Prima della luce

di Akane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** incontro-scontro ***
Capitolo 2: *** grido d'aiuto ***
Capitolo 3: *** la luce in dono ***



Capitolo 1
*** incontro-scontro ***


TITOLO: Prima della luce
AUTORE: Akane
SERIE: CSI NY
TIPO: slash anche se in realtà si tratta di un pre slash. Long fic di tipo 3 capitoli circa…
GENERE: azione, sentimentale
RATING: giallo/PG13
PAIRING: MacXDanny
AMBIENTAZIONE: prequel di Follia omicida a NY, quindi la fic si colloca prima delle stagioni di CSI NY. Anche se in realtà la si può considerare l'inizio di tutte le mie fic di questo telefilm...
DISCLAMAIRS: i personaggi non sono miei anche se gli eventi che accadono si…
NOTE: non è scritto da nessuna parte il loro incontro e scrivendo Follia omicida a NY mi era venuta su un ideuzza niente male su come si fossero trovati, così ora la sviluppo in una fic di non lunga durata, penso che ci saranno 3 capitoli su per giù, non so ancora bene di preciso.
So che ho promesso altre storie e non dovrei iniziarne di nuove, seppure corte, ma quando ho l’ispirazione per qualcosa di particolare la seguo. Abbiate pazienza, non mi sono dimenticata di niente!
Ho trovato alcune foto di Danny che mi hanno ispirato in modo particolare, quindi ve le mostro cosicché anche voi possiate capire perché sono così ispirata!
http://img51.imageshack.us/img51/8788/carmine.png
http://img138.imageshack.us/img138/2214/carmine2.png
http://img13.imageshack.us/img13/8236/carmine3.jpg
http://img710.imageshack.us/img710/1619/carmine18.jpg
http://img526.imageshack.us/img526/4065/carmine20u.jpg
http://img37.imageshack.us/img37/521/carmine21.jpg
Ad ogni modo auguro a tutti buona lettura. Baci Akane
DEDICHE: a Yukino che apprezza molto la coppia di cui scrivo ora
RINGRAZIAMENTI: tutti quelli che leggeranno e commenteranno!

PRIMA DELLA LUCE

CAPITOLO I:
INCONTRO-SCONTRO

/ Till i collapse - Eminem /
Quella volta non se lo poteva lasciar sfuggire…
Fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto, quel ragazzino gli era scappato già una volta da sotto il naso facendolo cadere dalle scale e procurandogli delle botte non indifferenti.
Come poteva pensare di scappargli ancora?
Già fargliela una volta non era facile, il solo fatto che lui ci fosse riuscito significava solo una cosa: che la seconda non gli sarebbe andata bene!
Con aria concentrata ed ogni parte di sé rivolta ad inseguirlo e prenderlo, lo rincorreva a rotta di collo per le strade malfamate di quel quartiere che il giovane sembrava conoscere fin troppo bene, a giudicare da dove si infilava per scappare.
La prima volta era stato molto sveglio a defilarsi prima che lui potesse anche solo parlargli, ma ora era riuscito ad averlo davanti e nonostante il suo scatto invidiabile e la velocità con cui si era allontanato, Mac si era preparato e con la testardaggine che solo lui riusciva a tirare fuori in certi momenti, era sicuro che l’avrebbe preso!
Del resto era il suo sospettato numero uno, specie dopo quei due inseguimenti!
Dopo aver saltato alcuni ostacoli non identificati nella foga del momento ed essere stato investito da dei bidoni che gli procurarono l’ennesimo bernoccolo in fronte, Mac salì su un muretto e correndoci sopra per un tratto come se si stesse allontanando, decise di darci un taglio.
Era ora di mettere a cuccia i randagi!
Si era detto questo con tenacia e fastidio, quindi con uno scatto prima dell’ultima decisiva curva saltò letteralmente e spericolato afferrando per le spalle il ragazzo sbilanciato per la corsa. Sentendosi inaspettatamente placcare da un peso in volo, il randagio in questione non poté che piegarsi e farsi schiacciare dall’altro, seppure fra ringhi ed insulti da premio oscar!
Nonostante l’intontimento per la botta, il ragazzo cercò di divincolarsi dalla sua presa e nemmeno la pistola premuta con forza contro la nuca ed il suo piede sulla schiena, l’aveva fatto desistere.
L’impressione che Mac ebbe mentre lo ammanettava con una certa soddisfazione, fu che quel tipo fosse un vero diavolo!
La forza di cui si mostrò padrone non era trascurabile e quando lo ebbe sotto il suo controllo lo girò per fissarlo dritto negli occhi.
Lo avvicinò e faccia a faccia si scrutarono seri e decisi. Tante domande c’erano in uno quanto odio nell’altro.
Il detective se lo chiese… da cosa scaturiva tutta quell’energia inesauribile e quell’odio senza pari? Odio per cosa, poi? Era lui il criminale, semmai doveva essere Mac ad odiarlo eppure sembrava proprio il contrario.
Ciò che vide in quegli occhi azzurri tendenti ad un grigio tempestoso, lo colpì molto in profondità ma si limitò a dire sostenuto ed incisivo:
- Finalmente… me ne hai dato di filo da torcere… - Solo allora il giovane sembrò notare le botte che l’uomo aveva in viso, a partire dalla più recente.
Lo sputo che gli arrivò sulla camicia fu la sua risposta.
“Ma cosa lo muove fino a questo punto?”
Il pensiero che gli attraversò la testa poco prima di lasciarlo all’agente di scorta che l’aveva raggiunto, non l’avrebbe mollato per molto.

- Cosa ne pensi? - La voce di Stella arrivò a Mac interrompendo le sue riflessioni mentre fissava penetrante ed intenso il ragazzo appena arrestato al di là del vetro. La sala interrogatori sembrava una gabbia che teneva rinchiusa una tigre feroce.
- E’ irrequieto… - disse allora sempre assorto senza distogliere gli occhi da lui, al di là del vetro.
- Lo credo bene… - Fece la collega guardando anch’egli il biondo dai capelli spettinati e l’aria truce che si mordeva le labbra con rabbia. - è nei guai fino al collo… -
- Si ma non solo per questo. Non so, c’è qualcosa che… non riesco ad inquadrare bene… - fu strano sentirglielo dire considerando che la sua dote migliore era proprio quella di inquadrare tutti al primo sguardo. Vederlo così disorientato colpì Stella più di quello sguardo feroce.
Non disse nulla, lo vide entrare nella sala con la sua solita sicurezza. Sicurezza che nascondeva, questa volta, una serie di dubbi che ancora non riusciva a capire bene.
Era solo una sensazione…
 
