la ragazza del mare

di rosadeiventi92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***


Erano trascorsi molti giorni dalla loro partenza e ancora non si scorgeva la meta. Il viaggio era stato faticoso e Clodia osservava distratta la bianca scia che si formava al passaggio della nave sull’acqua cristallina, rimuginando su ciò che le aspettava al suo ritorno… Era partita anni prima per terminare i suoi studi a Londra, ed ora, come già in precedenza aveva fatto sua madre, era il momento del suo debutto in società. Tutti si aspettavano da lei grandi cose, e fin da quando aveva memoria non le era mai stato permesso di comportarsi come le sue coetanee. Un brivido le attraversò la schiena, ma non fece in tempo a riprendersi che sull’ “Esmeralda” (così si chiamava la nave) vi fu un sussulto, si girò e intravide il terrore che si impossessava degli altri passeggeri. –FUMO!- la voce le uscì da sola, quasi soffocata dalla paura di decine di persone che, senza una meta precisa, iniziarono a correre sul ponte. Il panico arrivò all’apice quando delle alte lingue di fuoco si proiettarono verso il cielo, creando un fumo ancor più nero e soffocante. A quel punto la massa di gente ebbe un solo obbiettivo… le scialuppe! Tutti si diressero sul pontile principale e, nel pericolo, ognuno pensò solo a se stesso cercando in ogni modo di salvarsi da quell’inferno in mare. Quasi tutte le scialuppe erano in acqua quando Clodia riuscì a raggiungere il pontile principale, ne rimaneva soltanto una, ma anche quella stava per essere calata. Doveva affrettarsi! Aveva quasi raggiunto il cancelletto di sicurezza quando vide una bambina che piangeva in un angolo. Senza pensarci su due volte la prese in braccio e per calmarla: iniziò a sussurarle: - Mi chiamo Clodia, non ti preoccupare ti riporterò dai tuoi ge…… non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che si ricordò che l’ultima scialuppa stava per essere calata. A quel punto iniziò una corsa contro il tempo ma non fu abbastanza, la scialuppa era già in mare. Dal centro dell’imbarcazione arrivarono delle voci sommesse: - Lucia!- capì subito che si trattava dei genitori della piccola- Dove sei!. Clodia fece cenno a quelle persone e con un gesto affettuoso diede un bacio alla piccola e la lasciò cadere, da sotto si erano già prearati a prenderla. Era salva. Un’ultima esplosione risuonò nella nave Clodia stava già per accingersi al salto quando capì che non ce l’avrebbe mai fatta, la scialuppa già navigava verso la salvezza. Si diede un’occhiata intorno… era sola. Tutti erano riusciti a salvarsi. In lontananza intravide le sponde di quella terra che per anni aveva sognato e che forse non avrebbe più rivisto. Non si arrese, non era nel suo carattere, afferrò un salvagente e una bombola per le immersioni, prese un grande respiro e si gettò tra le onde. Un’ultimo rombo risuonò dalla nave che, con tutta la sua magnificienza che l’aveva accompagnata in anni di lunghe traversate, iniziò ad inabissarsi verso i dolci fondali che tanto aveva sormontato. La sua grande mole fece creare dei mulinelli che, con la furia di mille cavalli, si impossessarono del corpo della ragazza oramai priva di sensi e la trascinarono con loro. -Clodia- una voce sommessa risuonò nel mare-dove sei! Non vi fu risposta e la piccola Lucia si lasciò vincere dalla stanchezza mentre una lacrima le rigava il viso.

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Capitolo 2
*** II ***


Intanto a Boston già era arrivata la notizia del naufragio, i familiari dei passeggeri erano stati rassicurati dicendo loro che le persone care erano in salvo; solo in una casa la disperazione faceva da padrona… Clodia era dispersa. Subito iniziarono le operazioni di soccorso alla ricerca della ragazza, ma per il momento non vi fu successo. Susan Delambier, madre di Clodia, già si disperava al solo pensiero di ciò che poteva essere accaduto alla sua piccola, di ciò che forse era già l’amara verità. Le scialuppe arrivarono al molo verso il tardo pomeriggio, non vi furono festeggiamenti o urla di gioia, ma solo paura, e la rabbia di non essere riusciti ad evitare il peggio. Una bambina si alzò dalla scialuppa ancorata nel centro e si diresse verso Susan (riconobbe subito la madre di Clodia dalla sua espressione gelida) le si avvicinò e le raccontò il sacrificio della figlia; un lieve sorriso di tenerezza le si dipinse sul volto al pensiero del gesto compiuto dalla sua piccola, un sorriso che racchiuse il sentimento di una madre rassegnata per ciò che il destino le aveva riservato. Le ricerche continuarono fino a notte fonda, ma della ragazza nessuna traccia; ci fu un’ultimo giro di ispezione e alla fine la squadra tornò al molo dove era attesa da decine di persone. Il capitano si diresse davanti alla famiglia Delambier e pronunciò l’infausto messaggio: - È con grande dispiacere che devo riferire quanto segue: Clodia Delambier è rimasta vittima dell’incendio sviluppatosi in mattinata sull’ “Esmeralda” a causa di un guasto alla cabina centrale che ha portato la stessa ad inabissarsi verso il fondale marino; porgo le più sentite condoglianze ai cari della ragazza. Con un gesto si congedò lasciando il paese nello sconforto. Per lunghi minuti nessuno ebbe il coraggio di muoversi e tutti si unirono in rispettoso silenzio alla disperazione dei Delambier, i quali, senza nemmeno alzare lo sguardo, si incamminarono verso il molo dove lasciarono cadere un fiore che, trasportato dai flutti, si allontanò dirigendosi verso quel mare così limpido e così crudele che gli aveva sottratto il loro unico tesoro.

