Cronaca di un rapimento

di Lenn chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premeditazione ***
Capitolo 2: *** Il sequestro ***
Capitolo 3: *** Tu, che sei diverso ***
Capitolo 4: *** Doppia fuga ***
Capitolo 5: *** E ora? ***



Capitolo 1
*** Premeditazione ***


Camminava

Salve!!! Eccomi di nuovo qui!! Allora, premetto dicendo che questa sarà una fic dai capitoli piuttosto brevi, e non andrà oltre i cinque capitoli. Questo perché è un fic di transizione diciamo, ne ho in mente un’altra da postare dopo questa che invece sarà moooooooolto più lunga. Però credo sia carina, a me piace molto, spero piacerà anche voi, fatemi sapere!!! E’ un alternative universe perciò alcuni personaggi che in beyblade si conoscono qui invece non si conoscono. Ma fate prima a leggere!! Buona lettura!!

 

 

Le quattro meno dieci. Una ragazza uscì dal giardinetto che precedeva l’entrata della propria casa e si affrettò a chiudere il cancello dietro di sé. Era piuttosto carina, i capelli castani le ricadevano morbidi sulle spalle e due grandi occhi scuri, color cioccolata, le illuminavano il viso dai tratti delicati. Indossava una gonna corta jeans a pieghe, una maglietta vermiglia che le lasciava scoperte le spalle, cosa che permetteva di intravedere le bretelline del top nero che portava sotto, e un paio di stivaletti, altezza caviglia, marroni. Velocemente incominciò ad incamminarsi verso il parco, il posto dove ormai era consuetudine incontrare i suoi amici e vederli allenarsi a beyblade, o semplicemente chiacchierare del più e del meno; insomma la vita di una ragazza normalissima. Quel giorno non avevano in programma niente di particolare, probabilmente avrebbe concluso la giornata cenando a casa de Takao, ormai la sua villa era diventata un porto di mare, erano più le volte in cui aveva ospiti che quelle in cui non li aveva, ma era divertente per questo. Daichi e Takao arrivavano sempre a litigare per l’ultima brioche rimasta nella dispensa, il professor Kappa cercava invano di divederli, Max e Rei si godevano la scena ridendo a più non posso finché non arrivava Nonno J a sistemare la situazione con la spada in mano e due colpi di kendo.

Di certo era molto meglio che rimanere da sola a casa, sua madre era fuori città e suo padre lavorava, sarebbe morta di noia e solitudine, nemmeno la televisione le avrebbe fatto compagnia, anche perché in quel periodo i film non erano un granché, molti erano già stati mandati in onda ed altri sconfinavano nelle solite lunghissime e banalissime soap opere. 

Arrivò alla fine della via, c’era un ragazzo appoggiato al muro, un ragazzo che aspettava lei. Aspettava Hilary ma stranamente quando gli passò davanti non la chiamò, non la salutò nemmeno, in effetti non si conoscevano, eppure lui la stava aspettando. Lo sorpassò senza neanche rivolgergli uno sguardo, proseguì ad andare avanti pensando solamente che se non si sbrigava sarebbe arrivata in ritardo all’appuntamento con i suoi amici, cosa che le avrebbe dato non poco fastidio, odiava essere in ritardo, lei che era sempre puntuale.

Il misterioso ragazzo non si mosse di un centimetro, si limitò ad aprire gli occhi color ametista, continuando a tenere le braccia incrociate al petto e sollevò appena la testa, quanto bastò per incontrare quelli del suo compagno, nascosto dietro l’angolo della strada di fronte, perpendicolare a quella in cui lui si trovava, e vide che gli stava facendo un cenno con il capo, facendogli chiaramente intendere che doveva seguirla. Senza esitare si avviò a passo lento verso la sua vittima…

 

-Hilary Tachibana- aveva detto mostrandogli quella foto. L’uomo si era alzato dalla sua poltrona avvicinandosi alla finestra, incrociando le braccia dietro la schiena e gettando senza alcun reale interesse uno sguardo oltre i grandi vetri che occupavano quasi l’intera parete. Quella sarebbe stata un’azione che gli avrebbe fruttato un sacco di soldi; certo c’erano dei rischi, ma era sicuro che i suoi ragazzi avrebbero portato a termine l’operazione con successo, dopotutto erano i migliori…si voltò verso di loro prima di ricominciare a parlare.

-Ha quindici anni, e come sicuramente già saprete è l’unica figlia di Eiji Tachibana, il presidente della più importante azienda di estrazione di diamanti del mondo-

-Fammi indovinare, dobbiamo rapirla e chiedere un riscatto- lo interruppe Yuri, il ragazzo russo dai capelli rossi e gli occhi di ghiaccio, senza nemmeno staccare lo sguardo dall’immagine della ragazza, ritratta in uniforme scolastica, appena fuori l’uscita della scuola di Tokyo.

-Se suo padre vorrà riavere indietro la figlia non dovrà far altro che accettare di “donarmi generosamente” parte delle azioni dell’azienda, per l’esattezza il 60%…non è il massimo, ma è più della metà, ciò significa che sarò io il maggior azionista, a voi trarre le conseguenze- ironizzò mentre un sorriso soddisfatto si dipingeva sul suo volto, come avesse già quelle azioni in tasca. Ben presto sarebbe diventato schifosamente ricco, molto più di quanto già non fosse. Si passò una mano tra i capelli neri, ormai schiariti dalla vecchiaia, mentre riprendeva comodamente posto dietro la sua scrivania.

-E noi che ci guadagniamo?-

-Parleremo in seguito di questo, prima pensate a fare il vostro lavoro- quella risposta non piacque tanto al ragazzo che alzò un sopracciglio con aria contrariata.

-Vi ho forse mai deluso?- fece il capo in risposta a quella sua reazione. Poggiò i gomiti sul tavolo e si sporse in avanti –E tu che dici Kai?- domandò rivolgendosi alla terza persona presente in quella stanza, rimasta in silenzio fino a quel momento. Dopo pochi secondi il diretto interessato si alzò dal divano di pelle nera che si intonava perfettamente al lusso di quell’ufficio, dirigendosi verso la porta.

-Consideralo già fatto- si limitò a dire sparendo oltre la soglia.

-Bene- fece l’altro compiaciuto, ne era sicuro, sarebbe andata secondo i suoi piani, stava mettendo tutto nelle mani di esperti nel campo, non aveva nulla da temere. In fondo non mi hai lasciato scelta Eiji, pensò, gli aveva rifiutato il permesso di entrare in società con lui e quindi in un modo o nell’altro doveva pur fare…anche se questo modo non era legale, non era di certo la prima volta che ricorreva a quei mezzi. Lo aveva costretto ad agire così, non avrebbe voluto arrivare a tanto, ma era stata colpa sua, lui ce lo aveva indotto. Ed ora era costretto ad usare l’amata figlia del presidente come strumento per raggiungere il suo scopo, pazienza…

-Vai anche tu Yuri- gli ordinò –Voglio che il tutto sia fatto al più presto, sai cosa fare- il suo dipendente, se così si poteva chiamare, annuì prima di uscire dalla stanza.

-Ah, un’ultima cosa- lo bloccò prima che sparisse dalla sua visuale –Se ti servono prendi anche Boris e Serjey, non voglio correre rischi-

-Veramente ci avevo già pensato- ribatté sorridendo, anche se il suo assomigliava di più ad un ghigno.

Il capo affondò nella poltrona compiaciuto, quel ragazzino era davvero in gamba, nemmeno una volta lo aveva deluso, come Kai del resto, era vero, quest’ultimo non è che fosse un tipo molto socievole e che eseguisse gli ordini sempre alla lettera, ma non poteva lamentarsi, alla fine il risultato era quello che voleva vedere, ed era l’unica cosa che gli interessasse.

 

Tutto ciò era accaduto cinque giorni prima. Era quello il motivo per il quale adesso si trovava a pedinare quella ragazzina…sollevò la testa guardandola camminare spensierata e tranquilla davanti a lui, del tutto ignara di ciò che le sarebbe successo nell’arco di poche ore. Quella notte non sarebbe stata così serena e allegra, rinchiusa in una stanza buia, legata e imbavagliata. E la cosa lo avrebbe lasciato indifferente, come sempre, non gli sarebbe importato nulla, né di lei, né del suo destino, d’altra parte quello era il suo lavoro. Non si era mai chiesto se quanto facesse fosse giusto oppure no, pensieri simili non gli erano mai passati per la mente, lo faceva e basta, il resto non contava. Infilando le mani nelle tasche aveva abbassato di nuovo lo sguardo, interessandosi al cemento della strada, sguardo che fu costretto a rialzare subito dopo sentendo qualcosa venirgli addosso.

-Scusami! Non ti avevo visto!- fece mortificata al ragazzo. Si era accorta di aver dimenticato il cellulare a casa e aveva deciso di tornare indietro a riprenderlo facendo una corsa, dal momento che era già in ritardo, non prestando attenzione a dove mettesse i piedi. Attese una risposta da parte dello sconosciuto, cosa che non avvenne, Kai si limitò a rimanere in silenzio, in uno dei suoi soliti silenzi glaciali nei quali era solito avvolgersi, rimanendo immobile. Le gote di Hilary si colorarono appena di un lieve rossore incrociando quegli occhi violacei, profondi e terribilmente seri che continuavano insistentemente a fissarla. Non seppe spiegarsi il perché ma rimase quasi senza fiato, sembrava improvvisamente essersi dimenticata del modo in cui si respirava, una sensazione indescrivibile all’altezza dello stomaco. Ma quello sguardo era così penetrante, sembrava quasi potesse leggerle l’anima.

Il russo si spostò lasciandole libero il passaggio, non era ancora il momento di mettere in atto il piano…

La ragazza rimase per qualche altro secondo incantata seguendo come rapita da un incantesimo ogni movimento del russo, così tremendamente distaccato. Si riscosse e riprese a correre verso casa ricordandosi che doveva sbrigarsi mentre involontariamente il suo cuore continuava a ripetersi se avrebbe mai più rivisto quel misterioso ragazzo…

 

CONTINUA…  

 

 

Finisco qui ma ho già quasi finito il prossimo cap perciò non ci metterò molto ad aggiornare!!! Aspetto i vostri commy!!! Ciao!!!!!!!

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Capitolo 2
*** Il sequestro ***


Eccomi

Eccomi!!! Ho fatto presto!!! Il fatto è che questa fic mi sta prendendo sempre di più!!! Allora tanto per cominciare ringrazio: super gaia; mewsana; Lir_chan; Jaly Chan; Yuzuriha; Hila92 (credo che questo capitolo risponderà alla tua domanda…e a proposito, vuoi un consiglio??? Scrivi tutto quello che ti passa per la mente e poi dopo scegli quali idee portare avanti e quali no, scritto fa tutto un altro effetto e ti appassioni di più! Almeno io faccio cosi! ^_^); BlueCrystal (quanto tempo!!! E’ bello risentirti!! Spero che presto vedrò un nuovo cap della tua fic, ci conto ok??) ed ora…via con il secondo cap…

 

 

Scherzava, rideva, parlava tranquilla con i suoi amici. Da dietro uno dei tanti alberi del parco la teneva sotto controllo a distanza, come ormai faceva da giorni. Aveva studiato ogni sua abitudine, sapeva chi erano le persone che frequentava, i posti che frequentava, sapeva cosa le piaceva fare, dove voleva andare. Pur non avendola mai conosciuta sapeva quasi tutto di lei. Si appoggiò con la schiena al tronco voltando appena lo sguardo verso la ragazza e vedendola rincorrere un ragazzino dai capelli rossi, se non sbagliava si chiamava Daichi, gli stava correndo dietro come un’ossessa.

-Dai, non puoi arrabbiarti tanto solo perché ti chiamo “ochetta”!- si difese mentre tentava di fuggire dall’ira della brunetta scappando e nascondesi dietro i suoi amici che però sembrava proprio non avessero alcuna intenzione di diventare suoi complici, preoccupati forse della sorte che gli sarebbe capitata se l’avessero fatto.

