Voglio solo te

di StillAnotherBrokenDream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il tradimento. ***
Capitolo 2: *** Dimmi perchè ***
Capitolo 3: *** Un sogno che si infrange. ***
Capitolo 4: *** Traditori ***
Capitolo 5: *** Un graffio al cuore ***
Capitolo 6: *** Una brutta giornata ***
Capitolo 7: *** Scusami ***
Capitolo 8: *** Ti va un caffé? ***
Capitolo 9: *** Un fortuito incontro ***
Capitolo 10: *** Un fortuito incontro (parte seconda) ***
Capitolo 11: *** I sogni son desideri... ***
Capitolo 12: *** La mia medicina ***
Capitolo 13: *** Credo fosse destino ***
Capitolo 14: *** Nel fondo del baratro ***
Capitolo 15: *** Nel fondo del baratro (seconda parte) ***
Capitolo 16: *** Nel fondo del baratro (terza parte) ***
Capitolo 17: *** Devi reagire ***
Capitolo 18: *** Solo un amico ***
Capitolo 19: *** Grazie di esistere ***
Capitolo 20: *** Sentirsi respinto ***
Capitolo 21: *** Fuggire da lui ***
Capitolo 22: *** Non può finire così ***
Capitolo 23: *** Voglio andare via ***
Capitolo 24: *** Finalmente..... ***
Capitolo 25: *** ....amore! ***
Capitolo 26: *** Nella penombra ***
Capitolo 27: *** Qualcuno mi legge ancora? ***
Capitolo 28: *** CI SIAMO... ***



Capitolo 1
*** Il tradimento. ***


N

N.d.A.: Okay.. mi sto facendo prendere la mano…. Inizio a pubblicare anche io storie originali XD. Prima capitolo di una storia che ho iniziato a scrivere un annetto fa. Spero piaccia a qualcuno. E se così è, recensite!!!  Baci *__*

 

 

I

 

 

 

 

Picchiettava le dita sul volante da piú di un'ora, un movimento meccanico e ripetitivo che mitigava l'impazienza. Aspettare non era il suo forte, non lo era mai stato in tutti i suoi trentasei anni di vita e non poteva esserlo in una situazione come quella. Guardò l'orologio al polso e scoprì di essere là da un'ora e venti minuti: ottanta minuti seduto in macchina ad aspettare che quell'idiota si decidesse a scendere. Si chiese se per caso non avesse sbagliato indirizzo oppure orario, guidare col sangue agli occhi come aveva fatto lui avrebbe potuto farlo cadere in errore. Prese il foglio che aveva stampato dal computer quella stessa mattina:

 

Gentile cliente, ecco le informazioni dettagliate di cui siamo in possesso:

Frank Moran, 31 anni, socio in un’azienda informatica (Gray Byte 3)

residente in Lake Street 58. Orario uscita tra le 8 e le 10

Rientro variabile, mediamente tra le 22 e 2 di notte.

Cordialmente, SWT Inv.

 

Dopo aver letto il foglio riguardò l’orologio, erano le 9:18 e dell’idiota nemmeno l’ombra.

Forse era meglio andare a prenderlo fin dentro casa e farlo scendere per le scale a calci invece che stare ad aspettare i suoi comodi mentre a lui si corrodeva il fegato. Allungò la mano sul sedile accanto e prese la busta gialla con le foto, evitò di guardare le altre e tirò fuori solo quella che gli interessava: un bel primo piano sorridente di quel gran figlio di puttana del caro Frank. Pensò che aveva proprio la faccia da imbecille e falso bravo ragazzo. Volse lo sguardo in direzione dello specchietto retrovisore e lo inclinò verso di sé guardandosi negli occhi.

 “Temo che il vero imbecille sia proprio tu”, si disse con amarezza.

Mentre parlava con se stesso, si accorse di un movimento alla sua sinistra, si voltò e serrò i denti: finalmente stava uscendo dal portone. Mise mano alla maniglia della portiera ma si arrestò, sorpreso da quanto vedeva: il bastardo non era solo, con lui c’era una bella ragazza dai capelli rossi che gli sorrideva e che Frank teneva per mano. Anche lui sorrideva, lo stesso sorriso da deficiente delle foto. I due si fermarono per scambiarsi un tenero bacetto da innamorati: Kevin si chiese se anche lei fosse la moglie di qualcun altro o magari la legittima fidanzata. Di certo non poteva essere la moglie di Frank, l’agenzia l’avrebbe scoperto sicuramente.  Decise di prendere le foto dalla busta, le arrotolò e se le infilò all’interno della giacca: pensò che alla fine, fidanzata o no, la presenza della ragazza avrebbe potuto addirittura migliorare la situazione, lo avrebbe sputtanato in mezzo alla strada e per di più di fronte a lei, senza contare i pugni che aveva intenzione di dargli. Aprì la portiera e uscì,  la richiuse con tanta violenza da far oscillare l’auto e pieno di rabbia attraversò la strada in direzione dei due ignari piccioncini che continuavano a guardarsi negli occhi e a scambiarsi dolci sorrisi.

Presi l’uno dall’altra, nessuno dei due si accorse della figura imponente che a grandi falcate li stava raggiungendo con fare minaccioso. Solo quando Frank sentì una mano posarsi in modo pesante sulla propria spalla si accorse di non essere solo con Emily.

“Ciao Frank!” lo salutò con enfasi l’estraneo. Frank si voltò trovandosi di fronte un uomo alto più di  metro e novanta e con grandi spalle che gli rivolgeva un sorriso strano e lo sovrastava di almeno una ventina di centimetri. “Ciao… ci conosciamo?” gli chiese esitante.

L’altro continuava a ostentare un sorriso forzato che nascondeva intenzioni poco amichevoli.

“Oh sì, indirettamente ma ci conosciamo. Grazie a mia moglie Jennifer, hai presente?”

Frank sbiancò in viso, spalancò gli occhi per lo stupore iniziando a sudare.

“Temo si stia sbagliando.  Non conosco nessuna Jennifer.” disse visibilmente a disagio.

Il sorriso di Kevin che già era poco amichevole cominciò a trasformarsi in un ghigno cattivo, mentre i suoi occhi erano quelli di un uomo febbricitante.

“No amico mio, la conosci eccome! Te la porti a letto con una regolarità disarmante!”

Emily prese parola per la prima volta da quanto quell’uomo era intervenuto tra di loro.

Cosa? Lei è pazzo, cosa sta dicendo?” inveì contro l’estraneo, Kevin le lanciò un’occhiata fugace ignorando il suo intervento e concentrandosi sul suo avversario.

Andiamo Frank, evitiamo questi inutili giochetti. Sappiamo entrambi che è la verità.”

“Le ripeto che si sta sbagliando, io non…. non fece in tempo a terminare la frase che si ritrovò a terra, steso da un pugno in faccia.

La donna urlò inginocchiandosi accanto al suo compagno. “Frank! Tesoro stai bene?” gli chiese amorevole.

“Ne stia fuori, signorina. Non c’entra in questa storia, dobbiamo risolverla tra uomini.

Emily aiutò Frank a rialzarsi sostenendolo per un braccio.

“Lei è fuori di testa, perché ha colpito il mio fidanzato? Ha sbagliato persona!” gli urlò la donna mentre Frank si massaggiava il mento dolorante.

Kevin fece una risata nervosa. “Signorina, forse non ha capito che mentre lei lo aspetta a casa, il suo fidanzato si sbatte mia moglie persino nel mio letto. Mi spiace per lei, ma io a questo bastardo devo spaccare la faccia, a costo di finire in galera!” minacciò afferrando Frank per il bavero della giacca.

Emily ancora non riusciva a capire, perché quell’uomo accusava Frank di andare a letto con sua moglie? Lei era più che sicura della sua fedeltà e soprattutto del suo buon senso, non l’avrebbe mai fatto.

“Tu sei un pazzo maniaco, io ti denuncio!” sbraitò Frank mentre Kevin lo strattonava.

“Dopo che ti avrò fatto cadere tutti i denti che hai in bocca non potrai fare proprio un bel niente. Sei un figlio di puttana, non solo ti porti a letto le mogli degli altri, ma lo fai fregandotene della tua donna. Sei peggio di quanto immaginassi.” continuò quell’uomo alto e arrabbiato che digrignava i denti e ignorava le invettive della donna.

“La smetta, maledizione!” gridava al vento la giovane tentando di intervenire tra i due.

In quel momento Kevin lasciò la giacca di Frank e lo spinse contro un’’inferriata, scagliandosi su di lui come una furia e scuotendolo con forza.

Perché non ti difendi, eh? Perché non dici niente e ti fai difendere dalla tua ragazza? Hai paura che si convinca di che razza di maiale sei? Ti crede un bravo ragazzo invece sei un bastardo!” Mentre Kevin infieriva sull’altro, un passante che stava assistendo alla scena cercò di intromettersi.

 Ma che state facendo voi due? La smetta!” intimò a Kevin che non si degnò neanche di guardarlo.

“Vattene.” fu la sua risposta infastidita.

Ma il passante non se ne andò e anzi tentò di prendergli un braccio per allontanarlo dal povero Frank, che subiva l’aggressione senza neanche difendersi troppo.

“Va’  a farti fottere, non intrometterti se non vuoi un pugno nei denti anche tu!” gli urlò Kevin.

Il diversivo del passante consentì a Frank di divincolarsi dalla presa potente di Kevin e si mise al fianco di Emily.

“Ora basta, mi ha davvero stancato. Farò finta che questo non sia mai accaduto e non la denuncerò, ma ora se ne vada. lo esortò con calma Frank.

Kevin si voltò lentamente verso la coppia, fulminandoli con lo sguardo.

“Chiama la polizia, avanti. Così gli mostriamo anche questi bei ritratti!” urlò estraendo le foto dalla giacca e gettandole nella loro direzione.

Quei fogli patinati rotearono a mezz’aria per poi finire ai piedi di entrambi. Lo sguardo di Emily si posò su una di esse, nella quale riconobbe subito Frank. L’uomo era con una donna dai capelli ricci che gli baciava il collo mentre lui rideva beato, erano in macchina ed era notte. Si inginocchiò accanto alle foto e ne prese un’altra in mano, soffocando un urlo. La solita donna con i capelli neri e ricci era seduta sulle sue gambe praticamente nuda e Frank gli accarezzava una coscia: riconobbe la poltrona sulla quale erano seduti, era quella del salotto di Frank. 

La buttò e ne prese un’altra, erano sul divano e lei era seduta a cavalcioni su di lui, nuda.

Riconobbe la casa, i mobili, le finestre, era foto scattate sicuramente da lontano, ma la loro nitidezza era sorprendente. C’erano almeno dieci o quindici foto, tutte con gli stessi soggetti nelle pose più svariate. Emily era attonita, le osservava una dopo l’altra stentando a crederci.

“Amore, non vedi che sono false? Lascia perdere andiamo via.” tentò di convincerla Frank, ma Emily si voltò verso di lui e respinse il suo braccio.

“False? Sei un verme, uno schifoso verme!” lo aggredì lei alzandosi.

“Aspetta, non è come credi! Posso spiegarti!” continuò Frank.

“Spiegarmi che cosa? Che non sei tu, che è un fotomontaggio? Davvero pensi che io sia così stupida? Sei un porco schifoso, non farti vedere mai più!” gli urlò con rabbia Emily voltandogli le spalle per andarsene. Frank tentò di fermarla, ma qualcosa gli afferrò un braccio bloccandolo in una morsa di ferro.

“Non abbiamo ancora finito, Frank.” lo minacciò Kevin sbattendolo di nuovo contro l’inferriata.

Il passante di poco prima, intravedendo le foto, disse a se stesso che alla luce dei fatti quell’uomo alto e arrabbiato aveva le sue ragioni e che era una faccenda privata. Per cui girò sui tacchi e riprese il suo cammino senza neanche più voltarsi.

Frank notò l’allontanamento dell’altro uomo e capendo di essere rimasto da solo con il suo aggressore, ricominciò a sudare: stranamente non passava più nessuno.

“Se non mi lasci subito comincerò ad urlare per attirare l’attenzione della gente!”

Kevin per tutta risposta gli assestò un altro pugno, questa volta nello stomaco.

Frank si piegò su se stesso e cadde in ginocchio, sputando e quasi vomitando per la violenza del colpo ricevuto. Stava ancora tossendo quando Kevin lo sollevò di peso e una volta di nuovo ritto in piedi gli tirò un altro pugno in faccia, spaccandogli un labbro.

Il sangue gli colò sulla bella camicia bianca e la cravatta beige, ma non era ancora finita.

Kevin non era mancino ma per quell’occasione sferrò un altro colpo con la mano sinistra, prendendo in pieno il naso dell’altro che iniziò a sanguinare.

Stordito dal dolore, Frank si accasciò a terra tossendo e Kevin finì l’assalto tirandogli un calcio sulla tibia, l’unica parte del corpo che poteva facilmente colpire vista la posizione a riccio che aveva assunto. Kevin ansimava per la rabbia e lo sforzo, e non era soddisfatto. Ma non poteva certo ucciderlo, al contrario di quanto aveva affermato poco prima non aveva intenzione di finire in galera per un figlio di puttana come lui.

Si guardò intorno e non vide assolutamente nessuno, nei suoi cinque minuti di follia il caso aveva voluto che non passasse nessuno, così mentre Frank era ancora a terra che sputava e tossiva, Kevin riattraversò la strada verso la sua auto, aprì lo sportello e salì. Guardò alla sua sinistra e vide Frank ancora a terra che cercava di rialzarsi, circondato dalle foto di lui e Jennifer in svariate posizioni. Sarebbe stata una scena comica, se la donna delle foto non fosse stata la sua Jennifer: adesso doveva affrontare lei.

Mise in moto e partì a tavoletta, in direzione di casa sua, sapeva che quel giorno Jennifer l’avrebbe trovata lì. Si rammaricò di non aver preso il cellulare di quel bastardo, se nel frattempo si fosse ripreso abbastanza avrebbe di certo avvisato Jennifer e lei temendo suo marito sarebbe andata via. 

Non doveva avere paura di lui, non avrebbe mai avuto il coraggio di alzare le mani su Jennifer, Kevin l’aveva amata tanto e l’amava ancora nonostante tutto, ma voleva almeno capire perché lo aveva tradito. Cosa aveva potuto farle mancare da spingerla a cercarlo in un altro? Forse era presunzione,  ma in tutta onestà non riusciva a trovare nulla nel proprio comportamento che potesse indurre sua moglie a cercarsi un altro uomo. Neanche l’età, visto che tra Frank e Kevin non c’erano che cinque anni di differenza. Oppure erano i quasi quarant’anni di Jennifer che avevano spinto quest’ultima a cercare un uomo con dieci anni di meno che la facesse sentire giovane e desiderata. Kevin non lo faceva abbastanza per lei?

In pochi minuti aveva fatto almeno una decina di ipotesi, tutte confuse e più o meno improbabili, già pensate e ripensate e che gli procurarono solo un gran mal di testa. Passò anche con il semaforo rosso per ben due volte, ed era sicuro che gli avrebbero spedito le relative multe. Ma non gli importava di niente adesso, voleva solo raggiungere casa sua e parlare con sua moglie, e farsi spiegare perché aveva deciso di rovinare il loro amore andando a letto con uno stupido idiota come Frank Moran.

Picchiarlo a sangue non era servito a granché, sì certo  gli aveva rovinato quel suo sorriso da ebete e aveva l’impressione di avergli anche sotto il naso, ma vederlo sanguinare e contorcersi non lo aveva fatto sentire meglio. Per un attimo il suo pensiero andò a quella povera ragazza dai capelli rossi che tentava di difendere il suo uomo ma che alla vista di quelle foto era corsa via lasciandolo come uno stupido in mezzo alla strada, in balia dell’ira di Kevin. In un certo senso forse la ragazza se l’era meritato, come si fa a stare con uno così? Possibile che non si era mai accorta di nulla? A meno che non si fossero conosciuti il giorno prima, un qualche sospetto doveva essere venuto anche a lei. Probabilmente era una sciocca ragazzetta che non capiva o peggio ancora faceva finta di non capire cosa facesse il suo bel fidanzatino.

Perché Frank e Jennifer non si vedevano da poco, ma da almeno sei mesi e praticamente tutti i giorni. Impossibile non vedere qualcosa di strano nel suo comportamento, così come Kevin l’aveva visto in sua moglie addirittura prima dei sei mesi conclamati, il che gli faceva sospettare che la tresca fosse cominciata prima. Non voleva pensarci, altrimenti avrebbe fatto inversione e sarebbe andato a investire con l’auto quel verme.

Proseguendo la sua corsa in auto, pensò che forse aveva sbagliato ad andare prima a pestare il bastardo e poi da Jennifer, forse era più importante parlare con lei, invece adesso c’era il rischio che lei fosse già andata via, avvisata dal suo caro amico. Ma il pensiero di prendere a cazzotti l’infame era stato più forte di ogni altro e il suo orgoglio di uomo gli aveva imposto di andare a rompergli il muso. Ma per quanto dolorosi potessero essere i pugni ricevuti, non erano niente in confronto al dolore che sentiva Kevin, lo stupore e l’avvilimento provati nel vedere quelle foto così umilianti.

Sapeva già che Jennifer aveva un amante, ma guardare quelle foto che sembravano uscite da uno squallido giornale pornografico era stato come essere investito da un treno in corsa. Vedere che addirittura si erano divertiti nel suo letto era stato il massimo dell’oltraggio, soprattutto pensando che magari poche ore dopo Jennifer aveva avuto il coraggio di fare l’amore con lui in quello stesso letto. Anche se lo riteneva poco probabile, visto che sua moglie gli si concedeva col contagocce e talvolta anche malvolentieri. E ora ne capiva il perché.

C’era un altro con il quale divideva il letto (e il divano, la poltrona…), non aveva più bisogno di suo marito. Ecco, probabilmente era stata proprio la monotonia del dormire sempre con lo stesso uomo che l’aveva spinta a cercarsi un amante, un diversivo al solito e  prevedibile Kevin Duval che dopotutto cosa faceva per lei oltre che adorarla? Frank invece doveva essere molto più interessante del noioso Kevin, tanto da sfasciare un matrimonio che durava da quasi dieci anni e un amore che durava da quindici.

Kevin sentiva di avere tutto il diritto di sapere  perché Jennifer aveva voluto rovinare la sua vita, infrangendo i suoi sogni.

 

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Capitolo 2
*** Dimmi perchè ***


II

II

 

 

 

Arrivò davanti al grande edificio nel quale si trovava il loro appartamento in meno di dieci minuti, benché avesse dovuto in pratica attraversare la città. Kevin spense il motore e trasse un respiro profondo per riprendere fiato, solo allora si accorse di respirare a fatica.

Tremava, perché aveva paura di affrontare Jennifer, paura di ciò che avrebbe potuto dirgli e che, ne era sicuro, lo avrebbe ferito e umiliato ancora una volta. Per caso si guardò le mani e si accorse che il dorso di quella destra era sporco di sangue.

Tirò fuori dalla tasca un fazzoletto e tentò di pulirla, accorgendosi che il sangue era suo e che la pelle della mano era lacerata in diversi piccoli punti. Doveva essersi ferito mentre picchiava l’infame e non se ne era accorto. Si ricordò di una bottiglietta d’acqua rotolata sotto il sedile del passeggero, la cercò a tentoni e la trovò. Scese dall’auto e si versò l’acqua sulla mano, non poteva presentarsi con le mani insanguinate.

Si asciugò con il fazzoletto e buttò la bottiglia vuota sul sedile, trasse un altro respiro profondo e si avviò. Il loro appartamento si trovava al settimo piano di un edificio di dieci piani situato in una zona bene della città, abitata perlopiù da liberi professionisti o ereditieri che vivevano di rendita. Kevin si era sempre ritenuto il più povero residente di quella zona, visto che anche Jennifer proveniva da una famiglia agiata e in vista.

Kevin Duval non era né ricco né influente, così come non lo era stato nessuno dei suoi parenti più prossimi. Un uomo semplice, che alla signora Jennifer Lewis, figlia e sorella di avvocati, non piaceva più. Si fermò davanti all’ascensore: forse l’unico motivo possibile del suo tradimento era che Jennifer si era resa conto che socialmente Kevin era troppo inferiore a lei e che invece Frank con la sua laurea in informatica e un tenore di vita più che dignitoso corrispondeva al suo ideale di uomo.

Era questo che l’aveva allontanata da lui? Dopo quindici anni di vita insieme aveva capito che Kevin non era la scelta giusta? Entrò nella cabina dell’ascensore voltando le spalle allo specchio, in quel momento l’ultima cosa che voleva era guardarsi e vedere il viso di un uomo stravolto e angosciato. Le porte dell’ascensore si aprirono davanti alla sua porta, alla loro porta, uscì e si fermò a leggere la targhetta che portava i loro nomi:

 

K. Duval - J. Lewis.

 

In quel momento ebbe la certezza che avrebbero divorziato, sarebbe finito tutto e quei nomi sarebbero stati divisi per sempre. Deglutì e si avvicinò alla porta, infilò la chiave della serratura e girò. Gli bastò un solo giro di chiave per aprire, era la conferma che Jennifer era in casa.

“Kevin amore, sei tu vero?” la voce di sua moglie gli giunse lontana, in tutti i sensi.

“Sì, sono io.” fu tutto quello che riuscì a dire con lo stomaco stretto dalla rabbia.

Sentì i passi di Jennifer raggiungerlo rapidamente in salotto, fino a che non la vide affacciarsi. I suoi bei ricci neri che le incorniciavano il viso erano lucidi e vaporosi le labbra erano di un rosso acceso e quegli occhi neri che lo avevano stregato erano sottolineati da un’intensa linea scura.

Indossava una gonna sul ginocchio color sabbia e una camicetta rosa che lasciava intravedere il reggiseno nero. Capì subito che non era così che ci si vestiva per occuparsi delle faccende domestiche, era pronta  per uscire e sapeva bene dove o meglio da chi doveva andare.

“Tesoro, come mai a casa così presto oggi? Non stai bene?” gli chiese premurosa.

Kevin avrebbe voluto urlare che aveva il cuore dilaniato e che la rabbia lo stava divorando. Ma si trattenne e si sforzò di sembrare il più normale possibile, voleva cercare di capire.

“Non so, ho tipo un malessere generale, ho preferito tornare a casa prima. Ti dispiace?”

“Certo che no amore, anzi sono felice di averti qui. Sono solo preoccupata per te.” Dicendo questo gli si avvicinò per toccargli la fronte, ma Kevin istintivamente si spostò evitando la sua mano. Jennifer rimase sorpresa da un simile comportamento.

“Scusami cara, ma se avessi qualcosa di contagioso potrei trasmetterlo anche a te, è meglio se stiamo lontani.” si giustificò Kevin.

Jennifer parve credergli e gli sorrise. “Sarà solo un po’ di stanchezza vedrai ieri stavi benissimo. A proposito, come mai questa mattina sei andato via senza dirmi nulla?”

Lui evitò di guardarla negli occhi. “Dormivi così profondamente che non ho avuto il coraggio di svegliarti Ti sei spaventata non trovandomi al tuo risveglio?” le domandò con ironia, ma Jennifer non capì.

“Spaventata no, ma un po’ triste sì, è così bello svegliarmi con te accanto. replicò lei con un sorriso e allungandosi verso il marito per baciarlo sulle labbra.

Ancora una volta Kevin si ritrasse, proprio non voleva che quella donna lo toccasse o lo baciasse, quelle maledette foto erano ancora lì stampate nella sua testa.

“Kevin, cos’hai? Se non sapessi che è impossibile, direi che non vuoi che ti stia vicino.

L’uomo sorrise a denti stretti, perché è impossibile? Perché Kevin Duval è un idiota? pensò.

“Te l’ho già detto, cara. Potrei essere contagioso. Ma dimmi, dove vai di bello agghindata così? Non ti sei vestita e truccata così per me, vero?” il viso di Jennifer cambiò espressione.

“Agghindata? Dài, sono vestita normalmente. Comunque nel primo pomeriggio devo vedermi con Claire, è da tanto che non usciamo insieme.”

Kevin annuì.

“Ah capisco. A dire il vero pensavo stessi andando.. che so a lavorare, oggi anche tu hai dato forfait?” le chiese,  accorgendosi che sua moglie era diventata stranamente nervosa.

“Sì, cioè no oggi non dovevo andare allo studio. Lo sai, il mio è un impegno part-time, e inoltre non è necessario essere lì tutti i giorni”

Kevin sapeva già che non doveva andare allo studio degli avvocati Lewis a far finta di lavorare, ma aveva voluto chiederglielo lo stesso.

“Già, capisco. Quindi a parte Claire oggi non hai impegni? Resti a casa con me?”

“Certo amore, dove vuoi che vada? Finalmente per una volta riusciamo a pranzare insieme. Anzi, comincio a preparare qualcosa, cosa vorresti di particolare?”

Kevin scosse il capo. “Quello che vuoi tu, Jenny. Quello che vuoi tu.

“Vedremo se ricordo ancora cosa piace a mio marito!” annunciò lei sorridente.

Lo hai mai saputo?, considerò tra sé Kevin restando in silenzio.

“Va’ a toglierti la giacca e mettiti comodo, hai davvero una faccia strana sai?”

Kevin accennò un sorriso e fece per avviarsi, poi si fermò guardandola finalmente negli occhi.

“Quasi dimenticavo. Ho incontrato un nostro vecchio amico, poco fa. Ti manda i suoi saluti.”

Jennifer lo guardò in modo strano ma mentre stava per chiedergli di chi stesse parlando, il trillo di un cellulare riempì il salotto. Era quello di lei, posavo sul tavolino accanto ad una loro foto. Entrambi guardarono il cellulare, ed entrambi sapevano chi era.

Jennifer lo prese e quando guardò il display il suo viso si contrasse, ma non rispose.

“Non rispondi al tuo telefono?” le chiese Kevin. Lei scosse il capo accennando un sorriso.

È Claire, la chiamerò più tardi. Allora, chi è questo amico?” gli domandò cambiando discorso.

Il cellulare riprese a squillare con insistenza, e Jennifer diede segni di irrequietezza.

“Tesoro, qualcosa non va? Rispondi o crederà che non vuoi parlarle. insistette lui.

Ma Jennifer non rispondeva, e il suo bel viso incipriato tradì un leggero rossore.

Appena vado di là richiamerò io. Dicevi?” ripeté la donna in tono nervoso.

“Ah già, il vecchio amico. Sì ho incontrato Frank Moran, circa un’ora fa. Abbiamo fatto quattro chiacchiere. le disse Kevin mostrando il dorso della mano ferita.

Jennifer impallidì di colpo, e quando vide la mano escoriata del marito intuì cos’era successo.

“Non… non capisco.” farfugliò la donna evitando il suo sguardo.

“Immagino. Allora rispondi al telefono, so che è lui. Ti spiegherà per filo e per segno come l’ho pestato in mezzo alla strada davanti alla sua fidanzata. Sai che ha una fidanzata vero? Certo che lo sai, ma non ti interessava, o mi sbaglio?” Jennifer rimase in silenzio.

Intanto quel dannato cellulare continuava a suonare senza tregua, riecheggiando nella stanza piombata nel silenzio più totale.

“Fammi una cortesia, o rispondi a quel fottuto telefono o lo spegni, Dobbiamo parlare.

Jennifer riprese il telefono e lo spense, obbedendo a quello che le era arrivato come un ordine e al quale pensò era meglio dar retta.

Suo marito era furioso e se aveva picchiato Frank, poteva picchiare anche lei.

Stai calmo ti prego. Parliamo con calma.” Kevin sentì la paura nella voce di sua moglie.

“Hai paura di me, tesoro? Credi davvero che io possa diventare violento con te? Puoi stare più che tranquilla Jenny, non potrei mai alzare le mani su di te, ti ho amata troppo per farti del male. Ma una cosa voglio chiedertela, con calma. Perché l’hai fatto?”

Quella che Kevin aveva chiamato calma in realtà era la collera che grazie a quel poco di autocontrollo che gli era rimasto riusciva a trattenere.

“Kevin, io… posso spiegarti…” cominciò lei avvicinandosi piano al marito.

“Non ti avvicinare, resta lì maledizione. Dimmi solo perché è successo.

“Io non so cosa ti abbiano raccontato, ma …..tentò di spiegare la donna.

Kevin afferrò un vaso di cristallo posato su un mobile alla sua destra e lo scagliò a terra, decine di frammenti si sparsero sul pavimento.

“Non prendermi in giro! Dimmi solo perché cazzo mi hai tradito!” le urlò infuriato.

“È successo solo una volta…” fu la ridicola difesa di sua moglie. Kevin scoppiò a ridere.

“Hai proprio un bel coraggio, sai cara? E anche se ti fossi fatta scopare una sola volta non cambierebbe nulla, e la mia domanda sarebbe uguale: perché mi hai tradito con quel bastardo?”

Il silenzio ostinato di Jennifer lo esasperava: perché non aveva il coraggio di parlare?

“Non trovi le parole? Ti aiuto io? Vediamo, riformulo meglio la domanda: cos’è che ti ho fatto mancare e che Frank Moran con solerzia ti ha dato? Sono stata poco presente, o poco comprensivo, o sono troppo povero? Dimmi qualcosa, per la miseria!”

Jennifer cambiò tattica, tentò di nuovo di avvicinarsi a Kevin ma molto lentamente.

“Ti prego, ascoltami, tu adesso sei arrabbiato e hai ragione, ma se mi ascolti…”

Per tutta risposta Kevin l’afferrò per un braccio e iniziò a trascinarla verso la cassettiera.

Aprì il primo cassetto e ne tirò fuori dei fogli che Jennifer non riconobbe subito.

Suo marito li gettò sul piano della cassettiera ed essi si aprirono come un ventaglio, rivelandosi delle foto molto dettagliate. Jennifer si sentì raggelare il sangue nelle vene quando le focalizzò.

“Allora, Jenny? Cosa mi dici adesso di queste belle foto ricordo? Riconosci gli attori, non è vero? Guarda che belle foto, e che nitidezza!” mentre parlava le stringeva il braccio.

Quelle foto erano un orrore, uno squallore desolante e vergognoso e Jennifer non sapeva come uscire da quella situazione nella quale era sempre stata sicura di non ritrovarsi mai.

“Sai qual è la foto che mi fa più schifo? Questa qui, ah che capolavoro!” e gliela mostrò.

Ritraeva i due amanti che si rotolavano nel letto di Kevin. Jennifer chiuse gli occhi.

“Sai, sarò anche uno stupido bigotto tradizionalista, ma per me il letto nel quale dormo con la mia donna è sacro, e se anche avessi un’amante non la porterei a ribaltarsi nelle tue lenzuola. Tu invece hai avuto il coraggio di farlo con quel porco del tuo amichetto. Meriterò almeno uno straccio di spiegazione o continuerai a stare zitta? Sai, che anche lui davanti alla sua fidanzatina se ne stava zitto, mentre lo riempivo di botte. le raccontò a denti stretti.

“Mi hai fatta spiare…” mormorò la donna guardando le foto sparpagliate alla rinfusa.

“Direi proprio di sì. Quando mi è venuto il sospetto che tu avessi una relazione ho preferito avere le prove prima di dare di matto, e come vedi le ho eccome!”

“Mi dispiace Kevin, davvero. Non so come sia potuto succedere….

E questo dovrebbe farmi stare meglio? Vuoi dirmi che ti sei trovata un altro così, tanto per fare qualcosa di nuovo?” inveì Kevin, carico di rabbia e frustrazione.

“Sapevo che mi avresti risposto così sai? Perché io non ti ho fatto mancare nulla. Amore, passione, comprensione, presenza, fedeltà, rispetto.. devo continuare? Tu non sai cosa dire perché non hai niente da dire!” continuò l’uomo scuotendola con più forza.

“Mi stai facendo male!” gli urlò sua moglie tentando di sottrarsi alla sua stretta vigorosa.

“Non immagini quanto male hai fatto tu a me. Riesci anche solo ad immaginare come mi sono sentito quando ho visto quelle foto? La mia donna nel nostro letto con un altro uomo!”

Le lasciò il braccio e lei si allontanò di qualche passo.

“Inutile continuare a negare l’evidenza. Sì ho una relazione con Frank. ammise la donna in tono solenne, come se rivelasse un gran segreto.

“L’avevo vagamente intuito. Da quanto tempo, se posso chiedertelo?” domandò Kevin. 

“Un anno. Suo marito la guardò negli occhi senza riuscire a controbattere, mentre Jennifer a braccia conserte guardava altrove: non aveva il coraggio di guardarlo in faccia.

 Kevin rimase di sasso e per un attimo si rifiutò di credere che l’inganno durasse da un anno, per avere la sensazione subito dopo che quel lasso di tempo fosse piuttosto approssimativo.

Si appoggiò alla cassettiera, trasse un profondo respiro e riprese a parlare.

“Un anno, bene. Ora mi vuoi dare una qualche motivazione valida che possa farmi capire cosa c’era di sbagliato nella nostra vita insieme? Dove ho sbagliato?” chiese con un tono stentatamente calmo che al contrario tradiva il suo essere arrivato al punto di rottura.

“Non c’è una spiegazione Kevin, le cose succedono e basta. affermò lei convinta.

Kevin abbassò la testa scuotendola con rassegnazione.

“Tu mi stai dicendo che hai mandato al diavolo il nostro matrimonio per… niente?”

Jennifer scosse il capo. “Al contrario, io.. mi sono innamorata di Frank, ecco perché non c’è una spiegazione razionale, è successo e basta. Poteva succedere anche a te.”

L’uomo si sentì crollare definitivamente il mondo addosso, la cosa che più temeva di quella situazione orribile e che aveva volutamente evitato di prendere in considerazione era accaduta in pochi secondi, e ora si sentiva come scaraventato in fondo ad un burrone.

Sua moglie, l’unica donna che avesse mai realmente amato nella sua vita e che aveva scelto come compagna di vita, gli aveva appena detto di essere innamorata di un altro uomo. Un uomo che gli aveva dedicato solo ritagli di tempo rubati a Kevin e a quell’ingenua ragazzina rossa, mentre lui gli aveva dedicato quasi metà della sua esistenza, spesso annullando se stesso.

Si sentì morire.

“Tu… ti sei innamorata di un altro… e hai continuato a stare con me?” l’accusò incredulo.

Lei abbassò lo sguardo stringendo le labbra in una smorfia indecifrabile.

“Non riuscivo ad affrontare l’argomento, non avevo il coraggio di…”

Di essere sincera? Di smetterla di prendermi in giro?” la interruppe Kevin.

“Non avevo il coraggio di dirti che non ti amavo più e che volevo stare con un altro.

Kevin pensò che quello era un incubo, non poteva essere reale e prima o poi si sarebbe svegliato scoprendo che tutta quella maledetta giornata non era esistita neanche. Purtroppo quel pensiero durò un battito di ciglia, perché era tutto dannatamente reale.

 “Non… mi amavi più però continuavi a stare con me. Per un anno hai continuato a dormire con me. Anche se non come prima, non hai smesso di fare l’amore con me. Poco fa sei stata affettuosa e hai provato anche a baciarmi, mi hai chiamato ripetutamente amore, tesoro, caro, perché mi hai preso in giro fino alla fine?” Kevin era addolorato.

Jennifer restò un attimo in silenzio, fece qualche passo verso di lui e alzò lo sguardo. Incontrare gli occhi disperati del marito la impietosirono, lo aveva amato e vederlo soffrire in quel modo le dispiaceva davvero, ma non poteva andare avanti così, non poteva continuare a stare con lui solo per compassione e in nome di qualcosa che non provava più.

“Non ti ho preso in giro, Kevin! Non volevo farti soffrire perciò non sapevo cosa fare, io sentivo che tu mi amavi ancora e l’ultima cosa che volevo era ferirti o umiliarti. Speravo che prima o poi ti saresti accorto che da parte mia qualcosa era cambiato e che dopo averne parlato da persone adulte ognuno avrebbe preso la sua strada.” gli disse Jennifer con una calma e una lucidità che, a dispetto delle intenzioni della donna, Kevin trovò crudele.

“Credo di essere impazzito, mi è sembrato di capire che tu aspettassi il momento in cui io ti avrei lasciata perché stanco della tua crescente indifferenza nei miei confronti? Tu non puoi dire sul serio, non potevi pensare davvero di stare con due uomini in attesa che io mi stancassi di te e chiedessi la separazione, facendoti sentire libera di fare i tuoi comodi! Io ti amavo maledizione, e quando si ama si tende a non voler vedere ciò che potrebbe rovinare questo sentimento, non so nemmeno come ho fatto a dar retta a un sospetto dato che per mesi dicevo a me stesso che il tuo non voler più fare l’amore con me come prima era un fatto normale, dopotutto stavamo insieme da anni e un matrimonio non si basa solo sulla passione. Che stupido che sono stato, un ingenuo come me non si vede spesso in giro, vero? E su questo che hai sempre puntato, mi hai sempre considerato un povero idiota da manovrare come ti pareva!”

La rabbia di Kevin era divampata in tutta la sua violenza, gridava e si sbracciava in maniera concitata, il sudore gli imperlava la fronte e il suo respiro era diventato affannoso.

“Non urlare Kevin o ti sentiranno tutti! Stai calmo!” si affrettò a dirgli Jennifer, preoccupata più dello scandalo che dello stato d’animo in cui si trovava  suo marito.

“Non me ne frega un cazzo dei vicini, che ascoltino pure! Chissà quante volte lo avranno fatto mentre tu e il tuo amico scopavate in casa mia!”

Jennifer scuoteva il capo. “Kevin smettila di dare in escandescenze per favore! Tutto questo non porterà a niente.

E cosa dovrei fare? Congratularmi con voi e augurarvi tanta felicità?” urlò stringendo i pugni.

“Niente di tutto questo, solo accettare la realtà dei fatti e smetterla di comportarti come un immaturo!” ebbe il coraggio di dirgli sua moglie con la solita calma che lo imbestialiva. 

“Io immaturo? Perché sono disperato all’idea che mia moglie non mi ama più? Per te questa è immaturità? Se non l’hai capito io ti amo ancora e sarei disposto a tentare di ricominciare tutto daccapo se solo tu lo volessi, se rinunciassi a questa squallida relazione e tentassi anche tu di ricostruire la nostra vita insieme. Possiamo farcela o almeno provarci!” le propose Kevin aggrappandosi disperatamente a quella debole possibilità di riconciliazione che le offriva.

Una parte di sé non riusciva a credere di essersi nuovamente sottomesso a sua moglie, cercando di assecondarla mettendo da parte orgoglio e dignità. Davanti alla reale possibilità di perderla per sempre, Kevin stava abbassando le armi e si stava arrendendo a lei, come aveva fatto fin dagli inizi della loro storia.

Jennifer però non parve neanche prendere in considerazione la proposta del marito, ma anzi sembrò sconcertata e quasi infastidita nel sentirla.     

“Mi dispiace Kevin, ho già sbagliato tirandola tanto per le lunghe senza avere il coraggio di finirla prima, ma davvero non volevo ferirti. Ora che sai tutto è arrivato il momento di prendere strade diverse, senza rancore. Siamo persone adulte e come tali dobbiamo comportarci.”

Jennifer continuava ad usare espressioni come ‘siamo persone adulte’, quasi pensasse di trovarsi ancora davanti a quel ragazzo appena ventenne conosciuto tanti anni prima.

L’ennesima mancanza di rispetto nei confronti dell’uomo che fino a pochi minuti prima chiamava ancora amore e che ora voleva tenere a bada facendo appello alla sua maturità.

“Vuoi divorziare, è questo che mi stai dicendo? Abbi almeno il coraggio di dirmelo in faccia!”

Jennifer annuì. “Sì, voglio chiederti il divorzio. Non preoccuparti non voglio niente da te, metterò subito in chiaro le cose con il mio avvocato ed eviterò ad entrambi inutili lungaggini.

Le ultime parole arrivarono alle orecchie di Kevin pungenti come spille, non era preparato a questo, non così precipitosamente almeno. Non c’erano le famose pause di riflessione, gli allontanamenti e successivi riavvicinamenti, c’era subito il divorzio che lei voleva anche consensuale per evitare lungaggini a se stessa, non ad entrambi! Kevin non si sarebbe arreso.

“Non ti concederò il divorzio.” sentenziò secco, provocando lo stupore di sua moglie.

Cosa? Mi hai urlato in faccia fino a pochi secondi fa di essere un’infedele e ora non vuoi divorziare? E allora a cosa serviva la tua sfuriata?” adesso anche Jennifer era arrabbiata.

“Serviva a togliermi un macigno dal cuore, e inoltre come un idiota speravo tu mi dicessi che l’altro non contava niente per te e che volevi stare con me. Io avrei cercato di cancellare quello che mi hai fatto e avrei realmente provato a ricostruire il nostro matrimonio, il nostro amore. Ma tu non vuoi perché non mi hai mai amato davvero, ero solo un tuo giocattolo che ora vuoi mettere nel ripostiglio e passare al prossimo. Non ti concederò facilmente il divorzio, non siglerò io l’inizio della tua vita insieme a quel figlio di puttana. Resterai mia moglie e la gente perbene e facoltosa che tu ami tanto frequentare ti vedrà sempre come quella che lascia il letto del marito per infilarsi in quello dell’amante. Mi rifiuto di aiutarti ad essere felice con un altro.

Gli occhi di Kevin che prima mostravano tutta la sua sofferenza ora erano diventati spietati, la sua voce non tremava più ma era diventata ferma e risoluta. Kevin non voleva arrendersi all’idea che tra lui e sua moglie fosse finita e sicuramente non le avrebbe reso le cose facili.

“Io ti capisco Kevin, sei sconvolto e in questo momento provi rancore. Ho sbagliato a parlarti subito di divorzio, per te è un momento delicato e io mi sono dimostrata insensibile..” Jennifer pensò di cambiare così strategia e di andargli incontro cercando di farlo ragionare con calma.

Ma su Kevin tale brillante tattica sortiva gli effetti contrari: odiava sentirsi trattato come un imbecille e Jennifer invece di capirlo ed evitare queste situazioni, sembrava ci provasse gusto.

Se pensi di ammansirmi così di sbagli Jenny, sono convinto di quello che dico e ti ripeto che non ti concederò il divorzio. Perché so che tu tornerai da me…”

Jennifer sorrise indulgente. “Kevin, non succederà. Non è vero che non ti ho mai amato come hai detto poco fa, al contrario ho sfidato la mia famiglia per te, ricordi? Ma è finita, ci siamo amati ma siamo al capolinea e..”

“Tu tornerai da me perché quell’uomo si accorgerà di aver sbagliato. Conosci la sua ragazza? E’ bella e non avrà che vent’anni, tu sei un capriccio mia cara, una bella donna sui quaranta annoiata dalla vita coniugale che trova nel giovanotto un piacevole svago. Ti lascerà e tu per non restare da sola verrai a bussare alla mia porta. E non so se mi troverai disposto ad aprirti.

La donna restò senza parole, non avrebbe mai pensato che Kevin potesse reagire così, che arrivasse quasi a insultarla dicendole che Frank alla fine sarebbe tornato dalla sua sciacquetta solo perché era più giovane. Cosa ne sapeva Kevin del loro amore? Delle loro affinità?

Il comportamento di suo marito era oltraggioso, si sentiva ferito nell’orgoglio per  aver scoperto in quel modo la relazione tra lei e Frank e lo capiva, ma ciò non gli dava il diritto di trattarla in quel modo. Tuttavia decise di essere comprensiva con lui, dopotutto lo aveva amato.

“Non sai di cosa parli Kevin. Sei fuori di te e ti capisco, riparleremo del divorzio tra qualche tempo, dopo che ti sarai ripreso e sarai più sereno e conciliante. Per il momento credo che andrò a dormire in albergo, manderò qualcuno a prendere le mie cose …”

Kevin la interruppe. “Hai già programmato tutto, ma che gran organizzatrice sei! E perché non andare a vivere direttamente dal tuo nuovo fidanzato? Magari ti sta aspettando mentre cerca di fermare l’emorragia dal naso che gli ho spaccato! Sei senza ritegno Jenny, non avrei mai immaginato che sarebbe finita così male tra di noi, ho sempre creduto che saremmo invecchiati felici della vita trascorsa insieme. Perché tutto questo amore mio, perché?” le chiese ancora una volta in tono arrendevole.

Era tornato l’uomo dolce che sua moglie conosceva, ma non servì a farle cambiare idea.

“Rendi tutto più difficile così, per favore Kevin mettiamo da parte l’orgoglio e facciamo…” lui la interruppe di nuovo tirando un pugno sulla cassettiera facendola vibrare.

“Le persone adulte? Perché diavolo continui a ripete questa frase? Credi di parlare ad un bambino per caso? Tra noi due quella infantile sei tu mia cara!” urlò Kevin contro sua moglie.

Jennifer gli rivolse un sorriso di scherno, scuotendo la testa ricciuta.

“Io? Per aver deciso di porre fine ad un matrimonio ormai morto e sepolto da tempo e che solo tu volevi tenere in piedi? Per favore Kevin, il tuo è un comportamento davvero infantile!”

L’uomo iniziò a ridere, massaggiandosi le tempie che sembravano sul punto di esplodere.

“Io non riesco ancora a crederci Jenny. Solo pochi minuti fa stavi andando a cucinare per me, ti preoccupavi per la mia salute, e ora  per me hai solo parole dure e offensive. Cosa ti è successo, cosa ti ha fatto quell’uomo?”

Jennifer era spazientita, proprio non voleva capire che era finita. “È meglio che vada adesso, non c’è verso di farti ragionare. disse lei  prendendo la propria giacca e la borsa appese al portabiti in salotto, si sistemò i capelli e si avvicinò alla porta.

Kevin si mosse dalla cassettiera e  rapidamente la raggiunse afferrandola per un braccio.

“Stai facendo il più grande errore della tua vita Jenny, più ci penso e più ne sono convinto. E sono convinto anche che un giorno lo capirai anche tu e vorrai tornare da me. E non so se sarò disposto a cancellare tutto e ripartire da zero, come invece potrei fare adesso. le ripeté Kevin un’altra volta, nutrendo ancora l’intima speranza che sua moglie cambiasse idea e non se ne andasse.

Ma Jennifer era risoluta. “Lasciami, è finita e non tornerò indietro.

Si guardarono negli occhi per alcuni istanti, poi Kevin si decise a lasciarle il braccio, una volta libera Jennifer camminò velocemente verso la porta, l’apri e si fermò voltandosi verso di lui.

“Non volevo finisse così tra di noi Kevin, credimi. Mi dispiace farti soffrire ma non posso continuare così, amo un altro e non posso e non voglio restare con te. Un giorno ti dimenticherai di me vedrai, e forse capirai anche la mia decisione. Buona fortuna.

“Ti pentirai di questa scelta, e vorrai non avermi mai lasciato. insistette lui imperterrito.

Jennifer gli rivolse un sorriso comprensivo, quasi divertita dalla sua ferrea convinzione.

“Addio Kevin.” e uscì chiudendo la porta alle sue spalle.

Lui rimase immobile, in ascolto dei passi di sua moglie che raggiungevano l’ascensore, ne sentì le porte aprirsi e richiudersi, e infine ripartire e scendere rapidamente. Se n’era andata, la sua Jenny se n’era andata davvero.

Non aveva avuto neanche un attimo di esitazione, neanche l’ombra di un rimpianto nei suoi occhi o nel tono della sua voce. Era andata via disinteressandosi dell’uomo che per quasi dieci anni era stato suo marito, pensando solo a se stessa e alla sua ridicola relazione con Frank.

Kevin ne era convinto, la sua donna si sarebbe accorta dell’errore commesso, con Frank sarebbe finita male e lei sarebbe corsa di nuovo da lui.

Non poteva finire tutto così, non poteva.

 

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Capitolo 3
*** Un sogno che si infrange. ***


N

N.d.A.: Voglio ringraziare tutti quelli che stanno seguendo questa storia e l’hanno messa nei loro preferiti/seguiti, e soprattutto un grazie particolare a pirilla88 & xsemprenoi (al secolo Vale e Lucy *__*), per la loro bellissima recensione e per aver mostrato apprezzamento per i miei personaggi. Grazie anche a TheDreamerMagic, ovviamente ;)!!

 

 

 

 

III

 

 

 

“Rachel ti prego vieni subito! Ti prego corri, vieni da me!” implorò piangendo al telefono.

Quando la sua interlocutrice le assicurò che sarebbe arrivata in pochi minuti, Emily riattaccò il telefono e si rannicchiò di nuovo sul divano, piangendo tutte le lacrime che aveva.

Com’era possibile che Frank le avesse fatto questo? E con una donna sposata per giunta.

Si sentiva così stupida, aveva persino cercato di aiutarlo quando quell’uomo aveva iniziato a picchiarlo! Poteva prendere qualche pugno anche lei e per che cosa poi? Per difenderlo da un marito che giustamente era furibondo e voleva farlo a pezzi? Che umiliazione, che vergogna trovarsi sotto gli occhi quelle foto oscene, Frank e quella donna nudi che facevano di tutto!

I singhiozzi le toglievano il respiro, gli dolevano gli occhi e la gola a furia di piangere e il dolore che provava in quel momento le opprimeva il petto. Finalmente sentì suonare alla porta. Si alzò e corse ad aprire e quando si trovò di fronte la sua cara amica, le si buttò tra le braccia.

“Santo Dio Emily, ma che cosa è successo? Perché piangi così, calmati!” cercò di tranquillizzarla Rachel, ma lei non riusciva a fermarsi, continuava a singhiozzare senza riuscire a smetterla per spiegarle cos’era che l’aveva ridotta in quello stato.

Rachel le cinse le spalle con un braccio e la portò sul divano, sedendosi accanto a lei. Prese un fazzoletto dalla propria borsa e lo porse alla povera Emily.

Perché piangi in questo modo Emily! Mi fai preoccupare, è successo qualcosa di grave?”

Emily si asciugò gli occhi e le guance e cercò di calmarsi respirando profondamente.

“Rachel.. tu neanche immagini cos’è successo, è orribile non posso crederci!” gemette.

“Raccontami tutto cara, adesso ci sono qua io.” la rassicurò prendendola per mano.

Emily guardò per terra, sotto il tavolino davanti al divano. Anche Rachel guardò in quella direzione e vide qualcosa che ricordava un foglio accartocciato, si piegò per raccoglierlo e lasciando la mano gelida della sua amica, cominciò a distenderlo.

Si accorse che non era fatto di carta semplice, piuttosto di quella pellicola speciale per stampare foto dal computer. Infatti era una foto e perfino a colori, e quando capì chi c’era in quella foto non credette ai propri occhi.

Ma che…. questo è Frank! Figlio di puttana!” esclamò stupita.

“Hai visto quanto mi ama Frank? Talmente tanto da farsi un’amante. Una donna sposata.

Rachel guardò la sua amica senza riuscire ad articolare parola, come diavolo gli è saltato in mente di tradirla, e a poche settimane dal loro matrimonio! Frank era un lurido vigliacco.

“Tesoro mi dispiace, non so cosa dire… vieni qui amica mia…” e l’abbracciò forte.

Emily si rifugiò tra le braccia della donna e pianse disperatamente.

