London.

di Maggie_Lullaby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** II Parte ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


Cosa vuole ancora questa?, forse vi chiederete, e ragazze vi rispondo subito che il mio buon proposito di questo nuovo anno sarà rompervi le scatole all'extremis!

Comunque, senza perderci in chiacchiere inutili, questa è una fic che si dividerà in due soli capitoli.

Il titolo vi ha ricordato qualcosa? Quando ho concluso Brothers and Sisters in molte hanno detto che le sarebbe piaciuto vedere cosa avrebbero combinato Nick e Maggie a Londra ed ecco che mi è venuta l'ispirazione!

Per la prima volta da quasi un anno sono tornata ad usare la prima persona, ma questa fic è un eccezione poiché preferisco di gran lunga scrivere in terza persona e al passato, invece qui scrivo esattamente al contrario, prima persona e al presente! È una sorta di esperimento, spero di aver descritto tutto bene... Questo primo capitolo sarà dal punto di vista di Maggie, il prossimo di Nick.

Buona lettura!!!! <3

London.

[Maggie]

Parte I


Va bene, Maggie, respiro profondo, calmati, va bene? D'accordo, il tuo ragazzo ti ha regalato un viaggio a Londra per soli voi due non c'è bisogno di farsi prendere dal panico.

- Ehi, tutto okay? - mi chiede Nick, sfiorandomi la mano.

Mi sento avvampare, mentre annuisco con forza.

Perchè non dovrebbe essere tutto okay? Certo, un viaggio a Londra per solo noi due non deve farmi prendere dal panico, non deve assolutamente, figuriamoci!

- Forza, siamo arrivati – continua lui, tenendomi ancora per mano.

- Va bene – rispondo incerta, stringendolo mentre l'aereo atterra e a me viene un infarto. Odio volare. Non lo sopporto. Ci sarà un motivo per cui sulla Terra c'è la forza di gravità, e serve per farci restare con i piedi ancorati a terra, non per farci svolazzare in cielo come uccellini.

Il capitano di bordo ci chiede se abbiamo fatto un buon viaggio e ci augura di tornare presto a volare con la sua linea aerea, mentre Nick ed io scendiamo. Io ho solo una piccola borsa, mentre Nick niente, il resto dei bagagli dobbiamo andarli a prendere.

Mi guardo intorno per l'aeroporto inglese, osservando dei gruppi di turisti come noi, che si guardano intorno spaesati mentre famiglie che sono ritornate dalla vacanza girano sicuri, con i loro gilè tipicamente inglesi.

Nick è sicuramente più a mio agio di me, lo vedo che si guarda intorno, tentando di ricordarsi dove si trova il luogo dove si ritirano i bagagli.

Una piccola ruga di concentrazione gli si dipinge sulla fronte.

- Quante volte sei stato qui? - gli chiedo.

Lui si gira verso di me e mi sorride. Sento il mio cuore accelerare i battiti; oddio ogni volta che vedo quel sorriso potrei morire.

- Non lo ricordo esattamente – risponde, cingendomi la vita. -cinque, sei volte... forse di più.

Annuisco, dandogli un breve bacio a fior di labbra su una guancia. È nervoso, forse anche lui per questo viaggio, per un'intera settimana da passare solo noi due. Provo a pensare a Kevin e Maryl, che hanno fatto anche loro un week-end solo per loro a New York e ne erano tornati incolumi, se si esclude il trauma che mia sorella aveva sottoposto il suo ragazzo con il bandi-jumping. Certo, il loro era solo un fine settimana mentre quella fra Nick e me sarebbe stata un'intera settimana, ma particolari.

- Bisogna andare di là – spiega Nick, guidandomi dolcemente, il suo braccio ancora intorno alla mia vita.

Con la coda dell'occhio spio un paio di fotografi che ci stanno scattando qualche foto. Ho come l'impressione che domani finiremo su una rivista scandalistica, di nuovo.

