Pazzo di lei...

di armony_93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Melanine Vallenari ***
Capitolo 2: *** Selene Vallenari ***
Capitolo 3: *** Leonardo ***
Capitolo 4: *** Father ***
Capitolo 5: *** Incontro ***
Capitolo 6: *** Accordo ***
Capitolo 7: *** Traboccante ***



Capitolo 1
*** Melanine Vallenari ***


Melanine Vallenari.

 

Melanine era una ragazza dai capelli rossi come il fuoco, più scuri di una semplice tinta carota, erano colore del sangue. Lisci lunghi fluenti che si adagiavano sulle spalle cadenti dolci pallide e sul viso di un innata carnagione bianca imperlata che al sole brillava come fosse di cristallo. Gli occhi erano verdi smeraldo con delle lunghe ciglia scure da far aumentare le palpitazioni del cuore di un ragazzo ad un solo battito. Il corpo era sinuoso e delicato come quello di una ballerina classica, il portamento elegante e l’andatura fiera paragonabili a quelli di una regina. La pelle liscia e morbida sembrava di porcellana e la sicurezza che traspariva dai suoi delicati lineamenti era in grado di stregare chiunque, donna o uomo, adulto o bambino, portandolo ad innamorarsene perdutamente. Le guance come petali di rosa rossi illuminavano quella pelle diafana rendendola viva e colorita teneramente.

 

La ragazza era consapevole della sua innata bravura e della sua spregiudicata bellezza. Questo sin da piccola l’aveva portata ad avere e ottenere tutto quello che voleva con il minimo sforzo. Bastava uno sguardo che suo padre la contemplava, un sorriso che suo padre la lodava e una parole per essere accontentata. Era imperiosa, elegante e egocentrica per natura ma di certo tutte le attenzioni che i maggiordomi di casa, il padre stesso e tutta la gente che la incontrava, le rivolgevano avevano irrimediabilmente suggellato quello che sarebbe stato il suo carattere. Perché Melanine era una diciassettenne di tutta regola, con una bravura in tutte le materie grazie alla sua memoria fotografica, alla sua dote di eccellente oratrice e con discorsi demagogici riusciva a condurre anche il più furbo dei suoi interlocutori dove la mente della ragazza ramata desiderava.

Aveva sempre ricevuto molte attenzioni dall’altro sesso, della sua età come da persone più grandi che coglievano nel suo profilo infantile quella bellezza sospesa tra egocentrismo e innocenza, sempre pronta a scaturire dai suoi tratti dolci. I ragazzi facevano a gara per conquistarla e non ve ne era uno che in fondo la cuore la desiderasse. Cambiava con la stessa frequenza con la quale cambiano le ore il proprio compagno e tutto con estrema facilità, quasi come un gioco, un suo dolce passatempo. La moda la creava lei e nessuno osava contestare, dato che qualsiasi abito indosso alla ragazza sembrava il più bel capolavoro di tutto il mondo.

Era conosciuta da tutti e ammirata da tutti. Melanine era la persona più popolare della sua scuola, ovunque si sapeva di lei e della sua bravura. Quando passava tra la gente, il silenzio era sovrano accompagnato da sguardi sognatori o indagatori, innamorati o deliziati. Tuttavia con il passare degli anni vederla girare con tenerezza tra le persone era diventato abitudine ma restava per tutti la ragazza più bella che avessero mai visto.

Melanine era opportunista, troppo opportunista.

 

“Solo ora mi rendo conto di quanto ero sciocca. Sentivo che il mondo girava attorno a me così come l’universo intero. Bastava un cenno della mia mano e subito mio padre accorreva in mio aiuto. Ero viziata e bella, dannatamente bella. Tutti mi amavano di quell’amore velato da ammirazione: ero una creatura divina, colta e intrigante, cosa si poteva chiedere di più? Persino i ragazzi che lasciavo con tanta leggerezza nonostante tutto potevano riuscire a prendersela con me. Io mi crogiolavo in quel mio essere amata con gioia senza nemmeno valutare che le mie gesta in futuro avrebbero significato molto, per me…e per la mia gemella.”

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Capitolo 2
*** Selene Vallenari ***


Selene Vallenari.

 

Quando Melanine si guardava allo specchio alle sue spalle compariva sempre un esile figura uguale a lei, una sua goccia d’acqua se non per i capelli mossi in ondulati boccoli che le ricadevano altrettanto morbidi sulle spalle. Selene era la sorella gemella di Melanine, uguali in tutto eccetto per la piega dei capelli. Se non fosse stato per quel piccolo dettaglio il padre nemmeno avrebbe distinto le due e di conseguenza una sorte migliore sarebbe capitata alla dolce Selene.

Come le facce di una moneta le due gemelle erano una l’opposta dell’altra. Ma non per scelta personale. Tutto era iniziato con la loro nascita.

Lucille Vallenari era una donna molto bella dalle quali le figlie avevano ripreso la maggior parte dei loro caratteri fisici. Gli occhi della donna erano l’unica cosa che la distingueva dalle figlie: essa infatti possedeva due gemme di color cobalto che avevano fatto perdere immediatamente la testa al padre delle gemelle che invaghitosi della donna durante il suo fiorente lavoro di avvocato aveva tentato di tutto per conquistarla fino a fare breccia nel cuore della donna conducendola poi felicemente all’altare. Fatto sta che l’amore tra i due adulti era molto forte fino a spingere i due a desiderare di avere un figlio. La sorte fu molto generosa con entrambi e volle concedere in dono due gemelle: Melanine e Selene. Se qualcosa concede prima o poi, presto o tardi, la natura toglie. Avvenne quindi che con la nascita di Selene, a distanza di pochi minuti da Melanine, qualcosa durante il parto andò storto con la terribile conseguenza che Lucille non avrebbe mai potuto vedere le sue bambine. Con la morte della donna, Peter, il padre di Melanine e Selene, perse completamente il senno. Il dolore fu così forte da ricercare disperatamente una via di fuga, una valvola per fuoriuscire da quel corpo già a lungo martoriato, ricadendo così sulla causa, a idea di Peter, della morte di sua moglie. Mentre la piccola Melanine venne battezzata come dono del cielo, lo stesso non si può dire di Selene che divenuta oggetto di sfogo del rancore del padre divenne come sfondo della sua vita, portandolo quasi all’idea di avere un’unica figlia.

 

Per questo motivo Selene non vedeva quasi mai la luce del sole battere sulla sua pelle ancora più pallida di quella della sorella se possibile: passava le giornate chiuse in camera a disegnare o scrivere di quel mondo che non poteva vedere se non attraverso un sottile strato di vetro trasparente. Girava per la casa come un fantasma guadagnandosi il ribrezzo di tutti maggiordomi e il disgusto del padre che piuttosto che incontrarla preferiva passare le giornate perso nel suo lavoro anche senza tornare a casa per giorni interi.

Tuttavia la ragazza non provava rancore verso nessuno, sin da piccola si era guadagnata il disprezzo di tutti coloro che follemente le attribuivano la colpa per la perdita della donna più bella e dolce del mondo. Era sempre silenziosa e sorrideva di rado, con sorrisi che regalava per lo più agli uccellini che si poggiavano ingenui sul cornicione della sua finestra, ma si trattava solo di sorrisi tristi e malinconici. Il suo guardaroba al contrario della sorella era composto solo da lunghe e sottili vestaglie bianche pallide, regalo di una madre che non avrebbe mai potuto vedergliele indosso. Era dolce, e affabile vedeva nella sorella la perfezione e per lei era sempre consiglio. Riteneva realmente che la colpa di quel doloroso decesso fosse la sua e se ne vergognava, pativa e credeva quel ribrezzo nei suoi riguardi giusto e dovuto dato la crudeltà che la sua nascita aveva comportato.

