La spada, il corvo, il mare di Fanny Jumping Sparrow (/viewuser.php?uid=60955)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: L'uomo venuto dal mare ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Il ritorno tanto atteso ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Un risveglio movimentato ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Spade e segreti ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Di nuovo per mare ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Grazie, Jack! ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Vita di bordo ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Convivenza forzata ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Un attacco imprevisto ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Fuoco! ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Chiarimenti e tradimenti ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Un piano (quasi) perfetto ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: La visione ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: Una vecchia conoscenza ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: Rum veritas ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: I rinnegati ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Rivelazioni ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: La Piovra ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: Tensione ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19: Mal di mare ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20: Amici mai ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21: Acqua ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22: Il tempo perduto ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23: Dilemmi ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24: Complicità ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25: Bivio ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26: Coraggio o follia ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27: Informazioni riservate ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28: Colpe e omissioni ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29: La Gola del Diavolo ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30: Incontri ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31: Sparizioni ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32: Ostaggio ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33: Strategia ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34: La sfida ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35: La spada, il corvo, il mare ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36: In fuga ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37: Calma apparente ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38: Scelte ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39: Un aiuto insperato ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40: Promesse e desideri ***
Capitolo 42: *** Epilogo: Nuovi orizzonti ***
Capitolo 1 *** Prologo: L'uomo venuto dal mare ***
Prologo:
L’uomo venuto dal mare
Un
individuo dall’andatura barcollante si aggirava per il
porticciolo ancora addormentato di quell’amena isoletta
circondata dal cristallino Mar dei Caraibi.
Il sole era appena
sorto a illuminarne i contorni frastagliati, le strade tuttavia erano
ancora vuote e silenziose, soltanto alcuni gabbiani avevano
già iniziato a pescare e si muovevano a stormi, emettendo
lunghi garriti per poi buttarsi a picco su quel mare blu, limpido e
calmo.
Quel tipo solitario,
che portava dignitosamente i suoi quasi cinquant’anni di una
vita vissuta tra mille tribolazioni, seguiva con
scrupolosità le indicazioni della sua vecchia bussola che,
però, sembrava non funzionare più alla perfezione
come in passato.
Mentre continuava a
camminare risalendo tra sbuffi e mugugni su per una stradella ripida,
dei poveri marinai cominciarono ad uscire stiracchiandosi dalle loro
umili capanne di legno e palme e sembrarono stupiti di vedere passare
qualcuno proveniente dal mare a quell’ora, o forse erano
semplicemente incuriositi dal suo aspetto esotico e decisamente
singolare.
Ciò
nonostante il forestiero, del tutto indifferente alle loro occhiate
sbigottite, continuò a incedere in quella sua strana maniera
sbilenca, finché non giunse in cima a una scogliera dalla
quale si poteva ammirare un semplice ma incantevole paesaggio marino
che pareva quasi uscito da un quadro a olio.
Anche lassù
sorgevano sparute abitazioni, ma la maggior parte di esse aveva mura di
pietra e mattoni e un’architettura nel complesso
più ricercata ed elegante, contornata da una florida
vegetazione tropicale rappresentata per lo più da palme e
buganvillee.
Regnava un silenzio
irreale, frammentato unicamente dal lieve soffiare della brezza di
levante, poi, tutto d’un tratto, si udì
riecheggiare una voce infantile:
- Noi siamo
pirati e ci piace perché la vita è fatta per noi!
Yo ho, yo ho
…
- La spada,
il corvo, il mare
– canticchiò di riflesso l’uomo,
proseguendo l’allegro motivetto.
Il bambino si
guardò attorno un po’ spaventato,
perché quando era arrivato non aveva scorto altre persone
nelle immediate vicinanze ed era sicuro di non essere stato seguito.
- Nessuno canta
più questa canzone – proferì quel
qualcuno con lo stesso tono basso e ironico, stavolta giungendo
esattamente alle sue spalle.
Il ragazzino si
voltò di scatto, reprimendo un singulto
nell’istante in cui scoprì chi era stato a
rispondergli: non lo aveva mai incrociato prima d’allora, e,
d’altronde, se gli fosse capitato, avrebbe sicuramente
ricordato l’incontro con un personaggio
dall’aspetto così bislacco.
Lo scrutò
dal basso in alto: i suoi stivaloni consunti erano bagnati e avevano
qualche foro, i pantaloni grigi di stoffa grezza presentavano qualche
rattoppo e qualche strappo sulle ginocchia, una spada e una pistola
dall’apparenza tanto usurata quanto minacciosa facevano bella
mostra di sé nel cinturone a tracolla; in testa aveva un
tricorno tutto ammaccato e scolorito, mentre un lungo tabarro scuro e
logoro copriva la sua persona. In una mano teneva una bottiglia mezza
vuota, nell’altra una sorta di bussola.
Ma la cosa
più strana erano sicuramente i suoi capelli: insolitamente
lunghi e raccolti in ciocche separate cui erano intrecciati svariati
ciondoli variopinti; non aveva mai visto nessuno con
un’acconciatura simile! Qualche perlina colorata gli ornava
perfino le due bizzarre treccine che gli pendevano dal mento. E i suoi
occhi scuri e profondi, poi, erano contornati da un’intensa
tonalità bluastra, che li faceva apparire seri e
impenetrabili.
- Come fai a conoscere
questa canzone? – domandò con accento sospettoso
lo sconosciuto, piegando il capo per squadrarlo in maniera piuttosto
insistente.
Il bambino era
impulsivamente arretrato di qualche passo, continuando a osservarlo con
un misto di soggezione e incredulità. Credeva quasi che
fosse un fantasma e fu solo dopo qualche attimo di esitazione che con
un filo di voce riuscì a replicare: - Mia madre, signore
… Me la cantava sempre quando ero più piccolo.
- Ah, sì?
– ribatté distrattamente l’enigmatico
straniero dopo aver bevuto un buon sorso dalla fiaschetta, come se la
risposta ricevuta fosse stata la più ovvia.
- Cercate qualcuno?
Come vi chiamate? – chiese il piccolo, presosi di coraggio,
notando che quel tizio esaminava con insistenza la propria bussola e la
direzione in cui sorgeva la sua casa. Lui lo ignorò
seguitando a spostarsi lievemente a destra, a sinistra, avanti,
indietro, senza staccare lo sguardo corrucciato dall’ago
magnetico che pareva far le bizze.
- Non vi sembra strano
che un bambino tanto piccolo come me se ne vada in giro a
quest’ora? – lo interpellò ancora il
ragazzino con voce cantilenante, cercando di attirarne
l’attenzione che pareva catturata da qualcosa a lui
invisibile.
Anche se vi
riuscì, non ne fu proprio contento perché quello
lo fissò assottigliando le palpebre, serrando le labbra in
un ghigno e assumendo un’espressione tra l’adirata
e l’aggressiva che gli fece temere qualche gesto violento nei
suoi riguardi, tuttavia si limitò a scuotere il pizzetto
biforcuto e sollevare le spalle, come se avesse voluto scrollarsi di
dosso della tensione nervosa accumulata, e, con la stessa
rapidità con cui era comparso, quel cipiglio intimidatorio
svanì dal suo volto abbronzato che ritornò ad
essere disteso e serafico.
- Come ti chiami,
figliolo? – parlò di nuovo con tono affabile,
scuotendo il pizzetto biforcuto.
- Jim Turner
– lo informò lesto il ragazzino, rasserenatosi per
lo scampato pericolo.
- Diminutivo di James,
suppongo. Bel nome! – concluse schiettamente l’uomo
dopo averci riflettuto un po’, traendo un altro sorso e
sorpassandolo per poi proseguire per il sentiero.
- E il vostro nome
qual è, signore? – si azzardò a
chiedergli Jim girandogli intorno, non potendo contenere la smisurata
curiosità che quel bizzarro soggetto gli suscitava.
Lui lo
bloccò, poggiandogli una mano sudicia e ingioiellata sulla
spalla e, curvandosi su di lui, bisbigliò velocemente: -
Figliolo, non occorre che ti occorra conoscere il mio nome,
perché colui che sto cercando conosce già il mio
nome, ed è bene che altri non lo conoscano, per la nostra
incolumità. Comprendi?
Tanto per il suo alito
alcolico che lo aveva investito, quanto per quella spiegazione contorta
che gli aveva rifilato, lasciarono il bambino restò
frastornato per qualche secondo, ma infine gli venne spontaneo
domandargli sottovoce quel che aveva immaginato sin da subito,
trovandoselo davanti: - Voi siete un pirata?
- È
così che ci chiamavano … –
costatò l’estraneo dopo un attimo di smarrimento,
mentre qualcosa luccicò nel suo sghembo sorriso, restando
con lo sguardo stralunato a vagare per l’orizzonte e
articolando a vuoto le dita, come avesse davanti al naso qualcosa che
non fosse in grado di afferrare.
Il suo piccolo
interlocutore cominciò a pensare che quel tizio avesse
qualche rotella fuori posto, ma inspiegabilmente ne era allo stesso
tempo attratto e affascinato.
- Come hai detto che
ti chiami, piccino? – lo svagato biascicare del pirata
interruppe i suoi fantasiosi e non troppo lusinghieri pensieri.
- Jim Turner
– ripeté con orgoglio e un pizzico di dispetto il
ragazzino, guardandolo in tralice con una certa perplessità.
L’estraneo
ebbe come un’illuminazione: - Non sarai mica il figlio di
William ed Elizabeth Turner? – esclamò alzando il
tono e dilatando le pupille, la bocca semiaperta.
- Sì
– confermò sicuro il bimbo, notando il repentino
cambiamento d’umore dell’uomo, che si era lisciato
i baffi e aveva arricciato un sorriso a trentadue denti.
- Allora tua madre
deve per certo averti raccontato di me! –
sogghignò sornione il filibustiere, allargando le braccia e
agitando la bottiglia.
Si avvertì
un sibilo fendere lo spazio circostante, poi il contenitore di vetro si
frantumò in mille pezzi, schizzando il restante liquido
ambrato su entrambi: - Mannaggia! Era l’ultima bottiglia di
rum! – gemette l’avventuriero, più
arrabbiato che preoccupato, voltandosi freneticamente per tentare di
individuare da dove fosse partito quel proiettile.
Jim impaurito si
gettò a terra con le mani sopra la testa.
Udì
chiaramente un nuovo sparo e poi un tonfo sordo a pochi centimetri da
lui.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1: Il ritorno tanto atteso ***
Capitolo
1: Il ritorno tanto atteso
Qualche
ora prima…
- Forza
Jim, muovi quelle gambe! – strepitava una giovane donna dalla
corporatura esile ma scattante, i lunghi capelli biondo scuri a
incorniciare dei lineamenti sofisticati, sollevando con le dita
affusolate le pieghe della lunga gonna per correre più
velocemente verso la spiaggia indorata dalla luce del sole appena
tramontato. Aveva atteso per dieci interminabili anni quel fatidico
giorno, le sue gambe si muovevano con agilità, fretta e
rinnovato ardore, incurante di graffiarsi tra le fronde incolte che
delimitavano il grezzo selciato scosceso.
- Non ce la faccio!
Aspettami mamma! – le veniva dietro un bambino di quasi dieci
anni, ansimando e faticando a mantenere la sua stessa andatura
sostenuta, reggendo con tutte e due le mani il bel cappello nuovo a
tricorno che aveva indossato per quella speciale occasione.
Nell’ampia
insenatura che incorniciava quel verdeggiante scorcio delle Bahamas, un
immenso vascello aveva appena ammainato le vele e gettato le ancore e i
suoi marinai si affaccendavano con zelo ad assicurare il resto del
cordame per metterlo alla fonda.
- La
scialuppa è pronta, Capitano – dichiarò
il vecchio nostromo dell’Olandese Volante.
- Calatela in acqua,
allora! Cosa state aspettando? – il comandante indossata la
giubba esortò i suoi uomini con fare impaziente e
irrequieto, saltando con agilità dentro la barcaccia e
afferrandone i remi.
La manovra fu
così brusca che il natante cadde sulla superficie delle onde
quasi rimbalzando, ma la ciurma non ebbe neanche modo di scusarsi per
la svista poiché il giovane Capitano aveva immediatamente
cominciato a vogare verso terra con un entusiasmo e
un’energia che non aveva mai mostrato ai suoi compagni di
bordo durante quel lungo periodo trascorso insieme a navigare su oceani
desolati e tenebrosi.
La
stradella che scendeva verso quella baia non era molto rifinita,
perché tutte le navi attraccavano dalla parte opposta
dell’isola dove sorgeva il porto, correndo si rischiava
ripetutamente di perdere l'equilibrio scivolando, ma in quel momento
lei aveva messo da parte ogni pensiero negativo perché lui era arrivato.
Il piccolo, invece,
seppure eccitato dall’idea di conoscere suo padre, aveva
rallentato il passo sentendo un fitto dolore alla milza e allo stesso
tempo provando un po’ di insicurezza: era cosciente di non
avere molto tempo per stare con quel genitore che tanto aveva
idealizzato e temeva di restarne deluso, o, peggio, di deluderlo non
riuscendo a fargli conoscere più cose possibili di
sé nel ristretto lasso di tempo che avrebbero potuto
condividere.
Di tanto in tanto la
donna si voltava, continuando sempre a procedere speditamente, per
assicurarsi che il bambino fosse dietro di lei, mantenendo un sorriso
radioso cui lui rispondeva tentando di raggiungerla, quasi stessero
cimentandosi in una gara di velocità.
Il suo sguardo si
spostò poi sul mare, dove la sagoma di un prestante uomo
ritto su una scialuppa ad ogni vigorosa bracciata diventava sempre
più nitida e vicina.
Lo vide abbandonare
sbrigativamente l’imbarcazione sul bagnasciuga mentre sua
madre, che in breve arrivò di fronte a lui, gli si
gettò incontro di slancio, travolgendolo in un caloroso
abbraccio che fece cascare in acqua entrambi.
- Oh, Will!
– Elizabeth urlò esultante ridendo e piangendo
allo stesso tempo, restando cavalcioni su marito ritrovato,
accarezzandogli ripetutamente il volto tanto amato con le dita e con
gli occhi, come a volerlo confrontare con i suoi lontani e indelebili
ricordi, senza riuscire ad emettere altre sillabe che non fossero
quelle del suo nome, invocato a lungo nelle sue più intime
preghiere.
- Elizabeth
– ripeteva il pirata contemplandola ugualmente incredulo ed
estasiato – Sei meravigliosa – le
sussurrò con commozione prendendole il viso arrossito tra le
mani e riappropriandosi appassionatamente delle sue morbide labbra,
inebriandosi del loro dolce sapore e calore, per poi distaccarsi e
ritornare ad ammirarla in silenzio. Persi in quell’istante
disperatamente agognato, non si curavano nemmeno delle piccole onde che
s’infrangevano su di loro, bagnando i loro corpi avvinghiati
in quell’abbraccio traboccante di bisogno e speranze ripagate.
Jim, giunto a pochi
passi da loro, era rimasto immobile e ammutolito, assalito
dall’emozione e da un briciolo di gelosia nei confronti della
madre, alla quale non aveva mai visto smarrire così il
contegno, finché non si decise a rompere quel momento
idilliaco tra i due che lo ignoravano, sbottando imbronciato: - Mamma!
Avevi detto che lo avrei salutato io per primo!
Elizabeth
strizzò gli occhi e sorrise a labbra strette, sentendosi un
po’ colpevole per essersi lasciata trasportare dalla voglia
di riabbracciare il marito, mettendo da parte per un attimo il dono
più bello che lui a sua insaputa le aveva lasciato: -
Scusami, hai ragione. Will, ti presento nostro figlio –
annunciò con commozione – William James Weatherby
Turner.
Il Capitano, prima di
voltarsi verso la vocina che si era intromessa fra di loro,
indugiò a fissare con meraviglia e tenerezza la moglie, non
prestando neanche attenzione alle sue parole tanto era rimasto scosso
per avere già compreso da solo ciò che lei stava
per rivelargli. Separandosi dalle sue braccia, avanzò sulle
ginocchia verso il ragazzino che parlò togliendosi il
cappello, mentre i suoi vispi occhi castani, identici ai propri,
brillavano di mille emozioni: - Preferisco Jim, soltanto –
puntualizzò con un leggero tremolio.
I due Turner emisero
lo stesso sospiro quando furono ad una spanna l’uno
dall’altro.
Con quella giubba
consumata, la camicia lisa e non proprio candida, una bandana verde a
fermare i lunghi capelli increspati dalla salsedine, la pelle scurita
dal sole e punteggiata da una barba curata, quasi completamente
bagnato, quello sconosciuto gli appariva trasandato e poco
raccomandabile, rispetto a tutti gli adulti ben vestiti e dai modi
affettati che incrociava per strada e che aveva sentito criticare
sommessamente dalla madre. Aveva però
un’espressione limpida che gli ispirava sicurezza, fiducia e
stima.
- Sei proprio come
t’immaginavo, papà – mormorò
il bambino, aprendosi in un sorriso spontaneo dopo l’iniziale
titubanza.
Will
deglutì sorridendo a sua volta, mentre reprimeva un singulto
di emozione che gli si era formato in gola: - Anche tu, figlio mio
– affermò di rimando, spalancando le braccia in un
invito che il figlio colse subito gettandoglisi incontro, assaporando
quell’abbraccio a lungo desiderato, poggiando la testolina
sulla solida spalla del genitore.
Elizabeth, ferma
dietro di loro, si sentiva talmente felice da dubitare che
ciò a cui stava assistendo fosse vero, e non poteva fare a
meno di tremare dalla gioia, sentendo un insistente pizzicore alle
ciglia.
- La mamma mi ha
parlato sempre di te, ma ho tante cose da chiederti –
sostenne il piccolo Turner distaccandosi dal padre, i cui occhi si
erano arrossati, pur senza lacrimare.
- Sono pronto a
rispondere a tutto – gli assicurò Will, non
smettendo di scrutarlo con affetto e commozione – E tu?
- Agli ordini
Capitano! – asserì scherzosamente il bambino, poi
il suo sguardo eccitato rivolgendosi all’orizzonte si
illuminò: - È quella la tua nave?
Potrò salirci?
- Jim, tuo padre
è appena tornato – gli fece notare Elizabeth,
divertita dalla sua esuberanza, porgendogli il tricorno che aveva
lasciato cadere sulla sabbia.
- Magari domani
– propose con totale accondiscendenza il Capitano Turner,
alzandosi in piedi e sistemando il cappello sulla fronte del piccolo,
per poi sorprenderlo sollevandolo con un solo braccio e facendolo
volteggiare un paio di volte.
- Quanto resterai con
noi? – chiese Jim, senza staccare le pupille curiose dal
volto del ritrovato padre per cercare di comprendere se gli avrebbe
mentito.
Will lo strinse appena
un po’ di più al suo petto robusto e umido di
salmastro: - Per sempre.
Il bambino
sussultò con incontenibile entusiasmo, lanciando un
gridolino: - Davvero?!
Non immaginava di
poter ricevere una simile risposta e rivolse un grande sorriso gioioso
alla madre, non capendo come mai sul suo viso invece fosse calata
un’ombra di tristezza.
- Certo! –
rise il pirata, contento di potergli comunicare quella notizia, e Jim
tornò ad abbracciarlo appendendoglisi al collo, mentre
Elizabeth lo guardava con aria delusa e mesta.
Per quanto le facesse
male, si decise a reagire: - Will, posso parlarti un momento?
Il marito
riappoggiò il piccolo sulla sabbia e le si
avvicinò, tenendo il capo chino.
- Perché
vuoi illuderlo? – obiettò lei con gli occhi lucidi
– Gli hai detto che resterai per sempre con noi, ma io lo so
che non è così – ora la sua voce era
dura e venata di rancore.
- Elizabeth
… - sussurrò lui con un tono indecifrabile, ma fu
subito interrotto dalla donna.
- Non sai quanto
è stato difficile per me in tutti questi anni convincerlo
che tu era un po’ come se ci fossi, perché non
facevi altro che pensare a noi e a proteggerci, anche da lontano
…
Will le
appoggiò le mani sulle spalle, scuotendola: - Ma
d’ora in poi ci sarò davvero –
giurò con fermezza, non smarrendo un sorriso confidente.
Lei però
continuava a fissarlo con aria dubbiosa.
- “Se un amore vivo al tuo ritorno
troverai, nelle terre dei vivi restare potrai”-
recitò allora lui, sfiorandole il mento, cercando di
attirare i suoi occhi.
- Cosa? –
mormorò confusa la moglie, non afferrando il senso di quelle
enigmatiche parole.
Lui le
cercò le sue dita e, intrecciandole alle proprie, se le
portò alle labbra: - Non sono più obbligato a
tornare nel mondo dei morti. Il mio debito è saldato. Grazie
al tuo amore. Non ci credi? – mentre spiegava, vide sul volto
dall’amata compagna di tante avventure dapprima turbamento,
poi un timido sorriso accennato curvarle gli zigomi. Allora le
catturò la mano destra premendola sul lato sinistro del
proprio petto: - Me lo ha detto Calypso – continuò
a raccontare, attendendo nervosamente che la donna tornasse ad emettere
qualche sillaba – mentre stavo affondando, ma non potevo
dirtelo perché lei mi ha detto che doveva accadere
spontaneamente – ancora nessuna reazione. – E poi
ho sempre sperato che tu potessi costruirti una vita felice, anche
senza di me – concluse con un velo di malinconia.
Elizabeth emise un
lungo sospiro, due lacrime le percorsero velocemente le guance
accalorate: - Senza di te? – asserì con dolcezza,
sorridendogli finalmente e accostando la fronte alla sua, mentre
affondava le dita tra i suoi capelli ribelli, restando con le palpebre
socchiuse intanto che lui le teneva le mani sui fianchi,
riavvicinandola a sé.
- Ma si sta facendo
buio! Non andiamo a casa? – si intromise Jim, che fino a quel
momento era rimasto in disparte a giocare con la sabbia e a raccogliere
conchiglie.
- Non vedo
l’ora! – gli rispose con sincero bisogno Will,
voltandosi e stringendo ancora a sé la fedele moglie, il cui
corpo, coperto dai vestiti zuppi, cominciava ad essere scosso da
brividi di freddo.
Il bambino, su cenno
della madre, fece strada tutto festante e i genitori, mantenendosi
qualche metro indietro, lo seguirono camminando mano nella mano.
- Elizabeth il nostro
amore è vivo – attestò Will, non
perdendo di vista il vivace figlioletto.
- Non ho smesso un
attimo di pensarti, notte e giorno – sostenne con trasporto
lei, completamente persa ad osservare il suo profilo, che non era
minimamente cambiato.
- È
cresciuto e vive al di fuori di me e di te – aggiunse
incantato il Capitano.
- Tu parli di Jim
– comprese allora la giovane moglie, dedicando anche lei
l’attenzione al loro erede che trotterellava davanti a loro
allegro e spensierato.
- Quanto ho sperato
che ci fosse qualcuno che ti amasse al tuo fianco. Che non fossi sola
– le confessò Will in un soffio amareggiato, come
sentendosi in colpa – Immagino quanto sia stato difficile per
te.
- Sì, lo
è stato all’inizio. Ma poi mi ha donato
così tanta gioia – gli rivelò lei
orgogliosa, aggrappandosi al suo braccio destro e allungandosi per
stampargli un bacio a fior di labbra, avendo avvertito il rammarico nel
suo accento.
Così
discutendo si erano attardati e Jim, smanioso, tornò
indietro a richiamarli.
Allora i due
innamorati rimasti a lungo separati dal destino, lo raggiunsero e lo
presero per mano, e tutti e tre parlottando si incamminarono su per il
promontorio.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2: Un risveglio movimentato ***
Capitolo
2: Un risveglio movimentato
Quando l’eco cupo dello sparo finì di
ripercuotersi nell’aria profumata, serena e fresca del
mattino, il piccolo Jim Turner si sollevò piano da terra
strisciando verso un cespuglio.
I battiti del suo giovane cuore erano notevolmente accelerati, tanto
che aveva l’impressione volesse uscirgli dal petto, ma forse
era solo suggestionato dalle storie che suo padre gli aveva raccontato
la sera prima.
Non fu capace di emettere neppure un grido sottile accorgendosi del
corpo immobile dello strambo personaggio con cui aveva chiacchierato
poco prima, steso sulla faccia sull’erba umida per la
rugiada. Intorno era tornato tutto tranquillo, non c’erano
segni di persone pericolose nei paraggi, perciò si fece
coraggio e, inginocchiandosi al suo fianco, provò a voltarlo
sulla schiena. A fatica ci riuscì: respirava! E
cominciò a farfugliare parole confuse e gemiti, pur restando
con gli occhi chiusi.
- Signore! – iniziò a scuoterlo energicamente, ma
questi non rispose che con qualche incomprensibile biascichio
– Restate qui, non muovetevi! Io vado a chiamare i miei
genitori – gli riferì concitatamente rialzandosi
di scatto, pronto a correre verso la sua bella casa, ma subito
tornò sui suoi passi: - Scusate, come devo dire che vi
chiamate?
- Ca … ca … c-ca – cercò di
spiccicare quello, con difficoltà per la ferita ricevuta e
lo stordimento della caduta.
- D’accordo: Carl! – concluse per lui il bambino
– Non mi ricordo di avere mai sentito menzionare il vostro
nome, ma sono sicuro che mamma e papà vi aiuteranno lo
stesso! Non fate sforzi, Carl! – gli raccomandò
zelante, prima di sparire rapidamente dal suo debole campo uditivo.
Il pirata batté debolmente un pugno per terra, stizzito
dall’affronto, poi svenne.
Con le sue gambe, non ancora molto lunghe ma ugualmente veloci e
allenate, Jim fu presto davanti alla sua abitazione e con
rapidità afferrò il batacchio tempestando il
portone con dei colpi che risvegliarono la servitù
alloggiata nel piano inferiore.
- Signorino James, che cosa ci fate fuori a quest’ora? Come
siete uscito? – lo rimproverò preoccupata e
sbalordita la fedele cameriera di casa, le palpebre ancora appesantite
dal sonno.
- Non ho tempo da perdere, Estrella! Devo parlare subito con i miei
genitori! – la scansò lui con malagrazia,
precipitandosi su per le scale in gran fretta. Una volta raggiunta la
loro camera da letto, si mise a battere concitatamente le mani sulla
porta, gridando quasi senza prendere fiato:- Mamma! Papà!
Mamma! Papà! Papà!
- Sta chiamando te – sussurrò svogliatamente
Elizabeth al marito, girandosi dall’altra parte e
sciogliendosi dal suo possessivo abbraccio. Lui fece finta di non
sentirla e tornò a circondarla con le forti braccia,
baciandole il collo e arrivando fino a lambirle quel bellissimo volto
che per tanti anni aveva soltanto potuto sognare.
- Will – mugugnò la giovane donna, ridacchiando
contro le sue labbra calde e salate che avevano solleticato le sue
– Dai, alzati – lo esortò poco
convintamente, pizzicandogli i fianchi.
Jim intanto da dietro l’uscio urlava sempre di più.
- Mi ci devo ancora abituare a sentirmi chiamare papà
– ammise impacciato Will, alzandosi pigramente dalle coltri
dopo averle stampato un altro bacio sulla bocca.
- Tanto vi ho sentito! Lo so benissimo che siete svegli! – li
rimproverava dall’esterno il figlio.
- Ma si sveglia sempre a quest’ora? –
domandò il giovane Capitano alla moglie, rivestendosi.
- Non capita tutti i giorni di poter salire a bordo
dell’Olandese Volante – gli fece notare lei,
raccattando a sua volta i suoi vestiti, credendo di aver intuito quale
fosse il motivo di tanta eccitazione da parte del bambino.
Il Capitano Turner sorrise con un pizzico di spavalderia, aprendo la
serratura, al che Jim si precipitò all’interno
sbuffando: - Siete ancora in tenuta da notte! Vestitevi, presto!
Dobbiamo uscire! È in pericolo! –
riversò tutte quelle frasi alla rinfusa, lasciandoli
scombussolati.
- Di cosa parli, Jim? Nessuno può mettersi contro
l’Olandese Volante! – gli rispose Will, dopo
qualche secondo, atteggiandosi a Capitano sicuro e consumato sotto lo
sguardo divertito e complice di Elizabeth.
Il bambino tuttavia rimase serio, specificando allarmato: - Sto
parlando di Carl! Il vostro amico!
I genitori lo guardavano interdetti e sbigottiti, fu sua madre,
conoscendolo meglio, ad impensierirsi per il suo atteggiamento
atterrito: - James, qualcosa non quadra. Racconta tutto
dall’inizio – gli ordinò con fare severo
e un velo di inquietudine a incurvarle le sopracciglia.
- Non c’è tempo! Dovete seguirmi! –
ripeté il piccolo visibilmente preoccupato, tirandoli per le
maniche degli indumenti da notte.
Scambiandosi un’occhiata d’intesa, Will
s’infilò una casacca e legò alla
fusciacca la cintura con spada e pistola, Elizabeth indossò
una lunga vestaglia blu e per precauzione portò con
sé anche la sciabola che aveva conservato per tanti anni
assieme ad una piccola pistola a pietra focaia.
La cameriera Estrella, vedendoli uscire con le armi alla mano, fu presa
dal panico e filò a barricarsi nella sua stanza.
- Ora ci spieghi tutto – intimò la signora Turner
al figlio, mentre, aiutata dal marito, si chiudeva alle spalle la porta
di casa.
- Che cosa ci facevi fuori a quest’ora? – lo
sollecitò prudentemente questo, cercando di assumere lo
stesso tono di ammonimento della moglie, ma non volendo apparire troppo
duro.
Il piccolo sbuffò continuando a camminare qualche passo
più avanti dei genitori poi, agguantato per un braccio dal
padre, si decise a confessare: - Ero fuori perché non avevo
sonno e volevo vedere l’Olandese. Mi sono calato dal balcone
con le lenzuola, lo faccio spesso.
- Cosa?! – proruppe Elizabeth tra la rabbia e lo stupore.
Aveva avuto qualche sospetto in precedenza, ma non ne aveva mai avuta
alcuna prova.
- Vai avanti – lo incitò spicciamente Will,
ignorando la marachella e prevenendo l’inevitabile strigliata
della moglie che a stento stava trattenendosi dall’ammonirlo.
- Ho incontrato questo tizio – riprese a narrare il bambino
– che è stato ferito da non so chi …
Elizabeth a quel punto lo incalzò piazzandoglisi davanti: -
Ferito? Come? – gli chiese in ansia.
- Io ho sentito uno sparo e dopo l’ho trovato a terra
– balbettò imbarazzato Jim.
I suoi genitori si scambiarono uno sguardo pieno
d’inquietudine.
- Che non succeda più Jim! – esplose Will con una
voce imperiosa che non aveva mai usato prima – Non devi
andartene in giro da solo! – scandì alterato.
Una fitta lancinante gli aveva stretto il cuore al pensiero che avrebbe
potuto perdere suo figlio per un innocuo e futile capriccio.
Jim restò scosso dalle parole del padre e soprattutto dal
tono che aveva usato, per cui sentendosi mortificato,
abbassò il capo e gli voltò le spalle,
continuando a strascinare i piedi, restando qualche metro avanti ai
suoi genitori.
- Cosa ne pensi? – domandò pochi secondi dopo il
Capitano alla consorte, confidando nella sua maggiore confidenza con il
figlio e con le possibili insidie latenti in quel luogo da cui lui era
mancato a lungo.
Elizabeth sospirò:- Non mi sembra stia mentendo –
rispose poi, seria e turbata.
- Perché? È solito dire bugie? –
indagò incredulo il marito.
- C’è stato un periodo in cui lo faceva spesso
– rivelò lei esitante.
- Mamma! – protestò offeso Jim.
- Ah! – esclamò Will lanciando uno sguardo deluso
verso il figlioletto, prima che questo cominciasse a correre tra i
filari di palme nane, essendosi accorto di trovarsi ormai vicino al
punto in cui aveva lasciato l’estraneo colpito e privo di
sensi.
- Aspettaci, tesoro – lo richiamò solerte la
madre, ma lui non la sentì, distratto com’era dal
trovarsi di fronte un altro forestiero proprio lì.
Inginocchiato esattamente accanto all'eccentrico ignoto ancora inerte,
stava, infatti, un uomo di mezza età, ricoperto di abiti
sudici, grassoccio, con i capelli grigi e la barba incolta, che non
appena lo adocchiò si mosse tanto in fretta da afferrarlo,
approfittando del suo disorientamento, tenendogli una mano callosa
premuta contro la bocca.
In quel momento Will ed Elizabeth, tagliate le fronde con le lame,
apparvero, e alla vista dell’uomo esclamarono in coro,
spalancando gli occhi: - Signor Gibbs?!
Il pirata allentò la presa sul piccolo, che immediatamente
corse a rifugiarsi dietro le spalle dei coraggiosi genitori.
- Signora Turner! Capitan Turner! – li salutò con
gioia l’attempato pirata, sgualcendo le guance pelose in un
grande sorriso bonario.
Will si avvicinò ad osservare l’uomo disteso
sull’erba e in breve ebbe la conferma di chi fosse. Aveva
tenuto in considerazione che in qualche modo le loro rotte avrebbero
potuto rincrociarsi, ma non che avvenisse appena un giorno dopo il suo
ritorno dalle terre dell’oltretomba.
- Jack Sparrow! – esalò a metà tra la
sorpresa e la collera.
Elizabeth si affiancò al consorte con il figlio ancora
aggrappato al suo braccio, poi si abbassò su di Jack
esaminando lo squarcio che aveva alla manica sinistra del consunto
pastrano.
- C … Capitan! – riuscì a pronunciare
il pirata, alzando debolmente la mano destra per poi perdere nuovamente
conoscenza.
- Ah! Il capitan Jack Sparrow! – riconobbe con emozione e
incredulità Jim, mentre i suoi genitori gli rivolsero
un’occhiata divertita scuotendo la testa.
- Mi meraviglio di te, Jim! Dopo tutte le volte in cui ti ho raccontato
di lui … - enunciò Elizabeth, quasi accusandolo
per la sua disattenzione.
- Veramente? – reclamò il marito con un filo di
gelosia, stringendo la mascella.
- Ti prego, Will! Era inevitabile … - si
giustificò lei sveltamente, cogliendo il suo disappunto.
- Mamma! – si frappose Jim – Ero sconvolto! E poi
me lo immaginavo più vecchio!
- Lui è … è vostro …?
– prese la parola Gibbs, scrutando il bambino che ora,
tranquillizzatosi, gli sorrideva con simpatia.
- Sì, è nostro figlio Jim – lo
informò compiaciuto Will – Ma che voi due ci fate
qui? – lo pressò riscuotendolo dal suo stato di
ilare intontimento.
- È una lunga storia … –
accennò il vecchio marinaio rizzandosi lentamente sulle
ginocchia malandate, ma in quel momento un proiettile gli
sfiorò a bruciapelo un orecchio, andando a conficcarsi nel
tronco di un albero.
I Turner si gettarono immediatamente al suolo, seguiti da Gibbs che,
però, scansandosi di scatto, diede involontariamente una
gomitata in faccia a Sparrow, senza che questo reagisse
all’offesa.
Elizabeth impugnò la pistola: - Perché vogliono
uccidervi? – inveì contro il quartiermastro della
Perla Nera, senza troppa aspettativa di venire a conoscere la
verità.
- Ecco … è successo … -
tentò di spiegare lo stagionato bucaniere, rialzandosi sui
gomiti, ma un nuovo sparo risuonò minaccioso
nell’aria e si avvertì l’eco di altri
tafferugli.
Will si catapultò sul figlio: - Jim, vai subito a casa!
– ordinò issandolo da terra per la camiciola,
mentre quelle urla scalmanate si avvicinavano sempre più
incombenti.
- Non voglio restare orfano! – strillò il bambino,
evidentemente spaventato dal ritrovarsi in quella situazione per lui
inedita.
- Non ti facevo così fifone! – lo
canzonò il padre, ma cambiò subito espressione
– Scusami per prima. Ti prometto che non accadrà
– lo rassicurò alacremente, stringendolo in un
amorevole abbraccio, per poi sospingerlo lontano da sé,
suggerendogli di mettersi al sicuro.
Ma il ragazzino continuò a guardare con occhi colmi di paura
entrambi i temerari genitori che si apprestavano a rispondere a
quell’attacco inaspettato, restando fermo e ben piantato.
Elizabeth se ne accorse: - Jim: oggi è giunto il giorno di
dimostrarmi quanto sei pirata – lo incitò con
dolcezza e rigore al tempo stesso – Vai!
Il bambino annuì sentendo di dover scacciare dalla mente i
brutti pensieri che lo avevano paralizzato, e questa volta
sfrecciò via nella direzione opposta senza voltarsi.
Will si era spostato avanti di qualche metro, cercando di scorgere
quanto stesse accadendo e soprattutto se ci fosse qualcuno
già giunto nelle vicinanze.
- Può camminare? – domandò la signora
Turner a Gibbs, che stava faticosamente tentando di caricare sulle
proprie spalle il compare ancora privo di coscienza.
- Penso di sì. È soltanto ferito ad un braccio
– le fece notare serenamente quello, iniziando a
schiaffeggiarlo perché almeno si svegliasse e si desse un
po’ d’aiuto invece di farsi trasportare.
- Portatelo a casa nostra, allora – s’intromise
sbrigativamente Will senza smettere di scrutare la radura, rimanendo
acquattato al riparo fornito dalla rigogliosa vegetazione –
Io resterò qui a respingerli.
- Ma … Will – tentò di obiettare la
moglie, avvicinandosi e sfiorandogli un avambraccio, lasciando Gibbs a
reggere da solo tutto il peso morto di Sparrow.
Il Capitano Turner restò impassibile mantenendo gli occhi
fissi davanti a sé, e la donna capì che non
avrebbe potuto convincerlo a cambiare idea. Doveva fidarsi.
– Tornerò ad aiutarti – gli
assicurò come fosse una minaccia più che una
promessa.
Lui sorrise inorgoglito ed estrasse la spada, voltandosi a guardarli
solo quando lei e Gibbs si furono allontanati abbastanza dalla zona,
trascinando a fatica insieme a loro quello sventurato portatore di
guai di nome Jack Sparrow.
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Capitolo 4 *** Capitolo 3: Spade e segreti ***
Capitolo
3: Spade e segreti
Jim aveva
corso a perdifiato, tagliando dritto per la radura, senza neppure
curarsi di passare per i sentieri meno esposti, costringendosi a
ignorare il riecheggiare di spari in lontananza, considerando che gli
altri contavano anche sulla sua prontezza per salvarsi.
Aveva la gola secca e
una crescente fitta alla milza, ma fu più rapido che mai a
ritornare sulla strada di casa, appellandosi a tutte le sue restanti
energie per attaccarsi al battaglio, facendolo risuonare con
accanimento.
Quando udì
quel fracasso di colpi che parevano voler abbattere i muri, la fidata
domestica di casa Turner sbucò sulla soglia ancora
più spaurita di prima.
- Estrella! Serra
tutte le imposte! Siamo circondati! - le strillò in faccia
trafelato il padroncino, non appena gli aprì incerta la
porta, rimanendo ben nascosta al suo interno.
- Ma …
signorino! Non è divertente! – protestò
confusa e impaurita, sentendosi presa in giro da quel birbante, che non
era nuovo a sceglierla come vittima delle sue facezie.
- Non è uno
scherzo! Ci sono sul serio dei pirati cattivi! –
cercò di convincerla il bambino, mentre si sforzava di
muovere alcuni mobili e pezzi di arredo vicino alle finestre,
affaccendandosi freneticamente come inseguito da mille diavoli.
La donna, notando
l’agitazione del piccolo e mettendo in conto che, considerati
i trascorsi di quella famiglia e di quel luogo, potesse effettivamente
esservi del vero in quanto da lui riferito, decise infine di
assecondarlo, aiutandolo come meglio poteva a spostare il mobilio.
- Ma dove sono i
vostri genitori? – gli chiese però, temendo di
faticare inutilmente.
- Hanno dovuto
coprirmi le spalle, ma staranno per arrivare! –
dichiarò fiducioso Jim, tentando ancora di bloccare tutte le
aperture con sedie, poltrone e tavolini, senza curarsi di danneggiarli
con il suo impeto.
La cameriera
pensò che quel bambino avesse letto troppi libri
d’avventura e che l’influenza di sua madre, con le
storie fantasiose che era solita narrargli per metterlo a dormire, lo
avessero fatto crescere come un piccolo selvaggio. Ma in fondo voleva
bene ad entrambi e non si sarebbe tirata indietro per proteggerli.
Trascorsi
una manciata di minuti, Elizabeth e Gibbs, trascinandosi un Jack ancora
semi incosciente sulle spalle, raggiunsero l’abitazione da
un’entrata secondaria posta sul retro.
- Questa non
l’avevi ancora bloccata, Jim – fece notare la
signora Turner al figlio, dopo che questo si era precipitato nella
parte dell’abitazione da cui aveva sentito provenire il
rumore di un’intrusione.
- Aspettavo voi, mamma
– si giustificò lui con faccia innocente,
abbassando la brocca di cui si era premunito –
Estrella! Non stare imbambolata! Aiutami! – urlò
poi all’indirizzo della domestica, accingendosi a spingere un
lungo tavolo.
La governante
obbedì senza staccare gli occhi sgranati dai due loschi
figuri che la padrona aveva appena fatto entrare, rendendosi conto solo
allora che non si trattava soltanto di un gioco dispettoso del piccolo
Turner, bensì che il suo racconto corrispondeva al vero.
Tanto più
che vide il più attempato dei due sconosciuti filibustieri
accasciare su un divanetto il compagno svenuto.
- Estrella!
– la richiamò perentoria Elizabeth –
Assistili tu, sono amici. Io devo andare – le ingiunse senza
troppe spiegazioni, correndo via su per le scale.
- Salve, bella
signora! – si fece avanti Gibbs, riscuotendola dallo
scombussolamento che l’aveva lasciata rigida come una statua
– Sareste così gentile da prepararci
dell’acqua calda e delle garze? – le
domandò con il tono più cortese che potesse
usare, che tra l’altro stonava con il suo aspetto lurido e
rozzo.
La donna di servizio,
un po’ titubante, non si lasciò suggestionare ed
eseguì quanto chiesto.
Una volta
tornata al luogo in cui aveva lasciato Will, Elizabeth si
ritrovò a combattere con lui spalla a spalla contro quegli
invasori sconosciuti, che erano piuttosto agguerriti e abbastanza
numerosi, ma comunque stranamente leali, al punto da non impugnare le
armi da fuoco, duellando con le sole sciabole.
Era arrivata a
contarne una quindicina, almeno cinque erano riusciti a scappare verso
la loro casa senza che loro due potessero fermarli, impegnati
com’erano a fronteggiare gli attacchi insistenti degli altri,
ritrovando una notevole coordinazione ed intesa nel distribuire colpi e
schivare fendenti, senza nemmeno aver bisogno di scambiarsi una parola.
-
È tutto bloccato, adesso – asserì Jim,
sistemando con l’aiuto di Gibbs una pesante cassettiera
davanti alla porta secondaria.
Estrella
tornò nel frattempo con una brocca di acqua fumante, un
bacile e delle bende di stoffa, tremando sensibilmente per la presenza
di quegli estranei che trasudavano pericolo e malaffare.
Gibbs la
ringraziò con un cenno del capo e lei restò in
piedi immobile al suo fianco. Il marinaio si accinse a medicare il
Capitano, sfilandogli con l’aiuto di Jim la casacca, ma un
trambusto proveniente dall’esterno lo distolse da
quell’intenzione: - Pensateci voi, signora. Io
penserò alla vostra sicurezza –
dichiarò cavallerescamente, alzandosi e stringendo fra le
mani la pistola che estrasse dal cinto dei pantaloni.
Jim gli
andò dietro mentre Sparrow rimase disteso a biascicare
parole incomprensibili.
La cameriera gli si
avvicinò con timore, sfiorandolo in corrispondenza della
ferita ma, non appena lui ebbe un riflesso incondizionato e le
agguantò un braccio, gli mollò uno schiaffo e
corse via urlando.
-
Elizabeth, devo dirti una cosa importante – parlò
d’un tratto Will, mentre continuava a lottare con gli ultimi
che ancora resistevano.
- Non vorrai chiedermi
di nuovo di sposarti? – esclamò lei con ironia,
assestando un calcio sotto la cintura ad un avversario.
- Perché?
Ti sei pentita? – le domandò lui, quando furono
l’uno contro le spalle dell’altra.
- Assolutamente no!
– giurò la consorte con entusiasmo, scagliandosi
contro un nuovo nemico.
- Bene! –
attestò lui, affondando la lama nella spalla di una specie
di relitto umano che gli si parò contro con una pistola tra
le mani. – Sei in forma smagliante! –
osservò poi, rivolgendosi alla moglie che con destrezza
continuava a liberarsi degli aggressori – Sicura di essere
rimasta tutto il tempo buona buona a fare la mammina?
- Certe cose una volta
imparate non si dimenticano più –
affermò fiera Elizabeth, intrecciando il braccio sinistro
con quello del marito, senza smettere di reggere saldamente la spada.
Per un momento Will
ebbe l’impressione che tutti quegli anni lontano da casa,
dalla vita vera, dal suo grandissimo amore, non fossero mai passati.
Eppure era così, e la rabbia per tutto ciò che si
era perso, e per ciò che ancora l’aspettava,
accrebbe il suo furore nel combattere.
- Jack deve proprio
averla combinata grossa, stavolta – osservò il
Capitano Turner con sarcasmo.
- Ma sei certo che
siano venuti per lui? – gli domandò la moglie tra
un affondo e l’altro.
- Per chi altrimenti?
– si chiese Will. Non poteva essere da parte sua, era troppo
presto.
- Lì ce ne
sono ancora! – urlò sgomenta Elizabeth, avvistando
un gruppetto di gente in armi che correva nella loro direzione.
- No, quelli sono i
miei uomini – la informò il consorte rincuorato,
non appena li ebbe scorti.
- Mettetevi al riparo,
Capitano. Qui ci pensiamo noi! – dichiarò il
più robusto degli arrivati, brandendo una spada lunga e
ricurva con cui aveva già fatto allontanare alcuni
assalitori.
I due sposi non se lo
fecero ripetere due volte e si apprestarono a ritornare rapidamente
fianco a fianco verso la loro abitazione.
Durante la ritirata
Elizabeth senza accorgersene inciampò e cadde per terra
supina, mentre la sua spada le scivolò poco lontano. Uno
degli sconosciuti le aveva arpionato la lunga vestaglia con una specie
di rampino e ora le andava incontro sadico: - Fatti sotto, bella!
– sbraitò debosciato, appoggiandole la lama fredda
e sporca sul collo.
In pochi secondi Will
si liberò di un altro avversario con una sciabolata e fece
esplodere un colpo secco e preciso verso la gamba sinistra
dell’uomo che stava minacciando la moglie, il quale cadde al
suolo dolorante. Afferrata la mano del marito, Elizabeth si
alzò, liberandosi della vestaglia e riappropriandosi della
sciabola.
Messi in fuga gli
ultimi intrusi con l’appoggio dei marinai
dell’Olandese Volante che erano intervenuti a trattenerli, i
Turner giunsero infine davanti alla propria abitazione.
- Ho detto a Jim di
bloccare tutte le entrate – sostenne la signora Turner,
ripreso fiato dopo il forsennato combattimento.
- Ottima idea!
– valutò il Capitano Turner, ancora ansimante
– E noi come entriamo adesso?
- Dal balcone!
– affermò la giovane moglie, notando le lenzuola
lasciate da Jim. I due, arrampicatisi, si imbatterono in un uomo
smilzo, con un lungo codino scompigliato e vestito di stracci cenciosi
intento a cercare di forzare le imposte per introdursi.
Faceva talmente rumore
da non averli sentiti sopraggiungere alle sue spalle.
- Non lo sapete che
è scortese entrare in una dimora se non si è
invitati? – lo ammonì Elizabeth, piantandogli la
punta della spada in mezzo alla schiena. L’estraneo
alzò le braccia senza voltarsi né sussultare.
- Chi cercate?
– lo interrogò Will, piazzandoglisi davanti con la
sua pistola e facendo in modo che arretrasse verso la ringhiera. Il
tizio continuò a non fiatare e il Capitano lanciò
alla consorte uno sguardo d’intesa, al che lei
aumentò la pressione della lama sulla schiena
dell’ignoto malvivente.
- Il rinnegato
– bofonchiò infine questo a denti stretti.
I due Turner restarono
interdetti dalla risposta e si guardarono l’un
l’altro come a cercare conferma di ciò che avevano
sentito. L’estraneo, approfittando della reazione avuta dai
due, tentò di prendere la pistola, ma Will riuscì
a colpirlo con un pugno e poco dopo lo scaraventò di sotto.
Subito Elizabeth tirò su le lenzuola per evitare altre
intrusioni e nel contempo Jim aprì l’imposta con
l’aiuto di Gibbs, emettendo un sospiro di sollievo ed
orgoglio nel vedere che la sua mamma e il suo papà erano
sani e salvi.
- Tesoro, tutto bene?
– lo abbracciò la madre, dissimulando
l’inquietudine e lo sgomento per quanto era successo. Suo
padre si limitò a scompigliargli i capelli per poi bloccare
di nuovo l’apertura del terrazzino.
- Sì,
mamma. Io sto bene, è il vostro amico che ancora non si
è svegliato – la tranquillizzò il
bambino, percependo un’insolita preoccupazione nella sua voce
sempre così ferma e sicura.
- Sei stato bravo
– si complimentò la donna, continuando a
stringerselo al petto.
Will, intanto, era
sceso insieme a Gibbs al piano inferiore per accertarsi personalmente
delle condizioni di Jack: - Com’è che non ha
ripreso conoscenza? – chiese stranito, dopo averlo scosso
senza conseguenze.
Era come se dormisse
profondamente e il suo respiro sembrava più flebile.
- In effetti
è strano – constatò il marinaio,
tornando ad esaminare la lesione – Non ha perso molto sangue,
sembra solo una ferita superficiale, però il proiettile non
avrebbe dovuto frantumarsi – asserì poi,
individuando dei piccoli frammenti di piombo ancora conficcati nella
lacerazione.
- Per il momento
fascialo alla meglio – consigliò Will al vecchio
amico – Ci penserà Gilbert a medicarlo come si
deve.
Gibbs non
capì a chi il giovane Capitano si riferisse, ma
agì in fretta come gli aveva detto.
- Allora,
cos’era questa cosa importante di cui dovevi parlarmi?
– domandò Elizabeth, non appena arrivata nella
stanza in cui si trovavano gli altri.
Will non sapeva come
cominciare e di certo avere davanti l’amata che lo fissava
con le braccia incrociate e un’espressione perplessa che non
prometteva nulla di buono non l’aiutava. Possibile che lo
conoscesse a tal punto da avere capito che nascondeva qualcosa? Aveva
creduto che non si fosse semplicemente ancora del tutto abituata ad
averlo accanto, invece, forse, aveva avvertito qualcosa di sfuggente
nel suo modo di parlarle, di guardarla e di accarezzarla. Non era solo
dovuto al prolungato distacco cui erano stati costretti dal fato.
Ormai doveva parlare,
c’era anche suo figlio che attendeva …
- Ecco …
Ieri, poco prima che tornassi … ho rivisto Calypso
– cominciò a rivelare con esitazione.
Al nome della
capricciosa e volubile dea del mare la moglie ebbe una reazione dura,
che lui stesso non si aspettava: - Diavolo di un pirata! Ora ci
racconti tutto per filo e per segno! – gli ordinò
infuriata, estraendo la sciabola ad una spanna dal suo viso.
- Mamma! Che fai!
– sussultò il figlioletto sbalordito.
- È tutto a
posto, Jim – gli garanti lei, con labbra tese.
- Gli stai puntando
una lama alla gola! – esclamò il bambino, gli
occhi spalancati per lo sgomento.
- Elizabeth, calmati
– la invitò Will, perfettamente consapevole
dell’avversione che la donna aveva maturato nei confronti di
quella capricciosa entità sovrannaturale. – Questo
è ciò che mi ha detto …
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Capitolo 5 *** Capitolo 4: Di nuovo per mare ***
Capitolo
4: Di nuovo per mare
“Se
il tuo amore ti avrà aspettato, non sarai più
obbligato a restare nelle terre dei morti, William Turner. Ma ci
sarà ancora un compito che dovrai eseguire per me: ritrovare
le carte nautiche che contengono la mappa per i confini del mondo e
consegnarmele. Se dovessero cadere in mani sbagliate, infatti, sulla
terra regnerebbe il caos, ognuno vorrebbe provare a far ritornare chi
vuole dal mondo delle ombre e la morte e la vita si mescolerebbero
senza alcun ordine”.
“Sembra
spaventoso. Come posso fare a trovarle? L’ultima volta che le
ho viste è stato anni fa a bordo della Perla Nera
…”
“Trenta
volte il sole si tufferà nell’oceano e altre
trenta ne riemergerà, allora, se non sarai ancora riuscito a
portare a termine tale incarico, dovrai passare
l’eternità diviso tra il mare e la terra, dove
potrai tornare solo una volta ogni dieci anni”.
“Dove
potrò trovarti quando avrò recuperato le
carte?”
“Risalirai
il fiume, io sarò lì, nel luogo del nostro primo
incontro”.
- Te ne
andrai – si rattristò Jim quando il padre tacque -
Perché non ce l’hai raccontato subito! –
lo accusò andandogli incontro e battendogli una mano sul
petto.
- Abbiamo avuto
così tante cose di cui parlare – si
scusò lui sfiorandogli una guancia – E poi avrei
voluto solo che questo giorno trascorresse sereno, eravate
così felici. Mi dispiace –ammise amareggiato.
- Dobbiamo separarci
di nuovo – bisbigliò Elizabeth con gli occhi
lucidi, lasciando cadere la spada lungo il fianco – Ci
eravamo promessi che non ci saremmo detti più bugie
– gli ricordò con tangibile frustrazione.
- Ma sono dieci anni
che non ci parliamo! – cercò di farla sorridere
lui, invece peggiorò la situazione.
- E tu ricominci
subito a mentirmi?! – lo rimproverò lei,
scoccandogli un’occhiata furibonda.
Will chinò
lo sguardo sentendosi immensamente angosciato per averla fatta soffrire
un’altra volta. Era una cosa che detestava nel profondo.
- Entro il tramonto
devo lasciare la terraferma ed essere di nuovo a bordo
dell’Olandese – riprese a parlare - Ma vedrai, non
mancherò molto – la rassicurò
ottimista, senza credere troppo alle sue stesse parole –
Troverò quelle carte e tornerò da voi.
- E se non dovessi
riuscirci? – lo interrogò il figlioletto, tenendo
ancora il broncio.
Elizabeth scosse la
testa: - Verrò con te – affermò decisa,
avvicinandosi a lui e guardandolo dritto negli occhi.
- Anch’io
papà – si incoraggiò allora a copiarla
il piccolo.
Lui non seppe come
controbattere dinanzi alla loro inoppugnabile determinazione; avrebbe
voluto proteggerli, ma forse, anche restando lontano da loro non
sarebbero stati completamente al sicuro.
- Will: io voglio
tenerli piantati insieme a te gli occhi sull’orizzonte questa
volta – asserì la giovane moglie prendendogli le
mani – Non posso e non voglio credere di essere
ciò che non sono … ciò che non siamo.
Noi siamo pirati – sostenne poi con un filo
d’orgoglio a colorarle la voce e le gote.
- Non è un
problema per te, imbarcarti e dover lasciare tutto quello che hai qui?
– le domandò lui, sorridendole con dolcezza;
già presentiva quale potesse essere la sua risposta.
- Saranno coloro che
ci ostacoleranno a doverci considerare un problema –
dichiarò di rimando lei, seria e risoluta come non mai.
Anche Jim sorrise felice, intuendo ciò che tale discorso
significava. Desiderava da sempre diventare protagonista di quelle
avventurose storie marinaresche che finora aveva soltanto sentito
raccontare da sua madre prima di dormire.
Il Capitano Turner
ponderò ancora per qualche secondo
l’opportunità di quella non facile decisione, poi
si arrese alla necessità di doversi fidare di se stesso e
della sua famiglia: - Tuo nonno sarà felice di conoscerti
– confidò in conclusione al figlio.
- Ho un nonno?!
– strepitò il piccolo – Mamma,
perché non me lo hai mai detto?
- Credevo non
navigasse più con tuo padre – si difese lei un
po’ imbarazzata; gli aveva parlato praticamente di tutti i
pirati che avevano incontrato, ma non di lui e adesso non sapeva
nemmeno per quale ragione avesse sorvolato.
Will sembrò
rimanerci un po’ male, tuttavia non ebbe il tempo di
ribattere perché sentirono picchiare ad una delle finestre.
Con circospezione,
insieme a Gibbs, che aveva intanto terminato di apporre una fasciatura
al Capitan Sparrow, si accostò tenendosi pronto a
rispondere, ma le parole che udì furono quelle di un
marinaio dell’Olandese che richiamava il suo comandante.
Riconosciutolo, Turner
gli aprì allontanando la mobilia: - Capitano, è
meglio affrettare la partenza – affermò un uomo
dalla carnagione scura molto alto e possente affacciatosi
sull’interno – prima che quei cani scabbiosi che
cercavano di ucciderci facciano ritorno.
- D’accordo
– gli diede risposta Will – Voi state tutti bene?
– si preoccupò di chiedere poi.
- Siamo ancora tutti
vivi – ribatté Palifico, mentre alle sue spalle
facevano capolino gli altri membri della ciurma, un po’
ammaccati ma in piedi sulle proprie gambe.
- Dateci il tempo di
prepararci. Verranno anche mia moglie e mio figlio – lo
informò spiccio lui.
Tutti si mossero per
la curiosità di scorgere i parenti del giovane Capitano,
seppure la penombra che avvolgeva l’interno
dell’abitazione non consentisse di distinguerli con molta
chiarezza.
Gibbs si
trascinò dietro un inerte Jack: - E noi due? –
spiccicò impensierito.
- Ce la
faremo Will, come abbiamo sempre fatto – Elizabeth
incitò il marito che stava ritto al suo fianco reggendo il
timone, poco dopo che l’ultima ancora venisse issata a bordo
e l’imponente nave prendesse a solcare le acque cristalline
dei Caraibi. – Questa volta non permetterò che ci
siano altri ostacoli alla nostra felicità –
giurò confidente, poggiandogli un braccio sulla spalla.
Lui si
voltò e le diede un bacio sulla fronte ringraziando il cielo
in cuor suo di avergliela fatta incontrare. Era solamente lei a dargli
la forza di andare avanti nei momenti più difficili.
- Capitano –
irruppe sulla balconata della plancia un marinaio
dall’accento orientale – Penrod chiede di voi.
Immediatamente Will
richiamò a sostituirlo Jimmy Legs, il timoniere, e si mosse
seguito da Elizabeth. Nel discendere dal cassero incontrarono Jim, al
settimo cielo per la possibilità di scorrazzare sul ponte e
per aver fatto conoscenza con l’unico nonno che gli rimaneva.
- Dove andate?
– li fermò curioso, maneggiando un sestante.
- Probabilmente Jack
si è svegliato – gli riferì di fretta
la madre.
- È meglio
che non vieni, però – lo ammonì suo
padre; non era del tutto sicuro che il vecchio conoscente si fosse
ripreso, gli era apparso sin troppo debilitato prima, e voleva evitare
che il figlio s’impressionasse se fosse accaduto il peggio.
- Papà,
quando ci siamo parlati mi ha detto una strana frase, del tipo
“ci chiamavano pirati” – gli
rivelò Jim dubbioso – Che cosa significa secondo
te?
- Jack dice sempre
cose strane! – lo liquidò lui, sorridendo al
ricordo del modo in cui quello strambo pirata si esprimeva, inducendolo
spesso a confondere menzogne e verità.
I due scesero sotto
coperta, nella cabina in cui avevano fatto sistemare Sparrow.
Il Capitano Turner
aprì lentamente la porta e si accorse che, seppure ancora
sdraiato, lo sfortunato filibustiere sembrava respirare e muoversi.
- Capitano –
lo accolse Penrod – Gli ho estratto questo dal braccio
– lo informò mostrandogli un piccolo frammento di
metallo – Secondo me c’era pure una specie di
sonnifero, questa roba verdastra, guardate – gli
mostrò ancora – Deve essere qualche sorta di alga
sedativa, ma di certo non un veleno, la pelle vicino alla ferita non
presenta alcuna alterazione.
- Penrod aveva
cominciato a studiare per fare il dottore prima di diventare un
marinaio – spiegò Will alla consorte che ascoltava
sbalordita quel resoconto dettagliato - Ha detto qualcosa? –
chiese poi all’esperto cerusico che lo aveva medicato.
- Niente di rilevante,
signore – rispose quello, facendo spallucce –
Sembra solo stia delirando.
- Quella te la pago la
prossima volta – bofonchiò Jack proprio in quel
momento.
Will gli si
avvicinò, aggrottando le sopracciglia: - Già
– sospirò rassegnato, scambiando
un’occhiata con la moglie – Allora, non
è grave?
- No, no. Si
rimetterà presto, credo – gli garantì
fiducioso Penrod, riponendo il bisturi in un bacile di acqua bollente
– Provate a parlargli, magari riconosce la vostra voce.
- Ben risvegliato Jack
Sparrow – gridò allora il giovane Capitano,
curvandosi su di lui.
- Turner?! –
balzò quello, aprendo le palpebre inquietato e guizzando le
pupille tutto intorno.
- Capitan Turner, se
permetti – specificò Will, fingendosi indispettito.
- Ah, sì
… - replicò Sparrow scrutandolo di traverso e
piantando i gomiti sulla branda per sollevarsi – Cosa ci
faccio a bordo della tua orrenda barcaccia?! –
inveì con un velo di terrore negli occhi – Ahi! E
cosa mi hai fatto? – berciò turbato poi,
accorgendosi della fasciatura dolorante al braccio sinistro.
- È
soltanto una cicatrice, ormai – asserì impassibile
Will – La aggiungerai alla tua collezione e così
avrai un’altra storia da raccontare –
osservò beffardo, ma lui continuava a tastarsi la
medicazione incerto, lanciandogli sguardi accusatori.
- Calmati Jack, sei al
sicuro qui – si fece avanti Gibbs, che non lo aveva lasciato
solo un momento da quando erano saliti a bordo di quel tetro vascello
– I signori Turner ci hanno salvato.
- Ah, si? –
replicò il pirata insospettito, stirandosi le treccine del
pizzetto – Aspetta un momento … ma tu non dovevi
tornare dopo dieci anni?!
- Quei dieci anni sono
già trascorsi, Jack – gli comunicò
Turner – e ho estinto il mio debito con Calypso.
- Come vola il tempo
… – considerò malinconico Sparrow,
scostando l’attenzione su un asse sconnessa del pavimento
– Ma perché mi avete rapito? E sparato anche?
– riprese poi ad incolparli oltraggiato.
- Lascia che ti
spieghiamo, Jack – s’interpose Elizabeth, che
finora era rimasta in disparte, provando un po’ di disagio in
quella situazione non troppo limpida.
Lui sorrise isterico:
- No, gioia, non mi fregate più. Ne ho abbastanza delle
vostre sciagure!
- Veramente
… - tentò di chiarire la giovane donna, offesa da
quel tono avvelenato, ma il buon Gibbs fu più veloce di lei
a prendere la parola: - Signore, vi ricordate quei tizi a cui dovevate
dei soldi? – cominciò a parlare come cercando il
consenso da parte di Jack – Ci hanno inseguiti fino a Port
Royal e vi hanno ferito. Per fortuna che abbiamo incontrato loro
– chiosò sorridente e ruffiano.
Jack si
estraniò qualche istante, annuendo tra sé e
sé: - E voi cosa ci facevate lì? –
tornò a chiedere fissandoli, senza abbandonare un cipiglio
diffidente.
- Io ci vivo!
– affermò Elizabeth incredula e risentita dal suo
perdurante alludere ad un loro implicito coinvolgimento in quanto gli
fosse accaduto; forse, piuttosto, era vero il contrario.
Will parve parlare in
vece sua: - Credevo che tu fossi venuto a cercarmi di proposito.
A Sparrow esplose in
un verso irritato: - Quella dannata bussola! Non ne fa mai una giusta!
- Volevamo metterci in
cerca della Perla Nera – riprese a parlare la signora Turner
– e invece abbiamo trovato te ancora prima di imbarcarci.
- Eh, sì
… - il pirata trasse un sospiro mesto, rabbuiandosi e
distogliendo lo sguardo verso lo spicchio di cielo blu visibile
dall’oblò.
- Barbossa se
l’è ripresa, è così?
– gli domandò cauta Elizabeth, avvicinandosi
dispiaciuta.
Lui si
voltò e sul suo viso comparve una maschera di ipocrisia: -
Il mondo è pieno di navi migliori di quella! Ha insistito e
gliel’ho ceduta. Contenta? – sbottò
stringatamente, esasperato, battendo le gambe sulla branda. –
Allora, che volete da me?
Will si
sentì indiscreto ma espose comunque il suo problema: -
Calypso vuole che le consegni le carte nautiche, quelle speciali,
capisci. E dato che l’ultima volta le ho vedute a bordo della
Perla … - azzardò speranzoso.
- Bè,
dovrai cercare altrove, compare – lo zittì
stizzito Jack – Le avrà Barbossa, se è
ancora vivo … - considerò quasi con se stesso,
scrutando di sottecchi il Capitano dell’Olandese Volante in
cerca di conferma.
- Sì,
Barbossa è vivo – gli fece sapere sicuro Turner
– Ma come posso trovarlo?
- Hai ancora con te la
tua bussola, giusto? – indagò sfacciata Elizabeth,
notando la scatoletta che ben ricordava legata al suo fianco.
- Certo –
rispose piccato lui, stringendo l’oggetto incriminato
– Ma, se ben ricordi come funziona, è inutile che
te la ceda: non penso che il tuo maritino desideri più di
ogni altra cosa al mondo trovare Capitan Barbossa ora che ti ha tutta
con sé. Comprendi? – la provocò
malizioso come sempre, e lei indietreggiò accigliata,
corrugando le labbra.
Will, prendendolo alla
sprovvista, afferrò la bussola che Sparrow aveva in mano:-
Forse hai ragione – approvò senza tante remore
– Ma ci voglio provare lo stesso. Riposati, mi servi lucido
domani. Ho un mucchio di cose da chiederti.
E, così
dicendo, lo salutò con un cenno rispettoso accomiatandosi
insieme alla moglie e a mastro Gibbs.
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Capitolo 6 *** Capitolo 5: Grazie, Jack! ***
Capitolo
5: Grazie, Jack!
Jack Sparrow già si sentiva un prigioniero a corto
d’aria, ma si ripeteva che doveva sforzarsi più a
lungo possibile di sopportare quello spiacevole compromesso.
In fondo tutto, o quasi, finora era andato secondo i suoi piani.
Quella pistolettata, in effetti, non l’aveva prevista, eppure
involontariamente lo aveva aiutato. Ora non gli restava che sperare di
poter piegare a suo favore gli eventi. Avrebbe dovuto studiare bene la
situazione e ponderare ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo per
spuntarla.
Bene o male era riuscito a riposarsi e si accorse che il cielo si era
ormai oscurato. Decise perciò di uscire sul ponte. Il
braccio non gli doleva più molto e fu parecchio contento di
rinvenire tutti i suoi inseparabili effetti, tricorno, spada e pistola,
appoggiati su una piccola panca vicino alla branda su cui aveva
riposato.
Li rindossò con gran fretta, muovendosi circospetto nei
corridoi fiocamente illuminati.
Risalendo le scalette che portavano sopra coperta, non
incontrò nessuno, c’era molto silenzio, soffiava
una leggera brezza tiepida, e qualche sparuta lampara appesa agli
alberi della nave gettava ombre vacue: un’atmosfera
spettrale. Restò bloccato, poi iniziò a girare su
se stesso, non capacitandosi. Era sicuro di non avere sognato, forse
era ancora sotto l’effetto di quella strana sostanza che quel
sedicente dottore aveva detto di aver rinvenuto nella ferita.
- Di nuovo sulla stessa nave, Jack – parlò una
voce cavernosa alle sue spalle.
Impiegò un paio di secondi a riconoscere quella faccia
vagamente familiare, i lineamenti marcati scavati dalle ombre del
crepuscolo. Era Sputafuoco Bill.
- Già – si limitò a rispondergli
alzando un sopracciglio, dopo essersi voltato verso di lui. Avrebbe
voluto chiedergli dove fossero finiti tutti gli altri, ma quello lo
precedette.
- Non ti ho ancora ringraziato per quello che hai fatto. Mi hai
restituito un figlio che credevo di aver perduto per sempre –
sostenne il compassato pirata con tono colpevole, raddrizzando il
pesante timone.
- Lui non ti aveva mai dimenticato – replicò Jack
quasi in un sussurro, senza essere sicuro che l’altro lo
avesse sentito. Detestava lasciare trasparire quell’infida
vena sentimentale, e poi quell’atmosfera sospesa lo
inquietava, come tutto d’altronde sui quella lugubre nave.
- Non ha preso da me! – si schernì con dolente
ironia Bill – Forse da sua madre. Io non la ricordo
più – mormorò meditabondo –
Ma tanto potrò domandarglielo presto –
asserì vago poco dopo, mantenendo gli occhi freddi sul mare
grigio e piatto.
Jack lo osservava provando un sempre maggiore disorientamento, e si
poggiò l’indice della mano sinistra sul labbro,
come a voler trattenere qualche frase impropria.
- Sono vecchio e malato. La mia vita si sta spegnendo –
esalò Sputafuoco con accento rassegnato, fece una pausa,
sospirando – Almeno adesso so che è felice e che
è diventato un uomo di valore – affermò
sorridendo lievemente – Quello che io non sono mai stato.
Jack, che lo aveva ascoltato a bocca aperta e ammutolito, si riscosse
da quell’istupidimento, gli si avvicinò a grandi
passi, abbrancandosi al timone:- Dove sono tutti? – chiese
quasi disperato.
- Credo stiano mangiando – gli riferì il vecchio
amico, stranito per l’espressione di panico che gli alterava
il volto improvvisamente cereo – Tu non hai fame?
Al solo pensiero di dover ingurgitare qualcosa Jack fu pervaso da un
senso di nausea e scosse velocemente la testa per rispondere a Bill.
- Neanche io – gli confidò quello con la solita
mestizia, continuando a timonare.
Sparrow lo salutò con un leggero cenno, corse di nuovo di
sotto e stavolta si scontrò con il Capitano Turner che stava
giusto risalendo: - Jack, non pensavo ti alzassi così
presto! – esclamò sorpreso questi, bloccandolo a
metà strada sulle scalette del boccaporto.
- Infatti, me ne torno a dormire! – glissò il
pirata, cercando di svignarsela nella cabina da cui era svicolato. Will
però gli piantò una mano sulla spalla malconcia,
quasi avesse artigli al posto delle dita, costringendolo a fermarsi e a
seguirlo.
Dopotutto un confronto doveva aspettarselo, e non si tirò
indietro: aveva pur sempre il suo orgoglio piratesco da difendere e il
suo brillante acume per affrontarlo.
Osò auspicare che l’apporto di Turner, anche
questa volta, gli sarebbe tornato utile, ma capiva bene che non era
più il ragazzino sprovveduto, malleabile e un po’
ingenuo in cui si era imbattuto in passato. Mentre rifletteva su
ciò, si ritrovò di nuovo con lui su quel fradicio
ponte, rinfrescato dalla frizzante brezza serale.
- Come stai, Jack? – fu la prima domanda che quello gli
rivolse, dopo averlo condotto a prua.
Lui esibì un sorriso a denti stretti: - Splendidamente!
– quel tono sospettoso e un po’ inasprito usato da
Will già non gli era piaciuto e lo aveva messo in allerta.
- Cosa non farebbero gli uomini per il denaro –
sentenziò il Capitano dell’Olandese Volante,
passando le dita sulla balaustra rosicchiata dalla salsedine
– Ti hanno addirittura rincorso fino a Port Royal?
– insinuò, facendogli intendere chiaramente che
sospettava il suo racconto nascondesse qualche sgradito retroscena.
- Che vuoi farci, compare? L’avarizia è un peccato
capitale, d’altronde – fu la pronta e secca
risposta di Sparrow, quasi un’amara constatazione della
realtà.
- Non li abbiamo più avvistati, comunque. Non
c’era alcuna nave attraccata al largo – lo
informò Will, spiandolo di sbieco – Si sono
dileguati, non sappiamo come.
Il pirata non tradì alcuna smorfia, rimanendo a contemplare
con fare assorto la distesa d’acqua salata, su cui cominciava
a brillare il riflesso di qualche stella.
Era certo che non avrebbe potuto abbandonare il vascello facilmente,
per cui, se avesse perseverato a tacere e tergiversare,
confidò di vedersela con lui l’indomani mattina, o
i giorni seguenti. Magari chiedendo anche l’aiuto di
Elizabeth, che forse sapeva essere più convincente.
Jack fu risollevato dalla sua moderata insistenza, ma non lo diede a
vedere e pensò, anzi, che fosse giunto il suo turno per le
domande scomode. Doveva possedere una conoscenza quanto più
esauriente possibile del contesto in cui si trovava per poter aguzzare
il suo ingegno, e dato che Turner era rimasto in silenzio e mostrava
l’intenzione di andarsene, lo interrogò
furbescamente: - Che ti ha promesso in cambio?
- Cosa? – domandò quello distratto, arrestandosi
senza voltarsi.
- Non fare finta di non capire! – lo ammonì Jack
con voce calma ma screziata dal sarcasmo di chi era abbastanza avveduto
dal fiutare un tentativo di dissimulazione – Calypso, intendo.
Will tornò indietro e si appoggiò con entrambe le
mani al parapetto, stringendolo e prendendo fiato, come se
ciò che stava per proferire gli provocasse
un’intima sofferenza che lo dilaniava: - Calypso …
Mi ha dato il tormento per dieci anni. Ad ogni tramonto tornava a
manifestarsi e a tentarmi con la promessa
dell’immortalità. Io le ho ripetuto che non mi
importava di quel dono, che mi sarebbe bastata una vita sola, mortale,
purché con Elizabeth. L’ho offesa per il mio
rifiuto, ma alla fine ha compreso le mie ragioni e mi ha perdonato,
soltanto che in cambio mi ha imposto di riportarle entro un mese quelle
carte.
Jack lo squadrava con la testa inclinata e la bocca mezza aperta, come
se avesse appena ascoltato il discorso sconclusionato di un uomo privo
di senno:- Fammi capire: una potente dea ti ha promesso che morrai
miseramente come tutti gli altri uomini, a patto che tu le faccia avere
delle mappe per cui molti ucciderebbero, ma che non hai la
più pallida idea di dove siano?! –
ricapitolò attonito, alzando involontariamente la voce
– Ti conosce proprio bene quella! Solo tu potevi accettare
uno scambio simile!
Turner di fronte a quell’irriverente biasimo
s’infervorò: - Senti, Jack … Non sono
stato io a volere diventare il Capitano di questa maledetta nave,
né ho mai desiderato di navigare in eterno attorniato solo
da ombre e fantasmi! … - s’interruppe, attenuando
quello spasmo di frustrazione che l’aveva indotto ad alzare i
toni – Anche se devo ringraziarti … per la
generosità del tuo gesto – sussurrò a
fatica, guardandolo con la coda dell’occhio.
A Jack Sparrow sfuggì un sibilo inorridito tra le labbra
increspate. Era il secondo ringraziamento che riceveva quella sera. Una
sensazione strana lo pervase, piacevole da una parte, irritante
dall’altra: non voleva certo essere ricordato come il pirata
più magnanimo dei sette mari! Di certo non lo era, non lo
era mai stato, e quel Turner era un illuso se si aspettava
chissà quale atto di carità da parte sua
… Oppure sotto sotto lo stava raggirando?
