Prima della luce di Akane (/viewuser.php?uid=27)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** incontro-scontro ***
Capitolo 2: *** grido d'aiuto ***
Capitolo 3: *** la luce in dono ***
Capitolo 1 *** incontro-scontro ***
TITOLO:
Prima della luce
AUTORE: Akane
SERIE: CSI NY
TIPO: slash
anche se in realtà si tratta di un pre slash. Long fic di
tipo 3 capitoli circa…
GENERE: azione,
sentimentale
RATING:
giallo/PG13
PAIRING:
MacXDanny
AMBIENTAZIONE:
prequel di Follia omicida a NY, quindi la fic si colloca prima delle
stagioni di CSI NY. Anche se in realtà la si può
considerare l'inizio di tutte le mie fic di questo telefilm...
DISCLAMAIRS: i
personaggi non sono miei anche se gli eventi che accadono
si…
NOTE: non
è scritto da nessuna parte il loro incontro e scrivendo
Follia omicida a NY mi era venuta su un ideuzza niente male su come si
fossero trovati, così ora la sviluppo in una fic di non
lunga durata, penso che ci saranno 3 capitoli su per giù,
non so ancora bene di preciso.
So che ho
promesso altre storie e non dovrei iniziarne di nuove, seppure corte,
ma quando ho l’ispirazione per qualcosa di particolare la
seguo. Abbiate pazienza, non mi sono dimenticata di niente!
Ho trovato
alcune foto di Danny che mi hanno ispirato in modo particolare, quindi
ve le mostro cosicché anche voi possiate capire
perché sono così ispirata!
http://img51.imageshack.us/img51/8788/carmine.png
http://img138.imageshack.us/img138/2214/carmine2.png
http://img13.imageshack.us/img13/8236/carmine3.jpg
http://img710.imageshack.us/img710/1619/carmine18.jpg
http://img526.imageshack.us/img526/4065/carmine20u.jpg
http://img37.imageshack.us/img37/521/carmine21.jpg
Ad ogni modo
auguro a tutti buona lettura. Baci Akane
DEDICHE: a
Yukino che apprezza molto la coppia di cui scrivo ora
RINGRAZIAMENTI:
tutti quelli che leggeranno e commenteranno!
PRIMA DELLA LUCE
CAPITOLO
I:
INCONTRO-SCONTRO
/
Till i collapse - Eminem /
Quella
volta non se lo poteva lasciar sfuggire…
Fosse stata
l’ultima cosa che avrebbe fatto, quel ragazzino gli era
scappato già una volta da sotto il naso facendolo cadere
dalle scale e procurandogli delle botte non indifferenti.
Come poteva
pensare di scappargli ancora?
Già
fargliela una volta non era facile, il solo fatto che lui ci fosse
riuscito significava solo una cosa: che la seconda non gli sarebbe
andata bene!
Con aria
concentrata ed ogni parte di sé rivolta ad inseguirlo e
prenderlo, lo rincorreva a rotta di collo per le strade malfamate di
quel quartiere che il giovane sembrava conoscere fin troppo bene, a
giudicare da dove si infilava per scappare.
La prima volta
era stato molto sveglio a defilarsi prima che lui potesse anche solo
parlargli, ma ora era riuscito ad averlo davanti e nonostante il suo
scatto invidiabile e la velocità con cui si era allontanato,
Mac si era preparato e con la testardaggine che solo lui riusciva a
tirare fuori in certi momenti, era sicuro che l’avrebbe preso!
Del resto era
il suo sospettato numero uno, specie dopo quei due inseguimenti!
Dopo aver
saltato alcuni ostacoli non identificati nella foga del momento ed
essere stato investito da dei bidoni che gli procurarono
l’ennesimo bernoccolo in fronte, Mac salì su un
muretto e correndoci sopra per un tratto come se si stesse
allontanando, decise di darci un taglio.
Era ora di
mettere a cuccia i randagi!
Si era detto
questo con tenacia e fastidio, quindi con uno scatto prima
dell’ultima decisiva curva saltò letteralmente e
spericolato afferrando per le spalle il ragazzo sbilanciato per la
corsa. Sentendosi inaspettatamente placcare da un peso in volo, il
randagio in questione non poté che piegarsi e farsi
schiacciare dall’altro, seppure fra ringhi ed insulti da
premio oscar!
Nonostante
l’intontimento per la botta, il ragazzo cercò di
divincolarsi dalla sua presa e nemmeno la pistola premuta con forza
contro la nuca ed il suo piede sulla schiena, l’aveva fatto
desistere.
L’impressione
che Mac ebbe mentre lo ammanettava con una certa soddisfazione, fu che
quel tipo fosse un vero diavolo!
La forza di cui
si mostrò padrone non era trascurabile e quando lo ebbe
sotto il suo controllo lo girò per fissarlo dritto negli
occhi.
Lo
avvicinò e faccia a faccia si scrutarono seri e decisi.
Tante domande c’erano in uno quanto odio nell’altro.
Il detective se
lo chiese… da cosa scaturiva tutta quell’energia
inesauribile e quell’odio senza pari? Odio per cosa, poi? Era
lui il criminale, semmai doveva essere Mac ad odiarlo eppure sembrava
proprio il contrario.
Ciò
che vide in quegli occhi azzurri tendenti ad un grigio tempestoso, lo
colpì molto in profondità ma si limitò
a dire sostenuto ed incisivo:
-
Finalmente… me ne hai dato di filo da torcere… -
Solo allora il giovane sembrò notare le botte che
l’uomo aveva in viso, a partire dalla più recente.
Lo sputo che
gli arrivò sulla camicia fu la sua risposta.
“Ma
cosa lo muove fino a questo punto?”
Il pensiero che
gli attraversò la testa poco prima di lasciarlo
all’agente di scorta che l’aveva raggiunto, non
l’avrebbe mollato per molto.
- Cosa ne
pensi? - La voce di Stella arrivò a Mac interrompendo le sue
riflessioni mentre fissava penetrante ed intenso il ragazzo appena
arrestato al di là del vetro. La sala interrogatori sembrava
una gabbia che teneva rinchiusa una tigre feroce.
- E’
irrequieto… - disse allora sempre assorto senza distogliere
gli occhi da lui, al di là del vetro.
- Lo credo
bene… - Fece la collega guardando anch’egli il
biondo dai capelli spettinati e l’aria truce che si mordeva
le labbra con rabbia. - è nei guai fino al collo…
-
- Si ma non
solo per questo. Non so, c’è qualcosa
che… non riesco ad inquadrare bene… - fu strano
sentirglielo dire considerando che la sua dote migliore era proprio
quella di inquadrare tutti al primo sguardo. Vederlo così
disorientato colpì Stella più di quello sguardo
feroce.
Non disse
nulla, lo vide entrare nella sala con la sua solita sicurezza.
Sicurezza che nascondeva, questa volta, una serie di dubbi che ancora
non riusciva a capire bene.
Era solo una
sensazione…
Mac si sedette
con calma al tavolo dietro cui stava il sospettato. Un contrasto
incredibile fra i due.
