GREY DAY IN DARKNESS - Prima parte

di BigMistake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO I: Buon compleanno Principessa!!! ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO III: Se non ci fossi tu! ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO II: Che cosa è l’imprinting? ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO IV: Tormenti e poteri! ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO V: Non sono io che cerco i guai, sono loro che mi trovano! ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO VI : Amore o magia? ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO VII :Lezioni e Ormoni! ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO VIII: Ricordi di un’ infanzia rapita dal tempo! ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO IX: La vigilia! ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO X: Salvezza. ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO XI: Convalescenza! ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO XII: Lontano da voi! ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO XIII: Io e l’imprinting! ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO XIV: La dura verità! ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO XV: Di chi fidarsi ?! ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO XVI: Catturata dalla preda! ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO XVII: Non sono sola! ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO XVIII: Scendere a patti! ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO XIX: Io la Salverò! ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO XX: Battaglia? No, guerra! ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO XXI: Eternità. ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


PARTE 1: Renesmee Carlie Cullen


INTRODUZIONE


(POV Jacob)
Avete mai visto dei temibili predatori, in cima alla catena alimentare, nascondersi dietro ad un divano per far divertire una bambina? Vi assicuro che lo spettacolo è uno dei più divertenti in assoluto, soprattutto se quei predatori succhiasangue sono i Cullens. Passavo così tanto tempo con loro che persino l' odore era diventato sopportabile. Anche Barbie sembrava meno lei ultimamente, come se la mia presenza fosse diventata più tollerabile. Non che non fosse sempre pronta a chiudersi il naso ogni volta che entravo in casa o sempre pronta a dirmi di tornarmene a sotterrare ossi o sempre pronta a spruzzare del deodorante per la casa dietro alle mie spalle. Però ora, quei gesti sembravano più un divertimento, un rituale a cui non poteva sottrarsi, visto il suo essere stizzosa. Tutti eravamo accumunati dallo stesso scopo, ormai vitale. Tutti nutrivamo lo stesso identico amore smodato per quel bocciolo di rosa che ogni giorno cresceva e diventava sempre più incantevole rivelando la sua natura assolutamente singolare. 
“Ecco a voi la storia del folletto!”
“Del leone!”
“Dell’orso!”
“E del maiale… un momento! Per quale motivo voi avete pupazzi che vi rappresentano ed io ho il maiale!”
“Preferivi il lupo?”
“Ok! Meglio il maiale!” una dolcissima risata argentina risuonò nella stanza, illuminando il grigio torpore della giornata. Sembra solo ieri che la piccola Nessie stava tra la bionda psicopatica e Bella, a godersi lo show organizzato da i suoi zii e suo padre. Quella meravigliosa creatura dai perfetti lineamenti, con due delicate fossette che le scavavano le guancie quando rideva e due occhi grandi e profondi tinti con il caldo colore del cioccolato. Mi salutò silenziosa, per non  interrompere i suoi parenti a cui aveva mandato il cervello completamente in pappa. Ma come poteva essere altrimenti? La piccola riusciva a stregarti con quel suo essere speciale, con la risposta sempre pronta, con quel suo fare arguto e il suo aspetto da angelo.  Alice, Jasper, Edward ed Emmett continuavano ad improvvisare una storia da un ora circa. Ormai avevano attirato l’attenzione anche di Esme e Carlisle. Era bello vedere il dottore spogliato del suo aspetto austero ed autoritario, quando sorrideva per la sua nipotina sembrava quasi ritornare umano. Non che non fosse una persona di compagnia, ma aveva sempre quell’aria posata di chi ha vissuto in un epoca lontana. Nessuno però poteva sottrarsi a quell’incantesimo: Renesmee. La storia giunse alla fine e dalla piccola partì un applauso a cui tutti seguimmo. I quattro performer si alzarono in piedi increduli vedendo che gli spettatori erano aumentati. Ma lo spettacolo era lei che agitava i piedini entusiasta, esprimendo tutta la sua felicità, con quel sorriso sublime.
“Bravi la storia era bellissima e papà non preoccuparti, eri un maiale perfetto!” a quel punto io ed Emmett sbottammo, non trattenendoci. Andavo d'accordo con lui, soprattutto quando si trattava di schernire sondacervelli-Cullen. Ma Nessie, che stravedeva per suo padre, si alzò infuriata, ed allora fu Edward a ridere, e di gusto, forse perché aveva letto i pensieri della figlia intenta ad ucciderci con uno sguardo “Voi due smettetela di prendere in giro il mio papà! Lui è il migliore del mondo!” aveva un bellissima luce negl’occhi. Quella luce che s’infuocava ogni qual volta la travolgeva qualcosa con passione. Mi ricordo di averla vista in tante occasioni oltre a quella: quando la zia le aveva comprato le scarpe in vernice che le piacevano tanto (non mi chiedete come faccio a sapere come sono fatte le scarpe in vernice), quando era riuscita a catturare un cervo più alto di lei, quando per la prima volta aveva preso in mano il suo violino iniziando a mostrare una stupefacente capacità di suonarlo. Spesso mi sono chiesto quale strano scherzo del destino mi aveva legato a quella creatura che aveva tutta l’aria di essere oltre qualsiasi abitante della Terra. Eppure, senza che le chiedessi nulla, mi ripagava con amore e affetto. Ed io la amavo già da allora seppur in maniera diversa, come se fossi un fratello, un compagno di giochi, il suo angelo custode. Ma ora che di fronte a me c’era una giovane donna era diventato tutto diverso. Il suo corpo esile ma forte allo stesso tempo; il suo sguardo accattivante che captava ogni mio cambiamento; i suoi pensieri che ora erano diventati complessi ed articolati nei ragionamenti. La osservavo mentre leggeva, sulla poltrona bianca scenario di molte sue avventure immaginarie e fantastiche.  Ascoltavo il suo cuore e il suo respiro. Tutto di lei mi diceva che era viva, diversa. Perfetta nelle sue imperfezioni. Perfetta nel suo carattere sconsiderato ed allegro, perfetta quando con la grazia si muoveva veloce nella foresta alla ricerca di qualche animale, perfetta nell’essere sul filo di due mondi distinti. Si perché Renesmee era splendente nel suo essere in armonia tra l’essere umano ed il vampiro. Le ero stato sempre accanto, spesso dormivo con lei e le raccontavo le fiabe. Ma ora quello che voleva non era più scritto su libri colorati. Tutto era personale e profondo. Lei cresceva e troppo in fretta.
“Jake, vuoi restare lì impalato o mi vieni a salutare?” quello sguardo furbo e malizioso, mentre si alzava posando la sua lettura sulla poltrona dove si trovava. Allungò il passo allacciando le sue esili braccia dietro al mio collo, invadendomi con quel suo profumo delizioso. A differenza di tutta la sua famiglia quella parte dolciastra, disgustosa se presa da sola, si fondeva con quello del sangue che scorreva veloce nelle vene. La mia anima si sentiva completa solo quando ero in sua compagnia, e la cosa cominciava a pesare sempre di più. Il bisogno crescente che mi legava a doppio filo a lei diventava sempre più impellente ed invasivo, tanto che spesso mi trovavo sull’orlo di dichiararmi, spiegandole quanto io l’amassi. Ma non potevo rischiare di rovinare tutto quello che ero riuscito ad ottenere durante gli anni passati. Non dovevo obbligarla, non dovevo forzare le cose. La sua vita doveva essere naturale e spontanea, tutto era nelle sue mani e non avrei di certo io cambiato le cose imponendole un sentimento che magari non voleva.
“Sai Jake, i miei hanno deciso di iscrivermi a scuola! Vogliono che io saggi un po’ di vita da umana per decidere quale strada intraprendere nel mio futuro” lei si è sempre confidata con me e così fece anche in quella occasione non potendo celare la sua profonda preoccupazione. I suoi occhi non erano imperscrutabili, ma rivelatori di tutto quello che rappresentava il suo universo
“Non sei contenta?”
“Più o meno, in realtà sono spaventata! Non credo di essere adatta alla vita da studentessa!”
“I tuoi sanno quello che è meglio, e poi dai sarà una bella esperienza!”
“In fondo hai ragione, Zio Emmett mi ha detto che avrò una schiera di ragazzi a farmi il filo ma non capisco il perché…”
“Neanche io!” facevo il finto tonto, mascherando la rabbia che provavo al sol pensiero di quel qualcuno che avesse provato a fare il cascamorto. Mi ricordo di una volta, quando mi raccontò di un suo compagno che non faceva altro che commentarla poco galantemente e la riempiva di sguardi poco carini. Io stavo già pregustandomi il modo migliore per torturarlo ma poi le mi disse di avergli dato una bella lezione, regalandogli una sonora ginocchiata nei gioielli di famiglia.
“Ah si! Mi stai dando della brutta!?”la sua voce squillante mi riportò alla nostra conversazione mentre cominciava a riempirmi di pugni sulla spalla e  sul fianco, senza provocarmi alcun dolore. “Allora la vogliamo regolare da vampiro e licantropo? Una corsa fino alla spiaggia, chi arriva per ultimo paga il cappuccino!” era sempre così con Nessie. Una sfida continua: a chi corre più veloce, a chi salta più in alto, a chi uccide il cervo più grosso. Ogni giorno diverso, unico e speciale. Perché a renderlo così nella mia vita c’era lei. Lei stessa era la mia vita.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO I: Buon compleanno Principessa!!! ***


CAPITOLO I: Buon compleanno Principessa!!!

Allungai una mano alla ricerca di quell’oggetto infernale che entrava nella mia testa con toni graffianti e fastidiosi, disturbando il mio beato riposo. Già era difficile dormire con il sonno leggero che mi ritrovavo e con dei vampiri che facevano irruzione nella mia camera ogni minimo rumore che provocavo, mi mancava solo una cosa irritante e rumorosa che ogni mattina mi doveva distogliere dal mio beato e meritato riposo. Maledetto regalo di zia Alice! Afferrandolo lo scaraventai con forza sul muro, riuscendo nel mio intento di farlo tacere.

 < Ecco la mia pace! >

“Nessie, amore è ora di alzarsi!Nessie…”

< Lo sapevo! Mai gridare vittoria troppo presto! >

La mia risposta fu un mugugno infastidito mentre cercavo di nascondermi il più possibile con il cuscino. Silenzio! Dovevo immaginarlo che Zia Alice non si arrendesse così facilmente! Un assordante rumore di coperchi sbattuti freneticamente l’uno contro l’altro, mi fece sobbalzare dai miei sogni ormai sfumati in quel baccano. Le lenzuola, acerrime nemiche da sempre, si avvinghiarono alle mie caviglie, mentre sotto lo sguardo soddisfatto di Alice, cadevo atterrando sul mio didietro.

“Buongiorno Zia! Sempre un piacere svegliarsi con te!”dissi massaggiandomi la natica. So che non posso farmi male ma cercai, con quel mio gesto, di farle provare un po’ di sensi di colpa!

“Buongiorno e Buon Compleanno principessa!Comunque stai facendo tardi quindi alzati subito, pigrona, e vatti a lavare!” la guardai stupita, ancora stordita dal mio caotico risveglio, mentre trotterellava fuori con la sua solita grazia da ballerina. Nella ricerca di me stessa, notai la sveglia distrutta ai piedi del muro. Avevo rimosso quel piccolo particolare.

< No ancora! > lentamente lasciai scivolare lo sguardo al piccolo calendario appeso accanto allo specchio. Il 10 settembre. In questa giornata più vicina all’autunno che all’estate si festeggia la mia venuta al mondo! Da quel giorno sarei stata letteralmente e non più solo virtualmente una teen-ager!Infatti compivo dieci anni, nonostante che con il mio aspetto ne mostravo tra i diciassette e i venti.  Una bambina adolescente!

< Un momento fare tardi per cosa? >

“Per la scuola!”mio padre si affacciò nella mia stanza con quel suo sorriso a mezza bocca compiaciuto. “Ti dovevi alzare mezz’ora fa!” disse appoggiandosi allo stipite della porta contemplando la scena molto divertito.

Mi catapultai cercando di recuperare il tempo perduto, aggrovigliandomi ancor di più nelle coperte, inciampando e traballando fino al bagno.

< Non sia mai che riesco a entrare senza uccidermi! Per carità! >

Veloce come Superman nelle cabine telefoniche, entrai ancora in tenuta da letto ed uscii preparata, secondo i miei canoni che prevedono la comodità al primo posto.

“Ma vuoi uscire così, proprio il giorno del tuo compleanno?” lo sguardo contrariato di Zia Alice mi scrutava dal basso all’alto provocandomi un lieve disagio. Passai in rassegna il mio abbigliamento, intenta nella ricerca di cosa ci fosse di sbagliato nella camicia nera e nei jeans un po’ logori e strappati sulle ginocchia che indossavo. Forse i polsini da tennis neri erano di troppo. Perché zia non rinuncia mai! Cercai nel frattempo di abbottonarmi la camicetta, ostacolo che con la fretta sembrò insormontabile.

 “Sei bellissima uguale”le fredde labbra della mamma incontrano la mia fronte tiepida, calmandomi lievemente da quella frenesia scatenata dal mio ritardo. Nonostante ormai sembriamo sorelle più che madre e figlia, al suo cospetto mi sento sempre una bambina.

 “Buon Compleanno Amore mio!Farai qualcosa stasera?” incredibilmente avevo carta bianca. Avrei potuto festeggiare nel modo a me più congeniale. Niente party alla moda, niente vestiti firmati, niente di quello mi voleva riservare Zia Alice per celebrare la ricorrenza della mia nascita.

“Pensavo di andare al bowling a Port Angeles, con il branco!” intanto mia madre aveva aiutato quella bimba impacciata che ero diventata.

“Sicura io in una giornata posso organizzare tutto se vuoi…” se avessi avuto un po’ di divinità nel mio sangue, insieme all’eredità dei miei genitori, l’avrei fulminata. Ma grazie agli Dei i miei poteri erano altri!

“Dai Alice! Lo sai che Nessie è semplice, come me!”gli occhi ambrati di mia madre scorrono nei miei come un flusso delicato di emozioni, sembra sempre che non fossi mai uscita dal suo grembo.

“Vai ora, che stai facendo tardi!” frase che riportò il mio cervello alla realtà. Facendo perno sulla mia metà soprannaturale mi scaraventai giù per le scale investendo la colonnina su cui era esposto un antico vaso di proprietà dei Cullen da più di 300 anni. Una mano delicata mi precedette nell’afferrare il pregiato soprammobile a pochi centimetri da terra. Nonno Carlisle mi guardava con quel suo sguardo dolce di sempre ma al contempo severo nel suo silente rimprovero.

“Attenta Nessie!Tua nonna ti aspetta in cucina!” gli schioccai un bacio sulla guancia mentre lui cercava di sistemare come al solito il piccolo guaio che avevo combinato.

“Ciao nonno!” fulminea mi portai in cucina, dove Esme aveva apparecchiato una colazione degna di una reggia, non facendo i conti con la mia pigrizia.

“Nonna scusa sto facendo tardissimooooooo!” le donai un bacio sulla guancia, e come un “lupo”mi buttai sull’isola conquistando una fetta di pane tostato afferrandola fra i denti. Con l’altra mano presi una mela, infilandola nella tasca anteriore del mio zaino. Intanto decidevo quale mezzo fosse più opportunamente veloce: se la Volvo, passata da mio padre a me, o i miei piedi. Optai per i secondi.

Giunsi a scuola appena in tempo per ascoltare l’inesorabile campanella dell’ora di matematica la materia a me più ostica. La professoressa mi redarguì con un secco:

 “Signorina Cullen è in ritardo!”ed io, benedicendo gli occhioni da cerbiatto della mia parte umana, la convinsi a farmi entrare ugualmente. Confesso: io odio la scuola profondamente! È noiosa e piena di umani boriosi che si credono onniscienti soltanto perché hanno studiato. A me basta poco per mettere in difficoltà i professori, dato che la mia cultura è stata alimentata da una libreria coltivata nei secoli. Inoltre Nonno Carlisle era stato un ottimo precettore ed io una brillante allieva. Attraverso le mie conoscenze e le mie capacità di memorizzazione mi divertivo a trovare domande cui era difficile rispondere e con una logica disarmante distruggevo le convinzioni dispotiche di chi pensava di saperne di più. Quest’atteggiamento aveva creato alcune profonde antipatie nei miei confronti, da parte di alunni ed insegnanti. Le ore scorrevano sempre troppo lentamente per essere sopportate, soprattutto quando tutto è già visto e sentito, fino ad arrivare al pranzo. A mensa incontrai lo sguardo gioviale di Joyce:

 “Buon compleanno Nessie! Sei splendida oggi!”scoppiai a ridere non potendo evitarlo.

 Joyce Ernest Shelley diventò subito mio amico; eravamo insieme dal mio primo giorno, ovvero da quando a scuola è arrivata la strana nipote del famigerato Edward Cullen, povera orfana, che lui e sua moglie Isabella Swan avevano deciso di adottare; ci divertivamo da matti insieme. In effetti, legammo immediatamente, forse per l’unicità dei nostri nomi. Il suo era in onore di autori famosi, il mio lo era per le mie due nonne.

“Senti cara!”disse Joyce con il suo fare stile zia Alice “Stasera starai con i tuoi amichetti della riserva?”

“No, ci sarà una mega festa e tu non sei invitato!” cercai di rimanere seria a quelle parole, fallendo miseramente nel mio intento. Ad un tratto, sbucate dal nulla, due ragazze dal sorriso smagliante occuparono i due posti, accanto a noi:

 “Ciao!”il suo tono confidenziale e languido, mi fece rabbrividire. Osservai per un attimo il suo abbigliamento. Notai i loro vestiti, così perfettamente coordinati da farla assomigliare ad una Braz (scusate, ma le Barbie sono fuori moda), quelle che la Zia Alice mi regalava con tanto di guardaroba invernale ed estivo. Il mio sguardo deve essere stato tra il terrorizzato, interdetto ed incuriosito perché Joyce continuava a ridacchiare come una iena.

“C-Ciao!”balbettai mentre il mio sguardo balzava dall’una all’altra, in una partita di tennis immaginaria. In tre anni ero riuscita a stringere amicizia solo con Joyce; come dicevo prima, eravamo abbastanza strani entrambi, e come tali venivamo largamente isolati ed evitati. Ammetto che la cosa mi faceva alquanto piacere, gli umani sanno essere veramente tediosi. Così mi guardavo dal tolgliermi la nomea di snob, intellettualoide, menefreghista che odiava la superficialità e con la puzza sotto il naso. E Joyce rimaneva sempre Joyce.

“Tu sei Rosalinde giusto?” almeno poteva prendersi la briga di informarsi meglio sul mio nome. Lanciai uno sguardo torvo a Joy che continuava a sghignazzare divertito.

< Ridi! Ridi! Invece di aiutarmi! Per fortuna che sei mio amico! > “Diciamo che il mio nome non è proprio questo”.

“Posso chiamarti Rose! Ma certo! ”la conversazione sembrava più un monologo, il suo soliloquio di cui io ero solo un’inezia inutile “Allora senti Rose, noi facciamo parte delle Cheer Leader per sostenere la squadra di nuoto della Forks High School”

< Oddio che vorrà da me? Fa che le serva lo striscione e lo chiede alla più brava della classe d'arte >

“ E’ un ruolo importante!” cinguettò l’altra aumentando così la mia agitazione.

“Zitta Grace! Allora ti dicevo: Non abbiamo potuto fare a meno di notare che tu sei una ragazza molto carina, mi duole ammetterlo forse sei la più carina della scuola.”

Mi prese una convulsa voglia di scrivere una bella lettera ai Volturi dove avrei chiesto un po’ di ospitalità a Volterra, meglio loro che quelle due strane soggette. A pensarci bene assomigliavano molto a Cip e Ciop.

“Si, si! I ragazzi ti guardano tuuuuutti come se venissi da un altro pianeta” mi disse Ciop venendo subito ripresa da Cip:

“Grace tappa quella cosa finché non ricolleghi il cervello, chiaro! Non l’ ascoltare, è un po’ oca” aveva parlato l'anatra. Un risolino agghiacciante riecheggiò dalla ragazza, innervosendomi ancora di più. Fino a quel momento ero seriamente convinta che non esistesse qualcosa di più spaventoso in natura rispetto ad un vampiro affamato, invece mi dovevo ricredere. Le Cheer Leader sono decisamente peggio.

“Allora Rose ci chiedevamo se tu sei interessata, saresti perfetta! ”

“A cosa?”

“A far parte della nostra squadra!”

 < Ora vorrei morire! Volterra sto arrivando! >

 “Ci divertiremo da matte Yuuuu!”

Totalmente terrorizzata, cercai il modo migliore di articolare le parole in modo da trasformarle da sgarbate a indolori:

 < Scusate ma poiché il mio quoziente intellettivo è superiore a quello di un castoro, preferisco evitare di zampettare allegra per una squadra di Speedo imbottiti! > non andava.

 < Ho una terribile allergia per la stupidità, e perderei la mia bellezza a contatto con voi a causa dell’orticaria! > dalla mia mente contorta uscivano solo frasi offensive. Incredibilmente una lampadina si accese illuminando il mio pensiero:

 “Ragazze, io sono molto impegnata con i corsi extrascolastici quindi non penso che…”

“Abbiamo controllato non hai corsi Extra!”mi rispose Cip con tono quasi arrabbiato.

< Hanno controllato?! Ma sono delle normali adolescenti o sono della CIA! >

 “Ehm! I corsi che frequento io non sono della scuola. In realtà ho delle lezioni private in casa, quindi scusate, ma non credo proprio di riuscire a seguire una cosa del genere!” allungai un calcio sul suo stinco emettendo un ringhio quando, alla mia scusa notevolmente poco credibile, Joyce iniziò a ridacchiare con più gusto. Dovevo cancellare tutto quel suo divertimento o avrebbe fatto saltare la mia copertura già traballante; inoltre, con somma soddisfazione notai di avergli fatto male.

< Così impari! >

 “Ah capito! Ciao Rose” si alzarono stizzite entrambe, voltandoci le spalle. Questa cosa del nome non la riuscì a mandare proprio giù. Tutta colpa di Zia Rosalie e del suo orgoglio trasmesso per osmosi:

 “Comunque ragazze mi chiamo Renesmee non Rosalinde! La prossima volta scrivetelo sul palmo, così non  lo scordate oppure tu potresti impararne una metà e lei l'altra, ottimo metodo di memorizzazione per due mezzi cervelli, vero Joyce?!” Lei si voltò, arrossendo vistosamente. Le riservai il sorriso sghembo di mio padre, che aveva la strana abitudine di uscire con il sarcasmo ereditato da mia madre. Joyce non riuscì più a trattenersi. Sbottò nuovamente in una risata, ricevendo il secondo calcio allo stinco. Per tutto l’arco della giornata non mancarono i commenti incessanti sul mio futuro da Cheer leader e di come le mie gambe nude avrebbero messo in imbarazzo i ragazzi della squadra.

 “Allora cara fammi sapere chi si imbottisce davvero il costume e chi no! Sono curioso!” sistemammo i nostri libri nei rispettivi armadietti, e le battute sul fattaccio della mensa continuarono a ossessionare Joy.

“Ti ho già detto che piuttosto preferirei morire!” dissi mentre cercavo il mio quaderno ad anelli, ovvero la Bibbia sacra delle materie scientifiche, dove avevo mischiato gli appunti di mio padre ai miei.

“Hai preso appunti a biologia? Io non ho seguito!”  sbuffai aprendo il raccoglitore. Il povero Joyce odiava la scienza, e finiva sempre per disegnare fiorellini e casette con il fumo dal camino. Ero tentata di portare le sue opere d'arte a Carlisle per farmi consigliare un bravo psicologo. Sfogliai alcune pagine, arrivata a ciò che cercavo feci scattare gli anelli estraendo la sezione dedicata a biologia. La porsi al mio amico alzando un sopracciglio.

“Grazie tesoro, ti adoro!” afferrò il gruppo di fogli soddisfatto ed io infilai il quaderno nello zaino.

 “Ciao bellezza!”da dietro le mie spalle una voce melliflua e sensuale, costrinse girarmi. Alzando lo sguardo vidi un ragazzo abbastanza alto e muscoloso, chiudermi con il braccio all’angolo del mio armadietto. Jason Kinkle, il capitano della squadra di nuoto, era partito nuovamente all’attacco come ogni sacrosanto giorno. Attraverso il mio fine udito percepii gli immancabili commenti delle ragazze; non facevano altro che ripetersi quanto fosse bello, muscoloso, alto e di quanto io fossi fortunata, visto che ero l'unica che gli interessassi sul serio. Sinceramente non mi sentivo così fortunata, tutt'altro. Io non sopportavo nemmeno la sua presenza,visto che il suo dopobarba mi provocava un fortissimo mal di testa.

 “Ho saputo che farai parte delle Cheer Leader!  Sono veramente, impaziente…” rimarcò quest’ultima parola sospirando mentre, con mio sommo disgusto, tentava di sbirciare nella scollatura della mia camicetta “…di vederti con quel bel completino ballare per noi! Sai cosa si dice del capitano con la sexy Cheer Leader?”

Jason continuava a squadrarmi spogliandomi con gl’occhi, cercando di azzerare le nostre distanze, forse per invogliarmi a baciarlo, cosa che io evitai opponendo la mia borsa fra i nostri corpi. Odiavo quello sguardo colmo di testosterone che mi dedicava, ma mai aveva osato tanto. Generalmente bastava un piccolo ruggito per farlo allontanare.  Ad un tratto dalla sua spalla spuntò il viso mingherlino del mio amico, imitando la gestualità delle labbra di IMBOTTITO malauguratamente mi scappò una risatina che cercai di soffocare abbassando lo sguardo.

“Bene, finalmente ti vedo contenta delle mie attenzioni!”

La mia dignità venne prima di tutto. Pensai che fosse meglio togliere qualsiasi fantasia sessuale e non, a quell’idiota, mutilato di neuroni.

 “No apri bene le orecchie e cerca di farti risultare chiaro quello che sto per dirti. Bloccami se non riesci a capire il significato delle mie parole. ok? Non sono e non sarò mai una cheer leader, e sottolineo non sarò mai. Il fatto che tu mi chiami Bellezza e mi guardi come se fossi una coniglietta di Play Boy non depone a tuo favore quindi, se malauguratamente, per un'improvviso attacco di schizzofrenia, diventassi una scema in minigonna che balla per gente come te, comunque mi terrei lontana dalla tua molesta presenza. Se permetti avrei altro da fare! E anche se non avessi impegni me li troverei pur di non passare un altro secondo con te! Con permesso, Jason!” dalla sua spalla sbucarono le dita di Joy, che con grande soddisfazione descrivevano un OK.

Chiusi il mio armadietto liberandomi la strada, mentre il mio amico sfarfallava la mano sotto il suo naso  pronunciando un languido “Ciao Ciao!” correndo poi al mio fianco.

Joyce era per me un ragazzo fantastico. Fisicamente si presentava molto alto ed esile;  si vestiva sempre stracoloratissimo (cosa che cozzava con Forks e i suoi abitanti sempre così sospesi tra il grigio e la nebbia che li uniformava allo sfondo cittadino) e alla moda. Sapeva che nella mia vita era costellata di segreti e, da buon amico non mi ha mai fatto domande indiscrete; appena si addentrava in un campo minato e lo capiva e lasciava i discorsi in sospeso. Forse, un giorno, gli avrei rivelato la mia vera natura, ma per il momento ero per lui solo Nessie e mia adorava per questo.

“Ti adoro!”ecco appunto.

“Perché?”

“Tu sei così unica! Sei bella come una Dea ma non fai la civetta con nessuno. Ti vesti di stracci e sei sempre un gradino sopra! Non cedi alle lusinghe di fama e gloria, sei semplicemente la donna della mia vita. Se non avessi i tuoi stessi gusti…”

“…mi chiederesti di sposarti!” finivo spesso le sue frasi, abituati a vivere in simbiosi scolastica.

“La tua macchina non c’è, sei di nuovo venuta a piedi?”

 “Si è vero!”

 “Ma dico io! Che te l’hanno data a fare la patente!” ogni volta che parlava, sembrava recitasse un ruolo teatrale con quelle mosse esagerate e quel suo modo di fare così sopra le righe.

“Ti do un passaggio!”

“Se ci tieni!” alzai le spalle, visto che a me non pesava tornare a casa di corsa. Il suo sguardo grigio mi osservava da sotto la scoppola bianca appena indossata, risultando assai buffo.

 “Amore, io tengo a te più della mia stessa vita!”disse porgendomi il braccio con fare galante.

“ Prendi il biglietto e mettiti in fila!”  nel grigiore del cortile della scuola risuonò nuovamente la nostra risata. Mentre mi sistemavo sul lato passegero, un pacchetto tutto colorato pieno di nastrini luccicanti e che perdeva porporina ovunque, si parò fra me e il fermo della cinta.

“Scusa l’ho visto e non ho saputo resistere!”smuovendo il pacchetto, per invitarmi a prenderlo, inalzò una nuvola scintillante, e come piccoli fiocchi di neve luminosa scese alle mie gambe, incastrandosi nella trama dei miei jeans.

 “Lo so! Avevi detto niente regali! Ma quando l’ho visto: ho pensato a te!”  Afferrai il pacchetto morbido, strappando la carta avida di sapere cosa celasse.  Joy come un bambino felice di fronte ad una coppa di gelato, cominciò a battere le mani, cercando nei miei occhi la reazione che sperava. Togliendo l’ultimo strato di velina bianca, si presentò un completino nero raffinatissimo e molto sexy, lasciandomi letteralmente di stucco.

“Io…”

 “Senza parole eh! Ho pensato che quei tuoi completini privi di ogni femminilità dovevano avere un alter ego, ora che stai diventando una donna. Quindi, quando il mio sguardo ha incontrato questo splendore ho pensato a te. Voglio che quando lo mostrerai a quel ragazzo che ti piace, mi penserai! Ah non c’è bisogno che lo provi ti starà a pennello”sfarfallava come il suo solito, mentre io non trovavo nemmeno la voce per ringraziarlo, cosa difficile per una che generalmente cerca sempre l’ultima parola.

Nascosi il regalo nel mio zaino, mentre pensavo a quale inno o quale poesia dovevo ripetere nella mia testa affinché il ricordo di quest' ultimo non raggiungesse mio padre, cosa quasi praticamente impossibile. Quando ci troviamo insieme i nostri poteri non si controllano facilmente. Mio padre percepisce i miei pensieri da chilometri e raramente riesce a bloccarli. D’altro canto io riesco a far fluire il mio pensiero anche solo sfiorandolo.

“Mio p… Edward mi ucciderà” salvata in calcio d’angolo, intanto Joyce aveva preso a marciare con la sua Fiesta viola mettendo Madonna a tutto volume.

“E tu non glielo dire, sciocchina!” più facile a dirsi che a farsi. Guidava e ballava. Come al solito. Non so come riuscisse a fare entrambe le cose, ma le faceva. Ed io mi divertivo da matti. Impiegammo circa tre quarti d’ora per raggiungere il vialetto di Casa Cullen. Mio padre mi aspettava fuori.

 “Saaaalve signor Cullen!” Joy sorrideva, totalmente affascinato da quello che per lui era solo uno Zio. Intanto mio padre aprì la portiera, porgendomi la sua mano; ha sempre amato ricoprire me e mia madre di quel savoir fair ottocentesco, sarà forse per questo che ho sempre odiato le attenzioni poco garbate dei ragazzi della mia scuola.

“Grazie Joyce per aver portato Renesmee a casa…”scesi dall’auto dando un bacio ad Edward sulla guancia per poi voltarmi a salutare il mio amico.

 “Ciao Caro ci vediamo lunedì!”lui mi guardò con quello sguardo furbo e gioviale.

 “Ciao Gattina!”io gattina che me la facevo con i lupi.

“Miao!”dissi mostrando i miei artigli

“Miaooooo!Non divertirti troppo a fare il maschiaccio stasera!”chiusi la portiera e lui ripartì velocemente verso il cancello.

“E’ proprio strano”la voce di mio padre attirò la mia attenzione “devo iniziare a spaventarmi : mi ha immaginato in costume da bagno!”

“Papà se piaci ai gay vuol dire che sei veramente bello!”cinsi la sua vita mentre ci avviammo dentro casa.

“Ne dubitavi!” portò il braccio attorno alle mie spalle e mi baciò la testa. “Nessie, cosa mi nascondi?”

“Io nulla!” dissi fingendomi ingenua.

“Stai pensando all’inno francese! Significa che ti è successo qualcosa che non vuoi dirmi! Se invece era una cosa che avevi combinato, tiravi fuori Pablo Neruda!”

< Da quando mio padre ha stabilito un codice per decifrare il mio modo di celare i pensieri? Furbo il vampiro >

“Non ti si può nascondere nulla!” accarezzai la sua mano ed gli mostrai il mio scontro con Jason sperando di non arrivare al completino imbarazzante che mi aveva regalato Joy. Sentì il petto di mio padre vibrare, alzando un labbro mettendo in mostra un suo canino.

“Posso venire a scuola a staccare la testa a quel Jason?” scossi la testa divertita.

“A chi devi staccare la testa fratellino? Ti vuoi divertire senza di me!”Zio Emmet aveva sentito mio padre in quella minaccia. Io mi lanciai alle sue spalle finendo a cavalcioni sulla schiena, avvinghiata saldamente al petto. “Nessie, cominci a pesare troppo anche per me!”

“Cosa! Non ti permettere! Io sono un fuscello!” dissi stizzita a quell’affermazione.

“Si si, un fuscello! Eddy a chi vuoi staccare la testa?”

“Chiedilo a tua nipote!”

lo zio girò il viso verso il mio che ormai si trovava praticamente sul suo collo. Scesi da quella posizione e lo presi fra le mani mostrando l’immagine dei miei ricordi, cominciando dall’incontro con le Cheer Leader.  Cominciò a sghignazzare, fino al momento in cui presi a calci ripetutamente lo stinco di Joyce. Forse percependo che sarebbe divenuto il suo destino smorzò quella risatina.

“Ok! Andiamo a staccargli la testa in due! Nessuno deve fare il pesce lesso con la mia buffa nipotina!" scompigliò i miei capelli prima che potessi replicare "Ma prima cara la mia Nessie: per il bene delle Cheer Leader non accettare la loro proposta! Tu sei degna figlia di tua madre! Come minimo faresti rompere le gambe a metà della squadra, t'immagini Ed se la mettono alla fine della piramide?” quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Ringhiai profondamente mettendomi in posizione d’attacco. Mio zio corse velocemente scappando verso il fiume, come se io potessi fargli alcun che. Tanto la mia vendetta peggiore l'avrei ottenuta convincendo zia Rose a mandarlo in bianco. 

 

Note dell'autrice: Grazie a tutti per i complimenti! Eccoci entrati nella storia vera e propria! Ci sono delle piccole precisazioni: come avrete intuito il dialogo è sistemato nelle virgolette, mentre ciò che avrete tra < > sono pensieri. mi sembrava utile distinguerli. Il mio racconto è diviso in due parti: la prima, quello che state leggendo,  riguarda il passaggio dall'adolescenza all'età adulta (è tutto scritto devo solo revisionare e pubblicare quindi vi ritroverete almeno con un capitolo al giorno), la seconda invece, ( l'ho già iniziata quindi spero di riuscire a completarla prima di aver finito di pubblicare la prima) di tutto quello che succede dopo. mi piace analizzare i dopo come avete potuto intuire. 

Per quanto riguarda la mia storia, Nessie è all'ultimo anno più o meno tre anni dopo essere stata iscritta. E' una ragazza sicuramente strana agli occhi delle persone normali anche se risulta molto attrattiva per la sua bellezza e per la sua perspicacia. Comunque i primi due capitoli vi faranno capire come in realtà immagino Renesmee a livello caratteriale quindi lascio a voi giudicare poi si entrerà nel vivo delle vicessitudini che la porteranno a mutare.

Vi ringrazio per le recensioni entusiastiche e vi chiedo nuovamente di perdonarmi perchè questa è la mia prima fan fiction e mi è venuto fuori un vero e proprio libro.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO III: Se non ci fossi tu! ***


Note dell'autrice: Terzo capitolo in un giorno! Godetevi la mia velocissima produzione! Non pensavo di fare in tempo oggi a correggerlo! Un capitolo tutto da scopire di cui non anticiperò nemmeno una parola.

 noe_princi89:  A guarda sarà un tira e molla continuo ma non scoraggiarti. Per quanto rigurda Leah non si trova in una posizione facile, per questo alla fine è diventata praticamente orribile. Ma quando si raschia il fondo, si risale prima o poi.

Ringrazio sempre tutti anche se praticamente non viho dato il tempo materiale di commentare il mio operato. Ci saranno molti capitoli da leggere e vi assicuro di lasciarvi il tepo di dire la vostra! Oggi ne ho sinceramente approfittato del mio tempo libero! 

CAPITOLO III: Se non ci fossi tu!

Trascorsi il Sabato con l’I-Pod a tutto volume. Rifiutavo il cibo, la compagnia e cercavo di evitare mio padre come la peste. Se avesse saputo che soffrivo per Jake, si sarebbe scatenato il terzo e il quarto conflitto mondiale. Forse ci sarebbe stato anche il posto per una piccola guerra fredda. Una sorda vibrazione sul mio comodino mi prese alla sprovvista. Fra le diciotto chiamate di Jacob c’era quella di Joyce!

“Ciao cara!Ti va di uscire un po’ oggi pomeriggio? Sono curioso di sapere com’è andata ieri!” non potevo spiegarglielo.

 “Joyce non posso parlare ci vediamo domani! ”chiusi la conversazione senza dare nemmeno il tempo per rispondere; sentì vibrare nuovamente il telefono ancora in mano.

 “E no carina ora mi racconti tutto!Al centro commerciale e non si accettano no!”

“Quindi, se ti dico ‘no’, non va bene?”

“Assolutamente! Se non vieni, ti giuro che ti scaglio contro le Cheer Leader”colpita e affondata. Risposi con un sospiro rassegnato. M’infilai un informe paio di pantaloni, una felpaccia grigia e due occhialoni per coprire i miei occhi gonfi. Le lacrime dopo una certa riluttanza avevano deciso di fiottare e non sembravano volere smettere. Andai in garage, diretta alla mia Volvo, cercando di riprendere a pieno la mia vista con la manica della felpa. Probabilmente i miei sapevano che andavo a confidarmi con Joy, per questo nessuno accorse a tempestarmi di domande. Da qualche anno avevano aperto un centro commerciale tra Forks e Port Angeles. Mi sono sempre chiesta perché l’avessero costruito lì, ma la risposta più plausibile era sempre la stessa: un tizio aveva un po’ di materiale edilizio avanzato,  messo di fronte ad una cartina di Washington puntando il dito ad occhi chiusi, ha scelto il posto. Parcheggia la macchina proprio accanto a quella del mio amico che mi venne incontro sgargiante e luccicante come sempre, scrutandomi con quegli occhi plumbei e indagatori di chi vuole sapere. “Mio Dio! E che ti ha fatto il tuo bel Quileutte per ridurti uno straccio, micetta!” bofonchiai un niente ma non dovevo essere stata molto convincente.

 “No qualcosa è successo, perché queste occhiaie te le lascia solo lui!” ringhiai a quell’affermazione“Allora? Voglio sapere tutto: comincia dal principio, lui ti è venuto a prendere e …” con la mano faceva cenno di continuare, sfiancata decisi di usare l’unica arma rimasta sperando di sottrarmi al suo interrogatorio.

 “Facciamo shopping invece di parlare?” vidi illuminarsi il viso di Joy, altro indizio che mi condusse a pensare a geni in comune con Alice.

 “Din Din Din Jackpot! Hai trovato l’unico modo in cui non ti avrei tempestato di domande! Complimenti!” così trascinata da un negozio all’altro riuscii a distrarmi. Mi costrinse a comprarmi/cambiarmi abiti perché con lui le cose informi non potevano esistere. Dato che ero depressa, la tappa in libreria me la concesse senza troppe storie. Scorrevo le mie mani fra i libri sistemati in ordine alfabetico. La cosa che mi rilassava di più in assoluto era il profumo della cellulosa unito a quello dell’inchiostro, lo definivo l’intenso odore del sapere umano. Si dice che la storia sia iniziata con l’avvento della scrittura: io in quest’affermazione risento una verità assoluta. Scorrevo le mie iridi lungo i titoli assaporandone con il tatto ogni traccia dei dorsi, con tutte le diverse consistenze delle copertine. Liscia, liscia, ruvida, liscia, satinata, opaca, ruvida. Non so se il destino mi guidò a quella copertina blu gretta, ma rimasi sorpresa nel leggere le parole argentate impresse su di essa “Leggende, Usi e Costumi Quileutte”. Lo presi fra le mani quasi automaticamente, guidata da un istinto irrefrenabile: un intenso odore simile a quello di Jacob mi avvolse l’olfatto, rapendomi nella sua perfetta immagine. Erano passate solo poche ore e mi mancava come l’aria!

“Guarda tesoro il libro di Valentino! Non posso crederci ed è superscontatissimo! Che leggi?” dalla gondola sbucò fuori il muso sovraeccitato di Joyce, che ora aveva quasi scavalcato per impicciarsi.

“Niente”presi un altro libro nascondendo il primo; se avesse visto che era un libro sui Quileutte, non mi avrebbe mai permesso di acquistarlo, cosa che mi stavo apprestando a fare “Io prendo questi andiamo a pagare?” ci dirigemmo in cassa, Joy era troppo emozionato nella sua conquista che quasi si era dimenticato della mia depressione. Dando i libri alla cassiera non potei fare a meno di notare di aver preso “Intervista con il Vampiro”

< Questo è giocare sporco! Fato infausto! >

“Depressione quindi Gelato!” subito dopo mi trascinò nella gelateria del centro e prese la coppa più grande che si potesse ordinare, dicendo che la sua dieta poteva essere tranquillamente frullata alle ortiche per me. Quale dieta, poi. La coppa prevedeva ben sette gusti quindi: Vaniglia, Cioccolata, Crema, Pistacchio, Yogurt, Nocciola. Abbondante panna si stendeva in volute deliziose sopra le palle colorate, adornata da una vermiglia ciliegina sciroppata. La ciliegia fu di Joyce ed io mi ero riservata la vaniglia e il cioccolato per il resto poteva essere tutto suo. Non nutrivo un profondo amore per il cibo umano, anche se il mio debole per i dolci di nonna Esme era diventato famoso, soprattutto per la torta di mele.

“Allora mi dici che ti è successo? Tu poiché sei un essere assolutamente divino mangi poco. Se mangi il gelato, vuol dire che sei proprio giù!” lo guardai esasperata perché mi aveva quasi messo con le spalle al muro, la carta shopping l’avevo usata, scappare in Guatemala in quel momento mi era impossibile quindi non mi rimaneva solo l’allarme campo minato.

“Joyce tu sai che ci sono cose della mia vita che non posso confidarti!”fu come un colpo al cuore per lui, lo so. Accettava le condizioni della mia amicizia, ma al tempo stesso avrebbe voluto sapere tutto di me. Probabilmente perché in tutta la sua vita ero l’unica ad aver accettato Joyce per come era. Semplicemente un ragazzo intrappolato in un mondo che non lo voleva, solo perché diverso. Come me!

“Renesmee io in te vedo la mia più cara amica e non sapere cosa ti affligge mi fa male ma se non vuoi parlarne … ecco ora mi metto anche a piangere” lo abbracciai cullandolo un po’ mentre tentava di asciugarsi le lacrime. Il mio dolce e sensibile Joyce! Sapevo quanto lui odiasse non conoscere a pieno ogni sfaccettatura della mia vita; all’inizio il mistero lo intrigava parecchio, ma alle lunghe finì per essere stressante.

 “Basta piangere adesso! Non siamo venuti qua per consolare me? E poi non ti dona piangere!” gli sorrisi dolcemente mentre gli pulivo il viso con i pollici. Sfarfallò con le mani nella sua consueta gestualità e riprese a sorridere e a scherzare; parlammo per ore e ore, fino a sera, quando il centro commerciale stava per chiudere. Avevamo tanti pacchetti ma di uno solo m’importava realmente.

“Bellezza!” ci guardammo un secondo interdetti prima di chiudere i nostri bagagliai contemporaneamente, come in una coreografia. Il cretino della squadra di nuoto, Jason, aveva in mano una bottiglia di birra ed era evidentemente in stato di ebbrezza. Ci voltammo in simultanea e lì non c’era solo lui ma anche altri tre ragazzoni, probabilmente appartenenti al suo stesso gregge.

 “Bellezza non credo di aver capito le tue parole! Credo tu mi abbia rifiutato!” mi si buttò addosso schiacciandomi contro la macchina.

 “Bel fusto non credo sia il caso … ehy … fermi cosa fate? Ahi …” vidi gli altri tre avventarsi sul mio amico picchiandolo e insultandolo, senza lasciarmi il tempo di riprendermi. Rimasi sgomenta, atterrita, non riuscivo a credere che fosse arrivato a tanto. Stavo per andare ad aiutarlo, ma il cretino mi scaraventò contro la macchina, creando un piccolo bozzo a contatto con la mia pelle di marmo.

 “Lasciami andare Jason! Non sai quello che rischi!” la mia espressione cambiò radicalmente da spaventata a crudele. Lo sentivo nella tensione dei muscoli facciali, nel vibrare delle labbra nell’emettere un ringhio gutturale. Il corpo iniziò a muoversi prima di poterlo governare: presi il suo collo e lo stinsi fino a che il sangue e l’aria non smisero di passare costringendolo a indietreggiare. Per mostrare quanta forza avevo lo sollevai di parecchi centimetri da terra distendendo per l’intera lunghezza il mio braccio. Ora aveva capito di non combattere con una fragile ragazza di periferia. I suoi occhi mi palesarono quella consapevolezza man mano che il suo dimenarsi scemava. Quando i miei sensi percepirono l’attimo prima del collasso dei suoi organi, lo scaraventai addosso a uno dei suoi amichetti che, ancora intenti ad avventarsi su Joy, non si erano accorti di quello che avveniva a pochi metri. I due ancora in piedi rimasero sbigottiti incrociando il mio sguardo colmo di furia, ma dato che madre natura non li aveva dotati di un gran senso di sopravvivenza si scaraventarono su di me. Con l’aiuto delle mie capacità da vampiro mi scansai dal primo, che andò a vuoto, inchinandomi verso il secondo. Questi inciampò su di me, andandosi a schiantare di schiena sull’asfalto del parcheggio. Voltandomi mi posi in posizione di attacco riservando lo stesso sguardo omicida che assumevo per spaventare le mie prede, feci un passo verso di loro ma la loro risposta fu solo quella scappare seguiti dal loro capo che ancora tossiva. Non mi mossi per inseguirli. Non importava. Avevo solo un nome in testa:

< Joy! >

“Joyce!” Urlai. Dio solo sa quanto urlai. Il volto tumefatto dalle botte, sentivo il suo respiro indebolirsi insieme al battito del cuore; non rispondeva.

 “Joyce ti prego non mi lasciare!”ripetei all’infinito quelle parole mentre cercavo di farlo riprendere. Sentivo il suo sangue trasferirsi da lui a me sporcandomi le mani e i vestiti. Non nascondo di avere avuto la tentazione, quell’odore maledetto che risveglia la mia personalissima bestia. Il lato umano era troppo occupato a cercare di salvarlo per essere soppresso e prese a breve il comando della mia volontà. Di corsa presi il mio cellulare e chiamai nonno Charlie. In fondo ancora era il capo della polizia.

 

Stavo seduta nella sala d’aspetto, con addosso ancora il suo sangue ormai seccato. Sua madre tardava ad arrivare. Mio nonno stava compilando alcuni moduli probabilmente, dove io avevo lasciato la mia deposizione.

 “Nessie!” sentivo la voce di mio padre ma ancora ero troppo sconvolta per voltarmi. Solo quando il loro glaciale emanare era abbastanza vicino, presi coscienza di loro.  I miei genitori erano venuti in mio soccorso. Abbracciai mio padre che mi distanziò subito dopo vedendo il sangue sul mio corpo; forse era confuso per distinguere quell’odore dal mio.

 “Sei ferita?”scossi la testa inizialmente incapace di parlare e mi buttai fra le braccia di mia madre trovando poi il coraggio necessario per proferire parola.

“Maledetti bastardi se la sono presa con lui” quello che uscì era poco più che un fiato, ma il loro udito non aveva bisogno che alzassi la voce.

 “Ti hanno fatto del male?” mi disse nuovamente mio padre.

 “Non ci sono riusciti, io mi sono difesa! Papà, vengono alla mia scuola!” mia madre mi avvolse ancora di più accarezzandomi la testa.

 “Ora ci siamo qui noi! Tesoro nessuno ti nuocerà …” quando nonno Charlie arrivò da noi trasalì incontrando mia madre. Nonostante ormai fosse a conoscenza della verità, ancora non si era abituato al nuovo aspetto della figlia. Era dura per lui.

 “Ciao Edward! Ciao Bella! Renesmee ci ha fornito una dettagliata descrizione dei quattro che hanno compiuto l’aggressione, di sicuro non sarà difficile individuarli. Hai detto che fanno parte della squadra di nuoto?” annuì.

“Bene sarà più facile assegnare un nome ai volti dei tre che non conoscevi" pensiamo si rintaneranno nella foresta. Avvertirò Seth magari durante, emh, le loro, ronde… anche voi Edward se avvistate qualcuno non agite di testa vostra affidatevi alla giustizia!” in quello stesso istante un’infermiera mi si avvicinò.

 “Renesmee Cullen? Scusa ti volevo dire che il tuo amico si è un po’ ripreso e ha chiesto di te! Hai cinque minuti!”

 

Era solo, indifeso e immobile, mummificato in quella sua condizione spaventosamente umana.

 “Vuoi rimanere lì per tutta la notte?” non c’era il tono allegro di sempre, non la risata leggera che increspa costantemente le sue labbra, ma solo parole stentate e stanche, in appena un abbozzo di quello che in realtà è solitamente il mio amico; mi gettai accanto a lui.

 “Mi dispiace! È tutta colpa mia!”

“Shhh! Se non ci fossi stata, probabilmente saresti al mio funerale invece che qui! Quello che ti ho visto fare, ”una pausa che durò un secolo “fa parte delle cose che non puoi dirmi?!” annuì, ormai esausta nel parlare.

 “Allora non dire nulla ma rimani con me! Sai in questa città serviva proprio supergirl!”.  

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Capitolo 4
*** CAPITOLO II: Che cosa è l’imprinting? ***


Nota dell'autrice: Ragassuoli arieccomi ! Come vi ho già detto è tutto scritto va solo sistemato e riletto per questo impiego poco a postare! A voi quindi il nuovo capitolo.  Non è stato per niente facile scriverlo, e nonostante averlo modificato mille volte non sono mai riuscita ad avere quel non so chè in più! Vi avverto che la mia storia sarà molto tormentata e piena di azione! Non abbiate paura a recensire e a tirare pomodori!

Never Leave Me: grazie mille per i tuoi commenti così carinamente positivi! Anch'io ho un'idea precisa con chi lo dovrebbe usare! Cmq spero che troverai qualcosa di positivo anche in questo capitolo che vede già vacillare la sicurezza della nostra beniamina! 

Grazie a tutti coloro hanno messo il mio racconto tra i preferiti e tra i seguiti! Buona lettura!

CAPITOLO II: Che cosa è l’imprinting?

“Zia Alice smettila devo andare al bowling non a un gran galà!”

Mia zia mi aveva catturato in una delle sue torture. Se solo conoscete quella piccola pazzoide, sapete quanto è difficile sottrarsi ad una sua qualsiasi idea. Oltretutto ha tutte le peculiarità di un vampiro, quindi una forza e una velocità sovrannaturale. Praticamente trasformandola avevano dato un fucile ad Hitler.  Se poi l’idea riguardava look e stile, era come averle dato un esercito. Chiunque conosce mia madre, invece, sa quanto sia lontano da lei questo concetto. Ed io, come dice zio Emmett, sono degna figlia di mia madre. Edward era assai contento che io avessi ereditato questa caratteristica, soprattutto da quando c’erano troppe curve sul mio corpo. Quel pomeriggio aveva tirato fuori, si e no, duecento indumenti tra vestiti, gonne, pantaloni e magliette. Nella mia contrattazione sono riuscita ad ottenere un paio di jeans, assolutamente attillati e scomodi, e una maglietta viola scollata, cosa che mi lasciava piuttosto a disagio; almeno aveva le maniche lunghe e non mi sarei morta di freddo. Potevo mettermi la mia felpa preferita, ma questo solo perché mi sarei messa gli stivali con il tacco e non le mie solite comodissime scarpacce (io non le avrei mai definite tali) ormai ridotte a brandelli.

< Certo che proprio lo stesso numero di scarpe dovevamo avere? >

Sentii la risata di mio padre al piano di sotto. Dopo un po’ anche quella di Jasper ed Emmett si aggiunsero a fare un bel trio canoro. Se la spassavano sul mio strazio.

< Bravi! Appena mi libero ci penso io ad aizzarvela contro! E sai quanto io sia furba! Ho preso da te paparino! >

La minaccia funzionò. 

Scelti gli indumenti, la cara zietta iniziò a torturarmi i capelli, cercando di domare i miei boccoli ribelli: mai una volta che rinunciasse a quella battaglia, per carità! Nel frattempo mi truccava, in quello io ero assolutamente incapace. Come Joyce riusciva a guidare e ballare contemporaneamente, lei riusciva ad acconciare e truccare nello stesso istante. Ho sempre pensato che in un certo qual modo fossero imparentati, ma ogni giorno gli indizi sembravano inequivocabili.

“Che sta succedendo qui dentro?”

 “Ti prego zia aiutami tu!Te l’ho mai detto che sei la mia zia preferita? Fermala tu!” il mio appello di scongiura verso Zia Rose che se ne stava sul limitare della porta pronta a intervenire.

< Perché allora non lo fa? >

“Dai, che ho finito! Ha ragione tua madre a chiamarti brontolona! Guardati e dimmi se n’è valsa la pena!” il volto soddisfatto e ammiccante di mia Zia non riuscì a convincermi. Titubante e incerta mi affacciai al grande specchio alle sue spalle. Stavolta si era veramente superata! Il trucco era leggero quasi invisibile, ma che rendeva il mio viso più splendente, i capelli, anche se sciolti erano ben sistemati e sembravano una parrucca per quanto fossero perfetti. Din don!

“La prossima volta che dubito di te, mi vado a mettere da sola in punizione!” sgattaiolai fuori dal bagno, presi la mia borsa da battaglia zittendo mia Zia prima che potesse dire A! Almeno la borsa comoda! Trotterellando verso l’atrio incontrai Zio Jazz.

“Ma che hai combinato Nessie?”percorsi brevemente la mia giornata pensando se c’era qualcosa di sbagliato ma non trovando nulla mi rivolsi a lui con sguardo interrogativo.

“Io? Che ho fatto?”i suoi occhi dorati mi scrutarono un minuto.

 “Jacob, l’ho sentito un po’ arrabbiato e frustrato, comunque penso che appena ti vedrà passerà ogni incertezza” lo guardai sfilarmi davanti mentre, con quel suo tono enigmatico, mi lasciava ancora con quella sensazione amara in bocca. Quanto non sopportavo vederlo fare così! Mi snervava ogni volta! Se ero riuscita a toglierlo a mio padre il vizio di fare la sfinge lo avrei tolto anche a Jazz, fosse stata l’ultima cosa prima di esalare il mio ultimo respiro.

“Jake!Ciao!” stava fuori alla macchina appoggiato allo sportello. Mi gettai al suo collo abbracciandolo calorosamente come mio solito. Questo era l’unico modo in cui avrei voluto concludere il 10 settembre, ovvero con lui. Il mio entusiasmo fu smorzato dalla sua risposta fredda, scostata. Non ci voleva il potere dello zio o di mio padre per capire che qualcosa non andava.

“Ciao buon compleanno!” trascorsero più di dieci minuti di silenzio, solo perché ero stata spiazzata da quella reazione.

“Ciao Nessie, sei molto carina stasera! Sono felice di vederti! Oh grazie Jake, sei molto carino a dirmi questo!” imitavo il suo tono grave con un accento un po’ più simile a quello che avrei desiderato, dando voce alla mia mano che imitava il suo volto.

“Stiamo facendo tardi!” salì in macchina, così senza neanche commentare il mio siparietto. Lo seguii in silenzio, non dico un applauso ma almeno che so un sorriso poteva dedicarmelo.

“Scusa Jake che ho combinato? Mi piacerebbe sapere per cosa mi devo cospargere il capo di ceneri!” lo guardai interdetta non trattenendo più la mia curiosità. Un ringhio soffocato per poi bofonchiare:

 “Chi era quello con cui sei salita in macchina oggi all’uscita da scuola!” non mi riuscì a trattener dal ridere. Jake geloso! E di Joyce poi! L’uomo così gay che sembra cammini sempre su 11 cm di tacco! “Che c’è da ridere?!”borbottò spazientito.

 “Il lupo è geloso!” lui emise un ringhio ben più profondo. Si stava arrabbiando sul serio.

“Dai Jacob! Joyce è il mio secondo migliore amico. Anzi sarebbe meglio definirlo lA miA migliore amicA!” guardai Jacob che non staccava gli occhi dalla strada.

“Che vuoi dire?!”sorrisi e non so come ma lui se ne accorse.

 “E’ gay e si vede lontano un miglio! Evidentemente l’infallibile vista da licantropo non è poi così infallibile!” sentii il suo respiro che da carico di rabbia diventare lentamente più rado e calmo “Ma tu che ci facevi all’uscita di scuola? Mi seguivi?” puntai il mio dito inquisitorio su di lui cercando di coglierlo in flagrante. Sia i miei genitori che Jake evitavano di gironzolare intorno alla mia scuola, anche se era cambiato quasi tutto in dieci anni. Nuovo preside, nuovi professori, ovviamente nuovi alunni. Adirittura alcuni locali erano stati ristrutturati. Per questo ho potuto frequentare proprio la Forks High School, invece di ripiegare in qualche altra scuola che avrebbe fornito molti meno spunti interessanti. Quando Jake passava a prendermi, si fermava solitamente sulla strada costeggiata dalla foresta prima del parcheggio e per questo mi avvertiva sempre in anticipo anche solo con un messaggio.

“Sapevo che avresti fatto tardi e che saresti andata a piedi” non mi lasciai incantare. Con le mie braccia a brocca nonostante lo spazio angusto dell’abitacolo della sua jeep, incalzai:

“E quindi?” continuava a guardare la strada mentre sorrideva con quell’espressione disgraziatamente incantevole che assumeva ogni qual volta tendevo ad innervosirmi. La chiamavo espressione alla Jasper, perché spesso riusciva a calmare il mio animo.

“Certo che sei proprio impaziente! Vuoi aspettare che finisca almeno le frasi?” costrinsi i miei occhi a fessure, cercando di fargli capire che esigevo una risposta.

“È stato papà che ti ha insegnato ad usare la suspense in questa maniera terribilmente molesta?”

“Seh! Ci vedi me e Edward discutere su come usare la suspense in un discorso?” il lupo aveva ragione da vendere. C’erano solo due cose su cui andavano d’accordo, ma in una maniera talmente idilliaca che bastava per tutti quegli argomenti su cui non lo erano: i motori e la loro esasperata ricerca di un modo per proteggermi.  “Comunque io volevo semplicemente farti una sorpresa, tutto qui! E tu: perché non mi hai mai parlato di questo tipo?”

< E tu: perché riesci sempre a ribaltare la frittata?! >

“Non sarà mai capitato il discorso!”

“In tre anni?”

“Ok, non pensavo che Joyce potesse piacerti! E poi sai quanto odio parlare di scuola!” argomentazione valida e soprattutto veritiera. Jacob aveva la strana tendenza a reputare ogni persona un possibile pericolo e nel calderone ci metteva anche qualche membro della mia famiglia. Quindi se avevo un amico al di fuori della mia ampia cerchia di vampiri e licantropi, di solito, non gli piaceva e tendevo ad allontanare la persona in questione. Anche perché le sue capacità profetiche sono indiscutibili. Non volevo che con Joyce facesse lo stesso.

“Nah, il tipo non mi dispiace! Soprattutto se ti rispetta…”

“... ed è gay!”

“Che centra?”

“Tu sei geloso!”cominciai a canticchiare imitando la vocina di una bambina “Jacob è geloso di Nessie, Jacob è geloso di Nessie …”

“Smettila di fare la ragazzina, mostriciattola!”

“Ammettilo una buona volta ed io la smetto! Jake è geloso di Nessie …”

Il resto del tragitto lo trascorremmo a litigare su quanto fosse geloso di me. Devo ammettere che la sua gelosia mi lusingava, quindi mi divertivo a stuzzicarla, nonostante ero perfettamente cosciente che il nostro rapporto non poteva andare oltre a una profonda e fraterna amicizia. Purtroppo. Da un po’ di mesi volevo che il mio migliore amico diventasse qualcosa di più, ma più ci pensavo più mi rendevo conto dell’impossibilità della cosa. Come poteva vedermi come sua ragazza se fino a qualche anno fa mi faceva da baby sitter?

I ragazzi aspettavano di fuori, c’erano, Jared, Quil, Embry, Paul, Seth e Leah, probabilmente obbligata da Jake. Ogni volta che ero in compagnia del branco, mi sentivo come Gulliver nel paese dei giganti: tutti superano il metro e novanta, a parte Jake, che arriva a quasi due metri, e Leah che invece era la più piccolina, se così si può dire.

 “Ce l’avete fatta!” Seth mi corse incontro e mi sollevò da terra facendomi roteare in aria. Io e Seth ci vogliamo molto bene, soprattutto da quando la madre si è sposata con il mio caro nonno materno.

 “Mettimi giù Seth! ” protestavo, per quanto il mio affetto fosse sentito, non riuscivo proprio a sopportare di essere trattata come una bambola. Colpa di Zia Alice che non ha fatto altro in tutta la mia vita!