Aspettiamo pazientemente di poter ritirare i nostri bagagli, mentre Nick gioca con una ciocca dei miei capelli. Sorrido e gli passo una mano fra i riccioli ribelli, per poi accarezzargli con una mano il profilo del viso, fino alla bocca, per poi baciarlo ancora.

- Sai di fragola – mormora Nick, fra un bacio e l'altro.

Arrossisco copiosamente e mi stringo a lui, senza rispondere.

Appena possiamo prendiamo i nostri bagagli e ci dirigiamo verso l'uscita. Non appena varchiamo la porta un vento gelido mi colpisce il viso. Mi avevano detto che a Londra faceva decisamente più freddo che in California, ma rimango comunque sorpresa, mentre mi stringo la sciarpa al collo e il giubbotto di jeans.

Non mi tiene sempre per la vita, un paio di occhiali da sole sugli occhi, per nascondersi da eventuali fan.

Ci dirigiamo verso un taxi parcheggiato sulla strada e infiliamo le valige nel bagagliaio.

- Ci porti al Resort Queen Hotel, grazie – indica Nick al tassista, lasciandomi la vita e mettendomi il braccio intorno al collo, mentre io appoggio la testa sulla sua spalla.

Non oso immaginare che hotel sia quello appena citato dal mio ragazzo, conoscendolo avrà esagerato, come suo solito, e prenotato in una sottospecie di reggia dove una stanza per una notte costa all'incirca come un occhio della testa, e il fischio di ammirazione del tassista non fa' altro che confermare i miei sospetti.

- Americani? - ci chiede il tassista, guardandoci dallo specchietto retrovisore, immergendosi nelle strade cittadine.

- Sì – risponde Nick, - dalla California.

Mentre lui e il tassista iniziano a parlare io non seguo più la conversazione e guardo fuori dal finestrino, osservando il paesaggio londinese.

Wow, non immaginavo fosse così bello. La città è ricca di colori, i palazzi hanno un loro stile, impossibile da trovare in una città moderna come Los Angeles.

Il tassista ci indica i vari monumenti man mano che ci passiamo accanto, specialmente il London Eye, il Big Ben e infine ci avverte che stiamo passando sopra al Tamigi.

Nick mi bacia i capelli, sussurrandomi nelle orecchie dove mi vuole portare in questa settimana, mentre io dipingo con un indice dei cerchi sul dorso della sua mano.

Il proprietario del taxi si ferma poco dopo il Tamigi, davanti a un edificio che chiamare bello è un insulto. In effetti mi ero sbagliata, Nick non aveva prenotato in una reggia, ma in un castello!

E' costruito con una particolare pietra grigia, simile a roccia, che gli da' un'aria rustica ma allo stesso tempo elegante, il nome dell'albergo è scritto in oro, con delle decorazioni in bronzo, fuori dal pesante cancello in ferro ci sono due uomini vestiti elegantemente, che rivolgono sorrisi e cenni con il capo a tutti quelli che entrano. All'interno del cancello, davanti all'hotel c'è un meraviglioso giardino, e all'interno una fontana, dentro alla quale vi sono delle statue in puro oro massiccio.

Non riesco a trattenere un sospiro di ammirazione; questo posto è bellissimo!

- Et voila, siamo arrivati! - esclama Nick, osservandomi divertito, devo avere una faccia da pesce lesso stampata sul viso.

- Tu sei pazzo! - lo accuso, indicandolo. - Non puoi aver prenotato qui!

- E invece l'ho fatto, tesoro, ed è meglio che ti ci abitui – mi dice con finto tono minaccioso, strizzando un occhio, - passeremo qui tutte le notti di questa settimana.

Ancora con la bocce mezza aperta sento il mio ragazzo ridacchiare e chiedere al tassista di aiutarlo a prendere le valige, poco dopo sento il rumore di una portiera sbattere e il taxi ripartire.

