Tanpopo

di _Ceres_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** mettiamo le carte in tavola ***
Capitolo 2: *** Ordinary people ***
Capitolo 3: *** Strange love ***
Capitolo 4: *** Lonely ***
Capitolo 5: *** Tanpopo ***
Capitolo 6: *** Do you rimember me? ***
Capitolo 7: *** Dubbi e strane verità ***
Capitolo 8: *** Dietro 5 anni di odio e sofferenza ***
Capitolo 9: *** The end of everything ***



Capitolo 1
*** mettiamo le carte in tavola ***


Declaimers e prefazione

Declaimers e prefazione, della serie 'Mettiamo bene le carte in tavola'

 

Aloha, sono Ceres! Sono qui con un'altra ff, e so che non dovrei iniziarne una quando sono già alle prese con 'i colori dell'arcobaleno', ma vabbeh... lasciamo perdere le chiacchiere e veniamo al dunque.

Molti mi hanno pregato di fare una ff sul paring Ichigo/Ryo, e ho sempre detto che non lo vedevo bene insieme. Lo penso tutt'ora. E allora vi chiederete: come mai sta scema ha scritto una ff su 'sti due?

Semplice. In questo modo non mi potrete più ripetermi in continuazione di fare questa benedetta ff... (ehe ehe fregati) ^^ no, è che stavo con una mia amica quando ho avuto un'illuminazione (e qui l'Enel non centra... che battuta stupida!XD) e si sa, quando si hanno illuminazioni di questo genere non si può resistere alla tentazione di mettere tutto sulla tastiera! Così...

... solo una cosa. Ho fatto questa ff, sarete contenti. Ma come ho detto non mi va a genio, quindi non vi aspettate una cosa tutta rose e fiori... XP e poi è strano scrivere una fic sentimentale. Cioè, è strano per ME, dato che sono tutto fuorché romantica, quindi recensite e ditemi quello che ne pensate!

Declaimers: i personaggi, la storia e le situazioni appartengono a Mia Ikumi e Reiko Yoshida, non possiedo i diritti né del manga né dell'anime, e questa ff non ha scopi di lucri -anche se sono benaccette offerte cospicue di denaro... ^^'' sono sempre a secco...

Ed ora bando alle ciance e diamo il via alla ff!

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Capitolo 2
*** Ordinary people ***


tanpopo01

Tanpopo
di _Ceres_


cap.1
Ordinary people


Non guardare indietro,
potresti ricordare qualcosa che vuoi dimenticare.
Non guardare avanti,
potresti sognare qualcosa che non avverrà mai.
Chiudi gli occhi 
e riaprili quando avrai la forza di tornare indietro senza piangere
e andare avanti
sorridendo.

 

La pioggia batteva forte sulle finestre dell'aula, producendo un rumore attutito che unito alla voce calma del professore creava un'atmosfera piacevole, quasi soporifera. Mosse dal vento le fronde degli alberi sbattevano contro i vetri dell'aula, come fantasmi inquieti che cercavano di esternare il loro dolore urlando e scuotendo tutto quello che trovavano sul loro cammino. Ma di dolore non ce n'era in quella classe... solo la voce monotona del vecchio professore di algebra e le chiacchiere bisbigliate dei compagni. Non era certo una giornata adatta allo studio, ma piuttosto al riposo; ciò nonostante Ichigo si obbligò ad osservare attenta il professore, prendendo appunti sul metodo di Ruffini.

"Ruffini... ma 'sto qui aveva niente di meglio da fare che inventare il suo metodi?" pensò tristemente la ragazza, cercando di capire qualcosa dei calcoli alla lavagna. La matematica non era il suo forte, decisamente: non la si poteva imparare da un libro -come il professore amava dire, nella sua materia bisognava saper giocare con i numeri- quindi non serviva a molto imparare a memoria le regole che governavano i diversi principi. E per una studentessa che giocava tutto sulla memoria era una cosa impossibile.

    - ... quindi da questo potete dedurre che Ruffini si può applicare solo se sono presenti due condizioni nel divisore: quali sono, Momomiya? -

La ragazza si alzò, prontamente. - Il divisore deve essere un binomio di primo grado, e la lettera ordinatrice deve avere coefficiente uno. -

    - Ottimo, Momomiya... siediti pure. - il vecchio professore le sorrise, scarabocchiando un giudizio positivo sul suo registro, poi si tolse gli occhiali e continuò - Ora andremo avanti con... - non riuscì a terminare la frase che la campanella suonò la fine delle lezioni. - Ragazzi, nella prossima lezione ci sarà un test su quanto abbiamo fatto fin'ora... studiate tutto il programma svolto, in particolare i prodotti notevoli... - raccomandò il professore, anche se sapeva che gran parte della classe era già persa nei propri pensieri. Colpa della pioggia, pensò.

Ichigo chiuse il libro stancamente, convincendosi che anche continuando a fissare per ore quei numeri alla lavagna non ne avrebbe cavato un ragno dal buco. Si alzò, stropicciandosi gli occhi per la stanchezza, e sistemò alla meglio i libri nella borsa. Poi si diresse verso la porta, dove l'attendeva Rei, sorridente. Appena la moretta notò la faccia dell'amica esclamò:

    - Ichigo! Che hai, sei stanca? -

La rossa annuì. - Ieri sera Tanpopo non mi ha fatto dormire... pensa che anche questa volta ha sognato che un enorme bambola assassina era venuta a giocare con lei alle 'signore prendono il the', ma il the era avvelenato... -

    - Non ci credo, ancora la bambola assassina! - l'amica rise di gusto. Tanpopo sognava spesso una bambola grondante di sangue, sempre con gli stessi abiti e lo stesso sguardo 'terrorificante', come lo definiva la bambina; anche se la sognava in mondi diversi era sempre l'oggetto dei suoi incubi. Un vero e proprio caso patologico, e molte volte Ichigo si era chiesta se non fosse il caso di portarla da un bravo psicologo. Ma poi pensava che i bravi psicologi costavano, e le sue finanze non glielo permettevano...

    - Già... così alla fine non ho dormito più di tre ore... sono stanchissima. Penso che appena arriverò a casa mi butterò sul letto e mi metterò a dormire. -

    - Ma come, Ichigo? E al karaoke allora non ci vieni? - Rei sembrava più arrabbiata che dispiaciuta. Dopo la scuola di solito  lei andava a divertirsi col suo gruppo, in discoteca o al cinema, ma molte volte era costretta a declinare gli inviti. In fondo non poteva certo comportarsi come i suoi coetanei, lei aveva delle responsabilità come madre -molte volte però questo la seccava, e avrebbe voluto essere una normale ragazza senza impegni o doveri. Ma a quanto pare il destino l'aveva presa di mira, nemmeno ora che i geni del gatto di Iriomote dentro di lei si erano addormentati era *normale*... 

Quella sera poteva lasciare Tanpopo con la madre e andare a divertirsi, ma preferiva riposare: quella settimana era stata veramente stressante. Era dura lavorare di giorno e frequentare la scuola serale, senza contare gli obblighi verso la figlia. Scosse la testa, declinando l'invito.

    - Mi spiace Rei, ma non ce la faccio. Domani poi devo fare tutta la giornata al negozio, e devo fare compere con Tanpopo... mi spiace veramente tanto, questa volta potete fare a meno di me, ok? -

    - ... ok, ma solo per questa volta... certo che dev'essere dura avere una figlia, non è così? -

Ichigo sorrise dolcemente, poi rispose - E' vero, a volte è veramente dura. A volte penso che la mia vita sarebbe migliore senza una figlia, che io sarei più libera... ma quando arrivi a casa, e Tanpopo ti viene incontro con quel bellissimo sorriso e le guance tutte rosse, e ti vuole raccontare tutto quello che ha fatto... e giocare... pensi che non ne potresti fare a meno. E' faticoso, ma gratificante. -

Rei la osservò per pochi secondi, tristemente. Era così cambiata dalla ragazza spensierata che conosceva alla medie... sembrava che dopo la nascita di Tanpopo fosse diventata più adulta, ma dolce... come una madre. Tutto in lei aveva assunto quel ruolo: i capelli rossi scarlatti ricadevano lunghi sulla schiena, ed alcune ciocche di capelli che sfuggivano alle forcine dorate coprivano gli occhi nocciola, dello stesso nocciola di un tempo, anche se si poteva scorgere il dolore di quello che aveva passato e che stava affrontando ora.

    - Oh, accidenti! - esclamò Ichigo, serrando i pugni e agitandoli in aria arrabbiata.

    - Che c'è? -

    - Ho dimenticato l'ombrello... - disse, mostrando la lingua. Rei sospirò, tirando fuori il suo. Per quel lato non era cambiata... Aprì di scatto l'ombrellino arancione ed uscirono insieme, attraversando velocemente il cortile infangato, proteggendosi col grande tomo di algebra dalla pioggia che si faceva sempre più forte.

    - Ichigo... ma alla fine com'è andato l'appuntamento di ieri? - le chiese l'amica improvvisamente.

    - Ma non era un appuntamento! - protesto l'altra, mentre le sue guance prendevano un colorito rossastro.

    - Confessa, confessa! Quello era un tuo ex... come si chiama... Aoyama! -

    - Eravamo insieme alle medie, Rei! E' preistoria ormai! -

    - Ma ti piaceva tanto... ricordo che solo a fare il suo nome diventavi rossa alla pari dei tuoi capelli. Dì la verità, che cosa è successo fra voi due? -

   - Niente... - mormorò per liquidarla -non le piaceva affatto la piega che stava prendendo quel discorso, ma Rei le scoccò un'occhiataccia e decise di raccontarle tutto. Quella dopotutto era la sua migliore amica, no?

   - Beh... ci siamo visti in un caffè, e abbiamo parlato del più e del meno. Lui fa l'agente immobiliare ora, con un discreto successo. Ogni tanto esce con qualcuna, ma non ha ancora trovato la sua 'anima gemella...' E poi... poi si è offerto di aiutarmi con Tanpopo. Sì insomma, sai che lei ha bisogno di un padre... -

   - Ma lei ce l'ha, un padre... - cominciò Rei, ma si zittì subito vedendo l'espressione fredda di Ichigo. Aveva provato molte volte a convincerla, ma invano: su quel punto era irremovibile, ed infatti anche quella volta le parole non cambiarono affatto.

   - E' vero. Ma mi rifiuto di accettare che uno come lui sia il padre del mio angelo. - disse, e negli occhi dell'amica Rei poteva vedere rabbia, rancore, voglia di riscatto e il dolore dell'abbandono. Lo sapeva bene che cosa aveva provato Ichigo in passato, ma non poteva certo continuare ad andare avanti così, da sola. Tanpopo aveva davvero bisogno di una figura maschile, ed il suo vero padre, per quanto stronzo e vigliacco quanto potesse essere, doveva sapere di avere una figlia. Sangue del suo sangue. E Ichigo non poteva continuare a studiare, lavorare e prendersi cura di sua figlia da sola.

   - ... e tu cosa gli hai risposto, Ichigo? Gli hai detto di sì, vero? -

La rossa non rispose, osservando distrattamente una vetrina.

   - ... vero che lo hai fatto? Dimmi di sì... dimmi qualcosa! -

   - ... NO, gli ho detto di no, che potevo farcela con le mie forze. NON mi guardare così, Rei chan - la bloccò prontamente, vedendo che l'amica aveva aperto bocca per ribattere - E' inutile che tu mi dica di quale stupidità abissale io sia dotata, e non voglio sentire una delle tue solite prediche. Mi sono fidata una volta di un uomo, e sono rimasta incinta al secondo anno di liceo! Non voglio fare di nuovo lo stesso errore, e poi ce la faccio, davvero... -

    - No, Ichigo, no! Un giorno crollerai, me lo sento! -

    - Non ti preoccupare Rei... se un giorno dovessi crollare allora chiederei aiuto a Masaya e a te. E poi i miei genitori mi sostengono sempre... -

    - Va bene Ichigo chan, se la pensi così... - fece non molto convinta.

Arrivarono alla metro, il luogo d'incontro dei suoi amici. Quando Ichigo disse loro che non poteva venire reagirono più o meno come Rei, lamentandosi e cercando di convincerla, ma la lasciarono andare. Capivano tutti in che situazione fosse.

    - A domani Ichigo! - la saltarono, e lei ricambiò con un gesto della mano da dietro il vetro dello scompartimento. Non c'era porto per sedersi, così si aggrappò ad uno dei sostegni di metallo e prese un libro dalla borsa, il libro di scienze. Doveva cercare di buttarsi avanti con lo studio, domani ci sarebbe stato un altro test e doveva lavorare...

    - Dunque... capitolo terzo... - iniziò a leggere il paragrafo, ma dopo poche righe già era persa nei suoi pensieri. Scosse la testa, rileggendo quelle frasi, ma per quanto ci provasse la mente non sembrava capire niente di quello che leggeva. Decise di metterlo via, non sarebbe riuscita a concentrarsi se non si fosse prima riposata.

Stazione di Narita, ripeto,  fermata alla stazione di Narita...

Scese tra la calca dalla metro, e si avviò correndo verso la casa dei suoi genitori. Aperta la porta trovò subito la madre arrabbiata, le mani sui fianchi e lo sguardo torvo.

    - Ichigo! -

    - Ehm... si mamma? - rispose dolcemente, togliendosi le scarpe ed infilandosi le pantofole di casa. Guardò a terra: goccioline d'acque le cadevano dai vestiti, e in pochi secondi si era già creata una piccola pozzanghera. Sapeva che la madre si sarebbe arrabbiata ancora di più, odiava che casa sua fosse sporca. E ora lei era bagnata fradicia. Prese velocemente un asciugamano, passandoselo sui capelli ramati.

    - Sei tutta bagnata piccola! Perché non hai portato l'ombrello? -

    - Non potevo sapere che avrebbe piovuto, mamma... - e roteò gli occhi, dirigendosi verso la cucina.

    - No signorina! Non provare a girare per casa tutta bagnata, ho finito di pulire appena adesso! -

    - Ciao papà, ciao piccola mia! - salutò, mentre suo padre le sorrideva leggendo il giornale e la piccola Tanpopo correva verso di lei, felice.

    - Mamma, mamma! Ti devo dile una cosa! -

    - Cosa, Tacchan? - abbracciò la bambina, mentre la madre cercava di allontanarle dicendo che Tanpopo avrebbe rischiato la polmonite così, e Ichigo pensò che forse non sarebbe stato negativo possedere ancora i poteri di mewmew, almeno avrebbe potuto arrivare a casa prima.

    - E' un segleto, non lo posso dile qui. - disse semplicemente la bambina, incrociando le braccia con aria saputa.

    - Hai ragione, andiamo. Ho bisogno di farmi un bel bagno, vieni anche tu.* -

La prese in braccio, percorrendo il corridoio fino al bagno. Ichigo chiuse la porta, e mormorò:

    - Ora siamo sole, dimmi tutto. -

La piccola, che aveva già cominciato a spogliarsi, si fermò e sorrise.

    - Mamma, ho il ragazzo! - Poco ci mancò che Ichigo scivolasse per terra, poi si rialzò e boccheggiò:

    - Co... cosa? -

    - E' Tomoya, il mio amico all'asilo! Ha detto che gli ttavo simpatica, e ha detto anche che un gionno ci sposelemo. Ma dobbiamo decidele ancola la data. - fece, annuendo come se fosse una cosa ovvia.

Ichigo guardò la piccola Tanpopo, che sorrideva contenta mentre apriva il rubinetto della vasca. Non poteva crederci: la sua piccolina, la SUA bambina, all'età di 5 anni aveva già il fidanzatino! No, non poteva, lui l'avrebbe di certo fatta soffrire, illudendola di un amore eterno, l'avrebbe ferita e abbandonata per una più bella, ricca e disponibile...

... ma no, di che si preoccupava? Erano bambini dell'asilo, santo cielo, di certo un giorno di quelli, magari domani, sarebbe venuta a casa dicendo che ne aveva trovato uno più simpatico... Tanpopo sorrise, trascinandola per la mano verso la vasca.

    - Allola mamma, sei contenta? Pecchè non palli più? -

    - Ma no, sono contenta per te Tacchan... -

    - Mamma? - la chiamò la piccola, mentre le insaponava i capelli.

    - Uhm? -

    - Tu ce l'hai mai avuto un fidanzatino? -

Immediatamente l'immagine di un ragazzo si fece spazio nella sua memoria, ma Ichigo lo respinse subito. Sospirò seccata, prendendo ad insaponarsi il braccio sinistro.

    - Sì, tesoro. -

    - E' bello no? Tomoya mi fa sempre tanti regalini. Oggi mi ha fatto un blaccialetto con la pasta cololata... -

Si fermò subito, mentre molti altri ricordi che credeva di aver cancellato cercavano di salire a galla. Risciacquò il sapone dal corpo e si immerse nella vasca, seguita a ruota dalla figlia.

    - ... sì, ma vedi... - disse, spostandole una ciocca bionda dal viso, quel viso che assomigliava così maledettamente a quello di lui, quell'uomo che l'aveva fatta soffrire - ... non tutti i fidanzatini ti fanno i regali perché ti vogliono bene. - Tanpopo la guardò curiosa, non capendo quello che sua madre voleva dire.

    - Mamma, ma io non faccio i regali a qualcuno che mi sta antipatico! -  protesto energicamente, seguendo una logica esatta per una bambina di 5 anni che non aveva la benché minima idea di che cosa fosse il mondo al di fuori dalle mura di casa.

    - Voglio dire che non tutte le persone sono quello che credi. Magari pensi che loro sono buone, e che ti vogliono bene... invece sono totalmente diverse... oh, lascia stare. Che cosa hai fatto oggi, insieme ai tuoi amici? -

    - Oggi ho imparato a scrivere il mio nome, e poi la maetta ci ha laccontato una ttoria, e poi... - cominciò a raccontare la bambina, ma Ichigo non le prestava molta attenzione. Non poteva fare altro che osservare i suoi lineamenti, il suo modo di fare, i suoi occhi così azzurri come...

... come i suoi...

Tanpopo assomigliava molto a lui. Troppo forse. Ogni volta che la guardava ricordi, brutti e belli, le ritornavano in mente, ricordi che aveva cercato inutilmente di dimenticare, ricordi che facevano male, dentro, nell'anima...

Aveva cercato ci ucciderla.

Cioè, ci aveva solamente pensato. Lei era un continuo ricordare, era la prova della sua ingenuità e della sua capacità di amare qualcuno fino ad abbandonarsi completamente, quella capacità che aveva una volta. Perché dopo di lui, di quello sporco bastardo di Ryo non aveva più *amato* qualcuno. Aveva come perso la capacità di fidarsi completamente ed abbandonarsi, forse era rimastra troppo segnata, e non sarebbe mai stata capace di aprire un'altra volta il suo cuore a qualcun'altro.

Tanpopo era un legame vivente con quella persona che aveva cercato in tutti i modi di dimenticare. Come un ponte fra lei e quell'uomo con cui aveva cercato di tagliare tutti i ponti, tranne quello. Non poteva uccidere la sua bambina, non poteva fermare il cuore di quella piccola creatura che si fidava così tanto di lei, non poteva tradire così egoisticamente la sua fiducia come aveva fatto Ryo con il suo amore.

Ichigo l'amava. Per questo non poteva.

Ma questo voleva dire anche che Ryo non l'aveva mai amata, lui che l'aveva tradita così facilmente... ?

    - ... e poi ho imparato una nuova canzoncina... mamma, ttai bene? -

    - Eh... eh? Cer... certo Tacchan, certo... dai, usciamo dalla vasca che è tardi... -

Tirò fuori la piccola, legandole attorno uno strofinaccio, e tolse il tappo della vasca. L'acqua cominciò a vorticare piano, sparendo a poco a poco, e Ichigo si bloccò ad osservare i riflessi di quel vorticare ordinato, desiderando che anche i suoi ricordi più tristi potessero uscire così dalla sua memoria.

~

* In Giappone il bagno non si fa tanto per lavarsi, ma è un momento di relax. E non è raro che i genitori facciano il bagno con i figli, quando sono piccoli naturalmente...

Bene, primo capitolo finito. Devo avere il nos nelle mani, perché l'ho scritto di getto in poche ore! Beh, ditemi che ne pensate. E recensite, mi raccomando!

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Capitolo 3
*** Strange love ***


tanpopo02

Tanpopo
di _Ceres_


cap.2
Strange love

Mi dispiace devo andare via,
Ma sapevo che era una bugia,
Quanto tempo perso dietro a lui,
Che promette poi non cambia mai,
Strani amori, mettono nei guai
Ma in realtà siamo noi...

 

Pioveva.

Certo, da giorni il tempo non faceva altro. Dal cielo cadevano incessantemente gocce d'acqua trasparente, come lacrime che scendevano piano dal viso di una fanciulla sofferente. Sì, sofferente: quando vedeva la pioggia provava quella stessa sensazione, una sofferenza a cui ormai aveva fatto l'abitudine, che sentiva quasi famigliare e che non poteva condividere con nessuno. Non che desiderasse farlo... era sempre stato chiuso e freddo col mondo, come se ogni cosa gli scivolasse addosso come acqua, e forse per orgoglio, forse perché non aveva mai trovato una persona che giudicasse capace di capirlo, non aveva mai rivelato a qualcuno il suo passato.

In realtà c'era qualcuno che sapeva, ma ora non importava più. Né Ryo a quella persona, né tanto meno quella persona a lui. Tra loro c'era solo un passato, una storia passeggera... ma ormai quella storia era finita e sepolta tra le mura del caffè Mewmew. Il caffè, il suo locale, il luogo dove per molti anni aveva creduto di aver trovato delle persone capaci di volersi bene a vicenda. Era stato un illuso, non c'era che dire.

Ma da quanto tempo non lo vedeva, quanto aveva aspettato prima di ritornare in quel posto? Considerando che era in abbandono da ben sei anni non era poi così mal messo. Certo, le finestre frantumate -probabilmente opera di teppisti che la sera non hanno niente di meglio da fare- e il giardinetto dove l'erbaccia aveva preso il posto dell'edera curata di una volta facevano pensare che al padrone del locale non gliene fosse mai fregato poi molto di quell'edificio, una volta così famoso e di moda. Ryo pensò che le persone che diffondevano quelle voci erano solo degli impiccioni che non sapevano nemmeno la metà delle cose che ci sarebbero volute per giudicare la storia di quel caffè, ma dopo venticinque anni passati a cavarsela da solo fregandosene completamente di quello che *gli altri* dicevano, quei giudizi lo lasciavano totalmente indifferente.

Anzi. Quelle persone non avevano la minima idea di ciò che era accaduto dentro quelle mura, delle amicizie e dei piani di battaglie per la loro salvezza. La salvezza di quegli idioti impiccioni.

Era davvero per loro che aveva sacrificato la sua vita? Aveva sempre detto di farlo nell'interesse dell'umanità. Ma era davvero così? Forse... forse lo faceva solo per vendicare i genitori... mah, ora era inutile farsi domande come quelle.

Profondo Blu era morto. Da sette anni, ormai.

Se n'era andato per sempre, e con lui i tre alieni contro i quali avevano combattuto, portando via il cristallo Mew. Se n'erano andati con la semplicità di una foglia che cade, trasportata dal vento autunnale, senza nemmeno passare un soggiorno tranquillo sulla Terra. Ma capiva bene che il loro pianeta era in pericolo, e avrebbero dovuto risanarlo al più presto. Chissà se erano riusciti nella loro missione, e se stavano bene. E in quel caso cosa avrebbero fatto, poi?

Erano cambiati? Certo, tutti cambiavano. Forse ora Pai faceva ancora ricerche scientifiche, e magari Kisshu aveva trovato una ragazza con cui smettere di giocare per fare sul serio... e magari Taruto era diventato grande, quel bel ragazzo che si immaginava Purin da piccola, e di cui si era innamorata -chissà che fine aveva fatto la piccola scimmietta? E le altre mewmew?

E Ichigo?

Provò un leggero fastidio verso se stesso per quella momentanea debolezza. In fondo che gli importava di quella scema? Che gli fregava di quella troietta, e della fine che aveva fatto?

Per quello che gli importava poteva essere morta.

