Colpevoli amanti

di miseichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


1 colpevoli

 

Colpevoli amanti

 

 

Erano le undici e quaranta e lei era seduta sul letto, a gambe incrociate, e si stava passando la crema sulle mani.

Aveva sempre voluto mani più morbide e lisce e la commessa del negozio le aveva assicurato che quella crema faceva miracoli.

Si sarebbe accorta solo la mattina successiva se era vero o no, ma lì per lì nel negozio aveva creduto ciecamente alla signorina, forse incoscientemente: era fatta così, troppo credulona come diceva sua madre. Continuava a strofinarsi le mani cercando di far assorbire la crema ma ne aveva messa troppa, stava per passarsela anche sulle gambe quando sentì un leggero bussare alla porta.
Si bloccò con le mani a mezz’aria: non era possibile.
No, non poteva essere.
Si alzò veloce e corse alla porta, la aprì quel tanto che bastava a vedere chi ci fosse in corridoio e si ritrovò a fissare con tanto d’occhi un giubbino di pelle.

Sollevò gli occhi per guardare in viso il ragazzo che si era piegato su di lei. Era lui.

Ma era forse impazzito?
- Stef! Che diavolo ci fai qui?! -
La sua voce non era stata altro che un sussurro ma l’ansia e la tensione erano state chiarissime.

Lui sorrise passandosi una mano fra i capelli e mettendole un dito sotto il mento bisbigliò:
- Non mi fai entrare? -
Il cuore di Elisa iniziò ad aumentare i battiti: desiderava con tutto il cuore ma non poteva, decisamente non poteva.

Lui non aspettò una sua risposta e spingendo la porta con una spalla la aprì senza sforzo. Se la richiuse veloce dietro e si avvicinò ad Elisa.

Lei arretrò di qualche passo e scuotendo la testa, con lo sguardo basso disse:
- No, Stef. Devi andare via. Tu… noi… non puoi stare qui ora! Lei è… -
Stefano era fermo davanti a lei e la guardava incantato: adorava quando si comportava come una bambina impaurita.

Non gli piaceva però che fosse per via sua che era tanto preoccupata.

In un attimo coprì la distanza che li divideva e la prese tra le braccia.

Abbassando la testa, avvicinò le labbra al suo orecchio e dopo aver preso un bel respiro sussurrò:
- Davvero vuoi che me ne vada? Perché se è così io sparisco subito. Devi solo ripeterlo -
Rimasero immobili per qualche minuto.
Abbracciati, lei incapace di pronunciare le parole che lo avrebbero fatto allontanare e lui in trepidante attesa, terrorizzato dall’idea di doversene andare.

Ma lei non disse niente e gli occhi di lui brillarono dalla contentezza.
Stefano si piegò di colpo, afferrandola, e prendendola in braccio.

Lei non oppose alcuna resistenza e gli si avvinghiò addosso, stringendo le gambe attorno ai suoi fianchi.
Gli poggiò le braccia sulle spalle e lasciò andare il viso vicino al collo di lui.

Sentiva le sue mani sotto le cosce, risalire piano sui fianchi e fermarsi lì incerte, quasi timorose.

Ma lei non voleva che si fermasse: lui era lì e non desiderava altro che il suo corpo.
Com’era possibile? Non ragionava più, totalmente inebriata dal bisogno di lui.
Lo strinse a sé ancora più forte ed iniziò a giocare con il lobo del suo orecchio, mordendolo dolcemente.

A Stefano sfuggì un gemito di piacere ed Elisa sorrise, gioendo con lui. Lasciò stare l’orecchio e lentamente iniziò a scendere lungo il collo baciandolo con foga, mordicchiandogli ogni tanto un lembo di pelle. Quando lui sospirando infilò piano le mani sotto la sua maglietta le sfuggì una risatina nervosa.

Le mani di lui iniziarono a risalire piano il contorno della sua schiena, solleticandola ed accarezzandola, facendole venire la pelle d’oca.
Elisa strinse ancora di più la presa sulle sue spalle, con il cuore che batteva a mille soffocò un respiro e bisbigliò il suo nome.

Le dita di lui avevano raggiunto il gancetto del reggiseno, ma sentendosi chiamare si fermò e aprì gli occhi, incontrando quelli di lei.

Temette di leggervi paura e quindi di doversi interrompere, ma lei sorrideva dolce, mordendosi il labbro inferiore.
Stefano sentì crescere ancora il desiderio di lei e non riuscì più a frenarsi: sempre tenendola stretta a sé si buttò all’indietro sul letto, completamente conquistato da lei.

Elisa si sollevò un po’, facendo leva sulle braccia, per poterlo guardare meglio.
Era a cavalcioni su di lui, nella sua camera, a mezzanotte.
Non avrebbe mai pensato che sarebbe successo: non poteva succedere, ma ora era lì, sopra di lui, incantata dal suo sorriso, dai suoi denti bianchi, dal suo naso forse un po’ storto ma perfetto in quel viso, dalla piccola cicatrice bianca che aveva sotto il sopracciglio destro, da lui.
E senza rendersene conto lo stava baciando appassionatamente, completamente abbandonata a lui, completamente sua.
Stefano le circondò i fianchi con le braccia e si lasciò andare: era lei che voleva.
La strinse di più e si girò, invertendo le posizioni, passando sopra di lei, continuando a baciarla con ardore.