Mac si sedette con calma al tavolo dietro cui stava il sospettato. Un contrasto incredibile fra i due.
L’osservò meglio per un attimo prima di iniziare. Non era poi così giovane come aveva creduto all’inizio.
Piegò la testa di lato continuando a studiarlo, allora l’altro si drizzò dalla posa scomposta in cui era e colpendo la superficie del tavolino con i pugni, si protese ringhiando selvaggio:
- Non avete un cazzo contro di me! Io non ho fatto nulla, non potete tenermi qua! -
Il detective della scientifica si decise allora ad interagire per provare a capire chi fosse davvero.
Imperturbabile e composto come non mai, chiese freddo:
- Ah no? E perché scappavi allora? -
I vestiti del ragazzo erano logori e strappati, di jeans, tipico abbigliamento di strada. Sembrava che da un po’ non gli importasse nulla di sé stesso…
- Perché tu mi inseguivi, sbirro! - Rispose ancora a denti stretti fissandolo come se potesse ucciderlo.
Mac alzò un sopracciglio.
- Se non hai fatto nulla non serviva tu scappassi. - Era semplice e lineare ma non per l’altro, a quanto pareva.
- Se non ho fatto nulla non serviva tu mi inseguissi con una pistola! - Anche la sua era una logica abbastanza inoppugnabile, dal suo punto di vista.
- La legge prevede di interrogare i sospettati di un crimine nonostante non ci siano ancora prove certe contro di loro. - Disse quindi sempre mantenendo il suo controllo l’uomo.
- La legge della strada prevede di scappare se un piedi piatti vuole parlarti! Anche se non hai fatto nulla! - E lui aveva sempre la risposta astiosa contro. Ancora teso continuava ad afferrare il bordo del tavolino di ferro per non tirarglielo addosso. Sapeva che non era una buona idea…
- So come ragionate voi teppistelli, ma non lo condivido. Se avete la coscienza pulita… - Ma l’altro lo interruppe brutalmente:
- …c’è sempre qualcuno che vuole incastrarti, che abbia il distintivo o meno! - Mac cominciò a comporre il mosaico della persona che aveva davanti. Mantenne freddezza e tranquillità, quindi continuò cercando di metterlo un po’ più a suo agio.
- Lo capisco. - Sicuramente aveva passato la vita a guardarsi le spalle da un sacco di gente che aveva cercato continuamente di incastrarlo. - Io mi chiamo Mac Taylor, sono della polizia scientifica. Tu chi sei? - non aveva voluto dirlo agli agenti che l’avevano portato in centrale per registrarlo e non avendo documenti con sé doveva iniziare da zero.
- Che te ne frega? - Sbottò malamente. Così dicendo tirò fuori il suo pacchetto di sigarette come d’abitudine quando era al colmo del nervosismo. Si mise una sigaretta fra le labbra e muovendola con la lingua su e giù si tastò le altre tasche, vuote. - Hai da accendere? -
Naturalmente non si poteva fumare in centrale, ma Mac capì che per accattivarselo almeno un po’ avrebbe dovuto fare uno strappo, così tirò fuori un accendino e gliel’accese. L’altro tirò una boccata e tenendosi il fumo dentro per un po’ chiuse gli occhi cercando di calmarsi. Quando lo ributtò fuori sembrava più in sé di un milionesimo; era pur sempre qualcosa, si disse.
- Allora, ti va di dirmi il tuo nome, ora? - Non avrebbe mollato. Non era sicuro che fosse davvero la persona che cercavano.
Il giovane sbuffò ancora del fumo, quindi tirandosi giù la camicia della felpa nero sbiadita col cappuccio, dando così segni di caldo, si decise a rispondere seppur di malavoglia e guardando da un’altra parte:
- Danny Messer. - Non perse tempo a dirgli falsi nomi o farsi pregare per ottenere quello completo. Tutto sommato quel Taylor non poteva essere peggio di quelli che dovevano essere suoi compagni.
Mac brillò brevemente ed impercettibilmente per quella piccola vittoria.
Intravide il fisico da sotto la felpa aperta e la canottiera bianca attillata. Un filo di cuoio si perdeva sotto di essa.
Non poteva essere un ragazzino…
- Quanti anni hai? -
- Abbastanza! - Ringhiò tornando a perdere la pazienza.
- Allora, Danny… perché pensi di essere qui? -
- Non lo so, dimmelo tu visto che mi hai inseguito come un dannato! Io non ho fatto niente! - Gli occhi ancora carichi di odio, la sigaretta stretta fra l’indice e il pollice, tutto il busto proteso verso di lui.
Mac non si fece toccare da questi atteggiamenti ostili e con diplomazia continuò:
- Mi sei stato indicato durante un caso di omicidio fra gang. Forse tu conosci questa persona. - Allora dal fascicolo tirò fuori la foto del ragazzo trovato morto nel suo quartiere. Si sapeva che faceva parte di una banda e che quella banda a sua volta aveva come nemica un paio di altre.
Danny lo guardò di malavoglia ma appena inquadrò la persona morta vi si soffermò sorpreso, identificandolo.
- E’ Joy e non so che… lo chiamano ‘lo scorpione’. - Era ovvio il motivo, dato il grande tatuaggio sulla schiena che spuntava sul collo raffigurante uno scorpione, per l’appunto.
- Ora posso andare? - Fece per alzarsi ma Mac lo spinse di nuovo sulla sedia. Danny allora si rimise la sigaretta fra le labbra guardando di nuovo da tutt’altra parte, impaziente e nervoso.
- Devo farti altre domande, ho bisogno di sapere alcune cose… -
- Ed io se rispondo alle tue cazzo di domande sono fottuto, non so se mi spiego… - Sapeva che aiutandolo sarebbe finito nei guai con il suo gruppo, ma al momento non aveva altro che lui. E non era stupido, sapeva bene che non poteva essere lui il colpevole, sarebbe stato troppo facile.
- Devi convincermi che non sei stato tu ad ucciderlo, Danny. Altrimenti ti arresto per il suo omicidio. - Semplice e logico. Il ragazzo lo guardò male come per fulminarlo. Come poteva dire quelle cose in tutta calma e tranquillità? Sembrava gli stesse chiedendo che gusto di gelato preferiva!
Non gli andava giù… e poi era uno sbirro!
- Non l’ho ucciso io! - Fece con finta ironia.
- Parlami di lui. Era un tuo amico? - Danny sospirò impaziente, quindi dopo aver vagliato i pro e i contro del parlare, si decise a scagionarsi per farsi lasciare andare, quindi rispose:
- No, era di una banda opposta a quella di mio fratello. Gli Scorpions! - La luce di scetticismo a quel nome gli fece capire cosa pensava: - Si, che originali, vero? Ma al capo, il tipo morto, gli piacevano gli scorpioni. E poi era velenoso anche lui! -
- Allora tuo fratello di che banda è? - Questo sarebbe stato troppo. Era come venderlo. Non poteva farlo. Non era nemmeno ancora dei loro…
- Scordatelo! Non te lo vendo! - Mac cominciava a perdere la pazienza.
- Vuoi o no scagionarti? Non penso proprio che ti vada di finire in prigione al suo posto, no? - Il biondo si morse il labbro, poi tirò una boccata, cambiò posizione un paio di volte ed infine come un’anima in pena, consapevole di cosa stava andando incontro, disse marcando la voce sulle sue parole a denti stretti. Di nuovo i pugni sbattuti sul tavolo, di nuovo teso verso l’altro, di nuovo l’espressione feroce:
- Ascolta amico… io non so se mio fratello e il suo branco di spostati di merda, di cui io per inciso non faccio parte, hanno ucciso o no quel tipo, so che si odiavano cordialmente e che Joy stesso progettava qualcosa contro di loro. Magari si sono solo difesi, magari non c’entrano nulla! Che ne dici di scoprirlo da solo, scienziato dalle mille lauree? - L’idea che Mac dava era uno che aveva studiato molto e nonostante non fosse del tutto corretto decise di non puntualizzare quel fatto. - Ti ho già dato un sacco di spunti su cui lavorare, no? Ora se non ti dispiace io me ne andrei! Ho già detto troppo! - Il moro capì che più di così non avrebbe potuto tirargli fuori e non avendo prove contro di lui non poteva che lasciarlo effettivamente andare.
Ma un pensiero l’attraversò lasciandolo non poco preoccupato.
- Passerai dei guai per quel che mi hai detto… -
Danny parve calmarsi e sorprendersi di quel piccolo gesto di premura nei suoi confronti. Si rilassò sulla sedia, finì il mozzicone e lasciandolo cadere a terra lo pestò con lo scarpone. Poi fissandolo serio, senza la minima rabbia, disse quasi rassegnato:
- I guai li sto già passando, fra te e mio fratello. E non c’è giorno da quando sono nato in cui non ne passi, onestamente! Ci sono abituato. -
Non sapeva perché l’aveva detto, sembrava quasi volesse tranquillizzarlo e scaricargli la coscienza ma non era così, per lo meno le sue intenzioni non erano state quelle.
Mac rimase ancora più colpito da quel ragazzo pieno di problemi che alla fine aveva smesso di attaccarlo e mentre chiamava l’agente per accompagnarlo fuori e lasciarlo andare, si disse che di certo non era lui il colpevole ma solo una vittima. Una vittima che presto avrebbe trovato con un buco in fronte, probabilmente.
- Se ti viene in mente altro che potrebbe essermi utile… o se… ti serve una mano per qualcosa… - E con questo i suoi occhi intesero chiaramente ‘contro i veri colpevoli’ - chiamami. - Detto questo gli lasciò il suo biglietto da visita col numero di telefono.
Danny lo prese una volta in piedi davanti a lui, lo penetrò con uno sguardo pieno di tormento e consapevolezza e chiedendosi se potesse davvero fidarsi, se lo mise in tasca senza dire altro.
- Quel ragazzo finirà male. - mormorò fra sé e sé guardandolo andarsene.
“Specie perché ha tutta l’aria di uno che non molla finché non crolla. E quando crollerà sarà solo perché qualcuno l’avrà finito.”

