Godforsaken Land

di ChelseaH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Where are you? ***
Capitolo 3: *** 2. Homeless ***
Capitolo 4: *** 3. Pain ***
Capitolo 5: *** 4. Reunion ***
Capitolo 6: *** 5. No more lies ***
Capitolo 7: *** 6. Blasphemy ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


DISCLAIMER: Merlin e tutti i suoi personaggi sono proprietà della BBC e chi per essi. Con questo scritto non intendo avanzare pretese su di loro e / o lucrarci sopra.

ATTENZIONE, spoiler riguardanti tutta la seconda stagione + slash.

Godforsaken Land

Prologo.
Arthur tentò di resistere alla tentazione di rigirarsi per l'ennesima volta sulla coperta buttata sul pavimento che gli faceva da letto. In tempi normali non ci avrebbe pensato due volte a mostrare apertamente il proprio disagio per la sistemazione ma, in tempi normali, Merlin sarebbe stato sdraiato al suo fianco a sorbirsi tutte le sue lamentele mentre ora lui era lì, su quel pavimento, proprio perché Merlin non c'era.
Ricordava fin troppo bene la prima volta che era andato a Ealdor, con Merlin, Morgana e Gwen, per cercare di proteggere il villaggio. E ora eccolo di nuovo lì, sul pavimento della capanna di Hunith, a tentare di prendere sonno. In realtà non era per nulla sicuro che l'insonnia fosse dovuta alla mancanza di un materasso e di un letto veri, la verità era che era stato seriamente convinto di trovare Merlin a Ealdor e, quando aveva sbattuto il muso contro il fatto che il ragazzo non era nemmeno passato di lì, il mondo gli era crollato addosso.
Senza contare che Hunith non solo non aveva visto il figlio di recente, ma non aveva nemmeno idea che fosse scappato da corte e così ora il principe si sentiva anche in colpa per averle portato quella cattiva notizia.
Si alzò e uscì dalla capanna alla ricerca di un po' di aria fresca, cercando di ignorare il magone che gli rendeva il respiro pesante e gli occhi stranamente umidi. L'ultima volta che aveva visto Merlin, il ragazzo aveva il volto rigato dalle lacrime. Non gli aveva detto niente, semplicemente aveva girato le spalle e se n'era andato dalle stanze reali. La mattina dopo era andato a cercarlo e Gaius gli aveva detto laconicamente che Merlin se n'era andato il pomeriggio precedente, che non aveva voluto dirgli cos'era successo ne dove era diretto, semplicemente che non avrebbe mai più rimesso piede a Camelot.
Arthur era rimasto freddato.
“Insomma, sei un mostro!” erano le ultime parole che gli aveva urlato in faccia prima che lui si mettesse a piangere e sparisse.
Si era subito pentito di ciò che aveva detto ma il suo orgoglio gli aveva impedito di rincorrere Merlin, abbracciarlo, stringerlo, dirgli che andava tutto bene e che nulla sarebbe cambiato. Quelle parole volevano ferirlo, lui voleva ferirlo per avergli taciuto la verità per così tanto tempo, ma non le pensava, non avrebbe mai potuto pensare che Merlin fosse un mostro perché Merlin per lui era tutto.
E così, quando Gaius l'aveva messo di fronte al fatto che il suo servitore se n'era andato, aveva cercato di seguirne le tracce per un paio di giorni ma senza troppa fortuna. Tornato a Camelot si era imposto di calmarsi e ragionare e gli erano venuti in mente Ealdor e Hunith. Del resto lui, se avesse voluto scappare lontano e avesse ancora avuto una madre, sarebbe corso da lei.
Merlin però non l'aveva fatto, probabilmente perché sapeva che quello sarebbe stato il primo posto in cui l'avrebbero cercato.
Inspirò a fondo l'aria fresca della notte, imponendosi di calmarsi. Era un esercizio che si era ritrovato a fare fin troppe volte negli ultimi giorni. Dove poteva essere andato Merlin? Dai druidi? A cercare asilo da Morgause? Aveva già vagliato quelle ipotesi più e più volte ed era sempre finito col scartarle perché, anche se ora sapeva cos'era Merlin, era anche sicuro che non avesse nulla a che spartire con loro. Aveva passato tutta la giornata a parlare con Hunith e nemmeno lei aveva idea di dove potesse essere andato il figlio.
Era scappato, si era volatilizzato.
L'aveva lasciato solo.

I never meant the things I said to make you cry.
Can I say I'm sorry?
(Non ho mai pensato le cose che ti ho detto e che ti hanno fatto piangere.
Posso dire che mi dispiace?)

 

NOTE.
Ehhhh, il richiamo delle long è troppo forte per me e quindi eccomi qui con una nuova long-fiction, la prima che scrivo su Merlin.
La citazione a fine prologo è presa da Too Close for Comfort, traccia numero 6 dell'album Wonderland dei McFly. Questa meraviglia tanto per intenderci.
Il titolo invece è tratto da Blasphemy, questa canzone tratta dall'album ToyZ dei Cinema Bizarre che, insieme a Too Close for Comfort, farà un po' da colonna sonora alla storia.

Esauriti i "convenevoli" non mi resta che dire che non ho idea di quanto sarà lunga la storia, per ora ho solo un paio di capitoli ma - stranamente - la storia ce l'ho tutta in testa [che poi probabilmente divagherò come mio solito triplicandola è un altro discorso xD].

Il solito ringraziamento immenso a Giuly per la gentile sopportazione <3

Fatemi sapere che ne pensate ^________^

E un ringraziamento immenso a chi ha letto/commentato/apprezzato le shot che ho messo nelle scorse settimane <3

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Capitolo 2
*** 1. Where are you? ***


 

Godforsaken Land

1. Where are you?
Arthur fu svegliato dai deboli raggi del sole dell'alba che filtravano attraverso la tenda e, borbottando fra se e se, si girò a pancia in giù nel letto tirandosi il cuscino sopra alla testa.
Era ormai passato più di un mese da quando Merlin aveva lasciato Camelot e non era ancora riuscito ad abituarsi a una routine giornaliera che non prevedesse battibecchi, scambi di battute, frecciatine e risate con lui.
Merlin gli mancava, gli mancava da morire e, se non fosse stato così dannatamente orgoglioso e stupido, avrebbe lasciato che le lacrime che gli premevano agli occhi da settimane finalmente uscissero fuori. In realtà poteva anche permettersi di piangere, nessuno l'avrebbe visto e di conseguenza nessuno l'avrebbe saputo, ma aveva come l'impressione che una volta che avesse sfogato tutte le lacrime si sarebbe sentito sollevato. Non aveva molta esperienza in fatto di piagnistei ma i luoghi comuni volevano che piangere fosse una valvola di sfogo e lui non voleva sfogarsi, non voleva sentirsi sollevato, non voleva stare meglio. Non poteva ignorare il senso di colpa e il rimorso che provava, non poteva permettere che si allentassero perché quel giorno sarebbe anche stato il giorno in cui si sarebbe arreso e avrebbe smesso di cercare Merlin. E non poteva, semplicemente non poteva.
Nessuno aveva più avuto notizie del ragazzo, nessuno aveva la più pallida idea di dove potesse esserci andato a cacciare. A quel pensiero Arthur sorrise amareggiato, ripensando a tutte le volte che lo aveva rimproverato per la sua goffaggine o il suo essere totalmente sprovveduto e invece stavolta era riuscito a beffarli tutti coprendo le sue tracce alla perfezione.
Sbuffò rigirandosi nuovamente nel letto, dove avrebbe potuto andarlo a cercare stavolta? Erano settimane che mascherava le ricerche da battute di caccia perché, se avesse detto la verità al padre, lui sicuramente gli avrebbe proibito di andare a caccia di Merlin.
“E' solo un servo, tu sei il principe ereditario di Camelot.” gli avrebbe detto liquidando la faccenda ma Merlin non era solo un servo anzi, probabilmente per lui era stato tutto fuorchè un servo.
Alzandosi decise che in mattinata si sarebbe consultato per l'ennesima volta con Gaius ma ormai anche lui pareva aver esaurito le idee o, molto più probabilmente, c'erano idee che gli frullavano per la mente ma delle quali non voleva rendere partecipe il principe. Gaius non sapeva perché Merlin se n'era andato così, di punto in bianco, e andava da se che quindi non sapesse nemmeno che lui, Arthur, era a conoscenza di tutta la verità su Merlin; forse era per questo che non gli aveva fornito la lista completa dei posti in cui il ragazzo poteva essersi andato a nascondere. Era il caso di dirglielo? Gaius era a conoscenza di tutta la verità? Probabilmente si. Doveva andare nelle sue stanze e raccontargli cosa era effettivamente accaduto prima che Merlin corresse a fare le valige in lacrime? Come avrebbe reagito?
Hunith non aveva reagito bene quando, più di un mese prima, le aveva raccontato tutta la storia senza omettere nemmeno una virgola per cui non trovava mezza ragione per la quale Gaius dovesse comportarsi diversamente. A dirla tutta, Hunith l'aveva preso letteralmente a schiaffi, piazzandogli un signor ceffone sulla guancia e dimostrando con quell'atto impulsivo di essere senza ombra di dubbio la madre biologica di Merlin e doveva anche considerarsi fortunato che non gli avesse appioppato appellativi quali asino o testa di legno. Alla fine però lui l'aveva abbracciata, lei aveva pianto e gli aveva fatto giurare che, ovunque si trovasse Merlin, l'avrebbe trovato e riportato a casa. Arthur aveva giurato senza pensarci due volte, anche perché non gli serviva un giuramento per portare a termine un compito che si era autoimposto da solo.
Fino a quel giorno però, le sue ricerche avevano dato esiti tutt'altro che positivi.