L’osservò
meglio per un attimo prima di iniziare. Non era poi così
giovane come aveva creduto all’inizio.
Piegò
la testa di lato continuando a studiarlo, allora l’altro si
drizzò dalla posa scomposta in cui era e colpendo la
superficie del tavolino con i pugni, si protese ringhiando selvaggio:
- Non avete un
cazzo contro di me! Io non ho fatto nulla, non potete tenermi qua! -
Il detective
della scientifica si decise allora ad interagire per provare a capire
chi fosse davvero.
Imperturbabile
e composto come non mai, chiese freddo:
- Ah no? E
perché scappavi allora? -
I vestiti del
ragazzo erano logori e strappati, di jeans, tipico abbigliamento di
strada. Sembrava che da un po’ non gli importasse nulla di
sé stesso…
-
Perché tu mi inseguivi, sbirro! - Rispose ancora a denti
stretti fissandolo come se potesse ucciderlo.
Mac
alzò un sopracciglio.
- Se non hai
fatto nulla non serviva tu scappassi. - Era semplice e lineare ma non
per l’altro, a quanto pareva.
- Se non ho
fatto nulla non serviva tu mi inseguissi con una pistola! - Anche la
sua era una logica abbastanza inoppugnabile, dal suo punto di vista.
- La legge
prevede di interrogare i sospettati di un crimine nonostante non ci
siano ancora prove certe contro di loro. - Disse quindi sempre
mantenendo il suo controllo l’uomo.
- La legge
della strada prevede di scappare se un piedi piatti vuole parlarti!
Anche se non hai fatto nulla! - E lui aveva sempre la risposta astiosa
contro. Ancora teso continuava ad afferrare il bordo del tavolino di
ferro per non tirarglielo addosso. Sapeva che non era una buona
idea…
- So come
ragionate voi teppistelli, ma non lo condivido. Se avete la coscienza
pulita… - Ma l’altro lo interruppe brutalmente:
-
…c’è sempre qualcuno che vuole
incastrarti, che abbia il distintivo o meno! - Mac cominciò
a comporre il mosaico della persona che aveva davanti. Mantenne
freddezza e tranquillità, quindi continuò
cercando di metterlo un po’ più a suo agio.
- Lo capisco. -
Sicuramente aveva passato la vita a guardarsi le spalle da un sacco di
gente che aveva cercato continuamente di incastrarlo. - Io mi chiamo
Mac Taylor, sono della polizia scientifica. Tu chi sei? - non aveva
voluto dirlo agli agenti che l’avevano portato in centrale
per registrarlo e non avendo documenti con sé doveva
iniziare da zero.
- Che te ne
frega? - Sbottò malamente. Così dicendo
tirò fuori il suo pacchetto di sigarette come
d’abitudine quando era al colmo del nervosismo. Si mise una
sigaretta fra le labbra e muovendola con la lingua su e giù
si tastò le altre tasche, vuote. - Hai da accendere? -
Naturalmente
non si poteva fumare in centrale, ma Mac capì che per
accattivarselo almeno un po’ avrebbe dovuto fare uno strappo,
così tirò fuori un accendino e
gliel’accese. L’altro tirò una boccata e
tenendosi il fumo dentro per un po’ chiuse gli occhi cercando
di calmarsi. Quando lo ributtò fuori sembrava più
in sé di un milionesimo; era pur sempre qualcosa, si disse.
- Allora, ti va
di dirmi il tuo nome, ora? - Non avrebbe mollato. Non era sicuro che
fosse davvero la persona che cercavano.
Il giovane
sbuffò ancora del fumo, quindi tirandosi giù la
camicia della felpa nero sbiadita col cappuccio, dando così
segni di caldo, si decise a rispondere seppur di malavoglia e guardando
da un’altra parte:
- Danny Messer.
- Non perse tempo a dirgli falsi nomi o farsi pregare per ottenere
quello completo. Tutto sommato quel Taylor non poteva essere peggio di
quelli che dovevano essere suoi compagni.
Mac
brillò brevemente ed impercettibilmente per quella piccola
vittoria.
Intravide il
fisico da sotto la felpa aperta e la canottiera bianca attillata. Un
filo di cuoio si perdeva sotto di essa.
Non poteva
essere un ragazzino…
- Quanti anni
hai? -
- Abbastanza! -
Ringhiò tornando a perdere la pazienza.
- Allora,
Danny… perché pensi di essere qui? -
- Non lo so,
dimmelo tu visto che mi hai inseguito come un dannato! Io non ho fatto
niente! - Gli occhi ancora carichi di odio, la sigaretta stretta fra
l’indice e il pollice, tutto il busto proteso verso di lui.
Mac non si fece
toccare da questi atteggiamenti ostili e con diplomazia
continuò:
- Mi sei stato
indicato durante un caso di omicidio fra gang. Forse tu conosci questa
persona. - Allora dal fascicolo tirò fuori la foto del
ragazzo trovato morto nel suo quartiere. Si sapeva che faceva parte di
una banda e che quella banda a sua volta aveva come nemica un paio di
altre.
Danny lo
guardò di malavoglia ma appena inquadrò la
persona morta vi si soffermò sorpreso, identificandolo.
- E’
Joy e non so che… lo chiamano ‘lo
scorpione’. - Era ovvio il motivo, dato il grande tatuaggio
sulla schiena che spuntava sul collo raffigurante uno scorpione, per
l’appunto.
- Ora posso
andare? - Fece per alzarsi ma Mac lo spinse di nuovo sulla sedia. Danny
allora si rimise la sigaretta fra le labbra guardando di nuovo da
tutt’altra parte, impaziente e nervoso.
- Devo farti
altre domande, ho bisogno di sapere alcune cose… -
- Ed io se
rispondo alle tue cazzo di domande sono fottuto, non so se mi
spiego… - Sapeva che aiutandolo sarebbe finito nei guai con
il suo gruppo, ma al momento non aveva altro che lui. E non era
stupido, sapeva bene che non poteva essere lui il colpevole, sarebbe
stato troppo facile.
- Devi
convincermi che non sei stato tu ad ucciderlo, Danny. Altrimenti ti
arresto per il suo omicidio. - Semplice e logico. Il ragazzo lo
guardò male come per fulminarlo. Come poteva dire quelle
cose in tutta calma e tranquillità? Sembrava gli stesse
chiedendo che gusto di gelato preferiva!
Non gli andava
giù… e poi era uno sbirro!
- Non
l’ho ucciso io! - Fece con finta ironia.
- Parlami di
lui. Era un tuo amico? - Danny sospirò impaziente, quindi
dopo aver vagliato i pro e i contro del parlare, si decise a
scagionarsi per farsi lasciare andare, quindi rispose:
- No, era di
una banda opposta a quella di mio fratello. Gli Scorpions! - La luce di
scetticismo a quel nome gli fece capire cosa pensava: - Si, che
originali, vero? Ma al capo, il tipo morto, gli piacevano gli
scorpioni. E poi era velenoso anche lui! -
- Allora tuo
fratello di che banda è? - Questo sarebbe stato troppo. Era
come venderlo. Non poteva farlo. Non era nemmeno ancora dei
loro…
- Scordatelo!
