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Salve!!! Eccomi di nuovo qui!! Allora, premetto dicendo
che questa sarà una fic dai capitoli piuttosto brevi, e non andrà oltre i
cinque capitoli. Questo perché è un fic di transizione diciamo, ne ho in mente
un’altra da postare dopo questa che invece sarà moooooooolto più lunga. Però
credo sia carina, a me piace molto, spero piacerà anche voi, fatemi sapere!!!
E’ un alternative universe perciò alcuni personaggi che in beyblade si
conoscono qui invece non si conoscono. Ma fate prima a leggere!! Buona lettura!!
Le quattro meno dieci. Una ragazza uscì dal giardinetto
che precedeva l’entrata della propria casa e si affrettò a chiudere il cancello
dietro di sé. Era piuttosto carina, i capelli castani le ricadevano morbidi
sulle spalle e due grandi occhi scuri, color cioccolata, le illuminavano il
viso dai tratti delicati. Indossava una gonna corta jeans a pieghe, una
maglietta vermiglia che le lasciava scoperte le spalle, cosa che permetteva di
intravedere le bretelline del top nero che portava sotto, e un paio di
stivaletti, altezza caviglia, marroni. Velocemente incominciò ad incamminarsi
verso il parco, il posto dove ormai era consuetudine incontrare i suoi amici e
vederli allenarsi a beyblade, o semplicemente chiacchierare del più e del meno;
insomma la vita di una ragazza normalissima. Quel giorno non avevano in
programma niente di particolare, probabilmente avrebbe concluso la giornata
cenando a casa de Takao, ormai la sua villa era diventata un porto di mare,
erano più le volte in cui aveva ospiti che quelle in cui non li aveva, ma era
divertente per questo. Daichi e Takao arrivavano sempre a litigare per l’ultima
brioche rimasta nella dispensa, il professor Kappa cercava invano di divederli,
Max e Rei si godevano la scena ridendo a più non posso finché non arrivava
Nonno J a sistemare la situazione con la spada in mano e due colpi di kendo.
Di certo era molto meglio che rimanere da sola a casa, sua
madre era fuori città e suo padre lavorava, sarebbe morta di noia e solitudine,
nemmeno la televisione le avrebbe fatto compagnia, anche perché in quel periodo
i film non erano un granché, molti erano già stati mandati in onda ed altri
sconfinavano nelle solite lunghissime e banalissime soap opere.
Arrivò alla fine della via, c’era un ragazzo appoggiato al
muro, un ragazzo che aspettava lei. Aspettava Hilary ma stranamente quando gli
passò davanti non la chiamò, non la salutò nemmeno, in effetti non si
conoscevano, eppure lui la stava aspettando. Lo sorpassò senza neanche
rivolgergli uno sguardo, proseguì ad andare avanti pensando solamente che se
non si sbrigava sarebbe arrivata in ritardo all’appuntamento con i suoi amici,
cosa che le avrebbe dato non poco fastidio, odiava essere in ritardo, lei che
era sempre puntuale.
Il misterioso ragazzo non si mosse di un centimetro, si
limitò ad aprire gli occhi color ametista, continuando a tenere le braccia
incrociate al petto e sollevò appena la testa, quanto bastò per incontrare
quelli del suo compagno, nascosto dietro l’angolo della strada di fronte,
perpendicolare a quella in cui lui si trovava, e vide che gli stava facendo un
cenno con il capo, facendogli chiaramente intendere che doveva seguirla. Senza
esitare si avviò a passo lento verso la sua vittima…
-Hilary Tachibana- aveva detto mostrandogli quella foto.
L’uomo si era alzato dalla sua poltrona avvicinandosi alla finestra,
incrociando le braccia dietro la schiena e gettando senza alcun reale interesse
uno sguardo oltre i grandi vetri che occupavano quasi l’intera parete. Quella
sarebbe stata un’azione che gli avrebbe fruttato un sacco di soldi; certo
c’erano dei rischi, ma era sicuro che i suoi ragazzi avrebbero portato a
termine l’operazione con successo, dopotutto erano i migliori…si voltò verso di
loro prima di ricominciare a parlare.
-Ha quindici anni, e come sicuramente già saprete è
l’unica figlia di Eiji Tachibana, il presidente della più importante azienda di
estrazione di diamanti del mondo-
-Fammi indovinare, dobbiamo rapirla e chiedere un
riscatto- lo interruppe Yuri, il ragazzo russo dai capelli rossi e gli occhi di
ghiaccio, senza nemmeno staccare lo sguardo dall’immagine della ragazza,
ritratta in uniforme scolastica, appena fuori l’uscita della scuola di Tokyo.
-Se suo padre vorrà riavere indietro la figlia non dovrà
far altro che accettare di “donarmi generosamente” parte delle azioni
dell’azienda, per l’esattezza il 60%…non è il massimo, ma è più della metà, ciò
significa che sarò io il maggior azionista, a voi trarre le conseguenze-
ironizzò mentre un sorriso soddisfatto si dipingeva sul suo volto, come avesse
già quelle azioni in tasca. Ben presto sarebbe diventato schifosamente ricco,
molto più di quanto già non fosse. Si passò una mano tra i capelli neri, ormai
schiariti dalla vecchiaia, mentre riprendeva comodamente posto dietro la sua
scrivania.
-E noi che ci guadagniamo?-
-Parleremo in seguito di questo, prima pensate a fare il
vostro lavoro- quella risposta non piacque tanto al ragazzo che alzò un
sopracciglio con aria contrariata.
-Vi ho forse mai deluso?- fece il capo in risposta a
quella sua reazione. Poggiò i gomiti sul tavolo e si sporse in avanti –E tu che
dici Kai?- domandò rivolgendosi alla terza persona presente in quella stanza,
rimasta in silenzio fino a quel momento. Dopo pochi secondi il diretto
interessato si alzò dal divano di pelle nera che si intonava perfettamente al
lusso di quell’ufficio, dirigendosi verso la porta.
-Consideralo già fatto- si limitò a dire sparendo oltre la
soglia.
-Bene- fece l’altro compiaciuto, ne era sicuro, sarebbe
andata secondo i suoi piani, stava mettendo tutto nelle mani di esperti nel
campo, non aveva nulla da temere. In fondo non mi hai lasciato scelta Eiji,
pensò, gli aveva rifiutato il permesso di entrare in società con lui e quindi
in un modo o nell’altro doveva pur fare…anche se questo modo non era legale,
non era di certo la prima volta che ricorreva a quei mezzi. Lo aveva costretto
ad agire così, non avrebbe voluto arrivare a tanto, ma era stata colpa sua, lui
ce lo aveva indotto. Ed ora era costretto ad usare l’amata figlia del
presidente come strumento per raggiungere il suo scopo, pazienza…
-Vai anche tu Yuri- gli ordinò –Voglio che il tutto sia
fatto al più presto, sai cosa fare- il suo dipendente, se così si poteva
chiamare, annuì prima di uscire dalla stanza.
-Ah, un’ultima cosa- lo bloccò prima che sparisse dalla
sua visuale –Se ti servono prendi anche Boris e Serjey, non voglio correre
rischi-
-Veramente ci avevo già pensato- ribatté sorridendo, anche
se il suo assomigliava di più ad un ghigno.
Il capo affondò nella poltrona compiaciuto, quel ragazzino
era davvero in gamba, nemmeno una volta lo aveva deluso, come Kai del resto,
era vero, quest’ultimo non è che fosse un tipo molto socievole e che eseguisse
gli ordini sempre alla lettera, ma non poteva lamentarsi, alla fine il
risultato era quello che voleva vedere, ed era l’unica cosa che gli
interessasse.
Tutto ciò era accaduto cinque giorni prima. Era quello il
motivo per il quale adesso si trovava a pedinare quella ragazzina…sollevò la
testa guardandola camminare spensierata e tranquilla davanti a lui, del tutto
ignara di ciò che le sarebbe successo nell’arco di poche ore. Quella notte non
sarebbe stata così serena e allegra, rinchiusa in una stanza buia, legata e
imbavagliata. E la cosa lo avrebbe lasciato indifferente, come sempre, non gli
sarebbe importato nulla, né di lei, né del suo destino, d’altra parte quello
era il suo lavoro. Non si era mai chiesto se quanto facesse fosse giusto oppure
no, pensieri simili non gli erano mai passati per la mente, lo faceva e basta,
il resto non contava. Infilando le mani nelle tasche aveva abbassato di nuovo
lo sguardo, interessandosi al cemento della strada, sguardo che fu costretto a
rialzare subito dopo sentendo qualcosa venirgli addosso.
-Scusami! Non ti avevo visto!- fece mortificata al ragazzo.
Si era accorta di aver dimenticato il cellulare a casa e aveva deciso di
tornare indietro a riprenderlo facendo una corsa, dal momento che era già in
ritardo, non prestando attenzione a dove mettesse i piedi. Attese una risposta
da parte dello sconosciuto, cosa che non avvenne, Kai si limitò a rimanere in
silenzio, in uno dei suoi soliti silenzi glaciali nei quali era solito
avvolgersi, rimanendo immobile. Le gote di Hilary si colorarono appena di un
lieve rossore incrociando quegli occhi violacei, profondi e terribilmente seri
che continuavano insistentemente a fissarla. Non seppe spiegarsi il perché ma
rimase quasi senza fiato, sembrava improvvisamente essersi dimenticata del modo
in cui si respirava, una sensazione indescrivibile all’altezza dello stomaco.
Ma quello sguardo era così penetrante, sembrava quasi potesse leggerle l’anima.
Il russo si spostò lasciandole libero il passaggio, non
era ancora il momento di mettere in atto il piano…
La ragazza rimase per qualche altro secondo incantata
seguendo come rapita da un incantesimo ogni movimento del russo, così
tremendamente distaccato. Si riscosse e riprese a correre verso casa
ricordandosi che doveva sbrigarsi mentre involontariamente il suo cuore
continuava a ripetersi se avrebbe mai più rivisto quel misterioso ragazzo…
CONTINUA…
Finisco qui ma ho già quasi finito il prossimo cap perciò
non ci metterò molto ad aggiornare!!! Aspetto i vostri commy!!! Ciao!!!!!!!
Eccomi!!! Ho fatto presto!!! Il fatto è che questa fic
mi sta prendendo sempre di più!!! Allora tanto per cominciare ringrazio: super
gaia; mewsana; Lir_chan; Jaly Chan; Yuzuriha; Hila92 (credo che questo capitolo
risponderà alla tua domanda…e a proposito, vuoi un consiglio??? Scrivi tutto
quello che ti passa per la mente e poi dopo scegli quali idee portare avanti e
quali no, scritto fa tutto un altro effetto e ti appassioni di più! Almeno io
faccio cosi! ^_^); BlueCrystal (quanto tempo!!! E’ bello risentirti!! Spero che
presto vedrò un nuovo cap della tua fic, ci conto ok??) ed ora…via con il
secondo cap…
Scherzava, rideva, parlava tranquilla con i suoi amici. Da
dietro uno dei tanti alberi del parco la teneva sotto controllo a distanza,
come ormai faceva da giorni. Aveva studiato ogni sua abitudine, sapeva chi
erano le persone che frequentava, i posti che frequentava, sapeva cosa le
piaceva fare, dove voleva andare. Pur non avendola mai conosciuta sapeva quasi
tutto di lei. Si appoggiò con la schiena al tronco voltando appena lo sguardo
verso la ragazza e vedendola rincorrere un ragazzino dai capelli rossi, se non
sbagliava si chiamava Daichi, gli stava correndo dietro come un’ossessa.
-Dai, non puoi arrabbiarti tanto solo perché ti chiamo
“ochetta”!- si difese mentre tentava di fuggire dall’ira della brunetta
scappando e nascondesi dietro i suoi amici che però sembrava proprio non
avessero alcuna intenzione di diventare suoi complici, preoccupati forse della
sorte che gli sarebbe capitata se l’avessero fatto.
-Se sai che mi fa arrabbiare allora non mi chiamare così!-
-Ma perdo tutto il divertimento!- si lamentò fermandosi e
piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. Non avrebbe resistito ancora a
lungo, senza contare che se non si sarebbe sbrigato a ripartire la sua
inseguitrice lo avrebbe preso sicuramente.
