Amnesia - A Mother's Reason

di Aching4perfection
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo ***
Capitolo 2: *** Rimembra! ***
Capitolo 3: *** Diversa ***
Capitolo 4: *** Casa dolce casa ***
Capitolo 5: *** Il drink al sapore di belladonna ***
Capitolo 6: *** La giornata comincia male... ***
Capitolo 7: *** Sangue morto e argento vivo ***
Capitolo 8: *** L'unica fra tante...1° parte ***
Capitolo 9: *** L'unica fra tante... 2°parte ***
Capitolo 10: *** Paura ***
Capitolo 11: *** Prima di tutto strega, prima di tutto madre ***



Capitolo 1
*** L'arrivo ***


L'arrivo

Un fruscio. I rami del bosco si mossero appena. Il passaggio del vento fu impercettibile e l'ombra che portò con sé lo fu ancora meno. Le foglie ondeggiavano di alcuni millimetri, come fossero appena state sfiorate dal lieve soffio di un respiro e la luce del sole non faceva in tempo ad illuminarne la causa.
In mezzo ad una radura fiorita, il vento cessò. Cambiò forma all'improvviso, abbandonando quella aerea del movimento ed assumendo la consistenza posseduta nell'immobilità.
Una massa castana di capelli mossi sussultò in modo impercettibilmente, per poi tornare immobili ad incorniciare il viso di un adolescente che dimostrava non più di 15 anni. I lineamenti del viso erano un miscuglio, dovuto all'espressione seria assunta dal giovane, gli conferivano allo stesso tempo un'aria molto matura, quasi adulta, e da ragazzino, e forse questa riusciva a prevalere sull'altra. Come se fosse maturato troppo in fretta.
Gli occhi verdi studiarono l'area attorno a sé, pieni di nostalgia, come se dovessero ricordare di aver già visto un posto simile. Non aveva mai messo piede in quella radura.
Le labbra sottili si mossero appena in un sussurro rivolto al vento.
-È questo il posto?- il ragazzino non si mosse, era da solo in quella radura. In quel momento.
In un battito di ciglia, una figura femminile comparve dal nulla accanto a lui. Era poco più alta, la pelle straordinariamente chiara, i capelli castani formavano onde sinuose lungo la schiena. I lineamenti della donna, della ragazza, erano molto simili a quelli del ragazzino, tranne gli occhi. Gli occhi di lei erano dello stesso colore del cuoio, un uniforme color mogano.
-Mh, mh. Non siamo molto lontani dalla casa. Cominci a sentire qualcosa?- domandai continuando a scrutare la radura davanti a noi, quel posto custodiva più ricordi di quanti potrei mai averne nell'arco di una vita intera. Lentamente, mi avvicinai fino ad affiancarlo. Lui annuì ma non staccò lo sguardo, costantemente puntato d'innanzi a sé. Lui non poteva sapere quanto quel posto fosse importante per me, quanto avrebbe potuto esserlo anche per lui ma, dal suo punto di vista, quella era soltanto una radura desolata circondata da alberi.
-Sì, è un odore molto lieve ma li percepisco.- mi sentii sospirare di sollievo. Non avremmo dovuto viaggiare ancora.
-Bene. Vuol dire che non si sono ancora trasferiti.
Cominciammo a camminare con passo svelto, gli occhi puntati verso la nostra meta ancora invisibile. A me lo era di certo, non so a lui. Ad un certo punto, si fermò. Le braccia allineate lungo i fianchi, una lieve tensione gli bloccava i passi, rendendolo nervoso.
-Nora, non sono più tanto sicuro di volerlo fare.- cominciò a respirare pesantemente, il viso si impallidì e le mani cominciarono improvvisamente a tremare. Mi fermai a mia volta, alzando gli occhi al cielo e scuotendo lievemente la testa. Ci avrei scommesso su una reazione del genere, anche se non sapevo bene come e quando l'avrebbe manifestata.
-Alex, ti posso ricordare che mi hai tormentata per dei mesi affinché accettassi di venire qui nonostante sapessi benissimo che non lo avrei mai fatto? Ora ci siamo e non torneremo indietro.
-...- Lo sentii deglutire. Cavolo, era davvero emozionato.
-Forza, vedrai che una volta che gli avremo detto tutto ti sentirai meglio.
-Ok, però non parlare di mesi... hai ceduto in una settimana!
-Sì, sono una pessima madre. Ora cammina.
Alla fine del sentiero, ai limiti del bosco, si ergeva una villa che sembrava uscita da una rivista che trattava di case Hollywoodiane. Le pareti grigio fumo e tek lucente le conferivano un aspetto riservato e futuristico, anche grazie alle ampie vetrate del salotto e dei piani superiori.
A circa dieci metri di distanza, fermai la marcia di mio figlio tenendolo per un braccio.
-Ricordati di non pensare al motivo per cui siamo qui se non vuoi che ci prendano per pazzi.- gli ricordai per l'ennesima volta, ma ero seria e lui lo sapeva.
-Potresti ripetermi perché ci dovrebbero prendere per pazzi?
-Perché sono la degna figlia di tua nonna.- risposi io presa da un moto di orgoglio per le mie origini.
-Era proprio necessario cancellargli la memoria?- mi domandò inclinando la testa di lato, poco convinto.
-Dubiti delle mie capacità di giudizio, Alex?
-Mamma, l'ho sempre fatto. Fin da quando avevo due mesi. Insomma, tu hai il giudizio di un'adolescente e fra i due l'adolescente dovrei essere io!
-Hai capito cosa voglio dire, Alexander.- chiamarlo usando il suo nome completo, per lui era come se il mio umore fosse cambiato di bene in male. Era una cosa che potevo usare a mio vantaggio quando volevo. Un ottimo metodo per evitare le ribellioni classiche dell'adolescenza, anche se Alex si è sempre dimostrato dannatamente pacato e poco propenso a seguire la massa.
-Ok, ok. Non penserò al fatto che sono venuto qui per trovare il mio papy!
-Bravissimo.
Ci avvicinammo con calma alla porta d'ingresso, ero certa che avessero già avvertito la nostra presenza. Del resto, i sensi dei vampiri sono impareggiabili e io lo sapevo molto bene. Anche se solo per metà, sangue di vampiro scorreva nelle vene di mio figlio.
Ci fermammo davanti alla porta blindata della villa giusto il tempo di consentirne l'apertura da parte di uno dei membri della famiglia. Non fu necessario bussare. Decisamente, ci avevano sentiti.
-Buon pomeriggio, posso esservi utile?- ad aprire la porta era stato un uomo sui venticinque anni, la pelle bianca come il ghiaccio, i capelli biondissimi e gli occhi color ambra. Sorrisi educatamente, non avrei mai ammesso quanto mi fosse mancata quella voce, consideravo Carlisle Cullen come il padre che non avevo mai conosciuto.
-Salve, mi chiamo Nora Bennett e lui è Alexander. - dissi indicando il ragazzo alla mia destra che reclinò leggermente il capo in avanti in segno di saluto. Carlisle sorrise a sua volta.
-Cosa vi porta da queste parti?- era chiaro come il sole che non si ricordava di me, eppure, cinque anni prima avevo frequentato assiduamente quella casa quasi come fossi stata pure io un membro della famiglia.
-Siamo venuti a trovare un mio vecchio conoscente, suo figlio Edward.- non feci in tempo a finire la frase che la porta d'ingresso si spalancò del tutto. Accanto al vampiro biondo ne comparve un altro dai capelli color bronzo e dai riflessi ramati, a parte quello, si poteva davvero dire che fossero padre e figlio. Notai che Alexander aveva trattenuto il respiro, gli occhi sgranati erano puntati sull'uomo davanti a sé. Solo in quel momento potei effettivamente notare quanto i due si somigliassero, anche perché i miei ricordi erano piuttosto sbiaditi, avevano lo stesso naso e gli stessi occhi, o almeno sarebbero stati gli stessi se Edward non fosse un vampiro. Io invece ebbi la tipica reazione di un'amica che andava a trovare un suo vecchio compagno di corso senza avvisare.
Sentii il mio sguardo illuminarsi, le labbra mi si allungarono in un sorriso a trentadue denti e portai parte del peso su una gamba sola, cercando di risultare il più spontanea possibile. Devo dire che mi fu alquanto difficile.
-Edward Masen Cullen.- lui mi guardò con aria confusa e fece due passi avanti.
-Scusatemi. Potrei avere il piacere di sapere i vostri nomi, dal momento che voi siete già a conoscenza del mio?
-Sono Nora Bennett, la tua ex fidanzata, e lui è Alexander. Nostro figlio. - scese il silenzio.
Da dentro l'abitazione si sollevarono i primi mormorii sommessi. Non riuscii trattenere una risatina davanti alla reazione di Edward, non aveva mosso un muscolo e aveva cominciato a fissarmi, il suo viso era privo di espressioni.
-Che situazione imbarazzante!- Esclamai di punto in bianco, anche se ero più tesa io di mio figlio che, in quel preciso momento, cominciò a prestare attenzione altrove nella speranza di diventare invisibile.
-Decisamente, soprattutto perché noi non ricordiamo di avervi mai conosciuti.- rispose Carlisle molto cordialmente mentre Edward mantenne intatta la stessa espressione concentrata di prima. Tirai un lungo sospiro passandomi una mano dietro al collo, ero piuttosto imbarazzata. Tanto così e sarei andata completamente nel pallone.
-Non ve lo potete ricordare, vi ho cancellato la memoria prima di andarmene da Forks.- confessai a mezza voce, sapevo bene che spiegare tutta la storia d'un colpo sarebbe stato più difficile del previsto.
-E come ci saresti riuscita?- mi domandò il vampiro biondo.
-Ecco, io... sono una strega. Sai, abrakadabra e trucchetti vari...
-Oh, mio Dio.- Edward parve risvegliarsi dal suo stato di catalessi e si rivolse direttamente a Carlisle contraendo i pugni in gesto nervoso senza degnarci di uno sguardo, quasi non ci fossimo. Cavolo, ci stava leggendo nel pensiero, anche se così mi permetteva di rispamiare il fiato. Mi sembrava che stesse accadendo tutto troppo in fretta. Era stata una pessima idea tornare, o forse no.
-Non mentono, possiedono entrambi dei ricordi e delle conoscenze che gli altri umani non possono avere su di noi. E per quanto riguarda il ragazzo... è mio figlio.- una volta terminata la frase, Edward sparì all'interno della casa da cui giunsero dei sibili poco dopo. A quel punto, Carlisle si spostò rapidamente di lato e aprì completamente la porta.
-Prego, accomodatevi. Ci sono molte cose di cui dobbiamo parlare.- e sparì anche lui. Io ed Alex rimanemmo immobili sulla soglia per qualche secondo, lui si guardava le scarpe da ginnastica con acceso interesse.
-Non sta andando bene, vero?- domandò anche se conosceva perfettamente la risposta.
-Sarà più difficile di quanto pensassimo. Per un attimo ho creduto che ci avessero preso per due sciroccati.- affermai soffocando a stento una risata.
-Mamma, ti presenti qui dopo cinque anni con un figlio illegittimo dopo aver cancellato la memoria al tuo fidanzato vampiro e a tutta la sua famiglia. Veramente credevi che ci avrebbero accolti a braccia aperte?- domandò Alex scettico, guardandomi allibito.
-Ovviamente no, non sono un'ingenua.
-Mh.- non sembrava per niente convinto. Cedetti all'impulso di dargli un buffetto sulla guancia e lo spinsi oltre la soglia della grande casa.
-Dai, entriamo. Abbiamo molte spiegazioni da dare e mamy ha un incantesimo da invertire.
E non ne avevo per niente voglia. In realtà, fosse stato per me non avrei mai più rimesso piede in quel posto. Lo facevo solamente per Alex, per dargli la possibilità di conoscere suo padre. Però devo ammettere che questo suo desiderio non poteva capitare in un momento migliore.

***********Angolo dell'autrice******

Buon giorno e Buon Natale!

È la prima volta che scrivo nella categoria Twilight, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto!

Ci tenevo a segnalare che questa fic NON contiene pairing diversi da quelli della trama originale, poiché la protagonista ha vissuto una storia con Edward Cullen prima dell'inizio della vicenda. Il tema della fic sarà incentrato sul rapporto madre-figlio di Nora ed Alex (del tutto particolare e ricco di situazioni ai limiti del paradossale) e sul passato di lei, con ovviamente degli altri temi minori che si aggiungeranno nel corso della storia. Finale straordinariamente a sorpresa.

Grazie a tutti coloro che hanno appena letto e a coloro che hanno deciso di recensire.

Kiss by Aching4perfection.

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Capitolo 2
*** Rimembra! ***


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Rimembra!

L'arredamento era cambiato in modo radicale da quando avevo messo piede per l'ultima volta in quella casa. I vecchi divani di pelle scura erano stati sostituiti da altri più moderni e di morbido tessuto bianco, forse seta mentre i quadri e la quasi totalità delle suppellettili era stata completamente rivoluzionata: costosi oggetti di cristallo avevano sostituito i vecchi soprammobili di porcellana cinese... vecchi per modo di dire. Si divertivano a cambiare spesso l'arredamento della casa.
Io ed Alex eravamo seduti l'uno accanto all'altra su uno di essi, circondati da una famiglia intera di vampiri. Me li ricordavo tutti, dal primo all'ultimo, quasi non li vedessi da un paio di giorni anziché da cinque anni: Esme, Rosalie, Emmett, Jasper ed Alice. Carlisle ed Edward rimasero un po' in disparte a discutere, lasciando la famiglia con noi ospiti. Aggiungerei indesiderati. Cinque vampiri ci studiavano, osservavano ogni nostro movimento, incuriositi. Probabilmente stavano scavando nella loro infallibile memoria alla ricerca di ricordi che ci contenessero. Non esistevano.
-Allora, Nora. Da dove venite?- Mi domandò Esme col tono gentile che ricordavo. Sorrideva e le iridi dorate brillavano.
-Siamo dalle parti di Manhattan. - Risposi poggiando una mano sul ginocchio di Alex seduto alla mia destra, lui annuì in conferma.
-Avete intenzione di trattenervi a lungo?- mi chiese allora lei.
-Veramente non lo so, dipende da che piega prenderà tutta questa storia. Mi rendo conto di essere un peso, essendo piombata qui all'improvviso.- A quel punto intervenne Jasper che non aveva ancora aperto bocca, come gli altri del resto.
-Beh, di sicuro creerà qualche difficoltà di convivenza. Immaginate come reagirà Bella quando lo verrà a sapere?- soffocò un grugnito al pensiero, lo smorzò subito non appena incrociò lo sguardo furente di Edward dall'altra parte della stanza.
-Che dici Jasper, ci scappa la rissa?- lo sfidò Emmett con un ghigno stampato in faccia. Mi irrigidii e misi le braccia in avanti agitandole. Non perché temessi una rissa, ma perché non avevo alcuna intenzione di mandare qualcuno in ospedale.
-Wooo, ehi non ci sarà nessuna rissa... chi è Bella?- domandai infine avendo colto solo in quel momento. Notai lo sguardo di Emmett affievolirsi, doveva esserci rimasto male... per la rissa intendo.
-La moglie di Edward, ora è andata a trovare suo padre.- mi spiegò la ragazza dai corti capelli corvini, Alice. Era simpatica e mi ci ero davvero molto affezionata, ma non quanto lo ero con Rosalie, la ragazza che in quel momento era seduta sul bracciolo della poltrona accanto. Fra noi vi era un legame indissolubile. Persa in quei momenti di ricordi, mi dimenticai di esultare.
-Oh, si è sposato alla fine!- esclamai. Non so i presenti, ma mi sentii falsa come Giuda.
-Ed hanno anche una figlia, Renesmee.- proseguì Alice, sembrava che cercasse di avvisarmi.
Pensava che volessi sedurre suo fratello? Mi vennero i brividi. Non di disgusto, ma per il ricordo del gelo che provavo quando mi sfiorava. È stato uno dei primi ricordi che ho voluto rimuovere, dalla mia testa, stavolta.
-Intendi, come Alexander?- domandai una volta che mi fui ripresa.
-Sì, però c'è una differenza colossale tra loro.- tutti si voltarono verso Carlisle che era appena rientrato nella stanza dopo il colloquio col figlio. Edward si mise in disparte in un angolo della stanza.
-Ossia?- domandai seriamente incuriosita. Che differenza poteva esserci fra me e lei, a parte il fatto che io ero una strega e una ragazza madre?
-Beh, Bella è quasi morta durante il parto e ho dovuto trasformarla. Mentre tu sei ancora umana.- il tono di Edward suonava più come un insulto che come un'osservazione. In sottofondo, Alex sibilò.
A quel punto, mi alzai dal divano e camminando con passo un po' incerto mi avvicinai al punto in cui stava Eward, che vedendomi arrivare si irrigidì. Affiancandolo, tornai a rivolgermi agli altri presenti. Era ora di restituire i loro ricordi. Non sarei riuscita a sopportare quegli sguardi accusatori un minuto di più.
-Ecco, io posso farvi ricordare tutto.- poi tornai a guardare lui, ero seria e Alexander notò che agivo controvoglia. Lo volevo solo rendere felice, lo facevo solo per lui. Fosse stato per me, non sarei mai più tornata a Forks -Tu però mi devi giurare che ignorerai qualsiasi sentimento per me e penserai solamente a quanto ami tua moglie.
-Come mai tutta questa preoccupazione per Bella? È ovvio che penserò costantemente a lei.
-Vedi, i sentimenti che provi per Bella... non erano diversi da quelli che sentivi per me. E non voglio che certe tue emozioni riaffiorino, mi sono impegnata fino allo stremo per cancellarle.- lui mi guardò con aria di sfida e non mi staccò gli occhi di dosso per tutto il tempo, quasi volesse controllare le mie mosse. Ovviamente, credeva che li stessi prendendo tutti in giro. Sarebbe piaciuto anche a me.
-Mettimi alla prova.- sibilò a denti stretti.
-Ok. Voi siete tutti d'accordo?- domandai agli altri rivolgendomi però solo a Carlisle. Qualunque sua risposta agli altri sarebbe andata bene.
Mi scostai da lui, posizionandomi davanti al resto dei vampiri con le braccia tese davanti a me e i palmi rivolti verso l'alto. Chiusi gli occhi per qualche istante alla ricerca della concentrazione, dopo di che li riaprii per puntarli verso il soffitto, spinta da una forza interna.
-Rimembra!- sentii un flusso caldo di scintille scorrermi nelle vene e librarsi dai palmi delle mani, come turbine invisibili invasero la stanza finché non ne fu satura e poi svanirono. Tornai davanti ad Edward e, con estrema lentezza, gli passai il palmo destro davanti agli occhi. Dall'alto verso il basso, affinché lui chiudesse gli occhi sulla memoria nuova e li riaprisse con quella vecchia.
-Allora?- osservai la maschera del suo viso sbriciolarsi davanti ai miei occhi, vidi quella maschera di marmo svanire per lasciare il posto allo stupore. Poi, a sorpresa, i contorni delle sue labbra si contorsero, come se stesse trattenendo un urlo. Sussultai davanti allo stesso volto incredulo che gli avevo visto quando gli annunciai che lo avrei lasciato. Credetti di essere tornata a cinque anni prima, al tempo in cui eravamo insieme e nient'altro aveva importanza. Ma quei tempi erano finiti, ed ero stata io a volere che finissero. Lui non aveva scelto niente, lo aveva aspettato solo l'amnesia dei 2 anni e mezzo in cui eravamo stati insieme.
-Nora...- la sua voce era il preludio della disperazione. Probabilmente, anche le sue emozioni erano tornate indietro nel tempo, congelate nel momento esatto in cui gli dicevo addio.
-Ciao Ed.- gli sorrisi nel vano tentativo di alleggerire l'atmosfera, ed anche i miei sensi di colpa. Lui mi guardò come se si trovasse di fronte ad una ladra. In effetti, mi sentivo un po' ladra - Come hai potuto?
-Ho dovuto.- risposi io in tutta calma.
-E perché avresti dovuto? Eravamo felici insieme.- il suo tono deluso mi fece sentire improvvisamente a disagio, come se mi fossi accorta di aver appena fatto un errore madornale.
-Senti, io non volevo quella relazione. All'inizio ero felice anche io, ma sentivo che non mi bastava. Ormai, era troppo tardi per potermi staccare da tutto.
-Quando ci hai cancellato la memoria eri già incinta di Alexander. - annuii silenziosamente e poi abbassai il volto e chiusi gli occhi, invasa dai sensi di colpa che cominciarono a divorarmi lentamente. Ad un tratto sobbalzai, attraversata da un brivido freddo. Non ero più abituata al suo tocco gelato, mi stava sfiorando il viso con le nocche della mano destra, come se stesse accarezzando un neonato.
-Mamma, ti senti bene?- la voce di Alex dall'altra parte della stanza ruppe il silenzio. Non mi aveva mai vista con quell'espressione in volto ed era lievemente scosso. Mi allontanai da Edward e tornai a sedermi accanto a mio figlio sul divano, dove gli diedi una scompigliata ai capelli per tranquillizzarlo. Il piccolo guardiano dei miei sentimenti.
-Sì, certo. Solo un po' di sensi di colpa.
Poi sembrò che il resto della famiglia si fosse appena svegliato da uno stato di trance. Alice scattò in piedi, l'espressione esattamente a metà tra l'incazzatura più nera e l'estasi più completa.
-Oh mio Dio, sei tornata! Non posso crederci!- tuonò con la sua voce squillante e mi costrinse ad alzarmi nuovamente in piedi per abbracciarla e lo stesso fece Jasper, il cui sguardo passava da me ad Alexander ad una velocità impressionante. Poi fu il turno di Esme, che mi baciò la fronte e mi strinse delicatamente per non farmi male. Mi accorsi di aver cominciato a tremare, per il freddo intendo.
-Bentornata tesoro- dopo avermi salutata andò subito a dare il benvenuto al nuovo nipote, un po' confuso per la reazione della giovane donna che gli si presentava così affettuosa. Lui non c'era abituato a tali dimostrazioni di affetto. Mia madre non era mai stata molto affettuosa neanche con me, lei dimostrava affetto in modo più indiretto, più sottile.
Emmett, e Rosalie in particolare, rimasero fermi al loro posto, offesi. Mi avvicinai e le cinsi forte il collo, per poi sussurrarle all'orecchio -Tu mi sei mancata più di tutti. Sappilo.- ed era vero.
A quel punto anche la bionda glaciale sciolse la propria maschera di irritazione e contraccambiò l'abbraccio – Eleonora Bennett, non farlo mai più.- appoggiata alla sua spalla, non annuii. Non sapevo se giurarlo davvero o meno.
Dietro di noi, Emmett soffocò una risata indicando Edward -Tua moglie ti ucciderà fratellino!- Edward rise a sua volta passandosi la mano sul mento e sulla guancia.
-Bella è molto diplomatica. Sono certo che, superato lo shock della novità, si adatterà anche lei a questa nuova situazione.
Il rumore del motore di un'auto in movimento nel vialetto ci zittì tutti. Edward fu in un attimo davanti alla porta d'ingresso della casa ad accogliere la moglie e la figlia.
-Come è andata?- domandò lui dopo aver baciato una bellissima ragazza mora. Era un po' bassina, ma sembrava comunque una modella.
-Bene! Tranne per quando papà ha tentato di cucinare un tiramisù, grazie al cielo facciamo una dieta liquida! - la sua voce era acuta quasi come quella di Alice, beh... magari Esme.
-Il nonno l'ha annacquato nel rum. Invece che cuocere bolliva.- una voce particolarmente squillante, ora quasi come quella di Alice precedette l'arrivo della bimba più bella che avessi mai visto. Una graziosa bambina sui nove anni dai capelli ricci e color bronzo esattamente come quelli di Edward e con gli occhi che sembravano contenere cioccolato al latte entrò in casa e notò subito la nostra presenza, osservandoci con crescente curiosità. Dopo pochi istanti anche la madre la affiancò con la stessa espressione dipinta sul viso perfetto, ma a differenza della figlia ci sorrise e circondò i fianchi del marito con un braccio. Scambiai uno sguardo d'intesa con Alex, quella era una molo gelosa.
-Buonasera. Edward, non mi presenti?
-Scusa amore. Bella, loro sono Nora e Alexander Bennett.- ci alzammo insieme dal divano e stringemmo la mano alla donna uno alla volta.
-È un vero piacere.- guardando meglio Bella in viso, notai che aveva le iridi diverse da quelle del resto della famiglia, erano leggermente più scure pur mantenendo una magnifica tonalità dorata.
Bella Cullen mi osservò pensierosa e iniziò a rovistare tra i propri ricordi credendo di avermi già vista da qualche parte. Almeno lei non avrebbe svolto una ricerca inutile, anche se mi aveva intravista solo per un paio di secondi.
-Ci conosciamo?- domandò inclinando la testa di lato.
-Impossibile, non vengo da queste parti da cinque anni ormai!- esclamai in agitazione.
-Noi siamo di Manhattan – spiegò Alex notando la mia reazione, aveva capito che mi stavo agitando. Fu allora che notò anche l'espressione che aveva appena assunto Edward. Probabilmente mi stava leggendo nella mente, non gli era piaciuto ciò che aveva visto. L'uomo davanti a lui aveva corrugato la fronte, accigliato, e si lasciò sfuggire una piccola smorfia ben visibile. Più tardi mi avrebbe chiesto cos'altro avessi combinato. Non ci dovevo pensare.
-Siete dei vecchi pazienti di Carlisle?- provò ad indovinare Bella, ovviamente sbagliando.
-A dire il vero, Nora è la mia ex fidanzata e Alexander è mio figlio.- ecco, la bomba era stata sganciata.
Bella sgranò gli occhi. Di certo, qualsiasi cosa si sarebbe aspettata tranne quello. Soprattutto dal momento in cui Edward le aveva giurato di essere stata la prima ed unica donna della sua vita dopo sua madre. Come faccio a saperlo? Aveva detto la stessa cosa a me. Quindi, dopo avergli rimosso i miei ricordi era tornato al punto di partenza, con lei. Bella ci passò in rassegna con lo sguardo tutti e tre, dietro di loro il resto dei Cullen tratteneva il respiro anche se non provocava loro alcuna sensazione di ansia.
-Come scusa?- poi la sua concentrazione fu rivolta interamente al marito – Mi hai mentito?
-No Bella, non mi permetterei mai. Anche io l'ho saputo mezz'ora fa.
-Mi prendi in giro?- era incredula, anche era ben conscia di aver sposato una macchina della verità fatta persona.
-Affatto. Ed non mente, lui ti aveva detto la verità. Non si ricordava di me perché io ho cancellato a tutti i ricordi che includevano la mia presenza.- intervenni io. Forse, sentirlo dalla mia bocca l'avrebbe aiutata a crederci.
-E... come ci saresti riuscita? Non conosco vampiri in grado di fare una cosa del genere ne tanto meno umani!- il suo sguardo e la sua attenzione erano interamente rivolti a Carlisle, di fatto l'unico in grado di dare spiegazioni possibili a domande improbabili.
-La famiglia di Nora è originaria di Salem, sono emigrati a Manhattan e dintorni durante il periodo di caccia alle streghe. Allora le sue antenate erano note per le loro doti di curatrici.- spiegò Carlisle. Bella era sbigottita.
-Stai cercando di dirmi... che è una strega? Credevo che non esistessero!
-Scommetto che non credevi nemmeno dell'esistenza dei vampiri, eppure sei una di loro. E, comunque, sono anche una delle streghe più dotate.- pronunciai l'ultima frasse alitandomi sulle unghie e strofinandole sulla camicetta in gesto teatrale. Alex alzò gli occhi al cielo e sbuffò alla vista della madre che si vantava.
-Ora non esagerare mamma.- sussurrò. Gli tirai una gomitata negli stinchi pur sapendo che mi sarebbe uscito un livido in quel punto esatto nel giro di qualche minuto.
-Ssh! Zitto tu.
Dopo aver messo a tacere mio figlio, ricomposi la mia maschera di perfezione, come se nessuno avesse fiatato. Bella si separò dal marito e seguì la figlioletta che si era comodamente seduta sul divano lasciato libero da noi cercando di realizzare quanto le era stato appena detto e, alzando lo sguardo, poté osservare gli occhi da umano di Edward in quelli di Alex, verdi; mentre i tratti del viso erano copiati da quelli della madre. Si arrese a tale visione, davanti all'evidenza. Ma ciò che non la fece rivoltare dalla rabbia fu il sollievo nel ricordarsi che, a differenza mia, Edward le apparteneva. Intuizione femminile, probabilmente anche io avrei reagito così. È nella nostra natura di donne. Edward era suo.
-So che a questo punto dovrei incavolarmi con te per aver manipolato la memoria di mio marito. Ma se non l'avessi fatto probabilmente ora non staremmo insieme; quindi, adesso vorrei ringraziarti.
-No, non è necessario. Ho dato la possibilità ad Ed di incontrare la sua anima gemella. Del resto, anche io ho incontrato la mia.- spiegai sedendomi accanto a lei. Alexander ed Edward si scambiarono un'occhiata confusa e complice.
-Mamma, di chi stai parlando?- mi domandò il traditore. Cercai di pararmi il viso.
-Dell'uomo che frequento da quasi un anno, Alex. Ti ricordi, è anche venuto a vivere con noi.- gli risposi. Il problema era che quanto avevo appena detto, era una balla bella e buona e lui lo sapeva benissimo.
-Chi, Daniel? Quello stregone da quattro soldi che hai buttato fuori di casa il mese scorso?
-Alex piantala! Reggi il gioco, sto cercando di fare bella figura.- cercai di proseguire io anche se sapevo che, ormai, andare avanti avrebbe suscitato l'ilarità generale.
-Ti ricordo che mio padre legge nel pensiero, genio. È poi è ridicolo, non ti aiuterò a mantenere una maschera scintillante solo per vantarti di una vita sociale!
-...ok. Mi ricorderò di questa scena quando avrai bisogno di soldi per i jeans nuovi!- quello fu un colpo basso per lui che emise un ringhio basso. Ecco l'adolescente che saltava fuori.
-Strega!- disse a denti stretti. Peccato lo sentii comunque.
-Ehi, questo era un autogol!- esclamai schioccando le dita nella sua direzione ma senza guardarlo in faccia.
Sentendo la mia risposta, Rosalie non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere.
-Dio, voi due siete peggio di una sitcom! Ma fate sempre così?- domandò mettendosi una mano davanti alla bocca. Sia io che Alex sorridemmo complici.
-Diamo il meglio di noi davanti ad un pubblico vasto.- spiegai passandomi una mano nei capelli.
-Diciamo più che altro che Nora tende a fare delle figuracce esclusivamente quando c'è gente.
-Solo perché tu mi smonti tutto...- borbottai in risposta. Con lui non era mai divertente inscenare una storia per fare bella figura.
-Ti voglio bene mamma.
-Tanto i soldi dei jeans te li sei giocati, ruffiano!- esclamai con un ghigno, e con quella risposta conclusi il nostro spettacolo quotidiano di frecciate madre-figlio.