Lentamente fece scorrere le dita lungo i fianchi di lei, scendendo pian piano fin sotto i pantaloni, raggiungendo il contorno degli slip, soffermandosi in quel punto, sfiorandone dolcemente il profilo.
Sentì il fremito di lei e i suoi movimenti divennero ancora più dolci e delicati.
Elisa dischiuse le labbra in un gemito e lasciò entrare la lingua di lui. Giocò con le sue labbra, stuzzicandolo con i denti.
Gli tolse la giacca con un gesto veloce ed iniziò a sbottonargli i bottoni della camicia.

Si bloccò sul penultimo bottone e Stefano accorse veloce ad aiutarla divertito dalla sua impazienza.
Lei gli strusciò il piede contro la gamba e si aggrappò alla sua schiena, spostando le labbra sul suo mento e poi sempre più giù lungo il torace, accarezzandogli gli addominali, sentendoli uno ad uno, togliendogli definitivamente la camicia e studiando il suo corpo.
Lui aveva gli occhi chiusi, le dita ancora stretta ai fianchi di lei.
Quando sentì il caldo respiro di Elisa sulla spalla, fece risalire veloci le mani, e afferrò la maglietta, sollevandola con calma.

Fece scorrere piano  le labbra lungo la sua pancia, sulle costole, salendo pian piano, rendendo unico ed infinito ogni singolo bacio.

Sentì le unghia di Elisa conficcarglisi nella schiena, ma non provò dolore: lei non avrebbe mai potuto farlo soffrire.
Spostò di nuovo le mani dietro la schiena, sganciando il gancetto del reggiseno, sorrise sentendo il fremito che lei aveva avuto.
Poggiò la bocca sull’incavo del collo di lei e divertito sussurrò con voce affannata:
- Ho le mani fredde? -
Ma lei non rise né reagì in alcun modo.
Stefano la sentì irrigidirsi ed aprì gli occhi, preoccupato, cercando di capire cosa le fosse successo.
Vide Elisa sbiancare di colpo e solo in quel momento udì il bussare insistente alla porta.
Cazzo.
Elisa lo spinse via e lui non oppose resistenza.
Perché?
Come aveva potuto lasciarlo entrare?
Come erano arrivati a tutto questo?!
Iniziò ad imprecare mentalmente e si alzò dal letto. Cercando di rispondere con voce più calma possibile gridò:
- Arrivo. Un attimo! -
Nonostante i suoi sforzi le uscì un tono quasi isterico: era tutta colpa sua, era lei che aveva permesso si giungesse a questo!

Afferrò una vestaglia dall’anta dell’armadio e si coprì alla meglio. Con la coda dell’occhio vide Stefano indossare in fretta e furia la camicia ed il giubbino.

Lo guardò sconvolta e lui ricambiò lo sguardo con aria rammaricata.

Come un fulmine le passò vicino e dopo averle scoccato un bacio sulla guancia sparì fuori dalla finestra.

Fortuna che erano al primo piano.
Elisa corse alla porta e la aprì a testa bassa.
- Finalmente! Ma che stavi facendo? -
Elisa seguì con gli occhi la sorella che si sedeva sul tappeto: aveva la faccia tutta impiastricciata da una maschera di bellezza ma riuscì lo stesso ad individuare la sorpresa e lo scetticismo sul viso di lei. Scosse la testa con aria indifferente e si morse il labbro, sedendosi sul letto.

Senza farsi vedere cercò di sistemare un po’ le coperte ma era inutile.
Viviana la fissava, cercando di capire cosa avesse:
- Sei tutta arrossata, e hai i capelli che sono… indescrivibili! -
Elisa si sentì infiammare e coprendosi meglio con la vestaglia biascicò:
- No, io stavo facendo un po’ di ginnastica: addominali. Sai come siano stancanti. Sono esausta! Vivi sono davvero stanca, non è che possiamo parlare domani mattina? -
Viviana strinse gli occhi ancora diffidente, poi fece spallucce e si alzò:
- Come vuoi. Non volevo disturbarti ma ho visto la luce accesa e… aspettavo Stefano, ma non si è fatto vivo. Peccato -
Strinse la maniglia della porta e prima di uscire si girò un’ultima volta, sorridendo ammiccante:
- Anzi no,  meglio così, ci pensi se mi vedeva con questa maschera? -
Elisa la sentì ridere mentre tornava verso la sua camera, si buttò di nuovo sul letto ed abbracciò forte il cuscino.