“Seth mettila giù!”il tono di Jake fece paura anche a me. Così fui adagiata a terra, abbastanza delicatamente; il povero Seth aveva la faccia di un cane che fa una bravata e viene ripreso dal padrone; gli sorrisi dolcemente cercando di tranquillizzarlo. Anche Jared, Quil, Paul ed Embry mi salutarono con meno veemenza di Seth ma con pari affetto. Il premio simpatia se lo aggiudicò Leah, che non mi salutò per niente. Ormai avevo fatto l’abitudine al suo atteggiamento scontroso. Fin da bambina mi ha riservato solo diffidenza, qualche volta ho pensato addirittura che mi odiasse: probabilmente non superava il fatto che fossi mezza vampira e che gli altri mi accettassero tranquillamente.  D’altro canto io non feci mai  nulla per cambiare la situazione, non importava, non era necessario che piacessi proprio a tutti; quindi mi limitavo a evitare di rispondere alle sue provocazioni.

 

300 a 258. Risultato a favore della mia squadra composta da me, Jake ed Embry. Io ho una naturale propensione per il bowling, infatti, raramente sbaglio.

“Strike!” ridacchiai battendo il cinque a Embry.

“Eh no! Non vale! Perché Nessie sempre con voi?” Seth non riusciva mai a capacitarsi delle mie doti di giocatrice.

“Perché tu vuoi sempre la rivincita! Come facciamo a stare in squadra insieme?” gli sorrisi, schernendolo.

“Ho capito ma tu …” emise uno sbuffo mentre si voltava a guardare Leah.

“Ma come non sai che i mezzi vampiri hanno i sensi migliori dei licantropi?" dissi in appena un sussurro udibile però ai presenti.

 “Adesso basta! Come ti permetti mocciosa viziata di sbeffeggiarti di noi in questa maniera! Rischiando poi di farti sentire da tutti!”Leah sbottò non so per qual motivo, sotto lo sguardo incredulo degli altri.

“Leah calmati, non ho detto niente!Stavamo solo scherzando!”

“Si Leah che diavolo ti prende?”disse Seth andando sotto la sorella.

 “Tu stai sempre lì a prenderti gioco di noi a fare da padrona, ed io non sopporto più nemmeno la tua presenza, puzzi terribilmente di vam… marcio!” nei suoi occhi leggevo solo orrore e disgusto per ciò che ero. La cosa mi diede enormemente fastidio non tanto per la scenata che stava facendo, ma per tutto quello che covava chissà da quanto senza mai essere stata chiara. Ci trovavamo l’una di fronte all’altra, entrambe senza la voglia di cedere.

 “Leah stai esagerando!”intervenne Jacob cercando di dividerci.

 “Lo sapete tutti come la penso, non dovrebbe stare con noi, non c’entra nulla! Lei è esattamente come loro, non ha nulla di diverso! I Cullen sono tutta una stessa feccia!”

“Ed io non sopporto più il tuo modo di fare, nessuno ti obbliga a stare con me! E non ti permetto di parlare così della mia famiglia!” esatto: si poteva dire che eravamo strani, pazzi ma non che eravamo feccia.

“E invece mi obbligano a stare con te” fulminai con lo sguardo Jacob, in cui vidi la consapevolezza di aver sbagliato.

“Non è colpa mia se mi faccio volere bene, a differenza tua che sei una bisbetica. Certe volte sembra che ti scordi di essere anche umana!” ormai ero in ballo e avrei ballato. Le stavo sputando tutto il pensiero che si era formato durante quegli anni di convivenza praticamente forzata.

 “È sbagliato che ti vogliano bene ti dovrebbero odiare! Anche il tuo Jake la pensava così prima che tu nascessi”

“Leah, ora smettila!” sentii la collera di Jake trasalire fino alle sue vene del collo che pulsavano intensamente. Comunque, ero troppo occupata a rinvenire dalla rivelazione shock del licantropo per preoccuparmi di lui.

 “C-Cosa?” le uniche parole che avevo trovato in mezzo alla confusione che mi stava attanagliando il cervello.

“Jacob subito dopo la tua nascita voleva ucciderti!”disse rimarcando ancora il concetto che stava prendendo lentamente forma; il mio volto sconvolto probabilmente le diede un’enorme soddisfazione e per la prima volta vidi quello che sembrava l’abbozzo di un sorriso. Le lacrime non riuscivano a uscire tanto ero sgomenta. Mi mossi senza poter governare i miei passi verso l'uscita dal locale, dovevo evitare di far diventare quell'espressione un vero e proprio trionfo

 “Nessie …” la voce di Jake arrivò al mio udito forte come un urlo.

 “Jake non ti avvicinare o giuro che ti attacco! Qui davanti a tutti!” gli lasciai le spalle. Non volevo girarmi e trovare il ragazzo che conoscevo, completamente trasfigurato da quello che ora sapevo.

 “Nessie non dire sciocchezze”

“E tu non mettermi alla prova …”ringhiai minacciosa verso di lui per poi continuare a camminare senza voltarmi.

 

Le lacrime avevano deciso di non uscire, nonostante premessero a fondo provocando un lieve bruciore agli occhi; certo che deve essere dura per i miei avere sempre questa sensazione quando una cosa li commuove. Quella notte il pianto aveva proprio deciso di rifugiarsi nella metà sbagliata, perché, mai come allora, ne sentivo il bisogno. Giunsi alla strada mentre sentivo l’umidità e il freddo tagliarmi il viso. Sollevai il cappuccio del mio giacchetto, cercando di sistemarci dentro l'enorme matassa di capelli ramati, e infilai le mani in tasca cercando un po’ di calore. L’odore forte della resina e del bosco che cingeva la strada nel suo buio ventre, mi arrivava alle narici come fittizio. Mi sentivo così coperta di bugie, sporca che non vedevo l’ora di arrivare a casa e farmi una doccia. Casa. Casa distava molti chilometri ma non avevo voglia di correre. Mi fermai. Annusai l’aria. Uno scricchiolio attirò la mia attenzione. Mossi altri pochi passi rizzando le orecchie. Passi.

 “Seth smettila di seguirmi!” nonostante l’oscurità riuscì a distinguere il ragazzone uscire da un cespuglio e venirmi incontro.

 “Scusami Nessie, Jake mi ha chiesto di proteggerti, lui è occupato a dare una bella lavata di capo a Leah. Mi dispiace mia sorella stavolta ha proprio esagerato” lo guardai affranta.

 “Bhè sto bene, va a dire al tuo alfa che può uccidermi quando vuole con le sue mani!” mi voltai ma fui bloccata dalla calda mano di Seth sul mio braccio. Per la prima volta il contatto bollente con un licantropo mi diede fastidio.

 “Nessie capisco che sei arrabbiata, ma ti prego non farmi passare dei guai. Per quelli basta mia sorella!” sbuffai, se c’è una cosa su cui non si deve mirare con me, è la compassione.

 “Va bene scortami!”

“Mi dispiace tanto Nessie! Sai Leah non è sempre stata così …”

“Mi è difficile crederlo …”

“Da quando Sam l’ha mollata, le si è come congelato il cuore. Odia vedere felici gli altri, penso che le ricordi quanto sia sola! Durante le ronde sento il suo dolore vorrei fare qualcosa ma lei …”

“… non lo permette. Certo che io, dalla mia posizione, non riesco a biasimare Sam …”

“Nessuno riesce, d'altronde l’imprinting non è una cosa che si può controllare” mi fermai. Non avevo capito quella parola che aveva usato. Prima di accorgersi che io non stavo più camminando, mi superò per poi voltarsi.

 “Che c’è Nessie?”  lo guardai incuriosita.

 “Che vuoi dire con Imprinting?” lui sgranò gli occhi come se vessi detto una blasfemia.

 “Non sai cos’è? Jacob non te ne ha parlato?” scossi la testa tornando a camminare, il ragazzone che avevo di fronte sembrava uno scolaretto colto impreparato, ma che cerca di riprendersi balbettando tutto quello che sa.

“L’imprinting… dovrebbe essere una cosa che succede solo ai licantropi… maschi… ” si contorceva le mani nervosamente “…da quello che ho capito perché io non l’ho avuto… in sostanza è tipo un colpo di fulmine… ma non proprio come un colpo di fulmine… cioè quando uno di noi incontra… come dire...  la sua metà… subisce l’imprinting, una specie di amore viscerale, profondo e da quel momento non può più separarsi da quella persona e lo scopo della sua vita diventa la felicità dell’oggetto del suo imprinting… a costo di sacrificare la sua vita e i suoi rapporti!” ero un po’ interdetta da quella spiegazione così confusionaria.

 “Cioè quando il lupo ha il suo imprinting, potrebbe dimenticare gli altri pur d’inseguire la felicità dell’oggetto di questo ‘incantesimo’?” Seth annuì. Mi mancava solo sapere una cosa del genere: se Jacob avesse incontrato il suo imprinting, mi avrebbe dimenticato? In quel momento ebbi la consapevolezza che sarei diventata come Leah. Il mio amore presto avrebbe amato un’altra. Ed io sarei stata messa da parte. O forse sarebbe riaffiorato l’odio insieme al desiderio di uccidermi! Rimasi in silenzio per tutta la strada, con Seth che mi camminava accanto.

 

La mattina successiva corsi per tutta la foresta, seguendo la scia di Jacob. Il suo ululato in lontananza squarciò il silenzio del bosco testimone della mia disperata ricerca. Accelerai in direzione di esso, fino a perdere il fiato. La salsedine si concretizzava sul mio viso con piccole goccioline biancastre, La Push era vicina; arrivai sulla spiaggia e fui costretta a piegarmi sulle ginocchia per riprendere a respirare regolarmente. Di solito non mi stancavo così facilmente, ma dopo quella nottata sfido chiunque a stare in piena forma. Sentii un ringhio sommesso nei miei confronti mentre ancora stavo chinata. Un grande lupo rossiccio mi guardava e mostrava i suoi denti bianchi. Solitamente si comportava così solo per gioco, ma dopo quello che era successo non mi pareva il caso di scherzare.

“Jake potresti tornare umano?! Ti devo parlare!” lui si accucciò e non cambio atteggiamento.

 “Jacob Black smettila o ti attacco e lo sai quanto io sia risoluta!”mi posizionai pronta allo scatto rendendo concreta la mia minaccia. Vidi la sua espressione cambiare. Gli diedi le spalle giacché sarebbe stato nudo alla sua trasformazione. Con me avevo dei pantaloni di una tuta che avevo rubato allo zio, sperando non lo scoprisse mai, proprio per quest’evenienza.

“Nessie, puoi girarti!” mi voltai ma al suo sguardo mi sentivo morire.

“Ho bisogno di risposte!” nei suoi occhi c’era quell’aria da peccatore pentito, che mi fece innervosire non poco.

 “Quali?” aprii i miei polmoni sperando che l’aria penetrata attraverso di essi m’infondesse il coraggio per la domanda che temevo di porre.

 “Perché volevi uccidermi?!” il mio tono uscì sommesso sperando quasi che non fosse stato udito, perché la mia mente la voleva quella risposta, ma il mio cuore ne avrebbe fatto volentieri a meno; rimase in silenzio per una manciata di secondi che a me sembravano eterni.

 “Quando tua madre sposò Edward, io ero ancora innamorato di lei. O almeno credevo di esserlo. Non riuscivo accettare di essere stato respinto tanto che pensai di rimanere un lupo per sempre e di scappare lontano, prigioniero delle mie emozioni che erano state calpestate come fango” lo guardavo intensamente nei suoi pozzi neri leggendo il dolore di quei ricordi, tanto che per nascondersi, si voltò.

 “Al ritorno dei tuoi dalla luna di miele seppi che Carlisle teneva in quarantena tua madre, per ‘non si sa quale’ malattia esotica. Il mio primo pensiero fu che tuo padre l’aveva trasformata rompendo il patto che avevano stipulato i Cullen con la mia tribù! Avevo l’occasione di vendicarmi, di uccidere tuo padre e la tua famiglia; loro avevano strappato la mia unica ragione di vita” a quelle parole sentii una stretta al petto; sapevo che Jacob era stato innamorato di mia madre. Le vicende che li coinvolsero avevano mutato il tutto nella splendida amicizia di adesso. Però, sentire dalla sua bocca decantare il suo sentimento per lei mi faceva male; dava l’idea che non l’avesse mai dimenticata. Sarebbe stato difficile dividere il suo cuore con lei, la perfetta Bella. Non potevo credere di essere invidiosa di colei che aveva rischiato la sua vita per darmi alla luce. Ricacciai quei pensieri nell’angolo più remoto del mio cervello sperando che non riaffiorassero mai più.

 “Poi seppi che Bella era in cinta e la gravidanza progrediva molto rapidamente. Le stava succhiando ogni energia vitale. Quando l’ho vista piena di ematomi e mal nutrita pensai che quel essere che cresceva dentro il suo ventre fosse un…”

“…un mostro” dolorosamente finii io la frase.

“Bella non voleva rinunciare a suo figlio, anche se tutti, esclusa Rosalie, le avevano detto che sarebbe stato meglio. A quel punto il mio unico scopo era diventato uccidere il figlio di Edward Cullen che mi stava portando per sempre via la mia Bella, la donna con cui avrei desiderato vivere per il resto della mia vita! Ma quando sei nata, quando ti ho visto, tutto è cambiato!” stringevo i pugni molto forte, tanto da sentire le mie unghie penetrare nella carne del palmo, una piccola goccia di sangue si posò sulla sabbia bianca. Una crudele macchia di colore in quella tela intonsa.

 “Eri così piccola e indifesa! Giurai a me stesso che da quel momento ti avrei protetto per tutta la tua vita, che ti sarei stato accanto per sempre! Quando incontrai per la prima volta i tuoi occhi, gli stessi di tua madre da umana, il mondo si è fermato e …” si voltò e sentii il suo sguardo scendere sui miei pugni chiusi ai fianchi, mollai la presa lasciando che le mie ferite si rimarginassero. Ero ferita in ben altro modo: non per la sua follia omicida ma per la ragione per cui voleva farlo. La mia nascita comportava la perdita di mia madre, se non per la sua morte definitiva, per la sua trasmutazione.

“Nei miei occhi rivedi la parte umana di mia madre” mi ero imposta di non piangere, ma la mia voce tradiva quell’imposizione “Ecco perché non sei riuscito a uccidermi Jacob Black, io sono l’unica superstite dell’umanità di mia madre, ma cosa succederà quando la tua attenzione andrà ad un’altra a causa del tuo imprinting. Io diverrò quello che la natura c’impone di essere: sarò una tua nemica?” tremavo per il gelo che ora ricopriva il mio cuore lacerato da quello che avevo capito.

“Nessie cosa stai …?” alzai la mano ancora bagnata del mio sangue imponendogli con quel gesto di tacere.

“Jacob, è da un paio di mesi che i miei sentimenti sono cambiati nei tuoi confronti e vorrei tanto che non fosse successo, perché ora quello che ti dirò, ferirà più me che te: non voglio più vederti Jacob Black!” il suo terrore più grande stava prendendo forma, sapevo quanto significassi per lui, ma dopo quello che avevo scoperto non potevo stargli accanto senza soffrirne. Una luminosa vena dolente si accese in quei pozzi neri che ora mi scrutavano confusi. Non riuscivo a reggere quella situazione, soffocata dalle mie stesse parole. Mi ero pentita subito di averle pronunciate, ma il mio orgoglio impediva di tirarle indietro. Le ginocchia cedettero al loro peso, mentre una piccola goccia cadde sulla sabbia bianca. Piangeva. Il virile maschio alfa di uno dei più potenti branchi di mutaforma, piangeva. Era la prima volta che vedevo piangere Jacob, il mio cuore dettava alle mie gambe di correre verso di lui abbracciarlo e scusarmi. Ma la ragione, che non aveva più nulla di razionale cui aggrapparsi, m’imponeva di alzare i tacchi e andarmene, perché se fossi rimasta ancora, non avrei avuto più il coraggio di andare via.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO IV: Tormenti e poteri! ***


Note dell'autrice: Cari lettori ecco un nuovo capitolo! Mi dispiace ma non me la sento di darvi anticipazioni, vi dico soltanto che è di passaggio e volevo dare una piccola arma a Renesmee. 

Never Leave Me: Sai a me è successo il contrario. La storia ho cominciato a scriverla prima del grande fratello di quest'anno, e quando ho visto Mycol ho detto: guarda Joyce! Per quantoriguarda la coppia Jake e Nessie: non potevo farli innamorare senza problemi! Diciamo che il loro amore sarà molto travagliato. Comunque vedremo le cose risolversi più in là, prima Nessie deve complicarsi ulterirmente la vita! Senza di Jake lei è completamente perduta! Per il completino sexy ti deluderò ma lo userà solo nella seconda parte che sto scrivendo tra una pubblicazione e l'altra! Però ti assicuro che la scena che ho in mente è molto carina, divertente ed eccitante! niente roba scabrosa tutto molto illusorio ma eloquente. 

Noe_princi89: Joyce sta bene, Nessie è riuscita a salvarlo in tempo. Comunque lasciamo che si riposi per un paio di capitoli. Non potevo lasciare gli aggressori impuniti però mi importava poco sviluppare la cosa. L' aggressione serviva solo per far scontrare Nessie con la cattiveria e con la morte. Comunque capirai cosa intendo leggendo il prossimo capitolo.

Vi ringrazio ancora per avermi seguito!Buona lettura!

CAPITOLO IV: Tormenti e poteri!

Guardai l’ora. Le tre. Avevo dormito solo un’ora. Mi giravo e rigiravo più volte sperando che la stanchezza sostituisse l’angoscia che mi impediva di chiudere gli occhi. Ma nulla. Zia Rose, era seduta su di una poltroncina e mi vegliava.  Il suo dolce profumo, il sapere che fosse lì non riusciva però a sollevarmi dalla zavorra che mi portavo dietro. Tutto il mio mondo che pensavo fosse su solide fondamenta di cemento, stava crollando. E non bastava. La consapevolezza che in quella notte avrei potuto perdere il mio amico, mi ossessionava così come la sua fragile mortaltà.

“Non riesci a dormire tesoro?” mi sedetti sul ciglio del letto, posando i piedi a terra. La testa mi pesava come un macigno, più per quello che stavo vivendo che per il sonno agitato. Il mio collo la sorreggeva a fatica, solo le mani sulla fronte poterono alleviare quel carico diventato insostenibile. La stanza era avvolta dall’oscurità, ma potevo percepire la fredda presenza di mia zia accanto a me. Si era spostata con la sua consueta velocità.

 “Non ti faranno mai del male! Noi ti proteggeremo sempre. Ci hai donato nuovamente la vita e non permetteremo mai a nessuno di toccarti, sia questo un uomo, un vampiro o un licantropo! ” vero, mi avevano sempre protetta e la mia esistenza l'ho passata in una campana di vetro. Tutto si svolgeva in mia funzione. Ogni loro scelta verteva solo al mio bene. Per non allontanarmi da Jacob e da Charlie i miei nonni e i miei zii avevano inscenato il trasferimento a Seattle rimanendo invece nascosti nella nostra grande casa nel cuore della foresta. I miei genitori avevano deciso di non trasferirsi anche se la gente cominciava a mormorare sulla loro gioventù statica. Avevo inconsciamente costretto le persone che più mi amavano a vivere nell’ombra. Per la prima volta cominciai a sentirmi realmente sbagliata.

 “Non sono preoccupata per me…”

“Cosa ti turba tesoro?” mollai la presa della mia fronte incrociando il suo sguardo color dell’oro. Dire quanto Rosalie fosse bella, è limitativo. Non penso che esistano parole in grado di descrivere il suo aspetto, soprattutto quando la dolcezza del suo animo rompeva quella maschera da dura che si era costruita nel tempo.

 “Zia noi siamo indistruttibili, immortali, ma gli umani. Gl’umani sono vulnerabili. Non dovrebbe esistere l’immortalità se poi la morte si porta via le persone a cui ti affezioni. Il mio amico poteva morire. Questa volta c’ero io, ma non potrò per sempre proteggerlo dalla sua mortalità ; e così come lui Sue, Charlie, Billy…” sentii la fronte di mia zia poggiarsi sulla mia.

 “Sei identica a tua madre! Amore mio, purtroppo la morte fa parte della vita, dovrai abituarti. Molte persone incroceranno il tuo cammino, alcune lasceranno il segno, altre invece saranno solo fantasmi evanescenti nel tuo percorso. Soffrirai o ne resterai indifferente. Comunque tu, piccola mia, potrai sempre contare su una famiglia di immortali per piangere i cari che se ne andranno! ”  appoggiai la mia testa nell’incavo del suo collo e la sentii inspirare profondamente come se le fosse necessario. Continuava ad accarezzarmi mentre io mi stringevo sempre più fortemente al suo algido corpo.

 “Che c’è un pigiama party e non mi avete chiamata!”Zia Alice si avventò su di noi avvolgendoci nel suo squillante abbraccio; mi scosse i boccoli arruffati e non potei fare a meno di sorriderle.

 “Così va meglio! Non voglio vedere il broncio! Ti farà venire le rughe di espressione!” se Rosalie era la mia parte razionale, Alice era la mia spensieratezza. Mi hanno sempre amato tutti, incondizionatamente. Passai la notte a chiacchierare con le mie zie di sciocchezze dimenticando per un breve periodo di tempo dei miei tormenti sentimentali. Ridemmo, scherzammo e mostrai loro il regalo di Joyce. Zia Alice espresse tutta la simpatia per il mio amico, probabilmente riponeva in lui la speranza di convertirmi ad una più accurata visione della moda. Così fra una chiacchiera e l’altra, mi addormentai ad un orario non definito. Al mio risveglio, andai in cucina dove mio padre stava parlando al telefono. Sentendo i miei passi attaccò per poi riservarmi il suo solito sorriso sghembo.

 “Buongiorno!”mi stiracchiai con un piccolo sbadiglio di sfondo, a rimarcare la notte quasi in bianco.

“Buongiorno!Come ti senti Nessie? ” con la mia mano indicai un’onda incerta.

 “Visto che stanotte non hai dormito gran che, ho avvisato scuola che non saresti andata!”

“Con chi parlavi al telefono?”

“Con Charlie, ha detto che sono già riusciti a prendere i vostri agressori. Vagavano sulla strada verso Seattle come impazziti. Devi averli spaventati parecchio!”

“Che ne faranno ora?”

“Tuo nonno ha detto che hanno bisogno di cure psichiche. Vaneggiavano quando li hanno trovati: dicevano che ti eri trasformata in un mostro. Probabilmente li rinchiuderanno in qualche ospedale psichiatrico o in qualche riformatorio, l’importante è che stiano lontani da te!”

“Sono stati presi per pazzi per aver detto la verità, in quel momento ero diventata veramente un mostro! Mi sento così dannatamente in colpa per tutto quello che è successo!”

< Non è stata colpa tua! Ti sei solo difesa! > la sua voce mi appariva soffusa come se contenuta in un batuffolo d’ovatta.

“Difesa? Io volevo ucciderli, per non parlare della tentazione che ho avuto quando ho visto il sangue di Joyce! Papà io potrei diventare un’assassina” gesticolavo nervosamente alzando la voce. Dalle sue iridi del color del miele un velo stupito e terrorizzato allo stesso tempo mi prese alla sprovvista. Non pensavo di aver dato tanto in escandescenza da provocare quell’espressione.

 “Nessie,  non ho detto nulla!” a quel punto la stessa espressione che aveva colpito mio padre si dipinse sul mio volto.

 “Tu hai detto che non è stata colpa mia, che mi sono solo difesa! L’hai detto! Io l’ho sentito … io ho sentito nitidamente!” ero confusa, la mente si stava annebbiando.

 “L’ho pensato, non l’ho detto!” mi sentivo strana a quel punto, mi girava la testa tentai di allontanarmi ma credo di aver perso i sensi; l’ultima cosa che avvertì furono le braccia di mio padre che mi sollevava, poi oblio.

 

“Ha sentito i tuoi pensieri , come è possibile Edward?”non distinguevo bene le voci ma sembrava la mamma.

“Si ha sentito il mio pensiero, nettamente. L’ ha ripetuto parola per parola!”

“Probabilmente  anche i suoi poteri debbono raggiungere la maturità. Potrebbe essere stato un episodio isolato, dovuto allo stress, comunque la terrei sotto controllo, sempre che voi siate d’accordo.”

“Certo Carlisle”la voce di mia madre stavoltà mi arrivò nitida.

 “Mamma”sentì il suo dolce peso accanto a me, realizzai di essere sul divano dello studio attraverso il suo odore di nuovo, molto diverso da quello delle mie coperte fedele alla mia epidermide.

“Shhh, cara riposati!” aprì gli occhi e la trovai lì, con la sua fredda mano sulla fronte nell’intento di sentire la mia temperatura corporea.

“Non posso avere la febbre mamma!”le dissi puntellando i gomiti per alzarmi “Cosa è successo?” lei mi guardò dolcemente posando una mano sul mio viso, carezzandolo dolcemente. Il suo volto dapprima preoccupato si fece rilassato. Vedere l’espressione serena della mamma mi tranquillizzò parecchio.

 “Hai perso i sensi ma non è nulla di grave tesoro! Forse è dovuto alla tua maturazione!”

 “Si ma non è solo questo, è successa una cosa strana!” mi voltai cercando Carlisle, che stava in piedi accanto a mio padre “Nonno ho sentito i suoi pensieri!”

“Raccontami, bambina mia.”

“Ricordo di aver notato che la sua voce era strana come se provenisse da una stanza lontana” vidi mio padre sobbalzare come se avessi descritto la stessa sensazione di quando ascolta i pensieri altrui.

 < Come me! >

 “Come me!” ripetei quasi in contemporanea. Una fitta al cervello mi costrinse a tenermi la fronte. Solo quando riaprii gl’occhi mi accorsi di aver preso le mani di mia madre che ora era tornata ad essere preoccupata “E poi ho queste strane fitte!” il nonno s’inginocchiò davanti a me e con una lucina provò la reattività delle mie pupille.

 “Interessante! Questa e la controprova che i tuoi poteri si stanno sviluppando, probabilmente la tua mente non essendo allenata risente dello sforzo. Hai sentito altri pensieri oltre a quelli di tuo padre?” negai con un cenno.

“Bella, prova a pensare a qualcosa.” mia madre mi guardò intensamente e ci fu qualche  secondo di silenzio, scossi la testa indicando di non aver sentito nulla.

 “Edward ora prova a pensare qualcosa tu.”

 < Nessie, puoi sentirmi? >

 “Nessie, puoi sentirmi?” ripetei quasi in automatico. Un’altra fitta ma meno forte della prima. Riaprii gl’occhi e mio nonno mi guardò anche lui stupito.

 “A quanto pare, puoi leggere solo i pensieri di tuo padre! Abbiamo sempre saputo che i vostri poteri si completavano ma ora la faccenda è completamente cambiata!” non avevo mai visto tanta eccitazione negl’occhi di mio nonno, non so se per la nuova scoperta da poter aggiungere al mio fascicolo o per la conferma che stavo bene. Sta di fatto che un altro intricato tassello andava aggiunto al mio variopinto mosaico “Immagino che appena i tuoi nuovi poteri si stabilizzeranno le fitte ed i giramenti di testa termineranno. Per il tuo malessere quindi non mi preoccuperei.” scoppiai in un riso isterico tanto da aumentare la preoccupazione di mia madre, sembrava che avessi perso ogni lume della ragione.

“Renesmee, stai bene tesoro?” cercai di ricompormi ma fra le risa trovai pochissimo fiato.

“Dieci anni a cercare di nascondere i miei pensieri ed ho trovato i suoi!” indicai mio padre  ma per le troppe risa mi buttai all’indietro sullo schienale del divano. La situazione aveva decisamente del comico!

“Ci mancava solo che Renesmee riuscisse a sentire i pensieri del padre! Non bastava che entrambi sapessero francese e spagnolo ora possono interloquire senza che li possa sentire!” quello sfogo di mia madre rese ancora più esilarante la situazione.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO V: Non sono io che cerco i guai, sono loro che mi trovano! ***


 

CAPITOLO V: Non sono io che cerco i guai, sono loro che mi trovano!

Decisi di andare a scuola la mattina seguente. Non che sprizzassi gioia da tutti i pori per questa scelta ma almeno non mi sarei soffermata sulla mia vita complicata, era pur sempre un modo come un altro per distrarmi. Mio padre insistette per accompagnarmi; generalmente i miei genitori non venivano in città, per evitare gli sguardi curiosi ed interrogativi di chi in dieci anni non li aveva visti invecchiare.

“Come fate voi a trattenere i pensieri?” la sua domanda irruppe nel nostro silenzio più dovuto ai miei tumulti interiori che a evidenti problemi fra noi due.

“Scusa non ti stavo seguendo…”

“Mi chiedevo come riuscite a mascherare qualche pensiero che non volete  che io sappia… è capitato che in te o in tua Zia vedessi nero come se voi non pensasse!” continuava a guardare la strada costeggiata da mille alberi. I suoi lineamenti erano perfetti, e mentre rimiravo ogni piega del suo viso non potei fare a meno di pensare quanto fossimo simili. La natura con noi, si era davvero divertita.

“Ci vogliono anni ed anni di allenamento, Roma non è stata costruita in giorno. Comincia con cose semplici tipo pensare canzoni o inni nazionali. Poi l’annullamento del pensiero verrà con il tempo …” dissi con tono austero. Lui cominciò a sorridere.

“Ragazzina non usare quel tono con me! Sono pur sempre tuo padre!” scoppiai a ridere isterica e sentii lo sguardo di mio padre preoccupato “Nessie stai bene?”

“Certo che noi due siamo così strani: tu sei un ultracentenario che dimostra 17 anni, come me, che invece ne ho 10; per tutti siamo zio e nipote, quando in realtà siamo padre e figlia e siamo così simili da avere poteri esclusivamente nostri. In certi momenti sembra tutto così …” il tono amaro del mio monologo aveva preso troppo il sopravvento, per continuare. Sapevo che quella convinzione, quel senso di inadeguatezza sempre più prepotentemente insidiato nella mia anima lo feriva. Se ne sentiva la causa principale.

< Niente è sbagliato in te! >

Una leggera scarica elettrica attraversò il mio cervello, ma nulla più di un fastidio. Ormai avevo imparato che quello era un pensiero, non parole. Poco dopo arrivammo nel cortile della scuola di Forks. Mio padre scese della macchina precedendomi per aprire la portiera. Proprio mentre stavo per scendere il professor Newton ci venne incontro.

“Edward quanto tempo! Certo che non sei cambiato di una virgola! Sembri sempre un ragazzino ma come fai?” nelle parole del professore, sentii un certo astio.

“Ciao Mike, cosa ci fai qui?”

< Ma vi conoscete? > chiesi mentalmente ma lui non rispose. Aveva già imparato come controllare il suo pensiero. Impara troppo in fretta.

“Ora sono un insegnante, ciao Nessie, ho saputo del tuo amico sono molto dispiaciuto!” il professore si era avvicinato a me parlando a bassa voce, forse per discrezione. Io abbassai lo sguardo cercando di ringraziarlo per le sue parole, ma non avevo tanta forza per superare la compassione degl’altri.

“Insegni cosa?” intervenne mio padre, capendo il mio disagio.

“Letteratura. E poi gestisco il giornale della scuola. Nessie è un ottima allieva ne dovresti essere fiero, tua nipote giusto?”

“Si!” per quanto la nostra vita sia costellata di menzogne, quella gravava molto sull’equilibrio di mio padre. Ogni giorno che passava, il nostro rapporto diventava sempre più intenso e so quanto voleva gridare al mondo intero che io ero il frutto del suo amore con mia madre. Invece dovevano nasconderci dietro la solita bugia di lontane parentele “Io e mia moglie siamo contenti che sia entrata nella nostra famiglia, seppur in circostanze tanto dolorose.”

< Che bravo attore! > nascose a fatica quell’angolo della bocca che si stava inclinando in quel caratteristico sorriso.

“Ah già, Bella. A proposito come sta?”

< È sposata felicemente in una famiglia che ama! Come vuoi che stia? > questo non riuscì a trattenerlo.

“Magnificamente, le porterò i tuoi saluti Mike. Nessie entra o farai tardi! Addio Mike!” appena percepibile al mio di orecchio, riuscii a sentire il suo petto vibrare mentre rispondeva al professore. Non sapevo perché lo infastidisse tanto, doveva proprio stargli antipatico. Nemmeno con Jacob aveva mai assunto un tale atteggiamento. Si portò accanto a me, abbracciandomi le spalle indirizzandomi verso l’entrata. Ma stava marcando il territorio?

“Saprò mai perché non  sopporti il mio professore di letteratura?” sussurrai in appena un filo di voce, sapendo di essere ascoltato solo da un udito uguale al mio.

“Chiedilo a tua madre!” aria da tenebroso con sorriso a mezza bocca inciso sulle labbra. Io di tutta risposta alzai il mio sopracciglio di disapprovazione per quel modo si fare.

< Non ti sopporto quando fai così il misterioso, quella è una cosa che affascina le umane goffe e maldestre, non tua figlia! > a quel punto il suo sorriso si allargò in una risatina divertita. Posò le sue labbra fredde sulla mia fronte e mi scompigliò i capelli. Tutti i ragazzi ci osservano nei nostri movimenti, di nuovo i riflettori della Forks High School erano puntati sui Cullen e su mio padre. Erano passati tanti anni da quando  frequentava la scuola, eppure la curiosità sembrava essersi congelata a  dieci anni fa quando i miei si sono incontrati per la prima volta, nonostante le facce ora fossero diverse l’ interesse che gli eterni e bellissimi Cullen suscitavano era sempre lo stesso.

“I ragazzi sono invidiosi, ”  interpretò la mia espressione come se fosse una domanda di spiegazione “ Si stanno chiedendo chi sono io e perché posso permettermi certe libertà con l’irraggiungibile Renesmee!” rimarcò queste ultime parole prendendomi in giro, ma dato che nemmeno lui può farlo rimanendo impunito gli diedi un pugno sulla spalla.

“Eddy, stai troppo con lo zio Emmet!”  odia quando lo chiamo Eddy, è una cosa che lo infastidisce parecchio ed io la uso come arma a mio piacimento.

“Ragazzina, anche tu a quanto pare!” si massaggiò la spalla. Sapevo di non avergli fatto male e soprattutto quello era un mio trucco non poteva usarlo contro di me. La campanella determinò l’inizio delle lezioni e ci separammo con un conto in sospeso. Quelle scenette avevano allontanato per un  po’ le mie pene, riuscendo così a strapparmi qualche sorriso. Quando però a pranzo, in mensa, incontrai il nostro tavolo vuoto, la faccia di Joy gonfia di lividi e piena di sangue mi tornò in mente. Con il vassoio quasi del tutto vuoto, andai ai tavoli esterni completamente deserti. Il freddo aveva cominciato a farsi sentire, ma per me il gelo risultava familiare, come entrare in una casa calda e accogliente. Avevo posatoi il mio vassoio su un tavolo qualunque,. Prima che potessi prendere posto sentii ridacchiare una ragazza seguita da un’altra, ricordavo quel suono.  Aguzzai le mie orecchie in loro direzione, forse più per distrarmi che per mero desiderio di conoscere ciò che si stavano dicendo.

“Hai saputo cosa è successo a quell’idiota, come si chiama?”

“Ha il nome di uno scrittore…non mi viene…ah si Joyce!”

“Si, quello che va sempre in giro con “sono tutta io” Cullen, sembra che l’hanno pestato!”

“Ah già, ho sentito anche che Cullen ha puntato il dito su Jason, ma io non ci credo…non si sarebbe mai sporcato le mani con uno come quello.”

“E poi anche se fosse stato così, non ci sarebbe stato nulla di sbagliato! Sempre pronto a prendere in giro tutti solo per compiacere la sua ape regina! Se l’è meritato”

Era troppo. Mi avventai su quella ragazza (che altri non era la Cheer Leader del giorno del mio compleanno) distante da me almeno sette metri, ma che grazie alla mia rapidità, divennero pochi centimetri.  La atterrai senza nessun problema, mentre lei strepitava e si divincolava. La sua amica invece si era andata a nascondere dietro una panca. La mia rabbia aveva annebbiato la ragione. Rimanevo sopra di lei dandole un pugno sul mento sfondandole il labbro.

“Allora come ci si sente ad essere picchiata da qualcuno più forte di te?” le nostre grida avevano attirato una cerchia di persone attonite, che stavano immobili ad assistere alla scena, spaventati dalla mia furia. Avevo ancora un minimo di lucidità per dosare la mia forza. Io non avevo nessuna intenzione di ucciderla, volevo solo darle una lezione. Venni presa di forza da due ragazzi, o meglio, lasciai che mi staccassero da lei, che ormai aveva il labbro sanguinante e la guancia era coperta da un ematoma rossastro. 

Poco dopo mi trovai fuori dall’ufficio del preside. Sapevo che la ragazza si trovava in ospedale, le avevo rotto la mascella e il labbro. Ascoltavo la conversazione che stava avvenendo al suo interno.

“Preside Scott, la preghiamo di comprendere il perché Nessie ha fatto una cosa simile, non è da lei aggredire una persona, non farebbe male nemmeno ad una mosca! L’esperienza che ha vissuto, l’ha scossa parecchio.”

“Signori Cullen, capisco che l’aggressione subita da Renesmee ha influito sul suo comportamento, ma la violenza non è tollerabile!”

“Certo, non la tolleriamo nemmeno noi!”il tono di mio padre era così diverso dal solito, sembrava portare il peso dei suoi oltre cento anni.

“Mi trovo costretto a sospendere Renesmee! La sua punizione durerà solo tre giorni, proprio perché tengo conto del problema. L’unica cosa che mi raccomando con voi, statele molto accanto!”

“La ringrazio per la sua generosità!” la porta si aprì. Non riuscivo a guardare negl’occhi nessuno dei due. Per quanto sembrino dei miei coetanei, sono sempre genitori arrabbiati e delusi. Non avevo mai visto mio padre con una espressione tanto severa.

< Ragazzina sei nei guai! >

Quella frase non la sentivo più da quando da piccola stavo per rompermi l’osso del collo gettandomi dalla scogliera, attirando le ire di ogni vampiro a me parente. L’unica persona che invece si fece una bella risata, fu mia madre. In seguito Jake mi spiegò che anche lei lo aveva fatto, ma da umana, rischiando seriamente di uccidersi. Nell’auto non ci fu altro che silenzio; non una parola, non un pensiero. Arrivammo al garage e sapevo cosa mi aspettava: una formazione completa di Cullen pronta a mettermi alla gogna; invece nulla. L’atmosfera si fece molto più pesante di quello che immaginavo. Raramente avevo visto i miei genitori infuriati, riuscivo ad eludere facilmente ogni sorta di rimprovero con l’espressione stile ‘Bambi dopo che è morta la mamma’. Non sarebbe servita questa volta, l’avevo combinata davvero grossa.

“Si può sapere cosa avevi in mente Renesmee? Sai che avresti potuto ucciderla?” la battaglia era iniziata, mia madre aveva dato avvio alla sua ramanzina sbattendo la sua borsa sull’isola della cucina.

“Volevo solo darle una lezione!” sapevo di aver sbagliato ma il mio orgoglio vince sempre sul senso di colpa. Stavo eretta nelle mie convinzioni cercando di non far trapelare nulla che tradisse la mia incertezza.

“ Non solo avresti potuto ucciderla ma hai anche rischiato di farci scoprire!” si alternavano quasi avessero accordato prima le battute.

“Non è stata colpa mia, ho sentito che parlava di Joyce e al quel punto non mi sono più controllata!” incrociavo e scioglievo le braccia cercando di rendere ancor più veritiero il mio ruolo, con il risultato di risultare ancora più artefatta.

“Questo non giustifica il fatto che tu le hai fratturato la mascella in quattro punti! Ti rendi conto di quello che è successo? Devi sempre dominare le tue emozioni o corri il rischio di banchettare con qualche tuo compagno! E se succede, dovremmo scappare andare via da Forks, da Charlie, dai tuoi amici, da Jake…” mia madre agitava le mani nervosamente.

“Non parlarmi di Jake!” devo aver alzato il mio tono un livello troppo sopra le mie corde vocali, perché ne uscì fuori quasi un roco squittio. O forse era la disperazione che provavo ogni qualvolta il suo nome tornava nella mia mente.

< Cosa ti ha fatto quel cane rognoso? >

“Papà, sono affari miei!” per fortuna la mamma teneva alto il suo scudo, in modo da stare alla pari di mio padre. Per poter sviare il discorso dovevo costringerli a capire la causa della mia esagerata reazione. Toccai il loro viso mentre riaffiorava il ricordo di quella conversazione ributtante. Al loro risveglio mi guardarono quasi dispiaciuti. I loro visi si stavano addolcendo anche se il mio era ancora tirato.

“Nessie capiamo il tuo stato d’animo, ma devi essere più cauta. Adesso io e tua madre dobbiamo discutere una punizione, per ora vai in camera tua!” non risposi ubbidendo all’ordine di mio padre. Chiusi la porta sospingendola con la schiena per poi cedere alla gravità scivolando lentamente fino al pavimento. Nonostante il mio orgoglio si scalfisce difficilmente stavolta avevo deluso i miei genitori e la mia famiglia, e questo non riuscivo a perdonarmelo.

 

Rimasi quasi l’intero pomeriggio confinata nella mia stanza. Sentivo i miei discutere su come agire, ed in quella discussione avevano coinvolto anche i restanti membri della famiglia. Li avevo decisamente colti impreparati. La luce del giorno aveva cominciato gradualmente a diminuire, soccombendo alla prima oscurità della sera. Non riuscivo ad accendere la luce, perché nella mia vita rimaneva un unico colore. Ogni numero del calendario, che prima guardavo con gioia, scandiva solo un altro giorno grigio nel buio della mia anima. Quella che fino ad allora sembrava un’esistenza felice si era rivelata una menzogna, un castello di carte. Cercavo di riordinare tutto l’accaduto che mi aveva condotto qui, nella mia stanza, a contemplare la mia vita: il mio caro amico Jacob (di cui ormai ero follemente innamorata) mi voleva uccidere, presto si sarebbe invaghito di un’altra e mi avrebbe dimenticata; il mio secondo migliore amico Joyce, era stato brutalmente picchiato a causa mia; io avevo deciso di diventare una giustiziera malmenando una mia compagna; intanto i miei poteri con un tempismo mirabile, avevano deciso di svilupparsi. Maledetti geni umani di mia madre attira sfortuna! Cercavo nella libreria un qualcosa che potesse calmare il mio senso di inquietudine. Quando sono turbata mi rifugio nella letteratura, con la voglia di realizzare nella mia mente quelle fantasie. Presi il “Romeo e Giulietta” il mio preferito. Fu mia madre a trasmettermi la passione per il capolavoro di Shakespeare: spesso la sera, prima di addormentarmi si sdraiava accanto a me leggendo la storia dei due amanti di Verona. Arrivate alla scena finale, alla morte dei due innamorati, raccontavamo una versione alternativa dove a trionfare era l’amore non l’odio, così di volgere la storia al meglio. Solo ora mi rendo conto che nella vita il lieto fine non esiste. C’è sempre qualcosa che va storto. L’amore è un sentimento così crudele, governa l’esistenza senza concedere libertà. Tramuta tutto da semplice a complicato. Prima riesci a parlare di tutto, condividere ogni piccola virgola delle tue paure, delle tue angosce, delle tue gioie, dei tuoi sogni. Ma poi, quando i tuoi sogni trovano un solo soggetto, diventa difficile anche respirare. E così Jacob Black, il licantropo che mi cambiava i pannolini da bambina, non mi bastava più come migliore amico. Riposi il libro, non ero in vena di storie d’amore che finissero tragicamente. Ripresi la mia ricerca. Orgoglio e Pregiudizio, Cime Tempestose, La Metamorfosi, Il vecchio e il mare, Il ritratto di Dorian Gray. Sembrava che la libreria di mia madre avesse traslocato nella mia stanza, prendendo il posto dei cd e dei dischi che prima vi risiedevano stabilmente. Ho letto veramente troppo nella mia breve esistenza. L’occhio cadde su di una copertina di pelle rosso scuro, con piccole incisioni dorate. Nessun titolo in bella vista, nessuna indicazione di cosa contenesse. Lo estrassi con la delicatezza di chi non vuole disturbare qualcosa che riposa da tanto. Polvere. Strano, i libri con me non hanno mai avuto il tempo per impolverarsi. Il frontespizio non era diverso dal dorso. Un piccolo scrigno da aprire per scoprire cosa nascondesse con tanto segreto. Mi accomodai sul letto a gambe incrociate, posandoci il libro il cui volume era pari al mistero che portava con se.

< Eppure mi ricorda qualcosa! >

Mi ero stancata di tenermi sulle spine, così mi decisi ad aprirlo con la stessa inesorabile lentezza e cura con cui l’avevo trattato fino ad allora. Fiabe. Semplici fiabe. Quanto rumore per nulla. Il suo ricordo riemerse quasi immediatamente vedendo il carattere con cui era scritto. Quel libro era la fonte di ispirazione primaria del breve periodo in cui non sapevo leggere, ovvero prima che mi stancassi delle storie già raccontate, già scritte, prima che cominciassi a desiderare l’originalità nella mia vita di bambina, per poi volere la verosimiglianza con la realtà. Lessi l’indice. Una storia cercavo in particolare, quella che nella mia infanzia non avevo mai creduto fosse possibile: Cappuccetto Rosso. Il lupo cattivo, non c’era mai stato, anzi. Il lupo era buono, alto, bello pronto a difendermi. Non voleva mangiare la bambina. Voleva solo coccolarla e proteggerla. Ma ora la mia storia era diversa. Era diventato cattivo, il lupo desiderava uccidere la bambina. Cominciai a piangere, stanca di avere sempre tutto contro in questa sorta di conflittualità con l’universo intero. Questo era il modo di infliggermi una punizione, mero destino, perché ho avuto troppo e troppo facilmente.

< Innamorarmi del mio aguzzino? Sei veramente un gran simpaticone signor fato! >

Mi cullai attraverso il suono del mio cuore, che non trovava pace nemmeno in quelle soluzioni, chiusi gli occhi e caddi in un sonno profondamente tormentato. O forse era solo un ricordo? Improvvisamente la foresta si materializzò intorno a me. Tutto era grigio, privo di colori come in un vecchio film. Solo due cose avevano il colore del sangue. La mantella che portavo indosso e le mie labbra. Tra le mani tenevo un cestino. Cominciai a camminare anche se le gambe non avevano ricevuto impulsi dal mio cervello. Un passo. Foglie secche. Un altro passo. Foglie secche. Mi voltai di scatto e lo vidi: un grosso lupo dal manto rossiccio e dallo sguardo penetrante mi seguiva.

“Jacob…” esalai quasi aspirando l’aria invece che espirandola. Ci scrutammo a lungo, quando cominciò a ringhiare sempre più forte. Stavo per scappare e mi bloccò la strada. Per tre volte. Poi all’improvviso mi attaccò mostrandomi tutto l’odio di cui era capace, ma proprio quando stava per prendermi mi alzai di scatto. Avevo il libro accanto a me ancora aperto. Lo scaraventai con violenza sul muro mentre ancora le lacrime scendevano a disegnarmi le guance. La domanda che mi ponevo rimaneva sempre la stessa.

< Come può avermi odiato?> ma poi tutto cambiò:

< E se avesse avuto ragione ad odiarmi! La mia nascita ha ucciso mia madre! Il suo cuore non batte più, non respira, non piange. La sua anima finirà all’inferno a causa mia, ma cosa sono? Uno scherzo della natura che si ribella ai suoi istinti omicidi? Sono uno strano esperimento genetico di Dio? Ma un Dio c’è in questo mondo in cui alcuni vengono privati dell’anima e ridotti a bestie? Sono un mostro? >

Guardavo le pareti della mia stanza e mi sono sentita costretta, in gabbia. Improvvisamente si era fatta troppo piccola per me e per tutto quello che stavo vivendo. Dovevo uscire. Balzai dalla finestra e cominciai a camminare, i secondi, i minuti, poi le ore. Trascorsero veloci portate via dai miei pensieri e senza che me ne accorgessi diventò buio.

< Dove sono finita? >l’aria salmastra mi fece rinvenire dal mio sovrappensiero, una campanella mossa dal vento tintinnò come di risposta. Ero al porto. Camminai ancora. Non avevo voglia di tornare. Lo schianto del libro sulla parete aveva sicuramente allarmato i miei, strano che non mi siano venuti a cercare. Un bar. Che clichè! Decisi che mio padre aveva ragione, dovevo fare delle esperienze umane soprattutto da quando ne avevo fatte troppe da vampiro. Entrai. C’erano una decina di uomini sparsi per il locale e tutti i loro occhi erano puntati su di me. In effetti dovevo essere un bocconcino allettante, il problema è che anche loro lo erano per me , ma letteralmente. L’odore del loro sangue stuzzicò la mia gola arsa dalla sete.

“Ciao Bambolina! Che ci fa un bocciolo di rosa come te in un posto così?”

“Io mi sono persa” dissi quasi tremando, non di paura. Io stavo cercando di evitare di succhiargli il sangue, la sua vena mi sembrò molto allettante in quel momento .

“Vieni siediti ti offro qualcosa per scaldarti!” ordinò lo stesso che aveva preso lui. Mentre mi avvicinavo al bancone, il barman versò un liquido ambrato in un bicchiere con del ghiaccio. Non so cosa mi disse il cervello ma qualcosa in bocca la dovevo infilare per evitare che qualcuno in quel locale diventasse il mio drink. Lo inghiottii d’un sorso. Se prima la gola bruciava adesso era l’inferno.

 “Piano bambolina!” sentivo quel liquido scandire ogni piega del mio esofago ed entrare nel mio stomaco, una vampata salii dallo stesso giungendo al mio cervello come una nuvola confusa. La sensazione mi piacque e parecchio. Intimai al barman di versarmene un altro più e più volte. In breve quell’operazione portò i miei sensi a diventare confusi e la mia mente aveva perso la concezione del tempo e dello spazio.

“Sai cosa c’è”credo di aver bofonchiato verso il tizio che mi offriva da bere “è che tutti hanno uno smodato bisogno di proteggermi e a me comincia veramente a darmi fastidio!”annuivo non governavo bene i miei gesti e le mie parole. Tutto si mischiava ed era confuso e ciò mi faceva stare terribilmente bene.

 “Ho voglia di ballare” saltai come una vampira sul bancone e ciò attirò l’attenzione ancora di più su di me. Nel locale riecheggiava Sweet Dreams degl’ Eurytmhics ed io incominciai a muovermi fra i bicchieri degl’avventori, evitandoli abilmente grazie alle mie capacità. L’alcool mi faceva sentire così libera ma anche molto instabile; trovai fra le mie mani un sostegno, credo fosse una mensola con una piccola ringhiera di metallo. Con quello riuscivo a muovermi ancora meglio. Evitavo agilmente le consumazioni quando mi accorsi di un tizio che agitava dei soldi. Li calciai, ballavo per me non per loro. Un odore famigliare mi colse come una doccia fredda, ma ero troppo annebbiata per connettere un pensiero con senso compiuto. Avevo solo voglia di saggiare la mia libertà.

 “Ma dove ha imparato a muoversi così?” un ringhio di risposta a quello che mi sembrava Seth ma continuava a non importarmi.

“Renesmee smettila o ti porto via con la forza” mi bloccai e guardai Jake stupita.

 “Chi non muore si rivede ma tu dov’eri quando mi hanno aggredito l’altra sera?” sentivo nettamente la sua rabbia salire “Adesso non fare il guastafeste! Io mi sto divertendo un mondo!”non feci in tempo a finire la frase che Jacob mi prese e mi adagiò come un sacco di patate sulla sua spalla.

 “Amico la ragazza vuole rimanere!” credo che Seth l’abbia minacciato ringhiando.

“Mettimi giù Jake!”urlavo e mi dimenavo mentre sentivo Jacob fremere sempre più dalla rabbia “Jake ho imparato a camminare a tre settimane di vita posso farlo da sola” alzai lo sguardo e incontrai Seth che non osava guardarmi:

“Seth mi aiuti!” lui non rispose e si limitò a seguirci in silenzio. Dopo un po’ mi mise giù, ma l’alcool ancora mi governava, infatti caddi rovinosamente a terra con il sedere. La prima cosa che incontrai furono due scarpe lucide sotto un paio di Jeans. Seguì le gambe e il viso di mio padre completamente stravolto ed infuriato mi guardava dall’alto della sua posizione. Mi alzai e solo allora notai i miei familiari riuniti che mi guardavano sconcertata.

 “Che c’è?” io sbottai quasi fossi io quella a dover essere arrabbiata.

“Renesmee cosa diavolo è questa puzza nauseabonda?Sei…Sei ubriaca?” mia madre.

 “Tse credo proprio di si!” dissi io sorridendo con toni di scherno.

 “Ma ti sei completamente bevuta il cervello!”mia zia Rosalie ringhiò agitando le mani in cielo

 < Cosa diavolo pensavi di fare Renesmee? >

“Uffa! Ma possibile che non sono nemmeno libera di divertirmi senza che voi facciate la morale. Papà tu non volevi che io facessi esperienze umane ecco ne ho fatta una! Ora ho avuto la mia prima sbronza da adolescente dovresti essere contento!”

“Renesmee come hai potuto? Lo sai quanto sono stata in pena!”

“Mamma lo so che sono la tua bambina e tu vuoi proteggermi ma … ”dissi io mentre le accarezzavo il viso per poi scostarmi e guardarmi nella camicia cercando il mio seno “…e queste cosa sono!? Mamma guardami sono cresciuta riesco a badare a me stessa!” sentii una risatina provenire da  zio Emm e penso che Zia gli ha dato una gomitata dal rumore che potei udire.

“Sapete cosa c’è: la vostra campana di vetro non funziona! Ha delle falle gigantesche a partire dai buchi della zia Alice. E zio Jasper se riprovi a calmarmi con il tuo potere ti giuro che ti sgozzo con le mie mani,  Io continuo ad attirare guai! Non faccio parte di nessuno dei vostri mondi … sono orribile, lo sapete perché ho bevuto? Quando sono entrata nel bar volevo cibarmi del sangue di tutti, sono un orribile mostro … non posso essere umana, non posso essere un vampiro e non posso in alcuna maniera essere un licantropo … non ho un posto e vorrei non essere mai nata! ”sbraitavo in preda ai fumi dell’alcool, a quel punto lo schiaffo di mio padre riecheggiò sulla mia guancia che arrossì. La botta mi fece barcollare e ricaddi a terra. Mi strofinai il punto dove mi aveva colpita ed osservando mio padre attonita pensai:

< Ti odio!Se sono un mostro è colpa tua! > non dovevo fargliela passare liscia, mi aveva umiliata, ferita nell’orgoglio. Sentii la mano calda di Jacob che toccava la mia spalla la scansai prontamente e mi voltai verso di lui.

 “Jacob stammi lontano! È inutile che cerchi ancora da farmi da angelo custode! Quando avrai l’imprinting cambierà tutto di nuovo, cercherai nuovamente di uccidermi! E forse sarebbe meglio, almeno toglieresti di mezzo questa palla al piede per tutti. La Renesmee troppo piccola, troppo debole, troppo umana, troppo vampiro! Sono stanca di essere di troppo!”  il mio viso non era più semplicemente rigato dalle lacrime ma completamente invaso, non ce la facevo più corsi dentro casa e velocemente andai in camera rifugiandomi nella mia cella dorata. Mi buttai fra le coperte e la stanchezza prese il sopravvento.

 

Le palpebre si aprirono a fatica. Il sole irrompeva dalla finestra illuminando il mio viso. Una giornata assolata a Forks era un evento, al pari di una cometa. Le mie tempie pulsavano come se avessero puntato milioni di spilli, il mio cervello biascicava e lo stomaco bruciava come se fosse nella gola dell’inferno. Mi alzai a fatica imponendo il gomito a contrasto con il materasso.

 “Buongiorno nipotina!”Zio Emmett era seduto accanto a me e mi guardava ridacchiando.

 “Non devo essere un bello spettacolo! ” lui ridacchiò ancora di più.

 “Ieri sera lo eri! Almeno non sei monotona!”mi scosse i ricci arruffati.

 “No zio ho mal di testa! Mi sta scoppiando e tu non mi aiuti con tutto questo sbrilluccicare!”

 “Renesmee bevi questo!” mio zio Jasper mi porse una tazza da cui proveniva un odore nauseabondo.

 “Mio Dio! Cos’è?” protestai, mi ci mancava solo la nausea e sarei stata proprio perfetta.

“Bevi tutto di un sorso ti aiuterà a superare la sbornia!” lo guardai storto ma poi mi convinsi tanto peggio di così non potevo stare. Ingoiai quel liquido misto tra il viscido e il rasposo. Sapeva di menta con uovo crudo, il suo sapore era peggio del suo odore. Crucciai la fronte e strinsi gl’occhi ingoiando quell’immonda poltiglia per poi tornare a guardare i miei zii.

 “Sono stata orribile!” mio zio Emm sbuffò ma mi rivolse uno sguardo dolce.

“Più che altro ci hai colti di sorpresa; tu non hai mai fatto nulla di così sconsiderato, ma soprattutto non hai mai detto cose così dure. Forse anche noi ti abbiamo messo sotto pressione. Tu sei molto speciale Nessie, hai un’intelligenza che supera di gran lunga quella di tutti noi. Sei cresciuta così in fretta e comunque ci voleva una bella doccia fredda! E poi a dirtela tutta in alcuni momenti, sei stata divertente” alzai un sopracciglio perplessa“Quando hai detto a tua madre che sei cresciuta guardandoti la scollatura … li stavo quasi per soffocare nel trattenermi dalle risa” mi voltai verso zio Jasper che mi guardava con quel suo sguardo vuoto.

 “Come stanno?”

 “Tua madre è andata a caccia con le zie, doveva sfogarsi era arrabbiata e frustrata. Soprattutto con Jake. Tuo padre sta soffrendo sento molto forte il suo senso di colpa!” aggrottai la fronte non capendo perché lui si sentiva in colpa quando io avevo combinato un disastro.

 “Comunque Nessie, nessuno è arrabbiato con te!” sbuffai, anzi cominciai ad irritarmi piuttosto e anzichenò “Cosa c’è?” zio Emm intervenne vedendomi contrariata.

 “Possibile che se io combino un casino gli altri si sentono in colpa! Ma scusate ma che razza di adolescente sono se non riesco a beccarmi una punizione quando scappo di casa, mi ubriaco ed insulto le persone a cui voglio bene! Che devo fare devo uccidere qualcuno? ”

“Ti è rimasto solo di iniziare a fumare e poi sei il perfetto ritratto di una teen-ager americana!” un attimo di silenzio scambiandoci sguardi d’intesa che si trasmutarono in delle risa sguaiate.

 “Ahi che mal di testa!” zio Emm mi diede un buffetto e ridacchiando mi disse:

 “Benvenuta nel mondo degl’alcoolisti!”

 “Grazie, ne esco subito!”

 “Allora è meglio che ti vai a lavare! Puzzi come un barbone!” mi venne da ridere mentre davo un calcio da sotto le coperte allo zio, di tutta risposta saltò sul letto e si mise in posizione di difesa.

 “Vuoi fare a botte!” non me lo lasciai ripetere mi alzai di scatto afferrando il cuscino e cominciai a colpirlo, zio Jazz se la ridacchiava dalla porta.  Fu un attimo, ci accanimmo su di lui con i cuscini e la stanza si tramutò in una nuvola di piume.

“Ragazzi cosa avete combinato?” nonna Esme sentendo quel trambusto irruppe nella stanza ma non trattenne a lungo una risata vedendoci completamente coperti di piume, cosa che ci coinvolse.

 “Nessie ti ho preparato la torta di mele, se vuoi.” Il tono dolce di nonna mi riempii il cuore di gioia e poi la sua torta di mele guarirebbe anche i spiriti più affranti.

 “Scusa ma lei ha fatto un casino e tu le hai preparato la torta? Avevi ragione Nessie!” mi affiancai velocemente a mia nonna mentre facevo la linguaccia ad Emm.

 “Nonna mi dispiace!” lei mi spostò una ciocca dietro l’orecchio  liberando la mia fronte dai mie ricci arruffati per poi posare le sue labbra fredde su di essa facendomi leggermente rabbrividire.

 “Nessie, non è stata una cosa da te! Non stai affrontando un momento facile, quando ti andrà di parlarne troverai delle orecchie pronte ad ascoltare il tuo dolore, per ora ci limitiamo a coccolarti come abbiamo sempre fatto! E voi due …” disse rivolta ai miei zii che tenevano in mano le federe ormai vuote “… pulite questa stanza!” sentii un ringhio provenire da zio Emm. Non potei resistere e lo abbracciai.

 “Grazie …” sussurrai al suo orecchio.

 “Per cosa?”

“Per come sei … e perché metterai a posto la mia stanza” con la velocità ereditata da mio padre schioccai un bacio allo zio Jazz e mi catapultai in cucina dove mi attendeva la torta fumante.

 

Diventò sera. Mia madre non era ancora tornata, sapevo che avrei avuto almeno due giorni per prepararmi ad affrontarla. Ero seduta sul davanzale della mia finestra, illuminata dalla luce della luna, che piena copriva la lucentezza delle stelle non permettendo loro di brillare, in quella notte rischiarata dal suo candore. Completamente sola stavo in quella cameretta che sembrava sempre troppo stretta, in confronto alla foresta che si stanziava oltre il vetro mentre il mio respiro tiepido si condensava su di esso appannandolo. Allungai la mano sottile, disegnando un cuore con in mezzo una saetta che lo divideva. Lo cancellai quasi subito.

 “Cos’hai piccola? Perché sei qui, al buio?” la voce di nonno Carlisle  interruppe il silenzio che stava governando la mia mente da giorni, alzai le spalle in sua direzione e mi raggomitolai ancor di più in quella coperta striminzita che mi portavo dietro dalla mia infanzia, se infanzia si può definire, tornando con lo sguardo verso fuori. Sospirò e sentii i suoi passi leggeri verso di me. Avvertii la sua presenza come un vento gelido mentre si sedeva in una porzione del davanzale non coperta dalla mia persona.

