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N.d.A.: E’ ufficiale, sono impazzita! Tutta colpa della prima serie di Supernatural,
che io sto seguendo con GRAAANDE passione. Ho iniziato questa nuova fan
fiction immaginando che il mio adoratissimissimissimo
CASTIEL (si capisce che lo adoro?) sia stato con i
nostri cari fratelli Winchester fin dall’esordio. Essendo la prima puntata
BELLISSIMA, non ho voluto stravolgerla per intero, ma
questo capitolo è comunque ispirato alla puntata 1x01 “La caccia ha inizio”,
pur essendo un Universo Alternativo. Spero vi piaccia… perché, a Dio piacendo,
ne vedremo delle belle XD XDXD
Black
feather
- Palo Alto ~ California –
- 2
Novembre 2005 -
“Come vuoi tu fratellino... se per te è tanto importante essere un nerd per tutta la vita... fa pure.”mormorò Dean Winchester parlando dasolo, nella sua Chevy
Impala del '67, pochi secondi dopo aver lasciato suo fratello Sam davanti casa
sua, per tornare alla sua vita di tutti i giorni.
Già, una normale vita da secchioni, con una
bella fidanzata, un sacco di amici secchioni e... un futuro stabile, sicuro e
prospero. Ma a Dean questo non importava, lui aveva
sempre vissuto on the road, insieme a
suo padre. Si rattristò ,ricordando che adesso suo
padre non c'era.
E anche Sammy l'aveva nuovamente
abbandonato.
“Al diavolo, io basto a me stesso!” esclamò accendendo la radio.
“Fermati, Dean Winchester.”
Dean guardò nello specchietto retrovisore e vide... un uomo seduto sul
sedile posteriore.
“Porca puttana!” imprecò inchiodando subito la macchina.
La Chevy fece un testacoda, e non si ribaltò
solo perchè Dean non stava andando a forte velocità. Una
volta fermo, guardò di nuovo nello specchietto,
e l'uomo era ancora lì. Dean ruotò il busto e lo guardò. Un uomo giovane, sui
trentacinque anni, con un impermeabile beige.
“E tu chi cazzo sei?” gli domandò più
sorpreso che arrabbiato.
“Torna indietro.” gli disse come se glielo
ordinasse.
Dean per tutta risposta tentò di colpirlo, ma l'uomo afferrò
prontamente il pugno chiuso del giovane Winchester, serrandolo in una morsa
dolorosa.
“Invece di picchiare me, torna subito indietro. Tuo fratello è in
pericolo.” lo avvisò serio, stringendogli sempre il
pugno.
“Cosa? E tu che ne sai?”
gridò Dean tentando di liberarsi dalla potente presa di quell’uomo.
L'uomo, improvvisamente, sparì davanti agli occhi del ragazzo.
“Ehi ma che...?” esclamò meravigliato
massaggiandosi la mano.
Ma chi era? Sicuramente non un fantasma, quella mano era decisamente reale. E allora come
aveva fatto a sparire in quel modo? E come
faceva a sapere il suo nome? Perchè Sammy era
in pericolo?
Quando finalmente finì di porsi un milione di domande, ebbe la
sensazione che chiunque fosse quell'uomo, aveva
ragione.
Il testacoda di poco prima gli evitò di fare inversione, partì a gran
velocità e in pochi secondi era tornato davanti alla
casa dove abitava suo fratello minore. Scese dalla macchina e guardò la
facciata dell'edificio.
Fumo. Dalle finestre usciva fumo: c'era un incendio proprio
nell'appartamento di Sam.
“Oh merda...”
Iniziò a correre in direzione del portone, con uno spintone lo aprì e
rapidamente salì su per le scale. Sentì Sam urlare il nome della fidanzata.
Tirò un calcio alla porta e ciò che vide gli ghiacciò il sangue nelle vene. Fiamme dappertutto, e Jessica, la ragazza di suo fratello, al
centro del soffitto circondata dal fuoco. Sam era sul
letto, fissava l'orrore urlando, incapace di muoversi. Dean si precipitò
da lui e prendendolo praticamente tra le braccia, lo
trascinò fuori.
“No Jessica!” urlò il più piccolo dei fratelli.
“Andiamo Sammy!”
“No!”
/------/
I pompieri spensero l'incendio, ovviamente per la
ragazza non c'era stato nulla da fare. Sam si chiuse in un mutismo pieno
di rabbia, ma nei suoi occhi Dean lesse una risolutezza che, nonostante la
terribile esperienza appena vissuta, lo rincuorò: Sam era di nuovo con lui.
La caccia era iniziata per davvero.
Sistemarono le armi nel bagagliaio e si prepararono a partire per la
prossima missione, ovunque li avrebbe portati il diario di John.
Dovevano trovarlo, ora più che mai. Non solo la loro madre era morta in un modo
atroce, anche la dolce Jessica aveva avuto la stessa sorte.
“Sam, stai bene?”
“Sì.”
“Dovresti riposarti un po', prima di partire...”
“No, voglio partire immediatamente.”
Dean annuì, evitando di fargli altre domande inopportune.
Sam salì sul lato del passeggero della Chevy,
e Dean girò per salire sul lato del guidatore. Ma
pochi istanti prima di aprire lo sportello, notò con la coda dell'occhio un
movimento alla sua sinistra. Si voltò di scatto e lo vide. Di nuovo quell'uomo
in impermeabile beige, che ora lo fissava da dietro un albero: sembrava quasi
un maniaco.
Aveva un'espressione accigliata e severa, Dean
decise in un attimo di raggiungerlo per chiedergli chi diavolo era e
soprattutto cosa c'entrava lui con quello che era successo a Jessica. Era stato
lui ad appiccare l'incendio? E se era così, perchè poi
lo ha avvisato del pericolo corso da suo fratello?
Ma non ebbe neanche il tempo di fare un passo, perchè
quell'uomo misterioso sparì di nuovo, come se non fosse mai stato lì. Dean
pensò se per caso non fosse un'allucinazione: se non era un fantasma, cosa
diavolo era? Eppure era fatto di carne e ossa, gli aveva praticamente
frantumato una mano, e non poteva essere neanche una qualche evoluzione di
vampiro, visto che la sua mano era calda.
“Dean, muoviti.”
La voce del fratello lo scosse dallo stupore,
aprì lo sportello e salì in macchina. Istintivamente guardò nello specchietto
retrovisore, temendo di trovarselo di nuovo alle spalle: qualsiasi cosa fosse,
era inquietante.
Non c'era, per fortuna.
Ma sul sedile c'era qualcos'altro.
Dean corrugò la fronte e Sam lo guardò perplesso.
“Che ti prende?”
Il maggiore dei Winchester scosse il capo ma
non rispose, si voltò e allungò la mano sul sedile posteriore, afferrando ciò
che giaceva al centro di esso. Tornò nella sua posizione naturale e osservò
attentamente la cosa che aveva in mano: lunga, sottile e nera.
“Che roba è?” domandò Sam fissando prima
quella cosa e poi suo fratello.
Dean continuava a osservarla, rigirandola
nella mano, quasi fosse incapace di metterla realmente a fuoco.
“Sembra una... piuma.” disse infine,
dubbioso.
“Sì, questo lo vedo. Ma
che ci fa qui? Cos'è, un amuleto nuovo?”
“Certamente non è mio... non ho la minima idea di come possa essere finita qui...” continuò
Dean, seriamente stupito.
“Allora buttala e partiamo.” gli suggerì
sbrigativamente il fratello minore.
Ma Dean non la buttò, restò a guardarla per qualche istante
e la mise nel cruscotto, senza sapere perchè.
“Ora ti metti a collezionare penne di fagiano?” commentò Sam
sarcastico.
“Penso solo che per adesso, è meglio tenerla.”rispose serio.
Ripartirono in silenzio, ognuno chiuso nei propri pensieri.
Sam, disperato per la morte del suo amore, ma
incapace di esternarlo.
Dean, amareggiato per l'orrenda morte della sua quasi-cognata
e per lo stato d'animo in cui, ne era certo, si
trovava suo fratello, pur senza piangere o lamentarsi.
E poi, c'era quell'uomo e il suo maledetto impermeabile:
cosa diavolo era? Sì, ormai non pensava più chi
era ma cosa era.
Perchè Dean, chissà come, una cosa l'aveva capita, ma non voleva allarmare suo fratello, stressandolo più di quanto non lo
fosse già.
Quella lunga, sottile piuma nera, apparteneva all'uomo che aveva
salvato Sam Winchester.
Note: l’ho scritta praticamente di getto, ho
avuto un’ispirazione improvvisa. Spero vi sia piaciuto leggerla come a me
scriverla. Saranno più che apprezzate le vostre recensioni ^__^
N.d.A.: Dopo l’allucinante tragedia accaduta
alla povera Jessica, e dopo il salvataggio di Sam, Castiel fa rapporto ai
superiori. Un Castiel OOC ma non troppo, visto che il “vero” Cas non ci è molto chiaro. Creatura strana, vero? ^__^ Adorabile!!!
Orders
- Somewhere,
in a SupernaturalDimension
-
- 3 novembre 2005 -
Un’enorme
stanza bianca, senza finestre. Non c’erano fonti di luce, né lampadari né
candele. Tuttavia era così splendente da ferire gli
occhi. Non i suoi ovviamente: i suoi occhi non potevano essere feriti in alcuno modo. Fece alcuni passi e si fermò, in attesa che le persone di fronte a lui gli ordinassero di
parlare.
“Allora
Castiel, cosa puoi dirci?” iniziò uno di loro, all’apparenza il più anziano.
L’interpellato
si inumidì le labbra: aveva notato che
quell’espediente rendeva più agevole la parola, il corpo umano era una macchina
complicata.
“Li ho trovati, sono di nuovo insieme. Il padre non c’è.” sintetizzò con voce atona.
L’altro
annuì soddisfatto, fissò Castiel e gli porse un’altra domanda.
“Cosa c’è che non va, soldato? Non sembri soddisfatto come
dovresti.”
“Lo sono,
infatti. Ma devo ammettere che avrei voluto poter
evitare….. quell’orrore. La ragazza è morta.” disse,
tradendo un certo rammarico.
Il suo
superiore fece una risatina. “Castiel, non era una tua competenza. Tu dovevi
soltanto trovare i due fratelli e fare in modo che non accadesse nulla al più
giovane. Del resto non doveva interessarti. Non iniziare a nutrire particolari
sentimenti per gli umani, è pericoloso.”lo avvertì.
Castiel
serrò le mascelle. “Nossignore. Io non provo particolari sentimenti per gli
umani. Ma non è stato uno spettacolo piacevole.” commentò serio.
“Oh me ne
rendo conto, ma credimi, vedrai cose ben peggiori. Dovrai abituarti all’idea,
temo.” gli annunciò il suo superiore, con un tono che lui stimò canzonatorio.
Ma
non osò controbattere. Tirare troppo la corda era imprudente.
“I prossimi
ordini, Zaccaria?” domandò Castiel, guardando tutti e quattro i presenti, che
si guardarono per pochi istanti.
“Seguili, a
debita distanza. Non devi interferire nella loro vita, non troppo almeno.
Intervieni solo quando la situazione lo richiede.” gli ordinò Zaccaria.
Il
sottoposto annuì. “E che tipo di situazione dovrebbe
richiedere il mio intervento?” domandò legittimamente.
Zaccaria
fece una smorfia, pensando che quel piccolo subordinato che aveva davanti sapeva rendersi molto antipatico.
“Tipo,
quando uno dei due sta per morire. Oppure quando
ficcano il naso in cose che non sono di loro competenza, e mi auguro che tu
sappia riconoscerle. O, in via del tutto eccezionale, quando
hanno a che fare con qualcosa di davvero, davvero grosso. Solo allora
puoi metterci lo zampino, Castiel. Intesi?” concluse
fermamente, puntando il dito contro l’uomo di fronte a sé.
“Certamente.
Se non c’è altro, tornerei alla mia missione.”disse il soldato, aspettando di essere congedato.
Zaccaria
sorrise freddamente. “Certo, va pure Castiel. E mi raccomando, attieniti agli
ordini e sii prudente, loro non devono sapere chi sei.”lo ammonì.
Questa
volta fu Castiel a sorridere con freddezza. “Mi attengo sempre agli ordini,
Zaccaria. E comunque, più che altro non devono sapere cosa sono.”
“Sono
sinonimi, soldato. Ma è ammirevole la tua smania di
precisione. Tuttavia questa volta è fuori luogo.” lo apostrofò
per colpirlo nell’orgoglio.
“Desolato.
Tenterò di tenerla a bada, la prossima volta.”replicò sarcastico, provocando lo sdegno del superiore.
“Attento,
soldatino. A volte giochi troppo con il fuoco. Finirai per bruciarti le piume. Ricorda che tutti sono utili…”
“… e nessuno è indispensabile. Lo so.” terminò
Castiel, fissando il suo superiore degli occhi.
Insolente damerino!pensò
Zaccaria, desiderando di annientarlo all’istante, ponendo fine alle sue
continue impertinenze.
Ma
non poteva, quel piccolo idiota non era indispensabile, ma molto utile. E lo sarebbe stato molto di più nel prossimo futuro. A
lavoro ultimato, avrebbero pareggiato i conti una volta per
tutte.
