Clive Cussler reloaded

di PaleMagnolia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Post-prologo ***
Capitolo 3: *** Post-post prologo ***
Capitolo 4: *** Capitolo III. O Forse IV. Non Ho Voglia Di Controllare ***
Capitolo 5: *** Orange Hawaii ***
Capitolo 6: *** I dolori del povero Gunn ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Disclaimer: tutti -o quasi - i personaggi di questa storia sono ispirati molto, ma molto, ma *molto* alla lontana, a quelli di Clive Cussler. Se ci fosse la possibilità di scrivere fra gli avvertimenti un "OOC" grande quanto tutta la pagina, credo che ci starebbe a pennello.
Questi personaggi non li ho inventati io, nè sono di mia proprietà - grazie a Dio.
Sono ben felice di lasciarli a Cussler.
Se la sbrighi lui.

Prologo


Parigi, millessettecentonovantaquattro. Il bellissimo baronetto Jean-Claude è stato destinato in moglie alla perfida contessa Cassandra per motiv... Uh, no, scusatemi.
Mi sono lasciata prendere dalla demenzialità e dall'OOC di questa storia.

Vi avverto: ho l'influenza e sono reduce da un mese di corso intensivo per operatore fiscale; ormai, potrei recitarvi l'elenco degli oneri detraibili per il 19% a memoria - all'indietro - ma, sfortunatamente, per tutto quel che non riguarda la compilazione del quadro E del 730 il mio povero subconscio è definitivamente arrivato a fine cottura, e manda intorno un delicato odorino di soufflè.
Questa sarà con tutta probabilità la mia storia più brutta, ma il bello di EFP è proprio questo: chiunque puo' scaricarci qualsiasi tipo di cazzata estemporanea gli venga in mente, tipo discarica abusiva; quindi, peggio per voi, utenti.
Questa pseudo-storiella che mi torna in mente, a periodi alterni, da un mucchio di tempo, è la rivincita dei miei personaggi preferiti nei libri di Cussler.
Spiacente, Dirk. Hai avuto la tua occasione.


Summer voleva lavorare soltanto coi migliori; per questo aveva pregato suo padre di assegnarla a lui, il più brillante fra gli

Summer voleva lavorare soltanto coi migliori; per questo aveva pregato suo padre di assegnarla a lui, il più brillante fra gli uomini del NUMA... Beh, il più brillante, a parte lei, naturalmente. Questo era scontato.

La giovane donna era certa che, entro breve, l’uomo si sarebbe accorto della sua intelligenza fuori dal comune; lei avrebbe solo dovuto stare attenta che il poveretto non soccombesse al suo incredibile fascino - le sarebbe dispiaciuto che soffrisse atroci pene d'amore per causa sua. Era così serio e compìto, avrebbe potuto sconvolgerlo con la sua carica di sensualità.

Per questo aveva scelto un look sobrio ed elegante: sarebbe stato imbarazzante se il pover'uomo fosse stato soggiogato fin dall'inizio dalla sua bellezza fuori dal comune. Aveva perciò indossato, con grande tatto e sensibilità (quante ragazze belle come lei sarebbero state così premurose?), un tailleur grigio perla che le fasciava il corpo mozzafiato, e aveva acconciato i fiammanti capelli rossi in un elegante chignon sulla nuca.

 

Ancheggiando sui tacchi, si diresse, fra gli sguardi ammirati dei presenti, verso il luminoso ufficio, ma si fermò sulla porta. Sentiva due voci, una maschile e l’altra femminile, provenire dall’interno.

 

“...togliertelo dalla testa, Dals, io non ho proprio nessuna intenzione di aiutarti a --”

“Oh, ma dài, da che pulpito!”

“Ehi!”, fece la voce maschile, offesa. “Mi stai dando del disonesto?”

 

A Summer sembrò di sentire dell’ironia nella domanda, ma doveva essersi sbagliata.

 

“Beh, chi è che, con la scusa di essere assistente del professore, sgraffignava il testo dei compiti in classe al college e poi lo vendeva alle matricole, hmm?”

“Non io!”

“Cosa, cosa? Guarda che c’ero anch’io quella sera, quando tu--”

“Ho detto che li rubavo. Era Jim Saunders che li vendeva.”

“Oh?”

 “Poi facevamo a metà.”

La voce femminile assunse un tono fra il divertito e l’esasperato.

“Oh. E ti sembra meglio?”

Lui è stato sbattuto fuori. Io ho preso una borsa di studio. Fa’ un po’ tu.”

Sbuffo. “E dire che, guardandoti, sembri quasi una persona seria.”

“Quasi”

“Credimi, Rudi, certe volte mi chiedo come diavolo hai fatto a diventare vicedirettore di questo posto.”

“Beh, non sono andato a letto col principale, se è questo che stai per dire.”

La donna ridacchiò. “Spero proprio di no.” Poi sembrò ripensarci. “Non che l’ammiraglio non sia un bell’uomo, però non vi ci vedo tanto, a --”

“Dals, per favore. Ho già abbastanza problemi a dormire, e le tue delicate immagini di omopornografia non mi aiutano affatto.”

“No?”

No.”

 

Summer sbarrò gli occhi. Ecco qualcosa che avrebbe preferito non sentire.

Nella sua mente, cominciò a farsi strada l’immagine dell’ammiraglio Sandecker che... La respinse con violenza.

 

“Stavo solo dicendo che...”

Sul serio! Cristo, Dals è il mio capo!”

“No, che non è il tuo capo. Dirk lo è.”