Non te lo vendo! - Mac cominciava a perdere la pazienza.
- Vuoi o no
scagionarti? Non penso proprio che ti vada di finire in prigione al suo
posto, no? - Il biondo si morse il labbro, poi tirò una
boccata, cambiò posizione un paio di volte ed infine come
un’anima in pena, consapevole di cosa stava andando incontro,
disse marcando la voce sulle sue parole a denti stretti. Di nuovo i
pugni sbattuti sul tavolo, di nuovo teso verso l’altro, di
nuovo l’espressione feroce:
- Ascolta
amico… io non so se mio fratello e il suo branco di spostati
di merda, di cui io per inciso non faccio parte, hanno ucciso o no quel
tipo, so che si odiavano cordialmente e che Joy stesso progettava
qualcosa contro di loro. Magari si sono solo difesi, magari non
c’entrano nulla! Che ne dici di scoprirlo da solo, scienziato
dalle mille lauree? - L’idea che Mac dava era uno che aveva
studiato molto e nonostante non fosse del tutto corretto decise di non
puntualizzare quel fatto. - Ti ho già dato un sacco di
spunti su cui lavorare, no? Ora se non ti dispiace io me ne andrei! Ho
già detto troppo! - Il moro capì che
più di così non avrebbe potuto tirargli fuori e
non avendo prove contro di lui non poteva che lasciarlo effettivamente
andare.
Ma un pensiero
l’attraversò lasciandolo non poco preoccupato.
- Passerai dei
guai per quel che mi hai detto… -
Danny parve
calmarsi e sorprendersi di quel piccolo gesto di premura nei suoi
confronti. Si rilassò sulla sedia, finì il
mozzicone e lasciandolo cadere a terra lo pestò con lo
scarpone. Poi fissandolo serio, senza la minima rabbia, disse quasi
rassegnato:
- I guai li sto
già passando, fra te e mio fratello. E non
c’è giorno da quando sono nato in cui non ne
passi, onestamente! Ci sono abituato. -
Non sapeva
perché l’aveva detto, sembrava quasi volesse
tranquillizzarlo e scaricargli la coscienza ma non era così,
per lo meno le sue intenzioni non erano state quelle.
Mac rimase
ancora più colpito da quel ragazzo pieno di problemi che
alla fine aveva smesso di attaccarlo e mentre chiamava
l’agente per accompagnarlo fuori e lasciarlo andare, si disse
che di certo non era lui il colpevole ma solo una vittima. Una vittima
che presto avrebbe trovato con un buco in fronte, probabilmente.
- Se ti viene
in mente altro che potrebbe essermi utile… o se…
ti serve una mano per qualcosa… - E con questo i suoi occhi
intesero chiaramente ‘contro i veri colpevoli’ -
chiamami. - Detto questo gli lasciò il suo biglietto da
visita col numero di telefono.
Danny lo prese
una volta in piedi davanti a lui, lo penetrò con uno sguardo
pieno di tormento e consapevolezza e chiedendosi se potesse davvero
fidarsi, se lo mise in tasca senza dire altro.
- Quel ragazzo
finirà male. - mormorò fra sé e
sé guardandolo andarsene.
“Specie
perché ha tutta l’aria di uno che non molla
finché non crolla. E quando crollerà
sarà solo perché qualcuno
l’avrà finito.”
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Capitolo 2 *** grido d'aiuto ***
*Come
avevo già detto batto il sentiero finché
è fresco e caldo… scrivo subito ciò
che ho in testa prima che mi sfugga chissà dove. Ecco il
secondo capitolo. Il prossimo dovrebbe essere l’ultimo, forse
però ci faccio anche un epiloghino, vediamo. Sono contenta
che i miei ‘parti’ vi piacciano… e
aspetto la statua che mi è stata promessa! Anche un bel
disegno va bene… ^O^. Ad ogni modo non so come mi
vengono… nascono da sole… Comunque scherzi a
parte grazie a tutti quelli che hanno letto e commentato. Buona
lettura. Baci Akane*
CAPITOLO II:
GRIDO D'AIUTO
/Freestyler
- Bomfunk MC’s/
Grazie
alle informazioni ricevute, anche se non erano state specifiche, Mac
riuscì a trovare la banda del fratello del ragazzo.
I Tanglewood
Boys erano una gang piuttosto famosa in quel quartiere pericoloso e
malfamato di New York, dove si erano trovati ad indagare. Secondo le
informazioni trovate, gli Scorpions erano stati da sempre i nemici
giurati dei primi, ma non avevano mai prevalso uno dei due gruppi fino
a quel giorno, in cui avevano trovato morto il capo degli scorpioni.
I Tanglewood
Boys erano composti da un paio di ragazzi fra cui spiccava Louie Messer
ed un certo Tony Sassone.
Ovviamente di
danni ne avevano già combinati in abbondanza.
Accompagnato da
Stella, anch’essa incaricata del caso, andarono con una certa
discrezione a dare un’occhiata a questi fantomatici
Tanglewood con la speranza di trovare qualcosa con cui incastrarli o
che confermasse che fossero effettivamente stati loro.
Non avendo
prove concrete non avevano ottenuto nessun mandato, così
potevano solo seguire lo spunto lasciato dal ragazzo di nome Danny.
Per tutto il
tempo della ricerca, Mac aveva avuto in testa quel giovane, quello
sguardo finale quasi disilluso e spento con cui l’aveva
guardato. Ed il tormento cui era stato preda era ben nitido, ancora,
insieme all’odio visto nei suoi occhi.
Una tigre in
gabbia, l’aveva visto così, dentro alla sala
interrogatori… forse lo era anche nella sua vita, al di
fuori del dipartimento.
Il primo posto
dove erano andati a controllare era, naturalmente, casa Messer. Parlare
direttamente col fratello sarebbe stata la cosa più
sensata… magari per proteggere il fratello già
accusato in precedenza, quel Louie avrebbe parlato.
La speranza
però si spense immediatamente quando ad aprirgli era stato
Danny.
Appena Mac e
Stella lo videro tutto parve terribilmente chiaro.
La postura
tutta ricurva con le braccia istintivamente a proteggere il ventre
parlava chiaro ma ancor di più il suo viso pieno di lividi.
L’occhio nero, il sopracciglio ed il labbro spaccato, il naso
aveva appena finito di sanguinare.
Quando Danny li
vide riconoscendo Mac impietrito davanti a quella visione, si
irrigidì chiudendosi a riccio ancor prima di parlare. Con
sguardo cupo disse rabbioso:
- Cosa diavolo
vuoi ancora da me? Non ti è bastato stamattina? - Erano
passate poche ore… possibile che in quel lasso di tempo
l’avessero già ridotto a quel modo?
“Dovevo
tenerlo in arresto anche se non lo era… sarebbe stato al
sicuro…”
Fu questo il
pensiero che Mac ebbe mentre registrava le parole del ragazzo pestato e
malconcio. Parlava a fatica.