 

    - Ryo... non è poi messo male. Che cosa ne vuoi fare? -

    - Mah... potrei venderlo, non sarebbe una brutta idea. -

Accese una sigaretta, aspirando il fumo e sentendosi subito meglio. Keiichiiro lo squadrò, e Ryo capì subito il messaggio che volevano dire quegli occhi severi. Ma continuò a gustarsi l'odore di quel mucchietto di erbe, pensando che dopotutto, se fumava, lo faceva per calmarsi, accidenti, che c'era di male? Doveva forse continuare a dare addosso alle persone come faceva tempo fa, convincendole che Ryo era uno da evitare, decisamente, e magari facendole allontanare del tutto? Eccheccazzo, mai che lo lasciassero vivere, pensò stizzito.

    - Potremmo ristrutturarlo e... -

    - Per poi farne cosa? - chiese bruscamente, temendo la risposta.

    - ... mah... a me non dispiacerebbe cucinare di nuovo dolci, invece dei soliti piatti elaborati del 'Blue Rose'... -

    - No. -

Keiichiiro sospirò, capendo che il suo tentativo era fallito miseramente. Ryo si voltò, sistemandosi il giaccone di pelle nera e aspirando ancora una volta. Kei era sempre il solito, in quegli ultimi anni passati in America come capocuoco della cucina del 'Blue Rose' a cucinare piatti di tutto il mondo, non era cambiata la sua passione per i dolci, ma secondo Ryo a Kei bastava cucinare qualcosa, qualunque cosa, per essere felice. Per questo in fondo lo invidiava un po', lui non era capace di essere così semplice. L'ultima volta che era stato felice era stato quasi sei anni fa.

    - No, ho deciso. Lo venderò, tanto ormai in Giappone non abbiamo più nulla da fare. -

Getto a terra quello che restava della sua sigaretta, pestandola con la scarpa. Del fumo si levò in aria, segno che il mozzicone era ormai spento, ma sfumò miseramente tra le gocce di pioggia che battevano sul cemento del viale. Restò per un momento a guardare quelle gocce bagnargli i mocassini neri, quelli di marca... accidenti, imprecò mentalmente. L'avesse visto Ashley l'avrebbe rincorso per tutta la casa.

    - Ryo... -

    - Non ricominciare Kei... e aiutami a caricare queste scartoffie nel baule. - tagliò corto il biondo, prendendo un piccolo elaboratore sotto braccio, attraversando velocemente il vialetto. Ryo lo sentì sospirare, borbottando qualcosa come 'He's always the same...*', ma lo ignorò totalmente,sistemando alla meglio  i documenti nel piccolo baule della Peugeot. Mentre trafficava con tutte quelle scartoffie non poté fare a meno di pensare che macchine come quelle era sì molto veloci ed eleganti, ma il loro baule aveva una capienza molto limitata; la prossima volta avrebbe dovuto usare un'altra macchina, magari la Mercedes...

... no, non ci sarebbe stata una prossima volta. Quelli erano gli ultimi e unici giorni in Giappone, dopodiché se ne sarebbero ritornati in America, lasciandosi alle spalle quella terra piena di ricordi.

Ryo sistemò le ultime scartoffie nel baule, le ultime di quel progetto a cui lavorava ed aveva lavorato fino a sette anni fa. Ora li avrebbe portati in America, per sigillarli per sempre nell'archivio del suo laboratorio, poi avrebbe venduto quel che rimaneva del caffè Mewmew e se ne sarebbe tornato a fare il nababbo a Los Angeles, nel suo famoso ed elegante quanto costoso ristorante 'Blue Rose'. Quando aprì la portiera per salire al posto di guida sorrise all'idea che tra pochi giorni se ne sarebbe andato da quel posto, questa volta veramente; ed ogni cosa, ogni ricordo o accenni a quello che era la sua vita, se lo sarebbe lasciato alle spalle.

    - Pronto? Hai preso tutto, Kei? -

    - Sì, così pare. Computer, elaboratori e documenti... ci sono tutti. -

    - Bene. - disse soltanto, poi pigiò sull'acceleratore.

Ma non sapeva quanto si sbagliava.

 

~

 

La bambina traccio una linea col colore rosa sulla carta da disegno, dando forma all'idea che da un po' le girava per la mente, e poi la riempì dello stesso colore col pennarello. Soddisfatta del risultato alzò lo sguardo verso la donna che le stava di fianco, osservando i suoi occhi nocciola e i corti capelli rosso carminio, così simili a quelli della madre, ma così diversi dalle sue lunghe ciocche biondo platino e dai suoi occhi azzurri che la facevano sembrare un'occidentale. Tanpopo prese un altro colore dalla sua scatola, e colorò di marrone gli occhi di quella figura. Poi fu la volta del rosso, ma quando poggiò la punta del colore sul foglio non ricordò bene che pettinatura avesse sua madre, quindi alzò lo sguardo alla sua ricerca e non trovandola la domanda le sorse spontanea.

    - Nonna, ma dov'è la mamma? -

La donna sobbalzò sulla sedia, persa com'era nella lettura del suo libro preferito, poi lanciò un'occhiata al disegno di sua nipote e rispose:

    - E' andata a trovare una sua amica... -

    - Uffa... che noia nonna! Allola anche io voio andare a trovale Tomoya! -

La nonna sbuffo divertita, guardando il volto imbronciato di Tanpopo. Da un po' di tempo sua nipote manifestava il desiderio di passare del tempo con un certo Tomoya, e quando ne aveva parlato con Ichigo lei le aveva spiegato che era il suo amico all'asilo, ma dato che era un segreto doveva fare finta di non sapere nulla. Ayumi si era stupita, ma non tanto per il fatto che sua nipote avesse già uno spasimante alla sua età, ma per la semplicità con cui Ichigo gliene aveva parlato. Dopo quello che aveva passato pensava che fosse più protettiva verso sua figlia, che era tutta la vita per lei. Ma no, forse Ichigo, essendo in fondo ancora una ragazza, vedeva il mondo senza il senso di soffocamento di una *madre*, ma sapendo le esigenze di una figlia.

    - Tacchan, sei troppo piccola per un appuntamento... -

    - Non è velo! Ho già cinque anni! - strillò fieramente, agitando i codini biondi.

    - Eggià, sei grande, eh? - disse bonariamente, prendendola in braccio a sbaciucchiandole le guance. - E' grande la mia bambina! -

    - Nonna! - strillò, divincolando da quella stretta protettiva. Le piaceva che l'abbracciassero, la coccolassero e giocassero con lei, ma il tono di voce di quella donna non le piaceva affatto. Le suonava molto come una presa in giro, tutti la trattavano come una bambina e niente di più. "Non sono ttupida io!" pensò stizzita, ma tanto nessuno la sembrava prendere come una bambina un po' più matura dei suoi cinque anni. - E chi è la sua amica? - volle sapere, ritornando a scarabocchiare sul foglio da disegno.

    - Uhm... una certa Mint... - si chiese se Tanpopo l'avesse mai vista. - Hai presente quella ragazza mora, piuttosto bassa per la sua età? Ma dai, che è venuta un giorno a casa nostra... è quella del the. -

La bambina rise divertita, dicendo con entusiasmo - Sì, quella del the! - rise al ricordo di quel giorno, quando aveva fatto diventare pazza sua nonna per preparare un the alla sua altezza -queste furono le sue esatti parole- ed alla fine aveva rovesciato la tazza sul suo bel vestito, poi esclamò compita - La mamma ha tante amiche strane. -

    - Eggià, Tacchan, eggià... ma sono molto unite. Lavoravano in un caffè molto carino, si sono conosciute là... -

Tanpopo levò lo sguardo verso la nonna, sgranando gli occhi - La mamma lavolava in un caffè? E non si scottava mica? -

Ayumi rise di gusto, capendo che forse per sua nipote lavorare in un caffè era come dire lavorare in una tazza di caffè, e le spiegò - Ma no, lavorava in una pasticceria, è un modo di dire Tacchan... -

    - E pecchè non ci lavolva anche adesso? E' più bello lavolale in una paticceria piuttosto che in quel posto strano... - fece, pensando al negozio di vestiti dove lavorava Ichigo, un locale così pieno di antipatica gente snob quasi quanto quella Mint, con così pochi colori alle pareti, e gli ornamenti sgargianti praticamente assenti e vestiti 'da grandi', un locale che aveva il potere di metterle soggezione. Piuttosto che stare in quel posto avrebbe preferito giocare con Sadako, la bambola assassina che ogni tanto infestava i suoi sogni, e non era certo poco.

    - Beh, adesso non ci lavora più perchè il locale ha chiuso... quasi sei anni fa. -

    -E pecchè? -

    - Non lo so... pare che il proprietario se ne sia ritornato in America... - mentì, sua nipote era troppo piccola per discorsi del genere. Se avesse saputo la verità...

"Povera piccola" pensò, mentre le accarezzava le guance rosa. Tanpopo era fortunata ad avere i suoi cinque anni, ed a ignorare quanto potessero essere bastardi e meschini certi uomini. Uomini? No, non si poteva certo definirli così... un vero uomo si sapeva prendere le proprie responsabilità, quelle che derivavano dalle sua azioni invece di scappare.

Come la responsabilità di una figlia, o quella di aver messo incinta una ragazza di seconda liceo.

Ma lui no, lui le aveva lasciate sole e se ne era tornato in America... magari ora era su una spiaggia caraibica, in compagnia di belle ragazze e... basta, non voleva pensare a certe sconcezze. Se non ci fosse stata lei e suo marito chissà adesso dove sarebbero Ichigo e Tanpopo...

    - In America? Allola era straniero! - strillò lei, raggiante. - Sono così belli gli stranieri! Voglio vederlo! -

    - Cosa? -

Tanpopo sorrise. - Voglio vedere quell'uomo! -

    - Ma non si può... ragiona Tacchan, è in America... -

    - Ma IO-VOGLIO-VEDERLO!!! VEDERE-VEDERE-VEDERE-VEDRE-VEDERE!!! - cominciò a strillare con la sua melodica vocina acuta, agitando le braccia come una forsennata. Ayumi si alzò cercando di calmarla, ma la bambina si mise a correre per la stanza, saltando sul divano continuando la sua nenia rompi timpani. Dopo dieci minuti di tentativi per afferrarla e una buona dose di urla per il vaso antico ormai in cocci, le venne un'idea. Si diresse verso la camera di sua figlia, seguita a ruota da Tanpopo -che aveva smesso di agitarsi, ma continuava ogni tanto a dire VEDERE-VEDERE-, e prese un portafoto colorato, rilegato con un tessuto rosa e nero. Sulla copertina la scritta 'Photoalbum di Ichigo' riluceva alla luce della lampada.

    - Ecco qui. - disse, sedendosi sul letto, sfogliando le tante pagine di foto appoggiando il libro sulle ginocchia. Tanpopo sorrise vedendo un'immagine in cui una bimba dai capelli rosso fuoco si arrampicava sulle tende come un gattino, mentre una donna -sempre dai capelli rosso fuoco- cercava di salvare lei e le sue tende preziose.

Ayumi continuò a sfogliare le pagine, sorridendo ogni tanto mentre i bei ricordi l'assalivano piacevolmente, e scoprendo che ricordava ogni storia, ogni momento che c'era dietro quelle immagini. Ne indicò una in particolare alla nipote, che ritraeva suo marito che teneva in braccio Ichigo ancora bambina, mentre la issava sulle spalle per farle prendere delle ciliegie dall'albero del loro giardino.

Ricordava ancora com'era nato quel ciliegio: Ichigo era ancora piccola, e Masato -suo marito- era appena tornato a casa con un grosso cesto di ciliegie che gli avevano regalato al lavoro. Quindi si erano riuniti in veranda per gustarle, e Masato volle farne assaggiare una alla piccola Ichigo. Lei non apprezzò molto, e la sputò nel giardino ghignando 'Cchifo!'. Quella era stata la sua prima parola... pochi giorni dopo il piccolo seme germogliò, trasformandosi in quel grande albero che era adesso.

    - Neanche a me piacciono tanto le ciliegie. - sentenziò Tanpopo, ma le piacevano molto i fiori rosa che spuntavano in primavera ed in estate, e che riempivano in giardino di neve rosea per giorni.

Ayumi arrivò infine a metà di quel libro, e disse. - Ecco, questo è quel signore. -

Tanpopo lo guardò bene: nella foto c'erano molte persone, tra le quali riconosceva le amiche buffe di sua madre e lei stessa, strana con quei codini rossi e il vestito nero e rosa con molti fiocchetti fru fru, ma subito dietro Ichigo ed un'alta ragazza mora c'erano un signore ed un ragazzo alto, il primo moro con capelli lunghi legati in una coda, ed il secondo biondissimo, con iridi celesti. Nella foto non vedeva bene, ma quegli occhi le sembravano così... tristi...

    - Nonna, quale dei due signoli è il ploprietalio? -

    - Quello a destra, piccola. Quello biondo. Contenta adesso? -

Tanpopo guardo ancora una volta il biondino, poi sbuffò. - Mi piace molto di più il signore a sinistra. I biondi sono antipatici! -

    - Ma tesoro, anche tu sei bionda! - Ayumi rise a quell'affermazione così spontanea di sua nipote.

    - Sì, ma quetto vale solo per i lagazzi. -

La bambina prese a saltare sul letto, ed Ayumi la lasciò fare. "Sono bambini" pensò, mentre chiudeva il portafoto e lo sistemava sulla mensola vicino alla scrivania. Strano, si disse, che Ichigo non avesse buttato quelle fotografie; se avesse passato lei ciò che aveva passato sua figlia le avrebbe come minimo bruciate...

... ma no, Ichigo era una ragazza molto forte. Buttare quelle foto non sarebbe servito a niente, i ricordi sarebbero rimasti comunque. E poi erano già sei anni che Ryo se n'era tornato in America, che male potevano fare? Ormai era faceva tutto parte del passato, sua figlia aveva superato tutti gli ostacoli che il destino le aveva messo davanti.

 

Ma al destino piaceva scherzare, soprattutto con Ichigo.

E giocava pesante.

 

~

*E' sempre il solito, in inglese... almeno credo, poi magari esiste un modo di dirlo particolare, io e l'inglese siamo due mondi che nemmeno sono paralleli...

Ehylà gente! Piccolo chiarimento... Tanpopo è un nome particolare, che in giappo significa soffione... l'ho preso dal manga 'Imadoki-ai nostri giorni' della mitica sensei Yuu Watase, di cui sono una fan accanita... e l'ho scelto perché Tacchan è dolce e libera come un soffione^^ e poi... beh, leggete fra queste righe per saperlo...

Ringrazio:

Mew Pam: grazie grazie grazie, ma che tesoro^^ però, i conti sarebbero giusti... è che in seconda liceo si ha dai 15 ai 16 anni, ed Ichigo è rimasta incinta ai 16 (15 va bene per il sesso magari, ma per un bimbo.. @.@ non posso fare a meno di pensare che ho IO 15 anni^^''') ed ha avuto la bambina ai 17... ha 22 anni! Ryo che fa il bastardo... pensate tutti così! Ma dopotutto ve l'ho fatto pensare io... e questo capitolo ti farà pensare che, come al solito, non ho fatto le cose facili... dietro tutto c'è una persona che nessuno penserebbe mai...

Meiko: già già, Tanpopo è insolito, anche perché si scrive con la N e nella nostra grammatica sarebbe sbagliato... Ryo che lascia Ichigo per un'altra... ^^ehehe, le cose sembrano quello che non sono...

Pfepfer: l'ho postata su manganet perché mi fa un po' pena, dopotutto è nuovo adesso ed è così vuoto... ma lì non ti recensiscono, e senza recensioni non posso certo migliorare, quindi l'ho messa anche su EFP! Beh, siamo solo agli inizi! Ciao ciao!

Rory: ma mi dici che trame ti piacciono piccola Rory? Impossibile T.T ma dai... siamo solo agli inizi, in verità le cose sono più complicate di come le ho messe... sì, esatto, sto depistando le tracceXP continua a leggere, e dimmi che ne pensi eh!

Mina91: beh, sappi che il MewTeam si ritrova ancora ogni tanto per parlare, sono ancora molto amiche, ma Retasu non c'entra niente con Ryo, non ha mai avuto storie né niente con lui, tranquilla...

Dafne: ma onee chan, forse nel sito io, tu e Pam cara siamo le uniche a cui non piace molto quella gatta morta! Mah, è bello conoscere persone con cui si condividono certi... ehm... interessi...^^ le cose si fanno interessanti? Altroché... scrivere questa ff è difficile, ma nel complesso gratificante perché tutte pensate che Ryo sia un bastardo, proprio come volevo io! Ho una mente perversa, lo so...

Yuki: stesso discorso... è tutta colpa di una persona di cui non sospetterete mai... ma capirete più avanti! Che nome dolce che hai... all'inizio Tanpopo la volevo chiamare Yuki, è un nome che adoro ^///^ (ma come sono dolce...)

6 idiota scrittrice: beh, per la par conditio metto anche te... ma non ho voglia di sprecare tempo, quindi se ci sei vatti a leggere la mia risposta nelle recensioni,ok? ^^ Bye bye, e a mai più rivederci.

 

Scusatemi per il ritardo, ma dato che sono ritardata io mi sa che ci dovrete fare l'abitudine... (pessima battutaXP!) è che come ff è parecchio difficile, ma rilassatevi pensando che saranno più o meno dieci capitoli... a tra poco! (si spera!)

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Capitolo 4
*** Lonely ***


tanpopo03

Tanpopo
di _Ceres_


cap.3
Lonely

Chissà se tu mi penserai
se con i tuoi non parli mai
se ti nascondi come me
sfuggi gli sguardi e te ne stai
rinchiuso in camera e non vuoi mangiare
stringi forte al te il cuscino
piangi non lo sai
quanto altro male ti farà

la solitudine...

 

Ichigo camminò verso il grande locale del centro di Shibuya, domandandosi come mai avesse proprio voluto mettersi delle scarpe con tacchi a spillo quel giorno. Odiava quel tipo di scarpe, i piedi già le dolevano, ma dopo quell'appuntamento avrebbe dovuto incontrare il capo del suo negozio per un grosso affare, e doveva fare bella figura...

Si fermò un attimo, sistemandosi meglio il tailleur color panna, domandandosi cosa avrebbero detto le sue amiche del suo look. Di certo Retasu le avrebbe fatto i complimenti per tanta eleganza, e Mint l'avrebbe schernita per quegli abiti così eleganti, adatti di più a lei che ad Ichigo, dicendole magari che ad una del suo rango sociale un'eleganza del genere non si addiceva proprio. Ma, qualunque cattiveria dicesse contro di lei, sapeva che Mint non la pensava proprio: dopotutto, quando era andata negli States con Masaya, dopo la sconfitta di Profondo Blu, era stata quella che ne aveva sentito di più la mancanza... si volevano un gran bene, o almeno questo era quello che Ichigo provava per la sua amica dai modi un po' scorbutici ma adorabili.

Alzò lo sguardo, individuando il caffè dove le ex mewmew si erano date appuntamento, e non ci fu bisogno di cercare oltre per trovare il tavolo in cui si erano sistemate. I lunghi capelli di Zakuro rilucevano ai raggi del sole, e sorseggiava della cioccolata mentre ascoltava interessata i discorsi di una ragazza piuttosto bassa ma molto carina, dai mediolunghi capelli neri leggermente mossi. Una terza ragazza era seduta un po' in disparte, mentre trafficava con una pallina arancione dall'aria piuttosto pesante. Spiccava come un contrasto tra bianco e nero da quelle due ragazze, con i suoi capelli color grano e la divisa scolastica delle superiori. Sbatté le ciglia, il periodo da liceale era un pezzo della sua vita che avrebbe cancellato volentieri.

La ragazzina più giovane alzò di scatto il viso, mentre i suoi occhi marroni da cinesina incontravano quelli della rossa, e le bocca a bocciolo si apriva in un sorriso eccitato.

    - Ichigo! - esclamò. - Da quanto tempo non ci vediamo! -

Le saltò al collo felice, mentre Ichigo ricambiava il gesto d'affetto. Era proprio vero, da quanto tempo non vedeva la piccola Purin! Piccola però non la si poteva certo definire... la scimmietta di una volta si era trasformata in una bellissima ragazza, con le sue lucenti ciocche dorate e il corpo che non aveva niente di simile ad una scimmia, ma piuttosto ad una modella. Non la vedeva da... quanto tempo era passato dall'ultima rimpatriata? Ogni tanto vedeva le altre al lavoro, o per le strade di Tokyo, ma ora che Purin frequentava le superiori aveva i suoi amici, i suoi impegni con lo studio e il club di ginnastica artistica, e la scuola...

... la scuola?

    - Purin! - disse Ichigo, allontanandola per le spalle e guardandola severamente - Che ci fai qui? Tu dovresti essere a lezione! -

La ragazzina tirò fuori la lingua facendole l'occhiolino, sapendo di essere stata beccata.

    - Eddai, partecipo a quella tortura per ben nove mesi l'anno, se per un giorno non ci vado non casca certo il mondo! -

    - Oh, Purin... la scuola è importante! Se non studi adesso finirai come me, a farsi in quattro per studiare la sera e lavorare la mattina! -

La biondina gonfiò le guance, guardando bene la donna adirata che aveva davanti. Iniziò a giocherellare con la pallina arancione, come faceva sempre quando era in ansia per l'avere un segreto. Si sedette, prendendo dalla tasca della gonna a pieghe il cellulare che da un po' vibrava. Le era arrivato un messaggio.

    - Sempre in ritardo, eh Ichigo? Noi siamo qui da ben dieci minuti. - sentenziò Mint, guardando l'elegante orologio da polso, di sicuro di una marca costosa. Ichigo le lanciò un'occhiataccia, pronta a saltarle addosso, ma Zakuro le sorrise da dietro la spalla della ex mew lorichetto, tranquillizzandola. Ogni volta che la vedeva Zakuro le sembrava sempre più bella, col leggero trucco e gli occhiali da sole levati sulla testa a mo' di cerchietto. Se di Mint invidiava la ricchezza ed i modi eleganti, di Zakuro quello che le sarebbe piaciuto possedere era di sicuro la bellezza.

Poi si guardò intorno, non trovando la sua più grande amica tra le quattro.

    - Ehy, ma dov'è Retasu? -

    - Non ricordi? E' andata in Hokkaido per lavoro, doveva partire ieri mattina. - rispose Purin, poi sorrise in  modo accattivante. - Te ne sei dimenticata, vero? -

    - Oh, no... accidenti! -

Ichigo si sentiva un po' in colpa, era vero che se ne era completamente scordata. Aveva deciso di andare a salutarla prima che salisse sullo Shinkaisen*, ed invece... si rassegnò. Le avrebbe telefonato quella sera, per sapere quando sarebbe tornata e per farsi perdonare.

    - Sempre con la testa fra le nuvole... penso che ti regalerò un'agendina elettronica per il compleanno, data la tua tendenza a dimenticarti sempre di tutto. -

    - Io non dimentico sempre tutto! - protestò Ichigo. Era vero, spesso era così persa nei suoi pensieri da dimenticarsi molte cose, ed arrivava costantemente in ritardo, ma non le sembrava di essere così irrecuperabile.

    - Invece sì, soprattutto da quando c'è Tanpopo. Non hai pensieri oltre quella bambina! -

    - A proposito, Ichigo! La prossima volta porta anche lei, ho tanta voglia di coccolarla! - fece Purin, abbracciando con affetto fraterno la pallina arancione. Tanpopo e Purin andavano molto d'accordo, forse perché erano entrambe vivaci, o forse perché la ragazzina bionda era abituata ai bambini, con la sua miriade di fratellini e sorelline che doveva accudire anche ora che erano cresciuti. Purin fece girare la pallina sulla punta dell'indice destro, abilmente, e la fece volare sulla testa tenendola in perfetto equilibrio. Anche se i geni della scimmia leonina dentro di lei si erano addormentati era rimasta ancora molto agile, forse lo era sempre stata... da quello che sapeva della sua famiglia suo padre era un famoso karateka, spesso in viaggio, ma quando era a casa dirigeva una palestra piuttosto famosa e rinomata. Purin non era una praticante di arti marziali, ma molte delle tecniche segrete della sua famiglia le aveva imparate, e spesso le usava nei suoi esercizi ginnastici.

