Mari Neri e Fiamme Verdi

di KyubiKonanOfAkatsuki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo - Our Destination ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo: Deer and Admiral ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto: Fly Me to the Moon ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto - Holy Mother of Us All ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


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Ok, lo so che devo finire una fanfic, ma quando l’ispirazione ispira… Ispira.

Ebbene sì, ci sono OC anche qui, spero che non sia un problema. E’ probabile che questa fic si aggiornerà molto più lentamente, quindi portate pazienza, per favore.

Un grazie a chiunque leggerà e recensirà. :3

 

 

[Sono passati parecchi anni, da quando mi ritirai in eremitaggio nella foresta della stessa isola che ci aveva offerto protezione. I miei figli oramai adulti erano partiti per il lungo viaggio per trovare il tesoro del leggendario Nuovo Re dei Pirati, che io in persona ho avuto modo di conoscere. In questi venti anni, il mio corpo mortale è rimasto celato in questi sacri boschi, pregando, i miei occhi sono ormai perduti. Ma la mia anima ha viaggiato, imparato ciò che c’era da imparare, ha visto per me…] 

 

Nonostante ne fossero passati, di anni, da quando la ciurma di Rufy dal Cappello di Paglia si era sciolta, gli animi dei suoi componenti non si erano affievoliti col tempo.

Trovato il leggendario One Piece, l’uomo di gomma aveva ormai realizzato il suo sogno, così come i suoi amici avevano realizzato i loro e si erano avviati ognuno verso le rispettive strade.

 

[Ma se un sogno diventa la tua ragione di vita, la tua ossessione, tanto da spingerti a lasciare ogni cosa, una volta che lo realizzi rimani un guscio vuoto. La tua vita improvvisamente appare nulla, insignificante, senza senso. E allora cerchi di trovare qualcosa che… Ti faccia sentir vivo. Ma a volte, dimenticarsi di se stessi è la soluzione migliore]

 

Ma una donna non si dava pace.

I suoi modi avventati, lo spirito ribelle, forte. Non stupisce che proprio lei era la moglie del Re dei Pirati. E’ Nami, colei che era stata la navigatrice di quella ciurma leggendaria di cui oggi si decantano le gesta.

Gli anni non avevano intaccato la sua bellezza, i suoi capelli di uno splendido arancione color del tramonto lunghi poco oltre le spalle. Trentottenne, giovane in corpo e, soprattutto, nell’animo.

 

[Ed è proprio grazie a lei, la donna che venti anni fa mi diede un’importante lezione, che la ciurma si riunì, proprio come una volta. Ma il loro viaggio era appena iniziato…]

 

“Avanti, Zoro! Come fai a dire che non è lui?”

“Semplice, perché non gli somiglia per niente”

“Ma guarda! Se non è lui chi è, suo fratello gemello?!”

“Stai calma! Non c’è bisogno di urlarmi nelle orecchie! E comunque, se davvero fosse lui… Allora significa che è vivo!”

 

Nami aveva da poco trovato una strana sfera luminosa, scavando nella sabbia.

Grande quanto un uovo, irradiava una luce bianca e appena dorata, ed era curiosamente calda al tatto. Il tempo di avvicinarla un po’ di più al viso, che subito l’ambiente attorno a lei era cambiato, mostrava un sotterraneo buio e umido, mentre figure avvolte nell’ombra scendevano delle scale, trascinandosi dietro un uomo incatenato, il Re dei Pirati.

 

“Appunto! E ha bisogno di noi!”

“Lui sa cavarsela, che credi…”

 

Ma lo spadaccino non sembrava molto convinto.

Più di un mese fa, Rufy era partito senza alcuna spiegazione. Aveva sistemato le vele, controllato cartine, calcolato il tempo e preso tra le mani il timone della Thousand Sunny. Senza i suoi amici.

Nami, Robin, Zoro, Rufy e Franky si erano stabiliti in un’isola sconosciuta, non segnata da alcuna mappa. Ma era proprio questo, che volevano: la Marina avrebbe continuato a dar loro la caccia, ma non li avrebbe mai trovati.

Esiliati, relegati in un angolo remoto del mondo, in un inferno dal quale non potevano sottrarsi.

Eppure, un paradisiaco inferno. Dove la natura rigogliosa, ancora sovrana del suo regno, prosperava con i suoi meravigliosi colori.

 

“Se non mi seguirai, temo che dovrai restare qui da solo, perché Franky e Robin mi seguiranno di sicuro”

“E va bene! Ma un minimo di organizzazione, almeno! Hai trovato quella ‘cosa’ da appena dieci minuti, per quel che ne sappiamo potrebbe essere anche una trappola! Nami… Non voglio che ti succeda qualcosa…”

“Non m’importa! Salverò Rufy, e se per farlo dovrò morire, allora che sia! Lui non ci abbandonerebbe! E poi, Tsunami ha ormai capito che suo padre potrebbe non tornare mai più! Ha solo quattro anni e… E già si ritrova con un genitore in meno!”

 

Zoro sentì la voce spezzata di Nami, vide i suoi occhi lucidi.

Non erano da lei, la voce spezzata e gli occhi lucidi.

Non poteva sopportare di vederla piangere.

 

[Innanzitutto, dovevano organizzare la partenza. Avevano parlato a Franky e Robin, ed erano più che d’accordo a partire. Prima di tutto, avrebbero dovuto rintracciare Chopper e Sanji, che non erano all’isola con loro, e metterli al corrente della situazione. Ma cosa ancora più importante, avevano bisogno di un’imbarcazione, dato che la Thousand Sunny era stata presa da Rufy]

 

“Beh, possiamo tagliare qualche albero e fare del nostro meglio con quello che troviamo”

 

Disse il cyborg, guardando pensieroso la foresta dal loro accampamento.

 

“Comunque, con buona volontà, ci sbrigheremo in un mesetto circa con la nave”

“Un mesetto circa?! Rufy ha bisogno di noi ORA, Franky!”

“Non essere sciocca, Nami! Non possiamo imbarcarci su una bagnarola qualunque! Il mare è un posto pericoloso, dovresti saperlo!”

 

L’impulsività di Nami era qualcosa di straordinario.

Entro quella sera, avevano già tagliato una quindicina di alberi tra palme e querce.

In quell’isola, sembravano esserci piante che sulle isole non dovrebbero trovarsi.

Stavano cominciando a lavorare sui tronchi, quando il cielo limpido, rosso-violaceo si oscurò.

Nuvole nere coprirono tutto, come un fumo mortale, il vento si alzò.

 

“Sembrerebbe una tempesta… Come ho fatto a non prevederla? Per oggi può bastare…”

 

Disse Nami.

La foresta. La foresta era viva.

Il vento soffiava sulle tende dei quattro come un uragano.

Madre Natura era forse arrabbiata con loro, per quell’affronto? Privare la foresta di quegli alberi millenari, che mai erano stati danneggiati, era un crimine tanto grave?

 

“Non è possibile”

 

Pensò Nami.

Quella notte sarebbe stata molto lunga.

Un tuono, la saetta di un fulmine. I ruggiti del cielo. Le lacrime del cielo.

Poi, lo sciabordio del mare diventò più forte, quasi fosse più vicino…

La navigatrice, coraggiosamente, decise di andare a dare un’occhiata a ciò che stava succedendo là fuori, ma quando mise la testa fuori dalla tenda rimase senza parole, paralizzata tra la paura e la sorpresa: sulla spiaggia aveva ormeggiato un colossale galeone.

Era sicura di non aver mai incontrato un veliero simile, non era per nulla familiare: il legno in cui era costruito era nero, reso lucido dalla pioggia. I parapetti erano d’oro, così come la polena, raffigurante un leone ruggente dall’intricata criniera, con una lacrima di diamante nell’occhio sinistro. Le vele erano spiegate, color crema, dalle finestre del cassero di poppa si vedevano le fiamme verde smeraldo di piccole candele. Il resto del galeone era perso nell’oscurità. Un fulmine saettò nuovamente in cielo, illuminando per un attimo la bandiera della maestosa imbarcazione, situata sull’alberetto di controvelaccino, ovvero nel punto più alto dello scafo: raffigurava un teschio con le corna di cervo, contornato da una collana di spine.

Nami urlò: una palla di fuoco verde, grande quanto lei, schizzò fuori dalla nave. Ma l’urlo aveva attirato Zoro che, impugnate le sue katane, le si parò davanti e defletté la fiamma, che allora prese le sembianze di un piccolo drago serpentiforme e scoppiò. Ora, davanti ai due, c’era un uomo. In carne ed ossa.

 

“Vedo che questo luogo non solo non è disabitato, ma è anche ben protetto”

 

La voce dell’uomo era roca, incolore… Cattiva.

Ma suonava giovane. Era un ragazzo.

 

“Chi sei?!”