“Ti senti in colpa?” il nonno ha sempre saputo leggermi dentro senza la necessità di possedere dei poteri. Noi dovevamo avere delle caratteristiche per essere speciali, lui invece no. Lo è, e basta.

“Nonno io ho fatto una cosa veramente stupida! So di avervi feriti tutti, e sinceramente mi sento morire per questo! Vorrei tornare indietro per evitarvi la delusione, per non vedere gli sguardi disgustati del mio comportamento, sembra che ultimamente riesco solo a fare del male!” per un attimo trovai il suo sguardo dolce, ma poi non riuscendo a sostenerlo mi voltai. La sua mano gelida mi prese il mento riportando le mie iridi ad incontrare le sue.

 “Conosco quell’espressione, è la stessa di tuo padre quando non accettava ciò che era diventato! Nessie vuoi parlarne?” nonno Carlisle è uno dei pochi capace di distruggere qualsiasi barriera, con quella saggezza antica che io tanto ammiravo, soprattutto per la mia ereditaria impulsività; presi aria, sospirando profondamente.

 “Fino a qualche giorno fa sapevo chi e cosa ero. Ne andavo addirittura fiera! Pensavo di possedere i pregi delle due specie e di avere un rapporto fantastico con la mia parte selvaggia. Ma ora, mi accorgo di non riuscire più a contenerla, soprattutto da quando Leah mi ha detto cosa voleva fare Jake alla mia nascita; mi sono sentita un mostro! Ho rischiato di uccidere mia madre, ho rischiato di uccidere quelle persone nel bar… perché è così dura?”

“Questa situazione mi ricorda qualche anno fa, quando tu eri ancora una bambina…”

“Lo sono mai stata?” sorrise. Adoro quando lo fa. Il suo viso è sempre concentrato, sembra che studia ogni minimo dettaglio di ciò che lo circonda. Invece quando sorride ogni minima fonte di luce nei paraggi appare pallida e fioca. Ho sempre pensato di voler essere come lui un giorno, ma in realtà non lo potrò mai essere. Solo metà di me potrà diventarlo.

“Lo sei stata per poco tempo. Tu eri qui nella tua stanza e guardavi fuori proprio come stai facendo adesso. Ti chiedevi se Babbo Natale ti avrebbe portato i doni per intero, visto che per metà sei un vampiro ed uccidevi gli animaletti del bosco! Ti sei sempre dimostrata molto intelligente!Non te lo ricordi?” scossi la testa in segno di diniego “Avevi la stessa espressione che hai ora” allungò la mano e con il dito mi diede un buffetto sul naso, facendolo arricciare involontariamente in una smorfia che reputai buffa dalla reazione del nonno “Io ti dissi che tutti scegliamo il nostro destino, nessuna natura può dettarti ciò che diverrai, tu sei padrona di te stessa e lo sarai sempre! Quindi se ti fossi comportata bene avresti ricevuto tutto ciò che desideravi?”

“Ma alla fine della storia la bambina si svegliò la mattina di Natale trovando l’albero completamente vuoto!”

“No. La piccola trovò l’albero con mille giocattoli nuovi, poiché quelli vecchi, che non usava, li aveva già donati agl’orfani! Le tue zie sono sempre state esagerate nei regali!” ci guardammo per un interminabile meraviglioso momento.

< Possibile che la soluzione di tutto fosse così a portata di mano e non me ne ero accorta? Perché non mi sono rivolta subito alla mia famiglia? Perché sono stata così sciocca da affrontare tutto questo da sola? Ci voleva la loro saggezza... >

Alcune note arrivarono al nostro udito. In tutta la giornata ci eravamo abilmente evitati, soprattutto ora che potevo irrompere nella sua testa.

 “Vorrei parlargli!” dissi mentre volgevo lo sguardo alla luce proveniente dal corridoio fuori dalla mia stanza

“Allora fallo!” scossi la testa e con una nota rotta nella voce risposi.

 “Ho paura che non mi perdoni, ho indirizzato un pensiero orribile nei suoi confronti! E per una cretina questione di orgoglio!” mio nonno sorrise ed io mi voltai nuovamente verso di lui.

 “Nessie è tuo padre, lui ti amerà sempre!”

 

Mi diressi lentamente verso la sala della musica. Avevo paura anche solo del suo sguardo, mentre percorrevo il lungo corridoio che ci separava. Troppe ore erano passate perché non lo affrontassi, e stavolta ero completamente sola spogliata di ogni armatura. Il mio muro era crollato e le mie certezze erano ancora coperte dalle macerie. Sapevo di dover costruire una nuova Renesmee e il primo mattone era lui. Edward era seduto sul suo sgabello, illuminato solamente da una lampada fioca ad un angolo dell’imponente pianoforte a coda. Il suo sguardo vagava sulla mano che suonava ripetutamente due, tre note. Nessuna meravigliosa melodia che accompagnava quel gesto, ero stata capace di strappargli anche il suo unico ancoraggio. Non doveva soffrire e pregai il cielo che mi lasciasse parlare. Vedevo l’altra mano impegnata a reggere la sua testa bronzea, vedevo il suo dolore. L’osservai a lungo appoggiata allo stipite della porta senza parlare perché il coraggio di affrontarlo mi mancava.

 < Perché vi ho trascinato nel mio inferno! >  mi destai attraverso il suo pensiero.

 “Papà!” sussurrai appena, lui si voltò verso di me. Non potevo lasciare che si attanagliasse ancora, troppi sensi di colpa governavano il suo cuore muto. Chi ero io per far riemergere tale supplizio? Giurai a me stessa che Edward Anthony Cullen non avrebbe più sofferto a causa delle mie parole. Si alzò e mi venne incontro, silenziosamente. Non riuscivo ancora a dire nulla tanto avevo paura di aver irrimediabilmente rovinato il nostro rapporto. Quel silenzio fu interrotto non da chi avrebbe dovuto farlo ma da chi invece avrebbe dovuto solo ascoltare le scuse di una figlia.

 “Renesmee io sono il mostro, non tu! Non avrei mai voluto trascinare te e tua madre nella mia eterna dannazione! Sono stato un’ egoista, ho riposto la mia salvezza in voi condannandovi entrambe!”disse come se non aspettasse altro che vedermi per spiegarsi.

 “No papà! Io…” mi fece cenno con la mano di fermarmi.

 “Sei uno specchio:  lo specchio della mia anima! Averti davanti ogni giorno della mia vita mi fa sentire nuovamente umano. Non essermi accorto che in te stava nascendo tutto quel vortice di emozioni mi ha fatto sentire privo di ogni capacità genitoriale. Ti ho abbandonata Renesmee e di questo non riesco a darmi pace! Non avresti mai potuto affrontare tutto da sola ed io sono stato cieco, lasciandoti in balia della marea! Mi dispiace, ti prego perdonami, bambina mia!” mi buttai alla sua vita, piangendo tutto quello che avevo in corpo. Ma lui non alzò e braccia per ricambiarmi, restò fermo immobile impassibile come se tutto quello che stava succedendo incombesse nel suo animo.

 “Papà, non darti colpe che non hai. Tu e la mamma siete tutto per me. Non avrei mai dovuto gettarvi i miei problemi addosso non lo meritate! Vi amo da morire, le cose orribili che ho detto ieri sera non le credo per niente, sono stata una stupita! Sei tu che devi perdonarmi, ti prego dimmi che lo farai ne ho bisogno! Ho bisogno di voi!” sentii solo allora le sue mani accarezzarmi la nuca per poi abbandonarsi in quell’abbraccio che stavo aspettando dalla mattina. Ed ecco che in quel grigio comparve il primo spiraglio di luce.

   < Nessie, io non potrei mai avercela con te capita a tutti di fare sciocchezze! > mi strinsi più forte posando la testa nell’incavo del suo collo assaporando il suo dolce profumo. Non volevo che quel momento finisse.

 “Devo parlare con Mamma!” lui annuì e mi sciolse definitivamente dandomi un bacio sulla fronte. Decisi che era ora di mostrare il motivo del mio comportamento.  Posai una mano sul suo viso lasciando che i miei ricordi fluissero in lui e tutto in un attimo cambiò, non avevo più niente di cui aver paura: la principessa Nessie poteva tornare alle fiabe meravigliose di cui era protagonista. Ora che aveva affrontato il re, aveva la voglia e la sicurezza di affrontare la regina e il principe, per riappropriarsi di quel futuro che le stava sfuggendo.

Note dell'autrice: Madame e Monsier ho messo alla fine le note! Voglio solo dirvi che questo capitolo pieno di confronti è stato il più duro e bello da scrivere! Jake ha fatto solo una breve apparizione ma dal prossimo tornerà per la gioia di tutti e tutte! Comunque voglio ricordarvi che la protagonista assoluta è l'amata Renesmee! Vi starete ovviamente chiedendo come Jacob abbia fatto a sapere che Nessie era in quel bar: quando Nessie scappa nessuno si accorge della sua assenza perchè troppo occupati a cercare la punizione adatta. Poi arriva il momento del verdetto e vedono che la sua camera è vuota e il libro in terra. Non trovandola in casa e nella foresta i Cullencoinvolgono anche Jake nelle ricerche. Questo retroscena Nessie non poteva ovviamente saperlo e ha ben altro a cui pensare. 

Siccome sono una scrittice cattiva vi anticipo una cosuccia dei prossimi capitoli: troveremo un Emmett inedito! Bocca cucita su qualsiasi altra anticipazione!

Noe_princi89: Non essere impaziente! Jacob parteciperà ad una parte preponderante della storia! però bisogna avere la pazienza di aspettare! Inoltre Nessie gli ha detto che non avrebbe voluto più vederlo, sta solo rispettando la sua scelta.

Sinead: leggendo la tua recensione mi stavo per mettere a piangere. Grazie veramente tanto e spero che questo capitolo ti sia piaciuto!

Grazie a chi mi segue e a chi mi ha messo fra i preferiti.

Sempre che io non sia più veloce di voi, cercate di recensirlo questo capitolo vi prego! ci tengo al vostro parere!

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Capitolo 7
*** CAPITOLO VI : Amore o magia? ***



Note dell'autrice: Come ringranziarvi se non con il nuovo capitolo. Non so se avete trovato nel capitolo precedente il nesso con il titolo dell'intera opera. I giorni grigi nell'oscurità.

Piccola precisazione per il nuovo: la riconciliazione con Bella e con Jacob sarà assolutamente diversa da quella struggente con Edward. Infatti come già ho accennato nel primo capitolo Nessie con la madre si sente assolutamente una bambina. I toni saranno assolutamente più leggeri! E poi diamo il via all'azione! Ragazzi siamo in America, ci devono essere stuntman ed esplosioni! Recensite! recensite! recensite!

Rossy87: infatti quello che io volevo rimarcare è la classica crisi adolescenziale. Non solo Nessie si trova ad essere a metà tra l'infanzia e l'età adulta, ma è anche al confine tra due mondi quello umano e quello vampiro. Mooooolto complicato! Il rapporto padre e figlia, l'ho voluto proprio così profondo. Edward ha sempre pensato di rimanere solo per tutta la sua vita ed invece si ritrova una moglie e una figlia. E poi io adoro Jake e Nessie almeno e quanto Edward e Nessie.

Never leave me: Mi prendo i tuoi applausi con un inchino fino alla punta dei piedi. Ti ringrazio di tutto! Cmq la riconciliazione di Jake e Nessie è molto particolare lo capirai leggendo. Ti anticipo che dobbiamo aspettare ancora un capitolo per vederli insieme veramente! Ma ci sarà una grande sorpresa soprattutto per colpa dell'impulsività di Renesmee, che combinerà una delle sue!

Sinead: Scrivendo il capitolo precedente ho veramente lasciato una lacrimuccia sulla tastiera. Snif Snif ti passo i fazzolettini! Condivido con te l'amore per Carlisle. Immagino che con Nessie, lui abbia il vero rapporto di guida, più che con i figli. Si sente veramente il nonno di Nessie e si sente fortunato ad averla con se. In realtà la cosa che adoro di tutti i Cullen è la loro completezza. Ogni personaggio rappresenta una forza e una debolezza umana. Adoro anche Esme così dolce e comprensiva sempre e comunque.

Mi fanno sempre piacere i vostri commenti!grazie mille a tutti!

 

CAPITOLO VI: Amore o magia?

Trascorse un’altra giornata. Mia madre ancora non era tornata e sinceramente avevo evitato di pensare a cosa le avrei detto quando l’avrei incontrata. Chiesi a zio Jazz di prestarmi la moto per andare a trovare Joy all’ospedale. Mio padre non è mai stato d’accordo sul farmela guidare, ma in quel momento mi avrebbe concesso di tutto, sotto mille raccomandazioni tra cui anche:

 “Se ti succede qualcosa tua madre mi fa diventare incenso per il bagno!”

 Mi piace la moto; mi sento molto più libera nei movimenti rispetto alla macchina e mi piace sentire l’aria infrangersi contro il mio corpo come quando corro.  Arrivai nella stanza dell’ospedale mentre il mio amico stava mangiando una gelatina rossa.

 “Nessie!” guizzo scalpitando con le gambe da sotto le lenzuola, il volto era ancora tumefatto, ma meno gonfio, qua e là era coperto da bendaggi.  Io mi buttai fra le sue braccia, lo sentii lamentarsi.

 “Scusa, scusa, scusa! ”  lui scosse la testa. Era felice di vedermi.

 “Io sono forte!” disse impostando una voce profonda e mostrandomi i suoi muscoli veramente inesistenti “Allora cara hai sistemato le cose con il bel Quileutte?” subito dritto ai tasti dolenti. Nulla avrebbe mai cambiato il mio caro Joyce.

 “No anzi la situazione si è complicata al quanto, ho fatto un paio di pazzie da adolescente ed ho offeso tutta la mia famiglia! Ora devo raccogliere i pezzi e sistemare il tutto!” vidi il suo occhio non gonfio guizzarsi verso di me cercando di capire cosa avessi fatto.

 “Nessie Cullen che fa una pazzia?! Non ci credo! Che hai fatto: hai picchiato qualcuno? Ti sei fatta ritirare la patente? Cosa? Cosa?” incalzò.

“La prima l’hai indovinata, la seconda è peggio: mi sono ubriacata! Il bello è che tutti si sono sentiti in colpa e mi hanno coccolato più di prima!”

 “E il bel Quileutte?”

“Ancora non l’ho affrontato ma vorrei farlo! Devo trovare una scusa per vederlo, anche perché se passo un altro giorno senza di lui rischio seriamente di impazzire!” ci furono secondi di silenzio che presto diventarono una fragorosa risata di Joy.

 “Non ci credo, tu ubriaca! Sarai stata divertentissima!”

Continuammo a chiacchierare per ore del più del meno, ritrovandoci come i vecchi amici di sempre, ma troppo presto per i nostri gusti arrivò il momento di tornare a casa:

“Signorina l’orario di visita è finito!” quando l’infermiera oltrepassò la camera di Joyce, il mio amico cominciò a fare mille smorfie, che avrei trovato divertentissime in un altro contesto, ma con lui ridotto così mi sembrarono quasi malinconiche. Sorrisi soltanto per non deluderlo. 

“Piccola, guarda che io sono sempre lo stesso! E poi vuoi mettere il fascino che scaturirò raccontando la nostra avventura? Certo magari ci metto anche qualche pugno mio e un paio di omaccioni in più, tanto per fare più odience!” ci scambiammo un tenero abbraccio e Joyce non si lasciò sfuggire la battuta finale, da bravo commediante quale era:

 “Mi raccomando niente festini alcoolici senza gli amici!”.

 

Mi trovai nuovamente sulla moto a sfrecciare sulla strada toccando i due e trenta. Ripensavo al mio amico che nonostante le ferite sembrava fornirmi un nuovo appiglio per la nuova Nessie. Inaspettato, come una tempesta bianca, un odore dolciastro a me molto familiare giunse alle mie narici.

< Vampiri? > allo specchietto notai dietro di me un’altra moto, nera e lucida, che sembrava mi pedinasse. Anzi ne ero certa, visto che aveva spento le luci non appena mi ero girata. Dovevo scoprire se la mia supposizione fosse esatta. Girai la manopola dell’acceleratore spingendo la mia moto oltre il suo limite massimo, toccando i due e settanta. Volevo calcolare la sua velocità. Niente. Continuava a starmi alle calcagna. Sapevo che a breve ci sarebbe stato un bivio. Bene.

< Che la prova del nove abbia inizio! >

La luce dei fari cominciava a rendere sempre più evidente la biforcazione che ci stava davanti. Spensi le luci per avere un ulteriore controprova. 

< Se sei un vampiro non ti darà fastidio un po’ di buio! >

Spinsi la moto dritta davanti a me, verso il cartello con le indicazioni delle strade che si trovava nella piccola piazzola erbosa sparti traffico. Solo a pochissimi metri dalla biforcazione imboccai repentinamente la strada a destra. Quando riaccesi i fari la moto nera era ancora ancorata alle mie spalle e non aveva nessuna intenzione di mollarmi. Sapevo che era giunto il momento di seminarla. Strinsi il freno lasciando stridere le gomme, mentre con il piede feci perno per voltarmi. Anche il mio inseguitore frenò bruscamente trovandoci così faccia a faccia.

 < Vediamo quanto coraggio hai! >  girai la manopola dell’acceleratore portando nuovamente i giri del motore al massimo. Forse anche lui voleva vedere i miei riflessi visto che fece lo stesso. Lasciai il freno e la moto partì a tutta velocità e così fece il mio inseguitore continuando la nostra partita di gatto e topo. Eravamo a circa un chilometro, cinquecento  metri, trecento, duecento … stavo quasi per finirgli addosso.

< Caro mio hai sbagliato persona io sono una Cullen! >

Vidi l’altro deviare e finire nel fitto della foresta sobbalzando dalla moto.  Superai il punto dove era caduto ad una velocità tale, che pensavo la moto mi stesse abbandonando. Dopo alcuni chilometri mi guardai indietro controllando se ero riuscita nel mio intento. Non  mi seguiva, nemmeno dalla foresta sentivo rumori. L’avevo seminato o mi stava ingannando?

 

Parcheggiai la moto nel garage e corsi verso l’ingresso salendo le scale a gruppi di tre scalini tanta era la fretta di rivelare l’accaduto. Solo una cosa avrebbe bloccato la veemenza con cui mi apprestavo a parlare. L’ odore di una delle due persone che tanto temevo di incontrare. Eccolo. Il profumo di mia madre, mi investì come una valanga. Era tornata.

< E adesso?! Dove trovo le parole? Come faccio? > stavo per tornarmene in garage almeno per riuscire a comporre la frase con cui avrei iniziato a chiederle scusa. Ma la sua voce precedette qualsiasi mio intento.

 “Renesmee Carlie Cullen!”  stava alle mie spalle, sicuramente con le braccia incrociate al petto, picchiettando con il suo piede contro il pavimento, il sopracciglio sinistro alzato in un vezzo che tradiva la sua rabbia aspettando solo che io mi voltassi, ma da brava vigliacca non lo feci. Sapevo che nel suo sguardo avrei letto il rammarico e la delusione che temevo e soprattutto non sopportavo la posizione da mamma arrabbiata che stava assumendo.

“Io…io…” sapevo che mi stava guardando. Tremavo solo per il tono con cui aveva pronunciato il mio nome. Continuavo a starmene lì, tenendo il casco di Jazz fra le mani, talmente stretto che solo un improvviso ‘crack’ me lo fece lasciare. Poi il sapore del sangue del mio labbro inferiore, mi fece capire di quanto il mio comportamento fosse infantile.

 < Renesmee è solo tua madre! >

< Papà, esci dalla mia testa! Già è complicato così non ti ci mettere anche tu! >

“Non hai niente da dirmi Renesmee?”

Rilassai le braccia lungo i fianchi. Avevo appena affrontato un vampiro sconosciuto e non riuscivo a spiccicare una parola con la donna che mi aveva messo al mondo?

“Mamma, mi dispiace ti chiedo scusa!” sussurrai trovando il coraggio di parlarle.

“Mi piacerebbe che mia figlia mi guardasse negl’occhi!”

Mi voltai sapendo di non potermi sottrarre a quella tortura. Tutto quello che avevo immaginato era reale. Posizione mamma arrabbiata completa. Compresa di sguardo severo che cozzava con il suo aspetto adolescenziale.

“Mamma, ho fatto una grande cazz… ”

< Renesmee modera il linguaggio! >

< Zitto tu! >

“ Ti dicevo che ho fatto una grande sciocchezza, mi puoi perdonare?” aspettavo solo una sua reazione, che tardava ad arrivare. Il sopracciglio si abbassò. Il primo cenno di benevolenza da quando ero entrata.

“ Scuse accettate, Renesmee! Ora ti dispiacerebbe spiegarmi il tuo comportamento? ” non esistevano le parole per spiegare i motivi delle mie scempiaggini, ma possedevo un modo di comunicare assai più efficace. Mi avvicinai accarezzandole il volto e lasciai fluire i miei ricordi nella sua mente a partire dalla litigata con Leah e Jake, le percosse di Joyce,la mia avventura nel bar… tutto. Mentre le immagini scorrevano da me a lei i suoi occhi rimasero serrati senza lasciar trapelare nulla che potesse indicarmi il suo giudizio. Quando però le palpebre si alzarono, rivelando i suoi caldi occhi dorati tutte le mie incertezze sparirono spazzate via dalla sua espressione compassionevole.

 “Dovresti parlare con Jacob”

 “Lui non vorrà vedermi! Sai com’è l’ho solo incolpato di avermi rovinato l’esistenza!” abbassai lo sguardo ma mia madre mi prese il mento, lasciando incontrare i nostri occhi così diversi eppure così uguali.

 “Fidati, soffre la tua lontananza almeno quanto stai soffrendo tu. Lo conosco bene!”

“Già!” dissi quasi stizzita per andarmi a sedere sullo splendido divanetto di legno dell’atrio. Portai le mani alla testa puntando i gomiti sulle ginocchia, come una bambina che fa i capricci. Si accomodò, vicino a me.  

“Tutto quello che c’è stato fra me e Jacob, è finito ormai molto tempo fa, parlagli! Spiegagli cosa provi, come hai fatto con me! Renesmee, voi due siete legati da un destino comune”mi aveva sciolto dalla mia posizione iniziando a giocherellare con il bracciale di corda che avevo al polso, regalo di Jake quando ero piccola. Stupida gelosia di una bambina viziata! Le schioccai un bacio sulla guancia e lei me ne diede uno tenerissimo sulla fronte.

“Ti voglio bene, mamma!”

 “Anch’io te ne voglio tanto, piccola brontola!”

 “Mamma dobbiamo riunirci!” finalmente una volta liberata della mia spada di Damocle, potevo dedicarmi al mio pedinatore “Credo di essere stata inseguita stasera! E credo che sia stato un vampiro!” mia madre sobbalzò in piedi.

 “Sei sicura di quello che dici?”

“Si mamma! Non so come sono riuscita a seminarlo! Zia Alice ha avuto qualche visione in proposito da quando siete partite?”

“No, ma probabilmente centri tu Renesmee, quindi per lei sarebbe stato impossibile vedere!”

“Vedere cosa?”trillò la voce della mia zia folletto che mi raggiunse abbracciandomi “Sono contenta che ti sia ripresa! Non lo fare mai più intesi!” zia Rose invece mi guardava con  lo stesso sguardo che riserva a zio Emmet quando fa il pesce lesso con qualcuna, ma io tirai fuori l’espressione più dispiaciuta possibile. ‘Bambi dopo la morte della mamma’ all’attacco!

 “Non vale Renesmee! Non fare quella faccia!” m’intimò con quella maschera truce che evidentemente si era ripromessa di dedicarmi. Ma io avevo due grandi e dolci occhi, che potevo fare diventare immensi con poco impegno “Vieni qui!” dopo qualche titubanza allargò le braccia per accogliermi ed io tutta soddisfatta andai a raccogliere il mio bottino.

 “Ragazze Renesmee è stata inseguita da un vampiro!”

“Cosa?!” dissero in coro le mie zie.

 “Cullen in riunone!” urlò zia Alice.

 

Eravamo tutti nello studio di nonno Carlisle. Tutti i Cullen ascoltavano preoccupati il mio inseguimento pendendo dalle mie labbra.

 “Nessie sei sicura che fosse un vampiro?” mi chiese Rosalie.

 “La prima cosa che ho percepito è stato il suo odore! Sembrava il vostro! Ho messo più volte alla prova i suoi riflessi, per esempio quando ho spento i fari lui ha continuato a seguirmi!”

“Cosa hai fatto con i fari?”

“Jasper non è il momento di pensare alla tua moto!”

“Vorrei vedere Emmett se fosse stata la tua macchina!”

“Basta voi due! Sembrate due ragazzini certe volte! Vostra nipote è stata inseguita e battibeccate per un non nulla!” immancabile ramanzina di zia Rose “Carlisle cosa pensi dobbiamo fare?”

Intanto cercavo lo sguardo di mio padre: stava poggiato sulla enorme libreria che troneggiava nello studio con un pugno sulla sua bocca, trattenendo i suoi impetuosi pensieri. Non avevo bisogno del mio nuovo potere per capire quanta preoccupazione celasse in quel suo modo di chiudersi.

 “Alice tu non vedi nulla?” la voce di Esme catturò nuovamente la mia attenzione. La notai seduta accanto ad Alice, cingendole le spalle, mentre lo sguardo vispo della zia era perso, cercando di vedere chi minacciava nuovamente la nostra famiglia.

 “No Esme vedo solo nero!”

“Carlisle pensi che centrino nuovamente loro?” stavolta era mio padre che si mosse dalla sua posizione statuaria.

“Non so Edward, non voglio giungere a conclusioni affrettate.” Mio nonno si alzò da dietro la scrivania dove era seduto “sta di fatto che organizzeremo delle ronde, mentre indaghiamo su chi o che cosa è giunto a Forks!”

“Dovremmo avvertire Jacob ed il branco! Loro potrebbero essere utili per le zone a cui non possiamo accedere!” intervenne Jasper con la sua valida osservazione. Oltretutto mi stava fornendo la scusa ideale per andare da lui. Dal mio Jacob.

 “Vado io ad avvertirli!” otto paia di occhi color dell’ambra mi puntarono, atterriti dalla mia proposta.

 “Tu non avevi litigato con il cane pulcioso?” non sopporto quando Rosalie chiama Jacob in quel modo. Passavo il mio sguardo supplichevole verso ogni membro della mia famiglia, sperando che comprendessero le mie ragioni.

 “ Avrò un buon pretesto per andare da lui e chiarire anche la mia situazione! So badare a me stessa, l’ho dimostrato stasera seminando uno di noi. Vi chiedo solo di poter andare nella riserva e parlare con lui!”

“Cerca di essere ragionevole Nessie, non possiamo seguirti nella riserva, mi sembra rischioso dopo quello che è successo lasciarti andare in giro sola!” se a dire certe cose era Esme allora io ero pronta ad arrendermi. Anche se avevo ancora qualche cosa da dire.

 “ Nessie, hai ragione. Ti accompagnerò fino al confine! Poi ti farai riportare da Jacob appena avrai finito!”la voce di mio padre si levò in mio soccorso, probabilmente aveva letto in me il bisogno di vedere Jacob. Continuammo a discutere su i come ed i perché quando la stanchezza sopraggiunse facendomi addormentare  con la testa sulle gambe dello zio Jasper.

 

La mattina successiva mio padre mi accompagnò al confine con la riserva come da accordi. Durante il viaggio imperò il silenzio fisico, tanto non avevamo più bisogno di parole.

 < Stai attenta! > mi disse prima di risalire in macchina. Prima tappa, casa di Jacob. La casa dove abitavano lui e il padre. Bussai alla porta. Nessuna risposta. Bussai più forte e più insistentemente. Stavo per andarmene quando la porta si aprì, rivelando Billy che mi guardava dalla sua sedia a rotelle.

 “Nessie, piccola che ci fai qui?” abbracciai il caro Billy. Il secondo Black a cui avevo rapito il cuore. Così si definiva ogni volta.

 “Billy sai dov’è Jacob?”

“Dorme a quest’ora del mattino! Vieni Nessie accomodati! Stavo facendo il caffè, ne vuoi una tazza?” entrammo e il profumo di Jacob mi assalì da ogni angolo della casa. In quel momento sentii la sua mancanza stringersi nel petto, costringendomi a torcere la mia camicetta all’altezza del cuore.

“Tutto bene Nessie?” afferrai la tazza che mi porgeva Billy.

 “Dolce con un velo latte. Non mi sono sbagliato?” Sorrisi scuotendo la testa. Sorseggiai il liquido notando che la sua temperatura era perfetta.

 “Avete litigato vero? Sono giorni che Jacob sembra un fantasma! Ha la stessa aria che hai tu!” sobbalzai a questa affermazione per poi poggiarmi allo schienale del divano “Sai piccola Jacob ci tiene talmente tanto che ogni volta che succede qualcosa fra di voi, sembra che gli crolli il mondo addosso! Mi dispiace vedervi entrambi soffrire!”

 “Billy credo di essere stata orribile con Jake, e vorrei scusarmi con lui! Ma non è il solo motivo per cui sono qui!”

 “Non m’importa e comunque sono felice di sapere che sei venuta a parlargli non lo sopportavo più, con quel suo continuo lagnarsi e quella sua aria di cane bastonato!”

“Vorrai dire lupo bastonato!” da Billy scappò una sonora risata. Era così piena e sincera da rallegrare anche me. I passi pesanti di un licantropo appena sveglio giunsero al mio udito, bloccando ogni mio muscolo. Era arrivato il momento della verità. Come sarebbe stata la mia reazione: avrei reagito da bambina impacciata come con mia madre o da donna matura come con mio padre? Inutile crearsi aspettative: portano solo a delusioni più amare.

 “Billy che fai parli da solo?” entrò stiracchiandosi e sbadigliando. Quello che avevo davanti non era un crudele e sanguinario lupo che voleva solo la mia morte. Era Jacob, o meglio, il mio Jake. I suoi occhi ormai incatenati ai miei tradivano i suoi sentimenti: sorpresi, felici e allo stesso momento tristi. Restava completamente immobilizzato dall’altra parte della stanza, con addosso solo i boxer con cui dormiva. Era incredibilmente ed assolutamente bello. Per la prima volta i miei occhi osservavano il suo corpo in maniera nuova. Ogni parola si era bloccata a metà della mia gola bruciando intensamente. Sentivo le mie gote avvamparsi d’imbarazzo. Eppure non era la prima volta che vedevo quel fisico statuario, dai pettorali scolpiti e gli addominali perfetti.  Il cuore aveva deciso di lasciare la residenza nel mio petto soltanto per unirsi al suo, batteva così forte che sembrò stesse per sfondare le costole. L’unico mio desiderio era poterlo riabbracciare, sentire il suo profumo proprio dalla sua pelle bollente saggiando quel calore che si sposava perfettamente con quello del mio corpo.

 “Jake io…” non riuscii più a trattenermi, gettai le mie braccia esili sul suo collo possente. I miei piedi arrivavano a terra con appena la punta per quanto era alto “Jake mi dispiace non voglio che succeda mai più, ti prego non essere arrabbiato! Io non voglio perderti! Perdonami sono una sciocca!” sentii le sue braccia avvolgermi  e carezzarmi la schiena. Affondò il suo viso nella mia chioma respirando a fondo, percepivo il suo cuore battere velocemente almeno quanto il mio. Eccolo il  suo calore penetrante, infondermi la sicurezza che tanto mi mancava. Raggiunsi la consapevolezza che il nostro è un legame  che prescinde i miti e le leggende alle quali apparteniamo. Non siamo mai stati Jacob Black e Renesmee Cullen. Siamo un Noi. Un unico, solo ed intenso Noi. Ed a prescindere che fosse come un amico, un fratello o un amante lui nella mia vita doveva essere presente per sempre!

“Nessie…”lo sentii esalare il mio nome “… dimmi che non sei un sogno!” alzai lo sguardo verso il suo viso e scoprì di avere una grande forza di volontà trattenendomi dal baciarlo!

“Significa che mi perdoni?” finalmente venni rischiarata dal suo meraviglioso sorriso. Quel sorriso capace di debellare le tenebre, capace di sterminare ogni mio demone interiore con il semplice fatto di esistere. Ecco il sole che stavo aspettando da giorni calmare il mare in tempesta.

< Sei arrivato finalmente! >

Non avevo più bisogno di nulla, perché ora avevo nuovamente lui. 

“Perdonarti? Sei tu che devi perdonarmi io non avrei mai dovuto pensare quelle cose, me ne pento da più di dieci anni, tu sei così importante per me Nessie! E poi non sono riuscito a proteggerti e questo fa ancora più male!” il solito sciocco ragazzone che non vedeva altro che la mia incolumità come prima cosa. Però dato che io sono io, non mi lasciai sfuggire quell’occasione per farmi riconoscere.

“Mi avete stufato con i vostri sensi di colpa: sono io che mi sono comportata male!” mi sciolsi da quell’abbraccio sbuffando e sbraitando cingendo le mie braccia al petto quasi offesa, anche se quello che mostravo era solo uno sciocco modo di tornare me stessa. Un altro sorriso e l’uccellino racchiuso nella mia gabbia toracica diventò un cavallo impazzito lanciato nella più folle corsa, tanto veloce era il suo galoppare. Troppo veloce. Stava per scoppiare preda di quelle emozioni che temevo non poter più riavere.

 < Da quando ai licantropi hanno dato i sorrisi ammazza mezzivampiri! >

 “Dolce mostriciattola!”si avvicino a me toccando con la sua fronte la mia dicendo semplici parole che temevo non avrei più sentito pronunciare “Accetto le tue scuse, se questo ti rende felice ti do tutte le colpe! Lo sapevi che è colpa tua se c’è la fame nel mondo?” non avevo voglia di rispondere alle sue provocazioni nonostante l’ultima parola, era lì proprio sull’orlo di uscire  “ E pensare che avevo progettato di essere arrabbiato con te a vita! Ed invece …”

“… invece non riusciamo ad esserlo nessuno dei due!”

 “Ehm Ehm … Nessie dovevi dire qualcos’altro a Jacob?” Billy c’interruppe  facendomi destare da quel meraviglioso momento di riappacificazione.

< Maledettissimo vampiro rovina momenti! Ma non potevi pedinare Rosalie, almeno ci saremmo levati subito il problema, visto che saresti morto sotto le sue grinfie! >

 “Jake c’è un problema, tu e qualcun altro dei tuoi dovreste venire a casa Cullen, sembra ci sia un nuovo vampiro in giro … voi avete percepito qualcosa?” lui mi guardò crucciato ed incredulo negando con la testa.

 “Qualche giorno fa abbiamo cominciato a sospettare che ci fosse qualcun altro ma le tracce ci portavano spesso a piste fantasma. Cosa è successo?”

“Ieri sera sono stata inseguita mentre tornavo a casa ma sono riuscita a seminarlo!”

“Cosa? Non posso crederci! Se ti fosse successo qualcosa, non me lo sarei mai perdonato!” i suoi pugni erano stretti in un gesto furente. Presi quelle mani che al contatto con le mie si lasciarono cullare. 

“Per fortuna non è successo niente, ma ora andiamo! La mia famiglia ha bisogno del vostro aiuto!” lo trascinai verso la porta ma proprio mentre avevo posato le mie dita sulla maniglia Billy richiamò la nostra attenzione:

“Jacob non dimentichi niente?” solo allora si accorse di essere ancora in boxer, cosa che lo imbarazzò notevolmente, lo vidi correre nella sua camera mentre io e Billy scoppiammo a ridere di gusto. Era la prima volta dopo giorni che la mia risata era veramente felice!

 

Sono stata confinata nella mia camera più in quei due giorni che in tutta la mia vita. Dato che non ero contemplata nelle ronde (con mio grande disappunto!) potevo anche non ascoltare la loro conversazione privata. Ho lottato per restare, ma potrei giurare di aver visto del fumo uscire dalle narici di mia madre, quindi abbandonai la mia battaglia. Sbuffavo e mi agitavo per la camera. Guardavo lo stereo, la libreria, la scrivania incerta su che cosa poteva occupare il mio tempo. Sembravo una pallina da ping pong. La mia attenzione alla fine venne catturata dalla bustina, con dentro i due libri comprati al centro commerciale. La presi e ne estrassi il contenuto delicatamente come se a contatto con l’aria si potesse sgretolare. Guardai Intervista con il Vampiro e sorrisi.

< Carino Tom Cruise vestito da Lestat! > avevo visto il film mille volte, e spesso mi faceva tornare alla mente le storie sui Volturi. Sarà lo stile antico e selvaggio!

 < Chissà se ci sono loro dietro questa storia! > scossi la testa per togliermi quel pensiero scostando il libro sul materasso accanto a me. I miei sensi subito percepirono la rugosità della copertina che tanto mi aveva attirato quel pomeriggio, portai al naso il libro assaporando quelle sfumature che mi facevano pensare al mio Jacob. Cominciai a sfogliare le pagine senza uno scopo preciso. Anche il solo sollevare quell’odore per me speciale mia rendeva stranamente felice. All’improvviso, destino beffardo, l’occhio mi cadde su di un disegno raffigurante il braccialetto che avevo al polso. Vi erano descritti colori e il significato delle loro combinazioni. Nonostante si fosse sbiadito ancora erano percepibili le tinte originali e quindi cercai la descrizione di tale combinazione. Promessa. Promessa di cosa? Una promessa poteva significare tutto a nulla. TOC TOC! Il bussare alla mia porta mi fece sobbalzare e mentre nascondevo i due libri sotto il cuscino gridai stridendo:

 “Avanti!” il viso di Jacob spuntò da dietro la porta con il suo sorriso.

 “Posso entrare? Volevo salutarti!” feci un cenno con la mano per invitarlo e lui superò la porta.

 “Sei ancora arrabbiata per averti esclusa?”

“In realtà si! Ma ormai sono abituata all’iperprottettivismo! Senti Jacob vorrei sapere una cosa ma devi essere sincero e diretto!” lui si poggiò sulla porta incrociando le braccia al petto, e in quel gesto a momenti svengo. Da quella mattina non avevo fatto altro che pensare al suo fisico statuario, alla sua pelle perfetta, alla sua bocca che avrei tanto voluto baciare.

 “Perché ti risulta che io non sono sincero e diretto! Nessie ci sei?” mi ripresi giurando a me stessa che avrei fatto almeno cinquanta ave marie in almeno due lingue, per punizione.

“Si, ci sono o almeno credo. Temo che la mia sanità mentale sia sull’orlo del collasso. Comunque ho letto una cosa interessante sul mio bracciale è vero che significa promessa? E quale sarebbe la promessa fatta?” lui sorrise sospirando. Si diede una leggera spinta ergendosi in tutta la sua statura, per poi sedersi accanto a me.

“La mia è una promessa particolare” pausa. Suspence malefica! “Ho giurato che ti avrei protetta ed amata per tutta la tua esistenza, che ci sarei stato sempre, per qualsiasi occasione! A costo di andare contro la mia stessa natura!” aveva preso a giocherellare con il mio bracciale ed a quel contatto sentì un brivido lungo la schiena. Starmi accanto a tutti costi. Odio e amore immediato.

< Stupida, stupida Nessie! >

Possibile che in dieci anni mi ero rivelata un’emerita imbecille? Tutte le tessere si posizionarono esattamente al loro posto, componendo il puzzle che in tutta la mia esistenza avevo ignorato. Seth aveva detto ‘un amore viscerale, profondo da cui non ci si può separare, lo scopo della vita diventa la felicità della persona che si ama’.  Come avevo fatto a non vederlo fino ad allora. Sembravo un cieco che per la prima volta vede la luce.

 “Io sono il tuo imprinting!” certo come poteva essere altrimenti, prendeva forma nella mia mente come creta nelle mani di un artista.

 “Ce ne hai messo di tempo per capirlo mostriciattola!” disse quasi in un sussurro, come se quelle fossero le parole che aspettasse di sentire da un momento all’altro. I nostri cuori battevano in un unico ritmo e i nostri respiri danzarono insieme, in quella distanza ormai pari quasi a zero. Le nostre labbra finalmente stavano per unirsi nel tanto agoniato bacio ma proprio quando si stavano per sfiorare mio padre aprì la porta ed io mi allontanai, colta in flagranza di reato. Sembravo una bambolina impettita.

“Jacob, Quil ti sta aspettando!”  incrociandosi con mio padre, si ringhiarono anche se in modo quasi impercettibile; guardai mio padre negl’occhi cercando di cancellare tutto quello che era avvenuto o stava avvenendo fino ad un attimo prima.

 < Renesmee vatti a fare una bella doccia fredda! >sentenziò sapendo che l’avrei potuto udire con il nostro nuovo potere. Io d’altro canto ero troppo scossa da quello che era successo. E soprattutto ero troppo felice!

< Va bene destino, grazie per il libro! Pace fatta anche con te! >

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Capitolo 8
*** CAPITOLO VII :Lezioni e Ormoni! ***


Note dell'autrice: velocità supersonica! questo capitolo non ha avuto bisogno di modifiche! quindi lo posto subito! Ragazze ci sarà da ridere e da sorprendersi in questo capitolo! Godetevelo! La prima parte è la mia preferita! Fatemi sapere se vi è piaciuta!

Never Leave Me: Fica la moto eh? Americanata pazzesca! Il siparietto di Edward serviva ad alleggerire un po' pure il suo ruolo, e poi mi fa morir dal ridere il fatto che s'intromette nelle discussioni con la madre con il pensiero. Spero sia stato così anche per te! Per Intervista col vampiro c'è una spiegazione: io davvero ho visto 1000 volte quel film ed ho letto anche il libro. Sulla copertina del libro c'è Tom Cruise per questo Nessie dice quella frase! Grazie per leggere sempre e seguire il ritmo incalzante delle mie postate velocissime! 

Noe_princi89: Eh eh lo scopriremo presto! Chi sarà mai il vampiro misterioso? E' bello vederti incuriosita dalla mia storia temevo che potesse stancare!

Baci Baci e ancora baci dalla vostra Malice

 

CAPITOLO VII :Lezioni e Ormoni!

Renesmee ti aspetto nel patio dopo la scuola. Sii puntuale.

Jasper

 “Ciao zio! Ho letto il tuo biglietto ma che significa?” Zio Jasper si trovava sul piccolo salottino in vimini nel patio, sul tavolino una scacchiera in legno finemente lavorata. Non rispose alla mia domanda se non con un cenno della mano invitandomi a sedermi. Odiavo quando faceva così.

“Ti deciderai a rispondermi oppure continuerai a fare il vampiro  oscuro e tenebroso?” ero decisamente innervosita al contrario di lui che invece era tranquillo e pacato come suo solito.

“La pazienza è una dote che decisamente non ti appartiene Renesmee!”

< Renesmee? > solo rarissime volte Jazz mi chiamava Renesmee, e non presagiva nulla di buono.

“Dovremmo cambiare questa tua peculiarità!” adesso la cosa cominciava a spaventarmi sul serio “Ora siediti e ascoltami! Ti devo spiegare alcune cose!” non ero molto convinta ma non ebbi altra scelta che ubbidire “Sai giocare a scacchi?”

“Zio mi stai prendendo in giro? Io non trovo divertente tutta questa sceneggiata! Se volevi fare una partita a scacchi bastava chiederlo normalmente!”

“Non è una sceneggiata e rispondi alla mia domanda!”

“Lo sai che so giocare a scacchi! Non sono mai riuscita a batterti!”

“Sai quindi che gli scacchi sono un gioco che consta di mosse di attacco e di difesa. Ciò può far paragonare questo passatempo ad un combattimento corpo a corpo!” dovevo immaginarlo. In effetti zio Jazz cambiava totalmente atteggiamento solo in occasione di battaglie o strategie. Diventava un vero e proprio soldatino.

“Zio ma perché mi stai dicendo queste cose?”

“La famiglia ha deciso che tu debba avere delle nozioni più approfondite di lotta, nel caso dovresti affrontare un vampiro! Per quanto tu sia avvantaggiata rispetto a tre umani sei sicuramente in condizione d'inferiorità rispetto a quelli come noi, quindi devi rafforzare le tue capacità!”

“Ma allora perché stiamo seduti qui a parlare invece di farmi mangiare spinaci o allenarmi sul serio?”

“La tua impazienza potrebbe rivelarsi molto dannosa, devi essere meno impulsiva! E poi senza una buona teoria la pratica serve a poco!”alzai gli occhi al cielo, ma all’improvviso sentì un profondo senso di pace invadermi la testa.

“ Il controllo dell’umore è una mossa sleale!”

“Almeno sarai meglio disposta ad ascoltarmi allora sei pronta?”

“Continua!”

“A te i bianchi!”

“Cosa? Dobbiamo giocare?” girò la scacchiera con i bianchi rivolti verso me, la risposta era ovvia. I pezzi cominciarono a spostarsi abbastanza velocemente, poi le mosse cominciarono a farsi più ponderate rallentando il ritmo di gioco. Sembrava che io avessi la meglio, avendo mangiato anche una delle sue torri e conquistando praticamente il centro, ma con quattro mosse riuscì a mettere sotto scacco la mia donna e dopo altre due il re.

“È impossibile!” sbottai, facendo cadere il re sulla scacchiera, che rotolò fino a terra. Mio zio si chinò raccogliendolo, per poi guardarmi sorridente, cosa veramente fastidiosa.

“Sai come ho fatto?”

“Se l’avessi saputo non avresti vinto! Basta con le domande ovvie!”

“Ad un tratto tu hai mangiato la torre, te ne sei accorta che te l’ho lasciato fare?”

“Bravo, complimenti, vuoi anche il podio?”

“Renesmee sei qui per imparare! Quindi non innervosirti!” stavolta era diventato severo.

“Va bene, continua!”

“Ho sacrificato un pezzo forte per un alfiere, ottenendo così una posizione migliore per i miei pezzi leggeri! Tu puntavi troppo allo scacco per accorgerti della mia strategia!”

“E come posso portare queste nozioni in campo?”

“Vedrai sul momento come utilizzare certe tattiche, ora sta attenta a ciò che ti dico!” posizionò gli scacchi in maniera diversa da come li avevamo lasciati. La cosa cominciava ad intrigarmi di più, scoprire i segreti degli scacchi dello zio, poteva rivelarsi utile per qualche scommessa.

“Spesso, se ti accorgi che l’avversario è superiore, puoi cercare di pattare, ovvero portarti in una situazione di stallo con il tuo rivale, questo potrebbe permetterti di prendere tempo e di conoscere meglio il tuo nemico elaborando la volta successiva una tattica vincente! In questo caso come ti muoveresti?” aveva lasciato scivolare la scacchiera verso di me nuovamente. Osservai le posizioni dei vari pezzi disegnando nella mia mente  eventuali mosse ed eventuali risposte. Ne mossi alcuni e lo zio rispose proprio come avevo previsto. Dopo qualche minuto la mia torre costrinse il suo re ad una fuga, che continuò per tre mosse consecutive.

“A me questa sembra patta!” porsi la mia mano allo zio, come si fa nei tornei in televisione lui la strinse molto più contento.

“Ottimo, vedo che hai capito! Continuiamo?” annuì contenta. La lezione divenne ancora più interessante e io rimasi estasiata da tutte le regole e nozioni utili di quel gioco, che fino ad allora avevo reputato noioso, solo perché non sapevo tutte le sfumature che poteva contenere.

“Si è fatto buio è ora che vai a dormire, ci vediamo domani?”

“Stesso posto, stessa ora?” afferrai le sue spalle da dietro. Ci scambiavamo affetto poche volte con lo zio, soprattutto perché odiavo mettere in imbarazzo l’unico in casa veramente discreto, lo rispettavo molto per questo. Nonostante non potesse sapevo che per quel gesto stava arrossendo, mosse la testa in un si ed io gli schioccai un bacio fortissimo sulla guancia.

“Grazie, allora a domani!” dissi sul limitare della porta.

Per molti giorni consecutivi continuammo quelle lezioni, terminando sempre con una partita all’ultima mossa, o meglio con le mie sconfitte all’ultima mossa.

“Renesmee, prova a prevedere le mie risposte! Non andare diretta all’obbiettivo: circonda ed attacca! Devi cercare di sfruttare la mia forza per battermi!”

“Ehy! Ci sto provando!”

“Non abbastanza!”

“Zio vado a dire ad Alice che devi comprarti un cappotto nuovo?”

“Pensa a concentrarti, invece di minacciare. E se lo fai ti trascino con me!” sbuffai, ma poi un’illuminazione: se avessi mosso il mio alfiere avrei costretto la regina ad arretrare svincolando il re, dalla sua protezione liberando il lato alla mia torre. Circonda e attacca! Ecco  cosa intendeva.

“Non posso crederci, scacco matto!” gridai dalla gioia saltellando per tutto il patio. Jazz divertito sorrideva mentre sistemava i pezzi nella loro bella scatola.

“Ma come oggi basta?”

“Si, oggi la lezione è finita! Ora sei pronta per la parte pratica! Domani ci vediamo in giardino! Mettiti comoda!”

“Ammettilo che sono stata brava!”

“Brava, ma non montarti troppo! Per la parte pratica dovrai scontrarti con uno dei vampiri più forti esistenti…” ghiaccio nelle vene. Per quanto io ami lo Zio Emm conosco anche la sua incapacità di regolarsi, l’ultima volta che ho lottato con lui ho avuto una costola incrinata per una settimana.

“No, lo zio Emm no!”

“Ragazzina non lamentarti! Non credere che per qualche partita a scacchi con questo rammollito tu riesca facilmente a battermi!” parli del diavolo e spuntano le corna. Emmett ci raggiunse scendendo dai rami di un albero da dove sembrava osservarci.

“A proposito Emm a questo rammollito devi cinquanta dollari! Mi ha battuto prima della fine di questa settimana!” lo zio cercò il suo portafogli nella tasca posteriore dei jeans sbuffando, lo aprì porgendo la banconota a Jasper che tutto soddisfatto, l’afferrò.

“Avevate scommesso su di me un’altra volta?” dissi stizzita “Non ci posso credere c’è una cosa su cui non scommettete?”

“No, non credo Nessie!” disse mio padre spuntando dalla porta “Non metterlo via Emm, hai un debito anche con me, sgancia!” si avvicinò allo zio porgendo il palmo della mano. Emmett prese nuovamente il portafogli che stava riponendo nella tasca, ne estrasse ben due banconote e di malavoglia le diede a papà.

< E tu quanto e su cosa avevi scommesso? >

“Cento dollari che riuscivi a battere Jazz oggi!”

Continuai ad allenarmi duramente con gli zii, a cui si era aggiunto mio padre, senza mai avere una sosta. Il mio programma prevedeva la mattina, prima della scuola, una lunga corsa con Edward fino al confine. Al rientro dovevo esercitarmi nel corpo a corpo con Emmett e Jasper. La sera Carlisle curava le ferite della giornata mentre Esme, Alice, Rosalie e la mamma redarguivano tutti e tre. La parte più divertente di tutto era proprio questa. Però c’era da dire che i frutti di quell’allenamento si cominciavano a vedere. Avevo acquistato una grande forza e sicurezza negl’ultimi giorni. Se questo costava qualche graffio o lussazione, era un prezzo che pagavo volentieri.

“Nessie a forza di stare con i lupi sei diventata una pigrona! Cerca di essere concentrata!” lo guardavo da terra dove mi aveva appena scaraventato. Avevo il ginocchio in fiamme per tutte le volte in cui l’avevo sbattuto.

“Zio aspetta, mi sono fatta male!” cominciai a piagnucolare.

“Oh, no ancora! Mi uccideranno prima o poi!” si avvicinò guardando il mio ginocchio “Dove ti sei fatta male precisamente?” si abbassò per osservare meglio il punto che indicavo. Appena fu completamente distratto da quella situazione gli diedi un calcio sotto il mento lasciandolo barcollare, prima che riuscisse a riprendere equilibrio lo afferrai per la maglietta e lo scaraventai contro ad un albero, lui scivolò a terra tramortito a quel punto non gli diedi il tempo di rialzarsi mi ero già portata su di lui puntandolo al collo.

“Fregato! Così impari a scommettere su di me!”

“Brava ragazzina! Cominciavo a dubitare della tua fantomatica furbizia!” mi alzai da quella posizione e lo aiutai a sistemarsi.

“A zio, nello schianto ti è caduta un po’ di dignità!” lui mi gettò a terra cominciando a farmi il solletico sui fianchi. Io mi dimenavo e sembrò che fossi tornata bambina.

 

Certo che avrei voluto cominciare ad allentare un po’, visto che le mie giornate erano ormai diventate solo corsa, scuola, combattimento, tattica e fasciature varie ed eventuali. Mi chiesi come mai tutto quell’interessamento alla mia pratica combattente. In fin dei conti io imparo in fretta e le lezioni si stavano prolungando ben oltre quello a me necessario. Gli allenamenti si sarebbero potuti dilazionare durante la settimana ed invece il programma non aveva subito nessuna variazione. Fra un pugno e l’altro avrei voluto infilarci una chiacchierata con Jacob, che riuscivo a vedere a malapena e mai da sola. Ogni tanto passava a casa e partecipava ai miei allenamenti a cui non riuscivo a sottrarmi da quasi tre settimane.

< No, non può essere. Come avrebbe convinto Emmett a staccarsi dalla poltrona! No dai! Non possono farlo apposta per non farmi incontrare con Jacob! Sarebbe assurdo e diabolico! >

“Lo state facendo apposta?” era il solito pomeriggio, e con quella mia domanda giurerei di aver visto i loro tre volti impallidire ancora di più, se fosse possibile. L’inno spagnolo nella mente di mio padre fu la prova che cercavo.

“Cosa vuoi dire ragazzina?” disse Emmett fingendo di non capire.

“Lo sapete benissimo! Voi non volete che io veda Jacob!”

“No piccola, perché pensi ad una cosa del genere?” Jasper tentò con il suo potere di tranquillizzarmi.

“Beccati! Jazz hai fatto la mossa sbagliata! Voi tre siete peggio dei Volturi! E scommetto che tu sei l’artefice di tutto!” puntai il dito contro mio padre che continuava a canticchiare mentalmente l’inno spagnolo “Smettila quel trucco te l’ho insegnato io! Non puoi usarlo contro di me!” ero totalmente infuriata; infatti il tono della mia voce aveva raggiunto decibel che non pensavo potessero esistere.

“Bambina mia è solo che…”

“Non parlare, la tua posizione è talmente compromessa che neanche ti immagini! Vado in camera mia e non provate a seguirmi! ” stavo lasciando un solco lungo la strada che conduceva verso casa “Jasper se non la smetti ti rigo la moto!” stava ancora cercando di calmarmi. Entrando in casa trovai mia madre, le mie zie e mia nonna nel salotto che mi aspettavano.

“Noi l’avevamo detto che prima o poi l’avresti scoperto!” proferì Alice in un tono sconsolato. Avevano ascoltato la nostra conversazione, sarebbe stato difficile visto il volume a cui era avvenuta.

“Quindi voi lo sapevate! Perché non li avete fermati!”

“Ci abbiamo provato ma sai quanto possono essere testardi quei tre!” stavolta parlò Esme che con la sua dolcezza ottenne ciò in cui Jasper non era riuscito.

“Quando tuo padre ci ha detto quello che stava accadendo fra te e Jacob tutti e tre sembravano impazziti, la gelosia non li ha fatti ragionare!” intervenne mia madre.

“Jasper pazzo di gelosia, non ce lo vedo proprio!”

“Non che abbia fatto una scenata …”

“A quello ci ha pensato Emmett!” interruppe Zia Rose.

“… però in compenso si è messo subito a macchinare una maniera per tenerti occupata! Che poi non capisco cosa volessero ottenere! In fin dei conti Nessie e Jake…”

“Alice non continuare…” ringhiò zia Rose.

“Stanno arrivando, vai amore mio! Fatti una doccia e corri in camera tua ci pensiamo noi e presto arriverà anche tuo nonno a darci man forte!” mia madre mi diede un bacio sulla fronte e mi congedò. Il mio programma fu proprio quello. Sgattaiolai in bagno, sotto il getto scrosciante per poi filare in camera mia chiudendola accuratamente a chiave. Sentivo la gola pizzicare e la bocca asciutta. I primi sintomi dei miei bisogni della mia metà da vampira.

 

Ormai dovevo arrendermi; avevo bisogno di nutrirmi. Piccole pagliuzze nere, prendevano spazio tra le mie iridi, sintomo che la sete stava inesorabilmente peggiorando. E si arrese anche mio padre con i suoi fratelli complici. Dalla sera della riunione e del mio quasi bacio con Jake avevano fatto in modo che non fossimo più da soli. Ma quel giorno di sole era l’unico che poteva accompagnarmi, l’unico che io volessi. Così  avremmo avuto l’occasione di parlare di noi e del nostro futuro. La prima cosa comunque era trovare un qualche animale pronto a sacrificarsi per me; correvo lungo la foresta cercando le scie a me prelibate, ascoltando ogni minino rintocco che facesse pensare ad un cuore pulsante; accanto a me un enorme lupo rossiccio sfrecciava tra le fronde umide, sentivo il respiro farsi corto non per la fatica ma per l’emozione di averlo accanto. Piegai le ginocchia spiccando un notevole balzo verso uno dei rami più alti, mi aggrappai con le mani, lasciandomi ciondolare per qualche secondo. Con un colpo di reni feci roteare il mio corpo attorno al ramo per poter posare i piedi su di esso. Una volta ben saldi mi misi in piedi acuendo i miei sensi alla ricerca del mio banchetto.  Ai piedi dell’albero il mio lupo mi osservava tenendomi sott’occhio quasi spaventato, come se io potessi cadere e soprattutto farmi male. Eccolo. Un battito veloce quasi quanto il mio. Un fruscio. Non di foglie ma acqua, acqua che scorre. Sentivo la sua lingua catturare l’acqua nel tentativo di abbeverarsi,

< Bene sarà distratto! > cominciai a saltare da un ramo all’altro, a terra avrei rischiato di farmi scoprire, la mia vista percepì una macchia bionda vicino al ruscello mentre il suo battito si faceva sempre più assordante, quasi che la mia bramosia amplificasse il dolce suono del nettare rinchiuso in quel corpo. Ero sopra di esso, il puma non si era accorto della mia presenza.  Allentai il mio battito ed il mio respiro quasi a fermarlo. Nessun rumore doveva attirarlo.  Alzò la testa dietro le sue spalle. No si era accorto di me. Lasciai che riprendesse a bere. Un salto. Atterrai sopra la sua schiena, bloccandolo a terra con la mia forza. Si dimenava e dibatteva cercando di divincolarsi dalla mia morsa, tentativo vano e futile. Tentò di mordermi. Nel silenzio della foresta per pochi secondi si udirono i soffi e le grida disperate dell’animale che nella vana speranza di sopravvivere cercava di combattere. A quel punto la sua sofferenza era giunta al termine. Esposi al meglio il suo collo, dove il sangue scorre fluido. Affondai i miei canini nella carne tenera fino a raggiungere la vena maestra, letto del nettare vitale per me e la mia famiglia. Sentivo il liquido caldo, dolce scorrere lentamente da lui a me, così come il suo dimenarsi si faceva sempre più debole. Strinsi con più forza i miei pugni ora lasciandomi preda della foga che il mio nutrimento scatena. Sentivo il mio stomaco riempirsi della linfa vitale dell’animale, e più ne avevo più ne volevo.

“Nessie!” la calda mano di Jacob mi smosse da quello stato di trance a cui ero costretta ogni volta, ero sazia ma ne avrei voluto ancora. Mi staccai quasi a farmi una violenza, rimanendo seduta qualche secondo cercando di governare quella smania attraverso respiri lunghi e profondi. Chiusi gl’occhi.

 “Tutto bene?” non riusciva ancora ad abituarsi a quel lato di me nonostante lui m’avesse insegnato a cacciare, ed era lui a sfidarmi da bambina a chi prende la preda più grossa. Gattonai fino al ruscello, con una mano mi pulii dal sangue agl’angoli della bocca.

 “Stai meglio ora!?”mi chiese premuroso, mi voltai verso di lui ed incontrai il suo sguardo. M’incantavano ogni volta, i suoi occhi caldi quanto la sua pelle. E pensare che mi guardavano con il mio stesso desiderio.

 “Nessie, tutto bene?” battei le palpebre cercando di riprendermi dal mio imbambolamento.

 “Si, si scusa Jake! Sai com’è!” mi alzai e mi trovai a pochi millimetri dal suo corpo; sentivo il suo respiro accelerare e il suo cuore battere più velocemente, ma perché i licantropi dovevano girare sempre seminudi scatenando gl’ormoni delle mezze vampire!?

“Nessie sei strana oggi!”

“Tu non lo saresti?” mi allontanai andandomi a sedere su di un tronco spezzato. “Vogliamo parlare Jake?” lui sospirò rimanendo in piedi di fronte a me. Lasciai scorrere il mio sguardo dai suoi piedi fino ai Jeans strappati e logori che si portava dietro per la caccia, il suo petto nudo perfettamente scolpito era meraviglioso e la sua pelle emanava un profumo inebriante. Mi accorsi come ogni cellula del suo corpo richiamasse il mio desiderio, pensai che se le sue labbra non fossero state mie a breve sarei crollata.

 “Di cosa vuoi parlare?”

< Jacob non ti ricordi? >

“Di quando sei venuto a casa mia per parlare del vampiro!” lui sospirò lasciando che un silenzio pesante come un macigno piombasse fra di noi.

 “Possibile Jake che per te è così difficile! Forse mi sono sbagliata? Non sono io il tuo imprinting?” sbottai quella situazione mi aveva resa nervosa.

 “Nessie non ti sei sbagliata! È solo che…”

“È solo che cosa? Vuoi uno striscione luminoso che ti dica cosa io provo per te! Dio santo Jacob Black… smettila di aver paura per me io ormai sono cresciuta e so cosa voglio! Ho abbastanza familiari che pensano che io sia una bambina… ” non potei andare oltre, il suo braccio caldo mi cingeva la vita mentre lui mi guardava intensamente negl’occhi. Mi sentii liquida, fluida completamente sciolta dal calore del suo corpo a contatto con il mio così esile in confronto a lui. La distanza fra noi era quasi nulla, ma per un attimo temei che non si sarebbe mai colmata come se entrambi sapevamo di intraprendere una strada da cui sarebbe stato impossibile deviare. E poi l’inaspettato.