    - Quello è un attrezzo per la ginnastica artistica, eh? -

    - Esatto, la palla è il mio attrezzo preferito! Anzi, a proposito di questo... dovrei dirvi una cosa. - sospirò forte, mettendosi una mano sul cuore con un'espressione sinceramente sollevata. - Io... mi hanno offerto un viaggio-studio in una scuola di Arti ginnastiche, in... in Cina. -

    - In Cina?! Ma cosa... -

Purin alzò lo sguardo verso le amiche, con espressione supplichevole. - Ci starò solo per alcuni mesi, dopo che avrò preso il diploma... voglio diventare una ginnasta professionista, è il sogno della mia vita. L'accademia d'arte che potrei frequentare è la più famosa della Cina, anche mia madre l'ha frequentata! -

    - Tua madre era una ginnasta? - chiese Zakuro, piuttosto sorpresa dalla rivelazione.

    - Esatto. - annuì Purin, pensando alla donna di cui ricordava pochissimo, perché era morta quando avevo solo cinque anni. Ricordava che era molto dolce e determinata (in effetti l'aveva sempre "incarnata" in Retasu, e per questo si era affezionata a lei più delle altre, ed ora che Ichigo aveva avuto Tanpopo le aveva fatto lo stesso effetto), dai capelli castani fluenti e legati in una lunga treccia. Gli occhi, invece, erano identici ai suoi; suo padre diceva molte volte che era bellissima, e una volta le aveva raccontato di come, nonostante suo padre fosse un uomo forte e tutto d'un pezzo, le bastasse un sorriso per riuscire a scioglierlo.

Era una ginnasta professionista, una delle migliori. Si sentiva sempre molto sicura delle sue capacità, forse fin troppo. Aveva voluto provare a fare uno dei più difficili esercizi di equilibrio sul filo, senza protezione né bilanciere. Ma non riuscì mai ad arrivare all'altra sponda.

Fu così che morì.

Ed il sogno di Purin era di diventare così brava, così agile da riuscire a fare lo stesso esercizio ed arrivare dove sua madre non era arrivata.

    - ... quando partirai? - chiese Ichigo, pensando ancora a come sarebbe stata la vita senza la piccola Purin. Non, doveva smetterla di pensarla come 'piccola'! Non era piccola, stava crescendo velocemente, e se ne sarebbe andata in Cina a fare ciò che più l'appagava, la ginnasta... non voleva lasciarla, non poteva. Ma per Purin quello era il sogno della sua vita... doveva lasciarla tentare. Non solo, doveva lasciarla e spronarla a fare sempre di meglio, ed incoraggiarla quando non ce la faceva...

Almeno lei, doveva riuscire a realizzare i suoi sogni.

    - A metà agosto del prossimo anno... - mormorò la bionda. Calò il silenzio, anche il volto di Zakuro, di solito inespressivo e freddo, era triste e dispiaciuto. Poi Mint alzò gli occhi, cancellando ogni traccia di quei sentimenti per far posto ad una smorfia altezzosa. Se doveva dirglielo, tanto valeva dirlo con stile, alla sua maniera.

    - Beh, in questo caso penso che allora io e Julian dovremo anticipare le nozze. -

 

Pochi secondi, perché le tre ragazze scoppiarono in mille domande.

    - COSACOSACOSA? Mint si sposa, che bello! - strillò Purin, felicissima ora che aveva parlato con le loro amiche del suo segreto, e scoperto quello della ex mew lorichetto. - Hai sentito?- domandò poi al cameriere che in quel momento passava, prendendolo per le mani ed inscenando un ballo improvvisato. - Io ADORO i matrimoni!!! -

    - Non è possibile... - boccheggiò Ichigo, scivolando dalla sedia come stava facendo la sua vita. Le sue amiche -Purin che se ne andava, Mint che si sposava e quasi sicuramente se ne sarebbe andata in Francia, a vivere come una del suo rango sociale si poteva permettere, e Retasu che era in Hokkaido- se ne andavano, la lasciavano sola... anche Zakuro tra non molto, magari, sarebbe partita per servizi fotografici, e comunque per gli impegni di lavoro... il Mew Team si scioglieva, dopo tanti anni di amicizia sincera e profonda.

    - Tu non me lo avevi detto... - fece Zakuro, guardando la sua migliore amica sorpresa.

    - Lo so. Me lo ha chiesto ieri sera, guarda. - mostrando a tutte un brillante all'anulare sinistro. Era un piccolo anello, con tre piccoli diamanti che scintillavano alla tiepida luce del sole; piccolo e discreto, ma bellissimo. Nel loro piccolo i diamanti brillavano tantissimo, ed il luccichio era aumentato dall'anello d'argento a cui erano legati.

Purin si staccò dal cameriere, tra l'altro piuttosto imbarazzato ma felice, e osservò l'anello con sguardo esperto.

    - Caspita... - si portò la mano sul mento, impressionata. - ... quanto sarà costato? -

    - Purin, non si chiedono queste cose! - la sgridò Mint, ma poi sorrise, un sorriso privo di malizia o superiorità, un sorriso veramente felice che solo il pensiero dell'uomo della tua vita ti sa dare.

Ichigo pensò tristemente che una volta sapeva sorridere così anche lei, pensando a Ryo.

 

~

 

    - Buono, buono Tasuke... -

Il delfino emise un lungo fischio di apprezzamento, mentre la ragazza lo massaggiava vicino alle pinne. Poi lo lasciò andare, e lui guizzò nell'acqua prendendo velocità. Affiorò dalla superficie dell'acqua, facendo una capriola e schizzando la ragazza già immersa nell'acqua. Lei rise, sollevata dal fatto che, a quanto pareva, l'animale si sentiva molto meglio e che si stava riprendendo in fretta.

Un ragazzo si sporse verso la piscina, osservando la ragazza nuotare verso la sponda come se si trovasse nel suo habitat naturale. Quando arrivò buttò la testa all'indietro, prendendo fiato, e si sistemò i corti capelli smeraldo che, bagnati ed esposti alla luce mattutina, brillavano più del solito. I riflessi dell'acqua la facevano sembrare ancora più bella, pensò sorridendo furbo.

    - Tetsuya, che hai da guardare? - domandò lei dolcemente, ma preoccupata. - Ho qualcosa fuori posto? -

    - No, nulla Retasu. Perfetta come sempre. -

Lei gli  fece la linguaccia, uscendo dalla grande vasca dove nuotavano diversi delfini. Prese uno straccio e se lo passò sui capelli bagnati, guadando lo schermo del computer dove poco fa Tetsuya stava lavorando.

    - Tasuke sta migliorando a vista d'occhio, pochi giorni e starà benissimo. Non ti preoccupare. - la rassicurò lui, sapendo quanto ci tenesse alla salute di quel delfino. A dir la verità Retasu teneva molto a tutti gli animali che curava, e come veterinaria era la migliore che conoscesse -ed amava ogni forma animale esistente-, ma in particolar modo i delfini erano la sua passione. E con Tasuke sembrava aver instaurato un contatto particolare, diverso da quello che avevano gli altri colleghi con lui. Retasu sbatte le ciglia semplicemente, e replicò:

    - Lo so questo, non sono preoccupata. Piuttosto, controllavo i dati relativi all'acqua della vasca. Non è pura, pulita. Dì alla manutenzione di cambiarla più spesso. -

Tetsuya rise.

    - E tu come fai a dirlo, scusa? -

La ragazza sorrise, dolcemente, come se le fosse venuto in mente un bel ricordo. Poi si alzò da terra, calando la cerniera della tuta da sub, e lo guardò evasiva.

    - Se non vuoi che i delfini si ammalino nuovamente, Tetsuya, fa come dico io. - e si avviò per gli spogliatoi, lasciando dietro di sé goccioline d'acqua. Il ragazzo chiuse la sessione di lavoro del portatile, poi lo prese sottobraccio ed inseguì la ragazza. Entrò dentro lo stanzino buio, dove Retasu si stava cambiando ma che, vedendolo entrare, si fermò per coprirsi.

    - Eddai, non ti vergognare! - protestò lui, ridendo sotto i baffi per la timidezza quasi naturale che caratterizzava la sua amica.

    - Tu girati, altrimenti te lo lancio! - urlò, mostrando una bottiglietta di shampoo con aria minacciosa. Tetsuya si volto, lasciandosi la ragazza alle spalle, più per accontentarla che per paura che il flaconcino lo colpisse -se mai Retasu avesse avuto il coraggio di fagli male- e continuò il suo piccolo giochino, quella presa in giro che adorava praticare per vedere come avrebbe reagito la ragazza dai capelli smeraldo.

    - Allora, Midorikawa, che fai stasera? - chiese con voce fintamente disinteressata, quasi casuale. La sentì mugugnare dietro di lui, ed in fruscio dei vestiti che cadevano a terra, e gli venne voglia di girarsi e sbirciare quel corpo che sognava; ma resistette all'impulso, Retasu non l'avrebbe mai perdonato. E poi gli sembrava un colpo basso, troppo basso che per chi le donne, come lui, le conquistava per poi fare sul serio.

    - Mmmh, dovrei telefonare a Tokyo... -

    - Tokyo, eh? Senti già nostalgia di casa? -

    - No, non è questo... - Retasu sfilò dalla sacca un asciugamano, e se lo passò intorno al corpo stringendolo all'altezza del seno. - Devo sentire come sta una mia amica, tutto qui. -

    - Una tua amica, mmmh? - sorrise nuovamente, assaporando che impatto avrebbero avuto le parole che avrebbe detto. - Ed è carina? -

    - Stupido! -

Sentì una botta alla schiena. Retasu gli aveva lanciato lo shampoo.

    - Gelosa, eh? -

Alcuni passi riecheggiarono nella stanza, e la ragazza lo prese per le spalle costringendolo a voltarsi.

    - E perché dovrei esserlo, eh? -

Tetsuya passò lo sguardo sulla pelle bianca che l'asciugamano lasciava scoperta -che oltretutto lasciava ben poco all'immaginazione-, rispondendo al sorriso accattivante della ragazza che aveva passato le braccia sulle sue spalle, avvicinando il suo corpo a quello del ragazzo.

    - Perché sei la mia ragazza... -  disse, prima di baciarla e di stringere la sua vita con le mani.

 

~

 

    << ... COSA? Non ritornerete questa settimana? Ryo kun, tesssoro, ma lo vuoi dire alla tua Ashley che state facendo in Giappone? >>

    - Beh, tante cose... - rispose evasivo Ryo, tenendo la cornetta del telefono tra la spalla e l'orecchio, mentre finiva di sistemare alcune cartelle di documenti importanti. - Piuttosto - cominciò, per cambiare discorso. - Come sono andate le ordinazioni per quel carico di frutta esotica? -

    << La frutta era splendida, succosa e matura al punto giusto, ma il carico è arrivato in ritardo e quindi ho detratto la mancia a camionisti ed operai. Incredibile quanta gente ignorante e menefreghista ci sia al mondo! Se a quei cretini dell'azienda di trasporti gli avevo detto che dovevano arrivare ieri, c'era bene un motivo! Ora dovremo fare delle ore extra, per riuscire a cucinare tutto in tempo. Ma quali tante cose state facendo tu e Kei, tesssoro? >>

    - Uhm... beh... - cercò di inventarsi qualcosa, quando gli capitò sottomano un volantino pubblicitario. - Stiamo facendo un giro per i templi del Paese, Kei era da molto tempo che voleva farlo... insomma... - Si domandò se fosse stato abbastanza convincente, in fondo era vero che a volte Kei diceva che il Giappone gli mancava un po'.

    << Cosa? E perché non avete portato anche me? Non sono mai stata in Giappone! E poi Ryo, una volta non mi avevi detto che in Giappone non ci avresti messo più piede? >>

    - Beh... - cominciò a sudare freddo, Ashley da un po' di tempo sospettava qualcosa, ma mai avrebbe dovuto venire a sapere del Progetto Mew. Lei era un'ottima cuoca -quasi alla pari di Keiichiiro- ed era anche una ragazza fantastica, ma se aveva un difetto era la lingua lunga. Se avesse saputo lei del progetto, lo avrebbe saputo il mondo intero.

    - Dunque, diciamo che ho avuto una brutta esperienza, però Kei voleva assolutamente prendersi una vacanza... e quindi... -

    << Mmmh... >>

Oltreoceano, una ragazza dai capelli castani sorrise amorevolmente. Si sistemò meglio la corta gonna di raso verde, poi premette la mano sulla cornetta indicando la cucina ad un addetto, che portava un cesto di ananas dall'aria piuttosto pesante. Ritornò a parlare, appoggiando l'apparecchio sulle ginocchia.

    << ... Ryo caro, centra per caso una ragazza? >>

In una camera d'albergo di un lussuoso hotel di Tokyo un uomo sgranò gli occhi, cadendo dalla sedia.

    - Che... che dici, Ashley? Una ragazza? E perché mai dovresti pensare una cosa del genere? - negò prontamente il biondo sistemando meglio, ma il balbettio incerto della sua voce ebbe solo l'effetto di convincere ancor di più le tesi della ragazza dall'altra parte della cornetta.

    << Povero Ryo, un ragazzo bello come te che si va a rovinare con una di quelle palliducce...ora mi spiego tutto... >>

Nella stanza un rumore della serratura echeggiò, seguito da altri calpestii. "La salvezza" pensò Ryo, come respirando aria pura dopo pochi minuti di asfissia che gli erano sembrati un'eternità.

    - Oh, è arrivato Kei, vuole proprio parlarti! Muore dalla voglia, davvero! Vedessi come è contento, devo lottare per non cedergli la cornetta! -

Keiichiiro, appoggiò la giacca nera sulla poltrona, guardando il ragazzo biondo con uno sguardo divertito e curioso, perché indicava l'apparecchio telefonico con apprensione mentre cercava di dirgli qualcosa, muovendo la bocca senza emettere suono. 'Ashley' riuscì solo a capire, di quel messaggio muto, ma gli bastò per comprendere il quadro della situazione.

    - Ho capito, passa qua. -

    - Beh, Ashley cara, ci vediamo! -

    << Ehy, ehy... non scappare così! >> cercò di bloccarlo lei, ma la voce profonda che gli rispose dopo non era certo quella del ragazzo. << Oh, ciao Kei >> disse senza entusiasmo.

    - Ma come? Mi saluti così? - fece Keiichiiro, anche se in realtà non era affatto offeso.

    << No no, e che... beh, stavo per scoprire il lato sentimentale di Ryo, ma come al solito fugge sempre... e tu non mi faciliti certo che cose! Lo difendi sempre, santo cielo! Neanche fosse tuo figlio! >>

"E' come se lo fosse, però" pensò l'uomo, e rispose bonariamente:

    - Non preoccuparti... se vuoi un consiglio, Ashley, non forzarlo mai. E' lui che decide se e con chi aprirsi, sono sicuro che un giorno ti racconterà tutto, ma ora è troppo presto. -

Ashley, nell'elegante hole del 'Blue Rose', sospirò sconfitta. Poi, tornò a chiacchierare con Keiichiiro.

 

Dall'altra parte della stanza Ryo si tolse la camicia, l'aria di quella stanza era viziosa o era la sua immaginazione?

"Santo cielo, c'è mancato poco" pensò, entrando nell'anticamera del bagno. "Ashley è un po' impicciona... ma in fondo lo fa perché si preoccupa per me..."

Come faceva lei, disse una voce serpeggiante nella sua mente. Buttò malamente a terra la cintura, ricacciando indietro quei pensieri.

"Sì, proprio come lei" si disse poi, amareggiato. "Con la differenza che Ashley non mi abbandonerebbe mai"

E con questi pensieri, si accasciò sul morbido letto.

 

~

*Shinkaisen: sono treni ad alta velocità, non ho capito bene se sono per viaggi lunghi o meno. Costano molto.

Salve carissime (e carissimi? Me lo chiedo sempre, di cosa pensino di me e le mie ff i maschietti...) come va? A quanto pare siete rimaste un po' tutte con tutte con tante domande per la mente, e scusatemi, ma è una cosa che ADORO... (menteperversamenteperversa) e dopo questo chap le domande non si sono certo risolte! Ashley Ashely Ashley... siete tutte preoccupate per questa persona, eh?

Continuate a preoccuparvi, perché non ho nessunissima intenzione di svelarvi chi è. *Ceres se ne va ridendo per un giro intorno al mondo per scappare alle lettrici infuriate. Girandosi e spaventandosi per le tante venette che pulsano alle tempie di queste, prende un foglietto dal frigo e scribacchia qualcosa, guarda la penna e mormora un 'Oh-oh', poi li lascia sul pavimento e scappa.*

"Se mi massacrerete non potrò scrivere per un bel pezzo, e dato che nessuno oltre me sa come si svilupperà e come andrà a finire la fic resterete in ansia per anni. Su su, mettete via quelle asce e vi dirò una cosa... Ryo non è il bastardo di questa fic, dovreste imparare a leggere fra le righe... Ichigo odia Ryo, e Ryo odia Ichigo! Ma capirete tutto più avanti... In realtà... beh..."

(E' finita la cartuccia della penna...^^''''''')

Ringrazio:

Pam cara: ma tessoro, io non mi definirei certo bastarda se non me ne uscissi di scena con frasi del genere... cmq per sapere chi è bisognerà aspettare almeno il terzultimo chap! Fino a quel punto roditiXD e nemmeno una come te potrebbe scoprirlo! Ah, grazie per avermi avvertito, mandami una cartolinaXDDD

Pfepfer: ma daiii, non sono certo così brava... stesso commento come per Pam cara, anche se tu facessi una lista di possibili bastardi_che _mandano_all'aria_una_coppia_bellissima non scopriresti chi è... se qualcuno ci riuscisse allora dovrebbe avere poteri ESP! Ciauz!

Meiko: Ashley... è un così bel nome! Aspetta prima di parlare! No, non è come hai detto tu... non è così semplice, eh eh! Ehm, riguardo alla ultima recensione... *couf couf*... ^///^'''

Yuki: cara Yuki, Ryo non è un bastardo, non era mia intenzione farlo passare come tale! Non potrei MAI rovinare il mio bel Ryo kun... ç.ç leggi e scoprirai!

Dafne nee chan: anche se ha in questo e nel prossimo chap una piccola parte di racconto, Retasu chan arriverà veramente verso il settimo capitolo, ed anche se il suo sarà un compito un po' marginale il suo intervento sarà importante.

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Capitolo 5
*** Tanpopo ***


tanpopo04

Tanpopo
di _Ceres_


cap. 4
Tanpopo

“…Non voltarti...
(Non cedere al dolore)
Non cercare di nasconderti...
(Nonostante stiano gridando il tuo nome)
Non chiudere gli occhi...
(Dio sa cosa c’è dietro di loro)
Non spegnere la luce...
(Non dormire mai, non morire mai…)”

 

 

***

Era una giornata autunnale.

Il ragazzo guardava il cielo terso mentre veniva inondato dal vento caldo e afoso del pomeriggio che gli spostava la frangia ribelle solleticandogli il viso, ma non gli importava. Era concentrato a contemplare l'immagine che aveva davanti, delle fronde degli alberi che si muovevano ritmicamente, della gonna bianca della ragazza che si alzava e si abbassava, dei soffici semini dei tanpopo* che venivano trasportati dal vento e contrastavano col blu del cielo.

E lei. Così bella e sorridente, mentre correva nel prato ammirando i fiori e i colori come se non li avesse mai visti in vita sua, e le sue guance che si coloravano di rosso, e i suoi occhi nocciola pieni di calore...

Era per questo che l'amava. Lei sapeva trovare un sorriso, o delle belle cose anche nei più piccoli ed insignificanti particolari, sapeva farlo sentire bene.

Non c'erano altre parole per spiegarlo.

Peccato però...

... peccato che per un po' di tempo avesse dovuto fare a meno di quel calore. D'accordo, era solo per alcuni mesi, ma... ma il pensiero che lei sarebbe rimasta in Giappone mentre lui sarebbe stato a migliaia di chilometri distante gli pesava sul cuore...

    - Ichigo! - la chiamò con un vago atteggiamento noncurante - Dai ,vieni via da lì, se ti sporcassi il vestito mi vergognerei a girare con te. -

Lei si girò di scatto, con i capelli che svolazzavano ed incorniciavano il suo volto infastidito.

    - Shirogane, non sei cambiato affatto! Sempre il solito maleducato! - esclamò, e corse verso il ragazzo per prendergli la mano, fino a strattonarlo nel posto in cui era prima.

    - Ehy, che fai? -

    - Guarda! Guarda che meraviglia! -

La ragazza fece una capriola su se stessa, allargando le braccia, mostrandogli i semini dei tanpopo volteggiare nell'aria ed intorno alla sua figura, rivolgendogli un sorriso ancora più radioso.

    - Sono solo semini. - disse freddo lui, ma gioendo inconsciamente per quegli attimi così tranquilli.

    - Ma no, senti che bella sensazione! - fece la ragazza, prendendo dei tanpopo e soffiando forte in direzione del ragazzo. I semini si staccarono e volteggiarono intorno a Ryo, che cercò di scacciarli invano. Ichigo rise quando quelli si attaccarono ai fili biondi di lui, facendoli apparire ancora più dorati per il contrasto.

    - Pffh - soffiò Ryo, allontanando una ciocca della frangia dagli occhi. - Molto divertente, neko chan**. -

    - Ehy! Non chiamarmi così! - disse, gonfiando le guance - E' un sollievo sapere di non essere più una mewmew, dopo quello che è successo. -

    - Certo - rispose lui, prendendo la sua mano e facendola volteggiare su sé stessa - Anche perché a quest'ora non potrei fare questo. -

L'avvicinò a sé e la baciò delicatamente, per poi stringerla forte. Ichigo, dal canto suo, sentiva che niente avrebbe potuto spezzare la pace di quel momento, ed appoggiò la testa sulla sua spalla, con la fronte che sfiorava il suo collo. Prima sentiva un po' di freddo, ma ora che lui l'abbracciava le sembrava di andare in fiamme. Soprattutto perché sentiva il cuore di Ryo battere accanto al suo...

... chiuse gli occhi, che pace, quanto tempo aveva passato abbracciata così al ragazzo? Ore, minuti, pochi secondi? Non ne aveva idea; ma di certo quello che accadde dopo accadde troppo in fretta.

 

    - Devo tornare in America. -

Una frase semplice, eppure così devastante per quella magia che regnava pochi secondi fa.

    - Cosa? Ma come... -

    - E' così. - disse lui, guardando davanti a sé con occhi inespressivi. - Ora che sono diventato maggiorenne devo raggiungere la villa dove vivevo con i miei genitori, per il patrimonio in eredità... mi ospiterà una mia parente... -

    - Ma... - cercò di protestare Ichigo, per poi accorgersi di non avere assolutamente un'idea di cosa dire. Non poteva protestare, Ryo aveva la sua vita e le sue responsabilità, e non poteva certo tirarsi indietro per un suo capriccio.

    - Tranquilla, è solo per poche settimane... -

    - Lo so ma... quanto mi piacerebbe venire con te... -

Ryo la fece appoggiare a terra, sulla soffice erba del prato deserto. Le passò un braccio sulle spalle, e lei si appoggiò nuovamente a lui.

    - Anche a me... ma sai, alla zia Ashley penso piacerebbe un po' meno, non sopporta le giapponesi. -

    - Che razzista! - sbottò Ichigo, infastidita.

    - Ma no... dice che è arrabbiata col Giappone perché mia madre le ha portato via suo fratello... papà e la zia erano molto attaccati. -

    - Ah... -

    - ... e se venisse a sapere che anche la fidanzata del suo adorato nipotino è giapponese, penso che darebbe in escandescenza... - continuò lui in tono melodrammatico, facendo ridere la ragazza.

    - Più che altro, sai, anche se settimane sono poche, sono abbastanza per dimenticarti. - scherzò Ichigo, stando al gioco.

    - Mi tradiresti? - chiese lui, sgranando gli occhi fintamente offeso.

    - ... Aoyama non è male... senz'altro è molto più dolce di te, e non così maleducato... -

Ryo sorrise tra il superiore e il malizioso.

    - Beh, allora cerchèrò di rapirti con uno dei miei baci appassionati a cui nessuna donzella può resistere. -

 

... ed il vento fresco autunnale, l'ebbrezza di provare sulla pelle quanto delicate fossero le sue mani, il solletico delle foglie e dei semini di tanpopo, il fruscio delle fronde degli alberi, i brividi che provava alla schiena ogni volta che le loro labbra si sfioravano e le loro lingue s'incontravano...

