Riti
Lilith
Questa è un’accademia, ma non come le altre. Un po’ stile
Hogwartz, si potrebbe dire. Oltre alle materie standard, infatti, si studiano
arti magiche, oggetti sacri con strani poteri... Ma la cosa strana non è solo
questa. Oltre ad essere stile “Harry Potter”, ospita anche studenti non-umani.
Ci sono vampiri. Tutti convivono pacificamente. I vampiri non si nutrono dagli
umani, sempre che non gli si offra loro. Come ho fatto io con Thomas. Be’, ma
io lo amo. Forse anche lui prova una certa attrazione nei miei confronti e da
quando ha bevuto il mio sangue, sa con esattezza ogni cosa che mi passa per la
testa e ogni stato d’animo, sentimento o emozione che pervade il mio corpo. Ha
bevuto il mio sangue, sì, ma non ha condiviso il suo. Non me la sono presa più
di tanto perché so che può essere pericoloso, per me. Potrei diventare come lui
e non sono ancora pronta.
Quel giorno, come tutte le mattine, stavamo salendo le
scale che ci avrebbero portato in biblioteca. Anche le scale sono stranissime.
Larghe in una maniera esagerata, con un tappeto rosso che le copre quasi
interamente e la ringhiera di legno antico. Cosa ci sia di strano?
1. Sono
infinite, arrivare in cima è un’impresa.
2. Più
si sale, più si stringono.
3. Dicono
che parlano, ma io non le ho mai viste spiccicare parola.
Siamo a migliaia ogni mattina a salire queste scale, per
questo stiamo procedendo a passo di lumaca. Al mio fianco c’è Thomas, con la
tunica nera che svolazza a ogni passo che fa. Odio le tuniche nere che la
scuola costringe a indossare per coprire i nostri normali abiti. I vampiri,
invece, sembrano gradire e Thomas è terribilmente sexy con quella tunica che si
confonde con il nero brillante dei suoi capelli!
Saliamo l’ennesima rampa di scale e scorgo il direttore
dell’accademia affiancato da una donna di mezza età in carne che incute timore.
“Dicono che la signora Rampkin ogni anno scelga tre
vampiri tra gli studenti e questi siano costretti ad andare con lei chissà dove
e chissà per quale motivo. Nulla di buono, comunque”, sento dire a bassa voce
da una studentessa, che lo sta confessando alla sua amica.
“Li scelgono in base alle abilità. Scelgono quelli più
forti, quelli da cui si può ricavare qualcosa di potente”, continua quel
sussurro.
Istintivamente mi aggrappo al braccio di Thomas che,
preso di sorpresa, mi guarda e sorride, non capendo il motivo di tanta
agitazione da parte mia. Lui è un vampiro potentissimo, lo so bene. L’unico che
riesce a spostare qualsiasi cosa con la sola forza del pensiero. Questa è la
sua abilità speciale. Ogni vampiro ne ha una, i più potenti almeno.
“Sorrow!”, chiama decisa una voce maschile e il peggiore
dei miei incubi si realizza. Stanno portandomi via il mio Thomas.
“Tranquilla, andrà tutto bene”, mi sussurra lui
baciandomi la tempia e spostandomi dal suo braccio.
NO! No no no no no
no no!, urlano i miei pensieri, disperati, mentre lui si allontana sempre
più fino a sparire.
Improvvisamente mi sento sola persino nella folla
chiassosa di studenti, continuando a salire le scale come un automa, mentre altri
due cognomi vengono pronunciati.
Non ce la faccio. So che il mio Thomas non tornerà mai
più, che non lo rivedrò mai più, che farà una brutta fine e che non voglio!
Afferro il braccio di Dan, il mio migliore amico umano, e
lui mi guarda in modo strano, torvo.
“Che gli faranno?”, provo a chiedergli, zittendomi
all’istante e facendomi segno di stare ad ascoltare.
“Quest’anno ci sono anche degli studenti umani con
particolari capacità. Il primo della lista è Arthur”. Guardo con gli occhi
ormai colmi di lacrime il mio amico. Me li stanno portando via tutti?
