Indagini congiunte

di Akane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un caso difficile ***
Capitolo 2: *** reciproche conoscenze ***
Capitolo 3: *** sulla strada giusta ***
Capitolo 4: *** le strade si intracciano ancora ***
Capitolo 5: *** I gruppi si formano ***
Capitolo 6: *** Spettacoli ***
Capitolo 7: *** Come volevasi dimostrare ***
Capitolo 8: *** A rotta di collo ***
Capitolo 9: *** Salvezza ***
Capitolo 10: *** La tensione si scioglie ***
Capitolo 11: *** coppie congiunte ***



Capitolo 1
*** Un caso difficile ***


TITOLO: Indagini congiunte
AUTORE: Akane
SERIE: crossover: NCIS, Criminal Minds e Numb3rs
GENERE: azione, sentimentale
TIPO: yaoi sicuro ed in prevalenza, poi, forse, se mi sento, se mi va qualcosa di etero. Ma vediamo...
RATING: per ora metto arancio, poi in caso se cambia avviso.
PAIRING: GibbsXDiNozzo, MorganXReid sono le coppie sicure... altre sono sorprese... Non vi dico i personaggi presenti, sorpresa anche quella!
PARTI: qualche capitolo, non troppi, credo, ma chissà!
AMBIENTAZIONE: la stessa dei rispettivi telefilm. Per NCIS siamo dopo la 5^ stagione ma non accenno a nessuno spoiler se non quello che salterà da solo agli occhi e che già sanno tutti, ovvero che la squadra di Gibbs si è ricomposta. Per CM non è specificato, direi 3^ stagione così non ci sono spoiler nemmeno qua. Per Numb3rs inizio 3^ stagione, Charlie non sta ancora con la sua amica e non si sa nulla di Colby.
DISCLAMAIRS: i personaggi e le ambientazioni non sono miei ma degli aventi diritti dei vari telefilm da me presi solo in prestito per inventare questa storia per puro divertimento.
NOTE: allora... una domenica pomeriggio guardavo Numb3rs pensando a NCIS e poi a Criminal Minds... e mi sono detta: che figata sarebbe se alcuni dei personaggi di questi tre bei telefilm si incontrassero per un caso molto difficile e pericoloso!
Ed ecco qua che la mia testa è partita immaginando il caso in questione, i personaggi che farei incontrare, come, perché, le varie relazioni... ed è saltato fuori questo. Non so di preciso cosa sarà, non ci sono tutti i personaggi di tutti e tre i telefilm, ma solo quelli che preferisco. La carenza di donne è dovuta al fatto che io sono una donna, sono etero e preferisco gli uomini. ^_^
Aspettatevi un po' di tutto, comunque...
Buona lettura. Baci Akane
RINGRAZIAMENTI: ringrazio chiunque leggerà e commenterà!
DEDICHE: a Taila che adora tutte e tre queste serie e ad altri come lei a cui piacciono una o entrambe.

INDAGINI CONGIUNTE

CAPITOLO I:
UN CASO DIFFICILE

/ In the air tonight - Nonpoint /
Un senso di frustrazione risalì in entrambi con la stessa potenza, facendoli sospirare, contrarre le mascelle ed i muscoli insieme allo spasmo dei rispettivi stomaci che si chiusero nuovamente a doppia mandata. Frustrazione e impazienza nonché fastidio e ansia.
Le cose stavano loro sfuggendo di mano ed era una cosa così plateale che presto si sarebbero messi a prendere a pugni chiunque arrivasse sul loro cammino.
Eppure la notizia era arrivata loro chiara e limpida, senza lasciare alcuna possibilità di aver capito male.
Era un incubo.
Tutta quella situazione lo era.
Un terribile incubo senza via d’uscita, almeno al momento.
Era da molto che non si sentivano così, da quando era morta Jenny, o quando Gibbs aveva rischiato di morire abbandonandoli o ancora quando avevano tutti creduto che Tony fosse morto.
Era passato molto tempo, tutto sommato, ma loro continuavano a ripensarci quando le sensazioni che provavano sul loro cammino, somigliavano terribilmente a quei momenti atroci.
Ora le cose stavano andando male ma la consapevolezza che sarebbero andate sempre peggio se non avessero subito fatto qualcosa, era incombente.
La colpevolezza che sentivano dentro fino all’osso, l’incapacità di procedere nelle indagini e fermare quel massacro che si stava compiendo intorno a loro era pietrificante. Come potevano permettere che assassinassero così facilmente dei marine?
Così tanti in così poco tempo, con lo stesso metodo freddo e sbrigativo ma unico, delle firme che attirassero l’attenzione di tutti, qualcosa che prendeva la coscienza di chiunque spingendo l’intera città e oltre a farne un caso di stato.
Quello o quegli assassini continuavano ad agire indisturbati e loro a brancolare nel buio come non mai era accaduto.
Sembrava sempre arrivassero vicini, ad un soffio da loro, e poi si scontravano con un altro errore inciampando in una buca che non doveva essere lì.
No, le cose andavano sempre peggio e nonostante loro proseguissero in quella che sembrava la giusta direzione, quello non bastava. Dovevano trovare un altro metodo per arrivare a loro.
Assolutamente.
Fu così, che all’ennesima brutta notizia di un nuovo cadavere di un marine ucciso inequivocabilmente dallo stesso killer, Vance, il nuovo direttore dell’NCIS, diede l’ultima occasione a sé stesso e alla squadra per porre termine a quei massacri gratuiti senza senso e significato.
Era quello il punto.
L’unica connessione era che le vittime erano tutte marine, per il resto non avevano collegamenti o similitudini, nulla di nulla.
Come se la divisa bastasse per uccidere degli uomini.
Dopo aver ricevuto risposta positiva, Vance convocò Gibbs per comunicargli la sua decisione, consapevole che non sarebbe stato contento. Del resto non aveva scelta, era l’unica possibilità per prendere quel killer che continuava quasi indisturbato a fare i propri sporchi comodi.
Quando il capo squadra con fare impaziente entrò nell’ufficio del direttore, già dalla sua espressione capì che doveva trattarsi di qualcosa che non gli sarebbe piaciuto.
Come minimo si aspettava di venir sollevato dal caso ma non glielo avrebbe permesso. Non avrebbe mollato a nessuno quello che ormai spettava a lui di diritto.
Prendere quel dannatissimo essere immondo che con un passo sempre avanti a loro uccideva i marine.
Stava diventando una questione personale, non mollava da giorni senza riposarsi e far riposare la sua squadra, facevano degli orari rigidissimi e praticamente nemmeno mangiavano, non si concedevano tregua, lui nella fattispecie. Non esisteva che lui avrebbe mollato senza fermare e prendere quell’assassino. Non l’avrebbe mai permesso e risoluto nonché parecchio rabbioso, si preparò a rispondergli male e a fare di testa sua come al solito.
Tuttavia Vance lo precedette con risolutezza e fermezza:
- Visto come sta procedendo il caso ho deciso di chiedere una consulenza speciale con una squadra particolare dell’FBI che normalmente opera su tutto il territorio americano. È unica nel suo genere e molto in gamba nonché utile, si tratta dell’Unità di Analisi Comportamentale. Hanno risposto positivamente, manderanno a breve alcuni agenti della squadra per aiutarci a prendere questo killer di marine. Ci serve un ulteriore metodo per trovarlo e il profilo psicologico che ci forniranno ci aiuterà. Non è una richiesta, la mia, non hai possibilità di rifiutarti. L’unica scelta che hai è di collaborare con loro o sarò costretto ad affidare il caso ad un'altra squadra. Visto poi che fino ad ora non ci sono stati dei buoni risultati non sei nella posizione di trattare la questione. Il caso rimane nostro ma dovrete offrire piena collaborazione agli agenti che arriveranno condividendo ogni informazione. Questo è tutto, agente Gibbs. –
Detto questo distolse completamente la sua attenzione da lui, spostando gli occhi dallo sguardo diretto e severo sulle carte poste nella scrivania, Gibbs rimase a fissarlo ancora qualche istante pensando peste e corna aiutato dai fulmini che saettavano dalla nuvola nera sopra la sua testa e dentro ai suoi occhi azzurri, ma si trattenne e contraendo per la millesima volta la mascella in segno di contrarietà, nonché ingoiando storicamente il duro boccone da digerire, semplicemente si girò uscendo dall’ufficio, senza dire assolutamente nulla.
Sarà tutto da vedere!”
Questo fu l’unico conclusivo pensiero mentre con passo spedito e andamento parecchio contrariato e seccato, si diresse dai suoi che lavorando più attivi che mai, attendevano impazienti, curiosi e intimoriti il verdetto del Direttore e la motivazione della convocazione di Gibbs.
Naturalmente erano tutti sicuri che gli avessero tolto il caso ma sapevano bene che il loro capo non gli avrebbe dato retta continuando imperterrito per la sua strada.
E loro, naturalmente, sarebbero stati incondizionatamente con lui a qualunque costo, fino alla fine, seguendo qualunque sua decisione.
Perché ormai al punto in cui erano non si poteva che fare così.
Perché erano una squadra ed una famiglia e si sarebbero sempre sostenuti.
Sempre.
In qualunque caso.
Quando Gibbs arrivò in poche falcate alla scrivania circondato dai suoi, ognuno alla propria che lo guardavano ansiosi, disse secco, sbrigativo e con poche parole, più dei latrati che altro:
- Stanno per arrivare alcuni membri dell’Unità di Analisi Comportamentale dell’FBI per aiutarci a stendere il profilo psicologico del killer. – Per lui sarebbe bastato questo, ma Ziva fu la prima impavida a parlare senza pensarci un attimo, scattando dritta sulla sedia e gesticolando con aria di chi non capiva:
- Profilo psicologico? Ma noi non l’abbiamo mai fatto… e poi Duky... -
A quel punto si beccò solo l’occhiata più fulminante che Gibbs riuscì a tirare fuori, qualcosa di paralizzante di per sé, quindi dopo un attimo di silenzio di tomba dove ogni singola sillaba o respiro sarebbe stato superfluo, si sentì un violento sbattere di mani sulla scrivania e il proprietario schizzare pressoché infuriato di nuovo via dalla sua postazione, dirigendosi furente di rabbia verso la toilette.
- E’ più nero del solito… - Disse McGee guardando come gli altri la direzione in cui era sparito in un lampo. – Cioè, di solito in queste situazioni difficili in cui è già più nero del suo normale… - Pensiero reso contorto dall’ansia che gli aveva inflitto lo stato d’animo iroso del suo capo, di cui aveva un ovvia e naturale paura.
Tuttavia mentre Ziva cercava di capire il senso di quella frase strana, Tony non si preoccupò nemmeno di prenderlo in giro e alzandosi a sua volta in fretta sgusciò silenzioso anche lui verso la toilette, dove si era rinchiuso Gibbs.
Una volta dentro con un certo sensato timore di vedersi arrivare non solo un fulmine ma anche un pugno vero e proprio, notò che la sua mano destra stava sotto l’acqua corrente del rubinetto, mentre il resto del viso gocciolava bagnato evitando comunque lo specchio.
Tony si fermò alla porta immaginando che il muro era stato vittima del suo sfogo fisico, quindi ringraziò sé stesso per essere riuscito a venire al momento giusto senza beccarsi lui il diretto sul naso.
Si mordicchiò il labbro e si concesse una breve smorfia di difficoltà mentre si chiedeva il modo giusto per approciarsi a lui.
Di solito a lavoro gli stava alla larga, o meglio non lo cercava molto se non per questioni professionali, ad entrambi non piaceva confondere vita privata con il resto, non volevano che quel che erano a casa influenzasse in qualche modo quel che facevano col distintivo in mano, separavano le due cose con fare molto maturo, Ma talvolta capitava che l’uno avesse bisogno dell’altro e non si poteva evitare di stargli accanto, anche solo scaldarlo col proprio sguardo che traboccava tutto il sentimento che provava.
Quei momenti in cui si lasciavano appena appena andare a ciò che erano realmente anche in privato, erano quelli in cui serviva esserlo e non si infastidivano di aver ceduto e rischiato di essere scoperti.
Tony non fece nulla se non osservarlo sciacquarsi la mano e respirare a fondo.
Sapeva che non gli piaceva nulla di quella situazione, a partire dai marines morti, dai loro buchi nell’acqua e dal killer che continuava indisturbato a fare i suoi comodi per finire ora con questa nuova squadra che veniva ad aiutarli. Per lui era un fallimento un aiuto simile, tanto più che tutto ciò di cui si fidava era la sua squadra ed il suo istinto.
Accettare un aiuto esterno, per di più di una squadra che si affidava al profilo psicologico del criminale, era una specie di sconfitta o comunque un segno di debolezza.
Capendo tutto quello che gli si agitava dentro, dopo tutto il tempo che lo conosceva e quanto stavano insieme poteva dire di riuscirci, gli si avvicinò lentamente e chiudendogli il rubinetto lo lasciò girarsi verso di sé, quindi guardandolo dritto negli occhi senza il minimo timore o esitazione così da vicino tanto da fargli sentire il respiro sul suo viso, mormorò:
- Vedrai che saranno delle persone in gamba e che ci aiuteranno a prendere quel bastardo. Entro stasera sarà tutto finito. – Di solito Tony non faceva la parte dell’ottimista che lo tirava su di morale, o meglio sì, era quello che cercava di tirare su di morale gli altri ma lo faceva sdrammatizzando facendo il buffone della situazione.
Difficilmente lui perdeva la testa arrabbiandosi anche se c’erano i casi che lo coinvolgevano molto o i momenti in cui agendo impulsivamente si trovava in qualche guaio.
Però quando fece questa parte con Gibbs, in quell’istante, il respiro parve tornargli leggermente più regolare e come per magia qualcosa davvero funzionò in quel piccolo e semplice gesto da parte del suo uomo.
Non seppe dire cosa di preciso funzionò ma tornandogli il sangue freddo chiuse istintivamente gli occhi appoggiando la fronte su quella di Tony, piegò appena le labbra in un cenno di consapevolezza, qualcosa di molto dolce che fra loro era raro. Dopo qualche minuto di silenzio in cui non si erano nemmeno più guardati negli occhi ma solo toccati con le fronti, si staccarono senza nemmeno sfiorarsi con le labbra.
Non era il luogo né il momento.
Ora andava bene così.
Il bacio sarebbe arrivato alla fine di quel caso, quando avrebbero chiuso quell’assassino in obitorio!
- Andiamo. – Mormorò invece Gibbs scambiandosi un ultimo breve e fugace sguardo con quello che era il suo uomo da tempo, ormai.
Quindi precedendolo uscirono insieme dalla toilette più calmi e concentrati di prima, con un'altra luce più determinata ma lucida e ragionevole.
In un modo o nell’altro avrebbero preso quel criminale e se per riuscirci dovevano appoggiarsi all’aspetto psicologico fornito da altre persone, allora sarebbe andato bene.
L’importante era comunque arrivare a lui e Gibbs sapeva che l'avrebbe avuto fra le mani, prima o poi.
E da lì non ne sarebbe più scappato.


L'auto nera con a bordo solo tre uomini stava ormai per giungere a destinazione viaggiando con un andatura sostenuta fra il traffico di Washington. Alla guida era il più bello fra i tre, un gran bel ragazzo di colore che con gli occhiali scuri per coprirsi dal sole di quel giorno, faceva sfoggio del suo fisico atletico grazie ad un abbigliamento che gli donava molto evidenziando i muscoli giusti al punto giusto. La sua bella voce bassa con un tocco costante di sensualità naturale, come ogni altra parte di sé stesso, stava parlando con gli altri due uomini chiedendo particolari sul caso che si apprestavano ad affrontare con i federali della marina.
A rispondergli erano a turno entrambi i suoi colleghi, uno il suo capo seduto a fianco vestito di tutto punto con un aria estremamente seria e severa, l'altro più magro e pallido, di gran lunga diverso da tutti. Lui era il ragazzo più giovane il cui abbigliamento lasciava un bel po' a desiderare, i biondi capelli lunghi che coprivano dolcemente il collo erano lasciati a sé stessi e si presentavano un po' arruffati, così come lui nell'insieme. Consultava delle carte sciorinando una serie di statistiche che gli altri due uomini ascoltavano e commentavano.
Di norma la squadra di Analisi Comportamentale dell'FBI era composta da più persone però al momento avevano dovuto dividersi ricevendo due urgenti richieste importanti.
Il killer di marine era stato il caso di cui si erano fatti carico Hotchner, Morgan e Reid mentre Rossi, Prentiss e JJ si erano diretti altrove. Non era raro che si dividessero ma nemmeno molto frequente.
Del resto Reid era il più indicato per i criminali che uccidevano così tanto e da lui né il capo né l'altro compagno si separavano mai. Se potevano preferivano affiancarlo. Normalmente non lo facevano entrambi ma solo uno dei due, però potendo scegliere si sentivano più tranquilli così.
- Eccoci arrivati. - Disse Morgan parcheggiando il SUV nero dai vetri oscurati nel parcheggio dell'NCIS. Reid chiuse la cartella che stava consultando e raccogliendo tutto quello che si erano portati inerente al caso scesero dall'auto dirigendosi a passo sicuro e spedito all'ingresso.
Sarebbe stato un caso difficile, lo sentivano a pelle ed ormai erano abituati a fidarsi delle sensazioni anche se non le esprimevano mai poiché lo ritenevano superfluo. Loro malgrado con seria professionalità attesero di essere condotti dalla squadra in testa alle indagini consapevoli che ad essere complicato non sarebbe stato tanto il caso in sé quanto collaborare con altri agenti federali.
Quando i tre uomini completamente diversi fra loro uscirono dall'ascensore condotti dall'agente che li aveva scortati, si fermarono aspettando di essere presentati, guardandosi discretamente attorno per farsi subito una prima idea dell'ambiente in cui avrebbero lavorato.
Bastò uno sguardo per capire subito con chi avrebbero lavorato e capirono anche quanto provati fossero dalle indagini.
Reid si avvicinò istintivamente di più a Morgan mentre Hotch aspettava un passo avanti a loro in attesa di ricevere l'altro capo squadra o il direttore e in quella breve attesa tutti capirono che oltre ad essere dei giorni difficili, quelli, sarebbero stati anche dei giorni diversi da quelli che di solito erano abituati a vivere e affrontare. Nemmeno lì sarebbero stati in grado di spiegare il motivo di quelle sensazioni, però si sentirono così e subito preferirono concentrarsi su quel che stavano per fare.
Si riscossero dai rispettivi pensieri insoliti quando un uomo dall'andamento sbrigativo e deciso, nonché visibilmente seccato, andò loro incontro. Subito capirono che si trattava del responsabile delle indagini quindi Hotch andò lui incontro ricambiando senza problemi lo sguardo diretto che ricevette immediatamente.
- Voi siete la squadra di Analisi Comportamentale dell'FBI, suppongo. - Disse con voce bassa e controllata che non mascherò minimamente il suo stato d'animo molto contrariato e scontroso. Il moro tese la mano abbozzando un sorriso tirato ma professionale che non fu ricambiato nonostante la mano fu presa e stretta con sicurezza.
- Agente Speciale Hotchener, lui è l'agente Reid e lui l'agente Morgan. - Presentò altrettanto sbrigativo concordando con lui sull'andare al sodo e non perdersi in sciocchi convenevoli. All'inizio era difficile per tutti, poi collaborando le cose sarebbero cambiate, conoscendosi meglio, approfondendo...
- Vi do il benvenuto a nome di tutta l'NCIS, la mia squadra vi offrirà la massima collaborazione e qualunque cosa vi serva non avete che da chiedere. Mi auguro che... - La voce del Direttore che era arrivato intromettendosi fra i due capi squadra, fu a sua volta interrotta da Gibbs che senza peli sulla lingua dimostrò apertamente quel che pensava, fin troppo:
- ... che tutto questo non sia una perdita di tempo! - Detto questo ignorò gli sguardi increduli ed interessati dei presenti, quindi si voltò verso gli altri alle scrivanie che osservavano da lontano parlottando fra loro senza perdersi un solo istante e facendo loro un unico cenno col dito indicò di avvicinarsi. Ziva, Tony e McGee quindi scattarono e arrivando lì in fretta affiancarono Gibbs e Vence dinnanzi ai tre membri dell'FBI che si presentarono tendendo le mani e scambiandosi tutti uno sguardo chi diretto, chi significativo, chi ironico, chi gentile e chi di ammirazione.
McGee era contento di indagare con una squadra che sembrava tanto interessante, visto il loro metodo particolare, Ziva invece era di natura sospettosa, un po' come Gibbs, mentre Tony era incuriosito. Non si precludeva mai nessuna strada, prima voleva studiare la situazione a modo suo e solo dopo decidere se gli sarebbe piaciuto o meno.
Lo sguardo fine e assassino che Vance diresse a Gibbs fu molto chiaro e cristallino, non servirono parole, tuttavia prima di andare sibilò:
- La totale collaborazione. - Non ci fu bisogno di altro. Sapeva che l'altro non avrebbe mai risposto.
Una volta soli i sette continuarono a guardarsi ancora brevemente ognuno a modo proprio, poi Gibbs voltò loro le spalle senza dire nulla se non: - Tony! - che fece scattare il nominato già preparato a quel che doveva fare pur non essendosi messi d'accordo precedentemente:
- Mi occupo di loro. - Disse infatti, poi aggiunse: - Prego, seguitemi. - Non c'era bisogno di chiedere di cosa avevano bisogno, era ovvio che come minimo serviva loro una stanza in cui sistemarsi anche perché difficilmente Gibbs avrebbe accettato di condividere la sua scrivania con qualcun'altro.
Hotchener e gli altri si scambiarono una breve occhiata fra di loro, un occhiata che disse tutto, quindi semplicemente lo seguirono senza emettere alcun suono.
- E' uno che si nota! - Sussurrò Reid a Morgan senza farsi sentire da nessun altro.
Morgan alzò un sopracciglio e incuriosito chiese: - Chi? - capendo che poteva trattarsi sia del capo squadra che dell'agente che ora li conduceva.
- L'agente Gibbs. Ha una personalità molto forte. Sembra diffidente verso il genere umano ma dei suoi agenti si fida tanto che loro capiscono al volo le sue richieste ancora prima che le esprima. E non ha il minimo timore del suo capo, il direttore. - Era tipico di Reid subire il fascino di coloro che avevano una personalità forte ed analizzarli subito con la stessa facilità con cui si indossano i calzini. Morgan sorrise compiaciuto che il suo cervello, tanto per cambiare, fosse già in movimento anche se non per il caso.
- Si... un tipo interessante... ha l'aria di riservare molte sorprese. Non sarà affatto male lavorare qua. - Lo disse con ironia ed una luce più che divertita negli occhi scuri che pur parlando di uno fissavano insistentemente un altro, ovvero Tony. Reid seguì incuriosito la linea del suo sguardo e alzò entrambi i sopraccigli disorientato da ciò che capì Morgan stava guardando: il sedere di quell'agente oggettivamente di bella presenza. Istintivamente ingoiò a vuoto e preferì non dire nulla anche se avrebbe potuto; al contrario il suo cervello, naturalmente, si mise a pensare ad una velocità supersonica che 'l'interessante' di Morgan era diretto a quel ragazzo piuttosto che al capo squadra di cui stavano parlando.
Bè... “ Iniziò poi rallentando un attimo e soffermandosi anche lui sulla visione che in effetti non era poi tanto male: “non che lui sia meno interessante dell'altro... ma per un motivo diverso! “
Si stupì lui stesso dei pensieri che si trovò a fare, quindi decidendo di concentrarsi su altro ascoltò ciò che l'oggetto del suo 'interesse' stava dicendo con una certa allegria nella voce. Un allegria scanzonata ed ironica ma non pesante o fuori luogo. Ricordava molto il modo di fare di Morgan anche se non era proprio uguale.
- Vi abbiamo assegnato una stanza, immaginando che ne avrete bisogno per sistemarvi... - Poi piegò l'angolo della bocca all'insù accentuando l'ironia che già vibrava molto in lui: - Vi consiglio di stargli alla larga il più possibile e di rivolgervi a me per qualunque cosa... lui è molto peggio del killer che stiamo cercando... - La piccola battuta più o meno innocente non fu molto apprezzata da Hotch che ignorò totalmente l'ultima frase, mentre Morgan ridacchiò inquadrando al volo il tipo decidendo che gli piaceva e che avrebbero instaurato un ottimo rapporto. Reid rallentò ancora corrugando la fronte chiedendosi se fosse serio, non trovando risposta (quel genere di cose le capiva solo Morgan) si affrettò a seguirli entrando insieme agli altri nella stanza delle riunioni dalle medie dimensioni fornita di un lungo tavolo, di sedie, di finestre e di un televisore. Stanza con lo stretto necessario.
Tony si mise da parte a lato della porta e allargando le braccia li fece entrare continuando con naturalezza a parlare, sembrava che non subisse nessuna tensione per il caso difficile che stavano affrontando o per la loro presenza. Avevano notato che tutti erano nervosi e seri, tranne lui. Un altro tassello andò a comporre quell'interessante individuo e Morgan gli scoccò un sorriso che la disse lunga su ciò che pensava in quel momento con quello scambio di sguardi. Tony lo notò e non se ne imbarazzò, lo accettò di buon grado ricambiando allo stesso identico modo, quindi come se gli avessero inserito una monetina per farlo funzionare cambiò repentinamente senza apparente sprone e rivolgendosi ad Hotch con serierà, tornò al motivo per cui erano lì:
- Non so cosa vi abbia fornito Vance, cosa sappiate già e cosa vi serva, tuttavia possiamo organizzare una prima riunione preliminare con l'intera squadra per scambiarci tutte le informazioni e gli aggiornamenti prima di iniziare. Non so come lavorate di solito quindi aspetto le vostre richieste che, ripeto, vi conviene fare a me se volete ottenere qualcosa di utile e non un ringhio... sapete... Gibbs comunica con quelli e con gli scappellotti, la mia nuca ne sa qualcosa. Ad ogni modo... - Lo sproloquio sarebbe andato avanti a lungo fra le cose serie e sensate e quelle demenziali ad inutili sparate tutte con lo stesso tono, se Hotch non lo avesse interrotto impaziente e brusco per procedere senza perdere altro tempo:
- Si, è una buona idea la riunione preliminare d'aggiornamento. - Sperando che nessuno gli desse man forte. Speranza vana.
- Se non si rischia troppo la vita... - Fece infatti Morgan col medesimo tono usato da Tony. Questi spostò lo sguardo su di lui notando che oltre ad essere decisamente un bel tipo dannatamente sexy, stava anche al suo umorismo, cosa essenziale affinché qualcuno gli piacesse.
- Per questo vedrò cosa posso fare, ma non vi assicuro nulla... con Gibbs l'unica sicurezza è che per rimanere interi bisogna stargli alla larga! - Morgan ridacchiò divertito e complice mentre Reid continuò stupito ed incuriosito a studiarli, era molto colpito dalla sicurezza che trapelava da loro. Insieme avrebbero fatto scintille, ne era certo. Però gli sembrava così strano incontrare un altro simile a Morgan... ma soprattutto vederli così presto complici fra loro. Doveva ancora capire se sarebbe stata una cosa positiva.
- Va bene, grazie. Vi aspettiamo per l'aggiornamento. - Interruppe il siparietto Hotchener che cominciava a nutrire seri dubbi sul fatto che fosse stata una buona idea far venire anche Morgan. Del resto non poteva immaginare che ci sarebbe stato un altro simile a lui con cui fare comunella. Quei due insieme, lo capì subito, gli avrebbero dato dei grandi grattacapi ma si fidava di Morgan e sapeva anche che per avere dei buoni risultati, da lui, bisognava lasciarlo libero di agire come si sentiva, come il suo istinto gli diceva di fare.
- Bene. - Disse Tony con aria enigmatica girandosi per andarsene.
- Già! - Lo fermò Morgan con quest'esclamazione insolita, l'altro si girò nuovamente in sua direzione quindi lo vide avvicinarglisi e a voce bassa che lo fece rabbrividire continuò: - Tutti abbiamo un 'Gibbs' in famiglia! - Il modo in cui si guardarono e sorrisero simbioticamente con malizia e ironia fu qualcosa che a Reid non piacque e lo sentì con più chiarezza solo in quel momento.
Ovviamente non seppe spiegarselo ma sapeva che prima della fine di quella collaborazione l'avrebbe capito.

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Capitolo 2
*** reciproche conoscenze ***


INDAGINI CONGIUNTE

*Ecco qua il secondo capitolo di questo crossover che ricordo comprende NCIS, Criminal Minds e Numb3rs. Anche qua i personaggi di Numb3rs non ci sono ancora ma arriveranno nel prossimo capitolo, credo. Intanto ringrazio tantissimo chi ha già commentato e chi ha letto. Vi auguro ancora buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO II:
RECIPROCHE CONOSCENZE