Incideva con passo silenzioso e lento soprattutto di notte per correre nell’ala opposta dell’enorme villa moderna con la speranza di trovare la sorella sveglia.

Questa la accoglieva sempre con indifferenza, per lei come per gli altri la presenza di quel indifeso fantasma diafano non contava poi molto se non come sfogo per la sua rabbia o per lodarsi dei complimenti che nei giorni riceveva. Parlava delle nuove amicizie, dei fugaci amori, del rispetto degli adulti e del piacere di vivere. Sembrava che la sua voce, come mille campanellini cantasse le gesta di una vita meravigliosa e Selene sembrava viverla attraverso la voce della gemella. Era tutto perfetto nei suoi racconti e l’amore che la gente rivolgeva alla sorella era qualcosa per la ragazza di estraneo. Era ingenua e terribilmente dolce. Amava sua sorella e anche suo padre. Amava la vita che le era stata rubata e amava il mondo per quello che era.

Era contenta che la colpa fosse stata la sua piuttosto che della sorella e passava tutta la notte, anche quando Melanine si addormentava a guardarla dormire per chiedersi poi quale fosse la differenza tra loro due. Si trascinava spaventata allo specchio, con la paura di scorgervi chissà quale mostro invece la ragazza che vi si rifletteva era Melanine con i capelli mossi e un’espressione docile, nessuna fierezza ne spavalderia. Ingenuità e malinconia formavano la sua maschera.

Così docile allungava una mano spaventata che quell’esile ragazza ad un solo movimento si sarebbe trasformata nell’assassina di sua madre, quella ricopiava i suoi gesti timorosi senza cambiare in altro sfiorando la fredda superficie. Ed era lì che piangeva, lì che le lacrime le solcavano le guance chiedendosi quale ingiustizia aveva commesso per dover sopportare un simile dolore. Fuggiva dalle proteste delle sorella di dover dormire e restava giorni senza uscire ricordandosi solo alle fusa della sua gattina di dover mangiare o bere.

Selene era fragile, troppo fragile.

 

“Vedevo il disgusto dipinto sugli occhi di mio padre ogni volta che il suo sguardo ricadeva sul mio volto scarno. Ero frastornata perché ogni sguardo accusatorio era per me una pugnalata al petto. Eppure lo amavo, lo amavo come un padre o forse anche di più. Lo amavo perché lo avevo ferito e gli avevo conficcato un coltello nel cuore con la mia nascita, lo amavo perché mi illudevo che sotto il cumulo del suo rancore c’era ancora una scintilla. Lo amavo perché anche se mi aveva tolto tutto, mi aveva lasciato quello spiraglio che io chiamavo vita, senza togliermela come io avevo creduto che sarebbe stato meglio…”

 

Continua…

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Capitolo 3
*** Leonardo ***


Leonardo

Melanine girò su se stessa mentre con leggiadria la gonnellina lunga fino a metà coscia fucsia a pieghe, decorata con milioni di piccoli cristalli, girava seguendo i movimenti della ragazza. I capelli lisci e lunghi ramati, raccolti in una coda alta si muovevano anch’essi accompagnando il viso pallido e liscio mentre la ragazza con gli occhi aperti e gioiosi, velati da soddisfazione scrutavano tutto lo spazio attorno a lei girare vorticosamente. Con un saltello si ritrovò ferma mentre gli occhi smeraldo fissavano il ragazzo a pochi passi da lei che le rivolse un sorriso perfetto, dalla dentatura splendida e i capelli neri come la pece. Due occhi grigi come perle la scrutavano pensierosi e anche divertiti mentre due rughette espressive ornavano quell’espressione celestiale mentre la pelle abbronzata e il fisico scolpito rendevano il corpo del ragazzo da paragone con statue marmoree.

Il nuovo giocattolo di Melanine: Leonardo.

-Leo ti piace la mia gonna nuova? Un amico di mio padre me l’ha fatta apposta per me…è uno stilista!-

Disse con voce soave la ragazza mentre le parole che pronunciava uscivano dalle labbra fini e piene come una dolce canto di una sirena. Il ragazzo inarcò un sopracciglio e si separò dal muro contro il quale era posato avvicinandosi alla ragazza e stampandole un bacio sulla fronte mormorandole.

-Sei bellissima con tutto…ma non ti sembra eccessiva? Voglio dire, con qualcosa di più semplice saresti sempre magnifica…-

Disse con tono dolce e profondo, affettuoso e caldo. Ma Melanine sospirò e si lisciò la gonnellina dalla quale le sue gambe fine e pallide nude spiccavano mostrando la loro esile lunghezza. Leo tenne la mano posata sul suo fianco e la fissò leggermente curioso non capendo cosa passava per la testa alla ragazza. Melanine si separò da lui bruscamente facendo alcuni passi mentre la maglietta bianca con le pailettes che indossava rifletteva la luce del caldo sole che la avvolgeva completamente e i sandali bianchi come la maglia brillavano sotto al sole. Si voltò verso di lui e il suo dolce viso si tese in un espressione corrucciata e anche infastidita mormorando.

-Non è giusto…io mi sono vestita così bene per poterti apparire almeno bella e tu mi dici che dovrei essere più semplice…-

Leo inarcò sorpreso le sopracciglia e a passo lento le si avvicinò posandole nuovamente le mani sui fianchi e dicendole con il tono rilassato e tranquillo.

-Melanine, non giocare a questo gioco con me. Sai perfettamente che sei bellissima sempre…mi sembra esagerato solo tutto questo luccichio…quando ti abbraccio mi sembra di stringere il sole.-

Melanine lo fissò stupita: nessuno le aveva mai detto cose simili, ne contestato il suo modo di vestirsi. Nessun suo precedente ragazzo aveva mai osato dire nulla contro di lei, era sempre stata assecondava e secondo la sua modesta idea lei aveva sempre ragione.

-Stai dicendo che…non ti piace?-

Domandò lei con voce leggermente più acuta ma pur sempre melliflua e affabile. Leonardo si separò da lei leggermente titubante, sbuffò un poco e allungò una mano afferrando con delicatezza un ramo fino e basso di un albero sopra di loro. Sorrise notando il verde intenso delle foglie e poi voltandosi verso gli occhi della sua ragazza.

-No, dico solo che è esagerato Melanine. Dovevamo fare una passeggiata nel giardino di casa tua, non c’era bisogno di mettersi una gonna con intarsiati dei Swarovski. Se si dovesse sporcare con dell’erba?-

Chiese lui sorridendole con dolcezza mentre lei troppo presa da quel pensiero assumeva un tono acidulo e grazioso e un espressione iraconda ma contenuta. Leonardo fece qualche passo padroneggiando il silenzio che regnava in quel momento tra loro due dopo la sua domanda caduta nel vuoto. Si voltò verso l’antica villa della sua ragazza e la fissò affascinato. Era bellissima e molto moderna. Il suo sguardo percorse le ampie vetrate del salone e poi alle finestre più piccole. Fu lì che però una visione lo raggelò: una figura esile e pallida con due occhi verdi penetranti e i capelli definiti in teneri boccoli coloro rame. Rimase basito domandandosi come facesse Melanine ad essere lì. Si voltò di scatto e vide che Melanine stava giocando a calciare un sasso mentre con le mani dietro la schiena attendeva le sue scuse con un visino falsamente imbronciato.