 “Ti amo!” non sue le parole ma mie uscirono come un fiume in piena, mentre il mio viso s’infuocò. La sua mano cinse la mia nuca tirandomi a se lasciando che quella distanza che fino a pochi secondi  prima mi sembrava incolmabile fosse pari a zero. Le nostre labbra danzarono al ritmo della passione dettata dall’attesa di quel gesto così naturale e spontaneo. Lo amavo e lui mi amava questo contava e null’altro. Ad un tratto il bisogno di prendere aria ci fece staccare lasciando i nostri polmoni e cuori ansanti.

 “Ti amo anch’io Renesmee Carlie Cullen, ti ho amata da quando ti ho visto per la prima volta!” sorrisi e cercai nuovamente le sue labbra, con ancora più passione e coinvolgimento , sentire quelle parole nei miei confronti scatenarono una più ampia esplosione di emozioni. Volevo il suo corpo, la sua anima. Volevo lui. Ci sdraiammo a terra travolti dai nostri istinti, sentivo il suo corpo sopra il mio adagiato attento a non pesarmi  mentre la sua mano saliva dal mio fianco fino verso il seno. Non volevo che si fermasse ma s’alzò velocemente distanziandosi da me di qualche passo.

 “Che succede Jacob?Forse tu non mi desideri?!” la mia voce era ancora rotta dalla brama di lui così come il suo respiro.

 “Nessie, io ti desidero troppo! È questo il problema!” mi alzai avvicinandomi a lui accarezzando il suo volto quasi spaurito.

 “Allora perché ti sei fermato?” lo costrinsi a guardarmi negl’occhi.

 “Ti ricordi che a casa c’è un padre iperprotettivo e che sa leggere nel pensiero? Quando credi c’impiegherà a staccarci la testa?” aveva maledettamente ragione. Sfiorai le sue labbra delicatamente.

 “Scusami!” riuscii solo ad esalare quelle parole. “Ti posso confessare una cosa?”

“Puoi dire tutto quello che vuoi Nessie!”

“Non credo che resisterò a lungo, da troppo ho cominciato a vederti in maniera diversa! Sinceramente ho molta voglia di te ed è inutile nascondertelo!” lui sorrise ed un’altra volta mi sentii galleggiare a mezz’aria.

 “Per me è lo stesso Nessie! Penso che se non ci fosse stato l’imprinting io ti avrei amata lo stesso. Sei perfetta!”

“E adesso? Cosa facciamo! Pensi che mio padre ci lascerà vedere dopo aver letto nelle nostre menti il desiderio che ci accomuna?” accarezzai i suoi capelli corvini con la punta delle dita lasciando che lui mi cingesse nuovamente i fianchi, sospirò come a scacciare alcuni pensieri.

 “A che pensi?”

 “È frustrante sapere che ci desideriamo e non possiamo. Dobbiamo stare attenti anche a cosa pensiamo…” poi tutt’un tratto una folgorazione.

 “Jake ho un’ idea!” lui mi guardò stupito, ma non gli diedi il tempo di pensarci troppo su, che già lo avevo trascinato verso casa.

 

“Mamma! Papà! Zii! Nonni! Vi devo parlare!” urlai per tutta casa Cullen trascinando Jacob da una stanza all’altra.

 “Renesmee per l’amor di Dio cosa è successo?” nonna Esme fu la prima ad arrivare seguita da una formazione completa della mia famiglia, Zia Alice e Zio Jazz entrarono dalla finestra, Zia Rose e Zio Emm si ricomponevano mentre i miei genitori insieme ai miei nonni si catapultarono su di me.

 “Al rapporto, tutti! Ho un annuncio importante!” se fosse impossibile giurerei aver visto i miei genitori sbiancare ancor di più, mi schiarii la voce.

 “ Mamma e Papà come vi sarete accorti io sono cresciuta!” zio Emm ridacchiò e come sempre il ringhio di Zia Rose lo interruppe.

 “Dicevo: come vi sarete accorti io sono cresciuta ed ormai non sono più una bambina! Sono certa che i sentimenti che provo per Jake sono molto profondi, cosa di cui mi sono avveduta da parecchio tempo e questo lo sapete!” mi rivolsi a mio padre che vedevo combattere contro il suo impulso di saltare al collo di Jake “Noi due siamo legati da sempre, e questo mi fa pensare che non è solo un’infatuazione passeggera ma il nostro destino, intrecciato da fili d’acciaio che niente e nessuno potrà mai spezzare, compresi voi!” le facce ancor più incredule mentre sentii nettamente sia mia madre sia mia Zia unirsi al ringhio di mio padre, mentre Jacob notava un non so che di divertente.

  “Nessie vuoi venire al punto tesoro?” in quel momento presi tutto il fiato che avevo in corpo e mi voltai verso il licantropo che se la ridacchiava nell’angolo.

 “Jacob Black ti amo più della mia stessa vita! Vuoi sposarmi?” smise di ridacchiare. Il suo pomo di Adamo si mosse nervosamente, l’avevo sicuramente preso alla sprovvista.

“Ti prego Jake non me lo far ripetere!” lo implorai ma non ebbe il tempo di rispondere, mio padre lo aveva chiuso puntando al suo collo aiutato da Rose e da Emmett che gli tenevano le braccia.

 “Fermatevi!” gli urlai contro.

 “Voi tre arrestatevi!”questa volta fu Carlisle, che con un cenno della testa indico ai figli restanti di fermarli.

 “Alice e Jasper vedete di fermarli subito!” disse nonna Esme mentre con il nonno cercavano di sciogliere la presa di mio padre.

< Maledetto cane rognoso! > Zio Jazz cercava di staccare Emmett mentre Alice provava con Rose.  Appena riuscirono a scostare mio padre da Jake mi avvicinai a lui, sfiorandogli il viso facendogli provare i miei stessi sentimenti, così forti e puri da intenerirlo.

“Jacob tu sei morto e sta volta sul serio!” mia madre ringhiava, mentre mia Zia incontrando lo sguardo di mio padre sconsolato, cominciava a rassegnarsi. Lo zio invece sembrava veramente furibondo tanto che una volta staccato continuava a dimenarsi per avventarsi verso Jacob. Lo zio riusciva a malapena a tenerlo fermo tanto che Alice lo dovette aiutare.

“Cosa stai cercando di fare Renesmee?”

“Papà, mi credete una stupida? Solo perché ci stavamo baciando avete deciso di riempire le mie giornate con allenamenti durissimi in modo da non farci stare insieme!Noi due ci amiamo, l’hai visto ed è inutile cercare di dividerci. Lo voglio sposare per dimostrarvi che faccio sul serio e perché così accetterete più facilmente la nostra attrazione sia fisica che spirituale…” lui mi voltò le spalle come se sapesse che continuando a guardarmi il suo consenso sarebbe stato naturale. A quel punto fu Rose ad intervenire.

 “Nessie, ti rendi conto che la tua decisione di sposarlo è avventata? Sei giovanissima, non sai nulla dell’amore e di quello che comporta un matrimonio, è un passo serio! Una volta fatto sarà difficile tornare indietro! È la prima volta che affronti certe cose, dovresti andarci con i piedi di piombo. Pensi che stando insieme da qualche ora i vostri sentimenti siano eterni?”

“Noi due ci conosciamo da sempre, sappiamo tutto l’una dell’altro e non abbiamo bisogno di parole per comunicare. Siamo amici, fratelli, compagni da una vita!Per me questo è amore, il matrimonio conferirà solo un aspetto ufficiale a quello che già nel nostro cuore è consapevole. E poi, sarei pronta a rinunciare anche a tutti voi se non sarete d’accordo!”

“Non vorrei io Nessie” questa volta fu Jacob a parlare sorprendendomi alquanto, ero così sicura che mi volesse sposare.

 “No Jacob, nessuno dovrà rinunciare a nessuno! Renesmee ha ragione! Noi non siamo normali persone che si conoscono, si amano e poi si sposano. Tutto quello che viviamo è totalmente assoluto e consapevole. Non prendiamoci in giro: Rose ti sei innamorata di Emmett mentre agonizzava ferito, non lo conoscevi a fondo prima di farne il tuo compagno. Eppure siete felici insieme. Sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato sin dalla sua nascita, opporci sarebbe inutile e deleterio. Renesmee, Jacob, avrete la nostra benedizione!”

“Edward ti sei bevuto il cervello?” rispose mia madre mentre gli sguardi della famiglia erano tutti puntati sulla nostra discussione.

“Papà…”

“Bella,”disse mentre si voltava verso mia madre “Nessie mi ha fatto vedere i suoi sentimenti, e non sono né diversi dai nostri né meno intensi. Ti devo ricordare a cosa hai rinunciato per seguire il tuo amore? E cosa pensi fermerà lei? Non ho nessuna intenzione di perderla!” mia madre si voltò verso di me, io non potei fare a meno di sfiorarle il viso trasferendole il mio amore per Jake, facendole vivere le mie emozioni. Quando riaprii i suoi occhi color topazio sospirò profondamente.

 “Eh sia!”

 “Evviva ci sarà un altro matrimonio in questa casa!” zia Alice zompettò allegra verso di me.

 “Aspetta zia, Jacob non ha ancora risposto. Allora vuoi sposarmi?” lui mi guardò intensamente ma non riuscivo a mettere a fuoco la sua espressione un misto fra la felicità più assoluta e la paura più profonda. Trascorsero pochi secondi ma per me furono interminabili. Ad un tratto, rinvenuto dallo shock iniziale, mi venne incontro, baciandomi appassionatamente.

“È un si! Evviva non vedevo l’ora di organizzare un altro matrimonio!” sorrisi all’affermazione di Zia Alice staccandomi da Jake. Mio nonno ci venne incontro.

 “Benvenuto nella nostra famiglia Jacob!” si strinsero la mano. Mia nonna mi abbracciò insieme a Zia Alice e Zio Jasper. Ma ben quattro vampiri non erano d’accordo con la mia decisione e non si congratularono quel giorno.  

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Capitolo 9
*** CAPITOLO VIII: Ricordi di un’ infanzia rapita dal tempo! ***


Note dell'autrice: Ladies an Gentleman! Madame et Monsieur!Seniores e Seniore ecco a voi il nuovo Emmett. Avete capito qualcosa dal capitolo precedente?No? Meglio! Care mie poi preparate i vostri cuoricini palpitanti! La scena finale farà venire il diabete a tutti!

Noe_princi89: posso dedicare la parte finale del capitolo a te? Penso che ti piacerà, quindi, una volta letto, mi dirai se è vero! 

Sinead: Non temere! io non faccio andare liscia la scivolina sugli sci figuriamoci se faccio sposare su due piedi Renesmee! Ci sono da affrontare parenti, pericoli problemi e la scuola! e poi siamo solo a metà della prima parte della mia storia! Trascorreranno fiumi e fiumi di parole prima di sapere se e quando avverrà questo matrimonio!     

Anticipazioncina per regalo a tutte voi: fra 2 capitolini cominceremo a scoprire chi era il vampiro/a misterioso per ora godetevi un po' di miele e zucchero!

CAPITOLO VIII: Ricordi di un’ infanzia rapita dal tempo!

Trascorsero un paio di mesi ed ancora non avevo iniziato ad organizzare il matrimonio. L’unica cosa che sapevo era che si sarebbe svolto dopo il diploma, scelta obbligata dai miei genitori. Ci volle poco per riconciliarmi con loro, per quanto fossero contrari si arresero al destino che già dieci anni prima aveva tracciato la mia strada assieme a lui. Ma ancora non avevo fatto i conti con due zii infuriati, la vera ragione per cui non avevo neanche pensato ad una data precisa. All’inizio pensavo che Zio Emm facesse l’arrabbiato solo per non contrariare la zia, ed invece scoprii che lui non voleva quel matrimonio al pari di Rosalie, forse anche di più. Si avvicinava il Natale. Zia Alice fremeva per organizzare la festa che quest’anno si sarebbe svolta con la nostra famiglia al completo, compresa di entrambi i nonni materni. Volevo che alle mie nozze partecipasse anche Renee, così mia madre, mio padre e  nonno Charlie, partirono per Jacksonville per spiegarle la situazione ed invitarla a conoscermi. In realtà con il mio matrimonio le avevo solo fornito il pretesto e il coraggio di quel passo. E mentre mia madre era a Jacksonville ad affrontare la sua, io mi trovavo a Forks ad affrontare due zii molto contrariati.

 

“Assolutamente no!Zia scordatelo” cercavo nervosamente di scrollarmi Zia Alice che m’implorava, girovagando per tutta casa.

“Ti prego Nessie!” la fulminai con lo sguardo ringhiandole.

 “Ho detto NO! Non voglio coprirmi di ridicolo di fronte a tutti!”

“Ti prego, ti prego, ti prego!” s’inginocchiò facendo alcuni passetti, mentre con le mani congiunte continuava la sua supplica.

 “Zia ho detto no! In quale altra lingua vuoi che te lo dico!?No e poi no!”

“Cos’è questo trambusto?”

“Nonno aiutami tu!” corsi incontro a Carlisle cercando nel suo abbraccio un po’ di protezione da quella nanerottola pazza.

 “Cosa sta succedendo Alice?”

“Carlisle quella sconsiderata di tua nipote non vuole suonare il violino alla festa di Natale! Ho già convinto Edward a suonare ma lei è più testarda di sua madre!” Sentii il nonno accennare ad una risata discreta

“Come mai Nessie? Tu suoni meravigliosamente!” guardai stizzita mio nonno, anche con una lieve punta di odio, mentre mia zia sorrideva soddisfatta.

 “Questa è una congiura!” mi sciolsi dall’abbraccio e volai praticamente in camera mia chiudendo a chiave la porta sperando che questo scoraggiasse Alice.

 “Non l’avrai vinta tanto facilmente!” sentii trillare da in fondo le scale la zia folletto, ma non me ne curai. Alzai lo sguardo ed incontrai Emmet, seduto sul letto che guardava il mio album d’infanzia. Da quando mio zio era diventato un sentimentale?

“Zio, cosa ci fai qui?” lui non si era accorto della mia fragorosa entrata troppo preso dai suoi pensieri.

“Renesmee scusa non volevo invadere la tua privacy!” guardai fuori dalla finestra pensando di vedere gli angeli dell’apocalisse: dopo quello che avevo appena sentito e visto, la fine del mondo era vicina! È vero che dopo il mio fatidico annuncio con lui e la zia Rose avevo, si e no, scambiato due o tre parole però quello era molto più strano.

“In questa casa parli di privacy?” sorrisi e lui rispose alzando le spalle, niente battute, niente di niente. Di nuovo un silenzio assordante piombò tra di noi “Adesso basta, si può sapere cosa vi prende?! È così dura accettare che io sposerò Jacob?” lui mi guardò quasi preso alla sprovvista da quelle mie domande.

 “Nessie tu sei così piccola e no non riesco ad accettare che tu vuoi condividere la vita con quel cagnaccio puzzolente! Mi dispiace Ness, tu sei  la nostra principessa e meriti il meglio! Quella cosa lì non è il meglio!” i suoi toni erano e aspri almeno quanto il significato delle sue parole.

 “Zio Emmet ti rendi conto di cosa stai dicendo? Non pensi che spetta a me decidere cosa è meglio per la mia vita?”

“Infatti nessuno di noi due sta impedendo il tuo matrimonio! Ciò non vuol dire che dobbiamo per forza approvare …”  non avevo mai visto Emmett sotto quella luce. Lui mi spalleggiava in ogni mia marachella, per quanto fosse pericolosa o stupida, mi aveva anche perdonato la scenata da ubriaca ed ora aveva quello sguardo così duro nei miei confronti che mi faceva male solo ad incontrarlo.

“Io sono felice! Ma la mia felicità non è completa se voi non mi sarete accanto in questa mia scelta!” a quel punto lui mi si avvicinò chiedendomi di farlo uscire, io mi spostai liberando il passaggio permettendogli di aprire la porta. Dietro di essa c’era zia Rose che stava origliando.

 “Volevo dirti un’altra cosa Renesmee: io e Rosalie partiremo dopo il tuo diploma …” dalle sue spalle uscirono quelle parole squarciandomi il cuore, non riuscivo a crederci.

 “Mi stai dicendo che non ci sarete? Zia tu lo sapevi?” lei era sorpresa quanto me.

 “Emmet cosa stai dicendo? Avevi intenzione di chiedermelo almeno ?!” lui le rivolse uno sguardo intristito.

 “Rosalie non qui, vieni …” le prese un braccio trascinandola via, mentre ancora teneva gli occhi ancorati a i miei. Rimasi sola senza riuscire a muovere un muscolo, con un forte dolore nel petto che mi lacerava nell’anima, straziata dalla notizia che due fra le più importanti persone della mia vita mi stavano abbandonando, proprio ora che il loro appoggio mi era vitale. Indietreggiai fino ad incontrare il davanzale della mia finestra. Lasciavo il mio sguardo vagare nel vuoto alla ricerca delle risposte necessarie a capire se il mio fosse realmente uno sbaglio come affermavano loro. Per la prima volta sentii vacillare la forza delle mie scelte, che mi fossi lasciata trasportare delle nuove sensazioni che stavo vivendo?  No. Io non volevo altro che passare l’eternità con il mio Jacob. Eppure stavo veramente male. Perché avere Jake per sempre significava perdere Rose ed Emmet, coloro che rappresentavano i miei genitori in loro assenza. Lo zio che mi faceva addormentare la sera e che mi trattava come se fossi il frutto dell’amore con sua moglie, che aveva riversato su me tutto l’affetto destinato ad un loro figlio. Li deludeva a tal punto la mia decisione?

 

Lasciai che Zia Alice mi trascinasse assieme a Zio Jasper ad un centro commerciale, alla ricerca degli addobbi perfetti. 

“Nessie sento che sei molto triste! Vuoi che ti dia una mano?” stavamo aspettando che mia Zia uscisse dall’ennesimo negozio di vestiti che fra una decorazione e l’altra diventavano una tappa obbligatoria.

 “No grazie Zio! Il tuo potere per quanto forte non può durare per sempre!” Jazz mi guardava con quel suo sguardo stralunato eppure risultava essere sempre molto affascinante, con quella sua chioma bionda e fulva.

 “Posso chiederti cosa ti turba a tal punto?” sospirai incontrando i suoi occhi color topazio che mi scrutavano incuriositi e preoccupati.

 “Sapevate che Emmet e Rosalie non parteciperanno al mio matrimonio?” lui mi guardò perplesso.

 “Alice non ha visto nulla a riguardo!”

“Ovvio, sono io la ragione per cui non  vengono, li ho delusi scegliendo Jacob! E sai che è stato Emmet a dire di non voler partecipare!”

“Vuoi il mio parere?” gli sorrisi, è raro che lo zio Jazz si esponesse.

 “Certo zio!”

“Emmet è scosso perché ha paura di perderti. Tua madre e tuo padre. hanno la certezza che tu ci sarai sempre. Ma Emmet e Rose sono i tuoi zii. Loro non possono vantare diritti propri dei tuoi genitori. Ha solo paura che tu l’escluda! ”

 “Ma come possono pensare una cosa del genere! Io vi amo tutti incondizionatamente! Non potrei mai abbandonarvi! Il fatto è che ora nel mio cuore c’è Jacob e lui è importante al pari di ognuno di voi!” scosse i miei capelli con una carezza dolce sorridendomi.

 “Lo sappiamo bene! Vedrai che comunque gli passerà, secondo me Emm si accorgerà di non poter mancare al tuo matrimonio… in fin dei conti tu sei come la figlia che non hanno avuto…”

“A proposito Zio Jazz io volevo chiedere una cosa. Posso?” il suo sguardo si fece ancora più incuriosito, increspando la pelle perfetta della fronte.

 “Dimmi tutto Nessie!”

“Zio se te e quel testone dello zio Emm siete d’accordo vi vorrei come testimoni di nozze!” uno dei più raggiante sorrisi mai visti a Jasper se non riservati per Alice, si allargò sul quel viso dallo sguardo lontano.

 “Ne sarei profondamente onorato!” mi prese la mano e con fare galante la sfiorò appena con le labbra. Devo ammettere che lo zio come papà, ha quel modo di fare di altri tempi che fa profondamente piacere ad una donna.

 “Che dici sarà il caso di trascinarla fuori di lì?” gli dissi immaginando delle povere commesse completamente inghiottite dal ciclone Alice. Tenendo ancora la mano, mi aiutò ad alzarmi. Entrammo nel negozio, come immaginavamo la povera vittima incappata in quella pazza scellerata, aveva i capelli fuori posto mentre cercava di reggere una montagna indecifrabile di vestiti e il suo sguardo tradiva la voglia di un mese di ferie.

 “Nessie, nipotina mia!”

< Aiuto! Dove sono le uscite di sicurezza quando servono! Non c’è neanche una hostess ad indicarmele! > 

“Aiutami! Se mi lasci nell’occhio del ciclone ti porto con me! ” dissi a mezza bocca allo zio. Quella scena doveva sembrare molto divertente, visto la sua perfetta imitazione della iena che stava facendo.

 “Ho visto alcuni abiti che addosso a te sarebbero perfetti! Provali!” disse porgendomi tre stampelle con altrettanti pezzetti di stoffa.

“Posso evitare questa tortura?” mi guardò in cagnesco ringhiando, la commessa sobbalzò guardandola stupefatta e terrorizzata allo stesso tempo. Onde evitare un infarto a quella povera donna, che come unica colpa aveva scelto di lavorare in quel negozio, cercai di ritirare le mie parole ma la zia era più svelta di un leprotto e imperò un secco:

 “No! Ubbidisci!” E così il pomeriggio a cercare gli addobbi diventò vestiamo la bambolina per la festa. Continuammo a correre da un negozio all’altro senza sosta. Per fortuna che vampiri e mezzi vampiri sono dotati di una forza eccezionale altrimenti non avremmo mai sostenuto tutti i pacchetti che la zia Alice ci costringeva a portare. Povero zio Jazz! Lui era costretto ogni volta a fare quelle gite spaventose ai centri commerciali. Che coppia perfetta! Ad un tratto un negozio pieno di sbuffi bianchi, colpì la mia attenzione accecandomi. Mi fermai di fronte a quella vetrina, e lo vidi. Un corpetto rigido di seta bianco latte senza spalline, con dei cristalli rossi che disegnavano un tralcio di rose che s’arrampicava dalla vita fino al seno sinistro, la gonna leggermente svasata anch’essa di seta, adornata da uno sbuffo di morbido tulle rosso alla fine della schiena, che s’amalgamava allo strascico come se ne fosse una goccia di sangue che scivolava sulla stoffa. Rimasi ad osservarlo per circa un quarto d’ora.

 “Pianeta Terra chiama Nessie!” zia Alice imitava la voce di Robocop e mi destò dall’immagine di me che andavo all’altare con quell’abito.

“Ti piace?”

“Non adesso zia, ti avverto che non lo provo!” lei rimase con me a rimirarlo per qualche secondo.

 “Va bene andiamo io ho finito!” devo ammettere che è strano che la zia non mi costringa a provare un abito, soprattutto uno come quello, o gl’angeli dell’apocalisse stanno mandando più e più presagi per farmi capire di trasferirmi su di un altro pianeta o probabilmente anche lei sotto quella maschera gioiosa, pensava che non era giusto che  mi sposassi.

 

Rimanemmo in silenzio per tutto il viaggio di ritorno, tanto che io soprafatta dalla stanchezza chiusi gl’occhi lasciandomi cullare da quell’abito meraviglioso che avevo visto nel pomeriggio. Il pensiero di comprarlo senza Zia Rose mi aveva lasciato un vuoto. Una piccola lacrima scese mentre mi coprivo con la mia giacca. Sentì la macchina fermarsi .

“Jazz si è addormentata!” avrei potuto aprire gl’occhi e far vedere che mi stavo svegliando, ma, come quando ero piccola, in quel momento avevo bisogno delle loro accortezze. Le braccia forti e gelide dello zio mi afferrarono ed io mi accoccolai prontamente sul suo petto. La zia sistemò la mia giacca cercando di non farmi prendere freddo.

 “Portala in camera sua!”. Quando un vampiro ti porta in braccio sembra di fluttuare, loro ti prendono con una delicatezza infinita quasi non toccassero nulla del tuo corpo. Io amavo quando succedeva per questo avevo deciso di continuare nel mio dormi veglia.

 “Grazie Jazz, l’accompagno io!” l’odore di Zia Rose arrivò al mio olfatto, mentre passavo nelle sue braccia. Dio, come mi mancava! Mi adagiò sul materasso sfilando le mie scarpe ed imboccandomi le coperte. Sentì il suo lieve peso adagiarsi accanto a me. Il mio respiro si scontrava contro la pelle glaciale del suo viso, mentre la mano spostava delle ciocche ribelli che avrebbero disturbato il mio riposo. Perché tutto l’affetto ora che sto dormendo?

 “Renesmee, nessuno sa quanto io ti ami! Tu mi hai fatto provare la gioia di essere una madre! Il figlio che non avrò mai! Non sono d’accordo con Emmett e voglio esserci nel giorno più importante della tua vita. So che il comportamento che sta assumendo quell’idiota di tuo zio non fa altro che ferirti. Né io né tantomeno lui possiamo arrogarci il diritto di farti scegliere. Piccola mia, sei cresciuta così velocemente che non ci siamo resi conto della meravigliosa e splendida giovane donna che sei diventata. Sono così fiera di te, della persona che sei. Non abbiamo legami di sangue, eppure vedo in te tutte quelle piccole caratteristiche speciali che ci fanno assomigliare: l’allegria di Alice, la dolcezza di Esme, l’intelligenza di Carlisle, il mio orgoglio, la sensibilità di Jasper, la forza di Emmett. La sua paura di perderti non lo fa ragionare, ti ama almeno quanto me. Voglio che tu sappia che io ho accettato che la tua vita vada avanti, e farò di tutto perché lo faccia anche Emmet! Ti amiamo infinitamente bambina mia!” il suo dolce sussurro mi commosse lasciando che una lacrima bagnò il mio cuscino. Aprii lentamente gl’occhi cercando il suo sguardo sperando che nel momento in cui l’avrei incontrato non svanisse in un sogno. Era lì, e le sue parole erano sincere ed accorate. Le misi una mano sul volto mostrandole l’abito che avevo visto, insieme alla sofferenza provata per la paura di perderla.

“Zia se voi decidesse di non venire mando all’aria tutto! Siete troppo importanti per me!” so di aver detto che avrei sposato Jacob con o senso il consenso della mia famiglia, ma in quel momento avrei rinunciato perché quella che avevo davanti mi stava offrendo la sua anima e il suo cuore.

 “No piccolina, non devi sacrificare la tua felicità. Ho visto come guardi Jacob, lui è la tua metà perfetta, convincerò tuo zio Emmett, non preoccuparti! Ora dormi, tesoro!” sistemò le mie coperte e mi addormentai con la speranza nel cuore.

 

Tic. Tic. Tic. Mi svegliai. La mia nuova sveglia segnava le tre. Ancora stordita dell’ora sentii il rumore tanto fastidioso provenire dalla mia finestra. Stropicciai gl’occhi cercando di capire se stavo ancora sognando o meno ma quel rumore tornò nel mio cervello. Tic. Tic.

 < Cosa Diavolo è? > mi affacciai e c’era Jacob in mezzo alla neve. Teneri fiocchi bianchi scendevano leggeri, andandosi a posare sul tappeto bianco che già si era venuto a creare. Infilai le scarpe velocemente ed aprendo la finestra balzai di fronte al mio Jacob che mi aspettava a braccia aperte coperto da una maglietta aderente a maniche lunghe ed i suoi soliti Jeans strappati e logori.

 “Hai visto sta nevicando!”

“ E’ meraviglioso Jake ma come facevi a saperlo?”

“Diciamo che ho ricevuto l’aiuto di un tuo familiare!” lo abbracciai beandomi del calore emanato dal suo corpo. Anche se lui provasse una nota antipatia per la neve, sapeva che a me piaceva tantissimo. Gli donai un delicato bacio a fior di labbra che ben presto si fece più passionale, mentre mi accarezzava la schiena intrecciando le sue braccia ai miei capelli sciolti.

 “Mi sei mancata!”

“Anche tu!” ci sussurravamo a vicenda parole dolci quando mi prese per una mano e mi portò nella foresta, la nostra foresta. Il nostro riparo dalle orecchie, sguardi e menti indiscrete dei vampiri che abitavano nella casa. Piccoli cumoli candidi si stavano creando sulle fronde spogliate dall’inverno, sentivo la neve posarsi sul mio viso tiepido  sciogliendosi in piccole lacrime che imperlavano il mio viso pallido almeno quanto la luce offuscata della luna. L’odore che emana poi è qualcosa di straordinario: la sua freschezza colma sempre i miei polmoni come se il mio respiro si fa nuovo e si pulisse. Ero così presa dalla gioia di quel momento che mi ero dimenticata del mio compagno.

 “Scusami Jake la neve mi fa un effetto strano!” lui osservava immobile i miei movimenti leggeri, regalandomi quel sorriso che tanto mi scaldava. Sembrava rimirare uno di quei spettacoli che la natura ci forniva durante le nostre passeggiate. Sapevo esattamente cosa pensava di me, di quanto il suo cuore mi reputasse assolutamente divina. Perfetta nelle mie imperfezioni.

“Cosa c’è?” gli chiesi provocandolo un po’.

 “Sei splendida! E mi chiedo cosa ho fatto per meritarti!” il sangue affluì velocemente al mio volto e le mie gote si tinsero ancor più di rosso. Vidi Jacob avvicinarsi prendendo il mio viso fra le mani, i nostri sguardi si fissarono l’uno con l’altro e restammo così sconfinati e magnifici minuti, come se le nostre anime si unissero per l’ennesima volta.

“Nessie, so che c’eravamo promessi di non farci nulla per Natale, ma ti ho fatto un regalo!” guardai stranita Jacob, così mi metteva in imbarazzo.

“Jacob…” il mio tono di rimprovero risultava così stonato nella melodia che si stava creando con l’atmosfera bianca e congelata della neve.

“Shh!” posò il suo dito sulle mie labbra, lasciandole arroventare ancora più dal desiderio di averlo “Ci siamo fidanzati in una maniera non del tutto tradizionale e sinceramente non avrei mai voluto che andasse così” tormentava nervosamente le mie mani nelle sue, sembrava impacciato, era così tenero “ Ho sempre fantasticato su come avrei chiesto di sposarti ma ogni volta che cercavo una scenografia la più adatta sembrava proprio questa: una notte pallida e bianca dove tutto sembra sospeso sotto il candido manto della neve. Renesmee tu sei la ragione della mia vita! Sei il mio sole, la mia stella polare, la mia notte ed il mio giorno! Più vedo quanto mi ami e più mi rendo conto di non meritarti! Eppure egoisticamente spero che tu non te ne accorga mai!” cercava fra le tasche del suo jeans da cui estrasse una scatolina di velluto nero. L’uccellino che risiede nel mio petto si fermò anche lui ad ascoltare le parole che tremanti si formavano su quelle morbide labbra. A quel punto Jake aprì la scatoletta e me la porse. Al suo interno un anello d’oro bianco, con un delicato diamante incastonato brillava al tocco della luna che aveva fatto capolino tra le nubi invernali.

 “Renesmee Carlie Cullen! Vuoi sposarmi?” io ormai non  lo ascoltavo mentre mi porgeva l’anello. Io posai la mia mano nella sua e lasciai che l’anello entrasse perfettamente nell’anulare sinistro. Restai impietrita a rimirare quella piccola stella, semplice come lui ma altrettanto splendente. Non c’era voce, non c’erano parole, solo emozioni che rischiavano di detonare la testa.

 “Non mi hai risposto!” sorrideva con quella splendida espressione incerta di chi aspetta una risposta. Eppure sapeva il mio verdetto. Cosa temere ormai?

“In realtà te l’ho chiesto prima io!” sentivo le mie labbra contorcersi in un sorriso involontario “Si, si e mille volte si” un si che sarebbe stato sempre quello anche chiedendolo altre mille volte.

 “Ti amo Renesmee!” prese le mie mani e le portò al petto dove percepivo battere il suo cuore ad una velocità nuova, mai sentita, neanche in un essere speciale come lui.

 “Anch’io ti amo Jacob! Ti amo più di me stessa!” in quel momento i dubbi che mi avevano assalito nei giorni precedenti mi abbandonarono. Noi eravamo un solo corpo e una sola anima. Quella notte compresi che nessuno poteva cambiare il nostro amore intrecciato da un destino che ci ha legato per l’eternità! Tutto sembrava così idilliaco, irreale che neanche un sogno poteva essere così bello.  Mi staccai allontanandomi di poco e voltarmi. Un cespuglio aveva raccolto abbastanza neve per poterla afferrare.

“Jake!” sospirai mentre sentivo la sua ansia salire in quel comportamento così misterioso che avevo assunto.

“Cosa c’è Nessie?”

“Prendi questo!” Gli lanciai la mia cartuccia lasciandolo spiazzato. Così iniziammo la nostra divertente battaglia, perché in fondo potevamo essere amici, fidanzati o sposati. Non cambiava nulla. Eravamo Noi. Jake e Nessie. Nessie e Jake. Non era una semplice etichetta che avrebbe cambiato lo stato delle cose. Noi per sempre!

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Capitolo 10
*** CAPITOLO IX: La vigilia! ***


CAPITOLO IX: La vigilia!

Era arrivata la vigilia di Natale. Durante l’intero arco della giornata, mia zia obbligava tutti a sistemare, organizzare, spostare, decorare, cucinare e quant’ altro servisse a rifinire la sua festa. Tutto doveva essere assolutamente perfetto. Mia madre sarebbe arrivata con la nonna nel tardo pomeriggio. Dalle telefonate che ci scambiammo, percepì che non fu facile far accettare la realtà a Renèe, ma come biasimarla. Non deve essere facile realizzare che esiste un mondo parallelo al tuo, di cui non conoscevi l’esistenza, popolato da esseri spaventosi. E magari, dopo aver preso in considerazione che quell’universo visto solo nei film dell’orrore sia reale, venire a conoscenza che tua figlia è diventata una di loro.  Avevo un profondo terrore del parere che si era fatta su quella strana nipote che non aveva mai conosciuto e che a dieci anni ne mostrava diciassette. Mi sentivo molto responsabile per la condizione di mia madre, tanto da temere di ricevere un giudizio inquisitorio anche da parte degl’altri. Tra l’altro Jacob non sarebbe stato lì con me. Già spiegare che esistono i vampiri non era facile, figurarci metterci pure i licantropi in mezzo sarebbe stato troppo. Ciò però non toglieva il fatto che avrei molto gradito la sua presenza e la sicurezza che mi metteva molto a mio agio. Ormai sarebbero arrivati a breve e non sapevo cosa indossare. Volevo sembrare il più carina e angelica possibile, valutando l’idea di mascherarmi da fatina. In questo tipo di casi avrei tanto voluto avere il gusto di zia Alice o di Zia Rose.  

< Mettiti il vestito rosso con il copri spalle verde! > il pensiero di mio padre mi arrivò come se fosse lì. Un momento: ma era lì!

< Papà? > lentamente mi voltai e lo vidi con quel sorriso sghembo appoggiato allo stipite della porta che mi osservava divertito chissà da quanto. Lo faceva sempre. Si acquattava silenziosamente in quella posizione e osservava i miei gesti. Una volta sono riuscita ad estorcergli il perché di quell’atteggiamento: non ottenni una risposta esauriente, però aveva confessato che nei momenti in cui sono sola avevo gli stessi atteggiamenti della Bella, goffa e maldestra che aveva conosciuto.

 “Papà!Siete tornati!” mi buttai fra le sue braccia e lui immancabilmente mi baciò la testa.

 “Divertita tesoro?” alzai un sopracciglio interdetta e lui se la rise di gusto. Certo come potevo divertirmi con Emmett che giocava allo scambio dei ruoli con Rose?  “Ci sei mancata!”

< Anche voi!  > mentre ancora accoccolata fra le sue braccia, mi godevo il  suo ritorno una rivelazione folgorò il mio instancabile ed elucubrativo cervello:

“Ma se siete tornati la nonna è già qui! Noooooo!” presi gl’abiti consigliati e mi catapultai in bagno inciampando su me stessa, cadendo rovinosamente a terra per l’ennesima volta.

< Possibile che di mia madre dovessi prendere le cose peggiori come il cattivo gusto e la sbadataggine! >

< E la cocciutaggine? >

“Spiritoso!Sto bene se t’interessa!” raccolsi la poca stima di me stessa rimasta in quella silente conversazione e mi catapultai in bagno.

 < Ti attendiamo di sotto! > ringraziai il cielo per le mie doti vampiresche. Uscendo dal bagno feci un respiro profondo, non volevo presentarmi trafelata. Mi sistemai l’abito, ovviamente regalo della zia Alice. Era un vestito rosso scuro leggermente cangiante stile impero, che segnava con un nastro di raso nero il seno. Alle spalle mi ero messa un copri spalle di velluto verde muschio mentre tenevo a bada i miei boccoli con un nastro nero che li avvolgeva delicatamente. Ero molto carina. Almeno lo speravo. Cominciai a camminare verso il salotto da dove provenivano le voci dei miei familiari. Man mano che avanzavo sentivo il cuore aumentare la sua velocità, percependo le sue pulsazioni ovunque i vasi lo consentissero. Rimbombava il suo rintocco nella mia mente tanto che tutti i pensieri che mi avevano colto nel pomeriggio non trovarono più posto. La luce si avvicinava ed io mi arrestai. Ammetto sono una vigliacca! Non volevo affrontare un giudizio che avrebbe potuto rispedirmi nel baratro da  dove ero riuscita a risalire! Stavo per fare marcia indietro, mi voltai e trovai un grande e grosso vampiro testone che mi bloccava il passaggio.

“Mi lasceresti passare per favore? Stai bloccando la mia fuga!”

 “Dove stai andando?”

 “Com’è, mi rivolgi la parola adesso?” ero irritata dal suo comportamento. I suoi cambiamenti di umore mi facevano venire il mal di testa.

 “Non hai risposto!”

 “Neanche tu!”

“Per me possiamo arrivarci fino a domani mattina!”

 “Per me possiamo impiegarci un secolo, tanto il tempo non manca a nessuno dei due!” ci guadammo per qualche secondo adirati per poi trasformare quel sentimento in una sonora risata, ci stavamo comportando da bambini e la cosa non mi dispiaceva affatto. Stavo riavendo uno spiraglio dello zio Emmett: quello che si metteva a discutere con il televisore quando la sua squadra perdeva, che mi comprava le liquirizie rosse di nascosto, che giocava con me a nascondino nonostante fosse un omone altissimo ed io una bimbetta.

 “Nell’altra stanza ti stanno aspettando!”

 “Già ma io stavo scappando! Quindi me ne vado, vi manderò una bella cartolina dal Canada, il Guatemala è troppo caldo!” dissi fermamente convinta di farlo.

 “Perché?” bella domanda che elusi con la grazia di una ballerina che fa un pliè. Cercai di superarlo, quasi riuscendoci, ma prese il mio braccio e mi strattonò verso di sé portando i nostri sguardi ad incrociarsi “Tu sei pazza!”

< E' arrivato quello sano di mente! >stavo per dar voce a quel mio pensiero, per replicare alla sua affermazione, che già mio zio mi stava spingendo verso le scale che permettevano l’accesso al salotto.

 

 “Renesmee tesoro perché c’hai messo tanto?” la voce di mia madre mi arrivò dritta al cuore, in quei giorni mi era mancata tantissimo.

 “Mamma!” corsi tra quelle braccia algide, ma piene d’amore.

 “Ero impaziente di riabbracciarti, mia piccola brontolona!” cominciò a baciarmi ripetutamente la guancia, proprio dove stava la mia fossetta. Raramente ci costringevamo lontane per un lungo periodo come quello. Quando però ci ritrovavamo tutto si annullava ed io mi facevo piccola, piccola lasciandomi cullare dalle sue attenzioni. Si discostò poi per guardarmi, accarezzandomi le spalle.

“Vieni c’è qualcuno che vuole conoscerti!” mi prese per mano e mi portò di fronte ad una donna ed un uomo, sentivo i loro cuori battere e i loro polmoni gonfiarsi in respiri lenti e ritmati. La pelle della donna aveva uno strano sentore familiare, che mi ricordava la mamma, ma non era l’odore che adesso percepivo. Un profumo lasciato nell’angolo più remoto dei miei ricordi, riaffiorava con la presenza della madre di mia madre. Mi guardava con gl’occhi sbarrati, come se al suo cospetto fosse comparso un fantasma. Ma cos’era: Gioia? Sorpresa? Sospetto?Terrore?

 “Mamma, Phil, vi presento Renesmee vostra nipote!” nel tono di mia madre si poteva leggere la fierezza, in fin dei conti per lei sono sempre stata il suo perfetto capolavoro, il suo gioiello più splendente di cui fregiarsi ogni qual volta poteva liberamente dire ‘Questa è mia figlia!’. Intanto la donna mi venne incontro ancora con quell’espressione smarrita e ad ogni suo passo temevo sempre di più di essere odiata. Poi un gesto del tutto inaspettato: prese il mio viso fra le mani, facendo incontrare i nostri occhi illuminati dalle lacrime che esitavano ad uscire, gonfiandosi sulle ciglia.

 “Capisco perché Bella!” il perché. Io ero il perché! Dall’intonazione della sua voce percepivo che non era una frase di sdegno o ripudio. No. Aveva tutt’altra connotazione. Rinunciare alla propria anima, per trovarne una nuova in quella del figlio che avevi custodito nel grembo. Fu solo allora che ancora rotta dall’emozione, riuscì a parlare.  

 “Piacere di conoscerti, nonna!” mi abbracciò stretta. Non era un abbraccio bollente o gelido. Era tiepido, poco al di sotto della mia temperatura. Sorrisi. Ero riuscita a conquistare il cuore della donna a cui avevo strappato la figlia. Ero nata ed ero un perché: il perché della rinuncia di un cuore, il perché della rinuncia di un respiro, il perché della rinuncia della vita. Per un attimo fui catapultata nei panni di mia madre: se mai avessi dentro di me un figlio, se lo sentissi crescere, muoversi, se sentissi il suo cuorino battere anche solo per un istante, rinuncerei a tutto pur di donargli la vita. Per un attimo, il dubbio che con il nonno ci eravamo posti sulla mia fertilità portò una piccola lacrima a bagnare la spalla di Renèe. Tutti la interpretarono come una lacrima di gioia per il momento che stavo vivendo, solo una persona oltre me sapeva la vera ragione per la quale era uscita.

<  Renesmee, non sarai mai sola …  > sapevo che in quel momento, mio padre stava provando la mia stessa amarezza.

<  Ti prego non dirlo a nessuno! Si preoccuperebbero! >  

“A me non mi presenta nessuno!” sentii l’uomo sbottare scherzoso, tutti si misero a ridere e noi ci sciogliemmo da quell’abbraccio, anche se Renèe continuava ad osservarmi come se fossi stato l’oggetto più bello mai visto. Intanto io mi riprendevo cercando di cancellare quel nuovo dubbio sulla giustezza della mia esistenza. Dovevo vivere il momento non il futuro, perché altrimenti avrei rischiato di perderlo nuovamente. Sorrisi.

 “Renesmee questo è Phil il marito della nonna!” lui mi sorrise affabile porgendomi la mano.

 “Piacere di conoscerti Renesmee”  la presi e la legai alla mia.

 “Che bella stretta!” disse lui cercando di riprendere la sensibilità delle dita, visto che per l’emozione non avevo dosato la forza.

 “Scusa! Non volevo!” prima figuraccia! Ecco ero tornata nuovamente io!

“E quindi tutti voi siete…” disse la nonna osservandosi attorno cercando la conferma di ciò che sembrava risultare assurdo.

“...si mamma siamo vampiri!” mia madre rimarcò il concetto, cercando di renderlo più vero.

“Io lo sono solo per metà!” precisai io alzando la mano come se fossi tra i banchi di scuola e volessi rispondere ad una domanda, in realtà solo per imporre la mia presenza, provocando molta ilarità.  Ero tornata la buffa ed infantile Renesmee.

Le ore del pomeriggio trascorsero liete, anche se Esme vagava fra noi e la cucina impegnata nel preparare la cena per gl’ospiti che avrebbero mangiato. Dopo un po’ ci raggiunsero anche Charlie e Sue. Il breve momento di debolezza che avevo avuto quando incontrai la nonna ormai sembrava solo l’eco lontana di una voce che avrei nascosto per non cedere. Anche perché era arrivata l’ora della cena a cui avremmo partecipato in pochi. Raggiungemmo l’enorme ed elegante sala da pranzo, mai utilizzata.

 “Bella ed Edward non vi muovete!” Alice bloccò i miei genitori alla porta d’accesso , proprio sotto ad un piccolo ciuffo verde di vischio che lei aveva messo appositamente.

 “Fratellino bisogna rispettare la tradizione! Devi darle un bacio!” mio padre emise un lieve ringhio verso mia Zia esaltata dalla situazione.

 “Edward smettila che spaventi gl’ospiti!”disse la mamma a mezza bocca scatenando risate e commenti da chi l’aveva potuta sentire.  Fu allora che i miei si scambiarono un dolcissimo bacio a fior di labbra. Guardai nonno Charlie che aveva alzato gli occhi al cielo. Che buffo che era quando faceva così! La cena proseguì sempre in maniera gioviale fra risate e chiacchiere, sembrammo quasi una famiglia normale. Gli uomini parlavano di sport da un lato, mentre le donne si erano riunite a parlare del mio matrimonio, come se io non fossi lì e tutto sembrò scorrere liscio come l’olio. Ma la vera tragedia doveva ancora avere atto; ci trasferimmo nella sala della musica dove mia zia aveva preparato la custodia del mio violino sullo sgabello del pianoforte. Alice si avvicinò a me, che stavo esplodendo dalla rabbia, dondolando con le mani dietro la schiena. Lo sguardo visto e furbetto roteava mentre dalle sue labbra un leggero fischiettio come di chi fa l’indifferente.

  “Renesmee suona il violino divinamente!” disse tutto d’un fiato per non farsi zittire “Poi se viene accompagnata da Edward al piano è ancora meglio!”

 < Lo sapevo io che mi avrebbe messo alle strette! >

< Dai brontolona! È da tanto che non suoniamo insieme, perché non fai contento il tuo papà preferito? >

“Perché no!” tutti sobbalzarono a quella mia affermazione apparentemente non giustificata.

 “Scusateli, ogni tanto si scordano che non tutti in questa stanza possono leggere il pensiero!” vidi gli sguardi interdetti dei nostri parenti mortali ed io sorrisi stranita come se fossi sotto un interrogatorio.

 “Ma non  è solo Edward che può leggere nel pensiero?” nonno Charlie pose la domanda del secolo, in effetti il mio nuovo potere non lo conosceva neanche Jacob.

 “In realtà Nessie riesce a sentire soltanto i pensieri del padre, probabilmente il loro legame è così forte che hanno potenziato i loro poteri!” a quel punto fu nonno Carlisle a fornire la spiegazione scientifica e precisa.

 “Poteri, Bella? Non mi avevi parlato di poteri!” anche se la nonna non lo sapeva la maggior parte dei presenti poteva ascoltare i suoi bisbigli.

 “Mamma poi ti spiego anche questo!” rispose tranquilla come se quella che stava avvenendo fosse una conversazione normale.

 “Allora! Nessie  perché non ci suoni qualcosa assieme ad Edward!”disse Alice cercando di mettermi definitivamente con le spalle al muro. Aveva quella luce negl’occhi di chi stava gridando vittoria.

 “Questa me la paghi!” ringhiai verso mia zia, e tutti si ammutolirono.

 “Tale padre tale figlia!” disse Phil scatenando un’ulteriore risata. Intanto si avvicinò nonna Esme cingendomi le spalle.

 “Dai Nessie è così tanto che non ci allieti con il tuo violino, perché non rendiamo questa serata ancor più speciale?!” guardai torva nuovamente mia zia indicando mia nonna.

 “Hai coinvolto anche lei? La carta Esme è un colpo basso e lo sai! Sei diabolica!” chiunque mi conosce sa che a una richiesta della nonna non so resistere.

 “No, no io non centro niente!” continuava a fare l’angioletto, la nanetta pestifera e dispettosa. Presi per una mano mio padre che se ne stava impalato a godersi la scena, e lo trascinai fino al piano con una falcata degna di un atleta. Afferrai il nero cofanetto di pelle rimanendo basita dalla reazione che provocò: in quel momento fu come distaccarsi dalla realtà. Aprii la custodia e l’odore del legno appena lucidato, mi avvolse completamente. Erano tre anni che non toccavo il mio violino, da quando avevo iniziato la scuola più o meno, troppo presa a nascondere le mie doti avevo dimenticato la musica ponendola da parte. Imparai a suonarlo quando avevo una decina di anni all’apparenza, come se fossi nata per fare solo quello. Con il piano mi riuscì altrettanto facile, ma il violino era completamente diverso. Lo suonavo in una maniera così naturale, sorprendente a detta di mio padre.

< Chopin? >

< Il notturno? > annuimmo, mentre accolsi il mio violino, fra le mani. Lo posai sotto il mio mento, pizzicando le corde per vedere se era accordato.

 < Sei stato tu? > mi dedicò quel sorriso sghembo come se l’avessi colto sul fatto.

 < Grazie! >

 In quel momento mi sentii come se una parte del mio braccio mutilata fosse tornata al suo posto. Perché avevo smesso!? Sentii l’attacco e mi accodai alla melodia che tanto amavo. Le nostre note riecheggiavano nell’acustica perfetta della sala. Io chiusi gl’occhi ed in quel momento mi trovai da sola. Non sentivo gli sguardi attenti, che avevano rivolto a noi, incantati da quel prezioso suonare.  Lasciai che l’archetto scivolasse sulle corde diventando un tutt’uno con le note del piano. Mi abbandonai completamente alla melodia volgendo qualche sguardo a mio padre che dettava mentalmente i tempi. Continuiamo per più di tre minuti a suonare come se ci avessero incantati. E così arrivarono le note finali. Il battito delle mani dei presenti entrò nel nostro mondo, quello che usavamo per escluderci dalla realtà, risvegliandoci dal quel torpore comune.

“Brava tesoro, ma perché non volevi suonare?” mi disse Reneè venendomi incontro, in realtà non lo ricordavo nemmeno io.

“La sciocchina si vergognava!” Soddisfatta mia zia trotterellava attorno alla stanza, pavoneggiandosi di avermi sconfitta.

 “Non dovresti, tu suoni divinamente!” disse Sue. Cercai con lo sguardo mia madre. La vidi in un angolo con gl’occhi colmi di lacrime che non poteva versare, piena di ammirazione e di amore per noi due. D’un tratto ci venne incontro abbracciandoci entrambi.

 “Mi devi promettere di non abbandonare più il tuo violino chiaro?” la mia dolce mamma. Quanto vedeva in me di mio padre. Eravamo simili anche in quello. Forse amare uno di noi due significava amarci entrambi. 

“Che bel quadretto! Siete la famiglia perfetta anche se sembrate più fratelli che genitori e figlia!” di nuovo quella ilarità che aveva caratterizzato la serata tornò a riempire i volti di tutti. Tutti tranne Emmet. Per me aveva riservato quello sguardo malinconico di chi sta perdendo qualcosa di prezioso. Non avrei mai voluto ferirlo in quel modo.

 

Venne il momento dei regali e c’era un pensiero per ciascuno. La zia aveva pensato a tutti. Vidi lo sguardo trasognante di Reneè  nel vedere i meravigliosi doni accuratamente scelti da Alice da parte di tutta la famiglia.

“Nessie, questo è il tuo regalo!” la zia si era alzata sulla punta dei piedi, evidentemente emozionata ed impaziente. Aveva tra le mani una grande scatola bianca, adornata da un grande fiocco di organza bianco. Sopra una rosa rossa ed un biglietto con scritto ‘Il più bello per la più bella. La tua famiglia!’ mi sedei sul divano accanto a mia madre, mettendo la scatola sulle ginocchia con le mani tremanti di chi, forse, aveva intuito.

 “Dai aprilo!” incalzò zia Alice, battendo le mani gioiosa, ulteriore indizio inquisitorio sulla parentela con Joyce. Feci scivolare un lembo del fiocco, sciogliendolo lentamente. Scostai il nastro lasciando che la scatola fosse libera per poi osservarla qualche secondo cercando il coraggio di togliere il coperchio. Mille foglietti di velina rossa coprivano il suo contenuto. Le lasciai svolazzare in aria rimanendo a bocca aperta, gl’occhi sgranati in quella visione celestiale. Il mio abito da sposa, quello che avevo visto nel negozio del centro commerciale, era lì. Presi il vestito alzandomi in piedi, lasciando che la scatola scivolasse a terra.

 “Ve l’avevo detto che le sarebbe piaciuto!” Alice saltellava contenta, cominciando a battere sempre più freneticamente le mani, gli altri compiaciuti restavano a guardare la mia espressione beata “Appena abbiamo un attimo te lo proverai e lo sistemiamo!” le mie corde vocali erano immobilizzate dopo tutte quelle emozioni nel termine di poche ore. Cercai gli sguardi delle persone che amavo, dai quali mancavano due all’appello.

“Dove sono papà e lo zio Emm?” chiesi con un tocco d’agitazione nella voce.

“Tesoro lo Zio è andato fuori e tuo padre l’ha seguito!” adagiai immediatamente l’abito sul divano e mi precipitai verso l’ingresso. Volevo chiarire quella situazione, non avrei potuto sostenerla in altro modo. Avvicinandomi alla porta riuscì ad udire le loro voci:

“Emmet non ti accorgi che con questo atteggiamento ferisci Nessie!” sentii l’accento aspro di mio padre nel dire quelle parole.

“Edward io non  ce la faccio! Per me è troppo presto! Non riesco a pensare che si possa allontanare!”

“Questa conversazione ha del ridicolo. Io sono il padre, io dovrei avere paura di perderla, perché se lo abbiamo accettato noi, tu non riesci ad essere contento per lei!”

“ Te e Bella siete i genitori! Non potrebbe mai abbandonarvi. Avrà sempre bisogno di voi, ma quando uscirà da quella porta che ne sarà di noi?” non potevo crederci, Zio Jazz c’aveva visto giusto. Era giunta l’ora di affrontarci. Aprì la porta; mi trovai dietro entrambi. Con una mano sfiorai la spalla di mio padre che si volse verso di me.

“Di cos’hai paura Emmet? Non pensi forse che il mio affetto nei tuoi confronti sia sincero?” a quel punto si voltò anche lui. Mio padre mi diede un bacio sulla fronte e rientrò in casa.

“Non è questo il punto Renesmee!”

“E qual è allora il punto? Spiegamelo perché non riesco a capire…”

“Quando tu avrai la tua vita, non ci sarà più posto, sarai troppo impegnata a viverla con lui per poterti preoccupare degli zii che ti hanno accudita ed amata come una figlia. Non sopporto di perdere la ragazzina con cui giocavo fino a poco tempo fa! Questa cosa mi sta facendo impazzire!”

“Su una cosa sola hai pienamente ragione: sei impazzito! Come puoi dire una cosa del genere! A me manca il mio vecchio Zio Emm, quello con cui facevo la lotta con i cuscini e che mi faceva addormentare sul suo petto! Viviamo nella stessa casa, ti vedo tutti i giorni, eppure mi manchi! Possibile che tu non abbia capito che tutto questo silenzio fra noi mi fa soffrire!” una lacrima latitante, scese lungo il mio viso morendo sulla mia bocca, mentre il suo sapore salato copriva l’amarezza che le parole di Emmett avevano scaturito “Zio, vi voglio troppo bene per escludervi dalla mia vita. A chi mi appoggerei per un consiglio, per un conforto o anche solo per un abbraccio? Devi comprendere che nel mio cuore c’è posto per tutti, e mi ferisce sapere che tu non ti fidi a tal punto!Eppure dovresti conoscermi! Se mi costringi a scegliere sarò infelice per sempre, come fai a non rendertene conto? ” ero così arrabbiata, frustrata ed esausta che le parole uscivano stentate tra le lacrime. Avrei voluto dire molto altro, ma ormai non riuscivo più a far trapelare niente oltre che un pianto soffocato e sofferente.  

“Ti prego non fare così!”a quel punto la distanza fra noi, fisica e non, fu azzerata sentii avvolgermi dalle sue forti braccia. Non so se per le parole che gli avevo dedicato, se per la situazione che stava diventando asfissiante, o per il mio pianto esasperato. So solo che lo zio aveva accettato. Aveva accettato di vedermi felice accanto al mio Jacob.

“Era ora brutto testone! Ti voglio bene!”dissi strozzando una risata di gioia in mezzo a tutte quelle lacrime.

“Anch’io troppo! Mi vuoi ancora come tuo testimone?” io sciolsi l’abbraccio interrogandolo con lo sguardo. “Prenditela con Jazz, non ha saputo resistere.”

Finalmente in quello spiraglio che rappresentava la mia vita compresi. Tutto quello che sembra allontanarmi dai miei scopi o dai miei desideri prima o poi mi porta ad un punto. Quella vita che sembrava sfuggisse ad ogni mio controllo stava per realizzarsi. Avevo ripreso le redini dei mie rapporti, avevo Jacob, avevo tutta la mia famiglia. La mia ricerca era finita.

 

Note dell'autrice: ragazze nuovo capitolo natalizio per ricordare le feste. Vi è piaciuto? Lo spero tanto! Comunque nel prossimo si avrà un po' di azione e come regalo di natale ritroveremo Joyce. In realtà la parte iniziale del capitolo non è utile al fine della storia, o almeno non ora. Verà ripresa nella famosa seconda parte!

Sinead: se mi fai un altro complimento finirò con il montarmi la testa! Spero che questo capitolo un po' di passaggio sia stato di tuo gradimento! 

Avviso importante: il prossimo sarà uno dei capitoli centrali e ci sarà uno specialissimo POV non vi dico di chi sarà!Me crudele muhahahahaha! Grazie a tutti quelli che mi seguono!

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Capitolo 11
*** CAPITOLO X: Salvezza. ***


Note dell'autrice: Nonostante la mia velocità non ero mai riuscita a postare un capitolo senza che il precedente fosse stato commentato!  Ma in questo sono arrivata prima!

Capitolo molto interessante con un cambio di punto di vist verso la fine particolare, e di chi? vedrete. Dal prossimo però ritorniamo alla nostra Nessie! Fatemi sapere se è piaciuto!

Ringrazio ancora tutti tutti!

 

CAPITOLO X: Salvezza.  

< Non mi va! >

 Stavo sotto le coperte, cercando di mimetizzarmi per restarmene nel letto, non che avessi bisogno di dormire troppo, anzi: in condizioni ottimali potevo resistere un paio di giorni senza riposare. Era più che altro un po’ di pigrizia, un vero e proprio piacere, provato nel poltrire.

“Dai Renesmee! Devi andare a scuola!” mio padre era seduto accanto a me, sdraiata sotto le mie coperte calde.

“Fa freddo!” dissi ovattando la mia voce con il cuscino.

“Renesmee Carlie Cullen se non ti alzi immediatamente ritiro la mia benedizione al tuo matrimonio!” sbuffai capricciosamente, mentre aprivo le coperte alzando lo sguardo al soffitto.

“Va bene! Mi alzo!” scesi dal letto ma la mia mente era ancora saldamente ancorata al mio cuscino, lasciandosi sfuggire una frase che alle orecchie di un padre poteva risultare stridente come unghie sulla lavagna.

 < Non vedo l’ora di essere sposata così smetti di ricattarmi! >

Adoravo quelle scene di vita quotidiana con mio padre e il nostro rapporto si stava facendo più maturo e più profondo di quanto già fosse. Ormai comunicavamo con il pensiero con la stessa facilità con cui riuscivamo a parlare, a parte qualche scivolone da parte mia. Guardai l’orologio convinta che le lancette segnassero il mio solito ritardo.

“Papà, ma a che razza di ora mi hai svegliato?”

 ********************************************************************

“Nessie!” Joyce mi venne incontro sventolando il giornalino “Hai visto?”

“Se non stai fermo è difficile!”, continuava ad agitare quell’insieme di fogli, in maniera esagitata. Gli bloccai la mano, non controllando a pieno la mia forza vista la foga con cui la muoveva. Piccoli segni rossi, si disegnarono sull’esile polso del mio amico, evidenziando la mia presa sulla sua pelle pallida.

 “Scusa Joy!” dissi con rammarico. Lui scosse la mano dolorante per poi tornare al motivo della sua emozione. Che avesse fatto anche lui un discorsetto sulla suspense con mio padre?

 “Guarda!” stese il giornale davanti ai miei occhi continuando ad osservarmi al di sopra di esso. Lessi avidamente il motivo di tanto interesse per poi afferrarlo velocemente, strappandolo dalle mani di Joyce. L’ osservai più volte sconcertata, leggendolo e rileggendolo sperando che le parole cambiassero. Come una furia mi diressi verso la redazione del giornale scolastico, con Joy che faticava a starmi dietro cercando di mantenere il suo zaino sulla spalla. Entrai sbattendo la porta contro il muro.

“Esigo una spiegazione!” tutti al loro interno, si girarono verso di me con gli occhi sbarrati.

 “Ciao Renesmee, c’è qualcosa che non va?”  il professore Newton stava davanti a me spaventato dalla mia reazione.

 “Voglio sapere …” trattenni il tono rabbioso a fatica tanto da costringere la mia voce a tremare “… chi vi ha dato l’autorizzazione per questo!?” lui osservò la causa del mio comportamento, che sventolavo di fronte al suo viso adirata.

 “Renesmee, noi non centriamo nulla, la tua media è la più alta di tutti anche se non sei un esempio di rettitudine. E il regolamento prevede che sia un compito dello studente migliore!”

“Io non ho autorizzato niente!" il mio tono si alzò di parecchio mentre cozzai un pugno contro un banco creando una crepa. E pensare che mi stavo controllando, se avessi usato la metà della mia forza lo avrei spezzato.