“Mi domando
se il bastardo che stai possedendo si renda mai conto di quanto il suo corpo si
avvicini spesso all’essere distrutto in una frazione di secondo, Castiel. Non
hai nessun riguardo per chi ti ospita.”
“Se non
sbaglio, mi viene continuamente ordinato di non
provare nulla verso la razza umana. Non vedo perché il mio ospite dovrebbe fare
eccezione.”
Zaccaria si irrigidì. “E’ vero, vedo che tieni a mente le lezioni.
Proprio uno studente modello. Adesso va, torna al tuo
lavoro.” lo congedò brusco.
Castiel
annuì e si voltò, incamminandosi a testa alta: mai farsi vedere a testa da bassa, non da Zaccaria.
Una volta uscito, i quattro uomini si guardarono, uno di loro, un uomo di
colore alto e robusto, prese parola.
“Non mi piace Zack, quello non mi piace.” ripeté due
volte scuotendo il capo.
“Neanche io
lo amo, ma per ora non possiamo dargli una lezione. Ci serve, e ci servirà
moltissimo in futuro.”
“E dobbiamo sopportare la sua odiosa insolenza? Non credo di
farcela.” confessò a denti stretti l’altro.
“DeviUriel, non hai scelta.
A suo tempo gli presenteremo il conto. Salato, e con gli interessi” gli
assicurò Zaccaria con un sorriso cattivo.
“Sì, ma
chissà quando. La strada è ancora molto lunga…” intervenne
un altro del gruppo.
“Oh ma noi
abbiamo tempo da vendere, signori. Non abbiate fretta, il tempo è galantuomo.”rispose senza smettere di
sorridere.
Sì, non
c’era fretta. I giochi si era appena aperti, la strada
da percorrere ancora tanta, ma per loro il tempo non era un problema.
Ma per i Winchester invece lo era. Loro, tutto sommato,
avevano poco tempo.
Presto si
sarebbe scatenata l’Ultima Grande Guerra.
“Zack, potrò avere io l’onore di farlo fuori?” domandò Uriel, riferendosi a Castiel.
“Ma è ovvio amico mio, non ti priverei mai di questo
divertimento. Ma voglio essere in prima fila, a
godermi lo spettacolo!”
Risero
tutti e quattro e sparirono, contemporaneamente.
Note: grazie a Robigna88 <3e ad Alexya379 per le loro bellissime
recensioni XD!! Spero di riuscire a far evolvere la storia come l’ho pensata
oggi pomeriggio… un lampo di genio O__O!!!
N.d.A: Oddio… mi vergogno…. capitolo HOT
=__=!!! Ma se devo fare un Castiel OOC, allora vai di scene bollenti XD XD!!
Spero vi piaccia almeno un pochino… l’ho scritto per far capire com’è
alternativo questo universo XD e anche per far finalmente avere una donna al
mio amato Castiel !!! Lascio il rating arancione perché non mi sembra di essere
stata troppo esplicita O__o spero di non essere punita =__=!!!
Lust
- Pontiac ~ Illinois -
- 6/7
Novembre 2005 –
Lussuria.
Uno dei sette peccati capitali, forse quello più commesso dagli umani fin dalla
notte dei tempi. Incontrollabile istinto di uomini e donne. Nonostante tutto il
suo sapere, egli non sapeva come definirla: sentimento, emozione? Tutte e due,
o nessuna di esse?
Gli avevano
più volte imposto di non provare nulla per gli umani,
emozioni o sentimenti che fossero. Ma come poteva fare a meno di provare
quella irrefrenabile passione? Non era lui a
comandarla, non riusciva a controllarla: doveva solo obbedirle.
Così,
spinto dalla lussuria, apparve nella sua camera da letto.
/-------/
Un lieve
fruscio le annunciò il suo arrivo. Passi lenti e sicuri la raggiunsero,
fermandosi a pochi centimetri da lei. Era dietro le sue
spalle, sentiva il suo respiro. Il cuore della donna pulsava velocemente,
ogni volta la stessa emozione devastante.
Non aveva
il coraggio di voltarsi e incontrare quello sguardo che lei conosceva bene, ma
che ogni volta le scuoteva l'anima. Restò lì, immobile davanti al letto, in attesa. L’uomo dietro di lei alzò le mani e le posò sulle
sue spalle, scendendo lungo le braccia e avvicinando il viso ai suoi capelli.
Inspirò il loro profumo e li accarezzò dolcemente, lunghi e morbidi capelli
biondi che scivolavano docili tra le sue dita. La donna rabbrividì.
L’uomo le
spostò i capelli su un lato, scoprendole il collo. Si chinò e posò le labbra
sulla sua pelle, baciandola con dolcezza.
“Mi
aspettavi?” le sussurrò all’orecchio.
“Sì….” rispose lei debolmente, sopraffatta dall’emozione che
provava nel sentirlo così vicino.
L’uomo
sorrise e le baciò nuovamente il collo, mentre le sue mani lentamente le
cingevano la vita, stringendola a sé. La donna credette di svenire: perché ogni
volta si sentiva così? Perché le bastava essere
sfiorata da lui per sentirsi fragile, indifesa, totalmente in balia delle sue
emozioni?
Eppure
era così, ogni volta soggiogata dalle sensazioni che quell’uomo accendeva in
lei. Sensazioni diverse da quelle che egli le dava prima del suo incredibile
cambiamento, sensazioni che la stordivano, la impaurivano, ma allo stesso tempo
la inebriavano come non le era mai accaduto.
La giovane
donna sentì le sue mani stringerle la vita per poi salire lentamente verso il
petto. Lì si fermarono, posandosi leggere sui seni e stringendoli appena, ma
che bastò a farla fremere, costringendola ad appoggiare la schiena al petto
dell’uomo per paura di cadere a terra. Lui l’accolse tra le braccia, posando il
mento sulla sua spalla. Lei chiuse gli occhi, sentendo il respiro
di lui sulla guancia. Una parte di lei si sentiva
in colpa, tremendamente in colpa: tutto ciò era sbagliato. Ma
c’era un’altra parte di lei che non poteva farne a me. Non poteva evitare di
desiderarlo disperatamente. Non le era mai successo: solo con lui, e solo dopo quella specie di trasmigrazione che ancora non capiva. Era
come fare l’amore con due uomini contemporaneamente. Si sentiva in colpa, ma
non poteva fare a meno di desiderarlo.
“Amelia….” le sussurrò sfiorandole la guancia con le labbra. La sua
voce, calda e sensuale, la sciolse completamente.
Era
scorretto, probabilmente anche peccaminoso, ma Amelia
voleva solo che lui la possedesse. Dopotutto, quello era sempre il corpo di suo
marito: che c’era di sbagliato nel desiderare il proprio marito? Certo, era per
quello che ogni volta si sentiva così disorientata ed elettrizzata. Lei voleva
suo marito, com’era normale che fosse: l’altro non c’entrava nulla. Per questo
non l’aveva respinto, la prima volta che le si era
avvicinato con l’intenzione di amarla. Per questo l’aveva accolto nel suo letto
come se non fosse cambiato nulla. Per questo ogni volta
gioiva tra le sua braccia, come sempre era stato. Non doveva
sentirsi in colpa, non era sbagliato amare suo marito. Era così, doveva essere così.
Le
sensazioni che le sembravano diverse, più acute, più intense, erano solo il
frutto di quella strana situazione: nulla più. Erano le mani di suo marito ad
accarezzarla, le sua labbra a baciarla, nessun altro
che Jimmy. E in quel momento, voleva essere amata.
Intensamente.
/-------/
Gli piaceva sentirla vibrare con un semplice
abbraccio, si sentiva desiderato. Prima di lei, non capiva il
significato della parola desiderio. Ne aveva solo sentito parlare, soprattutto in toni
sprezzanti, ad esempio di come spesso portava l’uomo alla rovina. Non lo aveva
mai provato, ma dopo aver preso possesso di quel corpo umano, miriadi di immagini gli erano balenate davanti agli occhi, centinaia
di pensieri, ricordi, emozioni.
Così, quando la vide per la prima volta, avvertì come una scarica
elettrica che attraversò tutto il suo corpo. Aveva cercato di resistere alla
tentazione, sapeva che era decisamente sbagliato, ma
alla fine aveva ceduto e aveva tentato di avvicinarsi a lei, come un umano.
Amelia non l’aveva rifiutato. Castiel occupava il
corpo di suo marito Jimmy, supponeva fosse stato facile per lei
concedersi. I loro corpi si conoscevano, non c’era
stato imbarazzo da parte della donna. Neanche lui si era sentito imbarazzato:
accecato dalla passione, voleva solo possederla. E l’aveva fatto con ardore,
perdendosi in lei, nelle sensazioni che gli suscitava
e nel piacere che si davano a vicenda.
Da quella notte, l’incontro si era ripetuto ancora e ancora, da mesi andava
da lei anche nel cuore della notte, e ogni volta era ugualmente intenso. Era sbagliato,
lo sapeva bene: ma non poteva farne a meno. Non riusciva ad opporsi
alla lussuria, poteva solo obbedirle.
/-------/
La fece voltare verso di sé, le accarezzò il
viso e le sorrise. “Sei così bella…”
Come si poteva resistere ad una creatura come Amelia? Come era possibile non desiderare quelle labbra, quella
pelle morbida? Lui non poteva, e non voleva, e fino a quando anche lei lo
avrebbe voluto, non avrebbe mai smesso di andare da
lei per fare l’amore.
Amelia si sentiva così fragile davanti a lui, si perdeva nei suoi
occhi e le sue parole la disorientavano: perché tutto
sembrava così dannatamente diverso? Perché ogni volta
si sentiva come se fosse la prima volta?
“Jimmy…” mormorò lei
improvvisamente, quasi senza accorgersene.
Gli occhi di Castiel si velarono per un istante, per poi riaccendersi
di desiderio. Sorrise di nuovo e si chinò per baciarla. Non appena le loro
labbra si unirono, Amelia dimenticò tutti i suoi dubbi e le sue
paure e si abbandonò a quel bacio appassionato aggrappandosi alle sue spalle.
Lui le passò un braccio intorno alla vita e la strinse forte a sé, sentendo
il suo corpo morbido contro il proprio. La voleva.
Ruppero il bacio e si guardarono negli occhi, lentamente Castieliniziò a insinuare
le proprie mani al di sotto della sua vestaglia, facendola scivolare a terra. Amelia
indossava una sottoveste di raso, bianca, allacciata da un sottile nastro dello
stesso tessuto. L’uomo ne sciolse il fiocco e l’aprì, facendo scivolare a terra
anche quella. Nel fare ciò, sfiorò con le dita la pelle della donna, facendola
vibrare ancora una volta.
Lui se ne accorse e sorrise compiaciuto.
Amelia era rimasta in biancheria intima, e lui la guardò
con bramosia. Cominciò a respirare più forte e il suo cuore iniziò a pulsare
velocemente. Le prese il viso tra le mani e la baciò di nuovo, più voracemente di
prima. Amelia rispose al suo bacio con lo stesso trasporto, aiutandolo a
spogliarsi. L’impermeabile, la giacca, la cravatta, ad uno ad uno tutto i suoi
indumenti vennero quasi strappati via: il gioco era
durato abbastanza, ora facevano sul serio.
In pochi istanti rimasero completamente nudi,
Castiel la spinse sul letto facendola sdraiare, per poi sdraiarsi su di
lei, facendosi spazio tra le sue gambe. La guardò negli occhi, luccicanti di
desiderio: gli sorrise, tirandolo verso di sé.
“Prendimi…”
La prese.
Amelia gemette e gli cinse i fianchi con le gambe, stringendosi forte
a lui.
L’uomo iniziò a muoversi in lei con vigore, sempre più veloce, in
sincronia con i loro respiri.
Jimmy.
Era lui a possederla, era contro il suo corpo che si stringeva, era il
suo respiro quello che sentiva sulla pelle.
Ma a muovere quel corpo, era Castiel.
Non doveva pensarci, non doveva. Era suo
marito che la stava amando, era lui che si muoveva dentro di lei con impeto. Era
Jimmy a darle il piacere, e nessun altro.
Smise di pensare, concentrandosi su di lui, i loro respiri sempre più affannosi,
il piacere sempre più intenso.
La donna si irrigidì tra le sue braccia, urlò
rabbrividendo all’arrivo di quel devastante culmine di piacere. Il suo corpo si
rilassò, giacendo sotto di lui.
Solo allora Castiel si sentì libero di arrendersi al piacere, per poi
abbandonarsi su di lei, sfinito dalla passione.
Restarono fermi per interminabili momenti, riprendendo fiato dopo la
furiosa voluttà che li aveva uniti ancora una volta. Castiel decise di
liberarla dal proprio peso, stendendosi sul letto. Ansimavano ancora, e nessuno
dei due parlava. Non c’era nulla di cui parlare.
Erano entrambi felici, e allo stesso tempo tristi.
/-------/
Castiel se ne andò mezz’ora dopo, lasciò Amelia
addormentata, nuda sotto le lenzuola. L’aveva guardata per po’,
poi era sparito in silenzio. Era stato meraviglioso, ma un po’ triste. Era
sicuro che mentre stavano facendo l’amore, lei pensava a Jimmy. Il che era
normale, visto che in fin dei conti, era suo il corpo che usava per amarla. Però non riusciva a sentirsi completamente appagato.