Afferro la mia valigia, ancora mezza in trance, certo che Nick poteva avvertirmi! Io qui rischio l'infarto!

Divertito dalla mia espressione di puro stupore Nick mi stampa un bacio su una guancia e poi, spingendomi dolcemente con una mano, ci dirigiamo verso l'ingresso.

L'atrio, se possibile, è ancora più elegante di quando mi immaginassi: dal pavimento in marmo sul quale si trova un mosaico di epoca Persiana, che mi ricordo aver visto di sfuggita in un mio libro scolastico di Storia dell'Arte, al lampadario enorme in cristallo posto sopra di esso è tutto estremamente elegante e raffinato.

Ci avviciniamo alla reception, anche Nick sembra leggermente stupito di quel luogo così curato, di certo da come l'aveva visto nei dépliant non sembrava così.

- Benvenuti al Resort Queen Hotel – ci sorride la receptionist, una donna pallida e bionda, - prego, come posso aiutarla?

- Ho prenotato una camera per due al nome di Nicholas Jerry Jonas – dice Nick, mostrandole un documento, mentre io mi appoggio con un braccio sul bancone in marmo, decorato con migliaia di piccole pietre colorate.

La donna controlla sul computer la prenotazione e infine ci sorride amabile.

- Certo, signor Jonas, la stanza è la numero 524, al quinto piano, lasciate pure qui i bagagli, provvederemo noi a portarveli di sopra, ora se volete seguirmi vi mostro la vostra camera, prego – si offre, sempre con un sorriso e un marcato accento inglese, alzandosi dalla sedia su cui era seduta e dicendo a un collega di sostituirla per qualche minuto.

Ci fa strada lungo l'atrio, indicandoci la sala pranzo, la sala gioco, la sala fumatori, la sala lettori e infine la sala della musica. A quel nome vedo Nick sorridere, sono certa che domani sera finiremo casualmente in quella camera.

L'ascensore è, più che altro, una stanza molto grande, fittamente decorata in oro e rifiniture marroni, un po' troppo pacchiano, ad essere sincera, spero solo che anche la suite non sia così.

Arrivati al quanto piano, piuttosto in basso considerando che ce ne sono almeno una quindicina, la receptionist ci conduce lungo un largo corridoio illuminato e dopo pochi istanti ci indica la nostra stanza, che apre con un passepartout ed entra, mostrandoci la camerata.

Trattengo a malapena un sospiro di sollievo, la suite non ha niente a che fare con il resto dell'albergo: delle tende in seta bianca sono appesa alle ampie finestre, che danno sull'ampio cortile e, più in là, Buckingam Palace, le pareti sono decorate con colori caldi, il tutto decorato con dei vasi pieni di fiori, che trasmettono nell'aria un odore dolce.

- Spero sia di vostro gradimento – dice la donna, - per ogni cosa non fatevi scrupoli a contattare la reception, basta schiacciare il tasto 1 del telefono qui sul comodino – continua, avvicinandosi all'uscita. - Spero che vi troviate bene qui al Resort Queen Hotel, buona permanenza – e con quelle parole esce, lasciandoci soli.

Nicholas è fermo in mezzo alla stanza, con le braccia aperte e un'espressione da cucciolo abbandonato dipinta sul bel viso.

Senza nemmeno pensare corro verso di lui e lo stringo forte, baciandolo sulle labbra.

- Nick, è tutto fantastico, non dovevi, davvero! - sussurro fra un bacio e l'altro.

Lui mi ignora, mi prende in braccio e in una scena molto da film mi posa sul grande letto della stanza, un matrimoniale nel quale ci starebbero quattro persone e anche comodamente, con cuscini morbidi e soffici.

Non stacco la mia bocca della sua per tutto il tempo, neanche quando sento qualcosa pungermi la schiena, sento solo Nick, il suo respiro, il battito del suo cuore, il suo profumo, le sue labbra sulle mie.