 

Chiese Zoro, pronto allo scontro, Nami dietro di lui.

La pioggia ora scendeva giù più violentemente.

 

“Piuttosto, chi è quello zuccherino dietro di te?”

“Non t’interessa, e comunque è già impegnata”

“Oh, sei un tipo fortunato…”

“Non con me! Con un amico…”

“Hahaha kon kon! Come immaginavo…”

 

Rise il giovane.

 

“Cosa c’è di tanto divertente?!”

“Voi siete la ciurma di Cappello di Paglia!”

 

Zoro e Nami ormai lo guardavano con gli occhi sbarrati.

Tsunami stava ancora dormendo nella loro tenda, così come anche Franky e Robin riposavano ignari di tutto con la loro bambina, Franny.

Era strano. Il ragazzo era davanti a loro, Zoro con le spade sguainate, Nami dietro di lui, sotto la pioggia battente e i soffi gelidi del vento, in piena notte.

 

“Come hai fatto a sapere chi siamo?”

“E hai pure il coraggio di farmi questa domanda?! Kon kon!”

 

Provocò lo sconosciuto, beffardo.

 

“Vi cerca mezzo mondo ormai! Sapete, lo sanno che siete nascosti da qualche parte, quelli della Marina! E quando vi troveranno… Zacchete!”

 

Rise sguaiato, facendo un gesto secco con il dito indice: lo passò velocemente sulla gola, come a indicare la lama di una spada. Quella risata perfida dava sui nervi alla navigatrice, che oltrepassò Zoro e si avvicinò all’uomo.

 

“Senti, o ci dici cosa vuoi, o smammi!”

“Ahah, che caratterino… Comunque, mi sono imbattuto in questo postaccio per puro caso… Sono saltato fuori dalla nave per esplorare i dintorni, e quel tuo amico lì con i capelli verdi mi ha deviato la traiettoria! Ma che ne dici se parliamo un po’ al coperto?”

“Nella MIA tenda”

 

Replicò lo spadaccino.

Una volta accomodatisi nella tenda, Zoro accese una lampada ad olio. Finalmente, videro in volto lo sconosciuto: era decisamente un ragazzo. I capelli erano neri, un groviglio inestricabile, lunghi appena oltre le spalle e vagamente riccioluti. Una frangetta gli copriva la fronte. Gli occhi verdi, solcati da profonde occhiaie. Il labbro superiore era sottile e nero, i canini appena sporgenti sotto di esso. Era vestito con una camicetta bianca e pantaloni lunghi, grigio scuro e strappati. Sulla guancia sinistra aveva tre tagli orizzontali.

 

“Mi scuso per i miei stracci, che non si addicono a un Capitano… Ma non avevo voglia di fare il formale con questa tempesta e rovinarmi il vestiario”

 

Disse lui, ironico.

 

“Capitano, eh?”

“Già, Mr. Capelli Verdi”

“Come ti chiami?”

“Il mio nome non è affar vostro… Ma puoi chiamarmi Lux Lucis. La rossa può benissimo chiamarmi solo Lux, se vuole…”

“Mhm… Io sono Zoro. Lei è Nami. Ha una figlia, si chiama Tsunami…”

“Una figlia?”

 

Lux mostrò rinnovato interesse.

 

“Non così in fretta! Tu ci aiuterai!”

“Entra nei dettagli, rossa”

“Tu ci aiuterai a ritrovare il nostro amico…”

“Puoi dirlo che è il Re in persona, tanto lo so”

“… Comunque, ci aiuterai e io potrei vedere se interessi alla mia bambina. Ha diciassette anni”

“Fantastico, io ne ho venti! Allora affare fatto! Comunque, anche io ho i miei affari da sbrigare…”

“Ovvero, ahem… Lux Lucis?”

“Devo vendicarmi. Vendicarmi di una persona…”

 

Zoro osservò incuriosito Lux Lucis.

Anche lui aveva una missione, un sogno…

Proprio come loro. Un punto in comune.

 

“Lo faccio per te, madre… Ti dimostrerò che sono ancora tuo figlio, nato dal tuo sacro fuoco…”

 

Sussurrò tra se e se il ragazzo.

Nami e Zoro si lanciarono un’occhiata silenziosa, decidendo che sarebbe stato meglio non fargli domande.

 

“Allora… Io vado a chiamare Robin e Franky… Se conosci la ciurma conosci anche loro…”

 

La donna uscì di corsa a svegliare gli amici, ma non ce ne fu bisogno, perché erano rimasti impalati anche loro di fronte al galeone arenato sulla spiaggia. Spiegò loro tutto, veloce e sintetica, ma Robin si oppose:

 

“Nami! Mia figlia è troppo piccola, non può venire con noi! Ha solo tredici anni!”

“Ma senza di voi non ce la faremo mai!”

“Anche noi non sopporteremo l’idea di essere soli su quest’isola, sentirvi lontani, ma…”

“Robin cara, noi abbiamo affrontato sfide ben peggiori, ed eravamo anche più piccoli di lei. Finchè starà con noi, non ci sarà pericolo”

“Ma Franky… Oh beh, hai ragione…”

 

La tempesta ancora imperversava.

Il cyborg prese tra le braccia la propria creatura.

Quelle braccia potenti, letteralmente armi, ora facevano da culla.

Lux Lucis fece un fischio e dal suo galeone scese una passerella di legno.

Una volta a bordo, videro la ciurma al completo, composta da una decina di pirati. Un coloratissimo  pappagallo volò sulla spalla del ragazzo, che lo carezzò sul becco.

 

“Benvenuti sulla Bringer of Death, ragazzi!”

 

Tra risate sguaiate e grida di gioia, il gruppetto venne accolto dalla ciurmaglia.

Con uno schiocco di dita, Lux Lucis fece comparire una moltitudine di fiamme verdi sotto la nave, che si sollevò dalla spiaggia e fece marcia indietro sull’acqua, per poi ricadere bruscamente su di essa generando numerose onde. Il brusco urto fece sobbalzare Franny, che si svegliò di soprassalto, e Tsunami, che si svegliò anch’essa, anche se praticamente stava dormendo in piedi, dato che l’avevano fatta alzare, presa per mano e trascinata per tutto il tempo. I pirati fecero un ‘yahooo!’ emozionato e il timoniere fece partire il galeone.

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo - Our Destination ***


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Angolo recensioni *ringraziamenti a tutti*

 

xEmildrago: Ecco qui! Ho (più o meno) descritto Tsunami e Franny. Di solito evito di inserire più descrizioni in un solo capitolo, per non farlo risultare più ‘pesante’ e rendere l’azione più scorrevole. Lux in realtà è un personaggio già comparso in una delle mie fanfic, nel corso della storia però si scoprirà di più sul suo passato (sperando che non sia banale).

 

xLusty: Sperando che queste RuNami e FRobin non siano OOC. XD

(Beh, li ho messi come alcuni dei pg principali perché voglio vedere se riesco a ‘gestirli’)

Beh, Tsunami l’ho letteralmente riciclata perché a immaginare OC proprio sono negata, non avevo fantasia per i nomi e per un altro motivo. :D

Guarda, anche io nutro un odio profondo per Nami (non sembrerebbe, ma è così. Dopo di lei odio solamente Chopper), ma ho cercato di superare le ostilità con lei… Con risultati nulli.

Beh, ‘konkon’ sarebbe anche un modo per dire qualcuno che parla molto velocemente, come ‘pikapika’ è qualcosa che luccica, per intenderci. Povera Ko, ultracinquantunenne non so se riuscirebbe a reggere un’altra fanfic. *coro di ‘mandatela in pensione’*

Lo stile copione mi viene molto più semplice da usare, ma ogni tanto è bello cambiare. In genere lo uso quando tratto di due personaggi, con più farei molta confusione, quindi uso lo stile copione.

Sanji lo incontreranno molto presto, te l’assicuro.

(Che One Piece sarebbe senza Sanji?)(Questa frase suona familiare… ndNami)

 

 

 

Mentre Lux Lucis era filato nella sua cabina personale, Tsunami e Franny si erano svegliate. La prima, con gli occhi color della notte, sbadigliò, ben aggrappata a sua madre per non cadere sul pavimento nero d’inchiostro. Nami affondò una mano tra i lunghi capelli rossastri e lisci di sua  figlia, carezzandola.

Non aveva ancora capito in che guaio si erano andati a cacciare.

Franny si abbracciò al collo di suo padre, i corti capelli azzurri mossi dal vento, mentre Robin la baciava sulla fronte sussurrandole parole dolci, affettuose, mandandole indietro la frangetta.

 

“Mamma… Che succede?”

“Tsunami cara… Aspetta…”

“Mamma… Sta piovendo… Come siamo arrivate qui? Fa freddo…”

 

Le onde si infrangevano violentemente contro la Bringer of Death.