/ Sidedish friend – Rachel Yamagata /
La riunione ebbe luogo prima del previsto e Tony stesso si sorprese della collaborazione di Gibbs, era sicuro che non avrebbe mai rivolto la parola a nessuno di quei tre, accettare addirittura di vederli in una riunione di aggiornamento era davvero sensazionale!
Dopo qualche minuto erano tutti lì nella sala che avevano riservato ai consulenti dell’FBI a parlare del caso.
Portavoce fu ancora una volta Tony dal momento che era troppo pretendere che Gibbs si abbassasse a tanto.
Probabilmente vuole capire quanto siamo validi… è qui solo per questo, per sapere se possiamo servirgli davvero o meno. Il fatto che si conceda un istante per comprenderlo è positivo, onestamente non pensavo l’avrebbe fatto!”
Fu il pensiero di Reid mentre al contempo registrava per filo e per segno ogni parola che veniva emessa dalle affascinanti labbra del bell’agente dell’NCIS.
Il capo, infatti, era a braccia conserte, impettito, nell’angolino della stanza, proprio sulla porta pronto ad andarsene il prima possibile con un aria scura nel volto affascinante.
Hotchner e Morgan, dal canto loro, seppure notassero ogni singolo dettaglio, erano maggiormente concentrati sulle informazioni particolareggiate che forniva Tony. Il fatto che non facesse più dell’ironia pur lui fosse chiaramente tipo da farla sempre, denotava quanto seria fosse la faccenda.
Ziva e McGee stessi erano colpiti da questo particolare.
Colpiti, certo, ma umani in quanto nonostante fossero tesi per il caso il tempo per squadrare i nuovi collaboratori e apprezzarli lo trovarono!
Ziva, ovviamente, fu subito profondamente attratta da Morgan, cosa più che normale visto che si trattava esattamente del suo tipo ideale, McGee invece fu colpito da Reid, quel ragazzo giovane magrolino, sciupato ma con l’aria così diversa da tutti, doveva essere molto intelligente.
- E questo è quanto. Domande? – Concluse ancora apparentemente serio, congiungendo le mani e strofinandosele in segno di soddisfazione verso sé stesso. A questo punto Reid, che era abituato a fare mille cose insieme, una domanda la trovò quindi quando fece per aprire bocca col dito da saputello alzato, fu subito fermato di nuovo da Tony che con ironia velata batté una mano sulla spalla del collega: - Rivolgetele pure al McGenio, sarà preciso ed esauriente come una pettegola dalla parrucchiera! – Un paragone insolito che per una volta non tirò in ballo nessun film. Fu qui che i tre nuovi alzarono i sopraccigli interdetti, quindi guardarono McGee che con aria severa ammoniva l’amico con un’occhiataccia. Sembrava abituato. Però fra tutti ad intervenire per primo fu Reid che deviò la domanda che voleva fare su una più spontanea ed incuriosita:
- McGenio? – Naturale visto che di norma la parola ‘genio’ era affiancata a lui!
- Certo, lo capirete presto anche voi che lui è meglio di qualsiasi computer o enciclopedia! – Decisamente sconvolgente!
Ma guarda un po’! Qualcuno ha rubato il trono a Reid! Voglio proprio vedere che farà!”
Pensò divertito Morgan senza intervenire, studiando attentamente il collega che si sforzava di non fare alcuna espressione particolare.
- Stavi per dire? – Chiese McGee quindi per riportare tutto alla normalità prima di far stizzire Gibbs, cosa che mancava poco.
- Si… - Si riprese il biondino dalla pelle pallida e le solite occhiaie sotto gli occhi mettendosi le mani in tasca e smettendo di gesticolare come un professorino. – Potrei avere una mappa con tutte le località delle aggressioni evidenziate? – Già dal tono saccente di natura si capì subito che tipo doveva essere e a Tony non piacque già. Se era uno di quei ‘so-tutto-io’, non sarebbe potuto mai andare d’accordo con lui. Non come sarebbe sicuramente successo con quel magnifico ragazzo di colore!
- Certamente, te ne fornisco subito una. – Detto questo sparì fuori dalla stanza come un fulmine immaginando già cosa volesse fare con quella mappa.
- Posso chiedervi cosa ne pensate così di primo acchito? – Chiese quindi Tony notando che Gibbs e Ziva continuavano amabilmente a farsi i fatti loro, era inoltre sinceramente curioso di sapere se fossero stati utili o meno, come lavoravano insomma. Fu lì che Hotchner prese la parola cominciando a porre la prima più ovvia ipotesi che sarebbe stata presto da avvalorare. Non fu interrotto e tutti ammirarono il tono di comando e l’aria seriosa nonché estremamente sbrigativa con cui parlava. Tutti lo capirono con una sola occhiata. Quell’agente capo squadra era estremamente simile a Gibbs. Tanto simile che avrebbero probabilmente fatto scintille… e non proprio in senso buono!
Tony notò subito la tensione del suo uomo, dietro di sé; non gli piaceva che qualcuno tentasse di prendere il suo posto e non ci voleva un genio per capire che la tendenza di quel tipo fosse proprio quella.
Decise di allentare subito la pesantezza con una battuta solita ma fu preceduto da Reid che andò in sostegno del proprio capo sciorinando una serie di esempi di casi famosi ed analoghi per spiegare il tipo di SI con cui probabilmente avevano a che fare, seguì con delle statistiche ed una serie di altre parole da star mollate alla velocità di un missile.
Non solo Tony ma anche Ziva fece un espressione di completo stupore mentre nel frattempo McGee che era rientrato con la mappa dai punti evidenziati, non potè trattenere un sorriso d’ammirazione e di felicità. Sorriso che per fortuna non fu visto da Gibbs che non fece una piega sulla performance di Reid.
A reagire per primo fu naturalmente Tony il cui viso ormai viaggiava dallo stupito allp schifato allo spaventato, poi colse al volo l’opportunità di alleggerire la situazione tesa e nervosa con la sua solita ironia:
- Abbiamo un altro McGenio! Mi ricorda… - quando elencò una serie di protagonisti di diversi film che gli ricordarono quel giovane spaventosamente fuori dal comune, un ovvio scappellotto si infranse con la sua nuca e il silenzio cadde ad eccezione del suo: - Scusa capo. – sottile. O per lo meno in apparenza. Ad ogni modo l’indisciplinato agente tacque nell’immediato e senza ribellione alcuna sfoderò un viso contrito e pentito.
Il sorrisetto di Ziva non fu trattenuto in concomitanza alle espressioni incredule e prese alla sprovvista degli altri tre federali. Non avevano mai visto un capo squadra assumere metodi simili per disciplinare i propri agenti... quel tipo era davvero pericoloso! Al contrario di tutti McGee decise che era il momento di rimettere tutto a posto prima di qualche altro scoppio più grave.
- Eccoti la mappa… pensi di riuscire a ricavare qualcosa di utile servendoti delle tue statistiche? O magari pensavi di creare un algoritmo sulle possibili zone a rischio? –
- No, guarda, prima di tutto bisogna capire come il Soggetto Ignoto sceglie le vittime. Lavora su zone specifiche e quindi colpisce qualunque marine che passi, oppure studia un minimo l’obiettivo e dunque il luogo è casuale ogni volta ma significativo per le persone colpite? L’algoritmo lo posso fare comunque ma non è detto che sarà utile poiché magari l’SI non agisce su luoghi prestabiliti ma su persone prestabilite. Però tentare non nuoce. Da questa mappa si può notare come i crimini rimangano circoscritti all’interno di una zona specifica. Statisticamente, se parliamo di SI che… - Da qui proseguì all’infinito su teorie e spiegazioni varie a cui riuscì stare dietro solo lo stesso McGee che senza perdersi una sola parola fu anche in grado di intervenire con spunti interessanti e utili. Mentre loro, su un misto fra fastidio e stupore degli altri, si appartarono parlando e mettendosi subito al lavoro, Morgan decise di aver pietà dell’espressione esterrefatta e quasi schifata di Tony che si sentiva non solo tagliato fuori ma anche un pesce fuor d’acqua.
Mica saranno tutti così… io mi sparo!”
Pensò solamente avendo già bisogno di un colpo in testa per riprendersi dallo shock che quel tipo gli aveva causato.
- No, non siamo tutti così, lui è un eccezione ma non devi necessariamente lavorare con lui… -
Questa battuta distesa fu altamente gradita da Tony che gli si avvicinò impercettibilmente per allontanarsi dai due geni all’opera piegati sulla mappa stesa sul tavolo.
- Non sai che peso mi togli! – Disse spontaneo con liberazione e sollievo.
Morgan si concesse una piccola innocente risata che fu interrotta malamente dalla voce burbera di Gibbs che finalmente si espresse da dietro tutti:
- McGee, va con lui da Abby, lavorerete là su quella cosa lì! – Non capendo un acca di ciò che era ‘quella cosa lì’. Il sottoposto si alzò di scatto quasi spaventato, quindi riprendendosi subito notò il timore del biondino che aveva fatto istintivamente un passo indietro nella direzione sicura di Hotch, visto che Morgan preferiva stare vicino a Tony!
- Vieni con me. – Disse quindi con gentilezza porgendogli un sorriso rassicurante.
Lo capiva bene, sapeva come ci si sentiva a contatto con gente come Gibbs, Tony e Ziva… non sapeva a cosa era abituato di norma ma sembrava come un esemplare raro cresciuto in cattività al sicuro lontano da ogni pericolo. Ma forse era solo un impressione.
Però l’idea che fosse considerato un tesoro dai suoi compagni di squadra era lampante.
Quando furono soli in corridoio, nessuno aveva notato l’indurimento dello sguardo di Morgan nel vederli andarsene insieme così in sintonia, McGee fu libero di tranquillizzarlo amichevole:
- Non preoccuparti, non morde se gli stai a debita distanza ed indovini al volo i suoi desideri. Hai il cinquanta per cento di probabilità in più di sopravvivere se non sei DiNozzo. E non lo sei. Quindi sta tranquillo. –
Reid non seppe se sentirsi sollevato o meno, suo malgrado un sorrisino gli uscì spontaneo apprezzando le sue parole e la sua presenza. Erano simili, lo capiva subito, non era certamente abituato a lavorare con un altro del suo calibro, anche se ovviamente non erano proprio uguali.
- Buono a sapersi. Ce l’ha dura il tuo collega con lui mi sembra… - Intavolò il discorso con curiosità verso quell’individuo interessante che rispondeva al nome di Anthony DiNozzo.
- Si però è anche l’unico che ottiene dei risultati con lui. –
- Cioè? – Chiese sempre più interessato mentre entravano in ascensore.
- Bè… se il capo è nervoso è sta con DiNozzo, finisce che si sfoga brutalmente con lui, quindi dopo è più trattabile! – Reid ridacchiò capendo la fine ironia del ragazzo che lo imitò contento che qualcuno aveva capito e apprezzato il suo modo di scherzare.
- Vi fa comodo averlo in squadra, allora! –
- Già… è il miglior capro espiatorio! –
- Però ha l’aria di essere anche molto in gamba. –
- Chi? Tony o il capo? –
- Tutti e due ma io mi riferivo all’agente DiNozzo. – Dopo l’ironia si concessero un momento di serietà ed entrambi assunsero un aria posata.
- E’ vero, ma si monta facilmente la testa. – Altro piccolo ghignetto innocente che morì subito: - Comunque lui e il capo hanno veramente un rapporto molto stretto. Intromettersi fra quei due, in qualunque modo possibile, significa rischiare la vita. –
A questo punto Reid si sentì di fare una piccola analisi preliminare per quel po’ che aveva visto:
- Sembrano diversi eppure allo stesso tempo sono uguali. Sono due che si completano e per questo sono in simbiosi. Si capiscono al volo vero? Magari non sembra perché uno è troppo chiuso e riservato, l’altro maschera quel che lo riguarda intimamente. È così? –
L’espressione dell’altro fu di totale stupore mentre si perse a fissarlo come se fosse un alieno. Li aveva appena visti eppure aveva capito cose che a lui erano ancora nebulose. Fu lì, col tempo che gli parve fermarsi, che capì quanto quei tre sarebbero riusciti ad aiutarli.
E quanto avrebbero rivoluzionato le vite di qualcuno!
- Il Dottor Spencer Reid! – Si illuminò quindi improvvisamente dopo aver assistito esterrefatto a quella piccola analisi di quei due.
- Si? – Disse l’altro stranito non capendo quest’esclamazione insolita. Si erano già presentati…
- Ora ti ho collegato all’articolo che ho letto. Anzi, più di uno in realtà! Tu sei QUEL Spencer Reid! Non me ne ero reso conto, sapevo di conoscerti ma non capivo come! Sicuramente anche Abby ti conosce! –
- Abby? – Chiese per spostare la concentrazione su altro che non fosse la sua fama.
- Si, scusa… prima di uscire da questo ascensore devo parlarti di lei o ne rimani shockato, penso. –
- Oh, ne ho viste in vita mia, credimi… -
- Ad ogni modo lei è la nostra analista di laboratorio. È una persona molto intelligente e bravissima nel suo lavoro, ma è un po’ eccentrica e particolare… -
- Particolare? – Chissà perché a quella descrizione gli venne subito in mente Garcia.
- Si… bè, ora capirai di cosa parlo! – Decise di non rovinargli oltre la sorpresa e che l’aveva preparato abbastanza.
- Non sarà molto diversa dalla nostra informatica… - Disse a mezza voce riferendosi a Garcia proprio mentre varcava la soglia dell’ascensore.
Una volta uscito seguì il nuovo compagno immersi subito in una musica assordante e caotica metal. Lui l’avrebbe definita solo rumore ma magari sarebbe piaciuta anche a Morgan!
- Ma riesce a lavorare bene con questa musica assordante? –
Sempre che possa chiamarsi musica?”
- Oh si, tranquillo… lei lavora meglio così! –
Arrivati al centro del laboratorio della scienziata che stava lavorando china su alcune macchine canticchiando la canzone che andava a tutto volume, Reid si immobilizzò notando l’abbigliamento che già da dietro si vedeva perfettamente: stivali ad anfibio in pelle nera con mille fibbie che arrivavano fin sopra il ginocchio, calze rosse con tanti teschi, camice bianco (l'unica cosa normale) e dei codini neri. Da dietro questo vide ma bastò per un quadro completo nella mente del genietto.
- Abby… - la chiamò facendola voltare e mostrandola al profiler in tutto il suo gotico splendore: - ti presento il Dottor Spencer Reid. –
Quando lei puntò la sua attenzione su di lui illuminandosi improvvisamente, Reid alzò anche i sopraccigli capendo cosa intendesse McGee con ‘particolare’, soffermando gli occhi azzurri sgranati sulla gonna corta stile scozzese gotico e sulla maglia a rete che si intravedeva sotto il camice. Per il resto borchie, catene, ciondoli e ciafrusaglie varie evidenziati dal solito trucco nero.
- Spencer Reid? – Disse lei mollando di sana pianta tutto ciò che stava analizzando per fiondarsi entusiasta e di corsa da lui su quelle specie di trampoli in pelle che aveva al posto degli stivali. – Ma io ho letto tutto quello che ti riguardava! Ma tu pensa… che piacere conoscerti! Come mai è qui? Siamo in un momento difficile di grande stress lavorativo, se Gibbs mi becca ad alzare il muso dalle mie analisi mi spara con uno di quei fucili da cecchino che usava in guerra! Però che piacere conoscerti. Posso darti del tu? Sei più piccolo di me in fondo… - Il monologo proseguì ancora per un po’ alla velocità delal luce con entusiasmo crescente mentre gli stringeva la mano con vigore senza mollarlo per poi addirittura abbracciarlo con foga. – Scusa ma non posso evitare, sai mi sei estremamente simpatico con tutte le tue lauree e i tuoi neuroni così sapienti! – Il siparietto continuò con un rigidissimo Reid e una oltremodo felice Abby. Terminò con McGee che la strappò da lui riportandola all’ordine.
- Abby, devo chiamare Gibbs? – Provò a minacciarla lui allontanandola fisicamente dal ragazzo.
- Provaci ed io gli dico che non mi hai portato il caffè perché eri troppo preso da lui e così mi hai fatto lavorare male! Io senza caffè non posso lavorare, lo sai! –
- Se mi consente troppa caffeina non permette di lavorare comunque bene… bisogna limitarsi ad una dose adeguata e… - Si intromise Reid sentendosi subito a suo agio grazie al fatto che quella ragazza gli ricordava Garcia e McGee gli somigliava un po’.
- Caro, preferisco leggerti che averti qua di persona! Pazienza, nessuno è perfetto! – Rispose subito allegramente Abby con la sua solita spontaneità. Reid rimase inebetito alla risposta diretta, quindi la mora si voltò tornando a quel che stava facendo prima:
- Allora, quali novità McGee? Come mai lui è qui? Non credo proprio che Gibbs si sia abbassato a chiedere aiuto a qualcuno di esterno… - Il biondo rimase in parte ancora inebetito a fissarla mentre McGee si sistemava appendendo la mappa.
- Lui no ma il direttore si. Sono dei profiler, analizzano il profilo psicologico dei criminali. È solo un'altra strada che il Direttore vuole provare. –
- Gibbs sarà svisceralmente contrario… -
- Già ma al volere dei superiori anche lui ha dovuto straordinariamente piegarsi! –
Dopo di quello lei cominciò a parlare velocemente e seriamente del caso e di quel poco che aveva scoperto in più di prima, mentre McGee e Reid spiegarono a lei cosa tentavano di fare rendendola partecipe delle loro teorie. Tutte tesi a cui la scienziata riuscì tranquillamente a stare dietro.
Ben presto anche lei sulla scia di Tony prendendo ancor più confidenza con Reid iniziò a prenderlo bonariamente in giro in modo da non dare comunque fastidio, aiutandolo anzi a sentirsi a casa.

Nel frattempo nella sala lasciata da Reid e McGee con uno sguardo contrariato di Morgan, Hotchner chiese genericamente ai tre rimasti ulteriori delucidazioni:
- L’ideale sarebbe parlare con qualche testimone. – Andò dritto al sodo senza perdere tempo in teorie varie che erano già state ampiamente spiegate. Gibbs apprezzò la fretta e lasciò parlare Tony senza bisogno di fargli alcun cenno:
- Si, qualcuno c’è in realtà ma dicono di aver visto ben poco, non ci sono stati utili. –
- Vorrei comunque parlare con loro. – Disse educatamente ma risoluto. Non ammetteva repliche, aveva deciso e difficilmente si sarebbe piegato ad un rifiuto. Si capì subito quanto abituato fosse a prendere decisioni e comandare e al contrario a non sottostare a nessun altro.
- Ziva, accompagnalo. – Disse serafico Gibbs ancora con le braccia conserte nell’angolo ad osservare e ascoltare, pronto a prendere a scappellotti Tony o mordere qualcun'altro. Ziva annuì obbediente intrigata suo malgrado di passare del tempo con quell’uomo ugualmente interessante, anche se non fantastico e sexy quanto l’altro di colore. Aveva anche lui un suo fascino ed inoltre era forte. Molto forte. Lo capì al volo col suo istinto. Sicuramente non le era inferiore, cosa essenziale per far parte della sua lista bianca!
- Morgan, vittimologia… - Gli disse prima di uscire seguendo la mora dalla camminata impettita e decisa. Non gli disse di farsi aiutare da nessuno, già sapeva che avrebbe lavorato con DiNozzo e che quel Gibbs avrebbe fatto ancora il solitario per un po’, facendosi sapientemente aggiornare dal suo primo agente che delegava in continuazione a fare le sue veci.
Anche a lui era bastata un occhiata per inquadrare quel capo squadra.
Sarebbe stata dura ma solo all’inizio, poi si sarebbero abituati ed avrebbero messo in piedi un ottima collaborazione.
Lo sapeva.
Proprio come da lui previsto Gibbs, una volta soli, lanciò una sola occhiata al suo primo agente che lo ricambiava già sapendo perfettamente l’ordine che sarebbe arrivato di lì a poco, fu un breve scambio di sguardi molto significativo che diceva ‘controllalo’ ma anche ‘stai attento’ e ‘tienimi aggiornato’.
Però non solo.
Oh, non solo.
E quel ‘non solo’ a Morgan non sfuggì seppur fu solo un lampo impercettibile.
Poi l’uomo più grande prima di andarsene dalla stanza disse solo:
- Aiutalo. – Il resto era superfluo.
Tony già sapeva.
- Agli ordini capo! – Suo malgrado volle rispondergli con la sua perenne scanzonata allegria che a volte si spegneva mutando in rabbia o tristezza. Raramente in realtà poiché sapeva controllarsi molto bene davanti agli altri.
Una volta soli, Morgan e Tony si guardarono squadrandosi finalmente in libertà, come se il passatempo migliore, di lì in poi, sarebbe stato proprio mangiarsi a vicenda immaginandosi fuori dal lavoro!
- Bene! – Iniziò quindi l’agente dell’NCIS con decisione e un pizzico di entusiasmo nella voce dimostrando di non essere affatto scontento di essere con lui: - Siamo rimasti noi due. – Come se fosse stato necessario sottolinearlo. Il sorrisino però lo evidenziò ulteriormente e questo cominciò a stuzzicare Morgan come non mai, tanto che ricambiò lo stesso con uno identico. – Cosa ti serve? – Chiese quindi allargando le braccia come a dire ‘posso servirti io?’.
Morgan allora alzò un sopracciglio malizioso e apprezzando l’azzurrità velata dei suoi occhi indecifrabili che dicevano tutto e niente, capì che in lui c’era molto più di ciò che non apparisse.
- Informazioni! – Fece quindi tirando fuori il cellulare per chiamare Garcia ed iniziare la sua ricerca sulla vittimologia.
Eppure quell’affermazione, chissà come mai, suonò tanto come qualcosa di personale e non professionale.
Del resto doveva capire una cosa di cui aveva già avuto sentore in quell’ultimo scambio di sguardi.
Qualcosa che Tony avrebbe fatto bene ad appuntarsi a fuoco nella testa prima di fare qualunque altra cosa: lui stava con Gibbs e non solo, i due si amavano.
Prima di giocare con gli altri, come di norma faceva con le donne per sviare certe idee altrui, doveva ricordarsi anche che Morgan era un uomo e che Gibbs di norma già era geloso delle donne, figurarsi degli uomini cosa sarebbe stato!
E di quell’uomo poi…
Ma il loro motto innocente era:
Gli occhi li abbiamo per guardare... non facciamo niente di male ad apprezzare ciò che è bello. Tanto si tratta solo di deliziarsi della bella presenza di questa persona. Nulla di più.”
Ma questo lo sapevano solo loro, non certo gli altri che presto avrebbero pensato certe cose!

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Capitolo 3
*** sulla strada giusta ***


*Ragazzi, un altro capitolo di questo crossover che, ricordo, è fra NCIS, Criminal Minds e Numb3rs! Le cose cominciano a delinearsi sempre più ed i rapporti si incrociano e si sviluppano ulteriormente, restate sintonizzati su questa storia che riserva ancora un sacco di sorprese. Non avete idea di quante... bè del resto di buon materiale ce n'è molto! Grazie a tutti quelli che hanno letto e commentato il capitolo precedente. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO III:
SULLA STRADA GIUSTA

/ One way or another - Blondie /
- Pronto, qui è il castello della regina suprema, chi è l'umile creatura che richiede i miei preziosi servigi? – La voce allegra e sicura, nonché decisamente convinta di quel che diceva, si levò nella stanza dove erano rimasti solo Tony e Morgan, fece sorridere il secondo mentre invece l’altro rimase inebetito e senza parole, con un sopracciglio alzato ad ascoltare quella frase così insolita.
- Ciao bambina, voglio che mi cerchi tutto quello che trovi sulle vittime di questo caso, ti dico i nomi. – Mentre lui le dettava i nomi dei marine morti leggendoli dalle cartelle che aveva sparso sul tavolo, Tony l’osservava sbalordito costatando che creature pazzesche ne esistevano ancora e che probabilmente questa informatica valeva la pena conoscerla, almeno tanto quanto Abby!
- Ti richiamo appena ho completato il mio capolavoro, mio bel principe tenebroso! – Rispose quindi poi la voce femminile di prima con veemenza chiudendo subito la conversazione.
Sembrava proprio una tipica telefonata fra i due che al primo colpo si capiva fossero molto amici ma nulla di più.
Tony, quindi, si riprese abbastanza in fretta dalla scoperta che esistevano persone che scherzavano così anche sul lavoro e desiderando ardentemente di poter lavorare con loro ed averli come colleghi, disse con un sorrisetto ironico:
- E’ possibile conoscerla? – Morgan sorrise divertito, compiaciuto di essere entrato insieme a Garcia nelle sue grazie, quindi rispose pronto:
- E’ impegnata ma penso che sarà più che felice di vederti. –
- E' impegnata con te? – Fece la domanda già sapendo la risposta, ma voleva vedere come gli avrebbe detto di no.
- No, col re, io sono solo il principe. Un principe libero come l’aria! – Già, proprio una gran bella risposta se anche lui fosse stato altrettanto libero!
Gli dispiacque un bel po’ ma suo malgrado era più che contento che il suo re fosse Gibbs, non avrebbe comunque desiderato altro anche se gli piaceva scherzare così con gli altri o le altre. Non faceva mai seriamente, solo con Gibbs.
- Voglio farti conoscere la nostra analista di laboratorio, Abby. –
- Cerchi di accasarmi di già? – Fece con ironia dimenticando per un momento i molti documenti raccolti davanti a sé e sparsi sul tavolo, inerenti al caso che doveva studiare. Scherzare con Tony era decisamente più piacevole!
Forse non era una grande idea farli lavorare insieme. Decisamente.
- Oh no, sei troppo normale per lei! Ma se vai d’accordo con la tua informatica non puoi non conoscere la nostra analista. – Morgan alzò un sopracciglio incuriosito da quell’affermazione, cominciando ad immaginarsi di chi si potesse mai trattare.
- ‘Troppo normale’? – Chiese quindi.
- Quando la vedrai capirai… vieni, intanto che aspetti le informazioni portiamo un caffè ad Abby, poi ci metteremo a lavoro seriamente. Non puoi non conoscere Abby dopo aver parlato con la ‘regina’. – Concluse sorridendo sardonico riferendosi a Garcia. Già si pregustava la scena dell’incontro, non vedeva l’ora di vedere la sua espressione. Sicuramente le sarebbe piaciuta.
Se Gibbs lo beccava a portarlo da Abby per puro divertimento l’avrebbe strozzato come minimo, ma al momento era sicuramente volato da qualche parte a seguire le indagini a modo suo, sui limiti dell'illegalità. Stargli accanto in quei momenti era peggio.
Dopo di quello sarebbe tornato più serio che mai, lo giurava!
Nel tragitto i due parlarono mantenendo quell’ironia che contraddistingueva entrambi con la differenza che Morgan quando parlava anche in quel modo poco serio, non si faceva problemi a mostrarsi per quel che era dicendo qualcosa che lo riguardava e quindi scoprendosi, mentre Tony, di sé stesso, ridendo e scherzando, finiva per non dire proprio nulla.
Questo il profiler lo comprese subito e cominciando già a farsi un idea precisa del tipo che era e di come poteva fare per vedere il vero Tony, si sentì in breve così ben disposto nei suoi confronti da avere un insolita ed inspiegabile ‘sete’ di Reid.
Reid così diverso da quel tipo che ora gli stava a fianco. Le ante dell’ascensore si aprirono facendoli entrare nell’antro della Signora della Notte per la quale prima erano passati a prenderle un caffè con la cannuccia.
Morgan era cosciente dei suoi sentimenti per il ‘cervellone’, era costui che li ignorava, probabilmente, ma con la compagnia di Tony sicuramente sarebbe riuscito a smuovergli qualcosa. Questo, probabilmente, fu il collegamento.
Ma la musica lo interruppe, musica punk abbassata per gentile concessione degli ospiti che aveva con lei in laboratorio per l’occasione.
- Di norma è molto più alta… - Disse Tony riferendosi alla musica.
- Ah si? E si concentra bene con quel chiasso? –
- Oh, non sai quanto in realtà… -
- Significa che ora sta lavorando male perché è bassa? –
- Spero per lei di no, altrimenti Gibbs la brucia sulla forca! –
Il dialogo serrato e divertito dei due uomini dalla bellezza diversa ma per entrambi piuttosto evidente, fu interrotto dal loro arrivo nell’antro.
- Abby… ti presento Morgan. – Sapeva che McGee le aveva già spiegato tutto. Quando arrivarono nella stanza anche gli altri due smisero di lavorare sulla mappa e sulle loro lavagne per guardarli, si chiesero come mai fossero venuti anche loro, che avessero qualcosa?
Non fecero comunque in tempo a chiederlo che lo capirono da soli.
Tony aveva voluto mostrare il ‘capolavoro’ che rispondeva al nome di Abby, a Morgan.
E questi dopo un primo momento di stordimento per il suo look estremamente dark, prima che lei parlasse intenta a prendere in mano il caffè che il compagno le porgeva e a radiografare il dio dalla pelle scura appena entrato, parlò riprendendosi presto:
- Ti dona davvero molto! – Non aveva problemi a fare apprezzamenti laddove sapeva bene di poterli fare. Il sorriso di Abby si allargò radioso e felice di aver ricevuto un complimento da quella meravigliosa creatura che la fissava ammirato, quindi si strinsero le mani e lei finalmente parlò:
- Tony, ma che bel regalo… è il mio compleanno? Gli manca un mazzo di rose nero e poi è perfetto… tesoro, ho un po’ di lavoro ma mi sbrigo in fretta e poi andiamo a giocare con qualcuno dei miei accessori… sai, i regali non si rifiutano… - Lo disse con estrema convinzione, mostrando una sfacciataggine illimitata ed una parlantina senza precedenti.
Era simile a Garcia ma perché erano entrambe eccentriche e di un altro pianeta, sicuramente sarebbero andate molto d’accordo.
- Se vuoi mentre aspetto vado a prendere le rose… - Fu la risposta sullo stesso piano di Morgan, pronto. C’era da aspettarselo che ci sarebbe stato al gioco, per nulla imbarazzato sull’avances ricevuta. Reid scosse il viso contrariato mentre dentro di sé si faceva strada quel fastidio nel vederlo non solo ancora con quell’agente, DiNozzo, ma anche che stava alla corte di quella pazza fuori dal comune!
- Oh, sarebbe meraviglioso! – Disse dunque lei accentuando il suo sorriso compiaciuto. Magari tutto quello si sarebbe anche potuto trasformare in realtà, perché no!
- Penso che mi hai giudicato ‘troppo normale’, sai? – Fece quindi Morgan rivolgendosi a Tony ed al discorso di poco prima che solo loro due potevano conoscere, Tony rise divertito:
- Eh già, mi sa che ti ho sottovalutato! – “Del resto come biasimare Abby?”
- Bè, non sei tu il profiler… - lo giustificò il nuovo amico. Ormai sembravano conoscersi da secoli, vista l’intesa e come scherzavano insieme. McGee non fece fatica a crederci e nemmeno Abby che ancora era persa dietro ai muscoli perfetti di quel perfetto individuo che le stava davanti, ma Reid non solo se ne sorprese ma se ne indispettì stringendo le labbra in un segno ancor più contrariato di prima. Non gli piaceva per niente il loro affiatamento.
A parte che così sembravano lavorare poco, ma soprattutto erano più simili a due che stavano insieme.
E che male c’è? Se anche si butta pure sugli uomini oltre che sulle donne a te che te ne frega?”
Si disse da solo il biondo senza avere la forza di staccare gli occhi dalla scena che a qualche metro da lui si consumava.
Non gli piaceva.
Non sapeva definirlo meglio, per una volta, poiché riguardava lui ed una parte che si ostinava ad ignorare e a far tacere, nascondendo ben bene.
Quando Morgan si accorse di lui e del suo sguardo, decise di dedicargli tutta la sua attenzione almeno per capire se il suo ‘piano’ improvvisato poteva funzionare.
- Allora, genietto, come procede la vostra operazione? – Si avvicinò quindi ai due geni della situazione lasciando Tony a riattivare Abby ancora persa in un mondo sicuramente poco casto.
Reid un po’ si rincuorò di averlo di nuovo per sé ma si rese conto che lì di intimità non ce n’era affatto e che presto il suo compagno sarebbe scappato di nuovo con un altro uomo.
Si rese decisamente conto di quel pensiero poco sensato e molto diverso dai suoi soliti, ma non poté farci nulla se non cercare di mascherare con l’esposizione di tutto quello a cui in qualche minuto di lavoro erano arrivati.
- Bene, a breve dovremo avere qualcosa su una possibile zona o a rischio o per lo meno dove lui o loro potrebbero avere la base. –
- Lui o loro? – Chiese Morgan colpito dalla sua illuminazione fatta quasi per caso, dimenticando presto i suoi intenti sentimentali, proprio come Reid aveva sperato.
- Si, non sappiamo ancora con sicurezza che si tratti sempre di uno, potrebbero anche essere in tanti, magari è un organizzazione o sono solo due. In ogni caso non bisogna escludere nulla. –
- Hai ragione… bisogna capire anche se le vittime erano collegate in qualche modo. Ora dovrebbe chiamarmi Garcia per farmi sapere qualcosa. –
- Garcia? – Chiese quindi McGee alzando la testa dalla lavagna su cui scriveva dati e calcoli in base alle indicazioni evidenziate da entrambi sulla mappa appesa lì accanto.
- La nostra informatica, è una maga col computer, trova qualunque cosa… - il giovane non fece in tempo a dire che quel lavoro era capace di farlo anche lui ed infatti l’aveva già fatto trovando assolutamente nulla, che Tony lo precedette dall’altra parte della stanza, affiancato da Abby. Tutti a due li raggiunsero.
- Come il nostro McGenio. Anche lui è un mago del computer e purtroppo quella magia non è riuscito a farla poiché non c’è assolutamente nulla che li accomuna, nemmeno uno scontrino o le mutande che indossavano! Erano solo tutti marine e nemmeno delle stesse squadre! – Anche lui era finalmente tornato serio e quando lui lo era si poteva star sicuri che finalmente si poteva parlare del caso in santa pace, senza interruzioni o perdite di tempo.
- Già, purtroppo è così… - Affermò McGee dispiaciuto.
In quel momento suonò il telefono di Morgan.
- Dimmi bambina. – Rispose come al solito quando sapeva che si trattava di Garcia, guardato stranito da chi ancora non sapeva del suo rapporto con questa donna.
- Ma quanti anni ha? – Chiese quindi Abby incuriosita ed ingenua, senza staccare gli occhi di dosso da quella visione che stava ancora in mezzo a loro.
- Garcia? Mah… avrà… -
- Non puoi dire l’età di una signora! – L’ammonì subito Tony stupito che non avesse capito quale sarebbe dovuta essere la vera risposta. – Lui ha questo rapporto con lei, ma è grande, in realtà. – Spiegò per lui Tony, attirandosi le antipatie del biondo che, lanciandogli uno sguardo glaciale, si girò verso la lavagna tornando al lavoro per non avere la tentazione di ricoprirlo di frasi poco carine e troppo dotte per essere comprese e motivo di offesa per il destinatario.
E poi a Morgan piace, non va bene che lo tratto male!” Si disse fra sé e sé cercando di concentrarsi sui numeri lasciati in sospeso dal nuovo amico con cui si trovava decisamente meglio.
- Per essere un genio non è molto sveglio… - Rincarò poco intelligentemente la dose. Tormentare i geni era l’attività preferita di Tony e questo non sarebbe mai cambiato di sicuro.
Certo Reid era abituato a Morgan ma con lui c’era un certo rapporto, uno scambio paritario di… di cosa si poteva parlare?
Cosa si scambiavano, oltre a certe battute e alle loro confidenze?
Cos’era quello che permetteva a Morgan di prendersi certe libertà con lui che ad altri non concedeva nemmeno sotto tortura?
Non seppe rispondersi quindi preferì far finta di non aver sentito, ignorando Tony e provocandogli così un maggior fastidio piuttosto che se avesse risposto qualcosa!
- Può collegarsi in una videochiamata dal vostro computer? –
Chiese Morgan interrompendo per tutti la conversazione poco seria.
- Certamente! Le do le coordinate. – Dopo alcuni istanti, nello schermo gigante del laboratorio appariva il viso che era tutto un programma circondato da ciocche rosa di Garcia. Aveva degli occhiali dalla forma buffa ed appariscente, ovviamente rosa, e in mano stringeva una penna del medesimo colore con un pompom peloso sul tappo. Il silenzio calò nella stanza.
Tony aveva immaginato una ‘cosa’ del genere, Reid nemmeno si girò arrabbiato per causa di Tony, McGee mostrò senza timore lo stupore e l’incredulità più completa mentre Abby rimase abbagliata, come avesse avuto un'altra fantastica visione.
Quella ragazza sembrava davvero in gamba!
Già le piaceva!
Siccome la videocamera di Abby ricambiò l’immagine con la loro, anche Garcia poté vederli.
Su Tony si trovò ad avere certi naturali istinti, su McGee capì subito che tipo fosse al primo sguardo e su Abby fu amore anche da parte sua. Certo avevano stili completamente diversi ma entrambe traboccavano di personalità e di eccentricità, qualcosa di essenziale per entrare nelle loro rispettive grazie.
- Ehi, sei forte! – Dissero all’unisono le due non smettendo di guardarsi!
- Angelo, avevi ragione, sembrano tutti fantastici! Come vorrei conoscervi di persona! Ma lei… lei è… oh, non ho parole davvero! – Non trovò il modo per definire Abby ma si fece benissimo capire anche così.
- Anche io vorrei conoscerti di persona! Possibile che tu non possa venire qua? Trovo la mia anima gemella ed è a distanza di uno schermo? – Fece la mora saltellando sul posto capricciosa come una bambina.
- Guarda che abitate nella stessa città, ci mettete un attimo ad uscire insieme… - Rispose Tony riportandola alla realtà non facendo caso al termine usato, cosa a cui invece fece caso McGee visto che allarmato e svelto disse:
- ‘Anima gemella’? Abby ma lei è… - Al che l’amica si girò svelta come un fulmine verso di lui e senza fargli dire l’ovvietà del secolo l’ammonì subito inferocita:
- E' una donna, è allora? Hai pregiudizi sulla sessualità? – La risposta non poteva che essere per la sopravvivenza, quindi cauto fece alzando le braccia in avanti:
- No, no, per carità. E chi li ha! – Seppur tutti più o meno ridacchiarono alla risposta, alcuni non poterono fare anche a meno di pensare questo:
Sollevato che la pensiate così… “
Questi furono Morgan, Tony e Reid, il quale si sconvolse di nuovo per la direzione che i propri pensieri avevano ripreso ad assumere. Qualcosa di decisamente incomprensibile.
- Va bene ragazze, vi ho concesso di vedervi perché volevo vedere la vostra reazione, ma bisogna davvero tornare al lavoro. E anche di buona lena. – Prese in mano la situazione Morgan, diventando serio un po’ prima degli altri.
- Già, o Gibbs trova un nuovo modo doloroso per farmi fuori. Voi siete al sicuro visto che se la prende sempre e comunque con me, però non trovo carino vedermi ogni volta la vita scorrermi davanti per colpa sua! Rivedermi vestito da marinaretto è qualcosa che mi dà il voltastomaco! – Si lamentò, ovviamente, Tony.
- E di chi è il merito? – Chiese McGee continuando a lavorare sulla sua pista con Reid che non si era girato per nulla.
- Ah, non lo so proprio, non riesco nemmeno ad immaginarlo… -
- Oh, povero caro… - Fece allora Garcia rivolta proprio a lui che si lamentava con un aria da finta vittima. – Buona fortuna, tesoro! – Concluse con un occhiolino d’intesa divertita dal suo temperamento scherzoso nonostante la situazione. – A più tardi, angeli! – Salutò anche gli altri ed in seguito chiuse la videochiamata imitata da un’Abby dispiaciuta per aver potuto approfondire così poco quella conoscenza che sicuramente sarebbe stata parte del suo patrimonio culturale!
- Sarà meglio che torniamo tutti al lavoro, ragazzi… - Disse sconsolata tirando su una considerevole sorsata di caffè.
Eppure lì sembrava ci fosse così poco da lavorare…
- Andiamo anche noi. – Dissero Tony e Morgan insieme provocando il fastidio, tanto per cambiare, di Reid che anche se riusciva a fare tante cose insieme era sempre poco piacevole provare certi sentimenti mentre cercava di concentrarsi su una cosa così importante.
Lanciando solo uno sguardo molto penetrante al giovane intento a non ricambiarlo nemmeno per sbaglio, Morgan fu l’ultimo a lasciare il laboratorio nella speranza di capire quanto in là potesse spingersi per farlo ingelosire e fargli capire i suoi sentimenti.
Una vera impresa, come tutta quella indagine, a quanto pareva!