-Se sai che mi fa arrabbiare allora non mi chiamare così!-

-Ma perdo tutto il divertimento!- si lamentò fermandosi e piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. Non avrebbe resistito ancora a lungo, senza contare che se non si sarebbe sbrigato a ripartire la sua inseguitrice lo avrebbe preso sicuramente.

-Se ti prendo…- stava per raggiungerlo ma qualcosa la fece bloccare, arrestandola nella sua corsa. La sua attenzione fu catturata da qualcosa in lontananza, una figura, un’ombra per la precisione, di cui non riusciva a distinguere nitidamente i tratti ma che le pareva somigliasse molto a…no, non poteva essere lui, sicuramente si stava sbagliando, probabilmente non avrebbe rivisto mai più quel ragazzo, cosa le aveva fatto pensare che si trovasse lì in quel momento? Il fatto era che non riusciva a levarsi dalla testa quegli occhi violacei così profondi…e belli…non avrebbe mai immaginato che lo sguardo di un perfetto sconosciuto potesse farle un simile effetto. Non sapeva minimamente chi fosse eppure per tutto il tragitto per arrivare al parco, dove i suoi amici l’aspettavano, non aveva fatto altro che pensarci. Era assurdo, che cavolo le prendeva? Non le era mai capitato di pensare così tanto a qualcuno, figurasi a qualcuno di cui ignorava perfino il nome.

Sussultò appena quando sentì una mano posarsi sul suo braccio, si voltò, era Takao che la stava chiamando già da un po’ di tempo ma lei non gli aveva risposto, troppa presa dai suoi pensieri le parole del ragazzo non erano giunte al suo orecchio. Le aveva chiesto se c’era qualcosa che non andava, d’improvviso si era fermata, smettendo di rincorrere Daichi e rimanendo immobile, come incantata.

-Sto bene, mi era solo venuta in mente una cosa…niente d’importante!- si affrettò ad aggiungere osservando lo sguardo curioso del giapponese.

-Sicura?-

-Si…è solo che…- biascicò, non sapeva perché ma una parte di lei avrebbe voluto parlarne con qualcuno mentre un’altra, il buon senso probabilmente, le suggeriva che era meglio stare zitta. In fondo perché mettersi a parlare di un incontro, che poi era stato uno scontro, che sapeva non si sarebbe più ripetuto? Non era successo nulla di eclatante, anzi a dire la verità non era accaduto nulla, quel ragazzo non aveva nemmeno aperto bocca. Il moretto la costrinse a mettersi seduta su una panchina, circondata dai suoi compagni.

-Parla!- la spronò mettendosi seduto accanto a lei. Sapeva bene che quando l’amica piombava in quello stato di alienazione dal resto del mondo c’era sempre qualcosa che la turbava o che per lo meno le dava pensiero. La conosceva fin troppo bene ormai.

-Beh, oggi venendo qua mi è capitato di…- esordì credendo che forse parlandone sarebbe riuscita a togliersi dalla mente l’immagine di quegli occhi ametista che fissavano i suoi. Aveva tutta l’intenzione di farlo, almeno fino a pochi attimi prima, ma si bloccò improvvisamente, si sentiva un po’ stupida a raccontarlo e non voleva fare una simile figura. Senza contare che loro non avrebbero capito perché erano tutti…ragazzi. A volte desiderava avere una ragazza come amica, certo stava bene e si divertiva un mondo con loro però…non era sempre facile parlare con loro proprio di tutto e su alcune cose non ci riusciva proprio.

-Non posso dirlo!-

-E perché scusa?- domandò Max, seduto sul prato, proprio di fronte alla brunetta.

-Perché…è imbarazzante!- fece arrossendo.

-Imbarazzante?- continuò il biondino.

-Scusa, che cosa puoi aver fatto di così imbarazzante nel percorso che va da casa tua a qui?- gli chiese Takao stupito.

-Beh, ho fatto un incontro che…mi ha lasciato il segno- i suoi compagni la guardarono scettici –Avete mai incontrato per caso qualcuno che non avevate mai visto prima, di cui non sapete nemmeno il nome ma a cui continuate a pensare?-

La loro espressione parlava da sola, non c’era bisogno che rispondessero perché Hilary potesse avere una risposta, si comprendeva perfettamente che pensavano che fosse completamente impazzita. Mise il broncio, sapeva che non avrebbero capito, e adesso le toccava raccontare tutto per filo e per segno, ma perché gliene aveva parlato? 

 

Intanto Kai continuava a studiare ogni suo movimento da lontano, nascosto ancora sotto quell’albero a cui si era appoggiato appena aveva messo piede nel parco. Gli aveva fatto uno strano effetto quando la brunetta gli era venuta addosso, quando quei suoi occhi color cioccolata timorosi e sorpresi avevano incrociato i suoi per qualche breve attimo. Prima di allora non aveva mai avuto contatti così ravvicinati con le vittime prima che diventassero “vittime”. C’era qualcosa in lei che inconsciamente lo attirava anche se non avrebbe saputo dire di preciso cosa.

Un ragazzo gli si avvicinò, spostando l’attenzione su Hilary. Si portò le mani in tasca, sinceramente si era stancato di stare lì a tenere d’occhio quella ragazzina, il capo gli aveva ordinato di farlo ma lui non ne vedeva l’utilità, anche perché entro quella sera stessa sarebbe stata nelle loro mani.

-Sei pronto per questa sera?- gli chiese Yuri.

-Come sempre-

-Ci daranno una mano anche Boris e Serjey,-

-Bene- Kai continuava a tenere gli occhi fissi su di lei, a dire la verità non li aveva staccati nemmeno per un secondo da quando era arrivato in quel parco, tanto che se ne stupì anche il suo compagno.

-Non ti ho mai visto interessarti tanto ad una vittima…-

-Con questo che vorresti dire?- il suo tono freddo di voce lasciò del tutto indifferente il russo che si limitò ad alzare le spalle, in realtà non voleva insinuare nulla, la sua era semplice curiosità. Si sdraiò sull’erba intrecciando le mani dietro la testa lasciando alla brezza leggera che spirava dal mare di solleticargli il viso mentre ripassava mentalmente il piano che avrebbero dovuto attuare quella sera stessa. Era tutto pronto, appena si sarebbe trovata da sola l’avrebbero presa, addormentata e trasportata fino al luogo dove l’avrebbero tenuta sotto sequestro. Sarebbe stato fin troppo facile, avevano fatto ben altro. Sperava solo che quell’incarico non durasse troppo, tenere imprigionata una mocciosa lo riteneva poco divertente, erano le missioni d’azione quelle che lui prediligeva .

 

-Non rimani a dormire qui, Hilary?- la ragazza lanciò uno sguardo fuori dalla finestra, il sole non era ancora tramontato del tutto ma stava già calando la sera.

-No, oggi mio padre torna presto e voglio stare un po’ con lui, di solito rientra a casa tardi e io non lo vedo molto spesso-

-D’accordo, ma non è meglio se ti accompagniamo?-

-Non preoccuparti Takao, casa mia non è poi tanto lontana da qui- si divertiva sempre un mondo quando rimaneva a dormire a casa del suo amico, per un motivo o per un altro Takao e Daichi finivano quasi sempre per litigare tra loro inseguendosi l’un l’altro per tutta la casa finché non arrivava Nonno J munito di spada che li rincorreva entrambi e riportava la pace nella villa che piombava nel silenzio, eccezione fatta per i lamenti e mugugni delle due povere vittime riguardo ai bernoccoli che si ritrovavano sulla testa.

La brunetta salutò i suoi compagni e si diresse verso casa sua, incamminandosi per le vie di Tokyo. Si strinse nella maglia, la temperatura era scesa di qualche grado e l’aria si era fatta decisamente più fresca. Le strade erano deserte, cominciava a pentirsi di non aver accettato la proposta di Takao di farsi accompagnare…si bloccò di colpo, un brivido gelido la attraversò dalla testa ai piedi, aveva come la sensazione di essere seguita. Si voltò di scatto con il cuore che le batteva a mille ma non vide nessuno. Si diede della paranoica e riprese a camminare eppure non riusciva a far cessare quell’ impressione di sentirsi osservata, era come se qualcuno le puntasse gli occhi addosso. Accelerò il passo, così sarebbe arrivata prima a casa e si sarebbe fatta un bel bagno caldo per rilassarsi ma purtroppo qualcosa mandò all’aria i suoi piani…

Girò l’angolo e quella sensazione continuò a farsi sentire e anzi accrebbe quando udì chiaramente dei passi veloci e pesanti risuonare dietro di lei. Cercò di calmarsi, in fondo poteva benissimo trattarsi di qualcuno che andava nella sua stessa direzione…però i nervi la stavano uccidendo perciò si voltò di nuovo ma non vide nulla se non un’ombra avvicinarsi a lei e afferrarla. Hilary cercò di divincolarsi, due mani la tenevano ferma per i polsi mentre altre due la bloccavano per le spalle. Aveva tutta l’intenzione di urlare ma sentì qualcosa premerle sulla bocca che le impedì di farlo. Non riuscì a realizzare quello che stava accadendo, avvertì solo un sapore dolciastro sulle labbra e uno strano odore, poi le palpebre le divennero improvvisamente pesanti…   

 

-Però…- fece Yuri dopo aver rivolto lo sguardo verso la ragazza che dormiva beata sul sedile posteriore della macchina, ignara di essere stata costretta dentro un’automobile che l’avrebbe portata in un luogo che non era casa sua e che di certo che non le sarebbe piaciuto.

-E’ carina- concluse continuando a squadrarla dalla testa ai piedi.

-Piantala Yuri- lo riprese Kai senza staccare gli occhi dalla strada mentre guidava nella notte ormai inoltrata. Erano distanti dalla città e si stavano dirigendo in aperta campagna, dove le abitazione erano pressoché inesistenti. L’auto fu condotta su una stradina non asfaltata, quasi una mulattiera poco frequentata, anzi nessuno ci passava più. Si fermò qualche chilometro più avanti vicino a quella che aveva tutta l’aria di essere una vecchia casa abbandonata, appartenuta probabilmente a qualche contadino, dato che nelle vicinanze c’erano enormi distese di terreno. Il luogo ideale per un sequestro, lontano dalla civiltà, nella solitudine totale, eccezione fatta per le persone che collaboravano al rapimento.

Dal buio apparvero altri due ragazzi che venivano in direzione della macchina, si trovavano già sul posto per preparare “l’accoglienza” della ragazza.

-Ce ne avete messo di tempo!-

-Non è stata colpa nostra Boris, la ragazzina si è trattenuta dai suoi amichetti più a lungo di quanto avevamo programmato- fu Yuri a rispondergli.

-E’ andato tutto bene?- domandò l’altro, Serjey, dalla stazza di un armadio.

-Si, certo. Lei è nella macchina- gli disse indicandogli la vettura dietro di lui –Portala dentro- continuò mentre estraeva dalla tasca dei pantaloni un cellulare, doveva avvertire il capo che l’operazione era riuscita senza intoppi. Si allontanò in cerca di campo, purtroppo oltre ad essere isolata quella zona non era neanche il massimo della copertura telefonica, mentre Serjey prendeva in braccio la brunetta, ancora narcotizzata, e la portava dentro la vecchia casa, accompagnato da Boris.

La sistemarono in quella che doveva essere la stalla, ormai umida e di certo non nelle migliori condizioni, l’intonaco cadeva a pezzi e si sentiva un penetrante odore di muffa. Il biondo la poggiò sul pavimento, sopra un mucchio di paglia ammuffita e il compagno pensò a legarle mani e piedi, per impedirle di scappare al suo risveglio.

-E adesso che dovremmo fare con lei?-

-Tenerla buona qui fino a che il padre non accetterà le condizioni del capo-

-Di solito il capo ci affida incarichi meno noiosi…immagino già che appena si sveglierà comincerà a lagnarsi- fece sbuffando. L’altro alzò le spalle.