 “Lo so Renesmee ma non possiamo farci nulla! Lo statuto della scuola parla chiaro!” avrei voluto dissanguare il professore, quindi decisi che era il momento di uscire. Tornata a casa avrei detto a mio padre che se voleva ucciderlo, avrebbe avuto il mio consenso.

 “Nessie, perché te la prendi così tanto!?” Joyce mi stava dietro a fatica. Mi voltai visibilmente sconvolta, con il voltotrafigurato dalla forte irritazione.

 “Non esiste, non voglio i riflettori addosso! E poi da quando in questa scuola sono così popolare?” vidi il terrore disegnarsi sul volto di Joy, segnato da una piccola cicatrice sul sopracciglio, ricordo della nostra notte. Solo allora mi calmai respirando profondamente.

 “Nessie così sortisci l’effetto contrario! E fai anche un po’ paura!” abbassò il tono sussurrandomi.

 “Mi sto calmando!”

“Fiù!” fece finta di asciugarsi la fronte rasserenato dalla mia affermazione. Con quel gesto mi strappo un sorriso, seppur ancora teso.

“Tesoro, non per farmi gli affari tuoi ma non mi sembra così terribile dover fare il discorso di fine anno! Insomma te lo dovevi asp…” bloccai il suo fiume di parole con un ringhio molto profondo.

 “Senti…” dissi ancora comprovata dalla rabbia che sembrava non trovare fine “…io non lo voglio! Tutta questa attenzione non ci voleva proprio…”

“Tesoro perché ti vuoi negare una cosa del genere?” presi un respiro profondo. Le vere motivazioni erano svariate: innanzitutto il discorso ‘riflettori puntati su di me’ non mi andava giù, l’eredità di mia madre in quanto ad avversione per questo tipo di cose era rinomata, per non parlare del discorso da preparare, cosa avrei scritto? ‘Salve sono una mezza vampira con un intelligenza superiore della norma! Dimenticavo non drogatevi!’. E quando lo avrei scritto? Fra una lezione di combattimento e un puma tra i denti? A parte gli scherzi, il punto rimane uno ed uno soltanto: odio mettermi in mostra almeno quanto odio la scuola.

“No. Punto e basta!” lo sguardo di Joy cambiò da spaventato a furbo. Cominciò a guardarmi di traverso.

 “Nemmeno se mi occupo di tutto io? Fammi diventare il tuo manager!” quella domanda mi spiazzò“Sorpresa? Dai sarà divertente e poi sai che faccia farà la simpatica Cheer Leader che tu hai picchiato quando salirai sul palco a dire a tutti quanto sia importante lo studio?”

< Punta sul mio spirito di competizione, diabolico! > “Mi pentirò di quello che sto per dire! Ok Joyce, ma non avrò molto tempo da dedicarti!”

“Non preoccuparti sarà comunque divertente!” mi prese sotto braccio trascinandomi nel corridoio per la scuola.

 

 

Entrai in casa e il mio nervosismo si poteva palpare.

“Ciao Nessie! Come va?” nonna Esme stava sul divano leggendo un libro. L’osservai da sotto il cappuccio mentre lei speranzosa aspettava una mia risposta. “C’è qualcosa che ti turba cara?”

“No nonna, io devo studiare!” corsi velocemente in camera mia, visto che la mia scusa non reggeva, evitando ulteriori domande. Presi velocemente un libro, cominciando a leggerlo. Stavo sulla stessa riga da mezz’ora. Non riuscivo a mantenere la mia attenzione salda, i miei pensieri volgevano a quell’inutile discorso.

< Ma perché questa cosa mi ha sconvolto così tanto? >

Mi alzai dalla seduta, convinta che mi stesse prendendo un attacco isterico, ed aprì la finestra per respirare. I miei polmoni si gonfiarono dell’aria rarefatta e umida, chiusi gl’occhi inebriandomi dei profumi del bosco che provenivano dall’esterno. Senza che me n’accorgessi ero già fuori.

“Renesmee…” un sospiro al vento giunse al mio speciale udito. M’inoltrai nel fitto della foresta come incantata da quel suono. “…vieni” ancora quella voce, risultava come melodia al mio orecchio, sapevo che non dovevo, tutto mi diceva quanto fosse sbagliato ma non riuscivo a non seguirla. Qualcosa di più forte di me, guidava ciò che il mio istinto mi vietava.

“Chi sei?” provai a ribellarmi ma quella voce mi aveva stregato, non riuscivo a farne a meno.

“Seguimi…”perché la mia volontà sembrava morire al suo suono? Ero totalmente in balia di quel tono che sembrava spirasse, come se il suo tocco non facesse vibrare le corde vocali di alcun essere esistente in natura. Da dove proveniva? Solo quello riuscivo a chiedermi nella convulsa ricerca di qualche essenza fatata. Giunsi in una radura, dove scorreva un piccolo corso d’acqua, ed una donna, in piedi su di una roccia, si tolse il cappuccio rivelando il suo volto dalla rara bellezza. Indossava uno splendido vestito rosso, che risaltava le sue forme armoniose, coperto da una mantella grigia. Il suo odore mi sembrò droga, mi attirava a sé, ne ero completamente inebriata. I suoi occhi erano di un tremendo color cremisi, ma passarono in secondo piano in quello che sembrava un quadro del Botticelli.

“Renesmee…” il suono melodioso che mi aveva richiamato proveniva proprio da lei. Mi squadrava appagata per avermi attirata a se.

“Chi sei?” le chiesi titubante come se l’offendessi con quella domanda.

“Assomigli molto a tuo padre …” alzò un angolo della bocca in un sorriso e mezza bocca, maligno, diverso dall’immagine che invece aveva preso forma nella mia testa; mosse pochi lenti passi verso di me per poi intercorrere lo spazio che mancava, solo come un vampiro poteva fare “…il tuo profumo è invitante!” avvicinò il suo volto al mio collo tanto da costringermi ad indietreggiare. 

“Non mi hai risposto…” dissi con ancora le poche forze che mi erano rimaste. Si allontanò di poco posandomi una mano sotto il mento, accarezzandomi la guancia delicatamente.

“Vuoi saperlo davvero chi sono?” io le annuì debolmente.

“Mi chiamo…” si avvicinò al mio orecchio “…Heidi!” non so chi o cosa mi fece rinvenire. Mi ricordai improvvisamente dei racconti di mio padre, parlava di un vampiro di nome Heidi tra le schiere dei Volturi. La sua fisicità, mi ricordò il motociclista che mia aveva seguita quella notte. Solo un Volturo poteva eludere un intero branco di lupi, con tale abilità.

“Cosa diavolo vuoi da me?” le dissi in un ringhio mentre mi posizionavo pronta alla difesa.

“Mia cara, sono venuta qui a prenderti!” avvicinò ulteriormente il suo viso al mio ed io allentai la presa dalla mia posizione ancora incantata da quel tono. Allora lei afferrò il mio polso con violenza iniziando a torcerlo mentre con i suoi occhi mi fissava senza battere ciglio. Raramente ho provato dolore nella mia vita, le mie ossa stavano cedendo alla sua morsa ed io urlai. Presi coraggio e con la mano libera la spinsi via, con una tale forza da farla urtare contro un giovane albero. Comincia a correre verso la direzione opposta sperando che uno dei miei familiari avesse ascoltato le mie grida. D’un tratto me la trovai davanti.

“Riesci a correre molto velocemente, mi è stato difficile starti dietro”s’avvicinò con movenze eleganti costringendomi ad indietreggiare un’altra volta. L’attacco è la miglior difesa. Mi accucciai per poi balzare al suo collo, riuscii a prenderla di sorpresa, buttandola a terra. Lei velocemente mi fu sopra, ribaltando la nostra situazione. Era molto più forte, mi potevo dimenare appena.

“Nessuno si offenderà se ne assaggio un po’ … ” le sue parole risuonarono nella mia mente come una sentenza di morte, mentre cercavo di divincolarmi per salvarmi. Ora sapevo esattamente le sensazioni che le mie prede provavano. La voglia disperata di riuscire ad evitare l’inevitabile, la percezione che tutto sfuggisse al proprio controllo. Troppo tardi. Sentii i suoi denti affondare nella mia carne a fatica. Dovette premere con una tale forza per lacerare la mia pelle di diamante che sembrò quasi segarla, ma il dolore non fu pari al fuoco del veleno che entrava nelle mie vene. Urlai ancora più forte mentre la vita stava lentamente abbandonando il mio corpo. Ma proprio mentre mi stavo arrendendo, un grosso lupo si avventò sulla vampira rotolando lontano da me. La vista cominciava a cedere. I miei muscoli tremavano ed io non potevo controllarmi. Degli spasmi governavano le mie membra e la mia schiena facendomi contorcere dal dolore. 

“N-Nonna…”

“Shh…tesoro siamo qui! Venite l’ho trovata!”

“Nessie!”

Le ultime parole che udii prima che il dolore mi privassi della coscienza.

 

Mi svegliai nel mio letto confusa. Era buio.

< È stato un incubo? > la testa non faceva male, il dolore era passato. Mi alzai in piedi e mi accorsi di indossare un abito bianco, che scendeva morbido,  lungo fino alle caviglie.

< Strano, perché sono vestita se stavo dormendo?  > uscì dalla mia camera, l’intera casa era completamente avvolta nell’oscurità, tanto che riuscivo a muovermi solo grazie alla memoria.

“Non c’è nessuno?” mormorai, essendo sicura di poter essere udita, ed andai in cucina. Stessa situazione. “Dove siete?” mi diressi al bagno. Nulla. Ispezionai ogni camera ogni angolo, finché una strana eco, proveniente dalla mia camera attirò la mia attenzione. Vidi il mio specchio coperto da un pesante drappo di velluto rosso. Lo scostai lentamente.

La mia immagine riflessa era strana. Sembravo molto più bella: la mia pelle, il mio viso, i miei capelli tutto era più armonioso, tranne gli occhi che erano tinti di un rosso vermiglio. Toccai il mio volto e la mia immagine non si mosse.

“Siamo sole Renesmee!” sobbalzai quando la sua voce si mosse senza che io la comandassi.

“Chi sei?”

“Io sono te stessa, la tua parte oscura…”

“Cosa vuoi da me?”mi sembrava di ripetere la scena che avevo vissuto nella foresta con la vampira.

“Sono qui per te Nessie!”

 

 

POV Edward

Mi sedevo accanto a lei. Eravamo arrivati tardi, non potevamo più estrarre il veleno. Carlisle era più confuso di noi.

“Edward, Nessie è un caso raro, non posso prevedere nulla! L’unica cosa è aspettare che si svegli standole accanto…” mi aveva detto qualche ora fa. Era attaccata a delle macchine che monitoravano il suo battito, la sua pressione. Il suo cuore era naturalmente accelerato, lo riconoscerei tra una folla di persone per la sua unicità. Assomiglia al battito d’ali di un uccellino, anche se ormai, il suo ritmo era notevolmente rallentato, tanto da sembrare umano, così come la sua temperatura che stava scendendo. Guardavo l’orologio spesso, ma il tempo sembrava congelato, come se non passasse mai. Jacob dormiva su un’altra poltrona; non voleva allontanarsi, nonostante le ferite che gl’erano state inferte. Gli avevo detto che poteva andare a casa a riposarsi, che noi avremmo vegliato su di lei sempre, non avendo la necessità di dormire. Il suo fu un rifiuto categorico e nessuno se la sentì di controbattere. In fin dei conti Renesmee fra qualche mese sarà sua moglie, non potevo negare di starle accanto, soprattutto dopo che l’ha difesa mettendo a repentaglio la sua stessa vita. Sembrava così indifesa, esile e fragile, un piccolo oggetto di cristallo da tenere in una teca infrangibile. Giaceva lì, tremante nel nostro letto con gl’occhi serrati in un sonno forzato dal dolore. La vedevo combattere contro qualcosa d’invisibile, mi sentivo impotente, in questa situazione frustrante. Erano passati tre giorni e non si era svegliata. Non sapevamo che effetti avrebbe sortito il veleno, se l’avrebbe trasformata o distrutta. Una mano leggera si posò sulla mia spalla, mi voltai e vidi lo sguardo di mia moglie totalmente spaventato.

“Novità?” scossi la testa tornando ai miei pensieri “Sento che ce la farà Edward!” mi alzai prendendola fra le mie braccia sperando di confortare il suo animo. Ma cosa avrei potuto fare se l’avessi perduta?

“Hai ragione! Ce la farà!” le dissi più per autoconvincermi “Ti amo!” lei mi rispose stringendomi ancora di più.

“Sai cosa sta sognando?”

“No, non ho visto nulla. E non ho il coraggio di guardare!”

“Dovresti! Forse l’aiuteresti ad uscirne!” presi le sue mani e le portai al mio petto muto, sperando che si sentisse un eco lontano delle emozioni umane perdute. Mi voltai verso nostra figlia che aveva stretto il lenzuolo fra le sue mani. Mi sedetti sul letto e con una pezza le asciugai la fronte madida di sudore. L’avevo giurato a me stesso, l’avevo giurato a lei: non l’avrei mai lasciata sola!

“Cosa posso fare Renesmee?” non c’erano risposte se non le sue labbra contorte in una smorfia sofferente. Serrò ancora di più i pugni strappando le lenzuola che la coprivano. Istintivamente le presi le mani per darle conforto, per farle sapere che stavo mantenendo la mia promessa ed improvvisamente mi trovai spettatore del suo sogno come se fossi lì. Era davanti al suo specchio che non rifletteva nulla se non un’immagine distorta e confusa.

“Cosa vuoi dire?”

“Sono qui perché voglio uscire fuori, non puoi tenermi sopita per sempre! Tu sei un predatore Nessie quanto potrai fingere! Noi siamo…” una voce simile a quella di Renesmee proveniva dallo specchio. La guardavo incredulo ma lei non sembrava accorgersi della mia presenza.

“No, non dirlo!” Renesmee appoggiò le mani al muro in preda al panico.

“…Assasine!”una risata satanica risuonò nel silenzio della nostra casa.

“NOOOOOOOOOOO!” afferrò lo specchio e le infranse a terra con tutta la forza che aveva in corpo. La vidi cadere sulle ginocchia in preda alle lacrime.

“Nessie!”cercai di attirare la sua attenzione.

< Papà sei tu? > alzò lo sguardo verso di me. Non aveva più l’aspetto di una diciassettenne, ma quello di una bambina, che mi guardava spaventata con quegl’immensi occhi cioccolata una volta appartenuti alla madre. Improvvisamente tutto attorno a noi scomparve in un vortice, e ci trovammo nella foresta. Heidi era alle sue spalle e si avvicinava minacciosa. Meccanicamente mi frapposi fra loro facendole scudo con il mio corpo.

“Vattene!”le ringhiai contro. Lei non rispose. Sentì Renesmee prendermi la mano, era terrorizzata e si nascondeva dietro di me. Heidi continuava a venirci incontro ed io presi a ringhiare più forte. La cosa pareva divertirla, dato il ghigno che aveva sul volto. Sentivo la mia bambina tremare mentre la vampira iniziò a correre verso di noi. Io feci altrettanto cercando di afferrarla al collo. Appena le nostre pelli vennero a contatto, lei svanì in una illusoria nuvola porpora facendo andare il mio colpo al vuoto. Restai interdetto per qualche secondo. Mi voltai verso Nessie, ancora sussultante.

“Papà!” disse a fil di voce. Mi abbassai alla sua altezza allargando le braccia. Lei mi corse incontro allacciando le sue piccole braccia al collo; sentivo le sue calde lacrime bagnarmi la camicia. Era da tempo che non mi sentivo così necessario per lei e quel momento avrei voluto non finisse mai.

“C’è il tuo papà qui, non devi aver paura!”

“Non ho più paura!” alzò il suo dolce visino verso il mio, e un delicato sorriso aveva trovato spazio fra le lacrime segnando le guancie con tenere fossette. Le baciai e lei sorrise con più gusto.

“Papà, non mi lasciare andare!” il suo viso trasfigurò in preoccupazione. Non capì immediatamente il senso delle sue parole ma di nuovo quel vortice avvolse gl’alberi che si trovavano intorno a noi, la terra sotto i nostri piedi cominciò a tremare e a sgretolarsi. Prima che potessi fare qualcosa Nessie cadde nel baratro. Con le mani era riuscita ad aggrapparsi al ciglio ma la vedevo arrancare, come se le forze la stessero abbandonando.

“Papà aiutami!” gridava terrorizzata mentre osservava il vuoto sotto i suoi piedini penzoloni.

“Nessie, guarda me, non guardare giù!”lei ubbidì. Una scarpetta le scivolò, urtando una roccia. Non la sentì toccare terra e a quel punto la paura stava per prendere il sopravvento. Piuttosto che farla cadere mi sarei gettato io.

“Papà non ce la faccio!” proprio in quel momento il pezzo di roccia sotto la sua manina, cedette rimanendo solo con una mano come appiglio. Questo mi fece rinvenire dal mio terrore. L’afferrai con forza sotto le braccia e la trassi a me. Le accarezzai i capelli dolcemente, cercando di farla smettere di tremare. Di nuovo quel vortice. La strinsi ancora di più ed affondai il mio volto nei suoi capelli. Cominciai a cullarla, intonando la ninna nanna che avevo scritto per la madre.

“Papà!”non avevo più fra le mie braccia una bambina. La scostai lentamente guardandola negl’occhi. Avevamo entrambi il fiatone. Lo so che non era possibile, ma sembrò mancarmi il respiro, forse le emozioni provate mi avevano costretto a ritrovare le funzioni vitali della mia umanità. Mi guardai intorno cercando di capire dove ci trovavamo. Vidi il letto dove ero seduto, la grande cabina armadio di mia moglie, le macchine che ora segnavano il battito d’ali del mio uccellino. L’occhio cadde sulla benda che copriva il morso: una macchia rossa si era disegnata. Era il suo sangue ma l’odore era diverso, sembrava quasi quello di un vampiro. Lo sguardo incredulo di Bella mi fece comprendere di essere uscito dalla sua mente. Cercai nuovamente i suoi occhi ed eccoli: i caldi occhi color cioccolato di sua madre, non rossi come temevo li riaprisse.

“Ci sei riuscito papà! Mi hai salvata!”

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Capitolo 12
*** CAPITOLO XI: Convalescenza! ***


Note dell'autrice: Ragazze scusate il ritardo! vi avevo abituate a ben altri ritmi! Cercherò di mantenerlo postandovi tre capitoli anche oggi. Siamo tornati al pnto di vista di Nessie. Ragazze scriverò un appunto alla fine del capitolo e vi invito a leggerlo. Vi devo fare una confessione che a metà della storia è dovuta: quando ho iniziato non sapevo se pubblicare la mia storia, visto che è la prima volta che scrivo una ff. Temevo di sbagliare. Invece quando ho trovato da subito le vostre recensioni entusiastiche mi sono resa conto che stavo facendo un bel lavoro e tenerlo per me sarebbe stato un tremendo errore. Con questo vi dico che mi state rendendo orgogliosa di me cosa che per molto tempo non ho provato, e come la nostra Nessie sono tornata a crescere. Ho avuto un anno difficile in cui avevo perso tutta la mia ispirazione artistica ma ora tornando a rinchiudermi in una storia che amo con persone che l'apprezzano mi sento rigenerata. Vi ringrazio di cuore e godetevi il continuo della nostra avventura. Anche se avremmo due capitoli di passaggio per poi tornare all'azione. Piccola anticipazione: fra tre capitoli avremmo una scena che quando l'ho scritta mi sono andata a fare una doccia fredda!

noe_ princi89: non ringraziarmi l'ho fatto solo perchè ho capito quanto ti piacciono jacob e nessie. Quando all'inizio mi hai chieso dove era finito Jacob ho pensato alla scena della dichiarazione e vedendo che hai continuato a seguirmi assiduamente mi sembrava carino fartelo sapere.  

sinead:sei sempre troppo carina e sono contentissima che mi segui sempre. continua a recensire mi raccomando! Sai in questo capitolo ci sarà un altro po' di Carlisle per la tua gioia. Non molto ma c'è!

rossy_87: è successa una cosa buffa. mentre pubblicavo tu hai recensito! nello stesso istante!comunque si stiamo entrando nel vivo ma praticamente il vero motivo per cui i Volturi stanno cercando Nessie si saprà quasi alla fine tanto perchè anche io ho fatto un discorsetto con Eddy sulla suspense!

never leave me: non c'è bisogno che mi preghi io continuo continuo continuo fino a che non vi stufate! 

 

CAPITOLO XI: Convalescenza!

 Mi guardavo intorno cercando di capire cosa stesse succedendo. Il confine fra realtà e sogno divenne sottile, tanto da confondersi l’uno con l’altro. Ed ora ero lì seduta fra le mie lenzuola, con i miei genitori che mi guardavano spaventati e confusi. Soprattutto mio padre che mi aveva accompagnato nel mio viaggio, restava immobilizzato a guardarmi con la mia stessa espressione. Solo allora capivo quanto fosse vera l’affermazione ‘sei il mio specchio’ .

“Amore mio! Come ti senti?” mia madre mi accolse nel suo abbraccio protettivo, cercando di riallacciarmi alla realtà da cui ero stata strappata. Sembrava che non mi vedesse da giorni visto la sua reazione. Ma forse era così. Cosa era successo. Non poteva essere stato semplicemente un incubo. Cercavo di sistemare i miei ricordi per capire cosa fosse successo nelle ore precedenti al mio risveglio.

“Credo bene!” dico titubante ancora confusa “Papà cosa è successo?” magari mi aiuterà a capire, lui che è intervenuto in quella nuova battaglia interiore. Non mi aveva lasciato sola. Aveva onorato la sua promessa. Ma cosa aveva portato tutto quella paura, quella preoccupazione nei miei genitori? Tutto si faceva più chiaro, ricordavo la voce che mi cercava, il suo modo subdolo di insinuarsi nel mio volere. Heidi. Lo scontro. Jacob. Cosa era successo a Jacob?

“N- non lo so Nessie!” non riuscivo più a sentire le parole che fluttuavano attorno me tanta la paura che qualcuno avesse fatto del male al mio Jake. Ed ora la domanda ridondante nella mia testa faceva da padrona.

“Dov’è Jake? È ferito?” il mio cuore aveva smesso di battere o aveva preso a farlo più forte, non capivo cosa stesse succedendo nel mio petto tanta era l’apprensione.

“Sta dormendo, non si è voluto muovere da qui!”disse mia madre indicandomi un angolo della mia stanza. Seguì il suo sguardo e lo trovai lì, sopito tranquillo. Si era accucciato nella poltrona troppo piccola per accoglierlo e come al solito il suo volto mi trasmise quel senso di sicurezza che aveva abbandonato i miei sensi durante quell’interminabile secondo che precedette la risposta alla mia domanda. Notai le fasce che cingevano il suo braccio ed ora la collera aveva preso il sopravvento.

“Che gl’ha fatto?”

“È stato morso anche lui, ma sta già guarendo!” mentre rispondeva ai miei quesiti prese le mani dove vi poggiò le sue labbra fredde cercando  la conferma con quel gesto di quello che fino ad allora sembrava essere un lieto fine.

 “Sei calda!” le portò al suo viso, chiudendo gl’occhi assaporando quel calore emanato dalla mia pelle. Lo sguardo di mia madre intanto osservava la benda che sentivo sul collo.

“È  uscito del sangue dalla tua ferita, sarà meglio avvertire Carlisle!” si apprestò velocemente ad uscire ma prima di chiudere  la porta mi volse un dolcissimo sorriso che sembrava dire ‘Bentornata!’ ed io non potei fare a meno di bearmi nuovamente della sua serenità.

“È la prima volta che succede?” chiesi nuovamente a mio padre che come me si stava ponendo delle domande.

“Si, ma come dice Carlisle, i nostri poteri insieme s’intensificano …”

“Ma tu non hai solo assistito, non hai guardato al mio sogno da una posizione privilegiata, tu c’eri!” infatti era lì: ’ho abbracciato, l’ho toccato in quello che era un sogno e lui ricordava tutto. Non era solo frutto della mia immaginazione.

“Probabilmente il mio desiderio di esserti d’aiuto è stato così forte da allargare la mente fino ad entrare fisicamente nella tua e tu lo hai permesso perché sentivi di aver bisogno di aiuto. Ma ora Renesmee rilassati, perché tutto è passato!” aveva preso ad accarezzarmi il mento seguendo con due dita il lineamento della mascella. Non lo faceva più da tempo, forse perché che disegnare il contorno del mio viso gli ricordava che ero diventata una donna.

“Papà…”

“…Nessie!” la voce di Jacob interruppe la nostra conversazione. Probabilmente il nostro vociare lo aveva svegliato. Mio padre si alzò dal letto, continuai a seguirlo con lo sguardo mentre una ventata calda mi avvolse. Il mio Jacob mi stava abbracciando. Mi abbandonai sulla sua spalla, assaporando il suo intenso profumo. La magia che circondava la sua presenza non è dovuta al suo essere un mutaforma ma alla sua capacità di ottenebrare completamente ogni mia paura ed incertezza. Lasciai che le nostre labbra s’incontrassero dolcemente, in piccoli baci sfiorati come per confermare che eravamo lì entrambi. Poi si soffermò sui miei occhi, cercando qualcosa di diverso che non avrebbe trovato. Teneva il mio viso fra le sue mani, ed io mi accoccolai su di esse, come un micino che fa le fusa. Il mio lupo era lì ed io ero sempre la stessa.

“Non ti sei trasformata!” disse sollevato mentre negavo con un cenno del capo. Non avrei mai potuto trasformarmi sapendo che al mio risveglio c’era lui.

“No Jacob, sembra che Nessie sia immune al veleno!” disse mio padre rilassando finalmente il viso, con il solito sorriso sghembo. Ormai tutto sembrò veramente un brutto sogno che trovava fine con i due uomini che amavo tanto.

<  Vi lascio soli! > ascoltai il pensiero di mio padre senza darci troppo peso. In quel momento ero con l’amore della mia vita ed avevo un tremendo bisogno di lui.

“La ferita non si è ancora rimarginata?” mi disse accarezzando delicatamente la benda sul mio collo. Potevo sentire attraverso la garza, la sua pelle bollente, così diversa da quella di mio padre ma che provocava la stessa reazione: un intenso brivido.

“Neanche la tua …” risposi mentre accarezzavo a mia volta la fascia sul suo bicipite. Lui alzò le spalle, come se fosse una cosa da niente. Il mio Jacob. Se io stavo bene lui stava bene, per lui contava sempre e solo Nessie.

“Come ti senti?” continuava a scrutarmi negl’occhi cercando di percepire se mascheravo qualche mia sofferenza. Non avrei mai potuto mentire con lui che mi guardava dentro come se fossi un libro aperto. Ma io veramente stavo meglio e la sua presenza migliorava il mio stato ogni secondo di più.

“Mi sento solo indebolita, quanto sono stata incosciente?”

“Credo tre giorni, sinceramente a contare le ore ci pensava tuo padre, io ero troppo preoccupato!” povero Jacob. Se questa storia fosse finita male non se lo sarebbe mai perdonato. Ci donammo un altro bacio stavolta più intenso, più passionale, quasi da passare il confine.

< Ma i miei ormoni non risentono nemmeno del veleno? > ecco. Avevo la prova che stavo meglio. Avevo tirato fuori anche il sarcasmo quindi ormai ero pronta per la maratona di New York.

Ma proprio mentre mi avvicinavo sempre di più a quel perfetto corpo infuocato, si scostò di malincuore, donandomi un ultimo bacio a fior di labbra. In una lunga e tremenda tortura cominciammo ad accarezzarci naso contro naso, ma l’attrazione fu troppa. Eravamo come poli magnetici contrari non riuscivamo a staccarci. Afferrai la sua testa spingendo la sua bocca verso la mia, con più pressione come ad incatenarlo a me, la passione con cui l’avevo iniziato non fece altro che aumentare e lo slancio divenne presto un contatto petto contro petto. Riuscivo a trattenermi dal bere del sangue umano ma faticavo a stargli lontana e dal desiderio che scaturiva, turbando la mia anima. Fu ancora lui ad avere la freddezza di staccare quel bacio che non preludeva a nulla di casto.

“Nessie, dovremmo fermarci!” sospirò appena quelle parole, palesando la stessa frustrazione che provavo io nel sapere un padre vigile ed attento che spiava nelle nostre menti. Passò qualche minuto a coccolarmi come a calmare una bambina capricciosa, interrotti solo dal delicato picchiettare di nocche sulla porta. Avanzai uno stanco ‘Avanti’ ancora scossa per non aver ottenuto ciò che bramavo con tanto ardore.

“Posso? Nessie vedo che ti sei ripresa finalmente!” nonno Carlisle fece capolino da dietro la porta con quel suo sguardo felice che riservava specialmente a me. Deve essere stata dura per lui non poter far niente.

“Sei venuto a controllare la ferita Carlisle?” annuì soltanto senza parlare cambiando totalmente espressione: non era più il nonno di Nessie ma era tornato ad essere il medico. Jake abbandonò il suo posto per permettere a mio nonno di vistarmi. Guardava le macchine a cui ero attaccata, controllando i valori. Il rumore che emettevano era continuo e scandiva il battito del mio veloce cuore. Fino ad allora, troppo presa a salutare le persone a me care, non avevo notato quanto fosse fastidioso quel suono anche se rivelava quanto io fossi assolutamente viva.

“Queste a quanto pare non servono più!” pigiò alcuni bottoni e le macchine tornarono al silenzio. Poi si volse verso di me, staccando accuratamente i fili a cui ero collegata. Continuò la sua visita generale, prima di togliere delicatamente il cerotto che reggeva la garza bagnata del mio sangue. La portò al suo naso. L’odore che emanava non era il mio, ma quello della sostanza tossica che avevo in circolo.

“Credo che il veleno non sia più nel tuo corpo!” pose la garza dentro una ciotola di ceramica e con un fiammifero, diede fuoco alla benda “Tesoro senti qualcosa in particolare? Mal di testa, nausea?” quel tono freddo, distaccato e professionale fece scaturire un sorriso. Anche se mio nonno era stato il mio medico fin dalla nascita stentavo a riconoscerlo in quella figura austera.

“Mi sento solo un po’ debole! Tutto qui!” mio nonno si sedette di fronte a me e sorrise tornando ad essere Carlisle e non il dottor Cullen . Adoravo quando mi guardava con quello sguardo mielato, non interessava che la nostra parentela non fosse reale. Io ero sua nipote a tutti gl’effetti, e secondo me, ancora ringraziava i miei genitori per avergli regalato una tale gioia insperata.

“Allora ben tornata Bambina mia! Jacob controllo anche la tua ferita!” aspettava vicino alla porta guardandoci sorridente. Il nonno ispirava una profonda fiducia in Jacob, me l’aveva confessato. Nei suoi occhi leggeva l’amore e il rispetto che provava per ogni essere vivente. Inoltre Carlisle l’aveva sempre trattato come uno di famiglia, soprattutto da umano non come un rappresentante della sua specie. Infatti non ho mai sentito dalla bocca di mio nonno definire Jacob, cane.

“Nessie!” urlò mia zia Alice saltando sul letto costringendo mio nonno ad alzarsi, il quale ne approfittò per andare a controllare Jake che comincio a sghignazzare divertito della scena. Uscirono poi dalla stanza probabilmente diretti allo studio di Carlisle.

“Zia mi soffochi…”annaspai mentre i miei polmoni rimanevano contriti nel suo abbraccio. Quando allentò la presa per guardarmi negl’occhi, si coprì un risolino furbetto con le sue lunghe e affusolate dita.

“È ufficiale: sei una vera Cullen! Hai la pellaccia dura come noi!” zio Emmett si spostò velocemente lateralmente al mio giaciglio dandomi un bacio sulla testa, seguito da mia nonna che mi guardava sorridente ai piedi del letto.

“Tesoro hai fame, vuoi che ti prepari qualcosa?” certo che Esme non si smentisce mai. La sua prima preoccupazione dopo tre giorni di coma era la mia nutrizione. Tipico delle mamme e delle nonne di altri tempi che vedevano in un bel piatto ricco e fornito un’ottima medicina. Rosalie e Jasper non si erano catapultati a salutarmi, strano. Cercai con lo sguardo, con l’olfatto e con l’udito, e mi accorsi che non erano in casa.

 

“Dove sono Rose e Jasper?”

“Quando hai perso conoscenza siamo riusciti a catturare la vampira che ti aveva attaccato. Ed ora sono con il branco a tenerla sotto controllo e a torchiarla per capire cosa voleva da te! Una volta che avremmo ottenuto le informazioni necessarie la pagherà cara per quello che ha fatto! Non devono toccare la mia nipotina preferita!” disse mio zio mentre soffocava un ringhio di rabbia.

“Preferita si, sono anche l’unica! Zia cos’hai?!” improvvisamente il suo sguardo si era fatto vitreo, sussurrava parole quasi incomprensibili, marchio inconfondibile di quando aveva una visione.

“Correre … Correre … All’aeroporto …”  non riuscivamo a capire cosa volesse dire. Mentre cercavamo di comprendere il suo vaneggiare, mio padre entrò di corsa nella mia camera, con tutta l’aria di chi avesse fretta.

“Alice, Emmett, Esme abbiamo un problema, venite di sotto!”mia nonna mi diede un bacio sulla fronte prima si sparire insieme agl’altri. Probabilmente volevano che non ascoltassi. È irritante essere sempre esclusa in queste occasioni, soprattutto quando hai rischiato la pelle più e più volte. E poi mi offende sapere che mi ritengono l’anello debole quando io di debole ho ben poco, anzi sono piuttosto volitiva. E pensano che con un udito pari al loro, non sarei riuscita comunque ad ascoltare: possibile che mi sottovalutano sempre? Spostai le mie gambe posando i piedi a terra, rimanendo per qualche secondo seduta sul ciglio del letto. Respirai a fondo, cercando la forza di alzarmi.

<  Andiamo Nessie sei una mezza vampira no una mezza calzetta! >

Mi opposi al pavimento, spingendo sui muscoli delle gambe; appena mi trovai eretta, li sentii vibrare cedendo al mio peso. Mi ritrovai inginocchiata a terra, sperando che nessuno se ne fosse accorto.

< Stupida Nessie, sarebbero già qui! >

Mi trascinai alla parete per potermi sollevare da terra aiutandomi a camminare, usandola come sostegno fino alla porta. Ne aprì uno spiraglio e lentamente mi lasciai scivolare, per sedermi. Avevo faticato tantissimo. Tesi le orecchie al piano di sotto cercando di distinguere le voci:

“Come scappata?” il primo che udì fu lo zio Emmett.

“C’ ha preso alla sprovvista: è riuscita a convincere Paul a toglierle le catene!” questa sembrava Leah, probabilmente era tornata fiutando il pericolo. Da quando avevamo litigato, si era allontanata dal branco. Jacob mi confessò che pensava di non trasformarsi più in umana, il dolore della perdita di Sam invece di affievolirsi si stava acuendo e lei cominciava ad odiare la felicità altrui; mai nessuno come Jake poteva capirla meglio. Ritornai ad ascoltare

“L’abbiamo inseguita ma poi è riuscita a seminarci!”questa era zia Rose.

“Almeno siete riusciti a ricavarne qualcosa? ”mio padre.

“Ha detto solo che Renesmee ha un sangue buonissimo! Io avrei tanto voluto cancellarle quel sorrisetto maligno dalla faccia …”zia Rose assumeva degl’atteggiamenti realmente spaventosi a volte, e devo dire quando l’ ho sentita parlare in quel modo mi ha terrorizzata.

“Giuro che se mai rivedrò quella sadica malefica, preparerò i meshmellows da arrostire con la sua pira!” zio Emmett è sempre il solito.

“Cosa vorranno da noi stavolta!?” mia madre sembrava stanca e stremata.

“ Forse hanno capito quanto è importante per noi Nessie; vedono il nostro affetto per lei come l’anello debole della catena della nostra famiglia!Mirano a distruggerci e lo farebbero a qualunque costo!”

< Mi devo ricordare di fare un discorsetto al nonno: invece di anello debole poteva usare un altro termini >

“Cosa possiamo fare?” questo sembrava Jacob ma la sua voce era diversa, più profonda, meglio impostata nel dare gl’ordini, in quel momento probabilmente non era il mio Jake ma il maschio alfa del suo branco.

“Io ho un gran voglia di andare in Italia, ad eliminare una volta per tutte questa gran noia!” zia Alice così bellicosa non l’avevo mai sentita.

“No, Alice non sappiamo ancora cosa vogliono e cosa hanno in serbo per noi. Probabilmente siamo riusciti a sventare solo un primo attacco!” di nuovo Carlisle “Certo che se toccano Nessie non resteremmo impassibili, ma prima dobbiamo indagare su cosa vogliono da lei! Contatterò  il clan Siobhan, Vladimir e Stefan, loro trovandosi in Europa,  potranno osservare meglio eventuali movimenti insoliti. Avvertirò anche Tania ed i suoi di tenersi pronti. Non si tireranno indietro per proteggere Renesmee!”

“Noi come potremmo essere d’aiuto” Leah disponibile per proteggermi?

< Angeli dell’apocalisse non ditemi che non è finita? >

“Leah, intensificheremmo le ronde, i territori dovranno essere coperti 24 h su 24. Non voglio rischiare che qualche altro succhiasangue irrompa nel nostro territorio!”

 “Jacob, possiamo parlare da soli?”questo era mio padre. Dopo qualche secondo sentì i loro passi inoltrarsi sulle scale e con loro c’era anche la mamma. Si fermarono a poca distanza dalla porta da cui stavo origliando.

“Di cosa mi dovete parlare in privato?”

“Jake io ed Edward pensiamo che Renesmee dovrebbe venire alla riserva, restare per qualche giorno da te e da Billy, almeno finché non riusciamo a scoprire qualcosa di più approfondito!” disse mia madre.

“ Lasciarla qui è rischioso, inoltre sarà più difficile che s’avvicinino alla tana del lupo” conoscendo mio padre stava sorridendo alle sue parole.

“Capisco!” di nuovo quel tono austero “Io farei di tutto per lei!”

“Vieni andiamo a parlarle!” stavano per dirigersi verso la mia camera. Mi alzai da terra , sulle mie gambe ancora tremanti. Barcollai appoggiandomi nuovamente alla parete, sbattendo la spalla contro il muro. Sospirai profondamente, e sfruttando la mia metà vampiro mi portai al letto. Mi sentivo i muscoli a pezzi dopo quello sforzo, ero ancora debilitata. Abbracciai il cuscino e chiusi gli occhi, facendo finta di dormire, sperando di riuscire a convincerli della mia messinscena. Appena in tempo.

“Renesmee tesoro! Scusa se ti disturbiamo…” la voce melodiosa di mia madre era vicino al mio orecchio.

“Mamma, cosa c’è?” finsi la voce impastata dal sonno, non devo essere troppo convincente agli occhi di mio padre, che ha una strana luce negl’occhi.

“Amore mio, ti dobbiamo parlare!”

“Cosa è successo?”ero veramente un’attrice pessima, avevo cominciato a tormentarmi il labbro inferiore, cosa che succede ogni qual volta mento.

“Io e tuo padre pensiamo che per un periodo di tempo dovresti andare a casa di Jacob! Noi saremmo occupati nelle indagini per capire cosa vogliono da te, sappiamo che Jake ti proteggerà meglio se tu sarai vicino al suo branco!” I suoi occhi tradivano la tristezza che provava nel dire quelle parole. Il separarci è duro soprattutto ora che avevo rischiato di morire.

“Dico ad Alice di prepararle le valige!” la sua sensibilità e il suo tatto lo fecero uscire dalla stanza: voleva lasciarci sole.  In quel momento però avevo la consapevolezza che dietro a quella decisione c’era qualcosa di più, l’angoscia di mia madre era eccessiva e poi perché lasciarci sole? Tutto sembrava il preludio di un addio.

“Mamma tutto a posto?” la mia voce tremante perché avevo paura di quello che mi avrebbe risposto.

“Bambina mia, sono solo un po’ preoccupata …”disse con un lieve sorriso mesto sul volto “stando alla riserva non potremmo vederci spesso, ma vedrai che risolveremo presto questa faccenda! Ne abbiamo già passate tante e ce la siamo cavata vedrai che ce la faremo!”i miei parenti non possono entrare nella riserva Quileutte. Non li avrei visti per chissà quanto tempo. Ad un tratto il senso di angoscia che prima governava mia madre giunse al mio petto lasciandomi senza fiato. Qualcosa dentro di me, mi diceva che non sarebbe stato facile, avevo uno strano presentimento.

 

Note extra dell'autrice: Ho notato che quasi tutte avete pensato che Nessie era diventato un vampiro. E invece no! Comunque Edward dice alla fine dell'altro capitolo che sente il cuore di Nessie e vede i suoi occhi color del cioccolato, il discorso sangue che odora di vampiro stava a significare che aveva spurgato il veleno. Comunque il fatto che vi abbia tratto in inganno mi è piaciuto parecchio. Sono come la sadica Heidi!muahhahahaha!

Piccolo appunto per farvi capie come la penso: Secondo me gli ibridi possono reagire solo in due modi al veleno. O ne diventano immuni o ne vengono distrutti. questo perchè avendo già in corpo "sangue di vampiro" hanno una dose di veleno che potrebbe portare ad una sorta di overdose. Ma come ne diventano immuni: semplice dipende dalla forza dell'ibrido e dalle sue capacità mentali per questo l'intervento di Edward diviene fondamentale. Nessie in realtà non rischiava di trasformarsi ma i miei personaggi non potevano saperlo perchè quest'idea ce l'ha avuta solo la mente malata che ha ideato tutto questo: ovvero io.

Spiegazione del sogno: Il sogno sta a riassumere tutto quello che ha vissuto fino ad ora: la sua parte oscura, le sue debolezze, il baratro. Il fatto che Edward fosse lì era una sorta di riscatto dopo che si era sentito in colpa per averla abbandonata durante la sua crisi. 

Spero di essere stata esaustiva ed aver diradato i vostri dubbi. 

Vi rinnovo il mio ringraziamento!Grazissssssssssimo

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Capitolo 13
*** CAPITOLO XII: Lontano da voi! ***


CAPITOLO XII: Lontano da voi!

In paio di giorni mi ero completamente ristabilita, anche attraverso le coccole e l’affetto di tutta la mia famiglia. Guardavo l’interno del mio armadio vuoto, e in quel momento mi sentì come lui, persa in quello stato di inquietudine che la conversazione con mia madre mi aveva lasciata. Non riuscivo togliermi dalla testa la mattina precedente. Ero ancora a letto e avevo tutti i miei familiari attorno. Anche questo m’insospettì: era come se tutti volessero passare ogni istante insieme eppure non sarei stata così lontana. Esme aveva preparato un vassoio, con tante piccole leccornie per la mia colazione. In un vaso aveva sistemato una rosa bianca profumatissima. Zia Alice sedeva a gambe incrociate sul fondo del letto, tenendo su di esso un grande raccoglitore dove teneva i campioni delle partecipazioni. Mia madre le sedeva accanto sulla destra e Zia Rose stava alla sua sinistra. Il bello che le partecipazioni erano per il mio matrimonio ed io ero completamente disinteressata. Tutti assistevano alla scena divertiti.

“Bella no sono tristi!”disse zia Alice

“Sono semplici no tristi!” rispose mia madre

“No Bella, ha ragione Alice sono tristi!” fece eco mia Zia Rose

“E sentiamo a te quale piacciono!” mia zia girò le pagine, guardando attentamente una per una le partecipazioni che passavano davanti al suo sguardo.

“Queste!” disse soddisfatta

“No, queste sono troppo vistose!” e così il battibecco continuava da ore credo, ad un tratto non riuscivo più a trattenermi e cominciai a ridacchiare mentre addentavo un fetta di pane tostato con burro e marmellata di more.

“Renesmee Carlie Cullen invece di sghignazzare potresti darci una mano a scegliere!” disse mia zia adirata, ed io a quella faccia così buffa comincia a ridacchiare con più  gusto.

“Zia mi dispiace, ma mi sembrate Flora, Fauna e Serenella!” posai la fetta sul piattino dando il via ad una vera e propria risata a cui fecero eco i miei zii e mio padre.

“Chi?”disse Rosalie

“Ma come Rosalie”disse papà “non ricordi il cartone animato preferito di Renesmee!” infatti da bambina costringevo ogni singolo adulto nel raggio di tre metri a farmi compagnia nel vedere “La Bella Addormentata nel Bosco” della Disney. Collegando poi la mia battuta finimmo tutti a ridere.

“Io voglio essere Serenella!” disse Alice

“No scusa ma la parte da fata goffa spetta a me!”rispose nuovamente mia madre, iniziando a discutere su chi dovesse essere Serenella.

E pensare che ora mi stavo per allontanare per un periodo non precisato. Non nascondo che il fatto di stare sotto lo stesso tetto con Jacob, mi rincuorava parecchio, ma il prezzo per quella avventura sarebbe stato molto alto, o almeno l’atmosfera che si era creata mi portava a pensarlo.

“Sei pronta?” mio padre aveva già le mie valigie in mano. Potevo leggere nel suo sguardo tutto il suo dolore nel dovermi lasciare. Avevano lottato tanto per avermi, ed ora stavo per andare in un posto a loro inaccessibile. Mi avvicinai a lui e gli sfiorai il volto. Gli presentai alcuni dei nostri più bei ricordi di quando ero bambina, una scena di caccia, la mia gioia di quando mi portava a correre sulle sue spalle nella foresta, una delle volte in cui mi faceva ballare posata sui suoi piedi. Ed infine uno dei miei preferiti. Noi due oltre la coltre di nubi, illuminati dal sole. La sua pelle incastonata di diamanti, brillava ed io giocavo con quel bagliore facendolo riflettere sulla mia manina paffuta.

“È anche il mio preferito!” disse lasciando che il suo sorriso rivelasse la veridicità di ciò che diceva “Vieni andiamo!” mi fece cenno con la testa ed io lo seguì fino all’atrio. Jake stava aprendo il portabagagli della mia auto. Prese le valige dalle mani di mio padre e le sistemò dentro. Per ognuno di loro avevo fatto riaffiorare un ricordo della mia infanzia. Una delle caratteristiche da vampiro, era la capacità di mantenere vividi i ricordi come se impressi su di una pellicola. Ricordai a Zia Alice quando giocavamo al salone di bellezza e Zio Jasper quando leggevamo le fiabe sulla poltrona bianca, e di come, in uno dei nostri pomeriggi insieme, si era accorto di aver acquistato un buon autocontrollo. Tornai con la mente a quando mio nonno era nel suo studio a lavorare, magari da ore, ed io sbucavo da dietro la sua poltrona assalendolo ed intimandogli di smettere perché era arrivato il momento di giocare. Con la nonna ricordai di quando da bambina preparava i biscotti, ed io, spalleggiata da Emmett, cercavo di rubare un po’ d’impasto crudo, sapeva fingere benissimo di non vedermi mentre leccavo soddisfatta il cucchiaio.  A zio Emmett feci provare le sensazioni di quando mi lanciava in aria, riprendendomi al volo, o di quando facevamo la lotta e mi faceva vincere. A Zia Rose feci rivivere una delle prime volte che i nostri sguardi s’incrociarono, appena in fasce. Ed ero arrivata a lei. Mia madre. Non riuscivo a scegliere un momento, perché i miei ricordi di bambina erano tutti assolutamente meravigliosi assieme a lei. Le sfiorai il volto delicatamente. Feci dapprima rivivere le sere in cui si stendeva accanto a me a leggere e a coccolarmi per farmi prendere sonno. Stavo fra le sue fredde braccia crogiolandomi nel suo affetto. Poi evocai il ricordo della mia bambola di porcellana preferita rotta e della sua consolazione.  Le feci sentire quanto fosse necessaria, quanto io sia totalmente ed incondizionatamente dipendente da lei ancora ora.

“Ti voglio bene, mamma!”ci abbracciammo. Poi abbracciai nuovamente tutti. Quello che doveva essere un arrivederci si presentava sempre più come un addio e non capivo il perché.

“Jacob ti stiamo affidando il nostro bene più prezioso!”disse mio padre porgendo la mano a Jake. La strinsero come a suggellare un patto. Lo vidi salire in auto ed io lo seguì. Mentre ci allontanavamo da casa, il mio cuore venne stretto da una morsa, rimasi a guardare indietro fino a che non sparirono completamente dalla mia vista. Stavo andando solo dall’altra parte della foresta, ma ci sarebbe stata una distanza incolmabile fra noi. Potevo chiamare solo una volta sistemata, e poi le nostre telefonate avrebbero dovuto tacere.

“Vedrai andrà tutto bene, presto tornerai!” io non risposi, avevo la strana sensazione che il nostro fosse un destino diverso. Inforcai gli occhiali da sole, per non mostrare il mio dolore che cominciava ad essere incontrollato. Guardavo fuori ma vedevo soltanto i volti della mia famiglia allontanarsi.

Arrivammo dopo qualche minuto alla piccola casa di Jacob. Scesi dalla macchina, cercando di sistemarmi, non volevo far preoccupare Billy; Jacob intanto si apprestava a prendere i miei bagagli. La porta si aprì, ma chi vi era dietro non corrispondeva alle aspettative.

“Rachel!” ci corremmo incontro e ci abbracciammo calorosamente. Nonostante da qualche anno si era sposata con Paul ed era tornata a vivere nella riserva, ci riuscivamo ad incontrare raramente. Avevamo uno splendido rapporto, una volta mi confessò che le sarebbe piaciuto avere una sorellina come me.

“Non potevo lasciarti da sola con questi due” le sorrisi mentre non riuscivo ancora a crederci.

“Sono veramente felice che ci sei anche tu!”mi baciò le guance, e rimase qualche secondo a guardarmi.

“Sai Nessie sei diventata davvero molto bella!”nonostante non fosse la prima volta che una persona mi diceva di quanto ero bella mi sentì in imbarazzo, abbassai lo sguardo per mascherare la mia emozione.

“Rachel che ci fai qui? E Paul!?” Jacob comparve alle nostre spalle, evidentemente anche lui non sapeva niente.

“Jacob Black, tu mi devi molte spiegazioni!” lessi negl’occhi di Jacob il terrore, mentre deglutiva nervosamente “Possibile che l’ho dovuto sapere da Paul che tu e Nessie vi sposate!”

“Cosa non te l’aveva detto!?” sbottai anch’io.

“Io- io vado a portare queste dentro!” corse di filato dentro casa evitando il confronto con due donne arrabbiate. Noi aspettammo che lui scomparisse dietro la porta per ridere alle sue spalle.

“Maschio alfa dei miei stivali si fa mettere ancora sotto da me!” alla battuta di Rachel io risi a crepapelle “Dai entriamo, che ti aiuto a sistemarti!” seguimmo Jake in casa, anche se il senso di angoscia si era affievolito continuava a non abbandonarmi.

 

Stavo seduta sul letto che un tempo era appartenuto a Rebecca. Rachel lo aveva sistemato per me, le lenzuola odoravano di bucato. La stanza era molto carina. I letti avevano della spalliere in ferro battuto, con disegni di leggere volute, dei piccoli arazzi tipici dei nativi americani adornavano le pareti bianche, sotto la finestra c’era una scrivania avorio e sulla parete opposta si trovava un armadio dello stesso colore. Mi tolsi l’asciugamano che tenevo in testa per tamponare i capelli bagnati, mentre continuavo a guardare lo schermo del cellulare. Era tutta la giornata che aspettavo di fare quella chiamata, ma ora, sapendo che sarebbe stata l’unica concessami in tutta la mia permanenza a casa Black non riuscivo. Lasciai che la mia mente prevalesse sul cuore e mi convinsi.

“Renesmee finalmente! Aspetta che metto il vivavoce così ti possiamo salutare tutti!” rispose Zia Alice

“Ciao Famiglia, Volevo farvi sapere che va tutto bene!” 

“Nessie mi raccomando!Non fare nulla che io non farei!” zio Emmett

“E non fare quello che fa di solito!” intervenne Zia Rose. Comincia a mordermi il labbro inferiore mentre cercavo di trattenere le lacrime. Quella scena mi sarebbe piaciuta viverla dal vivo invece che dal freddo microfono del telefono.

“Sapete è venuta Rachel a farmi compagnia! Nonno, Billy ti ringrazia per i sigari!”

“Digli che non deve ringraziarmi!”

“Mi mancate già tanto!”

“Non preoccuparti Nessie presto torneremo insieme!”

“Zio Jazz da quando il tuo potere funziona pure per telefono!” scherzai ma stavo per cedere, sapevo che non appena avessero preso parola i miei genitori avrei iniziato a piangere.

“Tesoro adesso ti passiamo i tuoi! Ti auguriamo Buonanotte fai sogni d’oro!”disse nonna Esme

“Buonanotte anche a voi! Vi adoro a tutti!”

“Renesmee tesoro ora siamo soli!Come va?” la voce di mio padre, entrò nel mio cuore che cominciò a pulsare freneticamente.

“B-Bene…” la mia voce tradì le mie emozioni, cominciai a piangere stringendomi le ginocchia al petto. Ero separata da loro da poche ore e mi sentivo morire. 

“Ti prego non fare così Renesmee, vedrai che andrà tutto bene, devi solo avere pazienza!”

“Mamma mi dispiace! Vorrei non darvi tutte queste preoccupazioni!”

“Nessie se non ci preoccupassimo per te non saremmo i tuoi genitori! Tesoro devi stare tranquilla, abbiamo superato momenti peggiori!”

“Io ho una strana sensazione, però! Vi voglio tanto bene!”

“Anche noi ti vogliamo bene! Dormi bene bambina mia!”

“Buonanotte…”mi tormentai nuovamente il labbro cercando stavolta di trattenermi. Abbandonai il cellulare ormai privo di suoni, sul materasso. Mi strinsi nuovamente le ginocchia al petto ed affondai il mio volto fra le mie braccia lasciando che le lacrime scendessero, senza bloccarmi. Adesso più che mai apprezzavo, quell’aspetto umano. Soltanto quando alla porta bussarono, mi asciugai le lacrime con la manica della felpa. Rachel si affacciò con un dolce sorriso.

“Nessie tutto bene? Vuoi spizzicare qualcosa?” le sorrisi. Non mi chiese perché stavo piangendo e la ringraziai per questo. Mi alzai ed andai a tavola dove mi stavano aspettando Billy e Jacob. Presi posto accanto a quest’ultimo mentre Rachel ci serviva. Era la prima volta che facevo una vera e propria cena di famiglia. Chissà se un giorno potrò mai avere l’onore di servire la mia famiglia, la mia e di Jacob.

“Paul è un ragazzo fortunato!” dissi verso Rachel.

“Anche Jacob lo è!” mi rispose ammiccando poi verso il fratello. La sera continuò tranquilla, parlando del più e del meno colmando per qualche minuto quel profondo senso di vuoto.

 

Stavo nel letto, l’ennesima notte passata nel dormi veglia lontana dalla mia famiglia. In realtà erano passati solo pochi giorni, ma a me sembrava un secolo. Ascoltavo il respiro di Rachel farsi sempre più pesante mentre il suo cuore rallentava, cercavo di ascoltare i sui ritmi per prendere anch’io sonno. Nulla da fare. Mi alzai e silenziosamente andai nel salotto dove Jacob si trovava sul divano improvvisato letto per la mia permanenza e quella della sorella.

“Tu cosa ci fai qui?” disse puntellandosi con i gomiti sul cuscino. Era splendido. Portava solo un paio di boxer a coprirlo. Assomigliava ad uno di quei modelli di biancheria intima, con il fisico scolpito, la pelle perfetta. E pensare che presto quel corpo sarebbe stato mio per l’eternità.

“Allora?” cercai di riprendermi.

“Non riuscivo a dormire. Jake posso stare qui con te!” era da tempo che dormivamo insieme. Ad un certo punto della mia vita lui mi disse che non era più il caso, probabilmente perché io stavo precocemente diventando una donna. Si scostò facendomi posto, per quanto esiguo lo spazio, ne occorreva davvero poco. Non me lo feci ripetere che mi ritrovai fra le sue braccia, a contatto con la sua epidermide calda e confortevole.

“Nessie, non permetterò che ti facciano di nuovo del male!” abbracciai i suoi fianchi e inspirai il suo profumo delizioso. Con la mano iniziai a solleticare la sua schiena, cercando il suo sguardo. Mi guardava con quei pozzi neri, e sapevo che non poteva mentire, perché quello sguardo avrebbe svelato ogni menzogna.

“Nessie non…” posai un dito sulle sue labbra bollenti, per poi sostituirlo con un bacio.

“Ti amo Jacob, ho solo bisogno di stare con te! Non voglio nulla di più!” sprofondai nei suoi pettorali perfetti, lasciandomi sopraffare dalla stanchezza.

 

Sentivo l’odore di Jacob fortissimo ed un piccolo ronzio. Aprii lentamente gl’occhi baciata dal tiepido sole che sembrava aver deciso di salutarmi quella mattina, forse per indicarmi come la speranza non deve mai perdersi. Mi trovavo ancora fra le sue braccia. Il lieve ronzio che sentivo era il suo respiro, affaticato dalla posizione probabilmente scomoda. Quel giaciglio già piccolo per un uomo della sua stazza, sembrava ridimensionarsi con la presenza di un’altra persona. Cercai di alzarmi senza svegliarlo; appena mi mossi il suo braccio cominciò a stringermi la vita.

“Ness…”bofonchiò appena. Mi stava sognando probabilmente. Gli baciai la fronte e mi divincolai dalla sua presa il più delicatamente possibile. Uscendo dal suo calore sentii freddo, ma non quel gelo che solitamente percepivo come piacevole, era quello che rappresentava la mia lontananza da casa. C’era una felpa grigia poggiata su di una sedia, sapevo bene a chi apparteneva, era un piccolo oggetto di scena che anche i licantropi dovevano talvolta utilizzare, onde evitare di attirare troppi occhi curiosi. La presi e la indossai. Era enorme addosso a me, e mi copriva fino a metà coscia. Profumava di lui. Inspirai profondamente quel dolce sapore. Spesso mi chiesi come a differenza dei miei, trovavo il suo odore così gradevole. Eppure essendo per metà un vampiro, avrei dovuto percpire una sorta di nota sgradevole in quel misto di mare, sole e terra in cui m'immergevo solo per trarne conforto. Invece di ripugnarlo, lo adoravo e non ne avrei mai potuto fare a meno. Mi trasmetteva calma, sicurezza, protezione. Mi trasmetteva Jacob. Continuai ad osservarlo per un po’. Sembrava un bambino mentre dormiva, soprattutto ora che aveva preso possesso dell'intero divano. Uscì dalla casa, non emettendo nessun rumore. Volevo assaporare il conforto di una giornata assolata, una delle poche di Forks. Lasciai che la luce baciasse la mia pelle. A differenza dei miei la mia epidermide non brillava come se fosse di diamante. Ad uno sguardo attento però si poteva notare una luminosità diversa, un lieve bagliore appena percettibile.

“Renesmee posso parlarti?”

“Cosa vuoi Leah?”la ragazza si era parata di fronte a me, vestita con una tuta ed un top nero. Probabilmente stava di pattuglia quella notte ed aspettava solo di vedermi per rivolgermi la parola.

“Volevo chiederti scusa! Quella sera ho parlato a sproposito!”

“Leah non importa, come puoi vedere le cose si sono aggiustate! Spero solo che tu possa trovare la stessa pace che ho trovato io…” ero quasi atonale, non perché non lo pensassi, ma il mio cuore nelle ultime ore si era svuotato.

“Ti devo dire un’altra cosa. Sam vuole vedere sia te che Jacob a casa sua, stasera!” strano. Sam non si curava più del branco da quando è stata stabilita la pace in maniera ufficiale lasciando tutto nelle mani di Jacob. Allora la mia vicenda doveva essere proprio preoccupante.

“Lo riferirò a Jake!” lei annuì per poi trasformarsi e scomparire nella foresta. Rimasi a guardare il punto in cui si dissolse per molto tempo. non potevo distogliere i miei pensieri dalla mia famiglia, mi chiedevo se già avessero cominciato a muoversi. Avrei voluto poter contare i minuti che ci separavano, quando delle calde braccia mi strinsero le spalle.

“Buongiorno!” aveva la voce ancora impastata dal sonno.

“Buongiorno, ti ho svegliato?” accarezzai le sue braccia, posandoci il mio viso.

“No, Nessie ho solo sentito che tu non c’eri! Pensavi alla tua famiglia?” non riuscivo a rispondere ad una domanda così semplice eppure così complicata.  “Non devi essere preoccupata, loro sono in gamba, risolveranno il prima possibile questa situazione. Presto potrai tornare a casa tua, e magari potremmo riprendere i preparativi per il nostro matrimonio!” mi voltai cercando il suo sguardo. Con tutto quello che era successo avevo tralasciato quel discorso, in compenso avevo la certezza che Zia Alice sarebbe stata in grado di organizzare una cerimonia in grande stile in mezz’ora. Avvicinai i nostri volti cercando le sue labbra, ma fu lui ad azzerare la distanza che le separava. Amavo sentire il suo fuoco ardere di passione per me; ogni volta che i nostri corpi entravano in contatto, riuscivo a percepire un fremito percorrere i suoi muscoli tesi, ho sempre voluto poter non staccarmi mai. Anzi. Avrei voluto unirmi a lui in tutti i sensi. Ultimamente  i nostri baci si stavano spingendo sempre oltre, erano diventati sempre più fisici, più vogliosi. I nostri corpi si richiamavano come le nostre anime.

“Se continuiamo così, finirò con l’impazzire!” avevamo dato la mia parola a papà che avremmo aspettato il matrimonio per dar concretezza a quella voglia quasi ingovernabile. Se fossi mancata al mio accordo non solo lui se ne sarebbe accorto, ma ne avrebbe sofferto ed io avevo anche un altro giuramento verso me stessa da rispettare. Ma già cominciavo a pentirmi di quella promessa, temendo di non poterla più mantenere.

“Per me è già troppo tardi, Nessie!”