***********Angolo dell'autrice******

Buona sera a tutti!

Prima di passare ai ringraziamenti delle recensioni, ci tenevo a precisare una cosa. Questa fic NON si concluderà con un Happy Ending, niente:"e vissero felici e contenti..." nè tantomeno "vissero per l'eternità...". No, niente di tutto questo.

Ora passo alle recensioni:

Hinata_S_I_TT 4EVER= sul serio ti piace? Siamo solo all'inizio e la vicenda non è ancora sviluppata, ma proprio per niente! Sapessi cosa ci voglio inserire... molto probabilmente una scenetta da rating rosso, ma devo ancora vedere! E questo è solo un assaggio dei battibecchi di Nora ed Alex. il bello arriva dopo! Un bacione!

lovecoffee= giusto! Mi sembrava discriminazione contro le streghe! L'idea mi è venuta quando cominciai a delineare un nuovo carattere per Edward, senza il suo senso maniacale di protezione. E poi mi sono chiesta:"Cosa spingerebbe Edward a scegliere di non proteggere la propria fidanzata da rischi e pericoli?" Se la fidanzata in questione fosse più potente di lui, e da lì è stato come fare due più due. Fare una ex-fidanzata vampira sarebbe risultato scontato e privo di originalità! Spero che ti piaccia anche questo capitolo, un bacione!

Grazie a tutti coloro che hanno appena letto e a coloro che hanno deciso di recensire.

Kiss by Aching4perfection.

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Capitolo 3
*** Diversa ***


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Diversa

Alexander Bennett aveva cinque anni, pur dimostrandone tredici, e poteva vantare di conoscere sua madre meglio di quanto si conoscesse lei. Sapeva che non era in grado di resistere davanti ad una gigantesca insegna che recitasse “Saldi”, che non sapeva dire di no ad uno shot di tequila e che non si sarebbe mai, mai e poi mai sposata, nonostante le occasioni non le fossero mancate. Era fuggita da suo padre ed aveva cacciato un secondo fidanzato, un vero imbecille, di casa un mese prima. Non che Alexander disapprovasse, per quanto discutibili potessero essere, non aveva mai pesantemente criticato le sue scelte... a parte quella di non avergli mai fatto conoscere suo padre.
Sì, Alexander Bennett conosceva molto bene la donna che lo aveva dato alla luce, e sapeva anche che era pericoloso discuterci; ragion per cui, quella sera, scelse di fare un giro intorno alla casa piuttosto che assistere un secondo di più al litigio dei genitori.
Infatti, fino a cinque minuti prima era in cucina davanti a loro e pregava affinché l'irascibile e nevrotica Eleonora Bennett non decidesse di scatenare la Terza Guerra Mondiale.
-Hai riunito tutta la tua famiglia per la nascita di Alexander?!- anche se forse non sarebbe stata lei a iniziare, ma il pacato e posatissimo padre vampiro Edward Masen Cullen.

-Certo che l'ho fatto! Non potevo mica partorire un mezzo vampiro da sola! A proposito, sapevi che anche loro sono velenosi?- nonostante la mia risposta acida sembrasse più un insulto a mio figlio che ad Edward, Alex decise di mantenere il silenzio.
-Solo i maschi, le femmine no. E ora dimmi, quante... una dozzina di streghe sa di me e della mia famiglia? Non potevi semplicemente usare i tuoi poteri per far sì che nulla andasse storto?- domandò Edward incredulo. Lo guardai con odio, desideravo staccargli la testa a morsi, peccato che non ci sarei mai riuscita. Sì, in quel momento lo odiavo. Proprio lui commenta, che di tutta la faccenda gli sono toccati solo i venti minuti più divertenti. Io mi sono dovuta sorbire le nausee mattutine, gli sbalzi d'umore, la fame incontrollata e una disgustosa dieta a base di sangue per un mese. Per non parlare del parto! Stesa su un pavimento di legno, con un cuscino sotto la schiena e aperta in due come una quaglia da farcire mentre mi strappavo come la federa di una poltrona vecchia con dodici donne spettatrici di quella scena. Di quella notte ricordo solo mia madre davanti a me che diceva ad alta voce un incantesimo per indurre il bambino ad uscire in modo “umano”, per così dire; dietro c'erano i brusii degli incantesimi di protezione messi in piedi dalle altre streghe presenti.
-Sì, certo Ed. Prova tu a pensare ad un incantesimo mentre hai dentro al ventre un neonato che ti sta squarciando come fossi un tacchino per il giorno del ringraziamento. Senza contare che, dopo averti morso, entra in ballo anche il veleno. Poi mi dici come te la cavi, neh? - aggiunsi sorridendo e guardandolo dritto negli occhi.
-Smettila di parlare così. Non mi merito il tuo sadismo.- era deluso, il mio era stato un colpo basso. Rincarai la dose. Prima di accusarmi, volevo che vedesse la sofferenza che avevo scelto di patire da sola; perché non era stato facile neanche per me.
-No, io non la smetto. Perché a differenza di tua moglie, ho dovuto sopportare tutto da sola! Non avevo nessuno con cui parlare e mia madre aveva deciso di aiutarmi solo quando cominciai a torcermi davanti a lei in preda alle contrazioni. E poi Alex se la prendeva comoda, sembrava che si stesse divertendo a masticarmi lentamente.- dissi indicando il diretto interessato che, a quel punto, decise di difendere il proprio orgoglio.
-Sì, ti voglio bene anche io mamma... non ricordo di essere stato così tremendo!- gli dedicai un affettuoso sorriso della serie: quanto-ti-sbagli. Un poco si spaventò, di sicuro non poteva biasimarmi per il dolore che avevo sopportato quella notte dandolo alla luce.
-Oh, invece sì tesoro, ed è proprio per questo che resterai figlio unico... almeno da parte mia.- borbottai indicando Edward con un cenno del capo. Lui si limitò a scuotere negativamente la testa.
-La nonna mi aveva detto che, fra i due, quella intrattabile eri tu. Mi ha raccontato che hai persino incendiato la casa durante una delle contrazioni.- disse Alex incrociando le braccia al petto.
-La nonna ti ha raccontato una balla!- esclamai sobbalzando. Perfetto, neanche di mia madre mi potevo più fidare. Traditrice.
-Ha detto anche che bestemmiavi come uno scaricatore di porto.- aggiunse Alex con lo sguardo basso, era fermo perché sapeva di avere ragione. Quando torneremo a Manhattan, io e mia madre avremmo dovuto fare un discorsetto su cosa dire e cosa non dire ad Alex.
-È una... beh, la storia dell'incendio è senz'altro una balla!- dopo quell'ultima mia esclamazione, Edward si ridestò dalla sua posizione di osservatore dalla lite madre-figlio del giorno, come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno volto. E di sicuro non si trattava di una reazione a scoppio ritardato per il mio comportamento passivo-aggressivo di prima.
-Nora, spero di aver capito male. Non mi dire che avevi coinvolto anche...- povero illuso, davvero credeva...
-Mia madre, sì! A proposito, ti manda i suoi saluti da Manhattan!- esclamai agitando la mano in aria. Ed. si mise una mano in faccia, sconfitto. Tanto non poteva farci più nulla.
-Proprio non potevi chiamare qualcun' altro che non fosse quella megera?- domandò sull'orlo della disperazione. Povero, mi faceva quasi pena.
-Sii carino, mia madre ha molta più esperienza di me con la magia, e poi servivano dodici streghe per il rito! Solo perché non l'hai mai potuta soffrire mentre stavamo insieme.- lo punzecchiai io, e come reagì! Aveva la faccia da porcospino davanti ai fari di un tir.
-Ma, ha tentato più volte uccidermi scatenandomi contro una tempesta di scariche elettriche!
-E tu mi hai ripetuto più volte che l'avresti volentieri mangiata per cena!- esclamai in risposta. Lui incrociò le braccia al petto e mi guardò alzando un sopracciglio, scettico. Stava per spararne una delle sue. Tre, due, uno...
-Sii seria, Nora. Non avrei mai potuto saziarmi di quell'adorabile donna, non senza prendere un antiacido dopo...
Notando come le vene sul mio collo si stessero tendendo, Alex pensò bene di svignarsela prima che uno di noi due avesse la possibilità di usarlo come scudo umano di difesa.
-Oook, io vado a farmi un giro.- disse sparendo dalla cucina. Mi limitai ad accennare un -Ottima idea, tesoro! - prima di riprendere la discussione -E tu, lascia fuori mia madre!- lo vidi sbuffare e abbandonare le braccia lungo i fianchi.
-Ok, ho esagerato, ti chiedo perdono.
-Bene!
-Allora, ehm... Alex ha qualche capacità particolare?- domandò facendo finta di nulla. Bel tentativo di cambiare discorso. Purtroppo per lui, anche lì avevo la risposta pronta, e non so quanto gli sarebbe piaciuta. Di sicuro un po' poco.
-Intendi: leggere nel pensiero, o vedere il futuro? No, dal quel lato è tutto sua madre!- risposi fieramente.
-Anche lui è nevrotico e preciso a livello maniacale?- colpo basso.
-No, Ed. Anche lui è capace di tirarti un fulmine sulla testa quando scateni la tua parte iperprotettiva.- sorrisi mostrando i denti. Due a zero.
-Questa me la sono cercata. Sul serio Nora, mi fa piacere che tu l'abbia cresciuto così bene; però ero curioso di sapere se aveva preso qualcos'altro da me oltre agli occhi e al cromosoma Y.
-Eh eh, davvero vuoi saperlo?- domandai tirando fuori la mia faccia migliore, quella da culo.
-Sì, se non è un problema.- rispose lui convinto.
-Oh, no che non lo è! Accomodati pure.-lasciai che mi si avvicinasse di qualche passo, nel frattempo ripensai a quei momenti con Alex in cui mi ricordava Edward più che mai. Non fu molto difficile, sotto quell'aspetto i due erano davvero identici, non ci si poteva sbagliare su chi fosse il padre. I ricordi mi turbinarono in testa come una sequenza di scene tagliate.
-Mamma, ti proibisco di andare ancora per pub. Lo sai che razza di gentaglia circola il sabato sera?
-Non osare mai più fare un incantesimo di richiamo sugli orsi, mi è quasi venuto un infarto!
-D'ora in poi non farai più incantesimi di teletrasporto a meno che io non ti sia vicino, ho troppa paura che sbagli meta e finisca in un sottomarino affondato della seconda guerra mondiale.

Terminai la sequenza di ricordi, notando come avesse mutato l'espressione di Edward in quel momento. Sembrava che non se lo aspettasse. Non riuscii a trattenere una risatina.
-Che c'è?
-Wow, mi somiglia molto più di quanto pensassi.- sorrise anche lui, ma tirò fuori quel sorriso sghembo che lo aveva sempre caratterizzato. Sbuffai e lo superai per avvicinarmi al frigorifero e prendere una bottiglietta d'acqua. Cavolo, mi era andata male.
-Già, avete la stessa identica nevrosi da protezione. Sinceramente, non credevo che fosse genetica.
-Posso dire di essere orgoglioso di mio figlio!- esclamò soddisfatto. Mi bloccai sul posto, come se mi avesse appena insultata.
-…questa non faceva ridere.- sibilai a denti stretti. Quei ricordi, oltre ad essere quelli in cui mi pareva di avere un altro Edward, erano quelli in cui sopportavo meno il sangue del mio sangue.
-Ma io sono serissimo.- disse lui. Quello che più mi preoccupò, fu quanto restò serio mentre lo diceva. A quel punto mi avvicinai a lui e gli diedi una pacca sulla spalla come quelle che davo ad Alex quando doveva fare il ruttino.
-...sei un caso umano.
Qualcosa cambiò. Edward aveva storto il naso, come se qualcuno gli avesse sventolato davanti della crema di tartufo. Lo guardai confusa.
-Nora, hai un odore strano. - mormorò con voce atona. Ero sorpresa, non credevo che se ne potesse accorgere.
-Sì? Deve essere il profumo che uso.- risposi con nonchalance. Stavo guardando in basso, sperando di fuggire dalla sua lettura del pensiero.
-No, mi riferisco al tuo sangue. Ha un odore particolarmente sgradevole per essere quello di un umano.- spiegò avvicinandosi per sentire ancora l'odore. Trasalii e mi spostai, allontanandomi di qualche passo fuori dalla sua portata camminando all'indietro.
-Mi considero fortunata allora. Non attiro vampiri assetati! Ah HA!- cercai di smorzare la risata in falsetto con un sorso d'acqua e cominciai a guardare altrove, fuori dalla finestra. Cavolo.
-Sei diventata isterica.
-Ohhh, guarda che ora si è fatta, devo preparare la cena ad Alex.- dissi dando un'occhiata rapida all'orologio che, per inciso, era fermo da due giorni. Edward increspò la fronte, lasciando che vi comparissero alcune impercettibili righe d'espressione dovute alla sorpresa e al dubbio.
-Che mi stai nascondendo adesso, Nora?- oh oh, sembrava che si stesse arrabbiando.
-Io? Niente.- risposi io con voce acuta. Lo ammetto, non sono mai stata brava a mentire. Mi beccavano subito, Edward in particolare.
-Stai mentendo. Cosa ti prende?
-Ed, ti rendi conto che da quando sono qui la tua bocca non ha detto altre parole se non: Chi? Cosa? Come? Perché? Quando e dove?... Davvero, sembri una rivista di pettegolezzi.
-Dammi tempo, ho appena scoperto di avere un altro figlio!- si giustificò il giovane incrociando le braccia, si era accorto che tentavo disperatamente di cambiare discorso e probabilmente pensò che forse, per quella sera, poteva anche lasciarmi stare. Però lo conoscevo bene, ora che avevo piazzato delle carte coperte sul tavolo, avrebbe fatto di tutto per sapere di cosa si trattasse.
-Hai ragione. Comunque rinnova un po' il repertorio!
-È che, anche se riesco a leggerti nel pensiero, non ti capisco. E forse non ti voglio nemmeno capire.- il giovane Cullen mi diede le spalle ed uscì dalla cucina, sapeva di avere i miei occhi addosso. Sperava di convincermi ad aprirmi un po'. No, quella volta non avrei ceduto.
-Ok, adesso tocca a me farti una domanda. Perché ti comporti in questo modo? Insomma, so di essere ripiombata nella tua vita dopo cinque anni ma, ad essere sincera, non credevo di trovare questo. Anche un cieco sarebbe in grado di vedere la tua rabbia.- Edward si voltò di scatto, mostrando i denti. Sì, avevo colpito un tasto sensibile.
-Sono arrabbiato perché mi hai fatto perdere cinque anni della sua vita. Alexander è un ragazzo straordinario e un figlio meraviglioso, ma questo tu già lo sai. Ero io che non lo sapevo, perché non sapevo nemmeno di avercelo, un figlio.
-Beh, ora avrai molto più tempo per conoscerlo ed apprezzare le sue qualità. Sto cercando di riparare al danno che ho fatto.
-Nora, tu mi hai lasciato dopo che ti avevo giurato amore eterno e poi hai cancellato la memoria a me e alla mia famiglia per impedirmi di seguirti, perché sapevi che se avessi saputo di Alexander ti avrei seguita in capo al mondo!
-...ma...- provai a ribattere ma, per qualche motivo, non riuscivo a costruire una frase di senso compiuto. Aveva ragione, su tutti i fronti. Ma lui non sapeva che cosa mi aveva spinta ad abbandonare tutto. Forse, era proprio questo il motivo della sua rabbia, l'essere all'oscuro di qualcosa di così importante.
-E come puoi pretendere di ricomparire in questo modo senza pagarne le conseguenze? Io adesso mi sono rifatto una vita, ho una moglie che mi amerà per l'eternità ed una bellissima bambina che per proteggere ho sofferto come un dannato. Scusa se non riesco a perdonarti per quello che hai fatto, ma l'incantesimo ti è riuscito piuttosto bene. Ti ho dimenticata e sono andato avanti.- a quel punto, Nora gli corse incontro colmando le distanze e gli afferrò i polsi con le mani, anche se la sua presa era alquanto debole.
-Edward, me ne sono andata proprio perché non volevo questa vita! L'eternità... è un concetto così complesso che mi viene il mal di testa solo a pensarci. Non era per me, è per lei! Io voglio morire un giorno, in modo da essere spronata a vivere appieno la vita che ho. Gioie e dolori inclusi.
-Cinque anni fa mi eri sembrata di tutt'altro parere.
-Allora non mi ero ancora resa conto di quello che avrei potuto perdere, scegliendo te. Insomma Edward guardami, sono cambiata! Sono diversa, ma tu non te ne sei neanche accorto, per te rimarrò sempre la cinica e nevrotica ex-fidanzata strega. Alex! Preparati, andiamo a cena fuori!- esclamai a voce un po' più alta. Dall'altra stanza si sentì un fruscio, Alexander aveva preso il cappotto ed era tornato fuori ad aspettarmi. Accelerai il passo per raggiungerlo, lasciando Edward da solo a guardarmi mentre mi allontanavo.
-Nora, io...- mormorò piano, probabilmente a causa della verità che mi stava leggendo nei ricordi. Sapeva meglio di me cosa si perdeva, acquisendo l'immortalità.
-Torna da tua moglie e da tua figlia, Edward. Io ed Alex ce la caviamo da soli.- poi chiusi la porta d'ingresso e sparii con Alex nel viottolo che conduceva alla villa. Giusto in tempo per sentirlo mormorare.
-Sì, sei diversa.

***********Angolo dell'autrice******

Buona sera a tutti! Spero che questo terzo capitolo vi sia piaciuto. Non so, perchè vedo che leggono in tanti, ma pochi lasciano un commento. Mi vien da pensare che la fic faccia schifo. Capisco che sia al limite del demenziale, però non mi era sembrata così pessima quindi perfavore, se fa schifo fatemelo sapere così la cancello e mi limito a partecipare ai contest, perché così mi illudete!

Ringrazio per aver messo la fic tra i preferiti:

alice brendon cullen

lovecoffee

Hinata_S_I_TT 4EVER

Ringrazio anche lovecoffee e Hinata_S_I_TT 4EVER per aver recensito lo scorso capitolo.

Grazie a tutti coloro che hanno appena letto e a coloro che hanno deciso di recensire.

Kiss by Aching4perfection.

