite lo guardai con gli occhi sgranati e con voce atona gli chiesi se scherzasse.

Lui negò:

- Ho chiamato Ilaria  ma lei mi è sembrata preoccupata e… lei mi piace Davide,  non volevo che rovinassi tutto anche con lei e perché sei malato poi!

Perciò le ho detto che non volevi vederla perché avevi la febbre: lei ha riso e poi ha  attaccato -

E poi la vidi.

Lì, poggiata allo stipite della porta.

Con quel sorriso che mi faceva impazzire.

Si avvicinò lentamente e si inginocchiò vicino al divano.

Mi fissava con quei suoi occhioni.

Posò leggermente le labbra sulle mie. Quel piccolissimo contatto bastò a farmi dare i numeri.

Sorrisi anch’io. Dimentico della febbre. Del dolore. Della vergogna.

C’era solo lei. Lei lì davanti a me.

Aprì la busta che aveva in mano e tirò fuori dei dvd.

Ne mise uno e poi si sdraiò accanto a me. La avvolsi con un braccio e tirai la coperta anche su di lei.

Poggiava la testa sul mio petto. Ogni tanto si girava verso di me e mi guardava.

Poi metteva le sue labbra sulla mia fronte per sentire la temperatura, scostava con delicatezza i capelli che, scompigliati, mi ricadevano in viso e mi baciava, per poco tempo, come se avesse paura che la mia poca riserva d’aria non mi permettesse di reggere più a lungo.

E forse aveva ragione.

Ma non aveva importanza, avrei rischiato.

 Avrei rischiato il tutto per tutto con lei. Lei che era venuta da me.

Lei che mi aveva visto malato.

Lei che mi avrebbe potuto mandare al manicomio in qualsiasi momento, lei che era inutilmente preoccupata per me.

Fui io a baciarla questa volta, per tanto tempo… davvero, davvero tanto.

La parte finale del bacio era stata eccezionale. 

Quando non riuscivo quasi più a respirare, avevo lei lì con me,  e sapevo che era più importante anche dell’aria…    

 

 

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Capitolo 7
*** Shopping in coppia ***


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Flashback

Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”

“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”

 

 

- Davide, ti prego, ancora uno! Per favore!-

Lui mi guardò dall’alto in basso con gli occhi leggermente socchiusi:

- Prometti che è l’ultimo-

Sorrisi individuando una nota di condiscendenza nella sua voce.

- Croce sul cuore. E’ l’ultimo negozio-

Risposi divertita. Poi lo afferrai e me lo trascinai dietro.

Lo feci sedere su un divanetto davanti ai camerini e mi affrettai a scegliere tre o quattro cose da provare.

Lo vidi osservarmi, divertito dalla mia euforia.

Ero felice. Poco ma sicuro. Facevo shopping e lui era con me.

Mi seguiva pazientemente da più di tre ore. Sempre con il sorriso sulle labbra.

Sempre pronto e disponibile.

Mi aveva tolto di mano tutte le buste. Le aveva portate tutte lui, per chilometri e chilometri.

Veronica lo aveva messo in guardia ma lui era venuto lo stesso. Ed ora eccolo lì.

Ancora una volta seduto ad aspettarmi.

Ad aspettare che mi provassi tutte quelle cose e che gli facessi vedere come mi stavano.

Al solito mi avrebbe guardata estasiato. Avrebbe detto che ero bellissima.

Che non poteva sceglier perché mi stavano tutte benissimo.

E se avessi tentato di convincerlo a sceglierne uno, avrebbe poi insistito per comprarmi tutto…

Davide, semplicemente Davide.

Questa volta però volevo sorprenderlo.

Entrai in camerino senza fargli vedere cosa stavo per provare, e ne uscii con indosso un completino per fare ginnastica artistica.

Ebbi la soddisfazione di vederlo rimanere a bocca aperta. Mi avvicinai a lui sorridendo.

Presi posto sulle sue ginocchia.

- Come sto?-

Gli sussurrai. Non ottenni una risposta.

O almeno non una risposta formata da parole.