-Se ti prendo…- stava per raggiungerlo ma qualcosa la fece
bloccare, arrestandola nella sua corsa. La sua attenzione fu catturata da
qualcosa in lontananza, una figura, un’ombra per la precisione, di cui non
riusciva a distinguere nitidamente i tratti ma che le pareva somigliasse molto
a…no, non poteva essere lui, sicuramente si stava sbagliando, probabilmente non
avrebbe rivisto mai più quel ragazzo, cosa le aveva fatto pensare che si
trovasse lì in quel momento? Il fatto era che non riusciva a levarsi dalla
testa quegli occhi violacei così profondi…e belli…non avrebbe mai immaginato
che lo sguardo di un perfetto sconosciuto potesse farle un simile effetto. Non
sapeva minimamente chi fosse eppure per tutto il tragitto per arrivare al
parco, dove i suoi amici l’aspettavano, non aveva fatto altro che pensarci. Era
assurdo, che cavolo le prendeva? Non le era mai capitato di pensare così tanto
a qualcuno, figurasi a qualcuno di cui ignorava perfino il nome.
Sussultò appena quando sentì una mano posarsi sul suo
braccio, si voltò, era Takao che la stava chiamando già da un po’ di tempo ma
lei non gli aveva risposto, troppa presa dai suoi pensieri le parole del
ragazzo non erano giunte al suo orecchio. Le aveva chiesto se c’era qualcosa
che non andava, d’improvviso si era fermata, smettendo di rincorrere Daichi e
rimanendo immobile, come incantata.
-Sto bene, mi era solo venuta in mente una cosa…niente
d’importante!- si affrettò ad aggiungere osservando lo sguardo curioso del
giapponese.
-Sicura?-
-Si…è solo che…- biascicò, non sapeva perché ma una parte
di lei avrebbe voluto parlarne con qualcuno mentre un’altra, il buon senso
probabilmente, le suggeriva che era meglio stare zitta. In fondo perché
mettersi a parlare di un incontro, che poi era stato uno scontro, che sapeva
non si sarebbe più ripetuto? Non era successo nulla di eclatante, anzi a dire
la verità non era accaduto nulla, quel ragazzo non aveva nemmeno aperto bocca.
Il moretto la costrinse a mettersi seduta su una panchina, circondata dai suoi
compagni.
-Parla!- la spronò mettendosi seduto accanto a lei. Sapeva
bene che quando l’amica piombava in quello stato di alienazione dal resto del
mondo c’era sempre qualcosa che la turbava o che per lo meno le dava pensiero.
La conosceva fin troppo bene ormai.
-Beh, oggi venendo qua mi è capitato di…- esordì credendo
che forse parlandone sarebbe riuscita a togliersi dalla mente l’immagine di
quegli occhi ametista che fissavano i suoi. Aveva tutta l’intenzione di farlo,
almeno fino a pochi attimi prima, ma si bloccò improvvisamente, si sentiva un
po’ stupida a raccontarlo e non voleva fare una simile figura. Senza contare
che loro non avrebbero capito perché erano tutti…ragazzi. A volte desiderava
avere una ragazza come amica, certo stava bene e si divertiva un mondo con loro
però…non era sempre facile parlare con loro proprio di tutto e su alcune cose
non ci riusciva proprio.
-Non posso dirlo!-
-E perché scusa?- domandò Max, seduto sul prato, proprio
di fronte alla brunetta.
-Perché…è imbarazzante!- fece arrossendo.
-Imbarazzante?- continuò il biondino.
-Scusa, che cosa puoi aver fatto di così imbarazzante nel
percorso che va da casa tua a qui?- gli chiese Takao stupito.
-Beh, ho fatto un incontro che…mi ha lasciato il segno- i
suoi compagni la guardarono scettici –Avete mai incontrato per caso qualcuno
che non avevate mai visto prima, di cui non sapete nemmeno il nome ma a cui
continuate a pensare?-
La loro espressione parlava da sola, non c’era bisogno che
rispondessero perché Hilary potesse avere una risposta, si comprendeva
perfettamente che pensavano che fosse completamente impazzita. Mise il broncio,
sapeva che non avrebbero capito, e adesso le toccava raccontare tutto per filo
e per segno, ma perché gliene aveva parlato?
Intanto Kai continuava a studiare ogni suo movimento da
lontano, nascosto ancora sotto quell’albero a cui si era appoggiato appena
aveva messo piede nel parco. Gli aveva fatto uno strano effetto quando la
brunetta gli era venuta addosso, quando quei suoi occhi color cioccolata
timorosi e sorpresi avevano incrociato i suoi per qualche breve attimo. Prima
di allora non aveva mai avuto contatti così ravvicinati con le vittime prima
che diventassero “vittime”. C’era qualcosa in lei che inconsciamente lo
attirava anche se non avrebbe saputo dire di preciso cosa.
Un ragazzo gli si avvicinò, spostando l’attenzione su
Hilary. Si portò le mani in tasca, sinceramente si era stancato di stare lì a
tenere d’occhio quella ragazzina, il capo gli aveva ordinato di farlo ma lui
non ne vedeva l’utilità, anche perché entro quella sera stessa sarebbe stata
nelle loro mani.
-Sei pronto per questa sera?- gli chiese Yuri.
-Come sempre-
-Ci daranno una mano anche Boris e Serjey,-
-Bene- Kai continuava a tenere gli occhi fissi su di lei,
a dire la verità non li aveva staccati nemmeno per un secondo da quando era
arrivato in quel parco, tanto che se ne stupì anche il suo compagno.
-Non ti ho mai visto interessarti tanto ad una vittima…-
-Con questo che vorresti dire?- il suo tono freddo di voce
lasciò del tutto indifferente il russo che si limitò ad alzare le spalle, in
realtà non voleva insinuare nulla, la sua era semplice curiosità. Si sdraiò
sull’erba intrecciando le mani dietro la testa lasciando alla brezza leggera
che spirava dal mare di solleticargli il viso mentre ripassava mentalmente il
piano che avrebbero dovuto attuare quella sera stessa. Era tutto pronto, appena
si sarebbe trovata da sola l’avrebbero presa, addormentata e trasportata fino
al luogo dove l’avrebbero tenuta sotto sequestro. Sarebbe stato fin troppo
facile, avevano fatto ben altro. Sperava solo che quell’incarico non durasse
troppo, tenere imprigionata una mocciosa lo riteneva poco divertente, erano le
missioni d’azione quelle che lui prediligeva .
-Non rimani a dormire qui, Hilary?- la ragazza lanciò uno
sguardo fuori dalla finestra, il sole non era ancora tramontato del tutto ma
stava già calando la sera.
-No, oggi mio padre torna presto e voglio stare un po’ con
lui, di solito rientra a casa tardi e io non lo vedo molto spesso-
-D’accordo, ma non è meglio se ti accompagniamo?-
-Non preoccuparti Takao, casa mia non è poi tanto lontana
da qui- si divertiva sempre un mondo quando rimaneva a dormire a casa del suo
amico, per un motivo o per un altro Takao e Daichi finivano quasi sempre per
litigare tra loro inseguendosi l’un l’altro per tutta la casa finché non
arrivava Nonno J munito di spada che li rincorreva entrambi e riportava la pace
nella villa che piombava nel silenzio, eccezione fatta per i lamenti e mugugni
delle due povere vittime riguardo ai bernoccoli che si ritrovavano sulla testa.
La brunetta salutò i suoi compagni e si diresse verso casa
sua, incamminandosi per le vie di Tokyo. Si strinse nella maglia, la
temperatura era scesa di qualche grado e l’aria si era fatta decisamente più
fresca. Le strade erano deserte, cominciava a pentirsi di non aver accettato la
proposta di Takao di farsi accompagnare…si bloccò di colpo, un brivido gelido
la attraversò dalla testa ai piedi, aveva come la sensazione di essere seguita.
Si voltò di scatto con il cuore che le batteva a mille ma non vide nessuno. Si
diede della paranoica e riprese a camminare eppure non riusciva a far cessare
quell’ impressione di sentirsi osservata, era come se qualcuno le puntasse gli
occhi addosso. Accelerò il passo, così sarebbe arrivata prima a casa e si
sarebbe fatta un bel bagno caldo per rilassarsi ma purtroppo qualcosa mandò
all’aria i suoi piani…
Girò l’angolo e quella sensazione continuò a farsi sentire
e anzi accrebbe quando udì chiaramente dei passi veloci e pesanti risuonare
dietro di lei. Cercò di calmarsi, in fondo poteva benissimo trattarsi di
qualcuno che andava nella sua stessa direzione…però i nervi la stavano
uccidendo perciò si voltò di nuovo ma non vide nulla se non un’ombra
avvicinarsi a lei e afferrarla. Hilary cercò di divincolarsi, due mani la
tenevano ferma per i polsi mentre altre due la bloccavano per le spalle. Aveva
tutta l’intenzione di urlare ma sentì qualcosa premerle sulla bocca che le
impedì di farlo. Non riuscì a realizzare quello che stava accadendo, avvertì
solo un sapore dolciastro sulle labbra e uno strano odore, poi le palpebre le
divennero improvvisamente pesanti…
-Però…- fece Yuri dopo aver rivolto lo sguardo verso la
ragazza che dormiva beata sul sedile posteriore della macchina, ignara di
essere stata costretta dentro un’automobile che l’avrebbe portata in un luogo
che non era casa sua e che di certo che non le sarebbe piaciuto.
-E’ carina- concluse continuando a squadrarla dalla testa
ai piedi.
-Piantala Yuri- lo riprese Kai senza staccare gli occhi
dalla strada mentre guidava nella notte ormai inoltrata. Erano distanti dalla
città e si stavano dirigendo in aperta campagna, dove le abitazione erano
pressoché inesistenti. L’auto fu condotta su una stradina non asfaltata, quasi
una mulattiera poco frequentata, anzi nessuno ci passava più. Si fermò qualche
chilometro più avanti vicino a quella che aveva tutta l’aria di essere una
vecchia casa abbandonata, appartenuta probabilmente a qualche contadino, dato
che nelle vicinanze c’erano enormi distese di terreno. Il luogo ideale per un
sequestro, lontano dalla civiltà, nella solitudine totale, eccezione fatta per
le persone che collaboravano al rapimento.
Dal buio apparvero altri due ragazzi che venivano in
direzione della macchina, si trovavano già sul posto per preparare
“l’accoglienza” della ragazza.
-Ce ne avete messo di tempo!-
-Non è stata colpa nostra Boris, la ragazzina si è
trattenuta dai suoi amichetti più a lungo di quanto avevamo programmato- fu
Yuri a rispondergli.
-E’ andato tutto bene?- domandò l’altro, Serjey, dalla
stazza di un armadio.
-Si, certo. Lei è nella macchina- gli disse indicandogli
la vettura dietro di lui –Portala dentro- continuò mentre estraeva dalla tasca
dei pantaloni un cellulare, doveva avvertire il capo che l’operazione era
riuscita senza intoppi. Si allontanò in cerca di campo, purtroppo oltre ad
essere isolata quella zona non era neanche il massimo della copertura
telefonica, mentre Serjey prendeva in braccio la brunetta, ancora narcotizzata,
e la portava dentro la vecchia casa, accompagnato da Boris.
La sistemarono in quella che doveva essere la stalla,
ormai umida e di certo non nelle migliori condizioni, l’intonaco cadeva a pezzi
e si sentiva un penetrante odore di muffa. Il biondo la poggiò sul pavimento,
sopra un mucchio di paglia ammuffita e il compagno pensò a legarle mani e
piedi, per impedirle di scappare al suo risveglio.
-E adesso che dovremmo fare con lei?-
-Tenerla buona qui fino a che il padre non accetterà le
condizioni del capo-
-Di solito il capo ci affida incarichi meno
noiosi…immagino già che appena si sveglierà comincerà a lagnarsi- fece
sbuffando. L’altro alzò le spalle.