- Comunque, se non sai nulla e vuoi solo intralciarci, ti
farò sbarcare al primo porto che incontreremo – lo
dispensò spicciamente Capitan Turner, dandogli una leggera
pacca sulla spalla e girando i tacchi.
- Will – lo richiamò in un sussurro incerto Jack
– quell’inutile bussola, puoi tenerla –
gli accordò, pentendosi subito dopo
dell’intonazione sin troppo amichevole che aveva usato.
Il suo ospite gli volse un leggero cenno di ringraziamento: - Non sai
più quel che vuoi, eh? – dedusse ammiccando
appena, per poi indirizzarsi verso il castello di poppa dove aveva dato
appuntamento al figlioletto.
Jack Sparrow non conosceva la risposta a quella ricorrente e pungente
domanda e preferì tacere. Non faceva molto assegnamento sul
fatto che Turner avesse abboccato alla storia che Gibbs, su suo
suggerimento, gli aveva esposto, riguardo la reale causa del loro
arrivo (o ritorno), ma, almeno per il momento, il duello verbale fra
loro due era stato sospeso.
Eppure neanche la rassicurazione di quella temporanea tregua, lo
distolse dal ripensare alla sua ultima disavventura …
Un cielo terso, un vento
caldo e asciutto, un’ottima visibilità, un galeone
che veleggiava a grande velocità nonostante la stiva carica
lo appesantisse, nessuna traccia di navi nemiche
all’orizzonte, il piacevole gusto del rum a soddisfare
l’arsura della gola, infiammando allo stesso tempo il fegato.
Ma ormai non poteva
più rinunciare a quel rito.
Vuotava almeno due
bottiglie ogni volta che si accingeva a tracciare una nuova rotta,
possibilmente pericolosa, da solo, nel silenzio puntellato dagli
scricchiolii del legno tarmato della sua cabina di comando. Non aveva
urgenza, perciò interruppe quell’operazione e
risalì sopra coperta. Troppa calma, e non si fidava
abbastanza di quella ciurmaglia reclutata in tutta fretta. Il sole era
esattamente nel punto più alto del cielo: mezzogiorno in
punto.
Pochi uomini avevano
resistito alla calura, non più di cinque oziavano sul ponte
in cerca di ombra e frescura sotto le ampie velature, il fedele mastro
Gibbs reggeva il timone asciugandosi di tanto in tanto il sudore con un
fazzoletto ingiallito che tirava fuori dal taschino della camicia
bucherellata.
Uno schianto, come un
fulmine a ciel sereno. L’albero maestro si spezzò
e cadde rovinosamente sul parapetto di babordo spaccandolo, mentre i
pennoni slegati travolsero due marinai schiacciandoli ancora prima che
se ne accorgessero.
Si era fiondato verso
tribordo, cannocchiale alla mano, ma non scorgeva alcuna sagoma di
veliero. Eppure solo la palla di un cannone avrebbe potuto causare un
simile danno …
Un altro rombo,
l’intera nave tremò, le grida si propagarono dalle
cabine fin sopra coperta. Ancora incredulo, sfregò un lembo
della camicia sulla lente del cannocchiale, poi lo
riavvicinò all’occhio, spostandolo lunga la linea
dell’orizzonte: non vedeva assolutamente niente!
- Stiamo affondando,
signore! – urlò terrorizzato Gibbs, incespicando
nel tentativo di raggiungerlo. Un nuovo colpo centrò ancora
lo scafo verso prua.
Il galeone
iniziò gradualmente ad inclinarsi, la polena si sollevava
dall’acqua.
Lui tentennava, voleva
capire. Perché non vedeva niente?
- Dobbiamo lasciare la
nave, Jack – gridò Gibbs concitato, sciogliendo
velocemente le gomene di una scialuppa.
- Cosa vedete, mastro
Gibbs? – domandò lui altrettanto ad alta voce, non
riuscendo a nascondere la paura che gli stava attanagliando le budella.
- La nostra morte,
signore – rispose quello, rassegnato.
Più colpi,
uno dopo l’altro, senza tregua, il deposito munizioni
s’incendiò, furono scagliati in mare, la nave
perduta, nessun sopravvissuto. Salirono sulla scialuppa, recuperarono
quanto possibile. Tornò ad impugnare il cannocchiale: un
riflesso luminoso ferì i suoi occhi e non poté
continuare a guardare.
Odore intenso di legno
bruciato insieme alla carne dei morti, insieme al rum e al cibo andati
irrimediabilmente a fuoco.
- Comincia a remare,
togliamoci di qua – ordinò brusco al fido Gibbs.
Il compare, da buon
cristiano, mimò il segno della croce: - Il Signore abbia
pietà di loro – sospirò afferrando i
remi.
Da allora le sue pupille non si erano staccate un attimo
dall’ago della bussola. Aveva desiderato più di
ogni altra cosa al mondo di salvarsi perché voleva avere
vendetta.
Da quel giorno aveva cominciato a credere alle storie che circolavano
sul suo
conto.
Tortuga, la prima meta, come sempre.
Neanche lì aveva potuto nascondersi. Poche ore, poi quei
furibondi inseguitori erano arrivati, lo avevano scovato e loro avevano
dovuto darsi di nuovo alla fuga.
Era riuscito a montare una piccola vela alla scialuppa prima di
rimettersi in mare, un’imbarcazione solida ma di dimensioni
ridotte sarebbe stata più difficile da individuare, per cui
aveva rifiutato l’idea di un passaggio su una nave.
In tre giorni avevano toccato di nuovo la terraferma.
Quello che era successo dopo era un ricordo molto più
confuso.
La vecchia canzone, il ragazzino invadente, l’ultima
bottiglia di rum frantumatasi in mille pezzi, un tonfo. Mal di testa.
L’odore dell’erba bagnata, torpore.
I Turner.
Perché, si interrogava ora, la bussola lo aveva condotto
fino a loro?
A forza di rimuginare gli pulsavano le tempie. Si accorse di essere
ancora stanco e, non visto, sgattaiolò di nuovo sottocoperta.
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Capitolo 7 *** Capitolo 6: Vita di bordo ***
Capitolo
6: Vita di bordo
Salendo sulla balconata del timone per dare il cambio al padre, Will lo
trovò alle prese con le inesauribili domande di suo figlio:
- Ti ha messo sotto torchio, eh? – lo motteggiò
bonariamente non appena quello, vedendolo arrivare, gli
lanciò uno sguardo che invocava quasi il suo soccorso.
- Già – borbottò Sputafuoco Bill,
visibilmente sollevato di potersi sottrarre a tutte quelle chiacchiere
cui non era mai stato troppo avvezzo. Si defilò con
discrezione, lasciandoli soli.
Percependo la sua lieve delusione per la sfuggevolezza del nonno, Will
volle rassicurarsi su come si trovasse il suo erede a bordo: - Allora
Jim, che te ne pare dell’Olandese?
- È magnifica! Mi piace da impazzire! –
proclamò il bambino con enfasi - È davvero
enorme! Non immaginavo che fosse così grande! E suoi cannoni
… Quelli di prua hanno addirittura tre bocche di fuoco!
- Ti piacerebbe vederli in azione, eh? – indovinò
il padre, felice di vederlo così raggiante e a suo agio in
quell’ambiente per lui ancora nuovo.
- Oh, sì! – giurò il piccolo
entusiasmato, mentre Elizabeth che li aveva raggiunti osservava con
aria contrariata sia lui che il marito, impegnati in quella discussione
tutt’altro che rassicurante.
- E poi il mare … - continuò Jim con sguardo
sognante – Oggi ho visto pure i delfini! Non è per
niente paragonabile con quel mortorio che è Port Royal!
– sbottò disgustato.
- Jim, modera i termini! - lo riprese sua madre, pur se divertita dalla
sua sincerità – Dopotutto è il luogo in
cui sei nato.
Il figlio storse la bocca: - Ma non mi è mai piaciuto
viverci!
Will lo guardò con occhi colmi di ammirazione e tenerezza:-
Anch’io in fondo non ho mai sentito di appartenerci, sai. E
sono certo che pure tua madre la pensasse così, anche se ora
magari non lo ammetterebbe – gli rivelò
ammiccando, al che lei sorrise concordando con il suo pensiero. Sin da
bambina, non gli aveva mai taciuto di essere insofferente ai limiti e
alle convenzioni di quel luogo e di quella società.
- A proposito, che cosa direbbe tua madre se scoprisse che sei rimasto
sveglio tutta la notte? – richiese poi il Capitano al
ragazzino che si era frapposto tra lui e il timone, arrampicandosi su
uno scalino per arrivare meglio ad afferrarne le maniglie.
Elizabeth incrociò le braccia: - Direbbe che dovresti
già essere a letto, Jim.
- Uffa! – protestò il piccolo Turner –
Pensavo di poter fare ciò che volevo qui! Una vita senza
regole!
- Mi spiace, Jim – lo contraddisse il Capitano – ma
su una nave ci sono molte più regole di quanto tu non
immagini. L’ordine è indispensabile –
concluse con fare autorevole, sollevandolo da sotto le ascelle per
farlo scendere.
- Ordine?! – sussultò il figlio contrariato
– Ma che pirati siete?! – li accusò con
l’intento di fare il minaccioso, provocando però
un effetto che non si aspettava. Sua madre cominciò a ridere
di gusto nel vederlo così sconcertato e la sua
ilarità contagiò anche il marito.
- Non è che perché sono piccolo potete prendermi
in giro! – strillò annoiato Jim, i suoi genitori
erano ancora in preda alle risa, forse semplicemente perché
era da parecchio tempo che non si lasciavano andare ad un po’
di spensieratezza.
- Ascoltami – lo richiamò Will, tornando serio
– domani ti mostrerò personalmente tutto quello
che occorre affinché l’Olandese possa navigare
senza intoppi ed essere sempre pronta ad affrontare eventuali nemici
– gli propose, offrendogli una mano da stringere come
conferma del suo impegno.
- D’accordo – accettò il bambino,
ricambiando il gesto senza troppo entusiasmo – Ma stanotte
posso restare comunque sul ponte con te e vedere l’alba?
Il Capitano si rivolse alla moglie, attendendo il suo benestare.
- Solo per stanotte – stabilì Elizabeth dopo
qualche secondo, fingendosi severa. Detestava vederlo intristirsi,
quando bastava così poco a renderlo felice.
Jim restò soddisfatto del permesso ottenuto e si
accoccolò sul ponte, stendendosi con le braccia incrociate
dietro la testa. Sua madre si allontanò per andare a
prendergli qualcosa da mettere sotto e con cui coprirsi, intuendo che
non aveva la minima intenzione di spostarsi di lì.
- Papà? Tu le conosci tutte le stelle? –
parlò d’un tratto il bambino, le iridi castane
rapite dalle migliaia di astri lontani che tappezzavano il firmamento.
Will bloccò momentaneamente il timone a barra e si
sistemò vicino a lui, sedendosi per terra:
- Ho imparato a riconoscerne qualcuna, in questi anni. Ma ho idea che
tu ne sappia molto più di me.
Gli occhi del piccolo s’illuminarono di compiacimento per il
complimento ricevuto: - La mamma mi ha regalato un libro di effemeridi,
dove sono spiegate le storie delle costellazioni e come riconoscerle.
L’ho portato con me. Lo vuoi vedere?
- Sì, sembra interessante – approvò il
padre, continuando ad accarezzargli i capelli dorati.
Jim saltò su con agilità, correndo via:- Vado a
prenderlo subito!
Will si rialzò, sciogliendo la sagola. Spirava un vento
foriero di una buona navigazione che rendeva necessario non lasciare
troppo a lungo la ruota timoniera incustodita.
Poco dopo riapparve Elizabeth: - Avevo preso queste per Jim –
si premurò, mostrando al consorte delle coperte e dei
cuscini. Prima di salire a bordo dell’Olandese Volante,
ricompensando la domestica con una piccola rendita, la signora Turner
aveva provveduto a far imbarcare quasi mezza casa sulla nave, tra
biancheria e mobilio, immaginandosi la necessità di un tocco
femminile e casalingo, con sorpresa dello stesso marito che non
conosceva questo suo lato “tradizionalista”.
Dopotutto lui si era abituato ad un vivere spartano, al riposo su una
semplice branda e a tenere agganciate un po’ tutti i suoi
pochi averi.
Invece adesso quell’austero vascello brulicava di pezzi di
mobilio e biancheria raffinata.
- È appena sceso di sotto, non l’hai incontrato?
– la informò il Capitano Turner – Deve
aver imboccato le altre scalette. Io mi perdevo quasi
all’inizio … - ammise un po’
imbarazzato, mentre la moglie sistemava le coperte sul legno umido del
ponte. - È andato a prendere un libro che voleva mostrarmi
… di stelle, credo.
Elizabeth capì a quale libro alludesse: - Oh,
gliel’ho regalato per il suo quinto compleanno. È
il suo preferito, insieme a quelli che parlano di pirati. Lo conosce
praticamente a memoria. Lui ha sempre sognato di navigare –
affermò intenerita al ricordo di quei giorni passati a
riempire la solitudine con storie e memorie, accostandosi
all’amato e posando la testa sulla sua spalla.
- Jim è adorabile – affermò Will con
commozione, cingendole con un braccio la vita – Ti somiglia
molto – asserì contemplandola con
quell’invincibile fascinazione che non avrebbe mai smesso di
provare per lei.
Lei ricambiò, guardandolo altrettanto intensamente, aderendo
di più al suo torace e affondandogli le dita sulla nuca: -
Io ho sempre pensato che somigliasse a te – sostenne
ammirata, beandosi di potersi crogiolare nel suo abbraccio.
- Avrei voluto esserci quando era tanto piccolo da poterlo cullare tra
le braccia – confessò il marito con rammarico,
carezzandole i fianchi e il ventre – Avrei voluto insegnargli
a parlare e a camminare …
- Hai ancora molto da insegnargli – lo confortò
Elizabeth, avvicinando le labbra alle sue.
- Eccomi qui! – ricomparve di soppiatto il figlio,
inducendoli a troncare il bacio.
Tutti e tre si sistemarono sul giaciglio improvvisato dietro il timone,
dopo che Will provvide a farsi sostituire da Jimmy Legs, impartendogli
di mantenere la rotta, che per il momento, in rapporto a quanto
indicato dalla bussola prestatagli da Jack Sparrow, si attestava a nord
est.
Tuttavia passò poco più di un’ora che
Jim, sopraffatto dal sovrapporsi di tutte quegli eventi, dopo aver
disquisito con i suoi genitori di svariati argomenti marinareschi,
cedette al sonno.
Per il piccolo Turner quella era stata una giornata perfetta e sperava
che la sua vita in futuro sarebbe sempre stata così: libera,
spensierata, piena di novità ogni giorno.
- Mi dispiace ma è ora di alzarsi!
Lo svegliò il richiamo gentile ma fermo di suo padre, e solo
allora Jim si accorse che era per dormire in cabina e per di
più nel lettone con i suoi genitori.
- Su, non poltrire! Si comincia a lavorare presto a bordo di una nave!
– continuava a parlare a gran voce.
Il ragazzino si stropicciò gli occhi e si tirò su
senza dire una parola, continuando a guardarsi intorno, poi si diresse
veloce verso la grande vetrata che permetteva di osservare il mare che
rifletteva un cielo terso e luminoso.
- Buongiorno – sussurrò Will
all’orecchio della moglie ancora distesa, imprimendole un
bacio sulla tempia - Allora sei pronta ad assumere il tuo ruolo, primo ufficiale?
Lei si sedette e stirò le braccia sbadigliando: - Come
… primo ufficiale? – esclamò incredula,
temendo di non aver capito bene.
- Preferisci luogotenente? O vice Capitano? –
seguitò il marito tra il serio e il divertito, avviandosi
verso il separé dove avevano sistemato i mobili per la
toletta.
Elizabeth si alzò ancora mezza assonnata, seguendolo: -
Pensavo fosse tuo padre il luogotenente dell’Olandese
– confessò, un po’ scombussolata
dall’inaspettata notizia.
- Ha rinunciato. Anzi è stato proprio lui a consigliarmi di
nominare te – le rivelò lui, bagnandosi la faccia
con dell’acqua che aveva versato in un bacile.
- Ma … sono una donna … e tua moglie! ... Non
credi che i tuoi uomini si rivolteranno? – domandò
ancora poco convinta la signora Turner. Aveva dovuto lottare non poco
in passato per vincere i pregiudizi e farsi accettare dalla ciurma di
cui era diventata comandante.
Will si voltò verso di lei, prendendole le mani: - Non sono
obbligati a restare a bordo. Se sono contrari alle mie decisioni,
possono liberamente abbandonare la nave – la
tranquillizzò con tono deciso e pacato.
- Mamma, se tu non vuoi posso prenderlo io il tuo posto! –
s’intromise baldanzoso Jim.
- Sei solo un bambino – lo rimbrottò lei,
scuotendo la testa divertita, ma non meno restia.
- Elizabeth tu hai tutte le qualità per essere il mio primo
ufficiale – insistette Will esprimendole la sua immutata
stima, mentre si apprestava a radersi davanti a un piccolo specchio
– Sono sicuro che i miei uomini impareranno ad apprezzarti
per quello che vali.
- Ti ringrazio. Ci proverò – sostenne lei
stringendogli una spalla, poi versò dell’acqua in
un'altra bacinella e si lavò alla meno peggio. Era quella
l’unica cosa che detestava delle navi: il limitatissimo
livello di igiene che si poteva mantenere!
- Dovrò aspettare che mi cresca la barba per avere un
compito tanto importante come quello che hai assegnato alla mamma?
– chiese Jim osservando con interesse il padre che usava con
maestria la lametta per accorciare basette e pizzetto.
Will sciacquò il rasoio, cominciando a passarlo
sull’altra guancia: - Può darsi. Hai tutta questa
fretta di crescere?
- Quanto ci vorrà perché ce l’abbia
anch’io? – domandò insoddisfatto il
bambino, scrutando attentamente la sua faccia infantile allo specchio
in cerca di segni di peluria.
- Sei, otto anni – lo informò il padre, riponendo
la lametta e il resto in un cassettino.
- Così tanto! – mugugnò il piccolo
amareggiato.
- Dai, Jim, preparati! – lo rimbeccò la madre, che
aveva già indossato un paio di pantaloni color
caffè, una camicia beige e un gilet verde chiaro con piccoli
ricami floreali rosa pesca.
Il figlioletto obbedì andando a cercare i propri vestiti.
- Ah, Elizabeth – la richiamò il Capitano Turner
– stavo per dimenticare. Sopra coperta io e te siamo solo
Capitano e luogotenente.
La giovane donna aggrottò la fronte, terminando di legarsi i
capello in una treccia: - Spiegati meglio.
- Dovresti dimenticarti di essere mia moglie –
chiarì secco lui, puntando gli occhi altrove.
- Significa niente parole d’amore, né sguardi
dolci, né carezze ardite, né, ovviamente, baci
colmi di passione? - lo sollecitò lei, avvicinandosi sempre
di più alle sue labbra ad ogni parola.
- È così – confermò lui in
un sospiro, piegando il collo su di lei, strofinando la fronte sulla
sua.
- Agli ordini, Capitano – proferì lei
sensualmente, stringendogli il nodo della bandana.
- Io sono pronto. Possiamo salire? – li incitò Jim
scocciato, coprendosi con le mani per non dovere assistere alle loro
imbarazzanti effusioni.
- Tu vai, noi ti raggiungiamo – replicò il padre,
senza riuscire a smettere di trattenere l’amata compagna a
sé, inebriato dalla sua vicinanza.
- No! Io vi aspetto qui! – dichiarò il piccolo
sempre più irritato, piazzandosi davanti alla porta della
cabina con le braccia incrociate sul petto e dando loro le spalle.
- Ho come l’impressione che sia geloso –
ironizzò Will, baciandola fugacemente.
- Chissà da chi avrà preso … - lo
provocò lei, catturando di nuovo le sue labbra con trasporto
poi lui si scostò per finire di prepararsi agguantando il
balteo, ma Elizabeth lo trattenne per un braccio: - Ehi, aspetta, avevo
dimenticato di darti questo – disse tirando fuori da un baule
un grande cappello grigio ornato da una lunga piuma di struzzo
– Te lo ricordi? – gli domandò
sistemandoglielo in testa – Dopotutto ogni Capitano deve
avere il suo cappello.
Will lo osservò qualche secondo, piacevolmente attraversato
dai ricordi di quando con i suoi parsimoniosi risparmi era riuscito ad
acquistarlo e dell’ultima volta in cui l’aveva
indossato:
- Credo stia meglio a te – attestò togliendoselo e
facendolo mettere a lei.
- Ma io ne avevo già portato uno per me – gli fece
sapere Elizabeth, uscendo un copricapo simile ma di colore nero pece e
senza piuma dallo stesso baule.
- Allora questo lo prenderò io – sostenne Will
dopo averlo esaminato, mettendolo in testa.
- Come sei bello – attestò lei sensualmente,
prendendogli il viso tra le mani e tornando ad unire di riflesso le
loro labbra.
Jim, spazientito, cominciò a brontolare rumorosamente al che
suo padre se ne accorse: - Jim, cerca di capire. Tua madre mi
è mancata per dieci anni – affermò
schiettamente, senza pretendere di cercare di commuoverlo.
- Anch’io non ti ho avuto per dieci anni –
reclamò il bambino imbronciato, voltandosi verso di loro, i
pugni lungo i fianchi, mordendosi la lingua per essersi mostrato tanto
vulnerabile.
Il giovane Capitano gli andò incontro prendendolo in braccio
e baciandolo sulla guancia, ma lui si sfregò una mano sopra
infastidito. Lui lo poggiò a terra ed aprì la
porta. Voleva mostrarsi proprio come un piccolo pirata fiero e
sprezzante, ma poi tornò ad essere semplicemente un bimbo
quando esclamò: - Papà? Anch’io devo
chiamarti Capitano, di sopra?
- No, finché non avrai trovato un ruolo a bordo –
acconsentì lui. – Ho già chiesto ai
miei uomini di mostrarti tutto quello che fanno, così potrai
decidere il tuo posto – aggiunse accondiscendente, mentre si
avviavano tutti e tre sul ponte.
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Capitolo 8 *** Capitolo 7: Convivenza forzata ***
Capitolo
7: Convivenza forzata
- Vi ho
richiamati tutti sul ponte perché devo presentarvi il nuovo
primo ufficiale dell’Olandese Volante: Elizabeth Turner.
Spero che chi di voi rimarrà, possa avere nei suoi confronti
lo stesso riguardo e la stessa dedizione che ha avuto verso di me
durante questi lunghi, difficili anni trascorsi sul fondo
dell’oceano. Vi ringrazio per tutto ciò che mi
avete insegnato, per la pazienza e il sostegno che mi avete dato. Non
lo dimenticherò mai, qualunque sarà la vostra
decisione.
Detto ciò,
con una sicurezza che tradiva a tratti una velata apprensione, il
Capitano Turner congedò la sua variegata ciurma che riprese
le sue occupazioni, non senza mormorare ed esprimere opinioni sottovoce
sulle sue parole.
- Gran bel discorso!
– commentò tra sé e sé
beffardo Jack Sparrow, che aveva assistito anche lui a
quell’arringa, mezzo nascosto tra gli uomini di bordo. Si
sentiva decisamente più in forma quella mattina: gli bastava
avvertire la brezza salmastra, umida e mite tra i capelli e posare lo
sguardo sulle onde color cobalto per riacquistare il buonumore. Ma
quella sensazione lo sfiorò solo per pochi secondi: era un
ospite indesiderato su quella nave, non poteva muoversi troppo
liberamente e ben presto sarebbe tornato al centro
dell’attenzione.
- Come va il braccio,
Jack?
“Ecco, infatti”,
si pizzicò la lingua, voltandosi lentamente verso di lei.
- Non è la
prima volta che qualcuno mi spara, primo
ufficiale – rispose sprezzante, sottolineando
quell’attributo come a volerla prendere in giro.
Sul viso di Elizabeth
si formò un sorriso: se quel malandrino di un pirata era
tornato a fare il dispettoso con lei, stava evidentemente meglio. Fece
per superarlo per proseguire il suo giro di perlustrazione sul ponte,
quando lui tornò a parlarle.
- Credevo che qualche
volta ci saremmo incrociati per mare, in questi anni … -
buttò lì vago, dondolando il busto e sbirciandola
con uno dei suoi smaccati cipigli da impenitente.
Lei tornò
sui suoi passi e gli si mise al fianco. Anche se tra loro non
c’era mai stato un vero chiarimento né una
reciproca ammissione di colpa, ormai lo considerava in qualche misura
un vecchio amico e non le dispiaceva discutere con lui, né
la faceva sentire in difetto.
- La vita di mare era
troppo pericolosa. Io non potevo permettermi di mancare
all’appuntamento con Will. Dovevo esserci, è stato
il mio unico pensiero in questi dieci anni. Non sarei riuscita a fare
nient’altro – ammise risoluta e malinconica
– Così, qualche mese dopo aver scoperto la mia
condizione, ho nominato il primo ufficiale dell’Hai Peng
Capitano e mi sono ritirata a Port Royal – si
fermò, sorpresa dall’interessamento con cui Jack
l’ascoltava e questo, accortosi della sua esitazione, la
invitò con un cenno della mano a proseguire, poggiando poi i
gomiti sulla ringhiera del parapetto.
Alla piratessa
sembrò un po’ strano che fosse tanto disponibile a
conoscere i fatti suoi, ma inarcò leggermente la bocca e
proseguì sinteticamente: - Il nuovo governatore era un
vecchio amico di mio padre e, saputo della condotta di Lord Beckett, ha
deciso di ritirare tutte le condanne da lui emesse, compresa la mia.
Così mi è stata concessa una rendita mensile e mi
sono trasferita nella casa che io e Will avevamo già
preparato per noi. Dopo qualche mese è arrivato Jim. Ho
dovuto occuparmi di lui, perciò ho rinunciato completamente
alla vita da pirata – concluse con un lieve sospiro tornando
a voltarsi verso di Sparrow dopo che aveva mantenuto gli occhi fissi
sul mare per tutto il tempo del racconto, sentendosi un po’ a
disagio per quella sua insolita disposizione a starsene in silenzio e
attento, senza interromperla con qualche appunto sarcastico o malevolo.
Cominciò a
chiedersi come mai lo facesse …
- Hai rinunciato fino
ad oggi – la riscosse dalla sua riflessione il filibustiere,
abbonandole un sorriso compiacente. – E tutte queste cose il
caro William le sa? – le domandò poi
assottigliando lo sguardo con fare insinuante.
- Certo –
controbatté lei, pizzicata dal suo dileggio – Non
ho più segreti con lui.
Sparrow
sembrò quasi deluso dalla sua solida sicurezza, ma un attimo
dopo gli angoli della sua bocca si curvarono furbamente, cosa che lei
non seppe come interpretare e, sentendosi leggermente turbata, si
allontanò da lui con una scusa.
Jack la
salutò portandosi la mano destra sulla fronte e la donna,
notatolo, scosse la testa: era sempre difficile capire se e quando
prendere sul serio ciò che diceva o come si comportava.
Dopo quasi due ore di
navigazione, Will richiamò il suo luogotenente sulla
balconata del timone. La situazione era tranquilla,
l’orizzonte privo di nuvole o vele sospette, eppure, a
giudicare dalla marcata ruga comparsa tra le sue sopracciglia, lui
doveva essere tormentato da qualche grattacapo. Elizabeth lo raggiunse,
pronta ad aiutarlo.
- Guarda la bussola
– la invitò il marito, sbirciandola di sfuggita
– Jack aveva ragione: indica soltanto te. Sei tu la cosa che
desidero di più in ogni momento – aggiunse in un
palpito sottovoce, accertandosi di non farsi sentire da alcuni marinai
che passavano nelle vicinanze.
Lei cercò
di non dare a vedere l’effetto che le suscitava sentire
quelle romantiche parole.
Anche Will si
ricompose: - Per cui ho deciso di affidare ad un’altra
persona il compito di stabilire la rotta.
Elizabeth
sfiorò la scatoletta bisbigliando: - Anche se la tenessi io,
l’ago segnerebbe soltanto te – poi ebbe
un’illuminazione e alzò lo sguardo su di lui.
- Infatti –
le confermò quello, come leggendola nel pensiero –
chi più di lui può desiderare di trovare la Perla
Nera?
- Sono
tanto felice che vi siate ripreso, signor Sparrow!
Jack, comodamente
sdraiato su una piccola panca al riparo dal sole cocente di
mezzodì, si vide venirgli incontro un ragazzino con gli
occhi curiosi e l’espressione vivace che lo avrebbe
abbracciato se lui non si fosse scansato in tempo, balzando indietro
frastornato.
D’un tratto
si ricordò di lui: l’impertinente moccioso che
aveva incontrato prima di finire con una pallottola nel braccio. Era il
figlio dei Turner. Ci mancava solo un bambino a mettere a repentaglio i
suoi già fragili nervi!
- Signor Sparrow?
– lo richiamò Jim perplesso e il pirata
capì che forse gli aveva posto qualche domanda che non aveva
udito mentre considerava quanto gli sarebbe piaciuto sbarazzarsene.
- Sono il Capitano! Capitan Sparrow,
comprendi? – replicò con voce altezzosa,
premendosi il tricorno ammaccato sul capo.
- No –
contestò il piccolo immediatamente – Non ha senso
se non avete una nave – gli fece notare con
semplicità - È come se io vi chiamassi zio senza
essere vostro nipote – gli spiegò poi, lasciandolo
interdetto per la sua spigliatezza.
- Senti …
Willino, o … come ti chiami? –
ricominciò Jack, già oltremodo spazientito dalla
sua insistenza.
- Jim. Mi chiamo Jim,
ve lo avevo detto – ribatté il bambino,
guardandolo stranito.
Le dita ingioiellate
del pirata fremettero insofferenti, trattenendosi appena dal cercare la
pistola: - Jim … - ripeté con calma, come
cercando di memorizzare - Non c’entra nulla quello che dici!
È una carica ad honorem la mia, e pretendo che sia ricordata
insieme al mio nome! – sostenne determinato.
Il piccolo Turner
annuì e preferì non insistere su quella
questione, ma trovò ben presto un altro argomento con cui
attaccare bottone: - Mi raccontate qualcuna delle vostre avventure?
– lo esortò sedendoglisi di fronte speranzoso.
- Non sono adatte ai
bambini, a mala pena potrei raccontarle a tuo padre – lo
ammonì svelto Jack voltandosi e calandosi il cappello. Jim
storse la bocca non cogliendo quel brusco rifiuto.
- Signore, credo che
intendesse le avventure per mare, non quelle a cui avete pensato voi
– s’intromise Gibbs che gli stava come sempre
accanto, tentando di convincerlo ad accontentarlo, tanto si era preso
in simpatia quel bambino.
- Oh! –
guaì Jack, come imbarazzato dal fraintendimento –
Beh, allora fattele raccontare da tuo padre, no? – si rivolse
poi contro il piccolo gesticolando. - È stato a causa sua se
sono finito in mezzo a tanti guai, tanto per cominciare …
- Ma lui
può raccontarmene una al giorno, voi invece non resterete a
lungo con noi – gli fece notare Jim, ostentando la sua
delusione – Quindi non ho molto tempo per chiedervelo
… - cantilenò con gli occhi dolci.
- Ora non ne ho
voglia! – lo liquidò burberamente Sparrow,
alzandosi e allontanandosi in maniera sbilenca.
Il bambino lo
tallonò, implorandolo imperterrito: - Almeno una! Quella del
Kraken! Nessuno come voi può raccontare cosa si prova ad
esserne inghiottiti! – affermò, sicuro di
convincerlo. Jack invece si immobilizzò, impermalendosi,
oltremodo tentato di dare un ceffone a quello sfrontato bambinetto.
Provvidenziale fu
l’intervento del Capitano Turner: - William James!
– chiamò ad alta voce e con tono grave.
Jack
sogghignò appagato, mentre il ragazzino ammutolì
e si bloccò: - Non ho fatto niente! E se è
successo, non l’ho fatto apposta! – si difese
prontamente, mettendosi sull’attenti.
- Che stai
farfugliando? – gli venne incontro il padre, mentre Sparrow
ne approfittò per togliersi di mezzo e sfuggire
così alle sue manfrine.
- La mamma di solito
mi chiama con il mio nome per intero quando vuole rimproverarmi
– deglutì il bambino, abbassando il capo.
- Perché,
c’è qualcosa per cui dovremmo rimproverarti,
William James Weatherby? – lo interrogò la madre
con voce dura, e Will si accorse di avere dimenticato un nome prima.
- No! –
ribatté lesto lui, guardandola dritto negli occhi
così come lei gli aveva imposto di fare quando doveva
dimostrare la sua sincerità. E, in effetti, la donna si
rassicurò sul fatto che quella volta non le stava mentendo.
- Io volevo affidarti
un compito – riprese suo padre – il più
importante di tutti in una nave – il bambino tremò
dall’emozione – la definizione della nostra rotta!
– gli comunicò sorridendo.
- È
fantastico! – strepitò lui facendo un piccolo
salto – Ma … come farò? –
chiese poi dubbioso.
- Con questa bussola
un po’ speciale – gli spiegò il
comandante, mettendogliela tra le mani.
- Che ti porta dove
più desideri andare – aggiunse Elizabeth con un
occhiolino, abbassandosi e sfiorandogli una guancia.
- Signor Sparrow
… - parlò Jim dopo averla dischiusa –
questa è la vostra bussola magica? – gli
domandò notando che lui si era avvicinato in punta di piedi.
Il pirata annuì solo con gli occhi, pur restando dietro Will
ed Elizabeth – Davvero? La immaginavo diversa –
dichiarò perplesso scuotendola – Sicuro che
funziona?
- Certamente figliolo
– gli giurò lui, arrivandogli accanto con una
grande falcata – E stai attento a come la tieni!
L’aspetto esteriore non è tutto! – lo
avvisò poi con fare saggio – Guarda tuo padre:
è un Capitano eppure sembra ancora un mozzo! –
asserì irrispettoso, facendo comparire sul volto di Will un
filo d’irritazione.
- Così come
voi sembrate il capo di una tribù di cannibali! –
ridacchiò il piccolo Turner, difendendo il genitore.
- Sì
– convenne Jack – Cosa?! –
esclamò poi lanciando un’occhiataccia al Capitano
Turner che tratteneva le risa – Comunque, William,
è un’assurdità! Affidare quella bussola
ad un ragazzino! Non sa quello che vuole! –
protestò animatamente, cercando ragione.
- Oh, io invece lo so
benissimo – gli garantì Jim, rimirando il
quadrante – Voglio trovare la Perla Nera e Capitan Barbossa
– dichiarò e l’ago cominciò a
ruotare fermandosi in una direzione ben precisa, trenta gradi nord est.
Presto, dietro
l’ordine del Capitano, la ciurma dell’Olandese
effettuò tutte le manovre necessarie a correggere la rotta e
la navigazione riprese di buon braccio.
Quando la sua presenza
non fu più indispensabile sulla plancia di comando, Will
riavvicinò lo sfuggente Sparrow, il quale, visibilmente
annoiato e nervoso, passeggiava da prua a poppa nascondendosi dagli
assalti di Jim che lo lasciò in pace solo dopo aver
accettato la possibilità di istruirsi sui vari compiti dei
marinai osservandoli al lavoro.
- Lo sai che non ti
trovo molto cambiato, Jack? – iniziò a sfidarlo il
Capitano Turner.
“Ci risiamo”,
si lagnò mentalmente il pirata. – Uhm?!
– grugnò, fingendo di non avere sentito bene,
stirandosi con le dita il panciotto.
- Sembra che per te il
tempo non sia passato … - Will marcò nella sua
voce il sospetto.
- Ho solo qualche anno
in più di te, che ti credi? – ribadì
bizzoso Jack, impettendosi.
- Io l’ho
vista. Sulla mappa – proseguì Capitan Turner,
deciso a farlo sbilanciare affinché confermasse le sue
congetture.
- Non so di che parli
– farfugliò distrattamente il pirata, mostrandosi
intento ad assicurare una cima di mura già perfettamente
tesata.
Il giovane Capitano
però non demorse: - Ci sei arrivato? Esiste veramente?
– proseguì con tono incalzante.
- Che
t’importa? Tu dopotutto hai rinunciato
all’immortalità – gli scappò
di bocca involontariamente. Si maledisse vedendo comparire
un’espressione soddisfatta sul volto
dell’avversario, fulminandolo automaticamente
perché non continuasse. Tutto inutile.
- Quel proiettile ti
ha trapassato il braccio e già ti sei ripreso perfettamente
– costatò pragmatico Will, afferrandolo con
malagrazia per l’arto ferito.
- E allora?
– ribatté lui pungente, scostandolo energicamente
e confermando che non provava più dolore – Mi
è successo un sacco di volte. Sono fortunato! –
sorrise con strafottenza.
Will Turner lo
fissò per qualche secondo imprimendosi
un’espressione indecifrabile e, senza indugiare in altre
domande, si allontanò abbassandosi il cappello sugli occhi.
Non sopportava quel
suo modo di trattarlo! Gli aveva insegnato troppe cose probabilmente, e
in maniera del tutto involontaria! La sfida era aperta,
meditò Jack, tornando a sogghignare. Nella sua mente stava
mettendo insieme i tasselli per costruire la sua difesa dagli
insistenti interrogativi del Capitano circa le carte e il motivo per
cui si era trovato proprio davanti casa sua quel mattino e la ragione
per cui quella marmaglia lo avesse seguito.
Occorreva elaborare un
piano anche per sviare l’astuta Elizabeth e
l’invadente figlio che lei e il marito avevano
dissennatamente generato.
Avrebbe dovuto
fuorviarli sulle loro incertezze, così che sarebbero stati
troppo deconcentrati per pensare alle mezze verità che aveva
propinato loro.
Doveva resistere
almeno fin quando non avrebbe sentito gridare “Terra!”
da parte di una qualche vedetta.
Tuttavia
l’Olandese Volante in quel momento era forse il posto
più sicuro in cui poteva nascondersi da lui.
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Capitolo 9 *** Capitolo 8: Un attacco imprevisto ***
Capitolo
8: Un attacco imprevisto
- Non ho capito: adesso devo farla passare sopra o sotto
il pollice?
Jim, appollaiato su un barile vuoto, teneva fra le mani una fune corta
e spessa con l’intento di imparare dal nonno i rudimenti dei
principali nodi marinareschi.
Il vecchio Sputafuoco sorrise pazientemente: - Te lo rispiego. Ma
sta’ attento – lo invitò solerte,
ripetendo con abilità quei movimenti e lasciando a bocca
aperta il nipotino, che lo osservava sbalordito come fosse un mago.
In quel mentre gli venne incontro Elizabeth: - Jim, tuo padre vorrebbe
che lo raggiungessi nella cabina di comando – gli
riferì con una certa fretta.
Il bambino annuì e, salutato il nonno, balzò
giù dal seggiolone improvvisato e scomparve correndo verso
la cabina di comando.
- Ha stoffa quel ragazzino. Impara in fretta –
affermò il compassato Bill, prima che il luogotenente si
distanziasse.
La giovane donna non sapeva bene come rispondergli e optò
per un semplice cenno del capo. Si sentiva ancora a disagio a parlare
con il suocero, seppure riteneva di non averne valido motivo, pertanto
con quel tacito saluto si apprestò ad allontanarsi.
- Una sola domanda, se permetti – esitò a
pronunciare lo stesso Sputafuoco, lei si voltò scrutandolo
con espressione turbata in attesa che continuasse. - Come mai hai usato
tutti quei nomi con lui? – le chiese in un sussurro, quasi
vergognandosi della sua stessa domanda.
Elizabeth si rasserenò, intravedendo negli occhi
dell’uomo la stessa timidezza che spesso mostravano quelli di
Will e tornò sui suoi passi: - William e Weatherby per
ricordare gli uomini più importanti della mia vita, James in
onore di James Hawkins, uno dei primi corsari. Weatherby era il nome di
mio padre – specificò rabbuiandosi, immaginando
che l’uomo potesse non averlo compreso.
- È un bel nome, comunque – asserì
pacatamente il vecchio pirata, ricominciando ad intrecciare il cordame.
La piratessa capì che era un tipo assai schivo e che avrebbe
dovuto imparare a conoscerlo gradualmente, per cui lo lasciò
al suo lavoro e si allontanò.
L’Olandese Volante intanto veleggiava a velocità
moderata, dato lo scarso vento, mentre il sole abbagliante che aveva
infuocato l’aria del mattino era offuscato da alcune nuvole
bianche che si muovevano rapide, stagliandosi contro il cielo turchese
e creando un continuo alternarsi di luce e ombra che si rifletteva
sulla superficie piatta del mare.
- Joshamee! Joshamee!
Una voce ben nota richiamava in modo quasi cospiratorio il maturo
pirata che stava chiacchierando del più e del meno con
alcuni uomini della ciurma. Ci volle qualche secondo perché
mastro Gibbs capisse da quale angolo proveniva.
- Dite a me?! – domandò dubbioso a Jack Sparrow,
dopo averlo scorto mezzo nascosto sotto il boccaporto, vicino alle
scalette che conducevano sottocoperta.
- Credi che conosca qualcun altro con lo stesso nome su questa stessa
nave?! – inveì il filibustiere con tono offensivo
ma senza vociare troppo, intanto che quello si avvicinava.
- È che non mi chiamate mai così, di solito
– si giustificò un po’ commosso Gibbs,
adeguandosi a discutere con la stessa tonalità bisbigliata.
Jack roteò gli occhi, manifestamente tediato: - È
per non dare troppo nell’occhio – gli
spiegò con ovvietà.
- Perdonatemi signore, ma qui noi due diamo sempre
nell’occhio! Essendo gli unici a starcene tutto il tempo con
le mani in mano – gli fece notare a mo’ di
rimprovero il vecchio amico, al che l’altro
s’imbronciò come un ragazzino beccato a mentire.
– Questa nave è davvero difficile da manovrare,
è praticamente una fortezza
galleggiante – constatò irriflessivo Joshamee,
accorgendosi del subitaneo moto d’ira che si accese negli
occhi scuri del compagno di scorrerie. – Scusa, non lo
dirò più – gli assicurò
allora mortificato, avendo compreso la ragione della sua collera
– Perché mi hai chiamato, dunque? – lo
sollecitò con un gran sorriso.
Jack si concesse un lungo sospiro, come per calmarsi: - Tu che sei
pappa e ciccia con la ciurma, hai forse sentito
quand’è che ci faranno scendere? – lo
interrogò furtivo, tentennando nello scandire le sue stesse
parole.
- Vuoi davvero scendere? – esclamò Gibbs
preoccupato, aumentando involontariamente il volume della voce.
- Se il viaggetto ti sta piacendo, sei libero di restare! –
replicò acido Sparrow, il compare non ebbe il tempo di dire
la sua che una lama si frappose fra lui e Jack.
- Cosa state complottando, voi due? – li accusò
con asprezza Elizabeth, che li stava osservando a loro insaputa da
qualche minuto.
- Complottare? Noi?! – si punzecchiò con aria
offesa e innocente Sparrow, mentre Gibbs si sforzava di apparire
tranquillo. – Che brutta parola, tesoro! – scosse
la testa oltraggiato.
- Ti proibisco di chiamarmi così, Jack –
s’indispose la donna, usando un tono autoritario, ritirando
la spada nel fodero e continuando a guardarlo severamente.
Jack alzò entrambe le mani e le agitò in segno di
scuse volgendole un ampio sorriso. Gibbs con un inchino
risalì sopra coperta.
- Mi chiedevo dove fosse la cabina del Capitano –
tornò a parlare il furbo filibustiere, riassumendo
un’espressione composta e neutrale.
Il primo ufficiale gliela indicò senza smettere di tenerlo
sotto tiro finché non si richiuse la porta alle spalle. Poi,
seppure ancora poco convinta dalla sua giustificazione,
risalì sul ponte.
- Posso andare adesso, papà? – saltellò
con impazienza il piccolo Turner.
Il padre acconsentì e, mentre il bambino usciva dalla
cabina, Jack vi faceva il suo ingresso, in silenzio ma risollevato dal
momentaneo disinteressamento del pestifero bambino nei suoi confronti.
Anche il Capitano Turner sembrava disattento, essendo immerso
nell’analisi di svariati portolani e carte geografiche,
così Sparrow ne approfittò per ispezionare
ciò che gli stava intorno, disgustandosi
dell’essenzialità di quella cabina che aveva solo
un grande tavolo ovale al centro, qualche sedia di legno consumata dai
tarli e un armadio di medie dimensioni con un’unica anta e
semplici intarsi.
- Che fine ha fatto quel bell’organo a canne? –
sbottò ironico, per rompere il ghiaccio, ciondolando con
indifferenza verso di lui.
- Nella stiva. L’abbiamo smontato. Magari riusciremo a
venderlo – gli riferì distrattamente Will, senza
alzare la testa dalle carte e dalla bussola lasciata dal figlio,
disegnando con l’aiuto di alcuni righelli la probabile rotta.
- È da ieri pomeriggio che la bussola indica nord est, se la
direzione rimane questa, arriveremo in Louisiana –
asserì poi, perplesso.
– Possibile che la Perla Nera sia tanto vicina alla
terraferma? – si chiese ancora, ricontrollando i calcoli
già fatti.
Jack sbirciò rapidamente le mappe in cerca di
un’isola qualunque nelle vicinanze, in cui potergli suggerire
di approdare, cominciando nel contempo a gingillarsi con alcuni
strumenti nautici.
Il Capitano dell’Olandese era talmente assorto nelle sue
congetture, da non infastidirsi neppure della sua molesta invadenza.
- Ti sei chiesto perché Calypso voglia quelle carte?
– lo fece sobbalzare d’un tratto, sbattendo con
forza le mani sul tavolo.
Finalmente Capitan Turner lo degnò d’attenzione,
sollevando per un secondo gli occhi, quindi trascinò le
parole, distogliendo di nuovo lo sguardo sulle mappe: - È il
mio ultimo prezzo da pagare. Non posso più mettere piede a
terra finché non gliele consegno. È come se
appartenessi ancora a lei – dichiarò con una
leggera inquietudine a solleticargli la gola.
- Will, tu ti ritieni un pirata? – la voce di Jack era seria
e parimenti cupa e lo sorprese, tanto che lo fissò per
qualche secondo temendo una nuova presa in giro.
- Come? – pronunciò infine stralunato, non
riuscendo a decifrare quella strana domanda e soprattutto quella nota
insolitamente fosca, poco abituale per un irriverente cialtrone come
Sparrow.
La porta si aprì di scatto: - Capitano! Abbiamo avvistato
una nave a dieci leghe! Si sta avvicinando! –
annunciò un marinaio snello e barbuto con i capelli rossicci.
- Marina britannica? – s’informò
impensierito Turner, scattando in piedi.
- Non sembra – ribatté con esitazione quello.
Will recuperò il cappello che aveva posato sullo schienale
di una sedia, e uscì di corsa, tallonando l’uomo
che gli aveva riportato la notizia.
Jack si vide costretto a lasciare anche lui la cabina e ad andare
dietro ai due.
Una volta sul ponte il Capitano Turner fu circondato dai suoi marinai
la cui eccitazione, probabilmente, più che alla paura era
dovuta alla novità che quel possibile pericolo rappresentava
rispetto alla monotonia e alla solitudine cui erano stati condannati a
vivere negli ultimi dieci anni.
Elizabeth colse quell’atmosfera di fibrillazione e le
speranze di sangue e distruzione manifestate dagli uomini restandone un
po’ scossa, per la malcelata violenza con cui si esprimevano.
Dopotutto neanche lei era nuova a quel clima, avrebbe dovuto rifarci
l’abitudine, anche se non era per niente contenta per suo
figlio.
In quel momento incrociò la faccia di Jack e le
sembrò che anche lui fosse dello stesso parere, mentre in
realtà il pirata aveva ben altre preoccupazioni.
Un’esplosione appena udibile e quella che doveva essere una
palla di cannone sfiorò lo scafo dell’Olandese a
babordo, facendo innalzare una piccola onda.
Fra i pirati calò un silenzio carico di attesa.
- Voglio ogni singolo pezzo di vela spiegato al vento! Braccia in
trinchetto e issate le gabbie! – ordinò Will con
fervore, spingendo la ciurma ad obbedire sveltamente. – E
armate i cannoni! Non abbiamo tempo da perdere! – aggiunse
salendo sul cassero.
Un altro colpo riuscì questa volta a strisciare contro la
poppa della nave, scalfendola.
Jack notò casualmente Will curvarsi in avanti come se avesse
ricevuto una frustata nella schiena.
Il giovane uomo soffocò un grido e corse sotto
l’albero su cui stava la vedetta: - Riesci a vedere la
bandiera? – urlò a squarciagola, per contrastare
la confusione prodotta dai pirati che provvedevano a bracciare le vele
e lanciare l’Olandese sulle onde per staccarsi dagli
aggressori.
- È rossa. C’è un teschio in mezzo a
due torri! – gli rispose il marinaio sporgendosi e sgolandosi.
- Ti dice niente, Jack? – domandò il Capitano al
bucaniere, trovandoselo di fianco.
- Se c’è un teschio è un pirata,
è ovvio! – esclamò quello con gli occhi
spiritati, mentre l’imbarcazione fu scossa da una nuova
bordata che questa volta colpì il bompresso. Quasi nello
stesso istante Will si portò le mani sul naso e Sparrow con
incredulità lo vide ritrarle macchiate di rosso. Spaventato,
cercò di parlargli, ma lui glielo impedì,
gettandosi con noncuranza al timone e facendolo ruotare per virare
dalla scia dell’inseguitore.
La nave nemica apparve più chiaramente, puntando ad
agganciare l’Olandese con una manovra al traverso. Era un tre
alberi con lo scafo affusolato dipinto di verde scuro e ornato da bande
scarlatte attorno alle bocche dei cannoni, che così
risaltavano in maniera inquietante. Su ogni vela quadra era ripetuto il
simbolo già individuato dalla vedetta sulla bandiera.
- Elizabeth! – chiamò con impellenza Will,
continuando a reggere la ruota del timone. Il luogotenente lo raggiunse
con prontezza: - I cannonieri sono pronti? – le
domandò senza guardarla.
- Che ti è successo? – venne da chiedere subito
alla donna, notando le strisce di sangue che gli uscivano dalle narici.
Will si asciugò subito con la manica destra: - Sono
scivolato e ho sbattuto – la tranquillizzò
sfuggente – I cannonieri? – ripeté con
durezza.
- Aspettano il vostro ordine, Capitano – rispose lei con
fermezza, ma scrutandolo turbata.
- Ce le avete le munizioni? – s’intromise fra loro
Jack in un frizzo preoccupato.
I due neanche lo considerarono.
- Dov’è Jim? – chiese ad un tratto il
comandante alla moglie.
- L’ho obbligato a scendere sottocoperta, nella nostra cabina
– lo informò lei, rimanendogli accanto e
aspettando ulteriori ordini.
Gli sconosciuti nemici guadagnavano sempre maggiore terreno e non
smettevano di adoperare i cannoni, pur facendo fallire, fortunatamente,
molti colpi.
- Quella nave non può essere saltata fuori dal nulla
– osservò Will nervoso –
Com’è che nessuno l’aveva notata?
– si lamentò lanciando un’occhiata
indispettita alla ciurma.
- Vi assicuro che siamo venuti ad avvisarvi non appena
l’abbiamo avvistata, Capitano – gli ripose pronta
Elizabeth e lui non poté fare a meno di sorridere,
nonostante la situazione, percependo l’attaccamento che
l’amata aveva già sviluppato verso il suo ruolo.
Si voltò verso babordo, accorgendosi che il misterioso
vascello manteneva la rotta al traverso e sicuramente in pochi minuti
il suo equipaggio si sarebbe lanciato all’arrembaggio,
coinvolgendoli in una cruenta e deleteria battaglia.
L’Olandese Volante non ce l’avrebbe fatta a
staccarlo: non era capace di filare a grandi velocità, il
suo punto di forza principale erano i potenti cannoni.
Un’idea folle balenò allora nella mente del
Capitano Turner.
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Capitolo 10 *** Capitolo 9: Fuoco! ***
Capitolo
9: Fuoco!
Il mormorio tra la ciurma dell’Olandese Volante
diventava sempre più animato e pressante ad ogni nuova
bordata che risuonava incombente e minatoria. L’artiglieria
del vascello nemico puntava a colpire ripetutamente la murata di
babordo, ma sembrava esitare a scatenare un’offensiva
drastica.
Sul ponte erano stati issati alcuni cannoni aggiuntivi, disponendoli
lungo il parapetto di babordo e facendo in modo che le loro bocche
puntassero verso gli alberi della nave inseguitrice così da
poter controbattere. Ma essa restava sempre in vantaggio.
- Reggi il timone! – dispose il Capitano Turner
all’ennesimo colpo, come attraversato da una scossa
elettrica, mollandolo al suo vice e scappando via.
- Cosa?! Dove vai?! – gli urlò dietro Elizabeth
rincorrendolo, sconvolta per la sua strana condotta.
Senza volerlo, Jack si ritrovò da solo davanti alla ruota
che si muoveva incontrollata ma, prima che osasse appoggiare un dito,
fu raggiunto da un omone che lo afferrò saldamente con
entrambe le mani. Svicolò da lì con
aria indifferente, scendendo giù dalla balconata.
Guardò alla sua sinistra: il veliero verde scuro era sempre
più vicino e uno scontro tra le due ciurme sembrava
inevitabile. Lui, però, non se la sentiva di partecipare:
dopotutto non si trattava di difendere la sua nave e avrebbe
risparmiato volentieri di restare invischiato in qualche mischia! Non
volendo rischiare di rimanere incastrato nel viavai che coinvolgeva i
marinai, si mise in cerca di una scialuppa per nascondersi prima che
fosse troppo tardi e, trovandola, vi si arrampicò non visto
da nessuno, dato lo scompiglio dilagante.
Tuttavia, per sua disdetta, era già occupata.
- Non dite niente, vi prego!
Non poté replicare a quell’implorazione. Il
vascello tremò sotto i bombardamenti degli aggressori e Jack
finì per ricadere dentro l’imbarcazione, restando
gambe all’aria: - Ti dispiace farmi posto, tesorino?
– esclamò poi in quella posizione, come nulla
fosse, con tono falsamente amorevole.
- Tesorino?! – spalancò gli occhi Jim, come se
avesse ricevuto un insulto.
- Che c’è? Non sei il tesorino di casa
… o meglio di bordo? – domandò lui
innocentemente, sistemandosi meglio all’interno della
scialuppa e spingendo il piccolo a scostarsi sul lato opposto.
- È da femminuccia! – protestò il
bambino adirato, mentre Sparrow pareva ignorarlo restando fisso ad
osservare quanto stava accadendo sul ponte.
Aveva visto più volte Will portare la mano destra ora sulla
spalla ora sul fianco sinistro e si era accorto di come ciò
avvenisse in corrispondenza dei tiri finiti a segno da parte degli
avversari:
- È interessante – mormorò tra
sé e sé, estraniandosi dal roboante contesto.
- Voi e mio padre non usate una parola una che sia da pirati?
– il rombo dei cannoni era assordante ma avvertì
di nuovo la squillante vocetta di Jim che lo provocò,
dandogli un debole pugno sulla spalla destra per attirare la sua
attenzione.
- E tu cosa ne sai del vocabolario piratesco?! - si voltò
furioso, gli occhi bistrati sembravano uscirgli dalle orbite.
Il piccolo Turner sul momento arretrò, un po’
intimidito: - Vi concedo di chiamarmi Billy Jim, sarà il mio
nome da pirata – riprese a parlare in un attimo di silenzio,
gridandoglielo nell’orecchio.
- Non suona male – ribatté Jack, rivolgendogli un
sorriso tirato, per poi tornare a scrutare la movimentata situazione da
quell’occultato punto di osservazione.
- Interrompete le bordate sul ponte! Ho bisogno di uomini pronti a
mettere in funzione i cannoni di prua! E quelli di tribordo –
urlava infervorato Will, mantenendo l’occhio destro nel
cannocchiale.
- Ma ci attaccano da babordo, signore! – gli fece notare con
schiettezza Elizabeth insieme ad alcuni marinai. Gli sembrava davvero
uscito di senno.
- Sarà così finché non compiremo la
giusta manovra – affermò con ambiguo ottimismo il
Capitano Turner, consegnando il cannocchiale al padre che si
ritrovò accanto. – Va’ di sotto e
riferisci ai cannonieri che devono assumere le posizioni che ti ho
detto e che devono cominciare ad aprire il fuoco non appena avranno
davanti a loro quella dannata nave.
La piratessa, pur ancora confusa, si avviò, fidandosi
dell’alone di sicurezza che scorse comunque
nell’atteggiamento concitato del marito.
Capitan Turner riprese poi a rivolgersi agli uomini rimasti sulla tolda
che pendevano dalle sue labbra, pur studiandolo con sospetto: -
L’ancora di prua di babordo … Calatela!
– disse semplicemente; gli fu necessario ripeterlo un paio di
volte perché gli obbedissero.
Quindi risalì sul cassero e si riappropriò del
timone.
Elizabeth poco dopo lo raggiunse, assicurandogli di aver riportato i
suoi ordini.
- Spero che non si spaventino – le confidò
l’uomo con un sorriso divertito, lei gli lanciò
uno sguardo interrogativo.
- Per cosa? – non riuscì a trattenersi dal
chiedergli, sentendosi sulle spine per tutto quel piano indecifrabile.
Il Capitano si tolse il cappello e iniziò a sventolarlo,
urlare a squarciagola: - Mollatela!
La pesante catena raccolta attorno all’argano
scivolò velocemente in acqua sotto il peso
dell’ancora. Will lasciò andare il timone e
l’Olandese Volante cominciò a ruotare gradualmente
su se stessa, avendo come perno lo stesso ormeggio. La ciurma
cercò di aggrapparsi a qualunque cosa per non cadere ed
Elizabeth, che solo allora comprese il perché di quella
tattica, istintivamente strinse le braccia attorno al petto del marito,
per poi tenersi alla balaustra, recuperato l’equilibrio.
Jack e Jim, rimasti all’interno della scialuppa, appesa con
delle funi a qualche piede dal pavimento del ponte, gridarono
terrorizzati dalla sensazione di essere sbalzati fuori mentre tutto
ruotava, ma le cime ressero e l’imbarcazione si
limitò soltanto a dondolare.
In breve i tripli cannoni si trovarono di fronte la prua del veliero
avversario e iniziarono a colpirlo, quindi fu la volta dei cannonieri
di tribordo quando la nave completò il suo giro.
La potenza di fuoco scatenata dall’Olandese fece tacere le
bordate della nave nemica che, venendo investita da una raffica di
grosse palle di cannone, si frantumò e cominciò a
calare lentamente a picco.
Le urla di gioia e le risa della ciurma riempirono subito il silenzio
creatosi dopo l’ultimo colpo, i marinai alzarono inni di lode
al Capitano, ma lui restò impassibile a fissare attraverso
il cannocchiale il relitto che ancora bruciava.
Elizabeth notò il suo sguardo cupo: - Hai fatto
ciò che dovevi. È la legge del mare –
lo confortò sfiorandogli il braccio destro.
- O noi o loro. Lo so – proferì Will a denti
stretti. Poi scese tra i suoi e riprese a dare disposizioni: - Nostromo
Turner: fate una lista dei danni e consegnatela al primo ufficiale
– Sputafuoco annuì e si mise celermente
all’opera.
- Penrod: ci sono feriti? – interpellò poi il
medico che era appena comparso sul ponte.
- A parte voi, signore? – rispose l’uomo, notando
subito il sangue incrostato sul suo volto, lui non ripose a
quell’osservazione, al che il dottore gli
riferì:– Nessuno è grave, si sono
beccati solo qualche scheggia.
- Controlla meglio e provvedi a medicarli – gli
ordinò spiccio Will – Mollate tutti gli ormeggi.
Mi servono dei volontari, bisogna controllare se ci sono dei
sopravvissuti. Preparate le scialuppe – stabilì
velocemente.
- Così finiamo di accopparli! – esclamò
Clanker, lisciando i pugnali e scambiando un sogghigno soddisfatto con
Finnegan.
I pirati si mossero in fretta trovando ognuno un compito da svolgere,
autonomamente o sotto suggerimento del vice Capitano. Anche mastro
Gibbs cercò di darsi da fare per non essere criticato,
impensierendosi un po’ nel non trovare traccia del suo
compare di lungo corso.
Nel frattempo, poco più distanti dallo strepito della
ciurma, Jack e Jim, che avevano sbirciato tutto standosene ben al
riparo, prima di rischiare di essere dati per dispersi o peggio di
essere scoperti, quasi di comune accordo uscirono cautamente dal loro
nascondiglio.
- Papà sei stato fantastico! – urlò
entusiasta il bambino, volando incontro al Capitano e abbracciandolo.
Lui rispose al gesto d’affetto incassando con un
po’ d’imbarazzo quello spontaneo complimento
– Come ti è venuto in mente? –
domandò poi il bambino guardandolo con grande ammirazione
negli occhi nocciola come i suoi.
- Chiedi a tua madre – gli consigliò lui traendosi
d’impaccio, indicandogliela mentre la donna si era avvicinata
– Ti lascio il comando. Torneremo presto – le
garantì senza darle il tempo di replicare, e così
dicendo salì a bordo di una delle lance insieme a cinque dei
suoi.
- Avete visto che forza, mio padre! – esclamò Jim
all’indirizzo di Sparrow che se ne stava pensoso appoggiato
al parapetto.
Il pirata non trattenne una piccola smorfia, ma finse di non sentirlo e
cominciò a passeggiare flemmaticamente tra la folla dei
marinai indaffarati a mettere ordine.
Il bambino, un po’ deluso dalla sua mancata reazione,
restò ad aspettare il ritorno del genitore, standosene
seduto sulle scalette del castello di prua, a giochicchiare con un
rocchetto per ingannare l’attesa.
Il Capitano Turner ricomparve quasi un’ora più
tardi. Una volta issata a bordo la scialuppa, tutti guardavano con
curiosità le espressioni degli arrivati tentando di
indovinare qualcosa e infine fu proprio lui a parlare: - Ce
n’erano cinque ancora vivi.
- Erano? – si fece avanti Jack, con una voce alterata che
manifestava il suo grande desiderio di conoscere più
dettagli.
- Si sono tagliati la gola – riferì uno dei
marinai crudamente, mentre Will abbassò il capo turbato, i
pugni stretti lungo i fianchi mentre camminava verso il centro della
coperta.
- Perché? – domandò Elizabeth
sbalordita, accostandosi al marito.
- Per vergogna o per non parlare, signora –
ipotizzò il marinaio che aveva risposto prima.
- Uno di loro però siamo riusciti a farlo confessare prima
che si affondasse un pugnale nello stomaco – riprese a
raccontare Will con sconcerto e rabbia crescenti – Ha detto
che erano in cerca del rinnegato – sostenne piantando con
collera gli occhi in quelli di Jack. – Tu non li conoscevi,
vero?
Sparrow ebbe un lieve sussulto: - Perché me lo chiedi?
– lo interrogò stizzito, alzando le braccia mentre
veniva accerchiato da alcuni uomini dell’Olandese.
Il Capitano fece cenno loro di lasciarlo a lui: - Perché uno
di quei tizi che erano a Port Royal ti ha chiamato allo stesso modo!
– inveì estraendo inaspettatamente la sciabola,
sotto i volti sorpresi e allo stesso tempo eccitati dei presenti.
Jack, abbandonata la facciata di vittima inconsapevole, mise a sua
volta mano all’elsa e gli puntò contro la sua
spada. Attorno a loro si fece spazio per lasciarli duellare e
l’aria divenne densa di eccitazione.
- Wow! – bisbigliò Jim, affascinato dalla
possibilità di assistere ad un combattimento.
- Smettetela! – li rimproverò inutilmente pochi
secondi dopo Elizabeth, trattenendo dietro di sé il
figlioletto che voleva guardare più da vicino
l’imminente duello.
I due ex alleati si studiavano scambiandosi occhiate di fuoco, le loro
lame, coinvolte in quella specie di balletto, scontrandosi sembrava
emettessero scintille, ma era chiaro dalle loro ripetute finte che non
si sarebbero spinti a ferirsi.
- Fammi scendere e dimentica questa storia! – lo
sbeffeggiò Jack, rispondendo con un montante dopo che ebbe
mancato un affondo.
- No! Finché non mi avrai raccontato tutta la
verità! – si oppose determinato Will, alternando
un colpo di taglio e uno di punta che Sparrow seppe parare con
abilità.
- Siamo pari. Non intendo più essere in debito con te!
– pronunciò con fermezza il filibustiere, tornando
ad attaccare l’avversario.
Mentre l’acciaio risuonava, i duellanti si muovevano in
cerchio cambiando di continuo posizione per scansare le travi e le
grate sulla tolda, fino a quando Will si fermò abbassando la
spada, gli occhi fissi dietro di Jack il quale si fermò
ugualmente intontito, volgendo la testa nella stessa direzione.
- È il terzo tramonto – sussurrò Turner
con amarezza. Un sole rosso fuoco sembrava poggiato sulla linea
dell’orizzonte. L’uomo ripose la spada
interrompendo il duello: – Dobbiamo rimetterci in viaggio.
Salpate le ancore! – comandò ai suoi, che si
mossero non senza proteste per la fine anticipata di
quell’allettante scontro che non aveva avuto né
vincitore né vinto.
Elizabeth, invece, sospirò rasserenata, tacciando comunque
con un’occhiataccia i due irruenti pirati, che non erano
nuovi a venire alle armi per risolvere i loro conflitti.
Il marito richiamò il figlio: - Jim, vieni qui, bisogna
controllare la rotta. Ti sei concentrato? – lo
appellò dopo aver sbirciato la direzione dell’ago.
- Certo! – gli assicurò il piccolo, fissandolo un
po’ sbigottito e mostrandogli la bussola.
Will studiò per qualche secondo il quadrante, schivando il
cipiglio indisposto del bambino:
- Quarantacinque gradi nord est – comunicò poi al
timoniere che si apprestò a correggere la loro rotta,
trasmettendo l’ordine ai marinai preposti a manovrare i
pennoni.
Jack intanto era rimasto di stucco: non aveva capito
quell’improvviso mutamento di umore da parte di Turner e con
titubanza rinfoderò infine la sua spada, intercettando
l’occhiata altrettanto disorientata di Gibbs.
- Comunque non sei in debito con me, Jack – lo
informò il comandante dell’Olandese,
ricomparendogli alle spalle – Quelli volevano rapirti, non
ucciderti – aggiunse sfuggente, passandogli davanti.
- Rapirmi?! – replicò confuso e adirato il
filibustiere, non riuscendo a muovere un tendine per lo
scombussolamento.
- Ora ho da fare – si limitò a rispondergli il
Capitano dirigendosi in cabina di comando, facendogli intendere che ne
avrebbero riparlato più approfonditamente in un altro
momento.
Jack Sparrow cominciò a pensare che, dopo tutti quegli anni
trascorsi sul fondo dell’oceano, l’ex fabbro fosse
diventato davvero strampalato.
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Capitolo 11 *** Capitolo 10: Chiarimenti e tradimenti ***
Capitolo
10: Chiarimenti e tradimenti
Un vento fresco e asciutto gonfiava le vele dell’Olandese
Volante, che solcava le placide onde della notte lasciando dietro di
sé una scia di schiuma bianca ampia e dritta.
Le prime stelle facevano capolino tra le nuvole grigie che ricoprivano
il cielo blu scuro e una luna rossa a forma di falce che pareva
sorridere beffarda.
L’insonne Jack Sparrow, consumato forzatamente il frugale
pasto servito per la cena, era risalito sul ponte di coperta e,
percorrendolo più volte da prua a poppa, aveva quasi perso
la cognizione del tempo.
Quella nave era così silenziosa, sembrava come avvolta da un
incantesimo, e forse lo era.
Oltretutto gli pareva che le sue tante sculture, un po’
fantastiche, un po’ antropomorfe, spiassero ogni suo
movimento e scandagliassero il suo animo.
- Immagino tu sia ancora in giro perché sei disposto parlare
– l’accento misurato di Will subentrò ai
suoi passi, al tintinnio degli anelli con cui stava giochicchiando e al
russare di Gibbs che, anziché fargli compagnia, si era
appisolato come un sacco di patate, con la schiena appoggiata
all’albero maestro.
- Idem per te – gli rispose neutrale, compiendo un mezzo giro
nella sua direzione.
Turner si diresse verso le scalette del timone e lui lo
seguì cogliendo l’invito. Si prospettava un nuovo
scontro, senza armi fisiche presumibilmente.
“Bene, ferisce
più la spada”, meditò con
un sogghigno scaltro Sparrow.
- Allora? – lo riscosse il Capitano Turner, notando che era
sovrappensiero.
- Allora? – pronunciò di rimando il filibustiere,
ma quello continuava a tacere aspettandosi che fosse lui a cominciare
– Va bene, inizio io – accolse il suggerimento
– Come vanno le ferite? – lo interrogò
con tono subdolo assottigliando gli occhi.
- Le ferite?! – esclamò spiazzato Will, tentando
di nascondere l’inquietudine suscitata da
quell’insinuazione con un colpetto di finta tosse, mentre
congedava il timoniere.
Jack avanzò verso di lui con spavalderia: - Si dia il caso
che io sia un attento osservatore – si vantò,
mentre Turner si mostrava intento a governare il timone – La
schiena, la spalla, … il naso – elencò
allusivo, indicando con la mano ogni parte menzionata e canzonandolo.
Will stette in silenzio, ma poi su di lui il senso colpa ebbe la
meglio: - Non dire nulla a Jim ed Elizabeth! – lo
scongiurò, pur mantenendo un tono che sapeva velatamente di
minaccia.
Sparrow non si scompose: - È una maledizione, compare!
– infierì con malevola ironia.
- Non ne siamo ancora sicuri! – ribatté Will con
poca convinzione, passandosi un palmo sul viso contrito.
- Tu no, ma io sì! – replicò Sparrow,
con un sorriso fuori luogo che fece innervosire ulteriormente il suo
interlocutore.
- Perché ti chiamano “il rinnegato”?
– bastò quella domanda a bruciapelo
perché quel pirata sbruffone cambiasse espressione, serrando
la bocca e schivando il suo sguardo indiscreto.
- Certi soprannomi non te li scrolli più di dosso
– asserì Jack senza guardarlo, con un accento
rassegnato e sarcastico – Sono stato uno dei primi pirati a
rinnegare l’amnistia del re qualche anno fa –
dichiarò con incallito orgoglio.
Il Capitano dell’Olandese valutò
quell’altra informazione: - Ma non l’unico
– confutò perspicace, non credendo che
quell’atto fosse stato sufficiente a fargli guadagnare un
simile appellativo.
- Perché sei convinto che volessero rapirmi? –
deviò l’argomento Sparrow, tornando a scrutarlo
con un’ombra scura sul volto, cominciando a dubitare di
sé stesso.
- Ricordi il proiettile con il sonnifero? – gli
rammentò Turner – Quale altro valore potrebbe
avere?
- Uhm – confermò quello muovendo lievemente la
testa su e giù – Non volevano uccidere neanche te,
comunque – constatò dopo una breve riflessione
– Avrebbero mirato da subito allo scafo, altrimenti.
Will meditò su quelle parole e concluse che quindi dovesse
essere Jack l’obiettivo, ma l’imprevedibile pirata
lo sorprese di nuovo.
- E se fossi tu “il
rinnegato”? La maledizione era prevista
nell’accordo con la malefica dea? –
incalzò curioso, mostrandosi impaziente e interessato, oltre
che del tutto privo di tatto.
Il comandante aggrottò la fronte, rimuginando silenzioso: -
No! – alzò la voce poi, per dare
l’impressione di essere più che sicuro –
Credo che sia solamente un accorgimento per ricordarmi ciò
che le devo. Per evitare che io fugga – affermò
scrollando le spalle e rasserenandosi.
- Oh, tu la conosci bene Calypso, certo! – seguitò
a stuzzicarlo Sparrow – Però hai rinnegato
l’immortalità che ti aveva proposto! –
gli fece notare, assumendo un tono accusatorio rafforzato
dall’indice puntato contro di lui.
Will afferrò la mano del filibustiere e la
abbassò con decisione: - Mi fai solo confondere! Piantala!
– contestò mantenendo con forza la presa.
Jack digrignò i denti per soffocare un piccolo verso di
collera, poi i suoi occhi cambiarono espressione facendosi furbi e
sorridenti: - Toh! Guarda chi c’è! La signora
Turner! – proferì tutto festante guardando dietro
le spalle del rivale.
Capitan Turner allentò la stretta e si raddrizzò
voltandosi anche lui verso la donna.
Jack dondolò verso Elizabeth, sorridendole affabilmente: -
Tuo marito sragiona! Sarà che non è
più abituato a tutta questa azione! – le
enunciò quasi indignato – Pensaci tu –
le consigliò dandole una leggera pacca sulla spalla come per
farle coraggio – I miei ossequi – salutò
poi entrambi facendo un mezzo inchino, accompagnato da un enfatico
gesto del braccio e filando via, seguito da Gibbs che si era nel
frattempo svegliato.
- Non avevo ancora finito! – esplose snervato Will, dopo che
il pirata lasciò il castello di prua.
- Che succede?! – Elizabeth sbatté le palpebre un
paio di volte, ancora scombussolata dalle ambigue frasi di Sparrow.
- Parla sempre a metà! – sbuffò il
marito, battendo un pugno sul corrimano delle scalette – Lo
detesto! – aggiunse nervoso tornando al timone.
La consorte gli sfiorò i capelli con le dita e solo allora
lui si soffermò a guardarla restando stordito dalla sua
semplice bellezza illuminata dalla tenue luce delle lampade a olio.
Indossava soltanto un paio di pantaloni scuri e una leggera camicia
merlettata, e i capelli sciolti e ondulati le incorniciavano il viso
già colorito per il sole preso negli ultimi giorni.
- Cosa c’è? – domandò la
giovane donna, vedendosi osservata con insistenza, portandosi una
ciocca dorata dietro l’orecchio.
- Nulla – le assicurò lui, rendendosi conto di
essere rimasto a contemplarla per alcuni secondi come se
l’avesse vista per la prima volta.
- Non venivi più e cominciavo ad essere un po’ in
pensiero – riprese a chiarirsi Elizabeth, restandogli al
fianco ma ad una certa distanza. – Volevo sincerarmi che
fosse tutto a posto – gli confidò con una punta
d’ansia.
- Mi dispiace, ma una parola tirava l’altra e non mi sono
accorto del tempo che passava – si discolpò
colpevolmente Will.
Ad Elizabeth il suo disagio parve eccessivo: - La conversazione
è stata proficua? – gli domandò con
tono premuroso.
- Lo sai com’è Jack. Non mi ha detto
sostanzialmente niente! – le riferì lui, ancora
agitato per il disappunto – Comunque credo che Barbossa gli
abbia rubato sia la Perla che le carte. Speriamo di trovarlo presto
– concluse con un sospiro, tornando a esaminare la bussola
legata vicino al timone per raddrizzare la rotta. – Jim?
– si preoccupò poi.
- Sta dormendo – lo informò la moglie –
Non fa che parlare di te, sei riuscito a conquistarlo! –
affermò contenta – Sei diventato un ottimo
Capitano e un ottimo padre – sostenne piena di ammirazione,
incollando i suoi occhi al viso di Will che continuava a guardare
davanti a sé e pensava lo facesse per ritrosia, ignorando
che il rimorso lo stava consumando.