Quando sento nuovamente qualcosa pungermi allontano le mie labbra per un istante, con una piccola smorfia, mettendomi a sedere, controllando sotto le lenzuola cosa ha rovinato quel momento.

- Che hai? - mi chiede Nick, vagamente irritato.

- Qualcosa mi ha punto – rispondo, continuando a cercare sotto le lenzuola. - Ma che...? - estraggo una rosa rossa, purtroppo ormai schiacciata dal mio peso e quello di Nick, e la accarezzo, annusandone comunque l'odore.

Il mio ragazzo arrossisce, imbarazzato.

- Oddio, scusa amore mi ero dimenticato! - dice alzandosi con uno scatto. - Ti sei fatta male?

No, vorrei rispondere, le spine non mi hanno fatto niente, ma non ci riesco. Mi alzo colta da un pensiero improvviso e tolgo il copriletto, presa da un'idea forse sciocca. Guardo e sorrido, avevo ragione.

Sul lenzuolo sono posate centinaia boccioli di rosa, dal ramo lungo, che formano un cuore, ormai sbilenco a causa mia, ma all'interno è ancora chiara la scritta, sempre con delle rose, M+N=Fly with me, my lover.

Sento delle lacrime di gioia scivolarmi lungo una guancia e pochi secondi dopo mi ritrovo di nuovo fra le braccia di Nick, che mi stringe forte, ma con dolcezza.

- Grazie! - dico. - È bellissimo, grazie!

Lui sorride e mi bacia il collo.

- Figurati, per me è stato un piacere – sussurra nel mio orecchio. - Lo rifarei, per te.

A quelle parole mi sciolgo, dio mio, ma dove l'avrei trovato un altro ragazzo così? Dolce, romantico, sensibile, divertente... dove?

La notte è diventata ancora più scura, do' una breve occhiata all'orologio, sono le undici e mezza. Mi sento stanca, il viaggio mi ha spossato.

- Amore, io vado a prepararmi per dormire – gli dico qualche minuto dopo. - Sono stanca...

Nick annuisce, mentre io prendo la mia valigia e la porto in bagno, emozionata. Questa sarebbe stata la mia prima notte vera con Nicholas Jonas, per la prima volta avremmo dormito insieme.

Apro la valigia, mentre le mani mi tremano, e ne estraggo uno spazzolino, il dentifricio, la mia camicia da notte preferita, un regalo che mi ero fatta durante una vacanza a Parigi l'anno prima, a Natale, prima che la mia vita e quella di Nick si incrociassero.

Nervosa mi pettino i capelli, come tutte le sere prima di dormire, non so perchè lo faccio, forse per calmarmi, o forse perchè detesto svegliarmi la mattina dopo con i nodi.

Mi ricordo che quando ero bambina mia madre pettinava sempre sia Lexi che me, cantandoci delle canzoni. Sorrido a quei ricordi così vivi nella mia mente, che sono quasi come un tesoro per me.

Mi sfilo i vestiti del viaggio, li infilo in una cesta su cui vi è scritto “Da lavare” e mi infilo la camicia da notte, sempre tremando.

Passo dieci minuti buoni a lavarmi i denti e mi sciacquo il viso con l'acqua fredda, chiudendo gli occhi.

Esco dal bagno con un sorriso nervoso fin troppo visibile sul viso, Nick ha tolto tutte le rose e le ha poggiate su un grande mobile vicino alla porta, ne annuso ancora una volta una mentre vado a stendermi sul letto, dove mi aspetta lui.

- Non devi andar in bagno? - chiedo, appoggiando la testa sulla sua spalla. Lui guarda le mie gambe lasciate nude dalla camicia da notte, poi scuote la testa come se si stesse riprendendo da una lunga trance e mi sorride amabile.

- Sono andato nell'altro – mi dice, accarezzandomi un braccio e accenna con la testa a una porta che non avevo notato.

Inarco le sopracciglia, wow non ero mai stata in un albergo in cui in una singola stanza, per quanto fosse grande, avesse due bagni.

