Origine di una Leggenda di KyubiKonanOfAkatsuki (/viewuser.php?uid=34050)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno: Un Nuovo Rivale ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Il futuro CP9 si incontra. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Kokitsune contro Lucci ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Leopardo e Dragone ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Un regalo ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Lacrima ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Capitano ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Nelle fauci del Drago ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Anni che Passano ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Una tazza di tè ***
Capitolo 1 *** Capitolo Uno: Un Nuovo Rivale ***
New
[E’ difficile la
vita, quando tutti ti vedono come un demonio. Vieni deriso, umiliato, picchiato
anche se non hai fatto nulla, conta solo come appari, non come sei dentro.
Kokitsune lo sapeva bene. C’era una persona, invece, che era davvero degna di
quell’appellativo ma per le sue ‘normali’ caratteristiche veniva lasciata in
pace e veniva anzi lodata come una figura da imitare, anche a soli tredici anni…
Lucci. Ma lui, a differenza di lei, amava uccidere. Faceva del sangue un lusso
al quale non poteva rinunciare, e le sue azioni ricadevano su Kokitsune, allora
non ancora un membro effettivo del CP9. Lei veniva giudicata per quello che
appariva. Ma vi racconterò la loro storia, e non solo. Perché non è solo la
loro, ma quella del CP9 di allora]
Lui era lì, seduto,
che guardava il pavimento.
Al bordo di un
marciapiede, che guardava torvo i passanti che si affrettavano verso le loro
case, prima del calar della notte. Tra le mani, un tozzo di pane che stava
sbriciolando per il suo piccione, Hattori, che stava appollaiato sulla sua
spalla, vicino ai suoi capelli lisci, corti e vagamente ondulati. Le sue piume
bianche contrastavano notevolmente con i capelli, neri corvini.
Lucci: -Tieni
Hattori, e fattelo bastare fino a domani, che non abbiamo altro-
Lucci aveva solo sei
anni, quando venne iniziato alle Rokushiki.
Non aveva famiglia,
e si vedeva, dato che viveva per strada. Sua unica compagnia era appunto
Hattori, piccione che aveva salvato dalle grinfie di un gatto che lo stava per
mangiare. Ogni tanto, se il cielo gliela mandava buona, mettevano le mani su un
po’ di cibo, ma per il resto vivevano alla giornata. Ma quella sera sarebbe
stata l’ultima notte trascorsa per strada.
???: -Tu, bambino…
Vieni con me-
Lucci: -Oh? Chi
sei?-
La voce estranea era
quella di un uomo adulto. Sembrava parecchio deciso, e comunque Lucci era solo
un bambino, anche se si fosse opposto non avrebbe fatto una gran differenza. Una
mano lo afferrò con forza dal magro braccio, alzandolo violentemente.
???: -Mi chiamo
Spandine, orfanello. Verrai addestrato per diventare un membro del CP9. Una
volta giunti a destinazione, verrai informato-
Lucci: -Mi lasci! Mi
sta facendo male!-
Spandine: -Non
scherzare! E comunque, perché ti preme così tanto la vita? Non hai nessuno
accanto, nessuno che chieda di te, non hai neanche un tetto sotto il quale
ripararti! Anzi, per sopravvivere rubi anche. Non mi darai a bere che quel tozzo
di pane te lo sei guadagnato onestamente! A questo punto, se devi proprio
vivere, renditi utile!-
Quelle parole
avevano colpito il bambino. Non si era mai posto quelle domande, e sentirsele
rinfacciate così di colpo con tono duro e seccato, facevano particolarmente
effetto.
Lucci: -… Dove mi
porta?-
Spandine: -Alla
nostra base. Ne abbiamo una in ogni città, delinquente!-
Una volta arrivati
alla base della Marina, Lucci venne fatto accomodare in un ufficio molto
ordinato. Si respirava un forte odore di caffé, e numerosi fogli erano
accatastati sulla scrivania in lucido legno davanti a lui. Si era accomodato in
una poltrona in pelle nera, come gli era stato detto, in attesa dello stesso
uomo che l’aveva raccolto dalla strada. Si strofinò gli occhi: aveva sonno.
Dopotutto era mezzanotte, e lui era abituato ad essere a dormire da qualche
parte a quell’ora.
Un rumore: Spandine
era appena entrato nell’ufficio, con un pezzo di carta e una penna in mano.
Chiuse la porta dalla quale era entrato e si accomodò oltre la scrivania, di
fronte a Lucci.
Spandine: -Allora…
Il tuo nome-
Lucci: -Rob
Lucci-
Spandine:
-Età-
Lucci: -Sei
anni-
Spandine: -Sei
predisposto a malattie?-
Lucci:
-No-
Spandine: -Questo lo
deciderà il nostro dottore… Ti esaminerà domani. Comunque, paure?-
Lucci:
-Nessuna-
Spandine: -Ultima
cosa… Per stasera. Ti piacciono i gatti?-
Lucci: -Che razza di
domanda è questa? Comunque sì. Mi piacciono-
Hattori, irritato,
volò dall’altra parte della stanza. Lucci sorrise, il piccione aveva un buon
motivo per odiare i felini.
Spandine: -Molto
bene. Abbiamo un Frutto del Diavolo, a quanto ci hanno detto è uno Zoan modello
Felis Felis, e lo daremo a te. Hai bisogno di diventare forte, se vuoi esserci
d’aiuto…-
Lucci: -Ok. Non so
neanche cosa sia un Frutto del Diavolo, ma se proprio devo prenderlo e mi farà
diventare forte…-
Spandine: -Non te ne
pentirai. Ora vattene di qui, qualcuno ti indicherà il tuo alloggio per
stanotte, e dormi. Avrai bisogno di tutte le tue forze per domani-
Nonostante le ultime
parole dell’uomo abbiano lasciato il bambino perplesso, obbedì. Fuori dalla
porta, evidentemente a origliare, c’era un adolescente (quattordici anni)
vestito con una camicetta bianca e dei pantaloni neri. I capelli viola e gli
occhi apparentemente pesti, lo guardava con invidia.
???: -Mhm. Papà dice
così a tutti… Beh, io sono Spandam. Ti devo indicare dove dormi-
Lucci: -Va bene.
Fammi strada-
Spandam: -Spero che
non ti faccia problemi condividere la stanza con un altro moccioso… Si chiama
Jyabura, ha sei anni più di te. L’abbiamo già da un po’-
Il ragazzo lo guidò
attraverso i corridoi della sede. Erano molto puliti, e nonostante fosse notte
tarda molti Marines erano ancora in piedi a lavorare. Salirono delle scale e
percorsero un corridoio pieno di porte, tutte uguali, se non fosse che avevano
una targhetta con un numero diverso per ogni stanza. Arrivarono fino alla numero
tredici e Spandam entrò senza nemmeno bussare, provocando l’ira di un bambino
poco più piccolo di lui. Un undicenne, per la precisione, i lunghi capelli neri
e sciolti, una cicatrice sull’occhio sinistro.
Spandam: -Hai
compagnia, marmocchio-
Jyabura: -Cosa?! Qui
non c’è posto per tutti e due!-
Lucci capì fin dal
primo momento che non sarebbe andato d’accordo con Jyabura, che era
un’attaccabrighe e di certo non si sforzava di fare amicizia.
In ogni caso, la
stanza dove erano alloggiati era piccolina, e sulla moquette marrone segni di…
Graffi.
Jyabura: -Una volta
tanto che ho qualcosa solo per me scopro che devo condividerla!!!-
Spandam: -Ma questo
lo abbiamo raccattato dalla strada, come te, piccolo lurido verme!-
Jyabura: -… Guarda
che mi trasformo-
Lucci si meravigliò.
Spandam indietreggiò appena, ma non sembrava intimorito.
Spandam: -E noi ti
buttiamo in mare. A te insegnano pure le Rokushiki, ma devono provvedere al
rispetto! Tu altro, come ti chiami… Quello è il tuo compagno di
stanza-
Spinse dentro il
bambino e chiuse la porta. Si sentì la chiave scattare nella serratura e
chiuderli dentro.
Jyabura: -Tsk… Fa
sempre così-
Lucci: -Prima hai
detto ‘mi trasformo’… Che volevi dire?-
Jyabura: -Beh, che
mi trasformo. Sai che vuol dire?-
Lucci: -Sì, ma… La
gente non si trasforma-
Jyabura: -Ahah, non
sai farlo? Ti faccio vedere-
Jyabura sembrava
contento che il suo nuovo compagno di stanza non sapesse trasformarsi. Sembrava
comunque che avesse problemi a farlo, ma ci riuscì: una coda da lupo, la
pelliccia grigia e il muso a punta.
Lucci: -Sei un lupo
mannaro-
Jyabura: -No, mi
hanno dato un Frutto del Diavolo e l’ho mangiato. Sai, li danno soltanto ai
‘forti’-
Lucci: -Ah, allora
tu sei forte-
Jyabura: -Puoi
dirlo-
Lucci decise di non
far arrabbiare subito il ragazzo lupo dicendogli che anche lui avrebbe avuto
quel potere. Prima bisognava cercare di farselo amico… Finché non sarebbe stato
abbastanza forte da tenergli testa.
Lucci: -Sai se ci
sono altri nella ‘squadra’ dove ci devono mettere?-
Jyabura: -Oh, sì.
Non so quando arriveranno, ma so che c’è una che è una volpe umana, sai le
kitsune... Una biondina sua amica, uno con il naso squadrato… Ma comunque, a
quanto ho sentito, il Governo sta ancora ‘negoziando’…-
Lucci: -Sai molte
cose-
Jyabura: -Sai,
alcune cose le dicono solo a noi agenti… Aspetta di esserlo anche
tu…-
Si vantava Jyabura,
pieno di sé. Il bambino si buttò subito nel letto che gli era stato preparato,
sprofondando con la testa nel cuscino. Anche se il suo compagno era odioso,
aveva un posto sicuro e caldo per dormire. |
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 2: Il futuro CP9 si incontra. ***
New
xAmericanpeople95: Ciao! Mi fa piacere trovarti anche qui :3
Kokitsune è come l’erba cattiva: non muore mai
XD Io invece sto leggendo la tua ‘Destiny’, ma
vorrei leggere anche gli altri capitoli. Non è che potresti darmi il link al tuo
profilo su Manga.it?
In effetti ci sono pochissime fic sulla CP9 (che mi hanno pure fatto
iniziare la lettura di tutto One Piece), e ne voglio mettere un po’. Anche tu ne
scriverai altre, vero? (ci conto :3)
Non ti preoccupare, non fraintendo!
Kokitsune: (con rivista yuri) Oh…
Il mattino dopo,
verso le cinque del mattino, Jyabura era già in piedi che faceva un po’ di
riscaldamento per i muscoli sul letto. Sembrava molto concentrato, e Lucci si
era svegliato per il semplice fatto che il compagno, prendendo a pugni e calci
la parete, faceva rumore.
Lucci: -Oh… Che
fai…?-
Jyabura: -Sei ancora
a letto! Tra poco passa Spandine per portarci dal maestro! Ti conviene
sbrigarti-
Lucci: -Ma sono le
cinque del mattino!-
Jyabura:
-Appunto!-
Il lupo quasi lo
buttò giù dal letto.
Lui era abituato, ma
per il bambino era un’esperienza del tutto nuova. E non gli piaceva affatto.
Dato che aveva dormito con gli stracci che portava sempre per strada, si lasciò
quelli e cominciò a imitare Jyabura, ma si arrese subito in quanto aveva
iniziato esercizi a lui impossibili: stava fluttuando.
Lucci: -Come
fai?-
Jyabura: -Sto solo
usando il Geppou… Mi devo allenare, non deconcentrarmi-
Lucci: -Il Geppou?
Cos’è?-
Jyabura: -Ma allora
non sai niente-
Lucci: -‘Ma allora
non sai niente’! Potresti spiegarmelo, allora, così qualcosa la
saprei!-
Il lupo si fermò e
lo guardò male. Lucci era serio, ed evidentemente seccato. La chiave schioccò
nella serratura della porta e quella si aprì: Spandine entrò nella stanza, con
qualcosa in mano. La cosa era gialla, rotonda e con qualche macchia nera.
Jyabura spalancò gli occhi, sorpreso, mentre l’uomo consegnava l’oggetto al
bambino.
Spandine:
-Mordilo-
Jyabura: -Ma…
Ma!-
Spandine: -… Tu,
zitto-
Era un Frutto del
Diavolo, il Felis Felis modello Leopardo. Lucci lo morse, inconsapevole, e se ne
pentì subito dopo: che orribile gusto. Gli sarebbe rimasto in bocca per giorni.
Ma il suo potere… Quello gli sarebbe rimasto in corpo per sempre.
Spandine: -Verrete
condotti da due maestri differenti. Tu, orfanello, con me. Jyabura, al solito,
pratica con le Rokushiki-
Spandine se ne andò.
Jyabura strinse i pugni.
Jyabura: -… Non sono
forte, allora… Se danno il Frutto a uno come te!-
Lucci: -Non ho
scelto io di…-
Jyabura:
-TACI!-
Disse, seguendo
l’uomo.
--------------------------------------------------------
[Passarono … Lui,
invece, non aveva mai avuto problemi. Un bellissimo bambino, non c’era che dire,
con i capelli corti e arancioni, gli occhi scuri e i tratti delicati. Eccetto
per il lungo naso squadrato. Kaku era considerato da molti dolce e ispirava
tenerezza. Fu proprio questo suo essere a farlo diventare un membro del
CP9]
Le luci del tramonto
tingono di rosso le montagne.
Il vento spira
inarrestabile, portandosi dietro le foglie cadute o strappate via dagli alberi.
L’autunno era una stagione meravigliosa. A Kaku piaceva, perché sua madre gli
preparava sempre il suo piatto preferito, le castagne calde. Poteva inoltre
nascondersi nei mucchi di foglie che si accumulavano in giro, saltare nelle
pozzanghere dopo le giornate di pioggia, e il profumo di erba bagnata lo
rilassava. Era il giorno del suo sesto compleanno. I suoi genitori gli avevano
regalato una bellissima katana, forgiata secondo la tradizione, perché si inizia
fin da piccoli ad allenarsi con le spade.