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Capitolo 4
*** Casa dolce casa ***


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Casa dolce casa

Non era mai successo che cenassimo in silenzio. Solitamente, ogni pasto era accompagnato da un fiume di parole, anche di poco conto o poco educate, che ci rallegravano entrambi e rendevano quei momenti particolarmente piacevoli e spensierati, dove i problemi non esistevano. Una volta, pochi mesi dopo la nascita di Alex, intrattenni una relazione con un banchiere di Boston, Ryan. Allora non sapevo che il suddetto avesse due amanti chiamate Cocaina e Marijuana e, tre mesi dopo che ci eravamo messi insieme, io scoprii le sue amanti e lo trovai a letto anche con una terza amante: Shyla. Quando tornai a casa, in lacrime e con la voglia di sfondarmi di tequila, vidi il mio bambino corrermi incontro in pigiama con in mano uno dei biscotti al cioccolato che avevo sfornato quel pomeriggio. Insistette per convincermi a mangiarne uno con lui in cucina e, quando ci sedemmo, cominciò a farmi il resoconto della giornata, più che altro mi fece la lista degli incantesimi di apparizione che nonna Gillian gli aveva mostrato ma, più di una volta, mi ripeté quanto gli piacesse che fossi lì con lui. Ryan era scomparso, eravamo solo io ed Alex.
Ora, quattro anni e mezzo dopo, sedevamo l'una di fronte all'altro a quel tavolo di fast-food, dando piccoli morsi alla nostra scadente e silenziosa cena. Purtroppo per Alex, sua madre non sopportava di dover rimanere in silenzio troppo a lungo; infatti, tentai più volte di romperlo.
-Allora, come ti è sembrato tuo padre?- Alex non staccò gli occhi dalla sua bistecca particolarmente al sangue. Si limitò ad accennare un'alzata di spalle.
-...mh.
-Sei un po' troppo silenzioso. Cos'ha che non va?- tentai di nuovo. Pensavo che stesse così perché si aspettasse di trovare suo padre da solo e pronto ad accoglierci a braccia aperte per formare una vera famiglia ma, poiché lo avevo già avvisato di tutto quello che avremmo potuto trovare al nostro arrivo, scartai quell'ipotesi. Non volevo che rimanesse deluso. Se c'era una cosa che non sopportavo, era vedere il mio bambino soffrire.
-Lui è a posto- rispose mordendo un altro boccone di bistecca.
-Allora, non ti piace Bella?
-No, no. Bella è simpatica, e Renesmee è una bambina carinissima. Mi hanno trattato tutti come se fossi di famiglia.
-Ma tu sei di famiglia.- mormorai sfiorandogli la mano caldissima.
-Anche tu, mamma.
-Allora era questo il problema.- ritirai istantaneamente la mano per ricominciare a raccogliere le foglie di insalata con la forchetta. Era una questione di secondi prima che Alex iniziasse a farmi una bella ramanzina.
-Dovresti cercare di essere più te stessa, non forzare le cose. Edward imparerà a conoscermi, col tempo. Non devi costringerlo trattandolo così male.
-Non lo tratto male, sono solo un po' fredda. Ho paura che ricominci a pensare a me e mi dispiacerebbe dovergli cancellare ancora la memoria. Sai quanta fatica mi costa un incantesimo di quella portata? Quando l'ho fatto la prima volta, è stato come sorbirsi una settimana di influenza, mi ha devastata e, a quel tempo, aspettavo te.- lo vidi sbuffare e ricominciare a fare a pezzi la carne, irritato. Adesso sarebbe partito con le frecciate pesanti.
-Stai tranquilla. Lui pensa ancora che tu sia qualcosa di speciale, ma non ti ha mai vista a faccia in giù immersa nel lago del tuo vomito! - il mio bambino ormai è un libro aperto per me.
-Primo, stiamo ancora mangiando. Cos'è, stai cercando di farmi incavolare nel tentativo di farmi sentire in colpa?- domandai bevendo un sorso d'acqua. Alex sollevò per la prima volta il viso dal piatto per guardarmi dritta in faccia.
-Funziona?
-Devi impegnarti di più.
-Anche lui ha assistito ad uno dei tuoi show da eccesso di tequila?- domandò allora lui.
-No, ero sempre con Rosalie, per cui non ne ha mai saputo nulla! Altrimenti, sai i cazziatoni che mi sarei presa?!- già, come minimo mi avrebbe proibito di andare con Rosalie per locali fino alla fine dei tempi. Alex rise, era piuttosto facile immaginarsi la scena, lui la replicava perfettamente ogni volta che tornavo a casa “leggermente” sbronza.
-Immagino! Con Bella e Renesmee è straordinariamente protettivo. Di sicuro, anche con te era così.
-Sì, poi l'ho convinto di essere in grado di proteggermi da sola. Essere una strega ha i propri vantaggi.
-A proposito di strega. Visto che la cameriera si è allontanata, mi riempiresti il bicchiere?
-Alex, lo sai fare da solo.- risposi io versandomi del vino. E che cavolo, è stato il primo incantesimo che sono stata in grado di insegnargli in modo che se lo sarebbe potuto materializzare da solo nel caso in cui non ci sarei stata. Alex mi fece gli occhioni da cane bastonato, che infame.
-Sì, ma il sangue che creo sa ancora di antilope. A te viene bene il sangue dei carnivori.
-Ok.- come ogni volta, cedetti. Gli afferrai il bicchiere e me lo avvicinai alle labbra,
-Sangre aliento – soffiando piano nel bicchiere, dal fondo cominciò a formarsi il liquido rosso tanto amato dai vampiri. Come se stessi soffiando il vapore su una tazza fumante di tè, il sangue riempì ben presto il bicchiere emettendo un sottile fumo di vapore e restituii il bicchiere. Io e mia madre avevamo escogitato un trucchetto del genere quando ci accorgemmo che, mentre ero incinta, soffrivo la sete più spesso del solito. Fu poi di grande aiuto anche dopo che nacque Alex, noi non potevamo portarlo a caccia (è un po' difficile se si abita in un paesino come Manhattan) e, in questo modo, ci siamo risparmiate la fatica delle scarpinate in montagna e il rischio di essere attaccate da un bimbo assetato nel cuore della notte.
-Ora che abbiamo finito di cenare che si fa? Torniamo dai Cullen?- domandò una volta che trangugiò con insolito ardore tutto il sangue.
-Assolutamente no! Noi abbiamo un posto in cui stare.- risposi io, poi indossai la mia faccia migliore: quella da culo. Quella serena e convinta di chi sa per certo di avere un posto in cui andare a passare la notte, ma lo ce lo avevamo anche, se non l'avevano ancora demolito.
-Davvero?- domandò mentre ci alzavamo per andare a pagare il conto.
-Certo che sì. La casa in cui abitavamo io e nonna Gillian prima dell'amnesia.
-Ma, ora non ci abiterà qualcuno?
-No, è abbandonata.- risposi io, stavolta più che convinta di quello che dicevo. Alex arricciò il naso e mi mostrò i denti, disgustato. Aveva la stessa faccia che avevo io quando mia madre mi disse che avrei dovuto bere del sangue per evitare di morire di sete. Se ci penso ora mi viene da vomitare.
-Ma che schifo, vuoi andare ad abitare in una baracca fatiscente?!
-Alex, si tratta di una fantastica villetta di periferia che noi possiamo ristrutturare e riarredare con uno schiocco di dita. Non funziona quest'atteggiamento da schizzinoso.
-Non sono... schizzinoso.
-Oh, sì che lo sei. E non dovresti, dal momento che sei tu quello che va a caccia di selvaggina sanguinolenta fra noi due.- gli ricordai una volta che uscimmo dal fast-food in cui, di sicuro, non avremmo mai più messo piede.
Il tragitto fino al numero 35 di Arden Drive fu, se possibile, ancora più silenzioso della cena. Camminavamo vicini, Alex teneva lo sguardo basso e io mi guardavo intorno nella speranza di addocchiare qualche bel “viso”. Purtroppo, Forks non è Manhattan, trovarsi un trastullo decente qui è più o meno come sperare di cercare il diamante perduto del Titanic. Possono passare delle intere generazioni, ecco, in quel caso l'immortalità farebbe piuttosto comodo!
Una volta giunti a destinazione, il sorriso soddisfatto che mi ero preparata cadde in mille pezzi. La bella immagine della villetta a due piani col tetto in tegole che avevo nella testa sfumò alla vista della prima finestra rotta e delle intere file di tegole inesistenti.
-Oh, mio Dio... è una baracca!- esclamai disgustata ed immobilizzata di fronte a quella scena.
Com'era possibile che in cinque anni avesse raggiunto un tale stato di decadenza? Sembrava che la casa fosse abbandonata da almeno vent'anni. Forse, i ragazzi di Forks l'hanno usata come sede dei rave... naa, impossibile. In questa cittadina, persino i liceali sono giovani fuori e vecchi dentro! Alex , in sottofondo, ghignò.
-Avevi ragione, una fantastica villetta di periferia.
-Mi sa che impiegheremo un po' più di uno schiocco di dita.
-Stai ancora parlando al plurale, mamma? No, nonononono. Lascio a te questo onore.- rispose il futuro ragazzo diseredato facendo due passi indietro e lasciandomi da sola davanti a quella rovina.
Ero un po' scoraggiata, però il pensiero di dover chiedere ospitalità ad Esme e Carlisle, per quanto gentili fossero, non mi allettava affatto. Sei una donna indipendente e non hai bisogno dell'aiuto di nessuno. Era anche una delle frasi che più mi sentivo ripetere da Edward quando mi lamentavo del fatto che mi stesse troppo attorno, la mia “umana fragilità” così la chiamava lui. Mi ripeteva quella frase in tono ovviamente ironico, ma io ne feci un po' la mia filosofia.
Spinta da nuova carica, tesi le braccia verso l'alto ed afferrai l'aria, chiudendo poi le mani a coppa. Sembrava che si stesse illuminando tra le mie dita, quando sapevo che erano solo i miei poteri che agivano. Avvicinandomi le mani chiuse alle labbra, le aprii di scatto soffiandoci sopra come si fa coi denti di leone. Miliardi di granelli di polvere lucente si librarono dalle mie mani, formando una scia che circondò l'intera casa in uno stretto anello.
Nella notte, in silenzio, i cardini delle finestre si riaggiustarono, le tegole ritornarono al loro posto sul tetto e i vetri rotti si rincollarono senza colla. Per una strega diretta discendente della famiglia Bennett di Salem, effettuare incantesimi è facile e spontaneo come respirare e la loro riuscita è dovuta da due cause: la volontà e la creatività. Per compiere un incantesimo, prima di tutto devi volerlo, poi devi immaginarlo; una volta che lo hai immaginato nella tua testa hai solo da imitare i movimenti che ti appaiono. Fine.
Alex è unico nel suo genere e, non so ancora come mai, per lui fare incantesimi è molto più difficile. Quello che per me è una capacità innata, per lui è sudore e fatica. Forse, se da un lato essere metà vampiro ti garantisce l'immortalità e una resistenza infinita, dall'altro indebolisce la tua metà umana. Metà vampiro e metà stregone, Alex non si è mai comunque sentito completamente parte di nessuno dei due, non si lasciava mai abbandonare agli istinti della caccia e non cercava mai un contatto forzato coi suoi poteri. Preferiva di gran lunga rannicchiarsi di quella terza parte di sé che spero non l'avrebbe mai abbandonato: la parte semplice, umana. Quella che ora guardava strabiliata la magia che aveva appena operato davanti ai suoi occhi.
-Che figata!
-E non l'hai ancora vista dentro.- non appena terminai la frase, Alex sparì nel buio, precipitandosi dentro la casa ad una velocità prossima a quella della luce. Cercai di recuperare il fiato, mi sentivo affaticata, come se avessi appena corso la maratona e la vista si era fatta un po' sfuocata. Una volta che il battito rallentò, raggiunsi mio figlio in casa. Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo.
I mobili chiari della cucina risaltavano sul legno mogano del pavimento, il lunghissimo tavolo di legno antico sul quale mi sdraiavo a pancia in giù da piccola per inventarmi degli incantesimi nuovi era al centro esatto della stanza. Mi sedetti sul tavolo lasciando ciondolare le gambe nel vuoto, permettendo ai ricordi di prendere il sopravvento nei miei pensieri. Tutte quelle sere in cui io, Rose ed Alice passavamo la notte ballando intorno a quel tavolo e tracannando brocche intere di Margaritas, a volte bevendoli addirittura dal frullatore. E come ridevamo una volta sbronze... anzi, come ridevano loro a sentire le cazzate che dicevo io una volta sbronza. E poi, il giorno successivo, eravamo tutte impegnate ad inventarci una storia con tanto di ricordi falsi impiantati da usare in presenza di Edward... peccato che una volta mi beccò a pensarci. Non lo avevo mai visto così incavolato in vita mia, sembrava che volesse staccare la testa sia a Rosalie che ad Alice e solo la fantastica salvatrice Esme riuscì a farlo ragionare un po' spiegandogli che ero uno spirito libero e che mi sarei presto stufata. In parte aveva ragione, ero davvero uno spirito libero e infrangere le regole che mi poneva era per me il miglior modo di sentirmi libera; in parte aveva torto, perché quel senso di libertà era parte integrante di me.
Ricordandomi dove fossi, scesi dal tavolo e salii al piano di sopra in camera mia. Alex si stava dilettando a modificare la sua stanza con qualche incantesimo di apparizione, anche se non ci riusciva molto bene. Si accorse che lo fissavo e si mise a ridere, e poi, mi disse una cosa che non mi sarei mai aspettata di sentire, almeno non così presto. Eppure le sue intenzioni erano serie.
-Una sera di queste, mi piacerebbe trascorrere qualche ora con Edward. Non so quasi niente di lui.- aveva la voce bassa, sembrava che se ne vergognasse. Io mi avvicinai a lui e gli diedi un bacio sui capelli, stringendolo in un debole abbraccio. In confronto a lui, io avevo la forza fisica di un micetto.
-Sarebbe splendido. Così io ne approfitto e vado a ballare.- lui alzò gli occhi al cielo, se lo aspettava di sicuro. Ma scommetto che ne era grato, gli avrebbe fatto bene una sera solo con suo padre.
-Mamma...
-Che c'è? Hai anche il babysitter per la serata.- gli dissi, a quel punto aveva capito che, in parte, lo facevo per lasciarli da soli. Solo una piccola parte, in effetti. Il resto era solo tanta voglia di fare un po' di sacrosanto casino.
-Sì, solo... cerca di non fare figure. Siamo appena arrivati.
-Non preoccuparti, voglio solo andare a fare quattro passi di salsa in qualche localino di Seattle. Ti prometto che torno per le tre... tre e mezza.- era pazzesco. Io, madre, chiedo il permesso a mio figlio di uscire la sera. Sono tornata quindicenne.
-Più che altro evita di portare degli sconosciuti in casa.- mormorò Alex con voce bassa.
-Oh Alex, non lo farei mai! Qui non c'è la nonna, ora devo assumermi le mie responsabilità di mamma ventiduenne e fare ciò che è giusto per la mia creatura.
-Il punto è che sei una che predica bene ma razzola male.- mi ricordò il mio dolce bimbo. A quel punto, ferita nell'orgoglio, mi staccai dall'abbraccio e gli diedi una leggere spinta in direzione della sua camera. Lui si girò a guardarmi con un sopracciglio rialzato. Io sbuffai ed entrai nella mia camera.
-E va bene, te lo giuro su Ecate!- e a quel punto chiusi la porta. Dopo quella giornata infernale, avevo davvero bisogno di una lunga, lunga, lunga dormita.

***********Angolo dell'autrice******

Buon giorno cari lettori!

Immagino abbiate notato che questo capitolo è molto più descrittivo rispetto ai precedenti. Infatti mi ci sono messa d'impegno e ho cercato di tirare fuori la vena poetica che sedimenta nella mia testa, lasciando stare per un pò quella che mi fa scrivere delle michiate.

L'immagine della casa appartiene al film Amori e Incantesimi (Practical Magic), per me infinita fonte di ispirazione. Ho identificato fisicamente Nora con il personaggio di Sally Owens, mentre caratterialmente assomiglia molto di più alla sorella Gillian. Ogni tanto inserirò delle immagini del film per aiutarvi meglio a visualizzare l'intera fic. Spero che apprezziate il mio gesto.

Ringrazio lovecoffee, Hinata_S_I_TT 4EVER e Sara90 per aver recensito lo scorso capitolo.

Vorrei ringraziare anche Ely_91, Glance e LuNa1312 per aver aggiunto la storia tra le fic seguite.

Grazie a tutti coloro che hanno appena letto e a coloro che hanno deciso di recensire.

Kiss by Aching4perfection.

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Capitolo 5
*** Il drink al sapore di belladonna ***


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Il drink al sapore di belladonna

Anche se ero tornata solo da poco più di 16 ore, Forks già riusciva a soffocarmi.
È incredibile che una cittadina così piccola venga anche solo considerata dalle cartine stradali, è già tanto che possegga un supermercato. Era il principale motivo per cui, se volevo divertirmi e passare una sera fuori casa allo stesso tempo, sarei dovuta andare fino a Seattle. Meno male che ci sarei potuta arrivare in una frazione di secondo con l'incantesimo di viaggio.
Sistemai l'orlo della gonna del vestito, forse un po' troppo corto ma chissene, e finii di chiudere la fibbia dei sandali dorati prima di scendere le scale per prendere la borsa e il coprispalle. In cucina trovai Edward ed Alexander che giocavano a scala quaranta con un vecchio mazzo di carte. Anche se mi avevano già sentita scendere le scale, preferii rimanere nascosta dietro alla parete un altro po'.
-Davvero Bella gli tirò un pugno? Allora, anche la sua pazienza ha un limite!
-Sì, purtroppo l'ho messa numerose volte a dura prova e sto ancora cercando di farmi perdonare.
-Per la storia dell'abbandono? Accidenti, deve esserle rimasta l'angoscia.
-Infatti è così.- c'era una nota di depressione nella suo voce, si struggeva ancora.
-E, dimmi, hai mai fatto una cosa del genere con Nora?- se me lo avesse chiesto, avrei potuto rispondergli io. La verità, è che Edward si è sempre comportato come il migliore dei fidanzati, quella difficile ero io.
-No, non ne avevo motivo. Quando Jasper o qualcun' altro cominciava a sentirsi male, lei faceva sparire il proprio odore oppure gli faceva comparire davanti agli occhi una brocca di sangue a temperatura ambiente. Era davvero molto premurosa.- o molto egoista, dipende dai punti di vista.
-E lo sono ancora! Ciao tesoro - entrando in cucina, mollai un bacio sui capelli di Alex e mi infilai la borsetta sotto al braccio.
-Di cosa stavate parlando?- domandai fermandomi un attimo, ne ero veramente curiosa.
-Sto facendo il terzo grado ad Edward sulla sua storia con Bella.- mi rispose Alex sistemando i tris di carte che aveva in mano. Povero, ancora non sapeva che i giochi da tavolo erano una perdita di tempo con lui. Ma da come Edward lo stesse sfacciatamente lasciando vincere, a quanto pare non importava e preferii tacere.
-Mi dispiace, ti sta dando fastidio?- chiesi all'interrogato. Lui se ne stupì, gli piaceva che Alex gli stesse rivolgendo tante domande.
-No, no, è incredibile quanto ci tenga a sapere tutto di me.- mi rispose sorridendo.
-E tu mamma? Cosa hai pensato vedendo per la prima volta Edward alla luce del sole?- mi domandò Alex sollevando lo sguardo dalle carte che aveva in mano. Io rimasi ammutolita per un momento, non me lo ricordavo più.
-È vero, Nora. Me lo sono sempre chiesto anche io. Ti eri spaventata?- mi domandò Edward cercando di darmi una mano coi ricordi.
-No, e perché avrei dovuto esserne spaventata? Sembravi una luccicante palla da discoteca degli anni '70.- risposi io facendogli la linguaccia. Il gentile Cullen sorrise e socchiuse gli occhi, mentre Alex abbassò lo sguardo, pieno di vergogna. Cavolo, forse devo davvero cominciare ad essere meno stronza.
-Sì, lo penso anche io- rispose lui con voce atona.
-Se ci sono problemi, puoi trovarmi al cellulare o al Guadalajare. Divertitevi e non sparlate troppo di me.
-Impossibile, sei il nostro argomento di conversazione principale.- rispose ironico Edwaerd prima che mi chiudessi la porta alle spalle.
Girai su me stessa, lasciandomi alle spalle la grande casa che mi scomparve alla vista, lasciando spazio ad un quartiere chiassoso e pieno di smog, illuminato da pochi lampioni a basso consumo che lasciavano solo un vago alone di luce. Il piccolo e poco noto ingresso del Guadalajare era nascosto alla vista dei passanti nel grande viale trafficato, esposto invece in un vicolo minore, poco illuminato. Nonostante questo, il Guadalajare era il locale latino-americano più noto di Seattle e per delle ragazze di bella presenza -non ci sono riferimenti alla sottoscritta- non era difficile entrarvi; bastava sventolare un po' di seno in faccia al buttafuori o, nel mio caso, far comparire il mio nome nella lista degli inviti. Non sono una zoccola.
Il buttafuori aveva una cartella con un piccolo plico di fogli, controllando la lista di nomi man mano che la gente vi entrava. Quando arrivai in cima alla fila, proprio davanti a lui, notai che mi aveva fissato le tette. Bene, il vestito era stato approvato.
-Salve.- gli sorrisi sbirciando al di là del suo plico. Il buttafuori rimase impassibile.
-Nome prego.- mi chiese con fermezza.
-Eleonora Bennett.- cercai di risultare il più naturale possibile. Vidi l'uomo in giacca e cravatta dare una rapida occhiata alla lista davanti a sé, per poi scuotere la testa di lato.
-Spiacente, non c'è. Se non è sulla lista non può entrare.- mi rispose cercando di farmi da parte per far passare altra gente. Io assunsi un'aria tremendamente scandalizzata quanto falsa.
-Controlli meglio, avevo prenotato una settimana fa!- esclamai passando la mano sopra alla cartelletta che reggeva. Lui sbuffò e ricontrollò di nuovo; ovviamente, il suo sguardo si accese di sorpresa nel notare il mio nome magicamente apparso tra le righe.
-Sì, eccolo qui. Perdoni la svista, signorina Bennett.- disse sollevando la pesante corda di velluto nero, io gli feci un cenno con la testa prima di superarlo.
-Non c'è di che.
-Anche solo all'ingresso, già credevo di aver perso almeno un quinto dell'udito dal volume assurdamente alto della musica all'interno del locale. Proprio come piaceva a me, almeno in questo modo non avrei neanche potuto sentire i miei pensieri. Dopo aver ordinato il mio margarita alla fragola al piano bar, abbandonai borsetta e coprispalle al guardaroba e non persi un secondo di più per buttarmi nella mischia ancheggiando al ritmo del reggaeton. Il remix di Chevere fungeva da perfetto sfondo tremendamente sensuale in quel luogo così carico di ormoni, c'erano ovunque minigonne che ondeggiavano sollevandosi e mostrando generose porzioni di cosce e di glutei, c'erano perfino delle scollature che arrivavano all'ombelico. Infine, uomini, ovunque. Dai venti ai trenta, ronzavano a ritmo della musica, la maggior parte delle volte ben saldi ai fianchi di una ragazza, tendenzialmente biondo ossigenato, che sorrideva beatamente. Non passò neanche un minuto che anch'io potei percepire le mani abbronzate di uno che si era messo a ballare dietro di me. Continuai ad ancheggiare, voltandomi piano, per poi essere faccia a faccia con lui. La pelle dorata d'abbronzatura, gli occhi scuri, i capelli neri pettorali perfettamente scolpiti che fuoriuscivano dalla sbottonatura della camicia bianca. La perfetta descrizione della mia idea di uomo ideale, sexy e tremendamente alto. Continuai a sorseggiare il margarita stando attaccata al suo corpo e circondandogli il collo con la mano libera, i visi tremendamente vicini ma mai abbastanza da sfiorarsi. Una volta svuotato il bicchiere, lo abbandonai ad uno dei tavolini lì presenti, senza perdere neanche un secondo del ritmo. Cominciai a sentire i primi effetti del drink, la testa cominciò a farsi incredibilmente leggera e i pensieri svanirono, di qualunque natura essi fossero. Mi dimenticai di avere un figlio, mi dimenticai del mio sangue, mi dimenticai del mio ex-fidanzato deluso e dell'altro ex-fidanzato che avevo appena scaricato ma il cui fantasma aleggiava ancora nella mia testa... finché non me lo ritrovai davanti. Daniel. Era lui.
Ma a quel punto ero abbastanza rintontita da non riuscire a connettere i neuroni e a sparire da quel posto, non riuscii a fare altro che abbandonarmi alla musica e al suo movimento che sembrava cullarmi. Com'era possibile che un solo drink mi facesse già quell'effetto? Di solito, dovevo berne almeno tre per cominciare anche solo a ridere a sproposito come una cretina. In ogni caso, era assurdo. Comunque, quella sensazione la riconobbi. Era la stessa che provavo quando, da piccola, mia madre aggiungeva della Belladonna al tè per farmi passare il mal di testa, era un sedativo. No, non era poi così assurdo. Daniel certi trucchetti li conosceva, scema io che non me ne sono accorta prima.
-Nora...- mi sussurrò sensualmente all'orecchio ed io ero troppo stordita per respingerlo. Avrei dovuto tirargli un calcio e tornare immediatamente a casa da Alex, poi saremmo fuggiti da Forks. E invece, riuscii solo a reclinare la testa all'indietro, spostandomi dalla traiettoria delle sue labbra che tentavano di chiudermi la bocca.
-Daniel... il mio bicchiere...- furono le ultime parole che dissi prima di svenire fra le sue braccia coperte dalla camicia bianca.

***********Angolo dell'autrice******

Buon giorno a tutti!

Allora, prima di tutto, scusatemi per il ritardo, ho avuto parecchi compiti per le vacanze e appena il capitolo verrà pubblicato ricomincerò a studiare.

Piccolo colpo di scena, ricompare l'ex-fidanzato di Nora, lo stregone Daniel, il quale assumerà un'importanza rilevante fino alla fine della fic.

Ringrazio lovecoffee, Hinata_S_I_TT 4EVER e titti92 per aver recensito lo scorso capitolo.

Grazie a tutti coloro che hanno appena letto e a coloro che hanno deciso di recensire.

Kiss by Aching4perfection.

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Capitolo 6
*** La giornata comincia male... ***


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La giornata comincia male...