Mesi prima le aveva mentito. Le aveva detto che era suo marito a spingerlo verso di lei, era Jimmy
a volerla come quando non c’era Castiel nella sua testa. Era falso. Jimmy era
incosciente, non si accorgeva affatto di ciò che gli succedeva intorno. Tanto
meno di fare l’amore con lei.
Era Castiel a volerla, solo lui. Era suo il desiderio che lo spingeva
verso Amelia, sua la lussuria che gli faceva perdere il controllo.
L’aveva chiamato “Jimmy”, e lui se ne era
sentito ferito. Era stupido e lo sapeva, ma non poteva farci niente.
Gli sarebbe piaciuto, anche solo una volta, sentirle dire il suo nome
mentre facevano l’amore.
Castiel……
/-------/
Se n’era andato senza dirle niente, forse la credeva addormentata, o
più semplicemente non aveva nulla da dirle. Anche lei, dopotutto, non aveva
niente da dirgli. Era stato meraviglioso, ma non si sentiva bene. La consapevolezza
dei suoi sentimenti la spinse alle lacrime.
Era sempre come fare l’amore con due uomini: il corpo di Jimmy,
conosciuto, amato, rassicurante; la passione di Castiel, sconosciuta,
travolgente, quasi inquietante. Suo marito era sempre stato un amante attento, gentile,
passionale ma… tranquillo.
Castiel era tutt’altra cosa: attento e generoso, ma aveva una
sensualità impetuosa, autoritaria. Lussuriosa. Era magnifico.
Amelia stava male perché sapeva che Castiel lo faceva per assecondare
Jimmy, non perché la desiderava sul serio.
Piangeva perché lei amava entrambi, Jimmy e Castiel.
No. Piangeva perché lei aveva iniziato ad amare Castiel. Solo lui.
Così diverso da suo marito, così intenso. Jimmy era un uomo
tranquillo, posato. Castiel no. E lei si era innamorata di lui.
Si rannicchiò sotto le lenzuola, chiedendosi perché tutto questo.
Chiedendosi perché non si fermava mai un po’ con lei, per tenerla
stretta a sé, anche solo per un’ora.
Si addormentò, sperando di rivederlo presto.
Note: Oddioooooooooooooooo che
vergogna…. =___=!! Che ne pensate? È da rating rosso??? Oddioooooooo *blushes*
Però che bello Cas che fa all’amore *__*!!! Più umano di così XD!!
Il Wendigo catturò Dean, stordendolo e trascinandolo nella boscaglia,
verso il proprio rifugio
N.d.A: Ispirata all’episodio 1x02 “Wendigo”. Spero vi piaccia XD
Don’t
leave them alone, John.
- Blackwater Ridge ~ Colorado
–
- 12 Novembre 2005 -
Il Wendigo catturò Dean, stordendolo e
trascinandolo nella boscaglia, verso il proprio rifugio. Castiel era presente.
“Maledizione!” imprecò
vedendo il terribile pericolo corso dal giovane Winchester. Quel mostro lo
avrebbe divorato vivo.
“E' abbastanza seria come situazione, Zack?”
disse ironico.
Sì, la situazione era decisamente seria. Il Wendigo era una creatura orribile, un uomo diventato
qualcos'altro, fortissimo e feroce, veloce come poche creature a lui note.
Castiel sapeva di dover intervenire, ma non riusciva a calcolare fino a che
punto. Maledetti ordini, come poteva proteggere quei ragazzi se non gli era
permesso neanche farsi vedere?
Seguì la creatura nel bosco, restando invisibile. Si muoveva rapido,
portando Dean svenuto sulle spalle. Arrivarono presso l'entrata di una vecchia
miniera in disuso, la creatura entrò e Castiel attese qualche istante: non
conosceva benissimo quel tipo di essere, temeva di
essere colto di sorpresa: si sentiva molto più a suo agio con demoni che non
con cannibali centenari.
Entrò, procedendo all'interno della galleria oscura, seguendo l'aura
di Dean. Lo trovò all'interno di una specie di grotta, legato
e appeso al soffitto come un quarto di bue. Era svenuto, non c'era
bisogno di farlo addormentare: non doveva vedere Castiel. Si guardò intorno e
notò un ammasso di ossa umane, quella vista lo
rattristò: come può un essere umano cibarsi dei suoi simili?
“Il Male ha davvero molte facce.”
pensò.
Distratto per un attimo, Castiel fu sorpreso alle
spalle dal Wendigo, che lo scaraventò contro la
parete. L'uomo
ricadde a terra in un tonfo, ma evitò di emettere suoni. La creatura era furiosa, l'intruso aveva osato avvicinarsi alle sue
provviste: Dean e l'altro ragazzo appeso accanto a lui. Si rialzò da terra
rapidamente e lo fissò. Castiel non poteva ucciderlo, sarebbe stato
intromettersi decisamente troppo. Doveva semplicemente
allontanarlo, evitando che uccidesse Dean.
Quindi non poteva difendersi a dovere, tanto che il Wendigo lo colpì al petto con quei lunghi e affilati
artigli, lacerandogli la pelle fino alla carne. Rivoli di sangue intrisero la
sua camicia, diventando color cremisi.
“Bastardo...” sibilò a denti stretti.
Castiel si lanciò verso l'essere, riuscendo a scaraventarlo lontano.
Meravigliato dalla forza di quello strano umano, il Wendigo
si ritirò, scomparendo velocemente nei meandri della miniera. L' uomo si voltò verso Dean, ancora senza conoscenza, alzò lo sguardo
al soffitto, una lunga corda appesa ad un gancio lo teneva sospeso a diversi
centimetri da terra, ma non poteva slegarlo.
Sospirò, pensando a cosa fare per portare Sam da suo fratello. Si
ricordò di essere ferito, abbassò lo sguardo e vide il sangue continuare a
fuoriuscire da quegli squarci sul petto. Lui non sentiva dolore,
ma Jimmy sì. Sentiva che si stava svegliando a causa delle ferite, e
prontamente si posò una mano sul petto, guarendo quel corpo all'istante. Jimmy
non doveva in nessun modo soffrire.
Dopodichè iniziò a guardarsi intorno, notò poco distante da Dean un
sacchetto colorato, si avvicinò e lo raccolse.
M&M's , lesse mentalmente.
Una specie di piccole caramelle colorate: guardò Dean appeso davanti a
sé, chiedendosi come mai un ragazzo grande e grosso come lui amasse
quel genere cose. Piccoli, colorati bottoncini di
zucchero...
Gli venne un'idea: quella roba era facile da notare sul terreno scuro.
Sparì e ricomparve poco distante dal luogo in cui il Wendigo aveva preso Dean, e iniziò a spargere i bottoncini colorati, creando una specie di sentiero. Dopo
pochi metri, il sacchetto si svuotò, ma era certo che
sarebbe bastato ad indicare la via al più giovane dei fratelli.
Sospirò di nuovo, amareggiato da quella stupida situazione. Lui era in
grado di disintegrare quella cosa mostruosa in un istante, invece non doveva
intervenire. Poteva solo aggiustare il tiro, per così dire.
“Tutto ciò è umiliante.” disse a sé stesso,
sparendo di nuovo.
Ricomparve nella grotta all'interno della miniera, dove Dean era
ancora appeso al soffitto, incosciente ma vivo. Anche
l'altro giovane era vivo: ragazzi fortunati, tutto sommato. I proprietari di
quelle ossa, non lo erano stati altrettanto.
Si nascose in un angolo buio e attese Sam Winchester, vegliando su
Dean.
Il ragazzo arrivò pochi minuti dopo, insieme ad
altri due giovani. Liberarono Dean e l'altro ragazzo, e si prepararono
all'arrivo del Wendigo. Dean come al
solito, fece la parte dell'eroe, offrendosi al mostro per distrarlo e
permettere agli altri di scappare.
“Tu mi darai parecchi problemi, ragazzo.” mormorò Castiel scuotendo il
capo.
Sam fece uscire gli altri ragazzi, ma rimase con il fratello. La
bestia ringhiava, orribilmente alta: nulla più in lei era umano. Castiel
osservò tutta la scena, fino a quando Dean non diede
fuoco alla creatura, ponendo fine a quell'orrore della natura.
Ce l'avevano fatta, Castiel poteva andare via. Per adesso,
erano tutti interi.
/-----/
Dean e Sam erano seduti sul cofano della Chevy.
“Amico, io odio il campeggio.” dichiarò Dean
serio.
Sam annuì. “Anche io.”
“Sam, lo sai che troveremo papà, vero?”
“Sì, lo so. Ma nel frattempo... guido io.” rispose il più giovane dei due.
Dean accennò un sorriso e gli lanciò le chiavi, salirono in macchina e
Sam partì.
Pochi metri dopo, Dean fece una domanda al fratello.
“Uhm.... Sam.... per caso il Wendigo.... aveva un impermeabile?”
Sam lo guardò perplesso.
“Stai scherzando? Dean, era praticamente
nudo!”
Dean ridacchiò a disagio.
“Già, hai ragione. E' che mentre me ne stavo lì appeso, ho avuto
l'impressione di vedere un tizio in impermeabile...”
“Devi aver picchiato la testa per bene, fratellone.”lo canzonò Sam.
“Già.” rispose distrattamente.
Aveva visto benissimo invece. L'uomo incontrato a Palo Alto, era stato
anche lì.
/-----/
“È orribile…” commentò Castiel guardando la propria camicia. Lacerata
e intrisa di sangue com’era, non poteva tenerla addosso. Non sempre riusciva ad evitare gli umani, non era proprio il caso di
farsi vedere conciato in quel modo. Doveva cambiarsi. Pensò di andare a casa di
Jimmy, ma cambiò idea.
Se Amelia lo avesse visto così, si sarebbe spaventata a
morte. E poi, ultimamente andava troppo spesso da lei,
doveva darsi una regolata. Sì rendeva conto di comportarsi spesso in modo
pericoloso, credeva di riuscire a rendersi invisibile ai superiori, ma non ne era certo.
Optò per una disonesta ma più sicura incursione nella camera
d’albergo di un anonimo uomo d’affari. Ovviamente in sua assenza.
Si tolse l’impermeabile e la giacca, si accorse che mancava la
cravatta. Oh: era rimasta da Amelia, l’ultima volta che era stato da lei.
Indumento inutile in fin dei conti, poteva farne benissimo a meno. Si tolse
anche quello che rimaneva della camicia, impregnata di sangue fino alle
maniche.
Scosse il capo. Doveva stare più attento, per quanto fosse in grado di
guarire tutte le ferite, non voleva far soffrire Jimmy, visto che a volte
neanche si accorgeva di sanguinare.
Stava per indossare una delle camicie trovare nell’armadio, quando
pensò di fare prima qualcos’altro.
Entrò nel bagno e fece riempire la vasca di acqua
calda, si spogliò e si immerse chiudendo gli occhi.
Adorava l’acqua. Una sensazione di pace e silenzio lo pervase facendolo
sospirare profondamente.
Era così che dovevano sentirsi gli umani nel grembo materno, prima di venire alla luce in questo terribile mondo.
Cullati in un caldo fluido, al sicuro da tutto e
tutti, in un mondo unico, ovattato, personale. Senza nessuno
che li spiava, o dava loro ordini. Semplicemente galleggiavano, raggomitolati
su sé stessi, persi in primordiali pensieri.
Quelli come lui invece, erano praticamente
nati adulti. Non avevano mai avuto il piacere di un periodo assolutamente
egoistico, nel quale bearsi al sicuro da ogni insidia. Subito scaraventati
nella battaglia.
Molti si erano adattati subito, altri non proprio. Lui stava nel
mezzo, in bilico tra due punti di vista.
Sì impose di smetterla, non poteva
permettersi di oziare in una vasca d’acqua, come un comune e indolente mortale.
Aveva da fare.
Uscì dall’acqua, si asciugò e si rivestì.
Doveva fare subito due chiacchiere con una persona. Il suo
comportamento non era giusto.
/-----/
“John.” lo chiamò, apparendo dietro di lui.
L’uomo interpellato si voltò, ma non era sorpreso.
“Cas… piacere di vederti.” lo salutò John
Winchester senza scomporsi.
“Ai tuoi figli piacerebbe vedere te. Cosa sta
succedendo?” domandò senza preamboli.
“Lo sai.” rispose guardandolo dritto negli
occhi.
“No, non lo so John. Quello che so è che sei sparito da un giorno
all’altro, lasciando da soli i tuoi ragazzi.”
L’uomo più vecchio sorrise. “E’ l’addestramento finale, Cas. Devono
imparare a cavarsela da soli.”
“Non sono pronti, John! Vagano da uno Stato all’altro cercando le tue
tracce, aiutati dal tuo diario. Sono ragazzi, non
soldati.”
“Non sono come me e te, vuoi dire?”
Castiel annuì. “Sì John, non lo sono. Corrono molti rischi, e non mi
sembrano ancora pronti ad affrontarli da soli.”
“Lo saranno presto.” affermò l’altro.
“Sam aveva una ragazza, lui l’ha uccisa.”
John Winchester lo guardò cupo. “Cosa stai
dicendo?”
“Sì John, Samuel aveva una ragazza con la quale viveva. L’ha trovata….
sul soffitto, circondata dalle fiamme. Come Mary.”
concluse.
Il padre dei ragazzi strinse i pugni.