Kaku: -Grazie mamma!
Grazie papà! Andrò a provare la katana al vecchio ciliegio!-
Il vecchio ciliegio
stava ormai perdendo i suoi petali rosati nel cielo arancione. Il bambino faceva
pratica, tagliando ogni petalo in due prima che toccasse terra, un po’ come
Minamoto no Yoshitsune nella vecchia leggenda. Ma il vento spirava molto forte,
quel giorno… Troppo.
L’albero si trovava
in cima a una collina, e Kaku venne spinto giù con il suo regalo stretto tra le
mani. Colpì qualcosa di duro con la testa e perse i sensi.
Quando si risvegliò,
non si trovava più sulla collina, ma disteso su un morbido letto, in una stanza
piccola e spoglia, il muro coperto di morbido tessuto simile al velluto, marrone
cioccolato. Non era solo, due occhi senza iridi lo stavano fissando.
???: -Hey, il bimbo
si sveglia! Non è un tesoro?-
???: -Sì Ko, ma se
gli stai così vicino lo spaventerai-
Kokitsune: -Sì, kon
kon? Gli umani si spaventano così facilmente, Kalifa?-
Kaku si stropicciò
gli occhi: un muso di volpe dalla pelliccia gialla e bianca era a pochissima
distanza dal suo naso. Le orecchie lunghe e nere, gli occhi apparentemente pesti
e tre cicatrici per ogni guancia. I capelli erano corti e castano scuro, una
matassa selvaggia come una criniera che le ricadeva sulle spalle. Vestiva con
una canottiera bianca e dei jeans troppo larghi, e doveva avere sui quindici
anni. Dietro di lei, una bambina bionda e con due grandi occhiali, un vestito
nero così lungo da arrivarle alle ginocchia, sugli otto anni, e un ragazzo con
la pelle bianchissima (perché truccata), i lunghi capelli rosa raccolti in una
coda e un samue blu come abito. Aveva tre anni più della volpe.
Kalifa: -No, ma tu
gli sei troppo vicina-
Kaku: -AAAH! UN
DEMONE!-
Kokitsune: -OH,
DOVE?!-
Kalifa sospirò
rassegnata. Evidentemente l’amica non si rendeva conto che Kaku aveva chiamato
lei demone.
Kalifa: -Testa di
pigna, parla di te!-
Kokitsune: -Oh! Kon
kon, non essere ridicolo, non sono un demone-
Kaku:
-Ooookkk…-
Kokitsune: -Non mi
credi, naso a rettangolo? Sono una volpe!-
Kaku:
-(pensando)Stiamo al gioco, così non si arrabbia-
Il bambino annuì.
Kokitsune sorrise a trentaquattro denti, spaventandolo se possibile ancora di
più, quando la biondina pensò bene di allontanarla. Nel frattempo, ai piani più
alti della base…
Marine:
-Grand’Ammiraglio Sengoku! Il ‘demone drago’ di Roger si è perfettamente
integrato con il futuro CP9!-
Sengoku: -Ottimo.
Tuttavia, dobbiamo continuare con gli interrogatori, in modo che se qualcosa
affiorasse dai ‘suoi’ ricordi, noi saremmo i primi a saperlo. Quella Damu ci ha
fornito una potentissima arma, i Frutti Mito Mito sono più rari dei Rogia, e
sappiamo che si trovano solo nell’arcipelago Sancta. Finora afferma che qualcuno
è riuscito a prenderle il Mito Mito modello Fenice, ma no c’è da preoccuparsi…
Il Kon Kon modello Kyuubi Ryuko è tutto quello che ci basta-
Marine: -Signore!
Allora rimangono altri due frutti della stessa categoria!-
Sengoku: -Non è
detto. A parte il Mito Mito modello Tigre e il modello Kirin, penso che ne
esistano altri. E una volta che avremo imparato a controllare Kokitsune, saranno
nostri-
Intanto, Kaku era
riuscito a fare amicizia un po’ con tutti. Continuava sempre a credere Kokitsune
un demone, ma non era poi così malvagia, dopotutto. Kalifa in un primo momento
era diffidente, ma poi legarono subito. Jyabura, che era arrivato poco dopo, era
già diventato suo rivale, Lucci ancora non lo avevano incontrato.
Jyabura: -Ooohh… Io
sono suo compagno di stanza. Quel ragazzo non è normale! Siamo già fortunati che
non ci abbia fatti fuori tutti-
Kokitsune: -Non
basta la fortuna con quel tizio alle costole, infatti credo che dovrò stare in
guardia. Non gli vado a genio-
Jyabura: -A lui non
va a genio nessuno-
Kokitsune: -Beh, io
non sono stata ancora presa in questa Cipher Pol non so ché, quindi non dovrei
avere problemi…-
Jyabura: -Invece li
hai. Ti stanno addestrando per le Rokushiki, no? Quindi sarai in squadra con
noi-
Kokitsune:
-(risatina) Ahah, hai usato l’imperativo… Ti piacerebbe… Kon kon-
Jyabura: -Co… Cosa?!
Hai frainteso, io non volevo dire… Insomma, perché devo essere il solo con
quello psicopatico? Ecco-
Kalifa: -Comunque, a
parte tutto, saremo una bella squadra-
Kumadori: -Yo yoi,
io non sono ancora maestro nel ‘Ritorno alla Vita’…-
Kalifa:
-L’importante è che diventi maestro nelle Rokushiki. Sono quelle che contano,
no?-
Kaku: -Cosa sono le
Rokushiki?-
Jyabura: -Una sorta
di arti marziali. Una sorta, eh. Sono molto più potenti-
La porta della loro
stanza si aprì. Era Lucci. Dodici anni di età. Eppure, non era più un bambino da
tanto tempo, era un assassino. Tutti si ammutolirono, e Kaku si domandò il
perché…
Lucci: -Oh, il
pivellino. Ed è accompagnato dalla secchiona, dal cane, dal demone e dal tipo
con i capelli rosa… Mi dispiace che ti sia già imbattuto in queste cattive
compagnie-
Kaku: -A dire il
vero, loro sono molto gentili con me-
Lucci: -Loro non
devono essere gentili. Loro devono essere spietate macchine da guerra, in
particolare TU, cagna-
Disse lui, indicando
Kokitsune, che rimase in silenzio assoluto. Aveva già imparato (a sue spese)
cosa succedeva a rispondere, e aveva una fasciatura sulla pancia macchiata di
rosso scuro a dimostrarlo…
Kaku: -Perché le
parli così? Cosa ti ha fatto di male?-
Lucci: -Perché è
debole. Durante le missioni, prova persino rimorso nell’uccidere! E’
inammissibile… Sembra che si ‘scateni’ solamente contro i pirati…-
La guardò disgustato
e se ne andò via, sbattendo la porta.
Kokitsune: -Non ti
preoccupare, ci sono abituata. Non penso che sia cattivo… Infondo-
Jyabura: -NON PENSI
SIA CATTIVO? Quello ti vuole morta!-
Kokitsune: -Non
m’importa. Chissà cosa gli hanno inculcato nella testa a quel figliolo…
Scommetto che vorrebbe tanto avere una famiglia-
Jyabura: -A volte
sei così ingenua! Quello è cattivo di nascita!-
Kokitsune: -Non
penso. Gli andrò a parlare-
Kokitsune uscì e
andò a cercare il ragazzo, ignorando Jyabura che aveva cercato di
fermarla.
Kaku: -… Poverina.
Sarà stata un demone, ma mi dispiace-
Kalifa: -Beh, questa
è la prova che Ko ha istinti suicidi-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 3: Kokitsune contro Lucci ***
New
xAmericanpeople95:
Eccomi anche io, ma non sono altrettanto puntuale con gli aggiornamenti
XD
Della CP9 non si sa
quasi nulla – solo il passato di Lucci -, degli altri invece zero. Quindi,
proprio come hai detto tu, largo alla fantasia. (E’ che mi ispirano, sono i miei
‘cattivi’ preferiti, anche se tecnicamente sono i buoni XD).
Adesso cerco la
fanfic, è che non sono pratica con Manganet e sono MOOOOLTO lenta a trovarla…
Questione di abitudine con EFP XD
Kokitsune si
affrettò per i corridoi. Voleva raggiungere Lucci al più presto, voleva capire
quel suo essere, perché era sempre così cattivo e insensibile. Finalmente, lo
trovò, ma non venne accolta nel migliore dei modi.
Lucci:
-Shigan!-
Kokitsune: -Kami
e!-
Disse lei, schivando
per un pelo l’attacco del ragazzo. Le uniche Rokushiki che conosceva abbastanza
bene erano il Geppou e il Tekkai, le altre erano ancora fuori dalla sua portata
e avrebbero richiesto ancora anni di apprendistato.
Lucci: -Che cosa
vuoi, cagna?-
Kokitsune: -Dirti
due paroline, giovanotto-
Lucci: -Cosa puoi
avere tu da dirmi, cosa può essere tanto importante da richiedere la mia
attenzione? Shigan!-
Kokitsune: -Vuoi
combattere? Fatti sotto! Se non mi vorrai ascoltare, dovrò costringerti con le
cattive, micino!-
Lucci non le
rispose, ma questa volta usò il Rankyaku. Lei schivò e il colpo tagliò in due
parte dell’edificio, che tremò e crollò. I Marines urlarono, si precipitarono in
giro, cercando di salvarsi. Probabilmente pensavano fosse un terremoto.
Kokitsune: -Hey!
Dammi tregua!-
Lucci: -Sei tu che
sei lenta, inadatta, debole. Ripulirò la Marina dalle creature deboli come
te-
Kokitsune: -E io ti
mostrerò… Kon kon…-
Ma non fece in tempo
a finire la frase che venne colpita: uno shigan alla spalla sinistra. Il sangue
zampillò dalla ferita e lei gridò, appoggiandosi al vetro di una finestra
chiusa. Erano molto in alto, più di venti piani. La base della Marina sovrastava
tutta la cittadina, la sua ombra oscurava le case.
Lucci: -Io
purificherò la
Marina e il mondo-
Un calcio nello
stomaco. Kokitsune cozzò così forte da rompere la finestra e cadere giù. I vetri
le si conficcarono nella carne, provocandole ancora più dolore. Non sentiva più
la spalla, ma vedeva il braccio ricoperto di rosso. Fortunatamente, non aveva
sbattuto con la testa. Se lo avesse fatto, sarebbe svenuta e morta in seguito
allo schianto a terra.
Kokitsune:
-Geppou!-
Le sue zampe
sferzarono l’aria, proiettandola verso Lucci, che nel frattempo l’aveva seguita
per assicurarsi che cadesse.
Lucci: -Vedo che sai
una delle Rokushik…!-
La volpe mutò il suo
corpo, perdendo le caratteristiche antropomorfe: il corpo grosso, robusto, come
un grosso felino. Il muso era un misto tra un dragone e un leone, con lunghi
baffi filiformi di fuoco azzurro, le fauci spalancate e gli artigli protesi in
avanti. Il ragazzo, per la sorpresa, non riuscì a schivarla, e sentì le unghie
di lei conficcate nei fianchi, attraverso la stoffa dell’elegante vestito nero.
Lucci: -In genere,
bestie così grosse mirano alla gola della vittima… Si gioca in due a questo
gioco-
Detto questo, si
trasformò in leopardo completo. Nonostante la sua età, era grosso quasi quanto
Kokitsune. Fu svelto, morse dietro il collo l’altra bestia che ruggì. Si staccò
appena in tempo e vide crescere una criniera di fuoco sulla volpe. A intervalli
regolari, tornavano nelle loro abituali sembianze per usare il geppou e
mantenersi in aria. I Marines, radunati venti piani più in basso, si erano
accorti della battaglia vedendo il sangue sul pavimento. Non potevano fare nulla
per fermarli.
Kokitsune: -KI MON TON
KOU!-
I pezzi di vetro che
le erano rimasti conficcati nella pelle vennero assorbiti, poi sparati come
proiettili dal suo corpo. Erano circondati da fiamme, piccole gocce infuocate,
che prendevano le sembianze di piccoli demoni. Essi sprigionavano un vapore
violaceo, denso, che in poco tempo li rese invisibili. Così era convinta di
poter contare sull’effetto sorpresa, ma Lucci le sferrò un altro, potente
calcio, questa volta alla spina dorsale. Kokitsune perse il controllo della
trasformazione, riprendendo la sua solita forma. Il sangue le sgorgava dalla
bocca come l’acqua da una fontana, sarebbe precipitata… Non era più in grado di
far nulla. Sentì una mano cingerle la testa. Una grossa mano la cui unghie erano
nere e avvolta da pelo giallo e maculato. Il ragazzo, nella forma ibrida, saltò
in cima all’edificio della Marina. Trenta piani di altezza. La stringeva così
forte da farle uscire sangue ai lati degli occhi, quasi da distruggere il
cranio. Lei era immobile, se non l’avrebbe uccisa la caduta, presto l’avrebbe
fatto Lucci tenendola in quel modo.
Lucci: -GUARDATE! VI
HO FATTO UN FAVORE, ELIMINANDO QUESTO PESO DAL GOVERNO! GUARDATE, QUANTO E’
DEBOLE!-
Gridò, prima di
scagliare con forza la volpe giù.
Kalifa e gli altri,
nel frattempo, avevano assistito a parte dello scontro, ed erano corsi fuori
dalla base appena in tempo.
Kalifa: -KO!
RIPRENDITI, O MORIRAI!!!-
Kumadori: -YO YOI!
PERCHE’ NON APRI GLI OCCHI? NON MORIRE!-
Jyabura: -Geppou…
GEPPOU… DEVO RIUSCIRCI!-
Jyabura riuscì nel
suo intento: si era librato in aria, pronto a prendere Kokitsune, che cadeva
come un macigno, senza segni di vita, la testa coperta di sangue così come le
spalle e le braccia. Gli cadde tra le braccia con tanta forza che lo rispedì
indietro con veemenza, cadde a terra strisciando la schiena contro la terra, ma
almeno lei non si era fatta (altro) male.
