Next Generation

di Martyx1988
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il drago ***
Capitolo 2: *** Chiarimenti ***
Capitolo 3: *** Discussioni in famiglia ***
Capitolo 4: *** La freccia ***
Capitolo 5: *** Un altro attacco ***
Capitolo 6: *** Scontri e battibecchi ***
Capitolo 7: *** Damasco ***
Capitolo 8: *** The NGT ***
Capitolo 9: *** La famiglia Mishima ***
Capitolo 10: *** Angeli e Demoni ***
Capitolo 11: *** Essere una squadra ***
Capitolo 12: *** Verso il grande Torneo ***
Capitolo 13: *** L'isola ***



Capitolo 1
*** Il drago ***


Il drago

Quel viaggio gli era sembrato eterno. Hong Kong - Roma in una sola botta, quindi Roma - Firenze in treno. Sei ore di fuso orario sulle spalle e tutto lo scombussolamento della seconda parte del viaggio (che, ovviamente, aveva trascorso per la maggior parte del tempo in piedi) iniziarono a fargli odiare l'Italia già da subito e a fargli mancare la voglia di cercare...cercare poi chi? Il maestro Wang era stato molto vago.
"Sono ragazzi speciali e te ne accorgerai. Alcuni con caratteri difficili, ma risponderanno alla chiamata"
Come altro indizio gli aveva dato un simbolo che tutti questi ragazzi avrebbero dovuto avere marchiato da qualche parte sulla pelle: un drago chiuso a cerchio, con un pugnale che dal basso entrava in esso e una freccia che si intersecava con la punta del pugnale per uscire diagonalmente dal cerchio. Piuttosto insolito come simbolo, aveva pensato subito, mentre lo studiava sull'aereo, poi il sonno aveva preso il sopravvento e non ci aveva più pensato.
In quel momento stava girando per le vie di Firenze, dopo aver depositato i bagagli in albergo. La gente non sembrava fare molto caso a lui, i cinesi in Italia erano ormai una presenza abituale e, purtroppo, erano eccessivamente occidentalizzati, a parer suo. Attirò ogni tanto l'attenzione di qualcuno per il suo fisico muscoloso e tonico oppure per i lunghi capelli neri raccolti all'altezza della nuca in una coda, sentì ogni tanto qualche commento in quella cadenza che gli stava rendendo i fiorentini simpatici. Qualcosa, però, distolse la sua attenzione dall'accento toscano della gente.

Non c'era proprio verso di ascoltare la lezione quella mattina. Era anche comprensibile, l'ultima ora di Filosofia del Sabato uccideva chiunque, lei in special modo. Ma come si poteva mettere una materia pallosa come Filosofia all'ultima ora dell'ultimo giorno della settimana di scuola? Voleva proprio conoscere quel bischero di prof che aveva steso l'orario delle lezioni quell'anno. Fortuna che era il suo ultimo anno al Liceo Classico Michelangelo. I cinque anni più noiosi della sua vita, senza uno straccio di ragazzo che la notasse nè qualcuno che si potesse definire "migliore amico". Non che di amici non ne avesse, però non era mai riuscita a legare con nessuno in particolare. Per quanto riguarda i ragazzi poi, se altezza mezza bellezza lei era proprio tagliata fuori: poco più di un metro e cinquanta. Eppure, nonostante tutto, non si era mai vista così brutta, anzi, per essere un incrocio tra un italo-brasiliano e una cinese era venuta fuori piuttosto bene: seno evidente ma non troppo prosperoso, fondoschiena leggermente all'infuori, molto JLo, e un fisico da atleta pur non avendo mai fatto sport, giusto un po' di Tai Chi con la nonna in giardino.
Il sonno stava per prendere il sopravvento, quando un tonfo sordo attirò l'attenzione sua e del resto della classe, professore compreso, che subito uscì dalla porta per controllare cosa fosse successo.
Qualcosa, però, si mosse dentro Mei Mei (Melania all'anagrafe, ma tutti a partire dai suoi genitori la chiamavano Mei Mei) e improvvisamente sentì un gran bruciore sul dorso della mano, dove lentamente apparve uno strano simbolo, con un drago messo a cerchio.
La porta sbattè violentemente, riuscendo a far gridare quasi tutte le ragazze della classe. Un uomo incappucciato e col volto coperto da un bavaglio teneva il professore sollevato per la gola ed era molto vicino a soffocarlo.
"Dov'è?" chiedeva insistentemente con voce roca, ma il prof non riusciva ad emettere alcun suono.
Se continua così lo ammazza, pensò allarmata Mei Mei. Una vocina dentro continuava a dirle che doveva intervenire, ma la ragazza non sapeva come. La vocina però era sempre più insistente e il prof sempre più paonazzo, così decise di seguirla.
Era come se qualcuno la stesse comandando da fuori, fece perno con un piede sul banco della sua vicina, quindi balzò con l'altro sulla cattedra, saltando verso l'uomo incappucciato e assestandogli un poderoso calcio in piena faccia, che gli fece perdere la presa sul professore e lo fece volare oltre il muro della scuola. La ragazza si meravigliò di ciò che aveva appena fatto e anche i suoi compagni restarono ammutoliti per qualche secondo, prima di correre a vedere che fine avesse fatto l'uomo. Era steso a terra, qualche metro più in basso (la loro classe era al primo piano dell'edificio), senza sensi e immobile. Un altro tizio, nerboruto e coi capelli lunghi neri, lo stava studiando attentamente. Quindi alzò lo sguardo verso gli studenti ed espose un distintivo.
"Sono Lei Wulong, del' Interpol di Hong Kong, vorrei parlare con il responsabile di tutto questo" si presentò in un italiano un po' troppo cinese.
Tutti gli studenti catalizzarono la loro attenzione su Mei Mei, che in quel momento avrebbe voluto sprofondare.

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Capitolo 2
*** Chiarimenti ***


Chiarimenti


"Siediti" ordinò l'agente Wulong perentoriamente.
Mei Mei non osò obiettare e prese posto sulla sedia che le era vicino, mentre lui faceva lo stesso su quella dall'altra parte della cattedra. Quella era la prima parola che le rivolgeva dopo l'altrettanto perentorio "Seguimi" che le aveva rivolto appena si era presentata come responsabile del KO dello sconosciuto.
L'agente intrecciò le mani sulla cattedra e la fissò talmente intensamente che Mei Mei dovette distogliere lo sguardo, concentrandosi sulla libreria alla sua destra.
"Dunque, hai detto di chiamarti Melania Correa Guimaraes, giusto?" domandò Wulong.
"Come? Ah sì, ma tutti mi chiamano Mei Mei"
"Hai origini cinesi, a giudicare dagli occhi"
"Mia mamma, mentre mio papà ha origini brasiliane"
"Mmh, un bel miscuglio...ma non mi interessava questo...quindi il cinese lo sai parlare" si sporse sulla cattedra "Voglio sapere nei minimi dettagli cosa è successo in quell'aula" disse infine nella sua lingua madre.
"Se le dicessi tutto quanto non ci crederebbe" rispose alle stesso modo la ragazza.
"Mettimi alla prova" sorrise beffardo l'agente.
Mei Mei iniziò il suo racconto, stando molto attenta alle reazioni dell'uomo quando parlò delle sue sensazioni. Quando iniziò a parlare del simbolo Wulong la incalzò.
"Com'era?"
"Una specie di drago che si chiudeva a cerchio"
"Come questo?" le mise davanti un foglio che lei guardò sorpresa.
"Sì era proprio così! Senza la freccia e il pugnale, però...ahi!"
Il dorso della mano prese a bruciarle più forte di prima e su di esso ricomparva il simbolo, prima rosso, poi sempre più scuro fino a diventare nero, come un tatuaggio. L'agente osservò meravigliato ciò che accadde, molti dei suoi dubbi stavano diventanto certezze. Un sorriso gli sorse spontaneo sulle labbra.
"Lo sa che non si ride delle disgrazie altrui?!?" lo rimproverò stizzita la ragazzina, che continuava a sfregarsi la mano nel tentativo di far andare via il simbolo "Come diavolo si toglie questo coso?!?"
"Non si può togliere, almeno non ora"
"E lei come fa a saperlo??"
"Sono stato mandato apposta per cercare questi tre simboli" perchè erano tre, non uno solo, ne era certo. Uno per ogni ragazzo, e la prima era lei. Il drago.
"E per cercare i ragazzi che li possiedono" continuò Wulong, facendo spalancare la bocca di Mei Mei sempre di più "Tu sei una di questi ragazzi, la nuova stirpe di combattenti che dovrà partecipare al Settimo Torneo del Pugno d'Acciaio e sconfiggere il male..."
"ALT! STOP! Fermo! Che sta blaterando?? Cos'è questa nuova generazione e cos'è questo torneo d'acciaio o roba simile??"
"So che è difficile da capire e da concepire, ma devi ascoltarmi. La Mishima Zaibatsu organizza da qualche anno a questa parte un torneo di arti marziali, il Torneo del Pugno d'Acciaio. Vi partecipano i guerriei più forti al mondo e per i motivi più svariati: vendetta, gloria, voglia di mettersi in gioco. Mi sono iscritto anche io per molti anni, per indagare sulla Mishima Zaibatsu e sui loschi traffici di Heihaci Mishima prima e di suo figlio Kazuya poi. Come me, molti guerrieri hanno partecipato più volte al torneo, ma quest'anno è cambiato qualcosa, nemmeno io so cosa. Il maestro Wang Jinrei mi ha mandato in cerca di voi ragazzi della nuova generazione perchè siate addestrati per questo settimo torneo. Tu sei la prima, mancano gli altri due"
Dallo sguardo perplesso della ragazza capì di non aver fatto centro.
"Te la raccontava il nonno la sera per farti addormentare? Come favola fa proprio schifo"
"E' la verità, stupida ragazzina"
"Attento a chi dai della stupida, muso giallo" Mei Mei iniziava a scaldarsi, e di nuovo quella strana sensazione la colse e la vocina che diceva "Colpisci, colpisci, colpisci".
Lei Wulong capì di aver preso la strada giusta.
"Senti da che pulpito! Altrimenti che mi fai?"
Era una provocazione, la vocina incalzò.
"Hai presente l'uomo steso a terra di poco fa?"
"Un principiante, chiunque si saprebbe difendere da un colpo come quello"
Era troppo per la vocina. Mei Mei, con un rapido gesto di gambe, sollevò la sedia, la prese per lo schienale e, saltata sulla cattedra, cercò di colpire l'agente, il quale però intercettò il colpo afferrando due gambe della sedia e facendole fare un mezzo giro. Mei Mei girò insieme al mobile, ma atterrò agilmente sul pavimento prima che l'agente la bloccasse a terra con la stessa sedia e ci si sedesse sopra. Abbassò la testa per guardarla in volto.
"Come ti spieghi tutto questo?" le domandò.
"Tutto questo cosa?"
"Tutte le mosse che hai usato. Non hai il fisico da praticante di kung fu, ma, seppur grezze, quelle erano mosse di arti marziali cinesi"
"A-arti marziali?"
"Neanche immagini il potere che è in te, vero? Però lo senti, quando ti arrabbi. Brucia dentro e ti chiede di essere sprigionato"
"...sì..."
"Se mi segui ti insegnerò a controllarlo e ad usarlo al meglio e per il meglio. Ma devi credermi e fidarti di me"
Mei Mei ci pensò su. In fondo, quando si lasciava andare, si sentiva dannatamente bene, libera, sicura di sè, non la solita Mei Mei. Perchè non poteva aver ragione?
"Però non so se i miei ti crederanno..."

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Capitolo 3
*** Discussioni in famiglia ***


Discussioni in famiglia


L'approccio con la famiglia di Mei Mei non fu dei migliori. Il padre squadrò l'agente Wulong da capo a piedi, prima di rivolgergli un gelido "Avanti". La madre anche lo osservò con attenzione, ma il fatto che fosse cinese come lei lo metteva sotto una luce migliore ai suoi occhi. La vecchia nonna, invece, non lo degnò nè di un saluto nè di uno sguardo, concentrato su una soap opera alla TV.
"Mei Mei, ci ha chiamato il preside della scuola e ci ha raccontanto cosa è successo" iniziò la madre, Chen Li Wong, dopo aver fatto accomodare l'ospite un salotto.
"Infatti" commentò lei "a questo proposito ho portato l'agente Wulong per darvi dei chiarimenti su quello che è successo"
"Era presente durante l'accaduto?" chiese il padre Carlos, accigliato.
"No, ho visto dall'esterno una figura sfondare il muro dell'edificio scolastico, così sono accorso subito" rispose l'agente "Immediatamente ho chiesto chi fosse il responsabile e, devo ammettere, sono rimasto un po' sorpreso quando mi si è presentata vostra figlia"
Mei Mei gli rivolse una linguaccia.
"Mi sono fatto raccontare nei dettagli cosa fosse accaduto nell'aula, poi Mei Mei ha iniziato a parlare di un simbolo sulla sua mano"
L'agente guardò la ragazza, che lentamente si scoprì il dorso della mano, prima nascosto dalla manica, lasciando vedere il drago nero marchiato su di essa. Sua madre sussultò e si portò una mano alla bocca.
"Chi ti ha fatto quella cosa, Melania?" domandò Carlos severo.
"Nessuno, è apparsa da sola quando..." provò a spiegare la ragazzina, ma sembrava assurdo pure a lei ciò che era successo.
"...quando ha sentito l'energia del drago scorrere in lei" concluse per lei l'agente.
"Energia del drago? Che fandonie sta blaterando, agente?" sbottò il padre.
"Non sono fandonie, razza di ignorante" intervenne la vecchia nonna dalla poltrona, non più interessata alla soap opera "E' una verità più antica della terra". L'anziana signora si alzò, posizionandosi tra i familiari e Lei, dando le spalle a quest'ultimo. Lentamente, sollevò la manica della maglia, mostrando a genero e figlia lo stesso simbolo della nipote, leggermente sbiadito. I coniugi continuarono a fissarla increduli, come anche Mei Mei e Wulong. Nella testa della ragazza la confusione stava aumentando. La donna si risistemò la manica e si rivolse a Lei.
"Facevo parte di una delle vecchie generazioni di combattenti, quando il pericolo della Mishima Zaibatsu non era ancora nato. Fu Wang Jinrei a trovarmi e ad addestrarmi, insieme agli altri tre ragazzi. Insieme a lui e a Jinpachi Mishima riuscimmo a sconfiggere il male, per poi passare il testimone ai nostri discendenti. Ora tocca a te, Mei Mei. Ti ho insegnato il Tai Chi per imparare a controllare l'energia. E' arrivato il momento di usarlo"
"Assolutamente no" Carlos era in piedi, furente "Melania deve diplomarsi e continuare gli studi, non può lasciar perdere tutto solo per un'antica leggenda"
"Se non la lascerai andare le conseguenze saranno disastrose. Senza di lei la nuova generazione non potrà farcela. Siamo sempre stati tre e dovremo continuare ad esserlo" ribattè risoluta la nonna.
"E' mia figlia, decido io cosa è bene per lei"
"Adesso basta!" urlò Chen, con le lacrime agli occhi. Rivolse lo sguardo al marito "Mei Mei deve andare"
"Cosa? Sei impazzita forse?"
"Io non ho risposto alla chiamata, anni fa" la donna sollevò la mano, mostrando una brutta bruciatura circolare sul dorso "Il simbolo si è infiammato lasciandomi questa. Non è una scottatura causata da una pentola. Mei Mei deve andare"
Carlos sospirò e tornò a sedersi, prendendo entrambe le mani della moglie tra le sue.
"Tu cosa vuoi fare, Mei Mei?" domandò infine alla figlia.
"Io..." non sapeva nemmeno lei. Avrebbe rischiato la vita, questo era certo, però quella sensazioni di benessere quando combatteva era invitante. Si sentiva se stessa, libera e forte. Se per stare bene doveva salvare anche il mondo, poi, la cosa diventava anche di una certa importanza "Io voglio andare" rispose risoluta, portando la nonna e la madre a sorridere e strappando un mezzo sorriso al padre.
"Molto bene, Mei Mei" l'agente Wulong si alzò dalla poltrona per andare a mettere una mano sulla spalla alla ragazza "Ora non resta che trovare gli altri due"
"La freccia apparteneva a Lao Chang" disse la nonna "Mentre il pugnale era di Abdel Adil"
"Lao Chang ha detto? Per caso c'entra qualcosa con Michelle e Julia Chang?" chiese Lei, fiutando una pista nelle parole della donna.
"Michelle era sua figlia" rispose Chen al suo posto "Anche lei aveva la freccia, quando fummo chiamate a combattere"
"Eccellente! Vi ringrazio per l'informazione! Per quanto riguarda il pugnale mi sembra di aver capito che dovrò andare in Arabia"
"Sì agente, ma si prepari. Il pugnale è a doppio taglio" concluse la nonna, prima di tornare alla sua soap opera.

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Capitolo 4
*** La freccia ***


La freccia


Nuova meta: Stati Uniti. Secondo Lei, lì avrebbero trovato il secondo membro della squadra.
Erano partiti il giorno dopo la discussione con la famiglia di Mei Mei, seppur suo padre avesse cercato in tutti i modi di posticipare la partenza il più possibile. Però il tempo stringeva e il torneo sarebbe iniziato nel giro di mesi, massimo un anno.
L'aereo stava effettuando le manovre di atterraggio all'aeroporto Kennedy di New York, dove poi avrebbero preso un piccolo aereo privato per andare nel Sud Dakota, diretti alla riserva indiana.
"Ancora non capisco" disse Mei Mei mentre l'aereo rallentava "Perchè cerchiamo un, o una, cinese in America, o meglio, in una riserva di pellerossa?"
"Perchè il discendente di quel cinese che cerchiamo noi è un pellerossa, Mei Mei" rispose paziente Lei.
"Beh, magari non più di tanto...insomma, col giallo si sarà un po' scolorito...AHAHAahaah..." l'occhiata fulminante dell'agente troncò sul nascere la sua risata.
Il fuso orario ha un pessimo effetto su di lui, pensò la ragazza mentre litigava con la cintura di sicurezza nel tentativo di slacciarla.

Aspettarono diversi minuti che spuntassero i loro bagagli sul rullo, quindi si diressero verso la zona shopping dell'aeroporto, e lì fu difficile trattenere Mei Mei dal comprare qualsiasi cosa in qualsiasi negozio.
Sedutà al tavolino di un bar, Lei indivuò una ragazza di poco più di vent'anni, in jeans e giacca dello stesso tessuto, i lunghi capelli castani raccolti in due trecce e un paio di occhiali da vista che le conferivano un'aria intellettuale. I due si rivolsero un saluto con le mani.
"Uhm, carina" commentò Mei Mei "però non è un po' troppo giovane per lei, agente Wulong?"
"Ma che ti salta in mente, ragazzina! Julia è solo un'amica e ha gentilmente accettato di aiutarci nella nostra ricerca"
"Sì sì, dicono tutti così" concluse la ragazza, non più sentita da Lei, che si era avvicinato al bar e aveva iniziato a conversare con Julia. Mei Mei li raggiunse facendosi strada tra i viaggiatori.
"Ah, tu devi essere Mei Mei" esrdì Julia, rivolgendole un sorriso bianchissimo e porgendole la mano, che Mei Mei subitò strinse "Io sono Julia Chang"
"Eppure non mi sembri molto 'cinese'" constatò Mei Mei guardandola bene.
"No, infatti non lo sono. Mia madre mi ha adottata"
"Aaah, ora è tutto chiaro"
"Già..." Julia si fece leggermente cupa, al che Mei Mei diede una gomitata a Lei dicendoglia di avvicinarsi.
"Ho detto qualcosa che non va?" sussurrò all'orecchio dell'agente.
"Ti spiego poi" tagliò corto lui "Bene, direi che possiamo andare"
Guidati da Julia, giunsero in breve in un hangar privato dove era custodito un piccolo aereo , di capienza massima di dieci persone, già pronto per la partenza. La ragazza fece accomodare i passeggeri al loro posto, quind si mise alla guida del velivolo e in breve furono in volo, diretti nel Sud Dakota.

Fu un viaggio breve e tranquillo, durante il quale Mei Mei potè ammirare dall'alto i magnifici paesaggi del continente americano.
Atterrarono su un'isolata pista di atterraggio, in un luogo arido e ricoperto da sola prateria di erba bassa, con qualche agglomerato di case qua e là. Poco distante una jeep sgamgherata verde scuro li attendeva, con tanto di autista, un energumeno tutto muscoli, coi capelli lunghi neri, una camicia smanicata, un paio di jeans pieni di polvere e dei vecchi occhiali da sole a renderlo ancora più minaccioso. Julia disse che si chiamava Bisonte Selvaggio e che parlava poco, come dimostrò il silenzioso ma turbolento viaggio verso la riserva.
L'uomo li fece scendere davanti ad una casetta ben tenuta, intonacata d'azzurro e col tetto bianco spiovente da cui spuntavano due pannelli solari, circondata da un varipinto e rigoglioso giardino curato nei minimi dettagli. Un breve vialetto in terra conduceva alla soglia della porta che, una volta aperta, mostrò una casa ben arredata ma molto disordinata.
"Scusate il disordine, ma con tutte le mie ricerche ho poco tempo per riordinare" si giustificò Julia.
"Ricerche?" domandò Mei Mei.
"Julia è a capo di un'equipe di ricerca per la salvaguardia delle foreste" spiegò brevemente Lei "Ma la Mishima Zaibatsu le ha dato non pochi problemi"
"E continua a darmene, dopo il furto dei dati e la storia dell'Inferno, adesso hanno proposto al governo un piano di edificazione totale delle zone da riforestare. Per contrastarli dovrei comprare i terreni, ma avrei bisogno di una cofra esorbitante che non possiedo"
"Pensi di partecipare al torneo?" le chiese Lei.
"Sì, sto aspettanto l'invito come ogni anno. Non so se i soldi del premio basteranno, però potrebbe essere un inizio"
"Accidenti quanto rigiri" commentò Mei Mei "Ad ogni modo, sono favorevole alla tua causa"
"Grazie Mei Mei. Ora però è venuto il momento di pensare a voi, e credo di aver capito chi state cercando, devo solo fare una telefonata"
"Eccellente" esultò Lei, ormai convinto della riuscita della sua missione.
La conversazione al telefono fu breve, ma dal tono di voce di Julia sembrò andare a buon fine. Poco dopo, infatti, la ragazza ritornò raggiante dai suoi ospiti.
"La persona che state cercando è nella riserva, a pochi chilometri da qui. In garage ho due motociclette, saremo lì in men che non si dica"
In breve furono pronti per partire, Julia e Mei Mei su una moto, l'agente Wulong sull'altra. Partirono sollevando una grande quantità di polvere e presero una strada altrettanto polverosa che si disperdeva nella prateria, infine, dopo una ventina di minuti, raggiunsero un piccolo gruppo di case, o catapecchie, secondo Mei Mei, dove, a detta di Julia, avrebbero trovato chi stavano cercando.
La ragazza andò a bussare ad una delle case e le venne ad aprire un vecchio indiano, con la pelle scura coperta di rughe e la bocca quasi completamente sdentata, gli occhi ridotti a due fessure e i capelli lunghi bianchi raccolti in una treccia decorata con una piuma.
"Ah...Julia" disse il vecchio sorridendole.
"Lupo Nero, questi sono i miei amici Lei Wulong e Mei Mei"
Lupo Nero fece un cenno col capo ai due, quindi tornò a giardare Julia, che riprese a parlare.
"Stiamo cercando Aquila Solitaria"
"Sì, Aquila Solitaria...sapevo che sarebbe giunto il momento" rispose il vecchio, rivolgendosi stavolta a Mei Mei così intensamente che la giovane dovette abbassare lo sguardo. Lupo Nero continuò "Lo trovare in riva al fiume, sotto la grande quercia"
"Grazie" risposero i tre in coro, quindi Julia li guidò verso il fiume.
"Lupo Nero è il capo di questa comunità, il suo vero nome è Geoffrey Lincoln, ma in pochi lo chiamano così" spiegò Julia durante il tragitto.
"Quindi è una specie di capo indiano" ribattè Mei Mei.
"In un certo senso"
"E Aquila Solitaria?" domandò invece Lei, ma dovette attendere un po' di più prima di ricevere una risposta.
"E' mio fratello" disse alla fine Julia tutto d'un fiato, chiudendo il discorso.