Eppure, questa navigava senza il minimo segno di cedimento, resisteva fiera proprio come un leone combatte fino alla morte. Il timoniere, un tipo basso con un occhio completamente bianco, sembrava tranquillo, anzi lanciava bottiglie di rhum a destra e a manca, e i membri della ciurma le prendevano al volo ridendo e scherzando.

 

“Mammina… Chi sono queste persone?”
”Franny! Questi sono… Beh, una ciurma di pirati”

“La peggiore di tutti i mari, bellezza!”

 

Gridò un pirata, con uno straccio attorno al collo e una scopa stretta in pugno: il mozzo, un tipo strano (aveva attaccati alle orecchie degli ami di ferro, e a loro volta attaccati ad essi c’erano delle cozze usate come orecchini) con l’aria non molto sveglia e apparentemente strabico.

Un tuono, ed ecco che la porta che conduceva sottocoperta si aprì, mentre fiamme verdi saettavano dalla porta, facendola assomigliare alla bocca di una fornace. Una figura fece il suo ingresso in scena. Franny e Tsunami si spaventarono, ma la ciurmaglia applaudì e fischiò divertita.

 

“Ahahah! Al capitano Cervobianco piace fare scena!”

 

Lux Lucis infatti era ora vestito molto elegantemente, come si confà a un capitano. Tsunami pensò che somigliava molto al vestiario dei pirati ‘classici’ di cui aveva letto tempo fa in vari libri. Aveva una benda nera sull’occhio in corrispondenza della guancia graffiata e il suo fido pappagallo sulla spalla.

 

“Cervobianco! E’ così che ti chiami, allora!”

 

Disse Zoro, trionfante.

Il capitano lo ignorò e si levò il tricorno nero, facendo un inchino alla ragazza e alla piccola Franny.

 

“Signore…”

 

Prese la mano della rossa e le diede un bacio.

Lei ritirò la mano, lusingata. Il ragazzo era stranamente familiare, come se l’avesse già visto da qualche parte. Come leggendole in pensiero, egli disse:

 

“Sì, ci conosciamo… Ci siamo incontrati nei miei sogni”

 

Nami sbuffò.

Un perfetto estraneo che prima ci aveva provato con lei, ora ci provava con sua figlia. Non lo avrebbe permesso, nossignore.  

Un pirata della ciurma si avvicinò allo spadaccino.

 

“Non si chiama così, il capitano. Tutti nella ciurma abbiamo un soprannome. A dire il vero, ci chiamiamo solo con quelli”

“Vuoi dire che siete amici ma non sapete nemmeno come vi chiamate?!”

 

Disse Franky, che aveva lasciato Franny da Robin. La bimba sembrava più emozionata, che spaventata.

L’innocenza e l’ingenuità dei bambini, davvero qualcosa di meraviglioso.

Per lei non era che un’avventura, magari addirittura un gioco… Un gioco probabilmente mortale.

 

“E’ stata tutta un’idea del capitano… Ha dato un nome a noi che non avevamo nulla… Ci ha dato una famiglia”

“Davvero?”

“Sì. Noi tutti non eravamo altro che poveri straccioni che in questo mondo spaventoso vivevamo alla giornata… Beh, viviamo alla giornata anche ora, ma almeno abbiamo un posto che possiamo chiamare casa. La Bringer of Death”

“Quindi… Tu come di chiami?”
”Io sono Keresh, il Poeta. Il soprannome del capitano è Cervobianco, la Marina lo chiama ‘Il Mortifero’ e gli altri pirati ‘Il Despota’”

“AVANTI UOMINI! AMMAINATE LE VELE…”

 

Tuonò Lux Lucis, sguainando una sciabola d’abbordaggio dal fodero sul fianco sinistro.

 

“Sono già ammainate le vele, capitano!”

“… Oh, sì? ALLORA TIMONIERE! PROSEGUIAMO LA NOSTRA ROTTA!”

“Dove stiamo andando esattamente… Ahem, capitano Lux?”

 

Disse Nami.

 

“Dove stiamo andando? Bella domanda, non lo so neanche io”

“COME NON SAI DOVE STIAMO ANDANDO?!”

“Non lo so! Dove capitiamo, capitiamo!”

 

Lei lo prese letteralmente per il collo, scrollandolo.

Erano nel bel mezzo di una tempesta e non avevano neanche una meta precisa, ma sembrava che la disorganizzazione fosse all’ordine del giorno per loro.

 

“VA BENE, VA BENE, MALEDETTA PAZZA! Stiamo andando alla Taverna del Marine Annegato!”

 

Già il nome era poco rassicurante.

Zoro, che stava sonnecchiando appoggiato alla ringhiera dorata, balbettò…

 

“Oh, conosco quella taverna… Un postaccio, piena di tipi loschi, dai cacciatori di teste agli assassini. Ma almeno, la Marina si tiene alla larga”

“Zoro… Non saprei, forse è meglio cercare altro aiuto…”

“Avanti mamma! Non avrai paura!”

 

Si intromise Tsunami.

Lux Lucis, o Cervobianco, la guardò, un bel sorriso sulle labbra, l’occhio non coperto dalla benda colmo di gioia repressa.

 

“Mhm, vedi, madamigella, tua madre ha un po’ paura… Stai vicina a me, non ti accadrà nulla”

“Ahah, ci credo assai”

 

Disse ironica la ragazza, sorridendo anche lei.

La tempesta si era placata. Il cielo era tornato nero, grondante di stelle, la luna loro compagna si stagliava all’orizzonte. Il mare, ora chetato, non opponeva alcuna resistenza al galeone, che navigava silenzioso.

Il suono delle onde era una dolce ninnananna, il vento un sussurro amichevole. I pirati sembravano essersi calmati dopo quelle che dovevano essere state ore di baldoria, e sbrigavano ognuno le loro faccende: la vedetta appostata nel punto più alto della nave con un cannocchiale ficcato nell’occhio, il timoniere con il timone e una bussola di bronzo in mano, lo strano mozzo che puliva tranquillamente il ponte, un uomo molto muscoloso che teneva d’occhio il capitano (“Lui è quello che mi ripesca quando cado in mare. Sapete… Io non so nuotare” disse imbarazzato Lux) e altri personaggi che ora bighellonavano in giro.

 

“Se volete accomodarvi sottocoperta, troverete delle stanze. Sceglietevene una, sarà dove dormirete. Vi stupirete di vedere come questa nave somigli a una reggia, kon kon kon!”

 

Rise il capitano.

Franny tirò impaziente Robin per il braccio, mentre Franky faceva loro strada. Zoro subito dietro di loro, Nami aspettava la figlia.

 

“Avanti, andiamo”

“Vorrei restare un po’ da sola con Lux, mamma”

“Oh… Sicuro”

 

La donna seguì gli amici, per niente tranquilla.

Quell’uomo era un poco di buono, sicuro.

E purtroppo sua figlia aveva ereditato l’ingenuità dal padre.

 

“Lux Lucis! Lux Lucis!”

“Calma, calma, principessa!”

 

Disse Lux, lusingato, anche se non lo dava a vedere.

Si gonfiò d’orgoglio, testa alta, petto in fuori e pancia indentro.

 

“Come posso servirti?”

“Tanto per cominciare smettila di fare lo stupido, e togliti quella benda finta”

“Benda finta? Non so di cosa tu stia parlando!”

 

Il pappagallo sulla sua spalla cominciò a gracchiare…

 

“BUGIARDO! BUGIARDO! CRA!”

“ZITTO HANZO! ZITTO! Scusa, non sta mai in silenzio quando dovrebbe…”

 

Disse lui, coprendo il becco del pennuto con la mano.

Era arrossito. Tsunami l’aveva notato, e ridacchiò.

 

“Sai, noi ci conosciamo”

“Davvero? Non l’avrei mai detto, una ragazza bella come te non si dimentica facilmente”

“Sai che sei un bel vanitoso? Lux Lucis… Non vuol dire ‘Luce delle Luci’?”

“Bingo. Ti piace il galeone?”

“Sì, ma non ha un nome un po’… Lugubre?”

“Forse… Magari la ribattezzo… Prima volevo chiamarla ‘Golden Hind’… I cervi sono animali magnifici”

 

Lei gli tirò la benda sull’occhio e la rilasciò all’improvviso, facendogli male.

 

“HEY!”

“Allora ce l’hai, l’occhio”

“Va bene, va bene!”

 

Disse lui, togliendosi l’oggetto.

 

“E ora togliti quella frangetta dalla fronte. Vorrei vedere tutto il tuo viso, non solo una parte…”

“NO!”

“Scusa?”

 

Era rimasta sconcertata da quell’improvvisa reazione.

Perché le aveva risposto tanto bruscamente?