Kalifa: -KO! KO!
SVEGLIA! NON SCHERZARE!-
Marine: -CHIAMATE UN
DOTTORE! PRESTO!-
Kalifa: -Ko, non
morire… TI prego, non morire!-
Jyabura le teneva la
testa, sollevata e leggermente piegata, in modo che tutto il sangue che le
usciva dalla bocca non la soffocasse. Anche se quasi paralizzata, Kokitsune
faceva smorfie di dolore: la colonna vertebrale doveva essersi rotta.
Kokitsune: -Jya…
Jyabura…-
Jyabura: -Non
mollare! Non devi morire! Hai capito?! Non devi morire!!!-
Kokitsune: -… Sei
tu? Mammina… Mammina mia… Dove sei…? Mammina…-
Gli ci volle tutto
il suo sangue freddo per non scuoterla, per non stringerla a sé e confortarla,
ma le sue condizioni non lo permettevano.
Kokitsune: -…
Mammina, quanta… Luce. Dio mio… Perché mi hai abbandonata? Mammina…-
L’ambulanza arrivò
subito, ma per i quattro amici sembrarono fossero passate ore.
Ki mon ton kou: Dal
giapponese, ‘Cancello dei demoni, fuga’.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4: Leopardo e Dragone ***
New
xAmericanpeople95: Non preoccuparti, Kokitsune è abituata a prenderle!
Kokitsune: -Lucci dà un cattivo esempio ai bambini,
accidenti!-
Lucci: -I bambini sono anche tuoi, io do il cattivo esempio, tu dai il
buono-
Kokitsune: -Giustificazione del cavolo! Quasi quasi ti lascio, tra le
cosiddette ‘Supernova’ c’è un tipo niente male! Oh, Apoo…-
Lucci: -Ko, hai dei gusti assurdi!-
Io il liceo l’ho iniziato abbastanza bene. Spero di continuare
decentemente, adesso XD
I soccorsi fecero
fatica a farsi strada tra la moltitudine di Marines che circondavano i quattro
amici. Se non si sarebbero sbrigati, Kokitsune sarebbe sicuramente morta per la
perdita di sangue, ma qualcosa stava avvenendo al suo corpo: il buco nella
spalla causato dallo shigan si era riempito di fuoco azzurro, che rigenerava il
tessuto muscolare e la pelle, dalla bocca spalancata fumo argenteo profumato
d’incenso li avvolgeva, mentre lei si liberava della stretta di Jyabura. Le
zampe, il collo il ventre e la pancia si squamarono di robuste placche bianche,
il collo le si allungò così come il resto del corpo. Anche il muso subì dei
cambiamenti, diventò più lungo e dotato dei soliti baffi di fuoco, tra le lunghe
orecchie nere due corna da cervo. Aveva ora anche una lunga coda, color
inchiostro, che sferzava impaziente l’aria.
Kokitsune:
-Toglietevi dai piedi-
Kalifa: -Ma… Cosa
sei tu?!-
Kokitsune: -Che
strano… Mi hai dato della COSA. Ero convinta di essere un ‘chi’ per
te-
Le sue parole
lasciarono Kalifa sbigottita, più di quanto non lo fosse stata per la
trasformazione, che aveva reso l’amica alta più di tre metri e lunga cinque. Le
aveva parlato con un tono che mai aveva usato, freddo e distaccato. Come
Lucci.
Kokitsune: -E voi
che avete da guardare?-
Squadrò Kumadori e
Jyabura con profondo disgusto, prima di battere ancora la coda per terra e
librarsi in aria senza nemmeno usare il Geppou, ma qualcosa le serrò una
caviglia…
Jyabura: -Dove credi
di andare?! Hai bisogno di cure!-
Senza neanche
curarsene, volò in direzione di Lucci, che intanto si preparava al
combattimento. Il lupo teneva ben stretta la zampa della belva: ormai erano già
a parecchi metri di altezza, e lui non sapeva ancora usare in Geppou alla
perfezione. Il vento era fortissimo, e lui non poteva stare lì per tutto il
tempo, perché Kokitsune l’avrebbe potuto facilmente sganciare da un momento
all’altro. Con un forte movimento del braccio, si spinse verso gli artigli del
drago-volpe e si aggrappò con l’altra mano. Poi si tirò velocemente su e si
sedette a cavalcioni sulla lunga schiena, cingendole il collo con le braccia.
Sembrava che Kokitsune, tanta era la voglia di combattere Lucci, non se ne fosse
accorta.
Jyabura: -Fai
retromarcia! Quello ti ammazza! I soccorsi sono giù che ti
aspettano!-
La belva, come
risposta, eseguì un giro della morte nel tentativo di far cadere Jyabura, che
però rimase ben saldo a lei, che aprì le fauci e sputò una fiammata di fuoco
azzurro verso il suo nemico, che schivò abilmente.
Lucci: -… Ecco cosa
intendevano, quando ti chiamavano il ‘demone drago’! Ma ancora non capisco…
Perché il demone drago di Roger?-
Kokitsune si avvolse
a Lucci, stringendolo tra le sue spire. Lupo e Leopardo incrociarono lo
sguardo.
Jyabura: -TU! E’
tutta colpa tua, se ora Ko è ridotta in questo stato!-
Lucci: -Ngh… Dopo
farò i conti anche con te, cagnaccio rognoso!-
Jyabura colpì forte
il volto del ragazzo con un pugno, facendogli sanguinare il naso. Non poteva
reagire, e inoltre doveva liberarsi alla svelta dalla stretta mortale del Drago,
prima che lo soffocasse. Si trasformò il leopardo e morse una delle placche di
Kokitsune, senza però scalfirla minimamente. Allora il Lupo, che tuttavia non
poteva lasciar morire Lucci, prese il drago per le corna e le tirò a sé. Lei
allentò la presa, abbastanza affinché il ragazzo potesse scivolar via e arrivare
sano e salvo a terra.
Lucci: -VOI! Delle
catene di agalmatolite, presto!-
Marine: -Agli
ordini!-
Lucci le prese e
raggiunse di nuovo Kokitsune, che nel frattempo si dimenava furiosa in cielo,
cercando di disarcionare Jyabura. Le si avvicinò e le gettò le catene attorno al
collo, dopo averla colpita forte alla fronte con una gomitata che la stordì.
Jyabura: -Tu… Ti
saresti meritato di morire!-
Lucci: -Tu lo sarai
di certo, tra poco. La tua amichetta precipiterà nel vuoto, e tu con
lei-
La profezia di Lucci
si realizzò: i due ora cadevano come macigni verso il pavimento, ma i Marines
avevano prontamente preparato una specie di tendone per attutire la caduta. La
belva perse le sembianze animalesche, acquistando lineamenti e pelle umana.
Jyabura non aveva mai visto la compagna umana, senza pelliccia… Normale. Perse
anche lui i sensi, una volta che il suo corpo raggiunse la stoffa, così dura
dopo una caduta di mille metri d’altezza.
-----------------------------------------------------------------
Quando si
risvegliarono, erano tutti e due nei lettini di un ospedale. Kokitsune vicino
alla finestra, con una flebo, il corpo fasciato dal collo in giù. Sembrava che
dormisse, russando lievemente. Jyabura era nel lettino accanto, perfettamente
sveglio. A differenza della compagna, aveva solo una fascia sulla fronte. Notò
che aveva ancora la catena di agalmatolite stretta al collo, e pensò di
togliergliela: si alzò dal lettino e si avvicinò piano a lei. La pelle lattea, i
capelli castani sciolti e arruffati, le labbra nere semi aperte. Gli venne
istintivo poggiarle una mano in corrispondenza del cuore. Batteva ancora,
all’impazzata. Le appoggiò la testa al petto, respirava regolarmente. Non poté
non provare una fitta di sollievo. Una mano gli afferrò il polso, una mano
fasciata e umana…
Jyabura:
-Ko…?-
Kokitsune: -Fa…
Freddo. Abbracciami-
Jyabura: -A…
Abbracciarti?-
Kokitsune: -Sì… Tu
sei il mio migliore amico… *coff* No?-
Kokitsune era brava
a fare domande imbarazzanti. Lui obbedì, imbarazzato, stando attento a non
urtare il tubicino della flebo attaccato al braccio di lei. Tremava, doveva
essere la catena al collo che la indeboliva.
Jyabura: -Aspetta,
ti devo togliere la catena-
Kokitsune: -La
*coff* cosa?-
Jyabura: -Hai
dimenticato tutto… Anche che ti ho salvata?-
Un colpo di tosse di
lei coprì le ultime parole di Jyabura.
Jyabura: -La catena…
Insomma, ora te la levo-
Individuò i ganci
che tenevano chiuso l’oggetto (dovette affondare le mani nella ‘criniera’ di
Kokitsune, cosa che lo fece arrossire ancora di più) e la liberò: le erano
rimasti dei segni rossi attorno al collo, ma sarebbero andati via in un paio di
giorni.
Kokitsune: -Kon kon…
Che strano… Ora sento cal…-
Tossì convulsamente,
prima di spalancare la bocca e rilasciare da essa un’impressionante quantità di
fumo. Jyabura si preoccupò, pensando alla trasformazione, ma non successe nulla.
Kokitsune: -… Caldo.
Ora non *coff* lo sento più-
Era come se dovesse
‘evacuare’ il troppo calore nel corpo. Era il potere del Kon Kon modello Kyuubi
Ryuko: le fiamme azzurre rigeneravano il corpo, dovevano aver iniziato a
lavorare alla spina dorsale fracassata, ma dovevano essere parecchio calde. Il
fumo fece scattare l’allarme antincendio, che cominciò a ‘far piovere’ dentro la
stanza.
Jyabura: -Non
dovresti bagnarti! Prenderai freddo e ti ammalerai!-
Kokitsune: -Oh… E
cosa pensi di fare, a riguardo?-
Kokitsune stava
recuperando la sua solita malizia e impertinenza: buon segno.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 5: Un regalo ***
New
xAmericanpeople95: Però hai ragione… Mamma mia, Kokitsune è più
sdolcinata della protagonista di uno shojo manga ò__ò
Adesso cerco di far tornare Jyabura IC… Sempre avuti problemi con
quell’uomo, sempre!
(Non dirlo a me, quante molestie ndKalifa)(Kalifa, non c’entri nulla ora
qui! ndTutti)
Non vedo l’ora per il tuo aggiornamento. Anche perché DEVO sapere come
continua ò.ò Il liceo da soddisfazione se fatto bene, vero. Io sì, sono al
primo anno, ma perché nella mia vecchia classe non mi ero molto integrata (per
vari motivi, tra cui un gruppo di bulli che, praticamente, mi faceva la
cosiddetta ‘violenza psicologica’) e mi hanno bocciata (merito anche
all’insegnante che so io, ‘non deve essere bocciata’ dice, intanto mi ha
lasciato 3 materie). Ma comunque ora sono in pari con gli anni, dato che ero un
anno avanti. :3
Kaku era ancora in
mezzo alla folla di Marines, vicino a Kalifa e Kumadori. Lucci tornò a terra,
evidentemente innervosito: lui mirava a uccidere Kokitsune, e invece l’aveva
‘solo’ mandata all’ospedale. E inoltre, Jyabura non sembrava essersi fatto
granché. Avrebbe aspettato fino a un momento più propizio, magari quando fosse
stata da sola…
Kaku: -Kalifa,
perché quel Lucci è così… Malvagio?-
Kalifa: -Non lo so,
a quanto dice Ko è perché la Marina gli ha insegnato a essere
cattivo-
Kaku: -Ma i suoi
genitori? Non gli hanno insegnato nulla loro?-
Kalifa: -Devi
capire… Che non tutti hanno dei genitori, Kaku. Lucci è stato abbandonato, a tre
anni a quanto ho sentito-
Kaku: -E Kokitsune?
Perché lei invece è… E’ buona? Mi sarei aspettato…-
Kalifa: -Tutti si
stupiscono a sapere che Kokitsune non è cattiva… Non devi giudicare
dall’aspetto. Quel Lucci sembra ‘normale’ solo perché non l’hai visto
prima…-
---------------------------------------
Kokitsune espirò,
facendo uscire un altro sbuffo di fumo dalle narici. Stava cominciando a
riprendere le sembianze animalesche, senza l’agalmatolite.
Kokitsune: -Guarda
che strane le mie mani! Sono rosa, senza pelo, come le tue! Chissà che cos’era
la catena che mi hai tolto, ma ora sto tornando normale-
Jyabura: -Veramente…
Sei normale adesso. Tu sei come me-
Kokitsune: -Certo
che sono come te, parlo, cammino su due zampe…-
Jyabura: -Non in
questo senso…-
Kokitsune: -Ah,
no?-
Jyabura: -No,
stupidona-
La rimbeccò lui.
Intanto, la sua pelle dal gomito in giù era diventata bianca e squamosa.
L’antincendio smise di spruzzare acqua da tutte le parti.
Kokitsune: -E allora
illuminami, o maestro-
Jyabura: -Tu non sei
una volpe, e non la sei mai stata! Hai mangiato un Frutto del Diavolo come me e
non sai controllarlo-
Kokitsune: -Un cosa
del Diavolo?-
Jyabura: -Per
esempio, tu non sai nuotare, vero?-
Kokitsune: -Come fai
a saperlo? Io colo a picco come un sasso in acqua-
Jyabura:
-Esattamente! Se si mangia uno di quei cosi, poi non si è più capaci di
nuotare-
Kokitsune: -Io non
ti credo-
Jyabura: -Mi stai
facendo innervosire! Ho ragione, punto e basta!-
Kokitsune: -Anche io
mi sto innervosendo! Che c’è di male a essere una volpe?-
Jyabura: -Niente,
solo che tu non lo sei!-
Per la prima volta,
Jyabura vide l’ombra del drago negli occhi di Kokitsune. Sbuffò un’altra nuvola
di fumo prima di alzarsi in piedi sul letto, con tanta violenza da quasi
staccare il tubicino della flebo. Anche i piedi (zampe) erano bianchi e
squamati, anche se per il resto era tornata la solita volpe di sempre.