Senza badare più di tanto alla muta richiesta della ragazza posò nuovamente il suo sguardo sulla finestra e vide che era vuota e come un sottile filo d’acqua lasciava intravedere all’interno.

Scosse la testa stupito e tornò a fissare l’erba verde del prato mentre un brivido gli percorreva la schiena: era stata un allucinazione o quella ragazza era davvero lì?

Si voltò verso Melanine che sbuffò e lo prese per mano unendo le loro labbra senza però mormorare nessuna scusa, ancora convinta che il suo compagno le dovesse delle scuse per aver osato contestare anche solo il suo abbigliamento. Leonardo ricambiò distrattamente il bacio mentre stampata nella mente l’immagine di quel viso uguale nella sua muta diversità a quello della ragazza che stringeva tra le sue braccia.

 

Selene respirava affannosamente posata con la schiena contro il muro, mentre accucciata al suolo vedeva la luce penetrare da sopra la sua testa dalla finestra ampia. L’aveva vista, aveva incontrato il suo sguardo ne era sicura. Si sentì mancare la terra sotto i piedi: sua sorella si sarebbe arrabbiata. Con il cuore che batteva a mille sentiva il sangue pulsarle nelle vene con forza: come era potuta essere così incosciente?

Sospirò e non appena udì i passi della servitù allontanarsi si mise seduta e si sporse nuovamente per poter vedere. Quello che vide le strinse il cuore in una piccola fitta di gelosia. Vide Melanine tra le braccia di quel ragazzo così bello mentre si scambiavano un tenero bacio. Sorrise appena felice per la sorella e si alzò in piedi in fretta allontanandosi rapidamente mentre si dirigeva verso la propria stanza in un’ala della villa. Percorse a piedi scalzi il corridoio mentre il parquette tiepido sotto i suoi piedi le donava sollievo. Sorrise mentre dentro di se sentiva un vortice di emozioni. Probabilmente quel ragazzo avrebbe pensato che lei fosse un allucinazione ma era così bello pensare che il suo sguardo dolce si era posato su di lei. Un tiepido rossore imporporò affettuosamente quelle guance diafane e quando la ragazza raggiunse la sua stanza si chiuse dentro con un sospiro di sollievo. Si poggiò contro la porta e scivolò fino ad accasciarsi a terra mentre subito la sua gattina le correva vicina ai piedi carezzandoglieli con tenerezza e strusciandovisi contro con affetto.

Selene sorrise divertita e rise di una risata timida e cristallina stringendo la piccola micia contro il suo petto e carezzandola.

-Oggi ho visto il nuovo ragazzo di Melanine, lo sai Akij?-

La micetta mentre faceva affettuosamente le fusa tra le braccia della sua padrone miagolò in risposta alla domanda di Selene che rise e si alzò stendendosi su un piccolo divanetto mentre prendeva tra le mani il suo libro preferito senza dimenticare però quello sguardo rapido che l’aveva sconvolta nella sua semplicità.

 

“Quel giorno lo ricorderò per sempre, quello sguardo seppur fugace e quasi insignificante mi aveva fatto battere il cuore di emozione, percepivo le gambe tremarmi e la testa girarmi. Un solo sguardo di quegli occhi grigi mi aveva sconvolto non osavo immaginare quello che mi avrebbe fatto un contatto con quel ragazzo. Non avevo mai provato nulla di simile nel guardare di nascosto e da lontano gli altri ragazzi che Melanine si portava a casa, ma per Leo…Leo era diverso…”.

 

 

Continua…

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Capitolo 4
*** Father ***


Father

Melanine entrò furiosa in casa scaraventando un soprammobile a terra che con un sonoro scroscio si ruppe in mille pezzi scheggiando il perfetto parquette e facendo risuonare la casa di un acuto sinistro. Subito alcuni visi si sporse dalle porte della villa e una ragazza con indosso un tubino nero dal grembiule bianco le si avvicinò timidamente lanciandole alcuni sguardi sorpresi da quell’improvviso scatto d’ira.

La voce cristallina di Melanine risuonò prepotente tra le mura della casa quando pestando un piede a terra e stringendo i pugni non gridò mentre il suo viso si tendeva e assumeva tonalità teneramente più arrossate sulle gote morbide e lisce.

-SELENE!-

A quel grido che risuonò tra le pareti della moderna villetta una piccola testa ramata comparve dietro ad una colonna. Melanine pestò nuovamente il piede a terra stizzosamente e con gli occhi smeraldo che brillavano come animati da un fuoco digrignando gli splendidi denti bianchi come perle di mare ordinò alla serva di andarsene da quella sala.

Passi ovattati risuonavano rapidi sul corridoio posto di fianco al salotto e in un attimo la figura esile di Selene apparve delicata e leggera sulla soglia del salone, con una mano pallida posata contro lo stipite della porta e l’altra lasciata ciondoloni su un fianco mentre il viso leggermente nervoso e preoccupato fissava la sorella al centro del soggiorno con i cocci del vaso ai suoi piedi.

-Ah eccoti! Bene! Non ci crederai, perché nemmeno io riesco a crederci: cioè ti rendi conto che Leonardo, il mio nuovo ragazzo mi ha detto che la mia gonna, questa bellissima gonna decorata con dei sfavillanti Swarovski non è bella? No, dico ti rendi conto? Ma io non so cosa ha nella zucca quel ragazzo! Sembra indifferente a tutte le mie coccole, ai miei sguardi e alle mie carezze. Alle mie suppliche poi non ne parliamo!-

Disse frettolosamente Melanine mentre il fiato le aumentava e le palpitazioni del cuore aumentavano permettendo che il sangue fluisse per bene in tutto il corpo così che il suo solito amabile pallore divenisse un dolce rosato che rendeva quei lineamenti seppur agitati più graziosi e teneri. L’espressione di Selene si fece preoccupata e malinconica, odiava vedere sua sorella agitata, con un piccolo sorriso raddolcito che andò sempre di più delineandosi su quel viso delicato con la pelle fragile e sottile come pallida carta velina invece avanzò di un passo verso la gemella e tese una mano per sfiorarle la guancia. Tutto si bloccò quando invece i suoi piedi nudi sfiorarono i cocci ferendone il destro.

Selene bloccò la mano a mezz’aria mentre la sorella gemella non curante del suo stupore e della piccola smorfia di dolore che le disegnava il viso andando sempre di più ad incrinare quel sorriso continuava a parlare della sua sciagura e delle sue riflessioni avventate ed esagerate. Selene la ignorò completamente avvolta dallo stupore, con un piccolo cedimento del ginocchio sinistro si ritrovò in ginocchio a terra mentre un sottile liquido rosso iniziava a trapelare scivolando sul legno scuro e tetro del parquette da sotto al suo tallone tagliato. Le fitte erano deboli e i bordi del taglio bruciavano come per ricordarle che era stata suo l’errore. Melanine non badò la figura accasciata al suolo della sorella e anzi continuò con il suo ormai divenuto monologo lasciando che l’aria si riempisse della sua soave voce che risuonava come un’acuta ma scampanellante canzone con mille dolci parole.