Il mal di testa era così forte che mi svegliò. Aprendo gli occhi credetti di stare ancora sognando, non ero nella mia camera e non ero nel mio letto. L'armadio di legno scuro faceva da contrasto alle pareti bianche, esattamente come il letto color mogano e le lenzuola grigio fumo.
Decisamente, non era la mia stanza. Ma la cosa che più mi sconcertò, era l'assenza di una qualsiasi forma di tessuto sul mio corpo. Spalancai la bocca, ma da essa non ne uscì alcun suono.
-Oh, cazzo.- a parte quello.
-Buongiorno, piccola. - Daniel apparve alla porta della camera con addosso solo la camicia della sera prima e l'orologio di marca che non si leva mai. In mano aveva due tazze di caffè nero come la pece.
-Che? Daniel, cosa ci fai tu qui... e perché sono nuda?!- la risposta mi ronzò istantaneamente nella testa, cosa che mi provocò una chiusa allo stomaco e un conato di vomito che soffocai deglutendo. Mi tappai la bocca con una mano mentre Daniel posò le tazze sul comodino e si poggiò al muro guardandomi con occhi languidi.
-Oh no, nononono, mi rifiuto di credere che...- deglutii ancora, non riuscendo a terminare la frase. Lui fece un sorriso degno di un modello per una rivista sexy per sole donne e si sedette sul letto, nello stesso istante in cui i suoi glutei perfettamente sodi si posarono sul materasso, io caddi all'indietro come se fossi sotto l'effetto di un campo di forza. Il mio istinto mi diceva di allontanarmi da lui il più presto possibile.
-Ci siamo divertiti parecchio stanotte al locale, e poi siamo venuti qui e...
-Wooo! Non osare terminare quella frase!- esclamai rialzandomi dal pavimento. Cominciai a cercare i miei vestiti in giro per la stanza. Fu enorme la sorpresa nello scoprire che il mio reggiseno penzolava dal bordo di legno dello stipite della porta.
-Nora, perché negare l'evidenza? Siamo ancora pazzamente innamorati l'una dell'altro, nonostante quello che è successo il mese scorso.- io lo guardai sbalordita mentre mi rinfilavo la biancheria intima per privarlo finalmente del mio nudo integrale. Io non ero più innamorata da un pezzo, pazza sì, ma chi non lo è?
-Ehi! Qui, l'unico pazzo sei tu. Mi hai corretto il margarita con la belladonna!- esclamai finendo di allacciarmi il vestito. Lui si avvicinò con passo sensuale, lentamente, e io lo respinsi con un leggero campo di forza socchiudendo gli occhi per un istante, impedendogli così di avvicinarsi troppo.
-Però il resto lo hai fatto tutto da sola.- mormorò massaggiandosi la barba.
-Sì, certo. Sotto l'effetto di droghe pesanti!
-Ammetto che la belladonna ha aiutato. Sai, sei stata straordinaria. Non avevamo mai fatto sesso così neanche quando stavamo insieme, wow!- nel dirlo si tirò indietro i capelli ed incrociò le braccia al petto, se da una parte mi sentivo un po' lusingata, dall'altra parte ero disgustata di me stessa.
-Che cosa vuoi Daniel?- domandai mentre mi incamminavo fuori dalla stanza coi sandali che ciondolavano dalla mia mano lungo i fianchi, lui subito mi seguì.
-A dire il vero, quello che volevo l'ho già ottenuto.- disse guardandomi con lo sguardo affamato di un attore conscio di essere dannatamente sexy e desiderato. Mi venne voglia di tirargli uno schiaffo, ma non volevo sporcarmi ulteriormente con il suo odore.
-Sei un porco.- mi limitai a rispondere, era di quanto più offensivo riuscii a partorire in quel momento.
-Puoi fare quello che vuoi, Eleonora Bennett, ma stai tranquilla che riuscirò a riprenderti con me.- la risata che mi uscì era più falsa di Giuda, aveva anche una nota vagamente isterica. Comprensibile del resto, ero incazzata come un pinguino.
Sì, certo. Sappi che mio figlio morirà di vecchiaia prima che tu possa avere una qualche remota possibilità di tornare con me.
-Sei sexy quando ti arrabbi.- a quel punto avevo già aperto la porta d'ingresso, mi mancavano due passi per essere fuori da quel buco.
-Vattene da Forks, Daniel. Non abbiamo più niente da dirci.- stavo finalmente per uscire da quell'appartamento di merda, ma la sua risposta mi pietrificò.
-Oh, no Nora. Io non vado da nessuna parte.- rientrai e mi posizionai a meno di due passi di fronte a lui, gli occhi che mi brillavano di rabbia repressa e di minaccia.
-Racconta in giro di questa notte e ti polverizzo la spina dorsale.- sussurrai piano, ma abbastanza forte perché lo avvertisse come una minaccia. Lui schiacciò le labbra in un sorriso e scoprì i denti, non so se n gesto di minaccia o di semplice strafottenza.
-E a chi vuoi che lo racconti? Al tuo ex vampiro, o magari a tuo figlio?- a quel punto, le mie pupille sembravano delle pire ardenti e il mio viso si contorse in una smorfia, volevo strozzarlo con le mie mani per aver citato Alex.
-Sai una cosa? Mi risparmio la fatica di aspettare e ti uccido subito.- in mano mi comparve una palla di fuoco rossa come il sangue contornata da una linea blu, quella più calda e mortale.
-Frena, frena, frena. Non prima di averti fatto vedere i nuovi giochetti che ho imparato!- esclamò eccitato, sembrava che mi stesse prendendo in giro. Invece, aprì i palmi delle mani in orizzontale e distese le braccia allo stesso modo, poi le sbatté. Il rumore che provocarono i suoi palmi nacque in simultanea ad un lampo che si era appena scagliato dal cielo e abbattuto a pochi metri di noi. Eppure, fino a pochi secondi prima il cielo era perfettamente lindo, privo di nuvole, ed ora sembrava che si stesse scatenando il diluvio universale. Sbuffai, mi ero veramente scocciata.
Superai la soglia dell'ingresso voltandogli le spalle.
-I tuoi trucchetti da mago Magoo non mi interessano, me ne torno a casa. E non ti azzardare ad avvicinarti a mio figlio.- minacciai con la voce più alta di tre ottave prima di fare un giro su me stessa e scomparire. Non feci neanche in tempo ad aprire le palpebre che mi ritrovai davanti Alex, tutto il sangue gli si era concentrato nel viso, rosso di rabbia. Accanto a lui c'era Edward, molto più rilassato rispetto a mio figlio, però teneva un'espressione corrucciata. Solo una cosa mi spaventò: stavano entrambi con le braccia incrociate al petto ed erano inclinati nello stesso identico modo.
-Mamma, ma ti sembra questa l'ora di tornare a casa? Dove cavolo eri finita, ti abbiamo cercata dappertutto ma al locale non c'eri!- esclamò sconvolto, Ed invece non mosse un muscolo. Io cominciai a sudare, mi capitava di rado di dover raccontare delle bugie a mio figlio. Ma come si suol dire, a volte le piccole bugie sono necessarie, o come mi disse una volta mia madre: per il bene della coppia a volte bisogna mordere l'aglio e dire che è dolce. Avrei morso l'aglio per mio figlio.
-È... è che ho fatto una specie di tour, ne ho visitato più di uno.- borbottai tirando un sorriso che non era in grado di convincere nemmeno me.
-Ti capita spesso di doverla andare a ripescare nelle discoteche?- domandò Edward, probabilmente aveva visto dai nostri ricordi che non era la prima volta che ci trovavamo in una situazione del genere. Alex fece spallucce; sapevo che, dopotutto, non gli dispiaceva venirmi a recuperare... più che altro perché così era sicuro che sarei tornata a casa tutta intera.
-Non spessissimo, solo quando dovevo impedire alla polizia di misurarle il tasso alcolico. Per fortuna la macchina si è rotta la settimana scorsa.- sospirò asciugandosi un'inesistente lacrima di sudore dalla fronte con gesto teatrale. Feci una smorfia e lo guardai in cagnesco.
-Tanto lo so che sei stato tu.- Alex mi guardò con aria di sfida, tirando le sopracciglia verso l'alto, e ridacchiò.
-Dimostralo!- in quel momento, Edward gli posò una mano sulla spalla dandogli una leggera pacca, ma non smise di fissarmi con tono di rimprovero.
-Alex, ti dispiacerebbe lasciarmi da solo con tua madre?- domandò con tono pacato. Cavolo, ero già stata sgamata.
-Vado a riempirle la vasca da bagno, ne avrà bisogno!- esclamò lui lanciandomi l'ennesima frecciata, a quel punto dovevo rivendicare i miei diritti di madre...
-Sparisci!- dopo che Alex si fu dileguato in casa alla velocità del suono, Edward mi si avvicinò con atteggiamento gongolante. Dio, quanto non lo sopportavo quando faceva così. Tutte le volte che, dopo una serata fuori con degli amici, mi svegliavo coi postumi della sbornia, inscenava quell'espressione da “te l'avevo detto”. In quei momenti rischiava seriamente che lo piantassi.. beh, quello è successo davvero, ma è un altra questione.
-Nora...- io raddrizzai la schiena e mi passai la mano tra i capelli, facendo assolutamente finta di niente.
-Sì?
-C'è qualcosa che desideri dirmi?
-Perché te lo dovrei dire se hai già visto tutto?- domandai esausta, non avevo voglia di sprecare saliva. Volevo solo farmi un bagno e andare a dormire... e magari anche ingoiare un barile di aspirina.
-Allora dimmi qualcosa che non so, che ci facevi lì col tuo ex?- ficcanaso? Un po', ma ne aveva anche diritto. Si preoccupava per Alex. Io abbassai lo sguardo, ormai precipitata nel pozzo della vergogna.
-Questa è un'eccellente domanda, quando mi sono svegliata stamattina ero lì... nuda.- dovetti sforzarmi per non vomitare, eppure la voglia era tantissima.
-Perché è a Forks?
-Perché ci sono io.- risposi mantenendo lo sguardo basso, mi sentivo ancora il suo addosso. Non voleva mollare la presa.
-E perché ti ha seguita fin qui da Manhattan?- in quel momento sentii un poco di succo gastrico in gola, possibile che il solo pensiero mi facesse venire da vomitare? Ah già, era anche tutta la belladonna che avevo ancora in corpo, in un modo o nell'altro la dovevo eliminare.
-Hai finito con le domande?! ...vuole che ritorni con lui. Oddio... bagno!- il mio esofago non resse più e in meno di due secondi potei sentire il sapore acido del vomito in bocca. Mi materializzai istantaneamente in bagno, giusto in tempo per sputare almeno un litro di chimo nel water. Che schifo. Questa giornata non poteva cominciare peggio, eppure sapevo che era solo l'inizio...

***********Angolo dell'autrice******

Buon giorno a tutti!

Finalmente comincia il week-end, dopo soli tre giorni di scuola già progettavo di tagliarmi le vene con un cucchiaio, non so voi!

Ora non perdo altro tempo e rispondo alle recensioni:

lovecoffee= vero! Ho scritto un pò di fretta e non ho potuto riguardarla. Questo invece l'ho scritto con calma, quindi spero che sia migliore. Forse dovrei mettere una immagine del mio "Daniel" ideale... ovviamente non lo figuro come il Jimmy del film! Sono completamente diversi. Bacione!

Hinata_S_I_TT 4EVER= Cici!! Mitiche Sally e Gillian! L'ispirazione mi è venuta proprio da loro, e poi era ovvio che avrei inserito anche Daniel nella trama; povera Nora, l'unica senza l'amante... Bacione!

titti92= i pezzi ballati mi sono sempre piaciuti, non vedevo l'ora di scriverne uno anche io. Essendo il primo, posso solo migliorare. Anche se in questa fic non ce ne saranno altri. Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo! Fammi sapere, baci

Grazie a tutti coloro che hanno appena letto e a coloro che hanno deciso di recensire.

Kiss by Aching4perfection.

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Capitolo 7
*** Sangue morto e argento vivo ***


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Sangue morto e argento vivo

Continuai a vomitare, penso finché non mi si svuotò interamente l'apparato digerente, poi feci più gargarismi con un colluttorio alle erbe balsamiche per levare i rimasugli acidi dalla bocca. Quando risollevai la testa, guardando il mio riflesso sullo specchio sopra al lavandino, notai la vasca riempita d'acqua ancora fumante. Mi levai con molta poca cura tutti gli indumenti fradici e li gettai con ancora meno cura nel cesto dei panni sporchi, non sopportavo più di averli addosso, e mi immersi senza esitare nella vasca d'acqua calda. Rimasi così per un quarto d'ora, mi importava ben poco che Edward fosse di sotto ad aspettarmi e sperai che avesse lasciato la casa. Per quanto mi riguardava, avere Alex attorno più che in vena di farmi le paternali era anche troppo. Chiusi gli occhi, la mente sgombra da qualsiasi pensiero, e mi lasciai scivolare dentro all'acqua finché non mi ricoprì interamente. Era la mia pace, mi sentivo galleggiare, era bellissimo. I capelli che mi nuotavano attorno al viso sfiorandomi, mossi dal lento movimento dell'acqua; le orecchie otturate, le labbra sigillate. Non mi importava neanche dell'ossigeno che diminuiva a livello esponenziale, non volevo riprendere fiato o sarebbe tornato tutto come prima. Volevo stare lì. Eppure, poco dopo che il minuto finì, fui costretta a risalire per riprendere aria.
Sfinita dallo sforzo di rimanere in apnea così a lungo, mi stufai anche della vasca e mi rialzai per uscirne. Mi avvolsi nel lungo accappatoio di cotone bordeaux e scesi in cucina a piedi scalzi, mi piaceva la sensazione del legno antico sotto i piedi nudi, e giù in cucina trovai Edward seduto attorno al tavolo di legno scuro.
-Tranquilla, sono già passato da casa.- figurati, non potevo avere un po' di privacy mentale neanche nella vasca da bagno.
-Ah, ecco. Non vorrei che Bella si incazzasse con me perché passi più tempo qui che da lei.- dissi prendendo una tazza dalla credenza e accendendo la macchina del caffè. Il mio unico rimedio per il doposbronza. Usare la magia? In quello stato, non sarei stata neanche in grado di far levitare una matita. L'aspirina? Sarebbe grandioso se non ne fossi allergica; già, sono la diretta discendete di una delle più potenti dinastie magiche del mondo e sono allergica all'aspirina, alla penicillina e a tutta una serie di medicinali di cui potrei stilare una lista lunga come un treno. C'era di positivo che potevo prepararmeli da sola con le erbe della serra.
-Bella capisce, non si sente minacciata da te.- mi avvisò lui serio. I conti non mi tornano, quand'è che abbiamo cominciato ad affrontare l'argomento gelosia? Ora, chiariamo subito una cosa al riguardo, io non c'ero; se c'ero dormivo e se dormivo sognavo di non essere lì.
-Peccato, porto due taglie di reggiseno in più di lei.- risposi sistemandomi con gesto teatrale il seno da sopra l'accappatoio e contorcendo il viso in una smorfia compiaciuta. Edward alzò gli occhi al cielo, più che deciso a interpretare la parte del marito fedelissimo e perfetto quale è.
-Sai, dovresti proprio perderlo questo debole che hai per l'alcol.- mormorò col tono di chi la sapeva lunga, anche lì era uguale ad Alex. Cominciavano ad irritarmi quei due, si conoscevano da poco più di due giorni e già si erano presi tutta la confidenza che di solito caratterizza un rapporto padre-figlio. Io sbuffai ed andai a versarmi una lunga e calda tazza di caffè che ormai era pronto e attendeva solo di essere versato.
-Edward, risparmiami la predica.- mormorai a mezza voce dando il primo sorso.
-Che soddisfazione ti da poi, mi piacerebbe saperlo. Sai, mentre eri di sopra per un attimo ho creduto che stessi cercando di annegarti.
-Come scusa?- poi ripensai a tutti i viaggi mentali che mi ero fatta in bagno e spalancai la bocca, in effetti poteva sembrare -...ah. Beh, scusa se ti ho fatto spaventare.
-Perché tutto questo alcol?- mi domandò mentre prendevo posto sulla sedia accanto alla sua. Ovviamente, non mi avrebbe posto quella domanda se non tenessi la vera risposta ben nascosta nel mio cervello.
-Lo faccio per dimenticare.- sospirai tenendo le labbra a un millimetro dal bordo della tazza verde e prendendone un'altra lunga sorsata, lasciando che il caffè bollente mi ustionasse leggermente la lingua e la gola.
-Cosa hai bisogno di dimenticare?- per un attimo, mi sembrò di avere di nuovo il mio fidanzato, quello che si preoccupava di ogni cosa nonostante non ce ne fosse il minimo bisogno.
-Dimenticare di aver bevuto.- risposi con un mezzo sorriso, il mio era uno sforzo. Sembrare di essere felice, in quel periodo era diventato molto più difficile.
-Alex ha detto che nelle ultime settimane hai cominciato a bere più del solito; quindi, se tanto mi da tanto, vuol dire che ci sono dei problemi.
-…- io non risposi, colpita e affondata.
-Giusto, allora dimmi la verità. Tu sei tornata per Alex... o per fuggire da Manhattan?
-...tutte e due, ma a quanto pare i problemi mi hanno raggiunta anche qui.- stufo del mio tono apatico e delle mie risposte vaghe, batté una mano sul legno del tavolo. Piano, è chiaro, se me lo avesse rotto gli avrei staccato la testa... era un pezzo antico. Però si spazientì parecchio.
-Va bene. Ora, io non so quanto sia pericoloso questo stregone e non voglio che si avvicini alla mia famiglia, per cui vedi di tenerlo lontano da noi!- esclamò cercando di risultare il più autoritario possibile, peccato che quel tono non mi facesse alcun effetto.
-Non ti preoccupare per quello, Daniel vale quanto una gomma da masticare usata per ore. Di magia ne sa quanto ne so io di trigonometria.- commentai dando fondo all'ultimo rimasuglio di caffè nella tazza.
-Eppure questo delizioso diluvio è opera sua o sbaglio?- disse puntando il dito verso i vetri della finestra. Credo di essermi accorta solo in quel momento che diluviava.
-Sì, sembra di sì.- mentre gli rispondevo, ripassai a mente i ricordi di lui che creava il temporale. Di sicuro lo aveva fatto lui. Io ero tranquilla, ma Edward divenne teso come quando gli avevo fatto tornare la memoria. Sembrava che un flash lo avesse appena attraversato, flash che lo fece rimanere inorridito.
-Nora, io quei gesti me li ricordo.- mormorò con voce atona, spaventato.
-Come?
-Sì, tua madre li tracciava nell'aria ogni volta che voleva buttarmi fuori di casa. E poi cercava di colpirmi coi fulmini.- aggiunse imbarazzato. Povero, mamma davvero non lo sopportava. È anche vero che lei non aveva mai sopportato nessuno dei ragazzi che frequentavo, a prescindere. Ma non era neanche colpa sua, davvero, aveva solo paura che la storia si ripetesse. Non voleva che commettessi gli stessi errori che aveva commesso lei a sua volta; eppure, come si suol dire, tale madre tale figlia. Solo che lei non era stata altrettanto fortunata, mio padre era morto prima della mia nascita, anzi, della nostra.
-Avrà bluffato.
-Nora, vedi di farti passare subito quei dannati sintomi da dopo-sbronza. Abbiamo un problema qui!- a quel punto scattai in piedi pure io, cominciai a camminare avanti e indietro per tutta la stanza, cercando di pensare. Purtroppo, le risposte che mi fornivo erano una meno plausibile dell'altra.
-Ma solo io, Alex e la mamma conosciamo e possiamo compiere quell'incantesimo. Come può Daniel...- poi mi bloccai a metà frase, eccola la risposta. Io ed Edward ci guardammo negli occhi, sapevo cosa leggeva nei miei: l'angoscia.
-...Nora...
-Oddio.- dalla bocca già mi uscì un singhiozzo, ma non per l'introduzione al pianto, per lo spavento.
-Un modo per imparare incantesimi potenti è quello di assorbirli dalle streghe che li posseggono.- mi ricordò lui come se stesse leggendo un libro. Il resto: come assorbirli, cosa accadeva alle streghe che cadevano vittima di una tale tortura... me lo ricordavo a memoria. Quella cosa gliela avevo spiegata io.
-...mamma...- corsi in salotto a recuperare il telefono cord less da uno dei cuscini del divano, con il quale composi il numero dell'appartamento di mia madre a Manhattan, pregando che niente di quello che temevo si fosse realizzato.
Uno squillo, due squilli, tre squilli, quattro, cinque, sei. Parte la segreteria. Forse è andata a fare la spesa, così decisi di lasciare un messaggio. Poi lo sentii.
-Causa omicidio, l'abitazione è sotto sequestro da parte della polizia e dell'unità scientifica di Manhattan. Per urgenze contattare il 911.
Il telefono mi scivolò dalle dita e cadde con un tonfo sul pavimento. Sentii qualcosa montarmi dentro, come l'onda di uno tsunami, che cresceva a livello esponenziale col passare dei secondi. Non era dolore, era rabbia. Volevo vedere il collo di Daniel spezzarsi come un cracker tra le mie mani, ma prima lo avrei prosciugato di tutti i suoi poteri, esattamente come aveva fatto lui con mia madre.
Poi, la vista si fece più nitida, cominciai a vedere ogni singolo dettaglio della stanza, come se la stessi guardando attraverso una lente d'ingrandimento. Tutti i muscoli, tutti i tendini, erano tesi e pronti ad un qualsiasi movimento che avrei potuto fare.
-NORA!- subito dopo l'urlo, due pilastri di marmo mi cinsero le spalle, bloccandomi ed impedendomi qualsiasi movimento. Non potendomi muovere, l'unico modo in cui mi potei sfogare fu: urlare.
Urlai per una ventina di secondi e la voce mi uscì come se fosse fatta di ultrasuoni, consumando le corde vocali e tutto il fiato che avevo in corpo. Edward non mi lasciò neanche un secondo, cercava di calmarmi sussurrandomi frasi che avrebbero dovuto calmarmi, invano. Alla fine attese che mi svuotassi da sola, in silenzio, limitandosi ad impedire che disintegrassi la casa nel vero senso del termine.
-Nora, calmati. Qui non c'è, non verrà mai qui. Ora riprenditi però...- continuava a parlarmi, ma non lo sentivo, non sentivo niente che non fosse rabbia e voglia cosciente di uccidere-...pensa ad Alex.
Alex, Alex non mi aveva mai vista in quello stato. Dov'era finito? Se fosse stato in casa, ora sarebbe lì anche lui, a guardare sua madre che andava fuori di testa. Poi, mi accorsi di aver smesso di urlare, il silenzio ci avvolgeva come una spirale e le pareti iniziarono a girare, risucchiate in quel vortice.
Sollevai a fatica le palpebre, come se fossero state plagiate nel piombo, e l'immagine che mi proponevano era sfuocata e a chiazze. Solo dopo che mi fui ripresa del tutto, riuscii a distinguere bene Edward dal resto della mia stanza, mi aveva messa a letto?
-Come ti senti ora?- se avessi annuito, o avessi accennato a un sì, sarebbe stata la palla più grossa che avessi mai detto in tutta la mia vita. Non c'erano parole per descrivere come mi sentivo in quel momento, avevo perso tutto.
-Mi dispiace.- mormorò in risposta ai miei pensieri. Era seduto di fianco al letto, a guardarmi mentre realizzavo quello che era appena successo. Che visione penosa che avevo di me.
-Che cosa è successo?...Non mi ricordo quasi niente.- biascicai a fatica. I ricordi erano tutti confusi, come se li stessi guardando attraverso un paio di occhiali troppo spessi.
-Diciamo che hai quasi avuto quei cinque minuti da strega di cui mi avevi raccontato anni fa.- nonostante tutto quel dolore, Edward riuscì per un istante a farmi tornare il sorriso.
-Davvero?- domandai incredula.
-Sì, iridi argentate senza pupille, crisi isterica, offuscamento della razionalità... c'era tutto.- ma, come dicevo, fu solo per un istante.
-Sul serio c'era tutto? Perché ormai, mi è rimasto solo quello.- il respiro si fece pesante, stavo per scivolare nell'autocommiserazione. Edward mi afferrò una mano, tenendola stretta tra le sue e accarezzandola delicatamente con le dita fredde.
-Nora, non dire così. Hai ancora Alex, ci sono ancora io.- mi veniva voglia di scoppiargli a ridere in faccia, anche se lo avrei offeso parecchio.
-Ed, no. Non mi è di alcun conforto, ma ormai non ha più importanza.- mormorai esanime, avevo voglia di smettere di soffrire subito. Perché continuare a stare male?
-Non drammatizzare, mi stai dicendo che non ti importa niente di tuo figlio.- mi rimproverò lui, aveva anche ragione. Peccato che non sapeva niente, come si dice... beata ignoranza.
-Non è vero, mi sono solo arresa. Tanto, fra poco me ne andrò.- il suo sguardo si fece accigliato, poi concentrato. Mi stava rovistando tra i pensieri in cerca di una risposta, solo che non ne trovava, e da concentrato si fece confuso.
-E dove hai intenzione di andare? Non vedo alcun viaggio tra i tuoi pensieri. E non penso proprio che vorrai andare senza Alexander.
-Oh, Dio Edward, proprio non ci arrivi vero?- sibilai acida e riducendo gli occhi a due fessure.
-A che cosa dovrei arrivare se non mi permetti di vedere cosa ti passa per la testa?- domandò alzando un poco il volume della voce, gli stavo dando addosso senza motivo. Ma il motivo c'era, e me lo portavo nel sangue da quasi un anno, forse dalla nascita.
-Io, sto per morire, Edward! Ho la leucemia!- esclamai con le prime briciole di fiato che avevo accumulato rimanendo sdraiata nel letto. Lui non se lo aspettava proprio, non era preparato a ricevere una notizia del genere. Non lo ero nemmeno io a mia volta, ma chi lo è?
-Cosa?- può un vampiro rimanere senza fiato nonostante avesse smesso di respirare da oltre un secolo? Sì, e ne avevo la prova vivente davanti agli occhi.

***********Angolo dell'autrice******

Buon pomeriggio a tutti!

Visto che stamattina sono stata male ne ho voluto approfittare per aggiornare, ho notato che il numero delle persone che hanno aggiunto la fic tra i preferiti e le seguite è lievitato a vista d'occhio! Mi fa piacere, cuol dire che la fic è apprezzata, sennò non la guarderebbe nessuno!

Piccola anticipazione per il prossimo capitolo, sarà tutto un flashback diviso in due parti: la prima parte vedrà la relazione di Edward e Nora dalle origini; la seconda partirà da quando lei scopre di essere incinta fino alla sua fuga da Forks. Spero che vi piacerà.

Ora non perdo altro tempo e rispondo alle recensioni:

lovecoffee= Se pensi che lo scorso capitolo sia stato così caliente, aspetta il prossimo, ho messo di quelle cose da rischiare di dover mettere il rating rosso ed etichettare la storia vietata ai minori!! Ihih, bacio

Hinata_S_I_TT 4EVER= Ciii, amo Will&Grace! Ok, ho messo l'immagine di Gillian Bennett che poi, in Practical Magic, sarebbe la zia Frances! Spero che ti piaccia!

titti92= Ehiii! come va? In questo capitolo mi sono sfogata per bene, spero che sia veramente divertente come mi è sembrato! Baci

Saretta__Trilly__= Ciao! Mi fa molto piacere che la fic ti piaccia, è sempre bello avere delle nuove commentatrici! Fammi sapere se ti è piaciuto anche questo capitolo, baci!

Grazie a tutti coloro che hanno appena letto e a coloro che hanno deciso di recensire.

Kiss by Aching4perfection.