Le sue labbra sulle mie però, furono abbastanza eloquenti…

 

*

 

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Capitolo 8
*** Il tramonto è niente ***


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Flashback

 

“Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”

“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”

 

 

Avevo detto a Veronica che avrei lavorato come volontaria all’ospedale.

Davide aveva raccontato di dover andare in non so che concessionaria lontanissima per far revisionare l’auto.

Invece no.

Era venuto a prendermi sotto casa di mattina presto ed eravamo andati a tutto gas verso il porto della città vicina.

Lì avevamo lasciato la macchina ed eravamo saliti su una barca, una barca enorme e bellissima: la barca di Davide.

Era una delle tante, ma era diventata la mia preferita.

Eravamo andati verso il largo, lontani da tutti e tutto, lontani dal rumore, dal caos, dalla realtà.

Fuori dal tempo e dallo spazio.

C’eravamo solo io e lui.

Il mio Davide.

Ci eravamo sdraiati per prendere il sole, in costume…  avevamo fatto il bagno, guardato i fondali, visitato una grotta…

Felici ed eccitati, per il semplice fatto di essere insieme, di essere soli.

Eravamo fuori dal mondo: irraggiungibili, i cellulari erano stati gettati sotto coperta non appena avevamo buttato l’ancora.

Ma la parte migliore della giornata era stato il finale.

Seduta a prua a guardare il tramonto: il cielo che iniziava a tingersi di colori indescrivibili, il mare che piatto come non mai, cullava dolcemente la barca.

Sentii delle dita che delicatamente mi mettevano una ciocca di capelli ancora bagnati dietro l’orecchio.

Mi voltai lentamente e vidi Davide: in costume, ancora bagnato,  mi guardava come se… non so ma in un modo che mi scaldò il cuore.

Mi prese per mano e mi portò verso una scaletta che non avevo notato prima: portava sopra, sopra dove?

Salimmo sul tetto della barca, c’era sistemato un enorme divano, pieno di cuscini, e rivolto verso il tramonto.

Si sedette e poi mi tirò vicino a lui.

Fra le sue braccia fresche, appoggiata al suo corpo bagnato, con il suo respiro caldo sul collo…

Mi baciò il collo dicendomi che il tramonto, per quanto magnifico potesse essere, in confronto a me non era niente, assolutamente niente.

 

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Capitolo 9
*** Bagno al chiaro di luna ***


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Flashback

 

“Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”

“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”

 

Eravamo insieme.

Appena tornati da una festa in grande stile, e stavamo per entrare nella villa, quando uno scintillio mi distrasse: il riflesso della luna.

Mi fermai e fermai Ilaria con me.

Stavo guardando da pochi istanti la luna, la luna piena che si rifletteva nell’acqua della piscina ma lei già aveva capito.

Tentò di trascinarmi verso la porta ma mi impuntai: non avevo intenzione di cedere.

- Per favore -

La implorai, facendole gli occhioni dolci. Lei mi guardò e scosse la testa, caparbia:

- Tu sei pazzo -

Mi sussurrò.

- Sono le due, di notte! -

Specificò.

- E tuo padre e tuo fratello e non so quanta altra gente stanno dormendo in casa! E siamo vestiti! E Davide! No! -

Continuò ad addurre stupide scuse, nel tentativo di farmi cambiare idea, di farmi tornare indietro sui miei passi ma era inutile.

Volevo farlo, e volevo farlo con lei, solo con lei, con nessun altra.

Me la trascinai dietro fino a bordo piscina.

Mi piegai, sempre tenendola saldamente per mano e mi tolsi le scarpe, per poi, subito dopo, toglierle anche a lei.

Fece un po’ di resistenza, ma meno di quanto mi aspettassi.

O era stanca, o sotto sotto le andava.

Speravo tanto che fosse la seconda quella giusta.

Era una pazzia, una di quelle che faresti solo con una persona, e io volevo farla perché la persona giusta era lì con me.

Diedi le spalle alla piscina, con un braccio le cinsi i fianchi facendola appoggiare a me e con l’altra mano le chiusi delicatamente gli occhi.

Poi mi lasciai andare all’indietro.

Cademmo dolcemente in acqua, vestiti e stretti l’uno all’altro.