“Come faccio adesso Rachel! Mi è crollato il mondo addosso, non so cosa fare!” singhiozzò.

Rachel la lasciò sfogare per qualche minuto, poi la fece raddrizzare e le tolse i capelli dal viso.

“Adesso calmati tesoro, e cerca di raccontarmi tutta la storia. Come hai avuto quella foto?” Emily respirò a fondo e dopo essersi asciugata il naso iniziò il racconto.

“È stato tutto così assurdo! Questa mattina io e Frank eravamo sotto casa sua. Stavamo parlando quando arriva quest’uomo alto un paio di metri che inizia ad accusare Frank di andare a letto con sua moglie. Poi dalle parole è passato ai fatti e gli ha tirato un pugno in faccia, io ho cercato di difenderlo, dicendo che non era possibile che Frank facesse una cosa del genere…”

Emily parlava velocemente e Rachel faceva quasi fatica a starle dietro.

“Quell’uomo non mi degnava di uno sguardo, mi ha rivolto la parola solo per dirmi di starne fuori, che era una cosa da risolvere tra uomini…” la giovane fece una pausa per riprendere fiato.

E in tutto questo caos Frank cosa faceva?” le domandò Rachel. Emily alzò le spalle.

“Stava zitto. Quello lo strattonava, lo insultava e lui se ne stava zitto. E io come una stupida prendevo le sue difese contro quell’energumeno infuriato. Avrebbe potuto colpire anche me!”

“Non sei una stupida, è Frank l’idiota. Come hai avuto quella foto?” le chiese Rachel.

“Il bello doveva ancora venire! Un passante ha cercato di fermare quell’uomo e grazie a questa distrazione Frank si è liberato e in pratica si è nascosto dietro di me minacciando il gigante che se non se ne andava avrebbe chiamato la polizia. L’altro per tutta risposta prende dalla giacca un rotolo di foto come quella… un rotolo! Le butta verso di noi e quelle di sparpagliano sul marciapiede… è stato orribile Rachel! Ho visto certe cose che.… c’era questa donna sempre mezza nuda in tutte le posizioni.. e altrettanto ho visto fare a Frank… mi sono sentita morire… che umiliazione!” e riprese a piangere nascondendo il viso tra le mani.

Rachel le accarezzava la schiena, pensando a come lei avesse avuto sempre ragione a non essersi mai fidata di quel damerino col  sorriso sempre stampato in faccia. Le persone normali non ridono di continuo: lui invece sì. Sembrava perennemente contento, di cosa poi lo sapeva soltanto lui.

Anzi, pensò amareggiata, ora sapeva per cosa era contento, il maiale. Povera Emily.

“Calmati Emily, basta piangere ti sentirai male e non ne vale la pena.” cercava di tranquillizzarla, ma la ragazza continuava a singhiozzare.

“Rachel, è stata una doccia fredda. Tra tutte le cose che poteva farmi questa è stata la peggiore. Dovevamo sposarci maledizione, e lui si diverte con le mogli degli altri! E’ un porco, e proprio a me doveva capitare!” si sfogò tra le lacrime, Rachel scuoteva il capo e sperava che quell’uomo si  fosse fatto giustizia spaccandogli qualcosa. Se lo meritava proprio.

Che bastardo. Io l’ho sempre detto che non mi sembrava tutto quel bravo ragazzo che voleva far credere! Povera amica mia, basta con queste lacrime o ti verrà un mal di testa da paura!”

Ce l’ho già il mal di testa… e poi non riesco a smettere di piangere…” mormorò Emily.

Rachel stava per rispondere qualcosa, quando sentirono suonare alla porta. Emily guardò l’amica negli occhi e scosse il capo, intuendo chi poteva essere.

“Mandalo via, non voglio né vederlo né sentirlo!” supplicò Emily stringendo i pugni.

Rachel annuì e si alzò dal divano avvicinandosi alla porta con un’espressione feroce.

Aprì la porta e si trovò davanti un Frank quasi sfigurato e intontito dalle botte prese.

Rachel non potè fare a meno di sorridere e congratularsi con il rivale di Frank, che a giudicare dalla faccia di quest’ultimo era davvero molto arrabbiato e lo aveva conciato per le feste.

“Vedo che hai trovato pane per i tuoi denti eh carino? Che diavolo sei venuto a fare qui? Vattene altrimenti prendi qualche calcio nel sedere anche da me, e sai che non scherzo!”. lo minacciò la donna guardandolo in cagnesco.

Frank aveva il naso gonfio e arrossato, il labbro inferiore aveva un taglio insanguinato proprio al centro e con una mano si teneva lo stomaco: ma lo sguardo da ipocrita era rimasto intatto.

“Voglio… fammi parlare con Emily… è importante fammi entrare. disse quasi come un ordine e fece per entrare, ma Rachel non si mosse di un passo.

“Forse non mi hai sentito, tu qui non metti piede. Sei un disgraziato e Emily non vuole vederti neanche in cartolina, quindi gira sui tacchi e sparisci!” ma Frank non demordeva.

“Devi imparare a farti gli affari tuoi, cioccolatino, ho tutto il diritto di parlare con la mia fidanzata e tu non puoi impedirmelo!” la offese con arroganza. Per quando Frank non le fosse simpatico, Rachel non avrebbe mai immaginato che fosse anche un maledetto razzista.

Rachel Johnson era una donna di colore e nella sua vita ne aveva incontrati di ignoranti, ma come lui ancora no.

“Come mi hai chiamata? Brutto figlio di puttana, il tizio che ti ha scolpito la faccia doveva ammazzarti! Sparisci di qui prima che io ti faccia qualcosa di molto doloroso!" e gli sbattè la porta in faccia.

Avrebbe potuto tirargli qualche schiaffo ma non le andava di sporcarsi le mani con quel brutto muso già martoriato. Cioccolatino? Aveva meno fantasia di una formica se usava termini udibili solo in certi film di discutibile qualità.

“Ignorante!” inveì tornando al divano.

Frank però non si era ancora arreso e prese a bussare con insistenza alla porta. “Emily! Emily ti prego apri, voglio spiegarti!”

Emily si voltò in direzione della porta e inaspettatamente si alzò e correndo la raggiunse.

“No Emily!” tentò di fermarla Rachel, credendo che si sarebbe fatta incantare da qualche bella parola di scusa e rimpianto e avrebbe perdonato quell’uomo senza dignità.

Ma le intenzioni della giovane erano molto diverse, infatti spalancò la porta e senza dare all’altro il tempo di aprire bocca, gli diede uno schiaffo talmente forte da risuonare sul pianerottolo per alcuni secondi.

“Cazzo, Emily! Mi hai fatto male, ho già la faccia a pezzi!” si lamentò Frank coprendosi il viso con entrambe le mani piegandosi su se stesso.

“Sparisci dalla mia vita, vigliacco! Non voglio vederti mai più né voglio ascoltare le tue bugie! Ti rendi conto di quello che mi hai fatto? Non osare mai più bussare alla mia porta!” e richiuse con violenza la porta quasi sulla faccia di Frank, stupefatto da una reazione così forte.

Emily si voltò e tornò sul divano, afferrò quella foto orribile e la strappò in tanti piccoli pezzi, aveva sbagliato a portarla con sé, quella schifezza non avrebbe dovuto  neanche entrare in casa sua, ma l’incredulità era troppa e aveva bisogno di avere davanti agli occhi la realtà per non credere di trovarsi in un brutto sogno e pensare che prima o poi si sarebbe svegliata.

“Hai fatto bene Emily… non farti prendere in giro ancora. la esortò Rachel.

“Non voglio vederlo mai più, mai più” ripeté Emily con la voce rotta dal pianto.

“Cos’ho fatto di male per meritarmi questo Rachel, a chi ho fatto del male?” chiese più a se stessa che all’amica seduta accanto a lei.

“Tu non hai fatto proprio niente tesoro, è Frank che ha qualcosa che non va! So di essere ripetitiva, ma quel tipo non mi è mai piaciuto, e avevo ragione.”

“Ma io lo amavo, e non vedevo che c’era qualcosa di strano… sono stata una sciocca. si rimproverò sconcertata, scuotendo il capo.

“L’amore rende ciechi Emily, per te era perfetto e infallibile e ciò non fa di te una sciocca, ma solo una donna innamorata. Piuttosto io mi sento un po’ in colpa, quando ti parlavo male di lui lo facevo con leggerezza, quasi scherzando. Avrei dovuto essere più caustica, magari ti sarebbe venuto qualche dubbio…”  Emily le sorrise tra le lacrime.

“Temo che non ti avrei dato retta Rachel, inizialmente non l’ho data nemmeno a quell’uomo e avrei continuato a credere a Frank se non avessi visto quelle foto. Come diavolo facevo a dare per scontato che Frank non mi tradisse! Sono un’ingenua, una povera stupida ingenua. singhiozzò.

“No tesoro, sei una creatura innocente e non riesci a cogliere subito il male delle persone.

“Non c’è molta differenza, se il risultato è comunque quello di scoprire a poche settimane dal mio matrimonio che il mio futuro marito ha una relazione con un’altra donna e da chissà quanto tempo… come faccio adesso, non so come comportarmi.. perché proprio a me?”

E riprese a singhiozzare con più forza, nascondendo il viso tra le mani mentre Rachel non sapeva cosa dirle per calmarla o farla sentire meglio.

Era una brutta situazione, Emily non doveva fare i conti solo col proprio dolore e l’umiliazione subita, ma doveva anche risolvere il problema delle nozze. Era già tutto programmato: data, inviti, ristorante, perfino viaggio di nozze. Frank era un disgraziato e non solo aveva ferito i sentimenti e la dignità di Emily, ma l’aveva messa in difficoltà davanti a tutta la sua famiglia e ai suoi amici.

Come spiegare a tutti loro che mentre lei preparava le nozze, il porco se la faceva con la moglie di un altro?

 

 

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Capitolo 4
*** Traditori ***


IV

IV

 

 

Sorpreso dalla porta in faccia ricevuta dalla sua fidanzata, a Frank Moran non restò che andarsene, preoccupato per tutto quello che era successo e che poteva ancora succedere.

Jennifer non rispondeva al telefono, Emily era arrabbiata e temeva che davvero non volesse più rivederlo e come se non bastasse quell’armadio poteva farsi di nuovo vivo e fargli ancora molto male. Non riusciva a credere di esserne uscito vivo, pensò che quell’uomo non aveva davvero intenzione di ucciderlo, altrimenti lo avrebbe fatto. Eppure era proprio quello che aveva temuto quando cominciò a colpirlo infischiandosene di Emily o di quel passante o di chiunque potesse passare di lì in quel momento.

Ma come aveva fatto a scoprire la loro relazione? E quelle foto? Immaginò che doveva essersi rivolto a una qualche agenzia investigativa, altrimenti non avrebbe potuto sapere chi era l’amante di sua moglie, dove abitava e soprattutto non avrebbe potuto avere quelle foto scattate con un obiettivo di precisione. Qualche sorta di paparazzo si era preso la briga di salire al settimo piano nel palazzo di fronte per scattare quelle foto da una finestra.

Pensò che il marito di Jennifer non era poi così ingenuo e docile come gli aveva sempre detto lei. Al contrario gli era sembrato proprio un duro, un tipo anche pericoloso. Sicuramente era uno che non si faceva problemi a picchiare un rivale in mezzo alla strada

Ma perché Jennifer non rispondeva al cellulare? Cominciava a preoccuparsi davvero , e se quel Kevin – ecco come si chiamava, l’aveva dimenticato – se la fosse presa anche con lei?

Forse doveva andare a casa sua e nel caso intervenire… e farsi massacrare ancora? Non gli sembrava il caso, e non suonava bene neanche chiamare la polizia, non voleva che quella storia finisse sulla bocca di tutti o addirittura sui giornali rovinando la sua reputazione e anche quella di Jennifer: la rispettabilità di entrambi era da salvaguardare assolutamente, ecco perché mentre Kevin lo pestava non accennò neanche a una difesa, chiunque avesse assistito alla scena doveva vedere che quel pazzo lo aveva aggredito senza motivo e che Frank da persona civile aveva tentato di calmarlo con le parole e non con la violenza.

Come se Frank col suo metro e settantacinque potesse in qualche modo contrastare una torre di due metri, per di più fornita di muscoli, come  Kevin. Ma Frank doveva giustificare in qualche modo la propria passività di fronte alla giusta collera di un uomo che aveva scoperto il tradimento della propria moglie e aveva deciso di combattere con le maniere forti il suo antagonista.

La verità era che Frank era rimasto impietrito di fronte all’apparizione di Kevin, che secondo Jennifer non sospettava niente e che quindi la loro storia avrebbe potuto continuare all’infinito. Invece se l’era ritrovato davanti con uno sguardo cattivo e intenzioni bellicose, pronto a dargliele di santa ragione.

Provò a richiamare Jennifer ma il suo telefono risultò staccato: che stava succedendo in quella casa? Non poteva andare da lei adesso, aveva il naso quasi sicuramente rotto e i cazzotti nello stomaco avevano lasciato il segno. Pensò che forse era meglio andare a farsi visitare, ma era anche preoccupato per Jennifer, che doveva fare?

Nel frattempo raggiunse la sua auto e vi salì, quando il suo cellulare iniziò a squillare. Guardò il display e vide lampeggiare la scritta Jay L., pseudonimo sotto cui si nascondeva Jennifer e che aveva messo nel caso Emily guardasse sul suo telefono. Sollevato nel ricevere quella telefonata, si affrettò a rispondere.

“Jenny tesoro, stai bene?” anche Frank la chiamava Jenny, per sua fortuna Kevin non c’era.

“Sì sto bene, dove sei? Tu come stai? È finita Frank, l’ho lasciato.” disse lei rapidamente.

Lui esitò un momento, per poi rispondere: “Sto andando a farmi vedere da un medico ma credo di stare bene tutto sommato.

Evitò di dirle che era sotto casa di Emily.

“Mi dispiace Frank, non sapevo che avesse scoperto tutto. Ti raggiungo al pronto soccorso.”

Frank non ebbe il tempo di replicare nulla perché Jennifer aveva già riattaccato.

Donna determinata e dominatrice, pensò, ed era per questo che gli piaceva così tanto.

Quando il medico del pronto soccorso guardò il viso di Frank, capì subito che aveva subito un pestaggio, e anche abbastanza energico.

“Temo che il naso sia rotto, dovremo fare delle radiografie. Ha battuto anche la testa?”

Frank rifletté per un attimo. “Credo di no, a parte il fuoco in faccia e allo di stomaco non sento dolore da altre parti.” spiegò lui, osservato con amore e apprensione da Jennifer.

“Dottore, crede che gli resteranno i segni?” chiese lei.

 Il medico scosse il capo. “No non credo, certo il naso resterà gonfio per un bel po’ e farà anche male, ma in poche settimane dovrebbe essere sparito tutto. A proposito, chi l’ha ridotta così?”

Frank tossì. “È una lunga storia, ho avuto un piccolo diverbio con un amico e.. spiegò arrancando.

“Diverbio? Lei sembra uscito da un incontro di pugilato! Deve proprio averlo fatto arrabbiare questo amico. Sporgerà denuncia suppongo.”

Frank e Jennifer si guardarono negli occhi.

“Non credo lo farò.. è un mio amico e inoltre beh.. aveva ragione lui.” disse con un sorriso.

Il medico alzò le spalle. “Lei è libero di fare ciò che crede, se ritiene sia giusto fargliela passare liscia, ho l’obbligo di farmi gli affari miei, è maggiorenne. Segua l’infermiera, la porterà a fare le radiografie.

Quando restò da solo con Jennifer, chiese qualche spiegazione anche a lei.

“Signora, mi dice cos’è successo davvero a suo marito? Dubito che a picchiarlo sia stato un suo amico…” dichiarò convinto il medico. 

Jennifer restò perplessa. “A mio marito?” ripeté confusa.

“Sì, il signor… Frank Moran. Non è suo marito?” le chiese leggendo il foglio d’entrata.

“Oh… no è un mio amico.. ho voluto accompagnarlo al pronto soccorso.” spiegò nervosa.

Nonostante il suo ostentato amore per Frank, era imbarazzata e l’unica cosa che era riuscita a dire era che Frank era un “suo amico”. Purtroppo per lei il medico che aveva di fronte aveva visto tante cose strane nella sua vita, e nonostante il depistaggio un po’ maldestro intuì che a malmenare quell’uomo doveva essere stato non un amico come aveva sostenuto lui, ma qualcuno che c’entrava con la bella signora che lo accompagnava.

Le guardò la mano sinistra e vide la fede nuziale: se Frank era un suo amico, dov’era  il marito? Si lasciò sfuggire un sorriso.

“Come già le ha detto Frank, ha avuto una discussione con un suo amico che è degenerata. Io gli ho già detto di denunciarlo ma lui è un uomo generoso e non vuole rovinarlo.”

Il medico annuì preferendo terminare lì la discussione, chiunque fosse stato a picchiarlo e per quale che fosse il motivo, nessuno dei due voleva che si sapesse in giro, e a lui non importava.

“Benissimo. Tra pochi minuti il suo amico tornerà accompagnato dall’infermiera, tornerò tra un po’. Se vuole scusarmi…” si congedò con un sorriso.

“La ringrazio dottore, a più tardi.” rispose Jennifer ricambiando il sorriso.

Quel medico era proprio insistente, perché tanto interesse su di loro? Era pagato per curare le ferite, non per investigare sulla vita dei suoi pazienti. Sperava che Frank tornasse presto, e che non ci fosse nulla di grave, così potevano uscire da quel brutto ospedale e iniziare la loro nuova vita insieme.

Ci avrebbe pensato lei a curarlo e a farlo sentire meglio, e ben presto quel brutto incontro con Kevin sarebbe rimasto solo un lontano ricordo della loro vecchia vita.

Sorrise al pensiero che presto avrebbe potuto finalmente mostrare al mondo i suoi veri sentimenti, lontano da quel matrimonio che ormai la soffocava costringendola a non essere sé stessa.

Si era accorta che il medico le aveva guardato la fede, senza pensarci due volte se la tolse e la buttò nella borsa, più tardi l’avrebbe recuperata e messa da qualche parte.

Aveva amato veramente Kevin, per molto tempo, ma adesso era davvero finita e finalmente aveva avuto il coraggio di dirglielo. Le era dispiaciuto vederlo disperato, ma non poteva farci niente.

Lei e Frank si amavano, ed era questa l’unica cosa che le importava in quel momento.

 

 

 

N.d.A: Da qui in poi, posterò più lentamente in quanto non ci sono capitoli completi, ma parti di varie situazioni cronologicamente distanti tra loroL!! Ma nella mia testa è già tutto pronto ^__^!! Grazie a tutti coloro che leggono, e grazie soprattutto a Pirilla88 e Xsemprenoi, siete adorabili!!

 

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Capitolo 5
*** Un graffio al cuore ***


V

N.d.A.: capitolo breve, ma spero lo apprezziate in ogni caso. Ringrazio chi segue e, soprattutto, Pirilla88 e Xsemprenoi <3  ^__^!!!!!!

 

 

 

V

 

 

Kevin era rimasto a fissare la porta per chissà quanto tempo, prima di cominciare a demolire la loro casa. Buttò a terra tutto ciò che gli capitava a portata di mano: vasi, cornici, rovesciò anche la grande libreria che occupava un’intera parete del salotto e che conteneva pochi libri  e tanti stupidi soprammobili come statuette, incensieri, palle di vetro e quanto altro di inutile e vergognosamente costoso Jennifer aveva comprato nel corso degli anni.

Lei non badava a spese perché il suo conto personale, quello che il suo caro paparino e anche i suoi due amati fratelli le rimpinguavano ogni mese facendo finta che lei lavorasse davvero nel loro studio, era praticamente inesauribile. A lei non importava di niente, neanche di quanto suo marito a volte si sentisse un miserabile quando tornava a casa con qualcosa che costava più di quanto lui guadagnava in un mese.

E lei si accorgeva di ciò, perché subito cominciava con le sue moine per fargli dimenticare l’ennesima mortificazione subita. Anche Kevin era stato uno di quei soprammobili e la cosa terribile era che lui lo aveva sempre saputo. Jennifer Lewis era sempre stata una donna capricciosa e quando le piaceva qualcosa doveva averla a ogni costo: Kevin non aveva fatto eccezione, e anzi più la sua famiglia le spiegava con le buone e con le cattive che quel ragazzo spiantato proprio non faceva per lei, più Jennifer si impuntava, tanto da essere stata lei a chiedergli di andare a vivere insieme solo un paio di mesi dopo essersi conosciuti.

Kevin era felice di tutto questo, perché i suoi vent’anni per un po’ gli fecero credere che la sua donna si fosse messa contro la propria famiglia per lui, perché lo amava e non voleva lasciarlo. La realtà delle cose si fece chiara dopo pochi anni, quando dopo un’iniziale tentennamento Jennifer accettò di sposarlo. Perché cambiò idea? Semplice, la notizia della sua proposta di matrimonio arrivò alle orecchie del gran capo che reagì molto male. E lei per affermare la propria indipendenza e autonomia di pensiero si divertì a convolare a giuste nozze con lui.

Jennifer amava giocare a fare la ribelle, facendo l’esatto opposto di ciò che voleva la sua famiglia, suo marito non era altro che la pedina principale di questo assurdo gioco, e ne erano consapevoli anche padre e fratelli, infatti perdonarono ben presto la disubbidienza della loro Jennifer, tanto da assumerla nel loro studio legale solo per giustificare i loro generosi regali, fatti anche e forse soprattutto per umiliare lui.

Loro disprezzavano Kevin, soprattutto il suo caro cognato Mark che era sempre stato del parere che prima o poi Jenny gli avrebbe dato il benservito. E aveva dannatamente ragione.

Suo marito aveva finito con l’annoiarla, inoltre ai suoi parenti adesso era indifferente e non era utile nemmeno a farli arrabbiare un po’: il giocattolo non le piaceva più e andava cambiato. Ora ne aveva uno nuovo di zecca, più giovane di lei e più disinvolto e moderno di Kevin, a quanto pareva. Di certo Frank avrebbe apprezzato tutte quelle cianfrusaglie che Jennifer amava collezionare, non come suo marito che spesso non capiva neanche cosa fossero.

Anche se adesso dubitava fortemente che chiunque potesse capirlo, visto che aveva ridotto in frantumi tutta quella roba. Anche la vetrina dei liquori, dalla quale si servivano i fratelli di Jennifer quando andavano a trovarla, ovviamente in sua assenza, era piombata a terra con tutte le bottiglie e i bicchieri. I vicini in precedenza citati da Jennifer, pur sentendo il baccano provenire da quell'appartamento, badarono ai propri affari e non si chiesero neanche se erano entrati i ladri o se era il loro vicino che stava distruggendo la propria casa.

Kevin era libero di raderlo al suolo quell’appartamento, nessuno lo avrebbe fermato. Infatti dopo il salotto andò di corsa in camera da letto, una volta lì si fermò a guardare il copriletto di seta verde: per un attimo gli sembrò di vedervi quei due sdraiati. Scattò verso il letto, afferrò copriletto e lenzuola scaraventando tutto in aria, poi rovesciò il materasso che ricadde sul comodino facendo cadere a terra l' abat-jour di vetro soffiato e ferro battuto, un altro monile costoso e inutile comprato da Jennifer.

La rabbia gli faceva battere furiosamente il cuore, lo sentiva in gola, nelle orecchie, nella testa. L’umiliazione subita e che aveva calpestato la sua dignità di uomo, la delusione di essere stato abbandonato dalla sua donna, il rammarico di non aver reagito anni prima all’insensibilità della moglie: emozioni violente e intollerabili che lo facevano tremare di furore.

Stava per piangere.

NO!

Si portò le mani dietro la nuca e ricacciò indietro le lacrime. Piangere avrebbe significato essersi arreso, e lui non si era arreso per niente. Quella storia non poteva finire così, era stato tutto troppo veloce, assurdo. Lei se n’era andata, okay. Ma non significava che non sarebbe tornata.

Anzi, Kevin lo sapeva per certo: uno come Frank Moran non sarebbe stato con lei per tutta la vita. L’avrebbe lasciata.

E lei sarebbe corsa a casa, le persone capricciose come Jennifer fanno così. E lui l’avrebbe perdonata? Ne avrebbe avuto davvero la forza? Non lo sapeva, ma sicuramente avrebbe provato a farlo. Kevin non poteva annullare così l’amore della sua vita.

Si appoggiò con le spalle al muro, alzando gli occhi al soffitto e imponendosi di non piangere. Non era uno di quegli uomini che fanno del non piangere una questione di virilità, solo che in quel momento le lacrime avrebbero ammesso la sua sconfitta.

Non era sconfitto.

Tornò nel salotto e si guardò intorno: aveva combinato proprio un bel casino. E ne andava fiero. Finalmente aveva sfasciato tutte quelle stronzate inutili e costose, e l’aveva fatto con grande soddisfazione. Doveva darsi una calmata, o avrebbe finito col dare fuoco alla casa.

Improvvisamente si sentì stanco, si avvicinò ad una sedia, salvatasi miracolosamente dalla sua furia, e si lasciò cadere su di essa. Era a pezzi. Pensò a cosa fare, dove andare, ma non gli veniva in mente nulla. Di certo quella notte non avrebbe dormito in quella casa, tanto meno in quello schifoso letto. Sarebbe andato a dormire in albergo, anzi pensò di raccogliere alcune cose e andarci immediatamente: voleva solo riposare, altrimenti sarebbe impazzito.

Ritornò in camera da letto e, evitando di guardarsi intorno, aprì l’armadio e ne tirò fuori un borsone, prese alcuni indumenti: un paio di jeans, un maglione, una camicia…. in realtà prendeva tutto a caso, non riusciva a focalizzare cosa guardava né tanto meno cosa potesse servirgli realmente. Voleva solo uscirsene subito da lì, poco importava se nel borsone mettesse o meno cose utili.

Richiuse il bagaglio tirando la zip con rabbia, l’afferrò per i manici e uscì dalla camera, dirigendosi verso la porta. L’aprì e uscì fuori, sbattendo la porta alle sue spalle. Si accorse che la porta dell’appartamento accanto al suo era socchiusa, qualche stronzo pur facendosi gli affari propri, non era riuscito a frenare la propria curiosità.

“Problemi?” ringhiò Kevin in direzione dell’uscio socchiuso. La porta si chiuse rapidamente.

“Andate a farvi fottere, tutti quanti.” inveì l’uomo ad alta voce, con la speranza che chiunque stesse origliando lo sentisse.

Chissà quante volte quei ‘discreti’ vicini aveva visto e sentito tutto, divertendosi alla sue spalle. Meglio non pensarci, meglio evitare di pensare anche a loro, stava già troppo male e non gli serviva un’altra dose di veleno.

Voleva solo andare via da lì, e riprendersi da quel dolore che gli graffiava il cuore.

 

 

 

Note: Kevin ed Emily? Chissà!  A me piacciono gli spoilers… ma non in questo caso ;)))))  Ma si prevedono colpi di scena *__*!!!

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Capitolo 6
*** Una brutta giornata ***


“Pronto

VI

 

 

 

 

 

Pronto?

Mamma.... sono io..

Lily amore! Come stai?

Non... benissimo, mamma...

Perchè tesoro? Qualche problema con il matrimonio?

Sì.

Lo so cara, organizzare tutto può essere una grossa seccatura...

No, non è questo....

Tesoro ma stai piangendo?

Mi dispiace mamma.......

Emily mi fai spaventare, cosa sta succedendo?

Non ci sarà nessun matrimonio...è tutto finito.

Seguì un silenzio assoluto che ad Emily sembrò eterno.

Cosa è successo?

Non mi va di raccontartelo mamma, mi vergogno troppo...

Ti ha tradito?

Emily scoppiò a singhiozzare senza controllo. Dall'altro capo del telefono, sua madre restò in silenzio.

Mamma?

Lo sapevo che era un bastardo... lo sentivo!

Mi dispiace mamma.... mi vergogno...

Tu? E' quello che deve vergognarsi...

Sono una stupida...

Vuoi che venga da te per un po', Lily?

No mamma, non preoccuparti. Ho solo bisogno di.... stare da sola... devo dimenticare.

Non chiuderti a riccio.

Mi sento una stupida, una cretina. Era così evidente.... mi vergogno.

Smettila, non sei né stupida né cretina. Solo ingenua. Sei hai voglia di parlarne, io ti ascolto.

Non adesso mamma, non ci riesco.

Come vuoi tu...

Non dirlo a papà, ti prego... digli che abbiamo rimandato la data, che deve partire, ma non dirgli che..

Tuo padre ti ha sentita piangere e ha capito.

Che vergogna!

Non ce l'ha con te.... lo sento imprecare contro quello lì. Vorrebbe spaccargli la faccia...

Mi dispiace tanto.... vi ho delusi.”

No bambina, noi in fondo sapevano che sarebbe successo qualcosa. Meglio prima che poi, credimi.

Avevate ragione...

Lo so tesoro, ma avremmo voluto avere torto...

Puoi.... puoi dirlo tu agli zii che... il matrimonio è saltato?

Certo.... vedrò cosa inventare senza lasciar intendere qualcosa di inopportuno. Vuoi che avvisi anche i tuoi compagni di scuola?

Emily continuava a piangere, come sempre sua madre non l'avrebbe lasciata sola.

.... se non ti è di troppo disturbo...

Lascia fare a me... tu pensa solo a riprenderti... Rachel è con te?

Non in questo momento, è al lavoro. Ma mi sta vicina...

Mi fa piacere.

A presto mamma...

A presto piccola...

E riattaccarono senza dirsi nient'altro.

 

 

 

/-----/

 

 

 

Chiamare sua madre per dirle che non ci sarebbe stato nessun matrimonio, era stato terribilmente difficile. I suoi genitori non avevano mai visto di buon occhio Frank, le dicevano spesso che in lui c'era qualcosa che non andava. Qualcosa di finto, di forzato.

E avevano pienamente ragione, sia loro che Rachel. Come aveva fatto a non capirlo? Era davvero così innamorata da non accorgersi della sua falsità? Oppure non voleva vedere la verità? Qualsiasi fosse il motivo, si era arresa alla realtà dei fatti anche troppo tardi, si rimproverava di non aver capito prima determinati atteggiamenti, campanelli d'allarme di qualcosa che non andava.

Ma il matrimonio si avvicinava, ed Emily aspettava tanto quel giorno che aveva preferito ignorare ogni cosa. Che umiliazione però, vedere quelle foto buttate su un marciapiede! Quell'uomo poteva evitarlo, no? Perchè umiliare anche lei, che c'entrava?

Gli uomini sono tutti degli egoisti bastardi, pensò mentre percorreva un marciapiede in centro. Era uscita per un passeggiata, voleva..... prendere aria, ma in realtà il problema era dentro di lei e non in casa sua. Perchè doveva sentirsi sporca? Il fatto che quel porco facesse quelle cose, non stava certo a significare che anche lei era un'acrobata del sesso!

Per fortuna quando quell'uomo aveva lasciato in aria le foto, non c'era nessuno di conosciuto in giro: se qualche conoscente l'avesse viste, sarebbe morta di vergogna. Avrebbero pensato che anche lei faceva quelle cose.... circensi.

Si coprì il viso con le mani: perchè aveva dovuto mostrargliele? Lei che c'entrava? Gli uomini erano tutti uguali. Faceva tanto l’offeso ma la cattiveria era più forte di tutto, non gli bastava averlo preso a pugni? Voleva umiliarlo, d'accordo: ma Emily che colpa aveva di tutto ciò?

Rialzò la testa e distrattamente si guardò intorno. Si bloccò improvvisamente quando notò  qualcuno. Sgranò gli occhi riconoscendo la persona che camminava sul marciapiede dall’altro lato della strada: impossibile non riconosce un uomo tanto alto, era il tizio che aveva pestato Frank.

Sentì la rabbia avvamparla: era tutta colpa sua. Sì, era colpa sua se ora si sentiva così male, umiliata profondamente, era a causa di quell’uomo se appena chiudeva gli occhi, rivedeva quelle maledette foto. La rabbia la spinse ad attraversare la strada quasi di corsa.

L’uomo camminava a passo spedito e lei non riusciva a raggiungerlo, ma non lo perdeva di vista. Lo vide infilare un portone lasciando che esso si richiudesse alle sue spalle. Emily si fermò per riprendere fiato: che fare? Seguirlo per prenderlo a ceffoni o girare sui tacchi e sparire?

Ma che stava facendo? Scosse il capo sospirando: a che sarebbe servito andare da quell’uomo e urlargli in faccia la sua rabbia? A niente. Sì ma intanto si sarebbe sfogata con quella specie di voyeur sadico che l’aveva fatta sentire una stupida idiota cornuta.

Prese coraggio e si avvicinò al portone. Era chiuso e pensò di citofonare al primo inquilino che le capitava. Ne scelse uno, tale M. York, e pigiò il pulsante. Dopo qualche istante rispose un uomo piuttosto anziano.

“Mi scusi, può aprirmi il portone? Sono rimasta chiusa fuori!” gli chiese con dolcezza, sperando che non le chiedesse chi era.

Certo signorina.” fu la risposta altrettanto gentile del vecchio signore.

Emily lo ringraziò ed entrò. Finalmente realizzò una cosa molto importante: come l’avrebbe trovato? Non sapeva neanche come si chiamava, ricordava solo il nome della sgualdrina, Jennifer, era praticamente impossibile trovare il loro appartamento. Forse aveva fatto una stupidaggine.

Si avvicinò all’ascensore e vide che si era fermato al settimo piano. Forse era su quel piano, perciò decise di tentare la sorte e di salire. Richiamò l’ascensore che tornò al piano terra in pochi secondi. Si aprirono le porte ma Emily si bloccò: soffriva di claustrofobia.

Decise per una volta di ignorarla ed entrò, premette il pulsante per il settimo piano e quando l’ascensore ripartì, chiuse gli occhi.

Lì riaprì solo quando un leggero scossone l’avvisò che il breve viaggio era finito. Le porte si riaprirono e la ragazza si ritrovò davanti…. Kevin.

I due si guardarono per qualche istante, poi finalmente Emily si scosse e uscì dall’ascensore, stringendo i pugni e avvicinandosi all’uomo che la guardava perplesso: che ci faceva lì la rossa di Frank?

“Lei! E’ tutta colpa sua!” gli urlò fermandosi a pochi centimetri da lui, rendendosi conto di arrivargli a malapena all’altezza del petto. A quell’uomo sarebbe bastato alzare una mano per scaraventarla lontano, ma ciononostante Emily osava fronteggiarlo come se fossero alla pari.

“Prego?” replicò Kevin non capendo cosa volesse quella ragazzina.

“Cos’è lei? Una specie di maniaco che spia la gente? Le piace guardare foto amatoriali?” continuò lei con voce stridula.

L’uomo corrugò la fronte guardandola come se fosse pazza.

“Signorina, ho l’impressione di avere avuto già questa specie di conversazione con lei, e personalmente io odio i deja-vù. la informò caustico.

Emily fece una risatina nervosa. “Oh mi dispiace tanto, non volevo disturbare la sua quiete domestica”, ironizzò, “ma vede io invece odio quando… per strada mi si buttano in faccia delle squallide foto pornografiche… che ritraggo il mio fidanzato con altre donne!” finì con la voce rotta dal pianto. Oh no, piange di fronte a quello lì no, le mancava solo questo!

Alle sue parole, Kevin serrò le mascelle, i suoi occhi chiari si oscurarono e si… incattivirono. Emily si intimorì.

“Ragazza… se per caso l’hai dimenticato, quella nella foto era mia moglie! E il tuo amato fidanzatino si scopava mia moglie in casa mia!” urlò Kevin.

E buttarmi quelle foto in faccia ti ha fatto sentire meglio?” gli domandò lei, sul punto di piangere.

Kevin accennò un sorriso ironico. “Beh diciamo che ti ho aperto gli occhi, bimba. Eri così certa della santità del tuo uomo che solo vedendolo in azione ti saresti convinta del contrario. E io volevo tanto fargli fare una figura di merda davanti a te. ammise con perfidia.

La reazione di Emily fu inaspettata, alzò una mano e gli piantò un ceffone in faccia con tutta la forza che aveva. Kevin rimase così sorpreso da non reagire neanche a parole.

“Come ti sei permesso, eh? Come ti sei permesso! Mi hai umiliata, in mezzo ad una strada!” inveì lei iniziando a piangere.

“Tu sei matta ragazza, vieni qui a urlarmi in faccia di averti umiliata. Io ti ho umiliata? Non Frank? Tu stai male!” la insultò ignorando le lacrime che rigavano il volto della giovane.

Emily si morse il labbro inferiore cercando di frenare il pianto che stava per esplodere in singhiozzi. Quell’uomo era cattivo, senza cuore, non gliene importava niente di aver ferito una donna e non gliene importava niente di vederla piangere davanti a sé.

“Sei un bastardo”, lo attaccò alzando i pugni per colpirlo al petto, “non hai rispetto, non hai umanità, niente! Io dovevo sposarmi, hai capito? Tra un mese! E ora invece è tutto andato a puttane, tutto! E per di più ogni volta che chiudo gli occhi rivedo quelle immagini schifose! E sono io la matta, eh? Sono io? Tu sei ..un.. disgraziato…maschilista… farabutto…”

Kevin la lasciò sfogarsi per alcuni istanti, neanche minimamente ferito dalle sue parole né tanto meno dai suoi leggeri pugni al petto. Quando giudicò che era passato abbastanza tempo, l’afferrò per i polsi e la trascinò dentro casa sua, senza darle nemmeno il tempo di rendersene conto.

“Ma che fai!” urlò quando ormai era già entrata nell’appartamento. Tentò di liberarsi dalla sua stretta – cosa impossibile – ma rinunciò ben presto quando si accorse del disastro in quella casa. Si trovava all’interno di quello che un tempo doveva essere stato un salotto e che ora sembrava aver subito i danni di un terremoto. Vetri dappertutto, cocci di ceramiche, anche i mobili erano stati praticamente distrutti.

Emily si guardava intorno atterrita, ma che era successo là dentro? Un incontro di wrestling? Un tornado?

No, a distruggere quella casa era stato l’uomo che la teneva per un polso impedendole di scappare via. Provò nuovamente a divincolarsi, ma Kevin la strinse più forte e la trascinò verso un’altra stanza.

“Dovevi sposarti, eh? Oh mi dispiace tanto… beh sai io ero sposato da dieci anni. E in pochi istanti è andato tutto in fumo. le raccontò mentre rapidamente raggiungevano la camera da letto.

“Lasciami immediatamente, come diavolo ti permetti di mettermi le mani addosso!” lo accusò strillando.

“Beh, la prima ad alzare le mani sei stata tu, dolcezza! Tranquilla non voglio farti niente”, la rassicurò fermandosi davanti alla porta della sua camera da letto, “voglio solo mostrarti una cosa…. e la spinse dentro.

Emily si ritrovò davanti ad uno spettacolo simile a quello visto nel salotto, ma più triste. Il letto praticamente divelto e cuscini, lenzuola, coperte, tutto buttato all’aria. La rabbia di un amante ferito: fu questa l’immagine che le balenò in mente.

“Vedi bimba, io non solo quando chiudo gli occhi vedo quei due che se la spassano, ma anche quando ho gli occhi aperti. Frank e mia moglie facevano sesso nel mio letto, capisci? Nelle stesse lenzuola tra le quali dormiva con me. Credimi, dire che è umiliante è poco! Parli di sentirti umiliata, ma riesci anche solo lontanamente ad immaginare come mi sia sentito io? Riesci a capire dove può essere finita la mia dignità? O ma non solo nel mio letto, sai? Anche sul divano, sulle poltrone, sicuramente anche per terra. Tutto in questa maledetta casa mi ricorda il tradimento della mia donna! E tu vieni a lamentarti di un patetico e ipocrita matrimonio andato in fumo? Dovresti ringraziarmi per averti aperto gli occhi!”

Finalmente con uno strattone Emily riuscì a liberarsi dalla possente stretta di Kevin, o più semplicemente fu lui a lasciarla libera.

“Ringraziarti? Per cosa? Per avermi fatta sentire sporca? Per farmi ricordare con orrore tutte le volte che lui mi ha toccata e baciata probabilmente dopo aver toccato e baciato lei? Lui è stato l’unico uomo della mia vita, sai cosa significa? Riesci ad immaginare come si possa sentire una donna nel vedere quelle foto? O anche solo immaginare quelle porcherie? Io che…. facevo della mia serietà e compostezza e… fedeltà, il mio vanto! Stavo con un porco schifoso che scopava con una troia come tua moglie! TU non sai come mi sento io!” gli urlò in faccia piangendo disperata.

Kevin la guardò stupito, non trovava il modo per replicare ad un’esplosione di rabbia di quell’entità.

“Io….” tentò di parlare ma Emily si voltò e corse via. Kevin reagì dopo pochi secondi e la seguì in salotto, giusto in tempo per vederla urtare contro qualcosa, perdere l’equilibrio e cadere a terra vicino ad alcune schegge di vetro.

“Santo Dio”, esclamò l’uomo correndo al suo fianco, “stai bene?” le chiese prendendola per un braccio e rialzandola come se fosse una piuma.

“Va’ a farti fottere, lasciami!” rispose bruscamente Emily liberandosi dalla sua presa. Ma nel tirar via il braccio si lasciò sfuggire un gemito.

Kevin le prese la mano e la girò rivolgendo il palmo in alto. “Ti sei ferita.”

Emily guardò la propria mano e si accorse del taglio che stava sanguinando: proprio una giornata orribile.

“Ti ho detto di levarmi le mani di dosso!” squittì furiosa tirando via la mano da quella di Kevin.

Lui non replicò, infilò una mano della tasca della giacca e ne tirò fuori un fazzoletto di stoffa bianca, sicuramente pulito vista l’accurata piegatura. Lo aprì e lo avvolse intorno alla mano della ragazza che, presa alla sprovvista, lo lasciò fare senza riuscire ad opporsi.

“Almeno non spargerai sangue  per strada.” le fece notare con sarcasmo. Emily lo guardò torva.

“Resti sempre uno stronzo.” e si voltò correndo via da quella casa.

 

 

/-----/

 

 

Rimasto da solo, Kevin non sapeva se mettersi a ridere o tirare qualche altro calcio in giro per quella casa. Inizialmente la scena era stata divertente, quella ragazza dai capelli rosso fuoco l’aveva affrontato come se non ci fossero almeno trenta centimetri di differenza tra di loro e circa una quarantina di chili. Era stato come trovarsi di fronte ad un folletto irlandese molto carino e molto arrabbiato.

Ma poi quando il discorso si era fatto pesante, l’ironia della situazione era sparita. Le accuse della giovane lo avevano irritato, facendogli pensare che era proprio una stupida ragazzina viziata. Anche le lacrime gli erano sembrate esagerate, visto che il suo unico pensiero era quello di dover dire alle sue amichette che il matrimonio non ci sarebbe stato.

Solo quando era esplosa in quel pianto disperando, rovesciandogli addosso tutta la sua delusione e umiliazione, si era reso conto di aver sbagliato. Non doveva prendersela con lei, avrebbe dovuto lasciarla sfogare per un po’ dopodichè se ne sarebbe sicuramente andata via più sollevata. Invece aveva rincarato la dose, come se fosse lei la responsabile della situazione. Beh anche lei lo aveva accusato di essere il responsabile del suo dolore, ma Kevin era un uomo e non doveva aggredire una ragazza in quel modo.

Sospirò guardandosi intorno, non avrebbe dovuto neanche farle vedere quello spettacolo, cosa ne aveva ricavato? Aveva solo spaventato una ragazza, vittima come lui di quei due egoisti. E aveva sbagliato anche a buttarle in faccia quelle foto.

Ormai l’aveva fatto e non se ne pentiva, solo che non gli piaceva l’idea di aver fatto sentire… sporca quella ragazza.

Da quello che aveva potuto capire, il caro Frank aveva avuto l’onore di essere il primo e unico uomo della sua vita, e chissà quante stronzate le aveva raccontato per tenerla buona, quante romanticherie da idioti le aveva detto, era ovvio che lei vedendo quelle oscenità si fosse sentita umiliata. Forse più di quanto si era sentito umiliato Kevin. Forse per una donna era molto peggio.

Probabilmente la ragazza, della quale non sapeva nemmeno il nome, aveva ragione. Si era comportato come uno stronzo.

Ma non sapendo neanche come si chiamava, non avrebbe mai potuto rimediare.

Peccato, gli dava noia sentirsi in colpa e non poter riparare al torto. Lui non era un bastardo, non faceva piangere le donne e non.. parlava di sesso con donne che non conosceva. Sicuramente non con le ventenni come quella appena scappata via.

Jennifer lo aveva mandato proprio in tilt, non sapeva più neanche dosare le parole. E di mezzo c’era andata quel furioso folletto irlandese.

Kevin si strinse nelle spalle, inutile stare lì pensando a lei, quella casa era un disastro e doveva… fare qualcosa. Non sapeva cosa, non aveva idea di come comportarsi, ma sicuramente starsene con le mani in mano non gli giovava per niente.

Pensava ancora che Jennifer si sarebbe pentita di averlo lasciato per il caro “Frank”, ma al contrario di quello che pensava solo un paio di giorni prima, non era più sicuro di riuscire a ricominciare da zero con lei.

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Capitolo 7
*** Scusami ***


VII









La mano le faceva un po' male, cadendo si era ferita con una scheggia di vetro e se al momento non aveva quasi sentito dolore, adesso bruciava e pulsava. Lentamente sciolse il fazzoletto che quel villano le aveva legato intorno alla mano e guardò il taglio. Non era profondo ma faceva male. Andò in bagno e lo disinfettò, poi prese della garza e si fasciò la mano.

Almeno non spargerai sangue!” disse scimmiottando quell'energumeno. “Animale...” lo insultò.

Certo che quell'uomo o non era mai stato così arrabbiato in vita sua oppure era davvero un elemento pericoloso. Aveva distrutto la propria casa e si comportava in un modo'... non proprio violento ma decisamente rude.

Scosse il capo e sospirò. Doveva ammettere però che l'immagine di quella camera da letto buttata all'aria era stata molto forte, e molto triste. Quella donna aveva avuto il coraggio di portare il suo amante nel loro letto matrimoniale, doveva essere una sensazione terribile.

A parte questo particolare, niente poteva giustificare il modo in cui si era comportato con lei, né con quelle foto né quando era andata a casa sua. Metterle le mani addosso e trascinarla in giro per casa: chi si credeva di essere?

Aveva bisogno di chiamare Rachel.... o anche solo di mandarle un messaggio. Doveva parlare con qualcuno. Prese la propria borsa e cercò il cellulare.

Ma dov'è?” disse a sé stessa rovistando tra portafoglio, fazzoletti e caramelle.

Si allarmò: l'aveva perduto? Questa non ci voleva, proprio no. Ora anche il cellulare da ricomprare?

Non si perse d'animo, magari era in giro per casa, non sarebbe stata la prima volta che lo perdeva in casa. Sotto un libro o addirittura... nell'armadio. Prese il cordless e compose il proprio numero. Con il telefono in mano, iniziò a girare per casa con la speranza di sentire la suoneria del proprio cellulare. Ma niente da fare: il cellulare non c'era.

Sospirò sconsolata. “L'ho perso fuori!” gemette mordendosi il labbro inferiore.

L'unica speranza era che qualcuno lo sentisse suonare e rispondesse, e che, con un po' di fortuna, accettasse di ridarglielo. Lì c'erano tutti i numeri di tutti quelli che conosceva. E lei non aveva agende. Se perdeva quello, era finita.

Si sedette sul divano e si mise ad aspettare quel po' di fortuna.





/-----/





Kevin restò a guardare lo scempio del proprio appartamento per diverso tempo, forse un'oretta. Poi finalmente si decise a fare qualcosa. Recuperò dal ripostiglio alcuni scatoloni ripiegati che sistemò e usò per raccogliere tutto quello che poteva.

Cocchi di vetro e ceramica, pezzi di mobili e sedie, bottiglie rotte. Buttò negli scatoloni anche quello che non era rotto, non voleva vedere più niente. Mentre faceva ciò, sentì uno squillo.

Si guardò intorno e si ricordò che il proprio cellulare era nella sua giacca, quindi non era stato lui a suonare.

Il suono si ripeté e si accorse che proveniva da sotto la cassettiera, stranamente scampata alla sua furia. Si inginocchiò e vide un cellulare. Corrugò la fronte: e di chi era?

Lo prese e quasi avesse una visione, realizzò che doveva appartenere a quella ragazza.

Ah...” esclamò ridacchiando “il folletto ha perso il cellulare.”

Guardò il display e lesse il nome che vi lampeggiava. “Casa mia.” Sorrise e rispose.

Pronto?”

Si pronto! Sta parlando al mio cellulare, chiunque lei sia.” esordì Emily non riconoscendolo.

Sì ma sei tu che l'hai perso a casa mia.” le fece notare.

Emily tacque per un lungo momento. “Non ci credo”, mormorò “l'ho perso a casa di quella specie di maniaco!” strillò.

Avrebbe dovuto sentirsi offeso, invece Kevin scoppiò a ridere. “Questa è bella... tu vieni a casa mia con intenzioni bellicose, e poi sono io il maniaco?”

Non voglio parlare con te, voglio solo il mio cellulare.” tagliò corto la ragazza.

Kevin annuì sorridendo. “Va bene, dimmi dove abiti e verrò a consegnartelo immediatamente.” si offrì.

Stai scherzando?” protestò con voce stridula “vengo a prendermelo io, ma all'aperto, non in quel.. .casino che è la tua casa!” precisò.

L'uomo ridacchiò. “Casino? Che brutta parola detta da una ragazza.”

Emily si innervosì. “Lo trovi divertente? Io no! A più tardi.” e riagganciò.

Non sapeva perché, ma quella breve conversazione lo aveva tirato su di morale. Ed era strano, visto che solo poche ore prima si erano maltrattati a vicenda. Era divertente, doveva ammetterlo.

Era sbagliato e lo sapeva, ma Kevin non resistette e si annotò il numero di casa di quella ragazza. Non aveva idea del perché lo aveva fatto, ma in quel momento gli era sembrata una mossa intelligente.

Guardò con più attenzione quel cellulare e notò che era graffiato in più punti, rovinato quasi sicuramente dalla caduta subita quando anche la sua proprietaria era caduta. Il sorrisetto divertito sparì dalle sue labbra, il ricordo di quella ragazza piangente e ferita lo rattristò.

Lentamente stava riprendendo il controllo delle sue emozioni, e lentamente ma inesorabilmente stava davvero capendo lo sbaglio fatto con lei. Sospirò scuotendo il capo: doveva chiederle scusa. Sì, era stupido ma... sentiva di doverle delle scuse.

Lui non era un uomo che maltrattava le donne, né a parole né con i fatti, odiava chi lo faceva e aveva finito col farlo egli stesso. Uscì di casa e si fermò appena fuori dal portone, in attesa che la ragazza arrivasse.

Passarono almeno trenta minuti, quando finalmente la vide arrivare. Camminava rapidamente, quasi correva, e aveva stampata in faccia un'espressione arrabbiata e triste allo stesso tempo.

Ridammi il mio cellulare.” esordì senza tanti giri di parole.