Subito dopo lo gettò lontano: il profumo di Stefano lo copriva tutto e ora non voleva pensare a lui. Questo era il suo proposito, eppure sapeva che non avrebbe dormito quella notte.
Allungò il braccio e prese di nuovo il cuscino, stringendolo fra le braccia: decisamente non avrebbe chiuso occhio, perché non soffrire alla grande allora?

 

*

 

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


2 amanti

 

Colpevoli amanti

 

 

Stefano entrò in casa e si chiuse veloce in camera.
Si avvicinò rapido al letto a castello e salì su quello di sopra. Si era appena sdraiato che una testa pelata sbucò in cima alla scaletta.
Stefano fece un salto dalla paura e sbattè la testa contro il soffitto: era troppo cresciuto per quel letto.

Iniziò a massaggiarsi la fronte e guardò con aria omicida il fratello, seduto ai piedi del letto:
- Che ci fai qui? -
Chiese con astio e sorpresa mischiate assieme. Il fratello sorrise complice e ribattè allegro:
- Potrei farti la stessa domanda -
Stettero un po’ di tempo in silenzio, quando però Federico si accarezzò la testa, imitando il modo di fare del fratello, scoppiarono entrambi a ridere.
- Oh, no! Senza capelli non ti viene bene! -
L’altro gli allungò un calcio e sghignazzando replicò:
- Giovane, tu lo hai imparato da me -
Stefano si lasciò andare con la schiena contro il muro:
- Sì, e ti ho anche superato -
Continuarono a ridere ed a schernirsi a vicenda finché Federico, con le lacrime agli occhi, non cambiò discorso:
- Sono in licenza per un mese: per questo sono qui. Tu? E’ successo qualcosa? -
Stefano fece per negare ma il fratello continuò ignorando le sue proteste:
- Oh, dai Stef! Sei a casa di mamma e papà. L’ultima volta che ci siamo ritrovati entrambi qui è stato più di un anno fa: quando tu eri stato bocciato ad un esame e a me avevano svaligiato casa -
Stefano sorrise al ricordo: Rico aveva ragione.
A casa dei genitori ci tornava solo quando aveva qualche problema emotivo, mentre il fratello… a proposito:
- E perché non sei venuto a stare a casa mia? - chiese risentito. 

Federico assunse un’aria quasi imbarazzata, facendo sorridere l’altro: non gli era mai capitato di vedere il fratello a disagio.

Continuò a fissarlo interrogativo finché questi a bassa voce, non balbettò:
- Io.. non volevo disturbarti, sai com’è… ho pensato che potesse esserci Viviana con te e …-
Stefano sorrise divertito:
- E quando mai ti sei fatto scrupoli sul trovarmi a letto con qualcuna? -
Federico si grattò il collo come faceva quando era nervoso:
- Non è che mi faccio scrupoli ma Viviana è la tua fidanzata, quindi renditi conto: il vedere te e la mia futura cognata avvinghiati assieme non è certo il massimo! Pensa poi se…-
Stefano non lo ascoltava più: si sentiva un mostro.
Come aveva potuto?
Sapeva benissimo che andando a casa di Viviana sarebbe successo… eppure ci era andato lo stesso, desiderando solo che accadesse quello che poi era avvenuto.
Era un bastardo, con la “b” maiuscola.
Avrebbero dovuto rinchiuderlo da qualche parte, non meritava di vivere.
Era fidanzato.
Fidanzato.
E che stava combinando?
Fra tre settimane si sarebbe sposato e lui se la spassava con la sorella della sua futura moglie.
No, non andava: in quella frase c’era un errore, un errore enorme.
Lui non se la stava spassando.
Quello per lui non era spassarsela, ma non poteva essere che ne fosse innamorato, o meglio, sapeva di esserlo ma non voleva ammetterlo a se stesso.
In quel modo stava facendo soffrire tutti: se stesso, Viviana, Elisa.
Tutti.
Lui era diviso fra le due, irrimediabilmente legato ad una ed innamorato dell’altro. Viviana in quel momento non stava soffrendo ma se mai lo avesse scoperto… e poi lui la stava umiliando: non era giusto trattarla in quel modo, per niente, ma come avrebbe potuto rompere il fidanzamento se…
Elisa, non poteva tralasciarla: lei sì che stava soffrendo.

Per colpa sua stava tradendo sua sorella, nascondendole il suo primo amore: un amore proibito.
Avrebbe dovuto andarsene, lasciare il paese: certo le avrebbe deluse, ma non avrebbe scatenato le furie divine.
Era quella la soluzione, ma come poteva?
Non era abbastanza forte per farlo: per lasciare la sua Principessa.
Non riusciva a pensare di poter passare anche solo un giorno senza vedere quel viso, senza poter assaporare quelle labbra, senza poter perdersi negli occhi di lei.
Tutte cose che non gli appartenevano realmente, cose che avrebbe dovuto dimenticare.
Ripensò a quello che era successo in camera di Elisa, a come erano andati vicini all’essere scoperti: se Viviana fosse entrata in quella stanza, trovandoli mezzi nudi e avvinghiati, probabilmente l’avrebbe ucciso.
E non sarebbe stato sbagliato.
Stefano ci rifletté.