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Capitolo 8
*** L'unica fra tante...1° parte ***


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L'unica fra tante... 1° parte

La brezza, una leggera carezza sulla pelle. L'armonia del movimento delle foglie al passaggio libero dell'aria che si librava dalle mie mani in movimento. Una spirale fatta coi colori dell'autunno mi circondava, innalzandosi progressivamente verso il cielo, finché lo avessi desiderato. Stupenda era la sensazione del vento sulla pelle, stupendo era il calore emanato da quel sole di fine Settembre, tra le poche giornate di sole di cui poteva godere Forks. In effetti, anche quel sole era un mio desiderio.
Lo scricchiolio di un ramoscello spezzato a qualche metro da dove ero io mi fece sussultare, concentrata com'ero nel mantenimento di quegli incantesimi, mi ero estraniata completamente dal resto del mondo.
Un altro scricchiolio, stavolta più forte. Poi un altro e un altro ancora, finché il rumore di legno spezzato in si trasformò in scalpitare impazzito di zoccoli. Feci appena in tempo a voltarmi e gettarmi a terra di lato per uscire dalla traiettoria di un alce impazzito che mi stava per travolgere. Pazzesco, non c'era il rischio di qualche terremoto o di una frana in quell'isolata radura; cosa poteva aver spaventato così tanto un alce da farlo scappare in quel modo? Continuai a seguire l'animale con lo sguardo e, anche se si era allontanato di almeno trenta metri da dove stavo stesa io, non perdevo di vista l'enorme chiazza marrone circondata dal verde dell'erba.
Dal nulla, comparve un altra chiazza, grigia, che in pochi istanti fu addosso all'animale, travolgendolo e facendolo ribaltare a terra. Poi lo vidi, era un ragazzo. Da quando una persona è in grado di abbattere un alce di quelle dimensioni a mani nude? Senza pensarci, tesi il palmo della mano destra nella sua direzione e spostai il braccio verso destra in uno scatto. Lanciai in aria il ragazzo, allontanandolo dall'animale. In quella zona era vietato il bracconaggio.
Corsi fino a raggiungere il centro dello spiazzo di terra, cercandolo. E, come se mi avesse sentita, in un battito di ciglia mi fu davanti. Ma non assomigliava a nessuno che conoscessi, non pensavo nemmeno che fosse una persona. Aveva degli occhi neri come la notte, la pelle che sembrava fosse fatta di ghiaccio...o almeno, il colore era quello. Era alto, anche se non molto più di me, e aveva i capelli che sembravano plasmati nel metallo...bronzo. Aveva le labbra tirate, mostrandomi dei denti ancora più bianchi della pelle...ma non sembravano denti, i canini erano più che altro paragonabili a delle zanne! E da quella bocca uscì un ringhio rauco, basso, come per avvertirmi. D'istinto, levai la mano in aria imitando il gesto di voler scacciare una mosca particolarmente fastidiosa, e lui fece un altro volo, più alto del precedente e sparì dalla mia vista.
-Che cazzo è...- ansimai per lo spavento. Per un attimo, ma solo per un attimo, mi girai verso l'alce che stava ancora steso a terra e notai una cosa che, se non mi ero ancora fatta prendere dal panico, in quel momento divenni piuttosto angosciata e sbiancai come un lenzuolo passato nella candeggina. Due fori poco distanti fra loro erano incisi nel collo dell'animale, sgorgando sangue.
Era morto dissanguato.
-Oh, porca miseria.- mia madre me ne aveva parlato spesso, solo che io non le avevo mai creduto. Possibile che certe creature avessero il permesso di circolare liberamente nel nostro mondo? In quel momento non sapevo se considerarmi la persona più fortunata del mondo, o la più disgraziata. Mi sono ritrovata, contro ogni mia più rosea previsione, davanti ad un vampiro per la prima volta ed ero riuscita a respingerlo. Un record personale.
Allora mia madre non era una sciroccata, esistevano davvero. In effetti non me ne sorpresi, nel momento in cui mi aveva sfrecciato accanto... l'avevo percepito, un alone grigio fumo. Era sbagliato.
Fin da quando capii che possedeva fattezze umane, avevo capito era qualcosa di oscuro e innaturale. La pelle ne era un'ulteriore conferma. Le persone non brillano come palle da discoteca sotto alla luce del sole, non ero cretina.
Persa nei miei pensieri, non mi accorsi che la creatura si stava avvicinando ancora, ma non ne aveva abbastanza di essere sbatacchiata a caso? Raddrizzai la schiena, le braccia piegate leggermente in avanti pronta a lanciare un altro incantesimo di protezione se ce ne fosse stato bisogno. Il ragazzo tese le mani in avanti, in segno di arresa.
-Tranquilla, non ce ne sarà bisogno!- esclamò con una delle voci più belle che avessi mai udito.
-Eh?- ero basita, non credevo nemmeno che potesse emettere suoni al di fuori dei ringhi.
-No, come puoi notare parlo anche io. Ma che domande sono?- come faceva ad essere nella mia testa, rispondendomi a domande che non pronunciavo? Ma che cavolo di incantesimo è questo?
-Ho una dote particolare che mi consente di ascoltare i pensieri delle persone. Prometto che non tenterò di attaccarti di nuovo.- mi rispose arrestando la sua marcia a quattro metri da dove ero io. Ora era lui a tenermi a distanza.
-Come faccio ad esserne sicura?- domandai alzando la voce. Ero leggermente scossa, ma chi non lo sarebbe se si trovasse d'innanzi ad un vampiro?
-Non ho più sete, per ora. Mi dispiace per aver tentato di ucciderti, prima. Ti posso assicurare che non si ripeterà.
-Mh.- non mi fidavo lo stesso.
-Che scortese, non mi sono ancora presentato, mi dispiace. Sono Edward Cullen.- mi porse la mano affinché l'afferrassi. Ebbi un attimo di timore ma lo feci, non so che cosa volevo vedere.
Volevo un'ulteriore prova di ciò che i miei poteri avevano già intuito.
-Eleonora Bennett.- sentii un brivido, ma non perché la sua mano fosse gelida; l'alone che avevo sentito prima ora mi scorreva liberamente nella testa, era un avvertimento, un allarme.
-Sai cosa sono, ma mi hai dato ugualmente la mano. Significa che volevi farmi vedere che mi posso fidare di te.- commentai tenendo la voce più ferma che potessi, avevo già nascosto la mano dietro alla schiena. Lui annuì.
-Puoi fidarti ora?
-Confido nel fatto che non mi attaccherai, anche se sarei perfettamente in grado di respingerti.- detto quello girai i tacchi e mi incamminai verso il sentiero per tornare a casa. Non feci neanche un paio di passi che tornai a percepirlo accanto a me, si muoveva silenzioso come un ombra.
-E io confido nel tuo silenzio.- mormorò con voce ferma. A quel punto, mi sentii più tranquilla. Abbiamo tutti dei segreti. A quanto pare, sia il mio che il tuo sono un po' più grandi.- mi voltai per guardarlo dritto in faccia ma era già sparito.

*

Ed è stato così che ci siamo conosciuti. Ogni pomeriggio di sole lo trovavo nel bosco a caccia, oppure lui trovava me nella radura mentre provavo degli incantesimi. Passavamo delle ore a parlare del più e del meno, per poi passare ad argomenti più seri. Lui voleva sapere tutto sulla mia discendenza, e io volevo sapere qualcosa sui vampiri che non si potesse trovare sui libri di magia, qualsiasi cosa. Una sera, dopo che Edward ebbe terminato la caccia, ci sedemmo sull'erba di quello spiazzo. Guardando lui e gli alberi intorno a noi, cominciai a sbottonarmi (metaforicamente) un po' di più senza rendermene conto.
-Sai, questa radura non c'è sempre stata. Prima era boscaglia, come tutto il resto.- commentai guardandomi attorno.
-Quando è diventata così?
-Quando, diciotto anni fa, mia nonna ebbe una crisi isterica, distrusse quest'area della foresta facendola diventare come la vediamo noi ora.- dissi, ripetendo le stesse parole che disse mia madre a me la prima volta.
-Non credevo che le streghe avessero poteri tanto forti.- mormorò, sembrava sinceramente interessato alla mia storia. Io sorrisi divertita.
-Lei non si era neanche sforzata. Le sono venuti i cinque minuti e invece che sfogarsi sulla figlia, l'ha fatto qui.
-Cosa ha fatto tua madre per farla arrabbiare?- domandò. Sospirai, in parte era anche colpa mia.
-Gillian era tornata a Forks un anno dopo essere scappata di casa, a venticinque anni, incinta di me e mia sorella. Mio padre era partito per l'india con una ballerina di danza del ventre e non se ne è saputo più niente. Quando ha visto mia madre con il pancione è andata su tutte le furie. Tre mesi dopo, arrivò una lettera da parte di un avvocato indiano che diceva che mio padre era morto, morso da un serpente mentre faceva jogging con la nuova compagna.
-Una famigliola tranquilla la tua. Non mi hai mai detto di avere una sorella.- a quel punto, presa da un moto di tristezza, cominciai a fissare il terreno. Per tutta la durata del mio breve racconto non ho avuto il coraggio di guardarlo negli occhi neanche una volta.
-Non lo sa nessuno. Io non l'ho mai conosciuta, è morta alla nascita.- mi scese una lacrima. Mia madre aveva perso una figlia, non l'avrebbe mai conosciuta e ha passato i diciotto anni successivi guardandomi e chiedendosi perché non eravamo due. Edward mi afferrò la mano delicatamente, come se avesse paura di farmi male. Mi asciugai la lacrima solitaria con la manica della maglietta e mi voltai verso di lui, solo allora mi accorsi che eravamo l'uno accanto all'altra. La sua spalla sfiorava la mia.
-Mi dispiace.
Sentendolo così vicino, potevo sentire il suo odore. Era molto buono, mi attraeva. Sempre stringendogli la mano che mi aveva dato, avvicinai di più il mio viso al suo. Sentivo il bisogno di baciarlo, volevo sentirlo sulla mia bocca. Ovviamente, lui sentì i miei pensieri e le mie intenzioni e si scansò portandomi fuori dalla sua traiettoria.
-Che stai facendo?- domandò lievemente scosso. Io, che avevo trattenuto il respiro fino a quel momento dall'ansia, ripresi fiato e sbuffai.
-Stavo semmai, non si capiva?
-Non dovresti.- disse serio e voltandosi a guardare dall'altra parte. Credo... che si sentisse in colpa, o privato di qualcosa, non lo capivo.
-Cos'è? Hai paura di mordermi?- domandai quasi ridendo. Dal suo sguardo pieno di tristezza capii che era proprio così.
-Non scherzarci, potrei farlo davvero.- commentò a voce bassa.
-No, non lo farai.- lo guardai fisso negli occhi per qualche secondo, più che convinta di quello che dicevo. Mi sentivo una bambina viziata, lo volevo a tutti i costi.
-Non lo puoi sapere.
-Sì invece.- sollevai la mano destra e gli appoggiai l'indice sul volto, lasciando una scia di luce dorata dove gli sfioravo la pelle, luce che svanì dopo due secondi. Avevo fatto in modo di annullare qualsiasi sua attrazione verso il mio sangue, un incantesimo che sarebbe durato una manciata di minuti, non di più. Poi, senza dargli più il tempo di capire che cosa avessi fatto, ripresi da dove mi aveva interrotta. E stavolta mi lasciò fare, aveva visto che avevo eliminato quella barriera di cui era così spaventato. Le sue labbra di ghiaccio, sembravano ardere a contatto con le mie. Sarà stata solo una mia impressione, ma mi sembrava più rilassato, non era più teso ma, persa com'ero, non me n'ero accorta più di tanto. Mi allontanai subito, mi sentivo in errore, credevo di aver commesso un errore.
-Hai sentito qualcosa?
-Niente, assolutamente niente.
-Ti prego dimmi che anche tu lo volevi e che non ho fatto la figura di quella che salta addosso a chiunque!- esclamai tutto d'un fiato, un po' mi vergognavo. Silenzio, rimase impassibile. Brutto segno. Non mi era mai capitato di prendere l'iniziativa con un ragazzo, speravo che, in fondo, lo volesse anche lui. Non vedendo ancora alcuna reazione da parte sua, capii che il modo migliore per evitare ulteriori figure di merda era tornare a casa di volata, scofanarmi mezzo chilo di gelato al cioccolato e dimenticare l'intera faccenda affogando beatamente nel cacao. Fu allora che si mosse.
La sua mano destra mi sfiorava il collo e la nuca, mentre l'altra era appoggiata su un mio fianco, impedendomi di alzarmi ed andarmene. E sentii di nuovo le sue labbra gelide infuocare le mie, che si muovevano adattandosi alla loro forma. Poi, senza sforzo alcuno, mi socchiuse la bocca, infilandoci la sua lingua fredda come il resto del suo corpo. A quel punto, gli circondai il collo con le braccia e mi sedetti tra le sue gambe incrociate, senza interrompere quel magnifico contatto che avevamo appena instaurato. Mi accarezzava delicatamente il palato e la lingua, trattenendo il suo lato passionale che mai, prima di allora, aveva tirato fuori. Una volta me lo aveva confessato: di non aver mai avuto una donna. A me andò di traverso la saliva, sgranai gli occhi e tossii un paio di volte. Minchia. Quanti anni aveva ormai? Cento e qualcosa... e donne zero.
Non potei fare a meno di confrontarmi. Io avevo dato il mio primo bacio a quattordici anni e l'anno dopo avevo perso la verginità e in quello stesso anno avevo avuto una cosa come cinque ragazzi...mh, però! Mi sono data il mio bel daffare! Senza contare quelli che erano venuti dopo...alla veneranda età di diciassette anni avevo frequentato più o meno nove ragazzi.
Quando ci separammo, mi accorsi di essere stata a tanto così dal saltargli letteralmente addosso. Positivoo! Se fino a quel momento pensava che non fossi molto normale, ora credeva che fossi una ninfomane, molto bene!
Mi sedetti stendendo le gambe sull'erba, la schiena poggiata al suo petto e le sue braccia mi circondavano la vita. Tenevo la testa poggiata contro l'incavo della sua spalla, era bellissimo. Strappai un filo d'erba dal terreno e cominciai a rigirarmelo tra le dita. In testa cominciò a ronzarmi una domanda che mi fece capire di essere disposta ad essere la prima a mettere in gioco i miei sentimenti. Col rischio di giocare fa sola.
-Che dici, ci possiamo provare?- domandai continuando a giocherellare col filo verde di clorofilla. Lui mi strinse un po' di più, aveva sentito il mio timore?
-Userai ancora quell'incantesimo?
-Sì, se lo desideri.- mormorai cercando di restare tranquilla, possibile che i miei poteri lo avessero spaventato? Eppure, la sua risposta non mi sorprese.
-Allora sì.

*

Passarono un paio di mesi in cui ognuno di noi imparò a conoscere meglio il mondo dell'altro, pregi e difetti. Mia madre, quando seppe che la sua unica figlia stava con un vampiro, prese seriamente in considerazione l'ipotesi di spedirmi a Manhattan da alcune nostre rigidissime e tradizionaliste zie. Lanciava ad Edward occhiate fulminanti nel vero senso del termine e non perdeva occasione per tirargli delle frecciate infide sulla sua natura. E, quando le confessai che potevo seriamente innamorarmi di lui, la reazione non fu migliore ma, dopo qualche giorno, si calmò e ci concesse una tregua. Permettendogli persino di entrare in casa nostra. Da parte mia, io imparai a gestire la mia libido in presenza della sua famiglia e soprattutto in presenza di Jasper, le prime volte era stato un po' imbarazzante. Imparai a conoscere e ad apprezzare ogni singolo componente familiare, instaurando ben presto un profondo legame di amicizia con Rosalie, che cominciai a considerare come la sorella che non avevo mai avuto. Ma alla fine dei conti, c'eravamo solo io ed Edward.
I segreti che nascondevamo al resto del mondo non esistevano quando eravamo solo noi, nel nostro piccolo rifugio all'aperto, dove lui non perdeva occasione di mostrarmi quanto fosse forte e veloce: per esempio facendo una corsa intorno alla radura e portandomi un enorme fascio di fiori selvatici già composti in meno di due secondi. D'altro canto, anche io devo ammettere di essere molto impaziente di voler mostrare le mie capacità. Una volta creai una piscina naturale scavata nella roccia in cui trascorremmo un pomeriggio splendido a baciarci nell'acqua; invece, una notte cambiai la traiettoria di un gruppo di stelle cadenti, facendo in modo che passassero proprio sopra alle nostre teste... fu uno spettacolo magnifico.
Dopo quei due mesi, capii di essermene innamorata. Mi ero già innamorata prima di lui, ma non era niente in confronto a quello che provavo ora. Non volevo lasciarlo mai, già immaginavo come sarebbe stato il nostro matrimonio e la casa in cui ci saremmo trasferiti, tutte cose che mai avevo osato fare prima di allora. Era lui quello giusto, ne ero certa.
Una sera, Gillian partì per andare a trovare le nostre parenti di Manhattan ed organizzare un raduno di magia, una nostra tipica riunione di famiglia. Era raro che avessi la casa tutta per me e, lasciamocelo dire, colsi l'occasione al volo. Il mio unico obbiettivo era fare una baldoria allucinante, obbiettivo che venne smontato circa mezzo secondo dopo che ebbi il tempo di architettarlo mentalmente.
-Nora, non pensarci neanche.- io sgranai gli occhi esterrefatta, credevo che l'idea sarebbe piaciuta anche a lui ed ora mi ritrovavo a fare la parte della figlia degenere. Certe volte mi dimenticavo quanto lui fosse antico... all'antica. In quel momento stavo preparando una caraffa di Margarita per festeggiare e mi dovetti bloccare proprio mentre versavo la tequila.
-E perché no?! Ci siamo liberati di Gillian: niente più urli, niente più minacce e niente più magie per una sera intera. A te!- esclamai porgendogli il suo bicchiere e versando una dose molto generosa di Margie nel mio che svuotai non appena me lo appoggiai alle labbra. Rimettendo il bicchiere sul tavolo, notai che Edward lo fissava immobile.
-….forza, comincia a trincare!- lkui continuò a guardare il bicchiere per un tempo che a me parve infinito. Stava riflettendo, cosa c'era da riflettere?!
-Non vorresti qualcosa di un po' più romantico?- domandò un po' deluso. Io ci riflettei su un attimo, o almeno feci finta.
-...no, non necessariamente.
-Beh, io sì.
-Cosa c'è da riflettere? Sei un ragazzo e hai la tua ragazza più che disponibile proprio a trenta centimetri da te. A questo punto dovremmo già esserci scaraventati sul letto lasciandoci dietro una scia di vestiti in perfetto stile Hansel & Gretel!- Edward incrociò le braccia al petto, immobile davanti a me. Cavolo!
-Nora, sono un ragazzo con dei valori. E anche se la tentazione di andare subito al dunque è molto forte vorrei che ciò avvenisse in un modo un po' più elegante. Il che esclude necessariamente la tequila e la scia di vestiti sparsi per la casa.- capii che se non lo avessi assecondato subito, avremmo iniziato una discussione che sarebbe finita nel peggiore dei modi, detto in modo terra a terra: niente sesso.
-Ok, allora cosa proponi?
-Ti andrebbe se ti portassi alla distesa? Stanotte non ci sono nuvole e le stelle sono particolarmente luminose stanotte.- in effetti l'idea mi allettava parecchio. Ma che cavolo, in un certo senso i ruoli si erano capovolti tra di noi. Io ero il ragazzo allupato e lui la ragazza vergine e timidina... Dio solo sa quanto non mi facevo schifo. Però, oh sono una ragazza innamorata che non vede l'ora di mostrare al proprio fidanzato tutto il suo, ehm... amore.
-Ok. Però, appena torneremo a casa ti concederò dieci secondi per spogliarti compreso lo spostamento!

Buona seraaaa!!!
Mi dispiace tantissimo per il ritardo, ho voluto rendere questo capitolo il più rivelatorio possibile e ci ho messo un bel pò! Spero che vi sia piaciuto!
Oramai siamo agli sgoccioli, mancano solo 3-4 capitoli alla fine della storia, con colpo di scena finale!

Purtroppo non riesco a ringraziarvi una per una, così mi limiterò a citarvi per nickname. Volevo solo precisare che questa fic è una BellaxEdward, non ci sono cambiamenti di pairings! Nora c'era prima dell'inizio di Twilight, quindi è tutto normale!!!
I ringraziamenti completi li farò nel prossimo capitolo!
Ringrazio infinitamente per le recensioni: princess apache, lovecoffee, titti92, Hinata_S_I_TT 4EVER, Sara90, Saretta__Trilly__

Ovviamente ringrazio anche coloro che hanno appena aggiunto la storia tra i preferiti e tra le seguite!

Ringrazio anche coloro che l'hanno appena letta e coloro che vorranno lasciare una recensione.

Kiss by Achin4perfection!

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Capitolo 9
*** L'unica fra tante... 2°parte ***


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L'unica fra tante... 2° parte

Io non leggo nel pensiero, mai fatto e non ci terrei a cominciare proprio ora. In quel momento, non ne avevo nemmeno bisogno, potevo perfettamente immaginare come si stesse sentendo, cosa stesse pensando. Me ne ero andata per cinque anni all'improvviso, senza dirgli niente, e presto lo avrei fatto di nuovo, ma stavolta per sempre e nemmeno io sapevo quando sarebbe giunto il momento esatto. Gli occhi sgranati, le pupille dilatate, il respiro accelerato, l'ansia, la paura, l'angoscia. Erano mille le cose che riuscivo a vedere nel suo volto, non avevo bisogno della lettura del pensiero. -Tumore del sangue. Sì, mi avevano dato ancora sei mesi da vivere ma se avessi fatto un trapianto di midollo osseo avrei potuto guarire. Ora che Daniel ha ucciso Gillian non ne ho più la possibilità.
-Non ne avevo idea...- come se fosse colpa sua. Aveva lo sguardo vuoto, come se mi stesse guardando attraverso.
-È da quando sono tornata che non ci avevo più pensato particolarmente. L'ho fatto apposta. Alex lo sa?
-No, certo che no. Non voglio metterlo in agitazione.
-Non è giusto, e tu lo sai.
-Se lo sapesse farebbe di tutto per convincermi a trasformarmi... e non voglio. Ho avuto una bella vita, corta ma bella, e mi basta. Mi va bene.
-… quanto, quanto tempo fa te lo hanno detto?- domandò scuotendo la testa, ancora non ci credeva. Sarebbe capace di chiedermi di tirare fuori i risultati degli esami del sangue e delle biopsie. Sarebbe rimasto deluso, li avevo bruciati.
-Due settimane fa.- deglutii, avevo un nodo in gola, il ricordo urticava ancora. Il medico che si toglieva gli occhiali, che sospirava, che mi prendeva per mano e che parlava lentamente per non agitarmi. Forse, avrei preferito non saperlo affatto e vivere quello che mi sarebbe rimasto nella totale inconsapevolezza. Ma cosa sarebbe successo? Alexander non avrebbe mai conosciuto suo padre, mia madre sarebbe ancora viva; ma quando sarebbe giunta anche la sua ora... Alex sarebbe rimasto da solo. Forse, è meglio così. Il minore dei due mali.
-Capisco.- mormorò nella più totale apatia che a stento rasentava la depressione.
-Edward, non sono tornata perché me lo aveva chiesto Alex, sono tornata per assicurarmi che non rimanesse solo quando non ci sarò più. Mamma non era immortale e in ogni caso portarlo da te era l'unica soluzione che avevo. Ti prego, non rovinare tutto. Promettimelo.- rimase zitto per un paio di secondi, era indeciso. No, non era quello.
-Nora. Mi dispiace, ma non posso.- lo vidi girare i tacchi e dirigersi verso la porta di servizio della cucina, se ne stava andando e io andai nel panico.
-No, ti prego Eward aspetta!- Non poteva farmi questo. Lo raggiunsi correndo sul parquet ruvido e gli afferrai il lembo della camicia inginocchiandomi e sbucciandomi leggermente il ginocchio sinistro. Non avevo mai fatto una cosa del genere, ero completamente in allarme e nel panico più totale e nefasto. Lui si voltò e per la prima volta mi guardò dall'alto verso il basso, come mi meritavo. Mi sentivo gli occhi lucidi per il magone.
-Ti prego, ti prego in nome di tutto quello che abbiamo avuto, ti prego promettimi che non gli dirai niente... promettimelo.- parlavo velocemente, quasi senza pensarci. Pregavo solamente che mi ascoltasse e che capisse le mie ragioni, lui non aveva il diritto di dire nulla. Era suo padre solo da poco più di una settimana, io ero stata sua madre per cinque anni, non c'era gara. Io lo avevo tenuto in grembo, lo avevo fatto nascere, lo avevo nutrito, cresciuto e gli avevo insegnato a vivere. Non c'è storia. Finché non avessi tirato le cuoia rimanevo sua madre, punto. Solo dopo sarebbe potuto subentrare lui.
-Nora...- voleva supplicarmi, voleva seriamente provare a convincermi. Noo, no non avrebbe funzionato nemmeno quella volta.
-Promettimelo!- seguì un altro silenzio, più pesante, più denso. Adesso era lui nel panico. Non riuscivo a capire, dovermi fare quella promessa gli costava davvero così tanto?
-D'accordo, non lo farò. Ma tu dovresti.- aveva capito.

*

Aprendo la finestra, notai come la luce argentata della luna fungesse da perfetto faro e mi illuminasse il viso. Il vento lieve che mi scostava i lembi della leggera camicia da notte, facendola ondulare leggermente; per un osservatore esterno poteva sembrare quasi poetico.
Era quasi l'alba, eppure non avevo voglia di andare a dormire. Volevo restare lì in piedi a crogiolarmi nei miei ricordi delle ore precedenti, ancora così vivi nella mia testa e nel mio corpo. Nella radura, sotto la fievole luce delle stelle e della luna, tra i boccioli chiusi dei fiori, a guardarci. Indescrivibile la sensazione del sentirsi così in sintonia con una persona. Sarei stata tutto per lui: amica, confidente, complice, compagna, amante... tutto. L'atmosfera era quasi magica e io non c'entravo nulla, ci travolse come un uragano dal quale decidemmo di non fuggire. Cominciò con semplici baci che si tramutarono poi in abbracci passionali e, da lì al partire col toglierci i vestiti a vicenda il passo fu brevissimo. Mi buttò a terra assalendomi la bocca e il collo, per poi passare a tutto il resto del mio corpo. Sentirmi dire quanto fossi unica per lui, che fra tutte le donne che aveva conosciuto aveva scelto proprio me che di speciale avevo solo la magia. Ero, e sono tutt'ora, testarda, vendicativa, nevrotica, lunatica e, se proprio vogliamo dirla tutta, una vera bastarda dentro.
Eppure lui voleva me, me e nessun'altra. Voleva assaggiarmi tutta, così diceva e sentivo un piccolo brivido caldo sulla pelle ovunque passasse le labbra. E quando arrivai al picco dell'eccitazione, lo spinsi prima di lato e poi sotto di me. Sapere che fossi l'unica a potergli fare una cosa del genere era un altro brivido che mi scombussolava dentro, aggiungendo corrente alla tempesta che infuriava nel mio corpo. Sentirlo sopra, sotto, dentro. Ovunque.
In quell'istante sentii una presa gelida circondarmi i fianchi, mi strinsi di più nelle spalle e cominciai ad accarezzargli un braccio, sorridendo più di prima. Lui passò il viso nel miei capelli sciolti, respirandone l'odore, e mi diede un bacio sulla nuca.
-Amore, non torni a letto? Se domani tua madre ti dovesse rimproverare mi sentirei in colpa perché ti ho tenuta sveglia tutta la notte.- lo sentii sorridere al pensiero. Non aveva tutti i torti, se l'indomani mia madre avesse notato le occhiaie che già mi si stavano formando sotto agli occhi, sarebbe stata capace di mettermi in punizione fino alla fine dei tempi. Annuii sospirando.
-...ok, arrivo subito. Dammi solo un secondo.- mormorai a mezza voce separandomi da quell'abbraccio.
-Ok.- Edward mi guardò teneramente e annuì a sua volta. Gli afferrai la mano, fermandolo.
-Ehi... ti amo.- così, dal nulla. Non era la prima volta che glielo dicevo, ma ora era diverso; ebbi un piccolo malessere, per un attimo mi sentii vuota e impaurita, avevo la sensazione che lo avrei potuto perdere da un momento all'altro. Lui mi raggiunse di nuovo e mi sigillò le labbra in un bacio per l'ennesima volta quella sera.
-Ti amo anch'io.- poi lo vidi tornare nel mio letto, ad aspettarmi pazientemente. Poi tornai a rilassarmi, eliminando le preoccupazioni e le paure dal mio stato d'animo. Non avrei mai saputo che quello era un segnale d'allarme che mi inviavano i miei poteri per avvisarmi di pericoli futuri.
Tornando a guardare un ultima volta il volto della luna, notai che le si era formato attorno un cerchio, segnale di guai in arrivo. Decisi di ignorarlo. Ero felice ed intendevo rimanerlo per molto altro tempo ancora.

