Purple Suits and Red Lips di Melanyholland (/viewuser.php?uid=1195)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sympathy for the Devil ***
Capitolo 2: *** Persuasion ***
Capitolo 3: *** Butterflies and Hurricanes ***
Capitolo 4: *** Breakfast at Blair's ***
Capitolo 5: *** Split-up, Italian Style ***
Capitolo 6: *** Waldorf Talking Dirty ***
Capitolo 7: *** Queen Bees and Wannabes ***
Capitolo 8: *** Memories of Fire ***
Capitolo 9: *** The Girl Who Had Everything ***
Capitolo 10: *** A Devil with Women ***
Capitolo 11: *** Two of a Kind ***
Capitolo 12: *** Rules of Disengagement ***
Capitolo 13: *** An Affair to Remember ***
Capitolo 14: *** Do You Want to Know a Secret? ***
Capitolo 15: *** Unlucky to be a Waldorf ***
Capitolo 16: *** The Queen of Schemes ***
Capitolo 17: *** The Private Memoirs and Obsession of a Justified Sinner ***
Capitolo 18: *** Out of Control ***
Capitolo 19: *** Ladies Should Listen ***
Capitolo 1 *** Sympathy for the Devil ***
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Purple Suits & Red Lips
è una raccolta di storie autoconclusive con protagonisti Chuck e Blair, in vari
momenti della serie, sia come amici che come amanti. Le storie non saranno
correlate (a meno che così non venga specificato) né in ordine cronologico (per
cui indicherò sempre il momento in cui ci troviamo). Ultimamente mi vengono in
mente solo one-shot su questi due e quindi mi sembrava più comodo raccoglierle
tutte in una sola storia, invece di pubblicarne una nuova di volta in volta.
Spiegato questo, vi lascio alla
prima shot.
Buona lettura!^^
#1
Titolo: Sympathy for the
Devil
Autrice: Melanyholland
Summary: Chuck aveva
molti motivi per frequentare Blair Waldorf, nessuno dei quali poteva essere
rivelato al suo migliore amico Nate.
Rating: giallo
Timeline: pre-stagione 1
Main
Characters: Chuck Bass & Blair Waldorf
Disclaimer: Gossip Girl
non mi appartiene, ma mi diverte molto giocare con i suoi personaggi.
Sympathy for the Devil
Chuck Bass osservava il fumo che
si disperdeva pigramente nell’aria in uno stato di pace e rilassamento completo
che solo l’hashish di migliore qualità riusciva a donargli. Quando il trillo del
telefono gli trapanò il cervello, interrompendo quell’estasi idilliaca, si
riscoprì profondamente innervosito nonostante l’annebbiamento dei sensi.
“Nathaniel, accidenti a te,”
inveì, mentre il suo migliore amico, non meno fatto di lui, cercava a tastoni il
telefonino sul divano e lo urtava con le dita, facendolo cadere a terra con un
tonfo che risuonò per le pareti della suite del Palace stranamente
amplificato.
“Non rispondere, spegnilo.”
ordinò seccato, guadagnandosi un’occhiata confusa di Nate, che ora teneva il
maledetto oggetto trillante fra le mani.
“Ma è Blair.”
Come se a Chuck non fosse stato
ovvio fin dall’inizio, perfino sotto l’effetto del fumo.
“Appunto. Se sente che sei
fatto, piomberà qui a rompere le palle. Spegnilo.”
Nate esitò per attimi di
interminabile tortura squillante, poi finalmente gli obbedì, ancora un po’
titubante. Chuck tirò un sospiro di sollievo per il ritorno alla tranquillità e
prese un’altra boccata del suo spinello, rilassandosi fra le lenzuola del letto.
“Non sono mai riuscito a
capirlo.”
“Mmh?” ribatté Chuck, sbuffando
fumo.
“Non capisco come fate tu e
Blair a essere amici. Insomma, non siete solo diversi, siete… praticamente
opposti.” La voce di Nathaniel gli giungeva lontana e persa. Chuck considerò
la domanda, corrugando la fronte. Capiva la perplessità del suo migliore amico,
e intuiva che probabilmente era condivisa da molti dei loro conoscenti. Questo
perché, a dispetto di tutto, l’apparenza nell’Upper East Side era sul serio
tutto ciò che contava e agli occhi del bel mondo, loro erano davvero
incompatibili. Ma Chuck sapeva bene qual erano i motivi che lo legavano alla
sempre perfetta Blair Waldorf, al di là della percezione altrui.
Ricordava la prima volta che
l’aveva notata, a scuola. Blair era stata una bambina graziosa, certo, ma non
era per quello che aveva attirato la sua attenzione. Indossava sempre vestitini
pieni di fiocchi e pizzi, i capelli erano sempre acconciati in boccoli perfetti
con cerchietti e nastri colorati e, mentre le altre bambine gridavano e
correvano per tutto il cortile durante la ricreazione, lei seguiva la vivace
Serena e l’atletico Nate senza mai veramente lasciarsi andare ai loro giochi: se
si arrampicavano, Blair restava a guardarli preoccupata dal basso verso l’alto;
se si sedevano sull’erba, lei stava attenta a sistemare bene la gonna intorno
alle gambe e a sporcarsi il meno possibile. In ogni gesto, ogni atteggiamento,
perfino in ogni particolare del suo aspetto, Blair sembrava una bambola di
porcellana, più che una bambina.
Questo l’aveva irritato, perché
a cinque anni Chuck non riusciva a capire tutto quel controllo, gli sembrava
fastidiosamente ridicolo e del tutto insensato, e da sempre ciò che non
riusciva a comprendere, lo faceva arrabbiare. Perciò ignorava la bambolina e, se
i loro sguardi si incontravano per caso, le scoccava un’occhiata buia che la
faceva sempre voltare.
Poi aveva iniziato a giocare
sempre più spesso con Nathaniel e un giorno, in cortile, lui gli era corso
incontro con al fianco la bambina.
“Lei è Blair. Blair, questo è
Chuck” li aveva presentati Nate e lei aveva sorriso gentilmente, tendendogli la
mano, da vera signorina educata.
Allora Chuck l’aveva spinta a
terra.
Blair, ritrovandosi seduta nel
fango, aveva spalancato gli occhi per la sorpresa, poi aveva cominciato a
urlargli contro e a piangere, blaterando fra i singhiozzi che si era sicuramente
rotta qualcosa, che sua madre l’avrebbe sgridata perché si era sporcata il
vestito e a più riprese che Chuck era un mostro e che Nate doveva
picchiarlo per vendicarla, subito. Vederla finalmente in quello stato,
sporca, agitata e assolutamente fuori di sé l’aveva fatto sorridere, perché ora
Chuck aveva capito: Blair non era quella bambola perfetta, faceva soltanto
finta; la vera Blair era una cosa urlante e scontrosa che invocava vendette
violente alla prima occasione e la faccenda l’aveva divertito non poco.
Scorgendo il suo sorriso, la
bambina aveva fatto una smorfia indignata, smettendo improvvisamente di
piangere, si era alzata in piedi e gli aveva tirato un calcio sotto il
ginocchio, evidentemente stanca di aspettare l’improbabile reazione di
Nathaniel.
“Io ti odio!” aveva dichiarato
rabbiosa, per poi voltarsi e correre via, senza alcuna grazia, bensì con passi
pesanti e collerici.
Nate, interdetto e confuso,
l’aveva fissato massaggiarsi la gamba. Il calcio non gli era piaciuto molto, ma
Chuck era ancora contento di aver scosso la principessina.
“Però sei strano.” aveva
concluso Nate dopo un po’, guardandolo di sottecchi come se fosse un cane
randagio idrofobo, forse aspettandosi uno spintone anche lui.
Da quel giorno attraversare la
barriera di fredda perfezione che Blair creava intorno a sé al fine di rivedere
quella scintilla di appassionato fervore, era diventato uno dei passatempi
preferiti di Chuck. Ovviamente, con gli anni, aveva affinato la tecnica ed era
passato dallo spingerla nel fango e dal tirarle i capelli a fare battute e
insinuazioni più o meno velate, in particolare sul sesso, perché arrossiva
sempre, con quelle lì.
“Ma se non sai di che parli”,
aveva ribattuto Blair quando avevano dodici anni, con un’occhiata sprezzante. Al
che lui aveva sorriso di trionfo, perché in realtà sapeva di che parlava; da
nove ore, a voler essere precisi.
“Ti sbagli, Waldorf.” aveva
replicato tronfio, e lei si era voltata verso di lui, la bocca aperta, le
pupille dilatate e le guance rosse. Chuck aveva riflettuto che era uno
spettacolo da guardare, in quello stato.
“Hai fatto…” aveva cominciato,
per poi abbassare la voce in un bisbiglio: “…sesso?”
“Sì, ho fatto… sesso.”
aveva confermato, imitando il suo tono scandalizzato per irritarla; ma Blair
l’aveva ignorato, focalizzata com’era su un altro punto:
“Con chi?”
“Georgina Sparks.”
“Disgustoso.” aveva giudicato
lei all’istante, arricciando il naso e lanciando un’occhiata piena di veleno
alla ragazza in questione, che chiacchierava allegramente con Serena dall’altra
parte del salone. Blair era stata mollata al tavolo da sola quando le due si
erano allontanate per flirtare con un paio di attraenti figli di papà ed era
visibilmente offesa e irritata, quindi nello stato d’animo ideale per gli scopi
di Chuck, che aveva subito preso posto accanto a lei.
“Non lo definirei disgustoso”
aveva obiettato, con un sorriso lascivo. In realtà, la sua performance con
Georgina era stata furiosa e breve, una sgroppata quasi animalesca. Solo
un’immagine era rimasta particolarmente impressa a Chuck, ed era stata la
cascata di capelli scuri in cui aveva affondato la faccia mentre veniva.
Dettaglio piuttosto strano, c’erano parti del corpo della cara Georgie che
avrebbero meritato di attrarre di più la sua memoria.
“Perdere la tua verginità con
Georgina, Chuck?” aveva sospirato lei. “Voglio dire, A. Sul serio? B. Non ti è
venuto in mente nessuno di meglio?”
“Come te, ad esempio?” aveva
ribattuto lui seducente, posandole una mano sul ginocchio, che lei aveva
prontamente scacciato.
“Dio, no.” aveva esclamato con
veemenza, guardandolo male. “Ripensandoci, forse è la ragazza adatta a te. State
insieme, ora?”.
Al che Chuck aveva riso di gusto
della sua ingenuità, gesto che l’aveva finalmente fatta esplodere.
“Sei nauseante, Bass.” aveva
ringhiato in tutta la sua fiera bellezza. “Uno come te non può certo capire che
l’unione di due persone è qualcosa di più, qualcosa di importante.”
“Non importante, divertente,
Waldorf.” aveva ribattuto lui, imperturbato. “Provare per credere. E vorrei
aggiungere che io sarei più che lieto di mostrarti…”
“Vado a cercare Nate.” lo aveva
interrotto lei, di slancio. Chuck aveva ghignato osservandola mentre
attraversava il salone, dimentica di Serena e Georgina, per raggiungere non
Nathaniel, bensì il gruppo di ragazze che frequentava a scuola, le quali un
istante prima fissavano ammirate il flirtare disinvolto di Serena, un attimo
dopo attorniavano una raggiante Blair e pendevano dalle sue labbra, scoccando
ogni tanto un’occhiata furtiva a lui.
Chuck si era versato una
generosa dose di champagne, soddisfatto. Non era facile crearsi una reputazione
e quello era stato un colpo da maestro: in quel modo tutti avrebbero saputo che
aveva fatto sesso, senza che lui facesse la figura del ragazzino smanioso di
raccontarlo.
Con l’arrivo della scuola
superiore, Chuck aveva scoperto che dietro i sorrisi radiosi di rossetto, Blair
celava non solo un carattere energico e impetuoso, ma anche una mente affilata,
un’ambizione irrefrenabile e un animo perfido quasi quanto il suo, tutte qualità
che non poteva non apprezzare in una donna. Inoltre Blair era estremamente
piacevole da guardare: con le sue gonne al ginocchio e le sue collane di perle,
sembrava una di quelle ragazze di chiesa, pura, innocente, devota. Quell’anima
maliziosa celata sotto l’aspetto di un angelo e il fatto che fosse vergine
stuzzicavano le sue fantasie, tanto più che, essendo pure la ragazza ufficiale
di Nathaniel, per lui era intoccabile, al contrario di tutte le giovani donne
che di solito attraevano la sua attenzione.
C’erano ovviamente sempre stati
sogni su di lei, a volte anche nei momenti di veglia -quelle labbra rosse e
piene e quelle gambe flessuose avrebbero fatto galoppare l’immaginazione di
uomini ben più virtuosi di lui-, ma Chuck avrebbe mentito a se stesso se non
avesse ammesso che, dopotutto, passare il tempo con lei anche sapendo che non
sarebbero mai finiti a letto non gli dispiaceva più di tanto. Aveva a
disposizione tutte le scopate che voleva e Blair lo intratteneva in modo
differente.
“Conosci Gertrude Burlingame?”
aveva esordito senza salutarlo, sedendosi accanto a lui sul divano durante un
party organizzato da Lily Van Der Woodsen, solo pochi giorni prima.
“Sai che i nomi non mi dicono
niente”, aveva risposto lui con un’alzata di spalle, poi aveva fatto un
sorrisetto. “Ora, se potessi dirmi taglia di reggiseno e posizione preferita,
forse…”
“Quella là.” aveva insistito
Blair con un cenno del capo, il tono sdegnoso. Chuck aveva individuato la
ragazza in questione -una rossa con gambe chilometriche e un sedere sodo e
rotondo strizzato in una minigonna di Dior- e aveva inclinato la testa di
lato, cercando di ricordare se se l’era mai portata a letto. La ragazza aveva
incontrato il suo sguardo e gli aveva lanciato un sorriso provocante e
compiaciuto, prima di tornare a guardare la sua amica. Chuck aveva sogghignato.
“Sì, me la sono fatta.” aveva
mormorato, più a se stesso che a Blair, che infatti aveva sbottato:
“Chi se ne importa! Quella troia
la deve pagare.”
“Che ti ha fatto?”
“Ha rubato la mia
attività extra-curriculare.” aveva affermato, come se spiegasse tutto. Lui aveva
alzato le sopracciglia senza dire una parola e lei aveva sbuffato.
“Chuck, Yale, hai presente? Il
college dove devo assolutamente essere accettata? Non ti prendono se hai solo
ottimi voti, devi anche fare sciocchezze come sport e attività extra
scolastiche, e avevo trovato l’attività perfetta, e quella cagna me l’ha
soffiata.” aveva chiarito, ed era così accalorata che la pelle scoperta dalla
scollatura del vestito si era tinta di una deliziosa tonalità di rosso. “È
rimasto solo un posto nel corso di matematica superiore e hai visto che razza di
gente lo frequenta?”.
“Non vedo dove sia il problema.”
aveva obiettato lui pigramente, bagnandosi le labbra con lo scotch. “Ti troverai
a tuo agio in mezzo ai secchioni, Waldorf. Scommetto che sarete tutti quanti
ossessivi, frustrati e vergini”.
Quello gli aveva fatto
guadagnare un’occhiata carica di astio che non aveva per nulla guastato il suo
divertimento.
“Lascia stare, Bass.” aveva
detto esasperata e ostile, alzandosi per andarsene; ma Chuck l’aveva bloccata,
afferrandola per il polso e facendola cadere di nuovo sul divano con un gesto
brusco e energico. Lo spostamento d’aria gli aveva fatto arrivare alle narici il
suo profumo e la gonna, risalendo un po’, gli aveva offerto la vista di una
coscia avvolta in sottile seta trasparente.
“Che accidenti fai? Idiota!”
aveva reagito lei stizzita, liberandosi della sua presa, per poi sussultare e
guardarsi intorno, preoccupata che qualcuno si fosse accorto della poco
signorile caduta e dell’altrettanto poco elegante reazione. Quando era tornata a
rivolgersi a lui, si era resa conto della direzione del suo sguardo e con uno
sbuffo aveva aggiustato l’orlo della gonna sulle ginocchia.
“Rilassati, Waldorf.” l’aveva
ammonita con una condiscendenza che sapeva l’avrebbe fatta infuriare ancora di
più. “Si stava parlando di una vendetta, qui e non mi pare avessimo finito”.
Il fatto che lui dopotutto fosse
interessato e volesse aiutarla l’aveva rabbonita, ma non molto.
“Tutti hanno uno scheletro
nell’armadio. È uno dei motivi per cui il sito di Gossip Girl si aggiorna
in continuazione. La cagna non è da meno, ne sono sicura.” aveva affermato
freddamente, poi gli aveva rivolto quel sorriso dolce che lui sapeva essere
subdolo e calcolato, e che per questo gli sembrava estremamente sexy.
“Tu potresti scoprirlo, per me.”
aveva suggerito, in un tono che rispecchiava il suo sorriso.
“Come?” aveva replicato, con
falsa ingenuità.
“Lo sai, Chuck. Seducila, e ti
dirà tutto quello che vorrai sapere. Crederà perfino di essere speciale, visto
che sei disposto a concederle una seconda volta.” aveva aggiunto, e la spietata
crudeltà che c’era dietro quell’improvvisa intuizione lo aveva reso fiero di
Blair. Persuadere Gertrude del fatto che fosse rimasto colpito da lei era la
tattica che lui stesso aveva pensato subito di utilizzare.
Complotto, sesso e distruzione
sociale. Tutto questo gli aveva offerto la tanto affascinante quanto perfida
Blair Waldorf, trasformando una festa banale in una serata piena dei suoi svaghi
preferiti e sarebbe stato davvero un peccato rifiutare. Nathaniel restava la sua
compagnia preferita ma, francamente, lui non gli forniva mai simili diversivi.
“Lo farai?” lo aveva incalzato
Blair, il tono dolce e il sorriso da bambina pestifera.
Chuck aveva preso delicatamente
la mano di lei e se l’era portata alle labbra:
“Principessa, lo sai che sono
sempre a tua disposizione.” aveva dichiarato nel suo tono più fascinoso,
baciandole la pelle morbida. Il sorriso di Bliar si era allargato vittorioso,
svelando tutta la sua malizia e lui le aveva sorriso di rimando allo stesso
modo, senza smettere di tenerle la mano.
“Perfetto. Mandami un messaggio
appena sai qualcosa. Prima di domani sera voglio che la troia sia finita.”
“Lo sarà, sta’ tranquilla.”
aveva confermato, borioso. “Nessuna donna può resistere a Chuck Bass.”
“Non ho mai capito il perché.”
aveva ribattuto lei impertinente, guardandolo da capo a piedi con occhi ricolmi
di spregio, ma era ancora sorridente.
“Oh, io credo di sì.”
“Cosa?”
“Andiamo, Waldorf. Dillo che hai
un debole per me da sempre.” l’aveva pungolata, aspettandosi un insulto e un
commento acido; ma la notizia della distruzione imminente della ragazza
Burlingame doveva averla messa davvero di buonumore, perché invece Blair aveva
riso, una reazione atipica.
“Sì, e Nate è solo un mezzo per
arrivare a te.”
“Sapevo che prima o poi lo
avresti ammesso. Prendiamo una stanza e realizziamo il tuo sogno.”
Blair aveva scosso la testa, poi
si era accorta che lui le stava ancora tenendo la mano e l’aveva sfilata con un
movimento rapido, tornando improvvisamente seria.
“Dacci un taglio, Bass e mettiti
all’opera, piuttosto.” aveva concluso, recuperando il suo algido contegno. Chuck
non aveva potuto impedire a se stesso di provare un pizzico di disappunto al
cambio repentino di atmosfera e alla perdita del soffice calore fra le sue dita
e questo l’aveva irritato profondamente. Lui era Chuck Bass e non sbavava certo
per essere tenuto in considerazione dalla vergine bigotta della Constance.
Così aveva detto, con voce melliflua: “E tu torna dal caro Nathaniel, anche se
dubito che si sia anche solo reso conto della tua assenza. Serena stasera è una
visione”, riempiendosi di maligna soddisfazione quando lei si era irrigidita,
dimostrandogli che aveva toccato un nervo scoperto.
Il piano contro Gertrude
Burlingame era andato ovviamente a buon fine e ora Chuck si ritrovò a sorridere
al ricordo mentre, sdraiato sul letto, prendeva un’ultima boccata del suo
spinello e lo spegneva nel posacenere sul comodino. Perso in quel trip nel
passato, si accorse solo in quel momento che non aveva ancora dato una risposta
al buon Nate. Non che fosse un problema, probabilmente il tempo era diventata
una dimensione confusa anche per il suo migliore amico.
“Che vuoi che ti dica,
Archibald? Non voglio costringerti a scegliere fra il tuo migliore amico e la
tua ragazza. Sappiamo tutti e due come andrebbe a finire e sarebbe uno spreco,
visto che ancora non te la sei scopata”.
Nathaniel rise dal divano e non
aggiunse nulla, per fortuna. Certi temi semplicemente non erano argomento di
conversazione, soprattutto durante un pomeriggio di relax come quello.
Chuck chiuse gli occhi, tentando
di svuotare la mente, quando la tortura ricominciò a tradimento. Imprecò ed
emise un suono seccato.
“Stavolta è il tuo, amico.”
sottolineò Nate, vagamente divertito.
Chuck tirò fuori il cellulare
dalla tasca dei pantaloni; aveva avuto intenzione di spegnerlo, ma c’era una
minima possibilità che suo padre decidesse di chiamarlo per qualche motivo
–aveva la strana abilità di ricordarsi della sua esistenza nei momenti meno
opportuni- e non voleva dargli l’occasione di lamentarsi del fatto che non
poteva mai contare su di lui quando ce n’era bisogno. Aveva già innumerevoli
spunti per criticarlo, non era il caso di allungare la lista.
Non era Bart, però. Chuck
rifletté se accettare la chiamata o no, poi sospirò e premette il pulsante.
“Che vuoi, Blair?”
“Tu puoi risponderle e io no?”
protestò Nate, ma non era arrabbiato. L’hashish lo rendeva allegro e spensierato
come un cartone animato.
“Chuck! Nate è lì con te? Ha
spento il cellulare e non so dov’è.”
Che lagna, pensò Chuck, e si
chiese per quale motivo avesse risposto.
“Sì, è con me, non bagnarti gli
slip.”
“Sei repellente, Chuck. Dove
l’hai portato? Non sarete in uno strip-club o qualcosa del genere, vero?”
“Perché no? È l’unico modo che
ha quel povero ragazzo di vedere un po’ di tette.” replicò, ma quando l’orecchio
gli si riempì delle proteste e degli insulti di Blair quasi si pentì della
battuta. Ma perché aveva risposto?
“Senti, te lo mando appena ha
smaltito il fumo, okay?” le assicurò, trattenendosi a stento dall’attaccare il
telefono. Era pur sempre la ragazza del suo migliore amico e gli isterismi non
erano una novità del giorno.
“L’hai fatto fumare?” lo
accusò furibonda e Chuck notò con stizza che, ancora una volta, la colpa era
interamente sua. “Lo sai che stasera c’è la cena per il fidanzamento dagli
Sheppard! Non posso presentarmi con un cavaliere in uno stato pietoso! Che ti è
saltato in ment-”.