-Serjey…ma Kai dov’è?-

-Non ne ho idea-

-Al solito…- si lamentò, gli era stato detto di non allontanarsi troppo per ridurre al minimo il rischio di esseri visti, ma quel ragazzo non stava ad ascoltare nessuno. Senza aggiungere altro i due uscirono facendo attenzione a chiudere accuratamente la porta in modo che la brunetta non avesse vie di fuga.

 

Passò qualche ora e il sonnifero cominciò ad esaurire il suo effetto, Hilary aprì lentamente gli occhi ma non vide nulla, il buio più totale. Sentiva di essere sdraiata su qualcosa di non proprio comodo e morbido, sembravano spighe, o paglia secca, a giudicare dalla punte ruvide che le graffiavano la pelle scoperta ad ogni suo movimento. Provò ad alzarsi ma c’era qualcosa che glielo impediva, non riusciva a muovere i piedi, e nemmeno le mani. Si voltò sull’altro fianco, da quella posizione poteva scorgere una parte del luogo in cui si trovava attraverso la luce della luna che entrava dalla finestra in alto. Quindi era notte…ma chi ce l’aveva portata lì? Sentì i polsi intorpiditi e cominciavano a dolerle, c’era qualcosa che li teneva stretti l’uno con l’altro dietro la sua schiena, bloccandole quasi la normale circolazione.

-Una corda- si sforzò di romperla ma quella era troppo spessa e stretta perché potesse riuscirci e la stessa cosa valeva per le caviglie.

-Ma dove sono?- più si guardava intorno più sentiva crescere la paura dentro di sé, era in trappola, non poteva muoversi, non sapeva in che luogo si trovasse, che ora fosse, ma soprattutto come ci era arrivata. Era ovvio che ce l’avesse portata qualcuno, ma chi? E poi perché, cosa volevano da lei? Temeva anche di urlare o chiedere aiuto, avrebbe potuto esserci chiunque dietro quella porta…ma se non provava non l’avrebbe mai saputo.

I suoi dubbi però si sarebbero presto dissolti, qualcuno già armeggiava con la porta, sembrava avesse l’intenzione di entrare.

Hilary si rannicchiò in un angolo spaventata a morte mentre sentiva il cuore batterle a mille dal terrore…

 

CONTINUA…

 

 

Non credo che abbandonerò mai la modalità bastard inside!!! (sadica! nd.tutti) Però non dovrei metterci molto ad aggiornare!!! Fatemi sapere che ne pensate di questo secondo chappy!! Ciao ciao!!!!!!!!!  

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Capitolo 3
*** Tu, che sei diverso ***


Di nuovo qui, ho fatto presto no

Di nuovo qui, ho fatto presto no??? Non mi dilungo perché sono di fretta, ringrazio come al solito chi legge e chi ha commentato lo scorso cap: Lir_chan; solarial (ormai niente potrà farmi abbandonare la modalità bastard inside!! Eh eh eh…); Yuzuhira; Hilaria (certo che mi sei mancata!); mewsana; Jaly chan; LightAngel; Hila92; super gaia!!!

E ora si parte................................

 

 

Hilary si rannicchiò nell’angolo, quasi volesse mimetizzarsi con il muro, non aveva mai avuto così tanta paura in vita sua. La porta si aprì ed entrarono nella stanza due persone che al buio non riuscì subito ad inquadrare. Solo quando le si avvicinarono e i raggi della luna che entravano dalla finestra li colpirono poté farsi un’idea di chi aveva di fronte. A giudicare dal fisico sembravano essere due uomini, o meglio, due ragazzi, come poi le avrebbe confermato il suono giovanile delle loro voci. Entrambi avevano il viso coperto, nascosto da un passamontagna per non farsi riconoscere sul quale c’erano solo due buchi per gli occhi e uno per la bocca. Ovviamente questo non contribuì a tranquillizzarla, anzi se possibile la agitò ancora di più, adesso al posto del cuore aveva un tamburo che batteva incessante dal terrore. Era seduta, con i piedi cercò di spingersi indietro per allontanarsi ma il muro dietro di lei glielo impediva, e la corda con cui era legata non le facilitava l’impresa. Non poteva neanche provare ad alzarsi e correre via, era impossibile nella situazione in cui si trovava.

-Era ora che ti svegliassi- le disse uno dei ragazzi.

-Dove…dove sono? E chi siete voi?- domandò spaventata mentre gettava uno sguardo alla finestra, purtroppo era troppo in alto perché lei potesse anche solo pensare di fuggire attraverso essa, non c’era niente che in qualche modo avrebbe potuto farle da appiglio per arrampicarsi fino là e anche se avesse saltato non ce l’avrebbe mai fatta a raggiungerla. Tornò a spostare l’attenzione sugli sconosciuti e le pareva che uno dei due, quello che le aveva parlato, stesse sogghignando quasi avesse compreso quale fosse la sua intenzione, intenzione che però non poteva trovare un risoluzione positiva, mentre l’altro era perfettamente calmo. Purtroppo cominciava a capire cosa dovesse essere successo, stava tornando a casa e d’improvviso si era risvegliata in quella specie di stalla in cui probabilmente l’avevano portata quei due ragazzi che le erano di fronte. Tremò appena al pensiero di cosa potessero farle.

-Chi siamo noi non ha importanza. Quello che conta è che tu sei Hilary Tachibana e che se vuole rivederti viva il tuo caro papà dovrà accettare le condizioni del nostro capo-

-Il…il vostro capo?- fece confusa –Qualunque siano queste condizioni mio padre non accetterà mai di…- cominciò prendendo un po’ di coraggio ma non riuscì comunque a concludere la frase perché uno dei due rapitori la prese per le spalle chinandosi davanti a lei.

-Io invece credo proprio che lo farà…e se tu parli più del necessario mi vedrò costretto ad imbavagliarti, sono stato chiaro?- la brunetta non rispose rabbrividendo allo sguardo che gli aveva puntato contro. Ghiaccio, i suoi occhi erano del colore del ghiaccio e freddi come tale.

Hilary deglutì a fatica, ricattatori, ecco cos’erano, l’avevano rapita con l’intenzione di estorcere denaro a suo padre che se voleva rivederla sana e salva doveva sottostare alle loro richieste. Sembrava di essere in uno di quei film polizieschi, con l’unica differenza che quella era la realtà e la faccenda molto probabilmente non si sarebbe risolta con l’intervento insperato della polizia che avrebbe arrestato i criminali e concluso la vicenda in modo che tutti fossero felici e contenti di nuovo.

-Cosa ha detto il capo?- domandò l’altro rimasto in silenzio fino a quel momento.

-Ci ho parlato ora, dice di aspettare ancora un pò prima di far sapere al padre che abbiamo noi la ragazzina- secondo lui, stando a quanto gli aveva detto, quella era la cosa migliore da fare perché Eiji Tachibana accettasse di pagare il riscatto, infatti se fosse stato senza avere notizie della figlia per diversi giorni alla fine sarebbe stato talmente in ansia di rivederla che avrebbe accettato qualsiasi condizione. Yuri si alzò voltando le spalle ad Hilary perdendo del tutto l’attenzione per lei decidendo che il loro turno di sorveglianza era durato fin troppo e dirigendosi verso la porta seguito dal compagno. Quest’ultimo però prima di uscire lanciò un’occhiata fugace alla giapponese e fu colto improvvisamente da una strana fitta all’altezza dello stomaco che non sapeva come definire. Vederla in quello stato, accucciata in un angolo con quel visino triste e spaventato allo stesso tempo gli faceva uno strano effetto, a lui che era abituato a vederla sempre allegra e sorridente per tutto il periodo che l’aveva tenuta sotto controllo per la riuscita del piano. La trovava così…indifesa. Si riscosse e la lasciò sola mentre sperava che la sensazione che provava sparisse al più presto perché non gli piaceva per niente sentirsi così. Non gli era mai accaduto prima di allora…

 

Avvertì qualcosa colpirlo in pieno stomaco che lo costrinse ad aprire gli occhi e a svegliarsi dal sogno che stava facendo. Sbatté un paio di volte le palpebre e si tolse di dosso Daichi che dormendo gli era finito addosso sferrandogli un calcio senza troppi complimenti. Si alzò sbadigliando, era mattina tanto valeva fare colazione. Si passò una mano tra i capelli biondi mentre attraversava il portico della villa. Passando gettò distrattamente lo sguardo in giardino e per poco non gli prese un colpo.

-Ahhhhhhh!- urlò.

-Max, sei impazzito? Mi hai spaventato!- esclamò Takao che appena aveva sentito l’urlo dell’amico si era voltato verso di lui.

-Scusa…- ridacchiò l’americano –è che pensavo fossi un fantasma-

-Prego?- ribatté l’altro stupito.

-Beh, non sono neanche le otto, e dato che tu non ti alzi prima di mezzogiorno pensavo che quello fosse il tuo fantasma!-

-Molto spiritoso, davvero- replicò ironico –Questa mattina mi sono svegliato presto, e allora?- mise il broncio e incrociò le braccia al petto, in fondo non si svegliava poi tanto tardi, almeno stando a quello che diceva lui. Il loro scambio di battute fu interrotto da Nonno J avvertendoli che alla porta c’era una persona per loro. I due ragazzi si guardarono come a chiedersi chi potesse mai essere a quell’ora mentre si dirigevano alla porta d’ingresso scoprendo con loro grande sorpresa che si trattava del padre di Hilary. Era un uomo sulla quarantina, vestito in maniera formale a causa del suo lavoro che lo teneva impegnato quasi ogni giorno e spesso e volentieri fino a tardi, alto, capelli biondi e occhi castano chiaro, assomigliava ben poco alla figlia che invece aveva ripreso tutto dalla madre.

-Buongiorno signor Eiji- lo salutò il moretto.

-Buongiorno ragazzi, scusate se vi disturbo a quest’ora ma stavo andando a lavoro e volevo avvertire mia figlia che questa sera farò tardi e non rientrerò per cena- gli spiegò con un sorriso gentile.

-Si ma…perché la cerca qui?- gli domandò Takao.

-Non ha dormito qui?-

-No…si è fermata solo per cena poi se ne è andata dicendo che voleva dormire a casa sua. Ci siamo anche offerti di accompagnarla ma non ha voluto-

-Hilary non è rientrata a casa ieri, credevo fosse rimasta a dormire qui- disse mentre la sua espressione mutava facendosi decisamente preoccupata.

-Cosa?!- fecero i due ragazzi all’unisono. Come era possibile che non fosse rientrata, gli aveva detto chiaro e tondo che voleva andare a casa sua perché il padre tornava presto dal lavoro, che significava? Che fosse scappata di casa? No, era impossibile, Hilary non era il tipo di persona da commettere simili sciocchezze e poi non ne avrebbe avuto motivo.

Il giapponese non stette troppo a pensarci, si precipitò in palestra spalancando la porta e acchiappò Diachi, che ancora stava dormendo comodamente rannicchiato nel suo futon, per il colletto della maglietta trascinandoselo dietro. Il ragazzino come prevedibile si svegliò di soprassalto mentre si sentiva tirare da qualcosa che anche volendo non sarebbe riuscito ad opporsi. Cominciò ad imprecare contro l’amico bombardandolo di domande relative su cosa avesse in mente di fare e se fosse impazzito a svegliarlo in quel modo alle quali il moretto diede una risposta secca che gli ordinava di stare zitto e seguirlo, talmente seria che il povero malcapitato non osò ribattere.

-Max, tu pensa ad avvertire Rei e il professore, ci rivediamo tra due ore al parco- lasciò detto all’americano prima di correre fuori dall’abitazione. Il biondino non perse tempo, aveva capito cosa aveva in mente di fare, ossia cercare Hilary, e lui non sarebbe rimasto di certo con le mani in mano.