-Serjey…ma Kai dov’è?-
-Non ne ho idea-
-Al solito…- si lamentò, gli era stato detto di non
allontanarsi troppo per ridurre al minimo il rischio di esseri visti, ma quel
ragazzo non stava ad ascoltare nessuno. Senza aggiungere altro i due uscirono
facendo attenzione a chiudere accuratamente la porta in modo che la brunetta
non avesse vie di fuga.
Passò qualche ora e il sonnifero cominciò ad esaurire il
suo effetto, Hilary aprì lentamente gli occhi ma non vide nulla, il buio più
totale. Sentiva di essere sdraiata su qualcosa di non proprio comodo e morbido,
sembravano spighe, o paglia secca, a giudicare dalla punte ruvide che le
graffiavano la pelle scoperta ad ogni suo movimento. Provò ad alzarsi ma c’era
qualcosa che glielo impediva, non riusciva a muovere i piedi, e nemmeno le
mani. Si voltò sull’altro fianco, da quella posizione poteva scorgere una parte
del luogo in cui si trovava attraverso la luce della luna che entrava dalla
finestra in alto. Quindi era notte…ma chi ce l’aveva portata lì? Sentì i polsi
intorpiditi e cominciavano a dolerle, c’era qualcosa che li teneva stretti
l’uno con l’altro dietro la sua schiena, bloccandole quasi la normale
circolazione.
-Una corda- si sforzò di romperla ma quella era troppo
spessa e stretta perché potesse riuscirci e la stessa cosa valeva per le
caviglie.
-Ma dove sono?- più si guardava intorno più sentiva
crescere la paura dentro di sé, era in trappola, non poteva muoversi, non
sapeva in che luogo si trovasse, che ora fosse, ma soprattutto come ci era
arrivata. Era ovvio che ce l’avesse portata qualcuno, ma chi? E poi perché, cosa
volevano da lei? Temeva anche di urlare o chiedere aiuto, avrebbe potuto
esserci chiunque dietro quella porta…ma se non provava non l’avrebbe mai
saputo.
I suoi dubbi però si sarebbero presto dissolti, qualcuno
già armeggiava con la porta, sembrava avesse l’intenzione di entrare.
Hilary si rannicchiò in un angolo spaventata a morte
mentre sentiva il cuore batterle a mille dal terrore…
CONTINUA…
Non credo che abbandonerò mai la modalità bastard
inside!!! (sadica! nd.tutti) Però non dovrei metterci molto ad aggiornare!!!
Fatemi sapere che ne pensate di questo secondo chappy!! Ciao ciao!!!!!!!!!
Di nuovo qui, ho fatto presto no??? Non mi dilungo perché
sono di fretta, ringrazio come al solito chi legge e chi ha commentato lo
scorso cap: Lir_chan; solarial (ormai niente potrà farmi abbandonare la
modalità bastard inside!! Eh eh eh…); Yuzuhira; Hilaria (certo che mi sei
mancata!); mewsana; Jaly chan; LightAngel; Hila92; super gaia!!!
E ora si parte................................
Hilary si rannicchiò nell’angolo, quasi volesse
mimetizzarsi con il muro, non aveva mai avuto così tanta paura in vita sua. La
porta si aprì ed entrarono nella stanza due persone che al buio non riuscì
subito ad inquadrare. Solo quando le si avvicinarono e i raggi della luna che
entravano dalla finestra li colpirono poté farsi un’idea di chi aveva di
fronte. A giudicare dal fisico sembravano essere due uomini, o meglio, due
ragazzi, come poi le avrebbe confermato il suono giovanile delle loro voci.
Entrambi avevano il viso coperto, nascosto da un passamontagna per non farsi
riconoscere sul quale c’erano solo due buchi per gli occhi e uno per la bocca.
Ovviamente questo non contribuì a tranquillizzarla, anzi se possibile la agitò
ancora di più, adesso al posto del cuore aveva un tamburo che batteva
incessante dal terrore. Era seduta, con i piedi cercò di spingersi indietro per
allontanarsi ma il muro dietro di lei glielo impediva, e la corda con cui era
legata non le facilitava l’impresa. Non poteva neanche provare ad alzarsi e
correre via, era impossibile nella situazione in cui si trovava.
-Era ora che ti svegliassi- le disse uno dei ragazzi.
-Dove…dove sono? E chi siete voi?- domandò spaventata
mentre gettava uno sguardo alla finestra, purtroppo era troppo in alto perché
lei potesse anche solo pensare di fuggire attraverso essa, non c’era niente che
in qualche modo avrebbe potuto farle da appiglio per arrampicarsi fino là e
anche se avesse saltato non ce l’avrebbe mai fatta a raggiungerla. Tornò a
spostare l’attenzione sugli sconosciuti e le pareva che uno dei due, quello che
le aveva parlato, stesse sogghignando quasi avesse compreso quale fosse la sua
intenzione, intenzione che però non poteva trovare un risoluzione positiva,
mentre l’altro era perfettamente calmo. Purtroppo cominciava a capire cosa
dovesse essere successo, stava tornando a casa e d’improvviso si era
risvegliata in quella specie di stalla in cui probabilmente l’avevano portata
quei due ragazzi che le erano di fronte. Tremò appena al pensiero di cosa
potessero farle.
-Chi siamo noi non ha importanza. Quello che conta è che
tu sei Hilary Tachibana e che se vuole rivederti viva il tuo caro papà dovrà
accettare le condizioni del nostro capo-
-Il…il vostro capo?- fece confusa –Qualunque siano queste
condizioni mio padre non accetterà mai di…- cominciò prendendo un po’ di
coraggio ma non riuscì comunque a concludere la frase perché uno dei due
rapitori la prese per le spalle chinandosi davanti a lei.
-Io invece credo proprio che lo farà…e se tu parli più del
necessario mi vedrò costretto ad imbavagliarti, sono stato chiaro?- la brunetta
non rispose rabbrividendo allo sguardo che gli aveva puntato contro. Ghiaccio,
i suoi occhi erano del colore del ghiaccio e freddi come tale.
Hilary deglutì a fatica, ricattatori, ecco cos’erano,
l’avevano rapita con l’intenzione di estorcere denaro a suo padre che se voleva
rivederla sana e salva doveva sottostare alle loro richieste. Sembrava di
essere in uno di quei film polizieschi, con l’unica differenza che quella era
la realtà e la faccenda molto probabilmente non si sarebbe risolta con
l’intervento insperato della polizia che avrebbe arrestato i criminali e
concluso la vicenda in modo che tutti fossero felici e contenti di nuovo.
-Cosa ha detto il capo?- domandò l’altro rimasto in
silenzio fino a quel momento.
-Ci ho parlato ora, dice di aspettare ancora un pò prima
di far sapere al padre che abbiamo noi la ragazzina- secondo lui, stando a
quanto gli aveva detto, quella era la cosa migliore da fare perché Eiji Tachibana
accettasse di pagare il riscatto, infatti se fosse stato senza avere notizie
della figlia per diversi giorni alla fine sarebbe stato talmente in ansia di
rivederla che avrebbe accettato qualsiasi condizione. Yuri si alzò voltando le
spalle ad Hilary perdendo del tutto l’attenzione per lei decidendo che il loro
turno di sorveglianza era durato fin troppo e dirigendosi verso la porta
seguito dal compagno. Quest’ultimo però prima di uscire lanciò un’occhiata
fugace alla giapponese e fu colto improvvisamente da una strana fitta
all’altezza dello stomaco che non sapeva come definire. Vederla in quello
stato, accucciata in un angolo con quel visino triste e spaventato allo stesso
tempo gli faceva uno strano effetto, a lui che era abituato a vederla sempre allegra
e sorridente per tutto il periodo che l’aveva tenuta sotto controllo per la
riuscita del piano. La trovava così…indifesa. Si riscosse e la lasciò sola
mentre sperava che la sensazione che provava sparisse al più presto perché non
gli piaceva per niente sentirsi così. Non gli era mai accaduto prima di allora…
Avvertì qualcosa colpirlo in pieno stomaco che lo
costrinse ad aprire gli occhi e a svegliarsi dal sogno che stava facendo.
Sbatté un paio di volte le palpebre e si tolse di dosso Daichi che dormendo gli
era finito addosso sferrandogli un calcio senza troppi complimenti. Si alzò
sbadigliando, era mattina tanto valeva fare colazione. Si passò una mano tra i
capelli biondi mentre attraversava il portico della villa. Passando gettò
distrattamente lo sguardo in giardino e per poco non gli prese un colpo.
-Ahhhhhhh!- urlò.
-Max, sei impazzito? Mi hai spaventato!- esclamò Takao che
appena aveva sentito l’urlo dell’amico si era voltato verso di lui.
-Scusa…- ridacchiò l’americano –è che pensavo fossi un fantasma-
-Prego?- ribatté l’altro stupito.
-Beh, non sono neanche le otto, e dato che tu non ti alzi
prima di mezzogiorno pensavo che quello fosse il tuo fantasma!-
-Molto spiritoso, davvero- replicò ironico –Questa mattina
mi sono svegliato presto, e allora?- mise il broncio e incrociò le braccia al
petto, in fondo non si svegliava poi tanto tardi, almeno stando a quello che
diceva lui. Il loro scambio di battute fu interrotto da Nonno J avvertendoli
che alla porta c’era una persona per loro. I due ragazzi si guardarono come a
chiedersi chi potesse mai essere a quell’ora mentre si dirigevano alla porta
d’ingresso scoprendo con loro grande sorpresa che si trattava del padre di
Hilary. Era un uomo sulla quarantina, vestito in maniera formale a causa del suo
lavoro che lo teneva impegnato quasi ogni giorno e spesso e volentieri fino a
tardi, alto, capelli biondi e occhi castano chiaro, assomigliava ben poco alla
figlia che invece aveva ripreso tutto dalla madre.
-Buongiorno signor Eiji- lo salutò il moretto.
-Buongiorno ragazzi, scusate se vi disturbo a quest’ora ma
stavo andando a lavoro e volevo avvertire mia figlia che questa sera farò tardi
e non rientrerò per cena- gli spiegò con un sorriso gentile.
-Si ma…perché la cerca qui?- gli domandò Takao.
-Non ha dormito qui?-
-No…si è fermata solo per cena poi se ne è andata dicendo
che voleva dormire a casa sua. Ci siamo anche offerti di accompagnarla ma non
ha voluto-
-Hilary non è rientrata a casa ieri, credevo fosse rimasta
a dormire qui- disse mentre la sua espressione mutava facendosi decisamente
preoccupata.
-Cosa?!- fecero i due ragazzi all’unisono. Come era
possibile che non fosse rientrata, gli aveva detto chiaro e tondo che voleva
andare a casa sua perché il padre tornava presto dal lavoro, che significava?
Che fosse scappata di casa? No, era impossibile, Hilary non era il tipo di
persona da commettere simili sciocchezze e poi non ne avrebbe avuto motivo.
Il giapponese non stette troppo a pensarci, si precipitò
in palestra spalancando la porta e acchiappò Diachi, che ancora stava dormendo
comodamente rannicchiato nel suo futon, per il colletto della maglietta
trascinandoselo dietro. Il ragazzino come prevedibile si svegliò di soprassalto
mentre si sentiva tirare da qualcosa che anche volendo non sarebbe riuscito ad
opporsi. Cominciò ad imprecare contro l’amico bombardandolo di domande relative
su cosa avesse in mente di fare e se fosse impazzito a svegliarlo in quel modo
alle quali il moretto diede una risposta secca che gli ordinava di stare zitto
e seguirlo, talmente seria che il povero malcapitato non osò ribattere.
-Max, tu pensa ad avvertire Rei e il professore, ci
rivediamo tra due ore al parco- lasciò detto all’americano prima di correre
fuori dall’abitazione. Il biondino non perse tempo, aveva capito cosa aveva in
mente di fare, ossia cercare Hilary, e lui non sarebbe rimasto di certo con le
mani in mano.