Quando era troppo era troppo e
Chuck spense il cellulare, scaraventandolo lontano. Al diavolo sia Blair che
Bart, gli stava scoppiando il cervello.
“Le hai attaccato il telefono in
faccia?” domandò Nate, gioiosamente incredulo.
“Così sembra.”
“Grosso errore. Blair non te la
farà passare liscia, stasera.” rise il suo migliore amico. Chuck sospirò,
coprendosi gli occhi con il braccio, mentre nella sua mente affiorava l’immagine
di una bambina imbronciata e sporca di fango che gli tirava un calcio.
“Probabilmente.” concesse,
l’irritazione totalmente sfumata mentre un sorriso gli increspava le labbra.
Quell’hashish doveva essere
davvero fenomenale.
Fine#1
Note
dell’Autrice:
[1] “Sympathy for the Devil” è una canzone dei Rolling Stones.
[2] Vorrei ringraziare tanto chi ha letto e commentato la mia ultima
storia su Gossip Girl, “The Driver’s Tale”:
joke09: grazie, sono
felice che ti sia piaciuta e ci tengo a dirti che mi ha fatto molto piacere
leggere le tue lodi e i tuoi incoraggiamenti. Spero di riavere presto le tue
impressioni.
bruciamente: il tuo lungo
e dettagliato commento mi ha lusingata e fatto sorridere come una scema ogni
volta che ci ripensavo nei giorni a seguire, cosa di cui ti ringrazio davvero di
cuore. Fa sempre piacere ricevere commenti così curati da qualcuno che
evidentemente conosce molto bene la serie e sa a sua volta scriverne abilmente.
Ho apprezzato tanto anche il tuo appunto su “Le Rouge et Blair”, perché mi ha
fatto riflettere su come ho reso il personaggio in quella storia fino a farmi
ammettere che, effettivamente, la riappacificazione è stata un po’
semplicistica. Sono comunque contenta che anche quella ti sia piaciuta (piace
anche a me, nonostante tutto xD). A questo proposito, mi piacerebbe che mi
dicessi se secondo te ho reso bene i personaggi in questa storia. Non è stato
facile scrivere dal punto di vista di Chuck^^” Grazie anche di aver aggiunto la
storia tra i preferiti. Un bacio, spero di risentirti.
Kaicchan: grazie a te di
lasciare sempre un commento alle mie storie e di avermi aggiunta fra i tuoi
autori preferiti, sei adorabile. Anche questa storia è su Chuck e Blair, non
propriamente come coppia, ma spero sia stata di tuo gradimento comunque. Ti
ringrazio dei complimenti e mi auguro di ricevere ancora le tue impressioni. Un
bacio.
cherol: grazie! Mi sono
sempre chiesta cosa pensasse Arthur di tutte le cose che accadono in quella
limousine, da lì è nata la storia. Sono contentissima che tu l’abbia apprezzata.
Mimi18: sono davvero
felice di aver ricevuto il tuo commento a “The Driver’s Tale” e che ti sia
piaciuto il mio Arthur. Personalmente credo che fare da autista al giovane Bass
metterebbe a dura prova la sanità mentale di qualsiasi individuo, perciò ho
sempre avuto simpatia per il personaggio, durante la serie.xD Grazie per le
belle parole e per aver aggiunto la storia tra i preferiti. Un abbraccio.
Vorrei ringraziare anche
after_all e Kaho_chan per aver aggiunto la storia tra le preferite.
Al prossimo aggiornamento.
Mel
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Capitolo 2 *** Persuasion ***
New Page 1
#2
Titolo: Persuasion
Autrice: Melanyholland
Summary: quando Blair
vuole qualcosa, è disposta a tutto per ottenerla. Anche a fare i conti con il
diavolo dell’Upper East Side.
Rating: arancione
Timeline: dopo la 1x02 (The
Wild Brunch) e prima della 1x03 (Poison Ivy).
Main
Characters: Blair Waldorf & Chuck Bass
Persuasion
Non per la prima volta, Blair si
chiese come Serena Van Der Woodsen riuscisse a distruggere sempre tutto ciò che
lei costruiva con fatica. Le bastava sorridere con le sue labbra perfette e
scuotere la lunga chioma bionda e chiunque le stesse intorno restava ammaliato,
pronto a mettersi sulle ginocchia e obbedire ad ogni suo ordine, dedicandole la
sua completa attenzione. Era sempre stato così. Non importava quanto Blair
s’impegnasse, le ragazze a scuola, i ragazzi che incontravano, per tutti quanti
la migliore era sempre Serena. Perfino Nate, che avrebbe dovuto amare Blair al
di sopra di ogni altra, considerarla speciale e unica, era stato rapito dagli
occhi azzurri e dal fisico da modella di lei. Blair aveva sopportato per anni
l’opprimente presenza di Serena al suo fianco, Serena che era ignara di tutti
fuorché di se stessa, che pensava solo a divertirsi - e di certo si era
divertita con Nate; lo aveva sedotto, aveva tradito la sua migliore amica, non
perché per lei Nate contasse qualcosa, ma solo per spassarsela un po’- , Serena
che era tornata dopo essere fuggita vigliaccamente, declamando che era cambiata,
per poi incontrarsi di nascosto con Nate in una stanza d’albergo alla prima
occasione. Blair era stanca di essere l’ombra di una ragazza del genere, falsa,
traditrice, una stronza che fingeva ipocritamente di non essere tale. Durante
l’assenza di Serena aveva assaggiato il frutto della libertà e della popolarità,
era diventata lei la Regina, e non avrebbe permesso che le cose cambiassero, che
le rubasse di nuovo la scena. L’avrebbe distrutta, doveva solo studiare un
piano.
Blair sospirò, scrutando la
sala. La vendetta contro Serena non era l’unica cosa di cui doveva occuparsi.
L’Ivy Week era alle porte, i rappresentanti dei college sarebbero presto
arrivati a scuola e in quel disastro che minacciava di diventare la sua vita
negli ultimi tempi, non poteva aggiungerci anche il rischio di non fare bella
figura con il rappresentante di Yale. Blair intendeva monopolizzare la
sua attenzione, per dimostrargli che era l’unica scelta possibile per il
prestigioso college. Purtroppo, erano i ragazzi del St. Jude che facevano
da accompagnatori ai rappresentanti, quindi era scontato che si sarebbe trovata
di fronte un rivale, desideroso come lei di dare il meglio di sé per fare buona
impressione.
Il che era assolutamente
inaccettabile, per Blair. Il rappresentante di Yale era suo.
In un primo momento aveva
pensato di chiedere a Nate di proporsi come accompagnatore, ma Blair sapeva fin
troppo bene quanto il Capitano spingesse suo figlio per andare alla Dartmouth.
Di certo Nate avrebbe fatto il colloquio per quel college. Quindi, purtroppo per
lei, c’era solo un altro ragazzo del St Jude a cui poteva chiedere quel
favore, certa che non si sarebbe intromesso, lasciandole campo libero con il
rappresentante del college dei suoi sogni.
Quello era il motivo per cui si
trovava al Palace e per il quale i suoi occhi scandagliavano la sala alla
ricerca di Chuck Bass. Prevedibilmente, lo trovò seduto su uno sgabello al
bancone del bar, con una mano intorno a un bicchiere di scotch e l’altra su una
coscia della donna che gli sedeva accanto. Blair roteò gli occhi con un sospiro
e lo raggiunse con lunghe falcate sui tacchi.
“Aria, tu.” apostrofò la modella
o squillo o qualunque cosa fosse, sventolando la mano in un gesto sprezzante.
Quella la fissò con aria oltraggiata, poi spostò lo sguardo su Chuck,
aspettandosi probabilmente che lui la difendesse. La stupidità di questa
illusione fu in parte ripagata dalla sveltezza con cui capì che lui non avrebbe
fatto niente di simile –l’attenzione di Chuck si era spostata tutta su Blair- e
con cui se ne andò, maledicendo entrambi.
“Potrei anche arrabbiarmi per
quello che hai appena fatto, Waldorf.” esordì lui pigramente, poi fece un
sorrisetto vizioso: “Beh, a meno che tu non sia qui per prendere il posto di
Jasmine come mio svago della serata.”
“Continua a sognare, Bass.”
“Te? Sempre.” ribatté lui senza
perdere un colpo, da viscido donnaiolo quale era. Fortunatamente, Blair era
immune alle battute studiate di Chuck Bass. Sperò d’altra parte che lui non lo
fosse del tutto al suo fascino, quando sciolse l’espressione seccata per
rivolgergli il più dolce dei suoi sorrisi:
“Mi offri da bere?”
“Perché no?” acconsentì lui,
facendo un cenno al barista. “Non perdo mai occasione di offrire alcol a
un’affascinante e innocente ragazza tutta sola al bar.”
“Ne sono certa.” ribatté lei
mordace, interrompendo per un attimo la recita. Chuck le sorrise sereno e ordinò
il suo drink preferito, Martini con oliva.
“Allora, principessa: a cosa
devo l’onore della tua visita?”
“Mi stavo domandando…” cominciò
Blair, portando il bicchiere alla bocca e lasciando che il liquido le bagnasse
appena le labbra. Non le sfuggì il modo in cui gli occhi di Chuck seguirono
tutta la manovra e, istintivamente, usò la punta della lingua per assaporare una
goccia che si era soffermata sul labbro superiore. Più tardi si sarebbe chiesta
cosa le era preso, ma in quel momento le piaceva l’idea di poter provocare un
po’ il playboy senza cuore dell’Upper East Side. Lo sguardo intrigato che Chuck
le stava rivolgendo la faceva sentire incredibilmente sexy.
“… se sono bravo come dicono?”
la interruppe lui, per poi sporgersi verso di lei e abbassare il tono in un
sussurro seducente: “Anche di più, Waldorf. Vuoi provare?”.
Blair lo spinse indietro,
lanciandogli un’occhiataccia che non era certa lui avesse recepito, concentrato
com’era sulle sue labbra. Iniziava davvero ad innervosirla.
“No, Bass. Mi stavo
chiedendo in che college pensi di andare dopo il liceo.” tagliò corto, in tono
pratico.
Alle sue parole, Chuck smise di
fissarle la bocca e aggrottò le sopracciglia, contrariato.
“Non dirmi che mi hai mandato a
monte una scopata sicura per parlare di college”.
La voce era calma, ma Blair lo
conosceva abbastanza da sapere che non era contento e, per quanto infastidirlo
di solito le provocasse un sottile piacere, al momento non era lo stato d’animo
più auspicabile per ciò che aveva in mente.
Così, memore del fascino che a
quanto pareva esercitava la sua bocca su di lui, Blair si mordicchiò il labbro
inferiore.
“Oh, andiamo, Chuck. Credevo
preferissi me a una squillo anoressica.” disse in tono lezioso, giocherellando
con il bastoncino del drink.
“Non se tu sei decisa ad
annoiarmi.” obiettò lui, per niente rabbonito. “Quindi, a meno che tu non voglia
salire in camera mia e toglierti quell’orrenda tonaca, e in quel caso ti giuro
che potrai parlarmi di quello che vuoi, vieni al punto senza tante moine o
vattene, Blair.”
“È un Waldorf originale”,
replicò lei freddamente. Voleva dirgli ben altro, ma bevve un sorso di Martini
per inghiottire con il drink ogni risposta ostile che le pesava sulla lingua. La
cosa peggiore era che il vestito che sua madre l’aveva costretta ad indossare
era davvero orrido: collo alto, maniche lunghe e gonna fino ai polpacci,
nascondeva le sue già non notevoli curve e la faceva sembrare pronta ad entrare
in un convento, come lui aveva poco elegantemente sottolineato.
Quando Chuck colpiva, centrava
sempre il bersaglio.
Blair decise di lasciare da
parte i teatrini, che comunque lui aveva appena svelato, e disse con voce
algida:
“Si sta avvicinando la Ivy Week
e volevo solo capire per quale rappresentante ti saresti offerto come
accompagnatore.”
“Ah, adesso è tutto chiaro”,
sorrise Chuck, muovendo il bicchiere in circolo per far ondeggiare il liquido
ambrato al suo interno. Finì lo scotch tutto d’un fiato, poi posò il bicchiere
vuoto sul tavolo e lo sguardo divertito su di lei. “Potrei considerare Yale,
tutto sommato.”
“Lo faresti?”.
Chuck non rispose, continuando a
fissarla in silenzio. Blair gli restituì lo sguardo, altera come una regina,
anche se il suo scrutinio la metteva un po’ a disagio, soprattutto dopo il
commento offensivo sull’abito che indossava. Si chiese che avesse da guardarla
tanto. Forse, nella mente perversa di lui, un vestito castigato aveva una
qualche attrattiva sessuale. Insomma, sicuramente Chuck pensava al sesso
qualunque cosa guardasse, malato com’era.
Alla fine, esasperata e con le
guance che cominciavano ad accalorarsi, Blair fece uno sbuffo seccato che parve
scuoterlo dalla sua contemplazione. Chuck si voltò verso il barista e ordinò un
altro scotch, quasi volesse perdere più tempo che poteva per torturarla – e
conoscendolo, di certo era la sua intenzione-, poi rispose, in un bisbiglio
provocante:
“Se ti dicessi di sì, cosa avrei
in cambio?”
Blair gli sorrise, irriverente:
“La mia anima quando morirò. Non
è questo il patto standard?”.
Il riferimento al diavolo lo
fece ridere e a Blair fece piacere, nonostante tutto. Gli altri non sembravano
credere che lei potesse essere spiritosa –Serena era sempre stata per
tutti quella divertente- e invece riusciva a far ridere perfino Chuck Bass.
“Devo ammetterlo, Waldorf, era
buona”, la lodò lui, alzando il bicchiere in un brindisi. “Posso solo immaginare
che altre meraviglie sappia fare quella tua bocca favolosa.”
“Disgustoso, Chuck.” osservò lei
con una smorfia, senza riuscire a controllarsi.
“Era un complimento.” scrollò le
spalle lui, la caricatura di un sorriso tenero sulle labbra. Blair alzò gli
occhi al soffitto, poi insisté:
“Allora? Ti va di proporti per
Yale?”.
Chuck bevve un sorso del suo
drink senza dire una parola, continuando a tirarla per le lunghe. Blair si
chiese se volesse punirla per aver mandato via la sua conquista della serata.
“Insomma, per te un college
vale l’altro” proseguì, quando vide che Chuck non accennava a rispondere; poi
mise sul tavolo qualcosa anche per lui: “E ti conviene scegliere Yale.
Verrai al ricevimento come accompagnatore, ma dato che intratterrò io il
rappresentante al posto tuo, sarai libero di fare quello che vuoi: bere
alcolici, insidiare ragazze innocenti…”.
Chuck sorrise compiaciuto, ma
ribatté: “Quelle cose posso farle comunque”.
Blair cominciava ad essere
davvero stanca del suo atteggiamento da prima donna. Non che ne fosse sorpresa:
fin da piccolo, Chuck era stato insopportabilmente egocentrico, ostinato e
volubile. Doveva sempre farsi pregare oppure ottenere qualcosa per i suoi
favori, come quando Blair gli aveva chiesto, a otto anni, di cancellare il suo
week-end di gioco con Nate perché a lei serviva il suo cavaliere per una festa
di compleanno. Chuck le aveva domandato in cambio di poterle sbirciare sotto la
gonna e, quando lei aveva rifiutato scandalizzata, lui aveva messo il broncio e
le aveva rubato Nate per tutta la settimana seguente.
Blair rifletté che forse era
stato un errore interromperlo prima che portasse a letto quella tizia, era
sempre più socievole, dopo. Aveva una gran voglia di prenderlo per i risvolti
della giacca elegante e scuoterlo finché non le avesse detto di sì, ma optò per
qualcosa di più sottile, suggeritole dal ricordo:
“E se te lo chiedessi per
favore?” bisbigliò sensualmente, e com’era ovvio il pervertito parve
all’improvviso interessato. Blair si trattenne a stento dal lanciargli
un’occhiata piena di ripugnanza e continuò strategicamente, con voce delicata:
“Pensavo che fossimo amici, Chuck”.
Blair si sporse verso di lui per
aggiustargli la cravatta, percependo così il suo respiro contro la fronte. Esitò
più del necessario, accarezzando con le dita la stoffa della giacca e quando si
ritrasse, vide Chuck che la fissava con un’espressione indecifrabile, subito
rimpiazzata da uno dei suoi sorrisi lascivi:
“Se me lo chiedi così, non posso
rifiutarti niente, principessa.” dichiarò, in tutto il suo fascino. “A
proposito, mi domando quando tu mi ripagherai con la stessa gentilezza.”
“Lo sai, Chuck. Te l’ho detto
prima.” ribatté Blair, mentre si alzava in piedi. “Nei tuoi sogni.”
“Magari una notte potrei
telefonarti e raccontartene qualcuno”, suggerì lui, vizioso. “E tu potresti
dirmi come sogni me.”
“Io non faccio sogni su di te,
Bass.” mise in chiaro lei, in tono sdegnoso. Chuck, insolente e arrogante come
al solito, fece un sorriso scettico:
“Se lo dici tu.”
“Al massimo, puoi essere
comparso in qualche incubo.” rincarò la dose.
“Tu li chiami incubi, la gente
normale li chiama sogni erotici, Blair.”
“Chuck!” esclamò lei
indignata, colpendolo sul braccio. Non poté impedire al calore di salirle alle
guance e la cosa la infastidì ancora di più. Chuck purtroppo pareva godersi ogni
minuto, un ghigno divertito stampato in faccia.
“Questa conversazione è
ufficialmente conclusa.” stabilì Blair, ritrovando il suo tono freddo e
controllato. “Ci vediamo domani a scuola, non dimenticare di segnarti nella
lista degli aspiranti a Yale, appena arrivi.”
“Sì, mio capitano.” la provocò
lui. Blair scosse la testa esasperata e si allontanò, felice di essersi lasciata
alle spalle Chuck e di aver raggiunto il suo obiettivo.
Chuck, da parte sua, era
altrettanto soddisfatto di come erano andate le cose. Era solo mezzanotte, aveva
tutto il tempo del mondo per procurarsi un’altra ragazza consenziente o al
massimo recuperare Jasmine e Blair era stato un piacevole imprevisto nella
fiacca routine della serata. Per Chuck, niente era peggio della monotonia e
della noia.
Mentre scoccava un’occhiata
seducente a una stupenda trentenne che sorseggiava un Cosmopolitan, Chuck non
riuscì a fare a meno di chiedersi con un sorrisetto come l’avrebbe presa Blair,
se avesse saputo che si poteva risparmiare tutta quella fatica e quelle
lusinghe. Guardarla impegnarsi tanto per convincerlo, ignara del fatto che lui
si era già proposto per Yale, era stato piuttosto divertente.
L’Ivy Week non si stava
rivelando una noia come aveva pensato, in fin dei conti.
Fine#2
Note dell’Autrice:
[1] “Persuasion” è un romanzo di Jane Austen.
[2] Ultimamente mi piace scrivere dei Chuck e Blair delle prime puntate,
non so perché. Nella prossima storia credo però che esplorerò la loro dinamica
di coppia, mi manca un po’.^^
[3] Grazie, grazie, grazie a tutti coloro che hanno commentato lo scorso
capitolo:
Ray08: sono contenta che
ti sia piaciuta. Che ne pensi di questo aggiornamento? Fammi sapere.
cilieginamarta: grazie!
Mi ha fatto piacere ricevere il tuo commento, spero di risentirti. Un bacio.
Kaicchan: ritrovarti fra
i recensori è sempre una gioia. Davvero, i tuoi commenti sono incoraggianti e
lusinghieri, mi auguro di non deluderti mai. Ti ringrazio delle lodi e di aver
aggiunto la fanfic alle preferite e alle seguite. Un bacio.
joke09: ciao! Beh, per me
è bello poter leggere ancora le tue impressioni.^^ Grazie di cuore dei
complimenti e delle osservazioni sul mio stile di scrittura e sulla
caratterizzazione dei personaggi. Io cerco sempre di non scadere nell’OOC, ma
non è facile. Spero tanto di poter ricevere il tuo parere anche su questa
storia. Baci.
speranza19: wow, ti
ringrazio. Anche a me piace molto il rapporto ambiguo di Chuck e Blair, quel
gioco di sottintesi e apparente contrasto, sono contenta di essere riuscita a
comunicartelo bene. Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensi anche di questo
aggiornamento. Ancora grazie delle belle parole e per aver aggiunto la storia
tra le preferite. Un bacio.
Ci tengo a ringraziare anche
k_Lu per aver messo la storia tra le preferite.
Questo è tutto, per ora.
A risentirci,
Melany
|
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Capitolo 3 *** Butterflies and Hurricanes ***
New Page 1
#3
Titolo:
Butterflies and Hurricanes
Autrice:
Melanyholland
Summary: Blair sapeva che
avrebbe dovuto evitare di giocare ad un prezzo così alto, soprattutto contro
Chuck Bass.
Rating: arancione
Timeline:
episodio 1x08 (Seventeen Candles).
Pairing:
Blair/Chuck
Butterflies and Hurricanes
La sua prima percezione fu una
sensazione di calore avvolgente e rassicurante che le fece fiorire un sorriso
spontaneo sulle labbra. I suoi occhi erano ancora chiusi, la mente lontana,
persa nella vaghezza senza tempo fra sonno e veglia, ma dentro di sé, Blair
aveva la certezza che era nel posto giusto e che tutto andava bene. Perfino il
delicato tocco sulla sua spalla scoperta e il respiro che le accarezzava la
pelle erano okay, dolci ornamenti di quella sensazione di tenera protezione.
A rompere quello stato perfetto
fu una sola parola, pronunciata in un sussurro rauco vicino al suo orecchio:
Blair.
Chiaramente non era il suo nome
il problema, quanto la voce che l’aveva pronunciato. In un attimo, Blair fu
colpita dalla greve consapevolezza che erano le labbra di Chuck che le stavano
posando piccoli baci sulla spalla, il respiro di Chuck che le solleticava la
pelle, il corpo di Chuck che l’avvolgeva in un abbraccio. Il corpo nudo
di Chuck, per l’esattezza; e anche lei era nuda, realizzò, mentre le immagini
della notte che avevano passato insieme si facevano largo nella sua mente, prima
benedetta dal torpore del sonno. Blair cercò di bloccare i ricordi che stavano
guastando il suo benessere, ma invano: le fantasie potevano essere soppresse, ma
gli effetti del sesso che si facevano sentire nel suo fisico indolenzito erano
fin troppo reali e tangibili, così come i baci di lui ora sulla pelle indifesa
del collo.
Era stata a letto con Chuck.
Di nuovo.
La colpa era da attribuire a
quella maledetta scommessa, ovviamente. Se ti chiama, ti lascerò in pace per
sempre. Se non lo fa, passerai la notte con me. Blair avrebbe dovuto
evitare di giocare ad un prezzo del genere, lo sapeva; ma sapeva anche che non
poteva tirarsi indietro di fronte ad una sfida, come ne era ben conscio Chuck,
che appunto l’aveva sfidata. Gettarsi tra le braccia di un simile manipolatore
senza scrupoli una volta era già un errore grossolano, ma farlo per due notti di
seguito era davvero inconcepibile.