 

    - ... Ryo... - gemette lei, quando la mano del ragazzo finì in un posto che non le piaceva per niente. Lui smise di baciarle il collo, accorgendosi imbarazzato di dove la sua mano fosse *involontariamente* finita.

    - Oh... - mormorò a mo di scusa, e fece per alzarsi da terra dove erano finiti, ma lei lo bloccò stringendogli la manica della sua camicia.

    - No... cioè, - chiarì poi d'istinto, mentre le sue guance si coloravano di rosso - Solo dimmi, Ryo... -

    - ... sì? - chiese lui, sospirando aspettandosi una di quelle domande del tipo 'Mi ami?' o 'Io sono la sola per te, vero?' a cui lui non avrebbe saputo rispondere, non per indecisione, ma per il suo carattere che non accettava di riuscire a dire troppo apertamente quello che provava. Invece non arrivarono mai.

    - ... tornerai dall'America, non è così? Tornerai da me? -

Ryo rimase un attimo interdetto, vedendo gli occhi nocciola di lei diventare lucidi.

E sorrise.

    - Certo che tornerò... tornerò *per* te. -

 

***

 

Tanpopo prese con la paletta un'altra manciata di sabbia e la distribuì sulla montagnetta che aveva già creato, modellandola con le manine rosee per formare un castello. Cercò di sistemare meglio la sabbia bagnata per creare le torri, ma queste crollarono miseramente. Tanpopo scatto in piedi come una molla, e guardò il suo lavoro rovinato completamente; presa dalla rabbia lo pestò prima con un piede, poi con l'altro e, scoprendo che questo era molto più divertente e rilassante del creare castelli, cominciò a saltare sulla sua ex-creazione distruggendola del tutto.

    - Checcavolo stai facendo, Tanpopo? - gli chiese un bambino moro, guardandola perplesso con i suoi occhi verdi.

    - Argh! Ahhhh, ahhh, ahhhh! - strillò la bambina, continuando a saltare agitando i suoi codini dorati. - Nooo, non mi veniva mica! -

Tanpopo si fermò un attimo, osservando soddisfatta il macello di sabbia che era diventato il suo castello. Poi alzò gli occhi azzurri, ed il sorriso le si gelò sul volto.

Tomoya aveva creato un bellissimo chalet, con tanto di caminetto e staccionata.

    - Tomo... chan... - dopo qualche attimo le sue labbra si piegarono in un broncio arrabbiato, e si avvicinò prendendo il bambino dal bavero del grembiulino - Ma come cavolo hai ffatto? -

    - Lasciami! - strillò lui, mettendo a tacere la biondina.

Tanpopo mise il broncio, ma si sedette vicino al suo amico. Osservò meglio la casetta di sabbia di Tomoya, era proprio bella. Era come una di quelle case straniere che spesso si vedevano sulle riviste, quel tipo di case dove le sarebbe piaciuto vivere.

    - E se convivessimo? - chiese all'improvviso il bambino, intento nel dare l'effetto mattonella sulle pareti della casetta.

    - Checcosa vuol dile, convissere? -

    - Convivere - la corresse lui tranquillo - Vuol dire che abbitiamo insieme però non siamo sposati. -

    - Ah... pecchè, Tomoya, non mi vuoi pposale? - strillò lei, minacciando un bel pianto.

    - No... i miei non sono mica sposati, sai, però si vogliono bene lo stesso. - sistemò con una palettata di sabbia il giardinetto della casa, e si voltò verso la sua amica - E poi... ieri ho sentito che i matrimoni costano tantisssssimi yen. - concluse come se fosse una cosa ovvia. I matrimoni costavano tanto, non si sarebbero sposati. Semplice e lineare.

Tanpopo, invece, non sembrava affatto condividere quest'idea.

Infatti prese la paletta dalle mani del bambino, e scatto in piedi minacciando di distruggere il suo bel chalet di sabbia. Anche Tomoya scattò in piedi, tentando di proteggere la sua creatura con la vita -o perlomeno con la faccia, dato che Tanpopo lo stava prendendo a palettate belle forti- finché, con una mossa veloce non si riprese l'aggeggio.

    - Ferma, Tacchan! -

    - Ahhhh! - strillò lei, come faceva sempre quando qualcuno non faceva come voleva lei - Tomo chan non mi vuole pposaleeee! -

    - No, ferm... -

 

Troppo tardi.

Nel tentativo di allontanarsi dalla bambina furibonda Tomoya era indietreggiato fino a schiacciare la casetta col suo stesso piede, ed ora guardava la sua creazione con occhi lucidi. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere quasi quanto la bambina.

    - Ecco, visto cosa hai combinato?! - urlò furioso, agitando la paletta stizzosamente sopra la sua testa. Tanpopo aprì la bocca per fargli le sue scuse, ma lasciò perdere per cominciare a schivare i colpi che Tomoya cercava di arrecarle.

Ma questa scivolò all'improvviso dalla sua mano, in alto, sempre più in alto...

... finché non oltrepassò la siepe che divideva il cortiletto dell'asilo con la strada.

I due bimbi smisero subito di piangere ed urlare. Tanpopo fu la prima a parlare.

    - Oh-oh... adesso come facciamo? Le maette si allabbiano se perdiamo qualcosa. -

    - Non so... - Tomoya si voltò a guardare alle sue spalle con aria circospetta - Bisognerebbe uscire dal buco della siepe... -

    - Ma sei pazzo? Possono fallo solo i bambini più grandi! -

Tomoya ingoiò un groppo di saliva, poi fece spallucce.

    - Tanto ci metteranno in castigo lo stesso. -

Tanpopo sospirò.

    - Allora, chi va di là? -

 

~

 

Gli avevano sempre detto che Shibuya era un quartiere popolato e d'alta classe quanto pieno di sorprese. Infatti lo aveva sempre evitato -cosa strana per uno come lui, sempre così elegante e ricco- ma non amava la folla, gli piaceva la solitudine, e, soprattutto, essere lasciato in pace.

Ma non si sarebbe mai aspettato che in quel quartiere potessero piovere palette.

    - Ahi! - urlò di dolore, quando qualcosa lo beccò dritto sulla testa, cascando a terra con un tonfo attutito. Si massaggiò nel punto colpito, guardandosi attorno per scoprire cosa accidenti lo avesse ferito, e lo trovò un punto più in là, in una piccola parte di marciapiede dedicata ad un'aiuola. Era una piccola paletta per il giardinaggio, di plastica come quelle che spesso si davano ai bambini per giocare con la sabbia. Se lo ricordava perché da piccolo era il suo divertimento preferito.

Il problema era che, rotolando, la paletta aveva colpito e travolto un piccolo fiorellino. E che fiorellino.

    - Oh, un tanpopo! - esclamò stupito, e pronunciando il suono di quella parola gli vennero in mente molti ricordi. Tutti legati ad una persona che avrebbe voluto dimenticare.

Ma non fece in tempo nemmeno a pensare alla figura di quella persona che sentì un fruscio dietro di sé, e poi una voce squillante dietro di lui:

    - Sì, sono qui! -

Il ragazzo si voltò di scatto. Dietro di lui, che gli sorrideva allegramente c'era una bambina biondissima, dalle iridi di ghiaccio screziate di blu; indossava un grembiulino giallo, tipico dei bambini dell'asilo, ma su di esso era ricamato solo uno stemma di riconoscimento, una zampa d'animale. Non dimostrava più di sei anni, ed aveva gli occhi lucidi, ma ciò nonostante gli sorrideva allegramente.

    - Eh... ? Cos... il tanpopo... -

    - Sì, sono io! Come fai a conoscele il mio nome, signole? -

Il ragazzo la guardò perplesso.

    - Mi stai prendendo in giro, ragazzina... ? -

    - No, no! Mi chiamo Tanpopo, signole! - spostò la testa a destra, con un sorriso radioso che gli sembrava famigliare - Sono un fiorellino! E tu come ti chiami, signole? -

    - Ry... Ryo, Ryo Shirogane, piacere. - rispose incerto, completamente spiazzato.

La bambina sbatté le ciglia curiosa, poi osservò meglio il signore. Aveva corti capelli di un biondo chiaro, lineamenti occidentali ed affilati occhi azzurro cielo, che però ora erano aperti e sorpresi nell'osservarla. Gioì capendo che era uno straniero, veramente bello oltretutto. Lo aveva sempre detto che gli stranieri erano stupendi, lo continuava a ripete anche a sua nonna, peccato solo che fosse biondo...

... però...

... le sembrava di averlo già visto, da qualche parte...

    - Senti signol Lyo, hai mica vitto la mia paletta? E' finita qui in gilo. -

Ryo si riscosse dai suoi pensieri, e proprio in quel momento la botta che aveva alla tasta esplose di dolore.

    - Sì, certo che l'ho vista, anche sentita! - sbottò, poi lasciò perdere, era solo una bambina dell'asilo - Sì, eccola lì... è finita addosso ad un tanpopo... -

La bambina si inginocchiò vicino al fiore, e gemette.

    - Oh, nooo, povelo fiolellino, è tutto giù... - scavò con le manine rosee intorno alle radici della piantina, e poi lo estrasse dalla terra per portarlo vicino alla guancia. - Povero tanpopo, tlanquillo... anche Tanpopo è tutta giù... -

Ryo osservò quei movimenti ipnotizzato, ed un po' dispiaciuto capendo che la bambina era triste per un qualche motivo.

Poi disse una frase che sorprese perfino lui.

    - Se vuoi me ne posso occupare io, del tanpopo. -

La bambina aprì gli occhi, e gli sorrise tutta contenta.

    - Davvelo!? Glassie signole, che gentile! - la piccola gli passò delicatamente il fiore, facendo attenzione a non rovinarlo - Allola non tutti i lagazzi biondi sono antipatici! -

    - Che? - chiese Ryo, rimanendo perplesso di fronte a quell'ultima esclamazione. Ma la bambina bionda aveva già preso la sua paletta, e si era diretta verso una siepe a lato del marciapiede.

    - Glazzie ancola, signol Lyo! - gli urlò, e sparì attraverso un piccolo buco tra le foglie.

 

Ryo rimase un attimo a guardare il buco in cui pochi secondi fa la bambina era sparita. Quei lunghi fili dorati, quelle iridi azzurro striate di blu, quei lineamenti delicati...

... e quel sorriso radioso... però...

... però...

... aveva come l'impressione di averlo già visto... un qualcosa di vagamente famigliare...

    - Mah. - sbuffò poi, guardando un attimo il fiorellino ed incamminandosi per la sua strada.

 

Tanpopo sbucò dal buco della siepe, togliendosi di torno i rametti che erano rimasti impigliati nel grembiule giallo.

    - Presto, stanno arrivando le maestre! - le mise fretta Tomoya, aiutandola ad uscire dal buco. Tanpopo inciampò nel suo stesso grembiule e cascò addosso all'amico, e rotolarono sulla sabbia dove prima giacevano i loro castelli.

    - Bambini! Siete caduti? Vi siete fati male? - chiese una maestra mora, avvicinandosi preoccupata ai due.

    - No, no... -

    - Scusa Tomo chan, sono cascata... -

La maestra sospirò sollevata, mettendosi una mano sul cuore. Poi si guardò intorno spaesata.

    - Oh, ma Tomoya, dov'è la tua bella casetta di sabbia? Non... no, l'avete distrutta inciampando... -

Tomoya lanciò alla bambina un'occhiataccia.

    - Adesso ne costruisco un'altra... -

La maestra li salutò, e se ne ritornò a parlare con le altre colleghe. Tanpopo si sedette vicino all'amico, guardandolo dispiaciuta. Gli passò la paletta e lui la prese in malo modo, cominciando ad accumulare sabbia.

Tomoya era ancora arrabbiato, ma avrebbero subito fatto pace se lei gli avesse chiesto scusa. Purtroppo, invece, la bambina si era chiusa nel silenzio più completo. Prese malamente un'altra spalata di sabbia, e girandosi si accorse che Tanpopo stava facendo lo stesso. Poi, piano, gli sorrise.

    - Tomo, lo costruiamo insieme? -

E Tomoya sorrise di rimando.

 

~

*tanpopo: l'ho già detto forse... sono i soffioni nella lingua giapponese. Adesso avete capito perché Tanpopo si chiama così^^?

**neko chan: gattina, sempre in giapponese.

 

Ehylà! Bene, piaciuto questo chap? Un capitolo alla mia piccola eroina lo dovevo, Tanpopo è il legame vero e proprio tra Ryo e Ichigo, e anche se è il frutto di un'unione a me non troppo gradita, l'adoro. Bene, nel prossimo arriverà un po' di movimento (no, non combattimenti, movimento inteso come evento sentimentale, emotivo... ) Bene (è la terza volta che lo metto in un paragrafo! Che erroraccio, ma pazienza, neanche fossi una professoressa di italiano... ndr una Ceres troppo stanca per correggere i suoi errori) ora passiamo ad occuparci di voi recensori! Carucci! (Ruffiana...)

Per la scena dell'asilo, quando Tomoya e Tanpopo parlano di convivere, matrimonio ecc... non mi sono inventata tutto, non ho esagerato! L'ho già detto che Tanpopo l'ho presa dalla mia cuginetta? Bene, lei ha il fidanzatino e mi ha raccontato che prima si volevano sposare, poi però lui le aveva fatto quel discorso... mi ha fatto morire dalle risate, ha solo cinque anni e già fa quei discorsi... che forti i bimbi d'oggi!

Ringrazio:

pfepfer: perfida io? Basta complimenti, che mi fai arrossire... in tutto i capitoli effettivi saranno 10, o giù di lì, più uno mio finale (credimi, servirà davvero... prevedo tempeste^^''') thanks per il sostegno, no sai quanto mi faccia piacere! Ciao!

antheameiko: sei un'altra persona o sei Meiko che ha cambiato nome? Che bel nome Anthea, fa tanto dea greca! (per chi non lo sapesse, Cerere, da cui deriva Ceres, è una dea romana, o giù di lì) Per sapere cosa è successo veramente dovrai aspettare almeno il terz'ultimo chap -forse, aspetta... beh, dipende da come e cosa scrivo, da cosa viene sul momento...

Dafne onee chan: uhhh, innamorata! Un po' ti invidio, io non mi sono mai innamorata, troppo freddo e razionale il mio carattere, ma solo un PO'... anche perché scrivendo questa fic mi accorgo sempre di più di quanto possa essere... complicatamente appassionante e dannatamente incontrollabile questo sentimento. Può far soffrire, anzi, è inevitabile (con questo non voglio certo portarti sfiga!!!!)  Ehhh, settimo capitolo, ancora troppo presto per parlarne! Anche perché questa coppia non mi piace per niente, e faccio fatica a buttare giù qualcosa pensando che lei è Ichigo... ma sì, tanto ora per mano mia è cambiata... eh eh eh, se lo sapesse Mia Ikumi >=D

Pam cara: ma è mai possibile che tu sia sempre in vacanza? Ceres invece non può nemmeno andare al lago, per colpa del suo odioso  papà (e della sua ditta no-stop)... la vera identità di Ashley non so quando la rivelerò, dipende da come c'entro il discorso. Non vorrei sviare troppo sai... ho letto la tua fic, ma perché non me ne sono mai accortaO.O? Sono scema! Veramente! La storia sarà di dieci chap, oltre al mio finale (per calmare le acque... ^^''') al settimo chap si scoprirà che cosa è veramente successo -credo... dipende da cosa butto giù... dato che questa trama è stata inventata al momento, anche la fic di conseguenza lo èXD spero di riuscirci! Il forum non mi dà problemi, anzi, ma cos'è che non riesci a fare? Quanto al bastardo al computer, ti capisco benissimo: il mio mi ODIA! Giuro!

Cassie chan: noooo, non era mia intenzione farlo passare per un bastardo! Ma perché nessuno mi capisce ç.ç? (ma se sei stata tu a farmi passare per un traditore? ndRyo  Lo so, ma credevo che con lo scorso capitolo capissero che anche tu la odi! ndCeres  Tsk... ndRyo) Se si odiano a vicenda, c'è un motivo...

Al prossimo chap, e recensite in tanti! Dato che questa ff è notevolmente più impegnativa di 'i colori dell'arcobaleno' ci tengo che tanti mi dicano che ne pensano, in fondo è la mia prima ff basata solo su sentimenti come amore -a cui io non credo più di tanto...- e poi è un po'... dark? Nel senso che non è rose e fiori... man mano che vado avanti ne divento sempre più orgogliosa, perché mi accorgo che è la mia fic ideale (pensandola come fan reader!) Ma che modestia... tsk...

P.S. tengo a precisare una volta per tutte che Ryo non è il BASTARDO! Qui, l'unica bastarda è la sottoscritta... eh eh eh... e già il mio Ryo kun mi odia perché ha perso le sue ammiratrici... non fategli (fatemiXD) questo...

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Capitolo 6
*** Do you rimember me? ***


tanpopo05

Tanpopo
di _Ceres_


cap. 5
Do you remember me?

“…Non voltarti...
(Non cedere al dolore)
Non cercare di nasconderti...
(Nonostante stiano gridando il tuo nome)
Non chiudere gli occhi...
(Dio sa cosa c’è dietro di loro)
Non spegnere la luce...
(Non dormire mai, non morire mai…)”

 

 

    - Retasu! Retasu-chan, dai, fammi entrare! Adesso, finche non ci vede nessuno! -

    - Tetsuya, fuori di qui! E' contro il regolamento! -

Una ragazza dai corti capelli smeraldo stava cercando inutilmente di fermare un ragazzo bruno, che tentava di fare sfondamento per entrare nella sua camera. Nonostante il tono serio di lei sul volto di entrambi era disegnato un sorriso divertito, come se quello fosse un gioco per loro.

    - Ma honey, perché non fai entrare il tuo darling?! Vuol dire che non mi vuoi più bene? Non mi desideri tra i piedi? -

    - Tetsuya! Bastaaaa! - gli urlò lei, sempre con quel sorrisino -in fondo non poteva sorridere ad un ragazzo così allegro quando lui faceva di tutto per farla divertire- ma poi si spazientì e decise di aprire di scatto la porta. E Tetsuya, preso alla sprovvista e senza un qualcosa su cui appoggiare la schiena, cadde rovinosamente sul pavimento della stanza.

    - Ahiahiahaiha... Retasu, sei sicura di amarmi? - le chiese lui massaggiandosi le spalle, ma la ragazza lo lasciò perdere e si chinò velocemente per poterlo guardare negli occhi, severa.

    - Tu sai, vero, che se ti beccano nei dormitori femminili possono espellerci tutti e due dal seminario? -

    - Che ci posso fare se ardo di passione per te, my darling? Non c'è regolamento che tenga, nemmeno se fosse a costo della mia vita! - proclamò lui in tono melodrammatico, mettendosi una mano sul cuore.

    - Sì, ma c'è di mezzo la mia CARRIERA! Per cui, tesoruccio, che ne dici di tornare da dove sei venuto? -

    - Cioè dalla piscina? Su su, non mi vorrai far dormire nel delfinario di Tasuke... non saresti così cattiva... - cercò di irretirla lui con un'occhiata tra il dolce e il melodrammatico, ma Retasu sbuffò spazientita, così lui lasciò perdere.

    - Okkey, ho capito, nemmeno stasera nessun divertimento... beh, vorrà dire che accetterò una proposta indecente di una del mio fan club, sai alcune ragazzine non sono niente male... - ma si dovette fermare sotto uno sguardo omicida di lei e una dolorosa gomitata nelle costole.

    - Ed ora FUORI! - lo intimò spingendolo fuori dalla porta, e prima che Tetsuya potesse reagire in qualunque modo chiuse la porta a chiave.

Retasu sbuffò sollevata, poi chiuse la sicura per precauzione. Tetsuya era davvero imprevedibile, e lei sapeva bene che abilità avesse nel raggirare gli ostacoli...

Si diresse verso la scrivania, aprendo un libro di biochimica. Riuscì a studiare per alcuni minuti, poi cominciò a perdersi nei suoi pensieri. Guardò il cellulare, appoggiato ad un quaderno zeppo di fogli, e si rese conto che erano bel tre giorni che non aveva notizie di Ichigo... ed era strano da parte sua non farsi sentire per così tanto tempo -praticamente non si vedevano mai, ma una delle due doveva chiamare l'altra tutti giorni, era la regola!- evidentemente era successo qualcosa che la preoccupava...

... forse non avrebbe dovuto partire per quel cavolo di seminario... forse avrebbe dovuto rimanere a Tokyo con la sua amica...

Oh, no.

No, no, no. Non doveva rifarlo. Non doveva ricascarci...

La vecchia Retasu sarebbe ripartita subito per Tokyo, mandando all'aria tutti i suoi precetti e piani per diventare veterinaria, la vecchia Retasu avrebbe mandato all'aria la sua vita per un piccolo problema di una sua amica... ma aveva smesso di essere così da molto tempo ormai.

Da un certo giorno di cinque anni fa...

 

    - Ah! - esclamò spaventata, quando il trillo del cellulare la riscosse dai suoi pensieri. Subito lo prese al volo sperando che fosse una telefonata di Ichigo, ed invece era solo...

... Tetsuya. Ecco, lo sapeva che avrebbe trovato il modo di scocciare anche senza essere insieme a lei.

    - E' un messaggio... -

"My darling, tu mi chiudi troppo spesso la porta in faccia. Guarda che di questo passo potrei decidere di lasciarti sai?"

    - Ah sì? E quale sarebbe il problema? - commentò divertita, ma pensò che forse sarebbe stato meglio non scriverlo. Anzi. Tetsuya non era il tipo che diceva apertamente se qualcosa non gli piaceva, lui era tipo da battutine idiote per sciogliere la tensione... e se l'avesse davvero lasciata, beh...

... a Retasu sarebbe davvero dispiaciuto. Da un sacco di tempo a quella parte. In fondo, i ragazzi che aveva avuto erano stati solo di passaggio...

... lei era stata  innamorata di un ragazzo, tempo fa, ed c'era rimasta male quando questo si era messo con la sua migliore amica... ed era stata ancora peggio quando aveva scoperto che lei era rimasta incinta e lui se ne era scappato, vigliaccamente...

... ed ora invece era preoccupata che Tetsuya la lasciasse? Non poteva-- no, impossibile, lei innamorata di qualcuno... per la prima volta dopo...

dopo Ryo... ?

 

    - Ahhh!!! - urlò nuovamente, quando il secondo squillo del cellulare la fece sobbalzare sulla sedia. Lo prese in mano seccata, pensando che fosse ancora il suo ragazzo a scocciare, ed invece sullo schermo del telefono si visualizzò il numero di Ichigo.

Rimase alcuni secondi attonita, poi rispose appena prima che l'amica potesse mettere giù.

    - Pro... pronto? Ichigo? -

    << Retasu... ciao... ti ho chiamato perché... Ahhh... >>

Dall'altra parte del telefono la voce di Ichigo sospirò, lasciando in sospeso la frase. Ciò poteva dire due cose: o Ichigo aveva passato un brutto momento e non trovava le parole, oppure era mezza addormentata e Retasu aveva scambiato quel sospiro per uno sbadiglio. E tenendo conto dell'ora e della tendenza dell'amica a dimenticare le cose... beh, era molto più probabile la seconda ipotesi...

Ma si era sbagliata. Perché quello che Ichigo le raccontò dopo era provocato da tutto fuorché dal sonno.

 

~

 

L'aveva sognata.

Di nuovo.

Era tornata quella bambola assassina che infestava i suoi sogni, col suo sangue grondante dalla bocca ed i capelli sporchi che coprivano gli occhi iniettati di sangue... e Tanpopo pensava davvero che le sue occhiaie, i coltelli che nascondeva dietro la schiena o anche solo  il volto coperto di ferire bluastre fossero la cosa più spaventosa che avesse mai visto -o sognato- ma davanti a quella donna aveva dovuto ricredersi.

E non poteva nemmeno urlare o scappare.

 

    - Ma CIAAAAO, tesoro! Che piccola che sei! Quanti anni hai zuccherino? -

Quel donnone enorme si avvicinò alla bambina, che cercava ad ogni passo di allontanarsi di alcuni centimetri senza darlo a vedere, ma rendendosi conto che non poteva indietreggiare più indietro del bancone del negozio si fermò e lanciò un'occhiata terrorizzata alla madre, che intervenne subito un po' preoccupata.