- Chi
è stato? - Fu quella la prima domanda spontanea che gli
venne da porgli, era così chiaro cosa fosse
successo… per vendicarsi del fatto che secondo loro lui
aveva parlato con la polizia, l’avevano picchiato per fargli
passare la voglia di rifarlo.
Cosa gli
avrebbero fatto, allora, se l’avessero visto parlare con lui
una seconda volta? Il pensiero l’attraversò troppo
veloce e così come arrivò se ne andò
insieme alla rabbia che cominciò a montargli dentro.
- Non te ne
frega! Non sono cazzi tuoi! Nulla di tutto ciò lo
è! Vattene! VATTENE DALLA MIA VITA! NON VEDI COSA MI HAI
GIA’ FATTO? NON TI BASTA? - Nel rispondergli si era scaldato
ulteriormente mettendosi a gridargli infuriato. Sbatteva il pugno
contro la porta per evitare di tirargliene a lui e Stella stessa
impietrita non riusciva a dire nulla. Osservava sconcertata la scena
mentre sapeva, sapeva bene qual era ora lo stato d’animo di
Mac.
L’uomo
più grande rimaneva immobile con aria sempre più
seria e cupa ad ascoltare e guardare lo sfogo del ragazzo che tremava
da capo a piedi per la rabbia ed i dolori.
Come poteva
arrivare il genere umano a tanto?
- E’
stato tuo fratello, vero? - Sibilò a denti stretti
trattenendo a stento la sua ira che montava.
- HO DETTO DI
ANDARTENE, PORCA PUTTANA! MI UCCIDERANNO SE MI VEDONO PARLARE CON TE
ANCORA! - Gli occhi lucidi di un misto fra la paura, l’odio e
il panico stesso. Non sapeva più cosa provava di preciso,
sapeva solo che stava male e che stava per impazzire.
Mac lo
capì perfettamente ma non poteva permettere che tutto quello
accadesse proprio sotto i suoi occhi, che quella gente rimanesse
impunita, che la passasse liscia…
- Voglio
parlare con Louie, sono venuto per questo. È qua? Fammici
parlare! - Disse imperterrito sempre mantenendo una falsa freddezza
pronta ad esplodere. Gli occhi due lame azzurre.
- Cosa sai di
lui? - Si placò cercando di ragionare in mezzo a quel caos,
la testa gli esplodeva. Cosa aveva scoperto?
- E’
qua? - Chiese imperterrito spingendolo da parte per entrare e cercare
il fratello nella speranza di trovarlo e potergliene dire un paio.
Danny lo
seguì come un forsennato, seguito a sua volta da Stella che
sperava vivamente non ci fosse nessun altro in casa. Se Mac avesse
trovato chi cercava in quelle condizioni, probabilmente si sarebbe
dimenticato delle regole… e non poteva assolutamente
permetterselo.
- No, no che
non è qua! Non puoi rovistare come ti pare! Vattene o ti
butto fuori io a calci! Non voglio più avere niente a che
fare con te! Niente! - ancora agitato cercava di non urlare
più ma la tensione che gli attanagliava lo stomaco
l’avrebbe fatto svenire se non fosse stato per la sua
testardaggine. Non voleva dare nessuna soddisfazione a
quell’uomo, quali che fossero le sue intenzioni!
Mac allora si
fermò girandosi di scatto, Danny quasi gli andò
addosso. Solo allora notò la sua canottiera bianca,
l’unica cosa che indossava sopra, sporca di sangue in
più punti. Il suo. Ci erano andati giù davvero
molto pesanti.
Prese un
profondo respiro cercando quella calma per parlare ragionando, quindi
afferrandolo per le spalle nude sopra cui c’era un tatuaggio,
lo scosse con forza sapendo di fargli non certo bene.
- Tu non devi
subire tutto questo! Parlami, io ti posso aiutare ma tu mi devi dire
ogni cosa! - L’aveva preso più a cuore di quanto
lui stesso non si sarebbe mai aspettato ed il motivo proprio non
riusciva a capirlo. Lì su due piedi non si riconobbe.
Danny lo
fissò stranito come se avesse davanti un alieno, quindi pur
senza riuscire a muoversi soppesò seriamente, per un
momento, l’opportunità di farsi aiutare da lui.
Un istante di
silenzio cadde nella stanza ma proprio quando stava per decidersi a
dirgli tutto e chiedergli aiuto, un altro pensiero si
insinuò nella sua mente terrorizzata.
Era uno sbirro,
uno di quelli che non c’era mai stato quando aveva avuto
bisogno. Uno di quelli che anzi gli aveva solo provocato più
danni.
Cosa mai poteva
fare per lui uno così?
Avrebbe solo
peggiorato la situazione.
Nessuno poteva
aiutarlo.
Nessuno.
E questo
tormento glielo si lesse nitido negli occhi azzurro mare arrossati e
gonfi.
- No. Nessuno
può aiutarmi. Non c’è nessuno di cui
possa fidarmi. Nessuno può fare niente per me. È
sempre stato così e questo mai cambierà. Mai. Ora
vattene. Io non sono quello che cerchi e non so dove sono i tuoi cazzo
di colpevoli! - anche il suo era stato un sibilo. Un sibilo pieno di
dolore, qualcosa di molto simile ad un grido d’aiuto, in
realtà.
Le sue parole
rimbombarono nella mente del detective che sbatté le
palpebre chiedendosi se avesse capito bene, poi quando vide che il
giovane stava per piangere capì di aver passato un limite e
che non gli avrebbe mai chiesto aiuto.
Il problema era
che l’unico che poteva salvarlo era lui.
Rendendosi
sempre più conto dello stato in cui l’avevano
ridotto, la rabbia riprese a muoversi, quindi lasciandolo andare lo
penetrò un’ultima volta con lo sguardo e senza
aggiungere nulla se ne andò nel silenzio più
completo. Senza nessuna promessa se non l’unica intenzione di
fare davvero qualcosa per lui.
Uscito dal
palazzo fatiscente, la rabbia di Mac era semplicemente alle stelle.
La collega
l’affiancava cercando velocemente le parole migliori per
calmarlo ed impedirgli di fare una strage di massa, ma nonostante lo
conoscesse da un po’ non aveva la minima idea di come
trattarlo.
Non era una
persona facile.
All’apparenza
sembrava calmo, controllato e diplomatico ma se si toccavano certi
tasti si poteva risvegliare una bestia che poi nessuno era
più in grado di spegnere.
Decise
semplicemente di seguirlo in silenzio e prima ancora di capire cosa
volesse fare, lo vide coi suoi occhi.
Dopo un paio di
isolati si fermò e scendendo a passo di carica
andò verso un gruppetto che aveva individuato al volo
guidando.
Quello era il
secondo posto dove sapeva avrebbe potuto trovarli.
Con le foto di
Louie e Tony ben impresse nella testa arrivò come una
scheggia da loro e senza il minimo preavviso né
identificarsi tirando fuori il distintivo, afferrò Louie per
la maglia, da dietro, lo strattonò di brutto e spingendolo
contro il muro pieno di graffiti lì accanto, gli
piantò l’avambraccio contro la gola spingendo in
profondità.