-…oggi poi è stata una giornata stressante che tu non puoi immaginare! Ma io devo uscire, vivere, affrontare la vita per quella che è e sopportare tutto silenziosamente. Non sai quanto sei fortunata Selene a non dover vivere, a non dover affrontare i problemi che ho io…-

Selene sentì come uno schiaffo sulla guancia al suono di quelle parole mentre con la mano si carezzava il piede ferito. Chiuse gli occhi più volte asciugando quegli occhi divenuti lucidi. Alzò il capo fissando la sorella e si alzò in piedi sollevando successivamente una gamba per poter constatare cosa aveva provocato quella ferita seppur con attenzione accurata ascoltava il discorso della sorella. Vide a terra il coccio affilato che le aveva provocato il taglio sporcato in modo abbondante del suo sangue. Posò a terra il piede e questo le strappò un gemito di dolore.

Si riprese quando si accorse che il chiacchiericcio della sorella si era bruscamente interrotto. Si voltò a guardarla e vide lo sguardo della gemella farsi dolce e supplice, vittima sacrificale di chissà quale immensa dolora scelta. Voltò lo sguardo nella stessa direzione e un colpo le mozzò il respiro facendole dimenticare anche del dolore al piede: suo padre era in piedi nella sua bellezza virile e di uomo adulto. Gli occhi di uno smeraldo più intenso di quello delle due gemelle erano freddi e distaccati, il portamento elegante e fiero ma anche annoiato e stanco. Le spalle grandi e larghe, muscolose e la statura esagerata con le gambe lunghe e muscolose ma anche fini nel gessato blu notte che l’uomo indossava. Una sigaretta tenuta a metà bocca dall’uomo con perfetti capelli biondo come l’oro ricadevano corti ma ordinati.

Selene tremò alla vista del genitore ma lo sguardo di questo la trapassò come se non esistesse e forse era proprio questo l’uomo che voleva. Entrò con passo lento e Selene fu costretta senza nemmeno toccarlo a spostarsi per farlo passare altrimenti l’avrebbe travolta. L’uomo con uno scrocchiò non curante delle belle scarpe nere italiane che indossava pestò i cocci e arrivato davanti a Melanine posò una mano sulla guancia rosata dall’agitazione della ragazza mormorandole con un viso preoccupato.

-Cosa è successo Melanine?-

-Papà! Papà per fortuna che ci sei tu! Non sai cosa mi è successo oggi! Non puoi nemmeno immaginare quello che ho dovuto subire da…-

Selene sentì quelle lacrime che le avevano punto gli occhi prima ma che aveva prontamente celato al mondo intero strappando loro la possibilità di solcarle il viso, pizzicarle sul contorno degli occhi smeraldini senza riuscire a ricacciarle indietro. Si voltò e le spalle cedettero mentre la sua esile figura si piegava in avanti con debolezza e si poggiava contro una colonna per sorreggersi mentre attenta a non posare il tallone al suolo si allontanava dal salotto senza sentire quella voce profonda e bella, dolce e affettuosa, dell’uomo che l’aveva concepita richiamarla a se.

Arrivata in cucina nel silenzio di una decina di uomini e donne intenti a preparare la cena aprì un cassetto e ne estrasse alcune garze, poi si allungò su uno scaffale e ne estrasse dello spirito. Fu urtata da un cuoco e si schiacciò per non cadere contro lo scaffale per poi scostarsi tremante e scossa per aver poggiato il piede. Sospirò e salutò uscendo dalla cucina, ma nemmeno da lì nessuna voce le rispose. Silenziosamente camminò per il corridoio che dava sul giardino e lo sguardo le ricadde sul luogo dove qualche ora prima aveva visto Leonardo e Melanine discutere e baciarsi. Un piccolo sorriso si affacciò sul suo viso scarno e la ragazza si diresse il più in fretta possibile verso la sua camera. Si curò il taglio e se lo fasciò. Poi rapidamente aprì un cassetto nel quale vi erano accuratamente disposte tutte le scarpe che Melanine si rifiutava di mettere o di indossare, perché vecchie o perché frutto di qualche regalo non gradito. Estrasse un paio di infradito e le indossò mentre si avvicinava ad un anta dell’armadio nella quale ripiegava le poche cose che la sorella minacciava di buttare. Si infilò un vestitino azzurro che si stringeva sulla vita e poi ricadeva morbido fino a metà coscia quasi al ginocchio. prese un corpi-spalle azzurro e se lo mise sopra alla camicia da notte bianca panna che le ricadeva morbida sui fianchi e sul seno da diciassettenne. Si avvicinò allo specchio e si guardò leggermente confusa mentre percorreva con lo sguardo il corpo eccessivamente magro, la pelle bianca come latte e gli occhi verdi che brillavano di vita da quel viso dolce e snello mentre i capelli rosso fuoco cadevano in definiti e lucenti boccoli attorno al viso. Le braccia erano fine e sembrava si stessero per spezzare mentre le gambe pallide che sbucavano da sotto le vesti erano incredibilmente fine e sembrava un miracolo che reggessero quel corpo tenero e adorabile. Prese la piccola Akij e senza chiedere nulla nessuno, tanto l’interesse non vi era, si diresse all’esterno prendendo per sicurezza una chiave della porta principale così da non correre il rischio di essere chiusa fuori. Si diresse verso lo spiazzo sotto al ciliegio e con un lieve rossore e una timida risatina si lasciò andare seduta al suolo sull’erba morbida. La micina saltò via dalle sue gambe magre e smunte e si mise a giocare con dei fili d’erba. Selene rise vedendola e le carezzò la schiena al che la piccola gattina si sdraiò sulla schiena e attese che la sua padroncina le facesse altre coccole, fu subito accontentata da Selene che ridendo provvide a solleticarle un fianco così che la gattina con un miagolio divertito non si voltò mosse cercando di prendere giocosamente con le zampe la mano di Selene che ridacchiò e si alzò in piedi allungando una mano verso l’altro e l’altra aperta su un lato. Rise divertita e mentre con le labbra morbide e rosee serrate iniziava ad intonare una canzone che aveva sentito dall’i-pod della sorella con un movimento lento delle gambe fine iniziò a ballare divertita girando su se stessa per poi liberarsi in una graziosa risata che risuonò per il giardino ormai buio della villa. Accarezzò il capo della sua gattina e si avvicinò ai cancelli bui e tetri del recinto  mentre lanciava sguardi strani verso le luci di casa che mano a mano andavano spengendosi. La luna aveva fatto capolino da poco al posto del sole e illuminava il suo visino pallido diffondendo tutt’intorno un’atmosfera magica, misteriosa, segreta. Poggiò una mano sulla sbarra del cancello e fissò la strada buia illuminata da un lampione lontano con strana curiosità.

All’improvviso una mano gelida si strinse da fuori sulla sua e la ragazza sgranando gli occhi urlò dal terrore mentre il cuore iniziava a battere rapido e folle e la presa ferrea di quella mano la stringeva con forza ma anche con delicatezza.

 

“Ricordo ancora i suoi occhi quella sera, erano terrorizzati ma così belli e grandi…erano diversi da quelli di Melanine, erano più semplici, puri e trasparenti. Erano gli occhi che amavo, gli occhi che avevo incontrato solo guardando una vetrata, gli occhi che mi avevano detto più di mille cose…lei era la fata buona nelle mie storie, la principessa da salvare che mia madre raccontava a mia cugina quando veniva a dormire a casa mia, la damigella da salvare e l’eroina dei miei film d’azione preferiti. Lei era Selene…”

 

Continua…

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Capitolo 5
*** Incontro ***


Incontro

La voce di Selene si spense mentre fissava incredula due occhi grigi nella notte scrutarla attenti e meravigliati. Una leggera brezza fresca fece rabbrividire Selene che fissava stupita quella meraviglia di mare grigio che con onde di emozioni la fissava attento. Leonardo fissò incantato la ragazza: non era Melanine, ne era sicuro. Quello sguardo spaventato e docile, quegli occhi così scossi e che si spostavano frettolosamente dalle loro mani ai suoi occhi in un piccolo e lieve battito di ciglia. I capelli lunghi e boccolosi della ragazza si mossero con un colpo più forte di vento mandandoli davanti a quel viso così pallido da riflettere i raggi argentei della luna.