“Ha vari antenati vampiri veramente portentosi”, continua
il direttore.
Io neanche sapevo che Dan avesse sangue vampiro in sé. La
cosa non mi piace per niente!
“La seconda è Saintcrow”.
Mi fermo in mezzo alla folla, facendo cadere l’enorme
libro che ho in mano. Comincio a tremare. Da quando io sono portentosa? Io non ho antenati vampiri, sono umana al cento
per cento.
“Un suo avo era un guerriero ed è riuscito a uccidere il
re Valentino II di Svevia”.
“Ma non era un vampiro?”, domanda la donna, incuriosita
ed esterrefatta.
“Esatto. Il primo umano che è riuscito a uccidere un
vampiro, da solo, senza le armi moderne”.
Oh, sia maledetto
il mio trisavolo che neanche sapevo di avere!
Ma come diamine faceva il direttore a sapere ogni minima
cosa di ognuno di noi?
Dan dilata gli occhi continuando a fissarmi.
“Ho paura”, gli dico, mostrando tutta la mia debolezza.
Lui annuisce, come se avesse in mente qualcosa, come un
piano. Mi fido di lui. Dopotutto, è discendente di vampiri portentosi!
Dan
Finalmente arriviamo in cima alle scale, impiegando metà
mattina solo a salirle. Il lato positivo è che mantiene in allenamento! Lo
spazio angusto della fine ci permette di passare a due e di raggiungere il
pianerottolo dove ci sono le due famose porte. Una, minuta, dietro la qualche
c’è la biblioteca veramente immensa. In questa scuola, nulla è come sembra. La
prima dimostrazione sono gli stessi studenti.
Lilith continua a stringermi spasmodicamente il braccio,
sento quasi formarsi i lividi sotto le sue dita sottili. Per qualche strano
motivo, tutti gli altri studenti sono scomparsi lasciando solo i tre prescelti
con il professor Kiernan, un uomo bassino e tarchiato simile a un elfo in
carne, con un paio di occhiali spessi sul naso a patata.
“Aspettate qui, voi tre”, ci ordina.
Il terzo membro dei prescelti umani è Roland Devlin, un
ragazzo moro, alto, dagli occhi magnetici. Somiglia un po’ a Thomas, tranne che
per il fatto lampante che Thomas sia un vampiro e che, appunto per la sua
natura, abbia gli occhi verdi più scuri che a volte diventano grigi ed emana
fascino e testosterone da ogni poro.
Io, invece, sono piuttosto basso rispetto a loro, castano
per capelli e occhi. Be’, non mi faccio grossi problemi con l’altezza, Lilith è
più bassina di me, con quei capelli neri ondulati e quegli occhi azzurri che mi
fanno impazzire. La carnagione bianca, poi, potrebbe far concorrenza a quella
di un vampiro.
Il professor Kiernan apre la porta massiccia color oro
vicino a quella piccola della biblioteca con una chiave grande d’ottone. Entra
nella stanza misteriosa e quando esce, lascia la porta aperta.
Subito m’intrufolo al suo interno, benché sia proibito,
seguito da una Lilith agitata che non fa altro che ripetermi di uscire.
“Vuoi o non vuoi rivedere il tuo Thomas?”. So che è
l’unica soluzione per convincerla a tacere, così prendo una grande croce d’oro
incastonata di varie pietre preziose, la alzo in aria con decisione e pronuncio
due parole in latino.
“La Croce della Regina non si usa così. Le parole sono
sbagliate. Devi dire ‘Cupidus allevat malum’ e poi ‘Mostrati’”, fa la saputella
lei.
“A che mi serve dire ‘Mostra’ se non voglio vedere
niente?”, le chiedo, irritato.
“Allora non sai proprio come usarla! Sarai intelligente,
ma non sfrutti le tue capacità se non studi la teoria, mio caro”, mi fa la
ramanzina.
La nostra discussione viene troncata dalla voce di Roland
che ci avverte del ritorno del professore.