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Capitolo 3
*** III ***


Il giglio del color dell’ambra navigò per ore senza meta fino ad arrivare nel punto in cui si era consumata la tragedia, non molte ore prima. Adesso le acque erano sormontate da una calma irreale, come se non si fossero accorte che una nave ora giaceva sui loro fondali, e, che insieme ad essa, le lacrime di migliaia di persone vagavano per le onde incessanti. Il fiore iniziò ad inabissarsi, quasi volesse andare di persona alla ricerca della ragazza per la quale era stato colto. Scendeva verso le sabbie marine dove i coralli erano i padroni, e nella sua discesa sfiorò un volto, un volto che oramai era privo di vita, o almeno così sembrava; appena un petalo le accarezzò la guancia Clodia ebbe un sussulto, spalancò gli occhi e si vide sovrastata da quintali di acqua e l’ossigeno nella bombola era quasi esaurito. Pensò che oramai era finita e si arrese alla tragica sorte. All’improvviso un’orca le si avvicinò, la prese a se, e iniziò a trascinarla sempre più in basso, fino a sfiorare la sabbia argentata; Clodia oramai non aveva più aria e si lasciò cadere in un lungo sonno. Al suo risveglio si ritrovò in una grande camera da letto adornata da conchiglie e fiori marini, i vestiti che ora indossava erano asciutti e di un candido colore dell’acqua; pensò di stare in paradiso e che era passata a miglior vita, ma poco dopo capì subito che così non era. A quel punto Clodia si alzò dal letto e iniziò a girovagare per le immense stanze di quello che sembrava il più meraviglioso castello che ogni favola avrebbe mai potuto descrivere. Ad ogni passo veniva circondata da sfarzosi arazzi e dipinti di ogni genere, ognuno dei quali raffigurava scene di vita quotidiana i cui protagonisti erano creature della fauna marina intente a mandare avanti un reame a lei sconosciuto. Oramai aveva perso il conto di tutte le immense stanze che aveva oltrepassato; quando si ritrovò davanti ad una porta di un oro purissimo e con incisioni degne di uno di quei artisti famosi che le imponevano di studiare al college di Londra. Fece qualche passo avanti, esitante d’innanzi a tanto sfarzo, all’improvviso la porta si spalancò e dal suo interno una luce gialla come il sole la investì, istintivamente si protesse gli occhi intravedendo a malapena le figure scure che le si avvicinavano. In uno scatto fulmineo iniziò a correre dalla parte opposta, ma si bloccò… una voce… la ricordava come un sogno nei giorni di tempesta… rassicurante come il sussurro del vento… si girò, e, come spinta da una forza sconosciuta, le andò incontro.

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Capitolo 4
*** IV ***


Ad ogni passo che faceva le affioravano alla mente ricordi che sembravano non appartenerle.. si ricordò di una bambina, ad occhio e croce doveva avere 2 anni, che giocava serena in un parco ricoperto di alghe e fiori marini; si ricordò una sfera, con la quale la bambina giocava, la vide rimbalzare lontano quasi volesse scapparle, e la bambina la seguì, si allontanò da quel giardino e poi .. buio, il ricordo svanì in un istante, come era arrivato. Senza rendersene conto era giunta al cospetto di quella creatura, aveva le sembianze umane, ma si capiva che proveniva da un altro mondo, quasi perduto, risalente a milioni di anni prima. Clodia trasse un lungo sospiro, si fece coraggio, e le andò incontro; goffamente si cimentò in un inchino, e, non sapendo se l’avrebbero capita, iniziò a parlare: - Il mio nome è Clodia, la ringrazio infinitamente per avermi salvato, e se per lei non è disturbo, vorrei poter tornare a casa. La figura si alzò, in tutta la sua magnificenza, e posando una mano sulla spalla della ragazza le sussurrò: - Ma tu sei già a casa Chandra.. Dopodiché si aprì in un lungo abbraccio. Clodia era spaventata, perché quella donna (se così si poteva chiamare) la abbracciava? E perché la associava a quel nome? Non seppe che fare, cercò di divincolarsi da quella stretta, ma fu inutile, allora urlò, urlò con tutto il fiato che aveva in corpo sperando che qualcuno la sentisse, ma non ebbe effetto. Allora la donna si chinò fino a guardarla negli occhi: - Chandra, cosa ti succede, sono io, Sitara, tua madre.

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