-Chi sei tu…?-

Un sussurro spostato dal vento, scosso, mosso e disperso nell’aria fresca della sera. Quella voce calda che assume toni sorpresi e docili ma anche aggressivi e ostili verso quella bellezza famigliare e al tempo stesso sconosciuta.

-Potrei farti la stessa domanda…-

Un nuovo sussurro, gli occhi di Leo che si spalancano per la delicatezza di quella voce, per la durezza di quelle parole smorzata però dalle note dolci e affettuose del tono da sembrare un sussurro tra amanti dopo una notte d’amore.

Il ragazzo attento a non lasciare la presa sulla mano della ragazza posò anche l’altra su una sbarra del cancello ripiegando un po’ il viso in avanti per poter arrivare all’altezza di quello della ragazza che arretrò appena arrossendo e puntando lo sguardo al suolo.

-Perché non chiami aiuto? Potrei essere un malintenzionato.-

Selene sorrise appena continuando a fissare il pavimento, rabbrividì nuovamente e mentre la sua gatta si strusciava affettuosamente tra le sue gambe lei ridacchiò sentendo la presa sulla sua mano allentarsi mentre lui la fissava con un leggero sorriso dipinto sul viso. Selene allora approfittando dell’attimo di debolezza della stretta sul suo polso con un gesto rapido liberò il proprio polso dalla presa di lui e arretrò di qualche passo mentre Leo sbarrava gli occhi sorpresi grigi sporgendosi tra le sbarre e cercando di riprendere la mano minuta della ragazza.

-Non credo tu sia un malintenzionato Leo…ma ora devo andare.-

Disse sorridendo mentre si chinava a raccogliere la sua piccola Akij, con un fruscio la veste bianca seguì il corpo della ragazza delineandone le forme fragili e snelle di quel corpo troppo smunto ma non privato della sua femminilità da diciassettenne.

La gattina emise un miagolio di protesta quando Selene la sollevò con delicatezza da terra portandosela al petto. Leo rimase un momento a fissarla affascinato ma anche intimorito così alzò la voce per raggiungere la ragazza che con passi lenti e fragili aveva iniziato ad incamminarsi per il vialetto deviando poi verso il prato che sembrava una distesa immensa d’acqua nera.

-Dimmi almeno il tuo nome!-

Selene rise divertita ma anche imbarazzata e mormorò lanciandogli uno sguardo intenso e impacciato che Leo intercetto immediatamente completamente preso dalla figura pallida e argentea della ragazza.

-Lo sai già…io sono Melanine…-

Disse provando una fitta al cuore la ragazza e fingendo tranquillità e quella presunzione caratteristiche della sorella. Il tentativo riuscì piuttosto bene al che Leo ritrasse quasi la mano scottato e i suoi occhi grigi si incupirono di delusione. Tuttavia il cuore batteva rapido nel petto e il ragazzo lasciò che una mano cadesse inerme su un fianco però tenendo l’altra issata sulle sbarre del cancello. Strinse con forza la presa e alzò nuovamente lo sguardo storcendo un po’ la testa su un lato mentre Selene tranciate le convinzioni del giovane con quella pugnalata si dirigeva tentennando al centro del giardino.

I piedi affondavano nell’erba fresca e umida suscitando una fresca sensazione sulla pelle della ragazza scatenando un mare di piccoli brividi che le partivano dal collo arrivando sino ai piedi. Selene ridacchiò quando Akij si arrampicò con le zampine anteriori sulla spalla della ragazza impigliando i piccoli e deboli artigli sul copri-spalle della ragazza e fissando con gli occhioni grandi da micetta al di la di quelle esili spalle. Selene saltò un passo e allungò il piede assumendo la posizione di una ballerina. Sorrise poi ripensando a quegli occhi grigi perla che si erano puntati su di lei, sulla sua immagine smunta e pallida. Una fitta al cuore mentre la consapevolezza di essere solo la controfigura di una Melanine un po’ più magra e dai capelli mossi le impossessò le membra facendola tremare mentre un pessimo presentimento le avvolse il cuore. Una gamba le cedette e cadde in ginocchio al suolo con un piccolo gemito. Atterrò con una mano a stringere la piccola Akij ancora sulla propria spalla e con l’altra tra l’erba morbida che le solleticò il palmo. Rimase un attimo incerta in quella posizione, con il respiro affannato e gli occhi smeraldini spaventati dalla caduta. Gli occhi le si socchiusero e si riempirono subito di fredde lacrime salate mentre le lunghe ciglia nere sbatterono più volte cercando di reprimere quelle perle di sofferenza al loro interno. La mano che reggeva Akij si allentò fino a che la micia con un saltello non finì al suolo fissando confusa la propria padroncina. Selene con un sussurro disperato si lasciò andare completamente stesa mentre i capelli rossi si spargevano lentamente riversandosi in piccoli boccoli vermigli sull’ebra morbida. La ragazza rimase stesa sull’ebra e i suoi occhi non ressero mentre le lacrime presero a sgorgarle prepotenti sulle gote lisce finendo poi sui fili d’erba come piccole gemme. Raccolse le gambe un poco e si portò una mano alle labbra mentre iniziava a singhiozzare debolmente, il silenzio che la circondava era rotto solo dai suoi piccoli e flebili singhiozzi.

Ebbe un fremito quando percepì una presenza alle sue spalle e si alzò a sedere di scatto. Con una mano fina e dalle dita affusolate si coprì la bocca mentre gli occhi fissavano l’aria diventata spessa e argentea scontrarsi contro il corpo atletico e imponente di un uomo…un ragazzo.

Leo si chinò davanti a lei e i suoi occhi grigi la scrutarono afflitti quando si accorsero delle lacrime che solcavano il viso della ragazza. Selene arretrò seduta sull’ebra e gli disse con voce tremula.

-Le…Leo che…come…tu…?-

-Ho scavalcato il cancello…-

Si interruppe allungando una mano e sfiorando la guancia della ragazza carezzandola con le dita morbide e calde. Selene chiuse gli occhi e poi li riaprì spaventata distogliendo lo sguardo e allontanando la mano di Leo dal suo viso.

-…tu non sei Melanine…ti ho vista oggi, dietro la finestra.-

Lo stupore che si dipinse sul viso della ragazza superò di gran lunga il precedente, ma quando Leo catturò il suo sguardo Selene arrossì vistosamente e chinò il capo pur di non dover sostenere ancora quel mare argento che erano gli occhi del moretto.

-Dimmi il tuo nome…-

Selene chiuse gli occhi e fissò l’erba mordendosi il labbro fino e caldo inferiore decisa a non parlare, per non rischiare di aggravare la propria situazione quando ad un tratto il grido di una voce simile a quella della ramata riecheggiò per il giardino incorporando un unico nome.

-SELENE! SELENE DOVE SEI? DEVI PETTINARMI I CAPELLI!-

Leo si voltò indietro e vide poco distante l’entrata della villetta essere illuminata da una luce proveniente dall’interno mentre una figura esile si stagliava sulla soglia.

