Ad un passo...The Little Nocturnal Moths

di Avly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Piccola Falena Notturna ***
Capitolo 2: *** Una Falena speciale, Ranja ***
Capitolo 3: *** Ricordi e ferite laceranti ***



Capitolo 1
*** La Piccola Falena Notturna ***


Mosca 23 Dicembre – ore 0

Ed eccoci qui con un nuovo esperimento, se è vero che bisogna provare tutto nella vita, allora questa è sicuramente una cosa “innovativa” per me; pensato come un ipotetico seguito di “Ad un passo…In the Middle between Life and Death” la storia si colloca circa un anno dopo l’incidente di Kai, quindi nove mesi dopo “la notte” di Hilary (brava sei capace di contare nd Kai) (grrr nd Avly)…Comunque come dicevo questo è un piccolo esperimento e spero vivamente che vi possa piacere^^ Lasciatemi un piccolo commentino se vi fa piacere, venire a conoscenza delle vostre opinioni sarebbe una grande cosa^^

Buona Lettura^^

 

La piccola Falena Notturna

 

Mosca 11 Gennaio 2010 ore 3.08

 

Le strade di Mosca non sono mai state luminose o familiari; c’è chi dice che ogni persona appartiene al luogo in cui nasce, e che in qualunque parte del mondo si possa trovare non si sentirà mai bene come a casa propria…”quante sciocchezze…

Lui a Mosca ci era nato, eppure tutti i ricordi felici che possedeva erano legati ad un altro posto, ad un’altra città…Certo, questa era la sua città, ma lui qui non aveva vissuto che incubi, torture, privazioni…qui gli avevano insegnato ad odiare, a distruggere, a sopprimere i sentimenti senza alcuna pietà…La pietà? Lui non la conosceva, gliel’avevano estirpata tanto tempo fa insieme al cuore…ma allora cosa ci faceva ancora lì?

 

Erano ore che camminava per le strade della fredda capitale russa, mentre pesanti fiocchi di neve cadevano come aghi su di lui, perforandogli la pelle diafana, ma nonostante questo, lui non potè non incantarsi davanti alla neve…”A loro piace quando nevica” un piccolo sorriso comparve a forza su quelle labbra sottili, ormai screpolate a causa del gran freddo.

Il gelo era ovunque; lo aveva circondato, rivestendolo completamente…Magari il freddo che sentiva fosse causato dal clima…No, il gelo che gli riempiva le ossa non aveva niente a che vedere con la temperatura di Mosca, bensì con il suo animo, quell’animo che credeva gli avessero sottratto tanto tempo fa, disperdendolo come una foglia mossa dal vento.

Camminava. Avanzava come un fantasma attraverso la neve, ormai alta quasi sessanta centimetri, sfidando la tormenta che si stava abbattendo come un castigo divino sulla Signora del Nord.

E in una delle strade periferiche di Mosca, un ragazzo di un’età indefinibile, vestito con “stracci” assolutamente inadeguati viste le temperature glaciali, avanzava con coraggio cercando di raggiungere la sua “casa”.

“La mia prigione” pensò, evitando di scivolare su un pezzo di ghiaccio lucido.

Una prigione…un prigioniero…un inferno…intorno a questi tre elementi girava l’asse della sua vita, un equilibrio precario, un filo che rischiava costantemente di spezzarsi…in balia dell’umore del suo Minosse.

 

Mosca dormiva sonni tranquilli, ma in realtà era tutta un’illusione, perché le Piccole Falene non riposavano mai, soprattutto la notte. L’oscurità era il loro sole, la sera il loro mattino, e l’alba il loro tramonto. Potevano essere paragonati a dei vampiri, ma per loro sfortuna erano solo esseri umani…Anzi no, perché gli esseri umani sono trattati con un rispetto maggiore di loro. No, loro sono merci, carni da macello, bambole di pezza, e lui…è il carico più ambito.

Ad un certo punto il ragazzo mise un piede in fallo, e cadde in avanti, sprofondando nella fredda neve candida, mentre quei pochi vestiti che indossava presero a bagnarsi del tutto.

Il giovane immerse il viso pallido nella neve, come per trovare una sensazione piacevole in quel gesto. I cristalli gli punsero affettuosamente il viso e le sue labbra si inumidirono assaporando il fresco sapore di quella straordinaria massa bianca.

Rimase lì per qualche minuto, beandosi dell’innaturale calore che stava provando in quel momento. C’era il Nulla attorno a lui. Nessun rumore, nessun odore, solo lui…e i suoi ricordi.

Non gli importava se sarebbe arrivato tardi, tanto non avrebbe fatto alcuna differenza. Che giungesse tardi o in orario, la punizione era sempre quella. “Tanto vale prendermela con calma” pensò sprofondando ancora di più nella coltre candida.

Percepì l’acqua fredda percorrergli i capelli argentati, e piccole goccioline scivolare rapide sul suo viso, avvicinandosi agli occhi che erano di un magico color ametista. Occhi tristi, spenti, vuoti…due pietre che avevano smesso di brillare, due occhi che avevano deciso di non voler più vedere…

Rimase lì, sdraiato sulla neve per parecchi minuti, fino a che non si decise ad alzarsi, seppur con estrema fatica.

Si scrollò la polvere bianca dalla leggera tunica nera che indossava e riprese il suo cammino, rivedendo in ogni piccolo cristallo volteggiante i volti dei suoi Angeli.

 

- Sei in ritardo! Si può sapere che fine avevi fatto? Lui è infuriato – una voce flebile e delicata lo accolse agitata non appena il ragazzo attraversò l’enorme cancellata di ferro.

- Sai quanto me ne importa – rispose freddamente senza guardare il suo interlocutore

- Non dire sciocchezze Kai – l’ammonì l’altra preoccupata afferrandolo per il braccio 

Il giovane chiamato Kai si voltò verso chi gli aveva afferrato delicatamente il polso, fino ad incrociare gli occhi castani chiari di una giovane ragazza, circa della sua età, con lunghi capelli biondo cenere lasciati crescere senza molta cura. Il viso chiaro, piccolo dai lineamenti delicati era attraversato da un’espressione angosciata e preoccupata, ed il ragazzo non seppe risponderle con voce seccata.

- Tranquilla Ranja è tutto a posto – le disse prendendole delicatamente le spalle per rassicurarla.

La ragazza sembrò calmarsi, ma non si staccò dall’altro.

- Ha fatto mettere Alexander e Shila nella cripta come punizione del tuo ritardo…e Alex aveva la febbre alta questa mattina -

“Bastardo” Il ragazzo digrignò i denti.

Abbassò lo sguardo sulla giovane ragazza, che lo fissava con un’espressione terribilmente triste; una fitta di dolore li dilaniò il cuore mentre quegli occhi assumevano piano nelle sua mente un altro colore. Non poteva vedere ancora quella sofferenza, l’avrebbe impedito.

- Tranquilla – pronunciò con un filo di voce – Ci penso io – Detto questo si allontanò inoltrandosi negli oscuri cunicoli della villa, oltrepassando decine di uomini vestiti di nero che lo squadravano con disprezzo.

- Alla buon ora Hiwatari – disse uno assestandogli un colpo dietro la nuca.

Il ragazzo non mosse un muscolo contro il suo aggressore, non sarebbe servito a niente…Doveva trovare il suo Carceriere.

Lentamente proseguì il suo cammino, tenendo uno sguardo freddo e duro su un viso che in realtà avrebbe solo voluto poter urlare e piangere. Piangere, cosa c’era di male in fondo? Lui non aveva mai versato una lacrima per nessuno…anzi forse una volta si…

 

- Con una vittoria straordinaria Kai riporta alla ribalta i G-Revolution, battendo l’arma segreta della BEGA, Brooklyn! -

Aveva vinto…incredibile…ci era riuscito! La felicità provata il quel momento era troppa per poter essere descritta con delle semplici parole; si sentiva leggero, svuotato di un peso che da molto tempo si portava dietro. Ora, illuminato dalla luce dei riflettori si era voltato verso i suoi amici…coloro che lo avevano sostenuto…coloro che avevano pianto per lui, e che ora lo osservavano con occhi velati di gioia, versando lacrime solo per lui. Aveva alzato il pugno verso l’alto come segno di vittoria, guardandoli con i suoi occhi color ametista, mentre loro non facevano altro che gridare il suo nome…Kai

E fu in quel momento che accadde; se lo ricordava ancora. Dai suoi occhi violacei avevano iniziato a farsi strada con coraggio delle piccole gocce di acqua salmastra, che avevano poi ricoperto le sue iridi, rendendole ancora più splendenti. Aveva pianto per loro…per quelli che erano la sua vita, e per lei che era la sua luce.

 

Ne era passato di tempo da allora; il tempo aveva corso più velocemente di lui, e così si era ritrovato nel buio. Tempo e destino…due nemici per lui, due variabili a cui non aveva mai saputo dare un valore…due poteri che si erano messi contro di lui, che lo avevano accerchiato e gli avevano impedito di rivedere la luce. “Probabilmente è meglio così…forse io non me ne rendo conto, ma la mia natura è questa…” pensò mentre attraversava l’immenso porticato in pietra che lo separava dalla camera di lavoro di Minosse. Il giudice avrebbe ascoltato i suoi resoconti e poi avrebbe decretato la sua punizione, come il mostro mitologico faceva con le anime dei dannati dell’Inferno di Dante. Se il giudice infernale avrebbe girato la coda attorno al corpo, per indicare il numero del girone, allora il suo carceriere avrebbe dovuto scegliere in quale cripta mandarlo.

“Beh…tanto le ho provate tutte” pensò sarcastico il ragazzo, che ormai ci aveva fatto l’abitudine.