Sgusciamo fuori e ci sediamo sul divanetto antico del
pianerottolo. Lilith è tesissima e si schiaccia contro il mio braccio,
riscaldandomi il lato destro del corpo. Il professore chiude la porta e si gira
verso le scale.
Una volta dateci le spalle, guardo Lilith togliersi il
ferretto che le manteneva una ciocca di capelli. Lei annuisce e capisco che
stiamo pensando la stessa cosa. Prendo il ferretto e stacco con i denti
l’estremità arrotondata per renderlo appuntito. Sono un esperto nell’aprire le
serrature con i ferretti.
Riesco a infilarlo in tasca, ma il prof si accorge di
movimenti sospetti, avvertito dallo sguardo curioso della scala nella nostra
direzione – eh sì, la scala ha anche gli occhi!
“Che state facendo?”, ci chiede sospettoso.
“Nulla”, riesce a rispondere Lilith ferma e sicura.
Trattengo il fiato fino a che il professore non ci dà di
nuovo le spalle.
“Stasera ci sarà la cerimonia d’investitura. Presentatevi
in aula magna alle sette precise in abiti formali. Ribadisco, abiti formali”,
sottolinea.
Abiti formali, ok!
Inizia a scendere le scale e noi rimaniamo ancora lì
seduti.
“Possiamo fare delle ricerche in biblioteca. Nessuno sa
la sorte che ci spetta, giusto?”, domanda Lilith.
Sia io sia Roland scuotiamo la testa.
“In biblioteca non troverai nulla. Cosa cerchi, rito di
iniziazione?”.
Gli occhi di Lilith si spengono di ogni speranza e
toccano il pavimento. Ha paura, e non è la sola.
Salgo quelle stramaledettissime scale per la seconda
volta questa giornata. Salirle una volta, dovendo, è già uno strazio, ma
salirle per “piacere” è il colmo! E’ vero che ne va delle nostre vite, ma non
avrei mai pensato di poterle salire di mia spontanea volontà.
Arrivo dopo una buona mezz’ora al pianerottolo. Prendo il
ferretto messo nella tasca quella mattina e mi avvicino alla porta maestosa. Mi
giro e vedo gli occhi della scala puntati su di me. Non mi fissano severi, solo
pieni di aspettativa. E’ vero che è una scala parlante, ma non l’ho mai vista
portare la spia.
E se quegli occhi
fungessero anche da telecamere?
Non oso neanche immaginare la mia sorte se scoprono
quello che sto per fare. Così mi arrendo e mi giro definitivamente verso la
scala. Il solo pensiero di riscendere mi dà la nausea.
“Tu stai ancora qui?”, mi chiede Lilith, apparendo
improvvisamente sulle scale, con il fiatone e un vestito blu scuro a balze, da
sera. E’ bellissima. L’abito le fascia il corpo come una seconda pelle,
lasciandole le spalle scoperte, toccate solo dai capelli scuri che si poggiano
in delicate onde su di esse.
“Dan?”, mi richiama alla realtà. “E’ tardi, la cerimonia
comincia tra un quarto d’ora e tu non sei ancora pronto!”.
Cominciamo a correre per le scale. Indosso una camicia
bianca, un jeans scuro e una cravatta a strisce rosse.
“Ho solo bisogno di una giacca”, le dico continuando a
scendere le scale.
Arriviamo davanti all’aula magna e Roland è lì ad
aspettarci.
“Ehi, amico, hai una giacca in più?”, gli chiedo
speranzoso.
“Certo”, mi sorride porgendomi una giacca. Cos’è? Si
erano messi d’accordo?
Apriamo la porta ciclopica e il buio s’impadronisce di
noi.
Lilith
Sto alla destra di Dan e non vedo nulla. Qui dentro c’è
così tanto buio da non permetterci di vedere a un palmo dal nostro naso. Ho una
paura mai provata prima. Sento le gambe tremare. Non capisco come mai il
professore ci abbia detto di vestirci in maniera formale. E’ forse una sorta di
festa? Pagherei affinché lo fosse.