***

Finita l'udienza giornaliera Arthur si congedò dal padre in fretta e rincorse Gaius lungo il corridoio.
“Gaius! Possiamo parlare?” gli chiese, cercando di non attirare troppo l'attenzione su di loro.
“Certo Sire.” gli rispose l'altro con fare circospetto e mettendosi in attesa.
“In privato.” gli sussurrò avvicinandosi.
“Come desiderate.” così dicendo Gaius riprese a camminare, diretto ai propri alloggi e nessuno dei due parlò più fino a quando non si chiusero alle spalle la porta delle stanze di Gaius.
“Cosa posso fare per voi?” gli chiese quest'ultimo, con un'aria perfino più formale di quando si rivolgeva a Uther. In tutta risposta Arthur sospirò, sedendosi al tavolo e prendendosi la testa fra le mani cercando di non pensare che la porta in fondo alla stanza era quella della camera che per lungo tempo aveva ospitato Merlin.
“Arthur?” il tono di Gaius si ammorbidì mentre prendeva posto sull'altra sedia, di fronte a lui.
“Hai idea di dove possa essere Merlin?” gli chiese senza rialzare la testa, non voleva che Gaius ci potesse leggere la disperazione che ormai stava prendendo il sopravvento.
“No, ve lo già detto più di una volta.”
“Dovrai pur avere qualche idea!” sbottò Arthur, guardandolo finalmente in faccia e fregandosene del resto.
“Ealdor, ma siete già andato a controllare.”
“Nient'altro?”
“Non mi piace non sapere dove sia Merlin o cosa stia facendo. Ve lo direi o andrei io stesso a prenderlo se sapessi dove si trova.”
Stava mentendo, glielo si leggeva in viso. Aveva sicuramente un paio di idee per la testa ma qualcosa, forse mancanza di fiducia, gli impediva di parlare.
“Gaius.” così dicendo si congedò.
Era proprio vero che si capiva l'importanza di una persona solo nel momento in cui la si perdeva e Arthur non riusciva a farsene una ragione.
“Sei un mostro.” aveva urlato e qualcosa dentro a Merlin si era rotto, l'aveva visto sul suo viso, l'aveva letto nelle sue lacrime. Diede un calcio al muro irritato e rispose con un'occhiataccia allo sguardo scettico di una guardia che era lì nel corridoio. Era uno stupido, nient'altro che uno stupido. Da quando aveva capito cosa Merlin nascondesse a quando si era deciso a mettere tutte le carte in tavola, si era chiesto più volte perché il ragazzo non si fosse mai confidato con lui. La risposta se l'era data da solo, perché temeva la sua reazione, aveva paura di non venire accettato o, peggio ancora, venire consegnato direttamente a Uther e al rogo.
Poteva biasimarlo? No, certo che no.
Poteva biasimare se stesso per non aver capito niente e per essersi comportato da perfetto idiota? Si.
Rispondendo ad un impulso irrazionale tornò sui suoi passi e fece letteralmente irruzione nelle stanze di Gaius.
“Lo so, per cui puoi dirmi tutto quello che pensi riguardo alla fuga di Merlin.” lo investì con queste parole come un fiume in piena.
“Sa... cosa... Sire?” gli chiese Gaius guardingo.
“Merlin! – urlò Arthur, prima di chiudere la porta e avvicinarsi al medico – So che è un mago.” bisbigliò poi.
“Vi sbagliate.” replicò Gaius mal celando una certa e improvvisa apprensione.
“Perché credi che se ne sia andato?! - riprese a inveire il principe – Gli ho detto che era un mostro.” aggiunse accasciandosi sulla sedia sulla quale si era seduto poco prima.
“Voi cosa?!” il vecchio ora era sconvolto.
“L'ho visto, durante una caccia... non credo si fosse accorto di avermi alle spalle ma ho sentito chiaramente che pronunciava un incantesimo. Poi un ramo bello grosso è caduto dal nulla in testa al cinghiale che ci stava caricando.”
“E gli avete dato del mostro per aver tentato di fermare la carica di un cinghiale inferocito?”
“No! – Arthur era fuori di se – Non gli ho detto niente, lui non si è accorto di nulla! Sulle prime ho pensato fosse un caso, un trucchetto da quattro soldi letto o sentito chissà dove. Poi ho pensato a tutte le cose strane o inspiegabili successe e Merlin era sempre coinvolto.”
Gaius si sedette, senza smettere di fissarlo nemmeno per un secondo, lo sguardo inquisitore e accusatorio.
“Poi sono scoppiato, non ce l'ho più fatta!” proseguì Arthur, alzandosi e mettendosi a camminare nervosamente per la stanza.
“E quando siete scoppiato cosa avete fatto?” Gaius era atono.
“Gli ho detto che sapevo ed ero arrabbiato, frustrato e... e... Perché non me l'ha detto?!” stava di nuovo urlando.
“Potete biasimarlo per non averlo fatto?”
“No! Ma io mi fidavo di lui, avrei messo e ho messo più volte la mia vita nelle sue mani, non gli ho mai taciuto niente, niente Gaius.”
“Voi non rischiavate la condanna a morte a confidarvi con lui e lui era solo un servo, non avrebbe potuto nuocervi in nessun caso.” gli fece notare freddamente l'uomo.
“Lo so.”
“E quindi di cosa vi lamentate?”
“Non l'avrei detto a mio padre, non avrei permesso a nessuno di fargli del male.” ora il suo tono era quasi supplichevole, come se Gaius avesse potuto tirare fuori da una qualche tasca Merlin.
“E' stato più volte sul punto di dirvi tutto, Merlin si fidava ciecamente di voi.” la voce di Gaius riacquistò un po' di colore.
“Ma non l'ha fatto. - l'espressione di Arthur trasudava dolore e Gaius sospirò. – Lo so che non avrei dovuto dirgli quelle cose orribili solo per vendicarmi ma non le pensavo, non le ho mai pensate. Devi credermi Gaius.” così dicendo gli voltò le spalle e si congedò da lui per la seconda volta quella mattina.
Se nemmeno ora Gaius si fosse deciso a collaborare si sarebbe arrangiato da solo. Avrebbe impiegato il doppio, forse anche il triplo del tempo ma l'avrebbe ritrovato e riportato a Camelot. L'avrebbe trascinato di peso nel luogo in cui tutto quel casino era cominciato, ovvero la propria stanza, l'avrebbe sbattuto contro al muro, gli avrebbe urlato dietro di tutto, gli avrebbe dato dell'idiota e, quando l'altro si sarebbe deciso a replicare in qualche maniera, l'avrebbe guardato dritto negli occhi e si sarebbe scusato. A voce talmente bassa che Merlin avrebbe pensato di aver sognato, ma gliel'avrebbe detto.
Scusa. E non solo quello.

***

La mente di Gaius vagava lontana mentre lui faceva il suo giro quotidiano di Camelot per distribuire le medicine a chi ne aveva bisogno.
Arthur sapeva.
Dopo quella rivelazione, la fuga di Merlin aveva acquistato improvvisamente un senso e ritrovarlo era diventato un fatto urgente. La sua magia era ancora acerba rispetto a quella di un mago adulto e con più esperienza, senza contare che, sebbene Uther fosse il nemico più pericoloso per coloro che praticavano le arti magiche, non era l'unico a vederle sotto una cattiva luce.
Arthur avrebbe potuto facilmente trovarlo se solo avesse saputo dove cercare. Ma poteva fidarsi del principe? Forse si, forse no. Non aveva mai capito fino in fondo la natura del rapporto che lo legava realmente a Merlin e aveva sempre pensato che fossero molte le cose che il suo protetto gli taceva a riguardo. Che avessero più volte rischiato la vita uno per l'altro però, era un dato di fatto e questo doveva pur valere qualcosa.
Gaius non aveva un'idea di precisa di dove Merlin si fosse diretto, ma aveva escluso a priori alcune ipotesi. Per esempio era abbastanza sicuro che non si fosse rifugiato dai druidi, non dopo quello che era successo l'ultima volta che la sua strada e quella di Mordred si erano incrociate. Morgana e Morgause erano una possibilità che aveva vagliato per poi scartarla per la stessa ragione dei druidi. A Ealdor non era tornato. Cosa rimaneva? Tecnicamente il mondo intero, eppure doveva esserci una maniera di restringere il campo.
Era andato a cercare il drago? O forse Lancillotto? E se non fosse mai uscito dai confini di Camelot e ora si trovasse a pochi passi da lui? Queste e altre mille erano le ipotesi che aveva vagliato ma, purtroppo, nessuna lo convinceva.
Era preoccupato per Merlin, molto preoccupato.
Anche Arthur era preoccupato e sembrava sincero. Del resto, se avesse voluto consegnare Merlin a Uther e a morte certa, sarebbe corso dal padre nel momento stesso in cui avesse scoperto il segreto del suo servo.
La questione rimaneva però molto delicata e Gaius sapeva di non potersi permettere nessun passo falso.
Per la seconda volta nella sua vita era tormentato dal dubbio su cosa fosse giusto o meno fare.
La prima era stata quando aveva poi deciso di rinunciare alla magia e rimanere al fianco di Uther Pendragon. Ironico come a Merlin e Arthur stesse succedendo la stessa cosa, solo nel senso inverso.

 

NOTE.
Inizio ringraziando di cuore GiulyB, fange69, lady niniane, Cassandra, IcePrincess_, Eye7 e Lily Potter 97 che hanno commentato il prologo, nonchè tutti quelli che l'hanno letto / apprezzato /messo nei preferiti. Grazie di cuore <3

Ed eccoci al primo capitolo, volevo chiuderlo con una citazione musicale ma non ne ho trovata una abbastanza appropriata >_< In ogni caso, Arthur ormai l'abbiamo perso nel senso di colpa, Gaius nei dubbi amletici e Merlin povero chissà dov'è scomparso [qualcosa mi dice che nel prossimo capitolo lo scopriremo xD].

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Capitolo 3
*** 2. Homeless ***


 

Godforsaken Land

2. Homeless
Merlin si avvicinò ad Arthur e gli posò una mano sulla spalla, in quello che voleva essere un gesto di conforto. Il principe si voltò di scatto e gli afferrò il polso prima che lui potesse ritrarre la mano. Strinse così forte da fargli male e lui si morse un labbro nel tentavo di reprimere un gemito ma, anche se Arthur se ne accorse, non mollò la presa. Rimasero a fissarsi per un tempo indefinito e Merlin non sapeva cosa fare. Ritrarsi? Far notare all'altro che gli stava facendo male? Chiedergli cosa avesse? Non ebbe il tempo di trovare una risposta perché il principe, stringendo ancora più forte, colmò la breve distanza che li separava e appoggio le proprie labbra sulle sue. Un attimo dopo, ancor prima che il giovane mago avesse il tempo di capire cosa stesse succedendo, Arthur lo spinse con malagrazia sul letto continuando a baciarlo e senza nemmeno premurarsi di testare le reazioni del proprio servo. Non che Merlin stesse esattamente reagendo, semplicemente lo stava lasciando fare mentre una fitta nebbia ricopriva i suoi pensieri al riguardo.
Improvvisamente Merlin sentì freddo e aprì gli occhi. Arthur era scomparso e con lui la grande stanza del principe calda e accogliente. Al loro posto c'era una grotta fredda e umida e lui, invece che essere sdraiato sul un comodo letto regale, era accucciato su una coperta stesa sulla dura roccia. Era stato solo un sogno anzi, più che un sogno un ricordo. Il ricordo del giorno in cui aveva impedito ad Arthur di uccidere Uther, screditando la magia e quindi se stesso agli occhi del principe. Certo, a quel tempo Arthur era ancora ignaro di tutto ma sarebbe stato così facile lasciargli uccidere il padre, porre fine all'epoca del terrore per chi pratica la magia e raccontargli tutto. Alla fine le cose erano andate diversamente e lui era scappato. Si passò una mano sul viso, tentando di far sparire la sensazione delle labbra di Arthur sulle proprie ma fu un tentativo vano, il ricordo del sapore del principe non era più andato via da quel giorno, anche se non c'era stato un seguito a quell'episodio. Non ne avevano mai nemmeno parlato, a un certo punto Arthur si era scostato da lui, gli aveva detto di andare a pulirgli gli stivali e così tutto era finito.
Merlin sospirò, decidendosi ad alzarsi dallo scomodo giaciglio e stiracchiandosi, cercando di scacciare il senso di abbandono che sentiva addosso. Mezz'ora dopo era sulla strada per il paese più vicino, pronto a un'altra giornata come assistente del fabbro, non esattamente il lavoro più adatto a lui ma in cambio di quell'aiuto l'uomo gli dava cibo a volontà. Inizialmente si era arrangiato a procurarselo, cacciando nella foresta usando le sue abilità magiche ma poi si era reso conto che quei boschi erano frequentemente battuti dai soldati di Cenred e non voleva dare nell'occhio.
“Vivi ancora in quella caverna ragazzo?” gli chiese Kenneth, il fabbro, mentre pranzavano insieme nella modesta capanna dell'uomo.
“Si signore.” rispose umilmente Merlin, che cercava sempre di passare il più inosservato possibile.
“Dovresti trovarti un'altra sistemazione, quel posto ha una brutta fama e comunque non fa per un ragazzo come te.”
“Brutta fama?”
“Fino a prima che arrivassi tu, un bel po' prima, mesi – fece una pausa per addentare un boccone di pane – ci abitava un altro uomo, era pericoloso.” proseguì deglutendo.
“Che genere di uomo?” chiese Merlin, pur sapendo già la risposta.
“Balinor, si chiamava Balinor. L'ho visto qualche volta, ogni tanto veniva al villaggio a rifornirsi di cibo e altre cose. Ma non gli ho mai parlato, se conosci il pericolo lo eviti.”
“Ha fatto qualcosa di male?” il ragazzo sapeva che era meglio non indagare, e non era nemmeno sicuro di voler sapere le risposte, ma era stato più forse di lui.
“No, in effetti no. Non che io sappia. Era un solitario e in giro si diceva che... – fece una pausa scrutando attentamente Merlin in viso, come se stesse decidendo se fosse o meno degno di una confidenza simile – si diceva che praticasse la magia.” terminò infine, sporgendosi verso Merlin e bisbigliando.
“Capisco.” si limitò a replicare quest'ultimo.
“Brutta cosa la magia ragazzo, stanne alla larga. Da queste parti un mago può vivere relativamente tranquillo ma, anche se Cenred non punisce la stregoneria, io non mi fido. Non so se capisci che intendo.”
“Certo.” annuì Merlin.
“E' per questo che Balinor ha avuto vita facile da queste parti, fosse vissuto a Camelot altro che rifugiarsi in una grotta!”
Merlin continuò a mangiare, lo sguardo fisso sul piatto di fronte a lui. Camelot e Balinor nella stessa frase erano troppo per lui.
“Dicono che re Uther sia implacabile con chi pratica la stregoneria. – l'altro proseguì il suo monologo – Non sono molto d'accordo coi suoi metodi ma forse non ha poi tutti i torti. Ho passato qualche tempo a Camelot anni fa, non era malaccio come posto. Ci sei mai stato?”
“N-n-no, signore.” balbettò Merlin.
“Gli uomini di Cenred non sono molto ben visti da quelle parti, così come la gente di Camelot non è bene accetta qui. Ma per le persone come me e te spostarsi da un regno all'altro non è un problema, nessuno ti chiede le generalità quando sei povero e innocuo, dico bene?”
“Suppongo di si...” Merlin sperava che quella conversazione finisse al più presto. Sapeva bene che gli uomini di Uther erano malvisti nel regno di Cenred, era quella la ragione principale per la quale si era incamminato in quella direzione, era l'ultimo posto in cui Arthur sarebbe andato a cercarlo. Rise mentalmente di se stesso, perché mai Arthur sarebbe dovuto correre a cercarlo? Per riportarlo a Camelot, consegnarlo a Uther e godersi lo spettacolo del rogo probabilmente. Scosse la testa cercando invano di scacciare quel pensiero e ringraziò il cielo quando Kenneth si decise finalmente ad alzarsi e tornare alla bottega, lasciandogli in consegna la cucina da pulire.
Sei un mostro.
Quelle parole gli rimbombavano ancora in testa e gli spezzavano il cuore ogni volta.
Aveva creduto che lui e Arthur avessero un rapporto molto più profondo di quello padrone-servo, ne era stato decisamente convinto. Pensava che dopotutto Arthur lo considerasse un amico, uno di quelli da tenere sempre accanto a se e da sostenere a prescindere da tutto. Si era sbagliato. In realtà non aveva pensato solo questo, aveva pensato molto di più ma, anche lì, si era decisamente sbagliato. I baci di quella sera probabilmente avevano significato qualcosa solo per lui, era sempre stato un povero illuso su tutta la linea.