“Questo non significa che tu possa inserire me e l’ammiraglio nelle tue fantasie slash. Davvero, qualche volta mi piacerebbe avere una segretaria normale, che non guarda Queer As Folk tutti i dannati weekend.”

 

Summer Pitt era parecchio confusa.

Quando aveva richiesto di lavorare nell’ufficio di Rudi Gunn e affiancare la sua assistente, Darla Sheppard, si era immaginata un’atmosfera decisamente più – beh, ecco, seria.

 

Si lisciò la gonna sulle gambe ben fatte, poi si schiarì la voce e bussò.

Le voci si interruppero.

Gunn aprì la porta e le rivolse un sorriso interrogativo.

“Sì?”

Summer gli rivolse il suo sorriso più accattivante. “Salve, Rudi”, disse, con voce bassa e roca.

Gunn sollevò impercettibilmente un sopracciglio.

Pausa. Gunn la guardava, il sorriso leggermente forzato, come se fosse troppo educato per chiederle cosa diavolo volesse, ma fosse anche ansioso di tornare a quel che stava facendo prima.

Summer si schiarì la gola, in imbarazzo.

Gunn continuò a fissarla con aria di aspettativa. Che c’è?, diceva la sua espressione, cortese ma un tantino seccata.

Qualcosa non andava. Nelle sue intenzioni, Gunn avrebbe dovuto sciogliersi come un cioccolatino dimenticato sul cruscotto il quindici d’agosto, scostarle la sedia e dire “oh, sono così felice che tu abbia scelto di lavorare con noi”.

Beh. Qualcosa del genere.

“Sono, uhm, venuta a, sì, ecco... Hmm, mio padre te l’ha detto, no?”, disse.

Non saprei”, disse gentilmente. Un po’ troppo gentilmente, pensò Summer: col genere di tono che hanno i genitori con i bambini particolarmente tardi. “Cosa dovrebbe avermi detto?”, continuò amabilmente.

Summer rimase interdetta. Non si era mai trovata nella situazione di dover spiegare che cosa voleva.

Di solito, le bastava volerlo.

“Ehm...”

Gunn si appoggiò contro lo stipite della porta.

“Io, uh, cioè. Adesso lavoro qui”, disse Summer, precipitosamente.

Gunn sorrise, sempre con quell’espressione padre-saggio-bambino-tonto. Aprì la bocca per dire qualcosa, poi parve ripensarci. La fissò.

“... Affascinante”, disse infine.

Summer cominciò a provare una strana sensazione, una sensazione che non aveva mai provato... era... era come se, ecco, naturalmente era impossibile, ma si sentiva proprio come se stesse facendo la figura della sciocca.

“Voglio dire”, si riprese “che ho chiesto a mio padre di assegnarmi a questo ufficio per poter lavorare al tuo fianco.” Summer prese a fare le fusa. Si spinse una ciocca dei meravigliosi capelli rossi dietro l’orecchio, con fare provocante. “Perchè sappiamo tutti che tu sei il migliore”, ronfò.

Gunn fece un rapido cenno affermativo con la testa, poi la invitò ad entrare con un gesto della mano. “Oh, sì, Dirk mi ha accennato a questo.” Disse in tono svagato, come se lo ricordasse in quel momento.

Poverino, dev’essere parecchio stressato, pensò Summer. Gli farà bene avere qualcuno come me intorno.

“Entra, ho qualcosa per te”

Era fatta!, pensò Summer, trionfante. Tutti gli uomini facevano quel che voleva lei. Tutti. E Rudi Gunn non faceva eccezione.

Scivolò nella stanza dietro di lui.

Gunn prese dalla scrivania un voluminoso pacco di fogli.

Summer gongolava. Si vide seduta, con le gambe elegantemente accavallate, alla scrivania di un grande ufficio lussuoso - magari quello dell’ammiraglio - a studiare importantissimi progetti con un paio di vezzosi occhiali da lettura sul nasino delicato – giusto per darsi un tocco intellettuale.

Sorrise radiosamente a Gunn... che le gettò il mazzo di carte.

“Ecco”, disse, allegro. “Le voglio in triplice copia, fronte-retro, entro mezz’ora. La fotocopiatrice è in fondo al corridoio.”

Il sorriso di Summer crollò come un castello di carte durante l’uragano Katrina.

"Ah, Summer", la richiamò Gunn, mentre si voltava. "Mi faresti un favore?" Summer si volse, speranzosa.

"Spillale a due a due, quando hai finito. Te ne sarei davvero grato."

 

*Darla è il nome della segretaria dell'Ammiraglio, che poi, misteriosamente, passa (evidentemente per usucapione) a Rudi Gunn. Il cognome me lo sono inventato lì per lì perchè non viene mai citato. Cussler, mi stai diventando pigro: manco i cognomi dei personaggi secondari?, suvvia!

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Capitolo 2
*** Post-prologo ***


Gunn chiuse la porta dietro di lei, con un sorriso malizioso stampato in faccia

Gunn chiuse la porta dietro di lei, con un sorriso malizioso stampato in faccia.

“Cristo”, sogghignò. “È come sparare ai pesci in un barile”.

Darla sghignazzò. “Quando mi hai detto che era una Mary Sue fatta e finita, non pensavo che fosse... beh, che fosse...” fece un ampio gesto con le mani “... insomma... così.”

“Beh, con un padre come Dirk, che ti aspettavi...?

“Sì, beh, santo cielo – la prole di Mr.Perfezione è ancora più insopportabile di lui.” Darla riflettè. “Sai, dovrebbero proibire a gente come lui, e come la madre di quei marmocchi da fotoromanzo, di procreare. Sul serio. Per legge.”