Note dell'autrice: che bello vedere che appena posto ci sono persone pronte a recensire. Capitolo lampo perchè non aveva bisogno di eccessive correzioni! Commovente in cui Nessie soffre la lontanza! Devo dire che alla telefonata mi è uscita una lacrimuccia! Snif! Ragazze mi sono sbagliata: è al prossimo capitolo che dovete preparare il ghiaccio!Nessie si troverà faccia a faccia con la più forte tempesta ormonale mai esistita in natura con tanto di spiagazione scientifica! E sfido io sti disgraziati di lupi girano con cotanto di addominali in bella vista a faci sbavare tutte! E non ditemi che nel film di New Moon quando Jacob si toglie la maglietta per asciugare il sangue di Bella non vi siete sentite svenire! Insomma bravo al tizio del casting! Vi racconto un annedoto carino: sono andata a vedere il film assieme ad una mia amica con i nostri rispettivi consorti (io non li volevo hanno chiacchierato tutto il tempo). Dato che noi siamo profondamente innamorate dei vampiri in genere potete immaginare quanto Eddy ci sia piaciuto. Quando siamo uscite dal cinema, a parte le nostre palle al piede che rompevano le pelotas, lei si gira e mi fa : "Sai che ti dico: stanotte sognamo Edward come abbiamo sempre fatto, poi ogni tanto da dietro facciamo sbucare Jacob così tanto per allietare gli ormoni!" quindi scusate ma dedico a lei il prox capitolo anche se probabilmente non lo leggerà mai!

never leave me: cara hai visto che battute faccio io? (Arrivano Alice Bella e Rose e dicono in coro: siamo diventate Flora Fauna e Serenella!) Io sono la regina delle battute sceme e sinceramente la tua mi ha fatto piegare dal ridere. Pure perchè mi sono immaginata Aro vestito da pastorello e Caius e Marcus vestiti da caprette. chissà se ne potremmo fare un one shot comica?

rossi87: sei pronta a sudare in gennaio?! ghghgh! Allorapreparati. Per fortuna stavo già a letto quando la mia mente ha partorito una tale idea malsana!

Ditemi poi se sono riuscita a far vivere la stessa agonia ormonale a Nessie!

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Capitolo 14
*** CAPITOLO XIII: Io e l’imprinting! ***


Note dell'autrice: Ragazze il secondo capitolo più bello dell'opera a mio avviso. C'è di tutto disperazione, eccitazione e naturalmente azione!

sinead: allora spero che il mio Jacob rispetti comunque i tuoi canoni! pure perchè loro due sono sia amici che compagni per come li vedo io.

rossy87: salutami il tuo pinguino! invece il mio è in sciopero e ha deciso che la seconda parte della mia storia la devo scrivere da sola.

never leave me: si però devo prima finire Gray day in darkness, oppure la lascio incompleta? bhuhahahaha! me crudelissima!

 

CAPITOLO XIII: Io e l’imprinting!

“Ness, mi sto preparando del thè ne vuoi una tazza?” avevo passato quasi l’intera giornata nel letto a fissare il soffitto, cercando di schiarirmi le idee. Jake stava alla sua piccola officina, e mi aveva lasciata per tutto il giorno. All’inizio la cosa mi infastidiva, ma troppo spesso aveva rinunciato al lavoro per me, quindi non volevo farglielo pesare. C'erano sicuramente delle faccende importanti da sbrigare. E comunque non ero completamente sola. Con me c’era Rachel che mi guardava sorridente sul limitare della camera. Per quasi tutta la mattina aveva evitato di disturbarmi, capiva perfettamente il mio bisogno d’intimità.

“Grazie Rachel, una tazza la bevo volentieri!” in realtà più che del cibo umano avevo bisogno di andare a caccia. La sete cominciava a farsi sentire, ma cercavo di limitarla visto che avevo delle restrizioni anche in quel campo. Era frustrante per una persona come me, vedersi costretta in quattro mura al riparo. D’altronde, per quanto sconsiderata io sia, non volendo esporre la mia famiglia e la famiglia di Jake a rischi inutili, stavo buona. Cominciai ad avere voglia di andare a scuola.

< Ecco ora sono veramente uscita fuori di testa! >

Rachel aveva sistemato due tazze fumanti su delle tovagliette all’americana, con un piccolo piatto con dei biscotti al centro.

“Accomodati!” le risposi con un sorriso e mi portai alla sedia di fronte alla sua. Presi un biscottino e cominciai a mangiarlo svogliatamente. Sono sicura che fosse delizioso, ma a causa della sete il mio gusto era totalmente alterato. Lo posai con ancora l'impronta dei miei denti, sul tovagliolo.

“Non ti piacciono? Hai fatto una faccia!”

“Non ho molto appetito…” presi la tazza e sorseggiai il thè per pulire la bocca, ma anche quello risultò strano. Cercai di far finta di niente, mostrandomi soddisfatta, non volevo deludere Rachel che era stata così carina.

“Sai mia madre, quando c’era qualche problema, preparava il thè e i biscotti. Si sedeva e lasciava che ci confidassimo…” guardava all’interno della sua tazza, mentre ripensava alla madre.

< Deve essere stata una donna speciale, chissà perché Jacob non ne parla. >

“Volevi fare la stessa cosa con me?” portai nuovamente la tazza alle mie labbra, facendo finta di bere.

“È una tua scelta. Non sei obbligata a fare nulla. Però penso che parlare ti farebbe bene! Soprattutto ora che quel rompiscatole di Jacob non ti sta addosso!” sorrisi, non pensavo che Jacob fosse un rompiscatole, ma effettivamente mi stava parecchio accanto.

“Sai, io non mai amato essere considerata la bambina fragile che deve essere protetta ad ogni costo. E questa situazione mi  soffoca. Mi sento assolutamente impotente… ”

“Tesoro, tu sarai sempre la piccolina, abituatici. Sai quanto mi risulta strano che il mio fratellino si sposi? Io lo vedo come un bambino anche se ormai è un uomo!”

“…e che uomo!”mi tappai la bocca percependo che il mio pensiero era scivolato fuori. Guardavo Rachel che se la sghignazzava divertita. Maledetti ormoni che avevano deciso di diventare gli imperatori di Nessie. Me li immaginavo lì a complottare contro i quattro neuroni rimasti per conquistare la povera Renesmee. Ed ora avevo appena rivelato quanto Jacob mi facesse impazzire, a chi? Alla sorella che aveva detto di vedere il fratello come un bambino?

< Complimenti Nessie, Emmett sarebbe fiero di te! >

“Nessie è normale che tu abbia una notevole attrazione fisica con lui! Se non fosse così non vi sareste fidanzati! E poi non sono cieca…” magari lo fossi stata io. Non che Jacob non mi piacesse come persona. Amavo molto il suo carattere solare, il suo coraggio, la sua profonda bontà d’animo. Ma il buon Dio lo aveva dotato di quelle caratteristiche fisiche che lo rendevano ancora più drammaticamente attrattivo. Non contando che io ero un’adolescente! Ma perché avevo fatto quella promessa a mio padre?

< Ah, ah! Destino ma non avevamo fatto pace io e te? Perché mi sono dovuta ritrovare con un padre iperprotettivo e centenario, che sa leggere nel pensiero e che, su certi argomenti, è rimasto un po’ indietro, ancorato a quella assurda mentalità antica? E poi come se non bastasse mi hai regalato il più bello e sensuale lupo come fidanzato, che gira mezzo svestito sempre e comunque? Questa è guerra caro mio! >

“Scusa Rachel!” dissi cercando di mascherare il mio imbarazzo nato dalla natura di quella conversazione “È  che questa attrazione fisica sta diventando un vero problema … comincio a perdere le mie facoltà mentali! Poi ora che ci troviamo sotto lo stesso tetto, è da morire!”

“Cosa intendi? Insomma, siamo nel XXI sec, nessuno si scandalizza se fate l’amore!” era stata così naturalmente diretta che mi fece venire la pelle d’oca.  Certo noi siamo del XXI sec, ma mio padre no. Prima che partissi la mamma si era raccomandata in mille modi tra cui: ‘Renesmee, ti prego qualsiasi cosa il tuo corpo ti dice di fare cerca di controllarti. Sai quanto tuo padre ci tenga a queste cose, evita di deluderlo potresti fargli venire un infarto! ’ ‘Mamma, papà non può avere un infarto!’ ‘Se deludessi la promessa te lo assicuro che gli verrebbe ugualmente’. Quanto ci tenga a queste cose. Queste cose. Mi sembrò così sciocco ora che qualcuno mi aveva detto palesemente il vero significato di quelle solo alludenti parole. Amore. Perché in fin dei conti era quello. Fare l’amore. Niente di così terribilmente peccaminoso o scabroso. Noi ci amavamo e non avremmo fatto niente di male. Ma avevo dei doveri nei confronti del mio antichissimo giovane padre, e non potevo deluderlo.

“Abbiamo promesso ai miei che avremmo aspettato il matrimonio … So come la pensano, soprattutto mio padre e già è stato difficile per loro accettare che sposerò Jacob almeno li voglio accontentare in questo. Ma ogni volta che siamo vicini sento vacillare la mia volontà di mantenere valida la mia parola …” a quel punto Rachel cominciò a ridere.

“Nessie cara è normale. Tu sai perché esiste l’imprinting? O per lo meno perché si pensi esista …” scossi la testa, già sapere cosa significasse, era un miracolo, figuriamoci sapere il perché della sua esistenza “L’imprinting dovrebbe servire a garantire la continuazione della specie. Se la vostra attrazione fisica fosse stata, diciamo, umana, l’avreste contenuta senza problemi ma dato che fra di voi di umano c'è ben poco … Avete fatto una promessa davvero azzardata! Io e Paul non abbiamo di certo aspettato!” a quel punto fu lei a colorarsi. Era appena percettibile sulla sua pelle olivastra, ma la mia vista è difficile che s’inganni. Finalmente si era imbarazzata anche lei. Divertente. Almeno non ero l'unica in difficoltà, ad affrontare quel tipo di discorso.

“Mi mancavano gl’ormoni impazziti e dopati dall’imprinting ad incasinarmi la vita! Quando finisce l’adolescenza? No sai, perché comincio seriamente a pensare di trasferirmi in un’abbazia di suore di clausura finché non finisce tutto questo!” finalmente tornò il sarcasmo, il mio amico fidato.

< Ci sei allora! >

“Mai tesoro, soprattutto se hai un bel ragazzone muscoloso che gira mezzo nudo in tutte le stagioni e con tutti i climi possibili ed immaginabili!” non ci trattenemmo più. Scoppiammo a ridere fragorosamente, anche se la mia era una risata convulsa, involontariamente forzata. Quanto diavolo aveva ragione! “Nessie posso confidarti una cosa?” disse mentre si asciugava una lacrima gioiosa che le segnava la guancia.

“Ti ascolto …” confidenze. Mi sentivo come quelle signorine pettegole delle soap di Rose. Appena mi aveva detto di volermi dire qualcosa subito mi ero rizzata sulla sedia, impettita pronta all’ascolto. Joyce deve aver avuto cattive influenze sul mio comportamento.

“Credo di essere incinta!” non potevo crederci. Finalmente stava per arrivare un nuovo lupacchiotto in casa Black. Da tempo Paul e Rachel stavano provando ad avere figli, ma tardavano ad arrivare. Ed ora dopo cinque anni di matrimonio ce l’avevano fatta.

“Ne sei certa?”

“Per ora ho fatto solo il test della farmacia. In realtà sto aspettando una risposta sicura dal medico! Per questo i Black non sanno ancora nulla! Voglio essere certa prima di farli impazzire!” si accarezzò la pancia. Nel suo volto leggevo la speranza ma anche la felicità di esaudire un sogno. Un sogno che avevo anch’io e che molto probabilmente non avrei potuto avverare.

“Sono felicissima per voi! Ve lo meritate davvero!” ero davvero contenta ma il mio cuore aveva avuto lo stesso strano tumulto di quando avevo incontrato Renèe.

“Guardate che presto voglio un nipotino anch’io!” un fulmine. Era lì quella sensazione di vuoto che avevo ricacciato promettendomi che non  sarebbe più tornata a galla. La consapevolezza che forse in quella casa nessun bambino avrebbe portato il nome Black, la quasi certezza che non avrei trovato i nostri lineamenti in un dolce bambino dalla pelle olivastra, l’infinito senso claustrofobico di essere costretta in un corpo dall’aspetto angelico ma imperfetto perché non avrebbe portato un suo figlio. Un nostro figlio.

< Dio quanto ti sei divertito quando mi hai creata? Hai deciso che dovevo essere bella, intelligente, dalla crescita repentina. Poi hai fatto innamorare di me una delle persone più meravigliose dell’universo per cosa? Per poi non riconoscerlo in un erede? > schifoso cervello che pensa troppo.  

“Nessie cosa ho detto? Perché piangi?” piangevo. Jacob sapeva della quasi sicurezza della mia sterilita, eppure lo aveva accettato. Io invece no. Non avevo il coraggio di dirlo a parole. Presi il suo volto spaesato tra le mie mani trasmettendo il mio pensiero nella sua mente. “Cosa…” sospirò appena mentre riapriva gli occhi “…cosa è successo?” lei non sapeva del mio dono. Mi ero completamente dimenticata che conosceva in parte quello che riguardava noi vampiri troppo preoccupata di quello che stavo vivendo.

< Egoista, l’hai spaventata! >

“Rachel, non posso spiegarti ma sappi che quello che hai visto è la verità…”  non riuscivamo più a parlare. La cosa probabilmente l’aveva sconvolta. Sapevo quanto tutti contassero sulla discendenza della famiglia Black, in quel momento ebbi il terrore di non essere più accettata da loro. Sentì la sua mano tiepida accarezzarmi il viso alzando il mio sguardo all’altezza del suo.

“Quello che conta è che siate insieme, qualsiasi cosa il destino abbia in serbo per voi l’importante è che vi amiate! Jacob non sarebbe felice se non con te!” probabilmente se Rachel fosse trasformata in vampiro avrebbe un dono simile a quello di mio padre. L’abbracciai nuovamente e lei ricambiò amorevolmente.

 

Rachel era tornata a casa da Paul. Purtroppo non poteva restare troppo a lungo con noi, ma si era raccomandata di chiamarla per qualsiasi necessità. Ero rimasta completamente sola in quella casa così terribilmente sua. Jake sarebbe arrivato a breve, dovevamo andare da Sam come si era raccomandata Leah. Dovevo togliermi quel senso di inutilità che si era impossessato della mia testa, Jacob non doveva vedermi straziata perché mi sentivo imperfetta, ne avrebbe sofferto a sua volta e questo non dovevo permetterlo.  Raccolsi i miei capelli per non bagnarli sotto il getto della doccia; l’acqua scorreva sul mio corpo nudo togliendo le tracce della stanchezza dovuta a tutto quello che mi stava accadendo, lavando anche le mie paure più recondite. Le mie lacrime dolenti si mischiavano all’acqua lasciando che il mio viso rimanesse rilassato. Cominciai a stringere la mia pelle sul ventre quasi volessi strapparla:

< Perché dovevi divertirti così tanto con me? Dio prenditi la mia eternità e dammi la possibilità di avere un figlio! >

Continuai per poco a contorcermi nel mio patimento per poi calmarmi sapendo che Jake  non doveva sentire i miei singhiozzi. L’acqua aveva cominciato a raffreddarsi. Chiusi i rubinetti e mi avvolsi nell’asciugamano profumato di detersivo. Rimasi a rimirarmi allo specchio appannato per qualche secondo, eccola lì l’immagine distorta di me. Forse l’unica rappresentazione reale.  Aprì la porta del bagno sicura di essere ancora sola, ma davanti a me, trovai il mio Jacob. Indossava solo i suoi soliti jeans strappati con il torso nudo. Così infinitamente bello. Quell’incarnato scuro lontano dal mio, che emanava tutti gli odori del bosco e della spiaggia. Muschio, salsedine, resina si mischiavano in un’armonia perfetta di sensazioni. Muscoli torniti e fiorenti che disegnavano le pieghe di un corpo perfetto ed ardente come un fuoco eterno. I suoi capelli scuri portati corti solo per una questione di comodità ma che se si allungavano rivelavano la loro splendida lucentezza. Occhi caldi in cui c’erano scritte mille parole silenziose. E quelle labbra carnose e vellutate che temevano anche solo di sfiorarmi. Ero inadatta a stare di fronte ad un tale spettacolo in quelle condizioni. Mi sbrigai a sciogliere i capelli cercando di rendermi più presentabile, cosa sciocca visto che ero coperta solo dall’asciugamano che arrivava a metà coscia. Poi in quello sguardo nero e penetrante arrivò quel lampo che tanto temevo di incontrare e subire. Il lampo che segnava un punto di non ritorno. Lo stesso lampo che forse stava cogliendo i miei occhi. Fu un attimo. I nostri corpi calamitati l’uno all’altro non riuscirono a controllarsi, le nostre labbra erano saldamente ancorate in uno di quei baci premessa di tutt’altro. Non eravamo riusciti neanche a salutarci, non avevamo neanche detto una parola. La passione ci aveva completamente accecato ed ogni inibizione era scomparsa. Le sue braccia mi avvolgevano la vita, accostando sempre più i nostri corpi poco vestiti. Al contatto con quel petto percepivo il suo cuore aumentare la velocità così come la sua pelle diventava sempre più rovente. I nostri respiri erano carichi dell’eccitazione che si era venuta a creare e danzavano all’unisono, lasciando che tutto quello avvenisse al di fuori del nostro controllo. Tutto diventava sempre più  intenso e vorace. L’aria ormai era diventata piena dell’ elettricità sprigionata dai nostri istinti. Tanto era la bramosia che la sua mole aveva costretto il mio esile corpo assecondante al muro. Avevo la schiena schiacciata contro la parete ma non sentivo dolore; sentivo solo le sue mani esplorare delicatamente il mio corpo in maniera nuova e piacevole. Volevo diventare sua, fine dei giochi. Non esisteva famiglia o antiche convinzioni che potessero fermare quel pensiero. Presi un leggero slancio e aggrovigliai le gambe attorno alla sua vita mentre mi aiutava tenendo tenacemente i miei fianchi con un  tale ardore da scottare. Le nostre labbra sembravano non  poter più contenersi data l’eccessiva passione con cui continuavano a muoversi. Con me ancora avvinghiata si mosse verso la sua camera, senza mai staccarci da quella danza sinuosa che ci aveva coinvolto. Chiuse la porta con un veloce gesto della mano, lasciando che sbattesse così forte da far crollare piccoli pezzi d’intonaco. Poteva crollare tutta la casa non ce ne saremmo accorti. Mi adagiò delicatamente sul letto, stendendosi sopra di me. Cominciò a baciarmi il mento scendendo al collo e poi al petto continuando così l’eccitante esplorazione di quel frutto proibito che rappresentava le mie nudità celate dall’asciugamano. Era di troppo, e sembrava dividerci come l’oceano. La sua mano accarezzò il mio viso, percorrendo lo stesso sentiero che le labbra avevano da poco affrontato per poi arrivare al nodo che lo sosteneva al centro del seno. Tremavo: tremavo dalla paura, dall’impazienza e dalla bramosia del mio uomo, lo volevo con tutta me stessa. Stavamo diventando nuovamente un’unica entità governata dall’amore e dall’istinto, forse anche dalla disperazione. Aveva sciolto il lembo dell’asciugamano scostandolo lentamente, in una crudele tortura. Ma proprio mentre tutti i nostri più arditi desideri stavano per concretizzarsi bussarono alla porta destandoci da quello che stava diventando inevitabile. Ci bloccammo di colpo, ancora ansimanti non del tutto coscienti di quello che stavamo per fare. Il volto di mio padre deluso affranto, che suona il piano senza anima prese posto nel mio pensiero. E proprio mentre avevo avuto quella rivelazione Jake si scostò velocemente indietreggiando fino ad incontrare la parete. Mi affrettai anch’io a legarmi nuovamente quel maledetto asciugamano al seno.

“Scusa Renesmee, non so cosa mi è preso …”balbettava cose per me senza senso, aveva lo sguardo colpevolmente spaesato. Ma non so se quello che stava per avvenire sarebbe stato sbagliato. Ripresero a bussare quando noi ci guardavamo ancora ansimanti e annebbiati da quel desiderio. Non potevo parlare, ma contro ogni mio volere mi alzai andando verso la porta. Dovevo vestirmi perché Quil aveva cominciato a chiedere di entrare. Quando mi chiusi in camera sentì che Jacob era andato alla porta per porre fine all’attesa del licantropo che ci richiamava ai nostri doveri.

 “Jacob perché c’hai messo tanto? Che bello biscotti!”

“Non ti riguarda …”

“Era solo una domanda!”probabilmente stava parlando con la bocca piena. Non ascoltai oltre.

 

 

Era la prima volta che rivedevo Sam da quando ero bambina. Una volta mi regalò un piccolo ciondolo, con un simbolo che raffigurava lo stesso tatuaggio al braccio di Jacob. Solo dopo parecchio tempo compresi il significato di quel gesto:  per lui ero parte del branco.

“Jacob come stai?” cominciarono virilmente a darsi pacche sulle spalle come farebbero solo due capibranchi. Non so perché ma notavo una certa somiglianza fra i due.

“Come al solito. Ti ricordi di Renesmee?” Jake mi allungò una mano che io afferrai prontamente.

“Sei diventata grande! E bravo il piccolo Jacob!” mi squadrava studiandomi. Diede altre due forti pacche sulla spalla di Jacob che forse preso alla sprovvista si spostò.

“E tu sei diventato vecchio!” tutto quel fare allusioni al fatto di quanto era bravo Jacob, come se avesse conquistato un oggetto mi infastidiva parecchio. Jacob mi fulminò con lo sguardo, ed io feci una smorfia di risposta. Sam invece cominciò a ridere di gusto.

“Si vedeva anche da bambina che avevi un bel caratterino!Quil benvenuto!Claire sta giocando dentro con Emily!” neanche aveva finito di parlare che Quil era già entrato “Entriamo ragazzi vi voglio parlare…”

La casa di Sam era piccolina ma infinitamente accogliente. Entrando trovavi sulla sinistra l’angolo cottura che si divideva dal resto dell’ambiente con un isola. Superando si accedeva ad una piccola camera, credo un salottino dove c’era una tv con il divano su cui era appoggiata una coperta scomposta e diversi dvd di cartoni animati. Un piano a parete era poggiato sul muro di fondo accanto alle scale da cui si accedeva al piano di sopra dove probabilmente si trovavano le camere da letto.

“Di cosa volevi parlare Sam?” di nuovo quel tono austero che discordava con il mio Jacob.

“Ho saputo di quello che sta accadendo ai Cullen, la cosa mi preoccupa parecchio.  Sono praticamente dieci anni che non venivano a farci visita vampiri oltre loro. Renesmee mi sai dire qualcosa di più?” ero appoggiata all’isola mentre i tre licantropi si trovavano intorno al tavolo. Quella domanda mi aveva colto di sorpresa.

“Da quello che ho capito è un attacco mirato alla mia famiglia.” Cercai di restare calma. Il loro ricordo ancora mi faceva stare male e rischiavo di scoppiare a piangere di punto in bianco.

“Si, cercano di colpirli in ciò che hanno di più caro. Sanno che Nessie è molto importante per tutti loro …”intervenne Jacob

“In quanti sono venuti?”

“Nessie è stata attaccata solo da un vampiro.”

“Quella maledetta l’avevamo presa ma ha incantato Paul con qualche abracadabra, ed è riuscita a fuggire!” disse Quil.

“Nessie, ti spiace lasciarci soli?”posò le sue grandi mani sulle spalle, io annuì ma prima di dirigermi in salotto guardai Jake che mi fece un occhiolino rassicurante. Anche Sam mi aveva confinato lontana per non ascoltare ma avevo troppo a cui pensare per potermi mettere a discutere. Per esempio dovevo fermare quei maledetti ormoni che avevano ridotto in prigionia gli ormai tre neuroni rimasti (uno era caduto in battaglia!). Poi una leggera musica elementare che galleggiava nell’aria del salottino mi aveva attirata. Al piano una bambina stava seduta, suonando una melodia di base scritta su di uno spartito. I suoi capelli erano raccolti in una pesante traccia nera che spiccava sulla camicetta bianca, con le maniche a palloncino. La porta scivolò sbattendo provocando un rumore sommesso. La piccola catturata dal mio chiasso, si voltò verso di me. Aveva un viso splendido. Lineamenti dolci, occhi grandi e scuri.

“Shh…” portò un dito alla bocca intimandomi al silenzio. Poi indicò il divano dove un bambino di circa cinque anni dormiva. Io mi avvicinai al pianoforte silenziosamente, sperando che i geni maldestri di mia madre fossero distratti o magari che stessero aiutando i neuroni a scappare. Mentre mi avvicinavo la ragazzina allargò gli angoli della bocca in un dolce sorriso.

“Ciao come ti chiami?” parlava con un filo di voce attenta a non disturbare il sonno dell’altro bimbo.

“Io sono Renesmee, ma se vuoi puoi chiamarmi Nessie. Tu chi sei invece?” le chiesi imitando i suoi toni.

“Io mi chiamo Claire” la Claire di Quil? Ecco la mia grande diversità. Quella bambina aveva due anni in più rispetto a me ed invece io sembravo una donna. Quanto potevo vedere di me in lei?

“Cosa stavi suonando?”

“Provavo una ninna nanna, per aiutare il mio cuginetto, ma non sono così brava!” le sorrisi.

“Ci vuole tanto esercizio per suonare bene, non devi spaventarti se non riesci subito!”lei mi guardava quasi incantata. Sembrava come se avesse visto la sua bambola preferita prendere vita.

“Tu suoni?” annuì e lei mi fece posto sullo sgabello “Conosci qualche ninna nanna da suonare?” i suoi occhi man mano che continuavo ad osservarli mi sembravano immensi e sconfinati. Forse perché gli occhi dei bambini sono animati solo dalla verità e la gioia di vivere. Guardai la tastiera del piano. Sembrava consunta, vecchia ma infinitamente vera. Diversa dall’idea di pianoforte che avevo io. Quello di mio padre sembrava uscito da un film degl’anni 50, lucido, intonso, anche se veniva suonato regolarmente. Posizionai le mie dita sui tasti e comincia a suonare la melodia che mio padre aveva dedicato alla mia mamma. Questa volta il loro ricordo accompagnato dalla musica non risultò struggente come al solito, bensì piacevole e nostalgico. Sentivo il cuoricino di Claire aumentare il suo battito emozionato, e per la prima volta in vita mia mi sentì pienamente soddisfatta di quello che stavo facendo. Mi sentivo completa, libravo nell’aria come le note della melodia che veniva plasmata attraverso le mie mani.

“È bellissima Nessie! Me la insegni?”

“Non ora tesoro, devi andare a dormire!” Emily ci aveva raggiunto e ci guardava chissà da quanto. Accarezzava il pancione in stato avanzato di gravidanza, infatti riuscivo a percepire i battiti del piccolo all’interno del suo grembo.

“Zia, ti prego!” la piccola la guardava supplicante mentre Emily copriva con la coperta il bimbo sul divano.

“Claire, sai non è facile imparare una melodia se si è stanchi! Ti prometto che te la insegnerò, magari un pomeriggio!”le dissi con un  tono dolcissimo cercando di convincerla. Lei mi schioccò un bacio sulla guancia per poi andare dalla zia e fare lo stesso.

“Me lo giuri?” disse tornando da me

“Croce sul cuore!” disegnai una croce all’altezza del cuore e poi le accarezzai il volto. Lei mi sorrise e corse per le scale.

“Tu sei Renesmee?” ci eravamo già incontrate una volta molto tempo fa, io la ricordavo nitidamente, le sue cicatrici non si scordano facilmente ma lei probabilmente non aveva una memoria dettagliata del nostro incontro. Annuì alla sua domanda, lei si avvicinò a me. Pose le sue mani tiepide sulle mie e le prese.

“Le descrizioni di Jacob non ti rendono decisamente giustizia! Ma lui mi aveva avvertita!” sorrisi a quella affermazione abbassando lo sguardo. Lei prese il mio mento costringendomi a trovare i suoi occhi “Hai ereditato una bella caratteristica di tua madre, anche se nei tuoi occhi la luce è diversa … ” a quel punto la mia naturale curiosità non poteva più essere messa a tacere.

“Cosa  vuoi dire?”

“Sembri una stella che ancora deve raggiungere il pieno del suo splendore! Non sei completamente sbocciata come se fossi ferma ad un punto e non riesci ad andare avanti …” che strano nessuno mi aveva detto una cosa del genere.

“Cosa state facendo?” giunse Quil allegro.

“Solo chiacchiere tra donne!” Emily mi fece l’occhiolino complice.

“E Claire?”

“È andata a dormire Quil mi spiace. Domani pomeriggio però puoi tornare a trovarla!” vidi la faccia di Quil totalmente abbattuta. Era la stessa di quando da bambina i miei dicevano a Jacob che non potevo andare con lui a caccia.

“Peccato le volevo dare la Buonanotte! Nessie dovete andare Jake ti sta aspettando!”

 

Da quella sera spesso andavo a trovare la nipotina di Emily con la scusa delle lezioni di piano. In realtà, oltre ad essere un piacevole diversivo dalle mie giornate ormai monotone, avevo stabilito un vera e splendida amicizia con quella ragazzina. Come poteva essere altrimenti, il nostro destino scorreva parallelamente anche se il suo aveva un percorso rallentato.

“Nessie!” mi corse incontro con le braccia protese in un abbraccio, cosa che non mi lasciai sfuggire. Capisco perché Quil ha avuto l’imprinting con lei. Era veramente speciale. Brillante, allegra, spiritosa e si notava che da adulta sarebbe stata splendida. Mi rispecchiavo molto in lei ed è per questo che ci trovammo subito.

“Ciao cucciolo, perché non vieni a salutarmi?” il piccolo Nathan si nascondeva dietro le gonne della mamma.

“Sai credo che si sia preso una cotta per te!” sussurrò Emily in mia direzione per poi volgersi al bimbo, che ancora si nascondeva “Nate perché non dai il tuo regalo a Nessie?” le guanciotte del piccolo si colorarono di un rosso più intenso del suo incarnato e solo dopo una lievissima spinta della mamma prese un piccolo mazzetto di fiorellini selvatici ed una pergamena. Con lo sguardo basso me li porse ed io mi abbassai  rubandogli un piccolo bacio sulla guancia. A quel punto scappò nuovamente dietro la madre, lasciando i doni nelle mie mani. Aprì il foglio dove vi era rappresentato una ragazza con i capelli ricci rossicci che teneva per la mano un bambino. Sopra con una scrittura abbastanza ordinata c’era impresso Nessie e Nathan.

“Quello l’ho scritto io!” mi confidò Claire in un filo di voce.

“Grazie piccoli lo conserverò per sempre!” portai il disegno sul cuore, inchinando la testa da un lato “Però voglio almeno un abbraccio dall’artista!” allargai le braccia inchinandomi alla sua altezza; Nate incoraggiato dalla madre si lanciò verso di me e finalmente mi salutò. Quei bambini si rivelarono la mia vera e propria ancora di salvezza. Scoprì perché alle mie zie piaceva giocare al salone di bellezza. Adoravo pettinare quei lunghi e setosi capelli, intrecciarli, acconciarli. E poi Claire a differenza di me, trovava piacevole quel gioco, anzi. La faceva sentire una vera e propria signorina che, in fondo era.

“Sai piccola, che fra un po’ mi sposerò?” avevo colto l’occasione del riposino pomeridiano di Nathan. Non avrei mai voluto turbarlo.

“Davvero?” il suo sguardo sognante in quello che era il mio desiderio realizzato “Con Jacob?”

“Già, ti piace Jacob?” continuavo a spazzolarle i capelli mentre continuavamo a chiacchierare tranquillamente.

“Si mi piace, ma trovo che Quil sia più bello!” già aveva capito tutto la piccola. Mi ricordava una certa bambina di mia conoscenza.

“Vedi però ho un grande problema …” cercavo con un tono sconsolato di rendere più vere le mie affermazioni.

“Qual è Nessie?” vedevo i suoi occhi lucidi mentre aspettava la mia risposta. Non mi ricordo di aver parlato di suspense con mio padre, e poi con lei non volevo usare quei mezzucci.

“Vedi non riesco a trovare una ragazza abbastanza bella per farmi da damigella dei fiori … Vorrei che avesse dei grandi occhi neri, come i tuoi, e dei bei capelli lunghi come i tuoi. Ma aspetta! Eccoti finalmente! Piccola vuoi farmi da damigella dei fiori?” quegl’occhi che prima si stavano disperando solo perché le avevo espresso un mio disagio, diventarono entusiastici. Per la prima volta era rimasta senza parole e mi abbracciava teneramente.

“Si, si, si mille volte si!” quella ragazzina mi assomigliava parecchio.

 

 

Camminavamo l’uno fianco all’altra nella foresta. Jake aveva sentito il mio bisogno di cacciare prima che glielo chiedessi. Questa faccenda dell’imprinting comincia proprio a piacermi, talvolta non devo neanche parlare con lui di un mio desiderio che già l’ha esaudito. Il mio dolce principe azzurro.  Purtroppo, per quanto mi sforzi, il cibo umano non sopisce completamente alla sete. Rispetto ai miei riesco a stare molto di più senza bere sangue, forse anche dovuto alla mia capacità di mangiare cose normali, poi però i sapori cominciano a cambiare. Tutto diventa estremo ed assoluto. Comincio a percepire i gusti in maniera accentuata: il dolce è troppo dolce, il salato diventa eccessivo e così via finché ad un certo punto qualsiasi cosa ingerisco diviene disgustosa. Mio padre mi disse che qualche volta, quando mia madre era umana aveva provato ad assaggiare il cibo normale, e la sensazione che aveva provato era la stessa, ovvero disgusto assoluto.

“Ti senti meglio ora?” Jake aveva quel suo solito sorriso, capace di far tremare le gambe. Stavamo camminando all’interno della foresta dirigendoci verso casa. Le nostre mani si stringevano, intrecciando le dita dondolando al ritmo dei nostri passi. Se non fosse stato per il dissanguamento di due cervi, sembrava veramente un’uscita romantica come non ne facevamo da tempo.

“Ne avevo realmente bisogno. Come hai fatto a capirlo?”

“Ormai ho imparato a riconoscere i segni, per esempio a cena hai appena toccato la pizza ai funghi, la tua preferita” dovevamo superare un tronco steso a terra. Jacob mi prese per la vita sollevandomi portandomi a se. Ci trovavamo vicinissimi, i nostri occhi nonostante il buio s’incontrarono e nuovamente un brivido lungo la schiena corse fino alla nuca raggiungendo il cervello già galoppante verso fantasie poco pure “e appena l’hai messa in bocca hai fatto una smorfia, arricciando il naso. Poi osservando i tuoi occhi, si notavano delle piccolissime pagliuzze nere… anzi ho aspettato anche troppo per portarti a caccia!” sfiorò le mie labbra delicatamente carezzandomi il volto. Io mi sentì come neve al sole. Ogni qualvolta mi sfiorava il mio corpo sembrava cedere alla tentazione che mi offriva.

“Mi conosci molto bene signor Black!” sorrisi maliziosa verso di lui “Ma stai attento: ho ricevuto le avance di un altro!”

“E chi dovrei torcere il collo? Qualcuno del mio branco?” si stava innervosendo anche se tentava di mascherarlo.

“Dovresti proprio temerlo: è stato così galante, pensa mi ha regalato dei fiori e un biglietto romantico! Tu queste cose non le fai mai!” mi staccai da lui parlando con aria sognante.

“Allora Seth o Embry? A chi devo spaccare la testa?”

“Perché proprio loro?”

“Non hai risposto alla domanda precedente, chi tace acconsente. Poi gli unici rimasti sono loro due!” stava leggermente fremendo. Mi è sempre piaciuto giocare con questa sua gelosia che ancora non aveva imparato a controllare.

“Comunque non sono loro! E non so se mai farà parte del tuo branco ma sai si dice che buon sangue non mente!” vidi il suo viso rilassarsi in un dolce sorriso infarta vampiri. Scuoteva la testa portando ogni tanto lo sguardo su di me.

“Il piccolo Nate!”

“Si stupidone! Chi se no?”

“Allora dovrò stare proprio attento! Quel bambino attira le donne come le mosche sul miele!”

“E poi ci sa fare!”

Scoppiammo a ridere, ritrovandoci nuovamente l’uno nelle braccia dell’altra. In fin dei conti a parte la forte attrazione fisica, eravamo sempre gli stessi. Amici e compagni, sempre con la battuta sulle labbra, pronti a gareggiare, a mangiare schifezze di fronte ad un film, a non prenderci troppo sul serio. Cosa si può desiderare di più in un rapporto?

“Nessie ti volevo chiedere scusa per l’altro pomeriggio …” non ci potevo credere. Per l’ennesima volta si assumeva ogni responsabilità di un evento a cui avevo partecipato coscientemente e volontariamente anch’io. Sbuffai superandolo di qualche passo mentre lui rimaneva immobile nella sua posizione continuando ad osservare ogni mio movimento.

“Jacob non so se te ne sei accorto ma io ero parte attiva della quasi - cosa!” ero veramente scocciata da quel tipo di atteggiamento che tutti tendevano ad assumere in caso di un mio guaio. Generalmente si assumevano la colpa oppure l’affibbiavano a qualcun’ altro. Eppure di santità ne avevo ben poca.

“Ma non dovevo avventarmi in quella maniera su di te, ma quando ti ho vista solo l’asciugamano … poi hai scosso i capelli e il tuo profumo misto a quello del bagnoschiuma … non sono riuscito a resistere …” scuoteva la testa nervosamente come ad evitare che quei pensieri si concretizzassero nuovamente.

“Ed io avevo il diritto di avvinghiarmi mezza nuda su di te? ” incrociai le braccia al petto alzando un sopracciglio in tono di sfida. Lui cominciò a ridacchiare e l’atmosfera si rese subito meno tesa.

“Hai ragione mostriciattola!” si avvicinò scuotendo i miei boccoli ramati “Dovremmo evitarle certe situazioni, almeno fino al matrimonio. Dopo le cercheremo sempre …” con due dita sotto il mio mento avvicinò le nostre labbra lasciando che si sfiorassero nuovamente.

“Ti posso fare una domanda Jake? È molto intima e personale …” era già da un po’ che mi frullava per la testa, ma non avevo mai trovato il momento giusto per porgerla. Mi guardò accigliato, per poi annuire.

“Tu hai mai fatto l’amore?” potevo sentire il suo cuore smettere di battere e il suo respiro affannarsi agitato.

“I-io, vedi non… Come ti è venuta in mente una domanda del genere?”

“Lo sapevo sei già stato a letto con un’altra … ma capisco non pretendevo che fossi vergine!”

< Speriamo che non sia stata mia madre! Quello sarebbe veramente troppo! >

“Ti stai sbagliando alla grande Renesmee …” si era portato una mano sulla fronte mentre scuoteva la testa “io non ho mai fatto nulla con nessuna! Non avrei mai potuto!” anche se la sua pelle olivastra non permetteva di capirlo a pieno, sapevo che le sue guancie si erano avvampate dall’imbarazzo di quella dichiarazione.

“Non posso crederci? E come hai fatto?”

“Ho aspettato l’unica persona con cui voglio condividere questa esperienza!”

Indicai il mio viso “Intendi me?” sorrise nuovamente e la notte apparve rischiarata da quella espressione dipinta sul volto dell’uomo che amo.

“Hai sentito?” all’improvviso vidi Jacob drizzare i suoi sensi verso qualcosa d’indefinito. Io feci lo stesso e immediatamente un odore dolciastro conosciuto raggiunse il mio sviluppato olfatto.

“Un vampiro …” sospirai appena quelle parole; Jacob si era portò avanti a me facendomi scudo con il suo corpo in caso di un attacco. Osservava l’oscurità da cui aveva percepito il primo rumore.

“Non è uno della tua famiglia … Nessie qualsiasi cosa accada tu scappa! Non fare nulla di stupido o insensato!” mi strinsi alle sue spalle anche se avrei voluto ribattere alla sua affermazione. Sapevo combattere, avevo imparato fin da piccola a difendermi, con Heidi avevo avuto la peggio solo per colpa del suo potere ma l’avrei potuta benissimo sconfiggere. Sentivo un ringhio profondo proveniva dall’interno del suo torace facendo vibrare il suo petto come i muscoli del corpo. Si stava preparando a trasformarsi se fosse stato necessario. E in un attimo fu così. Un enorme lupo rossiccio si parò di fronte a me per poi inoltrarsi nel buio. Nella trasformazione mi aveva urtato facendomi cadere a terra. Un fortissimo ululato squarciò il silenzio della notte e successivamente un lupo nero altrettanto grande lo raggiunse; li sentivo combattere ma potevo vedere appena le sagome torcersi ed avventarsi contro quello che sembrava un uomo, ma sapevo che di umano non aveva un bel niente. Non riuscivo a muovermi, l’unica cosa che mi importava era sapere che Jacob stava bene. Una calda mano toccò la mia spalla obbligandomi a voltarmi di soprassalto.

“Sbrigati ti porto a casa!” Leah mi guardava dall’alto della sua statura porgendomi la mano.

“Ma Jake …”

“Se la caverà … seguimi di tua spontanea volontà o ti prendo con la forza!” mi zittì subito. Mi alzai velocemente ed iniziammo a correre fino a casa Black. Rachel e Billy dormivano per fortuna. Rimasi assieme a Leah ad aspettare il loro ritorno.  

“Leah cosa è successo?”

“Ho sentito che c’era qualcosa di strano nell’aria, ho avvertito Sam e dopo poco abbiamo sentito l’ululato di Jacob! Ti hanno seguita nel bosco e cominciano ad avvicinarsi alla riserva!”

“Mi dispiace …” sussurrai verso Leah visibilmente preoccupata.

“Non devi dispiacerti! Sposerai il nostro capobranco, è nostro dovere proteggerti!” aveva cambiato tono, come quando Jacob assumeva il suo ruolo di maschio alfa. In effetti lei era la sua beta un rango leggermente inferiore, immagino che nel momento in cui Jacob era assente fosse Leah ad assumere il controllo.

“Ho paura Leah!” cercavo di ascoltare i suoni provenienti dalla foresta ma quella notte sembrava muta. D’un tratto due sagome si distinsero tra gli alberi, accompagnate da un forte odore d’incenso. Avevano battuto il vampiro. Corsi verso Jacob e lo abbracciai stretto.

“Siete riusciti a scoprire chi era?” Leah ci aveva raggiunto.

“Da quello che abbiamo capito era solo un esploratore mandato in avanscoperta, per questo attaccava solo fuori città. Voleva evitare di farsi scoprire dai Cullen e da noi. Ma questa sera ha fatto un passo falso.” erano anni che Sam non si trasformava, da quando si è sposato  probabilmente per invecchiare assieme a sua moglie e ai suoi figli.

“Da quanto mi seguiva Sam?” chiesi titubante.

“Credo da qualche settimana! Sicuramente da prima che sei stata attaccata dall’altro vampiro … dopo quella vicenda le vittime dei loro banchetti si sono dimezzate!” affondai il mio viso nel petto di Jacob, spaventata. Possibile che nessuno di noi si fosse accorto della presenza di quel vampiro?

“Voleva me!” dissi con un filo di voce “Altrimenti Alice avrebbe visto la loro venuta!”

 

Note extra: non mi dite che vi ho deluse? il fatto che non sia andata in porto fino in fondo non vuol dire che non sia stata una scena assolutamente  calda e bollente almeno 42 gradi di lupo! Grazie a tutte e recensite!

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Capitolo 15
*** CAPITOLO XIV: La dura verità! ***


Nota dell'autrice: Da questo capitolo cominciamo ad entrare nel finale della prima parte (mancano 6 capitoli alla fine) . Ci saranno molte delusioni per la piccola Nessie per una realtà fatta di menzogne! Bhè ragazze d'ora in poi niente più anticipazione pure perchè se fino ad adesso ho dato sfogo alla mia fantasia nei capitoli successivi, ho dato il meglio di me! La mia mente malata ha partorito dei piani allucinanci. Se li legge uno psichiatra mi rinchiude perchè potrei essere una potenziale assassina torturatrice.

Sinead: sapendo che l'imprintig di Jacob non ti sia andato a genio, mi rende ancora più fiera del mio lavoro. Vuol dire che ti è piaciuto ugualmente anche se la base non è delle tue ideali. Quindi continua  a recensire e a leggere perchè ora più che mai citengo al tuo giudizio. Anzi pretendo che tu lo faccia!

Fra Zanna: cara allora non vedo l'ora di leggere la tua storia, sono curiosa! Continua a leggere a recensire collega!

noe_princi89: purtroppo per sapere se è sterile o no dobbiamo aspettare la seconda parte che sta andando un po' a rilento. Comunque ho notato che man mano che ho scritto le correzioni si sono rese sempre meno necessarie. Quindi sarà probabile che per la seconda parte ci impieghi meno tempo nel sistemarlo per pubblicarlo. Vi anticipo che dovrebbe essere un po' più corta rispetto alla prima, almeno secondo le mie previsioni e sarà ancora più sentimentale. (e fu così che venne fuori il doppio)

never leave me: spero che continuerai a seguirmi comunque perchè fino alla fine della prima parte ci saranno scene di azione e sentimento! Se poi leggerai la seconda parte magari verrai accontentata nelle scene che tanto desideri. Comunque spero che a livello descrittivo ti sia piaciuta comunque la scena bollente!

Grazie alle dieci persone che l'hanno messa tra i prefriti e ai diciotto che la stanno seguendo! e recensite recensite recensite!

 

CAPITOLO XIV: La dura verità!

Ero costretta in quelle quattro mura. Capisco l’apprensione ma ora si cominciava ad esagerare. Mi era fatto divieto di uscire anche solo per prendere un po’ d’aria. Rachel e Billy erano stati allontanati, per evitare che venissero colpiti in qualche maniera. E per di più Jacob passava la maggior parte del tempo nell’approfondire le sue indagini. La mia non era più vita ma prigionia. Mi sentivo in gabbia e soprattutto ero sola. Tra l’altro la mia famiglia stava rischiando la vita a causa mia. L’unica cosa che sapevo per certo è che i Volturi stavano cercando di utilizzare me per distruggere i Cullen, e annettere i miei genitori e Zia Alice nella guardia. Odiavo essere impotente almeno tanto quanto la situazione in cui ero precipitata.

“Nessie, come stai?” Jake mi si avvicinava cercando di baciarmi. Mi scansai contrariata, e soprattutto arrabbiata “Ti prego non fare così…”

“E cosa vuoi? Che ti abbracci sorridente e che ti dica che va tutto bene? Secondo te, quanto può piacermi essere rinchiusa?” agitavo le braccia sbraitando. Ultimamente era l’unico modo in cui riuscivo a comunicare con Jacob.

“Non avercela con me…”

“Questa è buona e con chi me la dovrei prendere sentiamo? Sei tu che hai deciso che io dovevo essere sorvegliata come un detenuto ad Alcatraz!” mi poggiai sulla parete lasciandomi scivolare fino ad incontrare il pavimento. Le gambe tremavano ma non per l’eccitazione stavolta per la rabbia.

“Io lo sto facendo solo per il tuo bene!”

“Non ti ho chiesto nulla!”

“Non dire cose di cui potresti pentirti!”

“Pensi che io sia così indifesa da non poter badare a me stessa! non sono più una ragazzina Jacob pensavo che tu almeno te ne fossi accorto! Jacob sei diventato il mio aguzzino…” voltai il mio sguardo evitando di guardarlo.

< Dovesse intrappolarmi con qualche sorriso alla Jacob! >

“Renesmee, sei profondamente ingiusta! E comunque questo atteggiamento non cambierà il fatto che per proteggerti sarei disposto a congelarti! Quindi rimani qui fino a nuovo ordine!” aveva cambiato il tono come se io fossi un lupo qualunque.

“Sissignore!” mi alzai di scatto in piedi, assumendo un tono profondo. Cominciai a schernirlo portandomi una mano alla fronte, accennando un saluto militare. L’avevo fatto arrabbiare, si voltò senza neanche guardarmi e mentre usciva sbatté la porta così forte da far cadere un quadro, frantumando il vetro nell’impatto con il pavimento. Il suo atteggiamento non fece altro che alterare ancora di più il mio stato emozionale.

< Quanto vorrei che ci fosse Jazz con me! Un momento… >

La mia famiglia. Quella sarebbe stata la soluzione perfetta. Avrei provato a contattare i miei genitori sperando che almeno loro riuscissero a far ragionare Jacob. Non potevo chiamarli. Avevano staccato tutti i cellulari e avevano disattivato le mail. Dovevo andare a casa.

<  Ma come posso fare? >

Almeno due licantropi mi sorvegliavano coprendo quasi interamente il perimetro della casa. Se fossi scappata mi avrebbero intercettato sicuramente. Il  mio odore era inconfondibile. Dovevo innanzitutto camuffarlo il più possibile, ma non sapevo come. Ad un tratto, nel risveglio dei miei neuroni  ebbi l’idea del secolo. Rovistai nel cesto della biancheria sporca. Bingo. Una felpa di Jacob e un paio di pantaloni di una sua tuta che strinsi con una cinta cercando di sorreggerli il più possibile. Sollevai il cappuccio coprendo i capelli. Sapevo che in quel momento di guardia c’erano Seth e Leah. Potevo giocare con la loro rivalità. Creai un piccola fionda con un soprammobile a forma di alce ed un elastico nero e spesso. Presi delle noci come cartucce. Mi avvicinai alla finestra e vidi i due lupi camminare l’un dietro l’altro.

< Leah non deludermi … > presi la mira per qualche secondo. Poi tesi l’elastico caricando la noce al centro di esso. Smisi di respirare onde evitare di mancare il bersaglio. Appena fu a tiro lasciai la noce. Controllai che il mio lancio fosse andato a segno. Centrata in pieno. Vidi il suo muso cercare da dove proveniva il colpo, e quando si rivolse verso me mi abbassai velocemente. Ringhiò. Lentamente mi riaffacciai sperando di non essere stata scoperta. Aveva ringhiato verso Seth, che annusava l’aria cercando di capire cosa non andasse. Ottimo. Presi un’altra noce. Mirai e sparai nuovamente a Leah. Stavolta si voltò verso il fratello alzando il labbro superiore inferocita. Corse verso di lui cominciando ad azzuffarsi. Povero Seth gli avrei chiesto scusa alla fine di tutto. Uscì dalla finestra approfittando del loro baccano, e corsi a perdifiato verso la foresta. Finalmente ero libera. Continuai nella mia corsa sfrenata sfruttando tutte le mie capacità di vampiro. Dopo poco fui affiancata da un grande lupo grigio. Accelerai il passo, ma il lupo riuscì a superarmi bloccando la strada.

“Leah fammi passare devo parlare con la mia famiglia!” mi ringhiò contro intimandomi di tornare indietro “Pensi anche tu come Jake che rinchiudendomi dentro casa fermerà chiunque sia sulle mie tracce?Così non mi sta proteggendo mi rende solo prigioniera!” sbottai, possibile che nessuno capiva che tutto questo non risolveva niente? Il lupo abbassò lo sguardo, poi avanzò qualche passo dandomi  le spalle. Si voltò  assicurandosi che la seguissi. Con quel gesto mi fece capire che mi avrebbe scortata, fino alla mia casa. Per la prima volta eravamo d’accordo. Mi affiancai al lupo grigio che cominciò a camminare lentamente, lasciando ondeggiare le sue spalle ad ogni passo. Devo ammetterlo, in forma di lupo era meravigliosa. Era leggermente più piccola degl’altri e per questo si muoveva con molta più agilità, ed aveva un eleganza propria di una vera signora. Per la prima volta la vidi come una donna, e ciò stava accadendo mentre era trasformata. Ironia della sorte! Il tragitto divenne sempre più lungo e pesante man mano che ci avvicinavamo alla mia casa. Non riuscivo a percepire nessun odore familiare, ne qualche voce di mia conoscenza. Una stranissima sensazione cominciò ad invadere la mia testa, infondendosi anche nel mio cuore. Cominciai a correre cogliendo di sorpresa Leah che mi seguiva senza riuscire a raggiungermi. Percorsi il vialetto in pochissimi secondi. Aprì la porta annusando l’aria. Nulla. Cominciai ad urlare i nomi della mia famiglia in tutta casa, cercandoli in ogni stanza, ma di loro non vi erano altro che deboli scie lasciate almeno una o due settimane prima. Ero sconvolta.

< Possibile che mi abbiano lasciato sola qui, senza neanche salutarmi! > una fitta al petto, il dolore passò da  mentale a fisico, lasciandomi senza fiato. Poi alzai lo sguardo e incontrai Leah che mi guardava guaendo dispiaciuta. Avvicinò il suo tartufo nero, al mio viso. Conosceva bene la sensazione di chi si sente abbandonata dalle persone che ama.

“Tu lo sapevi?” la guardavo negl’occhi  e lei non riusciva a sostenermi “Tu lo sapevi?” a quel punto la mia voce aveva cominciato a tremare mentre la rabbia prendeva il sopravvento “Leah Cristo rispondimi!” le presi il muso fra le mani e la costrinsi a guardarmi.

“Tutto il branco lo sapeva, perché io sapevo!”la voce di Jacob entrò nel salotto dove avevo terminato la mia folle ricerca. Mi alzai liberando il muso della lupa che uscì dalla porta che Jake aveva lasciato aperta.

“Dove sono?” a quel punto ero furibonda, solo una cosa non doveva fare Jacob per deludermi ed era mentirmi sulla mia famiglia “E bada bene che se osi propinarmi qualche bugia, ti giuro che stavolta …”

“Non preoccuparti, non avrei mai voluto prenderti in giro, ma i tuoi mi hanno fatto promettere di non dirti nulla perché non avresti permesso … ”

“Jacob, dove sono?” emisi dei suoni articolati come ringhi non come parole. Lui mi porse una busta, colore avorio finemente scritta in nero. Nessie. La presi tremando e la scartai velocemente.

Bambina mia,

Se stai leggendo questa lettera probabilmente saprai che siamo partiti. Sei troppo intelligente per lasciarti ingannare, mi assomigli troppo. Sapevamo che se ti avessimo rivelato i nostri intenti tu ti saresti opposta, o peggio ci avresti seguiti, ma ciò che vogliamo affrontare è troppo pericoloso persino per una ragazza coraggiosa e forte come te. Ci siamo divisi per riunire i nostri alleati. Questa volta abbiamo intenzione di fronteggiare i Volturi. Hanno passato i limiti, toccando un membro di un Clan contravvenendo ad ogni legge stipulata da loro stessi. La lo smania di potere sta diventando troppo incalzante ed i loro soprusi non possono restare impuniti. Abbiamo saputo tra l’altro che da un po’ venivano tenuti sott’occhio per strani movimenti. Probabilmente si stavano preparando ad attaccarti.  Non dovevano nemmeno avvicinarsi a te, ho fatto tanto per averti che non lascerò che qualche vampiro provi a portarti via. Devono essere fermati e l’unico modo è attirarli in una trappola che ancora non siamo riusciti a definire. Tesoro mio, non ti nascondo che ho paura! Ma non per me stessa. Forse non potrò incontrare nuovamente  il tuo dolce viso, e quelle adorabili fossette che si disegnano sulle tue guance quando mi sorridi; ho paura  di non poter più abbracciare il tuo corpicino tiepido, di non  poter più ritrovare nei tuoi occhi la mia umanità perduta. Ed è proprio per questo che spero di porre la parola fine a questa storia. Non voglio più essere costretta a nascondermi e a nasconderti. Non voglio più pregare ogni volta che esci per andare a caccia,ogni mattina che vai a scuola, ogni sacrosanta volta in cui la vita ci separa anche solo per un istante. Tu devi avere un futuro tranquillo. Devi godertelo assieme al tuo Jake. Non prendertela con lui. Sono stata io a costringerlo a mentirti. Tuo padre ha sentito il suo pensiero contrario, ma quando si tratta del tuo bene lui ubbidisce senza obbiettare. Jacob ti ama davvero, anche se c’è voluto del tempo per accettarlo, ti ha sempre amata e agisce sempre per il tuo meglio. Perdona anche noi per non averti detto le nostre vere intenzioni, non avremmo voluto.

Ti amo mia piccola brontolona!

La tua Mamma

Proprio sulla sua firma, una goccia bagnò l’inchiostro lasciandolo espandere in una piccola macchiolina sbiadita. Stavano andando ad affrontare i Volturi, per proteggermi e non mi avevano avvisata. E Jacob sapeva tutto. Quando iniziai a piangere si avvicinò a me. Cominciai a picchiare con i pugni il suo petto, ero davvero infuriata. Lui non rispose, ma cercò solo di abbracciarmi. Per un attimo, lasciai che le mie lacrime bagnassero la sua maglietta fermando il mio sfogo su di lui, abbandonandomi nell’incavo del suo collo.

“No!” lo spinsi lontano da me con ancora la lettera fra le mani che ormai avevo stropicciato “Mi hai ingannata! Non mi importa che fosse perché ti hanno costretto o perché dovevi proteggermi! Dovevi dirmelo!” teneva lo sguardo basso, troppo in colpa per guardarmi. La cosa mi innervosì ancora di più. Presi con forza il suo viso e lo costrinsi a guardarmi “E guardami mentre ti parlo!” stavo urlando.

“Nessie, ti prego…”

“Nessun ti prego, basta Jacob! Basta prendermi in giro non posso più sopportarlo!”questa volta incatenò lo sguardo sui miei occhi furenti, ed io lasciai la presa dal suo viso “Ti rendi conto: tu non hai fatto altro che prendermi in giro, sapevi quanto tutta questa situazione mi stava lacerando! Non potevo sentire nessuno ed ora capisco il perché! Magari tu avevi anche la possibilità di chiamarli …” non ci fu bisogno di risposte, i suoi occhi fecero tutto il necessario per farmi capire che avevo colpito nel segno “Questo è veramente troppo … lasciami sola!”gli voltai le spalle.

“Non posso lasciarti sola!”

“Ti ho detto di lasciarmi sola! Non voglio più la tua protezione! Non ti voglio più Jacob!” sfilai l’anello dall’anulare sinistro lasciandolo cadere sul pavimento. Corsi verso la mia camera. Sentivo che Jacob mi aveva seguita, ascoltavo il suo cuore battere lentamente come spezzato dalle mie parole da oltre la porta che ormai divideva i nostri corpi. Il silenzio. Un rumore di vestiti strappati e il ticchettare di unghie affilate sul pavimento. Si era trasformato. Abbracciai il mio cuscino lasciando ormai che le lacrime scendessero bagnando la federa bianca che aveva il profumo di mia madre. Deve essere stata a lungo abbracciata ad esso quando sono andata via. Mi avventai con tutta la rabbia che avevo in corpo contro il guanciale, scatenando ciò che provavo per quelle menzogne. Ce l’avevo con Jacob, con mia madre, con mio padre. Come era riuscito a tenerlo nascosto? Ce l’avevo con me che non avevo capito un tubo. A cosa mi serve una perspicacia soprannaturale se poi mi lascio raggirare in quella maniera? Mille domande poche risposte. Rimasi lì al buio per non so quante ore. Il pianto mi aveva sfinita e lasciai che le mie palpebre calassero, sui i miei occhi stremati e gonfi. Dopo pochi secondi una luce grigiastra penetrò dalla finestra baciando il mio viso. Affondato ai piedi del mio letto c’era qualcuno. Balzai in piedi in posizione di difesa.

“Nessie, sono io Charlie scusa se ti ho spaventata!”mio nonno aveva alzato le mani di fronte al suo petto. Sapeva quanto potevo essere letale. Allentai la mia posizione e quasi contemporaneamente anche lui lo fece.

“Nonno!” lo abbracciai. Lui cominciò ad accarezzarmi la nuca, affondando il viso nei miei ricci ormai arruffati “Ma come facevi a …”

“Seth, a cui lo ha detto Jacob…sai con quel modo in cui fanno loro quando sono … hai capito!”tentennava quando parlava di vampiri e licantropi con annessi e connessi. Mi lasciai sfuggire un piccolo risolino “Mi ha anche dato questo” lasciò l’anello nella mia mano. Continuai ad osservarlo.

“Mi ha ingannata per l’ultima volta nonno!” dissi quasi sprezzante.

“Tesoro lui non avrebbe mai voluto, conosco Jacob. Se lo ha fatto ci devono essere state ragioni più che valide … io non mi lascerai troppo trasportare dalle emozioni! Tieni l’anello e vedrai che prima o poi troverai dentro di te il modo di perdonarlo!” in fondo al cuore sapevo che aveva ragione, ma non avevo per ora né la forza né tantomeno la voglia di portarlo al dito. Mi avvicinai allo specchio facendo scattare il piccolo moschettone della catenina con il ciondolo portafoto, regalo dei miei, vi infilai l’anello e lo riagganciai dietro al mio collo.

“Nonno tu sapevi che erano partiti?”

“Si, Nessie …”

Anche lui aveva preso parte alla congiura. Presi una rincorsa uscendo dalla finestra sfondando il vetro senza lasciargli il tempo di fornirmi spiegazioni. Mio nonno urlò più volte il mio nome, ma ormai mi stavo già inoltrando nella foresta e non potei più udirlo. Ero stata ferita dalle persone che più amavo in assoluto. Fiutai l’aria, sentivo il cuore pompare sangue ancora più velocemente nelle mie vene quando al suo tocco si unì quello grosso e potente di un grizzly. Stava per avvicinarsi la primavera, e molti degli animali in letargo si stavano risvegliando. Il suo odore penetrò nelle mie narici. Per la prima volta avevo realmente l’intenzione di uccidere qualcosa. La gola ardeva per la disperazione mentre io mi trovavo di fronte all’enorme orso che ora si era alzato sulle due zampe posteriori cercando di spaventarmi. Sorrisi maligna senza spostarmi di un solo centimetro. Abbassò una zampa nel tentativo di colpirmi, ma il colpo andò a vuoto. Cominciai a giocare con lui, accerchiandolo velocemente. Ad un tratto la mia preda aveva capito che fra i due il vero predatore ero io. Cercò una via di fuga ma la sua mole non permetteva movimenti troppo veloci cosa che invece era nelle mie doti. Non gli permisi nemmeno di allontanarsi di qualche passo. Quel gioco crudele durò anche troppo. Mi avventai sul suo corpo gigante, sopprimendolo con la mia forza anche se per un paio di volte riuscì quasi a liberarsi. Poi ormai troppo allettata dal nettare che scorreva sotto le mie dita, addentai il suo collo affondando i canini nella carne. Bevvi avida il suo caldo sangue, che placava quella sete aumentata dalla mia collera. Quella sera diventai il mostro che temevo di essere.