Gli agenti della squadra erano di nuovo quasi tutti intorno alla scrivania di Gibbs, questa volta, per scambiarsi i risultati delle rispettive varie indagini. A parlare erano stati Morgan e Hotchner i quali avevano esposto le loro idee in maniera piuttosto dettagliata, specificando che la parte importante di Reid sarebbe arrivata a momenti. Lui e McGee infatti mancavano ancora all'appello per lavorare sulla mappa e su una probabile zona da setacciare in cui speravano di trovare qualcosa di utile come la base dell'assassino.
Quindi fu Hotch con aria seria e professionale a fare il punto della situazione, in piedi davanti alla scrivania di Gibbs, attorniato dagli altri che l'ascoltavano attenti capendo che forse non era poi tanto male aver chiesto a loro:
- Presumendo, per il momento, che l'SI sia uno solo, il genere di uomo che cerchiamo non è uno che agisce per vendette personali verso persone specifiche. Probabilmente è un ex marine lui stesso rimasto schockato da un fatto del suo passato che l'ha segnato e fatto soffrire molto, tanto da portarlo a riversare su tutta la categoria dei marine il suo odio e i suoi rimorsi. È abbastanza lucido da non lasciare tracce di sé e quindi in quel senso sa cosa fa, ma non altrettanto da capire che i marine non hanno colpa della tragedia che gli è capitata, da cui non si è ripreso.
Dobbiamo cercare un uomo bianco dai 45 anni in su, ex marine che ha chiesto congedo diverso tempo fa in seguito ad un brutto incidente che ha coinvolto la sua famiglia, probabilmente, o comunque persone a cui lui teneva molto per colpa di una missione in cui era stato mandato. Essendo un ex marine avrà anche una certa prestanza fisica, è molto forte fisicamente ed in combattimento decisivo. Ora farà un lavoro rispettabile e in apparenza non susciterà nessun sospetto, però probabilmente il suo carattere chiuso gli ha impedito di esternare in maniera normale e sana il suo dolore e quindi ora è scoppiato in questo modo. Sicuramente è molto difficile averci a che fare nonché estremamente pericoloso, non si fermerà finché non verrà ucciso, difficilmente questo genere di SI si convince a desistere. -
Avrebbe continuato a lungo a parlare di questo SI che probabilmente era quello che cercavano loro, peccato che fu interrotto dalle espressioni esterefatte e shockate di Tony, Ziva e Mcgee. Gibbs al contrario era ancora impenetrabile nella sua aria perennemente seccata ed impaziente. Come se dovesse scoppiare da un momento all'altro.
Quello era il profilo preciso di Gibbs e tutti i suoi uomini, lui stesso compreso, se ne resero conto.
- Che c'è? Conoscete qualcuno che corrisponde al profilo? - Chiese Morgan capendo subito di cosa poteva trattarsi. Né Ziva né McGee osarono proferire parola guardandosi fra loro e poi rivolgendo il loro sguardo teso sul loro capo che non li ricambiò ma rimase immobile a fissare l'altro capo, questi ancora non smetteva di guardarlo a sua volta diretto allo stesso modo. Come se avesse capito che potesse trattarsi proprio di lui, una sorta di intuizione.
A decidere di parlare per tutti fu Tony ma non lo fece davanti a Gibbs e a tutti gli altri, capì la cosa migliore da fare e semplicemente con sicurezza e coraggio la fece ma non in nome di primo agente del suo capo, bensì in nome di fidanzato di Gibbs.
- Scusate, posso parlarvi un attimo? - Gibbs capì subito cosa voleva fare e non lo interruppe con uno sguardo di fuoco, gliene fu grato, dentro di sé, di sbrogliare lui quella situazione pesante.
Li guardò allontanarsi in un angolo dell'ufficio e parlare, sapeva bene che gli stava dicendo di lui e del suo passato, così come sapeva che persone come lui, al mondo, purtroppo ce ne erano fin troppe. Se avevano ragione e il killer era come dicevano, era davvero triste e doloroso. Anche lui sarebbe potuto finire in quel modo se non fosse stato salvato.
Ce l'aveva fatta però non tutti avevano la fortuna di trovare le persone giuste.
- Credo che a questo punto, prima che lo scopriate da soli facendo un pandemonio, sia giusto dirvi che Gibbs corrisponde perfettamente al profilo tranne che per il fatto che non è l'uomo che cerchiamo. Gibbs è un ex marine, quando è andato in missione lasciando la sua famiglia, moglie e figlia, al ritorno le ha trovate uccise. Ha lasciato la marina fino a cercare vendetta, ma è stato aiutato e salvato da Mike Franks che poi ha fatto di lui l'agente dell'NCIS che è ora. Anche il suo carattere come avrete capito è molto difficile e non si convincrebbe mai a parole, l'unico modo per fermarlo sarebbe certamente abbatterlo, cosa non facile comunque, ma non è lui poiché il suo rancore ormai, in seguito a vari eventi, è stato stanato. Quello, ormai, è semplicemente il suo carattere, non è dovuto a nessun assassinio! -
Disse Tony seriamente, decidendo di spiegare alla meglio ogni cosa onde evitare spiacevoli equivoci. Farlo davanti agli altri sarebbe stato imbarazzante e pesante, così era meglio ma comunque capirono entrambi che il legame di quest'uomo con Gibbs era davvero superiore a quello fra tutti gli altri. Non si dissero altro, non approfondirono mentalmente quella consapevolezza che avevano appena appreso, solo rimasero colpiti una voltadi più da quell'uomo. Anche lui come molti aveva i suoi fantasmi e non era roba da poco.
- E come avrete capito è particolarmente suscettibile quando si parla di certe cose, come la sua storia. - Questo risultò come un consiglio.
- Bene, ci dispiace per ciò che gli è accaduto ed apprezziamo la chiarezza, noi non possiamo che fidarci di voi sulla parola, cercheremo qualcun altro corrispondente al suo stesso profilo. - Disse quindi sempre serio e composto Hotch mentre Morgan capiva chiaramente che Tony e Gibbs stavano semplicemente insieme, rassegnato e contento allo stesso tempo. “Che coppia...” Pensò infatti senza riuscire a definirli.
- Ammesso che sia quello giusto. - Fece allora Tony seguendo una delle sue illuminazioni apparentemente stupide ed insensate.
- Che vuoi dire? - Chiese il moro intuendo che invece poteva essere qualcosa di utile.
- Si è parlato della probabilità che siano in più di uno. Immagino che se sono in due il profilo cambia e se sono in più muta ulteriormente. -
- Bè, si. Potremo stendere un profilo per ognuno dei casi... -
- Si, ma non intendevo questo... - Fece Tony corrugando la fronte, cercando di seguire quel pensiero che gli era arrivato mettendo insieme i vari discorsi fatti in precedenza, specie con Morgan. Quindi senza completare la frase, si girò tornando veloce dagli altri che li aspettavano per proseguire l'indagine con nuove direttive. Giunto davanti a Gibbs lo guardò illuminato e serio allo stesso tempo, era in una di quelle fasi in cui faceva capire a tutti come mai lavorasse lì, quindi non fu interrotto.
- Capo... pensavo... -
- E' positivo... - Fece lui sorprendendo tutti per l'ironia che concesse solo al suo primo agente che, senza sorprendersi al contrario degli altri, continuò allo steso modo di prima senza scomporsi:
- Trovi? - Al suo silenzio eloquente continuò: - Questo è quello che sarebbe nel caso se fosse uno, se fossero in due cambia ancora e se fossero in più sarebbe ulteriormente diversa la faccenda. Cambia a seconda del numero delle persone implicate in questi omicidi. -
- E quindi? - Chiese Gibbs curioso di vedere dove volesse andare a parare, sperando non tirasse fuori nessun film.
Tony appoggiò le mani alla scrivania davanti a lui, quindi continuò più incisivo:
- Quindi: e se questo caso non fosse ciò che sembra? Noi ci siamo basati su quel che abbiamo visto e trovato, seguendo le prove trovate... -
- Come facciamo per risolvere tutti gli altri casi... - Si inserì Ziva specificando implicitamente che forse stava per dire una cazzata. Tony non si fermò, si rialzò e voltandosi anche verso gli altri che lo ascoltavano allargò le braccia cominciando a gesticolare con le mani, preso dalla sua teoria che prendeva forma mentre la esponeva.
- Ma se abbiamo la visione sbagliata? Cioè sembra un serial killer che uccide marine perché psicologicamente sconvolto da un fatto del passato che l'ha fatto impazzire a lungo andare. Ma indagando su questa scia non abbiamo ancora trovato nulla di concreto se non altri cadaveri. E se non fosse un caso di omicidi di marine? -
- E cos'altro ti sembrano, quelli, se non marine morti? - Disse quindi Gibbs alzandosi dalla sedia e fronteggiandolo più seccato che mai, cominciava a pensare che la vicinanza di quei profiler gli avessero fuso il cervello.
Ma fu lì che intervenne Reid che, ascoltato tutto il discorso, si decise a farsi sentire profondamente stupito di trovarsi in accordo con quello che stava dicendo quel ragazzo mal giudicato e mal sopportato fino a quel momento.
Possibile che fosse d'accordo con lui e che avesse detto, per una volta, una cosa giusta?
- Una copertura. - Tutti si voltarono sentendo la sua voce dal tono sicuro e saccente, come suo solito. Con lui c'era anche McGee che reggeva diverse carte che appoggiò sulla propria scrivania. Quindi il giovane professore dai mille dottorati continuò facendosi avanti ed avvicinandosi a Tony fino ad arrivargli davanti. Non lo guardò comunque ma scambiò diversi sguardi con tutti quelli che gli stavano intorno, continuando ad elaborare quell'idea: - Se fosse un organizzazione non avrebbe interesse personale riguardo ai marine, punterebbe ad una azione di terrorismo e quello che sta succedendo non rispecchia affato il profilo. Se sono davvero ben organizzati, per fare quel che davvero puntano a realizzare, di ben più pericoloso per tutti e non solo per i marine, cercherebbero di distrarre la popolazione con qualcosa di diverso da quello che in realtà è. -
A quel punto intrvenne Morgan capendo il loro ragionamento, dando miglior forma e voce in modo che la capissero tutti:
- Cioè potrebbe essere un organizzazione che sta puntando a qualcosa di più grande e più grave servendosi di una copertura di un ipotetico SI che uccide marine per apparenti ed evidenti motivi personali di vendetta. - Ecco, coì era decisamente più chiaro.
- Abbiamo completamente sbagliato direzione delle indagini, cercavamo una persona e non un organizzazione. - Fece allora Ziva cominciando a pensare allo stesso modo, sentendosi per questo un idiota.
- In questo caso le modalità di ricerca e i sistemi sono completamente diversi... bisogna cambiare del tutto direzione. - Asserì allora Hotchner abituato a prendere il comando della situazione, si fermò capendo che questo spettava solo a Gibbs, a capo dell'indagine, quindi lo guardò che ancora silenzioso cominciava a prendere in considerazione anche queta ipotesi, del resto doveva fare qualcosa o sarebbero sopraggiunti altri morti.
Solo che l'idea di qualcuno che usava i marine uccidendoli solo per una stupida copertura per qualcosa di più pericoloso, era ben peggiore, forse. Persone orribili che usavano le vite umane come oggetti, come scudi, per i propri porci comodi. Qualcosa di insopportabile, per lui.
- Suggerimenti? - Chiese quindi allargando le braccia, usando ancora una voce molto bassa e penetrante, a stento controllata come il suo sguardo furente. La mascella contratta insieme ai suoi muscoli.
- A questo proposito si. Io e il Dottor Reid abbiamo trovato un possibile posto dove potrebbe trovarsi la loro base. -
Dopo aver indicato velocemente come e dove, Gibbs aprì con gesti sbrigativi e veloci il cassetto imitato dai suoi della squadra, quindi prese la pistola e il distintivo, poi tenendo le chiavi dell'auto per sé per guidare più veloce, disse come un ordine:
- Tony e Ziva con me. - Poi passò davanti ad Hotchner, si fermò un istante e con uno sguardo diretto che mostrò tutta la pericolosità di quell'uomo che stava per esplodere, aggiunse: - Se volete potete venire. - Fu una grande concessione da parte sua, considerato tutto. Una specie di ringraziamento per l'aiuto che avevano fornito, non poco in effetti. Sperando che tutto quello li avesse portati da qualche parte di utile e non fosse solo una perdita di tempo.
Sperandolo con tutto sé stesso.
- Va bene. Morgan, con me, tu Reid continua a lavorare con lui su possibili altre zone. - Ed anche loro li seguirono in ascensore pronti all'azione, una azione che tutti sperarono decisiva ed importante.
Non avrebbero mai immaginato, invece, che quello sarebbe servito ad incrociare le loro strade con qualcun'altro ancora.

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Capitolo 4
*** le strade si intracciano ancora ***


INDAGINI CONGIUNTE

*Vi presento un altro capitolo della crossover fra alcuni dei miei telefilm preferiti. Ne ho molte da scrivere ma non ne mollo nessuna, pian piano vado avanti con tutti. Qua finalmente arrivano quelli di Numb3rs. Per chi non segue il telefilm sappia che non ho preso tutti i membri della squadra ma solo quelli che piacciono di più a me; la coppia che riguarda questa serie è meno accentuata rispetto a quella delle altre 2, però a mio avviso si difende bene. Insomma, la sostanza è che magari non tutti sono d'accordo con me (vedi Taila) ma a me piacciono moltissimo insieme e non sono proprio così inaccettabili o astrusi insieme come qualche altra coppia di cui in giro si legge (Per Taila: qua invece non mi riferisco ai tuoi gusti, lo sai che non mi dispiacciono tutto sommato...)! Bè, fatta questa premessa ringrazio tutti quelli che hanno letto e commentato e che seguono la storia. Auguro buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO IV:

LE STRADE SI INCROCIANO ANCORA

/ Saints of Los Angeles – Motley Crue /
Quando le due automobili di diverso tipo si fermarono davanti al caseggiato indicato nella mappa da Reid e McGee, non poterono certamente notare, parcheggiata appena dietro l’angolo, un altra macchina dell’FBI.
Lo stato d'animo di Gibbs sembrava peggiorare di minuto in minuto e lo si poteva notare da tanti piccoli dettagli che solo chi lo conosceva davvero molto bene poteva cogliere. Il fatto che si mantenesse pericolosamente calmo e controllato faceva salire la tensione in chi, appunto, sapeva che così facendo a breve sarebbe potuto esplodere se le cose non sarebbero andate almeno un po' meglio. Tony era perfettamente consapevole che il suo uomo che guidava in quel modo allucinante, aveva mille motivi per essere furioso. Accettare l'aiuto di chi lavorava in modo diametralmente opposto al suo era stata la ciliegina sulla torta; concedere loro il beneficio del dubbio e lasciarli lavorare con loro, poi, era stato quanto di più insolito. Cosa aspettarsi, ora, una volta che sarebbero scesi?
Avrebbe preferito riuscire a stare un attimo da soli per cercare di far qualcosa per lui ma anche volendo non aveva trovato un solo momento. Dopo che quei tre agenti erano arrivati era andato tutto così veloce e Gibbs stesso si era defilato. Cosa aveva fatto?
Senza proferire parola, una volta arrivati, i cinque agenti scesero dai rispettivi veicoli e seri e concentrati si voltarono verso l’edificio, una specie di vecchio magazzino in disuso da tempo. Fu solo uno scambio di sguardi velocissimo in più rispetto agli altri, che Gibbs e Tony si scambiarono appena chiuse le portiere. Uno scambio che sembrava dire ‘occhi aperti’ per uno e 'non scatenarti' per l'altro. Non servirono altri gesti o parole. Si compresero al volo e annuendo impercettibilmente, come avessero comunicato telepaticamente, condussero spediti e decisi il gruppetto verso il magazzino dalle porte socchiuse.
Quando le videro così capirono subito che dovevano essere state aperte da poco. Non che ci fossero plateali segni di scasso o altro, ma la loro esperienza fece intuire che erano stati preceduti da qualcuno o che per lo meno dentro dovesse esserci qualcuno.
Sperando che si trattasse dei criminali che cercavano, estrassero tutti e cinque in concomitanza le pistole e Gibbs gesticolando secco ed esperto, diede direzioni ad ognuno di prendere un’entrata diversa, quindi trovandosi davanti alla porta principale insieme ad Hotchner, entrambi con la pistola tesa e stretta pronta per sparare con un espressione concentrata, quasi omicida, diede segno anche agli altri di entrare nello stesso istante.
Le menti sgombre rivolte solo all’azione, pronti a seguire il loro istinto. Sentirono l'adrenalina che cominciava ad aumentare il ritmo e al tempo stesso come se una musica crescesse d’intensità intorno a loro. Sapevano che di lì a poco sarebbe successo qualcosa.
Sperarono solo si trattasse di qualcosa di buono.
Cosa ognuno intendesse per ‘buono’, però, era soggettivo.
Le porte in metallo sbatterono facendo non poco casino e immediatamente l’attenzione di coloro che erano all’interno dell’ampio magazzino, fu rivolta verso di loro che già pronti a sparare sembrò come di trovarsi davanti ad uno specchio.
Almeno per qualcuno di loro.
- Fermi! NCIS! - - Fermi! FBI! – Le voci aggressive dei capi al comando delle due spedizioni si sovrapposero mentre ci fu una specie di ferma immagine pieno di tensione dove tutti credettero di dover sparare nell’immediato.
Le pistole puntate da parte di tutte e due le posizioni c’erano, così come un’agitazione esplosiva e la sicurezza di non cedere nemmeno di un passo per nulla al mondo!
Il cuore pompava, poteva essere arrivato il momento decisivo ma non c'era nemmeno il tempo di realizzarlo a pieno. Nessun pensiero, nessun sentimento che non fosse per la propria sopravvivenza. Nulla di nulla. Solo istinto. Poi con espressioni e toni identici l’uno con l’altro, tornarono a ripetere ognuno le rispettive sigle d’appartenenza, quindi smisero di non ragionare e si fermarono.
I respiri irregolari, i battiti accelerati e quel ritmo sospeso.
Erano entrambi agenti federali.
Hotchener, Gibbs e l’altro agente che a quanto pareva era il capo dell’altra squadra, continuarono a guardarsi in cagnesco senza abbassare di un millimetro le pistole, quindi aspettarono che la propria ragione si riattivasse prendendo il posto dell’istinto, cosa per nulla facile almeno per due di loro.
Il primo ad abbassare l’arma fu il capo della squadra di Analisi Comportamentale dell’FBI di Washington, quindi fu anche il primo a parlare con logica freddezza e diplomazia, come era sua caratteristica fare. Era estremamente difficile che perdesse la testa:
- Siamo tutti dalla stessa parte, mettiamo via le pistole! – Non fu un vero e proprio ordine ma nemmeno una richiesta o un consiglio. Semplicemente fu la cosa più ovvia e sensata da fare che, se non fosse stata espressa in quel modo, probabilmente nessuno dei due avrebbe eseguito. Fermo e distaccato.
Fu allora che anche Gibbs e l’altro agente, entrambi riluttanti, l’abbassarono senza rimetterla subito nel fodero, sicuri che sarebbe potuta servire a breve.
I due continuarono a guardarsi male, poco convinti della legalità dell’altro, quindi non parlarono ancora, aspettando le spiegazioni altrui.
Troppo simili in realtà su certi aspetti. Entrambi diffidenti sul mondo intero per partito preso. Entrambi che non cedevano mai per primi. Entrambi come dei carro armati che andavano dritti per la loro strada senza sentir ragioni di nessun tipo, o quasi.
Se fossero stati solo loro due presenti probabilmente il giorno seguente sarebbero stati ancora là a guardarsi in quel modo poco umano, ma la fortuna fu che non erano soli, quindi grazie di nuovo ad Hotchner che prese la parola, si poté sentire almeno la prima parte di spiegazione.
Mentre lui esponeva breve e conciso cosa ci facevano lì, anche gli altri agenti con loro misero via le armi senza smettere di guardarsi diretti e attenti.
Tony, Morgan e l’unico agente che accompagnava lo sconosciuto, sicuramente il capo squadra, si trovavano l’uno davanti all’altro, gli sguardi che si scambiavano erano eloquenti e seri, di chi sperava che l’azione non fosse finita lì. Delusi, quasi. Però estremamente studiosi e selettivi. Cosa pensavano mentre si squadravano in quel modo da capo a piedi?
Tony capì al volo che si trattava di un ex marine, lo capì con un solo sguardo. Ormai li riconosceva subito visto che stava con Gibbs da tempo. Si rese anche conto, come pure Morgan, che non era affatto male ed inoltre aveva tutta l'aria di essere piuttosto forte e non solo fisicamente.
Interessante.” Si dissero infatti allo stesso tempo osservando infine con attenzione il colore nocciola dei suoi occhi sottili. Aveva uno sguardo strano e diretto.
Come se fosse uno di loro. Della loro stessa pasta, in un certo modo. Diverso ma uguale in qualcosa.
Non seppero spiegarsi meglio di cosa poteva trattarsi.
A loro si aggiunse Ziva che era entrata da un'altra porta, quindi osservando come i gruppetti si erano divisi capì anche lei al volo che i ‘club’ si erano già formati a seconda del carattere!
E che quei due nuovi agenti non erano affatto male, per nulla!
- Che succede? – Chiese subito indicando con la testa i tre capi che si guardavano chi male e chi semplicemente serio e sostenuto.
- Siete dell’FBI anche voi? – Chiese allora Morgan al ragazzo che spostò riluttante gli occhi da quelli azzurri di Tony ai soggetti poco distanti da loro che emanavano un aura stranamente oscura!
- Si… - Disse quindi rimanendo inizialmente sul vago, cercando di capire cosa avesse in mente il suo capo e quanto ci avrebbe impiegato a prendere in mano il comando della situazione. Capì tuttavia che non sarebbe stato molto facile.
- Mi sa che ci troviamo sullo stesso caso. – Disse allora Ziva intuendo come stavano le cose, cominciando a mangiarsi il giovane con quel suo modo di fare caratteristico. Molto insistente e snudante!
- Di dove siete? – Chiese di nuovo Morgan sicuro di non conoscerlo nonostante fosse come lui dell'FBI.
- Los Angeles. – Fece allora tornando su di loro ben più contento e curioso di capire che tipi fossero. Si sentiva strano, non sapeva bene come e perché ma il suo radar si era attivato.
Era come se si sentisse in famiglia. Assurdamente.
- Lui e quello che sta spiegando la situazione sono dell’FBI di Washington mentre io, lei e quello che sembra il killer siamo dell’NCIS. Stavamo indagando sul caso dei marines assassinati e siamo arrivati qua cambiando completamente direzione di indagini. – Prese dunque la parola Tony, mostrando tutto il suo protagonismo e la sua parlantina. L’azione appena compiuta gli aveva sospeso per un po’ la funzione demenziale, quindi l’umorismo per il momento era messo prevalentemente da parte ma ben presto sarebbe tornato più attivo che mai.
Fu allora che sorprese tutti e fece la cosa più sensata che nessuno aveva ancora pensato di fare. Tese la mano al ragazzo dai corti capelli castano chiaro e si presentò sorridendo sicuro che fossero dalla stessa parte e che avrebbero collaborato:
- Piacere, io sono l'agente molto speciale Anthony DiNozzo, lei è Ziva David mentre lui è Derek Morgan. – Fu implicita la domanda seguente e l’altro la colse di buon grado con un sorrisino sulle labbra per l'umorismo ritrovato, quindi ricambiò un po’ disorientato e stupito la stretta di mano dicendo finalmente il suo nome.
- Agente speciale Colby Granger. Lui è il mio capo squadra, l’agente speciale Don Eppes. – Non era di molte parole ma sicuramente conoscendosi meglio il ghiaccio si sarebbe sciolto e avrebbe mostrato più disponibilità nei loro confronti. Quel sorriso dall'aria ironica lo diceva chiaramente, ed anche quella stretta di mano vigorosa e per nulla intimorita.
- Siete solo voi due? – Chiese incuriosita Ziva tornando a guardare l’altro uomo che si stava per accingere a spiegare la sua presenza lì.
- Noi due e il nostro consulente che al momento è in macchina. – Agli sguardi interrogativi ed interessati che ricevette, si decise ad aggiungere accentuando il sorriso divertito, immaginando il loro incontro con Charlie. – Consulente matematico, collabora con noi da un po’ di tempo e in questo caso particolarmente complicato ci ha portati addirittura qui, ma noto che non è stato un viaggio a vuoto! – Lì per lì Morgan e Tony non capirono se si riferiva all’incontro con loro oppure a qualcosa che avevano magari trovato nel magazzino, ma pensarono che scherzasse riguardo al consulente matematico. Venne naturale dunque alzare un sopracciglio facendo l'ovvia muta domanda. Consapevole a cosa si potesse riferire il loro evidente scetticismo decise di limitarsi al caso evitando di parlare di Charlie, non era il più indicato per difendere la matematica!
E’ esattamente questo il posto che cercavamo, la base dell’organizzazione a cui diamo la caccia da un po’. Era completamente fuori dalla nostra sede operativa ma ora grazie a Charlie e ad altre informazioni l’abbiamo trovata. – All’udire ciò Tony si mise subito attento e mettendo di nuovo da parte il suo umorismo, strinse gli occhi seguendo un’intuizione che sapeva sarebbe stata giusta:
- Hanno cercato di attentare prima a Los Angeles? – L’altro annuì osservandolo con attenzione, capendo che stava seguendo un ragionamento da non interrompere. – Non ci sono riusciti e dunque si sono riorganizzati cambiando sede. – Diede per scontato che a Los Angeles non ci fossero riusciti ma fossero stati abbastanza furbi da farcela a scappare. Quindi incrociando le braccia al petto trionfante, concluse la sua esposizione intuitiva della situazione: - è da un mese che non avete loro tracce, vero? –
Quando Colby annuì di nuovo confermando i suoi sospetti, Ziva si illuminò capendo anch’essa, dando quindi voce al ragionamento:
- E’ da un mese che sono iniziati gli omicidi dei nostri marines! –
L’agente dai corti capelli castani, allora, corrugando la fronte in segno interrogativo, volle capire cosa stessero dicendo quindi chiese di che parlassero. Fu Morgan, a quel punto, a spiegare degli omicidi e delle varie indagini condotte per arrivare poi all’ultima teoria che ora diventava conferma.
Un intreccio di indagini veramente unico ed insolito che probabilmente non era mai avvenuto prima e mai si sarebbe ripetuto.
Quando fu tutto chiaro anche ai tre capi che ognuno a modo proprio parlava chiarendo velocemente ogni punto oscuro, tutti si trovarono inevitabilmente a pensare alla medesima cosa: quel caso continuava a riservare molte sorprese e tutte sempre più notevoli.
Dove sarebbero finiti per la fine del caso?
Una cosa era certa.
Né Gibbs, né Don avrebbero mollato. Tanto meno Hotchner se ne sarebbe andato prima della soluzione del caso.
Sia per principio che per questione personale. Comunque tutti e tre volevano la stessa cosa, prendere quei criminali.
Cosa rimaneva dunque?
Solo la collaborazione più fuori dal comune mai avvenuta prima nella storia delle indagini congiunte!

/The racing rats – Editors /
Nella mente di Don, nell’esatto istante in cui incrociò la pistola e quindi lo sguardo con Gibbs gli parve come di trovarsi davanti ad uno specchio che deformava solo il proprio aspetto rendendolo diverso ma al tempo stesso uguale.
Sentì provenire dall’uomo davanti a sé, pronto a sparare, una sorta di aura minacciosa pericolosamente simile ad una furia omicida.
Lo capì che ci era vicino, a quell’estremo stato, perché anche lui era esattamente nelle medesime condizioni.
Talmente sotto pressione per quel caso da così tanto tempo, che ora che sembrava essersi avvicinato a coloro che cercava sapeva essere sul punto di esplodere e se fosse successo nessuno sarebbe stato in grado di contenerlo.
Lo frenavano solo due cose: il fatto che se sarebbe ‘partito’ non sarebbe stato abbastanza lucido da proteggere suo fratello che era con lui per la soluzione del caso, e che era il capo squadra. Se lui si lasciava andare poi gli altri si sarebbero trovati in difficoltà. Tutti loro contavano su di lui e sulla sua professionalità, sapevano che era sempre decisivo nelle indagini, così come lo era quasi sempre anche Charlie, e nonostante tutti fossero importanti, lui in special modo era essenziale.
Lo sapeva e non era solo una questione di ego, per nulla. La responsabilità di proteggere chi amava, di guidare chi dipendeva da lui, di fermare dei criminali pericolosi pronti a seminare ancora morte e distruzione, la rabbia per esserseli fatti sfuggire la prima e la seconda volta e poi di non aver avuto nulla per un mese di fila!
Questo e tanto altro aveva contribuito a far di Don, in quel momento, un potenziale omicida invece che agente federale.
La presenza e i modi freddi e contenuti del terzo uomo dai capelli neri, dell’FBI come lui, l’aveva fatto tornare a fatica in sé anche se non ci aveva minimamente pensato a mettere via la propria arma, esattamente come l’altro agente davanti a lui dall'aria e fattezze così fascinose.
Ascoltando con una parte di cervello la spiegazione sbrigativa ma esauriente di quello più calmo di tutti, continuava a fissare liberamente male colui a cui per un pelo non aveva sparato credendolo il capo dell’organizzazione.
Per un attimo, quando l’aveva visto improvvisamente davanti a sé, aveva scollegato la mente e non aveva né sentito né ragionato. Aveva solo creduto di avere il suo obiettivo a portata di pallottola. Le dita gli si erano informicate ed aveva esercitato una forza mostruosa su sé stesso e sui propri muscoli per non andare a fondo sul grilletto.
E mentre si decideva ad ascoltare e capire cosa succedeva, sapeva che quell’uomo davanti a sé era nel suo esatto stato d’animo.
Identico.
Non che loro due fossero uguali, magari solo simili. L'aspetto era completamente diverso: Don era più giovane ed aveva un fisico più atletico rispetto a Gibbs che comunque era forte e pronto a qualunque azione fisica. I suoi capelli inoltre erano più corti, spettinati e castano scuro come anche gli occhi, mentre l'altro li aveva quasi tutti bianchi, ormai, e gli occhi erano di un azzurro che a tratti ricordava il mare o il cielo in tempesta. Anche i modi di vestire erano diversi. Don in jeans e maglia nera attillati con occhiali da sole al momento chiusi sul colletto, Gibbs preferiva abiti più comodi e fuori moda, come spesso diceva Tony stesso. Non gli importava come doveva apparire, lui era lui. Nemmeno a Don interessava ma aveva un impatto completamente diverso, più di stile!
Non era certo l'aspetto che li aveva fatti sembrare simili anche se entrambi erano in possesso di un fascino analogo, volendo. I visi non erano classicamente belli, non da modelli come magari potevano esserlo Colby, Morgan e Tony, però facevano anche loro una gran figura. Ad essere uguali erano i loro modi e come si sentivano dentro. Era uguale ciò che stavano vivendo, l’intensità pericolosa e spaventosa dei rispettivi sentimenti.
Quanto sarebbero resistiti senza scatenarsi?
Riluttante, una volta che colui che si era presentato come Hotchner concluse la spiegazione, toccò a lui presentandosi a sua volta. Presentò anche Colby che parlava con gli altri agenti, quindi si decise a parlare di questa organizzazione a cui da tempo davano la caccia là a Los Angeles, con rabbia sbrigativa disse anche delle due volte in cui gli erano sfuggiti riuscendo però a stanare gli attentati e di come da un mese non avevano più avuto loro tracce. Infine parlò della soffiata ricevuta per conto di un contatto dell’agente Granger e del colpo di genio provvidenziale della mente sempre sorprendente di suo fratello.
Hotchner ascoltò con attenzione senza perdersi un solo dettaglio del suo modo di esprimersi e di porsi, comprendendo fin troppo bene quanto fosse coinvolto in quel caso e di quanto ci tenesse a prendere quei criminali. Non fece altro che osservare e farsi un idea di tutto ciò che continuava ad accadere, al contrario di Gibbs che si perse nella furia repressa, anche se per poco, di quel federale che gli stava davanti.
Comprese solo lo stretto necessario di quanto gli disse bastandogli il semplice fatto che le loro indagini li avevano portati fin lì. Quel che più gli interessava era venuto ben a galla, per lui.
Erano sullo stesso caso e quell’Eppes non avrebbe mai mollato l’indagine, a costo di mandare a quel paese ogni capo dell’FBI esistente.
Lo sentiva e non solo lo vedeva nei suoi occhi furenti e pieni di recriminazioni su sé stesso. Era fuori da ogni grazia divina proprio come lui, lo sentì così similare a sé per quel qualcosa di emotivo e per i modi di fare, che funse stranamente da calmante e sentendolo parlare, senza ascoltare ogni cosa, rimise la pistola nella fondina. Dopo quel gesto anche Don capì che poteva sotterrare le asce di guerra quindi lo imitò facendo tirare un considerevole sospiro di sollievo a tutti gli altri che li osservavano ed avevano temuto il peggio fino all’ultimo.
Specie Colby e Tony che conoscevano fin troppo bene i rispettivi capi.
- A questo punto è evidente che si tratta della stessa indagine e che è molto più complessa e intrecciata di quel che pensassimo. – Fece dunque Don passandosi nervoso una mano fra i capelli castano scuro corti, non nascose minimamente il suo stato d’animo e distogliendo lo sguardo cercò ancora la calma per procedere sensatamente nel suo lavoro.
Non poteva farsi coinvolgere così.
- Io ho un caso di omicidi di marines da risolvere e non intendo mettermi da parte! – Mise subito le cose in chiaro Gibbs decidendosi finalmente a parlare per la prima volta. L’aveva fatto continuando a fissare diretto e ferocemente determinato Don negli occhi, questi tornò a ricambiare lo sguardo cercando di mitigare almeno un po’ la voglia di prendere a pugni qualcuno, ripetendosi continuamente che quel Gibbs non c’entrava e che era solo nelle sue stesse brutali e critiche condizioni. Dopo la centesima volta che se lo diceva mordicchiandosi il labbro inferiore con sempre più nervoso addosso, sospirò pesantemente e allargò le braccia in segno eloquente:
- E io ho un caso di attentati, non cederò certo il passo ora che ci sono vicino! – Rispose allo stesso identico modo. Fu allora di nuovo Hotch a venire loro in soccorso per mitigare gli animi che si stavano nuovamente riscaldando e facendo cenno con le mani di calmarsi tutti e due parlò con maggiore pacatezza e sicurezza. Più loro due si agitavano più lui si ‘raffreddava’.
- Nessuno ha bisogno di farsi da parte. Siamo tutti sullo stesso caso e non c’è motivo per non collaborare. Cerchiamo gli stessi uomini. In quanto a noi della Squadra di Analisi Comportamentale ci hanno chiesto appoggio e appoggio daremo. – Al silenzio che interpretò come un ‘sì’, il moro continuò sentendosi più un padre severo che sgrida i figli litigiosi, piuttosto che un collaboratore al loro stesso livello. – Penso che sia utile, a questo punto, approfondire tutte le informazioni del caso in rispettivo possesso e condividerle subito prima di metterci al lavoro. – Poi si guardò intorno spostando lo sguardo sull’interno del magazzino con in piedi un completo laboratorio per fabbricazione di bombe. Ci volle appena un occhiata per capirlo che era la sede operativa di quell’organizzazione e che ciò a cui puntavano non erano certo i marines morti. Capirono anche subito che ciò che stavano cercando di costruire, questa volta, era qualcosa di davvero grosso e pericoloso e che lì presenti ormai non c’erano altro che dei resti di qualcosa probabilmente già completato.
Però di loro nessun’altra traccia.
- Direi che non abbiamo molto tempo. – La conclusione fu quasi lapidaria, come una sentenzia di morte, in un certo senso.
Non si trattava di salvare dei marines, ormai, ma molte altre persone.
Il punto, però, era che non avevano la minima idea del loro obiettivo.
Nemmeno mezza.
- Ho solo bisogno di un attimo. – Asserì quindi Don alzando una mano in segno di ‘stop’, quindi senza aspettare nessun assenso si diresse in un angolo chiamando Colby con un ‘ehi’, tipico suo.
Il compagno lo raggiunse e appartandosi notò distrattamente che anche Gibbs aveva approfittato per fare la stessa cosa con il suo primo agente di cui ancora non conosceva il nome.
Una volta in disparte lontano da orecchi indiscreti, i due poterono brevemente parlare liberamente guardandosi dritti negli occhi, senza perdersi un solo dettaglio del viso che avevano davanti. Ogni singolo lineamento inclinato in quel preciso modo indicava qualcosa di particolare che entrambi sapevano interpretare perfettamente.
- Collaboreremo con loro, hanno un caso di omicidi di marines in corso causato proprio da loro. Sicuramente l’ordine sarà di lavorare con loro qua ma non possiamo far venire anche gli altri, siamo fin troppi in questo caso, ora. Ci sono anche quelli dell’Analisi Comportamentale. Sarà già tanto se dai piani alti lasceranno noi qua a concludere le indagini. – Cominciò Don a parlare a ruota libera esprimendo tutto ciò che gli frullò nell’immediato nella testa. Colby sapeva perfettamente tutto ed anche a dove sarebbero finiti, ma l’ascoltò assecondandolo sapendo che in quel momento così critico aveva bisogno per lo meno di parlare. Quello sfogo, confronto a come si sentiva, era così insignificante.
Anzi. Nemmeno uno sfogo in realtà.
Aveva bisogno di ben altro, Don, per scaricare il suo nervoso ed il suo stress. Per non parlare della sua rabbia.
Non si faceva mai sfuggire così tanto qualcuno talmente pericoloso. Sapeva come si sentiva e desiderava solo poter aiutarlo in qualche modo a tirare fuori ciò che lo divorava, aiutarlo, togliergli quella tensione minacciosa. Un modo per distrarlo e fargli sfogare quello stress divoratore, in realtà, lo conosceva ed era qualcosa che poteva utilizzare solo lui con Don, qualcosa che nessuno a parte Charlie sapeva. Però non era certo quello il luogo e il tempo adatti.
Per nulla.
Mordendosi la lingua per distrarsi da quei pensieri che avevano stranamente preso una strana direzione, tornò sulle parole del suo capo.
Capo’, per ora, era l’unico termine giusto per definire quello che Don era per lui dal momento che il resto era completamente nel caos più totale. Eppure un'altra definizione da darsi c’era ma era così difficile trovarla… o forse solo ammetterla…
Cos’erano a parte compagni di squadra?
Don, oltre ad essere il suo capo, come poteva definirsi?
Certamente due amici, colleghi o conoscenti non facevano certe cose che loro due in momenti particolari facevano. Non sempre, solo in stati d’animo diversi o critici.
Presto sarebbe successo di nuovo e la consapevolezza riuscì anche ad eccitare Colby.
Don?
Don aveva la testa in tutt’altra direzione.
- Occhi aperti, visto che saremo solo noi non voglio che nessuno ci rimetta. Né mio fratello né tu. Sono stufo di correre come un matto a tirarti fuori dai guai! – Disse quindi consapevole che non era proprio vero che Colby si cacciava così tanto nei guai. Non era proprio alla stregua di Tony che se le cercava col lanternino, ma in un modo o nell’altro finiva sempre per trovarsi nelle situazioni più pericolose o rognose e spesso aveva anche la peggio!
Doveva davvero ringraziare il suo capo. Don l’aveva in effetti aiutato in diverse occasioni e non poco.
- Io sono per l’azione! È Charlie l’uomo da teorie. Io con quelle mi annoio, devo fare qualcosa di concreto o divento io il matto! – Ovvio, no?
Quest’uscita spontanea ed ironica riuscì a strappare un minimo e veloce sorriso all’angolo della bocca di Don che, concedendogli un occhiata un pochino più rilassata, lo ringraziò silenziosamente scuotendo la testa, facendogli capire cosa pensava.
Non cambierà mai ma ne sono contento. Mi farà invecchiare prima del tempo però va bene visto che nei momenti in cui sprofondo riesce a tirarmene fuori facendomi dimenticare tutto.”
Il loro rapporto non era molto sentimentale ed a parte il lato professionale c’era anche quello fisico.
Già.
Il loro, oltre a tutto il resto, era un rapporto decisamente molto fisico che si era sviluppato a quel modo solo dopo alcuni ultimi eventi da cardiopalma che aveva visto coinvolti in special modo loro due.
Non avevano però avuto occasione e coraggio di approfondire quel che avevano iniziato a provare, preferendo semplicemente 'fare' quel che il loro istinto li spingeva a fare quando ne avevano bisogno!
Scoccandosi degli sguardi che parlarono da soli dicendo finalmente le medesime cose, il capo si limitò ad un diplomatico: - Fa venire qua Charlie e vediamo di sbrigarci, non c’è tempo da perdere! Ora ha abbastanza dati per fare quel calcolo di cui parlava tanto! –
Ogni volta che l’atmosfera sembrava ammorbidirsi o scaldarsi un po’, se non potevano dare libero sfogo alle loro voglie improvvise si mettevano a parlare di ciò che meno alimentava l’accendere del loro animo e solitamente era la matematica e quindi Charlie.
Senza aggiungere altro lasciarono i loro sguardi accarezzarsi al volo, quindi si girarono andando ognuno nella propria direzione.
La maratona aveva inizio!