 

“No… Mi dispiace, no”

“Perché?”
”Cose personali… Davvero. Comunque, puoi anche chiamarmi… Cervobianco”

“Perché ti chiamano così? Almeno questo, posso chiedertelo?”

“Certo… Non vedo perché no… Ecco, perché quando quei fessi della Marina sono sul punto di prendermi, io me la cavo sempre. Infatti li chiamo i ‘cacciatori’. I cervi bianchi sono anche i messaggeri di potenti divinità. Se vuoi, puoi avere un soprannome anche tu…”

“Davvero? Grande!”
”Frena! Tu non fai parte della ciurma, ne avrai di strada da fare per guadagnartene uno!”
”Uffa!”

“Coraggio, ora le bambine a letto!”

Disse scherzando il capitano.

Tsunami sospirò nervosa e poi sbadigliò: chissà che ora era. Decise di fare un’ultima domanda a Lux.

 

“Tu… Hai mai avuto una famiglia?”
”Certo! La mia ciurmaglia! Sono un po’ strani, ma…”

“No… Io intendevo… Un padre, una madre… Una sorella o un fratello…”

“Io non sono figlio del vile amore carnale, ragazzina”

 

Aveva toccato un nervo scoperto.

Sembrava averla presa sul serio.

 

“Io sono nato dal Sacro Fuoco di mia Madre, dall’unione spirituale di due anime. Gloria Pardi, et  Matris, et Igni Sancto. Inoru”

“Cosa?”

“Mi dispiace, ma non è usanza di questa ciurma parlare di questioni come la famiglia. Comunque, ho una sorella… Lei è, o forse era… Più giovane di me. Non ti svelerò il suo nome, ma puoi chiamarla Mirage. E’ scomparsa con mio padre e non è più tornata… Non sono più tornati… Ma è per la Madre che io cerco vendetta. Per il Padre e la Madre, affinché quest’ultima mi riconosca come figlio, finalmente…”

 

Sembrava che quelle parole gli costassero molto.

Lacrime amare, dolore straziante, vergogna di sé.

Sentimenti che non mostrava, orgoglioso com’era, ad altri.

Fantasmi del passato, scelte difficili.

Cicatrici dell’anima.

 

[Cervobianco salutò la giovane donna, accompagnandola con lo sguardo mentre scendeva sottocoperta. Solo in quel momento realizzò quanto fosse bella. Forse le avrebbe dato quel soprannome, alla fin fine… Congedò il timoniere e si diresse verso la polena. Dietro la schiena, due ali di fiamme verdi. Si librò nell’aria, creando una fune delle medesime fiamme che legò attorno all’oggetto d’oro, e lo trascinò nella notte. Fluttuava nelle tenebre trascinandosi dietro il galeone, come uno spettro porta con sé la propria sofferenza]

 

 

Ed ora… Beh, il solito angolo riguardo ai vari riferimenti che ho inserito nel capitolo:

 

Keresh: E’ una figura mitica della mitologia ebraica. E’ un cervo gigante che si diceva vivesse nella foresta leggendaria di ‘Divei IIlai’

 

Golden Hind: Letteralmente, ‘Cerva d’Oro’. Era il nome del galeone di Francis Drake, pirata inglese del 1500. L’imbarcazione era dapprima conosciuta con il nome di ‘Pelican’.

 

Il cervo bianco è, nello shintoismo, messaggero di divinità.

 

‘Inoru’ vuol dire ‘pregare’ in giapponese.

 

Infine… Io e il latino non andiamo proprio d’accordo. :D

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo: Deer and Admiral ***


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Nami si osservò intorno.

Lux aveva ragione, la nave sembrava una reggia di lusso sì, ma davvero lugubre: anche l’interno era nero, comprese le pareti, a eccezione delle porte che erano color avorio. Unica fonte di luce erano le fiaccole appese alle pareti, che ardevano di fuoco verde, rendendo il suo volto e quello degli altri stranamente surreale: deformava i tratti, l’ambiente, infondeva uno strano senso di freddo nell’anima. Robin aprì una porta di quello che era un lungo corridoio ed ebbe modo di essere la prima a notare l’eccentrica mobilia della stanza, tra cui spiccava un pianoforte (intonato al resto della piccola stanza) cabinet, solo che al posto dei tasti aveva delle zanne. Il sedile poggiato lì davanti aveva la forma di una gigantesca mano artigliata e squamosa, e chi si sedeva aveva veramente l’impressione che quella cosa fosse viva, pronta a richiudersi in qualsiasi momento. Ma solo quando la donna mora si avvicinò allo strano strumento musicale vide quel che avrebbe dovuto notare fin da subito: un quadro gigantesco, dalla cornice platinata, con sotto una targa d’oro con scritto ‘Mater’. Ritraeva una donna apparentemente giovane fino al busto, di profilo, austera. Aveva gli occhi coperti da un velo nero e una testa di volpe impagliata come cappello, ai lati del viso altri veli di verde chiaro. Un rosario buddista al collo, vestita di un elaborato kimono junitoe, che sembrava parzialmente fatto di… Squame? Queste erano verde accesso, i bordi bianchi. I capelli castano scuro erano in parte fuoco azzurro, legati in un lungo codino. Robin si avvicinò ancora… La figura aveva la croce del Governo cucita sulla spalla del junitoe… Non si era accorta che era rimasta indietro e Nami, Franny e Franky erano andati via. La porta della stanza si chiuse alle sue spalle, all’improvviso, con un tonfo secco. Sentì un sospiro provenire dal quadro e perse conoscenza, forse per lo spavento, forse per qualcos’altro...

“Mamma, eccomi”

 

Tsunami raggiunse la madre nella sua stanza. Questa aveva in mano una lanterna, unica fonte di luce, che preparava le coperte del letto a due posti, nere con pizzi bianchi agli orli.

 

“E questo sarebbe un galeone pirata? Sembra una nave di lusso”

“Hai ragione, Tsunami. Hai visto, c’è tutto… Quel Lux non vuole far mancare nulla ai suoi ospiti”

 

Disse la rossa, mentre si specchiava nella specchiera di mogano e si pettinava con un oggetto molto più simile a una mano tagliata che a una spazzola. Una volta fattasi l’abitudine poteva anche essere piacevole vivere lì, ma… Il senso di solitudine sembrava fare da padrone sempre e comunque.

Lux Lucis aveva sempre trascorso tutto il tempo in quelle stanze, prima di trovare la sua ciurma? Aveva mai sofferto la mancanza dei suoi famigliari?

Qualcuno bussò alla porta. Le due dissero ‘avanti’ e la porta di aprì. Era Zoro.

 

“Ma come, a voi la cabina di lusso e a me quella con il letto a forma di bara?!”

“Zoro, non siamo venuti qui per i reclami!”

“Oh, già. Io e Franky stiamo cercando Robin. Franny sta già dormendo, per questo non è con noi”

 

Passi risuonavano sul pavimento di legno scricchiolante.

Una mano pallida si posò sulla spalla dello spadaccino, allarmandolo. Era Robin.

 

“Robin cara!”

 

Esclamò Franky.

Robin aveva un’espressione tranquilla, eppure aveva qualcosa di strano. Lo sguardo, tanto per cominciare, era vagamente ‘spento’ e sembrava reggersi in piedi con grande sforzo.

 

“Sarai stanca, guardati, stai per crollare dal sonno!”

“Sto benissimo”

“Sicura?”
”Affermativo”

 

Poco convinto, il cyborg la prese delicatamente e la portò in una delle stanze vicine, dove Franny russava sonoramente. Zoro si rassegnò al fatto di dover dormire in una bara e se ne andò, borbottando. Nami chiuse la porta e andò a letto, dove Tsunami cercava di prendere sonno.

 

“Manco due secondi che vengono a rompere e già l’hanno trovata?”

“Tsunami! Robin non mi sembrava molto in forma…”

“Non lo saremo nemmeno noi se faremo nottata, mamma”

 

L’ex navigatrice si sistemò sotto le coperte e guardò pensierosa la lanterna che aveva poggiato sul comodino lì accanto. La loro amica sembrava strana…

Due ore dopo, Lux diede il cambio con il suo timoniere e si ritirò nelle cabine. Si diresse nella stanza dove Robin era rimasta intrappolata e aprì la porta. Inspirò l’aria circostante e, come avvertendo che un corpo estraneo era stato lì, tornò indietro, fino alla stanza di Robin. Bussò ed ecco la donna, in vestaglia, con una candela semi consumata in mano, gli occhi vitrei.

 

“Ancora non dormi? Strano”

“Sei tornato sottocoperta”

“Già. Perché sei andata nella Stanza?”

 

Di colpo, la mora accusò un forte mal di testa.

I suoi occhi avevano appena ritrovato la vita, azzurri e brillanti come non mai.

 

“Stanza?”