Tornare a casa. Mentre i suoi amici si davano da fare a
cercarla, Hilary aveva solo questo desiderio, non chiedeva altro. Cercava di
convincersi che quello era solo un brutto sogno e che presto si sarebbe
risvegliata nel suo letto, sarebbe andata in cucina a preparare la colazione
per il suo papà che l’avrebbe ringraziata gentilmente, le avrebbe dato il bacio
sulla fronte prima di uscire di casa per andare al lavoro, come faceva tutte le
mattine, e poi si sarebbe preparata per andare da Takao e gli altri con i quali
avrebbe passato gran parte della giornata, la scuola era terminata e quindi si
potevano godere il meritato riposo. Si, sarebbe andata così, doveva per forza
andare così…
Abbassò lo sguardo chiudendo gli occhi, ma chi voleva
prendere in giro? Non sarebbe andata così e lei questo lo sapeva bene. Aveva
anche smesso di piangere, lasciando alle lacrime che fino a poco prima le
rigavano le guance di asciugarsi da sole sul suo volto, dato che lei non poteva
neanche portare la mani al viso, legate dietro la schiena. Si chiese quanto
tempo fosse passato da quando era stata portata lì, dalla finestra filtrava la
luce del sole, questo significava che era ormai giorno, ma non avrebbe saputo
dire se era mattina o pomeriggio, aveva completamente perso la cognizione del
tempo. Nella situazione in cui si trovava un’ora o un mese per lei avevano la
stessa durata…
La porta si aprì di nuovo facendola trasalire, e due
figure entrarono nella stanza sempre con il viso coperto dal passamontagna.
Erano venuti a controllarla, come se potesse scappare…Hilary alzò lo sguardo su
di loro, accorgendosi che non si trattava degli stessi che erano venuti
l’ultima volta, questi erano più alti.
-Voi non siete quelli di prima…- disse esitante.
-Infatti. Perché ti dispiace?- fece Boris con un’ironia
che la brunetta non trovò affatto divertente, mentre Serjey le si avvicinava
afferrandola per un braccio con non troppa grazia. Quest’ultimo controllò che
le corde che la tenevano legata fossero ben salde e anzi le strinse di più.
-Ahi! Mi fai male!- quella fune stringeva i suoi polsi
come in una morsa, non riusciva quasi più a sentire le dita.
-Ci dispiace piccola, ma non possiamo permetterci di farti
scappare, tu vali una miniera d’oro-
-Allora, l’avete trovata?- domandò Takao venendo incontro
agli altri tre ragazzi che purtroppo non gli diedero buone notizie. Sembrava
essere sparita nel nulla, volatilizzata. Aveva provato a cercarla nei posti in
cui era solita andare, era arrivato alla spiaggia, c’era molta gente che si
godeva il sole ma di lei nessuna traccia. Era stato anche al fiume, al bar,
avrebbe provato perfino a scuola ma era chiusa per le vacanze estive. Non aveva
la minima idea di dove potesse essere.
-Non è che…le è successo qualcosa?- anche Daichi era
preoccupato per lei, era vero lui la chiamava spesso “ochetta” e diceva sempre
di non sopportarla ma in fondo si divertiva, lo doveva ammettere, se no perché
litigavano sempre?
-Dovremmo rivolgerci alla polizia- propose il professore,
loro avevano fatto il possibile ma non avevano avuto fortuna, questi casi era
meglio lasciarli alle autorità competenti.
-Già…ma ci diranno di aspettare-
-Aspettare cosa, Rei?-
-Prima di dichiarare scomparsa una persona devono passare
quarantott’ ore, e da allora potranno partire le ricerche-
-E’ assurdo aspettare un altro giorno, e se nel frattempo
le capitasse qualcosa?- Max si rivolse poi a Takao –Che facciamo?-
Rimase qualche secondo in silenzio a riflettere prima di
rispondere un strascicato e triste –Non lo so…davvero non lo so-
Nel frattempo i giorni passavano, per l’esattezza ne erano
trascorsi quattro dal sequestro di Hilary e in quella vecchia casa di campagna
abbandonata scorrevano tutti uguali, sempre la solita routine, andavano più o
meno spesso a controllare la ragazza, le portavano acqua e cibo, perché il capo
si era raccomandato più volte di trattarla con “riguardo”, altrimenti si
sarebbe potuto scordare il riscatto. Sapevano che ormai la polizia aveva
iniziato le ricerche per ritrovare la brunetta, erano infatti riusciti ad
intercettare le frequenze radio delle forze dell’ordine e si tenevano
costantemente aggiornati sulle loro azioni, in questo modo se si fossero
avvicinati troppo alla verità avrebbero avuto tutto il tempo di prepararsi
adeguatamente per allontanarsi di nuovo e non farsi trovare. Ma per il momento
pareva tutto sotto controllo, brancolavano nel buio non avendo alcun indizio a
loro disposizione.
Già, tutto sotto controllo…pensava ritrovandosi davanti
alla porta accuratamente chiusa da vari catenacci, dietro la quale si trovava
rinchiusa la prigioniera. Eppure sapeva che non era del tutto così,
esteriormente forse era tutto come al solito ma dentro di lui sentiva che qualcosa
stava cambiando, anche se non riusciva a capire cosa. Ogni volta che andava a
controllare Hilary, da solo o con un suo compagno, si sentiva strano. Vederla
giorno dopo giorno sempre più triste senza uno di quei suoi bellissimi sorrisi
che le aveva visto fare tante volte quando la spiava mentre era con i suoi
amici…se sapeva che non era possibile avrebbe detto di sentirsi in colpa o
addirittura dispiaciuto. Nessuno prima di allora gli aveva mai fatto un simile
effetto, e dire che alcune persone le avevano trattate ancora peggio.
Entrò e vide la brunetta appoggiata al muro che fissava
con insistenza in alto, verso la finestra. Spostò l’attenzione su di lui quel
tanto che le bastò per capire quale dei quattro sequestratori fosse, anche se
non sapeva i loro nomi li riconosceva dal fisico e dai vestiti che indossavano,
li aveva praticamente imparati a memoria date tutte le volte che erano venuti a
controllarla, finché non tornò a guardare quell’unico pezzettino di cielo che
era visibile. Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere là fuori, Kai poteva
tranquillamente indovinare i suoi pensieri, era quello ciò che stava pensando,
avrebbe potuto scommetterci.
-Avete chiamato mio padre?- gli domandò senza abbandonare
quella posizione.
-Lo faremo domani- le rispose incrociando poi le braccia
al petto senza proferire altro.
-Tu sei diverso dagli altri…non mi tratti male- gli disse
dopo qualche istante, sebbene la sua voce fosse piuttosto incerta.
-Ti hanno toccata?- le domandò tradendo una certa
preoccupazione nel tono, il capo era stato chiaro con loro, gli aveva detto che
alla ragazza non doveva capitare nulla. Eppure sentiva che c’era dell’altro
sotto…
-No…- gli rispose –però si divertono a spaventarmi, tu
invece…non lo fai- ogni volta che entrava in quella stalla dove lei era
rinchiusa diceva a malapena una parola e si assicurava che stesse bene, anche
se molto probabilmente lo faceva solo perché gli era stato ordinato di farlo.
Kai la guardò per alcuni istanti prima di sedersi accanto a lei, sulla paglia
ammuffita, dove rimase in silenzio per quella che a Hilary sembrò un’eternità.
-Posso farti una domanda?- gli chiese ad un certo punto.
Il russo voltò la testa nella sua direzione fissandola immobile, in attesa del
seguito. La brunetta incrociò così i suoi occhi per la prima volta da quando
era stata rapita. Del suo viso erano visibili solo quelli attraverso il
passamontagna che indossava per nascondere il volto ma il suo cuore ebbe
comunque un sussulto. Era giorno e la luce che penetrava nella stanza le
permetteva di vederli chiaramente rendendoli di un bellissimo colore violaceo.
Li aveva già visti da qualche parte, così limpidi, profondi, c’era un intero
oceano celato dietro, quel suo sguardo pareva marchiarle l’anima a fuoco.
Un’immagine le passò davanti risalente a pochi giorni prima, per la precisione
lo stesso giorno in cui era stata condotta là, avrebbe giurato che erano
identici a quelli del ragazzo con il quale si era andata a scontrare prima di
recarsi al parco dai suoi amici. Scosse la testa, che strane associazioni le
venivano in mente, non poteva di certo trattarsi di lui, probabilmente non
avrebbe visto quello sconosciuto mai più…eppure quella sensazione non la voleva
abbandonare. Tornò con la mente alla realtà, la sua non era la situazione
migliore per mettersi a fantasticare.
-Perché fai parte di un’organizzazione criminale? Non è il
tuo posto…-
-Che ne sai tu di qual è il mio posto?- ribatté
bruscamente, come si permetteva una ragazzina di dirgli cosa doveva o non
doveva fare e soprattutto dove doveva stare?
Hilary abbassò lo sguardo rimanendo zitta, in fondo se
l’era cercata…Kai notò il suo disagio, anche se più che spaventata
sembrava…dispiaciuta. Si appoggiò con la schiena al muro, lui aveva sempre
fatto quello che voleva, era sempre stato libero si scegliere, non era abituato
a farsi dire dagli altri come doveva agire. Si soffermò a riflettere…però, ora
che ci pensava…non era così, non lo era affatto, erano anni che si faceva
comandare a bacchetta, che eseguiva gli ordini del suo capo; certo, li eseguiva
a modo suo ma alla fine lo faceva. Allora…non era mai stato libero? Si alzò in
piedi, quella ragazzina lo stava confondendo in una maniera assurda.
-Io…non mi sono mai chiesto il perché di tutto questo, lo
faccio e basta, è sempre stato così-
La giapponese alzò gli occhi su di lui, osservandolo di
schiena –Qual è il tuo nome?- gli chiese ma vedendo che il suo interlocutore
non accennava a risponderle si affrettò ad aggiungere –Ah, giusto…lascia
perdere- era stata stupida a pensare che avrebbe potuto dirglielo,
probabilmente pensava che se glielo avesse rivelato lei una volta libera
avrebbe potuto tranquillamente spifferarlo alla polizia. Anche se il suo
intento non era quello, non ci pensava affatto…Il russo si avvicinò alla porta,
portando una mano sul catenaccio.
–Kai- pronunciò prima di aprire.
-Come?- fece la ragazza.
-Il mio nome è Kai- concluse sparendo oltre la soglia,
richiudendosi la porta alle spalle.
CONTINUA...
Altro chappy concluso!!! Spero sia stato di vostro
gradimento...un bacio e alla prossima!!!!
Quarto cap!!! Allora, ringrazio chi ha commentato: super
gaia; LightAngel; Lir_chan; Jaly chan; Vale_Hiwatari; Kayx_chan; Hila92; Hilaria;
mi fanno tanto contenta i vostri commy!!! E ora via con il cap!! (non è lungo
ma mi rifarò con il prossimo (forse! ^_^) che probabilmente sarà l’ultimo, anzi
sicuramente!)…
Il sole si sollevava pian piano dall’orizzonte annunciando
l’alba di un nuovo giorno, colorando il cielo di un rossore che ben presto si
sarebbe trasformato in luce pura, abbagliante dato la limpidezza del cielo
completamente sgombro di nuvole. Uno spettacolo meraviglioso in grado di donare
pace e serenità in chi lo guarda. Peccato che non fosse per tutti così. Un uomo
sulla cinquantina osservava la scena comodamente seduto sulla poltrona del suo
ufficio, teneva le mani intrecciate l’una con l’altra poggiate all’altezza
dello stomaco e aveva uno strano sorriso divertito e soddisfatto dipinto sulle
labbra.
Il piano era riuscito alla perfezione e quello era il gran
giorno…dopo quello del riscatto naturalmente. Quella mattina stessa avrebbero
fatto la famosa telefonata a casa Tachibana per informare che la piccola Hilary
era nelle loro mani e che se volevano rivederla viva non dovevano far altro che
accettare le sue condizioni. Il sessanta per cento delle azioni dell’azienda di
Eiji Tachibana…alzò un sopracciglio pensieroso; ma gli conveniva? Era vero, in
quel modo sarebbe diventato il maggiore azionista e avrebbe potuto fare
dell’azienda ciò che voleva, però…si spinse con i piedi facendo ruotare la
sedia girevole verso la scrivania, poggiò un gomito sopra di essa posando
pesantemente la testa sulla mano fissando per qualche secondo il telefono posto
vicino al computer del suo ufficio. Prese in mano la cornetta e compose un
numero aspettando che qualcuno rispondesse.