Lo sguardo di
chi prometteva nulla di buono fece rabbrividire il ragazzo bloccato
impossibilitato a muoversi e a respirare.
L’istante
successivo tutti gli altri reagirono tirando fuori pistole
puntandogliele contro, sia lui che Stella tirarono fuori le loro e
mentre lei la puntava contro gli altri gridando che erano della polizia
e di non intervenire, lui la puntava proprio contro la tempia di Louie.
- Se non volete
che lo ammazzi state fermi. Devo solo dirgli due parole, poi ce ne
andiamo. - Sapeva bene che non poteva arrestarlo né
accusarlo, però questo poteva farlo. Almeno per la sua testa
ottenebrata dall’ira.
Ottenendo un
silenzio insperato in risposta, mentre tutt’intorno
nell’intero quartiere l’attenzione anche di altri
ragazzi veniva puntata su di loro, Mac parlò minaccioso con
un filo di voce senza staccargli gli occhi dai suoi, vicinissimo al suo
viso paonazzo e preoccupato:
- Se tocchi di
nuovo tuo fratello ti ammazzo, hai capito bene? E tanto per la cronaca,
se uccidete qualcuno non basta assicurarsi che il fratellino testimone
non parli con gli sbirri… se avete le palle per uccidere
qualcuno, allora dovete averle anche per affrontare le conseguenze da
uomini. Ma visto ciò che fate mi sembra proprio che non lo
siate! -
Dopo di che
rimase ancora un po’ a fissarlo male con l’unico
desiderio di potergli dare davvero ciò che si meritava.
L’idea
che avesse picchiato suo fratello solo per farlo stare zitto lo mandava
in bestia, specie considerando che Danny non aveva voluto venderlo.
La mano di
Stella lo toccò alla spalla notando quanto male si stessero
per mettere le cose intorno a loro, quindi sentendola appena dire che
dovevano andarsene, a malincuore e contrariato mollò la
presa lasciando andare Louie che si accasciò a terra
tenendosi la gola.
- Se lo tocchi
di nuovo non la passi liscia. È una promessa. -
Ma andandosene
non vide lo sguardo omicida di Louie posarsi su Tony e sugli altri suoi
amici.
Uno sguardo che
significava solo una cosa.
Che non
l’avrebbero passata liscia per aver toccato a sua insaputa il
fratello.
Tutti lo
sapevano. L’unica regola era quella. Non toccare Danny.
Eppure le cose
non erano così semplici.
Quando il suo
telefono squillò Mac era nel pieno di un analisi con la
quale sperava di incastrare i Tanglewood; rispose distratto ed irritato
ma immediatamente si fermò cercando di fare quanta
più attenzione poteva alla voce familiare che parlava.
Ferito e
sommesso, quasi nemmeno lo si udiva.
-
Danny… cosa succede? - Chiese subito apprensivo capendo che
si trattava di lui. Ma l’altro non poté dilungarsi
molto.
- Aiutami. Mi
hanno preso. Mi uccideranno… - e mentre pensava che
l’aveva immaginato, un ansia tremenda quasi lo
schiacciò.
Tutto
sparì, solo la sua voce affaticata rimaneva.
Le ossa di
piombo, lo stomaco attanagliato, il cuore stretto in una morsa.
Una sensazione
che non avrebbe mai dimenticato negli anni futuri.
- Dove sei? -
Ma quando l’altro cercò di rispondere la linea si
interruppe.
Rimasto solo
un’unica consapevolezza lo investì con la portata
di un treno in corsa.
Danny era stato
rapito per essere ucciso e la colpa, probabilmente, ancora una volta
sarebbe stata sua.
Aveva fatto
arrabbiare le persone sbagliate.
Ma queste non
sapevano a loro volta una cosa.
Anche loro
avevano fatto arrabbiare la persona sbagliata.
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Capitolo 3 *** la luce in dono ***
*Ecco
qua anche l’ultimo capitolo. Inizialmente pensavo di farlo
diverso e più corto aggiungendo poi l’epilogo, ma
alla fine è venuto così ed anche se è
un pochino lungo lo lascio com’è. Spero sia
all’altezza degli altri e di aver fatto un buon lavoro. Ad
ogni modo ringrazio tutti quelli che hanno commentato e seguito la fic,
troppo gentili alcuni complimenti… comunque va bene anche la
canzone, da dedicarmi allora! ^___- Che dire? Buon anno e buona
lettura. Questa, gente, è la mia ultima fanfic per questo
anno. Godetevela! Baci Akane*
CAPITOLO III:
LA LUCE IN DONO
/Somebody told me -
Killers/
La
porta di casa Messer fu praticamente sfondata.
Quando un Louie
non in buone condizioni fisiche ma nemmeno troppo malmesso si vide il
detective di qualche ora prima infuriato più che mai,
impallidì violentemente capendo al volo che qualcosa era
andato storto.
Mac nel vedere
quell’espressione credette di vedere la sua colpa e il sangue
gli andò ancor più alla testa. Senza ragionarci
minimamente, con un paio di agenti al seguito, quelli che non erano a
setacciare il quartiere in stato d’allarme, gli
andò addosso e prendendolo per il colletto della maglia lo
spinse con forza sul tavolo che si incrinò pericolosamente
sotto il botto.
Premuto sopra
di lui con l’espressione più furibonda che mai,
ringhiò con l’insano istinto di bucargli la testa:
-
Dov’è? Dov’è tuo fratello? -
A quelle parole gli occhi di Louie si colorarono di una consapevolezza
lampante. La sua paura era diventata realtà. - PARLA! -
Urlò allora non avendo per niente la sua famosa pazienza.
Il giovane
sotto cominciò a sentirsi davvero male e non per
l’istinto omicida di quel poliziotto, bensì per
quanto aveva appena appreso.
-
L’hanno preso? - Chiese tremante con un filo di voce anche
per il petto schiacciato.
- Ne sei
stupito? - Non ci credeva. Non ci credeva proprio che fosse davvero
all’oscuro di tutto, eppure un fastidioso campanellino
d’allarme vibrava sempre più imponente dentro di
sé.
- Hanno preso
Danny? - Ruggì allora Louie sotto senza sapere dove aveva
trovato la forza per farlo in quel modo.
- Non dirmi che
non lo sai, pezzo di… -
- NO CHE NON LO
SO! NON HO IDEA DI DOVE SIA! E’ GRANDE, MICA SONO IL SUO BABY
SITTER! SE VUOLE USCIRE ESCE, NON MI DEVE DIRE CHE CAZZO FA! HO PENSATO
CHE FOSSE A FARE LE SOLITE CAGATE IN GIRO! VUOI RISPONDERMI? - Anche
lui era arrivato al limite e urlando pur essendo senza fiato, Mac
mollò la presa sconvolto. Fu allora che capì
notando i lividi sul viso, lividi che lui ore prima non gli aveva
fatto.
Era stato
picchiato, era a casa senza la sua banda e non aveva davvero idea di
dove fosse suo fratello.
Non
c’entrava.