“Oh… Mi sembra di capire… Non importa. E’ una stanza piccola con un pianoforte e un quadro. Se ti capiterà di ritrovarla, non entrarci! Sai… Ha il vizio di ‘possedere’…”

 

E con queste parole misteriose, sussurrate quasi con odio, Lux congedò Robin, che si domandò cosa ci facesse ancora in piedi.

 

--------------------------------------------

 

Il mattino dopo, la ciurmaglia si mise di buona lena a lavoro: durante la notte, erano incappati in un banco di nebbia, ma secondo Lux Lucis era un buon segno, perché voleva dire che erano vicini alla Taverna del Marine Annegato, e a confermarglielo furono le luci di due lampioni in lontananza. Tsunami si stupì di vedere come tutti, compreso ‘Cervobianco’, tornarono correndo sottocoperta, facendo segno a sua madre, Zoro, Robin, Franky e Franny di fare lo stesso.

 

“Cosa stiamo facendo? Perché ci nascondiamo?”

“Ah, donne… Mai state alla Taverna del Marine Annegato, vero?”

 

Sospirò seccato il capitano a Nami.

Questa, innervosita, fece finta di non averlo sentito.

 

“Quella Taverna è un postaccio! Se dobbiamo andarci, abbiamo bisogno di, per così dire, vestirci a tema!”

 

Una volta sotto, arrivarono in un’altra stanza piena di forzieri, dai quali i pirati estrassero dei mantelli neri che si avvolsero addosso, si abbassarono il cappuccio sulla testa e infine presero delle maschere d’argento. Il gruppetto notò che nessuna aveva i buchi per gli occhi e tutte avevano la forma del viso di un animale: coccodrilli, serpenti, leoni e altre fiere, ma solo Lux Lucis ne aveva una unica, solo per sé, a forma di cervo con tanto di corna d’oro. Se la sistemò e ne porse altre agli ‘ospiti’. 

 

LA BRINGER OF DEATH E’ QUI! IL CAPITANO CERVOBIANCO STA ARRIVANDO!”

 

Gridò una vedetta che stava seduta sopra la taverna.

Lux Lucis spiegò che è così che di solito evitano intrusioni da parte della Marina.

 

“Benvenuti alla più sudicia, pericolosa, peggiore taverna dei mari”

“Proprio così, Capelliverdi. Ricordatevi tutti che non dovrete chiamarvi per nome! Non vogliamo essere scoperti, dico bene?”

“Capitano Cervobianco!”

“Tu sarai Gazzellarossa”

 

Ecco che Tsunami aveva appena avuto il suo soprannome.

Lei sorrise di cuore, anche se la maschera celava la sua felicità.

Ormeggiarono il galeone al molo, vicino a una nave appena più grande della loro imbarcazione, ma la nebbia impediva di capire di chi fosse.

Aprirono la porta ed entrarono. Nami finalmente capì il motivo del loro ‘travestimento’: a quanto pare, avere il volto coperto andava di moda, alla Taverna del Marine Annegato. I pirati, tutti  incappucciati che facevano baldoria, subito si ammutolirono al loro ingresso, compreso un uomo (l’unico a volto scoperto) dai capelli rossi al bancone, che posò l’alcolico che stava sorseggiando per squadrare la ciurma che stava entrando in quel momento, avvolti di nero e nascosti dalle maschere, in fila indiana.

 

“Ora silenzio, lasciate parlare me!”

 

Sussurrò Cervobianco con noncuranza.

 

“Il solito beverone tossico, sbrigati barista! Voi altri che prendete? Gazzellarossa, offro io”

“Cosa c’è sul menù?”

“Menù? Kon kon kon!”

 

Il capitano si coprì istantaneamente il punto della maschera corrispondente alla bocca: adesso praticamente tutti si erano voltati a guardarli, e l’uomo dal volto scoperto posò così violentemente il bicchiere in vetro dal quale stava bevendo da romperlo. La sedia di legno di un tavolo strisciò e da essa si alzò un uomo alto, anch’egli coperto da varie stoffe scure. Si fece largo tra la folla e picchiettò leggermente la spalla di Cervobianco.

 

“Sa, quella risata è molto familiare, signore. Posso chiederle se ha qualche relazione con il Governo Mondiale?”

“Io? Noooo…”

“Che fa? Mente sapendo di mentire?”

“E’ probabile”

 

Zoro, seppur lontano dal bancone, riconobbe la voce sentita anni addietro: era un Ammiraglio. L’Ammiraglio Kizaru, per essere precisi. Probabilmente era una nave della Marina quella vicino alla loro… Ma che cosa ci faceva lì uno del Governo?

L’uomo dai capelli rossi si affrettò a ritirarsi tra le ombre, dato che il locale era illuminato solo da qualche candela.

 

“E allora mi dica, quale malvento la porta qui?”

“Signor Cervobianco, credo che questa non sia una cosa che la riguardi”
”Davvero? Allora a lei che importa se ho relazioni con il Governo?”

 

Evidentemente Lux Lucis non aveva idea di chi fosse l’uomo con cui stava parlando.

Quest’ultimo, con un gesto rapidissimo, gli serrò la gola. I pirati cominciarono ad alzarsi per andar via, il più lentamente possibile in modo da non attirare l’attenzione e allo stesso tempo vedere cosa stava succedendo. La ciurma di Cervobianco accorse in suo aiuto, ma egli fece loro cenno con la mano di stare fermi.

 

“Allora a lei non importerà se vedo chi nasconde questa maschera”

 

Successero molte cose, in quell’istante.

L’Ammiraglio prese per un palco la maschera e gliela sfilò, i pirati si diedero alla fuga per quello che videro: da dietro (ovvero dal punto di vista di Tsunami, Nami, Robin, Franky e Zoro) si vedeva la criniera di capelli neri di Lux  e un palco di corna lignee, una parte di quello che sembrava un muso animale, lungo, marrone chiaro (quasi bianco), con chiazze argentee e un naso umido, nero. Lunghe orecchie dello stesso colore ai lati della testa, Cervobianco incornò Kizaru al cuore.

 

“Oh, non me lo aspettavo!”

 

Si scompose immediatamente in luce, illuminando tutta la taverna e i volti sorpresi dei presenti. Lux Lucis ordinò alla ciurma di tornare alla nave e salpare senza di lui. Era evidente che era egli a non aspettarsi un uomo che si scomponesse in luce, e così  Tsunami non capiva più nulla: chi era quell’uomo? Come faceva a conoscere Lux? Aveva sentito il panico dei suoi compagni, di sua madre…

 

“SCAPPA CERVOBIANCO! QUELLO E’ UN AMMIRAGLIO!”

“LO TRATTERRO’! SO GESTIRE QUESTE SITUAZIONI!”

 

Nami cercò di trascinarlo via approfittando della confusione, ma venne trascinata fuori dalla folla insieme agli altri. Era sorpresa: Lux Lucis era davvero così coraggioso, o semplicemente stupido? Un ammiraglio era un pericolo reale e, anche se il ragazzo sembrava cavarsela, non poteva competere contro Kizaru, che si materializzò dietro di lui.  

 

“ROULETTE ZODIACALE! GEMINI!”

“Ahah, il piccolo Bambi sa difendersi!”

 

Lo derise l’uomo, schivando abilmente due colpi sferrati con le mani ora artigliate e squamose di Cervobianco. Si stava prendendo gioco di lui, cosa che lo mandava in bestia, facendogli perdere la concentrazione.

 

[E di questo si sarebbe pentito molto presto: cedere alle provocazioni, lasciarsi trasportare dagli insulti, è una delle debolezze dell’animo umano]

 

“Ridammi la mia maschera!”

 

Ringhiò, arrabbiato. Da sotto l’elegante soprabito spuntò una lunga coda serpentina, che sferzava l’aria come una frusta, le scaglie rilucenti alla poca luce delle candele. L’ammiraglio sembrava sinceramente sorpreso, ed esclamò…

 

“Pensare che il cervo bianco è considerato simbolo di divinità, in eterna lotta contro il male, rappresentato sotto forma di serpe… Sei una contraddizione vivente”

 

Cervobianco spazzò il pavimento con la coda, sollevando un polverone che si disperse tutto attorno. Corse dove sapeva trovarsi la porta, sperando che l’Ammiraglio si fosse distratto con quella manovra, ma sentì una stretta salda vicino alla punta della coda: era l’uomo con i capelli rossi, in una mano la sua maschera, con l’altra lo trascinava verso di sé.

 

“Dove credi di andare, sottospecie di stambecco?!”

“Per tua informazione sono un CERVO, e della specie Axis axis, comunemente nota come ‘pomellata’… MA TU SEI KIDD!”

“Esatto”

 

Disse, trascinandoselo abbastanza vicino da potergli raggiungere il collo.