Kokitsune: -Provalo,
allora-
Disse lei, la lingua
biforcuta che saettava dentro e fuori la bocca.
Jyabura: -Va bene,
va bene! Tu hai ragione, io torto! Accidenti, che caratteraccio…-
Aggiunse lui
sottovoce. Kokitsune si risedette, ancora sbuffando. Era una vera testa
calda.
Kokitsune: -Mi
piacciono gli uomini che ammettono i loro errori-
Disse con un
sorriso.
Jyabura: -Da…
Davvero?-
Kokitsune: Sì,
certo, perché dovrei mentirti?-
???: -KO!
KO!-
Disse una voce
acuta: Kalifa era appena entrata nella stanza, insieme a Kaku e Kumadori. Le
corse incontro, abbracciandola, gli occhi gonfi di lacrime di gioia.
Kalifa: -Stai bene…
Ho avuto paura…-
Kokitsune: -Va tutto
bene. Attenta, il tubo della flebo si staccherà se mi abbracci così
forte-
Kalifa: -Co… Come se
non sapessi che stasera ti alzerai per farti un giretto sui tetti,
vero?-
Kokitsune: -Oh! Non
mi aspettavo che lo sapessi-
Kalifa: -Ko, non
insultare la mia intelligenza, per favore. Io e Kumadori sappiamo benissimo
della tua abitudine alle passeggiatine serali-
Kokitsune: -Sshhh,
così come lo dici sembra che io vada a fare cosine strane per strada-
Kumadori: -Yo yoi,
cosa ti è successo alle mani?-
Kokitsune: -Oh…
Mani? Quali mani? Io non vedo niente…-
Kumadori: -Hai le
squame!-
Kokitsune: -Aahh,
queste… Kon kon… E’ una storia divertente…-
Kumadori: -Yo, non
lo è affatto!-
Kaku: -Cosa… Cosa ti
è successo… Ko?-
Kokitsune: -Sono
così felice che tu mi abbia chiamata Ko… Comunque, non sono nulla. Ma non riesco
a farle tornare normali… Dovrò coprirmi le braccia con qualcosa…-
Concluse Kokitsune,
aprendo e chiudendo gli artigli, prima di crollare addormentata sul lettino,
ignorando le coperte bagnate per l’allarme antincendio.
Kaku: -Che le
succede?!-
Kalifa: -Lasciamola
stare. Sta solo fingendo di dormire e, in genere, quando lo fa vuole stare da
sola-
Quella stessa sera,
la finestra dell’ospedale della stanza di Kokitsune si aprì. Qualcosa saltò da
essa, nonostante fossero al decimo piano, atterrando sul tetto di una casa
vicina. Qualche tegola si ruppe sotto il peso della creatura, che balzò
agilmente sulle altre abitazioni, in un silenzio innaturale. La luna piena
brillava come l’argento, come la lama della katana che la creatura teneva in
mano. I ciliegi perdevano i loro petali rosati, che volavano nella notte
sospinti dal vento. Un’occasione per allenarsi, pensò la volpe.
Kokitsune: -Non
voglio mostrarmi ancora debole-
Si sussurrò. Un
lampo. Aveva tagliato in verticale un petalo di ciliegio, aveva rotto la sua
forma a cuore in due. E allora decise. Avrebbe tagliato ogni petalo caduto
dall’alto ciliegio a fianco della casa, senza che essi toccassero terra, come
addestramento.
???: -Non dovresti
passeggiare a quest’ora, specie adesso che hai bisogno di cure-
Kokitsune: -Oh, sei
tu, Jyabura. Che ci fai sveglio e a quest’ora di notte, per giunta?-
Jyabura: -Sono un
lupo mannaro-
Kokitsune: -Sai che
scusa-
Jyabura: -Stasera
c’è la luna piena-
Kokitsune: -Lo so.
Tsukiyo-
Jyabura:
-Cosa?-
Kokitsune: -Vuol
dire ‘notte illuminata dalla luna’. No, signor Okami?-
Jyabura: -Haha, non
sapevo che mi adorassi tanto, madama Kitsune-
Kokitsune:
-Hey!-
Jyabura: -Scusa! Non
volevo dirti…-
Kokitsune: -Fa
nulla. Neanche io intendevo ‘okami’ in quel senso-
Jyabura: -Ah, era
troppo bello per essere vero-
Kokitsune:
-Nonostante tutto, mi stai simpatico, sai?-
Jyabura: -Davvero?
Anche tu… Beh…-
Kokitsune: -Dammi la
mano-
Jyabura:
-Che?!-
Kokitsune: -Guarda
che sono pulita, che credi-
Jyabura: -Non è per
quello…-
Kokitsune: -E allora
che aspetti?-
Gli prese la mano
senza aspettare risposta, quasi violentemente. Le squame dure e fredde contro la
pelle morbida e calda.
Jyabura: -Sei
ghiacciata!-
Kokitsune: -E allora
riscaldami-
Jyabura:
-Eh?!-
Kokitsune: -Che cosa
vai a pensare?! Sento freddo… Un freddo strano. Andiamo a sederci
laggiù-
Kokitsune indicò il
bordo del tetto dell’ultima casa, posta in un punto tale da consentire una
perfetta visione del paesaggio sottostante: altre case, giù da una piccola
valle, e più lontano il mare. Si sedettero vicini, Jyabura con la folta coda
attorno alla volpe, che gli appoggiò la testa sulla spalla.
Jyabura: -Staccati…
Insomma…-
Kokitsune: -Ma noi
siamo amici-
Jyabura: -Ko, queste
cose non le fanno gli amici…-
Kokitsune: -E allora
chi?-
Jyabura: -Beh… I
fidanzati…-
Kokitsune: -Cosa
sono i fidanzati?-
Jyabura: -Oh, alla
fine non hai seguito il tuo addestramento-
Disse il lupo,
cercando di sviare Kokitsune dalla sua domanda.
Kokitsune: -Beh…
Ormai chissà quanti petali sono già caduti a terra-
Jyabura: -Già… Oh,
ti ho portato questi-
Jyabura tirò fuori
da una tasca della maglietta due oggetti apparentemente quadrati: erano guanti
piegati, di lattice nero, che lasciavano libere le dita.
Jyabura: -Hai detto
che volevi qualcosa per coprirti dal gomito in giù, no?-
Kokitsune: -Sono
bellissimi, grazie! Ora, se potessi fare qualcosa anche per le
zampe…-
Jyabura: -Problema
risolto. Ti ho preso anche quelli, li ho lasciati nella tua camera in
ospedale-
Kokitsune: -Kon kon,
grazie mille, allora… Proprio in lattice, eh?-
Jyabura: -… Così,
quando avremo la nostra prima vera missione per il CP9, il sangue scivolerà sui
guanti-
Kokitsune: -Ah. Per
un attimo, ho pensato male io, kon kon. Ora però torno in stanza, ok? Non voglio
che l’infermiera mi becchi fuori dal letto-
Jyabura: -Allora
vado anche io. Ero venuto qui solo perché ero curioso di vedere che facevi
qui-
Kokitsune: -Kon kon,
se lo dici tu… A domani!-
Disse lei. Si
salutarono e tornarono rispettivamente nei propri alloggi.
L’addestramento di
Kokitsune è ispirato a quello di Minamoto no Yoshitsune, un samurai realmente
esistito la cui storia è mista tra realtà e leggenda. Egli tagliò, senza
lasciarne cadere neanche una, tutte le foglie di un albero con la katana.
Inoltre, il vero nome di Kokitsune, Waka, è la forma abbreviata di
‘Ushiwakamaru’, il nome di Yoshitsune da bambino. ‘Waka’ è inoltre un tipo di
poesia.
Lo scambio di
battute tra Kokitsune e Jyabura invece si basa sulla lettura dei kanji: ‘okami’
vuol dire ‘lupo’ ma ha la stessa pronuncia di due diversi ideogrammi che
significano ‘grande Dio’. Kokitsune rimane offesa perchè ‘kitsune’, che vuol
dire appunto volpe, deriva dall’unione di due parole (di cui una dal giapponese
antico) e significa ‘cane giallo’. In giapponese, tra li animali, non c’è
differenza di genere e quindi lei l’ha scambiato per l’insulto che di solito le
rivolge Lucci (cagna).
Sciocchezze varie
(lol): Kokitsune doveva avere le zampe ‘naturalmente’ nere. L’idea dei guanti e
dei ‘calzini’ in lattice mi è venuta guardando questo disegno di Kokitsune che
mi avevano fatto: http://img35.imageshack.us/img35/9392/kokitsuneyay.jpg
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 6: Lacrima ***
New
All’alba, Kokitsune
era già fuori dal suo lettino: si era staccata la flebo, aveva preso la katana
dell’altro giorno (che era di Kaku, lei se l’era fatta prestare) e si era
arrampicata fino al tetto dell’ospedale. Non riusciva a non far niente, nemmeno
in convalescenza, e poi non le piacevano gli spazi chiusi.
Kokitsune: -Tecnica
Empirea…-
Mosse decisa la
katana contro l’orizzonte rischiarato dalle prime luci del mattino, la lama
scintillò d’oro. Era bello, sapere di essere da sola, sola con se stessa, in
pace. Si divertiva a dare un nome alle sue tecniche, che tuttavia si rivelavano
solo abili fendenti, o qualcosa di più… Disastroso.
Kokitsune: -…
ESTENSIONE!-
Quella mattina non
sembrava destinata a dar frutti, anzi: il collo le si allungò spropositatamente,
e non sembrava voler smettere, tanto che lei fu costretta a strisciare a terra
come un serpente.
Kokitsune: -Oh,
accidenti, queste cose capitano soltanto a me!-
Scivolò con la testa
fino al bordo del tetto e andò giù, spiando ogni tanto dentro le stanze. Stava
curiosando quando avvertì qualcosa di spiacevole. Si sporse appena un po’ in una
stanza, in modo da non farsi vedere, e vide Lucci al buio, da solo: dava le
spalle alla finestra e teneva in mano quella che doveva essere una foto. Vide
qualcosa scendergli dagli occhi e cadere sull’oggetto, una lacrima…
Dovette tuttavia
rinunciare allo ‘spionaggio’ per strisciare ancora più giù. Non sapeva
assolutamente controllare il suo Frutto del Diavolo, ed era proprio questa la
causa del problema. In poco tempo aveva già raggiunto la terra: strisciò ancora
fino a un albero, nascondendosi tra alcuni cespugli.
Kokitsune: -Oh,
magari mi scambiano per un tubo o qualcosa del genere…-
???: -Sì, un tubo
con il pelo-
Kokitsune: -Kalifa!
Che sorpresa… Che ci fai qui a quest’ora?-
Kalifa: -Questa
domanda dovrei fartela io! Sei in convalescenza!-
Kokitsune: -Sto
benissimo! Avevo solo deciso di… Kon kon…-
Kalifa: -Di
srotolarti tutta qua intorno, vero? Raccontala a un’altra-
Kokitsune: -Avanti,
riuscirò a tornare normale prima che qualcuno mi veda…-
Kalifa: -…O prima
che Lucci arrivi e ti stacchi la testa-
Kokitsune: -Oh! A
proposito di Lucci…-
Rizzò parte del
collo: arrivava alla fronte di Kalifa, ma all’improvviso sentì una certa
pressione sulla testa, che scomparve tra le fronde degli alberi. Se non avrebbe
smesso di allungarsi così tanto, l’avrebbero vista.
Kalifa: -Spera che
non ti abbiano vista o finirai su un tavolo per la vivisezione-
Kokitsune: -Come se
non…!-
Aveva qualcosa in
bocca, per la precisione, un nido con delle uova. Qualcosa le aprì la bocca, era
una rondine, e sembrava davvero spaventata. Ma chi non lo sarebbe, nelle fauci
di un’animale apparentemente feroce, e con i propri figli?
Rondine: -Aiuto,
aiuto! Un serpente, un serpente!-
Kokitsune: -Oh, ma
io non sono un serpente…-
Rondine: -Ahaha, no
eh? Scommetto anche che non mangi le uova, vero?-
Kokitsune: -Beh, io
veramente le uova le mangio ma…-
Rondine: -Ecco, lo
sapevo! SERPENTE! SERPENTEEEE…-
Kokitsune: -Oh, per
l’amor del cielo!-
Doveva pensare. Come
tornare normale? Si stava allenando quando aveva detto il nome di una tecnica e
le era successo il guaio. Aveva detto ‘estensione’… Forse dire l’opposto di
quella parola avrebbe aggiustato tutto?
Kokitsune:
-Empireo…-
Rondine: -Ma tu
guarda se devo impegnarmi a fare uova…-
Kokitsune:
-…RESTRIZIONE!-
Rondine: -… Se poi
devono essere mangiate da un serpente come lei… Ma cosa…?!-
Kokitsune si sentì
come se la stessero strattonando da dietro, il collo stava tornando normale. La
rondine prese appena in tempo il nido con le sue uova prima che la volpe
scomparisse più giù, Kalifa la guardò, sospirò e volse la testa a dove sapeva
esserci il resto della sua amica. Una volta ‘ricongiuntasi’ con il resto di sé,
vide Jyabura scuotere il capo, rassegnato. Lui l’aveva tirata fino a
lassù.
Kokitsune: -Blah,
sputerò penne per una settimana! E tu non potevi fare più piano? Mi brucia tutto
il collo per lo sfregamento-
Jyabura: -Se tu sei
così fessacchiotta non è colpa mia, ti ho solo aiutata ancora una volta. Stai
accumulando molti debiti-
Kokitsune: -Io non
ti ho chiesto di aiutarmi, e comunque come pensi che io possa
sdebitarmi?-
Jyabura: -Beh… Ci
sarebbero delle cose…-
Kokitsune: -Io ti
piaccio, vero?-
Disse brusca lei. Il
lupo rimase spiazzato da quella domanda, molto più simile a un’affermazione, che
gli morirono le parole in gola.
Kokitsune: -E
faresti qualunque cosa per me, vero?-
Aggiunse, senza
aspettare la risposta.
