L'enigma del Mosaico di Pietra

di Bellis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il signor Sherlock Holmes riceve un inaspettato cliente ***
Capitolo 2: *** Il racconto di Clara Lee ***



Capitolo 1
*** Il signor Sherlock Holmes riceve un inaspettato cliente ***


Prima di iniziare, vorrei ringraziare l'Autrice che ha accettato di fare da beta-reader a questo primo brano, dal momento che desideravo accertarmi che fosse all'altezza del fandom. Grazie, Bebbe, spero che il seguito non ti deluda, in caso contrario, rimango come sempre aperta a critiche, suggerimenti, stroncamenti netti, eccetera, mi sarebbero utilissimi :D

Ora, senza indugio. Iniziamo ad occuparci de

L'Enigma del Mosaico di Pietra


Capitolo I - Il signor Sherlock Holmes riceve un inaspettato cliente

Anche se i fatti che mi accingo ad esporre sono avvenuti più di tre anni fa, ormai, mi trovo ancora restìo a prendere in mano la penna per narrarli. Tale è stato il loro impatto sulla mia persona che, nel ritornare ad essi con la memoria, l'orrore e l'atmosfera malefica di quella nottata - uniti all'inevitabile ricordo delle tremende esperienze che seguirono quel cupo presagio - scuotono il mio animo come la tempesta un piccolo veliero.

Pure, questa vicenda che suscitò tanta inquietudine in me e nella mia povera moglie fornì al mio amico Sherlock Holmes lo spunto per una inusuale indagine, provvista di tutti quegli elementi che potevano incuriosire e risvegliare la sua mente, nonchè interessare quel pubblico che in precedenza aveva dimostrato interesse nei confronti delle sue straordinarie doti deduttive.

Se mantenere fluido ed in azione l'ingranaggio scientifico del suo fervido intelletto costituiva una necessità, per lui, il mio interesse in quella vicenda non fu casuale, o frutto dell'amicizia, o di prospettive letterarie: avevo assolutamente bisogno del suo consiglio ed aiuto.
Per la prima volta in vita mia entrai nel vecchio appartamento di Baker Street mostrando tutti i sintomi di agitazione e di sconcerto che tanto spesso avevo notato nel volto e nei modi dei clienti che si presentavano allo specialista.

"Le assicuro, mio caro Watson," esordì Holmes, versando con tranquillità una appropriata dose di brandy in un bicchiere, "che non l'ho mai vista così turbato."

Afferrai, con mano tremante, il recipiente che egli mi porgeva, ed abbassai gli occhi su di esso, sperando, in un inconscio impulso di dignità, di celare allo sguardo indagatore del mio amico almeno una parte della mia così evidente emotività.
"Ha ragione, Holmes." replicai, piuttosto in fretta, bevendo un sorso del liquido alcolico, ed avvertendo che le mie guance stavano riprendendo un poco di colore. "E le confesso, in tutta sincerità, che nemmeno una volta, dopo il periodo della guerra, mi sono ritrovato a sperimentare un tale turbamento."

Mentre parlavo, Holmes si era avvicinato alla sua poltrona, e vi sprofondò, rivolgendo la sua completa attenzione alla mia persona. Il fare sonnacchioso ed annoiato - io lo sapevo bene - nascondeva in realtà un profondo interesse. E, risollevando lo sguardo su di lui, potei osservare una nota di evidente preoccupazione nella fronte corrugata.
"Se la sente di parlarmi di ciò che è avvenuto stanotte?"

"Ma certo." replicai subito, aggrottando le sopracciglia nell'atto di riportare la mente a quella sequenza inesplicabile di fatti, di suoni, dai quali non riuscivo ad estrapolare un filo conduttore, nell'ansia del momento. Il peggior incubo di uno scrittore si rivelava a me in tutta la sua possente natura: non riuscivo a focalizzare il pensiero su nulla, le parole mi sfuggivano, prima a sillabe, poi a paragrafi interi, una dopo l'altra.

Sherlock Holmes si chinò in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia ed il mento ossuto sulle mani congiunte.
"Nella sua lettera della settimana scorsa ho potuto leggere che sua moglie è fuori città. Dunque ella non è stata presente ai fatti della nottata?" chiese, con un'occhiata incoraggiante.