- E … in quanto a marito? – abbozzò
lui, girando la testa con espressione tra la preoccupata e la
incuriosita.
La piratessa sorrise: - Hai detto che non dobbiamo parlare delle nostre
questioni sopra coperta – gli ricordò indulgente,
come se rimproverasse un bambino.
Il Capitano Turner tolse le mani dal timone e fece un passo verso la
moglie con un sorriso malizioso: - Ma i pirati infrangono sempre le
regole – sussurrò con voce accattivante.
Lei gli rispose a tono: - Allora, vuoi la verità?
– lo provocò senza sfiorarlo, lui annuì
mantenendo le labbra inarcate – Potresti impegnarti di
più – ammise assumendo un finto broncio e
incrociando le braccia.
In un attimo Will curvò il viso su di lei e
s’impossessò della sua bocca con
avidità, venendo corrisposto con lo stesso fervore. Ma,
mentre sentiva il suo caldo profumo avvolgersi attorno al suo corpo e
iniziava a baciarle il collo, la sua mente era tormentata
dall’idea che la stava tradendo e si odiava per
ciò. Perché doveva soffrire per causa sua?
- Will – ansimò Elizabeth contro il suo orecchio,
notando la sua insicurezza – Qualcuno potrebbe vederci
– sostenne fissandolo negli occhi, convinta di aver capito
perché si fosse interrotto. Per tutta risposta
l’uomo le rivolse un sorriso provocante e, sollevandola, la
fece sedere sulla balaustra vicino al timone, ricongiungendo le loro
braccia e le loro labbra.
Quando la donna in un fremito gli avvitò le gambe attorno ai
fianchi, lui ebbe come un rantolo e sussultò.
Lei lo scrutò intimorita: - Ogni volta è come la
prima – cercò di giustificarsi Will.
La moglie emise una dolce risata cristallina e lo riavvicinò
a sé afferrandolo per i lembi della camicia. Le fitte non
passavano ma lui si convinse egoisticamente di dover rimandare quella
confessione, temendo una reazione da parte dell’amata
piuttosto dura. D’altronde era pure vero che
l’intimità con lei era qualcosa a cui era ancora
poco abituato, ma che in quel momento desiderava con tutto se stesso,
per placare i suoi tormenti.
Jack, Gibbs e Sputafuoco dividevano la stessa cabina
dall’inizio del viaggio. Quella notte, però, a
loro si aggiunse prepotentemente un altro inquilino.
Jack aveva il sonno più leggero di tutti e fu il primo a
sentire bussare.
Svogliatamente scivolò dalla branda e andò ad
aprire: - Posso restare qui con voi, stanotte?
A presentarsi era stato il piccolo Turner.
Sparrow era troppo insonnolito per mettersi a discutere e il bambino si
intrufolò prima ancora di ricevere il permesso. In quel
mentre anche Gibbs e Bill si destarono: - Ciao, Jimmy! –
esclamarono in coro con un’allegria e un’indulgenza
che infastidirono il loro amico.
- Nonno, non ti arrabbi se dormo con voi? – chiese con voce
patetica il ragazzino.
- Certo che no! – acconsentì bonariamente quello,
sollevandosi dal giaciglio per farlo sistemare al suo posto,
adoperandosi ad agganciare per sé un’altra branda
al soffitto.
- Che ci fai qui?! – gli intimò aspramente Jack,
oramai completamente sveglio.
- Ho avuto un incubo – dichiarò il bambino,
continuando ad esprimersi con cadenza flebile e commovente, ma il
ghigno di irritazione non scomparve dal volto del pirata con la bandana
rossa, che si sentiva formicolare tutto come gli avessero gettato
addosso una medusa.
Gli altri due uomini, invece, in preda all’intenerimento, gli
chiesero con gentilezza di raccontarlo e lo consolarono con le solite
frasi fatte.
Jack si gettò contrariato sulla branda, coprendosi la faccia
con un cuscino per attutire il suono di quell’insopportabile
chiacchiericcio.
- Lo hai già detto ai tuoi genitori che resti a dormire qui?
– domandò Sputafuoco, prima di spegnere la candela.
- Io quando mi sono svegliato non c’erano, così
sono uscito a cercarli sul ponte e … – il nipotino
si bloccò imbarazzato, distogliendo le pupille sulla porta.
Gli uomini lo invitarono a continuare e nello stesso tempo anche
Sparrow rialzò il capo incuriosito dal suo titubare: - E
… ?
- Loro si stavano … - tentennò ancora Jim,
grattandosi la nuca.
Jack gettò un urlo, saltando su agitato: - Si stavano
ammazzando?!
- No! – rispose offeso il bambino –
Tutt’altro. Erano occupati a baciarsi, ma in modo molto strano –
chiarì imbronciandosi e schivando le loro espressioni
interrogative.
I tre pirati si guardarono in faccia impacciati, poi Sparrow
scrollò le treccine e di slancio si mise seduto accanto al
piccolo Turner: - Figliolo – esordì spavaldo
gesticolando – lascia che zio Jack ti spieghi un paio di cose
...
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Capitolo 12 *** Capitolo 11: Un piano (quasi) perfetto ***
Capitolo
11: Un piano (quasi) perfetto
Delle nocche ansiose picchiavano con moderata urgenza sulla porta di
legno poco spessa, facendone cigolare gli usurati cardini.
- Gibbs! – chiamò Jack a mezza voce, scuotendo
malamente l’amico – Vai ad aprire! – gli
ordinò disturbato – Qui dormiamo tutti –
bofonchiò risistemandosi sulla branda, sebbene fossero
passati soltanto una manciata di minuti da che avevano spento quasi
tutte le candele.
Il maturo filibustiere si passò un palmo sul volto
stropicciato e sbadigliando trascinò i passi fino
all’uscio: - Oh, Capitano Turner. In cosa posso aiutarvi?
– biascicò lentamente, distinguendo appena la sua
figura tra le palpebre impastate.
- Io ed Elizabeth non riusciamo a trovare Jim, lo abbiamo cercato
ovunque e ci chiedevamo se per caso fosse venuto qui da voi –
gli spiegò l’uomo con tono speranzoso, allungando
il collo all’interno della cabina.
- Ah, sì. Vostro figlio è qui! – lo
rassicurò Gibbs, camuffando con una smorfia un secondo
sbadiglio – Ci ha detto che ha fatto un brutto sogno,
poverino, e trovandosi solo ha attraversato il corridoio e …
- s’interruppe, schiudendo di più la porta e
indicando con un cenno del mento il lettino in cui si trovava il
piccolo ricercato.
Will trasse un sospiro di sollievo, per poi tergiversare: - Se vi
disturba noi …
- Quale disturbo! – negò il marinaio, sgranando
gli occhi in maniera innaturale – Dorme come un angioletto!
Andate pure! – lo esortò allegramente.
- Buona notte, allora – gli augurò il Capitano
Turner, muovendosi dalla soglia dopo qualche secondo
d’indecisione.
- Notte! – sorrise bonariamente il vecchio lupo di mare,
accostando adagio la porta e riavviandosi tentoni alla sua amaca.
Una delle cuccette ebbe un sobbalzo: - Grazie! –
saltò su Jim, volgendosi verso di lui.
- Figurati! – gli rispose Jack scocciato – Ora
dormi, però! – lo minacciò aspro e il
bambino stranamente calò la testa ubbidiente, ristendendosi
e coprendosi.
- Mastro Gibbs – bisbigliò poi elusivo, prima che
il socio si rimettesse a poltrire, inducendolo ad avvicinarsi
– Quando il marmocchio crolla, scatta la fase due
– gli comunicò enigmaticamente.
L’amico annuì, ma un istante dopo
balbettò, come cadendo dalle nuvole: - Fase due?!
- Ti avverto io – lo ammonì sbrigativo Sparrow,
scuotendo le mani per allontanarlo da sé.
- Qual è stata la fase uno, scusa? –
tornò a chiedere Joshamee confuso più che mai,
prima di coricarsi sul rettangolo di tela.
- Shh! – fu la risposta secca e intimidatoria di Jack, al che
il bucaniere si rassegnò a non fare ulteriori domande e a
cercare di riposare, almeno fino ad sue nuove disposizioni.
- Scusami Will. Sono diventata esageratamente apprensiva! –
ammise Elizabeth lasciandosi cadere sul letto, dopo che il marito le
ebbe raccontato dove aveva ritrovato Jim.
I due, obbligati a scendere sottocoperta per l’arrivo del
timoniere assegnato quella notte, avevano cercato il figlio in ogni
angolo della nave e la donna si era già sentita in colpa per
averlo lasciato solo, preoccupandosi che, curioso e spericolato
com’era, andando in esplorazione di quell’immenso
vascello si fosse cacciato in qualche incidente.
- Ai miei occhi sei solamente una madre prudente e affettuosa
– affermò Will amorevolmente, sbottonandosi la
giacca e riponendola su un gancio.
La consorte si morsicò un labbro: - Il che equivale a
noiosa! – continuò a commiserarsi, sfilandosi gli
stivali e gettandoli via nervosamente.
- È naturale: lo ami e vorresti che non gli accadesse mai
niente di brutto – obiettò pacato lui slacciandosi
la cintura, pensando inevitabilmente alla sua situazione, mentre lei se
ne stava seduta sul talamo con la schiena appoggiata alla spalliera e
le braccia strette attorno al petto, tentando ancora di calmarsi.
– Ma, per quanto ho avuto modo di conoscerlo in questi pochi
giorni, ho capito che Jim è un bambino sveglio e
responsabile e che ti vuole un mondo di bene –
continuò a rassicurarla, accomodandosi al suo fianco
– Anche se è pure vero che ha sangue pirata nelle
vene, questo non dobbiamo dimenticarlo – le fece notare,
baciandole lievemente la tempia sinistra.
Lei lo guardò storto: – Così mi fai
preoccupare di nuovo.
Will sorrise: - Ha il tuo stesso spirito sognatore, avventuroso e
ribelle – sostenne guardandola con sconfinato amore.
- Insomma: ha preso il mio lato peggiore? – lo
interrogò lei, fingendosi corrucciata.
L’uomo scosse la testa: - Il tuo lato più
affascinante – dichiarò con tono seducente, prima
di baciarla con passione e lasciarsi cadere con lei sul cuscino.
- Alzati! Fase due!
– sussurrò Jack a Gibbs nell’orecchio,
strattonandolo per una spalla.
L’amico di lunga data, pur borbottando, obbedì,
sollevandosi rumorosamente dalla branda e ricevendo il rimprovero del
compare, già sgattaiolato con fare lesto e furtivo
all’esterno.
Una volta assicuratosi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze,
Sparrow si diresse a grandi passi verso la cabina sita a poppa
intimando al compagno: - Coprimi!
Il pirata lo frenò, agguantandolo per un braccio: - Ma cosa
devi fare esattamente?
Jack scansò la sua mano: - Sbirciare nella cabina del
Capitano – gli riferì spazientito - È
lecito?
- No! – pronunciò di rimando Joshamee –
Cioè … sì? Ma fa presto! –
lo incitò timoroso, appiattendosi contro una parete. L'ex
Capitano uscì dopo soli cinque minuti: – Hai
trovato niente di interessante? – gli domandò
subito con curiosità.
Le labbra del filibustiere si arricciarono: - Carte e cartacce. Non
c’è neanche un diario di bordo! –
sbottò sdegnato.
- Probabilmente lo tiene nella cabina che divide con la moglie
… – constatò ragionevole Gibbs.
- Ah, lì non ci entro! – squittì Jack,
scuotendosi tutto – Comunque, per colpa
dell’attacco della Locusta
ci siamo allontanati da possibili approdi che ci avrebbero fatto comodo
– lo informò deluso, mordicchiandosi
un’unghia annerita.
- Potresti tentare di cambiare la rotta – gli
suggerì il compare, entrando in sintonia con il suo occulto
tramare.
- Come?! – scandì inasprito Sparrow, facendolo
sentire stupido – Lo sai dove tiene la bussola il caro
capitan Turner? Attaccata al timone! E nessuno di quei tagliagole mi ci
farà avvicinare!
- Per quale motivo voi due gironzolate da queste parti a
quest’ora della notte? – li sorprese nel mentre un
marinaio dell’Olandese, facendo scattare il caricatore della
pistola.
Era Clanker, un uomo alto e robusto con i capelli crespi e fulvi e dei
lineamenti irregolari che rendevano la sua espressione particolarmente
torva.
- Eravamo in cerca … - abbozzò Gibbs, nascondendo
con una risatina l’improvviso batticuore.
- … di un bicchiere d’acqua –
completò la frase Jack, rendendosi conto immediatamente
dell’assurdità di quell’affermazione.
Il marinaio non risparmiò loro uno sguardo sospettoso:-
Seguitemi – ringhiò bieco, conducendoli un piano
sotto. I due pirati non disdegnarono di bere un boccale ciascuno,
ritrovandosi con la gola improvvisamente prosciugata dalla tensione.
- Devo dirvi una cosa – cominciò a parlare il
minaccioso bucaniere, mentre sorseggiavano il secondo boccale
– Il Capitano Turner è un uomo magnanimo e
clemente e potrà pure chiudere un occhio con voi due, ma se
noi dovessimo scoprire che in qualche modo lo state tradendo, o che ci
state imbrogliando, non saremo altrettanto caritatevoli – li
mise in guardia, aprendo la giacca per mostrare loro la
quantità di pistole e coltellacci che portava con
sé.
- È da tanto tempo che non ci divertiamo come si deve a
scannare qualcuno! – gli fece eco un altro della ciurma che
si trovava lì, scagliando un pugnale aguzzo che
andò a conficcarsi su un tavolo e sghignazzando per la loro
reazione intimorita.
- Recepito – si limitò a rispondere Jack con
imperturbabilità, e così dicendo, li
salutò e assieme a Gibbs filò dritto in cabina,
accompagnato dalle risate sguaiate e ostili della ciurma.
- Il mio piano è: tutti contro tutti e nessuno contro di me,
comprendi? – rivelò poi Sparrow al compare, prima
di coricarsi senza aggiungere altri dettagli sul come intendesse
procedere per portare avanti quel proposito.
L’indomani mattina era un’altra giornata afosa e
soleggiata, il mare aveva poche increspature e una brezza calda
soffiava con continuità conferendo all’Olandese
Volante una buona velocità.
Tuttavia Jack non poté fare a meno di notare che Will era di
cattivo umore, oltre a sembrare alquanto indolenzito.
- Stai a guardare Gibbs: fase
tre! – proferì euforico dandogli una
gomitata, per poi incamminarsi verso il Capitano Turner che era intento
a discutere con alcuni dei suoi uomini.
- Che aspetto orribile, William! – esordì
canzonatorio, quando gli altri si furono allontanati lasciandolo da
solo vicino a prua.
- Non ho chiuso occhio, stanotte – si voltò
quello, passandosi una mano sulla faccia sbattuta e appoggiandosi al
parapetto come senza forze.
Jack rise sotto i baffi, torcendosi le treccine del pizzetto: - Lo
immagino – mormorò ammiccante.
Will strabuzzò, pensando di aver capito male: lui ed
Elizabeth la sera prima avevano trasgredito forse con eccessiva
imprudenza, ma si erano fermati prima che la loro posizione potesse
diventare compromettente.
– Uhm? – mugugnò il pirata in risposta
al suo muto interrogativo, atteggiandosi incurante.
Will allora tornò a ignorarlo e ad osservare il luminoso
orizzonte che si stagliava davanti a loro, inspirando a fondo
l’aria salmastra.
- Di’, si è accorta anche lei della maledizione?
– insinuò sagace Sparrow, fissandosi le dita.
Il comandante lo trafisse con lo sguardo, poi, scrutandosi attorno, si
accertò che nessuno potesse origliare quella spinosa
discussione: - No. Ma io non ci ho dormito lo stesso – gli
confessò intristito.
Il filibustiere annuì, accennando un tono insolitamente
serioso: - Forse dovevi dirglielo – gli consigliò,
con una nota di rimprovero.
- Da quando ti fai i fatti miei? – gli rinfacciò
il giovane Capitano in un moto di rabbia, alzando involontariamente la
voce – Scusami, sono … stanco –
mormorò con gli occhi gonfi, serrando i denti e stringendo
le dita sulla balaustra scheggiata.
- In momenti come questo, quello che ci vorrebbe è una bella
bottiglia di rum! – esclamò Jack sorridendo
forzatamente – Come mai non c’è rum su
questa barcaccia? – continuò a lagnarsi, sentendo
il bisogno di sdrammatizzare i toni quella conversazione divenuta
più angosciosa di quanto non avesse voluto.
- Né io né i miei uomini ne beviamo –
asserì Will guardandolo storto, lui
s’indignò come se avesse udito una bestemmia:
– Che virtuosi! – se ne uscì con accento
denigratorio.
- Lo sai, non è facile trovarne nelle terre dei morti!
Turner sembrava aver riacquistato il solito piglio contestatore e
irritabile che aveva sempre avuto nei suoi confronti, cosa che lo
divertiva parecchio.
Per cui, con falso candore, Jack riprese: - Eppure a tua moglie non
dispiace …
Will gli lanciò un’occhiataccia tra
l’incredulo e l’adirato: - A me non risulta
– confutò la sua insinuazione, raddrizzandosi e
piantando le mani sui fianchi.
- Ci siamo fatti un paio di bevute in passato … -
raccontò il pirata con aria compiaciuta, il volto di Turner
si faceva sempre più incandescente, mentre la sua bocca e le
sue mani si contorcevano, senza che riuscisse ad articolare con la
prima una frase di senso compiuto e con le seconde un qualche gesto
minatorio.
- Non sarai geloso, amico! – lo sbeffeggiò Jack
facendo un passo indietro – Sì, la tua Elizabeth
è bella, intelligente, in gamba e tutto quello che vuoi
– proseguì mettendo le mani avanti – Ma
non porta altro che guai! – concluse con risentimento,
alterandosi in una boccaccia.
- Ciao papà! Buongiorno signor Sparrow! –
arrivò nel contempo Jim, frapponendosi a loro.
- L’ultimo dei quali è questo qui! – lo
additò irritato Sparrow, senza che il bambino capisse quale
fossero le colpe di cui lo stava accusando. Gli era parso che avesse
cominciato a diventare meno ostile nei suoi riguardi e che potessero
continuare a legare.
- “Questo qui”
è mio figlio. Perciò portagli rispetto!
– lo ammonì Will sospirando e diventando meno
paonazzo, il ragazzino sorrise soddisfatto mentre Jack
scrollò le spalle e si allontanò indignato,
tacciandoli con una smorfia.
- Hai dormito bene? – domandò il Capitano al suo
erede, suggerendogli di trascurare le volubili reazioni di quello
strambo pirata.
Il bambino si grattò la nuca, aspettandosi qualche paternale
per aver fatto impensierire lui e sua madre: - Sì, grazie.
- Hai già indicato la rotta al timoniere? – si
informò Will, non sembrando invece incline ad accennare ai
fatti della notte precedente.
Jim si rilassò: - Certo. Segna nord ovest –
rispose pronto – Non sei arrabbiato con me? – lo
riscosse in seguito, vedendolo nervoso e un po’ teso.
- Tu dovresti esserlo con me – sostenne il padre, distendendo
le labbra in un rassicurante sorriso – Avrei dovuto capirlo
che avevi bisogno di una stanza tua, come ce l’avevi a casa.
Provvederò al più presto a procurartela
– gli promise solennemente.
- Ma poi potrò venire a dormire comunque con voi, se voglio?
– richiese timidamente il bambino, scostandosi i capelli che
il vento gli appiccicava al naso.
- Certamente – gli giurò suo padre, sfiorandogli
una guancia con un buffetto - Aspetta, io e te abbiamo un altro
discorso in sospeso – lo fermò prima che corresse
da un’altra parte – Hai deciso quale
dovrà essere il tuo incarico a bordo
dell’Olandese? – gli parlò chinandosi su
di lui e sistemandogli il piccolo tricorno.
- Sì, ho scelto – affermò sicuro Jim,
le gote arrossate dalla trepidazione.
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Capitolo 13 *** Capitolo 12: La visione ***
Capitolo
12: La visione
Elizabeth comparve sopra coperta con il sorriso sulle
labbra e i suoi occhi innamorati si misero subito in cerca del volto
dell’amato tra la folla di uomini indaffarati che riempivano
il ponte, correndo di qua e di là.
Ma, prima che potesse raggiungerlo, si vide venirle incontro Jack
Sparrow con la solita camminata ancheggiante e un’espressione
sorniona stampata sulla faccia: - Sei radiosa oggi, cara – la
adulò aprendo ampiamente la bocca e piegandosi in avanti,
come per eseguire un inaspettato baciamano.
- Davvero? Grazie! – si ritrasse velocemente lei sbigottita,
portando il braccio destro dietro la schiena e facendogli quasi perdere
l'equilibrio. - È merito di Will, credo. È un
uomo perfetto, sotto tutti i punti di vista – aggiunse con
tono malizioso e sguardo trasognato.
- La perfezione non esiste, tesoro – sentenziò con
astio e disappunto Jack rizzandosi – Stai attenta a non farti
troppo male quando ti sveglierai da questo bel sogno – la
avvertì serio e sibillino, lisciandosi le treccine del
pizzetto e poi volgendole le spalle.
La giovane donna per un attimo si soffermò a riflettere su
quelle parole e la sua sfolgorante felicità si spense
assieme al suo sorriso. In effetti, non si era mai sentita tanto amata
quanto la notte precedente. Will aveva saputo confortarla, coccolarla,
deliziarla, con dolcezza, sensibilità, calore. Eppure aveva
avuto l’impressione ci fosse qualcosa di impercettibilmente
diverso in lui. Lo aveva avvertito toccando la sua pelle, sprofondando
nei suoi occhi, leggendo nella vibrazione della sua voce.
- Tu sai qualcosa su Will che io dovrei sapere? – le fu
inevitabile chiedere a Jack, nonostante si fosse ripromessa di riporre
assoluta fiducia nel suo ritrovato consorte.
- No! Assolutamente no! Che vuoi che debba sapere?! – si
punzecchiò lui muovendo le pupille a destra e a sinistra e
gesticolando. – E poi fra voi due non ci sono segreti,
giusto? – la provocò ambiguamente e lei scosse la
testa imprimendosi un sorriso stringato.
Per niente rassicurata, preferì troncare quella vischiosa
conversazione con l’intenzione di discuterne direttamente con
Will.
- Hai visto Jim? – domandò allora al pirata che le
era rimasto accanto e si dondolava sulle gambe, come se fosse in attesa
di qualcosa.
- È quello lì, se non erro – rispose
distrattamente lui, inoltrando una sfuggente occhiata in direzione
della coffa di prua.
- Non ci posso credere! – si stupì la donna, non
appena ebbe messo a fuoco la piccola figura arrampicata in alto sulle
sartie – In meno di una settimana è diventato una
vedetta! – opinò alterata e preoccupata, i tendini
rigidi.
- Che c’è di strano? In questa famiglia saltate
tutti quanti le tappe! – sbottò Jack con stizza,
andandole dietro mentre lei si dirigeva in prossimità
dell’albero su cui era appollaiato il figlio – Tu
sei diventata regina della Fratellanza per un solo voto, tuo marito
Capitano dell’Olandese solo per aver pugnalato un cuore
… - le ricordò facendo la conta con le dita.
- Vorresti dire che c’entri tu anche in questo caso?
– si voltò lei nervosa ed esacerbata per gli
esempi da lui riportati.
La bocca di Jack si schiuse: - Veramente è stato tuo marito,
in questo caso! – replicò dopo un attimo di
smarrimento – Mandare un ragazzino a rischiare di rompersi il
collo lassù in cima! E senza consultarti! –
continuò biasimando la condotta di Will, con
l’intento di trasmettere anche ad Elizabeth un sentimento di
disapprovazione.
- Ora mi sente! – digrignò i denti la donna,
scorgendo il compagno che la salutava con un cenno da lontano
– Jim! Scendi subito! – urlò una volta
arrivata sotto la coffa.
- Arrivo! – gridò a sua volta il bambino,
affidandosi ad una cima per calare sul ponte con un salto acrobatico
che lasciò tutti a bocca aperta e rese ancora più
agitata sua madre – Hai visto? Papà mi ha nominato
seconda vedetta di bordo! – le raccontò sprizzante
di gioia, fingendo di non notare la sua espressione tesa.
- Non te lo meriti – lo mise a tacere Elizabeth con tono
pungente – Perché ieri sera sei sparito dalla
nostra stanza senza avvertirci? Ci hai fatto stare in pensiero! Lo sai
quanto ti abbiamo cercato io e tuo padre? – lo riprese
davanti a tutta la ciurma, alzando la voce più di quanto non
volesse e trattenendolo per la camicetta perché la
ascoltasse con attenzione senza muoversi.
Nell’animo di Jim l’umiliazione lasciò
subito spazio alla volontà di difendersi e, per quanto
volesse fare il coraggioso, le parole gli uscirono piuttosto stridule:
- Ma io ero venuto a dirvelo! – si sfogò con
irruenza, incrociando gli occhi appuntiti con quelli furenti della
madre – Sono pure salito sopra coperta … Solo che
voi stavate tubando o facendo … le vostre cose
d’amore! – disse poi tutto d’un fiato,
arricciando una smorfia di disgusto.
Elizabeth restò con gli occhi spalancati e boccheggiante,
sentendosi arrossare le guance per la vergogna, mentre tutti gli uomini
nelle vicinanze che avevano assistito alla scena si davano di gomito
non trattenendo battute salaci e risolini allusivi.
- Jim … che cosa dici?! – riuscì a
pronunciare impacciata, avendo decine di sguardi rapaci improvvisamente
puntati addosso.
- La verità! – ribatté il piccolo
spontaneamente – Non capisco perché ti sei
preoccupata tanto! Papà non mi ha detto niente. In fondo mi
avete ritrovato – continuò a parlare, acquistando
maggiore sicurezza e sfrontatezza.
- Torna al tuo lavoro, Jimmy – lo esortò la donna,
non essendosi ancora del tutto ripresa dall’imbarazzo e,
contemporaneamente, anche la ciurma ad una sua eloquente sguardata, pur
cicalando, si disperse riprendendo le sue occupazioni.
La signora Turner aspettò che il figlio recuperasse posto
sulla piccola piattaforma posta sulla sommità
dell’albero di trinchetto, seguendo con apprensione i suoi
movimenti azzardati sulle corde, e quindi si avviò sul
castello di prua.
In quel momento le giunse accanto Will: - Elizabeth! … ehm
… Luogotenente! – si corresse reimpostando
l’intonazione, dapprima troppo delicata – Avete
visto la nostra nuova vedetta? È nato per la vita di mare!
– sostenne osservando con orgoglio il figlioletto.
Lei gli sorrise forzatamente trascinandolo per un braccio poco
più lontano da orecchie indiscrete, seppure fosse ormai
tardi per i segreti.
- Will che cosa hai detto a Jim riguardo ieri notte? – lo
interrogò alzando un sopracciglio e fissandolo con
severità.
- Nulla – le assicurò lui, corrugando la fronte
perplesso, poi capì – Ha visto qualcosa?
– le chiese a bassa voce, distogliendo lo sguardo sul mare.
- Penso di sì – bisbigliò lei, convinta
e turbata. Tutti e due tornarono a guardarsi senza sapere cosa fare. Il
loro patto di separare vita privata e lavoro era già stato
infranto.
- Dovreste cercare di controllarvi in futuro! –
s’intromise di soppiatto Jack, sorprendendoli alle spalle,
mettendosi in mezzo a tutti e due, separandoli con le mani.
- Hai sentito anche tu? – balbettò Will
angosciato, girando lievemente la testa verso di lui senza incrociare i
suoi occhi, parimenti alla moglie.
- Tutti i Caraibi vi hanno sentito! – proruppe ironicamente
il pirata allargando le braccia per poi adagiarle sulle loro spalle e
fissare insistentemente ora il volto di uno ora quello
dell’altra, sogghignando di gusto mentre loro diventavano
sempre più agitati e scarlatti, restando colpevolmente tesi
e muti.
Fu Elizabeth a riacquistare per prima la capacità di
interpellarlo: - Sei stato tu a riferire a Jim quelle cose? –
sollevò il mento verso di lui, a metà tra
l’accusa e il persistente disagio.
Sparrow annuì con un sogghigno compiaciuto: - Ho usato
l’espressione più dignitosa che mi passasse per la
testa! Dovreste ringraziarmi! – affermò risentito,
riportando le braccia lungo i fianchi – Pensate se avesse
chiesto delucidazioni a mastro Gibbs …
- Ma che cosa c’entro io?! – esclamò
l’uomo appena avvicinatosi, avendo udito solo
l’ultima parte del discorso. Jack cominciò a
riassumere il tutto, con dovizia di particolari.
Will ed Elizabeth, intanto che i due pirati continuavano a
battibeccare, si scrutavano con sfiducia reciproca, senza sapere
l’uno quali sospetti sul suo conto avesse l’altra.
O meglio uno di loro lo sapeva benissimo.
- Basta così – si spazientì il Capitano
Turner – Parlerò di questa faccenda con Jim
più tardi – glissò scostandosi
bruscamente dagli altri.
- Anziché rimproverarlo lo hai premiato? – lo
richiamò la moglie, non gradendo l’eccessiva
tolleranza che il marito mostrava nei confronti delle marachelle del
figlio. Lui si strinse nelle spalle e si voltò verso di lei
pur senza aver trovato le parole giuste nella sua mente.
- È solo un bambino – tagliò corto
senza altre giustificazioni – E comunque non è
questo il posto giusto per discutere di ciò, lo sai
– aggiunse più rigidamente, dirigendosi dalla
parte opposta della nave.
La piratessa per quella volta lasciò correre, pensando di
aver già infranto parecchio quella semplice regola che si
erano imposti e non volendo essere la causa di un possibile
ammutinamento da parte di quella ciurma variegata che, con non poche
difficoltà, stava imparando a gestire e che ancora non
lesinava di scrutarla con diffidenza.
Nel pomeriggio l’Olandese Volante giunse in
prossimità di una baia delimitata da alte scogliere
ricoperte da una florida vegetazione tropicale che non lasciavano
intravedere alcun porticciolo. Nonostante ciò,
l’attenzione di tutti era al massimo livello. Quel golfo
chiuso bloccava le correnti così che la velocità
della nave andò scemando ed essa pareva quasi galleggiare
immobile sul pelo dell’acqua. Tuttavia il Capitano aveva
fiducia nella bussola controllata dalla ferma volontà del
figlio e decise di proseguire secondo la direzione indicata
dall’ago.
Jack passeggiava placidamente lungo il parapetto di tribordo, ormai
sicuro che la sua permanenza a bordo si sarebbe interrotta con
l’avvistamento di un approdo. Per questo motivo aveva
sopportato che Jim lo affiancasse nel suo girovagare, ma ad un bel
tratto, notando che il bambino imitava i suoi gesti, perse la pazienza
e lo investì con tutta la sua scontrosità: -
Cos’è, già ti sei stancato di fare la
vedetta?
- Sono stato a mangiare. Era il mio turno di riposo. Siamo tanti
sull’Olandese, ci alterniamo – lo
informò per nulla offeso il piccolo Turner, continuando a
seguirlo.
- Che vuoi?! – si voltò esasperato Jack dopo
qualche passo, bloccandosi e facendo sì che Jim sbattesse la
faccia contro di lui.
- Niente – rispose il bambino tranquillo, fissando il
campionario di talismani che gli pendevano dal cinturone –
Anzi, visto che ora siamo diventati più amici, posso
chiamarvi signor Jack? – gli domandò con vocina
gentile, allungando le dita verso un curioso ciondolo che pareva la
zampa imbalsamata di qualche uccello.
- No! – sbraitò seccamente il pirata, tirandosi
indietro e muovendo l’indice da sinistra verso destra davanti
al naso del ragazzino.
- Allora continuerò a chiamarvi signor Sparrow –
concluse Jim, rassegnato ma non arrabbiato. Jack perse definitivamente
le staffe e se ne uscì con una frase più velenosa
con lo scopo di farlo allontanare:- Capisco che nella tua solitaria
infanzia di solitudine non hai avuto un amichetto, ma ciò
non significa che debba esserlo io! Non ho cinque anni come te!
Il viso roseo e paffuto del piccolo Jim si gonfiò: - Io ne
ho quasi dieci, veramente! – protestò correndo via
offeso, mentre Sparrow sorrise tra sé appagato.
- Nave in vista! A tre quarti di babordo! – la voce della
vedetta trasudava eccitazione e contentezza.
Non si trattava di un semplice avvistamento, ma
dell’avvistamento che tutti stavano aspettando dal momento
dell’imbarco. I marinai quasi si spinsero per arrivare per
primi nel punto da cui poter osservare meglio, e in testa a tutti
c’erano Will, Jack ed Elizabeth.
Un subitaneo silenzio calò tra la ciurma non appena si fece
più nitida la sagoma del veliero che navigava qualche lega
davanti all’Olandese. Scuro come la notte senza luna, eppure
più splendente di qualunque stella per la bellezza della sua
fattura e per la sua gloriosa fama.
Elizabeth e Will notarono il velo di tristezza e rammarico che
portò via il ghigno beffardo dal volto di Sparrow: -
È come rivedere una donna che hai sempre amato ma che non
è mai stata veramente tua – mormorò
malinconico come non mai.
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Capitolo 14 *** Capitolo 13: Una vecchia conoscenza ***
Capitolo
13: Una vecchia conoscenza
C’era grande fermento a bordo. Ogni marinaio prestava tutte
le sue forze per far sì che la nave acquistasse maggiore
rapidità e fosse pronta a fronteggiare e respingere
eventuali attacchi. Era la prima regola quando veniva avvistato un
altro vascello senza bandiera. Non occorreva nemmeno consultare il
Capitano. Ma il Capitano, quella volta, volle conoscere il motivo della
manovra. Forse aveva deciso di attaccare.
La notizia si sparse velocemente fin sopra coperta e, alla comparsa del
suo passo claudicante ma svelto che risuonava intimidatorio sul legno
del ponte, terrorizzati e ansiosi, i pirati si prepararono a ricevere
una punizione o un nuovo ordine.
Inforcato il suo cannocchiale, l’esperto Capitano si mise ad
esaminare scrupolosamente il veliero che sembrava inseguirli a poppa.
Uno spasmo di rabbia contrasse ferocemente la sua bocca: - Arrestatevi!
Invertiamo la rotta e andiamo a prenderli! – urlò
minacciosamente – Oggi sono in vena di divertirmi!
– aggiunse con una luce sadica che fece brillare le iridi
celesti sul suo viso solcato dai segni del tempo.
- Virate sull’ancora di prua! Dentro i remi! – si
susseguirono le disposizioni degli ufficiali minori, accompagnate da
parole di spregio nei confronti dei sottoposti che eseguivano i comandi
a rilento. Non ci volle molto tempo perché prua e poppa si
invertissero, dando all’agile vascello la
possibilità di avanzare parallelamente alla grande nave
senza vessillo appena individuata, che navigava a velocità
piuttosto ridotta rispetto a quella che il temuto galeone era in grado
di raggiungere con tutte le vele cineree spiegate al vento e
l’aiuto dei remi.
Intanto che abbassava il cannocchiale e lo richiudeva, la bocca di Will
Turner si aprì lentamente in un ampio sorriso ricambiato da
Elizabeth e da Jim.
- È proprio lei? – chiese quest’ultimo,
trepidante per l’emozione, alternando lo sguardo al viso ora
del padre ora della madre. I genitori annuirono stringendosi a lui.
Jack, poco dietro, sembrava pietrificato, così come lo era
Sputafuoco. La vista di quel veliero recava con sé troppi
ricordi infelici per entrambi.
All’improvviso un sibilo si fece sempre più forte,
fendendo l’aria umida e calda, e un ammasso di piombo
tondeggiante si schiantò a soli due metri dal fianco destro
della nave, facendo alzare un grido di sorpresa tra
l’equipaggio.
- Credi che quello sia un saluto? – esclamò
impensierito Will, seguendo Jack che si era sporto dal parapetto dopo
aver riconosciuto il suono della bordata. In quell’istante ci
fu un nuovo colpo di cannone che s’infranse tra le onde di
babordo. Riecheggiarono altre esplosioni.
- Sei sicuro che la Perla Nera sia ancora in mano di Barbossa?
– Turner interrogò perplesso Sparrow che
deglutendo saliva amara, si limitò ad alzare le spalle
incerto.
- Capitano, gli uomini attendono – si fece avanti Elizabeth,
raccogliendo il nervosismo della ciurma per quel nuovo inaspettato
attacco.
Jack Sparrow spalancò gli occhi allarmato, spingendo
sgarbatamente indietro la donna con un braccio: - Non vorrai aprire il
fuoco, vero?
Capitan Turner tacque per alcuni secondi abbassando la testa, poi si
erse sulla ringhiera reggendosi sulle sartie: - Restate fermi. Indietro
molto adagio! Ammainate le vele e calate le ancore! –
ordinò seccamente con una determinazione che non ammetteva
repliche, anche se avvertì una fitta allo stomaco,
perché se la nave fosse stata colpita lui, avrebbe sofferto
di nuovo, com’era già accaduto, e probabilmente
non avrebbe più potuto nasconderlo.
Sparrow si tolse il cappello e lo usò per sventolarsi, dopo
che alcune gocce di sudore gli avevano imperlato la faccia nel timore
che i cannoni dell’Olandese producessero danni irreparabili
alla sua adorata nave.
Jim gli lanciò un’occhiata di scherno e poi si
allontanò per volere della madre, poiché le
cannonate continuavano a rimbombare ostili, sfiorando le murate.
L’Olandese Volante gradualmente si fermò alla
fonda e il suo Capitano avvertì come una breve pausa anche
nei battiti del suo cuore. Continuò a fissare la sagoma nera
sempre più vicina, con la speranza di aver preso la
decisione giusta.
Il Capitano della Perla Nera strizzò le palpebre grinzose,
stropicciandole col dorso della mano, stupito di ciò che
aveva appena distinto sull’orizzonte. La sua vista si era un
po’ indebolita con gli anni, ma non al punto da ingannarlo
così spudoratamente.
- Sciagurati babbei incapaci! - li rimproverò mordace,
prendendosela un po’ anche con sé stesso per la
sua avventatezza - Quella è l’Olandese Volante!
– sbraitò di colpo, tra
l’incredulità e un briciolo di commozione ad
incrinargli la voce rauca e gracchiante.
- Si salvi chi può! – urlò uno dei
pirati e lo spavento si trasmise a buona parte della ciurma, che
iniziò a correre su e giù per la tolda in cerca
di riparo.
Il comandante, con gli occhi sgranati per l’irritazione e una
smorfia di disprezzo a contorcere le profonde rughe, fece esplodere
alcuni colpi della sua pistola sui pirati per ottenerne
l’attenzione: - Idioti! Levate mano ai cannoni! E preparatevi
ad accostare quella nave! Vele all’imbando!
Lo spegnimento del fuoco risollevò il morale dei marinai del
Capitano Turner che assistettero, mormorando rumorosamente,
all’avvicinamento pacifico del galeone dalle vele nere.
L’agitazione di Jack, invece, non si era placata e Gibbs,
come se ne fosse perfettamente consapevole, gli si era avvicinato in
silenzio, pronto a sostenerlo per quanto possibile. Ma lui non
tollerava di essere commiserato e si concentrò per apparire
assolutamente sprezzante, qualunque fosse stato l’andamento
della situazione, allontanandosi dall’amico.
Quando le due navi furono bordo a bordo, entrambi gli equipaggi
provvidero a collegarle con una passerella, ma furono i Turner ad
attraversare l’asse di legno sospesa tra le onde.
Will ed Elizabeth, sottobraccio, avanzarono fieri, anche se un
po’ incerti, sulla pedana cigolante tranquillizzandosi non
appena riconobbero i volti di alcuni pirati che li salutarono ancora
confusi, abbozzando goffi inchini. Poi non poterono fare a meno di
sorridere intercettando la figura ben nota del maturo Capitano, Hector
Barbossa, che si avvicinava dalle scalette del castello di prua con
l’inseparabile scimmietta sulla spalla mentre tutti si
spostavano ossequiosamente per lasciarlo passare.
- Bentornato fra noi, Capitano Turner! – furono le sue prime
parole intrise di una studiata galanteria che avrebbe ingannato quanti
non conoscessero la sua vera natura avida e scellerata. –
Signora Turner – proseguì togliendosi galantemente
il cappello piumato – Lasciate che ve lo dica: siete sempre
incantevole.
- Vi ringrazio – la giovane donna abbassò
lievemente il capo, scoprendosi realmente contenta di rivederlo.
In quell’istante Barbossa si accorse di Jack Sparrow che era
appena giunto sul ponte, alimentando il parlottare degli uomini: - Non
ce lo voglio sulla mia nave quello! – sentenziò
irritato, col sangue che gli saliva alla testa.
- Hai paura che me la riprenda? – lo provocò Jack
con boria, portando le mani ai fianchi.
- Neanche a me fa piacere averlo tra i piedi sull’Olandese
– affermò seccato Will, come se si riferisse ad un
parassita infestante. Il filibustiere, insultato, cercò
rapido la cinta, dove teneva spada e pistola, imitato
all’istante dagli altri due.
- Vi prego! – li interruppe esasperata Elizabeth, prima che
arrivassero a sguainare le armi, frapponendosi tra Sparrow e i due
pirati.
- Lavora per voi? – si informò il vecchio Hector,
dopo aver inghiottito un brontolio.
- Ma sei scemo?! – strillò Jack indignato.
- Jack non è capace di servire altri se non se stesso
– lo difese la signora Turner, venendo da lui ringraziata con
un buffo gesto delle mani congiunte.
- Ci è piombato in casa mentre scappava da uno dei suoi guai
– gli rivelò sinteticamente il Capitano Turner con
aria rassegnata.
Allora il Capitano della Perla Nera decise di ignorarlo non
risparmiandolo, però, di un’occhiataccia colma di
bile che lui gli rimandò con altrettanta malevolenza.
Reputandosi superiore a quelle insulse scaramucce, distolse lo sguardo
verso l’albero maestro dell’Olandese: - Dovreste
mettere una bandiera – fece notare a Will, come a scusarsi
implicitamente dell’attacco avvenuto mezzora prima.
- Io a dire il vero ci avevo pensato – si sentì
rispondere da una voce infantile. I due sposi si voltarono avendolo
riconosciuto, mentre il filibustiere restò interdetto
finché non notò il piccolo avventuriero in erba
rimasto in piedi a metà della passerella, che si muoveva
impacciato osservandolo con grande curiosità.
- Chi è quel ragazzino che non sa se scendere o salire?
– chiese allora Hector con un sorriso finto a curvargli le
labbra scorticate dalla salsedine.
- Vieni qui, Jim – lo esortò la madre tendendogli
la mano – Che figura fai davanti al Capitano?
- È nostro figlio William James Weatherby – lo
presentò Will, stando attento a ricordare bene il nome per
intero, mentre il bambino si avvicinava piano piano a loro senza
smettere di guardarsi attorno, ricevendo sorrisi e piccole pacche da
parte di alcuni rozzi uomini sudici e sfregiati che non conosceva.
- Sono molto lieto di conoscervi Capitan Barbossa –
dichiarò una volta davanti al vecchio filibustiere
– So tante cose di voi e credo che siate un grande pirata.
Anche perché siete stato voi a sposare i miei genitori, non
è vero? – domandò timidamente, per la
soggezione che lo sguardo penetrante di quell’uomo vissuto
gli incuteva.
- Così come ha tentato di uccidere entrambi! –
s’intromise Jack con tono insolente, guadagnandosi
l’occhiata torva di buona parte dei presenti.
- Avrà avuto i suoi buoni motivi, quando è stato
– riprese la parola Jim – In ogni caso ha
dimostrato di essere un brav’uomo in altre occasioni
… - sostenne d’impeto, incredulo della propria
avventatezza nel pronunciare un’affermazione simile. E
infatti molti risero di lui, compresi i suoi genitori, che
però provarono anche una punta di imbarazzo.
- Mi piace questo ragazzino! – dichiarò di contro
Barbossa – Ragiona da vero pirata. I miei complimenti,
signori – si congratulò chinando il capo e facendo
sorridere lusingato il piccolo Turner, che mai avrebbe sperato di poter
ricevere un tale giudizio.
Jack gli fece l’imitazione sottovoce: - Ti sei rammollito,
Hector! – sbottò sdegnato, piazzandosi davanti a
lui e sorpassando i tre con cui stava parlando – Come mai non
chiedi il motivo per cui siamo venuti a cercarti?
- Non sono sempre scortese come te! – replicò il
collega, ridando sfogo alla rabbia che a stento aveva trattenuto nel
rivederlo – Giustappunto, possiamo discuterne nella mia
cabina – propose poi affabilmente ai Turner, mitigando il
tono.
Essi si scambiarono un lieve cenno di incoraggiamento e sospirando lo
seguirono insieme a Jack che tronfiamente faceva strada, mentre Jim fu
trattenuto sopra coperta da Pintel, Ragetti e altri pirati desiderosi
di conoscerlo e intrattenerlo.
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Capitolo 15 *** Capitolo 14: Rum veritas ***
Capitolo
14: Rum veritas
Jack Sparrow, appena entrato, si lanciò a ispezionare ogni
angolo della cabina di comando, rammaricandosi dei cambiamenti
apportati dal nuovo Capitano. Barbossa nel frattempo fece accomodare i
coniugi Turner, ostentando la cortesia di un buon padrone di casa.
Quando un mozzo comparve portando sul tavolo due bottiglioni di rum e
quattro calici, però, la tristezza di Sparrow per un attimo
svanì, si precipitò a trafugare una bottiglia e a
tracannare ingordamente, come se fosse reduce da una lunga traversata
del deserto.
Gli altri ospiti lo scansarono disgustati, spostandosi dalla parte
opposta.
- In realtà il motivo per cui vi ho cercato –
cominciò a illustrare Will titubante, mentre la moglie gli
stringeva un braccio per spronarlo – è che mi
servirebbero le carte nautiche, quelle carte nautiche.
- Ah – si limitò a esternare laconicamente
Barbossa, riempiendo ad entrambi il bicchiere per poi servire se stesso
– E a cosa dovrebbero servirvi, di preciso? –
domandò sospettoso, sorseggiando il liquore dolciastro e
scrutando Jack che gli si era seduto di fronte indossando la sua
migliore faccia di bronzo.
- Calypso le vuole consegnate per evitare che cadano in mani sbagliate
– sostenne ancora Turner, guardando con
perplessità il calice ricolmo che teneva fra le mani.
- C’è il rischio che i nostri antichi nemici
possano tornare indietro! – dichiarò Elizabeth
agguerrita, per poi mandare giù in un sorso
l’intero contenuto del suo boccale, sotto
l’espressione meravigliata del marito.
Barbossa si lasciò scappare una risata stizzosa: - Non
è a me che dovete chiederle. Il qui presente Jack Sparrow me
le ha meschinamente rubate, dieci anni fa – sibilò
fissando l’avversario con manifesta suscettibilità.
- Cosa?! – sussultò la signora Turner, mentre al
consorte andò di traverso il poco rum che aveva ingoiato.
Jack interruppe la sua bevuta restando con il collo della bottiglia fra
le dita e, piegando all’ingiù gli angoli della
bocca, annuì nello stesso tempo, confermando la sua
colpevolezza.
- Hai visto? Non possiamo ancora fidarci di lui! – Will
scattò in piedi furibondo, facendo cadere la sedia
– L’abbiamo trattato bene, gli abbiamo dato fiducia
e ha continuato a mentirci! –
s’infiammò, avanzando verso di lui e squadrandolo
dall’alto in basso con l’irresistibile tentazione
di mettergli le mani addosso.
- In quanto al mentire non sono l’unico! –
ribatté quello con sguardo fulminante, pur usando un tono
alquanto basso che gli altri non poterono sentire.
- Sono certa che non lo fa per cattiveria – cercò
di calmare il marito Elizabeth, seppure angosciata, restando al suo
posto, mentre Barbossa assisteva impassibile, continuando a sorseggiare
ma intimamente solleticato dal desiderio di saperne di più.
- No?! Allora perché? – replicò
incredulo Capitan Turner, alzando ulteriormente la voce, dissentendo
con la moglie che si ostinava a vedere del buono in quel pirata anche
quando si comportava slealmente nei loro riguardi.
Jack si alzò, scrollando le spalle serafico: - Per invidia.
Invidio il tuo coraggio senza limiti, la tua generosità
disinteressata e la tua … splendida famiglia –
proferì con accento spudoratamente falso, come se stesse
recitando una parte che non gli piaceva. E infatti quelle parole erano
troppo distanti dall’uomo che tutti e due conoscevano e non
fecero che aumentare la delusione per quel tempo trascorso insieme in
cui avevano creduto di avere aiutato un vecchio amico.
- E poi sarei io il sentimentale! – lo canzonò
Barbossa, quando ebbe terminato la sua recita.
Will sbuffò amareggiato e tornò a sedersi al
fianco della consorte, che gli prese debolmente la mano come a
chiedergli scusa: – Ma … quindi hai perso le
carte? – tornò poi a sollecitare una risposta a
Jack.
- Non ho detto questo! – s’irritò lui,
allontanandosi e riprendendo a curiosare tra le decine di carabattole
disseminate tra i pezzi di arredo e gli scaffali.
- Allora dove diamine sono finite? – lo incalzò
Hector, riempiendo di nuovo il bicchiere di Turner, che si decise a
sorseggiare lentamente il liquido ambrato e zuccherino, sperando che lo
aiutasse a rincuorarsi un po’, dato che si sentiva come
davanti ad uno spazio vuoto.
- Le ho date ad un tizio che non ho più rivisto, due anni fa
– asserì Jack distrattamente riaccomodandosi con
le gambe sul tavolo e osservando con stizza la bottiglia già
vuota.
Hector si grattò la barbetta ispida: - E per quale motivo,
di grazia? – continuò a punzecchiarlo con piglio
tagliente.
Jack si alzò in piedi e cominciò a camminare in
tondo: - Mi serviva una nave, giacché tu ti sei ripreso la
Perla! – rispose una volta arrivato vicino a lui, afferrando
l’altra bottiglia poggiata sul tavolo e versandosi
nell’unico boccale libero il poco rum rimasto.
- Vista la tua mediocrità di Capitano, pensavo ti bastasse
quella scialuppa … - lo denigrò ancora il vecchio
avversario – Perché mi hai rubato le carte?
– tuonò poi innervosito dalle sue manfrine,
battendo il pugno sul tavolo.
Will ed Elizabeth restarono muti, volgendo gli occhi ora
all’uno ora all’altro.
- Hector, possibile che alla tua età credi ancora a queste
storie? – lo beffeggiò Jack, affacciandosi
sull’uscio e allungando uno scellino a un giovanotto di
passaggio, intimandogli di fare arrivare altro beveraggio - Quelle
carte sono totalmente inutili!
- Inutili? – Capitan Barbossa si sollevò
bruscamente dalla sedia, inseguendolo – Peccato che le
abbiamo usate per salvarti il fondoschiena quando eri finito dallo
scrigno! E che conducono ai più grandi tesori del mare! E tu
lo sapevi! – continuò a parlare, mentre quello con
non curanza aveva ottenuto altre due bottiglie e ringraziava il mozzo
che lo aveva servito.
- Quelle carte non erano tue.
Le avevi rubate – gli fece notare con tono di rimprovero
l’eccentrico filibustiere, richiudendosi la porta alle spalle
con un calcio.
- Veramente ero stato io a rubarle! – s’intromise
Will di punto in bianco, abbastanza infastidito dall’essere
stato ignorato durante quell’animato scambio di ripicche e
accuse tra i due.
- Tu neanche ne conoscevi l’esistenza! – lo
zittì con prosopopea Jack, escludendolo e sminuendolo, come
fosse ancora un inesperto avventuriero alle prime armi.
- Vorreste discutere civilmente! – strillò
Elizabeth, sentendosi scoppiare la testa, dopo che i tre uomini avevano
cominciato a calunniarsi l’un l’altro, accalorati
probabilmente anche per effetto dell’alcol che era scorso
nelle loro vene.
- Sta’ zitta! – tuonarono i tre pirati
contemporaneamente, voltandosi contro di lei e lasciandola a bocca
aperta per l’offesa.
Will le andò subito incontro: - Scusa, Elizabeth –
sussurrò con gli occhi bassi, cercandole e stringendole le
mani.
- Già, scusaci – bofonchiò Jack,
mostrandosi ugualmente dispiaciuto.
- Abbiamo cominciato per colpa tua! – inveì
aspramente Barbossa contro di lui, che saettò gli occhi
sulla signora Turner indicandoglielo con il dito, come a dire che stava
continuando a provocarlo.
- Capitan Barbossa, vi prego – sospirò la
piratessa, provando la sensazione di avere a che fare con dei ragazzini
non ancora cresciuti.
- Che posso farci? Tira fuori il mio lato peggiore – scosse
la testa il Capitano della Perla, sfinito.
- Non hai un lato migliore! – lo insultò
nuovamente Sparrow, incrociando le braccia.
Will si risistemò sulla sedia: - Ecco che ricominciano
– mugugnò esasperato, scambiando uno sguardo
d’intesa con la moglie – Comunque questa
discussione non ci porterà da nessuna parte –
scandì alzando la propria voce per sovrastare quella degli
altri due litiganti.
- Dobbiamo ritrovare quel tizio a cui hai venduto le carte –
affermò perentoria Elizabeth, attirando finalmente
l’attenzione di Jack Sparrow, che si voltò verso
di loro con espressione leggermente turbata, un mignolo tra i denti.
- Ti ricordi almeno come si chiamava? – gli chiese Turner
speranzoso, sporgendosi in avanti.
Jack esitò a rispondere, guardandosi attorno: - Si fa
chiamare Ammiraglio Fortezza – pronunciò in un
bisbiglio.
- Ho sentito parlare di lui. Dicono sia un uomo molto pericoloso
– ricordò la signora Turner con apprensione,
fissando il marito che spiava a sua volta l’impenetrabile
mimica facciale di Sparrow, con la vana illusione di scoprire se fosse
sincero.
- Hai un talento innato nello scegliere nemici che possono schiacciarti
come una pulce, Jack! – lo schernì Barbossa
sarcastico, asciugandosi la bocca con la manica della giacca.
- A me questo nome fa un po’ sorridere sinceramente
– cercò di sdrammatizzare Will, portando alle
labbra con un gesto quasi istintivo il bicchiere.
- Non dovreste – lo avvertì serio Barbossa
– è uno dei pochi pirati che io conosca in
possesso di una flotta. Ben dieci navi, a quanto ne so –
sostenne con un pizzico di astio.
A quella funesta notizia il Capitano Turner si sentì
spiccatamente meno ottimista.
- Nove navi, a dire il vero – specificò Jack,
alzando l’indice della mano destra – La Locusta
è bella che andata – asserì impudente,
colmando a metà il boccale dei Turner e scolandosi
avidamente il resto del fiasco.
- La Locusta
… è la nave che ci ha attaccati? –
riuscì a chiedergli Will, ripresosi dalla dichiarazione
strafottente di Sparrow, collegando i fatti. Lui annuì con
un sorrisetto innocente.
- Dati i suoi mezzi, se è interessato, è chiaro
che quest’uomo riuscirà a tenere le carte nautiche
per sé – osservò Elizabeth sempre
più sconcertata, concedendosi un ultimo sorso di liquore.
Barbossa prese ad accarezzare la scimmietta che era improvvisamente
comparsa, saltandogli in grembo: - Credo sia giunto il momento di
indire il quinto Consiglio della Fratellanza –
affermò con determinazione.
- Ma sei fissato con questa storia! – lo accusò
Jack indispettito – Dì la verità, ci
guadagni qualcosa?
- Tu come proponi di risolvere il tuo
sbaglio? – replicò acido il maturo filibustiere
– Non hai neppure una nave! – lo derise
antipaticamente, ma quello restò imperturbabile.
- Sarò pure inaffidabile e bugiardo, ma non sono stupido
– si difese muovendo in modo sconnesso le mani davanti alla
faccia dei Turner, che lo ascoltavano con interesse ma poco fiduciosi
– Conosco benissimo il valore di quelle carte,
perciò le ho portate alla Baia dei Relitti e allo spaventoso
Ammiraglio Piazzaforte ho rifilato delle perfette copie –
farfugliò confusamente, data la sempre più
evidente ebbrezza che lo costrinse a sedersi per non barcollare.
Will poggiò il boccale oramai vuoto: - Peccato che lui lo
abbia scoperto.
- Stavi fuggendo proprio da lui, quando sei arrivato a Port Royal!
– intuì allora Elizabeth – Non da
creditori che ti hanno inseguito da Tortuga! – concluse,
sentendo un brivido attraversarle la schiena al pensiero di quanto
avessero rischiato quel giorno.
Will, pur non sapendo molto di quel misterioso nuovo nemico, si
inquietò nel vedere l’amata tanto scossa e
intrecciò di nuovo le dita con le sue.
- Sempre di un creditore si tratta! – si schernì
tranquillo Sparrow, dopo che tutti lo avevano investito con sguardi
pieni di biasimo – Mi aveva fornito una nave, molto grande
… che poi mi ha fatto affondare, scoperto il fattaccio
– si rammaricò piegando la testa meditabondo.
A quel punto, senza dire una parola, il Capitano Turner si
alzò, seguito dalla moglie ed entrambi, salutando con un
cenno Barbossa, si avviarono verso l’esterno della cabina.
- Aspettate – li fermò, però, il
vecchio Hector prima che raggiungessero la porta.
- Andremo alla Baia dei Relitti, le carte sono lì. Era tutto
ciò che volevo sapere – lo informò
Will, visibilmente irritato e attanagliato da una certa fretta.
Il collega increspò la bocca, fissandolo gravemente: -
C’è molto altro che dovete sapere, Capitano Turner
– lo avvertì gelido.
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Capitolo 16 *** Capitolo 15: I rinnegati ***
Capitolo
15: I rinnegati
- A dieci
miglia da qui c’è un approdo sicuro. Ci fermeremo
lì per stanotte. Potrete scendere per fare provviste,
serviranno cibo e munizioni. Sarà anche
l’occasione per voi di scegliere se volete cambiare corso,
oppure no.
Il Capitano Turner si
soffermò rapidamente sulle facce ormai familiari dei suoi
compagni. Aveva riunito la sua ciurma dopo essere tornato a bordo,
presentendo che nuovi e imprevedibili ostacoli si sarebbero opposti al
compimento della missione in cui li aveva coinvolti.
– Domattina
ripartiremo e non faremo altre soste fino alla nostra prossima meta:
l’Isola dei Relitti – annunciò a denti
stretti.
Il sole irradiava gli
ultimi bagliori vermigli nel cielo privo di nubi per poi essere
inghiottito dal mare, quando le ancore dell’Olandese Volante
vennero gettate di nuovo nel fondale marino e le prime scialuppe furono
messe in acqua dagli impazienti pirati che si apprestavano a
raggiungere la terraferma. Anche la Perla Nera era stata messa alla
fonda e parte del suo equipaggio remava a bordo di piccole imbarcazioni
in direzione del molo.
Jim, che se ne stava
sulla coffa di trinchetto, anziché uomini ricurvi intenti a
vogare, aveva l’impressione di vedere tante tartarughe marine
nuotare verso la spiaggia.
Will e Sputafuoco si
ritrovarono ad osservarlo con la testa per aria e lo stesso cipiglio
compiaciuto impresso sul volto, cogliendo il suo sguardo incantato
abbandonato sul mare, pensando come, da che si era imbarcato con loro,
quel piccolo birbante avesse riportato la vita su quella tetra nave
grazie alla sua vivacità e al suo buonumore.
Un rumore brusco sulla
ringhiera di babordo fece sobbalzare entrambi.
- Sei sempre il solito
dannato buono a nulla, Ragetti! – sbraitò un
pirata tozzo e basso con sudici capelli lunghi e grigiastri.
- Mi è
scappata di mano! – si difese il compare smilzo e biondiccio,
stropicciandosi lo scheggiato occhio di legno.
- Capitan Barbossa ci
ha invitato a cena – riferì Will a suo padre,
indicandogli la passerella maldestramente preparata dai pirati della
Perla – Dice che vuole parlarci –
bisbigliò dubbioso.
- Uhm –
mormorò l’anziano uomo, fissando sbigottito i due
vecchi compagni che lo salutavano festanti e imbarazzati, sventolando
le mani e mostrando i denti gialli e marci.
- Sono scesi quasi
tutti – sostenne ancora Capitan Turner, distratto poi
dall’arrivo di Elizabeth che li aveva raggiunti sulla tolda
dopo essersi cambiata d’abito, indossando degli abiti puliti.
- No –
enunciò risoluto, Bill intuendo l’invito del
figlio – Non chiedetemi di accompagnarvi. Sarebbe una cosa
spiacevole, sia per me che per lui – dichiarò con
una punta di dolore misto ad orgoglio.
- Potresti almeno
scendere a terra con gli altri – gli consigliò con
tatto la giovane nuora.
Lui la
ringraziò con un lieve cenno del capo: - Ci organizzeremo
per fare in modo che ci sia comunque qualcuno di ronda –
rassicurò poi entrambi.
Jim calò sul
ponte con una cima, atterrando proprio in mezzo a loro con un sorriso
spavaldo. Elizabeth si abbassò sulle gambe sospirando e,
senza dargli modo di reagire, gli sistemò sveltamente la
camicia dentro i pantaloni e gli ravviò con le dita i
capelli scompigliati dal vento.
Suo padre e suo nonno
si coprirono la bocca con una mano per non ridere di fronte alla faccia
sconvolta del bambino, che si era evidentemente sentito offeso da quel
trattamento.
- Mamma, non stiamo
mica andando a cena da quello spocchioso governatore con la puzza sotto
il naso! – protestò vibratamente, risistemandosi a
suo gusto.
Lei si
sollevò e, vedendosi osservata dal marito e dal suocero con
espressione divertita, alzò le spalle: - Scusa, tesoro.
È la forza dell’abitudine.
Will si chiese quante
volte la consorte si fosse intrattenuta con
quell’aristocratico cui gli aveva accennato solo
sbadatamente. Al momento, però, aveva pensieri ben
più seri di cui occuparsi.
Il tempo stringeva, ed
era consapevole che dieci anni non potevano essere recuperati
facilmente, neanche se avesse trascorso i prossimi dieci a parlarne con
lei tutte le notti.
- Dovremo portarlo
– gli rammentò Elizabeth, poggiandogli una mano
sul braccio. Lui annuì a malincuore, scacciando via tutti
gli altri interrogativi, e insieme scesero sotto coperta.
Aveva
infine ceduto alla stanchezza e si era seduto per terra, come aveva
fatto quasi subito il suo compare. D’altronde, con i polsi
legati da quelle catene, non poteva tentare un gran che. Almeno quel
posto non era più insopportabilmente melmoso e umido, come
lo aveva trovato la volta precedente in cui c’era finito
imprigionato.
Avvertì dei
passi approssimarsi e una voce che conosceva bene: - Dylan, le chiavi
– ordinò con tono secco e neutro. La porta si
aprì e la luce tremolante di una lampada a olio
rischiarò quelle pareti spoglie, mostrando la presenza dei
due capitani con i lineamenti scuri e tirati.
- Bene. Avete
già deliberato? Qualunque sia la sorte che mi avete
riservato, la preferisco al dover marcire in questa fetida gabbia!
– esclamò sfoderando un amaro sorriso di
repertorio.
- Se vi ho fatto
rinchiudere lì dentro è stato per evitare che i
miei uomini vi facessero del male, Jack – lo
informò freddamente il Capitano Turner, avvicinando il viso
alle sbarre.
- Hai due
possibilità, Jack – cominciò a
parlargli il vice Capitano – Scendere a terra e non farti
più vedere, oppure accompagnarci ad una cena
d’affari.
Sparrow
allargò le braccia, dandosi lo slancio per alzarsi in piedi:
- Non c’è una terza opzione? –
domandò insoddisfatto.
- Se continui a non
dirci quello che sai, posso invitarti a fare un viaggio di sola andata
negli abissi – lo minacciò con insolita ferocia
Will, tanto da stupire sia la moglie che il prigioniero.
- Se hai i tuoi
problemi non prendertela con me! –
s’irritò Jack, che non era certo abituato a farsi
trattare in quel modo da lui, un Capitano più giovane e
ancora con scarsa esperienza – Comunque sarebbe
già più allettante – aggiunse, come per
darsi un tono da impavido.
- Io ho una gran fame
– dichiarò Gibbs impacciato, rompendo il silenzio
e sperando che liberassero perlomeno lui.
Elizabeth
ammiccò al consorte, suggerendogli di mettere in atto il
provvedimento di cui avevano già discusso.
La sala di
comando della Perla Nera era illuminata dal chiarore di candelabri
dorati e argenterie pregiate, la tavola, apparecchiata di tutto punto,
era imbandita da ogni sorta di gustosa e rara leccornia, il cui aroma
ancora fumante si spandeva stuzzicando le narici e le papille.
- Ebbene, sono successe
un paio di cose in questi anni, signori – esordì
Barbossa dopo che ognuno ebbe servita la propria porzione di pollo
arrosto con contorno di patate – Immaginavo che Jack ve ne
avesse già parlato – asserì
apprestandosi ad usare forbitamente forchetta e coltello lucidati e
affilati per l’occasione.
- In verità
non è stato molto loquace – gli rispose la signora
Turner, lanciando un’occhiata dispiaciuta a Sparrow che
avevano infine portato con loro, pur lasciandogli manette e catene ai
piedi perché non provasse a dileguarsi, come al suo solito.
- Non è che
siano fatti di cui rallegrarsi – ammise il Capitano della
Perla, stappando una bottiglia di Madera e annusandone la fragranza
fruttata – e lui vuole passare sempre per quello sprezzante e
sorridente, nonostante tutto – sostenne gustando il pregiato
vino.
- Che cosa sapete dirmi
a proposito dell’amnistia? – prese la parola Will,
che non aveva ancora assaggiato nulla dal suo pur ricco piatto, al
contrario del figlioletto seduto al suo fianco, a cui la prelibata cena
aveva destato un grande appetito.
- È stato un
misero tentativo di liberare il mare caraibico dalla pirateria che era
divenuta sempre più forte dopo il declino della Compagnia
delle Indie – cominciò a raccontare il vecchio
Hector, non senza smettere di masticare – Ad ogni Capitano
che si fosse ritirato dalla sua attività fu concessa la
remissione di tutti i suoi crimini – si fermò,
facendo cenno agli ascoltatori di rifocillarsi – Sarebbe
divenuto un semplice suddito di sua maestà. Per convincerci
ad abbandonare il mare ci furono concesse terre nel nuovo mondo
– la sua faccia si fece meno altera e gli altri commensali
ebbero l’impressione che fosse come scosso da un qualche
dilemma interiore.
Lo scrutarono in
silenzio senza capire perché si fosse bloccato, quando
infine l’attempato Capitano si decise a proseguire: - Io sono
proprietario di una piantagione di tabacco donatami dalla mia consorte
– dichiarò a labbra strette e scansando gli
sguardi indagatori degli ospiti.
Jack, Gibbs e Will
rigarono il proprio piatto con la lama del coltello mentre a Jim cadde
il boccone di bocca.
- Siete sposato?
– domandò di riflesso Elizabeth, cercando di non
apparire troppo indiscreta.
- Lo ero. Sono vedovo
– rivelò inaspettatamente il pirata, riacquistando
un tono ironico – Dei banditi me l’hanno portata
via – increspò le labbra, ghignando cinicamente.
- È stato
lui stesso a ucciderla – confidò Pintel sottovoce
a Will e Jack, appoggiando accanto a loro un vassoio e accingendosi a
raccogliere le stoviglie vuote.
- Cose che Capitano,
alla moglie di un pirata – ridacchiò poi capitan
Barbossa.
Istintivamente
Elizabeth scambiò uno sguardo pieno di fiducia verso il
marito di fronte a lei.
Barbossa
addentò voracemente un pezzo di pane: - Poi per la
disperazione, ho preferito tornare a navigare –
borbogliò fingendosi rammaricato.
- Tornare ad essere un
fuorilegge – sussurrò Ragetti alla signora Turner,
porgendole una fetta di torta alla frutta secca.
- Fine della storia
– affermò Hector con un tono che sottintendeva la
sua indisposizione a fornire ulteriori dettagli sulla strana vicenda,
così che tutti calarono gli occhi sul proprio piatto e per
un paio di minuti si concentrano soltanto a mangiare.
- Non siete dunque un
rinnegato, come Jack? – trovò il coraggio di
chiedergli Will, che per la tensione nervosa che gli opprimeva lo
stomaco, non era riuscito a gustarsi nessuna di quelle appetitose
pietanze.
Le palpebre del
filibustiere ebbero uno spasmo: - Hanno cominciato a chiamarti
così? – scattò rivolgendosi
direttamente a Sparrow.
- Non solo me, anche il
Capitano Turner – replicò saccente quello, facendo
sentire la sua voce per la prima volta da quando erano arrivati.
Tale dialogo a due non
fece che spazientire ulteriormente gli altri convitati.
- Insomma Capitan
Barbossa: cosa è successo? – reclamò
l’attenzione Elizabeth, stringendo i pugni sul tavolo.
Il vecchio pirata
sbuffò all’indirizzo di Jack e si decise a
rispondere: - Qualche tempo dopo la nostra vittoria Calypso
è riapparsa e ha preteso che ognuno dei pirati nobili le
restituisse i doni che lei aveva concesso loro quando serbava ancora la
forma umana di Tia Dalma.
- Che tipo di doni?
– s’intromise Jim incuriosito, pur non capendo un
gran che di quella contorta e nebulosa conversazione.
- Amuleti, anelli,
spade, pugnali, pistole, dotati ognuno di una particolare
facoltà – sorrise lievemente il bucaniere, notando
il vivo interesse con cui il piccolo lo ascoltava –
Ovviamente nessuno dei Lord si è piegato ad obbedirle, ma
lei con l’inganno è riuscita ad appropriarsi di
ogni singolo pezzo. Ora le mancano soltanto gli ultimi due: le carte
nautiche di Sao Feng e la tua prodigiosa bussola –
spiegò indicando con fare spregiativo Sparrow.
- La mia bussola?!
– si punzecchiò quello – La sua nave,
casomai! – dichiarò volgendo il pollice verso Will.
Capitan Turner
poggiò le posate e strabuzzò gli occhi: -
Perché dovrebbe volere la mia nave?!
- La verità
è che vuole estrometterci da qualsiasi contatto con tutto
ciò che fa parte del suo mondo – interruppe quel
battibecco Gibbs, buttando giù un buon sorso di liquore
– Tutti i poteri del mare, tutti i tesori legati al
soprannaturale e alla magia.
- Ma, non vi sembra
strano? – tornò a parlare Elizabeth, tamponandosi
le labbra con il tovagliolo – Questo Ammiraglio Fortezza
decide di consegnare una nave a Jack in cambio delle carte nello stesso
momento in cui Calypso richiede a Will di portargliele – fece
notare, presentendo qualcosa di ancora inesplicabile.
- O
quell’uomo è al servizio di Calypso … -
ipotizzò dubbiosamente Turner.
- O è lui
stesso Calypso! – sostenne Jack con sicurezza, posando il
boccale vuoto.
I Turner lo squadrarono
scettici e turbati.
- È
possibile – lo appoggiò Gibbs – Ormai
è libera di trasformarsi in ciò che vuole!
– rivelò facendo impaurire un po’ Jim,
che deglutì di colpo un pasticcino.
- Anche se
così fosse, cosa avremmo da temere? – chiese Will,
mantenendo i nervi saldi.
- Innanzitutto questa
è un’ipotesi, compare. E poi non dare troppa
fiducia a quella dea solo perché ti ha fatto diventare di
nuovo mortale – lo ammonì severamente Sparrow, e,
prendendosi una pausa ad effetto per squadrare tutti,
proclamò, facendo brillare i denti dorati incastonati nel
suo sorriso: – Sì: rinnegati siamo noi
rimasti fuori dalla società civile e fuori dalla grazia di
Calypso.
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Capitolo 17 *** Capitolo 16: Rivelazioni ***
Capitolo
16: Rivelazioni
- Dovrei oppormi al volere di Calypso. È questo che state
suggerendo? – pronunciò con enfasi eccessiva Will,
sospettando che le equivoche parole di Sparrow fossero solo un
espediente per farlo cadere in qualche trappola da lui ingegnosamente
concepita per piegarlo ai suoi ancora indefinibili interessi in
quell’ambigua situazione. – Io … non
posso – asserì con sconforto.
- Lo hai già fatto, preferendole una mortale –
tornò all’attacco Jack, e stavolta il suo
avvertimento gli parve sincero mentre gli indicò Elizabeth,
la cui bocca aveva cominciato a tremare sommessamente, nascosta da un
tovagliolo che la donna aveva prontamente afferrato per celare la sua
inquietudine.
- Io non cadrò dalla grazia di Calypso. Le ho fatto una
promessa e la rispetterò – giurò
Turner, lottando con se stesso per allontanare dalla mente
l’insistente tentazione di ascoltare il suo cuore, che ora
gli suggeriva imprevedibilmente di fidarsi del parere di Jack.
- Siete libero di fare come volete – spezzò la
tensione Barbossa, esprimendosi con un’indulgenza poco
veritiera.
Ad Elizabeth bastava uno sguardo per capire il tormento provato dal
marito nel dover decidere per sé e per gli altri, senza
avere il conforto di alcuna certezza: - Calypso è venuta a
cercare anche voi? – domandò allora ad Hector,
sperando di aiutare l’amato a capire qualcosa di
più sulle intenzioni della imponderabile dea.
- No, io ho saldato il mio debito con lei nel momento in cui ho
accettato di liberarla. E poi per un periodo mi ero ritirato sulla
terra ferma – le rispose l’ineffabile pirata,
accarezzando la scimmietta che si era nel frattempo accoccolata sulla
sua spalla sinistra. – Ciò non significa che io
sia suo alleato, semplicemente non abbiamo più avuto
contatti da allora. Tutto qui – mise in chiaro, lanciando
verso il Capitano Turner un’acuminata occhiata indagatrice,
quella di chi si aspettava una risposta chiara e definitiva.
Ma il giovane comandante tacque meditabondo, non avendolo neppure
guardato in faccia durante la parte finale di quella spinosa
conversazione.
Decise di congedarsi senza troppi giri di parole
dall’immarcescibile Capitano della Perla Nera e,
ringraziatolo per la sua ospitalità, si apprestò
a fare ritorno sull’Olandese Volante con il resto della sua
famiglia.
Barbossa e Jack si scambiarono fino all’ultimo istante le
solite battute velenose e il primo fu parecchio contento di vedere
l’antico rivale ridotto in catene dai marinai di Turner che
lo riscortarono a bordo, non risparmiandogli di mostrargli la sua
irrisione.
Elizabeth si sentiva un po’ a disagio a causa
dell’inafferrabile comportamento del marito. Credeva che
avrebbe dovuto abbandonare la sua fedeltà a Calypso e
schierarsi dalla parte dei rinnegati, ma pensava anche che se lui fosse
davvero convinto della buona fede della dea, non avrebbe potuto fare
altro che sostenerlo. Prima di salire sulla passerella si
voltò un’ultima volta a rimirare la Perla Nera e
per un attimo incrociò gli occhi vitrei di Barbossa, ritto a
pochi passi da lei: - Posso chiedervi una cosa? –
bisbigliò con un filo di voce.
L’interpellato, seppure preso alla sprovvista da quella
richiesta, acconsentì con un leggero cenno del capo.
- Non mi siete sembrato molto sorpreso di vederlo –
abbozzò la giovane donna con un sottile tono interrogativo,
restando però vaga sul soggetto cui si riferiva.