Anche se Blair doveva ammettere
che Chuck era stato piuttosto dolce a comprarle la
Erickson
Beamon. Insomma, Chuck
Bass non faceva regali alle ragazze, mai e per nessuna occasione. Una volta,
arrogante e vizioso, aveva proclamato che lui stesso era un dono del cielo a
tutte le donne del mondo e tanto bastava; ma aveva fatto un’eccezione per lei,
Blair Waldorf. Una collana così bella merita di essere di qualcuno degno
della sua bellezza.
Blair non era certo un’ingenua e
conosceva bene le abilità verbali di Chuck in materia di seduzione; di regola,
non credeva mai ad affermazioni del genere da parte sua.
In quel momento però, negli
occhi di lui, aveva visto riflessa l’onestà delle sue parole; aveva visto
riflessa se stessa, ed era stupenda, sexy, perfetta. La sembianza che lo
specchio le aveva sempre crudelmente negato, l’immagine che nello sguardo di
Eleonor aveva sempre inutilmente ricercato, era finalmente lì, chiara e
ammirata. Indiscutibile, perfino per lei. Solo un’altra notte Blair si era
sentita così adorata, ed era stato mentre ballava in una sala che era gremita di
gente, ma in cui esistevano solo loro due e lo sguardo affascinato di Chuck su
di lei.
Così lo aveva baciato e aveva
perso la testa e dopo un po’ Chuck era sopra di lei ed entrava nel suo corpo
mentre gemevano insieme. La frizione era stata squisita e il disagio iniziale di
Blair si era tramutato rapidamente in piacere sotto il tocco delle mani esperte
e delle audaci labbra di lui. Le era stato così facile abbandonarsi a Chuck,
così naturale stringerlo a sé mentre invocava il suo nome fra i sospiri, che per
un istante, mentre entrambi riprendevano fiato dopo l’orgasmo, Blair si era
sentita profondamente smarrita; era come se il film della sua vita, che aveva
organizzato con cura da quando era piccola, fosse stato stravolto completamente.
O peggio, come se fin
dall’inizio fosse stato del tutto sbagliato.
C’era stato silenzio mentre si
rivestivano. Blair aveva armeggiato goffamente con la zip sul retro dell’abito,
sussultando quando aveva percepito le dita di lui che la aiutavano. Ovviamente
Chuck aveva approfittato della posizione per baciarle la nuca e accarezzarle il
sedere, così, per evitare che la situazione precipitasse ancora, Blair si era
scostata bruscamente, ignorando i propri brividi e lo sbuffo seccato di lui.
“Che ti prende, Waldorf?” aveva
protestato, indispettito.
“La festa, Chuck.”gli aveva
ricordato lei. “È pieno di gente di là. E non hai nemmeno chiuso bene la porta!”
lo aveva rimproverato, mentre la paura di essere stata spiata da qualcuno le
invadeva lo stomaco e la faceva arrossire furiosamente.
“Oh, sono certo che chiunque
avrebbe apprezzato lo spettacolo.” aveva ribattuto Chuck con un sorriso
insolente. “Indubbiamente la nostra performance è stata migliore di quella di
Nate e Serena, e la loro non era niente male, credimi”.
Blair era stata decisa ad
ignorare quel particolare accenno alle tendenze voyeuristiche di Chuck
–le ricordava esattamente con chi aveva appena fatto sesso -, ma non
aveva potuto evitare di sentirsi un po’ meglio riguardo a tutta la situazione.
Anche Nate aveva perso la verginità con un’altra e non solo, il traditore era
perfino stato disposto a sfruttarla per aiutare suo padre in affari, finendo per
farsi beccare di nuovo con una bionda. In pratica non riusciva nemmeno a
fingere di essere un bravo fidanzato. Blair aveva concluso con
determinazione e solo una punta di rammarico che nessuna Audrey Hepburn meritava
un co-protagonista del genere al suo fianco.
Anche se la sensazione di
stranezza e di subbuglio sopravviveva. Insomma, lei e Chuck Bass? La sua
vita si stava trasformando in una pellicola porno. La considerazione le aveva
fatto venire la pelle d’oca e una gran voglia di allontanarsi da lui subito,
così aveva detto, risoluta:
“Dobbiamo tornare di là, prima
che si accorgano che siamo spariti entrambi.”
“Come desideri. Ma tu non
dimenticare la scommessa, Blair.”
“Cosa?”.
Blair, la mano già sulla
maniglia della porta, si era voltata stupefatta. Chuck era intento a fissarla
con quel sorrisetto divertito e carico di segrete minacce che per lei era sempre
stato il suo marchio, anche più della sciarpa che lui definiva tale.
“Mi sembra che tu abbia già
riscosso, Bass.” aveva replicato irritata, con lui perché l’aveva costretta a
dire qualcosa che era davvero imbarazzante, considerando che cosa lei aveva
messo in gioco, e con se stessa per non essere riuscita ad impedire alle guance
di diventare bollenti.
Chuck si era mosso languidamente
per raggiungerla, il ghigno sfacciato e gli occhi scintillanti di malizia. Blair
aveva trovato il suo atteggiamento da seduttore presuntuoso davvero esasperante
e si era detta che la sensazione di calore al bassoventre era solamente colpa
del sushi di scarsa qualità.
“Oh, non credo proprio, mia cara
Blair”, aveva sussurrato in un tono sensualmente maligno e Blair aveva represso
un fremito. Chuck le aveva accarezzato con delicatezza una guancia e le sue
labbra le avevano sfiorato l’orecchio mentre aggiungeva: “Ripensa bene ai
termini del nostro accordo”.
E così lei aveva fatto,
rendendosi conto solo in quel momento di come scrupolosamente lui avesse
studiato ogni minimo dettaglio per prenderla nella sua rete, senza lasciarle via
di fuga. Non c’era stata casualità in alcuna delle sue mosse: Chuck Bass era un
maestro nell’ordire trame che si stringevano intorno alla preda finché non
cadeva nelle sue mani, intrappolata e senza difese.
Passerai la notte con me.
Blair aveva trasalito e lui si
era ritratto, scoccandole un’occhiata soddisfatta prima di alzare il polso
sinistro per mostrarle l’orologio. Era appena l’una e la notte era lungi
dall’essere conclusa.
“Stai scherzando, spero. Di là è
pieno di invitati ed è la mia festa, non posso certo sparire per…” aveva cercato
di obiettare, ma lo sguardo di lui era inflessibile.
“Andiamo, Waldorf. Sappiamo
entrambi che lo vuoi anche tu.” le aveva risposto sfrontato, prima che la
superasse per uscire dalla stanza. Blair era stata seriamente tentata di
corrergli dietro per artigliargli i capelli e insultarlo con qualcosa di molto
offensivo, ma poi aveva colto ancora una volta il proprio riflesso nello
specchio: la collana di diamanti brillava intorno al suo collo ed era
meravigliosa.
Tanto quanto lei, per Chuck.
“Credo che andrò a casa, sono
stanca.” aveva annunciato in tono altero; quando l’avevano scorta nel salone,
Kati e Iz l’avevano subito raggiunta, insieme a molte paia d’occhi curiosi. Dopo
il blast di Gossip Girl sicuramente tutti si aspettavano di vederla
riemergere dalla stanza con le guance bagnate e il mascara colato.
Poveri illusi, mai nella vita
Blair si sarebbe mostrata in una condizione del genere in pubblico. Era stata
attenta a risistemare l’acconciatura e il trucco che le attenzioni di Chuck
avevano rovinato e il suo aspetto non aveva una singola pecca.
“No, resta.”
“È ancora presto.”
Erano state le repliche delle
sue due minions, pigolate in tono riverente e vuoto. Blair aveva scosso
la testa, decisa, ponendo fine ad ogni rimostranza. A quel punto Serena era
comparsa al suo fianco.
“B., tutto okay?” aveva
bisbigliato, il tono ricolmo di apprensione sincera.
“Certo, S. Vado a casa.”
“Ti accompagno.” si era offerta
subito la sua migliore amica. Doveva essere davvero preoccupata per quello che
era successo con Nate, se era disposta a piantare in asso Humphrey per lei.
Blair ne era stata piacevolmente colpita, ma la disponibilità di Serena andava
contro i suoi piani.
“Oh, non c’è bisogno. Mi farò
dare un passaggio da Chuck”.
Al che Serena aveva sgranato gli
occhi e Blair non aveva davvero capito quale fosse il problema. Era già accaduto
a tutti loro di viaggiare sulla limousine di Chuck, in fondo nel gruppo lui era
l’unico ad avere un autista personale ed era sempre stato più che lieto di
ostentare quel particolare. Per un momento, Blair si era chiesta se Serena
avesse subodorato qualcosa, ma poi si era ricordata con chi aveva a che fare e
aveva scartato quella possibilità. Acume e Serena Van Der Woodsen insieme
avevano senso quanto una Birkin al braccio di Jenny Humphrey.
“S-sei sicura, B.?” aveva
balbettato, e quella titubante sembrava solo lei.
“Certo. Tu pensa a tenere
lontana Miss Brooklyn da Dan, piuttosto.”
“Vanessa? L’ho conosciuta
meglio. È simpatica”.
Blair aveva roteato gli occhi
con uno sbuffo incredulo. Quello senza dubbio avvalorava la tesi sulla
perspicacia di Serena. Comunque, la sua amica aveva continuato a lanciarle
occhiate cariche di ansia finché Blair non aveva lasciato la festa ed era salita
sulla limousine di Chuck.
“Da me o da te?” aveva domandato
lui spudorato, con un sorriso lascivo.
“Affascinante.” aveva sospirato
lei, ironica.
“Grazie”.
Blair lo aveva guardato male,
poi aveva sorriso, angelica.
“Quindi ti piaccio, eh?” lo
aveva stuzzicato senza pietà, ricordando il profondo disagio di lui mentre le
confessava delle farfalle. Se Chuck non poteva fare a meno di comportarsi da
borioso playboy, Blair poteva ripiegare su quello che le riusciva meglio:
comportarsi da stronza. Gli avrebbe dimostrato che non era una delle sue solite
conquiste, adoranti, docili e completamente alla sua mercè.
Il sorriso di lui aveva
vacillato, ma era stata una reazione fugace e quasi impercettibile.
“Non quanto a te piace ciò che
ti faccio.” aveva ribattuto allusivo, prendendola per i fianchi e attirandola a
sé. Quando aveva avvicinato il viso per baciarla, Blair aveva scostato il suo,
decisa a non lasciarsi distrarre da alcuna tattica. Gli aveva sorriso
impertinente e aveva posato la mano sul suo stomaco.
“Sei stato così carino a
raccontarmi dei tuoi sentimenti.” aveva insistito in un tono zuccheroso che
sapeva lo avrebbe infastidito tanto quanto le sue parole. Le braccia di Chuck
intorno a lei erano diventate rigide, ma la battaglia non sarebbe stata vinta
così facilmente.
“Beh, so sempre la cosa giusta
da dire a una donna per entrare nelle sue mutandine. Ed è stato fin troppo
semplice con te, stasera.”
“Non funziona, Bass.” l’aveva
smascherato lei, serafica. L’intento era stato farlo infuriare, ma guardando
negli occhi adombrati di lui, Blair aveva scorto anche desiderio, piacere e
qualcos’altro a cui non era stata certa di voler dare un nome; perché
stravolgeva ancora di più il suo universo e perché le faceva sentire un palpito
sospetto nella pancia e perché in quel momento l’aveva spinta ad interrompere la
lotta per posare le labbra su quelle di lui, che avevano sorriso beffarde prima
di schiudersi.
Era stato Chuck il primo a
ritrarsi dopo parecchi minuti e Blair non era riuscita a trattenere un mugolio
di protesta.
“Arthur aspetta istruzioni,
tesoro.” le aveva rammentato lui, fiero e compiaciuto per la sua rimostranza.
“Non credo tu voglia che le tue amiche escano dal party e ci trovino ancora qui.
Non sono così senza cervello.” le aveva sussurrato, posandole piccoli
baci sulla mascella e il mento. Blair aveva sorriso maligna a quell’ultima
aggiunta su Kati e Iz, ma non aveva parlato, abbassando le palpebre per godere
meglio della sensazione della bocca e delle mani di lui, una sul suo seno e
l’altra ad accarezzarle la coscia sotto la gonna.
“Da me o da te?” aveva ripetuto
lui, stavolta con voce solo impaziente ed eccitata.
“Nessuna delle due.” aveva
risposto lei, aprendo gli occhi quando i movimenti sul suo corpo si erano
bloccati, per ritrovarsi davanti il volto di Chuck finalmente invaso dal
dispetto. Blair aveva festeggiato internamente il proprio trionfo, prima di
chiarire, con un sorriso:
“Ordina ad Arthur di girare un
po’ a vuoto”.
Lo sguardo di lui si era
illuminato di comprensione e malizia e lei aveva riso quando Chuck le aveva
bisbigliato ammirato che era “incredibile”, prima di afferrarla per la nuca e
trascinarla in un bacio rovente e appassionato che aveva lasciato entrambi col
fiato corto e le guance accaldate.
“Così hai un debole per le
limousine, mh?”, aveva mormorato irriverente contro il suo collo, dopo aver dato
istruzioni all’autista. “O forse solo per la mia, Blair?”
“Sta’ zitto, Bass.” l’aveva
redarguito lei e per molto tempo le discussioni erano state effettivamente
chiuse mentre ancora e ancora lei si perdeva in Chuck, nel suo corpo, nei suoi
baci, nelle sue carezze che la guidavano in quei movimenti sempre più familiari.
Avevano passato gran parte della
notte in limousine prima di finire nella suite di Chuck, dove la stanchezza e il
sonno avevano avuto la meglio sul proposito di Blair di tornare a casa alle
prime luci dell’alba, in perfetta coerenza con la scommessa. Anche se doveva
ammettere che non aveva avuto poi così tanta voglia di andarsene: era stato
bello addormentarsi raggomitolata contro il corpo solido di lui, cullata dal
lento sollevarsi e abbassarsi del petto sotto la sua guancia.
Quello era il motivo per cui si
era svegliata sentendo la voce di Chuck che pronunciava il suo nome e non quella
di Dorota. Ringraziò il cielo che sua madre fosse partita di nuovo, o si sarebbe
ritrovata con molte spiegazioni da dare.
Durante il sonno dovevano aver
cambiato posizione, perché ora Chuck l’abbracciava da dietro. Quando una delle
mani impudenti di lui cominciò a scivolare pericolosamente al di sotto
dell’ombelico, Blair raccolse tutte le forze recuperate durante il sonno per
mollargli una gomitata alla cieca. Non sapeva dove l’aveva colpito, ma fu
soddisfatta nell’udire il suo gemito di dolore e reclamo.
“Accidenti, Waldorf.” sbottò
lui, poi rise, dissoluto: “Ti ho detto di avvertirmi, se vuoi giocare violento.”
“Non ti stanchi mai di tutte
queste allusioni, Chuck?” sospirò lei, cercando di divincolarsi dal suo
abbraccio. “E lasciami!”.
“No e devo proprio?” ribatté
lui, stringendola ancora di più contro il suo corpo, che era nudo, sempre nudo.
Blair rifletté che in un film come si deve lui avrebbe avuto indosso i boxer e
lei reggiseno e mutandine, perché era così che andavano le cose nella mattina
dopo rappresentata su schermo. Cavoli, perfino in Sex and the City!
“Vuoi un’altra gomitata?”
“Mi piace quando fai la
selvaggia.” la lodò lui, perverso. Blair sbuffò esasperata, ma percepì gli
angoli della bocca che si arricciavano incontrollabili in un sorriso. Dannato
Chuck Bass.
“Dico sul serio. Devo andare a
casa.” insisté, categorica, recuperando austerità e tono seccato.
Chuck si arrese con un sospiro
deluso, tuttavia lei si sentì addosso il suo sguardo arroventato per tutto il
tempo che le fu necessario per rivestirsi. Il make-up era un disastro, ma Blair
non aveva intenzione di trattenersi oltre e magari farsi fissare pure mentre si
sistemava quello, così decise di sottrargli un paio di Ray Ban, che
avrebbe inforcato nel tragitto fra l’entrata del Palace e il taxi che
aveva chiamato. Il fatto che fossero troppo grandi per il suo viso non poteva
che essere un bonus, data la funzione coprente che dovevano esercitare.
“Credo che quelli siano miei.”
sottolineò lui all’istante, da bamboccio viziato e possessivo quale era. Blair
lo ignorò, infilando gli occhiali da sole nella borsetta con deliberata enfasi.
“Siamo feticisti, eh?” la prese
in giro e Blair sussultò, sentendo la sua voce divertita direttamente dietro di
sé. Si voltò e fu lieta di constatare che almeno Chuck aveva avuto la decenza di
indossare una vestaglia.
“Te li riporto, Bass.” lo
blandì, spiccia.
“Oh, puoi tenerli, se vuoi.”
concesse magnanimo, poi ghignò: “Ma io voglio i tuoi slip. Mi sembra equo.”
“Rivoltante.” commentò lei,
chiedendosi se fosse una battuta o se lui avesse anche quella
perversione. Decise che interrogativi del genere non le avrebbero dato alcuna
risposta che le fosse gradita e così accantonò ogni riflessione. Per la propria
sanità mentale.
“Ehi, e il bacio di commiato?”
si lamentò Chuck, quando lei lo salutò distrattamente. Blair roteò gli occhi e
fece per uscire, ma lui la prese per il braccio e l’attirò a sé con forza. Un
comportamento da cavernicolo come quello avrebbe dovuto farla arrabbiare, e a
livello speculativo era così, ma Blair sentiva anche le ginocchia deboli e il
battito accelerato. Comunque, lo scrutò ostile.
Chuck la stringeva fra le
braccia, ma per il resto non si muoveva, guardandola negli occhi con
un’espressione intensa e inerme che lei ricordava di avergli visto solo durante
la loro prima volta e per un breve istante. Blair capì allora che la stava
mettendo di fronte ad una scelta: se gli avesse ripetuto di lasciarla andare,
lui l’avrebbe fatto. Probabilmente sarebbe tornato da lei prima o poi –Chuck era
testardo e non sapeva rinunciare a ciò che voleva- ma non l’avrebbe più pressata
con scommesse o sfide. Se fra loro fosse accaduto di nuovo qualcosa, sarebbe
stato chiaramente per volontà di entrambi, senza alcun gioco con il quale
costruirsi un alibi. Chuck le aveva rivelato la sera prima che la voleva; ora la
stava esortando ad essere altrettanto onesta.
Blair si morse il labbro
inferiore mentre veniva di nuovo travolta da quell’ondata di scompiglio ed
estraneità, la sensazione destabilizzante di vivere qualcosa di imprevisto e
lontano, quasi una vita che non le apparteneva. L’incertezza era una prospettiva
che la spaventava, perché ogni aspetto della sua esistenza era stato da sempre
dettagliatamente programmato, dalla carriera accademica ai rapporti
sentimentali. La pianificazione era la chiave della felicità per una Waldorf, le
aveva detto Eleonor una volta.
Però, in mezzo al timore, Blair
riusciva a scorgere anche un barlume di eccitazione. Il gusto di poter
essere per una volta senza controllo, spontanea, libera; il brivido di gettarsi
in qualcosa senza preoccuparsi delle conseguenze, solo perché era piacevole.
E lo era davvero. Chuck l’aveva
fatta star bene e non accadeva da molto tempo; Chuck l’aveva guardata come lei
desiderava essere guardata, toccandola con una riverenza che l’aveva fatta
sentire preziosa e una passione che l’aveva fatta sentire irresistibile e adesso
le permetteva di decidere del futuro, forse proprio per regalarle quel pizzico
di controllo che l’avrebbe fatta sentire meglio, o forse perché in fin dei conti
la domanda era sempre la stessa, e la scelta era sempre sua:
Sei sicura?
Così Blair lo baciò, perché come
quella notte, era l’unica risposta che conosceva.
Fine#3
Note dell’Autrice:
[1] “Butterflies and Hurricanes” è una canzone dei Muse.
[2] Come al solito vorrei utilizzare questo spazio per rispondere ai
vostri adorabili commenti.
saketta: ciao! Sono
contenta che lo scorso aggiornamento ti sia piaciuto. Grazie della recensione.
Ray08: grazie!^^
Spero che le storie continuino ad entusiasmarti.
Katiuscia87: ti ringrazio
molto per le belle e lusinghiere parole, la tua recensione mi ha fatto davvero
piacere. Io ce la metto tutta per non stravolgere i personaggi e sono contenta
che rivedi Chuck e Blair nel modo in cui li rappresento. I flashback
sull’infanzia di questi due piacciono molto anche a me, probabilmente ne
scriverò altri e sono contenta che tu abbia apprezzato quello in “Sympathy for
the Devil”. Spero di risentirti.
Honest: certo che la
continuo!^^ Grazie di aver lasciato un commento, mi auguro di non averti deluso
con questo aggiornamento.
Speranza19: ciao! È stato
un piacere leggere di nuovo una tua recensione. Ti ringrazio di cuore per le
lodi e le osservazioni che hai fatto, sei fin troppo buona.#^^# Spero di essere
riuscita a mantenere in character Chuck e Blair anche questa volta
e che la storia ti piaccia quanto le altre. Se ho recensito la tua fanfic, è
stato perché meritava attenzione e complimenti, quindi sono io che ti ringrazio
per averla scritta. Un abbraccio.
Questo è tutto, per ora.
Al prossimo aggiornamento.
Melany
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Capitolo 4 *** Breakfast at Blair's ***
New Page 1
Titolo:
Breakfast at Blair’s.
Autrice:
Melanyholland
Summary: Chuck guardò la
figura addormentata di Blair e capì che le cose gli erano davvero sfuggite di
mano.
Rating: arancione
Timeline:
1x18 (Much ‘I do’ About Nothing)
Pairing: Chuck/Blair
Breakfast at Blair’s
Quando aveva quindici anni,
Chuck aveva chiesto a Nate perché si ostinasse a fare il fidanzatino perfetto di
Blair.
“Le ragazze della Constance
venderebbero tutte le loro Louboutin per farsi dare una ripassata da te”, gli
aveva fatto notare, con un sospiro. “E tu continui ad andare in giro con l’unica
che non te la dà”.
Nate aveva scosso la testa,
sulle labbra il sorriso rassegnato e leggermente divertito che riservava ai suoi
commenti salaci.
“Io e Blair abbiamo deciso di
aspettare.”
“Blair lo ha deciso.” lo
aveva corretto Chuck, tagliente. “Almeno è quello che spero, o comincerò ad
avere seri dubbi sui tuoi gusti, Nathaniel”.
Per tutta risposta, Nate lo
aveva mandato allegramente al diavolo. Chuck aveva ghignato, per poi posare lo
sguardo su Blair, che mangiava yogurt insieme a Serena sui gradini del Met.
“Se vuoi fare centro, Archibald,
non puoi fermarti al primo no”, gli aveva spiegato paziente, scoccando
un’occhiata di apprezzamento alle ragazze che chiacchieravano sulla scalinata.