Hm-hmm. Perchè?”

“Beh”, Darla cominciò a elencare sulle dita di una mano “punto primo, perchè sono deleteri per l’economia nazionale”

Gunn alzò un sopracciglio, perplesso. “... Sarebbe a dire?”, chiese.

“Beh, quella lì", disse, indicando la porta dalla quale era appena uscita Summer Pitt "non ha mai avuto un singolo, maledetto, brufolo con la punta gialla (Gunn gemette con aria disgustata) su quella dannata faccia da modella, e scommetto che la Clerasil ha perso un fottìo di fatturato per colpa sua. Per non parlare dei vestiti. Con quel vitino da libellula anoressica, scommetto che le entrano i capi campionari che di solito si mettono ai manichini, e li paga la metà. Forse non li paga affatto, glieli danno gratis perchè li pubblicizzi indossandoli alle feste.”

Gunn si appoggiò con la schiena alla scrivania e incrociò le braccia, disponendosi ad ascoltare il resto di quella raffinata analisi socio-economica.

“... Per non parlare degli apparecchi ai denti, insomma, hai visto quegli incisivi? Neanche col filo a piombo si riuscirebbe a farli così dritti, deve averci lavorato un geometra..." blaterò. "... e Christian Dior piangerebbe nel vedere la sua carnagione, insomma, che li inventi a fare, i fondotinta illuminanti, se poi esiste gente così, e - no, no, aspetta, senti questa”, disse a un tratto, vedendo che Gunn stava per allontanarsi, scuotendo la testa.

Gunn si appoggiò di nuovo e la invitò a proseguire con un cenno (fintamente rassegnato) della mano. Darla puntò un dito ispirato contro di lui.

“... Le riviste porno!”

“No, aspetta. Che diavolo c’entrano le riviste porno?”

“Beh, dopo che hai visto Summy-sum per strada con uno di quei tailleur liofilizzati, da "sono-una-segretaria-seria-ed-efficiente-ma-vedrai-cosa-ti-faccio-sotto-la-scrivania-se-per-caso-mi-cade-la-graffettatri...”

Dals!”

“... Oh, dai, non fare il puritano, non ti si addice – beh, stavo dicendo, dopo aver visto tutta quella roba lì al pascolo, gratis, di tette ne hai abbastanza per tutta la settimana. E chi li spende più, i soldi per comprare Playboy, hmm?

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Post-post prologo ***


vale_03, io ti adoro. I tuo commento mi ha ispirata, ho davvero voglia di trasformare Summy-Sum in una casalinga sfatta con le vene varicose.


“Era bellissima, alta e flessuosa, coi capelli lunghi di un rosso intenso e gli occhi come perle grigie

“Era bellissima, alta e flessuosa, coi capelli lunghi di un rosso intenso e gli occhi come perle grigie.”

Clive Cussler su Summer Pitt, Walhalla.

 

“Ma anche no”

Darla Sheppard su Summer Pitt, Clive Cussler Reloaded.

 

“Dopo aver saputo che i ragazzi erano stati spinti dalla madre sulle sue orme e si erano laureati in scienze oceanografiche, aveva fatto in modo che fossero assunti alla NUMA”

Clive Cussler su Dirk e Summer Pitt, Odissea.

 

“Raccomandati dei miei coglioni”

Rudi Gunn su Dirk e Summer Pitt, Clive Cussler Reloaded.

 

Summer Pitt era arrivata ad odiare la fotocopiatrice.

Non odiava più qualcuno in quel modo da quando, all’asilo, Micky Stephanides le aveva appiccicato la gomma da masticare nei capelli.

La sua governante aveva dovuto toglierla con la benzina.

Summer aveva puzzato come un distributore Shell per una settimana.

Ora, la ragazza era inginocchiata a terra per prendere una cartellina dallo scaffale più basso dell’archivio. Afferrò il dorso del fascicolo e tirò, ma l’infame non si mosse di un millimetro; lo scaffale era strapieno, e sfilare documenti da lì era un’impresa titanica.

Summer non si diede per vinta: si puntellò coi piedi contro lo scaffale e tirò.

I Pitt non si davano mai per vinti.

Anche perchè, all’ultimo momento, arrivava qualcosa di inaspettato ad aiutarli – per esempio, due figli-clone bellissimi che spuntavano, già adulti e laureati in oceanografia, proprio quando Dirk senior stava diventando troppo vecchio per andarsene in giro ad accoppare delinquenti e lumare pupe bionde. Oppure una grotta che crollava al momento giusto. O il teletrasporto. O magari un uragano bello distruttivo. O una pratica eruzione di lava, magari con qualche bel lapillo incandescente...*

Summer si era persa nei suoi pensieri, e, quando Gunn entrò, era seduta a terra, le gambe allargate puntate contro il mobile, che stringeva distrattamente un incartamento polveroso.

“Hm-hm”. Gunn si schiarì la gola.

Summer sobbalzò, colta di sorpresa, e si voltò verso la porta. “Oh, mio Dio!”, disse.

Gunn sollevò un sopracciglio. “Gli amici mi chiamano Rudi, di solito, ma se tu preferisci così...”, disse, sollevando appena le spalle, a indicare che gli andava bene.

“Oh”, disse Summer. Pensò a qualcosa di adeguato da dire. “Oh”, ripetè, poco convinta.

Non che non avesse il senso dell’umorismo – solo che nessuno lo usava mai contro di lei. Quando succedeva, non sapeva come comportarsi, ecco.

Gunn si appoggiò allo stipite. “Hai finito?”, chiese, girando lo sguardo sui documenti sparsi tutt’intorno; a Summer parve di vedere i suoi occhi luccicare di malizia.