    - Signora Tomoko, Tacchan ha cinque anni, va per i sei... - rispose frettolosamente Ichigo, prendendo sottobraccio la donna e portandola lontano dalla bambina. O almeno cercò di farlo, la donnona continuava a lanciare occhiate dolci alla piccola -che però a Tanpopo sembravano vagamente inquietanti- e non sembrava avere nessuna intenzione di lasciarla perdere. E così riprese con quella sua voce zuccherosa, quella voce tipica delle zitelle di mezz'età che non hanno figli.

    - Cinque anni? Così taAAanti? Ma sei così piccolina per avere quasi sei anni... Ichigo, non è che non la nutri abbastanza? -

    - Signora! - reagì d'istinto Ichigo, quasi arrabbiata. Non era la prima volta che le davano della cattiva madre -forse per la sua giovane età?- ma che ci poteva fare se Tanpopo era minuta di costituzione?

    - Dai, su, scherzavo... oh, non saresti la prima madre che non nutre abbastanza la figlia per tenerla snella, magari sperando che diventi una star mondiale-- Per carità, questa bambina è carinisSSima - sibilò zuccherosa, cercando di accarezzare la sua piccola guancia, ma lei scansò la mano un po' spaventata. Ichigo si accorse subito di come la donnona ci fosse rimasta male, così la rincuorò all'istante-- in fondo quella era una potenziale cliente...

    - Ah ah... beh vede Tacchan è un po' timida... senta, che ne dice di questo colore rosato? - cambiò discorso mostrandole una pezza di tessuto colorato, ma la concentrazione della signora rimase su Tanpopo che ormai si sentiva seccata da quegli sguardi penetranti e spaventosi.

    - Ho capito... senti, come hai detto che si chiama? Tacchan? -

    - No-no, si chiama Tanpopo... -

    - Che strano nome... più che strano, insolito... -

    - Me lo dicono in parecchi... -

    - Io sono un fiorellino! I-il mio nome è bellissimo! - urlò la bambina, per la prima volta da quando si era ritrovata quella signora enorme davanti, ma nessuno l'ascoltò.

    - Ah-ah... beh, ma non ha tratti giapponesi... l'hai per caso adottata? -

    - Ma no, ma no - si affrettò a dire Ichigo, oscurandosi un poco - Tanpopo è mia figlia, punto e basta. -

    - Allora il papà-- -

    - Tacchan, perché non ti siedi alla cassa e disegni un poco, eh? E lei, signora Tomoko, mi dica che stoffa preferisce per il suo tailleur... altrimenti non riesco a finirlo in tempo per la sua cerimonia... - Ichigo si incamminò verso un angolo del negozio, e l'enorme signora la seguì sentendo subito odore di pettegolezzi -stranamente le zitelle hanno sempre quel meccanismo che permette loro di sapere sempre di tutto e di tutti, Ichigo lo sapeva bene ed era meglio bloccarla in tempo prima che quella pettegola non ficcanasasse nei suoi affari...

    - Ecco qui, l'altra volta era indecisa tra questo colore prugna e questo celeste... -

    - Non sapevo che non fossi sposata, Ichigo-chan. Beh, in effetti sono stata una stupida a credere il contrario fino ad adesso, non porti la fede... però non credevo che tu fossi... -

    - ... una ragazza madre? Sì, esatto. Sono una di quelle ragazzine che incontrano il loro principe azzurro e che scambiano quella storiellina per l'amore eterno e tutto rosa, e poi rimangono fregate e con un figlio a carico. Ed ora che ne dice di decidere il colore del tailleur? - completò soffiando come un gatto inferocito, maledicendosi mentalmente per la sua pessima mania di freddare la gente con frasi del genere. Cavolo, non voleva che quella donna ficcanasasse nella sua vita, e lei le aveva praticamente confessato tutto spontaneamente! "Sei una grandissima baka, Ichigo!!!"

    - Oh, poveeera Ichigo! Scusa, non sapevo! - dichiarò la donnona con un tono di voce di chi è dispiaciuto solo a parole, poi continuò non preoccupandosi affatto del colore del suo vestito - Che tipo di ragazzo era... ? -

    - Un bastardo... - tagliò corto lei, non curandosi affatto di come la signora Tomoko stesse mentalmente imparando a memoria l'intero discorso.

    - Oh... e dimmi, ora magari è sposato con una top model che non ha minimamente idea che lui abbia una figlia? -

    - No, boh, probabilmente, non lo SO! Signora Tomoko, prima che non perda la pazienza, mi può dire che colore ha scelto? -

    - E' indifferente il colore, basta che sia un bell'abito. - rispose noncurante, ed immediatamente sul volto spazientito di Ichigo si dipinse un sorriso acido.

    - Allora scelga il nero. Sa, snellisce. - sibilò tagliente, capendo al volo dallo sguardo acido della signora di essersi data la zappa sui piedi da sola.

E si maledì nuovamente per la sua lingua troppo lunga, ora col caspita che quel donnone l'avrebbe lasciata andare facilmente.

 

Tanpopo prese la scatola di colori sotto il bancone, dove le cassiere li mettevano sempre apposta per lei. La bambina era ormai la mascotte del negozio di sua madre, e le sue colleghe la coccolavano come non mai quando Ichigo la portava con sè a lavoro. Così perse la scatola ed i fogli da disegno e si sistemò sullo sgabello del bancone -quello apposta per lei- e prese un pennarello azzurro, pensando a cosa poteva disegnare.

Il suo sguardo cadde su sua madre, nell'angolo, e rise vedendo la sua espressione sofferente mentre l'altra donna parlava e parlava, senza lasciarle fare il suo lavoro, poi guardò gli abiti troppo poco colorati ed eleganti esposti in vetrina ed infine su ciò che c'era fuori, sperando di trovare una bella scena da disegnare.

Ce n'erano tante di persone che passavano per Shibuya a quell'ora, tante con strani abiti appariscenti -che però le piacevano tanto, così colorati- ed altri businnes man* in giacca e cravatta, e poi turisti che si guardavano attorno meravigliati, ed ancora giovani vestite di abiti appariscenti...

Poi lo vide.

Lui.

Lui... con i suoi capelli oro, e gli occhi di un azzurro intenso che le ricordavano qualcosa...

 

    - Il signol LYO! - urlò gioiosa, facendosi cascare dallo sgabello troppo alto ed uscendo veloce dal negozio, verso quel signore che conosceva da poco.

    - TACCHAN! - urlò Ichigo, vedendo la sua bambina uscire dal negozio e perdersi nel traffico caotico di Shibuya, ed inseguendola subito dopo.

    - I... Ichigo... ? - mormorò stralunata la signora Tomoko, vedendo la donna seguire la bambina ed i suoi progetti per pettegolezzo andati in fumo.

Ichigo cercò di farsi strada tra la calca di gente davanti al negozio, non perdendo d'occhio nemmeno per un secondo la bambina bionda molto più avanti di lei, progettando mentalmente una ramanzina da fare quando sarebbe riuscita ad acchiapparla. Quante volte aveva detto a Tanpopo di non uscire MAI dal negozio da sola? Quante?

    - Tanpopo! -urlò incavolata, raggiungendo finalmente la figlia - Possibile che non mi ascolti ma... -

La sua bambina si era fermata, finalmente. E con lei si era fermato un uomo alto, vestito elegantemente -erano abiti italiani quelli?- che ora guardava la bambina un po' sorpreso ma divertito. Ma quel sorriso sparì completamente quando incontrò gli occhi di Ichigo. Ed in lei tutta la rabbia scemò per fare posto ad un abisso enorme, come se fosse sul baratro di un burrone e le bastasse solo una spinta per cascare.

 

Tanpopo osservò prima sua madre e poi lo straniero biondo, stranita. Erano ormai parecchio tempo che si fissavano in silenzio, con un'espressione stranissima ed indecifrabile -perlomeno per una bambina di cinque anni- ed il respiro mozzato, come due bambini scoperti dalle maestre a fare una marachella.

    - Ryo... - soffiò Ichigo, e per la prima volta Tanpopo scoprì che oltre i sorrisi e le boccacce che faceva per farla ridere sua madre poteva avere anche un'espressione fredda e disprezzante, veramente terribile -almeno per lei, che l'aveva sempre vista allegra- ed suoi occhi nocciola, sempre così caldi... si erano trasformati in duro legno...

    - Oh... Tu. - la bambina si girò appena in tempo per vedere le iridi azzurre, di quel colore che le sembrava famigliare, cambiare consistenza e diventare di ghiaccio; ed il sorriso che prima le aveva rivolto ora era una smorfia ipocrita, o soltanto una presa in giro.

    - No, tu. Che ci fai qui?! -

    - Così, passeggiavo... ma non sono certo fatti tuoi. - commentò lui, noncurante e freddo molto più di quanto fosse sempre stato di natura.

    - No, immagino... d'altra parte da quando la tua vita è affare mio? - rispose Ichigo, caricando quella frase con tutta l'insofferenza possibile.

    - Ma... mamma... ? -

Per la prima volta da quando si erano incontrati gli sguardi dei due ragazzi si lasciarono per posarsi sulla bambina bionda, che teneva ancora la mano intorno alla giacca di Ryo da quando lo aveva fermato. Subito sua madre le si avvicinò, vedendo quell'espressione un po' persa e sul procinto di piangere, ma poi si fermò all'esclamazione sorpresa ed incredula dell'uomo.

    - Mamma... ? MAMMA?! - Ryo scosse la testa, lasciando perdere l'aria noncurante - Questa qui... questa bambina è tua figlia, Ichigo? -

Qualcosa, nel tono di voce di Ryo le dette fastidio. Forse era per il contesto della frase, o forse per il disprezzo con cui aveva pronunciato il suo nome, ma a quel punto scoppiò.

    - Tu... certo che è mia figlia! Con che coraggio me lo chiedi?! - urlò sputando veleno, non curandosi affatto della gente che passava e li additava, e nemmeno della signora Tomoko che, alle sue spalle, aveva già capito tutto della faccenda.

    - Ma che blate... -

    - Mamma... signol Lyo... - si lamentò Tanpopo. E solo in quel momento Ichigo si chiese come mai la sua bambina conosceva il nome di Ryo.

    - Come... come conosci Tanpopo? Come conosci la MIA BAMBINA? VATTENE! -

Ichigo prese bruscamente in braccio la figlia, e lanciò uno sguardo di puro odio al ragazzo che era rimasto sorpreso da quell'atteggiamento, o forse solo dal fatto di aver scoperto che la sua ex era diventata mamma...

    - VATTENE E NON AVVICINARTI PIU' A NOI!!! -

E detto questo prese velocemente la strada per casa, tra gli sguardi confusi dei passanti, della signora Tomoko, della stessa Tanpopo e di Ryo.

 

~

 

    - Oh... forza, rispondi... -

La rossa camminava avanti ed indietro per la stanza, il telefono in mano ed un biscotto in bocca. Retasu non rispondeva, ma il segnale del telefono era libero... cavolo, ma perché doveva scegliere un momento come questo per andarsene nell'Hokkaido? Prese un altro biscotto dal barattolo, di quelli con le gocce di cioccolato fatti da sua madre. Brutto vizio il suo, di abusare di biscotti quando era nervosa, ma non c'era altra cosa che riuscisse a farla stare meglio -se non un aumento, ovvio...

Finalmente qualcuno si degnò di rispondere, dall'altra parte della cornetta.

    << Pro... pronto? Ichigo? >> la voce di Retasu era dolce e gentile come sempre, ma sembrava stranamente preoccupata. La ragazza non ci dette molto peso, così com'era presa da ciò che le era accaduto.

    - Retasu... ciao... ti ho chiamata perché... - all'improvviso si accorse di non avere assolutamente idea di cosa dire, probabilmente era molto tardi in Hokkaido e forse Retasu non aveva risposto subito perché stava dormendo... non sapendo che fare sospirò, portandosi la mano sulla tempia e sedendosi sul letto.

   << Ichigo? Ma che hai... ? Che è successo? >>

    - Beh... ecco... io-- Ryo. -

    << Eh? >>

    - E'... è qui. A Tokyo. E'... è a Tokyo, capisci? A Tokyo, a Tokyo, a Tokyo... -  Ichigo sembrava essersi incantata, e si rese conto di essere fortunata a non avere davanti Retasu, per come si stava comportando.

    << Ehy calma... adesso sbloccati, altrimenti spegni e riavvia il sistema... >>

    - Spiritosona... - commentò la rossa tesa come una corda di violino - Però hai ragione, adesso riconnetto... ricominciamo. L'ho incontrato... e per lui sai chi intendo... poco fa davanti al mio negozio. -

    << Accidenti... beh, dopo cinque anni forse è normale che qualcuno ritorni dove ha vissuto per un po'... però che coincidenza, proprio davanti al tuo negozio... >>

    - ... con tutti quelli che ci sono a Shibuya, eh? Ed è per questo che non penso che sia stata soltanto una coincidenza. -

    << Che inten-- ahh no, Ichigo. No. Non mi dire che pensi che ti insegua o che ti spii, perché chiamerei davvero la neuro. >> dall'altra parte del telefono la voce di Retasu arrivava allegra ma sorpresa. Evidentemente ricordava ancora quando avevano parlato di Ryo, e Ichigo se ne era uscita con una frase tipo "Ora che mi ha tradito non penserà di tornare a vivere a Tokyo! Ma che dico, in Giappone!" e le sue amiche avevano pensato tutte di chiamare uno psichiatra, perché l'aveva detto con un tono 'omicida'...

    - Ma no, ma no-- fammi finire di parlare, una buona volta! Ero come tutti i giorni al negozio che facevo finta di lavorare, e avevo davanti la signora Tomoko che, benedetta donna, è una pettegola della peggior specie e non la sopporto proprio... -

    << Ehm-ehm... >>

    - Ehhh, sì, adesso vado avanti! Calma! - Ichigo prese un altro biscotto e ricominciò a parlare - Ecco, dato che le maestre oggi facevano sciopero, per un non so che di partito, mi sono dovuta portare Tanpopo con me... e lei stava disegnando quando tutto ad un tratto è partita ed è uscita di corsa... -

    << E... ? >>

    - ... e indovina a chi è andata incontro... - quest'ultima frase, lasciata in sospeso, sembrò caricare l'aria attorno a lei di rabbia e fastidio.

O frustrazione.

 

Di certo doveva aver riempito di silenzio la camera di Retasu, per il tempo che ci impiegò per riuscire a rispondere.

    << Non ci credo... >>

    - Proprio così. -

    << Ma come... >>

    - Non lo so! Non ne ho la più pallida idea! Tanpopo non me lo vuole dire, mamma mi ha detto che le ha fatto vedere una foto di Ryo dal mio album, ma risale a quando ancora lavoravamo al caffè è giurassica... e lui è cambiato... - si lasciò cascare tra le coperte morbide del letto, chiudendo gli occhi e rimanendo in silenzio qualche secondo, poi si lasciò sfuggire in un soffio - ... vedessi quanto è cambiato... -

 

Per alcuni secondi nessuno delle due amiche parlò, non c'era bisogno di parole per capirsi...

Ichigo aveva pensato tante volte a cosa sarebbe accaduto se si fosse ritrovata davanti quel... quel bastardo... e quante volte se lo era immaginato, cambiato così come lei era cambiata, magari attorniato da un mare di ragazze in costume o anche senza in una spiaggia delle Hawaii... ma subito lasciava perdere pensieri del genere, perchè le saliva davvero la pressione a pensare che LEI doveva sgobbare per mantenere Tanpopo mentre lui, ricco sfondato, si divertita insieme alle sue belle.

Ma non aveva mai pensato che lo avrebbe trovato... cambiato in quella maniera... la sua bellezza era rimasta intatta, col volto un po' più maturo di come lo ricordava... ma oltre all'aspetto aveva qualcos'altro... non sapeva come esprimersi...

... solo...

 

    - Senti Retasu, ti sto facendo perdere tempo e magari devi riposare, per cui adesso ti lascio... -

    << No, aspe-- >>

Ma la ragazza dai capelli smeraldo non fece in tempo a dire nulla che Ichigo aveva già messo giù e si era infilata tra le coperte, con la speranza di prendere sonno in fretta.

Anche se sapeva che con la marea di domande e di dubbi che erano ritornati quella sera, dopo cinque anni passati un un angolo buio del suo cuore, sarebbe stata un'impresa impossibile.

 

~

*businnes man: sono gli uomini d'affari. Quelli del Giappone sono famosi per la loro eleganza e diligenza... non come Luca Nervi di Camera Cafè che va al lavoro con le camice dalle maniche corteXDDD

Eccomi qui col mio chappino nuevo ed il solito ritardo pazzesco. Scusatemi!!! Non volevo, vi do il permesso di bastonarmi (ma ovviamente lo farete piano, perché mi volete tanto bbene, veeero? ndCeres Sicura te ti vogliano così tanto bene? ndRyo_sarcastico OVVIO... perché altrimenti lascerei in sospeso la ff ndCeres Beh... in tal caso sarebbe un bene... almeno per me... ndRyo_con_tante_goccioline_sulla_testa)

Ho poche chiacchiere da fare questa volta... però, mi sono accorta che la Retasu di questa ff è molto diversa da come la dipingo normalmente! Non è più così incerta e chiusa come al solito... forse, pensavo, avrei dovuto mettere OOC tra gli avvertimenti... e poi mi sono detta: MA NO, è solo cresciuta! Cinque anni non sono pochi, eh? E da 16 a 24 si cambia tanto! (Retasu è più 'vecchia' di Ichigo di due anni giusto?) Ok, ultima cosa... quella signora enorme del negozio è il prototipo di persona che odio, ma a trovarmele davanti e sentirle spettegolare ci provo un gusto... non so, sadico... perché adoro chiudere loro la bocca con una battutina tagliente! E' il mio sport preferitoXDDD

P.S. mi scuso se Tetsuya assomiglia così spudoratamente a Kisshu! Che ci posso fare se è il mio prototipo di ragazzo ideale? >///<

Ringrazio:

Dafne onee chan: ti diverti a vedere Ichigo soffrire! Sadica! APPLAUSI PER QUESTA RAGAZZAXDDDD!!! Oh my God... che ridere... la storia fila liscia ma... prima o poi ad Ichigo capiterà di scivolare! (E questo che vuol dire? ndPai Boh... però mi sembrava ci stesse bene... non è divertente^-^? Liscia... scivolare... eh? Capita? ndCeres ... Tu hai un senso dell'humor un po' distorto... ndPai_leggermente_inquietato_dalla_strana_autrice)

Pfepfer: dark!' DARK! Eh, inizialmente l'idea era quella, dopo l'ho riletta e mi sono accorta di aver appesantito ed ingigantito un po' le cose per cui mi sono data una calmata... fatto sta che adoro quelle ff che finiscono con una frase in sospeso, che ti lasciano dentro un presentimento, ma finché non lo vedi scritto nero su bianco non ci credi! Ma non ci riesco... uff... cmq Grassie! Contenta! Si sono incontrati!

Strawberry: adesso!!! Ehehe... anche se come incontro non è stato dei più piacevoli...

Mew Pam: ti è piaciuto il flash back, TI E' PIACIUTO IL FLASH BACK???!!! (*Ceres controlla la febbre con un termometro gigantesco a Pam chan, poi lo guarda con aria critica scuotendo la testa* - Ennò cara mia, troppa vacanza, troppo sole e troppa montagna fanno male alla pressione... riguardati!) ma forse è perché chiunque vicino a Ryo può sembrare carino... vero... ? (Mi lasci un GRAAANDE dubbio... O.o'''') sai... Ryo che muore... ehehe, non ti dico niente perché altrimenti tu scopriresti tutto, c'hai un intuito! Davvero! Non è normale, sai! Che ne dici di lasciarmi alcuni numeri per il lotto? XDDDDD Oppure il nome della Talpa, eheheheXP

P.S. E non ti preoccupare, scrivi benissimo ^.<

Cassie chan: ehhh... tutte le recensioni fossero così! Tutti i recensori fossero così!!! No, Ryo non è propriamente cambiato ma... ehehehe... ho fatto le cose per bene, che credi? U.U Nulla è lasciato al caso!

 

P.S. Da questo capitolo in poi ci saranno situazione e parole forse un po' forti, cioè, forse sono solo qualche parolaccia (oltretutto non condivido questa parola, in fondo sono solo parole normalissime ma la società ce le ha inculcate come parole 'brutte, cattive e volgari'... ma lasciare perdere queste mie teghe mentali!) però è nel contesto della storia che colpiscono... anche perché il mio modo di scrivere non è esattamente roselline e fiorellini... (no, infatti mi chiamo Tanpopo! ndTacchan Taci, marmocchia! ndCeres_che_però_ridacchia_alla_battuta)

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Capitolo 7
*** Dubbi e strane verità ***


tanpopo05

Tanpopo
di _Ceres_


cap. 6
Dubbi e strane verità


La solitudine fra noi
Questo silenzio dentro me
È l'inquietudine di vivere
La vita senza te

Ti prego aspettami perché
Non posso stare senza te
Non è possibile dividere
La storia di noi due..."

 

Spesso, nei film, si vedono storie di coppie che si sono lasciate anni prima incontrarsi una giornata qualsiasi, nella vita quotidiana, per caso o per mezzo di persone che entrambi conoscono. Ed in tutti i film si poteva vedere la ragazza correre col vento tra i capelli, i minimi movimenti a rallentatore in un patetico tentativo del regista di dare al film un tono poetico, il fiato frettoloso alla vista l'uno dell'altro ed in sottofondo una musica dolce e romantica che allietava il tutto.

Eh già.

Forse, i registi avevano bisogno di un aggiornamento in fatto di vita reale, perché quando Ryo si ritrovò davanti la sua ex non sentì né fiato frettoloso né tanto meno la musichina dolce, soltanto una stretta all'altezza del torace, nelle vicinanze di un luogo che tutti i ragazzini avrebbero definito col nome di Cuore.

Come un pugno allo stomaco, o magari una pugnalata alle costole: non era sicuro che ad essere accoltellato si provasse una cosa del genere, non lo aveva mai provato sulla propria pelle; ma era sicuro che facesse male, maledettamente male.

Dentro.

 

Ryo Shirogane, il grande imprenditore americano proprietario del famoso ristorante 'Blue Rose' si rigirò nelle lenzuola di seta dell'enorme letto della camera, strizzando gli occhi azzurro cielo e parandoli con un braccio quando la luce del sole trapassò le tende fino a raggiungere il suo volto. Si rese conto che fosse già giorno fatto, un giorno in cui finalmente la pioggia aveva deciso di smettere di scendere dal cielo per lasciare posto ad una giornata di sole. Non si sentiva né stanco né completamente sveglio, ma era sicuro di non volersi alzare da quel letto così morbido... perché il suo destino non poteva essere come quel letto? Perché ogni volta che pensava alla sua vita la vedeva come una grande foresta buia piena di rovi, pronti a pungerlo e ferirlo con le loro spine? Aveva perso i genitori, era cresciuto da solo lottando con la speranza di ottenere la vendetta e l'aveva ottenuta, aveva perfino raggiunto un punto nella sua esistenza in cui aveva creduto di poter vivere felice... per poi vedere tutto andare in frantumi come tenero cristallo...

La gente, i giovani ed i venditori di cioccolatini pieni di frasi mielose credevano che l'amore fosse un unione tra due persone che si vogliono bene a vicenda, un bene così forte da non poter essere spezzato da niente; ma non si rendevano conto che l'amore era un'arma a doppio taglio. E chi aveva il coltello dalla parte del manico poteva liquidare l'altro con poche semplici parole che però sembravano così letali e... definitive...

... improvvise tanto quanto un temporale estivo. E di tutta quella faccenda poi non si capisce mai  bene il perché, e--

Che... cosa...

... che cazzo stava pensando adesso? Perché si ritrovava a fare certi pensieri proprio di lunedì mattina? Aveva ragione Ashley quando gli diceva che era un uomo dalla mente complicata.

 

Si rivoltò tra le coperte affondando la testa nel cuscino. Per alcuni secondi resistette in quella posa, poi si voltò dall'altra parte, non riuscendo a respirare. Poi cominciò a sentire il torcicollo salire per la schiena, quindi lasciò perdere. Non sarebbe mai riuscito a riaddormentarsi.