Con le sue gonne corte e camicette scollate, Serena lasciava ben poco
all’immaginazione altrui; sapeva di avere un corpo da sogno e lo sfoggiava senza
vergogna, un comportamento che Chuck aveva sempre trovato degno di lodi
licenziose che di solito si prendeva personalmente il piacere di fare. Blair era
esattamente l’opposto, con le sue invitanti curve celate da strati di tessuto e
i suoi atteggiamenti che a volte rasentavano la repressione. Anni che la
conosceva e Chuck poteva contare sulle dita le occasioni in cui aveva potuto
ammirare qualcosa di nudo sotto la clavicola e sopra le ginocchia, da quando
l’infanzia era finita. Oh, sarebbe stato così stuzzichevole svestirla
lentamente, scoprendo ogni particolare di quel corpo innocente e illibato, così
soddisfacente scoparla fino a farle perdere totalmente il controllo. Chuck si
era chiesto se Nate se ne rendesse conto. “Alcune donne amano fare le preziose.”
aveva proseguito, con tono sapiente. “Ma in realtà, vogliono solo darci dentro.
Credimi.”
“Parli come uno stupratore.”
aveva ribattuto Nate, a metà fra il rimprovero e il faceto. Chuck aveva
scrollato le spalle, imperturbato.
“Beh, comunque è quello che
capita a me. Non importa come comincia, finiscono tutte a implorare per averne
ancora.” si era vantato con un sorrisetto lascivo, mentre gli tornava alla
memoria la sua ultima prestazione. Verso la fine, la ragazza era un bozzolo
voglioso e incoerente completamente alla sua mercè. Nate aveva ridacchiato.
“Ora devo lasciarti, amico. Ho
promesso a Blair che saremmo andati …” la voce era sfumata; Nate aveva corrugato
la fronte, poi si era stretto nelle spalle. “…da qualche parte, immagino”.
Di certo non a letto,
aveva pensato Chuck sorridente, facendo un distratto cenno di assenso al suo
migliore amico. In un certo senso era dispiaciuto per il ragazzo. Stuzzichevole
o no, nessuna donna valeva tanto da ammettere quella servile costrizione. Niente
sesso, solo incombenze? Chuck non riusciva a concepire come un sano adolescente
ricco e attraente potesse accettare un orrore simile. Osservò Nate andare
incontro alla sua ragazza – o palla al piede, termine nella sua opinione più
appropriato- e darle un bacio sulle labbra perfetto per un film Disney.
No, aveva concluso Chuck disgustato, non ci sarebbero state Blair Waldorf nella
sua vita, mai.
A diciassette anni, mentre
ammirava l’avvenente figura di un’addormentata Blair Waldorf, Chuck ricordò
quella conversazione e si chiese come le cose potessero essergli sfuggite di
mano in quel modo. Certo, c’era il fatto che Blair non si era rivelata
semplicemente dilettevole, bensì incredibile, e in ogni aspetto della
loro interazione: sexy e fervente sotto le lenzuola, arguta e intrigante fuori,
Chuck era inebriato da lei e non credeva di poterne mai essere sazio. Si gustava
ogni sguardo impertinente, ogni ondulazione tentatrice dei fianchi, perfino ogni
battuta perfida pronunciata a suo danno. Il suo ego protestava talvolta, gli
ricordava duramente –come in quel momento- che lui era Chuck Bass e che non
poteva abbassarsi ad avere fidanzate, ma c’era un modo facile e gradito per
metterlo a tacere e Chuck fu lieto di poterlo utilizzare all’istante: dormiente,
con i capelli scompigliati, le labbra dischiuse e la pelle scoperta dalla corta
camicia da notte estiva, Blair era una visione erotica di fronte alla quale gli
era impossibile trattenersi. Non che ci provasse, ovvio. La libertà di potersi
lasciar andare con lei era uno dei vantaggi di averla finalmente conquistata.
Chuck sorrise e si chinò per baciarla.
Prima ancora di svegliarsi del
tutto, Blair mugolò deliziata contro la sua bocca e rispose indolente al bacio,
reazione che lo riempì di compiacimento. C’era qualcosa di estremamente dolce
nel sapere di poterla accendere così facilmente, dolce come la sensazione delle
mani di lei che si intrecciavano dietro il suo collo per attirarlo contro quel
corpo morbido e accogliente.
“Buongiorno, bellissima.” la
salutò lui pieno di fascino, quando si divisero. Blair lo guardava attraverso le
lunghe ciglia degli occhi socchiusi, un sorriso pigro ma felice sulle labbra.
“Chuck, che ci fai qui?” gli
chiese, un sussurro arrochito dal sonno.
Non avevano ancora fatto sesso
da quando si erano messi insieme perché Chuck si era ripromesso di andarci
piano, decisione che spesso si ritrovava a rimpiangere acutamente. Avere Blair e
non poter passare la notte con lei era una tortura, ma non voleva rischiare di
rovinare tutto e lei stravedeva per quel comportamento pseudo-romantico da film
anni cinquanta.
Per questo motivo era andato a
trovarla di buonora, portando con sé i migliori croissant di New York
caldi e fragranti. Se non era smielato quel gesto, non sapeva proprio che altro
inventarsi.
“Comincio bene la giornata.”
rispose lui seducente, baciandola di nuovo. Era pur sempre Chuck Bass e avrebbe
approfittato di ogni contatto fisico permesso. Stavolta le labbra di lei si
schiusero sotto la sua insistenza e Chuck si godé approfonditamente il bacio,
facendo scorrere le mani sul corpo di Blair, piacevolmente caldo per il sonno e
gradevolmente liscio sotto la veste di seta.
Finché una mano di lei non gli
artigliò i capelli, staccandolo bruscamente da quella bocca paradisiaca. Chuck
imprecò, ritrovandosi davanti due occhi castani spalancati.
“Chuck! Mi sono appena
svegliata!” protestò, poi serrò le labbra e distolse gli occhi, nervosa. Lui la
fissò, cercando di decifrare quell’improvviso e seccante cambio di
atteggiamento. Quando prevedibilmente ci riuscì, sorrise divertito. Certe volte
quella ragazza si preoccupava delle cose più ridicole, forse per la mania che
aveva di vedere la sua vita come un film.
“Blair”, la chiamò teneramente,
posandole una mano sulla guancia. Blair si rilassò, ma solo un poco. Gli amati
occhi castani furono di nuovo tutti suoi. Chuck notò i respiri lenti e profondi
di lei, il modo in cui l’aria era risucchiata ed effusa dalle labbra umide
socchiuse, da cui faceva capolino il bianco dei denti e il rosa della lingua.
Quella vista gli dava alla testa e Chuck rifletté che Blair non era l’unica lì
dentro ad eccitarsi facilmente. Mai nessuna donna, per quanto attraente, aveva
avuto quell’effetto devastante su di lui.
“Adoro la tua bocca.” sussurrò
suadente e sincero, accarezzandole col pollice il labbro inferiore. Si chinò e
le baciò la tempia e la guancia prima di aggiungere:
“Adoro il tuo sapore. Sempre”.
Ma quando cercò di dimostrare
con i fatti quelle parole, lei voltò la testa di lato, ancora a disagio. Chuck
sbuffò, spazientito.
“Preferiresti davvero che mi
disgustasse?” la provocò astutamente e quando lei aprì la bocca per
rispondergli, Chuck ne approfittò per raggiungere il suo scopo, prendendo
possesso di quelle labbra che tanto lo avevano sedotto. La baciò famelico per
parecchi minuti, incurante della mano sulla nuca che inizialmente cercava di
allontanarlo e che dopo un po’ lo afferrò, vogliosa. Quando Blair fu di nuovo
ricettiva ed entusiasta, lui assaporò avido la sua bocca, che lasciò solo per
premere il viso contro il suo collo morbido e mordicchiare la pelle sensibile
dietro l’orecchio, guadagnandosi un sospiro rapito da lei.
Chuck fu costretto a
interrompere quel contatto meraviglioso quando percepì le cosce di Blair che gli
imprigionavano i fianchi, perché stava per perdere definitivamente il controllo
ed erano passati appena tre giorni dalle nozze di Bart. Desiderava ardentemente
affondare in lei fino a perdersi nell’estasi squisita che era il sesso con Blair
Waldorf, ma ancora di più voleva che tra loro funzionasse, che lei non lo
vedesse solo come un intrattenimento afrodisiaco in attesa del vero amore della
sua vita. Non di nuovo.
Nel momento in cui Chuck si
sottrasse a malincuore ma con decisione alla presa delle sue gambe, Blair lo
guardò con aria delusa e quasi tradita. Ansimante, con le labbra gonfie e le
guance accalorate, era ancora più attraente e Chuck dovette distogliere
brevemente lo sguardo per non saltarle addosso, mandando al diavolo ogni
proposito di romanticheria.
“So quanto è dura per te,
Waldorf.” la sbeffeggiò, rivolgendole un sorrisetto insolente. “Mi dispiace
torturarti così, credimi.”
“Ti credo, Bass. Vedo quanto
ti dispiace”, lo rimbeccò lei maliziosamente, fissando gli occhi sul cavallo dei
suoi pantaloni. Bella e acuta, pensò Chuck, ammirato e decise di concederle
quella piccola vittoria perché adorava vederla maligna e su di giri.
“Ti ho portato un regalo.”
annunciò galante, prendendo il sacchetto dei croissant che aveva posato
sul comodino. Non erano più caldi come quando li aveva comprati, ma Chuck non
rimpiangeva di aver perso un po’ di tempo prima di fare colazione.
“Sono quelli de La Bonne
Boulangerie sulla West Broadway?”
“Solo il meglio per la mia
ragazza.” confermò lui ed era assurdo essere così contento di poter rivendicare
Blair come sua. Quando si accorse che anche il sorriso di lei si era addolcito a
sentirsi chiamare così, Chuck percepì lo stomaco mandare un frullo di giubilo.
Fecero colazione seduti l’uno
accanto all’altra contro i cuscini del letto e Chuck scoprì di non essere molto
disturbato dal chiaro paragone con una coppia sposata che quella situazione
evocava. Il suo ego si lamentò, ma Blair scelse proprio quel momento per
leccarsi lo zucchero a velo dalle dita e Chuck dimenticò tutto fuorché la
stupenda e desiderabile ragazza che aveva accanto. Le prese la mano e finì il
lavoro lui stesso, beandosi del sussulto eccitato che le sfuggì dalle labbra
quando succhiò il primo dito.
“Serena mi ha detto che starà
agli Hamptons questa estate.” lo informò Blair dopo un po’, in un tono
esageratamente vivace. “Ci vai anche tu?”.
Chuck accarezzò con lo sguardo
il profilo delicato di lei e si chiese come una ragazza così splendida potesse
avere tante insicurezze. Serena era uno schianto, ma Blair era perfetta.
Comunque, anche se sapeva che
era da bastardi godere del turbamento di lei, Chuck provò un moto di puro
piacere nel constatare che Blair era gelosa di lui e temeva di poterlo perdere.
I suoi piani per l’estate comprendevano solo lei e nemmeno lontanamente la loro
bionda e turbolenta amica comune, ma ebbro della gioia che la reazione di Blair
gli aveva procurato, decise di stuzzicare un po’ la sua ragazza. Dopotutto, lei
non si era fatta scrupoli a farlo ingelosire mesi prima, baciando Nate di fronte
a lui.
“Sembra allettante, in effetti.”
la pungolò allusivo, guadagnandosi un’occhiata tetra.
“Beh, divertiti allora.”
concluse Blair, gelida.
Chuck sorrise e la circondò con
le braccia, vincendo i suoi risentiti divincolamenti. La schiena che aveva
contro il petto era rigida e ostile, ma per Chuck era comunque un piacere averla
così vicina e poter premere il viso nel soffice profumo dei suoi capelli. Lo era
sempre.
“Lo farò. La spiaggia ha le sue
attrattive. Pensavo a un bikini.”
“Per te o per Serena?” scherzò
lei, mordace.
“Per te.” ribatté lui,
domandandosi come facesse una ragazza sveglia come Blair a cascare così
facilmente nei suoi giochetti. Il corpo fra le sue braccia si rilassò, ma non
prima di avergli mollato uno schiaffo sorprendentemente forte sulla coscia.
“Sei insopportabile, Bass.”
commentò Blair, realizzando di essere stata presa in giro. Ma come c’era stata
asprezza nella battuta, ora ci fu dolcezza nell’insulto. “Se anche venissi con
te agli Hamptons, metterei costumi interi tutta l’estate solo per darti
fastidio.”
“Oh, non farlo”, sussurrò Chuck
nel collo di lei, con voce supplichevole. “Ti ho già comprato un bikini
favoloso.”
“Conoscendoti, sarà osceno e di
cattivo gusto.”
“Il tanga non è di cattivo
gusto, Waldorf. È sexy”.
Blair rise, vibrando contro di
lui in modo piacevolmente stuzzicante. “Se credi che andrò in giro per la
spiaggia col sedere di fuori, Bass, lo scotch ti ha bruciato le ultime cellule
cerebrali che ancora ti restavano.”
“Ora che ci penso, meglio
lasciar perdere il mare”, ritrattò lui, in tono riflessivo. “Mi piace l’idea che
solo io posso ammirare quel tuo delizioso culetto.”
“Non esserne tanto certo, dopo
il giochetto di poco fa.” replicò Blair nel suo tono più teneramente dispotico.
Chuck sorrise divertito e usò la presa sul suo giro vita per sollevarla e
spostarla di colpo, in modo da avere accesso alla dilettevole parte del corpo di
cui parlavano.
“Chuck!” lo redarguì lei
in tono oltraggiato e sorpreso, poi cominciò a dimenarsi, ribelle e combattiva
come un fiera gatta selvatica. Chuck si godé la sensazione del corpo di lei che
gli si agitava addosso mentre la tratteneva con un braccio e usava l’altra mano
per accarezzarle con fare possessivo la dolce curva fremente dei glutei
attraverso la seta.
“Come ho detto, delizioso.”
sussurrò, amorevolmente. Si prese la libertà di posarvi un bacio affettuoso
prima di lasciarla andare.
“Sei un maniaco.” lo accusò
Blair, allontanandosi fino al bordo del letto. Era arrabbiata, ma la pelle era
accaldata e gli occhi languidi e scintillanti. Una spallina della camicia da
notte era scivolata durante i divincolamenti e Chuck si compiacque della vista
della soda rotondità del seno. Quando si accorse della direzione impudica dello
sguardo di lui, Blair si aggiustò la spallina con un gesto irritato e Chuck
sorrise, riportando l’attenzione sul viso di lei.
“Sono Chuck Bass.” replicò,
scrollando le spalle e alzando le sopracciglia in un’espressione da cosa
vuoi aspettarti. Blair sbuffò, ma stava reprimendo un sorriso.
“Perché devi sempre comportarti
così male?” si lamentò, alzando gli occhi al soffitto. Chuck le scoccò il suo
sorriso più seducente, raggiungendola.
“Perché so quanto ti piace il
modo in cui mi faccio perdonare”.
Così intrecciò la mano nei suoi
lunghi capelli e l’attirò a sé. Mentre la baciava, Chuck riconobbe la dolcezza
dei croissant e pensò che sarebbero diventati la sua colazione preferita.
“Niente Hamptons, dunque?”
chiese Blair dopo, senza fiato.
“Ho in mente qualcosa di
meglio.”
“Sarebbe?”. Il tono era
scettico, ma lei era curiosa ed emozionata. Chuck poteva vederlo senza
difficoltà. Le sorrise, affascinante.
“Mai stata in Italia, Waldorf?”.
Quando aveva quindici anni,
Chuck aveva pensato che niente al mondo valesse il sacrificio di un impegno
esclusivo con una ragazza sola.
A diciassette anni, Chuck
realizzò che stare con Blair non era affatto un sacrificio, perché il sorriso
felice che gli stava rivolgendo valeva ogni cosa che avesse mai avuto.
Fine#4
[1] Il titolo è (ovviamente) un gioco di parole con “Breakfast at
Tiffany’s”, il noto film del 1961.
[2] Le Louboutin sono scarpe firmate dal celebre stilista francese
Christian Louboutin.
[3] Esiste davvero a New York “La Bonne Boulangerie”. Non so se fanno i
croissant migliori della città, ma tant’è.
[4] Dedico questo spazio a chi ha commentato lo scorso aggiornamento, le
vostre recensioni sono state adorabili.
Kaicchan: grazie di aver
recensito entrambi i capitoli e ovviamente di tutte le lodi che mi fai. Sono
molto contenta di riuscire ad entusiasmarti con le mie piccole storie. Spero di
non deluderti mai e di continuare a ricevere le tue impressioni, perché mi sono
sempre graditissime.
Honest: grazie! Mi fa
piacere che la raccolta continui a piacerti. :)
sciops: il tuo commento
mi ha davvero lusingato, spero che anche questa storia ti appassioni, anche se
ritrae Chuck e Blair in un rapporto ufficiale, non più clandestino.^^ A
risentirci!
Ray08: ti ringrazio
veramente di cuore per le tue parole, leggerle mi fa sempre molto piacere.
Riguardo alla tua domanda: le idee per le storie mi vengono per caso, quindi non
so dirti con certezza se scriverò mai qualcosa su un determinato periodo, per
esempio il post 2x25. In questo momento ho una predilezione per il rapporto
amore/odio di Chuck e Blair (come hai notato), ma li trovo adorabili anche come
coppia fissa, quindi è probabile che prima o poi mi verrà in mente una storia
ambientata in quel periodo. Spero di aver soddisfatto la tua curiosità.^^” Un
abbraccio.
speranza19: ciao! È
sempre bello ricevere le tue impressioni, grazie davvero per tutte le lodi e le
osservazioni che mi fai. Le apprezzo tanto. Sono felice che ti sia piaciuta
anche “The Driver’s Tale”. Mi fai pubblicità? Beh, wow, grazie. Sono
lusingata.^^ Spero che le mie storie siano sempre all’altezza delle tue
aspettative. Baci.
Katiuscia87: ciao! Ti
ringrazio del commento, sono contenta che la storia ti sia piaciuta. Fammi
sapere che ne pensi di questo aggiornamento, se ti va.
JosephineAntoniette: mi
fa molto piacere essere riuscita ad appassionarti. Grazie di cuore per le tue
osservazioni, mi auguro che anche le prossime storie ti siano gradite e spero di
ricevere ancora i tuoi commenti.
minny88: grazie della
recensione, ho apprezzato molto le tue parole.
Okay, anche per oggi è tutto.
Un abbraccio,
Melany
|
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Capitolo 5 *** Split-up, Italian Style ***
New Page 1
#5
Titolo:
Split-up, Italian Style
Autrice:
Melanyholland
Summary: “Non avrei mai
dovuto lasciarti. Ho capito di aver sbagliato non appena il tuo aereo è
decollato”. Chuck Bass, 2x01 (Summer, Kind of Wonderful).
Rating:
arancione
Timeline:
dopo la 1x18 (Much ‘I do’ About Nothing)
Pairing:
Blair/Chuck, angst
Split-up, Italian Style
Blair varcò la soglia della
Suite Presidenziale dell’Excelsior con un sospiro di sollievo. Le lunghe
ore di viaggio le pesavano sulle spalle indolenzite e i tacchi erano diventati
un’insopportabile tortura, nonostante fosse rimasta seduta per la maggior parte
del tempo. Se Chuck fosse stato lì, avrebbe insistito per farsi portare in
braccio fino al letto, in parte per la stanchezza, ma soprattutto perché sarebbe
stato come essere in un film d’amore. Dettaglio che lui di certo avrebbe
intuito, perché Chuck sembrava sempre capire senza difficoltà cosa le passava
per la testa, e per il quale l’avrebbe presa in giro spietatamente; ma alla
fine, Blair pensò con un sorriso, l’avrebbe accontentata. Faceva sempre così.
In un secondo momento la
considerazione la fece sentire un po’ triste, ma subito impose a se stessa di
non rovinarsi l’umore per un particolare senza importanza. Chuck l’avrebbe
raggiunta presto e avrebbero ancora potuto girare quella scena, se Blair voleva.
Così, sorrise educatamente al cameriere che aveva portato in camera i suoi
bagagli, lo congedò e attraversò il soggiorno in stile fiorentino del XVIII
secolo per raggiungere il letto sui suoi piedi, prima di togliersi cappello,
guanti e scarpe e sdraiarsi sulle costose lenzuola di seta. Fece un respiro
profondo e allargò le braccia, senza per questo toccare i bordi del letto, che
era davvero gigantesco, perfino più grande del suo. Sorrise: Chuck era un
esibizionista e aveva prenotato la camera più lussuosa dell’intero albergo,
forse perfino di tutta la Toscana, per loro due.
Blair sentì le palpebre farsi
pesanti e chiuse gli occhi, per poi riaprirli di colpo all’immagine che si era
formata nella sua mente. Non voleva rischiare di farsi trovare da Chuck
addormentata, con i capelli in disordine, il mascara sciolto dal caldo e con
indosso i vestiti che aveva avuto per tutto il viaggio e che di certo odoravano
sgradevolmente di sudore; avrebbe rovinato completamente l’atmosfera da film
romantico. La sciatteria non era mai stata da Audrey Hepburn e ovviamente
nemmeno da Blair Waldorf.
Così si alzò con sforzo e
raggiunse il bagno per una doccia rilassante e una sistemata al suo aspetto.
Rimirandosi nello specchio a
figura intera vicino al letto un paio d’ore dopo, Blair si sentì soddisfatta di
sé: le autoreggenti di seta bianca avvolgevano le cosce in modo provocante e il
corpetto nero aveva il doppio pregio di snellire i fianchi e di sollevare i
seni, facendoli sembrare più grandi e rotondi. Di sicuro Chuck sarebbe rimasto
senza fiato e le sarebbe saltato addosso appena entrato in camera, mettendo fine
all’astinenza che avevano portato avanti tutta la settimana, per il desiderio di
lui di “andarci piano e fare le cose per bene”. Blair era stata grata e commossa
dal suo proposito, soprattutto considerando che lui era Chuck Bass, ma
ogni volta che si erano baciati –ed era accaduto spesso- aveva sentito
accendersi nel corpo un bisogno ardente di farlo suo di nuovo, di sentirlo
ancora dentro di sé mentre le labbra audaci e le mani sfacciate di lui la
toccavano bramose dappertutto. Lui si era sempre fermato prima che entrambi
perdessero il controllo, ma quella sera Blair non gliel’avrebbe permesso. Ghignò
con malizia mentre sollevava e acconciava i lunghi capelli in un elegante
chignon; si era appena ricordata di quanto Chuck andasse pazzo per la sua
nuca –durante i loro incontri amorosi segreti non faceva che accarezzarla con le
dita e baciarla- e aveva intenzione di usare ogni arma a sua disposizione per
sedurlo. Concluse l’opera accentuando la pienezza delle labbra col rossetto e le
venne da sorridere quando se lo figurò con la bocca gonfia e macchiata di rosso
Chanel N.14 a causa dei suoi baci. Trovò l’immagine molto erotica e
l’irritazione per essere stata lasciata sola crebbe, tramutando il sorriso in un
lieve broncio.