 

Tornare a casa. Mentre i suoi amici si davano da fare a cercarla, Hilary aveva solo questo desiderio, non chiedeva altro. Cercava di convincersi che quello era solo un brutto sogno e che presto si sarebbe risvegliata nel suo letto, sarebbe andata in cucina a preparare la colazione per il suo papà che l’avrebbe ringraziata gentilmente, le avrebbe dato il bacio sulla fronte prima di uscire di casa per andare al lavoro, come faceva tutte le mattine, e poi si sarebbe preparata per andare da Takao e gli altri con i quali avrebbe passato gran parte della giornata, la scuola era terminata e quindi si potevano godere il meritato riposo. Si, sarebbe andata così, doveva per forza andare così…

Abbassò lo sguardo chiudendo gli occhi, ma chi voleva prendere in giro? Non sarebbe andata così e lei questo lo sapeva bene. Aveva anche smesso di piangere, lasciando alle lacrime che fino a poco prima le rigavano le guance di asciugarsi da sole sul suo volto, dato che lei non poteva neanche portare la mani al viso, legate dietro la schiena. Si chiese quanto tempo fosse passato da quando era stata portata lì, dalla finestra filtrava la luce del sole, questo significava che era ormai giorno, ma non avrebbe saputo dire se era mattina o pomeriggio, aveva completamente perso la cognizione del tempo. Nella situazione in cui si trovava un’ora o un mese per lei avevano la stessa durata…

La porta si aprì di nuovo facendola trasalire, e due figure entrarono nella stanza sempre con il viso coperto dal passamontagna. Erano venuti a controllarla, come se potesse scappare…Hilary alzò lo sguardo su di loro, accorgendosi che non si trattava degli stessi che erano venuti l’ultima volta, questi erano più alti.

-Voi non siete quelli di prima…- disse esitante.

-Infatti. Perché ti dispiace?- fece Boris con un’ironia che la brunetta non trovò affatto divertente, mentre Serjey le si avvicinava afferrandola per un braccio con non troppa grazia. Quest’ultimo controllò che le corde che la tenevano legata fossero ben salde e anzi le strinse di più.

-Ahi! Mi fai male!- quella fune stringeva i suoi polsi come in una morsa, non riusciva quasi più a sentire le dita.

-Ci dispiace piccola, ma non possiamo permetterci di farti scappare, tu vali una miniera d’oro- 

 

-Allora, l’avete trovata?- domandò Takao venendo incontro agli altri tre ragazzi che purtroppo non gli diedero buone notizie. Sembrava essere sparita nel nulla, volatilizzata. Aveva provato a cercarla nei posti in cui era solita andare, era arrivato alla spiaggia, c’era molta gente che si godeva il sole ma di lei nessuna traccia. Era stato anche al fiume, al bar, avrebbe provato perfino a scuola ma era chiusa per le vacanze estive. Non aveva la minima idea di dove potesse essere.

-Non è che…le è successo qualcosa?- anche Daichi era preoccupato per lei, era vero lui la chiamava spesso “ochetta” e diceva sempre di non sopportarla ma in fondo si divertiva, lo doveva ammettere, se no perché litigavano sempre?

-Dovremmo rivolgerci alla polizia- propose il professore, loro avevano fatto il possibile ma non avevano avuto fortuna, questi casi era meglio lasciarli alle autorità competenti.

-Già…ma ci diranno di aspettare-

-Aspettare cosa, Rei?-

-Prima di dichiarare scomparsa una persona devono passare quarantott’ ore, e da allora potranno partire le ricerche-

-E’ assurdo aspettare un altro giorno, e se nel frattempo le capitasse qualcosa?- Max si rivolse poi a Takao –Che facciamo?-

Rimase qualche secondo in silenzio a riflettere prima di rispondere un strascicato e triste –Non lo so…davvero non lo so-

 

Nel frattempo i giorni passavano, per l’esattezza ne erano trascorsi quattro dal sequestro di Hilary e in quella vecchia casa di campagna abbandonata scorrevano tutti uguali, sempre la solita routine, andavano più o meno spesso a controllare la ragazza, le portavano acqua e cibo, perché il capo si era raccomandato più volte di trattarla con “riguardo”, altrimenti si sarebbe potuto scordare il riscatto. Sapevano che ormai la polizia aveva iniziato le ricerche per ritrovare la brunetta, erano infatti riusciti ad intercettare le frequenze radio delle forze dell’ordine e si tenevano costantemente aggiornati sulle loro azioni, in questo modo se si fossero avvicinati troppo alla verità avrebbero avuto tutto il tempo di prepararsi adeguatamente per allontanarsi di nuovo e non farsi trovare. Ma per il momento pareva tutto sotto controllo, brancolavano nel buio non avendo alcun indizio a loro disposizione.

Già, tutto sotto controllo…pensava ritrovandosi davanti alla porta accuratamente chiusa da vari catenacci, dietro la quale si trovava rinchiusa la prigioniera. Eppure sapeva che non era del tutto così, esteriormente forse era tutto come al solito ma dentro di lui sentiva che qualcosa stava cambiando, anche se non riusciva a capire cosa. Ogni volta che andava a controllare Hilary, da solo o con un suo compagno, si sentiva strano. Vederla giorno dopo giorno sempre più triste senza uno di quei suoi bellissimi sorrisi che le aveva visto fare tante volte quando la spiava mentre era con i suoi amici…se sapeva che non era possibile avrebbe detto di sentirsi in colpa o addirittura dispiaciuto. Nessuno prima di allora gli aveva mai fatto un simile effetto, e dire che alcune persone le avevano trattate ancora peggio.

Entrò e vide la brunetta appoggiata al muro che fissava con insistenza in alto, verso la finestra. Spostò l’attenzione su di lui quel tanto che le bastò per capire quale dei quattro sequestratori fosse, anche se non sapeva i loro nomi li riconosceva dal fisico e dai vestiti che indossavano, li aveva praticamente imparati a memoria date tutte le volte che erano venuti a controllarla, finché non tornò a guardare quell’unico pezzettino di cielo che era visibile. Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere là fuori, Kai poteva tranquillamente indovinare i suoi pensieri, era quello ciò che stava pensando, avrebbe potuto scommetterci.

-Avete chiamato mio padre?- gli domandò senza abbandonare quella posizione.

-Lo faremo domani- le rispose incrociando poi le braccia al petto senza proferire altro.

-Tu sei diverso dagli altri…non mi tratti male- gli disse dopo qualche istante, sebbene la sua voce fosse piuttosto incerta.

-Ti hanno toccata?- le domandò tradendo una certa preoccupazione nel tono, il capo era stato chiaro con loro, gli aveva detto che alla ragazza non doveva capitare nulla. Eppure sentiva che c’era dell’altro sotto…

-No…- gli rispose –però si divertono a spaventarmi, tu invece…non lo fai- ogni volta che entrava in quella stalla dove lei era rinchiusa diceva a malapena una parola e si assicurava che stesse bene, anche se molto probabilmente lo faceva solo perché gli era stato ordinato di farlo. Kai la guardò per alcuni istanti prima di sedersi accanto a lei, sulla paglia ammuffita, dove rimase in silenzio per quella che a Hilary sembrò un’eternità.

-Posso farti una domanda?- gli chiese ad un certo punto. Il russo voltò la testa nella sua direzione fissandola immobile, in attesa del seguito. La brunetta incrociò così i suoi occhi per la prima volta da quando era stata rapita. Del suo viso erano visibili solo quelli attraverso il passamontagna che indossava per nascondere il volto ma il suo cuore ebbe comunque un sussulto. Era giorno e la luce che penetrava nella stanza le permetteva di vederli chiaramente rendendoli di un bellissimo colore violaceo. Li aveva già visti da qualche parte, così limpidi, profondi, c’era un intero oceano celato dietro, quel suo sguardo pareva marchiarle l’anima a fuoco. Un’immagine le passò davanti risalente a pochi giorni prima, per la precisione lo stesso giorno in cui era stata condotta là, avrebbe giurato che erano identici a quelli del ragazzo con il quale si era andata a scontrare prima di recarsi al parco dai suoi amici. Scosse la testa, che strane associazioni le venivano in mente, non poteva di certo trattarsi di lui, probabilmente non avrebbe visto quello sconosciuto mai più…eppure quella sensazione non la voleva abbandonare. Tornò con la mente alla realtà, la sua non era la situazione migliore per mettersi a fantasticare.

-Perché fai parte di un’organizzazione criminale? Non è il tuo posto…-

-Che ne sai tu di qual è il mio posto?- ribatté bruscamente, come si permetteva una ragazzina di dirgli cosa doveva o non doveva fare e soprattutto dove doveva stare?

Hilary abbassò lo sguardo rimanendo zitta, in fondo se l’era cercata…Kai notò il suo disagio, anche se più che spaventata sembrava…dispiaciuta. Si appoggiò con la schiena al muro, lui aveva sempre fatto quello che voleva, era sempre stato libero si scegliere, non era abituato a farsi dire dagli altri come doveva agire. Si soffermò a riflettere…però, ora che ci pensava…non era così, non lo era affatto, erano anni che si faceva comandare a bacchetta, che eseguiva gli ordini del suo capo; certo, li eseguiva a modo suo ma alla fine lo faceva. Allora…non era mai stato libero? Si alzò in piedi, quella ragazzina lo stava confondendo in una maniera assurda.

-Io…non mi sono mai chiesto il perché di tutto questo, lo faccio e basta, è sempre stato così-

La giapponese alzò gli occhi su di lui, osservandolo di schiena –Qual è il tuo nome?- gli chiese ma vedendo che il suo interlocutore non accennava a risponderle si affrettò ad aggiungere –Ah, giusto…lascia perdere- era stata stupida a pensare che avrebbe potuto dirglielo, probabilmente pensava che se glielo avesse rivelato lei una volta libera avrebbe potuto tranquillamente spifferarlo alla polizia. Anche se il suo intento non era quello, non ci pensava affatto…Il russo si avvicinò alla porta, portando una mano sul catenaccio.

–Kai- pronunciò prima di aprire.

-Come?- fece la ragazza.

-Il mio nome è Kai- concluse sparendo oltre la soglia, richiudendosi la porta alle spalle.

 

CONTINUA...

 

 

Altro chappy concluso!!! Spero sia stato di vostro gradimento...un bacio e alla prossima!!!!

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Capitolo 4
*** Doppia fuga ***


Quarto cap

Quarto cap!!! Allora, ringrazio chi ha commentato: super gaia; LightAngel; Lir_chan; Jaly chan; Vale_Hiwatari; Kayx_chan; Hila92; Hilaria; mi fanno tanto contenta i vostri commy!!! E ora via con il cap!! (non è lungo ma mi rifarò con il prossimo (forse! ^_^) che probabilmente sarà l’ultimo, anzi sicuramente!)…

 

 

Il sole si sollevava pian piano dall’orizzonte annunciando l’alba di un nuovo giorno, colorando il cielo di un rossore che ben presto si sarebbe trasformato in luce pura, abbagliante dato la limpidezza del cielo completamente sgombro di nuvole. Uno spettacolo meraviglioso in grado di donare pace e serenità in chi lo guarda. Peccato che non fosse per tutti così. Un uomo sulla cinquantina osservava la scena comodamente seduto sulla poltrona del suo ufficio, teneva le mani intrecciate l’una con l’altra poggiate all’altezza dello stomaco e aveva uno strano sorriso divertito e soddisfatto dipinto sulle labbra.

Il piano era riuscito alla perfezione e quello era il gran giorno…dopo quello del riscatto naturalmente. Quella mattina stessa avrebbero fatto la famosa telefonata a casa Tachibana per informare che la piccola Hilary era nelle loro mani e che se volevano rivederla viva non dovevano far altro che accettare le sue condizioni. Il sessanta per cento delle azioni dell’azienda di Eiji Tachibana…alzò un sopracciglio pensieroso; ma gli conveniva? Era vero, in quel modo sarebbe diventato il maggiore azionista e avrebbe potuto fare dell’azienda ciò che voleva, però…si spinse con i piedi facendo ruotare la sedia girevole verso la scrivania, poggiò un gomito sopra di essa posando pesantemente la testa sulla mano fissando per qualche secondo il telefono posto vicino al computer del suo ufficio. Prese in mano la cornetta e compose un numero aspettando che qualcuno rispondesse.