Era diviso in due, da una parte gli sarebbe piaciuto essere ucciso: era il minimo che si meritava!

Dall’altra temeva di essere ucciso per il semplice fatto che Viviana probabilmente poi avrebbe tentato di uccidere la sorella.

E lui si sentiva già abbastanza in colpa: non avrebbe mai permesso che succedesse qualcosa ad Elisa.
Solo in quel momento si accorse di un movimento davanti alla sua faccia: Federico gli stava agitando la mano vicino agli occhi:
- Ehy! Ci sei? Tutto bene Stef? Me lo dici che è successo? -
Stefano finse un sorriso: voleva bene a suo fratello, per questo non voleva coinvolgerlo.

Annuì e finse uno sbadiglio:
- Scusa, mi sono distratto. E’ solo che sto morendo di sonno. Ti dispiace se parliamo domani mattina? -
Federico scosse la testa sebbene ancora scettico e iniziò a scendere la scaletta:
-Notte Stef -
Stefano lo sentì sistemarsi sul letto sotto di lui ed addormentarsi poco dopo.

Beato lui che riusciva a dormire.

Stefano sospirò e poggiò la testa sulle braccia.
Si sentiva bruciare tutto, ogni centimetro anche solo sfiorato da Elisa gli sembrava stesse prendendo fuoco.
E come avvolto dalle fiamme chiuse gli occhi, vergognandosi di aver desiderato che a dargli la buonanotte non fosse la sua promessa sposa.

 

*

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Capitolo 3
*** 3 ***


3 colpevoli

 

Colpevoli amanti

 

Quarantadue giorni prima

 

Elisa aprì la porta della cucina sbuffando.
La madre era ai fornelli e sentendola entrare la salutò allegramente.

Lei rispose con un verso più simile ad un mugugno e lasciata cadere a terra la borsa con i libri si sdraiò di schiena sulla panchina.
Le si chiudevano gli occhi, non che avesse fatto chissà cosa: normale giornata da studentessa universitaria, ma era particolarmente sfinita.
Le piaceva molto studiare, per quanto strano potesse sembrare: lo studio era per lei come un luogo sicuro, in cui si rifugiava, conscia di essere lei a guidare il gioco.
E quella mattina non era successo niente di speciale od entusiasmante: a spossarla era stata la faticaccia che aveva fatto sforzandosi di non lasciar abbassare le palpebre mentre il professor Gargianti faceva la sua spiegazione.
Era un ometto che raggiungeva appena il metro e cinquanta, con i capelli bianchi ed arruffati e gli occhiali a fondo di bottiglia.

Le ricordava uno gnomo, ma non era uno di quelli buoni e coccolosi, era uno gnomo di quelli acidi e scorbutici.
Più di una volta aveva fantasticato di saltargli ripetutamente sulla testa e di seppellirlo così, lasciandogli fuori solamente il naso per respirare: la bocca non gli serviva.
Elisa non metteva in discussione che fosse un bravo professore, preparato sulla sua materia; ma era sicura al cento per cento che non fosse in grado di insegnare ai giovani: l’obiettivo dovrebbe essere quello di accendere nelle nuove menti un forte desiderio di apprendere, quella sottospecie di nano invece riusciva egregiamente solo a spegnere anche quell’ultimo barlume di intelligenza che i molti conservavano gelosamente. 
Stava per darla vinta alla stanchezza quando si ritrovò il viso festoso della madre a pochi centimetri dal suo.
- Tesoro! Com’è andata oggi? -
Elisa represse uno sbadiglio e si alzò a sedere, strofinandosi gli occhi guardò la madre che con le mani sui fianchi la studiava impensierita.

Fece una smorfia e rispose:
- Tutto bene, come al solito. Solo che questa volta non ho retto alla spiegazione del Gargianti e ora devo chiamare Marta, sperando che almeno lei abbia preso qualche appunto vagamente sensato -
La madre annuì con fare comprensivo e con un sorriso le chiese se avesse voglia di un caffè.

Elisa acconsentì indolentemente e ridacchiò fra sé ripensando alla scena di quella mattina: quando Luigi, seduto al suo fianco, le aveva bisbigliato:
- Ho appena ingurgitato un pacchetto di poket coffe, perché non mi risveglio improvvisamente dal torpore come quelli della pubblicità? -
Aveva coperto la bocca con la mano per non lasciar intravedere al professore il suo divertimento, ma quando Marta da dietro aveva risposto:
- Semplice: niente è più forte del potere soporifero di Gargianti, io dico che è Morfeo in incognito! -
Non era più riuscita a trattenere una risata.

Aveva ricevuto un’occhiataccia dal professore ma se ne era altamente infischiata: almeno lei aveva dimostrato di essere viva, cosa alquanto discutibile per quanto riguardava il resto degli studenti.
Prendendo la tazza di caffè dalle mani della madre le cadde l’occhio sull’orologio e la posizione delle lancette la fece sobbalzare: doveva sbrigarsi a chiamare Marta o rischiava di sentirsi rispondere dal padre che era andata a studiare in biblioteca, che poi era il nuovo nome dato alla camera del suo ragazzo dove di certo non avrebbero studiato.