"No, no." esclamai immediatamente, raddrizzandomi sulla sedia, "Grazie al Cielo, Mary non era in casa. Sebbene sia una donna di carattere, provvista di una grande forza d'animo, non so quale shock... ma, veniamo ai fatti." conclusi, proponendomi d'iniziare dal principio e di non omettere quei particolari tanto insignificanti ai miei occhi quanto preziosi per l'analisi razionale del mio amico.

"Rientravo, circa alle tre del mattino, presso il mio appartamento in Kensington Road, dopo una giornata di lavoro particolarmente intensa. In questo periodo, un paziente dalla grave e debilitante malattia mi costringe spesso a stancanti veglie notturne. Fornite le ultime istruzioni ai famigliari, mi incamminai lungo la via deserta e buia. Almeno un centinaio di metri separa le due abitazioni, e non accolsi con piacere l'opportunità di una passeggiata.

"Le oscure strade di Londra sembravano ancora più fredde ed umide, e, nei momenti in cui mi soffermavo al margine del lastricato buio, anche il più piccolo rumore mi avrebbe fatto sobbalzare. Ciò che sentii fu certamente sufficiente."

Holmes si era rilassato contro lo schienale della poltrona, giungendo in grembo le mani ed intrecciandone le dita affilate ed ossute. Le palpebre erano semichiuse, a mascherare la sua estrema attenzione al mio racconto. Bevvi un ultimo sorso di brandy, e continuai.

"Uno stridìo, Holmes, uno stridìo innaturale. Quasi diabolico, nel suono acuto. Assomigliava, per certi versi, ad un pianto singhiozzante di bambino, o al miagolìo disperato di un gatto. Ma non era nè l'uno nè l'altro, nè uomo, nè bestia, questo glie lo posso assicurare.

"Mi guardai intorno, nella fioca luce dei lampioni. Ero proprio al di sotto delle finestre che davano sul mio appartamento. E mentre alzavo lo sguardo sulla vetrata che illuminava la stanza da letto, vidi, oltre la tenda, una forma disumana e grottesca."

"La luce era accesa?" chiese improvvisamente il mio amico, aprendo gli occhi grigi e scrutandomi attentamente, scuro in volto.

Deglutii, "Più che la luce d'una lampada, sembrava la fiammella di una candela. Tengo sempre qualche candela sul piano di legno dello scrittoio, nella camera." balbettai, in una spiegazione, temo, piuttosto confusa.

Holmes annuì e si riadagiò nella sua postura rilassata e decisamente ingannevole, per uno sconosciuto. Assottigliò lo sguardo, socchiudendo le palpebre.
"Come ha deciso di agire, dunque?"

Riflettei attentamente. Immagino che il mio volto si fosse adombrato, al ricordo del rapido conflitto che ebbe luogo nel mio cuore per pochi momenti. Dovevo fuggire, di fronte a quell'inaspettato evento, cercare un conestabile, mettermi in contatto con la polizia centrale, oppure disdegnare il loro lento ausilio ed affrontare quella creatura - di qualunque cosa si trattasse - da solo?
"Beh, Holmes, avevo con me il bastone dal manico metallico, e non potevo proprio sopportare l'idea di un furto perpetrato dinanzi ai miei occhi, in casa mia. Così, mi avvicinai alla porta, trovandola aperta, la serratura forzata, e..." spiegai, brevemente.

Un breve sorriso comparve sul viso del mio amico.
"... e fece irruzione, com'era prevedibile, conoscendo la sua indole sentimentale ed impulsiva - ma non ho intenzione di interromperla, Watson." aggiunse in fretta, giacchè stavo per controbattere, "La prego, prosegua."

Sollevai le sopracciglia e continuai nella mia esposizione.
"Le scale erano buie, e non osavo accendere un fiammifero per illuminare l'andito che conduce alla porta del salotto. Ma la mia cautela non servì a nulla. Evidentemente, qualunque presenza permanesse in quella casa, aveva avvertito il mio arrivo, perchè udii un rumore soffocato provenire dall'asse di antico legno. Tenni ben stretto il bastone, sollevandone il manico e preparandomi a colpire... ciò che sarebbe fuoriuscito.

"Fu solo un battito di ciglia, Holmes, solo un attimo, prima che una strana creatura, dalle sembianze semiumane, mi travolgesse. Tentai di calare il bastone su quella massa deforme, ma fui atterrato, ed udii distintamente una voce d'uomo emettere un secco ordine, come un comando, e distinsi solo la parola 'Qui', pronunziata con accento deciso; riuscii ad afferrare il braccio di folta peluria che mi aveva gettato a terra. Sembrava un qualche tipo di animale."