 

“Ahah… Kon kon, non dirmi che ce l’hai ancora con me per quel piccolo scherzetto…”

“Quel piccolo scherzetto…”

 

E lo prese per i palchi, lasciando cadere la maschera e la sua coda a terra, sbatacchiandolo come un burattino…

 

“… MI HA QUASI UCCISO! GIURO CHE SE ORA TI STO SALVANDO, E’ PERCHE’ VOGLIO UCCIDERTI IO STESSO E USARE LA TUA PELLACCIA COME SCENDILETTO!”

 

Lux Lucis imitò comicamente la morte, con la lingua fuori dal muso e gli occhi spalancati.

Stava per essere strangolato da una Supernova, Eustass ‘Capitano’ Kidd e lui ci scherzava su.

L’uomo era fuori di sé, ansimava, continuando a tenerlo stretto. Poi lo lasciò, si addentrò tra la polvere e sparì. Cervobianco raccolse la maschera e corse fuori, appena in tempo per vedere il suo galeone partire senza di lui.

 

“EHI!”

 

Prese la rincorsa, mentre con un semplice soffio creò fiamme verdi che lo avvolsero, per poi lanciarlo come un cannone, sulla Bringer of Death. Aveva ripreso le sue solite sembianze, ma si era rimesso la maschera.

 

“Forza! Ora vi faccio volare via di qui!”

 

Le fiamme si materializzarono di nuovo sotto l’imbarcazione, ricoprendola completamente. Cervobianco stava per usare la stessa manovra che aveva usato per arrivare lì.

 

“Tenetevi forte! Signore, sentitevi libere di aggrapparvi a me!”

 

Il galeone schizzò come una freccia in cielo, passando sopra la Taverna del Marine Annegato e sopra i pirati stupiti, che li seguirono con lo sguardo.  

  

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto: Fly Me to the Moon ***


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xAchamo: Ciao! Mi fa piacere che la fic ti abbia incuriosito, ci ho messo molto a elaborare la trama e non farla troppo banale. :D

 

xRuNami 4 ever: Per Rufy ci vuole ancora qualche capitolo, ma comparirà. Dopotutto anche io voglio qualche bella scena RuNami (Anche se a dire la verità mi piacciono un po’ le ZoNami… Sto cadendo in tentazione. >__>) Sto andando lenta con gli aggiornamenti proprio perché sto scrivendo i capitoli dalla fine (eh sì, io scrivo prima la fine e poi vado a ritroso), nell’attesa che mi venga l’ispirazione per i prossimi. XD

 

 

 

I chiassosi pirati si misero a ridere di fronte al pericolo scampato.

Cervobianco si tolse la maschera e il manto nero con nonchalance e con altrettanta indifferenza si sedette sulla coda squamosa che si era fatto rispuntare a mo’ di sedia.

Si concesse una risata alle espressioni dell’ex ciurma di Rufy.

 

“Kon, cosa c’è? Non avete mai visto una coda? E non fate quelle facce, o mi farete morire dal ridere!”

“Accidenti”

 

Disse Tsunami, avvicinandosi a lui.

 

“Alla taverna avevi anche due palchi di corna…”

“Lo so, sono uno spettacolo, vero?”

 “… Quante fidanzate ti hanno lasciato?”

 

La domanda le venne spontanea, manco ad averlo fatto apposta.

Lux Lucis la guardò contrariato, chiaramente offeso, ma poi tramutò il suo disappunto in interesse.

 

“Bella battuta. Mi piace”

 

Nami, dopo la battuta della figlia, pensò ancora a Rufy.

Dov’era in quel momento? Cosa gli stavano facendo? Era ancora vivo?

Si ricordò della piccola ‘perla’ che le aveva fatto intraprendere quel viaggio. L’aveva portata con sé, nascosta in una tasca dei jeans che portava addosso.

Forse le avrebbe fatto vedere quel che stava succedendo a suo marito, in quel momento. Quando la tirò fuori, splendente come non mai, il capitano strabuzzò gli occhi tanto che sembrava che gli stessero per schizzar via dalle orbite da un momento all’altro.

 

“Tu, rossa! Hai… Hai un Frammento!”

“Un cosa?!”

“Un Frammento! Una memoria di mia Madre!”

 

L’ex navigatrice rimase sconcertata, non capiva di che cosa stesse parlando il ragazzo: prima di tutto, non aveva idea di chi fosse sua madre, secondo, cosa poteva comunque centrare quella donna con Rufy?

 

“Devi sapere che mia madre è capace di, come dire, morire spiritualmente…”

“Cosa?!”

“Lasciami parlare! Lei, dopo anni di eremitaggio, è diventata capace di lasciare il suo corpo mortale, permettendo alla sua anima di viaggiare…”

“Scusa, ma non è come se morisse?”

“Ahahah, non confondere anima con vita. Sono due cose diverse. Comunque, mentre la sua anima viaggia, raccoglie informazioni e allo stesso tempo crea quelli che io chiamo Frammenti. Sono ciò che vede o che ha visto, e che desidera che noi vediamo. Tu, mora”


Disse Lux Lucis, indicando Robin.

 

“Quando ti ho detto di non avvicinarti o entrare alla stanza con il quadro… E’ perché in quella stanza parte dell’anima di mia madre alloggia”

“Potresti spiegarti un po’ meglio?”

“Ok… Mia madre, quando lascia il suo corpo, è capace di ‘sdoppiare’ la sua anima. Questa può risiedere ovunque, in un animale, oggetto, persona… Parte dello spirito di mia madre alloggia nel quadro della mia stanza, ogni tanto. Quando sei entrata tu, lei ti è… Scivolata dentro”

“Oh… Ecco perché mi sentivo strana…”

“Non mi stupisco. Quando sei ‘posseduto’ non ti rendi conto di quello che fai. Ma dato che quella era solo parte dell’anima, eri in qualche modo cosciente, ti rendevi più o meno conto di quel che facevi, ma era mia madre a controllarti”

 

Franky era nervoso: quella faccenda della possessione non gli piaceva affatto, né a lui né agli altri.

Cervobianco continuò:

 

“Ma vi chiederete, cosa succede durante una possessione completa? Semplice, la vostra anima esce fuori dal corpo!”

 

Rimase stupito dalle espressioni degli ‘ospiti’. Per lui poteva anche essere una cosa normale, ma non per loro.

 

“Non morite, accidenti! Non confondete l’anima con la vita!”

“E allora che succede?”

“Te lo spiegherò solo una volta, cyborg, quindi ascolta bene. Vedrete voi stessi come se voi… Non fosse voi stessi. Insomma, in terza persona. Io non sono capace di farlo, non preoccupatevi… E’ una cosa complicata da spiegare…”

 

Il ragazzo decise di non aggiungere altro e si rintanò in una delle sue tante stanze, questa volta nel suo studio, situato nel cassero di prua.

La notte calò rapida e silenziosa, e non avevano ancora toccato terra, letteralmente. Lux Lucis manteneva il galeone in volo con le fiamme verdi, regalando ai passeggeri uno splendido paesaggio: un oceano di nuvole, circondati dal cielo blu scuro, stellato, con la luna di fronte a loro.

Tsunami era sola, appoggiata alla ringhiera dorata, ad ammirare lo splendido panorama: dopotutto, non capita spesso di viaggiare su una nave volante.

 

“Che meraviglia…”

“… In other words, I love you!”

 

La ragazza si girò, sorpresa. Il capitano sembrava guardarla, ed era sicura di non essersi immaginata quelle parole.

 

“Cosa hai detto?”
”Oh, Tsunami, non mi ero accorta che tu fossi qui! Comunque non illuderti. Stavo solo canticchiando. Fly me to the moon, and let me play on moon and stars…”

“Ti piace cantare?”

“Già. E’ un bel passatempo”

“Beh, c’è gente che fa del cantare una professione. Per loro è una ragione di vita”

“Hai ragione… Sai, avrei sempre voluto fare il cantante lirico, ma non ho la voce adatta…”

“Il cantante lirico, dici? Allora ti assumo io! Domani faccio il compleanno, cantami un bel ‘Happy Birthday’ versione lirica!”

“Domani fai il compleanno?”

“Sì, diciotto anni! Finalmente legalmente adulta”

“Interessante”

 

----------------------------------------------------------------

In dieci anni, Enies Lobby era stata completamente ricostruita.

Il Governo aveva fatto tutto a tempo di record, e anche bene: erano state apportate alcune migliorie, tanto per cominciare la Torre della Giustizia era stata rinforzata mischiando al cemento ferro e altri materiali resistenti, e all’esterno dell’ufficio dove una volta il CP9 si riuniva il balcone che circondava tutto il piano era stato dotato di doccioni simili a grotteschi draghi, le fauci spalancate, collegati a vari piani della Torre. Funzionavano come altoparlanti.