Si alzò per prendere il telefono ma non appena ebbe poggiato le dita sul cordless fu fermata dalla madre che scosse la testa ansiosamente:
- E’ occupato: Viviana -
Diede quella come unica spiegazione: il nome della sorella.

Elisa sospirò e si diresse verso la sua camera, trascinandosi dietro la borsa.
Si accasciò davanti alla scrivania e iniziò a borbottare: Viviana!

Da più di un mese non faceva altro che parlare di quel nuovo ragazzo, incessantemente… sempre, solo ed unicamente di lui.

E quando non parlava di lui, era solamente perché stava chiacchierando con lui al telefono: dialoghi infiniti e sconclusionati che era arrivata ad odiare con tutto il cuore.
Un pomeriggio che Elisa era particolarmente nervosa, aveva tentato di fare una carognata alla sorella: aveva cercato di convincere la madre a proibirle di usare il telefono usando a proprio favore le bollette salate, ma non aveva ottenuto niente. La madre infatti se ne era uscita con discorsi romantici e sdolcinati su come fossero carini assieme quei due e per concludere in bellezza aveva fatto una bella predica ad Elisa perché lei non stava mai con nessuno per più di due settimane.
Stava ancora rimuginando quando la porta si aprì lasciando entrare Viviana, ancora attaccata al telefono:
- No, attacca tu. No tu. Tocca a te! -
Elisa nascose il viso fra le mani, ponderando l’idea di attaccare lei: avrebbe fatto un favore a tutti così.
Come odiava quelle conversazioni mielose!  
Non aveva mai fatto qualcosa del genere con nessuno dei suoi ragazzi, e ne aveva avuti tanti…
Dopo qualche altro minuto di “No, tu” Elisa sentì il clic che indicava la conclusione di una chiamata e piegò la testa all’indietro per osservare la sorella seduta sul suo letto: era tutta sorridente, con gli occhi che trasudavano eccitazione.

Elisa non riuscì a non ricambiare il suo sorriso, nonostante non ne contraccambiasse la felicità.
Viviana si lasciò cadere all’indietro sul materasso con un sospiro di pura gioia:
- Eli! Quando ti deciderai ad incontrare il mio Stefano? -
Elisa avvicinò la sedia al letto ed allungò le gambe accanto a quelle della sorella.
Non le andava per niente di incontrarlo: non aveva mai voluto conoscere nessuno dei ragazzi della sorella e per altro Viviana non glielo aveva mai chiesto, quello era il primo per cui insisteva tanto. Viviana percepì la contrarietà della sorella ma non si arrese, e anzi si alzò a sedere, come per fronteggiare meglio la discussione:
- Eli, per favore! E’ importante questa volta! Ci tengo a che tu lo conosca. Che dici di un caffè tutti assieme più tardi? -
Elisa scosse la testa: no, preferiva studiare.
Distolse lo sguardo dagli occhi supplicanti della sorella: ma che le importava del suo parere?

Mica se non le fosse piaciuto lo avrebbe lasciato o sarebbe minimamente cambiato qualcosa?
Viviana emise un sospiro di impazienza:
- Ma perché sei così testarda? Dai, oggi non devo neanche fare praticantato all’ospedale, vieni con noi! Non puoi nemmeno usare la scusa che già non lo sopporti, non sai niente di lui: lo so che non mi ascolti quando farnetico di lui! -
Aggiunse quasi fosse una minaccia.

Ad Elisa venne da ridere: aveva perfettamente ragione, non sapeva niente di quel tipo.

Cercò velocemente qualche informazione su di lui che poteva aver immagazzinato casualmente e le venne in mente come puzzasse la sorella quando tornava da un appuntamento con lui. Sorrise trionfante:
- E’ un fumatore. Lo sai che non sopporto il fumo -
Viviana rimase un attimo sorpresa da quell’affermazione, poi però tornò a sorridere:
- Allora ti prometto che mi impegnerò a non fargli accendere nemmeno una sigaretta mentre ci sei anche tu. Ora non hai più giustificazioni: ci vediamo fra un’ora al bar all’angolo, puntuale! -
Detto questo Viviana si alzò e si avviò alla porta, ignorando la smorfia di disappunto della sorella. Prima di uscire la sentì dire:
- Almeno facciamo ad un bar che mi piace: quello vicino all’università! -

 

*

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Capitolo 4
*** 4 ***


 

Colpevoli amanti

 

 

Stefano sospirò ancora una volta mentre, seduto ad un tavolino, fissava la porta della toilette per le donne.

Ma che fine aveva fatto?