“Perché non hai fatto nulla per salvarla?”
“Non potevo.”
“Perché? Ordini superiori?” domandò
duramente.
“No, i miei ordini erano…”
“…di non intervenire. L’ho sentito un migliaio di volte, Cas! Hai
lasciato morire una ragazza!” gli urlò.
“Credi sia stato divertente? Nossignore, è
stato orribile. Ma devi capire che i miei capi non
sono esattamente dei miti preti di campagna! Appena muovo un dito più del
necessario, vengo richiamato all’ordine!” rispose
stizzito Castiel, battendo le mani sul tavolo.
“Questo non giustifica la tua indifferenza per le sorti umane!”
continuò John.
“Quale parte non ti è chiara, John Winchester? Non posso intervenire o se
disobbedisco mi disintegrano? E credimi da morto non potrò davvero fare
nulla né per te né per loro.”lo
avvertì guardandolo torvo.
John non rispose, continuando a guardare l’altro negli occhi come a
chiedergli ancora perché.
“John”, disse Castiel dopo alcuni istanti, “io sono
dalla tua parte. E credimi, farò di tutto per aiutare
e proteggere Sam e Dean. Ma non sempre potrò far
andare tutto nel migliore dei modi. Ho le mani legate, posso solo seguirli, e
assicurarmi che stiano bene.”
L’altro annuì, distogliendo lo sguardo.
“Sam come sta?”
“All’apparenza bene, ma ha degli incubi. Temo sia normale.” rispose Castiel.
“Ti hanno visto?” gli chiese ancora John.
“Dean sì. Sono stato costretto a mostrarmi.”
“Come mai? Cos’è successo?” domandò
preoccupato.
Castiel sospirò. “Se ne stava andando, e Sam era nella stanza in cui… c’era
l’incendio. Ho dovuto fermarlo per farlo tornare indietro da suo fratello. Poi
sono sparito, ma si sarà fatto un paio di domande. E
temo che sospetti sia stato io ad appiccare
l’incendio.”
“Allora spiegagli la verità, Cas. O finiranno
per darti la caccia.” lo avvisò in tono serio.
“Non posso John, lo sai benissimo. E poi sta’
tranquillo, dubito che riuscirebbero a trovarmi, o tanto meno ad uccidermi.”disse con un sorriso.
“Già, sei praticamente invincibile…”
“No… ma sono un osso duro.”
“Come se la cavano, Cas? Dimmi la verità..”
“Sono disorientanti, arrabbiati. Hanno affrontato un Wendigo con successo. Sono in gamba, ma personalmente sono
convinto che hanno ancora bisogno di te. Non lasciarli da soli, John. Un padre
non dovrebbe mai lasciare da soli i propri figli.”
“Il tuo l’ha fatto…” buttò lì John, pentendosene subito vedendo
l’espressione contratta di Castiel.
“Già, ecco perché te lo dico. Non eravamo pronti. Io non ero pronto, e ora mi ritrovo ad
obbedire a persone che… vorrei poter ignorare. Pensaci John, fai in modo di far
sapere ai tuoi ragazzi che ci sei. A volte temono il
peggio…..”
John Winchester non replicò, limitandosi ad annuire brevemente.
Castiel scosse il capo sorridendo lievemente.
“Buona fortuna John, ne avrai bisogno.” gli augurò, sparendo dalla stanza.
“Ne avremo bisogno tutti quanti.” commentò John rimasto da solo.
Forse Castiel aveva ragione, forse doveva comunque
lasciare una traccia concreta di sé, che non fossero pagine su pagine di un
vecchio diario. Prese allora il proprio cellulare e avviò la registrazione per
un messaggio da lasciare in segreteria.
“Sono John Winchester, in questo momento non sono
disponibile. Se questa è un’emergenza, chiamate mio figlio Dean….”
E lasciò il numero del figlio maggiore.
Note:M & M’s:
se ci pensate bene… come ha fatto Dean, presumibilmente svenuto o quantomeno
stordito, a lasciare le tracce con i cioccolatini colorati?? Ovvio, è stato Cas
*__*!!!!
“Oh Signore...” sospirò Castiel ripensando
agli eventi che lo avevano portato lì.
Un uomo, un normalissimo uomo di mezz'età,
era stato posseduto da un demone e aveva fatto precipitare un aereo. Lo aveva
visto salire a bordo con i propri occhi, e ovviamente non gli era stato possibile
intervenire. Dannazione. Che diavolo ci stava a fare
sulla Terra, se praticamente non poteva fare nulla? A volte gli veniva il
sospetto che i suoi superiori lo facessero di
proposito, per avvilirlo e farlo sentire inutile.
Altrimenti proprio non si capacitava del perché mandassero uno come
lui, detentore di un certo livello di poteri, e non uno meno potente ma
sicuramente più malleabile e rispettoso. Forse si divertivano proprio a vederlo
saltellare da uno Stato all’altro, restando a guardare gli eventi, senza poter
intervenire concretamente. E ora la situazione si
stava ulteriormente complicando.
Stava iniziando. I giovani Winchester avrebbero scoperto che i demoni
potevano impossessarsi delle persone per manovrarli a loro piacimento,
compiendo tutto ciò che essi desideravano. Compreso
sterminare centinaia di persone in un disastro aereo. Ed
era solo la punta dell’iceberg degli orrori che presto avrebbero dovuto
affrontare.
E John
che faceva? Il cacciatore solitario, lasciando che i suoi ragazzi, tra un
mostro e un altro, giocassero ad una specie di caccia
al tesoro per trovarlo.
“Non sono pronti...” mormorò scuotendo il
capo.
John aveva proprio una testa dura, come potevano due ragazzi poco più
che ventenni affrontare cose che non conoscevano? E si
era arrabbiato con lui perché non aveva salvato la fidanzata di Sam? Credeva
proprio che papà Winchester non avesse ben capito con chi avesse a che fare, da
una parte e dall’altra. Avrebbe voluto salvarla, ma non poteva.
Tutto quello che poteva fare per i ragazzi, era seguirli e
sorvegliarli, intervenendo quando la situazione lo richiedeva.
Infatti adesso si trovava in un aeroporto, in una città chiamata
Indianapolis, guardandosi intorno per vedere dove si era nascosto il demone
assassino. Prima invece era stato in una città chiamata Nazareth. Quando aveva letto quel nome, si era sentito quasi
indignato: lui nella vera Nazareth c’era stato per davvero, tantissimi secoli
prima. E non aveva niente a che vedere con quella
caotica cittadina.
Sospirò guardando qua e là, c’era tanta di quella gente da stordirlo,
ma fortunatamente per lui era facile riconoscere un umano posseduto da un
demone. Dean e Sam erano lì, cercavano di capire la stessa cosa: chi era?
Avevano parlato con quella hostess sopravvissuta al disastro,
l’unica ad essere sfuggita al demone. Non erano riusciti a convincerla a non
partire. Ma potevano stare tranquilli, non era lei la
posseduta.
Castiel le era passato accanto e lei non aveva fatto una piega: i
demoni invece ruggivano quando lo incontravano.
Chi era? L’aereo stava per decollare, e né lui né i Winchester
l’avevano scoperto.
Seguiva i giovani da lontano, senza farsi vedere, Dean l’aveva visto e l’avrebbe riconosciuto subito. E
non era ancora il momento di incontrarsi.
Ma che fanno?pensò Castiel vedendo i due al check-in.A lui molte dinamiche
umane erano estranee, quindi gli ci volle un po’ per capire che si sarebbero imbarcati su quell’aereo destinato, con tutta
probabilità, a precipitare. Quando realizzò la
situazione, scosse il capo rassegnato.
Doveva seguirli anche sull’aereo, con il rischio di farsi scoprire in
pochi minuti? Pareva proprio di sì. Per lo meno non doveva fare il biglietto.
Si allontanò dalla gente e dopo essersi guardato brevemente intorno, sparì.
Ricomparve in fondo all’aereo, vicino ad alcuni sedili ancora privi di
passeggeri. Vide arrivare i giovani Winchester: Sam guardingo ma calmo, Dean….
spaventato? Eh già, Dean aveva proprio la faccia di uno
molto spaventato. Beh poteva capirlo, era appena salito su un aggeggio
metallico che una creatura demoniaca aveva intenzione di distruggere. Anche lui sarebbe preoccupato, se non sapesse di poter
intervenire in un baleno.
Castiel si sedette su una delle poltrone, dando le spalle ai ragazzi
che prendevano posto qualche metro più in là. Dopo pochi minuti, l’aereo
decollò. Una sensazione strana, pensò Castiel, come di vertigini. Ma durò poco,
e tutto tornò come prima, quasi fossero ancora sulla
terraferma.
Si voltò indietro e guardò attentamente gli umani presenti: sentiva
l’aura maligna, il demone era sicuramente lì. Eppure
non lo vedeva, non c’era. Forse si era nascosto in uno di quegli scompartimenti
chiusi, altrimenti non sapeva spiegarsi perché lo sentiva ma
non lo vedeva. Magari il demone si era accorto della presenza di Castiel e si
era nascosto. Se era così, sarebbe stato un bel
problema stanarlo. O meglio, farlo stanare ai Winchester,
perché lui non poteva intervenire pesantemente ma solo evitare l’irreparabile.
Frustrante.
Dean si alzò dal proprio posto. Castiel lo guardò percorrere il
corridoio dell’aereo e scomparire dietro una tenda blu, per poi uscirne pochi
istanti dopo, raggiunse il fratello e si sedette di nuovo. Nell’osservare ciò, Castiel
vide qualcuno uscire dalla cabina di pilotaggio. L’uomo appena uscito aveva
qualcosa di strano…. decisamente strano per un umano.
“Oh mio Dio…” esclamò, vedendo gli occhi dell’uomo diventare neri.
Ecco il loro demone, uno dei piloti.
“Proprio quello che ci voleva.” mormorò a
denti stretti.
Un pilota d’aerei posseduto da un demone che amava
far precipitare gli aerei: fantastica prospettiva.
Anche Sam lo vide e lo disse al fratello maggiore. Entrambi erano angosciati, capivano che il pericolo era ancora
maggiore. Si alzarono e tornarono in quell’angusto locale nascosto dalla tenda
blu. L’hostess era lì dentro, sperava che i ragazzi non stessero tentando di
convincerla che a bordo c’era un demone. Non ci avrebbe mai creduto, e se lo avesse fatto magari era ancora peggio.
Qualsiasi cosa le avessero detto, aveva
funzionato, perché alcuni istanti dopo Castiel la vide uscire da dietro la
tenda per dirigersi verso la cabina di pilotaggio. La donna bussò e ad uscire
fu proprio il demone. Gli disse qualcosa e lui la seguì dov’erano i Winchester.
“Cosa pensano di fare lì dentro?” mormorò
perplesso.
L’hostess uscì quasi correndo, andando a sedersi su una delle
poltrone. Era terrorizzata. Probabilmente Dean e suo fratello stavano tentando di esorcizzare il demone. Ma erano in grado di farlo? John aveva loro spiegato come
fare? Oh certo, avevano il suo diario. Ma non sarebbe
bastato, senza l’esperienza diretta.
Non fece in tempo a finire il pensiero che il famigerato diario sgusciò
da sotto la tenda, percorse quasi tutto il corridoio e si fermò a poca distanza
da lui. Sam comparve e iniziò a cercarlo tra i posti, sotto lo sguardo
perplesso e terrorizzato dei passeggeri, spaventati dagli strani sussulti che l’aereo
aveva iniziato a fare.
“Credo proprio che dovrò intervenire.” disse a
voce alta Castiel sparendo dal suo posto.
Si materializzò davanti alla tenda blu, l’aprì ed entrò. Dean era a
terra, poggiato al muro, il demone era a terra con il petto ustionato dall’acqua
santa che i ragazzi gli avevano versato addosso.
“L’hai trovato final….” iniziò Dean credendo
fosse suo fratello. Ma quando lo guardò, riconobbe
subito quell’uomo con l’impermeabile.
“Tu? Ma chi diavolo sei?” gli chiese cercando
di rimettersi in piedi, ma un altro scossone lo ributtò contro la parete.
“Ne parliamo dopo, ragazzo. Adesso ho da fare.” rispose
guardando il demone che, riconoscendo cosa fosse Castiel, iniziò a ringhiare.
“Schifoso bastardo!” lo insultò il demone bloccato a terra. Castiel
scosse il capo e si inginocchiò accanto all’essere
infernale.
“Guarda che questo è pericoloso, non ti conviene inginocchiartici
accanto!” lo avvisò Dean.
Castiel accennò un sorriso e posò una mano sul petto del demone. Quell’essere emise un suono che non assomiglia a nulla di
terrestre, un soffio pesante e denso, e contemporaneamente dal suo corpo si
levò uno sfrigolio accompagnato da un inquietante fumo grigio, come se fosse
stato immerso in una vasca di acqua santa.
“VA ALL’INFERNO!” grugnì il demone in direzione di Castiel, che
continuava a premergli la mano sul petto, sempre più forte.
“Veramente quello che sta andando all’inferno sei tu.”sottolineò con ironia.
Dean era scioccato da ciò che stava vedendo, quel tizio stava esorcizzando il demone con una mano sola! Lo stava letteralmente
friggendo senza fare una piega! E Sam ancora non si
vedeva.