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Capitolo 2
*** grido d'aiuto ***


*Come avevo già detto batto il sentiero finché è fresco e caldo… scrivo subito ciò che ho in testa prima che mi sfugga chissà dove. Ecco il secondo capitolo. Il prossimo dovrebbe essere l’ultimo, forse però ci faccio anche un epiloghino, vediamo. Sono contenta che i miei ‘parti’ vi piacciano… e aspetto la statua che mi è stata promessa! Anche un bel disegno va bene… ^O^. Ad ogni modo non so come mi vengono… nascono da sole… Comunque scherzi a parte grazie a tutti quelli che hanno letto e commentato. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO II:
GRIDO D'AIUTO

/Freestyler - Bomfunk MC’s/
Grazie alle informazioni ricevute, anche se non erano state specifiche, Mac riuscì a trovare la banda del fratello del ragazzo.
I Tanglewood Boys erano una gang piuttosto famosa in quel quartiere pericoloso e malfamato di New York, dove si erano trovati ad indagare. Secondo le informazioni trovate, gli Scorpions erano stati da sempre i nemici giurati dei primi, ma non avevano mai prevalso uno dei due gruppi fino a quel giorno, in cui avevano trovato morto il capo degli scorpioni.
I Tanglewood Boys erano composti da un paio di ragazzi fra cui spiccava Louie Messer ed un certo Tony Sassone.
Ovviamente di danni ne avevano già combinati in abbondanza.
Accompagnato da Stella, anch’essa incaricata del caso, andarono con una certa discrezione a dare un’occhiata a questi fantomatici Tanglewood con la speranza di trovare qualcosa con cui incastrarli o che confermasse che fossero effettivamente stati loro.
Non avendo prove concrete non avevano ottenuto nessun mandato, così potevano solo seguire lo spunto lasciato dal ragazzo di nome Danny.
Per tutto il tempo della ricerca, Mac aveva avuto in testa quel giovane, quello sguardo finale quasi disilluso e spento con cui l’aveva guardato. Ed il tormento cui era stato preda era ben nitido, ancora, insieme all’odio visto nei suoi occhi.
Una tigre in gabbia, l’aveva visto così, dentro alla sala interrogatori… forse lo era anche nella sua vita, al di fuori del dipartimento.
Il primo posto dove erano andati a controllare era, naturalmente, casa Messer. Parlare direttamente col fratello sarebbe stata la cosa più sensata… magari per proteggere il fratello già accusato in precedenza, quel Louie avrebbe parlato.
La speranza però si spense immediatamente quando ad aprirgli era stato Danny.
Appena Mac e Stella lo videro tutto parve terribilmente chiaro.
La postura tutta ricurva con le braccia istintivamente a proteggere il ventre parlava chiaro ma ancor di più il suo viso pieno di lividi. L’occhio nero, il sopracciglio ed il labbro spaccato, il naso aveva appena finito di sanguinare.
Quando Danny li vide riconoscendo Mac impietrito davanti a quella visione, si irrigidì chiudendosi a riccio ancor prima di parlare. Con sguardo cupo disse rabbioso:
- Cosa diavolo vuoi ancora da me? Non ti è bastato stamattina? - Erano passate poche ore… possibile che in quel lasso di tempo l’avessero già ridotto a quel modo?
“Dovevo tenerlo in arresto anche se non lo era… sarebbe stato al sicuro…”
Fu questo il pensiero che Mac ebbe mentre registrava le parole del ragazzo pestato e malconcio. Parlava a fatica.
- Chi è stato? - Fu quella la prima domanda spontanea che gli venne da porgli, era così chiaro cosa fosse successo… per vendicarsi del fatto che secondo loro lui aveva parlato con la polizia, l’avevano picchiato per fargli passare la voglia di rifarlo.
Cosa gli avrebbero fatto, allora, se l’avessero visto parlare con lui una seconda volta? Il pensiero l’attraversò troppo veloce e così come arrivò se ne andò insieme alla rabbia che cominciò a montargli dentro.
- Non te ne frega! Non sono cazzi tuoi! Nulla di tutto ciò lo è! Vattene! VATTENE DALLA MIA VITA! NON VEDI COSA MI HAI GIA’ FATTO? NON TI BASTA? - Nel rispondergli si era scaldato ulteriormente mettendosi a gridargli infuriato. Sbatteva il pugno contro la porta per evitare di tirargliene a lui e Stella stessa impietrita non riusciva a dire nulla. Osservava sconcertata la scena mentre sapeva, sapeva bene qual era ora lo stato d’animo di Mac.
L’uomo più grande rimaneva immobile con aria sempre più seria e cupa ad ascoltare e guardare lo sfogo del ragazzo che tremava da capo a piedi per la rabbia ed i dolori.
Come poteva arrivare il genere umano a tanto?
- E’ stato tuo fratello, vero? - Sibilò a denti stretti trattenendo a stento la sua ira che montava.
- HO DETTO DI ANDARTENE, PORCA PUTTANA! MI UCCIDERANNO SE MI VEDONO PARLARE CON TE ANCORA! - Gli occhi lucidi di un misto fra la paura, l’odio e il panico stesso. Non sapeva più cosa provava di preciso, sapeva solo che stava male e che stava per impazzire.
Mac lo capì perfettamente ma non poteva permettere che tutto quello accadesse proprio sotto i suoi occhi, che quella gente rimanesse impunita, che la passasse liscia…
- Voglio parlare con Louie, sono venuto per questo. È qua? Fammici parlare! - Disse imperterrito sempre mantenendo una falsa freddezza pronta ad esplodere. Gli occhi due lame azzurre.
- Cosa sai di lui? - Si placò cercando di ragionare in mezzo a quel caos, la testa gli esplodeva. Cosa aveva scoperto?
- E’ qua? - Chiese imperterrito spingendolo da parte per entrare e cercare il fratello nella speranza di trovarlo e potergliene dire un paio.
Danny lo seguì come un forsennato, seguito a sua volta da Stella che sperava vivamente non ci fosse nessun altro in casa. Se Mac avesse trovato chi cercava in quelle condizioni, probabilmente si sarebbe dimenticato delle regole… e non poteva assolutamente permetterselo.
- No, no che non è qua! Non puoi rovistare come ti pare! Vattene o ti butto fuori io a calci! Non voglio più avere niente a che fare con te! Niente! - ancora agitato cercava di non urlare più ma la tensione che gli attanagliava lo stomaco l’avrebbe fatto svenire se non fosse stato per la sua testardaggine. Non voleva dare nessuna soddisfazione a quell’uomo, quali che fossero le sue intenzioni!
Mac allora si fermò girandosi di scatto, Danny quasi gli andò addosso. Solo allora notò la sua canottiera bianca, l’unica cosa che indossava sopra, sporca di sangue in più punti. Il suo. Ci erano andati giù davvero molto pesanti.
Prese un profondo respiro cercando quella calma per parlare ragionando, quindi afferrandolo per le spalle nude sopra cui c’era un tatuaggio, lo scosse con forza sapendo di fargli non certo bene.
- Tu non devi subire tutto questo! Parlami, io ti posso aiutare ma tu mi devi dire ogni cosa! - L’aveva preso più a cuore di quanto lui stesso non si sarebbe mai aspettato ed il motivo proprio non riusciva a capirlo. Lì su due piedi non si riconobbe.
Danny lo fissò stranito come se avesse davanti un alieno, quindi pur senza riuscire a muoversi soppesò seriamente, per un momento, l’opportunità di farsi aiutare da lui.
Un istante di silenzio cadde nella stanza ma proprio quando stava per decidersi a dirgli tutto e chiedergli aiuto, un altro pensiero si insinuò nella sua mente terrorizzata.
Era uno sbirro, uno di quelli che non c’era mai stato quando aveva avuto bisogno. Uno di quelli che anzi gli aveva solo provocato più danni.
Cosa mai poteva fare per lui uno così?
Avrebbe solo peggiorato la situazione.
Nessuno poteva aiutarlo.
Nessuno.
E questo tormento glielo si lesse nitido negli occhi azzurro mare arrossati e gonfi.
- No. Nessuno può aiutarmi. Non c’è nessuno di cui possa fidarmi. Nessuno può fare niente per me. È sempre stato così e questo mai cambierà. Mai. Ora vattene. Io non sono quello che cerchi e non so dove sono i tuoi cazzo di colpevoli! - anche il suo era stato un sibilo. Un sibilo pieno di dolore, qualcosa di molto simile ad un grido d’aiuto, in realtà.
Le sue parole rimbombarono nella mente del detective che sbatté le palpebre chiedendosi se avesse capito bene, poi quando vide che il giovane stava per piangere capì di aver passato un limite e che non gli avrebbe mai chiesto aiuto.
Il problema era che l’unico che poteva salvarlo era lui.
Rendendosi sempre più conto dello stato in cui l’avevano ridotto, la rabbia riprese a muoversi, quindi lasciandolo andare lo penetrò un’ultima volta con lo sguardo e senza aggiungere nulla se ne andò nel silenzio più completo. Senza nessuna promessa se non l’unica intenzione di fare davvero qualcosa per lui.