Nick inizia ad accarezzarmi i capelli, mentre sento un brivido lungo la schiena.

- Domani inizio a farti vedere la città – mi sussurra, - andremo anche al London Eye...

- Ma perchè dobbiamo sempre staccare i piedi da terra quando siamo insieme? - gli chiedo, deglutendo. - Non possiamo rimanere qui al pian terreno?

Lui sorride.

- Ma se saliamo tu ti spaventi e mi abbracci, è questo il fine di tutto, amore – mormora, dovertito.

- Se è per quello possiamo anche evitare – ridacchio, - non ho nessuna intenzione di non abbracciarti più – avvicino ancor di più il mio viso al suo – o baciarti – e le nostre labbra si toccano.

Un altro brivido mi percorre la schiena, un brivido di piacere, di amore.

- Va bene, forse il London Eye lo evitiamo – dice Nick a un certo punto, - però vedremo... magari un giorno ti porterò in cima alla Torre Eifel...

Gli lancio un'occhiataccia mista finta rabbia e divertimento.

- Sei sadico.

- Oui, mon amour, oui – sussurra.

Trattengo il respiro; oh mio Dio, quando parla francese diventa ancora più impossibile tentare di stargli lontano.

Lo bacio, zittendolo mentre sta ricominciando a parlare di torri molto alte su cui portarmi; d'altronde io non gli devo resistere!

Passiamo del tempo così, non so se passano i secondi, i minuti o le ora, so solo che quando le nostre labbra si separano è perchè siamo caduti fra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 2
*** II Parte ***


London.

[Nick]

A Pia, per avermi concesso di usare

la frase del suo dog tags in questo capitolo. <3

Parte II


Guardo Maggie stesa a letto, gli occhi chiusi e il respiro regolare, i capelli sparsi a ventaglio sul cuscino di piume. Una mano è posata sul ventre, sopra le coperte che la avvolgono e l'altra è vicino al viso, che le sfiora la guancia.

È così dolce, lì sdraiata, ha un'aria così innocente, indifesa, mi verrebbe voglia di stringerla e non lasciarla più, per proteggerla da tutto e tutti, anche da sé stessa.

Prendo il biglietto che le ho scritto, questa mattina, e lo rileggo.

Amore mio,

sono sceso a prendere la colazione, se ti sveglierai richiudi gli occhi e quando ti sveglierai sarò lì con te. Ti amo,

Nick

p.s. Il London Eye ci aspetta :)

Lo stracciò e girò con un cucchiaino il suo cappuccino, bevendone un sorso, sempre guardando la mia ragazza, profondamente addormentata.

Sono molto più abituato di lei ai fusi orari e se poi consideriamo che solitamente dormo solo cinque ore a notte, quando sono in tour con Kevin e Joe, gestisco meglio la stanchezza, Maggie invece non si è mai abituata ai nostri orari così mattinieri, anche se tenta di non darlo a vedere e anche un minimo fuso orario la spossa, soprattutto il viaggio, ed è naturale che voglia dormire un po' di più.

Guardo l'orologio, sono appena le dieci, sposto di nuovo il mio sguardo su di lei e le sorrido, abbiamo tutto il tempo che vuole.

Do un morso a una brioche e bevo l'ultimo sorso di cappuccino, dando una breve occhiata al giornale di quella mattina e scrivendo un altro tweet su twitter su cui parlo di questo viaggio, di Maggie che dorme pacificamente.

Ora che ci penso sembriamo una coppia di conviventi noi due, in questo momento; io che leggo il giornale e faccio colazione, lei che dorme e quando si sveglierà mi saluterà con un bacio e mi regalerà un sorriso. Per quel sorriso potrei fare pazzie.

Mi alzo dalla sedia e mi avvicino alla finestra, guardando il paesaggio che si stende di fronte a me. È una tipica giornata londinese, il cielo grigio, le nubi cariche di pioggia e fa freddo, soprattutto rispetto a Los Angeles.