Cacciai per tutto il giorno. La mia metà umana gridava di fermarmi , ma la mia sete non era dettata da un mero bisogno fisico. Il suo fuoco era alimentato da benzina. Solo quando le mie membra gridarono pietà mi fermai. Mai come allora mi resi conto di quanto fossi diventata sola. In quel momento avrei voluto tanto essere morta. Non avevo più lacrime, né forze, né disperazione. Ero vuota.

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Capitolo 16
*** CAPITOLO XV: Di chi fidarsi ?! ***


CAPITOLO XV: Di chi fidarsi ?!

Cominciai a camminare senza una vera meta, giungendo fino al cortile della scuola. Aveva cominciato a piovere e i miei abiti erano completamente inzuppati. Per la prima volta in vita mia avevo freddo e questa volta non donava conforto ma acuiva quel senso incolmabile e nero che ormai governava completamente i miei sentimenti. Sentii il mio corpo tremare. Mi poggiai sulla Fiesta di Joyce. Lui era ignaro di tutto e forse non avrebbe fatto domande. Nell’aria c’era l’odore di Jacob che probabilmente mi stava seguendo. Non pretendevo che mi lasciasse incustodita, lo capivo. La campanella trillò flebilmente tra il rumore di quello che era diventato un temporale. Dopo poco un numero di ragazzi crescente cominciò ad uscire dall’edificio. Tutti mi squadravano, ma a me non importava. Ed eccolo il mio caro amico Joy, mentre apriva il suo ombrello, ovviamente di mille colori, cercando di disincastrare la sciarpa lunghissima che portava al collo. Poi mi vide e fu un attimo. Corse sotto la pioggia, venendomi incontro.

“Nessie, cosa diavolo hai combinato stavolta?”nel suo tono non leggevo il solito spirito gioviale ed allegro, bensì era cupo quasi atono. Dovevo proprio essere orribile per provocare quella reazione in uno come lui “Vieni, ti accompagno a casa!”

“A casa non posso tornare…”

“Allora vieni a casa mia!” aprì la portiera della sua macchina, poi fece il giro per raggiungere il lato guidatore, e salì velocemente. Io, invece, cercai Jacob tra gli alberi che costeggiavano il cortile, sperando che la pioggia coprisse le mie lacrime.

 

La casa di Joy non era assolutamente come me l’aspettavo. Beige, ovunque. I mobili erano beige, le poltrone beige, le pareti beige. Al massimo qualche scadente finto arte povera marrone qua e là e poi ancora beige, beige, beige. Tutto assolutamente privo di anima. Se ci fosse stata Esme con me probabilmente sarebbe svenuta.

“Mamma, sono a casa!”strillò in un acuto quasi da sfondare i timpani. Joyce viveva da solo con la madre, da quando era bambino. Il padre li aveva abbandonati per cercare fortuna in qualche parte del paese.

“Ciao, Joy cosa urli?” se la casa non era come me l’aspettavo la madre di Joy andava oltre. Era una donna che aveva passato la quarantina da un pezzo, i capelli raccolti in una severa crocchia dietro la nuca, orecchini di perle, piccole rughe sugl’occhi grigi e vestita in un severo tailleure, indovinate che colore: beige. Non ero abituata ad una visione di una mamma normale. La mia normalità era una madre dall’aspetto di adolescente ma dall’esperienza di un’adulta, mentre quella che avevo di fronte era un’adulta in piena regola. Sapete se vivete sempre in una situazione, per quanto assurda che sia, finisce che la confondiate con la realtà.

“Mamma lei è la mia amica Nessie, ha qualche problema con le chiavi di casa e i suoi genitori sono partiti, non può restare per la notte?” lei mi squadrò a fondo prima di dare il suo consenso. Che donna stranamente viscida e di poche parole. Metteva i brividi.

“Non le devo piacere molto …” seguivo Joyce verso la sua camera. Lui alzò le spalle e sorridendo furbescamente si avvicinò al mio orecchio.

“Forse perché non sei Beige!” sapeva che avevo notato l’ossessione di sua madre per quel colore. Mi strappò una risata finalmente.

“Benvenuta nel mio regno!” aprì la porta e il vero mondo di Joyce si presentò ai miei occhi. Mille schizzi colorati di vestiti di alta moda sulla parete e sulla scrivania, lenzuola bianche e viola su di un piccolo letto, adornate da cuscini variopinti. Una cabina armadio gigantesca ed un manichino dove erano puntati una decina di spilli. “Cara non ti posso vedere in quello stato, allora vediamo cosa mi è rimasto di mia sorella …” s’intrufolò nella cabina scomparendo sotto un monte di vestiti.

“Hai una sorella?”

“Si, ha sei anni in più di me, ora è al college a laurearsi…” questa era nuova “ecco metti questo!” mi si presentò davanti con un jeans elasticizzato nero ed un top bianco con dei disegni avorio satinati. Devo ammettere che la sorella deve aver avuto un gran gusto “Come scarpe ho solo questi stivali decisamente demodè ma per adesso potranno andare, poi metti questa per coprirti le spalle… ” gli stivali non avevano nulla che non andava, anzi sembravano piuttosto comodi ed anche con un leggero tacco ben piantato al terreno, con la camicetta nera che mi copriva un po’ di più, iniziai a sentirmi decisamente più a mio agio.

“Ora fila a farti la doccia e datti una truccata che usciamo!”

“Cosa?” già mi aveva voltata e mi stava spingendo nel bagno. Così cercai di sistemarmi al meglio cercando di convincermi che distrarmi non sarebbe stato tanto male.

 

Poco dopo ci trovammo in macchina verso una meta a me sconosciuta. Ero riuscita a sistemarmi alla bene e meglio anche se per il mio amico ero fantastica anche con un sacco di iuta, forse per la prima volta l’ho visto invidioso.

“Me lo dici dove stiamo andando?”

“Si, ora si, però aspetta!” fece scattare la serratura dell’auto e la cosa mi preoccupò al quanto “Stiamo andando in un locale a ballare!” spiegata la serratura, io per istinto stavo cercando di uscire: sono pur sempre la figlia di Isabella Marie Swan in Cullen, e non ho nessuna intenzione di andare a ballare.

“Fammi scendere doppiogiochista che non sei altro! Lo sai quanto io detesti ballare!” lui rispose con una risata e si sorbì una sfuriata di quelle epiche fino a che, sconfitta incrociai le braccia al petto smettendo di sbraitare. Non appena fermò la macchina aprì le portiere.

“Arrivati, ora puoi scendere!” sventolò le sue mani di fronte al mio naso facendomi cenno di uscire, ma io non mi mossi “Ti prendo di peso?”

Sbuffai aprendo nervosamente la portiera, se avessi saputo sarei rimasta a dormire nella foresta. Lui mi seguì lanciando le chiavi al parcheggiatore, era realmente a suo agio che capii immediatamente che era un posto che frequentava spesso, a mia insaputa.

“Cara, ci sono cose di me che non sai! Anche io ho dei segreti!” maledetto traditore. Anche se le sue bugie erano molto più innocenti delle mie! “Però prima di entrare promettimi che proverai a divertirti!”non ne ero molto convinta ma mi disegnai la croce sul petto in segno di solenne accordo. Ed era pur vero che ormai ero lì che mi costava almeno provare a farlo. Presi un bel respiro ed insieme superammo la folla dell’entrata, almeno la fila non dovevamo farla. Strano.

< Nessie, parola chiave divertimento non domande! >

“In pista ragazza!” un’assordante canzone di quelle da discoteca rimbombava nel mio udito sopraffino tramutandosi in un assordante fischio. Probabilmente ero finita vicino ad una cassa. Cominciai ad allontanarmi dalla folla frastornata perdendomi Joy che intanto era salito su di un bancone a ballare. Avevo bisogno solo di un angolo isolato dove potevo calmare il mio timpano. Trovai un divanetto di velluto rosso abbandonato ad un angolo e mi ci abbandonai restando parecchio in disparte. Lentamente il fischio andava calando ma di certo non era aiutato dal frastuono di quella cosa strana. E pensare che veniva definita musica.

< Vi farei sentire mio padre al piano e poi ne riparliamo! >

No. Mio padre era lontano chissà dove, senza avermi detto niente. Non dovevo pensare a loro.

“Ciao, sei molto carina ti va di ballare?” un ragazzo dall’aspetto avvenente, o da quello che riuscivo a vedere o sentire, mi si era seduto accanto e tutto quel frastuono mi aveva proprio distratta.

“Va bene! Basta che non stiamo troppo vicini alle casse!” lui si alzò e mi porse la mano. Io la presi e mi lasciai trascinare sulla pista, da lì potei notare che comunque quel ragazzo era davvero molto bello e aveva un non so che di familiare. Forse il colore particolarmente strano degl’occhi mi ricordava quello della mia famiglia. Non diedi peso a questa cosa sinceramente perché pensavo solo a divertirmi. A differenza di mia madre, con cui condivido l’odio di ballare, io so farlo, pure troppo bene cosa testata nel famoso bar della sbronza. Merito probabilmente di mio padre. Infatti una cerchia di ragazzi sbavanti aveva fatto spazio per osservare le mie movenze sinuose, che con quel ragazzo sembravano ancor più sensuale. Ad un tratto la musica finì e con Joyce ci trovammo fuori.

“Allora brontolona hai visto che ti sei divertita!”

“E va bene! Non pensavo che sarebbe successo ma ti prometto che la prossima volta mi fiderò di te!” una grande mano calda afferrò il mio braccio, e mi trascinò a se. Non percepivo nessun odore, forse i miei sensi erano ancora frastornati. Jacob si ergeva in tutta la sua altezza di fronte a me e mi guardava come se fossi impazzita:

“Cosa diavolo ci fai qui Renesmee?”

“Non parlare con quel tono Jacob Black, non sono uno dei tuoi sottoposti!” Joy mi toccò la spalla ed io mi voltai verso di lui.

“Nessie, vado a prendere la macchina!” disse freddamente.

“Vai pure Joyce!” dissi io con lo stesso tono scostato.

“Renesmee, c’è qualcosa che non va … ”

“Si, vuoi proprio che te lo spieghi? C’è che non va che non si deve mentire alle persone che hai giurato di amare e proteggere per sempre! Jacob Black …” stavo continuando il mio sproloquio proprio quando lui cominciò a tremare.

“No non hai capito! Sta succedendo qualcosa ti prego andiamo a casa!” mi supplicava, ma io non mi sarei lasciata incantare da quello sguardo preoccupato e dolce.

“Quale casa? Io non ho più una casa! I miei se ne sono andati a morire in Italia, quindi per ora sono libera e tu dovresti solo lasciarmi in pace!” prese saldamente il mio braccio e mi trascinò ancora più vicino a se. Ora quello sguardo pensava solo a redarguirmi per quel comportamento capriccioso che avevo assunto.

“Lasciami, Jacob Black!” digrignai i denti emettendo un soffio sommesso e lui mollò la presa. Joyce arrivò con la sua macchina ed io entrai sul lato passeggero. Continuai ad osservare Jacob che aveva iniziato a correre verso di noi, ma non poteva accelerare il passo alla presenza di tutte quelle persone per fortuna. Voltandomi vidi il ragazzo con cui avevo ballato seduto sul sedile posteriore, con le braccia incrociate al petto e un sogghigno malefico sul volto. Mi cominciai a domandare chi diavolo fosse e se il suo nome fosse davvero Kyle come mi aveva detto.  Il nostro silenzio fu interrotto da Joyce che fece scattare la serratura. Anche il volto di Joy era cambiato, non aveva quella connotazione tipica che assumeva quando era eccitato o quando era curioso. Io mi aspettavo di trovarlo arzillo e pimpante con mille domande da pormi. Ed invece, guardava la strada, sguardo vuoto e stralunato, labbra serie. Il suo viso inespressivo sembrava quasi crudele. Cominciai a preoccuparmi seriamente. E poi che ci faceva lì quel Kyle?

“Cosa sta succedendo, Joyce? Perché questo tipo è in macchina con noi?”

“Nulla mia cara, ma sai vorrei parlare con te e con il nostro nuovo amico di una cosa!” provai nuovamente ad aprire la portiera della macchina, ma nulla. La forza della disperazione fece si che la staccai rompendola definitivamente.

“Fammi scendere Joyce!”

“Non posso tesoro, non vorrei mai che il ragazzo qui si offendesse!” rise ma stavolta la sua risata non fu di quelle divertenti che condividevamo nel cortile della scuola. Mi avevano attirato in un tranello e non sapevo quanto e come il nostro ospite centrasse.

“Dove tenete la fontana dell’eterna giovinezza?”

“Di cosa blateri Joyce?”

“Ho visto i vecchi annuari, i tuoi tutori legali sono identici ad allora ma dovrebbero avere dieci anni di più! ”

“E quindi? Si mantengono bene! In famiglia mangiamo sano facciamo molto sport!”

“No forse non sono stato chiaro con la mia domanda, meglio formularla in un’altra maniera: allora mi parli della tua immortalità?”

 

Note dell'autrice: Vi sentite deluse, tradite, arrabbiate: bene era proprio quello che volevo ottenere. Vi ho fatto amare questo personaggio, lo avete compatito quando è stato male ed ora si rileva una serpe. Sapete perchè l'ho fatto: perchè così riuscite a capire quello che sta provando Nessie in questo momento. Un colpo di scena così non poteva essere più colpo. Sono molto cattiva io!

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Capitolo 17
*** CAPITOLO XVI: Catturata dalla preda! ***


CAPITOLO XVI: Catturata dalla preda!

Fissavo incredula il cruscotto dopo la sua domanda. Cosa lo aveva portato a credere che io fossi immortale? Non poteva averlo capito solo guardando qualche vecchio annuario. Dovevo trovare un modo per farlo ricredere, ma come aveva fatto a scoprirlo?

 “Joy come immortale! È impossibile non si può essere immortali!”

Ripetevo la parola immortale in modo che fosse il più irreale possibile, non avevo il tempo di elaborare un strategia migliore e non riuscivo a farlo visto che totalmente spiazzata.

< Non farti prendere dal panico! >

 “Nessie, non mi devi mentire cara! Ho capito da quando sei arrivata che eri speciale tu e la tua famiglia siete immortali, eternamente giovani!”

Non riuscivo più a cercare scuse e parole, in quel trambusto emotivo che il mio amico aveva provocato con quell’affermazione. La sua foschia si diradava mentre la mia iniziava a impossessarsi della mente, annebbiando la mia vista e i miei sensi. Non mi accorsi nemmeno di dove ci stavamo dirigendo.

 “Perché volevi tenerti l’esclusiva di un dono così pregiato?”lo guardai sgomenta, non riuscivo a capire il suo ragionamento, ma pensai che anche se si fosse abituato all’idea che le mie origini fossero quelle di un vampiro sarebbe stato difficile ragionarci su “Nessie Nessie Nessie io pensavo che mi volessi bene”ad un tratto un odore molto dolce simile a quello dei miei genitori ma che sapeva di stantio mi trafisse le narici attraversando la mia mente come coltelli, questo mi fece riprendere mentre capì che il ragazzo che era lì con noi era un vampiro. Ma perché non avevo sentito il suo odore? Perché faccio sempre tutto di testa mia e non do mai retta a Jacob? A quel punto riconobbi la strada; ci stavamo dirigendo verso :

“Seattle, dove mi stai portando Joyce?”lui ghignò e mi intimidì ancora di più di quello che già ero. Cercai di sfondare la portiera con la spalla, visto che avevo rotto la maniglia. Ma quando il finestrino cominciò a creparsi sentì  i miei sensi intorpidirsi lentamente mentre una strana sensazione di stanchezza colse le mie membra che scivolarono lungo il mio corpo inerme. Mi sentivo un burattino e prima di perdere completamente i sensi notai una nebbiolina avvolgermi per intero. Non era la prima volta che la vidi ma non riuscivo a fare mente locale. L’unica cosa che mi rimase fu il pensiero:

 < Joyce cosa hai fatto!? >

Cercavo di combattere quella forza oscura che si stava impossessando del mio corpo, sentivo il rumore degli aerei. Ci trovavamo all’aeroporto e sapevo dove ero diretta. Volterra.

 

Un fortissimo odore di naftalina e di polvere costrinse i miei occhi al risveglio. Ero sola, in un piccola stanza che aveva tutta l’aria di un ripostiglio di un antiquario. Un armadio dalla vernice dorata incrostata, si trovava ad un angolo accanto ad una porta in legno che dava l’idea di essere molto pesante. Appoggiata alla parete c’era una tozza scrivania barocco con una poltroncina in velluto rosso strappato, accanto un enorme specchio da muro che invece si trovava a terra. Il suo vetro era puntinato dal tempo e la cornice era evidentemente scheggiata in più parti. Alla parete opposta mi trovavo io, in un enorme letto a baldacchino rivestito da pesanti coperte di velluto rosse che riprendevano i drappi delle finestre tenuti ermeticamente chiusi da tempo immemore. La polvere regnava sovrana ed indisturbata almeno fin o alla mia venuta. L’unica cosa che sapeva di nuovo erano le lenzuola profumate di bucato. Mi alzai velocemente dirigendomi alla finestra dove spostai le tende per osservare il luogo dove ero prigioniera. Ed eccola la piazza che mia madre attraversò di corsa per salvare mio padre, era proprio come nei loro racconti. Volterra sembrava congelata nel medioevo se non fosse stato per qualche antenna televisiva sparsa tra i rioni che la caratterizzavano.

“Ti sei svegliata finalmente!” la voce di Kyle mi fece sobbalzare e per la prima volta lo vidi nel suo vero aspetto. Indossava un severo completo grigio con sopra un mantello nero; i suoi occhi erano di un rosso sfavillante, la sua pelle pallida e sicuramente fredda. Cosa che saggiai immediatamente puntandolo al collo facendolo sbattere con la schiena contro la porta. Di nuovo quella nebbiolina avvolse le mie gambe che crollarono.

“Chi diavolo sei?” ottenni uno dei toni più aspri che avevo mai avuto. Non riuscivo a capacitarmi di essere stata nuovamente ingannata da una persona che amavo. Avevo perso tutto in meno di un giorno.

“Non lo hai ancora capito Nessie?” non poteva chiamarmi con il mio nomignolo, lui essere vile e meschino che mi aveva trascinato in uno dei gironi infernali. E poi con quel tono che alludeva a malizia, quasi quanto quello che m'indirizzava il bastardo capitano della sqadra di nuoto.

“Per te sono Renesmee, Nessie è solo per gli amici!” anche se atterrata continuai a guardarlo in quei tremendi occhi. Dovevo mostrarmi dura. Non dovevo cedere.

< Mi spezzo ma non mi piego! >

“Non sai quanto io speri di poterlo usare! Comunque, per rispondere alla tua garbata domanda io sono Alec guardia dei Volturi!” Alec. Adesso si spiegano molte cose. Alec il vampiro capace di inibire i sensi, per questo non avevo sentito il suo odore. Lui aveva usato il suo potere su di me, su Jacob. E adesso io mi trovavo in mano loro. Cosa mi avrebbero fatto?

“Allora tu sei il moccioso di cui parlava mio padre, dov’è la tua cara sorella sadica? ” dovevo farmi vedere sicura, non dovevo vacillare per non farli vincere in partenza.

“Abbiamo cose più importanti a cui pensare, devi venire con me!”

“E se ti dicessi di no?”

“Non credo sia nella posizione di dettare legge!” in effetti ero in una posizone svantaggiata.

< Devi aver pazienza Renesmee, capisci cosa vogliono e poi agisci!  >

Quindi, per il momento ero costretta a starmene buona. I miei passi scorrevano in quel corridoio invecchiato che sembrava il mio personalissimo miglio verde, con quella letale scorta. Non volevo morire. Questo era sicuro. Riuscivo a recuperare tutti i miei sensi e mi sembrava essere stata trasportata attraverso il tempo, in un’epoca così lontana e polverosa da sembrare antica. Deboli lampade illuminavano scarsamente le pareti cariche di quadri sbiaditi. Una porta appariva dall’orizzonte sempre più vicina. La puzza di muffa pungente arrivava a me come l’odore sgradevole dell’aceto tanto da farmi rinvenire quasi del tutto. Gl’occhi si costrinsero a fessure quando la porta si aprì, contrastando con la sua luminosità il buio del corridoio.

“Renesmee Carlie Cullen, la splendida virgulta metà umana e metà immortale! Ma come sei cresciuta!” una figura che appariva oscura inizialmente delineandosi mentre si avvicinava. La sua voce melliflua mi suonò conosciuta, come se appena riesumata da qualche cassetto della mia mente.

“Aro…” dissi in un filo di voce temendo che parlando eccessivamente forte quella mia presupposizione potesse diventare reale.

“Mi lusinga che tu ti ricordi di me. Eri appena una bambina! Ma ora sei una bellissima giovane donna! Ma guardati assomigli in una maniera impressionante a tuo padre!” posò le sue mani sulle mie spalle in un gesto amichevole. Lo scrollai di dosso infastidita da quel suo comportamento.

“Perché mi hai rapita?” avevo quella strana sensazione di sgadevolezza anche solo alla vista di quell'uomo. Non ispirava fiducia, come cercava di fare con quel suo modo garbato di porsi. Anzi. Sembrava il Diavolo, che cerca di prenderti l'anima con lusinghe e offerte allettanti, per poi scaraventarti nelle fornaci infernali del centro della terra. Lo osservavo, con odio e con disprezzo che lui ripagava con sorrisi copiaciuti. Non era affatto dispiciuto che l'odiassi, sembrava anzi che lo soddisfacesse  

“Non definirei il tuo un rapimento, sei solo il premio di un accordo preso con quel tuo compagno di scuola!” Joyce. Non so perchè si era comportato in quella maniera. Mio Dio cosa gli avevano promesso in cambio della mia vita? Sapevo che sarebbero stati capaci di fare di tutto pur di vendicare lo smacco, ma addirittura a scendere a patti con un umano? Povero Joy, in che guaio ci hai cacciato?

“Non osare toccare Joyce!”

“Incredibile! Sei una creatura meravigliosa”continuava ad osservarmi come se stesse guardando un quadro ben riuscito con quel suo fare da falso amico che faceva rabbrividire “quel vile ti ha tradita e tu ti preoccupi della sua incolumità! Sei veramente affascinante! Non trovate fratelli?” si voltò verso il centro della Sala circolare in cui ci trovavamo. Tre troni vi erano posizionati dove su quelli laterali vi erano altri due vampiri circondati dalla schiera di loro servitori. Dall’albino partì un ringhio feroce, mentre quell’altro era troppo preso dai suoi pensieri in una espressione annoiata. Dedussi che quelli fossero Caius e Marcus.

“Non fare troppi complimenti Aro, vieni al dunque cosa vuoi da me e dalla mia famiglia?” mi ero decisamente stancata di quei suoi poco convincenti complimenti. Sapevo che io ero solo una delle pedine sulla scacchiera che avrebbe mosso contro la mia famiglia. Si voltò lentamente con un ghigno mefistofelico disegnato sul viso.

“Ma come siamo impazienti, dai tempo al tempo piccola mia! Per ora voglio solo conoscerti meglio, sapere qualcosa di più sulla tua specie. Dimmi anche tu hai qualche potere speciale?”

“Non chiamarmi piccola mia" dissi in un ringhio cominciando a contorcere le mie dita in un pugno "Non ho nessun potere speciale!” preferivo non rivelare nulla che potesse mettere gola. Anche se non trovavo che il mio potere, avesse alcuna valenza tra la sua guardia. 

“Non dovresti dire le bugie, chi mente va all’inferno!"

"Perche non ci sono già?" 

"Divertente!" disse ridendo nuovamente in quella maniera assolutamente demoniaca. Si chiamava Aro, ma ogni secondo che trascorrevo in sua presenza mi sembrava di essere in compagnia di Satana. "So che hai il potere di trasmettere il tuo pensiero toccando, lo hai forse perso nel tempo? Ti spiace, posso?” allungò le mani come ad accogliere la mia.

“Si, mi spiace!”

< Viscido verme! > indietreggiai cercando si rimarcare la mia volontà alle mie parole Aro fece un gesto ad un energumeno che afferrò il mio braccio proponendo con la forza la mano. A quel punto la prese e fu come un colpo per me. Come mio padre, amplificava il suo potere nel mio ma non era una cosa piacevole.  Attraverso quel contatto suggeva i miei pensieri avidamente, tanto da costringermi a terra. Il mio allenamento permise alla mia mente di scindere i miei ricordi nascondendo quelli che non avrei voluto fargli sapere. Questo mi privò di parecchie energie tanto che mi sentì stremata come se stesse succhiando la mia stessa anima.

 “E’ una cosa magnifica” gemette di piacere, come se fossi il sangue della sua cantante, quel contatto continuava ad indebolirmi.

“Padre fermatevi!” una voce nuova calda ed intensa si levò dal fondo della sala interrompendo la sua mensa; ringraziai il cielo o chiunque fosse intervenuto, perché ancora qualche secondo ed avrei svelato ogni punto debole del nostro Clan . Ansimavo, ero affaticata e la mia fronte veniva imperlata dal sudore. Aro mi osservava estasiato da quello che era appena successo.

“Il tuo potere per noi lettori della mente è un piacere infinito, come lo stesso sangue! Tuo padre è fortunato ad averti avuto!” riuscì ad alzarmi a fatica incontrando quello sguardo perso come quello di un bambino in un negozio di caramelle “Sarà meraviglioso accoglierti fra le m … nostre schiere! Ma Gabriel perché mi hai interrotto, cosa ti porta qui? Non dovevi essere con Heidi a recuperare il pranzo?” sorrideva mentre camminava verso quel ragazzo che si era esposto in mia difesa.  Incontrai il suo sguardo e rimasi impietrita: non era né cremisi né dorato ma di un intenso blu scuro, nel suo petto potevo udire battere un cuore veloce più di quello di un umano e il suo odore era dolciastro misto a quello del sangue umano. Il figlio di Aro. Maledetto, aveva messo in cinta una donna per avere un figlio. Ma per quale scopo?

“Vedo che la conosci bene la mia specie!” le parole mi uscirono come un fiume in piena.

“Non ti si può nascondere nulla Renesmee, ti presento mio figlio Gabriel! Quando ti ho conosciuta non ho saputo resistere, volevo anch’io capire quanto potesse essere utile avere un ibrido nelle mie schiere e devo dire che l’unico perfetto è stato lui!” sentivo il tono fiero nel descrivere una persona come un semplice risultato empirico. Non piaceva nemmeno a Gabriel quel modo di rapportarsi tanto che rivolse uno sguardo sprezzante e carico di sdegno verso Aro, che invece continuava ad accarezzargli la spalla.

“Cosa intendi con l’unico, ce ne sono altri?”un’altra risata ancor più inquietante si levò, mentre con un gesto della mano indicò di portarmi via.

 

Mi rinchiusero in camera stavolta con tutti i miei sensi ancora intatti. Non riuscivo a capacitarmi di come Aro parlasse del figlio, sembrava più un trofeo che una persona in  carne ed ossa. Io sono nata in una famiglia unita, che mi ama e sono stata desiderata fortemente. Inoltre ho una splendida madre ancora in vita. Invece il povero Gabriel veniva considerato solo un esperimento ben riuscito. In quel momento mi resi conto di quanto fossi fortunata, di come si muovessero solo ed esclusivamente per il mio bene. E Jacob non aveva fatto altro che proteggermi ed io l’avevo insultato. Avrei voluto averlo con me in quel momento sentire il suo calore avvolgermi, sentirlo nuovamente accanto anche solo per guardarlo nuovamente sorridere. Sciolsi la catenina e lasciai scivolare l'anello. Lentamente lo infilai al mio anulare sperando che, in qualche modo, Jacob sapesse che l'avevo perdonato. Poi aprì il ciondolo portafoto, che portavo quasi sempre al collo. Il volto sorridente di entrambi, in una foto troppo piccola per contenerli interamente ma non importava perchè in quel cuore dovevano esserci in due. 

< Mi dispiace! > mi buttai sul letto e cominciai a pensare intensamente a mio padre. In quel momento sperai che fossero già in volo per l’Italia per affrontare i Volturi sperando che nostri poteri così forti anche a grandi distanze potessero nuovamente congiungersi.

< Papà mi hanno presa, ci sono riusciti ti prego aiutami! > continuai così per tutta la notte fino a che la stanchezza la paura e il sonno non mi sovrastarono del tutto obbligandomi a dormire.

Note dell'autrice: Eheheh ma cosadire un capitozzolo di passaggio in cui Nessie capisce di essere incappata nella perfidia più malvagia! Ma le cose si renderanno più chiare più in là! Ed ecco il mio nuovo personaggio: Gabriel il figlio di Aro!

Sinead: brava che già avevi capito che Joyce aveva qualcosa in mente. Adesso segui perchè la faccenda si farà sempre più interessante!

noe_princi89: Jacob non si è accorto immediatamente perchè sotto il potere perchè sotto l'influsso del potere di Alec così come Nessie. Quando lei riesce a capirlo lui inibisce tutto e lei perde conoscenza. 

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Capitolo 18
*** CAPITOLO XVII: Non sono sola! ***


CAPITOLO XVII: Non sono sola!

Ormai era passata quasi una settimana. O così credevo. Sentivo spesso vociferare accanto alla mia porta, un brusio quasi continuo carico di odio verso di me e la mia famiglia. Da quando avevo incontrato Aro non mi avevano fatto più uscire, cosa che inquietava alquanto. I giorni morivano nelle notti che trascorrevano lente. Fu proprio in una di queste, che successe una delle cose più terribili. Sentì urla disperate di persone che tentavano di scappare dal crudele pasto dei vampiri sadici che abitavano in quelle mura. Io mi unì a quel coro, provando ad aprire la porta: sapevo che la mia intenzione fosse folle ma volevo salvare quei poveri esseri umani innocenti dal loro triste destino. Le loro grida disperate entravano nella mia testa come spilli appuntiti, pensavo al loro dolore e iniziai a parteciparvi come se fossi lì. Non riuscendo nel mio intento di sfondare la porta bussai violentemente pregando di smettere in quel massacro. Piansi tutto quello che c’era da piangere, urlai fino a farmi grattare la gola. Cercavo di coprirmi le orecchie ma ormai era troppo tardi. Le loro grida riecheggiavano in me come un incubo. Non riuscivo più nemmeno a reggermi in piedi e mi raggomitolai come un fuco a terra, perdendo i sensi. Rimasi in quella posizione anche dopo che tutto finì. La mattina seguente Gabriel, mentre portava la colazione, mi trovò stesa ancora a terra. Tutti i giorni il mezzo sangue portava del cibo che io rifiutavo. L’appetito mi mancava e poi poteva nascondere chissà quali altre trappole.

“Sei sveglia? Hai perso i sensi!” voleva farmi rialzare, nonostante io risentissi ancora del turbamento provocatomi dagli omicidi che avevano avuto luogo. Cercava di aiutarmi e questo mi faceva paura. Una cosa certa sapevo sui Volturi: non facevano nulla per nulla. C'era sicuramente qualcosa dietro. Mi asciugai la lacrima che scese velocemente sulla mia guancia, piccolo segno di debolezza che segnava il mio viso dopo quella notte terribile. Non volevo farmi vedere fragile da lui, era pur sempre un Volturo, per di più figlio di Aro. Cercai di alzarmi da sola rifiutando quell'aiuto che poteva sembrare quasi sincero.

“Dovresti mangiare qualcosa, sei molto indebolita forse per quello sei svenuta!” magari fosse stato per il cibo. No, era ben altro. Ho sempre vissuto con vampiri che nutrivano pieno rispetto della vita umana ed io non ero da meno. Non avrei mai fatto cessare l'esistenza di nessun innocente. Mai. Piuttosto avrei lasciato che mi uccidessero o sarei morta di stenti. 

“No, non è per quello!” potevo sentire il suo sguardo incuriosito posarmisi addosso. Chissà come gli dovevo sembrare strana. Almeno lui lo risultava per me. In fin dei conti, dopo Nahuel, di cui possedevo solo un vago ricordo, era il primo ibrido che incontravo direttamente.

“Non vedo cos’altro possa averti ridotta così!” certo per lui era normale vivere nel dolore altrui. E magari cibarsene.

“Le urla, il loro dolore! Io non riesco a sopportare…”a quel punto non mi trattenni più, sbottai in un pianto liberatorio. Non potevo vivere con quel supplizio nelle orecchie senza esternare la mia più assoluta sofferenza. Incontrai i suoi occhi che sembravano colmi di domande ma che dalla mia reazione dovevano essere anche spiazzati. Arrancò cercando di alzarsi, per poi uscire forse spaventato da quello che stavo provando. O forse che stava provando. Non credevo che uno di loro potesse provare compassione. Disprezzo si, ma compassione mai. Mi dovetti ricredere. Non sapevo quanta sincerità ci fosse in quel gesto ma il giorno dopo nascosto in una salvietta, sul mio vassoio trovai un biglietto ed un i-pod:

Con questo non sentirai le loro urla.

Il primo vero gesto di umanità che avevo ricevuto. Non poté che insospettirmi. Cosa aveva mosso il Volturo a compassione? Perché mi stava aiutando? È un altro mezzo di Aro per farmi cadere in qualche tranello? Domande a cui solo una persona poteva rispondere: Gabriel. Solitamente entrava quatto quatto nella mia stanza cercando di sfruttare i momenti in cui ero sopita. Ma un pomeriggio mi sistemai nel letto cercando di calmare il mio cuore e il mio respiro per farmi sembrare dormiente.

“Perché fai questo per me?” l’avevo bloccato con la mia domanda. Lui rimase fermo ai piedi del letto su cui ero poggiata. Mi scrutava con quello sguardo stranamente magnetico. Chissà se Aro da umano aveva i suoi stessi occhi?

“Perché lo vuoi sapere?” una domanda. No. Non era questo il gioco.

“È da maleducato rispondere ad una domanda con una domanda!” il mio tono perentorio lo fece arretrare. Si stava facendo intimidire, solo per aver pronunciato una frase. Se fino ad allora potevo riconoscere quel farabutto figlio di una cagna di Aro in quei lineamenti del viso, ora era completamente andato. Arretrava quasi impaurito dal mio atteggiamento.

“Scusa io non volevo…” mi ricordò Jake sempre pronto a scusarsi per un non nulla.

< No Renesmee, Jacob non è il figlio del principe delle tenebre! >

“Scuse accettate, ma rispondi!” incalzai cercando nei suoi occhi la menzogna.

“In realtà non c’è una risposta, io non sopporto che mio padre ci tratti come oggetti! Tutto qui!” avevo avuto l’impressione giusta, il primo giorno. Forse quel Gabriel non era così simile al padre. Forse assomigliava più alla madre, magari era di animo buono, gentile.

< Renesmee, vai cauta! Non lasciarti ingannare, qui sei al di là dello specchio! È tutta un’illusione > ( Rif. Attraverso lo specchio quel che Alice vi trovò/ continuo di Alice nel paese delle meraviglie Carroll Lewis )

“Sei la prima mezzosangue che conosco! Quanti anni effettivi hai?”si sedette sul letto accanto a me. Io indietreggiai prontamente. Non volevo farmi cogliere impreparata ed ero pronta a colpire se necessario. Adesso sembrava incuriosito, ma non potevo fargli avere la conversazione in mano.

“Tu quanti ne hai?”

“Non avevi detto che rispondere ad una domanda con una domanda è maleducato?” sorrise mentre mi guardava con quella benevolenza che io non volevo da un Volturo.

“Si, ma io sono prigioniera in casa tua, posso anche trattarti male! Quindi rispondi alla mia domanda!” cominciava veramente ad irritarmi, anche perché odiavo quando si rigirava la frittata prima che me ne accorgesti.

“Se puoi trattarmi male perché ci tieni a sapere della mia età?” avrei proprio togliere quel perfido ghigno soddisfatto da quel viso che ricordava uno degli acerrimi nemici della mia famiglia.

“No, aspetta!Qui le domande le faccio io! O nemici come prima!” stavo facendo la capricciosa con il figlio di Aro?

“Certo, che hai un bel carattere!”

“Certo che tu hai una bella faccia da schiaffi! Allora quanti anni hai?” sospirai profondamente quella conversazione mi stava stancando.

“Otto, quasi Nove!”sembrava un bambino che teneva a precisare ogni giorno che lo avvicinava a diventare più grande “Sai come funziona la nostra crescita?”

“Perché tuo padre ha detto che ce ne sono altri?” ignorai completamente il quesito che mi era stato posto.

“Non hai risposto alla mia domanda!” mi rimangiai quello che avevo detto. Mi innervosiva al pari di Aro.

“Dopo che ti ho fatto la lezione di anatomia degl’ibridi risponderai alle mie domande senza farne altre?”

“Affare fatto!” mi porse la mano per suggellare il nostro patto. Magari da quella conversazione ne sarei riuscita a ricavare qualche informazione interessante.

“Che io sappia la nostra crescita si ferma intorno ai sette anni, dopo di che smettiamo di crescere ed invecchiare. Diventiamo immortali.”

“Sai se come noi ce ne sono altri?”

< Certo Gabriel che sei duro di comprendonio! >

“Hai già avuto le tue risposte ora tocca a me! Aro che ne ha fatto degl’altri ibridi?” sbottai lasciandomi sfuggire un piccolo ringhio.

“Sei sicura che vuoi che ti risponda, sembri molto sensibile su certi argomenti!” ora era decisamente troppo. Stava facendo anche la mammina protettiva con me. Stavo diventando verde dalla rabbia. Mi stava prendendo in giro come fossi il suo giocattolo.

“Ora tu mi rispondi oppure ti faccio vedere quanto sono fruttuosi gli allenamenti di un padre e due zii gelosi! Chiaro?”

“Scusa … Non volevo farti arrabbiare … ” di nuovo il bambino impacciato.

< A che gioco stai giocando? >

“Allora?” incalzai io ancor più adirata. Per quella occasione pensai che una buona posizione stile Bella Cullen in piena collera non poteva essere più opportuna. Così, nonostante non fossi  in piedi, incrociai le braccia ed alzai il sopracciglio. Non potendo picchiettare con il piede a terra, iniziai a tamburellare freneticamente le mie dita sul gomito. Mai fare arrabbiare una Cullen che sa utilizzare torture psicologiche perfette.

“Non sono stato l’unico purtroppo, come hai facilmente intuito. Non solo Aro ha provato ad avere figli, anche Caius. Esattamente ci sono state tre gravidanze totali” aveva assunto un tono malinconico. Perché?

 “Dove sono ora gli altri?” temevo la risposta a quella domanda ma dovevo porla.

“Li hanno uccisi.”che essere meschino e crudele. Prendersela con delle poveri innocenti creature  indifese, l’avrebbe pagata anche per questo.

“Perché l’hanno fatto?” mi sorpresi di come ero riuscita a mantenere la lucidità. La cosa mi turbava alquanto, mi aveva realmente scossa. Eppure nonostante il mio sangue fosse affluito al cervello, ero riuscita ad essere calma. Non era una mia caratteristica, quella di rimanere paziente quando una cosa mi faceva imbestialire. O avrei dato in escandescenza cercando una bella tortura medievale da infliggere a quel pazzo maniaco di Aro, o avrei cominciato a piangere tutto quello che avevo in corpo come la sera precedente. Invece stavo lì, guardando Gabriel, senza muovere un ciglio.

“L’unico ad aver mostrato poteri alla nascita sono stato io, quindi ero l’unico che poteva rimanere in vita. Gli altri erano solo esperimenti riusciti male! Dopo un po’ si sono stancati di andare a cercare umane per creare ibridi … ”

“Sai perché tuo padre mi ha voluta qui?”

“Non mi ha parlato di nulla, sa che io ho molte debolezze, sentimenti. L’unica cosa che ha comunicato dopo il vostro incontro, è stata che ci vorrebbe sposare per vedere che tipo di figli ne potrebbero uscire fuori! Credo che voglia creare un piccolo esercito di mezzo sangue”

< Se scoprisse che forse sono sterile, che ne sarà di me? > probabilmente nei miei pensieri, non aveva letto quel dubbio o mi avrebbe già uccisa. Oppure era solo una scusa per sviare Gabriel dalla sua personale vendetta? E perché dire queste cose ad un figlio che dovrebbe essere fidato?

“ Perché secondo te vuole un esercito di mezzo sangue?”

“Noi possiamo stare alla luce del sole, mangiamo normalmente, dormiamo. Ci confondiamo bene con gli umani! Con i nostri poteri e la nostra forza possiamo arrivare quasi al livello di un qualsiasi vampiro. Pensa alle possibilità che si potrebbero aprire se un Clan o una famiglia avesse più esemplari di noi da mandare in giro, senza che diano nell’occhio. Né agli ignari umani né agl’altri vampiri!” parlava di quelli come noi come un vanto, come se fossimo migliori rispetto ai vampiri veri e propri. E pensare che io, fino ad allora avevo convissuto con la sensazione completamente opposta, sentendomi inferiore sia a l’una che all’altra specie. Mi fece strano sentire parlare di noi come una vera e propria forza militare.

“Quali sono i tuoi poteri?” non riuscì a rispondere. Alec e la sorella, credo si chiamasse Jane, irruppero nella camera facendo un gran rumore. Non ero abituata a vampiri chiassosi.

“Gabriel, Aro ti vuole vedere! Ma che ci facevi qui?” la voce di Jane sembrava quella di una bambina. Aveva un viso angelico, ma si sa, anche il diavolo era un angelo.

“Stavo solo cercando di convincere Renesmee a nutrirsi, ma a quanto pare non sono riuscito nel mio intento!” si alzò in piedi dirigendosi verso la porta da cui Alec lo guardava torvo. Perché doveva riservargli quello sguardo? Li vidi scomparire da dietro le mie sbarre senza curarsi nemmeno che fossi lì. Non salutarono, non mi insultarono. Puro disinteresse. Ero insignificante e stavo comunque prigioniera di quel mondo orribile solo per le manie di grandezza di qualche vampiro schizzofrenico. Non ero abituata ad essere trattata con indifferenza. I miei genitori, i  miei zii, i miei nonni erano sempre accorti in qualsiasi gesto io facessi. Avevo album pieni di fotografie che documentavano con interesse ogni istante della mia crescita quasi a dar la parvenza che fossi una bambina normale. E poi c’era un licantropo, alto e bello che mi aveva sempre trattata come una principessa. Il mio Jacob.

< Chissà cosa sta facendo in questo momento? > mi avvicinai alla finestra e non potei fare a meno di notare che ormai era notte inoltrata e la luna splendeva alta nel cielo, in tutto il suo cerchio pallido. Strano che le leggende sui licantropi parlano di come siano vincolati a questo satellite che splende di luce riflessa. Eppure in quella luce lattiginosa cominciai a trovare conforto.

< Luna, diventa mia testimone! Porta il mio messaggio oltre l’oceano che mi separa da lui, digli quanto lo amo! Pregalo affinché mi perdoni! Non avrei mai voluto dirti certe cose… > 

“Jake io ti amo! Voglio passare la mia eternità con te! Ascolta la mia supplica! Vieni, portami via da qui per tornare a vivere la nostra splendida vita!” le lacrime cominciarono a scendere bagnando le mie guance. Qualcosa mi diceva che Jacob seppur lontano mi aveva sentita.

 

Quel pomeriggio passato in compagnia di Gabriel non fu isolato. Ad ogni pasto mi portava un vassoio con del cibo che non toccavo e passavamo il tempo parlando di tutto. Cercavo di avere la sua fiducia sperando di poter trovare un modo per scappare. Carpivo informazioni utili che forse mi avrebbero permesso la fuga. Cosa che mi sembrava sempre più lontana ogni giorno. Vedevo il lento scorrere del tempo come un’inesorabile conto alla rovescia per la mia fine.

“Cos’hanno i tuoi occhi?” mi alzai correndo verso lo specchio. Avevo cominciato a sentire i primi sintomi già da un paio di giorni ma non pensavo che potesse succedere così presto.

“La sete!” le piccole striature nere stavano lentamente tagliando i miei occhi. Era la prima volta che le vedevo così nettamente; ero digiuna di qualsiasi cosa da molto tempo e mi sostenevo solo grazie alla mia forza sovrannaturale. Stavo letteralmente morendo di fame.

“A me non è mai capitato!” certo. Lui probabilmente non aveva mai cercato di trattenersi e i nostri occhi mutano solo se la sete viene protratta a lungo. Molto a lungo. E la cosa peggiora se non  ci nutriamo di cibo normale. Quell’onice segnava la mia lenta agonia, in quella che si stava rivelando una tortura. A cosa avrebbe portato la mia esasperazione?

 

Giornata I-pod. Gabriel mi aveva avvertito che in mattinata Heidi aveva attirato una comitiva di giapponesi.

< Oggi cucina etnica, per i Volturi! > un forte senso di nausea partì dal ventre viaggiando lungo il mio esofago per tutto il tempo in cui fui costretta ad ascoltare la musica. Una mano tiepida mi scosse leggermente. Era Gabriel. Tolsi gli auricolari.

“Nessie! Ti ho portato una cosa!” mi voltai dalla mia posizione sopita puntando i gomiti, lui mostrò una boccetta con un liquido rosso scuro, molto viscoso. Capì subito cos’era. Mi alzai immediatamente in piedi come se avessi avuto davanti la cosa più spaventosa che avessi mai visto. Indietreggiai fino ad essere fermata dal vetro della finestra. Quel profumo acre, invitante e succulento, assomigliava molto all’odore del ferro bagnato. Diverso da quello che trovavo di solito negli animali, disgustoso al suo cospetto.

“Portalo via!”

“Nessie devi bere il sangue! Il cibo lo puoi rifiutare ma questo no! Rischi di morire!” si avvicinò a me ed io ringhiai. Avevo giurato a me stessa che non avrei mai toccato del sangue umano. Non volevo essere come loro. Non volevo essere un mostro. Avevo passato così tanto tempo a cercare di combattere contro la mia natura, ero riuscita a ribellarmi e non avevo intenzione di tornare indietro. Sapevo che se avessi toccato anche solo una goccia di quel sangue la parte oscura che si rifletteva nello specchio del mio sogno sarebbe venuta fuori. Ma sentivo la mia gola come se fosse arsa dalle fiamme dell’inferno, lo stomaco si contorceva premendo con spasmi involontari su tutto il torace, il cuore sembrò quasi uscirmi dal petto. La mia testa pulsava mentre con la ragione cercavo di combattere l’istinto che comandava di nutrirmi, i miei muscoli cominciarono a tremare convulsamente. Mi tenevo il cranio, con le mani in un gesto disperato, temendo seriamente che scoppiasse. Il mio corpo acclamava il pasto offertomi, ma la mia mente gridava di no.

“Vai via!” trovai tutta l’aria che avevo per far vibrare le mie corde vocali in un supplica soffocata. Stavo per cedere ma Gabriel, confuso, uscì velocemente dalla camera. Da quel momento sapevo come si sentiva Jasper quando perdeva il controllo. Ero in bilico nel baratro dello sconforto ed avevo paura che la mia tentazione avrebbe ceduto alla mia volontà. I giorni successivi furono solo un lento decadere. Mi sentivo come un drogato in crisi di astinenza. Alternavo momenti in cui avevo un freddo terribile ad altri in cui mi sentivo ardere in un fuoco eterno mentre i miei muscoli tremavano quasi continuamente. Il dolore era insopportabile, non abbandonava la mia testa che sembrava dovesse  esplodere da un momento all’altro.  Il sudore scendeva dalla mia fronte bagnando il cuscino su cui ero poggiata.

< Voglio morire! Mamma, Papà perché mi succede questo? >

Non sapevo più a cosa aggrapparmi per superare tutto quello che mi stava accadendo. Ma poi successe qualcosa. Un torpore e poi i miei sensi mi abbandonarono completamente. Nulla più. Solo buio.

 

Note dell'autrice: non bastava tutta la tortura ci si doveva mettere anche Alec! Comunque tutti i tasselli si congiungeranno alla fine non temete! E comunque penso si capiscano perfettamente le loro intenzioni! Sono veramente una malata! aiuto! Certio che comunque i geni attira sfortuna sono veramene potenti!

Sinead: Spero che non stia deludendo le tue aspettative! Comunque tutto sarà più chiaro alla fine! Ogni personaggio avrà un ruolo alla fine dei giochi!

Never Leave me: Ecco vado bene con la velocità? ci ho messo un po' perchè ho dovuto dividere il capitolo. Quindi ci sarà un capitolo in più!

Grazie ai sempre più assidui lettori! E se ve ne do il tempo recensite!

Ah ragazze! entro domani potremmo aver finito la prima parte! con gli ultimi 4 capitoli. La seconda sta in altissimo mare. ho appena iniziato il terzo capitolo quindi dovrete avere pazienza! magari invece che tre facciamo 1 capitolo al giorno! poi vedremo!

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Capitolo 19
*** CAPITOLO XVIII: Scendere a patti! ***


CAPITOLO XVIII: Scendere a patti!

“Bensvegliata!” Alec sorrideva seduto accanto a me, non era stato un sogno. Era stato lui a farmi superare la notte che probabilmente sarebbe finita nel peggio dei modi. O nel migliore. Ormai la morte non mi sembrava più tanto terribile visto che ora sapevo cos'è provare il vero dolore. Mi aveva praticamente anestetizzato con lo stesso potere con cui mi aveva attirato nelle tela del ragno.

“Cosa mi avete fatto?” cercai di dire mentre riprendevo lentamente conoscenza. Sentivo i muscoli stanchi, il corpo molle come dopo un’ eccessivo sforzo fisico.

“Niente, è solo che la tua natura si è fatta sentire!” un ghigno malefico si disegnò su quel volto effimero. Si beava del mio strazio. Non avevo mai visto tanta malvagità in tutta la mia vita.

“Dov’è Gabriel?” era stato l’unico che mi aveva mostrato un po’ di comprensione. Non meritava di soffrire per un senso di colpa che non doveva avere. Aveva agito solo per aiutarmi non conosceva i miei principi e il perché il sangue umano non dovrebbe toccare le mie labbra.

“Ha contravvenuto ad un ordine preciso dei nostri signori! Nessuno ti deve portare del sangue! Quindi ora è confinato nelle sue stanze!” nessuno mi doveva portare del sangue. Cosa significava quella frase? Mi stavano forse conducendo dove credevo? Era questo allora il piano a cui miravano? “Comunque non mi preoccuperei per lui, visto che il suo gesto non ha creato nessun danno anzi ha migliorato la situazione” non ci potevo credere: volevano indurmi a bere del sangue umano magari da una persona. Mi volevano ridurre ad una bestia. Ma a quale scopo? Con la mano cercò di spostarmi  una ciocca dal mio viso ma io mi scostai infastidita “Comunque hai un autocontrollo invidiabile, mi complimento con te!”

“Forse perché non sono un mostro come voi!” alla mia frase ringhiata con tutta la rabbia che avevo in petto il moccioso rispose con una risata spaventosa. Lentamente si alzò dirigendosi verso la porta.

“Renesmee prima o poi dovrai farci i conti con il tuo lato da predatore, e quando succederà sarò lì ad aspettarti!” perché mi avrebbe aspettato? L’atteggiamento di Alec nei miei confronti si faceva sempre più strano come se da me volesse qualcosa. Se lo voleva però doveva pagarlo. Di una cosa non mi davo pace. Gabriel si sentiva in colpa per l’incidente con il sangue. Non riuscivo a permetterlo dopo che mi aveva aiutata a superare quelle notti.

“Alec! Posso chiederti un favore?”                             

“Dipende da cosa mi darai in cambio!” sospirai. Sapevo che mi avrebbe chiesto qualcosa. Non sapevo cosa. Non mi interessava saperlo. Almeno fino a quel momento.

“Tu cosa vorresti?” almeno avrei saputo di che morte morire. Per un attimo sperai che chiedesse il mio sangue, morire mi sembrava l’unica soluzione per uscire da quello strazio. La mia definitiva fuga.

“Dimmi cosa ti serve e poi ti dico il prezzo che dovrai pagare!” sembrava soddisfatto. Certo ora aveva il coltello dalla parte del manico.

“Vorrei poter scrivere a Gabriel un messaggio! Mi serve carta e penna e voglio che lo recapiti!”sembrava una cosa così piccola e senza significato in una situazione normale. Eppure aveva assunto un'importanza vitale in quella condizione estremamente drammatica. Provare a spiegarmi con lui significava ancora pensare, non essere un animale.

“Ti farò avere l’occorrente e lo recapiterò io stesso, ma ... ” lasciò in sospeso la frase lasciando che io prendessi parola.

“Ma?” chiesi titubante. Avevo una orribile sensazione.

“Ma in cambio voglio un tuo bacio!” un bacio? Ecco allora spiegati tutti quei comportamenti strani: irrompere ogni qual volta Gabriel era in camera mia, il parlarmi con quel fare malizioso e allusorio che avevo pensato fosse solo per il desiderio che scaturiva il mio sangue. Lui non desiderava nutrirsi di me. Desiderava me. Quell’idea mi diede un forte senso di disgusto e di ribrezzo, tanto che s’aggiunse anche la nausea a quel senso di malessere che ancora padroneggiava. Solo un uomo poteva desiderarmi. Anzi solo un lupo. Non un vampiro depravato e ricattatore. Ma non potevo lasciare che Gabriel soffrisse. Sarebbe stato solo un bacio. Solo un misero bacio.

“Eh sia, ma solo quando Gabriel avrà la mia lettera a cui dovrà rispondere! Non vorrei che tu scambiassi il biglietto o non lo recapitassi! E bada che me ne accorgerei se me ne scrivessi uno tu!” dovevo mettere le cose in chiaro. Mi cercavo di convincere che il prezzo non era alto comunque per aiutare una persona che aveva dimostrato di essere diverso, più umano.

“Avevi già capito il mio intento, ma  brava!” s’inchinò sfottendomi, ed io ebbi l’ irrefrenabile impulso di cancellare quell’ espressione perfida ed appagata “Ma per non deluderti sono disposto a non barare!” fischiettava. Mentre stava uscendo fischiettava. Maledetto ragazzino.

 

Dopo l’incidente con Gabriel mi trovavo spesso costretta a letto in stato di malessere fisico non indifferente. Era come se il mio corpo si stesse rivoltando contro me stessa. Violenti conati di vomito mi colpivano senza liberarmi della loro pesantezza, mentre la mia testa sembrava cristallizzata in un mondo ovattato. Ogni tanto avevo delle allucinazioni, o forse era il modo in cui la mia mente cercava di combattere la sofferenza. Pensai che ormai l’orlo della pazzia doveva essere vicino. In fondo ero ridotta a puro bisogno fisico non avendo altro per la testa che il sangue. Il modo migliore per tenermi ancorata alla mia sanità mentale era solo uno: Baudelaire, Shakespeare, Leopardi, Neruda.

 < Me gustas cuando callas porque estas como ausente  [ mi piaci silenziosa perché sei come assente ] Y me oyes desde lejos, y mi voz no te toca [ mi senti da lontano e la mia voce non ti tocca ] … >

Continuavo a ripetere le mie poesie preferite ricordando di quanto l’umanità potesse creare cose meravigliose. Possibile che una razza tanto creativa potesse essere altrettanto distruttiva? La letteratura, la poesia, l’arte, la musica. Era forse tutto un’illusione di ciò che siamo veramente ovvero macchine da guerra? Venni interrotta in quei pensieri troppo profondi per essere detti in un frangente così disperato, da due energumeni che mi fecero alzare in piedi, senza dire nemmeno una parola. Aro si trovava vicino a Gabriel, trattenuto da altri due vampiri come se fosse lì contro la sua volontà. Aveva il fiato corto e sudava. Il suo cuore si sentiva da chilometri per quanto batteva forte a differenza del mio che sembrava stesse abbandonando questo mondo.

“Renesmee ti starai domandando perché ti trovi qui, mi sbaglio?” non attese risposta “Ebbene il mio caro figliolo ha deciso di fare il ribelle contravvenendo ad un preciso mio ordine” digrigno i denti alle sue ultime parole e prese il suo mento con una tale forza e cattiveria che temevo glielo staccasse “Ma sai i figli vanno educati e dato che sembra nutrire un profondo affetto per te ho deciso che il modo migliore sia torturandoti!” delle grida spaventate fecero irruzione da una delle entrate di accesso.

“Vi prego lasciatemi! Abbiate pietà!” Sangue umano. Quello vedevo in lei. Solo sangue. Ossessione effimera di un bisogno fisico. Invece no. Avrà avuto all’incirca vent’anni, una famiglia alle spalle, amici con cui condividere speranze, paure, gioie. Quella che avevo davanti era una persona no misera carne. La portarono ad un millimetro dal mio viso. Il mio corpo non riusciva a controllarsi, tanta era la voglia di prendere ciò avrebbe significato la mia salvezza. Solo in quel momento capì il piano di Aro. Stava cercando di annullarmi. Voleva ridurmi ad una schiava del sangue. Non avrebbe ottenuto solo una punizione per il figlio ma anche una rivincita personale verso la mia famiglia. Voleva farmi diventare un mostro sadico. La mia parte umana non avrebbe mai ceduto al suo ricatto. È vero il mio fisico stava cedendo: i muscoli tremavano e le mie labbra si dischiusero mostrando i canini, rivelando così quella parte di me che non volevo uscisse. In quel combattimento il mio dolore si esternò in una smorfia sofferente.

“Padre smettetela! Vedete che non vuole!” solo l’eco della voce di Gabriel arrivò al mio udito così come la risata di suo padre. Avevo ben altri echi da ascoltare. La ragazza sembrava non capire il mio atteggiamento, avendo visto solo vampiri senza scrupoli. Il mio cuore sembrava aver ripreso a battere con la consueta velocità inebriandosi dell’allettante profumo che emanava, il respiro si spezzava cercando di trattenere la mia anima ancora all’interno di me stessa. Se avessi ceduto l’avrei donato ad Aro, avrei firmato il patto con il diavolo e la mia metà umana sarebbe morta per sempre. Il volto di Carlisle si disegnò nella mia mente cercando di ricordare le sue parole:

< Tutti scegliamo il nostro destino, nessuna natura può dettarti ciò che diverrai, tu sei padrona di te stessa e lo sarai sempre >

Ho scelto di non essere un mostro! Questo tira e molla personale, continuò fino a che Aro totalmente spazientito prese la ragazza e la privò della vita con una crudeltà tale che cominciai a tossire per la nausea che quel gesto aveva creato. Sentivo la mia bile giungere fino alla gola in fiamme, sembrando di gettare benzina sul fuoco. Se avessi avuto qualcosa nello stomaco avrei rigettato tutto persino il sangue, tanta l’impetuosità degli spasmi che mi colpivano. Finì il suo pasto gettando il corpo esanime a terra come se fosse stato un fazzoletto. Il mio animo come le contrazioni  convulse del mio ventre non si placarono nemmeno con la fine di quello strazio.

“Che incredibile autocontrollo! Ci vorranno molti altri giorni per farti cedere vero Renesmee? Portatela via!”

E così, ancora comprovata e sotto lo sguardo atterrito di Gabriel, venni portata di nuovo nella mia stanza, trattata ormai come un oggetto ma con ancora la mia dignità intatta.

 

Erano passati due giorni. Tutto in me sembrava scendere sempre più affondo, tanto che mi cominciai a chiedere se avessero deciso di uccidermi in  quella maniera dolorosa. Sapevano che non avrei potuto toccare cibo ma come beffa ad ogni pasto arrivava il vassoio. Quella sera però con il mio portavivande , trovai della carta con una stilografica. Il mio patto con lo stalker sadico e moccioso! Cominciai a scrivere e la mia scrittura normalmente ordinata si macchiò d’inchiostro.

< Ma una biro no? > sarcasmo. Avevo ancora un minimo di speranza.

Gabriel,

So di averti sconvolto con la mia reazione e se ho imparato a conoscerti so che ti stai logorando nei tuoi sensi di colpa. Non devi. Io sono molto diversa dalla realtà a cui tu sei abituato. La tua è stata un’ azione in buona fede, l’ho capito e sappi che non ce l’ho con te! Anzi! Sei stato la mia ancora durante questi giorni, l’unico che mi ha fatto ricordare la mia umanità anche nei momenti in cui sapevo che di umano avevo solo il nome. Voglio che mi prometti di non tormentarti per colpe che non hai!

Nessie

Piegai il foglio in quattro e lo consegnai ad Alec, che mi guardava appagato come se già pregustasse il suo premio.

“Ci vediamo dopo Nessie!”

“Renesmee…” il mio petto vibrò in un ringhio molto profondo, cosa che invece provocò il lui ancora più soddisfazione.

Aspettai quasi tutta la notte che il moccioso tornasse. Proprio quando le palpebre stavano cedendo alla stanchezza, Alec arrivò con un  altro foglio piegato tra le mani; rimasi seduta sul ciglio del letto mentre lui mi si avvicinò porgendomelo, ma quando lo stavo per prendere lo tolse dalle mie mani.

“La mia ricompensa?”

“Dopo che avrò letto!” me lo diede ed io mi scostai i folti capelli all’indietro in modo che non disturbassero la mia lettura.

Dolce Nessie,

Non ti sbagliavi. Mi sono sentito orribilmente per averti ferita e mi sono pentito dal primo istante in cui ti ho vista terrorizzata. In questi giorni ho avuto l’immenso piacere di conoscerti ed ho scoperto una giovane donna forte e misericordiosa. Il tuo cuore non è solo un misero strumento di vita, bensì un mondo pieno di straordinari  sentimenti. Sei meravigliosa! Lo ammetto: invidio il tuo Jacob, che avrà la fortuna di sposare e condividere l’eternità con te! Non cambiare mai Renesmee Carlie Cullen!