Uscito dal palazzo fatiscente, la rabbia di Mac era semplicemente alle stelle.
La collega l’affiancava cercando velocemente le parole migliori per calmarlo ed impedirgli di fare una strage di massa, ma nonostante lo conoscesse da un po’ non aveva la minima idea di come trattarlo.
Non era una persona facile.
All’apparenza sembrava calmo, controllato e diplomatico ma se si toccavano certi tasti si poteva risvegliare una bestia che poi nessuno era più in grado di spegnere.
Decise semplicemente di seguirlo in silenzio e prima ancora di capire cosa volesse fare, lo vide coi suoi occhi.
Dopo un paio di isolati si fermò e scendendo a passo di carica andò verso un gruppetto che aveva individuato al volo guidando.
Quello era il secondo posto dove sapeva avrebbe potuto trovarli.
Con le foto di Louie e Tony ben impresse nella testa arrivò come una scheggia da loro e senza il minimo preavviso né identificarsi tirando fuori il distintivo, afferrò Louie per la maglia, da dietro, lo strattonò di brutto e spingendolo contro il muro pieno di graffiti lì accanto, gli piantò l’avambraccio contro la gola spingendo in profondità.
Lo sguardo di chi prometteva nulla di buono fece rabbrividire il ragazzo bloccato impossibilitato a muoversi e a respirare.
L’istante successivo tutti gli altri reagirono tirando fuori pistole puntandogliele contro, sia lui che Stella tirarono fuori le loro e mentre lei la puntava contro gli altri gridando che erano della polizia e di non intervenire, lui la puntava proprio contro la tempia di Louie.
- Se non volete che lo ammazzi state fermi. Devo solo dirgli due parole, poi ce ne andiamo. - Sapeva bene che non poteva arrestarlo né accusarlo, però questo poteva farlo. Almeno per la sua testa ottenebrata dall’ira.
Ottenendo un silenzio insperato in risposta, mentre tutt’intorno nell’intero quartiere l’attenzione anche di altri ragazzi veniva puntata su di loro, Mac parlò minaccioso con un filo di voce senza staccargli gli occhi dai suoi, vicinissimo al suo viso paonazzo e preoccupato:
- Se tocchi di nuovo tuo fratello ti ammazzo, hai capito bene? E tanto per la cronaca, se uccidete qualcuno non basta assicurarsi che il fratellino testimone non parli con gli sbirri… se avete le palle per uccidere qualcuno, allora dovete averle anche per affrontare le conseguenze da uomini. Ma visto ciò che fate mi sembra proprio che non lo siate! -
Dopo di che rimase ancora un po’ a fissarlo male con l’unico desiderio di potergli dare davvero ciò che si meritava.
L’idea che avesse picchiato suo fratello solo per farlo stare zitto lo mandava in bestia, specie considerando che Danny non aveva voluto venderlo.
La mano di Stella lo toccò alla spalla notando quanto male si stessero per mettere le cose intorno a loro, quindi sentendola appena dire che dovevano andarsene, a malincuore e contrariato mollò la presa lasciando andare Louie che si accasciò a terra tenendosi la gola.
- Se lo tocchi di nuovo non la passi liscia. È una promessa. -
Ma andandosene non vide lo sguardo omicida di Louie posarsi su Tony e sugli altri suoi amici.
Uno sguardo che significava solo una cosa.
Che non l’avrebbero passata liscia per aver toccato a sua insaputa il fratello.
Tutti lo sapevano. L’unica regola era quella. Non toccare Danny.
Eppure le cose non erano così semplici.

Quando il suo telefono squillò Mac era nel pieno di un analisi con la quale sperava di incastrare i Tanglewood; rispose distratto ed irritato ma immediatamente si fermò cercando di fare quanta più attenzione poteva alla voce familiare che parlava.
Ferito e sommesso, quasi nemmeno lo si udiva.
- Danny… cosa succede? - Chiese subito apprensivo capendo che si trattava di lui. Ma l’altro non poté dilungarsi molto.
- Aiutami. Mi hanno preso. Mi uccideranno… - e mentre pensava che l’aveva immaginato, un ansia tremenda quasi lo schiacciò.
Tutto sparì, solo la sua voce affaticata rimaneva.
Le ossa di piombo, lo stomaco attanagliato, il cuore stretto in una morsa.
Una sensazione che non avrebbe mai dimenticato negli anni futuri.
- Dove sei? - Ma quando l’altro cercò di rispondere la linea si interruppe.
Rimasto solo un’unica consapevolezza lo investì con la portata di un treno in corsa.
Danny era stato rapito per essere ucciso e la colpa, probabilmente, ancora una volta sarebbe stata sua.
Aveva fatto arrabbiare le persone sbagliate.
Ma queste non sapevano a loro volta una cosa.
Anche loro avevano fatto arrabbiare la persona sbagliata.


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Capitolo 3
*** la luce in dono ***


*Ecco qua anche l’ultimo capitolo. Inizialmente pensavo di farlo diverso e più corto aggiungendo poi l’epilogo, ma alla fine è venuto così ed anche se è un pochino lungo lo lascio com’è. Spero sia all’altezza degli altri e di aver fatto un buon lavoro. Ad ogni modo ringrazio tutti quelli che hanno commentato e seguito la fic, troppo gentili alcuni complimenti… comunque va bene anche la canzone, da dedicarmi allora! ^___- Che dire? Buon anno e buona lettura. Questa, gente, è la mia ultima fanfic per questo anno. Godetevela! Baci Akane*