Lui fece per passarglielo ma come Emily tentò di prenderlo, Kevin ritrasse la mano. “Aspetta.”

La ragazza lo guardò con occhi sgranati. “Cosa?”

Devo dirti una cosa, e se ti do questo prima di avertela detta, scapperesti immediatamente.” le spiegò calmo.

Emily pensò che quell'uomo la stava prendendo in giro. “E cosa diavolo dovresti dirmi?” gli domandò in tono acre.

Che mi dispiace.”

Lei lo fissò come se avesse parlato in un'altra lingua. “Ti dispiace?” ripeté incredula.

Kevin annuì. “Sì, anche io non ci credo ma.... ti sto chiedendo scusa.” le disse distogliendo lo sguardo.

La giovane incrociò le braccia. “Tu hai qualcosa che non va, lo sai vero?” lo derise con un ghigno.

L'uomo annuì grave. “Lo so, ma non ora che ti sto chiedendo scusa. Ero fuori di testa quando non me ne importò nulla di buttarti addosso quelle foto orribili” ammise “e sono stato.... insensibile quando poco fa mi hai parlato della tua delusione.”

Emily lo ascoltava stupita, ma era lo stesso uomo di prima? Stentava a crederci.

Che tu ci creda o no, io rispetto le donne, e non avrei dovuto mai trattati in quel modo. Mi dispiace.” si scusò infine.

Mmh... o...okay”, mormorò lei in difficoltà, non era preparata a questo. “Capitolo chiuso. Mi ridaresti il mio cellulare per favore?” gli chiese con più cortesia. Lui obbedì e glielo porse.

Grazie.” gli disse guardando il proprio cellulare, ma solo per distogliere lo sguardo da quello dell'uomo. Forse lo aveva giudicato troppo male, forse non era quel maleducato e violento villano che credeva. Era solo un uomo ferito, com'era ovvio che fosse. E quando si è feriti si fanno delle sciocchezze.

Bene” disse lui “spero che tu mi abbia perdonato sul serio. Comunque, anche se probabilmente non ci rivedremo più, io mi chiamo Kevin.” e le offrì la propria mano.

Lei lo guardò e dopo alcuni istanti di indecisione, pose la sua mano in quella dell'uomo e lasciò che gliela stringesse con gentilezza. Una mano grande, calda e ferma.

Io sono Emily.” rispose con un certo e inspiegabile imbarazzo.

Kevin le sorrise e le lasciò la mano. “Emily.” ripeté come per non dimenticarlo. “ Mi dispiace davvero tanto per tutto, purtroppo ci siamo incontrati in uno spiacevole modo. Se mai dovessimo rincontrarci, spero sia in una situazione più amichevole.”

La ragazza annuì e accennò un timido sorriso. “Sì, entrambi siamo vittime e ce la siamo presa l'uno con l'altra.” affermò con tristezza.

Già” confermò l'altro “ma temo sia una reazione normale. Avevamo bisogno di prendercela con qualcuno.”

Vero. Beh.... io devo andare Kevin, grazie per non aver distrutto il mio cellulare.” gli disse ironica.

Lui aggrottò la fronte. “Per chi mi hai preso? Sono un gentiluomo.” scherzò.

Forse lo sei davvero.” si lasciò sfuggire Emily, strappandogli un sorriso.

Per lo meno non sono più un maniaco.” rispose con la stessa ironia.

Per il momento, non lo sei.” specificò lei.

Grazie per la fiducia.”

Sarebbero stati a punzecchiarsi per ore, lì davanti ad un portone, se il cellulare di Emily non avesse squillato interrompendo il loro discorso.

Okay... vado. Arrivederci Kevin..... e grazie.” lo salutò tendendogli la mano. Lui la prese e la strinse con la stessa gentilezza di prima.

Grazie a te. A presto.”

Emily si voltò e rispose al cellulare. Kevin la guardò allontanarsi e si chiese: come poteva un uomo tradire una ragazza così? Non era solo bella, perché quello era visibile a tutti. Era.... forte e fragile, dura e gentile, tutto allo stesso tempo e probabilmente alla stessa intensità.

Jennifer era bella, molto bella. Ma era glaciale, l'aveva lasciato in modo così freddo e distaccato che ancora gli sembrava solo un incubo.

Un uomo che lasciava una ragazza come Emily poteva essere solo della stessa pasta di Jennifer, ecco perché si piacevano tanto.

Mi dispiace Emily, ha incontrato l'uomo sbagliato.”







/-----/





No, va tutto bene Rachel, questa sera ti racconterò ogni cosa. A presto, buon lavoro.” salutò la sua amica e riattaccò.

Era ancora per strada, stava tornando a casa e pensava allo strano incontro con Kevin. Non le era sembrato più la persona spregevole di poco prima, e aveva capito che era semplicemente arrabbiato col mondo, ma di per sé era una persona gentile.

Beh, con un aspetto come il suo era facile incorrere in giudizi avventati. Se non era alto due metri, ci mancava poco.

Ma era gentile. Sì, stranamente e insospettabilmente era un uomo gentile, anche quando le aveva stretto la mano era stato attento a non stringere troppo. Contrariamente a quanto aveva fatto mentre la trascinava in giro per la propria casa.

Ed era anche simpatico, in un modo tutto suo sicuramente, ma lo era per davvero.

Probabilmente non lo avrebbe rivisto più, e quasi se lo augurava visto che si trattava del marito di quella sgualdrina, ma sentiva di aver conosciuto una brava persona, che purtroppo però aveva incontrato la donna sbagliata.

Entrambi avevano incontrato la persona sbagliata, erano stati sfortunati.

Sospirò e affrettò il passo, iniziava a farsi sera.

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Capitolo 8
*** Ti va un caffé? ***


Un sottile filo d’argento con un ciondolo di cristallo a forma di stella

A/N: Grazie a tutte le persone che hanno messo questa storia d’amore tra i preferiti/seguiti. Se continuo a scriverla è proprio grazie a voi! E mi raccomando, recensite!

 

 

 

 

VIII

 

 

 

 

Un sottile filo d’argento con un ciondolo di cristallo a forma di stella. A Kevin occorsero diversi minuti prima di ricordare su chi aveva visto quella stella.

Poi la sua memoria fotografica gli venne in soccorso, e ricordò che a indossarla era Emily, il giorno in cui era andata da lui furiosa, e che probabilmente la catenina si era spezzata in quei concitati momenti.

L’aveva ritrovata vicino alla porta di casa sua, l’aveva raccolta e dopo aver ricordato a chi apparteneva, aveva deciso di andare a restituirla alla legittima proprietaria. Scoprire dove abitava era stato fin troppo facile.

Sull’elenco telefonico on-line aveva cercato il numero che si era appuntato quando aveva trovato il cellulare della ragazza, qualche giorno prima, e aveva trovato l’indirizzo di casa sua.

Emily Porter. Bel nome, pensò, completamente inglese. Non come lui con un nome di battesimo inglese e un cognome spudoratamente francese. Avrebbe preferito che i suoi gli avessero messo anche un nome francese, perché così si era sempre sentito… incompleto. Era nato in Inghilterra certo, ma non era inglese. Non si era mai sentito inglese.

Sospirò e suonò al campanello.

 

 

 

 

/-----/

 

 

 

 

Non aveva potuto fare a meno di piangere, quella mattina, quando ricordò che era decisamente arrivato il momento di disdire il ricevimento di nozze. Ma perché aveva scelto proprio quel ristorante? Perché tra tante opzioni, aveva scelto quella più odiosa?

McBeal & Fraser, lesse mentalmente sul biglietto da visita. Margareth McBeal, la sua più odiosa compagna di scuola, la più cattiva, e la più ricca.

E lei era andata proprio nel suo rinomatissimo ristorante! Beh, a sua discolpa si potrebbe dire che non aveva proprio pensato a lei, quando aveva letto il cognome.

Stava di fatto che ora, doveva andare personalmente a disdire tutto, e non riusciva a sopportare l’umiliazione di ciò. L’aveva sempre presa in giro, per i capelli, per l’accento, per qualsiasi cosa essa riteneva meritevole di derisione. E ora l’avrebbe derisa ancora una volta.

Si asciugò un’altra lacrima e sospirò. Sentì suonare al campanello, si alzò dal divano e guardò dallo spioncino.

Quando riconobbe l’uomo che aspettava a capo chino, si chiese cosa diavolo ci faceva lì, e come aveva fatto a sapere dove abitava. Aprì lentamente la porta e fece capolino.

“Kevin?” domandò corrugando la fronte.

L’uomo sorrise nel vedere l’espressione stupita della ragazza, e sorrise anche nel rivedere quei folti capelli rossi. Impossibile non notarli, pensò.

“Già. Non prendermi per un maniaco” esordì “non sono qui per loschi motivi, solo…. ed estrasse la mano dalla tasca della giacca, mostrandole cosa lo aveva portato davanti casa sua. “.. ho trovato questo dalle mie parti, e ho supposto fosse tuo…”

Emily sgranò gli occhi e spalancò la porta. “Oh mio Dio, non mi ero accorta di averlo perso!” esclamò prendendo il ciondolo dalla sua mano.

“L’ho trovato sulla porta di casa mia, probabilmente ti è caduto quando…. mi hai preso a pugni..” disse Kevin trattenendo a stento una risatina.

“Ah ah” commentò la ragazza “molto divertente. Comunque ti ringrazio, prima o poi me ne sarei accorta di non averlo più e ci sarei rimasta molto male.”

“Beh, mi fa piacere di esserti stato utile. rispose l’uomo con l’intenzione di togliere subito il disturbo.

Ma Emily pensò che dopotutto, meritava almeno un caffé.

“Ti va di prendere un caffé?” gli domandò gentile.

Kevin sembrò meravigliato. “Ehm… sì, volentieri.” accettò con un sorriso.

La ragazza si fece da parte per farlo entrare. “Accomodati.”

“Grazie.” rispose lui entrando quasi timidamente. Si rese conto di non essere abituato a gentilezze del genere. Soprattutto non se l’aspettava da parte della ragazza con la quale solo pochi giorni prima aveva litigato furiosamente.

Emily chiuse la porta e gli fece strada verso la cucina. Kevin si guardò intorno, era una bella casa, piccola ma accogliente. La casa di una ragazza, pensò con un sorriso. Com’era diversa dalla casa che aveva condiviso per oltre un decennio con Jennifer. La loro casa era fredda e impersonale, era la casa… di Jennifer, anche se era di proprietà di Kevin.

Prego, siediti.” gli disse indicando una sedia del tavolo. Kevin annuì e si sedette, era un po’ imbarazzato ma… stranamente contento.

Stava passando giorni duri, un po’ di dolcezza non poteva che fargli bene.

La ragazza iniziò a preparare il caffé. “Quel ciondolo è un regalo di una persona che non c’è più” esordì girandosi per guardarlo.

“Mi dispiace, allora sono proprio felice di averlo ritrovato io. rispose sinceramente Kevin.

Emily sorrise. “Già, è un caro ricordo di mia zia, venuta a mancare sette anni fa. Ci tengo molto.” gli spiegò.

“Mi dispiace.” ripeté lui.

La giovane si strinse nelle spalle. “Sono cose che capitano… è stato doloroso ma alla fine ci siamo rassegnati.”

Si voltò e posò sul tavolo un vassoio con due tazze. Gliene porse una e prese l’altra per sé.

“Ti ringrazio.”

“Di nulla.” rispose lei sedendosi.

“Come va la mano?” le domandò Kevin notando la fasciatura.

Emily si guardò la mano e fece una smorfia. “Niente di che… ormai la ferita è quasi completamente guarita, credo che domani non la fascerò più.

“E’ stata colpa mia.” si incolpò lui scuotendo il capo. “Non so che mi era preso… non.. non ero io.”

La ragazza lo guardò attentamente e pensò che sì, quel giorno non era in sé, perché ora l’uomo che aveva davanti era completamente diverso.

“Non è stata colpa tua, sono stata io a venire da te come una furia, e sono scappata via come una furia. E questo è il risultato.” concluse alzando la mano fasciata.

Kevin sorrise e bevve un sorso di caffé. “Avrei dovuto essere più comprensivo, invece sono stato un villano. Me ne vergogno un po’…” ammise.

“E per questo che ultimamente ci incontriamo spesso?” gli domandò Emily sorridendo.

Lui ridacchio. “Temo di sì. Anzi, il ritrovamento del tuo cellulare a casa mia, è stata una manna dal cielo. Mi ero reso conto di essere stato un idiota ma non avevo idea di chi eri o dove abitavi, ed ero certo che non ti avrei più rivista. Invece il destino era dalla mia parte!”

Emily annuì. “A proposito, come hai saputo dove abitavo?”

Kevin fece uno sguardo colpevole e accennò un sorriso imbarazzato. “Ehm.. quando hai telefonato sul tuo cellulare io.. credo di aver preso il tuo numero” confessò guardando altrove “e credo di aver cercato il tuo indirizzo su internet, quando ho trovato il ciondolo.”

La giovane lo guardò per un attimo e poi scoppiò a ridere. “Wow, non si direbbe ma sei astuto!”

“Non si direbbe?” ripeté lui fingendosi offeso. “Grazie!”

“Non offenderti, stavo scherzando.” si difese lei.

Kevin stava per replicare qualcosa, quando lo sguardo finì su un cartoncino posto su un angolo del tavolo. Il nome di un noto ristorante campeggiava a grandi lettere e capì subito perché era lì.

Emily guardò cosa stava guardando lui ed entrambi si oscurarono in viso. Anzi, lei stava quasi per piangere di nuovo.

“E’ un figlio di puttana…” mormorò l’uomo non riuscendo a trattenersi. Emily lo guardò ma non rispose.

“Scusami, non dovrei parlare così davanti a te ma… è davvero un figlio di puttana… ha rovinato la vita ad entrambi.”

Invece di rispondere, la ragazza iniziò a piangere di nuovo. “Scusa ma… non riesco a non…” cercò di giustificarsi lei tra le lacrime.

Lui annuì e sospirò profondamente. “Per quel che vale, posso capire come ti senti…”

“La tua situazione è più difficile della mia… tu sei sposato, io non ancora… ma… è andato tutto in fumo in modo così orribile… che ancora non riesco a capacitarmene.” spiegò lei asciugandosi le lacrime.

Sentiva il bisogno di sfogarsi, lo aveva fatto già con Rachel, ma intuiva che Kevin l’avrebbe capita ancora di più.

L’uomo di fronte a lei istintivamente allungò una mano e prese la sua. “Sono mortificato Emily, e mi sento in colpa. Non avrei dovuto fare quella scenata in mezzo ad una strada e di fronte a te. Se potessi tornare indietro è l’unica cosa che non rifarei.”

Emily annuì lentamente e Kevin ritirò la sua mano. “Ti ringrazio, ma tu non c’entri nulla. Anzi… col senno di poi ho pensato che è stato un bene averlo saputo, anche se in un modo brusco. Non oso immaginare se l’avessi saputo dopo il matrimonio…”

“Sì.. scoprire con chi si ha a che fare dieci anni dopo, è decisamente orribile.” convenne lui riferendosi a sé stesso.

“Vedi? La tua storia è molto più seria della mia…” ribadì lei scuotendo il capo. “E’ solo che.. ora devo anche disdire il ricevimento e questo… è imbarazzante…”

 “E inoltre” aggiunse “la proprietaria del ristorante è una mia ex compagna di scuola… una cattiva compagna di scuola. sottolineò.

Kevin sorrise annuendo. “Non riesco a credere che in pochi giorni ci sia successo tutto questo. rifletté fissando la propria tazza. “La vita può cambiare in un attimo… ora sei scioccamente sereno o magari felice, e un istante dopo ti crolla il mondo addosso. concluse con un sospiro.

La ragazza lo guardò con attenzione: cercò di immedesimarsi in lui, pensando a come si fosse sentito nello scoprire di essere stato tradito dalla moglie in un modo ignobile come quello… ma non ci riusciva. Non riusciva a immaginarlo, ma sapeva per certo che doveva essere stato orribile.

“Mi dispiace..mormorò Emily a bassa voce.

“Certo che siamo un po’ strani, io e te.” disse Kevin guardandola negli occhi.

Perché?”

“Beh” iniziò con un sorriso triste “prima litighiamo e per poco… non ti uccido involontariamente facendoti cadere sui vetri rotti, e poi ce ne stiamo qui intorno ad un tavolo, a raccontarci di che brutta situazione stiamo affrontando.”

“Hai ragione” annuì lei “è un po’ strano. Ma non siamo strani…. siamo solo ingenui.”

Kevin la fissò e annuì mestamente. “Non posso parlare per te ma… per quel che mi riguarda sì, sono stato un ingenuo. Un grosso ingenuo….” era tentato dal raccontargli la sua vita…. ma non lo fece, non era il momento adatto e poi, Emily era pressoché una sconosciuta. Ancora.

“Ah lo sono anche io, e molto anche.” affermò la giovane in tono serio. “Avrei dovuto capire che qualcosa non andava, ma ero… fra le nuvole.

“E lui se n’è approfittato, così come mia moglie ha approfittato della mia… ingenuità. osservò Kevin.

“Abbiamo decisamente incontrato le persone sbagliate.” dichiarò Emily con un sospiro.

“Tu sei una ragazza, e posso solo intuire la delusione che hai avuto…. iniziò Kevin. “… ma so per certo che tu puoi ancora… come dire, coronare il tuo sogno. Trovare una persona degna e non un bastardo, con la quale convolare a giuste nozze. Io invece…” si fermò scuotendo il capo.

Lui invece non si sarebbe ripreso facilmente. E non aveva nessuna intenzione di trovare la persona giusta per lui, perché probabilmente non esisteva neanche. Aveva creduto per ben quindici anni di averla trovata, e tutto era finito in una bolla di sapone, in un modo umiliante.

Sospirò profondamente e alzò lo sguardo sulla ragazza di fronte a lui. “Non farci caso, sto blaterando.” si scusò con un sorriso.

“Non stai blaterando” lo contraddisse Emily “è solo che… credo che entrambi dobbiamo trovare la forza di reagire, sul serio. Io… sto piangendo molto in questi giorni e credo sia un bene, mi sento meglio dopo aver.. pianto e imprecato!”

“Io ho distrutto il mio appartamento.” sottolineò Kevin allargando le braccia.

“Temo che con gli scatti d’ira non si risolva nulla…”

Come fa a conoscermi?, pensò lui stupito.

“Forse no” ammise Kevin “ma sicuramente sono un ottimo palliativo.”

Il trillo del campanello della porta impedì ad Emily di replicare. “Scusami.” gli disse alzandosi.

“Prego.” rispose lui alzandosi a sua volta per cavalleria.

Lei notò il suo gesto e ne sorrise. Nessuno le aveva mai usato una simile cortesia fuori dal tempo.

“Emily scusa se ti disturbo ma ho un’emergenza…” esordì concitata Rachel entrando in casa insieme a due bambini.

“Che succede?” si informò la ragazza allarmata.

“Mia suocera” rispose abbassando la voce per non fare ascoltare i suoi bambini. “Ha avuto un malore… e non posso portare Amy e Russell con me.. ti dispiace tenermeli per un po’?”

“Ma certo, me ne occuperò io.” la rassicurò Emily accarezzando la testa della bambina accanto a lei.

“Grazie, sei un’amica.. non sapevo cosa fare..” si fermò perché notò qualcuno in fondo alla stanza.

“E lui chi è?” le domandò Rachel perplessa. Le sembrava improbabile che si fosse già trovata un altro uomo anche se un po’ ci sperava.

Emily si voltò e Kevin si avvicinò alle due donne e ai bambini, che guardavano quell’uomo, per loro gigante, quasi con timore.

“Ahm.. sono Kevin Duval..” si presentò lui in imbarazzo.

Rachel accettò la sua mano e gli sorrise. “Piacere, io sono Rachel Johnson. È un amico di Emily suppongo..”

“Ecco..” intervenne la diretta interessata “è….”

“Quello che ha picchiato Frank.” l’aiutò lui togliendola dall’impiccio.

Rachel parve illuminarsi e sfoderò un sorriso smagliante. “Oh santo Iddio!” esclamò “E’ un vero piacere conoscerti, Kevin! Sei il mio eroe.” lo lusingò guardandolo negli occhi.

Kevin corrugò la fronte. “ Benché non me ne penta, non credo sia una cosa da prendere ad esempio…” notò serio.

Certo, la violenza non è mai giustificabile” convenne la donna “ma sapere che hai modificato i connotati a quel verme, di rende un mito ai miei occhi.”

I bambini intanto lo fissavano nascondendosi dietro la madre. Kevin lo notò e si abbassò alla loro altezza.

“Ehi… vi faccio paura?” domandò loro con gentilezza.

Il maschietto, Russell, si fece timidamente avanti. “Nossignore” rispose con un filo di voce “E’ che lei è.. un gigante…

Kevin sorrise. “Tra qualche anno sarai più alto di me” gli rispose “ e sarò io a guardarti con timore.

Il piccolo sorrise e tornò a nascondersi dietro la mamma.

“Come si chiamano?” domandò alzandosi.

“Lei è Amy e lui è Russell” rispose fiera la mamma. “Non credere che siano così calmi, è che li metti in soggezione. gli spiegò.

“Sono così brutto?” domandò Kevin alla bambina. Lei sorrise e si nascose di più.

Rachel lo guardò per un attimo e distolse lo sguardo sorridendo. Brutto? Non immaginava nemmeno che potesse esistere un esemplare di maschio bianco del genere. Dal cognome era ovvio che non fosse propriamente inglese, e dall’aspetto si sarebbe potuto dire che quell’uomo discendeva dai vichinghi.

Alto forse un paio di metri – Emily lo aveva detto ma aveva creduto fosse un’esagerazione –, spalle larghe, capelli castani e occhi di un grigio cristallino. E un sorriso gentile e dolce.

Gli piacevano i bambini, forse ne aveva…

Oh per la miseria, pensò, quella sgualdrina aveva tradito un marito del genere, che magari le aveva dato anche un paio di piccoli Kevin, con quel rospetto di Frank?

Però lui ed Emily formerebbero una coppia interessante…..

“Io.. io devo andare adesso.” disse Kevin rivolgendosi ad Emily. “E tu avrai da fare, suppongo.” aggiunse guardando i bambini.

“Oh.. sì, come vuoi. Grazie per avermi riportato il ciondolo, sei stato molto gentile. lo ringraziò sorridendo.

“E’ stato un piacere.. e grazie per il caffé.” le disse stringendole la mano.

Flirtano

“Piacere di averla conosciuta, signora Johnson.”

Rachel aggrottò la fronte. “Rachel. Soltanto Rachel, per favore.” lo riprese scherzosamente.

“E il piacere è stato tutto mio, credimi!” ribadì la donna.

Kevin sorrise imbarazzato ma non aggiunse altro.

“Arrivederci bambini.”

“Ciao.” risposero in coro i piccoli.

“Signore, i miei ossequi.” le salutò ed uscì.

Rimaste sole, le due donne si guardarono.

“Da quanto lo conosci?” domandò Rachel incuriosita.

“Da quando sono andata a casa sua… a insultarlo.”

L’altra sgranò gli occhi. “A insultarlo? Un armadio come quello?”

Emily si vergognò. “Sì… lo so che è stato da stupida ma…”

“Alla fine avete fatto amicizia.” la incalzò Rachel.

“Sì.. cioè no. A casa sua ho perso il cellulare… me lo ha restituito, e oggi è venuto a ridarmi un ciondolo che avevo perso…”

.. a casa sua..” finì Rachel annuendo.

Che gentile… e che uomo…” chiosò sincera.

Emily ignorò il commento. “Okay, baderò io a questi due monelli. Tu va pure tranquilla.”

“Giusto” esclamò l’altra ricordandosi della suocera “ora vado.. grazie ancora Lily.” ed uscì.

“Allora bambini, volete vedere i cartoni?” domandò ai figli della sua amica.

“SÌ”

 

 

 

 

/-----/

 

 

 

Il cellulare di Rachel squillò appena entrata in ascensore.

Mike tesoro. .sto arrivando.”

Tutto bene?”

“Sì, ho portato i bambini da Emily, e sto scendendo…”

Okay, ma sta’ tranquilla, la mamma non è grave. Un lieve malore ma niente di serio..

“Oh sia ringraziato il Cielo! Comunque sto arrivando.”

Okay ti aspetto.”

“Ah, Mike?”

Sì?

“Sai che forse ho appena conosciuto il futuro uomo di Emily?”

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Capitolo 9
*** Un fortuito incontro ***


La città era grande, eppure il destino sembrava proprio che si fosse messo a giocare con loro, facendoli incontrare mentre ent

A/n: Grazie a tutti, non mi aspettavo che la mia storia fosse così seguita e apprezzata *__* sono commossa, trenta persone tra seguite/preferiti!! Bacionissimi a chi recensisce <3 siete meravigliose!!! Capitolo diviso in due, spero vi piaccia. Io mi sono divertita XD

 

IX

(prima parte)

 

 

 

 

La città era grande, eppure il destino sembrava proprio che si fosse messo a giocare con loro, facendoli incontrare mentre entrambi svoltavano lo stesso angolo.

“Mi scusi.” disse Emily all’uomo contro il quale era andata a sbattere.

Kevin la riconobbe all’istante, al contrario di lei. “Ehi, non pensavo che il mondo fosse così piccolo!”

Emily lo guardò e sorrise imbarazzata. “Oh… Kevin! Scusami, ero distratta.”

Lui scosse il capo. “Sono abbastanza forte, non mi sono fatto male. Che ci fai da queste parti?” le domandò.

“Io lavoro qui vicino, e sto andando a prendere la mia macchina per… sai… andare a disdire il ricevimento di nozze…”

Kevin la guardò negli occhi e annuì. “Capisco… anche per te si prospetta una bella giornata…” commentò “io ho deciso di mettere in vendita il mio appartamento, sto andando in un’agenzia immobiliare.

La ragazza accennò un sorriso. “Sì, proprio una bella giornata per entrambi. Anche se da come siamo vestiti, sembra quasi che stiamo andando ad un’importante riunione.” disse guardando prima Kevin e poi se stessa.

In effetti sembravano essersi vestiti allo stesso modo: indossavano entrambi un completo blu, con la sola differenza della camicia, bianca per lei e azzurra per lui, senza cravatta. 

L’uomo si guardò addosso e rise. “Già, è strano” rifletté “ si tende a vestire così sia quando si stipula un contratto sia quando lo si scioglie. Io sto per vendere la casa che ho abitato per oltre un decennio e tu stai per dire ai ristoratori che questo matrimonio non s’ha da fare. Proprio una bella giornata…”

“Inoltre io dovrò affrontare quella… strega. aggiunse Emily con un sospiro.

“La cattiva compagna di scuola?” domandò lui pur sapendo la risposta.

Emily annuì. “Sì, se non fossi una ragazza perbene ti direi che è proprio una stronza!”

Kevin scoppiò a ridere. “Oh ma puoi dirlo” le assicurò “non mi scandalizzo di certo né ti giudicherei meno rispettabile. Inoltre hai chiamato così anche me… al maschile ovviamente. le ricordò.

La giovane si coprì la bocca con una mano. “Oh. Sì, hai ragione… l’avevo dimenticato.

“Io no, perché in quell’occasione avevi ragione..ammise lui con rammarico.

Ma questa donna lo è sempre, non in una sola occasione, è di quelle che…”

“Attenta!” esclamò Kevin spingendola verso il muro, evitando che un ragazzo in mountain bike la urtasse.

Emily trasalì portandosi una mano al petto. “Oh mio Dio…. grazie.” gli disse guardando il ragazzo sfrecciare lontano.

“Di nulla. Dicevi?”

“Dicevo” riprese “è una di quelle donne che non perde il gusto del pettegolezzo e della derisione neanche da adulta.”

“La strega che tutti vorrebbero come amica. ironizzò Kevin con un sorriso.

“Esattamente” rispose la ragazza annuendo “della peggior specie.. di quelle che ti dicono le cose per il tuo bene, e intanto ti devastano…”

Emily scosse il capo e deglutì. “Okay, lasciamo stare…” poi guardò l’orologio “.. si sta facendo tardi, in ufficio ho detto che mi sarei assentata per non più di un’ora, devo sbrigarmi.” gli spiegò con l’intento di congedarsi.

“Okay ahm… se ti fa piacere ti accompagno fino alla tua macchina. le disse lui con gentilezza.

Lei sorrise. “Volentieri.” E si incamminò con Kevin al proprio fianco.

“Posso.. posso chiederti che lavoro fai?” le domandò.

“Lavoro in una piccola casa editrice come correttrice di bozze…”

Kevin la guardò incuriosito. “Una scrittrice, in pratica.”

La ragazza sorrise lusingata ma scosse il capo. “Beh no… gli altri scrivono e io controllo quello che hanno fatto.. correggo qua e là.”

L’uomo annuì. “Appunto” disse convinto “secondo me solo uno scrittore può correggerne un altro, altrimenti non avrebbe senso.

“Purtroppo le cose non sempre sono come dovrebbero essere” rispose lei amareggiata “pensa che alcuni di mia conoscenza hanno rovinato degli ottimi lavori…”

“Posso immaginare e non mi sorprende. Sai, ho notato che ultimamente è come se… il reale valore delle persone fosse passato in secondo piano, come una cosa inutile…. ho visto tante persone realmente insignificanti scavalcarne altre meritevoli e promettenti, e questo è avvilente..”

Emily lo guardò.” Sembra che tu stia parlando per esperienza. gli disse seria continuando a camminare.

Lui annuì. “Beh sì, anche se indirettamente. Io… mio malgrado ero a contatto con gente… in alto diciamo” disse gesticolando in aria “e ho visto davvero cose strane. Emeriti idioti diventare persone importanti senza capire bene il perché. si rammaricò scuotendo il capo.

“Già, come questa mia ex compagna di scuola. Lei era la più ricca e bella della scuola e lo faceva pesare a tutti. Poi da adulta ha sposato un altro ricco, figlio di ricchi. Posso solo immaginare di quanto sia aumentato il suo ego…”

C’era una cosa che Emily non avrebbe detto mai, e cioè che proprio non sopportava l’idea di vedersi sbattere in faccia il successo di Margareth quando a lei era appena crollato il mondo addosso. Lei sicuramente le avrebbe presentato il marito, le avrebbe fatto vedere come si era sistemata bene e come era felice.. invece lei era sola a dire che il suo matrimonio era saltato.

“Ecco la mia macchina” disse la ragazza indicandone una “siamo arrivati.

Kevin sembrava pensieroso. “Qualcosa non va?” gli domandò Emily.

“No, tutto okay..rispose con un sorriso.

“Beh allora grazie per la chiacchierata e la….scorta!”

“Figurati, è stato un piacere. Buona giornata e al prossimo incontro.” la salutò stringendole la mano.

Emily gli sorrise e salì in macchina, Kevin la guardò partire e poi si voltò incamminandosi nuovamente.

 

 

/-----/

 

“Carissima! Quanto tempo!” squittì Margareth McBeal accogliendola a braccia aperte, nel vero senso della parola. Infatti si produsse in un ipocrita abbraccio caloroso, che Emily si vide costretta a ricambiare.

“Come sei diventata carina!” continuò Margareth allontanandola da sé e squadrandola da capo a piedi.

“A.. anche tu stai benissimo.” farfugliò Emily con un sorriso forzato. Voleva scappare via da lì.

L’altra si strinse nelle spalle. “Beh io sono rimasta la stessa persona… la vera sorpresa sei tu!”

Come dire che Emily Porter era orribile e ora era diventata accettabile….

Strega…..

“Allora, che mi dici di te? Come vanno i preparativi per il matrimonio?” le domandò tenendola per le mani.

“Ehm.. ecco.. è proprio di questo che volevo parlarti….”

“Ci sono problemi? Dimmi tutto perché sai, io sono un’ottima organizzatrice di matrimoni! Posso aiutarti in tutti i campi…”

“No” si affrettò a rispondere Emily “è un discorso un po’ complicato…”

Marge cara, dobbiamo andare…” la interruppe un uomo apparso dal nulla alle spalle della sua ex compagna di scuola.

Lei si voltò e gli sorrise. “Sì caro, un attimo… sto parlando con una mia amica.. anzi te la presento. Emily” le disse voltandosi di nuovo verso di lei “questo è mio marito Tom.

Emily lo guardò e restò sorpresa: non era come se l’era immaginato. Tim Fraser non era quell’adone che tutti si aspettavano avrebbe sposato la mitica Margareth Mc Beal. Era un ometto di media statura, forse qualche centimetro più basso di sua moglie, con la calvizie che minacciava di portargli via tutti i capelli e un viso… ossuto e spigoloso.

“Piacere di conoscerti Emily, Marge mi ha parlato molto di te. le disse lui con lo stesso sorriso di plastica della sua signora.

“Piacere mio, Tom…”

“Bene cara, cosa volevi dirmi a proposito del tuo matrimonio? Se c’è qualche piatto che non ti convince, basta dirlo che lo cambiamo subito!”

La ragazza stava per rispondere quando si sentì chiamare.

“Emily!”

Riconobbe la voce dell’uomo dietro di lei e si voltò immediatamente.

Kevin si avvicinò a grandi passi, con un sorriso smagliante sul volto. Ma che diavolo ci faceva lì?

“Scusami tesoro… ho fatto più in fretta che potevo. si scusò prendendole la mano e baciandone il dorso.

Margareth fissò il nuovo arrivato con occhi sgranati, mentre il povero Tom divenne più piccolo di quanto già non fosse.

“Lei è… Frank, suppongo.” azzardò Marge tendendogli la mano.

“Sì, sono io. Piacere di conoscerla ... Elizabeth?”

“Margareth.” lo corresse piccata “Margareth McBeal, piacere di conoscerla.”

“Oh mi scusi.. è che hanno un suono simile.. lei è il signor?” disse rivolgendosi all’ometto accanto a lei.

“Tom Fraser.” I due si strinsero la mano, o meglio Kevin quasi stritolò la mano dell’altro.

“La coppia di ristoratori più famosa della città, è un vero onore!”

Ma si accorgevano o no che il presunto Frank li stava semplicemente prendendo in giro?

Emily seguiva la scena sbalordita, non aveva idea di cosa fosse saltato in mente a Kevin e non aveva idea di quello che sarebbe successo.

“Dunque.. hai già detto ai signori del nostro.. piccolo contrattempo?” le domandò Frank.

“No.. stavo appunto per parlarne…” rispose incerta, ma decidendo di reggergli il gioco.

“Beh sì.. è un po’ imbarazzante ma… siamo stati costretti a spostare la data delle nozze. Aspettavamo di avere le chiavi del nostro nuovo appartamento entro pochi giorni, ma ahimé pare che ci vorrà ancora qualche settimana. Quindi siamo qui per disdire la prenotazione…”

Emily capì immediatamente e trattenne a stento un grande sorriso: Kevin era corso in suo aiuto….. aveva capito la situazione e ora era lì a recitare la parte di Frank. Quell’uomo era un santo!

“Oh mi dispiace!” si rammaricò Marge battendo le mani “È un vero peccato che il matrimonio sia saltato!”

“E’ solo rinviato” precisò Kevin mettendo un braccio intorno alle spalle della sua presunta fidanzata “e speriamo che questo non comporti… problemi per voi.

“Oh no, si figuri! Per la mia cara amica, questo e altro!”

Kevin ed Emily si scambiarono un’occhiata eloquente: l’ipocrisia di quella donna era davvero spropositata.

Se c’è qualcosa da pagare, una penale….” si offrì il finto Frank, cioè Kevin, con l’espressione più seria che aveva.

“Non si preoccupi” rispose Marge con un sorriso di plastica “solo che l’acconto per la prenotazione….

Kevin scosse il capo energicamente. “ È ovvio che quello resta a voi, non dovete pagare per i nostri contrattempi. disse sorridendo.

Emily si morse l’interno della guancia per non ridere, Kevin era… a dir poco bello e brillante, mentre in confronto Tom era solo l’imitazione di un uomo, e il poveretto se ne rendeva conto! Inoltre Margareth guardava con occhi strani il fidanzato della sua cara amica….

“Bene, chiarita la situazione, direi che è ora di andare, vero amore?” le disse Kevin stringendole le spalle.

Lei annuì con un sorriso. “Sì, hai.. hai ragione.”

“E’ stato un piacere conoscerla… Margareth, e ci scusi ancora per il breve preavviso…” la salutò Kevin porgendole la mano.

“Si figuri, sono cose che capitano! Per qualsiasi cosa, non esitate a chiamarci, okay Emily cara?”

“Sì certo…” rispose incerta.

“Beh non a breve, comunque” intervenne Kevin “abbiamo intenzione di fare una breve vacanza in Francia.. un assaggio di luna di miele, diciamo.” annunciò entusiasta.

Emily lo guardò per un attimo ma subito tornò a guardare i loro interlocutori: non voleva far vedere loro che quella era una bugia enorme.

Che coincidenza! Anche noi stiamo per partire per un romantico week-end!” replicò Margareth sorridendo “Adoro il francese e non vedo l’ora di esercitarmi nel parlarlo!”

Vraiment? irez-vous?*” domandò Kevin sfoggiando il suo perfetto accento francese.

La coppia di fronte a loro si guardò spaesata, mentre Emily per poco non iniziava a saltellare dalla gioia.

Li stava umiliando, la boria di pochi minuti prima era scomparsa, seppellita sotto le loro costose scarpe. Quell’uomo era un genio!

“Ecco… noi…”

“Anche Frank conosce un po’ di francese.. vi ha appena chiesto dove andrete.” spiegò Emily accennando un sorriso che rischiava di trasformarsi in una sonora risata.

“Ah… ahm… a Parigi.. sì un fine settimana a Parigi.” farfugliò Margareth a disagio per la pessima figura appena fatta.

Kevin era sorpreso nel vedere che Emily l’aveva capito… beh forse con il lavoro che faceva era normale conoscere almeno un’altra lingua.

“Oh capisco… classica meta per turisti. Noi andremo in Provenza.. dall’altro lato del paese..” spiegò con sufficienza.

I due annuirono. “Sì, sappiamo dov’è.” rispose la donna mandando indietro i capelli in un gesto quasi stizzito.

“Bene.. allora arrivederci.” salutò Kevin prendendo Emily per mano.

“Arrivederci… a presto! Ciao Emily, è stato un piacere rivederti!” le disse Margareth ma senza abbracci o baci.

I due uomini si lanciarono uno sguardo ostile. “Arrivederci.” dissero uno dopo l’altro.

La presunta coppia di fidanzati si voltò e si incamminò fianco a fianco, entrambi sorridendo compiaciuti.

Appena usciti dal locale, evitarono di guardarsi per non scoppiare a ridere, raggiunsero l’auto di Emily e solo allora i loro sguardi si incontrarono.

“Ti prego non ridere…” gli bisbigliò lei mordendosi un labbro.

Kevin scosse leggermente il capo. “Tenterò.. anche se in realtà ci sarebbe poco da ridere.. ma adesso andiamocene… se ti va ne discutiamo davanti una tazza di caffé, al bar di fronte il tuo ufficio.…” le propose guardando dietro di lei.

Vide la signora Marge spiare dalla porta, e prontamente alzò la mano e la salutò con un sorriso. Lei ricambio e sparì dietro una tenda.

“Stava spiando?” gli chiese Emily vedendo il suo gesto.

“Sì” confermò l’uomo “voleva salutarci di nuovo, forse…”

Emily ridacchiò ed aprì la portiera della propria auto. “Allora a più tardi….e.. grazie!”

Kevin sorrise guardandola negli occhi. “A più tardi… ed è stato un piacere.”

La ragazza salì sull’auto e Kevin chiuse la portiera. Aspettò che lei ripartisse e poi raggiunse la propria macchina, qualche metro più lontano.

Aveva appena fatto una cosa un po’ stupida e forse anche un tantino illegale, ma si sentiva allegro. Dopo settimane, stava bene.

Mise in moto e partì.

 

 

To be continued

 

 

Note: * credo che la frase in francese sia abbastanza corretta, se non lo è chiedo scusa =__=!

 

Spoiler: ammettiamo.. c’è stato una specie di colpo di fulmine tra questi due… anche se ancora non lo sanno *__*!!! La felicità arriverà anche per loro, ovviamente, ma passeranno anche attraverso il dolore…

Naturalmente arriverà anche il “pop-porno” XD (molto soft però, odio la volgarità e la rozzezza O__o!!)

 

 

 

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Capitolo 10
*** Un fortuito incontro (parte seconda) ***


Il primo ad arrivare sul luogo dell’appuntamento fu Kevin

IX

(Seconda parte)

 

 

 

Kevin scese dalla sua auto e attese l’arrivo di Emily accanto ad una cassetta delle lettere nei pressi del bar. Si chiedeva se per caso non fosse impazzito di colpo: come gli era saltato in mente di presentarsi da quei due snob del cavolo facendosi passare per quello stronzo di Frank?

Scosse il capo sospirando, il motivo era ovvio. Lui si era trovato in situazioni del genere decine e decine di volte, costretto a dover subire le umiliazioni mascherate da falsa cordialità, nelle quali nessuno era mai corso in suo aiuto. Nemmeno sua moglie che in quei momenti gli era fisicamente accanto, ma mentalmente persa nei discorsi dei loro altolocati interlocutori. Dei suoi altolocati interlocutori, perché lui quei discorsi li aveva sempre e solo subiti.

Ecco perché era corso in aiuto di quel furioso folletto irlandese, perché sapeva benissimo come si sarebbe sentita di fronte alla sua presunta amica, conosceva quella sensazione di inadeguatezza e avvilimento fin troppo bene. Lei era una ragazza, aveva bisogno di qualcuno che l’aiutasse.

Si girò alla sua sinistra e la vide camminare velocemente verso di lui. Un sorriso spontaneo si affacciò sulle labbra di entrambi e quando furono faccia a faccia, scoppiarono a ridere attirando l’attenzione di alcuni passati.

“È stato…. strepitoso!” esordì Emily portandosi la mano davanti la bocca per smorzare le risate.

Kevin si strinse nelle spalle. “Diciamo che quei due si prestavano molto al mio.. giochetto. Due idioti ignoranti che credono di aver capito tutto del mondo. affermò convinto. “Ci sediamo?” le propose indicando un tavolino dietro di lui.

Emily annuì con un sorriso. “Okay…”

L’uomo la precedette e scostò la sedia per farla sedere. “Grazie” gli disse lei lusingata dalla sua gentilezza.

“Di nulla.” rispose lui e si sedette a sua volta. Arrivò un ragazzo e chiesero entrambi un cappuccino.

Ma… perché l’hai fatto? Voglio dire… presentarti lì fingendoti… Frank… non capisco. gli chiese Emily mentre aspettavano la loro ordinazione.

Kevin sospirò profondamente. “Sai, me lo sono chiesto anche io mentre ti aspettavo” iniziò serio “poi ho capito…”

Cioè?”

Distolse lo sguardo facendolo vagare per la strada affollata di auto. “So cosa significa trovarsi in certe situazioni, in balia di gentaglia come quella e semplicemente… non mi piaceva l’idea. Non so forse sbaglio ma…” fece una breve pausa, poi riprese “.. è come se ci fosse capitata la stessa cosa e quindi … mi piaceva l’idea di difenderti, ecco.”

Arrivò il ragazzo e servì loro il cappuccino. “Serve altro?” chiese.

“Posso offrirti qualcos’altro?” domandò Kevin alla ragazza di fronte a lui.

Lei scosse il capo. “No ti ringrazio, va bene così.”

Il giovane cameriere annuì e si allontanò.

“Devo proprio ringraziarti” disse Emily guardando la propria tazza “anche se è un po’ da vigliacchi… ho apprezzato molto il fatto di non essere sola lì, in quel momento. Sarebbe stato oltremodo umiliante dover dire a quella persona che il mio matrimonio era saltato… hai visto, no? Anche se suo marito non è propriamente un adone, se ne vanta in quanto economicamente ben piantato e conosciuto. A me non interessa per nulla, ma… l’idea di essere compatita da lei non mi piaceva per niente…” confessò sorseggiando il cappuccino.

Kevin annuì. “Sì, l’avevo capito. E mi è bastata un’occhiata per capire che tipo era quella donna. Solo che sinceramente pensavo ti saresti arrabbiata…”

Lei lo guardò sorpresa. “Arrabbiata? E perché mai?”

L’uomo sorrise. “Beh sono piombato lì a tua insaputa, avrei potuto sbagliare i tempi e contraddirti clamorosamente… ho pensato che lui non avesse partecipato quasi per niente ai preparativi, e che quindi non conosceva Marge… ma non ne ero sicuro. E inoltre mi sono permesso di metterti le mani addosso… avrei potuto beccarmi uno schiaffo da parte tua… insomma era una scommessa e l’abbiamo vinta!” concluse in tono scherzoso.

Emily annuì con un sorriso triste. “Avevi indovinato… lui non ha partecipato praticamente a niente, dicendo che lasciava tutto nelle mie mani…”

Il discorso stava finendo su qualcosa che entrambi volevano ignorare almeno per quel momento.

“Stronzo in tutti i campi…” mormorò lui bevendo dalla tazza.

“Già…”

Ci furono alcuni istanti di silenzio, poi Emily riprese a parlare. “Quando ti sei presentato come Frank mi è venuto un colpo! Per un attimo ho creduto di essere tipo ad una candid camera o qualcosa del genere! Poi ho realizzato le tue intenzioni e sono stata… felice della tua idea. Ti ringrazio… non deve essere stato facile impersonare…. lui.” lo ringraziò sorridendogli con dolcezza.

Kevin si sentì per un momento imbarazzato, non era abituato alla… dolcezza. “Figurati. E poi sinceramente, in quel momento pensavo a fingere di essere il tuo fidanzato, non di essere Frank. Se mi fossi fermato a pensare questo, forse non ce l’avrei fatta.” ammise guardandola negli occhi.

“Ad ogni modo… sei stato molto gentile” continuò lei “non mi sarei mai aspettata un gesto così da una persona che conosco appena.

“Anche io non mi sarei mai aspettato di fare una cosa così per una persona che conosco appena” ripeté lui con un sorriso “ma ciò mi ha divertito e mi ha… distratto dai miei pensieri. Per cui è stato un piacere, e lo rifarei anche subito.

La ragazza rispose al sorriso e poi scoppiò a ridere. “Sto ripensando alla tua domanda in francese” disse “la loro faccia era… assolutamente da fotografare!”

Anche Kevin rise divertito. “Oh Dio” esclamò “non ho potuto farne a meno! Detesto le persone che dicono di conoscere una lingua o un paese anche quando non è vero! Io ero sicuro che nessuno dei due conosceva il francese… e ho voluto prenderli in giro apertamente.”

“Sì l’avevo capito, e ti giuro che avrei voluto applaudire! Ma avrebbero capito che c’era qualcosa di strano… davvero meraviglioso. Oltretutto era una domanda banale, facile! Voglio dire… è una di quelle frasi fatte che trovi nei dizionari, eppure loro si sono guardati incerti sul da farsi.

“Tu conosci il francese, quindi.” le domandò Kevin.

La giovane donna si strinse nelle spalle. “Quello che si definisce francese scolastico, non riuscirei a sostenere una conservazione articolata. Ma se mi chiedessi dove andrò in vacanza, saprei risponderti! Tu … sei francese?” gli chiese curiosa.

Lui annuì. “Sì, cioè i miei genitori sono francesi nati e cresciuti in Francia, io sono nato in Inghilterra ma…. non mi sono mai sentito inglese.” confessò quasi imbarazzato, forse non era molto gentile fare di fronte a lei certe affermazioni…

“Beh neanche io” sottolineò lei sorridendo. “Io sono irlandese!”

Kevin la fissò immobile per alcuni istanti, poi dovette mordersi la lingua per non scoppiare a ridere, ma lei lo notò comunque.

Perché vorresti scoppiare a ridere?” gli domandò corrugando la fronte.

“Ecco…” iniziò l’uomo combattendo contro l’ilarità “quando sei venuta a casa mia… con l’intenzione di picchiarmi… ti ho definita furioso folletto irlandese, e ora.. sapere che tu sei effettivamente irlandese, mi fa sorridere.”

Emily lo guardò accigliata, per poi sciogliersi in una risata sincera. “Oh Gesù… mi costa ammetterlo ma la tua definizione mi calza a pennello! Dunque ti sembravo furiosa?”

“Eh beh, direi di sì” confermò lui serio “infatti mi hai lasciato basito perché non mi aspettavo reazioni così forti da una ragazza come te, voglio dire… l’impressione che dai è quella di una persona dolce e tranquilla. Invece ho visto… questa fiamma rossa scagliarsi contro di me e mi è venuta in mente quella definizione. le disse riferendosi ai suoi capelli rosso-fuoco.

Emily si vergognava un po’ di quella scenata, aveva fatto una cosa ridicola e pensò che tutto sommato era stata fortunata ad esserci imbattuta in una persona piuttosto comprensiva come Kevin, anche se inizialmente non lo era sembrato poi tanto….

“Furioso folletto irlandese” ripeté la giovane annuendo “quando lo racconterò a Rachel la sentiranno ridere fino in Norvegia!”

“Non voleva essere un offesa, comunque” si difese Kevin “personalmente trovo l’immagine del folletto adorabile.” affermò.

Lei storse la bocca. “Sì… ma pensandoci bene questo implica che io dovrei avere la barba…”

Lui ridacchiò. “E perché mai? Credo ci siano anche i folletti femmina… altrimenti la razza di estinguerebbe, no?”

“Sì, anche se non sono ferratissima in materia, le loro comunità sono…. si fermò.

I due si guardarono confusi, fino a quando Emily non ruppe il silenzio “Ma stiamo davvero parlando di folletti?!” chiese.

“Sì…”  rispose lui stranito “in effetti è un argomento strano… oggi è proprio una giornata strana, sì.”

La giovane ricordò dove stava andando lui quando si erano incontrati poco prima. “Kevin… dunque metterai in vendita la tua casa?”

L’espressione rilassata sul volto dell’altro sparì. “Sì… è l’unica cosa concreta che mi è venuta in mente…. rispose guardando altrove.

Emily capì che quello era il suo modo per mascherare il disagio, distogliere lo sguardo dagli occhi di chi gli stava parlando.

“Scusa… non dovevo intromettermi…” cercò di rimediare lei.

Kevin tornò a guardarla. “Oh no” si affrettò a dire sfiorandole una mano “non preoccuparti, è solo che fa ancora male… ma un giorno, se ti farà piacere, ti racconterò qualcosa di tutta questa storia… credimi che è degna di un film.. e non è un complimento.”

“Ti capisco… anche per me non è facile pensarci…. ma… dopo oggi ho più fiducia nelle persone.” gli disse con un sorriso.

“Ah sì? Come mai?”

“Tu sembravi un tipo… rozzo* se vogliamo. Invece sei un gentiluomo, e questo mi ha sorpreso. Anzi a dire il vero già dal ritrovamento del mio cellulare a casa tua, avevo capito che mi ero fatta un’opinione sbagliata su di te.

Lui alzò le sopracciglia. “Rozzo? Ecco perché volevi picchiarmi!” scherzò facendola sorridere, poi tornò serio. “È vero, io non sono… quel tipo di persona che ho mostrato di essere in precedenza… solo lei ha sempre tirato fuori i miei lati peggiori… è sempre stato così, solo che adesso.. ho raggiunto il limite, credo. Nonostante la mia stazza, credimi, io sono buono.