- Per mia disgrazia avevo già incontrato Jack Sparrow, anni
addietro – ribatté Hector con astio, un ghigno
nauseato a raggrinzirgli gli angoli della bocca.
La piratessa capì di essersi espressa in maniera confusa e
arrossì lievemente: - Intendevo Will.
Il filibustiere incrociò le braccia: - Dieci anni sono
passati – attestò con ovvietà.
- Conoscevate la verità sulla maledizione? –
balbettò lei stupefatta.
- Ne ho avuta la conferma vedendovi insieme – rispose
flemmatico ed ermetico il vecchio pirata e ad Elizabeth parve di
vederlo inaspettatamente sorridere, prima di essere richiamata dal
marito e dal figlio che erano già passati sul ponte del loro
vascello.
Lo salutò frettolosamente, chinando la testa e provando un
certo sollievo.
Quando la pedana di legno fu ritirata ogni legame tra le due navi
sembrò essersi tranciato silenziosamente, anche se qualcosa
di più profondo avrebbe continuato ad unire quegli
equipaggi. La Perla Nera scomparve nella notte stellata come se
provenisse da un sogno.
I marinai dell’Olandese Volante non erano ancora ritornati
tutti a bordo, così Will concesse a Jack e Gibbs di restare
qualche altro minuto sopra coperta per godersi la fresca brezza
notturna.
- Mamma che succede? Il signor Sparrow e il signor Gibbs non sono
più nostri amici? – domandò Jim
d’un tratto, volendo essere informato su quanto gli accadeva
attorno.
- Perché dici questo? – tergiversò
Elizabeth, non sapendo ancora come rispondergli e quanto raccontargli
della diatriba che li aveva coinvolti poco prima.
Jack Sparrow, ciondolando a pochi passi di distanza da loro, aguzzava
le orecchie e di tanto in tanto la sbirciava con
un’espressione indecifrabile.
- Papà gli ha fatto mettere le manette e gli ha fatto legare
quella palla al piede – constatò il piccolo,
sentendosi preso in giro dalle sue mezze frasi. Lei, sin da quando lo
aveva sentito scalciare per la prima volta nel suo grembo e nei
successivi dieci anni in cui erano stati solo loro due, lo aveva
abituato a non essere tenuto all’oscuro e a condividere il
bene e il male in ogni situazione di difficoltà.
Perciò, mantenendo fede a quel principio, si risolse a
dirgli la verità, approfittando anche del fatto che i due
furfanti ora non potessero udirla, standosene a passeggiare
rumorosamente per le catene che strisciavano sul legno.
- Gibbs e Jack ci hanno mentito Jim, e tuo padre non si fida
più di loro – dichiarò gravemente e con
una punta di dispiacere.
- Ma hanno detto una bugia così brutta? –
replicò il bambino spaventato dalla sua serietà.
- Non ci hanno detto che erano inseguiti dall’Ammiraglio
Fortezza quando sono arrivati da noi – bsisbigliò
sua madre, avendo scorto Will che si avvicinava a loro.
Jim sbiancò: - L’Ammiraglio Fortezza? Il Capitano
della Spettro? – domandò incredulo e impaurito.
Elizabeth assentì, con la sua stessa espressione turbata a
offuscarle gli occhi.
- Luogotenente – la richiamò il consorte qualche
metro indietro.
- Arrivo – lo rassicurò, poggiando una carezza
sulla fronte del figlio – Vai a letto, William James
– lo esortò dolcemente, allontanandosi.
Il Capitano Turner aveva preso possesso del cassero, dal quale dominava
la visuale sottostante con un corruccio pensoso: - Riportate i
prigionieri negli alloggi che si meritano –
comandò irremovibile al primo ufficiale e al nostromo,
riferendosi a Sparrow e Gibbs.
Quattro di robusti pirati accorsero ad eseguire l’ordine,
afferrando sgraziatamente i due incriminati per le braccia senza che
essi si dimenassero più di tanto, data la
inferiorità numerica e fisica.
- Come comandate, Capitano – abbassò la testa la
signora Turner, scortando il gruppetto.
Will si affacciò al parapetto per osservare gli ultimi della
ciurma che facevano ritorno a bordo, issando le scialuppe.
- Papà – lo richiamò Jim, appena giunto
al suo fianco, facendolo voltare – Io ti prometto che
cercherò di non dirti mai bugie tanto pericolose
… come hanno fatto i tuoi ex amici – gli
garantì con voce tremolante, inducendolo a sorridere a
labbra strette e a rifilargli un buffetto sul braccio. – Ma,
li perdonerai mai? – aggiunse il bambino, curioso e un
po’ dispiaciuto.
- Devo discuterne con gli altri della ciurma, prima – lo
informò il padre, accarezzandogli la schiena – Le
decisioni sull’Olandese Volante le prendiamo di comune
accordo. Parte della nave, parte della ciurma –
mormorò incupendosi.
- Sei uno strano Capitano! – esclamò per tutta
risposta il figlio, lasciandolo interdetto, poi lo tirò per
la manica perché si abbassasse e gli diede un bacio veloce
sulla guancia: - Buona notte – sussurrò
affettuosamente, sgattaiolando via.
Will si sentì un peso premergli sul petto e per un attimo
desiderò essere ancora senza cuore.
Dopo che avevano serrato le sbarre, Jack era rimasto alcuni minuti a
esaminare la toppa, ma aveva infine capito che non era affatto semplice
da scassinare; oltretutto nel provarci stava rischiando di impigliare
le sue catene con quelle di Gibbs, che aveva tentato invano di aiutarlo
ad armeggiare con un chiodo arrugginito che avevano rinvenuto tra il
pagliericcio.
Per amor proprio si era rassegnato dunque all’ozio e a
trincare le ultime gocce di rum dalle bottiglie trafugate sulla Perla
che gli avevano concesso di portare.
L’eco di passi in avvicinamento lo fece irrigidire e gli fece
tendere d’istinto ogni senso.
- Saranno topi – brontolò Gibbs, rimettendosi a
tracannare, ma dopo qualche secondo la sua ipotesi fu smentita dal
bagliore di una lucerna che avanzava nella loro direzione.
- Che ci fai qui, mocciosetto? – biascicò Jack,
staccandosi dalla lercia fiaschetta.
- Sono venuto a farvi compagnia – sostenne innocuamente Jim,
sedendosi con le gambe incrociate davanti alla cella.
- Familiarizzi con il nemico, eh? – ghignò Sparrow
dopo un altro sorso, ma dall’espressione trasecolata e dal
mutismo del piccolo comprese che non aveva capito la sua battura
– Lascia stare – lo liquidò, troppo
annoiato per sprecare altro fiato.
Il ragazzino tornò presto a importunarlo: - Non
c’è nessuno in giro. Mio padre ha riunito tutti i
suoi uomini per decidere la vostra sorte. Io ho votato per la vostra
libertà. Dopotutto vi capisco: deve essere stato spaventoso
essere attaccati dall’Ammiraglio Fortezza – ammise
con fare saccente.
- Che ne sai tu?! – scattarono contemporaneamente Jack e
Gibbs, scambiandosi un rapido sguardo di accusa.
Jim gongolò: - Ho sentito certe storie dai marinai di Port
Royal in questi anni – rivelò contento per essere
riuscito ad attirare la loro attenzione – Dicono che la sua
nave, la Spettro, è quasi invisibile quando
c’è il sole forte, e che i suoi cannoni sono
capaci di centrare un bersaglio a dieci miglia –
narrò con evidente stupore e fascinazione.
- Queste storie sono esagerate! – proruppe irritato Jack,
voltandogli le spalle, percorso da una sensazione urticante.
Il silenzio non durò.
- Voi avete figli o figlie, signor Sparrow? –
tornò a tormentarlo Jim, alzandosi e appoggiandosi alle
sbarre, gli occhietti vispi e indagatori che cercavano di intercettare
i suoi.
- No! Come ti salta in mente?! – si rivoltò quello
nauseato, mettendosi a sua volta in piedi per apparirgli più
intimidatorio, pur non avendo alcun che per minacciarlo.
- E come mai? – insistette impassibile il bambino, sentendosi
al sicuro da dietro la rete metallica.
- Non ne ho e basta! – strillò esasperato il
pirata, muovendosi al punto da inciampare nelle sue stesse catene,
ricadendo sul pavimento e provocando una sonora risata al giovane
Turner che si frenò quando Sparrow uscì fuori le
braccia per tentare di acciuffarlo.
- Sapete, mio padre ignorava che io ero nato, perché lui era
già partito quando mia madre ha scoperto di aspettarmi
– gli raccontò con faccia furba dopo, tirandosi
indietro dalle sbarre.
Jack riportò la bottiglia alla bocca: - Che vorresti dire?
– si sforzò di replicare con tono aspro,
guardandolo storto e ricominciando a sorseggiare.
- Magari anche voi avete qualche figlio e non lo sapete – gli
fece notare con candore Jim e i due uomini, scioccati da quella
possibilità cui non avevano pensato, quasi si affogarono
mentre tracannavano, dovendo darsi delle pacche a vicenda per far
passare la tosse convulsa scatenata dal liquore finito di traverso.
In quel mentre la porta si spalancò per mano dei genitori
del bambino. Will ed Elizabeth dapprima si soffermarono sui due pirati
dal colorito paonazzo, non capendo cosa avesse potuto procurarglielo,
poi si accorsero del figlio e lo rimproverarono con
un’occhiataccia: - Jim, che cosa hai fatto? Non dovevi essere
a letto? – lo sgridò sua madre, e al momento lui
non seppe come giustificarsi.
- Invadente, istintivo, indisponente, ingenuo: sì,
è proprio vostro figlio! – li accusò
Jack furibondo, ripigliatosi dal temporaneo malore.
- È un così caro ragazzo, solo a volte non sa
quello che dice – appurò Gibbs ridendo
nervosamente. I coniugi non avevano afferrato il discorso e scuotevano
la testa spostando lo sguardo incerto su tutti e tre.
- Bando alle ciance! – sbraitò Jack, non si
capì se per l’ubriachezza o l’agitazione
– Qual è il verdetto? –
ondeggiò vistosamente, aggrappandosi a stento alle logore
barre metalliche.
Will sospirò rassegnato: - Abbiamo convenuto che ci servirai
finché non saremo arrivati alla Baia dei Relitti –
gli riferì con riluttanza – Dopo che ci avrai
consegnato le carte, sarai libero – gli promise, non
staccando il volto da Jim, che perseverava a mantenere una certa
compostezza, evitando di guardarlo.
- Ah. E fino a quando non arriveremo a destinazione, dovrò
rimanermene in questa fetida cella? – domando ancora Jack,
crollando sul pavimento con un contegno mezzo svanito.
Elizabeth inserì la chiave nella serratura, facendola
scattare ed aprire: - Da questo momento sei in libertà
vigilata.
Il pirata si sollevò in piedi un po’ titubante,
spingendo piano la porta con appena tre dita.
- Ringrazia mio padre e mia moglie – lo ammonì il
Capitano Turner – Si sono offerti di controllarti mentre te
ne andrai in giro a bordo – affermò storcendo la
bocca.
Il filibustiere sorrise soddisfatto, stringendo velocemente la mano
alla signora Turner, ma dovette arrestarsi dal proseguire speditamente,
ricordandosi della disonorante palla al piede che appesantiva e
limitava i suoi passi.
- Io invece controllerò Mr Gibbs! – si
offrì Jim con entusiasmo e convinzione.
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Capitolo 18 *** Capitolo 17: La Piovra ***
Capitolo
17: La Piovra
Le ancore dell’Olandese Volante erano state salpate da
più di un’ora e il grande veliero adamantino
fendeva con la sua prua aguzza le acque nere della notte, inoltrandosi
sempre più verso il mare aperto.
Elizabeth poggiò delicatamente le labbra sulla guancia di
Jim, che, dopo alcune rimostranze, si era infine addormentato, e
soffiò sulla fiamma della candela posata sul comodino vicino
al suo letto. Si avvicinò all’ampia vetrata che
delimitava parte di quella cabina e, accostandovi la fronte, si
fermò a guardare l’oceano, appena distinguibile
nell’oscurità.
Calypso poteva prendere qualsiasi forma. Quella rivelazione
l’aveva inquietata a tal punto che si era trovata a
desiderare ardentemente di tornare indietro, a casa, sulla terraferma,
dove quella creatura immortale non poteva raggiungerli. E aveva pensato
che, forse, se lei e suo figlio erano ancora incolumi, lo dovevano solo
alla coscienziosa scelta da lei fatta in passato di rinunciare a
un’avventurosa vita da pirata.
Quella capricciosa dea voleva fare del suo unico amore un suo schiavo,
per l’eternità. Voleva portarglielo via per
sempre. Era questo ciò che gli altri due filibustieri
avevano suggerito, seppure indirettamente.
Non le era mai piaciuto il modo in cui lei lo osservava, ancora prima
di sapere chi fosse realmente, quando faceva credere a tutti di essere
solo una sorta di veggente dotata di misteriosi poteri. Conosceva il
corso degli avvenimenti futuri che li avrebbero coinvolti, ma non ne
aveva fatto menzione, non aveva provato ad avvisarli, tantomeno ad
evitarlo.
Il destino non si poteva cambiare? Non ci aveva mai creduto. Lei stessa
era cambiata molto più di quanto non osasse immaginare nei
suoi fantasiosi sogni di bambina.
Si scostò dal vetro, accorgendosi di averlo già
appannato con il suo respiro affannoso e si convinse a dover credere
che Will avesse ragione: una volta avuto ciò che aveva
chiesto, Calypso li avrebbe lasciati liberi.
L’oggetto dei suoi pensieri in quel momento varcò
la soglia della loro stanza, attutendo il rumore dei suoi passi dopo
aver scorto il figlioletto assopito tra i cuscini e le lenzuola. Lo
raggiunse e sfiorò con la punta delle dita il suo profilo.
La piratessa sorrise di contentezza nel vederli insieme, restando
incantata nel rilevare la somiglianza dei loro tratti,
finché Will non le si avvicinò, piantando i
grandi occhi castani nei suoi con un’espressione che
sottintendeva dell’insicurezza. La stessa probabilmente
riflessa dal suo sguardo umido.
- Io mi fido di te, William Turner – sussurrò ad
una spanna dal suo viso per rassicurarlo.
Lui si sentì annaspare: - Elizabeth, io ho una maledizione
– confessò tutto d’un fiato, fermandosi
ad osservare la sua reazione. Sul suo volto colse delusione, ma non
paura; senza dire nulla abbassò la testa. Will le si
avvicinò di più, notando come le sue labbra
tremassero, e adagiò i palmi sulle sue spalle.
- Da quanto lo sapevi? – gli chiese flebilmente, chinando
ancora di più il viso sul petto.
- L’ho scoperto il giorno in cui siamo stati attaccati dalla
Locusta. Sono legato alla nave. Qualunque cosa succeda ad essa, io la
vivo sulla mia pelle – le rivelò dolente,
riportando le braccia lungo il corpo.
La giovane moglie sospirò alzando la fronte verso di lui: -
Will, io ti amo, e questo non c’è nulla che possa
cambiarlo – asserì con determinazione e sentimento
– Ma tu … - singhiozzò non riuscendo a
continuare.
Il marito afferrò le sue mani: - Lo sai che quando ti mento
lo faccio sempre perché voglio il tuo bene – le
confermò con un filo di voce, avvertendo un nodo che gli
stringeva la gola.
Elizabeth si morse il labbro inferiore, tirando giù un
magone: - Non è vero. Io sto male a non sapere
ciò che provi – affermò con rabbia ma
senza poter evitare che una lacrima solitaria le rigasse la guancia,
venendo asciugata subito con un pollice dal consorte, che non smetteva
di fissarla sentendosi terribilmente colpevole.
- Io voglio condividere tutto con te: ogni gioia e ogni dolore
– bisbigliò lei una volta fra le braccia
dell’amato, che l’aveva stretta a sé
senza parlare – Se questo non è ciò che
vuoi anche tu, allora … - si fermò cercando i
suoi occhi. Lui restò in silenzio, spostando con lentezza il
mento dalla sua fronte, poi un leggero tremito lo scosse e la moglie
notò la sua faccia divenire preoccupata mentre teneva la
bocca dischiusa.
- C’è qualcosa – mormorò
inquieto, respingendola e precipitandosi verso la vetrata.
Lei lo seguì, allarmata: - Dove?
- Sott’acqua – le rispose vago, toccandosi
l’addome.
Di botto la nave sembrò spostarsi di qualche metro dalla
superficie del mare e ricadere, come se fosse stata investita da
un’onda anomala. Poi una serie di urti si susseguirono sulla
fiancata di tribordo, risentendosi sull’anca destra di Will,
e delle urla accompagnarono l’arrestarsi improvviso della
navigazione, che fece oscillare bruscamente il veliero. Avvertirono
come una tempesta di colpi sulle loro teste, come se qualcuno si fosse
scagliato con violenza sul ponte.
- Che cos’è stato? – strillò
spaurito Jim, rizzatosi a sedere.
- Stai soltanto sognando, amore – cercò di
convincerlo la madre, rimboccandogli freneticamente le coperte. Il
Capitano Turner lasciò velocemente la cabina e lei,
impugnata sciabola e pistola, lo tallonò, chiudendo la porta
a chiave per evitare che il figlio uscisse.
Subito si videro venirgli incontro un marinaio dall’aria
trafelata: - Abbiamo appena subito un arrembaggio, signore!
- Alle armi! Opponete resistenza! E, Herman: chiudete tutti i
boccaporti! Non devono scendere sottocoperta! – dispose
perentorio Will, rimandandolo di sopra insieme ad altri della ciurma
che stavano uscendo dai loro alloggi.
Anche Bill, Jack e Gibbs si affacciarono dalla loro cabina, risvegliati
dall’improvviso trambusto.
- Cannonieri al lavoro! – gli sentirono ordinare e quindi una
dozzina di uomini passarono davanti a loro, correndo verso le scalette
che portavano al secondo ponte di coperta.
Will si apprestò dunque a combattere a fianco dei suoi ma
prima intercettò Elizabeth, l’espressione ancora
smarrita, ferma in mezzo al corridoio. La avvicinò a
sé tirandola per un braccio: - Conto su di te. Pensi di
essere in grado di guidarli? – le domandò
riferendosi agli uomini incaricati di cannoneggiare i nemici.
Ebbe il tempo di vederle sollevare la mano destra, che si
sentì percuotere la guancia sinistra. Con uno schiaffo la
donna scaricò impulsivamente tutta la tensione e la collera:
- Sì – ringhiò quasi, sicura e grintosa
come lui amava vederla, al punto da ignorare il suo gesto.
E si separarono correndo l’uno di sopra, l’altra di
sotto.
Quando sollevò una delle botole di legno che si aprivano sul
ponte, Will notò che esso era già sporco di
sangue e che alcuni corpi, non seppe distinguere se dei suoi o degli
assalitori, giacevano agonizzanti. Al momento non visto dai pirati che
lottavano a colpi di spada e di pistola, il Capitano si
arrampicò su una sartia per scrutare meglio la situazione.
La nave che li aveva attaccati aveva un aspetto assolutamente
stravagante: dalla parte centrale del suo scafo si dipartivano delle
lunghe passerelle di legno, che si snodavano piegandosi come dei
bracci, e all’estremità avevano dei rostri
agganciati alla ringhiera del parapetto di tribordo
dell’Olandese.
- Che razza di … - gli uscì di bocca, mentre
teneva ancora gli occhi sgranati per
l’incredulità. Un proiettile sparato da qualcuno
più in basso gli ferì di striscio il ginocchio
sinistro.
Nello stesso tempo Elizabeth osservava attraverso l’apertura
da cui sporgeva la bocca di un cannone: - È la Piovra
– balbettò sbigottita.
Will tagliò con la lama del suo pugnale un nodo piano e
usò la fune per planare sul ponte, cominciando a usare la
spada contro gli scatenati nemici.
- Bisogna aprire il fuoco prima che lo facciano loro! –
attestò il mastro d’armi Maccus, rimasto al fianco
di Elizabeth fra i cannonieri.
- Mirate a quella specie di tentacoli di legno, sono loro a tenerci
bloccati! – urlò il vice Capitano, sbracciandosi
per essere ascoltata al di sopra della baraonda imperante.
- Sarà molto difficile, signora –
replicò Angler, uno dei marinai più esperti e
temprati.
- È ancora buio e siamo troppo vicini, ci vuole
un’inclinazione particolare per mirarli – gli fece
eco Piper, un altro artigliere di lungo corso.
- E tuttavia ci proverete! – s’infervorò
la piratessa, fulminandoli con lo sguardo.
Una bordata fulminea fece perdere l’equilibrio a tutti.
- Non devono colpire lo scafo! – si rialzò
freneticamente la signora Turner, con le orecchie che ancora le
rimbombavano per l’esplosione.
- Non possono farci affondare – dichiarò ottimista
Ogilvey, uno dei bucanieri meno svegli.
Un nuovo schianto, più forte del primo, squarciò
la parete sopra le loro teste: - Will! – strepitò
Elizabeth, senza che gli altri comprendessero la sua esagerata
disperazione.
- Siamo intrappolati qua sotto! Vuole godersi tutto il divertimento?
– irruppe imprevisto Jack. Elizabeth gli andò
incontro, districandosi nel locale semibuio: - Tu lo aiuterai?
– pronunciò con una voce alterata, a
metà tra l’afflizione e la minaccia.
Sparrow diede una rapida sbirciata alle batterie: - Va’ tu da
lui. Io sto qui – proclamò imbaldanzito, e le
parve di veder brillare un sorriso nonostante la fermezza del suo tono.
- Eseguite quel che vi comanda – ingiunse ai presenti,
sentendoli borbottare.
Si precipitò verso le scale e nel corridoio del primo ponte
di coperta si scontrò con qualcuno che in un primo istante
le mise paura: - Ti accompagno. È meglio se esci dalla
cabina di comando – le consigliò Sputafuoco con le
chiavi in mano.
Più si approssimavano alla tolda più aumentava il
fragore della battaglia, tutto sembrava tremare tanto che Bill
sentì la donna reggersi a lui di tanto in tanto, soprattutto
in corrispondenza con le bordate.
- Te la senti di gettarti nella mischia? – le
domandò cauto l’uomo, quando furono giunti davanti
alla porta e lo strepitare del metallo e degli spari era diventato
assordante.
Tutto le ricordava l’ultima sanguinosa battaglia che avevano
combattuto dieci anni addietro.
- Jim è chiuso a chiave nella nostra cabina. Non fatelo
uscire – si fece promettere dal suocero, tirando un sospiro
ed estraendo la sciabola.
Il cielo cominciava a colorarsi di un celeste pallido e le spade dei
duellanti scintillavano ai primi raggi di sole. Richiusa la porta
dietro di sé, Elizabeth fu quasi investita da un uomo che le
cadde davanti precipitando dal castello di prua con un proiettile nel
petto. Subito un suo compagno saltò giù per
vendicarlo e incrociò le lame con la donna, che dovette
mettere in pratica tutta la sua abilità e la sua ferocia per
disarmarlo. Quando ci riuscì, una nuova bordata fece tremare
l’Olandese. Questa volta però a sparare erano
stati i suoi cannoni, tanto che vide tre delle otto passerelle della
Piovra spezzarsi a metà e ricadere in acqua.
Nello stesso tempo il vascello, ricominciò a muoversi,
essendo comunque in parte frenato dai rostri del galeone assalitore
rimasti ancorati sulle sue fiancate.
Nell’esultanza generale che spinse gli aggrediti a resistere,
Elizabeth si ritrovò alle spalle di Will rasserenandosi alla
vista del suo immutato ardimento, nonostante le ferite sanguinolente
che già macchiavano la sua camicia color crema.
L’uomo voltandosi per parare una sciabolata la vide e, senza
smettere di respingere le lame nemiche, le andò incontro: -
Credevo fossi stata tu, prima – si sgolò, sebbene
la sua asserzione arrivò appena udibile alla consorte, che
fece in modo da avvicinarsi a lui mentre duellava.
- Avrei dovuto chiedere il tuo parere, lo so. Ho lasciato lì
Maccus e … Jack – ribatté lei,
chinandosi per scansare un rampino e perdendolo di vista. Una sciabola
le portò via la sua quando si rialzò, e per un
attimo andò nel panico.
– Ho avuto un’idea – ricomparve in suo
soccorso Will, porgendole un’altra spada raccattata sul ponte
– Dì agli altri di arrendersi, qualunque cosa io
faccia, e lo stesso vale per te – la sollecitò
sfuggente, svanendo tra la ressa.
- Tua madre mi ha detto che ti ha lasciato qui e che non vuole che tu
esca.
- Nonno! – esultò Jim dall’interno
– Fuoco! – gridò più volte di
seguito con sgomento, picchiando i pugni contro la porta.
Urla, spari e sferragliamento infuriavano sopra le loro teste: -
Sì, Jimmy! Li stiamo facendo pentire di averci attaccati!
– gli riferì entusiasta Sputafuoco.
- No! La cabina va a fuoco! – strillò il bambino
con voce rotta dallo spavento.
- Oh, no – Bill si bloccò, sentendosi gelare le
vene.
- Santo cielo! Sta’ lontano da tutto ciò che
è legno! – gli raccomandò Gibbs che
aveva affiancato il vecchio Turner.
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Capitolo 19 *** Capitolo 18: Tensione ***
Capitolo
18: Tensione
- Gettate le armi, ordine del Capitano! – andava
impartendo Elizabeth ai marinai della ciurma che, seppure spiazzati
quanto lo era lei nel riportare le disposizioni dettatele da Will,
recalcitranti obbedivano, passando parola ai compagni.
Gradualmente gli scontri andarono scemando e la ciurmaglia che aveva
aggredito l’Olandese Voltante poco prima dell’alba
cominciò ad esultare, certa di aver vinto.
Le cannonate, inoltre, erano sempre meno dannose, poiché i
due velieri si erano staccati e avevano ricominciato a navigare.
- Sei un ottimo spadaccino, davvero. Ma la tua destrezza è
sprecata, come vedi. Questa nave è ormai nostra!
A pronunciare quelle parole, con una voce sicura e sprezzante spruzzata
da un accento nordico, era stato il comandante della Piovra nei
riguardi di Capitan Turner, rimasto dopo alcuni minuti
l’unico pirata dell’Olandese a sferrare ancora
colpi di sciabola, pur essendo ridotto allo stremo delle forze, visti i
danni subiti dal vascello.
Will aveva individuato quell’uomo fiondarsi con una fune
basculante sul ponte, poco dopo la bordata che aveva fatto saltare in
aria tre tentacoli di legno, e aveva intuito chi potesse essere. Non
era giovanissimo ma di aspetto tutto sommato piacente: capelli biondi
con qualche filo grigio lunghi fin quasi alle spalle, iridi di
ghiaccio, volto simmetrico perfettamente rasato ma deturpato da quella
che doveva essere la cicatrice di una bruciatura estesa dalla gota
destra al collo, vestiva un’elegante giubba blu cobalto e
portava un cappello ocra a tese larghe.
- Dov’è il tuo Capitano? – chiese
l’uomo a Will, che aveva infine lasciato cadere la sua spada.
- Di sotto – gli mentì freddamente, pregando che i
suoi marinai non rivelassero l’inganno.
Fu probabilmente la sorpresa a lasciarli senza parole.
L’aggressore gli si avvicinò di più: -
E che aspetti a portarmi da quel codardo, verme? – lo
spronò con disprezzo, puntandogli la spada sotto il mento.
Lui annuì alla svelta, notando come i suoi compagni fossero
tenuti sotto tiro dagli uomini che li avevano arrembati. Condusse verso
la cabina di comando il comandante della Piovra, ma, al momento di
aprire la porta, non ci riuscì.
– Ci penso io – avanzò con arroganza il
granitico pirata ancora per lui senza nome, scaricando un colpo di
pistola sulla serratura. Turner nascose una fitta acuta alla testa e
spinse i cardini.
Il biondo si accomodò su una sedia che rialzò dal
pavimento, in attesa che quello che credeva un semplice marinaio
ritornasse con il suo superiore.
Elizabeth si avvicinò alla soglia della cabina volendo
origliare quanto accadeva ma, individuata da uno dei bucanieri nemici,
fu da questo afferrata con l’aiuto di un complice e condotta
forzatamente al cospetto del loro Capitano.
- Mettiti al riparo Jim! Stiamo per sparare! –
avvertì nervosamente Sputafuoco, dovendo frenare la mano che
gli tremava per l’agitazione di quella
responsabilità.
- Va bene! – riuscì a rispondergli il bambino, tra
un colpo di tosse e l’altro.
Una volta centrata la toppa, dopo due colpi andati a vuoto, Gibbs diede
una spallata alla porta cadendo all’interno che
rivelò ai due uomini il piccolo incendio accesosi nella
stanza da letto. Il talamo e parte di un armadio erano in fiamme e
così le assi del pavimento sotto di essi.
Jim se ne stava con la schiena contro la vetrata e tossiva
convulsamente, riparandosi naso e bocca con le mani. Bill si
lanciò a prendere il nipote con inaspettata
agilità, mentre Gibbs, rimasto sulla soglia, si vide
comparire accanto due dell’equipaggio che riversarono dei
secchi sul legno che bruciava, evitando così danni
più seri. Allontanatisi dall’alloggio, i due
maturi pirati portarono il piccolo Turner ancora scosso nella loro
cabina, facendosi raccontare tutto e tranquillizzandolo, ignari di
quanto stesse accadendo poco sopra di loro.
- Ora! Pronti! Fu …
- Jack!
Will, piombando nel locale che ospitava i cannonieri di tribordo,
troncò l’azione guidata da Sparrow.
- Che c’è?! – lo fulminò lui,
con il disappunto di un bambino cui avessero appena interrotto il suo
gioco preferito – Hai fatto una strage? – lo
tacciò subito dopo, sconcertato dal suo aspetto logoro e
sporco di sangue.
Turner ignorò la sua sarcastica osservazione: - Ho bisogno
che fai le mie veci – lo tirò per un braccio
barcollante, esortandolo a seguirlo.
Jack impuntò i piedi: - Perché?
- Perché quel tizio cerca te e perché mi ha
scambiato per un mozzo – gli spiegò brevemente in
un sussurro, facendo leva sulle gambe per trascinarlo via a forza.
- E va bene! – il collega cedé di malavoglia,
liberandosi dalla sua presa, schifato – Questo è
perché sei poco credibile!
Il comandante della Piovra intanto, stravaccato sulla poltrona, si era
messo al lucidare con indifferenza le sue due pistole con un fazzoletto
di stoffa tirato fuori da un taschino, e continuava a rivolgere una
serie di domande e apprezzamenti ad Elizabeth, che di contro si
limitava facendo appello a tutto il suo autocontrollo, a lanciargli
sguardi assassini, preferendo non dire nulla che potesse compromettere
la già complicata situazione.
Finalmente Jack e Will apparvero, ma lei, se possibile, si
sentì ancora più tesa nel vederli insieme, non
conoscendo ancora le loro trame e presentendo che dovesse tenersi
pronta ad appoggiare qualche loro stratagemma.
- Che mi venga un colpo! Jack Sparrow! – si rizzò
in piedi il bucaniere dalla giubba cobalto.
L’interpellato oscillò leggermente, restando fermo
sul posto: - E voi siete? – domandò di rimando,
per nulla meravigliato che lo avesse riconosciuto.
- Henrik Stevenson, comandante della Piovra – si
presentò l’uomo con fierezza, mettendo ben in
evidenza le due pistole agganciate ai fianchi.
- Nonché scagnozzo di Thomas Worley … ops!
Dell’Ammiraglio Fortezza – replicò Jack
studiandolo con un sogghigno insolente, azzardando un mezzo passo verso
di lui.
- Questa è l’Olandese Volante, vero? Avevo sentito
dire che circa dieci anni fa ne era diventato Capitano … un
ragazzo venuto dal nulla – dichiarò quello,
vagamente sospettoso.
- Già, un buono a nulla – sogghignò
Sparrow, lanciando un’occhiata sbieca a Will, che, appena
ritornato era stato afferrato e trattenuto con le braccia dietro la
schiena da due brutti ceffi al servizio dell’assalitore
– L’ho ucciso io stesso.
- Non era immortale? – lo interrogò ancora
Stevenson rimarcando la sua diffidenza, avendo colto il furtivo scambio
di sguardi tra i due pirati. Will si irrigidì.
- Non vero … Dobbiamo metterci a chiacchierare del
più e del meno o intendi dirmi perché sei venuto
a bombardare? – si salvò in extremis Jack, prima
di perdere il controllo della conversazione.
Il Capitano della Piovra sorrise stizzito, due solchi ai lati della
bocca sottile: - Lo sai. Vengo a reclamare quello che il mio capo ti ha
chiesto.
Sparrow si accomodò con disinvoltura su una poltrona di
fronte a lui: - Quell’accordo non ha più alcun
valore, dal momento che mi ha distrutto quello che mi aveva dato in
cambio di quello che mi aveva chiesto – affermò
con calma guardandosi le unghie annerite dalla polvere.
- Sì, lui ti aveva affidato una vera nave, tu, invece, gli
hai consegnato una tavola di legno con quattro scarabocchi –
cominciò ad accalorarsi Stevenson, già
indispettito dal suo tono irrisorio.
- Ormai io una nave ce l’ho, e in quanto alle carte, mi
dispiace per lui ma le ho perdute – gli rivelò
frettolosamente il filibustiere, facendogli segno con le mani di
sgombrare e andarsene.
Quello invece alzò appena un mignolo e i suoi due
guardaspalle puntarono le loro pistole alle tempie di Elizabeth, che
dimenandosi schiacciò loro i piedi.
Will si trattenne dall’urlare qualche improperio in direzione
dei due uomini e incrociò la faccia di Jack che si era
voltato di scatto verso di lui, impallidendo lievemente.
- L’ho vista combattere. Bella e indomita. È la
tua donna? – domandò il Capitano Stevenson
approssimandosi a lei, convinto di aver trovato il suo punto debole.
- È mia … cugina –
temporeggiò Jack sentendo gli occhi di Turner trapassarlo da
parte a parte.
Il nemico sorrise non credendo a quella verità e
sollevò il pollice, al che i due pirati che tenevano la
signora Turner sotto tiro fecero risuonare il cane della pistola. Will
e Jack guardavano atterriti e il comandante aggressore se ne compiacque
e insistette: - Ha delle bellissime labbra, ma non le ho sentito dire
nemmeno una parola – continuò scrutando la giovane
donna sempre più da vicino – O è muta o
è sorda! – appurò beffardo.
- Entrambe le cose – tentò di sviarlo Sparrow
interponendosi tra lui ed Elizabeth con un’agile falcata.
Il Capitano della Piovra, però, proseguì
imperterrito a stuzzicare sia lui che la piratessa:
- Silenziosa e focosa: esattamente il tipo di femmina che vorrei avere
come amante – asserì viscido, allungando una mano
verso il suo bel viso arrossato dall’onta.
- Bastardo schifoso! – proruppe la piratessa, divincolandosi
dalla stretta dei due tirapiedi e riuscendo a sferrargli un calcio nel
basso ventre.
Will approfittò della distrazione per dare una gomitata
nello stomaco ai pirati che lo trattenevano, mentre Jack
impugnò la sua pistola rivolgendola contro Stevenson.
Gli uomini di questo nel frattempo riagguantarono con più
vigore i Turner, disarmati, e lo stesso comandante, ancora piegato in
due, sguainò sveltamente le due rivoltelle aprendo le
braccia per mirare nel contempo Sparrow ed Elizabeth. Per essere
più convincente esplose un colpo verso il tetto della cabina
e Will fremette.
- E va bene ti dirò tutto – si arrese nolente
Jack, annoiato da quella manifestazione di prepotenza – Le
carte nautiche sono alla Baia dei Relitti.
Turner lo trafisse nuovamente occhi di brace, serrando la mascella.
- Alla Baia dei Relitti – ripeté Stevenson
scettico, accarezzandosi il mento e restando a pensare – E
dovrei crederti? – di riflesso premette la canna della
pistola sul petto della piratessa.
- Ti ci accompagnerò io stesso. Se vorrai seguirmi
– Sparrow era nello stesso tempo irritato e angosciato dalla
minacciosa piega assunta da quell’incontro.
Il bucaniere soddisfatto dall’aver ottenuto la sua resa,
ripose l’arma nella fondina e con uno schiocco delle dita
fece in modo che i suoi scagnozzi lasciassero Elizabeth, che lui stesso
spinse tra le braccia di Jack, suscitando le risa e i commenti volgari
dei compari, mentre Will era ancora trattenuto da altri due pirati
della Piovra.
- Pensi di essere il migliore pirata del mondo, ma hai le stesse
debolezze di qualsiasi uomo – lo derise Stevenson e i due
tizi che prima trattenevano la signora Turner si diressero verso
Sparrow e in pochi secondi intrappolarono i suoi polsi con delle
manette, urtando con durezza la donna verso il tavolo.
- Che significa? – sbottò lui, intimorito e
oltraggiato da quel risvolto non calcolato.
Il Capitano avversario scrutò un orologio da taschino: -
Questa nave fra circa cinque minuti non esisterà
più. È come un enorme barile di polvere da sparo
e la miccia è già accesa –
annotò apaticamente, sparando un colpo sul pavimento dove
una scia nera cominciò a crepitare sinistramente.
I quattro che lo avevano accompagnato attorniarono Jack e lo
sollevarono da terra, portandoselo via sotto gli sguardi attoniti e
impotenti dei coniugi Turner, sbattendo con violenza la porta ormai
malmessa.
- Corri di sotto e dì agli uomini di preparare
l’immersione! – ordinò infuriato Will
alla moglie, subito dopo l’allontanamento degli assalitori.
Lo animava una rabbia sorda, avrebbe lottato fino alla fine, giocandosi
il tutto per tutto.
Elizabeth ancora un po’ scombussolata dagli eventi, ma
confidando nella perizia del marito, non sapendo a chi dover riferire
di preciso quel nuovo comando, lo andò urlando a
destra e a manca, intanto che attraversava i corridoi interni.
- Sono proprio pirati della peggiore specie! Per dieci anni hanno
servito fedelmente un Capitano, sono bastati pochi giorni
perché fossero disposti a dare la vita per un altro
Capitano, e ora guardali: di nuovo egoisticamente ognuno per
sé – constatò con biasimo il comandante
della Piovra, passando tra i marinai di Turner che restavano inerti di
fronte al rapimento di Sparrow.
- Capitan Henrik Stevenson! – lo richiamò una voce
forte e decisa quando era giunto ormai a metà strada tra la
nave che aveva assalito e la propria. Si voltò di scatto,
mentre i suoi sottoposti si spostarono alla sua destra rimettendo Jack
con i piedi a terra.
- Sappiate una cosa: l’Olandese Volante fa solo
ciò che il suo Capitano comanda. E il Capitano
dell’Olandese Volante sono io: William Turner! –
rivelò il giovane uomo, gridando dal castello di poppa dove
si era erto, scagliando una spada dritta contro il petto
dell’avversario il quale, non aveva avuto il tempo di
accorgersene che si trovò infilzato, cadendo indietro con il
respiro mozzato sotto le facce stupite e inorridite dei suoi uomini.
Nello stesso istante i marinai dell’Olandese si avventarono a
spade sguainate contro gli altri pirati nemici, costringendoli a
gettarsi in acqua o a riparare sulla Piovra.
Anche perché le scintille si propagavano verso il punto in
cui loro stessi avevano scaricato alcuni barili di polvere da sparo
durante l’assalto, formando un intricato reticolo che
ricopriva buona parte della tolda.
- Giù! – ordinò quindi il Capitano
Turner con tutto il fiato che aveva in gola.
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Capitolo 20 *** Capitolo 19: Mal di mare ***
Capitolo
19: Mal di mare
L’acqua salata e fredda cominciò ad invadere la
prua zannuta tra schizzi e schiuma. Gli uomini si affrettarono a
liberare tutte le aperture dapprima bloccate, così che
quelle onde potessero riversarsi nelle condutture interne di cui era
dotato quello straordinario veliero, capace di navigare sotto la
superficie del mare.
Will aveva avuto ben chiaro che non c’era molto tempo:
bisognava spegnere quella polvere che avrebbe fatto saltare per aria
tutto quanto; con quella mossa, contemporaneamente, poteva disfarsi dei
nemici che non avrebbero saputo come comportarsi in quella situazione,
per loro nuova e spaventosa. Strinse attorno alla vita una cima che
aveva saldamente legato all’albero maestro con un nodo
scorsoio, quello che gli riusciva meglio eseguire, e attese il
compimento dell’incredibile manovra.
Jack non era propriamente a suo agio in quel frangente: il pavimento
del ponte continuava ad inclinarsi e lui aveva ancora i polsi bloccati
da quegli odiosi bracciali metallici, che gli avevano agganciato a
tradimento e che gli impedivano di alzarsi, ora che era scivolato.
I pochi pirati che si aggiravano attorno a lui lo facevano
capitombolare ripetutamente, urtandolo per salvare le armi e mettere se
stessi e i compagni feriti al riparo. Metà dello scafo era
ormai scomparsa tra le onde e lui, data l’inclinazione
inarrestabile, cominciò a rotolare verso prora insieme ai
cadaveri e ad altri arnesi parzialmente distrutti. La sua caduta fu
frenata dalla cintura, che andò ad impigliarsi a qualcosa di
sporgente che non identificò; sicuro che sarebbe annegato,
iniziò involontariamente a gettare urla. Lo sciabordio era
sempre più rintronante fino a sommergerlo. Intravide Will
venirgli incontro e spingerlo di peso sottocoperta, attraverso una
botola che aprì accanto a lui. Percorse tutte le scalette
battendo continuamente la testa, la schiena e le gambe sui gradini; poi
atterrò e non sentì più nulla.
Sbatté le palpebre e le aprì lentamente,
infastidito dal bruciore del sale che sentiva pizzicargli anche la
gola. Era seduto a terra, la schiena appoggiata ad una parete di legno,
le braccia parallele stese sul busto. Sopra la testa percepiva una luce
che emetteva un forte tepore e riscaldava piacevolmente i suoi vestiti
e la sua pelle fradici d’acqua. Tutto attorno era quasi
asciutto. Socchiuse gli occhi e curvò la testa indietro.
Udiva un brusio lontano e indefinito. Avvertì una presenza e
istintivamente riaprì le palpebre: quando la nebbia che
offuscava la sua vista svanì, comparve, tanto vicino da
poterlo sfiorare con le dita, un bel viso femminile dai contorni
sfuggenti, etereo, in cui spiccavano due occhi neri, profondi e
liquidi.
- Hai una fortuna sfacciata. Ma non potrà essere sempre
così – sussurrò senza muovere la bocca
curvata in un sorriso perverso, con un tono sensuale e minaccioso al
tempo stesso per poi dissolversi.
- Jack! Jack! – sentì pronunciare il suo nome da
una voce femminile, diversa dalla precedente. Scosse la testa, ancora
intontito: - Elizabeth – mormorò fiocamente,
riconoscendo la giovane e affascinante donna inginocchiata di fronte a
lui, che lo osservava stranita.
- Va tutto bene? – gli chiese preoccupata toccandogli la
fronte. – Stavi immobile con tanto d’occhi. Hai
visto qualcosa?
Il pirata si portò le mani al volto, rendendosi conto di
essersi procurato un taglio al labbro superiore dal quale usciva un
sottile rivolo di sangue: – Will … - si
sforzò di pronunciare ricordando quanto accaduto.
La piratessa sospirò avvilita: - Non so che dirti. Ha perso
la testa! – disapprovò, passando le dita tra i
capelli dorati e distogliendo lo sguardo sulle assi di legno.
- Il mare può far male, a volte … -
biascicò Jack dondolando con entrambe le braccia e gli
indici davanti a sé, come stesse esponendo una lezione di
vita, per poi crollare in avanti sulla spalla della donna, mugugnando
di piacere per il contatto con il calore emanato dal suo corpo e
cercando di abbracciarla pur non potendo a causa delle manette.
Elizabeth restò spiazzata e imbarazzata per quella posizione
compromettente, sebbene non ci fosse nessuno attorno, ma non
trovò l’animo di respingerlo finché non
udì la voce del figlio dietro di lei.
- Mamma! Stai bene! – gridava correndole incontro. Si mosse
bruscamente mettendosi in piedi e Jack ricadde battendo di nuovo la
testa: - Acci … - fiatò appena contorcendosi.
- Jim! – lo abbracciò e baciò
animatamente – Come hai fatto ad uscire?
- Ho dovuto, mamma. Per non morire bruciato! – le rispose
ancora sconvolto il piccolo, ricevendo un’occhiataccia da
parte di Sparrow che si era steso sul dorso dolorante, voltando la
faccia verso i due.
- Cosa? – esclamò la signora Turner sbalordita.
- Si muoveva tutto con le cannonate e poi quella lampada è
caduta sul letto e le coperte e il baule con i nostri vestiti sono
… non ci sono più! –
raccontò agitato Jim, notando solo allora che Jack era
bagnato, come la camicia e le punte dei capelli di sua madre.
Elizabeth strinse di più a sé il bambino e
baciandogli ripetutamente la fronte:- Oddio, avrei dovuto spegnere
tutto – s’incolpò, mordendosi un labbro.
- No, lo dovevo fare io – sembrò consolarla il
figlio, quasi soffocato dalle sue coccole – Mi hanno salvato
il nonno e il signor Gibbs.
- Oh, grazie! – mormorò la donna riconoscente
all’indirizzo dei due, che erano sopraggiunti poco prima
insieme ad altri marinai in attesa di parlarle.
- Dovere – asserì Sputafuoco sorridendole
impacciato.
Gibbs si accostò a Jack che tutti gli altri guardavano da un
po’ incuriositi: - Dove ti eri cacciato? Ora mi racconti ogni
cosa! – gli propose aiutandolo a mettersi in piedi e
trascinandolo a parte, anche se lui voleva restare per origliare
qualcosa.
- Dov’è papà? – si accorse
poi Jim, muovendosi per farsi lasciare dalla mamma.
- Signora Turner – si fece avanti il mastro d’armi
Maccus – il Capitano ha perso i sensi. Lo abbiamo
già portato da Penrod – la avvertì con
tono grave.
- Voglio andare da lui – dichiarò Jim risoluto,
mentre sua madre lo faceva scivolare piano a terra.
- Signora Turner, ordini – richiese un altro gruppetto di
pirati.
Il vice Capitano era sempre più confuso, ma si sentiva in
dovere di dare delle risposte a quegli uomini momentaneamente senza
guida: - Mettiamoci alla fonda, cercate di ripristinare
l’ordine e verificate i danni.
I marinai annuirono allontanandosi.
- Mamma posso venire con te? – ripeté il figlio
prendendole la mano.
- Per ora no – stabilì la donna, girando i tacchi
dietro un pirata offertosi di accompagnarla dal Capitano.
- Ah, eccovi – la accolse Penrod nella cabina che fungeva da
infermeria, ostentando tranquillità nella voce ma
inquietudine nell’espressione del volto – Lo hanno
visto accasciarsi e l’hanno subito portato da me. Ho
già ripulito le ferite e sembra che non sanguinano
più – la rassicurò sciacquandosi le
mani in una tinozza. - Non c’è stato nemmeno
bisogno di fasciature – attestò stupefatto.
Elizabeth aveva accarezzato il viso dell’amato e tastato con
turbamento le sue cicatrici mentre il dottore parlava e lui aveva
dischiuso le palpebre, tentando di mettersi seduto: - Sono sicuro che
ci sono feriti più gravi. Dovevi occuparti di loro
– rimproverò il medico con voce debolissima,
dovendo fare una pausa tra una sillaba e l’altra.
- Ma, Capitano! Voi avete la precedenza! – affermò
Penrod contrariato, cercando il sostegno della signora Turner.
- Dove sta scritto? – si alterò ancora di
più Will, trovando la forza di alzare il tono ma non quella
per reggersi, restando disteso.
Elizabeth lo trattenne: - Will, dannazione! Perché devi
essere così testardo? – lo sgridò
spazientita – Pensa un po’ a te stesso, una buona
volta!
- Sto già meglio – la investì con
un’occhiata truce lui, mettendosi infine seduto ma apparendo
comunque sofferente.
- Avete l’obbligo di riposare – lo
ammonì il dottore titubante, porgendogli una camicia pulita.
- Sono due notti che non dormi – gli fece notare la moglie,
apprestandosi ad abbottonargli la casacca con veemenza. Lui non
insistette e la lasciò fare, increspando di tanto in tanto
la bocca ed emettendo sbuffi con il naso.
- Vado a chiamare qualcuno per farvi accompagnare nella vostra cabina
– si premurò Penrod, lasciando i coniugi da soli.
Elizabeth si sedette sulla branda a finì di affibbiare gli
ultimi bottoni: - Sei rimasto sopra coperta durante la traversata?
Will non rispose, stringendo gli occhi e afferrandosi la testa fra le
mani, respirando con affanno senza più nascondere la
spossatezza e il dolore lancinante che lo infiacchiva.
– Il nostro letto è andato in fumo –
continuò a riferirgli lei, al che il marito tese subito i
tendini – Ma Jim sta bene. Fatti raccontare tutto da tuo
padre. Io adesso devo andare a sostituirti – gli
rammentò affrettatamente, toccando di sfuggita con le labbra
la sua fronte e allontanandosi.
Lui la seguì con lo sguardo e lei quasi lo
percepì. Si fermò sulla soglia: - Will, posso
capire che tu voglia nascondere la faccenda ai tuoi uomini, ma tuo
figlio dovrebbe sapere quello che ti sta succedendo – ammise
con tristezza, richiudendo la porta.
Quando Will riaprì gli occhi, non sentiva più i
dolori strazianti delle ore precedenti, ma neanche il vigore
indispensabile a riprendere il comando. Si sollevò facendo
forza con le braccia e si guardò attorno. La cabina non era
la sua, era più buia e più piccola, ma aveva
dormito profondamente dopo che glielo avevano condotto mentre era privo
di sensi. Solo due oblò e una lampada ad olio rischiaravano
fiocamente l’ambiente e non riuscì a capire se
fosse già calata la notte. Scostò il lenzuolo con
un gesto deciso e provò a mettere i piedi per terra, le
ginocchia tuttavia non gli ressero, si sentì girare la testa
e ricadde seduto sul lettino.
Si sbottonò la camicia per esaminare le cicatrici, passando
le dita sul torace, ma non ne trovò alcuna, a parte quella
vecchia che circoscriveva il suo cuore. Non c’erano segni
esteriori della sua sofferenza e questo doveva apparire strano ai suoi.
Lo avrebbero scoperto, tramite Penrod, e poi? Lo avrebbero seguito
ancora? Era già stupito che non lo avessero abbandonato dopo
lo scioglimento della maledizione che li legava all’Olandese
Volante.
Percepì un lieve rumore vicino alla porta e udì
la maniglia abbassarsi cigolando.
Entrò Jim con una piccola brocca fra le mani che
appoggiò su un tavolino: - Papà, ti fa ancora
male? – gli chiese ansioso, avvicinando una sedia per stargli
accanto.
- Non è niente, in confronto alla paura che ho avuto di
perderti – lo rassicurò lui, stendendo il volto in
un sorriso dolente – Tu e tua madre siete ciò che
amo di più al mondo. Non smetterò mai di lottare
per voi.
Il figlio lo osservò per qualche istante in silenzio, poi,
fissandolo con imbarazzo, dritto negli occhi bisbigliò: - Ti
voglio bene, papà.
Will sentì la gola secca e i battiti accelerati, come se
avesse appena smesso di nuotare in mezzo ad un mare in tempesta: -
È la prima volta che me lo dici – riconobbe
commosso e a disagio come il bambino.
- Avrei voluto farlo il primo giorno in cui ti ho visto, ma eri quasi
uno sconosciuto per me – si scusò quello,
vergognandosi e dondolando le gambe nervoso, stando composto sulla
sedia.
Il padre gli fece cenno di accomodarsi con lui sulla branda,
accogliendolo fra le sue braccia. Lo strinse per qualche secondo,
cullandolo con gli occhi socchiusi, quindi lo fece voltare verso di
sé tenendolo per le spalle: - Jim, devo dirti una cosa
– dichiarò adombrandosi.
- È una cosa brutta? – intuì il bambino
arricciando le labbra.
Il genitore annuì lentamente sospirando.
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Capitolo 21 *** Capitolo 20: Amici mai ***
Capitolo
20: Amici mai
- Direi che comunque ci è andata bene – concluse
ottimista Gibbs, dopo aver saputo da Jack cosa era successo ed avergli
raccontato a sua volta gli avvenimenti che avevano coinvolto lui e gli
altri pirati rimasti sottocoperta.
- Già. Se il piccolo Turner fosse stato in cabina con noi,
ci avrebbe abbrustoliti! – replicò il pirata
sardonico.
- È stato un incidente! Non è stato lui ad
appiccare il fuoco! – ribadì Joshamee, prendendo
le difese del bambino, mentre ancora si trascinava l’amico
intorpidito e mezzo stordito verso il loro alloggio.
- No? – ribatté per nulla persuaso Jack,
scostandosi dalla sua spalla.
- Senti io ora vado. Tu schiaccia un pisolino. Ti farà bene
– lo esortò Joshamee aprendo la porta, facendolo
adagiare direttamente sulla branda e aiutandolo a spogliarsi delle
cinghie e degli stivali. – Ci vediamo dopo – lo
salutò con un occhiolino, uscendo in gran fretta.
Quella vecchia testuggine di mare si stava rincretinendo frequentando
quel ragazzino ruffiano, pensò sconsolato Sparrow.
- Abbiamo perduto parte del parapetto di tribordo, ci sono diverse vele
strappate, uno squarcio nello scafo all’altezza dei
portelloni dei cannoni, per non contare la vostra cabina andata a fuoco
e i cinque di noi che non ce l’hanno fatta –
illustrò svelto il mastro carpentiere Herman, convocato dal
vicecapitano nella cabina di comando una volta levate le ancore.
Elizabeth rimuginò su quelle annotazioni: - Siamo in grado
di arrivare fino all’Isola dei Relitti in queste condizioni?
– gli richiese dubbiosa – Armi? Munizioni?
- Di armi ne abbiamo recuperate un po’ e abbiamo usato solo
meno di un quarto delle munizioni – rispose Piper, uno dei
cannonieri. - Ma siamo al limite per quanto riguarda l’acqua.
- Suggerireste una sosta? – domandò la signora
Turner agli uomini, porgendo loro delle carte geografiche tirate fuori
da un cassetto del tavolo.
I marinai si affrettarono a cercare gli altri strumenti nautici per
determinare la latitudine, spostandosi all’esterno della
cabina mentre lei restò seduta con le braccia incrociate e
un’espressione pensierosa che non sfuggì a
Sputafuoco.
- Lo scalo più vicino è Nassau –
decretò infine il navigatore Wheelback, tornato con gli
altri.
- Va bene. Ma, una volta sbarcati, non ci tratterremo più di
due, tre ore al massimo – dispose sbrigativamente il primo
ufficiale.
- Aye, signora – approvarono i sottoposti congedandosi.
- Signor Turner, vi dispiace andare al timone? – richiese poi
la donna un po’ impacciata al taciturno Bill. Lui
acconsentì serioso e nel lasciare la stanza
incrociò il nipote, che andò verso la nuora con
la faccia bianca e sconvolta, ma preferì non indugiare a
origliare i loro discorsi.
- Ho parlato con papà – proruppe Jim, gettandosi
tra le braccia di sua madre e nascondendo la faccia sulla sua spalla
– Mi ha raccontato tutto e io me ne sono andato senza dirgli
niente – mugolò dispiaciuto.
- Sono certa che non si sarà arrabbiato con te. Rimedierai
– lo tranquillizzò lei con decisione,
costringendolo a guardarla e mostrandosi imperturbabile.
- Cosa possiamo fare per lui? – tirò su con il
naso il bambino, asciugandosi gli occhi.
- Dobbiamo stargli accanto – lo accarezzò la
madre, prendendolo per mano e uscendo con lui sul ponte –
Senti, stasera arriveremo a Nassau. Ti va di accompagnarmi?
- E papà? Non hai detto che dobbiamo stargli accanto?
– chiese sbalordito il figlioletto, nonostante
l’idea di visitare quel luogo tanto famigerato lo attirasse.
- Sì, ma non dobbiamo neanche farglielo pesare troppo
– gli spiegò Elizabeth, sospirando al pensiero di
quanto fosse difficile gestire quell’odiosa situazione
– In fondo è sempre un pirata.
Jim alzò le spalle, imbronciato: - Tu lo conosci meglio di
me – riconobbe rassegnato, allontanandosi verso una murata
per affacciarsi.
La piratessa gli restituì un sorriso forzato: invero
ultimamente non ne era più tanto sicura. Quei maledetti anni
lontani l’uno dall’altra pesavano ancora come
macigni.
Prima del tramonto l’isola di New Providence apparve
all’orizzonte con le sue rive sabbiose, la sua
trafficatissima baia e le abitazioni colorate.
Tre scialuppe furono calate in acqua e a bordo dell’Olandese
tornò per qualche ora la quiete.
Jack aveva riposato parecchio e, ormai sazio di sonno, decise di uscire
dall’alloggio. Non poté nemmeno stiracchiarsi come
si deve, che sentì i polsi tirargli per le manette. Con
molta difficoltà riuscì a infilarsi almeno gli
stivali e si mise a bighellonare, cercando di recuperare attraverso le
parole catturate per caso dai marinai qualche notizia su quanto fosse
successo dopo che si era appisolato. Non aveva neppure trovato Gibbs al
suo risveglio e l’unica cosa che aveva capito era che si
erano fermati: il beccheggio era molto ridotto e non si sentivano
uomini avvicendarsi alle manovre. Anzi regnava uno straniante silenzio,
screziato solo dagli scricchiolii del legno dello scafo e da un
ovattato brusio di voci distanti.
Era giunto nel primo corridoio di coperta, completamente buio, e i suoi
passi si erano fatti più incerti.
- Jack Sparrow – pronunciò una voce nota, come se
rispondesse ad un indovinello.
- Come hai fatto a capirlo? – esclamò girandosi
nella direzione da cui l’aveva sentita provenire.
- In dieci anni di notti insonni ho imparato a riconoscere il modo di
camminare di ciascuno dei miei uomini. Il rumore dei loro passi sulle
assi di legno – spiegò Will giungendogli a fianco,
con un tono a metà tra la spocchia e la malinconia,
sfregando sulla parete un cerino e ottenendone una fiammella che
trasferì su una lampada agganciata che rintracciò
a tastoni.
- Bugiardo! È per via dei monili che ho in testa!
– non gli credette Jack, prendendo fra le dita le trecce con
le perline e scuotendole – In effetti non ci avevo mai
pensato di essere tanto tintinnante – si fermò a
riflettere, piegando il capo e grattandosi il pizzetto. – E
il resto della famigliola? – sbottò poi sentendosi
osservato.
Will stese un braccio contro il muro, bloccandogli la strada: - Sono
scesi a terra, con Gibbs. Avevano bisogno di distrarsi –
aggiunse un po’ stizzito, abbassando la fronte.
Stavolta era Sparrow a guardarlo turbato: - Hai vuotato il sacco e a
loro non è piaciuto quel che c’era dentro?
- Sei ancora ammanettato – notò Will, cambiando
discorso.
- Toh, guarda! – esclamò Jack con ironia, portando
le mani davanti agli occhi.
- Seguimi – lo esortò con gentilezza il collega.
Lui storse i baffi sospettoso, ma infine si risolse ad andargli dietro.
Lo guidò nei locali di sotto, in cambusa, dove, una volta
entrati nello stanzone pieno di pentoloni, mestoli, lame e dispense, si
imbatterono nel cuoco che stava facendo riscaldare della carne bollita:
- Lasciaci soli, Wyvern – ordinò Capitan Turner e
l’uomo stempiato andò via con un inchino e uno
sguardo permaloso verso Sparrow.
Will afferrò un coltellaccio e ne ricoprì
l’impugnatura con un grembiule lasciato sul tavolo: - Mi hai
deluso oggi. Non sei stato molto brillante – sostenne
amareggiato, avvicinando la lama al fuoco acceso sotto un pentolone.
- Che pretendi? Dovevo fare le tue veci! – si difese lesto
Jack, scrutando con turbamento i movimenti di Turner.
Quello continuò rigirando il coltello tra le fiamme senza
guardarlo: - Come pensi che facciano a trovarti in qualsiasi luogo ti
sposti?
- Evidentemente avrà dato loro qualche portentoso
marchingegno magico che indica la mia posizione –
ipotizzò con senso pratico il pirata, controllando i
crescenti nervi a fior di pelle e sbirciando l’ambiente per
ideare una possibile via di fuga.
- Sei proprio convinto che li mandi lei – replicò
Will con neutralità, sollevando il coltello incandescente
davanti al viso per esaminare meglio se fosse pronto.
- Sì – deglutì Jack, facendo un passo
indietro; non era più tanto sicuro di aver fatto la scelta
giusta lasciandosi condurre lì dentro, in mezzo a tutti
quegli arnesi affilati e contundenti.
- E perché non viene “personalmente” da
te? – gli si avvicinò l’ex fabbro,
brandendo la lama infuocata.
- Che ti devo dire? Sarà in memoria dei nostri buoni
rapporti intrattenuti in passato – dichiarò con
malizia Sparrow. Il Capitano lo obbligò a sedersi,
prendendolo per il collo della camicia e gli mimò di
stendere le braccia sul tavolo. Luì obbedì,
seppure esitante.
- Certo – Turner sferrò un colpo secco sulla
catena che univa i bracciali, spezzandola.
Jack sorrise risollevato, e riprese a chiacchierare scioltamente: -
Tornando a Stevenson: è da poco che svolge il mestiere, a
malapena lo conoscevo di nome. So che era norvegese o svedese
… Perciò non sapevo come prenderlo! E poi mi
aspettavo che tu avessi un piano! – lo sgridò,
offeso dal fatto che gli stesse dando di nuovo le spalle, armeggiando
con altri coltelli più piccoli.
Will gli si riavvicinò in pochi secondi, afferrandogli la
mano sinistra e sedendosi al contempo sul tavolo: - Eri tu il mio piano
– gli confidò quasi incredulo della sua stessa
asserzione, accostando con attenzione la lama riscaldata al bracciale
che fondendosi si aprì.
Ormai tranquillizzato dalle sue pacifiche intenzioni, Jack gli
offrì la mano destra perché liberasse anche
quella: - Se volevi saperne di più, non avevi che sbatterlo
in cella per qualche giorno, qualche tortura e avrebbe sputato la
verità. Anziché trasformarlo in uno spiedo umano!
Turner sbuffò angustiato, riponendo il coltello in una
tinozza d’acqua, curvando le spalle: - Ero pazzo di rabbia e
di dolore.
- Ti succede spesso! E quand’è così ti
comporti in modo avventato! – gli fece notare Jack dopo
qualche secondo, tastandosi i polsi indolenziti e balzando in piedi,
desideroso di andarsene da lì e respirare una buona boccata
d’aria salmastra.
- Sei un buon cannoniere, sai – si voltò Turner,
sorridendogli inaspettatamente.
- Tu un pirata mediocre, invece – si permise di ribattere,
accompagnandolo alla porta.
- La mia è una proposta. Pensaci – lo
provocò ancora il Capitano dell’Olandese,
sarcastico ma mesto, uscendo di fretta.
Era così strano, ora, parlare con lui. Semplice, immediato,
divertente perfino. William con lui era stato schietto, altruista,
senza rinfacciarglielo. Lo aveva salvato anche quel giorno. Per
interesse? Forse, ma aveva comunque rischiato e non ne avrebbe avuto
motivo. Per pochi istanti Jack fu attraversato dalla sensazione che
fossero sul punto di diventare veri amici.
Ma l’amicizia tra pirati era mai possibile?
- Che fai tu ancora qui? – lo riscosse il ritorno del
cambusiere. Si scusò agitando le mani e corse via nella sua
cabina per riprendere la giacca e le cinture, ma non trovò i
suoi effetti più cari: cappello, spada, pistola e bussola.
Avrebbe chiesto a Gibbs in seguito, ora desiderava solo stare
all’aperto.
Sopra coperta tornò a respirare a pieni polmoni il vento che
sapeva di pioggia: grosse nuvole grigie si addensavano nel cielo
bluastro e formavano una cappa d’umidità. Si
affacciò al parapetto scrutando il mare. Sembrava si stesse
ingrossando, era in arrivo una tempesta.
- Ohilà, Sputafuoco – fermò il vecchio
pirata che gli passò accanto – Dove siamo?
- Nassau – gli rispose quello, assicurando una cima.
- Nassau? In meno di un giorno? – si stupì Jack
– Oppure ho dormito davvero tanto …
Bill abbozzò un lieve sorriso per lo sgomento che gli
leggeva in faccia: - Anche l’Olandese può essere
veloce quando serve.
Intanto la prima scialuppa era tornata e, dopo che i marinai
l’ebbero svuotata dei barili che trasportava, venne
nuovamente legata al suo posto. La cosa si ripeté poco dopo
con il secondo gruppetto di pirati.
Scorse Will, rivestito di tutto punto da Capitano, muoversi rapido
lungo la ringhiera del parapetto con un cannocchiale, chiaramente
impensierito perché la barca con la sua famiglia non si
vedeva ancora. Jack gli si avvicinò in silenzio, non gli
passava per la mente nemmeno una battuta sagace con cui distrarlo: -
Dicono che Nassau non è più tanto pericolosa
– gli uscì di bocca infine. Lui si
voltò per un secondo accigliato e riprese a studiare la
superficie del mare.
– Avrei potuto accompagnarli io, se me lo avessero chiesto
– tornò a fiatare Sparrow, accennando un altro
passo verso di lui.
Will aveva gli occhi ridotti a due fessure: - Così saresti
scappato. No. – attestò acido, riponendo lo
strumento ottico in una tasca della giacca. Richiamò un uomo
dietro le sue spalle che gli consegnò un tricorno e
andò via: - Questo è tuo –
affermò prendendolo in mano e porgendolo distrattamente a
Jack. Lui, felice, senza ringraziarlo se lo mise in testa.
- Capitano, la prossima volta ci conviene assaltare un mercantile, se
abbiamo la fortuna di incrociarne uno – propose il mastro
d’armi Maccus che era risalito a bordo da poco.
- Così avremo alle calcagna anche la marina reale
– disapprovò Will crucciato.
- Vostra moglie era in cerca di un materasso per il vostro letto, ma
dubito possa trovare quel che pensa – gli fece sapere un
altro marinaio, cogliendo la sua ansia. Alcuni risero.
- Bé, se prendessimo un mercantile, magari … o
una nave di qualche illustre gentiluomo … - tornò
a stuzzicarlo il Maccus, spalleggiato da altri compagni che gli stavano
attorno.
- Il vostro Capitano ha ragione: non è il caso che vi
attiriate contro pure la marina britannica o spagnola – li
zittì disturbato Jack, intromettendosi sfrontatamente.
I pirati iniziarono a scrutarlo con collera e Will restò a
bocca aperta: mai si sarebbe aspettato di essere difeso da Sparrow. Ma
doveva pensare a tenersi buoni i membri della ciurma che non era
d’accordo sulla sua condotta. Perciò
scoccò uno sguardo tagliente al bislacco filibustiere e
promise loro, assumendo un sorriso spavaldo: - Se ci sarà
l’occasione di un buon arrembaggio, non ce la faremo scappare.
Gli incorreggibili fuorilegge, soddisfatti dalla sua risposta,
ripresero le loro occupazioni, parlottando fra di loro di quella
ipotetica situazione e di come si sarebbero divertiti.
Il giovane Capitano si rimise a sbirciare la costa con il cannocchiale,
ignorandolo.
No, non si poteva essere amici tra pirati, si disse convinto Jack.
Soprattutto perché gli sbalzi di umore erano imprevedibili.
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Capitolo 22 *** Capitolo 21: Acqua ***
Capitolo
21: Acqua
Will trasse un profondo respiro quando finalmente la lente del
cannocchiale gli restituì l’immagine di una
scialuppa che vogava verso di loro. Il buio era calato in fretta e la
brezza che soffiava con sempre maggiore insistenza era divenuta umida e
fredda, recando con sé anche una leggera pioggerella che gli
sferzava il viso, insinuandosi al di sotto del cappello.
Avvisò subito i suoi uomini di provvedere a issare
l’imbarcazione e, una volta che ciò fu fatto, vide
Jim volargli incontro e rivolgergli un gran sorriso che sapeva tanto di
scuse.
Prima ancora che il piccolo parlasse lo fermò, poggiandogli
una mano sulla spalla: - Non hai niente da farti perdonare, Billy Jim.
Va’ ad asciugarti – gli consigliò con
fare austero. Quindi si allontanò sul castello di prua e
ordinò alla ciurma: - Salpare le ancore! Spiegare le vele!
Prendiamo il largo!
Elizabeth, che aveva assistito alla reazione del marito e allo
scoramento comparso sul volto del figlio, cercò di
rimediare. Una volta accanto a Will si fece coraggio e gli
spiegò: - Non è successo niente. Non abbiamo
avuto incontri poco raccomandabili. Solo abbiamo perso tempo
perché ci sono rimasti pochi soldi e ho dovuto cercare la
roba a buon mercato.
- È così, signor capitano –
confermò Gibbs, che le aveva fatto la cortesia di
accompagnarla.
Il giovane uomo spostò gli occhi dall’orizzonte,
dove li aveva tenuti ancorati mentre gli parlavano: - Vi voglio tutti
nella cabina di comando, non appena avrete finito di sistemare
– li convocò con un tono impenetrabile –
Recuperate anche Jack, si è dileguato di sotto dopo avermi
fatto rischiare l’ammutinamento – soggiunse
volgendosi a Gibbs.
La signora Turner lo squadrò impaurita, sebbene non
riuscisse a vedere a pieno il suo volto nascosto dalla tesa del
cappello. Gli sembrava quasi un'altra persona e capì che lo
stesso pensiero doveva aver sfiorato anche Joshamee, che aveva fatto
una smorfia di stupore nel percepire il suo malanimo: - Ve lo
porterò, senz’altro! – gli
giurò ossequioso, svignando.
Elizabeth, invece, tormentata da un dubbio assurdo, gli rimosse con
forza il copricapo: - Oh, Will! Sei tu, vero? – gli
domandò restando col braccio per aria, sentendosi sciocca
per quella preoccupazione.
- Di che parli?! – strabuzzò gli occhi lui. La
donna inspirò ed espirò a fondo restituendogli il
cappello, più che imbarazzata: – Ci vediamo dopo
– lo salutò tornando dal figlio che, si accorse,
li stava guardando frastornato.
- … E quindi, grazie alla geniale presa di posizione di
Jack, ho dovuto impegnarmi a guidare un futuro assalto alla prima nave
che avvisteremo durante il viaggio – finì di
raccontare il capitano Turner rassegnato alla moglie, che si
limitò ad annuire poco persuasa.
- Spostati di qua, che sgoccioli! – gli diede uno spintone
Jack il quale, richiamato pochi minuti prima nella cabina di comando,
era intento ad istruire Gibbs a tracciare con il calamo dei trattini
convergenti in un punto della carta geografica stesa sul tavolo.
Will riprese a parlare, togliendosi giacca e cappello che scolavano e
poggiandoli su una sedia:
- Dopotutto li capisco. Siamo stati attaccati tre volte da quando
abbiamo fatto ritorno in questi mari. La ciurma ha il morale a terra
– riconobbe frustrato, guardando di sottecchi
l’operato dei due pirati, ansioso che finissero.
- Papà? – lo distrasse Jim, che fino ad allora era
rimasto piuttosto silenzioso ad osservare il temporale da un
oblò – Credi che resterai bagnato
finché pioverà?
- Non … lo so, Jim – balbettò
l’uomo, spiazzato dalla singolare domanda - È la
prima volta che piove da quando ho scoperto di avere questa
… cosa.
- Maledizione – puntualizzò Sparrow impertinente,
ghignando e rivelando agli altri Turner di essere a conoscenza del
maleficio del capitano, fatto ignoto invece a Gibbs, che non colse
quella battuta e per poco non fece uno scarabocchio. Will
sperò che quell’uomo chiacchierone non avesse
capito e che ancora non sapesse la verità.
- Io credo di no – affermò sicuro il bambino
– Anche una parte dello scafo è sempre
sott’acqua, dovresti avere una parte del corpo sempre bagnata
– gli fece notare, mentre Jack non poté fare a
meno di ridacchiare, soprattutto notando la faccia confusa del diretto
interessato – E poi quando la cabina nostra è
andata a fuoco tu non ti sei bruciato, giusto? –
argomentò il piccolo Turner con aria da saputello.
- Quei mobili non erano dell’Olandese –
asserì il padre, contenendo il fastidio che gli dava il
dover parlare di quella situazione, e allo stesso tempo stupito dalla
naturalezza con cui il figlio riusciva a discuterne.
- Sì, ma il pavimento … - insistette Jim.
- Tesoro, è lecito che tu abbia la curiosità di
sapere … - gli tolse la parola Elizabeth a sua volta
interrotta dal marito: - Resterò sul ponte per questa notte,
così non vi inzupperò il letto – li
rassicurò amareggiato e irritato, strizzando la bandana e
ravviandosi i capelli grondanti in un codino.
Jim gli si avvicinò mogio mentre la consorte lo osservava
con compassione sentendosi impotente. Gibbs assistette con la
sensazione di essersi perso qualcosa, ma prima che potesse tentare di
esprimere qualche osservazione, Jack attirò
l’attenzione su di sé:
- Ecco: seguendo questa rotta dovremmo arrivare alla Baia dei Relitti
in sei, sette giorni al massimo. Tutto dipende dalla
velocità di questa bagnarola – affermò
risollevandosi dalle mappe ingiallite spiegate sul tavolo.
Il capitano dell’Olandese uscì fuori dalla tasca
della giacca un foglietto di carta e, confrontando quanto vi era
scritto con quanto indicatogli da Sparrow, constatò: -
È la stessa rotta che mi aveva indicato Barbossa.
- Ti fidi di più di lui? – esclamò con
disprezzo Jack, ma Will lo invitò a sedersi a capotavola
senza palesare la sua opinione.
I coniugi Turner stavano seduti l’uno alla sua destra
l’altra alla sua sinistra e sembrava evitassero di guardarsi,
mentre Jim camminava in tondo per la stanza. L’atmosfera
serena che legava i membri della famiglia fino a qualche giorno prima
era stata inevitabilmente compromessa dalla condivisione di quel penoso
segreto.
– I miei effetti? – richiese ad entrambi,
riferendosi alla spada e alla pistola che non aveva rinvenuto al suo
risveglio nella cabina assegnatagli.
- Te li abbiamo tolti per precauzione mentre dormivi. Li riavrai al
momento opportuno – gli rispose seccamente Elizabeth,
studiando anche lei le vecchie mappe.
Il pirata, contrariato da quell’insensato oltraggio, fece per
alzarsi, bloccato ancora una volta da Will che gli fece cenno di
restare e prese poi sulle gambe suo figlio, divenuto un po’
riluttante: - Devi togliermi una curiosità,
perché dopo aver trovato la Fonte della Giovinezza, ti sei
liberato delle carte nautiche?
Jack si diede dello stupido per aver fatto quelle considerazioni, poche
ore prima; sollevò il capo dopo qualche secondo trovandosi
addosso gli occhi dei Turner e di Gibbs, in piedi di fronte a lui, che
gli ammiccava di parlare: - Ebbene lo confesso. L’ho trovata
solo due anni fa, quella stramaledetta acqua!