***

“Notizie di Merlin?”
Gaius scosse la testa, distogliendo lo sguardo da Gwen. La ragazza andava a trovarlo ogni giorno con le scuse più impensabili e, ogni volta, gli chiedeva di Merlin. Lui le aveva detto che era tornato a Ealdor e che non sapeva quanto tempo sarebbe rimasto lì ma evidentemente la ragazza sentiva parecchio la mancanza dell'amico.
“Arthur non si è ancora trovato un nuovo servo.” gli disse.
“Lo so.” si limitò a rispondere lui.
“Questo significa che Merlin non starà via ancora a lungo, no?”
“Probabile.” le sorrise cercando di essere incoraggiante e Gwen se ne andò rincuorata.
Non gli piaceva mentirle così spudoratamente ma era inutile farla preoccupare per cose che non poteva nemmeno spiegarle fino in fondo.
Lui piuttosto era preoccupato che il principe stesse per combinare qualcosa di assolutamente insensato. Erano un paio di settimane che non parlavano, a dirla tutta non si erano più parlati dal giorno in cui Arthur era piombato nelle sue stanze a raccontargli tutto, ma negli ultimi giorni l'aveva visto particolarmente determinato, come se avesse in mente un piano ben preciso e si apprestasse a metterlo in atto. E se c'era una cosa sulla quale si poteva mettere la mano sul fuoco era che l'erede al trono aveva la stessa tendenza a cacciarsi nei guai propria di Merlin. Così, dopo averci pensato a lungo, aveva deciso di chiedergli senza mezzi termini cosa gli passasse per la testa ed era proprio quello che si stava apprestando a fare quando Gwen era andata a fargli visita.
Si incamminò verso le stanze del principe e, una volta arrivato a destinazione, bussò.
La voce di Arthur lo invitò ad entrare e lo trovò intento a lustrarsi un pezzo dell'armatura da solo. Gli venne da sorridere all'idea che piuttosto di sostituire Merlin il ragazzo facesse il garzone di se stesso, ma si trattenne.
“Ah, Gaius.” disse Arthur alzando a malapena il viso verso di lui.
“Sire.”
“E' successo qualcosa?” gli chiese simulando disinteresse.
“No. Mi stavo solo chiedendo...” Gaius si fermò un istante a riflettere. Quella conversazione probabilmente li avrebbe portati a diventare complici nella ricerca di Merlin, il che significava che aveva deciso di fidarsi incondizionatamente del principino. Ma l'aveva deciso davvero? Forse si, forse no, fatto stava che il ragazzo che aveva di fronte era l'unica persona sulla quale poteva fare affidamento in quel momento.
“Cosa, Gaius ?” Arthur lasciò cadere in terra il pezzo di armatura e fissò il proprio sguardo negli occhi dell'uomo.
“Sire – sospirò – cosa state meditando di fare?” si decise a chiedere.
“Quello che nessun altro sembra voler fare, ritrovare il mio servo.” gli rispose freddamente e a Gaius non sfuggì la frecciatina.
“Quindi state partendo?”
“Si.”
“E vostro padre approva?”
“No, mio padre ovviamente non sa nulla, pensa che io vada a fare una qualche ricognizione.”
“Sapete già dove dirigervi?”
“No, ma so chi cercare.” la risolutezza nella voce del ragazzo lo convinse che stava decisamente andando a cercare guai, nel posto sbagliato per giunta.
“Chi?”
“Perché dovrei dirtelo Gaius? Non sei stato molto collaborativo l'ultima volta.” se non altro era bello vedere che la strafottenza e la testardaggine del principe non erano scomparse del tutto.
“Sire, non so dove si trovi Merlin, posso solo fare ipotesi.”
“E' un modo per dire che possiamo... collaborare?” il tono di Arthur si era fatto scettico e speranzoso allo stesso tempo.
“Si, Sire.”
Arthur lo squadrò per un istante, ponderando il da farsi e poi parlò.
“Nimueh, sto andando a cercare Nimueh. Non che pensi che Merlin si sia alleato con lei o cose simili ma di sicuro saprà come rintracciarlo.”
Ecco, Arthur stava esattamente andando in cerca di guai, come da previsioni. E, collaborare con lui si sarebbe rivelato più insidioso del previsto visto che, spiegargli come mai non poteva andare a cercare Nimueh significava raccontargli molto più di quello che forse avrebbe voluto sapere, o sarebbe stato in grado di sopportare.

***

Quella notte Merlin non riusciva a prendere sonno, fuori pioveva e dentro alla caverna il rumore del temporale sembrava mille volte più forte che all'esterno. Senza volerlo la sua mente si ritrovò a ripensare alle parole di Kenneth riguardo a suo padre e qualcosa gli si attorcigliò all'altezza dello stomaco. Era così ingiusto che una persona avesse una cattiva fama solo perché aveva innato il dono della magia. Balinor era un brav'uomo, erano rimasti insieme pochissimo tempo ma era bastato per lasciargli il ricordo di un uomo degno di essere rispettato e amato da chi lo circondava. Era stato proprio in virtù di quel ricordo che, una volta arrivato nei territori di Cenred, aveva deciso di stabilirsi proprio in quella grotta. Se non poteva tornare da sua madre, se non altro poteva lasciarsi cullare dalla memoria di suo padre.
Chiuse gli occhi cercando di prendere sonno ma era tutto inutile, non ci riusciva. In quei momenti era facile galoppare con l'immaginazione fino a Camelot, chiedendosi come stesse andando avanti la vita a corte. Come se la cavava Gaius senza di lui? Probabilmente, come se l'era sempre cavata prima che lui si trasferisse a Camelot. Eppure il vecchio guaritore gli mancava e, in cuor suo, sapeva che anche lui sentiva la sua mancanza. Si sentiva in colpa per averlo lasciato senza nemmeno una spiegazione, Gaius non meritava un abbandono simile, non dopo che l'aveva trattato alla stregua di un figlio, finendo perfino a un passo dall'essere bruciato sul rogo con l'accusa di stregoneria pur di salvarlo. Ironico come avesse passato la vita senza un padre e ora, nel giro di pochi mesi, ne avesse persi ben due.
E poi c'era Arthur, Arthur che non lasciava mai, nemmeno per un secondo, i suoi pensieri. Arthur che era stato la cosa più irritante ma allo stesso tempo più bella che la vita gli avesse mandato, Arthur che in un certo senso gli aveva fatto scoprire il mondo, e non solo quello. Arthur che, probabilmente, non avrebbe mai più rivisto.
Sospirò, rigirandosi nello scomodo giaciglio e rendendosi conto che Kenneth aveva ragione, non poteva passare la vita in quella caverna, anche se era la cosa più vicina a “casa” che avesse. Gli venne l'impulso di alzarsi, raccogliere le sue cose e correre a Ealdor ma si trattenne, così come si era trattenuto le altre mille volte che quell'impulso era venuto a galla. Eppure, nonostante l'affetto che portava nei confronti della madre, ormai nemmeno Ealdor riusciva ad appagare appieno il concetto di “casa”.
Casa per lui era diventato più o meno sinonimo di Camelot.
Di Gaius.
Di Arthur.

I'm not coming home tonight
'Cause dear I fear
This ship is sinking
Is there hope for us?
Can we make it out alive?
I can taste the failure on your lips

NOTE.
Ringrazio moltissimo GiulyB e Cassandra che hanno commentato il primo capitolo, nonchè tutti quelli che l'hanno letto / apprezzato /messo nei preferiti. Grazie di cuore <3

I versi citati in fondo sono dei Bring Me The Horizon, la canzone The Sadness Will Never End (la trovate qui), dall'album Suicide Season. La traduzione dei versi citati è la seguente:
Non tornerò a casa stanotte / perchè cara ho paura / che questa nave stia affondando / C'è speranza per noi? / Possiamo uscirne vivi? / Posso assaggiare il fallimento sulle tue labbra.

Credo sia tutto, i commenti sono come al solito graditissimi ^_^

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Capitolo 4
*** 3. Pain ***


Godforsaken Land

3. Pain

Il cinghiale era stato abbattuto dalle frecce delle balestre di Arthur e dei suoi uomini ma, anche se era morto, il principe si avvicinò al corpo esanime, lasciò cadere la balestra e sguainò la spada. Poi lo trafisse, una volta, due volte, tre volte, sotto lo sguardo attonito degli altri cavalieri. Infine buttò anche la speda e iniziò a prendere la bestia a calci mettendoci tutta la forza che aveva in corpo, nel disperato tentativo di fargli male, tanto male.

Tutto il male che avrebbe voluto fare a suo padre per la storia di Nimueh, sua madre e la magia.

Tutto il male che avrebbe voluto fare a Merlin per avergli mentito così spudoratamente e non gli importava niente se era stato a fin di bene, una delle ragioni che lo avevano spinto a fidarsi fin da principio del ragazzo era proprio che questo era sempre stato sincero in una maniera che nessun’altro si era mai permesso di essere. E invece anche Merlin alla fine gli aveva mentito, gli aveva mentito su sua madre, Nimueh, Morgause, sulla sua identità e su chissà quante altre cose.

Tutto il male che avrebbe voluto fare a se stesso per essere stato a tutti gli effetti l’assassino di sua madre e per non essere riuscito a far capire a Merlin che di lui si poteva fidare ciecamente.

“Sire, il cinghiale è morto.” si azzardò a dire uno dei suoi uomini e Arthur si voltò verso di lui fulminandolo con lo sguardo.

“Tornatevene al castello.” ringhiò, fregandosene di cosa avrebbero potuto pensare per quella scenata.

Per la prima volta capiva appieno cosa aveva dovuto sopportare Merlin, il peso di segreti che non poteva rivelare a nessuno, comportamenti che non poteva spiegare, dolore e ferite che doveva arrangiarsi a far rimarginare. In quel momento era solo, solo com’era sempre stato Merlin. Eppure quell’idiota di Merlin non era mai stato solo, se solo se ne fosse reso conto prima di scappare chissà dove, lasciando lui solo, solo a odiarlo, a odiare suo padre, a odiare se stesso.

Si lasciò cadere a terra e si appoggiò con la schiena al corpo martoriato del cinghiale.

Una vita per una vita.

Merlin aveva offerto la propria per salvarlo ma Nimueh, o chi per lei, si era quasi presa quella di Hunith. A quel punto il suo servo, disperato, aveva deciso di tornare dalla strega per salvare la madre ma Gaius l’aveva preceduto, con l’intento di sacrificarsi al suo posto. Merlin, in una corsa contro il tempo, era riuscito a salvarlo in extremis uccidendo Nimueh.

Una vita per una vita. Il debito era stato così ripagato.

Arthur era sopravvissuto e Nimueh morta.

Una vita per una vita.

Arthur era nato, Ygraine era morta. Esattamente come gli aveva detto la madre stessa, quando Morgause l’aveva evocata.

Ripensò al giorno in cui aveva quasi ucciso Uther e Merlin l’aveva fermato convincendolo che quella visione era stata un trucco per metterlo contro il padre. Se il moro non fosse intervenuto lui sarebbe andato fino in fondo, sarebbe diventato re e avrebbe abolito tutte quelle assurde leggi contro la pratica della magia di ogni genere e poi Merlin gli avrebbe confessato tutto, liberandosi da un peso. Ma non era successo anzi, il suo odio per la magia era nato veramente solo quel giorno. Prima era un semplice eseguire gli ordini di suo padre, poi era diventata una questione personale.