CAPITOLO III:
LA LUCE IN DONO

/Somebody told me - Killers/
La porta di casa Messer fu praticamente sfondata.
Quando un Louie non in buone condizioni fisiche ma nemmeno troppo malmesso si vide il detective di qualche ora prima infuriato più che mai, impallidì violentemente capendo al volo che qualcosa era andato storto.
Mac nel vedere quell’espressione credette di vedere la sua colpa e il sangue gli andò ancor più alla testa. Senza ragionarci minimamente, con un paio di agenti al seguito, quelli che non erano a setacciare il quartiere in stato d’allarme, gli andò addosso e prendendolo per il colletto della maglia lo spinse con forza sul tavolo che si incrinò pericolosamente sotto il botto.
Premuto sopra di lui con l’espressione più furibonda che mai, ringhiò con l’insano istinto di bucargli la testa:
- Dov’è? Dov’è tuo fratello? - A quelle parole gli occhi di Louie si colorarono di una consapevolezza lampante. La sua paura era diventata realtà. - PARLA! - Urlò allora non avendo per niente la sua famosa pazienza.
Il giovane sotto cominciò a sentirsi davvero male e non per l’istinto omicida di quel poliziotto, bensì per quanto aveva appena appreso.
- L’hanno preso? - Chiese tremante con un filo di voce anche per il petto schiacciato.
- Ne sei stupito? - Non ci credeva. Non ci credeva proprio che fosse davvero all’oscuro di tutto, eppure un fastidioso campanellino d’allarme vibrava sempre più imponente dentro di sé.
- Hanno preso Danny? - Ruggì allora Louie sotto senza sapere dove aveva trovato la forza per farlo in quel modo.
- Non dirmi che non lo sai, pezzo di… -
- NO CHE NON LO SO! NON HO IDEA DI DOVE SIA! E’ GRANDE, MICA SONO IL SUO BABY SITTER! SE VUOLE USCIRE ESCE, NON MI DEVE DIRE CHE CAZZO FA! HO PENSATO CHE FOSSE A FARE LE SOLITE CAGATE IN GIRO! VUOI RISPONDERMI? - Anche lui era arrivato al limite e urlando pur essendo senza fiato, Mac mollò la presa sconvolto. Fu allora che capì notando i lividi sul viso, lividi che lui ore prima non gli aveva fatto.
Era stato picchiato, era a casa senza la sua banda e non aveva davvero idea di dove fosse suo fratello.
Non c’entrava.
Non c’entrava nulla con l’omicidio di Joy, col maltrattamento a Danny ed il suo rapimento.
Aveva capito male, si era sbagliato. Non perse tempo a chiedersi stupidamente come fosse possibile, senza sapere le cose era facile trarre conclusioni affrettate, lo sapeva bene; del resto se Danny si fosse confidato con lui le cose sarebbero potute essere molto diverse.
Gli occhi azzurri sottili si sgranarono mentre ripercorreva ogni cosa nella sua mente aggiungendo i tasselli mancanti.
Ecco perché il ragazzo si era stupito quando lui aveva accusato suo fratello…
Louie si raddrizzò massaggiandosi il collo ed il petto, quindi continuando a guardarlo male tornò a chiedere come un animale in pena cosa diavolo fosse successo e allora Mac si riprese. Cercando di essere pratico ed accantonare ancora una volta regole e controlli, andò diretto al punto:
- Devi dirmi tutto, Louie. Questo è il momento in cui tu mi dici ogni dannatissima cosa e non tralasci nulla! Parti da Joy! -
Certo che non c’era molto tempo per quello, ma se non sapeva non poteva aiutare proprio nessuno.
L’altro davanti a lui cominciò a muoversi avanti ed indietro come se avesse i carboni ardenti sotto i piedi e senza avere idea di cosa fare, alla fine con un ultimo sguardo penetrante e selvatico si decise che sicuramente solo col suo aiuto poteva aiutare Danny.
- Io non so chi sia stato ad uccidere Joy, è la verità. Ma quando ho saputo che mio fratello era stato picchiato mi sono arrabbiato. Tutti lo sanno che non lo devono toccare. Gli ho gridato contro e la situazione è degenerata. Non hanno ammesso nulla ma io me ne sono andato. È da allora che non vedo né loro né Danny. Non so altro! - Mac soppesò seriamente la possibilità di arrestarlo senza credergli ma la consapevolezza che solo lui poteva aiutarlo a trovare Danny, lo schiaffeggiò prepotente.
Lo schifava anche solo pensarlo ma al momento non c’era tempo. Non aveva scelta. Salvare quel ragazzo era molto più importante dei suoi principi e di chi in realtà fosse quel tipo.
Non si fidava, naturalmente. Non era convinto che davvero non sapesse nulla della morte di Joy e tanto meno che fosse così buono con suo fratello… a giudicare da quel che aveva detto in centrale non poteva esserlo.
Però non c’era tempo.
Non c’era e lì su due piedi prese la sua decisione, una decisione che nessuno avrebbe mai potuto biasimare, tutto sommato.
Premendogli il dito contro il petto deciso, disse determinato e tagliente:
- Farò finta di crederti, tu ora però usi tutti gli agganci che hai per trovare Danny o giuro che ti metto dentro. -
E l’avrebbe fatto.
Louie ebbe il tempo di rabbrividire per la seconda volta davanti a quell’uomo e solo un pensiero gli permise di riprendersi e reagire prontamente con un cenno affermativo.
Su tutti lui era l’unico che poteva davvero salvare Danny, salvarlo davvero.
Anche se era uno sbirro del cavolo.