Delle fiaccole appoggiate alle pareti si accendono
all’improvviso, illuminando la pietra. Mi aggrappo al braccio di Dan. Ormai il
suo braccio è diventato una mia proprietà. Non lo lascerò per nulla al mondo.
Un rumore di catene mi fa drizzare i peli sulla nuca e
stringo più forte la presa, sentendo i muscoli delle braccia di Dan irrigidirsi
e indurirsi. Stiamo tutti sull’attenti, lo sento. C’è una tensione nell’aria
spaventosa.
Facciamo qualche passo esitante e una fiaccola
improvvisamente illumina una figura seduta in malo modo a terra, appoggiata a
delle sbarre. Il ragazzo ha il capo abbassato e le braccia alzate. No, non
alzate. Attaccate alle sbarre. Cerca di alzare il viso e lo scintillio dei suoi
occhi mi fa perdere un battito.
Thomas...
Lascio il braccio di Dan e mi getto in ginocchio di
fronte a lui. Più mi avvicino, più noto nuovi particolari. C’è un liquido nero
che gli cola dai capelli e gli bagna la guancia, arrivando fino al collo. Ha
vari tagli sugli zigomi e la gola.
“Noi l’avevamo avvertito”, dice una voce femminile alle
nostre spalle. Ci giriamo di scatto e vediamo due ragazze, una bionda e una
mora, che ci guardano altezzose. Sono due vampiri, e sono gli altri due
prescelti.
“Che gli avete fatto?”, chiedo loro, con la voce in
frantumi.
“Noi niente, cara. Loro...”.
“Loro chi?”, domanda Dan con voce irritata.
“I saggi”, sbuffa una di loro, ravvivandosi i capelli con
un gesto stizzoso della mano. Le vampire tendono a vantarsi molto della loro
bellezza innaturale.
“Vorreste spiegarvi meglio, per favore?”, interviene
cortesemente Roland.
“Non sapete cosa ci spetta, vero? Bene, allora ve lo
spiegheremo noi”, comincia la bionda, guardandoci con occhi da gatta. “Ogni anno
i saggi scelgono tre vampiri di quest’accademia perché stanno formando un
esercito di vampiri con poteri speciali”.
“Non sappiamo perché vogliano creare quest’esercito,
forse solo per farci esercitare meglio i nostri poteri, ma di certo non a fin
di bene”, continua la bruna.
“E noi che c’entriamo?”, domanda Roland.
Le due scrollano le spalle. “Abbiamo sentito da quella
donna, Miss Rampkin, che a quanto pare anche voi avete delle abilità speciali,
ma che non sapete di avere”.
Sento Dan sussurrare un “fico”, ma io interrompo ogni
cosa.
“Thomas?”, domando.
“Oh, lui è solo un idiota. Ha rifiutato la proposta ed
ecco come l’hanno ridotto”, risponde la bionda saccente. Le tirerei volentieri
un pugno in pieno viso e se solo non fosse un vampiro lo farei.
“Quindi è un chiaro avvertimento. Non abbiamo scelta”,
conclude Dan.
Nessuno aggiunge altro. Mi giro di nuovo verso Thomas,
che ha gli occhi chiusi e un’espressione contrita, sofferente. Non possiamo
lasciarlo soffrire lì. Dobbiamo liberarlo dalle catene.
“Ehm... Una di voi due non potrebbe liberarlo dalle
catene?”, chiedo.
Mi guardano entrambe sbattendo ripetutamente le palpebre.
“Sono d’argento”.
Già, non ci avevo fatto caso. Ecco perché Thomas non si
era ancora liberato da solo.
“Dan? Roland?”, prego.
Si fanno più vicino e afferrano le catene con tutt’e due
le mani. Fanno forza, ma non riescono a smuoverle neanche di un millimetro.
“Gli hanno tolto sangue?”, domando alle due
so-tutto-io-ce-l’ho-solo-io.
“Ovvio”, rispondono in coro.
Che nervi...
Altro motivo per cui non si era ancora liberato.