Jyabura: -Beh… Non
saprei… Certo che mi piaci, se intendi come ami…-
Kokitsune: -Allora
non ti devo un bel niente, dato che faresti qualunque cosa per me, e
gratuitamente-
Kokitsune sorrise e
gli mostrò la lingua, beffarda. Anche lui cercò di sorriderle, evidentemente
ancora sorpreso per prima, ma lei si era fatta improvvisamente seria e
preoccupata. Non aveva ancora fatto l’abitudine ai frequenti sbalzi di umore
della volpe.
Kokitsune: -Ti devo
parlare. Kalifa non mi darebbe ascolto… E penso che tu sia la persona migliore
in questo momento-
Jyabura: -Di cosa…
Di cosa vuoi parlarmi?-
Kokitsune: -Per me…
E’ una cosa molto importante…-
Jyabura: -Se lo è
per te, lo è anche per me, allora-
Kokitsune: -Da…
Davvero? Ne sei sicuro, kon kon?-
Jyabura: -Certo, mai
stato più sicuro-
Kokitsune: -Ecco…
Io… Kon kon…-
Jyabura: -…
Tu?-
La voce di lei era
quasi un sussurro.
Kokitsune: -… Io
sono preoccupata per Lucci-
In quello stesso
istante, il mondo crollò addosso a Jyabura.
Jyabura: -Hai… Hai
distrutto tutte le mie speranze con solo cinque parole…-
Kokitsune: -Scusa,
ma non so di che parli. Comunque, mentre ‘strisciavo’ lungo la parete, l’ho
visto da solo in una stanza al buio! Stava tenendo qualcosa e…
Piangeva-
Jyabura: -Lui.
Piangere. Una foto. Scoppierei a ridere ma ho paura che mi squarterebbe se lo
sapesse-
Kokitsune: -Sul
serio. C’è qualcosa che non va… Non penso sia cattivo, te lo ripeto!-
Jyabura: -Se hai
intenzione di andargli a ‘parlare’ di nuovo, sappi che te lo impedirò, con la
forza se necessario-
Kokitsune non
l’aveva mai visto così determinato, tanto che non riuscì a ribattere, ma in
compenso gli occhi le diventarono lucidi. Cominciò a singhiozzare, trattenendo
le lacrime.
Jyabura: -Hey! Non…
Non volevo farti piangere… Ma è per il tuo bene… Oh, ok, ma quando andrai da lui
ti accompagnerò io!-
Disse infine, prima
di andarsene, seccato, dalle scale che portavano all’interno dell’ospedale. La
volpe scoprì le zanne in un ghigno compiaciuto.
Kokitsune: -E poi
sarei io la fessacchiotta, ah! Basta fingere qualche scaramuccia per
commuoverlo-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 7: Capitano ***
New
E dopo millenni di
attesa, aggiorno!
xAmericanpeople95:
Jyabura entro poco dovrà trovarsi un’altra ragazza, Kokitsune è una testa calda
e con il lupetto non potrebbe che azzuffarsi in continuazione.
XD
Il Gobbo di Notre
Dame l’ho visto (l’ultima volta) quando avevo dieci anni. Da piccolina era il
mio film preferito, ma poi… Ho letto il romanzo originale e sono rimasta
malissimo per la fine. Ora sto cercando di vederlo online, ma ho trovato solo le
canzoni.
Kokitsune fece per andarsene, quando
all’improvviso fu costretta ad accovacciarsi sul tetto di cemento per non
barcollare e rischiare di cadere: era come se si stesse addormentando, ma non
aveva per nulla sonno: si stava abbandonando a memorie non
sue…
--------------------------------------------------------------
???: -Che senso ha
tutto questo, capitano? Perché lo sta facendo?!-
???: -Morirò
comunque, e in ogni caso non devi chiamarmi più capitano, Shanks-
Shanks: -Lo so, ma…
La prego, capitan… Voglio dire, signor Roger, non lo faccia!-
Roger: -Tu e Bagy
non riuscirete a farmi cambiare idea, lo sapete. Se proprio devo morire, voglio
morire dando una speranza a coloro che ne hanno bisogno… E se volete aiutarmi,
fate solo in modo che alla mia morte il mio Frutto del Diavolo non cada in mano
della gente sbagliata-
Shanks: -Dare una
speranza ha chi ne ha bisogno… Cosa intende dire?-
Roger: -Se
assisterai all’esecuzione, lo saprai-
Shanks: -Lei mi
chiede troppo… Come potrei assistere alla sua condanna senza fare nulla per
impedirla?!-
Roger: -Ragiona,
mozzo!-
Sentirsi chiamare
‘mozzo’ tirò un po’ su il morale del giovane Shanks.
Roger: -Se non muoio
prima per quella maledetta malattia, ci penserà quella strega malvagia che ha
creato il Frutto del Diavolo! Grazie al mio haki riesco ancora a controllarla,
ma pensa a quando sarò troppo debole per impedirle di controllarmi!-
Il ragazzo dai
capelli rossi ebbe parecchie difficoltà a figurarsi il suo capitano
‘debole’.
Shanks: -Allora… E’
questa la sua volontà?-
Roger: -Sì. E spero
vivamente che tu la condivida-
Il giorno
dell’esecuzione, Shanks si recò al patibolo per la condanna, insieme a parecchie
altre persone. Il suo capitano era inginocchiato davanti alla folla, su una
piattaforma più elevata in modo da consentire a tutti di vedere. Due marine
tenevano ciascuno una sciabola, pronti a eseguire l’ordine del Grand’Ammiraglio
Sengoku, che citava le varie ‘azioni criminali’ compiute da Gol D. Roger. Notò
che il capitano aveva due manette di agalmatolite ai polsi.
Sengoku: -… Siamo
infine giunti alla conclusione. Gol D. Roger è dunque condannato a morte. Ultime
parole?-
Roger: -I miei
tesori...? Se li volete, sono vostri... Cercateli. Ho lasciato tutto in un certo
posto-
Shanks sapeva i
tesori di cui Roger parlava. Perché lo One Piece non era l’unico tesoro che gli
aspiranti pirati avrebbero trovato durante il loro viaggio.
Roger sorrise
trionfante alla folla. Poi, l’ultima cosa che sentì fu il freddo metallo sul
collo.
------------------------------------------------------------------
La volpe si
riprese.
Non si ricordava di
essersi costituita alla Marina, di avere avuto una ciurma né tanto meno di avere
avuto due mozzi chiamati Shanks e Bagy. Pensò di raccontare tutto a Jyabura, che
non era ancora molto lontano (lo vedeva avviarsi per la sua strada dal tetto
dell’ospedale) e inoltre si fidava di lui. Scese rapidamente e gli corse
incontro.
Kokitsune: -Jyabura!
Ti devo chiedere una cosa!-
Jyabura: -Spara… Che
c’è? Se è ancora a proposito di Lucci…-
Kokitsune: -Cosa
pensi delle persone che vedono cose… Ahem, che sembrano reali ma non lo sono…
Nella propria mente?-
Il Lupo rimase
sconcertato dalla domanda dell’amica.
Jyabura: -… Penso
che siano persone che si sono mangiate un fungo allucinogeno. Perché me lo
chiedi? Mi preoccupi così-
Kokitsune: -Ah,
quindi per te ho mangiato un fungo allucinogeno?!-
Jyabura: -No,
assolutamente no… Cioè… Che succede?!-
Kokitsune gli
raccontò di quel ‘ricordo’ non suo, e cominciava a rimpiangere di averlo fatto.
Jyabura: -Ma tu… Lo
sai di chi stai parlando?! E’ Gol D. Roger! Il Re dei Pirati!-
Kokitsune: -Non
sapevo che i pirati avessero un re, kon kon…-
Jyabura: -E’ stata
la prima cosa che mi hanno detto, quando mi hanno raccolto dalla strada quelli
della Marina! Mi dissero che loro erano contro i pirati e bla bla bla, e che
Roger era il loro capo e che era stato molto potente, ma alla fine lo avevano
catturato-
Kokitsune: -No
aspetta… In quel che ho visto io, si era costituito-
Jyabura:
-Impossibile, perché avrebbe dovuto farlo?-
Kokitsune: -Te l’ho
detto! Voleva infondere speranza e…-
Jyabura: -Kokitsune,
stai zitta. Devi tornare all’ospedale. Te l’avevo detto che non potevi
riprenderti in appena un giorno-
Kokitsune: -Mi
deludi… Pensavo che mi avresti ascoltata, ma invece credi che sia una
squilibrata!-
Jyabura: -Non ho
detto questo!-
Kokitsune: -L’hai
sottinteso! Kalifa è ancora troppo piccola per parlarle di queste cose, e non
voglio annoiare Kumadori kun con le mie frottole! Vatti a fidare degli
amici!-
Jyabura: -Smettila
di fare la vittima! Ecco una cosa che mi ha sempre dato fastidio di
te!-
In poco tempo, anche
se non se ne erano accorti, avevano cominciato a urlarsi contro, fatto sta che
dall’ospedale e alle case adiacenti numerose persone si erano affacciate,
curiose di sapere la fonte di tutto quel rumore.
Kokitsune: -Allora,
con permesso, non ti darò più fastidio. Considera la nostra amicizia un affare
del passato, Lupo-
Disse lei, in tono
freddo e calmo. Sputò in terra e si tolse i guanti e i calzini in lattice che
Jyabura le aveva dato l’altro giorno, li appallottolò e glieli lanciò contro in
un impeto di rabbia. Poi drizzò altezzosamente la testa e gli diede le spalle,
ignorando il suo sguardo costernato.
Jyabura: -Eppure le
piacevano i ragazzi che dicono quello che pensano… Accidenti, quella ragazza è
un drago!-
Il Lupo diede un
calcio alla pietra più vicina, nervoso. Se avesse raccontato quello che aveva
visto in ‘sogno’ Kokitsune, la Marina l’avrebbe certamente ributtata
per le strade o, ancora peggio, interrogata in caso sapesse qualcosa di…
Sconveniente.
Jyabura: -Devo
impedirle di aprir bocca, ma come? Pensa Jyabura, pensa… Ho trovato! Per fermare
una femmina determinata, ce ne vuole un’altra! Vado a chiamare
Kalifa-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 8: Nelle fauci del Drago ***
New
xAmericanpeople95: Non preoccuparti, come dico sempre, l’erba cattiva non
muore mai. Presto o tardi, aggiorno sempre. XD
Per la parte di Roger mi sono documentata con Wikipedia, che dice che
Roger si era costituito e che comunque aveva una malattia che solo il dottore
della sua ciurma poteva rallentare, ma non eliminare. Come mai non riesci più a
postare? O_o
Kokitsune, nel
frattempo, era tanto arrabbiata da fare impressione: dalle zanne scoperte
filtravano fili di fumo grigiastro che si trasformavano in vere e proprie nuvole
nere quando ruggiva innervosita, dal naso fiamme bluastre saettavano a
intervalli regolari, gli occhi gialli a fessura, squadrava ogni malcapitato che
le passava vicino, e se erano sfortunati li caricava anche con le sue corna da
cervo.
???: -Oi, cosa
succede, Kokò? Sembri una locomotiva-
Chiunque l’avesse
chiamata in quel modo l’avrebbe pagata cara: si voltò, ma l’effetto sorpresa
ebbe la meglio sulla sua furia in quel momento omicida: era Lucci. E l’aveva
chiamata Kokò.
Kokitsune: -Lucci?
Che cosa vuoi?-
Chiese lei brusca,
senza volerlo. La quantità di fumo che le usciva dalla gola però era già
notevolmente diminuita.
Lucci: -Nulla. Solo
sapere come la mia nuova compagna di team se la passa-
Kokitsune: -Qui
gatta ci cova-
Lucci: -… Non ti
fidi di me?-
Kokitsune: -Solo uno
stolto lo farebbe-
Rispose, inacidita.
Stava perdendo ancora il controllo. Non era realmente lei a parlare, ma colei
che stava dietro tutto… Dietro al destino di Kokitsune. Quel moccioso stava
intralciando i suoi piani…
Lucci: -Ahah, hai
sempre voglia di scherzare-
Kokitsune: -Devi
solo provarci a toccarmi, che il tuo piccolo Hattori fa la fine
dell’arrosto-
Vide chiaramente una
vena pulsare nella tempia sinistra di Lucci, e provò una strana soddisfazione a
vedere lo sforzo che il giovane faceva per non tranciarla in due con il
Rankyaku.
Lucci: -Ah. Ah.Ah.
Comunque, Sengoku vuole vederti…-
Kokitsune:
-Sengoku?-
Lucci: -Hai capito
bene. Dice che deve provare delle cose con te e ci sono altri Marine-
Kokitsune: -Mi
domando cosa potrebbe essere… Vado subito-
Ancora
semi-trasformata, varcò la soglia del quartier generale della Marina. Si accorse
che i numerosi uomini che erano lì a svolgere le loro mansioni quotidiane si
erano fermati per guardarla, in tutti i suoi tre metri di altezza.
Kokitsune: -Beh? Non
avete mai visto una volpe?-
Marine: -Tu… Una
volpe?-
Kokitsune: -Ti crea
qualche problema, amico?!-
Sbottò lei. L’uomo
si affrettò a scuotere la testa in un ‘no’, mentre un altro uomo le si avvicinò
senza farsi tanti problemi. Un uomo dal mento abbastanza pronunciato con su una
cicatrice a ’X’ e i capelli arancioni e lisci buttati all’indietro.
???: -Sono il
Contrammiraglio Drake. Probabilmente ti chiederai perché sono qui, di solito non
mi occupo dei novellini ma…-
Kokitsune: -Sputa il
rospo. Ti ha mandato Sengoku il Buddha-
Drake: -Già. Beh,
credo che questo mi risparmierà le spiegazioni…-
Kokitsune: -Perché
mi vuole vedere?-
Drake: -Il tuo
Frutto del Diavolo è molto interessante, anche più del mio, sai? Dovresti essere
contenta-
Kokitsune: -Oh,
davvero?-
Drake: -Sì. Gli Zoan
Mitologici sono più rari di quelli Ancestrali, ma ovviamente tutto dipende
dall’utilizzatore. Ad esempio, potresti avere un frutto potentissimo ma non
saperlo usare, allora sarebbe inutile-
Disse X-Drake,
mentre si dirigevano verso delle scale che conducevano nei sotterranei. Subito
vennero immersi nelle tenebre, ma il Contrammiraglio sembrava orientarsi molto
bene nell’oscurità. Lo stesso non poteva dirsi di lei, che camminava dietro di
lui e rischiava di cadergli addosso in ogni momento, e una bestia di trecento
chili addosso non è per nulla piacevole. Con un deciso movimento del braccio, la
prese sulle spalle.