“Lo so, te lo si legge negli occhi…” confermò Emily quasi sussurrando.

Kevin abbassò lo sguardo sulla tazza ormai vuota, pensando ancora una volta che lui non era abituato a questa dolcezza e che lo faceva sentire strano… in imbarazzo forse.

“Devo andare!” esclamò all’improvviso lei guardando l’orologio “devo essere subito in ufficio!” e si alzò imitata subito da Kevin.

“Scusami se scappo così.. ma è davvero tardi!” si scusò concitata.

“Non preoccuparti, scusami tu per averti trattenuta a lungo. rispose lui tendendole la mano.

Emily la strinse e quasi senza rendersene conto, si allungò verso di lui per baciargli la guancia.

Lui si chinò per agevolarla e accettò quel bacio inaspettato con un piccolo sussulto…. era piacevole ricevere gesti d’affetto come quello.

“Ci vediamo.” gli disse lei con un sorriso.

L’uomo annuì ricambiando il sorriso. “A presto… spero.”

La giovane donna si allontanò in fretta, mentre Kevin la osservò per qualche momento prima di tornare a sedersi al tavolino.

Arrivò il cameriere e gli pagò i due cappuccini, poi si alzò e se ne andò verso la sua auto.

Sospirò pensando al suo intento di mettere in vendita la propria casa, non ne era dispiaciuto ma…. era un passo definitivo. Voleva dire ammettere che tra lui e Jennifer era davvero finita.

Non l’aveva più sentita, né aveva provato a cercarla. Eppure era ancora convinto che lei sarebbe tornata a cercarlo, chiedendogli di tornare insieme.

Avrebbe accettato?

No.

Salì in macchina e mise in moto, pensando a come stava bene ogni volta che incontrava Emily.

 

 

 

Note: *rozzo: grazie a pirilla88 e xsemprenoi, perché sono state loro a definire Kevin “rozzo” facendomi ridere XD Grazie ragazze <3!! E grazie a tutti quanti, spero che la mia storia continui a piacervi anche se potrebbe avere risvolti drammatici…

  

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Capitolo 11
*** I sogni son desideri... ***


A/N: ihihihihihi

A/N: ihihihihihi!!!! Un pizzico di pop-porno O__o!!!! Spero vi piaccia, anche se….. XD

 

 

 

X

 

 

 

 

 

 

Aprì la porta e sorrise nel vederla.

“Ciao Emily” la salutò gentile “cosa ci fai a quest’ora…”

Ma non ebbe il tempo di finire, perché lei lo spinse entrando in casa e chiudendo la porta alle sue spalle.

Con una spinta lo fece sedere sul divano e sollevandosi la gonna, si mise a cavalcioni su di lui.

“Emily….” sospirò l’uomo, ma non era per niente dispiaciuto dalla situazione, anzi reagì affondando le dita nella sua morbida carne e sollevando ancora di più la gonna, fino a sfiorarle le mutandine per poi insinuarsi verso l’interno delle cosce.

“Sei meravigliosa..le disse lui con voce roca.

Si baciarono selvaggiamente fino quasi a mordersi l’un l’altra, in un turbine di passione che fece perdere la cognizione del tempo ad entrambi.

Emily si staccò dalle sue labbra e si alzò, afferrandolo per la camicia per farlo alzare. Lui obbedì e si lasciò guidare verso la camera da letto.

Che vuoi fare?” le domandò lui con un sorriso, pur sapendolo perfettamente.

“Indovina…” rispose spingendolo sul letto.

Si sollevò la gonna e si sfilò le mutandine, sotto lo sguardo eccitato dell’altro.

Salì sul letto e si mise di nuovo a cavalcioni su di lui, all’altezza dell’inguine, sentendo premere la sua virilità contro di lei.

Gli strappò la camicia facendo saltare tutti i bottoni in aria e si precipitò a baciarlo di nuovo, mentre lui infilò le mani sotto la sua maglietta per accarezzarle il seno.

Emily si raddrizzò e dopo averlo guardato negli occhi, fece scivolare le mani sul suo petto, giù per l’addome fino ai pantaloni.

Li sbottonò e abbassò la zip, lui deglutì chiudendo un attimo gli occhi per riaprirli subito. Non voleva perdersi un solo attimo di quel momento fantastico.

“Ti sembro sfacciata?” gli domandò sorridendo maliziosa.

Lui scosse il capo. “No, mi sembri stupenda..rispose sfiorandole con dolcezza i capezzoli.

Emily adorava sentirsi toccare in quel modo da lui, le sue mani grandi ma gentili la facevano impazzire.

 Non osava immaginare il resto, cosa le avrebbe fatto.

Impaziente, lo liberò dalla prigione dei boxer e lo fece entrare in lei, completamente.

Gemettero entrambi chiudendo gli occhi, Emily aveva immaginato che fosse grande, ma non così… per fortuna era bagnata.

“Stai bene?”

La giovane sorrise. “Sì.. e tra poco starò ancora meglio….” rispose accarezzandogli il petto.

L’uomo la prese per i fianchi e la guidò nei movimenti, senza staccare gli occhi dai suoi.

Si muoveva su di lui sempre più velocemente, in un crescendo di piacere che le mozzava il respiro. Non aveva provato mai niente di così intenso, e gli occhi del suo uomo che si intorbidavano sempre di più, aumentavano la sua gioia.

Respiravano con affanno, muovendosi in sincrono sempre con più decisione, fino ad arrivare sempre più in alto, sull’orlo dell’estasi.

Emily gettò la testa all’indietro mentre migliaia di brividi la devastavano.

“Kevin!” urlò sopraffatta, tenendosi alle sue braccia per non cadere all’indietro.

Lui aumentò il ritmo e gemette, arrendendosi al piacere, ansimando sfinito.

La ragazza gli crollò addosso, posando il viso sul petto sudato di Kevin.

“Sei meraviglioso…” gli disse ansimando.

L’uomo rise. “Siamo meravigliosi” la corresse “perché tu… tu sei unica Emily…”

Sollevò la testa e raggiunse la sua bocca, che baciò assaporandola estasiata.

“E’ stato bellissimo Kevin… sei un uomo fantastico. lo lusingò.

Lui sorrise e le accarezzò il viso. “Lo è stato anche per me…. E ti voglio ancora….”

Così dicendo, ribaltò la situazione e si mise su di lei, la baciò con passione mentre lei gli cinse la vita con le gambe, stringendo forte.

Lo desiderava tanto, però quando le scivolò di nuovo dentro credette di impazzire, era bagnata ma Kevin era davvero grande….

 

 

Si svegliò di soprassalto, ansimando e tremando.

Che diavolo significava quel sogno? Che le prendeva? Lei non aveva mai fatto sogni erotici!

E per di più, in quello c’era… Kevin! Era impazzita per caso? Uno squilibrio ormonale improvviso, magari stava ovulando?

Emily si alzò dal letto, le gambe le tremavano e a malapena raggiunse la cucina, prese un bicchiere d’acqua e lo bevve tutto d’un fiato.

Si sentiva male, cioè no… o forse sì. Nascose il viso tra le mani e respirò a fondo, cercando di calmarsi.

Era stato solo un sogno, si erano visti quel giorno e lui aveva fatto una cosa molto carina, presentandosi come Frank per toglierla dall’imbarazzo. Sì, era per questo! Il suo cervello aveva elaborato quello strano sogno prendendo un po’ qua e un po’ là, non voleva certo dire che era attratta da lui!

Certo, perché è normale fare un sogno erotico così reale su un uomo che si conosce molto poco!

Lei non aveva mai fatto quei sogni, lei che era sempre stata poco interessata al sesso, mettendogli davanti l’amore.

Era stato il sogno più bello della sua vita, le sensazioni più intense che avesse mai provato. … nella vita reale!

Era stato…. meraviglioso.  E così reale che per un attimo aveva creduto di trovarlo accanto a se che dormiva…

Ma che stava pensando? Kevin era un estraneo! E quello era solo uno stupido sogno erotico, e basta!

Non c’era nient’altro dietro, nessun desiderio nascosto, nessuna attrazione…

Scosse il capo e si infilò di nuovo nel letto, sperando di non fare mai più quel genere di sogni.

Era spaventata da quello che era successo, molto spaventata.

Sapeva, in cuor suo sapeva, che un sogno del genere non arrivava per caso.

Ma non voleva pensarci, chiuse gli occhi e nascose la testa sotto le coperte.

Lei stava ancora male per Frank, era delusa e ferita e Kevin era solo.. una specie di amico, ferito e deluso dalla moglie come e più di lei.

Sì, però nel sogno avevano fatto l’amore, e a lei era sembrato sul serio di sentirlo dentro di sé.

Enormemente dentro di sé.

E l’aveva fatta godere intensamente.

“Basta!” urlò a sé stessa nell’ovattata atmosfera del proprio letto.

Si addormentò poco dopo, ancora scossa, pensando suo malgrado a quanto era stato intenso quel dannato sogno…

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** La mia medicina ***


Non era stato difficile, parlare di vendere la sua casa non gli aveva procurato tanto fastidio quanto aveva creduto

 

XI

 

 

 

 

 

Non era stato difficile, parlare di vendere la sua casa non gli aveva procurato tanto fastidio quanto aveva creduto. Forse era stato l’incontro con Emily ad averlo distratto, stava di fatto che ne aveva parlato come se non gli riguardasse più di tanto.

Era successo cinque giorni prima, e quel giorno all’agenzia gli avevano detto che da lì ad una settimana sarebbe passato un esperto per valutare l’appartamento, quindi era necessario mettere tutto in ordine. Anche se era a buon punto, visto che aveva rimosso tutti i detriti causati dalla sua furia.

Non si aspettava certo che quella giornata si sarebbe evoluta molto negativamente.

“Cosa diavolo hai fatto?!” strillò Jennifer non appena Kevin mise piede in casa.

Lui la guardò sorpreso e, maledicendosi, sentì il proprio cuore fare un salto. Gli faceva ancora effetto, non gli era indifferente come si era augurato.

“Pulizie di primavera” rispose “tu cosa diavolo ci fai qui?”

Jennifer parve sorpresa dal suo tono. “Questa è casa mia! C’erano le mie cose! Tu mi hai distrutto tutto quanto!”

Urlava inviperita, scioccata nel vedere tutti i suoi preziosi soprammobili spariti dall’appartamento, e quelli che ancora c’erano, si presentavano in frantumi.

Non gli aveva detto nemmeno ciao, non le interessava di nulla fuorché i suoi oggetti.

“Oh mi dispiace” disse l’uomo superandola “vedrai che qualcuno che ti ricompra quelle cose, lo trovi. E poi, questa è casa mia, non tua. Lo ricordi, vero?”

La donna, bella come sempre, lo guardò serrando le labbra. “Già, l’unica cosa che ti distingue da un pezzente è proprio questo appartamento che io, però, ti ho spinto a comprare!”

Kevin si fermò a guardala, colpito dall’aggettivo che aveva usato per insultarlo.

Pezzente.

Strinse i pugni e serrò la mascella, quell’incontenibile rabbia provata quel giorno si era ripresentata in tutta la sua intensità.

“Ti ringrazio Jennifer, l’ho molto apprezzato. Ma l’ho messa in vendita, non mi serve questa casa. Con o senza di essa, resto sempre un pezzente, no?” disse a denti stretti.

Lei sorrise maligna. “Infatti. Non ti sei mai elevato al mio livello, e questo disastro ne è la prova. Sei solo un provinciale, lo sei sempre stato e sempre lo sarai. Sai, sei stato proprio un grande errore.”

L’uomo scattò verso di lei e l’afferrò per un braccio, stringendoglielo forte.

Però quando ti scopavo, andavo bene vero? Non ti dispiaceva avere un provinciale addosso che ti faceva godere, vero? Credi che non lo sappia che il vero motivo per il quale stavi con me, era questo?” le disse parlando a pochi centimetri dalla sua bocca.

Lei gli rise in faccia. “In effetti è così” ammise senza vergogna “i primi tempi eri fantastico, un vero toro da monta. Ma poi…”

Kevin le lasciò il braccio e si allontanò di qualche passo, intuendo cosa stava per dire sua moglie.

“Poi sai, è subentrata la noia, la monotonia, e hai perso quello slancio. Ti dirò Kevin… ultimamente fingevo per non farti sentire un fallito. Ma credimi, non sei quel gran amatore che ti ho fatto credere per anni.”

Il suo cuore sembrò fermarsi, lo sgomento e l’umiliazione gli opprimevano il petto e un fastidioso ronzio lo assordava. Non poteva.. .avere detto davvero quelle cose. Svilirlo come uomo? Come amante? Perché?

“Poi hai trovato Frank, lui si che è un uomo, giusto?” le domandò arrabbiato.

“Sì, decisamente! Fantasia e passione, il mix perfetto!” rincarò la dose lei, sapendo di ferirlo a morte.

“Sparisci da qui.” le intimò minaccioso.

Jennifer sbattè le palpebre. “Cosa?” ebbe il coraggio di dire.

“Ho detto esci immediatamente da qui!” urlò l’uomo respirando velocemente.

Altrimenti cosa fai? Mi picchierai?”

“Non mettermi alla prova, sgualdrina. Potrei perdere l’ultimo barlume di lucidità che mi resta…” il tono della sua voce era pericolosamente serio.

“Come mi hai chiamata? Sgualdrina? Come osi?” gli domandò indignata.

“Preferisci puttana? Perché è quello che sei… solo una puttana. In nome di Dio, esci immediatamente da qui o non so cosa succederà!” le disse nuovamente nascondendo il viso tra le mani, un forte mal di testa iniziò a fargli pulsare le tempie.

Questa volta la donna lo prese sul serio e senza aggiungere altro, uscì rapidamente dall’appartamento. 

Rimasto solo, Kevin si guardò intorno cercando di riprendere il controllo del proprio respiro. Autentico furore lo faceva tremare.

Chi era davvero quella donna? Possibile che per anni e anni non si era accorto di che razza di essere umano era?

Non gli importava niente delle accuse di scarsa virilità che gli aveva fatto, lui sapeva benissimo di essere un uomo, se pensava di demoralizzarlo castrandolo così, aveva sbagliato i suoi calcoli. Ma sentirsi dire quelle cose, con quello sguardo.. cattivo, risoluto, lo aveva ferito profondamente.

Jennifer voleva distruggere anche il più piccolo brandello di amor proprio che era in lui, e non aveva trovato di meglio che farlo dicendogli di non essere abbastanza uomo per lei, e di aver trovato un vero uomo nel suo amante.

Ebbe voglia di prendere a pugni qualcosa o qualcuno, distruggere tutto quello che gli capitava a tiro, con la speranza di sfogare tutta la rabbia che aveva in corpo.

Ma non lo fece. Emily aveva ragione, con gli scatti d’ira non si risolveva nulla. La rabbia sarebbe rimasta sempre in lui e avrebbe dato prova di aggressività e violenza. E lui non voleva.

Sospirò profondamente passandosi una mano nei capelli, cercando di calmarsi.

Decise di uscire da quella casa, al diavolo l’agenzia, aveva bisogno di andare via immediatamente.

E sapeva anche dove andare.

Aveva bisogno di vedere Emily.

 

 

 

/-----/

 

Emily stava guardando la Tv, trasmettevano una soap opera sudamericana. Di quelle degli anni ’80, le migliori, pensava lei.

Sentì bussare alla porta e si alzò dal divano sul quale era comodamente sdraiata, raggiunse la porta e domandò chi fosse.

“Emily” disse il visitatore “sono Kevin… tutto regolare.

La ragazza sentì il cuore fare un balzo. Non si erano più visti dal giorno del ristorante, dal giorno di quel sogno…..

Deglutì e aprì la porta, sfoggiando un sorriso amichevole.

“Ciao….” ma quando vide l’espressione dell’altro, il sorriso le morì sulle labbra.

“Kevin… che succede?” domandò preoccupata.

“Nulla, perché?”

Emily scosse il capo. “Sembri… devastato. Sei pallido.” e si fece da parte per farlo entrare.

Lui si chinò e le baciò una guancia, Emily pensò che il suo dopobarba era buonissimo…

“Mah, forse è il mal di testa che mi sta uccidendo. Se fossi donna direi che è il ciclo!” cercò di sdrammatizzare con un sorriso.

Non era andato lì per piangere sulla sua spalla, voleva solo vederla, stare vicino ad una persona dolce come Emily, dopo tutto il veleno che Jennifer gli aveva sputato addosso.

La giovane lo guardò attentamente ma penso che se lui non voleva parlare di cosa lo stava realmente devastando, non poteva certo obbligarlo.

“Prego, accomodati.” gli disse indicando il divano.

Ma così facendo, le ritornò in mente il suo sogno. Cercò di scacciarlo ma non ci riuscì, e la presenza di Kevin lì nel suo soggiorno di certo non la aiutava. Ormai era chiaro che fosse attratta da lui e non c’era nulla di male in fondo. Era attraente e vigoroso, qualunque donna se ne sarebbe sentita attratta.

Si schiarì la voce e spense la Tv, mentre l’uomo prendeva posto sul divano. “Scusami, stavi guardando qualcosa e io ti ho disturbata…” si scusò.

“Oh no figurati” rispose prontamente lei “una telenovela sudamericana…di quelle che replicano all’infinito dagli anni ’80!”

Kevin sorrise. “Ah, quelle che guardava, e suppongo guardi ancora,  mia madre! Intrighi, tradimenti, colpi di scena… capelli cotonati e vestiti floreali!”

“Vedo che sei ferrato in materia.” commentò Emily ironica.

L’uomo si massaggiò il mento. “Figlio unico… piuttosto ritirato… un solo televisore in casa… mi sembra piuttosto ovvio che finissi col guardare anche io quei telefilm quando li guardava lei. Non che ne fossi un patito, anzi, non ci capivo nulla! Ma mi capitava di subirle, sì…”

La ragazza scoppiò a ridere. “Tu non puoi esistere sul serio, voglio dire… un uomo che subisce passivamente le soap opera e ne parla quasi con rimpianto? È meraviglioso.”

Tu sei meravigliosa, pensò guardandola ridere allegramente. Ecco perché era lì, per sentirsi sollevato, curato dal suo essere dolce e allegra. La rabbia sembrava sopita, ma restava la tristezza che cercava di nascondere.

“Secondo me molti uomini le guardano deliberatamente” sentenziò serio “solo che non hanno il coraggio di dirlo. Io non le guardo, ma da ragazzino mi capitava appunto. Non ci vedo nulla di male ma per molti uomini è una vergogna…”

“Vero, so per certo che mio padre guarda Beautiful, ma se glielo domandi nega con tutto se stesso. A volte voi maschietti credete che la virilità si denoti dal tipo di Tv che si guarda…”

Kevin annuì ridacchiando, per nulla colpito dal riferimento alla virilità. A lui davvero, non importava questo. Lui conosceva se stesso.

“Sì hai ragione, ma noi siamo fatti così. Insicuri, in fin dei conti.” rispose poggiando le braccia sulle gambe.

“A dire il vero tu mi sembri tutto tranne che insicuro…” disse Emily fingendo indifferenza.

In realtà nel momento stesso in cui diceva quella frase, ne aveva formulato un'altra che, ne era sicura, avrebbe vagato per la sua mente per ore: Secondo me quando prendi una donna sei capace di farla urlare per ore….

“Diciamo che alla mia età so chi sono.” affermò con convinzione.

“Scusami, non ti nemmeno offerto un caffé!” esclamò lei solo per distogliere i pensieri da quella frase.

Kevin scosse il capo. “Non ti preoccupare, non voglio niente. Volevo solo… fare due chiacchiere.”

La ragazza sospirò. “Cosa è successo?” gli domandò comprensiva.

L’uomo restò in silenzio per lunghi momenti, guardando le proprie mani. “Nulla che meriti di essere ascoltata da te” rispose guardandola negli occhi “è solo che… avevo bisogno di questo. Di parlare…. scusami, so che non ci conosciamo nemmeno ma… ne avevo bisogno.” spiegò.

Emily si sentì sciogliere il cuore. L’uomo che aveva davanti stava soffrendo ma non voleva scaricare su di lei i suoi problemi. Si alzò dal suo posto e si sedette accanto a lui. “Mi dispiace Kevin… mi dispiace davvero, tu non meriti di soffrire.

Lui le sorrise ma i suoi occhi era velati di tristezza. “C’è chi non la pensa così.” rispose eloquente.

La giovane donna si sporse verso di lui e lo abbracciò, cingendogli il collo con le braccia.

Kevin restò di ghiaccio, non si aspettava un gesto del genere ma ne fu felice, molto felice.

Le passò le braccia intorno alla vita e la strinse con dolcezza, sospirando profondamente.

Aveva proprio bisogno di quell’abbraccio, lo capì solo quando lei glielo diede.

Una parte di lei si stava chiedendo cosa diavolo le era saltato in mente, ma l’altra parte sapeva che Kevin aveva bisogno di quel gesto, e il suo abbraccio di risposta ne era la prova più evidente.

“Grazie..” le mormorò all’orecchio, ma non c’era assolutamente malizia.

Non c’era atto più sincero di quello, un abbraccio dato ad una persona che stava attraversando un momento delicato, che aveva bisogno di sapere che qualcuno lo capiva e lo appoggiava, anche senza sapere cosa realmente era successo.

Sciolsero l’abbraccio e sorrisero. “Devo venire a trovarti più spesso, se mi regali ogni volta un abbraccio così. disse lui scherzando.

Emily ridacchiò. “Oh sei un tenerone! Credevo fosse una leggenda, invece è vero: i giganti come te sono teneri!”

Kevin annuì stringendo le labbra. “In effetti nella mia famiglia, quello più arcigno era mio padre. Tutti gli altri maschi, tutti grandi come me o quasi, era piuttosto arrendevoli.. buoni. Sarà una questione di geni.” concluse agitando le mani in aria.

“A proposito.. posso chiederti quanto sei alto?” domandò la ragazza.

Un metro e novantasette.”

Emily sgranò gli occhi. “L’altezza di una porta, in pratica!”

L’uomo scoppiò a ridere. “Questa è bella, di solito mi chiamano armadio, ma porta nessuno!”

Lei si strinse nelle spalle. “Mi piace essere originale!”

Continuarono a parlare per un’ora buona, durante la quale si chiesero quanti anni avevano. Emily non fu sorpresa nel sentire dei trentasei anni di Kevin, più o meno li aveva immaginati, ma lui fu sorpreso dei suoi ventotto.

“Scherzi?” le domandò sinceramente sorpreso.

“Ne dimostro di più?” chiese lei di rimando, allarmata.

“Oh no” negò lui “io te ne avevo dato venti… ventidue… sono scioccato, piacevolmente scioccato.”

“Lo dici per compiacermi?”

“Assolutamente no” le assicurò Kevin sorridendo “ero sicuro che fossi una ventenne… di solito alla tua età sono…”

“Mature, seducenti?” suggerì la giovane.

Lui scosse il capo, tornando serio. “Tu sei entrambe le cose, è solo che…. l’esempio che ho avuto io è stato di una donna perennemente… truccata, artificiale…. tu sei bellissima senza trucco, sei luminosa senza artifici…”

Per un attimo Kevin si sentì strano. Un vago desiderio che gli mosse il sangue, ma che non riuscì a cogliere completamente.

“Non sono mai stata una fanatica del trucco” ammise lei “e non credo di diventarlo alla soglia dei trenta!”

“Non farlo infatti” le suggerì l’uomo “sei bella così.”

Che stava succedendo?

“Okay Emily, io dovrei andare” disse improvvisamente “tra un paio di giorni verranno dall’agenzia per valutare l’appartamento e… devo rimetterlo un po’ in ordine.. l’hai visto, no? C’è stato una specie di tzunami…”

“Sì, ricordo vagamente. Forse ti servirebbe una mano… femminile.” azzardò lei.

Kevin la fissò per un istante. “Ti ringrazio ma… non preoccuparti…”

“Dico sul serio Kevin, se vuoi, ti aiuto volentieri. Ribadì.

“Emily… in quella casa… non credo che tu…”

La giovane donna scosse il capo sospirando. “Tu ti sei finto Frank per me, io posso benissimo aiutarti a spazzare un pavimento. Dico sul serio, sarei felice di aiutarti. ripeté alzandosi. Era così piccola rispetto a lui, che a malapena gli arrivava al petto.

“Beh... allora se ti va.. potresti venire domani mattina… se per te va bene.” propose un po’ imbarazzato.

Emily annuì con un sorriso. “Okay, benissimo. Domani mattina va benissimo.”

Lo accompagnò alla porta e si diedero di nuovo un bacio sulla guancia.

E un brivido percosse entrambi, ed entrambi fecero finta di non sentirlo.

“A domani allora, e grazie.” la salutò Kevin.

“Di niente, davvero. A domani.”

Kevin non aveva dimenticato l’incontro con Jennifer, era sempre lì a bruciargli lo stomaco. Ma meno intensamente.

Emily era la sua medicina, e questo un po’ lo spaventava.

Lei dal canto suo, per quanto sincera fosse stata e per quanto partecipe fosse al suo dolore, durante quell’abbraccio dolce e gentile, l’aveva desiderato.

 

 

 

A/N: Soliti ringraziamenti vivissimi a tutti coloro che hanno aggiunto questa storia tra i preferiti/seguiti e grazie soprattutto alle ragazze che recensiscono *__* Ci avevate creduto col precedente capitolo eh?? Ahahhaah!! Beh… la storia sta prendendo il verso giusto… anche se il nostro eroe soffre per come quella bagascia lo tratta (quale uomo non si arrabbierebbe) qualcosa gli si è mosso pure a lui… lei ormai è partita e fa pensieri osceni su di lui *___*!! Ci sarà l’amore, ma anche un po’ di dolore per entrambi…. Baci!

 

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Capitolo 13
*** Credo fosse destino ***


Nonostante stare con Emily lo avesse rinfrancato, quella notte Kevin non era riuscito a dormire

XII

 

 

 

 

Nonostante stare con Emily lo avesse rinfrancato, quella notte Kevin non era riuscito a dormire. Solo verso l’alba il sonno era riuscito a piegare le sue resistenze, ma per non più di un’ora. E quando si era alzato, stanco e triste, aveva pensato che forse non era stata una buona idea darle appuntamento per quella mattina, nel suo appartamento.

Quello stesso appartamento che era stato teatro del tradimento di sua moglie con quel verme, che a sua volta aveva tradito Emily ad un passo dalle nozze. Sì, pessima idea. Ma era stata così gentile ad offrirsi di aiutarlo che non aveva potuto fare altro che dire di sì.

Mentre aspettava l’arrivo di Emily, si guardava intorno avendo l’impressione di essere in casa di qualcun altro. Non la sentiva più casa, anzi non era mai stata casa sua, e ogni giorno che passava questa consapevolezza si faceva più forte e dolorosa.

Lui aveva sbagliato tutto con Jennifer, fin dal primo giorno. Le aveva lasciato tutti i poteri, accettando ogni comportamento solo per paura di perderla. Ecco perché si era tanto meravigliata della reazione di Kevin, era certa che non si sarebbe mai ribellato al suo strapotere.

Sua moglie lo aveva sempre considerato, e continuava a farlo, solo un povero stupido, un uomo debole da sottomettere.

E la cosa peggiore era che lui glielo aveva fatto credere, solo per non perderla. Per tenere legata a sé una donna che… non lo amava. Ma che amava avere lo scettro del comando.

Sospirò e si massaggiò le tempie, era distrutto e infelice, sperò quasi che Emily non arrivasse.

“Buongiorno.” la voce dolce e melodiosa della giovane donna riecheggiò nel salotto, lui alzò la testa e sorrise.

“Buongiorno a te.” rispose.

Lei entrò senza guardarsi intorno, con un sorriso gentile che le distendeva le labbra rosate, mentre i capelli rossi sciolti sulle spalle ondeggiavano ad ogni passo. Kevin pensò che somigliava molto ad una di quelle belle donne dei quadri, morbide e sensuali….

Emily si accorse subito che lui non stava bene, i suoi begli occhi grigi non brillavano più come quando avevano recitato la parte dei fidanzati e il viso era pallido e triste. Era successo qualcosa in quella settimana, qualcosa che lo aveva ributtato nella tristezza alla quale stava reagendo.

“Allora… che dobbiamo fare?” gli domandò decidendo di non chiedergli come stava: domanda stupida, perché era evidente.

L’uomo si strinse nelle spalle. “Appicchiamo un incendio? Sarebbe la soluzione più rapida e indolore…. voleva essere una battuta, invece sembrò un grido di dolore.

La ragazza tentò di sorridere e posò la propria borsa a terra. “Lo farei volentieri ma forse ci arresterebbero, sai?” commentò spostando uno scatolone ancora da riempire.

Kevin la guardò per un lungo momento e sospirando decise di darsi una mossa. Era andata lì per aiutarlo,e ora lui se ne stava impalato senza fare nulla? Doveva reagire, semplicemente.

“Sì, hai ragione. Dicono che in carcere succedono cose strane… preferirei evitare!” disse lui raccogliendo alcune bottiglie da terra.

Emily scoppiò a ridere. “Sì, l’ho sentito anche io, in effetti. Anche se uno come te avrebbe pochi problemi, suppongo.”

“Ricorda che l’unione fa la forza” sottolineò Kevin con convinzione “un uomo solo può fare ben poco contro il gruppo, anche se alto come me.”

“Oh… hai ragione. Allora cerchiamo di non farti finire in carcere, anche se ogni tanto fai qualcosa di… denunciabile. rispose Emily riferendosi sia al pestaggio in mezzo alla strada di Frank, sia alla devastazione di quell’appartamento.

Kevin si fermò e la guardò perplesso. “Parli della gragnola di botte che diedi a quello lì? E da quando pestare uno stronzo è illegale? Camminando sui marciapiedi può capitare…” concluse serio.

Era una battuta orribile, ma lei non potè evitare di ridere. “Questa è davvero pessima, lo sai?” lo ammonì cercando di contenersi.

Lui alzò le spalle. “Ti chiedo scusa.. a volte escono autonomamente. Ma è quello che penso, per cui…”

No dannazione, pensò, non voleva assolutamente tornare sul discorso Jennifer/Frank. E neanche lei lo voleva.

“Posso farti una domanda?” disse Emily cambiando discorso, volutamente.

“Certo.”

“Che lavoro fai?”

Kevin strinse le labbra scuotendo lentamente il capo. “In pratica nulla, adesso. In società con un amico, aprimmo una piscina e io ero uno degli istruttori di nuoto. Insegnavo a nuotare soprattutto ai ragazzi. Poi sai… per alcune persone ci sono lavori disonorevoli e ad un certo punto mi vidi costretto a ritirarmi, percependo solo la mia quota mensile. L’amico e socio si arrabbiò non poco perché andando via io, lasciavo un vuoto di gestione che faticò a colmare con qualcuno di qualificato come me, per cui anche la nostra amicizia è praticamente morta. Prendo ancora i soldi ma non faccio nulla…”

Emily lo ascoltò in silenzio, capendo subito che alcune persone stava a indicare sua moglie. Quella donna lo aveva costretto a lasciare il suo lavoro perché non le piaceva.

“Potresti tornare a farlo, adesso.” suggerì lei.

L’uomo sorrise. “Dopo quasi dieci anni? No, non potrei. Sono fuori allenamento e… non me la sento. confessò con un sospiro.

“Parli come se avessi ottant’anni.”

“In questo momento me li sento davvero…” rispose in un sussurro.

La giovane lo guardò ed ebbe come un’illuminazione. “Oh mio Dio!” esclamò

Kevin alzò la testa di scatto. “Cosa c’è?”

“Tu sei… quel Duval? Della nazionale nuotatori?”

Lui si schiarì la voce. “Sì, sono proprio io.” ammise “ Ma sono passati quasi vent’anni da allora, lo ricordi?”

Lei annuì sorridendo. “Ovvio. Nella mia piccola testolina di bambina, non riuscivo a capire come facesse un ragazzo col cognome francese, a fare parte della squadra inglese di nuoto! Allora sei proprio tu… wow che onore! Un’autentica promessa…”

“Ti prego ora mi imbarazzi” si schermì lui “e poi è passato tanto tempo. Abbandonai le gare per un infortunio alla spalla e appunto mi misi in società con questo mio… ex amico. Bella parentesi agonistica ma conclusa senza rimpianti.

“Io non so come fate voi nuotatori.”

“A fare cosa?”

Emily agitò le mani in aria. “A sopportare… l’acqua. Voglio dire, non ti veniva mai la paura di annegare?” gli domandò.

Se sai nuotare, non dovrebbe succedere. Che ti è successo?” era sicuro che avesse avuto una brutta esperienza in acqua.

“A me? Nulla.” tagliò corto la ragazza.

“Bimba.. sono un istruttore di nuoto in pensione. So riconoscere la paura dell’acqua dovuta ad una brutta esperienza. Che ti è successo?”

Lei sospirò e lo guardò imbarazzata. “Avevo dodici anni, credo. Ero in piscina con dei compagni di scuola e alcuni di loro vollero farmi una scherzo. Mi presero di peso e mi buttarono in acqua. Io non ero una provetta nuotatrice e iniziai ad annaspare in acqua, ho creduto davvero di morire. Poi qualcuno si tuffò e prendendomi in braccio mi portò fuori dall’acqua semi-svenuta, non ricordo neanche che faccia avesse, e…”

“….con te ancora tra le braccia, sgridò quei ragazzi così duramente che un paio iniziarono a piangere e non misero più piede in quella piscina.” concluse Kevin per lei.

Si fissarono per alcuni secondi, Emily era letteralmente scioccata. Era lui la persona che sedici anni prima l’aveva salvata dall’annegamento?

“Non ci credo.. allora eri tu il mio angelo. Io non.. ricordavo chi fosse…” disse stupita.

“Ecco perché avevo la sensazione di averti già vista. Eri quel pulcino indifeso che quegli stronzetti buttarono in acqua!” esclamò.

La ragazza annuì con le lacrime agli occhi. “Già…”

“Ehi Emily” le disse Kevin avvicinandosi “che c’è?”

“No, è che.. quello è stato il giorno più brutto della mia vita. Pensai davvero di morire e da allora faccio solo la doccia perché il bagno mi terrorizza. E inoltre…  mi sentivo in colpa perché non avevo ringraziato la persona che mi aveva salvato..”

L’uomo si intenerì e rivide la ragazzina spaventata di tanti anni prima. “Piccola… vederti sana e salva è il miglior ringraziamento che potessi avere, sul serio.”

Emily lo guardò negli occhi e gli sorrise. “Era proprio scritto da qualche parte che dovevamo incontrarci. disse.

Direi proprio di sì, era destino.” concordò Kevin spostandole una ciocca di capelli dal viso.

Il mondo era davvero piccolo e imprevedibile, chi l’avrebbe detto che tra migliaia di persone, avrebbe rivisto proprio quella bambina di sedici anni prima? E ne era felice, ricordava l’episodio con apprensione e rabbia e si era chiesto per anni che fine avesse fatto.

Lei aveva voglia di abbracciarlo ma non lo fece, probabilmente era fuori luogo e magari lui non avrebbe apprezzato e… preferiva evitare, ecco.

“Okay, continuiamo qui?” propose lei dopo alcuni istanti.

Kevin si guardò intorno sospirando. “Sì. Dovrei sgombrare il più possibile, anche le cose che.. non sono andate in pezzi.”

“Hai intenzione di buttare tutto?” domandò la giovane.

Lui annuì serio. “Visto che non posso dare fuoco a niente, mi accontenterò di buttare tutto nell’immondizia.

Si rimisero all’opera.

Kevin portò giù alcuni scatoloni pieni di oggetti rotti e non, mentre Emily raccolse libri e cd sparsi qua e là per poi inscatolarli come il resto. Lavorarono per almeno un paio d’ore, alternando momenti di silenzio a chiacchiere leggere, quasi stupide.

Per non pensare a niente, per distrarsi. Ma per Kevin era difficile, molto difficile. Buttare le foto, i ricordi di quel matrimonio che, seppur sbagliato e nato morto, era durato dieci anni. Dieci anni per lui importanti, ma evidentemente non per Jennifer.

Emily evitava di guardare le foto. Le davano fastidio, odiava quella donna profondamente e per due motivi. Il dolore che aveva causato a lei rubandole Frank e… il dolore che stava causando a Kevin. Lei lo sapeva benissimo che stava soffrendo da morire, che dietro quel sorriso c’era tanto dolore. Ma se non voleva parlarne, lei non era nessuno per chiedergli qualcosa.

“Mi pare che abbiamo finito per ora, no?” disse lei mettendosi le mani sui fianchi.

“Per i mobili più grossi ci penseranno quelli del trasloco, li ho già contattati e verranno domani per… disfarsi di questa roba. Quindi, grazie a te, abbiamo finito.” annunciò Kevin con un sorriso stanco.

“Stai bene?” Emily non potè fare a meno di chiederglielo.

Lui scosse il capo. “No. Decisamente no. Ma passerà e mi riprenderò definitivamente.”

Non ne era per niente sicuro.

“Mi dispiace tanto Kevin” gli disse avvicinandosi a lui “vedo che soffri e… mi dispiace.

L’uomo sentì una fitta allo stomaco, di nuovo quella…. strana sensazione provata il giorno prima accanto a lei. Ne era spaventato, confuso.

“Non devi preoccuparti per me Emily, io sto bene. Cioè no, non sto bene” si corresse capendo di essere caduto in contraddizione “ma sono mali che… passano, si guarisce. Anche tu stai male eppure.. reagisci. Mi passerà.” le assicuro con una convinzione che non aveva.

Emily scosse il capo. “Sai, credevo che tra noi quella più addolorata fossi io, ma mi sbagliavo. Io la sto superando davvero, ogni giorno che passa mi sento più libera. Ma tu Kevin… i tuoi occhi trasmettono tutta la tua rabbia… se hai.. bisogno di parlare, io sono qui. Forse sono la persona meno adatta, non lo so. Ma puoi contare su di me…”

Kevin la guardò con dolcezza e sorrise, sforandole una guancia con le dita. “Ti ringrazio ma… è qualcosa che devo elaborare da solo. Devo distruggerlo con le mie forze, parlarne non credo che… risolverebbe molto.

La ragazza interpretò quella risposta come una sorta di chiusura verso di lei, pensò che forse si era spinta troppo oltre e si pentì delle proprie parole.

“Ti chiedo scusa, non avrei dovuto intromettermi…” cercò di spiegare.

“Scherzi? Sono io quello che deve scusarsi, non tu. Sei stata così.. dolce e gentile con me, come mai nessuno nella mia vita. Ogni volta che ti vedo io sto meglio, ma sì hai ragione, sto molto male. Ieri e oggi molto più di altri giorni. Ma è una situazione nella quale non voglio trascinarti, non posso. Perché tu non meriti di…” si fermò pensando bene a come concludere. “Non meriti di sapere certe cose.. squallide di questa storia ignobile. Deve passarmi, e mi passerà.”

“Va bene” annuì Emily “ma se cambi idea… sai dove trovarmi. A proposito, tu hai il mio numero di telefono, ma io non il tuo. si ricordò.

E’ vero… aspetta.” rispose lui raggiungendo la sua giacca poggiata su una sedia, prese il cellulare dalla tasca e tornò da Emily, che intanto aveva preso il suo. Si scambiarono il numero di cellulare ripromettersi a vicenda di telefonarsi l’un l’altra se avessero avuto bisogno di qualcosa.

“Ora vado, questa sera ho promesso a Rachel che avrei badato ai bambini mentre è di turno al pronto soccorso..”

“Adorabili quei bambini” disse illuminandosi “avevano paura di me e allo stesso tempo li incuriosivo!”

In effetti è questo ciò che susciti. Timore e curiosità.” replicò Emily in tono leggermente ironico.

Lui corrugò la fronte. “Sì? Anche per te è così?”

Emily non sapeva cosa rispondere, e si sentì a disagio. “Beh ecco… un po’ sì” ammise “almeno inizialmente un po’ mi spaventavi.

“Spero ora non sia più così.”

Lo guardò negli occhi con attenzione, erano di un grigio cristallino ma…. velato di inquietudine.

Mmh.. no, diciamo di no. Altrimenti non sarei qui da sola con te!”

A me piace stare con te, pensò distogliendo un attimo gli occhi dai suoi.

“Grazie per tutto Emily.” le disse con dolcezza.

“Di niente, davvero. Ci vediamo, allora…”

“Sì, a presto.”

Le prese il viso tra le mani e la baciò sulla guancia. Il cuore della ragazza fece una capriola inaspettata.

L’accompagnò alla porta e aspettò che si allontanasse prima richiuderla.

La breve parentesi serena si era conclusa, e Kevin ripiombò nella frustrazione. Quella ragazza era semplicemente….. fantastica. Ma forse la sua presenza sottolineava ancora di più la sua miseria.

Avrebbe dovuto incontrare una donna come lei, non una come Jennifer. La sua vita era un disastro, un fallimento.

Allo stato attuale, l’unica cosa buona nella sua vita era… Emily.

Sì, avrebbe dovuto sposare una donna come lei. Era certo che le cose sarebbero andate diversamente con a fianco una persona come lei.

Invece aveva sprecato metà della sua vita con la donna sbagliata, e ora si sentiva….  distrutto.

Sospirò e prese la propria giacca.

Pensò di andare a bere una birra, era da tanto che non ci andava.

 

 

A/N: Capitolo un po’ così.. diciamo di transizione O__o! Tra breve, un episodio molto brutto…. (no, non muore nessuno!!!). Grazie a tutti, come sempre XD.

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Nel fondo del baratro ***


a/n: Capitolo diviso in due (o forse tre...) scritto molto tempo fa (Sì a volte mi vengono in mente dei flash sulle storie che scrivo.. e non sempre seguono un ordine cronologico O__o) Capitoli difficili e tristi... ma bisogna toccare il fondo per risalire, no?? Nel prox capitolo...si piange :(



XIII

(Prima parte)





Vedrà che troverà presto un acquirente, signor Duval. Il suo appartamento è molto bello e in una zona della città molto ambita. Purtroppo ci vediamo costretti a metterla in vendita ad un prezzo inferiore al suo reale valore, ma sa, siamo in tempo di crisi e tutti i settori ne sono colpiti. Ma ne rimarrà comunque soddisfatto, vedrà.”

Sì, vedrai Kevin. Tra poco troverai un parigrado di tua moglie che comprerà l’appartamento che hai finito di pagare solo tre anni fa. Lo comprerà a circa metà prezzo e tu sarai ancora più miserabile di prima.

Questo era il pensiero che da circa una settimana gli rodeva il cervello. Ma non erano i soldi, non gliene importa davvero nulla, il problema era un altro.

Aveva visto con i suoi occhi il padre di Jennifer camminare a braccetto con il titolare dell’agenzia, il giorno dopo la stipulazione del contratto. Ecco perché gli era sembrato strano tutto quel giro di parole…

L’esperto aveva l’ordine di abbassare il prezzo!

Che gran occasione per gli avvocati Lewis! E quando ricapitava loro di umiliarlo per l’ultima volta? A qualcuno di loro era giunta la notizia che voleva vendere la sua casa e….

No, probabilmente era stata la stessa Jennifer a dirlo alla famiglia. Era così affezionata ai suoi preziosi soprammobili da decidere che doveva pagarla in qualche modo. E aveva fatto sì che tutti i risparmi della sua vita andassero a farsi fottere.

Da quel pomeriggio Kevin era sprofondato ancora di più nell’avvilimento. Si sentiva intrappolato nella gabbia che egli stesso aveva contribuito a creare, e non vedeva via d’uscita.

Nella vita aveva sbagliato tutto, aveva portato avanti una relazione che era chiaramente partita male. Era andato contro i suoi genitori che erano fortemente contrari a quella donna bella ma fredda, altezzosa. Aveva abbandonato il lavoro che amava perché lei si sentiva.. svilita nel dire qual era l’occupazione di suo marito.

Si era annullato, perché Jennifer Lewis era.. la donna dei suoi sogni. Il riscatto da una vita grigia, segnata da un perenne senso di inadeguatezza, di… in realtà si era sempre sentito uno straniero, completamente fuori luogo. E Jenny gli era sembrata la sua ancora di salvezza. Il più grande errore della sua esistenza, invece.

Totalmente diversi, e più passavano i giorni e più se ne rendeva conto.

L’esempio più lampante? Kevin avrebbe voluto dei figli, anche uno solo… lei assolutamente no. Non voleva sentirne nemmeno parlarne, era fuori discussione. E lui, chi era lui per insistere? Non sarebbe stato lui a portare avanti una gravidanza, né tanto meno a partorire.

Aveva accettato la sua volontà a testa bassa, pur sentendo il desiderio di paternità. Un desiderio che col tempo si era affievolito. Aveva accettato tutte le condizioni di quella donna, tutto. E cosa ne aveva ricavato? Assolutamente nulla, non aveva più nulla.

Gli amici di un tempo? Tutti allontanati. I genitori? Suo padre era morto diversi anni prima e sua madre se ne era tornata in Francia, si sentivano si e no una volta al mese, anche meno. Non aveva niente… non aveva una compagna, non aveva figli, non aveva un lavoro. Campava di rendita, a dirla tutta. Un parassita.

L’unica cosa di positivo nella sua vita, era Emily. Quella dolce rossa che tentava di aiutarlo, capendo la sua difficoltà. Ma in pratica aveva tagliato fuori anche lei, negli ultimi giorni.

Il suo passatempo? La sua valvola di sfogo?

Bere.

Tutte le sere in quel pub a rasentare la sbornia. Era l’unico sistema che conosceva per non pensare a niente, una bella bevuta e poi a dormire, e ricominciare daccapo il giorno dopo. Ma quella sera, l’alcool non gli faceva nulla. Il dolore, la frustrazione, il senso di fallimento erano troppo pesanti e bere non lo stava aiutando per niente.

Non si sarebbe mai più ripreso da quello, ritrovarsi a trentasei anni senza niente, senza una famiglia né amici né lavoro. Si faceva schifo perché si stava compatendo, ma non riusciva a reagire. Quando aveva detto ad Emily che ce l’avrebbe fatta, aveva mentito. Non ce l’avrebbe fatta perché era solo, disperatamente solo a causa di quella donna che lo aveva tradito e umiliato.

Mandò giù un altro bicchiere di gin e ne ordinò un altro ancora.

Amico” iniziò il barman “forse dovresti...”

Per favore, niente prediche. Sono abbastanza adulto.” rispose duramente.

L'altro sospirò e gli versò dell'altro gin. Nel frattempo si avvicinò un altro uomo.

Kevin” esordì poggiandosi al bancone “vacci piano.. stai bevendo decisamente troppo.” lo ammonì.

Lui alzò il e lo fissò con uno sguardo stanco. “Posso pagarti, Johnny. Non temere...” rispose ironico, ma l'altro non intendeva questo. Kevin stava decisamente bevendo troppo, e questo solitamente portava guai.

Se ne chiede ancora, non dargliene.” disse rivolgendosi al barman, che annuì serio.

Ascolta, va' a casa.. ora basta con i superalcolici. Anzi trovo uno dei miei che ti riaccompagna a casa, okay? Domani verrai a riprendere la tua macchina...”

Kevin lo fulminò con lo sguardo. “Non so ubriaco, lo sai. Magari lo fossi ma non lo sono, me ne vado da solo. Grazie per l'interessamento.”

Johnny lo guardò meravigliato, c'era qualcosa di pericolosamente strano in quel vecchio amico che si era allontanato anni prima.

Se cerchi guai, sei nel posto sbagliato.” lo avvertì allontanandosi.

Guai. Perché quella parola non aveva il significato negativo che Johnny le dava? A Kevin sembrava quasi... attraente. Guai nel senso di fare a botte? L'idea non gli dispiaceva.

In qualche modo doveva scaricare la rabbia che aveva, fare a pugni poteva aiutarlo, no? Inoltre magari....avrebbe risolto per sempre i suoi problemi...

Un uomo si avvicinò e si sedette accanto a lui, non lo guardava nemmeno facendosi gli affari propri, ordinò una birra e iniziò a berla. Era un uomo sui quarantanni, alto e robusto, non quanto Kevin ma sarebbe stato comunque un ottimo avversario...

Successe tutto in un attimo. Kevin attirò la sua attenzione e una volta giratosi, gli sferrò un pugno in faccia.

Da lì nacque il finimondo. L'uomo non era da solo ma con altri due amici che corsero in suo aiuto. Kevin era alto più di tutte quelle persone, ma era solo. Ed ebbe la peggio. Lo presero a pugni e lui non si affannò più tanto per difendersi, gli tirarono anche qualcosa addosso, che lo colpì sulla schiena. Ma lui continuò a far finta di combattere. Si stava facendo picchiare, di proposito.

D'improvviso si udì rumore di vetri rotti, Kevin sentì un forte dolore alla testa e le gambe gli cedettero. Cadde in ginocchio e si portò una mano sull'orecchio, la guardò e vide del sangue.

Basta cazzo! Così lo ammazzate!” disse qualcuno che lui non riconobbe. Tutto si oscurò e sentì freddo.

Perse i sensi accasciandosi sul pavimento.

/-----/



Sospirò guardando l'orologio. Mezzanotte e un quarto. Anche quella sera, Kevin non aveva risposto ai suoi messaggi, ed Emily iniziava a preoccuparsi sul serio.

Dal giorno in cui l'aveva aiutato con l'appartamento non l'aveva più visto e si erano sentiti solo un paio di volte. E non stava bene, peggio di come l'aveva lasciato lei. Perché non le permetteva di aiutarlo? Era sempre come se... volesse dirle qualcosa ma poi se ne pentiva.

Sapeva che in fin dei conti erano estranei, ma... lei si era sfogata fin dal primo giorno, poteva farlo anche lui! Cos'era, orgoglio maschile? Kevin ne aveva molto e si notava subito, ma perché usarlo anche con lei? Emily poteva capirlo, poteva aiutarlo.

Emily voleva...

Scosse il capo, rimproverandosi per quello che sentiva o che.. credeva di sentire per Kevin. Forse aveva semplicemente riversato su di lui tutte le speranze infrante, forse era affascinata dal suo modo di essere forte ma gentile, dalla sua intelligenza sottile e da quell'ironia a volte pungente. Non lo sapeva, e non sapeva neanche se fosse solo... attrazione fisica. Cioè.. Kevin era bello, le piaceva quel viso un po' spigoloso e i suoi grandi occhi di un grigio particolare. Aveva una voce profonda e un modo di parlare a volte un po'... concitato. Era nervoso e lei lo capiva.

Non gli trovava un difetto, e questo le faceva paura. Non voleva farlo.. non poteva farlo..

Non poteva innamorarsi di Kevin Duval. Eppure era proprio questa la sensazione, di essersi quasi innamorata di lui. Forse era una semplice infatuazione, ma stava di fatto che sentirsi tagliata fuori dalla sua vita, la faceva soffrire.

Detestava ancora Frank e sperava di non rivederlo mai più... ma stava lentamente capendo che forse, non era poi così innamorata di lui. Si sentiva confusa, malinconica e il silenzio di Kevin peggiorava le cose. E se avesse capito che lei provava qualcosa di strano per lui? Che avesse tagliato i ponti per questo?