Non
c’entrava nulla con l’omicidio di Joy, col
maltrattamento a Danny ed il suo rapimento.
Aveva capito
male, si era sbagliato. Non perse tempo a chiedersi stupidamente come
fosse possibile, senza sapere le cose era facile trarre conclusioni
affrettate, lo sapeva bene; del resto se Danny si fosse confidato con
lui le cose sarebbero potute essere molto diverse.
Gli occhi
azzurri sottili si sgranarono mentre ripercorreva ogni cosa nella sua
mente aggiungendo i tasselli mancanti.
Ecco
perché il ragazzo si era stupito quando lui aveva accusato
suo fratello…
Louie si
raddrizzò massaggiandosi il collo ed il petto, quindi
continuando a guardarlo male tornò a chiedere come un
animale in pena cosa diavolo fosse successo e allora Mac si riprese.
Cercando di essere pratico ed accantonare ancora una volta regole e
controlli, andò diretto al punto:
- Devi dirmi
tutto, Louie. Questo è il momento in cui tu mi dici ogni
dannatissima cosa e non tralasci nulla! Parti da Joy! -
Certo che non
c’era molto tempo per quello, ma se non sapeva non poteva
aiutare proprio nessuno.
L’altro
davanti a lui cominciò a muoversi avanti ed indietro come se
avesse i carboni ardenti sotto i piedi e senza avere idea di cosa fare,
alla fine con un ultimo sguardo penetrante e selvatico si decise che
sicuramente solo col suo aiuto poteva aiutare Danny.
- Io non so chi
sia stato ad uccidere Joy, è la verità. Ma quando
ho saputo che mio fratello era stato picchiato mi sono arrabbiato.
Tutti lo sanno che non lo devono toccare. Gli ho gridato contro e la
situazione è degenerata. Non hanno ammesso nulla ma io me ne
sono andato. È da allora che non vedo né loro
né Danny. Non so altro! - Mac soppesò seriamente
la possibilità di arrestarlo senza credergli ma la
consapevolezza che solo lui poteva aiutarlo a trovare Danny, lo
schiaffeggiò prepotente.
Lo schifava
anche solo pensarlo ma al momento non c’era tempo. Non aveva
scelta. Salvare quel ragazzo era molto più importante dei
suoi principi e di chi in realtà fosse quel tipo.
Non si fidava,
naturalmente. Non era convinto che davvero non sapesse nulla della
morte di Joy e tanto meno che fosse così buono con suo
fratello… a giudicare da quel che aveva detto in centrale
non poteva esserlo.
Però
non c’era tempo.
Non
c’era e lì su due piedi prese la sua decisione,
una decisione che nessuno avrebbe mai potuto biasimare, tutto sommato.
Premendogli il
dito contro il petto deciso, disse determinato e tagliente:
-
Farò finta di crederti, tu ora però usi tutti gli
agganci che hai per trovare Danny o giuro che ti metto dentro. -
E
l’avrebbe fatto.
Louie ebbe il
tempo di rabbrividire per la seconda volta davanti a
quell’uomo e solo un pensiero gli permise di riprendersi e
reagire prontamente con un cenno affermativo.
Su tutti lui
era l’unico che poteva davvero salvare Danny, salvarlo
davvero.
Anche se era
uno sbirro del cavolo.
Era come essere
schiacciati.
Una musica
crescente inondava le loro menti impedendo di ragionare con freddezza e
mentre la pressione minacciava di farli impazzire, lo sforzo sovrumano
di rimanere in loro veniva fatto da almeno due persone ed erano proprio
quelle più coinvolte.
Con una
collaborazione che probabilmente sarebbe entrata nella storia,
detective e teppista trovarono il luogo giusto.
Fermi entrambi
davanti alla vecchia fabbrica diroccata in un quartiere particolarmente
vuoto, Mac e Louie si guardarono scambiandosi uno sguardo
significativo.
Altri agenti
erano con loro ma non tutti quelli che avrebbero dovuto esserci per
poter agire.
- Signore,
dobbiamo aspettare i rinforzi. -
A quella frase,
Louie facendo per andare borbottò:
- Voi aspettate
pure i rinforzi, io vado da mio fratello! -
Dopo di
ché partì svelto. Non passò troppo
prima di sentire la voce fredda e sbrigativa di Mac dire: - Voi
controllate l’esterno, quando arrivano i rinforzi
aggiornateli e circondate il posto, dopo di ché avvertitemi
e aspettate ordini. -
Non
passò molto nemmeno prima di sentirselo accanto silenzioso e
veloce.
Sapevano
entrambi che era un suicidio, che era sbagliato e che non funzionavano
così quelle cose, però non avevano scelta. Ne
erano entrambi convinti. In ballo c’era qualcosa di molto
più importante.
Una volta
varcata la soglia i due si guardarono complici e con un gesto Mac fece
il silenzio, dopo di ché gli indicò un corridoio
prendendone invece un altro.
Era buio ed
ormai la sera aveva oscurato quel poco che di giorno si sarebbe potuto
vedere. Con la torcia elettrica cercava di illuminare il meno
possibile, doveva cercare di passare inosservato.
Appena scese
delle scale di ferro arrugginito cominciò a sentire delle
voci sommesse.
Chiuse
immediatamente la pila e affidandosi all’udito e a quel
po’ di luce che veniva dal fondo del corridoio, si mosse
più silenzioso che mai, con la pistola stretta davanti a
sé nel braccio teso come ogni altro muscolo del suo corpo.
Il solo
pensiero di ciò che probabilmente stavano facendo a quel
ragazzo gli diede la spinta per andare fino in fondo, qualunque cosa
sarebbe successa.
Con sua fortuna
la porta dietro cui si sentivano le voci, era socchiusa. Sbirciando
vide delle persone di schiena quindi trattenendo il fiato e sudando di
tensione, aprì ancora un po’ l’uscio
scivolando dentro di soppiatto, infilandosi immediatamente dietro dei
mobili lì accanto.
Da
lì loro non potevano vederli ma lui invece sì,
soprattutto sentire.
Con
un’occhiata veloce individuò alcuni dei Tanglewood
Boys mentre con una seconda più approfondita e preoccupata
riuscì a vedere Danny. Era legato ad un tubo vecchio e di
media grandezza che partiva dal pavimento alzandosi fino su al
soffitto, dove poi spariva. Sembrava solido. Seduto a terra teneva le
mani dietro la schiena, attorno al tubo, le corde lo avvolgevano
insieme ad esso, le gambe libere, la testa all’indietro.
Intravide i
lividi che erano aumentati, il sangue aveva ripreso a corrergli dalla
bocca, dal naso e dal sopracciglio. Anche la canottiera bianca era
più rossa come pure i jeans strappati.
Nell’insieme non se la stava cavando bene e ancora poco e di
Danny non ci sarebbe stato molto da raccogliere.
A quel punto la
consapevolezza di essere solo contro un gruppetto armato, lo
colpì. Aspettava la chiamata dei rinforzi che sperava
fossero arrivati ma il suo cellulare silenzioso non dava cenni.
Proprio quando
stava pensando di uscire lo stesso, dalla porta socchiusa vide Louie
arrivare.