*

-Grazie.-sussurrai con un filo di voce, ancora tremante per lo spavento che mi ero presa. Edward mi aiutò a rialzarmi e mi fece sedere sulla sedia più vicina.
-Ascolta, Esme vi ha invitati a casa nostra per pranzo, ti va di venire?- mi domandò inginocchiandosi di fronte a me per guardarmi in viso. Ero sul punto di scoppiare a piangere e non volevo farlo davanti a lui, così sollevai gli occhi cominciando a guardare il soffitto, sperando che le lacrime rientrassero nelle palpebre.
-Ma voi non mangiate, che senso avrebbe?
-Vero, infatti mi ha chiesto di portarti là un po' prima per fare qualche incantesimo dei tuoi alle portate come facevi una volta.- di sicuro se l'era inventato al momento, nella speranza di trovarmi qualcosa da fare per distrarmi un minimo. ­
-Ah, o-ok. Mi farebbe piacere. D-dammi solo cinque minuti.- risposi rialzandomi dalla sedia, vacillai per un secondo ma riuscii a restare in piedi.
-Ci rivediamo direttamente là, adesso dovrei tornare da Bella.
-C'hai ragione. A dopo allora.
-A dopo.- lo seguii con lo sguardo finché non si richiuse la porta alle spalle. A quel punto fui libera di sciogliermi in lacrime senza temere di dover sopportare della compassione da chiunque non fossi io. Avevo cinque minuti per restare da sola con il mio dolore. Mi sentii in diritto di farlo.
Troppo, troppo, era davvero troppo. In quale mondo perverso la sfiga si concentra tutta su una persona e in così poco tempo? Solo nel mio.
Entrai nella mia camera e aprii l'armadio. Con la vista ancora appannata e tirai fuori una gonna grigia che mi arrivava a metà ginocchio, la camicetta bianca e gli stivali alti color mogano chiaro con cintura dello stesso colore. La voglia di vestirmi e di uscire di casa era pari a zero e diminuiva esponenzialmente al pensiero di dover incontrare altre persone che non fossero il mio riflesso nello specchio. Per un attimo mi sfiorai l'idea di rimanere a casa, avvolta nella vestaglia ed infilata come un involtino nella trapunta e rimanervi per almeno un mese, ma di sicuro Edward avrà già informato tutta la famiglia della disgrazia e ora vorranno abbracciarmi e cercare di confortarmi con le solite parole di circostanza che mi sarebbero entrate in un orecchio e uscite dall'altro. Volevo affrontare il dolore a modo mio, che ci fossero stati gli altri o meno non avrebbe fatto alcuna differenza, non avrebbe aiutato me...forse avrebbe aiutato Alex anche se, da quel punto di vista, eravamo pressoché identici. Sarei andata là per solo per stare con lui, per passare insieme più tempo possibile, avevo le ore contate e non potevo permettermi di buttarle via rimanendo isolata nel mio letto. Anche se mi sarebbe piaciuto davvero tanto.
Finii controvoglia di vestirmi e spalancai la finestra arrampicandomi sul cornicione del balconcino. Rimasi in equilibrio per qualche secondo poi allungai la gamba destra avanti, la discesa fu un po' più veloce del solito, i miei poteri andavano di pari passo con il mio equilibrio emotivo. Piegando leggermente le ginocchia atterrai e non appena i miei piedi toccarono l'erba girai su me stessa catapultandomi di fronte alla casa dei Cullen. Alex mi aspettava seduto sugli ultimi gradini del portico, la testa nascosta tra i palmi delle mani. Quando mi sentì arrivare si rizzò in piedi e un attimo dopo ci stavamo abbracciando, lasciando che le lacrime scendessero sulla pelle. Alex mi stringeva forte e io nascondevo il viso tra i suoi capelli e tenevo gli occhi chiusi per paura di vedere ciò che ci circondava. Poi sentii un terzo braccio circondarmi le spalle e decisi di sollevare il viso. Rosalie era addolorata quasi quanto me, adorava mia madre. Alex si separò da me e permise a Rosalie di confortarmi a sua volta, più che altro ci confortavamo a vicenda.
-Mi dispiace Nora. Era una donna straordinaria.- mormorò con voce rotta.
-Grazie.
Poi fu il turno di Esme, a seguire Emmett, Carlisle, Alice e Jasper, Bella ci raggiunse per ultima con in braccio la figlia. Non lo avrei mai detto, eppure anche lei mi disse che ci era vicina. Edward, in disparte, osservava la scena, di sicuro aveva suggerito alla moglie quelle parole. Anche se non fosse stato così, in quel momento non mi importava. Avevo ben altro a cui pensare.
-Sarà una festa della mamma moolto particolare...- anche se era solo un sussurro, la voce di Alice era abbastanza acuta da permettermi di udirlo. Me ne ero completamente dimenticata, ecco un altro colpo di frisbee dritto dritto in faccia. Che giornata del cavolo.

*

Sei mesi dopo.
Una mattina mi svegliai sentendomi magnificamente riposata, il freddo polare di quell'inverno quasi non lo sentivo, anche se di fianco avevo una statua di ghiaccio che tutto faceva fuorché ripararmi dal gelo polare che si avvertiva fuori. E ghiaccio era la parola più appropriata, data la sua temperatura corporea parecchio al di sotto dello zero. Edward, sdraiato accanto a me, stava leggendo uno dei miei libri. Quando notò che avevo aperto gli occhi, si voltò verso di me e mi sorrise.
-Buongiorno.- sussurrò guardandomi negli occhi.
-Buongiorno.- io sorrisi a mia volta e mi allungai un poco verso il suo viso per baciarlo. Poi mi riaccucciai di nuovo accanto al suo corpo alla ricerca di un altro po' di fresco.
-Che leggi?
-Lettere d'amore di grandi uomini, volume 1. L'ho trovato nella tua libreria, ti dispiace?- domandò richiudendolo per un attimo.
-No, affatto. Quale stai leggendo?- domandai io. Lui annuì e tese il braccio sinistro lungo i cuscini per permettermi di poggiarci la testa. In quel momento il libro era aperto sulla lettera di Ludwig Van Beethoven, era una delle mie preferite. Sembrava che parlasse di noi.
-“Buon giorno 7 Luglio, a letto i miei pensieri sono già rivolti a te, mia amata immortale, ora lieti, ora di nuovo tristi, nell'attesa che il destino esaudisca i nostri desideri - posso vivere soltanto unito strettamente a te, non altrimenti, sì, ho deciso di errare lontano finché non potrò volare nelle tue braccia e sentirmi perfettamente a casa accanto a te e lasciando che la mia anima, circondata dal tuo essere, entri nel regno degli spiriti - purtroppo così deve essere - ti rassegnerai, tanto più conoscendo la mia fedeltà verso di te, nessuna altra donna potrà mai possedere il mio cuore, mai - mai - O Dio perché doversi allontanare dall'oggetto di tanto amore, la mia vita a V. è ora miserevole - il tuo amore ha fatto di me il più felice e nello stesso tempo il più infelice degli uomini - alla mia età avrei bisogno di vivere in modo uniforme senza scosse - ma è ciò possibile nella nostra situazione? - Angelo mio, mi dicono ora che la posta funziona tutti i giorni - quindi chiudo affinché tu possa ricevere la lettera al più presto - sii calma, solo contemplando con serenità la nostra esistenza potremo raggiungere il nostro scopo di vivere insieme - sii calma - amami - oggi - ieri - Quanta nostalgia, quanto rimpianto di te - di te - dite - mia vita - mio tutto - addio - ti prego continua ad amarmi - non smentire mai il cuore fedelissimo del tuo amato L. Eternamente tuo Eternamente mia Eternamente nostri” è una lettera molto intensa. - commentò richiudendo il libro e lasciandolo sul ripiano del comodino dietro di sé. Dopo si rigirò su un fianco nella mia direzione e, con la mano che prima reggeva il libro, cominciò ad accarezzarmi i fianchi coperti dal piumone straimbottito.
-Dormito bene?- mi domandò ad un centimetro dal viso.
-Mh, mh.- annuii io allungando le labbra in un sorriso e dandogli un altro bacio.
-Vuoi che ti prepari la colazione? Gillian è uscita presto stamattina. Che ne dici del caffè?- gli sfiorai la punta del naso con il mio, a quel punto ero abbastanza sveglia per intendere e volere.
-Lo sai che quando parli di cibo mi ecciti?- lui sobbalzò un poco, non si aspettava di sicuro una risposta del genere. Anche perché non avevo pensato prima di parlare, l'ho detto e basta. Edward colmò lentamente le distanze tra i nostri visi, intenzionato a fare in modo che io non possa capire più niente. Sapeva di riuscirci alla grande.
-Cialde, brioches, cioccolato...- mormorò prima di baciarmi con più impeto. Sentendo la sua lingua giocare con la mia, gli circondai il collo con entrambe le braccia e gli salii sul bacino. In risposta, lui mi strinse più forte tra le braccia, senza fermare il nostro bacio. Poi, all'improvviso, si staccò spostando la testa di lato ed io finii col baciargli il collo.
-Tesoro, vuoi davvero farlo qui, di nuovo?
-Sì, che c'è di strano?- domandai io staccandomi, avevo già un leggero fiatone per via delle fregole.
-Non ti andrebbe di andare a casa mia? Almeno lì se rompo qualcosa non mi sento in colpa.- mormorò accarezzandomi il braccio, io alzai un sopracciglio. Cioè, gli stavo praticamente saltando addosso dopo che mi aveva passato la notte di fianco guardandomi dormire... e voleva aspettare per portarmi a casa sua?!
-Guarda che non è mica un problema.- risposi io, non è che mi importasse molto se ogni tanto lasciava qualche segno nel muro oppure stracciasse le lenzuola. Dopo mesi così, ormai ci avevo fatto l'abitudine.
-Sì, invece. Insomma, guarda qui come ti ho conciato il letto. Ci sono tutti i segni delle unghiate sulla testiera di legno!- esclamò alzando l'indice della mano destra sopra di sé indicando dei solchi sul legno chiaro. Le guardai a mia volta, poi mi rivolsi a lui... un po' irritata.
-Amore, quelle sono mie.- commentai osservando attentamente i segni sul legno, se li avesse fatti lui non ci sarebbe nemmeno più, il legno.
-…
-Ahh, ho capito. Stai temporeggiando per convincermi a scendere e fare colazione.- alzai gli occhi al cielo. Cos'è, aveva il terrore che morissi di fame? Lui mi sorrise e ricominciò ad accarezzarmi i fianchi, lievemente sorpreso.
-Come l'hai capito?- sospirai e mi chinai per dargli un altro bacio. ­
-Amore, non mi serve essere telepatica per capire cosa ti frulla in testa. Ormai sei un libro aperto.
-Allora, scendiamo?- domandò speranzoso. Io lo scavalcai e scesi dal letto passandomi una mano tra i capelli, poi andai ad aprire le tende della stanza per far entrare un po' di luce. Come i primi raggi luminosi attraversarono il doppio vetro della finestra, la pelle di Edward cominciò ad illuminarsi in alcuni punti come se fosse uno specchio.
-Sì, continuare a girarci intorno ci fa solo perdere tempo. Il che vuol dire che prima scendo e mangio qualcosa, prima risaliamo e ti zittisco per un'oretta o due.- non volevo dirlo ad alta voce, volevo pensarlo e basta, anche se sarebbe comunque stata la stessa cosa. Risultato: la mia dolce metà si trasformò nel diciassettenne che è... altro che uomo d'altri tempi! Quando voleva, anche il mio controllatissimo e posatissimo uomo della notte si lasciava sopraffare dagli istinti; oppure lo faceva apposta, ma la differenza non la percepivo... non ci facevo caso. Non feci in tempo ad accorgermene che lui mi aveva presa in braccio e portata in cucina al piano di sotto, poi mi aveva fatta sedere sul lungo tavolo e in meno di dieci secondi aveva tirato fuori gli ingredienti per preparare gli waffles con salsa di ribes. Quando i primi profumi iniziarono ad aleggiare nell'aria, mi accorsi di avere davvero fame, il mio stomaco brontolava come se ne avessi tre. Edward, in sottofondo, rise.
-Ne vorresti due?
-Sìì, ti prego... anzi, tre!- stavo già per chiederglielo, avevo davvero fame. Balzai giù dal tavolo e lo abbracciai da dietro e gli schioccai un bacio sulla guancia marmorea, poi sbirciai da sopra la sua spalla l'aspetto degli waffles sul ferro sagomato.
-Vuoi fare colazione anche tu?- domandai ad un paio di millimetri dal suo orecchio, lo sentii tendersi un poco sotto di me. Ma non era una cosa negativa, anzi.
-Non sarebbe male, così domani non dovrò andare a caccia.- disse capovolgendo le pastelle metà cotte sulla piastra.
-Ok, una brocca di sangue... a temperatura corporea.- sussurrai con la voce più sensuale che mi riuscii.
-Lo sai che quando mi parli di sangue mi ecciti?- mormorò lui. Io all'inizio mi stupii, era raro che si lasciasse andare a frasi così spinte per i suoi standard, eppure mi divertivo.
-Cervo, orso, puma...- ed eccola, un'altra tempesta di testosterone in arrivo. In uno scatto, smise di darmi le spalle e mi afferrò per i fianchi sollevandomi e facendomi sedere nuovamente sul tavolo, con la differenza che ora mi stringeva in un abbraccio di ferro e mi baciava in un modo che avrebbe potuto farmi perdere la testa. Presa a mia volta dalle fregole, quindi anche io non del tutto innocente, gli levai la maglietta e cominciai a lasciargli una scia di baci lungo il collo e le clavicole fino a raggiungere di nuovo la bocca. Lui si limitò a stringermi ancora più forte; del resto, sotto alla camicia da notte verde acqua avevo ben poco da togliere... anzi, il toglibile me lo aveva fatto sparire la sera prima. Dopo qualche minuto, un odore di carbone mi colpì alle narici, costringendomi a separarmi da lui che cominciò a sua volta a baciarmi il collo e intorno al seno.
-Amore... le cialde...- riuscii a dire tra i sospiri. Nonostante il tocco delle sue labbra fredde sulla pelle, mi sentivo costantemente attraversare da brividi caldi.
-...cosa?
-Si stanno bruciando.- dissi spalancando gli occhi, com'era possibile che non se ne fosse accorto? Non si staccò nemmeno da me, si limitò ad annusare l'aria per poi corrucciare la fronte, confuso.
-No, non è vero.- rispose riprendendo a lambirmi piccole aree di pelle sul collo.
-Allora stanno per farlo.- dissi scostandolo definitivamente e raggiungendo il piano da lavoro sul quale stava il ferro sagomato. Dopo qualche secondo lo dovetti spegnere perché dei sottilissimi fili di fumo si stavano sprigionando dalla pastella; sollevando il coperchio, notai delle sottili ombre scure bruciacchiate in alcuni punti e le mostrai ad Edward che mi fissava confuso.
-Che ti dicevo!- esclamai sistemando le cialde su un piatto ed immergendole di stra zuccherata salsa al ribes e cominciando a mangiarle.
-Ma come... come te ne sei accorta? Avevi sentito l'odore di bruciato?
-Sì.- risposi con ovvietà e lui apparve ancora più confuso. Per evitare che si facesse delle paturnie finii di mangiare la prima cialda e raccolsi una sua mano e la racchiusi nelle mie.
-Amore, lascia stare. Magari non ci hai fatto caso e basta, dopotutto, la tua attenzione era focalizzata altrove.- dissi spostando lo sguardo sulla parte di tavolo dove, un paio di minuti prima, eravamo noi.
-Forse hai ragione. - mi rispose passandosi una mano tra i capelli e sedendosi di fianco a me.
Quando addentai l'ultima cialda, cominciai a sentire lo stomaco che gorgogliava soddisfatto all'arrivo di tutto quel cibo, poi ci fu un tremore. Divorai l'ultimo waffle come se fossi ad una gara di abbuffate, dopodiché abbandonai il piatto nel grande lavandino di ceramica smaltata e circondai i fianchi di Edward, il quale si era appena alzato dalla sedia, con entrambe le braccia. Lui fece lo stesso con me sfiorandomi lievemente la punta del naso con le labbra, più tranquillo. Un secondo dopo mi aveva presa di nuovo in braccio portandoci nella mia camera alla stessa velocità di una pulsazione.
-Ok, ora direi che possiamo riprendere da dove... agh.- non riuscii a terminare la frase, ancora quel tremore, solo che stavolta era diverso, era più forte e sembrava che mi avesse invaso tutto l'apparato digerente. Mi chinai in avanti, cominciando a praticare la respirazione Yoga in cinque tempi nella speranza che passasse. I crampi non erano una novità, soprattutto per me che riuscivo a prendere tutti i virus intestinali e non, un po' ci avevo fatto l'abitudine.
Era qualcosa di sbagliato.
Edward si accucciò davanti a me e mi poggiò una mano sulla fronte per misurarmi la febbre, possibile che mi fossi influenzata?
-Nora, che hai?- domandò già in ansia. In una qualsiasi situazione, sapere di non poter fare nulla di concreto lo disarmava, le influenze erano una di quelle situazioni. Allora, oltre che prendermi cura di me stessa, dovevo anche prendermi cura delle sue paranoie.
-Non lo so, ho sentito un altro tremore allo stomaco.- sentivo che c'era qualcosa di sbagliato in quella sensazione, che stesse per accadere qualcosa.
-Forse è meglio che aspettiamo un po', vai a sederti. Hai appena mangiato.
-Troppo tardi...- corsi in direzione del bagno giusto in tempo, i successivi tre conati di vomito mi provocarono degli spasmi abbastanza forti da impedirmi di riprendere fiato.
Era qualcosa di oscuro, e innaturale.

*******Spazio Autrice********
Buona sera a tutti!!!! Finalmente sono riuscita a postare il nuovo capitolo, era lì pronto da quasi tre giorni ma non trovavo mai il tempo di inserire l'HTML. È la parte più noiosa della pubblicazione.
Però sono davvero soddisfatta, è venuto fuori un capitolo bello lungo, spero di riuscire a farmi perdonare il ritardo! Per la serie non sono ruffiana...

Il prossimo capitolo vi dico già da ora che lo posterò entro sabato prossimo e che sarà il penultimo della fic. Quindi siamo praticamente alla fine!

Cooomunque ora passo alle recensioni, avevo promesso già nello scorso capitolo che avrei risposto ed ora ci siamo!

lovecoffee= tesoro...mi sarebbe piaciuto mettere qualche scena a rating rosso! Chissà cosa sarebbe saltato fuori... comunque no, lasciamo un pò di spazio alla fantasia... è incredibile, riesco a risultare falsa persino scrivendo!!! Allora, ti è piaciuto il primo incontro? Personalmente mi è piaciuta di più la scena del bacio... fammi sapere!

titti92= mettere un colpo di fulmine con dichiarazione di amore eterno al primo incontro mi è sembrato un pò troppo casca palle. ci stava bene qualcosa di un pò più...sentimentale, che non è il romantico; più inteso nel senso di realista, ecco! Mi fa davvero piacere che ti sia piaciuto! Fammi sapere per questo, kiss

Hinata_S_I_TT 4EVER= ecco il secondo atto!

Sara90= sìsì! Il titolo è proprio quello di Olli Vincent, infatti mi sono ispirata a quella canzone nella stesura del capitolo. Per questa invece mi sono lasciata trasportare dalle note di Alanis Morrisette in Crazy. La fantastica canzone de Il diavolo veste prada. Ti consiglio di ascoltarla mentre leggi il capitolo nel paragrafo del balcone notturno! Bacio

Saretta__Trilly__= l'ultima frase del capitolo mi è venuta in mente guardando il quarto episodio di Desperate Housewives della seconda stagione, non so se lo guardi. La dice quasi uguale Susan a Mike e mi sono piegata in due dal ridere! Spero che ti sia piaicuto anche questo capitolo! Baci

Ovviamente ringrazio anche coloro che hanno appena aggiunto la storia tra i preferiti e tra le seguite!

Ringrazio anche coloro che l'hanno appena letta e coloro che vorranno lasciare una recensione.

Kiss by Achin4perfection!

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Capitolo 10
*** Paura ***


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Paura

-Nora metti immediatamente giù quella brocca!- esclamò Rosalie strappandomela dalle mani, rimasi immobile dov'ero per qualche secondo. Completamente colta alla sprovvista.
-Perché scusa?- domandai raggiungendola e cercando di riprendermi la brocca dell'acqua, cosa che lei mi impedì lanciandola in aria e facendola recuperare al volo da Alice prima che cadesse anche solo una goccia d'acqua. Vidi Bella fare una risatina mentre pelava cinque carote quasi allo stesso tempo, era talmente rapida che mi ricordava una di quelle dee indiane con sei braccia; Esme, invece, fece finta di nulla, ormai ci sarà abituata a vedere Rose ed Alice mettere a repentaglio i suoi amati cristalli.
-Non devi muovere un dito oggi!- esclamò Alice poggiando la brocca al centro della tavolata al posto mio. Bello, ci mancava solo che mi facessero sdraiare sul divano con una borsa per il ghiaccio in testa e il classico termometro in bocca. Che visione triste.
-Vai di là dagli altri, in quattro persone in cucina sono già troppe!- commentò Esme. In quel momento aveva anche lei un coltello in mano, meglio non contraddirla. Forse avrei potuto buttarla sulla pietà... naa, non sono così meschina. Ma loro oggi lo erano e mamma Cullen, notando la mia irremovibilità, abbandonò il ripiano da lavoro su cui stava preparando la faraona ripiena e mi circondò le spalle con il braccio destro, obbligandomi a voltare le spalle alle altre per uscire dalla stanza.
-Aspetta un attimo, e l'incantesimo? Fino a prova contraria serve una strega.- risposi cercando disperatamente di tenere i piedi attaccati al marmo del pavimento, ovviamente senza riuscirci. Scivolavo come se indossassi delle pattine anziché dei tacchi a spillo.
-Ti chiameremo quando sarà pronto, non ti preoccupare cara.- mormorò lei accompagnandomi in sala e riscomparendo in cucina senza lasciarmi il tempo di replicare alcunché.
Rientrando in sala, mi sembrò di essere stata catapultata in una specie di film western, ma senza tutto quel western. Non ha molto senso, vero, ma vedere cinque uomini, un ragazzino e una bambina giocare a Poker Texas Hold 'em faceva molto Pallottole Cinesi. Renesmee stava seduta in braccio ad Alex e giocavano in due, erano davvero molto teneri e ovviamente stavano vincendo alla grande.
La telepatia di Edward faceva un baffo ai poteri di Alex, quasi la totalità delle fish di plastica erano davanti ai due ragazzini che se la ridevano come pochi. Alla faccia dell'innocente infanzia. Sentendo i miei pensieri Edward rise e mi fece posto sulla sedia accanto. Una bella partita a poker mi serviva proprio.
-Almeno tu fai l'adulta ed evita di barare.- commentò Emmett distribuendo le carte. Renesmee davanti a noi, arricciò le labbra offesa. Piccola!
-Ma zio, non stiamo barando!- esclamò con quella vocina squillante così vicina agli ultrasuoni.
-Noo, certo che no Nessie. Il fatto che vi siano capitate cinque scale reali massime di fila e un poker d'assi non è barare.- rispose il vampiro gigante scuotendo la testa.
-Alex, forse dovremmo evitare di essere così palesi.- mormorò la bambina rivolgendosi al fratellastro. Lui si limitò a stendere un sorriso beffardo, è proprio mio figlio.
-O forse, Alex dovrebbe evitare di usare i suoi poteri ed affidarsi semplicemente a San Culo.- proposi io guardando le carte del cavolo che avevo in mano, un tre di picche e un quattro dello stesso seme, non sarei andata molto lontano con simili carte. Gli altri risero alla mia battuta e cominciò il girò di puntate. Lanciando le prime due fish sul tavolo mi cadde l'occhio sull'orologio che tenevo al polso, erano appena le undici e mezza, ne avremmo avuto di tempo per giocare!
Poco dopo, Edward inclinò leggermente la testa nella mia direzione. -Cerca di assecondarle, fanno quello che possono.
Credevano che non facendomi fare nulla mi avrebbero aiutato a realizzare il lutto? Ma non avevano mai sentito parlare della “scatola”?
Io immagino una grande scatola vuota di cartone, riempirla di tutti i pensieri e i sentimenti più brutti e poi immagino me stessa chiudere la scatola e metterla in uno sgabuzzino vuoto per poi chiuderlo a chiave. Avrei lasciato la scatola chiusa per tutto il giorno, poi, una volta a casa, avrei aperto sgabuzzino e la scatola e ne avrei affrontato il contenuto, in privato. Come ho sempre fatto del resto.