“Quasi, io... Uh, non riesco a estrarre questa cartella da...” indicò con un gesto sconsolato della testa l’archivio strapieno.

Gunn si avvicinò, si chinò accanto a lei, poi allungò una mano verso l’archivio e fece scattare qualcosa. Un attimo dopo, tirò delicatamente tutta la fila di fascicoli verso di sè. Le cartelline dondolarono dolcemente, appese ad un comodo supporto scorrevole.

“Cartelle sospese”, disse Gunn.

Summer crollò.

 

“Non gliel’avevi detto?”

“Devo essermelo scordato. Sai, ho tante cose a cui pensare...”

“Vuoi dirmi che l’hai lasciata estrarre le cartelle a mano per due giorni, prima di ricordarti che si potevano estrarre e riporre con i supporti mobili?!”

“Sai, ad una certa età, la memoria comincia a giocare brutti scherzi...”

Hiram Yaeger scosse la testa, con un’espressione a metà fra l’esasperato e il divertito.

“Rudi, sei perfido.”

“No-o.” Gunn si portò la mano al cuore, con aria offesa. “Solo sbadato.”

Yaeger riflettè.

“Aspetta”, disse pensosamente “ questo significa che, se non sapeva che le cartelle erano appese al classificatore mobile, le ha anche riposte tutte nella maniera sbagliata. Giusto?”

“Ovviamente.”

“E quindi...?”

“... Quindi, mio caro amico, la nostra piccola stagista dai capelli rossi passerà un altro paio di giorni a impolverarsi le chiappe.”

“Mi correggo.” Hiram sorrise. “Sei peggio che perfido. Sei geniale.”

 

 

 

* Cfr. Walhalla, Enigma, di nuovo Walhalla, Recuperate il Titanic, Onda d’Urto.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo III. O Forse IV. Non Ho Voglia Di Controllare ***


Parli e tutti ascoltano
ridi e tutti ridono
è una gara a chi
ti asseconda di più
mentre tu
giochi e un poco provochi
però mai esageri
sul più bello vai via
sola e lasci tutti così

Max Pezzali su Mary Sue.


Quando suo padre entrò, Summer Pitt sedeva sul divano a guardare la tv, mangiando biscotti al cioccolato direttamente dal sacc

Quando suo padre entrò, Summer Pitt sedeva sul divano a guardare la tv, mangiando biscotti al cioccolato direttamente dal sacchetto, e bevendo coca-cola da una tazza da tè.

Portava una tuta di poliestere elasticizzata e aveva i capelli raccolti in una coda di cavallo.

“Dov’è la mia bellissima ragazza?”, gridò Dirk Pitt, a mo’ di saluto, appoggiando le chiavi su un ripiano ricavato dall’assito dell’Andrea Doria.

Poi la vide.

“Tutto bene?”, chiese, un po’ perplesso.

“Hmm-m”, grugnì Summer, agitando una mano per indicare di essere momentaneamente troppo occupata per rispondere. Pescò un altro biscotto con le dita grassocce.

Stava guardando La Ruota Della Fortuna. Una concorrente grassa coi capelli tinti stava ridendo a una battuta del presentatore.

Summer guardava, tutta intenta. “Ecco, vedi”, disse, distogliendo finalmente gli occhi dallo schermo, quando ci fu un’interruzione pubblicitaria. “Quelli che portava lei sono esattamente il tipo di collant contenitivo che cercavo di descrivere a quella stupida commessa. ”.

 

Summer si svegliò urlando, e rimase seduta sul letto, a rabbrividire d’orrore. Tre settimane nello stesso ufficio di Rudi Gunn e di quella pazza della sua assistente l’avevano stroncata.

Quel che l’avviliva di più, era il fatto che sembrassero sempre divertirsi per qualcosa che lei non capiva. Tutte le volte che li sorprendeva a sghignazzare, e ne chiedeva il motivo, si ricomponevano in fretta e la mandavano a fare altre fotocopie.

Per la prima volta da quando aveva memoria, erano due interi giorni che non si lavava i capelli. Ne erano rimasti talmente sconvolti che, quella mattina, aveva persino dovuto pettinarli.

Roba da matti.

Tanto, pensava Summer, al momento di applicare il fluido ristrutturante al germe di grano, le cartelline dell’archivio non sembravano apprezzare in modo particolare i suoi riccioli selvaggi.

Nessun raccoglitore di documenti era ancora caduto dal proprio scaffale, sopraffatto dalla sua bellezza.

E questo era perlomeno strano.

E come se non bastasse, il toner della fotocopiatrice non aveva avuto alcun rispetto per la sua camicetta in shantung di seta, quando aveva dovuto ricaricarlo manualmente.

 

 

Summer guardò verso il quadrante luminoso della sveglia, sperando di avere davanti ancora qualche ora di sonno – e quella si mise a squillare proprio in quel momento, facendole fare un sobbalzo sul letto.

“Hmmm”, mugolò. Diede una manata alla sveglia, per spegnerla, e si tirò le coperte sulla testa.

 Non ricordava di essersi mai svegliata con altri sentimenti che non fossero un’assoluta e gioiosa consapevolezza del fatto che la sua vita fosse fantastica. Non aveva mai capito come mai la gente facesse così fatica ad alzarsi la mattina: per lei, ogni nuovo giorno era un altro giorno meraviglioso della sua favolosa vita. Non sapeva spiegarsi come mai non si svegliassero tutti con un sorriso pieno di entusiasmo.

Be’, pensò. Adesso lo sapeva.