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Capitolo 5
*** I gruppi si formano ***


INDAGINI CONGIUNTE

* Ecco a voi il nuovo capitolo del crossover fra NCIS, Criminal Minds e Numb3rs. Spero che chi non segue Numb3rs capisca ugualmente abbastanza quando parlo dei suoi personaggi, che poi sono solo tre in questa fanfic. Se ci sono domande fatemele pure! Che altro dire? L'azione vera e propria inizierà nel prossimo capitolo, questo è sul comico andante anche se il tentativo di metterci la parte seria c'è. Qua i gruppi si formano! Grazie a tutti quelli che seguono la storia e la commentano. Buona lettura. Baci Akane *

CAPITOLO V:
I GRUPPI SI FORMANO

/Seven nation army – White stripes/
Quando Charlie fece il suo poco trionfale ingresso sulla scena accompagnato da Colby, tutti, ma proprio tutti, si fermarono dal fare qualunque cosa facessero e puntarono i loro occhi con profondo stupore sul nuovo arrivato.
Che era un pesce fuori dall’acqua non era evidente, ma di più!
Non solo l’aspetto trasandato coi ricci neri intorno al viso tutti spettinati, parlavano, e nemmeno l’abbigliamento poco giovanile e poco alla moda, ma soprattutto quel viso dall’aria stralunata con un espressione mista fra il timido, il mortificato ed il dubbioso.
Bè, effettivamente definire di preciso l’espressione di Charlie non fu facile…
Se da una parte essere l’unico senza pistola lo lasciava un tantino a disagio, dall’altra si sentiva davvero unico e solo al mondo. Avevano tutti delle espressioni così decise, così da duri, da cattivi!
Fra tutti spiccava quel tipo dal bell’aspetto coi capelli castani corti che lo guardava come fosse un esemplare unico e raro… con quell’ironia evidente… come se dovesse scoppiare a ridergli in faccia da un momento all’altro!
Quello di colore, altrettanto bello e sicuro di sé, si tratteneva meglio ma sicuramente pensava qualcosa di simile al suo collega.
La donna esprimeva tutto il suo scetticismo senza farne mistero, mentre gli altri due che rimanevano, quelli accanto a suo fratello, che sembravano essere i capi… bè, fra i due quello coi capelli neri era una maschera di pietra, poteva pensare peste e corna che non c’era verso di capirlo, ma l’altro… quello coi capelli più bianchi e gli occhi azzurri… quello era tutto l’opposto.
Niente ironia. Niente scetticismo. Niente falsi controlli. Si vedeva fin troppo bene: se poteva cancellarlo l’avrebbe fatto con un solo sguardo e a giudicare dal tipo sembrava esserne capace.
Sicuramente pensa che sono una perdita di tempo!”
Pensò non sapendo se Don avesse parlato di lui.
Si sentì come l’unico topolino in mezzo ad una mandria di gatti affamati!
C’era chi voleva mangiarselo, chi semplicemente sbranarlo, chi divertirsi con lui, chi tormentarlo per il gusto di farlo, chi cacciarlo per partito preso… ma nessuno che volesse dargli fiducia o considerarlo utile, ad eccezione di suo fratello!
Istintivamente si avvicinò di più a Colby rallentando il passo, stringendo al petto il suo portatile e la valigetta piena di carte e documenti.
Dove sono finito?”
Continuò timoroso. Non gli era capitato spesso, ultimamente, di sentirsi così. Di solito se la cavava ma lì gli parve di essere tornato al liceo.
Una sensazione sgradevole lo investì facendolo ammutolire.
Che era un matematico si vedeva lontano un miglio!
Arrivato a Don lo sentì dire a gran voce più deciso che mai:
- Scusate, vi dispiace venire tutti qui? –
A quello anche Tony, Morgan e Ziva si avvicinarono a Gibbs, Hotchner, Don, Colby e Charlie. Ognuno con la sua espressione espressiva piantata in volto.
Tony ironico, Ziva scettica, Morgan che cercava di non ridere e Colby sempre più divertito. Hotch era professionale e ad uno sguardo aveva capito che quel ragazzo era come Reid, mentre Gibbs pensava che a quel punto si stava toccando il fondo e non lo nascondeva per nulla.
- Penso che come minimo siano da fare le presentazioni. Non ho ancora parlato col mio capo ma penso che collaboreremo per questo caso. Dopo ci scambieremo tutte le informazioni in nostro possesso. Per prima cosa io sono Don Eppes, capo di una delle squadre dell’FBI di Los Angeles di cui presente al momento è solo lui, Colby Granger. – Fece indicando con un gesto vago della mano il suo compagno accanto. Quindi la spostò sul fratello, colui che nessuno era riuscito a smettere di guardare, e proseguì spigliato, deciso e sbrigativo per perdere il meno tempo possibile: - Lui è Charlie Eppes, mio fratello, professore di matematica e nostro consulente. È grazie ai suoi calcoli che siamo arrivati qui. Per continuare il suo lavoro ha bisogno dei dati che abbiamo appena trovato! – Concluse allargando le braccia per indicare la base operativa dell’organizzazione.
A questo punto tutti gli altri, Tony specialmente, poterono liberamente mostrare la loro diffidenza. Quell’indagine si stava sempre più trasformando in un caos cosmico. Quasi da pensare di essere su una Candid Camera!
Come era possibile che oltre ad essere in tre squadre diverse su un unico caso, in ognuno c’era il cervellone di turno?
Per non parlare dei rispettivi capi… uno più da brivido dell’altro. Anche se il più pericoloso era senza dubbio il suo.
Questo il pensiero di Tony che credeva di essere finito in un film scadente di serie Z.
Gibbs, invece, come anche gli altri due capi, capirono di essere comunque in una situazione al limite dell’assurdo in cui a dar più grattacapi di tutti non sarebbero stati i criminali che cercavano, ma bensì quei tre, quattro contando Ziva, che per i guai erano delle calamite!
Bastò loro uno sguardo per capirlo, specie su colui che con aria da damerino si presentò come DiNozzo.
Morgan poteva anche essere quello un po’ più controllato fra loro, ma Hotch conosceva la sua tendenza a buttarsi nel pericolo a capofitto senza pensarci.
Sarà un inferno!”
Pensò infatti Gibbs sempre più nervoso presentandosi con un ringhio poco comprensibile.
Ad Hotchner bastò meno di tutti gli altri per capire come sarebbero andate le cose e prevedere un difficile futuro.
Fare il profiler serviva a questo ed altro.
Ben presto i gruppi si sarebbero formati e sarebbero stati esattamente questi:
i capi, lui, Gibbs e Don Eppes; i geni, Reid, McGee e quel Charlie Eppes; i spericolati altrimenti detti come piantagrane, DiNozzo, Morgan, Colby Granger e la ragazza, Ziva David.
Ne era certo.
Sperava solo che quell’ultimo gruppo sarebbe riuscito ad essere domato da quello dei capi!
E c’era anche da dire che tre capi come quelli in una sola squadra, seppure così numerosa e di alto livello, non era uno scherzo!
Quando sarebbe scoppiata la bomba atomica?
Alla fine delle presentazioni di tutti, ognuna fatta a modo proprio, chi naturale, chi personalizzando, a prendere la parola fu Tony sapendo di fare un favore a Gibbs anticipandolo. Quando era così stressato e nervoso gli dava fastidio soprattutto parlare.
Prendendo la parola con fare sicuro e a suo agio, cominciò a parlare del caso e di ciò a cui era venuto a capo come se spiegasse la trama di un film fantascientifico:
- Da quanto è venuto fuori, la situazione è esattamente questa: mesi fa a Los Angeles si presentano questi tizi poco originali che cercano di attentare la città, tanto per cambiare. La squadra composta per metà dai due Eppes e da Granger, riesce a fermarli ma non a prenderli, cose che succedono anche se non voglio mettere il dito nella piaga. Cosa che sto comunque facendo ma non per mia intenzione. – Sguardo assassino di Gibbs. Tony tossicchia. – Ebbene., dicevo... questi sfuggono per diverse volte finché non decidono genialmente di cambiare sede sperando che l’aria nuova possa illuminare i loro cervelli oscurati come sono quelli che non pagano la bolletta della luce, quindi si trasferiscono qua. Non sanno che sono finiti dalla padella alla brace. – Sguardo assassino di Don. Tony si allarga il colletto della camicia con un dito sentendo il disagio come un pugnale pronto a squartarlo: - Suppongo cambino piano ma dovrebbero solo cambiare cervello. Ad ogni modo: hanno bisogno di un diversivo e si mettono ad inscenare il killer dei marines. Mentre tutte le forze dell’ordine di questa città sono puntate su questo fantomatico killer, loro hanno tempo e spazio di portare avanti il prossimo attentato. Sembra più un terno al lotto, come una partita di bowling, insomma! – Sguardo assassino di Hotchner. Tony comincia a sudare. – Si, giusto. Noi, con l’aiuto della squadra dell’FBI di Analisi Comportamentale riusciamo a trovare questo posto, la base dell’organizzazione, ci scontriamo con l’altra squadra che cerca le stesse persone e capiamo insieme che gli omicidi dei marines erano solo delle pietose coperture per fare i loro porci comodi! Essendo loro non qua al contrario di tutto questo materiale per bombe e chi più ne ha più ne metta, se ne deduce rimanga davvero poco tempo per trovarli e fermarli perché la mia deduzione da bravo agente molto speciale è che stanno già per colpire e affondare! –
A questo punto il lungo monologo ha termine insieme allo scappellotto di Gibbs sulla sua nuca.
Nonostante le sue intenzioni fossero nobili e non volesse infastidirlo facendolo parlare nello stato d’animo peggiore possibile, farlo lui al suo posto e così tanto era stata la solita ciliegina sulla torta, proprio l’ultima cosa che avrebbe potuto sopportare!
Per quello schiaffo Don e Hotch gliene furono grati.
Avrebbe potuto spiegare tutto questo in pochissime, brevi e concise parole. Perché perdersi in tanti fronzoli cercando di alleggerire una situazione giustamente pesante?
Non era un gioco. Bisognava prenderla seriamente!
La verità era che Tony non l’aveva presa troppo alla leggera ma cercava solo di non far esplodere quello che era il suo uomo. Sapeva che quel famoso limite era sempre più incombente. E a giudicare da uno sguardo anche quel Don Eppes era nelle sue stesse condizioni!
- Più parole non potevi usarne? – Commentò quindi seccata Ziva leggendo facilmente nel pensiero fin troppo evidente del suo capo. Tony si massaggiò la nuca guardando male lei e fintamente mortificato lui. Non si era pentito di aver parlato tanto visto che aveva evitato a Gibbs il fastidio di doverlo fare!
- Va bene. Ora che sappiamo tutto della situazione raccogliamo tutto ciò che c’è da raccogliere qua, dati, prove e quant’altro, e continuiamo col lavoro! – Per Colby il discorso poteva finire lì. Quel DiNozzo aveva parlato abbastanza illustrando la situazione in modo più che completo. Chiacchierare ancora era davvero una perdita di tempo!
Però doveva ammetterlo… l’originalità con cui l’aveva fatto l’aveva decisamente apprezzata!
Non aveva paura nemmeno di due animali feroci come quel Gibbs e Don!
Con un sorrisino appena accennato gli lanciò uno sguardo di evidente compiacimento che fu imitato da Morgan e catturato da Tony tanto quanto da Gibbs e Don. Anche a Morgan era piaciuto il siparietto contornato dagli sguardi assassini di quei tre!
A quel punto Gibbs si trovò ad un bivio: prendere da parte Tony e divorarselo per quella complicità fuori luogo con quei due nuovi personaggi, oppure concentrarsi sul caso?
Il suo senso del dovere vinse sulla sua gelosia mostruosa, così prendendo finalmente la parola, disse brusco e deciso:
- Voi tutti occupatevi di questo posto, finito qua ci vediamo all’NCIS. Tony, chiama McGee e quell’altro che vi serviranno. – Fece rivolto a Tony, Colby, Morgan, Ziva e Charlie. – Voi invece con me! Ho bisogno di tutte le informazioni possibili su questa organizzazione. – Non specificò che parlava con Don, era ovvio, e tanto meno che il capo dell’indagine sarebbe stato comunque lui. Non ne parlò pensando che andasse bene a tutti. Don lo seguì abbassando l’immaginaria ascia di guerra in via del tutto provvisoria, acconsentendo a parlargliene da solo in tranquillità, pensando che comunque questo non significava che a condurre il tutto sarebbe stato quel tipo!
Hotch osservandoli dirigersi all’auto di Gibbs fianco a fianco mentre parlavano con un tono di voce identico e sbrigativo, scosse la testa.
O finiscono per sbranarsi perché nessuno dei due cede il posto di dirigente dell’indagine, o scoppia l’amore ed entrano in perfetta simbiosi l’uno con l’altro. Sarà meglio fare attenzione a questi due perché se scelgono la prima opzione devo pensare ad un modo per fermarli o scoppia davvero la terza guerra mondiale!”
Mai previsione fu più azzeccata.
O odio totale o simbiosi perfetta.
Cosa avrebbe vinto?
Quel confronto diretto e solitario sarebbe stato decisivo.

Quando suo fratello se ne andò con gli altri due uomini autoritari, Charlie si sentì sempre più spaurito e solo in mezzo alla tana dei lupi. Come un agnellino.
Inghiottì a vuoto guardando Colby sperando potesse rappresentare la sua ancora di salvezza ma vedendo quanto in simbiosi era con gli altri, tutti simili a lui se non peggio ad occhio e croce, capì che da lui avrebbe avuto ben poco aiuto!
Del resto nella squadra lui era sempre stato quello meno di tutti incline alla sua matematica. Ancora meno di Don, il che era tutto dire!
Se voleva sopravvivere doveva far leva sul suo cervello e sulla sua forza!
Concentrarsi sulla matematica.
Ecco cosa doveva fare.
Non si sentiva così a disagio da molto ma doveva sforzarsi e darsi da fare.
Guardandosi intorno ignorò con fatica gli sguardi curiosi e dubbiosi di quello che si chiamava DiNozzo. Non si preoccupava nemmeno di nascondere quei sorrisi d’ironia, almeno quel Morgan si tratteneva!
La donna sembrava avercela con lui per partito preso, con lei nemmeno ci si mise… sembrava più una ninja spietata che un agente, ma magari poteva sbagliarsi. Magari lei non voleva mescolarsi né con una categoria né con un'altra ma non ce l’aveva con nessuna delle due nello specifico!
Sospirò aprendo il suo computer portatile per osservare e categorizzare i dati necessari per la sua analisi, peccato che più ci provava e meno ci riusciva.
- Charlie… posso chiamarti così, vero? Visto che sei il fratello dell’altro Eppes ci si confonde se non usiamo i nomi. – Iniziò allora Tony rilassato e divertito, facendo di tutto all’infuori del proprio lavoro che invece gli altri cercavano di svolgere per non attirarsi le ire dei ‘capitani’. Lui sembrava non avere quel timore!
- Si, Charlie va benissimo… - Rispose continuando a scrivere sulla tastiera, evitando accuratamente il suo sguardo sentendolo invece aggirarsi intorno davvero come un lupo che scruta la sua cena.
- Ascolta… in cosa consiste esattamente il tuo lavoro di consulente? Fai le magie come il McGenio che sta per arrivare? – Qua Charlie alzò un sopracciglio non comprendendo a pieno la sua uscita, quindi aprendo bocca per tentare di rispondergli cortesemente, fu subito interrotto di nuovo da lui: - Ma tu non conosci McGee… vediamo, come posso spiegarmi meglio? – Poi si illuminò puntandogli il dito contro insieme ad un espressione vittoriosa: - Sei come Jhon Nash, il personaggio interpretato da Russel Crowe in Beautefol Mind? È quello ciò che fai? – A questo punto si levarono gli sbuffi infastiditi di Ziva e le risate sommesse di Morgan e Colby.
Ad intervenire in aiuto del giovane matematico in difficoltà grazie al compiaciuto agente dell’NCIS, arrivò l’unico che lo conosceva più degli altri e che quindi si sentiva in dovere di difenderlo almeno un po’, ma con il sorriso divertito sulle labbra e nemmeno l’ombra dell’astio contro quel tipo così umoristico:
- No, non è un pazzo visionario che vede codici segreti anche dove non ci sono, ma fanatico della matematica si. Di uguale a Jhon Nash ha che tutto ciò che vede e gli sta intorno può trasformarlo in numeri ed in calcoli ma sono tutti corretti e fondati. Portano sempre a qualcosa di giusto. Consiste in questo il suo lavoro. –
- Spero che non finisca come lui! – Aggiunse Morgan fintamente serio riferendosi al fatto che Jhon Nash poi si rivelava pazzo.
A questo risero tutti e tre, il paragone che aveva usato Tony era piaciuto ad entrambi. Colby non era molto tipo da film però un minimo ne aveva visti e la storia di Jhon Nash era famosa. Paragonare Charlie a lui era stato un tocco di genio davvero apprezzabile almeno quanto quando lui stesso aveva paragonato Don al film intitolato ‘La sfida’. Il ‘geniale’ Tony notò l’apprezzamento nello sguardo sorridente e luminoso che lo puntava, quindi lo ricambiò togliendo l’ironia e mostrandosi contento della simbiosi fulminea.
Capì che sarebbero tutti andati d’accordo. Forse solo Ziva non apprezzava al cento per cento quei modi di fare e scherzare. Prendere in giro qualcuno era così spassoso?
Solo se si trattava di Tony poteva accettarlo ma quando era lui a prendere di mira gli altri, quindi sempre, a lei non piaceva.
Nonostante anche Morgan rise del paragone e degli scambi, si avvicinò a Charlie che non capiva di preciso se il suo amico l’aveva aiutato o no, quindi gli diede una leggera pacca amichevole sulla spalla e in amicizia gli disse come leggendogli nella mente:
- Non preoccuparti, nessuno ce l’ha con te. Stanno per arrivare i rinforzi, vedrai che ora ti sentirai meglio! –
A questo Charlie si aggrappò pieno di speranza, chiedendosi se era il profiler bravo nel suo lavoro oppure lui che era un libro aperto:
- Rinforzi? –
- Si… Reid, un profiler della mia squadra, e McGee, dell’NCIS, sono dei geni simili a te. Sanno cosa stai provando perché prima di te l’hanno passato loro! DiNozzo a quanto pare non ha pietà! – Aveva chiaramente sentito il suo disagio e dispiacendogli aveva voluto tranquillizzarlo prima di tornare ad unirsi a quei due che gli piacevano non poco. Quel Granger, poi, era interessante tanto quanto DiNozzo. Ironico, sveglio, stava agli scherzi, assecondava brillantemente le situazioni in cui si trovava… si, sembrava davvero degno di nota. Insieme sarebbero riusciti ad intraprendere un sacco di azioni che di norma, trovandosi con persone più serie e coscienziose, non era loro permesso di fare!
Charlie sospirò incerto fra il rassegnato e il contento di non essere completamente solo. Si limitò comunque a sperare che questi due individui arrivassero presto. E comunque…
Davvero ci possono essere altri due come me? ‘Simili’ e ‘geni’ sono termini che dicono tutto e niente… sono matematici? Studiosi? Scienziati? Informatici? Cosa sono? Mah… se però hanno passato anche loro quel che sto passando io magari qualunque cosa siano andrà bene purché arrivino! Non mi piace essere di nuovo ai tempi del liceo!”
Però doveva anche ammettere che al di là di tutto, quei tre, escludendo la ragazza che stava per i fatti suoi ed era piuttosto inquietante, erano uno più notevole dell’altro, sia come aspetto che come personalità. Ne traboccavano da ogni poro. Colby già lo conosceva ma gli altri due sembravano suoi fratelli!
Preferì tornare ai suoi dati esternandosi di nuovo da tutti che avevano smesso di prenderlo di mira, chi più chi meno, e avevano preso ad approfondire la loro conoscenza. Proprio quando sembrava sul vivo del suo lavoro fu di nuovo interrotto dall’arrivo di altre due persone.
Quei due famosi che aspettava intrepidante!
- Ecco qua! Il club dei geni è al completo! – Fece allora Tony ironico avvicinandosi a Charlie, indicando McGee e Reid che venivano loro incontro sempre con quelle arie distinte.
Appena messo piede lì dentro il primo sguardo di Reid fu per Morgan e non fu molto amichevole. Il lampo di astio che il destinatario ricevette fu facilmente interpretabile come un ‘ti diverti coi tuoi nuovi amici?’, che gli diede un sano senso di appagamento. Non era proprio un piano premeditato ma qualunque improvvisazione avesse fatto, stava funzionando. Per la fine dell’indagine sarebbe riuscito a fargli capire i suoi sentimenti e a mettersi con lui. Con Reid serviva l’ingegno, non ci si poteva semplicemente buttare perché finiva per ritirarsi. Però era sicuro che poi ne valesse la pena!
Il sorrisino sbieco appena accennato che si dipinse sulle sue bellissime labbra carnose fu motivo di calore e fastidio per il giovane Spencer che preferì distogliere subito il suo sguardo per puntarlo sul nuovo arrivato.
Appena vide Charlie il campanellino d’allarme si attivò immediatamente ma fu reciproco. Anche Charlie lo riconobbe nell’immediato. Entrambi erano piuttosto popolari nel loro ambiente, infatti McGee stesso li conosceva al suo contrario che nonostante la sua testa e le sue capacità non da poco, aveva sempre preferito concentrarsi unicamente sul lavoro di agente. Non gli pesava l’impopolarità, gli bastava sentirsi realizzato e giorno dopo giorno era sempre così grazie al suo lavoro e all’ambiente in cui stava.
Non gli mancava nulla, solo l’amore di una donna, forse.
- Il professore Charlie Eppes! – Dissero insieme lui e Reid sorridendo radiosi e ammirati, stringendogli subito la mano contenti di quell’occasione. Charlie arrossì appena sentendosi imbarazzato per essere stato riconosciuto e diventato centro, finalmente, di ammirazione sincera; quindi scambiando la stretta vigorosa con Reid disse a sua volta sorridente:
- Il dottor Spencer Reid! – Non c’era bisogno di elencare perché si conoscevano, loro lo sapevano, era ovvio.
E mentre intavolavano immediatamente un discorso intricato sui rispettivi studi e seminari resi famosi, spingendosi anche ai calcoli e le analisi che potevano compiere in quel posto, cose che potevano capire solo loro cervelloni, per una volta a sentirsi fuori dal mondo e sperduti furono Tony, Morgan e Colby che, con la medesima identica espressione e posizione, uno di fianco all’altro, appoggiati su una gamba, mani ai fianchi e testa piegata dallo stesso lato, li guardavano allibiti e quasi schifati:
- Ecco… è questo che non sopporto… - Iniziò Tony senza il sorrisetto di prima sulle labbra.
- …sembrano superiori a tutti, poi invece nelle cose pratiche o nei rapporti sociali col mondo là fuori… - Continuò Morgan con un aria addirittura cupa vedendo il suo Reid felice di stare con qualcuno che non fosse lui.
- …sono delle frane! – Concluse schietto e lapidario Colby scuotendo il capo fino a distogliere lo sguardo.
A raccogliere quello spassoso siparietto furono le risa divertite di Ziva che non aveva visto l’ora del riscatto dei poveretti presi sempre di mira!
Ora che erano tre contro tre i duelli sarebbero stati alla pari e decisamente più divertenti!
Ricevendo un occhiataccia indispettita da Tony ed altre interrogative da Morgan e Colby, la ragazza dai capelli neri raccolti in una coda, con un ghigno sadico sulle labbra, alzò le mani con gli indici alzati, quindi disse ironica:
- Uno a uno palla al centro! –
Da lì anche gli altri capirono che aveva ragione.
Quello era solo l’inizio di un duello che sarebbe stato non interessante ma decisamente di più!
Chi avrebbe vinto l’incontro?
I geni o gli spericolati?
Spettatrice una Ziva molto divertita!


Nel frattempo arrivati all’NCIS diretti naturalmente dal direttore Vance per informarlo sulla piega di quell’indagine congiunta, Gibbs e Don avevano avuto modo di approfondire anch’essi la loro conoscenza in un primo momento disastrosa ed esplosiva. Arbitrati da un Hotchner che dava sempre più fondo a tutte le sue capacità di psicologo!
Gran merito lo si potrebbe attribuire senza dubbio a lui, ma altrettanto, bisogna dirlo, ai criminali stessi che cercavano!
Come?
Bè, presto detto…
La voglia di prendere quei bastardi che dai rispettivi resoconti dettagliati avevano compreso essere davvero delle fecce senza scrupoli, aveva acceso in loro due la medesima voglia di rivalsa tanto da capirsi profondamente l’un l’altro e, udite udite, riuscire addirittura ad apprezzarsi a vicenda!
In fondo avevano lo stesso problema, lo stesso sentimento di rabbia ceca, la stessa voglia di prenderli, gli stessi limiti superati da un pezzo. Lo stesso incombente pericolo di esplodere.
Si capivano. Oh se si capivano.
E parlando in quel breve tratto di strada, orchestrati dal profiler che si preoccupava di evidenziare i pensieri comuni che i due avevano, si dimenticarono di chi avrebbe dovuto prendere il controllo delle indagini e cose simili. Si dimenticarono di avere avuto un istintiva voglia di spararsi a vicenda. Di essere di due corpi d’ordine diversi e spesso opposti. Di non essersi piaciuti.
Se ne dimenticarono ammettendo di non solo avere gli stessi stati d’animo ma anche molta altra similitudine caratteriale.
Certo, non potevano essere identici ma in realtà si sentivano così vicini e simili da spingersi a guardarsi finalmente non con occhi di astio ma addirittura d’ammirazione.
Per quanto entrambi potessero dimostrare della sana ammirazione per qualcuno in maniera normale!
- E' gente senza scrupoli che pur di attuare i suoi piani sono capaci di passare sopra a chiunque. Distruggono vite solo per diversivo. - Aveva quindi detto Don con un tono di voce pericolosamente calmo e controllato ma molto preso da ciò che diceva. Lo sguardo cupo e la fronte aggrottata denotava quanto sul piede di guerra fosse ma verso quella gente e non verso Gibbs che, allo stesso modo, solo più sotto voce e minaccioso, rispose concorde con lui:
- Con loro non si ragiona. Si prendono e si abbattono. - E fu cristallino il significato di 'abbattere'!
Hotchner fu attraversato dai brividi immaginando cosa sarebbe successo quando quei criminali sarebbero stati fra le loro mani.
Grazie a questa conclusione poterono rendersi conto di quanto detto prima.
Non erano loro due i nemici ma quelle persone che cercavano e che stavano seminando il panico nel mondo dei marine. Marine che minacciati mortalmente avevano sempre più intenzione di farsi vendetta da soli.
Non servì nessuno scambio di sguardi fra Don e Jethro, mentre concluso il dialogo sulle informazioni e giunti quindi al primo passo l’uno verso l’altro, passo che consisteva nel non guardarsi come a voler uccidersi, il profiler poté finalmente sospirare di sollievo!
Forse le cose potevano procedere discretamente!
- Penso che abbiamo iniziato col piede sbagliato. – Disse allora Eppes camminando di fianco a Gibbs, mantenendo lo sguardo dritto davanti a sé e non sull’uomo accanto che faceva altrettanto. Nessuno dei due cedeva il passo anche se l’agente dell’FBI non poteva conoscere la direzione da prendere. Non ci faceva caso, per lui era semplicemente naturale camminare di fianco o davanti e mai dietro a qualcuno. Gibbs?
La stessa identica cosa.
Non cedeva il passo quasi mai.
Era raro lo facesse.
Hotchner invece non ci teneva molto a gareggiare con persone simili anche perché non era una gara. Lui non aveva bisogno di stare fisicamente avanti a nessuno per esserlo davvero!
- Lo penso anche io. – Rispose quindi Gibbs nel medesimo tono lapidario ma più calmo di quelli precedenti.
- Non mi importa nulla di starti davanti o cose simili… - Proseguì quindi l’altro sentendosi strano a fare un discorso simile. Gibbs rimase attento alle sue parole, stranamente interessato a ciò che cercava di dirgli. Non lo interruppe. – Voglio solo prendere una volta per tutte quei bastardi. Nient’altro. – Questa conclusione piacque a Gibbs e non poco. Tanto che un sorrisino sbieco si dipinse sulle sue labbra rispondendo incisivo e sicuro:
- Sono d’accordo. – Solo lì, prima di entrare nell’ufficio del direttore dell’NCIS, i due agenti capi squadra si guardarono spalleggiandosi. Menti alzati, sguardi sicuri e fieri, espressione penetrante ed attenta.
E si dissero così molte più cose piuttosto che se avessero usato le parole.
Se arrivavano a questa conclusione un po’ prima mi evitavano una notevole fatica! “ Pensò quindi il terzo capo squadra, quello dell’Analisi Comportamentale. Suo malgrado dovette aggiungere con onestà ed ammirazione: “Sarà un ottima squadra. Quelle persone hanno i minuti contati!”
A quel punto entrarono nell’ufficio del direttore e dopo le dovute presentazioni e spiegazioni del caso, il direttore diede conferma di ciò che già tutti avevano dedotto da soli:
- E’ un caso di giurisdizione di entrambi e siccome dietro questa organizzazione ci stavano dietro già Eppes e i suoi, a capo dell’indagine ci sarete entrambi voi due, ma non credo sia il caso di far intervenire in campo altre forze. Se la squadra di Analisi Comportamentale vorrà continuare a collaborare con noi ne saremo onorati. –
A quel punto Vance era semplicemente sicuro di dover contrastare Gibbs sul ruolo di capo, invece fu davvero shockato nel constatare che il lupo feroce non emise nemmeno mezzo latrato ma che anzi annuì immediatamente dimostrandosi in perfetto accordo, imitato dall’altro agente dell’FBI e dalla conferma di collaborazione di Hotchner.
- Bene, visto che siamo tutti sorprendentemente d’accordo vi suggerisco di darvi da fare prima che la fine del mondo abbia inizio, visto le chiare intenzioni degli individui che cercate! I marine hanno tutta l'intenzione di farsi giustizia da soli. –
Fu quindi la sua conclusione congedandoli e rispedendoli al lavoro.
I tre uomini dall’andatura eretta, fiera e spigliata uscirono in silenzio pensando ognuno a qualcosa che sarebbe rimasto per sé ma che, loro non potevano saperlo, era identico.
Il conto alla rovescia ha inizio!”
Quella, signori e signore, sarebbe stata una collaborazione che nessuno di loro si sarebbe dimenticato facilmente.

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Capitolo 6
*** Spettacoli ***


INDAGINI CONGIUNTE

*Ecco qua il nuovo capitolo, chiedo scusa per l’attesa ma non è facile scrivere di un crossover simile. Comunque eccovi qua. In questo l’azione ancora non prende piede ma nel prossimo è assicurata visto che, come leggerete, alla fine i tre spericolati hanno un colpo di genio anche loro... Dal prossimo, oltre a maggiore azione, ci sarà anche una definizione più specifica del caso e di quel che stanno combinando, su cosa indagano e cosa trovano, insomma. Cosa che qua è ancora un po’ vaga per tenervi sulle spine e per puntare i riflettori sui vari rapporti (vecchi e nuovi)! Ringrazio tutti quelli che hanno letto e commentato il capitolo precedente. Auguro buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO VI:
SPETTACOLI