Quando si ritrovò dinanzi alla porta del suo tribunale, alta di legno scuro e pesante, il respiro cominciò a farsi più rarefatto. “Devo…non posso lasciare Alexander e Shila là dentro…Non per colpa mia” deciso bussò alla porta, scandendo bene i colpi, per far capire all’uomo che si trovava dall’altra parte chi fosse.

- Entra – Una voce, una sola parola, un solo sospiro, un solo incubo. Il giovane spinse piano i battenti della porta, entrando con molta discrezione e silenzio. I suoi occhi non riuscirono immediatamente a distinguere gli oggetti e l’arredamento, benché li conoscesse a memoria. La camera era totalmente immersa nel buio e l’odore di chiuso impregnava la stanza. Kai storse il naso in una smorfia di disgusto.

- Sei arrivato finalmente – disse una voce stagliandosi calma e potente nell’oscurità.

Un brivido corse lungo la schiena del giovane, che però si limitò ad ignorarlo.

- Si signore – “Signore” Dio solo sapeva quanto odiava dover rivolgersi a quell’uomo con quell’appellativo. Era un nome che trasudava rispetto, terrore, sottomissione, e lui non si era mai fatto piegare da nessuno…fino ad ora.

- Non hai nient’altro da dire? –

Si morse il labbro irritato. Lui sapeva come metterlo alle strette, sapeva perfettamente quanto il ragazzo detestasse doversi piegare e godeva nel leggere la frustrazione nei suoi occhi ametista.

Si costrinse a rimanere calmo.

- Mi perdoni signore…non succederà più… - Bugia…alla prima occasione avrebbe rifatto tardi.

- Lo hai detto anche la volta scorsa – precisò l’altro gustandosi l’espressione dipinta sul viso diafano e scarno della sua piccola falena notturna.

- Ho avuto degli impedimenti con la neve…è molto alta e camminare è stato un problema –

- Soprattutto se si è indisponenti e bugiardi come te –

Kai era molto irritato, sapeva che non ci avrebbe mai creduto, ma perlomeno sperava che non fosse di così cattivo umore.

- E cosa mi dici della tua missione? -

- E’ andata come previsto – rispose secco lui, che non vedeva l’ora di uscire da quella stanza scura. Per la prima volta in vita sua si convinse che forse scendere nelle cripte non era poi così male.

- Il contatto ti ha creato problemi? –

- Non ne ha avuto il tempo –

Il silenzio calò insieme al gelo nella stanza. Entrambi si squadravano con astio, nonostante non fossero ben visibili i connotati dei loro visi, a causa dell’oscurità perenne.

- Bene…lo sai che Alexander e Shila sono nella cripta rossa per colpa del tuo ritardo? – la sua voce era acida, tentatrice, odorava di trappola, di tranello sporco, ma il ragazzo non seppe non caderci. Sprofondò nella fossa di sua volontà…Non poteva permettere che quei due bambini restassero lì.

- Sono qui per prendere il loro posto –

- Lo immaginavo. Certo che sei davvero cambiato. Il freddo Kai Hiwatari che si sacrifica per due mocciosi?! – Minosse scoppiò in una risata, tanto orribile quanto sprezzante. Umiliazione; era questo che voleva fargli provare, voleva che si sentisse uno straccio al suo servizio, il suo sicario, il suo giocattolo, la sua arma preferita.

- Non ti starai rammollendo vero? Forse la continua compagnia di Ranja ti fa davvero male, certo è una delle migliori nel suo campo, ma ti credevo uno attaccato solo ed esclusivamente alla propria immagine – Gli  occhi vitrei dell’uomo percorsero con piacere il corpo della sua falena; era la sua bambola preferita. Un fisico atletico, delle braccia forti e salde, un petto in cui non vi era più un il cuore. Il suo cuore glielo aveva strappato molto tempo fa insieme alla sua esistenza. Ora di Kai Hiwatari non restava che un’ombra.  

- Vai nella cripta nera –

- E i ragazzi? –

- Se sono sopravvissuti potranno uscire –

Il giovane come era entrato se ne andò, ponendo un leggero inchino e chiudendosi la porta alle spalle con delicatezza. Il suo cuore rallentò i battiti, ed il respiro si fece regolare.

Chiuse gli occhi stanco.

- Kai? Come è andata? – non si mosse. Avrebbe riconosciuto quella voce in mezzo a mille altre.

- Vai a prenderli Ranja, io vado nella nera – e senza aggiungere altro si allontanò, lasciando la giovane leggermente sollevata, ma al contempo tesa e preoccupata. “Kai”

 

Le catene gli ferivano i polsi, ed il loro tintinnio era quasi snervante. Sembrava come se ridessero di lui, della condizione in cui si trovava. Era anche del tutto inutile agitarsi…Non avrebbe cambiato nulla; doveva solo attendere che la punizione finisse, doveva solo attendere o che le porte della sua prigione si aprissero, oppure aspettare che gli si spalancassero le porte dell’Inferno.

Forse la seconda opzione era la più allettante…

La cripta nera manteneva orgogliosamente il suo appellativo: era una stanza sotterranea molto piccola e stretta, con i muri ricoperti di macchie d’umido e da aculei di ferro, alcuni dei quali erano arrugginiti; inutile dire a cosa servissero…Dal soffitto pendevano delle catene terminanti con delle manette, che una volta assicurate ai polsi della vittima lo facevano penzolare pericolosamente fra le due file di aculei. Kai aveva perso il conto di quante volte per evitare di essere troppo vicino ad uno spuntone, si era ritrovato quasi trafitto da un altro alle sue spalle.

Fortunatamente ormai aveva un fisico e soprattutto una mente abituata a questi speciali trattamenti, per cui riusciva dopo dodici ore di astinenza da acqua e cibo, a reggersi quasi perfettamente in piedi.

Aveva imparato come combattere la paura. Aveva capito come annientare questo subdolo nemico almeno quando si trovava solo. Lì non c’erano persone che avrebbero rischiato la vita, lì non esistevano i sentimenti, lì lui non aveva nessuno che se stesso…

Solo quando era veramente solo sapeva di poter combattere, solo quando il suo cuore non doveva preoccuparsi per l’incolumità degli altri, lui poteva combattere…

“Quanto sei scemo…la verità è che senza i ricordi che hai di loro…di lei, tu non riusciresti a sopravvivere…ti credi davvero forte Hiwatari? Te lo dico io, tu non sei forte…Sei un debole, che ha bisogno di annodare la propria esistenza a quella di altre persone per poter vivere…”

“Non è vero…”

“A no? Allora spiegami questo…per quale motivo sei rimasto qui? Perché non sei fuggito? Te lo dico io…Non hai avuto il coraggio per una volta di tagliare i ponti con il tuo passato, ed ora ci sei dentro fino al midollo!”

Era la sua coscienza a parlare? No, forse i sensi di colpa, o ancor più probabilmente stava delirando.

Era davvero un codardo? La verità era che non lo sapeva più nemmeno lui…In quel posto si perdeva l’identità, la coscienza, si imparava a vivere come spettri, si abbandonava la vita per entrare in uno stadio intermedio fra la vita e la morte; vita perché dopotutto aveva ancora un corpo, ma morte perché al contempo si sentiva privo di un cuore pulsante.

Forse quella voce aveva ragione: non aveva voluto tagliare i ponti con il suo passato, ed aveva dovuto rinunciare a tutta la felicità che aveva a fatica conquistato…

I suoi amici, Takao, Rei, Max, Daichi, Yuri…chissà come stavano…Se lo era chiesto molte volte senza mai riuscire a darsi una risposta; non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, ma lui voleva bene a quei ragazzi, erano la sua famiglia, anzi erano stati la sua famiglia.

Con questi pensieri cercò ancora una volta di sfuggire al suo Inferno, cercando in loro un piccolo istante di evasione dal suo nuovo mondo avvolto dall’oscurità.

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Una Falena speciale, Ranja ***


Una Falena speciale, Ranja

Eccomi, scusate per la lunga assenza, ma come ben saprete gli impegni scolastici sono distruttivi. Torno a posare il seguito di “Ad un passo”, con un nuovo capitolo delle Falene; spero che vi piaccia e possa donarvi emozioni belle e brutte^^ Un ringraziamento speciale a Flamara, Ria e Silvj che hanno messo la storia fra le seguite^^ Kisses

E un grandissimo bacione a Helens e Pich_91 per i loro commenti^^

La storia, ed in particolare il personaggio di Ranja (che adoro tantissimo^^) sono interamente dedicati alla persona che più di ogni altre mi sopporta da tredici anni^^ Amica mia spero di non deluderti^^

Buona lettura!!

 

Una Falena speciale, Ranja

 

Quando riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il bianco di qualcosa di ruvido che gli era a poca distanza dal viso.

Solo dopo che ebbe messo meglio a fuoco l’immagine si rese conto di trovarsi steso a pancia in giù su delle lenzuola ruvide che gli pungevano il torace e gli addominali privi di vestiti. Cercò di tirarsi su, ma una mano calda lo bloccò dolcemente.

- Fermo, ti devo spalmare l’unguento, altrimenti potrebbero infettarsi – la voce di Ranja era una musica da ascoltare; una lenta melodia triste, accompagnata dal suo piccolo viso da bambina, che però mostrava solo a lui e ai bambini del monastero. Una doppia personalità era quella di Ranja; ragazzina dolce ma tenace di giorno e una prostituta di notte. Ma con lui quella ragazza era solo Ranja.

- Non era necessario –

- Non fare il cretino, se si infettano potresti stare male – disse lei aprendo il vasetto contenete l’unguento, e prendendone un po’ sulle mani.