Aquila Solitaria era un ragazzo strano, se stranezza si poteva considerare la sua tendenza ad isolarsi e all'evitare qualsiasi altro essere umano, tendenza che aveva sin da quando era nato e che sua madre, Michelle, Piccola Onda, gli aveva sempre rimproverato. Poi sua madre era scomparsa, probabilmente rapita e uccisa da qualcuno che la considerava scomoda, e non gli era rimasto nessun altro se non la sua sorellastra Julia, di poco più piccola, che la madre aveva trovato e adottato. Ma tra loro non era mai scorso buon sangue e si erano sempre evitati, prendendo infine strade diverse. Lei era diventata una ricercatrice, mentre lui aveva continuato a vivere nella solitudine, che rompeva solo durante i pasti a casa di Lupo Nero, l'unico che capisse e che lo lasciasse stare.
Ma qualcosa stava cambiando, lo sentiva, la natura glielo suggeriva, come anche quello strano simbolo che ogni tanto gli compariva sul dorso della mano. Una freccia. Doveva significare qualcosa di importante, a giudicare dall'espressione che aveva fatto Lupo Nero una volta che gliel'aveva mostrata. Non aveva però voluto spiegargli niente, secondo lui non era ancora il momento.
Ma quel giorno il fiume non era tranquillo, e nemmeno la grande quercia. C'era turbamento.
"Sempre solo, Aquila Solitaria?" la voce di Julia alle sue spalle lo riportò di malavoglia alla realtà. Non rispose nè si mosse.
"Preferisci che ti chiami Alex Chang forse?" incalzò lei.
"Quello non è il mio nome" rispose lui arido, restando seduto e dandole le spalle "Che se venuta a fare qui?"
"C'è qualcuno che ti cerca"
Un rumore di passi alle sue spalle, altre due persone erano venute insieme a Julia.
"Ciao Aquila Solitaria, mi chiamo Lei Wulong, sono un agente dell'Interpol di Hong Kong"
"Cosa l'ha spinta ad attraversare il globo per raggiungere me, agente?"
"Vorrei farti delle domande, se non ti dispiace"
"Riguardo a cosa?"
"Per esempio a quella freccia che hai sulla mano" rispose Mei Mei, che si era portata dall'altra parte della quercia per osservare meglio il ragazzo e aveva notato la freccia.
Alex coprì subito la mano con l'altra e rivolse a Mei Mei uno sguardo truce, che però non sembrò turbarla.
"Non ti hanno insegnato a farti gli affari tuoi?"
"Non ti hanno insegnato a non dare le spalle alla gente che ti parla?"
"Mei Mei, ora basta" intervenne Lei, per poi tornare a parlare al ragazzo "Possiamo spiegarti cosa significa quella freccia"
Aquila Solitaria si voltò per la prima volta a guardare l'agente e vide che in mano teneva un foglio con sopra uno strano simbolo. In esso vi era anche una freccia identica alla sua. Guardò poi Mei Mei, che nel frattempo aveva scoperto il dorso della sua mano mostrando il suo simbolo, il drago. Alex sembrò convincersi e si alzò in piedi. Sovrastava Mei Mei di una ventina di centimetri, la pelle abbronzata era coperta solo dalla vita in giù da pantaloni marroni, i capelli nerissimi raconti in una coda sulla nuca. Tutto di lui ricordava gli antichi guerrieri indiani, dal fisico scultoreo allo sguardo fiero ma malinconico. Guardò per diversi secondi la sorellastra, rimasta in disparte appoggiata alla quercia. Troppo diversi per essere fratelli, eppure uniti da qualcosa che non era mai voluto uscire fuori, celat da anni di indifferenza.
"Cosa sapete di tutto ciò?" domandò Alex a Lei.
"Non qui" rispose l'agente, facendo cenno di tornare a casa di Lupo Nero.

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Capitolo 5
*** Un altro attacco ***


Un altro attacco

"Nuova generazione di guerrieri?". Il volto impassibile di Alex per un attimo si animò di interesse verso ciò che l'agente Wulong gli stava spiegando.
"Esatto, Alex, e quel simbolo dimostra che tu sei destinato a farne parte. E' come una specie di chiamata alle armi"
"E se io non rispondessi?"
"Ti rimarrebbe una cicatrice a forma di freccia sul dorso della mano, un marchio indelebile dell'ignominia che hai commesso". La voce di Lupo Nero vibrò per tutta la stanza, la voce forte e altera di un capo, e il suo sguardo si concentrò su Mei Mei la quale, incapace di reggere la pressione, abbassò il volto sulle sue braccia incrociate.
"Nessuno ti obbliga a fare qualcosa contro la tua volontà, Alex" riprese Lei "Ma se quel marchio è comparso, forse vuol dire che potresti darci un grosso aiuto a sconfiggere la Mishima Zaibatsu al prossimo torneo del Pugno d'Acciaio"
Lo sguardo di Aquila Solitaria vagò per qualche istante dal poliziotto a Lupo Nero a Mei Mei, per finire su Julia. Era appoggiata al davanzale interno della finestra della piccola abitazione del vecchio indiano, con le mani affondate nelle tasche dei jeans. Lo stava osservando di rimando da dietro gli occhiali.
Avrebbe partecipato anche lei al torneo, e con i soldi della vincita avrebbe finanziato le sue ricerche. Ancora una volta. Esisteva quindi la possibilità di uno scontro tra i due fratelli. Come lo avrebbe affrontato Alex?
Non ebbe tempo di pensarci, al suo orecchio fino giunse distintamente il rumore di un'auto in avvicinamento seguito dallo scatto di un fucile caricato. Lo sguardo lesto andò oltre la schiena della sorella fino alla quasi invisibile canna del fucile, puntata contro di lei. Si gettò sopra di lei portandola a terra appena prima che il proiettile rompesse il vetro, andando a conficcarsi nel muro di legno di fronte. Immediatamente tutti quanti furono a terra, sottoposti ad una raffica di colpi. Erano anche delle semiautomatiche a sparare, constatò Lei, che prontamente aveva messo mano alla sua e si era appostato sotto la finestra. Poco dopo lo raggiunse Lupo Nero, con un fucile a pompa sgamgherato in mano.
"Ci farà ben poco con quello"
"Non li lascerò crivellare la mia casa di pallottole" rispose il vecchio capo risoluto.
Appena gli assalitori si fermarono per ricaricare, Lei si sporse dalla finestra per rispondere agli spari, mirando più che altro alle gomme della vettura. Non dello stesso parere, Lupo Nero ne prese in pieno uno.
"Ottima mira, ma me ne lasci uno vivo, devo fargli un paio di domande"
"Ah non si sprechi, non siamo nuovi a incursioni di questo tipo"
"Quelli non sono Yankee che vengono a rivendicare il territorio, grande capo. Uno di loro ha già aggredito Mei Mei a scuola"
"Quindi non sono venuti per far fuori me" disse Julia, accovacciata poco distante assieme agli altri due ragazzi.
"No, non sei l'obiettivo principale, Julia. Sono loro". Accennò col capo ad Alex e Mei Mei.
"Bisogna portarli via" affermò Julia.
"NO" protestò il fratello, sollevandosi sopra di lei, ma Mei Mei lo riportò giù in tempo per evitargli di diventare un gruviera.
"E se li aggirassimo?" domandò la ragazza in un sussurro ai due fratelli. Non voleva farsi sentire da Lei, di sicuro non avrebbe approvato. A pensarci bene, nemmeno lei avrebbe mai fatto una cosa del genere, ma in quel momento percepiva l'energia fluire dal simbolo sulla mano in tutto il corpo, spingendola ad agire.
Julia e Alex si guardarono, poi voltarono lo sguardo a Lei e Lupo Nero, che sparavano agli aggressori a intervalli regolari. Il vecchio capo ne aveva stesi due. Tornarono a guardarsi.
"Dalla porta sul retro" sentenziò Alex.
Sempre tenendosi bassi, i tre sgattaiolarono verso la cucina, dove una piccola porticina in legno dipinta di bianco portava direttamente fuori dall'abitazione. Una volta usciti restarono rasenti alla parete e raggiunsero l'angolo della casa, da cui partica uno spesso recinto di legno, a delimitare idealmente il possedimento di Lupo Nero. Julia si sporse e intravide un'anonima jeep nera coperta di polvere sulla strada sterrata, e da sopra di essa gli aggressori tenevano sotto tiro la finestra e la porta principale. La loro attenzione era tutta rivolta ai due uomini armati rimasti in casa.
"Dilettanti" mormorò la ragazza tra sè e sè, invitando poi con la mano gli altri due a seguirla. Tutti e tra si accovacciarono cercando di farsi coprire il più possibile dal recinto e lo percorsero in tutta la sua lunghezza, fino al grande albero, confine ultimo del territori del vecchio capo. Si appostarono dietro di esso, continuando ad osservare la scena. Gli uomini sulla jeep erano solo quattro, di cui due già morti. Gli altri resistevano agli spari di Lei e Lupo Nero facendosi scudo con l'abitacolo, i cui vetri erano ormai inesistenti.
"Ok, ecco il piano: Alex, sali sull'albero e stai pronto a piomabe addosso a quei due quando li avremo disarmati. Tu Mei Mei resta qui dietro e distraili"
"Cosa? Perchè devo restare io indietro?"
"Perchè non sei pellerossa, ti faresti subito scoprire". Alex si guadagnò una bella linguaccia.
"Se riesci a distrarli, allora Alex potrà bloccarne uno saltando dall'albero e io riuscirò ad arrivare alla jeep e fermare l'altro"
"Ok d'accordo" si arrese Mei Mei, iniziando a pensare ad un modo per attirare la loro attenzione. Lo sguardo le cadde su alcuni sassi ai suoi piedi e li raccolse.
"Augurati di avere una buona mira". Un'altra linguaccia raggiunse Aquila Solitaria, ormai a metà della sua scalata. Anche Julia si era appostata, pronta a scattare al primo momento buono.
Mei Mei soppesò il sasso che aveva in mano. Non sapeva nemmeno lei come fosse la sua mira, ma da quando aveva quel simbolo sulla mano aveva fatto le cose più impensate, colpire la jeep non doveva poi essere troppo difficile. Trasse un respiro profondo, quindi si sporse dall'albero a scagliò la pietra, che colpì al fianco uno degli uomini. Questi guardò meravigliato la cosa che lo aveva colpito poi alzò lo sguardo in tempo per vedere Mei Mei sparire dietro l'albero. Subito le puntò la pistola contro, ma un proiettile preciso partito dalla semiautomatica di Lei, che aveva visto tutto dalla finestra, lo colpì alla mano che impugnava l'arma, obbligandolo a mollarla. Alex ne approfittò per piombargli addosso e stenderlo con un destro notevole, senza però accorgersi del secondo uomo, che gli puntò la pistola alla tempia.
"Non ti muovere" gli intimò, ghignando sotto i baffoni neri.
Col suo fine udito Alex sentì i passi felpati di Julia venire nella loro direzione, ma prima che la ragazza raggiungesse la jeep un colpo partì dalla casa e prese l'uomo alla spalla sinistra. Girandosi, vide il vecchio indiano ancora col fucile puntato e gli sparò, prendendolo in pieno petto.
"NO!!" urlò Alex, lanciandosi fuori dalla jeep e lasciando l'uomo nelle mani di Julia, che era riuscita a raggiungere la vettura e a disarmarlo. Il ragazzo aprì la porta di casa gettandoci tutto il suo peso addosso e vide davanti a sè l'agente Wulong che teneva Lupo Nero tra le braccia, sanguinante.
"Chiama un medico, presto!" urlò il poliziotto, ma quando Alex mosse il primo passo verso il telefono, la mano del vecchio gli intrappolò la caviglia. Il ragazzo si voltò e incrociò lo sguardo dell'uomo, stava sorridendo.
"E' un buon giorno per morire" biascicò Lupo Nero, prima di lasciare del tutto la presa su Alex e accasciarsi tra le braccia di Lei.
Aquila Solitaria si inginocchiò a fianco del corpo del vecchio capo e lo prese tra le sue du braccia, scoppiando poi a piangere sul petto di Lupo Nero. Anche Mei Mei piangeva, sulla soglia della porta, e anche Julia, intenta a rendere inermi i due uomini sulla jeep.
Dopo poco Alex risollevò la testa e guardò Lei intensamente con gli occhi neri contornati di rosso.
"Va bene, accetto"

Perdonatemi per la lunghissima attesa!!
Ringrazio tutti quelli che hanno continuato a leggere nonostante la brusca interruzione e quelli che hanno commentato e aggiunto la storia ai preferiti. Mi farò perdonare, lo giuro!!

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Capitolo 6
*** Scontri e battibecchi ***


Scontri e battibecchi

Lupo Nero era stato come un padre per lui, esattamente come per tutti i ragazzi della riserva. Li aveva educati alle tradizioni e ai valori dei pellerossa, li aveva fatti diventare uomini. Era morto da eroe, emulando i suoi più illustri antenati. Alex non avrebbe mai dimenticato quell'uomo e per lui aveva deciso di partecipare al Torneo del Pugno d'Acciaio. Voleva che fosse fiero di lui, voleva dimostrargli il suo valore di guerriero...e voleva vendicarlo, per non rendere vana la sua morte.
Il fiume scorreva sotto i suoi occhi, lento, eppure ad un orecchio esperto non sarebbe sfuggita la nota d'inquietudine e agitazione all'interno dell'abituale sciabordio delle acque. Ribolliva di rabbia per la morte di un amico, di un fratello, e cantava la sua rabbia al cielo, alla terra, alle rocce, agli alberi, al vento. Tutti insieme rendevano omaggio a Lupo Nero e al suo coraggio, accompagnandolo nel suo viaggio fino al cospetto del Grande Spirito.
Anche Alex iniziò a cantare sulle note della natura, la sua voce profonda saliva fino in cielo accompagnata dal vento, che aveva quasi completamente asciugato le copiose lacrime che il ragazzo aveva silenziosamente pianto, seduto a gambe incrociate sotto la grande quercia. Quello stesso vento gli scompigliava i lunghi capelli neri lasciati sciolti e gli solleticava il petto abbronzato e glabro.
Sembrava veramente un'aquila solitaria, pensò Mei Mei, che ormai lo osservava da molti minuti, tenendosi a debita distanza. La ragazza aveva le braccia incrociate al petto, nel tentativo di ripararsi dal vento freddo che Alex non sembrava nemmeno sentire. Ascoltò in silenzio il canto del ragazzo, e un brivido crescente la percorse per tutto il corpo. Qualcosa di magico aleggiava intorno a lui, come se tutte le forze della natura si fossero unite al suo dolore. Mei Mei ne ebbe paura e fece istintivamente un passo indietro, pestando inavvertitamente un ramoscello che si spezzò sotto il suo peso. Trattenne il respiro e si voltò verso la fonte del fastidioso rumore.
"Che ci fai lì?" le domandò imperioso Alex, senza nemmeno voltarsi.
Mei Mei continuò a retrocedere a passo lento e felpato, nella speranza di evitare una discussione col ragazzo, ma inutilmente.
"Ti ho fatto una domanda". Alex alzò il tono della voce.
"Ecco io...ero solo venuta a vedere come stavi...ma me ne stavo andando"
"L'ho notato". Mei Mei percepì una punta d ironia nella sua risposta ma, seppur irritata, fece finta di niente.
"Beh, allora vado. Scusa il disturbo"
"Aspetta, non ti ho detto che potevi andare". Il tono autoritario di Alex cominciava a darle veramente sui nervi, ad ogni modo si fermò. Il ragazzo si mosse dalla sua rigida posizione e si alzò per procedere verso di lei. La sua imponenza la mise in soggezione ma cercò di non darlo a vedere.
"A quanto pare combatteremo insieme" iniziò Alex.
"A quanto pare"
"Bene, allora un consiglio spassionato per il futuro: vedi di imparare il più in fretta possibile a muoverti silenziosamente se vuoi restare viva il più a lungo possibile. Il Torneo del Pugno d'Acciaio non è posto per goffe ragazzine alle prime armi". Fece per andarsene, senza degnarla di uno sguardo, ma per Mei Mei aveva superato il limite.
"Scusa tanto, Toro Seduto, se non sono stata addestrata fin dalla culla ad essere un grande guerriero, ma fino a pochi giorni fa me ne stava seduta dietro un banco di scuola a seguire una pallosa lezione di Filosofia, senza nemmeno immaginare di finire in questo posto dimenticato da dio con la prospettiva di rischiare la pelle. Perciò non venirmi a fare la predica, considerato anche il fatto che non sei tanto più grande di me e quindi nella posizione per farmi la paternale"
"Se sai di essere una schiappa per quale motivo hai accettato? C'è un particolare complesso adolescenziale che ti ha spinto in modo masochistico ad andare a morire o sei qui solo per irritare il sottoscritto?"
"Proprio tu parli di complessi, che vorresti rischiare le tue belle penne da aquilotto perchè sei frustrato e asociale"
"Sei talmente frivola e superficiale che non mi spreco a spiegarti il potere del silenzio e della meditazione"
"E tu sei talmente scorbutico, Piccolo Buddha, che non mi impegno neanche a starti ad ascoltare, perciò rifugiati nella tua sofferenza e nel tuo silenzio e lascia vivere serenamente gli altri"
Gli diede sfacciatamente le spalle e fece per andarsene, ma Alex la bloccò con forza per una spalla. Sentì la sua mano vibrare e percepì la stessa energia che scorreva in lei quando le si infiammava il simbolo. Ironia della sorte, il drago comparve sulla sua mano più nitido e potente del solito e l'energia prese il sopravvento.
Assecondò la presa di Alex e, voltandosi, lo afferrò per un polso torcendoglielo con un movimento veloce e fluido, ma il ragazzo rispose con una presa simile ribaltando la situazione e fece girare Mei Mei su se stessa, dando poi uno strattone deciso per farla cadere. La ragazza rimase un secondo il volo, poi atterrò saldamente sui due piedi e si inginocchiò tirandosi dietro Alex, che cadde rovinosamente a terra di schiena, esattamente davanti a lei.
Mei Mei incrociò lo sguardo stupito del giovane pellerossa e sorrise soddisfatta, ringraziando mentalmente la nonna per le lezioni di Tai Chi, quindi si sedette a gambe incrociate.
"Senti, io non sto simpatica a te e tu non stai simpatico a me, ma se vogliamo combinare qualcosa come squadra dobbiamo collaborare. Sei d'accordo con me?"
Alex, che nel frattempo si era rialzato e si era seduto di fronte a lei, annuì impercettibilmente
"Bene, quindi proporrei di ricominciare tutto da capo e andare poi avanti in una pacifica indifferenza". Gli tese la mano destra. "Io sono Melania, per gli amici Mei Mei"
Alex guardò perplesso la mano e si lasciò sfuggire un ghigno, quindi porse la sinistra.
"L'indiano saluta con la sinistra, con la destra uccide"
"Oh". Mei Mei si affrettò a cambiare mano, che subito scomparve dentro quella enorme di Alex. "Io sono Aquila Solitaria, per gli amici Alex".
Julia osservava con attenzione la scena dalla finestra della casa di Lupo Nero e si sorprese quando si rese conto di invidiare quella ragazza, semplice ma determinata, che era riuscita in qualche modo a scalfire la corazza che Alex aveva eretto intorno a sè dal giorno della morte della madre. In qualche modo Mei Mei stava dimostrando di poter essere un vero leader e forse, all'interno della squadra, era quello il suo destino. Rise tra sè al pensiero di Alex sottomesso da una semplice studentessa che gli arrivava a mala pena al mento. L'aquila solitaria che veniva domata. Stranamente quell'immagine le diede fastidio e provò un moto d'antipatia verso Mei Mei, che era riuscita dove lei per tanti anni aveva fallito. Probabilmente era tanto l'odio che Alex provava nei suoi confronti che non c'era speranza di diventare qualcosa di più che fratellastri in perenne conflitto.
"NON SO NIENTE!". L'urlo dell'uomo legato alla sedia e insistentemente interrogato da Lei la riportò alla realtà.
"Sai, mi risulta difficile credere che tu non sappia il motivo per cui ti hanno mandato ad uccidere delle persone"
"Mi pagano per eseguire gli ordini e non indagare oltre. Dovrebbe conoscere i metodi della Mishima Zaibatsu, agente Wulong"
"Ah, quindi vi ha mandato la Mishima Zaibatsu"
L'uomo si contorse in una smorfia quando si rese conto di aver rivelato troppo.
"Diciamo non proprio" cercò di salvarsi.
"Ascolta, sacco di merda, piantala di giocare a Indovina Chi? perchè non sei nella posizione per farlo. Ti manda Jin Kazama sì o no?"
"No, non Jin Kazama"
"E allora chi?"
"Lee Chaolan, è lui che di fatto controlla la Mishima Zaibatsu. Kazama è solo un fantoccio"
Lei respirò profondamente mentre si portava dietro l'uomo, per poi renderlo inoffensivo con un colpo preciso sulla nuca che lo fece svenire. Si rivolse quindi a Julia, ancora alla finestra.
"La situazione è peggiore di quant pensassimo"
"Ma cosa vuole Chaolan dai ragazzi?" domandò Julia, portandosi al centro della stanza.
"Portarli dalla sua parte, suppongo. Al momento è l'unico motivo che mi viene in mente"
"E Kazama che ruolo ha in tutto questo?"
"Non lo so, ma ho un brutto presentimento. Bisogna terminare la ricerca il prima possibile. Chiama i ragazzi, mi serve sapere la prossima meta"

Il mercato di Damasco era affollato come al solito, rallegrato dai variopinti veli che coprivano i volti delle donne, resi ancora più sgargianti dagli incisivi e luminosi raggi del sole di mezzogiorno. Il frastuono era a tratti assordante, le voci si accavallavano l'una sull'altra, e chi riusciva a farsi sentire sopra gli altri vendeva la propria merce. Bracciali, spezie, abiti, stoffe, animali, su quei banchetti si poteva trovare qualsiasi cosa. Per questo motivo l'uomo tarchiato che stava seguendo si era recato lì quel giorno. Ma il suo interesse non era rivolto alle merci sui banchetti, bensì ai venditori. Al suo passaggio la folla attorno a lui ammutoliva e apriva un varco per rendergli il più agevole possibile il passaggio fino alla bancarella del mercante. Non gli serviva parlare, bastava uno sguardo per intendersi, e il venditore si abbassava per prendere un piccolo sacchetto carivo di monete e banconote, che silenziosamente porgeva all'uomo tarchiato, che sorrideva soddisfatto prima di proseguire nella riscossione. Era uno degli uomini più ricchi della città, e l'affitto dei mercanti era la sua maggior fonte di guadagno. Si accontentava della metà del ricavo della giornata, ma per molti venditori quella metà era indispensabile per mantenere la famiglia.
Gli venne in mente suo padre, che aveva portato avanti il proprio banchetto di spezie per anni, fiero del suo lavoro e di riuscire con esso a portare avanti una famiglia numerosa come la loro. Aveva tre figli, un maschio e due femmine, tutti avuti dalla stessa moglie, che spesso lo aiutavano a servire i clienti.
Jamal era il maggiore, il più brillante, il più in salute dei tre. A lui erano sempre toccati i lavori pesanti, che gli avevano col tempo scolpito un fisico statuario, molto utile nelle risse tra i ragazzini del quartiere. In quelle occasioni il ragazzo aveva dimostrato una predisposizione per la lotta, mettendo in mostra uno notevole agilità mista alla giusta dose di forza. Suo padre non ne era rimasto particolarmente sorpreso, memore delle grandi imprese del nonno e della setta a cui la loro famiglia apparteneva da generazioni. Erano Assassini, un tempo gli spietati sicari dei sultani, sostenitori di un culto estremista e sanguinario, abili combattenti, infidi massacratori di uomini. La loro fama era andata col tempo scemando, ma alcuni focolai erano rimasti accesi qua e là per il Medio Oriente, inattivi. La tradizione voleva però che lo stile di lotta venisse comunque insegnato al maschio maggiore della famiglia, in gran segreto. Così Jamal era stato addestrato dal padre al combattomento a mani nude e col coltello, aveva imparato come uccidere un uomo con una sola mossa, e muoversi silenziosamente in mezzo ad una folla, a rendersi invisibile, e il suo fisico ne aveva tratto giovamento. A sedici anni ogni muscolo del suo corpo era difinito alla perfezione, scattante al primo segnale. L'esattore lo notò e non nascose al padre il desiderio di comprare il ragazzo per farne la sua guardia del corpo. Trovò però resistenza da parte del mercante, che rimase sempre sulla sua posizione: Jamal era intoccabile. Al pingue affittuario la risposta non andò a genio e la sua vendetta non tardò ad arrivare. Alcuni suoi scagnozzi bruciarono il magazzino in cui teneva le spezie, assicurandosi che dentro vi fosse anche il mercante. Jamal si impegnò con tutto se stesso per domare l'incendio, ma i suoi tentativi furono vani.
La sua famiglia si ritrovò di punto in bianco sul lastrico e la povera madre fu costretta a vendere le due sorelle di Jamal all'esattore, che le aggiunse al suo numeroso harem, per non finire per strada a chiedere l'elemosina. Quanto a lui, continuò a lavorare solo per amore di quella donna, ma quando anche lei morì, si dedicò anima e corpo a quello stile di combattimento perduto ma indomabile.
Le storie sui leggendari Assassini ritornarono a circolare per le vie della città, Jamal divenne in breve una specie di supereroe. Ma non era amatoi, bensì temuto. In breve era riuscito a rintracciare i sicari del padre, mandandoli al creatore con lo stesso metodo che avevano utilizzato col mercante. Non aveva neanche risparmiato le famiglie. Era diventato un mostro, senza pietà, ma di fatto nemmeno loro avevano avuto pietà nei confronti della sua famiglia. Occhio per occhio. L'ultimo obiettivo era l'esattore. Ne aveva seguito i movimenti per settimane, celato sotto il suo mentello grigio, col viso in ombra sotto il cappuccio, riparandosi dentro le scure ombre che i palazzi proiettavano sulle strade e sui vicoli.
Quel giorno, finalmente, avrebbe agito. Non sapeva di preciso cosa avrebbe fatto dopo, probabilmente sarebbe fuggito per iniziare una nuova vita in un'altra città. In quel momento gli importava del presente, della folla che nemmeno si accorgeva del suo passaggio, del vociare che alle sue orecchie giungeva ovattato, del collo taurino dell'uomo a pochi centimetri dalla sua lama.
Un urlo di donna attirò l'attenzione di tutti intorno a lui e a quel rumore il suo braccio si bloccò. Qualcosa iniziò a scorrere in lui, veloce, come se oltre a sangue e linfa nei condotti del suo corpo ci fosse qualche altro fluido. Si sentì pieno di energia, onnipotente. Sul dorso della mano armata comparve il disegno di un pugnale molto simile a quello che stringeva tra le dita. Un altro urlò e Jamal allontanò il braccio dalla sua vittima, guardando nella direzione della donna. Un uomo molto più vecchio di lei la stava strattonando per un braccio, il povero velo marrone le era caduto dalla testa, lasciando che tutto il mercato vedesse il suo bellissimo e giovane volto rigato dalle lacrime e deformato in una smorfia di terrore. L'uomo la stava minacciando con una mannaia, urlando alla folla tutto il suo disprezzo per quella creatura demoniaca. Doveva essere sua moglie, e a parer suo aveva guardato troppo insistentemente un giovane garzone di una bancarella lì vicino.
Qualcosa dentro Jamal lo spinse a fare un passo nella loro direzione, ma con la mente tornò al suo obiettivo primario. L'esattore non sembrava essersi minimamente accorto del pericolo che aveva corso e si era avvicinato ancora di più alla calca di gente. L'impulso di sorprenderlo nuovamente era forte, ma le suppliche della giovane donna presero il sopravvento, e il suo corpo agì.
Con un balzò superò la folla che si era riunita a cerchio intorno ai due e con un movimento fluido mozzò la mano dell'uomo che impugnava la mannaia, costringendolo a lasciare la donna per stringersi dolorante il moncherino zuppo di sangue. Prese poi la ragazza per un braccio e se la caricò in spalla. Lei si strinse subito alle sue spalle e insieme balzarono sopra i tetti delle case, sempre più lontani dal mercato, fino ai confini della città. Durante la corsa il pianto della donna si calmò e lei si strinse ancora di più al ragazzo.
Si fermarono sul tetto di una delle ultime case di Damasco, sotto la quale correva una strada sterrata che conduceva ad un piccolo agglomerato urbano vicino al deserto. Jamal fece scendere la donna dalle sue spalle.
"Quella strada conduce ad una piccolo paese. Prendi questi soldi e rifatti una vita". Le porse un pesante sacchetto pieno di monete, il ricavato dell'esattore di quel giorno, poi fece per andarseme, ma la presa gentile di lei sul suo braccio lo convinse a voltarsi.
Era veramente bella, con gli occhi a mandorla contornati da un filo di trucco nero, leggermente sbavato a causa del pianto. Le scure labbra carnose erano invitanti e i setosi capelli neri brillavano sotto gli intensi raggi del sole.
"Posso vedere il volto del mio salvatore?" chiese suadente, avvicinandosi a Jamal e portando le mani vicino al viso del ragazzo, per toglierli il cappuccio. Lui prontamente le fermò e si guardò intorno, ma la zona sembrava deserta. Lasciò quindi la presa e la giovane donna gli scoprì il volto. Anche lei rimase meravigliata dalla singolare bellezza del ragazzo, in particolare dai profondi occhi neri con cui la osservava. Il naso dritto e sottile si intonava perfettamente con le labbra appena accennate, e il volto ovale era incorniciato dai capelli castano scuro lunghi fino alle spalle, tenuti indietro da una fascia bianca che percorreva tutta la circonferenza del cranio. La donna sorrise maliziosa. "Sei molto bello"
"Forse ho fatto male a salvarti"
"Tu dici?". Poso le mani affusolate sul suo petto e si avvicinò di più. "Pensi che una giovane donna non abbia il diritto di godersi gli anni che ha? Pensi che avesse ragione mio marito?"
"Sul fatto che sei una creatura demoniaca sì"
La afferrò con prepotenza per la vita e fece aderire i loro corpi alla perfezione. Lei gli si aggrappò al collo e si avventò sulle labbra di Jamal, che subito costrinsero le sue a schiudersi per poterle esplorare la bocca con avidità. La donna rispose con lo stesso slancio ma si sentì pochi attimi dopo spinta via con la stessa violenza con cui l'aveva attratta a sè, la punta del pugnale a pochi centimetri dagli occhi.
"Il problema è che io sono più demoniaco di te".
Sparì tra le ombre di Damasco, esattamente com'era venuto.