Alzò gli occhi al cielo e iniziò a picchiettare con le dita sul tavolo, impaziente. Odiava quella situazione: odiava dover starsene lì ad aspettare che la sua ragazza uscisse dal bagno in cui era entrata tipo tre ore prima e che la sorella della sua ragazza si decidesse ad arrivare.

Non che non gli andasse di conoscerla, era stato lui ad insistere anzi: “mi dovrai pur iniziare a presentare ai membri della tua famiglia” così aveva detto.

Ed eccolo lì ora, sconsolato ed assetato, ad un tavolo di un bar universitario, pieno zeppo di ragazzi più o meno ubriachi.

Uno scampanellio lo avvisò che era appena entrato qualcuno di nuovo.

Alzò appena lo sguardo e vide una ragazza: la prima impressione fu quella di una fatina, tipo quelle dei film.

Aveva i capelli rossi, lunghi e mossi. Era alta, gli arrivava forse al mento, contando anche i tacchi degli stivali che portava però.

Indossava dei jeans blu scuri ed un piumino verde che sebbene gonfio, non riusciva a nascondere le belle forme di quel giovane corpo.

Non riuscì a vedere di più perché subito una folla di giovani, per lo più ragazzi la circondò.

Le avevano dato a mala pena il tempo di entrare nel locale. Ed ora era lì, nel bel mezzo di quell’ammucchiata, baciata e abbracciata da ogni parte.

Stefano scosse la testa, non gli piacevano le ragazze di quel tipo: poteva anche ricordargli una fatina, ma dal modo in cui era stata accolta da quel gregge di ragazzi in calore, probabilmente non era certo l’emblema della castità.

A distrarlo dai suoi pensieri fu una mano che gli si era poggiata sulla spalla, alzò la testa e incrociò lo sguardo di Viviana.

La prese per mano e la fece sedere al suo fianco:

- Finalmente! Mi stavo preoccupando: ero in procinto di mandare una spedizione di ricerca, Vivi.-

Viviana ignorò il sarcasmo, contenta che lui fosse ancora lì invece di essere scappato a gambe levate alla prima occasione.

Non riusciva a credere che davvero si stesse sforzando di rimanere calmo e tranquillo, nonostante Elisa avesse ormai quasi un quarto d’ora di ritardo.

Gli strinse di più la mano e guardandolo negli occhi, sorrise:

- Non è ancora arrivata? -

Lui si trattenne a stento dall’emettere un suono gutturale di protesta, e con voce il più possibile pacata e gentile rispose:

- Io non la vedo, tu? -

Viviana fece per avvicinarglisi e baciarlo, quando con la coda dell’occhio scorse una testa familiare nel mezzo di una mischia.

Deviò improvvisamente la traiettoria del viso, lasciando Stefano davanti a lei a bocc’asciutta, e alzatasi in piedi gridò il nome della sorella.

Stefano si voltò per guardare nel punto in cui scrutava anche Viviana e con sua grande sorpresa si accorse che a girarsi al richiamo fu proprio la fatina.

La testa dalla chioma ramata infatti emerse improvvisamente dal gruppo in cui era seppellita e con pochi agili movimenti riuscì a liberarsi ed uscire indenne dalla folla, avvicinandosi al loro tavolo. Continuò a seguirla a bocca aperta finché non fu Viviana, con un risolino, a chiudergli le labbra:

- Che c’è? Visto che era arrivata? -

Viviana si allungò sul tavolo per dare un leggero bacio sulla guancia alla sorella, in segno di saluto.

Poi entrambe presero posto: una al suo fianco, l’altra di fronte a lui.

Sforzandosi di smettere di fissare la nuova arrivata, si girò di lato, cercando inutilmente di attirare ancora una volta l’attenzione di uno dei tanti camerieri, che per l’ennesima volta lo ignorò tranquillamente: comportandosi esattamente come se non esistesse, forse troppo vecchio e mascolino per essere attraente e quindi degno di essere servito.

Fu di nuovo la voce di Viviana, a farlo tornare con i piedi per terra, dimentico del suo desiderio di afferrare il successivo cameriere per il collo minacciando di strozzarlo nel caso non si fosse concesso di ascoltarlo.

- Allora, ora che finalmente ci siamo tutti: Stefano, lei è mia sorella Elisa. Elisa, lui è Stefano, il mio ragazzo -

Disse lei con aria allegra e gongolante, un sorriso che le andava da un orecchio all’altro e gli occhi brillanti. 

Eppure Stefano percepì che qualcosa non andava, chiamiamolo sesto senso o in qualsiasi altro modo, ma sentiva che la ragazza nascondeva qualcosa.

Non ebbe il tempo di approfondire la questione che l’altra parlò: mormorato un tanto breve quanto scocciato “Piacere di conoscerti” rivolto a lui, infatti, si rivolse alla sorella, ignorandolo sfacciatamente.

- Potevi anche evitare di farmi notare il leggero ritardo, Vivi.-

Viviana al suo fianco le rivolse un’occhiata di fuoco e scosse alacremente la testa:

- Ma che dici? Non l’ho fatto! Eli tu sei paranoica! -

- Ah no? “Ora che finalmente ci siamo tutti”…-

Elisa aveva imitato con una smorfia la voce della sorella, calcando su una parola in particolare, come aveva fatto prima, forse incoscientemente, Viviana.