- Lo sai che li hai nominati ancora nel sonno? – disse spalmando la sostanza gelatinosa sulle grandi spalle del ragazzo percorrendone la forma e facendolo rabbrividire per il freddo contatto.

Lui non rispose, ma si limitò a chiudere gli occhi, mentre Ranja continuava lentamente il suo lavoro.

- Hai chiamato un certo Takao, poi Yuri e Boris, anche se poi hai pronunciato un nome che non ho ben capito -

Ancora silenzio. La ragazza capì di aver toccato un tasto particolarmente doloroso per l’amico, così decise di cambiare argomento per sentirlo più rilassato. Lentamente gli percorse con le mani la schiena solcata da tagli aperti.

- E’ andato tutto bene? – domanda inutile, dato che sapeva già la risposta, ma non sapeva che cosa dirgli per farlo parlare. Cercava in tutti i modi di evitare la fatidica domanda, che presto o tardi sarebbe arrivata.

- Ranja. Come stanno Alexander e Shila? – Eccola.

La domanda rimase sospesa nell’aria grave e pesante per parecchi minuti prima che la ragazza si decidesse a rispondere.

- Shila sta bene… - la sua voce era incrinata, anche se tentava in tutti i modi di non farlo notare al ragazzo.

Kai si tirò su a sedere incurante delle ferite e fissò Ranja con sguardo fisso.

- E Alexander? Ranja rispondi! – le afferrò le spalle con decisione, ma immediatamente avvertì un sussulto, come se lei stesse singhiozzando. Gli splendidi occhi di ambra scura della ragazza erano ricoperti da un velo di lacrime, che non lasciava molto spazio all’immaginazione. Il giovane sbarrò gli occhi incredulo.

- La febbre era molto alta e nella cripta è stato esposto a svariate temperature…Kai! – si abbandonò completamente a quel pianto liberatorio, accasciandosi sulle spalle del ragazzo, che la sostennero. Rimasero abbracciati a lungo, Ranja piangeva versando lacrime amare che andavano ad insinuarsi taglienti lungo la pelle candida di Kai lacerandogli la carne, mentre i singhiozzi della ragazza gli dilaniavano il cuore. Le passò delicatamente una mano sulla schiena per calmarla, mentre la sua testa era solo un turbine di cattivi pensieri. Un’altra vittima di quell’assurda situazione, di quel mondo in cui erano costretti a vivere…Una dimensione estranea al resto del mondo, un’esistenza cancellata a riscritta da capo. Ecco quello che erano le Piccole Falene Notturne dell’antico monastero Vorcof a Mosca.

Un mondo che si ergeva su un sistema severo ed inflessibile, dove gli schiavi erano dei bambini o dei ragazzi, a cui era stata strappata l’innocenza e la vita stessa.

Le Piccole Falene Notturne non vivevano come gli altri ragazzi delle loro età, anzi loro per la legge non esistevano; il mondo intero si era dimenticato di loro…I loro visi erano spariti dalle memorie delle genti, loro erano dei fantasmi fatti di carne e ossa.

Non avevano possibilità di contatti con l’esterno, e dalle loro mansioni giornaliere dipendeva totalmente la loro sussistenza; chi non portava a termine il suo compito non aveva di che sfamarsi e Kai aveva perso il conto di quanti poveri bambini si erano persi in quell’intricato universo nero dal quale non si riusciva mai ad evadere.

Cos’erano loro? Burattini, semplici bracci di un’organizzazione criminale nelle mani di un maniaco e pazzo omicida. Quello che da bambino era stato il suo maestro ed ora da adolescente si era trasformato nel suo peggiore incubo. Lui Vladimir Vorcof, l’uomo che dirigeva all’insaputa di tutti l’antico monastero fuori Mosca; lui che aveva le mani nei più svariati campi della criminalità, dalla ricettazione, al traffico di armi, allo spaccio, alla prostituzione.

E lui Kai Hiwatari ora come anni prima, si era ritrovato sotto il suo diretto controllo, era una Falena, forse la più indomabile e preziosa di tutte; la creatura che Lucifero non era mai riuscito a domare, il ragazzo che lo aveva messo alla deriva, e che era stato inevitabilmente trascinato nell’abisso oscuro insieme a lui.

- Kai, dobbiamo andare… - lentamente Ranja si staccò dal ragazzo, asciugandosi le lacrime ed assumendo il suo solito sguardo freddo e distaccato. Era come se indossasse una maschera, che la celava al resto del mondo, e che la mostrava come una donna glaciale e priva di emozioni. Si osservarono per alcuni istanti prima che anche lui si levasse in piedi indossando una tunica nera che gli arrivava leggermente sotto il ginocchio, troppo leggera per quel clima rigido e severo.

Senza dirsi nulla uscirono dalla cella del ragazzo e si diressero verso la sala est del monastero, dove ci sarebbe stata la Raccolta delle Falene.

 

Non appena i due giunsero nella sala della Raccolta, molti sguardi si posarono su di loro; la maggior parte erano bambini e ragazzi tra i cinque e i sedici anni con i volti scarni e segnati dal gran freddo. Indossavano tutti la stessa tunica di Kai e Ranja, ed i loro occhi erano vuoti, come se la vita e la luce avessero deciso di abbandonarli, per lasciare posto solo ad un abisso di male e dolore.

Ai lati della stanza decine di guardie reggevano il silenzio, brandendo pistole e coltelli, anche se non servivano a molto; infatti nessuna delle Piccole Falene aveva alcuna intenzione di cercare guai, come se già non ne avessero abbastanza.

Ranja si guardò intorno fredda ed impassibile, mentre si sedeva sulla pietra gelata in compagnia di Kai.

Ad un segnale la porta principale si aprì e come un enorme basilisco uscì Vorcof, il demonio sotto sembianze umane. L’uomo indossava la sua solita maschera nera che era solito ad indossare quando si rivelava alle sue piccole creature; solo Kai lo aveva visto realmente in faccia, ma non era una cosa che ricordava con piacere…

Vorcof spostò immediatamente lo sguardo celato dalla maschera sul ragazzo dagli occhi ametista ed un leggero sorriso si incurvò sulle sue sottili labbra bianche.

- Mie piccole falene, l’alba è quasi alle porte ed il monastero per mantenersi in piedi ha bisogno delle vostre forze! Prendete immediatamente le vostre occupazioni…ah dimenticavo – e qui tornò a riosservare Kai.

- …Oggi abbiamo perso una Piccola Falena…Ecco lui era un essere indegno, privo di volontà ed ha tradito la fiducia che io riponevo in lui…Spero che voi non facciate altrettanto. Comunque dal momento che abbiamo una forza motrice in meno, qualcuno dovrà accollarsi anche le sue mansioni…Hiwatari sono certo che non ti dispiacerà – e detto questo si voltò verso la porta da cui era venuto, ma prima di sparire pronunciò un’ultima cosa – Per questa notte, non ci saranno cambiamenti di programma…E vedete di non tardare – così si allontanò, inghiottito in quella voragine nera, che molti speravano lo risucchiasse per sempre.

 

- Simpatico no? – disse Ranja appena si diressero nelle cucine per la loro prima razione di lavoro insieme ad altri ragazzi.

Kai non rispondeva, come era di sua consuetudine. Non era mai stato un grande parlatore, anche perché anticamente c’era sempre chi lo aveva fatto per lui. Se non era Takao era Daichi, che sapevano rendere la sua vita accesa e piena di suoni e colori. I suoi amici…già una volta erano stati una vera squadra, ognuno di loro con un preciso ruolo e mansione. Takao era lo spirito del gruppo, colui che sapeva infondere determinazione in tutti, una persona tanto infantile quanto estremamente adulta. Lui, il suo eterno rivale, l’unico avversario che desiderasse affrontare con tutto se stesso, l’unico che aveva creduto in lui fino all’ultimo durante il suo match contro Brooklyn…Beh proprio l’unico no…

Poi c’era Max, l’allegria e la felicità fatta a persona; un amico vero e disponibile, corretto e dedito ai suoi amici, lui con la sua spontaneità sapeva far breccia nei cuori degli altri senza difficoltà ed aveva una parola dolce per tutti.

Rei invece era tutta un’altra storia; lui era la mente, la razionalità, ed il coraggio della squadra; il cinese che spesso gli aveva chiesto consigli e che lo vedeva come il suo migliore amico. Era un buon ascoltatore, per quello che Kai ricordava e sapeva sempre guardare negli occhi delle persone, e leggere ciò che gli altri non vedevano.

Infine Daichi, l’irruenza ed il piccolo della squadra; un ragazzino tanto pestifero quanto leale e profondamente legato alla famiglia, all’onore ed al beyblade.

Questa era la sua piccola famiglia, i suoi Angeli, che però facevano capo ad un unico angelo, una creatura magica, che più di ogni altre aveva scaldato il cuore freddo e spinoso di Kai…Hilary il suo Angelo per eccellenza, la ragazza più luminosa di tutte le stelle del firmamento, la persona più importante per lui.

Come la vita può essere ingiusta solo Kai lo poteva sapere; lui che per anni aveva solo pensato a diventare il miglior blaider, vedendo quello come requisito per essere felice, non aveva capito che la vera felicità ce l’aveva a pochi metri di distanza ogni giorno, e lo scrutava con attenzione con i suoi occhi color cioccolato fuso. Quando si era reso conto di cosa volesse veramente, non aveva fatto in tempo a realizzare quanto capito, che di nuovo il destino si era messo contro di lui, imprigionandolo in quella voragine di dolore, angoscia e male.