-Pronto-

-Stavo pensando…perché ammazzarsi a fare soldi quando si possono avere subito e in contanti senza troppi preamboli?- esordì senza neanche un accenno di saluto.

-Parli del riscatto?- gli chiese la voce.

-Esatto Yuri- concordò l’uomo, stava parlando esattamente di quello. Gli spiegò che aveva pensato di chiedere qualcos’altro in cambio, ad esempio soldi in contanti, in pratica quello che solitamente si chiede come riscatto in un rapimento. Gli comunicò il nuovo ordine.

-Avevo pensato di essere originale e chiedere qualcosa di diverso dal solito ma in fondo si sa che i “classici” sono sempre i migliori- tornò a sorridere compiaciuto, una volta ottenuti i soldi sarebbe potuto sparire per un po’ fin quando fosse stato certo che la polizia avrebbe smesso di cercare i sequestratori. Si, quella era decisamente la decisione migliore…

-E quanto dovremmo chiedergli?- gli domandò il russo all’altro capo del telefono. Il capo non tardò a comunicargli la risposta.

-Cosa?! Ma è una cifra enorme! Credi davvero che abbia tutti quei soldi?- fece non poco stupito.

-Anche di più…credo…comunque se pur non dovesse averceli stai certo che in un modo o nell’altro se li procurerà, tiene molto alla figlia-

 

Hilary osservò i raggi del sole farsi sempre più intensi ad ogni minuto che passava mentre vedeva quella vecchia stalla illuminarsi al mattino e asciugare un po’ l’umidità della notte appena trascorsa. Un altro giorno era passato e lei cominciava davvero a non poterne più, voleva tornare a casa e nient’altro, se l’avessero lasciata andare non avrebbe detto nulla alla polizia, si sarebbe inventata che magari era scappata di casa, qualsiasi cosa pur di tornare da suo padre e da i suoi amici. Ma tanto anche se avesse giurato che non avrebbe fatto parola con nessuno di quanto le era capitato loro non l’avrebbero mai lasciata andare…affondò il viso tra le ginocchia, ormai aveva perso ogni speranza, l’unica era aspettare che suo padre pagasse il riscatto…anche se poi nessuno le dava la certezza che l’avrebbero davvero lasciata libera senza farle nulla. Chi glielo assicurava? Quei criminali? Non erano di certo una buona garanzia.

La porta si aprì. Odiava quel rumore che faceva ogni qualvolta qualcuno armeggiava con essa, ormai era impresso a fuoco nella sua mente, significava che erano venuti a vedere se ci fosse ancora, a controllarla; come se potesse scappare in qualche modo, perché non la lasciavano in pace? Preferiva rimanere sola piuttosto che avere la compagnia di quei quattro. Anche se di uno di loro…

-C’è qualcuno che muore dalla voglia di sentire la tua voce, ragazzina- le disse Yuri mettendole il telefono all’orecchio.

-Hilary!-

-Papa!- esclamò la ragazza contenta di risentire la voce mentre sentiva le lacrime salirle agli occhi.

-Stai bene?- le domandò il genitore preoccupato.

-Si ma…- il russo non le diede il tempo di terminare la frase, allontanò il cellulare da lei per tornare a parlare lui stesso.

-Come ha sentito signor Tachibana sua figlia sta bene, quindi se vuole rivederla non dovrà far altro che pagare. Le faremo sapere dove e quando- attaccò senza dargli la possibilità di ribattere. Sotto l’ordine del capo aveva chiamato il padre delle ragazza facendogli sapere che sua figlia era nelle loro mani e che se la voleva rivedere non doveva far altro che fare quanto gli era stato detto, ovviamente tacendo con la polizia che ancora brancolava nel buio. Se avesse riferito qualcosa alle forze dell’ordine poteva scordarsi di riavere Hilary sana e salva, su questo era stato chiaro. Credeva che molto probabilmente non avrebbe parlato, lo aveva spaventato per bene. Ripose il telefono in tasca e se ne andò, indifferente alla reazione della brunetta che, come prevedibile, aveva cominciato a singhiozzare. La lasciò sola dirigendosi dai suoi compagni.

-Allora?- fece Boris curioso di conoscere le novità.

-Tutto sotto controllo, ora dobbiamo solo aspettare che il capo ci comunichi il luogo e l’ora del riscatto-

-Pensi che non avvertirà la polizia?- chiese Serjey.

-Se lo farà può scordarsi sua figlia- rispose Yuri con un’alzata di spalle.

-E lei?- i tre ragazzi spostarono l’attenzione su Kai che appoggiato con la schiena al muro e le braccia incrociate al petto sembrava interessato a guardare fuori dalla finestra.

-E’ di là a piangere, perché?- gli domandò pur non ottenendo risposta dato che uscì dalla casa senza proferire parola sotto gli sguardi dei suoi compagni.

-Che ha Kai? Se possibile oggi mi sembra più monosillabico del solito-

-Non ne ho idea…- disse il rosso vedendolo allontanarsi attraverso i vetri della finestra tra i campi che circondavano la vecchia casa.

 

Kai non era l’unico ad essere strano, c’era qualcuno che seduto a gambe incrociate sul pavimento della palestra di kendo della sua casa non era da meno. Teneva in mano un giornaletto arrotolato che sbatteva a terra dopo pause regolari di qualche secondo, ininterrottamente, mentre guardava un punto indefinito davanti a sé, completamente assorto nei suoi pensieri. Era mezz’ora ormai che andava avanti così.

-Finiscila Takao! Mi stai dando sui nervi!- sbottò Daichi dopo aver resistito il più a lungo possibile, non aveva potuto fare altrimenti, quel suono ritmico che per l’amico era diventato praticamente meccanico lo urtava profondamente.

Il giapponese si bloccò, le parole del ragazzino gli erano giunte all’orecchio tanto da fargli recepire che doveva smettere ma non abbastanza da risvegliarlo da quello stato di trance in cui sembrava essere caduto.

-Stai bene?- una mano si posò sulla sua spalla.

-Sono solo preoccupato- fece rispondendo al professore, pareva essere tornato di nuovo in sé. –Non riesco a star qui senza far niente- continuò.

-Non possiamo fare altrimenti-

-E’ questo che mi fa arrabbiare, Max!- si alzò in piedi richiamando a sé l’attenzione dei suoi amici. Avrebbe voluto poter fare qualcosa, ma cosa? Sapevano solamente che Hilary era stata rapita come gli aveva riferito il padre della ragazza. Quella mattina stessa aveva ricevuto la telefonata in cui gli chiedevano un riscatto. Senza contare che se lo fosse venuto a sapere anche la polizia la loro amica sarebbe stata in pericolo…ma senza le forze dell’ordine come avrebbero fatta a liberarla? Avevano le mani legate.

-Almeno sappiamo che Hilary sta bene- intervenne Rei cercando di risollevare tranquillizzare i suoi compagni, anche se lui stesso non era affatto tranquillo.

-Come fai ad esserne così certo?- Takao si rimise seduto, non riusciva a trovare pace.

-Beh, non le faranno niente finché il riscatto non sarà pagato-

-Già…e dopo?- chi glielo assicurava che l’avrebbero liberata? Magari fosse stato così semplice, l’avrebbero davvero lasciata andare come se niente fosse successo?

Nessuno dei presenti ebbe il coraggio di rispondere…

 

-Mio padre pagherà il riscatto, vero?- gli domandò con voce triste.

-Penso di si- le rispose continuando a guardare un punto indefinito davanti a lui. Le si era seduto accanto, come faceva ormai ogni volta che era il suo turno controllarla. Era strano ma sapeva di non poterne fare a meno, voleva starle vicino anche se solo per qualche minuto. Si stupiva di lui stesso, non aveva mai provato qualcosa di simile per qualcuno e non riusciva a capire come quella ragazzina glielo provocasse in lui. Hilary dal canto suo sentiva il cuore batterle forte ogni volta che Kai veniva a controllarla, per non parlare di quando le si metteva accanto, probabilmente perché anche se non la trattava come gli altri ed era più o meno gentile con lei rimaneva pur sempre uno dei suoi rapitori, un criminale e non poteva fare a meno di averne paura, però…perché solo con lui le succedeva? Era molto più spaventata dagli altri…

-Mi lascerete andare dopo?- chiese titubante.

-Non avremmo motivo di tenerti ancora qui- voltò la testa verso la ragazza incrociando i suoi occhi. La brunetta rimase incantata a guardarli, avevano un potere sconosciuto su di lei, sembravano quasi capaci di annullarle la volontà e di rendere insignificante tutto ciò che la circondava. Forse fu proprio quel loro potere a spingerla, dopo interminabili istanti di silenzio e immobilità assoluta da parte di entrambi, a sfiorargli il viso con una mano. Le aveva tutte e due libere, quando rimaneva con lui le scioglieva almeno i polsi, rilegandola quando se ne andava. Anche perché era sempre Kai a portarle da mangiare e con le braccia costrette dietro la schiena era un po’ complicato portare qualcosa alla bocca. E poi se avesse tentato di andarsene lui l’avrebbe fermata prima di raggiungere la porta, in fondo aveva pur sempre le caviglie legate e questo non le permetteva di camminare.

Delicatamente prese a sfilargli il passamontagna che portava, rendendosi conto di non averlo mai visto in volto, lo aveva sempre tenuto nascosto per celare la sua identità. Il russo poggiò la mano sulla sua bloccandola, impedendole di continuare. Hilary sussultò a qual contatto e un brivido le attraversò la schiena pensando che il ragazzo non voleva scoprirsi, dopotutto sarebbe stata più che normale un cosa del genere. Non fu così però, infatti la allontanò delicatamente, ma per poterlo togliere lui stesso. Lo lasciò cadere a terra prima di sollevare lo sguardo.

-Ma tu…tu sei…- fece non riuscendo a terminare la frase, come se qualcuno le avesse risucchiato il fiato, lo stesso effetto, era come se la voce le fosse sparita del tutto. Allora non si sbagliava, non poteva crederci, pensava che non l’avrebbe rivisto mai più…e invece era davanti a lei in quel momento, era sempre stato davanti a lei…

-Quello contro cui sei andata a sbattere il giorno che ti abbiamo rapito- concluse Kai intuendo i pensieri della sua interlocutrice –Avevo il compito di tenerti sotto controllo- le spiegò.

-Dovevo osservarti nella tua vita di sempre per capire un po’ le tue abitudini; è per questo che ci è riuscito così facile prenderti…anche se già allora credevo che fosse un’assurdità rapirti- si appoggiò con la schiena al muro, solo adesso se ne rendeva conto, forse era per quello che si sentiva così strano quando stava con lei. Non gli era mai capitato prima, non gli era mai importato nulle dello loro vittime, gli erano sempre state del tutto indifferenti.

-Allora perché fai tutto questo? Io…- la sua voce si era ormai ridotta ad un sussurro –voglio solo tornare a casa- disse e la sua sembrava quasi una supplica.

Il russo si alzò in piedi, vederla in quello stato faceva star male anche lui. Però che poteva fare? Il capo glielo aveva ordinato, era il suo lavoro…

-Mi dispiace, io…non posso fare niente- le disse mentre si infilava nuovamente il passamontagna prima di uscire. Le rilegò i polsi e sparì dalla sua vista. Richiuse la porta e si appoggiò ad essa non potendo fare a meno di pensare alle parole della ragazza. Perché faceva tutto quello? Non ne aveva la minima idea. Però le aveva detto la verità, lui non poteva fare niente.