-Pronto-
-Stavo pensando…perché ammazzarsi a fare soldi quando si
possono avere subito e in contanti senza troppi preamboli?- esordì senza
neanche un accenno di saluto.
-Parli del riscatto?- gli chiese la voce.
-Esatto Yuri- concordò l’uomo, stava parlando esattamente
di quello. Gli spiegò che aveva pensato di chiedere qualcos’altro in cambio, ad
esempio soldi in contanti, in pratica quello che solitamente si chiede come
riscatto in un rapimento. Gli comunicò il nuovo ordine.
-Avevo pensato di essere originale e chiedere qualcosa di
diverso dal solito ma in fondo si sa che i “classici” sono sempre i migliori-
tornò a sorridere compiaciuto, una volta ottenuti i soldi sarebbe potuto
sparire per un po’ fin quando fosse stato certo che la polizia avrebbe smesso
di cercare i sequestratori. Si, quella era decisamente la decisione migliore…
-E quanto dovremmo chiedergli?- gli domandò il russo
all’altro capo del telefono. Il capo non tardò a comunicargli la risposta.
-Cosa?! Ma è una cifra enorme! Credi davvero che abbia
tutti quei soldi?- fece non poco stupito.
-Anche di più…credo…comunque se pur non dovesse averceli
stai certo che in un modo o nell’altro se li procurerà, tiene molto alla
figlia-
Hilary osservò i raggi del sole farsi sempre più intensi
ad ogni minuto che passava mentre vedeva quella vecchia stalla illuminarsi al
mattino e asciugare un po’ l’umidità della notte appena trascorsa. Un altro
giorno era passato e lei cominciava davvero a non poterne più, voleva tornare a
casa e nient’altro, se l’avessero lasciata andare non avrebbe detto nulla alla
polizia, si sarebbe inventata che magari era scappata di casa, qualsiasi cosa
pur di tornare da suo padre e da i suoi amici. Ma tanto anche se avesse giurato
che non avrebbe fatto parola con nessuno di quanto le era capitato loro non
l’avrebbero mai lasciata andare…affondò il viso tra le ginocchia, ormai aveva
perso ogni speranza, l’unica era aspettare che suo padre pagasse il
riscatto…anche se poi nessuno le dava la certezza che l’avrebbero davvero
lasciata libera senza farle nulla. Chi glielo assicurava? Quei criminali? Non
erano di certo una buona garanzia.
La porta si aprì. Odiava quel rumore che faceva ogni
qualvolta qualcuno armeggiava con essa, ormai era impresso a fuoco nella sua
mente, significava che erano venuti a vedere se ci fosse ancora, a controllarla;
come se potesse scappare in qualche modo, perché non la lasciavano in pace?
Preferiva rimanere sola piuttosto che avere la compagnia di quei quattro. Anche
se di uno di loro…
-C’è qualcuno che muore dalla voglia di sentire la tua
voce, ragazzina- le disse Yuri mettendole il telefono all’orecchio.
-Hilary!-
-Papa!- esclamò la ragazza contenta di risentire la voce
mentre sentiva le lacrime salirle agli occhi.
-Stai bene?- le domandò il genitore preoccupato.
-Si ma…- il russo non le diede il tempo di terminare la
frase, allontanò il cellulare da lei per tornare a parlare lui stesso.
-Come ha sentito signor Tachibana sua figlia sta bene,
quindi se vuole rivederla non dovrà far altro che pagare. Le faremo sapere dove
e quando- attaccò senza dargli la possibilità di ribattere. Sotto l’ordine del
capo aveva chiamato il padre delle ragazza facendogli sapere che sua figlia era
nelle loro mani e che se la voleva rivedere non doveva far altro che fare
quanto gli era stato detto, ovviamente tacendo con la polizia che ancora
brancolava nel buio. Se avesse riferito qualcosa alle forze dell’ordine poteva
scordarsi di riavere Hilary sana e salva, su questo era stato chiaro. Credeva
che molto probabilmente non avrebbe parlato, lo aveva spaventato per bene.
Ripose il telefono in tasca e se ne andò, indifferente alla reazione della
brunetta che, come prevedibile, aveva cominciato a singhiozzare. La lasciò sola
dirigendosi dai suoi compagni.
-Allora?- fece Boris curioso di conoscere le novità.
-Tutto sotto controllo, ora dobbiamo solo aspettare che il
capo ci comunichi il luogo e l’ora del riscatto-
-Pensi che non avvertirà la polizia?- chiese Serjey.
-Se lo farà può scordarsi sua figlia- rispose Yuri con
un’alzata di spalle.
-E lei?- i tre ragazzi spostarono l’attenzione su Kai che
appoggiato con la schiena al muro e le braccia incrociate al petto sembrava
interessato a guardare fuori dalla finestra.
-E’ di là a piangere, perché?- gli domandò pur non
ottenendo risposta dato che uscì dalla casa senza proferire parola sotto gli
sguardi dei suoi compagni.
-Che ha Kai? Se possibile oggi mi sembra più monosillabico
del solito-
-Non ne ho idea…- disse il rosso vedendolo allontanarsi
attraverso i vetri della finestra tra i campi che circondavano la vecchia casa.
Kai non era l’unico ad essere strano, c’era qualcuno che
seduto a gambe incrociate sul pavimento della palestra di kendo della sua casa
non era da meno. Teneva in mano un giornaletto arrotolato che sbatteva a terra
dopo pause regolari di qualche secondo, ininterrottamente, mentre guardava un
punto indefinito davanti a sé, completamente assorto nei suoi pensieri. Era
mezz’ora ormai che andava avanti così.
-Finiscila Takao! Mi stai dando sui nervi!- sbottò Daichi
dopo aver resistito il più a lungo possibile, non aveva potuto fare altrimenti,
quel suono ritmico che per l’amico era diventato praticamente meccanico lo
urtava profondamente.
Il giapponese si bloccò, le parole del ragazzino gli erano
giunte all’orecchio tanto da fargli recepire che doveva smettere ma non
abbastanza da risvegliarlo da quello stato di trance in cui sembrava essere
caduto.
-Stai bene?- una mano si posò sulla sua spalla.
-Sono solo preoccupato- fece rispondendo al professore,
pareva essere tornato di nuovo in sé. –Non riesco a star qui senza far niente-
continuò.
-Non possiamo fare altrimenti-
-E’ questo che mi fa arrabbiare, Max!- si alzò in piedi
richiamando a sé l’attenzione dei suoi amici. Avrebbe voluto poter fare
qualcosa, ma cosa? Sapevano solamente che Hilary era stata rapita come gli
aveva riferito il padre della ragazza. Quella mattina stessa aveva ricevuto la
telefonata in cui gli chiedevano un riscatto. Senza contare che se lo fosse
venuto a sapere anche la polizia la loro amica sarebbe stata in pericolo…ma
senza le forze dell’ordine come avrebbero fatta a liberarla? Avevano le mani
legate.
-Almeno sappiamo che Hilary sta bene- intervenne Rei
cercando di risollevare tranquillizzare i suoi compagni, anche se lui stesso
non era affatto tranquillo.
-Come fai ad esserne così certo?- Takao si rimise seduto,
non riusciva a trovare pace.
-Beh, non le faranno niente finché il riscatto non sarà
pagato-
-Già…e dopo?- chi glielo assicurava che l’avrebbero
liberata? Magari fosse stato così semplice, l’avrebbero davvero lasciata andare
come se niente fosse successo?
Nessuno dei presenti ebbe il coraggio di rispondere…
-Mio padre pagherà il riscatto, vero?- gli domandò con
voce triste.
-Penso di si- le rispose continuando a guardare un punto
indefinito davanti a lui. Le si era seduto accanto, come faceva ormai ogni
volta che era il suo turno controllarla. Era strano ma sapeva di non poterne
fare a meno, voleva starle vicino anche se solo per qualche minuto. Si stupiva
di lui stesso, non aveva mai provato qualcosa di simile per qualcuno e non
riusciva a capire come quella ragazzina glielo provocasse in lui. Hilary dal
canto suo sentiva il cuore batterle forte ogni volta che Kai veniva a
controllarla, per non parlare di quando le si metteva accanto, probabilmente
perché anche se non la trattava come gli altri ed era più o meno gentile con
lei rimaneva pur sempre uno dei suoi rapitori, un criminale e non poteva fare a
meno di averne paura, però…perché solo con lui le succedeva? Era molto più
spaventata dagli altri…
-Mi lascerete andare dopo?- chiese titubante.
-Non avremmo motivo di tenerti ancora qui- voltò la testa
verso la ragazza incrociando i suoi occhi. La brunetta rimase incantata a
guardarli, avevano un potere sconosciuto su di lei, sembravano quasi capaci di
annullarle la volontà e di rendere insignificante tutto ciò che la circondava.
Forse fu proprio quel loro potere a spingerla, dopo interminabili istanti di
silenzio e immobilità assoluta da parte di entrambi, a sfiorargli il viso con
una mano. Le aveva tutte e due libere, quando rimaneva con lui le scioglieva
almeno i polsi, rilegandola quando se ne andava. Anche perché era sempre Kai a
portarle da mangiare e con le braccia costrette dietro la schiena era un po’
complicato portare qualcosa alla bocca. E poi se avesse tentato di andarsene
lui l’avrebbe fermata prima di raggiungere la porta, in fondo aveva pur sempre
le caviglie legate e questo non le permetteva di camminare.
Delicatamente prese a sfilargli il passamontagna che
portava, rendendosi conto di non averlo mai visto in volto, lo aveva sempre
tenuto nascosto per celare la sua identità. Il russo poggiò la mano sulla sua
bloccandola, impedendole di continuare. Hilary sussultò a qual contatto e un
brivido le attraversò la schiena pensando che il ragazzo non voleva scoprirsi,
dopotutto sarebbe stata più che normale un cosa del genere. Non fu così però,
infatti la allontanò delicatamente, ma per poterlo togliere lui stesso. Lo
lasciò cadere a terra prima di sollevare lo sguardo.
-Ma tu…tu sei…- fece non riuscendo a terminare la frase,
come se qualcuno le avesse risucchiato il fiato, lo stesso effetto, era come se
la voce le fosse sparita del tutto. Allora non si sbagliava, non poteva
crederci, pensava che non l’avrebbe rivisto mai più…e invece era davanti a lei
in quel momento, era sempre stato davanti a lei…
-Quello contro cui sei andata a sbattere il giorno che ti
abbiamo rapito- concluse Kai intuendo i pensieri della sua interlocutrice
–Avevo il compito di tenerti sotto controllo- le spiegò.
-Dovevo osservarti nella tua vita di sempre per capire un
po’ le tue abitudini; è per questo che ci è riuscito così facile
prenderti…anche se già allora credevo che fosse un’assurdità rapirti- si
appoggiò con la schiena al muro, solo adesso se ne rendeva conto, forse era per
quello che si sentiva così strano quando stava con lei. Non gli era mai
capitato prima, non gli era mai importato nulle dello loro vittime, gli erano
sempre state del tutto indifferenti.
-Allora perché fai tutto questo? Io…- la sua voce si era
ormai ridotta ad un sussurro –voglio solo tornare a casa- disse e la sua
sembrava quasi una supplica.
Il russo si alzò in piedi, vederla in quello stato faceva
star male anche lui. Però che poteva fare? Il capo glielo aveva ordinato, era
il suo lavoro…
-Mi dispiace, io…non posso fare niente- le disse mentre si
infilava nuovamente il passamontagna prima di uscire. Le rilegò i polsi e sparì
dalla sua vista. Richiuse la porta e si appoggiò ad essa non potendo fare a
meno di pensare alle parole della ragazza. Perché faceva tutto quello? Non ne
aveva la minima idea. Però le aveva detto la verità, lui non poteva fare
niente.