Erano passati quasi dodici mesi da quando aveva smarrito la strada, ed ora si ritrovava a Mosca, la sua città natale, a condurre un’esistenza che non si augurerebbe a nessuno. Lui, come tutte le altre Falene, non esistevano più, per un motivo o per l’altro, Vorcof si era personalmente assicurato che per il mondo intero i suoi “piccoli” fossero semplicemente morti.

“Ti stai lasciando andare ancora ai ricordi, scemo” si disse mentre usciva fuori a scrostare il ghiaccio dagli infissi sulle porte armato solo delle sue candide mani. Non era un lavoro particolarmente duro, se almeno avesse potuto avere un qualsiasi pezzo di ferro, ma a mani nude era un vero suicidio. Il ghiaccio duro, spesso e tagliente gli tagliava in più punti i polsi, facendo fuoriuscire delle scie vermiglie, che però si arrestavano subito, congelate dal gran freddo.

Strinse i denti…anche ora che un tiepido sole illuminava il monastero lui riusciva a credere e a sperare in qualcosa di positivo…erano forse i ricordi dei bei tempi andati a dargli tutto quel calore? Era incredibile come riuscisse a cercare in ogni istante qualcosa di positivo…in fondo che cosa aveva per poter sperare? Di giorno lavorava ininterrottamente al monastero, intralciato dal freddo e dalla fame che non gli lasciavano tregua, mentre di notte, al calar del sole, diventava la Piccola Falena ed iniziava il suo vero operato cioè andare a battere per strada insieme ad altri trenta ragazzi nella sola speranza di riuscire a ricavare abbastanza denaro da potersi permettere di pagare il monastero e mangiare qualcosa di consistente.

Inizialmente aveva tentato ad opporsi, rifiutando tutti i lavori che gli venivano dati, ma presto aveva dovuto cedere, anche perché se voleva sopravvivere quelle erano le uniche condizioni. Ben presto aveva fatto ruotare l’asse della sua vita intorno ai ragazzi del monastero, ai bambini più piccoli, e a Ranja, la prima persona che aveva conosciuto quando era arrivato lì.

Spesso si chiedeva come stessero i suoi ex-compagni di squadra, i freddi Neoborg, con cui aveva partecipato agli ultimi campionati mondiali; loro che non si consideravano amici, ma che in realtà tenevano segretamente molto l’uno all’altro. Il loro rapporto era costituito da silenzi, sguardi muti ma allo stesso tempo pieni di emozioni, cenni col capo e poche parole di assenso. Ma si volevano bene.

Kai sorrise mentre si concentrava ad osservare il proprio riflesso su una lastra di ghiaccio che teneva fra le mani; viveva a Mosca da un anno ormai e non aveva mai incontrato né Yuri o Boris…beh ovviamente non frequentavano gli stessi posti, ma non gli era mia capitato di vederli passare davanti al monastero, e probabilmente una motivazione c’era...Molti consideravano il vecchio monastero come un posto maledetto, e quindi tutti evitavano di passarci vicino.

Si riscosse dal suo mondo di ricordi solo quando si accorse che la lastra di ghiaccio fra le sue mani aveva cominciato a sciogliersi, così si alzò rapidamente e finì il suo lavoro in silenzio, evitando di farsi incantare da altri dolci e dolorosi ricordi di quando era ancora semplicemente Kai.

 

Verso il tramonto, Kai aveva sbrigato tutto il lavoro che aveva da compiere, e l’aveva fatto senza aprire bocca. Non era mai stato particolarmente loquace, ma anche se lo fosse stato, lì non avrebbe potuto esserlo, poiché ogni minimo rumore veniva punito con delle frustate.

Nel più assoluto silenzio si diresse verso la stanza di Ranja per andarla a prendere. Il sipario si stava per alzare, ora la scena di Mosca veniva presa dalle Piccole Falene Notturne.

Quando si trovò davanti alla cella della ragazza batté tre colpi più uno a distanza, in modo che lei sapesse che era lui.

- Entra - La voce di lei anche se ricoperta dalla porta, gli era sembrata leggermente preoccupata, così entrò con cautela chiudendosi la porta alle spalle. La stanza non era molto grande, e l’arredamento “carcerario” era composto da un semplice letto sfondato e da una cassettiera in legno dove le ragazza conservava i pochi effetti personali che possedeva, cioè un rossetto, qualche trucco, e l’abito che indossava quando si trasformava nella Falena. Kai mosse gli occhi viola verso la ragazza che gli dava le spalle, mentre finiva di medicare il braccio di un ragazzo che sedeva sul suo letto. Il giovane doveva avere sui quattordici anni, e se non ricordava male, era uno dei ragazzi che si occupava del traffico di armi rubate. Per un momento a Kai parve di vedere davanti a sé Max, e questo non potè non fargli nascere un leggero sorriso sul viso, ormai non più abituato a sorridere. Il ragazzo somigliava molto all’amico americano, aveva i capelli biondi quasi con il suo stesso taglio, e due occhi color oceano che però erano meno lucenti di quelli del dracielblaider.

Non appena ebbe finito, Ranja si voltò verso il ragazzo dagli occhi ametista e gli fece un cenno con la testa. Intanto il ragazzino si era dileguato, dopo aver educatamente ringraziato Ranja per la medicazione, e lanciato a Kai una sguardo di pura contemplazione. Lui restava un mito per quei ragazzi, il loro fratello maggiore, che li aiutava quando non riuscivano a svolgere qualche mansione, l’eroe che aveva sfidato Vorcof milioni di volte, e che anche se non riusciva mai a prevalere, ai loro occhi risaltava sempre come uno mito.

Dopo che i due rimasero soli, Ranja si diresse alla cassapanca e sistemate le bende che preparava lei stessa si truccò il viso, attuando così la sua trasformazione.

A lei non serviva un po’ di fondotinta per essere carina; la sua vera bellezza era proprio quell’essere bambina durante il giorno, era vederla alle prime luci dell’alba con i capelli scompigliati e gli occhi ambrati ancora sotto l’influsso di Morfeo. Il trucco l’appesantiva, le dava quell’aria di donna fatta e finita che in realtà non era, ma questo solo Kai lo sapeva.

Inizialmente quando era giunto al monastero si era dimostrato ostile verso tutti, voleva solo morire ed essere lasciato in pace…Morire in mezzo alla neve, o nelle cripte, o nel letto di qualcuno, ormai non faceva più alcuna differenza…Aveva perso tutto, il suo Dranzer, i suoi compagni, i suoi amici, la sua ragazza…Poi come dal nulla era apparsa lei, bella e determinata allo stesso tempo, una ragazza che aveva la stessa età della sua Hilary, con un passato brutto almeno quanto il suo, lui non aveva chiesto la sua compagnia, così le prime volte l’aveva respinta senza troppe cerimonie, ma lei non si era arresa, e poco a poco si era inserita nella vita del blaider dagli occhi ametista, diventando un’amica…Un’amica, quasi non credeva che ora quell’appellativo gli risuonasse così semplice e facile da pronunciare. In passato prima di dire ad Hilary “amica” aveva dovuto combattere battaglie interiori con se stesso e contro il suo orgoglio, spesso non vincendo…Per molto tempo aveva creduto che le parole fossero solo dei patetici modi di esprimere i sentimenti, e dal momento che lui riteneva di non poter provare sentimenti, gli era del tutto inutile usare le parole. Solo ora che aveva perso davvero ciò che gli dava la facoltà di emozionarsi, aveva capito che era stato uno stupido. Quante volte avrebbe voluto dire ad Hilary “ti amo più della mia vita” o quante volte avrebbe voluto dare una pacca sulla spalla a Takao o agli altri e dire “Amico mio!”…già quante…

- Kai io sono pronta – la voce di Ranja lo riportò alla realtà, facendogli poggiare i piedi su quel freddo pavimento in pietra, chiuso da quelle maledette mura che trasudavano solo tristezza.

 

Quando la luna si trovò nel pieno centro del cielo, Kai si alzò lentamente dal letto e si diresse a passi cauti verso la finestra, avvolto solo in un candido lenzuolo dalla vita in giù. Un lenzuolo di seta, totalmente differente da quelli a cui erano abituati le Falene.

Quella notte Vorcof aveva avuto dei programmi diversi per lui, infatti non l’aveva mandato con Ranja e gli altri in strada, ma aveva preferito tenerlo con sé, per poter godere esclusivamente solo lui della compagnia della Fenice.

Succedeva spesso, ma Kai per quanto ci fosse abituato, trovava sempre estremamente sgradevole dover andare a letto proprio con l’uomo che più di ogni altro odiava.

Come se la vista della luna, bella e libera gli facesse male, si allontanò e raccattando la sua tunica nera gettata con noncuranza in un angolo della grande camera da letto, la indossò per poi dirigersi verso la porta in un silenzio quasi religioso. Avvertì alle sue spalle l’uomo dormire profondamente, ancora con il braccio teso verso il vuoto su cui prima era steso Kai. Prima si allontanava da quella camera, meglio era.

L’aria della notte era fredda e gli pungeva la pelle come se avesse costantemente delle lame puntate addosso.

Uscito dalla camera inspirò a pieni polmoni l’aria fredda che proveniva dal piccolo porticato interno, come se questo potesse bastare a purificarlo da ciò che era appena successo.

Si sentiva sporco e non aveva né la forza di camminare né il coraggio di guardarsi ancora allo specchio. Era così ogni volta; odiava se stesso e quello che era diventato, certo non ne aveva colpe, ma ogni volta tornava a tormentarsi chiedendosi se forse ci sarebbe potuta essere una possibilità alternativa.