Ad un tratto, l’uomo in impermeabile mormorò qualcosa in una strana
lingua, e dopo aver lanciato altre urla ed invettive, il demone uscì dal
pilota, infilandosi in una presa d’aria.
“Dov’è andato?” chiese Dean.
“Spero all’inferno.” fu la risposta dell’altro.
In quel momento arrivò anche Sam, con il diario di John in mano.
“Ecco, l’ho recuperato!” annunciò trionfante. Quando
si accorse del terzo uomo, lo guardò confuso.
“Spiacente Sammy, arrivi tardi. Il tipo qua
l’ha già steso.” lo informò Dean indicando l’uomo a
terra ancora privo di sensi.
“Cos… che vu….vuol dire che l’ha steso?” farfugliò
Sam guardando prima uno e poi l’altro.
Castiel sapeva di essersi messo in un grosso guaio, non aveva previsto
quel rendez-vous, e non ne era per niente felice.
“L’hai esorcizzato? Scusa ma come hai fatto? Sei un prete? Un cacciatore?”
gli domandò Sam incuriosito.
“L’importante è che l’ho rispedito all’inferno. Del resto non deve
importarvi.” tagliò corto, ansioso di andarsene.
Ma appena tentò di uscire, sentì una mano che gli afferrava
un braccio.
“Non così in fretta, amico.” disse Dean in
tono serio. Castiel si voltò guardandolo sorpreso. E ora?
Sparire davanti ai loro occhi?
“Dicci chi sei e come hai fatto a fare…..
quella cosa.” gli intimò Dean ,evitando di menzionare l’incendio
che aveva ucciso Jessica. Era meglio parlare di una cosa per volta.
“Altrimenti?” lo sfidò Castiel.
“Altrimenti nulla, amico. Non saltare subito sulla difensiva, vorremmo
solo sapere chi diavolo sei. Sai, ho
l’impressione di averti già visto da qualche parte…” disse Dean alludendo al
loro precedente incontro, sperando in qualche modo di intimorirlo. Intimorire
Castiel? Praticamente impossibile.
Sam ascoltava in silenzio, guardando attentamente lo sconosciuto:
anche lui aveva la sensazione di averlo già visto.
“Ho una faccia comune.” e si precipitò fuori.
I ragazzi lo seguirono subito dopo ma….. era
sparito. Si guardarono intorno e non lo videro. Volatilizzato.
“Ma dove cavolo si è nascosto?” sbottò Sam,
guardandosi intorno.
Dean si strinse nelle spalle. “Amico, proprio non lo so… però ci ha salvato le chiappe.” ammise.
/-----/
L’aereo atterrò poco dopo senza ulteriori
problemi. Nessuno, tranne Dean e Sam, sapeva
realmente cos’era successo a bordo e cosa stava per succedere, se non ci fossero
stati loro…. e l’uomo misterioso.
“Credi fosse un fantasma?” domandò Sam al fratello maggiore.
“Non credo… quando l’ha visto, il demone ha dato di matto. Urlava come
un pazzo, non penso proprio fosse un fantasma.” rispose.
“E allora cos’era? Dean… non solo l’ha
esorcizzato… a mani nude, ma è anche sparito nel nulla. Forse è qualcosa a cui
dovremmo dare la caccia.”
“Non ne ho idea Sam, sono ancora sconvolto. Quel
tizio gli ha messo una mano sul petto e .. la pelle ha
cominciato a friggere! C’era fumo dappertutto e dopo aver detto qualcosa di
strano, il demone è andato via. Ma
sinceramente non so chi o cosa diavolo fosse. Sembrava un uomo, ma…. non lo so, forse era anche qualcos’altro.”
“Non mi piace Dean….” disse in tono grave
Sam.
“Già, neanche a me fa impazzire. La concorrenza ci rovina
la piazza!” scherzò, facendo roteare gli occhi al fratello minore.
“Ti va sempre di scherzare, sei impossibile!”
lo ammonì Sam.
In realtà Dean era sempre più preoccupato. Aveva la netta sensazione
che quell’uomo li seguisse: come faceva altrimenti a
trovarsi sempre nei paraggi quando c’era un pericolo? Palo Alto, BlackwaterRidge
e ora Indianapolis: non poteva essere una coincidenza.
Senza contare che era capace di scomparire!
No, quella situazione non piaceva neanche lui. Suo padre
era scomparso, Jessica era morta come sua madre, incontravano creature sempre
più terribile e come se non bastasse, ci si metteva pure l’olandese volante!
Sì, volante. Perchè Dean la piuma nera sulla sua auto, non l’aveva
dimenticata.
“Sam, non so perché, ma sono sicuro che rivedremo quel
tizio e il suo antipatico impermeabile beige!”
Il più giovane dei Winchester annuì. “Anche
io.”
Sicuramente, Sam lo avrebbe rivisto nei suoi incubi, come
accadeva dalla morte di Jessica e anche prima.
“E’ colpa
tua. L’ hai uccisa tu. Hai ucciso Jessica.”
Sam si
sentiva esplodere la testa. I suoi occhi sanguinavano copiosamente e non
riusciva più a reggersi in piedi. Davanti a sé lo specchio rifletteva la sua
immagine, ma non era lui. Era lo spirito di Mary che lo stava punendo per non
aver avvisato Jessica del pericolo che correva standogli accanto. Lui forse
avrebbe potuto salvarla, ma per paura non le aveva mai detto
niente. E ora lo stava pagando con la vita.
“Eri così
disperato da ignorarli, da credere che fossero solo sogni. Come hai potuto ignorarli così? Come hai
potuto lasciarla da sola a morire? Hai sognato che sarebbe successo!”
Lo spettro
aveva ragione, l’aveva lasciata da sola pur sapendo che sarebbe morta in quel
modo orribile.
Meritava di morire, si stava arrendendo.
“Togliti di
lì Samuel!” tuonò una voce che non riconobbe. Ma le
obbedì, stendendosi a terra.
Castiel
colpì lo specchio con una grossa spranga di ferro, mandandolo in frantumi. Lo
spettro era scappato, passando in qualche altro specchio.
“Maledizione!”
imprecò guardandosi intorno, c’erano decine di specchi e se non trovava subito
quello giusto, Sam sarebbe morto.
“Chi sei? Chi c’è lì?” domandò Sam
agitato, quella voce non apparteneva a Dean, suo fratello non lo aveva mai chiamato col suo intero nome. Gli occhi gli facevano
troppo male per riuscire ad aprirli e non era in grado di vedere cosa stava
succedendo intorno a lui.
“Sta’ giù,
ne parleremo dopo!” rispose Castiel distruggendo un altro specchio.
Dean,
riuscito a liberarsi dei poliziotti che lo tenevano fuori dal
negozio, accorse in aiuto del fratello e quando vide di nuovo il solito
spaventapasseri con l’impermeabile si lasciò sfuggire una specie di grugnito.
“Di nuovo
tu?” gemette allargando le braccia. Castiel si voltò a guardarlo.
“Ciao Dean Yamashiro*”, lo prese in giro, “prendi qualcosa e spacca
tutto ciò che riflette, o tuo fratello morirà.”lo avvertì indicando Sam sanguinante a terra.
Dean guardò
il fratello e corse al suo fianco. “Sammy!” lo chiamò
prendendogli il viso tra le mani.
“Mi chiamo
Sam.” puntualizzò il più giovane.
“Sì, e lui
è Dean. Ora che vi siete presentati, ti dispiacerebbe darmi una mano con questi
specchi del cavolo, Dean?” urlò Castiel brandendo la
spranga.
Stava
distruggendo tutti gli specchi che gli capitavano a tiro, senza riuscire a
bloccare Mary. Inoltre stava decisamente intervenendo
troppo, Zaccaria e compagni l’avrebbero fatto nero.
“Okay okay, non incazzarti…”
mormorò Dean afferrando il piede di porco che giaceva accanto a Sam.
Iniziò a
spaccare qualsiasi cosa luccicasse, un rumore
infernale di vetri rotti assordava tutti e tre gli uomini. Castiel si muoveva
rapidamente,evitando di guardare il proprio riflesso
negli specchi che frantumava. Ma arrivato davanti ad
uno più alto degli altri, non riuscì a fare a meno di guardare, e subito vide
il suo riflesso muoversi in maniera autonoma. Si bloccò tenendo in aria le braccia, ma incapace di colpire.
“Tu potevi
salvarla. Lei e tanti altri. E non l’hai fatto, sei un
assassino.” lo accusò il riflesso.
“Sta’ zitto, tu non puoi uccidermi.” replicò
Castiel sollevando le braccia per colpire lo specchio. Il riflesso sorrise
sinistramente.
“Non posso
uccidere te, ma posso uccidere Jimmy. Tanto cosa se ne fa lui della vita, tu gliel’hai rubata!”
urlò il riflesso nello specchio.
Gli occhi
di Castiel iniziarono a sanguinare e contemporaneamente sentì nella propria
testa le grida disperate di Jimmy, in preda a un
dolore lancinante. L’uomo vacillò, tentando di resistere e di guarire subito il
suo corpo. Ma non ce la faceva, non riusciva a
contrastare lo spettro.
“Ehi amico,
distruggilo, non dargli retta!” gridò Dean, qualche metro più distante.
Il richiamo
del giovane sembrò scuoterlo quel tanto da permettergli di colpire con violenza
lo specchio, ma il riflesso si ripresentò alle sue spalle, in un altro
specchio.
“Bravo
Castiel, lui ti ha detto sì e tu come lo ripaghi? Sei doppiamente traditore!”
Castiel lo
ignorò e colpì lo specchio così forte da scaraventarne lontano la cornice.
“Dean!
Prendi tuo fratello e andate subito fuori di qui!” urlò
in direzione del maggiore dei Winchester.
“Cosa? No, quella ti ucciderà se resti da solo!”
L’altro
scosse il capo. “Va’ ti ho detto, andate via!” ripeté autoritario.
Dean tornò
da suo fratello e lo aiutò a rialzarsi, poi guardò in direzione di Castiel e
notò qualcuno dietro di lui.
“Attento,
dietro di te!” gli urlò.
Castiel si
voltò trovandosi di fronte lo spettro, uscito dall’ultimo specchio distrutto.
“Uscite
immediatamente!” ordinò ai ragazzi, allora Dean si girò e portò fuori suo
fratello, ancora dolorante.
Era rimasto
da solo con quella creatura, i Winchester erano usciti, poteva usare i suoi
poteri e farla finita. Alzò la mano destra davanti a sé e puntò il palmo contro
lo spettro. Lentamente una luce bianca iniziò a
irradiarsi dalla sua mano, e un debole ronzio echeggiò tra quelle pareti.
“La moglie
di Jimmy è molto bella, vero? Ti piace stare con lei,
per te è una novità.”
L’uomo
tentò di ignorare le sue parole, ma la sua mano
involontariamente si contrasse, soffocando la luce che sprigionava.
“Sei un traditore Castiel, stai tradendo tutti. Sei un
bugiardo, e per colpa tua sono morte delle persone, e altre ne moriranno. Morirà anche Amelia, e tu lo sai.”
continuò la creatura.
“No! Ora
basta!” gridò alzando entrambe le braccia verso di lei, i palmi delle sue mani
sprigionarono un’accecante luce bianca che disintegrò lo spettro, lasciando a
terra una grande macchia di sangue.
Abbassò
lentamente le braccia, fissando il pavimento sporco di sangue e pieno di
schegge di vetro. Era finita per fortuna.
“Ma come
diavolo hai fatto?”
Castiel si
voltò di scatto, Dean era tornato nel negozio per
aiutarlo e probabilmente aveva assistito a tutta la scena. Dannazione.
“Ti avevo
detto di andartene di qui, mi sembra.”lo rimbrottò duramente. Se gli
aveva visto distruggere lo spettro, era in guai seri.
Ma Dean
sorrideva sornione, e gli si avvicinò lentamente, guardandosi intorno.
“Dio, che
casino. Sì lo so, ma ho pensato di venire a controllare che fine avevi fatto. Invece dal colore, direi che l’hai spuntata tu.
Come hai fatto?” gli domandò indicando la macchia di
sangue tra di loro. Castiel sospirò: non aveva visto nulla.
“Uno
specchio.” rispose.
“Uno
specchio?” ripeté Dean alzando un sopracciglio.
“Sì, le ho
messo davanti uno specchio e.. praticamente ha fatto tutto da sola.”gli spiegò Castiel.
Dean annuì
poco convinto. “Uhm.. colpita dalla sua stessa
maledizione, dunque.”
“Sì.” confermò l’altro.
“E tu speri che io me la beva?” disse il giovane Winchester
in tono ironico.
Castiel si
strinse nelle spalle. “Non spero niente, è la verità. Perché non dovrebbe essere andata così?”
“Perché sto
parlando con un tizio che sparisce nel nulla, e che probabilmente ha le ali.”
Castiel restò di sasso, non si sarebbe mai aspettato una discussione
del genere.
“Come
scusa?” chiese fingendo di cadere dalle nuvole.
Dean
ridacchio toccandosi il mento.
“Amico, un
mese fa mi sei apparso sul sedile posteriore della mia macchina e pochi minuti
dopo sei scomparso, lasciandomi questo ricordino” gli raccontò mostrandogli una
lunga piuma nera. Quando era uscito insieme a Sam, l’aveva
portato in macchina, e aveva preso la piuma, in previsione di quella
conversazione. Adesso il ragazzo gli avrebbe spiegato chi diavolo era o meglio
cosa diavolo era.