Gli tornò in mente lo sguardo devastato di Merlin mentre lo implorava di non uccidere Uther, di fermarsi. Ora capiva perfettamente tutto quello che c’era dietro a quell’espressione sconfitta e dolorante. Quello probabilmente era stato il giorno in cui il suo servo aveva rinunciato per sempre a renderlo partecipe della sua vera identità, il giorno in cui aveva sacrificato se stesso per impedirgli di compiere un’azione che lo avrebbe tormentato per il resto dei suoi giorni. Eppure Arthur non poteva impedirsi di provare collera per quella bugia, cosa sarebbe successo se lui avesse capito tutto già in quel momento? Non l’avrebbe mai saputo. Quello che però ora sapeva era che, quando più tardi quella sera aveva baciato Merlin per tentare di trovare un po’ di conforto, lui non era l’unico ferito nel profondo della propria anima. Anche Merlin lo era. Chissà se quei baci avevano scaldato l’animo del moro come avevano fatto col suo.

Arthur sospirò. Troppe rivelazioni tutte insieme. E il ricordo di quei dannatissimi baci gli aveva riportato anche quello del sapore delle labbra di Merlin. Perché l’aveva baciato? Per la stessa ragione per cui, tempo prima, aveva baciato Gwen, ovvero perché era fondamentalmente un’idiota che prima agiva e poi, forse, pensava. Eppure era stato diverso, le motivazioni lo erano state. Il fatto era che la parola “servo” stonava se riferita a Merlin e una volta aveva anche provato a farglielo capire, quando erano andati in cerca dell’ultimo signore dei draghi e avevano fatto un lungo discorso sul fatto che, se non fossero stati principe e servo, magari sarebbero stati amici. Beh, non è che magari lo sarebbero stati, lo erano e basta e a quel paese i titoli nobiliari.

Arthur sbuffò irritato, principe o non principe, servo o non servo, mago o non mago, gli amici non si baciavano. Non aveva mai avuto un amico vero prima di Merlin, ma di questo era abbastanza sicuro. Com’era passato dall’essere nero di rabbia contro tutto e tutti all’essere irritato perché il suo cervello bacato si rifiutava di esprimere un concetto semplice qual’era quello di amore? Non lo sapeva, non sapeva nemmeno come si era ritrovato a dar calci a un cinghiale sotto lo sguardo basito dei suoi cavalieri.


***


Gaius iniziava a chiedersi se il destino di Camelot, Albion e tutto il resto non poggiasse sulle proprie spalle piuttosto che su quelle di Merlin o Arthur. Il primo era scomparso, il secondo era ingestibile. Non che il suo protetto fosse mai stato gestibile, ma con il principe non poteva certo liquidare le questioni mettendolo a pulire la vasca delle sanguisughe o dandogli dell’idiota, e non poteva nemmeno mettersi a pedinarlo per essere sicuro che non prendesse strane iniziative.

Non aveva preso bene tutta la storia di Nimueh, ma non si poteva di certo biasimare per quello. Era rimasto impassibile ad ascoltare ciò che il guaritore aveva da raccontargli poi, con una tranquillità agghiacciante, lo aveva invitato ad andarsene. Erano passati due giorni da allora e Arthur non si era più lasciato avvicinare e aveva saltato tutte le udienze ufficiali con la scusa di dover assolutamente andare a caccia. E ora Gaius non sapeva che fare, ne cosa avesse intenzione di fare Arthur e la cosa lo preoccupava molto.


***


Era ormai buio quando Arthur si decise a rimontare a cavallo per tornare al castello, lasciando il corpo del cinghiale solo al suo destino. Averlo massacrato non l’aveva fatto stare meglio, fare una scenata di fronte ai suoi uomini nemmeno e starsene seduto ore a rimuginare non era stato terapeutico, per nulla. Ora, mentre il freddo della notte lo colpiva in pieno volto, si sentiva ancora più svuotato e solo di prima. Non gli andava bene che Merlin fosse lontano e gli avesse mentito, non gli andava bene che Uther l’avesse fatto per tutti quegli anni, giorno dopo giorno. Non riusciva a sopportare il pensiero della madre e del suo caro servo che decidevano di sacrificarsi per lui e nemmeno che ci fossero andati di mezzo anche Gaius e Hunith. Per concludere, provava una frustrazione immensa nei confronti della morte di Nimueh che, per un momento, gli era sembrata la soluzione ai suoi problemi. Erano un insieme di sentimenti contradditori, se ne rendeva perfettamente conto, ma non riusciva proprio a dare loro un ordine o una coerenza. Sentì il magone salirgli in gola e qualcosa premere insistentemente per sgorgargli dagli occhi ma lui ricacciò entrambe le sensazioni indietro, come aveva fatto per tutte le settimane precedenti e, come ogni volta, il pensiero gli andò subito alle lacrime che aveva causato a Merlin.

Nessun uomo merita le lacrime di un altro uomo.

Era questo che aveva detto una volta al suo servo. Eppure ora si trovava a pensare l’esatto contrario, Merlin meritava le sue lacrime. Era forse l’unica persona al mondo che le avesse mai meritate, ma le meritava. Quella volta il moro stava cercando disperatamente di nascondergli il suo dolore per la morte di Balinor ma lui l’aveva visto piangere e se n’era uscito con quella massima, non capendo come mai il ragazzo stesse piangendo per qualcuno che conosceva da così poco quando, durante la sua permanenza a Camelot, aveva visto decine e decine di persone perdere la vita. Improvvisamente, mentre il suo cavallo procedeva al trotto incurante dello stato d’animo del suo padrone, qualcosa scattò dentro di lui.

Ripensò alle lacrime di Merlin per Balinor.

Troppe, troppo sentite.

Come quelle che avrebbe versato lui in quel preciso istante se si fosse permesso di piangere.

Un dolore autentico per la perdita di qualcuno di importante.


***


“Gaius!”

Il guaritore sobbalzò allarmato e impiegò un paio di secondi a capire che ciò che aveva interrotto il proprio sonno non era un pericolo, ma piuttosto Arthur che aveva fatto irruzione nelle sue stanze. Gli ci volle un altro minuto buono per realizzare che non era in ritardo per qualche appuntamento ufficiale ma che era ancora notte fonda.

“Cosa-“ tentò di dire mentre si alzava ma il principe lo interruppe.

“Cosa sai di Balinor?” arrivò subito al sodo Arthur, che sembrava piuttosto provato.

“Balinor?” ripeté scioccamente Gaius tentando di smaltire i residui di sonno.

“Balinor, l’ultimo signore dei draghi. Quello che io e Merlin eravamo andati a cercare per tentare di sconfiggere il drago.” gli elencò spazientito.

“Avete già detto tutto voi.” tentò di obbiettare il vecchio.

“Ma c’è qualcosa che non so, giusto? – l’altro non rispose, si limitò a fissarlo – Gaius!

“Tutto quello che sapevo di lui ve lo dissi ai tempi.” replicò Gaius con calma, non del tutto sicuro che svelargli l’identità di Balinor fosse la mossa corretta, non ora che il ragazzo era ancora sconvolto da tutta la storia di Nimueh.

“Merlin lo conosceva.” non era una domanda e il guaritore si chiese come avesse fatto il principe ad arrivare a quella conclusione.

“No, Merlin non lo conosceva.”

“Cos’era, un suo maestro d’infanzia? Il suo mentore?” proseguì Arthur imperterrito.

“Vi ho detto che Merlin non lo conosceva.” ribadì Gaius.

“Chi ha sconfitto il drago?” domandò a bruciapelo l’altro, ignorando un’altra volta la risposta del vecchio.

“V-voi.” esitò Gaius.

“Merlin.” di nuovo, non era una domanda.

“Sire, forse-“

“Senti Gaius, qualunque cosa tu abbia da dire, fa che sia la verità perché sono stufo marcio di tutte le bugie che tutti quanti sembrate ansiosi di propinarmi ogni volta che avete a che fare con me. La mia stessa esistenza è una bugia!”

A quelle parole, chiaramente riferite alle circostanze della sua nascita, Gaius cedette. Arthur aveva ragione, non era giusto continuare a mentirgli, non ora che le carte erano state messe parzialmente in tavola.

“Suo padre. Balinor era suo padre.” si decise a dire.

Padre? Ma, Merlin ha sempre sostenuto di non aver mai-“

“Non lo sapeva, non fino al momento in cui vi siete messi alla sua ricerca. – stavolta fu Gaius a interromperlo – E quando Balinor è morto, i suoi poteri sono stati automaticamente ereditati da Merlin che-“

“Ha sconfitto il drago.” terminò Arthur.

Merlin era figlio di Balinor, ecco spiegato l’enigma di tanta tristezza e di tante lacrime. E, se quell’uomo era il padre del ragazzo, significava che Ealdor non era l’unico posto fuori da Camelot che Merlin poteva considerare casa.

In preda a un tipo di collera diversa rispetto a quella che l’aveva alimentato per tutto il giorno, Arthur voltò le spalle al vecchio ed uscì da quelle stanze senza aggiungere altro. Uscì dal castello e, senza nemmeno premurarsi di prendere qualche vivanda o di riposarsi qualche ora, rimontò a cavallo.


***

Molto lontano da Camelot, Morgana si svegliò improvvisamente dal sonno.

Nel suo incubo aveva visto Arthur e Merlin circondati da soldati di un altro regno, che portavano sulle armature uno stemma che le era familiare ma non riusciva a ricollegare alla rispettiva casacca. Poi, in uno scatto tanto rapido da non lasciare a nessuno tempo di reazione, uno di questi aveva conficcato la propria spada nell’addome di Arthur, che si era piegato in due sputando sangue dalla bocca.

Era tempo che non faceva un incubo del genere ma, come ormai sapeva fin troppo bene, quello non poteva essere un semplice incubo, era la visione di qualcosa che stava per accadere.


Hear the violence in the rain

Is this our resting place

Hold your head low

She is coming down without her grace



NOTE.

Mi scuso tantissimo per il ritardo ma ho avuto una settimana strapiena di guai informatici e, se ora avete questo capitolo, è solo grazie a GiulyB che non l'aveva cancellato quando gliel'ho passato ç_ç


I versi riportati in fondo al capitolo sono tratti da Her eyes hold the apocalypse degli Eyes Set to Kill e la traduzione è Sento la violenza nella pioggia \ Questo è il posto dove moriremo? \ Tieni la testa bassa \ Lei sta arrivando senza la sua grazia.

La trovate qui.


Mi scuso per eventuali orrori di battitura ma non ho ancora capito come levare permanentemente la correzione automatica dall'editor del Mac [windows no more x me *_*], solo il titolo della canzone l'ho dovuto riscrivere tre volte prima che capisse che hold è HOLD e non cold -_-" Comunque l'ho riletta tutta più volte a scanso di equivoci e dovrei aver corretto tutto quello che è stato cambiato a tavolino, spero ._.


Chiudo ringraziando veramente di cuore tutte le nuove persone che hanno messo la storia nei preferiti, i nuovi e i vecchi lettori, chi me l'ha commentata qua su efp, via mail o msn, chi sta apprezzando silenziosamente, tutti quanti insomma.

Grazie di cuore <3

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Capitolo 5
*** 4. Reunion ***


Godforsaken Land

4. Reunion

A giudicare dalla posizione del sole, mezzogiorno era passato da un pezzo quando Arthur finalmente arrivò alla caverna che aveva fatto da casa a Balinor. Legò il cavallo a un albero e poi si avviò verso l'ingresso della grotta, guardandosi intorno cautamente. Non c'era nessuna traccia di presenza umana là intorno, gli unici rumori che gli giungevano alle orecchie erano lo scorrere del ruscello di fronte a lui e i rumori degli animaletti che vagavano nel sottobosco.

E se si fosse trattato di un buco nell'acqua?

Se Merlin non fosse lì e non ci fosse mai stato?

A quel punto non avrebbe veramente saputo più dove andare a sbattere la testa.

Trasse un profondo respiro e alla fine si decise a varcare l'ingresso della caverna, la mano destra sull'impugnatura della spada, giusto per prudenza.

Niente, non c'era nessuno lì dentro.

Stava quasi per voltarsi e tornare sui suoi passi quando la sua attenzione venne attirata da quello che pareva uno straccio, buttato a qualche maniera su una roccia in fondo alla caverna. Si avvicinò e scoprì che lo straccio in questione non era altro che una maglia, una di quelle lise e consunte che vedeva sempre addosso al suo servo. Poco più in là i resti di un fuoco che, dopo una breve analisi, si rivelarono abbastanza freschi. Intorno a questi vari oggetti e altri vestiti, chiaramente di Merlin, nonché due coperte sistemate a formare un giaciglio.