Lentamente si diresse verso la sua cella, barcollando ed aggrappandosi ai muri in pietra del porticato. L’addome gli doleva, sentiva il suo petto scoppiare, ma in realtà era la sua anima ad essere distrutta. Percepiva ancora sul corpo le mani viscide e cattive di quell’uomo, sentiva il suo respiro caldo ed acido sulla pelle, assaporava l’aridità delle sue labbra, ed il suo cuore pareva voler continuare a battere solo per protrarre ancora a lungo quella dannata sofferenza.

Dopo un tempo che gli parve lunghissimo, finalmente il ragazzo giunse alla sua cella e senza neanche girarsi ad osservare la luna si richiuse la porta alle spalle, desiderando solo nascondersi nell’oscurità ed annegare nel suo dolore.

 

Quando Kai sollevò lentamente le palpebre istintivamente si lasciò andare ad un respiro soffuso; non aveva mai voglia di alzarsi, e quel giorno ancor meno delle altre volte. Cercò di nascondersi ancora un po’ nel freddo tepore della notte tentando di ricreare per un istante sensazioni di tranquillità e pace. Invano.

Per quanto si sforzasse, attorno a lui vedeva solo ombre di disperazione, stracci di malinconia, brandelli di felicità e frammenti di quella vita che non avrebbe mai creduto gli mancasse tanto.

La sua libertà se ne era andata, era diventato un oggetto nelle mani di pochi, un anima dannata, e più il tempo si allungava, più si rendeva conto che la cosa migliore da fare era dimenticarsi della sua vita passata…Altrimenti non avrebbe mai smesso di soffrire.

- Forza Hiwatari! Cos’è, troppo spossato da ieri sera! Muoviti! – la voce dura e cattiva di una delle guardie lo svegliò del tutto, così uscì dalla sua cella senza neanche degnare di uno sguardo i due uomini vestiti di nero che lo osservavano lanciandogli occhiate vogliose.

Camminava a passo assolutamente neutro attraverso i portici interni, pronto a scendere nei sotterranei del Monastero, dove insieme a Ranja e a tre ragazzini doveva occuparsi della sala delle caldaie.

 

Non appena fu entrato nella tetra e chiusa stanza, sentì l’aria mancargli; quel bunker era assolutamente privo di un impianto di areazione, non circolava aria pulita e le pareti annerite dal fumo contribuivano a rendere l’aria davvero irrespirabile. “E poi ci si domanda perché qui moriamo intossicati”.

Immediatamente i suoi occhi ametista cercarono Ranja e i bambini, e li trovarono accovacciati davanti alla caldaia principale, intenti ad inserire a mani nude pezzi di carbone all’interno di pesanti e scure bocche di ferro.

Quando gli occhi ambrati della ragazza si posarono sul giovane appena entrato, i bambini smisero di lavorare, voltatisi ad osservare il loro mito avvicinarsi a loro. Quei piccoli credevano di vedere un eroe, eppure Kai cominciava a vergognarsi di questi loro sguardi; sapeva bene che le loro aspettative erano mal riposte, lui non era un eroe, solo una Falena più testarda delle altre, ma anche lui aveva ceduto…Non era un eroe. Come se potesse leggerlo nel pensiero, la ragazza dai capelli biondo cenere rivolse la sua attenzione nuovamente alle caldaie, intimando i bambini di fare lo stesso; così Kai prese posto accanto a loro, cercando di evitare gli sguardi carichi di ammirazione delle piccole Falene, e quegli indagatori di Ranja che non lo lasciavano un attimo.

 

- Non ti sto facendo male, vero? – chiese dolcemente Ranja a Shila mentre le spalmava un unguento rosato sulle mani facendo attenzione a non farla sussultare per il dolore.

- No, non preoccuparti…E’ già tanto se sei riuscita a procurarti questa pomata – le rispose gentilmente la tredicenne dagli occhi verdini mentre sedeva sul letto della bionda con le mani tese in avanti.

Il lavoro nella sala delle caldaie si era rivelato essere più difficile del previsto; avevano dovuto alzare la temperatura delle stufe a causa dell’improvviso abbassamento della temperatura e così avevano dovuto incrementare il numero di carbone. I fumi nocivi che uscivano dalle bocche metalliche, investivano in pieno i volti dei ragazzi, che si ritrovavano a respirare quei fumi tossici, e come se non bastasse le loro mani a contatto con quei roventi materiali si erano in parte ustionate.

- Ma si può sapere come ti procuri tutti questi unguenti? – chiese ad un tratto Misha seduto sulla cassettiera del letto della ragazza con già le mani medicate.

Un leggero sorriso apparve sulle labbra della bionda – E’ un segreto – disse spiritosa strizzando l’occhio ai ragazzi. Ormai Ranja era diventata per tutti un po’ come una specie di mamma nonostante i suoi sedici anni. Le Piccole Falene si fidavano di lei, era sempre carina, gentile e si prendeva cura di loro come se fossero tutti suoi fratelli minori.

Ed in un certo senso era davvero così.

Quando Ranja finì di medicare anche Shila, i due ragazzini uscirono educatamente, pronti a prendere parte al loro prossimo incarico, lasciando Ranja sola nella sua cella, intenta a nascondere l’unguento rosato preparato da lei stessa.

Non ricordava molto del suo passato, quando si era risvegliata nella cella del Monastero, aveva solo undici anni, ignorava totalmente cosa le fosse accaduto e come se non bastasse si era ritrovata inghiottita in un mondo circondato dal male e denso di malvagità.

Lentamente poi la sua memoria era venuta a galla, rivelando parti del suo passato che forse non avrebbe mai voluto rivedere; i suoi genitori erano dei farmacisti, e durante un tragitto in macchina nel bel mezzo di una tormenta di neve la loro auto era uscita strada, finendo in un dirupo. I suoi genitori erano morti, mentre lei per un miracolo si era salvata, anche se vista come si era evoluta la situazione forse “salvata” non era il termine più adatto…I suoi genitori erano morti per portare in un paesino a ridosso delle montagne medicinali contro l’influenza e la malaria; erano morti per salvare altre vite, e lei avrebbe fatto lo stesso.

Questa era stata la promessa che si era fatta quando la sua memoria le aveva concesso di rivedere gli ultimi istanti di vita della sua famiglia. Avrebbe fatto girare la sua esistenza attorno ai bambini e ai ragazzi del Monastero, le Piccole Falene sarebbero diventate la sua famiglia, li avrebbe protetti, impedendo loro di lasciarsi andare a pensieri suicidi quando desideravano farla finita. Solo chi come lei aveva sperimentato direttamente la morte, solo chi come lei l’aveva affrontata e sconfitta poteva capire che valore avesse la vita e quanto fosse importante continuare a sperare. Questa era la sua forza; lei credeva che prima o poi tutto si sarebbe sistemato, certo con gli anni questa speranza aveva cominciato ad evaporare, ma lei non si arrendeva mai. “Questa è la mia vita…Prima o poi la luce irradierà anche noi Falene della Notte”

Un tocco leggero alla porta la fece sussultare leggermente, mentre cercava di ricomporsi.

- Entra – Sapeva benissimo che fosse, anzi lo stava giusto aspettando.

Quando poi i suoi occhi color del miele scuro incrociarono lo sguardo freddo di due ametiste opache, Ranja rimase impassibile come il suo visitatore. Con Kai era sempre così; quel ragazzo così freddo e schivo come un animale selvatico, odiava essere osservato come una bestia per cui si prova pena, e per la ragazza era la stessa cosa. Due anime selvagge, due vite soffocate, due gridi tenuti a tacere con la forza. Il loro era sempre stato un rapporto fatto da sguardi e cenni, impossibili da decifrare per chiunque tranne che per loro. Comunicavano attraverso gli occhi, i respiri e lievi sussurri come spettri alla perenne ricerca di se stessi.

Una sola cosa era si erano ripromessi a voce: nessuno dei due avrebbe mai dovuto provare pena per l’altro. Nonostante la drammatica situazione nella quale si trovavano loro erano due anime orgogliose e fiere e mai avrebbero voluto essere compatiti. Mai.

E così ora si trovavano l’uno di fronte all’altra, con occhi freddi ed impassibili, benché entrambi fossero a conoscenza di quale fosse il problema che affliggeva l’altro. Se per Ranja era la continua preoccupazione per i bambini, che con l’avvicinarsi del grande freddo soffrivano sempre più, oltre che ad un disagio di diversa natura, per Kai il problema erano i suoi ricordi uniti alla continua sensazione di malessere che provava dopo le notti con Vorcof. Si teneva tutto dentro, non si sfogava con nessuno, e come un animale in gabbia continuava a sbattere la testa contro le sbarre nel tentativo o di distruggerle, o di uccidere se stesso.

Fu lei la prima a parlare. – Tieni – disse semplicemente lanciandogli un pezzo di pane nero che aveva conservato dalla sua cena precedente. Il ragazzo la osservò senza capire.

- Ieri notte non hai “lavorato” e quindi ne deduco che sei a stomaco vuoto da due giorni – disse semplicemente lei leggendo attraverso i suoi occhi violacei la sua domanda.

- Non ne ho bisogno, potevi darlo ai ragazzi se non lo volevi – Non voleva l’aiuto di nessuno, ma oltre a questo non sopportava che Ranja dovesse privarsi di quel poco che ricevevano a lavoro ultimato per lui.

- Già, ma visto che sei un mezzo cadavere non ho voglia di doverti soccorrere quando stasera non ti reggerai in piedi –

Con queste parole Ranja si voltò dando le spalle al ragazzo, così che lui non potette sentirsi in imbarazzo a mangiare con lei davanti. Orgoglio. Un anno di schiavitù non aveva piegato Kai Hiwatari, la fiera Fenice di fuoco nonostante le catene continuava ad incutere timore ed esigere rispetto, scottando con le sue fiamme chiunque osasse avvicinarsi a lei ma Ranja, la Regina delle Falene riusciva ad avvicinarsi senza bruciarsi, e questo perché in fondo erano entrambi due fuochi.