No non era possibile, non poteva essere per questo. Lei non aveva fatto o detto nulla di... compromettente. E poi che diamine! Non credeva che per lui sarebbe stato così terribile sapere che lei... provava qualcosa. Non credeva che si sarebbe scandalizzato od offeso nel sapere che era stato nei suoi sogni...

Trasse un profondo sospiro e si alzò dal divano, dirigendosi verso la propria camera. Era meglio andare a dormire, l'indomani avrebbe tentato di mettersi in contatto con Kevin, oppure sarebbe andata da lui in persona. Anche se vederlo le avrebbe fatto un po' male...





/-----/



Ti è dato di volta il cervello? Che cavolo ti è preso?" gli urlò inviperito Johnny Reed, il proprietario del pub e, per sua fortuna, un amico di vecchia data che nonostante il suo essersi allontanato, lo considerava ancora tale.

Kevin lo guardò confuso, si sentiva stordito a causa del colpo ricevuto e aveva anche la vista annebbiata. Gli doleva la testa talmente tanto da fargli temere che prima o poi gli si sarebbe spaccata in due. E non aveva una risposta plausibile alla domanda dell'amico: perché diavolo aveva cercato la rissa rischiando di farsi ammazzare? Un momento di pazzia che avrebbe potuto costargli la vita.

Non so che mi è passato per la testa. Dovevo essere ubriaco.” si giustifico Kevin imbarazzato.

Questo è poco ma sicuro.” confermò l’altro guardandolo in faccia. “Hai bevuto come una spugna e ad un certo punto sei andato in tilt. Tu non ti rendi conto, ma provocandone uno di quei tizi te ne sei messo contro tre. Sei un idiota fortunato, spero tu lo sappia almeno.”

Kevin ascoltò la predica in silenzio, stringendo sulla testa l’asciugamano che il suo amico gli aveva dato per tamponare il sangue.

Mi dispiace. Ti risarcirò io per tutti i danni al locale, e…”

Non è questo Kev. Cosa vuoi che mi importi di un paio di sedie sfasciate o di qualche bottiglia rotta. Se continui così finirai col farti ammazzare o nelle migliori delle ipotesi ti farai arrestare. Non è la prima volta che vieni a bere in modo smisurato, ma è la prima volta che cerchi guai. Devi darti una calmata amico, non è così che si risolvono i problemi.” puntualizzò con enfasi.

Kevin fece una smorfia. “Per favore potresti… gridare di meno? Mi scoppia la testa…” chiese ad occhi chiusi. Johnny sospirò scuotendo il capo.

Hai bisogno di un medico e anche di corsa. E come faccio a chiamare aiuto senza farti finire nei casini?” si chiese preoccupato.

Ci chiederanno cos’è successo” continuò “e se raccontiamo la storia potresti avere dei problemi… come ti tolgo dai guai senza farti morire dissanguato?” così dicendo spostò leggermente l’asciugamano dalla tempia di Kevin, il sangue non si era ancora fermato e per quel che ne sapeva poteva avere un’emorragia.

Non è niente, sono solo stordito dal colpo, tra poco starò bene..” e fece per alzarsi dalla sedia, ma non appena fu in piedi le immagini intorno a lui cominciarono a roteare, le gambe gli cedettero e cadde sulle ginocchia con un lamento.

Meno male che non è niente… non ti reggi in piedi.” osservò Johnny aiutandolo ad alzarsi e facendolo sedere di nuovo. Kevin si appoggiò allo schienale coprendosi gli occhi con la mano libera. “Mi sento scoppiare il cranio.” si lamentò sofferente.

Ascolta, tu devi andare in ospedale, ma abbiamo bisogno di aiuto. In questo momento non posso lasciare il locale e tu non puoi aspettarmi. Può essere solo un graffio come una cosa seria, ma hai bisogno di cure.” gli spiegò Johnny in tono grave.

Kevin tentò di annuire, ma rinunciò al primo lampo di dolore. Nonostante la confusione mentale, gli balenò in mente l’immagine di Emily, lei avrebbe potuto aiutarlo. Cercò il cellulare nella giacca, lo trovò e cominciò a cercare il suo numero. Ma la vista ancora offuscata non gli permetteva di distinguere un nome da un altro.

Imprecò in francese e passò il cellulare all’altro. “Ti dispiace trovare Emily nella rubrica? È una mia amica.” gli spiegò Kevin.

Johnny prese il cellulare e cercò il contatto per Emily, lo trovò e fece per riconsegnare il cellulare al proprietario.

Telefona tu per favore, non ricordo neanche come si chiama il tuo pub..” confessò Kevin rifiutando il proprio cellulare, in realtà di vergognava di dire cos’era successo. Johnny sospirò e premette il tasto verde.

Speriamo che la tua amica sia sveglia e non mi mandi al diavolo.” fece Johnny.

Non lo farà, Emily non mi abbandonerà.” ribatté Kevin convinto.



/-----/



Il sonno stava per sopraffarla, quando il trillo del suo cellulare la fece sussultare. Guardò l’orologio sul comodino, segnava quasi l’una di notte: chi era a quell’ora?

Si alzò dal letto e raggiunse di corsa la cassettiera sulla quale aveva posato il cellulare, guardò il display e rimase perplessa.

Kevin?” esclamò a voce alta, incredula. Qualcosa le suggerì di rispondere immediatamente. “Pronto?”

Sì pronto… ehm scusa per l’ora ma non riattaccare per favore.” esordì Johnny.

Chi è che parla? Mi stai chiamando dal numero di Kevin!” lo attaccò Emily arrabbiata.

Appunto. È stato proprio lui a chiedermi di chiamarti, io sono Johnny Reed, un suo amico. Kevin.. beh per farla breve c’è stata una rissa del mio pub e in mezzo c’era proprio lui.” tagliò corto l’uomo, non sapendo come spiegare l’accaduto.

Emily si allarmò. “Una rissa? Ma Kevin sta bene, dov’è?” domandò angosciata.

Non proprio, per questo ha bisogno di aiuto. È ferito ma se chiamo l’ambulanza c’è il rischio che si becchi anche qualche denuncia. La rissa l’ha provocata lui.”

Sentendo le accuse, Kevin ebbe un moto d’orgoglio e fece cenno all’amico di passargli il cellulare.

Fammi parlare con Emily.” e prese il telefono. “Emily.. perdonami non avrei mai voluto disturbarti…. ma ho bisogno d’aiuto.”

Kevin! Cos’è successo?” gli chiese Emily. Dall’altro capo del telefono si sentì un sospiro.

Sono un stupido , ho fatto a botte e per poco non mi uccidevano.”

Emily si passò una mano nei capelli. “Santo cielo. Aspetta, vengo lì e ti porto da Rachel, è di turno al pronto soccorso. Dove sei?” gli chiese, ma Kevin si rese di non ricordare davvero né il nome del locale né la strada.

Non lo so.. non ricordo. Mi scoppia la testa, mi hanno preso a bottigliate…” le rispose dolorante. Johnny riprese il cellulare.

Emily, sono di nuovo Johnny. Siamo al Reed’s House, lo conosci?

Lo conosceva e per fortuna non era neanche troppo lontano da casa sua.

Sì, so dove si trova, arrivo subito.” gli assicurò.

Siamo nel retro, verrò ad aprirti io, okay?” Emily rispose di sì e riattaccò.

Si tolse velocemente il pigiama, corse in bagno a sciacquarsi il viso per riprendersi sia dal sonno che dalla sorpresa, tornò in camera da letto e indossò un jeans e un maglione, calzò delle scarpe da tennis e afferrò la borsa e il cellulare.

Sulla porta si fermò e tornò di corsa in bagno, aprì l’armadietto delle medicine e prese della garza e un rotolo di cerotto: non aveva idea di cosa avrebbe trovato ma era meglio portare qualcosa in caso di bisogno, le parole di Kevin l’avevano spaventata.

Infilò tutto nella borsa e corse fuori. Scese la rampa di scale di corsa e in pochissimo tempo era già nella sua auto, avviò il motore e partì velocemente. Era nervosa e preoccupata, ora ne era sicura, doveva essere successo qualcosa che aveva mandato Kevin fuori di testa, non aveva idea di cosa fosse stato ma di sicuro c’entrava Jennifer, solo lei aveva il potere di sconvolgerlo a tal punto da farlo diventare aggressivo. Riteneva di conoscere Kevin abbastanza da poter dire che non era un uomo violento, anzi era gentile e accomodante, e lei ne era rimasta stupita visto il modo in cui si erano conosciuti.

Tuttavia sapeva anche che era capace di diventare violento e quasi incontrollabile quando veniva anche solo sfiorato il suo nervo scoperto, sua moglie.

Forse l’aveva incontrata, magari in compagnia di Frank, oppure era venuto a sapere qualcosa. Quella donna gli aveva fatto di nuovo del male.

Accelerò, Kevin aveva bisogno del suo aiuto ma forse più di qualunque altra cosa, aveva bisogno del suo sostegno: nessuno come Emily poteva capire il suo stato d’animo. Pochi minuti e lo avrebbe raggiunto....





Ringraziamenti: e come al solito, grazie a tutti quelli che leggono e soprattutto alle ragazze che recensiscono *__* nella fattispecie a:



Dada88

Pirilla88+xsemprenoi

Nana_86 (sono arrivata al terzo cap della tua storia *__* devo ancora recensire e.. siccome sono intelligente sono saltata subito all'ultimo capitolo... quei POV sono meravigliosi <3. Rimedierò... è una storia che mi piace molto XD)

Vichy90

TheDreamerMagic

Robigna88 (<3 TVTB)



Grazie tantissimo anche alle recensitrici (eh???) occasionali XD














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Capitolo 15
*** Nel fondo del baratro (seconda parte) ***






XIII

(Seconda parte)











Johnny riattaccò il cellulare e lo posò su un tavolo. “Sta per arrivare. Tu come ti senti?”

Kevin lo guardò da sotto la mano posata sulla fronte. “Sono stato meglio… va’ a prendere Emily… non voglio che si infili nel vicolo da sola..”

Johnny la ritenne una buona idea ma non voleva lasciarlo solo.

Sì ma tu….”

Se non sono morto fino ad ora, resisterò cinque minuti senza sorveglianza.”

Va bene, per favore non provare ad alzarti o ti ritroverò steso a terra” gli raccomandò Johnny. Kevin rispose con un gesto della mano evitando di muovere la testa.

Anche volendo non posso.. va’ per favore…” Johnny uscì lasciandolo solo.

Kevin aveva voglia di piangere, gridare, bestemmiare; nella sua testa c’era tanta confusione e non era solo per la ferita che gli avevano inferto.  Stava male, nel corpo e nell’anima e cominciava a non riuscire più a tenere la situazione sotto controllo, aveva trascinato Johnny nei suoi problemi rischiando di metterlo nei guai, e ora stava trascinando anche Emily in quella follia.

Il pensiero di Emily lo rasserenò, era sicuro che non gli avrebbe voltato le spalle e infatti stava andando da lui nel cuore della notte. Lei poteva capirlo, le loro storie erano due facce della stessa medaglia e non lo avrebbe biasimato per la sua reazione a dir poco incosciente.  Sì, ma si vergognava di raccontarle perché aveva reagito così, non poteva dirle che cosa aveva avuto il coraggio di dirgli e di fargli Jennifer, era troppo umiliante.

Appoggiò il braccio sinistro sul tavolo e chinò il capo su di esso, tenendo sempre l’asciugamano premuto sulla ferita con la mano destra. Voleva piangere, ma stava per arrivare Emily e non doveva trovarlo in condizioni peggiori di quelle che avrebbe trovato senza che si lasciasse andare alla disperazione. Perciò si tirò su e ricacciò indietro le lacrime, non poteva arrivare a tanto, di certo non per Jennifer.

La luce di quella stanza gli feriva gli occhi, se avesse potuto alzarsi senza piombare a terra sarebbe andato a spegnerla immediatamente, la testa pulsava tanto da farsi sentire anche nelle orecchie.  Al quadro desolante si aggiunse anche un intenso dolore al naso, istintivamente Kevin si portò una mano appena sopra il labbro superiore, bagnandosi le dita con un liquido caldo.

Si guardò la mano e vide del sangue. “Gesù.. anche questa..” sospirò togliendosi l’asciugamano dalla testa e tamponando con questo l’emorragia al naso.

Di questo passo, pensò, avrebbe avuto bisogno di una trasfusione. Posò l’asciugamano sul tavolo, era stanco di tenerlo premuto sulla testa, ed era stanco di stare lì. Come avrebbe voluto trovarsi a casa, nel suo letto a dormire… oh, ma lui non abitava più nella sua casa, l’aveva quasi dimenticato.

Adesso abitava in quell'appartamentino a pianterreno ancora da arredare, la sua casa adesso era in vendita e presto non l’avrebbe più neanche potuta chiamare sua, anzi forse non lo era mai stata. In realtà benché materialmente fosse di sua proprietà, Kevin in quella casa era stato sempre un ospite, un coinquilino o peggio un suddito della regina. 

Basta!” urlò a sé stesso, doveva smetterla di far convergere sempre i propri pensieri su Jennifer e sul loro matrimonio e su quello che era stato o non era stato per lei.

Possibile che anche con un buco in testa si arrovellasse il cervello in quel modo? Non ricordava neanche il nome di quel locale eppure ricordava alla perfezione ogni particolare che riguardava quella storia, ogni parola detta da Jennifer, anche il modo in cui le diceva e lo sguardo che le accompagnava.  Quella fissazione doveva finire, quella stessa notte. Doveva darci un taglio, trovare la forza di cancellarla dalla sua mente e ripartire da zero, altrimenti sarebbe impazzito, o … si sarebbe ucciso.

Ricordò con orrore perché aveva cercato la rissa.





/-----/



Johnny uscì dalla porta sul retro e si incamminò lungo il vicolo, sbucando sulla strada principale. C’erano molte macchine e molta gente, e non aveva idea di che aspetto avesse questa Emily. Si guardò intorno, da destra a sinistra: come la trovava adesso?

Mentre pensava se era il caso tornare dentro e farle un colpo di telefono, arrivò un’auto bianca che inchiodò a pochi centimetri dal marciapiede. Ne uscì una ragazza con lunghi capelli raccolti in una coda di cavallo che anche sotto la luce dei lampioni mostravano il loro rosso fuoco.  La vide prendere la borsa e correre verso di lui guardandosi intorno, era lei la famosa Emily? Decise di chiederglielo.

Sei tu Emily?” chiese alla ragazza che si era fermata a poca distanza da lui.

La giovane lo guardò e gli si avvicinò. “Tu devi essere Johnny, quello che invece di chiamare un'ambulanza pensa ai suoi interessi!” lo assalì lasciandolo di stucco.

Come, prego?” le domandò non capendo il suo attacco.

Per evitare guai al tuo locale hai preferito evitare di chiamare aiuto. Ma adesso questo non mi importa, portami da Kevin per favore.” gli disse impaziente.

Aspetta un momento, mi stai accusando di qualcosa per caso? Guarda che se chiamavamo i paramedici ci avrebbero chiesto cos’è successo, e dalla verità sarebbe nato un casino, lo capisci?”  Emily non lo ascoltò neanche, anzi si spazientì e imboccò il vicolo che portava al retro del locale.

Johnny non poté fare altro che seguirla, borbottando a denti stretti a proposito di quando potessero essere rompiscatole le donne.  Arrivati davanti alla porta, Emily lasciò che fosse Johnny ad aprirla, ma fu lei ad entrare per prima.

Dopo un breve corridoio entrarono in una stanza che dava l’impressione di essere un incrocio tra un magazzino e una cucina, con piastrelle bianche e scaffali di ferro lucido carichi di bottiglie, lattine e noccioline.  Quasi al centro c’era un tavolo con alcune sedie, una delle quali occupata da una figura imponente ma ripiegata su se stessa, con i gomiti sul tavolo e il viso tra le mani.

Kevin!” esclamò Emily correndo verso l’uomo.

Kevin al suono della sua voce tolse le mani dal viso e si voltò verso di lei spingendo indietro la sedia. Quando Emily gli fu davanti e vide bene il suo volto, rimase senza parole. Il sangue gli aveva rigato metà del viso finendo sui vestiti, era pallidissimo ma Emily era certa che avesse la febbre. Anche le labbra erano macchiate di sangue e capì che aveva perso sangue anche dal naso.

Kevin ma… mio Dio cosa ti è successo?” gli chiese prendendogli il viso tra le mani.

Kevin si sforzò di regalarle un sorriso e coprì le sue mani con le proprie. “Ho perso il controllo… sono un idiota…” le rispose con voce flebile.

Emily con delicatezza gli fece volgere la testa verso sinistra, in modo da vedere la ferita. Rabbrividì quando vide lo squarcio che partiva dalla tempia e finiva oltre l’orecchio, l’unica cosa positiva era che il sangue sembrava essersi momentaneamente fermato. Guardò sul tavolo, notando l’asciugamano intriso di sangue abbandonato su di esso.

Rivolse lo sguardo nuovamente verso Kevin, aveva gli occhi arrossati e le sembrava fosse sul punto di piangere. Lasciò il viso di Kevin e prese la propria borsa da terra, l’aprì e cercò la garza, tolse l’involucro e la posò con delicatezza sulla ferita, prese il cerotto e ne staccò due strisce che fece aderire da una parte alla garza e dall’altra alla pelle di Kevin. Era una medicazione più che rudimentale, ma per lo meno la ferita non restava scoperta. 

Dovevate chiamare i soccorsi..” ribadì Emily in tono asciutto.

Credi che non volessi aiutarlo? Tu non sai come sono andate le cose, e…” protestò Johnny capendo che il rimprovero era rivolto a lui. 

Emily si voltò di scatto. “Non mi importa niente di quello che è successo, vedo solo che Kevin è ferito e non so neanche quando gravemente e tu che ti sei definito suo amico, l’hai fatto restare qui seduto mentre sanguinava. Lui è frastornato e quindi non ha saputo difendersi, ma tu sei vergognoso, per pararti il sedere da eventuali reclami hai preferito non portarlo in ospedale!”

Johnny la guardava a bocca aperta. “ Ma tu guarda che mi tocca sentire! Io l’ho fatto per lui, perché è stato Kevin ad attaccar briga con quei tipi! Sta passando un momento terribile e non volevo che avesse anche questo tipo di problemi!” si difese con enfasi, Emily lo guardò torva.

Oh che bravo ragazzo! Conosco benissimo lo stato d’animo di Kevin, molto meglio di te. Per questo sono corsa qui anche se già da casa pensavo a quanto eri indecente! Ma che sto facendo? Invece di prestare attenzione a lui, perdo tempo con te, devo essere impazzita!” e si voltò di nuovo verso Kevin, che  aveva socchiuso gli occhi e ascoltava in silenzio il battibecco.

Kevin, devi andare in ospedale, adesso chiamo un’ambulanza, ai possibili problemi ci penseremo più tardi. “ gli disse posandogli di nuovo una mano sul viso.

Lui aprì gli occhi e fissò intensamente quelli di Emily.

No Emily, ti prego. So di crearti molti problemi, però ti prego accompagnami tu.” le chiese Kevin in tono di supplica, prendendole la mano e stringendola forte. Emily scorse nei suoi occhi qualcosa di strano, che non era solo dolore o stordimento. Non poté fare altro che annuire e sorridergli.

Va bene, ma dobbiamo andare subito, la tua ferita mi preoccupa. Ce la fai ad alzarti? gli chiese con dolcezza. 

Kevin scosse lentamente il capo. “Mi gira la testa, ho provato ad alzarmi prima e sono caduto in ginocchio…” rispose.

Ci aiuterà il tuo amico, da sola proprio non ce la faccio a sostenerti.” Kevin sorrise.

Johnny non replicò alle accuse di poco prima, preferendo rimandare eventualmente a futuri incontri. Si avvicinò a Kevin e gli prese un braccio passandoselo intorno al collo e facendo leva con esso per farlo alzare.  Emily si mise dall’altro lato e lasciò che Kevin le posasse il braccio sulle spalle, ma si accorse che in realtà scaricava tutto il proprio peso su Johnny, mentre a lei riservava solo una specie di abbraccio.

Lasciarono quella stanza troppo illuminata per gli occhi di Kevin, percorsero il breve corridoio e uscirono fuori. Non faceva particolarmente freddo, eppure Kevin rabbrividì facendo così capire a Emily che aveva davvero la febbre.

Arrivarono all’auto di Emily, lei si allontanò da Kevin e aprì la portiera, Johnny lo fece sedere sul sedile del passeggero e chiuse lo sportello. Emily girò velocemente dall’altro lato senza neanche guardare il proprietario del locale, che si limitò a bussare al finestrino di Kevin e fargli un cenno con la mano, che lui ricambiò.

Emily mise in moto e partì, subito dopo indossò l’auricolare, prese il cellulare e fece una telefonata.

Pronto, Rachel?” disse quando l’amica rispose.

Emily! Stai bene?” chiese allarmata Rachel.

Sì, io sto bene non preoccuparti. A stare male è Kevin, è qui con me in macchina.”

Kevin? Cosa gli è successo?” si informò preoccupata.

Ha avuto.. una discussione in un locale e ne è uscito male, non ha voluto che chiamassi un'ambulanza per paura di finire nei guai. Lo sto portando da te, puoi fare qualcosa senza esserci bisogno di raccontare i fatti?” Emily sapeva già la risposta, Rachel li avrebbe aiutati sicuramente.

Certo, portalo qui immediatamente.” la rassicurò Rachel. “Che ferite ha?”

Emily sospirò ricordando lo squarcio sulla testa di Kevin.

Non so cosa sia successo di preciso, ma Kevin ha parlato di bottigliate in testa. Ha un taglio che parte dalla tempia fino all’orecchio. "

"Porca puttana!" imprecò Rachel dall'altro capo del telefono, così forte da far sentire anche Kevin, che si voltò in direzione di Emily accennando un sorriso.

"Sai se ha perso conoscenza?" chiese la dottoressa subito dopo.

"Non ne ho idea, sicuramente è disorientato e non riesce a stare in piedi senza che qualcuno lo sorregga." rispose Emily.

"Non ripetere le mie parole perchè potresti spaventarlo, ma potrebbe avere una commozione cerebrale. Non correre rischi inutili ma cerca di arrivare qui il prima possibile, ti manderò due infermieri a prenderlo con una barella." Emily ebbe un fremito di paura.

"Okay... ti ringrazio Rachel. Siamo a poca distanza dall'ospedale, in pochi di minuti saremo lì. A dopo." e terminò la conversazione al cellulare.

Guardò verso Kevin e lo trovò con la testa reclinata all’indietro, aveva gli occhi chiusi e una mano sulla fronte.

Rachel ci aspetta, abbi pazienza tra poco saremo all’ospedale.” tentò di confortarlo.

Però Kevin non era in quella posizione per il dolore o la preoccupazione, ma per la sensazione di fallimento che lo soffocava, e della quale non voleva far partecipe anche Emily. Si vergognava di quello che aveva fatto e del perché, e si vergognava di averla coinvolta in quella orribile nottata. 

Ma era l’unica che poteva aiutarlo, l’unica persona sulla quale fare affidamento: era solo, non c'era nessuno che si preoccupasse per lui o che uscisse di casa nel cuore della notte per soccorrerlo  dopo una rissa in un bar, soltanto Emily.

Kevin inclinò la testa verso di lei. “Perdonami, e grazie di tutto.” le disse con un sorriso.

Emily stava per replicare, quando lo vide chiudere gli occhi e abbandonarsi sul sedile.

Kevin! Oh mio Dio!” lo chiamò Emily, spaventata.  Aveva perso i sensi.

Cercò di mantenere la calma e tornò a guardare la strada, alla sua sinistra intravedeva già

 l’alto edificio dell’ospedale, ormai erano arrivati e presto avrebbero curato Kevin.

Percorse gli ultimi metri senza rendersene conto, fermò l’auto quasi sul marciapiede e si precipitò fuori, correndo dall’altro lato per aprire lo sportello. Senza pensarci si sedette sulle gambe di Kevin, gli prese il viso tra le mani e iniziò a chiamarlo, ma non reagiva.

Si accorse che la ferita aveva ripreso a sanguinare e che la garza da bianca era diventata completamente rossa. Sentì alle sue spalle il rumore delle ruote di una barella e si voltò.

Due infermieri ne spingevano una, con loro c’era anche Rachel, che quando vide Emily chinata su Kevin e la sentì chiamarlo ripetutamente, si mise a correre per raggiungerli.

Emily cosa succede?” le chiese arrivando trafelata.

Non lo so, da quando sono arrivata al locale fino a pochi minuti fa è sempre stato cosciente, era stordito ma cosciente. Poi improvvisamente è svenuto in macchina, a neanche duecento metri da qui! Aiutalo Rachel!” la supplicò uscendo dall’auto e facendole posto.

Rachel gli prese il polso e controllò le pulsazioni. “Sta’ tranquilla, adesso ci sono io.”







a/n: come sempre (sono ripetitiva lo so O__o) grazie a tutti quanti XD! So che c'è poco “movimento” ( per il momento XD) ma questi capitoli li ho scritti un anno fa... ora li devo dividere e postare in diverse parti... ma da questo fattaccio in poi ci sarà la rinascita..

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Capitolo 16
*** Nel fondo del baratro (terza parte) ***






XIII

(terza parte)





Rachel chiamò i due infermieri che si avvicinarono e trassero Kevin dall’auto, lo stesero sulla barella e la spinsero verso l’entrata del pronto soccorso. Le due donne li seguivano correndo e si fermarono solo quando arrivarono davanti alla porta della sala per la prima visita.

Emily, resta qui tu non puoi entrare.” l’ammonì l’amica.

Per favore, sono così preoccupata fammi entrare ti prego, me ne starò in un angolo..”

Rachel non rispose ma non disse nulla quando Emily entrò dopo di lei, restando in un angolo della sala come aveva promesso. Nel frattempo la dottoressa si avvicinò al viso di Kevin, prese la penna luminosa dal taschino del proprio camice e gli sollevò le palpebre per controllare i riflessi delle pupille.

C’è midriasi, credo proprio ci sia commozione.” sentenziò Rachel rivolgendosi all’infermiera di mezz’età che Emily non aveva notato e che si avvicinò a Kevin con una flebo in mano.

Sono sicura che è già svenuto in precedenza. Sally, vediamo di svegliare questo ragazzone e portiamolo a fare gli accertamenti.”

L’infermiera annuì, appese la bottiglia al sostegno e infilò l’ago nella piega del braccio di Kevin.

Pochi istanti dopo, l’uomo iniziò a svegliarsi aprendo lentamente gli occhi.

Buongiorno giovanotto!” lo salutò Rachel.

Kevin sbatté le palpebre, non riuscendo a tenere gli occhi aperti per la troppa luce.

Sì lo so, il neon è micidiale con un mal di testa come il tuo. Vediamo un po’ cosa ti sei fatto…” gli disse mentre indossava un paio di guanti in lattice. Poi con delicatezza staccò la garza dalla ferita, Kevin era ancora semi-incosciente  e non emise nessun lamento.

Bel taglio, ragazzone. E non parlo dei capelli. Dovremo darti qualche punto di sutura ma non è grave. Per il momento la medichiamo con altre garze e ti portiamo a fare una tac per sicurezza. Dopo di che ti riportiamo qui, sistemiamo la ferita e facciamo due chiacchiere.”

Gli parlava per constatare il suo grado coscienza, e con sollievo lo vide attento alle sue parole. 

Anche quattro, cara dottoressa.” le rispose Kevin con un lieve sorriso.

Anche Emily sorrise, vederlo svegliarsi e parlare la tranquillizzò molto, quando in macchina poco prima era svenuto così improvvisamente si era spaventata a morte.

Rachel mise nuove garze sulla ferita e insieme all’infermiera spinsero la barella fuori dalla sala, dove ad aspettare c’erano gli infermieri che aveva portato Kevin dentro l’ospedale.

Emily uscì dalla sala e fece per seguire Kevin, ma Rachel la fermò prendendola per un braccio. “No Emily, noi aspettiamo qui. È questione di pochi minuti, ho già avvisato il mio collega alla tac, tra poco Kevin sarà di ritorno.” Emily rinunciò nel suo intento e guardò la barella allontanarsi lungo il corridoio.

Come ti è sembrato? È grave?” domandò seria alla dottoressa.

Non credo ci sia qualcosa di serio, a parte l’ovvio trauma cranico e la ferita da ricucire. Mi dici cos’è successo?”

Emily alzò le spalle scuotendo la testa. “Davvero non lo so. Mi ha avvisata un suo amico, il proprietario del locale nel quale era andato Kevin. Mi ha telefonato dicendomi che aveva bisogno di aiuto perché c’era stata una rissa e Kevin era rimasto ferito, e dato che tale rissa l’aveva provocata proprio Kevin, non poteva chiamare l’ambulanza perché altrimenti avrebbe avuto dei problemi.” concluse polemica.

Rachel fece una risatina. “ Chi, Kevin o lui? Se ne è voluto lavare le mani!”

Già, però anche Kevin non ha voluto che chiamassi l’ambulanza, mi ha chiesto di accompagnarlo e io non ho potuto fare altrimenti.”

Forse l’ha davvero combinata grossa, l’alcool fa parlare e agire sconsideratamente, avrà pestato la coda alla persona sbagliata. Comunque avremo modo di chiederglielo.” disse Rachel con un sorriso. 

Emily non ritenne di raccontarle i suoi sospetti su cosa avesse provocato la reazione di Kevin, non ne era sicura ma aveva la sensazione che lui non vedesse l’ora di parlargliene, nel suo sguardo aveva letto qualcosa di strano, un’inquietudine dolorosa che voleva nascondere e allo stesso tempo esternare.

Credo comunque che sarebbe meglio farlo restare in ospedale almeno per una notte, con i colpi in testa non si scherza.” considerò Rachel.

Emily annuì incrociando le braccia. “Hai ragione, ma ho il sospetto che Kevin non sarà d’accordo. Se non ha voluto che chiamassi un’ambulanza non vorrà neanche essere ricoverato.”

L'altra donna fece una smorfia. “Lo convinceremo vedrai, vuol fare il duro ma in realtà è un gigante buono. E anche bello, visto com’era carino addormentato?”

Rachel ma che dici? Ti sembra il momento di parlare di queste cose?” sbottò esageratamente  Emily.

Perché? Non faccio niente di male osservando che il tuo amico è bello, lo direbbe chiunque! A te non sembra?” la provocò.

La giovane sembrava irritata dal discorso. “Sinceramente non c’ho pensato, ero troppo impegnata a portarlo da te perché temevo stesse per morire!”

Rachel rimase sorpresa dalla sua reazione. “Ehi Emily, io stavo scherzando, non c’è bisogno di agitarsi così sai? Sei troppo tesa, guarda che Kevin non è in pericolo di vita, su questo posso tranquillizzarti. Se fosse stato qualcosa di davvero grave a quest’ora sarebbe o in coma o morto.”

Emily si vergognò della propria reazione, avrebbe potuto semplicemente ridere e lasciar passare, non era certo la prima volta che Rachel faceva apprezzamenti su Kevin, ma la tensione accumulata quella notte l’aveva fatta scattare per un nonnulla. “Hai ragione, ti chiedo scusa. Ci stai aiutando e io ti ringrazio aggredendoti,  è che sono un po’ stressata, scusami.” disse mesta. 

Non devi scusarti” le disse posandole una mano sulla schiena “anche io mi sentirei male se una persona cara mi chiamasse all’una di notte dicendomi di essere ferito e di aver bisogno d’aiuto. È comprensibile il tuo stato, ma puoi davvero stare tranquilla, Kevin è logicamente stordito per il colpo, ma non è grave. Sono certa che di ritorno dalla tac lo troveremo molto più sveglio e lucido di quanto non fosse all’andata.”

Emily si sforzò di sorridere, guardando continuamente verso la  fine del corridoio, impaziente di vedere Kevin di ritorno dai controlli. Passarono alcuni minuti, trascorsi in silenzio da entrambe le donne, quando alla fine Emily fece all’altra una richiesta.

Non… potremmo avvicinarci?” chiese quasi sottovoce. Rachel sorrise indulgente e annuì.

Si avviarono lungo il corridoio, incontrando diverse infermiere e due medici, indaffarati con i cellulari piuttosto che con le cartelle dei pazienti. Emily pensò che di dottori dediti al lavoro come la sua amica ce n’erano pochi, ma stranamente erano tutti più in alto di lei.

Visto quei due barbagianni? Quando sono di turno al pronto soccorso sono sempre a spasso a non far niente!” disse la dottoressa stizzita, quasi avesse letto nei pensieri di Emily.

Non ebbe il tempo di replicare, poiché arrivarono davanti ad una porta grigia con due piccole finestre oscurate. In alto sulla porta c’era la scritta TAC e il divieto ai non autorizzati ad entrare. Ovviamente ignorarono l’avvertimento ed entrarono, trovando Kevin seduto su di un lettino a testa bassa, mentre più in là il medico esaminava le lastre appena sviluppate.

Kevin alzò la testa guardando nella loro direzione, e sorrise quando le riconobbe.

Sono ancora vivo.” sottolineò con ironia guardando Emily. Lei gli sorrise di rimando e gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla. Anche seduto su quel lettino da ospedale era sempre molto alto, tanto che  Emily non gli arrivava che all’altezza degli occhi.

Come ti senti?” gli chiese lei con dolcezza.  Kevin la guardò intensamente negli occhi, desiderando che lei lo abbracciasse forte per dargli quel conforto di cui aveva bisogno.

Sto meglio Emily, non devi preoccuparti più adesso.” rispose lui, mentendo.

Lei lo guardò attentamente, accorgendosi che Kevin aveva gli occhi arrossati come se avesse pianto. Ed era stato proprio così, mentre la tac passava lentamente sulla sua testa in cerca di lesioni, non era riuscito a trattenersi e le lacrime erano scese incontrollabili.

Era stata una debolezza durata pochi istanti e Kevin riuscì a ricomporsi in tempo per evitare che quel dottore o le due donne lo vedessero piangere. Ma Emily lo intuì lo stesso.

Dagli occhi non si direbbe, sono arrossati.” Kevin distolse lo sguardo da quello di Emily.

Credo sia normale, ho un mal di testa terribile. Avrò bisogno di molte aspirine.”

Nel frattempo Rachel parlò con il collega, concludendo che non c’era nulla di grave ma convennero  sull’idea di tenerlo sotto osservazione per almeno una notte. La dottoressa ringraziò il collega e si avvicino ai due che continuavano a parlare.

Eccoci qui ragazzone, come avevo pensato non c’è niente di cui preoccuparsi. Hai preso un bel colpo che ti ha procurato un piccolo trauma cranico e un lievissima commozione cerebrale, ma niente di più.” Kevin rimase pressoché impassibile, mentre Emily sorrise tirando un profondo sospiro di sollievo.

Però” continuò Rachel “crediamo sia meglio tenerti in ospedale, questa notte. La commozione è lieve, ma c’è e saremmo tutti più tranquilli se passassi almeno qualche ora sotto osservazione.” Kevin scosse il capo, muovendosi per alzarsi dal lettino.

No, preferisco andarmene a casa a dormire. Domani starò benissimo.” assicurò.

Le due donne si guardarono. “Kevin, non prendere troppo alla leggera quello che ti è successo. Ha ragione Rachel, resta per una notte qui.” tentò di convincerlo Emily.

No, sto già molto meglio e non voglio né restare qui né creare altri problemi. Devo solo chiederti se dopo che mi avranno ricucito questo strappo, potresti accompagnarmi a casa.”

Kevin era risoluto e parlò con un tono che non ammetteva repliche.

Bene giovanotto, ovviamente non possiamo ricoverarti con la forza, quindi sei libero di agire come meglio credi. Non prima però di aver dato ago e filo a questa tua testa dura. Quindi ora ce ne torniamo di là e  mi metto all’opera. E visto che si sono portati via la tua barella, ti toccherà la sedia a rotelle.” gli disse Rachel mostrandogliela alla sua destra.

Kevin la guardò e fece una smorfia. “Non sto così male da finire lì. Provo ad alzarmi.”

Così dicendo fece leva sulle braccia e si mise in piedi. Vacillò per un attimo, ma le vertigini era cessate e pensò di essere in grado di camminare senza finire a terra a peso morto.

Emily non disse più nulla, lo prese sottobraccio e s’incamminarono verso la porta, uscirono e percorsero il corridoio lentamente. Tornarono nella sala per la prima visita e Kevin si sedette su di un lettino ricoperto da un lenzuolo usa e getta.

Ti devo avvertire Kevin, ti farò un po’ male per cui per favore non picchiarmi. Un gigante come te mi stritolerebbe in mezzo minuto!” scherzò Rachel indossando un paio di guanti sterili mentre l’infermiera preparava gli strumenti per la sutura.

Come potrei mai alzare le mani su chi mi cura? E poi questo gigante è così forte da essersi fatto mettere al tappeto da una bottigliata in testa.” le rispose Kevin.

Rachel ridacchiò togliendo la garza che gli aveva applicato poco prima.

 “Caro mio, a me sembra che qui ci sia passata più di una bottiglia. Comunque sia, il taglio te l’ha provocato il vetro dopo essersi rotto contro la tua testa, strisciando fin dietro l’orecchio. Dovrò raderti un po’ di capelli, ti spiace?” gli domandò guardandolo.

Kevin alzò le spalle. “L’importante per me è andare a casa e mettere la testa sul cuscino. Fai quello che devi senza preoccuparti di niente.” Era stanco, avvilito e dolorante, volevo solo uscire da quell’ospedale e tornarsene nel suo nuovo appartamento. Rachel annuì e assistita dall’infermiera iniziò quel piccolo intervento. Emily si allontanò di qualche passo,  non riuscendo a guardare l’espressione sofferente di Kevin mentre Rachel radeva, disinfettava e poi ricuciva la sua ferita. Gli vide serrare i pugni ma non si lamentò e non si mosse, restando immobile per quei pochi minuti che a Emily invece parvero un’eternità.

Ecco fatto”, annunciò Rachel “abbiamo messo undici punti, ma non spaventarti per il numero sono punti molto piccoli e che si riassorbiranno in poche settimane. Con un po’ di fortuna la cicatrice non si vedrà nemmeno e ti resterà solo il brutto ricordo.”

Kevin sospirò sforzandosi poi di sorridere. “Grazie.” rispose alla dottoressa.

Poi guardò dietro di lei cercando Emily ma non c’era. Proprio quando stava per chiedere dove fosse andata, la vide rientrare con una bottiglia d’acqua in mano.

Ho pensato volessi bere un po’ d’acqua…” gli disse porgendogli la bottiglia. Kevin la prese ringraziandola, ma quando si rese conto che Emily lo fissava per capire cos’era successo, Kevin distolse lo sguardo concentrandosi sulla bottiglia, l’aprì e ne bevve un sorso.

Io invece credo tu abbia bisogno di un buon antidolorifico, e domani di qualche aspirina. Intanto prendi questo, tra poco il mal di testa si alleggerirà.” e gli diede un bicchiere di plastica contenente una grossa pillola bianca. Kevin prese il bicchiere e mandò giù la pillola aiutandosi con l’acqua, aveva un forte mal di testa ma ormai era totalmente lucido.

Adesso metto una garza sulla ferita, almeno per i primi giorni devi tenerla coperta e cercare di non bagnarla o dormirci sopra. Una volta al giorno devi spalmare sulla sutura una pomata che ti prescriverò, aiuterà la cicatrizzazione e il riassorbimento dei punti, intesi?” Kevin annuì

Bene, adesso per scrupolo voglio controllarti la febbre, se c’è dovrò farti prendere anche un antibiotico, per sicurezza.” e gli puntò sulla fronte uno di quei nuovi termometri a infrarossi.

Dopo alcuni secondi il termometro lanciò un suono stridulo, Rachel guardò il display storcendo la bocca. “Hai trentotto e tre di febbre, ragazzone. Tra mezz’ora dovrai prendere un antibiotico e se la febbre dovesse aumentare, anche un antipiretico. Tanto ci penserà Emily a controllarti, sono sicura che non si muoverà dal tuo fianco.” scherzò guadando la sua amica che fissava Kevin con aria preoccupata.

Kevin ridacchiò. “Non ce n’è bisogno, ha già fatto tanto per me questa notte, non deve farmi da infermiera…” si affrettò a dire l'uomo cercando di apparire tranquillo e sereno.

Emily pensò che stesse fingendo, non era nè tranquillo nè sereno e piú si sforzava più lei capiva il contrario.

Vedrò di fargli prendere ciò che sarà necessario, Rachel.” assicurò in tono deciso. Poi si rivolse all’uomo. “ Non vuoi restare in ospedale, ma ti toccherà sopportare me per questa notte.” Kevin non replicò, intimamente felice di sapere che Emily sarebbe rimasta con lui quella notte: non voleva restare da solo con se stesso.

"Sicuro di non voler restare qui per questa notte? Gli ospedali non sono un bel posto ma se si tratta della salute bisogna adattarsi." insistette Rachel per l'ultima volta.

Kevin scosse il capo. "Ti ringrazio, ma preferisco andare a casa. Ammetto di essere stato molto confuso prima, ma adesso sto meglio e voglio andarmene." rispose con un sorriso alla donna.

Rachel annuì dandogli una leggera pacca sulla schiena. Kevin sussultò, sorpreso dalla sensazione dolorosa provata. "Scusami, non pensavo di essere così forte." disse Rachel ritraendo subito la mano. Le due donne si guardarono perplesse.

"Non preoccuparti... non è niente..." cercò di spiegare lui per nascondere la verità.

Emily invece aggirò subito il lettino intuendo che la  reazione di Kevin non era dovuta certo alla forza di Rachel, gli sollevò la giacca e poi il maglione , scoprendogli la schiena per intero.

"Oh mio Dio, Kevin! Ma cosa ti hanno fatto?" esclamò Emily allibita.

Rachel la raggiunse e guardò ciò che aveva appena visto la sua amica.

Due grandi lividi segnavano la pelle di Kevin, dalle scapole al centro della schiena, segni di un violento colpo.

"E questo quando avevi intenzione di dircelo?" lo rimproverò la dottoressa.

"Non lo ricordavo... nella mischia è volato di tutto, e qualcuno mi avrà colpito con qualcosa."

Emily non disse nulla, lasciò gli indumenti di Kevin e tornò di fronte a lui, guardandolo negli occhi.  Voleva chiedergli perché tutta quella violenza, ma temeva di conoscere già la risposta e non l'avrebbe sopportata.

Kevin evitava di ricambiare il suo sguardo, si vergognava profondamente soprattutto perché sentiva che lei aveva capito o anche solo intuito che c'era Jennifer dietro quella brutta storia. Sperava non avesse capito che aveva provocato la rissa con il proposito di farsi ammazzare.

"Emily tesoro, stai bene?" le chiese Rachel vedendola impallidire.

"Sì certo, sono solo preoccupata..." rispose senza guardarla, continuando a fissare Kevin che non ricambiava il suo sguardo, confermandole i suoi sospetti.

"Voi maschietti avete il brutto vizio di voler misurare la vostra forza con la violenza, quand'è che imparerete a usare la parola? Non siamo piú nella preistoria.." lo rimproverò Rachel mentre gli medicava la schiena con un gel decongestionante.

"Se dovessi avvertire dolori molto forti, torna subito qui così facciamo delle lastre, per ora le eviterei visto che ti sei già sottoposto ad una tac. Comunque credo che non sia niente di serio, la tua fortuna è che ti hanno colpito dove la schiena è più protetta dai muscoli causandoti solo contusioni, se ti avessero preso lateralmente avrebbero colpito i reni e avresti avuto problemi molto più seri. Che ti serva da lezione, ragazzo mio, comportati bene d'ora in poi."

Rachel era l'unica a parlare, sia Emily che Kevin restavano in silenzio, ammutoliti da qualcosa che sapevano soltanto loro due.

Allora, c'è qualche altro livido che dovrei vedere o va bene così?” gli chiese Rachel.

No, è tutto. Non ho più niente da farmi curare."

Rachel sorrise e si voltò per prendere qualcosa dall'armadietto dietro di lei. In quel momento Emily prese le mani di Kevin e le guardò con attenzione. Non c'era niente sul dorso e nel palmo di quelle mani, nessuna escoriazione o livido: non si era difeso.

Che cosa aveva fatto? Com'era possibile che un uomo come lui, molto più alto e forte della maggior parte degli uomini, avesse subito un'aggressione feroce come quella senza difendersi?  Voleva farsi uccidere a furia di botte, era realmente successo questo? Era orribile.

Lo guardò negli occhi stringendogli le mani, e Kevin si sentì morire quando vide quelli di Emily riempirsi di lacrime, lei non doveva piangere a causa sua, non poteva farla soffrire anche lui.

L'uomo ritrasse le mani da quelle di Emily distogliendo lo sguardo, mentre lei rimase con le mani a mezz'aria incapace di mettere completamente a fuoco quella terribile verità.

Sono sicura che la schiena ti darà filo da torcere, anche se non c'è niente di rotto, per cui ti consiglio di mettere questo gel da applicare localmente e questi antidolorifici.” gli disse Rachel consegnando le scatole di medicinali a Emily. Poi prese un blocchetto per le prescrizioni e iniziò a scrivere. "Segui le mie indicazioni e in pochi giorni starai di nuovo benone." concluse staccando un foglietto che porse a Kevin.

Quando lui lo prese, Rachel notò che non c'erano abrasioni né su quella mano né sull'altra, com'era possibile? Lanciò un'occhiata a Emily, accorgendosi che era sul punto di piangere.

In un attimo comprese il perché di entrambe le cose.

Ti ringrazio Rachel, e scusami per tutto il disturbo che ti ho causato.” si scusò Kevin con un sorriso.

La dottoressa scosse il capo. “Lascia perdere, questo è il mio lavoro. Spero solo di non doverti soccorrere più.”

Kevin annuì alzandosi dal lettino, guardò Emily solo per un istante, e poi distolse nuovamente lo sguardo.

Ti dispiace darmi un passaggio fino a casa?” le chiese guardando altrove “a piedi sarebbe complicato..”

La ragazza annuì ma non disse nulla, era ancora... troppo scossa. Non riusciva a crederci, sperava di aver capito male.

Salutarono la loro amica e uscirono dall'ospedale, Kevin sentiva ancora un ronzio nelle orecchie e la ferita pulsava leggermente, ma la cosa che più gli faceva male era la vergogna per quello che era successo, soprattutto perché Emily l'aveva capito.

Salirono in macchina e ripartirono, senza dire una parola.





a/n: Perdonatemi! Nemmeno ricordavo di aver scritto così tanto! Spero abbiate ancora pazienza e non mi abbandonerete *__*! grazie a tutte le 41 persone che hanno aggiunto questa storia tra i preferiti/seguiti/ricordati, non l'avrei mai detto <3 e un particolare grazie alle assidue recensitrici (eh??) Dada88, nana_86, Vichy90, xsemprenoi+pirilla88, e TheDreamerMagic che anche se ultimamente non ha recensito, lo ha fatto in precedenza <3! Grazie anche a chi legge senza recensire!



Spoiler! Prossimamente:

1)Che fine hanno fatto Frank e Jennifer? Il loro idillio è già al capolinea e una certa stronza (scusate il francesismo *_*) tenterà di tornare all'ovile...come? Ma stronzinamente, nel suo stile no?

2)Quando sa che Kevin vuole andare a vivere in Francia, Emily corre a fermarlo e finalmente la smettono di girarsi intorno a ci danno dentro selvaggiamente (passeranno più tempo orizzontali che verticali XD)



In quale ordine tutto ciò, non ci è dato sapere ;)


Ah dimenticavo, vi presento Kevin XD

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Capitolo 17
*** Devi reagire ***


XIV





Quando arrivarono in quel piccolo appartamento al pianterreno, erano passate le tre di notte. Non solo c’era silenzio nel modesto palazzo e in quelle tre stanze da single. C’era un profondo silenzio anche tra Kevin ed Emily, un silenzio carico però di eloquenza.

Non avevano scambiato neanche una parola, chiusi in un mutismo del quale entrambi conoscevano la ragione.

Lei era sconvolta nel vedere come un uomo forte in tutti i sensi come Kevin, si fosse fatto piegare da una donna come quella a tal punto da desiderare, probabilmente, di morire.

Lui era furioso con sé stesso per quello che aveva fatto, rischiare di farsi ammazzare in un bar come un delinquente, e per aver trascinato Emily in quella storia indecorosa. Si era comportato da irresponsabile, perché lui non voleva morire. Non davvero, almeno.

Ma quando si era sentito totalmente solo, privo di sostegno e volontà di andare avanti, aveva desiderato di non vivere più. E non era neanche ubriaco, aveva bevuto un po’ più del solito, ma era lucidissimo.

Come lo era ora, l’unico fastidio che sentiva era il mal di testa e un lieve dolore alla schiena. E poi tanta amarezza, ovviamente.

Come ti senti?” gli domandò Emily posando la propria borsa su una sedia.

Kevin la guardò di sfuggita. “Sono stato meglio, ma non posso neanche lamentarmi. La medicina che mi ha dato la dottoressa è  miracolosa..”

Lei annuì seria, fissandolo senza essere ricambiata. “Bene..” mormorò.

Emily… non c’è nessun bisogno che tu stia qui… io sto bene adesso, sul serio..” le assicurò, quando era abbastanza evidente che non stava affatto bene. Non fisicamente, perché in effetti non sembrava stesse particolarmente male, ma di certo stava male emotivamente.

Non ce n’è bisogno, ma io voglio stare qui” obiettò la donna “se per te non è un problema, ovviamente…”

Il tono della sua voce era strano, quasi… arrabbiato. In effetti era un po’ arrabbiata, ma più che altro era triste.

Okay” sospirò lui “ti ringrazio… era solo per… non costringerti a stare con me…” le disse togliendosi la giacca.

Io vorrei stare con te. .sei tu che tenti di escludermi, pensò Emily con tristezza.

Scusami …” disse l’uomo dirigendosi verso il bagno.

Aprì il rubinetto e si sciacquò il viso, lavando via le tracce di sangue che ancora gli macchiavano la pelle. Poi si tolse il maglione, avvertendo una fitta alla schiena nell’alzare le braccia. Scosse il capo nel vedere che razza di guaio aveva causato a sé stesso, il sangue era colato lungo il collo fino petto, formando delle striature cremisi, avrebbe volentieri fatto una doccia ma pensò che probabilmente la schiena non sarebbe stata d’accordo. E neanche quella testaccia dura che si era fatto rompere di proposito.

Sospirò e prese una spugna.

Sentì un leggero bussare alla porta del bagno. “Kevin?” lo chiamò Emily.

Sì… va tutto bene…” rispose mentre bagnava la spugna.

La giovane aprì lentamente la porta e lo trovò di fronte alla specchio, a petto nudo, che tentava di lavarsi via il sangue di dosso.

Si guardarono nello specchio e di nuovo fu Kevin ad abbassare lo sguardo per primo. Non ce la faceva a guardarla, l’imbarazzo era troppo.

Emily si avvicinò andandogli di fianco, costringendolo a guardarla. “Continui ad evitare i miei occhi” gli disse quasi sottovoce “perché?”

L’uomo scosse lentamente il capo, guardando nel lavandino striato di rivoli rosso pallido.