Stefano sorrise involontariamente: l’aveva rifatta davvero bene.

Viviana al suo fianco sobbalzò, e gli affibbiò una gomitata nelle costole, guardandolo con aria accusatoria:

- Ma che fai? Ridi?! Stefano! -

Stefano si fece immediatamente sparire il sorriso dalle labbra, scambiando uno sguardo contrito con la ragazza, ma lo sguardo durò ben poco: questa volta a farlo trasalire fu un’altra voce, maschile:

- Ehy, Eli! Posso portarti qualcosa? Stamattina non ti sei fatta vedere! Abbiamo sentito la tua mancanza! -

Stefano si voltò di scatto, fissando con aria incredula il cameriere che gli dava le spalle: quello che aveva occhi solo per Elisa.

Uno dei tanti che non lo aveva miseramente calcolato e che ora era miracolosamente apparso al nulla, senza essere nemmeno chiamato!

- Roberto! Certo, grazie: un caffè. E lascia stare guarda: stamane avevo Gargianti, ti lascio immaginare come stavo -

Aggiunse lei tutta sorridente, con voce dolce: una voce completamente diversa da quella che aveva usato poco prima con la sorella.

Il cameriere annuì e tutto felice se ne andò, gridando ai giovani dietro il bancone di preparare “il solito per Eli!”

Stefano si passò una mano sulla faccia, tentando di controllare l’impulso di rincorrere il ragazzo e sbatterlo al muro per poi sibilargli a denti stretti: “Amico, sto morendo di sete! Ti decidi a portarmi qualcosa, diamine?!

Viviana al suo fianco saltò improvvisamente sul posto, avvicinandoglisi con la sedia. La vide mettersi una mano nella tasca del giubbino e tirarne fuori un cercapersone.

- Oddio, ragazzi! Mi dispiace… io devo correre in ospedale! -

Stefano la guardò con tanto d’occhi: non era possibile!

Vide la ragazza alzarsi rapida e guardarli entrambi con aria furba, allora capì: non doveva andare, voleva andare.

Era forse impazzita? Cosa credeva di ottenere così?

Scosse la testa, compatendo Viviana e le sue assurde aspettative: se sperava che lasciandoli soli avrebbero potuto fare amicizia si sbagliava, e di grosso.

Compativa anche Elisa, che poverina non era ancora arrivata alle sue tragiche conclusioni.

E più di tutto compativa se stesso, costretto in quella pazza situazione.

Osservò Viviana uscire dal bar alla velocità della luce, senza nemmeno dar loro il tempo di aprire bocca, così come guardò la tazza che era stata appena posata al centro del tavolo: un’enorme tazza strapiena di caffè fumante.

Con un movimento veloce, afferrò la bevanda, sotto lo sguardo stupita della ragazza seduta davanti a lui, e bevve un lungo sorso.

Subito dopo iniziò a tossire convulsamente, fissando gli occhi in quelli chiaramente divertiti di Elisa.

- Ma cosa? E’ un caffè corretto! -

Gridò senza pensarci, appena riuscì di nuovo a parlare, con la gola bruciante e la testa che gli girava leggermente.

Lei sorrise e gli strappò di mano il caffè, poi scuotendo la testa ne bevve quasi la metà, senza poi tossire né diventare livida come era successo a lui.

- Sì, ma urlalo più forte, per favore: forse qualcuno dall’altro capo del locale non ti ha sentito bene -

Disse lei sarcastica, prima di prendere un nuovo sorso.

Stefano si passò una mano fra i capelli, a disagio: non sapeva come comportarsi e non gli capitava spesso.

Era una sensazione nuova, come di impotenza.

Elisa era completamente diversa da Viviana: era come una ventata di aria fresca, capace di risollevarlo ma al tempo stesso anche chiaramente in grado di fargli perdere qualunque punto di riferimento, scaraventandolo lontano, del tutto in suo potere.

La osservò mentre sorseggiava l’ultima goccia di caffè, fece per parlare ma lei lo interruppe, più veloce.

- Senti, allora io vado. Ho da fare: Dante mi aspetta -

Era già in piedi quando lui parlò, bloccandola:

- Perché non ti piaccio? -

Elisa si voltò a guardarlo, con un sopracciglio inarcato ed un lieve sorriso sulle labbra

- Cosa? -

- Per quale motivo non ti piaccio? -

Stefano se ne era accorto, così come probabilmente se ne sarebbe accorto chiunque.

Non si era comportata proprio gentilmente, è vero, ma non le sembrava nemmeno di essere stata troppo sgarbata.

Che pretendeva in fondo?

Che rimanessero lì, a chiacchierare amabilmente, anche ora che l’unico motivo per cui si era presentata all’appuntamento se ne era andato? No, era fuori discussione.