- Ieri Dimitri mi ha chiesto di te – disse Ranja sempre dando le spalle al ragazzo, che al solo sentire quel nome si fece più attento.

- E tu cosa gli hai detto? –

- Che non ti sentivi tanto bene…Ah ha detto che spera di vederti questa sera – aggiunse lei voltandosi sollevata verso di lui.

- Quel tipo sembra volerti bene – disse con naturalezza, anche se la sua voce la tradì; in realtà le era costato molto fare quell’osservazione, ma doveva riaccendere le fiamme della Fenice, e la sola cosa che poteva fare era tenerlo lontano dal pensare a Vorcof. Lei conosceva il problema che affliggeva l’amico, e lo reputava oltremodo ripugnante.

- Stai scherzando? Cosa vuoi dire con questo? – disse Kai alzandosi e mettendosi istintivamente all’attacco.

“Perfetto” – Dicevo soltanto quello che ho percepito – reagì lei mettendosi le mani sui fianchi senza smettere di osservarlo.

- Cerca di percepire di meno allora. Non sono fatti tuoi – si era di nuovo messo sulla difensiva. Ranja strinse gli occhi. – Stavo solo cercando di farti capire che forse non sarebbe una cattiva idea accettare la sua proposta – Si stava spingendo troppo oltre le fiamme, rischiava seriamente di scottarsi.

Kai sulle prime rimase incerto, ma poi si avvicinò verso la ragazza afferrandola per le spalle e sbattendola contro il muro quasi con violenza. “Sì, sfogati Kai…Solo così ti sentirai meglio

- Non dire sciocchezze! Come puoi anche solo pensare una cosa del genere! Io…Io… -

- Tu hai una vita fuori di qui, maledizione! – sbottò lei

- Tu puoi essere felice…Se andassi con Dimitri potresti trovare rifugio in qualche Paese straniero e ricominciare d’accapo! – i polsi di lei, ancora bloccati dalla forte presa del ragazzo iniziarono a dolerle, ma non ci fece caso.

- Non è quello che voglio. Uno, Vorcof non mi lascerebbe mai andare. Due, non ho intenzione di seguire Dimitri proprio da nessuna parte e tre… - prese il mento della ragazza e lo avvicinò al suo costringendola a fissarlo negli occhi. Ametista ed ambra si fusero insieme, urlandosi tutta la rabbia che provavano in quel momento, sfogandosi reciprocamente. - …Non vi lascerò mai qui. Se io me ne andrò, voi verrete con me. Un tempo non lo avrei fatto, da codardo me ne sarei andato, pensando unicamente a me stesso, ma ora no. Molte volte non ho fatto ciò che invece avrei dovuto fare, per colpa del mio orgoglio o del mio pessimo carattere, ma non questa volta. Non lascerò mai il Monastero senza di voi, anche se dovessi andare a letto con Vorcof ogni santissima notte! –

Ranja per un istante focalizzò meglio l’immagine che aveva davanti, rendendosi conto che quello non era solo il suo amico Kai. Lui, era la luce che li avrebbe condotti fuori dal tunnel del male e del buio. Sorrise, abbracciandolo stretto per la prima volta dopo quell’anno. Il ragazzo non reagì male a quel contatto, ma invece l’avvolse con le braccia come per cullarla. Lei abbracciò le mani dietro del ragazzo, appoggiando freneticamente la testa nell’incavo del collo di lui e stringendogli i capelli tra le dita sottili.

I loro respiri andavano insieme, i loro cuori battevano allo stesso ritmo calmo e rilassante, mentre le loro due anime si rassicuravano reciprocamente. Insieme ne sarebbero usciti.

Un tocco lieve alla porta li fece staccare quasi all’improvviso, senza però che sui loro due visi fossero comparsi due sorrisi belli e radiosi come il sole.

- Sì? – chiese Ranja riprendendo il mano la sua maschera.

- Ranja, mi sono tagliata – disse timida la voce dietro la porta.

 

L’angolo dei Grazie^^

 

Helens: tesoro mio, non manchi mai di farmi avere una tua opinione, e per questo ti ringrazio molto^^ Grazie per tutti i consigli e i supporti che mi dai e spero che questa storia possa continuare a picerti^^ Felicissima che l’atmosfera dark ti piaccia^^ Mega Baciuzzi Avly

 

Pich_91: grazie mia maestra per le tue correzioni ortografiche^^ spero di aver corretto le maiuscole (almeno la maggior parte) grazie per la tua immancabile sincerità, e ti assicuro che ricevere un tuo complimento è stato bellissimo, perciò mi auguro di non averti delusa con questo capitolo. Spero vivamente che questa storia ti piaccia^^ Baciuzzi Avly

 

Nota dell’autrice: per chi segue “I Cavalieri dei Sette Regni” tranquilli, i nostri cavalieri non si sono persi con il navigatore attraverso i Regni^^ Presto torneranno, spero per la gioia dei lettori che la seguono (perché ce ne sono? Nd Kai) (ma hai sempre da dire qualcosa! Guarda che mi posso vendicare con le Falene! Hai presente il caro Vorcof tesoro? Muah! Nd Avly) (…Sorry nd Kai). L’assenza come potrete immaginare è dovuta allo studio e alle verifiche da preparare^^

 

Only for you, my friends                                                                   Avly

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Capitolo 3
*** Ricordi e ferite laceranti ***


Mosca 23 Dicembre – ore 0

Eccomi qui di ritorno con la storia sulle Piccole Falene Notturne^^ Mi auguro con tutto il cuore che questo capitolo possa piacervi e trasmettervi sensazioni varie…

Ringrazio tanto gli angeli che hanno commentato o letto la storia…Mega Baciuzzi^^

Buona Lettura^^

 

Ricordi e ferite laceranti

 

Quella stessa sera le Piccole Falene Notturne si ritrovarono nella piazzetta principale del Monastero, ognuna pronta a prendere la propria posizione. Kai osservò con attenzione i volti dei ragazzi presenti. Alcune delle Falene più piccole avrebbero dovuto portare dei messaggi ad altri sottoposti di Vorcof infilandosi in stretti cunicoli ed entrando fin nelle prigioni di massima sicurezza, altri dovevano andare nelle miniere di cristallo a ridosso delle montagne, mentre altri ancora avevano un carico di armi da recuperare. Fortunatamente a capo di quella piccola squadra di Falene c’era Sem, un ragazzo di sedici anni astuto e scaltro, il quale Kai sperava aiutasse i più piccoli.

Infine lui con la sua squadra avrebbero dovuto recarsi in vari angoli di Mosca, dove sicuramente qualcuno li attendeva con impazienza.

- Andiamo? – disse a Ranja che lo aveva appena raggiunto. La ragazza era carina come al suo solito, anche se lui la preferiva quando era meno truccata. Indossava una minigonna nera con delle calze a rete dello stesso colore e delle scarpe rosse laccate con un tacco a spillo, regalo di Oscar, uno dei suoi clienti abituali; a completare l’opera ci pensava un top rosso e nero con un copri spalle scuro. Non era sicuramente l’abbigliamento ideale per l’inverno moscovita, ma ormai Ranja ci aveva fatto come tutti l’abitudine.

L’abbigliamento di Kai per quanto rispettasse poco il suo stile non era da meno. Indossava dei pantaloni in pelle nera molto aderenti, coordinati con una maglia dello stesso colore in finta pelle lucida. La maglia, che sembrava disegnata apposta su di lui gli metteva in evidenza gli scolpiti pettorali e gli addominali robusti, donandogli, per quanto si potesse credere in quella situazione, un aspetto davvero meraviglioso.

Non appena le campane della cattedrale di San Basilio scoccarono i dodici rintocchi, come tante piccole lucciole, le Falene si dispersero per le strade di Mosca, raggiungendo in singolo o a piccoli gruppi, le loro postazioni. Si muovevano senza esitazione nel corpo, ma con una grande confusione nella mente, come tanti piccoli insetti attirati dall’odore maledettamente dolce del veleno.

La neve ricopriva interamente le strade della città russa, la quale nascondeva le sue piccole Falene dalla vista di occhi indiscreti, anche se non ne poteva cancellare il passaggio. Kai attraversò agilmente le strade che lo separavano dalla Piazza Rossa, tenendosi a ridosso dei muri per evitare di essere visto. Nonostante la tormenta si fosse placata, continui fiocchi di neve continuavano a volteggiare nell’aria, tempestando il volto ed il corpo del ragazzo, che però pareva non esserne infastidito.

Non sentiva niente. La sua mente era vuota, talmente vuota che poteva anche vedersi come troppo piena di pensieri per poterci mettere un po’ d’ordine. Vedeva, ma non provava nulla…Stava forse diventando uno stelo di ghiaccio privo di sentimenti, come era stato in passato? “Forse…D'altronde, qui si perde l’identità…E magari per dare un netto taglio alla mia vita passata, devo annullare tutto ciò che Loro mi hanno lasciato dentro… 

Un tenue fascio di luce apparso come dal nulla illuminò debolmente le iridi ametista del ragazzo, che non si mosse, riconoscendo anche con la neve, il rumore del motore di quella macchina.

I due fari lentamente si fecero più vicini, mentre dal buio della notte usciva un’auto nera molto elegante, dal modello lineare e sottile; i fari anteriori riflettevano una luce azzurrina che illuminava lievemente i pochi metri successivi, i finestrini, dalla forma accurata erano scuri ma a Kai non servì molto per sapere chi ci fosse dietro. Quando il ragazzo si trovò accanto al vetro del guidatore, quest’ultimo fece abbassare il finestrino, rivelano il viso bello e curato di un uomo circa sulla trentina con capelli biondi e sottili ed occhi di un grigio molto chiaro. La pelle diafana dell’uomo risaltava ancor maggiormente grazie al suo cappotto nero.