*

Siccome l'acqua non bastava a togliermi il sapore di succo gastrico dalla bocca, decisi di ripiegare sul collutorio e ne ingoiai un tappino intero. La menta fredda mi fece lacrimare un poco ma, in confronto al saporaccio acido del pepsinogeno, mi sembrava panna montata.
L'orologio sul muro di fianco allo specchio segnava le undici e mezza, Gillian sarebbe tornata entro mezz'ora e non volevo che mi vedesse in quello stato. Uscii dal bagno con passo leggermente barcollante ma mi raddrizzai quasi subito e tornai in cucina, dove mi sedetti sulla sedia più vicina portandomi entrambe le ginocchia al petto e circondandole con le braccia. Edward aveva appena finito di lavare il piatto e le posate che avevo usato, non ci avrà messo più di dieci secondi per lavarli, asciugarli e rimetterli nella dispensa. Sembrava pensieroso, in attesa, indeciso.
-Sai a cosa pensavo?- domandò restando con le mani appoggiate al lavandino. Io alzai la testa e la scossi di lato.
-Sorprendimi.- Che non dovremmo più fare uscite notturne? Quello lo pensavo anche io, la temperatura di stanotte era tre gradi sotto zero, e poi mi stupisco se vomito!
-A parte quello, forse è il caso di aspettare l'arrivo della primavera per ricominciare a fare certe uscite romantiche...no, io pensavo noi due, più che altro.- in quel momento, tirò fuori dalle tasche della tuta un sacchettino di raso bianco avorio legato da un nastrino dello stesso colore e mi si avvicinò piano, per poi inginocchiarsi accanto alla sedia su cui ero seduta io. Ero ancora mezza rimbambita dai conati di prima, mi girava la testa, non ci sarei mai arrivata.
-Nora, tu sei la ragazza più nevrotica, imprevedibile e testarda che io abbia mai conosciuto in più di cento anni, a volte sei davvero intrattabile e se l'unica ragazza che è stata in grado di fare davvero amicizia con Rosalie; nonché l'unica che non corre alcun rischio vivendo in una famiglia di vampiri...
-Ed, al momento mi gira un po' tanto la testa e capisco la metà delle parole che dici... dove vuoi arrivare?- lo vidi alzare gli occhi al cielo e sorridere, poi appoggiò sul tavolo il sacchettino che emise un piccolo tintinnio al contatto col legno. Sentii freddo, Edward mi aveva afferrato entrambe le mani e ora le stringeva delicatamente tra le proprie.
-...e volevo fare tutto un discorso molto profondo per creare un minimo di atmosfera romantica che mi hai appena smontato, ma non saresti la donna che amo se non lo avessi fatto.-risollevò il sacchettino di raso dal tavolo e sciolse il nodo del nastrino, ben attento a non romperlo, per poi lasciarsi scivolare nella mano il suo contenuto. Un anello d'oro di fattura antica, un po' vistoso, con file diagonali di diamanti incastonati nel prezioso metallo.
-Avrei voluto aspettare un momento più adatto, per dartelo, poi ho capito che avrei dovuto farlo qui. Dove spero di rimanere con te finché avrò vita.- mi guardai un attimo intorno.
-In cucina, circondati da waffles in salsa di ribes?- lui rise e cominciò ad accarezzarmi il viso col palmo della mano.
-No, sciocca, in questa casa.- rispose con una convinzione che avevo visto in rare occasioni, gli brillavano gli occhi e questo poteva significare solo due cose: o stava per scoppiare a piangere, il che era poco probabile visto il soggetto, o...
-...Eleonora Bennett, vuoi sposarmi?- un po' me lo aspettavo. Insomma, prima l'anello, poi il discorso per girarci intorno...ma l'unica cosa che riuscii a dire...
-Oh mio Dio. - e, in quel momento, andai in apnea, completamente incapace di respirare o di fare qualsiasi altra cosa.
-Dì di sì e farai di me l'uomo più felice del mondo.- ricominciai a respirare, giusto per non svenire; non appena l'aria ricominciò a circolarmi nei polmoni riconobbi quel piccolo crampo allo stomaco di prima. Come dire, posto giusto al momento giusto.
-...io, Edward... oh, porca miseria!- in una frazione di secondo mi catapultai di nuovo in bagno tappandomi la bocca con la mano. Stavolta non feci in tempo ad arrivare al water e dovetti sacrificare il lavandino, che schifo. Grazie a Dio lo stomaco era già stato parzialmente svuotato.
Quando finii di vomitare, vidi la mano di Edward aprire completamente l'acqua fredda del lavandino, mi porse l'asciugamano e mi riportò in braccio in camera mia, dove mi fece stendere sul letto. Sentivo gli occhi lucidi, ma la testa aveva smesso di girarmi.
-Nora, amore. Stai bene?- domandò sdraiandomisi accanto. A quel punto non riuscivo a pensare ad altro.
-Stiamo insieme da quanto, otto-nove mesi, non è un po' azzardato?- domandai più che altro a me stessa, lo sentii ridere dall'altro lato del materasso.
-Nora, nella mia epoca sarei già stato sposato da un pezzo. Quello che conta è che io ti amo e che voglio passare l'eternità insieme a te.
-Già, peccato che qui siamo nella mia...un momento... eternità? Stai dicendo che vorresti trasformarmi?- mi alzai di scatto, poggiando la schiena contro la testiera del letto. Non ci credevo.
-Solo se lo vorrai. Personalmente, lo desidero molto.- sussurrò sedendosi accanto a me e circondandomi le spalle col braccio gelido, poi notai di nuovo l'anello sul palmo della sua mano: lo afferrai e lasciai che scivolasse attorno al mio anulare sinistro.
-Sì, sì che lo voglio!- esclamai gettandomi letteralmente addosso a lui e prendendo a baciarlo con forse un po' troppa enfasi, ma non me ne importava. Era magnifico, adesso avevo tutto ciò che avevo sempre desiderato. Non avevo bisogno di nient'altro.

*

-Esme, questa faraona è sublime!- esclamai dopo avere inghiottito il sesto boccone, la carne era così tenera che mi si scioglieva direttamente sulla lingua. Assolutamente deliziosa. Tutto, su quella tavola, era delizioso.
-Grazie cara, però penso che la salsa sia un po' densa.- sorrise cordialmente la diretta interessata. Scommetto che dentro stava facendo i salti di gioia e le capriole all'indietro, Dio solo sa quanto tempo era che quella donna desiderava cucinare per la famiglia dei piatti veri.
-E chi ci fa caso? Solo Jasper è già alla terza porzione!- lui era alla terza, come Edward e Carlisle del resto, mentre Emmett finiva di gusto la quinta. Mi sembrava di essere finita nel cartone animato di Dragonball, dove tutti i sayan mangiavano quantità di cibo spropositate. Evidentemente, anche i vampiri non sono da meno.
Alla mia destra, Bella e Alice ridevano di alcuni aneddoti che si raccontavano a vicenda. Io non sapevo quasi niente della storia di Bella e Edward e non sapevo come ingraziarmi Bella, magari chiederle della loro storia mia avrebbe aiutata a farci amicizia. In caso contrario...beh, avrei tirato le cuoia entro qualche mese, quindi aveva poca importanza.
-Allora Bella, qual'è la cosa più romantica che Edward ha fatto durante la vostra relazione?
-Beh, quella più romantica è stata prima che ci mettessimo insieme. Ha passato molte notti nella mia stanza per guardarmi dormire e non lo sapevo! Non è la cosa più romantica di questo mondo?- per un attimo mi strozzai col vino. Ero leggermente basita e avevo i brividi al pensiero.
-...che?! Non è romantico, è pauroso! Io ti avrei denunciato per stalking!- esclamai guardando lui. Edward si limitò a bere un sorso di vino, poi ricominciò a mangiare come se niente fosse. Bella invece sembrò un po' offesa, oh cavolo, mi sa che li avevo toccati in un punto delicato. Che gaff.
-Vuoi dire che non è mai venuto a trovarti?- mi domandò lei cercando di apparire educata anche se scommetto che avrebbe volentieri voluto strozzarmi con le sue stesse mani per aver insultato i loro momenti più romantici.
-Assolutamente no, mia madre aveva piazzato incantesimi di protezione tutt'intorno alla casa. Se avesse voluto venire a farmi una sorpresa avrebbe dovuto lanciare i sassolini sulla finestra, svegliare Gillian e pregarla per toglierli!- spiegai gesticolando con forchetta e coltello.
-Non lo potevi fare tu?
-Ma ti pare! Non mi sveglierei nemmeno se mi piazzassero un concerto spin-metal sotto la finestra, figurati dei sassolini contro il vetro!
Per un attimo, un attimo solo, mi si fermò il respiro. Per fortuna nessuno se ne accorse e ricominciai a mangiare come se niente fosse. Ma non era così, non andava bene. Era come se un'ombra mi avesse attraversata da dietro, un'ombra nera che sapeva di fuliggine e sporco. I miei poteri mi stavano mettendo in allarme, non eravamo soli.
C'è una cosa che i vampiri non sanno e forse che non sapranno mai: loro non sono in grado di percepire la presenza delle streghe. La magia lascia una scia tutta sua, percepibile solo da altre streghe e Alex costituiva un'altra fantastica eccezione. La sua metà magica era stata attraversata dai miei stessi brividi. Incrociammo lo sguardo per un istante, non so che espressione avevo in quel momento, ma potevo vedere la sua. Era spaventato, preso alla sprovvista.
Daniel aveva deciso di attaccarci.

*

-Dov'è il tuo ragazzo?- era entrata da appena dieci secondi e già faceva l'acida?
-Ciao anche a te! È tornato a casa, doveva dire una cosa ai suoi. Mamma, cos'è questa roba?- domandai svuotando il sacchetto di carta della farmacia. Erano tre scatole di colori diversi ma tutte pubblicizzavano lo stesso inquietante oggetto.
-Tesoro, hai fatto educazione sessuale due anni fa e a dieci anni la tua maestra di scienze mi ha risparmiato l'odioso discorsetto delle api e dei fiori. Ti prego, evita di farmi domande a cui sai risponderti da sola.- rispose seccamente Gillian mettendo sul fuoco il bollitore del tè. Sì, mia madre è sempre stata una persona molto diretta, senza peli sulla lingua.
-So cos'è un test di gravidanza, quello che mi chiedo è che diavolo ci fa sul nostro tavolo!- esclamai prendendo una delle scatole e sollevandola in aria in modo che la vedesse bene anche lei.
Mia madre non si mosse dal piano cottura, completamente priva di una qualsiasi espressione che potesse aiutarmi a capire a che cosa stesse pensando.
-Voglio che tu li faccia, tutti e tre.
-Cosa? Non sono incinta!- esclamai basita. Sperai sinceramente che stesse scherzando, invece era serissima. Brutta cosa.
-Tu non lo sai.
-E tu sì?- domandai ancora più sconcertata. A mia madre non era mai importato niente della mia vita sessuale e adesso si mette a comprarmi i test di gravidanza che io ne sappia nulla?
-Ellie, è da cinque giorni che quando attivo le protezioni della casa sento dei piccoli fischi continui che mi hanno fatto venire l'emicrania e non ce la faccio più!- era stanca, lo sentivo dal suo tono di voce. Allora era vero che non dormiva da cinque giorni, questo spiega anche l'intera caraffa di camomilla e melassa che si era appena preparata.
-Cos'è, l'allarme ti dice che sono incinta?
-No, mi dice se ci sono dei vampiri in casa ed Edward Cullen non dorme qua da quasi una settimana, la scorsa notte esclusa. A meno che tu non sia diventata una di loro e lo escludo, allora ce un piccolo essere della notte che si sta sviluppando nel tuo ventre e voglio esserne sicura.- affermò raccogliendo tutte le scatole dal tavolo e mettendomele sulle braccia.
-Vai. Ah, a proposito, bell'anello. Te lo ha regalato lui?- disse indicandomi la mano sinistra. Io arretrai di qualche passo, meglio non approfondire il discorso matrimonio finché non avessimo risolto questo.
-Sì, mamma. Ora vado in bagno così prima ti dimostro che va tutto bene, prima ti darai una calmata.
Ero divisa a metà, non io personalmente, ma la mia paura. Non sapevo cosa mi spaventava di più, se la proposta di matrimonio di qualche ora prima o l'essere incinta di un vampiro. In entrambi i casi, non avevo la minima idea di cosa aspettarmi, accadeva tutto così in fretta che non mi sembrava neanche di riuscire a viverlo. Guardavo il mio riflesso nello specchio, poi i tre bastoncini bianchi ai miei piedi, poi di nuovo il riflesso senza un motivo. Il rumore della porta d'ingresso mi risvegliò dai miei pensieri.
-Ciao Edward.- oh cazzo. E adesso? No, non può essere. Aveva detto che ci avrebbe messo più di un paio d'ore.
-Signora Bennett.
-Ellie è in bagno, uscirà a momenti.
Sembrava che il tempo si fosse fermato, la lancetta dei secondi non avanzava e un minuto mi sembrò un'ora. Solo dopo mi accorsi che, forse, era giunto tutto troppo presto. E mi venne una voglia incontrollabile di urlare.
-PUTTANA LADRA!- il calcio che tirai alla porta era talmente forte che la scardinai completamente e questa si spalancò battendo contro il muro di fianco. Di fronte a me, Edward e Gillian. Cartaiginienica, cartaiginienica, cartaiginienica, cartaiginienica...
-Amore, stai bene?
-...ehm, sì! È finita la cartaigienica.- e anche la mia vita.

*******Spazio Autrice********
Buona sera a tutti!!!! Eccomi, finalmente sono riuscita ad essere puntuale!
Però sono davvero soddisfatta, e anche un pò emozionata visto che questo era il penultimo capitolo!

Purtroppo non riuscirò a rispondere alle recensioni perché devo uscire e per rispondere ci metterei almeno una decina di minuti, cosa che non ho.

Risponderò nel prossimo ed ultimo capitolo, sono davvero commossa perchè la fic è seguita da un sacco di persone e ne sono davvero orgogliosa!

Ovviamente ringrazio lovecoffee, Hinata_S_I_TT 4EVER, titti92, Sara90 e Saretta__Trilly__ per aver recensito lo scorso capitolo.

Poi rigrazio tantissimo anche coloro che hanno appena aggiunto la storia tra i preferiti e tra le seguite, numero che vedo crescere di giorno in giorno!

Ringrazio anche coloro che l'hanno appena letta e coloro che vorranno lasciare una recensione.

Kiss by Achin4perfection!

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Capitolo 11
*** Prima di tutto strega, prima di tutto madre ***


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Prima di tutto strega, prima di tutto madre

La festa della mamma cade sempre la seconda domenica di maggio, i figli comprano raffinati bouquet, firmano teneri biglietti e i più piccoli creano gioielli fatti a mano. Tutto, nel tentativo di festeggiare quella donna chiamata semplicemente “mamma”. Purtroppo a me era andata diversamente; chi avrebbe mai detto che da quel giorno non avrei mai più potuto festeggiare la mia, di mamma. Ora ero io ad essere festeggiata, in un modo piuttosto inusuale. Perseguitata dal mio ex.
Il lampadario di cristallo dondolò minacciosamente sopra alle nostre teste, alcuni quadri caddero dalle pareti e i bicchieri posati sul tavolo si rovesciarono riversando tutto il loro contenuto sulla tovaglia candida e sul pavimento. La scossa ci fece scattare tutti. Mai, nella storia di Forks, erano stati registrati degli eventi sismici e la sola presenza di Daniel in città aveva messo tutti in allarme. Bella e Jasper ringhiarono d'istinto e Bella raccolse subito la figlia dalla sua sedia per proteggerla tra le sue braccia mentre gli altri erano immobilizzati come delle statue di marmo.
-Alex, vieni qui!- mi corse incontro dall'altra parte del tavolo e in un attimo fu anche lui al sicuro tra le mie braccia, finché fosse stato con me non gli sarebbe successo niente. Sollevando lo sguardo, potei vedere i volti di tutti; era alquanto raro vedere in un vampiro il terrore. Solo Edward pareva tutto sommato tranquillo, perché lui sapeva, lo aveva letto nella mia mente. Carlisle stringeva forte la moglie e guardava il soffitto come se si aspettasse un attacco dall'alto e lo stesso facevano Esme ed Emmett.
-Che cosa succede, nh? Che vi prende? Edward che sta succedendo in questa casa... sta succedendo qualcosa, lo sento.- mormorava Alice, anche lei piuttosto irritata per non riuscire a vedere il nostro futuro imminente, camminava da un punto all'altro della casa senza uno scopo preciso, iperattiva. Lei non poteva vedere la magia e ciò la mandava fuori di testa, era sempre stato così, era fatta così.
-Sì, si sente un odore particolare. È l'odore delle stronzate pesanti!- esclamò Rosalie incrociando le braccia al petto, era furibonda ma non per lo stesso motivo di Alice, no... ma perché aveva notato l'espressione mia e del fratello ed ora aveva capito che c'era qualcosa che noi sapevamo e che non abbiamo detto a nessuno.
-Rose, calmati. Non ce lo aspettavamo nemmeno noi.- disse Edward con tono fermo, almeno lui cercava di mantenere la calma.
-Cosa non vi aspettavate?- domandò Carlisle.
-Che Daniel decidesse di venire direttamente qui.- mormorai io ansimando, solo lo stress del momento era in grado di rubarmi molta energia. Dovevo cercare di calmarmi se volevo pretendere di essere in grado di difenderli tutti. Non potevo ribaltarmi da ferma per un calo di pressione, dovevo resistere il più possibile.
Poi comparve in cielo la nuova sigla di Daniel, nubi nere come la pece ricoprirono il cielo in pochissimi secondi; niente pioggia, solo oscurità. Finché il primo fulmine non cadde accanto alla casa frantumando la finestra. I frammenti di vetro volarono per tutta la stanza, io e Alex ci buttammo a terra per non essere colpiti, i Cullen invece potevano tranquillamente permettersi di rimanere in piedi senza correre il rischio di ferirsi con le schegge.
-NORA!- la sua voce echeggiò per decine di metri prima di arrivare a noi. Lui voleva me, soltanto me, avrei risparmiato ulteriori noie a tutti gli altri se mi fossi alzata e fossi andata da lui senza lamentarmi od oppormi.
-Nora, non ti muovere.- sibilò Edward in piedi dall'altro lato della stanza.
-NORA! Avanti dolcezza, vieni fuori.
Le mie ginocchia si tesero da sole, sollevandomi in posizione eretta. Se avessi avuto ancora un briciolo d'istinto di sopravvivenza me ne sarei rimasta rannicchiata con mio figlio, però non avevo più neanche una stilla e, comunque quella sopravvivenza sarebbe sopravvissuta per poco più di cinque mesi, indi. Alex mi afferrò un gomito, costringendomi ad abbassarmi per guardarlo negli occhi.
-Mamma, non lo fare.
Poi la sua presa svanì, anzi, svanì del tutto. Al suo posto, sul pavimento c'era una sagoma circolare contornata da schegge di vetro, ma al centro più nulla, Alex non era più con noi.
-L'HAI VOLUTO TU CARA.
Mi sembrò di perdere l'udito, era tutto otturato. Non c'era più niente da udire, solo il mio respiro farsi più pesante, più ampio, come se fossi in uno stato di ansia. Uguale. Qualcosa di pericoloso mi stava crescendo dentro e cercavo di respingerlo rallentando i respiri, ma non ci riuscivo. La marea che mi trascinava in balia dei miei poteri che prendevano il sopravvento nel mio corpo, svegliati dall'istinto materno che era stato seriamente turbato. Da quel momento, non avrei più risposto delle mie azioni, non ne sarei stata più in grado.
Come si suol dire, mai svegliare il can che dorme? Mai far incazzare una strega, soprattutto questa in particolare.

*

-Mamma, che cosa faccio?- domandai non appena Edward fu di nuovo fuori casa.
Gli avevo chiesto di andarmi a comprare non mi ricordo più che cosa, mi serviva una scusa per farlo uscire di nuovo di casa nonostante fosse arrivato da meno di due minuti. Gillian se ne stava seduta sulla sua poltrona preferita, sorseggiando tè ai fiori, come se la cosa non la toccasse nemmeno un po'. Io invece stavo seduta sul divano e tentavo di soffocarmi con uno dei cuscini, peccato che non funzionasse per niente.
-Se me lo avessi chiesto qualche mese fa avrei potuto fare qualcosa, per esempio dicendoti di non fare sesso con un vampiro!- esclamò reclinando lievemente la testa di lato e tenendo gli occhi fissi su me e la mia vergogna.
-Lo so, lo so. Sono una figlia irresponsabile e una strega incompetente, vuoi aggiungere qualcos'altro alla lista delle delusioni che ti procuro?- domandai togliendomi il cuscino dalla faccia e poggiandomelo sulle ginocchia. In effetti, il mio compito era solo quello di stare zitta e subire ogni meritatissimo cazziatone che mi avrebbe fatto.
-Beh, non sarai strega ancora per molto. Quindi potremmo piuttosto depennarne una.- mormorò avvicinandosi la tazza alle labbra sottili e prendendone un altro sorso. Credetti di aver capito male, scossi un paio di volte la testa di lato per farmi uscire dell'acqua immaginaria dalle orecchie e compensai un paio di volte. Non stava dicendo sul serio, stava scherzando. Voleva prendermi in giro per farmi sentire una merda per i guai in cui mi ero cacciata, ecco tutto.
-Che mi sono persa?
-Tesoro, se avessi consultato i diari della nostra famiglia almeno una volta sapresti che i figli ibridi dei vampiri nascono uccidendo la madre.- disse lei col tono più pacato di questo mondo. Lei, che queste cose le sapeva da prima della mia nascita, non mi aveva detto niente finché non sarebbe stato troppo tardi. Ed ora è troppo tardi. Io ebbi la reazione opposta, sgranai gli occhi in perfetto stile gufo e spalancai la bocca come se la mandibola non fosse neanche la mia. In una serie di istantanei viaggi mentali mi immaginai completamente squarciata da un neonato che si nutriva del mio sangue... che immagine raccappricciante, un po' come vedere il silenzio degli innocenti subito dopo aver mangiato pesante.
-Minchia, molto bene! Allora ho i mesi contati.- sospirai poggiandomi una mano sulla fronte, speravo che fosse tutto un sogno. Gillian ripose la tazza vuota sul tavolino di vetro al centro della sala, poi intrecciò le dita delle mani tenendole sul grembo. Mia madre è sempre stata una donna molto posata... tranne quando cominciava a parlare come uno scaricatore di porto.
-Certo, a meno che Edward non decida di farti diventare una di loro prima che sia troppo tardi.- la sua affermazione mi lasciò in parte delusa e in parte scioccata. Credeva veramente che mi avrebbero lasciata morire?
-Sicuro che lo farà, Edward non mi lascerebbe mai morire.
-E nel momento in cui non ci saranno più cellule vive nel tuo corpo, cesserai di essere quello che sei.
-Vuoi dire che... che perderò i miei poteri?
-Di più Eleonora, perderai le tue radici. Essere una Bennett non esclude la magia; perdendo quella, perderesti ciò che ti rende parte della nostra famiglia.- mia madre non mi chiama quasi mai Eleonora, solo quando mi deve sgridare o fare delle raccomandazioni. Il fatto che mi abbia chiamata per intero appesantiva ancora di più l'importanza delle sue parole.
-Non posso semplicemente scegliere?- sono una persona terribilmente egoista, non volevo scegliere. Non volevo perdere i miei poteri e non volevo perdere nemmeno la possibilità di stare accanto ad Edward. Gillian abbassò lo sguardo sul mio ventre, non ne sono sicura ma mi è sembrato di vedere una microespressione di tristezza sul suo volto, proprio accanto alla linea delle labbra. Era già una cosa strana di per sé, lei non si faceva vedere MAI triste, nemmeno per sbaglio e di sicuro non in pubblico. Gillian era il classico tipo che preferiva scolarsi un'intera bottiglia di scotch maltato e passare la giornata successiva sull'orlo del coma etilico piuttosto che lasciarsi sfuggire una lacrima.
Forse, la prospettiva di poter perdere sua figlia l'aveva portata a guardare le cose da un'altra prospettiva. Se non avessi visto quel luccichio, non avrei esitato a voler diventare una Cullen; ma il fatto che l'avessi visto mi portava a fare ben altri ragionamenti, ben altri viaggi mentali, e mia madre era assente in molti di essi, presto non sarebbe più esistita. Ora che ero riuscita a vedere per la prima volta il suo lato umano e materno, non lo volevo più lasciar andare. In fondo ero ancora una ragazzina, diciassette anni sono troppo pochi. Sono troppo pochi.
-Oh Ellie, tu hai già scelto.
-No, nono no no NO NO!- non riuscii nemmeno ad alzarmi in piedi, strisciai sul pavimento inginocchiandomi davanti a mia madre e prendendole le mani con le mie. Era accaduto tutto troppo in fretta, se lo avessi saputo sarei stata attenta ed avrei avuto tempo per pensarci.
-Non voglio morire, mamma ti prego aiutami! Non voglio.
-Non ho mai approvato la tua strana relazione mistica con un essere della notte. Gli ibridi sono praticamente invincibili durante la gestazione, quello che posso fare io è far nascere questo bambino senza che lui uccida te.
-Dimmi quello che devo fare e lo farò.
­-Sarebbe più sicuro per tutti che questo bambino nasca lontano da questo posto, ci sono già abbastanza vampiri. Lo cresceremo come uno stregone e soffocheremo il suo lato pericoloso.
-Vuoi andare via da Forks? Ma mamma...
-Partiremo oggi stesso. Hai qualche minuto per pensarci, poi Edward sarà di nuovo qui.
Qual'era la prospettiva che più mi terrorizzava: perdere i miei poteri o perdere l'amore della mia vita? Eppure, prima di tutto, volevo questo bambino prima di ogni altra cosa. Come dicevo, sono una persona molto egoista.