- Sai perché? – si intromise Gibbs, rivolgendosi
direttamente a Jim la cui espressione si era accesa di interesse
– Ha scoperto che l’isoletta dove si trova la si
poteva vedere solo nel momento in cui il sole e la luna si scambiano un
bacio nel cielo – spiegò appassionato il marinaio,
mimando con le mani quanto diceva. Gli ascoltatori restarono
disorientati.
- Un’eclisse! – chiarì Jack con
sufficienza.
Il piccolo Turner si era quasi disteso sul tavolo, pur di osservare
più vicino l’eccentrico ospite, da sempre avvolto
da quell’alone di leggenda: - Come avete fatto a capirlo?
- Fortuna che ho le mie conoscenze – tagliò corto
lui enigmatico, sistemandosi con posa superba sulla poltrona.
- Di sole o di luna? – lo interrogò Elizabeth,
anche lei alla fine catturata dal racconto, con Will che la fissava
cupo.
- Di sole – si affrettò a dire Gibbs – E
alla fine è riuscito a metterci piede.
- Abbiamo caricato l’acqua e siamo ripartiti –
riprese la parola Sparrow, gesticolando teatralmente come al suo solito.
Will e Jim si sporsero verso di lui con la stessa intonazione: - E
…?
- Durante il viaggio ho razionato il rum, come di consueto –
continuò il filibustiere ora esitante, al che il suo amico
gli venne in soccorso: - Ma, dato il caldo torrido, la carne essiccata
e il pesce sotto sale che si consumava a bordo, la ciurma ha ben
pensato di dissetarsi con l’acqua raccolta …
- E cosa è successo? – lo incitò Jim,
saltellando sulle gambe del padre dopo che l’uomo si era
fermato di colpo a sbirciare Jack. Quello fece un gesto di disgusto e
girò la faccia dall’altra parte. Allora il
marinaio bisbigliò con una mano accostata alla bocca: - Sono
diventati ragazzini! Della tua età circa!
- Come?! – esclamò il bambino sbalordito, mentre
Will ed Elizabeth trattennero le risa dopo l’occhiataccia di
Sparrow.
- Li ho lasciati nel primo porto che mi è capitato. Mica
potevo aspettare che ricrescevano! – borbottò
arricciando il labbro e scoprendo i denti dorati.
- Poverini! – commentò Jim turbato, trovando
l’appoggio di Gibbs che ricambiò il suo broncio.
- E allora Barbossa ne ha approfittato per rubarmi la Perla
… Che coraggio! Ero senza ciurma! –
scrollò le spalle Jack, ancora scottato
dall’infelice ricordo.
- Dopo che lui gliel’aveva sottratta a sua volta, venendo a
sapere che stava ormeggiata in un porticciolo della Louisiana
– completò con gusto il racconto Gibbs, facendolo
irritare involontariamente di più.
La signora Turner gli sorrise comprensiva: - Sei proprio sfortunato,
Jack.
- E quindi avete finito tutta l’acqua? –
domandò più pragmaticamente il marito.
- Non ne voglio più sapere nulla di questa storia!
– berciò il pirata, osservando infastidito il
figlio dei Turner che non riusciva a smettere di ridere senza ritegno
– È già tanto che ve l’ho
raccontata!
- Io ovviamente non viaggiavo con lui in quell’occasione.
È stato quando è tornato a Tortuga, senza nave,
che ci siamo rincontrati – continuò imperterrito
ad esporre Gibbs, al quale faceva piacere avere un ascoltatore tanto
attento come Jim.
Il capitano Turner tuttavia colse la necessità di
interrompere quella spinosa discussione: - Va bene, Jim. È
stata una giornata lunga – iniziò a spronarlo,
sollevandolo da sotto le braccia e togliendolo dalle proprie ginocchia.
Jack gli fu grato e gli lanciò uno sghembo sorriso.
- Ho capito, papà – sospirò arreso il
piccolo, alzandosi e ritrovandosi tutti i vestiti bagnati, ma subito si
ridiede un contegno – Andiamo, signor Gibbs –
esortò con rigore l’uomo di mare che lo
seguì sorridendo e continuando a snocciolare altri
particolari sulla storia di cui stavano discorrendo. Sparrow li
accompagnò alla porta e la richiuse, restando
però all’interno della cabina senza che gli altri
due se ne accorgessero immediatamente.
Will aveva sfoderato la propria spada e si era apprestato ad affilarne
la lama con l’uso di una pietra dura che aveva preso da un
cassetto, Elizabeth era persa nella lettura di alcune carte nautiche
con l’aiuto di una lente di ingrandimento. Spostò
ripetutamente lo sguardo ora all’uno ora all’altra
senza muovere un passo, cercando il momento buono per andarsene a sua
volta. Aveva creduto che gli volessero chiedere altro …
- Ti è sembrato ragionevole? – proruppe
d’un tratto il capitano Turner con una voce venata di offesa
e irritazione, ma comunque senza gridare e continuando a molare con
cura la propria sciabola – Rimproverarmi in quel modo,
davanti ad uno dei miei uomini? Come se fossi tuo figlio?
La consorte gli si scagliò addosso come una furia: -
L’ho fatto perché voglio il tuo bene! –
cercò ragione, sbattendo le mani sul tavolo. Will dovette
alzare gli occhi verso di lei.
Jack capì bene che non avevano fatto caso alla sua presenza:
- Io andrei, se non vi dispiace – si risolse a pronunciare,
schiarendo la gola. I due si voltarono lentamente con la stessa
espressione interrogativa e attonita.
Elizabeth si risedette, sentendosi terribilmente a disagio e arrabbiata
al tempo stesso, non sapeva con chi dei due in misura maggiore.
Il marito trovò un pretesto per tirarsi fuori
dall’imbarazzo: - Vado a comunicare le nuove coordinate al
timoniere – le riferì con aria distaccata,
riponendo sveltamente la sciabola.
Lei assentì e, dirigendosi verso Sparrow, lo
afferrò per un braccio conducendolo fuori dalla stanza,
mentre il comandante risaliva sopra coperta.
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Capitolo 23 *** Capitolo 22: Il tempo perduto ***
Capitolo
22: Il tempo perduto
- Allora, cos’è questa storia che dovrai
controllarmi? – richiese Jack con tono divertito ad
Elizabeth, quando questa allentò la stretta sul suo braccio
– Una scusa per restare da sola con me? –
insinuò ironicamente, sfoderando uno sguardo ammaliatore.
- Jack … – lei emise un sospiro annoiato,
voltandosi verso di lui indispettita.
- Guarda che per me non è un problema il fatto che tu sia
sposata … - riprese a provocarla con fare seducente.
riducendo le distanze – Quanto che tu mi abbia ucciso, una
volta! – cambiò espressione, caricandosi di
risentimento.
- Stai cercando di farmene pentire? – la giovane donna scosse
la chioma legata in una treccia – Perché se
è così, perdi tempo. Sono abituata ad avere a che
fare con un ragazzino! – lo beffeggiò infine, ben
più che risentita.
Il pirata sembrò offeso, restando con la bocca semiaperta,
ma poi tornò ad irretirla con un sorriso provocatorio,
sfiorandole una mano: - Che ci facevi lì quando mi sono
svegliato?
- Che succede? – irruppe silenziosamente Sputafuoco,
spostando gli occhi ora all’uno ora all’altra
– Fa il ragazzaccio? – chiese bonariamente fingendo
di non notare la tensione tra i due – Lo rimetterò
in riga io – dichiarò posando un braccio sulla
spalla di Sparrow per accompagnarlo in cabina.
La piratessa voltò le spalle, tornando indietro non senza un
senso d’irritazione per quel diverbio. Le bastavano
già i problemi con Will a roderle il fegato e quel furfante
si divertiva a farle perdere le staffe.
Jack ricevette uno sguardo severo da parte di Bill che però
fu chiamato da un collega e dovette allontanarsi un momento.
Proseguì da solo, rallentando l’andatura per il
rollio che lo costringeva ad appoggiarsi alle pareti: - Avete finito di
sparlare di me? – inveì contro Gibbs,
incontrandolo mentre si avviava al loro alloggio dopo essersi congedato
da Jim.
- Cerca di capirlo, Jack. Quel ragazzino non ha persone della sua
età con cui passare il tempo su questa nave – si
schernì Joshamee.
- Fortuna che ha incontrato te – replicò mordace
il compare – L’unica cosa buona è che
almeno quel pidocchio impertinente è andato a dormire nella
cabina devastata di mamma e papà –
attestò poi con accento piatto, come sovrappensiero,
continuando a dondolare per il forte beccheggio.
- Stai ancora pensando a lei?
– gli domandò l’amico, premendo la
maniglia della porta dopo esserci andato a sbattere la faccia per un
brusco movimento della nave.
- Prima o poi sarà mia.
Lui l’ha tenuta per troppo tempo – rispose Sparrow,
una luce di rabbia a far brillare i suoi occhi scuri. - È
solo questione di tempo – aggiunse stringendo un pugno.
- State parlando della Perla Nera? – pronunciò una
voce pacata, mentre la porta si chiuse e il tenue chiarore di una
lampada ne illuminò il volto.
- Che tu sia dannato, Sputafuoco! – esplose Jack spaventato
– Ce l’hai per vizio di comparire alle spalle?!
L’uomo lo fissò per qualche secondo un
po’ offeso ma, conoscendolo, non se la prese più
di tanto: - Mi dispiace – si scusò anzi, notando
come anche il suo ex capitano avesse contorto la bocca sentendosi in
colpa per quella frase infelice. Sparrow tornò a sorridere
colpendolo amichevolmente sulla spalla: la riservatezza e la tolleranza
di Bill Turner erano doti che aveva sempre apprezzato in passato.
- Ora però mi dite di che stavate parlando tu e il tuo
amico? – contraddisse la sua idea poco dopo il vecchio
pirata, guardandoli con gravità.
- Come va? Ti sei sistemato? Hai paura del temporale? Se vuoi ti faccio
compagnia, tanto non ci capisco niente di come devo comportarmi con gli
altri simpatici lupi di mare che affollano questa bolgia di nave!
Elizabeth parlò convulsamente non appena entrata nello
stanzone che fungeva da camera da letto, facendo sgranare gli occhi al
figlioletto che si sedette ad ascoltarla confuso.
- Hai litigato con qualcuno? Ti hanno offesa? – si
sforzò di domandare Jim, quando la madre si
accomodò vicino a lui dopo avere appoggiato il lume ad olio
che portava sul pavimento.
- Sei un angelo, amore mio – lo abbracciò lei con
forza per qualche secondo. – Non ancora, ma lo
farò. E la vittima è tuo padre – gli
rivelò determinata – Ne ho avuto abbastanza dei
suoi colpi di testa – dichiarò agitata,
sollevandosi dal letto.
Il bambino le tenette la mano: - Gli vuoi sempre bene, mamma?
- È questo che deve capire – sospirò la
donna sorridendo lievemente, e chinandosi baciò la fronte
del piccolo per poi uscire.
Jim si precipitò a spegnere la candela e si
risistemò sotto le coperte con il cuore pieno di dubbi.
La pioggia era meno intensa di prima, ma il mare grosso teneva occupati
i marinai dell’Olandese Volante sopra coperta per governare
le vele squassate dal forte vento che preannunciava
un’imminente burrasca.
Elizabeth salì sulla balconata del timone dovendo reggersi
saldamente alla balaustrata per avanzare, dato il vigoroso
ondeggiamento del vascello. Da lì, mentre il rombo di un
tuono riempiva l’aria, scorse appena Will a prua, vicino al
bompresso. Costringendosi a non scivolare sul legno viscido del ponte
si mosse con decisione per raggiungerlo, venendo spinta
dall’urgenza che sentiva di parlargli, tale da permetterle di
avanzare verso di lui pur venendo sballottata a destra e a sinistra.
Era ancora in fibrillazione per la breve discussione che avevano avuto
in cabina, tuttavia il suo livore si spense quando lo vide meglio:
ricurvo sul parapetto, immobile, con lo sguardo smarrito tra i flutti,
le apparve tristemente solo e fragile ma anche distante come non mai.
Giunta a pochi passi dal suo uomo fu assalita dal desiderio di
avvinghiarsi alle sue spalle, come a fargli capire che era con lui, ma
si trattenne a mettersi al suo fianco stringendo le mani sulla
ringhiera.
La tempesta stava gradualmente scemando e rimase per qualche minuto
nella stessa posizione dell’amato che le aveva rivolto solo
qualche sguardo distratto senza pronunciare nulla: - Non mi hai
raccontato niente di te, di come hai passato questi anni – si
decise a riscuoterlo con voce dolce e soffusa.
Will si voltò brevemente: - Cosa pensi abbia da dirti?
– proferì quasi infastidito – Ero
… morto – bisbigliò chinando la fronte
e, sbattendo i palmi con veemenza sul parapetto, si
incamminò dritto per tornare a poppa.
Elizabeth aprì la bocca senza riuscire a ribattere, come
avesse ricevuto una pugnalata. Gli sentì scambiare qualche
parola con la ciurma continuando a camminare, sembrava volerla tenere
lontana ma decise di seguirlo. Quel buio pesante e la leggera nebbia
che era calata sul ponte la facevano sentire ancora più
oppressa mentre muoveva i passi avvicinandolo.
A volte non sapeva più come comportarsi con lui. Si era
accorta di come fosse diventato taciturno, scontroso e talvolta
aggressivo, e in parte lo capiva, anche se, come al suo solito, non
voleva aprirsi con lei. Lo ritrovò con la schiena appoggiata
alla parete del cassero debolmente illuminata da qualche lampara che
non gli permetteva di leggere nei suoi occhi, così che al
momento optò per mantenere la calma con lui. Aspettando che
gli altri uomini si allontanassero gli si affiancò ancora
una volta inspirando l’aria salina, e provò a
distrarlo, parlando con buonumore: - Sai, abbiamo rimediato una specie
di materasso. Certo non è di cotone come quello di prima
… è piuttosto una specie di pagliericcio
imbottito di foglie. E non è proprio largo due piazze, ma se
ci stringiamo …
- Forse non è vero che possiamo condividere tutto
– la interruppe ruvidamente lui, con un tono tenebroso
– Io sono destinato a navigare fino alla morte. Tu ti sei
… addolcita, troppo per questa vita. E Jim …
rischia di continuo qui a bordo.
La piratessa lo ascoltava incredula e inquieta. Dopo un secondo lo
afferrò bruscamente per il collo della camicia,
infischiandosene della possibilità che li notassero gli
altri e costringendolo ad entrare nella cabina di comando alle loro
spalle: - Ma ti senti? – lo aggredì spintonandolo
– Sembra che tu non mi conosca! Io non sono la donzella in
difficoltà! Non ho mai voluto esserlo! –
protestò con fervore – E Jim …
è nostro figlio! – gli ricordò con
fierezza e rabbia, per contrastare il suo atteggiamento scoraggiato -
Saprà cavarsela! Imparerà, se solo tu vorrai
aiutarlo!
Will aveva tenuto per tutto il tempo gli occhi sulle assi del pavimento
e i pugni chiusi, l’unico suono nella stanza era dovuto
all’oscillare delle lampade appese alle travi.
- Oppure … siamo un peso troppo grande per te? –
gli si avvicinò con il respiro irregolare per il pianto che
cercava di reprimere – Temi che possiamo limitare la tua
libertà – constatò amaramente,
assumendo la stessa posa del marito.
- Come puoi pensarlo? – mormorò lui offeso,
risollevando un viso affranto - Piuttosto sarei io a limitare la
vostra. Se non dovessimo farcela, non voglio obbligarvi a trascorrere
il resto della vostra vita su questa nave. Senza onore, in fuga
continua – si rammaricò con un filo di voce
– Non sono mai stato capace di offrirti nulla, Elizabeth.
Nessuna certezza – si biasimò fissandola negli
occhi lucidi con cui lei lo osservava a pochi centimetri di distanza.
La donna distese il volto in un sorriso commosso. Fece scorrere le dita
sulla camicia di lui ancora bagnata, dalla cintura in su,
accarezzandolo senza fretta, poggiando infine una mano sul suo cuore e
l’altra sulla guancia destra e inchiodando le iridi a quelle
di lui: - Mi hai sempre dato il tuo amore, al di sopra di tutto. Anche
quando non me lo meritavo. E io voglio stare con te, non importa dove,
ma non chiedermi di lasciarti – lo supplicò senza
perdere la sua innata intraprendenza che sempre lo aveva affascinato e
riscaldato.
Will ricoprì le mani della consorte con le sue, serrando
nello stesso tempo la bocca di lei con la sua, ed entrambi assaporarono
a lungo quel bacio, rassicurandosi a vicenda sulla forza del loro
legame, nonostante il tempo perduto lontani l’uno
dall’altra. Si separarono solo quando dovettero riprendere
fiato. Allora lei intrecciò le mani dietro la sua nuca,
mentre il marito la circondò con le sue braccia
stringendosela al petto. La compagna lo fece piegare su di
sé regalandogli un altro bacio così intenso da
togliergli il respiro.
- Ho avuto paura in questi anni – confessò il
giovane capitano ansimando – Paura di dimenticare la tua
voce, la luce dei tuoi occhi, il tuo profumo – le loro labbra
si unirono ancora una volta con impeto immutato.
Poi Elizabeth appoggiò la guancia sul collo di lui, restando
aggrappata alle sue braccia e inspirando il suo forte odore di
salsedine e di pioggia: - Ho avuto tanta paura anch’io. Ero
terrorizzata dall’idea di dover partorire Jim –
ammise sentendosi in colpa – Se non fossi sopravvissuta, tu
… - si fermò alzando lo sguardo su di lui che
accarezzò la sua fronte scostandole con le dita le ciocche
umide per baciarla ancora.
- E poi mi sono sentita come prigioniera in questi anni. Solo con te mi
sento libera di essere come sono – asserì con
orgoglio, lambendo la cicatrice del suo torace con le labbra dischiuse,
percependo la sua pelle tendersi e rabbrividire.
Will la trascinò su una sedia, facendola accomodare sulle
sue gambe: - Veramente ti basta? Che un miserabile come me ti ami?
– le domandò perplesso, prendendo fra le dita i
suoi capelli dorati senza smettere di fissarla ammirato.
- Vi sottovalutate, capitano Turner – sorrise lei maliziosa,
introducendo le mani sotto la sua camicia dopo avergli sfibbiato due
bottoni.
- Non pensi che questa vita ti stancherà? – la
fermò lui serio, afferrandole i polsi.
La moglie scosse la testa in senso di diniego con
un’espressione caparbia, stringendogli il viso tra i palmi: -
Però promettimi che mi dirai sempre tutto d’ora in
poi.
- Non dovresti chiedere una promessa del genere ad un pirata
– la prese in giro lui, fingendosi contrariato da quella
pretenziosa richiesta.
- Ma tu sei il mio
pirata – lo sfidò con le palpebre socchiuse,
torcendogli un ricciolo sfuggito alla bandana e offrendogli di nuovo la
sua bocca bramosa di attenzioni.
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Capitolo 24 *** Capitolo 23: Dilemmi ***
Capitolo
23: Dilemmi
Un gran trambusto di bauli, barili e non meglio identificati oggetti
metallici, riecheggiava tra i ponti di coperta,
suscitando perplessità e fastidio tra i taciturni
uomini della ciurma dell’Olandese Volante appena alzatisi
dalle loro brande.
- Che bisogno c’era di nascondermi pure quella, dico io!
– sbraitava spazientito Jack Sparrow, scaraventando per aria
tutto quello che gli capitava tra i piedi e tra le mani, tutto preso
dalla foga di cercare – Non è un’arma
pericolosa! – sbottò sdegnato, fiondandosi fuori
dopo che aveva messo sottosopra tutta la cabina in cui era ospitato.
- In fondo a te a che serve? – esclamò Gibbs
stanco, passandosi una mano sulla faccia e tallonandolo.
Il pirata si voltò di scatto, scoccandogli uno sguardo
oltraggiato: - Mi serve! È mia e la rivoglio!
In quel momento Sputafuoco, che era insieme a loro ma come suo solito
non si era intromesso, avvistò il nipote trascinarsi nei
corridoi sembrando ancora insonnolito: - Ciao Jimmy! – lo
salutò allegramente raggiungendolo.
- È lui che la nasconde! – gli puntò il
dito contro Jack, sbirciando nella stanza da cui era uscito lasciando
la porta socchiusa. Gibbs lo afferrò per un braccio,
convincendolo ad allontanarsi.
Il piccolo dava loro le spalle, continuando a strascinare la camminata.
- Hai dormito bene? – si premurò di domandargli
Bill vedendolo stranamente spento.
- Ho vomitato – dichiarò lui fermandosi un attimo
a fissarsi le scarpe, storcendo i piedi.
- Come mai? – gli chiese Gibbs premuroso, mentre Sparrow
alzava gli occhi al cielo contrariato dall’atteggiamento
paterno dei due compagni.
- Non lo so – bofonchiò Jim, tenendo la testa
piegata per non incrociare i loro sguardi.
- La prima tempesta in alto mare – commentò il
vecchio Turner, ridacchiando e dandogli una pacca sulla spalla per
rincuorarlo.
- C’è a chi fa questo effetto –
riconobbe Joshamee. Jack intanto, sentendosi completamente escluso dai
compari, calcava i passi seguendoli con riluttanza.
- Oggi c’è il sole. Andiamo, di sopra.
L’aria fresca ti farà bene – propose
Bill con positività al nipote, sospingendolo verso il
boccaporto più vicino – Tuo padre, tua madre?
- Non lo so – mormorò quello con aria afflitta,
dandogli le spalle.
- Saranno già sul ponte – osservò
Gibbs, anche lui desideroso di rasserenare il ragazzino.
Jack non tollerava più quella deliberata prevaricazione nei
suoi riguardi:- Dovete aiutarmi a ritrovarla! –
urlò esasperato prima che uscissero sopra coperta.
- Calmati. Chiederemo al capitano – suggerì con
spontaneità il suo amico, facendogli cenno di passare prima
di lui sulle scalette.
Will, riposta dentro l’armadio l’amaca che per
qualche ora aveva funto da giaciglio improvvisato per lui ed Elizabeth,
si apprestava ad iniziare la giornata sulla tolda.
- Dimenticavi la pistola – lo avvertì la moglie,
affiancandolo e infilandogliela nel cinto dei pantaloni – E
questo – lo bloccò catturando le sue labbra
– Che ti prende? – si interruppe sentendolo un
po’ sfuggente.
- È che non ci sono abituato – si
giustificò lui lievemente imbarazzato.
Lei gli gettò le braccia al collo con un sorriso
malandrino:- Ad avermi così vicina?
- Ad essere criticato perché arrivo tardi in coperta
– replicò lui con tono grave, lasciandosi
però scappare un sorriso che trasmise anche alla moglie.
- Vai, vai! – la donna gli rifilò un buffetto
ironico sul mento, scostando le mani di lui che ancora la trattenevano
– Io vado a svegliare quel dormiglione di tuo figlio.
Sarà ancora nel mondo dei sogni.
Quando il capitano dell’Olandese si affacciò dalla
cabina di comando, la ciurma che lo circondò, riempiendolo
di richieste di ordini e di notizie sullo stato della nave, mostrava
chiari segnali di irrequietezza, solo in parte collegabili allo
scampato naufragio della notte precedente.
Più passavano i giorni, più si rendeva conto che
sarebbe divenuto sempre più difficile districarsi nel suo
triplice ruolo di capitano, marito e genitore, anche perché
il tradizionale codice piratesco, a quanto gli avevano detto, non
contemplava la presenza di donne e bambini a bordo. Era costretto a
controllarsi nelle sue esternazioni, tanto con Elizabeth quanto con
Jim, cosa che gli riusciva difficilissima perché si sentiva
quasi obbligato a dimostrare loro quanto li amasse dopo essersi perso
così tanto della loro vita insieme. Doveva però
trovare pure un equilibrio con la sua ciurma: i marinai non si
risparmiavano dal pronunciare giudizi ostili tutte le volte in cui ne
avevano occasione, e spesso neanche troppo sottovoce.
Ad ogni modo per quella volta riuscì a fronteggiarli, poi,
inevitabilmente, il suo interesse andò a convergere sul
figlioletto, che se ne stava mollemente affacciato su uno dei ponti del
parapetto: - Jim! Com’è andata la notte di
burrasca?
Prima che il bambino gli rispondesse, Jack si intromise fra loro
rivolgendosi a Will: - Ce l’hai tu la mia bussola?
– lo interpellò bruscamente, un misto di ansia e
collera stampate in volto.
- No – lo liquidò seccamente senza nemmeno
voltarsi, infastidito dalla sua intrusione – Mi dispiace non
esserti stato accanto, ma sono dovuto rimanere sopra coperta.
- Non ho sentito niente, papà – si decise a
rispondere Jim, rimproverandolo con occhi spenti da una malcelata
delusione che il padre non seppe comprendere, come la sua insolita
laconicità.
- Allora me l’hanno rubata! – gridò Jack
allargando le braccia per aria, dopo aver riflettuto qualche secondo.
- Se te l’ho restituita quando abbiamo trovato la Perla, non
ti ricordi? – replicò Turner con la speranza di
toglierselo di torno. Sparrow riprese a meditare, picchiettandosi
l’indice sul labbro.
- Jim? – Will agguantò il figlio per una spalla,
facendolo girare verso di lui.
- Sto bene, papà. Posso andare sulla coffa? – lo
supplicò con la palese volontà di sottrarsi al
suo giudizio.
- D’accordo – acconsentì il capitano,
preferendo non insistere con le domande che sembravano peggiorare il
suo inspiegabile umore nero. Calmandosi si voltò verso
Sparrow, che era rimasto dietro di lui: - Dicevi che non trovi
più la tua bussola?
Il bucaniere strinse gli occhi e assunse un’espressione
totalmente sconcertata, indicando i suoi piedi:- Perché hai
uno stivale nero e uno marrone? – proferì come se
si trovasse di fronte ad un enigma indecifrabile.
Will fissò per qualche secondo le calzature e poi lui
grattandosi la testa ma, imbarazzato dal sorriso sommesso di Jack,
scelse il silenzio e gli voltò le spalle avviandosi al
timone leggermente zoppicante.
- William James è qui? – irruppe nel frattempo
Elizabeth, quasi scontrandosi con lui.
- Sì – le rispose facendole cenno con gli occhi
verso l’albero maestro – Non vuole ammettere di
essersi spaventato ieri notte. Lascialo solo –
asserì proseguendo verso le rampa per il cassero.
La donna restò con lo sguardo sulla vedetta ad osservare il
suo bambino, finché non intercettò Jack, fermo
davanti a lei con una mano sulla bocca come a trattenere una risata: -
Che hai da guardare? – lo rimproverò risentita.
- Ognuno ha i suoi vezzi! – sostenne lui agitando
l’indice verso i suoi stivali, uno nero e uno marrone, per
poi dileguarsi senza darle il tempo di ribattere.
Qualche minuto più tardi Jack si arrampicò sulle
sartie fino a raggiungere la cima dell’albero maestro.
Nessuno stranamente lo aveva notato, ma la voce di Jim quasi lo fece
cadere per l’asprezza con cui lo investì: -
Vattene!
- Siamo passati al tu? – attestò con uguale
acredine, il bambino abbassò le palpebre, sembrò
volersi scusare, invece sbuffò riportando lo sguardo sul
mare. Jack scavalcò la corta ringhiera e si
posizionò sulla stretta piattaforma con lui, reggendosi ad
una cima. Scelse di usare un tono a metà fra
l’accondiscendente e il severo: - Allora … quella
bussola non è un balocco, perciò tirala fuori,
oppure …
- Io non ce l’ho! – strillò il ragazzino
scandendo le sillabe e mostrandogli i denti – Ho altro a cui
pensare. Non mi interessa! – ribadì sedendosi di
peso con le gambe piegate sul petto.
- Ho come la sensazione che qualcosa ti turbi –
uscì velocemente dalle labbra a Jack.
- Sì: voi! – ribatté quello alzandosi e
spingendolo – Andatevene, sto lavorando, io!
Sparrow obbedì, temendo di commettere qualche atto di cui lo
avrebbero fatto pentire: - Mi ricordi tanto tua madre, sai! –
sogghignò beffardo, prima di affidarsi alle sartie per
scendere. Jim si sporse, ma era ormai troppo in basso per sentire la
sua replica.
Il giovane Turner trascorse quasi tutta la giornata su quello stretto
pianerottolo. Si convinse di doversi adeguare alla disciplina di bordo
e che osservare tutti dall’alto potesse permettergli di
imparare più in fretta. Non voleva costituire un impaccio
per suo padre, già lui e sua madre avevano problemi fra di
loro. Infatti non li aveva visti scambiare neanche una parola per tutta
la mattinata. Dovevano avere litigato e molto.
Soltanto l’arrivo del marinaio di vedetta lo persuase a
lasciare la coffa. Né suo nonno né mastro Gibbs
erano a vista, perciò andò a sedersi sui gradini
del castello di poppa. Qualcuno aveva dimenticato una bottiglia. Si era
sempre chiesto che sapore avesse. Doveva essere davvero buono se
c’erano tante canzoni che ne parlavano: - Quindici uomini e
una bottiglia di rum … - canticchiò sollevando il
contenitore di vetro.
Ma qualcuno glielo strappò lestamente dalle mani: - Non hai
l’età – disapprovò Jack,
scolandosela in pochi secondi.
Jim non sapeva nemmeno quale imprecazione rivolgergli e gli
passò di mente quando si sentì poggiare sulla
spalla una lama brillante: - Ti piacerebbe imparare ad usarla?
– gli richiese suo padre sorridendogli affettuosamente. Lui
alzò e abbassò più volte la testa,
senza riuscire a parlare e si mise in piedi afferrando la piccola arma
per l’elsa e soffermandosi a rimirarla.
- Scommetto che tua madre ti avrà già insegnato
qualcosa – lo riscosse dall’intontimento Will.
- Ogni tanto usavamo dei bastoni, ma non ho mai avuto una spada vera!
– si entusiasmò il bambino, dimenticandosi di
colpo i suoi dispiaceri.
- Non è una spada vera – lo informò
divertito il genitore – Vedi, l’ho forgiata con la
punta e il filo arrotondati, così non ti ferirai. E ne
userò una simile anch’io – gli
rivelò estraendola dal fodero. Jim stizzito si
scagliò contro la lama, colpendola con energia con la
propria.
- Troppa fretta! Prima devi imparare la postura – lo
ammonì il padre, conducendolo al centro del ponte dove
c’era più spazio per simulare un combattimento.
Gli altri marinai in breve si sistemarono attorno per curiosare i due
Turner all’opera, mentre Elizabeth restò sulla
balconata del timone insieme a Sputafuoco, Gibbs e Jack: - Ci
sarà da ridere! – affermò
quest’ultimo, solleticato dalla subdola tentazione di
piazzare qualche scommessa.
- Va bene l’ardore, ma devi avere la mente libera, Jim
– lo ammonì il capitano dopo che, nel giro di
pochi minuti, aveva alternato con la corta sciabola dei buoni affondi a
cadute rovinose e ingenue – Sei troppo distratto! –
lo rimproverò benevolmente, raccogliendo lo spadino e
porgendoglielo.
- Come va con la mamma? – lo fulminò il bambino
prima che si alzasse, squadrandolo con rancore.
Will cercò istintivamente l’amata con gli occhi e,
individuatola, le rivolse un ampio sorriso che lei ricambiò
con dolcezza: - Tutto bene. Ma che c’entra?
Il volto di Jim, che colse quell’intenso scambio di sguardi,
si illuminò di fiducia: - Ora posso concentrarmi.
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Capitolo 25 *** Capitolo 24: Complicità ***
Capitolo
24: Complicità
Quel
nuovo eccitante passatempo sembrò far scorrere
più rapidamente i due giorni successivi per il piccolo Jim,
e anche il resto della ciurma fu piacevolmente distratto da quelle
brevi lezioni di scherma, tanto che quasi tutti volevano offrire il
proprio esempio, suggerendo mosse segrete e tattiche al ragazzino.
Un pomeriggio, dopo
aver messo da parte le spade, padre e figlio si riposavano
all’ombra della vela maestra, seduti su due cassoni vuoti:
- Dimmi un po’, Jim: tua madre ha avuto molti uomini che la
corteggiavano? – chiese d’un tratto Will,
mascherando l’evidente nervosismo con un sorriso tirato
mentre si tamponava il sudore sul collo e sulla fronte.
- Cort …
che? – esclamò Jim, dopo averci pensato un
po’.
- Che facevano i
cascamorti con lei, come Jack – gli spiegò il
nonno a denti stretti, indicandogli Elizabeth che discuteva con
l’estroso pirata dall’altra parte del ponte.
- Ah, sì.
C’è stato qualcuno che ci ha provato, ma ho saputo
farli scappare a gambe levate – confessò il
bambino con un risolino sfrontato – Quante ne abbiamo
combinate, io e la mamma! – ridacchiò orgoglioso,
accingendosi a raccontare.
- Combina qualcosa
pure al signor Sparrow, allora – lo incitò con
forzato contegno il padre – Mi sta già dando sui
nervi.
- Agli ordini,
capitano! – rispose ironico Jim, saltando giù
tutto allegro e correndo verso prua.
- Jack non fa sul
serio – asserì Sputafuoco volendo rasserenare Will
– È un briccone vanesio ed egocentrico, questo
sì, ma …
- A me dà
fastidio vederli parlare. E ridere – sbottò tra i denti il
Capitano, alzandosi e richiamando a sé un paio di uomini,
con i quali rientrò in cabina di comando a grandi passi.
Jim si
piazzò tra Sparrow e sua madre, fingendosi un indifferente
spettatore, ma loro due smisero di parlottare quasi
all’istante, distogliendo lo sguardo in direzioni opposte.
– Mamma
… anzi, primo ufficiale: il capitano desidera che lo
raggiungiate in cabina – si inventò su due piedi
per farla allontanare, sfiorandosi il naso. Lei lo ringraziò
con gli occhi, secondo un codice che conoscevano solo loro due e,
toccandogli appena la spalla si diresse verso il cassero, senza neanche
salutare il vecchio amico.
Jack a quel punto non
poteva fare a meno di subire o correre, al momento restò,
affacciandosi alla murata per evitare la faccia impertinente di Jim
che, però non si lasciò scoraggiare dal suo
atteggiamento ostile: - Avete detto che non avete figli. Una mamma
l’avevate?
- Non sono certo nato
sotto un cavolo! – gli rispose il pirata col solito sarcasmo
senza girarsi.
- Nemmeno io
– dichiarò il bambino sbigottito – E
com’era la vostra mamma? – gli domandò
dopo una breve pausa, dandogli dei colpetti sul braccio, aggrappandosi
alla ringhiera.
- Mi lasciava
piuttosto libero – affermò Jack con una leggera
ombra, fissando l’orizzonte e ritrovandosi a sfiorare una
testolina rinsecchita che pendeva a sinistra dalla sua cinta insieme a
svariate altre cianfrusaglie accumulate nel corso dei suoi viaggi.
- Era bella come la
mia? Io la trovo bellissima, ancora di più quando ride.
Sembra che il cielo si apre e c’è più
luce – sostenne Jim con entusiasmo, sporgendosi ad osservare
l’espressione dell’interlocutore.
- Che poeta!
– lo prese spudoratamente in giro Sparrow, raggelandolo con
uno sguardo arrogante e riabbottonandosi il tabarro.
- Lei ama solo mio
padre. Sappiatelo! - si infervorò il piccolo Turner,
ricambiandolo con un’occhiata intimidatoria e si
allontanò girandosi di tanto in tanto per controllarlo,
drizzandogli il dito contro.
Jack si
lisciò con indice e pollice le treccine del pizzetto mentre
Gibbs gli si avvicinava: - Quel ragazzino è insopportabile!
“Sono bellino, perfetto, so tutto io”! Dannatamente
simile a quei due, se non peggio! Non mi parrà vero scendere
da questa nave! – si sfogò con lui, che
annuì senza aggiungere nulla.
- Mi
desideravate, capitano? – proferì Elizabeth con
voce suadente, camminando verso di lui quando gli altri pirati uscirono
dalla cabina di comando.
- Che cosa avete da
dirvi tu e Jack? È da due giorni che vi osservo –
smorzò la sua spiritosaggine lui scostando la sedia,
incrociando le braccia e squadrandola con sospetto da sotto la tesa
larga del cappello.
La piratessa si
sedette sul tavolo proprio di fronte a lui: - Jack mi ha fatto una
proposta – cominciò a parlare mordendosi le labbra
– Anziché essere liberato alla Baia dei Relitti
vorrebbe che lo aiutassimo a riconquistare la Perla Nera –
gli rivelò affievolendo la voce e chinandosi su di lui.
- E tu che gli hai
detto? – strascicò la domanda Will, calmandosi ma
continuando a guardarla di traverso.
Lei si sporse di
più, allungando una mano verso il suo viso: - Che lo avrei
chiesto a te, ovvio.
- E lui che ti ha
detto? – proseguì con lo stesso tono il consorte,
tamburellando con le dita sul ginocchio di lei.
La giovane donna si
lasciò scivolare languidamente sulle gambe di lui,
togliendogli il cappello e circondandolo col braccio sinistro: - Mi ha
supplicato di usare le mie doti per convincerti –
bisbigliò provocante al suo orecchio.
- E tu lo stai
facendo? – incalzò lui cercando di mantenere un
atteggiamento diffidente, nonostante fosse ormai sopraffatto dalla
vicinanza dell’amata, cui stentava ancora ad abituarsi.
– Ah, siete tremendi voi due! – si arrese dopo che
lei gli aveva sfiorato la bocca con la sua – Per il bene di
tutti, sarà meglio tenervi lontani! –
constatò poi ironico.
- Mi ritengo offesa,
se sei ancora geloso di lui – gli diede un pizzicotto sul
fianco lei. Will scosse la testa dicendole di no e mentendole: sarebbe
sempre stato geloso di qualunque uomo avesse solo osato guardarla con
troppa insistenza. Elizabeth ne era consapevole e, benché si
ritenesse un po’ ingiusta, la divertiva di tanto in tanto
provocarlo in quel modo, vedendogli stravolgere la faccia in
espressioni che trovava assolutamente buffe e adorabili.
I loro volti
annullarono le distanze, spinti da un bisogno fisico di appartenersi,
più di quanto non facessero già i loro cuori che
rimbalzavano l’uno nel petto dell’altra mentre si
abbracciavano. Lui fu il primo a ritrovare la lucidità per
ritrarsi da quel bacio inaspettato e appassionato.
- Ma dovremmo fare un
torto del genere al buon vecchio capitan Barbossa? – le
domandò perplesso con il respiro ancora ansimante. La
consorte piegò in dentro le labbra e si strinse nelle
spalle: - Barbossa è un pirata. Capirà
– sostenne sicura rimettendogli il cappello in testa.
- Capirà e
si vendicherà – mormorò il marito per
nulla tranquillo, muovendo avanti e indietro le mani sulle gambe di
lei, dal ginocchio in su.
- Non avrai pensato di
poter restare in buoni rapporti con entrambi? –
sbarrò gli occhi lei, alzandogli il mento con due dita.
- Vedremo –
disse tra sé e sé Will stringendo la mascella.
Elizabeth si sollevò lentamente da lui avvertendo passi in
avvicinamento.
La porta infatti si
aprì senza che nessuno chiedesse permesso: - L’ho
capito che avete fatto pace! Non c’è bisogno che
state sempre appiccicati! – li derise Jim e suo padre
sorridendo tirò di nuovo verso di sé la moglie,
facendola sedere con la schiena appoggiata al suo petto e intrecciando
le braccia con quelle di lei.
- Voi scherzate, ma la
ciurma mormora! – li rimproverò il bambino
inflessibile portandosi le mani ai fianchi, ma loro fingevano di non
sentirlo scambiandosi carezze. – Il signor Sparrow
è sistemato comunque – sbuffò e sua
madre fissò immediatamente il marito con espressione
interrogativa – Me ne vado sulla coffa! –
annunciò il piccolo voltandosi e venendo ricacciato indietro
da un marinaio che entrò urlando: - Nave in vista!
I due coniugi lo
seguirono all’istante ricomponendosi. Will si fece guidare
dai suoi uomini che fremevano concitati.
- A quarantacinque
gradi a poppa di tribordo! – sentì gridare alla
vedetta. Si collocò laddove gli aveva indicato, accompagnato
dal suo vice. Jack in breve fu sulla terrazza più alta di
poppa al fianco dei Turner, smanioso e allo stesso preoccupato di
scoprire di chi si trattasse.
- Dato che sei in
cerca di una nave, che ne pensi di quella? – gli
prospettò il capitano, passandogli il cannocchiale.
Lui lo
impugnò tenendo per mezzo minuto esatto l’occhio
nella lente: - Orca! – sobbalzò poi sorpreso,
ripassandogli lo strumento ottico con movimenti irrigiditi.
- Visto? Ci sono
velieri pari o migliori della Perla Nera – asserì
Turner, rimettendosi a valutare la struttura del vascello appena
avvistato.
- Come al solito non
hai capito niente, William! – lo accusò alterato
Sparrow – Orca è il nome della nave!
- Ah, la conosci
– replicò lui con flemma, mentre Elizabeth
cominciò ad assumere la stessa espressione sconcertata di
Jack: - Sì, ed è meglio non incrociarla!
– gli assicurò con voce incrinata dal panico lui
– La sua ciurma è composta da
nient’altro che assassini. Ogni loro arrembaggio è
una vera e propria strage, senza motivo alcuno! –
sentenziò con chiaro disprezzo e una punta di terrore che
colpì anche il piccolo Jim, rimasto ad ascoltare ammutolito
fra i suoi genitori.
- E scommetto che fa
parte della flotta di Fortezza? – esitò a chiedere
il capitano dell’Olandese.
- Quella carogna di
Clint Strappabudella si è alleato con lui, infine!
– venne fuori Gibbs.
- Strappabudella?!
– ripeté Jim stupefatto, cercando
involontariamente il braccio della madre.
- Sono proprio
gentaglia senza criterio – commentò lei delusa
scompigliando i capelli al figlioletto e avvicinandolo a sé.
- Non ci sono
più i pirati di una volta – attestò con
amaro umorismo Jack, degnando per la prima volta il piccolo Turner di
uno sguardo comprensivo.
- Capitano, prepariamo
le armi e i rampini? – si affrettarono a chiedere i marinai,
per nulla atterriti dalla evenienza di una battaglia.
Will
rifletté brevemente su ciò che fosse
più opportuno: - No. Tutti ai posti di manovra. Dobbiamo
staccarli – obiettò imbracciando il timone.
- Ma è una
buona occasione – considerarono alcuni, sollevando il
mormorio di altri.
- Non è la
nave giusta – ribadì il capitano Turner,
impartendo il comando di virare.
- Che fine ha fatto il
vostro fegato, signore? – si fece avanti il nostromo
Koleniko, ostentando un tono particolarmente astioso.
- Di certo non lo
darò in pasto a quelle bestie! – lo
aggredì avverso lui, folgorandolo con occhi carichi di
intimidazione. Elizabeth assisteva senza sapere come intervenire per
evitare spiacevoli ritorsioni.
- È stato
quel vigliacco del vostro“amico”a mettervi la pulce
nell’orecchio? – lo calunniò ancora
Koleniko riferendosi a Jack che cominciò anche lui a
lanciargli sguardi inceneritori, senza però avere il
coraggio di attaccare briga con quell’omaccione grande e
grosso che lo aveva preso di mira sin da quando era salito a bordo.
Will lasciò
il timone al suo vice che vi si attaccò con poca energia e
si fermò ad una spanna dal nostromo, guardandolo dal basso
in alto: - Se non ti piace il mio modo di comandare potevi lasciare
l’Olandese Volante giorni fa.
- E se vi dicessi che
vorrei lasciare adesso? – ribatté quello stirando
l’espressione contratta di qualche secondo prima.
- Ti direi buona
fortuna, Mark – affermò il capitano con fermezza e
nessun rancore.
- È anche
la nostra scelta – asserirono Penrod e altri sette pirati,
attorniando Koleniko.
Will li
guardò uno per uno, si voltò verso suo padre,
Jack, Gibbs, Elizabeth e Jim rimasti alle sue spalle, e
sospirò indicando loro l’imbarcazione: - Andate,
allora. La scialuppa è vostra.
Tra i sussurri di
stupore del resto della ciurma, gli uomini caricarono qualche provvista
sulla barcaccia e si calarono in acqua salutando chi invece restava.
- Ti rendi conto? Otto
uomini in meno! Sai che significa? – esplose il vice
capitano, tirandolo in disparte dai pirati ancora mormoranti.
- Che dovremmo
impegnarci di più, tutti – proferì a
mezza voce il marito, tenendo sotto controllo il resto della ciurma che
aspettava un suo pronunciamento.
- Avresti potuto
provare a convincerli – gli fece notare lei, nervosa e
insoddisfatta.
A risponderle fu
Sputafuoco: - Non sarebbe servito. Erano decisi da tempo. Sarebbe stato
necessario farli chiudere in cella e non ci sarebbero serviti comunque.
- Avanti, muoversi!
– ordinò Will, distanziando la famiglia
– L’Olandese deve volare!
- Se posso essere
d’aiuto, io … – si propose generosamente
Gibbs, al contrario di Jack che incrociò le braccia
fissandosi gli stivali. Elizabeth gli diede una pacca di gratitudine.
-
C’è un'altra nave, capitano! A quindici gradi di
prua di babordo! – si sgolò la vedetta. Di nuovo
tutti corsero nella direzione indicata cercando di scorgere la sagoma.
- Perché
quando sono di vedetta io non succede mai niente! – si
lamentò Jim, arrancando dietro gli altri fino alla posizione
migliore.
Jack
strappò il cannocchiale dalle mani di Turner: - Spagnoli!
– esclamò divertito.
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Capitolo 26 *** Capitolo 25: Bivio ***
Capitolo
25: Bivio
- Spagnoli? Marina spagnola? – Elizabeth chiese allarmata a
Jack, che si trastullava ancora con il cannocchiale, tenendo per
sé ciò che vedeva.
Lui lo restituì a Will e le rivelò lanciandole un
sorriso spavaldo: - Mercantile spagnolo, cara!
Jim gli pestò di colpo un piede, facendolo urlare: - Ahi!
Brutto … - si contenne dopo l’occhiataccia della
madre del bambino.
Will, intanto, guardava ora davanti ora dietro di sé, senza
usare lo strumento ottico che faceva ruotare tra i palmi dopo averlo
chiuso. Tutta la ciurma lo studiava con impazienza, in attesa di un suo
ordine.
- A cosa pensate, Capitano Turner? – lo sottrasse alle sue
mute riflessioni la moglie.
- Mi chiedevo quale delle due sarebbe più opportuno
attaccare – dichiarò lui ammiccando furbo ai due
velieri in mezzo ai quali navigava l’Olandese –
Vorrei avere il vostro parere, signora Turner.
- Prendiamo il mercantile e poi spariamo – si
azzardò a suggerire lei, facendo spargere risa di consenso.
Il Capitano dopo alcuni secondi di riflessione approvò: -
Issare le gabbie! Vele all’imbando!
Il primo ufficiale ripeté l’ordine alla ciurma
scendendo dal castello di poppa.
- Forza! – esclamò Gibbs portandosi sotto
l’albero di mezzana.
- Io torno sulla coffa! – annunciò eccitato Jim,
correndo verso le sartie collegate all’albero di trinchetto.
Jack, invece, non sapendo cosa fare, restò sulla balconata
del timone al fianco di Will, osservando tutti gli altri uomini che si
affannavano sui pennoni, posizionavano gli archibugi sul ponte e
preparavano sciabole e moschetti.
- Solitamente cosa fa un Capitano durante l’arrembaggio?
– gli domandò con un lieve impaccio Turner,
evitando di guardarlo, quasi gli fosse sfuggito involontariamente un
pensiero.
- Stai chiedendo il mio aiuto? – si pizzicò il
pirata con le treccine, facendo tintinnare i numerosi monili che
adornavano i suoi lunghi capelli.
- Fa’ finta che non abbia parlato – si ritrasse
punto nell’orgoglio il Capitano dell’Olandese
– Io almeno non uso Elizabeth come scudo – lo
provocò dopo una pausa, girando lievemente la ruota del
timone verso sinistra.
Jack sbuffò ma poi mosse un passo verso di lui: -
Solitamente il Capitano lascia fare ai suoi bravi briganti e, quando la
nave è ormai conquistata, sale anche lui per rivendicarne il
possesso – lo imbeccò altezzoso, seppure
intimamente lusingato di essere da lui considerato un mentore in quel
campo.
Will pensò bene di approfittare della sua goffa
disponibilità: - Ed è necessario uccidere quelli
di bordo?
- Un Capitano capace riesce anche a guadagnarsi un buon bottino senza
colpo ferire! – sostenne Sparrow con lo stesso tono
spocchioso, ma Turner senza neanche accorgersene sollevò gli
angoli della bocca mentre sbirciava l’enigmatico pirata.
- L’Orca sta virando e cerca di prendere la nostra scia!
– strepitò in quel momento Elizabeth,
richiamandolo dai piedi del cassero.
- Mollate le cime e date volta alle scotte! – le
ordinò lui, tenendo dritta la ruota timoniera che sembrava
assecondasse le onde anziché la sua volontà.
– Questi qui conosceranno la nostra rotta! – si
lamentò tra sé e sé –
Possibile che ce li ritroviamo sempre tra …
La sua voce fu coperta dalla prima bordata della nave nemica e dalle
conseguenti grida che si alzarono fra la ciurma. Finalmente la nave
riuscì a prendere il vento e ad accelerare, incalzata dal
rapido avvicinarsi dell’Orca che era molto più
leggera e poteva contare anche sul vantaggio di una fila di grossi remi
su ciascuna fiancata, come grosse pinne che si aggiungevano
all’ampia velatura, decorata con un teschio fra due torri,
disposta su quattro alberi.
Il mercantile, che fileggiava poco più a nord, era invece un
tre alberi con vele miste e uno scafo largo, privo di pezzi pesanti di
artiglieria.
- Dovresti alzare il jolly roger … che non hai –
attestò sconcertato Sparrow, mentre Capitan Turner
continuava a far ruotare il timone portandosi sempre più a
destra della nave spagnola e continuando ad incitare i suoi a mantenere
la velocità acquisita – Esattamente qual
è il tuo piano? – lo interrogò con
lieve angoscia.
- Bloccare con il mio scafo la sua prua – lo
informò lui semplicemente.
- Azzardato – valutò Jack ridendo però
con gli occhi, anche perché il profilo dell’Orca
era meno nitido sull’orizzonte.
- Dovremmo imbrogliare le vele o finiremo per superarli! –
cominciava a dissentire borbottando la ciurma, dato che
l’Olandese filava tanto veloce che mancavano ormai poche
braccia a oltrepassare il mercantile.
- Tutta a babordo! Abbriviate! – urlò
all’improvviso il Capitano Turner, facendo compiere un
repentino mutamento di rotta al vascello che, dopo qualche secondo, si
dispose perpendicolarmente rispetto al senso di navigazione della nave
spagnola, andando ad urtarne la prora con il fianco sinistro e
bloccandone l’andamento.
– Sciabole e rampini, uomini! – spronò
quindi i suoi pirati, ancora increduli dell’accaduto.
- Non abbiamo molto tempo prima che l’Orca ci raggiunga,
perciò sfruttiamolo al meglio! – gli fece eco il
suo primo ufficiale, mentre i bucanieri si tuffavano dalla murata verso
il ponte dell’altra nave, esplodendo colpi di pistola e
sbraitando per atterrire gli aggrediti.
- Il Capitano Turner se la sa cavare, dopotutto –
osservò Gibbs che si era portato accanto a Jack sul cassero
e nello stesso tempo scambiava grandi sorrisi con Jim che, affacciato
sulla coffa, tesseva le lodi del padre.
- La fortuna del principiante – farfugliò lui
sprezzante, voltando le spalle al parapetto.
- Vieni con me, Will! – Elizabeth irruppe sul castello del
timone, afferrando per un braccio il marito e trascinandolo con
sé verso il mercantile sotto gli occhi di Jack, Gibbs e
Sputafuoco che si era unito a loro.
L’equipaggio arrembato non oppose eccessiva resistenza di
fronte a quegli uomini indiavolati e alle loro armi, così,
mentre alcuni facevano radunare i marinai iberici attorno agli alberi
della nave e ve li legavano, un gruppetto andò dritto alla
stiva, e altri provvidero a gettare le ancore. Senza degnarsi di
consultare il Capitano, che ci restò un po’ male
per quella loro insubordinazione.
- Andiamo a ispezionare la cabina del comandante! – lo
esortò allora la consorte, eccitata come una bambina che si
accingeva ad infrangere un divieto – Magari ha un letto a
baldacchino …
Will si lasciò condurre, incapace di opporsi alla sua
travolgente vivacità, e ben presto si ritrovarono ad
abbattere la porta dell’alloggio privato del Capitano che vi
si era barricato in preda al panico.
– State calmo – venne spontaneo pronunciare a
Turner, notando il tremore dell’attempato uomo alla vista
delle pistole che lui e la sua donna gli avevano puntato in faccia.
Molti oggetti erano riversi sul pavimento dato l’urto subito
dal bastimento.
Elizabeth si mise a curiosare per tutta la cabina, riponendo la sua
sciabola, e scomparve in un’altra stanza che si apriva sulla
parete di fondo. Il marito la seguì, intuendo che quello
sconosciuto comandante alquanto pallido e tremebondo non avrebbe potuto
costituire alcun pericolo per loro.
– Dovrai accontentarti di quello che abbiamo, per il momento
– la canzonò, trovandola ferma con i pugni lungo i
fianchi davanti un piccolo giaciglio costituito da una tavola di legno
ricoperta da un rozzo materasso fissata ad un muro della cabina.
- Fatto sta che è alquanto scomodo dividere una branda in
due, specialmente certe notti … - asserì lei con
compiaciuta malizia lasciando la stanza, lui la interruppe con un colpo
di tosse allungando il collo verso il comandante che se ne stava in
piedi con le mani in mano e l’espressione turbata.
- Che vuoi che capisca? È spagnolo! E anche se fosse, che ti
importa? – fu la spontanea replica della piratessa.
- Sei sempre la stessa – ammise Will scuotendo la testa e
sorridendole – Hai finito qua dentro? Possiamo andare?
– la esortò con un po’ di urgenza. Lei
annuì e riprese a camminare più in fretta ma
inciampò su qualcosa che sporgeva dalle assi del pavimento.
Istintivamente si abbassarono entrambi per osservare: un tappeto si era
spostato lasciando comparire una maniglia che, una volta tirata,
svelò il nascondiglio di una cassetta metallica. La tirarono
fuori e ruppero il lucchetto con il calcio delle pistole, restando
abbagliati. Luccicanti monete d’argento erano semioccultate
sotto sottili lenzuoli di lino.
- Potremo comprarci un mucchio di roba! – esclamò
entusiasta Elizabeth stringendosi al braccio del marito che teneva
l’altro rivolto al comandante del mercantile, con la pistola
alla mano. – Una vasca da bagno, per cominciare –
propose speranzosa.
- Lo sai che il bottino va spartito con la ciurma – la
ammonì con un sorrisetto lui, rimettendosi in piedi e
avviandosi alla porta senza abbassare la rivoltella, benché
l’uomo non avesse mostrato intenzioni rivoltose.
- Certo! Ma la quota maggiore va sempre al Capitano! – gli
ricordò lei, seguendolo ed estraendo la sciabola verso lo
stesso malcapitato che sembrava sul punto di svenire e balbettava
preghiere nella sua lingua.
- Hadras! Penrod! – chiamò intanto Will
affacciandosi sul corridoio. I due uomini entrarono nella cabina
– Questo va dritto sull’Olandese –
affermò indicando il forziere. Ai due pirati brillarono gli
occhi e lasciandosi andare a risate scomposte lo portarono via
annunciando gradassi ai compagni ciò che avevano appena
guadagnato.
I Turner li seguirono informandosi sul resto del bottino e venendo a
sapere che nella stiva avevano trovato semi di caffè e di
cioccolato e qualche tessuto di cotone: - Niente male come primo
arrembaggio! – commentò Elizabeth con ottimismo.
- L’Orca ci metterà pochi minuti ad abbordarci
– osservò Will, sollecitando i pirati a tornare
sull’Olandese Volante.
La ciurma fu rapidissima a sgombrare il ponte del mercantile senza
però liberarne i marinai che avevano mostrato maggiore
interesse alle loro vite piuttosto che al carico che trasportavano.
– Hai già spiegato agli uomini la prossima
manovra? – domandò il Capitano Turner al suo
luogotenente.
Lei annuì: - Pronti ad eseguire al tuo segnale.
Il veliero compì una virata per sganciarsi dalla nave
spagnola e già le cannonate dell’Orca diventavano
sempre più minacciosamente vicine. Dopo la prima pioggia di
proiettili che scalfì gli alberi e le vele
dell’Olandese, la ciurma si accorse che la nave nemica era
ormai a pochi metri e si accingeva ad attaccare da tribordo. Will
richiamò l’attenzione della consorte e,
praticamente nello stesso secondo, entrambi gridarono il comando, uno
da poppa, l’altra da prua: - Fuoco! –
stabilì lui.
- Giù! – urlò lei – Che stai
facendo?! – strillò poi in direzione del marito.
I cannoni deflagrarono facendo vibrare il grande vascello, che nello
stesso tempo stava sollevando la poppa dall’acqua per
immergersi.
- Che hai fatto tu?! – si mise a protestare Will, cominciando
a perdere l’equilibrio e a sentire gli spruzzi delle onde
sulla faccia.
- Ti avevo detto spariamo, nel senso di: immergiamoci! Non facciamoci
più vedere! – gli riferì lei, tentando
di salire sulla terrazza del timone.
Metà degli uomini azionava i cannoni, l’altra
l’argano che avrebbe fatto inabissare il vascello nel giro di
pochi minuti. Intanto il disordine era incrementato dal ripetersi di
spari provenienti dall’Orca i cui marinai fremevano dalla
smania di gettarsi all’attacco.
I due capitani, tuttavia, non smettevano di confondere la ciurma con
ordini contrastanti:
- Interrompete il fuoco! – comandava Elizabeth. –
Rispondete al fuoco! – incitava i suoi Will, avendo
abbandonato il cassero e muovendosi velocemente di qua e di
là tra gli altri pirati che si affrettavano a correre
sottocoperta.
- Mamma! Papà! Che sta succedendo?! –
cominciò a gridare anche Jim dalla sua postazione.
- Jim! Scendi di lì! – si sgolò sua
madre sentendolo, impugnando la pistola e prendendo la mira contro un
avversario già catapultatosi sul ponte.
Anche suo padre si ritrovò a dover respingere
l’assalto di un paio di tagliagole: - Devi metterti al
riparo, ora! – lo esortò con trepidazione,
sparando poi con un moschetto sopra la folla.
- Non mettetemi fretta! – rispose il bambino con la voce
stridula per la paura, sporgendosi per tentare di afferrare una cima.
- Lascia stare le sartie! Devi saltare! Ti prendo io! – lo
incoraggiò concitatamente Will, abbattendo un aggressore con
il calcio del fucile.
- Ma è troppo alto! – protestò il
figlio terrorizzato, vedendo l’acqua ricoprire sempre
più veloce il ponte e proiettili volare a poca distanza
sotto la coffa. Uno di questi colpì proprio Elizabeth
all’anca destra costringendola ad acquattarsi dietro la
murata.
Will la chiamò ad alta voce, volandole incontro e
accovacciandosi a sua volta: - Maledetti! – sibilò
lanciando uno sguardo bieco oltre il parapetto.
- Perdo sangue! – singhiozzò la moglie,
guardandosi con sconcerto le dita imbrattate con cui si era toccata la
pelle bruciante per la ferita.
Il consorte la strinse a sé: - No. Non è niente
– la rassicurò cercando di individuare in quel
putiferio qualcuno che potesse aiutarlo a portarla via.
- Non ce la faccio! – riprese a vociare Jim, che non si era
accorto di nulla mentre provava a scendere senza cadere malamente nel
vuoto.
Jack era riuscito a sottrarsi agli scontri e alle calche che
imperversavano, affidandosi alla sua agilità e a varie funi
che incontrava durante il cammino, ma le urla disperate di Jim lo
avevano bloccato prima che affondasse il piede nelle scalette del
boccaporto e si mettesse in salvo dietro di Gibbs.
“Il punto non
è vivere per sempre Jackie, il difficile è
convivere con se stessi, per sempre”.
Impulsivamente quella frase sibillina udita molti anni prima gli
riecheggiò nelle orecchie mentre scrutava il ragazzino che
penzolava attaccato alle corde dei pennoni e si sgolava disperato senza
che in quella bolgia qualcuno lo notasse.
- Non è da te, Sparrow. Tu lo detesti. Lascialo a me. In
cambio ti risparmierò – gli propose con un tono
subdolo e invitante una voce che lo aveva già sedotto in
passato.
Abbassò gli occhi verso l’acqua che ormai gli
arrivava al ginocchio e rifletteva una figura femminile dalle fattezze
ammalianti.
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Capitolo 27 *** Capitolo 26: Coraggio o follia ***
Capitolo 26: Coraggio o follia
- … lasciare! Devi … Jim!
Le parole strepitate da Elizabeth arrivavano a Will frammentate, in
mezzo alla bolgia delle due ciurme che si stavano ormai scontrando
apertamente.
L’Olandese Volante era rimasta con più di
metà del suo scafo sommerso: poppa e prua si erano
allineate, molti uomini erano impegnati a respingere i tentativi di
assalto dei nemici che si lanciavano ripetutamente con cime e rampini
verso di loro.
I cannoni erano finiti sott’acqua e nulla potevano contro le
bordate dell’Orca.
- Penrod!
L’apparizione del fidato medico di bordo fu una boccata
d’aria per il Capitano Turner che lo chiamò
più volte finché quello, cercando di evitare le
pallottole vaganti, si trascinò fino a lui.
- Portala di sotto! – gli ordinò affidandogli la
moglie che non si era più rialzata per il forte dolore al
fianco. Il marinaio con cautela si apprestò a prenderla tra
le braccia, ma lei era recalcitrante e continuava a tenersi saldamente
aggrappata al marito.
- Non mi lasciare! – seguitava a ripetere stringendogli le
mani, evidentemente disorientata da quanto stava accadendo attorno a
loro.
- Vado a recuperare Jim e lo porto da te – le promise lui,
cercando di convincerla a farsi accompagnare via da quella baraonda
infernale.
- Jim! – si ricordò d’un tratto la
donna, lanciando uno sguardo più che preoccupato alla coffa
dove lo aveva avvistato l’ultima volta, non riuscendo a
scorgerla poiché aveva la visuale occupata dai corpi dei
vari pirati che si spingevano tra le onde sollevandone spruzzi.
Sembrava che la nave dovesse affondare da un momento
all’altro. Le assi scricchiolavano e si curvavano
sensibilmente, il legno del ponte non avrebbe sopportato ancora il peso
di tutta quell’acqua. Bisognava completare la manovra e poi
risalire in superficie.
- Giurami che non resterai sopra coperta, questa volta –
tornò a parlargli con più calma
nell’orecchio Elizabeth, arrendendosi infine a separarsi da
lui. Will la guardò intensamente negli occhi per qualche
secondo, le accarezzò con un dito le labbra e si
allontanò.
Penrod si caricò sulla spalla la signora Turner senza troppi
complimenti e, più veloce che poté, discese
attraverso il primo boccaporto che gli si aprì davanti.
Intanto il Capitano Turner era impegnato ad attirare
l’attenzione dei pochi pirati rimasti nelle vicinanze: -
L’argano! Tutti all’argano! –
comandò raccogliendo quattro di loro e prestandosi ad
aiutarli, spingendolo lui stesso.
Non appena sentì le grida di Jim, però,
abbandonò subito gli altri correndo sotto il trinchetto.
Vide che anche Jack era lì, immobile con la testa chinata,
come ipnotizzato da qualcosa, poi avvertì come degli aghi
affondargli nella carne e voltandosi notò degli arpioni
attaccati al parapetto. Alzò lo sguardo sul figlio: era
riuscito a raggiungere la sartia ed era rimasto aggrappato con le
braccia e le gambe tra il cordame. Un attimo dopo il vascello
iniziò ad inclinarsi gradualmente verso prua e i rampini,
mentre le corde tiravano, graffiavano la ringhiera lasciando profondi
solchi e facendolo rabbrividire. Non seppe più trattenere le
urla che si mescolarono al clamore dominante e si catapultò
a tagliare le funi così da avere più vigore per
portare al sicuro Jim.
L’Olandese arrestò di nuovo la sua discesa: la
parte posteriore si schiantò sulle onde. Jack era ruzzolato
ma si rialzò, scombussolato e grondante dalla testa ai
piedi, mentre l’immagine riflessa si ricompose davanti ai
suoi occhi. Sinuosa e sorridente, si protendeva verso di lui.
- Aiuto!
Doveva bruciargli la gola per quanto stava strillando. Quel mocciosetto
lo avrebbe salvato qualcun altro, si disse sbattendo le palpebre per
liberarle dal sale. Irriflessivamente si guardò attorno:
erano tutti occupati, perfino il padre che, muovendosi lungo la murata
con la mano stretta al fianco destro, giocava al tiro al bersaglio con
i pirati dell’altra nave.
Lui doveva mettersi in salvo: non aveva né spada
né pistola, e se quei manigoldi assetati di sangue gli
fossero piombati addosso non avrebbe potuto difendersi.
Cominciò a camminare indietro come un gambero, con meno
agilità di quanto volesse.
Anche il bambino era indifeso: avrebbe perduto la voce se continuava a
implorare aiuto in quel modo. Un proiettile, sparato da
chissà chi, spezzò la trama di funi cui era
appesa quella giovane vita. Lo strillo acuto e disperato di Jim gli
arrivò come un pugno nello stomaco.
Will scagliò uno sguardo di puro terrore, prima al figlio
che oscillava nel vuoto, poi a Sparrow che assisteva alla scena senza
battere ciglio. Portò avanti la gamba destra, pronto a
lanciarsi, ma un uncino agganciatosi alla sua giacca lo tirò
indietro, facendolo sbattere sulla murata.
Lei era ancora lì, affascinante e terribile: - Capitano per
sempre. Questa volta potrai.
Era come una voce nella sua mente, lo stava controllando. Sarebbe stato
più coraggioso lasciare che il petulante ragazzino si
spiaccicasse al suolo, oppure dire di no alla potente dea del mare che
pareva volerlo graziare? Jack sferrò un calcio deciso alla
pozza d’acqua e l’evanescente figura femminile che
vi si specchiava, si dissolse. Quindi arrancò fin sotto
all’albero di trinchetto, cercando di non scivolare con la
faccia in acqua: - Avanti, salta Turner jr! –
sbraitò agitando le braccia.
- Signor Sparrow! Non credo di farcela! – urlò di
rimando il bambino sbirciando terrorizzato sotto di sé,
rigidamente concentrato a reggersi all’unica fune rimasta
ancora annodata.
- Ora o mai più, Billy Jim! Ti prendo io! – si
spazientì il pirata, usando un tono di rimprovero.
- Non fate scherzi! – gli raccomandò il ragazzino,
sforzandosi di fare lo spiritoso mentre il suo accento tradiva una
reale preoccupazione.
- Ora o mai più, Billy Jim! – ripeté
Jack con una punta di insofferenza – Te la fai sotto, eh?
– non finì di schernirlo che un fardello gli
precipitò in braccio, facendolo ricadere
all’indietro.
– Cavolo! Pesi un accidente! – si lagnò,
spostandolo schifato accanto a lui.
- Sapete nuotare? – balbettò Jim tutto tremante,
notando che il livello dell’acqua si stava fortemente
alzando. Degli uomini erano di nuovo indaffarati attorno
all’argano e l’inabissamento era ricominciato.
- Certo che so nuotare! – rispose quello stizzoso –
E tu? – il ragazzino annuì ma Jack lo
afferrò bruscamente per la camicia e, rimettendosi in piedi
senza mollarlo, diede un’occhiata in giro per scorgere un
passaggio che li portasse sotto coperta.
- La cabina di comando! – suggerì prontamente Will
che li aveva visti aggirarsi in ambasce.
- Papà! – lo chiamò il figlioletto,
scalciando per farsi lasciare da Sparrow.
- Vi raggiungo! Andate! – declinò quello, salendo
lesto le scalette del castello di poppa per mettersi al timone.
Jack si slanciò contro la porta, rotolando
all’interno della cabina insieme a Jim. La porta si richiuse
di colpo mentre tutto il vascello vibrò paurosamente
finché le onde non lo inghiottirono fino
all’albero maestro. Allora ogni cosa si
riequilibrò e la nave fantasma tornò a navigare
silenziosamente.
- Grazie signor Jack! – esclamò il piccolo Turner,
buttandosi su di lui.
- Oh?! – lo allontanò con un verso scontroso lui
– Giù le mani! E poi non hai alcun motivo per
ringraziarmi.
- Come?! Mi avete salvato la vita! – gli fece notare
incredulo Jim.
Jack dissentì scuotendo la testa.
- Ah, avete ragione. Avete solo ricambiato un favore,
giacché io vi avevo salvato per primo quando vi hanno
sparato … - lo stuzzicò con un tono sbruffone,
rialzandosi e accennando ad andarsene.
- È stato un caso in entrambi i casi –
puntualizzò Sparrow, alzandosi a sua volta e seguendolo con
passo incerto nel corridoio.
- Jim! Eccoti qui! – gli andò incontro Sputafuoco,
sollevandolo tra le braccia e poi rimettendolo a terra – Tua
madre è in infermeria e non fa che chiedere di te e di tuo
padre. Lo hai visto?
Il bambino cominciò a raccontare quanto era successo e a
chiedere notizie sulla sua mamma.
- Gibbs! – bisbigliò intanto Jack avvicinandosi al
compare con espressione turbata – Ti devo dire una cosa.
È la seconda volta che mi succede!
Il corridoio sembrò trasformarsi gradualmente e poi sempre
più rapidamente in uno scivolo e tutti si ritrovarono a
dover contrastare la mancanza di gravità, attaccandosi alle
pareti, finché nel giro di pochi secondi
l’inclinazione tornò come prima.
- Siamo riemersi – constatò Bill, aiutando il
nipote a rialzarsi – Will sarà di sopra.
- Accompagno io Jimmy dalla signora Elizabeth – propose
Joshamee incrociando subito gli occhi adirati di Jack – Vieni
con noi? – gli indirizzò un sorrisino ruffiano.
- No, vado con Bill – replicò aspro quello,
girando rumorosamente i tacchi.
- Che disastro! Ci sarebbe bisogno di un carpentiere – si
lamentava Will con i suoi, prendendo atto dei danni causati dallo
scontro sulla fiancata di tribordo e sugli alberi. Sparrow si sporse
dal parapetto per verificare se l’Orca fosse ancora
all’inseguimento.
- Diavolacci! Che brutta ferita, William! – sbottò
spaventato Sputafuoco facendolo distrarre – Per poco non
rischiavi di perdere un occhio! – affermò fissando
preoccupato il taglio trasversale sulla tempia sinistra del figlio.
- Elizabeth? – chiese impassibile lui, nascondendogli
l’altra ferita al fianco.
- Scalpita in infermeria. Penrod non riuscirà a tenerla
ancora per molto – gli riferì il padre con gli
occhi ancora sgranati per l’incredulità.
– Jim è già lì. Vai, ci
penso io qui.
Will accettò il suggerimento e si allontanò, ma
prima di ritirarsi sottocoperta si rivolse a Jack che ostentava la sua
solita aria indifferente: - Jim ti è volato addosso, eh?
Il pirata si limitò ad assumere una faccia rassegnata e
Turner se ne andò barcollante, dando le ultime disposizioni
alla ciurma.
- Talvolta penso che lui e sua moglie siano un po’ fuori di
testa – mormorò Sputafuoco impensierito.
- Ti puoi girare Jim. È tutto coperto.
A parlare era Penrod, Will lo sentì da dietro la porta prima
di entrare, insieme alla risata della consorte. – Capitano!
Vostra moglie sta bene, anche se sarebbe meglio che se ne stesse un
po’ ferma – esordì il dottore
bloccandosi di colpo alla vista del suo brutto taglio vicino la
palpebra.
- Will! – gioì Elizabeth ritrovandolo –
Li abbiamo seminati! – le riferì lui trionfante,
intuendo la sua ansia, poi si volse al figlio che strizzava le
palpebre, evitando di guardarlo in viso: - Come stai, Jim?
- È che il sangue mi fa ancora un po’ impressione
… - bisbigliò toccandosi il labbro con la punta
della lingua. In quell’istante Penrod afferrò il
Capitano per un braccio, medicandogli forzatamente con un tampone la
lacerazione sanguinolenta sul sopracciglio.
- Mi dispiace signore, ma con voi non c’è altro
modo – si scusò convincendolo a chinarsi.
Gli sistemò una piccola benda, quindi gli fece cenno di
sfilarsi giacca e camicia.
Jim gettò un grido, sconvolto.
- Per mille pinte di rum! Avevano delle tigri a bordo? –
esclamò il medico osservando i graffi profondi sul fianco
del suo Capitano.
Will avrebbe voluto ritrarsi, ma oramai era tardi: - Sono stati dei
rampini – si difese schivo.
- Eppure la giacca non è strappata – insistette
Penrod un po’ sospettoso. Ad un’occhiata eloquente
di Turner si zittì e continuò il suo lavoro.
– Ora vi lascio – disse quando ebbe finito di
stringergli una fascia attorno al petto, congedandosi non senza del
latente dubbio.
- Non mi va di stare qui! – esplose subito Elizabeth portando
le gambe a terra. Il marito finì di rivestirsi e si
avvicinò per aiutarla: - Non dire idiozie! Posso camminare!
– lo fulminò all’istante, celando in
malo modo il dolore. – Però non riesco a respirare
– aggiunse con tono più sottile, arrossendo
lievemente – E sai quanto odio i corsetti!
- Questo dovrai tenerlo – affermò sorridendole
l’amato. Poi con Jim si scambiò uno sguardo
d’intesa: - Ti accompagniamo in cabina – le propose
il figlioletto e insieme al padre le porse la mano.
Will la aiutò a togliere i vestiti sporchi e umidi e a
sistemarsi sul materasso che occupava poco più di
metà della rete del letto, fortunosamente scampata alle
fiamme. Il bambino assisteva un po’ imbronciato ai suoi gesti
premurosi mentre le rimboccava le coperte.
- Jimmy, potresti sistemare le altre cose che sono cadute? –
gli intimò sua madre – E poi togliti quei vestiti
bagnati.
Il piccolo calò la testa e si affrettò a fare
quanto richiesto, continuando a sbirciare i due con la coda
dell’occhio. Aveva capito che lo avrebbero fatto dormire su
un’amaca e non ne era proprio entusiasta dato che si sentiva
anche lui tutto dolorante, pur non volendo ammetterlo. Quando
iniziarono a parlare a bassa voce e a baciarsi
s’indispettì ancora di più: - Se dovete
ricominciare a fare le vostre cose me ne vado –
ribadì scocciato.
- Puoi restare – gli assicurò suo padre un
po’ imbarazzato, al contrario di sua madre che rideva: - Hmm,
mi sa che tu e Jim avete un discorsetto in sospeso …
- Ne riparliamo fra qualche annetto – si schiarì
la voce Will sollevandosi dal bordo del letto, sedendosi su una panca e
invitandolo ad avvicinarsi.
- Non ho l’età per fare e sapere niente
– sbuffò lui trascinandosi accanto ad Elizabeth
che gli sfilò la camicetta ancora molto umida.
- Jim quello che è successo … - riprese a
parlargli suo padre serio – è la
normalità, se tu e la mamma resterete a vivere su questa
nave, con me e con gli altri. Sono momenti brutti che possono capitare.