L’uomo per niente sorpreso rivolse al ragazzo un sorriso compiaciuto.

- Sapevo che saresti passato di qui - La sua voce era sicura e decisa, ma si nascondeva dietro un velo di ironia e soddisfazione.

Kai si limitò a scrollare le spalle. Anche lui sapeva per certo che l’avrebbe incontrato, ma non riusciva a guardarlo come ogni volta, dopo la rivelazione fattagli da Ranja.

- Su che aspetti, monta su. Qui si congela…Ti porto in un posto – con un sorriso malizioso il biondo aspettò che Kai girasse intorno all’auto, sedendosi nel posto accanto al guidatore. I suoi occhi grigi lo rincorsero di nascosto. Quanto gli era mancato. Era sempre bellissimo, la sua Piccola Falena.

- Che c’è? – lo sguardo sospettoso di Kai lo scoprì a fissarlo.

- Niente. Ti osservavo –

Kai lo squadrò divertito. – E cosa ci sarebbe di tanto interessante da osservare? –

- Tu -

La semplicità di quell’affermazione fu come un pugno nello stomaco per il ragazzo, che nonostante sapesse dell’affetto morboso che provava per lui il russo, mai si sarebbe aspettato una cosa simile. Volse lo sguardo da un’altra parte per sfuggire ai suoi occhi.

L’altro sorrise – Andiamo –

 

Quando la macchina si fermò, per poco a Kai non venne un colpo. Ricordava bene l’edificio davanti al quale si erano fermati, ma mai avrebbe pensato di ritornarci. Un elegante albergo di lusso si stagliava dinanzi a loro, alto e maestoso, come la prima volta che lo aveva visto e vi aveva varcato la soglia…Ma non era solo…

 

- Eh…Ho paura che ci siamo persi! – la voce stridula del prof. Kappa non tentava di nascondere nulla; era preoccupatissimo, agitato e non la smetteva di disperarsi. Kai si girò verso di loro: Rei e Max sembravano stanchi nonostante cercassero di non farlo vedere, il cinese sorrideva mentre l’americano cercava in tutti i modi di sdrammatizzare la situazione facendo battute su Takao, il quale era rimasto indietro rispetto al gruppo. Avevano tutti fame e oltretutto non erano abituati a quel clima, eppure Kai si trovava bene…

Avanzò verso di loro. I ragazzi lo osservavano stupiti; era sempre stato un tipo strano e taciturno, ma questo silenzio assoluto non glielo avevano mai visto. Prese dalle mani del prof. la piantina stilizzata che gli avevano dato alla BBA. Inizialmente non seppe spiegarsi il perché, ma non appena i suoi occhi percorsero la cartina, capì subito che direzione prendere. – Allora ci capisci qualcosa? – gli chiese Rei avvicinandosi a lui. – Forse –

 

- Entriamo o preferisci congelare qui? – la voce suadente di Dimitri lo riportò alla realtà come se avesse ricevuto una scossa. Non era questo il momento…Ora doveva “lavorare”. Entrò insieme all’uomo nella lussuosa hall del Golden Ring Hotel, seguito incessantemente dai suoi ricordi.

 

- Cavolo, ma questo albergo è enorme! – Takao sembrava aver recuperato tutto il suo buon umore, mentre con gli occhi estasiati assaporava ogni centimetro di quella magnifica hall che si stagliava dinanzi ai Bladebreakers. – Sei sempre il solito Takao! – scherzò Max, mentre con le sue parole una strana sensazione di benessere iniziò a contagiare tutti i ragazzi che risero. Tutti tranne Kai…

 

Sbatté le palpebre tornando ad osservare Dimitri che, accanto a lui, prendeva la chiave dalle mani del consierge. L’uomo non badò molto al fatto che un ragazzo dal viso piuttosto scarno si trovasse in compagnia di una figura tanto elegante, anzi probabilmente non si accorse neppure della sua presenza. Era lo stesso di sei anni prima.

- Andiamo – gli sussurrò Dimitri precedendolo verso l’ascensore. A quell’ora non c’era nessuno in giro e così Kai potè tirare un sospiro di sollievo; meno gente lo vedeva, meno possibilità aveva che qualcuno potesse chiedergli informazioni su di lui. Il ragazzo camminava adagio al fianco dell’uomo, mentre con la mente ripercorreva quei corridoi insieme a Takao, Max, Rei e il prof. K…

 

Quando Dimitri passò la tessera magnetica sulla porta della sua suite, il cuore di Kai mancò un colpo. “Questa camera…” osservava l’arredamento con gli occhi sgranati, senza perdersi neanche un particolare. Le delicate tende gialle, l’elegante mobilia in legno pregiato, i tavolini con un fantastico televisore al plasma ultrapiatto. Ogni tipo di confort possibile era concentrato in quella camera, la stessa di sei anni prima…

Il ragazzo percepì un peso sullo stomaco, come se rivedere il posto in cui avevano dormito per quasi due settimane, potesse fargli risentire il loro odore, vedere i loro volti la mattina, sentire le loro risate…

Il suo orgoglio gli concesse un sorriso di beatitudine, mentre intanto Dimitri lo osservava sempre più impaziente e felice. “La mia Piccola Falena”

Si avvicinò a lui da dietro, circondandolo con le sue forti braccia, ed avvicinando la bocca al suo orecchio, nascosto in parte dai capelli argentati. – Allora Chris ti piace? – Il ragazzo chinò indietro il capo lasciandogli intendere di continuare. Chris, il nome che usava quando diveniva una Falena, un nome che serviva a proteggerlo, a nasconderlo al resto del mondo. – Cosa, la camera o questo? – rispose malizioso girandosi verso il biondo ed osservandolo dritto negli occhi. Il diamante e l’ametista in un unico istante. Dimitri intanto non lasciava la presa dai fianchi del ragazzo, neanche quando si piegò su di lui per baciarlo. Un bacio freddo, pieno di impazienza e voglia di sfogare il proprio desiderio. Kai percepì solo questo, come ogni volta; non che Dimitri fosse come Vorcof certo, ma lui non riusciva comunque a leggere altro in quei gesti. Per quanto accurati e delicati, per lui erano come una pugnalata continua, mentre la sua mente rivedeva in quei gesti solo Lei. Lei che lo baciava, lei che si lasciava cullare come una bambina in cerca d’affetto, lei che gli avvolgeva le braccia attorno al collo, lei che gli accarezzava i capelli, lei che lasciava inevitabilmente su di lui il suo fresco profumo di pesca.

Dimitri lo spinse con forza sul grande letto che troneggiava in un lato della stanza. “Sei anni fa lì c’erano due singoli, mentre dall’altra parte ne stavano altri tre…Max, Takao ed il prof. da una parte, io e Rei dall’altra”

Percependo il peso dell’uomo su di sé, Kai cercò di abbandonarsi, come se stesse cadendo nuovamente in una voragine di incubi e sogni repressi con la forza. “Hilary…”

 

Un cuore batteva tranquillo sotto il suo orecchio. Lentamente si rialzò cercando di rimettere a fuoco le immagini. Accanto a lui Dimitri lo osservava compiaciuto ed appagato, i suoi occhi grigi non lo abbandonavano un attimo, mentre con le mani gli accarezzava dolcemente la schiena coperta da piccoli tagli più o meno recenti. Kai si volse verso il biondo e lo osservò per alcuni istanti. Non riusciva a reggere la vicinanza di quegli occhi grigi, poiché troppe volte nella sua mente assumevano lentamente sfumature tendenti al castano, fino ad assumere una colorazione simile a quella del cioccolato. Due dolci e caldi occhi color del cioccolato, che lo osservano come se volessero urlargli tutto l’amore che provavano per lui.

- Sei stato bravo – disse Dimitri tirando Kai verso di sé e baciandolo di nuovo con passione. Il ragazzo rispose al contatto offertogli, anche se dopo pochi istanti si allontanò, dirigendosi a raccogliere i suoi pochi vestiti sparsi per la stanza.

- Te ne vai già via? –

- Come sempre –

- I tuoi soldi sono sul tavolino – disse tranquillo l’uomo intuendo già la prossima mossa della sua Falena.

Kai dopo essersi rivestito si recò nel piccolo soggiorno, accarezzando con la mano il lucente legno del tavolino…

 

- Io propongo un film! – esclamò entusiasta Takao sedendosi comodamente sul divano e appoggiando una pila di dvd sul tavolino in legno. – Ci sto! – concordò Max allegramente accomodandosi anche lui.

- Anch’io – annuì il cinese raggiante, mentre dietro di loro il prof. Kappa si agitava furiosamente. – Ma ragazzi, non dovreste allenarvi!? –

 

- Senti che ne dici di tornare qui domani sera? – gli chiese Dimitri mentre lui stava per uscire.

Kai ci pensò un attimo. Quei soldi erano sufficienti a pagare la Tassa per quella sera, e magari con un piccolo extra avrebbe potuto predere di nascosto qualcosa per i ragazzi.

- Va bene, a che ora? -

- Oh quando vuoi, ho lasciato indicato al consierge che sei il mio segretario ed apprendista. Ti lascerà entrare senza creare problemi

- Un assistente? – Kai lo squadrò seriamente divertito. Dimitri era sempre il solito sfacciato; non aveva un minimo di pudore o ritegno nel far pesare la sua influenza, e questo ricordava a Kai un certo ex blaider di sua conoscenza…Un blaider che tempo fa combatteva con un bey blu scuro, con al centro una magnifica fenice di fuoco.