Non ce la faccio a guardarti.” confessò.

Perché?” ripeté lei posandogli una mano sul braccio.

Perché mi vergogno di me stesso…” mormorò infine, a testa bassa, stringendo nelle mani quella spugna.

Lei allora gliela prese dalle mani e lo fece girare verso di sé. “Lascia che ti aiuti…”

Bagnò la spugna e la strizzò, per poi iniziare a passarla sul petto di Kevin, delicatamente, quasi come una carezza. Lui la lasciò fare, guardandola in silenzio. Emozioni contrastanti lo confondevano.

C’era ancora l’avvilimento, la vergogna, la rabbia. Ma sentiva anche la tenerezza di quella cura che Emily aveva per lui, quel suo tentare dolcemente di farsi dire cos’era successo senza fargli domande insistenti.

Pensò amaramente che quella sarebbe stata la donna giusta per lui, amorevole, sensibile, dolce. Una donna che avrebbe saputo prendersi cura di lui, anche lavando via il sangue delle ferite che si era fatto infliggere di proposito, se necessario.

Lentamente, senza accorgersene, si abbracciarono.

Emily posò la guancia contro il suo petto, mentre lui la strinse forte fin quasi a farle male.

Che cosa hai fatto, Kevin? Cosa avevi intenzione di fare?” gli domandò stretta a lui.

Kevin deglutì, ma non aveva il coraggio di rispondere. Sciolse quell’abbraccio e tornò in camera, sedendosi sul letto e nascondendo il viso tra le mani. Lei lo raggiunse.

Ti sei fatto picchiare, vero? Non è possibile che ti abbiano sopraffatto così… lo hai fatto di proposito…”

L’uomo alzò lo sguardo su di lei ed annuì. “Per un attimo…. ho pensato di farmi uccidere…” svelò finalmente, liberandosi di un peso.

Emily lo aveva sospettato, ma sentirglielo dire l’atterrì. Iniziò a piangere e avvicinandosi, gli tirò uno schiaffo in faccia, incurante del fatto che aveva appena subito una sutura.

Sei impazzito? Morire per quella donna? Non merita niente, e sicuramente non la tua vita!” gli urlò in faccia.

Sto male Emily.. sto davvero male…” si giustificò lui scuotendo mestamente il capo “e allora io…”

Io cosa?” lo interruppe la donna “ti fai spaccare la testa e tanti saluti? Sai che avrebbero potuto ammazzarti sul serio? Tu sei un irresponsabile, un idiota irresponsabile!”

La rabbia che lei provava era mista a dolore, non poteva sopportare di vedere un uomo distrutto da una donna come Jennifer, non sopportava di vedere Kevin distrutto da quella donna. Perché vederlo in quello stato di abbandono, non faceva che aumentare quei sentimenti assurdi che nutriva per lui.

Io non ho più niente Emily! Non mi è rimasto niente!” recriminò lui.

Hai la tua vita! Santo Dio Kevin!” gemette passandosi le mani nei capelli “Morire per quella donna? Gettare la tua vita per lei? Io non capisco.. io...” si coprì gli occhi con una mano e pianse più forte.

Mi dispiace piccola” sentì dire all’uomo con la voce rotta dal pianto “Non volevo farti vedere questo spettacolo vergognoso…”

Emily lo guardò e vide che stava piangendo, col capo chino in avanti e una mano sulla fronte. La testa gli scoppiava e desiderava solo che… lei lo confortasse.

Mi vergogno come un ladro” ammise senza guardarla “sto piangendo come un ragazzino ma… non posso farne a meno. So di aver fatto una sciocchezza, io non volevo morire sul serio… ma.. a volte può capitare di cadere tanto in basso da desiderare di non rialzarsi più…”

La giovane gli prese il viso tra le mani. “Ma non puoi farlo! Non per lei! Non merita il tuo amore né tanto meno il tuo dolore! Neanche le tue lacrime…” gli disse accarezzandogli le guance.

Kevin la guardò con occhi tristi. “Io non piango per lei… ma per me…” le rispose “non ho niente, nessuno. Ho quasi quarant’anni e non ho una famiglia, una vera casa o un lavoro… sono dannatamente solo… lo sono sempre stato ma adesso.. fa più male…”

Oh Kevin!” e lo abbracciò, lasciando che lui posasse il viso sul suo seno, stringendola forte.

Io volevo solo essere amato, sai? Volevo solo… una famiglia. Una moglie che mi amava e. .dei figli.” fece una pausa e sospirò. “Io volevo un figlio, ma lei non era d’accordo. Io ho accettato tutte le sue condizioni, tutte. Ho sopportato la sua prepotenza e me ne pento da morire…” si sfogò.

Lei lo ascoltava in silenzio, versando lacrime di tristezza per quell’uomo che in pratica neanche conosceva, ma che, lo capì in quel preciso momento, aveva iniziato ad amare.

Non sei solo Kevin” gli sussurrò “anche se non è un granché, ci sono io….”

La strinse più forte tra le braccia e sospirò. “Non avrei dovuto perderti di vista, dopo averti tirato fuori dall’acqua” le disse d’impulso “avrei dovuto aspettare che tu crescessi… che diventassi adulta, e poi avrei dovuto sposarti. Tu mi avresti amato davvero….lo sento da come mi abbracci e mi parli… se fossi stata la mia donna, ora saremmo felici insieme….”

Emily restò senza parole, nessuno le aveva mai detto una cosa così dolce, nessuno l’aveva fatta sentire così importante. Ma che significava? Che anche lui provava ciò che provava lei?

Ma adesso sono qui….” gli disse facendogli sollevare il viso “non sei da solo…”

La guardò intensamente negli occhi, alzò una mano e le accarezzo il viso. “Perdonami per tutto questo… ti ho trascinato nel baratro con me.”

Lei scosse il capo. “Smettila Kevin. Non devo perdonarti nulla e non mi hai trascinata da nessuna parte” obiettò convinta “io piango solo perché mi addolora vederti soffrire così, e mi fa.. orrore pensare a cosa voleva fare. E anzi devi giurarmi, giurarmi veramente, che non lascerai più che quella donna e tutto quello che la riguarda, ti buttino giù così.” gli disse più seria che mai.

Io ti capisco” continuò con dolcezza “ti senti.. vuoto, impotente. Come se ti avessero… tolto tutto quello che avevi. E ti senti sprofondare…”

Ma è così, mi ha tolto tutto. Ma non adesso” ribatté Kevin “fin dal primo giorno con lei, è stato così. E io gliel’ho lasciato fare…”

E’ questo che ti stare così male?” gli domandò posandogli le mani sulle spalle “pensare che gliel’hai lasciato fare?”

Lui annuì accennando un sorriso amaro. “Sì, soprattutto questo” ammise “io ero consapevole di chi avevo di fronte, ma non ho combattuto. E ora mi ritrovo così, a piagnucolare scaricando su di te i miei problemi.”

La giovane donna gli prese il mento tra le dita. “Sfogarsi non significa piagnucolare, e non è chiedendo conforto che si scaricano i propri problemi sugli altri. Ti sto solo abbracciando e ascoltando, niente di più.” gli disse.

E’ più di quanto lei abbia mai fatto in sedici anni” le confessò “non immaginavo neanche che una donna potesse… regalarmi tutta questa dolcezza. È vero, cercavo conforto…” fece una pausa e si schiarì la voce “e tu me lo stai dando, più di quanto tu creda.”

Anche se ti ho tirato uno schiaffo?” gli domandò con un sorriso.

Lui annuì. “Me lo meritavo tutto, e anche di più. Perché hai ragione, mi sono fatto sopraffare da ciò che mi è piombato addosso senza reagire neanche un po’, semplicemente ignorandolo. E così facendo, mi ha schiacciato. Ma questa storia finisce stanotte, ora basta” affermò serio “io non posso andare avanti così, io devo rialzarmi. Te lo giuro Emily, non mi vedrai più così.”

Emily fece un grande sorriso e annuì. “Bene. Farai meglio a mantenere il tuo giuramento, perché altrimenti ti prenderò di nuovo a schiaffi.”

Beh… a dire il vero mi è sembrata più una carezza che uno schiaffo, prima. Ma farò finta di essere spaventato..” scherzò, finalmente.

Dovresti metterti qualcosa addosso” gli disse Emily, sentendosi improvvisamente in imbarazzo “fa un po’ freddo.”

Kevin annuì e fece per alzarsi, ma una fitta alla schiena glielo impedì, facendolo gemere.

La schiena eh? Mi sembrava strano che non ti desse fastidio.” disse lei avvicinandosi alla cassettiera.

Dove tieni, maglie, maglioni e quant’altro?” domandò.

Proprio lì” rispose l’uomo indicando la cassettiera al suo fianco. Emily aprì il primo cassetto e trovo una felpa grigia, la prese e tornò da Kevin. L’aiutò ad indossarla e poi lo fece stendere sul letto.

Come stai? Fisicamente, intendo…” gli chiese.

Lui gesticolò in aria. “Mal di testa e di schiena… un po’ di nausea. Ma tutto questo passerà, non è certo la prima volta che le prendo….”

Anche se l’ultima volta avevo undici anni, pensò. Ma lo tenne per sé.

Prova a dormire Kevin, domani ti sentirai molto meglio vedrai. In tutti i sensi.”

So che ti sembrerà una proposta indecente pur non essendolo” le disse tra l’ironico e l’imbarazzato “ma ti va di dormire accanto a me?”

Lei ci rifletté su per un attimo, ma poi annuì. “Almeno che io non voglia dormire su una sedia, credo di non avere scelta.”

Si distese accanto a lui e coprì entrambi con una coperta. Kevin l’attirò a sé abbracciandola. “Giuro che farò il bravo…”

Emily ridacchiò. “Stupido.”

Grazie, per tutto quanto..” le disse sospirando.

Di nulla.” rispose posando la testa sul suo torace.

Ascoltò a lungo i battiti del suo cuore, forti e piuttosto rapidi. Le piaceva stare lì, accanto a lui, abbracciata a lui. Quella che aveva iniziato a provare per Kevin, era amore.

E ciò la spaventava da morire, soprattutto perché lui era ancora preso, probabilmente innamorato, della moglie. Sospirò e si addormentò, convinta che avrebbe dovuto farsi passare quel sentimento nato inaspettatamente.

Kevin si addormentò molto tempo dopo, forse un’ora o anche più. Era stanco ma lo stress era troppo per riuscire a dormire tranquillamente.

Inoltre, averla tra le braccia lo inquietava. Stava male, era ferito in tutti i sensi, ma stringerla gli faceva battere più forte il cuore.



 

a/n: scusatemiiiiiiiiii so che ho fatto passare tantissimi giorni... ma è un periodo particolare per me! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto almeno un po', o che almeno non vi abbia fatto schifo! Come sempre, ringrazio tutti quelli che leggono (42) e le deliziose ragazze che recensiscono e che mi hanno votato! Siete magnifiche, grazie! <3

 

 

 

 

 


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Capitolo 18
*** Solo un amico ***


Nuova pagina 1

XV

 

 

Emily si svegliò qualche ora dopo, ancora stretta a lui. Praticamente non si erano mossi, come si erano addormentati così erano in quel momento. Kevin dormiva profondamente, ma l’espressione del suo viso tradiva una certa sofferenza anche nel sonno.

Gli toccò gentilmente la fronte e la trovò alquanto calda, probabilmente aveva ancora la febbre. Ma non voleva svegliarlo, aveva bisogno di dormire e riprendersi. Quello che aveva fatto la notte prima era stata una sciocchezza, anzi no, una cazzata.

Tentare di farsi ammazzare per quella donnaccia? Un uomo come Kevin? Ancora non riusciva a crederci.

Sospirò e lentamente si staccò da lui, alzandosi dal letto. Abbassò lo sguardo sul proprio polso accorgendosi di non avere l’orologio, sbuffò e si guardò intorno, individuando un orologio sulla cassettiera. Si avvicinò a passi lenti e lo prese tra le mani, avvicinandoselo al viso per poter leggere l’ora. Quasi le otto.

“Maledizione” bisbigliò irritata, da lì a poco più di un’ora doveva essere al lavoro.

Cercò la propria borsa e quando la trovò, a terra, la prese e cercò al suo interno un pezzo di carta e una penna. Scrisse un breve messaggio per Kevin e glielo lasciò accanto all’orologio. Poi si riavvicinò al letto ed allungò una mano verso di lui per fargli una carezza sul viso. Ma fermò la mano a mezz’aria e lasciò perdere, non voleva svegliarlo.

Ritirò la mano e si voltò per andarsene. Aprì con cautela la porta ed uscì, richiudendosela alle spalle.

In realtà non l’aveva sfiorato soprattutto per un’altra ragione. Kevin apparteneva ancora a quella… maledetta donna. In un modo o nell’altro Jennifer condizionava la sua vita e Emily non voleva illudersi di nuovo, facendo sogni che poi si sarebbero infranti contro il muro della realtà.

Era impossibile non innamorarsi di lui, Kevin ai suoi occhi era il compendio di tutto ciò che la maggior parte delle donne voleva, follia improvvisa a parte, ovviamente. Era bello, forte e simpatico. Poi intelligente, sensibile e … sì, anche quell’impulsività e quella gelosia spesso piaceva alle donne.

Sicuramente piaceva a lei. Lui era tutto quello che non era Frank, che si era dimostrato sempre poco sensibile o geloso o… passionale.

Emily ne era sicura, Kevin metteva passione in tutto quello che faceva, bastava guardare come si muoveva per capire cosa…

Scrollò il capo come per togliersi quei pensieri dalla mente e salì in macchina.

Tra lei e Kevin non ci sarebbe mai stato nulla che non fosse amicizia, lo sapeva benissimo. Non si erano conosciuti per caso in un bar o in una libreria o mentre compravano il giornale. L’aveva conosciuto quando, furioso, aveva deciso di picchiare a sangue Frank perché andava a letto con sua moglie.

Sorrise tristemente e mise in moto. Aveva quasi totalmente dimenticato Frank, e non come fidanzato: proprio come persona. Era questo che la sorprendeva e le faceva capire che forse quello che provava per Kevin era pericolosamente forte.

Fino a pochi mesi prima era più che convinta che Frank sarebbe stato l’uomo della sua vita, era convinta di amarlo. Ma lentamente stava capendo che forse non era così innamorata. Non c’entrava Kevin, o meglio non solo lui. Si era semplicemente resa conto che dopo un paio di settimane di sdegno, di rabbia e umiliazione,  il dolore aveva iniziato ad alleggerirsi fino a scomparire.

Il vero amore fa male, Kevin ne era la prova vivente, erano passati mesi eppure lui era ancora a pezzi.

Lui era stato veramente innamorato di sua moglie, e probabilmente lo era ancora altrimenti non avrebbe tentato di farsi ammazzare. Il suo dolore era ancora grande, Emily… non aveva speranze.

Nascose il viso tra le mani e scoppiò a piangere, realizzando all’istante di essersi cacciata nei guai.

Era innamorata, ma pesantemente, perché più pensava a Kevin disperato per la moglie, più lei piangeva disperata.

Si asciugò le lacrime dal viso e si diede della stupida, non aveva quindici anni, come aveva potuto caderci così? Aveva sbandierato ai quattro venti quanto fosse inconsolabile per il tradimento di Frank e ora si era già innamorata di un altro uomo?

“Scema.. scema che non sono altro..” disse a sé stessa allontanandosi da lì.

Ma non poteva farci niente, ormai era successo. Si era lasciata conquistare da quella personalità complessa ma adorabile, ma aveva fatto tutto da sola, perché Kevin non le aveva mai fatto intendere che provasse qualcosa di diverso che non fosse semplicemente amicizia.

Sì, si era sempre e solo comportato da amico, a volte anche un po’ timido.

“Un amico… niente più.” mormorò sospirando e accese la radio.

 

 

/-----/

 

 

Quando si svegliò, Emily era già andata via. Non trovarla accanto a sé gli procurò una fitta di delusione, era stato bello dormire con lei tra le braccia e ora che non c’era gli mancava.

Si alzò lentamente dal letto perché gli girava la testa, si guardò intorno e sì, era decisamente andata via.

Sospirò e scosse il capo, pensando che avrebbe potuto svegliarlo e non andarsene via in silenzio. Si avvicinò alla cassettiera e notò il biglietto, lo prese e lo lesse mentalmente:

 

-Buongiorno! Come stai? Spero che il mal di testa non ti tormenti troppo ma sospetto che sarà così almeno per un giorno o due. Devo assolutamente scappare, tra un’ora devo essere al lavoro. Ti chiamo più tardi, abbi cura di te, non bere e non fare a botte! E prendi un’aspirina, anzi no facciamo tre!-

Baci,

Lily.-

 

“Lily?” ripeté sorridendo. Così il suo nomignolo era Lily… adorabile, esattamente come lei.

Ripiegò il messaggio e lo rimise lì dove l’aveva trovato, sotto al proprio orologio. La delusione provata prima per l’assenza di Emily era sparita, ora era stranamente sollevato.

Non felice, perché non poteva esserlo dopo l’immane stronzata che aveva fatto la notte prima. Gli sembrava di aver vissuto un brutto e grottesco incubo, non poteva davvero essere stato lui.

Eppure la testa fracassata e la schiena a pezzi, gli dicevano che effettivamente era stato lui a provocare gli avventori del pub di Johnny per scatenare una rissa e, possibilmente, rimanerci secco.

Oddio, aveva tentato di farsi ammazzare? Sul serio? Ma lui voleva vivere, altrochè! Ora più che mai.

Non era solo, c’era Lily con lui.

Fece una doccia stando attento a non bagnare la ferita alla testa, si vestì e si preparò del caffé. Poi buttò giù due aspirine con la speranza che avrebbero messo a tacere per un po’ il suo martellante mal di testa.

Dopodichè prese il cellulare e chiamò Emily.

“Ehi, mi hai lasciato solo stamattina!” esordì quando lei rispose dopo il terzo squillo.

Oh mi spiace, hai avuto paura?” lo prese in giro la ragazza

“Un po’ sì” rispose Kevin “mi sono svegliato e non c’eri accanto a me… ci sono rimasto male.”

Seguì un breve silenzio, poi Emily riprese a parlare. “Povero piccolo… come va la testa?”

Kevin si massaggiò la fronte. “Insomma, martella un po’ ma sinceramente pensavo peggio. Grazie ancora… Lily.”

Di.. di nulla figurati, però ti prego di non farlo più, ne abbiamo parlato stanotte mi pare, no?”

Lui annuì. “Oh sì, puoi stare tranquilla. Credo che sbagliare sia umano, ma solo una volta. Con quella storia ho chiuso stanotte.”

Bene, ora scusami devo andare Kevin… ci sentiamo, okay?”

Kevin ebbe la sensazione che Emily avesse fretta di terminare la conversazione.

“Tutto bene?” le domandò.

Sì certo, io sì” rispose con voce squillante “perché me lo domandi?”

“Era una semplice domanda… allora a presto Emily, buon lavoro.”

“A presto e riguardarti!”

Kevin riattaccò con la spiacevole sensazione che Emily fosse in qualche modo arrabbiata o delusa, qualcosa del genere.

Beh a dire il vero, ne aveva tutte le ragioni. Le aveva telefonato all’una di notte chiedendole di aiutarlo, forse anche lui avrebbe reagito così. Sì, ma poche ore prima non era arrabbiata.

Trasse un profondo sospiro e decise che, mal di testa permettendo, nel pomeriggio sarebbe andato da lei. Con un taxi, però. La sua macchina era davanti al pub e oltretutto non se la sentiva di guidare. Voleva chiederle ancora una volta scusa e dirle grazie, per tutto quanto.

Ma prima, decise di fare qualcos’altro.

Aveva l’impressione di avere un concerto in testa, era indolenzito dal collo alla vita, ma era lucido finalmente e sapeva cosa fare per iniziare davvero a voltare pagina. Il giorno prima la goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato l’imbroglio ai suoi danni che gli avrebbe fatto perdere molti soldi nella vendita della sua casa.

Bene, aveva intenzione di recedere dal contratto con quell’agenzia. E poco gli importava se c’era una penale da pagare, non si sarebbe fatto fregare così senza reagire. Jennifer voleva punirlo per qualcosa che era solo nella sua testolina viziata e lui non era più il suo obbediente schiavo.

Aveva rischiato di morire per colpa sua, ma per fortuna non era successo. Voleva cambiare sul serio e riprendersi la sua vita, soldi compresi.

Cercò, e trovò, il numero dell’agenzia e dopo essersi preparato mentalmente cosa doveva dire, compose il numero.

“Sì, pronto signor Darcy, sono Kevin Duval. Dovremmo parlare.”

Buongiorno signor Duval, mi dica tutto!

Kevin accennò un sorriso. Sì, ora gli avrebbe detto tutto.

 

 

/-----/

 

 

Lily.

Che suono particolare aveva pronunciato da lui. Non aveva mai amato quel nomignolo, ma detto da Kevin era… diverso.

Non si era comportata bene con lui al telefono, aveva alternato interesse e freddezza e lui se ne era accorto.

“Ehi Porter, tutto bene?” le domandò un collega passando davanti la sua scrivania. Lei lo guardò e annuì semplicemente.

Ma non andava per niente bene, aveva una gran confusione in testa ed era stanca. Aveva dormito poco anche se molto… bene. Cioè male perché non era a casa sua, aveva dormito vestita, e…

Chi voleva prendere in giro? Dormire tra quelle braccia era stato stupendo, avevano assunto la posizione che ti solito si assume dopo aver fatto l’amore, lui che la cinge col braccio e lei che posa il capo sul suo petto.

E poi quelle parole. Le aveva detto che con lei sarebbe stato felice e forse aveva ragione. Lei non l’avrebbe mai fatto soffrire così, se ne sarebbe presa cura. L’avrebbe amato, semplicemente.

Ecco, lo stava rifacendo!

Eppure non leggeva romanzi rosa, non guardava molti film romantici, anzi praticamente nessun film romantico. Perché continuava a fantasticare così? Non ci sarebbe mai stato nulla tra lei e Kevin che non fosse amicizia, doveva metterselo in testa.

Solo amici.

E come amica non si era comportata bene dieci minuti prima, quando lui le aveva telefonato per ringraziarla. Lo avrebbe richiamato, Sì. magari non subito, nel pomeriggio.

Sospirò e tornò a lavorare al computer.

 

 

 


a/n: E rieccomi finalmente! Sì lo so, sono imperdonabile, quasi un mese dall'ultimo aggiornamento! Ma proprio non potevo dedicarmi a questa storia, alla quale tengo molto. Questo capitolo non è un granché lo so, ma spero che possa avervi comunque allietato. In attesa di sviluppi più intensi, vi spoilero giusto un po': ci sarà una gravidanza O__o!! Di chi? Vedremo ;) Baci e spero che continuiate a seguirmi!

 

 

 

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Capitolo 19
*** Grazie di esistere ***


XVI

 

 



Aveva un forte mal di testa e aveva già preso il numero massimo di aspirine per quel giorno. Doveva rassegnarsi a conviverci per un po’, dopotutto gli avevano quasi spaccato la testa, era normale avere dolori.

Ma questo non lo persuase dall’andare da Emily quel pomeriggio, dopo aver sistemato alcune cose che riteneva fondamentali per poter davvero ricominciare da zero.

Uscì di casa verso le 17:00 e prese un taxi, visto che la sua macchina era ancora parcheggiata dove l’aveva lasciata la notte prima e non aveva nessuna voglia di andare a riprenderla.

Erano anni che non prendeva un taxi, si sentì quasi in imbarazzo. Ma sopportò placidamente la sensazione di disagio e arrivò da Emily circa venti minuti dopo.

Suonò il campanello e la porta si aprì pochi istanti dopo. Sicuramente aveva guardato dallo spioncino altrimenti non avrebbe mai aperto senza domandare chi fosse.

Kevin! Che ci fai qui?” gli domandò lei sorpresa.

Lui sorrise e fece spallucce. “Volevo vederti” rispose sincero “e ringraziarti di persona.”

Così dicendo le mostrò cosa aveva in mano. Tre rose avvolte in una scintillante carta dorata: una blu, una bianca e una rossa. Riproduceva florealmente la bandiera della Francia.

Emily guardò quelle rose a bocca aperta e poi sorrise arrossendo un po’. “Non… dovevi...” farfugliò guardandolo negli occhi.

Infatti non dovevo, ma volevo” ribattè Kevin “è… una sciocchezza, troppo poco per una donna come te. Ma spero tu voglia comunque accettare questo piccolo, insignificante regalo.”

La giovane donna sorrise di nuovo e prese quelle rose dalle sue mani, tremando leggermente. Sperò con tutto il cuore che lui non se ne accorgesse. Quell’uomo era di una… dolcezza disarmante, e a lei piaceva da morire.

Ma allo stesso tempo, sapeva che qualsiasi cosa lei nutrisse per Kevin, doveva necessariamente farsela passare. Soffocarla finché non fosse morta. Ma ciò non le impediva di essere sua amica, no?

Vieni ,accomodati” lo invitò “come stai?” aggiunse subito dopo.

Kevin entrò e richiuse la porta alle sue spalle. “Psicologicamente o fisicamente?” chiese a sua volta.

Lei lo guardò e sorrise. “Mi interesserebbe sapere di entrambe le componenti.” rispose.

Andarono in salotto e si sedettero sul divano, Emily posò le rose sul tavolino di fronte a loro e pensò che non aveva mai ricevuto niente di lontanamente bello come quei tre semplici fiori.

Beh, fisicamente potrei stare meglio” ammise l’uomo “sono ancora un po’ stordito e mi fa male la testa e la schiena. Psicologicamente credo di stare piuttosto bene. So che sembra una follia, visto che ieri sera ti ho detto che speravo di farmi ammazzare, ma è la verità” fece una pausa e la guardò intensamente negli occhi “toccare il fondo mi è servito, perché mi sto già rialzando.”

Emily ricambiò lo sguardo, perdendosi in quel grigio intenso. Aveva gli occhi stanchi, si notava chiaramente, ma erano più vivi e limpidi.

Sono felice di sentirtelo dire, questa notte… beh è stato decisamente orribile. Era proprio il concetto che mi faceva impazzire.” disse lei.

Kevin annuì stringendo le labbra. “Non riesco ancora a capacitarmi di quanto io sia stato stupido” si rammaricò “soprattutto perché quando ho iniziato a riacquistare un minimo di lucidità, ho pensato che io non volevo affatto morire. Allora perché diavolo ho scatenato la rissa? Avete ragione voi donne, a volte siamo dei veri idioti!”

Lei ridacchiò scuotendo il capo. “Sì, anche un po’ più spesso di a volte, sai? E comunque per nessuna donna o uomo si deve fare una cosa del genere. Sicuramente non per lei.” affermò convinta.

L’uomo annuì lentamente toccandosi il mento. “È vero, è stato un momento di follia che poteva costarmi caro, ma che voglio assolutamente dimenticare e il più presto possibile. Però sai… quando le delusioni ti arrivano addosso una dopo l’altra, può succedere di andare in tilt.”

Vero” convenne lei “ma non è facendoti picchiare che risolvi le cose. Kevin, tu non sei un uomo violento, ne sono sicura. Ma a volte… lo diventi. E questo non va bene…”

Kevin accennò un sorriso. “No, non va bene per niente. Ma è che io… non sapevo cosa fare. Mi era crollato tutto addosso e…”

Ripensò per un attimo a tutto quello che era successo negli ultimi giorni: a Jennifer che lo insultava come uomo, distruggendolo gli unici ricordi positivi che aveva della loro relazione, e all’imbroglio che avevano organizzato per mandarlo sul lastrico.

Ma non poteva raccontarle quelle cose, sicuramente non la prima.

Sai, ho messo in vendita la casa, finalmente” disse cambiando discorso.

Dunque darai un taglio netto al passato” fece Emily.

Sì, decisamente sì” rispose Kevin con convinzione “quella dannata casa… la detesto. Non è mai stata mia, non sentimentalmente almeno. E tra poco qualcuno la comprerà e io me ne potrò dimenticare.”

La giovane annuì e lui decise di raccontarle di più. “Vedi… lei ha giocato sporco anche per quanto riguarda la casa” inizia “si è… intromessa in qualche modo nel contratto con l’agenzia che l’avrebbe poi messa vendita.”

Emily corrugò la fronte. “Cioè? Oddio, non ti ho neanche offerto un caffè! È già la seconda volta che dimentico di farlo!” si ricordò scattando in piedi.

Lui le prese la mano e le sorrise con dolcezza. “Sto bene così piccola, siediti che ti racconto le ultime novità.”

Il contatto con quella mano grande e calda la fece letteralmente vibrare, ma fece finta di nulla. Si risedette accanto a lui in attesa.

Vedi, io sono un ingenuo, lo sai” cominciò ironico “per cui non mi è passato per la mente che, visto i contatti che ha la sua famiglia, potesse fare qualcosa per vendicarsi di tutti i suoi preziosi oggetti che le ho ridotto in frantumi. Invece così è stato” si fermò e tirò un profondo sospiro “quell’appartamento, vale circa cinquecentomila sterline. L’agenzia, che appartiene ad un amico della sua famiglia, lo aveva stimato per circa duecentomila. Voleva rovinarmi anche economicamente.” concluse.

Emily scosse il capo. “Ma perché? Voglio dire… tutta questa cattiveria per due soprammobili? Io al massimo ti avrei tirato un paio di schiaffi!” esclamò.

Ma tu non sei lei, fortunatamente” chiosò lui “Jennifer è una bambina viziata che pesta i piedi quando non riesce ad avere ciò che vuole. Per cui quando ha visto il terribile danno che avevo fatto alla sua roba, ha deciso di vendicarsi. Ma sono riuscito a sistemare le cose.” le spiegò.

Non avrai picchiato qualcuno, spero!” gli chiese Emily fingendosi preoccupata.

Kevin fece una smorfia. “Ah ah divertente. No, ho semplicemente mandato al diavolo il capo dicendo che vista la loro scorrettezza nelle trattative, avrei annullato il contratto con loro e mi sarei rivolto a qualche altra agenzia, anche d’oltremanica se necessario. Mi hanno telefonato di nuovo dopo neanche mezz’ora scusandosi per il malinteso e offrendomi un contratto molto più vantaggioso.”

Emily ridacchiò. “Coerenza zero, vedo.” commentò amaramente.

L’uomo si strinse nelle spalle. “I soldi hanno un potere enorme, loro ci guadagneranno un bel po’ dalla vendita del mio appartamento. Non volevano lasciarsi scappare quest’occasione.”

Sono contenta che tu abbia preso in mano la situazione, Kevin” gli disse sincera “persone come lei ce ne sono tante purtroppo, e spesso rovinano la vita degli altri sapendo di farlo.”

Lui annuì. “Sì, lei l’ha sempre fatto. Sia con me che con chiunque altro avesse la sfortuna di incrociare la sua strada. Tu dirai, allora perché stavi con lei?” fece una pausa e accennò un sorriso “perché in fondo si spera sempre che le cose cambino, o almeno non peggiorino. O più semplicemente, sei così innamorato che non vedi davvero chi hai di fronte. E quando te ne rendi conto, non solo in genere è troppo tardi, ma è difficile ammetterlo a te stesso.”

Ecco, pensò Emily con tristezza, l’ennesima dichiarazione d’amore di Kevin per quella donna.

L’importante è che tu ora l’abbia capito.” disse la giovane cercando di essere naturale.

Sì. Sai, ho anche telefonato al mio ex socio in affari, stamattina” le raccontò “credevo fosse infuriato con me invece non era così.”

Allora riprenderai a fare l’istruttore di nuovo e a salvare giovani fanciulle vittime di bulli?” domandò Emily riferendosi al loro primo incontro, sedici anni prima.

No Emily, non credo proprio” rispose “non ho l’età e.. sono fuori allenamento da anni. Finirebbe che qualcuno dovrebbe salvare me dall’annegamento.”

Lei rise. “Ma smettila, sono certa che sono cose che non si dimenticano. È come andare in bici, no? Non credo che si dimentichi come mantenere l’equilibro.”

Kevin la guardò negli occhi e Emily sentì il cuore fare una piccola capriola.

Stupida!, si insultò mentalmente.

Beh sì, questo sì. Ma non me la sentirei mai di riprendere a fare l’istruttore. Non ho più vent’anni.”

Se posso darti un parere, direi che fisicamente non avresti nessun problema. Hai paura della prova costume?”

L’uomo scoppiò a ridere. “Oddio… questo non me l’aveva mai detto nessuno!” disse divertito “comunque non è questo, è che… non sono più io. Non so spiegarti cosa voglio dire. Solo che…”

Credi che sia un mondo che non ti appartiene più?” l’aiutò lei.

Kevin annuì sospirando. “Sì, credo di non avere più niente in comunque con quel mondo, con quello stile di vita. Mi sono un po’… fossilizzato, direi. Sì, non mi appartiene più.”

Senza pensarci, Emily stese una mano e la posò sulla sua, poggiata sul divano. Lui prontamente l’afferrò e la strinse.

Per un attimo, solo per un piccolissimo attimo, entrambi sentirono come una scossa attraversare i loro corpi.

Allora prova a riprendertelo, quel mondo. Era tuo prima di conoscere Jennifer, sarebbe un bel modo per cancellarla, no?” gli disse con dolcezza.

L’uomo accanto a lei sorrise e le baciò la mano. “Perché lo fai?” le domandò.

Lei non capì. “Fare cosa?”

Confortarmi e spronarmi ad andare avanti, a cambiare le cose. Tu hai perso tanto in questa storia, dovevi sposarti e invece ora parli col marito della donna che ti ha rubato il fidanzato. Perché lo fai?”

Perché mi sono innamorata di te.

Beh perché credo di averla superata un po’ meglio di te… e mi dispiace vedere una persona come te soffrire per… quella. Ti dirò, inizialmente ti ho detestato, perchè mi avevi fatto vedere quelle foto. Poi ho capito che tu… non eri così cattivo com’eri sembrato. Infatti ora siamo su un divano a tenerci per mano! Sei un brav’uomo, ti meriti di meglio.” concluse sorridendo.

Kevin improvvisamente desiderò con tutto sé stesso di svegliarsi e accorgersi che la sua vita con Jennifer era stata tutta un incubo, per scoprire che la sua compagna era sempre stata Emily.

Era un pensiero che l’aveva sfiorato altre volte, ma mai così intensamente.

Grazie Lily… per tutto quanto. E soprattutto, grazie di esistere.”

Emily voleva piangere.

Perché le diceva quelle cose? Perché la illudeva? Poi pensò che in effetti lui non sapeva niente dei suoi sentimenti, non lo faceva di proposito.

Di nulla Kevin, davvero….” mormorò con la voce che le tremava leggermente.

Lui se ne accorse. “Stai bene?” le chiese preoccupato.

Lei annuì. “Sì sì certo, è solo che… ricordi quello che mi hai detto stanotte?”

Che avrei dovuto sposare te?” rispose lui intuendo subito.

Sì, quello” confermò Emily distogliendo per un attimo lo sguardo “sai, penso anche io che non avremmo dovuto perderci di vista. Ora saremmo felici insieme.”

Ma che aveva detto? Perché l’aveva fatto? Si era esposta troppo e ora negli occhi di Kevin leggeva qualcosa di strano. E la cosa peggiore era che non riusciva a capire cosa fosse.

Già” sospirò lui “siamo stati sfortunati. Ma questo lo sapevamo, no? Comunque ci siamo trovati adesso, anche se non stiamo insieme possiamo essere felici.”

Sì, possiamo esserlo.”

No, non potevano. Sicuramente non lei.

Forse doveva troncare quell’amicizia, se ne rese conto in quel preciso istante. Si sarebbe fatta di nuovo male, e questa volta sul serio.

Okay” disse Kevin dopo alcuni istanti “io dovrei andare. Con calma ovviamente, visto che sono ancora un po’ intontito.” e si alzò dal divano, imitato da Emily.

Fai attenzione, ti prego” si raccomandò “e cerca di medicare per bene quel taglio.”

Certamente. Voglio che sparisca il più presto possibile.” rispose lui.

Emily lo accompagnò alla porta e l’aprì per farlo uscire. “Grazie per le rose Kevin, sono stupende.” lo ringraziò.

Figurati. Sono davvero una sciocchezza, ma noi uomini non siamo molto pratici di queste cose.” replicò.

Istintivamente Kevin le spostò una ciocca di capelli dal viso e le accarezzò la guancia con le dita. Poi si piegò per baciarla sulla guancia.

Lei restò immobile, avendo paura di fare qualche pessima figura facendogli capire più di quanto, credeva, gli aveva già fatto capire.

A presto Lily, e grazie ancora.”

Kevin uscì lasciandola da sola con i suoi pensieri. Chiuse la porta e vi si appoggiò contro.

Tirò il sospiro più profondo della sua vita e andò in cucina per prendere un bicchiere d’acqua.

Forse doveva parlare un po’ con Rachel, dirle cosa le stava succedendo. Ma aveva paura di farlo perché voleva dire ammettere a voce alta quello che provava. E lei non era pronta per quello, non ce la faceva ad ammettere di aver capito davvero come ci si sentiva ad essere innamorate.

Perse, fragili e come… sospese.

Bevve un sorso d’acqua mentre una lacrime scendeva piano.



 

 /-----/

 



Era scappato da casa sua perché quello che aveva sentito dentro di sé, l’aveva spaventato.

Non era il momento, non poteva ricaderci così immediatamente. E poi lei era un’amica, era…

Sospirò e salì sul taxi, con la testa che continuava a martellare furiosa.

Kevin non poteva permettersi di provare qualcosa per lei. Era sbagliato e pericoloso, non voleva stare male di nuovo, ripetere un copione già recitato per anni.

Emily era bella da morire. Quel pomeriggio lo era ancora di più, o meglio era lui ad averla vista ancora più bella.

Ed era dolce e comprensiva. Sarebbe stato fin troppo facile perdere la testa per lei, soprattutto ora che si sentiva ancora un po’ fragile.

Si coprì il viso con le mani e sospirò profondamente.

Sta bene, signore?” s’informò il taxista.

Sì certo, non si preoccupi. È solo un mal di testa. Passerà.”

Sì, passerà, si disse riferendosi alle sensazioni che Emily gli provocava.

Non voleva più soffrire per una donna, e una donna come lei poteva far impazzire un uomo.

 



/-----/





E questo che vorrebbe dire?” gridò Jennifer trattenendo a stento le lacrime.

Frank, con le mani in tasca e lo sguardo basso, non sapeva come spiegarle la situazione.

Jenny, io…” ma non sapeva come continuare.

Io cosa?”

Finalmente alzò lo sguardo. “Jenny, mi dispiace, ma per me questa storia è finita. Mi dispiace davvero tanto, credimi, ma non ti amo e non credo sia giusto continuare a stare insieme.” Disse tutto d’un fiato.

Gli occhi di Jennifer si ridussero ad una fessura. “Mi stai lasciando? Dopo che io per te ho mandato a monte il mio matrimonio?” recriminò furente.

Lui alzò le spalle. “Anche io ho lasciato Emily per te” mentì, perché era stata lei a lasciare lui “ma non posso continuare a stare con te anche se non ti  amo, capisci?” tentò di spiegarle.

Ma lei non capì affatto. “L’unica cosa che capisco” sibilò “è che sei uno stronzo! Un lurido verme! Sparisci dalla mia vista, idiota subito!”

Frank non se lo fece ripetere due volte, afferrò il proprio cappotto e guadagnò l’uscita in pochi secondi.

Rimasta da sola, nel suo nuovo e lussuoso appartamento, Jennifer Lewis scoppiò in un pianto più isterico che disperato. Afferrò un vaso dal tavolo e lo scagliò contro la porta urlando improperi contro Frank.

Kevin aveva ragione, si disse, quell’uomo era solo un bastardo. Magari stava già tornando dalla sua fidanzatina.

E lei aveva lasciato Kevin per lui? Per quel verme che per mesi aveva vissuto in casa sua come un parassita e poi se n’era uscito con il solito mi dispiace ma non ti amo più, per cui non ha senso restare insieme?

Quant’era stata stupida!

Si asciugò le lacrime tentando di ricomporsi.

Che vada al diavolo” disse riferendosi a Frank “un idiota come quello non mi merita.”

Non avrebbe mai dovuto lasciare suo marito, l’aveva lentamente capito in quei sei mesi. E il comportamento di quel verme le aveva dato la conferma finale.

Kevin l’aveva amata sul serio, incondizionatamente. Ed era certa che l’amava ancora.

Forse, non tutto era perduto.









a/n: scusatemiiiiii lo so lo so, faccio passare sempre tantissimi giorni! Ma davvero non riesco a carburare, ho tipo un piccolo blocco dello scrittore che io a capocciate tento di sbriciolare! So anche che la sto tirando per le lunghe, devo ammettere che sarei tentata di farli subito rotolare sotto a un tavolo o roba simile XD ma come già detto, è una storia che mi piace molto per la complessità di sentimenti presenti in essa, e non vorrei farla diventare solo un pornazzo ahahhahaha!! Anche se un po' di porno non guasta, no? Spero continuerete a seguirmi. E come sempre grazie a tutti quelli che seguono e recensiscono, lo sapete che vi amo *__*!!


P.s. Avete visto? La stronza ha avuto il benservito pure da uno sfigatello come Frank ahahahah! Però ora... che vorrà fare??

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Capitolo 20
*** Sentirsi respinto ***


Nuova pagina 1

 

XVII

 

 

 

 

 

Si dice che il tempo curi tutte le ferite. E lo si dice riferendosi alle ferite dell’anima.

Per quelle ci sarebbe voluto un po’ di più, ma quelle del corpo erano quasi del tutto sparite.

Erano passati dieci giorni da quando Kevin aveva fatto quella sciocchezza di cui si vergognava profondamente e per la quale non aveva una reale spiegazione. Della ferita alla testa rimaneva poco, i punti si erano riassorbiti e restava solo un segno, come un graffio appena al di sopra dell’orecchio.

In quei giorni aveva fatto molte cose, alcune delle quali non le faceva da almeno dieci anni. Per esempio era tornato a nuotare, lì nella piscina aperta col suo socio storico, che l’aveva accolto prima con una formale stretta di mano, poi assicuratosi che non lo vedesse nessuno, l’aveva abbracciato.

Chris era stato il suo migliore amico, e per colpa di Jennifer e del suo snobismo se ne era allontanato. Ma quando l’amicizia è vera e profonda, con un po’ di buona volontà si può riuscire a ricucire lo strappo.

Gli aveva raccontato tutto, a parte la rissa ovviamente. Il tradimento di sua moglie e la conseguente separazione, e la sua voglia di buttarsi tutto alle spalle.

Il suo amico non era parso per nulla sorpreso, dicendogli poi infatti che in fondo l’aveva sempre sospettato che quella donna avrebbe finito col fargli del male e che gli dispiaceva davvero che per colpa sua la loro amicizia era praticamente finita, salvo poi rinsaldarsi dopo cinque minuti, come stava accadendo mentre ne parlavano.

Avevano la stessa età, solo che Chris era stato più fortunato: si era sposato sei anni prima e aveva già due bambini di quattro e due anni. A quella notizia Kevin aveva sentito una stretta allo stomaco, ma si era complimentato con lui sorridendo.

Il giorno dopo era tornato per fare una nuotata e i due finirono col fare una gara di nuoto. E pur essendo fuori allenamento, aveva vinto Kevin, per tre volte di fila.

Dopo di che, gli aveva proposto di rientrare attivamente a far parte dello staff e magari dopo essersi di nuovo ambientato, avrebbe potuto ritornare a fare l’istruttore di nuovo.

Kevin era rimasto sorpreso da una simile richiesta e preso in contropiede, aveva temporeggiato dicendogli che ci avrebbe pensato su. In realtà non voleva farlo, come aveva detto ad Emily qualche giorno prima, ormai era un mondo che non gli apparteneva più e a quasi quarant’anni non poteva riappropriarsene da un giorno all’altro.

Già, Emily. Si erano visti solo una volta in quella settimana, e sentiti per telefono due o tre.

Ogni volta che tra di loro c’era una sorta di avvicinamento, irrimediabilmente calava il silenzio.

Ma Kevin aveva pensato spesso a lei, praticamente tutti i giorni. Ed è quasi superfluo dire che questo lo spaventava.

Per lui era un momento delicato, era appena uscito da una storia sì sbagliata, ma che era durata quasi metà della sua vita. Non era più abituato a stare da solo, e aveva davvero paura di innamorarsi di Emily. Non era il momento, anzi no, non era proprio la persona adatta!

Erano amici, e se gli fosse scattata dentro la molla dell’amore, avrebbe rovinato tutto. Non voleva perderla, dunque ogni volta che alla sua mente affiorava un pensiero diverso da quello dell’amicizia, lo ricacciava indietro dandosi dell’idiota.

Ma ciò non gli impedì di andare da lei, un pomeriggio.

“Ehi ciao!” lo salutò la giovane donna sorridendo. Era bella da far paura. Indossava un abito di cotone azzurro, lungo fino al ginocchio, e portava i capelli raccolti in uno chignon dal quale era sfuggite alcune ciocche che le incorniciavano il viso.

Kevin ricambiò il sorriso ma attese che fosse lei ad accennare di volergli dare un bacio sulla guancia.

“Vieni, entra Kevin.” lo invitò.

Entrò e Emily fece accomodare l’uomo in cucina, dove stava preparando del the.

Gliene offrì una tazza e si sedette di fronte a lui, al tavolo della cucina.

“Allora, come va?” gli domandò bevendo un sorso di the.

Kevin si strinse nelle spalle. “Non posso lamentarmi, davvero. Ho la testa dura per cui la ferita è praticamente sparita e per quel che riguarda il resto, mi sto buttando tutto alle spalle” fece una pausa per bere dalla sua tazza “sono anche stato in piscina, ieri e l’altro ieri.”

“Sul serio? E com’è andata?” 

“Decisamente bene” affermò sorridendo “Chris, il mio socio, mi ha accolto a braccia aperte. Abbiamo parlato a lungo, gli ho spiegato cosa mi è successo negli ultimi mesi e lui non se n’è meravigliato, perché in fondo sapeva che sarebbe finita così. Dice che si vedeva lontano un chilometro che non eravamo fatti per stare insieme.”

Emily annuì. “Quindi vi siete riappacificati” domandò ancora.

“Sì, e ieri abbiamo addirittura… fatto una piccola gara di nuoto. Ho vinto, sai? E poi mi chiesto se volessi per caso… tornare in pista.”

Lei sorrise. “Ma è fantastico! Tu hai detto di sì, vero?”

“Veramente ho detto che ci avrei pensato su, ma in realtà non voglio tornare da nessuna parta… non me la sento.”

Emily alzò gli occhi il cielo. “Ci risiamo” sospirò “Kevin, tu eri una promessa del nuoto, quindi non credo proprio che tu possa aver dimenticato tecniche e quant’altro. Non devi rimettersi subito ad insegnare a nuotare, no? Puoi anche… che so, allenarti. Ma fallo, è il modo migliore per ricominciare, ne sono sicura.” lo incoraggiò decisa.

Lui la guardò negli occhi con un’espressione seria, poi sorrise scuotendo il capo. “Sai.. credo di essere venuto proprio affinché tu mi incoraggiarsi” ammette abbassando lo sguardo “in fondo sapevo che l’avresti fatto e io… credo di averne bisogno.”

La donna si intenerì, e il suo cuore batté più forte. Anche se ad essere sinceri, aveva già iniziato a battere più forte non appena l’aveva visto sulla porta.

“E quindi… lo farai?” gli domandò timidamente.

Kevin ci pensò su, in realtà aveva ancora molti dubbi e nonostante il giorno prima avesse vinto contro Chris, non si sentiva per niente fisicamente pronto. Poi però gli venne un’idea che reputò geniale e che riguardava Emily.

“Beh” iniziò allontanando da sé la tazza ormai vuota “potrei anche decidere di farlo. Ma dovrai aiutarmi tu.”

Emily lo fissò perplessa. “Io? Non vedo come potrei! Sono terrorizzata al solo pensiero di guardare dentro una piscina!” gli ricordò rabbrividendo.

“Esattamente” sottolineò l’uomo “tu potresti essere la mia prima allieva. Supereresti la tua paura e io mi eserciterei ad insegnare nuovamente. Che ne dici?” concluse calmo.

Lei aprì la bocca guardandolo scioccata. “Stai scherzando? Io in piscina? NO!” rispose nervosamente.

“Okay, come non detto. Scusami. Pensavo volessi anche tu… dare una svolta alla tua vita.” le disse provocandola.

“Ma… Kevin! Io sono quasi morta per colpa di quella dannata piscina! Te lo sei dimenticato?” gli fece notare.

“Per niente. C’ero anche io, ricordi? Non ti ho fatto… morire, o sbaglio? Ti salverei ancora.”

Emily si sentiva in imbarazzo: voleva aiutare Kevin, ma aveva paura dell’acqua e oltretutto… avrebbe dovuto mettere un costume da bagno. Si vergognava da morire, non voleva che Kevin la vedesse quasi nuda. E la imbarazzava vedere lui, quasi nudo.

“Allora?” disse Kevin distogliendola dai suoi pensieri “che mi dici?”

“Non lo so…”

“Ti fidi di me, o no?”

“Sì ma… è più forte di me. Sono terrorizzata.” ripeté Emily.

Kevin allungò una mano e prese la sua. “Non voglio costringerti a farlo, ma vorrei davvero aiutarti a superare questa paura. Non è giusto che un ragazzetto idiota ti abbia impedito di goderti una cosa così bella come nuotare. Te lo dice un nuotatore Lily, è stupendo. Capisco la tua paura, ero lì quando annaspavi in acqua, lo ricordo benissimo e ricordo anche la mia paura nel vederti in pericolo. Ma oggi come allora, ci sono io accanto a te. Non sono allenato, ma credo proprio che ce la farei a prenderti in braccio.”

Perché le bastava che lui le prendesse una mano per sentire lo stomaco stringersi in una morsa? Perché doveva essere preda di queste sensazioni? Eppure se l’era detto e ripetuto che doveva farsela passare! Invece eccola lì, col cuore che tamburellava nel petto e il desiderio che Kevin la tenesse per mano per l’eternità.

No, non era esatto. Non era questo il reale desiderio che provava in quel momento, non solo questo almeno. Quella mano calda, le faceva presumere che tutto il suo corpo fosse caldo. E per un attimo, provò ad immaginare come sarebbe stato stringersi a lui. Ed era un pensiero sbagliato, da togliersi subito dalla mente.

Perché? Che male c’è nel desiderare di sentire il corpo caldo di un uomo sul proprio?, disse una fastidiosa vocina interiore.

Una vocina stupida, che non capiva niente. Lei non desiderava il corpo di un uomo. Lei desiderava… Kevin.

Scacciò subito quell’elucubrazioni scabrose e tentò di sorridere, togliendo però la sua mano da quella di lui.

“No Kevin, non posso…”

Kevin sospirò deluso, pensava che lei si fidasse di lui, almeno un po’. E che fidandosi, ci avrebbe almeno provato. Si era sbagliato.