Capisci?
Il figlio annuì silenzioso, stringendosi alla madre che lo
avvolse nelle coperte tranquillizzandolo.
- Veglio io su di voi – pronunciò teneramente Will
baciando la fronte ad entrambi e spostando la branda vicino al letto,
per poi distendersi a sua volta senza smettere di contemplarli.
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Capitolo 28 *** Capitolo 27: Informazioni riservate ***
Capitolo
27: Informazioni riservate
- Un’altra tempesta – borbottò Jim mezzo
addormentato, rigirandosi e tirandosi mollemente la coperta fin sopra
la faccia.
- Sei sveglio! Ti dispiacerebbe aiutarmi? Non riesco a piegarmi.
Il letto ondeggiava e cigolava e nei suoi occhi vedeva onde che
s’infrangevano sullo scafo, ora scivolando via fluide, ora
con impeto come volessero squarciarlo. Il mare era pieno di cavalloni,
una colonna d’acqua si alzò dalla superficie
increspata e gli venne incontro. Al suo interno si distinse
gradualmente il profilo di una donna che non aveva mai visto: aveva un
sorriso misterioso e due occhi neri come pozzi di inchiostro. Ripeteva
il suo nome con una voce malvagia che gli faceva venire i brividi. Come
faceva a conoscerlo?
- Jim! E allora? Non continuare a fare finta che dormi! È
tardi! – Elizabeth rimproverò bonariamente il
figlioletto scostando con un gesto secco le coltri in cui si era
nascosto.
- Non c’è il mare mosso? –
strabuzzò gli occhi lui, rizzandosi lentamente a sedere, poi
osservò i movimenti di sua madre che, appoggiata al bordo
del letto, tentava di affibbiarsi le cinghie degli stivali e faceva
involontariamente dondolare la struttura di legno.
Lei gli sorrise, capendo solo allora il perché della sua
domanda: - Vestiti, anzi, prima lavati.
Il bambino si avviò a passi lenti nella zona della toeletta,
con la mente ancora confusa da quel sogno bizzarro, i suoi gesti erano
svogliati e pigri tanto che Elizabeth, sbirciandolo mentre raccoglieva
i capelli con un nastro lasciando libere solo due ciocche a lati del
viso, lo richiamò più volte. Poi Jim si mise
sulle ginocchia aiutandola ad allacciare le fibbie degli stivali.
- E papà? – le domandò mentre infilava
il cinturino in un passante.
- Quando mi sono svegliata già non c’era
– replicò la madre, indossando intanto il cappello.
La bocca del bambino si piegò in giù: - E non ci
ha neppure chiamati? – attestò un po’
offeso.
- Se gli è saltato in testa di farmi passare per la povera
ammalata, gli faccio cambiare subito idea – gli
assicurò lei, sistemandosi la cintura con le armi attorno
alla vita – Ci vediamo dopo – affermò
quindi uscendo in gran fretta, malgrado la cicatrice al fianco le
bruciava e tirava.
Sul ponte gli uomini erano ancora occupati a riparare i danni del
giorno precedente: c’era chi rafforzava le cime, chi
martellava sulle assi che si erano curvate, chi provvedeva a tappare i
buchi causati dai proiettili nelle varie parti del cassero. Nonostante
ciò, molti la salutarono cortesemente e si preoccuparono di
chiederle come stesse. Cercando di sottrarsi a
quell’inaspettato rituale di convenevoli, il luogotenente
camminava senza guardare a terra e inciampò su una cassa di
legno. La afferrò un marinaio con una zazzera castana e unta
e gli occhi verdi contornati dalle rughe, prima che perdesse
l’equilibrio.
Lei si soffermò sul contenuto dimenticandosi di
ringraziarlo: - Il Capitano ha detto: meglio vele integre che lenzuola
pulite! – ridacchiò lo stesso pirata, spiegando
davanti a lei un panno di stoffa candido che passò a dei
colleghi intenti a rattoppare le velature.
Elizabeth ricambiò un po’ stizzita la risata: -
Certo! Certo! – asserì allontanandosi con lieve
cruccio per la fine immeritata di quei raffinati tessuti di cotone che
avevano rubato. Frattanto avvistò il marito, erto sulla
terrazza più alta di poppa, e si incamminò verso
di lui, ma quando giunse sulla balconata del timone e lanciò
un’altra occhiata dove lo aveva scorto notò che
uno dei suoi gli bisbigliò qualcosa all’orecchio e
che lui lo seguì ritirandosi. Per il momento
decise dunque di fermarsi lì e affacciandosi alla ringhiera
socchiuse gli occhi, godendosi la piacevole sensazione suscitata dai
raggi tiepidi del mattino che penetravano fin sotto gli abiti.
- Abbiamo appena controllato la nostra posizione. Secondo i calcoli
manca poco più di un giorno al nostro arrivo – la
informò senza che gli chiedesse nulla il timoniere, un uomo
dalla folta chioma nera che si univa alla barba riccia e lunga fin
sotto il mento.
Il primo ufficiale stentava ancora a ricordarsi il suo nome - Di
già? – fu la sua incredula e scarna reazione.
- Sì, signora. Questa notte abbiamo viaggiato … -
non finì la frase ma volse il pollice in basso ammiccando
– Certo non è molto piacevole, però
almeno non ci sono più tracce di quei cani bastardi di ieri
– aggiunse fiero e contento, riprendendo a stringere il
timone.
- Bene! – dichiarò la donna con troppa enfasi, al
punto da sembrare poco autentica.
Will probabilmente aveva aspettato che dormissero per tornarsene a
comandare sopra coperta. E pensava che stesse approfittando con
eccessiva leggerezza della sua buona sorte e della presunta protezione
di Calypso.
- Sai che non trovo più la bussola? – Jack era
arrivato ad un soffio da lei e neanche ci aveva fatto caso. Si
girò incontrando la sua espressione quasi isterica: ognuno
aveva i suoi affetti.
- Perché non chiedi a Jim di aiutarti a cercarla? Lui adora
le cacce al tesoro – gli propose immediatamente, indicando
con la testa il bambino che aveva visto aggirarsi sul ponte in
compagnia di Gibbs e Sputafuoco.
Jack guizzò gli occhi sui tre e sgusciò via con
una camminata sostenuta che lo faceva dondolare comicamente ancora di
più, mentre alzava le braccia per bilanciarsi. Le venne
spontaneo sorridere osservandolo, poi una mano che subito riconobbe le
si poggiò con delicatezza ma decisione sulla spalla. Tolse
le braccia dalla ringhiera e si voltò verso di lui: le
apparve inquieto e non servì che parlasse per convincerla a
seguirlo.
Si fermò in una parte della nave che lei aveva volutamente
evitato di calpestare in quei giorni. Un breve spazio tra la parte
posteriore del cassero e il parapetto di poppa in cui aveva visto per
l’ultima volta un uomo che tardi aveva capito di aver fatto
soffrire e che lì aveva sacrificato eroicamente la vita per
lei. Sentiva già gli occhi inumidirsi, ma Will non poteva
sapere. Non gli aveva mai raccontato i dettagli della morte di James
Norrington.
- Elizabeth, come mai hai portato a bordo il … forziere?
– le ultime sillabe gli si ruppero in gola e si
toccò involontariamente con la mano aperta il lato sinistro
del petto – L’hanno visto nella stiva mentre
prendevano gli attrezzi per riparare la nave. L’ho visto
anch’io – le rivelò con tono tetro,
abbassando il braccio destro.
La giovane donna esitò qualche secondo, immobilizzata dai
tristi ricordi riaffiorati prima e dall’inevitabile
necessità di essere sincera, non sopportando
l’angoscia che offuscava gli occhi dell’amato: -
Ormai devo dirtelo – iniziò con un sospiro,
scostando con lentezza una ciocca che il vento le soffiava sul viso.
Will spalancò occhi, orecchie e bocca raddrizzandosi, lei si
sforzò di usare un tono udibile e neutro: - L’ho
usato per nasconderci il Codice – proferì tutto
d’un fiato, muovendo un passo verso di lui.
- Il Codice?!
Di chi?! – sbottò confuso il marito, alzando un
po’ la voce.
- Di Morgan e Bartholomew – spiegò con
semplicità e un pizzico di offesa lei.
Will appoggiò la schiena al parapetto, sentendosi quasi
mancare le assi da sotto i piedi:- Quel Codice?!
– continuò a domandare sbigottito.
Elizabeth annuì sveltamente e gli si piazzò
davanti ricominciando a parlare con la fronte bassa: - La chiave te
l’ho presa dalla cinta dei pantaloni mentre dormivi ...
- La chiave? – ripeté lui incredulo –
Come hai fatto ad avere il Codice?
– smorzò il volume della voce, anche se in quel
momento era tentato di gridare.
La moglie lo anticipò, raccogliendogli le mani nelle sue, e,
fissando le loro dita intrecciate anziché la sua faccia,
riprese: - Cercavano qualcuno che lo tenesse al sicuro. Dicevano che
alla Baia dei Relitti sarebbe stato in pericolo. Non avevo ragione di
oppormi. In fondo nessuno mi conosceva più come pirata.
Gli occhi di Will cercavano i suoi: - Quando? Quando è
successo tutto questo? – la interrogò sottovoce,
ancora scosso.
- Cinque anni fa. È stato uno dei nove pirati nobili a
portarmelo, il Capitano della Murena.
Mi ha cercata a lungo dopo aver conosciuto la storia
dell’ultima Fratellanza – gli raccontò
scandendo lentamente le frasi e tornando ad inchiodare il suo sguardo
con ritrovata decisione.
- Era la favola della buona notte di Jim. Ecco perché sa
tante cose – constatò lui con palpabile freddezza,
districando le mani da quelle di lei, mantenendo un viso accigliato.
Un mezzo sorriso si fece largo sulle labbra di lei:- Non sa che si
trattava del vero Codice.
- E mi avevi fatto promettere “niente segreti”
– sospirò Will, incrociando le braccia e
reprimendo della sana collera, mente le sue pupille non smettevano di
fissarla in modo penetrante e accusatorio.
Sua moglie si morse la lingua con fare risentito:- Non riguardava me e
te. Questo è un segreto di storia della pirateria!
Elizabeth non si smentiva mai: piratessa fino alle budella.
Quando Jack se li vide comparire sulla soglia del suo alloggio, con
l’intenzione palese di confessargli qualcosa scritta in
faccia, si sentì sbiancare: - Hai detto ai tuoi che ho fatto
il buon samaritano? – mormorò rancoroso
all’indirizzo di Jim, al quale aveva chiesto volentieri di
aiutarlo a cercare la bussola, non dandogli così occasione
di spettegolare sul salvataggio con Gibbs e con suo nonno. Il bambino
rimase zitto non capendo il senso di quella battuta.
- Dobbiamo parlarti – dichiarò con fermezza il
Capitano Turner, mentre la consorte teneva gli occhi bassi dietro di
lui. – Potreste venire anche voi, mastro Gibbs?
Nella cabina di comando, a porte chiuse, i due inveterati pirati si
sentirono quasi tenuti in ostaggio. Con accortezza misurarono i loro
gesti ed espressioni, scambiandosi sguardi preoccupati.
Elizabeth prese posto a capotavola senza sedersi, contrariamente agli
uomini che si sistemarono attorno a lei sulle poltrone di legno. Al
centro del tavolo c’era il forziere, chiuso con la sua
complessa combinazione meccanica. La chiave invece la faceva girare
Will intorno al suo dito, come se ci giocasse per distrarsi da un
oscuro presagio che lo opprimeva.
Il viso di Jack fu un caleidoscopio di espressioni durante il racconto
della signora Turner: - Hanno lasciato il Codice nelle tue mani!
– strillò alla fine con sconcerto.
- Una giovane madre abitante nell’isola in cui è
cominciata la caccia ai pirati: geniale! –
commentò invece con ammirazione Gibbs, rodendosi un
po’ dentro di sé per essere venuto a conoscenza di
quel succoso aneddoto solo allora.
- Lo sai che la Murena è diventata una delle navi di
Fortezza? – le rivelò subito dopo Sparrow,
tangibilmente preoccupato.
Elizabeth rimase interdetta: - No. Però, in effetti,
quest’anno il Capitano non era ancora venuto a trovarmi per
dettarmi le novità da trascrivere –
ribatté con dispiacere sedendosi.
Il consorte non stava più nella pelle per lo stupore e il
tormento che gli procuravano quelle rivelazioni. Conservò in
una tasca interna della giacca la chiave, i tendini tesi e la gola
secca.
Neppure Jack era tranquillo: ogni volta che provava a dipingersi un
quadro della situazione attuale, qualcosa che non sapeva saltava fuori
e cancellava inesorabilmente le sue supposizioni, come un castello di
sabbia sommerso dalla marea.
– Come hai detto che si chiamava questo Capitano della Murena?
La signora Turner esitò un secondo: - Jucard. Anamaria
Jucard.
Il pirata fece una smorfia strana, grattandosi una guancia: - Mai
sentita.
- Allora era una donna, per di più! – proruppe
Will, in parte risollevato.
- Che vorresti dire? – lo folgorò la moglie
urtandosi, lui mise le mani avanti scusandosi e girò la
faccia dall’altra parte.
- La maternità l’ha addolcita parecchio, vedo
– mormorò Sparrow a Turner, che stava al suo
fianco e gli mostrò di condividere la sua opinione annuendo
piano.
- Forse è il caso che vi diciamo tutto quello che sappiamo
di Thomas Worley Fortezza – si fece avanti Gibbs titubante,
aspettando l’approvazione di Jack per continuare.
- E della Baia dei Relitti – aggiunse lui con
l’indice alzato.
Il Capitano Turner acconsentì, curioso di saperne di
più, ma non del tutto fiducioso sulla loro improvvisa
sincerità: - Come mai voi due soltanto adesso vi decidete a
parlare? – domandò astioso.
- William – lo richiamò la moglie, lanciandogli
un’occhiata di ammonizione.
- Vedi, compare, le cose si stanno complicando più del
previsto – chiarì Sparrow insolitamente serioso.
Will si alzò voltandogli le spalle e mettendosi a camminare
avanti e indietro per la stanza, cercando di controllare i nervi in
subbuglio.
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Capitolo 29 *** Capitolo 28: Colpe e omissioni ***
Capitolo
28: Colpe e omissioni
Mastro Gibbs attinse un sorso dalla sua inseparabile fiaschetta, quindi
si sistemò meglio sulla piccola sedia e prese la parola: -
Thomas Worley oltre dieci anni fa era un corsaro al servizio
dell’Inghilterra con l’incarico di catturare quante
più navi pirata possibile. Per ognuna di esse riceveva una
consistente ricompensa. Presto capì che in uno schiocco di
dita poteva crearsi dal nulla una propria flotta, così,
lasciandosi prendere dalla brama di potere, cominciò ad
agire per il suo tornaconto. Ha sconfitto i più importanti
pirati nobili. Eccetto Barbossa, che si era già ritirato
dagli affari, e il qui presente Jack Sparrow.
- Io dopo qualche tempo avevo accettato di fare parte della flotta di
Worley dandogli le carte nautiche in cambio di una nave, la Razza si
chiamava – confessò sottotono Sparrow, quasi
vergognandosi dei suoi trascorsi – Lui le accettò
subito, convinto di poter ottenere un controllo assoluto sul mare.
- Ma Calypso deve averlo avvertito, facendogli sapere che quelle carte
erano false – si intromise Elizabeth, cercando di inserirsi
nell’intricata vicenda.
Jack approvò la sua affermazione: - E lo ha scelto per
combattere gli ultimi rinnegati – le diede ragione
– Chissà cosa gli avrà promesso
…
- O in che modo lo avrà minacciato – aggiunse
Gibbs, una smorfia di terrore impressa sul volto rugoso al solo
immaginare quali pene infernali potesse aver prospettato la capricciosa
entità.
Jack aveva un’espressione particolarmente meditabonda, al che
riaprì la bocca:- A proposito Willam, penso sia per colpa
della tua dolce metà che l’amabile dea ti abbia
maledetto … - buttò lì vagamente,
rimirandosi gli anelli variopinti che gli incastonavano le dita.
Gibbs sussultò parimenti alla piratessa: -
Perché?! – domandò stizzita lei
– Maledetto?! – ripeté sbalordito
l’uomo di mare.
Il Capitano Turner si riavvicinò al tavolo appoggiandosi con
entrambe le mani e aspettando che Jack continuasse ad esporre. Il
pirata arricciò un labbro e proseguì: - Vedi, il
Codice è uno dei tesori che non ha ancora avuto modo di
ottenere. Ed è un pezzo pregiato, a cui tiene molto.
Dopotutto, contiene la formula con cui una volta è stata
imprigionata.
- Quindi? – sbuffò Turner, stanco delle lungaggini
del dispettoso pirata.
- Non potendo accanirsi su di te né sulla nave,
giacché avete stretto un patto, vi ha legati insieme
così che tu non dimentichi a chi appartieni, ancora
– illustrò la sua ipotesi con soddisfazione. Will
restò interdetto e pensieroso.
- Vuoi dire che se non avessi portato con me il Codice, Will non
… - esitò a pronunciare Elizabeth, non del tutto
sicura di aver capito appieno quegli astrusi ragionamenti.
- Il punto è questo, gioia: Calypso vuole ottenere
ciò che desidera, senza impedimenti, ma non può
sottrarsi ai patti già pronunciati da lei stessa,
perciò anziché scioglierli, li fa diventare
ancora più stretti, per essere certa di essere servita.
Comprendi? – concluse spicciamente Sparrow, frustrato per non
essere compreso dagli interlocutori che continuavano a sgranare gli
occhi senza dare segno alcuno di assenso.
Will si riscosse dopo aver fatto ordine nella sua testa, mettendo da
parte il malumore causato dall’aver scoperto i sotterfugi
della moglie: - Insomma stai dicendo che Calypso aveva paura che io
cercassi di liberarmi di lei attraverso il Codice, in cui è
custodita la formula magica che sappiamo, e così mi ha
lanciato questa maledizione per obbligarmi a portarle le carte.
Jack si alzò in piedi ed applaudì sotto lo
sguardo a dir poco stupefatto di Gibbs e di Elizabeth, che mai
avrebbero pensato di vedergli esprimere così apertamente la
sua approvazione per il Capitano dell’Olandese. Quando si
accorse di come lo scrutavano, attenuò il battito delle mani
e si risedette chinando la testa.
- Però, Calypso come fa a sapere che siamo in possesso del
Codice? – mosse un nuovo interrogativo la signora Turner.
Provò a risponderle Gibbs:- L’avrà
saputo da Fortezza, che l’avrà saputo a sua volta
dal Capitano della Murena.
- Ma questo significa che ci hanno controllato e seguito sin da quando
siamo partiti – ribatté Elizabeth – E
che il Capitano Jucard ha tradito la filibusta – aggiunse con
delusione, stringendo i pugni e scrutando di sghembo il marito,
sentendosi in colpa.
- Deve esserci stata la Medusa Spettro alle nostre calcagna, tutto il
tempo – trasalì Jack ricordando per un attimo le
sue disavventure.
- E adesso che dovrei fare io? – replicò Will
nervoso, spingendo la vista fuori da un oblò.
Gli rispose Sparrow: - Quello che ti ha chiesto, se vuoi essere
egoista, quello che ti propongo io se vuoi …
- Farti un altro favore, Jack? – lo interruppe bruscamente
lui – Basta! Se non lo sai Calypso mi ha imposto pure un
limite di tempo: trenta giorni, oggi è il dodicesimo e devo
considerare il tempo che ci vorrà per raggiungere il suo
covo – dichiarò ansioso e con un leggero tremore.
- Non me l’avevi detto e io non sono un veggente! –
si pizzicò Jack scoccando un’occhiata veloce al
Capitano che sembrava nascondere un improvviso mal di stomaco
schiacciandosi l’addome – Altrimenti saprei che
fine ha fatto la mia bussola!
- Per piacere, ancora con questa storia! – esclamò
Elizabeth irritata.
In breve lei, Will e Jack cominciarono a rivolgersi accuse a vicenda
sul peso delle loro bugie in quella situazione, mentre Gibbs rimase
taciturno; d’un tratto richiamò
l’attenzione dei tre parlando a tono più alto
così da sovrastarli: - Siete pronto ad affrontare la Gola
del Diavolo?
Il Capitano Turner indicò se stesso con stordimento, gli
altri due si zittirono volgendosi a Joshamee: - È
l’unica via d’accesso rimasta per l’Isola
dei Relitti. Si tratta di uno stretto passaggio che ogni anno reclama
decine di navi. Si dice che sotto quelle acque risieda lo spirito di un
demone del mare … – narrò con la
consueta abilità di impressionare il vecchio pirata.
- Io so che si tratta solo di eruzioni vulcaniche sottomarine
– mise in chiaro Elizabeth più realista
– L’intera città sorge nel cratere di un
vulcano spento, ma a quanto pare c’è ancora
attività sott’acqua – asserì
con sicurezza. Gibbs si scurì portandola ad aggiungere: - Lo
hanno scoperto da due anni all’incirca, mi ricordo di averlo
trascritto io stessa sul Codice.
- È comunque pericoloso! – affermò il
superstizioso briccone, imbronciandosi.
- Perché non ci sono altri passaggi? –
domandò invece Turner con il suo schietto pragmatismo.
- Per via di alcuni maremoti che li hanno ostruiti con i detriti
– gli spiegò la moglie. - È questa la
ragione che ha convinto gli ultimi pirati a portare via da
lì il Codice. Per alcuni anni se lo sono trasmesso
l’un l’altro e poi lo hanno lasciato a me
– spiegò definitivamente.
- La Gola del Diavolo non è il solo ostacolo –
riattaccò Jack con un sogghigno smargiasso – Solo
i veri pirati possono entrare nella Baia dei Relitti. E tu non lo sei.
- Che stai dicendo? Sono stato dalla vostra parte dieci anni fa!
– esplose Will – Ho cannoneggiato io stesso
l’Endevour! Non basta?
- Dovresti giurare sul Codice – borbottò Sparrow,
ammiccando al forziere con un tono di sfida. Sapeva che lui non poteva:
avrebbe significato mettersi contro Calypso. Anche il Capitano
dell’Olandese intuiva quella difficoltà,
perciò ammise a denti stretti: - Tanto non posso scendere a
terra.
- Secondo te è un problema, questo? – riprese Jack
con un sorriso ironico – Ti leghi ai piedi due secchi con
l’acqua di mare e cammini! L’ho visto fare al
vecchio Jones – lo canzonò beffardo, ricevendo le
occhiate di rimprovero degli altri due.
Will preferì non rispondergli, limitandosi ad una risata
finta. Poi si allontanò in direzione della porta che dava
sul ponte e la aprì girando la chiave: - Però
potevate preoccuparvi di mettermi al corrente di tutto questo prima
– li biasimò lanciando loro uno sguardo ombroso;
quindi si soffermò sulla consorte parlandole con mestizia
– Ti credevo più saggia di me. Sarò
pure stato fuori dal mondo, ma tu non mi hai aiutato proprio a tornare
a farne parte.
Elizabeth si allontanò dal suo posto andandogli incontro, ma
lui la fermò alzando una mano:
- Vado ad avvertire gli uomini di quello che ci aspetta –
sussurrò defilandosi di fretta.
- Ancora non vuole capire – commentò Jack con
disapprovazione, trovandosi a desiderare ardentemente del buon rum.
- Sono io a non capirmi, a volte – ammise la piratessa con un
senso fastidioso di amaro in bocca, restando con gli occhi fissi alla
porta chiusa.
Sparrow schioccò la lingua:- Che tipo era, quella Capitana
della Murena? – chiese un attimo dopo con sfacciataggine.
La signora Turner si voltò brevemente verso di lui senza
trovare le parole per aggredirlo mentre la guardava con indifferenza,
limando un’unghia sul bordo del tavolo. Espirò
rumorosamente e uscì sbattendo la porta. Gibbs
sbuffò tra i denti come a rimproverarlo scuotendo nel
contempo la testa, e lo lasciò solo anche lui, alzandosi.
Jack cominciò allora a ispezionare indiscretamente la
cabina, sperando di poter ritrovare forse lì, in qualche
intercapedine o pertugio, l’oggetto caro che aveva perso
giorni addietro.
Proprio mentre era intento a setacciare il pavimento pensò
che, anziché mettersi carponi, avrebbe potuto chiedere a
qualcun altro di buona volontà di continuare quella noiosa
ricerca. Sentì qualcuno entrare dalla porta e per sbucare
fuori più velocemente possibile sbatté la testa
contro il massiccio legno di una gamba del tavolo.
- Signor Sparrow ero venuto a cercarvi per dirvi che … che
ci fa quel coso qui? – Jim piantò le suole
indicando il forziere con aria sorpresa e impaurita.
Jack, ancora accovacciato a terra, si voltò verso
l’oggetto allungando il collo: - Quello? Niente, credo
servisse a dare un tocco di … – mugugnò
dei versi incomprensibili - … all’ambiente!
– concluse non riuscendo a inventarsi niente di sensato e si
rimise in piedi come nulla fosse.
Il bambino non smarrì l’espressione confusa, ma
riprese a parlare: - Non c’è traccia della
bussola, però non posso aiutarvi più per oggi,
perché devo andare di vedetta – si
scusò notando la delusione appropriarsi del volto di
Sparrow. – Magari domani – lo consolò
dandogli un colpetto con il pugno chiuso sul braccio.
- Devo farti delle domande – obiettò il pirata
quando lo vide avviarsi alla porta, troppo tardi perché lo
sentisse. Uscì a sua volta e lo seguì
finché si accorse che stava veramente salendo sulla coffa e
allora rinunciò ad andargli dietro, cercandosi un posticino
in cui poter oziare indisturbato.
Il resto della giornata trascorse in un clima teso di sospensione per
la ciurma che avanzava ipotesi sul modo in cui avrebbe affrontato la
rischiosa Gola del Diavolo.
Elizabeth si ritirò nella cabina personale, usando la scusa
di doversi riposare per rileggere le ultime pagine del Codice che
tirò fuori dal forziere dopo aver trovato la chiave lasciata
sul comodino da Will. Il quale, preferendo sfogare
l’inquietudine percorrendo in lungo e in largo la nave da
cima a fondo, evitò di incrociare pure Jack, mostrandosi
sempre occupato a fare qualcosa o a parlare con qualcuno.
Jack, capita l’antifona, si chiuse in un silenzio insolito
restando a rimuginare su tutto quello di cui avevano parlato e cercando
di dare un senso logico alla confusione degli ultimi eventi.
Il giorno seguente l’Olandese Volante navigava lenta per la
scarsità di vento.
Elizabeth lo aveva aspettato tutta la notte insieme a Jim, ma lui non
era tornato in cabina. Pensò che stesse esagerando, ma
capì che sarebbe toccato a lei ancora una volta cercarlo:
non voleva perdere tempo inutilmente colmandolo di reticenze e
aspettative. L’attesa era stata compagna dei suoi anni
giovanili, ora voleva solo agire.
- Se cercate il Capitano, è nella polena, signora
– la avvertì Sputafuoco notando i suoi ripetuti
tentativi di scorgerlo sul ponte. Rimase sbigottita e quello,
intuendolo, la condusse fino a prua, indicandole la fune con cui Will
si era calato all’interno della polena frastagliata che
ricordava la bocca di un coccodrillo. Con titubanza si calò
anche lei ringraziando con un cenno il vecchio Turner. Il Capitano era
proprio lì, con le gambe che ciondolavano dal bordo su cui
era seduto. Accorgendosi di lei sospirò, mostrando ancora
insofferenza.
- Lo so che non è abbastanza, ma volevo lo sapessi che mi
dispiace per come sono andate le cose. Avrei dovuto fregarmene di
quelle leggi piratesche – esordì con tono
sommesso, sedendosi dietro di lui che poco dopo si spostò
indietro giungendo al suo fianco.
- Ci sono decine di domande che mi martellano la testa, una
più delle altre. A questo punto non possiamo avere nemmeno
la certezza che la Baia dei Relitti esista ancora. Tu lo sapevi
dall’inizio. Perché me l’hai tenuto
nascosto? – la donna ricambiò il suo sguardo
inquieto e poi abbassò la fronte senza dir nulla –
Non hai mai voluto che consegnassi le carte a Calypso –
concluse Will riportando gli occhi sul mare davanti a sé.
- Sì, è vero. Perché penso che il mare
sia nostro. Dobbiamo riprendercelo, non credi? – lo
incitò lei con veemenza sfiorandogli una spalla.
- Io sono stanco – bisbigliò lui divincolandosi e
scansandola.
– Ti prego – soffiò la moglie
morsicandosi le labbra, pentendosi delle sue stesse ammissioni.
- Non sei tu ad avere una maledizione! – proruppe lui alzando
la voce, per poi calmarsi – Una maledizione che peggiora di
giorno in giorno. Lo sai, è come pensava Jim: ormai sento
l’acqua – le rivelò toccandosi la pancia
– e ogni minimo urto, dentro e sulla pelle. Mi sta facendo
impazzire – sussurrò stringendo gli occhi.
Elizabeth allungò le braccia verso di lui e lo
tirò a sé, facendogli appoggiare la testa sul suo
seno e accarezzandogli il viso e i capelli. Lui si rilassò
gradualmente e le circondò la vita, prima con esitazione poi
con decisione, sprofondando il volto nella sua camicia, tentato per la
prima volta di riversare il suo avvilimento.
- Troveremo una soluzione – affermò
l’amata con una voce che sembrava trattenere le lacrime,
piantando le dita nella sua schiena e poggiando la fronte sulla sua.
- Terra! – gridarono in coro con la stessa eccitazione Jim e
un altro marinaio di vedetta.
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Capitolo 30 *** Capitolo 29: La Gola del Diavolo ***
Capitolo 29: La Gola del
Diavolo
- Terra in
vista!
Al
ripetersi di quell’annuncio, Will si voltò
svogliatamente verso prua senza scostare la testa dal seno della
moglie, le cui braccia lo stringevano a sé con esigenza.
Le due vette a forma di
tronco di cono dell’isola erano appena distinguibili ad
occhio nudo e lo zefiro soffiava talmente fiacco che il veliero non
l’avrebbe raggiunta prima del calare del sole, in quel
momento già nel punto più alto del suo cammino
nel cielo.
Riportò gli
occhi leggermente umidi e arrossati in quelli di lei,
allentò l’abbraccio e, mettendosi in ginocchio,
percorse con le mani il suo profilo, dai fianchi in su, fino a fermarsi
al suo viso:
- Perdonami –
sussurrò con un’espressione dolente e sincera
prima di lasciarle un bacio carico di affetto sulla guancia. Quindi si
alzò in piedi e cercò la cima con cui si era
calato fin lì per risalire sul ponte.
Elizabeth per qualche
secondo se la prese con se stessa per non aver detto nulla e per non
averlo fermato: - Andiamo – si disse infine con un sospiro, e
si arrampicò anche lei con la stessa fune.
- Ci
occorre conoscere la nostra posizione con esattezza. E se è
possibile aumentare la velocità. È preferibile
arrivare alla meta prima del tramonto.
Il Capitano Turner si
era già ripreso e sollecitava con energia
l‘impegno dei suoi fidati uomini.
La moglie lo osservava
con ammirazione e allo stesso tempo amarezza: era come se in lui
vivessero due personalità, quella del pirata spericolato e
quella dell’innamorato colmo di premure, ed era
più bravo di lei a farle coesistere. Aveva
senz’altro costruito un rapporto forte con la ciurma,
conquistandone e ottenendone la fiducia, giorno per giorno, quello che
non era stato permesso a lei, e che a volte glielo faceva sentire
così distante.
- Ricordi se sul Codice
ci sia una mappa dettagliata dell’Isola dei Relitti?
– la strappò a quei pensieri tormentati
comparendole davanti. La piratessa si limitò ad annuirgli e
solerte andò a recuperare il libro in cabina.
-
Ehilà, marmocchio! – attaccò Jack dopo
aver raggiunto la coffa dell’albero maestro.
Jim lo accolese con un
largo sorriso: - Salve, signor Sparrow! Sono così contento!
Ho dato per primo la notizia dell’avvistamento! Proprio io!
– la sua vocetta risuonava ancora più squillante,
infervorata com’era dal buonumore.
- Ah, sì?
Bravo! – farfugliò il pirata con disinteresse
sturandosi un orecchio – Senti, basta con questa storia del
signor Sparrow: chiamami Jack, comprendi? – gli propose con
faccia furba, sperando di ingraziarselo ulteriormente.
- Veramente?
– a giudicare dall’entusiasmo che sprizzavano i
suoi grandi occhi lucenti, il piccolo ci era cascato in pieno.
- Ciò non
implica alcuna forma di contatto fisico. Niente abbracci né
simili - ribadì subito dopo con scontrosità,
prevenendo in tempo qualsiasi sua sgradito esternazione.
Il bambino
accettò il compromesso senza perdere il raggiante sorriso:-
Va bene.
- Ero venuto a porti
una domanda, figliolo. Tu hai, diciamo, eventualmente o
accidentalmente, avuto occasione di conoscere il Capitano Anamaria
Jucard? – gli chiese pronunciando quelle parole con ritrosia.
- Non posso risponderti
– declinò con dispiacere Jim, mordicchiandosi le
labbra.
Jack esibì
un’espressione offesa: - Tua madre mi ha mandato da te
– lo assicurò mentendogli.
- Sì, ma non
credo … - ribatté incerto il ragazzino,
distogliendo lo sguardo sull’orizzonte.
– Non ti
supplicherò – insistette con lo stesso tono il
filibustiere, facendo per andarsene.
– Non serve!
– lo bloccò il giovane Turner, tirandolo per la
giacca – Ti dirò tutto quello che so, se
ascolterai il mio sogno. Accetti?
Sparrow
acconsentì a quell’innocuo ricatto, voltandosi con
una smorfia di rassegnazione e si sedette più comodamente
sulla piattaforma, sforzandosi di non far vagare i pensieri altrove.
- Allora:
l’Olandese è al centro di una tempesta paurosa, ci
sono onde altissime … - Jim cominciò a raccontare
con un misto di terrore ed entusiasmo.
Il pirata non
resistette e lo interruppe subito con urgenza: -
Com’è fisicamente? Capelli? Occhi? Carnagione?
Jim storse la bocca
scocciato ma lo accontentò, cominciando a parlargli di lei,
prendendo alla larga la risposta: - È molto simpatica.
Ricordo che ogni volta che veniva a trovarci la mamma era felice,
perché non ha avuto delle amiche e invece con lei rideva e
parlavano di tante cose …
- Dannazione! Ti ho
chiesto di descrivermela! Non m’interessa di tua madre!
– si spazientì Jack, abbaiandogli contro quelle
parole.
Gli occhi del bambino
guardavano dietro e oltre le sue spalle, tanto che non
sembrò impressionarsi di quell’accento sgarbato
con cui gli si era voltato: - Aspetta! Guarda là! Non ti
sembra una nave che si allontana quella lì? –
indicò un punto minuscolo sull’orizzonte.
- Aaahh! Sono arcistufo
dei tuoi giochetti! – strillò inalberato Sparrow,
alzandosi e cercando di afferrare una cima per ridiscendere da quello
stretto terrazzino.
Il suo dispettoso
interlocutore tentò di farlo tornare indietro, sporgendosi:
- Dove vai? Non ti ho ancora raccontato nulla, signor Jack!
- Appunto! –
lo tacciò irritato il pirata, calandosi velocemente sul
ponte.
Per poco nella sua
discesa non investì Elizabeth, che passava da lì,
e che subito gli domandò con curiosità: - Jack
cosa ci facevi lassù?
- Ho fatto una
passeggiata sui pennoni! – asserì lui con fare
irriverente, allargando le braccia e disegnando un rapido inchino, per
poi allontanarsi stizzosamente.
La brezza
continuava a soffiare lieve tanto che le velature ricadevano
verticalmente quasi parallele agli alberi. La superficie piatta del
mare era come uno specchio colorato del giallo pallido del cielo in cui
si erano formate soffici nuvole tinte di rosa. Stavano aggirando ormai
da due ore una muraglia di scogli che affioravano aguzzi e scuri dalle
acque placide.
D’un tratto
l’aria si arricchì di goccioline e, come fosse una
tenda, la nebbia scese riducendo la visibilità, venendo
spazzata via dopo pochi minuti da un colpo di groppo. Le vele subirono
uno strattone e il timoniere, che in quel momento era Sputafuoco, fece
appena in tempo ad evitare che la nave andasse ad incagliarsi, data la
rapida virata. Finalmente comparve un passaggio delimitato da rocce di
basalto che, lucide e nere, riflettevano gli ultimi deboli raggi del
sole, sempre più vicino all’orizzonte. Poco o
nulla s’intravedeva dell’interno della baia.
- Prendo io il tuo
posto al timone – stabilì il Capitano Turner
congedando il vecchio padre – Dobbiamo approfittare del vento
finché ce n’è – aggiunse poi
rivolgendosi alla ciurma che si affrettò a tesare le scotte,
per dispiegare più superficie velica possibile
all’azione di quella debole corrente vespertina.
Quando Elizabeth gli si
avvicinò, le fece cenno di parlare restando concentrato a
tenere salda la presa sulle maniglie del timone: – Ci
sarà bisogno di qualcuno che vi aiuti ad evitare gli scogli
e i detriti.
- Provvedete. Mi fido
di voi, primo ufficiale – le assicurò sereno
scoccandole un sorriso di apprezzamento.
La donna si mosse
veloce lasciando il castello di poppa: - Uomini! Quattro di voi lungo
il parapetto di tribordo e quattro lungo quello di babordo! Controllate
che non ci siano rottami o altre seccature che ci intralciano!
– ordinò sistemandosi poi a prua.
Supportato dalle
indicazioni dei marinai che suggerivano i movimenti da impartire alla
ruota timoniera, il Capitano condusse l’Olandese Volante
all’interno del canale tanto temuto.
La Gola del Diavolo,
protagonista di svariate leggende, era perturbata da piccoli mulinelli
e raccoglieva relitti di varie epoche, più o meno integri,
che restringevano in alcuni punti la parte navigabile. La luce del
giorno scomparve in fretta dietro le mura della Città dei
Relitti e i pirati dovettero affrettarsi a sostituirla con quella poco
luminescente delle lampade a olio che rischiaravano parzialmente il
ponte di coperta. Ma il mare era insondabile
nell’oscurità, e dalle acque provenivano gorgoglii
e sbuffi che destarono l’allerta dell’equipaggio,
il quale, con il fiato sospeso, pregava che non si creassero delle
falle nello scafo che aveva già più volte urtato
contro le carcasse delle imbarcazioni semiaffondate in quel tratto poco
profondo.
- Sembra che siamo in
una pentola che bolle! - esclamò Jim che era sceso dalla
coffa per cercare di scorgere più da vicino i dettagli di
quel posto di cui aveva sentito tante storie.
- E l’acqua
è pure calda – mormorò tra
sé suo padre stropicciandosi la camicia sulla pelle che
sentiva solleticarsi e scaldarsi – Non ti sporgere dal
parapetto, Jim! – urlò poi preoccupato.
La madre del bambino si
precipitò a tirarlo indietro, prendendolo in braccio: - Hai
sentito tuo padre? Non abbiamo tempo per altri salvataggi –
lo ammonì con ironia. Qualche secondo dopo un getto
d’acqua si alzò per alcuni metri davanti alla prua.
- Ti stai avvicinando
troppo – disapprovò Jack giunto sulla plancia, in
ansia quanto gli altri pirati che alternavano bestemmie a preghiere
improvvisate.
- Vi lascerò
percorrere il minimo possibile sulla scialuppa. Se dovessero esserci
onde improvvise, rischiereste di ribaltarvi –
dichiarò Will con ostinazione, trattenendo a stento le fitte
causate dagli urti subiti dalla chiglia.
- E tu rischi di
incastrarti con tutta la nave! – obiettò ancora
Sparrow all’ennesimo rumore di strisciamento proveniente da
proravia.
- Mi sembra che tu
abbia paura, Jack – lo motteggiò Turner, la voce
soffocata però da un trattenuto spasmo.
- Nessun Capitano sano
di mente passerebbe di qui al buio! Equivale ad un suicidio!
– lo sgridò il pirata, gli occhi fuori dalle
orbite, dandogli una botta sul braccio e provocando la sua irruenta e
sprezzante risposta: - Mi sono letteralmente gettato ai confini del
mondo per venirti a riprendere qualche tempo fa. L’ignoto
ormai non mi fa più impressione! – gli
rammentò spavaldo.
- Di solito gli uomini
quando si sposano mettono la testa al posto, ma tu sei peggiorato,
compare! – ribatté Jack sempre più
teso, alzando involontariamente la voce e reggendosi alla balaustra
all’ennesimo scossone.
- E tu che ne sai degli
uomini sposati? – lo prese in giro Will, per niente grato del
fatto che lo stesse distraendo con le sue vacue chiacchiere.
Quello si
schernì subito senza guardarlo: - Niente! Per sentito dire!
- Ebbene, Elizabeth non
è esattamente il tipo di donna che ti faccia mettere la
testa a posto – sospirò e sorrise allo stesso
tempo il Capitano vedendola venirgli incontro, probabilmente
perché richiamata dal loro battibecco.
- Anche questo
è vero – non poté fare a meno di
bofonchiare Sparrow, lanciando una rapida e languida occhiata alla
piratessa che stava salendo le scalette.
- Jack? Dovresti essere
tu a dirci quando gettare le ancore – sostenne la signora
Turner arrivata vicino a loro, con un po’ di impazienza,
scrutando con tormento le smorfie che comparivano sul volto del marito
ad ogni stridio dello scafo.
- L’ultima
volta che sono venuto non era buio pesto – si
discolpò il pirata, scuotendo le treccine –
Avremmo dovuto metterci alla fonda fuori di qui e aspettare il giorno.
- Non ce lo possiamo
permettere, dato che c’è una flotta alle calcagna
che ci dà la caccia – gli ricordò Will
con durezza.
- Non ci credo che tu
non riesca ad orientarti – borbottò Elizabeth
all’indirizzo dell’eccentrico amico, mentre si
sventagliava con il cappello, tentando di trovare un po’ di
sollievo dalla soffocante calura che le aveva già fatto
appiccicare i capelli e i vestiti sulla pelle.
Un getto improvviso di
schiuma e acqua coprì le parole successive di Sparrow,
esplodendo con fragore dietro di loro.
- Gettare le ancore!
– gridò impulsivamente Jack, riparandosi sotto la
ruota del timone e ai piedi del Capitano – Gettare le ancore!
– ripeté Will quasi senza rifletterci.
- Gettate le ancore e
ammainate le vele! – comandò sporgendosi dalla
ringhiera Elizabeth. L’Olandese avanzò ancora di
qualche braccio, prima di fermarsi del tutto.
I marinai, seppure
avessero obbedito all’ordine, restavano piuttosto incerti
sull’opportunità di ormeggiare in quel tratto di
mare. Le acque nere non smettevano di ribollire sotto di loro e tutto
attorno non c’era che una fitta e impenetrabile
oscurità che impediva di scorgere possibili pericoli.
- Stanotte non
c’è luna – osservò il primo
ufficiale facendo vagare gli occhi sulla volta stellata.
- Sarebbe utile sapere
quanto distiamo dalla costa – costatò il Capitano,
dopo aver inutilmente sbirciato con il cannocchiale in cerca di un
punto di approdo.
Jack si fece avanti con
un colpetto di tosse: - Un modo per saperlo ci sarebbe.
I Turner si voltarono
verso di lui rincuorati dalla sua espressione esperta e dal suo tono da
uomo navigato.
- Per caso vi
è rimasto del rum? – domandò il
filibustiere con un ghigno speranzoso.
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Capitolo 31 *** Capitolo 30: Incontri ***
Capitolo
30: Incontri
- Sei disgustoso, Jack! La vuoi piantare di ciucciarti le
dita?
- Lizzie cara, ne sto già sprecando tanto di rum! Lasciami
almeno recuperare quel poco che posso! – si
risentì il pirata dalla bandana rossa, terminando di
avvolgere la seconda palla di cannone in uno straccio che aveva
imbevuto con il suo liquore prediletto, per poi rimettersi le dita in
bocca, suggendone l’aroma che le impregnava una per una.
- Stai attento a non inghiottirti qualche anello! – lo
ammonì Jim scompisciandosi dalle risate, mentre gli altri
uomini della ciurma facevano capannello attorno a lui sul ponte,
scrutando attoniti e perplessi i suoi enigmatici e depravati gesti.
Jack si fermò impensierito all’avvertimento del
bambino e, asciugando velocemente i polpastrelli sulla lorda camicia,
terminò di scolarsi quel che restava dall’ultima
bottiglia, non senza prodursi in meno rumori.
- Piuttosto vorresti spiegarci cosa diamine stai facendo? A parte
ubriacarti, si intende … – proferì con
le mani ai fianchi Will, che aveva sopportato abbastanza le
inesauribili stramberie di quel furfante.
Il filibustiere si voltò offeso, gettando via la fiaschetta
ormai vuota e mettendosi ad ispezionare con cura il cannone che aveva
di fronte: - Ce ne vuole per ubriacare Capitan Jack Sparrow!
- Rum e polvere da sparo sono una miscela esplosiva! –
sentenziò Gibbs ridacchiando con un’espressione
poco rassicurante, mentre reggeva una lanterna sulla testa del compare.
- Vi illuminerà la via, ma non posso garantirti che il
cannone sopravvivrà – dichiarò Jack con
falso dispiacere, immettendo una palla di piombo rivestita dallo
straccio grondante rum nella bocca dell’archibugio, rivolta
verso il cielo. Prima che i presenti ribattessero qualcosa, lui si erse
in piedi e li avvertì a gran voce: - È meglio
tenersi più lontano possibile, sapete
com’è, il rinculo sarà violento, anzichenò.
Elizabeth, Jim e buona parte dei pirati dell’Olandese si
spostarono lentamente dalla parte opposta della tolda.
- Pronto con il cannocchiale, Capitano? – chiese poi
canzonatorio Sparrow al Capitano Turner, che era rimasto al suo fianco
senza avere ancora capito esattamente cosa stesse per succedere e lo
osservava con aria smarrita e infastidita - Qualcuno accenda la miccia! –
gridò quindi Jack, ottenendo la pronta risposta di
Sputafuoco che si chinò con fare sicuro avvicinando una
fiammella allo stoppino.
Il cannone sussultò, muovendosi prima indietro e poi in
avanti e sputò con un rombo assordante una palla infuocata
che compì un’ampia parabola in aria.
Il Capitano dell’Olandese la seguì con il
cannocchiale fino al suo schianto sulla battigia.
- Ah, ah! Ha funzionato al primo colpo! Ammettilo che sono stato
geniale! – trotterellava euforico come un bambino Jack
– Guarda quanta luce vi ho dato!
- Forte! – esclamò entusiasmato Jim, corso ad
affacciarsi al parapetto dopo la cannonata, osservando prima la costa
che appariva delineata da una scia di fiammelle, e poi il cannone che
aveva la canna completamente deformata e non era esploso per miracolo.
Will distolse la pupilla dalla lente ingrandente:- La Baia dei Relitti
sta bruciando, però – fece notare preoccupato,
sollevando i mormorii altrettanto turbati dei marinai che si sporgevano
dalla balaustrata per tentare di scorgere quanto accaduto.
- Nah! La legna è umida, si spegnerà in un
soffio! – asserì con superiorità
l’artefice di quel folle stratagemma, rifiutandosi di dar
peso a quelle critiche malfidate, e in effetti, a ben guardare, le
fiamme parevano attenuarsi a poco a poco.
- Direi che siamo a circa cento braccia – accertò
Sputafuoco, riponendo il proprio cannocchiale e affiancandosi al figlio.
- Preparate una scialuppa – ordinò allora il
Capitano, tranquillizzatosi sulla brevità della distanza
– Finnegan, Hadras: accompagnerete voi il luogotenente, Jack
e Gibbs. Nervi saldi e occhi ben aperti – si
raccomandò coi due dell’equipaggio, quindi fece un
cenno a suo padre che gli rispose e si allontanò spedito
sottocoperta.
- Non ci hai ripensato, dunque – dedusse Elizabeth,
andandogli incontro, sistemandosi le armi di sopravvivenza alla
fusciacca.
- Sono sicuro che saprai cavartela benissimo da sola – le
rispose devotamente il marito, poi Jim si mise in mezzo a loro: - Mi
promettete che la prossima volta che verremo qui potrò
scendere anch’io? – li implorò con
vocina supplice, ma loro sorrisero senza dargli risposta.
Nel frattempo Jack esultava per la riconsegna del vetusto cinturone con
spada e pistola da parte di Bill, al quale affidò tabarro e
tricorno, prima di saltare sulla scialuppa dove già lo
aspettavano Gibbs e i due vogatori.
Anche la signora Turner si decise a prendere posto a bordo, ma prima il
consorte la fermò, tenendole un braccio: - Senti, prendi
questa spada: è più affilata. Ci ho lavorato
stamattina – gliela porse in cambio di quella che aveva nel
fodero. La donna si mise in punta di piedi per posare con dolcezza le
labbra su un angolo della sua bocca.
- Ci diamo una mossa? Vorrei andarmene al più presto da
tutto questo glu glu glu! – li interruppe Jack provocando i
risolini della ciurma e le occhiatacce disturbate dei due che infine,
con un sospiro rassegnato e imbarazzato, si separarono.
La barca fu calata sul pelo dell’acqua nera e ribollente e,
dopo aver remato fino alla spiaggia, ancora visibile grazie al
persistere delle scintille vermiglie dell’esplosione, gli
occupanti sbarcarono e dall’Olandese Volante le loro sagome
furono distinguibili finché la luce delle loro lanterne non
si perse dietro un angolo e quella dei relitti in fiamme si spense
definitivamente, facendo ripiombare tutto quanto in un buio fitto e
imperscrutabile.
- Sembra tanto un funerale – sbottò Gibbs dopo
dieci minuti, dato che il suo compare Sparrow aveva fatto disporre lui
in testa e gli altri due marinai che reggevano le torce ai lati, mentre
insieme ad Elizabeth camminavano al centro di quel triangolo di luce
con le mani libere, ma pronte ad impugnare l’elsa o a far
scattare il grilletto.
- In effetti stiamo andando proprio al cimitero – lo
informò Jack con naturalezza.
- Cimitero?! – replicarono tutti con sorpresa arrestando il
passo.
– Camminate! – tuonò con
autorità il pirata, ma nessuno gli obbedì,
restando a fissarlo con incertezza e curiosità.
– Continuate a camminare – li esortò il
primo ufficiale, ben capendo che il filibustiere non si sarebbe profuso
in altre spiegazioni al momento, e allora tutti, seppure recalcitranti,
si mossero nuovamente.
Percorso qualche altro metro in silenzio, Jack avvicinò a
sé la signora Turner, prendendola a braccetto, e
cominciò a inquisire, titubante e sottovoce: - Quella
Anamaria, per caso, ti ha mai parlato di me?
Lei si sciolse dalla stretta, contrariata dalla confidenza che
l’uomo cercava di prendersi come nulla fosse, davanti ad
altri dell’Olandese, per di più, e gli
rivelò con lo stesso tono smorzato e sfuggente: -
Sì, ma non ha usato proprio parole lusinghiere.
Perché me lo domandi?
Lui esitò, boccheggiando con faccia contrita: -
Perché … pensavo che … forse,
probabilmente … casualmente … potrei averla
conosciuta.
- No? Davvero? – ribatté la donna con falso
stupore e alzando involontariamente la voce.
L’aria attorno a loro sembrò farsi densa e
vibrare, la terra sotto i loro piedi iniziò a tremare e poi
a franare e a sgretolarsi come argilla, inducendoli a correre per
evitare di cadere nelle profonde crepe che ora iniziavano a solcare la
strada sterrata e ricoperta di sassi.
Jim si rizzò in piedi con sgomento: - Cosa è
stato?
Il vento aveva portato fin lì l’eco del tremore
propagatosi sulla terraferma.
- Controlla! – sollecitò suo padre che era salito
con lui sulla coffa dell’albero maestro.
- Sembrava un terremoto! – ripetevano gli uomini della
ciurma, sporgendosi dalle sartie e dal parapetto e strizzando gli occhi
per tentare di scorgere il paesaggio fosco della costa.
- Non si vede nulla, Jim – simulò calma Will,
riponendo lo strumento ottico. – Staranno bene, non ti
preoccupare – lo confortò circondandolo con un
braccio per stringerlo al suo petto.
Un attimo dopo il bambino lo tirò per la manica: - Cosa sono
quelle luci lì? – domandò indicando un
punto a prua.
Il padre mantenne per un minuto buono l’occhio attaccato al
cannocchiale, poi incredulo bisbigliò: - Sembra una nave.
- Tutti bene? – riuscì a urlare mastro Gibbs
quando le scosse si attenuarono, illuminando gli altri attorno a
sé con la lanterna, che aveva fortunosamente salvato ma che
un improvviso nuovo sussulto del terreno gli fece scivolare di mano e
cadere all’interno di una fenditura da cui si alzò
una violenta fiammata: - Che diavoleria è? –
sobbalzò spaventato, trascinandosi via e mettendosi in
piedi.
Jack si avvicinò alla spaccatura che sbuffava vapore caldo e
dopo aver annusato quella zaffata concluse: - Dall’odore
parrebbe … zolfo.
- Dobbiamo sbrigarci, forza! – spronò gli uomini
Elizabeth - Quanto è lontano quel posto?
Sparrow si fece consegnare la torcia di uno dei due pirati e la
usò per rischiarare intorno: - Ci siamo vicini! Seguitemi!
– li invitò immettendosi in un ponticello di legno
che collegava verso una sponda invisibile.
- Spegnete tutte le lampare, forse non ci hanno ancora avvistati!
Armate una scialuppa. Herman, Clanker e Crash con me –
comandò risoluto Will, scendendo lesto dall’albero
maestro seguito dal figlio che gli urlava ripetutamente e con
trepidazione: - Papà che devi fare?
- Andiamo a spiarli. Vediamo chi sono – gli rispose con
inappuntabile decisione, facendosi consegnare una pistola carica di
riserva che aggiunse alla sua nella cintura assieme alla fidata
sciabola in acciaio damasco. Poi continuò a impartire ordini
e raccomandazioni alla ciurma.
– Mi lasci solo? – lo richiamò di nuovo
con insistenza Jim, attaccandosi ai lembi della sua giacca.
- Non sei solo. C’è il nonno, Penrod e tutti gli
altri – gli ricordò lui, arruffandogli la frangia
che gli ricadeva sugli occhi sprizzanti una miscela di rabbia e timore
– Avete lo stesso identico modo di mettere il broncio, tu e
tua madre – gli confidò chinandosi
all’altezza del suo orecchio.
- E ti fa ridere? – mugugnò il piccolo scocciato,
scansandosi con le ciglia aggrottate.
- Ti voglio molto bene, Jim. Ricordatelo sempre –
sussurrò il padre stringendogli una spalla.
- William! Che cos’è questa storia? –
irruppe Sputafuoco agitato – Io sono vecchio, non me la sento
di …
- Se dovesse succedere qualcosa, me ne accorgerò e
tornerò subito indietro – dichiarò con
audacia il Capitano quando ormai la barcaccia stava già per
raggiungere le onde sottostanti.
- Jack, ti ringrazio per aver salvato Jim – riprese a parlare
Elizabeth, per tentare di distogliersi dalle continue scosse che
attraversavano la superficie su cui procedevano e che la innervosivano.
- Quella piccola serpe! Ha spifferato tutto! – anche con la
poca luce le parve di notare più imbarazzo che collera nel
viso di quello scapestrato, che accelerò
l’andatura superandola.
- Veramente è stato Will a dirmi che ti ha visto mentre lo
aiutavi a mettersi in salvo – puntualizzò lei
– Figurati, Jimmy non ha nemmeno ammesso di aver avuto paura,
anche se poi ha tremato fra le mie braccia tutta la notte, poverino
– aggiunse con tono stucchevole.
Jack non emise alcun verso, talmente era assorto ad orientarsi nella
spettrale città deserta, reggendo una torcia che aveva
ricavato da un pezzo di legno.
- E poi smettila di parlare così di mio figlio. È
il bambino più buono al mondo! – lo
provocò di nuovo la donna.
- Andiamo! Ha preso più da te che da Will! Te ne sarai
accorta! – si decise a reagire col solito accento beffardo,
voltandosi verso di lei che replicò: - Mi sono anche accorta
che Will non è proprio un santarellino –
accettando la sua mano per superare un masso che ostacolava la discesa
verso una scala di pietra.
- Va bene, ha preso da entrambi. Te lo concedo –
sbuffò il pirata, dandole di nuovo le spalle.
Elizabeth, non paga, lo sfidò ancora prendendolo
sottobraccio: - Ammettilo che … ti ci stai affezionando.
- Ma se avere un mucchio di formiche nei pantaloni sarebbe meno
fastidioso! – confutò lui indignato, scuotendosi
tutto. Poi entrambi si bloccarono così come avevano fatto i
tre pirati che li precedevano: - Non dirmi che è quello che
penso – mormorò la piratessa spalancando gli occhi.
- A chi verrebbe in mente di nascondere delle mappe dentro una tomba?
– cantilenò felice Sparrow, trascinandola in fondo
alla stradella delimitata da nicchie e lapidi scolpite che si
alternavano a delle palme.
- A te? – balbettò sbalordita la donna. Lui
annuì orgoglioso continuando a camminare: - Già!
Ma … c’è qualcosa che non mi torna
– si bloccò scorgendo un sepolcro di pietra
poggiato a terra e frammentato in più pezzi.
Un fruscio fece apparire da dietro degli alberi scheletrici una decina
di uomini armati, che si avventarono contro loro cinque, obbligandoli a
gettare a terra le torce e a sguainare le spade.
- Porca miseria! Hanno spento anche loro le lanterne –
attestò uno dei pirati sulla scialuppa che aveva ormai
sfiorato con la prua lo scafo della nave misteriosamente comparsa nella
baia.
- Andiamo lo stesso – decise Will, spingendo i suoi tre
compagni ad aggrapparsi alle scalette.
Tutto era troppo stranamente tranquillo, ma, appena scavalcarono il
parapetto, la luce ritornò a investirli, abbagliandoli: una
ventina di bucanieri, dal fisico possente e il colorito rossastro al
bagliore delle lampade a olio, li osservavano con facce poco amichevoli
impugnando le più disparate armi di taglio e di punta, tra
accette, machete, lance e scimitarre.
Si disposero su due lati, facendo spazio all’avanzare di una
figura minuta ed esile che si muoveva con grazia e che parlò
con voce ferma eppure limpida: - Salite, su. Tutti e quattro. Non
è consigliabile tuffarsi in queste acque – li
esortò con lieve canzonatura, ed essi, seppur guardinghi,
seguirono il consiglio del misterioso personaggio.
Ognuno di loro però, non appena toccò il ponte,
fu afferrato con vigore per le spalle da due uomini della ciurma, che,
svelti come pantere, li immobilizzarono nella loro morsa.
– Avete appena messo piede sulla Murena. E io sono il
Capitano Anamaria Jucard – si presentò
l’orgoglioso comandante, rimuovendo il variopinto copricapo e
rivelando le sue fattezze.
Will, senza trovare ancora le parole giuste, la fissò con
stupore: il suo viso bruno e sbarazzino era incorniciato da una folta
chioma nera che ricadeva morbida sulle spalle, dagli occhi castani
delineati da un ombretto aranciato sgorgava una simpatia magnetica e le
sue labbra sottili dipinte di rosso scuro non avevano smesso un attimo
di sorridere mentre parlava; poteva avere qualche anno in
più di Elizabeth.
Inaspettatamente gli puntò la spada lunga e sottile
all’altezza del collo e la fece scorrere in basso,
strappandogli tre bottoni della camicia che si aprì
rivelando l’estesa cicatrice.
La donna gli si avvicinò di più, facendo cenno ai
suoi di lasciarlo: - Il Capitano William Turner, giusto? –
affermò scrutando assorta il suo torace sfregiato - Padrone
e schiavo dell’Olandese Volante –
puntualizzò rivolgendosi alla ciurma. – Avrei
urgenza di parlarvi in privato, se non vi spiace …
– soggiunse con un’espressione da finta
ammaliatrice, prendendolo per mano e accompagnandolo in cabina, dietro
i commenti dissacratori di quelle canaglie.
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Capitolo 32 *** Capitolo 31: Sparizioni ***
Capitolo
31: Sparizioni
- Consegnateci quelle
carte o non ne uscirete vivi! – continuavano a ringhiare gli
agguerriti aggressori materializzatisi apparentemente dal nulla in quel
luogo ormai disabitato, facendo risuonare colpi violenti con le loro
lame.
- Mai! –
ripeteva Elizabeth con caparbietà, alternando vigorosi
affondi a calci e gomitate, per nulla intenzionata ad arrendersi,
nonostante la recente ferita al fianco con quel furioso dimenarsi si
facesse risentire.
Jack Sparrow si
mostrava decisamente più accondiscendente, vedendosi
attaccare da due o più uomini alla volta: - Siamo appena
arrivati! Concedeteci almeno il tempo di cercarle!
Anche se dovendo
battersi con le unghie e con i denti non poteva vederla, fu certo che
la signora Turner lo stesse trafiggendo con lo sguardo sentendogli
pronunciare quelle codarde parole, e allora contraccambiò le
minacce fisiche degli sconosciuti rincarandole con una serie di
ingiurie a loro, alle loro famiglie e al loro ignoto capo.
Gibbs, rammaricandosi
di non aver mai imparato ad usare bene una spada, aveva preferito
astenersi dallo scontro, ma fibrillava per non poter essere
d’aiuto dato che, in quella nebbiosa penombra, non poteva far
valere nemmeno la sua buona mira con la pistola.
Gli altri due pirati
dell’Olandese erano abbastanza feroci da tener testa senza
troppa difficoltà agli sconosciuti nemici con la loro
abilità di spadaccini, e i lunghi anni di astinenza,
anziché averli rammolliti, li rendevano ancora
più infervorati nel combattimento corpo a corpo.
La cabina del Capitano
Jucard brulicava di candelabri e candele profumate e le pareti
intarsiate da motivi arabeschi erano rivestite da stoffe di
tonalità calde e fattura pregiata. Al centro troneggiavano
un tavolo quadrato di legno massiccio e due sole poltrone foderate di
pelli maculate. La donna fece cenno a Will di sedersi di fronte a lei.
Ripose sull’appendipanni il cappello color magenta a tesa
larga e con due lunghe piume di struzzo, unico elemento non esotico del
suo abbigliamento che per il resto era un misto di stili diversi, dalla
camicia écru con maniche a sbuffo, tipica degli spagnoli, al
gilet cucito con fasce di cuoio intrecciate, dai pantaloni bianchi e
attillati che parevano rubati ad un soldato inglese, alla grande
cintura in cui troneggiava la testa di un leone tutta dorata.
Il Capitano Turner
cominciava a sentirsi imbarazzato per aver trascorso tutto quel tempo
ad esaminarla, perciò, dopo che i due prestanti marinai che
avevano portato da bere se ne furono andati, scambiando con il
comandante delle parole in una lingua che gli sembrò
spagnolo o portoghese, si decise a rompere il ghiaccio: - Conoscete
Elizabeth, mia moglie?
- Perché
essere così formali? Dopotutto abbiamo lo stesso grado,
Capitano! Diamoci del tu! – propose Anamaria sedendosi a sua
volta, e, non avvertendo alcuna malizia nella sua voce, Will
acconsentì annuendo. - Lei ti ha parlato di me? –
lo precedette la mulatta prima che gli ripetesse la domanda,
apprestandosi a riempirgli il boccale, travasandovi il contenuto della
caraffa fumante.
- Solo due giorni fa.
Quando non ha più potuto farne a meno – ammise
Turner, ponderando ancora il tono
sull’inespressività, sebbene la sconosciuta non
gli incutesse sfiducia, continuando a sorridergli rassicurante mentre
lo guardava dritto negli occhi, come una che non aveva niente da
nascondere. Oppure, pensò guardingo, come una bravissima
bugiarda.
- Sapevo che Elizabeth
Turner sarebbe stata la persona giusta cui affidarlo – la
piratessa si dondolò sulla sedia per poi togliere una gamba
da sotto il tavolo e ripiegarla contro il petto, in una posizione del
tutto spontanea e quasi fanciullesca, trangugiando lentamente la
bevanda, che non era liquore ma caffè, come Will
notò poco dopo dall’intenso e caldo aroma.
Quindi si
incoraggiò a chiederle quello che più lo
interessava: - Perché siete qui?
Non poté
fare a meno di tornare ad adoperare “il voi”,
incapace di moderare una voce aggressiva con la donna, ma volendo farle
capire la sua immutata diffidenza.
- Per due ragioni
– si ricompose quella, tornando sveltamente con tutte e due
le gambe sotto il tavolo – Una è il Codice,
l’altra Jack Sparrow.
Turner tese le
orecchie, rinfrancato dall’apparente intenzione della Jucard
di mettere subito le carte in tavola, ma la comandante della Murena lo
incitò affinché bevesse un sorso e
tornò a ripetergli: - Insisto perché ci diamo del
tu. Non pensare male, è che in fondo ci siamo già
conosciuti – l’uomo sbarrò gli occhi,
più che perplesso, fermandosi con il bicchiere a
mezz’aria – Non ti ricordi di me? –
incalzò lei, corrugandosi un po’.
La terra
iniziò a vibrare sotto i piedi e poi, ondulando
sensibilmente, mise in difficoltà i movimenti dei duellanti
ai cui timpani giunse pure l’inquietante eco di massi,
rottami e travi che si schiantavano al suolo, sollevando della polvere
sottile che intossicava il respiro. Imprevedibilmente bastò
questo a far battere in ritirata i bellicosi pirati nemici che, tra le
imprecazioni, si dileguarono in pochi secondi, lasciando cadere perfino
le armi. Gradualmente il movimento del terreno si assestò su
un ritmo più lento fino ad esaurirsi del tutto.
- Io sono ancora vivo
e voi? – urlò irriverente Jack, sbucando da dietro
la bara di pietra che aveva attirato poco prima la sua attenzione,
essendo stata evidentemente rimossa dal suo loculo a muro.
- Ci siamo –
si limitò a rispondere a nome di tutti Finnegan, un rude
marinaio dell’Olandese, porgendo il braccio a Gibbs, mentre
Hadras aiutava il viceCapitano a rialzarsi e riprendevano le torce. I
quattro raggiunsero Sparrow e Joshamee, affiancandolo, si accorse che
tentava di mascherare un leggero tremore alla bocca e alle gambe,
mentre teneva la testa china all’interno dell’urna
marmorea in cui una salma dall’aspetto elegante, per via
degli abiti sontuosi, era stata scomposta e giaceva su di un fianco,
con braccia e gambe disarticolate.
- Mi dispiace signore
– mormorò il buon vecchio pirata, posando una
leggera pacca affettuosa sulla spalla dell’amico.
Anche Elizabeth gli si
avvicinò: - Jack, va tutto bene? –
domandò cauta, premendosi l’anca dolorante, ma non
appena vide anche lei ciò su cui si era soffermato lo
sguardo triste dell’uomo, indietreggiò con una
smorfia nauseata e un gemito soffocato.
- Tsk. Ti pare che sia
il primo morto stecchito che vedo? – fu l’acida
frecciatina di Jack, venata da un certo astio che gli avvelenava il
palato.
- Credo che quello
fosse suo padre – confidò con un filo di voce
Gibbs alla Turner, che si era istintivamente stretta al suo braccio
sentendosi mancare per il forte bruciore alla ferita.
Jack intanto
strappò bruscamente a Hadras, che si era messo a sbirciare
con l’altro compare il cadavere, la torcia e, tenendola sopra
il sarcofago, vi infilò l’altro braccio
rovistandone l’interno con un viso funereo e fiatando
affannosamente: - Non ci sono – esalò infine con
voce rabbiosa, strofinandosi seccamente le mani sui pantaloni.
-
Com’è possibile che le abbiano rubate? –
proruppe incredula Elizabeth, andandogli incontro e trascinandosi
Joshamee il quale, ugualmente sorpreso domandò: - Chi altri
conosceva questo nascondiglio, a parte noi?
Sparrow si
voltò facendo oscillare davanti ai loro occhi un oggetto che
mai nessuno si sarebbe aspettato di trovare lì: era la sua
perduta bussola. Il pirata assottigliò le palpebre,
pronunciando quel nome come uno sputo: - Barbossa.
- …
perciò la vostra casa disgraziatamente non è
proprio come l’avevate lasciata e le autorità di
Port Royal hanno messo una taglia sulla vostra testa, convinti che tu e
i tuoi uomini siate stati la causa di tutto quel parapiglia di due
settimane fa. E che abbiate rapito la figlia dell’ex
governatore e il suo bambino.
Anamaria concluse con
scioltezza la prima parte del suo racconto.
Will ingoiò
un sorso abbondante di quel caffè che gli sembrò
ancora più amaro: - In quanto a Jack Sparrow? – le
chiese titubante, temendo altre rivelazioni sconvolgenti.
La piratessa dalla
pelle d’ebano storse la bocca sentendo di nuovo quel nome, e
si lisciò distrattamente i capelli ondulati dalla salsedine
prima di rispondere: - Fortezza lo cercava perché voleva
sapere delle carte e l’ha inseguito fino a casa vostra.
Quando i miei che erano a guardia del Codice e di tua moglie mi hanno
avvertito che eravate partiti, l’ho convinto a lasciare fare
a me. Così avrei protetto entrambi.
- Ma allora tutte
quelle navi che ci hanno attaccato? – le fece notare il
Capitano Turner, tornando a dubitare di lei e della sua opinabile
versione dei fatti.
-
L’Ammiraglio deve aver scoperto in qualche modo il mio doppio
gioco. E ha cominciato ad agire da solo – evinse la donna,
picchiettando le unghie smaltate sul tavolo e rabbuiandosi. Dopo pochi
secondi rialzò lo sguardo su quello del suo interlocutore
che era rimasto muto, e restò turbata dalla sua espressione
concentrata e agitata: sembrava annaspare, come in mancanza
d’aria.
- Che diavolo ti
succede, Turner? – gli strillò contro tanto
impudente quanto preoccupata.
L’uomo
oscillava flebilmente avanti e indietro con gli occhi assenti,
stringendo i denti e respirando veloce e con affanno: - Devo tornare
subito sull’Olandese – farfugliò con
ansia.
Il Capitano Jucard
sorrise usando un accento vivace: - Non puoi abbandonare tanto
facilmente la Murena, te l’avevo detto – sostenne
spavalda, scostando la sedia e mettendosi in piedi, pronta ad
ostacolarlo o a chiamare rinforzi.
Lui
oltrepassò il tavolo con un balzo e le si gettò
contro, puntandole il pugnale alla gola: - Devi lasciarmi andare o non
risponderò più delle mie azioni – la
minacciò brusco, meravigliandosi della sua stessa energica e
violenta reazione.
- Ottima idea
– dichiarò Anamaria con uno sbuffo, quindi gli
afferrò la mano facendogli premere di più la lama
sul suo collo – Rapiscimi!
- Che motivo avrebbe
avuto Barbossa di appropriarsi delle carte? –
sbottò dubbioso Gibbs, dopo che si furono sistemati tutti
sulla scialuppa, avendo percorso in silenzio e in stato di allerta il
cammino di ritorno fino alla spiaggia, temendo nuovi attacchi, che
fortunatamente non c’erano stati, al contrario delle scosse
che avevano percorso il terreno, sebbene più tenui delle
precedenti.
- Lo hai visto anche
tu quanto è invecchiato, no? Spera di recuperare qualche
anno – ribatté Jack con acredine e sarcasmo.
- O di ingraziarsi
Calypso – osservò con livore Elizabeth. Poi la sua
attenzione venne meno per via della stanchezza accumulata, e si
adagiò sul fianco della barca incrociando le braccia sotto
la testa come cuscino.
Erano almeno una
decina, ma la loro spudorata e sfrenata irruenza li faceva sembrare
quasi il doppio. I pirati dell’Olandese Volante, malgrado la
loro inveterata esperienza, si erano trovati impreparati e soltanto
dopo qualche minuto di riscaldamento avevano iniziato a combatterli e
respingerli con più foga e decisione.
Jim aveva appena
disobbedito all’ordine di suo nonno di nascondersi sotto
coperta e sbirciava da dietro il timone quei furiosi combattimenti,
pregando che suo padre tornasse presto. Si era sporto più
volte a guardare attorno, ma il mare era così scuro che non
si distingueva né la nave da cui dovevano essere sbarcati
quegli uomini, né la terraferma. Prese un’altra
decisione avventata: correre nella sua cabina a cercare una lampada.
Avrebbe dato fuoco ai cannoni segnalando il pericolo a bordo, anche se
non sapeva ancora esattamente come agire perché quel piano
funzionasse.
- Aspetta mi
è sembrato di aver visto un’ombra
laggiù! – sbraitò un tizio nerboruto,
che si aggirava sulla tolda imbracciando una grossa ascia.
- Come dici?
– gli fece eco un altro furfante sfregiato, ricaricando della
polvere nella sua pistola e accostandolo.
Il compare gli
indicò un punto ben preciso: - Là!
Jim strisciava sul
pavimento del ponte, gli mancava poco a raggiungere le scalette.
- Preso, ragazzino!
Sei una spia? – lo canzonò un manigoldo che
puzzava terribilmente d’alcol, tirandolo per la collottola e
illuminandolo con uno stoppino che accese fra le dita.
- È solo un
mozzo! – attestò il complice, caricando il
grilletto della pistola.
- No, è
troppo ben vestito per essere un mozzo – confutò
il primo, stringendolo per il bavero della giacca – Allora
chi sei? – gli domandò sputando a terra.
L’altro
più basso e grosso gli puntò una canna metallica
ridacchiando con la sua bocca sdentata: - Forse questa lo
può aiutare a ricordarselo.
- Se mi uccidete come
faccio a parlare? Non lo saprete mai! – strepitò
il bambino, sforzandosi di nascondere quanto gli battessero i denti.
- Uh! Ha ragione il
piccoletto. E se ti tagliassi la manina? – lo
minacciò quello che lo teneva per la camicia, agguantandolo
per un braccio e poggiandogli la lama dell’ascia sul polso.
- Lasciatelo cani!
– comparve in quel momento Sputafuoco, ma il bucaniere con la
pistola lo bloccò prima che si avvicinasse: - Tu
sta’ zitto, vecchio! – lo aggredì
avventandosi rapido contro di lui e dandogli un pugno in faccia che lo
fece stramazzare e provocò le urla straziate del piccolo Jim.
- No!
– si dibatteva disperato, tentando di liberarsi dalle braccia
del predone sudicio e manesco – Il mio nome è
Billy Jim! – li accontentò per evitare che
inveissero ancora contro il nonno.
- E poi? –
gli domandò insoddisfatto il pirata con la rivoltella,
preparando un colpo in canna da sparare in testa a Bill, riverso sul
pavimento.
Il bambino scoraggiato
si trovò a mentire senza sapere bene perché: - T
… Sparrow! Billy Jim Sparrow! – pensò
che forse l’avrebbero risparmiato, scoprendo che non era
imparentato con il Capitano della nave.
- Quella canaglia ha
un figlio? – sgranò gli occhi il brigante che lo
tratteneva, sollevandogli la faccia per il mento e squadrandolo con
sospetto: - Questa mi sembra tanto una bugia, ma si sa: il rapimento di
un bambino stringe il cuore a chiunque – dichiarò
con voce smielata, caricandoselo sulla spalla come un sacco.
- Vedremo se verranno
a salvarti – sghignazzò l’altro, tirando
per un braccio Sputafuoco e imponendogli di camminare davanti a lui,
sempre tenendogli una minacciosa pistola sulla nuca.