Holmes aveva riaperto gli occhi e mi osservava, preoccupato.
"La voce d'uomo," iniziò, con voce tranquilla e quieta, "aveva un accento particolare?"

Aggrottai le sopracciglia nello sforzo di ricordare.
"No, non... mi sembra. In verità, ho distinto ben poco di quel che disse. Parlava in un sibilo, in un sussurro."

"Potè vederlo in volto? Distinguerne le fattezze?"

"Per nulla, Holmes." risposi, desolato dalla mia incapacità di rendere maggiori informazioni, "Mi trovavo nel buio più completo."

Il mio amico annuì e sul volto affiorò un secondo, lieve sorriso d'incoraggiamento.
"Immagino che quella strana coppia - l'uomo e la creatura - si sia data alla fuga."

Annuii, "Sì, infine fuggirono entrambi. Ma non prima che quella bestia affondasse i denti nel mio avambraccio." con una nota di disappunto nella voce sollevai il braccio destro, facendo ricadere leggermente indietro la manica della camicia bianca.

Holmes balzò in piedi e si accostò alla mia poltrona. Comprendendo le sue intenzioni - da scienziato, avrebbe certamente voluto esaminare tutti gli indizi possibili riguardanti la colluttazione - avevo già slacciato il bottone del polsino e mi stavo apprestando a rimuovere il bendaggio leggero che avevo applicato sulla parte lesa dopo aver provveduto all'opportuna disinfezione.

La pelle era arrossata ed ancora sanguinante ai bordi della ferita, piuttosto irregolari e lividi. I segni erano ben definiti ed evidenti soprattutto nella parte sottostante dell'avambraccio, dove la dentatura dell'animale non aveva incontrato la resistenza dell'osso. Il mio amico avvicinò l'arto alla luce e lo osservò accuratamente, col suo fare distaccato ed asettico.

"Cosa ne pensa, dottore?" chiese infine, dopo un lungo silenzio.

"Sembrerebbe quasi il morso di un primate."

I suoi occhi grigi saettarono nella mia direzione, "Precisamente. E un primate di media taglia, a giudicare dall'estensione dei segni." indicò le lacerazioni meglio visibili perchè più dolorosamente impresse nella carne. "Guardi questi tagli quasi riuniti."

"Corrispondono, come posizione, agli incisivi inferiori."

"Giusto. Nota nulla di strano?"

Portai la mia attenzione sull'oggetto delle sue affermazioni, ma infine scossi il capo, non riuscendo a capire a cosa l'investigatore si stesse riferendo.

"Sono inclinati verso l'esterno, Watson." mi spiegò, "E sono appuntiti, estremamente affilati. Ora, vede invece i punti laterali della ferita. Sono arrotondati e più profondi."

"I canini!" esclamai, iniziando a capire. "Solo una dentatura massiccia avrebbe potuto lasciare marchi così netti."

Holmes accennò in senso affermativo, rilasciando la stretta sul mio polso ed avvicinandosi al suo sterminato archivio, che percorse avanti e indietro con lo sguardo, "Vede, vecchio mio, esistono innumerevoli arti a questo mondo che non sono sufficientemente apprezzate per il loro valore pratico. Lo studio della dentatura e della conformazione cranica dei mammiferi non solo ha fatto progredire considerevolmente le scienze geologiche, tracciando la linea dell'evoluzione umana [1], ma trova spesso applicazione anche nella criminologia, come lei può ben immaginare."

Prese un tomo dalle dimensioni notevoli, simile ad un atlante, e lo aprì sul tavolo, sfogliando le pagine sino a raggiungere quella che cercava, "Cosa ne dice, amico mio?"

Mi chinai sul disegno annotato del cranio di un animale esotico il cui nome avevo già sentito nominare, "Un babbuino." studiai per alcuni momenti gli schemi, "Questa raffigurazione coincide in modo impressionante con i segni lasciati da quell'animale!"

Il mio camerata aveva iniziato a camminare avanti e indietro attraverso il salottino, "Vi sono degli ulteriori dettagli in quell'enciclopedia? Bene. Legga ad alta voce, la prego."