Londra è una città che mi è sempre piaciuta, sarà che dopo mesi e mesi passati nella mia Los Angeles, calda e assolata, un po' di pioggia e freddo mi piace, sarà che è una città accogliente, piena di storia e cultura, affascinante e la Regina Elizabeth è una donna simpatica e piena di grinta, forse è proprio per questo che ho scelto Londra per fra tutti i posti esistenti per il viaggio fra Maggie e me, e non Roma, come mi aveva consigliato Lexi quando aveva saputo del viaggio, o Praga, come aveva invece detto Maryl.

- Ehi... - dice la sua voce, mentre ancora guardo fuori dalla finestra. Mi volto e le sorrido raggiante.

- Ehi – replico, salendo sul letto e avvicinandomi a lei. Maggie mi stampa un bacio sulle labbra e mi sorride felice, come avevo previsto.

- Quanto ho dormito? - mi chiede, tutto a un tratto preoccupata. - Non è troppo tardi, vero?

Scuoto la testa e la vedo tranquillizzarsi.

- Sono le dieci, c'è tempo per tutto – le sussurro in un orecchio. - E ti ho portato la colazione.

Maggie si siede sul letto, stiracchiandosi le braccia e la schiena, mentre io scendo dal letto e le mostro il vassoio che, come nei film, oltre a mostrate un'abbondante colazione, ha anche un piccolo fiore in un vasetto, una margherita bianca.

Mi giro di spalle, mentre le zucchero un cappuccino, due cucchiaini, come piace a lei e la sento alzarsi dal letto, poco dopo le sue braccia mi abbracciano il collo da dietro e Maggie mi bacia ancora, con più passione.

- Grazie - soffia nel mio orecchio.

Le porgo la tazza e la beve, ancora sorridente, dando ogni tanto un morso alla ciambella, lei detesta le brioche.

- Vado a vestirmi! - dice, una volta finito, prendendo dei vestiti dalla sua valigia e sparendo bagno.

La imito, prendendo dal mio bagaglio un paio di jeans neri e una camicia bianca, e li indosso dopo essermi lavato il viso.

Mi guardo nella superficie dello specchio e fisso la mia guancia sinistra, percorrendo i nei che vi sono sopra con un dito. Maggie un giorno mi aveva detto con un sorriso che, se uniti, formavano la costellazione dell'Orsa Minore, assolutamente strana come cosa, tant'è che non ci ho creduto subito, ma in questo momento voglio vedere se ha ragione.

Li unisco pian piano, con calma e mi osservo con attenzione.

- Però, ha ragione! - esclamo, metà divertito e l'altra sorpreso.

- Chi? - mi chiede Maggie, comparendo di nuovo alle mie spalle. - Scusa se sono entrata senza bussare, ho visto la porta aperta...

- Non preoccuparti, ho finito tanto – le sorrido. - Comunque dicevo che hai ragione, i miei nei formano la costellazione dell'Orsa Minore.

Ridacchia divertita.

- Sempre detto, mio caro, sempre detto! - ride. Tira su la lampo della felpa viola che indossa e si scosta una ciocca di capelli dal viso allegro. - Secondo te che ore sono in California?

- Mmh, troppo presto, ci sono circa sei ore indietro di fuso orario – rispondo, - però potremmo sempre fare uno scherzo a Joe e Kevin... - rifletto perfido.

- Sei cattivo! - mi accusa, sempre più divertita.

In due passi sono vicino a lei, la prendo per la vita e inizio a farle il solletico dovunque riesco.

- No, ah!, Nick ti prego! - strilla ridendo. - Perdonami!

- Io non sono perfido, Maggie, ricordatelo! - commento ridendo pure io. - Io sono sadico!