Castiel fissò per alcuni secondi la piuma, poi alzò lo sguardo verso
Dean. “Ragazzo, ti sembro un uccello forse?” gli fece notare aggrottando le
sopracciglia.
Dean fece
una smorfia. “Non lo so, dimmelo tu cosa sei. E dimmi
anche cosa ci facevi a Palo Alto mentre la ragazza di
Sam stava morendo e per lui c’è mancato poco.” gli
disse puntandogli contro il dito.
“Nient’altro?”
rispose di rimando. Che brutta situazione.
“Non
provarci, amico. Non cambiare discorso. Ascolta, io ti sono grato, sul serio. Per
due volte hai salvato il mio fratellino, ma sinceramente comincio a
spaventarmi. Appari e scompari nei luoghi e nei momenti più impensabili. Se sei
dei nostri, spiegami come stanno le cose.”
Per un
attimo a Castiel sembrò di parlare con John, la stessa cocciutaggine arrogante.
“Non voglio
mentirti, per cui non chiedermi nulla.” rispose serio.
“Allora non
mentirmi, dimmi solo la verità.”
Castiel
scosse il capo. “Non posso, credimi.”
Dean lo
osservò attentamente, per quando potesse permetterlo la
fioca luce del negozio, ma capì che era sincero. Lui non poteva dire niente, ma
probabilmente avrebbe voluto.
“Hai
superiori molto cattivi, eh?” domandò con un sorrisetto.
“Non
immagini quanto.” ammise accennando a sua volta un
sorriso.
“Immagino
che non mi dirai nulla, vero?”
Castiel
annuì. “Immagini bene.”
“Sanguini,
sembri umano, ma non credo tu lo sia. Sei qualcosa a
cui di solito diamo la caccia?”
L’altro
scoppiò a ridere. “Cosa? No, non credo….”
“Cosa diavolo sei allora?” gli domandò nuovamente Dean,
voleva capire chi aveva di fronte. Voleva capire se poteva fidarsi di lui, se
era dalla loro parte, o cosa volesse da loro.
“Beh,
sicuramente non qualcosa che c’entra con ciò che hai appena nominato.”rispose enigmatico.
Dean alzò
le mani in segno di resa. “Okay, mi arrendo. Continuerò a vederti spuntare da
tutte le parti col tuo vestito da ragioniere, pronto a salvarci le chiappe ma non a dirci chi sei e perché ci aiuti.”
“Dean, io
non dovrei neanche parlare con te. Mi era stato espressamente vietato.” si lasciò sfuggire, pentendosi immediatamente.
“Ma perché? C’entra con nostra madre o con Jessica, o con
nostro padre?”
Castiel
sospirò profondamente. “Ho parlato troppo. Potrebbe costarmi cara questa
conversazione con te. Sappi solo che… non devi temermi. Credimi,
io vi sono amico.”
E così
dicendo, Castiel fece alcuni passi indietro per nascondersi dalla debole luce
del locale, e svanì.
“Dannazione!”
imprecò Dean, quell’uomo era di nuovo sparito senza
dargli una qualche spiegazione, lasciandolo da solo con quella dannata penna di
tacchino tra le mani.
Però aveva
notato benissimo il suo sguardo sorpreso nel vedergliela tra le mani, quella
era sua sicuramente.
Lui e Sam dovevano fare delle ricerche, trovare cosa potesse avere la
facoltà di sparire in quel modo senza essere un fantasma o uno spettro o robe
del genere. E che aveva a che fare con piume nere.
Quell’uomo
sanguinava, c’era qualcosa di umano in lui, ne era
sicuro, ma allo stesso tempo non lo era.
Eppure
sentiva che non faceva parte dei cattivi, e non solo perché ultimamente li
aveva aiutati in situazioni critiche. Glielo aveva letto in
faccia, lo aveva sentito nella sua voce. Qualsiasi cosa fosse, era buono. O almeno lo sperava, perché credeva che uno come quello, era meglio averlo come amico. Prima aveva
mentito, lui aveva visto benissimo come aveva fatto a distruggere lo spettro:
con le sue mani.
Dalle sue
mani erano partiti come dei flash di luce, tanto forti da costringerlo a
coprirsi gli occhi. Era molto potente. Forse uno stregone, o qualcosa del
genere. Anche se dall’aspetto sembrava un impiegato
stressato.
“Già, un
impiegato piumato.” ridacchiò uscendo dal negozio per
tornare da suo fratello.
/-----/
“E non ti ha detto chi o cosa è?” gli chiese
Sam.
“No, neanche mezza parola. Ha detto che non può.” rispose
Dean alzando le spalle.
“E questa… penna è sua?” domandò ancora
rigirandosi la piuma in questione tra le dita.
“Io credo di sì, lui ovviamente non ne ha
fatto parola. D’altronde a dirti la verità, anche io negherei di avere le
penne, pur avendole.”
Sam sorrise, lanciandogli un’occhiata maliziosa. “Come se non avessi
indossato di peggio.”
“E questo che vorrebbe dire?” domandò offeso
il fratello maggiore.
“Qualcuno mi raccontò… di un ragazzo che… non so cosa avesse bevuto,
ma doveva stare proprio male perché una ragazza lo convinse a
indossare le sue mutandine… rosa.**” finì Sam con un
largo sorriso.
Dean frenò di colpo. “CHE COSA HAI DETTO?”
gridò al fratello, rosso in viso.
“Inutile che ti scaldi tanto…. so che è vero.”
“NO!”, si difese con voce strozzata “cioè,
no! Io….. chi diavolo te l’ha detto?!” ringhiò
furioso.
Sam scoppiò a ridere. “Tu in questo momento!”
Dean lo guardò perplesso. “Cosa? Mi hai preso
per il culo?”
“Fratellone…. le mutandine
rosa sono un classico… ho sentito varie storie di ragazzi costretti dalle
fidanzate a indossarle! Quindi ho tirato ad indovinare….
e ho indovinato!” gli spiegò ridendo.
L’altro ripartì sgommando. “Sei un cazzoneSammy, ti odio!”
Sam lo guardò ammiccando. “Oh Deanuccio… non
essere timido! Sono sicuro che il rosa ti dona molto!”
“Taci!”
Ma le risate di Sam riecheggiarono per un po’, fino a quando Dean non
decise di coprirle con le note dei Metallica.
Sam aveva proprio bisogno di ridere, per non pensare alle parole dello
spettro, per non sentirsi così in colpa verso Jessica. Ma
continuava a chiedersi chi era il tizio che per l’ennesima volta li aveva
aiutati, e che Sam aveva sognato molte volte.
Note: *Dean Yamashiro:
nell’episodio Bloody Mary, Dean dice ai poliziotti di
essere il figlio del proprietario…. peccato che da quanto mi è
parso di capire dal cognome, il proprietario è giapponese!
**Mutandine rosa: Spoiler puntata 5x04, per intenderci quella in cui
Castiel si droga e organizza orge, altro che cloud-seeding
XD!!!
A/N:
Non c'è niente da fare.... adoro il “mio” Castiel
*___*!!
Angels
don't make love
-
Somewhere, in a Supernatural Dimension -
-
16 Dicembre 2005-
“Castiel.”
Zaccaria
pronunciò il suo nome con sufficienza, sfoggiando il suo
solito sorrisetto di scherno. Lo aveva chiamato poco tempo dopo aver
lasciato i giovani Winchester, se lo aspettava ma ne era infastidito.
Lo osservavano continuamente, giorno e notte. E adesso Zaccaria lo
squadrava dall'alto del suo grado con le mani dietro la schiena.
“Allora
Castiel”, riprese dopo alcuni istanti, “vedo che continui
a fare di testa tua. Ti sei messo a fare conversazione con i due
giovani.” lo ammonì in tono sarcastico. Accanto a lui,
Uriel si godeva l'ennesima ramanzina al piccolo soldatino.
“Se
non fossi intervenuto...” protestò Castiel, ma Zaccaria
lo interruppe.
“....Samuel
Winchester sarebbe morto. Lo sappiamo, ragazzo. Sempre la stessa
storia.” finì con un sospiro annoiato.
“Non
l'ho fatto certamente perché mi piace chiacchierare.”
affermò Castiel caustico.
Zaccaria
ridacchiò. “Beh non ci sarebbe nulla di male nel voler
scambiare due parole con chi ti darebbe retta. Non ti capita spesso
di parlare con esseri inferiori. Di solito hai a che fare con gente
ben al di sopra di te.” lo offese.
Castiel
dovette mordersi la lingua per non ricambiare l'insulto con uno
ancora più grave. Ma prima o poi sarebbe esploso.
“Andiamo
Cas, era una battuta. Non ti sei offeso, vero?” gli domandò
Uriel con quella sua voce profonda e rauca.
L'interpellato
lo guardò come se non lo avesse visto prima di quel momento.
“Dici
a me? Potresti ripetere? Non ti ascoltavo.” rispose innocente.
Il
viso di Uriel si contrasse in una smorfia di rabbia. Zaccaria lo vide
e alzò una mano nella sua direzione come a volerlo fermare.
“Certo.
Io adoro gli scherzi.” disse Castiel accennando un sorriso. In
realtà tutti e tre sapevano che nessuno in quella stanza stava
scherzando.
Ma
erano costretti a stare al gioco, non era il momento di regolare
tutti quei piccoli e fastidiosi conti in sospeso che aleggiavano
intorno a loro ogni volta che si incontravano. Per cui Uriel
semplicemente ridacchiò di nuovo, lanciando verso Castiel uno
sguardo carico di disprezzo.
“Già,
tu stesso sei uno scherzo, Castiel.”
Mai
quanto te, pensò l'interessato senza tuttavia replicare.
“Comunque
sia, Castiel, anche se hai violato il nostro... regolamento per
l'ennesima volta, devo ammettere che i due scapestrati si trovavano
in una situazione molto complicata.” gli concesse Zaccaria
annuendo lentamente.
“Credo
che lo spettro avrebbe finito per uccidere tutti e due.”
sostenne Castiel.
Zaccaria
annuì e fece una smorfia infastidita. “Già,
piccoli inconvenienti del loro mestiere. Ma per loro fortuna, c'è
una balia sempre pronta ad intervenire in loro soccorso. Non possiamo
permettere che accada loro qualcosa. Almeno non fino a quando non
sarà il momento. Soprattutto Dean, lui è più che
importante per la nostra causa.” sottolineò gesticolando
in aria.
“Pensavo
che lo fosse anche il più giovane.” obiettò
Castiel.
L'altro
piegò la testa in avanti. “Diciamo di sì, o
perlomeno è importante tenerlo d'occhio. Per il momento è
una pedina importante nella scacchiera dell'universo, e se morisse
sarebbe un guaio. Tuttavia è l'altro ad essere estremamente
importante.” ripeté grave.
“Capisco”,
annuì Castiel, “cosa devo fare adesso?”
Zaccaria
alzò le spalle. “Quello che hai fatto fino ad ora
ragazzo, controllarli e intervenire se camminano troppo vicino al
burrone.”
“Bene.”
rispose Castiel e fece per andarsene, ma Zaccaria lo fermò.
“Un
momento”, disse, “ questa volta è meglio se sai
prima dove andranno i due giovanotti. Tra breve partiranno alla volta
di Lawrence.”
Castiel
sbiancò: cosa andavano a fare lì i Winchester? Quel
luogo era maledetto, per loro.
“Lawrence?
Ma è lì che è iniziato tutto. Non è
pericoloso, soprattutto per Dean, avvicinarsi a quei luoghi?”
osservò preoccupato.
“E
per questo che dovrai essere ancora più attento, Castiel. Sai,
Sam è un ragazzo sveglio e si accorgerà che lì
c'è qualcosa di..... inquietante, così i due giovani
andranno a controllare.”
Zaccaria
si riferiva ai sogni premonitori del giovane Winchester, orribili
incubi che col tempo si sarebbero intensificati.
“Quindi,
se il caso lo richiedesse, potrei intervenire apertamente?”
domandò scandendo le parole.
Il
suo superiore annuì. “Sì, puoi. Ma ovviamente non
dovrai dire loro nulla su di te, né dovrai rispondere alle
insistenti domande che ti faranno. E dovresti limitare anche i
contatti con il patriarca della famiglia, so che per lui ti abbiamo
dato una dispensa speciale, ma fare amicizia con gli umani non porta
mai niente di buono. Ricordalo.”
Castiel
lo guardò dritto negli occhi. “Non dimentico mai nulla,
Zaccaria. E inoltre io non faccio amicizia con gli umani, io non so
cos'è l'amicizia.”
“Bene
Castiel, mi fa piacere sentirtelo dire. Alcuni prima di te si
interessarono talmente tanto agli umani da decidere di fare... il
grande salto. Non vorremmo mai che anche tu ci lasciassi.”
“Non
accadrà mai.” affermò seccamente Castiel e si
voltò per andarsene.
A
nessuno dei subordinati era concesso sparire come faceva davanti a
Dean: era mancanza di rispetto. Doveva uscire sulle sue gambe e poi
fare come gli pareva.
“Avanti
Uriel, non te la prendere. È solo un idiota.” disse
Zaccaria una volta rimasto da solo con il suo collega.