Capitolo di Natale, anche se pubblicato qualche giorno dopo. E qui spunta il terzo membro della squadra, un po' inquietante come personaggio...
Grazie a tutti i lettori e commentatori!!

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Capitolo 7
*** Damasco ***


Damasco

"Con questo coso addosso sto morendo di caldo e non vedo un accidente!" si lamentò Mei Mei scostandosi per l'ennesima volta il velo dagli occhi per non urtare uno dei tanti avventori del mercato di Damasco "Era proprio necessario che lo mettessi?"
"Non dobbiamo dare nell'occhio, Mei Mei" rispose paziente Lei, anch'egli col capo coperto da un'anonima kefia a quadri bianca e nera "I tuoi tratti sono un po' troppo appariscenti per non essere notata qui, specialmente se ci sono gli scagnozzi di Chaolan in giro"
"Con questo caos è impossibile che ci vedano. Non si riesce nemmeno a camminare!"
"Piantala di lamentarti e aguzza la vista" la rimproverò Alex, anch'egli con la testa velata "Dobbiamo trovare il terzo membro prima che lo trovino gli altri"
"E' più facile a dirsi che a farsi"
"Forse i simboli sulle vostre mani possono aiutarvi. Ma non date troppo a vedere che li state guardando" suggerì Lei.
Erano partiti dagli Stati Uniti poco dopo i funerali di Lupo Nero, diretti a Damasco alla ricerca dell'ultimo membro della squadra, di cui conoscevano solo il cognome: Adil. Stando alle informazioni della nonna di Mei Mei, il vecchio Abdel, dopo aver portato a termine la sua missione, aveva messo su un banchetto di spezie nel mercato di Damasco, che presumibilmente era poi passato ai discendenti, uno dei quali doveva essere il ragazzo o la ragazza che stavano cercando. Non conoscendo l'arabo, però, erano costretti ad affidarsi più al caso che all'intuizione, il tutto reso più difficile dal grande viavai di gente del centro della città.
"Quello sembra un banchetto di spezie" constatò Mei Mei, indicandolo poi con un cenno all'agente Wulong. Cercarono di farsi strada tra la folla e dopo poco riuscirono ad intravedere le due sgraziate donne a cui apparteneva la bancarella. Non dovevano essere molto avanti con l'età, ma il viso segnato dalla stanchezza e il corpo sformato nascondevano la loro effettiva giovinezza. Ad ogni modo, era difficile che una di quelle tre ragazze fosse il terzo guerriero. Lei si avvicinò ugualmente nel tentativo di carpire qualche informazione, sempre con Alex e Mei Mei dietro.
Un lieve formicolio alla mano destra attirò però l'attenzione del ragazzo, che con circospezione si guardò il simbolo sul dorso, leggermente più vivido. Lo interpretò come un segno inconfutabile che il loro obiettivo era vicino. Guardò con attenzione tra la gente che affollava il mercato, alla ricerca di qualche tratto distintivo che gli permettesse di riconoscerlo, quando un'ombra passò velocissima sopra di lui, oscurando il sole per un millesimo di secondo. Alex alzò gli occhi verso uno dei bassi tetti degli edifici della città giustò in tempo per vedere scomparire una figura dietro una canna fumaria.

Il prurito alla mano era tornato per la seconda volta dopo il salvataggio della ragazza due giorni prima, ma la sensazione di dover salvare qualcun altro non lo aveva pervaso. Come quella volta, il suo obiettivo era l'esattore e, come quella volta, si era appostato ad attenderlo proprio sopra quella che una volta era la bancarella della sua famiglia, adesso gestita dalle sue infelici sorelle. Il formicolio era iniziato quando tre estranei, due uomini e una donna, si erano afficinati al banco. Non gli erano sembrati del posto, nonostante il tentato mascheramento con i veli, e pareva inoltre che stessero cercando qualcosa o qualcuno. Inconsciamente si era sporto più del previsto dal tetto ed era andato a fare ombra esattamente su uno degli uomini, che era rimasto distaccato dal resto del gruppo. Sperava di essere riuscito a nascondersi in tempo perchè non lo vedesse, quindi si avvicinò con fare felino alla esile ringhiera che circondava il tetto e da lì si calò silenziosamente nel vicolo sottostante, nascosto dall'ombra degli edifici vicini. Arrivato all'incrocio con la piazza del mercato, potè finalmente guardare in volto gli stranieri. I tratti dell'uomo che parlava alla bancarella e della donna - che più che altro era una  ragazza - sembravano orientali, mentre l'altro ragazzo aveva una carnagione scura e i tratti duri dei nativi americani. Una compagnia stranamente assortita, pensò, prima che la sua attenzione si rivolgesse alla mano, sulla quale il pugnale aveva iniziato a pulsare di energia. Si guardò alle spalle, ma il vicolo sembrava deserto. Degli spari e delle grida soffocate lo portarono a guardare di nuovo verso il mercato, dove un gruppo di uomoni vestiti uguali aveva immobilizzato la ragazza e teneva sotto tiro gli altri due. In Jamal nacque un solo bisogno: salvare la ragazza.

"Mei Mei!" urlarono contemporaneamente Alex e Lei non appena si accorsero del suo rapimento. Gli uomini, probabilmente mandati da Chaolan, l'avevano immobilizzata con uno storditore elettrico e uno di loro se l'era caricata in braccio. Lei e Alex avevano mosso pochi passi nella loro direzione, ma due spari davanti a loro avevano arrestato il loro incedere. L'agente aveva preso prontamente in mano la sua pistola, ma si ritrovò la canna di un fucile a pochi centimetri dal naso.
"Se ci tieni alla vita, agente, rimettila a posto e dacci il ragazzo" gli disse beffardamente l'uomo, indicando con uin cenno Alex, rimasto indietro.
"Provate a prendermi" li sfidò, mettendosi in guardia. L'uomo non sembrò intimorito dal suo atteggiamento e con la mano libera prese dalla tasca dei pantaloni un'altra pistola, con uno storditore elettrico nella canna. Un trambusto alle sue spalle lo fece però voltare. Ebbe giusto il tempo di notare una macchia grigia che metteva al tappeto uno per uno i suoi uomini senza il minimo sforzo, prima che Lei afferrasse il suo fucile e lo colpisse il pieno viso col calcio, facendogli perdere i sensi.
"Sta scappando con Mei Mei!" urlò Alex per poi lanciarsi oltre Lei all'inseguimento dell'altro uomo con la ragazza. Un volto nascosto da un mantello grigio gli si parò davanti e senza pensarci due volte tentò di colpirlo con un pugno al volto. La figura però schivò il colpo e gli immobilizò il braccio, rimanendo poi a fissargli la freccia sul dorso della mano con sguardo stupito. Al tentativo di Alex di liberarsi lo lasciò andare e gli mostrò prontamente la sua mano.
"Sei tu, allora" disse Alex, sorpreso dalla rivelazione.
Il ragazzo annuì, prima di spiccare un salto sul davanzale di una piccola finestra e, da lì, sul tetto della casa.
"Cercherò di tagliargli la strada" disse ad Alex, prima di iniziare a correre lungo i tetti "Tu continua ad inseguirlo!"

Mei Mei sentì il proprio corpo, prima completamente rigido e insensibile, tornare lentamente normale. Uno degli uomini che l'avevano aggredita ora la stava portando in spalla per tutto il mercato. Nella corsa, resa goffa dalla folla immensa che popolava il mercato, continuava a sballottarla e a farle sbattere la faccia sulla sua schiena.
L'uomo cambiò poi bruscamente direzione e si andò a infilare in uno stretto dedalo di vicoli completamente in ombra. Non conoscendo le strade, svoltò altre volte a caso, nella speranza che i suoi inseguitori perdessero le sue tracce. Dovette fermarsi bruscamente quando il ragazzo col mantello grigiò comparva improvvisamente davanti a lui armato di pugnale. Rapidamente gli diede le spalle e iniziò a correre nella direzione opposta, senza curarsi se il ragazzo lo stesse inseguendo o meno. Imboccò casualmente altre traverse, finchè la strada non gli venne nuovamente sbarrata da un altro energumeno, stavolta il ragazzo indiano. Di nuovò tornò indietro. Con la coda dell'occhio vide spuntare il ragazzo col mantello grigio da uno dei vicoli. Provò ad accelerare il passo, ma incespicò su un sasso e cadde, schiacciando col suo peso Mei Mei. Si rialzò il più in fretta possibile e fece per caricarsela di nuovo in spalla, ma una volta messa in piedi questa gli assestò una poderosa ginocchiata all'addome e lo stese definitivamente con un calcio in faccia.
Certa che non si sarebbe più rialzato, Mei Mei abbassò la guardia. Pochi secondi dopo Alex spuntò dall'imbocco del vicolo, rimandendo sorpreso nel vedere l'uomo a terra privo di sensi e Mei Mei in perfetta salute.
"Grazie lo stesso per averci provato" disse lei, prima che il ragazzo col mantello grigio sbucasse dietro Alex. Dopo aver dato una rapida occhiata all'uomo a terra, fissò il suo sguardo su Mei Mei.
"Non male per una ragazzina" commentò apatico e, senza aspettare risposta, si voltò per andarsene.
"Aspetta, non puoi andartene" protestò Alex afferrandolo per un polso. Si ritrovò il pugnale a neanche un centimetro dalla gola e gli occhi fiammeggianti del ragazzo piantati sui suoi.
"Non provare mai più a dirmi quello che devo o non devo fare, hai capito?" lo minacciò. Il rumore di una sicura disinnescata alle sue spalle lo paralizzò.
"Metti giù il pugnale" gli intimò l'agente Wulong "Adesso"
"Potrei sgozzarla in neanche un secondo. Potrei farvi fuori tutti quanti" i suoi occhi fiammeggianti guizzarono da Alex a Mei Mei, che si era avvicinata senza timore.
"Eppure li hai aiutati a salvarmi" gli fece notare con naturalezza "Perchè adesso ci vuoi uccidere?". Non c'era timore nelle sue parole. Il ragazzo rimase a guardarla mentre si avvicinava. Nonostante fosse minuta e poco potente, qualcosa in quella ragazza lo obbligava a portarle rispetto. Anche con  l'indiano aveva avuto la stessa sensazione, ma meno potente.
"Chi siete?" domandò sempre in tono di sfida, dopo aver abbassato il pugnale dalla gola di Alex "E che cosa volete da me?"
"Io sono Mei Mei, lui è Alex. So che ti farà sorridere, ma...teoricamente facciamo parte di una squadra di guerrieri che deve salvare il mondo o qualcosa del genere. Tu saresti il terzo membro della squadra"
Mostrò il dorso della sua mano, su cui spiccava il drago, come riprova di quello che aveva appena detto. D'istinto il ragazzo si guardò il pugnale sulla sua e la freccia su quella di Alex.
"E se mi rifiutassi?" chiese poi con lo stesso tono duro.
"Ci rimarrebbe una grossa cicatrice sulla mano e il male vincerebbe, credo"
Il ragazzo riflettè qualche secondo "Mio padre aveva una cicatrice simile sulla mano"
"Anche mia madre e quella di Mei Mei" spiegò Alex "La loro squadra non si era formata"
"Ed è iniziata l'eterna lotta tra Kazuya ed Heihachi Mishima" concluse Lei, la pistola ancora puntata contro il ragazzo.
"E noi cosa dovremmo fare?" domandò allora il ragazzo.
"Partecipare al prossimo Torneo del Pugno d'Acciaio e vincerlo, suppongo" rispose Mei Mei, non molto convinta.
Il ragazzo rise "Una ragazzina e un pellerossa? Non sopravvivereste al primo incontro"
"Perchè, tu sì? Che ne sai del Torneo?" ribattè Alex, infastidito dalle sue allusioni.
"Ho ricevuto l'invito per l'ultimo che è stato indetto" rispose beffardamente "Devono essere molto potenti per avermi trovato. Ma a me non interessa confrontarmi con altri combattenti, il mio obiettivo è qui a Damasco. Perciò mi dispiace, ma devo declinare l'invito anche quest'anno"
"Ma non puoi!" protestò Mei Mei "Abbiamo bisogno di te!"
"Chi ti dice che io abbia bisogno di voi?"
Mei Mei non rispose e abbassò lo sguardo a terra. Lei sospirò e prese la parola "E va bene"
Con un calcio dietro alle ginocchia costrinse il ragazzo ad inginocchiarsi, tenendolo sempre sotto tiro con la pistola, quindi lanciò ad Alex un paio di manette e gli ordinò di metterle ai polsi del ragazzo.
"Jamal Adil, diciannove anni, figlio di Hussein Adil, morto tre anni fa in un incendio. Sei il principale indiziato della morte di tre uomini e delle rispettive famiglie, casualmente in un incendio simile a quello che ha ucciso tuo padre. Devo andare avanti?"
"Agente, questo è ricatto"
"No, ragazzo, questo è un favore che ti sto facendo. Accetta di entrare a far parte di questa squadra e potrai riscattare tutti i crimini che hai commesso"
"E come? Ci metterà lei una buona parola? E' davvero così influente?"
"Come farò non ti riguarda. Allora, cosa scegli?"
Gli occhi di Jamal andarono dallo sguardo corrucciato di Alex a quello supplichevole di Mei Mei. Prese lei la parola "Prendila così: potrebbe essere una possibilità per cambiare questo mondo che ti ha fatto così male"
"Cosa ne sai di quello che mi ha fatto questo mondo?"
"Cos'altro spingerebbe un ragazzo ad uccidere, se non una crudeltà altrettanto grande o anche di più?"
Sia Lei che i due ragazzi rimasero colpiti dalle parole sagge appena dette da Mei Mei. Alex divenne d'improvviso curioso di sentire la risposta di Jamal. Questi si limitò ad annuire leggermente col capo e Mei Mei non riuscì a trattenere un ampio sorriso.
"Mi assicuri che non farai niente di stupido, ragazzo?" domandò Lei, ancora dubbioso.
"Ha la mia parola, agente"
"Bene" rinfoderò la pistola e tolse le manette a Jamal, che potè così rialzarsi "Dobbiamo muoverci adesso. L'aver riunito tutta la squadra spingerà Lee Chaolan ad attaccarci nuovamente. Se ci muoviamo saremo in Cina in meno di un giorno. Lì aspetteremo che venga annunciato l'inizio del Torneo?"
"E nel frattempo che faremo?" chiese Alex.
"Non lo so. Il mio compito era quello di trovarvi. Wang Jinrei non mi ha detto altro"


Urcaaaaaaaaa!!! E' quasi un anno che non aggiorno questa fic, scusateeeeeeeeeee!!
Cmq ecco il nuovo cap, spero sia di vostro gradimento :)
Cercherò di aggiornare il prima possibile, promesso!
A presto e grazie a tutti i lettori fedeli e i commentatori!!