Era come essere schiacciati.
Una musica crescente inondava le loro menti impedendo di ragionare con freddezza e mentre la pressione minacciava di farli impazzire, lo sforzo sovrumano di rimanere in loro veniva fatto da almeno due persone ed erano proprio quelle più coinvolte.
Con una collaborazione che probabilmente sarebbe entrata nella storia, detective e teppista trovarono il luogo giusto.
Fermi entrambi davanti alla vecchia fabbrica diroccata in un quartiere particolarmente vuoto, Mac e Louie si guardarono scambiandosi uno sguardo significativo.
Altri agenti erano con loro ma non tutti quelli che avrebbero dovuto esserci per poter agire.
- Signore, dobbiamo aspettare i rinforzi. -
A quella frase, Louie facendo per andare borbottò:
- Voi aspettate pure i rinforzi, io vado da mio fratello! -
Dopo di ché partì svelto. Non passò troppo prima di sentire la voce fredda e sbrigativa di Mac dire: - Voi controllate l’esterno, quando arrivano i rinforzi aggiornateli e circondate il posto, dopo di ché avvertitemi e aspettate ordini. -
Non passò molto nemmeno prima di sentirselo accanto silenzioso e veloce.
Sapevano entrambi che era un suicidio, che era sbagliato e che non funzionavano così quelle cose, però non avevano scelta. Ne erano entrambi convinti. In ballo c’era qualcosa di molto più importante.
Una volta varcata la soglia i due si guardarono complici e con un gesto Mac fece il silenzio, dopo di ché gli indicò un corridoio prendendone invece un altro.
Era buio ed ormai la sera aveva oscurato quel poco che di giorno si sarebbe potuto vedere. Con la torcia elettrica cercava di illuminare il meno possibile, doveva cercare di passare inosservato.
Appena scese delle scale di ferro arrugginito cominciò a sentire delle voci sommesse.
Chiuse immediatamente la pila e affidandosi all’udito e a quel po’ di luce che veniva dal fondo del corridoio, si mosse più silenzioso che mai, con la pistola stretta davanti a sé nel braccio teso come ogni altro muscolo del suo corpo.
Il solo pensiero di ciò che probabilmente stavano facendo a quel ragazzo gli diede la spinta per andare fino in fondo, qualunque cosa sarebbe successa.
Con sua fortuna la porta dietro cui si sentivano le voci, era socchiusa. Sbirciando vide delle persone di schiena quindi trattenendo il fiato e sudando di tensione, aprì ancora un po’ l’uscio scivolando dentro di soppiatto, infilandosi immediatamente dietro dei mobili lì accanto.
Da lì loro non potevano vederli ma lui invece sì, soprattutto sentire.
Con un’occhiata veloce individuò alcuni dei Tanglewood Boys mentre con una seconda più approfondita e preoccupata riuscì a vedere Danny. Era legato ad un tubo vecchio e di media grandezza che partiva dal pavimento alzandosi fino su al soffitto, dove poi spariva. Sembrava solido. Seduto a terra teneva le mani dietro la schiena, attorno al tubo, le corde lo avvolgevano insieme ad esso, le gambe libere, la testa all’indietro.
Intravide i lividi che erano aumentati, il sangue aveva ripreso a corrergli dalla bocca, dal naso e dal sopracciglio. Anche la canottiera bianca era più rossa come pure i jeans strappati. Nell’insieme non se la stava cavando bene e ancora poco e di Danny non ci sarebbe stato molto da raccogliere.
A quel punto la consapevolezza di essere solo contro un gruppetto armato, lo colpì. Aspettava la chiamata dei rinforzi che sperava fossero arrivati ma il suo cellulare silenzioso non dava cenni.
Proprio quando stava pensando di uscire lo stesso, dalla porta socchiusa vide Louie arrivare.
Lo guardò fisso facendogli cenno di non farsi sentire e di avvicinarsi piano, ma proprio mentre pensava che l’avrebbe fatto lo vide dargli uno strano sguardo sicuro ed indecifrabile, quindi senza fermarsi entrò a passo spedito senza estrarre la sua pistola, che Mac sapeva bene essere nascosta nei pantaloni nonostante non dovesse possederne una.
Non capì lì per lì cosa avesse in mente ma non avendo idea di cosa fare e non potendo scoprirsi così, rimase ad osservare.
- Ehi! Cosa diavolo state facendo? - Forse poteva risolversi senza spargimenti di sangue… Mac cominciò a capire cosa avesse in mente.
Poteva anche funzionare, dopo tutto…
Rimase a guardare nella speranza che abboccassero.
Gli altri suoi amici si girarono di scatto puntandogli le pistole contro di riflesso, ma le riabbassarono vedendo che era lui.
Non sembravano aver paura.
- Non lo vedi? - Fece Tony indicando Danny sull’orlo del crollo. Nonostante tutto i suoi muscoli ben sviluppati erano tesi e cercavano di far forza per liberarsi dalle corde. La testa però non riusciva a tenerla su.
Non era facile. Mac lo capì. Per Louie non era facile la mossa.
Se non voleva finire male doveva far finta di essere dei loro e cercare di convincerli a liberarlo e smetterla con furbizia. Era davvero così lucido quel teppista?
- Lo sai che non voglio che fate certe cose. - lì per lì Mac ebbe la sensazione che Louie tentasse di fare anche una terza cosa, fra le altre… cercare di non far capire a Danny quanto tenesse a lui e quanto lo difendesse con i suoi amici.
Il fratello spostò gli occhi su di lui come se lo sentisse per la prima volta, quindi stupito sembrò chiedersi cosa avrebbe fatto. Non era certo che fosse lì per aiutarlo.
- Ma il cucciolo deve essere educato… lo sai che ci sono le regole. Non si parla con gli sbirri… e lui l’ha fatto non solo una, ma due volte! - Mac si morse il labbro nervoso, sapeva che era stata colpa sua, in fondo, ma aveva solo cercato di fare il suo lavoro.
Strinse la pistola pronto ad uscire ma non si alzò dalla sua postazione.
- Non sta a voi! A lui ci penso io, ve l’ho detto! - Sembrava scaldarsi, Louie.
- Ma tu non lo fai! - Rispose ironico Tony come se lo prendesse poco sul serio.
- E poi di che diavolo avete paura? Mica siamo stati noi ad uccidere Joy, che cazzo poteva dire… - Sembrava davvero sincero.
- Quanto sei ingenuo… chi non collegherebbe Danny a noi? Non è dei nostri ma è il tuo fottutissimo fratellino… sospettare di lui significa sospettare di noi. E se il novellino si fa interrogare da uno sbirro è ovvio che comunque ci incastra! Non me ne frega se ho… come ha detto? La coscienza pulita? - A quello si mise a ridere di scherno, poi riprese più velenoso: - Non basta avere la coscienza pulita, lo sai. Anche se né noi né lui - indicò Danny - c’entriamo con la morte di quel coglione dello scorpione, siamo nella merda fino al collo. L’ho capito appena ho visto lo scemo parlare con quel piedi piatti, stamattina. Mi perdonerai ma ho dovuto dargli una lezione. Non doveva farlo. Poi però quel pezzo di merda è venuto fin da noi a minacciarci. A minacciarci, capisci? Di non toccare il tuo caro fratellino… - scimmiottò quella che sembrava una donnicciola. Poi sprezzante concluse: - E con te che ti sei rivoltato non ho avuto scelta. I cani vanno educati, lo sai bene! -