Leo riconobbe le curve sinuose di Melanine e poi si voltò stupito ma non troppo verso Selene seduta al suolo che aveva sgranato gli occhi e fissava assorta e scioccata la figura della sorella che la chiamava.

-Selene…questo è il tuo nome…sei la gemella di Melanine?-

-Vattene…vattene ti prego…non deve trovarti qui…con me!-

Disse con voce tremante la ragazza provando ad alzarsi ma ricadendo seduta per il dolore alla ferita del piede mentre Leo la osservava rapito: la delicatezza dei movimenti, la paura di quei splendidi occhi, la dolcezza di quel tono.

-Me ne vado solo se mi giuri che ci rincontreremo e che mi dirai tutto su di te.-

Affermò deciso il ragazzo con un piccolo sorriso divertito e furbo sul viso mentre vedeva Selene agitata e poteva percepire anche da quella lieve distanza la velocità del battito cardiaco della ragazza.

-Allora?-

La incitò porgendole una mano alla quale la ragazza si issò timidamente anche se impacciatamente e la aiutò a sollevarsi. Selene titubante e presa dal panico si poggiò dopo essersi liberata dalle mani del ragazzo contro il ciliegio che distava da lei pochi passi mentre Melanine la chiamava sempre pià irritata.

-D’acc…D’accordo…-

Mormorò improvvisamente confusa e sempre più agitata prendendogli una mano e mormorando con occhi supplichevoli mentre stringeva con la sua presa flebile le mani grandi e calde del giovane.

-Ti prego Leo…ti prego fino a quando non ci vedremo…fa finta che io non esista…ti prego…-

Mormorò la ragazza per poi allontanarsi sciogliendo il contatto delle loro mani a malincuore.

Leo allungò una mano e il suo viso si incupì mentre la vedeva avanzare con passi leggeri e rapidi in un fruscio di vesti mentre una ventata d’aria gli schiaffava in viso il profumo dolce di Selene.

Arretrò di qualche passo fino a nascondersi dalla luce della luna e da sguardi indiscreti. Solo quando la porta dopo pochi minuti si richiuse dietro alla figura bianca di Selene il ragazzo sgusciò via dal nascondiglio d’ombra e si proiettò verso il cancello puntando un piede e issandosi con il suo corpo teso nello sforzo di scavalcare l’immenso cancello. Sorrise quando con un lieve saltello si ritrovò al di là delle sbarre. Sorrise appena e poi si voltò allontanandosi da quella villa mentre uno sguardo sollevato si distolse dalla sua figura solo in quel momento.

Selene sospirò di sollievo e con un piccolo sorriso riprese a pettinare i capelli lisci della sorella gemella che parlava di mille cose senza che lei ne badasse ad una sola.

 

“E mentre io ero presa tra fronzoli e mille nastrini mia sorella cresceva e sperimentava i suoi sentimenti nuovi e veri che pulsavano ingenuamente nel suo cuore piccolo e fragile. In un gemito la sua innocenza rivendicava un po’ di quell’amore che le avevo violentemente strappato, così violentemente e così ingiustamente che mi si sarebbe ritorto contro. Quella sera vidi nei suoi occhi il brillio di un sentimento nuovo che non avevo riconosciuto, perché non avevo mai visto: era soddisfazione? Appagamento? Realizzazione? Coraggio? No…era la piccola scintilla dell’amore che avrebbe preso mia sorella avvolgendola tutta e illuminando i suoi tratti di un colore diverso: argenteo come la luna che quella sera fu testimone dell’inizio di una tormentata e dolce storia d’amore…”

Continua...

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Capitolo 6
*** Accordo ***


Accordo

Il sorriso di Melanine si incrinò leggermente quando con un’espressione supplice Selene si ritrasse dalla sua vicinanza voltandosi verso la porta per uscire dalla stanza della sorella che invece la fissava sempre più sorpresa, mentre il suo viso perfettamente liscio assumeva le caratteristiche di un foglio rosa di carta velina accartocciato e gli occhi diventavano tondi e grandi mostrano interamente la pietra circolare smeraldina che erano le sue iridi.

-Se…Selene, cosa hai detto?-

La gracile ragazza si bloccò sulla soglia della porta tremante e incerta, tuttavia il suo cuore batteva rapido e folle nel petto pompando il sangue nelle vene in fretta facendo così colorare le guance della ragazza di solito sempre paragonabili al colore della neve. Selene strinse le mani attorno al bordo della vestaglia bianca che indossava e con labbra tremanti proclamò nuovamente la sua debole richiesta che suonava più come una supplica.

-Mel…ti…ti ho chiesto solo se prima di gettare via gli abiti che papà ti compra potresti farmeli vedere io…-

Melanine truccò la sua espressione sbigottita con una annoiata e stringendo con forza il bordo della poltroncina su cui era comodamente seduta annuì per poi voltare il perfetto viso su un lato mettendosi di profilo e alzando leggermente il mento ad occhi chiusi. Selene rimase immobile e poi le si avvicinò sfiorandole i capelli lisci con dolcezza e sorridendo con affetto alla sorella.

-Grazie Mel…-

Melanine aprì gli occhi smeraldo e lì puntò in quelli della gemella che non sostenendo nemmeno un istante lo sguardo li abbassò timidamente verso i propri piedi. Lo sguardo di Selene fu attirato dalla benda che portava attorno al piede che il giorno precedente si era ferita. Con un brivido la sua mente ripercorse la giornata riportando alla mente due occhi grigi profondi ed intensi che l’avevano scrutata al chiarore della luna.

-Selene guardami negli occhi.-

Fu l’ordine che Melanine le impartì così docilmente Selene alzò lo sguardo e arrossendo fissò la sorella negli occhi con intensità. Melanine assunse un’espressione furba e si alzò in piedi girando con camminata lenta e suadente attorno alla sorella, scrutandola con insistenza.

-Sorellina…comprenderai che il mio consenso a passarti i miei vestiti che non userò più è qualcosa di molto importante che…merita qualcosa in cambio…-

Selene si drizzò immediatamente sgranando gli occhi e fissando la finestra sorpresa e spaventata mentre Melanine finiva il giro intorno al corpo tremante della sorella come un cacciatore con la sua preda, che la studia prima di attaccarla. Melanine con un balzello si trovò al fianco di Selene e mettendole un dito diafano sotto al mento lo voltò nella sua direzione dicendole con uno sguardo di fuoco e una scarica elettrica a percorrere il suo corpo.

-Mel…ma…io….non ho niente da…-

-Sssshh sorellina…Sele, ti fidi di me?-

Chiese la ragazza dai capelli lisci fissando con dolcezza la sorella spaventata mentre un piccolo sorriso ambiguo sorgeva sulle sue labbra fine e morbide. Selene rabbrividì quando sua sorella si scansò con un fruscio di vesti da lei schioccando le dita come farebbe una persona normale per richiamare a se un cagnolino obbediente e le disse iniziando a camminare con la sua andatura fluida verso l’armadio.

-Seguimi…ti farò un regalo ma tu dovrai fare esattamente come ti dico io, chiaro?-

Selene fissò la schiena della sorella e dentro di se provò una scarica elettrica e retrocesse verso la porta impaurita per correre via nella sua stanza al sicuro dall’idea della gemella. Tuttavia qualcosa, la fiducia, l’affetto la spinsero a riguadagnare il passo perso nell’arretrare e incerta seguì la sorella, costretta un po’ a correre per raggiungere la gemella già arrivata a metà del corridoio bianco che conduceva all’enorme guardaroba della giovane.