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Capitolo 8
*** The NGT ***


The NGT

Sin da quando erano saliti su quel treno, Mei Mei non aveva fatto altro che studiarsi il dorso della sua mano destra, concentrata e ignara di tutto ciò che le sarebbe potuto accadere attorno. Fino a quel momento non avevano incontrato ostacoli lungo il loro viaggio verao la Cina. Da Damasco erano montati sul primo aereo per Istanbul, da dove un altro volo li aveva portati a Pechino. Lì erano poi saliti su quel treno deserto diretto alle montagne. A parte loro quattro, pochi erano stati i passeggeri a salire su quella corsa, tutti scesi molte stazioni prima della loro.
Il vagone in cui avevano trovato posto era quindi deserto e ciò aveva permesso ai tre ragazzi di sedersi alla larga l'uni dagli altri. Secondo Mei Mei non rendevano molto l'idea di una squadra, ma dovette adattarsi alle circostanze e rassegnarsi ad un viaggio solo in compagnia della propria valigia e dei propri pensieri.
Per questo motivo si era messa a studiare ogni singolo millimetro del simbolo sulla sua mano, e tra una congettura e l'altra le era sorta spontanea una domanda su cui ormai rimuginava da parecchi minuti. Ma a chi poteva esporre il proprio dubbio?
Di Lei non se ne sapeva più nulla da un po' e gli altri due ragazzi non sembravano inclini alla conversazione. Jamal, nonostante avesse optato per abiti più moderni e occidentali, non aveva rinunciato al suo fedele cappuccio grigio - stavolta appartenente ad una felpa - che in quel momento era calato sul suo viso a nasconderne una buona parte. Quanto ad Alex, seduto dal lato opposto del vagone e molte file più indietro, i suoi occhi erano chiusi, ma non si capiva se fosse addormentato o altro. Dei due era però quello con cui aveva avuto più rapporto - se così si poteva dire - quindi perchè non provare?
Mei Mei si alzò lentamente dal suo sedile, molto più avanti rispetto ai posti degli altri due, e si andò a sedere su quello esattamente davanti ad Alex. Il ragazzo sembrò non accorgersene. Forse dormiva. Probabilmente si sarebbe arrabbiato molto se l'avesse svegliato. Mei Mei si morse il labbro, incerta sul da farsi. Le venne in mente un approccio meno traumatico e iniziò ad agitare la mano davanti alla faccia di Alex. Niente. Si sporse un po' di più e fece lo stesso più vicino.
"C'è un motivo particolare per cui mi sventoli la mano davanti agli occhi?" domandò laconico il ragazzo senza però aprire gli occhi.
"Ah, allora sei sveglio" constatò Mei Mei ritirando la mano.
"A meno che non abbia l'abitudine di parlare nel sonno"
Finalmente aprì gli occhi lanciando alla ragazza uno sguardo scocciato.
"Allora vuoi qualcosa in particolare o ti interessava solo sapere se ero sveglio'?"
"No io...volevo farti una domanda" rispose Mei Mei, quindi andò a sedersi vicino ad Alex.
"Secondo te" iniziò, sorvolando sull'espressione contrariata del ragazzo "Questi simboli che ci sono spuntati sulle mani sono serviti solo a farci rintracciare oppure hanno un'altra utilità?"
"Cosa vuoi che ne sappia io?"
"Non ti ho chiesto se lo sapevi, solo cosa ne pensi"
"Beh, non lo so, non mi sono mai posto il problema"
Mei Mei annuì e Alex sperò di averle dato un motivo valido per andarsene.
"Perchè sai, ho pensato" riprese però lei, abbattendo tutte le sue speranze "Se fossero serviti solo a farci incontrare, ora che siamo insieme non avrebbero più motivo di essere visibili, non credi?"
"Sì, può darsi" rispose lui con sempre meno entusiasmo.
"Si potrebbe quindi dedurre che abbiano un altro scopo, giusto?"
"Se lo dici tu"
"Oppure sono solo un marchio per far vedere che facciamo parte della NGT e che sarà sempre così"
"NGT?" domandò Alex confuso.
"Next Generation Team" ribatè Mai Mai con naturalezza "Mi sembrava un nome azzeccato da dare alla squadra"
"Tu non sei normale"
"Sicuramente molto più di te e di Prince of Persia" rispose a tono, accennando col capo a Jamal.
A sentire quel nomignolo Alex abbozzò un sorriso, che pian piano proruppe una fragorosa risata che lasciò spiazzata persino Mei Mei. Alla fine, però, ne venne contagiata anche lei.
"Vi faccio ridere così tanto, eh?" ringhiò improvvisamente Jamal, alzatosi di scatto dal suo posto, torreggiando sopra Mei Mei "Beh, sappiate che non mi piace fare il ruolo del pagliaccio"
Mei Mei e Alex placarono subito le risate.
"Scusa, non volevamo offenderti" disse subito la ragazza con tono dimesso "Stavamo solo scherzando"
"Allora scherzate su qualcos'altro, se non vi dispiace" sibilò in risposta, lanciando fiamme dagli occhi.
"Non mi sembra il caso di fare tante scende per una semplice battuta" disse Alex, infastidito dal comportamento del compagno "Non abbiamo fatto del male a nessuno"
"Ma posso farvene io a voi" attaccò nuovamente Jamal "E non sto scherzando" aggiunse rivolgendo uno sguardo assassino a Mei Mei, che sprofondò nel sedile.
Alex invece si alzò in piedi e andò a sovrastare Jamal.
"Adesso stai esagerando, non ti pare?"
"Credimi, mi sto trattenendo"
"Ah, giusto! A quest'ora avresti già sgozzato entrambi, vero?"
"Non provocarmi, indiano"
"E tu impara a controllare il tuo umore, visto che sei così permaloso"
"Ragazzi, basta!" intimò Mei Mei, tentando di separarli, ma fu tutto inutile, erano due volte più grossi di lei e non sembrarono nemmeno notarla.
"Che ne dici di sistemare le cose per bene appena scendiamo?" propose Alex, un po' più calmo.
"Perchè non adesso, selvaggio" sbottò Jamal afferrandolo per la maglietta e caricando il destro.
"No, fermati!" ulrò Mei Mei prendendolo per il braccio, ma Jamal la afferrò alla gola con un movimento fulmineo e la inchiodò al sedile. Nel momento esatto in cui iniziò a stringere, un dolore lancinante si propagò per tutto il suo corpo, costringendolo a mollare la presa su entrambi. Si afferrò il polso nel tentativo di fermare i tremori alla mano, da dove era partita la scarica. Il simbolo sul dorso era diventato di un rosso acceso e si era ispessito, assumendo l'aspetto di una cicatrice.
Una volta libera, Mei Mei, con le lacrime agli occhi, si rifugiò dietro Alex, che istintivamente allungò un braccio per proteggerla, senza però distogliere lo sguardo allibito da Jamal.
"Che gli succede?" domandò tremante Mei Mei, anche lei concentrata su Jamal,
"Non lo so, ma a quanto pare non possiamo scontrarci tra di noi" rispose Alex altrettanto sconvolto.
Jamal alzò lo sguardo sugli altri due, che fecero inconsciamente un passo indietro. Il dolore iniziava a scemare e la mano riprese mobilità. Il simbolo, infine, tornò alla forma e alla consistenza originarie. Gli occhi neri del ragazzo incontrarono quelli altrettanto scuri e accusatori di Alex, quindi quelli velati di lacrime di Mei Mei. Fino a un giorno prima aveva fatto di tutto per salvarla, e ora aveva tentato di strangolarla quasi fosse la sua peggior nemica. Era davvero diventato così mostruoso? Era questo che succedeva a covare odio e desiderio di vendetta per tanto tempo? I suoi antenati non si sarebbero mai comportati così e si vergognò all'estremo per ciò che aveva fatto.
Mosse i primi passi verso l'uscita del vagone alla sua destra, ma trovò la strada sbarrata dall'agente Wulong.
"Ho sentito un po' di casino provenire da qui" iniziò pacatamente "E' successo qualcosa?"
Il suo sguardo indagatore squadrò rapidamente tutti e tre i ragazzi, soffermandosi più a lungo su Jamal.
"Mi stavano facendo i loro soliti scherzi" rispose inaspettatamente Mei Mei, sorprendendo tutti, Jamal per primo.
"Soliti scherzi?" chiese Lei poco convinto.
"Sì, sai come fanno i ragazzi..." cercò di prendere tempo mentre cercava affannosamente qualcosa nelle tasche dei pantaloni che potesse aiutarla a costruire un alibi credibile. Finalmente trovò ciò che faceva al caso suo: un vecchio braccialetto che si era persino dimenticata di avere. Lo tirò prontamente fuori.
"Volevano prendermi questo" lo sventolò sopra la spalla di Alex "Ci stavo giocherellando per passare il tempo e Alex ha detto che era orrendo" e in effetti lo era "Poi si è unito anche Jamal e hanno iniziato ad inseguirmi per prenderlo. Solo che poi Jamal ha preso una ginocchiata contro il bracciolo del sedile e mentre stava andando a bagnarselo sei arrivato tu"
Lei tornò a guardare gli altri ragazzi, scettico. Contemporaneamente Mei Mei li incitò con gli occhi a dire qualcosa.
"Sì, beh..." iniziò Jamal "...insomma, è proprio inguardabile come braccialetto, non trova anche lei?"
"Non è assolutamente vero, e anche se fosse ci tengo comunque molto"
Alex glielo strappò di mano senza complimenti e senza ascoltare le sue lamentele. Lo studiò per qualche secondo, quindi se lo allontanò dal volto, schifato.
"Ugh, non riesco a guardarlo!"
"Piantala!" gli ordinò Mei Mei stizzita, riprendendosi il bracciale "Piantatela tutti e due"
"Anche perchè siamo quasi arrivati a destinazione, vi conviene prepararvi" concluse Lei " riuscendo poi dalla porta da cui era venuto.
Tutti e tre i ragazzi sospirarono di sollievo e Mei Mei si lasciò cadere sul sedile dietro di lei. Alex, invece, si appoggiò alla testiera di quello davanti a lui e si passò una mano sul volto, prima di incenerire Jamal con gli occhi.
"Tu sei completamente pazzo" gli sibilò, ma non ottenne reazione dal ragazzo.
"Almeno ringraziala!" sbraitò allora, indicando Mei Mei "Ha salvato il culo a tutti quanti e soprattutto a te"
"Alex, non importa" si intromise debolmente la ragazza, contemporaneamente lanciò una breve occhiata a Jamal. Era sconvolto. Le fece molta pena. A quello sguardo lui parve rianimarsi.
"Non guardarmi così" la implorò quasi, quindi si mosse versa l'uscita dal lato opposto, seguito a ruota da Mei Mei che lo pregava di non andare.
"Jamal, aspetta!"
Ma nemmeno stavolta riuscì a raggiungere la porta, perchè un paio di fucili di precisione gli si pararono davanti agli occhi. Mei Mei si bloccò poco dietro di lui. Gli uomini davanti a loro erano vestiti tutti uguali, con divise nere e giubbotti antiproiettile, il volto coperto da passamontagna e occhiali per la visione notturna. Oltre ai due che li tenevano sotto tiro, molti altri erano in attesa dietro con i fucili imbracciati. Ma la cosa più spaventosa era che non erano gli stessi uomini che stavano dando loro la caccia da giorni ormai.
"Siete in arresto per ordine del signor Mishima. Non vi conviene opporre resistenza"
"Mishima?" domandò Mei Mei più a se stessa che a qualcuno in particolare, voltandosi poi a guardare Alex, che l'aveva raggiunta guardingo.
"Esatto, Mishima" le rispose invece una voce proveniente da dietro gli uomini armati. Tutti e tre i simboli presero a pulsare. Un uomo possente in elegante abito bianco si fece avanti, sul volto un ghigno malefico reso ancora più inquietante dall'occhio sinistro innaturalmente rosso e brillante.
"Kazuya Mishima per l'esattezza" precisò dopo che si fu interposto tra i fucili e Jamal "E voi siete la squadra, giusto?"
"Cosa volete da noi?" gli domandò Alex sprezzante.
"Da voi? Niente. E' voi che voglio"
"Perchè?" chiese Mei Mei, senza alcuna esitazione nella voce.
"Perchè vi vogliono mio figlio e mio fratello? Io vi voglio per lo stesso motivo. Sarete il mio asso nella manica, la mia arma per schiacciare la Mishima Zaibatsu e quei due pagliacci al suo comando una volta per tutte"
"E' qui che ti sbagli, Kazuya" si intromise Lei "Questi ragazzi non vengono da nessuna parte con te"
Senza dargli il tempo di ribattere tirò il freno d'emergenza. L'inchiodata del treno fece perdere l'equilibrio a tutti i passeggeri, che caddero rovinosamente a terra. Mei Mei rischiò di rovinare su Jamal ma il ragazzo, ripreso subito l'equilibrio, la afferrò prima che potesse succedere.
"Gra-grazie" balbettò lei sorpresa.
"Ora siamo pari. Adesso corri!" gli intimò lui, accennando all'agente Wulong, che aveva sfondato la porta d'uscita per consentire loro la fuga. Mei Mei non se lo fece ripetere due volte e corse verso l'uscita con Jamal dietro.
"Sparate, idioti!" sbraitò Kazuya, ritornato rapidamente in piedi. In risposta Lei gli sparò due colpi di pistola, senza però ferirlo, quindi uscì dal treno dietro a Jamal.
Atterrò sull'erba e con una capriola fu nuovamente in piedi, pronto per correre dietro ai tre ragazzi, diretti al bosco poco distante. Gli uomini della G Corporation gli furono subito dietro e iniziarono a fare fuoco. Riuscì a raggiungere il limitare del bosco e a ripararsi dietro un albero, ma un proiettile lo raggiunse di striscio ad una spalla. Incurante del dolore, riprese a correre, tentanto contemporaneamente di non perdere di vista i tre ragazzi, sparsi in mezzo agli alberi. Un altro colpo scheggiò il tronco di un albero a pochi centimetri da lui e Lei rispose voltandosi rapidamente e sparando. Il colpo non andò a segno e rischiò un'altra volta di essere ferito. La gelida canna di una pistola contro la nuca lo immobilizzò.
"Sempre in mezzo, agente Wulong, eh?" sghignazzò Kazuya Mishima a pochi centimetri dal suo orecchio "Faremo in modo che non succeda più"
Lo sentì togliere la sicura all'arma e chiuse istintivamente gli occhi. Non fu però il rumore di uno sparo quello che ne seguì. Si voltò e vide Kazuya a terra con una mano sul volto e Mei Mei di fronte a lui, col fiatone.
"Avanti, si muova!" urlò la ragazza.
Altri spari li raggiunsero, colpendo il terreno o gli alberi. Lei e Mei Mei ripresero a correre e ben presto furono di nuovo separati. Col cuore che stava quasi per esplodere, la ragazza si nascose dietro ad un alto cespuglio per riprendere fiato. Intorno a lei c'era il più totale silenzio, rotto solo dai fruscio delle piante agitate dalla brezza. Notò la lucina rossa sul suo petto giusto in tempo per evitare che la pallottola la raggiungesse, quindi riprese a correre a zig zag nella foresta, totalmente ignara di dove stesse andando. Uno sparo colpì il terreno vicino ai suoi piedi e istintivamente saltò, andando a fare perno con un piede sul tronco più vicino e spingendosi poi ancora più in alto, fino ad atterrare su uno spesso ramo. Saltò nuovamente su un albero vicino prima che un altro colpo intaccasse il ramo, ma quello su cui atterrò non resse il suo peso e la fece cadere rovinosamente a terra. Fu nuovamente in balia del suo inseguitore, che la teneva sotto tiro col fucile. Il laser tremava all'altezza del suo cuore, che martellava con sempre maggior prepotenza nel suo petto. Alzò lo sguardo sul soldato, che però non si mosse dalla sua posizione. Sperò con tutto il cuore che Lei e gli altri fossero in salvo, almeno non avrebbero avuto la squadra al completo.
Un'ombra passò rapida sopra la sua testa e il puntino rosso sul suo petto sparì immediatamente. Sentì i lamenti del soldato, che cadeva sotto i colpi esperti di qualcuno. Una ragazza, doveva avere sì e no la sua età, i capelli neri raccolti in due codini e un fisico minuto ma muscoloso. Le dava le spalle, in attesa che l'uomo con cui si era battuta si rialzasse. Ma il soldato doveva aver perso i sensi, così abbassò la guardia e si voltò verso Mei Mei. Gli occhi a mandorla le fecero intuire le sue origini orientali.
"Stai bene?" le chiese con voce squillante in cinese, porgendole la mano per rialzarsi.
"Sì, grazie" rispose lei una volta in piedi "Chi sei?"
"Un'amica che ti deve chiedere un grande favore"
Sul viso allegro si dipinse un'espressione addolorata e malinconica. La ragazza si avvicinò a Mei Mei e le prese una mano tra le sue.
"Aiutami a salvare Jin, ti prego" la supplicò.
"Chi è Jin?" domandò Mei Mei, non capendo a chi alludesse.
"Jin Kazama. Dovete salvarlo, ve ne prego! Solo voi, potete farlo!"
A quelle parole Mei Mei si illuminò.
"Sai qualcosa della squadra?"
Prima che la ragazza potesse rispondere un vociare concitato raggiunse le loro orecchie. Lei si voltò, ma tornò subito a guardare Mei Mei.
"Adesso devo andare, ma ci rivedremo" le disse emozionata "E salveremo Jin"
Lasciò la presa sulla sua mano e sparì tra gli alberi. Mei Mei, interdetta, la cercò con lo sguardo, ma quando sentì le voci farsi più vicine decise di lasciar perdere e di scappare. Dopo pochi passi vide qualcuno tagliarle la strada di gran corsa, senza nemmeno accorgersi di lei.
"Alex!" chiamò sporgendosi dall'albero dietro cui era sparito.
Il ragazzo si voltò verso di lei, apparentemente sorpreso di vederla.
"Mei Mei! Tutto bene?" le chiese mentre tornava indietro verso la ragazza.
Lei annuì "Una strana ragazza mi ha aiutata, e mi ha detto una cosa..."
"Strana?"
"Beh, sì, ha detto che dobbiamo salvare Jin Kazama. Sai chi è?"
"L'ho già sentito nominare, ma non saprei aiutarti. Ora però cerchiamo gli altri"
"Non serve, siamo qui" la voce di Lei attirò la loro attenzione e dopo poco l'agente comparve tra la boscaglia, seguito da Jamal. Mei Mei notò che Lei si teneva il braccio con una mano, ma lui la anticipò prima che potesse chiedergli qualcosa.
"Sto bene, è solo un graffio, ma temo che dovremo preseguire a piedi"
"Siamo molto lontani?" chiese Jamal.
"No, siamo alle pendici del monte su cui sorge il tempio. Dobbiamo trovare l'imbocco del sentiero alla fine della foresta, quindi sarà meglio muoversi"

Il soldato iniziò a sudare freddo già fuori dalla pesante porta di metallo. Su di essa troneggiava la scritta LEE CHAOLAN - DIRIGENZA DELLA MISHIMA ZAIBATSU. Sperò con tutto il cuore che il suo capo fosse di buon umore, perchè le notizie che era stato incaricato di riferirgli non erano per niente positive. A dire la verità, in tutto quel macello di scontri, guerre e tornei, poche erano le notizie che potevano considerarsi buone. Il soldato prese un respiro profondo e bussò. Il rumore metallico che ne produsse gli raggelò il sangue nelle vene.
La porta si aprì con uno scatto altrettanto agghiacciante e la voce melliflua di Chaolan lo invitò ad entrare. L'uomo oltrepassò la soglia e si mise sull'attenti.
"Riposo, soldato" ordinò nuovamente la voce da dietro un'immensa poltrona in pelle che impediva la vista del dirigente "Per quale motivo sei qui?"
"Notizie dal distaccamento NGT-1, signore"
"Avete preso la squadra?" domandò Lee, senza nascondere un accenno di speranza nella voce.
"No, signore. Se ne sono perse le tracce a Damasco. Ma c'è dell'altro oltre a questo"
"Parla"
"Sono state intercettate delle conversazioni via radio e abbiamo scoperto che anche la G Corporation è sulle tracce dei ragazzi"
"Kazuya vuole la squadra". Non era una domanda, piuttosto un'affermazione divertita.
Lee Chaolan si alzò dalla poltrona, ma rimase con le spalle rivolte verso il soldato.
"Comunica al quartier generale di abbandonare le ricerche della squadra e di concentrare tutte le forze nella preparazione del torneo. Voglio che sia indetto in meno di sei mesi"
"E con la G Corp che dobbiamo fare?"
"Se Kazuya riuscirà a mettere mano sulla squadra, lo verremo a sapere. Ma conosce l'agente Wulong e so per certo che riuscirà a portare i ragazzi da Wang. E a me serve che così accada. Ora puoi andare"
Il soldato salutò militarmente, ringraziando i suoi antenati in paradiso per averlo protetto, quindi uscì dall'ufficio e si richiuse la porta alle spalle.
Tutto stava andando esattamente come aveva previsto. La squadra sarebbe arrivata a destinazione e lì allenata, quindi ognuno dei suoi componenti si sarebbe iscritto al Torneo, portando l'arma più potente al suo cospetto. La sua creatura avrebbe poi fatto il resto.
Si voltò verso il pc che occupava la sua immensa scrivania in vetro e premette un tasto. Sul monitor comparvero le immagini di una telecamera a circuito chiuso, il cui obiettivo era puntato su una figura incatenata ad un muro. Non poteva definirsi un essere umano, le lunghe corna che gli spuntavano dalla fronte e le ali nere dietro la sua schiena lo facevano somigliare più che altro ad una creatura mitologica. L'intero corpo era percorso da scariche elettriche e il possente petto si alzava e abbassava ritmicamente. Due occhi neri guardarono verso l'obiettivo, che inquadrò così due pupille luminose e innaturalmente bianche.
Lee Chaolan sorrise soddisfatto e chiuse la schermata.
"Buonanotte, nipotino" cantilenò.

Sbuff! Questo capitolo è stato un parto, ma essendo un capitolo di svolta non poteva essere altrimenti.
Troviamo qui personaggi già conosciuti e amati che ricompariranno più avanti nella storia, perciò continuate a leggere mi raccomando"
Grazie ai lettori fedeli e ai commentatori!
A presto!

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Capitolo 9
*** La famiglia Mishima ***


La famiglia Mishima

Camminavano ormai da un paio di ore. Il sole stava tramontando dietro il monte, ma della fine del sentiero non se ne vedeva nemmeno l'ombra. Gli uomini della G Corporation non si erano più fatti vedere, ma nessuno dei quattro aveva abbassato la guardia per tutto il tragitto. In testa alla piccola comitiva stava Lei, il braccia sinistro fasciato alla buona e la pistola in mano, seguito da Jamal e Alex. In cosa, Mei Mei non si sentiva più i piedi e le gambe le tremavano per la stanchezza, ma non osava chiedere di fermarsi. Sapeva benissimo del pericolo che stavano ancora correndo, completamente alla mercè di un'enventuale imboscata da parte degli uomini di Kazuya Mishima.
Ricordò come il drago sulla sua mano avesse iniziato a pulsare energicamente in presenza di quell'uomo inquietante. Che fosse lui il nemico? E cosa c'entrava Jin Kazama? Cosa significava la richiesta d'aiuto da parte di quella ragazza? Mei Mei alzò gli occhi al cielo, nel tentativo di scorgere il tempio a cui erano diretti. Forse lì le avrebbero dato tutte le risposte che cercava.
"Tutto bene là dietro?" le domandò Lei, voltandosi appena ma senza smettere di camminare.
"Sì, tutto a posto" mentì la ragazza, cercando di mettere a tacere il dolore provocatole dalle numerose vesciche che le si erano aperte sui piedi.
"Resistete ancora un po', non dovrebbe mancare molto" tentò di incoraggiarli il poliziotto, nonostante lui per primo stesse perdendo le speranze di portare quei tre ragazzi sani e salvi da Wang.
"E' strano che gli uomini di Mishima si siano ritirati" constatò Alex e Jamal si dimostrò d'accordo con lui.
"Siamo troppo in vista" aggiunse poi, guardandosi intorno circospetto "Potrebbero attaccarci da un momento all'altro"
"Sì, lo so" rispose Lei, senza nascondere la grande stanchezza che lo stava opprimendo "Ma rischieremmo di perderci se ci addentrassimo nella foresta e diverremmo un bersaglio forse più facile da prendere. Ad ogni modo, tenete gli occhi aperti"
I due ragazzi annuirono e continuarono la camminata.
Più proseguivano, però, più la distanza tra Mei Mei e il resto del gruppo aumentava. Completamente esausta, faceva persino fatica ad alzare i piedi. Non riuscì quindi ad evitare una radice che sporgeva dal terreno e cadde, scoprendosi totalmente priva di forze e incapace di rialzarsi. Guardò davanti a sè in cerca di aiuto, ma vide solo il sentiero deserto che curvava per sparire dietro gli alberi.
Sospirò in segno di resa e cercò di fare forza sulle braccia per rialzarsi. Con grande fatica riuscì a mettersi carponi, ma la vista le si annebbiò leggermente e le gambe le cedettero, costringendola ad appoggiarsi sui gomiti. Il respiro le si fece affannoso, ma tentò ugualmente di inspirare a fondo e di calmare il battito del cuore. Quando riuscì a mettere a fuoco il terreno davanti a lei, notò un paio di piedi davanti al suo volto. Stese le braccia e alzò il busto per vedere chi le si parava davanti.
Jamal le risparmiò ulteriore fatica e si inginocchiò davanti a lei.
"Non hai una bella cera" le disse studiandole il viso con gli occhi neri.
"Già, in effetti non mi sento molto bene" ribattè lei debolmente.
Il ragazzo le passò una mano sulla fronte e sulle guance, completamente bagnate di sudore freddo.
"Stai rischiando di svenire, non ti conviene continuare a camminare"
"Ma dobbiamo raggiungere il tempio prima che ci trovino"
"In queste condizioni non farai molta strada, credimi"
"Beh, ci proverò" concluse determinata Mei Mei, quindi puntò mani e piedi e si alzò. In un attimo la vista le si oscurò e la testa prese a girare, facendole perdere l'equilibrio. Jamal la prese prima che potesse ricadere nuovamente a terra.
"Sei ancora convinta di potercela fare?" domandò retoricamente.
"Adesso cosa facciamo? Gli altri saranno preoccupati" chiese Mei Mei, cercando di distrarsi dal senso di nausea che stava provando.
"Per questo sono qui, perchè erano preoccupati per te"
"Ah, grandioso"
"Non è colpa tua se sei una ragazza"
"Come battuta era pessima" rise Mei Mei, prima di essere preda di un altro giramento di testa.
Jamal non rispose, e in un attimo ne comprese il motivo. Il simbolo sulla mano stava pulsando più forte di prima e sembrava stesse ridando un po' di forze alla ragazza, che in breve non ebbe più bisogno di essere sorretta da Jamal.
"Nel bosco, veloce" le ordinò lui, strattonandola per un braccio oltre il ciglio del sentiero. Mei Mei lo seguì rapida fino ad un grande albero su cui entrambi si arrampicarono agilmente. Mei Mei si appollaiò quindi su uno dei rami alti più robusti, mentre Jamal rimase un po' più in basso, all'erta. Dalla manica della felpa fece uscire l'elsa di un pugnale.
Sentirono ben presto il rumore ritmico di foglie smosse da qualcuno che vi camminava sopra e in breve sagome nere si stagliarono contro i colori del sottobosco, accerchiando l'albero e scrutando in mezzo alla foresta. Tra di loro comparve poi la macchia bianca di Kazuya Mishima, il volto contorto nel solito ghigno. Mei Mei trattenne il respiro per paura che potesse sentirla e vide Jamal acquattarsi di più, pronto a scattare.
"Non potete nascondervi" disse con voce profonda al nulla "Vi ho visti, non potete più scappare. Siete in trappola"
Mei Mei guardò la schiena di Jamal, completamente immobile, e pregò che avesse un piano per uscire da quel pasticcio.
"Soprattutto ho visto te, ragazzo" riprese Kazuya, sorprendendola "Ho capito perfettamente chi sei e come sei"
Jamal si irrigidì e strinse la presa sul pugnale.
"Sei esattamente come me" continuò mellifluo "Pieno di odio e rancore. Totalmente diverso dai tuoi compagni, solo al mondo. Un giorno verrai da me, io lo so"
Il ragazzo deglutì e ripensò a ciò che era successo in treno, al suo scatto d'ira senza senso. "Io solo posso insegnarti a dominare il tuo demone, come ho imparato a dominare il mio"
Demone. Ecco cos'era. Una creatura diabolica e senza scrupoli. Gli occhi di Mei Mei sulla schiena lo stavano perforando come una pugnalata. Non doveva essere lì, non doveva sentire. Forse avrebbe dovuto essere impaurita da quelle parole, così vicine alla verità, invece Mei Mei provò soltando una gran pena per quel ragazzo e avrebbe tanto voluto dirgli qualcosa che lo convincesse della falsità di ciò che Kazuya aveva appena detto. Una mano lesta le tappò però la bocca e un giovane monaco le fece segno col dito sulle labbra di fare silenzio. Mei Mei guardò in basso e vide che un altro monaco si era affiancato a Jamal e stava facendo altrettanto. Il ragazzo sollevò lo sguardo verso di lei, la fronte corrugata in un'espressione sofferente. Distolse subito lo sguardo quando i soldati di Mishima iniziarono a cadere ad uno ad uno sotto i colpi precisi dei monaci, che presto attorniarono Kazuya. Sarebbe stato perfettamente in grado di sconfiggerli uno per uno, ma aveva altro a cui pensare. Non era riuscito a mettere le mani sulla squadra, ma nemmeno Lee ce l'aveva fatta. Nessuno dei due possedeva quell'arma tanto agognata, ma presto essa stessa sarebbe giunta a loro, più potente che mai. Era solo questione di tempo.
Kazuya arretrò con le mani in vista e ritornò sul sentiero, che iniziò a percorrere a ritroso seguito a vista dai monaci, finchè non fu abbastanza lontano da non costituire più un pericolo.
I due monaci sull'albero saltarono agilmente giù dai rami, seguiti da Jamal e Mei Mei. La ragazza cercò lo sguardo di lui, che però lo distolse subito e si incamminò dietro ai loro soccorritori. Non provò nemmeno a fermarlo, pensando non fosse il momento più adatto per parlare dell'accaduto e seguì anch'ella i monaci in mezzo al bosco.
Dopo pochi minuti incontrarono un altro gruppo di monaci, in mezzo ai quali spiccava Alex in tutto il suo metro e novanta di altezza. Si fece rapidamente largo tra gli altri uomini e corse incontro a Mei Mei e Jamal.
"State bene?" domandò seriamente preoccupato, ma Jamal gli passò oltre senza dargli risposta.
Mei Mei lo vide irritarsi e gli posò una mano sul braccio per calmarlo.
"Ti spiego tutto poi" si giustificò a voce bassa, sbirciando in direzione di Jamal.
Lei, che fino a quel momento era intento a parlare con qualcuno nascosto dai monaci, si accorse del loro arrivo e si rilassò.
"Ah, meno male, vi hanno trovati. Ho buone notizie ragazzi"
Si avvicinò a Mei Mei, seguito a ruota dal suo interlocutore, un vecchietto basso e alquanto bizzarro, ma che emanava un'aura di potenza e saggezza che nessuno dei ragazzi aveva mai visto. Li guardò tutti e tre da dietro i piccoli occhiali rotondi, quindi sorrise loro increspando la pelle cadente in una miriade di piccole rughe.
"Benvenuti al Tempio degli Angeli, ragazzi e ragazze della nuova squadra"
Tutti e tre iniziarono a guardarsi intorno in cerca di un qualche scorcio del tempio tra gli alberi. La risata divertita del vecchio riportò la loro attenzione su di lui.
"Da qui non si vede, ma non temete, non è molto lontano"
Detto questo diede loro le spalle e iniziò a camminare lungo il pendio con dietro lo stuolo di monaci che lo aveva accompagnato. I tre ragazzi e Lei li seguirono in coda e Mei Mei si affiancò a Lei.
"Chi è quell'uomo?" gli domandò confusa.
"Colui che mi ha mandato a cercarvi, Wang Jinrei"
Mei Mei rimase a bocca aperta dopo quella rivelazione. Se l'era immaginato in modi diversi quell'uomo, tutti lontani chilometri da ciò che aveva visto. Sperò con tutto il cuore che fosse veramente in grado di rispondere a tutti i suoi dubbi.