Il Principe si lasciò cadere seduto sulla dura pietra e si prese la testa fra le mani.

Quello era decisamente uno di quei momenti in cui avrebbe preso a singhiozzare sonoramente se si fosse permesso il lusso di piangere ma, per la prima volta da settimane - forse per la prima volta nella sua vita - le lacrime che ora premevano per uscire erano tutte di sollievo.

Merlin era lì.

Non aveva idea di dove si trovasse in quel preciso momento ma una cosa era evidente, quello era il luogo in cui tornava la sera, la sua abitazione, se così la si poteva chiamare.

Non gli restava che aspettare pazientemente, anche se la pazienza non era esattamente una delle sue virtù.


***


Merlin si rese conto che c'era qualcosa di anomalo solo quando ormai era già sulla soglia della caverna, più dentro che fuori. Si guardò intorno confuso, non riuscendo a comprendere quale fosse l'anomalia in questione.

Un nitrito.

Si voltò di scatto verso la direzione da cui proveniva e vide la sagoma di un cavallo legato a un albero, sul limitare della foresta. Socchiuse gli occhi per metterlo a fuoco nell'oscurità che stava calando, e si rese conto che non c'era ragione per la quale un cavallo dovesse starsene legato a quell'albero, a due passi dalla sua grotta. Fece un paio di passi nella direzione dell'animale, lasciandosi l'ingresso del suo rifugio alle spalle, e si bloccò di scatto quando il suo stomaco prese ad attorcigliarsi mentre i suoi occhi riconoscevano quel cavallo.

Non poteva essere solo un caso, aveva pulito e sellato quella bestia così tante volte da conoscerne ogni singolo pelo, quello era senza ombra di dubbio uno dei cavalli di Arthur.

Non fece a tempo a formulare quel pensiero che due mani lo afferrarono con forza alle spalle, trascinandolo all'interno della caverna e sbattendolo con la schiena contro la parete fredda e umida.

Due occhi blu si puntarono nei suoi, con un misto di sentimenti contrastanti nello sguardo.

"Dannazione a te!" urlò Arthur, scrollandogli le spalle con rabbia e sbattendolo nuovamente contro la parete.

Merlin lo lasciò fare, combattuto fra la tentazione di lasciare da parte ogni etichetta e ogni orgoglio e saltargli al collo abbracciandolo e la paura che il Principe fosse lì solo per riportarlo a Camelot e sbatterlo in una cella in attesa di giudizio o, peggio ancora, sputargli in faccia qualche altro epiteto come "mostro".

Lo stomaco gli si attorcigliò ancora di più, perché mai Arthur doveva trovarsi lì se non per punire la sua magia?

"Per colpa tua tutti i miei cavalieri mi credono uscito di senno!" il ragazzo stava ancora urlando, sbattacchiandolo al muro.

Merlin non capì quell'affermazione, così lontana dagli scenari che la sua mente stava immaginando.

"Per non parlare di quanto sarà infuriato mio padre per questa mia fuga." proseguì imperterrito l'altro.

Fuga? Uther infuriato?

"M-mi fate male." si decise a dire Merlin.

"Bravo, è quello che ti meriti." gli sibilò il biondo da mezzo centimetro di distanza, permettendogli di sentire il suo respiro sulla propria pelle. Poi mollò la presa e lo lasciò libero.

"Prendi le tue cose, torniamo a Camelot." gli disse Arthur, con tono imperioso.

"Perché dovrei tornare?" obiettò Merlin, sempre più confuso.

"Perché sei il mio servo?!" gli sbraitò contro l'altro.

"Non più." biascicò Merlin, senza avere il coraggio di guardare il Principe per paura di vedere sul suo volto odio e disprezzo.

"Merlin!"

"Perché dovrei tornare?! Per sentirmi insultare di nuovo e magari scaldarmi in mezzo a un bel rogo? O finire sulla forca?"

"Rogo? - fu il turno di Arthur di assumere un'espressione confusa - Pensi davvero che sia venuto a cercarti per consegnarti a mio padre?" qualcosa di molto simile al dolore passò negli occhi do Arthur e Merlin deglutì a fatica, mentre realizzava che, se le intenzioni dell'altro fossero state bellicose, non sarebbe andato a cercarlo da solo, non sapendo che lui poteva difendersi usando la magia.

"E perché siete qui allora?" chiese il moro, un magone sempre più pesante in gola.

"Perché... - Arthur si bloccò, lo sguardo tormentato - Perché... volevo... volevo solo..."

Era la prima volta che Merlin vedeva il Principe in quello stato. Stava cercando di dirgli qualcosa di importante, lo percepiva chiaramente. Ma Arthur non era abituato a dire le cose importanti ad alta voce e lui non era nemmeno sicuro di volergliele sentire dire, la paura che non fossero le parole che lui sperava era troppa.

"Non importa. - gli disse, facendogli capire che il discorso era terminato - Non torno a Camelot." si intestardì.

Arthur lo guardò per un attimo prima di parlare.

"Vado a far bere il cavallo." la sua voce tremava. Merlin ebbe la tentazione di fermarlo, di avvicinarsi a lui e stringerlo a se, di lasciarlo parlare, di scoprire cosa avesse di così importante da dirgli ma non fece niente e Arthur uscì dalla caverna.

Pochi minuti dopo sentì delle urla e dei rumori di battaglia, come se qualcuno stesse andando alla carica di una preda.


***


Arthur stava slegando il cavallo quando udì dei fruscii decisamente poco animali fra le foglie. Non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi attorno che quattro uomini, cavalieri di Cenrad a giudicare dagli stemmi che portavano sull'armatura, sbucarono dalla foresta con le spade in pugno. Lo circondarono e presero a fendere le armi nell'aria, così bramosi di intingerle di sangue di Camelot da sembrare quasi quattro briganti in cerca di oro.

Riuscì a schivare un paio di colpi prima di mettere mano all'impugnatura della propria spada e, mentre lo faceva, vide Merlin uscire dalla caverna di corsa e correre verso di lui. Pur nella drammaticità della situazione, si ritrovò a sorridere al pensiero del ragazzo che stava correndo ad aiutarlo e quel pensiero gli diede forza a sufficienza da riuscire ad abbattere uno dei soldati con un solo colpo. Questo però fece solo infuriare di più gli altri che, quando Merlin era ormai nel cerchio del combattimento, si fiondarono tutti insieme addosso ad Arthur riuscendo a fargli cadere la spada.

Poi successe tutto troppo in fretta per lasciare a qualcuno possibilità di reazione.

Arthur si chinò a recuperare la spada, Merlin iniziò a cantilenare qualcosa - probabilmente un incantesimo - uno dei soldati bloccò la spada del Principe con un piede, questo si rialzò cercando di schivare i colpi che stavano arrivando dagli altri due ma fu troppo lento. Sentì il metallo trapassargli la casacca e la cotta di maglia all'altezza dell'addome, squarciando poi la pelle al di sotto e affondando. Si piegò in due, sentendo il sapore agrodolce del suo stesso sangue sul palato, la vista gli annebbiò, la spada venne sfilata dalle sue carni con un gesto brusco e lui cadde a terra. Non comprese bene cosa successe poi, vide solo i tre uomini cadere a terra morti, colpiti da qualcosa che non era riuscito a vedere, poi il volto di Merlin che si chinava su di lui urlando il suo nome.

Poi l'oblio.


***


Merlin era ormai allo stremo delle forze quando arrivò a bussare a casa di Kenneth, il fabbro. Era ormai notte fonda e l’uomo venne ad aprire dopo cinque minuti buoni.

“Si può sapere che succede?!” inveì aprendo ma, quando vide il ragazzo esausto e con un ferito sulle spalle, l’irritazione svanì istantaneamente dal suo volto e lo aiutò ad entrare.

“Stendiamolo sul letto.” gli disse l'uomo aiutandolo a sorreggere Arthur mentre lo trascinavano nella modesta camera da letto.

"Serve un dottore, è stato attaccato nel bosco!" Merlin era nel panico.

"Cosa è successo?" gli chiese Kenneth.

"Gli uomini... - il ragazzo si bloccò, rendendosi conto di non poter raccontare tutta la verità - non lo so, credo sia stato attaccato da dei briganti..."

"Ha addosso i colori di Camelot." osservò Kenneth.

"Non possiamo lasciarlo morire!" Merlin era disperato e la cosa non sfuggì al fabbro.

"Lo conosci?"

"N-no." balbettò il ragazzo.

"Potrebbero essere stati gli uomini di Cenred ad aggredirlo, sai che siamo in guerra con Camelot. - Kenneth pareva pensieroso - Vado a chiamare il dottore, tu togligli quell'uniforme, non è prudente rendere noto che si tratta di un cavaliere di Camelot." aggiunse dopo un attimo.

"Grazie signore." Merlin tirò un sospiro di sollievo mentre iniziava a spogliare Arthur dalla casacca rossa che indossava.

"Sei un bravo ragazzo." borbottò goffamente Kenneth mentre si allontanava.


***


Il dottore impiegò parecchio tempo a medicare Arthur ma, alla fine, il suo responso fu positivo.

"Tornerò domani in giornata a cambiargli le bende, se si sveglia non lasciatelo alzare, la ferita è profonda e ha bisogno di tempo per rimarginarsi."

"Grazie." Merlin gli strinse la mano pieno di riconoscenza.

"Chissà chi gli ha fatto una cosa simile." mormorò fra se e se il guaritore.

"Non lo sappiamo, non sappiamo nemmeno chi sia. - rispose Kenneth prima che Merlin potesse aprire bocca - Il ragazzo l'ha trovato nel bosco, probabilmente è opera di qualche banda di briganti."

"Brutta storia, sarà un viaggiatore di passaggio, è stata una fortuna che tu l'abbia trovato. - replicò il medico rivolto a Merlin - tornerò domani." aggiunse poi congedandosi.

Merlin si sedette sul bordo del letto, osservando Arthur e trattenendosi dall'impulso di accarezzarlo in volto e di sussurrargli che tutto sarebbe andato bene.

"Sei mai stato a Camelot?" Kenneth era fermo sullo stipite della porta e lo osservava.

"No." rispose Merlin senza staccare gli occhi dal principe.

"Già, credo di avertelo già chiesto. Riformuliamo la domanda allora, conosci questo cavaliere?" gli occhi del fabbro lo stavano scrutando attentamente ma lui continuò a badare solo ad Arthur.

"No." replicò di nuovo.

"Merlin... io non voglio entrare nel merito delle lotte fra Cenrad e Uther Pendragon e so che se mi stai mentendo lo stai facendo solo a fin di bene. Ma sarà bene non fare troppa pubblicità alla vera provenienza del ragazzo o saranno guai per lui e anche per noi due."

"Non lo conosco." si affrettò a ribadire Merlin, aumentando solo la certezza che ormai l'uomo nutriva su quel punto.

"Sei un bravo ragazzo Merlin, ma attento a quello che fai." gli consigliò il fabbro, prima di lasciarlo solo con Arthur.


***


Il guaritore tornò il giorno seguente poco prima di mezzogiorno, proprio come aveva promesso. Merlin gli era grato per tutta quella premura ma avrebbe preferito che a curare il Principe fosse stato Gaius, non fosse altro che per un semplice legame affettivo. L'importante però era che Arthur sembrava stare già meglio, la ferita aveva risposto bene alle cure e, anche se il ragazzo non si era ancora svegliato, il medico aveva garantito che non c'era nulla da preoccuparsi. Ma, ovviamente, Merlin si preoccupava eccome e non solo della salute fisica del suo padrone. Sapeva benissimo che, quando Arthur si sarebbe svegliato, sarebbe stato chiaro a chiunque che loro due si conoscevano e anche piuttosto bene. Kenneth aveva già qualche sospetto e lui non aveva idea di come l'uomo avrebbe potuto reagire alla verità. Non lo reputava malvagio, ma la sua fedeltà era ovvio che andasse in primo luogo a Cenrad piuttosto che all'erede della casata dei Pendragon. Non credeva seriamente che il fabbro avrebbe consegnato Arthur al suo re ma, dopo tutti gli avvenimenti recenti, non se la sentiva di dare per scontato nulla.

Certo, poteva sempre sperare che Arthur arrivasse da solo alla conclusione che era meglio far finta di non conoscersi ma il biondo non si era meritato il soprannome di asino reale per niente. Scosse la testa per cacciare quel problema dalla mente, tanto non poteva risolverlo, non in quel momento. Una volta sgombrata la mente però, altro genere di pensiero corse ad affollarla.

Cosa voleva dirgli Arthur di tanto importante prima di venire aggredito?

Ed era davvero andato fin lì a cercarlo perché teneva a lui?