/Time is running out – Papa Roach/
Quando Abby vide Charlie per poco non le venne una sincope!
Non era uno scienziato famoso ma la cultura della Signora delle Tenebre era espansa anche ad altre discipline della sua materia, specie se il matematico in questione aveva finito per farsi un nome grazie a più motivi, specie il recente libro pubblicato da lui.
Quando McGee fece entrare il giovane genio, la donna mollò istantaneamente tutto ciò che teneva in mano (cosa che trattandosi del caffè le procurò un discreto caos sul pavimento macchiato), sgranò gli occhi, spalancò la bocca e lasciò che il proprio viso truccato come al solito sul pesante andante, assumesse un espressione di puro stupore ed incredulità.
Dopo di che si lasciò sfuggire un ‘no’ a voce forte e chiara.
- Si. È lui. – Disse McGee compiaciuto affiancando l’amica con ancora la mascella fuori posto. Era normale che fra simili ci si conoscesse di più rispetto che fra creature di mondi diversi.
Tony e Morgan non avevano avuto la più pallida idea di chi fosse questo famoso (per McGee, Reid ed Abby) Charlie Eppes, mentre per loro sembrava quasi una star!
Non le ci volle molto, tuttavia, per riprendersi infatti saltò subito al collo del moro dai capelli ricci che, interdetto, rimase spiazzato davanti ad Abby e al suo abbraccio esuberante.
Del resto come biasimarlo?
Un tornado gotico che ti stritola senza nemmeno essersi presentato prima, lascerebbe chiunque esterrefatto!
A questa scena comica perfino Reid ridacchiò comprendendo bene come dovesse sentirsi il nuovo momentaneo collega che non sapeva dove mettere le mani ed alzava le sopracciglia in segno interrogatorio.
Quando McGee se la fu goduta abbastanza, dopo una risata divertita, si decise a staccare la mitraglietta Abby che aveva cominciato a parlare a macchinetta sparando mille parole al secondo su tutto ciò che aveva letto di lui, specie sul suo libro.
Distinsero solamente la frase finale: - …se la racconto non mi credono! Guarda con chi sono finita a lavorare! – A questo l’amico le mise l’altro bicchiere di caffè in mano ficcandole veloce la cannuccia in bocca. Non potè non bloccarsi per bere, bere e bere molte lunghe sorsate capendo lei stessa che doveva calmarsi o non sarebbe stata in grado di lavorare più.
Certo il caffè aveva molti poteri su di lei che su molti altri non aveva…
- Il professor Charlie Eppes collaborerà con noi per questo caso. Sul posto, rivelatasi poi la base operativa dell’organizzazione che cerchiamo, abbiamo trovato altri due agenti dell’FBI di Los Angeles e lui è il fratello e collaboratore di uno dei due. Abbiamo scoperto nuovi importanti dati, abbiamo molto lavoro da sbrigare ed anche se siamo in tanti e le forze in campo più che valide, dobbiamo metterci sotto. Abby… mi stai ascoltando? – Ma l’espressione persa della donna gli fece capire di aver parlato al vento.
- Ma certo che ti ascolto, McGee… posso fantasticare sulle mie fortune, ascoltarti e bere il caffè in contemporanea. Non ci vuole molto! Mi avanzano ancora un paio di funzioni, se lo vuoi sapere… – Rispose invece lei senza mutare espressione e tono di voce sognanti.
Mentre lui scuoteva la testa rassegnato abbassandosi a raccogliere diligente e passivo il bicchiere di caffè caduto e pulendo alla meglio, Charlie si avvicinava a Reid trovandosi più simile a lui che a lei, quindi interdetto e con la fronte ancora aggrottata chiese sotto voce per non farsi sentire dall’interessata:
- Ma è vera? – Veniva da chiederselo davanti alle sue reazioni esagerate!
- Me lo sono chiesto anche io… - Fu la risposta illuminante di Reid che non era poi tanto pratico di quel mondo chiamato NCIS e dei personaggi strani che vi stavano dentro!
DiNozzo era come un illusionista che tirava fuori dal cappello magico sempre nuove sorprese che attiravano comunque l’attenzione di tutti, McGee nella sua apparente normalità era comunque anormale a riuscire a convivere con persone come quelle con naturalezza (questi i punti di vista di Reid e Charlie ovviamente…), l’agente David solo per il fatto che fosse del Mossad lasciava interdetti e comunque era la più inquietante. Gibbs, il capo, era semplicemente agghiacciante e terrorizzante. Per entrambi i due geni con dei cervelli fuori dal comune avere a che fare con uno come lui impediva ai ragionamenti di formarsi in tempi brevi ed anche se Charlie era abituato col fratello che era simile a lui, reputava Gibbs, ad un primo sguardo, addirittura peggio di Don. Il che era tutto da vedere.
Per loro due era davvero difficile concentrarsi e far finta di nulla, lavorando ai loro massimi. Erano davvero rincuorati dalla presenza similare di McGee che li aiutava.
Stavano ancora cercando di riprendersi dai rispettivi shock, nessuno trascurabile in effetti, che la vociona burbera e secca del ‘lupus in fabula’ irruppe nel laboratorio che di nuovo cominciava ad affollarsi non poco.
- Abby, hai qualcosa? – La scienziata non si scompose e non si mosse, continuando a guardare sognante Charlie, che imbarazzato ringraziava il cielo per l’arrivo di suo fratello che lo tranquillizzava e al tempo stesso lo malediva per quello di Gibbs che lo terrorizzava, disse convinta e pronta:
- Si, ho Charlie Eppes! – E il cielo fu ringraziato da McGee, invece, poiché il giovane matematico non era uno dei più bei ragazzi che si fosse visto in giro; se lo fosse stato Abby lo avrebbe risucchiato immediatamente!
Hotchner e Don, allora, giunti con Gibbs, alzarono entrambi lo stesso sopracciglio sorpresi chiedendosi se avessero capito bene.
A quel punto Abby fu osservata e squadrata in modo approfondito dai due nuovi arrivi. Hotchner non si scompose più di tanto, anche perché lui era in effetti difficile sconvolgerlo, in fondo aveva a che fare con Garcia… ma Don che non era affatto abituato a certi personaggi rimase indietro a guardarla fantasticare su suo fratello, non capendo di che tipo di interesse si trattasse…
Che suo fratello facesse colpo su qualche ragazza non era una cosa impensabile, certo, ma lei… da dove usciva?
Vestita e conciata a quel modo sembrava scappata da una sfilata di Halloween per pazze… e poi quell’uscita… forse aveva capito male. Non poteva essere lei la scienziata… no davvero…
- Abby! – Tuonò allora Gibbs capendo che stava per perdere la sua lavorante migliore. Le si avvicinò sovrastandola con un aria severa e la consueta scarica elettrica l’attraversò facendola risvegliare. Si staccò la cannuccia del caffè dalla bocca, sbatté più volte le palpebre come se si svegliasse e guardò prima Gibbs, poi Hotchner che si faceva un quadro esatto del tipo che lei era, di seguito Don ancora con un aria stralunata e corrucciata che cercava di capire dove fosse l’analista di laboratorio per loro e l’analista della psiche per lei… e poi dietro di loro ancora, verso la soglia varcata una volta di più dagli unici mancanti all’appello.
Ora sì che era affollato il posto!
Tony, Morgan, Ziva e Colby erano arrivati.
E lo si capì dall’espressione di nuovo sorpresa della mora che non si fece problemi a dire di nuovo quel che pensava nonostante davanti avesse una specie di orco pronto a sbranarla se non fosse tornata subito attiva!
- Ma Gibbs! Sei tu che hai qualcosa per me… guarda lì quanto ben di Dio… e tutto in una volta! Vuoi forse uccidermi? – Il collegamento non fu ben chiaro a tutti e nemmeno si impegnarono per capirlo.
A quel punto gli altri si guardarono facendo largo agli ultimi arrivi e con al centro Gibbs davanti a Abby che si mangiava con gli occhi Morgan e Colby, ci fu un attimo di sospensione.
- Lei è la vostra analista di laboratorio? – Disse schietto Colby senza trattenere il suo pensiero. La risata divertita di Morgan si sentì per prima, dopo ci fu il ringhio di Gibbs.
Ahia… qua finisce male…”
Pensò subito Tony captando le pessime onde oscure del suo compagno poco distante da lui.
Abby era andata in tilt e presto il mondo sarebbe finito se qualcuno non avesse tirato fuori qualcosa in grado di calmarlo.
Ma un coniglio dal cappello, in quella situazione così caotica ed affollata piena di sorprese, come poteva pretendere di averlo?
Mentre allarmato più che mai cercava nella sua mente qualcosa da dire inerente al caso, qualcosa che tranquillizzasse momentaneamente Gibbs, fu Abby a prendere per prima la parola sorprendendo tutti una volta di più.
- Bè, visto che siete tutti qua vi illumino sulle mie scoperte… mi avete risparmiato mille telefonate… -
Detto ciò cominciò a sciorinare tutti i dati tecnici e le scoperte che grazie alle sue prestazioni precise, complete ed approfondite era riuscita a trovare.
In breve mise in campo tutti i conigli da sola e non solo… anche colombe, gatti e quant’altro!
Mentre lei parlava veloce senza quasi respirare, esprimendo cose altamente serie e professionali in modo ironico e scherzoso, come raccontasse una barzelletta, tutti gli altri si trovarono a chiedersi per l’ennesima volta, e questa volta insieme…
Ma è vera?” Effettivamente chi non la conosceva in un primo momento poteva venir messo fuori strada dal suo aspetto e dai suoi modi anomali, ma poi veniva fuori tutta la sua effettiva bravura nel fare il suo lavoro.
Specie Don e Colby rimasero a bocca aperta a guardarla ricredendosi subito sulla pessima impressione avuta in un primo momento.
Si ricredettero al punto che si chiesero perché anche loro non avessero un personaggio simile nella loro squadra. Effettivamente mancava. Lo ammisero piacevolmente colpiti da lei.
Quando concluse la sua analisi completa e approfondita, nonché preziosa, di tutte le prove che era riuscita a studiare e trovare, la scienziata aprì le braccia mantenendosi di schiena rispetto a loro, quindi in segno d’attesa, con la testa piegata di lato porgendo la guancia a Gibbs lì accanto, disse sfacciata e allegra:
- Applausi e ricompense, prego! – Fu così che dalle espressioni stupite della maggior parte di loro si dipinse un sorriso spontaneo d’ammirazione, Hotch rimase serio con un vago cenno di assenso sul viso mentre Don richiuse la bocca lasciata aperta durante lo spettacolo, non riuscì a sorridere o fare cenni, rimase proprio inebetito a fissarla. Quindi Tony diete una pacca amichevole sulla spalla di Colby notando una netta luce divertita nello sguardo che diceva quanto gli piacesse Abby.
- Si, lei è la nostra analista di laboratorio! Ti farei un paragone con qualche personaggio di film ma non ce ne sono. Abigail Shiuto è autentica ed unica al cento per cento! – Fece quindi allegro deliziato dalla scena, rispondendo alla sua domanda iniziale.
- Ah, non ne dubito! – Commentò quindi spontaneamente l’altro beccandosi per questo una brutta occhiata da Don che a Morgan non sfuggì.
Anche lui mi sa che è in una situazione simile alla mia… benvenuto nel club, amico!”
Gibbs dunque concluse posando un bacio sulla guancia di Abby che sorrise radiosa, contenta di non aver deluso il suo papà adottivo, suscitando ulteriore curiosità negli spettatori e specie in Reid che si trovò a riflettere di nuovo su quell’uomo incredibile. Era un tipo davvero strano e difficile da analizzare, in effetti. A vederlo non sembrava capace di atti così dolci e premurosi, pensava sarebbe esploso ed invece lei l’aveva calmato in quel modo magistrale dimostrando di meritarsi il ruolo di preferita, tirandogli fuori quella dolcezza assolutamente spiazzante.
Anche gli altri ne rimasero stupiti mentre Colby semplicemente si chiedeva come fare per tirare fuori anche solo l’ombra di quella amorevolezza da Don.
Non che lui la volesse in modo spiccato e svenevole, ma una cosa accennata ogni tanto così come la sua, non guastava.
Il loro rapporto, del resto, era molto più complicato rispetto a quello che altri lì presenti avevano e non lo si poteva spiegare facilmente.
Don, ad ogni modo, non era capace mai ma proprio mai di quelle attenzioni tenere. Per lo meno Colby era pronto a scommetterci la testa. Eppure parlandone con Morgan e Tony, più tardi, si sarebbe sorpreso di sentirli dire che chiunque poteva stupire, specie persone come Don Eppes.
- Ragazzi… - Iniziò timidamente Charlie riprendendosi in fretta alla luce delle scoperte della sorprendente scienziata. – A questo proposito avrei anche io qualcosa da dire… - Così l’attenzione di tutti fu spostata su di lui che ingoiò e si fece coraggio dicendosi di far finta di fare solo una semplice lezione universitaria, lasciando perdere il fatto che tutte quelle persone lì avevano un’arma a contrario di lui e di Abby che comunque sembrava saper benissimo come essere pericolosa anche senza pistola!
Successivamente disse la sua esponendo ciò che i suoi calcoli avevano portato alla luce fino a quel momento e di come ci fosse una teoria matematica in grado di attuare alla luce dei nuovi dati trovati.
Ad aiutarlo nell’esposizione ci furono anche Reid e McGee amalgamati con lui come se fossero un tutt’uno da anni.
Davanti a quei tre cervelli che proclamavano implicitamente la loro immensa potenza mentale, Tony, Morgan e Colby si sentirono di nuovo non solo semplicemente infastiditi o messi da parte ma addirittura svirilizzati.
Proprio così.
Un meccanismo strano in effetti considerando la personalità di spicco e forti di quei tre.
Svirilizzare persone come loro che non perdevano occasione per ridimensionare i geni con cui avevano quotidianamente a che fare, ci voleva mica poco. Però davanti a quelle figure egregie e alle espressioni miracolosamente e sconvolgentemente compiaciute dei tre capi che annuivano come se capissero anche solo l’ombra di tutto quel che veniva detto, si sentirono proprio delle nullità!
Cosa insopportabile per loro!
Non andava bene, decisamente non andava bene così.
Dovevano tirare anche loro fuori qualche coniglio dal cappello o sarebbero stati sotterrati dai loro rivali!
Al termine del loro spettacolo ci furono dei cenni compiaciuti da parte di tutti e tre i dirigenti dell’indagine, non lo esprimevano apertamente ma si capiva il loro piacere in quei buoni passi in avanti grazie a membri della loro squadra.
- Ottimo. – Dissero infatti in contemporanea Gibbs e Don che si fermarono e si scambiarono uno sguardo serio ed indecifrabile.
Ora si sbranano!”
Pensarono i tre svirilizzati temendo il peggio per un attimo.
Ed invece tornarono a spostare la loro attenzione sugli altri con noncuranza, come niente fosse, continuando il discorso, iniziando a dividere i compiti fra tutti, lasciando i gruppi così come si erano formati naturalmente.
Quando i capi passarono davanti agli unici rimasti senza parole, non furono calcolati nemmeno con uno sguardo, come se proprio non esistessero.
Cosa che li urtò profondamente fino quasi a divorarli lasciandoli lividi non di rabbia ma di qualcosa di sicuro poco positivo!
Rimasti lì solo in otto con tre che guardavano in cagnesco altri tre a caso che proprio non li calcolavano, immersi già nei loro nuovi calcoli con una certa frenesia evidente, fu la risata di Ziva a concludere la scena.
Questa e la sua voce che squillante e sadicamente divertita annunciava il successivo punteggio dopo aver assistito all’impagabile spettacolo:
- Due a uno per loro, ragazzi! Bisogna che vi diate da fare o rimanete indietro! –
Ci fu poi solo una specie di ringhio infastidito da parte di questi che se ne andarono subito insieme senza aggiungere nulla se non uno sguardo profondo e significativo di Morgan a Reid.
Quel caso complicato stava tirando via loro più tempo di quanto non avesse mai pensato.
E nonostante capisse che non poteva mettere davanti la sua vita privata in una situazione simile, quello era proprio ciò che avrebbe tanto voluto poter fare.
Per quanto avrebbero evitato di parlarsi, chiarirsi e approfondire ciò che andava approfondito da molto?
Anche Colby provava un sentimento simile per Don che l’aveva bellamente ignorato facendolo sentire inutile per quel caso troppo affollato, ma non voleva nemmeno provarci a decifrarsi. Era di gran lunga più complicato. Non sapeva nemmeno lui di preciso cosa voleva. A tratti che tutto fosse più definito e stretto ad altri era lui quello che tentava di scappare. Del resto avere a che fare con Don non era una passeggiata.
Tony, dal canto suo, sperava solo una cosa.
Che tutto quello sarebbe finito presto.
Quel caso continuava a strappargli via decisamente troppo del suo uomo che, buttato anima e corpo nel caso, non vedeva assolutamente altro.
Con tutta quella gente non poteva nemmeno sostenerlo come faceva di solito, tutti gli prendevano il posto… no, decisamente quella situazione che inizialmente gli era piaciuta e l’aveva divertito, ora cominciava a stargli stretta.
Era ora di concludere tutto in fretta davvero, prima che a scoppiare sarebbe stato lui e non Gibbs!


- Posso farti una domanda indiscreta? – Chiese a bruciapelo Morgan a Colby, una volta soli in ascensore diretti altrove per poter riflettere sul caso.
Colby lo guardò alzando un sopracciglio incuriosito. Si erano appena conosciuti eppure sembrava che tutti e tre fossero amici da tempo, si comportavano con fare confidenziale ed amichevole e veniva loro naturale, era bello riuscire a stare insieme così bene senza crearsi problemi per ciò che poteva pensare chi si aveva davanti. Era come se sapessero di potersi fidare perché in fondo tutti loro erano della stessa pasta e come modo di approcciarsi al prossimo erano davvero molto simili.
Anche Tony li guardò incuriosito dalla domanda che doveva fargli ed in un attimo si dimenticarono della frustrazione provato in quel laboratorio e dei vari shock per la sorprendente Abby.
- Spara. – Non aveva proprio idea, però, di cosa poteva volergli chiedere…
Morgan così, sapendo che non erano affari suoi, tirò fuori il discorso che aveva intravisto da alcuni sguardi velocissimi e appena accennati.
Non sapeva perché ma si sentiva di farlo, forse sarebbe uscito qualcosa di costruttivo, erano simili, si capivano meglio degli altri, no?
- Tu e il tuo capo… Don Eppes… - Già da questo Colby capì dove sarebbe andato a parare dicendosi che era già arrivato il momento. – Avete una storia? – Glielo chiese con naturalezza come se fossero le domande che si ponevano di più agli altri. Insinuare che due uomini avessero una storia, a guardarli, sembrò improvvisamente la cosa più normale.
E loro dopo un primo momento di stupore, si resero conto di quanto quel profiler fosse bravo nel suo lavoro nonché dannatamente diretto e schietto. Oltre che sexy!
- Bè… - iniziò così Colby allargandosi il colletto della maglia attillata che indossava e spostando lo sguardo altrove pensando a come spiegare ciò che avevano lui e Don. – In realtà è complicato. – Disse quindi tornando con gli occhi chiari su quelli scuri e penetranti del moro.
- Che cosa non lo è? – Esordì dunque Tony preso anche lui da quei discorsi, riferendosi alla propria storia con Gibbs che ne aveva viste di cotte e di crude. Si sentì bene così, spontaneo, serio e sé stesso. Ormai riusciva a stare in quella maniera con pochi.
- Già… - Fece eco Morgan d’accordo con loro, pensando a sua volta a Reid. Entrambi avevano delle storie difficili, chi appena accennate, chi consolidate e chi davvero incasinate.
Ma tutte complicate, in effetti.
- Io e Don… non stiamo insieme ma c’è stato qualcosa. Il problema è capire cos’è quel qualcosa e cosa vogliamo noi. A volte sembriamo disposti a chiarirlo, altre no. Siamo delle testacce dure, insomma. – Tutti e due gli altri capirono, osservando con attenzione il bel viso regolare e morbido mentre si esprimeva così pensieroso, che quel ‘qualcosa che c’è stato’ si trattava di sesso. Non ci fu bisogno di spiegarlo meglio e di andare nei dettagli, si compreserp di nuovo al volo.
L’ascensore così si aprì e i tre uscirono con passo sostenuto ma non veloce, interessati a quel discorso che avrebbero voluto approfondire.
Chissà perché ma si erano sentiti da subito essere simili anche nelle vite sentimentali. Per lo meno il genere era lo stesso…
- Si vede tanto? – Chiese poi a Morgan che si strinse nelle spalle.
- No ma per me che sto passando una situazione simile è apparso cristallino cosa fosse lo sguardo del tuo capo rivolto a te. –
- Non ti sfugge nulla, eh? –
- Degno di un profiler… ricordami di non accettare le tue ‘domande indiscrete’! – Disse Tony ironico precedendoli verso la sua scrivania. Gli altri risero divertiti capendo che non aveva voglia di confidarsi sulla sua relazione con il suo, di capo, rispettandolo per questo. Bè, che stessero insieme era apparso abbastanza ovvio, specie per Morgan.
- Chi, se posso…? – Chiese Colby a Morgan incuriosito.
- Reid. – Rispose subito in modo che si capissero solo loro, evitando tante orecchie curiose lì intorno.
Dei loro tre capi nessuna traccia. Si appoggiarono alle scrivanie senza sedersi, quindi incrociando le braccia al petto decisero tacitamente di tornare al lavoro, ricordandosi quindi della pessima figura che avevano appena fatto.
Certo dovevano aspettare le analisi di Abby sulle nuove prove trovate nel magazzino e i risultati dei geni insopportabili, ma qualcosa potevano farla anche loro.
Qualcosa che effettivamente potevano riuscire a fare SOLO loro, in quanto normalmente erano quelli che si immedesimavano meglio nei delinquenti vista la loro indole spericolata ed attiva.
- Però c’è qualcosa che non mi convince in tutto questo… - Disse Tony allora tornando al caso con una certa serietà sconcertante.
- E’ vero… - Fecero gli altri due insieme assumendo la medesima espressione pensierosa, seria e concentrata, guardando quindi nel vuoto.
Ripercorsero nei particolari tutto ciò che si era detto e trovato fino ad allora ed infine arrivarono al punto cruciale che iniziò ad esporre Tony, seguendo un lampo che gli aveva attraversato la mente e che ancora non aveva avuto modo di elaborare da solo.
- Eppure se fossi un criminale che deve organizzare l’ennesimo colpo ai danni di quante più persone possibili, dopo che sono stato fermato molte altre volte, decidendo di inscenare addirittura una copertura programmerei anche dell’altro. –
- Tipo un infiltraggio. – Esclamò Colby che fra tutti era quello che riusciva a pensare meglio come un delinquente visto il triplo gioco che era stato costretto a fare per anni. Era ovvio che seguisse perfettamente il ragionamento di Tony e che ci fosse arrivato subito alla conclusione.
Lui stesso, al loro posto, progettando una copertura come il killer di marine per far riuscire una volta per tutte l’attentato, si sarebbe infiltrato laddove avrebbe potuto agire indisturbato e sicuro di farcela.
Anche Morgan si illuminò trovandosi perfettamente in accordo con loro due, quindi diede un profilo ulteriore e completo sulle persone che cercavano arrivati a quel punto, sui loro obiettivi e sui modi di agire per ottenerli.
Serio, deciso e professionale quanto gli altri, tutti e tre veloci, incalzanti e letteralmente trasformati rispetto a quanto erano sembrati fino a quel momento.
- Sostanzialmente queste persone non si fermeranno fino a che non saranno riuscite ad attuare i loro piani, bisogna capire a cosa mirino, se uccidere quante più persone possono o quelle più importanti. Che tipo di messaggio vogliono dare insomma. Perché lo fanno. A giudicare dal quantitativo di bombe costruite e sparite, quindi già piazzate, mirano al numero ma vogliono la sicurezza di riuscirci. Per questo hanno voluto concentrare tutte le forze dell’ordine e l’attenzione della gente sul killer di marine. Per poter agire indisturbati. Ma lo faranno anche perché infiltrati in qualche ambito che gli assicura il successo della loro missione.
Loro la vedono come una vera e propria vocazione, qualcosa di serio e non mi stupirei sulla loro provenienza, anzi… Non hanno mai mollato nonostante voi li aveste fermati diverse volte. Sono riusciti a scappare quindi sono estremamente furbi e pronti a tutti poiché hanno deciso di non mollare e continuare finchè non ci riusciranno. Dobbiamo trovare quello che secondo loro è il modo migliore per far saltare in aria quante più persone possibili e di conseguenza l’ambiente in cui si sono infiltrati. –
La conclusione fu ovvia e Colby e Tony stavano già lavorando su quel concetto. Quale poteva essere il loro obiettivo? Dove potevano aver piazzato tutte quelle bombe fabbricate?
Dove potevano essersi infiltrati?
E mentre scartavano alla velocità della luce tutte le possibilità elaborando tanti piani quanti gli obiettivi che prendevano in esame, parlandone ad alta voce fra di loro sempre più presi ed animati, arrivarono all’ipotesi migliore nello stesso momento.
Una telefonata a Garcia per una conferma che avrebbe potuto trovare solo lei con una qualche magia informatica (con conseguente stupore incuriosito di Colby sentendo Morgan parlare così) e…
- Bè, vale la pena andare a controllare… magari non è nulla ed è solo una perdita di tempo, ma almeno escludiamo questa possibilità… - Fece allora Colby staccandosi dalla scrivania a cui era appoggiato, allargando le braccia e piegando la testa. Si scambiarono tutti degli sguardi simili e concordi, speranzosi di averci azzeccato.
- Per me abbiamo una buona possibilità di trovare qualcosa… - Aggiunse allora Morgan mettendo le mani sui fianchi, dritto in piedi fra i due.
- Del resto pur quei mostri laggiù fanno le loro magie escludendoci… facciamo vedere che anche noi siamo capaci di farle… - Esclamò allora Tony dando una sorta di ok a quel compito che si erano creati da soli, lasciando deliberatamente da parte tutti gli altri, specie i capi che li avevano snobbati.
Senza aggiungere altro si diressero svelti, con distintivo e pistola, di nuovo all’ascensore per controllare la pista che avevano trovato grazie anche a Garcia e alle sue simpatiche trovato che avevano alimentato la curiosità di Colby.
Speravano vivamente di averci preso, normalmente i loro istinti non li deludevano.
Avrebbero dovuto avvertire i loro capi dell’intuizione e di dove stavano andando, ma non lo ritennero opportuno visto come li avevano trattati solo pochi minuti prima. Era ovvio che erano infastiditi dal loro non avere trovato ancora nulla, ma loro lavoravano così. A flash momentanei, a intuizioni del momento, a piste dell’ultimo minuto su cui si buttavano a capofitto senza pensarci meglio prima.
Specie Tony in effetti. C’era da dirlo.
E poi dovevano essere prima sicuri di aver trovato il numero principale del loro splendido spettacolo. Se avessero avvertito tutti ottenendo poi solo un imbarazzante buco nell’acqua, avrebbero fatto una figuraccia insopportabile, mentre così, con la sicurezza di averci preso prima di spiattellarlo ai quattro venti, poi avrebbero potuto vantarsi con quei tre cervelloni che volevano lasciarli indietro.
A Tony, ad ogni modo, continuava ad importare solo una cosa principalmente.
Risolvere subito quel dannato caso per Gibbs e la sua serenità.
Come avrebbero potuto immaginare che da un semplice controllo nato da un intuizione di gruppo, sarebbe scoppiato tutto quello?




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Capitolo 7
*** Come volevasi dimostrare ***


INDAGINI CONGIUNTE

*Eccovi qua un altro capitolo di questa fanfic crossover fra tre delle mie serie tv preferite! Ho visto che molti di quelli che leggono la mia storia, non seguono Numb3rs ma che sono ugualmente interessati e presi. Ne sono contenta e spero che vi mettiate a seguire anche quella serie perché a parer mia merita davvero! Specie dalla seconda in poi! Vabbè, comunque qua abbiamo i tre spericolati che finalmente riescono a mettersi nei guai, quindi diciamo che inizia l'azione! Grazie a tutti quelli che leggono e commentano! Buona lettura. Baci Akane *

CAPITOLO VII:
COME VOLEVASI DIMOSTRARE

/We're no here - Mogwai/
- Ma se è davvero quello che abbiamo supposto si tratterebbe di un disastro senza precedenti. – Stava dicendo Tony mentre guidava la propria auto diretto nel posto da loro deciso.
- Già. Però dai dati che abbiamo raccolto, tirando le somme, non è una cosa campata per aria! L’hanno detto anche gli scienziati pazzi che c’erano informazioni e progetti per un numero spropositato di bombe. I mezzi per farlo ce l’hanno! – Rispose Colby con la mente completamente rivolta al caso, estremamente serio e preso.
- Anche da quel che ha trovato Garcia sembra che tutto combaci. Esattamente due mesi fa hanno fatto quelle assunzioni e i loro file risultano in qualche modo rovinati. – Fece eco Morgan gesticolando sbrigativo componendo anch’egli il puzzle.
- Non abbiamo prove dirette e ci basiamo su un intuizione che sembra possa combaciare con tutti i dati che abbiamo, dobbiamo stare attenti quando andremo da loro e far leva soprattutto su come reagiranno. – Riprese Tony calato professionalmente nei panni dell’agente federale.
Era strano vederlo così, dopo tutto non era ancora stato serio da quando lo avevano incontrato, ma capirono che la situazione lo richiedeva davvero. Lì videro in lui molto del suo capo e si chiesero se non nascondesse ancora altre sorprese.
Loro non potevano certo saperlo ma era vero che l'influenza di quello che era il suo capo e uomo da molti anni, ormai si vedeva bene.
Non se ne rendeva conto, si limitava a dire la cosa più sensata che gli passava per la mente senza accorgersi che era ciò che avrebbe fatto presente Gibbs.
- Ragazzi, non c’era nessuno nella sede, avevano già tolto tutte le bombe. Significa che hanno piazzato tutto e che sono pronti. – Fece notare allora Colby che per gli interrogatori non si dava mai problemi dal momento che i suoi finivano sempre in inseguimenti!
- E’ oggi. Non può che essere oggi. – Lo sorresse Morgan anch’egli convinto del fatto. Il viso sempre più grave immaginando quanto sarebbe potuto succedere.
- Si, ma se non è come pensiamo e prendiamo un buco nell’acqua ci ritroviamo ad aver perso tempo e poi i nostri capi perderanno le nostre teste dopo avercele staccate! - Tony continuava sorprendentemente a far leva su questo quesito come se improvvisamente non gli premesse più impressionare gli altri ma bensì fare le cose come si dovevano. E non gli era mai successo!
- Stiamo facendo un controllo senza averli nemmeno informarti. Se è come diciamo noi avremo subito bisogno di rinforzi mentre se non lo è ne avremo bisogno lo stesso perché quelle bestie non saranno gentili. - Fece eco Morgan rendendosi conto che non aveva torto. Lui lo sapeva bene ma la sua caratteristica principale era proprio l'individualità alla quale tendeva nei momenti critici. Teneva così tanto alla sua squadra che preferiva finire lui da solo nei guai piuttosto che trascinarci anche gli altri che gli stavano accanto.
Specie Reid che cercava di proteggere molto più di tutti.
Ovviamente le bestie erano i loro capi e non si era riferito tanto al suo quanto agli altri due che aveva subito perfettamente inquadrato!
- Quando uno dei suoi uomini fa di testa propria senza avvisarlo, Don non lo sopporta. Sia che vada bene sia che vada male, poi sbrana di brutto chi ha osato tanto. Prepariamoci in ogni caso al peggio. - Concordò allora Colby riflettendo sui modi poco ortodossi di condurre la sua squadra. In effetti, a pensarci, Don lasciava loro sempre poca libertà considerando che quando agivano di testa loro senza avvertirlo ed aspettare un suo 'ok', poi spesso e volentieri li riprendeva. E quando si limitava a riprenderli e basta era anche bene. C'erano volte in cui relegava il malcapitato a rispondere al telefono per settimane, in punizione!
Le sue urla di quando si infuriava con uno dei suoi agenti le sentivano tutti sia nel piano che negli altri. Non era la persona più comprensiva del mondo e questo perché non solo pensava che senza di lui il mondo potesse crollare, ma perchè quando sarebbe successo sarebbe dovuta essere unicamente colpa sua. Era un modo per sollevare il più possibile la sua squadra da tutti i pericoli possibili che facendo quel lavoro potevano incorrere. Certo sapeva che non avrebbe potuto proteggerli davvero da tutto e per sempre, ma ciò che era nelle sue possibilità lo faceva.
Ed era bello venir salvato in extremis da lui il più delle volte... avere la certezza che in qualunque casino ci si sarebbe cacciato, lui ci sarebbe stato ad aiutarlo.
Era davvero bello.
Solo per questo Colby si permetteva di fare spesso di testa sua rischiando consapevolmente grosso, preferendo piuttosto le sue urla ad un nulla di fatto in un indagine importante.
- Ma io spero che il peggio in cui ci imbatteremo oggi siano i nostri capi, perché se abbiamo ragione non dovremmo essere qua solo in tre… dovremmo anzi agire prima di subito! – Concluse infine Tony indeciso se chiamare Gibbs o meno. Con la mano già sul cellulare, per seguire di nuovo una delle sue intuizioni dell’ultimo istante, notò di essere arrivato a destinazione così parcheggiando lasciò perdere il telefono scendendo insieme ai due colleghi che, senza pensarci un attimo, si erano avviati decisi all’interno dell’aeroporto internazionale di Washington. (dunque… ci sarà un aeroporto là, no? NdAka)
- Si, ma per farcela devono essere davvero bravi, dannazione… con tutti i controlli che ci sono per ogni aereo! -
- Se sono loro quelli che fanno i controlli e che sistemano ogni aereo assicurandosi che siano a posto è più che possibile! –
Stavano commentando fra loro Colby e Morgan dimentichi, tanto per cambiare, dei vari protocolli, Tony li seguiva grattandosi nervoso la nuca.
Qualcosa non andava.
Non avrebbero in ogni caso dovuto fare da soli unicamente per vendicarsi di come erano stati trattati.
Lì per lì era stato il primo a pensare che se lo meritavano, ma poi al momento del dunque il non averne parlato con Gibbs non gli piaceva, gli lasciava addosso un profondo fastidio.
C’erano state molte volte in cui aveva agito a sua insaputa per seguire il suo istinto, a volte era andata bene, altre male, ma l’aveva fatto.
Ora era la stessa cosa, anche se non proprio uguale.
Dai, è solo un controllo. Nulla di più. Magari ci sbagliamo e non è nulla.”
Giunti in prossimità del punto di collisione, fu lui a fermare gli altri due che ancora parlavano delle varie possibilità, quindi serio e concentrato disse come fosse un capo:
- Siamo qua solo per controllare. Indaghiamo discretamente senza far capire a cosa puntiamo. Una volta trovato qualcosa chiamiamo gli altri. Devono ancora pensare che tutte le forze dell'ordine siano impegnate col killer di marine. – Erano cose ovvie che anche loro sapevano e che non avrebbero certamente dimenticato, il piano era quello naturalmente, non avrebbe avuto bisogno di dirlo eppure si sentì di ricordarlo.
Come se il problema potesse essere loro…


Quando il gruppetto dei geni ottenne dei risultati non trascurabili chiamò quello dei capi, anch’essi impegnati in prossimità di una risposta.
Riuniti di nuovo quasi tutti nel laboratorio di Abby dove coi suoi soliti modi fantasiosi aveva continuato il suo lavoro adorando al contempo Charlie, lui, Reid e McGee iniziarono l’esposizione di ciò che avevano nuovamente scoperto.
Un passo.
Si trovarono tutti ad un passo dal capire di cosa si trattava, ma un tassello, l’ultimo, continuava a mancare.
Quello che avevano trovato i tre che non c’erano all’appello, coloro che di norma erano sempre i più in sincronia coi criminali.
Finita quella che era sembrata una lezione di matematica a cui non tutti erano ancora abituati, e che pochi effettivamente capirono nonostante gli aiuti di Reid e di McGee, fu Hotch a tirare i fili dal momento che era quello più calmo e lucido.
Don continuava ad andare su e giù per la stanza affollata passandosi una mano fra i capelli e Gibbs, fermo, pensava alla stessa identica cosa.
- Qualcosa ci sfugge. – Borbottò alla fine senza alzare gli occhi dal pavimento. Gli altri lo guardarono ma solo suo fratello rispose capendo al volo ciò che voleva dire:
- E’ vero. Sembra come se manchi qualcosa. Abbiamo progetti di bombe e di molte cose ma ci manca quello in cui intendono piazzarle. –
- Deve esserci qualcosa in quel laboratorio che ci è sfuggito. – Concluse Reid concorde col suo collega. Avevano raccolto tutto, ma forse qualcosa era passato inosservato. Doveva essere così.
- I progetti di quel che vogliono colpire. Quando fai un piano simile studi bene il posto che prendi di mira. - Li seguì a sua volta McGee perfettamente consapevole di ciò che mancava.
- Devono essere ancora là. - Disse allora Don fermando la sua camminata nervosa e scoccando un occhiata decisiva a Gibbs che ancora non aveva parlato. Non chiedeva nessun parere e nessun permesso ma gli venne da guardarlo, come avesse intuito che comunque qualcos’altro non andava oltre a quello che avevano detto.
Anche lui aveva quella sensazione ma non riusciva più ad orientarsi in tutto quello che stava succedendo in fretta.
Una nota fastidiosa che gli ronzava nella testa e che non lo mollava alimentando quella pressione che continuava a schiacciarlo di volta in volta.
E proprio come Don aveva immaginato, fu Gibbs ad arrivarci.
A Gibbs non era sfuggito il punto nodale della questione.
Si guardò intorno come a contare tutti i presenti e a cercare il viso di uno nello specifico, quello che a quel punto con una sua trovata stramba dell’ultimo momento riusciva a trovare la risposta decisiva sorprendendo tutti.
Quello che aveva sempre una risorsa più del diavolo e che riusciva a fare la differenza..
- Dov’è Tony? - In condizioni normali l’avrebbe chiamato Di Nozzo, ma lì non ci pensò minimamente a ciò che era meglio o no.
Gli venne spontaneo per nome.
Tutti si girarono a guardarlo stupiti dal sentirgli fare quella domanda, quindi di seguito furono precisamente Reid a chiedere di Morgan e Don di Colby, notando anche le loro assenze.
Stavano ancora guardandosi interrogativi, inspiegabilmente stupiti della loro assenza come se fosse strano, cosa che andando per logica non avrebbe dovuto esserlo, quando Ziva entrò trapelata e con aria grave disse guardando diretta Gibbs:
- Capo, c’è un problema! - E dalla serietà con cui lo disse, tutti capirono all’istante di cosa si trattava.
Infatti nel medesimo istante, proprio come se si fossero messi d’accordo, Gibbs, Don e Reid alzando gli occhi al cielo con espressione tirata ed esasperata, dissero rispettivamente i nomi di Tony, Colby e Morgan.
- Già… sono spariti. Non si riescono a rintracciare da nessuna parte. Ho chiamato poco fa Tony per sapere dove fosse visto che non era qua e mi ha risposto agitato dicendo di chiamarti che era nei guai. Però poi è caduta la linea subito e i cellulari di tutti loro, che penso fossero con lui, sono irrintracciabili! - Spiegò sbrigativa Ziva preparandosi alle ire funeste del capo.
Gibbs e Don infatti imprecarono allo stesso modo a denti stretti mandando mentalmente mille accidenti ai rispettivi agenti, mentre tutti e tre borbottarono di nuovo sull’arrabbiato andante:
- Sempre lui! - In realtà avrebbe dovuto dirlo Hotch in quanto capo di Morgan, ma oltre a sapersi controllare meglio degli altri aveva un coinvolgimento sentimentale diverso. Hotch di suo non dimostrava comunque mai quel che pensava e provava, difficilmente si arrabbiava anche se era certamente una persona molto sbrigativa che non perdeva mai tempo.
Gibbs, dal canto suo, se avrebbe potuto strozzare Tony l’avrebbe fatto volentieri, piuttosto che vederselo tornare a pezzi!
Come poteva essere che nel momento clou di un indagine dannatamente difficile ed allucinante come quella, lui sparisse senza lasciare tracce, dicendo solo che era nei guai?
E lui cosa doveva fare, ora?
Una magia?
Per chi diavolo lo prendeva?
Doveva per forza fargli perdere anni di salute in quel modo?
Ma mentre per lui era chiaro il motivo di quell’esplosione interiore e di quel sentirsi così esageratamente male, poiché sapeva di amare Tony, per Don e Reid non fu così facile.
Stare male, sentirsi togliere il respiro ed il cuore accelerare impazzito e ripetersi di stare calmi poiché sono agenti molto in gamba abituati a situazioni simili, dirsi che per loro il rischio non era un problema e se c’era qualcuno che se la poteva cavare bene anche da soli, erano proprio loro... eppure sapere razionalmente qualcosa non significava tenere sotto controllo anche quella valanga di emozioni che velocissime li avevano colpiti con la potenza di un carro armato.
E non capirono perché stare così male!
Ami qualcuno senza saperlo e quando gli succede qualcosa la prima cosa che fai è negare l'evidenza. Aggrapparti al fatto che chi ti ha dato la notizia si sbaglia. Poi successivamente, quando capisci che invece è così, preferisci non pensarci e non parlarne poiché farlo significherebbe crederci troppo e dover fare i conti con una serie di altre cose chiamate sentimenti. Coloro che ti fanno stare così male.
Allora arrivi al punto in cui ti chiedi perché diavolo stare così male? Sono persone come altre, se la sono sempre cavata, riusciranno ad aiutarli anche quella volta...
Ma non è quello il punto, o no...
Il punto è che ogni volta è sempre diversa. Stai sempre più male.
Quando succede qualcosa a LUI tu ti senti sempre peggio fino ad arrivare al limite, al punto massimo in cui non puoi più far finta di nulla, non puoi più ignorare che stai da cani e che non è normale sentirsi così per qualcuno.
Che ci si sente così solo se ami.
Ed allora te lo dici ma hai paura anche solo di realizzarlo velocemente.
Se lo fai significa che ora stai per perdere la persona più importante della tua vita e non vuoi, non puoi affrontare già quel momento. Non è possibile scoprire di amare qualcuno e dover già fare i conti con la sua separazione.
Per cui prima di dirtelo e basta, di dirti che lo ami, aspetti di riaverlo davanti a te.
E lotti.
Lotti come un matto per riaverlo, lotti come non hai mai fatto, andando contro ad ogni legge se serve, ma facendo di tutto per poterglielo dire tu stesso.
Per Don era orgoglio, un caratteraccio davvero troppo duro con sé stesso e difficile, per Reid ottusità e chiusura a quello che era un mondo semplice ma contorto allo stesso tempo.
Per entrambi, però, vivere i propri sentimenti, era sempre stato un dramma.
Certo la situazione di Don e Colby era ulteriormente diversa da quella di Morgan e Reid che non avevano ancora avuto alcun contatto in quel senso. Gli altri due il contatto l'avevano avuto eccome.
Un contatto molto caldo ed incontrollato subito dopo che Colby si era ripreso dalla sua quasi morte ed era tornato in squadra.
La notte in cui si era trovato a dover scegliere dove andare, se di nuovo nella vecchia squadra oppure lì dove aveva lavorato sotto copertura per due anni, prima di andare via dall'ufficio Don gli aveva detto che gli sarebbe piaciuto riaverlo nella sua squadra, cosa che aveva creduto di sognare dal momento che non si sbilanciava mai in quel modo. Poi si era visto capitare in casa proprio lui in piena notte con una strana espressione e dicendogli che voleva davvero che tornasse, avevano finito per fare sesso. Solo quello.
Dopo d'allora non avevano avuto altri contatti simili se non qualcosa che ci era andato molto vicino parecchie volte, però non si erano chiariti e lui semplicemente era tornato in squadra.
Eppure qualcosa da chiarire, ora lo sapeva anche Don, c'era davvero.
"Non voglio che non torni più di nuovo. Se mi fa ancora questo scherzo giuro che lo trovo ovunque sia e in qualunque stato è, lo ammazzo!"
Una sorta di preghiera, probabilmente, a modo suo.
- L’hanno combinata grossa questa volta… - Disse Abby dopo aver trovato il segnale dei loro cellulari staccato proprio come aveva detto Ziva, e aver tentato un paio di altre tracce a vuoto. Sapeva che non era ora di scherzare e anche lei era onestamente preoccupata per Tony a cui era particolarmente affezionata.
Inoltre era certo uno spreco perdere due belle presenze come Colby e Morgan!
- Su cosa lavoravano? - Chiese Hotch tornando primo fra tutti a ragionare freddamente. Rendendosi conto che non ne avevano idea, McGee si inserì seguendo un idea del momento e spodestando Abby svelto dalla tastiera, si mise a fare una veloce ricerca sulle chiamate che avevano fatto da lì all’ultima ora.
- C’è Morgan che ha chiamato solo il vostro ufficio informatico… - Disse allora senza sapere se potesse essere utile o meno.
- Richiamalo! - Rispose Hotch immaginando che Garcia avrebbe potuto avergli dato qualche pista da seguire.
Nella speranza che fosse proprio così, un Reid che cominciava a paralizzarsi all’idea di cosa fosse successo a Morgan, un Don con il desiderio di spaccare qualcosa e un Gibbs con un fortissimo istinto omicida verso il proprio uomo, attesero impazienti di scoprire qualcosa di utile.
Io lo ammazzo questa volta… “
Pensarono all’unisono nuovamente tesi e sempre più nervosi.