Obbedii prendendomi sulle ginocchia il libro per riuscire ad intendere con più prontezza la calligrafia dell'autore, "'Originari del Vecchio Mondo, questi primati della famiglia dei Cercopitechi possiedono una rigida gerarchia, che ne ha reso molto interessante ed attuale lo studio dal punto di vista sociologico. I babbuini sono diffusi in tutta l'Africa, fatta eccezione per la parte nord-occidentale. Il loro habitat naturale sembra infatti essere la savana, provvista di boscaglia bassa, o foreste dall'aspetto semidesertico e rado.' Ma, Holmes: l'Africa! Come può una bestia nativa di quei luoghi essere giunta sin qui, in Inghilterra? E perchè mai qualcuno dovrebbe tenerla come un animale da compagnia?"

Sherlock Holmes si era fermato e mi guardava con aria seccata. "Ah, Watson." scosse il capo, bruscamente, "Lei mi sta chiedendo di tirare a indovinare! Non vi sono fatti, attualmente, che possano rispondere alle sue domande." agitò una mano, borbottando tra sè, "Tuttavia possiamo, con un semplice procedimento associativo, determinare che il suo aggressore è un primate appartenente a quella specie. Il che renderà immensamente più facile l'individuazione del suo complice umano."

Misi da parte il volume, passandomi una mano sul volto, frustrato. Mi rendevo conto che gli interrogativi posti al detective erano probabilmente ancora privi di una risposta, ed il suo contegno era pienamente giustificato. Avvertivo però uno strano senso di coinvolgimento in quella faccenda, e percepivo che quelle circostanze tanto inusuali erano il preludio a qualcosa di più grande.

"Dottore," mentre rimuginavo, l'investigatore si era avvicinato a me, "Non ha concluso il suo racconto, credo."

Era vero: e non riuscivo a spiegarmi come avesse fatto a capirlo. Ma cessai di arrovellarmi il cervello ed annuii appena. Cercai un minimo di concentrazione e ritornai a poche ore prima, nel momento in cui avevo rinunciato all'idea di inseguire i due ladri - chissà se mai essa aveva veramente sfiorato la mia mente! - e mi ero precipitato all'interno dell'appartamento.

"Il salotto e la stanza da letto erano sottosopra. Ogni cassetto del guardaroba di Mary sembrava essere stato rivoltato, mentre la mia scrivania, incredibilmente, era intatta. Ebbi l'istinto di iniziare a frugare dappertutto anch'io, cercando di stimare quanto i criminali avessero sottratto, ma immagino che il mio inconscio avesse già maturato l'idea di recarmi da lei senza indugio, perchè mi trattenni ed uscii subito."

Il mio interlocutore sedette di fronte a me, sul divano, e stette senza parlare per parecchi minuti, immerso nelle proprie riflessioni. "Ha fatto bene." approvò, "Però, sento che c'è un altro particolare mancante."

Accennai un sorrisetto, ancora una volta stupito da quel vivido intuito: non sarei mai riuscito a nascondergli nulla. "Ecco, non ho controllato ancora, ma credo di aver visto sul tappeto, proprio accanto al tavolino di mia moglie, l'astuccio di una sua collana di pietre lavorate, dono della signora Forrester per il suo scorso compleanno. Era vuoto, e il gioiello non era nei pressi."

Il detective giunse le punte delle dita di fronte a sè, appoggiandosi allo schienale del divanetto e collocando diligentemente questa ultima informazione nel suo bilanciato sistema di equazioni in via di costruzione. Io lo fissavo in silenzio, fantasticando sulle complesse e lunghissime catene di cause ed effetti che si nascondevano dietro la fredda nebbia grigia delle sue iridi.

"Holmes." lo richiamai alla realtà, quando il silenzio e l'agitazione mi parvero troppi, "Mi giudicherà una persona dalla fervida immaginazione, ma ho un brutto presentimento. Il modo in cui questo furto si è svolto... mi riesce inspiegabile." esitai, sbirciando il suo volto, "Lei potrebbe venirne a capo. Lo farà, vero?"

Si trattava di una vera e propria richiesta di aiuto, sebbene mascherata da tutte quelle convenzioni sociali che la nostra civilizzata Inghilterra ci imponeva. Il mio amico lo sapeva bene. Scorsi l'ombra di un sorriso distendere i suoi lineamenti ascetici, ed egli si allungò ad appoggiarmi una mano sulla spalla.
"Preferirei non indulgere alla sua fastidiosissima abitudine di affermare l'ovvio, mio caro amico."