-Sele, domani dovrei andare ad una festa di una mia cara amica ma dato che il luogo e le persone secondo il nostro amato padre non sono “affidabili” non mi lascia andare anche perché avevo preso l’impegno di andare con la figlia della nostra vicina, quella noiosa della Corrigan…come si chiama? Betsy, Brigitte, B…-

-Eleanor.-

La corresse timidamente Selene senza riuscire a capire dove voleva condurla la sorella con quel discorso.

-Si giusto Eleanor, comunque avevo promesso che sarei andata in centro con Eleanor a mangiare ad un ristorante ma come sai, dato che non mi è data nemmeno la possibilità di scegliere dove recarmi mi serve che tu mi faccia un enorme piacere e ti prometto che ti darò tutti i miei abiti che voglio buttare!-

Selene si fermò al centro dell’enorme stanza pietrificandosi mentre lo sguardo della sorella diventava una sottile maschera di furbizia e astuzia. Anche Melanine si fermò e controllò che per il corridoio non ci fosse nessuno per poi posare le mani sulle spalle gracili della sorella e fissarla intensamente negli occhi.

-Me…Mel mi stai chiedendo di andare al centro con Eleanor…al…al posto tuo?-

Melanine annuì e le fece l’occhiolino posandole una mano sul cuore mentre la sua espressione diventava dolce e affettuosa nei confronti di Selene che sentì il cuore iniziare a battere rapido e veloce nel petto.

-Sele, sorellina mia, sarei davvero felicissima se mi faresti questo favore. Poi non sei mai uscita da qui ci stiamo facendo un favore a vicenda no? Sai che ti voglio bene e che farei tutto per te…-

Selene sentì gli occhi farsi lucidi di gioia: nessuno l’aveva mai trattata con così tanto affetto e si slanciò tra le braccia di Melanine che sgranò gli occhi sorpresa e rimase immobile mentre la sua spalla veniva bagnata dalle lacrime di Selene che le cinse il collo e affondò il viso nella sua spalla singhiozzando.

-Grazie Mel…grazie…anche io ti voglio bene!-

Proruppe tremante Selene mentre lo sguardo sorpreso di Melanine si incrinava. La ragazza sentì un peso sullo stomaco e quando provò una forte sensazione di disagio, una morsa di tristezza stringerle le membra, la sua mano si mosse spontanea carezzando la guancia della sorella e posando l’altra mano sulla sua schiena carezzandola. Chiuse gli occhi e la strinse sentendo il cuore battere veloce. Pochi istanti che la sua mente rielaborò il momento che si separò di scatto ad occhi nuovamente e ancora di più sgranati con il respiro affannoso: cosa le prendeva?

Selene sbattè contro la parete e perse leggermente l’equilibrio. Scosse la testa per l’impatto e quando alzò lo sguardo interdetto su Melanine vide che la fissava come se fosse affetta da qualche morbo inguaribile e abbassò lo sguardo mormorando stupita per quello slancio che aveva fatto lei stessa.

-Scusami…scusami Mel io…non volevo…è che ero così contenta e…-

-Non fa nulla. Ma…ma non farlo più.-

Tagliò corto Melanine voltandosi per non lasciar trasparire oltre la sua debolezza e riprendendo a camminare le disse con tono freddo e distaccato mentre Selene si alzata tremante dal suolo e le camminava alle spalle con capo chino e occhi accesi: anche se era durato pochi istanti sua sorella l’aveva abbracciata. Sorrise timidamente e poi alzò il viso cancellandosi l’espressione dal viso quando vide la sorella aspettarla sulla soglia d’entrata del suo modernissimo guardaroba.

-Domani allora andrai  con Eleanor in centro a cena, dovrai comportarti come mi sarei comportata io. Dirai che non ti senti molto bene comunque, giusto per giustificare comportamenti che non mi si addicono. Così io potrò andare alla festa…-

-Melanine ma se papà ti ha proibito di andarci non sarebbe giusto ascoltare quello che ti ha detto? non credo che quello che stiamo facendo sia corretto nei suoi confronti e oltretutto sta cercando di proteggerti da persone che nemmeno tu conosci molto bene e…-

-Oh piantala Selene! Papà pensa che io non li conosco ma in realtà lì conosco da tempo. La ragazza che da la festa è la mia migliore amica e poi ci saranno tanti ragazzi interessanti e la serata sarà tranquilla, sono tutte brave persone e io mi fido di loro!-

Disse severamente Melanine zittendo la sorella pur non credendo in nemmeno una parola di quello che aveva detto, non conosceva che aveva dato la festa ma era considerato l’evento più in per tutti i giovani e se non ci sarebbe andata la sua reputazione ne avrebbe rimesso di qualche commento non gradito e anche se non conosceva nessuno i ragazzi che vi sarebbero andati avrebbero avuto la loro attenzione solo per lei. Un piccolo sorriso le sbocciò sulle labbra e quando vide che Selene la fissava leggermente preoccupata sbuffò continuando e attaccando la spina della piastra accendendola e mormorando mentre fuori il buio investiva con il suo manto la città.

-Sta notte io e te la passiamo a sistemarti e ad insegnarti delle cose su di me che non sai, dovrai fare esattamente come ti dico, pensare esattamente come me e ragionare come fa la sottoscritta. Non è complesso quando tutti ti amano e ti ammirano, in fondo poi tu..-

-Ti conosco abbastanza.-

Disse con un affettuoso sorriso Selene mentre Melanine provò nuovamente la fitta alla pancia, ogni sorriso dolce della sorella era come una pugnalata. Scosse la testa e riprese con tono sempre più duro.

-Si, giusto. Comunque dicevo ogni cosa che dirai, farai, penserai dovrà essere studiata in precedenza sulla base di “Cosa farebbe Melanine in questa situazione?” oppure “Cosa direbbe Melanine?” chiaro? Non voglio sorprese domani quando papà parlerà con il padre di Eleanor. Ci siamo intese?-

Selene annuì e sentì le membra contorcersi: era emozionantissima, non poteva credere che avrebbe potuto davvero camminare per le strade della sua città. Parlare con qualcuno, ridere scherzare e divertirsi come una normale ragazza.

Sorrise alla sorella e la notte trascorse così con Melanine sempre più fredda che addestrava la fragile Selene alle regole del mondo e del SUO comportamento riguardo alla vita sociale.

 

“Nei suoi occhi avevo visto l’affetto, nelle sue labbra avevo percepito la dolcezza di un bacio sulla guancia dato con amore fraterno, nelle sue mani che erano posate sulle mie spalle avevo percepito un fremito, un calore non noto. Avevo amato quell’istante mia sorella come se fosse stata la mia unica vera fonte di vita perché mi aveva dato una briciola di affetto. Non ero abituata ai sentimenti, conoscevo solo i miei e la freddezza degli sguardi della gente che mi stava attorno, quando catturai quello di mia sorella il mio corpo, la mia mente e anche la mia anima lo amplificarono rendendomi ceca sulla falsità da cui nasceva quell’affetto. Era falso, un crudele giogo di astuzia di mia sorella, eppure quando l’avevo stretta tra le mie braccia io…avevo sentito la risposta del suo cuore vicino al mio ed ero stata così felice. Come mi disse in seguito da quel momento non sarebbe stata più la stessa. Ma era troppo tardi il danno lo aveva fatto, ad entrambe. Quel momento di affetto vero che le era nato nel profondo innescato come una reazione a catena dalla mia ingenua devozione era stato come l’abbraccio di un traditore: augurarmi il meglio mettendomi tra le mani del peggio. Mettendomi tra le mani da un mondo che avevo sentito solo attraverso le sue parole.”