Si alzò, dirigendosi verso i vestiti sparsi per la stanza. Per un attimo il suo viso si distese in una smorfia, era bello essere lontano da casa per un po': se Ashley avesse visto il casino che c'era in quella stanza non l'avrebbe perdonato nemmeno dopo secoli. Ma che ci poteva fare se aveva la mania di lanciare tutto ciò che trovava quando si agitava? Era un riflesso incondizionato, non ne aveva colpa. E vivere con sua zia non era facile: si lamentava per tutto. Ed il suo disordine, e la sua tendenza a trascurarsi dei suoi sentimenti, il fumo... per questo, per quanto le volesse bene, era contento di esserle lontano.

Nel frattempo un 'clak' si propagò nella stanza, insieme ad una voce che ben conosceva.

    - Finalmente! - commentò Keiichiiro vedendolo vestirsi - Era ora che ti svegliassi. Sono entrato qualche ora fa, russavi come orso con la gastrite. -

    - Io non russo! E poi che c'entra la gastrite col russare? - infilando la camicia bianca nei pantaloni, cosa abbastanza complicata.

    - Niente, ma era per farti ridere... - Kei sorrise candidamente. A quel punto Ryo non poté fare a meno di imitarlo, emanava come un'aura pacifica e rasserenante. Gli sarebbe piaciuto essere come lui, in un certo senso provava un profondo rispetto per Kei; ma questo non gli impedì di usare il  tono scortese che era ormai la sua etichetta.

    - Per quale motivo vuoi farmi ridere? -

    - Ieri mi sembravi un po' giù... e vista la quantità di robe in giro per la stanza ho fatto giusto, è così? -

Ryo preferì evitare l'argomento. Depistare Kei non era semplice, era come tentare di giocare a nascondino nel deserto del Sahara; perciò sbuffò, chiedendogli di passargli la scarpa sinistra che stava in bilico sul comò.

    - Non ti puoi mettere qualcosa di meno impegnativo? - gli chiese il moro vedendolo in difficoltà con la cravatta.

    - No, devo trovare un'agenzia immobiliare al più presto... -

Kei si incupì un poco, cercando di non darlo a vedere.

    - Allora hai deciso... ? Venderai il caffè? -

    - Per l'ultima volta... non me ne faccio niente! Non potrei gestire un ristorante ed un bar in due Stati diversi... -

Il moro sbuffò. Si diresse verso Ryo e si sedette accanto a lui sul letto, guardandolo negli occhi.

    - Ryo, non è necessario che ti nasconda dietro certe scuse... perlomeno con me... la tua è soltanto voglia di tagliare con i ponti del passato... -

Rimasero un po' così, vicini, in silenzio. Lui lo sapeva bene, poteva parlare liberamente con Kei, avrebbe capito tutto, avrebbe accettato... ma ciò nonostante non lo aveva mai fatto, se non un'unica volta, due anni fa. Da allora aveva superato tutto... ed allora perché non riusciva ad aprirsi una seconda volta? Il suo sguardo cadde su un vasetto sul comodino, sorrise appena. Il piccolo fiore di tanpopo si era ripreso leggermente, rispetto ad alcuni giorni prima. Chissà se anche quella bambina bionda si era tirata su di morale? Mah... poi il ricordo del loro ultimo incontro si fece strada nella sua mente, e la poca felicità che c'era in lui sparì come sabbia al vento.

    - Lo so... è vero, ma... non ne ho voglia Kei, non oggi. Scusa. -

E così dicendo prese il cappotto ed uscì dalla porta, lasciando il moro solo nella stanza.


~


    - Aoyama... finalmente ti sei degnato di venire! -

    - Mi scusi direttore... c'era traffico... -

    - Come no... se tutte le volte che trovassi traffico guadagnassi uno yen, ora sarei ricco sfondato! I giovani d'oggi... neanche un briciolo d'inventiva per una scusa decente... ma ai miei tempi non era così... -

    - Ehm - il ragazzo moro prese la parola, bloccando un discorso che aveva ormai sentito fino alla nausea. Attaccò il cappotto all'attaccapanni e salutò una delle segretarie in fondo alla sala, con cui era uscito alcune volte - Ci sono impegni particolari per oggi? -

    - Certamente, come ogni altro giorno! Ma cosa credi, che ti paghi per scaldare la sedia?! C'è già un cliente per te, che ti aspetta da almeno dieci minuti! E dire che è americano, uno pieno di soldi... Fila a lavorare!!! -

    - Subito capo! - annuì frettolosamente, entrando in un piccolo ufficio dall'aria pulita. Masaya si sistemò la cravatta, gli sembrava di soffocare in quella stanzina. Forse era claustrofobico, non lo aveva mai capito. Lasciò perdere il filo di quei discorsi scorgendo una testa dietro la sedia: evidentemente era il cliente americano di cui aveva parlato il direttore. Era raro in Giappone trovare qualcuno così biondo, non poteva che essere straniero.

Ma ci rimase di sasso quando scoprì di che straniero si trattava.

    - Shirogane... ? -

La figura bionda si voltò verso di lui, squadrandolo lievemente sorpreso. Era cambiato moltissimo, ma lo riconosceva ancora bene: e come non poteva riconoscere colui che gli aveva soffiato la ragazza? Ryo fece una smorfia.

    - Toh guarda... prima la micetta, poi il bel moretto...  son destinato a incontrare tutta Tokyo, a quanto pare... -

    - Buongiorno anche a te. - lo salutò duramente lui, trovando strano il fatto di sentirsi così... così normale... dopotutto erano passati cinque anni dall'ultima volta che l'aveva visto. Poi rifletté sulle parole che aveva appena detto, trovandole parecchio strane: l'unica micetta che conosceva era... ma se era davvero come pensava, non poteva permettere che lui le rovinasse di nuovo la vita... Decise di andare al sodo. - Sei tornato per Ichigo, Shirogane? -

L'altro rimase silenzioso per alcuni attimi, guardando dritto davanti a sé annoiato. Poi rispose con un filo d'ironia:

    - No, figuriamoci... non mi permetterei mai di rovinare l'allegra famigliola felice! - Ryo si era reso conto solo ora di come stavano le cose. Patetico... lo aveva immaginato ancora all'inizio, ma non aveva mai pensato che potesse essere vero... Masaya invece sembrava confuso. Appoggiò a terra la sua ventiquattr'ore ed incrociò le braccia al petto, fissandolo truce.

    - Ma di che stai parlando... ? -

    - Ma come... sto dicendo solo che ho capito ormai di avere perso la partita, game over... quello che non mi va giù è che tu l'abbia vinta imbrogliando... - Ryo si alzò sistemandosi la giacca nera, costatando di superare Masaya di parecchi centimetri. Oh beh, era sempre stato più alto, ma la sensazione gli suonava nuovissima. E poi il moro era ancora un bel ragazzo, quello che tutte le ragazze avrebbero amato avere accanto; ma non aveva più l'aria innocente e pacifica di cinque anni fa, era dura e fredda... calcolatrice, quasi. Era maturato.

Ryo avrebbe dovuto esserne felice, dato che non aveva mai sopportato la sua dolcezza e perfezione; allora perché gli avrebbe volentieri sputato nell'occhio?

    - ... Shirogane, se sei venuto qui a sfottere, quella è la porta. - Masaya aveva un tono tagliente, distaccato, pieno di rabbia. Ryo lo trovò particolarmente irritante: non era lui a dover essere rabbioso, non era lui quello che gli aveva fregato la ragazza e ci aveva messo su famiglia!

    - Ma sfottere che?! Aoyama, non ti facevo così sadico... tu e quella puttanella... ! -

    - NON CHIAMARE ICHIGO COSI' -

 

Stump.

Il suo corpo fece quel rumore quando andò a sbattere contro la parete. Un tonfo dalla potenza minore di quanto si sarebbe aspettato, dopo un destro del genere. Ryo si premette la mano contro la guancia colpita, lanciando uno sguardo sorpreso all'uomo che gli stava di fronte, la mano ancora alzata e un'espressione feroce in viso. Puro odio, un odio che non riuscì a capire, ma nemmeno ad accettare.

E nemmeno il tempo di accorgersene, che il suo corpo reagì.

Masaya schivò il pugno facilmente, come potava fare solo un ex campione di kendo, e buttò a terra il biondo. Fece per saltargli addosso, ma Ryo si voltò appena in tempo per schivarlo; per qualche minuto lottarono furiosamente, senza precise regole ed ordine, con il solo scopo di ferirsi l'un l'altro -a parole e con le mani. L'attimo dopo il biondo gli fu sopra, i fili biondi disordinati sulla fronte e davanti agli occhi. E la mente annebbiata da una marea di ricordi dolorosi e sentimenti confusi.

    - Bastardo! Tu... questo è per avermi sempre dato sui nervi! - caricò un pugno in aria per poi colpire il volto del moro, ricaricando subito dopo - Questo è per avermi fregato la ragazza! - un altro colpo, mentre il naso di Masaya prendeva a sanguinare. Ma quelle gocce rosse non lo fermarono, nemmeno vacillò: ormai era accecato da rabbia e frustrazione. Ryo lo colpì ancora, un destro molto più forte dei precedenti.

    - E questo è PER AVERCI PURE FATTO UN FIGLIO!!! -

    - Shiro... - provò a chiamare l'altro, bloccandosi nell'istante in cui un dolore lancinante lo colpì in pieno volto. Strizzò gli occhi urlando, sentendo il sapore metallico del sangue in bocca; lottando contro la confusione e lo sgomento che dominava la sua mente si liberò della stretta dell'altro, coprendosi la bocca con la mano. Se la ripulì con la manica, mentre il sangue macchiava la camicia bianca. Sentiva dolore dappertutto, guardando con odio il biondo che aveva di fronte. Shirogane la guancia arrossata e gonfia nel punto in cui lo aveva colpito, ma non era niente in confronto a ciò che gli aveva fatto lui.

    - Shirogane... ma che cazzo stai dicen... -

    - Che grandissimo coglione! MA CREDI CHE SIA IMBECILLE, IO? LE HO VISTE, QUELLA STRONZA E SUA FIGLIA! TUA FIGLIA, RAZZA DI... -

    - Ma... oh, no - lo bloccò Masaya, guardandolo disprezzante. Si ripulì il viso del tutto, riuscendo finalmente a capire qualcosa di quella situazione. A stento, perché non Shirogane poteva essere stupido, ma non fino a quel punto... e poi... non voleva davvero darla a bere a lui, vero? - Io non ho nessunissima figlia con Ichigo... e non mi vorrai far credere che non lo sapevi vero... ? Oh sì che lo sapevi... te l'ha detto lei... -

    - Ma che cazzo blateri... -

    - Razza di bastardo, sta parlando di Tanpopo... di tua figlia... -


~

 

    - Sei tornato tardi... l'hai trovata, l'agenzia? -

Buttò a terra la giacca, quasi con aria annoiata. Poi alzò lo sguardo, corrucciato: quella voce non apparteneva a Keiichiiro, non era nemmeno maschile. Era una voce profonda e dolce, che nascondeva una nota di accusa. Ryo l'avrebbe trovata sensuale, se non fosse appartenuta a...

    - Zia Ashley... ? -

Un'alta ragazza dai capelli castani fece il suo ingresso trionfale, appoggiando il braccio alla parete facendo in modo ma mettere in mostra i suoi fianchi perfetti e le lunghe gambe coperte fino al ginocchio da una leggera gonna nera. I tacchi a spillo rosso fuoco e lo sguardo furbo l'avrebbero fatta sembrare una 20enne, anche se tra di loro c'erano ben 10 anni di differenza.

    - Finalmente, Ryo chan! Se non mi facevo viva io... -

    - Ma... ma che ci fai qui? -

Ryo cercò di sviare l'abbraccio a sorpresa della donna, senza successo: sua zia lo soffocò in una stretta affettuosa e un tantino possessiva, ed il biondo non poté fare a meno di arrossire. Aveva ventitré anni, accidenti!

    - Sono venuta a trovarti... ma... santo cielo! My darling, che hai fatto al tuo bel visino? Hai la guancia tutta rossa... -

    - Non è niente zia... -

    - E non mi chiamare zia, te l'ho detto milioni di volte... - Ashley lo spinse verso la poltrona, frettolosa e preoccupata - Mi fa sentire vecchia... che ti è successo? - chiese poi appoggiando le dita  sulla guancia sinistra del ragazzo, facendolo gemere di dolore.

    - Niente... è successo un... imprevisto all'agenzia... -

    - Che tipo d'imprevisti... ? - chiese guardandolo torva, sapendo con che tipo di ragazzo aveva a che fare. - Non dirmi che vi siete fatti a botte... -

    - Sei profetica... -

    - Ryo! - gemette lei, sbuffando disperata. - Ma come devo fare con te? Non puoi farti sempre prendere dalle emozioni, lo vuoi capire? Devi cercare di contenere la rabbia tesssoro... -

    - Lo so - rispose lui assente, con la mente da tutt'altra parte - Lo so... -

Ashley squadrò il ragazzo con sguardo esperto, poi sbatté le ciglia sconsolata. Aveva fatto bene a prendere il primo volo per Tokyo la notte prima, anche se il consiglio era arrivato da Kei chan. Lui le aveva semplicemente detto che gli sembrava giù di tono, però... a lei invece sembrava più uno straccio, l'ombra del nipote che conosceva. All'improvviso lo abbracciò teneramente, un abbraccio diverso dal primo, baciandolo sulla fronte come poteva fare una madre col proprio figlio. Lentamente, quasi con difficoltà, Ryo sembrò ricambiare il gesto. Ma l'attimo dopo tornò il solito freddo ed impassibile ragazzo di sempre, con lo sguardo assente, perso in chissà quali pensieri.

Sapendo che non avrebbe risolto nulla se non aspettando, sciolse l'abbraccio e si diresse verso l'altra camera da letto.

    - Senti Ryo... adesso riposati bene, che la notte porta consiglio. E se ti servisse sono di là, a mettere in ordine questo caos primordiale... -

Il biondo annuì, anche se quel suo sguardo spento non le permise di capire se l'aveva veramente sentita. Poi le fece una domanda strana, lasciandola un attimo persa.

    - Cosa si deve fare se... se per la prima volta nella tua vita tutte le cose certe che conoscevi si cambiano in modo radicale, facendoti vedere tutto in maniera diversa? -

    - Ah... non so... che genere di certezze? -

    - Boh, ad esempio... scoprire di avere un figlio, da anni... -

    - Che?! Ehm, non so... - balbettò incerta la ragazza, con la testa che girava confusa, cercando di scoprire cosa passasse per la mente di quell'uomo complicato - Però di una cosa sono sicura: se hai dei dubbi non devi pensarci troppo da solo, la mente si accavalla in mille pensieri ed alla fine non ne risolvi nulla. Se hai dei dubbi devi andare direttamente alla fonte del problema... -

 

Per qualche secondo dall'altra stanza non arrivò nessun rumore, nemmeno un respiro o un movimento. Poi la voce di Ryo rispose, sicura:

    - Ok, farò così... thank you, Ashley. -

    - Prego, non c'è di che... - rispose spiazzata la ragazza, costatando che il biondo era già nel mondo dei sogni. Scosse la testa, lasciando perdere ogni pensiero, e ritornò a pulire la stanza.

 

~


Non guardatemi così vi prego. So che il ritardo è tremendo, ho appena finito di scrivere e mi è venuto mal di testa... @.@

Ecco qui, alla fine è successo. Ryo si è reso conto di PICCOLI particolari che aveva tralasciato del tutto (ma come si fa? Povero Ryo, due fette di bistecca c'hai davanti agli occhiXD) E finalmente siamo arrivati alla parte che preferisco: il Wrestling!!! (Che?! ndLettori A proposito, facciamo un minuto di silenzio per il povero Eddy Guerrero... la raza... sniff ç.ç) Ovvero Ryo e Masaya se le sono date di santa ragioneX°°D beh, questa parte è stata una delle prime ad essere programmata! Decisamente il modo migliore di venire a sapere di avere una figliaXD E con questo ho capito quanto gli uomini siano dei buzzurri. Risolvono tutto con le botte... ma dopotutto la vera colpa ricade su Ichigo no? ^_< ma cosa ci facciamo noi donne agli uomini?

Oddio, siamo già al sei! Il sesto, capite??? Non credevo che ci sarei arrivata tanto in fretta. Mi sembra di averla iniziata ieri questa fic... perché con le altre non sento questo? Forse è il mio subconscio che dice 'Finiscila, finiscila in fretta' perché ne vorrei postare tante altre... sentite, se qualcuna di voi volesse scrivere una storia ma non avesse idee sono disposta a vendergliene un po'! Su TMM ovvio...

Ringrazio:

Dafne onee chan: piaciuta la battuta? (no ti prego non ripetergliela, per carità, se mi vuoi un briciolo di bene... ndPai_implorante_che_non_ne_può_più_di_stare_alla_mercé_di_due_pazze) ok... finalmente hai postato la tua fic! Spero che per il prossimo chap non farei così tardi... (ma senti chi parla! ndPai La stai difendendo? ndCeres_ghignante Ehm... insomma... volevo dire... ndPai_imbarazzato)

Pfepfer: a quanto pare Ryo ha davvero le fette di salame agli occhi, ma dopotutto non basta vedere una bambina bionda con occhi azzurri per poter dire che è tua figlia... in fondo è una cosa piuttosto *strana* scoprire di essere padre dopo 5 anni di ignoranza totale... Ehm, ciao ciao ^^''' *Ceres nasconde una certa mazza nello sgabuzzino della redazione* Ehm...

Cassie chan: la tua rec mi ha fatto arrossire ^///^ e pensare che odio la coppia Ichigo/Ryan! E poi sai, su tutti i tre lati hai ragione. Essendo io un essere superiore (e moooolto modestoXD) nel leggere le fic cerco di dare una possibilità anche a questa coppia qui... ma sono proprio quei tre lati che detesto! E subito le lascio perdere... cercando di non cadere nella stessa trappola! E poi diciamocelo: ormai le trame come queste sono all'ordine del giorno. Sentirti dire che è una delle migliori mi ha riempito di orgoglio! Di brutto c'è che adesso ho perso del tutto quel briciolo di modestia che mi rimanevaXDDD la Retasu nuova piace molto anche a me, ma dopotutto sono l'autrice, non dovrei dire una cosa del genereXP Bacioni ^.^

mewby: sai che il tuo nick non mi è nuovo? Sei registrata a Splinder? (ma che domande fai? ndRyo Taci biondino! ndCeres) No, te lo chiedo perché ci ho pensato per mezza giornata, ma non mi veniva in mente e mi è venuto il nervoso... ehehe, pochi passi per il famigerato capitolo sette! E' il prossimo! Però come viaggia veloce questa ff eh?

kashia: esatto, esatto. E tutto -o quasi- si scoprirà nel cap. 7. Bello il tuo nick, ha un bel suono! (scusa per questa mia uscita O.T., ma mi diverto un sacco a vedere nuovi nick e come suonanoXD) Non ti arrabbieresti se lo prendessi in prestito per ff future vero? Bacioni!

Yuki: sei tornata, recensitrice dal nome dolce! (lasciami perdere quando faccio così...) Sei tanto arrabbiata per il mio ritardo? Tanto tanto? E' che mi ero presa una pausa di riflessione... mi sentivo un po' stressata, ma alla fine ce l'ho fattaXDDD ho imparato sulla mia pelle che scrivere 3 fic insieme non è un'idea geniale! kiss kiss^^

Vanil: allora... sul fatto che questa è la migliore ff (di TMM?) che tu abbia mai letto sono d'accordoXDDD Nooo, scherzo! Sai, adesso ti dico una cosa. Tienila bene a mente e poi non riparliamone più, dato che su questo punto ho detto anche troppo. Ryo/Ichigo non è una coppia che mi piace molto, primo perché non mi ispirano molto, secondo perché secondo la mia idea di coppia loro stonano tantissimo. Tuttavia avevo questa trama su di loro, e non ho voluto sprecarla. Ma questa è UN'IDEA personale, SOLTANTO MIA. Ognuno ha la sua percezione, tu per esempio la adori. Non ho niente da dire su questo, rispetto la tua decisione. Solo su una cosa non ti do ragione:

Le persone non hanno anime gemelle, si scelgono in base a tanti aspetti, attrazioni particolari e sentimenti del cuore; non seguono il cosiddetto 'filo rosso del destino'!!! Quello che voglio dire è che non esistono persone 'fatte l'uno per l'altra'. No no. Io potrei scegliere adesso un ragazzo moro e simpatico, poi mi stuferei e ne vorrei uno totalmente diverso. A prescindere da come stavamo bene insieme, potrei cambiarne uno ogni mese, tutti diversi, e potrei dire che erano fatti per me! Tutti hanno dei lati positivi e negativi: ci si può innamorare di ogni persona al mondo se solo avessi abbastanza tempo per conoscere tutti.

Ehm, non so se mi hai capito dato che questo è una delle mie tante teghe mentali, lascia stare! Non torniamo più su questo argomento, ne ho davvero abbastanza. Non lo dico a te, Vanil! Tranqui! E' che in una mia altra ff mi hanno già inondato di queste idee fino alla nausea, perché ho OSATO (alla faccia! Ora non si può nemmeno scrivere su ciò che si pare) scrivere sulla coppia Retasu/Ryo. Non ce l'ho con te, davvero. Anzi, mi stai già simpatica a pelo: sarà perché mi hai fatto quel complimento? XDDDD Cmq è tutta questione di gusti!

 

Che nessuno mi venga più a dire che questo non sta bene con quell'altro, che questo qui e quell'altra non sono una bella coppia, fanno schifo o peggio, che questa è una racchia in confronto a quell'altra, e soprattutto che sono un'idiota nello scrivere fic sulla coppia che detestate. BASTA!!!  Se volete spiegazioni andate qui e VI PREGO, non offendetevi. Anche se a questo punto quello che dovrei chiedervi è di non offendere me... Non è rivolto alle persone che leggono per la prima volta queste righe, ma a certe gentili personcine che non hanno il minimo senso dell'educazione. Thanks.

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Capitolo 8
*** Dietro 5 anni di odio e sofferenza ***


tanpopo07

Tanpopo
di _Ceres_


cap. 7
Dietro 5 anni di odio e sofferenza

 

All'improvviso sei fuggito via
Lasciando il vuoto in questa vita mia
Senza risposte ai miei perché adesso
Cosa mi resta di te

Non c'è , non c'è il profumo della tua pelle
Non c'è il respiro di te sul viso
Non c'è la tua bocca di fragola
Non c'è il dolce miele dei tuoi capelli

Non c'è che il veleno di te sul cuore
Non c'è via d'uscita per questo amore
Non c'è, non c'è vita per me, più
Non c'è, non c'è altra ragione che mi liberi l'anima


 

Il cielo era di nuovo scuro e carico di nuvole.

Ichigo sbuffò: non ne poteva più di quella stagione di piogge torrenziali, aveva sempre preferito l'estate con i suoi caldi raggi solari e le corse sulla spiaggia con Tanpopo. Per un attimo rimase a pensare alle spiagge, ai gelati ed agli amici di ombrellone, poi scosse la testa lasciando perdere. Doveva evitare di pensare alle vacanze quando ancora mancavano mesi e mesi... Cercando di dirottare i suoi pensieri da spiagge assolate ed ex ragazzi, prese sottobraccio i libri di chimica e letteratura e scese dal metrò velocemente, seguendo la scia di persone. Era strano vedere Tokyo la mattina, senza luci né insegne lampeggianti come si era abituati; non era strano invece tutta quella folla nel centro del quartiere. Shibuya dopotutto era sempre gremito di gente.

Guardò l'orologio, allarmandosi: cavolo, era tardissimo! La padrona del negozio dove lavorava non perdonava facilmente i ritardi, ed Ichigo, nonostante fosse cresciuta, su certi aspetti non era affatto cambiata, glielo diceva sempre anche Mint... Cercò di trovare una scusa, figurandosi nella mente la scena: la padrona che l'aspettava davanti al negozio con un matterello gigantesco tra le mani, ed Ichigo che si gettava ai suoi piedi implorando perdono. Si lasciò scappare un sorrisino, che però sparì subito dopo: stranamente, al volto cicciottello e pallido della padrona se ne sovrappose uno abbronzato e biondissimo. Il volto del ragazzo che le aveva davvero cambiato la vita. Letteralmente. Si perse tra quei pensieri, mentre passeggiava nel viale alberato verso il negozio.