L’argento indebolisce, non annienta. Ma se gli avevano tolto del sangue, allora
era totalmente fuori uso. Dovevo aiutarlo come solo io potevo fare. Come solo
io volevo fare.
Dan e Roland si mettono a fare altre domande alle due
vampire e, presi dal discorso, si allontanano da me e Thomas, lasciandoci soli
nell’oscurità.
“Thomas? Mi senti?”, sussurro vicino al suo orecchio.
Annuisce impercettibilmente col capo.
Gli tocco il collo con la mano, cercando di evitare il
sangue. So che, anche se debole, può sentire quello che provo e capire cosa
desidero, dato che ha ancora del mio sangue che gli scorre nelle vene.
“Sai cosa voglio”, continuo a sussurrare mettendomi in
modo che i nostri corpi aderissero quanto più possibile.
Scuote il capo.
“Thomas, non fare l’idiota! Mordimi e falla finita!”,
dico alzando di poco il tono della voce. Non mi sono mai rivolta a lui in quei
termini, ma quando ci vuole, ci vuole.
Piego la testa di lato in modo da scoprire bene il collo,
prendendo i capelli con le mani e buttandoli indietro. Accarezzo i suoi
magnifici pettorali attraverso la maglietta e mi ci aggrappo.
“Avanti, Thomas. Fallo”, lo esorto avvicinando ancora di
più il collo al suo viso.
Dapprima, appoggia la fronte sulla mia spalla, sconfitto.
So che non vuole farlo, perché in questo caso sarebbe necessario. Si nutrirebbe
da me perché ne ha bisogno, e lui non vuole sfruttarmi. Lo conosco abbastanza
da poterlo sapere. Ma io voglio donargli
il mio sangue per farlo stare bene.
Con il naso freddo sfiora il mio collo, provocandomi
leggeri brividi lungo la spina dorsale. Istintivamente, il mio corpo si fa
ancora più vicino. L’adrenalina inizia a vorticare a mille e ad annebbiarmi il
cervello.
Le sue labbra baciano delicatamente il mio collo e sospira,
rendendomi conto che ha trattenuto il respiro fino a questo momento. Ormai
manca poco, il suo autocontrollo non è così forte, soprattutto adesso.
Apre la bocca e sento i canini affondare nella mia pelle,
quasi dolcemente, senza provocarmi alcun dolore. Il suono che produce il dolce
succhiare m’inonda le orecchie e a ogni sorso mi sento indebolire.
Alla fine, mi sento così debole che la presa sulla sua
maglietta si scioglie in un fruscio e lui inizia a leccarmi la ferita per
richiuderla. Un rumore di catene precede il suo tenero abbraccio. Si è
liberato.
“Scusa”, mi sussurra, facendomi rabbrividire. “Adesso
tocca a te”.
“Cosa?”, sussurro, incapace di produrre altro suono.
“Ti darò un po’ del mio sangue per rimetterti in forze.
Sei troppo debole a causa mia”.
Scuoto il capo, provocandomi un forte capogiro.
Senza nemmeno prendermi in considerazione, si morde il
polso e lo avvicina alle mie labbra. Chiudo con forza la bocca e il sangue mi
sporca le labbra, ma rimango immobile. Non avrei aperto la bocca per nulla al
mondo.
“Sei una bambina”, dice allontanando il polso dalle mie
labbra. Mi limito a guardarlo con autosufficienza.
Sospira chiudendo gli occhi e quando li riapre mi fisso
intensamente. “Non uso i miei poteri perché non mi sembra giusto costringerti,
se non vuoi, ma magari potrei... come dire... cercare di farti cambiare idea”.
Usa quel tono così persuasivo ed eccitante che se non
fossi debole, forse, gli salterei addosso.
Non apro bocca, può ancora trarmi in inganno facilmente.