Fu allora che Louie parve non farcela più e senza riflettere oltre estrasse la pistola e veloce come un fulmine la puntò alla fronte di un Tony sorpreso che non si sarebbe mai aspettato quel gesto.
Nell’istante successivo la tensione salì alle stelle. Tony non si mosse fissandolo dritto negli occhi con uno sguardo di sfida, mentre invece gli altri puntavano le rispettive armi contro.
Senza attendere oltre, Mac saltò fuori e gridando di fermarsi la puntò subito a sua volta verso tutti loro. Non era stata la mossa migliore, lo sapeva, ma in quel momento le cose erano degenerate.
Ci fu un attimo di ferma in cui nessuno agì cercando di capire che diavolo stesse succedendo. Tutti cercarono di capire chi avrebbe ceduto, si fissarono in cagnesco senza cedere di un passo, odio nell’odio. Nessuno avrebbe smesso per primo. Doveva ragionare. Era difficile in una situazione simile ma doveva sforzarsi, i rinforzi probabilmente erano arrivati in quel momento, era questione di attimi, doveva solo resistere, prendere tempo, inventarsi qualcosa.
Calmare gli animi di tutti.
Certo. Ma come?
Trattenendo il respiro improvvisò facendosi padrone di una calma e freddezza che non avrebbero mai creduto visti i precedenti.
- Fermi. Calmiamoci tutti. Che ne dite di provare a riflettere un attimo? - Sembrava esperto di quel genere di cose. - Non faremo altro che ucciderci a vicenda. Non la possiamo risolvere così. - Con gli occhi di tutti che correvano forsennati da uno all’altro, il tempo pareva ancora bloccato. - Mettiamo giù le pistole. Forza. - Disse quindi con fermezza abbassandosi per farlo davvero. Tutti gli altri lo guardarono come se fosse impazzito, loro malgrado nel sentirlo parlare avevano iniziato insieme a lui a sciogliersi abbassando lentamente le braccia.
In realtà lo sbirro aveva ragione. Non avrebbe portato a nulla l’uso delle pistole da parte di tutti.
Anche se erano due contro quattro.
Quei due non erano da poco.
Quando tutti ebbero messo giù le pistole e si furono rialzati sempre lentamente, tenendo le mani in vista, Mac rimase in silenzio sentendo distintamente i respiri nervosi e profondi di tutti. Sapevano che stava per scoppiare il finimondo, era questione di attimi.
Respirare. Dovevano respirare e cercare di ragionare con lucidità.
Continuarono a scambiarsi delle fugaci occhiate nella speranza di trovare uno spunto per agire, ma sembrava difficile.
Fu Danny, fu lui a dare il via al tutto.
Quando anche i suoi occhi gonfi e rossi finalmente reagirono alla voce e alla presenza di Mac come illuminandosi di una speranza morta, quel caos momentaneamente placato esplose senza pietà.
Furono infatti le sue gambe a dare il via al gioco e con una forza inaspettata falciò le gambe di uno dei ragazzi che si era messo davanti a lui.
Cadendo a terra sbilanciato sbatté la testa contro lo spigolo lì accanto e stordito rimase giù senza muoversi.
Nell’istante successivo tutti gli altri agirono di scatto velocissimi e sia Mac che Louie si trovarono a calciare le pistole lontano per impedire che qualcuno le recuperasse e sparasse, dopo di ché con una mossa precisa e letale Mac mise fuori combattimento un altro ragazzo.
Non gli ci volle molto con le sue conoscenze di arti da combattimento, un colpo secco del palmo contro il punto di pressione più delicato e i fili si scollegarono trasformandolo in una marionetta inanimata.
Fra Louie e Tony partì subito un corpo a corpo tipico dei ragazzi di strada, senza pietà, senza esclusione di colpi. Entrambi ci andavano giù pesante e con pugni potenti ben presto si trovarono a vacillare, eppure era una questione di principio, si arrivava ad un punto in cui non si può più far finta di nulla. Affronti quello che ti sta sull’anima e lo fai senza pietà, tirando fuori ogni cosa.
L’uno buttato sull’altro si rotolavano a terra cercando di prevalere, poi invertivano le posizioni e riprendevano la lotta in ogni modo a loro disposizione.
A Mac non rimase che vedersela con l’altro ragazzo rimasto, non sarebbe stato complicato se non avesse tirato fuori il coltellino a serramanico. Classico, pensò il più grande senza cambiare espressione, rimanendo concentrato.
Schivò un paio di volte i fendenti che più che letali sembravano disperati, dopo di che afferrando deciso e sicuro la lama, permettendole di tagliargli il palmo che sanguinò subito, gli prese il polso meglio e con un movimento secco e deciso spinse sul gomito rompendoglielo.
Non il tempo di pensarci. Non il tempo di rifletterci.
La vita.
Devi scegliere per la tua vita e quella di altre persone che devono cavarsela, devono farcela.
E poi c’è quella speciale da salvare. Non puoi fallire, non puoi perdere tempo, non puoi pensarci.
C’è la vita in ballo.
E balli. Balli nel modo più deleterio e letale possibile. Veloce, senza scrupoli.
Vai e affondi.
Liberatosi di tutti quelli che erano rimasti, Mac si voltò verso Louie e Tony, quindi recuperando in fretta la propria pistola gettata in un angolo l’alzò puntandola addosso ai due aggrovigliati sul pavimento che non riuscivano a prevalere l’uno sull’altro.
L’istinto di uccidere.
Ecco cosa c’era nei loro volti.
Uccidere, ferire il più possibile, far male e basta.
Non pensò si trattasse davvero di Danny, gli sembrò più che altro un pareggio dei conti.
Non aveva idea di che storia avessero e cosa ci fosse dietro tutto quello, sapeva solo che loro non avevano ucciso nessuno ma che avevano fatto del male ad un ragazzo innocente che Dio solo sapeva se si sarebbe mai risollevato dal fosso in cui era precipitato.
Senza fare mossa alcuna, con i muscoli tesi e le braccia pronte mentre la sua testa ragionava svelta, pensò anche di lasciarli a loro stessi, che se la vedessero da soli.
Lo pensò davvero.
Louie non era un eroe per averlo aiutato, era solo la probabile causa maggiore di tutti i suoi guai… più che ringraziarlo avrebbe dovuto arrestarlo, in realtà. Però il suo animo di base buono prevalse su tutto il resto e abbassando l’arma scosse la testa stringendo contrariato le labbra. Non era d’accordo, razionalmente non avrebbe voluto e non se lo sarebbe meritato, ma dopo di questo la storia poteva chiudersi definitivamente.
Così senza pensarci si avvicinò svelto, preciso e letale come un fulmine colpì con il calcio della pistola la nuca di Tony, al momento sopra l’altro con le mani premute sul viso.
Si accasciò immediatamente privo di sensi su Louie che se lo scrollò un istante dopo, cercando di capire cosa fosse successo.