Gli sfiorò la mano con la propria, trovando la pelle del Principe sorprendentemente calda e rassicurante. Si, nonostante tutto si fidava ancora di lui. Aveva bisogno di lui. E l'aveva quasi perso, solo perché era stato incapace di fronteggiarlo e aveva preferito lasciarlo andare e rimandare il momento della verità.


Was I invading in on your secrets

Was I too close for comfort

You're pushing me out

When I wanted in



NOTE.

Ed eccomi qua con il quarto capitolo, finalmente i nostri eroi si ritrovano.

in realtà nella mia testa questo capitolo doveva contenere anche altre scene ma poi mi sono resa conto che sarebbe uscito lungo il doppio e, per mantenere uno standard di uniformità nella lunghezza dei vari capitoli, l'ho troncato qua lasciando il resto alla prossima puntata!


I versi in fondo al capitolo sono tratti da Too Close for Comfort dei McFly, la stessa che ho usato in chiusura del prologo.


Vorrei ringraziare tantissimo tutti voi lettori per il sostegno, non mi aspettavo che così tante persone la mettessero nei preferiti e nelle storie seguite, per non parlare di quanto mi facciano piacere i vostri commenti [e colgo l'occasione per ringraziare Cassandra, _Lily_, GiulyB e ron1111 per i commenti all'ultimo capitolo], grazie davvero di cuore!


Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento, fatemi sapere ^_^

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Capitolo 6
*** 5. No more lies ***


5. No more lies.

Arthur aprì gli occhi tentando di mettere a fuoco la stanza nella quale si trovava, rendendosi conto di non riconoscerla.

Poco prima aveva sentito un uomo, un guaritore a giudicare dal discorso, dire che la ferita si stava rimarginando senza causare infezioni e che non c'era altro da fare che aspettare che lui si svegliasse. Beh, si era svegliato proprio nel mezzo di quel discorso ma la voce apprensiva di Merlin che chiedeva delucidazioni lo aveva spinto a non aprire gli occhi e far finta di essere ancora addormentato, o svenuto, o qualunque fosse la condizione in cui si trovava.

Poco dopo il medico se n'era andato e lui era stato tentato di alzarsi ma, prima che lo facesse, Merlin si era seduto sul bordo del letto e gli aveva passato una mano fra i capelli mormorando il suo nome. Quel gesto così intimamente affettuoso l'aveva quasi commosso e sapeva benissimo di non poter mostrare quella commozione ad occhi aperti, platealmente. Così aveva aspettato che Merlin se ne andasse e finalmente aveva aperto gli occhi.

La stanza era piccola, il materasso scomodo e lui sentiva dolori ovunque.

Non ricordava come si fosse ritrovato in quel letto ma la lotta contro i soldati di Cenrad si, e ricordava perfettamente anche la lama che l'aveva trafitto. Si tastò l'addome e, con grande sorpresa, non provò il dolore fitto che si aspettava anzi, come aveva sentito dire al guaritore, la ferita sembrava essere sulla via della guarigione.

Quanto tempo era rimasto privo di sensi? Non ne aveva idea ma era abbastanza sicuro del fatto che la ferita in origine dovesse essere grave, per cui dovevano essere giorni che vegetava in quel letto.

Merlin si era preso cura di lui per tutto quel tempo?

Preoccupandosi e accarezzandogli i capelli?

Con suo sommo disappunto sentì un lieve calore invadergli le guance e capì di essere arrossito.

Cerco di ricomporsi e si rese conto che, quando erano stati attaccati, lui e Merlin erano nel bel mezzo di una discussione seria e delicata, per cui ora lui non poteva semplicemente alzarsi, vestirsi e fare finta che tutto fosse come prima, perché non lo era affatto.

Una fitta allo stomaco che non c'entrava nulla con la ferità lo colpì con violenza al pensiero che Merlin non avesse nessuna intenzione di tornare a Camelot con lui e che, magari, lo stesse accudendo solo per spirito umanitario e null'altro. Però gli aveva accarezzato i capelli e quello non rientrava negli aiuti misericordiosi ma nell'affetto.

Quindi Merlin si sentiva ancora legato a lui, poteva alzarsi, vestirsi, prenderlo di peso e riportarselo a Camelot ignorando le sue lamentele a riguardo.

Sospirò.

Non poteva farlo.

Non prima di avergli chiesto scusa.


***


Merlin stava pranzando con Kenneth, in religioso silenzio.

Il fabbro non gli aveva più fatto domande riguardo ad Arthur, nonostante fosse palese che tutto quell'ansia non poteva essere frutto di semplice altruismo. Il ragazzo apprezzava molto il fatto che, almeno per il momento, l'uomo avesse deciso di concedergli fiducia e apprezzava ancora di più il fatto che gli avesse permesso di stabilirsi lì mentre Arthur si riprendeva. Lui e Kenneth dormivano sul pavimento per lasciare al Principe il letto ed era quasi divertente come, in qualunque circostanza, quest'ultimo riuscisse sempre a prendersi il posto migliore della casa.

"Devo aiutarvi in bottega questo pomeriggio?" chiese Merlin, una domanda che gli faceva tutte le mattine e tutti i pomeriggi, ma Kenneth scosse la testa come al solito.

"Qualcuno dovrà pur badare a quel povero diavolo." commentò indicando con un cenno della testa la stanza attigua.

In quell'esatto istante i due si accorsero di essere osservati da qualcuno che se ne stava attaccato allo stipite della porta della camera mal reggendosi in piedi. Kenneth guardò Arthur preoccupato, Merlin quasi sputò quello che aveva in bocca da tanto era allibito.

"Non dovreste essere in piedi, siete proprio il solito stupido!" lo rimbeccò poi, alzandosi.

"Grazie, sono contento anch'io di vederti sano e salvo, Merlin." borbottò Arthur lasciando lo stipite e ostentando una sicurezza che non provava per nulla nello stare in piedi senza sostegno.

"Quindi vi conoscete." osservò Kenneth, ancora seduto al tavolo, il tono neutro di chi non prova alcuna sorpresa di fronte a una scoperta perché ne era convinto fin da principio.

"No." rispose Merlin diventando paonazzo.

"E' il mio servo." disse il Principe con aria possessiva.

"Arthur!" lo rimbeccò l'altro che non sapeva più cosa fare per difendere l'identità del biondo.

"Arthur?" ora Kenneth si che era sorpreso. Si era alzato e li fissava dall'altro capo della stanza e Merlin si morse la lingua, troppo tardi però.

"Bravo idiota!" lo spintonò Arthur, un po' troppo violentemente per essere uno che aveva una ferita in fase di guarigione all'addome.

"Avete iniziato voi, come sempre!" si difese Merlin.

"Arthur come Arthur Pendragon?" chiese Kenneth avvicinandosi confuso ai due, che sbuffarono all'unisono, entrambi dando mentalmente la colpa all'altro per quel pasticcio.

"Si." si decise a rispondere alla fine Arthur sospirando, più per il dolore che iniziava a farsi sentire che non per altro.

"Questo complica tutto, lo sapete?" il fabbro era serissimo.

"Ce ne andiamo." disse convinto il Principe.

"Non potete mettervi in viaggio nelle vostre condizioni!" si impuntò Merlin.

"Posso fare quello che mi pare, Merlin."

"Razza di testa di legno bacata." mugugnò il moro.

"Cosa hai detto?!"

"Niente." si affrettò a rispondere l'altro e, prima che Arthur potesse proseguire il battibecco, Kenneth si intromise.

"Non ho intenzione di cacciarvi da casa mia, Merlin si è sempre comportato bene da quando lavora per me e anche se avrei preferito fosse stato sincero fin da principio, non posso biasimarlo per avermi taciuto la vostra identità, Sire."

"Vedi, la gente vuole sincerità Merlin."

"Ma non tutte le bugie posso essere biasimate, come vedete anche voi, Sire."

La situazione era tragicomica ed entrambi se ne rendevano conto, mentre a Kenneth pareva di avere di fronte due amanti litigarelli piuttosto che il Principe ereditario di Camelot con il suo servo.

"Però dobbiamo essere molto cauti. - li interruppe nuovamente - Gli uomini che vi hanno aggredito potrebbero aver sparso la voce che un cavaliere di Camelot si aggira da queste parti ed è ferito, se si mettessero sulle vostre tracce e scoprissero che non siete un semplice cavaliere..." lasciò la frase in sospeso, facendo intuire che non aveva nessuna intenzione di consegnarli ma nemmeno di mettere la propria vita a repentaglio per salvare le loro.


***


"Dobbiamo davvero preoccuparci che i soldati che ci hanno attaccati abbiano dato l'allarme?" chiese Arthur a Merlin, mentre il ragazzo lo aiutava a indossare alcuni dei propri vestiti, molto più sobri e soprattutto anonimi rispetto all'armatura coi colori di Camelot che era già costata cara al Principe.

"Ehm... no." rispose il ragazzo, evitando di guardarlo negli occhi.

"Bene." si limitò a commentare l'altro.

Merlin, con la scusa di andare a prendere dei vestiti di ricambio alla sua grotta, era sgattaiolato via non appena aveva saputo che la vita di Arthur non era in pericolo e aveva gettato i corpi nel fiume, lasciando che la corrente li portasse lontano.

"Siete sicuro di poter viaggiare?" chiese con apprensione al biondo, che gli rispose con un borbottio senza senso.

Erano in una sorta di fase di stallo, entrambi avevano capito le intenzioni e motivazioni reciproche, ma nessuno dei due era disposto a fare il primo passo per sistemare le cose. Merlin aveva paura di aver frainteso tutto e Arthur era troppo cocciutamente orgoglioso per poter guardare semplicemente qualcuno negli occhi ed ammettere con nonchalance di essere stato un'idiota.

"Devieremo per Ealdor prima di tornare a Camelot. - gli rese noto il Principe dopo qualche attimo di silenzio - e una volta a casa sarà meglio farti rifare il guardaroba, questa maglia pizzica ovunque." aggiunse in tono lamentoso.

"Ealdor?" chiese Merlin, ignorando il commento al vestiario.

"Tua madre è preoccupata, teme che tu sia andato a cacciarti in chissà che guaio." Arthur lo scrutò in volto e lesse dolore nell'espressione di Merlin.

"Credo che rimarrò a Ealdor." replicò quest'ultimo.

"Perché?"

"Mia madre ha bisogno di me più di quanto ne abbiate voi." rispose Merlin, il dolore che si accentuava nella sfumatura azzurra dei suoi occhi.

Non era vero, non era affatto vero.

Nessuno aveva bisogno di Merlin più di lui e quello era il momento più adatto per renderglielo noto eppure il Principe non riuscì a proferire parola. Si era preparato mille discorsi in quelle settimane, si era ripromesso di far capire chiaro e tondo al suo servo che lo considerava tutto fuorché un servo, che gli voleva bene, che gli dispiaceva, che lo amava.

Non stava riuscendo in nessuno dei suoi propositi.


***


Lady Morgana osservava i due ragazzi da lontano, nascosta dall'ombra del porticato di una bottega alimentare.

Il sogno aveva continuato a tormentarla e, una volta realizzato che lo stemma che continuava a vedere sulle armature degli aggressori di Arthur e Merlin era quello di Cenrad, era partita. Morgause non era stata per nulla d'accordo con quella decisione, ma lei doveva sapere e alla fine l'aveva accompagnata, anche se si era dissociata dalla ricerca vera e propria.

Aveva impiegato qualche giorno a risalire ai due e scoprire che se l'erano cavata anche quella volta e ora, mentre li guardava montare a cavallo e salutare l'uomo che aveva offerto loro ospitalità, dentro di lei si dibattevano due emozioni profondamente contrastanti.

Da un lato si sentiva sollevata che i due stessero bene e che il suo sogno non avesse avuto un tragico epilogo; dall'altro invece, seppur per poco, aveva sperato che la conclusione reale di quell'incubo fosse Arthur morto, con Merlin a seguire.

Ma non poteva augurare una cosa del genere ad Arthur, nonostante fosse il figlio dell'odiato Uther, e nemmeno a Merlin, nonostante avesse tentato di avvelenarla l'ultima volta che erano stati insieme. Che la cosa le piacesse o meno, i due erano le uniche persone oltre a Gwen che a Camelot l'avevano sempre aiutata e che le erano sempre rimaste accanto, a dispetto di tutto.

Sapeva che un giorno si sarebbe ritrovata faccia a faccia con loro in circostanze tutt'altro che amichevoli, la sua magia stava crescendo in fretta e Morgause la stava preparando per quel momento che però era ancora lontano.

Per ora si limitò a stringersi il mantello addosso e voltare le spalle ad Arthur e Merlin, e con loro al proprio passato, una volta per tutte.