"Allora, Lei, che mi dici di questi ragazzi?" domandò Wang dopo aver bevuto una piccola sorsata del suo tè fumante e aver posato con eleganza la tazza sul piccolo tavolo a cui si era seduto insieme all'agente.
Si trovavano in una delle sale private del grande Tempio degli Angeli, un edificio ai più sconosciuto ma da cui erano usciti fuori molti tra i migliori combattenti al mondo, quasi tutti partecipanti, in passato come nel presente, del Torneo del Pugno d'Acciaio. L'agente Wulong era stato medicato, ripulito e rivestito, quindi convocato dal vecchio maestro in privato, prima dell'incontro coi ragazzi, di cui i monaci si stavano prendendo cura.
"Sono promettenti, ma non ancora pronti ad affrontare un torneo come il Tekken. L'unico che riuscirebbe a combinare qualcosa è Jamal" rispose Lei con la tazza in mano, ragionando sui giorni passati insieme ai tre giovani.
"Il giovane Adil ha molto dei suoi antichi antenati" affermò Wang, bevendo un altro sorso di tè "Ma il suo animo va placato o potrebbe ritorcersi contro di noi, mandando a monte tutti i nostri piani"
"Credete che basteranno i pochi mesi da qui all'inizio del torneo perchè ciò avvenga?" domandò l'agente, preoccupato.
"I ragazzi saranno pronti ad affrontare il Tekken, questo te lo posso assicurare. Passeranno qui dentro i mesi peggiori della loro vita, ma ne usciranno completamente nuovi. E saranno una vera squadra" rispose il vecchio maestro risoluto.
"Gli altri maestri sono già arrivati?"
"Solo uno mancava all'appello ed è arrivato poco prima di voi"
"E gli altri?" chiese Lei, confuso.
"Stanno sorseggiando un buon tè caldo, proprio intorno a questo tavolo"

Quel bagno caldo era stato veramente un toccasana, rigenerante e rilassante. Anche i ragazzi erano stati mandati a lavarsi, ma in un'altra zona del tempio riservata agli uomini. Quella per le donne sembrò a Mei Mei completamente disabitata, a parte lei. Probabilmente non venivano accettati allievi di sesso femminile in quel tempio. Quando le era comparso davanti agli occhi le era parso di sognare. Il Tempio degli Angeli sembrava uscito fuori da un'antica leggenda, con i petali di ciliegio che svolazzavano in balia del vento, i tetti appuntiti in legno, le maestose statue di draghi e fenici, i portoni finemente intarsiati. Stranamente si era sentita a casa, completamente a proprio agio.
Quel bagno rigenerante e la promessa di abiti nuovi e soprattutto puliti non fecero che aumentare la sua sensazione di benessere. Arrivata finalmente davanti alla porta della sua stanza, la aprì e per poco non le venne un infarto quando vide che c'era qualcuno dentro, inginocchiato davanti alla finestra. Lo spavento divenne sorpresa quando sua nonna si voltò sorridente verso di lei.
"No-nonna?" balbettò esterrefatta, entrando finalmente nella stanza.
"Ben arrivata, Mei Mei. Ti stavo aspettando"
Mei Mei si richiuse la porta alle spalle.
"Ma...tu che ci fai qui? Non dovresti essere a casa con mamma e papà?"
"Wang mi ha chiesto un piccolo favore in memoria dei vecchi tempi e io ho accettato volentieri" sorrise l'anziana signora, dopodichè si alzò in piedi e porse alla nipote una pila di abiti nuovi, che lei prese riluttante.
"E questo favore sarebbe?" chiese infatti poco dopo.
"Saprai tutto a tempo debito. Ora vestiti, Wang ci aspetta tutti nella sala del tè per delle comunicazioni importanti"
Detto questo uscì veloce dalla porta senza lasciare il tempo a Mei Mei di ribattere. Presa dalla curiosità, la ragazza si vestì in men che non si dica e raggiunse la nonna fuori. Insieme percorsero i lunghi corridoi del tempio fino all'edificio centrale e alla sala del tè, dove tutti erano in attesa del loro arrivo.
"Pensavamo fossi annegata" scherzò Alex dopo che Mei Mei gli si fi seduta accanto. In risposta ricevette unagomitata nelle costole che probabilmente nemmeno sentì.
Erano tutti seduti in cerchio, loro tre, la nonna, Lei e Wang, su soffici cuscini bianchi, ognuno con davanti una tazza di tè fumante. Allettata dal profumo proveniente dalla tazza, Mei Mei allungò la mano per prenderla, ma la nonna gliela colpì sul dorso e la rimproverò con lo sguardo. Lei rispose con un'espressione imbronciata, quindi rivolse l'attenzione al vecchio maestro quando questi si schiarì la gola.
"Benvenuti, giovani guerrieri" li salutò affabile, guardandoli uno per uno "Sono lieto di vedere che avete scelto di rendere onore alla chiamata come fecero i vostri predecessori ormai molti decenni fa. Immagino però che non vi siano del tutto chiare le circostanze della vostra presenza qui"
Mei Mei si fece attenta, dimentica della sua bramata tazza di te. Wang colse il suo cambio d'atteggiamento e le sorrise.
"So che sono molte le domande che riempiono le vostre teste. Che male dobbiamo combattere? Come possiamo sconfiggerlo? Tutti dubbi più che leciti. Molti dicono che per capire il presente bisogna conoscere il passato. Per questo voglio raccontarvi una storia. Parla di una famiglia molto potente che ha perso la via"
Tutti i presenti pendevano dalle labbra di Wang e rimasero in silenzio durante la lunga pausa che egli fece. Solo le labra di Mei Mei si mossero impercettibilmente.
"Mishima"
Wang le sorrise ampiamente e annuì col capo.
"Molti anni fa" riprese a raccontare "un uomo dal grande cuore creò un impero industriale e monetario al fine di aiutare i popoli in difficoltà su questo pianeta. Se ne prese cura con tutto se stesso e crebbe suo figlio nella speranza che un giorno potesse essere lui il capo della sua corporazione. Ma l'animo del figlio era esattamente opposto a quello dell'uomo, avido di potere e denaro e desideroso di distruzione. Vide inoltre che non era potente quanto lui nelle arti marziali. Fece studiare allora agli esperti dei suoi laboratori i DNA suo e del figlio e ciò che scoprì lo sconvolse: nel suo codice genetico, a differenza di quello del bambino, era presente un gene unico al mondo e altrettanto pericoloso. Ulteriori ricerche lo indentificarono come un gene malefico potenzialmente in grado di risvegliare il lato oscuro di chi lo possedeva. L'uomo lo denominò Devil Gene, ma non capì mai come il figlio, che ne era privo, potesse essere così malvagio.
"Gli anni passarono, l'uomo iniziò ad invecchiare e il figlio a crescere e a diventare uomo e padre. Nel nuovo membro della famiglia vide ciò che non era stato il figlio e decide di prenderlo sotto la sua ala e di addestrarlo ai sani principi delle arti marziali. Il bambino si dimostrò dotato e attento agli insegnamenti del nonno, ma ben presto anche il padre iniziò a sottoporlo a lunghi e massacranti allenamenti, fino al giorno in cui non portò la famiglia alla rovina. Heihaci gettò suo figlio giù da un burrone, giustificando il suo gesto in quanto voleva che diventasse più forte e temprato, ma la verità era un'altra. Temeva che il padre gli negasse ciò che avrebbe dovuto ereditare alla sua morte per darlo al nipote, Kazuya. Heihachi sfidò il padre, Jinpachi, e lo sconfisse, quindi lo rinchiuse in un vecchio dojo chiamato Honmaru.
"Pieno di rabbia nei confronti del figlio, lo maledisse, urlando al cielo di fare in modo che la sua stessa progenie si ribellasse in futuro contro di lui, come era successo a Jinpachi. Poichè era stato un uomo saggio e virtuoso, il cielo ascoltò la sua preghiera e attivò il Devil Gene presente nel DNA del piccolo Kazuya, in fin di vita in fondo al burrone. Kazuya stipulò col Diavolo dentro di lui un patto: avrebbe avuto la potenza necessaria a sconfiggere il padre, al caro prezzo della sua anima. Un Angelo visitò poi Jinpachi, ormai morente, nella sua prigione e gli mostrò ciò che era stato fatto per esaudire il suo ultimo desiderio. 'Tutta la stirpe dei Mishima erediterà il Devil Gene e lo scatenerà contro tuo figlio' gli disse l'Angelo 'Esattamente come avevi chiesto'. Ma Jinpachi non voleva che anche gli eventuali figli di Kazuya fossero maledetti. L'Angelo, però, gli disse che non si poteva tornare indietro. Allora Jinpachi espresse un ultimo desiderio: chiese all'Angelo di mantenere una parte dell'animo buono di Kazuya in vita, dimodochè il ragazzo potesse fare una scelta tra l'odio o il perdono. Nel caso avesse scelto il primo, allora il Devil Gene avrebbe preso il sopravvento schiacciando la parte buona. Viceversa, se Kazuya avesse scelto di perdonare il padre, il gene maligno si sarebbe nuovamente riassopito.
"L'Angelo decise di esaudire quell'ultimo desiderio e una parte di lui entrò nell'animo di Kazuya, iniziando un'eterna lotta contro il Demone in lui. L'altra parte la lasciò a Jinpachi, perchè ne facesse ciò che riteneva più giusto. Ma anche l'animo di Jinpachi, logorato dal rancore verso il figlio, stava per essere sopraffatto dal gene demoniaco, così decide di affidare il potere dell'Angelo all'uomo di cui più si fidava al mondo, perchè lo usasse nel modo giusto. Allegò a quel dono un messaggio: l'amico lo avrebbe dovuto uccidere se mai il Devil Gene si fosse impossessato totalmente di lui"
Wang interruppe il racconto per bere un sorso del suo tè, ma gli occhi dei suoi ascoltatori non lo persero di vista un attimo, impazienti di sapere come andava a finire la storia. Il vecchio maestro posò la tazza davanti a sè e chiuse gli occhi in un sospiro.
"Cosa faceste allora voi?" gli chiese piano Mei Mei, rompendo il silenzio.
Wang sorrise alla ragazza ancora una volta, soddisfatto della sua perspicacia innata e, riaperti gli occhi, riprese a parlare.
"Prima che nascesse Heihachi, io e Jinpachi addestrammo tre promettenti giovani alle arti marziali e al sapere degli antichi, affinchè, una volta cresciuti, potessero fare lo stesso a loro volta in giro per il mondo e combattessero il male. Li richiamai qui, al Tempio degli Angeli, come venne poi chiamato, e divisi il potere dell'Angelo tra loro tre. Quei tre ragazzi avevano legato così tanto tra loro da aver deciso di formare una squadra rappresentata da un simbolo, le cui parti si erano fatti tatuare sul dorso della mano. Quei simboli, esattamente gli stessi che avete sulle vostre mani, sono la prova che in voi scorre il potere dell'Angelo"
I tre ragazzi abbassarono istintivamente lo sguardo sulle loro mani, increduli di fronte a quella grossa rivelazione. Wang riprese a parlare.
"Kazuya fece la sua scelta e si abbandonò totalmente al Devil Gene, che prese il sopravvento e condannò suo figlio alla stessa maledizione. Ma il ragazzo ereditò anche, seppur sopita, quella parte del potere dell'Angelo che il padre aveva deciso di ignorare. Ed essa combattè contro il Devil Gene del ragazzo finchè riuscì e ancora tenta debolmente di prendere il sopravvento. Ma non è abbastanza forte. Ha bisogno della sua parte mancante per sconfiggere il Demone una volta per tutte"
"Ed è qui che entriamo in gioco noi" concluse Alex, ricevendo un cenno di assenso da parte dell'anziano Wang.
"Vi addestrerete in questo tempio come fecero i vostri predecessori, accrescerete i poteri sopiti in voi, diventerete persone nuove. Una volta pronti, parteciperete al Torneo del Pugno d'Acciaio e lì porterete a termine la vostra missione"
"Ma chi è che adesso possiede sia il Devil Gene che il potere dell'Angelo?" domandò Jamal.
"Jin Kazama è il suo nome. E' stato a capo della Mishima Zaibatsu fino all'ultimo Torneo, poi di lui non si è saputo più nulla"
"Quindi non sappiamo se è ancora vivo" puntualizzò Alex, poi si ricordò di ciò che gli aveva raccontato Mei Mei nel bosco e si voltò verso di lei, che però nel frattempo lo aveva anticipato.
"Maestro Wang, una ragazza oggi nella foresta mi ha chiesto di salvare Jin Kazama. Magari lei può saperne qualcosa di più"
Il vecchio maestro sospirò. "Ling" disse sorridendo amaramente.
Prese allora la parola Lei "Jin Kazama è vivo, ne sono sicuro".
L'agente ebbe subito l'attenzione di tutti i presenti e proseguì.
"Dopo l'attacco della Tekken Force al villaggio di Alex, uno degli uomini mi ha rivelato che alla guida della Mishima Zaibatsu c'è Lee Chaolan e che Kazama è solo un burattino nelle sue mani. Questo fa presumere che sia ancora vivo"
"Indubbiamente, ma anche che forse la situazione è peggiore di quanto sembri" ribattè Wang, per la prima volta in tutta la serata seriamente preoccupato.
"Che vuol dire, maestro?" lo incalzò Mei Mei, sporgendosi verso di lui.
"Non ve lo so dire con certezza, devo andare a documentarmi in proposito. Quel che è certo è che la vostra partecipazione al Torneo è necessaria e che dovete essere quindi addestrati. Ogni mattina ciascuno di voi seguirà un allenamento differenziato sotto la guida di un maestro. Io mi prenderò cura di Jamal, Lei addestrerà Alex e Mei Mei sarà affidata a sua nonna"
I tre ragazzi rimasero un po' sorpresi dagli accoppiamenti, Mei Mei in special modo, ma vista l'agitazione nella voce di Wang, non ribatterono.
"Nel pomeriggio invece vi allenerete assieme per diventare una vera squadra. Nel frattempo io mi dedicherò alla lettura degli antichi testi e vedrò di venire a capo di questa faccenda prima dell'inizio del Torneo"
Tutti i presenti in sala annuirono. Wang pregò che non fosse veramente come sospettava.

Maaaaaaaaammma mia!! Lunghissimo questo capitolo, forse il più lungo che abbia mai scritto!
Però è anche bello ricco di novità e colpi di scena. Per la storia della famiglia Mishima ho cercato di non distaccarmi troppo da quella narrata a pezzi nei videogiochi, ma per cautelarmi metterò un AU tra le note :)
Vi auguro una buona lettura, ringrazio Angel Texas Ranger per la sua fedele e immancabile recensione e spero che questo capitolo le abbia suscitato ancora più curiosità :P
Ringrazio anche gli altri assidui lettori, ovviamente.
A presto!

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Capitolo 10
*** Angeli e Demoni ***


Angeli e Demoni

"...e quando le due stelle maligne si saranno scontrate,
il Distruttore potrà tornare alla sua primigenia potenza
e raccogliere i frutti che aveva seminato nel cuore corrotto degli uomini.
Il Prescelto sarà il suo umano involucro
e attraverso di lui inizierà a seminare morte e distruzione
fino alla completa assimilazione di tutti i suoi frutti...
...il potere dell'Angelo invocato dovrà essere risvegliato
e la luce nell'anima nera ridestata
perchè il Demone non arrivi alla completezza...
...Grande Distruzione porterà la lotta tra
il Bene e il Male
e solo il Prescelto involucro di entrambi potrà fermarla..."

Wang Jinrei rilesse i frammenti che aveva tradotto con cura dalle antiche pergamente conservate nel tempio, e capì che mancava poco tempo.

Sottili lame di luce filtravano dal folto bosco verde, silenzioso e pacifico. Il sommesso frusciare delle foglie al leggero vento mascherava ogni suo movimento. Perchè proprio come il vento lui era veloce, e come il camaleonte si nascondeva tra i colori della foresta, e come il lupo era in agguato. E il suo occhio di Aquila scrutava ogni angolo. Non gli sfuggì nemmeno quel rapido movimento tra i cespugli sotto di lui, sebbeno fosse stato felino ed elegante come mai aveva visto. Sorrise e aguzzò tutti i suoi sensi, stringendo l'elsa del pugnale tra le sue mani. Balzò agile su un ramo vicino e si voltò ad osservare soddisfatto la lama lucente conficcata su quello sopra cui era stato appollaiato fino a poco prima. Poi la sentì, proprio sotto di lui. Si mosse fulmineo.
Si muoveva leggera sul morbido strato di foglie cadute, attenta ad ogni singolo ramoscello che avrebbe potuto tradirla. Percepiva ogni singolo atomo della vegetazione attorno a lei, ogni minimo respiro delle creature del bosco e non solo. Avvertiva la loro presenza, i loro movimenti, la loro tensione, pari alla sua. Ma il suo cuore era calmo nel petto, in armonia con la natura e la pace che emanava e che le acuivano enormemente i sensi. Lo vide balzare da un ramo all'altro sopra la sua testa e rapida si nascose tra i sottili rami di un cespuglio, silenziosa e furtiva. Un piccolo movimento laterale e la lama recise le foglie morte del sottobosco. Un'ombra oscurò la striscia di luce che le lambiva il braccio, e la mano attaccò veloce.
Era nato per muoversi nell'ombra, con l'allenamento aveva incrementato le sue capacità e ora poteva metterle alla prova. La foresta di alberi e luce poteva aiutare e tradire, bastava conoscere il modo migliore per sfruttarla. Un segreto che a lui non era mai stato nascosto. Ma non doveva sottovalutarli, loro erano altrettanto bravi. Un tempo era lui il migliore, ora tutti erano in gioco. Non si sorprese quando la preda evitò con apparente facilità il suo pugnale, ma era stata solo una mossa preventiva. Poi anche la preda era diventata cacciatore e aveva lanciato la sua lama fendendo un raggio di sole e il fogliame da esso colpito. Quindi il cespuglio sotto si mosse impercettibilmente e il raggio di sole produsse un rapidissimo bagliore. Scartò di lato e afferrò il pugnale che gli era stato scagliato contro, quindi uscì allo scoperto.
Una gola abbronzata fu subito sotto il suo tiro, ma poteva sentire distintamente il sottile filo di un'altra lama sfiorargli la nuca. Guardò negli occhi la sua preda. Sorrideva soddisfatto. Il suo pugnale pungeva la stoffa che copriva il ventre asciutto e muscoloso della terza preda, a sua volta sua cacciatrice. Una situazione di stallo, c'era da aspettarselo. Erano esattamente allo stesso livello, nonostante le caratteristiche fisiche e tecniche totalmente diverse. Come erano cambiati in quei cinque mesi, che arma potente erano diventati i loro corpi.
Alex aveva mantenuto il suo fisico scultoreo e incrementato le sue abilità tecniche e la velocità, nonchè acquietato lo spirito, molto più calmo e riflessivo. Le già grandi abilità di Jamal si erano raffinate ed arricchite di nuove conoscenze utili, e la meditazione a cui si era sottoposto aveva apparentemente assopito i suoi demoni. Ma chi era cambiata maggiormente era Mei Mei. Incredibilmente di qualche centimetro più alta, aveva messo su un fisico asciutto e scattante, perfettamente sotto il suo controllo. La sua determinazione poi era cresciuta così tanto che la si poteva percepire solo a guardarla negli occhi. Una forza interiore che avrebbe fatto abbassare le orecchie al felino più pericoloso e maestoso. Non era più una spaurita liceale, ma una temibile guerriera.
"Eccellente, ragazzi" si congratulò l'anziana nonna di Mei Mei, che aveva seguito l'intero esercizio insieme all'altro maestro, Lei, anch'egli visibilmente soddisfatto dei risultati ottenuti dai tre giovani.
Tutti e tre si sorrisero a vicenda e abbassarono le lame, quindi si voltarono verso i loro sue insegnanti.
"Allora abbiamo superato la prova?" domandò Mei Mei "Siamo pronti per il Torneo?"
La nonna si fece pensierosa e con uno sguardo deviò la domanda a Lei. L'agente si portò una mano al mento con fare riflessivo e iniziò a studiarli. Alex gli lanciò un'occhiata impaziente.
"Sì, potreste anche superare il primo turno" sentenziò alla fine senza troppo entusiasmo.
La ragazza sorrise, sapeva che non era poca fiducia quella che Lei stava dimostrando loro, ma solo un ammonimento a non accontentarsi nè sopravvalutarsi mai. Si ricordò della prima volta che avevano dovuto fare quell'esercizio nel bosco. Era passato un mese dal loro arrivo al Tempio degli Angeli e i loro miglioramenti erano stati esponenziali. La caccia, come era stato chiamato quell'esercizio, era durata un intero pomeriggio e il tramonto aveva visto Jamal sopraffare gli altri due compagni, che, nonostante tutto, si erano sentiti ugualmente soddisfatti.
Il commento di Lei aveva però smontato il loro entusiasmo.
"Cosa?" aveva domandato incredula Mei Mei avanzando verso di lui "Ma non è possibile! E' un mese che ci alleniamo come dannati! Non possiamo essere al livello di poter superare il primo turno!"
"Mei Mei ha ragione, non ci credo che siamo ancora così deboli" aveva quindi aggiunto Alex.
"Di certo con questo atteggiamento di superiorità non andrete molto lontano" lera stato il severo rimprovero della nonna. Tutti e due erano ammutoliti, Jamal invece aveva sorriso amaramente divertito. La nonna aveva poi continuato col rimprovero "Non dovete mai sopravvalutarvi nè sottovalutare gli avversari, altrimenti sarete già sconfitti in partenza"
"Il partecipanti al Tekken non sono degli sprovveduti" aveva continuato Lei "Alcuni di loro partecipano sin dalla prima edizione e hanno quindi un bagaglio di esperienza che nemmeno immaginate. In confronto a loro siete meno che dilettanti perciò non perdete tempo a lodarvi e continuate con gli allenamenti con lo stesso impegno che avete messo in questo mese. La vostra vittoria è fondamentale per la riuscita della missione"
Da quel giorno nessuno dei tre aveva più osato protestare per l'apparente poca mancanza di fiducia da parte dei maestri nei loro confronti. Avevano ripreso ad allenarsi con ancora più assiduità, fino allo stremo delle forze. Col passare dei mesi gli allenamenti collettivi avevano visto Mei Mei e Alex riuscire a sopraffare Jamal, tra tutti quello in partenza più forte, fino a quell'ennesima caccia, in cui si erano dimostrati tutti e tre allo stesso livello. Esattamente l'obiettivo che volevano raggiungere.
Nel corso dei mesi, però, il maestro Wang si era fatto vedere sempre più raramente durante i pomeriggi. All'inizio aveva seguito alcuni allenamenti collettivi, ma di mese in mese sempre con meno assiduità. Nelle ultime due settimane solo Jamal poteva affermare con certezza che fosse ancora nel Tempio. Passava tutti i pomeriggi chiuso nella vecchia biblioteca, sommerso da polverose pergamente, in cerca di chissà quali informazioni utili per la riuscita dell'impresa. Una volta Mei Mei aveva provato a chiedergli se avesse scoperto qualcosa, ma Wang non le aveva risposto e aveva cambiato subito argomento.
"Nessuna notizia dal maestro Wang?" azzardò nuovamente con la nonna mentre tornavano nei loro alloggi al Tempio. Avevano lasciato Lei e i ragazzi poco prima per dirigersi verso le loro stanze. La nonna si fermò sotto il grande ciliegio del cortile e si voltò a guardare la nipote. La piccola Mei Mei era diventata donna sotto i suoi occhi e le sue mani, il viso innocente della ragazzina con i capelli a caschetto era diventato il volto di una guerriera incorniciato da una lunga e liscia chioma nera, tenuta raccolta in una crocchia disordinata da un semplice fermacapelli di legno.
L'anziana donna sospirò. "No, nessuna notizia, e non so dirti nemmeno se è un bene o un male"
"Tu eri una di quei ragazzi, vero?" le domandò poi la nipote sorprendendola "Quelli a cui Wang ha affidato il potere dell'Angelo"
La nonna sorrise e annuì, quindi si sedette sulla panchetta sotto il ciliego e fece segno a Mei Mei di imitarla.
"Quando ero poco più che una bambina rimasi orfana di entrambi i genitori. Vivevamo in un piccolo villaggio nella periferia di Pechino e un periodo di magra aveva condattato quasi tutti gli abitanti. Anche io ero quasi morta quando Jinpachi Mishima,giovane imprenditore con grandi idee e molte speranze, fece visita al villaggio per portarci aiuti alimentari e in denaro. Insieme a lui, come sempre, c'era il suo amico Wang Jinrei. Egli decise di prendersi cura di me come se fossi sua figlia e mi crebbe nel piccolo dojo di famiglia insegnandomi le arti marziali. Nel frattempo Jinpachi continuò a far crescere la sua compagnia e proseguì coi suoi progetti filantropici. Un giorno si presentò al dojo con altri due ragazzi, orfani come me, e propose a Wang di prendersene cura insieme a me. Diventammo ben presto una squadra, nonostante fossimo così diversi. Io per il semplice fatto che fossi femmina, ma gli altri ragazzi, uno di Hong Kong e l'altro mediorientale, erano esattamente l'opposto. Coma Jamal, anche suo nonno era ribelle e come Alex, Lao Chang era una testa calda. Ma in fondo eravamo più simili di quello che immaginavamo e diventare inseparabili fu inevitabile. Una volta cresciuti Wang ci permise di proseguire per la nostra strada sempre nel nome dei principi che ci aveva insegnato. Per noi fu un onore quando ci richiamò, tempo dopo, per affidarci quella grande responsabilità. Ed è per me motivo di orgoglio vedere che tu hai risposto alla chiamata senza esitazione"
Mei Mei sorrise insieme alla nonna. Anche lei si sentiva orgogliosa di se stessa per la scelta che aveva fatto. Per la prima volta in vita sua si sentiva utile per qualcosa, per la prima volta aveva la sensazione di aver trovato il suo giusto posto nel mondo. Il Torneo imminente la elettrizzava. Aveva paura, certo, ma quella giusta dose che le avrebbe permesso di perseverare nel suo obiettivo. Avrebbe salvato Jin Kazama e la famiglia Mishima, il Devil Gene si sarebbe nuovamente riassopito.
Un giovane monaco richiamò l'attenzione delle due donne, apparentemente in agitazione.
"Il maestro Wang desidera vedervi" disse lasciando intendere l'urgenza della questione.
Lo seguirono a passo svelto lungo i corridoi del Tempio, fino alla biblioteca. L'espressione sul volto del vecchio maestro non lasciava presagire niente di buono. Fece loro segno di sedersi di fronte a lui, dall'altra parte del basso tavolino occupato solo da una pergamena. Wang la girò verso le due donne cosicchè potessero leggerla.
Sembrava una specie di antia profezia, e come da contratto le parole che la formavano avevano un tono catastrofico. Leggerle, però, risvegliò il potere in Mei Mei, il cui simbolo iniziò a formicolare.
"Cosa significa tutto questo, maestro?" domandò la ragazza, preoccupata.
"Che il prossimo Torneo sarà decisivo per le sorti dell'intero pianeta"
L'espressione confusa di Mei Mei lo incitò ad andare avanti.
"Allo scorso Torneo un grande potere è stato risvegliato. Il Distruttore di cui parla la profezia è un demone infernale dei più potenti di nome Azazel. Secoli fa era risorto e nel mondo le catastrofi si erano susseguite, finchè i saggi e illuminati guerrieri del passato riuscirono ad imprigionarlo. Ma Azazel, lungimirante, aveva previsto che l'umanità col tempo sarebbe diventata corrotta e in essa piantò il suo seme, nell'attesa della venuta del Prescelto, l'uomo in cui il gene demoniaco si sarebbe risvegliato potente"
"Jin Kazama" disse mestamente Mei Mei, iniziando a comprendere il significato della profezia.
"Se ricordi, al vostro arrivo qui vi dissi che nella famiglia Mishima erano in tre a possedere il Devil Gene: Jinpachi, Kazuya e Jin. Ma mentre Kazuya si è totalmente abbandonato ad esso per soddisfare la sua sete di vendetta, suo nonno e suo figlio hanno cercato di tenergli testa finchè hanno potuto. Grazie a questo una parte dell'anima di Jin è rimasta immaccolata, quella parte in cui si è insidiato l'Angelo"
"Quindi è Jin Kazama il Prescelto della profezia" considerò Mei Mei, ma Wang alzò una mano perchè continuasse ad ascoltarla.
"Non so chi sia il Prescelto, se Kazuya o Jin. Quel che so è che al tempo del quinto Torneo Jin ha assimilato il potere demoniaco di Jinpachi e la sua anima è diventata ancora più nera. Allo scorso Torneo, invece, Jin si è ritrovato ad affrontare Azazel, memore di un'altra profezia secondo la quale solo un discendente del demone era in grado di sconfiggerlo. L'intento di Jin era quello di risvegliare il demone per poterlo definitivamente distruggere, anche a costo della sua vita. Così facendo avrebbe inoltre fatto estinguere la maledetta casata Mishima e il gene che essa portava con sè"
"Ma?" incalzò Mei Mei. Wang sospirò.
"Ma quel gesto, seppur mosso da buone intenzioni, ha preparato le basi per la vera rinascita di Azazel in forma umana. Dopo il sesto Tekken di Jin non si è saputo più nulla, ma temo che il potere maligno di Azazel possa essere entrato in lui, in attesa di un nuovo scontro con Kazuya per l'assimilazione finale e il risveglio definitivo del demone. Cosa ancora peggiore, temo che qualcuno sia convinto di poter sfruttare questo grande potere per i suoi scopi"
"Ma è terribile!" esclamò sconvolta la nonna di Mei Mei "Chi mai potrebbe essere così privo di scrupoli da risvegliare un così grande potere per i suoi interessi personali?"
Wang si fece più scuro in volto "Se ciò che l'agente Wulong ha detto è vero, il principale sospettato è Lee Chaolan. Non mi meraviglierebbe sapere che tiene prigioniero Jin, nè che abbia trovato il modo per farlo sottostare al suo volere. Ha sempre avuto la deviante passione per i giochetti genetici"
"Che essere orribile!" commentò disgustata Mei Mei.
"Essere adottato dal proprietario di una delle principali compagnie del mondo ed essere comunque considerato un inetto non aiuta a rafforzare la stima in se stessi" spiegò Wang "Allora si cercano altre vie di realizzazione personale. Solo che questa volta è andato troppo oltre"
"Dobbiamo fermarlo prima che sia troppo tardi!" decise determinata Mei Mei alzandosi in piedi "Vado a raccontare tutto agli altri"
"Aspetta, Mei Mei, non è ancora il momento" la fermò Wang quando la ragazza era già sulla soglia della biblioteca "Alex e Jamal non sono ancora pronti. Non siete ancora una squadra"
Mei Mei lo guardò allibita. "Maestro, ma...come è possibile?"
"Il potere che scorre in voi vi lega, è vero, ma non basta. Il vostro legame deve prescindere da essa perchè possiate esprimere appieno la vostra potenza. Dovete arrivare al punto di dare la vita l'uno per gli altri"
La ragazza abbassò lo sguardo, senza una risposta valida per il maestro. Non poteva dargli torto, mancava ancora qualcosa perchè potessero sentirsi veramente una cosa sola. Se in quei mesi l'amicizia tra lei e Alex si era approfondita, Jamal era sempre rimasto il più distaccato del gruppo e il più scontroso, nonostante le lezioni con Wang gli avessero ammorbidito notevolmente il carattere. Si ricordò le parole della nonna quel giorno a casa sua, a Firenze, quando tutto era cominciato.
Il coltello ha una doppia lama.
Scacciò subito dalla mente l'ipotesi che Jamal potesse tradirli.