Sospirò, invece avrebbe potuto fare molto se solo avesse
voluto, ma avrebbe corso un rischio enorme e solo per quella ragazzina. Era da
pochi giorni che le loro vite si erano incrociate eppure era come se la
conoscesse da sempre. Quelle volte in cui l’aveva tenuta sotto controllo, che
l’aveva osservata attentamente prima di rapirla, gli erano bastate per capire
che lei era…speciale, almeno dal suo punto di vista. I sorrisi che rivolgeva ai
suoi amici in un certo senso raccontavano una storia, parlavano di lei, di che
tipo di persona fosse e Kai era come se aspettasse da sempre quei sorrisi,
quelli che durante tutta l’infanzia e l’adolescenza non aveva mai avuto.
-E va bene- disse.
Si staccò dalla porta, dirigendosi all’interno della casa
con una sola consapevolezza…non sarebbe più potuto tornare indietro dalla
decisione che aveva appena preso…
In silenzio infatti attraversò il corridoio della vecchia
casa abbandonata dirigendosi verso la stalla. Aveva aspettato fino a quando
tutti fossero caduti tra le braccia di Morfeo. Era notte fonda, a giudicare
dall’oscurità saranno state le tre o le quattro. Gettò un’occhiata nell’unica
stanza più o meno accessibile dell’abitazione dove dormivano i suoi complici del
tutto ignari di ciò che aveva in mente di fare; ma ormai aveva deciso, quelle
era l’unica cosa da fare se voleva davvero essere libero di scegliere, senza
contare che poi…c’era lei…
Una volta assicuratosi che tutto fosse tranquillo entrò
dove tenevano prigioniera Hilary ormai da giorni. Fece del suo meglio per
cercare di fare il meno rumore possibile tanto che nemmeno la ragazza,
accoccolata sulla paglia, si svegliò. Le si avvicinò fissandola per qualche
secondo, era molto dolce quando dormiva, finalmente le rivedeva in volto
quell’espressione rilassata e tranquilla che tanto lo avevano attirato quando
il suo compito era quello di sorvegliarla prima di rapirla. Sarebbe rimasto a
guardarla per ore, osservando il suo petto alzarsi e riabbassarsi regolarmente
sotto la guida del suo respiro, le sue labbra leggermente dischiuse, i suoi
occhi che durante il sonno muovevano impercettibilmente le palpebre, sarebbe
rimasto così immobile, senza parlare, senza sfiorarla…semplicemente a
guardarla. Sapeva però di non poter perdere tempo, se per un motivo o per un
altro anche solo uno dei suoi compagni si fosse svegliato sarebbe stato nei
guai, veramente grossi.
Chiamò la brunetta per nome che in pochi secondi si
ritrovò catapultata dal mondo dei sogni alla realtà, al bellissimo viso del
russo.
-Kai!- fece spaventata allontanandosi dal ragazzo,
dopotutto era pur sempre il suo rapitore, mentre gli chiedeva se era venuto per
controllarla. Ma lui non rispose, si inginocchiò accanto a lei cingendole la
vita con le braccia in quello che poteva sembrare un normale abbraccio, tanto
che il corpo di Hilary fu scosso da un brivido sentendo il suo respiro caldo
solleticarle dolcemente le spalle. Comprese quello che aveva fatto solo quando
provò una sensazione di benessere e liberazione ai polsi, chiuse le mani a
pugno per poi riaprirle subito dopo portandole davanti agli occhi. Kai fece lo
stesso per quanto riguardava le caviglie, la liberò e la aiutò ad alzarsi. La
giapponese stava per domandargli il motivo di tutto quello ma lui non gliene
diede l’opportunità per il momento, la prese per mano portandola fuori da
quella stalla. Richiuse la porta con tutti i vari catenacci in modo che se
qualcuno fosse passato davanti avrebbe pensato che fosse tutto a posto, almeno
finché non avrebbe aperto…nel buio la condusse alla macchina, parcheggiata
isolata a pochi metri di distanza, facendola sedere sul sedile anteriore mentre
lui prendeva posto alla guida, accanto a lei.
Bene, adesso rimaneva la parte più facile, almeno a dirsi,
bastava mettere in moto e volare, nel senso che avrebbero dovuto fare il prima
possibile, e arrivare in città, anche se una volta lì non aveva la minima idea
di cosa fare.
-Adesso andiamo via di qui- le disse mentre inseriva nella
fessura apposita la chiave per far partire la vettura.
-Perché fai tutto questo?- gli chiese, bloccandolo prima
che potesse andare.
Kai la guardò in silenzio incrociando i suoi occhi color
cioccolata che aspettavano una risposta da lui. Si aspettava quella domanda,
sarebbe stato strano il contrario…
-Ti rispondo- lentamente avvicinò il viso a quello della
ragazza fermandosi a pochi centimetri dalle sue labbra per darle modo di
scansarsi se non lo avesse voluto anche lei. Hilary sentì batterle il cuore a
mille e il rossore salirle alle guance. Era imbarazzata ma quelle iridi
ametista che la fissavano non le avrebbero permesso di allontanarsi se anche
avesse voluto, la incantavano, come avevano sempre fatto.
Il russo allora azzerò la distanza che li separava dando
vita ad un bacio dolcissimo…entrambi chiusero gli occhi, e sognarono. Durò
pochi attimi ma il tempo pareva essersi fermato per loro, era come se un
istante racchiudesse tutta l’eternità. Si separò dalla ragazza interrompendo la
magia, magia di cui però potevano ancora sentirne il sapore, anche se lui aveva
messo in moto la macchina che già stava percorrendo la strada che li avrebbe
riportati presto a Tokyo, anche se lei aveva la fronte poggiata al finestrino e
sentiva pian piano il suo corpo avvolgersi di una tranquillità che da giorni non
provava. Sorrisero entrambi nello stesso istante, pur senza guardarsi, lei
sorrideva con tutto, la bocca, gli occhi, il viso, lui con appena abbozzato il
segno della felicità sulle labbra. Passarono così tutto il viaggio di ritorno,
in completo silenzio, silenzio che valeva più di mille parole…
CONTINUA…
Fine cap!! Oggi avevo la vena romantica, si vede??? Vi
aspetto al prossimo!!!
Ultimo chappy!!! Prima ringrazio tutti coloro che hanno
letto fin qui e poi tutti quelli che hanno commentato: LightAngel; Lir_chan; Vale_Hiwatari;
Jaly Chan; suoer gaia; Kayx_chan; solarial; lelli91 (quanto tempo!!! Ciao!!)…e
ora comincio e ci vediamo alla fine!!
Accostò la macchina al marciapiede, ormai erano arrivati a
Tokyo, le strade buie illuminate solo dai lampioni erano deserte data l’ora
molto tarda. Hilary scese dall’auto dando un’occhiata intorno, non poteva
credere di essere di nuovo nella sua città che non le era mai parsa così bella
come in quel momento. Era stata lontana solo qualche giorno ma a lei, rinchiusa
in quella stalla fredda e umida, era parsa un’eternità.
Si voltò sentendo sbattere la portiera della vettura, Kai
l’aveva richiusa dietro di sé e si appoggiava con la schiena ad essa
incrociando la braccia al petto e sollevando lo sguardo su di lei. La ragazza
non poté fare a meno di tornare con la mente al bacio che le aveva dato poco
prima e arrossì appena mentre gli si avvicinava, seppur titubante. I suoi occhi
color cioccolato percorsero rapiti i lineamenti del viso del russo che sotto i
raggi argentei della luna apparvero ancora più belli, ricordando quelle volte
in cui quando era ancora sua prigioniera provava ad immaginare come potesse essere
il suo volto nascosto dal passamontagna. Un venticello fresco si sollevò per la
via facendo rabbrividire Hilary che abbracciò il suo corpo per cercare di
scaldarsi un po’. Nonostante fosse estate la temperatura di notte non era poi
molto calda. Il ragazzo vedendola tremare le cinse le spalle con le braccia
stringendola a sé sorprendendo la giapponese che di certo non si aspettava una
reazione simile da parte sua. Si appoggiò al suo petto lasciandosi cullare,
smarrendosi nel calore che emanava il suo corpo.
-Credo sarebbe meglio che tu tornassi a casa- disse Kai
dopo alcuni istanti di silenzio, come se avesse riflettuto a lungo su quella
affermazione.
-E tu?- gli chiese quasi sussurrando alzando lo sguardo su
di lui.
-Non lo so- si separò da lei –Ma tu è giusto che torni da
tuo padre, sarà molto preoccupato per te- le diede le spalle, casa sua era
pochi isolati distanti dal punto in cui si erano fermati, doveva tornarci, e
lui invece…sospirò, dopo quello che aveva fatto non aveva più un posto in cui
tornare ma in qualche modo se la sarebbe cavata, come aveva sempre fatto. Stava
per riaprire la portiera della macchina ma aveva ancora la mano sulla maniglia
che la voce della brunetta lo bloccò.
-Vieni con me- la sua pareva una preghiera. Non voleva che
andasse via, non in quel modo, dopo tutto quello che aveva fatto per lei.
Sapeva già dove andare, dai suoi amici a casa di Takao, se avesse portato Kai a
casa sua invece avrebbe dovuto spiegare tutto a suo padre e non sapendo mentire
Eiji avrebbe sicuramente chiamato la polizia e allontanato il russo dalla
figlia. Invece i suoi amici avrebbero capito…o almeno sperava. Anche se non
erano d’accordo con la sua decisione in un modo o nell’altro avrebbe saputo
come gestirli. L’espressione seria del suo interlocutore parlò chiaro pur non
essendo accompagnata da parole e Hilary si sentì in dovere di dargli una
spiegazione e rivelargli quello che sentiva.
-Ho l’impressione…- cominciò incerta –che se tu te ne
andassi adesso, io…non ti rivedrò più…-
Si fermò davanti alla porta della villa di Takao
osservandola come fosse la prima volta che la vedeva. Il suo sguardo corse
anche per tutta l’abitazione, attraverso le finestre si potevano chiaramente
vedere tutte le stanze immerse nel buio più totale, nemmeno una piccola luce, ma
era logico dal momento che era notte fonda e che probabilmente stavano tutti
dormendo. Doveva ammettere di essere piuttosto nervosa, aveva paura di non
riuscire a spiegare la presenza di Kai, che ora le era accanto e aspettava la
sua prossima mossa in silenzio. Non poté impedire a mille domande di
rimbombarle nella mente: e se non avessero capito? E se anche loro, come
sicuramente avrebbe fatto suo padre, non avessero voluto sentire ragioni e
avessero chiamato immediatamente la polizia? Scosse la testa, era inutile stare
a tormentarsi, di certo non sarebbe potuta rimanere lì in eterno.
Il russo la guardò, non sapeva se stava facendo la cosa
giusta, d’altra parte gli amici di Hilary non avrebbero mai accolto a braccia
aperte colui che l’aveva rapita però quello che gli aveva detto riguardo al
fatto di non vederlo più lo aveva profondamente toccato, anche se dalla sua
consueta calma che traspariva dal suo comportamento nessuno l’avrebbe mai
pensato. Nemmeno lui voleva perderla però…
La brunetta suonò alla porta e ispirò a fondo per
raccogliere anche un po’ di coraggio, non aveva più motivo per non stare
tranquilla, ormai era di nuovo libera e a casa sua. Dovette aspettare qualche
minuto prima che qualcuno venisse ad aprire e poter sentire una voce, ancora
impastata di sonno, oltre la porta che borbottava qualcosa che assomigliava
molto ad un –Ma chi è cavolo è a quest’ora?-
Takao si trovò davanti due figure che non riuscì a
distinguere immediatamente dato che aveva la vista ancora appannata tanto che
dovette sbattere le palpebre più volte per mettere meglio a fuoco l’immagine.
Si riprese in meno di due secondi quando comprese chi fosse la persona che gli
era di fronte.
-Hilary!- esclamò sorpreso e incredulo –Ma tu cosa…- non
terminò la frase perché non sapeva neanche lui cosa dire, era senza parole, ma
dalla sua espressione era evidente che fosse contento e sollevato di rivedere
l’amica.
-Che hai da urlare, Takao?- Daichi gli si avvicinò
sbadigliando, gli occhi ancora chiusi e la maglietta del pigiama leggermente calata
verso la spalla, le urla del moretto lo avevano svegliato e con lui anche Rei,
Max e il professore che comparvero alle spalle del rossino.