***


Arthur e Merlin erano in viaggio da quasi mezza giornata ma non avevano ancora lasciato le terre di Cenrad, tenevano un'andatura molto tranquilla dal momento che Arthur, nonostante cercasse di fare l'eroe come suo solito, era in realtà ancora molto dolorante.

Non avevano parlato molto, giusto qualche parola di rito sul fatto che Kenneth era stato molto gentile a procurare loro dei cavalli e aiutarli fino alla fine anche se il sollievo dell'uomo era stato piuttosto evidente nel momento in cui si erano salutati definitivamente.

I loro cavalli procedevano fianco a fianco, così vicini che ogni tanto le loro ginocchia si scontravano, eppure nessuno dei due prendeva mai l'iniziativa di superare o rimanere dietro all'altro, cosa che li avrebbe fatti procedere più comodamente su quei sentieri a malapena segnati all'interno della foresta.

Così vicini eppure così lontani, era una situazione surreale.

Ad un certo punto il Principe bloccò di scatto il cavallo, facendo cenno a Merlin di fare lo stesso.

"Hai sentito?" gli chiese chinandosi verso di lui cercando di fare meno rumore possibile.

Merlin si mise in ascolto e dopo qualche secondo udì anche lui il rumore che aveva attirato l'attenzione di Arthur: zoccoli di cavalli e voci di donne. Piuttosto insolito, considerando che si trovavano nel bel mezzo di un bosco, lontani ore di viaggio da qualunque villaggio.

Le voci venivano nella loro direzione e, quando furono abbastanza vicine da distinguersi l'una dall'altra, i due si guardarono increduli.

Morgana.

Una delle due era senza ombra di dubbio la voce di Lady Morgana, entrambi l'avevano riconosciuta e, vedere la conferma negli occhi di Merlin, bastò ad Arthur per spronare il cavallo nella direzione dalla quale provenivano.

"Arthur!" Merlin tentò di fermarlo ma troppo tardi, l'altro si era già lanciato al galoppo e a lui non rimase altro che seguirlo, ben sapendo che il Principe non sapeva nulla di cosa era realmente accaduto il giorno in cui avevano "perso" Morgana.

La raggiunsero in pochissimo e la seconda voce si rivelò essere quella di Morgause. Le due fermarono di scatto i cavalli non appena i due si pararono loro di fronte e poi, senza proferire parola, li girarono e partirono al galoppo.

"Morgana!" urlò Arthur facendo ripartire il proprio cavallo a suon di speroni.

"Arthur, no!" Merlin lo seguì nuovamente, spronando il cavallo a più non posso per raggiungerlo prima che la situazione precipitasse.

Non aveva la più pallida idea di cosa ci facessero le due in quelle terre, ma sapeva per certo che il rancore di Morgause nei confronti di Uther era così grande che non si sarebbe di sicuro sentita in colpa a far del male ad Arthur. Senza contare che Morgana era ormai un enorme punto interrogativo, da quale parte stava? Fino a che punto era disposta a spingersi pur di danneggiare l'odiato Uther? Non lo sapeva e sperava di non essere costretto a scoprirlo proprio ora.

"Arthur fermati!" urlò, lasciando da parte l'etichetta.

Le due donne guadagnavano terreno, Arthur non si fermava e lui non riusciva a raggiungerlo.

Continuarono così per un tempo che a lui sembrò infinito, un'ora, forse di più. I cavalli erano ormai allo stremo e lo stesso doveva valere per quelli di Morgana e Morgause e, infatti, poco dopo le due si fermarono.

Arthur le raggiunse, seguito da Merlin.

"Morgana!" esclamò il Principe, la voce rotta dall'affanno dell'inseguimento e ancor più dal dolore all'addome.

"Addio." fu l'unica parola che uscì dalla bocca della ragazza che poi diede un colpo di redini al proprio cavallo e ripartì.

Morgause rimase lì a fronteggiarli iniziando a cantilenare un incantesimo.

Merlin non riuscì a capire di cosa si trattasse e, prima che riuscisse ad escogitare un contrattacco magico, una fitta nebbia si alzò tutto intorno a loro, seguita da un vento così forte da disarcionarli entrambi. I cavalli scapparono impauriti e Merlin corse a soccorrere Arthur mentre la nebbia si diradava. Morgana e Morgause erano scomparse.

"Cosa sta succedendo? - Arthur si mise seduto ignorando il dolore alla ferita e guardandosi intorno spaesato - E dove accidenti siamo finiti?!" aggiunse.

"Magia..." sussurrò Merlin.

"Grazie, questo l'avevo capito anch'io Merlin. Perché Morgana sembrava..." lasciò la frase in sospeso ma l'altro capì perfettamente come terminava: così a suo agio con Morgause.

"N-non lo so..." tentò Merlin ma Arthur lo fulminò con lo sguardo, poi lo afferrò per un braccio e lo attirò a se.

"Niente più bugie." gli intimò guardandolo dritto negli occhi.


Show my cards,

Gave you my heart,

Wish we could start all over.

Nothing's makin' sense at all.

Tried to open up my eyes,

I'm hopin' for a chance to make it alright.



NOTE.

Credo sia assolutamente doveroso da parte mia aprire queste note con un ringraziamento INFINITO a Giuly che si è dovuta sopportare non so quante cose mentre stendevo questo capitolo e quello seguente. Per cui grazie, grazie di cuore <3


I versi citati in fondo al capitolo sono tratti da Painting Flowers degli All Time Low, canzone che troverete nella colonna sonora di Alice in Wonderland <3

La traduzione è:

Ho mostrato le mie carte / ti ho dato il mio cuore / vorrei potessimo ricominciare da capo / Niente ha più senso / Ho cercato di aprire gli occhi / Spero in un'occasione per rimettere tutto a posto.

La trovate qui, in caso vogliate ascoltarla <3


E a proposito di capitoli, la storia è ufficialmente conclusa, l'ho finita ieri notte, ergo posso dirvi che dopo questo capitolo ci sarà il sesto e poi l'epilogo. in realtà avevo molte più idee per la testa, ma alla fine ho deciso di non mettere troppa carne al fuoco e ho sfruttato solo quella che riguardava Lady Morgana. Le altre le terrò buone per qualcos'altro, magari in futuro.


Per altro pensavo giusto prima che probabilmente ormai questa storia non è più spoiler, credo abbiano finito la seconda stagione anche su Italia1… confesso di non averne la minima idea, il mio amore inconsulto per il British accent mi porta a odiare con tutta me stessa Bradley James doppiato, va da se che non l'ho proprio seguita… vabbè, ormai siamo agli sgoccioli, a scanso di equivoci io il warning spoiler lo lascio^^


Ringrazio tantissimo melania, kinderbuena89, _Valux_ e Giuly per i commenti al precedente capitolo, così come tutti quelli che stanno continuando a seguire e apprezzare la storia, grazie di cuore!


Chiudo dicendo che ho appena postato anche una shot RPS su Bradley e Colin, "Piccola, innocente teoria".


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Capitolo 7
*** 6. Blasphemy ***


6. Blasphemy

Erano seduti fianco a fianco, appoggiati al tronco di un albero.

Merlin parlava, parlava, parlava e Arthur non lo interrompeva mai.

Le uniche pause erano quelle che lui stesso si concedeva per riprendere fiato oppure per combattere contro l'indecisione riguardo a quanto essere sincero.

Gli stava raccontando tutto, tutta la sua vita, da quando da piccolo i poteri avevano iniziato a manifestarsi in lui, a quando sua madre l'aveva mandato a Camelot per beneficiare della protezione di Gaius a tutte le volte che era ricorso alla magia per aiutare Arthur stesso.

Gli aveva raccontato tutta la faccenda di Morgana, di Mordred, perfino del drago.

Gli aveva raccontato di Freya.

Il Principe ascoltava, sincermente interessato anche ai fatti più irrilevanti della sua vita anzi, quasi più interessato a quelli che non alle storie riguardanti Morgana o altro.

Anche se non riusciva ad ammetterlo a se stesso, Merlin si trovava a suo agio in quel monologo e stava provando una sensazione di liberazione quale non pensava di poter mai provare.

Smise di parlare solo quando erano rimaste due sole cose da raccontare: la faccenda di Ygraine e quella di Balinor.

Rimasero in silenzio per un po', poi Arthur piegò la testa di lato dando un colpetto a quella di Merlin.

"So tutto di mia madre, Nimueh e tutto il resto... me l'ha raccontato Gaius. - gli disse, quasi potesse leggergli nel pensiero - Anche se avrei preferito fossi stato tu a farlo." aggiunse, scostandosi leggermente da lui.

"Io... non potevo lasciarti uccidere Uther." mormorò Merlin.

"No, suppongo di no. - convenne Arthur che però strinse i pugni, perdendo per un istante la calma - andiamo a cercare i cavalli." disse poi alzandosi.

"Dovresti riposare." obbiettò Merlin.

"Prima dobbiamo ritrovare i cavalli, non so nemmeno dove siamo finiti." borbottò l'altro.

"Io nemmeno."

"Su questo non avevo dubbi." replicò Arthur allungandogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.

Merlin la afferrò, pensando che essere dispersi chissà dove senza cavalli non era poi male, se il risultato era quel ritrovato cameratismo.


***


Non impiegarono molto a localizzare le bestie che si erano nascoste poco lontano, in una piccola radura circondata da così tanti alberi da risultare invisibile fino a quando uno non ci metteva piede; al centro di essa c'era un laghetto che sembrava attingere la sua acqua da un ruscelletto.

"Non male, potremmo passare la notte qui." propose Arthur iniziando a prendere le coperte che avevano assicurato alle selle dei cavalli, senza aspettare l'ok dell'altro.

"Mi dispiace." rispose questo.

"Ti spiace di passare l'ennesima notte all'aperto?" gli chiese il Principe senza guardarlo.

"Per... per Lady Ygraine." sospirò Merlin.

"Ah... si beh, anche a me dispiace averla uccisa." replicò laconico Arthur.

"Non è stata colpa tua, lei voleva che tu nascessi, ti amava."

"La parola etichetta ti dice niente, Merlin?" gli disse bruscamente, voltandogli poi le spalle e iniziando a crearsi un giaciglio più vicino al limitare della foresta che non al lago.

"S-scusate, Sire." mormorò Merlin e Arthur si maledì mentalmente nel sentire il tono stanco e atono del ragazzo.

"Merlin!" lo chiamò lasciando perdere le coperte e tornando sui suoi passi.

"Si, Sire?" gli chiese il ragazzo fissando intensamente l'erba intorno a se.

Arthur sbuffò indispettito nei confronti di se stesso, perchè riusciva ad essere sempre così stupido?

"Razza di idiota!" borbottò rivolto a se stesso con tono frustrato.

"Come?" chiese Merlin confuso, decidendosi finalmente ad alzare lo sguardo.

Arthur si avvicinò a grandi passi a lui e poi, esattamente come aveva fatto giorni prima nella grotta, lo prese per le spalle e senza curarsi di fargli male lo spinse con la schiena contro al tronco di un albero.

"Sono un idiota Merlin. - gli disse, in un misto di rabbia e frustrazione - un fottutissimo idiota, non ne azzecco mai una, te ne rendi conto?" si sfogò.

"Beh, almeno ne siete consapevole." il moro non riuscì a trattenere un sorriso, nonostante la situazione.

"Nasco e mia madre muore. - proseguì Arthur senza badargli - Per colpa di questo, della mia nascita, mia, la magia viene bandita da Camelot pena la morte. Poi, quando penso che non me ne frega niente del perché mio padre perseguiti chiunque usi le arti magiche, tu piombi nella mia vita dandomi dell'asino e sfidandomi nonostante non ci sia mezzo muscolo in quel tuo corpicino da maghetto dalla testa bacata. E io cosa faccio? Riesco a farti scappare, a ferirti, e..."

"Stai vaneggiando Arthur." rise Merlin, sollevato da quello sfogo anche se l'altro non aveva ancora mollato la presa sulle sue spalle.

"Si... e allora?" Arthur si unì alla risata, ridevano insieme come non facevano da tempo e ridevano perchè finalmente si erano liberati dei pesi che gravavano dentro di loro.

Improvvisamente Arthur smise di ridere e rinsaldò la presa sulle spalle mingherline del suo servo, fissando i propri occhi nei suoi e appoggiando la propria fronte sulla sua.

"Merlin..." mormorò, lasciando che il proprio fiato accarezzasse la pelle dell'altro che non disse niente, ma lo afferrò per i fianchi. Un istante più tardi le loro labbra si stavano sfiorando.

"A-Arthur."

"Zitto, Merlin." gli ingiunse Arthur premendo con tutto il peso del proprio corpo su di lui e schiacciandolo sempre più contro l'albero.