Kokitsune: -E’ molto
forte, Contrammiraglio-
Drake: -Zoan modello
T-Rex. Sono nella forma ibrida. Sai, non vorrei rompermi qualche ossicino, in
caso tu mi rotolassi addosso-
Kokitsune sorrise:
l’uomo gli era simpatico. Dimenticò la sua rabbia di fronte alla sua pazienza.
Nonostante fosse stata sgarbata con lui, egli non se l’era presa. Anzi,
continuava a essere spontaneo ed educato. Lei aveva sempre pensato che i
‘superiori’ fossero tipi antipatici, come Spandam e suo padre.
Quando arrivarono
alla fine delle scale, X-Drake la mise giù, tornando nella forma umana. Il
pavimento sotto le sue zampe era stranamente liscio. All’improvviso, delle luci
azzurre si accesero davanti a loro, a destra e a sinistra, formando una strada
parzialmente illuminata e, a parere di lei, molto suggestiva. Camminarono nel
silenzio, la galleria che si estendeva davanti a loro sembrava infinita, ma
eccolo lì: Sengoku, accompagnato da Spandine (con cui stava parlando
animatamente) e vari Marines di alto grado, dedusse la volpe-drago osservando
incuriosita le numerose medaglie scintillanti sul petto degli uomini.
Spandine: -… Ecco
qui. Stia indietro Grand’Ammiraglio, solo io sono capace di controllare la
belva…-
Kokitsune: -A dire
il vero, io non sono una belva, mi controllo benissimo da sola-
Sengoku:
-Seduta-
Kokitsune obbedì,
docile. Si sedette sulla lunga coda squamosa che le era appena cresciuta e
racchiuse il viso tra le zampe artigliate, sbuffando una nuvoletta di
vapore.
Sengoku: -Ottimo
lavoro Spandine, sapevo che eri bravo a raccattare orfanelli dalla strada, ma mi
domando dove tu abbia trovato lei…-
Spandine: -Oh, è
stato semplice. Era con Kalifa, la figlia di uno dei nostri del CP9-
Sengoku: -Va bene,
bando alle ciance! Vediamo cosa ci ha mandato quella Damu…-
X-Drake prese una
specie di collare molto pesante, in acciaio, collegato a un filo che andava a
perdersi nell’oscurità e lo assicurò al collo di Kokitsune. La volpe-drago sentì
chiaramente un macchinario entrare in funzione, investire tutti con un’onda di
vapore bianco e bollente. Cominciava ad avere paura.
Kokitsune: -Signor
Drake… Cosa vogliono farmi?-
Drake: -Testare le
tue capacità. Non dovrebbe essere doloroso-
-------------------------------------------------------------------------
Nel frattempo,
Jyabura aveva raggiunto Kalifa. La bambina stava cogliendo dei fiori nel prato
sul retro dell’ospedale.
Jyabura: -Kalifa!
*ansimando* Aiutami!-
Kalifa: -Cosa
c’è?-
Jyabura: -Kokitsune…
Abbiamo litigato… Io le ho detto che sarebbe stato meglio se restava ancora un
po’ *ansima* all’ospedale-
Kalifa: -Mi sembra
strano che voi due litighiate per così poco. Tu le piaci, cosa le hai
fatto?-
‘Tu le
piaci’.
Il Lupo si sentì
ancora peggio, ad averle urlato contro in quel modo, ma neanche Kokitsune era un
angelo…
Jyabura: -Che cosa
le ho fatto io? Cosa ha fatto lei!-
Kalifa: -Che ne
posso sapere? Ho solo dieci anni, non so come funzionano queste cose da
adulti-
Jyabura: -Ok… Ti
credi furba, eh? E’ la tua migliore amica!-
Kalifa: -A dire il
vero è più mia madre, per come mi tratta-
Jyabura: -Aahh,
insomma, ho bisogno di te! Kokitsune ha le allucinazioni, e se non la fermiamo
subito andrà a raccontare tutto a qualcuno della Marina!-
Kalifa:
-Allucinazioni?!-
Jyabura le spiegò
rapidamente il tutto.
Kalifa: -Ma non
possiamo fermarla da soli!-
Jyabura: -E che si
fa, allora?-
Kalifa: -Chiamiamo
l’unico a cui dà retta, Kumadori, no?-
La terra cominciò a
tremare.
Kalifa: -E’ un
terremoto!-
--------------------------------------------------------------------------
Kokitsune
ruggì.
I suoi versi
scuotevano la terra, gelavano il sangue di chi li udiva, lasciando presagire
nulla di buono. Il ‘collare’ doveva essere un materiale opposto
all’agalmatolite, perché non si sentiva debole, anzi sentiva una strana forza in
sé.
Spandine: -Ahem…
Grand’Ammiraglio Sengoku, non per insinuare nulla, ma… Sarà sicuro amplificare
la potenza del Frutto del Diavolo con il collare che ci ha dato quella donna,
Damu?-
Sengoku: -Tsk!
Certo! E comunque, se la situazione ci sfugge di mano, sarà facile controllarla
con l’Haki, almeno per me-
In una frazione di
secondo, gli occhi di Kokitsune diventarono rossi, scintillanti come gocce di
sangue. Il collare che aveva al collo andò in mille pezzi, e istantaneamente il
corpo divenne tanto grosso da risultare stretto persino per l’immensa galleria,
se i Marines non si fossero trovati davanti a lei sarebbero rimasti schiacciati
alle pareti. Lei si allungò e la trasformazione ebbe inizio. Spandine urlò, ma
Sengoku si fece avanti, la mano tesa verso il muso della volpe-drago, che
diventava sempre più grossa e si dimenava come un demonio: presto avrebbe fatto
crollare tutto.
Sengoku: -Stai
calma!-
La guardò dritta
negli occhi, e quella si calmò. Sembrava che avesse fermato la sua crescita. Un
gorgheggio sommesso proveniva dalla gola di lei, come le fusa di un gatto con il
padrone, ma il fatto che provenissero da un drago era piuttosto… Strano.
Spandine, recuperato
il coraggio, si schiarì la voce e si avvicinò anche lui, poggiandole una mano su
una zanna, come esaminandola.
Spandine: -Mhm… Non
fai più tante storie, eh, brutta bestiona?-
Bastarono quelle
parole per far agitare di nuovo Kokitsune, i lunghi baffi di fuoco che
avvolgevano tutto e tutti.
X-Drake: -Accidenti!
Grand’Ammiraglio, devo…-
Sengoku: -No! Posso
controllarla! Spandine, sei un’idiota!-
-------------------------------------------------------------------------
Mentre Jyabura e
Kalifa correvano via, una scossa molto più forte li fece cadere: dalla terra
spuntarono due enormi ramificazioni, come alberi spogli, senza
fogliame.
Kalifa: -Alberi che
crescono all’improvviso?! Che diavolo succede?!-
Jyabura: -Kalifa…
Questi non sono alberi!-
Il terreno si crepò
proprio dove erano spuntati gli ‘alberi’: vampe di fuoco azzurro uscirono
dall’abisso, due occhi scintillarono minacciosi nell’oscurità. Era Kokitsune,
che con un altro poderoso colpo di testa emerse dal collo in su.
Kokitsune: -Ahahaha!
Libera, finalmente!-
Disse, la voce
orribilmente deformata, come se fossero due entità a parlare,
contemporaneamente, una voce roca né maschile né femminile. Girò il lungo collo
verso i due giovani, che si ritrassero, spaventati.
Kokitsune: -Attenti
bocconcini, siete facili prede-
Jyabura: -Kalifa,
indietro!-
Kalifa: -Ho
paura!-
Kokitsune: -Kalifa,
piccola, piccola Kalifa… Non mi riconosci?-
Disse, con falsa
dolcezza, il drago dal muso felino.
Jyabura: -Kalifa,
scappa! Ci penso io!-
Kokitsune: -Oh
Jyabura, mi spezzi il cuore così, sigh…-
La bestia imitò un
pianto seguito da qualche singhiozzo, poi rise malvagia.
Kokitsune: -… Non ti
basta come me lo hai spezzato poco fa?-
Jyabura: -Aspetta...
Tu sei…-
Kokitsune: -Esatto.
Ma non vivrai per raccontarlo-
Disse Kokitsune,
leccandosi le labbra e spalancando le zanne. Uno slancio con il robusto collo
serpentino, il muso si schiantò contro la terra, si richiuse e deglutì: aveva
inghiottito il Lupo, che aveva spinto via Kalifa appena in tempo.
Jyabura: -Ah, che
schifo!-
Ma egli era riuscito
a salvarsi, aggrappandosi alla lingua biforcuta del drago. La temperatura
all’interno delle fauci era parecchio alta, l’umidità regnava sovrana e il buio
era rischiarato solo da una luce azzurra che proveniva dal fondo della gola di
Kokitsune: Jyabura sapeva che caderci dentro era un biglietto di sola andata per
l’Inferno.
Jyabura: -Mi
dispiace Ko, ma se fai così mi costringi… SHIGAN!-
Colpì numerose volte
il mostro in gola, ben attento a non caderci dentro, ma non ci fu reazione.
Probabilmente non aveva nemmeno sentito quegli shigan. Sentì delle voci
maschili, erano molto lontane e, soprattutto, fuori dalle zanne di Kokitsune. Un
urlo, e lei sibilò. Jyabura sentì l’enorme testa sbatacchiare contro il
pavimento. Sengoku l’aveva domata.
Sengoku:
-Mollalo-
E un istante dopo,
le fauci si spalancarono. Gli occhi del Lupo ci misero un po’ per riabituarsi
alla luce.
Jyabura: -Un
tempismo impeccabile-
Era fradicio, ma
sano e salvo. Kalifa gli corse incontro e lo abbracciò.
Kalifa: -Allora non
ti ha mangiato!-
Jyabura: -Sono un
lupo, sono un predatore io, non una preda-
Disse con orgoglio,
guardando il Grand’Ammiraglio e la moltitudine di Marines, che legavano un
collare di catene in agalmatolite attorno al collo di Kokitsune. Un uomo si
avvicinò a loro, nervoso.
Marine: -Avete visto
più di quanto avreste dovuto. Pertanto, la vostra memoria verrà
modificata-
Kalifa: -Ma noi…
Cosa succede?!-
Disse la bambina,
ancora più stretta all’amico, ma prima che potessero fare o dire qualcosa,
l’uomo poggiò loro le mani sulla fronte, e all’istante dimenticarono tutto. Nel
frattempo, Kokitsune era tornata la solita ragazza, umana, pallida e allampanata
con i capelli fino alle spalle come una criniera, distesa a terra priva di
sensi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 9: Anni che Passano ***
New
Eccomi qui!
Colgo l’occasione per augurare a tutti un buon Capodanno (dato che per il
Natale sono PARECCHIO in ritardo. XD)!
xAmericanpeople95: Non ti preoccupare, quella è solo una sua strategia
per adescare Kokò. XD
Vedo che hai aggiornato di un bel po’ di capitoletti, ma penso che li
leggerò appena sarò più ‘lucida’ (al momento della battitura di questa risposta,
sono le 2 e 45 minuti. Non ci posso fare niente, sono una nottambula).
Dorian Gray non l’ho mai letto, ma l’ho sentito nominare. Un po’ di
Wikipedia e dovrei informarmi. XD
Kokitsune si grattò
pensierosa la zazzera di capelli castani e si rialzò come se niente fosse.
Riprese immediatamente le sue solite sembianze: il Frutto agiva come per volontà
propria. Si domandò come mai fosse stata distesa lì e soprattutto perché ci
fossero tutti quei Marine e Sengoku in persona attorno a lei, ma poi… Poi
ricordò. Aveva tentato di ucciderli. Vide Jyabura e Kalifa, m fece finta di
nulla per non incrociare il loro sguardo: come avrebbe potuto avere il coraggio
di rivolgergli ancora la parola?
Spandine:
-Grand’Ammiraglio… Chiedo scusa…-
Sengoku: -Taci,
Spandine! Tu, essere… Tutto a posto?-
Kokitsune: -Io credo
di sì… Ma veramente credo che dovreste preoccuparvi di più per Kalifa e
Jyabura…-
Sengoku: -Uno dei
nostri con i poteri del Frutto del Diavolo ha provveduto a modificare la loro
memoria, quanto basta a non far ricordare loro quel che è successo poco
fa…-
Kokitsune: -Allora
vi prego… Fate dimenticare anche a me. Fatemi dimenticare chi sono, quel che ho
fatto… Lasciatemi libera da questo incubo… Voglio tornare all’okiya dove abitavo
prima…-
Sengoku: -No,
impossibile. E anche se potessimo… Non lo faremmo-
Kokitsune: -Perché,
se mi è permesso chiederlo?-
Sengoku: -Avanti…
Sei brutta, una volpe col muso deforme… Tutti non faranno che etichettarti come
mostro! Il mondo non sa cos’è la pietà… Se resti con noi, nessuno potrà parlar
male di te! Ti ricordi, noi ti abbiamo dato una casa, degli amici! In cambio non
ti chiediamo altro che eliminare proprio chi a ucciso tua madre, i pirati, in
modo che nessun altro soffra come hai sofferto tu… Ma se vuoi andartene, come
una piccola ingrata…-
Kokitsune: -No… Ha
ragione…-
Sengoku: -Brava, hai
capito. E poi, chi vorrebbe una… Ahem, ‘bambina’ brutta come te?-
Kokitsune: -…
Nessuno-
Si asciugò una
lacrima. Sengoku la prese per le spalle e la scrollò violentemente.