Lo
guardò fisso facendogli cenno di non farsi sentire e di
avvicinarsi piano, ma proprio mentre pensava che l’avrebbe
fatto lo vide dargli uno strano sguardo sicuro ed indecifrabile, quindi
senza fermarsi entrò a passo spedito senza estrarre la sua
pistola, che Mac sapeva bene essere nascosta nei pantaloni nonostante
non dovesse possederne una.
Non
capì lì per lì cosa avesse in mente ma
non avendo idea di cosa fare e non potendo scoprirsi così,
rimase ad osservare.
- Ehi! Cosa
diavolo state facendo? - Forse poteva risolversi senza spargimenti di
sangue… Mac cominciò a capire cosa avesse in
mente.
Poteva anche
funzionare, dopo tutto…
Rimase a
guardare nella speranza che abboccassero.
Gli altri suoi
amici si girarono di scatto puntandogli le pistole contro di riflesso,
ma le riabbassarono vedendo che era lui.
Non sembravano
aver paura.
- Non lo vedi?
- Fece Tony indicando Danny sull’orlo del crollo. Nonostante
tutto i suoi muscoli ben sviluppati erano tesi e cercavano di far forza
per liberarsi dalle corde. La testa però non riusciva a
tenerla su.
Non era facile.
Mac lo capì. Per Louie non era facile la mossa.
Se non voleva
finire male doveva far finta di essere dei loro e cercare di
convincerli a liberarlo e smetterla con furbizia. Era davvero
così lucido quel teppista?
- Lo sai che
non voglio che fate certe cose. - lì per lì Mac
ebbe la sensazione che Louie tentasse di fare anche una terza cosa, fra
le altre… cercare di non far capire a Danny quanto tenesse a
lui e quanto lo difendesse con i suoi amici.
Il fratello
spostò gli occhi su di lui come se lo sentisse per la prima
volta, quindi stupito sembrò chiedersi cosa avrebbe fatto.
Non era certo che fosse lì per aiutarlo.
- Ma il
cucciolo deve essere educato… lo sai che ci sono le regole.
Non si parla con gli sbirri… e lui l’ha fatto non
solo una, ma due volte! - Mac si morse il labbro nervoso, sapeva che
era stata colpa sua, in fondo, ma aveva solo cercato di fare il suo
lavoro.
Strinse la
pistola pronto ad uscire ma non si alzò dalla sua
postazione.
- Non sta a
voi! A lui ci penso io, ve l’ho detto! - Sembrava scaldarsi,
Louie.
- Ma tu non lo
fai! - Rispose ironico Tony come se lo prendesse poco sul serio.
- E poi di che
diavolo avete paura? Mica siamo stati noi ad uccidere Joy, che cazzo
poteva dire… - Sembrava davvero sincero.
- Quanto sei
ingenuo… chi non collegherebbe Danny a noi? Non è
dei nostri ma è il tuo fottutissimo fratellino…
sospettare di lui significa sospettare di noi. E se il novellino si fa
interrogare da uno sbirro è ovvio che comunque ci incastra!
Non me ne frega se ho… come ha detto? La coscienza pulita? -
A quello si mise a ridere di scherno, poi riprese più
velenoso: - Non basta avere la coscienza pulita, lo sai. Anche se
né noi né lui - indicò Danny -
c’entriamo con la morte di quel coglione dello scorpione,
siamo nella merda fino al collo. L’ho capito appena ho visto
lo scemo parlare con quel piedi piatti, stamattina. Mi perdonerai ma ho
dovuto dargli una lezione. Non doveva farlo. Poi però quel
pezzo di merda è venuto fin da noi a minacciarci. A
minacciarci, capisci? Di non toccare il tuo caro fratellino…
- scimmiottò quella che sembrava una donnicciola. Poi
sprezzante concluse: - E con te che ti sei rivoltato non ho avuto
scelta. I cani vanno educati, lo sai bene! -
Fu allora che
Louie parve non farcela più e senza riflettere oltre
estrasse la pistola e veloce come un fulmine la puntò alla
fronte di un Tony sorpreso che non si sarebbe mai aspettato quel gesto.
Nell’istante
successivo la tensione salì alle stelle. Tony non si mosse
fissandolo dritto negli occhi con uno sguardo di sfida, mentre invece
gli altri puntavano le rispettive armi contro.
Senza attendere
oltre, Mac saltò fuori e gridando di fermarsi la
puntò subito a sua volta verso tutti loro. Non era stata la
mossa migliore, lo sapeva, ma in quel momento le cose erano degenerate.
Ci fu un attimo
di ferma in cui nessuno agì cercando di capire che diavolo
stesse succedendo. Tutti cercarono di capire chi avrebbe ceduto, si
fissarono in cagnesco senza cedere di un passo, odio
nell’odio. Nessuno avrebbe smesso per primo. Doveva
ragionare. Era difficile in una situazione simile ma doveva sforzarsi,
i rinforzi probabilmente erano arrivati in quel momento, era questione
di attimi, doveva solo resistere, prendere tempo, inventarsi qualcosa.
Calmare gli
animi di tutti.
Certo. Ma come?
Trattenendo il
respiro improvvisò facendosi padrone di una calma e
freddezza che non avrebbero mai creduto visti i precedenti.
- Fermi.
Calmiamoci tutti. Che ne dite di provare a riflettere un attimo? -
Sembrava esperto di quel genere di cose. - Non faremo altro che
ucciderci a vicenda. Non la possiamo risolvere così. - Con
gli occhi di tutti che correvano forsennati da uno all’altro,
il tempo pareva ancora bloccato. - Mettiamo giù le pistole.
Forza. - Disse quindi con fermezza abbassandosi per farlo davvero.
Tutti gli altri lo guardarono come se fosse impazzito, loro malgrado
nel sentirlo parlare avevano iniziato insieme a lui a sciogliersi
abbassando lentamente le braccia.
In
realtà lo sbirro aveva ragione. Non avrebbe portato a nulla
l’uso delle pistole da parte di tutti.
Anche se erano
due contro quattro.
Quei due non
erano da poco.
Quando tutti
ebbero messo giù le pistole e si furono rialzati sempre
lentamente, tenendo le mani in vista, Mac rimase in silenzio sentendo
distintamente i respiri nervosi e profondi di tutti. Sapevano che stava
per scoppiare il finimondo, era questione di attimi.
Respirare.
Dovevano respirare e cercare di ragionare con lucidità.
Continuarono a
scambiarsi delle fugaci occhiate nella speranza di trovare uno spunto
per agire, ma sembrava difficile.
Fu Danny, fu
lui a dare il via al tutto.
Quando anche i
suoi occhi gonfi e rossi finalmente reagirono alla voce e alla presenza
di Mac come illuminandosi di una speranza morta, quel caos
momentaneamente placato esplose senza pietà.
Furono infatti
le sue gambe a dare il via al gioco e con una forza inaspettata
falciò le gambe di uno dei ragazzi che si era messo davanti
a lui.