E dopo questa teatrale ed obliqua replica, si avviò rapidamente alla porta. Quella sua improvvisa esplosione di energia lo avrebbe fatto sembrare un altro, agli occhi di un estraneo, rispetto al tranquillo pensatore di Baker Street che era stato fino a pochi secondi prima.
"Andiamo, Watson!" esclamò, afferrando soprabito, bastone e cappello.

"Dove?" chiesi, seguendolo istintivamente.

"A Kensington Road." rispose, con impazienza. "Svelto, o quella carrozza svolterà l'angolo della strada senza averci visti."

Feci appena in tempo ad oltrepassare la soglia della porta prima che lui la riaccostasse.


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[1] : Kia mi ha detto che la pubblicazione delle opere di Charles Darwin risale alla prima metà dell'Ottocento, ovvero prima che questa vicenda avesse luogo. Io le credo e la ringrazio dell'informazione. -- Torna SU

Note dell'Autrice
Il mistero inizia a delinearsi, ma per ora le domande sono davvero tante.
Chi è l'uomo che ha aggredito il caro dottore? Per quale motivo si portava appresso una bestia non certo considerabile come animaletto domestico? Cosa lo avrà spinto a penetrare in casa sua e rubare la collana della signora Watson?
Ah, la smetterò, prima che il nostro Holmes esca dalla fanfiction e protesti per il mio blaterare a vanvera! :P
Vedrai, vedrai che nel prossimo capitolo tutto sarà più chiaro.
Forse.

A presto!


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Capitolo 2
*** Il racconto di Clara Lee ***


Nota: betaggio di Samek, che ringrazio infinitamente per i consigli di carattere sintattico-lessicale-metrico. *____* Hai ragione a farmi notare questi errori - presterò maggiore attenzione in seguito!

Bebbe! Come son felice che il primo capitolo ti sia piaciuto! Grazie di averlo betato, e di averlo commentato! Non dubito che riuscirai a giungere in prossimità del bandolo della matassa anche prima di Holmes, una volta accumulati gli indizi necessari a creare un accettabile quadro generale! *___* Spero di non deludere le tue aspettative - il capitolo è un po' corto.

Samek, è una gioia leggere che hai apprezzato il primo capitolo *____* Ti ringrazio per i complimenti e l'incoraggiamento, che, per una scrittrice dilettante, è molto importante. Spero che mi farai notare potenziali discrepanze dallo stile e dal canone corretti - forse riuscirò ad apprendere qualcosa nella stesura di questa fanfiction :) Ah, in risposta alla tua domanda: gli aggiornamenti saranno - almeno lo spero - settimanali, salvo problemi con gli *brrrr* esami.

Orsù, svelti! Pronti e saldi! Ascoltiamo il...


Capitolo II - Il racconto di Clara Lee

Qualche spiraglio di un tiepido sole autunnale iniziava a penetrare la nebbia che ancora avviluppava gli edifici squadrati di Londra, mentre ci allontanavamo dalla carrozza dopo aver debitamente ricompensato il vetturino. Holmes non indugiò sulla soglia ed entrò non appena ebbi aperto la porta.

Scorgemmo d'improvviso una sagoma esile rannicchiata nel sottoscala, e sobbalzammo quando essa si mosse verso di noi - ero ancora piuttosto turbato dall'esperienza della notte, e giurerei che anche il mio amico fosse stato in qualche modo condizionato dal mio sentito resoconto.

"Oh, dottor Watson, è lei? Grazie al Cielo, è proprio lei!" invocò freneticamente una voce femminile.

Sospirai, sollevato: era la domestica che solitamente aiutava mia moglie a mantenere pulita ed in ordine la nostra casa. Occupava alcune stanze dell'appartamento vicino; in effetti, considerando retrospettivamente i fatti accaduti, mi stupii che ella non fosse stata destata prima dal tramestìo.

"Si calmi - sono solamente io." intervenni, alzando la mano verso la lampada ad olio dell'ingresso e trovandone la manopola.

La donna era in lacrime - non era più di una ragazzina, in realtà, e non fui sorpreso di vederla tremare e torturare un fazzoletto bianco che sembrava zuppo. Sopra l'abbigliamento formale teneva un grembiule, e la cuffia che le raccoglieva i capelli era stropicciata e malmessa.
Holmes ed io la accompagnammo di sopra, e lasciammo che esaurisse la crisi nervosa indubbiamente provocata da un enorme stress fortemente paragonabile a terrore.