Sengoku: -E allora
perché mi fai queste domande, razza di stupida sottospecie di lucertola! Che non
ti venga in mente di lasciare la Marina, il tuo destino è nel
CP9!-
Kokitsune: -… Chiudi
il becco, maledetto vecchio!-
Gli occhi di lei si
illuminarono improvvisamente di rosso, e il Grand’Ammiraglio capì che aveva
esagerato: dopotutto, a Damu (e magari anche a Roger) non piaceva essere
trattata in quel modo… Il Frutto che lei aveva creato aveva pur sempre una parte
di lei.
Kokitsune: -Ricorda
che posso sempre ripensare alla tua proposta, e allora potrai dire addio alla
tua ‘arma vivente’!-
Sengoku: -Ma, Damu
sama…-
Kokitsune: -Ci sono
altri modi per convincerla a restare… Sta attento, altrimenti…!-
Disse, aprendo e
chiudendo gli artigli. Gli occhi della volpe tornarono normali. Sembrava che non
si fosse accorta di nulla.
Kokitsune: -Beh,
Grand’Ammiraglio… Allora posso andare tranquilla dai miei amici, se non
ricordano nulla…-
Sengoku: -Sì, certo…
Vai pure…-
Kokitsune si avviò
verso i suoi amici, Sengoku ancora sudava freddo.
Sengoku: -Bisogna
stare attenti… Meno male che Roger si è costituito, non gli avrei potuto
assolutamente tenere testa, con quel potere spaventoso…-
Spandine: -Ma…
Perché quel frutto è così speciale?-
Sengoku: -Quello era
il frutto posseduto dal Re dei Pirati! Egli tuttavia non lo usava solo per
combattere. Quando, per esempio, doveva andare velocemente da qualche parte con
tutta la sua ciurma, si trasformava in un enorme drago rosso, inghiottiva la sua
nave con tutto l’equipaggio e volava via! Pensa che le leggende di dragoni non
raccontano altro che di uomini che avevano mangiato quel Frutto! E pare anche
che, una volta morto il possessore, le sue memorie vengono conservate nel frutto
e diventano quindi accessibili a chiunque lo mangi di nuovo. Appartiene a una
categoria quasi del tutto sconosciuta, la ‘Belva Sacra’. Il nome farebbe pensare
a uno Zoan, ma non lo è. Non è né uno Zoan, né un Paramisha, né un Rogia.
Sappiamo che ce ne sono solo altri tre al mondo, di cui uno in possesso di
Barbabianca, il Belva Sacra Avis Avis modello Fenice. Poi ci sono il Belva Sacra
Cow Cow modello Kirin e il Felis Felis modello Tigre, della medesima categoria.
Quello di Kokitsune è il Belva Sacra Kon Kon modello Kyuubi Ryuko. Il nome
riconduce le leggende delle mitiche volpi dotate di nove code. E si dice che
l’unico modo per ucciderne una sia quella di farla divorare da un drago. Ma
‘RYUko’ indica che lei è un mezzodrago. Quindi…-
Spandine: -… Quindi
è inarrestabile-
Sengoku:
-Teoricamente sì, ma Damu sama mi ha assicurato che Kokitsune è troppo debole
per resistere al mio Haki e al suo combinati insieme, è così che la
controlliamo, sperando che non prenda la ‘strada di Roger’ e non cominci a
diventare immune all’Haki. Inoltre, anche se questa è solo una leggenda, quella
donna mi ha raccontato che mai e poi mai i quattro possessori di questi frutti
si devono incontrare-
Spandine: -E perché
mai?-
Sengoku: -Beh,
diciamo che secondo un’altra bella storiella, il mondo venne creato dalle
quattro Belve Sacre. Il Dragone, che da una perla originò il Mondo, il Kirin,
che originò le Acque, la
Fenice che creò i Cieli e la Tigre che creò la Terra. E’ stato
predetto che il loro prossimo incontro significherà l’Apocalisse, in quanto
ognuna delle Quattro Belve si riprenderà ciò che appartiene loro. Molto
suggestivo, non credi?-
Spandine:
-Suggestivo e alquanto spaventoso… Preferisco non pensarci-
I giorni, gli anni
si susseguirono.
Kokitsune non era
tanto ingenua da non sapere che Lucci stava complottando qualcosa, la sua
gentilezza era la più falsa che avesse mai visto. Non aveva mai avuto
l’occasione di parlargli di quando l’aveva visto piangere, con quella foto,
all’ospedale. E perse tutta la voglia di farlo quando la crocifisse e le diede
fuoco con una falsa accusa. Inoltre, ora che era ufficialmente entrata nel CP9,
doveva sottostare agli ordini di Spandam. Il figlio dello stesso uomo che le
aveva marchiato a fuoco la croce del Governo, che le aveva fatto l’orecchio
monco.
Ormai aveva compiuto
ventitrè anni. Non era più una bambina, così come colui che l’aveva sempre
odiata. Kaku invece era quindicenne, Kalifa appena maggiorenne.
Spandam: -SGUATTERA,
IL MIO CAFFE’ QUANDO ARRIVA?!-
Kokitsune: -ORA,
ORA! Non era certo questo il lavoro che mi aspettavo di fare nel
CP9!-
Kaku: -Avanti Ko,
iniziano tutti con i compiti minori-
Kokitsune: -…Parla
quello a cui hanno già dato una missione!-
Disse stizzita
Kokitsune, mentre correva sui tacchi a spillo per la base della Marina, reggendo
un vassoio con una tazzina in porcellana e una caffettiera che traboccava caffè
bollente, che ogni tanto schizzava sulla faccia di lei. Kaku, sebbene da poco
nel CP9, era già maestro (o quasi) nell’arte delle spade, e gli era stata da
poco affidata una missione.
Kaku: -Sì, ma è
Lucci a fare tutto il lavoro, io devo solo sbarazzarmi… Di quello che lascia
dietro!-
Kokitsune: -Almeno
non sei a servire un idiota che non fa che comandarti a bacchetta, come un
cagnolino! Però ammettiamolo, è un idiota molto carino…-
Kaku: -Ah, l’amore
non corrisposto… Che cosa fantastica-
Kokitsune: -Ho solo
fatto un’osservazione! Il mio cuoricino appartiene a una sola
persona-
Sbuffò, emettendo
una nuvoletta a forma di cuore dalle fauci.
Percorsero insieme
il corridoio che portava all’ufficio di Spandam e bussarono alla porta, o
meglio, Kokitsune con una pedata scardinò la porta, che cadde addosso al suo
capo che stava venendo a cercarla proprio in quel momento. Lei si finse
dispiaciuta e lasciò ‘accidentalmente’ cadere il vassoio e il caffè bollente su
Spandam.
Kokitsune: -Ops!
Come sono maldestra… Mi perdoni, capo-
Kaku: -Non l’ha
fatto apposta, signore… Cattiva Ko, cattiva!-
Disse scherzosamente
lo spadaccino, facendole ‘no’ con il dito.
Facendo finta di non
vedere il suo capo, Kokitsune gli passò addosso con i suoi tacchi a spillo, ma
non ottenne alcuna reazione se non un flebile…
Spandam: -Accidenti
a te…-
Kokitsune: -Oh, mi
scusi! Lo sa che sono miope e non vedo bene…-
Kaku: -Sei
miope?-
Kokitsune: -Sì. Io
non vedo bene, ma è un problema che ho sempre avuto. I dottori della Marina mi
hanno detto che andando avanti con gli anni potrei diventare cieca-
Kaku: -Non sei
preoccupata?-
Kokitsune: -Sì e no.
Non sono preoccupata perché così non vedrei l’orribile mondo che mi circonda,
gli sguardi malevoli e la guerra attorno a me. Preoccupata perché non potrei
vedere neanche il volto di chi amo ,la luce della luna, la notte e le stelle. Le
uniche cose a cui non potrei mai fare a meno. E poi, la sola Vista non è quella
degli occhi…-
Kaku raccolse la
caffettiera di metallo e la tazzina in porcellana che, cadendo sulla faccia di
Spandam, non si era rotta ma era semplicemente rotolata a terra.
Kaku: -Dici che
dovremmo fare qualcosa per lui…?-
Kokitsune: -Perché
dovremmo, non ci ringrazierebbe di certo. E poi che vantaggio ne avremmo
noi?-
Kaku: -Haha, vero.
Hey, andiamo a importunare Jyabura-
Kokitsune: -Ma
allora vedi che sei tu che te le cerchi? E poi ti lamenti che è
intrattabile-
Kaku: -Ma l’amicizia
non è bella se non è litigarella…-
Kokitsune: -Ma non
era l’amor…-
Kaku: -… Come te e
Lucci?-
Kokitsune lo guardò
malissimo, stringendo i pugni. Il ragazzo capì che aveva toccato un nervo
scoperto.
Kokitsune: -Io. Con
quello. Dopo quello che mi ha fatto-
Kaku: -Scusa…
Pensavo… Che tu l’avessi perdonato… Come fai sem…-
Kokitsune: -Errare è
umano. Perseverare è diabolico. Perdonare è divino. Dio perdona, non
io-
Kaku: -Ca…
Capito-
Kokitsune: -Andiamo
a importunare Jyabura-
Concluse,
lapidaria.
Mentre si avviarono per la camera di Jyabura (nel più assoluto silenzio,
Kokitsune più seria che mai), Kaku decise di rompere il ghiaccio.
Kaku: -Allora… Ahem… Sai, non abbiamo mai avuto modo di conoscerci bene…
Vorrei sapere qualcosa di più… Di te-
Lei grugnì.
Kaku: -Dunque… Hemmm… Hai fratelli o sorelle?-
Kokitsune: -Tutti morti ammazzati dai pirati, insieme a quella che ho
creduto mia madre per una vita…-
Kaku deglutì sentendo il tono minaccioso con cui Kokitsune gli rispose.
Non aveva iniziato bene. Forse sarebbe stato meglio non farle domande sulla sua
famiglia, ma non resistette...
Kaku: -Oh… Cosa è successo?-
Kokitsune: -Kalifa è stata tanto gentile con me. Mi ha preso con sé e mi
ha insegnato a parlare. Le devo molto. Vive da sola con suo padre, sua madre
morì proprio mentre la partoriva, così cerco di essere una buona sostituta e la
proteggo. Non mi perdonerei mai se le succedesse qualcosa-
Kaku: -Così… Hai vissuto tutti questi anni con lei?-
Kokitsune: -No, suo padre mi ha tenuta solo per un mese, poi mi ha
abbandonata in un freddo inverno nel villaggio nel quale abitavamo. Avevo undici
anni… Pensai seriamente che quel giorno sarei morta, e lo sarei stata, se non
fosse stato per la signora Yamanbako. Le devo la vita e anche lo shakujo che mi
regalò il giorno che lasciai la sua accogliente casa con suo figlio… Eheh, da
quel giorno smisi di essere una maiko. Mi ricordo ancora cosa mi disse la
vecchia Kitsunebi quando le dissi che non sarei più tornata… ‘Possa la strada
fartisi incontro e beccarti dritta sul muso’-
Chi indovina la
citazione di Kokitsune (mentre parla con Kaku sull’ “amicizia”) vince un
biscotto. :P
(Suggerimento: è un
film nel quale un pezzo di colonna sonora si chiama ‘Il Cane, il Gatto,
la
Volpe’)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo 10: Una tazza di tè ***
New
xAmericanpeople95:
E’ un film del 1967. Si chiama proprio ‘Dio perdona… Io no!’ ed è un western. Si
dovrebbe trovare, su Youtube, a me è piaciuto.
I repentini sbalzi
di umore di Kokitsune sono voluti, visto che è schizofrenica (in parte causa
del Frutto del Diavolo). Kokitsune
soffre principalmente di ‘schizofrenia paranoica’, ovvero dove prevalgono le
idee fisse, le allucinazioni e i deliri (Kokitsune infatti ha il ‘delirio di
persecuzione’ dove il soggetto ritiene di essere oggetto di una persecuzione e
il ‘delirio di influenzamento’ nel quale il soggetto attribuisce un significato
speciale a oggetti, eventi o persone a lui prossime). Nelle fanfic però non si
nota molto perché poi Kokitsune, grazie a delle cure, riesce a eliminare
parzialmente questi disturbi. Inoltre, la schizofrenia causa anche repentini e
improvvisi cambi di umore e a volte capita anche che in una persona affetta da
essa siano presenti due (o più) personalità distinte.
Intanto aggiungo
Destiny ai preferiti e alle storie seguite (intronata come sono mi sono pure
dimenticata di aggiungerle XD)(Tu ti dimenticheresti anche di respirare, guarda.
ndKokitsune), poi preparo una bella recensione (io, si sa, sono negata nelle
recensioni)(TU SEI NEGATA IN TUTTO, NON SOLO NELLE RECENSIONI! ndKokitsune). Mi
dispiace che ora per cause di scuola non potrai più aggiornare con la stessa
frequenza di qualche giorno fa, ma pazienza, aspetterò come tutti, impaziente.
:3
Grazie per il
consiglio sul libro! Appena lo trovo, me lo prendo, sembra molto interessante da
quello che ho letto. Io invece ti suggerirei ‘Harukana machi-e’ (tradotto in
Italia ‘In una lontana città’) di Taniguchi Jiro.
Kaku si
tranquillizzò al tono di voce di Kokitsune, ora più o meno incolore. Lei era
fatta così, ma dopotutto nella
visita medica della scorsa settimana le erano stati riscontrati chiari
segni di schizofrenia, ma a lei non sembrava importarne molto. Kalifa sosteneva
che la sua amica era perfettamente normale e non era pazza, ma a volte non ne
sembrava convinta neanche lei.
Kokitsune: -Aspetta,
ora tocca a me farti qualche domanda… Che ne so, pensi che io sia
pazza?-
Kaku: -No,
assolutamente… Perché?-
Kokitsune: -Lo so
che lo pensi. Tutti lo pensano. Anche Kalifa, ma per bontà o forse pietà non me
lo dice! Io ti faccio pietà, ammettilo!-
Suonava aggressiva,
di nuovo nervosa.
Ovviamente, lei era
convinta di aver parlato in tono perfettamente normale.
Kaku: -A… Ascolta!