 

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Capitolo 5
*** Orange Hawaii ***


Capitolo un po' più lungo del solito, ma non illudetevi. Non è più intelligente dei precedenti. Nè meno idiota, malfatto o ridicolmente privo di logica.

Nel caso non si fosse capito, io Rudi Gunn lo amo male.



“Ti andrebbe di lasciar perdere per un po’ il lavoro d’ufficio e accompagnare me e Darla a controllare l’andamento del nostro

“Ti andrebbe di lasciar perdere per un po’ il lavoro d’ufficio e accompagnare me e Darla a controllare l’andamento del nostro progetto oceanografico nel Sud del Pacifico?”

 

Summer avrebbe dovuto sapere che c’era qualcosa di losco sotto a quell’offerta.

Continuava a ripeterselo.

Come avrebbe dovuto notare la gomitata che Gunn aveva rifilato a Darla, a metà della frase, quando lei aveva provato a interromperlo con un ma che diavolo...?;

Per tacere del fuoco incrociato di occhiate che si erano scambiati quei due.

“Non vorrai che quella venga davvero con noi?!”, diceva l’occhiataccia di Darla.

“Non essere ridicola!”, diceva l’occhiata ancora più truce di Gunn.

“E allora perchè diavolo le stai chiedendo di venire?”, diceva il sopracciglio alzato di Darla.

“Aspetta e vedrai”, diceva l’impercettibile scatto delle sopracciglia di Gunn.

“Oh. Ok.”, diceva il fatto che lei improvvisamente aveva smesso di protestare.

 

Ma tutto questo Summer non l’aveva colto.

Mentre i due comunicavano con gli occhi come due piccole spie russe, lei aveva solo pensato, con un senso di euforia: non vedrò più la fotocopiatrice.

Mai più.

Ma più più più.

Evvai.

 

E aveva visualizzato, come da copione, le spiagge bianche e assolate delle Hawaii, un mare più azzurro dei capelli della Fata Turchina, mojito che pioveva dal cielo e noci di cocco che si aprivano da sole al suo passaggio...

E, naturalmente, se stessa, sdraiata su un’amaca, che si rosolava per benino al sole tropicale.

E che, vestita solo di uno striminzito bikini rosso fuoco, un enorme cappello di paglia, un paio di occhiali da sole firmati (firmati da un qualche stilista italiano gay, s’intende: gli stilisti italiani gay a-do-ra-no mandare campioni gratuiti delle loro collezioni a persone come lei), e di un fiore della passione fra i capelli, sorseggiava margaritas all’ombra di una palma.
Mentre due muscolosi autoctoni in perizoma, unti da capo a piedi d’olio di cocco profumato, le massaggiavano i piedi.

Gratuitamente, s’intende.

Solo perchè avevano voglia di farlo.

Gli indigeni unti non sono lì apposta?

 

Summer aveva fatto un grosso, grosso, grosso errore di valutazione.

Ed era per questo che, in quel momento, invece di bere Blue Hawaii all’ombra degli indigeni unti, aiutava due ricercatori mingherlini a scaricare casse di costosissima attrezzatura scientifica dalla Last Attempt, vestita di uno striminzito bikini rosso fuoco... E una tuta blu cielo di due taglie troppo grande, con scritto NUMA in lettere bianche sulla schiena.

E un paio di scarpe da tennis.

E una bandana rossa in testa annodata alla bell’e meglio. Giusto per evitare di cuocersi il cervello sotto quel sole caraibico.

Sotto la tuta blu, Summer sudava come un caprone.

“Sembri un po’ Rosie The Riveter”, le aveva detto Darla, con aria di sincero apprezzamento.

Summer si era passata il dorso della mano sulla fronte per togliere il sudore. “Sono sudata come un caprone”, disse, strizzando gli occhi controluce per guardare verso la collega.

Darla la guardò con rinnovato interesse. Stava pensando esattamente la stessa cosa. Che sotto quella massa di capelli rossi ci fosse un cervel...

“Dio, che voglia ho di farmi un bagno coi sali profumati Avocado Del Diavolo di Lush... Dici che ce l’avranno, una vasca idromassaggio, su questa maledetta nave?”

No, decisamente no.

Darla si ripromise di non farsi più domande così ingenue.

“Ehi”, chiamò Gunn dalla plancia.

Le due donne si girarono verso di lui, schermandosi gli occhi dal sole con la mano.

“Se vuoi darti una rinfrescata, c’è una doccia per il personale, sul ponte B”, disse all’indirizzo di Summer.

Lei lo guardò, diffidente.

“Sul serio. Ah, fossi in te, passerei dall’esterno, prendendo le scalette di servizio, non stare a perder tempo su e giù per i corridoi della nave”, aggiunse.

“Perchè?”

“Perchè dall’esterno ci arrivi in un secondo, dentro invece stanno facendo manutenzione e perderesti tempo.”, spiegò, paziente.

“Uhm”, fece Summer, poco convinta. Gunn sparì di nuovo all’interno.

Summer rivolse uno sguardo sospettoso al punto in cui era stato Gunn, poi si guardò intorno, guardinga.

Infine, dopo aver valutato attentamente la cosa, scelse di entrare e di raggiungere il ponte B dall’interno.

Non era mai stata più desiderosa di una doccia in vita sua. Si avviò trotterellando giù per un corridoio, cercando di abituare gli occhi all’improvvisa mancanza di luce. Rispetto al riverbero accecante che c’era all’aperto, l’interno della nave le sembrava buio.