"D-dottore," balbettò la giovinetta, "La luce era scarsa, ed io - oh, io sarei accorsa prima in suo soccorso... m-ma ebbi paura... non potevo muovermi... udii il frastuono di una colluttazione - oh, io non potei proprio chiamare aiuto!"

Potevo facilmente notare quanto l'investigatore si trovasse a disagio per questa manifestazione di pura ed inutile emotività. Ciò nonostante, interloquì col tono pacato che riservava ai clienti affranti, e dimostrando una notevole misura di inusuale pazienza per la seconda volta in quelle oscure circostanze.

"Signorina... Clara Lee..."

L'interpellata sobbalzò, "E' il mio nome - ma lei mi conosce così bene, signor Holmes? L'ho incontrata altre volte qui, è vero, ma non le ho mai detto come mi chiamo, ne son certa."

Il mio amico sorrise amabilmente, "E' ricamato sul suo fazzoletto."

Clara arrossì, abbassando lo sguardo su di esso e constatando la realtà. Un po' distratta dalla meraviglia per quella magica deduzione, tuttavia, si dimostrò più calma e meglio disposta al dialogo.

"Sarebbe estremamente utile che ci raccontasse ciò che ha visto e udito questa notte."

La ragazza annuì, "Sono stata molto impegnata, la sera scorsa. Dal momento che la signora Watson è fuori città, è stato compito mio rassettare tutti gli ambienti della residenza. Ho terminato verso le... due e mezza, forse le tre." esitò, continuando la narrazione a capo basso, "Mi sono ritirata nelle mie stanze, e... e mi sono apprestata a coricarmi. Ma... ho iniziato a sentire dei rumori."

"Che genere di rumori?" incalzò Holmes.

"Era qualcuno che avanzava nel corridoio. Pensai fosse il dottor Watson, mi accostai all'adito per salutarlo ed augurargli la buona notte... e fu in quel momento che mi resi conto che non si trattava di una sola persona, ma di due ben distinte."

"Come potè capirlo?"

"Dalle loro voci. Ero molto vicina alla porta della mia stanza, che dà direttamente sul corridoio. Non appena le prime parole furono giunte alle mie orecchie, constatai che non poteva assolutamente trattarsi del signore, e raggelata rimasi immobile. I passi avanzarono fino alla scala e si arrestarono da qualche parte sui primi gradini. Io tenevo ancora le dita protese verso la maniglia, non osando neppur respirare.

'Se ci desse problemi? Se quella tua testa dura avesse sbagliato i suoi calcoli?' ringhiò il primo.

'Limitati a prendere quello che devi, e svignatela. Hai capito?' fu la secca replica. La voce del secondo uomo pareva assai più lucida.

'Ma...'

'Sono questi gli ordini! Fai la tua parte e sarai ben pagato.'

'E va bene.' sibilò il secondo.

Il rumore dei loro movimenti si ripresentò, sommesso come prima, tuttavia era chiaro che i due si stavano allontanando l'uno dall'altro. Uno di essi lasciò la casa - lo vidi allontanarsi, dalla finestra della mia camera."

"Riuscirebbe a descriverlo, signorina Lee?" chiesi, d'impulso.

Clara crollò il capo, stringendo nervosamente le mani in grembo, "Mi dispiace, dottore - non era altro che una sagoma scura, mal vestita, alla luce dei lampioni. Il viso era coperto da un cappellaccio da marinaio. Non saprei dirle di più."

Non potei fare a meno di pensare che ci trovavamo di nuovo al punto di partenza: quale nuova informazione si poteva mai dedurre da un dialogo così vago e misterioso? Ciò che la domestica aveva sentito era ben poco - inoltre, era assai scossa, e temevo che anche quel poco che ci poteva riferire fosse distorto dalla sua fantasia di ragazzina.

Il mio amico evidentemente condivideva i miei dubbi, anche se i suoi occhi chiari rimanevano posati sulla sua interlocutrice, "Ricorda null'altro di quella notte?"

Sconvolta, la giovane accennò di sì, "Quelle grida acute, bestiali, signor Holmes - e poi, il passo del dottor Watson, e la sua esclamazione di orrore, e la fuga di quell'altro uomo... se uomo era, e non demone - oh, non riuscirò mai, mai a dimenticarlo!"