-Ma…ochetta!- strepitò il ragazzino saltando praticamente
in braccio alla giapponese cosa che gli risparmiò il solito pungo sulla testa
come succedeva ogni volta che per chiamarla usava quel soprannome che lei
detestava.
-Dove sei stata? Come fai ad essere qui?- il giapponese la
tempestò di domande ma Rei, intuendo dall’espressione della ragazza che fosse
piuttosto stanca, intervenne interrompendolo e suggerendo che prima delle
spiegazioni era meglio sistemarsi comodamente in soggiorno e dare ad Hilary
almeno il tempo di respirare. L’amica gli sorrise piena di gratitudine,
effettivamente era sfinita, sedersi su un divano o una poltrona le sembrava la
cosa migliore che potesse fare.
-Scusate ma…lui chi è?- domandò il professore notando solo
in quel momento la presenza di Kai e attirando l’attenzione degli altri sul
russo. I ragazzi assunsero un’espressione interrogativa, prima di allora non
avevano fatto caso alla sue presenza troppo presi dal vedere Hilary sana e
salva. Anche la giapponese gli rivolse un’occhiata prima di spostare nuovamente
lo sguardo sui suoi compagni.
-Vi spiegherò tutto- fece decisa –Ma prima…posso usare il
tuo bagno Takao?- aveva bisogno di una doccia, le serviva per rilassarsi e
schiarirsi le idee, dopo cinque giorni passati in una stalla ne aveva proprio
bisogno.
-Si, certo- le rispose il moretto. La ragazza lo ringraziò
ma passandogli accanto gli sussurrò qualcosa all’orecchio –Ti prego, non
chiedergli niente finché non sono tornata io- lo pregò accennando a Kai.
Aprì lentamente gli occhi sbuffando per il caldo, dentro
quella stanza si soffocava, la sua maglietta era completamente zuppa e di certo
i muri vecchi ma spessi davano il loro contributo a renderla un vero e proprio
forno. Sbadigliò e si alzò per andare ad aprire le finestre per far passare
almeno un po’ d’aria. Spalancò i vetri rivolgendo un’occhiata ancora assonnata
fuori e notando che era ancora buio. Si voltò per tornare a dormire ma
qualcosa, come un flash, gli passò davanti agli occhi, c’era qualcosa che non
gli quadrava. Tornò nuovamente a guardare fuori, questa volta con più
attenzione…la macchina non c’era. Era sicuro che l’avessero parcheggiata lì
davanti, nascosta dagli alberi per chi veniva dalla strada ma visibile dalla
casa, visto che distava pochi metri.
-Yuri- chiamò il suo compagno che si svegliò
immediatamente.
-Cosa c’è Boris?- gli domandò con la sua solita freddezza.
-Hai spostato tu la macchina?-
Gettò nuovamente un’occhiata verso il misterioso ragazzo
con cui Hilary era venuta, era più di mezz’ora ormai che se ne stavano in
palestra senza dire una parola, lo sconosciuto per tutto il tempo era rimasto
immobile in piedi appoggiato alla soglia della porta aperta e sembrava trovare
estremamente interessante il giardino, dato che non aveva mai spostato lo
sguardo verso l’interno, verso di loro, cosa che a Takao stava davvero dando
sui nervi. Lo irritava quella sua calma o forse era semplicemente il fatto di
non sapere chi fosse che lo turbava.
Sentì un peso arrivargli all’improvviso sulla spalla,
tanto che lo fece sussultare ma con la coda dell’occhio scoprì che non si
trattava altro di Daichi che dormiva beatamente. Sospirò e si alzò dal divano,
chiedendosi come poteva il rossino dormire in un momento del genere, facendogli
sbattere la testa al bracciolo del sofà costringendolo a svegliarsi per il
colpo appena ricevuto.
-Ma è già mattina?- si lamentò il malcapitato massaggiandosi
la parte dolorante e sbadigliando sonoramente.
-Non è il momento di dormire Daichi- fece in tono
contrariato il moretto incrociando le braccia al petto e assumendo un
atteggiamento serio che gli si addiceva ben poco. Il ragazzino stava per
ribattere lamentandosi che fosse ancora notte fonda ma appena aprì bocca fu
costretto subito a richiuderla quando vide Hilary entrare in salotto attirando
su di sé l’attenzione di tutti i presenti. Indossava uno dei pigiami di Takao,
che l’amico le aveva prestato, e aveva ancora i capelli umidi dalla doccia.
-Allora?- esordì per rompere la tensione cominciando a
giocherellare nervosamente con le dita delle sue mani.
-Allora…credo che dovresti dircelo tu- intervenne il
professore. La brunetta diede un teso e rassegnato cenno d’assenso col capo.
-Da dove comincio?-
-Ad esempio con il dirci…chi è lui- propose Max spostando
l’attenzione sul silenzioso russo. La ragazza sospirò, era venuto il momento
della verità, non poteva mentire e non poteva tirarsi indietro, doveva semplicemente
dire le cose così come stavano.
-Lui è uno dei miei rapitori- disse tutto d’un fiato
facendo letteralmente sgranare gli occhi ai suoi amici a cui probabilmente
passò a tutti la stessa idea per la testa e cioè che avevano capito male,
doveva per forza essere così.
-Puoi…puoi ripetere?- domandò Rei facendosi portavoce
anche degli altri.
-Lui è uno dei miei rapitori- ripeté allora.
-Dico, ma sei completamente impazzita?! Come ti è saltato
in mente di portarlo qua?!- sbottò Takao alzandosi dal divano ancora scioccato
dalla rivelazione. La loro amica doveva aver perso la ragione, pensò che
probabilmente le avevano fatto il lavaggio del cervello, quello non era affatto
da lei, c’era qualcosa che decisamente non quadrava.
-Perché lui mi ha liberata- gli spiegò sibillina.
-Ma hai appena detto che…-
-Deciditi, o ti ha rapita o ti ha liberata, non può aver
mica fatto entrambe e cose!- protestò Daichi interrompendo il giapponese, non
ci stava capendo più niente, d’accordo che era ancora assonnato ma quello gli
sembrava decisamente assurdo. Kai incurvò gli angoli della bocca in un leggero
sorriso continuando però a tenere gli occhi chiusi e le braccia incrociate al
petto fingendo di non interessarsi alla conversazione che invece stava
ascoltando benissimo.
-Veramente si…- ribatté sotto gli sguardi sempre più
confusi e scettici dei suoi compagni. Sospirò sedendosi sulla poltrona e
iniziando a raccontare tutto dall’inizio altrimenti non avrebbero mai compreso
la situazione. Gli disse del loro primo incontro, quello che tra l’altro gli
aveva già accennato al parco il giorno stesso in cui era stata rapita, della
stalla in cui era stata rinchiusa, dei suoi rapitori, del riscatto che avevano
in mente di chiedere a suo padre utilizzandola come merce di scambio e soprattutto
gli disse di lui, di Kai. Parlò dell’evolversi del loro rapporto e dei suoi
sentimenti e del fatto che il russo alla fine aveva scelto di chiudere con
quella vita, liberandola e riportandola a casa tradendo i suoi complici.
Sorvolò volontariamente sul bacio che si erano scambiati in macchina, sapeva di
avere il viso in fiamme e non voleva peggiorare ulteriormente la situazione.
Appena ebbe terminato nella stanza calò un silenzio che
Hilary giudicò quasi soffocante, carico di tensione. Silenzio che probabilmente
serviva a tutti per riorganizzare le idee che nonostante i chiarimenti della
brunetta ai ragazzi parevano ancora più confuse di prima. Non perché non
avessero compreso ciò che gli aveva raccontato, ma perché gli sembrava
semplicemente incredibile.
-Non dite niente?- ruppe il ghiaccio stanca di sentirsi
così sotto pressione come se stesse aspettando da un momento all’altro il
verdetto del giudizio universale.
-Scusa, cosa dovremmo dire?- le rispose Takao scettico.
-Non lo so, qualsiasi cosa- la sua assomigliava quasi ad
una supplica, anche lei come i suoi amici si sentiva confusa, non aveva la
minima idea di cosa fare.
-Qualsiasi cosa? Bene, ti accontento…- rivolse
l’attenzione al russo incrociando per la prima volta il suo sguardo –Non mi
fido di lui, per niente-
La ragazza ribatté chiedendogliene il motivo, era vero,
l’aveva rapita ma poi l’aveva anche liberata e riportata a casa impedendole che
le accadesse qualcosa e che suo padre pagasse il riscatto. Lei si fidava,
altrimenti Kai non sarebbe mai venuto in quella casa con il rischio che
qualcuno di loro potesse chiamare la polizia per farlo venire a prendere. Il
bacio che le aveva dato, i suoi occhi…non potevano mentire.
-E secondo te questo basterebbe per convincermi a fidarmi
di lui? Hilary, è un criminale, chissà cos’altro ha fatto in passato!- tentò di
farla ragionare ma non c’era verso, quando si metteva in testa qualcosa nessuno
era in grado di farle cambiare idea.
-Non importa adesso!- replicò scattando in piedi e
cominciando ad alzare il tono di voce.
-Importa eccome invece!- il moretto le urlò contro a sua
volta.
-Ma…- non terminò la frase perché il russo la bloccò
poggiandole una mano sulla spalla ed esercitando una delicata pressione su di
lei per farla risedere.
-Ascoltate- disse, parlando per la prima volta in loro
presenza –Io non sono venuto qui per cercare la vostra comprensione o il vostro
aiuto. Sono qui solo perché me lo ha chiesto Hilary-
-Con questo che vorresti dire?- gli domandò Daichi.
-Che se volete me ne vado-
-La prima cosa intelligente che sento da quando mi sono
svegliato- replicò acido Takao.
-Non c’è…- dichiarò Yuri, avevano guardato per tutto il
grande campo che circondava la vecchia casa ma della macchina nemmeno l’ombra,
sembrava essersi volatilizzata.
-Se è per questo manca anche Kai- dichiarò Serjey che si
era unito ai compagni per la ricerca. Boris ipotizzò che come al suo solito era
andato a farsi una delle sue passeggiate notturne senza avvertire nessuno, dopo
tutto non era la prima che succedeva. Ma qualcuno non era affatto convinto di
questa spiegazione.
-Dove vai Yuri?- domandarono gli altri due russi vedendolo
correre verso la stalla.
Si fermò davanti alla porta aprendo in gran fretta i
catenacci che la tenevano chiusa finché non si spalancò. Entrò al suo interno e
ci trovò esattamente quello che si aspettava, ovvero niente. La ragazzina non
c’era più, era sparita, e lui era più che certo che non se ne era andata da
sola.
-Dannazione!- imprecò –Sapevo che aveva qualcosa di
diverso in questi giorni, dovevo immaginarmelo che stava tramando qualcosa!-
-Di chi stai parlando?- volle sapere Boris che lo aveva
raggiunto.
-Di Kai…-
-Ho capito che provi qualcosa per Kai, ma non è mica
amore, giusto?- le domandò Takao, che secondo lui una cosa simile non poteva
essere possibile. Hilary sussultò appena sentendo pronunciare la parola amore
mentre il cuore sfuggiva al suo controllo e prendeva a battere più forte.
Abbassò il capo spostando lo sguardo sul pavimento senza rispondergli. Si erano
trasferiti in palestra, solo Kai controllato dal professor Kappa e da Daichi
erano rimasti nel salotto, gli altri quattro invece avevano preferito
continuare la discussione in privato.
-Sei innamorata di lui?! Ma sei impazzita?!- sbottò il
moretto interpretando correttamente quel suo silenzio. Era preoccupato, non
riusciva a capire come fosse possibile che la sua amica avesse completamente
perso la testa, perché era chiaro che l’avesse persa, per un criminale, il suo
rapitore per giunta.
-Tu…tu non lo conosci-
-Invece tu si? Cinque giorni non bastano per poter dire di
conoscere una persona- la ragazza alzò di nuovo lo sguardo sul suo amico.
Questa non poteva accettarla.