“Ok, chi tace acconsente”, sorride e avvicina
pericolosamente il viso al mio. Il cuore comincia a battere freneticamente
mentre chiude gli occhi e il suo naso sfiora il mio. Penso di poter sentire
un’esplosione nel mio petto quando le sue labbra premono con dolcezza inimmaginabile
sulle mie. Il buio più totale mi avvolge. La sua lingua tocca le mie labbra
come a chiedere il permesso ed io le dischiudo. Le nostre lingue si accarezzano
svariate volte, in un movimento lento delle labbra. Riesco a percepire un lieve
sapore di sangue, dolce e al contempo acre. Alla fine, è riuscito nel suo
intento: farmi “bere” il suo sangue.
I muscoli di tutto il corpo ritornano alla forma normale
in pochissimo tempo e l’adrenalina ricomincia a scorrere nelle mie vene,
ritmata dal battito assordante del mio cuore e dagli ansimi irregolari che escono
dalle nostre bocche mentre si cercano avidamente. Le mie mani sono nei suoi
capelli, un gesto che avevo sognato di fare chissà quante volte in vita mia.
Finalmente stavo avendo quello che volevo: Thomas. Ma quanto sarebbe durato? Un
bacio?
Lo spingo via e mi allontano da lui in modo da non
sfiorarlo più.
“Sei stato sleale. Da quanto giochi con i sentimenti
degli altri?”. La rabbia ha preso il posto del buonsenso.
I suoi occhi sono fissi nei miei e non accennano a
smuoversi. “Adesso hai un po’ del mio sangue dentro di te. Non senti niente?”.
Ancora quel tono di voce suadente, sicuro.
Guardo le sue labbra e noto che sanguinavano. E’ stata
tutta una scusa, una stupida scusa per farmi assumere il suo sangue. Come ha
potuto? E che vogliono dire le sue parole?
Cioè, so cosa vogliono dire. So che lo scambio di sangue
permette di percepire emozioni e stati d’animo di coloro che lo scambiano. Ma
come funziona?
Concentrandomi su quello che provo, noto che mi formicolano
gli arti, ma quello forse è dovuto al fatto che il sangue di vampiro sta
scorrendo dentro di me. Ma il cuore pompa troppo. Batte all’impazzata, e
risuona doppio. E’ come se avessi due cuori nel petto.
“Perché sento due cuori che battono all’impazzata?”, gli
chiedo.
Lui ride. Il suono più bello del mondo. “Uno è il mio.
Adesso lo riesci a percepire, ma tra poco svanirà”.
Wow, è... forte! Posso sentire il suo cuore! E batte a
ritmo strano, come il mio. Ma il motivo può non essere lo stesso. Magari è la
reazione del cuore quando assimila sangue umano.
“Dovrei dedurre qualcosa da... questo?”, domando ancora.
Sorride. “Tu che dici?”.
Non ci sto più capendo niente. Da un lato, desidero
disperatamente credere che anche lui
provi quello che provo io, ma dall’altro mi sembra troppo strano. Troppo
irreale. Thomas non può amarmi. Sarebbe troppo.
Scuoto il capo. “Mi stai prendendo in giro”, lo accuso.
Il secondo battito sparisce e sento un vuoto immenso nel
petto.
“No, non lo farei mai”, sussurra al mio orecchio. Non
avevo visto che si era avvicinato così tanto.
Rabbrividisco.
“Mi piaci, Lilith. Mi sei sempre piaciuta”. Pronuncia il
mio nome in una maniera così dolce e incantevole che mi sciolgo. Non posso
essere così fortunata. Deve essere un sogno.
Le sue braccia mi avvolgono e io mi abbandono a
quell’abbraccio. “Davvero?”, sussurro, ancora incredula.
Ride al mio orecchio. “Sì, davvero”.
Mi giro e lo guardo malissimo. “E perché hai aspettato
così tanto a dirmelo? Perché eri sempre restio?”.
Cioè, mi ha preso in giro per tutto questo tempo o
sbaglio? C’è qualcosa che mi sfugge?
“Perché... Perché tu avresti pensato che te lo dicevo
solo per sfruttarti. Non è così”.
“E tu sei andato a pensare una cosa del genere?”.
Annuisce.