Sfregandosi gli occhi, svoltò a passo spedito verso destra... E sbattè violentemente e dolorosamente il naso contro qualcosa di freddo, metallico, e davvero parecchio duro.

“Ahi”, fece appena in tempo a dire, prima di sentire un suono tintinnante di metallo che rotola, e ritrovarsi coperta di vernice antiruggine dalla testa ai piedi.

“Oh, Dio, mi dispiace, signorina! Tutto a posto?” si sentì chiedere.

“Oh, accidenti, lo sapevo che sarebbe successo, stando in mezzo al corridoio con la scala e con la gente che entra da quella porta abbacinata dal sole... Avevo chiesto al Comandante Gunn di dire a tutti di fare il giro dall’esterno per evitarlo, ma si sarà dimenticato...”

Summer si guardò. Il barattolo di antiruggine aveva prodotto un pirotecnico getto arancione fluorescente, che aveva compiuto una parabola perfetta atterrando sulla sua tuta, sulla sua faccia, sulle sue scarpe e sui suoi capelli.

“Ora ho davvero bisogno di una doccia.”

 

“... Sapere che sarebbe passata per quel corridoio?”

“Le ho detto di non passarci.”

Darla aprì la bocca per dire qualcosa. “Ma...”, iniziò. Richiuse la bocca. “Oh”, disse infine, con una certa dose di ammirazione.

Gunn si tolse il cappello bianco da comandante e fece un inchino. “Grazie, signore e signori, siete un pubblico meraviglioso”, disse, sventolando il cappello e rivolgendosi ad una immaginaria platea.

Darla ridacchiò perfidamente.

Gunn sogghignò, si rimise il cappello, e tornò in plancia, a godersi dall'alto lo spettacolo di una imbronciatissima ragazza striata di arancione che, seduta sul ponte, fissava da lontano le luci del festival di Oahu con aria avvilita.


Grazie a tutti coloro che hanno seguito fino ad ora questo scritto insensato. Amo male anche voi.

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Capitolo 6
*** I dolori del povero Gunn ***


Solito avvertimento. Questa fanfiction è stupida, OOC senza alcun ritegno, volgare e probabilmente anche scritta abbastanza male. Non mi stupirei se qualche sito di critica la prendesse di mira per recensirla - in effetti, avrebbero più o meno ragione.


Hiram Yaeger si sporse oltre lo schermo del suo supercomputer e lanciò un’occhiata a Gunn

Hiram Yaeger si sporse oltre lo schermo del suo supercomputer e lanciò un’occhiata a Gunn.

“Rudi, mi chiedevo...” disse, esitando.

Gunn alzò gli occhi dal suo blocco di appunti della riunione appena conclusa. Nell'angolo in alto a destra, sulla pagina che Gunn stava controllando, c’era il disegnino stilizzato di un omino appeso a un cappio, e la dicitura SUMMER CREPA.

“Dimmi.”

“Voglio dire... non che io disapprovi, eh, sia chiaro... ma non ti stai accanendo un po’ troppo su Mary Su -- su Summer Pitt, ultimamente?”

Gunn si voltò a guardarlo. “Tu dici?” chiese, con aria pensosa.

“Cioè, per me hai tutte le ragioni, quella ragazza se la tira come se l’avesse solo lei, pretende di comandare tutti quanti a bacchetta e in generale sta sulle palle un po’ a chiunque...”

“E quindi, che problema c’è?”

“No, niente, è che mi chiedevo... Quando i due rompipalle sono comparsi, non li odiavi poi così tanto...”

“Beh, probabilmente hai ragione. In effetti, hanno cominciato a darmi l’orticaria da poco tempo, più o meno da quando il loro adorabile paparino mi ha fatto un piccolo... beh, chiamiamolo torto.”

Yaeger era perplesso.“Hai cominciato a trovarli insopportabili più o meno da quando Dirk s’è sposato, no? Ma non capisco che torto ti abbia fatto.”

“Beh, in realtà, non è proprio da quando Dirk s’è sposato. Piuttosto, da quando...”

Gunn aggrottò le sopracciglia, ricordando...

 

[Nel caso la frase precedente, col riferimento al ricordo, i puntini di sospensione, lo spazio e tutto il resto, non fosse sufficiente a farvi capire che ora inizia un flashback, metterò un avviso. E visto che questa è una ficcyna della peggior specie, userò l'espediente più scemo di tutti gli espedienti nel mondo degli espedienti, ovvero scrivere "INIZIO FLÉSCBEC" all'inizio del fléscbec. Così non dovrò mettere tutto il resto del capitolo in italics] [Ma quanto sono furba? Eh?] [Certe volte mi stupisco da sola della mia idiozia galoppante] [Ignorate quel che metto fra parentesi] [Sul serio, ignoratelo] [Oh, Dio!]

 

INIZIO FLÉSCBEC

 

“Più ci penso e più credo di poter essere più utile alla NUMA dalla Casa Bianca che dal mio ufficio attuale”

“E chi dovrebbe sostituirla alla NUMA?” chiese Pitt. “Rudi Gunn?”

Sandecker scosse il capo. “No, Rudi non vuole. Si sente più tranquillo come vice”

 

Clive Cussler, Odissea

 

 

“Eh? Cosa?! Ehi, ma... no, no, no, ragazzi, aspettate un attimo - non è vero! Il vecchio bastardo se l’è inventato! Figuriamoci se mi sento più tranquillo a fare il vice sfruttato e sottopagato - ah, ma per favore!, semmai è vero il contrario, e di sicuro mi sentirei molto più tranquillo se quello scriteriato di Dirk se ne stesse ben lontano dal...”