Arrenditi! Non puoi nulla contro di me e lo sai...
"Ti sbagli...sono forte...ce la farò..."
Forte? Sì, sei forte, ma non abbastanza per sopraffarmi...
"Non avrai mai la mia anima...non ti permetterò di controllarmi come una marionetta..."
Sei stato messo al mondo per esserlo, non puoi sottrarti al tuo destino...tu sei il Prescelto...
"Lo so...sono il Prescelto...colui che ti sconfiggerà..."
Sciocco ragazzino! Come puoi pensare di sconfiggermi? Io sono te..."
"No! Io non sono un mostro! Vattene via!"
Non puoi scacciarmi...non puoi dimenticare ciò che sei nè ciò che diventerai...
"Sarò il tuo carnefice...la tua stirpe di demoni finirà con me..."
Ahahah! Come sei eroico! Ma ogni tuo sforzo per eliminarmi non farà altro che rafforzarmi...e tu sei sempre più debole...
"Ti batterò comunque...non sono come mio padre, non mi corromperai così facilmente..."
Ho scelto la tua famiglia proprio perchè siete deboli e corrotti...e tu non sei da meno...
"Io sono forte! Io sono un Kazama e non mi avrai mai!"
Sei un Mishima esattamente come tuo padre e tuo nonno e come loro cadrai!
Un urlo agghiacciante rimbombò per la buia prigione facendo tremare i solidi muri di nuda pietra. Scariche elettriche violacee si propagarono dal suo corpo per tutta la stanza. Il sangue demoniaco prese a ribollire nelle sue vene, le ali nere si dispiegarono nel vano tentativo di fuggire da quel dolore lancinante. I muscoli possenti delle braccia si contrassero tendendo le pesanti catene che lo inchiodavano al muro. Poi finalmente arrivò, come le altre volte che era successo, da quell'invisibile fessura nella pietra, veloce come un lampo. La puntura fu praticamente impercettibile e l'effetto immediato. Il dolore cessò, il sangue riprese a scorrere normalmente nel suo corpo, ali e cornasi ritirarono al suo interno, in attesa di una nuova crisi.
Il corpo seminudo e scosso da tremiti di Jin Kazama cadde sul pavimento freddo, privo di forze, come ogni volta dopo che gli veniva somministrato quel calmante. In qualche modo i suoi carcerieri erano riusciti a trovare un inibitore momentaneo del Devil Gene, in grado di farlo tornare in sè anche solo per qualche ora. La prima volta che gli era stato somministrato era svenuto, per risvegliarsi poi in quella cella buia e umida, incatenato come un animale. Da quella volta, però, l'effetto dell'inibitore era andato via via diminuendo, fino a ridursi alle due o tre ore di pace che si poteva concedere negli ultimi giorni.
Azazel stava diventando sempre più potente dentro di lui. Aveva scatenato guerre e caos col solo intento di distruggere lui e il gene maledetto della sua famiglia, invece si era ritrovato ad essere il contenitore di quel demone tanto odiato che aveva dato inizio alla storia infinita dei Mishima. Quando era diventato consapevole di ciò, aveva giurato a se stesso che non avrebbe mai smesso di lottare, che Azazel non l'avrebbe sopraffatto. Ma più il tempo passava, più il demone diventava insistente e potente, più gli era difficile resistere.
Riprese le forse, seppur in minima parte, Jin si tirò su e si sedette contro la parete cui era inchiodato, passandosi poi una mano sulla fronte completamente bagnata di sudore. Una luce che a lui parve accecanti trapelò dalla parete di fronte a lui, rivelando la posizione dell'unica uscita dalla prigione, praticamente invisibile al buio. Qualcuno entrò nella cella e si richiuse la porta alle spalle, quindi avanzò verso di lui producendo un debole cigolio ad ogni movimento delle gambe.
Alisa Bosconovich si era presa cura di lui, senza dubbio per ordine di qualcun altro, sin dal suo risveglio nella cella. Il viso dolce del cyborg, illuminato da quegli occhi verdi così veri e malinconici, era l'unico che Jin avesse visto durante la prigionia. Alisa era gentile con lui, ma allo stesso tempo fredda e distaccata. Gli portava da mangiare due volte al giorno e controllava che stesse bene ogni volta che gli veniva somministrato l'inibitore. Ma ogni qual volta Jin gli rivolgeva una domanda, lei non rispondeva e si congedava con un sorriso comprensivo, come se sapesse quanto fosse terribile quella situazione ma non potesse farci nulla.
Non era la stessa Alisa che aveva preso parte al sesto Torneo del Pugno d'Acciaio. Sembrava quasi che l'avessero privata della sua personalità e della sua coscienza, caratteristiche di ogni creazione del dottor Bosconovich. Lo scienziato l'aveva costruita perchè servisse Jin, ma qualcosa era andato storto e il cyborg non era mai pervenuto a lui. Al torneo era poi rimasto gravemente danneggiato, ma qualcuno l'aveva riparato, seppur non riportandola alle condizioni originali.
Ma Alisa non poteva essere soltanto un cyborg, perchè il dottore aveva fatto in modo che fosse qualcosa di più. Come Jin, non era solo un involucro vuoto per qualcos'altro. Da quel lato erano molto più simili di quanto pensassero.
"Sta bene, signor Kazama?" gli domandò inespressiva con la sua voce acuta e a tratti infantile.
Jin sospirò e annuì abbassando lo sguardo. Allora Alisa si congedò da lui con il suo solito sorriso comprensivo e ritornò alla porta. Di nuovo il barlume di luce, di nuovo il buio e il silenzio.




Non sono pienamente soddisfatta della profezia, l'ho riscritta tre volte e questo è il meglio che ne è venuto fuori.
Ho glissato sull'addestramento dei nostri tre eroi perchè ho pensato potesse risultare noioso e cmq poco utile ai fini della storia. Al suo posto ho scelto di approfondire il personaggio di Jin Kazama, ormai eletto uno dei miei preferiti della serie. Inoltre, essendomi affezionata al pairing Jin/Xiao ed essendo Xiao il primo personaggio usato in Tekken, non posso non inserire anche lei nella storia, nonostanza cmq abbia un ruolo più marginale. Mi scuso con chi mi ha chiesto di toglierla, ma non posso x ragioni sia di trama sia affettive :) con questo spero di non perdere lettori :D
Grazie a Angel Texas Ranger per la sua fedele recensione, ai lettori e a chi cmq segue ancora la storia.
A presto!

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Capitolo 11
*** Essere una squadra ***


Essere una squadra


La palmata sul naso fu più forte di quanto se la fosse immaginata e gli annebbiò la vista per un attimo, bastante a Mei Mei per farlo cadere a terra con una velocissima spazzata. Alex approfittò poi dell'arrivo di Jamal a tenere impegnata la ragazza per rialzarsi in piedi con un colpo di reni e riprendere il combattimento a tre. Messa alle strette dai due ragazzi, Mei Mei cercò una posizione di vantaggio salendo sul corrimano in legno del ponte che attraversava il fiume. Jamal la raggiunse rapido, così come Alex alle sue spalle.
"Sei in trappola, ragazzina" la canzonò il pellerossa con sorriso sghembo.
"Questo è ancora da vedere" ribattè lei determinata, prima di effettuare un leggero salto oltre il corrimano e sparire dalla vista dei due ragazzi.
Jamal e Alex non fecero nemmeno in tempo a chiedersi dove fosse finita, che le gambe di Mei Mei andarono a circondare il collo del primo. Sporgendosi poi verso il ponte, la ragazza lo scaraventò a terra e si rimise nuovemente in piedi per risparire dalla parte opposta. Alex allertò tutti i sensi e percorse l'intero ponte con lo sguardo attento.
Jamal nel frattempo era ritornato in piedi e si massaggiava la mascella, dolorante per la facciata presa. ma anch'egli attento ad ogni rumore fosse diverso dallo scorrere lento del fiume.
"Dovremmo dividerci i due lati" propose Alex senza distogliere l'attenzione, ma il compagno non rispose.
"Mi ha sentito?" incalzò nuovamente.
"Perchè dovrei collaborare con te?" domandò atono Jamal, restando sempre voltato.
"Perchè è così l'esercizio. Uno contro due, l'abbiamo già fatto poco fa non ricordi? Io contro te e Mei Mei e tu contro noi due"
"A parte l'obiettivo comune, nessuno ci obbliga a collaborare" Jamal si voltò accigliato verso Alex "E io con te non voglio allearmi"
"Amico, nemmeno tu mi stai a genio, ma sta di fatto che facciamo parte della stessa squadra e di norma i membri di una squadra lavorano assieme"
"Invece io ti ricordo che non è stata una mia scelta venire qui, ma mi ci hanno obbligato. Con voi due non ho niente da spartire" concluse Jamal per rivoltare nuovamente le spalle ad Alex.
Nell'udire quella risposta seccata tutti i sensi di Alex si concentrarono su Jamal come unico bersaglio. Scese dal corrimano e avanzò minaccioso verso di lui col pugno alzato, ma quandò sferrò il colpo l'altro lo parò con facilità e tentò a sua volta l'offensiva. Alex evitò il colpo, ma concentrato com'era su Jamal non riuscì a percepire l'arrivo di Mei Mei alle sue spalle, che lo colpì al volto con un pugno. Afferrate poi le mani di entrambi, li mise schiena a terra in un secondo.
I due ragazzi accusarono il colpo e rivolsero uno sguardo sorpreso a Mei Mei, che però gliene restituì uno colmo di delusione. Aveva sentito tutto il loro litigio appostata sotto il ponte in attesa del momento migliore per attaccare, e l'astio di Jamal nei confronti di Alex le aveva fatto rinascere nel cuore la paura che un giorno il ragazzo potesse abbandonarli, se non addirittura tradirli. Si era decisa ad intervenire per evitare che succedesse il peggio.
"Ben fatto, Mei Mei" si congratulò Lei spuntando all'inizio del ponte "Hai approfittato di una situazione critica e l'hai rigirata a tuo vantaggio. Molto bene"
Mei Mei annuì impercettibilmente senza mostrare nessuna emozione.
"Molto male, invece, per voi due" continuò l'agente, avanzando sul ponte "Spero che questa sonora batosta vi serva di lezione. La collaborazione in una squadra è fondamentale per la riuscita di una missione, della vostra soprattutto. Mancano poche settimane all'inizio del Torneo, vedete di porre rimedio a questa mancanza per allora"
I due ragazzi non risposero, ma si rialzarono doloranti, ognuno evitando lo sguardo dell'altro. Lei sospirò "Siete liberi fino all'ora di cena"
Una volta che l'agente fu lontano, tutti e tre si concessero di rilassarsi.
"Accidenti a te, ragazzina" si lamentò Alex, massaggiandosi la schiena "Ne sentirò le conseguenze per i prossimi cinque giorni"
Mei Mei abbozzò un sorriso, ma la sua attenzione si distolse subito da Alex quando notò Jamal allontanarsi in direzione del tempio senza proferir parola. Si sentì in dovere di fare un tentativo.
"Jamal, aspetta!" lo richiamò, fermandolo per un braccio. Il compagno le rivolse un'occhiata sorpresa e irritata allo stesso tempo a cui però lei non fece caso. "Avevamo pensato di farci un bagno nel fiume dopo l'allenamento. Ti andrebbe di venire con noi?"
Il ragazzo la fissò per pochi ma interminabili secondi, quindi liberò il braccio dalla leggera presa di Mei Mei e ritornò sui suoi passi. Lei provò a richiamarlo, ma lo sconforto per quella nuova sconfitta le fece morire le parole in bocca.
"Perchè ci provi?" le chiese invece Alex, contrariato "Hai visto anche tu che è inutile"
"Qualcuno deve pur farlo" gli rispose Mei Mei, con la rabbia che iniziava a ribollirle nel cervello. Si voltò verso il compagno "Ma tu non mi sembri la persona più adatta a convincere qualcuno a stare dalla tua parte"
"Ehi, ho tentato di farmelo stare simpatico e hai visto anche tu che effetti ha sortito la mia disponibilità nei suoi confronti. Dopo cinque mesi di porte sbattute in faccia sinceramente mi sono stancato e mi meraviglia che tu non lo sia"
"Non posso stancarmi di provarci, lo capisci? Se anche io rinuncio, allora la squadra, la nostra missione, tutto quanto andrà a rotoli. C'è molto più di una vittoria al Torneo in ballo e noi dobbiamo essere uniti"
Espirò e inspirò profondamente nel tentativo di richiamare le lacrime di rabbia che le avevano velato gli occhi.
"A volte mi sento l'unica che crede veramente in questa cosa. Pensavo che fare parte di una squadra mi avrebbe tolta dalla monotona solitudine in cui ero costretta a vivere tutti i giorni, invece mi sembra di essere ancora più sola"
"Mi dispiace, Mei Mei" Alex le si avvicinò e le cinse le spalle con un possente braccio, in confronto al quale Mei Mei sembrò minuta e fragile "Io non è che non ci creda, però è anche vero che tutto quello che potevamo fare l'abbiamo fatto. E se non riusciremo ad andare al Torneo come squadra, forse anche solo in due e senza il potere che scorre in noi possiamo combinare qualcosa. D'accordo, ci rimmarrà una grossa cicatrice sulla mano, ma andiamo! Ci hai visti? Siamo fortissimi, ce la caveremo alla grande al Tekken"
Mei Mei lo guardò scettica "Quante volte hai battuto Lei?"
"Ecco...sì, non moltissime, però spesso mi ci è mancato poco"
"Andiamo a fare il bagno" sispirò per concludere la ragazza, sfuggendo al braccio di Alex.

Il bagno ebbe il potere di rilassare completamente Mei Mei, sia nel corpo che nello spirito, ma l'effetto durò giusto fino all'ora di cena, quando notò l'assenza di Jamal, oltre a quella solita del maestro Wang, attorno al tavolo. Fu presa nuovamente dai cattivi presentimenti e la sensazione di impotenza che ne derivò le risultò frustante. Nonostante il conseguente poco appetito, Mei Mei mangiò insieme agli altri cercando di non far trasparire la sua preoccupazione e vagliando le possibili giustificazioni alla mancanza di Jamal. Pensò che fosse ad allenarmi per conto proprio, dei tre era sempre stato il più stakanovista, oppure che fosse semplicemente stanco e avesse voluto ritirarsi prima degli altri. Ma nel suo cuore sapeva che nessuna delle due era la risposta esatta.
A fine pasto si congedò dai commensali dicendo di essere stanca, quindi uscì subito dalla stanza in modo che nessuno avesse il tempo di ribattere o di fermarla. Una volta sicura di essere sola nel piccolo cortile del ciliegio, Mei Mei si arrapicò sull'albero e da uno dei rami più sporgenti saltò sul tetto del tempio, luogo che, aveva scoperto, riusciva a metterle pace quando, come in quel momento, era in preda ad ansie e preoccupazioni. Andò a sedersi vicino ad uno dei possenti draghi che decoravano l'angolo del tetto e si mise a contemplare la valle sotto i suoi occhi. Oltre al grande bosco che ricopriva interamente la montagna, le luci di un piccolo villaggio erano il solo indizio che ci fossero delle forme di vita umana in quel luogo oltre ai monaci del tempio. Sin dal primo giorno di allenamenti era stato proibito loro di recarsi al villaggio, in quanto troppo rischioso per la loro incolumità: sia la Mishima Zaibatsu che la G Corporation avrebbero sicuramente avuto degli uomini appostati là ed avventurarcisi sarebbe stato come entrare nella tana del lupo.
A Mei Mei non era mai venuta voglia di visitarlo, dopo aver vissuto per anni in una grande città la pace del tempio le era sembrata una manna dal cielo. Nemmeno Alex aveva esternato il desiderio di scendere a valle in quei mesi.
Un movimento nel buio la distolse dai suoi pensieri. Una figura dalle movenze ormai conosciute si era addentrata rapidamente nel bosco: Jamal.
Mei Mei si alzò in piedi nella speranza di riuscire a scorgerlo nuovamente tra gli alberi.
"Non sforzarti" le consigliò Alex dietro di lei, facendola sobbalzare. Il ragazzo le fu a fianco in breve, anch'egli con lo sguardo puntato sul bosco "Va sempre nello stesso posto da un po' di giorni a questa parte"
"E dove?" domandò Mei Mei, temendo però la risposta che Alex le avrebbe dato.
"Al villaggio, ovviamente"
"Ma è proibito!"
"Non mi sembra che questi dettagli l'abbiano mai fermato" rise lui amaramente.
"Come fai ad essere sicuro che vada proprio lì?"
"Me lo ha detto una volta che l'ho colto in flagrante. Non gli ho nemmeno dovuto porgere la domanda. Inoltre mi ha anche invitato a spifferare tutto. Forse sperava che l'avrebbero cacciato dal tempio una volta scoperto delle sue fughe notturne"
"Ma tu non l'hai fatto" constatò Mei Mei, piacevolmente sorpresa.
"No, perchè, anche se non sembra, voglio veramente che diventiamo una squadra, ma come te non so più che pesci prendere con lui"
Mei Mei gli abbozzò un sorriso, quindi tornò a guardare verso il bosco e il villaggio. Sentì Alex sospirare, darle qualche leggera pacca sulla spalla e consigliarle di andare a dormire, quindi allontanarsi e scendere silenziosamente dal tetto. Purtroppo i suoi piani per quella sera erano altri. Doveva fare un ultimo tentativo, lo sentiva come suo dovere personale. Inoltre era intenzionata a scoprire il motivo delle uscite notturne di Jamal. Se era vero ciò che avevano detto loro, era impossibile che il ragazzo non fosse mai entrato in contatto con una delle due organizzazioni, specialmente dopo ciò che Kazuya Mishima gli aveva detto quel giorno di molti mesi prima nel bosco, quello stesso bosco che ora si trovava davanti ai suoi occhi, buio e portatore di cattivi presagi. Mei Mei respirò profondamente prima di addentrarsi in quelle tenebre.