-Ma come? Tu dici sempre di conoscere un blader dopo
averci combattuto!- replicò, se era vero che un incontro bastava a fargli
capire come in realtà fosse un blader perché per lei non poteva essere lo
stesso da uno sguardo?
-Hilary non ha tutti i torti-
-Ma Max! E’ una cosa diversa!- ribatté stupendosi che
l’americano fosse d’accordo con la brunetta.
-Forse Hilary ha visto qualcosa in lui che non siamo in
grado di vedere, io credo che dovremmo fidarci- Takao spostò l’attenzione su
Rei, non poteva credere che si trovassero concordi con lei, anche loro si erano
preoccupati durante quei giorni in cui la ragazza era sparita e lo erano stati
di più quando avevano saputo che era stata rapita.
-Ho detto dovremmo, Takao- continuò il cinese notando
l’espressione del moretto –Non ho detto che ci fidiamo. Però penso che sia
giusto dargli un’opportunità prima di giudicare-
-Partendo dal fatto che Kai è venuto fin qui, pensaci, se
avesse in mente qualcosa non avrebbe rischiato così tanto, siamo noi in questo
caso ad avere in mano la situazione- aggiunse il biondino.
-Ti pregò Takao…- lo supplicò Hilary. Il suo interlocutore
rimase in silenzio spostando lentamente lo sguardo su ognuno dei suoi compagni.
A quanto pareva si trovava in netta minoranza. Sospirò dirigendosi verso la
porta della palestra per rientrare in salone seguito dagli altri. Squadrò a
lungo il russo prima di rispondere.
-E va bene- fece rassegnato, tanto se anche avesse
continuato a protestare la sua amica avrebbe comunque fatto di testa sua,
testarda com’era, e poi in fondo non aveva tutti i torti…se Kai aveva davvero
in mente qualcosa non l’avrebbe liberata portandola dai suoi amici da solo.
-Ma prima voglio fare una cosa- asserì seriamente
avvicinandosi al ragazzo. Gli si piazzò di fronte squadrandolo con aria si
sfida dall’alto in basso, nonostante l’altro fosse parecchio più alto di lui.
Chiuse la mano in un pugno sollevando il braccio e colpendolo in viso con forza
tanto da fargli quasi voltare la testa dall’altra parte.
-Ora mi sento meglio- dichiarò guardandosi le nocche con
una lieve smorfia di dolore, forse l’aveva colpito troppo forte.
-E adesso che facciamo?- chiese Serjey all’amico che dire
che era arrabbiato era un eufemismo. Yuri sembrò rifletterci, c’era una sola
cosa da fare in quel momento, per quanto fosse furente per ciò che era successo
non potevano tornare in città, sarebbe stato troppo rischioso dopo il
tradimento del loro compagno.
-Avverto il capo- Boris prese in mano il cellulare ma il
rosso gli afferrò il braccio prima che potesse comporre il numero.
-Non ci conviene- gli disse -Se quel traditore e quella
mocciosa spifferano tutto alla polizia verranno fuori anche i nostri nomi- gli
spiegò.
-E allora cosa pensi di fare?- si informò nuovamente il
biondo. Il ragazzo uscì dalla stanza guardando verso il bosco che attraversava
gran parte della campagna circostante. C’era una sola cosa da fare…
-Se passiamo per il bosco possiamo raggiungere
l’aeroporto…-
Hilary poggiò delicatamente il ghiaccio sul volto di Kai,
appena sotto l’occhio sinistro all’altezza dello zigomo, dove c’era un taglio
non tanto piccolo contornato da un livido. Nello sfiorarlo il ragazzo fece una
smorfia di dolore ma non emise alcun suono, ancora mezzo intontito dal colpo
che tutto sommato si era meritato. La brunetta notò che il fazzoletto dentro al
quale ci aveva avvolto il ghiaccio cominciò a tingere la sua candida stoffa di
rosso; la ferita del russo non aveva ancora smesso di sanguinare del tutto.
-Ti fa male?- gli chiese preoccupata.
-Il tuo amico ci ha messo tutta la sua forza nel mollarmi
quel pugno- disse abbozzando un sorriso divertito. Gli si era indolenzita la
parte sinistra del viso, completamente.
-Scusalo, lui…-
-Al suo posto avrei fatto lo stesso- la tranquillizzò
prima ancora che potesse finire la frase. In fondo non poteva di certo
aspettarsi di essere accolto a braccia aperte, anche se era stato lui a
riportare Hilary a casa era pur sempre stato lui a rapirla. Il comportamento di
Takao era più che giustificato. Spostò di nuovo l’attenzione sulla ragazza e
vide che aveva abbassato lo sguardo come se qualcosa la preoccupasse o la
turbasse.
-Kai tu…- esordì e già la sua voce si era ridotta ad un
sussurro, per quanto cercasse in tutti i modi di non pensarci non riusciva a
levarsi dalla mente le parole di Takao. “Cinque giorni non bastano per poter
dire di conoscere una persona”.
-Perché hai fatto tutto questo per me? Voglio dire…ci
conosciamo da così poco tempo…- continuò balbettando incerta anche lei su ciò
che volesse dire.
Il russo la osservò per qualche istante, poi dolcemente
l’attirò a sé stringendola a lui. Bastò quel semplice gesto per toglierle
qualsiasi dubbio e in un attimo il suo cuore tornò limpido e sereno. Chiuse gli
occhi sospirando in modo liberatorio, era vero, alcune volte l’amore fioriva
dopo tanto tempo, a volte però poteva anche nascere subito senza implicare per
questo che sarebbe finito prima dell’altro, in fondo non era sempre detto che
il fiore che sbocciava per primo doveva essere anche il primo ad appassire…
-Credo che andrò alla polizia- ci aveva riflettuto ed era
giunto alla conclusione che quella era la soluzione migliore, non poteva
continuare a vivere tranquillamente come se niente fosse senza essersi liberato
da quel peso che l’opprimeva, senza contare che appena si fosse saputo che era
stato lui a liberare Hilary gli avrebbero fatto un sacco di domande e dal
momento che lui non era capace di mentire avrebbero scoperto tutto e la sua
situazione sarebbe notevolmente peggiorata.
-No, così tu…- non riuscì a non pensare che se davvero
avesse raccontato tutto alla polizia avrebbero potuto condannarlo e anche
arrestarlo.
-Devo farlo Hilary- si separò da lei alzandosi dal portico
in legno che circondava la villa. Non aggiunse altro sperando che la ragazza
avrebbe capito la sua decisione. Lo faceva anche per lei, altrimenti non
sarebbe stato in grado di guardarla negli occhi senza ricordarsi quello che aveva
fatto.
-Quando ci andrai?- domandò chinando il capo temendo la
risposta.
-Probabilmente adesso…-
Chiuse il computer portatile sulla sua scrivania e guardò
l’orologio appeso al muro proprio sopra la porta del suo ufficio. Aveva passato
tutta la notte chiuso là dentro e stanco aveva deciso di tornarsene a casa.
Il suo piano era quello di mettersi comodamente sul divano
fumandosi una bella sigaretta e comunicare ai suoi ragazzi ulteriori
informazioni riguardo il ricatto, ovvero il luogo e l’ora. Quella storia era
durata abbastanza, l’unica cosa che voleva era di godersi i suoi soldi e dare
un taglio alla faccenda del rapimento, al più presto. Presto che non tardò a
manifestarsi anche se non nel modo progettato e sognato da lui…si alzò dalla
poltrona sistemandosi la cravatta e afferrando la sua ventiquattr’ore di pelle
nera. Si avviò alla porta ma prima che potesse poggiare la mano sulla maniglia
questa si spalancò davanti a lui e da essa comparvero due figure, due uomini in
divisa. L’uomo sussultò e per un attimo il panico attraversò i suoi occhi, cosa
voleva la polizia?
-Cosa posso fare per voi, agenti?- fece con quanta più
calma possedesse recuperando per un attimo il contegno.
-Lei è il signor Daisuke Nakazawa?- domandò uno di loro.
-Si…sono io- rispose esitante.
-C’è un mandato d’arresto per lei- gli mostrò un foglio
mentre l’altro poliziotto gli metteva ai polsi un paio di manette.
-Un momento! Ci deve essere un equivoco!- strepitò
dimenandosi dalla sua presa.
-Deve seguirci in centrale- continuò quello, indifferente
alle proteste di Daisuke che stava vivendo uno stato di confusione totale.
L’agente chiuse la porta dell’ufficio alle sue spalle mentre l’accusato veniva
portato via con la forza.
Guardò l’orologio, erano le sei passate, il sole era sorto
da poco ma aveva subito cominciato a brillare illuminando attraverso le
finestre aperte il corridoio del commissariato. Hilary sedeva su una di quelle
scomodissime sedie in plastica che dovevano costituire quella che era
comunemente chiamata sala d’attesa e non riusciva a non essere nervosa.
Stringeva con forza nelle sue mani l’orlo dei pantaloncini che indossava,
torturandolo senza sosta mentre si mordeva il labbro inferiore cercando di
placare la tensione che non voleva saperne di abbandonarla. Non riusciva ad
essere calma in un momento come quello, quanto era ormai che Kai era entrato in
quel maledetto ufficio? A lei sembrava un’eternità.
-Cerca di rilassarti, sei troppo tesa- la mano di Max si
posò sulla sua spalla. La brunetta alzò lo sguardo su di lui e vide che le
stava porgendo un bicchiere d’acqua.
-Grazie- disse prendendolo tra le mani e osservando il
liquido trasparente al suo interno prima di portarlo alle labbra.
-Scusate…- continuò quando ebbe finito di bere –mi
dispiace avervi coinvolto e portato qui alle sei di mattina- fece mortificata.
-Non devi preoccuparti per questo- la incoraggiò il
professore sedendosi accanto a lei.
-Il prof. ha ragione! E poi ormai eravamo svegli!- si
trovò concorde Daichi. La ragazza spostò l’attenzione sul rossino per poi
portarla su Takao che era in piedi accanto a lui. Il moretto la guardò a lungo
senza dire una parola ma non gli riuscì di rimanere serio a lungo tanto che sul
suo volto comparve un sorriso rassicurante che fece sentire immediatamente
meglio Hilary.
Quel momento di tranquillità però durò ben poco, la porta
dell’ufficio dove molto prima era entrato il russo si aprì e la giapponese
scattò in piedi correndo incontro a Kai mentre il cuore le batteva forte per
l’agitazione.
-Allora?- gli chiese impaziente.
-Hanno detto che per il momento non posso allontanarmi dal
commissariato-
-Quindi ancora non sai…cosa ti faranno?-
-No- il ragazzo scosse la testa spiegando che la
situazione non era affatto semplice, perché non era implicato solo lui in quel
caso, senza contare che avrebbe dovuto rispondere anche di tutti i crimini
precedenti. Sinceramente non sperava più di tanto in un esito positivo.
-Beh…però non è detto che andrai in carcere- ipotizzò
Kappa attirando su di sé l’attenzione dei compagni.
-Bisogna tenere conto che sei ancora minorenne e anche il
fatto che tu ti sia costituito lo terranno in considerazione- continuò –Magari
ti metteranno solo agli arresti domiciliari oppure ti faranno fare qualcosa di
utile per la società-
-Volontariato intendi?- chiarì Rei.
-Già…in modo da pagare il suo debito con la giustizia-
alzò le spalle –Però non vorrei fare ipotesi azzardate, non ne so molto a
riguardo-
Hilary chiuse gli occhi, sarebbe stato bellissimo se fosse
andata davvero come aveva detto il professore. In fondo la speranza era
l’ultima a morire. Guardò Kai…di una cosa però era certa e su quella nessuno le
avrebbe mai fatto cambiare idea. Si alzò in punta dei piedi baciando il russo a
fior di labbra.
-Qualunque cosa succeda io ti starò sempre accanto…- gli
sussurrò sciogliendosi in un sorriso, il primo della giornata. Il ragazzo le
scostò i capelli dal viso ravviandoglieli dietro l’orecchio e sorridendole a
sua volta.
-Lo so…-
FINE
Ho voluto concludere con un finale aperto in modo da
lasciare immaginare a voi il seguito!! Non mi piaceva per questa fic l’idea di
un finale troppo costretto!!