Blair salì sul letto, le spalle
contro i grossi cuscini e le gambe accavallate. Lanciando un’occhiata al suo
riflesso nello specchio, si sentì una vera dea, radiosa e sexy. Prese il
cellulare e provò a chiamarlo, ma doveva essere ancora sull’aereo di linea,
perché il telefono era spento. Sbuffò, spazientita, poi scrisse rapidamente un
messaggio:
Chiamami appena atterri. Ti
aspetto, non metterci troppo. xo B.
Forse era un po’ brusco,
rifletté, ma dopotutto lei era pur sempre la Queen B. Esitò, mordendosi il
labbro inferiore, poi sospirò e aggiunse: Mi manchi, prima di inviarlo e
lasciarsi andare contro i guanciali di piume d’oca.
La vacanza non aveva avuto il
migliore degli inizi, Blair si ritrovò a considerare. Aveva dovuto affrontare
tutto il viaggio in solitudine, con al fianco solo quel bambolotto, Ben, che
l’aveva annoiata a morte con un mucchio di chiacchiere inutili fin dai primi
minuti dopo il decollo. Evidentemente il ragazzo aveva preso sul serio il suo
piccolo flirt all’eliporto, forse aveva creduto addirittura che le piacesse.
Lui, un semplice impiegato. Ma per favore. Certa gente non capiva proprio qual
era il proprio posto nella scala sociale, giudicò Blair con sprezzo.
Baby-Ben non sarebbe
stato così fastidiosamente gentile tutto il volo se avesse saputo che, in cuor
suo, lei aveva fatto la carina con lui solo per far ingelosire Chuck. All’inizio
per godersi la scena di lui che s’incupiva e l’abbracciava con fare possessivo
di fronte a Ben, mettendo in chiaro a parole e gesti chi era il capo; poi,
quando il messaggio le aveva comunicato che Chuck non sarebbe comparso
all’eliporto, per punirlo un pochino per quella carenza. L’accenno che Ben le
aveva “tenuto compagnia” e un sospiro rapito al punto giusto, avrebbero reso
Chuck ancora più voglioso di strapparle la lingerie e marcare il suo
territorio.
Con la mente piena di questi
piacevoli pensieri e le spalle gravate dal jet-lag, Blair scivolò nel
sonno senza accorgersene.
Quando si svegliò, la suite era
immersa nell’oscurità.
“Chuck?” chiamò, ma l’unica
risposta che ottenne fu quella dell’eco che risuonò per le pareti della stanza,
e fu quasi inquietante. Dopo aver acceso l’abat-jour e essersi issata a sedere,
Blair controllò il display del cellulare, ma non c’erano messaggi o chiamate.
Avvertì una spiacevole sensazione pungente sbocciare maligna alla bocca dello
stomaco e provò ancora a chiamarlo. Quando il telefono squillò e Chuck non
rispose, il fastidio s’intensificò fino a diventare vero e proprio dolore, che
avvolse anche il suo petto in una morsa penetrante e bruciante.
Forse l’aereo è in ritardo.
Si sa che le linee commerciali sono un incubo. Forse ha dimenticato a casa il
cellulare. O l’ha perso. Non sarebbe la prima volta, in fondo. O forse vuole
farmi una sorpresa… Chuck non capisce niente di romanticismo e può darsi che
creda davvero che spuntare fuori all’improvviso sia una cosa dolce.
O forse non viene più.
Quell’ultimo pensiero s’impose
sugli altri in tutta la sua caustica autorità e il dolore si acuì per un
istante, come se qualcosa l’avesse trafitta. La cosa peggiore era che, avendo
espresso l’ipotesi, Blair ora non poteva fare a meno di rimuginarci: forse dopo
una settimana intera come suo ragazzo, lei lo aveva già stancato; forse passando
il tempo con lei, Chuck aveva capito che non era poi un granché, che era noiosa
e asfissiante. Le venne da pensare al messaggio che gli aveva inviato:
“Chiamami. Mi manchi”, e si sentì un’idiota. Sicuramente era stata
soffocante. E forse lui non aveva voluto fare sesso con lei perché non la
trovava poi così attraente; magari, ciò che lo aveva tanto eccitato nel loro
affair era stato che lo facessero in segreto, ma ora che erano una coppia
ufficiale, aveva perso ogni interesse. Come Nate, che l’aveva voluta solo quando
lei lo aveva allontanato. Blair non era Serena, i ragazzi non smaniavano per
portarla a letto, scodinzolandole intorno obbedienti, abbagliati dalla sua
ineccepibile bellezza. Quando Blair camminava per strada, nessuno si voltava per
squadrarla da capo a piedi. E Chuck poteva avere ogni donna che desiderasse.
Con questi laceranti pensieri
per la testa, Blair colse la sua immagine nello specchio e improvvisamente non
si sentì più sexy, si sentì ridicola. Le calze sottolineavano fin troppo
la larghezza esagerata delle sue cosce sproporzionate; il corpetto le strizzava
il busto e i rotoli di grasso eruttavano disgustosi da sotto. E poi, era così
pallida. Cadaverica, e il nero lo accentuava. Fu grata che Chuck non l’avesse
vista in quella mise, ma poi rifletté con vergogna che probabilmente lui
conosceva già tutti gli orridi difetti del suo fisico.
Si alzò di scatto e afferrò
l’accappatoio di spugna che era appeso dietro la porta del bagno, colta da un
bisogno incalzante di coprirsi. Sentì le lacrime bruciarle gli occhi e le
ricacciò indietro, ma non poté evitare di lanciare un’occhiata desiderosa al
water. Rinunciò solo perché erano ore che non metteva niente nello stomaco.
E poi magari stava esagerando.
Forse Chuck era davvero semplicemente in ritardo. Gli aerei di linea erano
inaffidabili, si ripeté Blair con convinzione. Sarebbe comparso, era solo
questione di tempo. Dopotutto, concluse con una punta di ritrovato orgoglio,
Chuck non avrebbe osato fare una cosa del genere a lei, Blair
Waldorf. Nessuno poteva permettersi di umiliarla e lui lo sapeva bene. Per di
più, era stato Chuck a fare quel discorso smielato sul vero amore al matrimonio,
Chuck che aveva proposto la vacanza in Toscana, Chuck che per primo, imbarazzato
e confuso, aveva parlato di farfalle nello stomaco -le stesse che Blair aveva
sentito svolazzare nella sua pancia tutti i momenti che avevano passato insieme
dopo la riappacificazione-.
Enumerando tutto questo, si
sentì un po’ rincuorata. Chuck sarebbe arrivato e avrebbero passato un’estate
invidiabile in giro per l’Italia. Doveva solo aspettare.
Solo aspettare. Non l’avrebbe
tradita, non lui. Non Chuck.
Ovviamente nel frattempo Blair
avrebbe continuato il suo flirt con Ciccio-Bello-Ben; Chuck meritava davvero di
pagare per averla piantata in asso all’eliporto. Con un messaggio, poi!
Certi comportamenti erano inammissibili ed era meglio per lui che lo imparasse
in fretta. Magari un piccolo bacio al Bambolotto sarebbe stata una punizione
adeguata.
Inoltre, pensò con un sorriso
mesto, se l’avesse fatto ingelosire abbastanza, Chuck non l’avrebbe più lasciata
sola.
Forse.
*
“Oh, B.!”.
Quella fu la prima cosa che
Blair udì quando la sua migliore amica rispose al cellulare e non avrebbe potuto
essere più eloquente.
“Non è più partito, vero?”.
Non avrebbe pianto. Cercò di
inghiottire il nodo in gola ma era così gonfio.
“M-mi dispiace, B.” sospirò
Serena, la voce carica di dolcezza confermava le sue parole solidali. “Mi sono
arrabbiata con lui, sai. Gliel’ho detto che è stato un vero bastardo. Quel
porco, stavolta ha davvero esagerato e gliel’ho detto, non merita una ragazza
come te, che continui a sbattersi le sue sgu-“. Serena si accorse un momento
troppo tardi dell’errore e Blair sentì il dolore diventare così intenso e
straziante da essere quasi impossibile da percepire tutto insieme in una volta
sola. Naturalmente se l’era aspettato, Dio sapeva se conosceva Chuck Bass. Ma
come aveva già sperimentato, fra l’immaginare qualcosa e averne la conferma
c’era una differenza sottile ma letale, come la lama di un coltello.
Figurandosi la sua migliore
amica che si mordeva la lingua, piena di sensi di colpa, Blair sospirò:
“Sta’ tranquilla. Conosco il
Bastardo. E hai ragione tu, non mi merita. Sciocca io a credere che valesse
qualcosa, non so davvero a che cosa stavo pensando”. Perfino le sue stesse
orecchie colsero la nota di falsità di quelle parole noncuranti. Se possibile,
si sentì ancora più patetica e odiò Chuck per averla ridotta in quello stato.
Solo che non lo odiava affatto
ed era il peggio di tutta quella schifosa faccenda. Ma era rincuorata perché non
aveva pianto e si ripromise, orgogliosa, che non l’avrebbe fatto.
“Mi dispiace tanto, B.!” ripeté
Serena, che non per niente era la sua migliore amica e capiva cosa stava
dissimulando. Così come Blair comprese il sottinteso della sua domanda seguente:
“Stai… stai bene?”.
Gli occhi di Blair saettarono
verso la porta del bagno, ma solo per un istante.
“Certo. Tutto okay, S.” la
rassicurò, e lo era davvero. Un po’ di nausea era normale quando si mangiavano
cibi a cui non si era abituati. Per di più, chissà quali erano le norme d’igiene
nei ristoranti italiani. La reazione era stata del tutto normale e Blair non ne
aveva alcuna colpa. Non poteva certo rischiare un avvelenamento.
“Vado in Francia da mio padre e
Roman”, proseguì, impedendo a Serena di insistere sull’altro argomento. Poi si
accorse che in effetti non aveva voglia di parlare di niente, ma solo di stare
sola, quindi la salutò, promettendo di chiamarla spesso e augurandole buone
vacanze.
Quando qualche ora dopo
bussarono alla porta, Blair fu tentata di non andare, ma alla fine cedette.
Ritrovandosi davanti Baby-Ben, sospirò internamente e mise su il suo perfetto
sorriso da ragazza di società, luminoso e cordiale. Anche il suo aspetto era
impeccabile: capelli acconciati in una treccia che ricadeva sulla spalla destra,
abito all’ultima moda parigina e sandali Manolo Blahnik ai piedi. Blair
non aveva certo trascurato la cura di sé solo perché era stata lasciata.
Non avrebbe mai permesso che il
Bastardo la riducesse in uno stato che gli altri avrebbero compatito. Era già
abbastanza umiliante essere lì da sola quando tutti sapevano che sarebbero
dovuti partire insieme.
“Blair, sono contento che tu non
sia ancora andata via.” esordì Ben con un sorriso aperto e amabile.
“Non l’avrei mai fatto senza
salutarti.” ribatté lei nel suo tono più lezioso.
“Quand’è il volo?”
“Stasera.”
“Se scendi un attimo nella hall,
vorrei presentarti un mio amico, James. Studia al college e anche lui è qui per
turismo.”
“Davvero?” cinguettò lei con
affettato interesse, ma qualcosa stava davvero emergendo dalla sensazione di
sofferenza diffusa. Un universitario. Se fosse stato anche carino, forse…
“Non vedo l’ora di conoscerlo.”
affermò Blair, e scoprì che era vero. Un impiegato contava ben poco, doveva
alzare il livello se voleva fargli davvero male. Quel nuovo sviluppo le avrebbe
dato qualcosa con cui occupare la sua mente e le sue giornate, qualcosa da
pianificare, qualcosa da aspettare con ansia.
La vendetta era l’unica cosa che
avrebbe potuto farla sentire meglio e Blair ne accolse la possibilità con il suo
primo vero sorriso da giorni.
Era giunto il momento di
trovarsi un altro ragazzo.
La Francia poteva aspettare.
*
Al bancone del bar, Chuck
sorrise in modo accattivante alla ragazza che aveva accanto, interrompendo le
sue chiacchiere inarrestabili.
“La copertina di Vogue,
mmh? Non mi sorprende.” la lusingò con voce seducente, vedendola sorridere
compiaciuta. “Ti direi che dal vivo sei ancora più bella, ma scommetto che lo
sai già”.
La modella fece un risolino
acuto e irritante. Era davvero uno schianto, un metro e ottanta di bionda
californiana infilata in un vestito corto e attillato che metteva in risalto le
curve appetitose del corpo e scopriva la pelle abbronzata dal sole. Prendere
possesso di quel corpo e marchiare quella pelle sarebbe stato il sogno di ogni
uomo eterosessuale e di ogni donna gay del mondo.
Per questo Chuck si maledì,
imprecando internamente. Una ragazza-copertina stava praticamente sbavando per
farsi scopare e tutto quello a cui lui riusciva a pensare era che aspetto
avrebbe avuto Blair con indosso lo stesso vestito, le deliziose spalle
messe in mostra dalla scollatura, gli stuzzicanti seni avvolti dolcemente dal
raso, le stupende gambe rese ancora più slanciate dai tacchi alti. L’immagine lo
eccitò oltre ogni limite e siccome non ne poteva più della modella e della sua
voce tintinnante, si sporse verso di lei e le posò una mano sulla coscia nuda.
“Che ne dici di mostrarmi
qualcuna delle tue pose in privato?” propose in un sussurro lento e carezzevole.
Purtroppo, quella emise un altro dei suoi risolini, ma il lato positivo fu che
annuì, con un sorriso provocante che di certo aveva sfoggiato in qualcuna delle
sue foto. Chuck si chiese se anche a chi aveva visto quegli scatti sembrasse
altrettanto insulso; Blair non s’impegnava così tanto e i suoi sorrisi erano
sempre maledettamente sexy. In realtà, anche i suoi bronci erano piuttosto
allettanti, con quel modo che aveva di sporgere in fuori il labbro inferiore,
quasi chiedesse solo di essere baciata.
Chuck imprecò di nuovo,
combattuto fra il risentimento verso se stesso per essere diventato così
dipendente da una donna e il rimpianto di averla abbandonata da sola in Toscana.
L’odio per l’introspezione vinse su tutto, così scoccò un’occhiata piena di
fascino alla sua conquista della serata e si diresse con lei verso l’uscita, per
imbattersi malauguratamente nella figura longilinea e nella cascata di capelli
dorati di Serena.
Rifletté che sarebbe stato di
gran lunga più facile smettere di pensare a Blair –ammesso che fosse possibile,
e cominciava seriamente a dubitarne- se la sua cara “sorellina” non fosse stata
una presenza costante intorno a lui dall’inizio dell’estate. Serena gli
ricordava in continuazione il suo errore, lanciandogli occhiate piene di
disprezzo e rivolgendogli insulti più o meno velati ogni volta che qualcuno le
dava l’occasione. Quella sera, dato che era al cellulare, si limitò
all’occhiataccia, alla quale lui rispose, come da routine, con un ghigno
collaudato. La aggirò, ma prima che potesse lasciarsela alle spalle, la udì
esclamare:
“No, B. Non credo sia una buona
idea parlare con Chuck in questo momento”.
Chuck raggelò, accorgendosi
appena che la modella lo aveva urtato quando lui si era bloccato di colpo.
Avvertì un nuovo lume di speranza nel petto e un familiare palpito nello
stomaco. Blair voleva parlare con lui? Anche dopo aver scoperto di essere stata
mollata e tradita? Tanto incredibile quanto… grandioso.
Purtroppo per lui, anche la sua
cara sorellina acquisita aveva fatto gli stessi ragionamenti.
“Insomma, dopo quello che ti ha
fatto! Secondo me è meglio se lo lasci stare”.
Il primo istinto di Chuck fu di
urlare a Serena di chiudere quella boccaccia e strapparle di mano il telefono,
ma non era ancora arrivato a quel punto di rottura, fortunatamente per la sua
dignità. Non era così ingenuo e non la conosceva così poco da credere che Blair
volesse comunicargli il suo affetto e il suo perdono, ma anche un litigio era un
contatto, e del tipo che lui sapeva gestire bene. Insomma, discuteva con
Blair dall’infanzia. Poteva usare le sue abilità verbali per far pendere la
bilancia a suo favore. Inoltre, ammise a se stesso che gli mancava parlare con
lei. Nessuna aveva la sua brillante arguzia, la sua adorabile perfidia, quel
tono altero e impertinente da vera regina. La voce di Blair lo faceva impazzire.
Fece in modo di trovarsi di
nuovo davanti a Serena e tese la mano.
“Passamela”. Il tono era freddo
e di comando. Per tutta risposta, la ragazza alzò le sopracciglia ritoccate
dalla matita e indietreggiò di qualche passo in un fruscio di tulle.
“Sì, era lui. B., forse è meglio
se ci risentiamo più tardi…”
“Passamela!”. Stavolta la voce
s’incrinò in una tonalità di disperazione. Gli angoli della bocca di Serena
guizzarono, ma per il resto si trattenne dal fare quello che di certo era un
sorriso di derisione.
“Chuck, che succede?” chiese la
modella confusa, ma lui la ignorò. I suoi occhi erano puntati in quelli azzurri
di Serena, che non sembravano contenere alcuna traccia di simpatia per lui. Non
lo avrebbe accontentato, era evidente.
Così, Chuck fu costretto a
cedere del tutto:
“Per favore”.
Le parole gli bruciarono sulle
labbra e gli avvelenarono lo stomaco. Nessun Chuck Bass avrebbe dovuto essere
costretto a implorare, mai, in nessun caso. Se fosse stato testimone di quella
umiliazione per una donna, Bart ne sarebbe stato orripilato. Chuck percepì un
moto di avversione nei confronti di Blair per averlo reso così debole,
sensazione che s’intensificò quando comprese che, nonostante tutto, l’ostilità
si estingueva sempre veloce come arrivava.
Non poteva odiarla.
Serena considerò la richiesta,
poi sospirò: “Okay”, e gli porse il cellulare. Chuck lo prese con le dita sudate
e si preparò a sentirsi aggredire da Blair in tutta la sua irresistibile furia,
invece ciò che udì fu una voce registrata che gli ripeteva che ore fossero.
“Cosa…” disse confuso, poi
realizzò cosa era accaduto e sentì imbarazzo e soprattutto un nuovo flusso di
potente rabbia montargli in corpo. Serena lo fissava soddisfatta, il sorriso di
scherno che in precedenza aveva trattenuto ora faceva mostra di sé sul suo bel
viso.
“Ben ti sta, fratellino.”
lo derise, per niente turbata dalla collera che era conscia di aver scatenato.
“Non vedo l’ora di raccontare a Blair come hai implorato per poterle
parlare”.
In qualsiasi altro frangente,
Chuck sarebbe stato lieto di veder riapparire una scintilla della vecchia
Serena; in quel momento, voleva solo colpirla fino a cancellare quel sorriso da
stronza dalla sua faccia. Alla fine, decise di non darle la soddisfazione di
altre reazioni spropositate e afferrò bruscamente la mano della cover-girl
per trascinarla fuori dal locale. Tutto ciò che voleva era affondare in quel
corpo caldo e non pensare più a niente, a parte quel miracoloso
analgesico per i mali della vita che per lui era sempre stato il sesso.
Sfortunatamente udì lo squillo
del cellulare e mentre si sedeva nella limousine, la curiosità ebbe il
sopravvento sul buon senso. Quando lesse il messaggio, Chuck pensò che era la
degna conclusione di una serata favolosa.
Avvistato:
Chuck Bass che chiede disperatamente udienza alla Regina B. Che ti è successo,
C.? Un tempo, le sole cose che riuscivano a farti piegare la testa erano i
postumi di una notte di stravizi. Ripensamenti? Come si dice in italiano:
“patetico”?
Chuck s’infilò il telefono in
tasca e tirò fuori una bottiglia di scotch dal minifrigo.
“Io preferisco lo champagne,
veramente.” tintinnò la ragazza. Chuck non la degnò di attenzione mentre
inghiottiva il primo lungo sorso, accogliendo il familiare bruciore in gola e
nello stomaco con un sospiro di sollievo.
“Chi è questa Blair con cui
volevi tanto parlare, comunque?” gli domandò lei, ricordandogli solo in quel
momento che era stata presente a tutta la scena. “È stata su qualche
copertina?”.
Chuck sorrise amaramente.
“È quello che mi è successo”.
La modella fece per ribattere e
lui le tappò la bocca con un bacio, chiudendo gli occhi e perdendosi in
un’immagine di morbide labbra rosse e soffici boccoli scuri.
Fine#5
[1] “Divorce, Italian Style” è la traduzione del titolo “Divorzio
all’italiana”, un film del 1961. Il gioco di parole è chiaro.
[2] Per la camera in cui alloggia
Blair, ho cercato su internet la descrizione della vera Suite Presidenziale
dell’Excelsior (io mi diverto così, che ci volete fare…^^”). Certo, qualche cosa
me la sono inventata, non essendoci stata personalmente.
[3] Angolo delle rispose alle recensioni, come da routine:
MelCullen: ciao! Cara
omonima,^^ ti ringrazio dei complimenti. Spero di leggere ancora le tue
impressioni.
Ray08: sono felice di
continuare ad entusiasmarti con le mie storie, spero di non deluderti mai.
Grazie per le osservazioni e le lodi, mi hanno fatto piacere.
Katiuscia87: cerco di
aggiornare almeno una volta al mese, e per ora ci sto riuscendo.^^ Grazie dei
complimenti, sei adorabile. Stavolta Nate non c’è, ma hai ragione, è piuttosto
divertente da usare, come personaggio (e, almeno nelle mie storie, non credo che
romperà molto le scatole a Chuck e Blair). Mi auguro che anche questa shot sia
di tuo gradimento e aspetto le tue impressioni. Un bacio.
feffixoxo: grazie!^^
speranza19: ti ringrazio,
sia per la costanza nelle recensioni che per le parole che dedichi alla mia
scrittura. Apprezzo davvero molto i tuoi commenti. Io mi impegno molto per fare
in modo che i miei Chuck e Blair (e tutti gli altri con loro, of course!) siano
in linea con i personaggi originali, perciò sono contenta che tu li trovi IC.
Spero tanto che anche questo aggiornamento sia all’altezza delle tue
aspettative. Un bacio.
Dark Queen: grazie
infinite per le belle parole, è sempre un piacere leggere recensioni tanto
accurate e lusinghiere. Non sai quanto sono stata felice di leggere di essere
riuscita a rendere bene Chuck. Come dicevo a Speranza, cerco in tutti i modi di
non far sfociare nessuno nell’OOC e credo che lui sia il più difficile da
caratterizzare. Grazie ancora del commento, l’ho apprezzato tanto. E non
preoccuparti del ‘ritardo’, figurati.^^ Un bacio.
Honest: grazie, mi fa
molto piacere sapere che hai adorato lo scorso aggiornamento. Stavolta c’è meno
dolcezza, perché ho esplorato un momento un po’ più triste della loro storia, ma
spero comunque che la shot ti piaccia. Un bacio.
sciops: ti ringrazio!
Ecco un altro capitolo, mi auguro che ti appassioni tanto quanto il resto della
fanfic. Un abbraccio.