“Okay, mi arrendo” disse lui “non insisto più. Ma sappi che domani pomeriggio, alle quindici, io aspetterò in piscina. Fino alle quattro, che è l’orario d’apertura al pubblico. Se per caso cambi idea, decidendo che vuoi reagire ad una fobia causata da un cretino affidandoti ad un amico che non ti lascerebbe mai e poi mai annegare, io sarò lì ad aspettarti.” Concluse alzandosi dalla sedia e rimettendola al suo posto.

Il tono che aveva usato era stato forte, risoluto. Non voleva obbligarla ma dalla sua voce si capiva che ci teneva molto a questa faccenda, e che sperava di convincerla con un ultimatum discreto, ma fermo.

Emily si alzò mentre Kevin raggiungeva il salotto per andarsene.

Era arrabbiato con lei? Aveva questa sensazione ed era molto spiacevole, e soprattutto non ne capiva il motivo, se era davvero così.

“Kevin” lo chiamò toccandogli un braccio “sei arrabbiato?”

Lui la guardò inarcando le sopracciglia. “Arrabbiato? No assolutamente” le rispose “è solo che… è la seconda volta che ho la sensazione che tu voglia allontanarmi. Tagliarmi fuori per qualche motivo che non capisco. Mi conforti, mi sproni ad andare avanti, ma se faccio un passo in tua direzione, ti chiudi. Forse sono troppo invadente, ingombrante. Ma non mi piace avere questa sensazione.” confessò serio.

Era così evidente il suo disperato tentativo di mantenere quel rapporto su un profilo basso? Sì, e probabilmente stava sbagliando tecnica, perché invece di farlo diventare una semplice e sincera amicizia, rischiava di offendere Kevin con i suoi comportamenti contraddittori: un po’ amica intima, un po’ semplice conoscente.

“Mi dispiace Kevin, non volevo… ecco… offenderti” tentò di scusarsi lei, pur non sapendo cosa dire.

“Non devi scusarti, non hai fatto nulla. E non so neanche perché ti ho detto quelle cose. Scusami tu, davvero. E comunque io domani aspetterò davvero, ma non sentirti obbligata in nessun modo. Inizierò comunque anche se non vieni.” le fece sapere.

Emily annuì ma non gli diede nessuna risposta, Kevin sospirò e le sorrise, ma più freddamente.

“A presto allora, e buona serata.” la salutò.

“Sì, a presto. E buona serata anche a te.”

L’uomo uscì senza neanche accennare a darle un bacio o aspettare che fosse lei a farlo.

Ed era… deluso.

Non perché non voleva che l’aiutasse a superare la sua paura dell’acqua.

Si era sentito ferito da un gesto di Emily. Forse era stato involontario, ma gli aveva fatto male.

Mentre teneva la sua mano nella propria, si era divincolata come infastidita, e lui si era sentito… respinto.

Non era un gesto così intimo, tenerle la mano, no? Allora perché l’aveva fatto? Perché era sfuggita così al suo tocco?

Uscì dal palazzo e salì in macchina, chiudendo lo sportello con violenza.

Emily aveva tolto la mano dalla sua, e lui si era sentito rifiutato da lei. Perché questa sensazione? E perché si era innervosito tanto da avere una reazione un po’ troppo stizzita?

Ci stai ricadendo, Kevin. Ci stai ricadendo alla velocità della luce, e ti farai di nuovo tanto male. Perché questa volta è diverso, e lo sai.

Odiava la voce della coscienza, soprattutto quando aveva ragione.

Mise in moto e partì.

 

 

 


 

a/n: Come sempre, grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono, soprattutto alle 68 persone che hanno questa storia nelle seguite/preferite/ricordate, sono commossa *__*!!

È un capitolo particolare, dove si può vedere chiaramente che qualcosa sta cambiando nel loro rapporto. Sta entrando in scena qualche sentimento più forte, misto a rabbia e insicurezza, da parte di entrambi. E nel prossimo capitolo vedremo di più. Si farà viva anche Jennifer, la zoccolona come la chiamano le fantastiche pirilla88 e xsemprenoi XD, e vedremo cosa succederà…

 

Baci a tutti e grazie!!!

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** Fuggire da lui ***


Nuova pagina 1

 

XVIII

 

 

 

 

 

Pochi minuti alle quattro, e di Emily neanche l'ombra.

Si sentiva un idiota, avrebbe dovuto aspettarselo che non sarebbe venuta, ma aveva sperato ugualmente di vederla far capolino dalla grande porta a vetri.

Si tuffò nuovamente in acqua, era almeno la ventesima volta. Nuotò velocemente per un po' e poi uscì dall'acqua, sedendosi sul bordo della piscina.

Chris era stato un amico, gli aveva lasciato a disposizione la piscina ed era uscito. Quando Kevin gli aveva detto che voleva aiutare un'amica a superare un trauma, lui gli aveva dato una pacca sulla spalla e aveva sorriso malizioso, fraintendendo la situazione.

Poi gli aveva spiegato chi era questa amica, cioè la ragazzina che aveva salvato diversi anni prima, Chris era presente al fatto e non riusciva a crederci che tra tante donne, aveva incontrato proprio lei.

“Quando si dice il destino!” aveva esclamato, facendogli intendere che continuava ad interpretare maliziosamente l'incontro.

Invece non c'era nulla di torbido, nessun secondo fine o intenzione romantica.

O no?

No, certo che no.

E allora perchè si sentiva abbandonato? Emily non era andata all'appuntamento, e lui si sentiva avvilito.

Gli sarebbe piaciuto coinvolgerla in quello che per anni era stato il suo mondo e che, forse, sarebbe tornato ad esserlo. Era per merito suo se aveva preso in considerazione opportunità di tornare ad insegnare nuoto o comunque anche solo riappacificarsi col suo amico.

Ma evidentemente a lei non interessava, e ciò feriva Kevin. E il sentirsi ferito, lo spaventava.

Che diavolo stava facendo? Fino a poche settimane prima soffriva per la ex moglie, e ora pensava costantemente ad Emily?

Sì, purtroppo per lui era così. E non erano più pensieri di curiosità e poi di amicizia, come si erano evoluti nel tempo.

Si trattava di pensieri più possessivi, intensi e... invasivi. Sì, invasivi era il termine adatto.

Si diede dell'idiota e guardò il grande display al muro. Segnava le sedici e due minuti. Non sarebbe più arrivata.

Sospirando, si alzò e raggiunse la panchina sulla quale aveva posato un asciugamano, lo prese e iniziò ad asciugarsi, pensando di andare a fare una doccia e poi andarsene.

“Kevin?” disse una voce femminile dietro di lui, che gli regalò un brivido lungo la schiena.

Si voltò e la vide, più bella che mai.

“Lily... credevo non venissi più” le disse sinceramente sorpreso.

La ragazza accennò un sorriso imbarazzato. “Non volevo venire infatti” ammise “ma poi...”

Avrebbe voluto confessargli che era lì solo per lui, per vederlo, per stargli vicino. Ma non poteva e lasciò la frase a metà, lasciandogli intendere ciò che voleva. Sperando forse che intendesse la cosa giusta.

Kevin sorrise e non poté fare a meno di darle un bacio sulla fronte. Il profumo dei suoi capelli era meraviglioso.

“Allora ti va di cominciare?” le chiese.

Lei sembrò incerta. “Ma forse... è un po' tardi... sarei dovuta arrivare almeno mezz'ora fa ma ho trovato un ingorgo” spiegò.

“Non fa niente” replicò Kevin “l'orario negli anni è cambiato, si apre alle diciassette. Se ti va, possiamo provare ad affrontare quel mostro nella vasca” disse indicando l'acqua.

Emily la guardò e rabbrividì, aveva molta paura ma ormai era lì e doveva farlo.

“Sì, okay. Affrontiamolo.”

“Vedo che hai una borsa” disse lui “lì ci sono gli spogliatoi”

Emily annuì e si avviò in direzione dello spogliatoio femminile.

Entrò, posò la borsa su una panchina e si guardò allo specchio: che stava facendo? Lei aveva una paura folle dell'acqua, tremava dalla testa ai piedi e per di più, mostrarsi a Kevin in costume la imbarazzava da morire.

Perchè il suo non era un corpo che passava inosservato, lo sapeva bene.

Kevin era un uomo e anche se non provava sentimenti romantici per lei, di sicuro avrebbe avuto un certo effetto su di lui.

O era lei a sperarlo?

Certo che no! Non aveva mai tentato di provocare un uomo in vita sua, nè con vestiti nè con atteggiamenti, e sicuramente non avrebbe iniziato a quasi trent'anni.

Si tolse la giacca e l'appese, si sedette e tolse le scarpe, poi passò al maglioncino di cotone grigio e ai jeans neri. Aveva già il costume addosso, per cui dovette solo trovare l'asciugamano dentro la borsa, avvolgersela intorno al corpo e uscire, dopo un gran sospiro, dallo spogliatoio.

Trovò Kevin che l'aspettava seduto sul bordo della piscina, con le gambe in acqua.

Era dannatamente... bello.

Una statua, ecco cosa sembrava. Una di quelle figure mitiche, scolpite nel marmo e destinate a durare per sempre.

Appena la vide arrivare, si alzò, rafforzando l'idea di Emily di trovarsi di fronte ad una statua di un qualche eroe dell'antichità o qualche Dio greco. Non aveva un corpo da culturista, non c'era eccesso di muscoli o vene in evidenza. Era il corpo scolpito di un uomo alto, forte e virile.

Gambe lunghe e forti, vita e fianchi stretti, spalle larghe.

“Sei pronta?” le chiese riportandola alla realtà.

Lei annuì incerta e avvicinandosi ad una panchina, si tolse l'asciugamano poggiandolo su di essa.

E qui Kevin vacillò.

Che Emily fosse bella, lo sapeva benissimo. L'aveva trovata bella fino dal primo istante in cui l'aveva vista, mentre pestava quel bastardo. E sapeva anche, o meglio percepiva, che era sensuale e morbida, come le donne dei dipinti.

Ma che fosse così bella e sensuale, non se l'aspettava.

Il castigato costume intero blu non riusciva a nascondere quello che la natura le aveva generosamente dato.

Le gambe così tipicamente femminili, tornite e bianche, catturarono subito la sua attenzione, per poi passare ai fianchi generosi, la vita  più sottile e il seno... come poteva definirlo? Generoso? Florido?

Nessun termine era appropriato, secondo lui.

Ma che cavolo faceva? Sembrava un adolescente davanti alla procace professoressa di liceo! Deglutì e distolse lo sguardo, mentre lei si avvicinava a piccoli passi, timidamente.

“Che devo fare?” gli domandò stringendo i pugni.

Kevin si sforzò di sorridere, ma si sentiva in grande difficoltà. Era attratto da lei come mai prima d'allora. Sì, perchè era da molto che se ne sentiva attratto, forse da sempre. Ma non così dolorosamente, così prepotentemente.

“Aspetta, ora ti faccio vedere” rispose sedendosi sul bordo della piscina e immergendosi in acqua.

“Ora siediti qui e gira con le gambe verso di me” la invitò indicandole il punto.

Emily annuì e si sedette, poi assunse la posizione che le aveva detto Kevin e toccò l'acqua con i piedi, rabbrividendo.

Non era fredda, anzi era piuttosto calda, i brividi glieli aveva fatti venire la paura.

“Sta' tranquilla” la rassicurò “ci sono io. Non devi nuotare, devi solo riprendere confidenza con l'acqua.”

Annuì, reprimendo l'istinto di scappare via da quella situazione.

“Ora, lentamente, scivola verso di me. Poi io ti prendo e ti faccio scendere in acqua. Non spaventarti, non ti lascerò neanche per un millesimo di secondo.”

Emily obbedì, scivolò sul bordo della piscina fino ad immergere le gambe in acqua fino quasi al ginocchio, Kevin si avvicinò di più e la prese per la vita, tirando verso di sé.

C'era qualcosa di sensuale in quel movimento, come se la stesse attirando a sé per fare l'amore. Le piaceva essere tenuta così, appena sopra i fianchi, con le forti braccia di Kevin posate sulle proprie cosce.

Senza quasi accorgersene, si ritrovò immersa in acqua fino al petto, un moto di paura la invase paralizzandola.

Kevin se ne accorse e l'attirò a sé, come a volerla abbracciare. “Ehi, tranquilla” sussurrò “non sei da sola, non ti accadrà nulla.”

A lui l'acqua arrivava poco più sopra della vita e non riusciva a muoverlo di un centimetro, mentre Emily aveva la sensazione che stesse per risucchiarla.

Poggiò le mani contro il petto di Kevin e prese un grande respiro, mentre il cuore le batteva forte.

E non era solo per l'acqua.

Non si era mai sentita così coinvolta accanto ad un uomo e il suo sguardo non l'aiutava di certo. Cercava di non guardarlo negli occhi, ma era impossibile, quegli occhi languidi la catturavano continuamente.

Lui dal canto suo, stava impazzendo.

Gli sembrava di avere davanti la quintessenza della femminilità, il suo corpo morbido, le mani gentili, le guance leggermente arrossate. E i suoi capelli, quelle onde rosse catturate in una lunga coda di cavallo.

Emily era unica, le altre donne avrebbero architettato mille stratagemmi pur di non bagnarsi i capelli. Lei no.

La giovane si accorse che le stava guardando i capelli e sorrise imbarazzata. “Non credo che avrei trovato una cuffietta abbastanza grande da contenerli” si scusò.

Kevin si schiarì la voce. “Non fa niente, va benissimo così. Bene, ora ci spostiamo verso il centro, non spaventarti” e la portò con sé avvolgendole le spalle con un braccio.

“Ora” disse mettendosi di fianco alla ragazza “staccati dal fondo, lentamente. Io ti terrò per la nuca e per la schiena, non ti farò affondare. Intesi?”

“Sì” rispose con un filo di voce.

Staccò i piedi dal fondo e lentamente si ritrovò supina sul pelo dell'acqua, con una mano di Kevin che la sosteneva per la nuca e l'altra per la zona lombare.

Era bello.

La paura era diminuita e la sensazione di galleggiare era piacevole. Chiuse gli occhi e sospirò, capendo che si era appena riappacificata con l'acqua.

Probabilmente Emily non se ne rendeva conto, pensò Kevin, ma era letteralmente rapito da lei.

La guardava mentre sorrideva fluttuando sull'acqua, mentre i suoi capelli, per intercessione di chissà quale entità celeste, avevano spezzato la resistenza dell'elastico e si erano sparsi nell'acqua, formando una meravigliosa corona di un rosso scuro.

Era bellissima, dolce e dannatamente sensuale.

La voleva.

Quella consapevolezza lo colpì in pieno, e anche se in fondo lo sapeva già, si sentì spaesato. Fino a quando i suoi pensieri per lei erano gestibili, non c'erano problemi. Ma ora che il desiderio era esploso in tutta la sua prepotenza, non sapeva che fare.

In realtà l'aveva sempre desiderata, qualche uomo non l'avrebbe voluta? Ma era sempre riuscito a gestirlo, ad ignorarlo, a puntare sulle sensazioni di benessere e dolcezza che gli regalava. Forse anche il suo fissarsi su tutta la storia della casa e di Jennifer, era stato un modo per non pensare a ciò che provava per Emily. Ma ora che era tutto finito, non poteva più far finta di non ardere di desiderio.

Così, quando lei lentamente tornò a toccare il fondo e lo guardò con il più dolce dei sorrisi sul volto, Kevin le accarezzò il viso, col cuore che batteva forte e il respiro accelerato.

“Sei meravigliosa” sussurrò “in tutto e per tutto. Nessuna... nessuna donna al mondo è come te...”

Emily lo guardò stupita: desiderio? Era desiderio quello che lampeggiava in quegli occhi grigi e che riecheggiava nella sua voce?

Lui la strinse un po' e lei posò di nuovo le mani sul petto dell'uomo, trovandolo più caldo di prima. E sentì il suo cuore rombare furioso sotto la propria mano destra.

Che stava succedendo? In realtà, cosa succedeva a lei, Emily lo sapeva.

Era Kevin che la sorprendeva, la confondeva.

E la emozionava.

Così, quando lui le prese il viso tra le mani e si piegò verso di lei, Emily non accennò a spostarsi né a respingerlo, ma anzi sollevò il viso per incontrare quello dell'uomo.

E le loro labbra si unirono. Un bacio leggero, quasi casto, ma che rapidamente divenne profondo e sensuale.

Finalmente.

Ecco cosa pensavano entrambi, mentre si assaporavano l'un l'altra, rapiti da travolgenti sensazioni.

Ruppero il bacio e si guardarono negli occhi, non era ancora finita. Kevin la sollevò dal fondo e lei senza riflettere, gli cinse la vita con le gambe stringendo forte, come per impedirgli di scappare.

La giovane donna si rese conto di essersi spostata quando si ritrovò con la schiena contro il bordo della piscina, con Kevin praticamente addosso, catturato tra le sue gambe e determinato a far evolvere il corso di quegli eventi già alquanto inaspettati.

Sì, perchè Kevin la voleva da morire, riusciva quasi a vedersi mentre le toglieva il costume e la possedeva sul bordo della piscina come non aveva mai fatto in vita sua.

Non parlavano, temendo che le parole potessero rompere l'incantesimo che li teneva inchiodati l'uno all'altra.

Emily non potè fare a meno di pensare a quel sogno di mesi prima, quando il suo inconscio le aveva mostrato cosa provava realmente per quell'uomo. E ora, sembrava proprio che il suo sogno stava per realizzarsi.

Gli cinse il collo con le braccia e lo baciò con trasporto, stringendosi a lui più che poteva mentre l'acqua tiepida li accarezzava silenziosa.

Ma poi, alcune immagini le balenarono davanti gli occhi della mente insieme ad un nome: Jennifer.

E le immagini erano quelle di un Kevin furioso, avvilito e offeso. E probabilmente ancora innamorato della moglie, immagini di poche settimane prima e che quindi appartenevano ancora al presente.

Si staccò da lui e tentò di spingerlo via. “Kevin.. no..” mormorò quasi sottovoce.

Lui la guardò confuso. “Lily, cosa c'è?”

Scosse il capo e si liberò dal suo abbraccio. “Niente.. scusa.. non posso...” e con agilità uscì dall'acqua lasciandolo a bocca aperta.

Che aveva fatto? L'aveva spaventata? Ma non gli sembrava di essere stato aggressivo!

“Emily, aspetta!” le disse uscendo rapidamente dalla piscina, mentre lei praticamente correva verso gli spogliatoi.

Entrò e senza neanche asciugarsi, si rivestì, ignorando i capelli fradici d'acqua che gocciolavano a terra e le bagnavano il maglioncino.

“Mi spieghi che è successo?” la voce di Kevin la fece sussultare “se ti ho.. spaventata ti chiedo scusa, ma almeno dimmelo!”

Lei non lo guardò neanche, troppo imbarazzata per poter sostenere lo sguardo dell'uomo che, confuso e avvilito, le chiedeva perchè aveva reagito così.

“Devo andare, mi dispiace. Non è colpa tua, ma solo mia” spiegò con poca convinzione.

L'uomo si avvicinò e la prese per le braccia, costringendola a guardarlo. “Emily, per favore. Fermati e dimmi che c'è che non va. E' perchè ti ho baciata? E' questo? Mi dispiace, ma era quello che sentivo di fare, non volevo certo...”

Cosa? Spaventarla? Offenderla?

Kevin non capiva perchè di punto in bianco le era scivolata via dalle braccia mentre pochi istanti prima si stringeva a lui con trasporto. E non capiva neanche perchè tutta quella fretta di andare via: aveva paura di lui?

Credeva che l'avrebbe presa con la forza? Se non voleva le sue attenzioni sarebbe bastata una sola parola, e lui si sarebbe allontanato immediatamente da lei.

“No tu non c'entri” mentì lei “è solo che... non posso. Scusami devo andare...” e si divincolò dalla sua presa, riprendendo a vestirsi in fretta e furia nonostante fosse bagnata dalla testa ai piedi.

Kevin l'osservò per alcuni istanti, confuso e angosciato, poi si voltò e uscì dallo spogliatoio femminile.

Avrebbe dovuto aspettare che finisse per poi tentare di parlarle nuovamente, ma un moto di rabbia lo spinse a rifugiarsi nello spogliatoio degli istruttori, lì vicino, dove c'era la sua roba.

Aveva rovinato tutto? Temeva di sì.

Emily si era spaventata o pentita o tutte e due le cose e ora stava scappando da lui.

Sarebbe stato molto meglio se non fosse venuta, quel pomeriggio.

Uscì dallo spogliatoio giusto in tempo per vederla andar via, con i capelli raccolti all'insù e il passo svelto.

Sospirò e scosse il capo, poi tornò a recuperare il proprio asciugamano sulla panchina, lo prese e si asciugò sommariamente. Notò l'asciugamano di Emily e lo guardò per lunghi istanti. Non aveva avuto nemmeno il tempo di prenderlo, tanta era la fretta di andare via da lì.

Lo afferrò quasi con stizza e andò a fare una doccia, avrebbe deciso più tardi se tentare di restituirglielo o buttarlo semplicemente.

Era avvilito, decisamente. E anche senza parole e coi pensieri confusi e contraddittori.

Emily aveva risposto ai suoi baci, non l'aveva respinto. E gli aveva stretto le gambe intorno al corpo, facendogli intendere che anche lei voleva...

Ma poi era successo qualcosa, improvvisamente aveva sentito la necessità di scappare da quella situazione e l'aveva fatto senza dire nulla, essenzialmente. Kevin pensò di essere lui il problema, o più semplicemente non meritava un attimo di felicità.

Perchè mentre la stringeva e la baciava, si sentiva felice.

 

 

 

/-----/

 

 

Una volta tornata a casa, Emily fece una lunga doccia calda, sperando di non prendersi un malanno visto che era scappata dalla piscina bagnata fino al midollo.

Indossò un paio di jeans e una felpa di taglio maschile e si asciugò i capelli, tentando di non pensare a quello che era successo.

Ma le bastò guardarsi allo specchio per visualizzare tutto. Kevin l'aveva guardata come mai nessuno aveva fatto, con ardore.

Che non era semplice desiderio, ma qualcosa di più profondo. E lei era felice di leggere quell'ardore nei suoi occhi, si era sentita desiderata e dall'uomo di cui si era stupidamente innamorata.

E l'aveva stretta, baciata, spinta verso il bordo della vasca rendendo chiare le proprie intenzioni: fare l'amore.

E lei... non aspettava altro.

Sì dannazione, l'avrebbe fatto lì a bordo piscina!

Ma poi... la realtà delle cose l'aveva colpita come un fulmine a ciel sereno. Kevin aveva sofferto da morire per colpa della moglie, rivelando quanto l'avesse amata e quanto con tutta probabilità l'amava ancora.

Non si cancella così un sentimento come quello, no?

Allora non se l'era sentita di lasciarsi andare alla passione per poi rendersi conto che Kevin non l'amava come lei avrebbe voluto.

Sospirò e annuì guardandosi nello specchio. Era un uomo, era ovvio che si sentisse attratto da lei, il suo non era un corpo che passava inosservato e non le era sfuggito lo sguardo che le aveva lanciato non appena apparsa dopo essersi cambiata.

Era attratto anche dai suoi capelli, l'aveva capito. E questo la lusingava molto perchè lei amava i propri capelli rossi anche se da ragazzina la prendevano in giro per il loro colore così acceso.

Invece a Kevin piacevano e sicuramente avevano contribuito ad accendere il suo desiderio.

Ma sarebbe finita lì, dopo qualche minuto di passione avrebbero capito che era stato un terribile errore e la loro amicizia sarebbe andata in frantumi.

Sì, perchè ora invece è salva, giusto?

No, era andata in frantumi comunque, lo sapeva.

L'aveva respinto in malo modo, senza riuscire a spiegargli,anche solo sommariamente, il perché del suo cambiamento repentino. Forse l’aveva umiliato come uomo.

Nascose il viso tra le mani e sospirò profondamente, sull’orlo delle lacrime. Era stata troppo impulsiva, si disse, una volta uscita dall’acqua e allontanato il pericolo sesso-selvaggio-in-piscina, avrebbe potuto benissimo dargli qualche spiegazione.

Cosa le costava dirgli che non se la sentiva di avere un breve flirt con lui perché erano amici e perché lui era ancora legato al suo passato? Ecco, avrebbe potuto esattamente dirgli questo e magari avrebbe salvato la loro amicizia.

Invece era letteralmente fuggita via, lasciandolo praticamente senza parole e forse anche arrabbiato, visto che quando era uscita dallo spogliatoio non l’aveva trovato fuori ad aspettarla, come aveva supposto.

“Sono una stupida…” gemette con tristezza.

Sarebbe stato molto meglio se non avesse mai accettato di andare a quell’appuntamento, tutto questo non sarebbe mai accaduto. Ma aveva paura di perderlo, il giorno prima si era comportata male con lui e Kevin c’era rimasto male, non voleva che la storia si ripetesse.

Ma ora le cose erano peggiorate, e di molto. Si erano baciati ed erano stati sul punto di fare altro, di approfondire quello slancio passionale che li aveva colpiti improvvisamente. E Emily non aveva trovato di meglio da fare che scappare senza dire nulla, dopo essersi stretta a lui.

Aveva bisogno di parlare con qualcuno, non riusciva a tenersi tutto dentro. E l’unica persona con la quale poteva parlarne, era Rachel.

Prese il proprio cellulare e la chiamò. Rispose al quarto squillo.

Emily tesoro, già tornata?” le chiese.

Sapeva tutto della piscina e, ovviamente, era oltremodo d’accordo con quell’idea. Non tanto per farle passare la paura dell’acqua, ma piuttosto perché sperava che tra i due, finalmente, scattasse quel qualcosa che li avrebbe costretti a buttare giù la maschera e a lasciarsi andare.

“Sì… ehm… sei a casa?”

” rispose Rachel “sono a casa. Qualcosa non va?

Emily sospirò cercando di non farle sentire che stava piangendo. “No, va tutto bene. Ma potresti scendere un attimo qui da me? Avrei bisogno di parlare…”

Dopo un attimo di silenzio, durante il quale la sua amica si chiese cosa diavolo fosse successo tra quei due, le rispose.

Okay piccola, cinque minuti e sono da te. Sta’ tranquilla e non piangere.”

La ringraziò e riattaccarono.

Aveva umiliato Kevin e l’aveva perso definitivamente, lo sentiva. Non sarebbe dovuta andare lì quel pomeriggio, no davvero.

Se avesse potuto tornare indietro, non ci sarebbe andata.

No, si corresse un istante dopo, se avesse potuto tornare indietro, non l’avrebbe respinto.

Ormai l’aveva perso, tra di loro le cose non sarebbe mai più state le stesse. Se non fosse scappata via, almeno avrebbe avuto il ricordo di come un uomo come Kevin amava le donne.

Invece ora aveva solo l’immagine dello sguardo ferito di Kevin mentre lei scappava via da lui.

Sospirò per la centesima volta e attese che arrivasse Rachel.

 

 

 


a/n: finalmente un nuovo capitolo! Vi chiedo scusa, ultimamente sono in preda ad un vero e proprio blocco dello scrittore che mi sta facendo trascurare tutte le mie storie! Questo capitolo l'ho iniziato tipo tre o quattro giorni fa e l'ho finito solo ora! Spero vi sia piaciuto almeno un po'. Nel precedente capitolo avevo annunciato che sarebbe apparsa la zoccolona aka Jennifer, ma poi ho pensato di organizzare il prossimo capitolo con due apparizioni: Jennifer che tenta di riavvicinarsi al marito e Frank che tenta di riconquistare Emily!

Cmq, il pop-porno è vicino... qui ci siamo quasi arrivati XD

Mi pare di avervi già "presentato" Kevin, ma voglio ripresentarvelo e presentarvi anche Emily:

 

Kevin Duval

Emily Porter

 

 

 Come sempre, grazie a tutte le ragazze che recensiscono (vi adoro *__*) e anche a tutti coloro che leggono in silenzio! Grazie alle 71 persone che hanno messo questa storia tra le loro seguite/preferite/ricordate!

 

A presto!

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Non può finire così ***


Nuova pagina 1

 

XIX

 

 

 

Tre giorni.

Tanto era trascorso dall’incontro in piscina, e tra di loro era sceso il gelo. Emily se l’aspettava, era piuttosto normale visto la bella scena che aveva fatto con Kevin, scappare senza neanche tentare di spiegare cosa le era passato per la testa.

Quando aveva raccontato l’episodio a Rachel, prima l’aveva fatto parlare, facendosi raccontare i particolari – beh, più o meno – poi la donna le aveva detto la sua opinione in merito.

“Ragazza mia, quello era l’uomo per te e te lo sei fatta scappare” le aveva detto semplicemente e con tono rassegnato.

Emily le aveva spiegato che non se la sentiva di intraprendere una relazione instabile come quella che, ne era sicura, avrebbe iniziato con Kevin. Lui aveva in testa ancora la moglie, aveva sofferto e ancora stava soffrendo, eccetera eccetera.

Rachel l’aveva guardata e scuotendo il capo le aveva detto: “Tu ci credi davvero a quello che stai dicendo? Per me, stai semplicemente scappando dalla felicità. Perché ti spaventa. Quell’uomo tesoro, è innamorato di te. Lo era già quando si fece prendere a bottigliate in testa, fidati. L’ho capito da come ti guardava, da come temeva il tuo giudizio. Aveva solo bisogno di ammetterlo a sé stesso. E ora che l’ha fatto tu che fai? Scappi? Perché tanto lo so ragazza mia, tu sei innamorata di Kevin. È anche abbastanza facile da capire, sai?”

Lei non aveva avuto la forza di negare, aveva solo sospirato abbassando lo sguardo.

Ma era vero? Cioè, anche Kevin provava qualcosa per lei? e allora perché dopo l’incidente della piscina, non aveva neanche tentato di mettersi in contatto con lei?

Era talmente orgoglioso da sparire così? Oppure ferito sul serio e aveva deciso di non chiamarla mai più?

Qualsiasi fosse il motivo, era terribile. Non poteva essere finita così, in un modo stupido, banale.

L’avrebbe chiamato lei, sì.

Si alzò dal divano e raggiunse il cellulare poggiato sul mobiletto all’entrata, prese un grosso respiro e cercò il numero di Kevin. Ma il suono del campanello la fermò.

Guardò la porta e sperò che fosse proprio lui. Sorrise e posò il telefono, guardò dallo spioncino e il sorriso le morì sulle labbra.

Che diavolo voleva Frank da lei? Come osava presentarsi di nuovo a casa sua dopo quello che le aveva fatto?

Decise di non aprire, non si sarebbe presa neanche la briga di urlargli improperi. Si sarebbe semplicemente allontanata dalla porta facendo finta che non c’era nessuno al di là di essa.

“Emily? Avanti, so che ci sei, la tua auto è qua sotto!”

La giovane chiuse gli occhi e sospirò, tornò alla porta e mise la catenella, poi aprì uno spiraglio.

“Che diavolo voi?”

Frank, guardandola quasi timidamente, accennò un sorriso. “Ciao bellissima… come stai?”

“Due minuti fa, stupendamente” rispose seccata “non ti chiedo altrettanto perché non me ne frega nulla. Ora se vuoi scusarmi avrei da fare.”

L’uomo era sorpreso, in tutta onestà si aspettava un’accoglienza più calorosa, dopotutto stavano per sposarsi.

“Emily, tesoro… io…” iniziò, ma Emily ridacchiando lo interruppe.

“Tesoro? Okay, senti Frank, non sono proprio dell’umore adatto per affrontare le tue stronzate. E non lo sarò mai, per cui tornatene dalla tua…”

Un momento, e Jennifer?

Se Frank era lì, con quello sguardo da cane bastonato e l’aria di chi voleva chiedere perdono, che fine aveva fatto l’ex moglie di Kevin?

“Tra me e quella donna è finita, è stato un enorme sbaglio. Lo so, ti ho fatta soffrire e probabilmente ti ho anche messa in imbarazzo davanti alla tua famiglia e ai tuoi amici. Ma credimi, sono pentito e ho capito di voler stare solo con te, quindi se mi concederai una seconda possibilità, ti assicuro che non te ne pentirai. Sono cambiato e ora posso farti felice. Che ne dici? Ci riproviamo?” concluse, fiero del suo discorso e intimamente sicuro che alla fine Emily l’avrebbe perdonato.

Ma per sua sfortuna – o fortuna, vista la mole di idiozie appena dette – Emily non lo aveva neanche sentito. Era troppo impegnata a pensare alle terribili implicazioni che la presenza di Frank sull’uscio di casa sua comportava.

Se con Jennifer era finita, cosa sarebbe successo? Kevin l’avrebbe perdonata e sarebbe tornati insieme? Avrebbe dimenticato tutta la sofferenza che quella donnaccia gli aveva causato?

E, cosa più importante, avrebbe dimenticato… lei?

Il terrore gli strinse la gola, aveva voglia di piangere: il solo pensiero che quella donna riuscisse a riavere Kevin l’atterriva.

“Emily? Allora, qual è la tua risposta?” l’incalzò fiducioso Frank

Finalmente lo guardò – mentre fino a pochi secondi prima guardava la plafoniera sul muro del pianerottolo – e scosse lentamente il capo.

“Te lo dirò solo una volta, Frank” iniziò risoluta “non farti mai più vedere qui. E’ finita sul serio, e non mi importa nulla delle tue scuse o delle tue promesse. Mi fai letteralmente schifo, e non sputo a terra perché sono una donna. Anche se in realtà dovrei sputarti direttamente in faccia!” gli disse tutto d’un fiato.

“Ti prego…”

“Va’ a farti fottere” e gli sbattè la porta in faccia, senza dargli il tempo di aggiungere neanche una sillaba.

Rimase appoggiata alla porta per alcuni secondi, non interessò neanche di capire se Frank era ancora lì oppure se ne fosse andato. L’unica cosa che le interessava era sapere cosa diavolo stava succedendo.

Era per questo che Kevin non l’aveva più cercata? Si era rimesso con l’ex? Dopo tutto quello che gli aveva fatto, tutto quello che c’era stato tra lui ed Emily, dopo tutto quanto insomma, stava di nuovo con Jennifer?

“Non piangere, non piangere...” impose a sé stessa ma con la voce già incrinata.

Non poteva essere, Kevin non era uno stupido, un uomo orgoglioso come lui non avrebbe accettato di buttarsi tutto alle spalle e di fare finta che non fosse successo nulla.

Diamine! Voleva dare fuoco alla casa perché c’era entrato Frank!

Sì, era così, i due traditori una volta esaurita la carica erotica, si erano mandati a quel paese, ma ciò non voleva dire ripristinare le vecchie coppie, giusto?

Lei aveva appena mandato a farsi fottere Frank, e se mai quella stronza avesse tentato di riavvicinarsi al marito, lui l’avrebbe spedita dritta dove lei aveva appena mandato il suo ex fidanzato.

O almeno lo sperava dal profondo del cuore.

Non poteva finire così.

Si massaggiò le tempie e riprese il cellulare.

 

 

/-----/

 

 

Mentre Frank tentava di convincere Emily del suo pentimento e veniva praticamente ignorato e successivamente mandato al diavolo, qualcun altro era in procinto di provare a riallacciare un rapporto finito burrascosamente.

Sì, Jennifer.

Dopo aver passato giorni a cercare di scoprire dove si fosse trasferito suo marito, finalmente l’aveva scoperto.

Era rimasta sorpresa nel constatare che aveva venduto il loro appartamento, anzi si era sentita un po’ oltraggiata. Ma poi si era detta che in fondo Kevin ne aveva avuto tutte le ragioni del mondo, in quella casa lei… beh c’aveva fatto entrare il suo amante.

Non importava, ne avrebbero ricomprato un’altra, ovunque lui volesse. Anche in periferia, purché… la perdonasse.

Lasciarlo per Frank era stato un errore imperdonabile, il suo amante si era rivelato un vero idiota e anche a letto in fin dei conti non era mai stato un granché. Era la novità che l’aveva attratta, il frequentare un’altra persona, più giovane e quasi simile a lei, socialmente.

Salvo poi scoprire che il padre di Frank guidava gli autobus.

Sospirò e si lisciò la gonna, voleva apparire più bella che mai. Sapeva benissimo di esserlo e Kevin gliel’aveva sempre detto, ma ce l’aveva messa tutta per apparire ancora più splendida.

Gonna longuette nera, camicetta di seta bianca scollata al punto giusto, scarpe decollete di vernice nera. Non aveva messo la giacca per mettere in risalto tutto il resto. Con un po’ di fortuna Kevin avrebbe subito ceduto e chissà, magari sarebbero finiti a letto.

Le mancava, davvero. Quando gli aveva detto che non era più neanche un buon amante, aveva mentito. Era sempre stato fantastico, in quindici anni non l’aveva delusa nemmeno una volta, sempre potente e capace di soddisfarla.

Un po’ monotono, okay. Ma decisamente virile.

E se a lui piaceva la classica posizione, beh pazienza, si sarebbe adattata volentieri.

Suono al campanello e sfoderò il suo sorriso migliore.

La porta di fronte a lei si aprì dopo pochi istanti, facendoli ritrovare faccia a faccia.

Kevin la guardò per un attimo con sorpresa, poi corrugò la fronte e il suo sguardo divenne ostile.

“Ciao, Kevin” lo salutò ostentando dolcezza “è bello rivederti.”

L’uomo si irrigidì ancora di più. “Non posso dire altrettanto” rispose tagliente “come hai fatto a trovarmi?”

Jennifer era allibita, certo non si aspettava baci e abbracci, ma tanto astio neanche.

“Posso… mi fai entrare?” gli chiese insistendo sulla remissività.

L’istinto gli diceva di sbatterle la porta in faccia, qualsiasi cosa volesse doveva tenersela per sé. Ormai era fuori dalla sua vita e, finalmente, vederla non gli procurava più fitte di rimpianto. Ma poi, qualcosa suonò nella sua testa come un campanello, e decise di ascoltarla.

Si fece da parte e la fece entrare. Jennifer fu abbastanza furba da non guardarsi intorno, Kevin l’avrebbe interpretato come l’ennesimo giudizio nei suoi confronti, e poi sinceramente non le importava nulla di dove abitava in quel momento. Presto, ne era vergognosamente certa, se ne sarebbero andati da lì per abitare in un posto migliore.

“Dunque” iniziò lui “a cosa devo questa spiacevole sorpresa?”

Jennifer prese un profondo respiro e riordinò rapidamente le idee. Doveva essere dolce ma risoluta, e non doveva contraddirlo.

“Kevin, io so di aver sbagliato” iniziò mestamente “so di aver fatto cose terribili ai tuoi occhi e.. anzi no, sono terribili e basta. Ti ho.. .tradito e umiliato e me ne vergogno profondamente. Tu non meritavi quello e mi dispiace tanto” fece una pausa e lo guardò intensamente negli occhi, quasi come se volesse ipnotizzarlo, poi riprese “quella persona… non era niente, e sì l’ho capito un po’ in ritardo, ma l’importante è averlo capito, no?”

Kevin l’aveva lasciata parlare con le braccia incrociate sul petto e l’espressione corrucciata, poi sospirò e annuì lentamente.

“Quindi?” le chiese serio. In realtà voleva scoppiare a ridere, mai avrebbe pensato che quella giornata, iniziata all’insegna della tristezza per altri motivi, si sarebbe trasformata nella giornata del suo trionfo.

“Quindi” ripeté lei avvicinandosi di qualche passo all’uomo “ti sto… chiedendo perdono. E ti chiedo anche di.. tentare di ricominciare. Insieme, intendo. Sarà difficile, me ne rendo conto, ma ci andremo cauti. Lentamente ricostruiremo….”

Kevin non seppe più resistere e scoppiò a ridere di cuore, lasciandola a dir poco confusa.

“Cosa… c’è di divertente?” gli chiese mentre lui tentava di ricomporsi e soprattutto, si preparava cosa dire senza mettersi ad urlare.

“Oh, tante cose” esordì “la tua faccia tosta, per esempio. Come… come ti è venuto in mente di venire qui a dirmi queste stronzate, eh? No sul serio, tu hai qualcosa che non va a livello mentale, quale donna sana di mente, dopo aver detto ad un uomo di non valere niente come maschio, tornerebbe dallo stesso? Sul serio, cosa credevi di ottenere con questa sceneggiata?”

“Sceneggiata?” ripeté Jennifer sgranando gli occhi “come puoi dirmi una cosa del genere? Io sono qui ad aprirti il mio cuore, e tu…” ma lui la interruppe nuovamente.

“Tu mi hai aperto il tuo cuore. Wow, sono impressionato. Peccato per un piccolo particolare: prima di aprire il cuore a me, hai aperto le gambe a quel coglione” disse senza mezzi termini “e ora, dopo tutte quelle porcherie che ho visto in quelle illuminanti foto, ti presenti qui vestita come un manichino e truccata come una spogliarellista, dicendomi che mi hai aperto il tuo cuore con la speranza che ti riprenda nel mio letto? È questo che mi stai chiedendo? Di scoparti di nuovo?” concluse alzando la voce.

Lo stupore di Jennifer era immenso, non riusciva a credere a cosa le aveva appena detto Kevin. Come aveva fatto a cambiare così tanto e in così poco tempo? Stentava sul serio a crederci!

“Io ti sto chiedendo di ricominciare!” ribadì la donna.

“Ricominciare cosa, eh? Una storia nata morta e che mi ha portato via i migliori anni della mia vita?” inveì arrabbiato “oh mia cara Jennifer, riprendere una dannata storia sbagliata che mi ha distrutto in tanti modi, che mi ha umiliato e annientato, che mi ha… impedito di avere un figlio? Perché tu lo sai quanto lo volessi, ma tu… tu pensavi solo a te stessa! E poi, tanto per parlare degli ultimi eventi, che cosa hai fatto? Oltre ad avermi tradito in casa mia, nel mio letto, hai tentato di umiliarmi dicendo che non ero abbastanza uomo per te e hai addirittura provato a rovinarmi economicamente! Lo so che dietro certi giochetti immobiliari c’eri tu, non sono così stupido come hai sempre pensato! Ma ti ho fregata, Jennifer, sono riuscito a spuntarla io, su tutti i fronti, sei solo un ricordo, un brutto ricordo. E se volevi minare la mia sicurezza di uomo, non ti è riuscito. Io so chi sono e cosa sono, e se non ti soddisfacevo più, probabilmente era perché avevi perso… sensibilità, visto lo sfiancate lavoro a cui sottoponevi le tue zone erogene, che nel tuo caso è solo una” arrivò a dirle sprezzante.

La donna lo fissò a bocca aperta, incapace di reagire o almeno di replicare in qualche modo.

“Come ti permetti” riuscì a dire dopo alcuni istanti di sbigottimento.

“Io? Come ti permetti tu di entrare in casa mia dopo tutto quello che hai fatto con la pretesa di ammansirmi con due paroline dolci, dette anche male a dire il vero, e di poter così riconquistarmi? Tu sei pazza Jennifer, l’ho sempre sospettato ma oggi me ne hai dato la conferma. Tornatene dal tuo mantenuto, con me hai chiuso definitivamente” concluse.

Jennifer abbassò lo sguardo, visibilmente ferita. Certo, non c’era nessun mantenuto ad aspettarla. Frank l’aveva lasciata e probabilmente era già con la sua fidanzata.

Kevin notò la sua espressione e, come un’illuminazione, capì cosa c’era davvero dietro quel suo volergli aprire il proprio cuore.

“Oh santo Dio” esclamò sorridendo “di bene in meglio! Il caro Frank ti ha lasciata! Io lo sapevo, sì dannazione lo sapevo! Prima o poi avrebbe capito che razza di strega sei e si sarebbe dato alla macchia! Dunque tu non sei qui perché hai davvero capito di voler stare con me, ma perché il signorino ti ha dato il benservito e tu non vuoi stare da sola!” voleva dirle altro, ma qualcosa iniziò ad insinuarsi tra i suoi pensieri e gli impedì di continuare il concetto.

Emily.

Se quell’animale aveva lasciato Jennifer, avrebbe tentato di rimettersi con lei. Era sicuro, quale uomo non tenterebbe di riaverla?

Non poteva accadere, non…

Per questo l’aveva respinto? C’era di nuovo Frank nella sua vita?

“So che sei arrabbiato” continuò lei “e ne hai tutte le ragioni. Ma credimi, sono qui solo perché ho capito di amarti e di voler stare con te! Dammi un’altra possibilità, ti prego!”

Kevin la guardò freddamente, totalmente insensibile alle sue false lacrime. “Qualche mese fa avrei fatto qualunque cosa pur di riaverti” le rispose “ma grazie a Dio, non è successo. Tu sei la cosa peggiore che mi potesse capitare ma per fortuna ne sono uscito vivo. Ora vattene da qui, e  non farti vedere mai più. Dico sul serio, abbi la decenza di non fare più di queste piazzate, sei ridicola.”

Jennifer strinse i pugni ma non replicò, chiamando a raccolta quel poco d’orgoglio che le era rimasto, girò sui tacchi e se ne andò.

Rimasto da solo, Kevin ripensò a quello che era appena successo. Jennifer era completamente fuori di testa, come poteva solo pensare che l’avrebbe ripresa con sé? Era l’ennesima prova che non lo conosceva affatto, perché se l’avesse conosciuto davvero avrebbe saputo che lui non avrebbe mai dimenticato né tanto meno perdonato tutto ciò che lei gli aveva fatto.

Ma c’era una cosa che lo sconvolgeva più della follia della sua ex-moglie: era la possibilità che Emily si fosse riappacificata con il suo ex.

Il solo pensiero gli dava la nausea.

Emily era sua.

Sì maledizione, era sua! E anche se ancora non avevano fatto l’amore, quella donna gli apparteneva. E quel verme non poteva portargliela via.

In quei tre giorni dopo lo spiacevole episodio della piscina, non aveva fatto altro che pensare a lei e al perché fosse scappata così. Si era dato molte spiegazione, e alla fine aveva pensato che probabilmente non sarebbe stato molto romantico fare l’amore per la prima volta in piscina.

Oppure semplicemente non lo voleva. Ma mai, mai avrebbe pensato che poteva esserci di mezzo il caro Frank!

“Io lo ammazzo” sibilò “se lo trovo lo ammazzo. Emily è mia…”

Perché lui… l’amava. Ecco perché era sua, Kevin si era innamorato di lei e la voleva tutta per sé.

Decise cosa fare.

Andò in camera da letto, dove sulla cassettiera aveva posato l’asciugamano protetto dal cellophane che il giorno prima aveva ritirato dalla lavanderia, lo prese tra le mani e lo guardò. Era quello che Emily si era avvolta in piscina, lui l’aveva fatto lavare e ripiegare con cura, si era raccomandato. La ragazza aveva sorriso e gli aveva chiesto se altrimenti sua moglie l’avrebbe sgridato.

Lui, imbarazzato, aveva risposto che non lo avrebbe sgridato ma che ci teneva a riportarglielo in ordine.

Poi aveva realizzato che Emily non era sua moglie, ma ne aveva parlato come se lo fosse. Ed era stata una bella sensazione.

E ora quel coglione voleva riprendersela? Jennifer poteva tenersela stretta, ma Emily no.

Ora che aveva capito cosa provava per lei, non poteva perderla. E se lei non provava niente per lui, doveva almeno dirglielo in faccia.

Uscì dalla sua camera e afferrò le chiavi della macchina, uscì dall’appartamento sbattendo la porta alle sue spalle.

Doveva andare da Emily, dirle che l’amava e che voleva fare stare con lei. Probabilmente l’avrebbe respinto un’altra volta, ma doveva almeno tentare. Sentiva che finalmente, la vera felicità aveva bussato alla sua porta, non voleva correre il rischio di non farla entrare.

 

 

 

 

 

 


 A/n: davvero pensavate che il nostro Kevin si facesse abbindolare di nuovo dalla bagasciona? Ma certo che no! Lui vuole solo Emily, altro che la lurida! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, so che i due non si sono incontrati ma lo reputo comunque un capitolo importante in quanto chiude definitivamente (definitivamente?) le rispettive storie passate.

 

Come sempre, grazie a tutti quelli che leggono ma soprattutto alle ragazze che recensiscono, vi adoro sul serio *__*!!!

 

A presto!

 

 

 

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Capitolo 23
*** Voglio andare via ***


Nuova pagina 1

XX

 

 

Quando vide quell’uomo, Kevin sentì lo stomaco stringersi in una morsa dolorosa.

Frank, il caro vecchio Frank, era appena uscito dal palazzo in cui abitava Emily.

La sua Emily.

Che diavolo ci faceva lì quel verme? Stavano di nuovo insieme? Era per questo che era scappata via dalle sue braccia, pochi giorni prima?

Era un incubo, doveva esserlo. Magari tra pochi attimi si sarebbe svegliato e avrebbe scoperto che era solo uno stramaledetto incubo.

Emily non poteva stare di nuovo con quell’essere, non poteva… fargli questo.

L’orribile immagine di lei e quel bastardo a letto insieme gli balenò davanti gli occhi della mente, e la nausea gli strinse la gola.

Deglutì per reprimere un conato e afferrò l’asciugamano incartato sul sedile posteriore della propria auto.

A questo punto doveva saperlo, non importava quanto male gli avrebbe fatto ma lei doveva avere il coraggio di dirgli in faccia come stavano le cose.

Kevin si era innamorato di Emily, e sospettava che il sentimento fosse in lui da tanto tempo, magari dal primo incontro.

E voleva dirglielo, doveva dirle che l’amava e lei doveva dirgli la verità.

Era ancora innamorata di Frank? Okay, ma doveva dirglielo.

Trasse un profondo respiro e attraversò la strada, una macchina per poco non lo investì ma lui neppure se ne rese conto.

Non sentì nemmeno gli insulti che gli rivolse il guidatore, tanto era teso e sconvolto.

Così sconvolto che non pensò nemmeno di raggiungere il suo rivale e farlo a pezzi una volta per tutte, voleva solo parlare con Emily.

Sì, inutile picchiare a sangue Frank, se lei lo amava.

E soprattutto, se Emily non amava lui.

Spinse il portone e raggiunse le scale, salendole a due a due.

Arrivò davanti la porta di Emily e si fermò, tremando.

Aveva paura del confronto, e anche di trovarla mezza nuda perché era stata a letto con quello.

Il pensiero che l’avesse anche solo sfiorata con un dito, gli faceva salire il sangue al cervello.

Bussò con violenza alla porta, quasi prendendola a pugni, mentre il suo cuore batteva come impazzivo.

“Emily sono io, apri per favore” gridò pensando che lei fosse dietro la porta.

La porta si aprì dieci secondi dopo.

Emily lo guardò sorridendo, felice di vederlo di nuovo dopo quel disastroso ultimo incontro in piscina.

Ma lui non sorrise, anzi il suo viso era contratto e i suoi occhi erano furiosi.

“Kevin, cosa c’è?” gli chiese vedendolo così sconvolto, facendosi da parte per farlo entrare.

Lui la fissò per alcuni secondi, poi accennò uno strano sorriso.

“E’ per lui vero? È per Frank che sei scappata l’altro giorno, non è così?” disse tutto d’un fiato, entrando in casa perché prevedeva di urlare e non voleva far accorrere i vicini.

La donna corrugò la fronte. “Cosa c’entra ora Frank?”