- Questo, amore mio, si sapeva! - ed io rido, rido come non ridevo da tempo. Fra tutti i miei fratelli sono quello meno allegro, o almeno così mi dicono gli altri: Joe è quello sempre con la battuta facile e il sorriso sulle labbra, Kevin quello che ride spesso, soprattutto quando sta con Maryl o legge i copioni di JONAS dove fa' la figura dell'idiota e Frankie, beh, lui ha nove anni, quale bambino di questa età non ride spesso? Ed io, solo perchè sono serio, vengo etichettato come non-divertente... beh, si ricrederanno, prima o poi.

Qualche minuto pieno di risate dopo usciamo dall'hotel, sotto gli sguardi maliziosi di inservienti e di qualche altro ospite, probabilmente che ha una suite vicino alla nostra.

Maggie, al sorriso divertito di un ospite che si ricordava di aver visto nel nostro stesso corridoio si copre il viso con le mani, non appena un rossore scuro le tinge il viso.

- Oddio, cosa starà pensando, quello? - chiede, le mani ancora sul viso. - Nick, se i paparazzi lo scoprono sei fregato, chissà cosa penseranno di te... di quello che abbiamo combinato!

Le do una lieve spinta, per farle alzare gli occhi e la stringo a me, accarezzandole la schiena.

- Non preoccuparti, amore, sono sciocchezze – chiarisco.

Lei annuisce e mi regala un altro sorriso.

Passiamo il resto della giornata a camminare per Londra, da una parte all'altra della città: l'ho visitata quasi tutta durante i miei viaggi in questa città, ma devo ammettere che ora che Maggie è con me tutto si fa molto più interessante.

La porto dovunque, dal Big Ben al Parlamento, da Buckingam Palace al London Eye, sul quale Maggie sale con tutta la non voglia di questo mondo e mi si stringe finché finalmente non scendiamo.

Viaggiamo su vari bus londinesi e a piedi, fermandoci a un certo punto in un bar dove entrambi prendiamo il porridge, a nostro rischio e pericolo. Dopo una cucchiaiata ciascuno lo buttiamo e ci facciamo portare un panino, sotto lo sguardo irritato della cameriera.

Siamo seduti su una panchina sul cigno di una strada, mentre aspettiamo che passi il pullman che ci riporti all'hotel, potremmo anche chiamare un taxi, ma finalmente il cielo si è aperto e le stelle brillano sopra di noi. Ormai è sera.

- Guarda, Nick, c'è la tua costellazione! - ride Maggie, indicando l'Orsa Minore nel cielo.

La guardo e sorrido. Se potessi gliela regalerei una costellazione.

Sposto lo sguardo sulla strada, i negozi stanno chiudendo dopo una giornata di lavoro, ma uno in particolare, fra i tanti market e fish and chips attira la mia attenzione.

- Ehm, amore, mi aspetteresti qui un attimo? - chiedo.

Maggie fa un'espressione stranita.

- Certo... tutto bene?

- Sì, devo solo andare in bagno, torno fra poco – la rassicuro. So che è preoccupata per me per tutto quello che è successo circa un mese fa', quando sono stato male durante il concerto.

Lei annuisce e mi segue con lo sguardo finché non svolto un angolo. Appena girato controllo se mi sta guardando ancora, fortunatamente è tornata a guardare le stelle, un sorriso sul viso.

Con un sospiro di sollievo mi infilo in pochi istanti dentro la gioielleria, sotto lo sguardo stranito della commessa.

- Stiamo chiudendo – mi dice, con un marcato accento inglese.

Mi avvicino a lei e poggio le mani sul bancone, tirando fuori il sorriso più seducente che posso.

- Mi dispiace disturbarla, signora – dico suadente, - ma avrei bisogno di commissionarle un'urgenza che mi piacerebbe potesse risolvere subito.

La vedo confusa, che sbatte gli occhi per riprendersi, poi scuote la testa.

- Vedrò se posso accontentarla, mi dica – cede.

Le sorrido ancora e la vedo fare un sorriso emozionato.