Sospirò, invece avrebbe potuto fare molto se solo avesse voluto, ma avrebbe corso un rischio enorme e solo per quella ragazzina. Era da pochi giorni che le loro vite si erano incrociate eppure era come se la conoscesse da sempre. Quelle volte in cui l’aveva tenuta sotto controllo, che l’aveva osservata attentamente prima di rapirla, gli erano bastate per capire che lei era…speciale, almeno dal suo punto di vista. I sorrisi che rivolgeva ai suoi amici in un certo senso raccontavano una storia, parlavano di lei, di che tipo di persona fosse e Kai era come se aspettasse da sempre quei sorrisi, quelli che durante tutta l’infanzia e l’adolescenza non aveva mai avuto.

-E va bene- disse.

Si staccò dalla porta, dirigendosi all’interno della casa con una sola consapevolezza…non sarebbe più potuto tornare indietro dalla decisione che aveva appena preso…

 

In silenzio infatti attraversò il corridoio della vecchia casa abbandonata dirigendosi verso la stalla. Aveva aspettato fino a quando tutti fossero caduti tra le braccia di Morfeo. Era notte fonda, a giudicare dall’oscurità saranno state le tre o le quattro. Gettò un’occhiata nell’unica stanza più o meno accessibile dell’abitazione dove dormivano i suoi complici del tutto ignari di ciò che aveva in mente di fare; ma ormai aveva deciso, quelle era l’unica cosa da fare se voleva davvero essere libero di scegliere, senza contare che poi…c’era lei…

Una volta assicuratosi che tutto fosse tranquillo entrò dove tenevano prigioniera Hilary ormai da giorni. Fece del suo meglio per cercare di fare il meno rumore possibile tanto che nemmeno la ragazza, accoccolata sulla paglia, si svegliò. Le si avvicinò fissandola per qualche secondo, era molto dolce quando dormiva, finalmente le rivedeva in volto quell’espressione rilassata e tranquilla che tanto lo avevano attirato quando il suo compito era quello di sorvegliarla prima di rapirla. Sarebbe rimasto a guardarla per ore, osservando il suo petto alzarsi e riabbassarsi regolarmente sotto la guida del suo respiro, le sue labbra leggermente dischiuse, i suoi occhi che durante il sonno muovevano impercettibilmente le palpebre, sarebbe rimasto così immobile, senza parlare, senza sfiorarla…semplicemente a guardarla. Sapeva però di non poter perdere tempo, se per un motivo o per un altro anche solo uno dei suoi compagni si fosse svegliato sarebbe stato nei guai, veramente grossi.

Chiamò la brunetta per nome che in pochi secondi si ritrovò catapultata dal mondo dei sogni alla realtà, al bellissimo viso del russo.

-Kai!- fece spaventata allontanandosi dal ragazzo, dopotutto era pur sempre il suo rapitore, mentre gli chiedeva se era venuto per controllarla. Ma lui non rispose, si inginocchiò accanto a lei cingendole la vita con le braccia in quello che poteva sembrare un normale abbraccio, tanto che il corpo di Hilary fu scosso da un brivido sentendo il suo respiro caldo solleticarle dolcemente le spalle. Comprese quello che aveva fatto solo quando provò una sensazione di benessere e liberazione ai polsi, chiuse le mani a pugno per poi riaprirle subito dopo portandole davanti agli occhi. Kai fece lo stesso per quanto riguardava le caviglie, la liberò e la aiutò ad alzarsi. La giapponese stava per domandargli il motivo di tutto quello ma lui non gliene diede l’opportunità per il momento, la prese per mano portandola fuori da quella stalla. Richiuse la porta con tutti i vari catenacci in modo che se qualcuno fosse passato davanti avrebbe pensato che fosse tutto a posto, almeno finché non avrebbe aperto…nel buio la condusse alla macchina, parcheggiata isolata a pochi metri di distanza, facendola sedere sul sedile anteriore mentre lui prendeva posto alla guida, accanto a lei.

Bene, adesso rimaneva la parte più facile, almeno a dirsi, bastava mettere in moto e volare, nel senso che avrebbero dovuto fare il prima possibile, e arrivare in città, anche se una volta lì non aveva la minima idea di cosa fare.

-Adesso andiamo via di qui- le disse mentre inseriva nella fessura apposita la chiave per far partire la vettura.

-Perché fai tutto questo?- gli chiese, bloccandolo prima che potesse andare.

Kai la guardò in silenzio incrociando i suoi occhi color cioccolata che aspettavano una risposta da lui. Si aspettava quella domanda, sarebbe stato strano il contrario…

-Ti rispondo- lentamente avvicinò il viso a quello della ragazza fermandosi a pochi centimetri dalle sue labbra per darle modo di scansarsi se non lo avesse voluto anche lei. Hilary sentì batterle il cuore a mille e il rossore salirle alle guance. Era imbarazzata ma quelle iridi ametista che la fissavano non le avrebbero permesso di allontanarsi se anche avesse voluto, la incantavano, come avevano sempre fatto.

Il russo allora azzerò la distanza che li separava dando vita ad un bacio dolcissimo…entrambi chiusero gli occhi, e sognarono. Durò pochi attimi ma il tempo pareva essersi fermato per loro, era come se un istante racchiudesse tutta l’eternità. Si separò dalla ragazza interrompendo la magia, magia di cui però potevano ancora sentirne il sapore, anche se lui aveva messo in moto la macchina che già stava percorrendo la strada che li avrebbe riportati presto a Tokyo, anche se lei aveva la fronte poggiata al finestrino e sentiva pian piano il suo corpo avvolgersi di una tranquillità che da giorni non provava. Sorrisero entrambi nello stesso istante, pur senza guardarsi, lei sorrideva con tutto, la bocca, gli occhi, il viso, lui con appena abbozzato il segno della felicità sulle labbra. Passarono così tutto il viaggio di ritorno, in completo silenzio, silenzio che valeva più di mille parole…

 

CONTINUA…

 

 

Fine cap!! Oggi avevo la vena romantica, si vede??? Vi aspetto al prossimo!!!

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Capitolo 5
*** E ora? ***


Ultimo chappy

Ultimo chappy!!! Prima ringrazio tutti coloro che hanno letto fin qui e poi tutti quelli che hanno commentato: LightAngel; Lir_chan; Vale_Hiwatari; Jaly Chan; suoer gaia; Kayx_chan; solarial; lelli91 (quanto tempo!!! Ciao!!)…e ora comincio e ci vediamo alla fine!!

 

 

Accostò la macchina al marciapiede, ormai erano arrivati a Tokyo, le strade buie illuminate solo dai lampioni erano deserte data l’ora molto tarda. Hilary scese dall’auto dando un’occhiata intorno, non poteva credere di essere di nuovo nella sua città che non le era mai parsa così bella come in quel momento. Era stata lontana solo qualche giorno ma a lei, rinchiusa in quella stalla fredda e umida, era parsa un’eternità.

Si voltò sentendo sbattere la portiera della vettura, Kai l’aveva richiusa dietro di sé e si appoggiava con la schiena ad essa incrociando la braccia al petto e sollevando lo sguardo su di lei. La ragazza non poté fare a meno di tornare con la mente al bacio che le aveva dato poco prima e arrossì appena mentre gli si avvicinava, seppur titubante. I suoi occhi color cioccolato percorsero rapiti i lineamenti del viso del russo che sotto i raggi argentei della luna apparvero ancora più belli, ricordando quelle volte in cui quando era ancora sua prigioniera provava ad immaginare come potesse essere il suo volto nascosto dal passamontagna. Un venticello fresco si sollevò per la via facendo rabbrividire Hilary che abbracciò il suo corpo per cercare di scaldarsi un po’. Nonostante fosse estate la temperatura di notte non era poi molto calda. Il ragazzo vedendola tremare le cinse le spalle con le braccia stringendola a sé sorprendendo la giapponese che di certo non si aspettava una reazione simile da parte sua. Si appoggiò al suo petto lasciandosi cullare, smarrendosi nel calore che emanava il suo corpo.

-Credo sarebbe meglio che tu tornassi a casa- disse Kai dopo alcuni istanti di silenzio, come se avesse riflettuto a lungo su quella affermazione.

-E tu?- gli chiese quasi sussurrando alzando lo sguardo su di lui.

-Non lo so- si separò da lei –Ma tu è giusto che torni da tuo padre, sarà molto preoccupato per te- le diede le spalle, casa sua era pochi isolati distanti dal punto in cui si erano fermati, doveva tornarci, e lui invece…sospirò, dopo quello che aveva fatto non aveva più un posto in cui tornare ma in qualche modo se la sarebbe cavata, come aveva sempre fatto. Stava per riaprire la portiera della macchina ma aveva ancora la mano sulla maniglia che la voce della brunetta lo bloccò.

-Vieni con me- la sua pareva una preghiera. Non voleva che andasse via, non in quel modo, dopo tutto quello che aveva fatto per lei. Sapeva già dove andare, dai suoi amici a casa di Takao, se avesse portato Kai a casa sua invece avrebbe dovuto spiegare tutto a suo padre e non sapendo mentire Eiji avrebbe sicuramente chiamato la polizia e allontanato il russo dalla figlia. Invece i suoi amici avrebbero capito…o almeno sperava. Anche se non erano d’accordo con la sua decisione in un modo o nell’altro avrebbe saputo come gestirli. L’espressione seria del suo interlocutore parlò chiaro pur non essendo accompagnata da parole e Hilary si sentì in dovere di dargli una spiegazione e rivelargli quello che sentiva.

-Ho l’impressione…- cominciò incerta –che se tu te ne andassi adesso, io…non ti rivedrò più…-

 

Si fermò davanti alla porta della villa di Takao osservandola come fosse la prima volta che la vedeva. Il suo sguardo corse anche per tutta l’abitazione, attraverso le finestre si potevano chiaramente vedere tutte le stanze immerse nel buio più totale, nemmeno una piccola luce, ma era logico dal momento che era notte fonda e che probabilmente stavano tutti dormendo. Doveva ammettere di essere piuttosto nervosa, aveva paura di non riuscire a spiegare la presenza di Kai, che ora le era accanto e aspettava la sua prossima mossa in silenzio. Non poté impedire a mille domande di rimbombarle nella mente: e se non avessero capito? E se anche loro, come sicuramente avrebbe fatto suo padre, non avessero voluto sentire ragioni e avessero chiamato immediatamente la polizia? Scosse la testa, era inutile stare a tormentarsi, di certo non sarebbe potuta rimanere lì in eterno.

Il russo la guardò, non sapeva se stava facendo la cosa giusta, d’altra parte gli amici di Hilary non avrebbero mai accolto a braccia aperte colui che l’aveva rapita però quello che gli aveva detto riguardo al fatto di non vederlo più lo aveva profondamente toccato, anche se dalla sua consueta calma che traspariva dal suo comportamento nessuno l’avrebbe mai pensato. Nemmeno lui voleva perderla però…

La brunetta suonò alla porta e ispirò a fondo per raccogliere anche un po’ di coraggio, non aveva più motivo per non stare tranquilla, ormai era di nuovo libera e a casa sua. Dovette aspettare qualche minuto prima che qualcuno venisse ad aprire e poter sentire una voce, ancora impastata di sonno, oltre la porta che borbottava qualcosa che assomigliava molto ad un –Ma chi è cavolo è a quest’ora?-

Takao si trovò davanti due figure che non riuscì a distinguere immediatamente dato che aveva la vista ancora appannata tanto che dovette sbattere le palpebre più volte per mettere meglio a fuoco l’immagine. Si riprese in meno di due secondi quando comprese chi fosse la persona che gli era di fronte.

-Hilary!- esclamò sorpreso e incredulo –Ma tu cosa…- non terminò la frase perché non sapeva neanche lui cosa dire, era senza parole, ma dalla sua espressione era evidente che fosse contento e sollevato di rivedere l’amica.