*

Edward mi precedette lanciandosi fuori dalla stanza, ma quando aprì la porta d'ingresso sentii un tonfo assordante e un istante dopo lo vidi a terra, sparato di cinque metri all'indietro; sotto di lui, le assi del parquet si erano incrinate. Alice corse verso l'ingresso a sua volta ma, a differenza del fratello, si fermò sulla soglia e tese una mano davanti a sé, accarezzando l'aria.
Il suo giudizio fu istantaneo e senza dubbi.
-Siamo imprigionati dentro.- decretò continuando a sfiorare il nulla. Certo, figurati se quel vigliacco avrebbe corso il rischio di doversi battere con un'intera famiglia di vampiri. La magia fa tante cose, ma la prevedibilità era un dono esclusivo di Alice, non mio, non di Alexander e tanto meno di Daniel.
-No, non tutti.- disse Edward dopo qualche secondo di silenzio, se Daniel era dentro il suo raggio d'azione, significa che non era affatto lontano.
-Vigliacco figlio di puttana.- mormorai tendendo le labbra in un sorriso beffardo. Mi avvicinai a mia volta alla soglia dell'ingresso, constatando che su di me non aveva alcun effetto, ero già con un piede fuori dalla casa quando mi dovetti bloccare sul posto.
-Nora!- mi voltai e vidi Rosalie riempire in pochi passi la distanza che ci separava, circondandomi le spalle con le sue braccia di ghiaccio e sfiorandomi una guancia con la sua, io cercai di stringerla più che potevo.
-Mi raccomando, uccidilo e torna qui.- mi sussurrò all'orecchio.
-Morirà tra le mie mani, ci puoi scommettere.- risposi separandomi da lei. Guardai un ultima volta il resto della famiglia, fotografando nella memoria le loro espressioni: i loro sguardi preoccupati, i loro sorrisi d'incoraggiamento, le mani intrecciate dal nervoso dell'impedimento.
Chissà che cosa non darebbero Emmett e Jasper per poter uscire e tirare qualche sano pugno.
La famiglia di cui, anche se per poco, ho fatto parte, era lì che contava su di me per riportare da loro il nipote mai conosciuto. Il mio bambino.
-Allora vado.- non ebbi più il coraggio di voltarmi una seconda volta. Non ce l'avrei fatta. Mi sarebbe salita la voglia di provare a liberarli e ci avrei messo troppo tempo, non me lo potevo assolutamente permettere. Decisi quindi di allontanarmi dalla casa il più in fretta possibile, quanto più veloce le mie gambe mi consentissero di andare. La pioggia, il vento, il rumore dei tuoni e dei lampi non li sentivo nemmeno; semplicemente, continuavo a correre. Giunta alla radura, riuscii a distinguere la sagoma scura di Daniel e del suo braccio che circondava il collo di mio figlio.
Mi avvicinai ancora, ma non riuscii a superare gli ultimi venti metri che ci separavano.
-Il richiamo materno... non trovi che sia una delle cose più affascinanti di questo mondo?
-Se non lo lasci andare immediatamente, ti giuro che...
-No no, Eleonora. Qui non sei tu a dettare le regole, perché come puoi ben notare... ho io il coltello dalla parte del manico, e tuo figlio ha il collo dalla parte della lama.
-…
-Come la mettiamo?
-...che cosa vuoi?
-Voglio te, ecco cosa voglio. Tu ora vieni qui da me, senza usare la magia, e io lascerò andare questo bastardo di tuo figlio da quel morto vivente del padre.- fece una smorfia di disgusto e mi offrì una mano col palmo rivolto verso l'alto affinché la afferrassi. Gliela presi senza indugiare un secondo di più.
-Va bene, lascialo andare.- l'altro braccio liberò il collo di mio figlio dalla presa e lui cadde a terra, non avevo il coraggio di guardarlo. Mi vennero le lacrime agli occhi e cominciai a puntare lo sguardo verso l'alto per cercare in qualche modo di scacciarle. Era difficile.
-Mamma...
-Alex, va a casa.- dissi cercando di trattenermi. Tra le altre cose, Alex aveva ereditato la mia testardaggine.
-Non ti lascio da sola...
-HO DETTO VAI!- una raffica di vento ci attraversò e lo colpì spingendolo indietro di quasi venti metri lontano da noi. Era terrorizzato, lo vidi voltarsi e prendere la rincorsa per tornare alla casa, sollevando zolle di terra con le sue falcate. Era l'unica cosa che potevo fare per salvargli la vita, non avrebbe avuto speranza di sopravvivere contro Daniel, non più.
-E adesso torniamo a noi...- con due dita mi afferrò il mento, voltandomi verso di lui e costringendomi a guardarlo dritto negli occhi. In quei magnifici occhi scuri e lucenti come la notte ai quali io non ero mai stata in grado di resistere.
-Daniel ti prego smettila... lo sai che ti amo tantissimo.- mormorai ancora col fiatone per lo sforzo. Lui fece un'altra smorfia, questa era perfida.
-Scusami tanto amore mio.- disse con un tono di voce rauco e stanco, come se fosse ubriaco. Era ubriaco della magia di mia madre.
-Lo sai che farei qualsiasi cosa per te...
-Non ti credo, non ti credo, NON TI CREDO!- mi sentii una morsa stretta attorno al collo, manco mi ero accorta delle sue mani che lentamente mi circondavano il collo, troppo occupata a supplicarlo di lasciarmi andare. Che stupida.
Annaspavo alla ricerca d'aria mentre lui mi aveva stesa a terra per finire l'opera, gli afferrai i polsi ma non riuscivo a fargli mollare la presa, la vista cominciava a farsi sfuocata... non sentivo più alcun rumore che non fosse il battito già affaticato del mio cuore che rallentava ancora. Sfinita, cercai di lanciargli delle sberle come ultimo ricordo della mia personalità irascibile e mi ritrovai ad afferrargli la faccia. Entrambi i palmi erano appiccicati alla sua pelle, sopra agli zigomi. Un'ondata di calore mi attraversò il corpo fino a raggiungere i palmi delle mani che divennero incandescenti, ma non sentivo alcun dolore.
-AARGH!- sentii invece l'urlo di Daniel, che finalmente mollò la presa e potei ricominciare a respirare. Quando potei riaprire gli occhi, vidi le sagome bruciate delle mie dita sul suo viso sfigurato. L'onda non si placò, circolava in tutto il mio corpo, potente, infinita. Mi venne da sorridere.
-Sei un uomo morto.- dissi digrignando i denti, e lo attaccai.

*

Avevo perso il conto dei secondi. Camminavo avanti e indietro davanti alla porta d'ingresso in attesa, troppo agitata per fare qualunque altra cosa. Gillian era già partita e mi attendeva nel nostro appartamento di Manhattan, lì saremmo stati al sicuro e non avremmo corso rischi. C'era così tanto da fare, dovevamo trovare un incantesimo che mi aiutasse a sopravvivere e avremmo dovuto coinvolgere tutta la famiglia, il che implicava il dover spiegare un sacco di dettagli della mia vita intima. E poi cominciavo ad avere fame, cosa che non mi aiuta affatto a concentrarmi.
Il bambino che portavo in grembo già cominciava a presentare un carattere piuttosto vorace.
Chissà come sarebbe crescere un bambino per metà vampiro... beh, lo avrei scoperto molto presto e, detto sinceramente, non vedevo l'ora.
Il suono del campanello mi risvegliò dai miei pensieri.
Non avevo neanche voglia di provare a sorridere, non c'era niente per cui valesse la pena sorridere. Lentamente, afferrai la maniglia d'ottone e l'abbassai, aprendo uno spiraglio che fece entrare la calda luce del sole pomeridiano. Edward mi sorrideva, in piedi sulla soglia.
-Ciao amore, come ti senti ora?- fece per chinarsi nel tentativo di baciarmi, io indietreggiai di un passo aprendo completamente la porta di casa. Qualsiasi contatto con lui mi avrebbe reso le cose impossibili e non sarei riuscita a fare nulla.
-Ed, fermati un attimo, non entrare in casa.- lui mi guardò confuso.
-Amore, che succede?
-Ho fatto un incantesimo di protezione alla casa. Non puoi sentire i miei pensieri, né dove sei adesso, né qui dentro. Per cui, se entri, non saprai nulla.- cercai di spiegargli gesticolando con le mani, in realtà non sapevo nemmeno io che cosa cavolo gli avessi detto. Il mio cervello se n'era andato in stand by. Lui allungò la gamba, deciso, ed entrò in casa. Sinceramente fiducioso, sinceramente ingenuo.
-Ok... ora sono dentro, che succede?
-Edward, vieni qui.- gli presi le mani nelle mie e lo attirai a me.
Non ero riuscita a trattenermi, volevo un ultimo ricordo da tenermi stretta. Per ricordarmi quanto mi amasse e quanto io amassi lui, non sono stata in grado di resistere.
-Mi dispiace, ma non ce la faccio.
-Per cosa?- domandò con un mezzo sorriso.
-È tutta questa storia del matrimonio, è avvenuto tutto troppo in fretta e non riesco a gestirlo.
-E va bene, aspetteremo qualche anno.
-Edward, non è solo questo. - mi separai da lui, indietreggiando e dandogli le spalle.
-E che cos'è allora? Perché io sul serio non riesco a capirti oggi.- non potevo essere così stronza da non guardarlo nemmeno in faccia mentre gli dicevo quanto mi spaventasse la sua vita. Così mi voltai di nuovo verso di lui, decisa ad affrontarlo com'era giusto che fosse.
-Non riesco a stare con te, non posso stare con te. Anche se aspettassimo cinque, dieci o quindici anni, prima o poi arriverà il momento in cui mi dovrò trasformare e non voglio. Voglio avere una vita normale, quello che mi offre una vita immortale non vale ciò che sarei costretta a sacrificare ottenendola.
-Ora sei egoista.
-È vero, sono tremendamente egoista. Sono talmente egoista da essere disposta a lasciare l'amore della mia vita per non perdere la mia famiglia e i miei poteri. Lo sai che diventando una vampira li perderei?- lui si passò una mano nei capelli, agitandoli leggermente. Cercava di darsi da solo una risposta alle domande che avevano cominciato a turbinare nella sua testa, anche se l'unica domanda che gli uscì fu questa.
-Cosa?
-Già, non lo sapevo nemmeno io. Gillian mi ha informata giusto un minuto dopo che te n'eri andato. Yuppi!
-E ti spaventa dover perdere i tuoi poteri? Nora...- con una sola falcata colmò la distanza che avevo posto tra di noi e mi circondò i fianchi con le braccia nonostante io avessi tentato di allontanarlo.
-Nora, se non vuoi trasformarti lo capisco e faremo come vuoi tu. Però non mi dire queste cose. Stai ingigantendo tutto, per un attimo ho pensato che volessi lasciarmi.- non avevo il coraggio di rispondergli. Cosa c'era da dire?
-…- le sue pupille si dilatarono, restringendo le iridi dorate. Adesso era spaventato, angosciato, deluso. Tutto insieme.
-Nora...
Con l'indice e il pollice afferrai il delicato anello che ancora portavo all'anulare, sfilandolo. Lo guardai ancora per un secondo, ammirandone il valore affettivo che per poco tempo mi aveva etichettata come fidanzata e lo appoggiai sul palmo aperto di Edward.
-Tieni.
-Preferirei che lo conservassi tu.- lo fermai piegandogli delicatamente le dita di marmo sopra di esso, racchiudendolo nella sua stretta.
-Edward, voglio che tu lo dia a qualcuno che se lo meriti.
-E adesso? Faremo finta di non conoscerci o rimarremo semplici amici?
-Nessuna delle due. Lascio la città.- mi allontanai di nuovo da lui per prendere la giacca dall'appendiabiti ma la sua presa gelida mi stringeva il gomito.
-Cosa... Nora. Non posso lasciarti andare via così!- se avesse potuto, avrebbe pianto.
-Lo so.- sussurrai di più a me stessa che a lui.
-Certo che lo sai, ti raggiungerò ovunque andrai e ti supplicherò in ginocchio di tornare da me.
-Lo so. È per questo che non ricorderai nulla.- risposi infilandomi la giacca e chiudendo la zip della cerniera. In un attimo fui per l'ultima volta a due centimetri da lui, le mie dita gli sfioravano le guance e le tempie.
-Cosa vuoi fare ora?- La verità, è che Edward non era diverso dagli altri esseri umani che avevo conosciuto, telepatia a parte. Gli esseri umani sono stati creati per molte cose, ma la solitudine non è una di queste. È per questo che il giorno dopo la mia partenza avrebbe trovato qualcun'altra con cui stare, qualcun'altra da amare che non lo avrebbe abbandonato come stavo facendo io. L'eternità diventa piuttosto lunga se la si passa da soli. Questo era il mio volere e questo sarebbe successo.
-Ti amo, Edward. - per l'ultima volta, raccolsi il sapore delle sue labbra sulle mie mentre l'incantesimo gli cancellava tutti i ricordi di noi. Come se non fossi mai esistita.

*

Sfere infuocate si formavano nei palmi delle mani, sospese nell'aria, roventi per chiunque tranne per la sottoscritta. Gli lanciavo contro una sfera dopo l'altra, cercando di mirare al viso e al cuore, ma gli incantesimi di protezione che ergeva contro di me deviavano le sfere rovesciandole a terra e provocando dei buchi bruciati nel terreno. Appena ne aveva l'occasione mi scatenava contro una folgore che schivavo lanciandomi di lato e all'indietro, troppo debole per produrre anche gli scudi per difendermi. Attorno a noi un vortice circolare di vento avrebbe impedito a chiunque di avvicinarsi, la raffica lo avrebbe sollevato in aria e lanciato all'indietro per decine di metri, isolandoci.
L'argento nei miei occhi non solo mi rendeva meno cosciente di ciò che mi accadeva intorno, offuscandomi la razionalità, ma alimentava anche la mia magia rendendo pericolosa anche la più piccola delle fatture, il più piccolo dei pensieri. Ero una strega allo stato primordiale, una viziata madre natura. Tutto quello che volevo si avverava.
Purtroppo cominciai ben presto a sentire gli effetti degli sforzi che stavo facendo, i polmoni faticavano a prendere l'aria, il cuore pompava con difficoltà il sangue e avevo la fronte imperlata di sudore. Una scarica elettrica mi sfiorò il braccio ma bastò per farmi accasciare a terra su un fianco.
-Stanca, Nora? Ma come, di già!
-Zitto, stai zitto!- gridai. La sua voce mi impediva di concentrarmi, mi rimbombava nel cervello come una pessima canzone house. Cercando di rialzarmi, riuscendo a malapena a mettermi carponi. Tenevo salde le mani sull'erba per paura di crollare di nuovo.
E la terra cominciò a tremare sotto ai piedi di Daniel.
Una lunga falda si allargò in mezzo a noi, separandoci. Ai limiti della radura alcuni alberi crollarono e le rocce si spaccarono a metà lanciando schegge ovunque. Ponendo un limite avrei preso tempo per recuperare qualche briciolo di energia. Mentre la terra continuava a tremare, mi sdraiai supina e lasciai che le gocce di pioggia mi sfiorassero il viso e mi bagnassero le labbra, mi passai una mano tra i capelli fradici scostandomi le ciocche dalla faccia che mi ostacolavano la vista. Il respiro si placò un poco e potei riprovare ad alzarmi. Daniel era ancora in piedi, le gambe leggermente divaricate e piegate in avanti per mantenere l'equilibrio, ma era ancora in piedi.
-Allora! È tutto qui quello che sai fare?!- sbruffone, detto da uno che sapeva soltanto maneggiare una tempesta mi sembrava alquanto ironico. Lui se la cavava con la pioggia e i fulmini, io maneggiavo tutto il resto.
Approfittando del momento, tesi una mano aperta in avanti afferrando un cumulo d'aria, e cominciai a chiudere le dita lentamente. Sotto Daniel divamparono le stesse fiamme ardenti che plasmavo come sfere, imprigionandolo in un rogo da cui difficilmente avrebbe potuto fuggire. Man mano che stringevo le dita, le fiamme si alzavano di svariati centimetri, fino a raggiungere la sua altezza. Le sue urla strazianti mi sfioravano come dolci carezze, ero ormai sorda alla sua voce. Le fiamme che gli bruciavano la carne produssero un fumo nero e denso che divampò in alto, oscurando ulteriormente il cielo.
Ad un certo punto lo vidi accasciarsi a terra, completamente carbonizzato.
Appena mi fermai un attimo, la vista si fece di nuovo offuscata, il respiro tornò pesante come se avessi appena corso la maratona e mi sentii tutte le membra di piombo. Ero troppo stanca.
-Mamma, mamma!- la voce di mio figlio era colma di preoccupazione, ma mi sentivo sollevata. Poter sentire la sua voce stava a significare che non ero morta. Alex tranquillo, si sta svegliando.- il timbro di Alice proveniva dalla stessa direzione, era accanto a lui.
-Nora, mi senti?- Rosalie invece era proprio accanto a me, in attesa che riaprissi gli occhi. Mi teneva una mano e l'altra la teneva poggiata sulla mia fronte per tentare di abbassarmi la febbre. Mi sentivo anche io come se fossi passata in mezzo ai carboni ardenti, la febbre mi stava friggendo tutte le membra. La pioggia batteva ancora forte sopra alle nostre teste.
-Rosalie, porta Eleonora a casa e coprila con la coperta refrigerante. Noi pensiamo a sbarazzarci del corpo.- ordinò Carlisle in lontananza.
Venni sollevata a mezz'aria come se pesassi meno di un fiore e ci incamminammo sulla strada per abbandonare la radura, non penso che ci sarei più tornata.
Non avevamo fatto neanche cento metri che dei ringhi furiosi giunsero alle nostre orecchie.
-Rose, che succede?- cercai di domandare, riuscivo a malapena a parlare.
-È ancora vivo...- Rose era terrorizzata. Immobile, non sapeva se tornare indietro o proseguire verso la casa.
-Cosa...non è possibile... mettimi giù.- la sua presa ferrea mi immobilizzava tra le sue braccia, non potevo muovermi di un millimetro.
-No, dobbiamo farti scendere la febbre.
-Chissenefrega, mettimi giù o me ne vado da sola!- esclamai decisa. Lei sospirò, sapeva che non avrei cambiato idea per nulla al mondo.
-Non ce n'è bisogno, ti porto io.
In un lampo, fummo di nuovo in mezzo alla radura, ormai sfigurata dal sisma. In mezzo, l'inferno.
Daniel, nero come il carbone in cui lo avevo ridotto, stava combattendo contro il resto dei Cullen lanciando incantesimi e folgori a casaccio. Aveva già steso Emmett ed Esme, ora cercava di sopraffare Jasper ed Edward insieme, stava anche facendo levitare le schegge di pietra sparandole come fossero dei proiettili. Bella ed Alice stavano in disparte, non potendo fare nulla per aiutare i compagni che almeno avevano un po' più di esperienza nel campo del combattimento. Alex cercava di aiutare il padre e lo zio plasmando delle piccole sfere di fuoco e scagliandole contro Daniel.
-ALLONTANATEVI!
Rosalie mi aiutò a rimettermi in piedi, non appena fui sicura di riuscire a reggermi da sola tesi entrambe le braccia in avanti e le allargai di colpo, scagliando Edward e Jasper in direzioni opposte e allontanandoli finalmente da lui e dal suo raggio d'azione. Sentii i tonfi dei loro corpi di marmo contro il terreno duro, ma immagino che non abbiano sentito niente. Lo avrei attaccato di nuovo, e poi ancora una volta, a costo di seppellirlo vivo in una tomba di roccia che avrei poi maledetto e cosparso di sale. Qualsiasi cosa pur di sbarazzarmi per sempre di lui.
E mi vide.
-NORA, NO!
Sembrava che il tempo avesse rallentato la sua corsa, permettendomi di fissare nella memoria a lungo termine ogni fotogramma che mi veniva posto davanti, magari potessi dimenticare quei secondi. Perché fu una questione di secondi, appunto.
Non mi ero accorta che quel misero stregone si era creato un cerchio d'attacco a 360 gradi, perché prima avevo i corpi indistruttibili di Jasper ed Edward che fungevano da barriera, perché loro lo sapevano. Avevano deciso di attaccarlo insieme per impedirgli di colpire l'unico elemento vulnerabile della famiglia, io. Che stupida sono stata a pensare che fossero in pericolo. Perché pensando di salvare loro, avevo condannato me stessa quando non ce n'era affatto bisogno.
Il dolore più acuto che avessi mai provato, il più straziante. Nel frattempo, Jasper attaccò Daniel da dietro le spalle per immobilizzarlo mentre Edward si avventava sul suo collo per staccargli la testa che rotolò via nel buio degli alberi e degli arbusti. Non avrebbe più fatto danni.
Mi portai entrambe le mani al petto, pungendomi il dito con qualcosa di appuntito e tremendamente affilato. La pelle e i vestiti erano imbrattati di sangue e il dolore non si placava, anzi, diventava più forte ogni secondo di più.
In un attimo fui di nuovo a terra per l'ennesima volta e circondata dai vampiri, la metà dei quali che si tappava il naso con le dita. Carlisle si chinò su di me, strappando la scheggia di pietra conficcata nel mio petto e coprendomi subito dopo con la sua giacca. Inarcai un poco la schiena, strillando con tutta la voce che avevo in corpo, per poi accasciarmi di nuovo in preda al dolore.
-Devo fare pressione per fermare l'emorragia... non abbiamo tempo.
-Dobbiamo trasformarla.- suggerì Edward chino dall'altra parte, non mi ero accorta che ci fosse anche lui. Mi teneva la mano.
-...no!...non voglio... va bene...- cercai di urlare di nuovo, ma dovevo risparmiare gli ultimi respiri concessi. Edward mi si avvicinò di più, girandomi il viso in modo che lo guardassi dritto negli occhi. Cercai di stringere le dita attorno alla sua mano. Un'ultima volta.
-Stai tranquilla, riuscirai a salvarti, vedrai... adesso ti portiamo subito in ospedale.
-Edward, Bella... per Alex...- Bella si inginocchiò di fianco al marito. Gli occhi sbarrati da una sensazione che non sapevo descrivere... paura, rimorso? Non lo so.
-Non pensarci...non pensarci, poi ne parleremo più tardi!
-Ahh, non... ci sarà un più tardi stupida ingenua, ok?...quindi ascolta...- sentii la sua gola soffocare quello che poteva essere o un singhiozzo o un ringhio, voglio sperare per il singhiozzo.
-Va bene, ti ascolto...
-Alexander è stato l'unica cosa buona... che io abbia mai fatto... in tutta la mia vita...
-…- vedevo il suo viso annuire più che convinto, grazie tante.
-...e adesso voglio che tu ti prenda.... veramente cura di lui, va bene? Promettilo...
-…- annuiva ancora, come se si stesse muovendo per inerzia. Chiusi gli occhi esasperata.
-Non ho tutto il giorno, muoviti.
-Sì, lo farò, lo farò. Lo amerò come se fosse mio figlio... oh Nora! NORA! NORA!... Oddio...- e fu allora che accadde. Feci in modo che mio ultimo gesto fosse di creare un eco di pensieri, e che giungessero all'unica persona che, in fondo, volevo che mi ascoltasse.
“Spero che tu possa amare nostro figlio, come io ho amato te” e da come lo vidi sorridere, ebbi la forza di andarmene in pace.

*

Alexander si richiuse nella nostra casa e ci rimase per una settimana, fino al giorno in cui mi cremarono. Come si suol dire, cenere alla cenere. Dalla cenere cosparsa sulla terra nasce nuova vita.
Mi piaceva come immagine, la preferisco di gran lunga alla tristissima e alquanto macabra tomba con lapide in marmo. Passare l'eternità sottoterra, che schifo.
Era un pomeriggio di sole, con qualche soffio di vento ogni tanto. Alex, affiancato dal padre e da Rosalie, portò la mia urna nella radura. Quest'ultima aveva assunto un nuovo volto. Mio figlio aveva ricollocato al suo posto la faglia e aveva fatto fiorire tutta l'area, che ora era un vortice di colori.
Ed eccomi lì unica mortale in una famiglia di immortali. Posso dire con fierezza che il mio funerale fu più bello di quanto avessi mai immaginato. I miei parenti si mostravano in tutta la loro brillantezza alla luce del sole, la pelle diamantina che rifletteva ogni sottile raggio luminoso faceva da contrasto ai loro volti. Alex tirava su col naso ogni due secondi, le guance rigate dalle lacrime. Aveva cinque anni in un corpo e una mente da tredicenne, ma in fondo era ancora il mio bambino. Il gruppo si fermò al centro del prato, formando un piccolo semicerchio. Alex era immobile, una statua.
Edward fece un passo avanti e gli circondò le spalle col braccio.
-Se lo faccio, se ne andrà via per sempre.- mormorò piano, reggendo l'urna bianca con entrambe le mani.
-No Alex, in realtà resterà qui. Rimarrà sempre qui.
-Voglio che questo posto abbia qualcosa di suo.- rispose lui deciso.
Con mano tremante aprì il coperchio e disegnò un cerchio orizzontale nell'aria. La polvere grigia al suo interno uscì dal contenitore volteggiando e formando una spirale che andava via via allargandosi su volere di Alex fino a cospargere l'intero prato, trasformandolo nel mio luogo di riposo eterno.
Quando anche l'ultimo granello del mio corpo si fu posato a terra batté le mani una volta. La terra tremò leggermente davanti a loro, e dall'erba uscì fuori una nuova roccia bianca, liscia e sagomata. Sulla superficie esibiva una cornice d'oro, al cui interno erano poste due foto. Una mia e una di mia madre. “Eleonora e Gillian Bennett” così recitava la scritta dorata sotto alla cornice.
Alex si sedette davanti alla roccia con le gambe incrociate, immobile mentre gli altri tornavano indietro per concedergli un po' di privacy. Solo Edward rimase.
-Vuoi che resti un po' qui con te?- domandò a voce bassa. Lui all'inizio non rispose, per poi sussurrare un timido.
-Sì, per favore.
Edward si sedette accanto al figlio e rimanemmo così, a guardarci l'un l'altro, vicini. Alex sarebbe stato bene, sapeva che suo padre non lo avrebbe mai abbandonato. Ed io ero felice. Rimasi per un po' seduta di fronte a loro, finché non si alzò il vento che portò con sé i miei resti, anche se non superarono mai la radura. Io invece continuai a seguire il vento, libera di andare.
Cade sempre la seconda domenica di Maggio, festeggiamo le donne che ci danno la vita... e molto di più. Quelle che ci proteggono a tutti i costi, che hanno il coraggio di combattere chi vuole farci del male, che mettono la nostra felicità davanti alla loro. Ma soprattutto, festeggiamo l'amore di una madre che è costante, eterno, e presente... fin dal primo istante.

*******Spazio Autrice********
Finitaaaaaaaaa!!!!
Sono felicissima di aver concluso la fic, anche se la settimana scorsa ho avuto un piccolo blocco di scrittura; in pratica, non volevo che la fic finisse, eppure il blocco è passato è ho scritto circa dieci pagine di finale!

Spero che vi sia piaciuto leggere la fic almeno la metà di quanto a me è piaciuto scriverla, finalmente sono riuscita a liberare la fantasia e spero che sia uscito un lavoro quantomeno apprezzabile.

Come promesso adesso risponderò a tutte le recensioni dello scorso capitolo.

lovecoffee= ehhh jaaa, il San Culo l'avrei scopiazzata da te... la usi così spesso che mi è rimasta in mente per un'ora intera, non potevo non inserirla! bacio

Hinata_S_I_TT 4EVER= tesooo, lo so che ci ho mess un casino a postare, volevo che fosse perfetto! Spero che ti sia piaciuto!

titti92= eccomi, immagino di aver stupito un pò tutti con questo capitolo, anche se si sapeva come andava a finire... fammi sapere se ti è piaciuto!

Sara90= ciao! Ecco il finale, spero di aver soddisfatto le tue aspettative! Grazie mille per avermi seguita dagli albori! Fammi sapere se ti è piaciuto! BAcio

Saretta__Trilly__= mi dispiace, ti ho delusa? La morte di Nora l'avevo già decisa dal primo capitolo, volevo che ci fosse un colpo di scena vero e proprio! Spero che ti sia piaciuta! Bacio

cliffy= grazie mille! Mi fa davvero piacere che ti sia piaciuta la fic, spero altrettanto per il finale! baci

Poi rigrazio tantissimo anche coloro che hanno appena aggiunto la storia tra i preferiti e tra le seguite, numero che vedo crescere di giorno in giorno!

Ringrazio anche coloro che l'hanno appena letta e coloro che vorranno lasciare una recensione.

Qui in basso troverete un link con una piccola sequenza di immagini di come ho immaginato che fosse l'addio di Nora ed Edward e la rappresentazione dello spirito di Nora, è solo una cosuccia fatta alla svelta ma spero che vi piaccia.

Sempre dentro al link, raggiungendo il mio account, troverete l'anteprima della prossima fic che pubblicherò nella sezione "attori". Tra qualche settimana verrà postato il primo capitolo.

Grazie ancora per avermi seguita. Ci vediamo, spero, nella sezione attori!

Kiss by Achin4perfection!

Nora & Edward, sequenza

Anteprima di Satisfaction, prossimamente

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