“Rudi...”, tentò timidamente di interromperlo Darla. Ma Gunn era partito per la tangente.

“... No, questo è davvero, davvero fantastico - vent’anni di straordinari non pagati ad aspettare di diventare il capo di ‘sto stramaledetto buco di posto, poi Dirk arriva, gioca a ‘battiamo le mani un-due-tre’ con l’Ammiraglio, e mi ciula il posto. Oh, ma è grandioso, no, sul serio, davvero grandioso, io non so proprio come...”

Paul Trout tentò di intervenire, prima che a Gunn partisse un embolo. “Rudi, dai, non te la pren...”

“... come diavolo abbia fatto a far credere a tutti quanti che io - no, ascoltami - che io abbia potuto anche solo pensare di... di immaginarmi di.. di sognare di dire una cosa del genere, quando...”

“Oh, dai, ormai è andata così...” Darla provò a calmarlo, dato che il tono della sua voce stava raggiungendo preoccupanti ottave da soprano.

“... quando la metà dello staff della NUMA sa perfettamente - no, anzi, quando tutto lo staff della NUMA - lo sa anche la donna delle pulizie – dicevo, sa perfettamente quanto io abbia sbavato per anni su quel posto e...”

Gamay, la moglie di Paul, gli battè una mano sulla spalla con fare consolatorio. “Su, su, andiamo, Rudi, adesso non...”

“... e – aspetta, lasciami finire – tutti sapevano perfettamente quanto ci tenessi ad evitare che il posto dell’Ammiraglio – il mio posto - finisse, fra tutti, proprio a Dirk ‘Facciamo-casino-ammazziamo-gente-rubiamo-mezzi-di-trasporto” Pitt, viglio dire, proprio a Dirk “Tanto-poi-ci-pensa-Rudi-a-evitare-che-finiamo-tutti-in-galera’ Pitt, e insomma!, – lo sapevano tutti, che avevo gli incubi, perdio, al solo pensiero che la direzione della NUMA potesse finire in mano a quello squilibrato di Dirk ‘Faccio-sempre-quel-cazzo-che-mi-pare-tanto-sono-il-cocco-dell’Ammiraglio’, e invece guarda un po’, Sandecker – Dio lo strafulmini all’istante, quel fedifrago! – s’inventa tutta questa bella storiella che io avrei rifiutato di...”

“Ma tu adori l’Ammiraglio!”, fece Gamay, sorpresa.

Gunn scattò. “Non nominare quel traditore, se non vuoi che io abbia un travaso di bile!”

“Ru-diii...” gemette Darla, che cominciava, dato anche lo stato delle vene del suo collo, a temere che al suo capo venisse sul serio un coccolone.

“E tu non azzardarti a dire niente!, gli hai persino creduto, quando te l’ha detto!”

“Ossignorelamadonna...” mormorò Darla, ormai convinta che Gunn avrebbe preso fuoco per autocombustione da un momento all’altro. Tentò di allontanarsi, con discrezione, per non rimanere coinvolta nel falò.

“... voglio dire, perfino la donna delle pulizie di cui sopra sarebbe un capo migliore di Dirk... Lui non ce la può proprio fare, non ha un minimo di buon senso, finirà per portarsi a letto la figlia di qualche minatore milionario pazzo – e guardate che l’ha già fatto! – così quello s’incazzerà da morire e farà saltare tutta la sede della NUMA per ar...”

“No, aspetta, si è portato a letto la figlia di un minatore milionario pazzo?!” Darla si riavvicinò a Gunn di qualche passo, dimostrando una volta per tutte che la sua avidità di pettegolezzi era più forte anche dell’istinto di sopravvivenza.

“... sì, ma non è questo il punto, Dals, quello che volevo dire...”

“E quando è successo?”

“Dar-la!”

“E dai, sono curiosa anche io!...” intervenne Gamay, punzecchiandolo con l'indice.

“Si, beh, insomma, lei si chamava Maeve, o qualcosa del genere - bionda, occhi azzurri, una figa da paura come al solito – e abitava su un’isola vulcanica strapiena di diamanti, che è esplosa accoppando tutti quanti nel giro di dieci chilometri, e...”

Gunn si interruppe per lanciare un’occhiata a Darla, che aveva assunto un’aria allarmata.

“... hmmm, sì, beh, è una storia piuttosto lunga.” Tagliò corto. “Comunque, se è per questo, l’amico Dirk ha dato una bottarella anche alla moglie di un poveretto di nome Seagram che lavorava al governo, e se l'è fatta giusto sopra un materasso muffoso sul Titanic, quando...”

“Cosa? Ha fatto... l’ha fatto sul Titanic?!

“... sì, e ha fatto ammattire il poveruomo. Per non parlare di quando, dentro ad un tubo di scarico, ha sedotto la moglie di un altro milionario mezzo matto, che si chiamava LeBaron - che poi mi sa che sia morto, accoppato dai cubani... No, aspetta, forse erano russi...”

“Eh?”

Gunn agitò una mano. “Lascia perdere, non ho mai capito veramente cosa fosse successo quella volta. In effetti, ero abbastanza occupato a starmene in un angolo con la faccia maciullata e un paio di ossa fracassate – sempre ringraziando i cubani. O i russi, non so.”

“... Capisco”, disse Darla, che in effetti non capiva affatto, e cominciava a pensare che Gunn fosse andato fuori di testa.

“E, ovviamente, anche quella volta fu colpa di Dirk. Tutte le volte che mi spacco qualche osso, mi rompono la faccia o mi sparano addosso è colpa sua. Qualche volta tentano anche di farmi esplodere, come quella volta sull’isola dei teschi di ossidiana, quando un gruppo di allegri nazisti argentini tentarono di far saltare me e Al per aria...”