Okay, è tutto per ora.
A presto,
Melany
|
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Capitolo 6 *** Waldorf Talking Dirty ***
New Page 1
#6
Titolo:
Waldorf Talking Dirty
Autrice: Melanyholland
Summary: Blair davvero
non capiva perché Chuck si ostinasse a restare lì con lei, né perché la sua
presenza non la disturbasse poi così tanto.
Rating: giallo
Timeline:
dopo la 1x04 (Bad News Blair).
Main
Characters: Blair Waldorf & Chuck Bass
Waldorf Talking Dirty
Di solito Blair detestava il
lunedì, ma in quella particolare settimana accolse quel nuovo inizio con un
sospiro di sollievo. Il week-end appena trascorso era stato un incubo che non
vedeva l’ora di lasciarsi alle spalle. La sua carriera di modella era morta sul
nascere e, come se non bastasse, sua madre le aveva fatto chiaramente capire che
la giudicava inferiore a Serena e che, nella lista delle priorità, lei veniva
dopo la preziosa linea di vestiti Waldorf. Davvero molto lusinghiero.
Per fortuna che c’era la
Constance, il regno di Blair. Guardare le ragazze agghindate a sua immagine
e poterle torturare un po’ era stato un vero balsamo per le ferite emotive di
Blair. Sorrise maligna, ripensando a come era stato piacevole vedere la Piccola
J abbassare il capo per nascondere le guance rosse di vergogna quando aveva
commentato le sue scarpe. Ed era stato così facile. Era bastato chiederle
dolcemente di che stilista fossero –Non mi sembra di riconoscerle. L’hai prese
da Bendel?- per costringerla ad ammettere in un mormorio sofferto quello che era
chiaro a tutte fin dal principio. Roba da grandi magazzini, probabilmente
perfino usata. Il pensiero di calzare scarpe che qualcun altro aveva avuto ai
piedi prima di lei aveva fatto rabbrividire Blair nel profondo e si era sentita
quasi dispiaciuta per Jenny. Quasi.
La giornata era quindi iniziata
bene e sarebbe andata avanti liscia, se Chuck Bass non fosse comparso
inaspettatamente al suo fianco mentre, concluse le lezioni, Blair attendeva
Serena davanti ai cancelli della scuola.
“Aspettavi me?” le chiese, in
quel tono carezzevole che lui reputava irresistibile. Nell’opinione di Blair,
era solo viscido e irritante. Davvero non riusciva a capire l’effetto che Chuck
aveva sulle altre donne, quasi non avessero idea di che razza di sporco satiro
profittatore fosse. Anche se, a pensarci bene, non è che lui fosse solito
abbordare delle alte cime d’intelligenza.
“Sei sopravvissuto al Lost
Week-End, dunque.” commentò, distaccata, poi sospirò. “Povera me. Un altro sogno
infranto.”
“Adoro quando fingi di non
amarmi, Waldorf.” sorrise lui, ammiccante.
Blair roteò gli occhi,
maledicendo la sua migliore amica per essere una frana con la puntualità e il
suo ragazzo per frequentare simili individui di dubbia utilità. Pensare a Nate
le fece tornare in mente la conversazione che avevano avuto prima che lui
andasse agli allenamenti di lacrosse e rispose al sorriso di Chuck, colta da
un’ispirazione.
“A proposito, volevo dirti che
il tuo altruismo è lodevole.” lo lusingò con tenerezza e ovviamente il
sorrisetto di lui si tinse di una sfumatura di sospetto. Blair gongolò
internamente. Non era da tutti mettere sull’attenti il Bastardo Senza Cuore. La
fulgida Serena non aveva speranze di riuscirci.
“Beh, sai che non so resistere
alle suppliche di una donna. Compiacerle tutte è un duro lavoro, ma nessuno
potrebbe farlo bene quanto me.” ribatté vizioso, invadendo il suo spazio
personale finché non furono a pochi centimetri l’uno dall’altra. Blair era
infastidita da quella vicinanza inopportuna –poteva sentire il suo fiato e
sapeva di spinello, per l’amor del cielo- ma non si mosse. Indietreggiare
sarebbe stata una spia di debolezza di cui lui si sarebbe beato, perciò lo
guardò dritto negli occhi, ignorando la strana vertigine che averlo così vicino
le provocava. “E visto che tiri in ballo l’argomento”, proseguì Chuck, in un
sussurro provocante, “Vuoi forse che mi occupi anche dei tuoi bisogni?”.
“Se mai accadesse, Bass, l’unica
cosa di cui avrò bisogno è un test per le malattie veneree.” replicò,
tagliente. “Ma ovviamente non succederà.” aggiunse precipitosa, quando lo vide
aprire la bocca con un luccichio diabolico negli occhi. Chuck scosse lentamente
la testa.
“Perché ti costringi a simili
sacrifici, Waldorf?”.
Blair aggrottò le sopracciglia e
fissando il volto compiaciuto di fronte a sé, si domandò dove Chuck volesse
arrivare. I commenti osceni e i flirt spinti erano la norma per lui, ma quel
giorno la stava tirando un po’ troppo per le lunghe. Quando finalmente capì, si
sentì sciocca per esserci cascata anche solo per poco: era ovvio che Chuck aveva
subodorato l’attacco e stava cercando di distrarla.
“Comunque, Nate mi ha accennato
a quello che hai fatto ieri”, cambiò argomento, con la delicata disinvoltura
appresa in anni di pratica ai cocktail party. “Sapevo che durante il Lost
Week-End succede di tutto e che sei legato a Nate, ma perdere una palla
per lui, Chuck?”. Gli sorrise serafica, mentre Chuck distoglieva lo sguardo, a
quanto sembrava più divertito che seccato. Ovviamente doveva deluderla, rifletté
Blair, con stizza.
“Mi sorprende che ti interessino
tanto le condizioni delle mie palle, Waldorf.” ribatté lui, tornando a guardarla
negli occhi con un’espressione che definire lasciva era poco. Per un istante,
Blair si chiese se non fosse stato un errore addentrarsi in quel particolare
campo, dato che di certo Chuck sapeva maneggiare le volgarità meglio di lei.
Purtroppo, i suoi timori trovarono conferma quando udì le parole seguenti: “Ad
ogni modo, se vuoi controllare tu stessa…”.
Blair fissò con orrore le mani
di lui che armeggiavano con la cintura dei pantaloni e d’istinto fece un passo
indietro. “Piantala, Chuck! Qualcuno potrebbe vederci!” lo sgridò sconvolta,
mentre la testa le si riempiva di immagini rivoltanti di Chuck con la patta
aperta e di echi agghiaccianti di “Avvistati” che avrebbero rovinato per sempre
la sua reputazione. Comprese di aver commesso un errore madornale un istante
troppo tardi.
“È solo questo che ti preoccupa,
Blair? Che gli altri possano vederci?” le chiese Chuck, ilare e insinuante.
“Possiamo continuare nella mia limousine, allora. Vieni.”
“Ti ho detto di smetterla.”
ripeté lei, riacquistando compostezza e schiaffeggiando la mano di lui che
cercava di circondarle il polso. Chuck le rivolse un sorriso beffardo, ma non
insistette oltre e si spostò, concedendole altro spazio.
Restarono in silenzio, l’uno al
fianco dell’altra, mentre gli ultimi gruppi di studenti in uscita li
sorpassavano, ciarlieri. Ogni tanto Blair sbirciava il profilo di lui e
puntualmente lo beccava a spogliare con gli occhi le ragazze più attraenti.
Quando lo vide ammiccare spavaldo in direzione di una sua compagna di corso,
Blair alzò gli occhi al cielo e si chiese esasperata perché Chuck non se ne
andasse. Avevano giocato e lui aveva vinto. Di solito, l’unica nota positiva di
una situazione simile era che subito dopo Blair se lo toglieva dai piedi. Non
capiva perché Chuck si ostinasse a restare lì impalato con lei, quando l’ultima
ragazza che aveva adocchiato gli stava rivolgendo un sorriso estasiato,
comunicandogli sfacciatamente –con sommo disgusto di Blair- che era più che
disponibile a farsi usare da lui. Non era da Chuck declinare simili inviti.
Pregò mentalmente che Serena
arrivasse presto, anche perché il suo ritardo cominciava a farsi imperdonabile.
Quando il cellulare trillò, trapanando il silenzio, Blair sussultò sorpresa e lo
sfilò dalla borsa con una certa apprensione; il timore che qualcuno l’avesse
fotografata mentre guardava Chuck e i suoi gesti indecenti era affiorato di
nuovo e guardò il display col cuore in gola, sperando di non trovarvi un
messaggio di Gossip Girl. Per sua fortuna, non era la ficcanaso, bensì la sua
migliore amica, che però non portava buone notizie: Scusa, B. Il dott
di Eric vuole vedere tutta la famiglia. Nn posso tornare a casa cn te. C ved
stasera. xo S.
Blair sbuffò, ma scrisse a
Serena di non preoccuparsi. Aveva ancora davanti agli occhi l’immagine della
cicatrice di Eric sul polso e la turbava. Tra tutti quelli che conosceva, il
fratellino di Serena era l’unico a cui non avrebbe mai potuto augurare alcun
male. Trovava incredibile e quasi commovente la quantità di innocenza che Eric
era riuscito a conservare, pur crescendo nel loro mondo.
“Serena ti ha dato buca?” chiese
Chuck, perfidamente allegro e Blair lo maledì per essere tanto perspicace. In un
mondo ideale, un simile porco avrebbe dovuto ragionare con una sola testa, e di
certo non quella che aveva sulle spalle. “Scaricata per il pezzente, immagino.
Offensivo.”
“Non mi ha scaricata, e
di certo non per Humphrey.” ribatté lei, freddamente. “E ora, se vuoi scusarmi,
ho di meglio da fare che stare qui a guardare mentre circuisci sgualdrine prive
di cervello e di autostima.”
“Ma è quello che hai fatto
finora.” replicò lui, un ghigno soddisfatto sul viso.
“Solo perché sarebbe stato
difficile non notare uno spettacolo così vergognoso.” obiettò lei con voce
carica di sdegno e girò sui tacchi delle Jimmy Choo per dargli le spalle,
decisa ad andarsene per non permettergli di importunarla oltre. Ne aveva avuto
abbastanza di Chuck Bass, per quel giorno. Il buonumore della mattinata stava
scemando inesorabilmente e le tornò improvviso alla memoria il ricordo di quanto
splendida era stata Serena sotto i flash, l’abito a fiori che avvolgeva il suo
corpo favoloso come se fosse stato cucito solo per lei. E probabilmente lo era
stato. Insomma, Eleonor non aveva certo in mente una ragazza come la figlia
quando ideava le sue creazioni. Lo stomaco le si contorse dolorosamente a quella
considerazione e Blair sentì il sapore della macedonia che aveva mangiato a
pranzo in gola, caldo e nauseante.
“Aspetta”.
Il tono era di comando e se
avesse avuto tempo di riflettere, Blair avrebbe accelerato il passo solo per
quel motivo; ma era distratta dai suoi pensieri poco gratificanti e reagì
d’istinto.
“Che vuoi ancora?” sospirò
scocciata, mentre si voltava per rivolgergli un cipiglio sprezzante da sopra la
spalla.
“Ti do un passaggio.”
“Perché?”.
Lo sguardo diffidente con cui lo
scrutò parve rallegrarlo, invece che indispettirlo.
“Perché mi piace avere una bella
ragazza in limousine.” rispose mellifluo, con occhi ricolmi di apprezzamento.
Blair non abbandonò la sua posa ostile, ma il complimento e l’occhiata le
avevano fatto piacere, anche se venivano da Chuck.
“A te piace avere una ragazza.
Punto.” gli ricordò, con voce carica di spregio.
“Ti stai proponendo, Blair?”
insinuò, mordace. “Sarebbe la seconda allusione del giorno. Mi vuoi così tanto?”
Blair sbuffò: “Sì, ti voglio,
Bass. Castrato e in esilio all’inferno, per l’esattezza.”
“E c’è chi ha il coraggio di
chiamarla Ice Queen.” sospirò Chuck ironico, a nessuno in particolare. Lei gli
scoccò un’occhiataccia, ma lui si limitò a sorridere, raggiungendola.
“Dai, Waldorf. Non vorrai
rovinare camminando quelle Jimmy Choo da novecento dollari”.
Quello di certo era un buon
argomento e, poco dopo, Blair si ritrovò seduta sui sedili di pelle della
limousine. In fin dei conti, rifletté, Nate non aveva tutti i torti: Chuck non
era una frequentazione completamente inutile.
“Sul serio non hai più la palla
di Babe Ruth?” gli chiese dopo qualche chilometro. Era strano pensare che Chuck
avesse ceduto quell’oggetto. Blair ricordava quanto era stato contento di
essersene impossessato quando entrambi avevano undici anni: si era vantato
borioso con tutti gli altri, mostrandola come se fosse un trofeo e Blair,
notando le espressioni ammaliate dei ragazzi di fronte a Chuck, aveva commentato
con Serena che i maschi sapevano essere davvero idioti, quando si emozionavano
così per una stupida palla da baseball vecchia e rovinata. Chuck l’aveva
sentita e, per ripicca, aveva raccontato a tutti di come lei si commuovesse fino
alle lacrime tutte le volte che vedeva Colazione da Tiffany. I ragazzi le
avevano riso dietro per giorni, ricordò ora con una punta dell’antico
risentimento.
“Colpa del tuo ragazzo.”
commentò lui, sostenuto.
“O tua?” ponderò lei ad alta
voce, trattenendo un sorrisetto quando Chuck le scoccò uno sguardo finalmente
irritato. “Lo sai che Nate è ingenuo e continui a portarlo in quei covi di vizi
e depravazioni che frequentate tu e i tuoi amici.”
“Carter Baizen non è un mio
amico.” sottolineò lui, come se ci tenesse particolarmente. “E il caro Nathaniel
ci è andato di sua spontanea volontà. Immagino che avesse bisogno di sfogarsi,
dato il guinzaglio sempre più corto con cui lo ha legato la sua rigida fidanzata
da quando una certa attraente bionda è tornata a New York.”
“Sei ripugnante”.
Ogni stilla di simpatia che
Blair avrebbe potuto provare per il gesto fatto a favore di Nate evaporò alla
malignità pronunciata da Chuck. Era davvero incredibile il modo in cui lui
riusciva sempre a colpire dove faceva più male, come se fosse in grado di
penetrare senza difficoltà l’immagine di ragazza forte e sicura di sé che lei
sfoggiava di fronte mondo, fino a scorgere tutti i pensieri che la tormentavano
ogni giorno. L’idea la fece sentire parecchio vulnerabile e decise di
accantonarla. Probabilmente, Chuck aveva dalla sua la fortuna del diavolo e
basta. Insomma, avrebbe dovuto osservarla a lungo e con attenzione per
conoscerla così profondamente e Blair era ben conscia che, anche quando le stava
intorno, lui era distratto da altro. Ne aveva avuto la conferma poco prima.
Si voltò piccata verso il
finestrino, decisa a ignorarlo per tutto il resto del percorso. Come era ovvio,
Chuck non le avrebbe concesso facilmente quel lusso.
“E come è andato il tuo
fine settimana, Queen B.?” le domandò, e il tono blando che aveva usato la
preoccupò non poco. Blair si chiese con un brivido se Chuck non sapesse qualcosa
della sua disavventura –il bastardo sembrava sempre a conoscenza di tutto,
accidenti a lui- e subito dopo si chiese se non stesse diventando paranoica.
“Meravigliosamente.” mentì, di
nuovo con quella naturalezza su cui aveva lavorato tanto.
“Davvero?”
“Certo. La nuova linea di mia
madre è stata accettata da Bendel”.
Blair si accorse che stava
esagerando con le chiacchiere da cocktail e si costrinse a tacere. Se c’era un
modo infallibile per insospettirlo, era proprio rifilargli quelle banalità.
Continuò a guardare fuori dal finestrino, avvertendo un moto di astio nei
confronti del traffico di New York, che stava rallentando il ritorno a casa.
“Andiamo, Waldorf.” si lamentò
lui, in un tono da bamboccio viziato, più che da genio del male. “Non hai niente
di meglio da raccontarmi? Una vendetta, una manipolazione, la distruzione di una
povera ragazza…”.
Blair sorrise, sollevata e un
po’ divertita. Dunque era per quello che Chuck aveva chiesto.
Non era raro che gli parlasse di
quel genere di cose, Chuck era lieto di ascoltarle e di godere con lei delle
disgrazie di una delle sue vittime. Le poche volte che Blair aveva descritto
qualche complotto a Nate, lui aveva fatto osservazioni che erano state quasi di
biasimo. Le era difficile ridere trionfante per l’umiliazione di una ragazza
mentre Nate la guardava con i suoi angelici occhi azzurri ricolmi di rimprovero.
Si voltò verso Chuck, che al
contrario la contemplava con un luccichio malizioso negli occhi castani
socchiusi.
“Beh”, esordì Blair in tono
lezioso, accavallando le gambe. “Potrei aver rubato i vestiti della collezione,
mandando a monte il servizio fotografico”.
Il sorriso che Chuck le rivolse
era divertito e ammirato. Blair se ne compiacque, fiera.
“Niente male, Waldorf.” la lodò,
facendo scorrere lo sguardo sul suo corpo, dalle gambe avvolte dalle calze di
seta rossa, al collo cinto dalla collana di Tiffany fino al viso
abilmente truccato.
C’erano momenti, come quello, in
cui Chuck la guardava come se fosse la ragazza più arguta e sexy che avesse mai
conosciuto. Blair sapeva bene che era uno sguardo studiato tanto quanto il
proprio atteggiamento alle feste di gala, e che probabilmente lui lo usava con
tutte le donne che incontrava per adularle e portarle a letto, ma si sentì
comunque più sicura di sé e del proprio aspetto. Alzò il capo, altezzosa,
scuotendo un poco i lunghi boccoli scuri.
“Lo so, Bass.”
“Scommetto che Eleonor ha avuto
una crisi isterica.”
“Oh, come minimo”, confermò lei,
spietata. “Peccato solo non aver potuto assistere”.
Sicuramente sua madre era andata
fuori di testa quando aveva scoperto che i preziosissimi abiti della linea erano
scomparsi. Ma non aveva immaginato che la colpevole fosse lei, secondo Blair
perché non si era minimamente accorta che anche la figlia non era più in giro.
“Avresti dovuto chiamarmi, però.
Tutte quelle modelle senza più niente da mettere addosso… avrei saputo io che
cosa farne.” sospirò Chuck, vizioso.
Blair arricciò il naso, poi ebbe
il piacere di rinfacciargli una delle sue stesse regole: “Niente contatti col
mondo esterno durante il Lost Week-End, Chuck. Ricordi?”
“Ogni regola ha le sue
eccezioni.” obiettò lui, scrollando le spalle. “E un gruppo di modelle
insoddisfatte è un’emergenza”.
Blair distolse lo sguardo e
sbuffò con deliberata enfasi, ma la verità era che Chuck non la stava
disturbando più di tanto. Di certo la stava distraendo dalle parti più negative
di quegli ultimi giorni da incubo.
La limousine si fermò e Blair si
accorse che erano arrivati a casa sua. Afferrò la maniglia della portiera per
scendere, poi si ricordò di un particolare:
“Ci sarai stasera al party di
Isabel?”
“Perché, sentiresti la mia
mancanza se non venissi?” le sorrise lui, compiaciuto.
“Della tua limousine, più che
altro.” ribatté lei, impertinente. “Passi a prendermi?”.
Chuck si sporse verso di lei,
infrangendo ancora una volta il limite di vicinanza dettato dalla buona creanza.
“Non credi di stare un po’
troppo approfittando di me, Blair?” chiese in un lento mormorio seducente
quasi contro la bocca di lei.
“Non mi sembra che ti
dispiaccia.” ribatté, maliziosa.
“Oh, non mi dispiace.” confermò
lui, prendendole la mano e posandovi un bacio. Le labbra indugiarono sulla sua
pelle e Blair trattenne il respiro, rilasciandolo solo quando finalmente Chuck
sciolse il contatto per sussurrare: “È un piacere servire la mia regina”.
Blair si morse il labbro,
incerta sulla sensazione che stava provando di fronte a quella chiara esibizione
di fascino. Sapeva che doveva esserne infastidita, perché era solo uno dei
soliti trucchi di Chuck, ma per un istante, quando lui l’aveva baciata, aveva
sentito un brivido lungo la schiena –e perché accidenti continuava a tenerle la
mano ed ad accarezzarla con le dita?-. Si affrettò a ricordare a se stessa che
il lupo era abile nel travestirsi e solo un’ingenua come la piccola Jenny
poteva cadere nella sua trappola. Blair, che si riteneva infinitamente più
furba, gli scoccò un’occhiata altera e sprezzante alla quale lui rispose con un
ghigno irriverente.
“E ora, se vuoi dimostrarmi la
tua gratitudine…” bisbigliò Chuck allusivo, ogni pretesa di generosità scomparsa
mentre la mano le risaliva per il braccio in una carezza languida e fin troppo
audace. Blair la afferrò nel momento in cui le sfiorava il lato del seno e
stette attenta a infilargli tutte le unghie nella carne mentre la allontanava
bruscamente da sé. Chuck emise un verso di dolore e protesta che la riempì di
soddisfazione.
“A stasera, Chuck.” lo salutò
dolcemente, come se non gli avesse appena lasciato cinque ferite a mezzaluna
sulla mano. Lui borbottò qualcosa che somigliava incredibilmente a “Stronza”, ma
Blair non ci badò, smontando dalla limousine e chiudendo la portiera dietro di
sé.
Fu solo quando colse la propria
immagine nello specchio in camera, che si accorse del sorriso sincero che aveva
sulle labbra.
Fine#6
Note dell’Autrice:
[1] “Women Talking Dirty” è un film commedia del 1999.
[2] Siccome ultimamente sono
nostalgica, ho voluto fare un salto indietro nel tempo a quando questi due (e il
telefilm) erano liberi da quell’incredibile quantità di ingiustificato e pesante
dramma. La prossima storia sarà ambientata durante la seconda stagione (ho già
iniziato a scriverla^^).
[3] Ringrazio tanto chi ha commentato lo scorso aggiornamento, vi adoro
tutti:
sciops: grazie! Sono
contenta di essere riuscita a trasmetterti le sensazioni di Blair. La storia su
lei e Chuck nella seconda stagione sarà, come ho detto, il prossimo
aggiornamento. Nel frattempo spero di non averti deluso con questa shot. Un
bacio.
Katiuscia87: ciao! Hai
visto, sono riuscita ad aggiornare perfino due volte in un mese (più o meno.^^).
Per me è una specie di record, considerando anche che domani ho il secondo esame
della sessione. Mi fa piacere che hai apprezzato la scorsa storia, sono davvero
lieta di essere riuscita a rendere in modo efficace i sentimenti di Blair. Per
quanto riguarda Serena, ho pensato che Chuck si meritasse una punizione per la
carognata fatta a Blair… sono contenta che la scena ti sia piaciuta. Ti
ringrazio del commento. Un bacio.