- Elizabeth!
– la richiamò Will scorgendola sulla scialuppa che
faceva ritorno sul suo vascello.
- Will! Ma che ci fai
qui? – replicò con stupore la moglie, vedendolo su
una barcaccia insieme ad altre quattro sagome e avvertendo
l’apprensione della sua voce. Gli equipaggi si scrutavano
attraverso la fioca luce delle lanterne, scambiandosi con concitazione
i propri racconti di quanto accaduto in quella mezzora.
Jack intanto
giocherellava come ipnotizzato con la ritrovata bussola, aprendola e
richiudendola.
- Poi ti spiego.
Dobbiamo salpare! Non siamo soli! – le riferì
freneticamente. Finalmente raggiunsero le scalette e il Capitano Turner
salì per primo seguito dalla moglie, da Jack e poi da tutti
gli altri.
- Che è
successo qui? – interrogò i suoi, trovandoseli di
fronte, le facce tese e affaticate, qualcuno anche malmesso e
sanguinante.
- Jim? –
bisbigliò Elizabeth con rabbia e angoscia, avendo un brutto
presentimento.
- Ci hanno attaccati e
… l’hanno preso – mormorò con
rancore uno della ciurma, facendosi avanti zoppicante, accompagnato dal
brusio degli altri che approntavano un insieme di scuse e accuse ai
pochi dettagli del rapimento.
- No –
boccheggiò la donna, aggrappandosi al marito con le gambe
tremanti – No! No! – gridò
più volte, incredula e disperata.
- Chi? –
indagò con nervi tesissimi il Capitano Turner, mentre
abbracciava forte la consorte.
- Hanno rapito il
piccolo Jim? – si frappose una voce femminile preoccupata e
squillante.
Solo allora Jack e gli
altri la notarono farsi spazio sul ponte e il primo, riconoscendola,
restando di sasso esclamò spalancando occhi e bocca: -
Anamaria?!
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Capitolo 33 *** Capitolo 32: Ostaggio ***
Capitolo
32: Ostaggio
- Quei disgraziati hanno lasciato questo messaggio. Ci hanno detto che
era per lui – asserì Sputafuoco uscendo dalla
cabina di comando, la voce cupa rotta dal senso di colpa e dal dolore
che ancora gli pulsava in testa. Così dicendo porse a Jack,
che continuava a fissare confuso la piratessa mulatta, un pezzo di
carta ingiallito e ripiegato.
Will lo raccolse al posto suo, ma fu sua moglie a volerlo leggere a
voce alta, reprimendo i singhiozzi: - “Navigate per 30 leghe, sud
ovest. Vi aspetterò sulla Spettro. Sai già cosa
voglio. La vita del tuo fratellino è nelle tue mani.
Ammiraglio Fortezza” –
terminò con il fiato corto, quando ebbe decifrato la
calligrafia grossolana e tremolante impressa sul foglietto.
- Fratello?! – proruppe Gibbs, credendo di aver frainteso o
udito male.
Bill si lasciò cadere su una cassa di legno: - Jim gli ha
detto di chiamarsi Sparrow,
non ho capito il perché. Ha specificato di non essere suo
figlio. E loro hanno equivocato.
- Non hanno preso altro, signore. Cercavano e volevano solo quelle
maledette carte – aggiunse Penrod, anche se nulla al momento
poteva rassicurare i due giovani genitori, che si stringevano
l’uno nella braccia dell’altra senza riuscire a
credere alla terribile notizia che gli era appena piombata addosso.
- Abbiamo avuto remore ad opporci a quegli invasati – ammise
un altro pirata – Temevamo di poter peggiorare le cose
– lo appoggiarono altri uomini, scusandosi coi Turner per non
essere riusciti a fermare i rapitori e raccontando loro nei dettagli il
feroce assalto subito.
- Anamaria! – si sbloccò Jack, sbottando indignato
perché lei sembrava volerlo evitare – Anamaria, lo
sai che non l’ho mai capito perché sei andata via?
– le si mise di fronte atteggiandosi con un ghigno, incerto
se sorriderle o metterle il muso.
- Cos’è? Vuoi fare il rimatore, adesso?
– replicò con sarcasmo la donna, voltandogli le
spalle infastidita e spostandosi verso i capitani
dell’Olandese, che se ne stavano avvinghiati, inquieti e
scuri in volto.
- Potrei anche diventarlo! – le andò dietro lui,
fingendo di non notare l’irritazione e
l’insofferenza di chi gli stava attorno per il suo fare
spensierato di fronte al dramma che stavano affrontando –
Sono sempre stato bravo con le parole! – affermò
con spavalderia.
- Allora impara questa parola quando ti rivolgi a me: Capitano
– gli rispose lei con un tono che pretendeva ubbidienza. Lui
rimase interdetto, la bocca semiaperta e gli occhi esitanti, al che la
mora puntualizzò in modo sbrigativo: - Ho sposato il
Capitano Jucard, sei anni fa. Poco dopo lui purtroppo è
morto e così io ne ho ereditato la nave e il titolo.
- Jucard … Jucard – ripeteva tra sé e
sé Sparrow, tentando di associare una faccia a quel nome che
non gli suonava del tutto sconosciuto – Ma chi? Quel gorilla
rozzo, selvaggio e ignorante? – proruppe infine
smaccatamente, dilatando gli occhi.
- Meno male che sei bravo con le parole – lo
criticò sottovoce Gibbs, mettendolo a tacere con
un’occhiataccia, mentre Anamaria trattenne a stento
l’impulso di colpirlo con un sonoro ceffone, prendendo un
lungo respiro. Quindi lei e l’ex nostromo della Perla Nera si
avvicinarono ai Turner, trascinandovi contro voglia pure il
recalcitrante Jack.
- È tutta colpa mia – si accusava Will –
Non dovevo allontanarmi dall’Olandese – riconobbe
con afflizione, senza smettere di cullare Elizabeth che rabbrividiva di
collera e di paura.
- No – obiettò in un sussurro lei, scostando la
fronte dalla sua spalla e assumendo un’espressione furente -
È colpa sua! – gridò girandosi e
puntando il dito contro Anamaria – Ti ha fatto distrarre
affinché quel farabutto del suo amico potesse agire
indisturbato! – la incolpò aspramente, e il marito
dovette faticare a trattenerla perché non le si lanciasse
addosso.
La Jucard scosse la testa con compassione e gravità: - Non
sai di cosa parli, Elizabeth …
- Traditrice! – inveì ancora la signora Turner tra
le lacrime e cercando di liberarsi dalla morsa delle forti braccia di
Will – Non fai parte della flotta di Fortezza?
- Sì – ammise a denti stretti la mora piratessa,
poi fece una pausa sospirando – Ma non è come
sembra.
- Allora com’è? – le chiese Jack, con un
timbro severo e uno sguardo all’improvviso colmo di disprezzo
e di diffidenza, lo stesso comparso sui volti degli altri pirati.
- In realtà mi sono infiltrata per conto della Fratellanza
– confessò la donna, guardando tutti con decisione
mentre pronunciava quelle parole.
- Di che blateri? – tornò ad aggredirla Sparrow
con un tono insolitamente duro – La Fratellanza non esiste
più – affermò con reale amarezza,
abbassando la testa.
- Nei Caraibi. Ma i Fratelli della Costa hanno posto le loro nuove basi
in Madagascar. Nell’Oceano Indiano –
asserì la Jucard con certezza, cercando il sostegno di
Elizabeth.
- Sì, me ne avevi parlato – confermò
questa, chiudendo le palpebre, inspirando e calmandosi un
po’, così da convincere il consorte a sciogliere
il suo protettivo abbraccio – Ma tu? Cosa c’entri
con l’Ammiraglio Fortezza? – la inquisì
nuovamente, avanzando verso di lei fino a che fu a meno di un metro di
distanza.
- E a Jack non lo chiedi? – ribatté quella,
indirizzando il braccio su di lui – È stato anche
lui al suo servizio per due anni – le fece sapere, dando
l’impressione di voler prendere tempo o di cercare un
pretesto per vendicarsi di lui.
- Non avevo molte alternative – si difese quello con
prontezza – Anzi, ne avevo una sola: la morte. E francamente
…
- Diciamo che per me è andata allo stesso modo –
si frappose Anamaria, interrompendolo bruscamente – Ma non ho
mai ucciso altri pirati! Anzi! Li ho aiutati a fuggire lontano da qui!
– rivelò sbracciandosi forsennatamente, mostrando
la sua disapprovazione per l’ostilità con cui la
stavano trattando.
Jack la scrutò con occhi diversi, le parve di riconoscere
una velata ammirazione che le provocò
dell’imbarazzo. Come fosse stata la prima volta che quel
malandrino la fissava in quel modo …
- In questo momento non m’interessa più nulla di
tutti questi intrighi. Voglio solo ritrovare Jim! – si
espresse con impazienza e ardore Will, quindi si scagliò
contro Sparrow, scuotendolo dall’intontimento che sembrava
provocargli la presenza di quella donna, storcendogli con sgarbo un
braccio: - Le carte nautiche?
Il pirata si gonfiò di rabbia e respingendolo
biascicò: - Quello spregevole, lurido, ributtante, odioso,
falso, ladro di un filibustiere da quattro soldi, figlio di una buona
donna … è arrivato per primo!
- Barbossa – chiarì Elizabeth con una smorfia di
disappunto, poiché né suo marito né
gli altri della ciurma davano segno di aver capito a chi si riferisse.
Prima che il Capitano Turner articolasse una qualunque domanda, Sparrow
sganciò la bussola dalla cinta e, spiattellandola davanti al
suo naso, riattaccò incollerito: - Sarà stata
quella scimmiaccia pulciosa che si tiene addosso a rubarmela, quando
eravamo a cena sulla Perla! Me l’ha fatta ritrovare al loro
posto, per dispetto!
- Era nella bara di Capitan Teague che quei delinquenti senza Dio hanno
profanato – proferì Gibbs con lo stesso odio di
Jack, facendosi compunto il segno della croce.
- E che il vostro amico ci ha costretto a rimettere a posto!
– si lamentò Hadras.
- Già, ci siamo spezzati la schiena! – gli fece
eco Finnegan, massaggiandosi le reni.
- E tutte quelle navi che ci hanno attaccato? –
domandò di colpo Jack, volendo allontanare quel ricordo e
rivolgendosi direttamente ad Anamaria – La Locusta, la
Piovra, l’Orca?
- Diciamo che si è trattato di una competizione: volevano
arrivare alle carte nautiche prima di voi –
replicò sveltamente il Capitano della Murena. Poi diede una
rapida occhiata al punto in cui aveva ormeggiato la sua nave facendo
credere ai suoi che sarebbe riuscita a cavarsi da
quell’impiccio, il finto sequestro, da sola, grazie alla sua
abilità nelle contrattazioni e alla precedente amicizia con
Turner. La discussione stava protraendosi più del previsto,
e iniziava a temere che agissero di loro iniziativa e irrompessero sul
vascello per trarla in salvo …
- Non potevano sapere dove si trovassero le carte e perciò
non potevano anticiparci – obiettò ancora Jack,
grattandosi il mento perplesso.
- Non anticipare, ma seguire. L’Olandese Volante è
una nave che … comunica con le altre – li
informò la piratessa, cogliendo subito lo stupore prodotto
da quella dichiarazione.
- Perché appartiene a Calypso come le altre della flotta di
Fortezza? – azzardò ad ipotizzare Will e sia lei
che Elizabeth e Jack annuirono, approvando la sua supposizione.
- Aspettate, non ho capito – si intromise Gibbs, punto dalla
sua innata curiosità in materia di sovrannaturale
– Le navi comunicano? Come? – la sua
incredulità era pari a quella degli uomini della ciurma, che
restrinsero il cerchio attorno ai capitani per ascoltare meglio quella
storia.
- Sono tutte sotto un incantesimo – provò a
spiegare Elizabeth, attingendo ai suoi ricordi di qualche racconto
udito negli ultimi anni, cercando il consenso del marito e la conferma
della Jucard – I loro capitani sono un tutt’uno con
i velieri che comandano.
- A me non è successo, ma quelli che hanno maturato un
rapporto più stretto con il loro vascello riescono a
rintracciare gli altri dello stesso tipo, probabilmente –
ammise seccato Jack – Così deve essere accaduto
quando la Medusa Spettro mi ha bombardato la Razza. Forse
perché io a questa cosa non davo peso – si
schernì con scetticismo e una punta di rimpianto.
- Non gliene davo neanche io – dichiarò Turner,
avvertendo subito dopo mormorare con contrarietà i suoi
– Prima di ogni attacco mi sentivo un po’ strano,
irascibile, nervoso, ma non riuscivo a capire il perché
– scosse la testa, respirò lentamente per poi
espirare dalle narici e serrare la mascella – Ad ogni modo,
quell’appuntamento potrebbe rivelarsi una trappola e
attualmente non siamo in possesso di quello che vuole per restituirci
Jim – riconobbe costernato, premendosi la mano sulla fronte e
socchiudendo le palpebre, mentre Elizabeth gli avvolgeva le braccia
attorno al petto, unendosi alla sua preoccupazione.
- È tutto scemo quel ragazzino! –
sbraitò con poco tatto Jack – Perché
diamine gli ha rifilato il mio cognome?
- Penso che volesse proteggerci. Ed ha usato il primo nome che gli
è venuto in mente – sostenne la signora Turner con
un tono affettuoso, inarcando lievemente la bocca in un sorriso
commosso, comprendendo le sue ragioni.
- Sciocco moccioso! – bofonchiò Sparrow, sembrando
impensierito oltre che irritato, al punto da guadagnarsi lo sguardo
interrogativo di Anamaria – Oh, Ana! Non pensare male: il
figlio è tutto loro! E a me sta pure antipatico! Lo destesto!
- Certo, certo … – lo rassicurò la
piratessa con un sorrisino intuitivo – E poi, se fosse stato
figlio tuo, sarebbe volato in acqua pur di non farsi prendere, dopo
averli distratti con qualcosa di stupido – aggiunse con
scherno, allontanandosi da lui per discutere con Elizabeth: - Avrei
bisogno di tornare un attimo dai miei per spiegare tutto.
Però ho in mente qualcosa. Credo che dovremmo azzardare un
tentativo – le sentì pronunciare con ottimismo,
prima che fosse troppo distante.
Nel frattempo Will arrivò accanto a lui: - Jack, dimmi la
verità: perché sei tornato? – gli
domandò senza nascondere tutto il risentimento e
l’insofferenza che provava, insieme alla disperazione, al
punto da indurlo a parlare con sincerità ma anche crudezza:
- Mi serviva l’Olandese Volante … e il suo
Capitano. Credevo che viaggiando su questa nave sarei stato al sicuro
da quello lì, e che tu mi avresti aiutato a salvare quel
poco che restava del nostro mondo.
Turner sembrò colpito dalla sua ammenda, ma il suo accento
uscì comunque ruvido: - È ora che tu cresca,
Jack: la pirateria è finita. E anche la mia vita
sarà finita se non ritroverò Jim –
concluse abbattuto, affacciandosi al parapetto a contemplare
l’orizzonte che andava rischiarandosi per i primi raggi
dell’alba.
Jack gli si affiancò e lo riscosse con un tono di
rimprovero: - Perché mai non dovresti ritrovarlo, quando hai
una bussola che punta verso ciò che vuoi di più
al mondo?
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Capitolo 34 *** Capitolo 33: Strategia ***
Capitolo
33: Strategia
L’Olandese Volante e la Murena impiegarono quasi
un’ora per lasciarsi dietro la spettrale e poco ventosa Baia
dei Relitti. Il sole era ancora basso sull’orizzonte e
tingeva di giallo la superficie appena increspata del mare. Una volta
preso il largo, i due velieri si erano accostati in modo da poter
essere collegati tramite una passerella, e i loro equipaggi stavano
eseguendo le manovre necessarie a metterli alla fonda.
Will ed Elizabeth erano rimasti inerti, seduti fianco a fianco sulle
scalette del castello di poppa, con la fronte appoggiata
l’uno contro l’altra e le mani unite.
- Sto penando come quando hanno rapito te. Forse anche di
più – bisbigliò il giovane Capitano con
collera oltre che sofferenza, circondando con un braccio le spalle
dell’amata che di rimando mormorò con la stessa
angoscia, sfregando la testa contro la sua: - Dobbiamo sforzarci di
restare lucidi. Anamaria ha promesso che ci aiuterà.
Lui si scostò per guardarla: - Se mi accorgo che gli hanno
fatto del male, anche un misero graffio, io li uccido uno per uno
– giurò con il volto e la voce alterati da una
risoluta e febbrile spietatezza.
Lei gli carezzò una guancia: - Spero non ce ne
sarà bisogno. Ma se così fosse, non
esiterò a sporcare la mia lama con il loro sangue
– proferì con gli occhi infiammati dalla stessa
ferocia.
- Che teneri assassini che siete! – li irrise Jack passando
in mezzo alle loro gambe, quasi calpestandoli, senza dare loro il tempo
di spostarsi – E il nero vi dona molto – aggiunse
facendo una giravolta prima di andarsene, alludendo ai loro vestiti che
parevano esternare il loro stato di lutto interiore.
Will lo inseguì mentre si incamminava con indifferenza verso
il parapetto, richiamandolo con un tono pungente: - Pensavo: non
è che l’hai lasciata apposta sulla Perla
così che avessimo un buon motivo per metterci contro
Barbossa? – lo provocò riferendosi alla bussola
che teneva tra le dita per la cordicella.
Jack per qualche secondo soffermò lo sguardo
sull’oggetto oscillante, poi lo spostò su Turner
cogliendo la sua ostinata diffidenza e si riavvicinò
strappandoglielo di mano con rabbia: - Sai che ti dico? Non dovevo
commuovermi. A quest’ora sarei stato io il Capitano
dell’Olandese Volante! – affermò con
smodata cattiveria.
Will si diresse verso la murata opposta, digrignando i denti furioso.
- Questa volta hai davvero esagerato – lo
bacchettò la moglie che aveva assistito al loro alterco,
poco lontana, ma il marito le rispose solo sbuffando pesantemente e
allontanandosi. Allora si girò verso Jack, per dirne quattro
pure a lui, trovandolo in compagnia di Anamaria, giunta a bordo
attraverso la palanca che era stata nel frattempo disposta tra le due
navi, ormai all’ancora.
- Senti: posso portarlo con me? – le propose di punto in
bianco la piratessa bruna, tenendo Sparrow per un braccio e facendolo
trasecolare.
- Sì, portalo con te. È meglio –
acconsentì Elizabeth, sospirando con le labbra imbronciate.
- Ohi? – strepitò quello, scoccando
un’occhiataccia ad entrambe – Decido io –
sostenne piccato, scansando da sé la nuova arrivata
– Vengo con te – accettò dopo aver
lanciato un altro sguardo assassino a Will che parlava concitato con la
ciurma alle loro spalle.
- Jack! Non voleva. È solo angosciato per Jim –
prese le sue difese la signora Turner, notando il malumore fra i due
che si squadravano ancora in cagnesco.
- Sì, sì - il pirata alzò gli occhi al
cielo e fece un gesto di noia ruotando la mano - È
scorbutico e permaloso! È questa la verità!
- Attenetevi scrupolosamente alla rotta! È l’unico
indizio che abbiamo! Se fallirete, pagherete la vostra negligenza con
una punizione che non dimenticherete – vociava intanto il
Capitano dell’Olandese, spostandosi da una punta
all’altra del ponte.
- Lo senti? – esclamò con ripicca Jack, tendendo
un braccio verso Will, soddisfatto di aver subito trovato una prova di
quanto asseriva - Non dovresti tenerlo a stecchetto, secondo me
– aggiunse malizioso.
- Non lo biasimo, dopo tutte le bugie che gli abbiamo propinato. E poi
ha dovuto pure raccontare ai suoi della maledizione –
continuò a giustificarlo Elizabeth, ignorando la sua ultima
salace battutina.
Allora Sparrow, deluso dal non ricevere la considerazione che si
aspettava, si appigliò ad Anamaria, che, di contro, non
aveva voluto esprimersi sulla spinosa faccenda: - Andiamo Capitan
Jucard! A caccia di Barbossa! – annunciò
raggiante, con un pugno per aria e la bussola nell’altra mano
– Glielo facciamo nero!
La donna lo respinse indispettita con un colpo d’anca e si
rivolse ai Turner che, di nuovo l’uno accanto
all’altra, la scrutavano aspettando che si pronunciasse: -
Allora, tutti d’accordo? Trasferisco qui parte dei miei
uomini e lascio il comando al mio primo ufficiale? –
domandò loro, evitando di incrociare la faccia di Jack che
borbottava a bassa voce contrariato.
- Stai scherzando? – ribatté Elizabeth come
l’avesse insultata – Vorresti far credere a
Fortezza che siete stati voi a catturarci?
- Pensavo ti fosse chiaro – mormorò quella, un
po’ risentita dal tono che l’amica aveva usato.
- Credo sia più ovvio fingere che siamo stati noi
dell’Olandese Volante ad arrembarvi –
asserì ancora la signora Turner, ammiccando
all’imponenza del vascello maledetto rispetto a quello
più modesto della Jucard. Poi sia lei che Anamaria
piantarono gli occhi su Will, interpellandolo risolutamente: - Capitano?
- Senza nulla togliere alla tua nave, concordo con il mio luogotenente
– convenne lui dopo averci pensato qualche secondo
– Manderò metà dei miei sulla Murena
mentre tu resterai qui, Anamaria. Abbiamo bisogno che ci racconti tutto
quello che sai su Fortezza.
A destare Jim fu la fastidiosa sensazione di avere tutte le
articolazioni intorpidite, come se il suo corpo fosse stato schiacciato
da un masso o incatenato, oppure avesse dormito su una lastra di
pietra.
Si sedette e si stiracchiò lentamente, sentendo
scricchiolare le gambe, le braccia, la schiena e il collo prima di
riuscire a mettersi, traballando, in piedi. Si strofinò il
dorso delle mani sulla faccia accorgendosi della pelle umida:
finché era rimasto sveglio ce l’aveva fatta a
trattenere le lacrime, ma forse nel sonno non era stato capace di fare
altrettanto.
Un fascio di luce entrava dal piccolo oblò, troppo alto
perché arrivasse ad affacciarsi, e in quella stretta cella
non c’era nulla, né un materasso né uno
sgabello. Vide però che qualcuno gli aveva portato un pezzo
di pane, lasciandolo sul pavimento sudicio.
Anche se aveva lo stomaco chiuso, pensò che doveva
costringersi a mangiare perché già si sentiva
debole, e la sera prima non aveva toccato cibo. Ma ogni suo desiderio
di addentarlo svanì quando constatò quanto fosse
duro e ammuffito. Arrabbiato e schifato, calciò il misero
pasto fuori dalle sbarre, poi avvertì dei passi e
tornò a sedersi in un angolo, con le gambe strette al petto
e il mento appoggiato sulle ginocchia.
- Secondo me Mickey e Stanley hanno toppato: questo sgorbietto qua non
se lo verrà a riprendere nessuno! –
ridacchiò un uomo che dalla voce non pareva più
tanto giovane, e che poco dopo si piazzò davanti alla cella
appiccicandovi la faccia insieme ad un altro briccone della sua stessa
età.
Jim li spiò di sottecchi chiedendosi quanto tempo avesse
trascorso lì: gli sembrava di aver perso già la
cognizione, ma non poteva essere passato più di un giorno
dal suo rapimento.
- Più lo guardo e meno sono convinto che questo mucchietto
d’ossa sia imparentato con Sparrow –
tornò a parlare il pirata di prima, trascinando una
panchetta su cui si sistemò, sempre con la faccia rivolta
all’interno della celletta. L’altro lo
copiò e dopo un minuto gli chiese con fiacca
curiosità: - Perché?
- Non ha detto una parola da quando l’abbiamo buttato qui
dentro e invece quel figlio di un cane rognoso non fa che blaterare e
blaterare! Fino all’esaurimento! –
replicò il primo portandosi le mani ai pochi e sudici
capelli grigiastri.
- Tu lo conosci? – gli domandò il compare,
bussandogli sulla spalla mentre fissava anche lui il bambino che era
rimasto fermo immobile con le palpebre socchiuse.
- Quando ero imbarcato con quell’altro Capitano, una volta,
l’abbiamo catturato durante un arrembaggio –
cominciò a raccontargli – A me è
toccato essere il suo carceriere perché dicevano che quella
canaglia poteva evadere. Non hai idea di quante storie mi ha potuto
sciorinare in pochi minuti! Ti giuro: mi sentivo scoppiare le cervella!
E alla fine ho preferito rompermi il culo a scrostare la merda dei
morti ammazzati sul ponte, piuttosto che restare un solo minuto di
più con lui! – concluse con un grugno isterico al
solo ripensarci, provocando le risa sommesse di Jim, il quale si era
figurato in mente tutta la scena descritta.
- L’Ammiraglio vuole che gli portiate il ragazzino
– irruppe un altro mascalzone, annunciato da passi pesanti,
una risata gutturale a increspargli il grugno sfregiato.
Il piccolo Turner trasalì deglutendo e si sentì
brontolare la pancia per la paura e l’agitazione: non aveva
ancora conosciuto di persona quel famigerato filibustiere le cui
deplorevoli gesta molti raccontavano con terrore.
I due furfanti che erano stati lì a chiacchierare obbedirono
all’istante: aprirono la cella, si avventarono su di lui e,
strattonandolo per le braccia, lo fecero uscire. Il ragazzino non si
oppose, muovendo mollemente le gambe ma restando con gli occhi
spalancati e il respiro accelerato lungo tutto il tragitto dalla
prigione alla cabina del Capitano, osservando la moltitudine dei volti
sgradevoli della ciurma che lo scherniva con appellativi offensivi o
scagliandogli sguardi e ghigni per nulla amichevoli.
Finalmente arrivarono: i due pirati che lo avevano accompagnato lo
piazzarono a forza su una poltrona con la spalliera e il sedile
imbottiti e rivestiti di un velluto marrone sporco, quindi lasciarono
la stanza e dalla parte opposta alla porta comparve lui.
Nessuno l’aveva mai descritto fisicamente e Jim lo
scrutò con attenzione intanto che era in piedi vicino ad una
vetrata, distratto a fumare un pipa. Era sia di statura sia di
corporatura media. Doveva avere una cinquantina d’anni
portati male, con la sua faccia arrossata e piena di grinze e macchie
al cui centro spiccava un naso lungo e sottile. Una barba riccia e
arruffata, bruna ma con molti ciuffi grigi, gli copriva le guance e il
collo, i capelli erano unticci, tirati indietro e legati in un codino
con un nastro, in testa aveva un grande tricorno di stoffa di un rosso
stinto. Indossava una casacca celeste con due punte sul dietro che
ricadevano sulle ginocchia e i pantaloni neri di una tela misera, erano
larghi nelle cosce e infilati dentro degli stivali di pelle tutti
scorticati.
Per un lungo istante drizzò il viso su di lui che ne
sostenne lo sguardo con fierezza: i suoi occhi, piccoli e scuri,
circondati da occhiaie violacee, avevano una scintilla malvagia e
guizzavano rapidi, seri e indagatori su tutto ciò che lo
circondava, sul suo volto e sul mare, quasi in maniera ossessiva.
Sembrava indeciso su come agire.
Il butterato bucaniere si assestò con movimenti lenti sulla
sua poltrona, tirando qualche altra boccata, senza scostare il cipiglio
assorto dal bambino che faceva altrettanto, poi gli avvicinò
un bicchiere di peltro, strisciandolo sul tavolo di vetro spesso e
verde posto tra di loro, che con quel contatto produsse uno stridio
fastidioso.
Jim si sporse a raccoglierlo per interrompere quel rumore che gli
faceva venire i brividi e bevve tutto d’un sorso il contenuto
per bagnarsi la bocca che sentiva completamente asciutta. Si maledisse
per non avere prima esaminato il liquido: la gola, le orecchie, gli
occhi, le budella sembrarono andare in fiamme e non poté
fare a meno di tossire convulsamente e sputare.
Worley esplose in una cupa e sonora sghignazzata: - Spiacente,
mostriciattolo! Ma non abbiamo altro che gin sulla Spettro!
- È la vostra ultima risata, brutto farabutto! –
gli rispose il piccolo Turner con la voce ancora roca per il bruciore
– Mio padre ve la farà pagare al punto che vi
pentirete di essere nato! – gli urlò con
sfacciataggine mettendosi in piedi sulla poltrona.
Il pirata non smise di ridere ancora più sguaiato: -
Animella innocente! Tuo padre era un uomo vigoroso … ma
è morto, oramai.
Jim ricadde sulla poltrona come gli avessero dato una botta in testa: -
M … morto? – mugugnò con un nodo allo
stomaco, pervaso da un fremito di freddo che impulsivamente lo
portò a stringersi nelle braccia.
- Ah, il tuo fratellastro non ti ha raccontato niente? –
inveì Fortezza con un piglio divertito e sadico nella voce
cavernosa e sporca – Saranno cinque o sei anni che
è trapassato.
Il bambino cercò di non mostrare il suo sollievo: si era
quasi dimenticato della sua sciocca e imprudente bugia, ma
pensò di usarla per scoprire qualcosa di più su
ciò che veramente il suo rapitore sapeva e soprattutto su
ciò che veramente voleva.
L’aveva letto in tante storie e gliel’aveva
insegnato pure sua madre: dove non arriva la forza, può la
furbizia. Ostentò il suo broncio migliore assieme ad un
accento patetico: – Noi … ci siamo conosciuti da
poco …
I grandi la chiamavano strategia.
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Capitolo 35 *** Capitolo 34: La sfida ***
Capitolo
34: La sfida
Jim Turner sapeva benissimo che fumare a bordo di una nave
era assolutamente proibito.
Non c’era niente di più pericoloso di qualche
granello di cenere incandescente, di una minuscola scintilla che
svolazzava libera per far attecchire in un battibaleno un indomabile
incendio, aveva imparato a sue spese.
Ma quel malfattore sembrava tanto sprezzante e sicuro di sé
infischiarsene completamente e così, spenta la pipa, si
accese un lungo sigaro che esalava un fumo denso e dall’odore
talmente acre da far lacrimare gli occhi.
- Jack Sparrow è un vile cialtrone. Dove l’hai
incontrato? – grugnò dopo che se ne era stato
zitto per più di un minuto a farsi i fatti suoi, quasi si
fosse dimenticato di lui, nonostante tossisse con foga, disturbato da
quel tanfo pestifero.
Il Capitano della Spettro attendeva una risposta e il bambino
capì che doveva improvvisare, perciò
ripensò alle tante storie che aveva sentito da che era nato.
Qual era il posto più plausibile in cui ci si poteva
imbattere in un pirata?
- A Tortuga – rispose con ovvietà – Mia
mamma lavora lì, in un bordello – gli venne da
specificare. Non conosceva esattamente il significato di quel vocabolo
che ricorreva spesso quando si parlava di quell’isola
famigerata, prediletta dai briganti del mare. Sua madre gli suggeriva
di soffermarsi su altri particolari se lo incontrava, senza
spiegarglielo mai con chiarezza. Prima o poi, rimuginò,
quell’enigma lo avrebbe scoperto da solo.
Fortezza, però, sembrò trovare divertente quel
dettaglio perché fece una smorfia strana che somigliava ad
un sorriso, afferrò una bottiglia mezza vuota dal tavolo e
iniziò a scolarsela, mentre con l’altra mano gli
faceva cenno di continuare a raccontare.
Allora il piccolo si risolse a portare avanti la recita, restando vago:
- Lei e Jack hanno parlato tutta la notte, non lo so di che cosa di
preciso, perché non sono tipo da origliare. La mattina dopo
Jack è tornato e la mamma mi ha detto che ormai sono grande
abbastanza per cominciare a lavorare. Così sono partito con
lui e siamo arrivati in un posto … mi pare che si chiamasse
Port Royal. Lì abbiamo trovato degli uomini cattivi che
hanno cominciato a spararci, perciò ci siamo imbarcati su
una grande nave che stava alla fonda per scappare, prima che ci
facessero secchi … - Jim si interruppe di colpo a sbirciare
l’espressione fosca di Worley - È da allora che ci
inseguite! – lo sfidò un po’ troppo
impudente, incrociando il suo sguardo indecifrabile, e sentì
la necessità di aggiungere qualche altra frottola,
recuperando una voce sottile e tremolante: - È stato
soltanto quando siamo arrivati alla Baia dei Relitti che mi ha
confessato di essere mio fratello …
- Dei vostri affari di famiglia non me ne importa un fico secco!
– lo aggredì d’impeto il Capitano,
scagliando sopra la sua testa la bottiglia vuota che andò ad
infrangersi contro la porta – Quello spiantato di tuo
fratello! Non è mai riuscito a tenersi stretta una nave, e
quelle poche volte che ne conquista una, è semplicemente
favorito dalla sorte. Come gli è successo con
l’Olandese Volante.
Jim si raggomitolò sulla poltrona, ancora scosso per lo
scatto d’ira che aveva avuto l’uomo, aggrottando la
fronte. E stavolta non ebbe bisogno di mentire: non aveva realmente
afferrato il senso di quell’ultima frase.
L’attempato Fortezza era un tipo attento e colse la sua
titubanza: - Neppure questo ti ha detto? – gli
domandò con un tono cantilenante che sapeva da presa in
giro, soffiandogli anche del fumo in faccia. Il bambino
seguitò ad impersonare la vittima, scacciando la voglia di
insultarlo, e disse di no con la testa, simulando pure un singhiozzo.
Sembrò funzionare perché il bucaniere gli
svelò, sempre con un tono acido e la faccia torva: - Ha
ammazzato quel Capitano che era pure un suo vecchio amico. Lo
immaginavi tanto carogna?
Il ragazzino abbassò gli occhi e Worley scoppiò
in un’altra malevola e rauca risata, che gli sarebbe stata
del tutto insopportabile se non si fosse estraniato a pensare quale
delle tante altre cose che gli frullavano in mente fosse più
opportuno chiedergli. Quando lo sentì muovere la sedia come
per alzarsi, trovò il coraggio di fermarlo, alzandosi a sua
volta e schiarendosi la gola: - Posso farvi una domanda? Anzi
… due?
Il corsaro si mise in piedi, appoggiandosi con i palmi sul tavolo e lo
scrutò sospettoso prima di acconsentire con un verso
gutturale. Jim avvertì di nuovo l’ansia
pietrificargli la lingua e dovette lottare per riuscire a staccarla dal
palato: - Voi, come avete saputo queste storie?
- Non tutti i miei amici sono morti sotto i vostri colpi –
rispose quello sprizzante superbia, ma senza utili precisazioni.
Il piccolo Turner si scervellò rimuginando sui diversi
attacchi in cui era stato coinvolto l’Olandese e concluse che
gli unici ad aver scambiato Jack Sparrow per Capitano erano stati i
pirati della Piovra, secondo quanto gli avevano raccontato …
ma non erano morti tutti? A meno che l’Ammiraglio e i suoi
manigoldi non avessero fatto confusione fin dall’inizio
…
- Qual è l’altra domanda? –
tuonò Fortezza con maggiore impazienza, e lui dovette
scegliere in fretta tra i molteplici interrogativi quello che lo
preoccupava e incuriosiva di più: - Se questa nave
è invisibile, come farà mio fratello a trovarci?
Il volto olivastro e rugoso del pirata si contrasse in un ghigno
perfido che ne scoprì i denti storti e gialli: - Hai
sbagliato domanda, sciocchino! Dovresti chiederti che fine farai se lui
non verrà.
In mare aperto, quella mattina, il vento caldo di levante gonfiava le
vele sospingendo i due galeoni sempre più vicini alla meta.
I quattro capitani erano chiusi da oltre un’ora nella cabina
di comando dell’Olandese Volante e non si erano
più fatti vedere dalla ciurma che, tuttavia, svolgeva il suo
dovere anche senza la presenza di qualcuno che la sollecitasse di
continuo.
- Ricapitolando: questo Fortezza è un lestofante di poche
parole con un debole per le sfide e le scommesse –
sintetizzò brevemente i discorsi intavolati finora Will,
spazientito e nervoso.
- Prima di diventare un pirata è stato un marinaio modello e
un ottimo soldato, perciò ha una forte tempra e grande
esperienza in ambito nautico – aggiunse assertiva Elizabeth
seduta accanto a lui, lanciando uno sguardo ad Anamaria che le stava di
fronte, la quale confermò quasi ammirata: - Si dice che non
abbia mai perso una battaglia in mare.
- Ed è un tipo fantasioso – asserì con
fare saputo Jack, voltandosi verso di loro e allontanandosi dalla
finestra a cui era rimasto mentre gli altri discutevano –
Basta pensare ai nomi pesciosi con cui ha ribattezzato le navi della
sua flotta! – chiarì sollevando le sopracciglia,
stufo di non essere mai preso sul serio o di apparire svagato.
- E secondo te potrebbe usare questa sua “fantasia”
anche per organizzare qualcosa contro di noi? – lo
interpellò il Capitano Turner, sospettando che non avesse
esposto quella osservazione a casaccio.
Quello fu contento della considerazione ricevuta, un guizzo lusingato
attraversò il suo volto: - E noi dobbiamo prepararci a fare
altrettanto – affermò drizzando l’indice
e prendendo posto accanto ad Anamaria.
- Quindi? – bofonchiò lei, tamburellando le unghia
smaltate di rosso sul tavolo e fissandolo con perplessità e
insofferenza.
Jack la imitò con minore convinzione, poi proferì
accompagnato dalla sua mimica seducente:
- Anamaria: siamo ancora sulla stessa onda. Tu mi hai dato il
“la” con l’idea della cattura della
Murena, e io adesso comporrò la melodia suonandoci sopra del
mio …
I coniugi Turner osservavano Sparrow sbigottiti, avendo la sensazione
che stesse corteggiando la bella donna vicino a lui come se loro due
non fossero presenti.
- Avevo capito che volevi partire alla ricerca di Barbossa –
lo richiamò Elizabeth con accento sarcastico.
- Sì, e con quale nave? – ribatté
Anamaria con la medesima tagliente ironia, scostando un po’
la sedia da quella del fascinoso filibustiere con le treccine, il cui
braccio scivolò, mancando l’appoggio alla spalla
di lei.
Jack storse la bocca stizzito e si rimise in piedi con movenze rigide
da burattino: - Il marmocchio interessa a voi, se non volete ascoltarmi
…
- Dai, scusaci – lo incoraggiò a restare la
signora Turner abbonandogli un sorriso, seguita dall’amica: -
Dopotutto le tue idee folli di solito funzionano – sostenne
quella sfiorandogli una mano, mentre il Capitano Turner non si
esprimeva in alcun modo per convincerlo, non avendo intenzione di
piegarsi a chiedergli aiuto.
- Per favore, Jack – lo invocarono le due piratesse con voce
zuccherosa e occhioni imploranti, circondandolo.
Un mugolio scontento scivolò dalle labbra
dell’uomo che finì inevitabilmente per sciogliersi
e tornò sui suoi passi, sedendosi: - State a sentire
… - riprese con piglio borioso ed esperto.
Will alzò gli occhi al cielo: bastavano un paio di moine da
parte di due belle donne perché le testarde ritrosie di quel
pirata vanesio crollassero come un castello di carte colpito dal vento.
Sperava almeno che quelle sviolinate che lo infastidivano servissero a
salvare suo figlio.
Un’altra angosciosa notte era passata. Jim camminava avanti e
indietro all’interno dell’angusta cella da
più di mezzora. Si stancò e si buttò
sul sottile pagliericcio che giaceva sul pavimento. La nave era ferma.
Si annoiava da morire ma, almeno, non lo stavano torturando
né gli stavano facendo alcun male, a parte quello di
privarlo di qualcosa di commestibile. Il che già gli faceva
contorcere un po’ le budella vuote e gli provocava qualche
giramento di testa.
D’un tratto la calma piatta delle ultime ore fu gradualmente
sbriciolata dal rincorrersi di voci eccitate: c’era stato un
avvistamento. Il bambino si precipitò verso le sbarre,
tendendo le orecchie all’esterno per sentire meglio.
Sembravano cavalli selvaggi e, più veloci
dell’altra volta, arrivarono per portarlo fuori di
lì, afferrandolo e caricandolo in spalla come fosse un sacco
di patate.
In pochi minuti si ritrovò sul ponte gremito e
incollò lo sguardo trepidante nello stesso punto in cui si
era appiccato quello dei bucanieri. Le sue labbra si allargarono in un
sorriso di pura gioia e, se non fosse stato trattenuto, si sarebbe
anche messo a saltare.
- Visibilità! – sentì ripetere a
più uomini, senza riuscire però a capire o a
vedere quello che stava succedendo, perché fu trascinato con
malagrazia in un'altra parte della tolda.
- A quanto pare vali più di quel che pesi, vermiciattolo!
– gongolò Fortezza dopo essere apparso alle sue
spalle e aver riposto il cannocchiale. Quindi gli strinse due dita
sotto il mento, tirandolo su per guardarlo dritto negli occhi: - Ora
dovrai fare l’esca fino in fondo! Sparrow ha venduto
l’anima per la sua nave, in passato. Voglio proprio vedere
cosa sarà disposto a fare per te! –
ridacchiò maligno, volgendo un cenno d'intesa ai suoi che,
rapidi, accerchiarono Jim gettandogli addosso del cordame.
L’Olandese Volante abbordò dopo più di
tre quarti d’ora la Medusa Spettro, tornata visibile grazie
ad un furbo stratagemma meccanico che restava ancora un segreto per
molti. Anche la Murena gettò l’ancora nella stessa
caletta naturale scelta come luogo dell’incontro.
Jack percorse la palanca mascherando abilmente l’esitazione
e, con studiata ruffianeria, si inchinò davanti al Capitano
che lo aspettava al centro esatto della coperta con le mani
già pronte a impugnare le armi: - Ammiraglio Fortezza
– lo salutò sollevando appena il tricorno.
- Sei arrivato – si limitò a rispondere quello,
gettando un’occhiata interessata ai due velieri che erano
sopraggiunti. La sua gentaglia era disposta sui fianchi del vascello e
controllava ogni possibile mossa degli avversari, tenendoli sotto tiro.
- Perché lo dici così? – si
inquietò Sparrow, dato il tono tetro dell’uomo
– Vorresti insinuare che io sia in ritardo? –
sorrise nervoso.
Worley sogghignò, senza smettere di sbirciare qualsiasi cosa
o persona attorno a sé o visibile sulla nave da cui quello
era sceso: - Al contrario. Non pensavo di vederti così
presto. Sei proprio un fratello affettuoso. Non lo conoscevo questo tuo
lato tenero – commentò sardonico, dandogli una
forte pacca di sfottò sulla spalla.
- Già, non lo conoscevo neanch’io …
– replicò sdegnato Jack, facendo un passo indietro
e stirandosi la giacca. A quel punto Fortezza piegò
gradualmente la testa all’indietro piantando le perfide
pupille esattamente sopra di sé.
Jack d’istinto fece lo stesso, pur temendo un trabocchetto.
Notò invece una rete da pesca appesa ad un sistema di funi
intrecciate e collegate ad alberi e pennoni, al cui interno distinse un
corpicino minuto che si dimenava forsennatamente facendola dondolare.
– Ah! Ecco la piccola peste! Ciao Jimmy!
– esclamò tutto festoso - È talmente
contento di vedermi che neppure riesce a parlare!
- Non riesco a scorgerlo né a sentirlo! – si
agitava intanto Elizabeth, nascosta insieme al marito e ad altri uomini
delle due ciurme dentro la peculiare polena dell’Olandese.
- Shh! Dobbiamo aspettare il segnale di Jack! – la
ammonì Anamaria, tirandola indietro per evitare che si
facesse scoprire. Lei cercò appoggio in suo marito.
- Al diavolo! Io non ce la faccio più! – esplose
Will e, chinandosi sulle gambe, sciolse rapido la corda fissata attorno
ad uno spuntone del legno facendola ricadere sul pelo
dell’acqua.
La moglie intuì il suo piano e tutti e due la usarono a
turno per lanciarsi sulle scalette della nave su cui era tenuto
prigioniero il loro bambino.
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Capitolo 36 *** Capitolo 35: La spada, il corvo, il mare ***
Capitolo
35: La spada, il corvo, il mare
- Santa pazienza! – sbuffò Anamaria prima di
saltare e raggiungere i coniugi Turner, appesi in equilibrio precario
sullo stesso gradino della biscaglina, aggrappandosi poco
più in basso.
- Sei impazzita? – la rimproverò sottovoce Will,
avvertendo il sobbalzo delle corde – Non ci
reggerà tutti e tre!
- Vi costava così tanto rispettare il piano? –
mormorò di contro lei, cercando di poggiarsi il meno
possibile su quelle funi fradice.
- Non sei tu ad avere un figlio nelle mani di quei balordi! –
ansimò con angoscia Elizabeth, al che Anamaria si arrese
mentre il Capitano dell’Olandese, reggendosi solo con una
mano e un piede, si voltò verso i suoi rimasti nella polena,
intimando loro con dei gesti di arrampicarsi sui fianchi della Spettro.
Fortezza taceva da qualche secondo, gli occhi spiritati, le labbra
increspate appena visibili sotto la fitta barba crespa, il braccio
destro teso in avanti con il palmo rivolto verso l’alto.
Jack aveva intuito che gli stava chiedendo quello che non aveva,
perciò si nascose dietro la maschera dell’ironia
per temporeggiare: - Temi che si metta a piovere? –
proferì ruotando il polso come a verificare possibili gocce
sulla pelle – Ormai dovresti esserci abituato al clima
tropicale, compare!
Worley brontolò a bocca chiusa, abbassando il braccio e
stringendo le dita attorno al calcio della pistola, senza staccare lo
sguardo minaccioso da Sparrow che, con espressione ugualmente grave,
continuò a discorrere mettendosi a camminare lentamente in
tondo: - Dal momento che ti ho distrutto due navi, ho ritenuto cosa
lodevole … e buona … e giusta, consegnarti altre
due navi. Voilà! – indicò con un
movimento plateale delle braccia l’Olandese e la Murena
ormeggiate alle sue spalle.
Fortezza restò fermo dov’era a studiare i due
velieri con poca persuasione, rialzando il palmo verso di lui per poi
esprimersi con superbia: - Di navi potrò averne quante
voglio grazie a preziose carte. Perfino nel mondo dei morti me le posso
andare a cercare.
Jack s’impresse una faccia triste: - Sono desolato ma quelle preziose carte
io non ce le ho – scandì parola per parola con
franchezza, percependo la tensione crescere attorno a lui sottoforma
delle occhiatacce della ciurma e dei loro bassi ruggiti biascicati tra
i denti.
- Pensavo che il pesciolino ti interessasse. E invece … -
Worley impugnò la rivoltella mirando la rete a parecchi
piedi da terra in cui era imprigionato Jim, il quale urlò
forte nonostante il bavaglio che gli copriva la bocca,
perché anche gli altri pirati della Spettro avevano estratto
le loro pistole puntandole tutte contro di lui.
- Le ha rubate Barbossa! Il Capitano della Perla Nera!
– strepitò rapidamente Sparrow, serrando le
palpebre dopo aver sentito scattare decine di caricatori
contemporaneamente.
- Ecco il segnale! – bisbigliò Anamaria agli
altri, salendo poco più in alto.
In realtà si erano già mossi in anticipo. Non
distingueva se a far vibrare la precaria scaletta sotto le sue mani
fossero le funi in procinto di spezzarsi o le crescenti palpitazioni di
Will ed Elizabeth, i cui respiri affannati sembravano doversi
trasformare da un minuto all’altro in urla di furore,
portandoli a scagliarsi contro i nemici prima della seconda frase
convenuta con Jack.
Le loro teste per poco non facevano già capolino dal
parapetto.
- Se davvero le ha Barbossa, allora tu me le porterai –
ordinò Fortezza con impassibilità riponendo
l’arma, subitamente copiato dai suoi, seppur tra mille
imprecazioni.
Jack era compiaciuto di stare riuscendo a gestire la conversazione come
aveva immaginato. Ormai i suoi compagni dovevano essere agganciati allo
scafo della Spettro e attendevano solo il secondo segnale per accorrere
in suo soccorso.
- Tu me le porterai – sibilò il vecchio Capitano,
sicuro di una risposta affermativa, brandendo di nuovo la minaccia di
crivellare di colpi il piccolo Turner che singhiozzava con gli occhi
sbarrati.
- Io non ci penso proprio! – lo sorprese Sparrow –
Pensavo che le tue navi fossero imbattibili. Che tu fossi imbattibile.
E invece … Stai elemosinando il mio aiuto – lo
provocò ostentando il suo spregio. Sapeva che un punto
debole per molti pirati capitani di navi era l’orgoglio e,
infatti, Worley si mostrò indispettito, contraendo le
sopracciglia e stringendo la mandibola, come preso da un tic nervoso.
- Ormai la Perla Nera starà veleggiando verso
l’isola dei Pelegosto, dritta verso la palude del Pantano,
nel tentativo di raggiungere la dimora di Calypso – a quel
punto sentiva di averlo catturato - Perché non scommettiamo
a chi arriva primo? – gli suggerì con un sorriso
astuto, pungolando l’altra sua fissa, le sfide sul mare.
Mentre gli rivolgeva tale proposta, lo vide scrollare le spalle
ringalluzzito: - E sia! – acconsentì con un
luccichio euforico negli occhi, subito oscurato dal dubbio –
Le condizioni però le imporrò io –
aggiunse con un ghigno insidioso.
Jack aprì la bocca per pronunciare la battuta che doveva
dare il via libera a Will e agli altri per l’arrembaggio, ma
accadde un imprevisto che gli mozzò le sillabe in gola.
Un tonfo nell’acqua, come di qualcosa di voluminoso e
pesante, proprio nello spazio che separava lo scafo
dell’Olandese da quello del suo vascello, distrasse Fortezza
e lo indusse ad estrarre impulsivamente la pistola e a balzare di
scatto con il braccio in alto.
Nello stesso istante Jack gli si lanciò addosso buttandolo a
terra, ma il colpo partì comunque centrando qualcosa sopra
le loro teste.
Jim vide il proiettile sfilacciare un nodo nell’intreccio di
funi che lo avvolgeva e sosteneva a qualche metro dal ponte, e perse i
sensi per lo spavento, ricadendo all’indietro.
Tutta la ciurma della Medusa Spettro si era lanciata verso la murata
per accertarsi di vincere sul tempo un assalto ma venne ricacciata
indietro dai pirati dei Capitani Turner e Jucard che, scavalcata la
ringhiera, si gettarono con foga su di loro, prima sparando e poi
ingaggiando dei furenti combattimenti con le spade. Ad essi si
aggiunsero molti altri bucanieri che erano rimasti sulle rispettive
navi e che diedero manforte ai compagni, riversandosi come un fiume in
piena sulla tolda ribollente di urla, botte e urti metallici.
Jack rotolava per terra, ancora impegnato a disarmare Worley che si
ostinava a tirare colpi a caso, rischiando di ferire i suoi stessi
uomini.
- È lassù! Presto! Coprimi! –
gridò Elizabeth, afferrando con frenesia il braccio di Will
che, pur trovandosi invischiato negli scontri, cercava di rimanerle
accanto e di avvicinarsi con lei ad uno degli alberi per recuperare Jim.
- Lo prendiamo, lo portiamo a bordo e ripartiamo! È facile!
– si ripeteva Gibbs tra una sciabolata, uno spintone e un
pugno sferrato ai nemici, che si trovavano in minoranza ma non
perdevano l’aggressività.
I Turner, tenendosi stretti per la mano sinistra, spargevano fendenti a
destra e a manca, con mirabile efficacia, non lasciando scampo a quanti
si paravano loro davanti per ostacolarli, mentre Jack, non essendo
molto abituato agli scontri prettamente fisici, iniziava a sentirsi
allo stremo delle forze.
Per quanto quell’uomo fosse più maturo di lui
conservava un vigore invidiabile, tanto che non era riuscito a
spostarlo di un centimetro, né a disarmarlo. In compenso
aveva tenuto a mente la conta dei proiettili che quello aveva esploso:
- Hai solo un colpo oramai, vecchio gufo!
Fortezza con un guizzo inaspettato ribaltò le loro
posizioni, schiacciando Jack sulle assi del ponte e, tenendogli premuto
un ginocchio sullo stomaco e una mano sul collo, gli
avvicinò la canna metallica alla faccia: - Un colpo solo mi
basterà a farti fuori!
Prima che potesse piegare la gamba per dargli una ginocchiata sul muso,
vide che la pistola gli volò dalla mano: - Non oggi!
– era stata Anamaria con un calcio deciso a fermarlo.
- Tu? Jucard? Sospettavo che fossi passata dalla loro parte!
– sbraitò Worley, alzandosi e sguainando la lama,
pronto ad attaccarla.
- Sono sempre stata dalla parte dei veri pirati, io! –
replicò fieramente la donna, preparandosi a far suonare il
ferro.
Jack ne approfittò per scattare in piedi e rifilare un
destro assestato e una spallata al Capitano della Spettro, facendolo
capitolare in mezzo alla mischia.
- Almeno un grazie, Sparrow – la mora piratessa
reclamò la sua attenzione, ma lui si limitò ad
annuire sorridendole a labbra strette e, allo stesso tempo, volse gli
occhi attorno a sé per valutare la situazione. In breve fu
costretto ad inserirsi anche lui nei duelli all’arma bianca.
- Chi è stato l’idiota che ha pensato di farsi un
tuffo? – chiese ad Anamaria durante un affondo, ghermendole
il braccio libero – Andava tutto liscio! Mi avete rovinato la
sorpresa!
Lei si dibatté irritata: - Nessuno si è tuffato.
Si è staccato un pannello – asserì
dando una gomitata ad un avversario che si trovò alle
spalle.
Jack le fece fare una piroetta su se stessa e poi la
avvicinò a sé fissandola con aria interrogativa,
in attesa di un chiarimento.
La donna girò di nuovo, separandosi da lui che la tratteneva
ancora per il polso sinistro e replicò, con molte pause a
causa della necessità di parare i colpi: - Non lo conosci il
segreto della Spettro? Ha lo scafo ricoperto di specchi infrangibili
che all’occasione vengono nascosti da pannelli di normale
legno. E un diamante in cima all’albero maestro che riflette
la luce del sole. È così che diventa invisibile
– gli spiegò con tono saccente, stupita che non lo
sapesse.
- Un diamante hai detto?! – esclamò Jack drizzando
gli occhi per cercare di individuarlo, quel tanto che bastò
a distrarlo dall’arrivo di una sciabolata che per poco lo
avrebbe sfregiato in faccia, se lei non l’avesse allontanato
– Sei un disastro nel corpo a corpo gioia! – la
prese in giro perché gli aveva pestato ripetutamente i
piedi, evitando ancora una volta di ringraziarla.
- Forse riuscirei a battermi meglio se ti decidessi a lasciarmi andare,
Capitan Tonto!
– lo rimbeccò esasperata lei, convincendolo
finalmente a mollare la presa stizzito, proseguendo da solo.
Entrambi, quasi accidentalmente, scoccarono un’occhiata a
Will ed Elizabeth che invece sembravano una perfetta macchina da guerra
nella loro letale danza con le lame, compensandosi e difendendosi a
vicenda.
Jim rinvenne, trovandosi con metà del viso sporgente dalla
trama della rete.
Con cautela si portò indietro, mettendosi seduto con le
gambe incrociate. Gli restava da pazientare solo un altro
po’. Perciò rinunciò a provare di nuovo
a liberarsi dalle ruvide corde di canapa che gli avevano già
graffiato i polsi e restò ad osservare
l’indiavolata baraonda che imperversava sul ponte.
Almeno una cinquantina di pirati combatteva a colpi di sciabola e di pistola, il
rumore degli spari e del metallo che cozzava gli giungeva insieme ad un
turbine di ingiurie e parolacce.
Nessuno, però, si muoveva con destrezza nel maneggiare quel
semplice ma pericoloso pezzo di acciaio lavorato e lucente come loro
tre.
Gli sovvenne un pensiero curioso, che quella vecchia canzone, imparata
a memoria poco dopo aver mosso i primi passi, fosse stata concepita
apposta per loro.
E, quasi come a darsi conforto, la cominciò a canticchiare,
o meglio, essendo ancora imbavagliato, a mugugnare.
Sua madre, sottile, eppure forte e tagliente, era la spada.
Suo padre, tosto, intrepido e graffiante, era il corvo.
Jack Sparrow, travolgente, misterioso, imprevedibile, era il mare.
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Capitolo 37 *** Capitolo 36: In fuga ***
Capitolo
36: In fuga
- Difendete la nave! Non fateli scappare! Li voglio tutti
morti!
Fortezza urlava a perdifiato, fuori di sé, seguitando a
sparare tra la folla con un moschetto che aveva raccattato, cercando di
acciuffare Jack che gli sfuggiva di continuo come un’anguilla.
Anamaria zampettava come un grillo, sfruttando cime penzolanti e uomini
per spostarsi più velocemente vicino ai Turner: - Ancora non
lo avete recuperato? Sbrigatevi, per mille fulmini! – li
incitò dovendo poi allontanarsi di nuovo per difendersi da
un nemico.
- Non vedo come arrivarci – si discolpò Elizabeth,
turbata e spazientita, portando gli occhi alla rete in cui era
intrappolato Jim che oscillava lievemente sulle loro teste.
- Bisogna cercare di calarla – affermò Will
trafiggendo un tizio, dopo aver esaminato la mancanza di appigli da cui
poterla raggiungere.
- Se li tenete occupati posso provarci io – si
offrì Gibbs, salendo sulla terrazza di poppa e apprestandosi
a sciogliere un groviglio di corde fissate alla ringhiera.
Will ed Elizabeth lo ringraziarono con un cenno del capo, riprendendo a
scagliare colpi di punta e di filo e voltandosi di tanto in tanto per
controllare il suo operato. Ma il navigato marinaio pareva
più confuso che capace, per di più si accorsero
che se sbagliava a tirare fune la rete si restringeva o si spostava
ancora più in alto. Sempre più avviliti, si
ritrovarono a concepire la stessa idea scorgendo un uomo in particolare
tra la ressa che se ne stava con le mani ai fianchi a guardare gli
altri, come se stesse riposando perché sfiancato dai duelli.
- Quello deve essere Fortezza – sostenne lui serrando i denti
con un soffio di collera, lei rispose annuendo e stringendo
più forte il suo braccio mentre si facevano spazio tra i
combattimenti per raggiungerlo.
Arrivati alle sue spalle, Elizabeth gli fece cadere la spada
colpendogli la mano con l’elsa mentre Will si
affrettò ad afferrarlo da dietro bloccandolo
all’altezza del collo con entrambe le braccia,
costringendogli la faccia tra la canna della pistola e la lama del
pugnale.
- Muoviti farabutto! – gli ordinò la bionda
piratessa con il volto in fiamme, pungendolo con la punta della
sciabola al centro del petto.
- Chi siete voialtri? – Worley imprecò con una
voce tale che sembrava volerli sbranare.
Capitan Turner non si lasciò intimorire: - Cammina, o te ne
pentirai – gli intimò freddamente, trascinandolo
di peso con sé con l’aiuto della consorte che,
come lui, lo teneva sotto tiro con le sue armi spingendolo a procedere
in direzione del castello di poppa.
Fortezza non si ribellò pur continuando a bestemmiare, anche
perché si accorse che altri uomini spalleggiavano quella
coppia di invasati seguendoli e attorniandoli.
Mastro Gibbs, che cercava ancora di raccapezzarsi in
quell’intricata trama di nodi, si mise da parte vedendoli
approssimarsi con quell’importante ostaggio, lanciando loro
un sorriso di approvazione.
- Forza, liberalo! – lo spronò Will,
alzandogli la faccia verso suo figlio. L’uomo gli rispose con
uno sputo guadagnandosi però un sonoro e secco ceffone da
parte del giovane padre che aumentò poi la pressione della
pistola sulla sua schiena, torcendogli al contempo il braccio destro.
Altrettanta pressione gli faceva la madre del piccolo: - Guarda che se
non lo fai noi non è che ti uccidiamo … - lo
avvertì improntando un’espressione sadica e
accattivante al tempo stesso, rigirando la spada a poca distanza dal
suo viso e scambiando un’occhiata d’intesa con il
marito.
- Ti facciamo qualche buco in corpo, ma in modo che resti cosciente del
dolore – proseguì lui con un timbro bieco
accostandogli il pugnale ai reni, rinviando uno sguardo complice alla
moglie che fece scivolare sul malcapitato la canna della pistola
schiacciandogliela successivamente sull’inguine: - Hai
bisogno di una dimostrazione? – gli sussurrò con
provocante perfidia, muovendo gli occhi dall’arma ai suoi.
L’Ammiraglio, d’improvviso in preda ad una duplice
eccitazione, sudava freddo e sbatteva le palpebre, fissando il ghigno
insolente della donna.
Will sparò un colpo per terra che lo fece sussultare,
facendogli scappare pure un grido terrorizzato: - Mancato –
lo derise con un sorriso beffardo, indicandogli un foro nelle assi,
rasente il suo piede.
Gibbs osservava la scena a bocca aperta con gli occhi fuori dalle
orbite: - Confesso che quei due mi fanno paura –
balbettò rabbrividendo. Diversi uomini si erano arresi o
avevano smesso di duellare notando ciò che stava accadendo
al loro comandante.
- Non pensare di ricevere il loro aiuto. Dopotutto sono pirati: ognuno
per sé – tornò ad irritarlo Elizabeth,
accorgendosi del suo vano tentativo di appellarsi ai compagni.
- È figlio vostro quello – bofonchiò
Fortezza emettendo un ringhio di rabbia ma, all’ulteriore
minaccia dei Turner che non abbassavano di un millimetro la guardia,
impedendogli ogni movimento, si rassegnò alla momentanea
sconfitta e comandò ai suoi di portare giù la
rete con il bambino. Quelli obbedirono volendo evitare ritorsioni sia
da parte degli aggressori che sorvegliavano ogni loro mossa, sia da
parte di Worley che si sarebbe vendicato in ogni caso, soprattutto se
fosse rimasto sfregiato a causa loro.
Quando la gabbia di funi distava pochi piedi dal centro del ponte, Will
si congratulò sarcasticamente con il Capitano della Spettro:
- Bravo! Hai fatto la scelta giusta. Clanker e Crash –
chiamò quindi due dei suoi – Legatelo e toglietelo
dalla mia vista! – comandò loro, correndo dalla
moglie che già protendeva le braccia verso il ragazzino
ancora costretto in quel groviglio di canapi.
Fu lui a tranciarle in fretta con il fidato pugnale ed Elizabeth,
boccheggiante e piangendo di felicità, si
inginocchiò e catturò subito il figlio in un
caloroso abbraccio: - Oddio! Jim! Amore mio! Come stai? Che ti hanno
fatto? – lo copriva di baci e carezze con il cuore a mille.
Will, più pratico e un po’ meno espansivo, si
piegò e tolse al piccolo il bavaglio e i lacci che gli
bloccavano i polsi, domandandogli poi adirato e ansioso: - Ti hanno
maltrattato? Non avere paura, parla!
Jim scansò amorevolmente le manifestazioni di affetto della
madre e si asciugò gli occhi, rispondendogli con voce debole
ma decisa: - Non mi hanno fatto del male. Sono solo stati antipatici e
non mi hanno dato da mangiare – li informò
toccandosi l’addome con una piccola smorfia –
Perciò ho tanta fame. E sete – confessò
chinando il mento e tornando a rifugiarsi tra le braccia della mamma.
- Hai anche bisogno di una bella strigliata –
arricciò il naso lei, poggiandogli di nuovo le labbra sulla
fronte e mettendosi in piedi senza lasciarlo.
- Ma non l’ho fatto apposta a farmi rapire! – si
voltò il bambino offeso, senza la forza di dibattersi
perché lo facesse camminare con le sue gambe.
- Perché non mi capite mai quando parlo? –
esclamò Elizabeth con un sospiro rassegnato, alternando lo
sguardo dal figlioletto al marito.
- Tua madre voleva dire che hai bisogno di lavarti per bene –
gli spiegò divertito Will, grattandogli la testa e
solleticandogli la pancia.
Jim rise un po’ insieme ai suoi, dopo si guardò
attorno rendendosi conto degli scontri che si erano riaperti fra gli
ultimi irriducibili mentre loro se ne stavano in disparte a rallegrarsi
di quel bizzarro momento di riunione familiare.
S’imbronciò leggermente nel vedere tutta quella
violenza e cacciò la faccia nell’incavo del collo
di sua madre, tenendosi stretto e sentendosi lisciare i capelli dal
padre prima che questo si sporgesse verso l’Olandese
segnalando a Sputafuoco di provvedere a spostare una passerella dove si
trovavano loro. Risollevandosi salutò con la mano il nonno,
poi il suo volto s’illuminò: - Papà!
– cominciò a strillare costringendo Elizabeth a
raggiungere presto il marito – Fortezza non sa niente di te!
Pensa che l’Olandese appartenga a Jack! – gli
rivelò raggiante, facendosi rimettere per terra.
- Un buon motivo per affrettarci! – approvò lui,
iniziando a richiamare gli altri della sua ciurma.
Tuttavia la sua voce fu sopraffatta da un allarme che si ripercosse da
un capo all’altro della Spettro: - Nave in vista! Marina
britannica!
- Mannaggia! – a Jack scappò una pallottola che
ferì alla spalla un bucaniere che aveva di fronte.
- Uffa! – protestò Anamaria, tirando un pugno
all’avversario che mancò l’affondo.
- Accidenti! – trasalì Elizabeth, quasi ricadendo
indietro dopo che aveva messo piede sulla ringhiera per passare
sull’asse.
- Salpare le ancore! – gridò perentorio Will,
afferrando con un gesto scattante la mano di lei e del figlioletto e
correndo assieme a loro sulla palanca per tornare al suo veliero.
- E Jack? Non lo aiutate? – li ammonì Jim,
rifiutandosi di camminare. Quelli, fermandosi, si guardarono un secondo
prima di ribattere all’unisono, scrollando le spalle: - Si
arrangerà.
- Pirati! – sbottò il bambino sbalordito,
arrancando per stare al loro passo svelto.
Il ponte della Medusa Spettro si stava svuotando come se delle gocce
d’acqua si fossero abbattute su un formicaio.
Nell’urgenza di preparare le navi alla partenza, le ciurme
interruppero le ostilità. L’Olandese Volante si
avviò per prima sfruttando il vento favorevole.
- Che briccone di un pirata della peggiore specie! Se
l’è svignata senza aspettarci! – esplose
Jack guardando la nave di Turner prendere il largo – Gibbs!
Gibbs! – si mise a chiamare quindi con impazienza, mentre
decine di uomini gli sfrecciavano davanti per arrampicarsi sulle
sartie, sugli alberi e sui pennoni.
- È andato con loro, credo – lo
ammutolì Anamaria – Pronto? - gli
domandò dunque spingendolo verso la murata.
Il pirata salì sulla balaustra del parapetto e le rivolse un
cenno di assenso senza perdere l’espressione corrucciata: -
Pronto! – brontolò calcandosi il tricorno in testa
e tuffandosi in mare seguito dalla donna e da altri bucanieri.
Dovettero nuotare solo per qualche metro, poi delle cime gettate dai
marinai della Murena li issarono direttamente a bordo.
- Tutto bene signora? Com’è andata? – si
precipitarono a chiedere gli energumeni che componevano la ciurma della
Jucard, aiutandola a rialzarsi.
- Tutto bene – confermò spiccia lei, dirigendosi
con rapidità al timone, tallonata da un frustrato Jack
– Issate gli ormeggi e spiegate le vele! La rotta ce la
fornirà il signor Sparrow! – asserì
voltandosi e indicandolo.
Nel sentirsi coinvolgere, quello estrasse con un sorriso entusiasta la
bussola ma quando vi piantò gli occhi si accorse che
l’ago ruotava come impazzito.
Anamaria allungò il collo per sbirciare, mentre strizzava
via l’acqua dai capelli. Dato che Jack non parlava e,
compreso il problema, ordinò al suo luogotenente: - Portaci
via di qui, Josè!
L’uomo, due metri d’altezza, pelle
d’ebano e accento spagnolo, cominciò ad impartire
istruzioni a tutti gli altri, abbandonando la balconata di poppa.
Jack teneva gli occhi sulla Medusa Spettro e poté osservare
per la prima volta il funzionamento di quell’ingegnoso
meccanismo, notando anche come nelle vele brillassero strisce dorate
che riflettevano la luce deviata da quel grosso e appetibile diamante
incastonato sopra l’asta della bandiera.
- Non possiamo cannoneggiarli un po’ prima di andarcene?
– si azzardò a chiedere al Capitano con un moto di
rancore.
- Non metterti in testa di dirmi quello che devo fare! –
replicò lesta lei, girando bruscamente il timone per
cambiare rotta. Lui si tirò indietro freddato da quel tono
aggressivo. La donna bloccò con una cinghia la ruota del
timone per poterlo lasciare ingovernato: - Piuttosto concentrati sul
nostro obiettivo: Barbossa – gli raccomandò
chiudendo le sue mani su quelle di lui e sulla bussola – O ti
puoi considerare pasto per i pesci! – lo avvertì,
smentendo subito quell’apparente momento di morbidezza.
- Ti servo solo a questo? – la stuzzicò lui,
allungando la punta delle dita verso la sua guancia. Lei fu
più svelta e gli schiaffeggiò la mano: - Renditi
utile – gli sibilò per poi ritrarsi e andarsi a
rifugiare nella sua cabina.
Sulla Medusa Spettro, tornata invisibile e lanciatasi
all’inseguimento dei due vascelli, Thomas Worley era stato
liberato dai suoi: - Riferite al Capitano Taft che non
tollererò altri suoi indugi, anche se per questa volta
l’abbiamo scampata.
La Barracuda, poco dietro, ammainò la bandiera inglese, e si
unì alla caccia inabissandosi.
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Capitolo 38 *** Capitolo 37: Calma apparente ***
Capitolo
37: Calma apparente
Al calare delle prime ombre anche la brezza aveva cominciato a soffiare
con minore intensità, mentre la sagoma della mezza luna
diventava più luminosa, insieme alle prime stelle che
punteggiavano un cielo indaco e sereno.
Ma nel mare placido che lambiva lo scafo dell’Olandese
Volante, nell’aria tiepida che s’infrangeva sulle
vele, sui suoi vestiti e tra i suoi capelli, Will avvertiva
un’enigmatica presenza che lo rendeva vigile e irrequieto.
Non si trattava solo della Medusa Spettro, che, anche se non si
distingueva più all’orizzonte, probabilmente stava
continuando a scortarli, né di quella nave inglese che aveva
fatto stranamente perdere le sue tracce dopo aver provocato un gran
trambusto in quella baia, favorendo indirettamente la loro fuga.
Non era la prima volta che si sentiva spiato: quasi tutte le sere,
negli anni passati, dopo il tramonto, lei gli faceva visita. Certe
volte non appariva sotto alcuna forma, riusciva a percepirne solo i
suoi melliflui sussurri nel vento, che diversamente non sarebbe
esistito in quelle terre di morte dove tutto era statico e inanimato.
- Il tempo che mi hai concesso non è ancora scaduto
– le rammentò con un tono aspro e snervato,
irrigidendosi e stringendo le dita sul legno del parapetto quando gli
parve di averla alle spalle. Una lieve corrente salmastra gli
volteggiò attorno e poi si dissolse scivolando via con un
rapido fruscio tra le onde.
- Vieni? – l’invito premuroso e sottilmente
impaziente di Elizabeth lo distolse dal mare e dai suoi oscuri
messaggi. Si voltò piano, cercando di assestare il respiro
su un ritmo più regolare e di camuffare il turbamento da
stanchezza. La scarsa luce facilitava il suo proposito e lei era
talmente felice per il ritrovamento del loro figlio da aver annullato
qualsiasi pensiero spiacevole. Non smetteva di rivolgere sorrisi
contagiosi a tutti, come si fosse dimenticata dei problemi ancora
irrisolti. E lui finiva puntualmente per cedere alla sua incantevole
esuberanza, perciò lasciò che lo prendesse per
mano conducendolo alla loro cabina.
I corridoi di sotto coperta erano quasi deserti ma alcuni uomini di
ronda gli augurarono sonni tranquilli, assicurandogli che sarebbero
rimasti sul ponte e che l’avrebbero avvisato se fosse
successo qualcosa degno di nota. D’altronde prima
dell’approdo stabilito sarebbero trascorsi dai tre ai cinque
giorni, imprevisti esclusi.
Richiudendo la porta del loro alloggio Elizabeth inserì due
giri di chiave, appese la lampada ad un gancio della parete
spegnendola, gli schioccò un bacio a fior di labbra e si
rifugiò dietro il separé per cambiarsi per la
notte.
Will si slacciò la cintura con le armi riponendola su una
panca e si diresse verso il letto. Notò che la rete era
stata completamente rivestita con quelle stoffe rubate al galeone
spagnolo e che ora il talamo aveva un aspetto più
accogliente. Si sedette sulla sponda destra per dare
un’occhiata al suo erede che se ne stava sdraiato al centro.
Il bambino non dormiva e sentendolo si tirò su,
avvicinandosi senza uscire dalle coperte. Lui gli passò un
braccio intorno alla vita, facendolo appoggiare al suo petto.
- Stai meglio, Jim? – gli chiese sottovoce dopo qualche
secondo. Il piccolo mosse su e giù la testa contro la sua
camicia, giochicchiando al contempo con il suo ciondolo a forma di
conchiglia, ad occhi bassi e con l’orecchio intento ad
ascoltare il suo cuore. – Ti vergogni di essere un Turner?
– lo riscosse suo padre, con tono semiserio.
Lui si divincolò immediatamente guardandolo in faccia con
stupore: - Vergognarmi?! – strepitò contrariato,
richiamando la curiosità di sua madre che si sporse per
sbirciarli.
- Tuo nonno mi ha raccontato che ti sei presentato come
“Billy Jim Sparrow” – biascicò
Will seccato, piegandosi in avanti per togliersi gli stivali.
- È stata una cretinata – cominciò a
giustificarsi Jim, fissandosi la punta dei piedi per
l’imbarazzo – Non volevo farmi catturare, ma ho
avuto così paura che non sono riuscito a inventarmi un
cognome credibile, diverso dal mio – sbuffò
appiattendosi sul cuscino con le braccia conserte.
Elizabeth gli andò incontro, facendo svolazzare la leggera
sottoveste celeste e i capelli sciolti per abbracciarlo: - Oh, tesoro
– mormorò intenerita.
Il bambino non gradì quella compassione: - Io non
sarò mai forte e coraggioso come voi! –
borbottò nascondendosi sotto le coperte.
I suoi genitori si sorrisero afferrando un lembo ciascuno per
scoprirlo: - Ti sbagli. Lo sei già –
affermò suo padre.
- Devi solo fare un po’ di pratica – aggiunse sua
madre sfiorandogli una guancia e poi allontanandosi per spegnere le
ultime candele sparse per la stanza.
Jim ruotò lo sguardo su entrambi rimettendosi seduto e un
mezzo sorriso gli spianò il viso, prima che si adombrasse di
nuovo: - Tanto quando torneremo a Port Royal non mi servirà
più a niente tutto quello che ho imparato …
- Io non potrò tornare a casa con voi –
asserì d’un soffio Will, mordendosi subito dopo la
lingua per la franchezza della sua esternazione.
Elizabeth si fermò all’istante mentre suo figlio
gettò via le coperte e si avventò su di lui
alzandosi sulle ginocchia: - Perché? Quando tutto
sarà risolto potrai scendere a terra! No?