Uriel
strinse i pugni. “Lo so cos'è Zack, ma non lo sopporto.
Non mi era mai capitato che un piccolo idiota come quello osasse
rivolgersi a me in quel modo.” sibilò a denti stretti.
“Lo
so amico, mio, lo so. Ma devi avere pazienza. Sono certo che il
nostro caro Castiel si rovinerà con le sue mani.” gli
assicurò con un sorriso.
/-----/
Voleva
andare da lei. Aveva bisogno di Amelia. Si sentiva terribilmente
frustrato, avvilito e offeso. Solo lei gli dava conforto, solo la sua
umana dolcezza lo rincuorava, facendogli dimenticare per brevi
istanti tutta la miseria del suo cuore.
Ma
non poteva andare da lei. Non poteva andarci mai più.
Lo
spirito vendicativo aveva ragione, se solo fosse intervenuto, molte
persone non sarebbero morte. Era un traditore, Jimmy aveva
sacrificato la sua esistenza dicendogli sì e lui cosa faceva?
Insidiava Amelia facendole credere che lo faceva per conto di suo
marito. Era un infame.
E
aveva ragione anche quando gli aveva detto che a causa sua, Amelia
sarebbe morta. Non poteva farle correre rischi inutili, non per
soddisfare la sua illecita passione per lei. Doveva finirla, doveva
togliersela dalla testa. Ormai aveva deciso di dirle addio.
Ma
sarebbe stato difficile dirglielo avendola davanti a sé,
guarda quegli occhi grandi e lucenti. No, non poteva incontrarla.
Sarebbe
entrato nei suoi sogni.
/-----/
“E'
meraviglio.” esclamò Amelia guardandosi intorno. Si era
ritrovata in una paesaggio stupendo, una distesa floreale e di alberi
in fiore. Com'era finita lì? Eppure era sicura di essere nel
suo letto, in attesa di addormentarsi o.... che lui arrivasse.
Stava
sognando? Era l'unica spiegazione possibile, e sicuramente era opera
di Castiel.
“Ciao
Amelia.”
Anche
se si trovava in un sogno, il cuore delle donna fece una capriola
riconoscendo quella voce. Si voltò immediatamente ritrovando a
pochi centimetri da lui. Gli sorrise posandogli una mano sul petto.
Le era mancato tanto.
“Ciao.
Perché siamo qui? Perché non sei più venuto a
trovarmi?” gli chiese ansiosa.
Castiel
le prese la mano e gliela baciò. Anche nei sogni le dava i
brividi.
“Non...
potevo venire da te. E non potrò farlo mai più”
le annunciò in tono serio.
Il
sorriso morì sulle labbra della giovane donna. Sperava di aver
capito male.
“P..perché?
Cosa è successo?”
L'uomo
le lasciò la mano, allontanandosi di un passo. “Non
posso più Amelia, vorrei tanto continuare a... vederti, ma non
mi è possibile.”
“Ma
perché!” ripeté lei, sentì le lacrime
bruciarle gli occhi.
Castiel
scosse il capo. “E' pericoloso.” le disse.
“Per
me o per te?” gli domandò con voce strozzata.
“Per
entrambi Ames, per entrambi. È una cosa sbagliata.”
Amelia
scoppiò in lacrime. “No, non lo è!”
obiettò.
“Sì
invece, è sempre stato sbagliato. È arrivato il momento
di... rimettere le cose al loro posto. Mi dispiace.”
Cosa
le stava dicendo? Che non lo avrebbe rivisto più? Che in un
colpo solo avrebbe perso sia Jimmy che Castiel? Lei non poteva
accettarlo.
“Non
è giusto. Ti sei preso mio marito, e ora vuoi impedirmi di
vederlo?” lo accusò duramente.
La
verità era che Amelia non voleva perdere Castiel. Non voleva
perdere la sua dolcezza, la sua passione, il bisogno che lui aveva di
lei. Non si era mai sentita così cercata, desiderata. Amata. E
ora non voleva perdere tutto questo.
“Amelia....
Jimmy un giorno tornerà da te. Ti mentirei se ti dicessi che
ciò accadrà domani o tra un mese, o tra un anno. Non lo
so. Ma tornerà da te. Io me ne prenderò cura, ti giuro
che non gli accadrà nulla. Ma fino ad allora, io non posso
più... stare con te. È sbagliato.” ripeté.
Dirle
addio faceva tanto male, ma non aveva scelta.
“Perché
mi stai facendo questo, Castiel? Perché... non vuoi più
stare con me?” gli chiese tra le lacrime.
Castiel
le si avvicinò e le accarezzò il viso. “Non
voglio farti soffrire Amelia, non voglio. E mi dispiace darti questo
dolore, so che ti sembra ingiusto, ma non c'è altra soluzione.
Dobbiamo dirci addio.”
“Perché?”
ripeté lei per l'ennesima volta. Non riusciva farsene una
ragione, non era giusto e non lo accettava.
“Perché
sono un angelo.... e gli angeli non....”
“....
fanno l'amore...” finì Amelia guardandolo negli occhi.
Castiel
annuì, poi si chinò su di lei e le baciò la
fronte.
“Addio
Amelia, non ti dimenticherò mai.” le promise con
tristezza.
Lei
non rispose, non ne aveva la forza. Lo guardò allontanarsi
lungo un sentiero e improvvisamente si svegliò.
Si
guardò intorno spaesata, con la netta sensazione che qualcuno
fosse stato nella sua stanza.
Castiel
era stato lì, ne era sicura. Riusciva ancora a percepirne la
presenza.
L'aveva
lasciata, Castiel le aveva detto addio. Perché? Perché
doveva perdere per la seconda volta l'uomo che amava? Perché
ora che si sentiva completamente amata? Non era giusto, non era
giusto.
Pianse
a lungo, da sola nel suo letto, fino ad addormentarsi stanca e
delusa.
Aveva
perso il suo amore, ancora una volta.
/-----/
Castiel
era seduto su una panchina, osservava distrattamente alcuni bambini
che si rincorrevano ridendo. Sospirò profondamente: aveva
appena detto addio ad Amelia. La prima e unica donna che avesse mai
stretto tra le braccia. La prima e unica creatura che lo aveva fatto
sentire unico e non uno dei tanti, come era abituato a sentirsi nei
piani alti.
Si
chiese se per caso quel dolore che sentiva non fosse.... amore.
Si
era innamorato di lei? Era questo che gli stringeva il petto in una
morsa dolorosa? Era quello l'amore? Una desolante sensazione di
abbandono lo pervase fino ad angosciarlo. Per la prima volta aveva
voglia di piangere.
“Che
brutta faccia che hai Cas, che ti prende?”
Castiel
sobbalzò violentemente, colto di sorpresa da quella voce che
riconobbe subito.
“Uriel”,
disse guardandolo torvo, “quale onore.” disse sarcastico.
L'altro
fece la sua caratteristica risata snervante. Castiel ringraziò
Jimmy, almeno la sua voce era armoniosa.
“Sai,
forse un giorno finirò col trovarti addirittura simpatico.
Spero che la cosa ti renda felice.” gli disse Uriel.
Castiel
sorrise guardando altrove. “Come un tacchino a Natale.”
Uriel
scoppiò a ridere e si sedette sulla panchina. L'altro ebbe
l'impulso di alzarsi e andarsene, ma non poteva sfidarlo così
apertamente.
“Non
si direbbe, ma sei divertente. Peccato per la tua costante aria di
sfida che assumi nei nostri confronti pur sapendo che potremmo
polverizzarti in un battito di ciglia.” gli fece presente.
“Sei
venuto qui per minacciarmi, Uriel?” gli chiese obbligandosi a
guardarlo in faccia.
“Oh
no, volevo solo fare... quattro chiacchiere.” rispose con
noncuranza.
“Con
me?”, ridacchiò Castiel, “tu mi odi Uriel, se sei
qui è per minacciarmi o per insultarmi.”
“O
tutti e due.” puntualizzò sorridendo l'altro.
Castiel
non rispose, pochi minuti in sua compagnia e già sentiva il
sangue di Jimmy ribollire per la rabbia.
“Non
essere così triste ragazzo mio. Sembra quasi che tu abbia
detto addio alla tua fidanzata!” esclamò in tono
gioioso, come se l'avesse detto per caso.
Castiel
si irrigidì e si voltò lentamente a guardarlo. Quando
Uriel vide il suo sguardo sorpreso e preoccupato, scoppiò a
ridere.
“Gli
umani direbbero touchè, caro Castiel.” lo
apostrofò ironico.
“Quindi
lo sapevate.”
Uriel
scosse il capo. “Io lo so, credo di essere l'unico.” lo
informò.
“Capisco.
Ti sei divertito guardandomi mentre ero con lei?” insinuò
Castiel accennando un sorriso.
“Non
avevo nessun interesse a guardarti mentre ti divertivi nel letto del
tuo pupazzetto. Solo che i tuoi trucchetti non sono così
efficaci come credi. È stato piuttosto facile capire cosa
facevi fuori servizio. Deve essere appagante per te, ricevere tante
attenzione da un essere umano. Mi dispiace dirtelo, ma quella non
vuole te, vuole suo marito. Tu sei solo il parassita che lo sta
usando.”
“Ti
ringrazio per la tua compassione. Anche a me dispiace per te, tu non
hai nessuno che ti dia attenzioni.” replicò caustico.
“Attento
a come parli, piccolo moscerino. Stai giocando non il fuoco.”
sibilò Uriel a denti stretti.
“Non
mi fai paura.” lo sfidò.
“No?
Strano, perché era proprio paura quella che ho letto negli
occhi del tuo umano, poco fa. Essere scoperto dà un brivido di
terrore lungo la schiena vero?”
“Perché
non mi hai denunciato?” gli domandò Castiel.
“E
perdermi la tua faccia in questo momento? Oh no!” ridacchiò
divertito.
“E
allora cosa diavolo vuoi?”
“Solo
farti sapere che non sei così furbo come credi. È solo
che te lo facciamo credere perché ci sei utile. Quando non lo
sarai più...” disse lasciando a Castiel la possibilità
di cogliere il significato delle sue parole.
“Grazie
per avermelo detto. Ora se vuoi scusarmi, devo eseguire i miei
ordini.” disse alzandosi.
“Va'
pure, piccolo galoppino, e ricorda ciò che ti ho detto. Non
giocare con il fuoco, potresti non riuscire a spegnerlo.” e
sparì.
Castiel
rimase a guardare la panchina vuota per alcuni lunghissimi istanti,
sentiva le tempie pulsare forte, irrorate dal sangue che percorreva
velocemente il suo percorso nel corpo di Jimmy.
Uriel
e Castiel si odiavano profondamente. Non sapeva neanche spiegare bene
il perché, ma era sempre stato così.
E
ora, se possibile, lo odiava ancora di più.
Perché
doveva sottostare agli ordini di esseri così?
Dov'era
suo Padre?
Sospirò
profondamente cercando di calmarsi e dopo sparì, per
raggiungere i giovani Winchester.
“Eh
già, pare proprio che il nostro amico fatato non compaia in
nessuna leggenda specifica. Voglio dire... niente che parli di un
uomo con le piume, che appare e scompare dal nulla, che sia
preveggente, eccetera eccetera...” disse Dean parlando più
a sé stesso che a suo fratello, il quale era impegnato nella
realizzazione di un qualche disegno.
Dean
lo guardò e sospirò. “ Uhm.. come sei
concentrato... comunque, ho controllato alcune pagine internet e
credo di aver trovato alcuni candidati per il nostro prossimo
lavoro...” annunciò a Sam che tuttavia non lo degnò
di uno sguardo.
“Un
peschereccio è affondato sulla costa della California e il suo
equipaggio è scomparso. Poi.... uh abbiamo alcune mucche
mutilate in Texas... Ehi!” urlò Dean a suo fratello.
Finalmente Sam gli concede un'occhiata.
“Per
caso di annoio con queste cose demoniache?” gli domanda ironico
Dean.
“No
sto ascoltando, continua.” risponde poco convinto Sam.
Si
certo, pensò. “E un uomo a Sacramento, si è
sparato tre volte in testa...” continuò pur sapendo che
suo fratello era assente. “Non ti turba niente, eh?”*
“Io
questo l'ho visto” esclamò improvvisamente il più
giovane dei Winchester.
Dean
aggrottò la fronte. “Visto cosa?”
Sam
non rispose e iniziò a rovistare nella propria borsa.
“Che
fai?”
“So
dove dobbiamo andare.” disse al fratello maggiore.
“Dove?”
“A
casa, torniamo nel Kansas.” annunciò deciso.
Dean
lo guardò perplesso. “Okay, e cosa ti fa credere che
dobbiamo andare lì?”
Per
tutta risposta Sam gli mostrò la foto che aveva tirato fuori
dalla borsa. “Questa foto è stata fatta nella nostra
vecchia casa, no? Dov'è morta la mamma.”
“Sì,
e allora?” confermò Dean.
“Non
è andata completamente distrutta, no? Voglio dire, l'hanno
sistemata.” continuò Sam concitato.
Dean
lo guardò come se fosse pazzo. “Non lo so, credo di sì.
Perché?”
“Uhm..
Dean.. so che ti sembrerà strano, ma le persone che abitano lì
adesso, potrebbero essere in pericolo.”
“E
cosa te lo fa pensare?”