Ray08: grazie di cuore
per la recensione, le tue parole mi fanno sempre tanto piacere. Mi sono
divertita a scrivere il blast di Gossip Girl, magari comparirà anche in qualche
altra storia.^^ Spero che anche questo aggiornamento ti soddisfi come il
precedente e di riuscire sempre a trasmetterti qualcosa. Baci.
Honest: ti sono davvero
grata per la tua costanza e per la tua fiducia. Grazie del commento, mi auguro
di non deluderti mai. Un bacio.
Kaicchan: grazie! Sei
stata davvero carina a commentare di fila entrambi i capitoli e ovviamente sono
contenta che ti siano piaciuti. Grazie ancora per le lodi e le osservazioni. Il
capitolo post-Toscana sarà il prossimo, spero di non averti deluso postando
questo piccolo salto indietro nel tempo. Un bacione.
Al prossimo aggiornamento.
Melany
|
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Capitolo 7 *** Queen Bees and Wannabes ***
New Page 1
#7
Titolo:
Queen Bees and Wannabes
Autrice:
Melanyholland
Summary: “Né regina, né
futura duchessa.” sospirò Chuck teatrale, con falsa solidarietà. “Povera la mia
Blair. Le cose sembrano andare davvero male”.
Rating: giallo
Timeline: dopo la 2x04 (Ex
Files).
Pairing: Blair/Chuck
Queen Bees and Wannabes
“Che ci fai qui tutta sola,
Waldorf?”.
Blair roteò gli occhi, evitando
accuratamente di posarli sulla figura che si era appena seduta sullo sgabello
accanto al suo.
“Una battuta d’apertura degna di
un maniaco sessuale, Bass.” lo offese caustica, mescolando lentamente il suo
Martini con l’oliva infilzata nel bastoncino.
“Avresti dovuto sentire quella
che ho scartato”.
Blair non concesse nemmeno un
accenno di sorriso all’allusione. Chuck era l’ultima persona che desiderava
vedere quella sera –anche se, in effetti, il posto se lo contendevano lui e
Serena- e aveva scelto di proposito un locale poco frequentato dall’elite per
evitare lui e il resto dei suoi conoscenti, ma avrebbe dovuto aspettarsi
un’altra brutta sorpresa. Dopotutto, quegli ultimi giorni erano stati orribili,
dalla scoperta della ributtante relazione sessuale di Marcus con quella stronza
decrepita imbottita di botox fino alla degradante umiliazione che le aveva
inflitto Serena, rubandole il suo status di regina della Constance con la
rapidità di un battito di ciglia. Non c’era da meravigliarsi se le cose
continuavano ad andare di male in peggio, non era sempre così?
Chuck non aveva smesso di
guardarla da quando l’aveva raggiunta al bancone del bar e ora capì che Blair
stava cercando di fare esattamente il contrario, a meno che non avesse
sviluppato un improvviso profondo interesse per il suo bicchiere. Ma non le
avrebbe permesso di ignorarlo, nessuno poteva farlo.
“Mi stavo solo chiedendo dov’è
il Piccolo Lord, tutto qui.” insisté mellifluo, e il bicchiere tintinnò, colpito
dal bastoncino a causa di un lieve sussulto delle dita esili di lei. Chuck fu
parecchio intrigato da quella reazione, che purtroppo per Blair era riuscito fin
troppo facilmente a notare. Rifletté che avrebbe dovuto sfruttare quella sua
capacità di leggerle dentro e fece nota mentalmente di sfidarla ad una partita
di strip-poker, un giorno o l’altro. L’immagine di Blair che dopo l’ennesima
sconfitta si faceva scivolare lentamente le mutandine lungo le cosce lo
distrasse dalla conversazione e quasi sobbalzò quando la voce di lei lo
raggiunse, affilata e in perfetto contrasto con la Blair compiacente delle sue
fantasie:
“Ho deciso di piantarlo. Era una
noia mortale e nessun titolo vale un’ora e mezza passata a sentir raccontare di
partite di polo”.
Blair aveva dibattuto a lungo
sulla risposta da dare; non voleva rivelargli di essere di nuovo sola per non
dover affrontare il suo sorrisetto soddisfatto e le sue battutine perfide, ma
alla fine era giunta alla conclusione che Chuck l’avrebbe comunque scoperto,
probabilmente presto, data la sempre efficiente e sgradevole Gossip Girl ed era
meglio avere subito l’occasione di raccontare la propria versione. Non
s’illudeva di evitare in questo modo le malignità di lui, ma almeno non
l’avrebbero colpita quando meno se l’aspettava. Aveva già ricevuto abbastanza
pugnalate alle spalle, per quei pochi giorni.
Portò il bicchiere alle labbra e
bevve un sorso. Non lo stava guardando ma poteva sentirlo sogghignare.
“Né regina, né futura duchessa.”
sospirò Chuck teatrale, con falsa solidarietà. “Povera la mia Blair. Le cose
sembrano andare davvero male”.
Blair percepì le dita di lui che
le spostavano con cura dietro l’orecchio una ciocca di capelli sfuggita al
cerchietto e si ritrasse bruscamente, come se scottassero. E in un certo senso
era così. Purtroppo il tocco di lui aveva sempre effetto sul suo corpo, non
importava quanto il cervello le ripetesse che era un bastardo.
“Non direi. Non ho bisogno di
Marcus e sono ancora la regina della Constance.” obiettò, schiena eretta e
sguardo dritto davanti a sé in un atteggiamento di algida sicurezza. Sarebbe
stato bello provarla, oltre che ostentarla, ma per quella sera era chiedere
troppo.
Chuck accarezzò con gli occhi
l’altero profilo della sua adorabile Blair. Combattiva e fiera anche quando le
cose precipitavano, era così attraente che gli ci volle un bel po’ di forza di
volontà per non afferrarla per la nuca e baciarla con passione fino a lasciarla
senza fiato. Quella sera poi aveva indosso un abito D&G che metteva in
mostra alla perfezione il suo corpo tanto desiderabile: il tessuto che si legava
dietro il collo gli offriva la vista delle lisce spalle abbronzate e la cinta in
vita metteva in risalto la curva delicata dei fianchi; la gonna era lunga fino
quasi alle ginocchia, secondo le abitudini di Blair, ma l’orlo era trasparente e
gli permetteva di sbirciare un po’ più su quelle gambe favolose. Chuck avrebbe
dato qualsiasi cosa per trasformare quel vestito in un cumulo di seta rosa e
nera accatastata ai piedi di Blair, sul pavimento della propria camera da
letto.
“La negazione è il primo stadio
del dolore.” sentenziò spietato, perché se non poteva fare sesso con lei almeno
poteva giocare con lei, come si divertiva a fare prima di quella maledetta notte
al Victrola. Ottenne la prima piccola vittoria della serata quando
finalmente Blair incontrò il suo sguardo, gli occhi castani ricolmi di astio e
irritazione. La fredda compostezza si era sciolta e Chuck poteva finalmente
ammirare il fuoco che tanto lo faceva impazzire.
“Perché non mi lasci in pace,
Chuck? Non hai qualche sgualdrina da intrattenere? Oh, scusa”, sussurrò
dolcemente, sorridendo maligna e guardandolo con sprezzo. “Dimenticavo che ora
sei impotente”.
Chuck le assegnò risentito quel
punto e Blair si godette la sfumatura infastidita di cui si era tinto il
sorrisetto di lui. Che fosse lei stessa il motivo della sua inefficienza a
letto, anche se indirettamente, non faceva che rendere ancora più soddisfacente
deriderlo sull’argomento.
“Per ora sto intrattenendo la
mia sgualdrina preferita.” ribatté, velenoso, la mascella contratta e gli occhi
bui.
“Oh, sono certa che ti
piacerebbe.”
“Quello che mi piacerebbe è
sapere il vero motivo per cui il caro Marcus ha preso il volo.” obiettò Chuck e
gioì di perverso trionfo quando la posa di lei divenne rigida e il sorriso
forzato. C’era sicuramente un dettaglio che Blair gli stava nascondendo e, a
giudicare dalla reazione, doveva essere qualcosa di succulento per lui e scomodo
per lei.
“Te l’ho detto. Mi aveva
stancata.” insisté Blair ed era di nuovo in contemplazione del suo drink. Chuck
si chiese stupito come lei potesse anche solo sperare di ingannarlo con quella
bugia così fiacca. Che il Piccolo Lord fosse tutt’altro che eccitante –in ogni
senso, a giudicare dalla foga con cui lei aveva baciato Chuck durante il
blackout- Blair l’aveva capito fin dall’inizio.
“O forse è lui che si è stancato
di te?” insinuò, crudelmente. “Non sarebbe la prima volta che ti succede, in
fondo. Magari l’hai perfino trovato con qualcun’altra”.
L’esitazione di lei fu l’unica
conferma di cui ebbe bisogno. La gioia di aver scoperto che Blair era di nuovo
single e che il fidanzato che gli aveva sbattuto in faccia da quando era tornata
si era rivelato un traditore bugiardo, svanì quasi del tutto quando la vide
alzarsi di scatto e, invece di controbattere e insultarlo, mormorare un sentito:
“Vai al diavolo, Chuck”, prima di girare i tacchi e allontanarsi in un
ondeggiare scomposto di boccoli castani.
La voce di Blair si era
incrinata nel pronunciare quelle parole e Chuck si ritrovò a seguire la scia di
Chanel N.5 prima ancora di rendersene conto, spinto da un misto di
preoccupazione e rimorso che solo quella particolare ragazza riusciva a fargli
provare. Quando la raggiunse e la afferrò per il polso, facendola voltare,
scoprì che i suoi sospetti erano fondati: Blair era sull’orlo delle lacrime.
“Lasciami.” gli ordinò lei, e si
morse il labbro perché diventava sempre più difficile trattenere le emozioni.
Voleva solo andare a casa e non vedere più nessuno. Era così umiliante
essere sempre la ragazza che veniva tradita, quella che veniva dopo: dopo Serena
per sua madre, Nate e le ragazze a scuola, dopo Catherine per Marcus, dopo se
stesso per Chuck. Blair Waldorf non era mai abbastanza bella, sexy o brillante
per essere al primo posto. Ed ora stava per avere una crisi isterica di pianto
proprio di fronte a Chuck, stava per mostrarsi debole e patetica agli occhi di
qualcuno che mai avrebbe dovuto vederla in quello stato.
“Blair…”
“Lasciami!” ripeté veemente, e
lui l’accontentò, senza smettere di guardarla con un’intensità che cominciava a
metterla a disagio.
“Quel tizio era un idiota.”
disse Chuck, freddamente. Che Blair fosse così turbata dalla rottura con
quell’omuncolo insignificante lo infastidiva non poco. Sarebbe stato chiaro a
chiunque con un minimo di cervello che Marcus non era affatto all’altezza di una
donna come Blair. Doveva solo ringraziare il cielo che gli fosse stato permesso
di toccarla –pensiero che a Chuck dava ancora il voltastomaco- e se si
era tolto dai piedi così in fretta e senza tante fanfare, era stato molto meglio
per tutti. Anche perché Chuck aveva già deciso di occuparsi personalmente del
ritiro del nobile da quattro soldi dalla sua proprietà, e di certo in quel caso
la partenza sarebbe stata tutt’altro che silenziosa e indolore per Marcus.
Una piccola voce malevola dentro
di lui gli suggerì la possibilità che Blair si fosse effettivamente affezionata
al lord inglese, magari perfino innamorata, ma Chuck la scacciò con
rancore e stizza. E non erano affatto timore e gelosia quelli che gli stavano
sbocciando in petto. Proprio no.
“Ma certo che lo era.” ribatté
lei, con una smorfia sdegnosa. Risollevato, Chuck si compiacque della reazione
orgogliosa e ancora di più del sorriso perfido che le affiorò alle labbra subito
dopo: “Avresti dovuto vederlo. Quando ho scoperto il suo sporco giochetto, si è
messo a piagnucolare come un moccioso.”
“Quindi mi sono perso una
spettacolare umiliazione alla Blair Waldorf. Peccato.” commentò lui e Blair
sapeva che era sciocco, ma si sentì meglio nel vedere il sorriso ammirato che
Chuck le stava rivolgendo. Era gratificante. Inoltre, Chuck le aveva appena
fatto ricordare quanto si era sentita forte mentre ricattava Marcus e Catherine.
In quel momento, il titolo non aveva contato nulla, era stata Blair ad essere
superiore. Le avevano ubbidito, il lord e la duchessa, avevano dovuto
piegare la testa di fronte a lei, lei che avevano trattato con sprezzo e
noncuranza, lei che avevano creduto di poter ingannare passandola liscia.
La verità era che Serena aveva
solo successo, nient’altro, rifletté Blair. Non era lei la vera regina della
Constance e Blair non le avrebbe permesso di rubarle ciò che le spettava per
merito e diritto. Avrebbe dimostrato a Serena chi era veramente l’unica degna
del trono.
“Ti sarebbe piaciuto.” confermò
in tono leggero, scambiando con lui uno sguardo complice.
“Beh”, cominciò Chuck in un
sussurro, muovendosi fluidamente verso di lei. “Ti sei liberata del Piccolo
Lord, un festeggiamento è d’obbligo. Ho dello champagne in limousine, il tuo
preferito”.
Così vicino, Chuck era avvolto
dal profumo di lei e gli stava dando alla testa. Rapito dalle labbra rosse
dischiuse, tutto ciò a cui riusciva a pensare era che voleva baciarla. Quel
breve assaggio della passione di lei che si era goduto durante il blackout aveva
tormentato i suoi pensieri giorno e notte e rinfocolato ancora di più la sua
voglia di possederla.
Blair riconobbe l’eccitazione
negli occhi che la fissavano e sentì il proprio corpo reagire allo sguardo
bramoso di lui. Intorno al freddo e rigido Marcus non si era mai sentita così
desiderata e desiderosa. Solo il ricordo dei baci che lei e Chuck si erano
scambiati una settimana prima le accelerava il battito e indeboliva le
ginocchia, la esortava ad afferrarlo per attirarlo contro di sé, mettendo a
tacere ogni rimostranza della sua mente. A letto, Chuck riusciva a farle
provare piacere come nessun altro e il suo corpo reclamava quelle attenzioni
speciali che solo lui le riservava. Erano secoli che non veniva
soddisfatta a dovere, pensò con rimpianto. Era talmente frustrante e sarebbe
stato davvero facile porre fine a quella tortura, con l’attraente viso di lui
così vicino al proprio che sarebbe bastato sporgersi solo un pochino di più per
unire le loro bocche in quel bacio tanto agognato da entrambi. Stavolta, non ci
sarebbe stato nessuno ad interromperli e Blair sapeva che se si fossero toccati,
non sarebbe più riuscita a fermarsi. Lo voleva così tanto.
Ma quando Chuck tentò di
catturare le sue labbra, Blair raccolse tutta la propria forza di volontà e
voltò la testa. Poi fece un passo indietro, osservando fiera di sé il cipiglio
di disappunto che era comparso sul volto di lui. Sapere di essere riuscita ad
essere la più forte ancora una volta leniva decisamente la delusione che lei
stessa stava provando per quel contatto mancato. Non avrebbe ceduto ai propri
istinti, gettando all’aria l’orgoglio. Serena certo l’avrebbe fatto,
considerò Blair sprezzante, e tanto bastava a darle la conferma che si era
comportata nel modo giusto.
“Riserverò i festeggiamenti a
quando mi sarò liberata di te, Bass.” ribatté, voce dolce e sorriso acre.
Chuck capì che le gelide barriere di Blair erano di nuovo innalzate e che gli
sarebbe stato impossibile abbatterle, almeno per quella sera. Trovò la faccenda
davvero irritante, perché sapeva che ci era andato davvero vicino, stavolta: lo
aveva visto negli occhi languidi di Blair, nel respiro che si era fatto più
affannoso mentre lui si chinava per baciarla.
Comunque, rifletté Chuck
consolandosi, la testarda resistenza di Blair non faceva che aggiungere pepe al
gioco di seduzione. Se fosse stato troppo facile, non sarebbe stato divertente.
Blair era il trofeo più ambito anche per quella ragione.
“Allora, io li riserverò a
quando ti sarai arresa a me, Waldorf.” replicò con voce carezzevole, scoccandole
un sorrisetto. “Vedremo chi dei due avrà il suo party, alla fine.”
“Vedremo.” concordò Blair,
sicura di sé –perché dopotutto, non avrebbe perso qualsiasi fosse stato l’esito
della sfida-. Gli diede di nuovo le spalle, offrendogli la vista della schiena
nuda sfiorata dai lunghi riccioli scuri e avanzò verso la porta del locale con
passi alteri e cadenzati che erano degni di un’altezza reale. Entrambi pensarono
fugacemente che quella era un’uscita di scena che le si addiceva, al contrario
della precedente.
“Ci vediamo a scuola,
ex-regina.” la pungolò Chuck, senza riuscire a trattenersi. Dopotutto, se aveva
fatto tornare Serena sul trono, era per poterne approfittare nella riconquista
di Blair. Doveva assolutamente fare in modo che la situazione la infastidisse a
tal punto da spingerla a chiedere il suo aiuto.
Blair non si voltò, ma rispose
al saluto –e alla provocazione- con un tenero: “A domani, ex-playboy”, prima di
uscire nella fresca aria della sera. Tutto quello che era accaduto in quei
giorni le pesava ancora addosso come un vecchio cappotto infeltrito e fuori
moda, ma si esortò a non lasciarsi sopraffare. Il regno di Serena era una
ridicolaggine e distruggerlo sarebbe stato uno scherzo. Doveva solo studiare un
piano, e non ci sarebbe voluto neanche troppo impegno, realizzò all’improvviso,
non con la settimana della moda alle porte e una madre stilista.
Sorrise, trionfante, mentre
saliva sul taxi.
Fine#7
Note dell’Autrice:
[1] “Queen Bees and Wannabes” è il titolo di un libro di Rosalind
Wiseman.
[2] La quarta puntata della seconda stagione è tra le mie preferite.
Peccato che nell’episodio seguente A) il piano di Chuck non abbia alcun seguito
e B) nessuno parli più di Marcus. Voglio dire, Chuck aveva cercato di far
mollare lui e Blair dall’inizio della stagione, possibile che non faccia alcun
commento sull’improvvisa scomparsa di lui o sul fatto che Blair è di nuovo
single? Sono rimasta perplessa, ma con Gossip Girl mi capita spesso, in
realtà xD. Comunque, in questa storia ho voluto scrivere la mia versione della
faccenda, in mancanza di quella “ufficiale”.
[3] Come sempre, dedico questo spazio a chi ha speso un po’ del suo tempo
per commentare ciò che ho scritto, perché ve ne sono davvero grata. :)
Ray08: la tua fanfiction
preferita? Ho sorriso come una scema quando l’ho letto, sul serio. Grazie di
cuore.^^ È meglio che non inizi a parlare di cosa non sopporto degli scrittori
di GG, perché altrimenti non la finisco più. Dico solo che non sei l’unica ad
essere rimasta delusa, certe storyline le avrei cestinate volentieri, per
non parlare della filosofia “tutti a letto con tutti” e “la coerenza e la logica
rovinano lo show”. Okay, vedi che non mi fermo più se comincio?^^”
Tornando alla storia, ti
ringrazio delle osservazioni su Chuck e Blair, mi fa piacere avere una lettrice
così attenta. Sono felice ovviamente che li trovi rispecchiati nelle mie righe,
che è sempre il mio obiettivo. Spero di essere riuscita a stupirti con questo
aggiornamento sulla seconda stagione o, se non altro, a non annoiarti.^^ Un
bacio.
giulythebestofthebest:
ciao! Sono contenta che le mie storie ti piacciano così tanto, grazie davvero
per le belle parole. Per quanto riguarda gli aggiornamenti, il ritmo dipende da
molti fattori: tempo che posso dedicare alle storie, ispirazione, accesso al
computer. Al momento sono in piena sessione d’esami, e ti giuro che spesso
abbandonerei volentieri libri, fotocopie e appunti per scrivere un po’!^^
Comunque, ti assicuro che quando una storia è pronta, la posto subito. Un
abbraccio, spero di risentirti.
Katiuscia87: anch’io
adoro i vecchi tempi di Chuck & Blair! Tra l’altro, trovo la prima stagione in
assoluto la migliore, finora (sarà per questo che mi vengono in mente un sacco
di storie ambientate in quel periodo?). Sono davvero lusingata che hai trovato
la mia rappresentazione addirittura perfetta. Grazie veramente di cuore!^^ Sono
contenta anche di essere riuscita a farti ridere. Mi auguro di non deluderti con
questo aggiornamento. Un bacio.
feffixoxo: grazie dei
complimenti, mi ha fatto piacere leggere le tue righe. Non so se questa storia è
meglio di quell’altra, xD ma spero che ti piaccia. Un abbraccio.
ary_gg: per quotare (più
o meno) Chuck: definisci “innamorata”. xD Scherzi a parte, ti ringrazio per
tutto quello che mi hai scritto, sono veramente contenta di essere riuscita ad
entusiasmarti così tanto. Fammi sapere cosa ne pensi di quest’ultima storia.
Baci.
Honest: finalmente sono
riuscita a scrivere la storia sulla seconda stagione, hai visto?^^ Spero che,
dopo tanto attendere, tu non rimanga delusa. Comunque mi fa piacere che tu abbia
apprezzato lo scorso aggiornamento, anche se non era quello che ti aspettavi.
Grazie davvero per le lodi e le osservazioni. Cercherò di aggiornare più spesso
che una volta al mese (e ultimamente, sembra che ci stia riuscendo :), ma come
ho detto a giuly, dipende solo in parte da me. Ad ogni modo, farò del mio
meglio, promesso. Approfitto di questo spazio per ringraziarti anche della
recensione a The Driver’s Tale, mi ha fatto molto piacere sapere che cosa
ne pensi, e ovviamente ti ringrazio anche per i complimenti che mi fai. Sei
carinissima. Un bacio, a risentirci.
merediana: sono davvero
lusingata che tu abbia letto la mia storia e che abbia deciso di commentarla,
nonostante non segui molto questo fandom. Sono d’accordo con te sulla prima
stagione, era la migliore. Ti ringrazio per aver scritto una recensione tanto
accurata, mi ha fatto veramente piacere leggerla e ho apprezzato molto sia le
tue osservazioni sullo stile che sui contenuti. Il fatto che tu abbia trovato
perfetti i caratteri dei personaggi mi ha fatto contenta. Ci tengo a
ringraziarti anche per il commento a The Driver’s Tale. Sai, mi sono
divertita parecchio a immedesimarmi in un personaggio che vede tutte le vicende
dei protagonisti da fuori e ho cercato di renderlo il più tridimensionale
possibile. Perciò sono lieta che il mio Arthur sappia farsi apprezzare.^^ Grazie
ancora, spero di leggere ancora le tue impressioni.
Questo è tutto.
Al prossimo aggiornamento,
Melany
|
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Capitolo 8 *** Memories of Fire ***
New Page 1
#8
Titolo: Memories of Fire
Autrice: Melanyholland
Summary: Chuck aveva
provato con tutte le sue forze a dimenticare Blair, ma ritrovandosi da solo con
lei, scoprì che le farfalle erano più vive che mai.