Non c’è niente di male ad avere un disturbo… Psichico… Ahem, cioè, c’è di male
ma è curabile…-
Kokitsune: -Non
sviare la mia domanda! Allora?-
Gli rivolse un
ghigno malvagio, poi una risatina di scherno, i canini appuntiti appena fuori
dalla bocca. Kaku notò che la pelliccia attorno agli occhi (rossi) le stava
diventando di uno strano colore nero.
Kaku: -No, non mi
fai pietà! E neanche a Kalifa, se è per questo!-
Kokitsune: -Senti,
penso che andrò un po’ in camera mia, se non ti dispiace-
Kaku: -Aspetta, non
volevo offenderti!-
Ma era troppo tardi:
se n’era già andata.
Aprì la porta della
sua stanza bruscamente e la chiuse con veemenza.
Ormai non stava più
in una camera con un compagno, ma in una stanza personale, così come gli altri.
La sua aveva un grande specchio a figura intera, ed era piena di roba di vario
genere: una collezione di shakuhachi, vari kiseru, mobili di legno antico sui
quali erano poggiate stoffe di seta rossa riccamente decorate di draghi e volpi
d’oro, vari vasi di porcellana contenenti fiori, tra cui rose canine e garofani
rossi. In un angolo remoto della camera, vicino a una finestra, un grande letto
a baldacchino intonato al resto, biposto (che lei aveva segretamente sognato di
condividere con qualcuno), e una scrivania piena di boccette di inchiostro,
pergamene e pennelli per quando si dedicava al suo passatempo preferito, la
calligrafia. Non c’erano sedie, ma grandi e soffici cuscini. Il pavimento era
coperto da un enorme tappeto con un dragone con ben cinque artigli. Vicino
all’ingresso, un tavolino con una teiera e due tazzine. Entrando nella camera,
la prima cosa che saltava all’occhio, oltre alla luce che filtrava a malapena,
era la grande quantità di fumo provocato dal profumatissimo incenso che
Kokitsune accendeva ogni giorno, che dovesse pregare, concentrarsi o meditare.
Passò più volte davanti allo specchio, meditabonda, non accorgendosi che il
riflesso non era esattamente il suo…
???:
-Hey!-
Kokitsune:
-Oh?-
Si fermò proprio
davanti all’oggetto e fece un salto indietro dalla sorpresa: non vide se stessa,
ma un uomo dall’elegante soprabito rosso e le vesti sgualcite, i corti capelli
neri e un paio di lunghi baffi. Gli occhi scuri e il sorriso beffardo. Era lui,
Gol D. Roger.
Kokitsune: -Oh,
fantastico, un altro segno della schizofrenia, le allucinazioni!-
Roger: -Senti bella,
che ti piaccia o no, noi due siamo una cosa sola… Un’unica entità, se
preferisci. C’è una cosa che ci lega, indissolubilmente…-
Kokitsune: -Ora che
ci penso, parecchi anni fa ebbi quello strano ‘sogno’ della tua esecuzione… Ma
che sto facendo, ora parlo anche con il frutto della mia
immaginazione!-
Roger:
-Ascoltami!-
Kokitsune si
ammutolì all’istante, il tono duro e autoritario dell’ “allucinazione” era
incontestabile.
Roger: -E’ proprio
questo che la Marina vuole! Vuole sfruttare il
nostro legame! Non capisci?-
Kokitsune: -Non
capisco cosa possa legarmi a te!-
Roger: -Il tuo
Frutto del Diavolo Kon Kon modello Kyuubi Ryuko, accidenti! Il sogno di tanti
anni fa… Non era che il ricordo che avevo della mia esecuzione!-
Kokitsune: -Quale
Frutto del Diavolo? Io sono una volpe, capisci, ci sono nata così… Maledizione,
lo sapevo che in me c’era qualcosa che non andava… Allucinazioni…-
Roger: -La tua
testardaggine è la cosa che non va! La Marina, il Governo… Vogliono
utilizzarti come arma, non capisci? Vogliono estrapolarti le mie memorie, per
imparare a utilizzare i tuoi poteri, conoscere segreti di cui tu non hai
idea!-
Kokitsune: -Non ti
credo…-
Roger: -Non VUOI
credermi-
Kokitsune:
-SILENZIO!-
In uno scatto d’ira,
prese un kiseru in bambù e metallo dalla sua collezione e lo scagliò contro lo
specchio, che andò in mille pezzi, le schegge cristalline che volavano da tutte
le parti. Una di esse le mancò miracolosamente l’occhio destro, ma lei era
ignara che era stata una sua involontaria fiammata azzurra a
deviarla.
Roger: -Sette anni
di guai… Impara a controllare i tuoi impulsi animali, o saranno la tua
rovina!-
Kokitsune: -HO DETTO
SILENZIO!-
Disse la volpe,
disperata, cadendo in ginocchio a terra, le mani appoggiate al pavimento, la
testa bassa. I suoi lunghi capelli castani le caddero come acqua sulle spalle:
aveva perso l’abitudine di lasciarseli alla meno peggio, come quando era
adolescente e li aveva corti. Adesso che erano lunghi fino alle caviglie, li
lisciava praticamente ogni giorno. Sapeva che, da quando avrebbe iniziato ad
avere missioni, non avrebbe potuto dedicarsi molto tempo. Così, anche per
questioni di comodità, quando doveva lavorare legava i capelli nella classica
lunga ‘coda’ con la garza rossa. Si rialzò, traballante, nervosa. Una tazza di
tè le avrebbe fatto bene, si disse. Si diresse allo stipetto dove teneva varie
varietà di tè, quando la sua porta si aprì e si richiuse velocemente: era Lucci,
e teneva qualcosa in mano. Subito andò verso Kokitsune, praticamente
inchiodandola alla parete, sventolandole la cosa che aveva in mano davanti al
muso. Era la foto, Kokitsune ne era certa, che l’uomo aveva già da parecchi
anni, da quando l’aveva visto piangere all’ospedale. Quel giorno, aveva una foto
in mano.
Lucci: -Devi
aiutarmi-
Kokitsune: -Piano,
piano! Accomodati, stavo preparando qualcosa da bere-
Lui obbedì, ma più
per avere qualcosa da fare che per ordine della volpe. Sprofondò nel cuscino
vicino al tavolino con la teiera. Lei tornò allo stipetto e prese un sacchettino
di seta, una pentola e una bottiglia di acqua minerale. Versò l’acqua nella
pentola e la riscaldò con una soffiata di fiamme azzurre dalla bocca, poi ci
mise dentro il sacchetto e lo lasciò per due minuti buoni in infusione,
togliendolo e rimettendolo per circa tre volte. Poi versò il tutto nella teiera
e servì il tè.
Kokitsune:
-Bevi-
Lucci:
-Eh?-
Lucci si era
completamente dimenticato della sua presenza, intontito dai ‘fumi tossici’, come
li chiamava lui, dell’incenso.
Kokitsune: -Non
essere ridicolo, è Ch'i-Men Mao Feng!-
L’uomo assaporò
lentamente la calda bevanda. Di colpo si sentì più calmo, dimentico della fretta
che aveva avuto nel mostrare la foto a Kokitsune. Quest’ultima, seduta in un
cuscino di fronte a lui, trangugiò in un sorso solo l’intero contenuto della
teiera.
Lucci: -Mi devi
aiutare-
Kokitsune: -L’ho
capito, sai?-
Lucci: -Questa
foto-
Le diede la foto:
raffigurava una bella donna vestita di bianco, lo sguardo triste, vicino a un
uomo elegantemente vestito, lo sguardo severo. Tra di loro, un bambino sui tre
anni, era proprio Lucci.
Kokitsune: -Me la
stai mostrando perché…-
Lucci: -Voglio far
luce sul mio passato-
Kokitsune rimase
stupita: perché mai
LUI chiedeva aiuto a una che di passato non ne aveva? Forse
perché se avesse chiesto ‘aiuto’ a qualcun altro probabilmente l’avrebbero preso
per pazzo, considerando chi era. E la volpe, beh… Lei la consideravano già
pazza. Qualunque cosa avrebbe detto, sarebbe passata per una
cialtroneria.
Kokitsune: -Tua
madre è triste-
Lucci: -Vorrei
sapere il perché…-
Kokitsune: -Beh, la
capisco! Avere un figlio come te!-
Si concesse una
risatina malvagia che in genere non usava mai.
Si era ben accorta
che Lucci era stordito e quindi aveva deciso di prendersi una piccola vendetta
per tutto ciò che le aveva fatto usando un po’ di violenza psicologica.
Kokitsune:
-Comunque… Tuo padre è così serio. E tu sembri moggio proprio come tua madre…
Mmmm… In alcuni libri ho letto dei cosiddetti ‘figli illegittimi’. Magari tu sei
uno di loro-
Lucci: -Io… Cosa te
lo fa credere?-
Kokitsune: -I figli
illegittimi sono figli nati fuori da quel che voi umani chiamate matrimonio. A
quanto pare, per voi è un disonore terribile avere figli fuori da esso. Siete
così strani. Mamma Volpe mi ha spiegato che per far nascere i miei sette
fratelli si è trasformata in fuoco e ha separato sette parti di sé, che poi sono
diventate volpi. Per creare una nuova generazione, noi usiamo la scissione.
Chissà come nascono i piccoli umani… Infondo mi piacciono, con una mela in
bocca, però, e ben arrostiti-
Lucci: -Ma perché…
Perché mi hanno abbandonato?-
Kokitsune: -Azzardo
un’ipotesi, tu eri figlio di un altro tizio che ha lasciato tua madre, lei
voleva evitare il disonore, così sposò quello che nella foto è tuo padre, che
poi decise di avere un altro figlio e dimenticarti. Magari tua madre non voleva
lasciarti, ma è stata costretta. Aaah, la tua vita sarebbe un romanzo, così. Ma
perché chiedi aiuto a me?! Io non ho nemmeno un passato, mia madre non era
nemmeno mia madre! I miei genitori mi hanno abbandonata a un anno, sono venuta a
scoprirlo nel modo peggiore! Io sono figlia di nessuno…-
Lucci: -Sempre
meglio figlia di nessuno, che figlio di due che neanche si amano…-
Kokitsune: -Oh,
guarda guarda se le mie orecchiette mi stanno ingannando, ti ho sentito parlare
di amore-
Lucci: -…
Maledizione a te e ai tuoi intrugli infernali! Che cosa ci hai messo nel tè,
l’oppio?-
Kokitsune: -Per tua
informazione, i miei ‘intrugli infernali’ sono pregiatissime varietà di tè, e
poi non è colpa mia se non sai nemmeno gustarlo, tanto da dire che ci metto
l’oppio dentro!-
Lucci: -… Disse
quella che si scolò in un sorso un’intera teiera-
Kokitsune: -Sai
Lucci, non l’avrei mai detto… Direi che tu devi esser crudele per essere
giusto…-
Lucci: -Il Governo
vuole così… Ama tutti, credi a pochi e non far del male a nessuno è il tuo
motto, vero?-
In quel momento, la
porta della stanza si aprì di scatto e Lucci saltò in piedi, come ripresosi
improvvisamente dallo stordimento da tè e incenso: Jyabura entrò di corsa,
dapprima interdetto dai pezzi di vetro per terra, poi dal vedere il ‘gattaccio’
in piedi, vicino al tavolino del tè con una Kokitsune evidentemente sorpresa.
Lucci si riprese la foto e se ne andò senza dir loro niente, ma il Lupo batté
rumorosamente un colpo sul tavolino, facendo quasi cadere la volpe dal suo
cuscino.
Kokitsune: -Se sei
qui per il tè, sei arrivato tardi. E’ finito-
Disse, accavallando
le gambe e assumendo un’aria quanto più possibile innocente e
rilassata.
Senza lasciarlo
parlare, continuò…
Kokitsune: -Kaku ti
ha detto tutto, suppongo… No? Mi tenete d’occhio, come una belva
pericolosa…-
Jyabura:
-Assolutamente no! Noi vogliamo aiutarti, ma se non collabori come pretendi di
ottenere risultati?-
Kokitsune: -Come va
con quella Gaterine, o come si chiama lei? L’inserviente. Quella che ti
piace-
Jyabura non si
lasciò distrarre dalla frecciatina che Kokitsune aveva appena sparato per
sviarlo dal discorso, approfittando della sua poca pazienza.
Jyabura: -Perché
Lucci era qui? Non dirmi che ti sta ricattando!-
Kokitsune:
-Ricattarmi? Lui? E perché mai, kon kon!-
Jyabura: -Ho visto
il tuo specchio rotto e ho fatto due più due-
Kokitsune: -Oh…
Eheh… Quello…-
Si afferrò la testa,
scuotendola.
Kokitsune: -Avete
ragione… Io ho bisogno di aiuto… Aiutatemi! Ho bisogno di aiuto… Non di
pietà…-
Per la stanza di
Kokitsune, ho fatto riferimento a un po’ di cose.
Tanto per
cominciare, il colore rosso: il rosso, in Cina e in Giappone, ha valenze
positive e significa fortuna. In Occidente invece può significare l’amore
divino, ma anche il sacrificio, il martirio o il tormento. Infatti assume anche
valenze negative, come quelle dell’amore carnale e del sangue.
L’hobby di Kokitsune
è la calligrafia, ovvero lo shodo (che significa ‘arte della scrittura’), ed è
molto popolare in Giappone. Che ne sono vari stili.
Il Ch'i-Men Mao Feng
è tè nero cinese, ed è considerato una delle varietà più rare al mondo. Questo
infuso veniva offerto in omaggio all'imperatore, come testimoniano antichi
documenti.
Anche i fiori nella
stanza di Kokitsune hanno un significato particolare: La rosa canina infatti
simboleggia delicatezza e
piacere
ma la tempo stesso anche sofferenza
e dolore.
I garofani rossi invece significano rabbia e risentimento, ma anche
energia.
Infine, lo scambio di battute tra Kokitsune e Lucci verso la fine sono
citazioni dell’Amleto.
(Il disegno di Kokitsune è stato fatto da Razzek, su
DeviantArt)
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=416955
|