“Oh non farlo, non tu” ribattè lui “non fare come Jennifer che negò fino all’ultimo. L’ho visto, l’ho visto uscire da qui pochi minuti fa. State di nuovo insieme? È per questo che mi hai respinto? Per me va bene… sì puoi di nuovo farti prendere in giro da quel pezzo di merda, ma devi dirmelo perché altrimenti io impazzirò. Lo ami? Vuoi stare con lui?”

Emily era scioccata: Kevin le stava facendo una scenata di gelosia in piena regola! Era furibondo, respirava affannosamente e poteva vedere le vene del collo e delle tempie pulsare convulsamente.

“Kevin.. hai frainteso, lui era qui solo…”

“No maledizione!” urlò buttando a terra l’asciugamano “dimmelo e basta! Dimmi che vuoi stare con il tuo ex e io sparirò per sempre! Giuro che non mi vedrai più, ma devi dirmi che… non provi nulla per me! Che per te sono e sarò sempre e solo un amico o magari un conoscente, o qualsiasi cosa che non preveda un rapporto esclusivo! Ho bisogno di sapere che non mi vuoi” continuò esasperato “che non vuoi stare con me, che ho frainteso tutto e l’altro giorno ho preso un abbaglio nel pensare che… volevi fare l’amore con me. Dimmelo ti prego.”

Ecco, di nuovo la stessa storia.

Stava implorando una donna di non farlo soffrire, di dirgli cosa provava per lui ed era sicuro che se lei gli avesse confermato di voler stare con l’altro, Kevin le avrebbe chiesto di lasciarlo per stare con lui.

Era il suo destino, amare donne che non lo amavano?

“Kevin, tu hai capito male, lui era qui solo….” ma lui l’interruppe di nuovo.

“Voglio una sola risposta, una! Non voglio scuse né giustificazioni, voglio solo sapere cosa provi per me!”

“Se la smetti di urlare e mi fai parlare” gli disse lei “forse riesco a spiegarti la situazione! Questa tua furiosa scenata di gelosia è decisamente fuori luogo!”

Kevin si sentì crollare il mondo addosso, dicendo così, Emily gli aveva dato la risposta che cercava.

Annuì serrando i denti e i pugni, ferito come non gli accadeva da tempo, forse più di quanto non avesse fatto Jennifer.

“Scusa, ti chiedo scusa” rispose Kevin a bassa voce “non avevo capito, ma ora sì. Ora mi è tutto chiaro. Sono un idiota, mi imbarco sempre in amori a senso unico. Non mi era bastata la storia con Jennifer, ci mancavi solo tu” fece una pausa e indietreggiò di alcuni passi “ti ho riportato l’asciugamano che hai lasciato in piscina, l’altro giorno. L’ho portato in lavanderia.”

“No aspetta, non volevo...” iniziò Emily, ma Kevin alzò una mano per farla tacere.

“Ti prego di non aggiungere altro, ti chiedo nuovamente scusa per la mia… sfuriata inopportuna, devo essere impazzito sul serio. Beh, sii felice e buona fortuna.”

Emily lo raggiunse e lo prese per un braccio. “Kevin no, aspetta, non è come pensi ti sbagli!” gli disse accorata, temendo che se ne stesse andando per sempre.

Lui si scostò liberandosi dalla sua presa. “Non preoccuparti, non è successo niente. Eravamo solo conoscenti dopotutto, sono stato io a fraintendere la situazione” si fermò e la guardò con occhi tristi  “no, non ho frainteso nulla, sono solo stato uno stupido, perché mi sono innamorato di te anche se era evidente che tu non provavi nulla per me. Ciao…”

Pietrificata da quelle parole, Emily lo guardò uscire dal suo appartamento, incapace di corrergli dietro e urlagli che… lo amava anche lei.

Corri scema, corri da lui! Le urlò la solita vocina interiore, ma qualcosa la teneva bloccata lì sull’uscio di casa propria.

Paura?

Sì, aveva paura. Non di lui, no. Anche se aveva alzato la voce, era evidente che non avrebbe mai fatto nulla di violento contro di lei.

Aveva paura di sé stessa, di soffrire, di vederlo scegliere sua moglie alla fine dei giochi.

E lei non voleva correre il rischio di ritrovarsi sola e disperata.

Ma Kevin le aveva appena detto di amarla! Perché diavolo con gli correva dietro supplicandolo di non andare via?

Ecco, forse era proprio questo. Non voleva arrivare al punto di supplicare di non essere lasciata.

Non l’aveva fatto con nessun uomo, non voleva farlo con Kevin.

Chiuse la porta e restò in piedi davanti ad essa per lunghi minuti, con una miriade di pensieri e domande che le affollavano la mente.

Aveva voglia di piangere, gridare, ma se ne restò semplicemente in piedi, a fissare la porta, mentre Kevin si stava allontanando dalla sua vita.

Forse per sempre.

 

 

/-----/

 

 

 

Tornò a casa dopo aver guidato per ore senza una meta.

Si sentiva vuoto, non era neanche arrabbiato o triste o depresso.

Era come svuotato di ogni sentimento, di ogni emozione.

Si sedette sul letto e nascose il viso tra le mani.

La sua vita era un completo disastro, e solo Emily gli era sembrata una luce nel buio.

Fino a quel giorno, però. Perché ora anche quella luce si era spenta.

Che ci stava a fare lì? Quello non era mai stato il suo paese, c’era solo nato perché i suoi genitori erano partiti dalla Francia appena sposatisi.

Non voleva più stare in Inghilterra, voleva andare via per sempre.

Voleva parlare con una madre.

Gli avevano allacciato la linea telefonica solo qualche giorno prima, e quella a sua madre sarebbe stata la prima telefonata fatta dal telefono fisso.

Prese il cordless e compose a memoria il numero.

Allô?” rispose in francese una voce tanto gentile quanto familiare. Quella di sua madre Elise.

Kevin iniziò a piangere sommessamente. “Maman... c’est moi…” mormorò cercando di nascondere la propria voce rotta dalle lacrime.

Kevin, mon coeur, comment ça va?”

L’uomo sospirò. Ça va mal, maman” rispose sincero.

Era vero, andava tutto male e non ce la faceva più.

Aveva creduto, anche se solo per un po’, di aver intravisto una possibile felicità. Invece aveva sbagliato tutto, di nuovo.

Tesoro, che significa? Mi fai spaventare” gli disse sua madre, parlando in inglese questa volta.

“Quello che ho detto mamma… va tutto male nella mia vita. Io…” si fermò e respirò a fondo “ti piacerebbe se…mi trasferissi in Francia? Per sempre dico...”

Elise restò in silenzio per un alcuni istanti. “Figliolo, che cosa è successo? Di nuovo Jennifer?

Si erano sentiti altre volte in quei mesi, e sapeva tutta la brutta storia. Non si era meravigliata più di tanto, lo sapeva che prima o poi sarebbe successo. Non le era mai piaciuta Jennifer.

“No, stavolta no” fece una pausa e si asciugò gli occhi, augurandosi che sua madre non se ne fosse accorta “J'aime une femme qui ne m'aime pas. Je veux partir, maman. Je veux partir….”

Voleva andare via, lasciare quel paese che non era mai stato suo, dove aveva conosciuto solo delusioni.

Amava Emily e sapere che non poteva averla lo faceva impazzire.

L’unica soluzione era andare via, lasciare tutto e ricominciare in Francia.

Ne sei sicuro, tesoro?

“Sì, voglio andarmene. Troverò qualcosa da fare lì… ma voglio andarmene via. Non ti darò fastidio mamma, me ne starò per conto mio…”

Non dirlo neanche per scherzo” esclamò Elise “se decidi di partire sul serio, verrai dritto da me, intesi?

Kevin amava tanto sua madre, era una donna di poche parole ma dolce e comprensiva. E lui non aveva mai sentito tanto bisogno di lei come in quel momento.

Se ne vergognava in realtà, era più che adulto. Ma si sentiva stordito, perso, e aveva bisogno di sua madre.

“Partirò presto mamma” le annunciò “forse domani stesso.”

Ne sei sicuro? Io sono felice se tu torni da me, ma voglio che tu ne sia convinto.

“Sono più che convinto” affermò Kevin “voglio andarmene da qui.”

Allora ti aspetto figlio mio.”

“Grazie mamma e scusami.”

Di cosa dovrei scusarti? Di cercare il conforto della tua mamma?

Kevin sorrise, adorava l’accento di sua madre e il modo in cui pronunciava le parole lo rilassava.

“A presto mamma, ti faccio sapere quando parto” le disse.

Va bene caro, a presto e sta’ tranquillo. Se non ti ama, vuol dire che non era la persona giusta per te.”

“Già, hai ragione. Ti voglio bene mamma, a presto.”

Riattaccarono.

Kevin si alzò dal letto e raggiunse la finestra, guardò fuori e pensò che presto avrebbe lasciato quel paesaggio, senza sentirne la mancanza.

Stava per tornare nel suo paese, lì avrebbe tentato di dimenticare tutto, Emily compresa.

Ma sua madre non aveva ragione, lei era la persona giusta per lui.

Era Kevin a non essere quello giusto per lei, evidentemente.

Emily voleva stare col caro vecchio Frank, non con lui.

Poggiò la testa contro il vetro e sospirò, chiudendo gli occhi.

Stava scappando e lo sapeva, ma era l’unica cosa da fare.

 

 


Note d'autore: Scusate il ritardo, come sempre. Ma ho davvero tante storie da scrivere e non è che una può stare 24H su 24 al pc! Anche se mi piacerebbe *__*! Grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono e anche a quelli che leggono senza recensire, e un grazie enorme alle 81 persone hanno inserito questa storia nelle preferite/seguite/ricordate. Grazie!

Note di traduzione: Beh il mio francese è arrugginito e allora mi sono fatta aiutare dal traduttore on-line. Kevin e mamma Elise si sono detti cose essenziali, spero capiate senza problemi!

Baci, a presto!

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** Finalmente..... ***


Nuova pagina 1

Note d'autore: Capitolo diviso in due parti, perché altrimenti sarebbe risultato spropositatamente lungo. Mi dispiace per il ritardo ma per scrivere serve tempo ma soprattutto ispirazione, se no si rischia di rovinare la storia.

 


 

 

 

XXI

 

(Prima parte)

 

 

 

“Perchè tutta questa fretta? Qualche giorno fa mi sembravi sereno e... interessato a restare” disse Chris, incapace di capire come mai il suo amico dall'oggi al domani avesse deciso di fare i bagagli e partire per tornarsene al proprio paese d'origine.

Kevin sospirò profondamente, Chris si sbagliava, non era affatto sereno. E più che interessato a restare, in cuor suo sperava di trovare un valido di motivo per restare. Anzi, lui aveva sperato di averlo già, ma si era sbagliato.

“Beh, diciamo che avevo da tempo l'intenzione di andarmene” iniziò serio “ma volevo prima capire una cosa.”

“E l'hai capita?” l'incalzò Chris.

L'altro lo guardò ed annuì. “Sì, ed ho capito anche che non c'è niente che mi trattenga qui” fece una pausa e aprì le mani in un gesto di rassegnazione. “Tu mi conosci da oltre vent'anni, dovresti sapere che io qui mi sono sempre sentito fuori posto.”

“Lo so, lo ricordo bene. E mi dispiace che tu abbia continuato a portarti questa sensazione per tutti questi anni.”

“Inutile negarlo” ammise Kevin “non sono mai stato bene qui. Ma sai... con Jennifer credevo di aver trovato il mio punto di contatto con una realtà che non mi apparteneva. Invece... la fine è nota.”

“E con quella ragazza?” gli domandò, non potendo più trattenere la curiosità “nessun punto di contatto nemmeno con lei?”

Kevin si oscurò. “No, decisamente. E preferirei evitare il discorso, se per te va bene.”

Chris intuì che era lei la causa di quella improvvisa partenza.

Possibile che quel gigante si facesse sempre mettere knock out dalle donne?

E doveva essere qualcosa di scottante, visto che era disposto a parlare della ex moglie e non di quella ragazza misteriosa, di cui sapeva solo che Kevin l'aveva salvata anni prima dall'annegamento.

“Okay, come vuoi” si arrese “però mi dispiace sapere che te ne vai così, proprio ora che ci eravamo ritrovati. Non hai conosciuto nemmeno la mia famiglia, anzi perchè non vieni da noi per una birra? Almeno conoscerai mia moglie e i miei bambini.”

Sorrise ma scosse il capo. “Ti ringrazio ma ho ancora diverse cose da fare” si scusò “ho il volo alle nove questa sera. Dispiace anche a me, mi sarebbe piaciuto conoscere la tua famiglia.”

Stava mentendo.

Era felice per lui perché Christian meritava solo il meglio, era un ragazzo d'oro e gli augurava tutto il bene del mondo.

Ma vedere ciò che desiderava e non aveva, gli avrebbe fatto male.

Una moglie e dei figli che lo amavano ad aspettarlo a casa, mentre lui era soltanto un povero bastardo solo.

“Come vuoi” rispose Chris con un sospiro.

“Scusami, mi piacerebbe ma non posso” ribadì Kevin, poi cambiò discorso. “Allora facciamo così, appena capisco cosa...fare, mi metterò in contatto con te e decideremo il da farsi sulla mia quota. Se riesco a sistemarmi decentemente, vorrei cedertela senza contropartita.”

“Kevin, non...”

“No Chris” lo fermò “questa attività la stai mandando avanti da solo, mentre io prendo i soldi e basta. Meriti di averla tutta per te e senza sborsare un soldo. Ma sono onesto, non ho idea di cosa fare una volta arrivato ad Arles, non so che lavoro potrei fare lì. Dunque passerò i primi mesi a guardarmi intorno e non me la sento di lasciare subito l'introito sicuro che la nostra società mi assicura. Ma appena capisco dove sbattere la testa, voglio darti la mia quota. Cedertela, se mi riesce. E non obiettare, non cambio idea facilmente, lo sai.”

Chris lo sapeva, Kevin era la testa più dura che avesse mai incontrato.

Sospirò e annuì. “Okay, come voi” disse “è un tuo diritto vendere o cedere. Ma sappi che mi dispiace, proprio ora che potevano di nuovo essere una squadra.”

L'altro sorrise abbassando lo sguardo. “Già, hai ragione. E mi dispiace davvero, ma... ho bisogno di andare via sul serio. So che sembre una decisione campata in aria, presa dall'oggi al domani, ma in realtà ci penso da un po' di tempo. Ora devo andare” aggiunse alzandosi “ho molte cose da fare ancora...”

Chris lo imitò, preparandosi all'addio.

“Ti auguro ogni bene amico mio” gli disse porgendogli la mano “e tutta la fortuna.. che non hai avuto qui.”

Kevin lo guardò negli occhi. “Ti ringrazio... per tutto...” e gli strinse la mano, ma poi lo tirò stringendolo in un forte abbraccio.

“Grazie per la tua amicizia Chris” gli disse commosso “un altro al posto tuo vedendomi tornare dopo così tanti anni, mi avrebbe mandato a fanculo, tu non l'hai fatto. Sei un fratello...”

“Figurati Kev” rispose l'altro quando l'amico lo liberò dall'abbraccio “avevo capito la situazione anche allora, e capisco la situazione adesso. Sei stato il migliore amico che io abbia mai avuto e avrei rinnegato la nostra amicizia se non ti avessi accolto a braccia aperta. Mi dispiace solo che tu ora vada via, davvero.”

“Ma ci rivedremo” replicò Kevin “anzi, magari qualche volta tu e la tua famiglia verrete a trovarmi in Francia.”

No, probabilmente non si sarebbero mai più rivisti, ma era bello illudersi che non era così.

“Chissà, potremmo prenderti in parola” rispose Chris, anche se la pensava esattamente come l'altro.

Si salutarono di nuovo e, dopo un'ultima occhiata al luogo che aveva amato più di casa sua, Kevin uscì, sicuro di non tornarci più.

Camminò lungo il vialetto che lo portava alla sua auto a testa bassa, cercando di mettere a fuoco le cose da fare per non pensare ad Emily.

“Ehi Kevin!” si sentì chiamare.

Guardò alla sua sinistra e vide Rachel.

Sorrise, soprattutto quando vide che era in compagnia dei suoi adorabili bambini.

“Salve Rachel” salutò tendendole la mano “ciao bambini” disse ai piccoli, che sorrisero ma restarono un po' dietro la madre.

“Che piacere rivederti” disse la donna stringendogli la mano “è da un po' che non ci vedevamo.”

“Già... dal pronto soccorso...” rispose lui.

“Ti sei fatto male?” chiese la piccola Amy preoccupata.

Kevin la guardò e le sorrise, piegandosi sulle ginocchia. “Sì un po', sono caduto dal letto! Ma la tua mamma mi ha curato e ora sto benissimo” le raccontò dandole un leggero pizzicotto sulla guancia.

La bambina ridacchiò divertita, mentre Rachel, osservando la scena, non poté fare a meno di pensare che Kevin ci sapeva fare con i bambini, non si comportava nè da idiota smielato nè da arcigno.

Sarebbe un buon padre, Emily dovrebbe tenerne conto, pensò maliziosa.

“Li porti in piscina?” domandò alla loro madre.

“Sì esattamente, stanno imparando a nuotare... tu è qui che lavoravi, vero?” gli domandò, fingendo di non saperlo.

Lo sapeva eccome, era stato anche il teatro del quasi-sesso tra lui e la sua amica.

Lui annuì. “Sì esattamente,  ora sono solo in società con un mio ex compagno di scuola. Prima facevo l'istruttore, avrei potuto insegnare loro io a nuotare.”

“Beh potresti sempre riprendere a farlo” sottolineò la donna.

Kevin sospirò scuotendo il capo. “No, non mi è possibile. Sto per tornare nel mio paese....” si lasciò sfuggire.

Rachel drizzò le orecchie. “Ah...vacanze natalizie anticipate?”

“No” rispose “vado via definitivamente.”

Lei, che non sapeva ancora nulla visto che Emily non le aveva detto niente, lo guardò perplessa, alzando un sopracciglio.

“Wow. Cioè... non sono affari miei, ma credevo che avessi superato... una certa questione.”

L'uomo si sforzò di sorridere. “E' così, ho solo capito che qui non sto bene e che voglio tornare alle origini. Io sono francese, non c'entro nulla con questo paese” spiegò.

“Emily lo sa?” gli chiese lei, andando dritta al punto.

“No e onestamente, non sono cose che la riguardano” rispose tagliente.

Rachel ricollegò quella reazione al rifiuto di Emily in piscina, anche se le sembrava un po' eccessivo.

Invece di lottare per averla, faceva la valigia e andava via?

“Io credo di sì invece” lo contraddisse “la riguarda molto, da quello che so.”

Kevin la fissò. “Cosa sai?”

Non voleva mettersi troppo in mezzo, dopotutto erano affari loro, ma non poteva lasciare che due persone innamorate si perdessero così.

“Quello che so” iniziò cauta “è che Emily soffrirebbe molto se te ne andassi, credimi.”

“Affatto” obiettò lui  nervoso “ha altro a cui pensare.”

Rachel corrugò la fronte. “Non credo di capire.”

“Beh diciamo che Emily ha il perdono facile. Scusami, devo andare adesso, partirò presto e ho un mucchio di cose da fare” si scusò frettolosamente.

“Perdono facile? Kevin, ascolta, credo tu stia facendo un errore. Non ho idea di cosa si tratti ma...”

“Non importa” la interruppe “non mi importa di niente, voglio solo... andare via, per un milione di motivi.”

“Emily per prima?”

“Sì, Emily per prima” ammise l'uomo “scusami... davvero. Ti auguro buona fortuna e grazie di tutto. Ciao bambini.”

Si allontanò in fretta, innervosito e impaziente.

 

 

 

/-----/

 

 

 

 

Rachel lo guardò allontanarsi e prese immediatamente una decisione.

Rovistò nella borsa e trovò il cellulare, prese per mano i bambini e tornò verso la macchina.

“Mamma, e la piscina?” chiese Russell mentre Rachel lo faceva salire sul sedile posteriore.

“La mamma deve fare una telefonata, un attimo ed andiamo” assicurò chiudendo lo sportello.

Trovò il numero di Emily e avviò la chiamata.

“Rachel?” rispose la ragazza al secondo squillo.

“Emily... che diavolo è successo che io non so?” esordì saltando i convenevoli.

Seguì un silenzio di alcuni secondi. “Che vuoi dire?” disse l'altra infine.

Rachel sospirò. “Tra te e Kevin. L'ho incontrato poco minuti fa, sta per andarsene per sempre dal Paese, si trasferisce in Francia. Parlava di un perdono da parte tua. Che sta succedendo?”

“Andarsene per sempre?” ripeté incredula Emily “non capisco... come andarsene per sempre?”

“Non si riferiva a Frank, vero? Ti prego dimmi che non ci sei cascata!”

“No! Kevin ha visto Frank sotto casa mia è ha pensato che ci fossimo riappacificati, ma non è così!” spiegò quasi urlando.

L'altra si blocco: e questo quand'era successo?

“Cioè Frank è venuto a casa tua... per cosa esattamente?” volle sapere Rachel.

“Ha cercato di tornare con me, ma l'ho mandato al diavolo. Solo che Kevin l'ha visto e ha creduto chissà cosa! Ha urlato contro di me e poi è andato via, ma...” si fermò e Rachel capì che stava per piangere “mi ha detto che mi ama e io non ho fatto niente! L'ho lasciato andare via, è colpa mia!”

Piangeva.

Rachel sospirò e scosse il capo. “Tesoro, corri da lui. Ha detto che partirà presto. Secondo me oggi stesso, tu devi fermarlo.”

“Oggi?” ripeté la ragazza “oh Dio... non può!”

“Appunto, quindi svegliati dal letargo e corri dannazione! Appena gli ho fatto il tuo nome ha cambiato espressione, crede che tu stia con quello e sta male! Va' e digli quello che provi o lo perderai!”

Emily chiuse il telefono senza dire nulla, Rachel capì la situazione e non si offese.

Stupidi testoni, tutti e due, pensò arrabbiata.

Sperava con tutto il cuore che si chiarissero e che la smettessero di girarsi intorno senza mai dirsi la verità.

 

 

 

/-----/

 

 

Emily tremava.

Kevin non poteva andarsene, non poteva lasciarla.

“E' colpa mia... è solo colpa mia” gemette incredula.

Doveva andare da lui, immediatamente.

Ma non poteva guidare, si sarebbe schiantata da qualche parte.

Prese il cappotto e uscì, correndo giù per le scale.

In strada fermò un taxi e salì, indicando all'autista la via che doveva raggiungere.

Kevin voleva andarsene.

Così, su due piedi, dall'oggi al domani.

Perchè aveva creduto che lei stesse di nuovo con il suo ex, perchè lei non aveva avuto il coraggio di dirgli che lo amava.

E non importava se lui non l'aveva nemmeno lasciata parlare, lei avrebbe dovuto urlarglielo anche mentre scendeva per le scale.

O telefonargli, o andare a casa sua.

Invece niente.

Stupida idiota, si disse mordendosi un labbro per non piangere.

Il  taxi sembrava non arrivare mai, non sapeva quanto tempo era trascorso, ma comunque era troppo.

Per quel che ne sapeva poteva già essere partito e questo pensiero le stringeva lo stomaco in una morsa di dolore.

Non poteva andarsene, non poteva lasciarla.

Finalmente arrivò, scese dal taxi dopo aver pagato la corsa e si precipitò nel palazzo.

Salì di corsa le scale e trafelata si fermò davanti alla sua porta, per riprendere fiato.

Cosa gli avrebbe detto?

Ti amo, non andartene?

Forse sì, forse era meglio evitare tante spiegazioni, tanti giri di parole.

Semplice e diretta.

Prese un grosso respiro e suono il campanello.

Niente.

Bussò alla porta, ma ancora niente.

Non c'era?

Prese il cellulare e provò a telefonargli, ma come immaginava, era spento.

“No... non può finire così....” mormorò, non sapendo dove cercarlo.

Era partito sul serio?

Era già andato via?

Non riuscì a trattenere le lacrime, scoppiando a piangere sul pianerottolo, davanti alla porta di Kevin.

Provò di nuovo a telefonare, e di nuovo la voce registrata della sua segreteria telefonica l'invitava a lasciare un messaggio.

E l'avrebbe fatto.

“Kevin.. sono davanti la tua porta...non so se sei già partito o se hai semplicemente il telefono spento” iniziò tra le lacrime “ma.. ti prego, se sei ancora qui, non partire! Non andartene, non mi lasciare! Ho sbagliato, è tutta colpa mia, per paura ti ho lasciato andare via... ti prego.. non te ne andare... io ti amo....”

Il tempo a disposizione era finito, annunciato dal un altro segnale acustico che le risuonò violento nell'orecchio.

Gliel'aveva detto, anche se in un messaggio vocale, anche se magari l'avrebbe ascoltato troppo tardi, gli aveva detto che lo amava.

E se fosse tornato da lei, glielo avrebbe urlato così forte da farsi male.

Guardò la porta chiusa, poggiò le mani contro di essa e poi la fronte, piangendo.

Non sapeva che fare, se si fosse mossa Kevin sarebbe potuto tornare e l'avrebbe perso definitivamente.

Avrebbe aspettato lì, anche tutta la notte.

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Capitolo 25
*** ....amore! ***


Nuova pagina 1

Note d'autore: seconda parte del capitolo 21... scusate l'attesa. Spero vi piaccia ^_^


XXI

(Seconda parte)

Emily non lo sapeva, ma aveva mancato Kevin per un soffio.

Mentre lei stava per scendere dal taxi, lui stava salendo su un altro.

Aveva fatto le valigie, portandosi solo abiti e documenti, ed era partito alla volta dell'aeroporto.

Il volo sarebbe partito più di tre ore più tardi, ma per Kevin ormai era inutile restare in quella casa.

Aveva preso la sua decisione, tanto valeva andarsene il prima possibile.

Sospirò sedendosi su una delle sedie nella sala di attesa dell'aeroporto.

C'era tempo per i bagagli, voleva riposarsi un po'.

Si sentiva stanco.

Era stato uno degli anni più brutti della sua vita e non ne poteva più.

Jennifer prima, Emily poi...

Scosse il capo e si massaggiò le tempie.

La colpa in realtà era solo sua, si disse, lui si era.... invaghito di lei, non viceversa.

No, lui si era innamorato di Emily, non invaghito.

Perché si era innamorato di lei, poi?

Perché era bella? Era gentile?

Sì, per tutto. Il suo modo di essere così tanto diverso da quello di Jennifer, la sua bellezza voluttuosa.

Si chiese come diavolo faceva ad innamorarsi sempre della donna sbagliata.

Poi innamorarsi così, senza nemmeno essere stati a letto insieme.

Già, avrebbe tanto voluto averla almeno una volta sola, ma lei l'aveva respinto.

“Povero me...” mormorò rassegnato.

Prese il cellulare dalla tasca e lo guardò a lungo.

Era spento da giorni, forse valeva la pena accenderlo un attimo.

Forse sperava di trovare un messaggio di Emily...

Lo accese e dopo alcuni secondi, gli arrivarono diverse notifiche.

Messaggi di Chris, Johnny del pub e....

Sette chiamate perse da parte di Emily più un suo messaggio vocale.

Il cuore dell'uomo accelerò.

Deglutì a vuoto e ascoltò il messaggio.

Kevin.. sono davanti la tua porta...non so se sei già partito o se hai semplicemente il telefono spento, ma... ti prego, se sei ancora qui, non partire! Non andartene, non mi lasciare! Ho sbagliato, è tutta colpa mia, per paura ti ho lasciato andare via... ti prego.. non te ne andare... io ti amo....”

Il messaggio finiva così.

Io ti amo.

Kevin sentì un ronzio nelle orecchie e per un attimo la vista gli si offuscò.

Ma lo stordimento durò poco, si scosse e afferrò la propria valigia, raggiungendo l'uscita.

Che significava quel messaggio?

Era vero? E perchè non gliel'aveva detto prima?

No, questa cosa doveva chiarirla... al diavolo l'aereo, non poteva andarsene senza aver saputo come stavano le cose.

Salì su un taxi e indicò al conducente la via da raggiungere.

Ma come? Si rimetteva col suo ex e poi gli diceva io ti amo?

No, non poteva prenderlo in giro così.


/-----/


Se n'era andato.

Sì Kevin era andato via, non c'era altra spiegazione.

Era lì davanti alla sua porta da oltre un'ora e lui non si era fatto vivo, né le aveva telefonato.

Forse era il caso di andare via, era pressoché inutile continuare ad aspettare.

Si posò una mano sulla fronte cercando di non piangere, ma era difficile.

Era andato via ed era colpa sua.

Se solo avesse avuto più coraggio e determinazione, ora sarebbero insieme.

Sospirò con tristezza, quando sentì che qualcuno stava salendo rapidamente le scale.

Emily si bloccò col cuore il gola, con la sensazione che si trattasse di lui.

"Emily."

Si voltò di scatto e se lo ritrovò davanti.

Le sembrava ancora più alto e più bello.

“Credevo fossi partito” disse lei, parlando per prima.

Kevin, col respiro un po' affannato, si avvicinò posando la valigia a terra che solo allora Emily notò.

“Stavo per farlo” ammise “ero all'aeroporto... poi ho sentito il tuo messaggio...e vorrei sapere cosa significa.”

La giovane sentiva il cuore battere forte nel petto, era arrivato il momento della verità.

“Che non puoi partire Kevin... ecco cosa significa....” ripeté con voce tremante.

“Perchè dovrei restare qui?" le chiese serio.

"Per me..." mormorò mentre gli occhi le si riempivano di lacrime, avvicinandosi di un passo.

L'uomo la guardò negli occhi. "E' per te che sono rimasto fino ad ora" le confessò con tristezza "ma ora non ho più alcun motivo..." affermò corrugando la fronte.

"Tu hai frainteso ieri" tentò di spiegargli "se mi avessi lasciato parlare..."

"Non c'era niente da fraintendere, Emily! Tu..."

"Fammi parlare per la miseria!" inveì Emily esasperata, facendo ondeggiare quella massa di capelli fiammeggianti "Ascoltami e taci!"

Kevin si zittì, guardandola sorpreso e incantato.

"Frank era venuto da me con l'assurda pretesa che lo perdonassi, ma l'ho letteralmente mandato a farsi fottere! Perchè mi fa schifo, è un uomo spregevole e il pensiero di essere stata con lui mi fa vomitare! Ma quando mi ha... detto che con lei era finita, ho avuto il terrore che tu tornassi con tua moglie..."

"Cosa?" esclamò Kevin sgranando gli occhi.

Lei annuì. "Sì perchè tu l'avevi amata tanto e ho pensato che.. l'amavi ancora ed è per questo che in piscina sono scappata, non volevo essere un'avventura, non volevo... fare sesso per poi soffrire perchè tu tornavi dalla tua Jennifer! Invece ieri mi hai dichiarato il tuo amore e io sono rimasta come pietrificata e non so nemmeno perchè visto che io avevo paura che tu non provassi nulla per me se non desiderio fisico! E allora come un'idiota ti ho lasciato andare via! Ma io non voglio che tu te ne vada, tu devi restare qui con me!" finì mentre le lacrime le scendevano lungo le guance.

Kevin l'aveva ascoltata come ipnotizzato, il cuore che martellava furioso e il sangue che doveva scorrere come un fiume se aveva la sensazione di sentirne il flusso nelle vene.

Era così bella da far male e ciò che gli aveva detto suonava come una dichiarazione.

Al diavolo la partenza, al diavolo paure e incomprensioni.

Voleva restare con lei, provare ad essere felice.

Ma doveva dirglielo guardandolo negli occhi, doveva dirgli che lo amava.

"Perchè?" le domandò avvicinandosi "Perchè devo restare qui con te?"

Emily alzò il viso e lo guardò negli occhi, tremando.

“Lo sai perchè... te l'ho detto...”

Kevin annuì, avvicinandosi ancora di più fin quasi a sfiorarla col proprio corpo.

“Sì, in un messaggio sul cellulare. Devi dirmelo adesso, guardandomi negli occhi... voglio sentirtelo dire....” le disse con fare autoritario.

Emily riusciva a sentire il calore del suo corpo, il profumo del suo dopobarba la inebriava e si accorse di desiderarlo da impazzire.

Lo voleva su di sé, dentro di sé. Era imponente, forte e probabilmente molto selvaggio e...grande.

Per la prima volta in vita sua, fu sul punto di dire ad un uomo scopami, lei non si era mai fatta avanti così, sicuramente non in quei termini. Ma Kevin tirava fuori da lei un lato che non conosceva, e forse era proprio questo che la spaventava.

Ma ora no, non aveva più paura di sé stessa, nè di lui.

"Perchè ti amo" rispose respirando a fatica "ti amo e voglio che tu sia il mio uomo, voglio fare l'amore con te, sentirmi tua...voglio il tuo corpo sul mio, sentirti dentro, gridare il tuo nome e stringermi a te esausta..."

Gli occhi di Kevin si illanguidirono all'istante, si poteva vedere il desiderio galleggiare sulla loro superficie chiara.

Voleva che Emily gli dicesse che lo amava, ma non avrebbe mai sperato di sentirsi dire cose del genere.

Lei era scioccata dalle sue stesse parole, le erano uscite di bocca come un fiume in piena e si era fermata solo perchè distratta dall'evidente reazione fisica ed emotiva dell'uomo di fronte a lei.

"Pensi davvero.. quello che mi hai appena detto?" le chiese Kevin, sull'orlo della follia.

Emily si avvicinò di un passo, poggiandosi quasi al suo petto che si alzava e si abbassava a causa del respiro affannoso.

"Sì lo penso davvero... con tutta me stessa..." bisbigliò emozionata, posandogli una mano sul petto e sorprendendosi del battere furioso del suo cuore.

Le labbra di Kevin si distesero in un lieve sorriso, le passò le braccia intorno alla vita e l'attirò a sè, stringendola forte.

Emily gemette, ritrovandosi premuta contro il corpo grande e oltremodo caldo dell'uomo.

Il desiderio crebbe a dismisura.

Kevin avvicinò il viso al suo, guardando quelle labbra rosa e invitanti.

"Lily...se non sei sicura di quello che mi hai detto, devi respingermi adesso, perchè tra pochi istanti non sarò più in grado di fermarmi..." le disse serio.

Ed era vero, maledettamente vero.

La voleva così tanto da sentirsi male, da tremare, ed era sul punto di perdere completamente il controllo delle sue azioni.

Lei lo guardò negli occhi, gli passò le braccia intorno al collo e si sollevò sulla punta dei piedi, in modo da poter arrivare alla sua bocca più agevolmente.

"Ho già sbagliato una volta, respingendoti in piscina proprio sul più bello. Ora basta, voglio lasciarmi andare...." rispose languida, offrendogli le sue labbra.

Kevin andò in orbita.

Si chinò su di lei e catturò la sua bocca in un bacio vorace, tanto da toglierle il respiro assaporandola a fondo.

Cercò le chiavi di casa e quando le trovò, per poco non sfondò la porta a spallate, pur di entrare, senza smettere di baciarla.

Entrarono e lui sbattè la porta con violenza, fregandosene dei vicini.

Le prese il viso tra le mani e lasciando per un attimo la sua bocca, passò al collo, posandovi baci languidi e caldi.

Emily lo abbracciò stringendosi a lui, trovò stupendo sentirsi piccola in confronto ad un uomo tanto grande e forte che la baciava con una foga devastante.

Lui le tolse il cappotto spingendola verso il letto.

La donna, ormai totalmente accecata dal desiderio, si ritrovò ad aiutarlo a spogliarsi senza nemmeno accorgersene. Lo aiutò a togliersi la giacca, poi la camicia e la maglietta grigia, fino a slacciargli la cintura dei pantaloni e sfilarla via.

Arrivati davanti al letto, Kevin le tolse la maglia, trovandosi di fronte un corpetto nero che a fatica conteneva il suo seno.

Lo guardò estasiato.

“Non ho idea da dove iniziare...” mormorò guardando i laccetti.

Emily ridacchio mostrandogli un fianco. “Ha la cerniera, i lacci sono decorativi...” gli spiegò.

L'uomo guardò in alto. “Grazie!” esclamò, prima di precipitarsi ad abbassare la cerniera.

Tolse piano il corpetto, quasi con riverenza, e lo lasciò cadere a terra.

L'ammirò, perso nella contemplazione del suo seno perfetto.

Si avvicinò e la baciò, posandole con dolcezza una mano sul seno, accarezzandolo lievemente, catturandolo delicatamente col palmo della mano.

Emily sussultò, stringendosi a lui, mentre le sue mani scivolarono sul suo ampio torace fino ai pantaloni, che sbottonò.

Si staccarono e Kevin la spinse sul letto, facendola stendere.

Le sbottonò i jeans e glieli sfilò, baciandole un ginocchio e scendendo lungo la coscia, fino a sfiorare la sua femminilità con le labbra.

La guardò un attimo, orgoglioso di trovare i suoi occhi languidi e offuscati dal desiderio.

Infilò le dita sotto l'elastico delle mutandine e lentamente le fece scivolare via dai suoi fianchi, sulle cosce morbide e vellutate, che non mancò di baciare ancora, e sulle gambe, fino a toglierle completamente.

Emily non capiva più niente.

Percepiva solo le mani dell'uomo che le accarezzavano le gambe e poi le cosce, fino ad accarezzarla intimamente...

Chiuse gli occhi, godendosi le sue carezze.

“Kevin...ti prego...” implorò respirando affannosamente.

Lui capì e si rimise dritto, si tolse i pantaloni e i boxer, e salì sul letto, stendendosi sopra di lei.

Il suo corpo grande e caldo.

Emily lo abbracciò baciandolo appassionatamente, muovendo il bacino per incontrare il suo, impaziente di sentirlo dentro.

L'uomo si sollevò sulle braccia, poi prese la gamba della sua donna dietro il ginocchio e la piegò in modo da farsi più spazio ed entrare in lei.

Era la prima volta che stavano insieme e non voleva rovinare tutto con una mossa brusca o impaziente.

E poi conosceva bene il proprio corpo, la propria virilità...sperava di non farle male.

La guardò negli occhi e iniziò piano a scivolarle dentro.

Lei lasciò andare un lieve gemito e mosse il bacino verso il suo facendolo entrare rapidamente in lei.

“Emily...” sospirò lui, sorpreso da tanto slancio.

“Non ce la faccio più” disse lei aggrappandosi alle sue spalle “ti prego Kevin... amami... forte...”

Forte?

Il cervello di Kevin andò in black out.

Si abbassò su di lei e la baciò di nuovo, sistemandosi meglio sopra e dentro di lei.

Poi iniziò a muoversi, prima lentamente con spinte lievi, per poi aumentare il ritmo.

La donna iniziò ad ansimare, assecondando i suoi movimenti sempre più rapidi e profondi.

Emily pensò che era fantastico avere un amante fisicamente molto più grande, poteva nascondere il viso nell'incavo della sua spalla mentre si aggrappava con braccia e gambe al suo corpo.

Era meraviglioso.

Ogni affondo del suo uomo aumentava il suo piacere, adorava sentirlo dentro e sentirlo gemere lievemente.

Il ritmo delle sue spinte aumentò, trasformando gli ansiti di Emily in gemiti profondi, quasi in urla.

Non voleva urlare, si vergognava, ma era convinta che sarebbe successo.

Sentiva l'apice sul punto di esplodere e aveva dannatamente voglia di gridare.

E lo fece.

L'orgasmo la travolse implacabile quasi costringendola a gridare, affondando le unghie nella pelle del suo uomo e cercando disperatamente di unirsi al suo corpo più che poteva.

Infinite onde di piacere la scossero, facendole desiderare che non finisse mai.

E poi sentì il piacere di Kevin esplodere violento, facendolo tremare tra le sue braccia.

Il suo corpo rabbrividì a lungo, mentre continuò a muoversi dentro di lei.

Poi rallentò il ritmo fino a fermarsi, ricadendo dolcemente su di lei con un profondo sospiro di soddisfazione.

Distrutti dalla passione, restarono abbracciati e in silenzio per diversi minuti, ansimando allo stesso ritmo, i loro corpi uniti era sudati e accaldati.

Dopo un po' Kevin fece per liberarla dal suo peso, ma lei lo bloccò stringendolo forte a sé.

“No resta...” mormorò contro il suo collo.

“Tesoro... peso più di cento chili... non voglio farti male..” le rispose baciandole i capelli sulla tempia.

“No è bellissimo così” obiettò Emily “sei grande e caldo, sei la mia coperta di carne...”

Kevin scoppiò a ridere e le passò le braccia sotto la schiena, la strinse e rotolò su un fianco, portandola con sé.

Ora era Emily sopra di lui.

“Così è meglio piccola” le disse passandole una mano nei capelli “posso abbracciarti meglio...”

Lei si rannicchiò sopra il suo uomo e gli baciò il petto.

“Mi piaceva anche averti addosso, ma è bello anche così...” ammise sospirando.

Restarono in silenzio per un po', godendosi il contatto dei loro corpi.

“Io ti amo davvero Emily...” disse Kevin, rompendo il silenzio, con un tono quasi spaventato.

La giovane donna sollevò il viso e gli baciò il mento, pungendosi le labbra con la sua barba.

“Lo so... e ti amo anche io... non saremmo qui se non ti amassi...”

Kevin sorrise soddisfatto, stringendola di più.

“Dunque... ora stiamo insieme?” domandò lei, formando cerchi invisibili sul suo petto.

“Direi proprio di sì.” confermò lui.

Emily ridacchiò felice dandogli un altro bacio sul mento, lui piegò il viso verso di lei e le baciò le labbra, e tornò ad abbracciarla stretta.

Restarono così a lungo, senza parlare, fino ad addormentarsi.

Finalmente era amore.




Avviso: Non so quando potrò aggiornare di nuovo, per cui chiedo alle oltre 90 persone che seguono questa storia di aver pazienza, se sono curiosi di sapere come continua. Grazie a tutti!







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Capitolo 26
*** Nella penombra ***


XX

XXII

 

 

Un cellulare.

Il fastidioso suono di un cellulare che squillava insistentemente.

Un suono leggermente ovattato ma che la infastidiva.

Ma era un sogno o stava squillando sul serio?

Emily aprì gli occhi, ancora stanca ma rilassata, e si mise in ascolto.

Forse era stato solo nella sua mente, perchè non percepì più nessun dannato squillo di cellulare.

Sospirò sorridendo e si girò verso Kevin, rifugiandosi nuovamente tra le sue braccia.

Appena chiuse gli occhi però, di nuovo un cellulare squillò.

Il suo cellulare, realizzò al secondo squillo.

Si liberò dall'abbraccio caldo del suo uomo e lentamente sgattaiolò fuori dal letto, prese da terra la camicia di Kevin e la indossò.

Era nuda e fuori dalle lenzuola faceva molto freddo.

Si guardò intorno, nella penombra della stanza, cercando di mettere a fuoco l'ambiente intorno a lei per trovare il suo cappotto, perchè in una delle sue tasche c'era il cellulare.

Lo vide e si precipitò verso di esso, inginocchiandosi a terra, frugando velocemente per trovare le tasche.

Ma quando lo trovò, smise di squillare.

"Accidenti!" bisbigliò stizzita stringendolo in mano.

Guardò il display e vide che a chiamarla era stata Rachel.

E vide anche che erano le due di notte.

Ovvio che le aveva telefonato, era sparita dal pomeriggio del giorno prima!

Si alzò e lanciando un'occhiata all'uomo addormentato nel letto, corse a chiudersi in bagno.

Si preparò mentalmente su cosa doveva dire alla sua amica e la chiamò.

"Ma si può sapere dove diavolo sei? Sono le due di notte! " le urlò Rachel, rispondendo al primo squillo.

"Scusami...stavo dormendo..." fu l'unica cosa che le venne in mente come risposta.

La donna dall'altro capo del telefono restò in silenzio.

"Ma non sei a casa" sottolineò dopo qualche istante "dove...stavi dormendo?"

Emily sorrise e poi si schiarì la voce.

"Ehm...sono da Kevin..." rispose tentando di non scoppiare a ridere.

Ci fu un momento di silenzio, poi un urlo strozzato.

"Porca puttana, sei stata a letto con Kevin? Cioè tu e quel vichingo avete scopato? Ma è fantastico tesoro!" disse tutto d'un fiato, esultante.

Emily fu costretta ad allontanare il cellulare dall'orecchio e lo riavvicinò solo quando Rachel smise di strillare.

"Ehi non urlare! Svegli tuo marito e i bambini!" la rimproverò.

"O hai paura che si svegli il tuo ragazzo?" la canzonò l'altra.

"Ma smettila, sono chiusa in bagno, lui è di là che dorme...ma perchè ti racconto queste cose?" chiese Emily a sè stessa.

"Perchè muori dalla voglia di raccontarmi com'è stato, ecco perchè! Avanti, raccontami tutto!"

La giovane sentì le proprie guance accendersi. "No ascolta... sono le due di notte e proprio non è il momento di parlare di queste cose..."

In realtà non voleva parlarne affatto: come poteva raccontarle una cosa così intima?

Inoltre per spiegarglielo avrebbe dovuto usare termini decisamente spinti.

"Okay rimandiamo il discorso, ma non credere di passarla liscia! Dovrai raccontarmi com'è che dal non parlarvi affatto siete finiti a dormire insieme! Me lo devi ragazzina" la rimproverò "mi hai fatta preoccupare, sei sparita e non rispondevi nemmeno al telefono!"

Emily sospirò sentendosi un po' colpa. "Hai ragione, scusami...ma onestamente avevo altro a cui pensare" confessò.

"Lo immagino. La natura non è scema, ama le proporzioni... Kevin è un gigante di due metri per cui..."

"Rachel!" la rimbrottò Lily scandalizzata "ora devo andare...sono in bagno, mezza nuda e voglio andare a letto! Ci sentiamo domani, buonanotte."

"Okay piccola, dormi bene...se ti fa dormire...secondo me lo trovi sveglio!"

Sbuffando, la ragazza spense il telefono.

Perchè diamine amava tanto metterla in imbarazzo? Se Rachel pensava di farsi raccontare com'era stato l'amore con Kevin, si sbagliava di grosso.

Uscì dal bagno e in punta di piedi tornò a letto, togliendosi la camicia e infilandosi tra le lenzuola calde, accanto al suo uomo.

Sperando di non svegliarlo, gli si avvicinò e poggiò la fronte al suo petto, sospirando profondamente.

Era così bello sentire il suo calore, il respiro sui capelli, il sollevarsi e abbassarsi del suo petto nella respirazione.

Non si era mai sentita così al sicuro, tranquilla e rilassata.

Lo abbracciò sorridendo e sospirò soddisfatta, quando sentì il braccio di Kevin avvolgerla e stringerla.

"Kevin?" lo chiamò sottovoce.

"Presente" rispose lui con lo stesso tono.

"Scusami, ti ho svegliato!" gli disse Emily posandogli una mano sul petto.

Kevin le baciò la testa. "Ero già sveglio, ho sentito il telefono squillare ma ovviamente l'ho ignorato. Avresti dovuto farlo anche tu"

"Era Rachel" rispose lei "sono sparita da ieri pomeriggio ed era preoccupata. Dovevo dirle che sono viva e sto bene!"

L'uomo ridacchiò, accarezzandole un fianco.

"Dunque ora sa che sei con me?"

Emily annuì. "Sì certo...ha urlato come una cheerleader nonostante a casa sua dormissero tutti...tifava per te fin dall'inizio..." gli confessò dandogli un bacio al centro del petto, facendolo rabbrividire.

"Sul serio? Ne sono lusingato...quindi non dovrebbe farti quei discorsi che le amiche fanno, tipo stai attenta, ti farà soffrire!, o cose del genere..."

La giovane donna si spostò un po' e alzò il viso per guardarlo.

"Scherzi? Al telefono mi ha urlato tu e il vichingo avete scopato? Ma è fantastico tesoro!, credimi, non accadrà mai!"

Lui restò in silenzio e Emily si pentì di averglielo detto. Magari si era offeso per il vichingo oppure per il termine volgare.

"Dormi?" gli domandò, non avendo il coraggio di chiedergli se era offeso per qualcosa.

"Al contrario" replicò "sono sveglissimo. E' che tra il tuo toccarmi e baciarmi e... il mio pensare a quello che abbiamo fatto, mi fa..."

Lei capì subito cosa voleva dire, si strinse a lui e gli poggiò la coscia sul fianco.

"Cosa ti fa?" lo incalzò seducente, baciandogli di nuovo il petto.

Aveva voglia di fare l'amore con il suo uomo e lui voleva la stessa cosa.

Kevin trasse un profondo respiro. "Se fai così, peggiori la situazione" l'avvertì con voce roca.

"Davvero? Magari è quello che voglio..." lo stuzzicò protendendosi verso di lui per baciargli le labbra.

Era troppo.

Con un movimento rapido, Kevin la portò sotto di sè.

"Te l'avevo detto che peggioravi la situazione" le disse prima di iniziare a baciarla con foga.

Emily si lasciò coinvolgere immediatamente, rispondendo al suo bacio con la stessa passione.

Aprì le gambe e lo catturò avvolgendogliele intorno alla vita.

Lui la prese per i fianchi e mosse il bacino con decisione entrando dentro di lei.

Un lungo sospiro di Emily accompagnò l'intrusione d'amore, si irrigidì per un attimo e poi si rilassò.

"Kevin..." sussurrò al suo orecchio, cingendogli il collo con le braccia per stringerlo forte a sè.

L'uomo le baciò il collo, continuando a tenerla per i fianchi mentre, lentamente, iniziava a muoversi dentro di lei.

Lei sorrise, felice di essere lì con il suo compagno, felice di essere riuscita a lasciarsi andare, felice di farsi amare intensamente da lui.

Le spinte aumentarono, così i loro sospiri, i loro gemiti, in un crescendo di estasi che irrigidiva i loro corpi sempre di più.

Fino all'esplosione di piacere che scosse ogni parte dei loro corpi sudati, scuotendoli con violenza, facendoli urlare.

Ansimanti e stanchi, si strinsero in un abbraccio caldo e tremante.

Sorridevano accarezzandosi dolcemente, nella penombra della loro camera da letto. 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** Qualcuno mi legge ancora? ***


Qualcuno mi legge ancora?

È una domanda strana, ma d'obbligo. Non aggiorno questa storia da anni, per svariati motivi. Non l'ho dimenticata né voglio farlo, ma ho altri progetti per lei. Però ho bisogno di sapere se qualcuno dei 108 lettori che avevano messo tra le preferite/ricordate/seguite la mia storia, è ancora qui a leggermi, perché è inutile continuare se nessuno risponde, no? Ho altro da dirvi, ma aspetto una vostra risposta. Se ci siete, recensite :)

Un abbraccio a tutti,

Brokendream

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Capitolo 28
*** CI SIAMO... ***


Ed eccomi qui, dopo più di un anno. Sì, l'ho fatto, "Voglio solo te" è diventata un libro. Ha cambiato titolo, ci sono state delle modifiche alla trama (con un finale a sorpresa, un vero plot twist inaspettato... ) ma ce l'ho fatta. E adesso, Emily e Kevin (che ora è Gabriel) vi aspettano in "Un amore così", se vi va. Date un'occhiata al mio profilo.

Un abbraccio. 

Aida Dumond

Ps spero amiate i colpi di scena! 
 

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