Arrivarono puntuali come sempre, con le stesse espressioni sul volto della prima volta, quelle di chi è convinto di riuscire nel proprio intento. Non era molto che Jamal li stava aspettando, nel buio di quel vicolo, appoggiato ad un muretto in buona parte crollato, traspirante umidità e maleodorante, il capo coperto dal suo fedele cappuccio.
L'occhio rosso di Kazuya perforò l'oscurità e andò a puntarsi sul suo viso e il simbolo sulla mano iniziò a formicolare. Lo sguardo penetrante dell'uomo lo mise leggermente in soggezione, molto meno rispetto al loro primo incontro, quasi due settimane prima. Jamal si era recato di nascosto al villaggio per sfuggire ai serrati controlli del Tempio e alle assillanti attenzioni del maestro Wang, il cui intento principale sembrava essere quello di ammansirlo, come era successo ad Alex. Ma Jamal non aveva la minima intenzione di diventare un cagnolino nelle mani del vecchio. Se l'era ripromesso il giorno in cui l'esattore aveva proposto a suo padre di venderglielo come guardia del corpo: nessuno l'avrebbe domato per usarlo per i propri scopi. Era quello il motivo principale per cui si trovava lì in quel momento.
Se giorni prima l'incontro con Kazuya e i suoi uomini era stato inevitabile, quella notte era quindi più che voluto.
"Hai preso la tua decisione?" gli domandò con voce calma e profonda.
"Sì" rispose lui altrettando serafico.
"Dunque, cosa vuoi fare?"
Jamal attese qualche momento prima di rispondere, ripercorrendo con la mente tutti i motivi che l'avevano portato a quella scelta. Nonostante non sopportasse l'apprensione del maestro Wang nei suoi confronti, quell'uomo gli aveva dato molto non solo a livello di combattimento, ma anche spiritualmente. La sua saggezza era tale che l'epiteto di maestro gli era più che dovuto. Anche allenarsi con gli altri ragazzi gli era stato utile e anche da loro aveva imparato. Inoltre, era difficile ammetterlo, durante i mesi trascorsi al tempio il suo spirito si era acquietato e la sensazione di pace che ne era derivata non era descrivibile.
"Non mi unirò a voi. Non lascerò il tempio"
Kazuya parve accettare la decisione del ragazzo e annuì col capo.
"Posso sapere il motivo della tua scelta?" chiese poco dopo, sempre calmo.
"Perchè non puoi darmi molto di più di quello che ho già, al contrario degli altri"
"Gli altri ragazzi dici? Come possono arricchirti, quando è palese che tra i tre sei il più forte?"
"Non sottovalutarli come ho fatto io, potresti pentirtene un giorno"
"Io invece penso che tu voglia scappare dalla tua vera natura, ma non durerai a lungo"
Jamal gli rivolse uno sguardo accigliato che suscitò ilarità in Kazuya.
"Non sei molto diverso da me, ragazzo" ghignò avanzando nella sua direzione "Soprattutto non mi sembri il tipo incline alle buone azioni, come vogliono invece farti credere i tuoi amichetti del tempio. Non è nella tua natura, diciamo. Prima o poi tornerai ad essere l'Assassino di un tempo, e tornerai da me"
Gli era arrivato a poco più di un metro di distanza e Jamal ne poteva distinguere perfettamente il viso deturpato da cicatrici. Contrasse il volto nel tentativo di non reagire alla provocazione, senza staccare gli occhi da Kazuya. Questi, però, tornò sui suoi passi e riprese a parlare.
"Se però sei così deciso, allora non basterà nemmeno questo a farti cambiare idea, giusto?"
"Di cosa stai parlando?" gli domandò Jamal, sempre più accigliato.
L'uomo schioccò le dita e, dopo poco, all'imbocco del vicolo comparve uno dei suoi tirapiedi che si tirò dietro qualcuno a cui poi puntò un coltello alla gola. Nonostante tutto, però, Mei Mei non sembrava per niente spaventata.
Jamal si scostò velocemente dal muro e fece saettare lo sguardo dalla ragazza a Kazuya.
"L'hanno trovata che dava una sbirciatina alla nostra conversazione privata" spiegò lui divertito "E' stato proprio un colpo di fortuna! Nessuno meglio di lei poteva aiutarmi a convincerti"
"Mei Mei non c'entra niente, lasciala andare" sibilò Jamal.
"Avrà il collo salvo alle condizioni che conosci"
"Sei solo un vigliacco, Kazuya!"
"Può darsi, ma sta di fatto che non hai ancora deciso"
Jamal non seppe cosa ribattere a quelle parole. Tornò a guardare Mei Mei, come se, nella situazione in cui si trovava, potesse aiutarlo in qualche modo. Lei ricambiò il suo sguardo con decisione per alcuni secondi, quindi le sue iridi si spostarono impercettibilmente in alto versa la sua destra, per tornare altrettanto velocemente a fissare il ragazzo. Aiutato dal cappuccio che gli oscurava gli occhi, Jamal guardò senza muovere il capo nella direzione indicatagli da Mei Mei e un sorriso gli sorse spontaneo sulle labbra. Anche la ragazza sorrise.
"Deduco che tu abbia fatto la tua scelta" lo incalzò Kazuya.
"Oh, sì" rispose Jamal e subito dopo uno degli uomini di Kazuya venne messo al tappeto. Mei Mei approfittò del momento di distrazione per liberarsi dalla presa dell'altro scagnozzo e colpirlo fino a fargli perdere i sensi. Kazuya si voltò per vedere cosa fosse successo, ma si trovò il pugnale di Jamal puntato alla gola.
"Nel caso non l'avessi capito, resto con loro"
Kazuya sorrise "Non penserai di aver vinto, ragazzino?"
Mei Mei e Alex, ancora in guardia all'imbocco del vicolo per bloccare a Kazuya la fuga, vennero subito dopo accerchiati da una decina di uomini armati di fucile. Kazuya, invece, con un movimento rapidissimo disarmò Jamal e lo scagliò contro il muro assestandogli un calcio in pancia.
"Vedo come ti sei arricchito!" lo derise avvicinandosi a pugni chiusi. Jamal si rialzò subito e presa la posizione di guardia, quindi iniziarono gli scambi tra i due. Nel frattempo Alex e Mei Mei furono impegnati a disarmare gli uomini attorno a loro, ma l'impegni durò pochi minuti, dopo i quali tutti e dieci i soldati furono a terra privi di sensi. Poterono così andare a dare manforte a Jamal, messo in seria difficoltà dall'esperienza e dalla potenza di Kazuya.
Dopo averlo mandato nuovamente a terra, l'uomo andò a sovrastare il ragazzo per dargli il colpo finale. Caricò il sinistro, da cui scaturirono alcune scariche elettriche, quindi vibrò il colpo che però non andò a segno. Mei Mei glielo aveva parato con entrambe le mani e, ruotando su se stessa, gli assestò un potente calcio in faccia. Kazuya entrò nel raggio d'azione di Alex, che lo colpì a sua volta con un gancio sinistro, mandandolo a terra.
L'uomo si risollevò subito e le scariche elettriche presero ad uscire da tutto il suo corpo, costringendo i tre ragazzi ad allontanarsi. Con un balzò felino poi raggiunse il tetto di un edificio vicino e si diede alla fuga.
Senza pensarci due volte, i tre ragazzi si lanciarono al suo inseguimento ma, una volta saliti sul tetto, di Kazuya non videro traccia.
"Guardate!" esclamò poi Alex, indicando il cielo scuro.
Mei Mei e Jamal fecero come aveva detto e riuscirono a scorgere in lontananza una figura alata che si allontanava dal villaggio.
"Quindi è quello l'effetto del Devil Gene" constatò Jamal.
"E Kazuya ha solo il potere del suo" aggiunse Mei Mei "Immagina qualcuno con quel potere raddoppiato...o triplicato"
"Già, siamo proprio in un bel casino" concluse Alex.
"Perchè mi avete seguito?" domandò poi Jamal a bruciapelo, senza staccare gli occhi dal cielo.
"Io non ho seguito te, ma lei" precisò Alex "E direi che ho fatto bene. Si è cacciata nei guai come al solito"
"Era tutto sotto controllo anche senza il tuo intervento"
"Non avresti più la testa sul collo senza il suo intervento" intervenne Jamal, lasciandola a bocca aperta. Il ragazzo si voltò verso di lei "Perchè io avrei deciso ugualmente di restare nella squadra"
Mei Mei fece per ribattere, ma non le vennero le parole giuste. L'espressione sul suo volto si fece da pensierosa a divertita.
"E' incredibile, non so se arrabbiarmi o esserne felice. Voglio dire, sono felice che tu abbia scelto di restare, però arrabbiata perchè avresti sacrificato il mio collo! Faccio parte anche io della squadra, non dovrei essere tenuta un po' più in considerazione da te?"
"Ma se non gli arrivi nemmeno al mento!" la prese in giro Alex, suscitando sorprendentemente una breve risata in Jamal.
"Non c'è niente da ridere!" si inbronciò lei, e Jamal dovette ammettere che era davvero carina quando faceva così, ma non si sarebbe mai abbassato a dirglielo.
"Sono perfettamente d'accordo"
La voce bassa ma perentoria di Wang congelò tutti e tre. Il vecchio maestro era sul loro stesso tetto, le mani congiunte dietro la schiena e un'espressione severa sul volto. Avanzò lentamente verso di loro.
"Maestro, possiamo spiegare tutto. Noi..." iniziò Mei Mei, ma Wang la fermò con un gesto deciso della mano. Scrutò i visi di ognuno dei ragazzi, tutti in attesa di un suo rimprovero e di una qualche punizione.
"Torniamo al tempio. Faremo i conti lì" decretò alla fine, prima di scivolare giù dal tetto con estrema eleganza.

Wang aveva riunito tutti, maestri e allievi, nella sala del tè. I tre ragazzi erano inginocchiati di fronte ai loro mentori, lo sguardo basso in attesa dell'inevitabile rimprovero, se non di peggio.
"Chi di voi vuole spiegarmi cosa è successo?" domandò il vecchio maestro, la cui espressione severa non era minimanente cambiata durante il tragitto dal villaggio al tempio.
Dopo qualche secondo, Mei Mei decise di parlare a nome di tutti, ma Jamal la anticipò.
"E' stata colpa mia, maestro" esordì senza preamboli. L'attenzione di tutti fu su di lui, ma non sembrò importargliene. Jamal continuò.
"Sapevo che Kazuya era al villaggio. Quando ci ha attaccati al nostro arrivo al tempio mi ha detto delle cose che non ho potuto dimenticare e volevo spiegazioni. Non è stato difficile trovarlo, forse si può dire che lui abbia trovato me. Mi ha proposto di unirmi a lui, diceva che eravano simili e che mi avrebbe aiutato a sfruttare appieno le mie potenzialità"
La rivelazione non sembrò sconvolgere il maestro, così proseguì col racconto.
"Questa sera avrei dovuto comunicargli la mia decisione definitiva. Sono sceso al villaggio ma non pensavo che Mei Mei e Alex mi avessero visto, nè tantomeno seguito. Quando ho detto a Kazuya che volevo restare con la squadra, ha preso in ostaggio Mei Mei per ricattarmi"
Lo sguardo di Wang si spostò sulla ragazza, che iniziò a raccontare la sua versione dei fatti.
"Ho visto Jamal che si allontanava nel bosco dopo cena. L'ho seguito perchè avevo un brutto presentimento e non volevo che facesse qualche sciocchezza. Arrivata al villaggio ho visto che si era appostato in un vicolo in attesa di qualcuno. Mi sono nascosta poco lontano e poi è arrivato Kazuya. Ero concentrata ad ascoltare la conversazione quando uno degli uomini della scorta mi ha puntato un coltello alla gola intimandomi di non opporre resistenza oppure Jamal sarebbe morto. Ho obbedito. Mentre poi Kazuya ordinava all'uomo di uscire allo scoperto, ho scorto Alex sul tetto"
La parola passò al terzo compagno.
"Quando Mei Mei ha deciso di seguire Jamal, ho fatto altrettanto temendo che potessero sorgere complicazioni, e ho fatto bene. Sono riuscito a sconfiggere uno dei tirapiedi di Kazuya e a volgere la situazione a nostro vantaggio. Dopodichè siamo stati accerchiati da altri soldati e abbiamo iniziato a combattere contro di loro e contro Kazuya..."
Wang alzò una mano per farlo tacere "Il resto l'ho visto con i miei occhi, basta così"
I tre ragazzi si misero in attesa del verdetto del maestro Wang. Questi li osservò per un po', quindi si voltò a prendere qualcosa dietro di lui. Porse ai ragazzi tre cartelline con dentro dei documenti, che presero nonostante non stessero capendo niente della situazione. Quando però lessero l'intestazione dei documenti, trattennero il respiro dalla sorpresa e tornarono a guardare il maestro, il cui volto si era rilassato in un sorriso soddisfatto.
"Maestro, ma queste sono..."
"Proprio così, Mei Mei. Ora siete pronti, siete una squadra"
Tutti e tre i ragazzi sorrisero al più grande complimento che Wang aveva fatto loro sin dal primo giorno.
"Mancano poche settimane al Torneo del Pugno d'Acciaio, perciò compilate alla svelta i moduli d'iscrizione e impegnatevi, nel tempo che vi rimane, a perfezionare le vostre tecniche singole e di gruppo. Durante il Torneo non sarete insieme, dovrete contare solo sulle vostre potenzialità senza l'aiuto materiale degli altri compagni. Ma ricordatevi sempre una cosa: una squadra, una vera squadra, è unita anche quando è divisa"
Tutti e tre annuirono e iniziarono a compilare ciascuno il proprio modulo. Si fermarono quasi contemporaneamente all'ultimo punto: Motivo di partecipazione al Torneo.
Mei Mei ci riflettè su qualche secondo, rimuginando sulla storia della famiglia Mishima e di Jin Kazama e sull'accorata richiesta di quella ragazza il giorno del loro arrivo. Quindi scrisse:

Per aiutare un amica

Alex invece trovò subito la risposta:

Per rendere il mio maestro fiero di me

Jamal dovette pensare a lungo alla risposta. Non si era arruolato di sua spontanea volontà, ci era stato costretto. Alla fine, però, ne aveva solo tratto vantaggio. Rivolse uno sguardo a Mei Mei, intenta a scrivere. Reimpugnò la penna e compilò:

Per non deludere chi ha avuto fiducia in me


Madò, non finiva più questo capitolo, non l'avevo pianificato così lungo!
Il torneo si avvicina, sarà la parte più difficile da scrivere, spero di riuscirci, intanto godetevi il pre-torneo :)
Grazie a Lotti e Angel Texas Ranger per i commenti, attendo un vostro parere su questo :)
Grazie anche a tutti i lettori silenzioni :)
A presto!

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Capitolo 12
*** Verso il grande Torneo ***


Verso il grande Torneo


Quei fatidici venti giorni mancanti al Torneo passarono come se fossero stati secondi, cadenzati dal solito ritmo di allenamenti che, però, dopo che erano diventati una squadra, che si sentivano una squadra, non erano mai stati così produttivi e divertenti. Erano tutti e tre ulteriormente migliorati e come gruppo riuscivano a collaborare alla perfezione. Jamal e Alex avevano persino smesso di litigare, accontentandosi di punzecchiarsi a vicenda e trovando divertente irritare a più non posso Mei Mei. Ma l'essere una squadra stava anche in questo.
Mei Mei arrivò alla notte prima della partenza totalmente esausta, ma elettrizzata e felice. Tutto stava andando secondo i piani, restava solo da vincere il Torneo. Potevano farcela, se lo sentiva fin nelle vene che era pienamente nelle loro potenzialità. Con quella convinzione scivolò velocemente in un sonno profondo che subito venne animato da sogni di vario genere, mischiati ai ricordi di quegli intensi mesi passati al tempio. Nella sua mente combattè di nuovo contro Alex e Jamal, si sottopose ancora una volta alle noiose sedute di Tai Chi della nonna, passeggiò in mezzo alla pioggia di petali rosa del cortile del ciliegio, rivide l'occhio rosso e malvagio di Kazuya. Proprio da esso iniziò il suo incubo. L'occhio la scrutava intensamente e lentamente perdeva contatto col proprio corpo per diventare un'entità a sè stante, talmente luminosa da oscurare tutto quanto attorno a loro. Da quel buio comparve quindi un secondo occhio dello stesso colore e intensità, intorno al quale si delineò poi l'immensa figura di una divinità egizia dal muso di lupo e il corpo percorso da strani simboli. La bestia si eresse mostrandole tutta la sua temibile possenza e Mei Mei non riuscì nè a scappare nè ad urlare talmente era paralizzata dal terrore. Nel suo cuore seppe che la creatura davanti a lei non era una divinità ma un demone, quel demone. Azazel tornò a guardarla con gli occhi scarlatti e ruggì, costringendola ad accucciarsi nel vano tentativo di proteggersi. Il ruggito divenne poi un urlo stridulo, più umano ma ugualmente agghiacciante. Si azzardò a sollevare leggermente lo sguardo. Gli occhi che incontrò non erano più rossi, ma innaturalmente neri con un'iride bianchissima nel mezzo. Il volto animalesco di Azazel aveva lasciato il posto a quello più umano di un ragazzo dai capelli neri, dalla cui fronte emergevano due grandi corna nere. La schiena, invece, era adornata da grandi ali d'angelo dello stesso colore. Il ragazzo la guardava con un ghigno vittorioso in volto e le mostrò il motivo. Sollevò un braccio, la cui mano artigliata teneva il corpo inerme di Kazuya per il collo. La presa su di esso si strinse, le vene del braccio nudo del ragazzo iniziarono a pulsare come se qualcosa stesse scorrendo nel loro lume, dritto verso il cuore. Il volto del ragazzo si contrasse in una smorfia di fastidio, mentre il suo corpo diventava sempre più nero e simile a quello di una bestia per forma e dimensioni. Al crescere della sua potenza, Mei Mei sentiva le sue forze diminuire proporzionalmente, finchè, col respiro affannoso e la vista annebbiata, non cadde a terra, impotente di fronte all'abominio che si stava compiendo davanti ai suoi occhi. Il ragazzo, se così poteva ancora essere definito l'essere in piedi di fronte a lei, lasciò cadere il corpo di Kazuya e tornò a guardarla di sbieco, il volto deformato da un sorriso desideroso di sangue. Mei Mei vide li artigli opachi della sua mano avvicinarsi minacciosi a lei, completamente priva di forze.
Si svegliò nell'esatto momento in cui Jin Kazama le aveva trafitto il cuore con la mano, totalmente coperta di sudore, col cuore a mille e un bruciore insistente alla mano destra. L'adrenalina che le scorreva in corpo continuava a farla tremare. Uscì dalla sua stanza per prendere un po' d'aria, sperando così di riuscire a calmarsi. L'aria fresca della notte le asciugò in fretta il sudore, ma non bastò a calmarla. Salì allora sul tetto del tempio, ma si bloccò ancora prima di muovere un ulteriore passo.
"Jamal?" domandò sorpresa alla figura in piedi vicina al drago di metallo. Questi si girò di scatto non appena si sentì chiamare e guardò accigliato la ragazza.
"Che ci fai tu qui?" le chiese.
"Potrei chiedere la stessa cosa a te" sorrise Mei Mei avanzando verso di lui. Jamal la seguì con gli occhi finchè non fu al suo fianco, quindi tornò a guardare verso il bosco. Lei lo imitò, appoggiandosi con le braccia e il viso alla testa del drago. Rimasero in silenzio a scrutare la notte limpida, solleticati dalla leggera brezza.
"La senti anche tu, non è vero?" domandò poi Mei Mei d'improvviso, ricatalizzando l'attenzione di Jamal.
"Cosa?"
"Questa pace. Sei qui per questo, scommetto. Come me. In fondo non siamo molto diversi"
Si voltò a guardare il ragazzo a fianco a lei, che subito distolse lo sguardo, quasi fosse in imbarazzo. Non si era mai sentito a disagio con nessuno, perchè quella ragazzina gli faceva quell'effetto?
"Vedo che non hai perso il vizio di non rispondere alle domande" constatò lei a commento del suo silenzio.
"No, cioè sì...voglio dire..." Jamal prese in respiro profondo e riordinò le idee, nonostante la vista di Mei Mei in pigiama non lo aiutasse "Stavo pensando" disse infine, una volta recuperata la calma "Pensavo a domani, al Torneo"
"Non sei l'unico" ribattè Mei Mei. A Jamal non sfuggì la nota malinconica nelle sue parole e tornò a guardarla. Effettivamente non aveva una bella cera.
"C'è qualche problema?" le chiese impacciato, facendo un impercettibile movimento verso di lei.
"Ho avuto un incubo, sembrava quasi un presagio. Mi sono svegliata talmente scossa che non sono più riuscita a prendere sonno"
Al ricordo del sogno, un brivido gelido percorse la schiena di Mei Mei, che si strinse istintivamente nelle braccia. Jamal lo interpretò come un segno del fatto che avesse freddo e si tolse la felpa per mettergliela sulle spalle. Per la prima volta dopo tanto tempo, rinunciava al suo fedele cappuccio. Mei Mei sorrise quando gli vide il volto finalmente scoperto e lo costrinse a dirottare la sua attenzione sulle tegole del tetto.
"Quindi cosa...cos'hai sognato di preciso?"
"Azazel e Jin Kazama...e quello che potrebbe succedere se falliamo"
"Non falliremo, te lo prometto" cercò di rassicurarla Jamal, di nuovo vicinissimo a lei, occhi negli occhi. Notò che quelli di lei erano leggermente velati di lacrime.
"Ho paura, Jamal" confessò in un singhiozzò Mei Mei, stringendosi al petto del ragazzo, che ebbe un attimo di smarrimento prima di cingerla con le braccia per consolarla.
"Perchè paura? Te la caverai benissimo!" la incoraggiò.
"Ma sarò senza di voi" si allontanò leggermente dal petto di Jamal per guardarlo negli occhi. Gli parve che avesse le guance leggermente arrossate "Senza di te"
Jamal ci mise qualche secondo a realizzare ciò che Mei Mei gli aveva appena confessato, secondi che a lei bastarono invece per farsi sempre più vicina a lui. Voglioso di assecondarla, anche lui si fece più vicino, ma dovette fermarsi quando la mano di Mei Mei gli toccò leggera il collo, come a chiedergli di fermarsi.
"Non...non ho mai baciato un ragazzo" confessò in un sussurro, imbarazzata, riuscendo a strappare a Jamal un sorriso intenerito. Le carezzò una guancia per rassicurarla e col pollice lavò via gli ultimi residui di lacrime, prima di poggiare delicatamente le sue labbra sottili su quelle di Mei Mei. La sentì irrigidirsi a quel tocco e aggrapparsi alle sue spalle quasi avesse paura di cadere. Subito dopo Mei Mei si staccò da lui e fece per andarsene, ma Jamal la trattenne.
"Che c'è?" le domandò, preoccupato di aver fatto qualche passo falso.
"Scusami, sono stata un disastro, io...oh che vergogna!" di nuovo provò ad andarsene, ma Jamal glielo impedì e la sorprese rivolgendole un caldo sorriso. Le fu vicinissimo ancora una volta.
"Non pensare" le consigliò, prima di baciarla nuovamente senza darle il tempo di riflettere sulle sue parole.
Fu un bacio leggermente più irruento del precedente, ma tanto bastò a sgombrare la mente di Mei Mei, che potè così mettere in pratica il consiglio del ragazzo. Completamente in balia di quelle nuove sensazioni, diede piena fiducia a Jamal permettendogli di guidare il bacio. Quando il ragazzo lo approfondì un po' di più, Mei Mei dovette cingergli il collo con entrambe le braccia per evitare di cadere quando le cedettero le gambe. Jamal la tenne in piedi senza fatica, ma si lasciò scappare una risata che lo costrinse a interrompere il contatto. Anche Mei Mei sorrise, imbarazzata e con lo sguardo basso che Jamal risollevò prendendole il mento tra le dita.
"Ho esagerato?"
Mei Mei negò con la testa.
"Sai, è strano anche per me"
"Cosa?"
"Questo. Essere qui con te, quello che provo...è la prima volta che mi succede"
"Non ti è mai piaciuta una ragazza?" domandò Mei Mei incredula.
"No, non è per questo. Però a nessuna ragazza è mai importato così tanto di me come a te. Tu mi hai salvato, Mei Mei. Mi hai salvato da me stesso, dal mostro che stavo diventando. Con te vicina ho sentito per la prima volta di poter fare qualcosa di buono, di essere qualcosa di buono e non solo una macchina per uccidere. Grazie"
"Non c'è di che" rispose semplicemente lei, un po' in soggezione dopo la lunga confessione del ragazzo. Jamal le sorrise e la baciò di nuovo delicatamente.
"E' meglio che nessuno venga a sapere di tutto questo" disse ancora sulle labbra della ragazza "Potrebbero usarci l'uno contro l'altra e non voglio che succeda come quella notte al villaggio"
"La notte in cui avresti messo a repentaglio la mia vita pur di restare nella squadra?"
"Non l'avrei mai fatto, piuttosto di vederti morire mi sarei venduto al diavolo in persona"
Mei Mei sorrise "Lo sapevo"
"Allora sei d'accordo?"
"Sì, penso tu abbia ragione"
"Bene, ora ti porto a letto" concluse poi, prendendola in braccio.
"Magari solo fino al ciliegio, che ne dici? Rischiamo che nonna ci scopra se entriamo così nel tempio"
"Fino al ciliegio" acconsentì Jamal, quindi balzò agilmente giù dal tetto.