Certo, a 16 anni la sua vita aveva preso una brusca svolta... anche se... non sapeva dire se fosse brutta o bella. Fino a qualche anno fa avrebbe risposto 'pessima', ma dopotutto non era proprio vero --veramente. Aveva una bella famiglia che le voleva bene, una bambina eccezionale che le regalava tutto l'amore del mondo ed un lavoro abbastanza stabile, anche se un po' faticoso essendo a contatto con persone chic e (spesso e volentieri) snob. Quel genere di persona che detestava, insomma. I primi anni erano stata duri, con quel tenore di vita: vedere tutti i suoi amici comportarsi come giovani spensierati mentre lei era costretta a crescere e prendersi le sue responsabilità di madre era stato frustrante. Spesso si immaginava la sua vita senza Tanpopo, con un ragazzo che la amava davvero e nessuna preoccupazione per la mente... poi però si vergognava di aver desiderato che sua figlia non esistesse. Alla fine era sempre colpa di quel maledetto Ryo.

Oh, come lo detestava... possibile che la sua vita sentimentale dovesse sempre essere così... così -- complicata?

 

Immersa nei suoi pensieri varcò l'entrata del negozio. Le porte automatiche cercarono di chiudersi dietro di lei, ma non ci riuscirono. Perché lei era ancora lì, sulla soglia, immobile come marmo e lo sguardo fisso su una persona.

    - Se stai lì ancora un po' la gente ti prenderà per scema... anche se, a questo punto, non penso sia un'idea sbagliata di te. -

Ryo Shirogane se ne stava appoggiato al bancone con molta noncuranza, come se fosse stato suo o, perlomeno, non fosse la prima volta che entrava in quel negozio. Indossava un completo diverso da quello del giorno prima, di un color bianco pallido che stonava particolarmente con l'idea di angelo odioso che Ichigo si era fatta di lui negli ultimi anni. Aveva un segno violaceo sulla guancia, anche se in contrasto con la pelle abbronzata passava inosservato. Come se si fosse svegliata da un sonno profondo Ichigo mosse un passo incerto verso il bancone, cercando di mettere in ogni passo più determinazione di quanta ne avesse realmente. Lo raggiunse fino a guardarlo dritto negli occhi color cielo, e disse freddamente:

    - Che diavolo vuoi ancora? Non ti è bastata la visitina di ieri? -

    - Non sono stato certo io a venire da te... è stata la bambina... - disse semplicemente lui, scrollando le spalle.

    - Mia figlia. - puntualizzò Ichigo, come per metterlo bene in chiaro. - Ed a proposito di lei... com'è che la conosci? -

    - Uh beh... - si grattò la testa in un punto imprecisato tra i folti capelli biondo platino - ... è un lunga storia. Com'è che l'hai chiamata Tan... Tap... mh? -

    - Tanpopo. - concluse d'istinto Ichigo, soffiando come un gattino inferocito. Il fatto che non ricordasse nemmeno il nome di sua figlia la faceva letteralmente andare fuori dai gangheri, ma non lo dimostro; come del resto Ryo non dimostrò di sapere benissimo il nome di quella bambina, un nome che si era ripetuto tante volte in quei giorni e che ormai popolava i suoi pensieri, ma che per quel suo modo di essere freddo e scostante non voleva dar segno di sapere.

    - E' un nome strano. - disse semplicemente lui, dimostrandosi fintamente sorpreso. A quel punto Ichigo si lasciò andare in un sospiro, non aveva mai detto a nessuno il perché di quel nome, nonostante fossero in parecchi a chiederglielo (nemmeno i suoi genitori, con cui aveva un bellissimo rapporto, ne erano a conoscenza) e non aveva certo voglia di rivelarlo a Ryo; così lasciò cadere sul bancone la giacca e rivolse all'uomo uno sguardo stizzito ed altezzoso.

    - E da quando in qua ti interessi di mia figlia, Shirogane? -

Ryo si accigliò. Era strano sentirsi chiamare col cognome, soprattutto da quella ragazza vivace che l'aveva sempre chiamato col nome di battesimo. Certo, Ichigo non era più vivace e scherzosa come cinque anni fa, e nemmeno era sicuro di voler sentire il suo nome uscire da quelle labbra, ma si accigliò lo stesso.

    - Da quando ho scoperto che è anche mia, Momomiya. -

Ichigo non capì subito che emozioni le avesse procurato quell'affermazione. Era come un miscuglio di tante cose tutte assieme: rabbia, scetticismo, forse anche paura... paura che dopo tanti anni, Ryo fosse tornato per rivendicare quella sua parte di Tanpopo che in fondo (per lei molto molto in fondo) gli apparteneva. Prima o poi doveva pur accadere, che Tanpopo incontrasse suo padre, lo aveva sempre saputo. E tutte le volte che aveva provato ad immaginarselo... beh, non ci riusciva. Aveva immaginato la sua bambina, la sua piccola, desiderare di andare a vivere col padre. Ed aveva immaginato Ryo sbatterle la porta in faccia, dirle che per lui quella bambina non contava niente, o ancora peggio... accettare di portarla con sé in America. In fondo poteva anche accadere. Tanpopo e Ryo si assomigliavano così tanto, così maledettamente tanto...

... e lei invece...

... ormai faceva parte dei suoi incubi peggiori. Ed invece adesso scopriva che quei due si conoscevano già, e che erano diventati pure amici! Qualcosa nel suo stomaco si ribaltò: bastava poco... pochissimo... ed i suoi incubi sarebbero diventati realtà.

    - Non ti pare un po' tardi per accorgertene? -

Avrebbe voluto urlargli in faccia di tornarsene in America e non farsi vedere per un po', magari ricoprirlo di insulti come aveva desiderato in cinque anni di difficoltà e solitudine, ed invece se ne uscì con quella frase. Aveva usato un tono acido. In effetti lei lo aveva detto subito, a Ryo, di aspettare un bambino... gli aveva scritto tante di quelle lettere, e non aveva mai ricevuto una risposta. Mai. E poi lui piombava in Giappone come se niente fosse e pretendeva di fare una chiacchierata amichevole sulla figlia che non aveva mai conosciuto! Le stavano davvero saltando i nervi.

    - Ah! Pensa che non l'ho mai saputo. Ironia della sorte, a darmi delucidazioni è stato quel damerino di Aoyama... certo che ne ha fatta di strada il naturalista-io-sono-il-più-bello-gentile-sportivo del mondo, eh... ? - disse ironico lui, come se il lavoro del suo ex nemico fosse qualcosa di molto divertente, ma Ichigo gli lanciò uno sguardo cattivo per fargli capire che aveva ben altro per la testa.

    - Che cosa vuoi dire, che non lo hai mai saputo? Ma mi stai prendendo per il culo?! Con tutte le lettere che ti ho scritto! Con tutte le telefonate che ho provato a fare! Con tutti i tentativi... -

    - Io non ho mai ricevuto UNA lettera da te! Se no quel tele... - prese a dire lui, infervorandosi, ma Ichigo lo bloccò adirata.

    - BALLE! Sai un grandissimo bugiardo, Shirogane! Ed io me ne sono accorta troppo tardi... CHE DIAVOLO VUOI ANCORA DA ME?! -

    - ... SE NON QUEL TELEGRAMMA! VOGLIO SOLO DELLE RISPOSTE, STUPIDA! -

Inspiegabilmente, sul volto di Ichigo si disegnò un'espressione trionfante, a cui Ryo non seppe dare un perché.

    - Ah-ah! ALLORA LO AMMETTI, DI AVER RICEVUTO QUALCOSA DA ME! AMMETTI DI AVER SEMPRE SAPUTO DI TANPOPO, IDIOTA!!! -

    - E PIANTALA! SU QUEL TELEGRAMMA NON C'ERA NESSUNA BAMBINA! C'ERA SOLO SCRITTO CHE NON NE VOLEVI PIU' SAPERE DI ME! -

Fu a quel punto che Ichigo si scoprì senza parole. Svuotata, forse. Sbatté le ciglia, più volte, fissando l'uomo che aveva davanti con espressione sbigottita.

Ok, aveva scoperto parecchio tempo fa di che grandissimo tira-balle fosse Ryo, ma non pensava che potesse arrivare a tanto. Arrivare a mettere in dubbio tutti i mesi in cui aveva cercato di contattarlo, invano, tutti gli anni passati a farsi in quattro per farcela, tutti gli anni in cui aveva covato odio per lui, tutti gli anni passati a cercare di non finire più per fare la vittima. Ed era... ora Ryo voleva anche apparire come quello che era stato bidonato da lei! Come se fosse stata lei, la cattiva di tutto!

Con la gola serrata, riuscì a sbiascicare poche parole.

    - ... vattene. -

    - Io pretendo... -

    - Vattene... - mano a mano che parlava la sua voce saliva di intensità. Ichigo Vide Ryo aprire di nuovo la bocca per protestare, ma lei con un gesto repentino indicò la porta ed prese una boccata d'aria, prima di urlare con tutto il fiato che aveva in corpo:

    - VATTENE E NON FARTI MAI PIU' VEDERE!!! -

E Ryo non se lo fece ripetere due volte.

 

~

 

    « Mmm? » mugugnò una voce femminile dall'altra parte del telefono « Vuoi tornare a casa? »

    - Sì Ashley... quindi per favore, dì a Kei di prenotare un volo per Los Angeles al più presto, il primo che trova... mi va bene anche la classe turisti, non ci farò caso. -

Un attraente ragazzo biondo si sedette su un'altalena del parco di Shibuya, mentre si slacciava i primi bottoni della giacca e scioglieva il nodo della cravatta rosso fuoco, che contrastava così tanto con l'abito bianco che indossava. Ryo guardò il cielo, denso e burrascoso, tipico di quelle giornate in cui entro poco avrebbe piovuto di brutto. La pioggia... lacrime che scendevano dal viso di una fanciulla sofferente. L'aveva sempre pensato... certo che quei pensieri non lo facevano stare meglio! Prese a dondolarsi lentamente, aspettando una risposta da parte della zia. La sentì trafficare e parlare con una voce maschile, sicuramente quella di Keiichiiro. Dopo pochi secondi la voce di Ashley lo raggiunse:

    « Ryo, ci sono solo due voli disponibili per oggi fino a Los Angeles... uno ha un solo posto libero, e l'altro due. Il primo parte stasera alle 21, mentre il secondo tra 2 ore... che si fa? Ma me lo spieghi perché vuoi tornare? »

    - Facciamo così - disse lui ignorando la domanda - Tu e Kei prendete il secondo volo, quello da due, ed io aspetterò quello di stasera... vi raggiungerò domani pomeriggio al Blue Rose. O.K? -

    « Sì, va bene... » la voce incerta di Ashley si perse in un sussurro, ma subito dopo tornò come una tempesta « Ma adesso spiegami che cos'hai! »

    - Io... ho... nostalgia di casa. Ci vediamo, salutami tanto Kei. - fece per chiudere la linea quando dall'altro capo giunse la voce di Keiichiiro.

    « Ryo? Rispondi per favore. »

Il ragazzo guardò un attimo lo schermo del cellulare. La voce del suo più caro amico lo chiamava ancora, invitandolo a rispondergli. Improvvisamente chiuse di scatto lo sportellino del telefono, ficcandoselo in tasca con una smorfia infastidita. Alcuni bimbetti, poco più lontano di lui, lo guardarono incuriositi e confusi. Lui li fissò per pochi secondi, e loro si girarono imbarazzati per essere stati colti sul fatto.

    - Scusa, ma non ne ho voglia di parlare... -

 

~

 

    - Sono a casa... -

La voce di Ichigo risuonò nello stretto corridoio di casa, mentre la ragazza si toglieva le scarpe all'ingresso e buttava a terra la giacca. Si riavviò i ciuffi ramati sistemandoli in una crocchia, e prese un mollettone dal cassetto per sistemarli definitivamente. Alcuni ciuffi le scapparono e caddero sulle guance incorniciando il suo volto, ma lei le lasciò dov'erano. Si sentiva sfinita, come se fossero passati cent'anni da quando aveva lasciato casa sua per andare al lavoro.

Ichigo si trascinò in cucina tra numerosi sbadigli e lamentele, poi aprì il frigorifero ed indagò il suo interno alla ricerca di un bicchiere di latte. Stava per prendere una bottiglia di the freddo (il latte non c'era, sua madre si era nuovamente dimenticata di comperarlo) quando una voce la chiamò alle sue spalle.

    - Ehy piccola? Sei già a casa? - voltandosi, Ichigo vide la figura di suo padre fare capolino nel salotto annesso alla cucina. Reggeva un giornale in mano e sembrava piuttosto allegro - Ma tu non dovresti essere a scuola? -

    - Mmm - Ichigo chiuse il frigorifero con un piede e si portò la bottiglia alle labbra, incurante dell'occhiataccia di suo padre - ... non ho voglia di andare pa', mi sento stanchissima... -

    - In effetti mi sembri uscita da un incontro di wrestling piuttosto che da una giornata di lavoro... - suo padre si sedette su una delle sedie del tavolo, rivolgendole uno sguardo preoccupato - ... che ti è successo? -

La ragazza si lasciò cadere sulla sedia accanto a quella del padre, massaggiandosi le spalle. Gli venne in mente la litigata che aveva avuto col suo ex alcune ore prima, sul mucchio di fesserie che Ryo aveva detto, e le scappò una risata amara.

    - Ho fatto un incontro particolare... diciamo così... Ryo è venuto a farmi visita al negozio. -

L'espressione di Masato si fece serissima, così improvvisamente che Ichigo si preoccupò per un momento. Certo, il fatto che suo padre odiasse Ryo per aver messo incinta la sua unica figlia e fosse anche scappato poteva giustificare tutto, ma forse tutta quella serietà era eccessiva... in fondo era passato tanto tempo ed ora stavano bene...

    - Che... che ti ha detto? Vuole tornare con te? Vuole qualcosa da Tacchan? -

    - No no, non credo... voglio dire, abbiamo litigato, nemmeno fatto due chiacchiere civilmente, insomma non so bene che volesse... ah, no - il volto della ragazza per un attimo fu attraversato da una scia di rabbia - Ha detto che voleva risposte... quel gran pezzo di... ! -

    - Ichigo! - la rimproverò Masato, che sembrava via via sempre più serio. Sembrava avere davvero a cuore la situazione della figlia, ma questo dopotutto era normalissimo. Eppure, si disse Ichigo, le sembrava così strano... - Ma... che genere di risposte? Che ti ha detto? -

    - Ah, beh... per prima cosa, ha detto di non sapere niente di Tacchan. O meglio, che non ne sapeva nulla fino a quando non gliel'ha detto Masaya... figuriamoci! Gli avrò scritto milioni di volte, a quello scemo. E poi quando mai Masaya e Ryo chiacchierano? Insomma, non ci credo che c'abbia parlato. Ha detto che non gli è arrivato NIENTE da me, come se fossi stata io a nascondergli il fatto che avesse un figlio! Assurdo! Che razza di bugiardo... -

    - Continua... - la incitò Masato versandosi un bicchiere di the anche per sé.

    - Poi però si è tradito! Si è tradito ed ha detto di aver ricevuto qualcosa... il telegramma! Ah ah, lo ha ammesso alla fine! - esclamò con gioia perversa Ichigo, il fuoco negli occhi nocciola. Masato sbiancò all'improvviso, ed aprì velocemente il suo giornale sussurrando:

    - Il telegramma... -

    - Massì, papà! Quello che gli ho mandato subito subito dopo la nascita di Tacchan... dove gli dicevo la bimba era nata ed avevo deciso di tenerla... -

Lo specificò con un certo orgoglio, perché all'inizio, quando aveva appena scoperto di essere incinta, non aveva dato proprio scontato di tenere il bimbo. Aveva pensato a tutte le possibilità che aveva davanti, ed alle cose che le accadevano intorno: Ryo che non si faceva vivo, nonostante lei provasse a telefonargli tutti i giorni, i suoi genitori che quando lo avevano saputo le avevano fatto una scenata incredibile, i mormorii delle sua compagne di scuola ed i pettegolezzi che non l'avevano fatta dormire... Ma ciò che l'aveva fatta stare più male era il fatto di sapere di essersi segnata la vita in modo incancellabile, e di non poter tornare più indietro. Aveva anche pensato di abortire... che gran brutta parola, quella. Non l'aveva mai sopportata, sia nel suono che nel significato: dopotutto era come ammazzare qualcuno. Come diventare un assassino...

Aveva deciso di tenere il bambino per quello. O forse... c'era qualcos'altro?

Non l'aveva fatto perché voleva avere un vero legame con l'uomo che amava?

Non l'aveva fatto perché era rimasta sola, in Giappone, mentre Ryo era a migliaia di chilometri di distanza e non sembrava tornare più?

Non l'aveva fatto perché, sapendo del bambino, Ryo avrebbe avuto una ragione valida, che non fosse Ichigo, per ritornare? Per avere una seconda possibilità?

Non l'aveva fatto per questo?

 

Beh, non era importante il motivo. I mesi erano passati ed il bambino era cresciuto dentro di lei, tanto che anche per l'aborto era troppo tardi. Così, in accordo con i suoi genitori, aveva deciso di farlo nascere e darlo poi in adozione ad una famiglia che avrebbe potuto crescerlo ed allevarlo bene. Sicuramente meglio di una studentessa di secondo liceo.

Ma che cosa era successo, dopo? Ricordava solo di essersi svegliata, un giorno, nell'ospedale di Tokyo, senza quella pancia voluminosa e con un peso caldo tra le mani. Aveva ancora la testa imbottita di anestetici e medicine contro il dolore, e voleva soltanto dormire, ma quel peso aveva cominciato a piangere disperatamente e così si era trovata costretta a calmarlo, dondolando dolcemente. E poi... ? Aveva guardato il volto paffutello del fagotto e si era ritrovata a pensare che quel peso, quel coso piangente che era rimasto dentro di lei per otto* mesi, fosse un bambino. Una bambina. La sua bambina... l'aveva fatta nascere ed ora la teneva tra le mani, come una madre amorevole... ma Ichigo ERA sua madre! Non se ne era accorta prima? Perché se ne sorprendeva?!

La bambina aveva aperto gli occhi all'improvviso, ricambiando lo sguardo sorpreso della madre con i suoi occhietti azzurro cielo. Ad Ichigo era venuto in mente il cielo dell'ultima volta che aveva visto Ryo... nel campo di tanpopo...

... e non aveva avuto dubbi per il suo nome. E nemmeno per la decisione di tenerla con sé.

 

    - Ichigo... -

A quel richiamo del padre la ragazza si riscosse dai suoi pensieri. Sbatté le ciglia parecchie volte, aggrottando la fronte davanti all'espressione così maledettamente seria del padre.

    - Ah, papà... niente, mi ero distratta... che stavo dicendo? -

    - Del telegramma... - le rispose Masato con un sorriso tirato.

    - Ah già... beh, mi ha urlato in faccia che sul telegramma che aveva ricevuto c'era scritto che io - e le scappò un sorriso amaro - non ne volevo più sapere di lui, qualcosa del genere... a quel punto l'ho gentilmente intimato di andarsene. Mi ha fatto davvero girare le scatole, pa', sapessi! Non solo si ripresenta cinque anni dopo a sbattermi in faccia un odio che NON MI MERITO assolutamente, ma mi fa anche passare per quella cattiva che l'ha lasciato solo, povero piccolo cucciolo! - Ichigo si riavviò i ciuffi della lunga frangia con aria scocciata, senza dare segno di voler finire lì il discorso - Non so... ha detto tante di quelle bugie con aria tanto convinta che... beh... che grande attore. Per un attimo ho perfino pensato che avesse ricevuto il telegramma sbagliato... ovviamente ho subito cancellato questo pensiero... è impossibile! Vero pa'? Dopotutto l'hai mandato tu... -

Ichigo si tolse il mollettone dai ciuffi ramati lasciandoli cadere sulla schiena, guardando con un leggero sorriso il padre, che però non rispose al gesto. Masato infatti stava leggendo il giornale sempre più pallido, con gli occhi spalancati e fissi su una figura che ritraeva un calciatore. Improvvisamente la ragazza sentì come una pressione allo stomaco.

    - Ehy, papà... mi stai ascoltando? - scherzò lei cercando di ridacchiare, mentre nella sua mente due pensieri lottavano, una parte che diceva di vergognarsi soltanto di aver ipotizzato una cosa del genere ed un orribile sospetto che, piano piano, si faceva spazio. Su, non era possibile che suo padre c'entrasse qualcosa... - Eh, papà... ? Vero che è così? -

Per qualche secondo nella piccola cucina di casa Momomiya non si sentì un suono, se non il rumore della lavastoviglie ed il ronzio degli elettrodomestici. Ichigo, sempre con quel peso sullo stomaco che sembrava diventare più pesante secondo per secondo, richiamò l'attenzione del padre scrollando il suo braccio. A quel punto Masato fu costretto a guardarla negli occhi, e si spaventò vedendoli disperati ed in cerca di ancore di salvataggio a cui aggrapparsi, come quando Ichigo gli aveva detto di aspettare un bimbo.

    - Papà?! -

Anche la sua voce era disperata. Messo alle strette, Masato deglutì e prese un bel respiro.

    - Io... Ichigochan... io l'ho fatto per il tuo bene... -

Il sorriso di Ichigo si spense definitivamente.

 

~

 

    - Il volo per Parigi sta per partire all'imbarco tre... ripeto, il volo per Parigi sta per partire all'imbarco numero tre... il volo per Roma è stato cancellato causa sciopero... il volo per Los Angeles partirà fra trenta minuti, si prega i gentili passeggeri di fare il check-in e di prepararsi all'imbarco numero 5... grazie... -

Il ragazzo guardò la tabella con gli orari dei voli, mentre la voce dell'altoparlante li elencava uno ad uno. Si mise comodo su una delle poltroncine dell'ingresso dell'aeroporto, guardando l'orologio: solo mezz'oretta e finalmente sarebbe partito verso casa... finalmente avrebbe lasciato il Giappone.

Finalmente... Ryo inclinò la testa appoggiandola ad una mano, pensando involontariamente alla litigata con Ichigo che aveva avuto quella mattina. Era confuso, arrabbiato ed amareggiato: non aveva ancora capito perché quella stupida gli avesse tenuto nascosto una cosa... una figlia. Era assurdo... era una cosa così importante, così... così grande...

Si massaggiò le tempie, perplesso e sorpreso. Aveva una figlia... da cinque anni... e non lo aveva mai saputo. Al mondo esisteva qualcuno con il suo stesso sangue, i suoi stessi occhi, capelli, lineamenti... qualcuno che aveva una parte di Ryo dentro di sé. Una famiglia... la sua...

Non aveva una famiglia dall'età di cinque anni. L'aveva persa, per colpa di Profondo Blu. Era stato allevato da Keiichiiro, ma più che un padre per lui era come un fratello maggiore a cui dava rispetto. Era diverso. Anche con la zia Ashley era diverso... allo stesso modo, per lui era la sorella maggiore che lo accudiva (fin troppo) amorevolmente. Ma non una madre. Era diverso...

... ed invece adesso si trovava ad essere lui, un padre. Chissà che aveva provato quella bambina... sua figlia... per tutto quel tempo, senza di lui. Si era mai chiesta di come fosse suo padre? Come se lo era immaginato? L'aveva delusa? Ryo aveva milioni di domande per la testa... la sua famiglia gli mancava moltissimo, e da piccolo aveva sofferto tanto senza i suoi genitori. Chissà cos'avrebbe provato quella bimba sapendo che suo padre fuggiva da lei dopo averla incontrata?

Ma Ryo non voleva fuggire...

... in fondo, si era scoperto a voler bene a quella bambina. Era strano. La conosceva appena, l'aveva vista solo due volte e per pochissimo tempo, però per il solo fatto che lei avesse un legame diretto con lui... era strano. Voleva conoscerla, voleva diventare un buon padre, voleva... vederla crescere...

Ed invece Ichigo si era messa di mezzo. Ryo ancora non la capiva. Gli aveva tenuto nascosta Tanpopo per cinque anni, ed ora gli dava anche una colpa che aveva! Lei gli aveva telefonato?