“No, aspetta... teschi di cosa?”

“... Ossidiana, Dals, è un vetro vulcanico – ma non interrompermi mentre mi lamento. Lasciami almeno spiegare come mai mi sono trovato su un’isola piena d’oro in mezzo a un fiume dentro una caverna che...”

“... Un fiume. Dentro una caverna.” Darla annuì lentamente, ormai convinta che il suo principale fosse definitivamente uscito di senno.

“... Sì, con in mezzo un’isola...”

“Nel fiume dentro alla caverna?”

“Sì... Non guardarmi così, Dals, è vero. Quella volta mi ruppi quasi tutte le dita, parecchie costole e la testa, e questo perchè Dirk aveva castrato un pazzo psicopatico di nome Tupac, e...”

"Castrato? Che intendi con 'castrato'?" chiese Paul, allarmato.

Tupac?!” fece Darla.

"In che senso castrato?!"

Tupac?!” ripetè Darla.

“... Sì, beh, non gliel’ho mica dato io, il nome, Dals" si voltò verso Trout. "E tu non fare quella faccia. E comunque, se non ci credete, a documentare quella storia c’è una foto nell’ufficio dell’Ammiraglio. Beh, c'era.”

“Quella in cui tu sei ingessato dalla testa ai piedi e indossi una ridicola camicia da notte da ospedale?” saltò su Gamay.

“Ehi, quella foto me la ricordo!” intervenne Paul.

Gunn arrossì leggermente. “Hmmm, sì, beh, quella. Un'altra prova dell'inesauribile buon gusto dell'Ammiraglio. E comunque Dirk recentemente l’ha tolta e l’ha sostituita con un ritratto dei suoi due deliziosi figlioletti... L’adorabile Mary Sue e il simpaticissimo Gary Stu.”

"Ma non si chiamavano Summer e Dirk Jr.?", chiese Paul, perplesso.

Darla scosse la testa e gli battè qualche colpetto sulla spalla. "Lascia perdere, è una storia lunga", disse.

 

[FINE DEL FLÉSCBEC]

 

 

“... Oh, così è a quello che ti riferivi, quando parlavi di ‘piccolo torto’?”

“Già.”

“In effetti mi era sembrato strano, quando l’Ammiraglio mi disse che avevi preferito rimanere vice, ma sai...”

Dallo schermo del computer, Max, la personalità virtuale che Yaeger aveva creato per il suo cervello elettronico superfigo, intervenne. “Guarda che io te l’avevo detto, ma non mi ascolti mai!”, sbuffò.

Gunn si sporse per guardarla, con l’intenzione di ringraziarla per il supporto morale. Max ricambiò lo sguardo col migliore dei suoi sorrisi. Indossava il costume tipico haiwaiano, un paio di Christian Loboutin di pitone rosso col tacco di cristallo, e un cappello da cuoco. Gunn si chiese perchè Hiram si ostinasse ad attribuirle il carattere di quella mezza matta di sua moglie.

Yaeger lo guardò da dietro lo schermo, badando di rimanere fuori dalla visuale di Max. ‘Adesso la spengo’, gli sillabò in silenzio.

 

 

Bibliografia (più o meno):
Maeve Fletcher/Dorsett/quellocheè, l'isola vulcanica e compagnia bella li trovate in "Onda D'Urto", il cui titolo è giustificato dall'esplosione della suddetta Isola e dal conseguente provocarsi di uno tsunami. E' il libro nel quale il Protagonista (di questo capitolo, naturalmente) e l'assistente del Fedifrago (tale Molly Faraday) si esibiscono in un paio di simpatici siparietti a sfondo sessual--sentimentale (cfr. 'lapsus freudiano').

Gene Seagram, al quale Dirk Pitt ha abilmente sedotto la moglie sul Titanic, è (abbastanza ovviamente, in effetti l'ho appena citato), un personaggio di "Recuperate il Titanic!", in cui, caso più unico che raro, il Protagonista (ibidem) non subisce fratture/lesioni/torture fisiche o mentali/sevizie di vario tipo.

Jessie LeBaron e i suoi amici russo-cubani sono rintracciabili in "Cyclops", il libro nel quale la caviglia del Protagonista diventa, parole dell'amico Clive, "grossa quanto una noce di cocco" e la sua faccia "una maschera sanguinolenta". L'Autore è un mago, per le similitudini delicate.

La vicenda dei teschi di ossidiana fa parte della squinternata trama di "Atlantide", nel quale l'amico Protagonista si fratturerà la tibia, o il femore, non mi ricordo. Ah, e i timpani. E poi zompetterà in giro con le stampelle per il resto della storia.

L'isola in mezzo ad un fiume dentro ad una caverna nel deserto (non ha senso? Lamentatevi con Cussler) è l'improbabile nascondiglio dell'oro dell'Inca dell'omonimo romanzo - nel quale sarete felici di incontrare anche Tupac Amaru (la cui voce bianca vi delizierà) e la sua passione per il fratturare le dita della gente... nello specifico, del povero Protagonista, il quale si becca il più alto numero di ossa rotte/sevizie/contusioni/lacerazioni/umiliazioni/tentativi di omicidio, nella storia del personaggio. Eguagliato forse solo dall'episodio di "Cyclops".

E con questo, credo di aver detto tutto.

[MESSAGGIO DELIRANTE] AMATE I PERSONAGGI SECONDARI BISTRATTATI! AMATELI! [/MESSAGGIO DELIRANTE]

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