Gabriel

Lessi la lettera più volte, non nascondendo l’emozione, tradita da una debole lacrima che rigò il mio viso.  La triste realtà però tornò subito a bussare sulla mia finestra emozionale. Dovevo pagare il fio.

“Allora?”

“Avrai quello che hai chiesto!” mi strinse il polso così forte da farmi impallidire la mano. Poi mi strattonò a se cingendomi con l’altro braccio la vita. Mi sentivo come una prostituta, vendutami per un messaggio. Il fine giustifica i mezzi. Mi ripetevo quella frase cercando di farla diventare mia, affinché potessi sopportare quello schifo.

“Mi stai facendo impazzire!” sospirò a pochi millimetri dalle mie labbra. Perché aveva scelto quelle parole? Perché non aveva scelto di tacere? Mi lacerò il petto portandomi il volto di Jacob nei miei pensieri. Quante volte aveva ripetuto quella frase in situazioni simili. Prese le mie labbra con violenza ed avidità cercando di dischiuderle per approfondire di più quel bacio che per me doveva già fermarsi. Cominciai ad indietreggiare con la nuca ma fui fermata dalla sua mano che energicamente mi schiacciò a sé. Liberato il secondo braccio riuscì a respingerlo scansandolo da me con tutte le forze che avevo.

“Non ci siamo! Questo non era il bacio che volevo!” disse lui furente.

“Ed è solo questo che otterrai! Dovevi pensarci prima a definire che tipo di bacio volevi!” stavolta ero io a bearmi del mio trionfo. Non ebbi il tempo di crogiolarmi nella mia vittoria che lui stringeva la mia trachea contro il muro. Sentivo l’aria nei mie polmoni uscire e non entrare e più il respiro terminava più la sua stretta aumentava. Quando pensavo che la morte stesse sopraggiungendo allentò la presa, dirigendosi verso la porta. Io caddi a terra cercando tutto l’ossigeno che mi era mancato in quei pochi ma necessari secondi.

“Non finisce qui Renesmee!”

 

Mi guardai allo specchio e quello che vidi fu solo lo spettro di me stessa.  Vedevo il mio corpo denutrito, consumarsi di giorno in giorno senza che io riuscissi a contrastare il mio bisogno. In alcuni momenti ero tentata dal mio stesso sangue e nella lotta con me stessa urlavo carica di disperazione. Nei miei occhi intensi solchi neri segnavano la mia tinta nocciola che sembrava soccombere ad un destino voluto dai miei vessatori. Mi sentivo stanca nella mia prigionia che quasi pensai ad una morte per mia stessa mano sarebbe stata più dolce. E poi. Non avrei più rivisto mia madre, mio padre, il mio Jacob.  Il ricordo del nostro primo bacio. Le sue labbra, il suo calore. Mi strinsi le spalle cercando con quel gesto di scaldarmi ma nulla a che vedere con un lupo di 42 gradi. Sapevo che il mio potere si stava sviluppando. Speravo che mia Zia Alice o mio padre avessero visto. La porta si aprì e si richiuse e dopo parecchio tempo rividi Alec. Lo smacco del bacio a cui non avevo risposto come pensava doveva avergli bruciato parecchio

 “Sei bella davvero!” lo sentì pronunciare come una sentenza “E il tuo odore è anche migliore…” in quel momento mi sentii veramente in trappola. Lui era lì con quella faccia angelica che stonava con le sue iridi sanguigne, rivelatrici del suo animo crudele. 

 “Cosa vuoi da me?” gl’angoli della sua bocca si alzarono in un sorriso spaventoso disegnando la più malefica delle maschere.

 “Voglio te …”

 A quel punto una nebbiolina grigiastra mi avvolse cingendo per intero il mio corpo. Ordinavo ai muscoli del mio braccio di muoversi per spostarla ma nulla più rispondeva al mio comando. Alec aveva escluso tutti i  miei sensi tranne la vista e l’udito, il bastardo voleva che guardassi e che sentissi. Mi prese in braccio e mi stese sul letto. Sentivo il suo fiato sul mio collo all’altezza della giugulare. In quel momento ho avuto la consapevolezza di morire, sapevo che di lì a poco i suoi canini avrebbero affondato nella mia carne per suggere tutta la mia linfa vitale. Invece no. Mi guardava come un gatto con il topo che intraprende un gioco sadico sull’orlo della morte. Sentii il freddo della sua mano sbottonarmi la mia camicetta, lentamente come se questo provocasse in lui un immenso piacere, in quella mia tremenda tortura.

 < Jake ti prego perdonami! >

 Le sue dita si muovevano sul mio torace ormai coperto solo dal mio reggiseno  disegnando su di esso le mie stesse forme. Lo sentivo mugugnare.

 “Sei molto invitante … in tutti i sensi!”

< Se ce la vedessimo alla pari ti farei vedere io come sono invitante! > le sue labbra si posarono sul mio petto proprio dove batte il cuore per poi salire fino al collo < Nessie pensa a Jake!pensa al suo calore >se proprio doveva possedere il mio corpo la mia anima sarebbe stata sempre e solo sua. Baciò la mia bocca e potei osservare i suoi occhi ora colmi di desiderio, non so se eccitati di più per il mio sangue che per altro. Il mio cuore ormai stava uscendo dal petto proprio mentre lui cercava la patta dei miei jeans. Improvvisamente fu strattonato via da me ed io ripresi la mia capacità di muovermi. Gabriel era entrato con Jane e l’aveva scaraventato dall’altra parte della stanza ringhiandogli contro.

 “Alec smettila, mi fai schifo! Con una mezzo sangue!”la voce dell’altra demonietta entrò nella mia stanza.

“Nessie stai bene! Dannazione sei ridotta uno straccio!” cercavo di riabbottonarmi ma le mani tremavano troppo, fu Gabriel ad aiutarmi.

 “Tu vestiti! A quanto pare i tuoi stanno arrivando! Ci divertiremmo a distruggerli” la guardai attonita per poi cercare nella mia mente un’idea.

 “Aspetta voglio parlare con Aro!”

 

Note dell'autrice: Povera Nessie che è incappata in una malata di mente come me. Ragazze al prossimo capitolo cambio di punto di vista. Si perchè dovete sapere quello che succede al di là dell'oceano. Basta non dico più nulla! Domani finirà la prima parte è definitivo!

Rossy87: cara mia il problema è che ame non serve solo uno psicologo. bisogna riesumare Freud in persona per capire questo cervello bacato! Quindi non scoraggiarti se con me non capisci un tubo. non ci capisco un tubo neanche io! Appena posto mi metto a leggere i capitolo e poi faccio: Oddio e che succederà dopo! poi mi dico da sola Stupida già lo sai. Personalità multipla! Gollum in action! Ne facciamo un bel chianti pestandoli come l'uva al bel trio? non preoccuparti che è tutto calcolato!

Never Leave Me: Condivido con te l'amore per Jhonny in tutte le sue sfumature! Comprese quelle in cartone animato! Abbiamo per caso gli stessi gusti io e te? Capitan Jack Sparrow però è il migliore!

Noe_princi89: lo scopriremo alla prossima puntata e anche a quella dopo e a quella dopo ancora!ghghgh

  

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Capitolo 20
*** CAPITOLO XIX: Io la Salverò! ***


CAPITOLO XIX: Io la Salverò!

POV Jacob

Non riuscivamo a capire dove potesse essere finita. L’ultima volta che l’avevo vista era circa una settimana fa quando salì nella macchina del suo amico. L’avevo tradita, ferita. Io che avevo giurato di fare della sua felicità lo scopo della mia vita. Mi sono sentito  un verme, tanto che non riuscivo nemmeno a guardarmi allo specchio. Mi sentivo un fallito. Se l’avessi seguita forse l’avrei fatta sentire ancora di più una prigioniera, e questo non l’avrei mai voluto. Le volevo dare del tempo. Ma poi  ho avuto quella strana stretta al petto, una fortissima angoscia. Ho iniziato a cercarla ovunque, in ogni angolo di Forks. La foresta, la scuola, la riserva. Ovunque. Nessuna traccia. Non riuscivo a togliermi dalla testa che tutto questo era successo a causa mia. Se fossi stato sincero Nessie sarebbe restata alla riserva e se non fossi impazzito nella paura di perderla non l’avrei costretta a scappare scoprendo una verità scomoda. Io assieme al mio branco, avevamo battuto ogni centimetro. Ero andato persino a casa del suo amico. Nessuno dei due era mai rientrato da quella sera in cui li avevo incontrati di fronte a quel locale. A quella notizia cominciai a realizzare. Quei maledetti erano arrivati a lei. L'avevano presa ed ora non sapevo nemmeno dove fosse. Ma come avevo fatto a non sentire la puzza di vampiro?  Il giorno dopo chiamai subito Bella. Sapevo che lei ed Edward si trovavano in Sud America a cercare le amazzoni. Gli altri erano sparsi in giro per il mondo a parlare ai loro alleati. Stavano organizzando una vera e propria rivoluzione, un colpo di stato.

“Jacob? Nessie sta bene?” la voce di Edward era sull’orlo di una crisi isterica. Eravamo rimasti d’accordo che avrei chiamato solo in caso fosse successo qualcosa alla figlia.

“Edward c’è un problema!” non riuscivo a parlare per il forte senso di colpa che attanagliava il mio cuore.

“Jacob, dannazione! Mi vuoi dire cosa c***o è successo?” non avevo mai sentito dire una parolaccia ad Edward. Lui è sempre molto raffinato nel suo modo di parlare, al contrario mio che sono un po’ più terreno. Ci tiene molto a sua figlia.

“Temo che siano arrivati a lei! Ma non capisco come possano aver fatto!”

“Maledetto bastardo di un cane! L’avevamo affidata a te! Tu dovevi proteggerla…” stava urlando come un fossennato, probabilmente avremmo iniziato a combattere se fosse stato presente.

“È stata colpa delle vostre bugie, stupidi succhiasangue! Io non volevo mentire fin dall’inizio, se fosse stata al corrente di quello che volevate fare, non sarebbe scappata per poi finire nelle mani di quei …  ” non avevo termini per definirli per quanto li disprezzavo. Avevo iniziato ad urlare, forse perché ritenevo davvero i Cullen responsabili al pari mio.

“Ok, Jacob non facciamoci prendere dal panico. Chiamerò gli altri, ci ritroviamo a casa Cullen appena possibile!”

Attaccammo. Nessun saluto visto che ci disprezzavamo abbastanza l’un  l’altro per non mostrare fair play. O forse disprezzavamo noi stessi, perché nel tentativo di salvarla l’avevamo praticamente spinta nelle mani dei Volturi. Arrivarono qualche giorno dopo con le Amazzoni e quei vampiri dell'Alaska.

 “Non può essere svanita nel nulla!” ormai era evidente che quegli insopportabili italiani erano riusciti a prenderla, giurai a me stesso che se solo le avessero torto un capello non ne avrei risparmiato nessuno.

“Alice non riesci a vedere niente?” Carlisle sembrava l’unico ancora in grado di pensare lucidamente, ma si notava che soffriva.

“No! Se mi concentro sui Volturi vedo solo buchi neri e piccoli flash! Odio questa maledetta cecità!” la scomparsa di Nessie aveva sconvolto tutti, compresa Alice che non sembrava più un folletto dei boschi. Ma quella che più mi preoccupava era Bella. Ci fu solo una volta in cui l’ho vista così disperata, quando soffriva la mancanza di Edward. Ora era addirittura peggio: sembrava essere morta per la seconda volta ed ad ucciderla ero stato io.

“Questo può voler dire solo una cosa: l’hanno presa!” quella notizia detta così ad alta voce risultò come una sentenza che tardavamo a concretizzare nei nostri pensieri.

“Tu maledetta bestia rognosa! Dovevi soltanto sorvegliare su Renesmee ed invece hai lasciato che la prendessero! Vorrei sapere a cosa servi se non riesci a fare nemmeno il cane da guardia!” la bionda psicopatica cominciò a sputare tutto il suo veleno verso di me. Forse aveva ragione. In fin dei conti non ero riuscito a proteggerla. Però se avessi potuto parlarle sinceramente, se Bella non mi avesse convinto a tacere i loro veri intenti, lei non si sarebbe sconvolta trovando la casa vuota. Era anche colpa loro.

“Senti brutto pezzo di plastica ossigenato! Se non mi avreste obbligato a  mentire non l’avrebbero presa” decisi di mettere nuovamente in chiaro il concetto. Stava di fronte a me, con quello sguardo carico di disprezzo che non usava da tempo ed io la ripaga con la stessa moneta.

“Se tu non l’avessi rinchiusa spaventandola a morte lei non sarebbe scappata!” mi aveva puntato. Emmett e Jasper prima che potesse balzare la fermarono mentre io ed i miei compagni avevamo cominciato a ringhiare verso di lei. Se fosse stato necessario ci saremmo tutti trasformati. Bastava solo un mio gesto.

“Basta! Calmatevi tutti quanti non è così che riavremo la nostra Nessie!” intervenne Esme frapponendosi tra le due schiere. Aveva ragione. Non era distruggendoci che avrei riabbracciato la mia Nessie. Feci un cenno ai ragazzi di calmarsi, cosa a cui ubbidirono quasi immediatamente. Cominciai a pensare a lei a come si dovesse sentire: triste, spaventata, abbandonata. No. Io non l'avrei mai abbandonata.

“Dobbiamo agire! Questa volta i Volturi non potranno pararsi dietro i loro regolamenti! Si credono di essere onnipotenti, ma è ora di dargli una bella lezione! Non possono nuocere ad un membro di una famiglia senza subirne le conseguenze!” intervenne Zafrina. Tralasciato l'aspetto da selvaggia che aveva, un po' mi ricordava Nessie. Lo stesso spirito combattivo. Mi avvicinai alla finestra, era paticamente notte. C'erano delle nubi ma il cielo era rischiarato, rispetto al solito strato grigio che copre Forks. Tra i piccoli cumuli, c'era una splendida luna. Sentivo ad un tratto che dovevo guardarla, forse mi avrebbe dato l'ispirazione su come salvare la mia unica ragione di vita.

“Quando ci siamo scontrati dieci anni fa, la guardia alta contava 32 componenti seppure la loro forza era pari ad un esercito, e dato che non vengono ammessi nuovi membri tanto facilmente non sarà un numero tanto superiore; noi compresi i Clan di Siobhan, Stefan e Amun possiamo contare su un gran numero di vampiri con poteri straordinari” cercavamo di capire ogni modo come agire. Non era facile pensare con l’apprensione che aleggiava in quella casa. Per come sono fatto io sarei partito immediatamente e sarei andato allo sbaraglio. Invece non ci potevamo permettere passi falsi, dovevamo avere un piano ben stabilito. Quelli non erano dei normali succhiasangue, erano delle bestie sadiche ed intelligenti.

“Noi siamo in otto e siamo con voi!” dissi subito a Garrett. Gli davo le spalle mentre ancora continuavo ad osservare la luna. Chissà perchè mi sentivo tanto attratto da lei inquel momento. Era come se dovesse dirmi qualcosa.

“Secondo me sarebbe pericoloso che voi veniste: andremmo in una cittadina che pullula di vampiri che vogliono sterminare la vostra razza, ci sareste solo d’intralcio!” quelle parole mi squarciarono il petto, io non potevo permettere di essere escluso. Dovevo lottare. Dovevo salvarla. Avevo lasciato che la prendessero e ora dovevo salvarla. Sentì la vibrazione più profonda, partire dalla bocca dello stomaco ed invadere interamente il mio corpo in meno di un secondo. Mi voltai di scatto, con la collera che saliva velocemente verso ogni millimetro dei mie muscoli. Emisi un ringhio gutturale, come se provenisse da una grotta.

“Non mi interessa di morire! La mia vita è un giusto prezzo se è per salvare Renesmee!” presi ad ingurgitare quanta più aria fosse possibile per cercare di calmarmi,  non avevo nessuna intenzione di trasformarmi proprio in quel momento. Il mio cervello doveva essere attivo, non dovevo cadere preda dei miei istinti.

“La tua vita non t’interessa e capisco. Ma devi ragionare anche per il tuo branco! Loro non è giusto che si sacrifichino!” parlava del mio branco lui, cosa poteva saperne?

“Sono liberi di fare la scelta che preferiscono, possono seguirmi come possono non farlo!” fremevo sempre di più. Era da tempo che non avevo quella strana sensazione di impotenza verso il mio potere. Stavo per trasformarmi contro il mio volere.

“E pensi che lascerebbero il loro capo branco andare nel centro nevralgico dell’attività dei vampiri, da solo?” a questo proprio non avevo pensato. Il succhiasangue aveva terribilmente ragione. I tremori terminarono non appena aveva finito di parlare. Forse stavo pensando un po’ troppo a me stesso. Non  potevo pensare di allontanare i miei amici dalle loro famiglie e soprattutto non volevo che perdessero la loro vita per un mio errore. Ma poi l'inaspettato.

“Posso dire la mia?” intervenne Seth. Io feci un cenno con il capo affinché lui continuasse “Renesmee per noi non è semplicemente la compagna di Jacob! È entrata a far parte del branco, è nostra amica e parlo a nome di tutti quando dico che non abbiamo nessuna intenzione di starcene qui con le mani in mano senza poterla salvare!” il caro Seth. Ho sempre saputo che con Renesmee aveva un ottimo rapporto, molto più che con gli altri.

< Bravo Seth! >

“Si Garrett, Jake ed i ragazzi vengono con noi!” dopo molto tempo sentì nuovamente Bella parlare, provai una somma gioia nel vedere che si era mossa in mia difesa.

“Bene quindi andiamo tutti a fare una bella scampagnata in Toscana, prendiamo a calci qualche vampiro con le manie da protagonista e ci riprendiamo Renesmee! Vado a comprare i biglietti?” Emmett si sfregava le mani come a scaldarle pronto alla battaglia. Aveva evidentemente la mia stessa frenesia di staccare la testa di qualcuno.

“Emmett non possiamo muoverci senza un piano! Ci troveremmo a Volterra nella loro casa, quindi sarà molto difficile distruggerli!” intervenne Carlisle, riportandoci tutti alla triste realtà. Sapevamo che se avessimo voluto riavere Renesmee, saremmo dovuti andare nel loro covo e riprendercela “Jasper, tu hai in mente qualcosa?”

“In realtà ho un piano in testa, ma mi sembra molto rischioso e soprattutto ci vorrà del tempo per attuarlo!” non aveva più quella strana espressione alienata dagl’occhi. Sembrava risoluto, fermo, preciso. Sembrava un caporale di un esercito.

“Non ci pensare nemmeno Jasper!” sbottò Edward, cosa diavolo aveva in mente il fratello?

“Edward è l’unica che può farlo!”Jasper non si scompose mentre Edward sembrava pronto ad attaccarlo. Lui se ne stava lì, impettito e fiero con quell’espressione severa.

“Non permetterò mai…”prima che riuscisse a finire la frase vidi il vampiro tracollare non finendo a terra solo perché accanto a lui c’era una sedia a fargli da sostegno. Sia Carlisle che Jasper andarono in suo soccorso sorreggendolo. Sul volto aveva lo stesso sguardo di Alice quando aveva una visione.

“Edward stai bene?” anche Bella si era avvicinata, tenendo il viso del marito tra le mani, con voce tremante, carica di terrore. Ma come biasimarla. Sua figlia era stata rapita e suo marito sembrava caduto in uno stato di trance.

“I-io sto bene! Ma dobbiamo sbrigarci! Renesmee ha chiesto di essere salvata!” vidi gli occhi di Bella accendersi di una nuova speranza, guardava il marito cercando con fervore risposte a tutti i suoi dubbi.

“Che vuoi dire? Ti ha parlato? Sta bene? La tengono rinchiusa? Dimmi cosa hai visto!” lo scuoteva cercando di farlo riprendere. Ma sul suo volto leggevo ancora lo scompenso arrecatogli da quello che era appena accaduto, mentre sui nostri lo stupore regnava sovrano.

“Riuscite ad empatizzare anche a questa distanza? È stupefacente! Come ci siete riusciti?” anche l’imperturbabile dottore, sembrava sorpreso almeno quanto tutti i presenti in questa stanza.

“Non lo so. Stavo solo pensando a lei, quando mi sono sentito mancare ho cominciato ad intravedere solo qualche immagine sfocata di una stanza, della piazza di Volterra e poi ho sentito la sua voce forte, come se fosse qui. Pregava. Pregava affinché tu la perdonassi e la portassi via!” pronunciando le ultime parole aveva indirizzato il suo sguardo verso di me. Lo ascoltavo attentamente mentre il mio cuore aveva praticamente smesso di battere. La mia piccola Nessie invocava il mio aiuto. Voleva me. Mi voleva ancora. Ed io l’avrei salvata a costo di andare a combattere contro i mulini a vento. Mi voltai verso Jasper. Se lui aveva in mente anche solo un modo per salvarla, per quanto fosse pericoloso, io l'avrei attuato.

“Dicci il tuo piano!”

 

Note dell'autrice: Care mie avete capito bene! Nessie è riuscta ad inviare un messaggio al padre ed era la preghiera alla luna per Jacob. Questo in realtà era più un capitolo di passaggio più che altro. Ora che combineranno i nostri beniamini? Ragazze al prossimo tutti i nodi verranno al pettine e mancano due capitoli alla fine.

rossy87: Stavolta il mio pov è stato prevedibile! comunque il prossimo è il terzo capitolo più bello quindi seguite!

sinead e noe_ princi89: ragazze il prossimo sarà quello veramente esplicativo di tutto! e poi un piccolo capitolo conclusivo della prima parte!

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Capitolo 21
*** CAPITOLO XX: Battaglia? No, guerra! ***


CAPITOLO XX: Battaglia? No, guerra!

< Ma cosa diamine ho fatto?! >

Questa frase risuonava nel mio cervello continuamente. Mi avevano rinchiusa in camera vicina alla sala principale dopo che avevo parlato con Aro. Non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi. Il mio senno cominciava a vacillare, mentre la mia sanità mentale era completamente andata. Mi stavo praticamente servendo su un piatto d’argento ai Volturi con tanto di contorno! E di mezzo ci sarebbe andato il povero Gabriel! Me restavo rannicchiata in un angolo in quella stanza così vuota ed asettica da sembrare irreale.

“Ragazzina muoviti!” un vocione baritonale arrivò al mio udito ipersensibile quasi distruggendo i miei timpani. Nuovo sintomo. Più la sete peggiorava più i miei sensi si sviluppavano, rendendomi sempre più simile ad un vampiro in piena regola.

“Demetri non mi sembra che sia in grado di camminare!”

“Ci credo Felix! Non tocca nulla da settimane! E poi è solo una mezza vampira!”

“Grazie per la considerazione!” io ho sempre l’ultima parola. Almeno ancora non  ero del tutto pazza.

“Ce l’hai fatta finalmente! Alzati”

“Ce la fai?” quello che si chiamava Felix era decisamente più gentile. Si era inchinato cercando di capire se ce la facessi a camminare. Risposi con un timido e  non del tutto convinto si. Appena provai ad alzarmi mi diede una mano cercando di farmi trovare l’equilibrio necessario per sorreggermi sulle mie gambe. Inciampai al primo passo finendo praticamente addosso a quello sgarbato.

“Ehy! Sta attenta!”

“Demetri, imparerai mai a comportarti da persona educata?! Siamo vampiri non bestie! Vieni ti aiuto!” in quel momento sembrava di stare a sentire zia Rose che rimproverava Emmett ma non prestai molta attenzione a quella mia riflessione e poi avrei avuto qualcosa da obbiettare sul fatto che non fossero bestie. Felix mi aveva preso in braccio e potei sentirlo respirare a pieni polmoni il mio odore. “Heidi aveva ragione! Il suo profumo è allettante più di quello di Gabriel!”

“Ricorda quello di sua madre da umana ma ha quel tocco di dolciastro che lo rende dannatamente succulento! Pensavo che non esistesse un odore più buono di quello di Isabella Cullen, ma questo lo batte!” parlavano di me come se fossero due somelier alla ricerca del vino perfetto. Io sicuramente sarei stata bene con una pietanza agrodolce: due sapori che si fondono insieme in un mix assoluto di sensazioni. Mi rappresentava alla perfezione.

< Ok, sto proprio fuori! Renesmee riprendi tutte le tue facoltà mentali e smetti di pensare a te come ad una pietanza o a un vino! >

Una luce artificiosa penetrava da una porta. La sala era gremita da molti vampiri. Ne percepivo il brusio di sottofondo e gli odori così vari da confondermi. Ma fu uno in particolare che mi colpì. Sapeva di bosco, di sole, di salsedine. Racchiudeva tutto il mondo che avevo perduto. Era lì. Mi era venuto a prendere.

“Jacob…”

< Renesmee, cosa ti hanno fatto? >

C’era anche mio padre. Come avevo fatto a non distinguere il suo odore? Dovevano essere veramente in tanti.

“Caro Edward, mi sorprende che tu sia venuto da solo!”

“Non è da solo!” solo Jacob di fronte ad un esercito di vampiri poteva affrontare il loro capo con quella sfacciataggine che tanto amavo.

“Scusa mi ero dimenticato il cagnolino!” sentivo solo delle voci lontane nulla a che vedere con quello che mio padre riusciva a comunicarmi con il pensiero.

“Non chiamarlo cane!” cercai di difenderlo, nessuno di loro doveva permettersi di canzonare il mio Jacob. Felix mi posò a terra accanto ai piedi di Caius. Solo allora alzai gli occhi e li vidi. I loro sguardi persi cercando di capire cosa mi stesse succedendo. Mi vergognavo a farmi vedere ridotta in quello stato, completamente in balia della mia natura selvaggia. Tremavo ancorata a terra perché i miei muscoli stavano definitivamente abbandonando le forze. Dovevo essere dimagrita di molto perché gli abiti che avevo addosso mi si erano allentati e li vestivo come una stampella. Le mie mani erano ormai diventate ossute  e le guancie scavate.

“È combattiva la tua piccola Renesmee, ti somiglia molto, sai?” Aro si avvicinò con quel suo sguardo che di amichevole aveva solo l’apparenza. Carezzò delicatamente il mio mento costringendo a guardarlo nel volto, ma io sono una Cullen: mi scansai, disprezzando il suo gesto “Somiglia molto anche alla madre devo dirlo!” rise in quella sua farsa isterica e agghiacciante ilarità. Riportai lo sguardo a Jacob che era stato fermato da mio padre. Probabilmente voleva venire da me, voleva portarmi via. Ma come avrebbe potuto?

“Aro non è un tuo diritto tenere prigioniera Renesmee!”

“E chi lo dice voi? Solo perché siete il Clan più numeroso dopo il nostro non potete dettare legge; comunque siete arrivati tardi Renesmee ha stretto un patto con me!”

< Renesmee cosa hai promesso? >

< Era l’unico modo per avere una speranza! Ti prego perdonami! >

“Si batterà in un corpo a corpo con la nostra Jane, senza l’uso dei poteri deve essere un combattimento alla pari, o quasi.” Rimarcò quest’ultima parola lasciando sottointendere quanto io non fossi all’altezza di nessun Volturo. Sentivo il sangue ribollire dalla rabbia. Non poteva prendersi gioco di me “Se vincerà lei la lasceremo andare!”

“E se dovesse perdere?”

“Si unirà a noi, sposando il mio Gabriel! In ogni caso lasceremo stare la sua famiglia! ”

“Padre non può combattere in quelle condizioni!”

“A questo rimedieremo ora!” un rumore di tacchetti sul pavimento dietro le mie spalle mi colse di sorpresa. Alzai lo sguardo e vidi quel Felix di prima, porgere un vassoio a Caius con quella che sembrava un’ampolla di cristallo scuro, con un calice probabilmente dello stesso materiale. Aprì la bottiglia rivelando il suo contenuto. Diventai una macchina in folle, gettata lungo una discesa: il cuore aveva accelerato il suo ritmo diventando padrone dei miei pensieri mentre lo stomaco si attorcigliò su se stesso. Ma la gola che non smetteva di bruciare da giorni, sembrava essere diventata lei stessa il fuoco. La testa mi scoppiava e i miei muscoli tremavano. Non volevo bere sangue umano. Non volevo dargliela vinta. L’albino s’inginocchio porgendomi la coppa. Il suo aroma mi investì come una dolce brezza estiva, ne inspirai profondamente ogni sfumatura deliziosamente aromatica di quel nettare. Bramavo il contenuto di quel boccale pieno quasi fino all’orlo.

< Sono per metà umana! Non devo berlo! Non devo farlo! >

Tardai così tanto a prendere la coppa che fu la pazienza di Caius a cedere. Mi sentì afferrare per i capelli e spostarmi la testa all’indietro.  Posò il calice sulla mie labbra e delle piccole gocce di sangue cominciarono a colare nella mia bocca. Cercai di dibattermi, di divincolarmi ma fu tutto inutile. Il sangue cominciava a sortire il suo effetto. Riempiva i vuoti fisici, mentre lasciavo che la mia bocca risucchiasse avida quel dolce succo. Mai avevo provato una sensazione tanto meravigliosa: un nuovo vigore si era impadronito di me e diventava sempre più potente. Il suo percorso dalla mia bocca alle mie vene placava tutto quello che il mio corpo chiedeva da giorni. I muscoli si erano inturgiditi, mi sentivo rinvigorita, forte come non mai. Mi avevano sempre raccontato di come il sangue umano fosse capace di potenziare il fisico, ma non credevo che ne bastasse così poco per farmi sentire praticamente un’altra. Per permettere di raggiungere ogni misero centimetro della mia epidermide mi alzai in piedi. Quel godimento finì presto e nella coppa non ne era rimasta nemmeno una goccia. La lasciai cadere a terra per la sua inutilità. In quel momento mi chiesi cosa potesse esserci del male nell’avere quella forza che solo il plasma poteva darci. Le melliflue parole di Aro entrarono nuovamente nella mia testa. In tutto quello che stava succedendo non avevo sentito il vampiro avvicinarsi:

“So che ne vuoi altro! Vallo a prendere!”

Sentì una voce fastidiosa uscire da una delle tante porte di accesso alla sala. Ormai della vecchia Nessie ne era rimasta solo una piccolissima parte, la mia umanità era stata completamente accantonata per far posto alla bestia. Ero come un leone affamato in un villaggio di umani dopo aver assaggiato la loro carne. Il mostro che giaceva nel mio inconscio si era finalmente mostrato.

< Eccolo, il piccolo infame doppiogiochista! >

 “Avete mai pensate di arredare nuovamente questo palazzo ma dico, siete italiani possibile che non abbiate il buon gusto di modernizzavi…oh salve signor Cullen e Ciao bel Quileutte” Joyce si era fermato di fronte a mio padre e a Jacob che erano rimasti allibiti. Aveva sempre quel suo modo di fare che fino a poco tempo fa trovavo divertente, ma ora mi sembrava gretto e volgare.

< Aro! Maledetto bastardo! Te la farò pagare per quello che stai facendo a mia figlia! > sentì il pensiero di mio padre e presi a ridere istericamente.  Jacob iniziò a ringhiare unendosi al coro di mio padre. Gli davo ancora le spalle ma ogni loro movimento era percepito dai miei sensi come se li stessi guardando.

 “Oh lo so, lo so, sono spregevole! Ho consegnato la vostra Nessie ai cattivoni! Ma non guardatemi così, io mi sono sentito tradito almeno quanto voi. Nessie poteva donarmi la cosa che desidero di più al mondo ovvero l’immortalità, l’eterna giovinezza! Sapete cosa significa sapere che un giorno sarò orribilmente vecchio e che prima o poi lascerò questo mondo? Io non voglio farlo! Voglio essere giovane per sempre”.

< Ora basta! >

Mi avventai su di lui e gli strattonai indietro la testa, proprio come avevano fatto con me poco prima, esponendo il collo ai miei denti digrignati in una smorfia animalesca. Ogni tanto guardavo Jacob allibito da quello che stavo facendo; non l’avevo mai visto così immobile.

“Ciao Joy!”sussurrai al suo orecchio con la voce più suadente che avessi mai avuto, quanti profondi cambiamenti in quelle poche gocce di sangue umano “Cosa ti hanno promesso?Che io ti avrei trasformato? Che mi avrebbero staccato giusto il tempo per il veleno di entrare in circolo?” lui annuì ed io continuai la mia risata isterica “Sono molto furbi!Le loro mezze verità ti hanno tratto in inganno!Ma sai, sotto il mio morso potrai trovare solo la morte!Io non posso trasformarti!” il piccolo fragile umano cominciò a sussultare come una foglia autunnale compromessa dal vento, posai una mano sul suo cuore che ormai aveva raggiunto una velocità che rasentava la sincope.

< Renesmee, ricorda chi sei non cedere alla tentazione! Si forte come lo sei sempre stata! >

Il pensiero di mio padre penetrò in quel turbinio di emozioni dettate solo dalla mia voglia di avere altro sangue. Scossi la testa cercando di farlo uscire, ma l’unica cosa che vidi fu la mia immagine riflessa nel suo sguardo. Mi stavo osservando dal suo punto di vista. Guardai i miei occhi. Quelle screziature color dell’onice avevano lasciato il posto ad un tremendo rosso vivo. Ormai era troppo tardi. Bramavo il suo sangue, lo volevo. Non mi interessava chi fosse. Per me il suo corpo era solo la custodia di un bene più prezioso. Lasciai scivolare le dita lungo il suo collo, sfiorandolo. Stavo giocando con lui. Volevo terrorizzarlo. Piangeva.

“Shhh, piano piccolo Joy! Non devi piangere, perché sai anche loro non hanno fatto i conti con le mie mezze verità” mi avvicinai ancora di più al suo orecchio cercando di farmi udire soltanto da lui e da mio padre“Non hanno fatto i conti …” strattonai ancora la sua testa avvicinando la mia bocca alla candida e sottile pelle che copriva la giugolare, e proprio prima di addentarlo pronunciai “… con la mia parte umana …” ero riuscita a combattere il mio mostro, non ero come loro i miei occhi sarebbero tornati presto normali, il mio animo era puro e sincero.  Lo spinsi fra le braccia di Edward, che dopo la sorpresa iniziale, mi guardava soddisfatto e realmente fiero di me.

< Proteggetelo! >

“Aro, non ucciderò mai un innocente! Hai fallito nel tuo intento di farmi diventare un mostro!” la mia voce riecheggiò nella sala in cui tutti erano rimasti ammutoliti. Per la prima volta vidi la sicurezza del vampiro vacillare di fronte ad una volontà possente come la mia, una volontà che non aveva visto in nessun altro probabilmente. Digrignò i denti, prima di riassumere la solita espressione rilassata di chi ha sempre il piano di riserva.

“Lo dicevo che sei molto combattiva! Devo ammettere che questo tuo lato mi intriga moltissimo piccola cara Renesmee! Comunque dimentichi il nostro patto …” Gabriel si avvicinò ad Aro posando una mano sulla sua spalla:

“Padre, non mi sembra giusto che …” lo zittì con un cenno allargando uno spaventoso ghigno.

“Vi batterete ora! Jane!” Aro tornò seduto mentre la vampira con un gesto elegante sciolse il nodo del mantello e lo diede al fratello.

Cominciammo a scrutarci camminando in cerchio aspettando che una delle due facesse la prima mossa. Aveva un sorrisetto malefico stampato sul viso, mi ricordava molto quello del fratello, facendomi venire uno smodato impulso di toglierlo con qualcosa di molto doloroso. Cominciai a ripassare tutte le lezioni degli zii e di mio padre.

< Devo essere paziente e calcolatrice. Se capisco le sue mosse posso anticiparla! >

Era iniziata. Si era accucciata appena per partire di slancio verso di me, con la velocità che solo un vampiro può utilizzare. Io mi abbassai altrettanto rapidamente spazzando con le gambe le sue caviglie; si levò in un salto superandomi mentre ancora ero inchinata.

“Sei veloce te lo concedo! Ma lo sei abbastanza?” non avevo nemmeno scalfito quell’espressione strafottente.

“E tu?” cominciai a ripagarla con le stesse provocazioni. Ci studiammo per qualche secondo prima di metterci nuovamente nella posizione di attacco. Avrei dovuto spiazzarla cercare un modo di sorprenderla con qualcosa che non aveva mai visto.

< La sorpresa è importante Renesmee, soprattutto se il tuo avversario è più forte! Non gli darai il tempo di rispondere, lo sconvolgerai e mentre tu rimarrai lucida lui sarà confuso >

Ripetevo le parole di Jasper come se fossero la più santa delle preghiere. Mi guardavo attorno ma la stanza oltre ad essere sovraffollata, non aveva oggetti utili per distrarre. I muri dietro di noi erano liberi, non vi era nessuno ad occuparli. Avevo trovato una via di fuga! Cominciai a correre verso quello alle mie spalle, sapendo che non si sarebbe persa un occasione simile di colpirmi vilmente, ma proprio mentre stava per raggiungermi  spiccai un balzo verso il muro per poi spingermi dietro la sua schiena. La afferrai per la maglietta senza darle il tempo di voltarsi e con tutta la forza la spinsi addosso alla parete. L’impatto provocò un fortissimo tonfo, come di rocce che cozzano l’una con l’altra. Mi ricordò molto Scilla e Cariddi descritte da Omero. I due enormi scogli che venivano mossi dalle onde visti come dei mostri.

“1 a 0 per me carina!Sono alla tua altezza?” le tenevo la faccia compressa al muro, immobilizzandole il braccio dietro la schiena.

“Direi di no!” per parlarle avevo avvicinato troppo il viso alla sua nuca. In un movimento fortissimo riuscì a liberarla e darmi una testata sul naso. Provai un dolore lancinante che arrivò diretto al cervello, facendomi vacillare con la vista che si annebbiava. Ma mentre ancora non riprendevo la lucidità che mi era vitale, arrivò una pesante gomitata alla base del collo. Mi trovai stesa a terra, riuscendo solo a girarmi. Jane iniziò a premermi con il piede sul petto.

“1 a 1 anzi 1 a 2” aumentò la pressione e sentì un sospetto crack all’altezza dello sterno. La sofferenza fu indescrivibile ma non emisi nessun suono. Avevo capito che Jane amava sentire le urla di dolore da lei provocato. Il fiato stava facendosi corto mentre la costola s'insinuava nei miei organi, forando il polmone. Per un attimo mi voltai verso Jacob incontrando quegl’occhi pieni di terrore di fronte a quello a cui stava assistendo. In lui trovai il coraggio e la forza di reagire. Presi il piede e lo contorsi fino a farla cadere a terra. Con uno slancio mi portai in piedi mentre con un calcio colpì la sua faccia stramazzandola al suolo.

“Va bene! Fino ad ora abbiamo scherzato, da adesso in poi si fa sul serio!”  scomparve dalla mia vista.

< Attenta alle tue spalle! >

Mi voltai proprio mentre stava per sferrarmi un pugno, schivai il colpo e provai a colpirla io. Ogni movimento sembrava squarciarmi il costato, sapevo che non avrei resistito ancora a lungo. Continuammo quella letale danza per molto tempo. Diventava sempre più intensa nonostante io cominciavo a perdere colpi. La stanchezza, la paura per me, per i miei cari, la voglia di riabbracciare Jacob. Volevo con tutto il mio cuore vincere, ma mentre la mia mente ancora lottava il mio corpo cominciava a cedere. Mio padre mia aiutava leggendo le intenzioni di Jane riportandole con il pensiero. Ma non bastava più. Dovevo sconfiggerla ma non sapevo come.  Perdere una torre per poter muovere un alfiere. Mollai la presa e venni sopraffatta dalla sua forza. Dopo una serie di colpi molto ben assestati, caddi a terra. La spalla destra uscì fuori provocandomi un dolore che unito agl’altri risultò ancora più intenso. Simulai di perdere i sensi cercando di rallentare il mio battito, annullando il mio respiro. Una volta avevo letto che grazie all’imposizione della mente alcuni uomini riescono a morire per qualche minuto senza subirne conseguenze, e se ci riusciva un uomo avrebbe potuto anche una mezza vampira come me.

“Jane fermati!” gridò Aro quasi raggelato. Ci ero riuscita, avevo annullato ogni segno vitale. Rimasi ancora immobile con la testa rivolta verso Jacob. Jane si voltò e si inchinò verso i suoi padroni.

“Scusate mio signore, non avrei mai voluto disubbidire ma non è stato facile!”mi dava le spalle. Feci l’occhiolino a mio padre e a Jacob rassicurandoli prima di rialzarmi e calciare violentemente la testa di Jane con tutta la forza rimasta. Lo diedi con una tale veemenza che sulla pelle del suo viso comparvero piccoli segni violacei. Sistemai la spalla lasciando che un piccolo gemito mi morisse fra le labbra. Quasi immediatamente presi la testa della vampira tra le mani stringendola intensamente. Un lento applauso partì da Aro che si alzò in piedi mostrando quel suo sorriso compiaciuto a cui avrei voluto riservare lo stesso trattamento che avevo appena usato con Jane.

“Renesmee hai vinto! Incredibile! Sei molto astuta! Ma come potrebbe essere altrimenti?” lasciai la testa della vampira che si rivoltò furibonda. Voleva usare il suo potere ed io mi preparai al peggio.

“Impara a perdere!” cominciavo ad abituarmi alla mia lingua incontrollata, serpeggiante di parole che mi avrebbero solo provocato guai. Ma se proprio dovevo uscire di scena lo avrei fatto con stile e con l’ultima parola!

“Ma non credo di poterti lasciare andare!”

“Maledetto succhiasangue! Tu devi rispettare il patto! Devi lasciare in pace i Cullen e soprattutto Nessie!” Sentivo il suo corpo tremare anche se era lontano.

“Non sono stato io ad infrangere il nostro accordo non è vero Edward?” Aro mosse alcuni passi verso di me portandosi praticamente parallelo alle mie spalle “Devo dire che vi avevo sottovalutato, ma dovevo immaginarlo che entrambi avevate delle carte da giocare. Mi ci voluto un po’ a capirlo!” sibilò un riso maligno decisamente spaventoso “Non pensavo che tu sapessi leggere nel pensiero Renesmee! Complimenti per averlo tenuto nascosto al tuo arrivo! Ti sei rivelata una vera e propria piacevole sorpresa!” la sua eccitazione era palpabile, un bambino contento di aver scoperto il tesoro indicato dalla sua mappa.

“E questo cosa centra?” Jacob era visibilmente sorpreso.

“Il nostro patto prevedeva l’esclusione di poteri ma la cara piccola Renesmee ed Edward hanno barato. Eppure Edward dovresti sapere che suggerire è sbagliato!” il ghigno si trasformò in una risata che sembrava provenire dal più cupo ed oscuro baratro dell’inferno. L’acustica della sala amplificò le sue tonalità rendendola ancora più inquietante.

“No!” il mio Jacob riprese a tremare a quel punto io non potei fare a meno di avvicinarmi a lui. Sprofondai in quella oscurità limpida che altro non erano i suoi occhi, ripercorsi le linee del suo viso che non mostravano alcuna imperfezione. Mi era mancato e soprattutto sapevo che quello che gli stavo per dire era un addio. Non di quelli che prevedevano un mio ritorno, dettati dalla rabbia o dall’ondata di emozioni a cui ero spesso sottoposta. Non era un addio voluto da me.

“Jacob, ti prego calmati! Non fare così, se ti trasformi ti uccideranno!” le labbra si contorcevano nelle parole lasciando che l’angoscia morisse in gola “Ti amo Jacob, vorrei che le cose andassero diversamente ma pur salvare te e la mia famiglia, sono disposta a sacrificare la mia vita, che spero si ridurrà a pochi istanti! Ti prego perdonami!” continuava a tremare. Non riusciva a calmarsi.  

“Nessuno si sacrificherà per nessuno! Aro questa volta hai superato ogni limite!” Marcus si era alzato in piedi puntando il dito contro il millenario vampiro.

“Marcus, cosa succede?” rimase impassibile come se quella reazione fosse già aspettata da tempo. Ma cosa spinse Marcus a rivoltarsi in quel modo?

“Questo è l’ultimo crimine di cui ti macchi ed io non permetterò più i tuoi soprusi!”

“Di cosa parli fratello mio?”

“Non chiamarmi fratello, Aro. Hai rapito un membro di un’altra famiglia, e questo va contro ogni nostra legge!” ciò che stava avvenendo si realizzava sempre più come uno scontro tra due titani. Marcus restava costantemente imperturbabile, in quella sua espressione alienata che lo allontanava dalla realtà, risvegliandosi solo quando aveva bisogno di nutrirsi. Ora invece aveva tirato fuori la sua personalità perduta nel tempo, lasciata all’unica donna che aveva mai amato. Ma perché ora si ergeva in mia difesa?

< Ha saputo! > la verità si palesò ai miei occhi come ad un cieco si presenta la luce per la prima volta. Gabriel in uno dei pomeriggio passati insieme, aveva confessato che durante un litigio con Sulpicia, gli aveva sputato in faccia come il marito non fosse nuovo ad uccidere i propri parenti e se non si era fatto scrupoli con la sorella non ne avrebbe avuti per un bastardo, figlio di una cagna umana, come lui! Quella frase lo aveva insospettito. Sulpicia odiava Gabriel per ciò che rappresentava, ovvero l’evidente tradimento di Aro. Per una donna orgogliosa ed altezzosa rappresentava la più grande umiliazione vederlo gironzolare per casa indisturbato, se non adirittura protetto senza potergli nuocere in alcun modo. All’inizio pensava fosse solo una bugia per colpirlo, ma poi a seguito di indagini aveva scoperto che tutto quello rivelato in un impeto di rabbia, era vero.

“Marcus calmati per favore, io non ho fatto rapire nessuno! Il suo amico l’ha portata da noi come un trofeo di caccia ed io l’ho accolta dandole una stanza ed un posto dove restare fino alla venuta dei suoi parenti, è stata lei a rifiutare il cibo e  a proporre la battaglia con Jane!” la storia non stava in piedi ma tutti sembravano credere ad ogni parola pronunciata da quella serpe dalla lingua biforcuta. Chelsea.

“Sta mentendo!” tra la folla una ragazza si era scostata il cappuccio palesando il suo volto. Avanzava attraverso la folla fino a giungere accanto a mio padre con cui si lanciarono sguardi di intesa. Aveva un non so che di familiare, forse era qualcuno che già conoscevo.

“Padre basta con le bugie, non riesci a sentire il peso della tua coscienza ora che sei messo di fronte alle tue misfatte?” un lampo gelido e poi vidi Gabriel fermato da Alec che altro non aspettava la sua vendetta per quello che era riuscito a stabilire con me. Mostrava minaccioso i suoi canini cercando di puntare al suo collo. Era giunto il momento in cui schierarsi, mi gettai con foga su Alec colpendolo al fianco. Lui sorpreso staccò la sua presa da Gabriel rivolgendo la sua rabbia verso di me. Per la prima volta ebbi la seria sensazione di aver provocato l’animale che risiedeva nel suo cuore. Indietreggiai di un passo alla vista di quei occhi rossi carichi di frustrazione e di crudeltà. Inciampai. Sapevo che sarebbe venuta nuovamente fuori quella insulsa peculiarità di mia madre proprio nel momento meno opportuno. Parai il mio viso prima che potesse colpirmi ma un’enorme mole rossiccia si parò a mia protezione respingendo il vampiro.

“Questa è una dichiarazione di guerra!” Caius si alzò in piedi compiaciuto come se non aspettasse altro.

“E che guerra sia!” da in fondo la sala udì quella voce che tante volte mi aveva cullata da bambina. Carlisle si era tolto la mantella avanzando anch’egli verso di noi e subito dopo tutti i membri della mia famiglia fecero lo stesso.

“I Cullen al completo, quale onore!” disse Aro scimmiottando un inchino.

“Non solo loro!” altri si tolsero il cappuccio ripetendo esattamente la scena. Riconoscevo Carmen, Garret e tutti i componenti del Clan di Denali nostri alleati e fratelli, Zafrina l’amazzone che mi era tanto affezionata e altri volti che prendevano man mano forma nei miei ricordi a cui purtroppo non riuscivo ad associare un nome. Cercai di rialzarmi e la vidi. Mia madre si era chinata per aiutarmi. Era come in un sogno.

“Stai bene tesoro?” annuivo senza capire bene cosa stesse succedendo. Marcus e Gabriel si erano schierati dalla nostra parte mentre tutta la guardia dei Volturi ci circondava. Lo scontro fu quasi immediato ed io mi trovai racchiusa in una cerchia di vampiri pronti a difendermi. Zio Jasper mi trascinò in un piccolo anfratto della sala che aveva tutta l’aria di un passaggio segreto, mentre tra gli altri si stava scatenando il finimondo. Terremoti, uragani, gente che si contorceva dal dolore. Ogni colpo era scandito da rumore sordo del marmo contro il marmo. Lamiere che si scontravano e stridevano le une contro le altre.

“Gli angeli dell’apocalisse!” una risata nervosa mi colse incespicando in piccoli colpi di tosse. Notai solo allora di essere all’interno di un corridoio oscurato.

“Nessie stai bene?” disse mio zio guardandomi negl’occhi.

“Si sto bene ripensavo… Ahi!” la costola non riusciva a tornare al suo posto tanto era scomposta; ora che potevo concentrarmi su di me potei sentire il dolore straziante che provocava sul mio polmone e a ogni respiro una stilettata mi squarciava il petto.

 “Ora ascoltami bene! Renesmee tu avrai uno dei compiti più importanti di tutti!”

“Cosa? Compito? Io? In battaglia? Stai scherzando?”

“Non fare queste domande, a cui ho già risposto a tuo padre! Ascolta tu sei l’unica in grado di penetrare gli scudi!” il mio secondo potere, non mi era mai tornato utile se non per comunicare con mia madre ed era caduto nel dimenticatoio ma ora perché avrei dovuto utilizzarlo? “Aro e Caius sono scappati in questo corridoio quasi immediatamente portandosi dietro Renata il loro scudo, ti ricordi? Te ne ho parlato durante una delle nostre lezioni!” annuì cercando di seguire il suo ragionamento “Dobbiamo distruggerli per indebolire tutta la casata! E dovrai essere tu a farlo! Li seguirai con i lupi, elimina Renata con il suo scudo e lascia che loro si occupino di Caius e Aro chiaro?”

“Io non so se sono in grado…” balbettavo. Il costato non smetteva di farmi male e la spalla ora si era aggiunta a quel dolore.

“Renesmee” prese il mio viso costringendomi a guardarlo “Renata fisicamente è la più debole e tu sei in grado di batterla! Sei una Cullen! Ora vai!” io sono una Cullen. Improvvisamente il dolore e le ferite erano passati. Intanto quattro enormi lupi ci avevano raggiunto: Jared, Leah, Seth ed Embry. Questo voleva dire che tutto il branco era venuto in mio soccorso.

“Andiamo a fargli vedere di che pasta siamo fatti!” dissi come se fossi diventata io il capobranco e loro risposero con un sonoro ululato che riecheggiò nel passaggio. Mio zio accese una torcia con uno zippo. La presi e mi diede una piccolo contenitore che emanava odore di benzina. Perfetto. Altamente infiammabile e più leggero dell’acqua.

“Grande idea Jazz!”

“Lo so! Buona fortuna!” tornò nella sala partecipando alla battaglia. Leah mi superò, sapevo che lei era la migliore nel seguire le tracce. Ci lasciammo guidare da lei fino a giungere in un punto in cui il corridoio si slargava. Dalla costruzione capivo di essere nelle vecchie condutture di scolo delle acque bianche. Infatti dopo breve ci trovammo immersi fino alle caviglie. Il rumore della sala veniva coperta dallo scrosciare dell’acqua sempre più intenso. In fondo al corridoio una tenue luce di un’altra torcia si muoveva convulsa cercando di scappare. Eccoli. Cominciammo a correre ma i lupi si fermarono nel mezzo della distanza che ci separava da loro. Lo scudo. Superai Leah con un salto. Per fortuna non aveva la stessa mole degl’altri, altrimenti non ci sarei mai passata. Arrivai in un piccolo spiazzo dove le acque di tutta Volterra si congiungevano creando piccole cascate bianche lungo le pareti. L’odore emanato sembrava quello nauseabondo di una palude, o almeno quello che immaginavo potesse essere. Al centro di quella specie di piscina si Renata in evidente difficoltà. Cercava di alzare ancora di più il suo scudo ma non sapeva che io potevo superarlo. La colpì con la torcia. Mentre cadeva a terra i lupi si avventarono su di lei squartandola. Lo spettacolo fu rivoltante e il mio stomaco ne risentì notevolmente, tanto che fui costretta a sorreggermi al muro. Leah mi venne incontro e sospingendomi con il muso mi fece riprendere. Presi la tanichetta e la cosparsi sui resti della vampira prima che si ricongiungessero. Allungai la torcia e una fiamma azzurrognola divampò in un attimo lasciando che l’odore dell’incenso delle carni si mischiassi a quello forte e pungente della benzina. I lupi festeggiarono ululando ma proprio mentre stavamo ancora gioendo Caius si avventò su di me colpendomi dietro la nuca. Avevo ricevuto troppi colpi in quel punto e persi i sensi.

Quando riaprì gli occhi mi trovavo ancora nel corridoi con Leah che si era trasformata.

“Da quanto siamo qui?”

“Da poco, siamo riusciti ad uccidere Caius ma Aro è scappato! Gli altri stanno provando a prenderlo!” aiutò ad alzarmi, ero completamente inzuppata da quell’acqua stagnante.

“Lo hai sentito anche tu?” un urlo di vittoria proveniva dalla Sala. Leah mi afferrò per il braccio stabilendomi in piedi. Mi fece cenno di andare ed io la seguì nel tunnel che ci ricondusse dove la battaglia era cominciata. Come prima il rumore dell’acqua copriva quello della sala adesso avveniva il contrario.

“Il dispotico regno di Aro è finito!” altre urla di gioia, ci scambiammo un occhiata felice accelerando il passo. Per poi trovarci nello scenario a cui avevamo assistito solo con l’udito. Marcus era salito in piedi ad uno dei troni e acclamava alla vittoria trionfante. Tutti intorno lo inneggiavano e lo incitavano. L’euforia regnava come il forte odore di incenso che proveniva dalla pira posta a l centro della sala.

“Renesmee!” i miei genitori mi abbracciarono e la cosa mi provocò un forte dolore.

“Jacob dov’è?”

“Tesoro Jacob…”

“Jacob dov’è?”

“L’hanno ferito, tuo nonno sta vedendo quanto è grave!”

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Capitolo 22
*** CAPITOLO XXI: Eternità. ***


Note dell'autrice: Spiegazioni: Sinead molte cose della fine della prima parte vengono spiegate all'inizio del primo capitolo e anche Joyce sta nel calderone. Effettivamente si perde un po' nel capitolo proprio perchè Nessie aveva altro da fare ed essendo un racconto dal suo punto di vista non sono riuscita ad introdurre l'argomento.

Never Leave Me: non ti dico nulla solo che le tue parole mi hanno commossa. Poi per la tua disperazione devi leggere il capitolo.

Noe_princi89: pensa che iola scena della lotta con Jane me la immaginavo da quando ho scritto introduzione. Questo capitolo lo conoscevo da prima di scrivere A. Sono proprio contenta che tu lo abbia trovato strepitoso.

Ed ora godetevi l'ultimo capitolo della prima parte!

 

CAPITOLO XXI: Eternità.

Schifosissimi succhiasangue! Il loro odore permeava nelle mie narici come se avesse deciso di non abbandonarmi. Quel piccolo vigliacco era riuscito a mordermi parecchio colpendomi alle spalle ma alla fine  l’ha pagata a caro prezzo. Ha provato a prendere la mia Nessie con la forza. Ancora ricordo lo sguardo catatonico di Edward mentre la figlia gli inviava l’immagine di quell’essere ributtante che le metteva le mani addosso. Non avevo idea di quanto fosse forte il loro potere, non sapevo neanche che ne avessero uno esclusivamente loro. Era riuscita ad inviarci altri tre messaggi da quando in casa Cullen, Edward, aveva ricevuto la sua preghiera. Non ci disse subito cosa avesse ricevuto, preoccupato che le nostre reazioni diventassero avventate. Ma poi quando lui rimase tremante dopo l’ultima visione, non seppe più trattenersi soprattutto con me. Ci rivelò lo stretto necessario perché io sfondassi un armadio, non tolleravo che stessero facendo tutto questo a Nessie. Non alla mia ragione di vita. Ero nel buio. Ma ora non mi sentivo solo. Una luce e poi una forma appoggiata alla sedia accanto a quello che doveva essere il mio letto.

“Bentornato cane pulcioso! Mi stavo chiedendo se ero riuscita a liberarmi di te ma a quanto pare, mi gironzolerai ancora a lungo tra i piedi!” sorrideva. Da quando Barbie mi sorride?

“Sono all’inferno delle bambole?”

“No, purtroppo. Appesterai ancora la mia casa, proprio ora che si stava liberando del tuo odore schifoso! Comunque sono contenta che sei tutto intero!” nemmeno le frasi pungenti della bionda psicopatica però, potevano distrarmi dallo spettacolo che temevo non poter più rivivere. Il suo profumo prese presto il posto dell’odore sgradevole emanato dalla vampira e i suoi boccoli ramati solleticavano il mio braccio piacevolmente. Stava sdraiata accanto a me, lungo il mio fianco, e all’anulare sinistro portava il nostro anello di fidanzamento. La sua mano era stesa sul mio petto proprio all’altezza del cuore che sembrava la volesse raggiungere sfondandomi la gabbia toracica. Aveva il viso rilassato di chi ora si trova praticamente a casa. E la sua casa erano le mie braccia.

“È rimasta qui accanto a te sempre, nonostante fosse meglio riposasse comoda su di un letto tutto suo!” con il mento indicò il polso a cui era collegata una flebo con del sangue.

“Cos’ha?”

“Era solo un po’ denutrita, ma a parte una spalla lussata e una costola rotta non ha altro, Carlisle ha detto che le passerà subito con le sue capacità di guarigione! Così potrà presto continuare a farti fare le passeggiate per i bisognini!” risi a quella battuta, ci pensai qualche secondo per trovare una risposta adatta alle sue provocazioni ma la splendida rosa che ora si trovava fra le mie braccia mi aveva nuovamente catturato. Non riuscivo a pensare altro che a lei, a quanto sembrasse fragile ed indifesa. Ma quanto si era dimostrata forte invece in queste ultime ore. Si mosse e Barbie sparì proprio nello stesso istante il cui il suo respiro si fece più presente. Stropicciò i suoi splendidi occhi come da bambina e si guardò intorno ancora assonnata. Io quasi contemporaneamente mi stesi sul cuscino tornando a far finta di dormire. Volevo giocare con lei. Sentì il suo sospirare rassegnato come se si aspettasse di trovarmi sveglio. Si sistemò seduta di fronte a me ancora sul letto.

“Jacob, perché non ti svegli?” mi sussurrò in un orecchio, ed io tremai temendo anche di essere scoperto “Torna da me, amore mio!” Mi sfiorò le labbra e quel punto la mia farsa non aveva più motivo di esistere le presi la nuca e cominciai a baciarla con più passione e amore di quanto avessi mai fatto. La sua sorpresa fu esternata da tiepide lacrime che mi bagnarono il viso, ne saggiai una quantità smisurata ma non importava tutto di lei aveva il sapore di quanto fosse mia.

“Jacob tu eri sveglio!” appena ci staccammo mi accolse con uno dei suoi sorrisi più luminosi. Annuì contento, non sapendo che la sua reazione sarebbe stata quella di prendermi a pugni sulla spalla “Perché mi hai presa in giro? Dopo tutto quello che ho passato? Perché…” non la feci continuare la afferrai ancora e la portai alle mie labbra. Non volevo che parlasse, volevo solo stringere nuovamente il suo corpo al mio senza mai staccarmi. Solo la mancanza di ossigeno ci portò a separarci ma quanto avrei voluto non farlo ora che l’avevo ritrovata.

“Ero molto preoccupata!”

“Si sono invertiti i ruoli?”

“Evidentemente si!”

“Mi sei mancata tantissimo, ti prometto che ti parlerò di qualsiasi cosa, non nasconderò mai più la verità nel tentativo di proteggerti! Basta che tu non scappi via da me!”

  “Non ci sono promesse da fare, tu ne hai già fatta una più di dieci anni fa e quella mi basta, anche perché sei stato perfetto nel mantenerla sono io che invece ti devo promettere qualcosa”

“Cosa?”

“Ti prometto che sarò la moglie che hai sempre desiderato!”

“Allora basta che tu sia sempre te stessa e riuscirai a mantenere la tua parola!”

E così alla fine ci trovammo da soli, in quella camera d’albergo in Italia pronti per la nostra vita. Pronti ad affrontare le nuove difficoltà. Pronti alla nostra eternità. Noi, per sempre insieme!

 

Note dell'autrice: Care mie! Ben giunte alla fine della prima parte! Il capitolo conclusivo della nostra avventura! Allora nelle prossime recensioni voglio un super sondaggione sulle cose che vi sono piaciute di più, sulle cose che vi hanno sorpreso e su quelle che non vi sono andate giù! Come avete capito questo è un pov Jacob ma non potevo dirvelo o avreste capito subito che stava bene. Amo le storie a lieto fine. Che posso farci? 

La seconda parte sarà una specie di lungo epilogo ma già il mio cervello sta pensando come complicare la vita alla piccola Nessie! Ci saranno le spiegazioni della prima parte, ci sarà la problematica psicologica (figuratevi se non ci mettevo un po' di psicologia), ci saranno sorprese, ci saranno festività e ci sarà da ridere ovviamente.

Ora passo ai ringraziamenti: inanzitutto ringrazio tutti ma proprio tutti quelli che mi hanno seguito e mi hanno messo tra i preferiti!!!

Poi devo fare un ringraziamento speciale a Sinead, Never Leave Me, Noe_princi89, Rossi87, Fra_Zanna. Siete state sempre pronte a dire la vostra e vi ringrazio enormemente di avermi seguito lungo tutto il nostro percorso! Voglio che voi ci mettiate del vostro anche nella seconda parte!

Grazie mille ultra a noe_princi89 e sinead che mi hanno messo tra gli autori preferiti.

 

23.01.2010 GREY DAY IN DARKNESS - Seconda Parte

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