Cadendo a terra
sbilanciato sbatté la testa contro lo spigolo lì
accanto e stordito rimase giù senza muoversi.
Nell’istante
successivo tutti gli altri agirono di scatto velocissimi e sia Mac che
Louie si trovarono a calciare le pistole lontano per impedire che
qualcuno le recuperasse e sparasse, dopo di ché con una
mossa precisa e letale Mac mise fuori combattimento un altro ragazzo.
Non gli ci
volle molto con le sue conoscenze di arti da combattimento, un colpo
secco del palmo contro il punto di pressione più delicato e
i fili si scollegarono trasformandolo in una marionetta inanimata.
Fra Louie e
Tony partì subito un corpo a corpo tipico dei ragazzi di
strada, senza pietà, senza esclusione di colpi. Entrambi ci
andavano giù pesante e con pugni potenti ben presto si
trovarono a vacillare, eppure era una questione di principio, si
arrivava ad un punto in cui non si può più far
finta di nulla. Affronti quello che ti sta sull’anima e lo
fai senza pietà, tirando fuori ogni cosa.
L’uno
buttato sull’altro si rotolavano a terra cercando di
prevalere, poi invertivano le posizioni e riprendevano la lotta in ogni
modo a loro disposizione.
A Mac non
rimase che vedersela con l’altro ragazzo rimasto, non sarebbe
stato complicato se non avesse tirato fuori il coltellino a
serramanico. Classico, pensò il più grande senza
cambiare espressione, rimanendo concentrato.
Schivò
un paio di volte i fendenti che più che letali sembravano
disperati, dopo di che afferrando deciso e sicuro la lama,
permettendole di tagliargli il palmo che sanguinò subito,
gli prese il polso meglio e con un movimento secco e deciso spinse sul
gomito rompendoglielo.
Non il tempo di
pensarci. Non il tempo di rifletterci.
La vita.
Devi scegliere
per la tua vita e quella di altre persone che devono cavarsela, devono
farcela.
E poi
c’è quella speciale da salvare. Non puoi fallire,
non puoi perdere tempo, non puoi pensarci.
C’è
la vita in ballo.
E balli. Balli
nel modo più deleterio e letale possibile. Veloce, senza
scrupoli.
Vai e affondi.
Liberatosi di
tutti quelli che erano rimasti, Mac si voltò verso Louie e
Tony, quindi recuperando in fretta la propria pistola gettata in un
angolo l’alzò puntandola addosso ai due
aggrovigliati sul pavimento che non riuscivano a prevalere
l’uno sull’altro.
L’istinto
di uccidere.
Ecco cosa
c’era nei loro volti.
Uccidere,
ferire il più possibile, far male e basta.
Non
pensò si trattasse davvero di Danny, gli sembrò
più che altro un pareggio dei conti.
Non aveva idea
di che storia avessero e cosa ci fosse dietro tutto quello, sapeva solo
che loro non avevano ucciso nessuno ma che avevano fatto del male ad un
ragazzo innocente che Dio solo sapeva se si sarebbe mai risollevato dal
fosso in cui era precipitato.
Senza fare
mossa alcuna, con i muscoli tesi e le braccia pronte mentre la sua
testa ragionava svelta, pensò anche di lasciarli a loro
stessi, che se la vedessero da soli.
Lo
pensò davvero.
Louie non era
un eroe per averlo aiutato, era solo la probabile causa maggiore di
tutti i suoi guai… più che ringraziarlo avrebbe
dovuto arrestarlo, in realtà. Però il suo animo
di base buono prevalse su tutto il resto e abbassando l’arma
scosse la testa stringendo contrariato le labbra. Non era
d’accordo, razionalmente non avrebbe voluto e non se lo
sarebbe meritato, ma dopo di questo la storia poteva chiudersi
definitivamente.
Così
senza pensarci si avvicinò svelto, preciso e letale come un
fulmine colpì con il calcio della pistola la nuca di Tony,
al momento sopra l’altro con le mani premute sul viso.
Si
accasciò immediatamente privo di sensi su Louie che se lo
scrollò un istante dopo, cercando di capire cosa fosse
successo.
/Colors
- Amos Lee/
Vedendo
Mac in piedi sopra di loro comprese e senza il minimo segno di
gratitudine o contentezza per essersela cavata, si alzò.
Si guardarono a
lungo senza dire nulla o cambiare espressione, poi fu Mac a dire serio
ed incisivo:
- Credo che
qualcuno aspetti suo fratello. - Ci sperò. Lì per
lì ci sperò davvero.
Che finalmente
diventasse l’uomo che doveva e cominciasse a vedere di quel
ragazzo lasciato a sé stesso.
Ma dopo uno
sguardo duro e sprezzante al giovane ancora legato e pieno di lividi,
col sangue che usciva dalle ferite al viso che lo ricambiava come fosse
sospeso in un limbo, voltò loro le spalle e borbottando
amaro: - Io non c’entro con lui. Tutto questo l’ho
fatto solo per me. Avevo dei conti in sospeso con Tony. Tutto qua. - se
ne andò.
La delusione
colpì Mac come un pugno in pieno stomaco, quindi si chiese
come dovesse sentirsi Danny. Sospirando scontento si voltò
verso di lui e abbassandosi lo liberò silenzioso. Quando
ebbe finito l’altro ancora non si muoveva, rimase immobile
appoggiato al tubo con le mani abbandonate ai lati e la testa
all’indietro. Gli occhi socchiusi rivolti alla porta dietro
cui suo fratello era appena sparito. Respirava appena e sicuramente
stava male ma non un gesto, non un mormorio od un lamento, nulla.
A Mac
guardandolo in quelle condizioni gli si aprì il cuore e
provando un profondo dispiacere sentì l’istinto
fortissimo di proteggerlo, curarlo e tirarlo fuori dal buio in cui ora
era.
Non aveva idea
di come si potesse donare la luce a qualcuno immerso nelle tenebre. Non
ce l’aveva. E dirgli che quella di Louie era solo una posa
sarebbe stato stupido.
Normalmente
trovava le parole giuste, normalmente c’era sempre qualcosa
da dire ma lì nulla gli parve all’altezza.
Col cuore colmo
di un sentimento che da molto non provava, semplicemente lo prese
delicatamente per le spalle, come aveva fatto quel pomeriggio toccando
distratto il suo tatuaggio, poi lo strinse a sé appoggiando
il suo viso contro il proprio petto. Dopo un primo momento di
irrigidimento si abbandonò contro di lui e come se
respirasse per la prima volta, aggrappandosi alla sua schiena come
fosse un’ancora di salvezza, pianse le prime amare e dolorose
lacrime della sua vita.
Adesso basta,
si diceva. Adesso basta crederci. Suo fratello non c’era e
mai ci sarebbe stato.
Singhiozzando
con disperazione tirò fuori tutto il suo dolore donandolo a
quello sconosciuto che per lui aveva fatto più di suo
fratello in tutta la sua vita.
E quello
sconosciuto raccolse le sue lacrime donandogli in cambio la propria
luce.
Non potevano
certo saperlo ma quello per loro, in realtà, fu solo
l’inizio.
FINE
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