Elisa non rispose nemmeno, dandogli di nuovo le spalle e muovendo la mano in segno di saluto, ma Stefano non era tipo da arrendersi facilmente:

- Quelle come te proprio non le sopporto, sai? -

Era bastata quell’unica frase, appena bisbigliata, eppure chiaramente udibile, a farla fermare di nuovo.

Stefano sorrise soddisfatto: adorava riuscire a tenere in pugno gli altri.

Ma certo non si aspettava che Elisa si girasse verso di lui, con sguardo furente e si avvicinasse lentamente al tavolo, piegandosi verso di lui, arrivando quasi a toccargli il viso con le labbra:

- Come prego? -

Stefano arretrò, poggiando la schiena alla sedia ed incrociando le braccia al petto:

- Quelle come te: quelle che si credono chissà chi, che credono di sapere tutto, di avere il mondo ai loro piedi… quelle che… -

Ma Elisa non lo lasciò continuare, sbattendo la mano sul tavolo e riprendendo brutalmente posto davanti a lui:

- Ma come ti permetti?! Quelle come me, dice lui! Ma sentitelo! Io crederei di sapere tutto! Ma parla per te, brutto deficiente! Pensi di essere stato l’unico a capire che Viviana non doveva veramente andare? E che il suo scopo era di farci restare assieme! O mio Dio! Ma chi ti credi di essere? Tu, con la tua fottuta aria da fighetto, con il tuo giubbino di pelle, la tua moto e la tua sigaretta! Tu che…-

Aveva detto tutto senza prendere fiato, sconvolta dall’affronto che quell’imbecille aveva osato farle, , nel suo bar, davanti a tutti i suoi amici.

Stefano si rese solo vagamente conto del fatto che attorno a loro fosse calato il silenzio, che tutto il bar sembrava concentrato unicamente sulla loro conversazione.

La sua attenzione era fissa sulle parole dure e taglienti di lei, che si permise di interrompere alla prima occasione, con un tono tutt’altro che dolce o appagante:

- Io fighetto? O Cristo! Ma sentitela! A parte che come vedi non sto fumando, per colpa tua ci terrei a sottolineare… al mio fumo controbatto con il tuo molto salutare solito caffè corretto! -

Elisa strinse i pugni, e quasi sputò le parole successive:

- Un caffè corretto con pochi millilitri di alcool non lo ritengo paragonabile al fumo, tesoro. Se permetti il mio non è un orribile vizio, che mi porterà a morire di cancro ai polmoni e che fa male a chiunque ti si avvicina mentre con aria strafottente ti fumi le tue… dieci? Sigarette giornaliere! -

Stefano si morse il labbro inferiore con i denti, cercando di mantenere un minimo controllo, ma poi incontrò lo sguardo di lei: uno sguardo di sfida e decise di rispondere ancora. Non gliela avrebbe data vinta.

- Sei. Sei sigarette giornaliere. Io non fumo con aria strafottente, e sempre io non mi credo Dio. Avrò anche un giubbino di pelle e una moto ma almeno non flirto con tutti i ragazzi che respirano! Almeno io mantengo una certa dignità! Non come certe altre persone che non appena entrano in un bar vengono assalite da una folla di maschi con gli ormoni impazziti -

Elisa sorrise, accogliendo la sfacciata provocazione di lui:

- Il fatto che dei maschi con gli ormoni impazziti mi accolgano calorosamente non sta necessariamente a significare che io la dia a tutti, giovane. -

- Non sei stata con la maggior parte dei qui presenti, dolcezza? -

- Non ho detto questo, brutto figlio di…-

Stefano non sentì il resto della frase, per quanto non fosse difficile da intuire.

La voce di Elisa fu infatti coperta da una specie di ovazione proveniente dalla folla che si era ormai riunita attorno a loro: il bar fu invaso da applausi e fischi, tutti per la loro piccola esibizione.

Roberto, dopo aver emesso un lungo e penetrante fischio, si piegò sul tavolo sbattendovi violentemente il pugno sopra:

- Fine primo round! -

Gridò con espressione divertita, per poi continuare a voce più bassa:

- Calmiamoci un po’ ragazzi, eh? Non volevo intervenire ma temevo rischiaste di arrivare alle mani -

Stefano continuava a studiare l’espressione di Elisa, che lo fissava con aria frustata e ferita.

L’aveva offesa? No, non lo credeva possibile.

Il sorriso che lei gli rivolse poco dopo confermò la sua sicurezza: era più che altro un ghigno, che non prometteva niente di buono.

- E’ stato un piacere Stefano -

Disse lei alzandosi e aprendosi un passaggio fra la folla che le intralciava la strada fino all’uscita.

Lui sorrise in risposta e alzando la voce ribattè:

- Piacere tutto mio! A presto Eli -

L’ultima sua frase si confuse con lo scampanellio della porta ma Stefano riuscì ugualmente a sentirla: in fondo quasi se la aspettava.

- Va al diavolo, fighetto -

 

*

 

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