Le loro labbra si incontrarono di nuovo, ma stavolta il Principe non si limitò a sfiorare quelle di Merlin, premette con forza e, quando quelle si dischiusero cercò la lingua del ragazzo con la propria, assaporando la sua fragranza, facendolo suo.

Merlin lo strinse ancora di più per i fianchi, lasciandosi cadere al suolo e trascinandosi dietro Arthur che lo stava ancora baciando, con un'urgenza tale da far quasi pensare che il mondo stesse per finire. Merlin gli passò una mano sotto alla maglia, e lo sentì fremere di desiderio sopra di lui mentre gli passava le dita lungo la schiena, sulla pelle nuda. Arthur scivolò lentamente sulla sua pelle, accarezzandola con le labbra e soffermandosi sul collo, baciandolo e scorrendo con la lingua lungo l'arteria giugulare, dove pulsavano la vita e il desiderio di Merlin.

Qualcosa dentro di loro stava sussurrando che ciò che stavano facendo era sbagliato, che non dovevano, che le linee che demarcavano il confine fra nobiltà e servitù dovevano essere rimarcate, ma a nessuno dei due importava. Forse era blasfemia, ma non riuscivano a fermarsi mentre sempre meno vestiti separavano le loro pelli e le loro labbra continuavano ad esplorare incessantemente le une il corpo dell'altro.

"Arthur." mugugnò Merlin con il respiro pesante, passando le dita fra i capelli biondi del Principe.

"Taci idiota." borbottò l'altro abbassandogli i pantaloni e lasciandogli poi fare lo stesso.

"S-sei sicuro di stare bene?" gli chiese Merlin, facendo uno sforzo non indifferente per imporsi di pensare prima alla ferita di Arthur e poi al suo piacere personale.

"Merlin!" gli intimò il biondo tornando a baciarlo sulle labbra con foga e in quel momento le loro erezioni ormai nude si sfiorano, facendo perdere a entrambi la cognizione del tempo e dello spazio che li circondava.

Alla fine Merlin venne tra le mani di Arthur e Arthur dentro Merlin, e rimasero fermi così, sdraiati sotto a quell'albero sudati e incuranti della notte che ormai li aveva avvolti.

Stanchi ma appagati, stretti l'uno all'altro come se insieme al piacere fisico avessero donato l'un l'altro la propria fiducia assoluta.


Faith is crime

When all you love is one the line

Your spirit's bleeding

Incomplete and blamed for immorality

Love is nature

So you're breaking with tradition

In this godforsaken land



***


La luna era ormai alta nel cielo quando i due si staccarono, più per via del freddo che richiedeva coperte e vestiti che per una reale voglia di interrompere il contatto fisico fra i loro corpi.

Si costruirono un giaciglio sotto all'albero che era stato testimone del loro peccato e si infilarono sotto la stessa coperta, osservando il bagliore delle stelle che filtrava dai rami.

"Mi dispiace per tuo padre." disse Arthur rompendo il silenzio.

"Come-" tentò di dire Merlin ma l'altro lo interruppe.

"Anche questo me l'ha detto Gaius, è così che ti ho trovato." gli spiegò.

Merlin si accucciò più vicino a lui, appoggiandogli la testa alla spalla e il Principe prese ad accarezzargli i capelli distrattamente.

"In realtà... - proseguì - Ecco... mi dispiace per tutto." sospirò, stringendolo a se.

"Tutto cosa?" gli chiese Merlin lasciandolo fare.

"Per quello che ti ho detto... per non essere stato capace di farti capire che... beh..." sembrava imbarazzato e Merlin si alzò su un gomito per osservarlo in volto.

"Farmi capire cosa, Sire?" sorrise il mago, provando tenerezza mista a divertimento di fronte all'imbarazzo di Arthur.

"Quanto sia pesante averti intorno." borbottò l'altro girandosi e voltandogli così le spalle.

"Sapessi quanto sei pesante tu." lo rimbeccò Merlin, riempiendo la frase di doppi sensi facilmente fraintendibili.

"Idiota."

"Asino."

Quando Arthur si decise a girarsi nuovamente, Merlin era nella stessa posizione di poco prima e lo stava ancora guardando.

"Non mi importa cosa sei e quali poteri porti dentro di te." gli disse con serietà.

"Davvero?"

"Davvero."


***


La mattina dopo si svegliarono ai primi raggi del sole e, quando si alzarono, Arthur lamentò subito dei dolori all'addome.

"Ve l'avevo detto di stare attento." gli disse Merlin con un tono di finto rimprovero mentre si assicurava che la ferita non si fosse riaperta.

"Perché dovrei stare attento quando ci sei tu che ti preoccupi anche quando non devi?" replicò l'altro con convinzione.

"Lo prenderò come un complimento." rispose Merlin alzando gli occhi al cielo.

"Bene, vediamo di uscire da questa terra di nessuno e tornare a Camelot."

"Ealdor." lo corresse Merlin spiazzandolo.

"Non dicevi sul serio quando hai detto di non voler tornare a Camelot." era un'affermazione, non una domanda, anche se il suo tono era vacillante.

"Voglio rivedere mia madre, è preoccupata, ricordate?" Merlin gli sorrise, facendogli capire che Ealdor sarebbe stata solo una meta di passaggio.

"Tua madre mi ha dato uno schiaffo quando sono andato a cercarti lì." mugugnò Arthur.

"Ha fatto bene," annuì il moro con convinzione.

"Non sai nemmeno perchè l'ha fatto!" si difese il biondo.

"Uno schiaffo non è mai sprecato con voi, Sire."

"Nemmeno la gogna o le prigioni sono mai sprecate con te, Merlin."

Montarono a cavallo e ripresero il loro viaggio, entrambi consapevoli che qualcosa dentro di loro era cambiato per sempre e che le loro anime ormai erano fuse una nell'altra.


They say this love is blasphemy

But my new religion is you



NOTE.

E siamo agli sgoccioli, ormai manca solo l'epilogo!

I versi citati sono di Blasphemy dei Cinema Bizarre e la traduzione di quelli citati a metà capitolo è:

La fede è un crimine / quando tutto ciò che ami è sulla linea / il tuo spirito sanguina / Incompleto e tacciato di immoralità / L'amore è natura / quindi rompi con la tradizione / in questa terra dimenticata da dio.

mentre quelli in fondo al capitolo:

Dicono che questo amore sia blasfemia / ma la mia nuova religione sei tu.


Volevo ringraziare tantissimo Giuly, ron1111 e Arwen Woodbane per i commenti al capitolo precedente, nonché tutte le persone che continuano a leggere, seguire e apprezzare. Grazie di cuore, non sapete quanta carica mi date <3


Alla prossima, con l'epilogo ^____^

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


Epilogo.

Merlin odiava avere l'attenzione di Uther Pendragon puntata addosso, eppure era esattamente la situazione nella quale si trovava ora, nella sala delle udienze del castello di Camelot, al fianco di Arthur e con Gaius in fondo alla sala che si godeva lo spettacolo.

"Una missione di caccia?!" Uther non era per nulla convinto.
"Esatto." annuì sicuro di se Arthur.
"Hai mandato il tuo servo a cercarti un particolare tipo di selvaggina, lui l'ha trovata, ti ha avvisato e poi siete corsi a inseguire la preda." ricapitolò il re spostando lo sguardo da Arthur a Merlin e di nuovo ad Arthur.
"Esatto." ribadì Arthur mentre il moro deglutiva rumorosamente fissando il pavimento.
"E tu saresti stato lontano da Camelot settimane per stanare chissà cosa dai boschi." stavolta Uther si indirizzò a Merlin.
"Si, Sire." annuì il ragazzo senza guardarlo.
"E, nel tempo che hai impiegato a tornare a Camelot, avvisare Arthur e ripartire con lui, le bestie che avevi stanato sono rimaste lì ad aspettarvi, notevole." il re si allontanò dai due con una risata ironica.
"Potresti essere più convincente." sussurrò Arthur a Merlin con tono di rimprovero.
"Potevate inventare una storia più sensata." lo rimbeccò il moro.
"Vorresti dire che è colpa mia?" replicò indignato il principe.
"E' sempre colpa vostra. - sospirò l'altro - E indovinate chi ne paga sempre le conseguenze?" non fece a tempo a finire la frase che il re tornò a posare l'attenzione su di loro, emettendo il suo verdetto.


***

Merlin si chiedeva chi gliel'aveva fatto fare di tornare a Camelot, mentre un pomodoro decisamente andato a male gli finiva per metà in bocca. Certo, ai sui fan doveva essere mancato potergli tirare ogni genere di ortaggio in viso mentre se ne stava bloccato per ore alla gogna, ma lui se la passava decisamente meglio nella sua caverna, questo era poco ma sicuro.
All'improvviso i suoi ammiratori lasciarono cadere gli ortaggi che avevano in mano e iniziarono a fissarlo in attesa, come se qualcosa impedisse loro di continuare il tiro al bersaglio.
"Merlin." la voce di Arthur arrivò dalla sinistra e, voltandosi quel poco che la gogna gli permetteva, lo vide appoggiato alle assi di legno, un'espressione divertita in volto.
"Sire." borbottò il moro offeso.
"Prendila con filosofia, il re non può certo mettere suo figlio alla gogna." rise il biondo.
"Eppure suo figlio ne avrebbe certamente più bisogno di me." replicò lui.
"Merlin!"
"Cosa?"
Arthur si avvicinò di più a lui e si chinò fino a trovarsi alla sua stessa altezza, fissando il proprio sguardo in quello del ragazzo.
"Vuoi che ti prenda e ti sbatta in cella?"
"No grazie."
"Allora porta rispetto al tuo Principe."
"Non vi mancherei mai di rispetto, lo sapete."
"Preferisci un altro giorno di gogna?" lo minacciò.
"Ve lo dovreste fare voi un altro giorno di gogna." borbottò l'altro.
"Ti ricordo che tu sei scappato e io ti sono venuto dietro. E' colpa tua, Merlin."
"Vi ricordo che voi vi siete comportato da gran testa di legno quale siete, è per questo che io sono scappato, Arthur." disse scimmiottando il tono del principe.
"Non cambierai mai vero?" gli chiese Arthur, abbandonando il tono fintamente risentito e lasciandosi andare a un sorriso.
"No, non credo." Merlin scosse la testa.
"Vedi di lavarti per bene prima di venire da me." gli sussurrò, tornando serio.
"Venire da voi?" chiese Merlin fingendo indifferenza.
"Diciamo che ho bisogno dei tuoi servigi." gli disse con tono ambiguo.
"Come volete Sire."
"Come vuoi anche tu, Merlin." gli disse rialzandosi e voltandogli le spalle, allontanandosi.
Non appena il principe fu fuori dalla traiettoria di tiro, le verdure ripresero a colpire Merlin in pieno viso come prima.
Ma in fondo che importava? Certo, poteva sempre andarsene di nuovo da Camelot ma la caverna era scomoda, buia, umida. Le stanze di Arthur invece così soleggiate, aerate, comode...

The world would be a lonely place

Without the one that puts a smile on your face

So hold me 'til the sun burns out

I won't be lonely when I'm down


NOTE.

Ed eccoci alla fine.

Devo ammettere che mentre mettevo la parola fine a questa long ero euforica e triste allo stesso tempo. E' sempre bello finire una long, mentre scrivo in genere non aspetto altro che di poter digitare la parola F I N E, ma quando poi arriva quel momento è difficile riuscire a dirle addio ç_____ç


E quindi siamo al momento dei saluti e dei ringraziamenti finali ç_ç


Il grazie più grande di tutti va a Giulia, senza il suo supporto morale nessuno ne avrebbe mai vista la fine. E grazie non solo per questo, grazie e basta. Lei sa. <3


Un grazie immenso - proprio infinito - a TUTTE le persone che sono arrivate fin qui nella lettura, che hanno apprezzato la storia, l'hanno supportata, l'hanno commentata, messa nelle seguite o nelle preferite. Mi piacerebbe citarvi tutti ma 1. mi dimenticherei di sicuro qualche nome per strada e 2. non posso citare i lettori silenziosi ma, vedere certi numeri nelle letture, leggere certi commenti, saperla amata, è la cosa più bella dell'universo e, anche se non scrivo esattamente per la gloria ma per puro sfizio personale, non posso proprio negare che alla fine quei numeri e quelle parole danno una carica incredibile per arrivare alla fine di ogni capitolo, di ogni storia.

Grazie, grazie davvero di cuore.


Ah si, quasi dimenticavo.

I versi citati in fondo sono tratti da I've got you dei McFly, la trovate qui se la volete ascoltare X3

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