/Colors - Amos Lee/
Vedendo Mac in piedi sopra di loro comprese e senza il minimo segno di gratitudine o contentezza per essersela cavata, si alzò.
Si guardarono a lungo senza dire nulla o cambiare espressione, poi fu Mac a dire serio ed incisivo:
- Credo che qualcuno aspetti suo fratello. - Ci sperò. Lì per lì ci sperò davvero.
Che finalmente diventasse l’uomo che doveva e cominciasse a vedere di quel ragazzo lasciato a sé stesso.
Ma dopo uno sguardo duro e sprezzante al giovane ancora legato e pieno di lividi, col sangue che usciva dalle ferite al viso che lo ricambiava come fosse sospeso in un limbo, voltò loro le spalle e borbottando amaro: - Io non c’entro con lui. Tutto questo l’ho fatto solo per me. Avevo dei conti in sospeso con Tony. Tutto qua. - se ne andò.
La delusione colpì Mac come un pugno in pieno stomaco, quindi si chiese come dovesse sentirsi Danny. Sospirando scontento si voltò verso di lui e abbassandosi lo liberò silenzioso. Quando ebbe finito l’altro ancora non si muoveva, rimase immobile appoggiato al tubo con le mani abbandonate ai lati e la testa all’indietro. Gli occhi socchiusi rivolti alla porta dietro cui suo fratello era appena sparito. Respirava appena e sicuramente stava male ma non un gesto, non un mormorio od un lamento, nulla.
A Mac guardandolo in quelle condizioni gli si aprì il cuore e provando un profondo dispiacere sentì l’istinto fortissimo di proteggerlo, curarlo e tirarlo fuori dal buio in cui ora era.
Non aveva idea di come si potesse donare la luce a qualcuno immerso nelle tenebre. Non ce l’aveva. E dirgli che quella di Louie era solo una posa sarebbe stato stupido.
Normalmente trovava le parole giuste, normalmente c’era sempre qualcosa da dire ma lì nulla gli parve all’altezza.
Col cuore colmo di un sentimento che da molto non provava, semplicemente lo prese delicatamente per le spalle, come aveva fatto quel pomeriggio toccando distratto il suo tatuaggio, poi lo strinse a sé appoggiando il suo viso contro il proprio petto. Dopo un primo momento di irrigidimento si abbandonò contro di lui e come se respirasse per la prima volta, aggrappandosi alla sua schiena come fosse un’ancora di salvezza, pianse le prime amare e dolorose lacrime della sua vita.
Adesso basta, si diceva. Adesso basta crederci. Suo fratello non c’era e mai ci sarebbe stato.
Singhiozzando con disperazione tirò fuori tutto il suo dolore donandolo a quello sconosciuto che per lui aveva fatto più di suo fratello in tutta la sua vita.
E quello sconosciuto raccolse le sue lacrime donandogli in cambio la propria luce.
Non potevano certo saperlo ma quello per loro, in realtà, fu solo l’inizio.

FINE



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