-Che hai da urlare, Takao?- Daichi gli si avvicinò sbadigliando, gli occhi ancora chiusi e la maglietta del pigiama leggermente calata verso la spalla, le urla del moretto lo avevano svegliato e con lui anche Rei, Max e il professore che comparvero alle spalle del rossino.

-Ma…ochetta!- strepitò il ragazzino saltando praticamente in braccio alla giapponese cosa che gli risparmiò il solito pungo sulla testa come succedeva ogni volta che per chiamarla usava quel soprannome che lei detestava.

-Dove sei stata? Come fai ad essere qui?- il giapponese la tempestò di domande ma Rei, intuendo dall’espressione della ragazza che fosse piuttosto stanca, intervenne interrompendolo e suggerendo che prima delle spiegazioni era meglio sistemarsi comodamente in soggiorno e dare ad Hilary almeno il tempo di respirare. L’amica gli sorrise piena di gratitudine, effettivamente era sfinita, sedersi su un divano o una poltrona le sembrava la cosa migliore che potesse fare.

-Scusate ma…lui chi è?- domandò il professore notando solo in quel momento la presenza di Kai e attirando l’attenzione degli altri sul russo. I ragazzi assunsero un’espressione interrogativa, prima di allora non avevano fatto caso alla sue presenza troppo presi dal vedere Hilary sana e salva. Anche la giapponese gli rivolse un’occhiata prima di spostare nuovamente lo sguardo sui suoi compagni.

-Vi spiegherò tutto- fece decisa –Ma prima…posso usare il tuo bagno Takao?- aveva bisogno di una doccia, le serviva per rilassarsi e schiarirsi le idee, dopo cinque giorni passati in una stalla ne aveva proprio bisogno.

-Si, certo- le rispose il moretto. La ragazza lo ringraziò ma passandogli accanto gli sussurrò qualcosa all’orecchio –Ti prego, non chiedergli niente finché non sono tornata io- lo pregò accennando a Kai.

 

Aprì lentamente gli occhi sbuffando per il caldo, dentro quella stanza si soffocava, la sua maglietta era completamente zuppa e di certo i muri vecchi ma spessi davano il loro contributo a renderla un vero e proprio forno. Sbadigliò e si alzò per andare ad aprire le finestre per far passare almeno un po’ d’aria. Spalancò i vetri rivolgendo un’occhiata ancora assonnata fuori e notando che era ancora buio. Si voltò per tornare a dormire ma qualcosa, come un flash, gli passò davanti agli occhi, c’era qualcosa che non gli quadrava. Tornò nuovamente a guardare fuori, questa volta con più attenzione…la macchina non c’era. Era sicuro che l’avessero parcheggiata lì davanti, nascosta dagli alberi per chi veniva dalla strada ma visibile dalla casa, visto che distava pochi metri.

-Yuri- chiamò il suo compagno che si svegliò immediatamente.

-Cosa c’è Boris?- gli domandò con la sua solita freddezza.

-Hai spostato tu la macchina?-

 

Gettò nuovamente un’occhiata verso il misterioso ragazzo con cui Hilary era venuta, era più di mezz’ora ormai che se ne stavano in palestra senza dire una parola, lo sconosciuto per tutto il tempo era rimasto immobile in piedi appoggiato alla soglia della porta aperta e sembrava trovare estremamente interessante il giardino, dato che non aveva mai spostato lo sguardo verso l’interno, verso di loro, cosa che a Takao stava davvero dando sui nervi. Lo irritava quella sua calma o forse era semplicemente il fatto di non sapere chi fosse che lo turbava.

Sentì un peso arrivargli all’improvviso sulla spalla, tanto che lo fece sussultare ma con la coda dell’occhio scoprì che non si trattava altro di Daichi che dormiva beatamente. Sospirò e si alzò dal divano, chiedendosi come poteva il rossino dormire in un momento del genere, facendogli sbattere la testa al bracciolo del sofà costringendolo a svegliarsi per il colpo appena ricevuto.

-Ma è già mattina?- si lamentò il malcapitato massaggiandosi la parte dolorante e sbadigliando sonoramente.

-Non è il momento di dormire Daichi- fece in tono contrariato il moretto incrociando le braccia al petto e assumendo un atteggiamento serio che gli si addiceva ben poco. Il ragazzino stava per ribattere lamentandosi che fosse ancora notte fonda ma appena aprì bocca fu costretto subito a richiuderla quando vide Hilary entrare in salotto attirando su di sé l’attenzione di tutti i presenti. Indossava uno dei pigiami di Takao, che l’amico le aveva prestato, e aveva ancora i capelli umidi dalla doccia.

-Allora?- esordì per rompere la tensione cominciando a giocherellare nervosamente con le dita delle sue mani.

-Allora…credo che dovresti dircelo tu- intervenne il professore. La brunetta diede un teso e rassegnato cenno d’assenso col capo.

-Da dove comincio?-

-Ad esempio con il dirci…chi è lui- propose Max spostando l’attenzione sul silenzioso russo. La ragazza sospirò, era venuto il momento della verità, non poteva mentire e non poteva tirarsi indietro, doveva semplicemente dire le cose così come stavano.

-Lui è uno dei miei rapitori- disse tutto d’un fiato facendo letteralmente sgranare gli occhi ai suoi amici a cui probabilmente passò a tutti la stessa idea per la testa e cioè che avevano capito male, doveva per forza essere così.

-Puoi…puoi ripetere?- domandò Rei facendosi portavoce anche degli altri.

-Lui è uno dei miei rapitori- ripeté allora.

-Dico, ma sei completamente impazzita?! Come ti è saltato in mente di portarlo qua?!- sbottò Takao alzandosi dal divano ancora scioccato dalla rivelazione. La loro amica doveva aver perso la ragione, pensò che probabilmente le avevano fatto il lavaggio del cervello, quello non era affatto da lei, c’era qualcosa che decisamente non quadrava.

-Perché lui mi ha liberata- gli spiegò sibillina.

-Ma hai appena detto che…-

-Deciditi, o ti ha rapita o ti ha liberata, non può aver mica fatto entrambe e cose!- protestò Daichi interrompendo il giapponese, non ci stava capendo più niente, d’accordo che era ancora assonnato ma quello gli sembrava decisamente assurdo. Kai incurvò gli angoli della bocca in un leggero sorriso continuando però a tenere gli occhi chiusi e le braccia incrociate al petto fingendo di non interessarsi alla conversazione che invece stava ascoltando benissimo.

-Veramente si…- ribatté sotto gli sguardi sempre più confusi e scettici dei suoi compagni. Sospirò sedendosi sulla poltrona e iniziando a raccontare tutto dall’inizio altrimenti non avrebbero mai compreso la situazione. Gli disse del loro primo incontro, quello che tra l’altro gli aveva già accennato al parco il giorno stesso in cui era stata rapita, della stalla in cui era stata rinchiusa, dei suoi rapitori, del riscatto che avevano in mente di chiedere a suo padre utilizzandola come merce di scambio e soprattutto gli disse di lui, di Kai. Parlò dell’evolversi del loro rapporto e dei suoi sentimenti e del fatto che il russo alla fine aveva scelto di chiudere con quella vita, liberandola e riportandola a casa tradendo i suoi complici. Sorvolò volontariamente sul bacio che si erano scambiati in macchina, sapeva di avere il viso in fiamme e non voleva peggiorare ulteriormente la situazione.

Appena ebbe terminato nella stanza calò un silenzio che Hilary giudicò quasi soffocante, carico di tensione. Silenzio che probabilmente serviva a tutti per riorganizzare le idee che nonostante i chiarimenti della brunetta ai ragazzi parevano ancora più confuse di prima. Non perché non avessero compreso ciò che gli aveva raccontato, ma perché gli sembrava semplicemente incredibile.

-Non dite niente?- ruppe il ghiaccio stanca di sentirsi così sotto pressione come se stesse aspettando da un momento all’altro il verdetto del giudizio universale.

-Scusa, cosa dovremmo dire?- le rispose Takao scettico.

-Non lo so, qualsiasi cosa- la sua assomigliava quasi ad una supplica, anche lei come i suoi amici si sentiva confusa, non aveva la minima idea di cosa fare.

-Qualsiasi cosa? Bene, ti accontento…- rivolse l’attenzione al russo incrociando per la prima volta il suo sguardo –Non mi fido di lui, per niente-

La ragazza ribatté chiedendogliene il motivo, era vero, l’aveva rapita ma poi l’aveva anche liberata e riportata a casa impedendole che le accadesse qualcosa e che suo padre pagasse il riscatto. Lei si fidava, altrimenti Kai non sarebbe mai venuto in quella casa con il rischio che qualcuno di loro potesse chiamare la polizia per farlo venire a prendere. Il bacio che le aveva dato, i suoi occhi…non potevano mentire.

-E secondo te questo basterebbe per convincermi a fidarmi di lui? Hilary, è un criminale, chissà cos’altro ha fatto in passato!- tentò di farla ragionare ma non c’era verso, quando si metteva in testa qualcosa nessuno era in grado di farle cambiare idea.

-Non importa adesso!- replicò scattando in piedi e cominciando ad alzare il tono di voce.

-Importa eccome invece!- il moretto le urlò contro a sua volta.

-Ma…- non terminò la frase perché il russo la bloccò poggiandole una mano sulla spalla ed esercitando una delicata pressione su di lei per farla risedere.

-Ascoltate- disse, parlando per la prima volta in loro presenza –Io non sono venuto qui per cercare la vostra comprensione o il vostro aiuto. Sono qui solo perché me lo ha chiesto Hilary-

-Con questo che vorresti dire?- gli domandò Daichi.

-Che se volete me ne vado-

-La prima cosa intelligente che sento da quando mi sono svegliato- replicò acido Takao.

 

-Non c’è…- dichiarò Yuri, avevano guardato per tutto il grande campo che circondava la vecchia casa ma della macchina nemmeno l’ombra, sembrava essersi volatilizzata.

-Se è per questo manca anche Kai- dichiarò Serjey che si era unito ai compagni per la ricerca. Boris ipotizzò che come al suo solito era andato a farsi una delle sue passeggiate notturne senza avvertire nessuno, dopo tutto non era la prima che succedeva. Ma qualcuno non era affatto convinto di questa spiegazione.

-Dove vai Yuri?- domandarono gli altri due russi vedendolo correre verso la stalla.

Si fermò davanti alla porta aprendo in gran fretta i catenacci che la tenevano chiusa finché non si spalancò. Entrò al suo interno e ci trovò esattamente quello che si aspettava, ovvero niente. La ragazzina non c’era più, era sparita, e lui era più che certo che non se ne era andata da sola.

-Dannazione!- imprecò –Sapevo che aveva qualcosa di diverso in questi giorni, dovevo immaginarmelo che stava tramando qualcosa!-

-Di chi stai parlando?- volle sapere Boris che lo aveva raggiunto.

-Di Kai…-

 

-Ho capito che provi qualcosa per Kai, ma non è mica amore, giusto?- le domandò Takao, che secondo lui una cosa simile non poteva essere possibile. Hilary sussultò appena sentendo pronunciare la parola amore mentre il cuore sfuggiva al suo controllo e prendeva a battere più forte. Abbassò il capo spostando lo sguardo sul pavimento senza rispondergli. Si erano trasferiti in palestra, solo Kai controllato dal professor Kappa e da Daichi erano rimasti nel salotto, gli altri quattro invece avevano preferito continuare la discussione in privato.

-Sei innamorata di lui?! Ma sei impazzita?!- sbottò il moretto interpretando correttamente quel suo silenzio. Era preoccupato, non riusciva a capire come fosse possibile che la sua amica avesse completamente perso la testa, perché era chiaro che l’avesse persa, per un criminale, il suo rapitore per giunta.

-Tu…tu non lo conosci-

-Invece tu si? Cinque giorni non bastano per poter dire di conoscere una persona- la ragazza alzò di nuovo lo sguardo sul suo amico. Questa non poteva accettarla.