La signorina Lee ruppe in singhiozzi, e mi affrettai a rassicurarla che non mi era accaduto nulla di male, e che rimanere nascosta era stata certamente la scelta più saggia, quella che io stesso le avrei consigliato, se ne fossi stato in grado. Holmes, impassibile, attese che la riaccompagnassi alla sua camera. Quando ritornai, era appoggiato allo schienale della sedia, con quel vago accenno di distanza nel suo sguardo che mi suggeriva che stesse utilizzando le sue acute facoltà intellettive per riordinare i primi fili di quel complicato garbuglio.

Lo accompagnai nella stanza che io e Mary condividevamo: era una saletta abbastanza ampia, con una finestra alta che dava su Kensington Road. Il tavolo da toeletta di mia moglie era di fianco ad essa: su di esso torreggiava una candela che era stata presumibilmente prelevata dalla mia scrivania, che era collocata dirimpetto alla vetrata e, a parte questo fatto, era intonsa. Tutti i cassetti e i vani del mobiletto della mia consorte, invece, sembravano esser stati frugati, perquisiti a fondo, e sul tappeto erano sparpagliati gioielli, pettini, ed ogni sorta di accessorio.

"Uno strano furto, davvero." commentò il detective, con tono stridente e ironico, "Il ladro ha scelto di prelevare solamente una collana di pietra, fra tutti gli oggetti preziosi presenti. Hum! In effetti, il racconto della domestica sembra trovare riscontro - dalla quantità di cera colata dalla candela su questo piano di legno massiccio, sembra che sia stato qui solo pochi minuti. E data la fretta con la quale ha maneggiato il suo bottino, non prevedeva di trattenersi a lungo. Probabilmente aveva informazioni precise sulle sue abitudini e sui suoi impegni, dottore."

Holmes parlava più a se stesso che a me, ma in quel momento mi rivolse un breve sguardo meditabondo. Mentalmente, stavo facendo l'inventario di quell'accozzaglia disordinata di oggetti sparsi sul pavimento, e confermai ciò che prima avevo solo ipotizzato: la collana mancava, e null'altro.

"Non riesco a spiegarmelo - che interesse poteva mai avere nei confronti di un articolo di così scarso valore? Ha corso notevoli rischi per entrarne in possesso: l'ora precisa del mio rientro non era nota nemmeno al sottoscritto."

"Questi interrogativi sono prematuri e rischiano di distrarci dall'osservazione dei fatti, Watson." mi rimproverò severamente, "Ciò che possiamo affermare con certezza è che l'intruso non era alla ricerca di denaro: non ha toccato il suo scrittoio. Non ci troviamo di fronte ad un banale ladro, ma ad una persona pericolosa, sulla quale qualcuno - un suo complice, forse, o un mandante - sembra avere un notevole ascendente. A dimostrazione di queste due deduzioni abbiamo, rispettivamente, la scelta di un animale notoriamente aggressivo come difensore, e il dialogo riportato dalla signorina Lee, del quale non abbiamo ancora motivo di dubitare."

"Intende dire che potrebbe essere sospettata di complicità?" proruppi, incredulo.

"E' bene non ignorare alcuna possibilità, vecchio mio." mi fece notare, "Se escludiamo alcune delle strade disponibili, potremmo non trovare mai quella giusta verso la soluzione - Ah!"

Mentre parlavamo, il mio amico spostava le iridi grigie da una parte all'altra della stanza, scrutando ogni dettaglio, memorizzando qualsiasi particolare trovasse di fronte a sè. Si era chinato, ora, e mostrava con un indice ossuto un segno sul linoleum vicino all'ingresso.

"Sembrano segni di chiodi." notai.

"Coerenti con l'impronta di una scarpa. Non le suggerisce nulla?"

"Scarponcini chiodati!"

"Bravo, Watson." si congratulò Holmes, battendomi una mano sulla spalla, "Abbiamo a che fare con un operaio - ma questo non ci porta molto avanti, nevvero?" appoggiò le mani sul pavimento, studiando quelle tracce e seguendole con gli occhi attenti. In un attimo era accanto al muro, e ne prelevava un pezzetto di legno bruciato. "Era prevedibile che avrei trovato qualcosa del genere."

"Un fiammifero."

"Sì, dottore. Ci pensi bene - il nostro uomo si è fatto strada sino a qui con questo fiammifero, ha acceso la candela gettando poi il fiammifero di lato, l'ha posata sul tavolo da toeletta, ha iniziato la sua criminosa ricerca. Sentendola arrivare, ha spento la fiammella e in tutta fretta si è diretto all'uscita..."

Senza preavviso si rialzò, ed iniziò a percorrere nervosamente la stanza.