Arrivati coi rinforzi dovuti in aeroporto, dopo aver segnalato il probabile pericolo, ritrovarsi davanti all'auto di Tony senza nessun'altra loro traccia in tutto l'enorme e spazioso posto, aveva ingigantito di molto la rabbia e l'ansia che li divorò facendoli reagire davvero male.
Sbattendo la portiera del veicolo, dopo aver appurato che dentro non c'era nemmeno un biglietto o un indizio, Gibbs quasi la ruppe, quindi con forza e ira crescente colpì il tetto del veicolo con il palmo della mano accompagnato da un ringhio incomprensibile. Un latrato quasi.
- DOVE DIAVOLO SONO?! - Gridò invece Don arrivandogli incontro come una furia, con braccia larghe ed un espressione tempestosa.
Ecco una delle sue famose sfuriate che però avrebbe dovuto trattenere ancora poiché gli interessati non erano presenti.
Farla ad un suo pari non avrebbe avuto certo senso.
I due uomini con eguale furore negli occhi e nelle espressioni che mettevano paura, si fissarono in cagnesco senza provare nemmeno un lontano conforto nel trovarsi davanti ad una propria copia quasi perfetta.
Nessuno dei due era più o meno arrabbiato dell'altro e l'agitazione che li pervadeva era alla pari. Lì si guardarono di nuovo e si videro sullo stesso piano, sentendosi però non molto meglio per quello.
Avere innanzi uno all'altezza della situazione non aiutava comunque molto.
Fu un attimo breve in cui entrambi strinsero le labbra esasperati per trattenersi ed un respiro marcato uscì dalle gole come una sorta di ringhio.
In un attimo intorno a loro ci furono anche Hotch, Ziva, Reid, Charlie e McGee, mentre tutti gli altri agenti di rinforzo chiamati setacciavano al millimetro la zona.
Ovviamente degli uomini che erano venuti a controllare gli altri tre fenomeni nemmeno una traccia. Misteriosamente spariti.
- Non ci sono. Devono averli scoperti e portati via di qua! - Disse allora il capo dei profiler freddo, razionale e deciso.
- Sono tre agenti in gamba, non possono esserci riusciti come niente fosse! Qualcuno deve aver notato qualcosa! - Fece Ziva convinta che non potevano semplicemente essersi volatilizzati. Già l'idea che non se la fossero cavati da soli come il più delle volte riuscivano a fare, la diceva lunga su chi li aveva presi.
- Va con McGee a interrogare la gente! Chiunque, non me ne frega da cosa iniziate! Andate e trovate qualcosa di utile! - Ordinò subito Gibbs senza perdere altro tempo. Le mani puntate sui fianchi, la schiena dritta e i muscoli tesi.
Esattamente come Don.
- Io e Reid torniamo alla loro base a cercare la parte mancante, qualunque cosa che ci aiuti a capire dove possono essere andati, un magazzino, un secondo ritrovo, qualunque cosa. - Si inserì subito dopo Hotch scambiandosi uno sguardo diretto e penetrante con gli altri due capi che ricambiarono senza muovere un solo muscolo, in un muto assenso.
- Charlie, va con loro. Cerca di fare qualcosa con... - Ma Don non dovette finire la frase poiché il fratello aveva capito perfettamente cosa voleva da lui, così annuì e seguì all'istante gli altri due agenti già avviati mentre nella sua mente si formava una domanda riguardo lui e Colby.
Era certo di non aver mai visto Don così fuori di sé per qualcosa che riguardava il suo agente... non dopo il casino che aveva fatto mesi prima fingendo di aver tradito tutti, scoprendosi poi sotto copertura e dalla loro parte.
Quella volta Don si era rivelato davvero ossessionato da lui fino a che non aveva stupito tutti fidandosi nonostante tutto di quello che improvvisamente si era rivelato una spia agli occhi dell'interno Paese, senza sapere se potesse effettivamente farlo. Solo perchè Colby gli aveva chiesto aiuto rivelando che avrebbe ormai messo la propria vita solo nelle sue mani!
Rimasti soli di nuovo, i due agenti supervisori, sempre con la medesima terribile espressione di morte per chiunque si sarebbe frapposto sul proprio cammino, cominciarono ad avviarsi veloci e spediti verso l'interno:
- Qualunque cosa sia successa ormai avranno avviato il loro progetto. -
- Dobbiamo fermare il disastro. -
- Bloccare tutti i voli e far atterrare immediatamente quelli già decollati, porre sotto controllo completo gli aerei, mettere al sicuro la zona... -
- Non abbiamo prove che sia come diciamo, non ci lasceranno fare una cosa simile... -
- Certo, le prove saranno gli aerei che esploderanno in volo con tutti i passeggeri a bordo! - A questo punto un lampo attraversò la mente di Gibbs pronta e reattiva alla ricerca di qualche intuizione da seguire. Si fermò all'istante e come se ci vedesse tutto chiaro e nitido, disse: - Oh merda! - Don si fermò a sua volta e si girò a guardarlo interrogativo e sempre più nervoso: - Non li avranno mica messi su uno di quei voli che esploderanno! - L'idea che potesse essere davvero concretamente così, fu per loro qualcosa di ben peggiore dell'attentato stesso.
Quando lì i loro occhi si fissarono rispecchiando la medesima consapevolezza e paura, paura di perdere la persona più importante, il tempo si fermò pugnalandoli nel momento in cui realizzarono la verità successiva:
- Il volo sarà già partito! -
- Sempre che sia solo uno e non li abbiano divisi! Dannazione! Dobbiamo impedire a quelle bombe di esplodere! - Come se potessero avere una bacchetta magica e fare il miracolo.
Come se fossero gli eroi di sempre e bastasse capire come stavano le cose per metterle a posto in un attimo.
Come se avessero i poteri di sistemare tutto.
- Non abbiamo prove di questo disastro ma loro non lo sanno e non devono saperlo o non faranno mai quel che vogliamo! - Sebbene fosse stato Don a dirlo, dimostrando ancora una volta l'insana intenzione di calpestare nuovamente le regole per ottenere quel che contava, Gibbs si trovò perfettamente concorde e senza aggiungere altro corse dentro con l'altro.
Fare in tempo, con qualunque mezzo, in ogni modo possibile.
Era questo tutto ciò che premeva ad entrambi.
Solo questo.

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Capitolo 8
*** A rotta di collo ***


INDAGINI CONGIUNTE


*Ecco a voi un altro capitolo di questo crossover, scritto di getto in un attacco di ispirazione insperata! Non avevo ben in mente che scrivere, mi ci sono solo messa su ed ecco cosa è uscito in un lampo. Ora ho la mente illuminata, mi è tutto chiaro! So perfettamente e precisamente ciò che devo fare! Bene bene, spero che vi piaccia almeno quanto io mi sono esaltata a scrivere (e chi mi conosce sa cosa significa quando io mi esalto...). Vorrei però dire che io non me ne intendo per nulla né di aerei, né di motori, né di bombe, né di aeroporti... quel che ho scritto qua è tutto improvvisato ma è possibile che ci siano alcuni piccoli passaggi magari non molto realistici. Passatemeli per buoni perchè se perdevo tempo a fare ricerche questo capitolo non arrivava più! Ringrazio molto chi segue la fic e commenta, continuate a seguirmi che siamo nel clou dell'azione! Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO VIII:
A ROTTA DI COLLO
 
/The sniper at the gates of heaven - The black angels/
Quando riaprì gli occhi gli parve di essere ad uno di quei concerti havy metal a cui andava Abby.
La sensazione che sentì fu proprio quella.
Come se le casse gli mandassero dritte al cervello una batteria, un basso ed una chitarra elettrica a tutto volume con un ritmo sempre più incalzante e rimbombante, il tutto accompagnato da una voce profonda da perdizione.
La voce che gli pareva di sentire non era nemmeno male anche se, doveva dirselo, quella del suo uomo era meglio!
Cercando di aggrapparsi a questi pensieri frivoli riprese conoscenza e possesso delle sue facoltà mentali, per quel che rimaneva di esse...
Gli occhi azzurri erano appena velati, fece fatica a mandar via la patina bianca che aveva davanti, quando ci riuscì rimase solo quel mal di testa martellante proprio dietro la nuca!
Facendo mente locale su ciò che era successo prima del buio che l'aveva colpito, il pensiero più coerente che ebbe fu un confuso:
"Ma in quanti erano?" Poi il successivo, quando fu più sveglio: "Cazzo, Gibbs mi farà fuori quando mi trova!"
Dopo di chè cercò di darsi da fare per capire come minimo dove fosse.
La prima idea fu di essere in un furgone, ma poi quando si rese conto del rumore di motori troppo grossi, così come dello spazio molto ampio che aveva intorno, capì che invece doveva essere...
Lo realizzò sgranando gli occhi ed alzandosi di colpo, provocandosi quindi un giramento di testa molto forte che lo fece barcollare e appoggiare a qualcosa di metallico.
"Sono in un aereo! Oh merda... sarà uno di quelli che devono esplodere... cazzo, allora mi trovo a mille miglia dal suolo in una trappola di morte... praticamente a tre metri dall'Aldilà!"
Non trovò un modo migliore per dirselo. Quando la testa attenuò un po' i suoi giramenti mentre ancora gli batteva come una matta, si guardò intorno con la luce di servizio che gli permetteva di vedere appena.
Era nel reparto dei bagagli.
Legato, naturalmente.
E dal dolore lancinante che aveva in specifico sulla nuca, probabilmente sanguinava per il colpo che gli avevano dato. Si sentì bagnaticcio sul collo e sulla schiena, deducendo a sua volta che aveva anche dovuto sanguinare.
Essendo sulla testa era normale fosse uscito molto sangue ma non era quella la sua priorità.
"Non si sono nemmeno preoccupati di uccidermi! E Colby e Morgan? Qua non li vedo... saranno in altri aerei... se ci facevano fuori era una perdita di tempo, sarebbero stati scoperti facilmente. Mettendoci uno per aereo-bomba risparmiano tempo e forze!
Quei bastardi ora staranno aspettando il momento propizio per farci saltare in aria... cosa posso fare? Loro forse non pensano che io possa svegliarmi... devo cercare il modo di liberarmi e disinnescare la bomba!
Dannazione, se ci fosse Ziva sarei tranquillo... figurati se quella non ce la farebbe!
Che ne so io di come si disinnesca una bomba? Bè, intanto devo trovarla... poi penserò a che farne! Devo solo sperare che non siano stupidi kamikaze perchè se lo sono uno di loro è fra i passeggeri ad assicurarsi che il tutto proceda bene. Ma non credo che lo siano. Se non ci sono posso salire e chiedere collaborazione. Se sono fortunato riesco a chiamare Ziva che mi spiega come diavolo scollegarla! Intanto liberiamoci!"
Pensando veloce cercando di non farsi prendere dal panico, Tony cominciò ad armeggiare con la sua cintura dalla quale tirò fuori una piccola lama.
"Fortuna che una delle regole di Gibbs mi salverà di nuovo... dovrei fare un monumento a questa! Tenere sempre un coltello, sia pure piccolo, addosso!"
Certo ricordarsi il numero esatto della regola sarebbe stato impossibile, ma il fatto che si ricordasse che c'era, era una buona cosa.
Liberandosi le mani dallo scotch che si erano sprecati a mettergli intorno ai polsi e alle caviglie, si trovò in breve in piedi alla ricerca della fantomatica bomba.
Probabilmente sarebbe stata in uno dei bagagli.
Come avevano fatto ad architettare indisturbati una cosa simile?
Dovevano aver avuto infiltrati anche fra quelli che si occupavano delle valigie...
Corrugando la fronte sentì il campanello dall'arme nella propria mente e ripercorrendo velocissimo il piano definitivo di questi criminali, si disse che sarebbe stato troppo.
Non poteva essere così. Troppi implicati in questa operazione. Con tutti gli aerei da manomettere non potevano avere uomini anche fra i facchini.
Si fermò e cercò di pensare dicendosi che sicuramente Gibbs al posto suo ci sarebbe già arrivato.
Si cercò per puro scrupolo nelle tasche sperando in un atto di idiozia di quelli che l'avevano messo lì, però con sua previsione non trovò nulla.
Allora con una smorfia si grattò la nuca costatando che effettivamente sanguinava ancora copiosamente. Si appoggiò alla parete metallica sentendosi via via sempre più con meno forze.
Se quelli erano i meccanici, allora la bomba poteva essere solo nel motore... e quello come lo si poteva raggiungere?
Oltre a Ziva ci voleva un meccanico di aeronautica... magari McGee o uno di quegli altri genialoidi... lui poteva riparare un automobile ma vivisezionare un aereo per di più in volo non era certo una cosa alla sua portata!
Capire dove fosse la bomba e non poter comunque fare un emerito nulla fu il colpo di grazia, fu allora che la tensione che gli aveva permesso di alzarsi e muoversi ancora lo abbandonò nuovamente lasciandolo scivolare a terra per quel che era... ferito alla nuca, sanguinante da molto e senza una possibilità di salvare nessuno.
- Gibbs... devo riuscire a contattarlo... - Biascicò mentre le forze gli venivano a meno e la testa gli girava al punto da farlo sembrare ubriaco. I sensi si confusero vorticandogli impazziti ed il suo stesso corpo cominciò a diventare di piombo.
Forse questa volta l'aveva fatta davvero grossa... aver capito il piano ed i dettagli non era bastato. E nemmeno essersi trovato faccia a faccia coi criminali.
Ogni cosa.
Avevano previsto ogni cosa.
Questa volta il loro piano non aveva fatto una sola piega.
E a pagarne le conseguenze oltre a lui sarebbero state un sacco di persone...
"Se solo ne avessi parlato prima con Gibbs... sono certo che avrebbe preso subito le dovute precauzioni e che non sarei in questa situazione di merda! Ma perchè ci riesco sempre a ficcarmi in guai ogni volta più seri? Non riuscirà a salvarmi sempre, dannazione!"
Ma mentre lottava contro sé stesso e la coscienza che voleva fuggirgli di mano, si rendeva conto che in realtà credeva ben in altro...
Ovvero che Gibbs anche quella volta ce l'avrebbe fatta.
Una fede disperata, forse, portata dall'ennesimo scontro con la propria morte. Oppure dal suo solito istinto che, come quello di Gibbs, ormai era diventato infallibile.
"No, lui lo saprà già... starà dando ordine ai piloti di atterrare e avrà preso quei bastardi prima che facciano esplodere tutto a distanza!"
Ma forse il termine giusto per definire quel che stava facendo, era preghiera.
Una preghiera che fino alla fine gli fece pensare alla persona che amava, l'unica che avrebbe voluto rivedere prima di andarsene.
 
 
- Merda... - Borbottò Morgan cercando di alzarsi mentre un occhio non voleva saperne di aprirsi.
Aveva opposto resistenza una volta capito cosa stava per succedere, per questo non erano riusciti a colpirlo alla nuca con un solo gesto secco, come avevano fatto con Tony dopo.
L'occhio gonfio era quasi chiuso grazie al calcio della pistola che si era visto infine arrivare contro, quindi il sopracciglio stesso si era messo a sanguinare copiosamente bagnandogli di rosso tutta metà del suo viso deformato in una smorfia che era un misto di dolore e rabbia.
La sensazione di essersi fatto giocare così facilmente era per lui insopportabile, anche se 'facilmente' non era il termine adatto visto il segno che il suo pugno era riuscito a lasciare sul viso di uno di loro.
Per lo meno un piccolo aiuto a Hotch e compagnia l'aveva dato... se non altro quando li avrebbero trovati, avrebbero anche avuto la certezza di essere davanti alle persone giuste!
Quel pensiero non fu molto consolatorio, però.
Con la testa dentro ad un campanile che suonava a ripetizione, si morse il labbro cercando di concentrarsi solo sulla sua difficile, pericolosa, disperata e precaria situazione.
Fare l'elenco di tutto il piano non servì a molto, specie per il fatto che in qualità di profiler arrivò immediatamente al piccolo particolare che la bomba poteva essere solo nel motore!
Non perse energie e forze a cercarla, appena riuscì a liberarsi tentò subito di salire nella parte superiore con l'unico obiettivo intelligente rimasto, arrivato a quel punto.
Avvertire i piloti e tentare un atterraggio immediato di fortuna.
Non dopo aver chiamato Hotch e gli altri e averli avvertiti.
La sua certezza riguardo il fatto che quelli non fossero kamikaze fu immediata, non gli fece nemmeno porre la domanda.
Era solo una lotta contro il tempo.
Impanicare la gente sarebbe stato inutile, doveva cercare di non farsi vedere da loro, specie in quelle condizioni, ma soprattutto senza documenti poteva solo sperare di convincere le hostess che non era un pazzo!
Riguardo quell'ultimo punto non si sentì così sicuro ma sapendo di non poter far altro che quello, andò di sopra.
Mentre lo faceva, però, non poté fare a meno di pensare a Reid che come in un flash gli arrivò lampante.
Lui avrebbe saputo come arrivare al motore, probabilmente, e con un qualche tocco di genio sarebbe arrivato laddove lui, per una volta, non poteva arrivare...
Perché loro due erano così... complementari... ciò che non aveva uno aveva l'altro. Se i suoi limiti lo bloccavano in un punto Reid poteva arrivarci. Erano così diversi che solo insieme potevano essere davvero forti, arrivare fino in fondo ovunque volessero.
Solo insieme.
"Sono solo un idiota... aspettare che sia pronto, che si svegli, che lo capisca, che lo voglia anche lui... non è da me avere tutta questa pazienza! Solo perché lui è Reid e ci tengo troppo e non voglio che per paura e per fretta mia se ne scappi, non posso lasciarmelo sfuggire così lo stesso.
Sono un perfetto imbecille!
Appena torno da lui glielo dico subito, lì dove sono! Nulla potrà trattenermi più! Questa volta si fa a modo mio!"
Fu questa decisione a dargli la forza necessaria, infine, a non fermarsi e ad andare avanti comunque, buttando giù qualunque ostacolo.
Nemmeno una bomba a mille miglia di distanza dal suolo, l'avrebbe fermato.
Lui la parola arrendersi non sapeva ancora cosa fosse.
Doveva riuscirci per poterglielo dire.
Prenderlo e baciarlo.
Doveva.
Fu con questa determinazione dentro che andò avanti.
 
 
- Dovevano fare di meglio... - Borbottò a denti stretti Colby dopo aver messo sotto sopra tutti i bagagli dell'aereo.
Con un nulla di fatto si alzò dopo diverso tempo che cercava senza successo, quindi grattandosi la nuca dove i corti capelli erano bagnati di sudore, come il resto della sua pelle, continuò a parlare da solo sempre più seccato ed infastidito dal fatto di non aver trovato quel che cercava.
Il tempo scorreva, non poteva perdere ancora tempo.
Doveva sbrigarsi.
- Dove diavolo è quella bomba? - Ringhiò alzando gli occhi in ogni centimetro del posto in cui si era svegliato, fra le valigie dei passeggeri ancora ignari di tutto il casino che stava per scoppiare.
Corrugò la fronte e assottigliò gli occhi chiari. Né sul viso né sulla nuca non c'era alcuna ferita, si era svegliato poco dopo con un fastidioso dolore alla bocca dello stomaco, non era certo stato facile atterrarlo abituato com'era a certi corpo a corpo, ma non erano riusciti a colpirlo in testa nemmeno una volta. Gli aveva dato molto filo da torcere, per questo poi a Tony erano andati dritti alla sua zona occipitale!
Fra Colby e Morgan che avevano posto resistenza, prima di lui, ricambiando i favori con dei colpi niente male, quei simpaticoni avevano pensato che non c'era altro tempo da perdere, per cui col povero agente rimasto, una volta arrivato a vedere che fine avessero fatto i suoi due colleghi, si era beccato il calcio della pistola dietro il cranio.
- Un regalo per Don... - Aveva detto con un ghigno riferendosi ai chiari segni di lotta che aveva lasciato su uno di loro, però il fastidio del non aver trovato subito quella dannata bomba era sempre più grande!
- Eppure deve essere da qualche parte! Sono certo che non hanno avuto tutte le forze del mondo a loro disposizione... infiltrarsi come meccanici deve essere stato ben complicato, non possono averci infiltrato altra gente. Allora questa maledetta bomba... - Continuando a parlare da solo ad alta voce, si bloccò immediatamente giungendo finalmente all'unica conclusione sensata...
C'era solo un posto, andando per logica, dove avrebbe potuto essere.
- Il motore! - Illuminandosi si scurì immediatamente dopo. Arrivare al motore, trovare la bomba e disinnescarla senza provocare lui stesso un disastro non era certo la cosa più facile!
Perfino Don avrebbe vacillato, a quel punto!
Il pensiero di quello che avrebbe voluto fosse il suo uomo lo sospese per un attimo. Non capì come avrebbe dovuto sentirsi a quel punto.
Sapere tutto e non avere la certezza di farcela, quindi poter morire, non era certo il peggio che potesse accadergli...
Naturalmente gli seccava che venissero con lui un sacco di altre persone, ma quel che lo impensieriva maggiormente, che gli toglieva il fiato quando il suo pensiero ci andava sopra, era Don.
Don distante da lui che forse nemmeno sapeva dove fosse.
Soprattutto non sapeva che anche se stava per morire non era questo ciò che gli seccava di più, bensì non aver più fatto l'amore con lui, essersi sempre e solo limitato al sesso occasionale, non averlo baciato dimostrandogli quel che provava, non essersi scoperto davvero con lui.
Aveva sempre tenuto ben salda una corazza in modo da non venir ferito nel caso Don non lo ricambiasse. Aveva sempre pensato che per lui fosse solo sesso e basta, per questo non aveva mostrato alcun altro lato di sé stesso se non il proprio corpo.
Ma lì, in quell'esatto momento antecedente alla sua probabile fine, realizzò che andarsene senza averlo baciato togliendosi la propria corazza di dosso, era di gran lunga peggio della morte in sé.
- Forse dovrei rivalutare le mie priorità! Ma che ci posso fare? E' colpa di Don! -
Sospirò sconfortato, cercando dell'ironia in quel momento pesante per non farsi prendere dal panico e non fermarsi.
Fisicamente sapeva di essere quello che stava meglio, rispetto a Tony e a Morgan che sicuramente erano in altri aerei, sperava solo che loro se la stessere comunque cavando. Quel che poteva fare lui era unicamente una cosa.
Pensare a come tornare vivo da Don.
Magari con tutti gli altri passeggeri intatti!
"Bè, non mi resta che arrivare da quella dannata bomba! La mia fortuna in qualità di ex marine che ha fatto la guerra ed ex infiltrato nei servizi segreti cinesi è che so perfettamente come si arriva ad un motore e come si disinnesca una bomba! Non è una passeggiata, ma so di poterci riuscire! Datti da fare, Colby! Dopo di questo ti spetta una missione ben più dura, cioè Don!"
Fu con questo spirito sicuro di sé che andò incontro ad una delle cose più rischiose della sua vita.
"Tanto Charlie gli avrà detto dove sono... quello sa sempre tutto, con quella sua matematica! Non so come fa, ma lo fa! Saprà anche in quali aerei siamo!"
 
 
Quando il telefono di Reid squillò, il giovane era quasi preda di un attacco di panico!
Nel laboratorio dell'organizzazione insieme ad Hotchner e a Charlie cercava un qualcosa che non sapeva bene nemmeno lui cosa potesse essere, senza comunque trovarlo.
E il pensiero che Morgan fosse chissà dove in chissà quali condizioni, lo stava gettando nel caos più completo.
Di minuto in minuto il suo stato mentale peggiorava e fra tutti e tre era diventato stranamente il meno utile, cosa che di norma era l'opposto poiché solitamente nei momenti decisivi era proprio lui a tirare fuori un coniglio dal cappello magico!
Gli altri due avevano naturalmente mantenuto la calma ed un certo distacco.
Certo erano preoccupati per i rispettivi amici e colleghi ma non al punto di Reid che guardandosi intorno non era in grado di utilizzare assolutamente nulla per ricavare informazioni utili!
Persino Charlie riusciva a trovare qualcosa su cui poter magari lavorare, anche se in maniera approssimativa... certo non era una gran novità... lui trovava ovunque materiale su cui poter lavorare!
Il paragone con Jhon Nash era decisamente calzato a pennello!
Charlie era ovviamente in pensiero per Colby col quale era amico, ma non aveva un coinvolgimento emotivo particolare, così come Hotch non l'aveva nei confronti di Morgan, anche se c'era da dire che anche se l'avesse avuto quello non sarebbe mai stato capace di dimostrarlo!
Quando il cellulare del biondo squillò, egli saltò quasi sul posto come se gli avessero gridato improvvisamente in un orecchio. Quindi cominciando a tremare ancor di più lo prese in fretta e senza guardare il chiamante, rispose con un ansia che lo stava quasi facendo scoppiare.
Non riusciva a pensare.
Non riusciva a pensare assolutamente a nulla.
Il suo cervello geniale che non si fermava mai era al momento in panne, per così dire, e non riusciva ad elaborare assolutamente niente di niente!
Solo sperare che Morgan si facesse vivo dicendo che non gli era successo nulla...
Quando sentì la sua voce dall'altro capo del telefono il cuore gli mancò un paio di battiti e i suoi polmoni si dimenticarono di respirare... trattenne in sé qualunque cosa potesse, ogni funzione vitale sospesa e tesa a sentire la sua voce agitata che lo chiamava cercando di capire se Reid lo sentisse.
- Spencer! Ehi, piccolo, mi senti? - Quando lo chiamò in quel modo una scarica elettrica l'attraversò ed insieme agli occhi lucidi, il suo cervello riprese circa a funzionare, quindi rispose tremante con un filo di voce, quasi non ci credesse:
- Morgan... - All'udire il suo nome anche gli altri due si avvicinarono cancellando in fretta quel momento di intimità che avrebbe potuto crearsi.
Lo guardarono ansiosi cercando di capire da ogni suo sguardo cosa stesse dicendo, quindi Morgan parlò in fretta e sbrigativo, volendo in realtà poter perdere del tempo per dirgli dell'altro:
- Ascolta, siamo nei guai fino al collo... l'organizzazione si è infiltrata nell'aereoporto di... - Ma Reid lo interruppe per non fargli dire cose inutili che ormai avevano capito. Solo che l'altro riprese con voce più alta e decisa, secco: - No, loro sono i meccanici degli aerei! Avranno ormai già messo le bombe in tutti gli aerei interessati e saranno spariti! Io mi trovo su uno di loro e DiNozzo e Granger saranno su altri due... dovete assolutamente trovarli e fermarli prima che quei bastardi facciano esplodere le bombe, si trovano nel motore! Inoltre fermate tutti i voli e fate atterrare quelli che sono già decollati! Priorità assoluta! -
Pensando che questo fosse quanto di più importante, fu Reid a ricordargli cosa contava davvero... sussurrando ancor più piano, cercando di trattenere a stento il nodo che gli stava uscendo e che lo paralizzava:
- M-ma tu cosa pensi di fare, ora? -
Come se temesse che potesse fare ciò che già un'altra volta aveva tentato di fare... per salvare tutti si era quasi fatto esplodere con la bomba, incapace di disinnescarla...
- Non posso arrivare alla bomba senza rischiare di fare di peggio, non so nemmeno come sia... posso solo sperare che... - Ma sapendo cosa stava per dire, Reid lo interruppe di nuovo cercando di far leva sulla propria ragione, di far funzionare la sua mente bloccata:
- Quelle bombe sono tutte a innesco a chiamata... quando loro chiameranno il cellulare che ci hanno attaccato, la bomba esploderà! Sono tutte così! -
L'imprecazione di Morgan fu peggio di una pallottola. Soffrendo lui stesso nel comunicargli una cosa simile, cercò con tutto sé stesso di dirgli qualcos'altro di utile ma nemmeno con lo sforzo più totale ce la fece, fu così che mentre gli stava per dire che non voleva che morisse, Hotch prese in mano la situazione come era solito fare, afferrandogli il cellulare e parlando lui stesso col suo sottoposto:
- Morgan, possiamo fare solo una cosa... mentre tu tenti immediatamente un atterraggio e fai scendere i passeggeri portandoli in salvo, noi cerchiamo dove sono ora tutti loro! Credendo di aver fatto il loro lavoro se ne saranno andati dall'aeroporto, non sanno che sono arrivati i vostri rinforzi e non devono saperlo o non aspetteranno il momento giusto per far esplodere gli aerei... Gibbs ed Eppes stanno già facendo atterrare i voli partiti e stanno bloccando quelli ancora a terra. Sta attento. - Concluse così, quasi freddo ma a modo suo premuroso. Quindi ad un suo 'si' veloce, chiuse la comunicazione restituendo a Reid il cellulare. Un Reid non più tranquillo di prima.
Hotch allora gli mise una mano sulla spalla e notando lo stato peggiore di prima cercò di calmarlo, per quanto potesse essere possibile. Ora non ci voleva un genio per capire il loro legame...
- Vedrai che andrà tutto bene... ma io ora ho bisogno di te, della tua testa. Riprenditi che altrimenti non possiamo aiutarlo! - Furono forse queste parole a svegliarlo o forse qualcos'altro, ma pensando di dover assolutamente fare qualcosa per Morgan, per poterlo riabbracciare e dirgli... dirgli qualcosa che nemmeno lui sapeva bene... riprese a pensare circa con lucidità!
- Ok... allora, vediamo... sanno che abbiamo trovato il loro laboratorio? -
- Essendo che non ci sono più tornati è probabile di si... -
- Questo non ci aiuta... accelereranno i tempi... -
- Ma non sanno che abbiamo scoperto il loro obiettivo... pensano di aver sistemato gli agenti che erano arrivati a loro, credono che tutti gli altri siano dietro al killer di marine... -
- Ma qualcosa non mi convince... - Si inserì allora Charlie guardando il materiale rimasto in sede come se cercasse qualcosa di particolare che non c'era. Gli altri due lo guardarono, quindi lui continuò svelto con un ritmo crescente che toglieva ormai il fiato anche a lui: - Quando Don e Colby sono arrivati qui era già tutto abbandonato, non c'era nessuno, non ci hanno visto arrivare... non potevano sapere che li avevamo scoperti. Nessuna organizzazione abbandona mai il proprio covo operativo, c'è sempre qualcuno che rimane al controllo. C'erano solo alcuni progetti di bombe e poco altro. I progetti degli aerei, ad esempio, mancavano, così come altro materiale. Perchè? - Il quesito del professore fu probabilmente il più interessante. Ed essenziale.
Reid ed Hotch si guardarono accigliati, quindi tornarono su Charlie che continuava a cercare come un matto qualcosa che sapeva doveva esserci. Qualcosa che Reid capì solo allora con un'illuminazione che aveva colpito anche lui.
- Ma certo! - Fece allora scacciando del tutto il panico e riattivando al cento per cento il proprio cervello chiamando però Garcia per velocizzare la corsa.
- Dimmi tutto tesoro! - La sua voce squillante e decisa era di chi sapeva che la situazione era critica ed era pronta per essere d'aiuto, come solo lei in certi momento poteva essere:
- Ho bisogno che mi dai gli indirizzi delle persone che hai trovato prima per Morgan... - Passò un istante brevissimo al termine del quale lui non la fece parlare sapendo che li aveva già trovati. - Elencameli! -
Charlie gli aprì una cartina della città pronto a lavorare su quei nuovi dati che avrebbero decisamente dovuto venirgli in mente molto prima. Quando Reid li ebbe segnati ed ebbe chiuso la comunicazione, i due giovani geni si adoperarono per cercare secondo anche quanto detto da Garcia quale potesse fungere da base migliore.
- Ma perché hanno cambiato sede, se non sapevano di essere stati scoperti? - Si chiese Hotch non capendo come loro potessero essere giunti a quella conclusione. Il suo cervello di norma era molto veloce ma il loro era davvero una macchina da Formula 1!
- Si chiama incognita imprevista! - (nome assolutamente inventato da me, passatemelo che non so un H di matematica a quei livelli! NdAka) Iniziarono allora Charlie e Reid all'unisono, usando perfino il medesimo tono sbrigativo da professori.
Non si guardarono nemmeno, fu Charlie quello che si interruppe un attimo per spiegargli la teoria matematica così come aveva fatto mile volte con gli altri della sua squadra. Ora doveva farlo a qualcuno che non conosceva in presenza di un altro che con grande soddisfazione sapeva perfettamente di ciò che parlava. Gli sembrò strano non essere davanti ai soliti...
Quando però lui ebbe finito e il moro ebbe capito come ci fossero riusciti a comprendere una cosa simile solo con l'uso di quella materia piuttosto lontano dal suo essere, anche se non tanto quanto lo era da Morgan, Colby e Tony, il pallido biondo coi capelli scompigliati intorno al viso, indicò vittorioso un punto sulla mappa vicino al quale si vedevano dei calcoli che lui stesso aveva appena scritto a matita su due piedi.
- Devono essere qua! Secondo i miei calcoli questo dovrebbe risultare la zona migliore rispetto a tutte le altre, considerando tutte le variabili e i loro stessi bisogni... è nel punto ideale sia per arrivare dall'aeroporto che per scappare ed uscire dalla città in fretta e furia! Hanno pronti tutti i mezzi per fuggire! -
- Ecco perché questo non gli andava più bene... non forniva loro quel che gli serviva al momento! - Borbottò Hotch prendendo il cellulare in mano ed uscendo di corsa seguito dagli altri due.
 