Il Ponte della Giustizia che portava a Impel Down era ora dotato di guardie d’elite, non più semplici marine, e in più un vice-ammiraglio passava ogni giorno a controllare che fosse tutto a posto.

Ma una cosa non era cambiata: il direttore della nuova CP9.

 

“Capo! Abbiamo un messaggio importante da parte dell’Ammiraglio Kizaru!”

“Sbrigatevi, non ho tempo da perdere, io!”

 

Disse Spandam, innervosito.

Se c’è una cosa che lo disturbava era venire colto di sorpresa in pieno reato di negligenza sul lavoro, impegnato a cercare di non rovesciarsi la sua tazza di caffé caldo come era solito fare, anziché controllare i documenti e i rapporti di evidente importanza.

 

“Le riferisce che è appena tornato dalla Taverna del Marine Annegato, e che ha fatto un incontro che a lei dovrebbe interessare”

“Allora avanti, che aspetti?! Dimmi di che si tratta!”

“Dice che, se i suoi sospetti sono fondati, ha trovato il ragazzo… Il giovane capitano… Cervobianco!”

 

Il direttore si rovesciò tutta la bevanda addosso, bruciandosi.

Evidentemente Lux Lucis si divertiva a dar fastidio anche a quelli del Governo, oltre alle Supernove.

 

“Ha scoperto chi è quel disgraziato?!”

“No… Ma ha detto che era in compagnia di Cutty Flam e altri della ciurma del Re dei Pirati, compresa Nico Robin!”

 

Il povero marine indietreggiò, spaventato, da come stava reagendo Spandam.

Si ricordava ancora molto bene gli anni passati in ospedale per colpa di quella donna, ma non solo… Di quei ragazzi che avevano osato sfidare lui e il mondo intero.

 

“Con… Con permesso, signore!”

 

Disse la recluta, andando via e sbattendosi dietro la porta.

L’uomo era seduto su una poltrona di fronte al camino che si era fatto costruire, per capriccio personale, come al solito durante il rifacimento di Enies Lobby. Le fiamme ardevano, rosse come rubini, mentre lui ribolliva di rabbia: e così, non erano morti come si credeva… Anzi, erano in compagnia di quel maledetto ragazzino che giocava a far il capitano… Il ragazzino che era, senza volerlo, parte del Governo.

 

“… I miei sospetti sono fondati! E’ suo figlio… Ne sono sicuro!”

 

Si alzò dalla poltrona, calciando un pezzo di legno da ardere dentro il camino.

Tra il fuoco gli parve di vedere un cervo che balzava agilmente tra le fiamme, schivandole abilmente.

 

“Lo vedo, lo sento! Quel demonio mi perseguita!”

 

Il cervo di fuoco si era girato verso di lui. Lo stava deridendo… Il muso sempre più simile a quello di un rettile, gli occhi a fessura, i denti affilati e la lingua biforcuta, la lunga coda con la punta a freccia simile a una frusta e le ali di pipistrello. In un impeto di follia, Spandam mise una mano nel fuoco, come per afferrare la creatura. Tanta era la rabbia, la furia, da non fargli sentire alcun dolore.

 

[E l’anima di quest’uomo si era macchiata di un altro vizio capitale, l’Ira. Di tutti i sette peccati, l’ira, l’istinto animale, è il peggiore. Perché ti rende cieco alla Giustizia e a ogni Principio, ti rende capace di azioni inimmaginabili]

 

“E’ nel fuoco, inferno! Ma io lo ucciderò… Lui sarà mio…!”

 

In quel momento, qualcuno bussò alla porta.

Il direttore si affrettò ad allontanarsi dal fuoco, colto ancora una volta di sorpresa. Chiunque era venuto a disturbarlo in quel momento, aveva tutto il suo astio.

 

“Ahem… Signor Spandam… Tutto bene? L’abbiamo sentita urlare…”

 

Non si era accorto di quel che stava facendo.

Era arrivato a urlare? Non se ne ricordava, come si fa con un fatto di poca importanza.

 

“Tutto bene! Vattene idiota! Lo troverò… Lo prenderò, dovessi morire nel tentativo di ucciderlo io stesso!”

“Mi scusi signore… E’ sicuro di sentirsi bene?”

 

Spandam si girò con una strana luce negli occhi, stranamente calmo, ma con un’aria folle, come mai era stato il suo volto. Poi replicò, calmo…

 

“Sì… Ma che colpa ne ho, se Iddio ha creato il Diavolo più potente di un uomo?”

 

Stava pensando a Cervobianco.

Fino a che punto si sarebbe spinto pur di ucciderlo?

Fino a che punto il suo egoismo e i suoi desideri l’avrebbero condotto?

E soprattutto, fino a che punto la sua follia l’avrebbe fatto vivere?

 

 

Ed ecco qua il ‘vocabolario’ di fine capitolo (che è pure corto, ma pazienza). :D

 

La canzone che canta Lux Lucis è ‘Fly Me to the Moon’ di Frank Sinatra.

(Stavo ascoltando la canzone rifatta nel gioco ‘Bayonetta’ e non ho potuto resistere)

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto - Holy Mother of Us All ***


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Tsunami si sedette sulla ringhiera dorata, osservando le sue gambe illuminate dalla luce verde delle fiamme che tenevano la nave in cielo.

 

“Stai attenta: se cadi sotto, non so se sarò capace di prenderti in tempo…”

“Nah, non preoccuparti. Però…”

 

Incrociò le gambe, assumendo un’espressione pensierosa, volutamente comica.

 

“Però… Niente male il potere di trasformarsi in cervo, drago o qualunque cosa tu sia stato alla taverna”

“Cervo. Specie Axis axis, comunemente nota come…”

“… Pomellata, lo so. Ho letto molti libri sugli animali, da piccola. Mi piacciono molto. Però non ho mai visto un cervo del tuo colore, quasi bianco e con macchie argentate”

“E non hai visto nulla”

 

Disse Lux Lucis, lanciandole il soprabito, che prese al volo.

Senza alcuna difficoltà si fece crescere due grandi ali da pipistrello dietro la schiena, nere come i suoi capelli.

 

“Ok, penso che ti aggiungerò alla lista: Cervo axis axis, sottospecie ‘fenomeno da baraccone’”

“Kon kon, molto spiritosa!”

 

Esclamò sarcastico il capitano.

Richiuse le ali sulla schiena e si sedette vicino alla ragazza.

 

“Allora principessa, ti piace la stanza dove state tu e tua madre?”

“Un po’ lugubre, ma ha tutto”

“Ahah, non mi sembra che Capelliverdi sia molto contento, eh? Devi sapere che le stanze cambiano in base  a chi ci alloggia. E Capelliverdi…”

“Si chiama Zoro”

“… E Zoro non è stato molto garbato con me, la prima volta che ci siamo visti, così…”

“Come si chiama la tua ciurma?”

“Abbiamo tanti nomi. La maggior parte ce li da la Marina e, sai, non sono molto gentili. Se ne vuoi sentire alcuni, di quelli carini intendo, ti accontento… ‘Le Bestie Indemoniate’, ‘Gli Spiriti Maligni’…”

 

Il ragazzo continuò con una lunga lista di soprannomi, uno più inquietante dell’altro.

 

“… Ma in realtà ci chiamiamo ‘Cervi D’Argento’. Non andiamo molto a genio a tua madre, vero? Oppure, beh… Non le vado a genio io”

“No! Perché dovrebbe…”

“Sai, ha ragione. Tu non devi fidarti di me. Io sono un pirata… Sono un Figlio dell’Oscurità, non sono degno di essere figlio della Madre, la Cieca che Vede…”

“Cosa?”

“Ah, tu non capisci… Ma forse è meglio così”

 

Tsunami pensò alla contraddizione della ‘Cieca che Vede’. Probabilmente era solo qualcosa in codice per non farle capire di chi stava parlando.

 

“A me tu sembri diverso… Sono sicura che ci conosciamo… E non sparare la solita metafora sui sogni”

“Sai che la realtà è sogno… Un illusione, nient’altro…”

“Hey, neanche le sparate filosofiche sono valide!”


Entrambi si misero a ridere, felici come due vecchi amici d’infanzia che si rivedevano la prima volta dopo parecchi anni. Tsunami sentì la coda fredda e squamosa di Cervobianco attorno alla vita.

 

“Certe confidenze non sono gradite”

 

La ragazza ridacchiò, si alzò e andò verso le cabine, sparendo sottocoperta. Il capitano aveva sempre quel sorriso beffardo, che cambiò in un’espressione seria. Alzò lo sguardo alla luna, tendendo il braccio verso di essa…

 

“Oh, padre… Quanto vorrei che tu fossi qui… Dimmi se ci sei, sono forse solo un povero diavolo che ambisce al Paradiso? Di bearsi della compagnia degli angeli?”