Riemergemmo sorridenti ed ancora mano nella mano.

Ora lei era di fronte a me, con gli occhi che le brillavano, bellissima come sempre.

Le afferrai la mano e la tirai a me.

Avvicinai lentamente la mia bocca al suo orecchio:

- Ti amo -

Le sussurrai a mezza voce.

Lei mi strinse i fianchi con le gambe e mi circondò le spalle con le braccia, poi con una piccola risata mi baciò.

In piscina, alle due di notte, vestiti e con mio padre che dormiva in casa…

Ci baciammo, con la luna piena.

 

*

 

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Capitolo 10
*** Ogni sera... ***


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Flashback

 

“Ciò che è stato non va dimenticato, se quando fu, eri felice.”

“Per quanto forte, potente e indistruttibile tu sia, devi sapere che i ricordi avranno sempre la meglio!”

 

 

Ogni sera passavo in moto per quella strada.

La vedevo sempre, ma non mi ci soffermavo mai più di tanto.

A quel tempo cambiavo ragazza si può dire ogni giorno. Teresa, Loredana, Marika, Giovanna… solo alcune di quel periodo.

E lei non mi aveva mai colpito più di tanto.

Ogni sera, passando per quella strada, la vedevo avviarsi verso l’incrocio, la sorpassavo senza degnarla veramente di uno sguardo.

Una sera cambiò tutto.

Ero in anticipo e invece di incontrarla lungo la strada, la vidi uscire dalla concessionaria.

L’avevo anche già superata ma un qualcosa era scattato.

Non so cosa.

Eppure rallentai.

Aspettai che mi si affiancasse passeggiando sul marciapiedi.

Quando fu quasi alla mia altezza, alzai la visiera del casco e mi voltai a guardarla.

La salutai. Lei rispose con un lieve cenno della testa.

Avrei potuto afferrare al volo il messaggio e smammare, ma non volevo farlo.

Continuai a seguirla, stando con la moto al suo passo:

- Che facevi in quella concessionaria?-

Chiesi senza tanti preamboli, forse era solo quello ad interessarmi… cioè che ci poteva fare una ragazza così in una concessionaria?

Lei alzò lo sguardo verso di me e rispose:

- Ci lavoro-

Sorrisi, ironico:

- Tu cosa?-

Sorrise anche lei ma senza simpatia:

- Io ci lavoro e ora ho finito il mio turno e torno a casa. Qualcosa in contrario?-

Mi ritrovai inaspettatamente a trattenere una risata.

La osservai di nuovo e chiesi:

- Ti piacciono le macchine?-

Annuì convinta, ignorando il mio tono ironico.

Insistetti:

- E che macchina ti piacerebbe avere?-

Mi sarei aspettato una risposta come una mini o una polo ma mai, dico mai, che dopo averci pensato un attimo dicesse:

- Una Aston Martin V12 Nera-

Rimasi letteralmente senza parole.

La moto mi si era fermata.

E le mie orecchie faticavano a credere di aver capito bene.

Lei non si era fermata.

Mi aveva sorriso e aveva continuato per la sua strada.

Ed io per la prima volta, rimasi lì, imbambolato, a guardarla andare via.

Era una sfida…

La sera successiva, parcheggiai all’incrocio dove passava lei cinque minuti prima che fosse uscita dalla concessionaria.

La vidi chiudersi la giacca e sistemarsi la borsa.

Si avvicinava a me. Ma era distratta.

Non si era ancora accorta di niente.

Poi mi notò e notò l’auto a cui ero appoggiato.

La mia nuova auto, mia da ben undici ore.

Una Aston Martin V12 Nera.

Mi godetti la sua espressione sorpresa.

Gustai fino in fondo il modo in cui riconoscendomi le guance le si infiammarono.

E come ricordatasi della nostra precedente conversazione rallentò il passo ormai incerto.

Quando mi fu sufficientemente vicina allungai la mano.

- Davide D’Amico. Molto piacere. Tu sei?-

Lei sorrise in imbarazzo e mi prese la mano.

Una stretta al tempo stesso timida e decisa, impossibile ma vero.

- Ilaria Amato-

*

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