"Pochi indizi, Watson, pochi indizi!" borbottò, "Costoro sono stati estremamente attenti a non lasciare tracce che ci potessero condurre ad intraprendere una qualsiasi linea di pensiero. L'unico punto di anormalità, l'unica, per così dire, caratteristica peculiare di questo furto consiste nella presenza del babbuino - ed è da lì che inizieremo la nostra ricerca."

Allargai le braccia, non riuscendo a capire, "Holmes, come possiamo sperare di trovare un babbuino, tra un milione di abitanti presenti a Londra e chissà quante migliaia nella periferia?"

Mi favorì con un'occhiata impaziente, "Prima di tutto setacceremo il porto, in cerca di navi o battelli provenienti recentemente dall'Africa o da attigue zone meridionali. Nel caso in cui non avessimo successo, le opzioni rimaste sarebbero ben poche - circhi itineranti, o sedi naturalistiche. E in nessuno dei due luoghi vedo bene il nostro rozzo ladro - no, il racconto di Clara Lee ci indica il porto: vestiti malmessi, accenti rudi, un cappellaccio da marinaio."

"Un gran numero di rotte commerciali interseca i porti africani," osservai, "Potrebbe non essere semplice trovare lo sconosciuto aggressore."

"Ah, dottore," mi zittì lui, "quale vascello da carico o grande nave passeggeri terrebbe a bordo un animale selvaggio onnivoro e potenzialmente dannoso per la merce e per l'equipaggio? Rifletta, Watson! - si tratta certamente di una chiatta o un piccolo battello a vapore, qualcosa che possa essere manovrato da pochi esperti di navigazione."

Abbassai lo sguardo, comprendendo le argomentazioni del mio amico. Raccolsi l'astuccio della collana, ora vuoto. Holmes si avvicinò e studiò la piccola scatola foderata in velluto.

"Nessun marchio del fabbricante, nessuna nota. Molto strano."

"Strano?"

"Curioso, sì." prese in mano la piccola scatola allungata, dalla forma rettangolare, e la aprì, "Me l'aspettavo. Guardi qui - il velluto interno è differente da quello all'esterno. I passanti della custodia sono stati ricavati a misura, e l'imbottitura è stata aggiunta successivamente alla fabbricazione della stessa."

"Intende dire che non è l'astuccio originale della collana?"

"Esattamente, Watson. Questa custodia è stata modificata. Vede la cucitura del velluto, qui? Nota quest'altro punto, dove è stato utilizzato del materiale collante per mantener saldo il fondo di legno al rivestimento interno? E queste slabbrature sul dorso e in prossimità della cerniera? L'imbottitura, invece, è nuova. Possiamo supporre che sia stata sostituita, da una persona che voleva rendere più presentabile un regalo, forse. Ma ciò non spiegherebbe come mai non ha fatto cambiare anche il velluto esterno. Inoltre, il lavoro artigianale è di assai scarsa qualità."

L'investigatore richiuse la scatolina e se la mise in tasca, con aria pensierosa.
"Ritorniamo a Baker Street, amico mio - ho necessità di riflettere, e le indagini al porto non possono aspettare. La sua intuizione era giusta: questo enigma nasconde ben più di un comune furto."

"Forse dovremmo chiedere alla signorina Lee di farsi ospitare da qualche parente, Holmes. Non mi fiderei troppo a lasciarla da sola qui."

Sorrise alla mia preoccupazione, "Buon vecchio Watson! Non credo che la giovane Clara Lee corra dei pericoli. Il delinquente ha trovato e portato via ciò che cercava, è improbabile che ritorni sulla scena del delitto."

Detto ciò, si apprestò a mettere in pratica quel che aveva preannunciato. Lo seguii celermente, e in cuor mio non mi sarei affatto meravigliato se il mio stravagante commilitone avesse lasciato la domestica sul posto solo per avere un testimone a possibili futuri eventi d'interesse.

Ma non feci parola di questo mio pensiero, e strinsi più forte l'impugnatura del bastone, ritornando nell'umido freddo della City.


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Note dell'Autrice
Ebbene.
Ora sappiamo cosa è successo sul luogo del furto.
Conosciamo le opinioni di Holmes in merito.
Mancano ancora molte informazioni al quadro generale: chi sarà il misterioso marinaio? E chi il suo complice? Quale criminoso intento li avrà condotti a Londra? Che ruolo avrà la signorina Lee in tutto ciò?

Le risposte... prossimamente.


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