- Sì…Ma non ho specificato di che tipo di “assistenza” si tratta – disse malizioso l’uomo sorridendo.

Anche Kai si ritrovò a sorridere. Malgrado la situazione, Dimitri aveva quel modo di parlare dannatamente implicito che riusciva a donare lievi istanti di distrazione alla piccola Falena.

- A domani, Chris –

- No Dimitri, a stanotte, sono le due del mattino – con questa frase la Falena lasciò l’albergo, inoltrandosi per le strade di Mosca per tornare alla sua Tana.

 

Era arrivato in orario, stranamente. Per i portici non si vedeva nessuno; le guardie erano tutte rintanate come topi nelle loro camere, le uniche oltre ovviamente a quella di Vorcof, in qui funzionavano i riscaldamenti.

Evitando di battere i denti per il freddo pungente, Kai si diresse rapido verso la sua cella, chiudendosi immediatamente la porta alle spalle. Ancora quella sensazione.

Arrancò sfinito verso il suo giaciglio; nessuno poteva vederlo, lì nessuno avrebbe potuto dire che Kai Hiwatari fosse un debole. Nessuno…Tranne la sua anima. 

Si distese debolmente sul letto freddo e duro come il granito, che in quel momento gli parve il più morbido del mondo. Era senza forze. Dopo aver pagato con tutti i soldi della serata la Tassa con anche gli arretrati della sera precedente, non aveva potuto prendere nulla dalla dispensa, così si era diretto stanco e morto di fame verso la sua cella.

Tuttavia non era la fame o la stanchezza ad impensierirlo, ma se stesso. Come ogni sera si sentiva sporco ed umiliato. Come ogni sera provava ribrezzo per quello che era diventato. Una bambola in mano del primo che passava. Che fosse Dimitri, o Vorcof, o qualcun altro questo non faceva differenza. Era un oggetto, mentre prima era una persona. L’immagine di Hilary gli risuonava chiara nella mente. Lei era il suo primo pensiero ogni mattina, in ogni ora della giornata, ogni istante della notte. Lei c’era sempre.

Il solo fatto che la “tradisse” ad ogni calar della luna, lo faceva sentire uno straccio, un demone caduto oltre le braccia dell’Inferno, un demonio che neanche la Casa di Lucifero vuole accogliere. Istintivamente si portò la mano al polpaccio destro, percorrendo con le sottili dita arcuate il nome inciso sulla pelle. “Hilary”

Ricordava ancora il giorno in cui se lo era fatto; era stato durante la sua prima notte al Monastero. In quell’occasione trovò un piccolo pezzo di vetro, probabilmente un frammento di qualche bottiglia di alcolici rotta dalle guardie. Inizialmente aveva pensato di tagliarsi le vene, ma poi si era ricreduto. “Se lo facessi lei non me lo perdonerebbe mai” così aveva pensato di usarlo per ricordarsi per chi doveva vivere, cosa lo faceva vivere…Si era inciso il nome della sua stella sulla pelle, godendo nel sentire la carne mentre si straziava dal dolore nell’urlare il suo nome…Hilary.

Percependo nuovamente sollievo nel sentire il suo nome sulla pelle, il ragazzo di addormentò sognando l’angelo a cui apparteneva quella scritta e il suo cuore.

 

Un colpo alla porta, altri due in rapida successione, Ranja.

Kai si alzò di scattò e corse alla porta con il cuore in gola. Non era giorno e Ranja non veniva mai nella sua camera di notte, di solito era troppo stanca, e come lui sopraffatta dalla vergogna si rintanava nell’oscurità della sua cella.

Aprì la porta di scatto, prima che la figura davanti a lui gli cadesse pesantemente addosso, aggrappandosi disperatamente alle sue spalle. Barcollarono per qualche istante, prima che lui assicurasse la presa sulle sue braccia.

La guardò negli occhi e un brivido d’orrore si diffuse lungo tutto il corpo. Il trucco era sparso sul viso chiaro, e i suoi occhi arrossati cercavano di nascondere delle lacrime molto taglienti. Sulla gote grosse chiazze bluastre contribuivano a portare i pensieri di Kai verso un’unica direzione. Sentì di aver perso tutto il suo autocontrollo.

- Chi è stato Ranja? – le disse scuotendola con forza.

Lei scosse la testa mordendosi le labbra, mentre i capelli scompigliati sul viso ricoprivano altri lividi e celavano ai suoi occhi viola tagli e contusioni.

- Ranja, rispondi! – Kai alzò la voce adirato come mai in vita sua.

- Non lo so… - disse lei affondando la testa sul suo petto senza riuscire più a fermare la discesa delle lacrime. Kai l’abbracciò forte, facendola entrare nella sua stanza e chiudendo la porta.

- Kai mi spiace ho...Rotto il patto… - disse lei in preda alle lacrime. Già il patto…

 

- E va bene, allora sai che ti dico signor Hiwatari? Facciamo un patto, nessuno dei due verrà mai ad implorare l’aiuto dell’altro. Tanto se sostieni di non aver bisogno di nessuno… -

- Se proprio ci tieni, tanto ti assicuro che non sarò mai io a chiederti aiuto Ranja – disse lui con voce indifferente.

- Oh lo vedremo…Tutti prima o poi hanno bisogno di aiuto, anche Kai Hiwatari – sentenziò Ranja dando così il via al loro strano rapporto di vera amicizia.

 

Kai la strinse forte a sé, permettendole di sfogarsi liberamente. La osservava pieno di rabbia. Chi aveva potuto farle questo? Chi solo si era permesso di toccare la sua amica? I suoi pensieri furono interrotti dai forti sussulti che scandivano i singhiozzi della ragazza, che aveva il volto celato dai capelli abbandonato sul petto nudo del ragazzo. Kai le accarezzò dolcemente la schiena per calmarla, mentre avvertiva sui polpastrelli tracce chiare di quella che doveva essere stata una violenza crudele. I vestiti della ragazza erano strappati in più punti, e l’intero suo corpo era ricoperto di tagli, graffi ed ematomi.

- Kai – disse sollevando il viso verso il suo. Il ragazzo per poco non si spaventò; il bellissimo volto da bambina di Ranja si era tramutato in una maschera di puro terrore, non c’era nulla della sua Ranja in quella ragazza tranne che i suoi occhi.

- Ti prego, posso stare qui con te? – chiese mandando all’aria tutto il suo pudore ed orgoglio. Era sempre stata una ragazza fiera, ma questo era davvero troppo, anche per lei.

Kai non ci pensò nemmeno per un istante. – Certo, dove pensavi di andare? – le disse facendola stendere sul lettino e sdraiandosi accanto a lei. Lo spazio era ridotto, così dovettero stringersi molto, ma a nessuno dei due importava; a Ranja serviva solo la vicinanza di Kai e un suo abbraccio, mentre il ragazzo voleva solo farla riposare, cercando di calmarla e confortarla. L’abbracciò silenziosamente, facendole appoggiare la testa al suo petto, mentre lui le accarezzava i capelli.

- Kai ho bisogno di te -

– Tranquilla, ora ci sono io amica mia. -

 

Beh che dire? Io l’avvertimento OOC l’avevo messo…Il nostro Kai non è esattamente come lo immaginiamo tutte, ma spero comunque che vi sia arrivato in qualche modo. La sua non è debolezza, ci tengo a metterlo in chiaro, è semplicemente rassegnazione e paura per l’incolumità delle piccole Falene.

Avviso per i lettori: dal prossimo capitolo ci riattaccheremo anche a “quelle anime che si trovano in Giappone”…In fondo è un seguito di Ad un passo…In the middle between Life and Death o no?

 

L’angolo dei grazie^^

 

Lexy90: Grazie tesoro per esserti letta anche questo mio piccolo delirio^^ Mi fa molto piacere e sono contentissima quando leggo che ti sembrava quasi di essere lì…Beh qui col fatto che ci sono anche pochi personaggi (rispetto ai Cavalieri) l’inquadratura su Kai è a 360°^-^ Eh sì il caro Vorcof non si smentisce mai, è sempre lurido e perfido e nella mia mente perversa ha sempre avuto la faccia da maniaco (e soprattutto ossessionato da Kai) Per quanto riguarda Ranja, lei è una mia piccola creazione e come tutti i personaggi che ho inventato (prendi Crystal e Samantha per esempio) anche lei ha una sua caratterizzazione specifica, e spero vivamente che ti possa piacere sia la nuova arrivata sia il capitolo^^ Grazie ancora per il tuo continuo ed immancabile appoggio…E’ molto importante^^ Baciuzzi Avly

 

Pich_91: Grazie 1000 Pich per le annotazioni tesoro, sono contentissima che questa storia ti abbia colpito in maniera positiva e mi impegnerò perché continui a farlo^^

Mi fa estremamente piacere il fatto che tu abbia trovato Kai IC, io per la verità avevo paura di averlo reso OOC, ma se mi dici questo allora è ancora meglio! Felice che Ranja ti piaccia, tengo molto a questo personaggio e sono contenta quando sento che anche a voi lei comunica qualcosa^^

Spero di ricevere il tuo parere anche su questo capitolo! Baciuzzi Avly

 

Silvj: Grazie davvero cara! Sapere che ti vengono in mente possibili seguiti è una grande cosa per me, perché significa che la storia ti ha colpita^^ Spero vivamente che questa storia ti possa continuare a piacere e aspetto un tuo parere^^ Grazie ancora!! Baciuzzi Avly

 

Ringrazio di cuore Flamara, Ria e Silvj che hanno messo questa storia fra le seguite^^ Grazie 1000 Baciuzzi Avly

 

Only for you my friends,

Avly

 

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