Sam
lo guardò per alcuni istanti. “Ehm.. tu.. tu fidati e
basta, okay?” e iniziò a raccogliere le sue cose.
Dean
praticamente saltò dalla sedia. “Che? Fidati e basta?”
protestò
“Sì”
“Andiamo,
è un po' poco devi dirmi di più”
Suo
fratello lo guardò e poi scosse il capo. “Dean, non so
come spiegartelo...”
“Provaci,
o non vengo da nessuna parte.” minacciò l'altro.
Allora
Sam si arrese. “Okay.. ecco, io ho degli incubi...”
Dean
annuì.” L'avevo leggermente notato.” ironizzò.
“Comunque..
ecco... a volte si realizzano.”
Il
più vecchio dei due guardò l'altro e sbatté le
palpebre confuso. “Cosa?” esclamò incredulo.
“Sì
Dean... faccio degli incubi premonitori.” ribadì serio.
“Ma
smettila.” tagliò corto l'altro ragazzo.
“E'
così Dean... io...” ma non riusciva a dirgli di Jessica.
“Tu?”
lo incoraggiò suo fratello.
Sam
sospirò profondamente. “Dean, io ho sognato la morte di
Jessica prima che accadesse.”
“Solo
stupide coincidenze.” disse l'altro.
“No”
obiettò Sam “per giorni ho visto il sangue, il fuoco,
tutto quanto. E adesso ho sognato questo.. cavolo di albero che è
davanti la nostra vecchia casa, e questa donna che urla chiedendo
aiuto. Vorrà dire qualcosa o no?”
Dean
lo fissò con occhi sgranati. “Non lo so! E sinceramente
non mi interessa.”
“Cosa?
Dean, possiamo salvare delle persone!”
“Tu
non capisci... io ho giurato a me stesso che non sarei mai più
entrato in quella casa...” gli confessò Dean.
“Ti
prego Dean, andiamo solo a dare un'occhiata.” tentò di
convincerlo.
“Già....
andiamo a dare un'occhiata.” rispose Dean sospirando.
Doveva
arrendersi, sarebbero tornati a Lawrence. Forse Sam aveva ragione,
forse nella loro vecchia casa c'era ancora quella cosa che.. aveva
ucciso sua madre. Iniziò a preparare le sue cose, mentre Sam
lo guardava con una strana espressione.
“Okay,
che c'è che non mi dici?” sbottò qualche istante
dopo.
“Nel
mio sogno.. c'era anche quel tizio.” disse quasi sussurrando.
Dean
buttò a terra la sua borsa. “Quale tizio? Non mi dire il
tipo con l'impermeabile!” gli urlò.
“Proprio
lui.”
“E
quando avevi intenzione di dirmelo!?” sbraitò
arrabbiato.
Sam
si strinse nelle spalle. “Io non volevo dirti neanche di
Jessica, come potevo dirti del tenente Colombo?” si difese.
“Tu
sai che cos'è allora?” gli domandò Dean.
Lui
scosse il capo. “No che non lo so. Nei miei sogni... non faceva
niente. Stava solo lì. Non so cosa voglia dire...”
“Che
quel cazzone c'entra con tutta questa storia, ecco cosa vuol dire.”
ringhiò Dean.
“Andiamo,
sbrigati. Voglio vederci chiaro anche io adesso.” aggiunse
accigliato.
Ed
uscirono dal motel.
/-----/
Castiel
li seguì, lasciando che si addentrassero da soli nel caso.
Poteva solo immaginare quando fosse difficile per loro, soprattutto
per Dean che l'aveva vissuto coscientemente, mentre Sam era troppo
piccolo per averne anche solo una vaga memoria. L'orribile morte
della loro madre.
Non
camminava ancora sulla Terra, all'epoca, ed egoisticamente ne era
felice. Come avrebbe potuto starsene con le mani in mano mentre una
madre di famiglia veniva arsa viva sotto gli occhi di marito e figli?
Sospirò
rimproverandosi della propria debolezza. Continuare così non
gli avrebbe portato nulla di buono.
I
ragazzi si erano fermati presso una stazione di servizio, e ora
stavano chiacchierando. Li osservava da lontano, leggeva la paura e
l'incertezza sui loro visi e sapeva perché: nella loro casa
c'era qualcosa di malvagio, ma non era la creatura nell'armadio.
Avrebbe
voluto poter dire loro che si trattava di un poltergeist, ma gli era
proibito. Poteva solo seguirli e tenerli sotto osservazione.
Come
cavie.
Non
era giusto mandare così allo sbaraglio due ragazzi. Non era
per niente giusto.
Dean
improvvisamente si allontanò e si diresse verso i servizi.
Castiel lo raggiunse restando nascosto. Lo vide prendere il proprio
cellulare e portarlo all'orecchio.
“Papà”
iniziò Dean “so che ti ho lasciato altri messaggi prima.
Non so neanche se li hai ricevuti. Ma sono con Sam e siamo a
Lawrence. C'è.. c'è qualcosa nella nostra vecchia casa.
Non ho idea di cosa sia né se c'entri con la morte della
mamma, ma... non so che fare. Quindi, ecco... potresti.. potresti
venire qui? Per favore. Ho bisogno del tuo aiuto, papà.”
concluse con la voce rotta dal pianto.
Castiel
si sentì triste. E arrabbiato. Ma perché John faceva
finta di non ricevere i suoi messaggi? Perché non rispondeva
mai?
Impulsivamente
fece un passo avanti e Dean lo scorse con la coda dell'occhio. Si
voltò a guardarlo e la sua espressione cambiò.
“Ciao
Dean.”
“Va'
al diavolo, stronzo.” lo assalì il giovane.
Castiel
restò per un attimo perplesso. “Anche per me è un
piacere vederti, ragazzo.” disse sarcastico.
Dean
ridacchiò nervosamente. “Non ho tempo per le tue
stronzate, sei già fortunato se non ti ammazzo lì dove
sei.” lo minacciò.
“Chi
ti dice che riusciresti ad uccidermi?” sottolineò con un
sorriso duro.
“Ah
già” annuì Dean “tu hai poteri magici. Ti
infili anche nei sogni di mio fratello.”
Questo
colpì davvero l'angelo, non credeva che Sam gli avrebbe mai
detto dei suoi sogni.
“Vedo
che la notizia ti turba, eh? Non ti aspettavi che io lo sapessi.”
Castiel
scosse il capo. “Non mi turba affatto, solo mi dispiace che tu
ora mi consideri un nemico. Pensi che io c'entri con la morte della
ragazza?”
“Dimmelo
tu, cosa c'entri in questa storia.” gli disse Dean in tono
ostile.
L'altro
lo fissò per lunghi istanti, e immediatamente la sua
spavalderia si dileguò.
“Io
non ho ucciso quella ragazza.” rispose lentamente, quasi
scandendo ogni parola. La sua voce aveva assunto una sfumatura
strana, quasi non umana. Il suono dell'indignazione celeste, ma Dean
non poteva saperlo.
“Okay.
.e allora perché Sam ti ha sognato? Non credo tu sia
esattamente il suo tipo.”
Castiel
sorrise. “Lo spero, perché certamente lui non è
il mio.” commentò ironico. Dean trattene una risata.
“Tuo
fratello ha semplicemente sognato quello che poi è successo.
Cioè io che ti avviso di tornare indietro per aiutarlo a
scappare da quell'orrore. Non significa certo che io abbia qualcosa a
che fare con la morte della giovane.” gli spiegò sicuro
di sé, ma poi si accorse di un particolare del quale si
accorse anche Dean.
“Mh...
capisco. E come mai sai cos'ha sognato Sammy? Leggi nella mente?
Entri nei sogni? Sei come Freddy Krueger?”
Castiel
aggrottò la fronte. “Freddy chi? E comunque....”
“Ehi
Dean, cosa....” proruppe Sam appena giunto. Quando vide il
tizio con l'impermeabile, restò in silenzio e lo fissò
perplesso.
“Salve
Samuel...” lo salutò Castiel.
“S...
salve... che ci fai qui?” gli domandò.
Castiel
si strinse nella spalle. “Passavo da queste parti.”
“Questo
ci segue Sam.. e sa tutto anche dei tuoi sogni.” gli comunicò
suo fratello.
“Ah...
uhm...” farfugliò il giovane “dunque... tu sai
qualcosa su questa storia? Della.. nostra casa, intendo.”
L'uomo
sospirò. “Non molto...” mentì.
“Ma
potresti aiutarci. Per favore...” gli chiese Sam.
“Ma
sei matto Sam? Questo tipo è strano e pericoloso, vola,
capisci? Non possiamo fidarci.” obiettò Dean quasi
isterico.
Il
giovane scosse il capo. “Sì che possiamo Dean... lui
potrebbe aiutarci. Credimi.”
“E
come lo sai?” gli domandò il fratello.
Sam
alzò le spalle. “Lo sento.”
Castiel
era felice di sentirsi accettato da almeno uno dei due, ma non capiva
perché. Non poteva sapere...
“Ti..
ringrazio Samuel...ma....” iniziò con l'intento di
rifiutare. Lui non poteva intromettersi in quella storia.
“Va
bene, verrò con voi.” disse invece, dandosi subito dopo
dell'idiota. Si stava per cacciare nuovamente nei guai.
“Okay,
andiamo... e comunque io sono Sam, soltanto Sam.” puntualizzò.
“E tu come... ti chiami? Questo nel mio sogno non c'era.”
Castiel
rifletté per un attimo e poi decise di usare il nome del suo
tramite. “Jimmy.”
“Jimmy
e poi?” domandò Dean.
Castiel
fece un mezzo sorriso. “Soltanto Jimmy.”
“Okay
Soltanto Jimmy, vieni con noi in macchina o salti sulla scopa?”
gli domandò Dean caustico.
“Temo
di non aver capito.” ammise Castiel.
“Mi
prendi in giro? Tu appari e scompari nel nulla. Ho visto tante di
quelle cose che non mi sorprende più nulla, ma tu sei un caso
a parte. Allora, voli o cos'altro?”
Castiel
lo guardò e poi spostò lo sguardo su Sam, per capire se
lui sapeva o immaginava qualcosa. Ma no, non sapeva niente.
“Un
bravo mago non svela mai i suoi segreti, Dean. E comunque, se per voi
va bene, per questa volta... lascerò la mia scopa e verrò
in auto con voi.” rispose.
Dean
non rispose, liquidò il tutto con un semplice gesto della mano
e si avviò verso la macchina, seguito dagli altri due.
/-----/
Dean
lo osservava spesso attraverso lo specchietto retrovisore, e sempre
incontrava il suo sguardo attento. Perché diavolo Sam si
fidava di quell'uomo? Sapeva qualcosa che non voleva dirgli? A lui
non piaceva, lo metteva a disagio, e anche se aveva detto di essere
un mago, era sicuramente un'idiozia, in realtà nascondeva
qualcosa. Sembrava un uomo normale, un comune mortale, ma non lo era.
“Voi
credete davvero ai medium?” proruppe Castiel dal sedile
posteriore.
Sam
si voltò a guardarlo. “Beh.. se nostro padre andava da
questo... Missouri, evidentemente c'era qualcosa di vero.”
Castiel
accennò un sorriso. C'erano davvero alcuni umani con queste
capacità, ma la maggior parte erano dei ciarlatani. Non aveva
idea di chi fosse questo Missouri Mosely, ma dubitava fosse in buona
fede.
“Proprio
tu parli, Jimmy? Fai delle cose decisamente strane e ti meravigli di
un sensitivo?” sottolineò Dean acido.
“Ma
io non mi faccio pagare a suon di dollari. Io lo faccio per
passione.” rispose l'angelo in incognito.
Sam
scoppiò a ridere mentre Dean scosse il capo mormorando.
“Dean”
riprese a parlare Castiel “so che non ti fidi di me, neanche io
mi fiderei al posto tuo. Ma ti chiedo solo di avere fiducia. Non sono
un nemico.”
“E
allora dimmi cosa diavolo sei? Perché ho la sensazione di
vedere solo quello che tu vuoi farmi vedere?” sbottò il
giovane uomo.
Castiel
scosse il capo. “Non posso... non adesso.”
Dean
sbatté le mani sul volante. “Okay.. okay ci rinuncio...
e tu Sam prima o poi mi dovrai dire perché ti fidi di quello
lì.”
Il
giovane scosse la testa con un sorriso. “E' solo una sensazione
Dean... se fosse un nemico, non ci avrebbe aiutato in passato. E se
non ci dice di più, è perché forse davvero non
può. Insomma, inseguiamo nostro padre che si rifiuta di dirci
dov'è, e non possiamo dare un cent di fiducia all'uomo che per
quel che mi riguarda, mi ha salvato due volte?” argomentò
serio.
Suo
fratello lo guardò con un ghigno. “Wow.. proprio un vero
avvocato... un avvocato del Diavolo, magari...” ironizzò
guardando Castiel.
“Diavolo?
Io?” domandò l'uomo dietro di loro. “Sei
completamente fuori strada, ragazzo mio. Io faccio parte dei buoni.”
disse con un mezzo sorriso.
“Si,
come no.” commentò il guidatore alzando il volume della
radio. Le note di una sinistra canzone rock riempirono l'abitacolo.
“E
poi il Diavolo sarei io!” urlò Castiel “sentite
questi cosa stanno dicendo!”