E quando?

Lei gli aveva scritto lettere?

Non aveva ricevuto niente.

Lei era stata male per colpa sua...

... ma anche lui ci era rimasto malissimo, leggendo quel telegramma! Erano state poche e semplici parole, che però lo avevano ferito come una lama nel petto. Lo aveva intimato di lasciarla stare. Di non chiamarla, non cercarla e non contattarla più. Di non venire a trovarla in Giappone per nessun motivo, anche perché ora che si era trasferita dal nuovo fidanzato aveva cambiato indirizzo, e non aveva assolutamente intenzione di darglielo.

Non ne voleva più sapere di lui.

Ed invece per Ichigo la colpa era sua... unicamente sua... e che avrebbe dovuto sapere della piccola Tanpopo. E come, accidenti? Con la sfera di cristallo? Nei sogni? COME?!

Ryo sbuffò pesantemente. Non aveva importanza... sicuramente quella bambina sarebbe cresciuta bene anche senza di lui. Non gli importava più, ormai. Lui ci aveva provato, in fondo. E poi fra un po' sarebbe partito, lasciandosi tutto dietro...

... Ichigo, Tanpopo e ciò che amava di quella terra del Sol Levante.

Tutto sarebbe sparito... e questa volta definitivamente.

 

~

 

* otto mesi perché Tanpopo è nata prematura. Non so come mi è venuto in mente, ma mentre parlavo con mia mamma ho scoperto che un mio fratellino è nato ben un mese dopo la presunta data che avevano dato i dottori (un mese di ritardo!) e l'ho trovato singolare. Così ho voluto che anche per Tacchan fosse così, ma al contrario... non chiedetemi perché! XD

 

Mwahahahaha! >=D come mi sento perfida

Ta-daaaan! (sembro Selphie quando faccio così) Allora, che ne pensate? Non ci sareste mai arrivati, vero? Il colpevole è Masato, il padre di Ichigo! Ah ah! Siccome io mi sento sempre più perfida vi lascio in sospeso anche stavolta... ditemi che ipotesi vi siete fatte del perché! Lui dice di averlo fatto 'per il suo bene'...

E adesso che succederà? Perché il padre di Ichigo ha agito così? Che farà Ichigo adesso? Riuscirà a raggiungere Ryo prima che parta? E soprattutto, come farà visto che non sa nemmeno in che hotel ha sostato e tanto meno che si trova in aeroporto? Ryo come reagirà quando scoprirà tutto, sempre che succeda? Quante domande! Tutto nel prossimo chap! Ciauz!

Ringrazio: Crissola, Pammuzza bbella, Pfepfer, Strawberry 24, mewby, Vanil, Cassie chan e Yuki. Thank you very much! ^^

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Capitolo 9
*** The end of everything ***


tanpopo05

Tanpopo
di _Ceres_


cap. 8
The and of everything

Inestimabile, inafferrabile...

la tua assenza che mi appartiene...

Siamo indivisibili

siamo uguali e fragili

e siamo già così lontani...

Con il gelo nella mente

sto correndo verso te.

Siamo nella stessa sorte

che tagliente ci cambierà...

Aspettiamo solo un segno

un destino, una verità

e dimmi come posso fare

per raggiungerti adesso...

(Gocce di memoria, Giorgia)

 

Sciaff. Sciaff.

Correva, con le scarpe che affondavano nella pioggia sull'asfalto.

Sciaff. Sciaff.

Correva, col cuore martellante nel petto.

Sciaff. Sciaff.

Correva, rabbrividendo ad ogni passo mentre i passanti la guardavano non capendo la sua espressione spaventata. Aveva freddo e tremava forte, con gli abiti fradici di pioggia.

L'ho fatto per te Ichigochan...

Non ci poteva credere. Non ci voleva credere!

Papà... stai scherzando...

Non era la realtà. Non era vero, stava sognando.

Ichigo... lui non faceva per te. Eravate troppo diversi, ti avrebbe fatto soffrire...

Era un incubo, solo un orribile incubo. Fra poco si sarebbe svegliata e tutto sarebbe sparito. Tutto sarebbe tornato alla normalità.

Papà... non scherzare...

Era solo un sogno. Alzò il viso verso il cielo, fermandosi ansimante per la corsa. Nuove gocce di pioggia inondarono il suo viso. Non stava piangendo. Era solo pioggia quella. E poi... quello era solo un sogno.

... non sto scherzando... tesoro... ho cambiato le parole di quel telegramma. Gli ho scritto di lasciarti perdere... non doveva avere più niente a che fare con te, quel... Shirogane!

Ed allora perché sentiva freddo? Perché sentiva la pioggia sulla sua pelle e sulle sue labbra? Perché tutto sembrava così... reale ed orribile?! ERA SOLO UN SOGNO!

No... non era un sogno. Era la realtà, e pesava come un macigno.

Papà... perché!? Perché l'hai fatto!

Tu e lui eravate troppo diversi! Eravate distanti, siete distanti, troppo perché potesse funzionare! Ma ti rendi conto che è americano?! Tra lui e te c'era l'oceano! E le vostre classi sociali... ed il suo carattere così... freddo... non ti amava!

Questo tu non potevi saperlo! E poi lui aveva una casa qui a Tokyo! In America non ci sarebbe più tornato!

Invece l'ha fatto!

Ma era solo per un breve periodo! Aveva promesso... e avrebbe mantenuto la sua parola, se tu... !

No, Ichigo! Tra di voi non c'era solo la distanza spaziale... quella tra continenti... ma anche affettiva... eravate così diversi... non ti avrebbe fatto felice!

Beh... la mia vita la decido io papà! Lo amavo e... avrei voluto vedere se davvero mi avrebbe fatto felice o meno! L'avrei dovuto decidere IO! Solo io, papà! E comunque ci avrei provato prima di gettare tutto al vento! Non ti dovevi...

Ma eravate solo due ragazzini... non potevate essere innamorati seriamente... alla vostra età l'amore vero non si capisce...

MA TU NON AVEVI IL DIRITTO DI METTERTI IN MEZZO!

Ichi... dove vai! TORNA QUI!

A quel punto era scappata. Non ce l'aveva fatta. Si era alzata di scatto e si era fiondata fuori casa, al freddo e sotto la pioggia.

Papà... in questo momento ti ODIO!

Aveva urlato al mondo intero, prima di cominciare a correre a perdifiato, senza una meta, per le strade bagnate di Tokyo. Ed ora era lì, nel centro del suo quartiere, accerchiata da passanti che la guardavano con tanto d'occhi, bagnata come un pulcino e con gli occhi rossi di pianto.

Che pena... si erano odiati per tutto quel tempo per una cosa che non esisteva. Per una menzogna. Un inganno. Il tradimento... di suo padre... cinque anni... Tanpopo... cinque anni di odio per niente...

Le girava la testa. Era assurdo, si ripeteva continuamente. Barcollò e per poco non cadde in avanti. Un passante gentile l'aiutò a sorreggersi, preoccupato.

    - Qualcosa non va? Si sente poco bene? - le chiese in tono cortese. Ichigo respirò a fondo prima di rispondere. Assurdo... si, era tutto così assurdo...

    - Io... io d-devo fare una telefonata. -

    - Ma come si sente? Occorre che chiami un'ambulanza? - insisté lui.

    - Sto bene, non serve. Io devo... solo... fare una telefonata. Sto bene. Va tutto b-bene... - ribadì con più certezza la ragazza. Sorrise appena al passante sapendo di non essere proprio il ritratto della salute. Preoccupata che questo potesse insistere lo ringraziò e se ne andò velocemente, per quanto poteva fare dopo uno shock del genere.

Doveva... fare una telefonata.

A Ryo. Dirgli di tutto... dirgli che le dispiaceva... fargli le sue scuse per averlo trattato in quella maniera... doveva dirgli montagne di roba, tutt'ad un tratto, ora che vedeva tutto sotto una luce diversa. Come cambiavano in fretta le cose. Era confusa ed allo stesso tempo lucidissima: come quando in un film dove dai per scontato l'identità del colpevole scopri che in realtà il vero assassino è la persona più docile ed affabile del film. E ti dici: com'è possibile? Non può essere! Ed allo stesso tempo: ma certo, non può essere stato nessun'altro. Era così dall'inizio, ce l'avevo sotto il naso e non l'ho minimamente sospettato... ma era l'unico che poteva farlo. L'unico.

Suo padre. Era stato lui. Era così logico e... assurdo. Ma così capiva tutto. Così cambiava tutto.

Eccome, se cambiava.

Aveva passato così tanto tempo a maledirlo... a pregare, nelle notti in cui non riusciva a fare nient'altro che piangere, che lui avesse un attacco al cuore o un qualunque altro malessere, che soffrisse anche lui... aveva passato così tanto tempo a sentirsi una vittima senza voce, che nessuno stava a sentire ed anzi, era stata la 'poco di buono' che si era fatta mettere incinta alla tenera età di 16 anni... aveva dovuto sentire e ingoiare le brutte parole e pettegolezzi cattivi dalle sue compagne...

Aveva passato quei nove mesi che in genere sono il periodo più felice per una donna come un inferno dove non c'erano ancore di salvataggio. Ma era sopravvissuta, e questo solo grazie al pensiero che non si sarebbe mai arresa se non prima di vendicarsi di Ryo. Era riuscita ad andare avanti con la carica del suo odio.

Era orribile forse, ma era così.

Ed ora invece... quei cinque anni avrebbe potuto viverli così diversamente... così... felicemente, evitando tutto quel dolore... se solo si fossero chiariti prima... invece di trarre da soli le conclusioni. Semplicemente non si erano fidati l'uno dell'altra. Ma non era la fiducia reciproca, la base dell'amore? Mah. Erano giovani... e forse nemmeno innamorati... ma cazzo, almeno erano felici!

Ed invece suo padre...

... non ci voleva nemmeno pensare.

Che pena... ma come era potuto finire tutto così?!

 

    - Il cellulare, il cellulare... dove accidenti è finito? - imprecò rovistando con rabbia nella borsa. Finalmente lo trovò e lo prese tra le mani febbrilmente, pronta a digitare il numero. Già. Ma che numero? Sicuramente Ryo lo aveva cambiato. Ed anche se non lo avesse fatto lei lo aveva cancellato anni prima, per tagliare tutti i ponti con lui. Ed ora?

Pensa, pensa...

Sicuramente alloggiava in un albergo. Il caffè era ormai in rovina ed era pericolante, figuriamoci se qualcuno schizzinoso come Ryo avrebbe potuto dormire in quella topaia se si poteva permettere qualcosa di meglio. E conoscendo, aveva scelto certamente un albergo lussuoso...

Già. Ma a Tokyo ne esistevano centinaia! E non era nemmeno sicura che lui fosse ancora in Giappone! Come accidenti avrebbe fatto a trovarlo? Si lasciò cadere su una panchina, bagnandosi ulteriormente il vestito.

Pensa, pensa...

Si prese la testa tra le mani. Forse non aveva cancellato il suo numero... provò a cercarlo nella rubrica del cellulare. Niente. Provò un'altra volta, ma senza successo. Era già sull'orlo della disperazione quando il suo occhio cadde un un nome particolare.

Masaya.

    - Ha detto che ci ha parlato... Ryo ha detto che... SI! - urlò quasi. E pigiò un bottone, aspettando ansiosa che qualcuno rispondesse dall'altro capo del telefono.

 

~

 

    - Assurdo! ASSURDO! -

Ryo si mise la mani tra i capelli nel tentativo di calmarsi un poco. Inutilmente. Gli stavano davvero saltando i nervi. Ed era logico! Il tabellone gigante, dove lampeggiavano gli orari degli aerei, diceva a chiare lettere che il suo era stato posticipato di un'altra oretta. Assurdo!

    << ... ci scusiamo con i gentili passeggeri per i ritardi dei voli... si sono verificati alcuni imprevisti che cercheremo di risolvere nel più breve tempo possibile... vi preghiamo di mantenere la calma e di non creare ulteriori complicazioni nell'atrio d'attesa... ci scusiamo ancora e ripeto, cercheremo di risolvere tutto nel più breve tempo possibile... >> diceva la voce femminile dall'altoparlante, visibilmente in difficoltà.

E grazie tante, pensò Ryo guardandosi attorno. Nel grande salone principale molta gente sedeva a terra, in bilico su valige o sui carrelli, con aria estremamente scocciata dai pianti del bambini. C'era un'agitazione in continuo fermento, un'aria tesa come una corda di violino, e spesso aveva incrociato gli sguardi insicuri delle guardie agli ingressi che ovviamente erano preoccupati per quella situazione pericolosa. Ryo lanciò un'ulteriore occhiataccia al tabellone nella speranza che questo cambiasse un'altra volta ed annunciasse il suo volo, ma quello continuò imperterrito a far lampeggiare gli stessi orari sballati di prima, quasi per prenderlo in giro.

Oh oh. Un tabellone? Prenderlo in giro? Era arrivato al punto di pensare che un ammasso di cip potesse prenderlo per il culo. Uhmpf. Era davvero assurdo... e si sentiva così stanco...

Si lasciò cadere su una poltroncina, sfinito. Vicino a lui stavano due tizi dall'aria altrettanto stanca, in giacca e cravatta, che sembravano chiacchierare su un argomento interessante. Tese l'orecchio, un po' per noia un po' per semplice e pura ficcanasaggine.

    - ... sì sì, è così... - disse il primo, agitando la testa completamente certo di quel che stava dicendo. L'altro, alla sua destra, lo guardava tra lo scettico ed il timoroso.

    - Ma dai, non è possibile... con tutti i poliziotti qui in giro... -

    - E perché credi che rimanderebbero i voli, sennò? Anche il fatto che ci siano così tante guardie intorno, tutte concentrate... sì sì... c'è sotto qualcosa. -

    - Ma dai... terrorismo... non scherzare... -

    - Eh su queste cose non si scherza... quelli non scherzano, Ichimura... e guarda caso tutti i voli cancellati sono tutti diretti in America... se provi a dire che questa è una coincidenza è la volta che chiudo con te... -

Che? Ecco. Terrorismo, ci mancava solo questa. Ed ora quando partiva?

    - Mah... io comunque non ci credo... e poi da chi l'hai saputo? -

    - Nessuno, ho fatto solo congetture e... -

    - Ma fottiti! Non si scherza su 'ste cose! - il tipo gli tirò una pacca sulla schiena, decisamente sollevato. Anche Ryo per rilassò, sentendo quelle parole. Per un attimo si era preoccupato sul serio...

Guardò di nuovo il tabellone. L'ora non era cambiata. Si mise comodo su quella poltroncina, aveva ancora un'oretta davanti a sé prima di tornare a casa...

 

~

 

    - Pronto? Ichigochan? -

Masaya sedeva tranquillamente sulla scrivania del suo ufficio. Aveva avuto una giornata piena di impegni e sentire la voce di una sua amica gli avrebbe fatto piacere, così quando il suo numero era lampeggiato sullo schermo del cellulare si era sentito felice. Ma non si aspettava certo che Ichigo avesse quel tono eccitato ed alticcio! Rimase un po' spiazzato mentre lei lo salutava con quel tono da ubriaca.

    << Sì, sono io! Ciao Masayakun! Com'è bello sentire la tua voce in un momento del genere! Mi serve il tuo aiuto! >>

    - Che succede? - rispose frettoloso, perché nonostante ne fosse passato di tempo il senso di iperprotettività che aveva nei confronti di Ichigo non si era affatto affievolito negli anni, poi si ricordò di ciò che era accaduto il giorno prima e capì subito - Eh... c'entra Shirogane? -

    << Uau... che intuito... >> al di là della cornetta Ichigo era rimasta sorpresa.

    - Beh, proprio ieri si è presentato qui e sai... è successo... niente. - tagliò corto Masaya, aspettandosi domande su domande. Invece per qualche secondo la voce di Ichigo mancò.

    << ... >>

    - Ehy... ci sei ancora? - provò a chiamarla, e la voce di lei lo raggiunse poco dopo, confusa.

    << ... e per caso gli hai detto qualcosa a proposito di Tacchan... ? >>

    - Feh! Credeva che fossi io suo padre! - sbottò lui rabbioso. L'occhio gli faceva ancora male e l'orgoglio anche peggio.

    << ... aveva ragione... >> boccheggiò Ichigo, riprendendosi subito all'esclamazione dell'altro.

    - Che?! -

    << Cioè, no, ovviamente non sei il padre di Tacchan! Niente lascia stare... io devo parlargli... e tu forse mi sai dire dove si trova adesso... >>

    - Perché vuoi incontrarlo? - ribatté duro il moro. Possibile che quel bastardo di Shirogane l'avesse ingannata un'altra volta con le sue belle parole d'amore? E lei, non aveva imparato la lezione?

    << Perché ho scoperto alcune cose... che cambiano tutto... non è come credi, Masayakun, sto parlando sul serio >> replicò altrettanto duramente lei allo sbuffo incredulo dell'altro << Credi che andrei di mia volontà da lui se non avessi delle buone motivazioni? Per favore, sicuramente ti ha lasciato qualcosa... >>

Masaya sospirò annoiato. Ma cosa le chiedeva? Lui e Ryo non si erano mai visti di buon'occhio, anzi. Lui gli aveva fregato la ragazza e l'aveva messa incinta prima di tornarsene in America lasciandola sola e con una figlia a carico, e questo se possibile aveva peggiorato il suo risentimento verso di lui. Il giorno prima si erano pure scazzottati... ed Ichigo credeva che gli avesse anche lasciato un recapito telefonico e magari il biglietto da visita?

Stava per rispondergli che no, forse se ne era casualmente dimenticato (ah ah, quanto era simpatico quando rispondeva con quelle battutine sarcastiche) quando si ricordò del fascicoli di vendita del caffè MewMew. Quando li aveva visti gli si era stretto il cuore: ma allora Shirogane voleva proprio lasciar perdere tutto del passato, e non gli fregava giusto niente di tutti gli anni passati in Giappone... ? Fosse stato per Masaya avrebbe volentieri fatto a meno di prendere in mano quei fascicoli e lavorarci sopra, ma il caso aveva voluto che il capo li affidasse a lui. Strano il destino, a volte. Su quei fascicoli comunque c'era sicuramente un qualche recapito telefonico... un indirizzo, chessò...

    - Aspetta un po'... - rispose a malincuore, mentre prendeva una cartella dal mucchio di quella mattina. Lo sfogliò velocemente, cercando con lo sguardo indirizzi o qualcosa di affino. Dopo parecchi minuti di tensione trovò qualcosa di interessante - Senti Ichigochan... ho trovato un numero... ma non è il suo, ma quello dell'albergo dove alloggia... -

Masaya sentì il suo urlo di trionfo e si accigliò.

    << E allora? >> chiese Ichigo febbrilmente. Lui rimase zitto, dondolandosi sulla sedia. Non era sicuro di volerglielo dare...

    - ... Ichigochan... non ti dimenticare che ti ha fatto quel tipo. NON te lo dico perchè mi è sempre stato sulle scatole, e anche per il fatto che mi ha strappato dalle mani il mio primo amore... - sentì Ichigo tossire imbarazzata - ... ma non vorrei che tu facessi un altro passo falso... voglio dire... -

    << Sei gentile a rinfacciarmelo, Masayakun >> soffiò freddamente l'altra, pentendosi subito di ciò che aveva fatto. Masaya le era sempre stato accanto, tanto quanto Retasu, le sue amiche ed i suoi genito... sua madre. E suo padre... a pensarlo sentì un groppo salirle alla gola, ma continuò seria << Masayakun... io... ho le mie buone ragioni. Te lo assicuro. Per favore... >>

    - Se io ti do questo numero... promettimi che non farai sciocchezze. -

    << Sì. Te lo prometto... >>

Masaya sbuffò triste, ma alla fine cedette.

    - Ok, scrivi... -

 

A qualche chilometro di distanza, Ichigo sedeva sulla panchina, sotto l'acqua, bagnata come un pulcino e con un'espressione indecifrabile sul volto. Stava componendo il numero che le aveva dettato Masaya, con le dita che danzavano sulla tastiera del cellulare. Se lo appoggiò all'orecchio, in ansia. Qualcuno le rispose.

    << Sì, albergo Kamura, desidera? >>

    - Ah! Sì, stavo cercando il signor Ryo Shirogane... -

    << Shirogane, Shirogane... attenda un attimo >> Ichigo sentì il rumore di una tastiera per computer << Ah, signorina... il signore non alloggia più qui. >>

Ichigo si sentì come un macigno sullo stomaco, caduto dopo un volo di dieci metri. Sbiascicò qualcosa, in fin di vita.

    - Ma... ma insomma... non sapete mica dove è andato...? -

    << E' una sua parente, signorina? >>

    - Una sua... amica, ecco. -

    << Davvero? >> replicò scettico l'uomo, per niente convinto.

    - Sono... io sono la madre di sua figlia! - esclamò quasi con orgoglio la ragazza, infastidita e presa da una strana foga di urlare - E' una situazione di emergenza questa, io devo trovarlo e parlargli e più tempo perdo qui al telefono con lei più lui potrà andare lontano, io finirò per perdere l'ultima occasione che ho e Tanpopo... lei... non potrebbe mai conoscere suo padre! PER FAVORE, MI DICA DOV'E'!!! - finì per urlare davvero. Accidenti, si maledì subito: si era sfogata con un perfetto sconosciuto! Ed infatti l'uomo, dall'altra parte dell'apparecchio, ci rimase secco. Titubò per un po', poi cedette.

    << Signorina, io e lei non ci siamo mai parlati e soprattutto io no le ho detto questa cosa... ma il signore se n'è andato questo pomeriggio dicendo che se ne sarebbe tornato a Los Angeles... >>

    - Oh... - boccheggiò Ichigo sorridendo al colmo della gratitudine - Grazie! ... per non avermi detto niente, ovviamente! Le auguro tutto il bene del mondo, una grandiosa carriera, la benedizione divina, tanti figli maschi anche se a me piacciono di più le femmine, la vincita del superenalotto e... -

    << Ok signorina... ho capito... >> la fermò l'altro lievemente imbarazzato, capendo di aver fatto la cosa giusta. Ichigo lo finì ringraziare a modo suo e riattaccò raggiante.

Ora sapeva dove poteva essere finito Ryo. L'aeroporto più vicino che c'era nei dintorni era quello di Narita... il suo quartiere. Ora non le restava che raggiungerlo e sperare che non fosse già partito.

 

~

 

Hola! ^.^ Piuttosto corto come chap, non trovate? Avevo detto ad Aya che non sarebbe stato un bel capitolo, ma alla fine ho deciso di tenere tutto per il prossimo cap... che sarà l'ultimo e non sarà piacevole da leggere. Feh. Non vi dico niente! Cmq ho già cominciato a lavorarci e so che non ci metterò molto a postarlo (Seeee! E' così tutte le volte ndDafne, Pammuzza bella e Odette_in_un_coretto_strafottente) Ehm, se queste dovessero essere le mie ultime parole famose XP allora non usate le recensioni per dirmi di svegliarmi fuori! La supermegamitica webmistress Erika ne avrebbe a male... piuttosto usate la mia mail (che non va se non quando vuole lei, ve la sconsiglio ^^''') ed il mio blog. Il link è in alto, sotto il titolo!

Ed adesso che succederà? Ryo ed Ichigo torneranno insieme? Cosa si diranno? Che fine farà Tanpopo, ed rapporti col padre di Ichigo come diventeranno? Ryo sapendo la verità lo creparà di m'zzate? (probabile ^^''' ndTutte)

Ringrazio Daffina (XD che nomignolo), Pammuzza cara, Strawberry24 (scusa se ci ho messo tanto), Black_pill, Pfepfer (piccola curiosità:me lo dici il perché di questo strano nick? O forse te l'ho già chiesto? Ogni volta che lo vedo me lo chiedo... se non avesse la p sarebbe pepe in tedesco!), Sikky e luchia nanami che hanno avuto la gentilezza di lasciare un commentino ino ino. Ovviamente ringrazio anche chi passa di qui ma non lo fa, e gli dico: brutto bastardo, e dimmelo se ti piace la mia ff! XD Che ci vuole? Bwhahaha! Scherzavo XP

Al prossimo cap! (speriamo XP)

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