Il giovane uomo si sforzò di sorridere per tranquillizzare
tutti e due, accorgendosi dei loro volti tesi. Quando la moglie si
sistemò sul letto di fronte a lui si risolse a spiegare,
intimidendosi un po’: - Anamaria mi ha informato del fatto
che hanno messo una taglia sulla mia testa. Se tornassi lì,
mi condannerebbero seduta stante – concluse portando lo
sguardo in un punto indefinito della stanza.
Il bambino crollò sul materasso sbuffando scocciato.
Elizabeth si spostò gradualmente su di lui, allacciandogli
le braccia attorno al collo per confortarlo tacitamente, immergendo gli
occhi nei suoi, ancora incapace di formulare parole di incoraggiamento.
- Lo so io di chi è la colpa! – sbottò
Jim dopo averli osservati per qualche secondo – Di quella
stupida e ottusa di Estrella! Non gli sei mai piaciuto! Diceva sempre
chi ci avevi abbandonati!
- Jim! Non puoi accusarla senza sapere – lo sgridò
sua madre – Ci è stata accanto per tanti anni
… - gli fece notare stringendosi automaticamente di
più a Will che ricambiava quel gesto, respirando veloce,
irrequieto e con le labbra serrate per il dispiacere.
- Puoi parlare con il Governatore Mills! Lui ti ascolterà,
mamma. Spiegagli tutto! – propose il ragazzino, fiducioso.
La giovane donna scrutò il marito con un barlume sagace
sollevandogli il viso tra le mani: - Io penso che tuo padre non solo
non possa, ma non voglia tornare – sostenne carezzevole,
sfibbiandogli un bottone dopo l’altro la giacca. Lui si
allungò per baciarla, rianimato dalla sua brillante
perspicacia nel capirlo al volo per certi aspetti, senza bisogno di
tante parole.
- E non vuoi nemmeno tu? – si intromise di nuovo Jim
rivolgendosi alla madre, insicuro e speranzoso. Lei gli rispose
allargando la bocca in un sorriso birbante ed eloquente.
- L’ultima parola spetta a te –
puntualizzò Will con la stessa espressione allegra.
Il bambino li sfidò con un’occhiataccia severa per
accertarsi che non stessero scherzando, poi ci rifletté su
due secondi e alla fine, separandoli con le mani, esclamò: -
Ci sto! Però in futuro voglio una cabina tutta mia!
Jack aveva visto sorgere l’alba ormai da due ore sul ponte
della Murena che frattanto si era ripopolato, quando finalmente
Anamaria venne fuori dal suo alloggio in cui si era isolata dalla sua
vista poco dopo che erano ritornati a bordo.
Né la Spettro né la nave inglese erano state
avvistate, ma le condizioni atmosferiche stavano peggiorando e
l’umidità rendeva l’aria sempre
più densa, offuscando i raggi del sole.
- Non corrucciarti. Avrai modo di salutarlo di persona, presto
– esordì vaga la piratessa, affacciandosi accanto
a lui dopo averlo squadrato per alcuni minuti da lontano.
Sparrow si voltò, facendo tintinnare i suoi numerosi
pendagli: - Eh? A chi ti riferisci?
- Al piccolo Turner – rispose la donna, ammiccando
all’Olandese che navigava una cinquantina di braccia davanti
a loro. - È una forza della natura, non trovi?
Il pirata si scosse tutto, quasi come gli avesse rifilato un bicchiere
di vino acetoso: - Oh! Semmai è una calamita per la
sfortuna! Con una forza magnetica superiore a quella di quei due
sciagurati dei suoi genitori messi assieme! –
sentenziò irritato, provocando nella sua ascoltatrice una
reazione ilare, per cui proseguì con un timbro ancora
più esasperato: - Da quando l’ho conosciuto non ho
avuto altro che sventure! – lei stava per ribattere ma lui la
anticipò – Mi hanno sparato, sono finito
sull’Olandese Volante, ho rincontrato Barbossa, il Capitano
della Piovra mi ha quasi rapito, ho smarrito la bussola, hanno
distrutto la tomba di un mio caro conoscente, ho visto Calypso, e sono
pure sul punto di …
- Hai visto Calypso? – lo interruppe Anamaria attonita
– Dove? Quando? Che ti ha detto? – lo
tempestò scuotendolo per il bavero.
- Forse era solo un sogno – la zittì Jack,
mostrandosi dubbioso e staccandosi le sue mani di dosso con durezza.
La Jucard non si scompose troppo, conoscendo i suoi incoerenti modi di
fare, e qualcos’altro la indusse a cambiare discorso: -
Diavolo! Perché questa nave fila così oggi?
- Non è meglio? Prima arriviamo, prima ti sbarazzerai di me.
E io di te – ammise il bislacco pirata, pedinandola con
andatura sghemba mentre tornava trafelata al comando del timone.
- C’è qualcosa che non va –
tentennò lei sporgendosi ad osservare le onde –
Pedro! Qual è la nostra velocità di navigazione?
– chiese ad uno dei suoi che provvide ad immergere il
solcometro con l’aiuto di altri due uomini, dandole il
responso dopo due minuti, non senza meraviglia: - Dodici nodi, signora!
- Però! – commentò Jack ammirato e
sbalordito.
- Anche in giornate di vento forte e costante la Murena non ha mai
superato gli otto nodi. Comprendi? – gli fece sapere la
donna, imbracciando con veemenza la ruota timoniera.
- Comprendo – rispose lui, un po’ infastidito dal
suo accento canzonatorio – Magari ci siamo inseriti in una
qualche corrente oceanica … - mormorò
picchiettandosi il labbro, ma lei scosse la testa ansiosa.
- Stiamo navigando alla velocità di dieci nodi, Capitano!
– comunicò un marinaio al comandante
dell’Olandese Volante.
- Troppi – commentò Sputafuoco dando voce agli
interrogativi del figlio.
- Papà! Vieni a vedere! – strillò nel
contempo Jim arrampicato sul bompresso – Quella è
una balena? Non può essere che ci ha agganciati?
I suoi genitori corsero a prua, mettendosi a guardare quello strano
fenomeno tra i flutti.
- Questa mi pare una vera e propria fesseria, William James –
l’ammonì Elizabeth non credendolo possibile.
- Qualcosa c’è – attestò
invece Will, individuando a qualche metro di distanza dal tribordo un
profilo argenteo che fuoriusciva di tanto in tanto dalla superficie
liscia del mare, grigio come il cielo nuvoloso.
Senza alcun preavviso un’onda con le sembianze di
un’enorme mano si sollevò fino alla murata, sotto
gli sguardi increduli della ciurma, ghermendo proprio il Capitano
Turner che non ebbe il tempo di reagire e opporsi a quella forza
sovraumana.
- Will! – urlò di continuo la moglie, spiccando un
salto e riuscendo ad aggrapparsi a lui.
Jim, invaso da un febbricitante tremore, si tenne con tutte le sue
forze all’albero obliquo mentre quell’artiglio
d’acqua trascinava suo padre e sua madre negli abissi.
Gli uomini della Murena avevano appena assistito a quello straordinario
fatto, quando si ripeté anche sul loro vascello, a danno,
stavolta, di Sparrow il quale iniziò a schiamazzare e a
scappare da una parte all’altra, ma venne infine ugualmente
catturato.
Non solo dall’onda anomala.
- Dove credi di andare? Nessuno abbandona la Murena tanto facilmente!
– gli urlò contro Anamaria, reggendosi alla sua
gamba.
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Capitolo 39 *** Capitolo 38: Scelte ***
Capitolo
38: Scelte
La luce, l’aria, le voci degli uomini, presto divennero
schegge confuse che pungevano i loro sensi con
un’intensità via via minore, fino a che furono
sostituite del tutto da un colore azzurro intenso, dalla schiuma, dal
turbinio dell’acqua salata che, sotto forma di corrente
circolare, li risucchiò verso il fondo.
Le due coppie di pirati si incontrarono proprio nel mezzo di quel
vortice travolgente e innocuo al tempo stesso, afferrandosi
impulsivamente per mano e formando un cerchio.
Continuavano ad affondare, ma senza sentire alcun peso sui loro corpi,
come fossero in qualche modo protetti all’interno di una
bolla estremamente resistente che impediva all’acqua salata
di penetrare.
Stupore, fascino, paura si rimescolavano senza sosta negli animi di
Will, Elizabeth, Jack e Anamaria, paralizzando i loro muscoli e le loro
corde vocali, tanto che non erano in grado di discernere se si
trovavano sotto un incantesimo o se la loro fosse solo suggestione.
Compresero la coincidenza dei loro pensieri incrociando i loro sguardi
trepidanti e disorientati.
Quando quella surreale corsa subacquea si arrestò si
ritrovarono in un baleno all’interno di uno strano ambiente
ovattato: una sala ampia e spoglia dalle pareti trasparenti come vetro
che lasciavano intravedere la ricca flora e fauna sottomarine. Subito
si separarono, disgiungendo le mani, attirati dal desiderio di
osservare più da vicino le piante e i pesci variopinti che
nuotavano intorno a loro e sembravano non notarli.
Gli uomini erano ancora ammutoliti, mentre le donne non riuscivano a
trattenere versi di meraviglia, soffocandoli con forti respiri e
scambiandosi espressioni estasiate e ansiose.
Soltanto quando si distolsero da quello straordinario spettacolo,
notarono la presenza di due individui che ben conoscevano, in piedi
contro delle tavole di pietra conficcate verticalmente nel fondale
sabbioso, le braccia verso l’alto e le gambe divaricate.
Avvertirono una scossa e vennero sospinti ciascuno con la schiena
contro uno scoglio comparso dal nulla, dalla superficie piatta e liscia
che però iniziò a sgretolarsi germinando in
corrispondenza delle loro caviglie e dei loro polsi delle alghe che,
annodandosi, li intrappolarono come fossero catene di ferro.
Un flebile tremore si propagò nell’atmosfera
silente: proprio al centro della sala la sabbia cominciò a
muoversi ed emerse gradualmente un trono dalle linee arrotondate,
scolpito nel lucido basalto. Su di esso si materializzò poco
a poco lei: il corpo etereo, della consistenza dell’acqua,
assunse sembianze umane, leggermente diverse da quelle che aveva avuto
in passato. La sua pelle aveva un colore cangiante mentre camminava
verso di loro, dal blu scuro al verde smeraldo, dal rosa carne al
bruno. I capelli, liberi da qualsiasi acconciatura, ricadevano ondulati
e soffici lungo il suo profilo sfiorandolo fino al ginocchio,
evidenziando le sue forme prosperose parzialmente nascoste da una veste
di bisso dalla consistenza impalpabile che aveva tutti i riflessi del
mare e una coda adornata di fiori, foglie e piccoli animaletti marini.
I suoi occhi scuri, grandi, profondi e indagatori e le sue labbra
turgide e purpuree, erano le stesse. Possedeva una bellezza sinistra,
conturbante e ipnotica.
Calypso scrutò con un sorriso soddisfatto e vorace i suoi
prigionieri, compiacendosi dell’effetto frastornante che
suscitava nei loro animi: - Oh! Quattro bei pesci! –
esclamò quadruplicandosi di colpo, così da poter
stare davanti a ciascuno di loro contemporaneamente – Ognuno
di voi mi ha tradito in qualche modo, ma come posso ignorare il vostro
valore, miei amati capitani? – proferì con un tono
ambiguo, annullando le copie di sé e tornando unica.
Elizabeth e Anamaria girarono a stento il collo lanciandosi
un’occhiata preoccupata e stupita: la dea sembrava non
essersi accorta di loro due, poco più distanti, e si
rivolgeva solo agli uomini.
Infatti riprese a conversare con una voce bassa e sensuale, portandosi
di volta in volta di fronte al pirata cui si riferiva e fissandolo con
prorompente bramosia e sottile tormento.
- Hector Barbossa. Un astuto approfittatore che agisce sempre e solo
per se stesso. E resta sempre a galla con onore.
Thomas Worley. Uno spietato cacciatore di navi e di uomini,
così sprezzante che scommetterebbe perfino un suo arto per
guadagnare un briciolo di potere in più.
William Turner. Un prode eroe. Leale, passionale e tanto altruista da
non esitare ad offrire più volte la vita sua per salvare chi
gli è caro.
Jack Sparrow. Un abile manipolatore di coscienze e di circostanze.
Capace di risorgere dalle ceneri di qualunque sconfitta, mai pago del
pericolo.
Mentre lusingava le loro qualità essi si sentivano
accarezzati senza che lei li sfiorasse, e sentivano di non possedere
più il controllo del loro corpo e della loro mente,
desiderando soltanto di obbedirle.
- Oh, se i vostri spiriti battessero in un solo cuore! Quale uomo
perfetto sarebbe colui che lo possederebbe … -
dichiarò congiungendo le mani e girando su sé
stessa, esplodendo in una fosca risata di contentezza. Si interruppe
immediatamente quando i suoi occhi si posarono sui volti lividi delle
due donne, immobilizzate al pari dei loro compagni ma, a differenza di
questi, ancora sveglie e coscienti. Le raggiunse in un soffio,
squadrandole qualche secondo con disprezzo: - L’inconveniente
della pesca a strascico: finiscono nella rete pure i rifiuti del mare
– sbottò schioccando le dita, ed esse svanirono
all’istante da quella magica dimora.
Al contatto con l’acqua fredda in cui si ritrovarono a
galleggiare, le due piratesse riacquistarono totalmente
sensibilità e avvertirono il vento umido che ne increspava
la superficie e i raggi del sole che avevano spazzato le nubi.
Anamaria, tenendosi con la testa fuori, si guardò attorno
facendosi scudo con una mano dalla luce forte del giorno e
individuò quattro navi vicino a loro, tra cui riconobbe la
sua, l’Olandese Volante e, inspiegabilmente, la Perla Nera.
La quarta, guardando meglio, comprese che era la Medusa Spettro.
Voltandosi per dirlo ad Elizabeth non la trovò
più accanto a sé ed iniziò a chiamarla
ad alta voce con apprensione. Infine la notò a qualche metro
da lei che provava e riprovava delle immersioni, senza riuscire a
restare sotto per più di un minuto. Nuotando
arrivò a toccarla, ma la giovane donna non dava segno di
volersi arrendere: - Non glielo permetterò! –
seguitava ad urlare risoluta e rabbiosa, riprendendo fiato e
rituffandosi.
Anamaria si vide costretta a fermarla e dissuaderla, agguantandola con
vigore per le braccia e scuotendola: - Elizabeth, basta! Non puoi
– bisbigliò dispiaciuta, attenuando
l’asprezza di prima. L’amica contrasse le palpebre
e la bocca, arginando il pianto, tuttavia le si gettò
incontro cercando conforto e per poco non la fece sprofondare. Per
fortuna i marinai le avevano avvistate e buttarono delle cime per
aiutarle, senza però preoccuparsi di calarsi con delle
scialuppe, probabilmente perché ancora terrorizzati
dall’accaduto.
Jim non si era allontanato un attimo dal parapetto, sentendosi
colpevole per l’ennesimo incidente capitato ai suoi genitori.
Il ritorno di sua madre lo risollevò solo in parte: - Mamma?
– esalò con i lucciconi che gli inumidivano le
ciglia, temendo il peggio, prendendola per la manica della camicia per
obbligarla ad ascoltarlo.
Elizabeth non era più capace di parlare in quel momento,
aveva bruciato tutte le sue energie nell’inutile tentativo di
tornare da Will e si mostrò indolente perfino di fronte alle
richieste del figlio. Gli rivolse uno sguardo vuoto e frustrato e,
voltandogli le spalle, appoggiò i gomiti alla ringhiera
senza rispondergli. La sua freddezza mortificò ulteriormente
il bambino che si impietrì impaurito non insistendo
più.
Arrivata a bordo dell’Olandese Volante, Anamaria
capì di aver fatto la scelta giusta: la signora Turner era
troppo amareggiata e alcuni uomini sembravano più
incuriositi che impensieriti per la sorte del loro Capitano,
raddoppiando il nervosismo del primo ufficiale.
C’erano anche Pintel, Ragetti e Marty, in rappresentanza
della Perla Nera, José e Pedro, i suoi marinai
più fidati, e altri tre che si presentarono come bucanieri
della Spettro.
Tutti volevano sapere.
La piratessa mulatta si prestò, perciò, di fare
il resoconto dell’incredibile avventura attirando
l’attenzione di tutti su di sé con un timbro
vivace e svelto, sbirciando nello stesso tempo i movimenti della
Turner. E non si stupì molto dell’alone di rivalsa
che le si dipinse sul viso, prendendo il posto della rassegnazione,
mentre graffiava con le unghia la balaustra di legno dondolandosi
avanti e indietro sulle gambe, come fosse sul punto di scattare su una
preda da un momento all’altro.
- Li ha presi tutti e quattro? E ora cosa gli farà?
– la vocetta agitata di Jim fu come una folata di grandine e
i suoi occhi lucidi sembravano scagliare fulmini.
Anamaria si inumidì le labbra e chinò la fronte,
incapace di sostenerli, espirando lentamente ed evitando qualsiasi
commento per non ferirlo.
Sputafuoco e Gibbs ebbero la prontezza di portare via il bambino,
tranquillizzandolo come meglio poterono: - Magari intende solo mettere
in chiaro delle cose. Dobbiamo solo aspettare, vedrai – lo
incoraggiò suo nonno.
- Già, deve essere così … - gli fece
eco l’altro, traendo un sospirone colmo
d’apprensione.
Il Capitano Jucard si volse alla sua Murena. Doveva tornare, gli uomini
della sua ciurma già lamentavano la sua assenza e
reclamavano di essere informati anche loro su quanto era successo. Ma
prima di andare volle assicurarsi che Elizabeth non commettesse qualche
follia. Ormai la responsabilità dell’Olandese
Volante era sua. E non le piaceva quel suo strano atteggiamento. Le si
avvicinò poggiandole tre dita sulla spalla sinistra: -
Abbiamo fatto il possibile, amica mia. Ma quella è una dea
– le sussurrò mesta.
Non si aspettava affatto quella sua risposta: - Anamaria, sii sincera.
Tu ci tieni a Jack?
L’aveva spiazzata. Che c’entrava adesso Sparrow con
la sua disperazione per la perdita dell’amatissimo marito?
Impacciata dall’insistenza con cui la scrutava, si
ritrovò a balbettare coprendosi la bocca con la punta delle
dita e distogliendo il volto: - Bé … io
… un po’ … sì. Lo conosco da
tanti anni.
- E io conosco Will da una vita. Non voglio altro che lui! –
replicò la Turner con fervore, asciugandosi con i
polpastrelli le ultime amare lacrime – Uomini come Will, o
come il tuo Jack – si fermò un istante, notando la
smorfia di imbarazzo sulla faccia della sua interlocutrice –
sono unici. Non troveremo mai nessuno come loro, dovessimo campare
cent’anni e navigare intorno al mondo per il resto dei nostri
giorni! Dobbiamo riprenderceli!
Anamaria la fissava sconvolta: Elizabeth era sempre così
impetuosa! Quando si trattava di Will, poi, perdeva qualsiasi
connessione con la realtà. Veramente credeva di poter
sfidare un’entità sovrannaturale? Doveva
convincerla a tornare al presente: - Noi pirati siamo spiriti liberi.
Non siamo fatti per stare insieme – sostenne disillusa,
girandosi per avviarsi alla scialuppa.
Elizabeth la osservava allibita: Anamaria era davvero tanto insensibile
e pessimista? Che fine aveva fatto il suo ardimento? Cosa aveva da
perdere? Doveva convincerla a supportarla in quell’impresa: -
Cosa credi? Che per me sia stato tutto rose e fiori? Ho perso il conto
di tutte le volte in cui ho bisticciato con Will in questi giorni!
- Finalmente comprendi cos’è la convivenza, Lizzie
– ribatté quella sarcastica, torcendosi una ciocca
di capelli con aria indifferente.
- E rimpiango di non averla vissuta prima! –
affermò con enfasi la bionda piratessa, quindi
inchiodò il suo sguardo con determinazione: - Non
è una tua scelta il fatto che lo ami – la Jucard
trasalì, sgranando gli occhi turbata – Ma sta a te
adesso scegliere se salvarlo – cercò di
persuaderla con serietà.
- Hey! Vacci piano! – si scansò Anamaria, mettendo
le mani avanti e arrossendo di vergogna e di irritazione –
Scelgo di aiutarti, va bene? – la accontentò,
ostentando il suo disinteresse – Hai un piano, per caso?
Elizabeth sorrise impercettibilmente, annuendo decisa: - Sì.
Il Codice.
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Capitolo 40 *** Capitolo 39: Un aiuto insperato ***
Capitolo
39: Un aiuto insperato
Calypso si adagiò mollemente sulla sfarzosa
poltrona di basalto, raccogliendo i capelli con entrambe le mani,
stendendoli sul lato destro del suo profilo: - Forse voi tutti non
avete ancora capito perché siete qui – riconobbe
con voce incrinata dallo sdegno, quindi tornò a parlare con
un misto di mellifluità e ribrezzo, lisciandosi le ciocche
ondulate: - Alcuni della vostra specie continuano ad umiliarmi,
tracciando confini, appropriandosi delle mie ricchezze, servendosi di
me come di uno strumento per i loro beceri fini. La mia pazienza non
è eterna – fece una pausa chiudendo le palpebre e
accigliandosi – e le mie capacità non sono
infinite. Mi occorre un alleato, potente e affidabile –
affermò alzandosi e tornando davanti a loro – Lo
creerò appositamente. È per questo che vi ho
chiamato. Mi servite, tutti e quattro. Voi e le vostre navi.
Li fissò per una manciata di secondi, le labbra inarcate,
assaporando le diverse reazioni che alteravano i loro lineamenti.
- Io non ce l’ho una nave! – protestò
Jack con uno strillo più acuto di quanto si aspettasse. Non
era mai stato tanto felice di dover ammettere una verità
simile, ma nel bagliore con cui si stagliarono sulla pelle ambrata gli
occhi ora color acqua marina della dea, comprese che quella condizione
non sarebbe bastata ad escluderlo dai suoi tetri piani.
- Le carte nautiche erano solo un pretesto, allora? –
insinuò Will, attirandosi un sorriso di falsa compassione da
parte della sovrana degli oceani, che batté un paio di volte
le lunghe ciglia setose prima di rispondergli.
- Erano una prova cui ho voluto sottoporre la vostra fedeltà
nei miei riguardi. So quanto vi interessassero i tesori che
promettevano. In verità nessuno di voi mi ha mai soddisfatto
pienamente – ammise con uno strisciante rancore, voltandosi e
allontanandosi. Articolando lentamente le dita fece comparire dalla
sabbia una serie di rocce su cui erano poggiate boccette e ampolle dal
contenuto indistinto.
- Nessuno? – esclamò Jack con un piglio sbruffone
e malizioso, provando a distoglierla da qualunque cosa si stesse
apprestando a fare.
- Mia signora, i tuoi desideri sono così volubili
… - borbottò quasi contemporaneamente Barbossa,
con accento tanto grave quanto sarcastico.
Calypso tornò indietro quasi volando nell’aria
priva di moto: - Specialmente voi due, Sparrow e Barbossa, avete sempre
cercato di fregarmi – li mise a tacere serrando un pugno e
provocando loro una fitta al centro del petto che sembrava inflitta
dalla morsa delle sue unghie.
Gli uomini emisero un lamento soffocato e i loro compagni, ignari di
ciò che stessero provando, li osservarono straniti e
sgomenti.
- In quanto a voi, Worley e Turner – li richiamò
con fastidio la dea, accorgendosi della loro disattenzione –
Non posso dire che non mi abbiate appagata in misura maggiore
– cambiò tono, scandendo le parole con subdola
smanceria, per poi offuscarsi – Ma anche voi avete i vostri
difetti imperdonabili …
Erano chiuse lì dentro ormai da mezzora a leggere e neppure
lo avevano interpellato.
Jim, imbronciato e demoralizzato, si alzò dalla sedia e
strascicò rumorosamente i passi fino alla porta,
chiudendosela alle spalle con un botto.
Elizabeth sfogliava ripetutamente le poche pagine del Codice che
narravano la storia del primo consiglio della Fratellanza e della
cattura di Calypso, ansimando in cerca di una soluzione che sembrava
inesistente. Anche Anamaria iniziava a spazientirsi: poteva sorvolare
sul fatto che la sua amica avesse tolto a quel prezioso libro la
voluminosa copertina per farlo entrare in quel forziere, ma non poteva
permetterle di scompaginarlo del tutto, data l’irruenza con
cui scartocciava i fogli di consunta pergamena.
- Deve pur esserci qualcosa che possa aiutarci, maledizione!
– esplose un bel momento la Turner, battendo un palmo sul
tavolo.
- E se non ci fosse? Elizabeth, posso sforzarmi di capire il tuo stato
d’animo, ma credo che tu debba pensare a tuo figlio, adesso.
Ha ancora bisogno di te – tentò di farla desistere
la piratessa mulatta.
- Ha anche bisogno di suo padre – sostenne quella crucciata
– Ne ho bisogno io – puntualizzò con un
filo di voce, abbassando nuovamente la fronte sul vecchio volume.
La Jucard, si scostò dal tavolo, mettendosi in piedi: - Per
dieci anni lo hai cresciuto benissimo da sola – insistette
fredda e apatica, pur stringendosi nelle braccia, come attraversata da
uno spiacevole pensiero.
- Per l’appunto. Non voglio più essere sola
– mormorò sconfortata la giovane madre,
guardandola con gli occhi umidi e contagiandole la sua stessa
sofferenza.
Si sentì sciocca ed egoista ripensando che anche Anamaria
aveva perduto l’uomo che amava e schiuse le labbra per
scusarsi, ma quando cercò di farlo venne interrotta dal
cigolio della porta che si aprì di colpo: - Mamma,
c’è un tizio mezzo suonato con una strana nave
sbucata poco fa dal nulla che sta cercando di salire a bordo
– annunciò Jim visibilmente sconcertato, restando
con la maniglia in mano.
Le due donne lanciarono un’occhiata interrogativa al bambino,
poi d’intesa impugnarono le spade e subito uscirono dalla
cabina di comando, affacciandosi sul ponte.
Con stupore avvistarono un nuovo vascello in quello stesso pezzo di
mare, accostato all’Olandese. Aveva uno scafo lungo e
stretto, dipinto a strisce argentate, nere e gialle. Le vele, disposte
su quattro alberi più bassi del normale, erano cinerine e
ammainate, sulla fiancata si notavano remi e cannoni, mentre la prua
sembrava la bocca di un pesce con spuntoni simili a zanne. Non
c’era traccia dell’equipaggio e
dell’acqua scrosciava lungo la murata attraverso piccole
aperture circolari.
- Benedetti venti del sud! Questa è proprio
l’Olandese Volante! È la nave da cui ho tratto
più ispirazione! – ridacchiava ad alta voce e
pieno di ammirazione un uomo alto e dinoccolato, a occhio e croce sui
quarant’anni, che indossava un cappello a falde larghe di un
color ocra acceso e vestiti anonimi di varie tonalità di
grigio da cui spuntavano catenelle con appesi svariati strumenti di
misurazione.
- Mi sembra di conoscerlo – bisbigliò Anamaria
all’orecchio di Elizabeth, mentre il misterioso individuo
percorreva la passerella senza smettere di rimirare la loro nave con
gli occhi spalancati dalla meraviglia, incurante del borbottio della
ciurma che lo esaminava pur non sapendo come comportarsi.
- Chi siete? – lo bloccò la Turner puntandogli la
sciabola, infastidita da quell’inopportuno contrattempo.
Quello ignorò la minaccia e con un agile balzo
coprì la distanza rimanente atterrando sul ponte: - Vice
ammiraglio Oliver Taft, comandante della Barracuda – si
presentò velocemente muovendo i suoi buffi baffetti neri da
gatto, dritti e sottili ai lati della bocca – Per servirvi,
graziose damigelle – sorrise con i suoi vispi occhi celesti,
eseguendo un cortese inchino al quale le due piratesse risposero con un
verso di noia.
Elizabeth si rivolse all’amica, confidando nella
possibilità che la illuminasse: - È
l’ingegnere che ha progettato la maggior parte delle navi
della flotta di Fortezza – la informò quella,
avendolo infine identificato.
- È un tipo eccentrico – costatò la
Turner, studiando i suoi gesti e i suoi sguardi trasognati, che davano
l’impressione quell’uomo fosse in un mondo tutto
suo.
- Quale pirata non lo è? – sospirò
Anamaria abbassando la spada.
- È magnifica! Davvero magnifica! – ripeteva
intanto il bucaniere rimirando ancora l’Olandese da cima a
fondo, spostandosi a grandi falcate circondato da tutti i pirati di
bordo che lo seguivano, vigili e torvi, tenendolo sotto tiro.
- Con quanta impudenza avete l’ardire di impestare la nostra
nave con la vostra sgradita presenza? – lo
apostrofò Elizabeth raggiungendolo e fermandosi davanti a
lui indispettita.
Quello si mostrò oltraggiato: - Ma miss, vi ribadisco che
vengo in pace! – alzò le braccia e fece di nuovo
la riverenza, sfilandosi il cappello e rivelando l’assenza di
capelli.
- Sono la signora Elizabeth Turner, Capitano in seconda
dell’Olandese Volante – chiarì la donna,
disturbata dall’aria stralunata e ruffiana del tipo.
- E io sono la vedova Jucard – si frappose Anamaria con
uguale asprezza.
- Oh, mi dispiace – affermò Taft, intristendosi.
- A me no – rispose prontamente quella – Sono il
Capitano della Murena, comunque.
- Ah, un pregevole veliero anch’esso –
dichiarò il filibustiere guizzando le pupille proprio in
direzione della suddetta nave. Il mormorio della ciurma
dell’Olandese si fece sempre più eloquente e
nemmeno il vice Capitano tollerava l’irritante intrusione di
quello sconosciuto, sopraggiunto in un momento decisamente delicato e
apparentemente senza un perché:
- Sapete quanti uomini hanno perduto la vita a causa delle vostre
scellerate invenzioni? Bene, adesso avete cinque minuti per convincerci
a non uccidervi – gli intimò duramente,
spalleggiata dai marinai che estrassero le loro armi ghignando
minacciosi.
- Me ne basterà uno solo: posso aiutarvi ad imprigionare
Calypso – li sorprese con flemma Taft, tendendo una mano in
segno di amicizia.
Elizabeth e Anamaria non ci pensarono due volte ad acciuffarlo per le
braccia trascinandolo in cabina seguite da Jim che, incuriosito, corse
dietro di loro per ascoltare.
- Sapete com’è, la vita di mare può
essere davvero molto noiosa a volte. Per questo ho iniziato ad
interessarmi di arti occulte … –
cominciò a raccontare il comandante della Barracuda
prendendo posto attorno al tavolo su invito delle donne, contemplando
con avidità qualsiasi oggetto presente nella stanza.
- Sentite, se sopravvivrete ci racconterete tutto, ma ora abbiamo una
certa urgenza – gli impedì di proseguire la
Turner, piazzandogli il Codice sotto la faccia.
L’uomo sorrise divertito da quella veemenza, mostrandosi
imperturbabile, sereno e logorroico: - Sì, sì, lo
so già. Lei se li è presi per realizzare i suoi
piani di conquista. Ci vuole tutti suoi schiavi, come Fortezza. Ben gli
sta, se ha preso pure lui! Non mi ha mai detto un grazie, dopo tutti i
favori che gli ho fatto …
Elizabeth picchiò i gomiti sul tavolo portandosi le mani ai
capelli avvilita, allora Anamaria sfoderò la pistola
premendola sulla fronte dell’uomo: - Ascolta molto
attentamente, Taft. Se intendi andare avanti con queste chiacchiere,
come minimo esci di qui menomato – lo avvertì
ritraendo poi l’arma con un sorriso arrogante.
Finalmente l’allampanato bucaniere si risolse a sintetizzare,
tamponandosi il sudore con un fazzoletto di pizzo che uscì
dalla manica sinistra: - È presto detto. Bisogna annullare
qualsiasi influenza abbia quella dea sul nostro mondo. Per questa
ragione io stesso ho provveduto a distruggere tutti i doni speciali che
ella aveva concesso negli anni ai pirati nobili.
- Quegli stessi uomini che voi e Fortezza avete derubato –
gli tolse nuovamente la parola la Jucard, squadrandolo con astio.
- Fortezza ha affidato a me gli oggetti. Ma temo ci sia ancora
qualcos’altro in vostro possesso … -
replicò secco Taft risparmiando ulteriori ripicche, dunque
iniziò a raccontare la sua storia.
A Jim quelli sembravano discorsi vuoti, perciò dopo qualche
minuto finì con l’estraniarsi, folgorato da
un’idea temeraria, e lasciò di nuovo la cabina di
comando.
Sul ponte la ciurma sembrava sull’orlo
dell’ammutinamento: suo nonno, Penrod e Gibbs cercavano di
far ragionare gli uomini e di calmarli. Nessuno si accorse di lui che
si dirigeva a prua. Si arrampicò sul bompresso, quindi
salì sulla ringhiera. La nave oscillava e non era facile
mantenere l’equilibrio, anche se si stava reggendo alle
scotte. Il mare doveva essere molto profondo in quel punto,
giacché aveva un colore blu cobalto. Ma ormai aveva deciso.
Chiuse gli occhi sperando che lo capissero.
- Non farlo!
Urla molteplici e angosciate irruppero fino a loro, troncando ancora
una volta i discorsi intrapresi.
- Che altro è successo ora? – si
lamentò Anamaria, spostando bruscamente la sedia.
Elizabeth ebbe un brivido e si precipitò
all’esterno, inducendo gli altri due a seguirla.
Un gruppetto di pirati si sporgeva a prua di babordo, intenti a
scrutare le onde. La giovane madre si avvicinò agli uomini
sentendo le gambe appesantirsi come fossero di piombo e il respiro le
rimase intrappolato nella gola, ostacolando la fuoriuscita di qualunque
suono.
- Si è tuffato – fiatò inorridito
Sputafuoco, accasciandosi ai compagni. La Jucard e Taft sussultarono
fiondandosi alla murata mentre la Turner era impietrita da un accecante
terrore.
- Ha detto che qualcuno doveva distrarre Calypso –
sussurrò con un singulto Gibbs, poggiando una mano sul
braccio della donna che lo osservava con gli occhi sbarrati.
- Siete totalmente matti voi Turner! – urlò
Anamaria esasperata – Io … non ce la faccio
più! – aggiunse indietreggiando dal parapetto e
correndo via.
I marinai della ciurma si scusavano affranti, scaricando le colpe gli
uni sugli altri.
Taft prese a mordersi una mano, mormorando tra sé e
sé.
- Bravo, Jim – mugugnò Elizabeth con espressione
atona e indecifrabile, senza sporgersi a guardare il mare e tornando a
passo sostenuto verso la cabina.
Calypso riaprì gli occhi e le sue pupille si dilatarono
assottigliando le iridi azzurre che divennero nere. Le nubi di fumo
colorato, nelle quali aveva mostrato ai suoi prigionieri le immagini
del suo futuro trionfo sull’umanità si diradarono
ed essi tornarono coscienti, proiettando la loro attenzione sul
turbamento appena accennato che aveva invaso il volto affilato della
dea.
- Scusate l’interruzione, miei diletti.
C’è un’anima che richiede il mio
responso – asserì vaga, coprendosi il viso con
entrambe le mani e curvando il collo in avanti.
I quattro uomini saettavano occhiate incuriosite in tutte le direzioni,
per quanto i loro movimenti fossero limitati dalle persistenti catene
di alghe che, dure come acciaio, stringevano i loro arti.
Un tenue gorgoglio sulle loro teste accompagnò la formazione
di una fenditura nella parete invisibile del tetto e
l’entrata di un piccolo umano, spaventato e bagnato fradicio.
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Capitolo 41 *** Capitolo 40: Promesse e desideri ***
Capitolo
40: Promesse e desideri
- Jim! – gridò Will con un misto di apprensione,
incredulità e rabbia.
- Papà! – vociò di rimando il bambino,
scollandosi i capelli dalla faccia e accingendosi ad andargli incontro,
tuttavia una forza improvvisa lo sollevò da terra, un
reticolo di alghe rosse gli si attorcigliò attorno alle
gambe e, quando provò a strapparle via, si allungarono
rapidamente fino ad intrappolargli anche le braccia, inviluppandolo ben
stretto come un baco in un bozzolo.
- Ci mancava solo lui! – proferì con accento
nervoso Jack, mentre Will continuò a dimenarsi invano e
Barbossa e Worley imprecarono a denti stretti.
Calypso si fece avanti, svolazzandogli attorno e scrutandolo con un
sorriso oscuramente raggiante: - Finalmente ci conosciamo di persona
… Quanto sei carino, William James Weatherby Turner!
– asserì languida, lisciandogli una guancia con il
dorso della mano, inclinando il viso sulla spalla destra.
- Non toccarlo! – la aggredì Will dibattendosi
nelle stringenti catene vegetali e spingendosi con il busto in avanti
– Farò tutto ciò che vuoi, ma non lo
devi toccare!
Per tutta risposta la dea dischiuse le labbra provocandolo con un
sogghigno sadico e si apprestò a ripetere il gesto, ma il
bambino allontanò di scatto la testa: - No, papà,
lei vuole me – disse duramente, pur con voce incrinata
– Mi è venuta in sogno prima che arrivassimo alla
Baia dei Relitti – confessò accigliandosi e
fissandola con rancore quando la sentì di nuovo sogghignare
– Ed è stato un incubo –
sibilò rabbioso, fulminandola con uno sguardo schifato e
arrogante.
Suo padre restò senza fiato al pari degli altri uomini che
notarono il cambiamento di colore nel viso della signora del mare, la
quale divenne paonazza e allargò gli occhi nerissimi
scrollando le spalle come per scacciarsi di dosso quelle parole. Si
aspettavano una sua immediata punizione nei confronti del ragazzino, ma
quella li stupì ancora: - C’è un
così ardente coraggio nel tuo piccolo cuore – la
sua voce era colma di adorazione e finzione, mentre gli girava intorno
fissandolo con malignità – Ma non devi ripudiarmi.
Io potrei esaudire il tuo più grande desiderio, piccolo
umano … - gli sussurrò all’orecchio
così che gli altri non poterono sentirlo.
Il tranquillo ed impassibile Capitan Taft stava seriamente iniziando a
considerare che non era stato tanto azzeccato intromettersi negli
affari di quelle furenti piratesse che battibeccavano su ogni cosa con
foga inaudita. Anche lui avrebbe avuto il suo tornaconto, alla fine;
solo quel pensiero lo spingeva a sopportare i loro capricciosi umori.
- Aspetta, forse non ho capito bene: ti opponi a bruciare le carte
nautiche e la bussola di Jack, e vorresti che io distruggessi
l’Olandese Volante?! – sbraitò Elizabeth
inferocita, incrociando le braccia sul petto per trattenere
l’impulso di un’aggressione fisica.
- È soltanto una nave! E ne fabbricano tante di navi al
giorno d’oggi – ribatté senza scomporsi
Anamaria, camminando avanti e indietro senza guardarla e
così facendo irritandola ancor di più.
- No! No! È tutto sbagliato, signore mie! – si
decise ad intervenire Taft, quando capì di aver innescato
due bombe ad orologeria – Da ciò che ho letto
c’è stata una e una sola cagione che ha ancorato
precipuamente quella infida creatura ai nostri lidi –
affermò alzandosi con il Codice in mano e picchiandovi sopra
l’indice.
Le due donne si studiarono per qualche secondo, riflettendo su quelle
parole, e tesero il viso in una smorfia incredula e sconvolta avendo
colto l’allusione del bucaniere.
Will osservava suo figlio sentendosi orribilmente impotente, folle e
sciagurato per averlo coinvolto in quella storia. Calypso lo aveva
stregato promettendogli chissà quali doni con le sue arti
ingannatrici e, nonostante lo chiamasse a gran voce, il bambino aveva
cessato di rispondergli ascoltando solo le parole della dea, di cui lui
non riusciva a cogliere che un basso brusio, simile allo scorrere di un
rivolo d’acqua in lontananza.
Barbossa e Worley criticavano il giovane Capitano, chiedendogli di
tacere perché era tutto inutile e con le sue urla stava
soltanto graffiando i loro timpani. Jack, invece, ebbe un inatteso
fremito di rimorso e umanità rivolgendosi a lui con sincera
pena: - Quando siamo stati attaccati dall’Orca, lei mi ha
offerto l’immortalità se io l’avessi
lasciato morire – trovò la forza di confessare a
mezza voce a Turner che stava alla sua destra, evitando di incrociarne
il viso.
- Perché? – impallidì quello,
indirizzando la richiesta alla dea che si era girata verso di loro con
aria stupefatta.
Sparrow, sostenne il suo sguardo indagatore e oltraggiato, rispondendo
al posto suo: - Perché lui è prova
dell’amore vivo che ha tenuto Elizabeth legata a te in questi
anni. Non è forse così? –
proferì guizzandole un sogghigno astuto.
Calypso si spostò nell’atmosfera impalpabile
assumendo una colorazione grigiastra che rifletteva il suo livore, fino
a fermarsi a pochi centimetri da lui e da Will: - Tanti uomini, sin
dalla notte dei tempi, hanno goduto della mia benevolenza, delle mie
profferte. E hanno avuto fama, potere, la fortuna dalla loro parte per
realizzare ciò che volevano. Ma mai! – si
bloccò scuotendo la mano destra e alzando il tono
– Mai nessuno ha osato contraddirmi! Sono sempre stata io a
decidere quando privarli di ciò che avevo concesso
– giurò tornando indietro con movenze indignate.
- Hanno fatto tutti una brutta fine – attestò Jack
col solito sarcasmo, facendo l’occhiolino a Turner
perché lo appoggiasse a distogliere ancora la dea dai suoi
oscuri intenti.
- Hanno cercato di approfittare della mia clemenza oltre misura!
– si infervorò lei ingrandendo le sue dimensioni,
e Barbossa e Worley lanciarono un’occhiataccia in tralice a
Sparrow che a loro giudizio sembrava stesse peggiorando le cose.
- Io non ho fatto niente di simile! – si schernì
Will con faccia innocente, sostenendo il gioco del filibustiere; anche
se non aveva capito del tutto dove volesse arrivare, almeno Jim al
momento era fuori dalle attenzioni di Calypso.
- Mi hai deluso lo stesso, mio diletto – languì
quella sfiorandolo – Proprio come Jack, tanto tempo fa che mi
ha rinnegato – pronunciò con le labbra iridescenti
segnando con un dito il profilo di quello – Buttare via la
promessa di restare sempre giovane e bello, forte e invincibile, libero
dalla corruttibilità del tempo, padrone della nave
più grande e distruttiva che abbia mai solcato i mari! Per
che cosa? Per una vita scialba! Identica a quella di migliaia di altri
mortali che strisciano nella polvere, giorno dopo giorno,
finché non diventeranno polvere anch’essi! Senza
fare mai nulla che li innalzi, intrappolati in una ripugnante
immobilità, ma soggetti al disfacimento e
all’oblio – terminò acquietandosi e
librandosi nuovamente verso Jim rimasto a bocca aperta, non avendo
capito gran che di quei discorsi ma essendosi spaventato per la
crudeltà e l’odio profusi dalla donna nel
pronunciarli, tanto che la sua pelle aveva mutato più volte
colorazione, riflettendo il suo caleidoscopio di emozioni.
- Potrai pure riprenderti il mio cuore, ma non ti apparterrà
mai! – urlò Will fiero e disperato.
Gli occhi di Calypso si intorbidirono: - Tutta colpa di quella
… donna – si trattenne dall’usare una
parola più spudorata – Vi ha raggirati tutti e
tre. E considerate me cattiva – li beffeggiò
corrugando le sopracciglia e mostrandosi offesa, le guance livide e
tese. – Tanto non la rivedrete più! –
sbottò poi antipaticamente, scoprendo i canini.
Turner padre e figlio ovviamente reagirono scurendosi di avversione, ma
lei si divertì di più spiando attentamente il
volto di Jack: - Oh, per te c’è un’altra
che conta ora, lo so …
- È probabile che ci sia ancora? –
domandò Elizabeth incedendo con passo svelto dietro
Sputafuoco, il fiato corto, incerta se abbandonarsi
all’angoscia o alla speranza.
- Che io sappia Capitan Turner non ha gettato via nulla – la
rassicurò quello facendo scattare la serratura della stiva e
lasciandola passare insieme ad Anamaria, Taft e Gibbs. Tutti e cinque
con le loro lampade riuscirono ad illuminare a sufficienza lo spazioso
locale senza oblò, ma la ricerca si rivelava piuttosto
complicata, data la quantità di arnesi accatastati
lì sotto.
- Dobbiamo trovare un medaglione? – richiese Gibbs poco
convinto dalle sbrigative spiegazioni di quello stravagante Capitano
cui le due donne, invece, sembravano stranamente riporre una cieca
fiducia.
- Esattamente, buon uomo. Perché a quanto mi riferiscono,
sarebbe un’altra prova del legame di quello spirito maligno
con uno della nostra sorta – chiarì con garbo
proprio Taft.
- Ecco l’organo – attestò Bill
rimuovendo un telo scuro da una sagoma informe. Gibbs lo
aiutò poggiando a terra la lanterna e gli uscì un
gridolino agghiacciato quando si accorse che l’imponente
strumento musicale era ridotto ad un ammasso di ferraglia.
- Will ha voluto smontarlo, perché diceva che gli provocava
un senso di disagio – riferì Sputafuoco,
piegandosi e incominciando a spostare i singoli rottami.
Un lieve tintinnio, differente dal suono freddo dell’altro
metallo, fece drizzare loro le orecchie. Subito Elizabeth
scattò in direzione di quella melodia accennata, frugando
freneticamente ogni frammento alla luce della candele e spronando i
compagni ad imitarla. E stava arrendendosi alla convinzione che
l’avessero soltanto immaginato, quando Anamaria si
fermò rapita sollevando tra le mani un cuore argentato.
Pochi minuti dopo quel particolare carillon, che era stato pegno di un
amore impossibile e tormentato, finì sul fondo di una
pentola di rame riempita per metà di alcol. Taft,
emozionato, vi gettò dentro alcune pozioni di segreta
composizione e uno stoppino acceso sotto gli sguardi scettici e
speranzosi dei presenti riuniti sul ponte, ammutoliti e inquieti.
- Ma quelle sono le carte nautiche di Sao Feng! –
esclamò Elizabeth vedendo il rotolo di legno nelle mani di
Taft.
- Proprio così, frutto di un vantaggioso arrembaggio operato
dai miei ai danni della Perla Nera circa un’oretta fa
– rispose semplicemente l’uomo, riponendo
l’orologio da taschino e lasciando cadere tra le fiamme
quelle preziose mappe.
- Noo! – strillarono adirati Anamaria e Gibbs sporgendosi
verso di lui.
- Signori, dobbiamo assicurarci che non ci sia più nulla che
appartenga a lei fra di noi – insistette irremovibile quello,
protendendo il braccio verso la Jucard e ammiccando alla bussola di
Jack che pendeva dalla sua cinta.
Prima che la piratessa aprisse bocca, però apparve un breve
lampo verde a rischiarare il cielo all’imbrunire. Il fuoco
che stava annichilendo le carte e il medaglione sussultò e
si tinse di un celeste pallido, innalzandosi come un pennacchio che,
serpeggiando e ruotando, si compose in una forma umana, incorporea e
tremolante: - Calypso? – esalò una voce tagliente
e cupa che sembrava provenire dall’oltretomba.
- D … D … Davy Jones? – balbettarono
sconvolte Elizabeth e Anamaria, non potendo fare a meno di fissare con
insistenza lo sguardo ostile e colmo di risentimento del fantasma che
si spostava fra di loro facendoli arretrare e cadere dallo sgomento.
- Calypso? – ripeté ancora più
impaziente e alterato.
- Lei è … - si offrì di informarlo
Gibbs, ma le parole gli si spensero in gola quando quello lo raggiunse
arrestandosi ad una spanna da lui.
- Lo so – proferì lentamente
l’ombra annuendo tenebroso, e girandosi si avviò
verso il parapetto per poi discendere in acqua senza produrre alcuna
alterazione nella superficie.
- Santi numi! Le mie capacità mediatiche sono decisamente
migliorate! – proruppe Taft commosso, mentre tutti gli altri
marinai ripresero a fare commenti sbalorditi su ciò a cui
avevano appena assistito, spingendosi l’un l’altro
per tentare di guadagnare la visuale migliore.
Erano quasi allo stremo, la vita stava scorrendo via dalle loro membra
e si sentivano sempre più deboli e incoscienti. Jim aveva
cominciato a piangere osservando i loro occhi diventare vitrei e opachi
e i loro corpi asciugarsi e scolorire senza più spirito:
- Non è così che voglio diventare adulto! Voglio
la mia testa, la mia anima! I miei sentimenti! – gli faceva
una certa impressione sentire la sua voce così profonda.
Calypso non prestava ascolto alle sue infantili lamentele: lo aveva
prescelto come involucro del suo essere speciale, creato da lei per
fargli da compagno e servitore.
”Ogni
desiderio ha il suo prezzo”, lo aveva ammonito,
concedendogli di diventare un uomo. E ora avrebbe unito gli animi degli
altri favoriti così che l’uomo da lei prodotto
sarebbe stato perfetto, fornito di tutte le qualità che lei
desiderava per il suo compagno di vita eterna.
Jim si tormentava. Aveva commesso un altro errore insensato: come gli
era venuto in mente che, distraendo la terribile dea, sua mamma e gli
altri sarebbero riusciti ad ucciderla con le formule magiche del
Codice? Ma forse era stata proprio Calypso a chiamarlo a sé.
Il suo destino era inevitabilmente intrecciato con il mare, lo aveva
sempre saputo, lo aveva sempre sentito scorrergli dentro. Lui lo amava,
e sua madre se ne era già accorta in passato quando,
indipendentemente dalle stagioni, la supplicava di portarlo alla
spiaggia o quando passava intere notti a guardarlo attraverso la
finestra dalla loro casa sulla scogliera.
Con suo sbigottimento avvertì una potente vibrazione
propagarsi tra lui e gli altri: la malvagia dea si contorse tutta, come
se qualcuno di gigantesco la stesse stritolando nel suo pugno. Vide le
scie spiritiche ritornare lentamente al petto dei quattro Capitani che
poco a poco riacquistarono colore e mossero debolmente la testa,
riacquisendo i sensi.
Osservò le sue gambe e le sue braccia rimpicciolirsi e
ricadde a terra sbattendo la faccia sulla sabbia. Era di nuovo un
bambino!
Percepì un vento gelido passargli di sopra e
restò di sasso quando indirizzò gli occhi su una
figura impalpabile che aveva agguantato Calypso tenendole le braccia
trasparenti attorno alla vita.
Lei sembrava totalmente indifesa e terrorizzata: - Ti ricordi cosa mi
avevi promesso? Mi avresti donato il tuo cuore e saremmo rimasti
insieme per sempre. E una dea non può sottrarsi in eterno ad
un giuramento – asserì con perfidia
l’uomo spettrale, stringendola più forte mentre il
suo cuore emergeva dal petto, nero e palpitante, fondendosi con lei che
urlava di dolore come glielo stesse strappando.
Jim si voltò e si coprì le orecchie, poi
sentì lo sciabordio dell’acqua e delle dita
attorno ai suoi polsi: - Jim, prendi più fiato che puoi e
tieniti a me! – gli raccomandò suo padre.
Allora vide che erano tutti liberi e sani, ma anche che la sala stava
lentamente svanendo. Un’enorme massa d’acqua li
avrebbe presto sommersi e schiacciati.
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Capitolo 42 *** Epilogo: Nuovi orizzonti ***
Allora
carissimi lettori, questa è proprio la fine della mia fanfic
- sigh, sob, ç_ç sniff. Ho voluto soltanto dare
il mio modesto contributo ad una saga che mi ha fatto sognare tanto e
continua a farlo in modo quasi immutato e viscerale ogni volta che
riguardo i film; per questo ho cercato di riprendere tutti i personaggi
principali.
Mi
auguro di cuore che vi piaccia questo epilogo (è parecchio
lunghetto) anche se qualcosina resta un pò in sospeso. Visto
il successo ottenuto e il divertimento che ho provato nello scriverla,
penso che magari, quando mi arriverà un altro bel
pò di ispirazione, potrei anche darle un seguito.
Intanto
infinite grazie a tutti coloro che mi hanno seguito in questi mesi, a
chi lo ha fatto solo per qualche capitolo, a chi legge ma non lascia
commenti, a chi ha messo la mia fanfic tra le seguite,
a chi mi ha lasciato solo qualche
commento
sparso
a chi l'ha inserita tra le preferite e a chi lo farà.
Buona lettura, al prossimo approdo!)
Epilogo:
Nuovi orizzonti
Jack nuotava con più forza e
velocità che poteva, supplicando i muscoli di non tradirlo,
ma nel vortice che inesorabilmente stava spazzando via tutto,
subì pure l’attacco di Worley che, mosso da una
recidiva smania di vendetta, lo trascinò in una sfiancante
colluttazione, abbrancandolo con violenza. Lui si difese dimenandosi
come un’anguilla e, con un paio di pugni e qualche calcio,
riuscì a farlo desistere mettendolo fuori combattimento,
poco prima che le onde si riversassero in quella prigione subacquea.
Will, Jim e Barbossa, intanto, avevano già guadagnato
qualche metro di vantaggio e, falciando l’acqua salata come
un forsennato, Jack infine li raggiunse. Ma per quanta aria avessero
accumulato nei polmoni, per quanta energia impiegassero nel muovere
coordinatamente braccia e gambe, la superficie appariva irraggiungibile
e la spuma scura costituiva un ulteriore scoraggiante ostacolo.
Erano spossati e iniziavano ad essere in balia di
un’opprimente sensazione di panico.
Finché una vorticosa corrente di bollicine non
accelerò i loro movimenti.
A bordo dell’Olandese Volante la tensione fra
l’equipaggio era tangibile e aveva reso l’atmosfera
quasi densa e irrespirabile. Un rombo lontano magnetizzò
l’attenzione dei pirati sull’orizzonte arroventato
dal tramonto, il sole venne coperto per qualche istante da un bagliore
verde che torreggiò nel cielo qualche secondo per poi
dissolversi.
- Calate in acqua le scialuppe! – ordinò il primo
ufficiale, fremente di speranza e di attesa.
Uno dopo l’altro i dispersi affiorarono fra le onde tirando
un’ampia boccata di ossigeno. Le loro orecchie, ancora
otturate dall’apnea, vennero investite da urla eccitate,
sbigottite ed esultanti. Furono letteralmente pescati e issati di peso
sulle barche, intontiti come lo erano i loro amici che li osservavano
stupefatti e felici.
Elizabeth faticò un po’ a zittire Jim e Will che,
oltre a raccontare concitati la terribile esperienza, non sapevano
più quali parole di scuse e di gratitudine usare,
sovrapponendosi l’un l’altro e non dandole la
possibilità di spiegare a sua volta.
- Abbracciatemi! – li incitò semplicemente
commossa, avvinghiandosi a loro e baciandoli entusiasticamente.
Barbossa, poco più lontano, venne recuperato dai quattro
suoi più servizievoli marinai, Pintel, Ragetti, Murtogg e
Mullroy che si affrettarono a narrare quanto accaduto e a domandargli
di raccontare la sua esperienza.
Jack fu aiutato a salire su un’altra scialuppa, dove lo
accolsero Gibbs con evidente gioia, e Anamaria che, dopo
l’iniziale imbarazzato distacco, si sciolse in un caloroso
sorriso di benvenuto che lui ricambiò con allegria: -
Immagino vi aspettiate un ringraziamento in grande stile –
mormorò fissandoli uno per uno ma appuntandosi soprattutto
sulla piratessa.
- A dire il vero gran parte del merito è di Capitan Taft
– asserì indifferente lei, indicandogli
l’uomo seduto dietro di lui.
- Voi siete proprio Jack Sparrow! – esclamò quello
euforico, scavalcandola e mettendosi al suo fianco – Siete
più giovane di quanto immaginassi! Io sono cresciuto
ascoltando le vostre straordinarie avventure!
Jack si buttò su Gibbs, spaventato e infastidito da
quell’invadenza e con la sua espressione smarrita e irritata
fece sorridere di gusto Anamaria al punto che, guardandola, il suo
malumore sfumò.
- E Fortezza? – si ricordò d’un tratto
Taft, prima di risalire sulla Barracuda dove lo stavano riaccompagnando.
- È rimasto indietro – tagliò corto
Sparrow unendo indice e medio e muovendoli in un eloquente gesto che
significava morte. Lui stesso lo aveva intravisto respirare
involontariamente dal naso e affogare in pochi secondi.
Ma l’ineffabile Taft non sembrò per nulla
dispiaciuto e, salutandoli frettolosamente con la scusa di dover
partire presto per avvisare gli altri Capitani una volta alle
dipendenze dell’Ammiraglio che erano liberi, si
congedò come nulla fosse, non senza portare con
sé un alone di mistero.
I pirati dell’Olandese Volante, dopo essersi fatti raccontare
tutti i dettagli della stupefacente vicenda dai protagonisti, si
sentirono praticamente obbligati ad organizzare dei grandi
festeggiamenti per il loro ritrovato Capitano, coinvolgendo anche i
colleghi della Murena che si erano trasferiti sulla loro nave per
restare vicino alla loro comandante.
Nel bel mezzo dei preparativi anche Barbossa giunse a bordo. Il suo
sguardo gelido cercò subito Jack che gli rispose con
un’occhiata piena di bile.
- Ma perché non fate a turno con la Perla Nera? –
si intromise di punto in bianco Jim, che aveva notato il loro torvo
scambio di silenziosi insulti.
I due filibustieri si voltarono squadrandolo con furente
contrarietà, al che il bambino tentò di spiegarsi
meglio: - Una volta ciascuno sarete Capitano e primo ufficiale. Per
esempio … un mese ciascuno.
- Questa è la cosa più sbagliata che tu abbia
potuto dire nella tua breve vita! – lo assalì
Barbossa con tono truce, stringendo gli occhi che scomparvero tra le
mille rughe che gli solcavano gli zigomi.
- Forse non hai capito che non voglio più averci niente a
che fare con questo traditore! – ribatté Jack,
fulminando però il diretto interessato anziché
l’incauto ragazzino.
- Traditore io? – sogghignò il maturo pirata con
sarcasmo e affronto, ma senza perdere l’apparente calma.
- Sì, tu! – strillò invece Sparrow,
così forte da far accorrere gli altri marinai vicino a loro
– Io proporrei un’altra soluzione:
perché non chiediamo il parere della Fratellanza?
– lo provocò con le mani ai fianchi.
- Secondo te dovremmo scomodare di nuovo i pirati nobili per risolvere
il tuo
problema? – lo schernì ancora quello. La ciurma
assisteva divertita al loro diverbio, tifando ora per l’uno
ora per l’altro.
- Embè? Tu non lo fai sempre per i tuoi di problemi?
– continuò imperterrito Jack e stavolta il suo
avversario perse le staffe alzando la voce: - Non dire fesserie! Quando
l’ho richiamata io era per problemi che riguardavano tutti i pirati!
- Anche il mio problema riguarda tutti i pirati, giacché se
non riavrò la mia nave, mi dimetterò
dall’essere un pirata nobile – sostenne Sparrow
ostinato, sedendosi a braccia conserte su un barile – E poi
voglio proprio vedere come farai a convocare un altro Consiglio quando
ti farà comodo …
Elizabeth, innervosita dalla discussione che stava prendendo la solita
piega violenta, tentò di far da paciere:- Basta! Vi prego!
– li esortò, nessuno dei due la ascoltò
e nemmeno suo marito intervenne, nonostante il rischio di una rissa in
piena regola riguardasse direttamente la loro nave.
- Non vediamo l’ora che tu ti dimetta, sai. Sarebbe una
liberazione! – dichiarò velenoso Hector, trovando
l’appoggio di alcuni uomini che esultarono alle sue parole.
- E poi chi nomineresti al posto mio? La tua … scimmia da
compagnia?! – lo punzecchiò nuovamente Jack,
alzandosi e sfidandolo con un dito impertinente.
- Sarebbe più capace di te, Jack. Ma purtroppo dovresti
essere tu a passare il tuo pezzo da otto – si dispiacque
Barbossa, prendendo ad accarezzare con fare protettivo
l’adorato animaletto accoccolato sulla sua spalla.
Jim si intromise nuovamente: - Mi piacerebbe tanto che sceglieste mio
padre – affermò con aria implorante.
- La famiglia dei nobili pirati Turner – gli fece eco Will,
fingendo di pensarci su compiaciuto.
- Piantala, Will! – lo ammonì sua moglie,
essendosi oramai riscaldata come gli altri che esprimevano ognuno il
proprio parere, formando degli schieramenti.
- Sarebbe tutto più facile se avessi un figlio –
buttò lì Anamaria che dapprima se n’era
rimasta in disparte, attirandosi gli sguardi stupiti dei presenti e in
particolare quello interrogativo di Jack: - Era solo
un’ipotesi! – si difese arrossendo.
- Meno male! – proruppe Sparrow, attenuando il
rimpicciolimento terrorizzato delle sue pupille.
- Sai, Jack, ci ho pensato bene – riprese a parlare Barbossa,
mettendogli un braccio attorno alla spalla come si rivolgesse ad un
vecchio amico – Credo che lascerò a te la Perla,
dopotutto – dichiarò flemmatico e misterioso,
facendo calare il silenzio anche fra tutti gli altri presenti.
- Che cos’ha che non va? – urlò di
riflesso lui, fiondandosi a rimirare scrupolosamente l’amato
veliero ancorato lì vicino.
- È la tua testa che non va, Sparrow! –
ridacchiò Hector piegando all’indietro il collo
– Io ho accettato la proposta di diventare il nuovo Capitano
della Spettro. Fa comodo avere una nave invisibile per il contrabbando
del mio tabacco – sostenne scaltro e soddisfatto.
Così dicendo il maturo bucaniere si allontanò
scortato da due uomini della Spettro e, i colleghi, ancora colti alla
sprovvista da quel rivolgimento, lo videro imbarcarsi su quel vascello
che spiegò le vele bianche inoltrandosi nella debole luce
del crepuscolo.
Jack in un primo momento non si mostrò molto contento di
aver riconquistato in quella maniera la Perla Nera, senza nemmeno aver
dovuto lottare. Ma poi finì per assecondare il suo
opportunismo che gli suggeriva di approfittare della buona sorte che
una volta tanto alla fine sembrava averlo premiato. Perciò
si fece accompagnare a bordo e stabilì di preparare danze e
banchetti per salutare il suo tanto smaniato ritorno.
I pirati, impegnati da giorni a combattere nemici di ogni sorta,
accolsero con incontenibile entusiasmo quell’occasione di
svago e baldoria. La Perla Nera, la Murena e l’Olandese
Volante, gettando le ancore in una piccola baia, vennero collegate da
passerelle di legno e le loro ciurme, per nulla parsimoniose,
condivisero cibo e bevande tirate fuori dalle stive.
Neppure il timore di essere avvistati da qualche nave militare di
passaggio riuscì a trattenere la loro voglia di
divertimento.
Jim era il beniamino di tutti: c’era chi lo chiamava per
insegnargli giochi di carte o di dadi, chi gli chiedeva di raccontare
le vicende degli ultimi giorni, chi di mostrare quello che sapeva fare
con la spada. E lui era felice di accontentare tutti e della simpatia
che suscitava.
Elizabeth e Anamaria, essendo le uniche donne, vennero invitate senza
sosta a ballare dagli altri pirati, meno che dai loro amati che
facevano i sostenuti. Finalmente riuscirono a sedersi un po’,
lontane dai chiassosi canti dei marinai.
- Siete così simili. Come fai a non accorgertene?
– bofonchiò Elizabeth, volgendo la faccia in un
punto preciso del ponte.
- Chi? – mugugnò distrattamente Anamaria
sorseggiando dal suo boccale.
L’amica sgranò gli occhi spazientita: - Tu e Jack!
– al che lei emise un verso di fastidio alzandosi e
appoggiando la schiena alla balaustra.
- Non ci credo che non ti piaccia – tornò
all’attacco la Turner, con un sorrisetto furbo a sollevarle
gli zigomi.
- Perché dovrebbe piacermi? – scandì
quella, accentuando l’acidità della sua voce.
Elizabeth boccheggiò impreparata: - Perché lui
è … Che ne so io! È a te che piace!
– strepitò voltandosi per andarsene, ma nel farlo
si scontrò con Will che era giunto dietro di lei: - Qualche
problema? – le domandò premurosamente, notando la
sua espressione alterata.
- Nessuno, amore mio! – gli rispose lei tirandolo a
sé e baciandolo d’improvviso tanto forte da
stordirlo – Andiamo? – lo incitò
prendendogli il braccio e posandoselo sulla vita.
Lui annuì sorridente, circondandole i fianchi.
- Pensaci! – sibilò la bionda ad Anamaria, prima
di incamminarsi con il consorte.
La piratessa dalla pelle ambrata non si mosse di lì,
continuando a bere e a sbirciare Capitan Sparrow che, pensieroso,
faceva altrettanto dal lato opposto della coperta.
- Sbaglio o ci stiamo allontanando dalla festa? – chiese
Elizabeth al marito quando si rese conto che erano arrivati in una
parte deserta del ponte della Perla.
Will si fermò e la contemplò intensamente
scorrendo le dita tra i suoi capelli e fermandole dietro le sue
orecchie: - Non mi piace la confusione, lo sai – ammise
chinandosi per catturare la sua bocca, esprimendo tutto il desiderio
che gli ribolliva nelle vene e che si trasmise ai nervi della donna le
cui mani si allungarono per avvicinarlo di più a lei e
assaporare altri baci.
Si interruppero nello stesso istante gettando un’occhiata
verso la folla.
- Hai vinto!
- Non è possibile! – si arrabbiò Jim,
lanciando sul banchetto le carte – Voi barate! –
accusò suo nonno e Gibbs che risero alla sua reazione
indispettita seccandolo ancora di più.
- Jim – lo richiamò la voce amorevole di sua madre
facendolo voltare – Noi torniamo sull’Olandese
– lo avvisò mentre stritolava il braccio di suo
padre.
- Siamo un po’ stanchi – sostenne quello, guardando
più lei che lui.
- Già – sospirò Elizabeth rizzandosi e
scostando la fronte dal braccio dell’amato.
- Ma tu se vuoi puoi restare ancora un po’ –
puntualizzò Will ed entrambi annuirono svelti.
Jim si sentiva preso in giro e non poté fare a meno di
imbronciarsi: quanto stonavano quelle affermazioni con la luce eccitata
che sprizzava dai loro occhi!
- Va bene. Ci vediamo domani mattina – li salutò
rassegnato, sforzandosi di sorridere.
Sua madre gli si avvicinò per sfiorargli una guancia: -
Buona notte – gli augurò tornando ad agganciarsi a
suo padre.
Il bambino li osservò andare via a passi veloci, mano nella
mano, e si voltò di nuovo verso Sputafuoco e Gibbs: - Certe
bugie proprio non le sanno dire – borbottò
annoiato alzando una spalla.
Will la sovrastava con ardore e delicatezza, gli occhi nocciola
vibranti d’amore dentro i suoi, accarezzandole e stringendole
languidamente i fianchi e le gambe nude con cui lei lo aveva
possessivamente incatenato a sé: - Da ora e per tutto il
tempo che ci sarà concesso, sarò completamente
tuo – le sussurrò a pochi millimetri dalle sue
labbra – cuore, anima e corpo.
Elizabeth solcò con dita febbricitanti il suo viso, la sua
schiena e il suo petto, impadronendosi delle sue labbra con un bacio
prolungato e voluttuoso che lui ricambiò con fervore,
aderendo di più al suo ventre. Poi continuarono ad amarsi
nella notte fino a che non li invase un dolce torpore.
- Allora, quale sarà la tua prossima meta?
Anamaria pensò che fosse strano come quel suo sorriso
sornione la mettesse tanto in confusione quando era corredato dal suo
sguardo penetrante: - Non credo che vi riguardi, Capitano –
replicò sfuggente, restituendogli con gesto meccanico la
bussola che gli aveva sottratto per sbaglio prima di finire
sott’acqua.
Jack non riusciva a capire per quale motivo riponesse tanta speranza in
un suo sì: dopotutto molte donne cadevano ai piedi di
Capitan Sparrow senza che avesse bisogno di pregarle, gli sarebbe
bastato rimettere piede a Tortuga e dispensare qualche frase
infiocchettata per averne fino alla nausea.
- Anamaria sei una maledetta testarda – disse tutto
d’un fiato trattenendola per un polso, impedendole di
defilarsi come una gatta malfidata. Lei aggrottò la fronte:
– Non era un’accusa. E nemmeno un insulto
– le bisbigliò con calore, un attimo prima di
premere la bocca contro la sua che si dischiuse piano al suo tocco
esperto e vellutato.
- Capitan Sparrow! Anche voi! – lo sorprese Jim nauseato e
deluso.
“Quel
pidocchio sceglie sempre i momenti meno opportuni”,
si lagnò mentalmente Jack.
- È stata lei a saltarmi addosso! – si
discolpò, ricevendo un immediato ceffone che gli
girò la testa infuocandogli la guancia. Anamaria si
allontanò furiosa, mentre il ragazzino rideva a crepapelle:
– Vai a giocare con Gibbs! Aria! – lo
cacciò via mimandogli di prenderlo a calci. Quindi
si affrettò ad inseguire quella sfuggente donna tra la massa
di marinai sbronzi e canterini.
Quando Jack si riaffacciò sul ponte della Perla,
l’indomani mattina, la ciurma non era ancora del tutto
tornata sobria e bighellonava o dormiva un po’ dappertutto: -
Animo, ingrati pelandroni! C’è una nave da
salpare! – sbraitò richiamandoli
all’ordine e loro tentarono di ricomporsi più
presto possibile, andando a recuperare i compagni appisolati tra amache
e botti di rum.
Capitan Sparrow si appoggiò alla balaustra del castello di
poppa inspirando l’aria frizzantina, mentre scrutava
inebriato il limpido e luminoso orizzonte.
Alla fine lei aveva ceduto. Erano stati insieme piacevolmente per
parecchie ore, godendo della reciproca compagnia, ma prima
dell’alba lo aveva svegliato bruscamente, con un bacio
dolceamaro. “Ho
una nave da salpare!”, si era giustificata
raccogliendo in fretta tutti i suoi vestiti ed effetti disseminati per
la cabina. E lui era stato troppo assonnato e troppo vigliacco per
impedirle di scappare, di nuovo. O forse era proprio vero che non
sarebbe mai stato capace di amare niente e nessuno più della
Perla Nera. E del mare.
La avrebbe ritrovata, pensò, sollevando il coperchietto
della bussola. L’ago puntava l’Olandese Volante.
Ancora? Si risolse di seguire l’indicazione e
tornò per l’ultima volta a bordo di
quell’ormai familiare veliero.
- Hai di nuovo la Perla – gli venne incontro Sputafuoco
– Cerca di non perderla più.
Lo ringraziò con gli occhi, poi fu la volta di Gibbs che gli
si accostò piano e incerto: - Pensavo ti trovassi bene qui
– insinuò squadrandolo offeso.
- È che mi sono ripromesso di coprirvi le spalle, signore
– sorrise ruffianamente fino alle orecchie Joshamee.
- Al lavoro, dunque, mastro Gibbs! – gli ordinò
lui divertito – E non farmi pentire di averti raccattato,
nonostante tutto.
Il vecchio nostromo tornò di corsa sulla nave dalle vele
nere, cominciando con zelo ad arringare ordini alla ciurma.
- Buon viaggio, Capitan Sparrow – si presentò
immancabilmente Jim con l’aria di chi volesse farsi perdonare.
- Non c’è niente che vuoi chiedermi? –
lo stuzzicò lui con un tono falsamente severo.
Il bambino scosse la testa senza alzarla dal pavimento: - Credo che vi
arrabbiereste …
- Lo sai com’è che ci sono finito in bocca a
quella bestia? – lo spronò sottovoce il
filibustiere, piegandosi appena verso di lui.
- Un vero Capitano pirata non abbandona mai la sua nave e voi volevate
difendere la Perla, anche se questo significava morire con lei
– si accese di colpo di ammirazione il piccolo Turner.
Jack tentennò sbirciando i genitori del ragazzino in piedi
lì vicino: - Io stesso non avrei saputo dirlo meglio
– farfugliò con un sorriso forzato, passando oltre
prima che lo trattenesse in altre smancerose esternazioni di stima.
Ma il caparbio Jim non fu soddisfatto di quella risposta sbrigativa: -
E allora? Il kraken?
- Oh … non mi ricordo più molto … -
ribatté lui distogliendo gli occhi in un punto indefinito e
lisciandosi le treccine sotto il mento.
- Non ci credo – mugolò quello incrociando le
braccia.
- È così mocciosetto – lo
liquidò Jack con accento aspro, dirigendosi verso i Turner
che lo osservavano sospettosi e perplessi.
- Anamaria se n’è andata e ha voluto a tutti i
costi che le rendessi il Codice – lo informò
Elizabeth prontamente, immaginando che le chiedesse qualcosa in
proposito.
- Ci ha detto che lo porterà in Madagascar, dai restanti
fratelli della Costa – continuò Will –
Perché dice che noi non siamo per niente affidabili
… - aggiunse un po’ crucciato, venendo cinto con
un braccio dall’amata.
Jack riservò loro una smorfia compiaciuta e altezzosa: - Non
ha tutti i torti – proruppe duramente, ma poi la sua
espressione cambiò quando si posò sulle loro mani
teneramente intrecciate: - Ah! Voi due vi volete talmente bene da far
venire il voltastomaco! – asserì ironico
dondolando le braccia lungo il busto. Quelli si scambiarono
un’occhiata intenerita scuotendo la testa, raggianti e
innamorati, al che il solitario pirata abbassò la fronte,
sentendosi particolarmente infastidito da quella salda
complicità. Chissà perché poi
…
- E vogliamo bene anche a te – gli si gettò
incontro Elizabeth in un moto d’affetto – Abbi cura
di te – gli raccomandò con sincera amicizia, e
Will e suo figlio dovettero iniziare a tossire per indurre Sparrow ad
allentare la sua stretta lasciva sulla donna.
Jack si staccò col solito ghigno spaccone e
cominciò ad avviarsi sulla sua nave: - A quanto pare ce
l’ho fatta a restare l’ultimo dei pirati
– gongolò attraversando spavaldamente la
passerella.
- Ci sono anch’io, veramente – gridò
Will di rimando, affacciandosi alla murata, mentre i marinai ritraevano
l’asse di legno.
- Tu continuerai? – si voltò Sparrow sorpreso,
sfidandolo.
- Fino alla morte – proferì senza alcun dubbio
quello.
- Ci scontreremo – ribatté grave Jack, fermandosi
anche lui con i gomiti sul parapetto.
- È probabile – rispose Will altrettanto serio,
raggiunto prontamente da Elizabeth e Jim – Potremmo anche non
incontrarci più.
- C’è anche l’altro mare – gli
ricordò sibillino il collega, ammiccando irriverente.
- Lo conosco meglio di te. Non ti converrebbe – lo
canzonò Turner, inquietando un po’ i suoi.
Sparrow si indicò: - Pirata – dichiarò
indolente, abbandonando la balaustra per prendere il timone, copiato
dal Capitano dell’Olandese.
- Ma per voi non significa nulla il concetto di pace eterna?!
– esclamò estenuato il timorato Gibbs, sollevando
le braccia al cielo.
Le sue parole si sparsero nel vento che si infrangeva sulle vele
gonfiandole ampiamente.
I due vascelli più famosi dei Caraibi si separarono ancora
una volta, navigando verso nuovi orizzonti, illuminati dalla calda luce
dorata di un nuovo assolato giorno.
FINE
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