 
La porta fu spalancata con un calcio e i due agenti a capo del caso entrarono spediti come schegge ignorando le urla degli uomini di sorveglianza che gli avevano cercato di proibire di entrare in sala comandi dove vi stava il gestore dei voli e dell'aeroporto stesso, colui che controllava che tutto andasse liscio, che chi doveva partire lo facesse senza problemi nell'orario giusto lasciando il posto al prossimo aereo in arrivo... tutte le operazioni che si svolgevano in quel posto erano super visionate e approvate da lui.
Arrivare da quell'uomo era stato un po' complicato, per Don e Gibbs, e nonostante i loro buoni propositi di non alzare troppi polveroni per non accelerare i tempi di esplosione da parte dei criminali che non sapevano se fossero ancora lì o meno, di casino ne avevano fatto abbastanza per arrivare fin lì.
A partire da quando avevano sbattuto uno della sicurezza contro il muro ed avevano dovuto puntare la pistola contro un'altro che voleva fermali.
Tirati fuori i distintivi non avevano avuto vita molto più facile ma alla fine erano riusciti ad arrivare da chi lì dentro contava e stralunati come non mai, non avevano perso tempo a cercare di convincere e spiegare un bel nulla.
Avevano subito dato ordini:
- Dovete fermare tutti i voli immediatamente e far atterrare nel giro di subito quelli che sono partiti! - Richiesta più assurda non potevano porla!
Il direttore li guardò come se fossero pazzi e guardando gli altri agenti che stavano dalla loro parte, fuori dalla stanza, che fermavano i suoi, si chiese se l'attacco non fosse proprio quello!
- Io non faccio proprio nulla, siete forse impazziti? E poi chi diavolo siete? - Chiese sostenuto e secco.
Don e Gibbs fecero la medesima espressione con sbuffo, impazienti ed insofferenti per star perdendo tempo inutilmente mentre i loro uomini erano là sopra in chissà quale volo a rischiare, tanto per cambiare, la vita.
- FBI ed NCIS! C'è un attentato in corso, non possiamo perdere tempo a discutere dei dettagli... - Iniziò Don furente con una vena d'impazienza che pulsava alla tempia.
- Né a convincervi che abbiamo ragione! Dovete solo fare quello che vi diciamo e subito! Comunicate coi piloti e dite di atterrare! Se sono troppo lontani da qua in un altro aeroporto, dovunque, ma subito! - La sua voce era rabbiosa e si stava sempre più alzando, Gibbs di suo non aveva pazienza e quando c'era di mezzo Tony la perdeva totalmente diventando pressoché intrattabile!
L'uomo che stava loro davanti cominciò a sudare preoccupandosi seriamente. Innanzi a reazioni simili si chiese se non dovesse davvero fare quel che dicevano senza chiedere di saperne di più ed avere in mano almeno una certezza che in corso ci fosse davvero un attentato. Certo con quella parola di mezzo doveva bastare anche il solo dubbio a fermare tutto, a costo di mandare nel panico miliardi di persone, ma non era una richiesta da poco.
Gli chiedevano davvero una cosa senza precedenti. Di lì a breve si sarebbe scatenato il caos.
Ma ad un'occhiata più attenta all'esterno gli fece capire che quel numero spropositato di agenti e forze dell'ordine ormai il caos l'aveva già gettato e che se non c'era almeno un fondamento, non avrebbero dispiegato così tanta gente.
Dovette pensarci e ragionare in fretta e mentre lui lo faceva Gibbs e Don si vedevano con la mente i propri uomini saltare in aria.
Perdita di tempo.
Era tutto solo una perdita di tempo... essere con loro sarebbe stata l'unica cosa davvero utile, anche se magari tutto ciò che avrebbero potuto fare concretamente sarebbe poi stato solo morire insieme.
Ed invece no. Erano lontani, separati e dovevano cavarsela da soli... l'idea che potessero vederli esplodere da lì sotto li mandava in bestia, non potevano mollare così e lasciarli al loro fato, sperare che dopo tutto se la cavassero.
Qualcosa in loro potere doveva esserci!
E a costo di scomodare il presidente in persona, l'avrebbero fatta!
Era stato tutto così veloce, improvviso ed incalzante... ad aver tempo avrebbero usato chi di dovere per ottenere quel che serviva, ma così su due piedi non avevano potuto fare nulla più di quanto già stavano facendo.
Quando il cellulare di Gibbs squillò e lui rispose immediatamente come se l'avessero insultato, fu Don a rimanere a mettergli pressione continuando sulla strada del 'se non fa subito quel che dico l'arresto per complicità e ostacolo della giustizia!', quindi la voce di Hotch che l'aggiornava velocissimo sulle ultime novità gli diede voglia di urlare!
Capendo così anche gli ultimi particolari che erano rimasti insoluti, rientrò nella sala e ringhiando brusco:
- Allora!? Devo arrestarla, forse? - fu sollevato di sentirsi dire dal collega che il direttore stava già eseguendo i loro ordini dando le dovute comunicazioni. Non sarebbe stata una cosa veloce e facile e di lì a breve si sarebbe scatenato il putiferio fra la gente già in allarme per tutti quegli agenti federali lì, ma non c'era altra scelta.
- Andiamo! - Disse quindi a Don indicando invece a McGee di restare in sala comando e aZiva di andare all'indirizzo che gli aveva dato Hotch.
- Che c'è? - Chiese l'altro seguendolo in quella che ormai era una corsa a rotta di collo.
- Gli infiltrati erano i meccanici ma se ne saranno già andati. Non hanno capito che li abbiamo scoperti. Reid e tuo fratello hanno scoperto dove si sono spostati ora per concludere l'operazione. -
- Per far esplodere le bombe e scappare... - Dedusse Don brusco capendo lentamente anche lui il quadro completo della situazione allucinante.
- Sono bombe che esplodono quando il cellulare che è legato addosso suona. Decidono loro quando innescarla... - Spiegò Gibbs. Non fu una comunicazione confortevole ma non era capace di dare le notizie... - Si stanno dirigendo là con altri agenti per fermarli. Se vuoi andare a concludere l'operazione rimango io qua... - Disse ancora stupendo il collega che rallentò appena standogli ugualmente dietro. Si chiese se anche per lui ci fosse un motivo più importante per restare seppure ormai dovesse solo aspettare che gli aerei atterrassero di nuovo.
- No io devo rimanere... c'è qualcosa di più importante di cui mi devo assicurare che torni integro. - Borbottò brusco con un tono che Gibbs udì appena mentre usciva in pista guardando in alto. Di aerei ce ne erano molti fermi, molti che si stavano fermando e alcuni partiti da poco che stavano cercando di ritornare giù.
Chissà se fra quelli ci sarebbero stati i loro uomini...
- Già... un motivo più importante per rimanere... - Rispose Gibbs nel medesimo modo selezionando uno ad uno veloce gli aerei che atterravano. - Ed è lassù, su una di quelle maledette trappole di morte! - Sussurrò concludendo con un cipiglio penetrante verso il cielo ignaro di aver usato lo stesso termine con cui Tony li aveva chiamati.
Da qui Don capì che erano davvero più simili di quel che non avessero ancora pensato.
Ma mentre per Gibbs era più chiaro il motivo per cui si sentiva così male, per Don fu una sorpresa.
Un viaggio forzato dentro sé stesso.
Un viaggio che cercava sempre di evitare e che ormai non poteva più.
Fu lì. Esattamente lì. Mentre aspettava che Colby uscisse da uno di quegli aerei appena decollati e riatterrati, che comprese quel che ancora gli mancava.
E si chiese quanto tempo avesse finto di non vedere ciò che era limpido e cristallino davanti ai suoi occhi.
No davvero, non si poteva scappare per sempre, specie dalle cose complicate che ti obbligavano a scoprirti e spogliarti.
"Non so come si chiami. Se sia amore o che. Non penso di averlo mai provato davvero. So solo che se non torna da me vivo io questa volta impazzisco. Ci tengo. Gli voglio bene come non ho ancora voluto bene a nessuno. E voglio che torni. Torni da me."
Ma si sa, le cose più difficili sono sempre quelle che poi danno più soddisfazioni e fanno star meglio, una volta che le affronti e le superi.
E lui come Gibbs, le difficoltà sapeva affrontarle bene!
A quel punto, senza spiegarsene il motivo, di punto in bianco girò lo sguardo a qualche metro da lui come se si fosse sentito chiamare. Nessuno aveva pronunciato il suo nome e nessuno si era davvero mosso.
Però lui aveva spostato i suoi occhi castani e penetranti, tesi ed in ansia, su un uomo a qualche metro da lui con le mani ai fianchi ed una tuta da meccanico.
Il viso contuso da una lotta fresca.
Fu lì che Don capì in un flash simile al lampo di un fulmine.
E proprio come il tuono successivo, lui reagì immediatamente.

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Capitolo 9
*** Salvezza ***


INDAGINI CONGIUNTE

*Eccovi qua ancora un altro capitolo di questo crossover. Ci stiamo lentamente avviando alla conclusione. Penso ci saranno all'incirca ancora due capitoli su per giù, ma in questo il caso si conclude. Anche se lascio ancora in sospeso la questione su una coppia... quale sarà? Bè, lo leggerete... Ad ogni modo la canzone della prima scena si riprende nell'ultima, mi piaceva fare questo piccolo collegamento con i due momenti più d'azione, mentre ogni coppia ha una sua canzone (non per i testi ma per la musica). Spero vi piaccia il capitolo e di aver fatto un discreto lavoro. Grazie a tutti quelli che seguono e leggono. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO IX:
SALVEZZA

/A pain that I’m used to – Depeche mode/
Quando gli occhi castani di Don si posarono sulla figura del meccanico con il volto tumefatto a causa di un recente contrasto fisico, gli parve come se il tempo si cristallizzasse per un istante. Breve o lungo che fosse, tutto si fermò. Non sentì più la voce dall'altoparlante che avvisava che tutti i voli erano stati cancellati e che per motivi di sicurezza gli aerei decollati sarebbero atterrati nuovamente, non captò l'aria fresca sul viso o il sole che lo riscaldava. Il suo stesso cuore sembrò non battere più mentre il respiro gli veniva meno. Il sudore smise di scendergli e le rughe di tensione che solcavano la sua fronte si distesero brevemente mentre il suo volto si pietrificava.
Gibbs notò subito questo suo bloccarsi immediato e capendo che qualcosa non andava si girò per guardare cosa avesse visto, ma non fece in tempo a realizzarlo e nemmeno a fare qualunque altra cosa. Prima che potesse anche solo pensare che lui era uno degli uomini che avevano organizzato tutto, Don era contro di lui a colpirlo con una serie di pugni potenti, una raffica senza sosta che non lasciarono il tempo a nessuno di reagire.
A cavalcioni sopra di lui che era caduto a terra per la sorpresa e l'impatto, scaricava tutta la rabbia repressa in quelle ore di angoscia pensando solo che per colpa sua, innegabilmente sua, Colby rischiava di morire.
Non era poca.
Una sorta di esplosione inarrestabile in realtà, qualcosa che non aveva paragoni e che stupì per primo Gibbs che assisteva a pochi metri a quella scena che di sicuro non avrebbe mai pensato di trovarsi davanti.
L'aveva creduto incapace di un totale non controllo simile.
Anche se in effetti lo comprendeva bene, l'istinto di farlo ce l'aveva avuto anche lui.
Capendo che lasciandolo fare l'avrebbe ucciso e non gli sarebbe più stato utile, si decise a scattare anche lui e afferrando Don per le spalle da dietro, strattonò con forza tirandolo via.
- Basta! - Ringhiò stupendosi di fermarlo per una cosa che onestamente avrebbe voluto fare lui stesso. Erano davvero più simili di quel che pensavano ma non del tutto. Gibbs sapeva controllarsi alla fine, erano rari i momenti in cui si lasciava andare a quel modo brutale e terribile. Succedevano, certo, ma bisognava sperare che non arrivassero!
Di norma era comunque letale anche se si controllava...
Don era diverso, sapeva perdere la testa molto più facilmente nonostante fosse un capo squadra.
La cosa poteva stupire e ci si finiva per chiedere: se lui era così, com'era il resto della sua squadra? Di norma il capo è quello meno testa calda del gruppo...
Tralasciando questi lampi che gli avevano attraversato per un attimo la testa, una volta liberato l'uomo steso a terra che si copriva il volto dolorante e sanguinante, Gibbs con il famoso controllo suddetto estrasse la pistola, mise il piede sul suo petto e schiacciando con forza premette la canna fredda alla tempia, quindi chinandosi fino ad avere il viso vicinissimo a quello dell'altro che lo fissava con un certo terrore oltre che sofferenza, chiese con una fredda calma che celava una profonda malvagità pericolosa:
- Sei tu uno di quelli che ha combinato tutto questo casino con gli aerei e coi marine? - Don accanto a loro ancora tremava violentemente dalla rabbia. Quando l'aveva visto si era sentito andare in fiamme ed ogni sinapsi era andata in tilt. Non aveva capito più nulla. Il sangue gli era ribollito furiosamente nelle vene e salito in massa alla testa non aveva tenuto più il proprio corpo che si era mosso d'istinto da solo con una tale velocità e forza che solo una cosa gli era costantemente passata per la mente annebbiata dall'ira: quell'uomo aveva tentato di uccidere Colby.
Vedendo che paralizzato dalla propria vita che si vedeva probabilmente passare davanti agli occhi, il meccanico ancora non parlava ma anzi tremava, Gibbs capì che era proprio uno di loro ma non certo il capo e che se la stava facendo sotto.
Non era il pesce grosso. Avrebbe parlato.
Quindi mantenendo la sua calma, sforzandosi di non pensare a Tony a mille miglia sospeso in aria con una bomba pronta ad esplodere, premette ulteriormente la pistola sul suo viso pieno di lividi, gli occhi stretti, le labbra piegate in una smorfia di paura.
Pietoso.
Ecco cos'era... e voleva andare in giro ad ammazzare la gente!
Prima doveva imparare per lo meno cosa significava essere uomini!
Ecco perché non li sopportava quelli così... erano solo degli idioti incapaci di stare al mondo, non degni di essere chiamati per quello che in teoria erano.
Avvicinò ulteriormente il viso cupo e sempre più basso, penetrante e minaccioso, disse fissandolo come fosse un insetto:
- Lo sappiamo che lo sei. Ora hai due possibilità: vivere o morire. Parli e vivi, non parli e muori. A te la scelta. Sappi però che io non ho problemi se scegli la seconda! - La verità era che al 90% avevano preso gli altri responsabili ed ormai rimaneva poco per mettere in salvo anche i passeggeri. La squadra artificieri per disinnescare le bombe sugli aerei era già in arrivo. In breve si sarebbe risolto tutto lo stesso. Quella persona rappresentava solo un risparmio di tempo, oltre che un buono sfogo!
Lui sembrò capire questa cosa e cercando di ragionare si disse che ormai era finita, per lo meno per lui. E se lo era per lui allora tutto il resto poteva andare a quel paese!
Così quando gli chiese di nuovo con quel tono da brivido più simile ad un killer spietato che ad altro: - Sei tu che hai messo su quegli aerei i nostri agenti? - lui si decise tremante e convulsivo a rispondere annuendo:
- Si, sono stato io con altri come me che ora però non ci sono. Mi hanno lasciato qua a controllare che tutto procedesse secondo i piani. -
Molto più di quanto non avessero sperato. Fu qua che Don intervenne di nuovo premendogli la sua di pistola sulla fronte ringhiando:
- Quali voli? - Il ragazzo guardò perplesso Gibbs pensando fosse il più ragionevole, non sapendo nemmeno di preciso cosa sperare, quindi lui con un guizzo d'ironia fece piegando la testa di lato:
- Io al tuo posto risponderei... ha una gran voglia di ammazzare qualcuno, proprio come te. Solo che lui si dedica alla feccia! -
Dopo un ultima occhiata a Don dove una luce omicida albergava, si decise e rispose con precisione anche a quella domanda fornendo il numero dei voli in cui erano stati messi i tre agenti.
Fu a malincuore che Don e Gibbs si alzarono per farlo portare via da un agente che era nei pressi... del resto c'era qualcosa di più importante da fare, ora!

/Just breathe – Pearl Jam/
Dopo aver chiesto a McGee di indicargli quali voli fossero quelli elencati dall'uomo e dove stessero atterrando, Gibbs indicò con un gesto brusco uno dei tre aerei da controllare per primo mentre lui si diresse ad un altro.
Don non si fece dire altro, si fiondò immediatamente capendo cosa intendesse, quindi sperando ardentemente di aver beccato quello giusto, andò incontro all'enorme velivolo che ormai si stava per fermare.
Per colpa del sole si era messo gli occhiali scuri ed il cappellino cercando di non perdersi un solo movimento di quel che sapeva gli interessava, quindi rimase lì ad aspettare con la tensione che cresceva a livelli storici.
Ormai era fatta, si ripeteva. Era in salvo. Certo che lo era. Non poteva che essere così. Certo Colby aveva una capacità incredibile per avere la peggio in tutto quel che faceva, ma se se l'era cavata quella volta che aveva tutti contro ed era creduto un traditore dal mondo intero, non poteva non cavarsela anche ora!
Ripetendosi sempre più ansioso queste cose, Don provò una morsa allo stomaco capace di farlo vomitare se solo non fosse stato abituato a quel genere di sensazioni. Le conosceva. Sapeva che di lì a poco, vedendo Colby, si sarebbe calmato.
Quando finalmente l'aereo si fermò e con più fretta possibile i passeggeri cominciarono a scendere dalla scaletta anteriore e posteriore, accolti da altri agenti accorsi con lui secondo gli ordini, le sue iridi castane corsero veloci su tutti quelli che uscivano e non vedendo nessun giovane dai capelli castano chiaro, gli occhi color mare e un fisico prestante, si tolse stizzito cappellino ed occhiali rivelando i suoi capelli leggermente più lunghi del suo solito taglio rado, tutti mossi e spettinati che gli stavano sciacchiati e sudati sulla testa.
- Ma dove diavolo è!? - Ringhiò sul sentiero di guerra non resistendo più fermo, poi ci pensò meglio grazie alla sua qualità di saper ascoltare il proprio istinto specie nelle situazioni più critiche, e capì. - Ma certo, non lo avrà messo fra i passeggeri... - Dicendosi questo corse nella parte relativa ai bagagli e gridando impaziente a chi di dovere di aprire la portiera ancora chiusa, salì senza pensarci.
In fretta e furia rovistò in quello che ormai era un ammasso di valigie e borsoni buttati per aria, infine riprese in mano l'illuminazione di prima.
- Il motore! - Poi si fermò e corrugando la fronte aggiunse incredulo: - Ma non può aver davvero tentato di disinnescare la bomba con un aereo in volo... è matto? -
Però non concluse la frase che un ombra si fece strada proprio dal luogo che stava fissando.
Con la luce che veniva dall'esterno potè finalmente vederlo e con la camicia mezza sclacciata e completamente scarmigliato, sudato, sporco ma stranamente non visibilmente ferito, stava Colby, colui che più di tutti aveva sperato di vedere!
Si paralizzò momentaneamente credendo di vederci male, quindi senza più controllare la sua mimica facciale che in questo momento presentava un espressione di puro stupore e ansia al contempo, si trovò a mormorare interdetto il suo nome.
Il compagno mosse stanco ma tranquillo i passi che rimanevano fra loro, quindi asciugandosi la fronte con l'avambraccio senza toccarsi con le mani sporche di nero, giunse da lui e fissandolo dritto e fiero, con una luce di ironia, disse soddisfatto:
- Questo ormai è a posto! - In un secondo istante Don registrò la sua uscita capendo cosa significasse, quindi dimenticandosi di chiedergli se stava bene riprese la sua aria severa e accigliata:
- Cosa? Hai disinnescato la bomba in volo?! Da solo? - A questa reazione che Colby si aspettava, sorrise divertito puntando i dorsi delle mani ai fianchi, cercando di sporcarsi il meno possibile, si appoggiò su un piede e piegando la testa di lato rispose schernendolo bonariamente:
- Certo che sì, quando si va a fare la guerra ti insegnano ad uccidere e a sopravvivere... saper fare e disfare le bombe era nell'addestramento! -
Però vederlo così contrariato e tormentato per lui era qualcosa di impagabile, come una cura che né ospedali né psicologi potevano dargli!
Rischiare la vita così non era mai un gioco, lo segnava sempre, ma mentre pensava a cosa poteva fare di concreto per sopravvivere e lo attuava, ciò che gli permetteva di non fermarsi e non farsi prendere dal panico era la consapevolezza che una volta finita quella brutta storia i suoi compagni sarebbero arrivati. E lì l'aveva raggiunto una consapevolezza in più, quella che Don sicuramente stava facendo il diavolo a quattro per lui.
Benzina migliore non l'aveva ancora trovata!
- Tranquillo, sapevo cosa facevo, è tutto sotto controllo! - Lo rassicurò vedendolo ancora poco convinto. Però dopo di quello non avrebbe comunque mai pensato, e non l'avrebbe nemmeno chiesto, che il suo capo squadra avrebbe finalmente reagito come un normale essere umano con dei sentimenti e non più come un maturo e responsabile dirigente che pensava prima al dovere e poi al piacere!
Sentendo la sua mano sul proprio volto che lo toccava per assicurarsi che stesse bene e che quelle macchie fossero solo sporco, gli chiese con delicata attenzione:
- Stai bene, tu? - Stupendosi del fatto che avesse rinunciato a rimproverarlo per l'enorme rischio che aveva corso, si disse che qualcosa in Don era cambiato. E ad un'occhiata più attenta alla sua espressione tirata ed ansiosa lo capì. Quella cupezza nascondeva una preoccupazione per lui che di norma non aveva per gli altri, ad eccezione di suo fratello. Non a quei livelli per lo meno.
Lavorava con lui da un paio d'anni e lo conosceva. Più di un sbrigativo 'stai bene?', non indagava mai.
Però quegli occhi, quella mano sudata che aveva appena smesso di tremare e quella vicinanza esagerata per scrutarlo nei dettagli, non mentiva.
Quella sensazione, non mentiva.
Don aveva passato le pene dell'inferno, per causa sua, ed invece che dispiacersene si trovò addosso una tale felicità che aveva dell'incoscienza!
- Si... - Poi con ancora la sua mano sulla guancia che cercava di pulirgli un punto, aggiunse addolcendo il proprio volto, rendendosi così ancor più inconsapevolmente affascinante: - Ti ho fatto passare dei gran brutti momenti, eh? - E mentre lo diceva con la sua voce roca ma carezzevole ripensava a quanto avrebbe voluto essere con lui quando invece era stato solo a doversela vedere con una bomba. A ciò che aveva pensato per darsi forza, ciò che aveva ricordato per non fermarsi e per andare avanti. A quanto ormai era coinvolto in quello che si ostinavano a non chiamare relazione.
E allora cos'era il desiderio di rivedere l'altro subito e di impazzire all'idea che potesse succedergli qualcosa?
Don si fermò ma non abbassò il braccio, quindi riportò le sue iridi penetranti e tenebrose su quelle chiare, gentili e addirittura dolci dell'altro.
- Non ne hai idea... - Ammise finalmente. Colby ripensò inevitabilmente anche alle volte in cui nessuno era mai riuscito a tirare fuori da lui più di un 'ottimo lavoro' o 'grazie'. Questo superava di gran lunga ogni aspettativa!
Non mascherò il suo stupore, quindi sgranando gli occhi prese la sua mano mentre stava per ritirarla, la portò senza pensarci alle labbra e senza baciarla o che, mormorò avvicinandosi ulteriormente a lui, sfiorando il suo corpo col proprio. Mille brividi li percorsero.
- Grazie per avermi trovato ancora. - ripensandoci si sarebbe vergognato di quel gesto così strano, ma in quel momento gli venne spontaneo.
Eppure credendo che ancora una volta la cosa finisse lì e che da lui avesse già preso più di quel che avrebbe mai osato sperare, lo lasciò andare senza riuscire a muoversi e smettere di guardarlo con intensità.
Fu allora che Don lo stupì di nuovo e non poco.
Calore.
Si accorse che stava accadendo dal calore che sentì alle labbra, quindi si trovò le sue sulle proprie che dolcemente e delicate le stava accarezzando mentre entrambe le mani gli tenevano fermo il viso.
Non foga, non passione, non bisogno o impulsività. Solo un gesto ragionato, voluto e cercato.
Chiuse gli occhi cercando di catturare quel sentimento troppo grande per lui, quindi lo prese per i fianchi, l'attirò a sé e si aggrappò per non cadere sentendo finalmente la tensione e la stanchezza scioglierlo.
Come se gli avessero tagliato i fili e dentro di sé non ci fosse più nemmeno un osso!
Si lasciò sorreggere da Don mentre la lingua si faceva strada nella sua bocca e quando finalmente trovò la propria si allacciarono fondendosi lentamente e sensualmente, con una dolcezza che, ne erano certi, non sarebbero più riusciti ad usare.
Si scambiarono un breve bacio prima di staccarsi, appoggiare le fronti l'una all'altra e schiudere gli occhi annebbiati per guardarsi vicinissimi e ansanti, scossi dalle forti sensazioni che provavano ancora.
Fu Don, di nuovo, a stupirlo fino in fondo...
- Penso di starmi innamorando di te. Che ne dici di provare a stare davvero insieme? -
Nemmeno fra i pensieri più reconditi di Colby, avrebbe sperato di sentirglielo davvero dire.
E un'ondata di emozione gli arrivò da dentro esplodendo, annodandolo.
Il bacio con cui rispose e rimase appoggiato sulle sue labbra immobile, fu la risposta migliore.
Colby e Don avevano trovato la loro strada.

/Teardrop – Gonzales/
Non così fortunato fu Gibbs che appostato davanti ad un aereo già atterrato da cui i passeggeri stavano scendendo di gran carriera scortati da altri agenti, notò sulla portiera anteriore, sopra la scaletta, il ragazzo della squadra di Analisi Comportamentale.
Morgan tutto sudato e scarmigliato con un occhio chiuso e gonfio e il sopracciglio spaccato che sanguinava su metà del viso contratto, esortava i passeggeri a sbrigarsi con un aria fremente e dolorante. Da lì capiva che non aveva disinnescato la bomba e che aveva convinto i piloti a tornare indietro e atterrare immediatamente.
E che non era quello l'aereo in cui stava Tony.
Vederlo in quelle condizioni gli permise di chiedersi in quali condizioni fosse il suo uomo.
Strinse contrariato ed infastidito le labbra, quindi con un gesto stizzito si girò in direzione del terzo aereo che il meccanico gli aveva indicato, era atterrato anch'esso e stava aprendo le portiere dei passeggeri.
Senza pensarci oltre e nemmeno imprecare, corse velocissimo in quella direzione stringendo gli occhi nella speranza di vederlo scendere da solo.
Se non è riuscito a contattarmi significa che non era di sopra con gli altri... dev'essere sotto, fra i bagagli.”
Pensò andando diretto nella parte interessata ordinando bruscamente di aprirla.
L'ansia cresceva in lui e detestava stare così, non lo sopportava. Era meglio affrontare criminali pericolosi e rischiare la propria vita... almeno poteva fare concretamente qualcosa per contrastarli. In quel caso non poteva far altro che sperare che Tony stesse bene e di trovarlo subito. Però avere a che fare con i propri sentimenti che gli toglievano il fiato e minacciavano di esplodere, non era una passeggiata per lui.
Finalmente riuscì a salire e calciando le valigie che incontrava sul suo cammino aguzzò la vista che nella penombra non gli permetteva di vedere bene quel che cercava. Quando la luce dall'esterno l'aiutò a visualizzare meglio le forme che erano in quel posto buio, sentì un colpo netto al petto, come se l'avessero fisicamente trafitto, cosa che non era vera. La sensazione però fu quella e senza respirare ancora si precipitò verso l'angolo in cui l'aveva visto.
Una forma immobile stesa a terra a faccia in giù.
- Dannazione... - Ringhiò evitando di pensare che tanto per cambiare la peggio ce l'aveva avuta lui. Lo prese svelto per le spalle e lo girò non dopo aver notato il sangue sulla schiena e sul collo che proveniva da una brutta ferita alla nuca. Aveva perso molto sangue ed il forte trauma in una parte così delicata della testa non gli aveva permesso di fare molto. Il fatto che fosse riuscito a liberarsi era notevole. Se avesse avuto più forze sarebbe riuscito anche a fare qualcosa di più per l'aereo.
Con una mano sulla sua nuca tamponando alla meglio la ferita, lo voltò sorreggendolo senza perdersi un solo particolare del suo viso. Non aveva altre ferite ma era sudato, pallido e affaticato. Avvicinò il volto al suo e lo chiamò con preoccupazione e dolcezza allo stesso tempo, dimenticando tutto il casino che era stato prima, la storia dei marine morti che l'aveva fatto quasi uscire di testa, il pericolo in cui si era incoscientemente messo da solo... dimenticando che avrebbe voluto sgridarlo e dirgli di tutto per non avergli detto nulla prima di andare in aeroporto.
Premeva solo una cosa. Che Tony si svegliasse.
- Tony... ehi... - Cercò di essere meno brusco possibile, ma non era sicuro di esserci riuscito.
In realtà il sussurro della sua voce bassa era stato quanto di più delicato avesse mai tirato fuori.
Quello era proprio il tono che il suo ragazzo adorava, gli trasmetteva sempre dei brividi da capo a piedi, come tante scosse elettriche. Solo la sua voce che bassa e penetrante, carezzevole, lo chiamava con fare intimo.
- Avanti… - Mormorò quindi a denti più stretti e con l’ansia che tornava ad impadronirsi di lui proprio come quando aspettava fuori il suo aereo.
Ce l’aveva lì e non si sentiva per niente meglio… cosa poteva fare?
Un breve senso di impotenza lo invase e per contrastarlo si sforzò di pensare da agente e non da fidanzato, quindi contrariato prese il cellulare e sbrigativo fece per chiamare qualcuno che potesse aiutarlo, qualcuno di più competente.
Non poteva davvero essere così grave… con cosa l’avevano colpito?
Mentre se lo chiedeva e componeva il numero il lamento di colui che reggeva lo fece sussultare, abbassò di nuovo gli occhi azzurri più tendenti al grigio e lo scrutò teso con un bisogno enorme di vederlo sollevare le palpebre e venir guardato da lui.
Mentre si dimenticava della telefonata e lasciava la voce dall’altro capo parlare da sola, puntò tutta la sua attenzione su Tony che finalmente si muoveva facendo una smorfia di dolore. Un altro lamento flebile dalla sua gola.
- Tony… - Avrebbe voluto dire qualcos’altro ma non gli uscì altro, sentendosi stupidamente le corde vocali annodate.
Non percepì nulla di sé stesso, troppo preso da captare ogni singolo ed insignificante cenno dell’altro. Appoggiò senza accorgersene il cellulare a terra, quindi mise la mano libera sul suo viso affaticato, l’accarezzò cercando di richiamarlo in ogni modo possibile, e portando il volto sul suo fino a sentire l’uno il respiro dell’altro, sussurrò ancora:
- Mi senti? – A quello una specie di mugolio che in un secondo momento fu percepito come una risposta. – Eh? – Chiese non avendo capito ed avendo invece un gran bisogno di riuscirci. Allora Tony raccolse le sue forze e con voce meno biascicata e più chiara ma sempre affaticata, ripeté:
- Se parli si… - Tipica risposta da scappellotto!
Lui era preoccupato e passava le pene dell’inferno e quello si permetteva di sminuire tutto con una specie di ironia del cavolo!
Eppure nonostante la propria contrarietà si sentì anche stranamente contento di sentire che aveva ancora la forza di rispondergli a quel modo, seppure con fatica!
Il sorriso di rimando che gli venne fu luminoso anche se leggermente velato di preoccupazione. Gli occhi lucidi vennero subito nascosti dalle palpebre che si abbassarono in fretta mentre di slancio si abbassava ulteriormente per posargli le labbra sulla fronte. Un lieve bacio spontaneo di sollievo e ringraziamento.
- Tutto qua? – Si lamentò allora Tony riprendendo meglio possesso di sé e della propria coscienza. Gibbs non riuscì a non staccarsi per ridacchiare, quindi con un espressione indecifrabile si alzò dalla sua fronte per guardarlo meglio. Aveva aperto gli occhi e lo guardava, erano arrossati e si capiva gli girava ancora la testa, la ferita dietro la nuca era davvero brutta, ma si sforzava di rimanere sveglio e attivo. Ci riusciva tanto da chiedergli un bacio migliore!
Con una felicità che non provava da giorni a causa di quella dannata organizzazione, si trovò a pensare che era meglio che Tony non cambiasse, dopotutto.
Quindi borbottò cercando di controllarsi:
- Magari ti meriti qualcosa di più… - Una specie di ammissione che da un lato aveva fatto circa un buon lavoro, anche se dall’altro, appena si sarebbe rimesso, gliene avrebbe dette di tutti i colori per l’incoscienza dimostrata!
Dopo quel che anche lui stesso si era meritato per ciò che aveva patito!
Senza aspettare oltre adagiò leggero e delicato le labbra sulle sue, quindi accarezzandole un po’ gliele aprì facendosi strada con la lingua. Trovatolo constatò che non stava poi tanto male visto che gli era venuto incontro cercandolo e ricambiando. Fu un bacio lento, calmo e con una certa sensualità per la scoperta che nonostante tutto riuscivano ad avere. Scoperta di alcuni sentimenti che fino ad un momento prima li avevano quasi fatti impazzire e che ora li curavano avvolgendoli in un assurdo senso di benessere incontaminato.
Il bacio durò alcuni istanti che parvero lunghi, tolse ad entrambi il fiato e la coscienza del proprio corpo. Gibbs lasciò che la mano sul suo viso rimanesse lì per tenerlo fermo e voltato verso di sé, mentre l’altra cercava ancora di fermare il sangue sulla nuca.
Per essere uno che se l’era vista brutta, se ne concedeva di cose!
Tu mi farai morire…”
Pensò l’uomo più grande mentre finalmente si sentiva meglio avendolo nella sua bocca che lo cercava e lo tratteneva a sé.
Quando si staccarono lentamente a malincuore, la smorfia di Tony fu per il dolore che non riusciva più ad ignorare, ma nonostante quella alzò la mano e posandola sulla guancia del compagno che l’osservava preoccupato e accigliato, mormorò ancora con un filo di voce, imponendosi di riuscirci:
- Grazie… - Ogni altra aggiunta sarebbe stata superflua, così come le odiate ‘scuse’ e simili. Andava bene così. Loro sapevano per cos’era quel ‘grazie’ e cosa comprendeva. Gibbs in risposta appoggiò la fronte sulla sua sudata e mormorò con un forte senso di sollievo e al tempo stesso bisogno di dirlo, come se sancisse la fine di quel terribile caso:
- Ti amo. – Qualcosa che avevano imparato a non dare mai per scontato e a non vergognarsi di dire. Le labbra di Tony si incurvarono in un sorriso a suo modo dolce e felice al tempo stesso, nonostante il male che sentiva, quindi disse a sua volta nel medesimo tono:
- Anche io ti amo. – Tutto qua.
Semplicemente.
Il resto, ora, lo si poteva finalmente affrontare.
Tony e Gibbs si erano ritrovati.

/A pain that I’m used to – Depeche mode/
L’adrenalina era alta e il tutto durò poco rispetto a quanto ci avevano messo per capire ogni cosa, chi fossero, cosa volessero fare e dove fossero.
Però l’importante era che ora ce l’avevano fatta e che non avevano sbagliato di nuovo.
Con una musica che era cresciuta d’intensità nelle loro menti e che ora esplodeva insieme a loro, Hotchner accompagnato da Ziva, Reid ed altri agenti richiamati per l’occasione, fecero irruzione nel secondo rifugio identificato.
Con soddisfazione constatarono che questa volta non si erano sbagliati e senza la minima esitazione, gridando chi fossero e di non muoversi, arrestarono gli uomini colti di sorpresa che reagirono pur non aspettandosi di essere trovati a quel punto.
Ci fu una sparatoria ed il momento che seguì fu di caos, la scena in sé si consumò in pochi atti e senza nemmeno il tempo di realizzare cosa stava accadendo, chi sparava a chi, chi uccideva chi e chi veniva ferito.
Con le giuste precauzioni si poteva ottenere con sicurezza il risultato voluto e tutto finì in fretta.
Abbassando ancora tesi e fortemente provati le rispettive arme, i tre della squadra che avevano collaborato per risolvere quel difficile caso, poterono constatare con ancora il sangue che ribolliva nelle vene e l’adrenalina che li scuoteva fortemente, che era tutto finito e che ce l’avevano fatta, anche se a discapito di molte vite innocenti di marine che non avevano avuto alcuna colpa.
Disarmandoli e assicurandosi che nessuno potesse più innescare alcuna bomba, li arrestarono portandoli immediatamente via. Erano un numero di persone non indifferenti, tutte americane.
Ne rimasero colpiti anche se Reid, Hotch e Morgan se lo erano aspettato dall’inizio della loro analisi.
Eppure nonostante tutti provarono un immediato sollievo nel mettere la parola fine a quell’indagine tremenda che aveva preso da tutti molte energie e forze, uno fra loro rimaneva ancora cupo e preoccupato. La tensione di Reid non si allentò per nulla ed anzi dovette far fatica a non lasciarsi andare ad un potente conato di vomito. I nervi pronti a saltare da un momento all’altro e il pensiero unicamente rivolta a colui che ora come ora contava maggiormente per lui.
Anzi.
Forse l’unico che contasse davvero.
Senza aspettare oltre prese subito il suo cellulare in mano e con l’istinto di fare il numero di Morgan, si fermò rendendosi conto che non l’aveva più con sé dopo essere stato rapito e messo su quell’aereo.
Chi poteva chiamare per sapere come stava?
Non aveva il numero di nessuno degli altri che probabilmente erano sul posto… e chiedere a Hotch che lo facesse per lui era pesante. Si sentiva paralizzato, le corde vocali atrofizzate e il terrore di sentire una notizia terribile gli impediva di muoversi e parlare sensatamente, cercando magari anche di nascondere ciò che provava.
Fortuna però che il suo capo sembrava leggergli nel pensiero e mettendogli una mano sulla spalla e stringendo in modo significativo per dargli coraggio, chiamò Gibbs avendo preso il suo numero per tenersi informati.
Quando rispose aveva un tono molto strano che nemmeno con la sua spiccata bravura nell’analizzare gli altri, riuscì a decifrare.
Suo malgrado lo informò dell’azione andata a buon fine e senza ancora crederci lui stesso che finalmente era finita, chiese:
Fu mentre lui sentiva la risposta con la solita espressione seria e tirata, che a Reid parve venire un collasso. Se non sapeva immediatamente qualcosa probabilmente sarebbe svenuto!
- Va bene, ci vediamo in ospedale. – Già a quelle parole il famoso collasso parve coglierlo davvero e barcollando pericolosamente si appoggiò alla prima cosa che trovò, quindi fissando spaventato il proprio supervisore, chiese con una muta domanda cosa gli aveva detto.
Hotch capendo al volo le sue condizioni lo prese per le spalle, lo raddrizzò e trasmettendogli di nuovo forza e sicurezza, lo fissò deciso rispondendogli svelto:
- Stanno tutti bene, chi più chi meno. Qualcuno è ferito. Li stanno portando in ospedale. Ci vediamo tutti là, ora. – Poi notando la brutta cera del ragazzo che già di norma non splendeva di una forte salute, si affrettò ad aggiungere: - Forza Reid, va tutto bene. È finita. – Ma la mente del giovane dai capelli biondi e scarmigliati che arrivavano un po’ ondulati fino alle spalle, era rimasta all’ospedale!
L’uomo più grande comprese che qualunque cosa gli avrebbe detto, sarebbe stato inutile, quindi stringendo dispiaciuto le labbra per non potergli essere più d’aiuto, lo cinse protettivo come un padre e lo condusse fuori alla macchina.
- Andiamo da Morgan. – L’unica cosa davvero utile.
Morgan e Reid aspettavano di rivedersi.