 

Continua…

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Capitolo 7
*** Traboccante ***


Traboccante





Selene si torturò una mano imprecando mentre sentiva una forte ansia pervaderle nel petto. Vide sua sorella con indosso un abito molto attillato rosso con le pailettes e i capelli piastrati lisci che le ricadevano con dolcezza sulla schiena. Il vestito era di una stoffa morbida e leggera mentre sulle spalle un piccolo giacchettino nero di un tessuto fine e trasparente che rendeva più elegante l’aspetto della ragazza. Hai piedi calzavano due sandali con il tacco vertiginoso a spillo neri e le gambe erano nude da metà coscia in poi. Posata in un angolo vi era una piccola borsa nera verniciata che si intonava con gli accessori mentre un piccolo fiocco bordeaux lucido spiccava tra i capelli lisci e piastrati richiamando il vestito. La ragazza ramata si voltò verso la sorella impalata sulla porta e inarcò un sopracciglio scrutandola pensierosa poi rivolse nuovamente la sua attenzione allo specchio dove era intenta a truccarsi pesantemente nonostante il suo viso perfetto anche senza bisogno di mascherarlo.

-Selene…cosa c’è che non va?-

-Mi…mi sento a disagio con questi vestiti sorellina…-

Proruppe leggermente imbarazzata Selene mentre si passava timidamente una mano sulla gamba coperta da un paio di jeans a vita bassa stretti. Una maglia nera con delle stampe brillanti viola con una scollatura prorompente. Su un braccio braccialetti larghi e lucidi neri e viola spiccavano sul pallore della carnagione. I capelli erano raccolti in una coda alta eccetto per alcune ciocche che con dolcezza ricadevano attorno al viso della giovane.

-Ci vorrà poco e ci farai l'abitudine, non c'è da preoccuparsi.-

Selene annuì mordendosi un labbro e poi lanciato uno sguardo all'orologio e alla sorella mormorò con un mare di preoccupazione in corpo. Aveva una sensazione davvero incredibile in corpo, come se percepisse l'imminenza di un rischio.

-Melanine... sei, sei sicura di voler andare a quella festa... vestita così?-

-Selene per la milionesima volta, basta!-

La ragazza annuì quando percepì il trillo di un cellulare vibrare e vide Melanine imprecare seduta davanti allo specchio. Si avvicinò e le carezzò una guancia fissandola attraverso lo specchio con occhi spaventati. La gemella si alzò di scatto scansandola bruscamente e afferrata la sua borsetta e fatta un'ultima smorfia per aggiustarsi il rossetto verso lo specchio spalancò la finestra che dava sul retro lasciando che un'aria fresca nella temperatura calda della stagione pervadesse nella camera. Portò una gamba oltre essa e rimase immobile prima di scavalcarla del tutto voltandosi verso Selene e dicendole con uno sguardo intenso.

-Ricorda. Domani io saprò tutto di quello che hai detto e fatto. Mi fido Selene, non deludermi.-

La ragazza intimorita dall'idea di deludere la sorella si irrigidì per poi annuire prima di vederla scomparire nel buio della notte. Corse alla finestra affacciandosi e quando la vide scavalcare il cancello aiutata da un ragazzo biondo le si strinse il cuore di risentimento: come poteva sua sorella fare una cosa simile al suo ragazzo? Chissà dov'era in quel momento Leonardo...

Accostò la finestra pensierosa e terrorizzata all'idea di dover affrontare tutto d'un tratto il mondo quando avvertì la porta alle sue spalle aprirsi.

-Tesoro... posso?-

La ragazza si sentì mancare al suono di quella voce e si voltò meccanicamente sentendosi perduta: suo padre l'avrebbe scoperta, riconosciuta, smascherata e l'avrebbe solo odiata di più. Strinse le braccia attorno al proprio corpo e con un mezzo gemito si morse il labbro, ricordandosi però delle parole della sorella distese i muscoli tesissimi delle braccia assumendo una posizione naturale e si posizionò davanti allo specchio fingendo di sistemarsi le ultime cose prima di uscire.

Il cuore le rimbombava nelle orecchie e sentiva la mente esploderle mentre i passi del padre dopo un suo distaccato “Umh...? Si.” si avvicinavano a lei.

Colpita dallo sguardo penetrante e dolce che stava guardando attraverso lo specchio si bloccò riprendendosi poi subito e finendo di passarsi il mascara sulle ciglia. Si voltò con tranquillità posando il suo sguardo sul viso del padre, risalendo sul naso perfettamente adatto a quel viso affascinante e misterioso e infine si perse negli occhi.

-Spero passerai una serata piacevole con Eleanor... Io credo che andrò a letto presto. Qualsiasi cosa chiamami al cellulare d'accordo?-

Le disse con un sorriso dolce lui carezzandole una guancia. Selene avvertì gli occhi inumidirsi, ma stranamente riuscì a mantenersi distaccata proprio come sua sorella avrebbe fatto. Poggiò la guancia contro la mano del padre sorridendo con quel sorriso ammaliante che la sorella rivolgeva a tutti e l'uomo parve irrigidirsi. Selene troppo contenta di quel calore non lo avvertì, non avvertì il brivido che aveva attraversato il corpo dell'uomo, non notò gli occhi del padre brillare di luce propria e l'espressione assorta del viso. Solo quando aprì gli occhi si accorse di tutto questo e della tenerezza negli occhi lucidi del padre, avvertì la mano di lui carezzarla con affetto infinito e tremò quando lui le disse con degli occhi che non aveva mai immaginato di poter scorgere nell'espressione del padre.

-Stasera sei bellissima. Il tuo sorriso... mi ha ricordato quello di tua madre, come mai prima d'ora.-

La ragazza con gli occhi lucidi afferrò la mano del padre e la strinse tra le sue tra l'espressione dolcemente sorpresa di lui e vi posò un bacio.

-Ti voglio bene papà...-

Sussurrò lei vedendolo sorridere emozionato. L'uomo le immerse una mano tra i capelli e le sorrise facendole l'occhiolino.

-Più affettuosa del solito stasera... devo dedurre che con Leonardo vada tutto a gonfie vele.-

Selene sorrise forzatamente questa volta ma annuì imitando lo sguardo, falso, imbarazzato che sua sorella si dipingeva in viso quando era in presenza del padre con argomenti riguardanti i fidanzati e tutto ciò che aveva a che vedere con la sua sfera sentimentale.

L'uomo poco dopo si congedò e Selene toccando il cielo con un dito finì di prepararsi per uscire non appena avvertì il campanello suonare. Si sistemò le ultime cose che sua sorella le aveva prestato in borsa e scese le scale di fretta ricevendo saluti dai domestici e uno sguardo affettuoso dal padre.

Caricata, piena di tutti quei sentimenti, uscì dalla porta correndo verso il cancello.


“Mi aveva amata. Mi aveva guardata con quello sguardo intenso. Mi aveva amata, anche se sapeva che non ero io ma a me non interessava, mi gustavo i suoi occhi bellissimi su di me, l'espressione di un sorriso che sapevo mi aveva regalato a me. Mi accontentavo di quell'amore fittizio e non mi resi conto di essere così coinvolta, trascinata da quella bellissima sensazione che era sentirsi amati, che mi avrebbe presto spinto a desiderarne ancora... Ogni volta volavo sempre più alto e anche se risvegliandomi cadevo e mi facevo sempre più male, era così bello sapere di morire con i sorrisi e gli sguardi innamorati di mio padre...”


Continua...

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