-Ma come? Tu dici sempre di conoscere un blader dopo averci combattuto!- replicò, se era vero che un incontro bastava a fargli capire come in realtà fosse un blader perché per lei non poteva essere lo stesso da uno sguardo?

-Hilary non ha tutti i torti-

-Ma Max! E’ una cosa diversa!- ribatté stupendosi che l’americano fosse d’accordo con la brunetta.

-Forse Hilary ha visto qualcosa in lui che non siamo in grado di vedere, io credo che dovremmo fidarci- Takao spostò l’attenzione su Rei, non poteva credere che si trovassero concordi con lei, anche loro si erano preoccupati durante quei giorni in cui la ragazza era sparita e lo erano stati di più quando avevano saputo che era stata rapita.

-Ho detto dovremmo, Takao- continuò il cinese notando l’espressione del moretto –Non ho detto che ci fidiamo. Però penso che sia giusto dargli un’opportunità prima di giudicare-

-Partendo dal fatto che Kai è venuto fin qui, pensaci, se avesse in mente qualcosa non avrebbe rischiato così tanto, siamo noi in questo caso ad avere in mano la situazione- aggiunse il biondino.

-Ti pregò Takao…- lo supplicò Hilary. Il suo interlocutore rimase in silenzio spostando lentamente lo sguardo su ognuno dei suoi compagni. A quanto pareva si trovava in netta minoranza. Sospirò dirigendosi verso la porta della palestra per rientrare in salone seguito dagli altri. Squadrò a lungo il russo prima di rispondere.

-E va bene- fece rassegnato, tanto se anche avesse continuato a protestare la sua amica avrebbe comunque fatto di testa sua, testarda com’era, e poi in fondo non aveva tutti i torti…se Kai aveva davvero in mente qualcosa non l’avrebbe liberata portandola dai suoi amici da solo.

-Ma prima voglio fare una cosa- asserì seriamente avvicinandosi al ragazzo. Gli si piazzò di fronte squadrandolo con aria si sfida dall’alto in basso, nonostante l’altro fosse parecchio più alto di lui. Chiuse la mano in un pugno sollevando il braccio e colpendolo in viso con forza tanto da fargli quasi voltare la testa dall’altra parte.

-Ora mi sento meglio- dichiarò guardandosi le nocche con una lieve smorfia di dolore, forse l’aveva colpito troppo forte.

 

-E adesso che facciamo?- chiese Serjey all’amico che dire che era arrabbiato era un eufemismo. Yuri sembrò rifletterci, c’era una sola cosa da fare in quel momento, per quanto fosse furente per ciò che era successo non potevano tornare in città, sarebbe stato troppo rischioso dopo il tradimento del loro compagno.

-Avverto il capo- Boris prese in mano il cellulare ma il rosso gli afferrò il braccio prima che potesse comporre il numero.

-Non ci conviene- gli disse -Se quel traditore e quella mocciosa spifferano tutto alla polizia verranno fuori anche i nostri nomi- gli spiegò.

-E allora cosa pensi di fare?- si informò nuovamente il biondo. Il ragazzo uscì dalla stanza guardando verso il bosco che attraversava gran parte della campagna circostante. C’era una sola cosa da fare…

-Se passiamo per il bosco possiamo raggiungere l’aeroporto…-

 

Hilary poggiò delicatamente il ghiaccio sul volto di Kai, appena sotto l’occhio sinistro all’altezza dello zigomo, dove c’era un taglio non tanto piccolo contornato da un livido. Nello sfiorarlo il ragazzo fece una smorfia di dolore ma non emise alcun suono, ancora mezzo intontito dal colpo che tutto sommato si era meritato. La brunetta notò che il fazzoletto dentro al quale ci aveva avvolto il ghiaccio cominciò a tingere la sua candida stoffa di rosso; la ferita del russo non aveva ancora smesso di sanguinare del tutto.

-Ti fa male?- gli chiese preoccupata.

-Il tuo amico ci ha messo tutta la sua forza nel mollarmi quel pugno- disse abbozzando un sorriso divertito. Gli si era indolenzita la parte sinistra del viso, completamente.

-Scusalo, lui…-

-Al suo posto avrei fatto lo stesso- la tranquillizzò prima ancora che potesse finire la frase. In fondo non poteva di certo aspettarsi di essere accolto a braccia aperte, anche se era stato lui a riportare Hilary a casa era pur sempre stato lui a rapirla. Il comportamento di Takao era più che giustificato. Spostò di nuovo l’attenzione sulla ragazza e vide che aveva abbassato lo sguardo come se qualcosa la preoccupasse o la turbasse.

-Kai tu…- esordì e già la sua voce si era ridotta ad un sussurro, per quanto cercasse in tutti i modi di non pensarci non riusciva a levarsi dalla mente le parole di Takao. “Cinque giorni non bastano per poter dire di conoscere una persona”.

-Perché hai fatto tutto questo per me? Voglio dire…ci conosciamo da così poco tempo…- continuò balbettando incerta anche lei su ciò che volesse dire.

Il russo la osservò per qualche istante, poi dolcemente l’attirò a sé stringendola a lui. Bastò quel semplice gesto per toglierle qualsiasi dubbio e in un attimo il suo cuore tornò limpido e sereno. Chiuse gli occhi sospirando in modo liberatorio, era vero, alcune volte l’amore fioriva dopo tanto tempo, a volte però poteva anche nascere subito senza implicare per questo che sarebbe finito prima dell’altro, in fondo non era sempre detto che il fiore che sbocciava per primo doveva essere anche il primo ad appassire…

-Credo che andrò alla polizia- ci aveva riflettuto ed era giunto alla conclusione che quella era la soluzione migliore, non poteva continuare a vivere tranquillamente come se niente fosse senza essersi liberato da quel peso che l’opprimeva, senza contare che appena si fosse saputo che era stato lui a liberare Hilary gli avrebbero fatto un sacco di domande e dal momento che lui non era capace di mentire avrebbero scoperto tutto e la sua situazione sarebbe notevolmente peggiorata.

-No, così tu…- non riuscì a non pensare che se davvero avesse raccontato tutto alla polizia avrebbero potuto condannarlo e anche arrestarlo.

-Devo farlo Hilary- si separò da lei alzandosi dal portico in legno che circondava la villa. Non aggiunse altro sperando che la ragazza avrebbe capito la sua decisione. Lo faceva anche per lei, altrimenti non sarebbe stato in grado di guardarla negli occhi senza ricordarsi quello che aveva fatto.

-Quando ci andrai?- domandò chinando il capo temendo la risposta.

-Probabilmente adesso…-

 

Chiuse il computer portatile sulla sua scrivania e guardò l’orologio appeso al muro proprio sopra la porta del suo ufficio. Aveva passato tutta la notte chiuso là dentro e stanco aveva deciso di tornarsene a casa.

Il suo piano era quello di mettersi comodamente sul divano fumandosi una bella sigaretta e comunicare ai suoi ragazzi ulteriori informazioni riguardo il ricatto, ovvero il luogo e l’ora. Quella storia era durata abbastanza, l’unica cosa che voleva era di godersi i suoi soldi e dare un taglio alla faccenda del rapimento, al più presto. Presto che non tardò a manifestarsi anche se non nel modo progettato e sognato da lui…si alzò dalla poltrona sistemandosi la cravatta e afferrando la sua ventiquattr’ore di pelle nera. Si avviò alla porta ma prima che potesse poggiare la mano sulla maniglia questa si spalancò davanti a lui e da essa comparvero due figure, due uomini in divisa. L’uomo sussultò e per un attimo il panico attraversò i suoi occhi, cosa voleva la polizia?

-Cosa posso fare per voi, agenti?- fece con quanta più calma possedesse recuperando per un attimo il contegno.

-Lei è il signor Daisuke Nakazawa?- domandò uno di loro.

-Si…sono io- rispose esitante.

-C’è un mandato d’arresto per lei- gli mostrò un foglio mentre l’altro poliziotto gli metteva ai polsi un paio di manette.

-Un momento! Ci deve essere un equivoco!- strepitò dimenandosi dalla sua presa.

-Deve seguirci in centrale- continuò quello, indifferente alle proteste di Daisuke che stava vivendo uno stato di confusione totale. L’agente chiuse la porta dell’ufficio alle sue spalle mentre l’accusato veniva portato via con la forza. 

 

Guardò l’orologio, erano le sei passate, il sole era sorto da poco ma aveva subito cominciato a brillare illuminando attraverso le finestre aperte il corridoio del commissariato. Hilary sedeva su una di quelle scomodissime sedie in plastica che dovevano costituire quella che era comunemente chiamata sala d’attesa e non riusciva a non essere nervosa. Stringeva con forza nelle sue mani l’orlo dei pantaloncini che indossava, torturandolo senza sosta mentre si mordeva il labbro inferiore cercando di placare la tensione che non voleva saperne di abbandonarla. Non riusciva ad essere calma in un momento come quello, quanto era ormai che Kai era entrato in quel maledetto ufficio? A lei sembrava un’eternità.

-Cerca di rilassarti, sei troppo tesa- la mano di Max si posò sulla sua spalla. La brunetta alzò lo sguardo su di lui e vide che le stava porgendo un bicchiere d’acqua.

-Grazie- disse prendendolo tra le mani e osservando il liquido trasparente al suo interno prima di portarlo alle labbra.

-Scusate…- continuò quando ebbe finito di bere –mi dispiace avervi coinvolto e portato qui alle sei di mattina- fece mortificata.

-Non devi preoccuparti per questo- la incoraggiò il professore sedendosi accanto a lei.

-Il prof. ha ragione! E poi ormai eravamo svegli!- si trovò concorde Daichi. La ragazza spostò l’attenzione sul rossino per poi portarla su Takao che era in piedi accanto a lui. Il moretto la guardò a lungo senza dire una parola ma non gli riuscì di rimanere serio a lungo tanto che sul suo volto comparve un sorriso rassicurante che fece sentire immediatamente meglio Hilary.

Quel momento di tranquillità però durò ben poco, la porta dell’ufficio dove molto prima era entrato il russo si aprì e la giapponese scattò in piedi correndo incontro a Kai mentre il cuore le batteva forte per l’agitazione.

-Allora?- gli chiese impaziente.

-Hanno detto che per il momento non posso allontanarmi dal commissariato-

-Quindi ancora non sai…cosa ti faranno?-

-No- il ragazzo scosse la testa spiegando che la situazione non era affatto semplice, perché non era implicato solo lui in quel caso, senza contare che avrebbe dovuto rispondere anche di tutti i crimini precedenti. Sinceramente non sperava più di tanto in un esito positivo.

-Beh…però non è detto che andrai in carcere- ipotizzò Kappa attirando su di sé l’attenzione dei compagni.

-Bisogna tenere conto che sei ancora minorenne e anche il fatto che tu ti sia costituito lo terranno in considerazione- continuò –Magari ti metteranno solo agli arresti domiciliari oppure ti faranno fare qualcosa di utile per la società-

-Volontariato intendi?- chiarì Rei.

-Già…in modo da pagare il suo debito con la giustizia- alzò le spalle –Però non vorrei fare ipotesi azzardate, non ne so molto a riguardo-

Hilary chiuse gli occhi, sarebbe stato bellissimo se fosse andata davvero come aveva detto il professore. In fondo la speranza era l’ultima a morire. Guardò Kai…di una cosa però era certa e su quella nessuno le avrebbe mai fatto cambiare idea. Si alzò in punta dei piedi baciando il russo a fior di labbra.

-Qualunque cosa succeda io ti starò sempre accanto…- gli sussurrò sciogliendosi in un sorriso, il primo della giornata. Il ragazzo le scostò i capelli dal viso ravviandoglieli dietro l’orecchio e sorridendole a sua volta.

-Lo so…-

 

FINE

 

 

Ho voluto concludere con un finale aperto in modo da lasciare immaginare a voi il seguito!! Non mi piaceva per questa fic l’idea di un finale troppo costretto!!

Spero vi sia piaciuto!!! Alla prossima!!!!!

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