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Capitolo 10
*** La tensione si scioglie ***


INDAGINI CONGIUNTE

*Vi presento con gioia il penultimo capitolo del crossover. La prima parte l’ho scritta l’altro ieri e mi aveva soddisfatto e sorpreso da subito, non avevo immaginato di scrivere ciò ma mi piace. La seconda parte invece è di ieri sera e non ero convinta, ma rileggendolo oggi mi rendo conto che ero solo addormentata (capirete che l’ho scritto alle 11 passate finendolo praticamente a l’una di notte… e l’indomani sveglia alle 7! Grande!). Ma ora posso dirlo: era proprio quello che volevo: sono piuttosto soddisfatta. Il prossimo sarà l’ultimo ma ho già pensato per bene al seguito che non riguarda lo stesso caso, ovviamente, ma uno che non vedo l’ora di fare! Ok, entusiasmi a parte, grazie a chi segue questa serie che dedico in special modo a Taila, Yukino, Jaspe ma sopra ogni cosa a mia mamma Parsifal perché oggi, in questo momento preciso, è sotto i ferri in ospedale per rimuovere utero e compagnia bella! Al suo risveglio si trova una bella sorpresa! Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO X:
LA TENSIONE SI SCIOGLIE

/ Dice - Finley Quaye/
Fu come correre su una lama affilata.
L’idea che potesse essergli successo qualcosa di grave e di non saperlo era angosciante quanto il non avere idea di dove fosse e se fosse vivo.
Però non era morto o glielo avrebbero detto.
Per tutto il tempo del viaggio Reid non poté far altro che pensare a questo. Ragionevolmente parlando potevano essergli successe molte cose e la sua mente provvedeva premurosa ad elencargli tutto, mentre istintivamente sperava solo che Morgan fosse fra quelli che, per una volta, se l’erano cavata senza un graffio.
Sapeva che non poteva essere così poiché lo conosceva e uscire integro da un’azione era un’utopia, però sperarlo era tutto ciò che gli rimaneva. Anche se, come già detto, la sua testa non faceva che esporgli tutte le ragioni contrarie.
Sempre più impaziente e teso, nemmeno Hotchner riuscì a tranquillizzarlo e nemmeno ci provò. Si limitò a guidare in fretta fino all’ospedale di Washington.
Ziva e Charlie erano con loro ed in silenzio non osavano parlare notando la preoccupazione alle stelle del giovane dottore plurilaureato.
Nessuno di loro era così, ormai si sapeva che erano tutti vivi e chi più chi meno stavano bene. Era chiaro che era in quelle condizioni per un motivo particolare.

Quando lo vide da lontano con quell’occhio bendato un tuffo al cuore gli fece mancare un battito. Si fermò trattenendo il fiato. Si sentiva terribilmente sciocco ma non riusciva proprio più a controllarsi. Eppure ce la faceva sempre. Anzi, di norma non provava nulla di speciale, era raro che sentisse cose particolarmente forti da sbatterlo in quel modo.
Nella maggior parte dei casi era sempre per colpa di Morgan, comunque.
Rendendosene conto non poté evitarsi la domanda:
“Ma perché sempre lui?”
Ed era davvero ora che se lo chiedesse!
Non mosse più alcuno passo nel corridoio dell’ospedale, lasciando che gli altri con lui andassero avanti.
Ziva andò a cercare Tony mentre Charlie suo fratello.
Hotch lo precedette lasciandogli il tempo che gli serviva per riprendersi, quindi andò da Morgan.
Quando questi lo vide la prima cosa che fece fu cercare Reid frenetico con l’occhio sano.
L’ansia di non vederlo accanto ad Hotch lo bloccò all’istante, ma appena lo vide indietro che lo fissava sconvolto e più pallido del solito, capì che doveva aver patito le pene dell’inferno.
Eppure sebbene da un lato gli dispiacque, dall’altro l’idea gli piacque.
Finalmente il ghiacciolo trattenuto che non riusciva a dimostrare nessun sentimento umano, nella maggior parte dei casi, sembrava tutto l’opposto e solo per lui!
Rispondendo vago alla domanda del suo capo lo indirizzò da Gibbs e Don per conoscere i dettagli, quindi appena fu solo sgusciò dalla stanza dove era appena stato medicato e a passo spedito e sicuro arrivò subito da Reid.
Gli era quasi sembrato di impazzire standogli così lontano senza sapere se ce l’avrebbe fatta prima di dirgli cosa provava.
Prima di essere riuscito a baciarlo almeno una volta.
Sorrise e mentre cercava di capire cosa fosse meglio dire, già stava parlando con ironia e disinvoltura:
- Ehi, non dirmi che sono riuscito a farti preoccupare così tanto! - Che lo era si vedeva lontano un miglio!
Il biondo avrebbe voluto tirargli un pugno ma non essendo un gesto da lui si limitò ad ingoiare cercando la lucidità per rispondergli qualcosa di decente.
Eppure nonostante ci mettesse tutto il suo impegno, il suo cervello super veloce smise ancora una volta di funzionare.
E, tanto per cambiare, era proprio colpa di Morgan!
- Si. - Riuscì a malapena a dire con un filo di voce tremante. Gli occhi castani rispecchiarono il suo tono incerto ed impaurito, ancora non credeva che se la fosse cavata senza serie ripercussioni. - Cosa ti hanno fatto? - Chiese subito toccando la benda leggero, senza riuscire a trattenere quell’impulso irrefrenabile!
Il giovane dalla pelle scura e l’aria sbattuta, smise di scherzare e divenne seriamente sorpreso di quella sua reazione. Si era aspettato un rimbecco dei suoi, invece quell’ammissione e quel gesto delicato e premuroso… gli piaceva. Gli piaceva da matti e forse poteva azzardarsi a pensare che questa volta Reid aveva capito cosa provava per lui.
- Il calcio di una pistola in pieno occhio. Non ci vedrò per un po’ ma poi tornerà come prima. -
- Ti hanno fatto qualcos’altro? - Chiese ancora preoccupato non importandogli più di quanto sembrava strano:.
- Tre punti al sopracciglio. Sarò più affascinante di prima! - Sembrava una sciocchezza, sembrava tutto facile e di poco conto.
Sembrava non ci fosse bisogno di apprensione ma per il biondo qualcosa cominciava a ribellarsi dentro.
Non era così facile!
Lui aveva passato l’inferno aspettandolo, non era affatto così facile!
Come poteva scherzarci su e prenderla alla leggera?
Con un moto di contrarietà ritirò la mano e incrociò le braccia al petto, rimanendo sempre con quella tendenza al curvo seppur fosse indispettito:
- Non è una sciocchezza, Morgan! Non devi scherzarci su! -
Qua l’altro colse al volo l’occasione e nella confusione di quel corridoio d’ospedale, continuò a punzecchiarlo con malizia ben sapendo a cosa poteva arrivare con un po’ di fortuna:
- Ah no? - Sapeva bene quanto era stato male per colpa sua, ma voleva solo che lo dimenticasse, che si voltasse pagina, che si tornasse sereni come sempre.
E che lo ammettesse ad alta voce, per una buona volta.
Che si volevano bene!
- No! - rispose allora secco Reid. A Morgan piaceva ancora di più, sembrava un bambino offeso ed era delizioso. Specie quelle labbra piegate ostinatamente verso il basso. - Non è stato un gioco! E nemmeno una passeggiata! - Continuò vedendo che non voleva fare la persona seria nemmeno in una situazione simile. Davanti alla sua reazione, la propria angoscia lo faceva sentire solo un idiota. Lui si era preoccupato davvero ed ora veniva preso in giro! Si sentiva immensamente stupido, ecco perché punto sul vivo, ricordando i brutti momenti passati solo fino a pochi secondi prima, non mollò ribattendolo con un tono che di distaccato non aveva nulla: - Io ho passato l’inferno ad aspettarti, sai? Non sapevo dov’eri, che fine avevi fatto, se eri vivo… e anche quando mi hai chiamato… avevo una certezza in più che la possibilità di rivederti era minima! Ti trovavi in uno di quegli aerei-bomba! Ti rendi conto di come mi sono sentito io? E tu stai lì a ridere e a prenderti come sempre gioco di me! - Morgan non spense il sorrisino, era oltre ogni sua aspettativa. Questo, per i suoi canoni, considerando che si trattava di Reid, era una confessione d’amore bella e buona. - Ma cosa te lo dico a fare? Non lo capirai mai, cosa ho provato! -
Concluse nervoso e al limite il giovane girandosi e facendo un gesto di stizza con le mani.
Era andato poco lontano quando si sentì afferrare per un braccio e trascinare con forza in uno dei bagni lì vicino.
Sentì la serratura scattare e la luce accendersi in automatico.
Poi il tutto fu molto più veloce del suo cervello, il che era solo da vedere.
Prima di cominciare a mettere in moto le sue percezioni e la comprensione di quanto accadeva, si trovò con delle labbra carnose e calde sulle sue. Labbra inconfondibili.
Non le aveva mai provate ma le aveva osservate così nei dettagli che il tatto gli bastava e avanzava per capire che erano proprio quelle.
Però la prova superava di gran lunga ogni sua aspettativa, non che se ne fosse concesso molte…
Capì che Morgan lo stava baciando quando il cuore tornò a battergli, anche se all’impazzata, e le sue mani continuavano a reggerlo per le braccia senza mollarlo un istante.
Aveva una presa forte e sicura che solo lui gli trasmetteva.
Mise a fuoco con gli occhi socchiusi il suo viso e trovandolo più sexy del solito li richiuse in fretta con le palpitazioni che andavano a mille.
I respiri erano affannati e le ginocchia gli si piegavano, probabilmente sudava e le sue funzioni vitali erano alle stelle; tutto in confusione, troppe informazioni da catturare e comprendere per catalogarle e coglierle. Lasciò che la testa partisse per conto suo e si concentrò solo su quella bocca che si amalgamava con la propria, sulla lingua che lo cercava e trovandolo lo torturava stimolandolo a rispondergli.
E gli rispose.
Oh, se gli rispose.
Prima ancora di capire che lo stava facendo, era là aggrappato alle sue spalle e ricambiava il bacio giocando con la sua lingua.
Capendo solo una cosa.
Era proprio questo che voleva e da molto!
Si staccarono dopo interminabili attimi di quello scambio incredibile che non erano mai riusciti a dare vita per una marea di motivi. Quali fossero, però, ora non se lo ricordavano più.
Con le fronti appoggiate e i respiri irregolari che si mescolavano, con ancora i rispettivi sapori in bocca, si guardarono con emozione, quindi fu Morgan a sussurrare seriamente con una voce roca e sensuale:
- Allora, ti ho capito bene? -
Questa volta Reid sarebbe caduto se l’altro non avrebbe continuato a reggerlo e tenerlo stretto. Le ginocchia completamente molli e un calore che si espandeva su tutta la pelle lo rendeva di un colorito delizioso.
- Si… - Boccheggiò imbarazzato ma spiazzato.
Era contento di essere stato compreso un volta di più da lui. Era sempre stato uno dei pochi a riuscirci bene e questo perché non aveva mai tentato di gareggiare col suo cervello visto che lui si era sempre creduto superiore a quello!
Dopo di ché non poté che nascondere il viso contro il collo pulsante del compagno che l’accolse fra le sue braccia forti e protettive come aveva sempre fatto e mai avrebbe smesso.
- Sono innamorato di te, Reid. -
- Anche io… credo… - Il suo mormorio sommesso giunse tremante ed insicuro e Morgan non avrebbe potuto che immaginarlo così. In risposta rafforzò la presa lasciandosi invadere da una gioia incontaminata.
Quello era un gran bel premio per le pene che aveva dovuto patire in quell‘indagine!

/ I just wanna live - Good Charlotte /
Non era stata un cosa davvero programmata.
Gibbs aveva invitato i tre di Los Angeles a dormire almeno una notte a Washington offrendo loro vitto e alloggio, Tony aveva invitato i suoi due nuovi amici, Colby e Morgan, a fare la serata a casa sua e ad entrambi aveva detto di estendere l’invito ai rispettivi uomini!
Nel suo piano perfetto per divertirsi tutti insieme almeno una notte con chi gli interessava, aveva trascurato il povero matematico di fama internazionale che sarebbe rimasto escluso, ma visto che Don alla fine aveva deciso di accettare l’invito di Gibbs, anche Charlie aveva finito per unirsi al gruppo. Chiedendosi però, effettivamente, che cosa mai avrebbe potuto fare visto che era rimasto l’unico senza dolce metà!
Oltre a loro gli altri avevano avuto tutti altri impegni e Hotchner aveva declinato l‘invito ancora prima che potesse essergli fatto, decidendo che era abbastanza stanco, per quella volta, da andare a casa.
Non era stato fermato dal momento che Ziva si era offerta di accompagnarlo per lasciare l’auto agli altri suoi due colleghi!
A tutti erano note le preferenze dell’israeliana per gli uomini dalla personalità forte!
Ritrovati tutti i rimanenti a casa Gibbs, i due inquilini si erano guardati interrogativi non capendo la presenza di tanta gente, poi Tony aveva felicemente spiegato la sua brillante idea. Al che l’altro fulminandolo si era trattenuto dal chiedergli di chi fosse la casa.
Per quieto vivere degli ospiti aveva deciso di lasciar correre, cosa che stupì Tony convinto di beccarsi una brutta frecciata oltre che il suo sguardo che parlava da solo.
“L’ennesima morte scampata da me lo ha rabbonito o gli è improvvisamente spuntato il senso dell’ospitalità? No, perché escludo che si tratti del suo cuore… lui ce l’ha solo per certe cose, per altre non esiste proprio!
Non capisco… che gli piaccia questo Don al punto da mostrare rispetto ed evitare l’ammonimento di rito? Certo, se lo dice si sentirebbero tutti di troppo… bè, in questo caso ne approfitterò fino in fondo! Quando mi capita di poter tirare così tanto la corda e rimanere integro?”
Così pensando, senza l’ombra della gelosia, Tony sorrise furbo quindi indicò agli ospiti dove potevano accomodarsi cominciando a fare gli onori di casa con gran sfacciataggine:
Fu allora che anche chi ancora non lo sapeva, capì che Tony e Gibbs stavano insieme ed addirittura convivevano!
Non poterono non chiedersi se prima o poi sarebbero arrivati anche loro a quella fase delle rispettive relazioni, ma non si fecero film mentali. Rimasero quasi affascinati dall’osservare quella coppia così in avanti rispetto a loro da essere invidiabili. Oltre che quello c’era anche il fatto che si vedevano quanto in simbiosi fossero, il loro legame era molto solido ed incredibilmente affascinante di per sé.
Reid specialmente si perse ad osservare ogni particolare che parlava di loro, ogni gesto che avevano l’uno nei confronti dell’altro ed anche cose che apparentemente non significavano nulla.
Morgan capì il suo stato d’animo e mentre dopo cena, una pizza naturalmente, si trovarono tutti seduti nei divani fra una birra e l’altra a parlare amichevoli socializzando a vista d’occhio come non erano ancora riusciti a fare, non poté fare a meno di notare questa sorta di invidia positiva nei loro confronti.
Era visibilmente affascinato da loro due, come stavano insieme e la loro relazione.
Nella sua mente i loro profili si tracciavano sia come individui che come coppia e mano a mano che le conversazioni procedevano serenamente ed anche con una certa ilarità grazie agli elementi che c’erano, capiva sempre più di loro.
Fu allora che una certezza si fece strada in tutti loro: quella conoscenza non sarebbe finita lì.
- Oh certo, Reid è infallibile in tutto! Specie nelle sparatorie! - Stava dicendo Morgan per rispondere all’ammirazione che Charlie aveva espresso sul giovane dottore plurilaureato. Questi si raddrizzò a quella frase tornando al presente, quindi guardò accigliato ed incredulo il compagno accanto che appoggiato allo schienale del divano teneva le gambe allungate ed una mano sulla sua schiena curva. Lui era al contrario coi gomiti appoggiati alle ginocchia e si era come svegliato solo in quel momento.
- Cosa vuoi dire? - Lo rimbeccò col suo tono saccente pronto a correggerlo.
Morgan rise senza farsi il minimo problema, quindi proseguì sotto preghiera di Tony che non vedeva l’ora di sapere qualche aneddoto imbarazzante che rendesse quel genio un essere umano!
- Si dai racconta… vuoi dire che è un comune mortale anche lui? -
Reid guardò sconvolto anche Tony pensando di non aver sentito bene: mica ce l’aveva con lui?
- Certo! Ha una pessima mira! Prima di prendere l’abilitazione all’uso delle armi Hotch ha penato mica poco! E pensate che quando è riuscito a prenderla aveva mirato alla gamba di un S.I., finendo per colpirlo poi in mezzo agli occhi! - L’accaduto lo ricordava bene, il biondino, ma aveva sperato che evitasse di spiattellarlo ai quattro venti!
Le risate si levarono fra tutti e mentre c’era chi chiedeva se fosse vero e chi voleva sapere più particolari su questa parte del giovane genio, la mano appoggiata sulla schiena del proprio compagno stizzito che aveva piantato il muso senza più dire nulla, si era disinvoltamente infilata sotto la maglia riuscendo a trovare il contatto con la sua pelle liscia e calda. Questo trasmise mille scariche elettriche a Reid che si raddrizzò girandosi di scatto a guardarlo come se fosse impazzito. Non erano mica soli… però notò subito anche come gli altri non fecero caso a quanto succedeva fra loro. Anzi.
Solo allora, mentre li scorreva frenetico con gli occhi, notò che pure le altre due coppie avevano cominciato a dare segni altrettanto disinvolti.
Ad esempio il braccio di Gibbs era posato casualmente sullo schienale del divano proprio dietro a Tony comodamente appoggiato, e accoccolato, contro di lui che concedeva molti dei suoi rari e preziosi sorrisi di divertimento. Anche gli altri due si abbandonavano a dei vaghi ma evidenti segni d’affetto, a modo loro. La mano di Colby era posata sulla coscia di Don che si lasciava incredibilmente accarezzare come fosse naturale. Per i loro canoni era un gran segno d’affetto visto che il capo squadra non aveva mai permesso assolutamente nulla. Lasciarglielo fare senza eliminarlo con lo sguardo era un enorme passo in avanti!
Charlie stesso se ne stupiva ma non era intimidito od in imbarazzo per quei segni che ormai tutte e tre le coppie dimostravano, non erano invadenti o esagerati, si stava bene. Sembrava che tutti loro non avessero fatto altro che stare in compagnia in quel modo.
- Bè, non è il solo a non essere perfetto nonostante lo sembri! - Disse allora Don con un ghigno malefico in viso. Qua il fratello scattò e guardandolo come se bestemmiasse, sbottò subito:
- Cosa vuoi dire? -
- Si, cosa vuoi dire? Dai, anche lui è umano? - Tony, naturalmente. E le risatine sommesse degli altri.
- Certo che lo è… - Iniziò Colby senza staccare la mano dalla gamba del compagno: - dovete sapere che, per dirne una, ogni volta che Don si ferisce, per una strana ragione contorta Charlie finisce per addossarsi la colpa ed in risposta impazzisce su qualche caso finché non rimedia, sempre dal suo famoso contorto punto di vista, aiutandoci a prendere qualche criminale grosso! - Questo non era poi molto imbarazzante… Reid capì perfettamente il motivo di quel comportamento.
- Ma è ovvio, essendo fratelli e lavorando insieme sono portati ad essere molto protettivi l’uno verso l’altro. Quando uno dei due se la vede brutta, l’altro di conseguenza si sente in colpa e reagisce cercando di scontare o compensare questa colpa che si sente addosso. Non è una cosa strana! - Charlie non sapeva se ringraziarlo o fulminarlo… prima di poter capire che tipo di intervento fosse quello, se d’aiuto o cosa, Don intervenne decretando così la sua fine sicura:
- Ma non c’è mica solo questo! Posso fare un libro su questo argomento! Charlie è molto ingenuo ed ottuso in campo sentimentale! Prima di capire che era innamorato della sua attuale ragazza ci ha messo una marea di anni, non vi dico poi per dirglielo! Lei ha dovuto rischiare di andarsene per farglielo dire! Pensate che… - Ma fu a quel punto che Charlie scattò in piedi annunciando a gran voce:
- Ok, questo è il momento in cui io vado a dormire! Mi sembra che siamo arrivati in un punto pericoloso per me! Buonanotte! - All’udire ciò delle risate più forti delle altre si levarono all’unisono che l’accompagnarono finché non fu sparito nella camera che gli era stata offerta.
- Bé? E Gibbs non ha nessuna pecca da rivelare? - Chiese sfacciato Morgan mentre veniva sostenuto da Colby. Don si zittì senza però spegnere il suo sorriso divertito, consapevole che poi sarebbe toccato a lui, mentre Reid divenne più interessato alla risposta.
- Oh, qualcosa c’è… è difficile trovarlo, lo ammetto… sa nascondere bene i corpi del reato, ma a me non sfuggono certe cose… - Disse Tony andando a nozze all’idea di poter punzecchiare il suo uomo perennemente tutto d’un pezzo!
A questo però la mano che si artigliò sulla sua spalla lo fermò… solo per un istante!
- Non mi lascio intimidire… sai che non mi puoi fermare! - Disse allora rivolgendosi a Gibbs che lo guardava come se fosse un uomo morto. Sembrava che nell’intimità e nel privato, Tony non avesse davvero paura di lui e la cosa era molto giusta, oltre che bella.
Tanto che gli scappellotti Gibbs glieli dava solo al lavoro!
- Dovresti, visto che di te ce ne sono molte di più e decisamente peggiori! - Disse allora il più grande senza mollare presa e sguardo assassino!
L’altro piegò la testa in modo da sminuire la cosa:
- Oh, fa nulla… sono evidenti da sole tutte le mie ‘imperfezioni’! Anche se le racconti non faranno clamore! Non come le tue! - La luce nel suo sguardo era pericolosa e maligna, sembrava profondamente lanciato in quella sua missione di ‘spiattellamento’!
- Ma non sai dove potresti dormire poi stanotte! - Quella frase era quanto di peggio avesse potuto fare!
Nell’istante successivo Tony rimase proverbialmente in silenzio senza parole, cosa unica e rara!
Tutti stupiti ed increduli lo guardarono chiedendosi se davvero fosse stato vinto, poi lo videro seriamente soppesare cosa fosse meglio fare; alla fine si arrese e allargando le braccia disse con espressione tragicamente seria, in realtà solo più buffa di sempre:
- Mi dispiace, sono pronto a tutto ma non a questo! È un colpo basso ma sa dove darmi giù! -
La risposta però soddisfò comunque i presenti che ebbero ancor modo di ridere fin quasi alle lacrime!
- Non so se ti è di conforto saperlo ma quello è il punto debole di tutti noi! - Lo rassicurò Morgan dandogli un’amichevole pacca sulla spalla. Colby concordò serio:
- Ha proprio ragione! Non ti biasimiamo! È per questo che mi sono preso il tuo numero di telefono… così potrai dirmi quello che non puoi ora! -
- E trasferirti da lui, visto che qua non metterai più piede, dopo! - Concluse altrettanto serio e deciso Gibbs. Quanto scherzasse e quanto no, solo Don, forse, poté lontanamente intuirlo visto che spesso anche lui parlava così per prendersi gioco degli altri.
Era divertente e ammiccandolo gli fece capire che era completamente dalla sua.
- No, non dirò niente su di te, Don! Non serve che mi ricatti così anche tu! - Si affrettò a dire Colby guardando il suo compagno che rise a sua volta alimentando quell’atmosfera speciale che proseguì per gran parte della notte.
Risultato? Dopo una certa ora tarda in un camera c’era ovviamente Charlie, in un’altra Gibbs e Tony, un’altra ancora Don e Colby mentre nel divano del soggiorno avevano deciso di fermarsi Morgan e Reid distrutti e impossibilitati a guidare fra stanchezza, ferita all’occhio per uno e troppa birra contro volontà per l‘altro!
Ma la notte era giovane!

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Capitolo 11
*** coppie congiunte ***



*Ragazzi, questa è la fine… sig… ci ero affezionata a questa fic. Però forza, ho in mente già il seguito di cui non posso proprio fare a meno. Penso che sarete d’accordo con me!  Ad ogni modo questo capitolo voleva essere solo una coccola per tutto quello che ho fatto patire a sti poveracci! Sono la solita sadica! Proprio un gran bel gruppetto, vero? Hanno fatto un ottimo lavoro!
Va bene, ringrazio tutti quelli che hanno letto e commentato la fic, spero sia piaciuta fino in fondo.
Alla prossima e buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO XI:
COPPIE CONGIUNTE

/Drift away - Dobie Gray /
- Ti dispiace non tornare a casa? - La voce di Morgan giunse all’orecchio di Reid come un sussurro delicato. Il giovane si trovò a pensare che quella sua versione era nuova e tutta da scoprire e che sarebbe stato molto interessante addentrarcisi. Certo, una sorta di campo minato, a volte se ne sarebbe pentito, ma era sicuro, lì fra le sue forti braccia protettive, che ne sarebbe comunque valsa la pena.
- No… si sta molto bene anche qua. - Era una sorta di limbo. Come una culla. Il luogo che aveva permesso il loro avvicinamento. A dire il vero si erano messi insieme in ospedale e grazie ad un indagine fuori dal comune, ma quella era come la casa della pace dove chiunque poteva semplicemente essere sé stesso. Persino uno come lui.
Morgan sorrise dolcemente comprendendo il senso di quella risposta, quindi si sistemò meglio sul divano accoccolandosi il proprio ragazzo sopra. Sentì le sue mani piccole e delicate rispetto alle proprie poggiarsi sul petto avvolto da una maglietta prestata da Tony, nonostante non ci fosse nessun contatto diretto della loro pelle, l’innesco ci fu e il cuore di Reid cominciò, in quel silenzio, a galoppare agitato, consapevole che quello era il momento in cui si sarebbero dati la buonanotte e che avrebbero potuto andare oltre ai baci… che fin’ora ne avevano contato solo uno. Uno molto lungo, ma sempre uno era stato!
Fosse stato per il biondino si sarebbero sistemati ognuno in divani diversi ma Morgan naturalmente non aveva nemmeno chiesto, se l’era preso e coricato addosso!
Il rossore delle sue guance era stato delizioso così come il suo imbarazzo. Sapeva che stava lottando fra il desiderio di osare di più e quello di ritirarsi, ma quel suo impaccio era quanto di meglio potesse avere da lui quella sera. Non l’avrebbe forzato di più, quindi poteva rilassarsi.
- Ehi… rilassati… tutto ha il suo tempo, no? - Finché non glielo avrebbe detto, probabilmente, sarebbe rimasto teso contro di lui. All’udire quella frase chiarificatrice Reid si stupì, nemmeno quello era da Morgan… ma ne fu felice. Fu felice di quei nuovi aspetti nascosti che sfoderava in privato per pochi eletti.
Per ringraziarlo della pazienza che aveva intenzione di mostrare, il giovane si tirò su e raggiungendo le sue labbra le sfiorò con timidezza ed esitazione. Le sue mani che corsero grandi e calde sulla propria schiena esile, l’accarezzarono stringendolo ulteriormente a sé ed in breve le bocche si unirono in quello che era appena il loro secondo bacio.
Dolcemente schiuse, sinuosamente aperte, languidamente le lingue a contatto, eroticamente muoversi insieme, caoticamente perdere la connessione col mondo. Sensazioni contrastanti, piacevoli e nuove si affacciarono per entrambi.
La voglia di proseguire oltre, la pura di lasciarsi andare, il desiderio crescente, quel piacevole indefinito qualcosa. Stare bene solo per un semplice bacio.
L’istinto di Morgan di infilare le mani sotto i vestiti di Reid fu molto forte ma si trattenne consapevole che facendolo, il piccolo riccio si sarebbe ritirato. Così si rassegnò a prendere per il momento solo quello che lui era disposto a dargli.
Però con quel bacio gli tolse il fiato.
“Non so di chi sia merito se ci siamo sbloccati ed ora stiamo insieme, non so di preciso cosa l’abbia permesso… so solo che questa indagine congiunta non la dimenticherò mai.”
Quello fu il loro ultimo pensiero prima di perdersi l’uno nell’altro e non capire più nulla per il resto della notte.


Le bocche fuse in un divorarsi continuo e frenetico, le lingue svelte a compiere di continuo quella danza ubriacante, carezze intime provocatrici di piaceri senza pari, mani impegnate in un viaggio cieco su ogni centimetro di pelle accaldata, i corpi forti ed atletici tesi attraversati da continue scariche elettriche, gemiti rochi e sospiri incontrollati si levavano nella stanza.
Un unione fisica ma anche intima e spirituale.
Così, in quel modo intenso e sconvolgente, non si erano mai sentiti facendo l’amore.
E si dissero, immersi l’uno nell’altro, che era quella la differenza. Non stavano più facendo solo del semplice sesso fine a sé stesso.
Assaggiare il sapore dell’altro che il viaggio della bocca sul corpo rimandava, era quanto di più nuovo.
Anche le rispettive erezioni a contatto e stimolate dal compagno si eccitavano come fosse la prima volta.
Ogni cosa arrivava nuova nonostante l’avessero già fatto.
Essere in un letto sconosciuto con la possibilità di venir sentiti da qualcuno non aveva importanza per loro, stavano bene e immersi l’uno nell’altro non trovavano forza né voglia di calmarsi e smettere.
Di più, la ricerca di un piacere maggiore, un modo per andare sempre oltre, avere l’altro fino in fondo, in ogni modo possibile, senza riserve, senza fermarsi, senza ragionare. Puro istinto erotico, puro desiderio, puro sentimento.
Dopo aver esplorato e posseduto ogni parte del suo corpo, le mani di Colby presero il viso di Don attirandolo a sé, labbra contro labbra lo guardò febbrile ricambiato allo stesso modo. Erano entrambi irruenti ma lì c’era qualcosa di diverso.
Ansiti, i cuori battevano impazziti, le menti nel caos.
- Prendimi, ti prego… - Il bacio successivo che ne scaturì fu uno di quei fattori scatenanti che scollegano la realtà.
Si baciarono come lo facessero per la prima volta da anni, come se non l’avessero fatto di continuo nell’ultima mezz’ora.
Infine dopo averlo preparato, Don scivolò deciso in lui togliendogli una volta di più il fiato.
Storditi si fusero insieme cominciando a salire, flash di momenti passati si susseguivano nelle loro menti, le mani si cercavano stringendosi e intrecciandosi, le labbra continuavano a sfiorarsi schiuse senza premersi, i respiri si fondevano, i gemiti si alzavano, un’esplosione in loro in mezzo a quel piacere intenso, con quel ritmo crescente, coi sensi confusi.
Non sapevano se era amore, se lo sarebbe diventato né come potevano definirsi. Sapevano solo che volevano provare a fare sul serio e stare insieme ancora. Non provarono a dirsi nulla nonostante l’istinto di farlo l’ebbero.
Con la voce soffocata nel bacio, raggiunsero insieme l’apice facendosi attraversare da mille scariche elettriche, tremanti e sconvolti ma immersi in una sensazione che, ne erano certi, non avevano mai posseduto.
Ansanti, dopo un tempo indefinito in cui ripresero contatto con la realtà, aprirono febbrili gli occhi, cercandosi spostarono appena i loro visi ancora vicinissimi. Potevano sentire i respiri dell’altro contro la propria pelle sudata e accaldata, le pagliuzze di un colore più intenso nelle iridi testimoni di un orgasmo meraviglioso, i cuori ancora impazziti che non trovavano pace.
- Sono questi i sentimenti? - Sussurrò Colby seguendo un pensiero fulmineo del momento. Don non increspò nemmeno un po’ il suo viso dai lineamenti decisi e affascinanti, quindi come lo capisse perfettamente rispose con l’accenno di un sorriso raro e quasi dolce:
- Immagino di sì… - Semplicemente questo. Non si dissero nessun ‘ti amo’ o ‘ti voglio bene’, non sarebbe stato da loro. Però questo parlò più di mille dichiarazioni stucchevoli.
Il loro strano e singolare cammino poteva proseguire, ma nemmeno loro avrebbero mai dimenticato quell’indagine e le persone incontrate.
“Che sia merito loro direttamente o indirettamente non ha importanza… sono certo di dovergli molto ugualmente. Spero di rivederli.”
Pensandolo, non avevano idea che il loro desiderio sarebbe stato esaudito.


Due corpi fusi in un’unica entità, un solo respiro, un solo gemere continuo, un solo sapore mescolato, un solo intreccio di dita, un solo cuore a battere impazzito, un solo ritmo crescente ed intenso, un solo piacere profondo e violento, un solo pensiero, lo stesso: ‘ti amo’.
Un’unica cosa mentre anche l’orgasmo che raggiungevano era uno solo, sconvolgente, indimenticabile come ognuno di quelli che avevano.
La possessione totale di loro stessi, il confondersi l’uno nell’altro, non trovare più una propria identità, essere totalmente fuso nella persona amata, non avere più contatto con il mondo improvvisamente sparito, i sensi alterati, la realtà distorta.
Gibbs e Tony ebbero l’orgasmo insieme e tremanti lasciarono che i corpi si scuotessero fin da dentro a quelle scariche indescrivibili che li rendevano vivi. Una giusta ricompensa al piccolo inferno passato in quei giorni.
La stanchezza improvvisamente cominciò a gravare sulle loro spalle appesantendoli, appannando le loro menti non più per quel piacere cieco ma bensì per quanto fatto fino a quel momento.
La mano di Gibbs carezzò lieve la nuca di Tony sulla ferita bendata, una luce di fastidio attraversò i suoi occhi azzurro mare mentre si perdevano in quelli più chiari del compagno sotto di sé.
Sorrise sereno, quindi prendendogli il viso fra le mani l’attirò posandogli un dolce bacio sulle labbra. Intrecciarono ancora una volta le lingue, lente, stanche ma immerse nel sapore e nel piacere per quel piccolo gesto.
Dopo essersi carezzati con lingue e labbra, si staccarono a malincuore con la mente sempre più pesante e i corpi di piombo.
Gibbs si separò da Tony stendendosi accanto, quindi l’altro si sistemò poggiando la testa sul suo braccio che lo cinse. Stretto contro di lui, si coprirono con le lenzuola allacciando anche le gambe. Ogni parte di loro fremeva ancora eccitata dall’amore che avevano appena fatto.
Tutti quei contatti naturali non erano mai scontati per loro e nemmeno mai come la volta precedente. Sembrava che tutto potesse rinnovarsi sempre ma al tempo stesso rimanere come loro volevano.
Lo stato in cui erano giunti era di un amore maturo e consapevole, una sorta di obiettivo per le altre nuove coppie che certamente avrebbero raggiunto.
Ovviamente nemmeno per loro era stato facile arrivare a quel punto, ma vedendo la loro storia da lì, ogni cosa aveva avuto il suo motivo di esserci. Anche quelle più dolorose.
- Che indagine strana, no? - Disse Tony prima che il sonno se lo prendesse del tutto, volendo parlare delle nuove persone incontrate.
- Dura. - Rispose Gibbs facendo uno sforzo per rimanere sveglio nonostante la stanchezza.
- Ma anche bella per certi versi… - Sapeva cosa intendeva e che non voleva mancare di rispetto a tutte le vittime innocenti, fin troppe per i suoi gusti, quindi non lo riprese ma bensì annuì:
- Direi di sì… -
- E’ gente in gamba… - Questa non era una domanda, era ovvio fossero d’accordo.
- Molto. - Col pensiero carezzarono Morgan, Reid, Don e Colby ma anche Hotchner e Charlie. Un gruppo riunito per caso che aveva dato dei frutti insperati, trovando una sintonia non da poco, specie fra alcune persone.
- Spero di rivederli tutti. - Concluse poi Tony con un sorriso sereno e beato, chiudendo gli occhi mentre le dita di Gibbs sulla sua schiena nuda lo cullavano facendogli dimenticare tutti gli ostacoli che aveva dovuto affrontare per quel caso.
- Sarà di certo così. - La sua voce, però, gli giunse lontana mentre il sonno se lo prendeva dolcemente con quella sensazione di protezione scaturita dalle braccia sicure del suo uomo.
“E’ stata davvero molto dura, ad un certo punto ho pensato che tutto sarebbe andato storto e che ci sarebbe andato di mezzo, come sempre, Tony. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta e solo ora posso guardare all’indagine riuscendo a vedere i suoi lati positivi.
Le persone che abbiamo incontrato non sono certo gente qualunque. Non mi trovo a pensarlo spesso, ma questa volta devo ammetterlo.
È finita bene.”

FINE

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