- Vede, vorrei chiederle se lei potesse fare un incisione su una collana come questa – rispondo mostrandole il mio dog tags.

La donna fa un'espressione di puro terrore.

- In quanto tempo ha detto? - chiede.

- Il prima possibile – rispondo. - Entro venti minuti sarebbe perfetto.

- Non credo possa farlo, signore, ho bisogno di più tempo... - inizia lei, impanicata.

Scuoto la testa, dispiaciuto.

- Sono solo cinque parole – continuo, insistente, con lo stesso sorriso.

La donna muove le mani concitatamente le mani, poi le lascia cadere lungo il fianco e annuisce.


Avanzo verso Maggie con un sorriso a trentadue, un pacchetto della gioielleria ben nascosto nella tasca interna della giacca.

La vedo fare un sorriso di sollievo e venire verso di me riponendo il cellulare nella tasca dei jeans.

- Ma ti sei perso? - mi chiede, ansiosa. - Non tornavi più!

- Lo so, lo so, scusami – le dico sorridente. - Sono stato trattenuto – invento su due piedi.

Lei fa un'espressione confusa, ma non chiede nulla, sa che se avessi voluto parlargliene le avrei detto tutto.

- Sono passati due autobus nel frattempo – dice, - il prossimo passa fra quindici minuti.

Annuisco e ci sediamo di nuovo sulla panchina, mano nella mano.

- Che bella serata – dice sorridente.

Non faccio altro che sorridere ed annuire.

- Ma che hai? - mi chiede divertita. - Sembri nervosa.

Okay, è ufficiale, ci conosciamo troppo bene noi due.

- Niente, niente – dico scrollando le spalle.

Lei inarca un sopracciglio, ma mi lascia stare e alza di nuovo il capo per osservare le stelle.

Bella, è questa l'unica parola con cui potrei descriverla. Bella, bellissima.

- Ho una cosa per te – le sussurro ad un orecchio e Maggie si volta lentamente verso di me, gli occhi luccicanti.

- Nick – mi rimprovera dolcemente, con un mezzo sorriso.

Non le do retta ed estraggo il pacchetto che tenevo nella tasca, porgendoglielo.

- Lo faccio perchè ti amo – mormoro.

E meno male che soffro il diabete! Con tutto questo zucchero dovrei prendere una dose d'insulina ogni cinque minuti!

Maggie mi bacia dolcemente, sussurrandomi un grazie appena si stacca da me e senza strappare la carta del pacco e lo apre, con un sorriso.

- Nick – dice portandosi una mano alla bocca. - È bellissimo!

Prendo la dog tags fra le mani e la rivolto verso l'incisione.

- Love is on its way – leggo a bassa voce.

Non faccio in tempo a dire nient'altro che Maggie mi abbraccia stretto, stampandomi un bacio su una guancia.

- Grazie – continua a dirmi, - grazie, Nick, è meraviglioso. - Mi regala un sorriso speciale. - Sei unico, amore.

Sì, forse io sarò unico, Maggie, ma sei tu, fra noi due, quella speciale, quella buona, quella dolce, bellissima, intrigante, quella con i sorrisi splendidi. Io sarò unico, tu sei tutto. Ed è per questo che ti amo, e non smetterò mai di farlo, è la mia unica certezza in questa vita.

Finché vivo ti amerò, puoi giurarci, e se anche un giorno penserai che non sia vero, che io non ti ami, che ti ho raccontato solo bugie per tutto questo tempo non crederci, ricorda questo giorno, questo attimo, questo cielo, questa città.

Pensa a noi, qui, ora. Pensaci e i tuoi dubbi svaniranno. Pensaci, amore mio, perchè non potrei vivere senza di te. E se mai un giorno ti dovessi allontanare, da me, dalla tua vita, da tutto, ricorda ancora questo giorno, questo viaggio, leggi l'incisione sulla catenina e ricordami. Io ti aspetterò.

Sempre.


The End

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