Le grida e i colpi sempre più forti contro i muri di pietra lo risvegliarono dal torpore in cui era caduto approfittando di un momento di silenzio all'interno della prigione. Più passavano i giorni, più però quei momenti diventavano più brevi, e le successive grida più forti e disumane. Ed era tutta colpa sua, che si era andato a fidare della persona sbagliata. Ma quando sei un figlio illegittimo non puoi trovare aiuto che nei tuoi simili. Per questo motivo Lars aveva riposto piena fiducia in Lee ai tempi del Sesto Torneo. Tutto ciò che ne aveva ricavato, però, era quell'eterna prigionia che durava da non sapeva più quanti mesi e, supplizio ancora peggiore, quelle urla strazianti provenienti dalla cella vicina.
Jin Kazama era stato recuperato dall'organizzazione segreta per cui lavorava Raven pochi giorni dopo la fine del Torneo. Dopo lo scontro tra il ragazzo e Azazel al tempio egizio, Lars si era convinto che Jin fosse morto. Sarebbe stato meglio se fosse andata così, per tutti ma soprattutto per lui, ormai schiavo di quella lotta dentro di sè per mantenere quel poco di umanità che gli era rimasta e che veniva allo scoperto solo dopo le crisi più violente, quando gli veniva somministrato l'inibitore del gene Devil. Invece Jin era sopravvissuto, era stato recuperato, curato e mantenuto in coma farmacologico per essere sottoposto a studi genetici a basso rischio. Lee Chaolan l'aveva rapito dai laboratori dell'organizzazione con maestria, sorprendendo lo stesso Raven, quindi aveva portato Lars alla Mishima Zaibatsu con l'inganno per chiedergli di essere suo alleato nella conquista del potere. Gli aveva detto che era l'occasione giusta per entrambi per riscattarsi. Al netto rifiuto dello svedese era scattato l'arresto e da quel giorno Lars non aveva più visto la luce del giorno. Uscire da quella cella era impossibile, l'entrata era solo una e quando veniva aperta, lasciava entrare l'unica persona a cui Lars mai avrebbe fatto del male. Un'altra dimostrazione di come Lee avesse architettato tutto nei minimi dettagli.
Nonostante Alisa non fosse più la stessa, mai si sarebbe sognato di farle ancora del male. Era già stato doloroso doverla sconfiggere ai tempi del Torneo e non voleva più che accadesse. Forse il supplizio più grande era quello: vedere la sua Alisa trasformata in una macchina priva di personalità e di calore, distaccata come una divinità, vuota come un manichino e totalmente indifferente alla sua vista e alle sue parole. Era stata messa a guardia della cella e i suoi compiti erano pochi e precisi: sfamare e prendersi cura dei prigionieri ed evitare che scappino. Se Jin non ne aveva le forze fisiche, a Lars mancavano le motivazioni per fuggire. A chi si sarebbe rivolto una volta fuori? In un mondo dove tutti erano nemici, quante possibilità aveva di incontrare un vero amico, di cui fidarsi ciecamente? L'unica persona nelle cui mani si sarebbe messo senza indugi non sembrava minimamente calcolarlo.
Un altro urlo, un altro colpo, le pareti tremarono e alcuni pezzi di muro si staccarono dalle pareti. Jin stava raggiungendo nuovamente il limite, gli ci era voluto molto meno tempo delle altre volte. Non era un buon segno. Se anche lui avesse ceduto, le speranze di riportare la normalità sul pianeta si sarebbero ridotte praticamente a zero. Jin doveva resistere.
La porta si aprì e Alisa avanzò verso di lui con un vassoio in mano, inespressiva e fredda come sempre. Poggiò il pasto a mezzo metro da Lars e si congedò con un leggero inchino, ma Lars la bloccò per un polso prima che fosse troppo tardi e la trascinò a terra all'altezza del suo viso.
"Alisa, guardami, per favore" la pregò indirizzando lo sguardo del cyborg verso di lui con una mano sulla guancia. Nessuna reazione.
"Devo andare dal signor Kazama" disse lei con voce monocorde, come un automa.
"Non sai più chi sono?" le chiese disperato.
"Lars Alexandersson, prigioniero LS02HM3..."
Prima che potesse finire Lars la zittì premendo le labbra contro quelle gelide di Alisa. Fu come scontrarsi contro un iceberg, duro, freddo e inesorabile. Alisa non si mosse, ma attese paziente con lo sguardo perso nel vuoto. Dopo attimi che per lui furono ore, Lars lasciò la presa sul volto di Alisa e si staccò da lei, guardandola ancora una volta negli occhi, nella speranza di vedere quella luce che li aveva resi luminosi per tutto il tempo in cui avevano viaggiato assieme. Ma le sue iridi erano rimaste del verde opaco di sempre.
Lars le liberò il polso e si risedette sul pavimento duro della cella, coprendosi con la mano il volto rigato dalle lacrime. Alisa rimase a guararlo per qualche istante, il cervello elettronico in piena attività cercava di decifrare ciò che le era appena successo, ma il sistema le disse che l'operazione avrebbe richiesto qualche ora e riattivò i software di default. Alisa si rimise in piedi e uscì dalla cella chiudendosi la pesante porta di metallo alle spalle. Sicura di essere sola nel corridoio illuminato dai neon, si portò una mano alle labbra, ancora umide dopo il tocco del prigioniero.

"Bene, ragazzi! Direi che quello è il nostro treno" annunciò in pompa magna Lei dalla cima dell'albero su cui si era appostato in attesa del passaggio del mezzo.
"Non era più semplice andare in stazione come la gente normale?" obiettò Mei Mei, a cui l'idea di prendere il treno letteralmente al volo non andava molto a genio.
"E quando mai siamo stati normali, noi?" le rispose Alex "Inoltre è un buon test per provare quanto siamo migliorati dall'ultima volta"
"Anche perchè nessuno tirerà il freno d'emergenza questa volta" aggiunse Jamal.
"E dai, Mei Mei! Sarà divertente" la spronò infine il pellerossa, per poi iniziare ad avanzare nel prato che divideva il bosco dai binari. Anche Jamal fece altrettanto, dopo aver stretto la spalla della ragazza e averla incoraggiata con un sorriso a cui lei non potè non rispondere. Purtroppo era il massimo che potevano fare in pubblico, per evitare di destare sospetti. Mei Mei sospirò e li seguì. Arrivata a metà strada sentì il treno fischiare in lontananza e iniziò a correre, la sacca con le poche cose che si era portata dietro ballava sulla sua schiena, ma il fastidio era minimo. In breve raggiunse il resto del gruppo e insieme arrivarono sul ciglio dei binari in concomitanza col treno. Balzarono quindi agilmente sul tetto di una carrozza.
"Ci siamo tutti?" domandò Lei gridando per farsi sentire sopra lo sferragliare delle carrozze sui vecchi binari. I tre ragazzi annuirono.
"Ottimo! Adesso entriamo, non mi sono fatto mandare biglietti di prima classe per viaggiare scomodo"
L'agente prese a scandagliare il lato sinistro della carrozza in cerca di un finestrino aperto da cui poter entrare. Non appena ne trovò uno chiamò i tre ragazzi con un cenno della mano, quindi si gettò di testa oltre il bordo della carrozza, aggrappandosi con le mani al finestrino aperto.
"Santi numi!" esclamò l'anziana signora appena la schiena di Lei comparve fuori dal finestrino. Questi si voltò e, appeso solo per una mano, mostrò alla donna il distintivo.
"Non si preoccupi, signora, polizia. Non è niente di grave, solo..."
Si riaggrappò con entrambe le mani e, richiamate le gambe al petto, entrò nella carrozza cercando di evitare di calpestare i passeggeri.
"Grazie per la collaborazione signori. Entreranno altri tre ragazzi da lì, perciò non spaventatevi e dite loro che sono andato a cercare il controllore"
"D'a-d'accordo" balbettò la donna, unica passeggera del vagone.
Lei annuì e si diresse verso l'uscita. Una volta sparito la signora raccolse borsa e cagnolino per andarsene in un altro vagone in gran fretta.
Mei Mei, Alex e Jamal entrarono uno dopo l'altro nella carrozza ormai deserta e si guardarono intorno smarriti.
"Ho sentito solo io Lei che parlava con qualcuno?" chiese la ragazza.
"A parte questo, adesso dov'è?" domandò in aggiunta Jamal.
"Ha detto che aveva biglietti di prima classe" constatò Alex "Perciò propongo di andare in prima classe"
"Sempre che questo treno ce l'abbia" commentò scettica Mei Mei.








Chapter un po' più corto degli ultimi e ricco di sbaciucchiamenti teneri e tristi.
Dopo essermi fatta una scorpacciata di video su Youtube mi sono appassionata al pairing LarsxAlisa e ho deciso di metterlo nella fanfic, spero che vi piaccia come idea :)
La storia di come Jin sia stato trovato e recuperato forse non è molto originale, ma era l'unica che mi era venuta in mente e che fosse abbastanza utile alla trama...
Grazie a Lotti e Angel Texas Ranger per i fedeli commenti e a tutti i lettori!
A presto!

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Capitolo 13
*** L'isola ***


L'isola


Uno ad uno, i partecipanti al Torneo sfilarono davanti all'occhio della piccola telecamera man mano che scendevano dalle barche a motore con cui, dalla terra ferma, erano stati portati in quell'isola artificiale, costruita appositamente per la grande manifestazione. Un sorriso soddisfatto si inarcava sul volto di Lee ogni qual volta qualcuno di conosciuto scendeva a terra. Sembrava che tutti gli invitati avessero accettato. Ma non era di loro che gli interessava. Qualcuno di più importante era atteso sull'isola, tre nuove reclute che nemmeno immaginavano di quali piani fossero diventate le pedine.
Tutto era stato organizzato nei minimi dettagli, sei mesi di duro lavoro per preparare tutto e solo pochi giorni mancanti alla riuscita dell'impresa. I battiti del cuore di Lee accelerarono a quel pensiero e l'uomo inspirò a fondo pregustando il suo momento di gloria.
Una voce elettronica annunciò il nuovo arrivo.

Partecipante n° 20: Kazuya Mishima. Approdato al molo 9.

"Ci siete proprio tutti" commentò Lee massaggiandosi il mento con due dita. In breve il suo fratellastro venne inquadrato dalla telecamera, preannunciato da un tremolio nell'immagine. Il suo io demoniaco doveva essersi potenziato notevolmente se riusciva addirittura ad infierire con i circuiti elettrici.
Ma non è niente in confronto al mio giocattolino pensò Lee, il cui sguardo saettò veloce verso lo schermo del suo computer, su cui campeggiava inquietante la figura alata e cornuta di Jin. Un ringhio basso arrivò dalle casse incorporate del monitor.
"Pazienta, mio caro. Presto sarà il tuo turno"
Di nuovo la voce elettronica parlò. Altri nuovi arrivati. Finalmente. Gli sguardi dei tre ragazzi scandagliarono il luogo su cui erano sbarcati.
"Molto presto"

Avevano capito che non era un'isola come le altre non appena apparve all'orizzonte, quasi un'ora dopo la loro partenza dal porto. Non aveva le classiche forme di un atollo tropicale e il mare intorno era praticamente privo di vita. Quando ne costeggiarono una parte per raggiungere il molo d'approdo, davanti ai loro occhi comparvero ambienti e vegetazioni diverse, sconnessi gli uni dagli altri, costruiti su ampi lotti di terra che sembravano connessi ad uno centrale, su cui spiccava un alto grattacielo.
"Hanno fatto le cose in grande" fu il commento di Alex, per nulla farcito di sarcasmo.
Nessuno dei suoi due compagni rispose, concentrati su ciò che li avrebbe aspettati nelle ore successive.
I simboli sulle loro mani, abilmente nascosti alla vista da guanti o fasciature, avevano iniziato a pulsare violentemente a metà del viaggio, e quando ciascuno di loro mise il primo piede a terra, fu percorso da una potente scossa elettrica. Si scambiarono uno sguardo teso e iniziarono ad osservare l'ambiete intorno a loro. Alla fine del molo un grosso cartello metallico portava la scritta "0.1: Porto".
"Secondo voi che vuol dire?" domandò Mei Mei dopo che lo ebbero sorpassato.
"Non ne ho idea" le rispose Jamal, altrettanto inquieto "Qui è tutto molto strano"
"A partire da noi" aggiunse Alex, il pugno destro stretto nel tentativo di placare le scosse che il simbolo inviava.
Un uomo in nero e con gli occhiali da sole venne loro incontro e li salutò giovialmente.
"Benvenuti ragazzi! Siete i nuovi iscritti immagino" esordì, ma non lasciò loro il tempo di ribattere e consegnò ad ognuno uno spesso fascicolo "Qui troverete il regolamento del Torneo, che vi verrà ricordato prima dell'inizio, e una mappa dell'isola con la spiegazione della struttura, oltre ai documenti per il check-in all'hotel in cui alloggerete in attesa dell'inizio. In fondo ci sono i numeri utili in caso di emergenza, ma potrete usufruirne solo prima della competizione. Buona permanenza!"
I tre ragazzi lo guardarono passare loro oltre per andare ad accogliere gli altri partecipanti, quindi Mei Mei aprì la sua cartina e iniziò a studiarla insieme agli altri.
"Allora, noi siamo qui" indicò un punto sulla mappa contrassegnato dal numero 0.1 "Mentre l'hotel è qui" andò a toccare un altro punto, stavolta denominato 0.2.
"Le zone 0 sono quelle dove non si terranno scontri" aggiunse Jamal, che stava leggendo invece la guida "Mentre quelle numerate diversamente saranno le arene di combattimento. Ognuna è caratterizzata da un ambiente diverso e sono tutte tra loro interconnesse da ponti"
"Suppongo che l'obiettivo finale del Torneo sia arrivare al grattacielo centrale, no?" domandò Alex, indicando l'alta costruzione che si elevava imperiora su tutta la struttura.
"Sì, esatto" rispose l'amico "Ma puoi arrivarci seguendo la via che preferisci, con la sola clausola che devi avanzare di numero di zona. Non si può tornare indietro a meno che non si venga sconfitti in un combattimento"
"Non c'è via d'uscita quindi" concluse Mei Mei amaramente "Ma d'altronde non è previsto che ci tiriamo indietro, giusto?"
Gli altri due ragazzi annuirono seri e Jamal aggiunse "Dobbiamo arrivare al grattacielo tutti e tre senza mai scontrarci prima, altrimenti sarà stato tutto inutile"
"Sì, hai ragione" concordò Alex.
"Nel frattempo propongo di andare a sistemarci in hotel. Stare qua a ragionare per il momento non serve a molto"
Alex e Jamal furono d'accordo con lei e insieme presero la strada verso l'albergo. La struttura che si presentò loro davanti era simile a quella di un resort a cinque stelle, formato da quattro complessi di cui due contenevano solo stanze, uno era riservato a bar e ristoranti mentre l'ultimo, su due piani, era composto da una palestra perfettamente attrezzata e da casinò.
La stanza affidata a Mei Mei non era nello stesso edificio di quella dei ragazzi, che ne avrebbero divisa una in due, perciò si diedero appuntamento davanti al casinò non appena si fossero sistemati tutti. Le stanze, molto più simili a suite, erano tutte per due persone e quando Mei Mei trovò la sua vide che la sua compagna di stanza era già arrivata e aveva già sistemato le sue cose, ma non riuscì a capire chi fosse. Certo, a giudicare dai vestiti sparsi sul letto, doveva essere un tipo davvero bizzarro.
In breve fu nuovamente fuori, nel grande cortile racchiuso dai quattro palazzi. Si diresse rapida al casinò e attese l'arrivo dei due ragazzi seduta su una panchina vicino all'ingresso. Per passare il tempo iniziò a studiare i dintorni. Il cortile era abbastanza affollato, segno che quasi tutti i partecipanti al Torneo erano arrivati. Ce n'era per tutti i gusti, vecchi, giovani, alti, bassi, uomini, donne...chissà quali motivazioni li avevano spinti a partecipare. Molti dei combattenti erano poco più grandi di lei, ma da come si parlavano spontaneamente capì che non era la prima volta che partecipavano. Distolse subito lo sguardo da uno dei gruppetti che si erano formati quando un ragazzo orientale dalla bizzarra capigliatura rossa diede di gomito al suo amico dai tratti anglosassosi e gli fece poi un cenno verso di lei.
Ma dove sono finiti?!? si domandò in ansia mentre il rosso le si avvicinava baldanzoso, seguito con lo sguardo dall'amico.
"Ciao! Sei nuova?" le chiese spavaldo dopo che si fu fermato davanti a lei. Mei Mei si limitò a sorridere e annuire.
"Da dove vieni?" continuò lui.
"Italia"
"Beh, non sembri affatto italiana"
"E tu con quei capelli sei poco credibile come orientale in generale" ribattè stizzita.
"Credimi, me ne hanno dette di peggiori"
"Non stento a crederlo"
"Mi sembra di capire che non sono il benvenuto"
"Come siamo intelligenti!"
"Se mi dici come ti chiami me ne vado"
"Il suo nome è Schioda-da-qui-o-non-arrivi-a-domani" rispose per lei una voce femminile poco distante.
Dall'espressione scocciata che apparve sulla faccia del ragazzo, doveva conoscerne la proprietaria.
"Madame Rochefort! Sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato" la accolse con arroganza.
Una ragazza biondissima e griffata da capo a piedi gli si affiancò e puntò il suo sguardo azzurrissimo su di lui.
"E tu sempre a infastidire la gente col tuo sarcasmo da quattro soldi, signor Virilità Nascente" ribattè a tono facendo il segno delle virgolette con le dita.
"Non è colpa mia se sei l'unica che non capisce le mie battute, cervello di gallina"
"O forse ti rode che questo cervello di gallina sia l'unica ragazza che non ti sei ancora portato a letto?"
"Piuttosto la clausura" concluse visibilmente irritato il ragazzo, per poi allontanarsi a passo spedito.
Mei Mei si concesse un sospiro di sollievo e ringraziò la ragazza che l'aveva aiutata.
"Figurati, è stato un piacere. Ha fatto così con me il primo anno che ho partecipato e so quanto possa risultare irritante"
Allungò una mano dalle unghie perfettamente curate.
"Sono Emily Rochefort, ma tutti mi chiamano Lili. Specializzata in lotta di strada"
"A guardarti non si direbbe" rispose prima di prenderle la mano e presentarsi a sua volta "Io sono Mei Mei"
"Però devo dargli ragione, non sembri affatto italiana"
"Sono un incrocio un po' strano, mamma cinese e papà italo-brasiliano"
"Wow, interessante. Arte marziale?"
"Cinesi, soprattutto Tai Chi"
"Ma non serve solo a rilassarsi o cose del genere?"
"E' una credenza comune, ma se insegnato in un certo modo è una buona arte marziale"
"Beh, vedremo domani se è effettivamente così. Anche se, per quanto mi riguarda, potresti già provarle su Virilità Nascente"
"Perchè lo chiami così?" domandò incuriosita Mei Mei.
"E' il suo nome. In coreano Hwoarang"
"Coreano? Con quei capelli?"
"Già, non ci si crede" rise lei con un tono cristallino che metteva allegria "Probabilmente è colpa dello stress che gli ha fatto sbagliare tinta"
"Sinceramente mi sembrava tutto fuorchè stressato" constatò Mei Mei.
"Oh, certo! Lui è un duro, non può mostrare le sue debolezze" lo canzonò Lili "Ma io lo so cosa gli passa in testa. E' l'unico motivo per cui si iscrive al Torneo dalla terza edizione. Jin Kazama, la sua ossessione"
"Non solo la sua" commentò Mei Mei troppo a voce alta perchè Lili potesse non sentirla.
"Come, scusa?" domandò, infatti, incuriosita.
"No, niente". Non le sembrò opportuno raccontare ad una perfetta sconosciuta come Lili dei suoi sogni ricorrenti riguardo Jin Kazama, che continuavano a tormentarla dalla notte precedente la loro partenza dal Tempio.
"Toh, parli di ossessionati del bel Kazama! Eccone là un'altra" Lili la risvegliò dai suoi pensieri e Mei Mei vide che stava indicando qualcuno col lungo indice dall'unghia perfettamente smaltata. La ragazza seguì l'indicazione e riuscì a vedere, seppur per poco, la cinese che l'aveva aiutata nel bosco.
"La conosci?" domandò a Lili troppo emozionata per nascondere il suo interesse verso di lei.
"Si chiama Ling Xiaoyu, è mia compagna di scuola da quando mi sono trasferita in Giappone. Una tipa strana, sempre coi panda. Perchè ti interessa di le...Mei Mei?"
Ma Mei Mei era già partita all'inseguimento di Xiaoyu, dimentica dell'appuntamento con i suoi compagni di squadra.

"Ovviamente è in ritardo" fece notare Alex a Jamal non appena arrivarono davanti al casinò.
"D'altronde è una donna" commentò asettico l'altro ragazzo, nascondendo perfettamente la leggera preoccupazione che quel ritardo aveva suscitato in lui. Mei Mei non era mai stata in ritardo al Tempio e non vedeva apparenti motivi per cui dovesse iniziare ad esserlo proprio in quel momento.
"Beh, non ci resta che aspettare" concluse rassegnato Alex, lasciandosi cadere pesantemente sulla panchina lì vicino. Jamal lanciò un'occhiata in giro per il grande cortile prima di sedersi e notò che qualcuno lo stava fissando intensamente. Sbattè le palpebre per mettere meglio a fuoco la sua immagine, ma in quel brevissimo istante la figura scomparve. Gli occhi di Jamal saettarono tutt'attorno per ritrovare quell'uomo, ma fu tutto inutile. Nessuno gli ricordava la visione fugace che aveva avuto di lui, possente e in nero, inespressivo come una statua.
"Ehi, amico, hai visto qualcosa di interessante?" lo ridestò Alex.
"Sì...cioè no...non lo so" balbettò Jamal, lasciando perdere le sue ricerche per sedersi vicino all'amico.
"Tutto a posto?" gli domandò allora Alex, preoccupato.
"Mi è sembrato di vedere un uomo che mi stava fissando, ma è stato un attimo e poi è sparito"
"Abbastanza strana come cosa"
"Sì, abbastanza" assentì Jamal, che tornò a guardare il giardino davanti a loro. Alex lo imitò e notò che in molti erano interessati a loro, ai nuovi, e non mancavano di fare commentini sottovoce sempre guardandoli di sbieco. Qualcun altro, invece, non li stava degnando neanche di uno sguardo, intento a dare fastidio a quella che sembrava una ragazza parecchio irritata ma in gran parte nascosta dalla notevole massa dell'uomo, la cui altezza, però, non gli permise di celarne il volto quando lei si alzò dalla panchina su cui era seduta per andarsene.
"Julia!" esclamò incredulo Alex, per poi alzarsi e andare nella direzione della ragazza sotto lo sguardo perplesso di Jamal.
Dovette ammettere a se stesso che rivederla dopo tanto tempo gli fece un immenso piacere, nonchè un effetto strano alla bocca dello stomaco, subito sostituito da una crescente rabbia quando vide l'uomo che la stava importunando afferrare Julia per un polso e impedirle di allontanarsi.
"Ganryu, lasciami andare o sarà peggio per te" lo intimò Julia, cercando di divincolarsi dalla presa dell'uomo.
"Ma Julia, tesoro, voglio solo parlarti due minuti, per favore" sembrò implorarla lui, con una luce maligna in fondo ai piccoli occhietti neri che non piacque per nulla ad Alex, sempre più vicino ai suoi obiettivi.
"Io non ho niente da dirti, specie dopo quello che hai fatto a me in tutti questi anni e prima a mia madre"
"Avanti, piccola, non farti pregare..."
"Hai sentito o no cos'ha detto, palla di lardo? Non vuole avere niente a che fare con te!" intervenne Alex furibondo, staccando in malo modo la mano di Ganryu dal polso di Julia.
"E tu che diavolo vuoi, ragazzino?" gli domandò arrogante lui, facendoglisi pericolosamente vicino.
"Alex..." sussurrò nervosa Julia, ma il ragazzo era concentrato totalmente su Ganryu.
"Sono suo fratello e questo ti basti"
"Alex, calmati" gli intimò Jamal, che lo aveva raggiunto non appena aveva visto la situazione farsi calda.
"Michelle Chang non ha avuto figli, ha solo adottato Julia. Stai contando una balla" lo accusò il lottatore ormai a pochi centimetri dal petto di Alex, guardandolo da sotto in su.
"Un pellerossa non dice mai il falso" rispose Julia al posto di suo fratello "Sono sua sorella, adesso ci credi?"
Ganryu guardò tutti e tre i ragazzi davanti a lui per qualche secondo, con un fare indagatore che a Jamal diede i nervi.
"Amico, sloggia, ti conviene" gli disse perferandolo con lo sguardo da sotto il cappuccio.
L'uomo grugnì qualche parola incomprensibile, quindi si allontanò guardingo. I tre ragazzi poterono allora rilassarsi e tirare un sospito di sollievo.
"Grazie, Alex" disse Julia sorridendo al fratellastro, che le rivolse uno sguardo non altrettanto cordiale, anzi piuttosto teso e corrucciato.
"Stai un po' più attenta alle persone a cui dai confidenza. Non ci sarò sempre io a tirarti fuori dai casini" rispose infatti Alex con tono duro, per poi andarsene prima che Julia avesse il tempo di ribattere. La ragazza lo guardò allontanarsi, quindi si voltò verso Jamal, rimasto lì vicino, che si scusò con lo sguardo al posto dell'amico e gli corse poi dietro.
Julia portò il volto afflitto a terra. Quando l'aveva visto fiondarsi in suo soccorso, aveva sperato per un attimo che Alex fosse cambiato, che fosse più ben disposto nei suoi confronti. Ma, come sempre, non appena si era dimostrata gentile nei suoi confronti aveva alzato la sua barriera di freddezza, cancellando ogni possibilità di approdare ad un rapporto fraterno come sarebbe dovuto essere il loro. Anche se non era del tutto convinta di potersi accontentare di averlo come fratello.

Una volta precipitatosi all'inseguimento di Alex, Jamal non aveva avuto possibilità di raggiungerlo, perchè la figura nera che aveva visto poco prima gli si era parata davanti bloccandogli il passaggio. Ora che l'aveva a pochi centimetri dai suoi occhi, il ragazzo potè notare quanto particolare fosse il volto di quell'uomo, solcato al centro da una cicatrice a X, gli occhi coperti da un paio di occhiali da sole e sormontato da corti capelli biondo platino. Non tentò neanche di passare oltre, l'uomo l'aveva inchiodato sul posto con solo sguardo.
"Tu sei l'Assassino, giusto?" gli domandò con voce profonda e monocorde.
"Sì, sono io" rispose Jamal titubante e per nulla in grado di mentire all'uomo davanti a lui.
Questi piegò le labbra carnose di lato in uno sghembo sorriso e lasciò cadere le braccia, prima incrociate sul petto, lungo i fianchi.
"Non dimenticarti del mio viso, perchè ti starò col fiato sul collo per tutto il Torneo, e forse anche dopo"
"Sembra quasi una minaccia" ribattè Jamal facendosi guardingo.
"Interpretala come vuoi, ma ho ordini precisi riguardo a te e questo Torneo sarà il tuo banco di prova"
"Banco di prova per cosa?"
"Spero di battermi con te. Solo così potrò avere la certezza che sei la persona che stiamo cercando"
In un battito di ciglia l'uomo sparì da davanti a Jamal, lasciandolo sconcertato e leggermente inquietato. Non aveva capito molto della breve conversazione che avevano avuto, ma una cosa era certa: aveva qualcuno da cui guardarsi le spalle.


 





Eccomi col nuovo capitolo! Un po' più in ritardo degli altri, ma sono stata impegnata tra studio e altre storie da portare avanti...
Non succede nulla di nuovo, ma facciamo la conoscenza, per così dire, di alcuni personaggi storici del Tekken, che saranno, chi più chi meno, importanti per il prosequio della storia :)
Grazie a Lotti e Angel  Texas Ranger per i commenti fedele, ai lettori e a chi ha inserito questa storia tra preferiti e seguiti :)
Alla prossima!

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