 

Mimò il gesto di racchiudere la luminosa sfera nella mano, impensierito. Una lieve brezza spirò sul suo viso, mentre una nuvola assunse le sembianza di un grosso felino, che lo guardava dall’alto del cielo.

Il giorno dopo avvistarono qualcosa, in lontananza. Era un’isola. Un’isola che galleggiava in cielo, non molto grande (meno del galeone), interamente coperta da una rigogliosa vegetazione. Cervobianco legò una scaletta di corda all’albero maestro e la buttò giù. Era abbastanza lunga da permettere loro di arrivare sull’isola senza problemi. Fu il primo a scendere, insistendo perché gli altri facessero lo stesso, soprattutto Nami e la figlia.

 

“Dove stiamo andando, capitano?”

“Dall’unica che può aiutarci…”

 

Si inoltrarono nella foresta di alberi e piante varie, quando una voce ultraterrena parlò.

 

“Venite a me, figli miei. Non vi sarà fatto alcun male”

 

Tutti, a parte il capitano, si fermarono improvvisamente, sorpresi.

Una voce che avevano sentito parecchi anni fa. Qualcuno che conoscevano molto bene, che era morta ed era risorta…

 

“Beh, perché vi siete fermati?”

 

Disse Cervobianco, come se non avesse sentito nulla.

 

“La… La voce…”

“Oh… Avrete l’onore di conoscere la MadreLa Cieca che Vede”

 

Dopo qualche minuto, videro una luce filtrare da una fessura tra due tronchi d’alberi. Questi erano disposti in un cerchio molto grande, senza apparenti buchi o fenditure, come se custodissero qualcosa al loro interno. Improvvisamente, gli alberi davanti ai quali stavano sostando si aprirono in due, creando un arco dal quale il bagliore li avvolse, caldo come un abbraccio, rasserenava l’anima.

Al centro del cerchio si trovava una figura seduta, con le gambe incrociate… Si vedeva solamente perché era più luminosa della stessa luce. Stranamente, questa non dava fastidio agli occhi. Udirono canti nell’aria, come angeli che lodavano la creatura lì davanti.

 

“Madre!”

 

Lux Lucis corse incontro la figura, Tsunami scorse lacrime cadergli dagli occhi, ma con un semplice  gesto della mano l’essere scaraventò il ragazzo indietro, per terra.

 

“E’ un piacere rivedervi… Dopo tutti questi anni, il ricordo di voi non si è affievolito nella mia memoria. E tu, Nami… Vedo che tu e mio figlio vi siete uniti… Carnalmente”

 

L’ultima parola la disse con una forte nota di disprezzo.

La donna rimase interdetta dalla parola ‘mio figlio’…

 

“Mi… Mi scusi… Ma… Suo f-figlio?”

“Sì, amica mia. Spiritualmente parlando, Rufy è mio figlio”

 

Tsunami corse verso Cervobianco, che era ancora steso per terra, come paralizzato. Non aveva più la frangetta sulla fronte. La luce intanto si affievolì: Robin si fece avanti, riconoscendo la donna. L’aveva vista in quel quadro. Quella con il velo nero sugli occhi.  

Notò che il ragazzo aveva due nei perfettamente paralleli e le sopracciglia curiosamente arcuate.

L’archeologa allora fece il collegamento… Ecco perché l’ammiraglio gli aveva chiesto se aveva relazioni con il Governo… Ma non era possibile…

 

“So che stai pensando, giovane donna, e la risposta è no. Quel ragazzo non è mio figlio”

“COME PUOI DIRE UNA COSA DEL GENERE?”

 

Urlò Cervobianco.

Per Tsunami fu come se le avessero trafitto il cuore con una freccia, specialmente perché non immaginava che il capitano potesse emettere un simile suono. Ansimava, come se d’un tratto avesse problemi a respirare, ma poi si calmò.

 

“Perdonami. A volte quasi mi scordo di quel che sono”

“Molto bene, giovane uomo. Allora, ciurma di Cappello di Paglia. So perché siete qui, del pericolo scampato…”

“U-una domanda… Madre”

 

Disse Robin, intimorita.

 

“Sì, mia cara?”

“L-lei è… E’ Kokitsune Seirei, ex-agente del CP9?”

 

La donna non negò, ma nemmeno affermò quanto detto. In compenso, un piccolo sorriso le si disegnò sul volto.

Kokitsune, ex-agente del CP9, era scomparsa da dieci anni da quando Rufy era diventato Re dei Pirati. Ecco dov’era finita: in eremitaggio, in quel posto sperduto che vagava nei cieli…

 

“Sei proprio una vecchia volpe, Robin. Anche più di me, kon kon. Lichter…”

 

Questa volta era rivolta proprio al figlio. E’ così che si chiamava allora, pensò Tsunami, mentre Kokitsune continuava a parlare. L’archeologa, guardandola in viso, notò che parlava senza muovere le labbra…

 

“… Vedo che, più che un cervo, sei un mulo: non hai ancora capito che la pirateria ti porterà solo al Male. Ma oramai sei un Figlio dell’Oscurità, non hai niente più a che fare con me e tuo padre, quindi sentiti libero di agire come meglio credi. Comunque… Rufy sta bene, il vostro capitano è prigioniero a Impel Down, e dietro tutto questo c’è il Governo e una nostra vecchia nemica… Io, seppure in tutti questi anni abbia meditato qui, senza mai lasciare la foresta, mi sono spiritualmente elevata sino a raggiungere poteri simili alle energie divine, non posso aiutarvi se non dandovi delle informazioni”

“Prima però potremmo farti delle domande?”

 

Disse Franky, superato lo stupore iniziale del ritrovarsi davanti la donna che era sparita da ormai dieci anni. Lei annuì, mentre due creature angeliche scendevano dal cielo, tessendo le sue lodi…

 

“Se tu sei Kokitsune… Tu avevi avuto due figli…”

“Sì. Sarabi e Lichter. Mentre la prima è con suo padre, il secondo è ormai scomparso…”

 

Cervobianco deglutì rumorosamente, nonostante sapesse che la donna non lo considerasse più suo figlio, era comunque terribile da sentire…

 

“Come… Cosa vuol dire che i tuoi figli sono nati dal ‘fuoco sacro’?”

“Devi sapere che, mentre voi umani avete bisogno di unirvi carnalmente per generare una discendenza, io grazie ai poteri divini e la forza spirituale di mio marito ho generato da una parte di me due corpi... Ho donato loro parte della mia anima e il Cielo ha dato loro vita”

“Come può Rufy essere… Tuo figlio?”

“Io sono la Madre spirituale, la Cieca che Vede, poiché in tutti questi anni di eremitaggio sono stata al buio nella foresta e ho perso la vista… Ma non la Vista interiore, poiché non si Vede solo con gli occhi. Nel mio Frutto del Diavolo è custodita parte della Memoria e dell’Anima di Gol D. Roger. Quel Frutto, dopo gli eventi che sicuramente ricorderete di venti anni fa, si è sdoppiato. La parte Zoo Zoo di quel Frutto… Ce l’ha quel ragazzo che continua imperterrito a chiamarmi ‘madre’”

“Ok… Ma perché non puoi lasciare la foresta?”

La Foresta è il luogo sacro dove attingo ai miei poteri. Grazie ad essa, ho superato bisogni arcaici quali il mangiare, bere, eccetera. Qui le mie spoglie mortali sono al sicuro quando la mia anima lascia il mio corpo per osservare… Quanto è caduto in basso il mondo”

“Ma Madre…”

 

Disse a sorpresa Lichter…

 

“Se il mondo sta proprio cadendo in basso… Perché non fai qualcosa per impedirlo, anziché stare a guardare?”   

 

Nami, Robin, Franky e Zoro improvvisamente capirono con chi avevano viaggiato: quello era Lichter, figlio di Kokitsune e Lucci, che era scomparso dall’isola sulla quale abitavano dopo una tempesta. Tsunami non poteva ricordarsi di lui, perché lei aveva solo quattro anni quando accadde… E Sarabi, la sorella e Lucci erano partiti per cercarlo…

 

“Come puoi chiamarti Madre, se guardi i tuoi figli farsi la guerra e morire? Come puoi chiamarti Madre, se ignori la sofferenza e il dolore dei tuoi figli?”

 

 

Aggiornamento lento, scusate.

Mi dispiace se non rispondo alle recensioni… Ma è da poco accaduto un evento terribile di cui non mi va di parlare… Mi dispiace. E questo capitolo lo dedico proprio alla persona che è venuta a mancare oggi. La Vita è crudele, ma lo Spirito non muore mai. <3

 

Ebbene sì, Cervobianco è proprio il figlio di Kokitsune.

E che cavolo, questa storia è il sequel di Il Leopardo, la Volpe e i Pirati… Dopo di questa la smetto, lo giuro.

 

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