“Ehi, voi due, piccioncini, non abbiamo tempo di
chiacchierare. Dobbiamo organizzarci, perché da quanto si è capito qui nessuno
vuole finire nelle mani dei saggi”, ci interrompe la bionda.
Ha ragione, non c’è tempo. Noi stiamo qui a confessarci i
nostri sentimenti quando dovremo solo pensare a qualcosa.
“Quanto tempo abbiamo?” chiede Dan.
“Poco. Sono usciti un sacco di tempo fa, non tarderanno
ad arrivare”, risponde la bruna.
“Priscilla, non possono nulla contro di noi. Siamo forti
e giovani”, constata Thomas.
“Sarà, ma loro sono i saggi”. Priscilla, la bruna, si
scosta un ciocca di capelli con un gesto della mano.
Sospiro. Di tutta questa faccenda non mi piace proprio
nulla.
Un’esplosione improvvisa fa crollare il muro di fronte a
noi, alzando una nuvola di polvere che ci toglie la visuale per qualche
secondo.
“E così, volete ribellarvi”, conclude una voce profonda,
sconosciuta. Un’ombra appare davanti a noi, con i contorni confusi nella
polvere. “Non avete alcun diritto di opporvi”, continua tranquillo. Il suono
della sua voce è agghiacciante.
Thomas mi stringe a sé, un gesto che ho sempre desiderato
facesse e che ora non ho il tempo di assaporare. Mi tocca la mano, facendomi
tante promesse con una semplice carezza. Guardo Dan, terrorizzata. Non voglio
perdere nessuno. So che sarà una guerra all’ultimo sangue.
Come se avessi appena dato il via, qualcuno si butta
addosso a Thomas, scaraventandolo a terra.
“NO!”, urlo fuori di me. Gli corro vicino.
“Scappa, Lilith, CORRI!”, mi urla, immobilizzato da
qualcosa.
Sento varie urla soffocate. Tutti sono stati presi da
dietro, immobilizzati da braccia possenti. Solo io sono libera. Devo fare
qualcosa. Qualunque cosa.
Comincio a pensare a qualche formula imparata, ma la mia
mente non connette. Sono immobilizzata dalla paura.
Mi inginocchio accanto a Thomas.
“Lilith, maledizione!”, impreca lui.
Un movimento alle mie spalle attira la mia attenzione.
“Lilith, la Croce della Regina!”, urla Dan, dimenandosi.
Qualcosa brilla accanto a me. Qualcosa che non ho notato
fino a questo momento. La polvere copre tutto.
Prendo la croce in mano e la alzo in aria. Nello stesso
istante, qualcuno mi afferra la mano, ma è troppo tardi. Ho già visualizzato
tutti i volti dei miei amici. E del mio amore.
Urlo parole in latino, rimanendo concentrata nonostante
mi stiano tirando in una morsa dolorosa. E’ l’ultima possibilità. O ci riesco,
o sono morta. Siamo morti.
“CONDUCO!”, urlo senza fiato, e il resto è bianco.
Non so dove mi trovo. So solo che mi fa male ogni singolo
muscolo del mio corpo e che qualcuno mi tiene la mano. Apro gli occhi a fatica
e vedo che due splendidi occhi verdi mi fissano. Thomas sorride, sforzandosi.
“Ce l’hai fatta, piccola”, mi dice, e la sua mano stringe
di più la mia. Le nostre guance sono appoggiate al pavimento piastrellato blu.
Chissà dove ci troviamo. Ma non importa. Siamo vivi.
“Complimenti”, biascica una voce familiare, strusciandosi
verso di me e accasciandosi al mio fianco. “Se stata grande”, tossisce.
“Stai bene?”, gli chiedo.
Dan annuisce.
“Gli altri?”, domando.
“Siamo qui”, gracchia una voce femminile, alzando la
mano.
“Bene”. Chiudo gli occhi, sfinita. Sono così stanca che
il resto non conta. Siamo vivi. Non potrebbe andare meglio di così.
“Ti amo”, sussurra la voce di Thomas. Mi correggo, adesso
non potrebbe andare meglio.