Rating: arancione
Timeline:
dopo la 1x17 (Woman on the Verge).
Pairing:
Chuck/Blair
Memories of Fire
Ritrovandosi da solo con Blair
dopo tanto tempo, Chuck percepì un familiare frullo nello stomaco che non fu del
tutto inaspettato, né in effetti completamente indesiderato. Lei aveva detto che
erano farfalle, lui lo chiamava il suo vizio più pericoloso.
E di perdizione e rovina Chuck
non era mai stato sazio.
Blair lo precedette in camera
sua, offrendogli la deliziosa vista della sua schiena liscia lasciata nuda dal
vestito. Chuck scorse sulla scapola il neo che aveva tante volte baciato e si
passò istintivamente la lingua sulle labbra, quasi sperasse di ritrovarvi il
sapore della pelle di Blair. Non fu così, ma non ne ebbe bisogno per ricordarlo.
Di lei, ricordava tutto.
Anche la ferocia con cui lo
aveva respinto, ovviamente. Le parole cariche di veleno e livore lo avevano
trafitto dove non aveva mai permesso a nessuno di arrivare. Con lei, per
lei, Chuck era stato diverso, e lei in cambio lo aveva solo usato come
scaldaletto in attesa del ritorno di Nate; lei aveva sputato su tutto ciò che
avevano avuto senza batter ciglio.
Sapendo di essere stato colpito
nell’orgoglio –perché quelle ferite sapeva come gestirle, sapeva come curarle-,
Chuck l’aveva punita, ed era stato estremamente crudele. Distruggere Blair non
gli aveva procurato alcun piacere, ma era così che dovevano andare le cose, ne
era convinto. Da quelle parti, era necessario che i conti fossero sempre
pareggiati.
Che era poi il motivo per cui si
trovava in camera di Blair invece che nella propria, a scrivere il discorso del
testimone per le nozze di Bart. Si sarebbe goduto l’annientamento di Georgina
Sparks ed era lieto di poterne essere l’artefice.
Blair si sfilò le scomode scarpe
alte e Chuck si accorse dell’artificiosa rigidità dei suoi movimenti.
Probabilmente stava cercando di apparire disinvolta, ma non era mai stata capace
di ingannarlo. La conosceva così bene.
“Hai già in mente qualcosa?” gli
chiese all’improvviso, forse per liberarsi del suo scrutinio.
Chuck scosse la testa. Aveva un
paio di idee, in realtà, ma non le avrebbe rivelate così in fretta. Blair si
tolse anche la collana e lui ricordò il modo in cui le perle le sfioravano i
seni la prima volta che l’aveva vista nuda. Per un po’, erano state l’unica cosa
che aveva avuto indosso.
“Deludente, Bass.” sbuffò lei, e
parve più spontanea. Chuck capì che insultarlo la faceva sentire a suo agio e le
rivolse un sorrisetto, proseguendo con il loro scambio abituale.
“Il tuo spogliarello mi sta
deconcentrando, Waldorf.” commentò impudente, facendo scorrere uno sguardo
rovente su di lei. “Ma forse lo fai di proposito”.
Blair si bloccò mentre si
sfilava il cerchietto, le guance accalorate. Roteò gli occhi e quando parlò di
nuovo, non c’era più traccia di tensione nella sua voce:
“Piantala. Dobbiamo pensare a
Serena.”
“Perverso. Mi piace.”
“Chuck!”.
Ora l’atmosfera era distesa del
tutto. Chuck stesso di rilassò nell’accogliente familiarità di quei discorsi,
sentendosi sollevato che fosse così facile, ma non sorpreso.
Al contrario lo era stato quella
mattina, vedendo il numero di Blair comparire sul display del cellulare. Lei,
così fiera, così testarda, aveva deciso di chiamarlo dopo l’umiliazione che le
aveva inflitto. Subito Chuck aveva pensato che fosse successo qualcosa di
davvero grave se Blair era stata costretta a quel gesto sofferto, ma quando
aveva risposto, era stato freddo e ironico, perché lui era pur sempre Chuck
Bass, e lei la donna che aveva osato fargli un torto.
“Hai sbagliato di nuovo numero?”
“Chuck”, l’aveva invocato lei,
ed era stato disarmante sentirla ancora pronunciare il suo nome, fin troppo per
i gusti del suo orgoglio. Era stato come tornare indietro al tempo in cui Blair
si rivolgeva a lui ogni volta che aveva bisogno di un partner per un piano, o
semplicemente di aiuto. Non aveva mentito in seguito a Nate: aveva
provato davvero un moto di nostalgia.
“Serena è lì con te?”.
Chuck aveva negato, riflettendo
che avrebbe dovuto aspettarsi che fosse successo qualcosa alla loro ingenua e
problematica amica comune. L’unica per cui Blair si sarebbe sacrificata era lei.
Un giorno, Chuck l’aveva derisa perfido dicendole che era il cagnolino fedele di
Serena, ma onestamente, se c’era una cosa che capiva, era la lealtà.
Verso la sua nuova sorella, ad
esempio.
“L’ho cercata dappertutto!”
aveva continuato Blair, concitata. “Chuck” – avvertendo il suo stomaco
contorcersi, Chuck si era chiesto se la stronza sapesse che effetto gli faceva
sentirsi chiamare da lei e se per questo lo invocasse di continuo-, “Credo che
sia nei guai. Penso che sia meglio…”, c’era stata una pausa di esitazione, e lui
ne aveva compreso il motivo udendo il resto: “Vediamoci da me”.
Tono fermo, quasi di comando, ma
l’incertezza pulsava in ogni parola. Blair aveva temuto che lui le voltasse le
spalle, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Non ti voglio più, era stata
l’arma di Chuck contro di lei e oh, quanto le aveva fatto male. In passato,
Blair non era mai stata esitante.
Non le aveva risposto, chiudendo
semplicemente la comunicazione.
Ma era andato, ovviamente; dando
inizio a quella catena di eventi che l’aveva condotto in camera della ragazza
che gli aveva procurato tanti problemi e che ora lo fissava con quel cipiglio un
po’ seccato che lui trovava irresistibile.
Chuck avanzò e si sedette sul
letto, slacciando la giacca elegante per poi toglierla. Mentre allentava il
farfallino, rifletté che sembrava si stessero spogliando per fare sesso. Forse
il ritmo era un po’ troppo pacato rispetto alle loro abitudini –una delle cose
che tanto lo avevano prima piacevolmente sorpreso e poi irrimediabilmente
attratto di Blair era stata la violenta passione con cui lo attirava sé quando
aveva voglia-, ma l’impressione che davano in generale era quella. Blair dovette
aver avuto la stessa intuizione, perché all’improvviso gli chiese:
“Vuoi una sedia?”
“Sto bene così”.
Blair esitò per qualche istante
e poi lo raggiunse, sedendosi sulla sponda opposta del letto, con centimetri e
centimetri di seta e piume d’oca a dividerli. Chuck ricordò la foga con cui una
volta l’aveva spinta su quello stesso letto e la vivacità con cui Blair aveva
riso mentre cadeva di schiena e rimbalzava lievemente sul materasso.
Guardandola, si era stupito ancora una volta di quanto fosse bella e si era
preso un minuto per ammirare il modo in cui i suoi occhi brillavano di malizioso
divertimento e le sue labbra si curvavano in trepidante delizia. Non l’aveva mai
vista così spensieratamente allegra e il pensiero che fosse lui la causa di
quella felicità gli aveva fatto nascere qualcosa dentro. Dopotutto, Chuck non
aveva mai reso felice nessuno nella sua vita e non gli era mai importato di
farlo; se lui stesso non lo era, perché per gli altri doveva essere diverso? Ma
con Blair le cose cambiavano, perché Blair raggiante era uno spettacolo di cui
lui stesso si compiaceva.
In quel momento, stava sdraiata
sul letto con i lembi della camicetta sbottonata che sfioravano i seni e la
gonna sollevata fino alle cosce che mostrava l’orlo ricamato delle mutandine e i
gancetti della calze e per Chuck, che la contemplava rapito, era stata una
visione di pura perfezione. Lo affascinava ed eccitava come non gli era mai
capitato; era assetato di Blair e non c’era modo di estinguere o anche solo
calmare l’arsura perché più ne attingeva, più ne voleva.
Accorgendosi della sua
esitazione, Blair aveva teso le braccia verso di lui in un tacito invito a
raggiungerla e Chuck naturalmente l’aveva accontentata, perché soddisfare Blair
sembrava essere diventato lo scopo della sua vita, da un po’ di tempo a quella
parte. Non che avesse di che lamentarsi: era letteralmente un piacere.
Quel pomeriggio lo avevano
passato a letto e lui l’aveva presa ripetutamente, godendo di lei in tutta la
sua fulgida gloria. Anche con la pelle lucida di sudore, i capelli umidi
appiccicati al collo, il trucco rovinato e le labbra gonfie e arrossate, Blair
era più sexy di una modella che aveva appena finito di prepararsi per un
servizio fotografico. Solo vederla sussultare per le sue spinte gli faceva
trattenere a fatica l’orgasmo, e c’erano anche i suoni che faceva, quei gemiti
concitati, quei mugolii deliziati e poi quei versi che somigliavano
incredibilmente alle fusa di un gatto, che gli facevano perdere la testa finché
tutto ciò che riusciva a invocare era Blair, Blair, Blair.
Ora Chuck si ritrovò a ricordare
ogni momento, ogni parola di quel pomeriggio incredibile, perfino l’anello di
rubini che lei portava all’anulare destro. Erano memorie che aveva tentato di
scacciare con tutte le sue forze da quando l’aveva ripudiata con disprezzo in
quel bar, ma nessuna altra donna, per quanto esperta e procace, era riuscita a
fargli dimenticare la sensazione estasiante del corpo caldo di Blair intorno al
proprio, le cosce tornite ad agganciargli bisognose i fianchi e le unghie curate
a graffiargli disperatamente la schiena.
“Potremmo farle un filmino
compromettente.” suggerì Blair, interrompendo la sua gustosa reverie.
“Più compromettente di quello in
cui lei e Serena fanno un festino a base di coca, sesso e overdose?” obiettò
lui, sferzante. Blair gli rivolse uno sguardo offeso e irritato.
“Almeno io propongo qualcosa,
Bass.” replicò, ostile. “L’unica idea geniale che hai avuto tu stasera è stata
vestirti finalmente con colori decenti”.
Chuck lanciò un’occhiata al
completo scuro che aveva indossato per la cena di prova e fece una smorfia. Bart
era stato categorico su quel punto: sia al matrimonio che alle prove ogni
azzardo cromatico del suo testimone sarebbe stato deplorato severamente.
Chuck era sul punto di ribattere
qualcosa di altrettanto pungente, quando fu colpito da un’idea e,
prevedibilmente, era geniale. Interpretando la pausa come una resa, Blair gli
scoccò quel sorriso vittorioso e gongolante che Chuck non sapeva se trovare
fastidioso o attraente.
“So come distruggerla.” aveva
annunciato tronfio, sorridendo a sua volta.
“Davvero?”.
Chuck non aveva dubbi sul
luccichio crudele che era balenato negli occhi di Blair. Quello, lo eccitava e
basta.
“Pensaci, Waldorf. C’è solo una
cosa che potrebbe far paura a Georgina.”
“Un crocifisso?” scherzò lei, ma
i suoi occhi erano altrove. Chuck la osservò aggrottare le sopracciglia sottili
e concentrarsi alla ricerca di una risposta, perché come lei sapeva bene, quella
non era una semplice esortazione, ma una sfida. Il loro rapporto era un continuo
confronto di abilità, un gioco con in palio solo il loro orgoglio. Era ciò che
aveva sempre reso Blair agli occhi di Chuck così diversa dalle altre donne, di
cui irrimediabilmente si stancava presto.
“Beh, due, in effetti.” si
corresse lui, indulgendo in un piccolo suggerimento. Sapeva che ci sarebbe
arrivata, era sempre stata una ragazza brillante. Infatti, non ci volle molto
perché la fronte si distendesse, gli occhi s’illuminassero e le labbra si
dischiudessero per mormorare:
“I suoi genitori. Ma certo”.
Sorrisero entrambi in un momento
di trionfante complicità dimentico degli screzi passati, ma durò poco. Blair
distolse gli occhi e cominciò a lisciare sbadatamente il tessuto che le copriva
le cosce.
“Metterli contro Georgina non
sarà difficile.” giudicò lei, con voce carica di fredda durezza. “Mi è capitato
di parlarci, a qualche cocktail. Non lo danno a vedere, ma coglierebbero al volo
ogni scusa per liberarsi del demonio che hanno avuto la sfortuna di concepire.”
“E tu sei così brava a recitare
la parte della brava ragazza preoccupata per le sorti della sua cara amica.”
suggerì lui con un sorrisetto perfido, ricordando quanto Blair era stata
gloriosa mentre annunciava a tutta l’Ivy League i presunti problemi di
alcol e droga di Serena. Blair aveva di nuovo spostato gli occhi su di lui,
concedendo a se stessa un sorriso compiaciuto e a lui la possibilità di vederlo.
“È vero. E la mia cara amica G.
ha tanto bisogno di aiuto, in questo momento.” sospirò, scuotendo la testa. “Il
nostro mondo è pieno di tentazioni. Credo che allontanarsi da New York le farà
bene. Avrà tempo per riflettere sui suoi errori, per tornare la ragazza
adorabile e stupenda che noi tutti amiamo”.
Chuck era colpito dalla dolce
preoccupazione che trapelava dalla voce e dall’atteggiamento di Blair. Si era
sbagliato: non era brava, ma formidabile. D’altra parte, quella era la
ragazza che da anni riusciva ad ingannare il cinico Upper East Side con il suo
aspetto angelico e i suoi modi eleganti. Chuck era uno dei pochi a conoscere la
vera natura di Blair e la cosa l’aveva sempre intrigato parecchio. La perfidia
dietro la purezza, il calcolo celato dal sorriso. Blair era la più stuzzicante
delle contraddizioni.
“E in nessun posto si riflette
sui propri errori come in un riformatorio.” commentò lui senza pietà, e gli
occhi di Blair furono di nuovo divertiti e crudeli, ogni sfumatura di tenerezza
scomparsa.
“Già. Mi assicurerò
personalmente che scelgano il peggiore che sia mai stato costruito.” promise
lei, poi sbadigliò. Quando allungò le braccia per stiracchiarsi, il tessuto
dell’abito s’increspò sui rigonfiamenti dei seni.
“L’unico problema è che non so
dove trovare i signori Sparks.” aggiunse scorata, e Chuck fu lesto a riportare
lo sguardo sul viso di lei prima che si accorgesse di qualcosa. “Credi che siano
ancora a New York?”
“C’è solo un modo per
scoprirlo”.
Telefonò al suo investigatore
privato e dopo aver ascoltato le sue richieste, Mike gli assicurò che gli
avrebbe mandato un messaggio con tutti i recapiti disponibili dei genitori di
Georgina in un paio d’ore. Blair non gli aveva staccato gli occhi di dosso per
l’intera chiamata e quando Chuck le riferì i particolari, sbuffò e si lasciò
cadere sdraiata di fianco sul copriletto.
“Dobbiamo aspettare due ore?” si
lamentò, indignata. “È già tardi e se perdo altro sonno, sulle foto del
matrimonio sembrerò zio Fester”.
“Sono certo che la gioia per
aver annientato la psicopatica restituirà al tuo viso tutta la sua naturale
bellezza.” commentò lui, galante. Blair roteò gli occhi, ma Chuck giudicò che la
sua irritazione fosse vera solo al venti percento. Non era tutto fard, quello
che le coloriva le guance.
Dopo un attimo di esitazione,
Chuck si sdraiò con disinvoltura accanto a lei, in modo che i loro visi fossero
a pochi centimetri l’uno dall’altro. Come era prevedibile, Blair si sollevò su
un gomito e lo guardò oltraggiata:
“Cosa credi di fare?”
“Rilassati, principessa. Sono
solo stanco.” mormorò con noncuranza, ed era sincero. Stare disteso vicino a
Blair tanto da sentire il profumo e il calore del suo corpo era solo un
vantaggio collaterale. Comunque, dato che era pur sempre lui, fu costretto ad
aggiungere: “Sai, le donne mi pregano in continuazione perché le faccia restare
a dormire accanto a me tutta la notte.”
“Forse perché vogliono
approfittarne per ucciderti nel sonno.” replicò lei, caustica. Chuck sorrise,
divertito e le lanciò uno sguardo ammiccante.
“Comunque, dormire con una
ragazza in particolare è sempre stato piuttosto piacevole”.
Lo sbuffo incredulo di lei
stavolta arrivò con un ritardo considerevole e Chuck gongolò internamente. A
quanto pareva anche Blair non era del tutto immune al fascino dei ricordi che
condividevano... e al suo.
Ma siccome Blair era anche
un’insopportabile stronza e mai avrebbe ammesso che l’idea di stare così vicini
la allettava e probabilmente eccitava tanto quanto faceva con lui, afferrò uno
dei voluminosi cuscini del letto e lo gettò a terra.
“Puoi sdraiarti sul pavimento,
mentre aspettiamo.”
“Cosa?” reagì, indignato. Lui
era Chuck Bass. I ricchi e privilegiati Bass di questo mondo non si sdraiavano
sul pavimento, soprattutto quando a pochi passi stava un letto comodo con
pregiate lenzuola di seta e una donna stupenda semi-svestita. Era ridicolo,
senza senso.
“Non fare il rompiscatole. Sono
solo due ore, non ti succederà niente.”
“Io non mi metto per terra,
Waldorf.” sibilò, categorico.
“Allora io mi metto a urlare”.
Quando Chuck alzò le
sopracciglia in un indifferente fa pure, Blair gli lanciò un’occhiata
diabolica e spiegò: “Dorota si precipiterà qui e quando ti vedrà in camera mia,
di notte, senza giacca, non serviranno tutti i tuoi soldi a salvarti dalla sua
ira”.
Chuck guardò la dispotica
bellezza di fronte a sé con uno sguardo torvo e risentito. Non aveva una gran
voglia di affrontare la cameriera polacca di Blair –che, doveva ammetterlo,
diventava piuttosto temibile quando doveva salvare la sua protetta- perciò, con
un ultimo sbuffo, si spostò sul pavimento. Blair gli scoccò un’occhiata di
gelida soddisfazione prima di sdraiarsi di nuovo e lui fece una smorfia: era
ancora più scomodo di quanto avesse immaginato, accidenti a Blair.
Restarono in silenzio per un
po’. La schiena di Chuck, abituata a superfici ben più soffici, cominciò quasi
subito a torturarlo con fitte di dolore e lui ricordò con una certa amara ironia
che una manciata di minuti prima aveva pensato di adorare il lato sadico della
Regina B. In quel momento, avrebbe di gran lunga preferito che lei fosse la
ragazza dolce e gentile che quegli occhi da cerbiatta lasciavano intendere.
Quando Blair parlò di nuovo, per
inveire per l’ennesima volta contro Georgina, lo fece in un borbottio flebile e
stanco e Chuck capì che stava per addormentarsi. In passato era capitato che si
assopisse accanto a lui, perché si sentiva particolarmente affettuosa oppure
perché era troppo esausta per andarsene o per mandarlo via dopo che avevano
finito. Chuck adorava passare il tempo a stancarla insegnandole nuove posizioni
e dedicandole le proprie attenzioni, ma non gli dispiaceva nemmeno stare disteso
accanto a lei a guardarla dormire. Lo trovava confortevole. Il che era
un’altra stranezza del suo rapporto con Blair, perché come le aveva fatto
presente poco prima, non permetteva a tutte le sue conquiste di dormire con lui
e, quando accadeva, era perché era troppo fatto o ubriaco per preoccuparsene
oppure perché la tizia era stata particolarmente abile e gli sarebbe piaciuto
ripetere l’esperienza dopo qualche ora di sonno. Era stato durante una di quelle
volte, mentre contemplava il viso rilassato di Blair e il ritmo regolare con cui
i suoi seni si sollevavano e abbassavano sotto il lenzuolo, che aveva realizzato
che sarebbe stato capace di guardarla per ore senza stancarsi. Sempre quella
volta aveva sbuffato, rendendosi conto infastidito e nauseato che era un
pensiero alla Dan Humphrey, e l’aveva svegliata con un bacio irruente per poi
trascinarla in un altro round di sesso, in modo da dimostrare a se stesso che
era sempre lui.
Ora si alzò dal pavimento e si
sedette di nuovo, con delicatezza, sul letto. Blair era ancora sdraiata sul
fianco, le ginocchia sollevate all’altezza della pancia, e aveva gli occhi
chiusi, i capelli sparsi sul cuscino. Chuck sorrise lievemente accorgendosi che
si era davvero addormentata. Tolse la suoneria al cellulare e, sempre attento a
non svegliarla, si sdraiò accanto a lei. Non aveva importanza che restassero
alzati: Mike gli avrebbe mandato il messaggio con le informazioni e lui
l’avrebbe inoltrato a Blair appena possibile. Dopotutto, se si pagava qualcuno,
era per avere il privilegio di starsene senza fare niente mentre quel qualcuno
sgobbava al posto tuo. Chuck fu più che felice di disinteressarsi della
faccenda, perché stando così vicino a Blair, i ricordi che tanto lo avevano
tormentato in quelle settimane riemersero prepotenti, alimentati dal profumo
della pelle di lei mischiato a Chanel n.5 e dal calore del respiro che
emetteva dalle labbra dischiuse. No, per quanto ci provasse, non riusciva a
togliersela dalla testa. Le farfalle non si lasciavano assassinare.
Il sorriso di Chuck divenne
trionfante quando Blair emise un debole mugolio e si accoccolò contro di lui nel
sonno. A quanto pareva, il corpo di lei non era altrettanto disposto a celare le
sue vere voglie. Chuck cercò di tenere a freno le proprie, ma poi la gamba nuda
di Blair gli agganciò la coscia e c’era quel ritmico soffio di calore che
continuava ad accarezzargli la bocca e accidenti, Chuck non aveva mai detto di
essere un santo, anzi, faceva di tutto nella sua vita per dimostrare che era
esattamente il contrario. Così, fece qualcosa che sapeva non gli era concesso,
infrangendo le regole e prendendo un rischio calcolato: la circondò col braccio,
si sporse e le sfiorò la bocca con un bacio. Poi si passò la lingua sulle
labbra, sentendosi soddisfatto perché finalmente l’aveva ritrovato, il sapore di
Blair.
Fine#8
Note dell’Autrice:
[1] “Memories of Ice” è il terzo volume della saga fantasy di
Steven Erikson.
[2] Finire questa storia è stato molto faticoso, non so se è il caldo che
ha effetti sulla mia ispirazione, ma ultimamente le parole non mi escono mai
fuori nel modo giusto. Comunque, spero che il risultato vi piaccia. Ora, come da
routine, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno commentato lo scorso
aggiornamento, perché vi adoro, sul serio. :)
Katiuscia87: è sempre un
grande piacere ricevere i tuoi commenti. Sono davvero contenta che le mie storie
ti appassionino così tanto; leggere che sono la tua scrittrice di ff preferita
poi mi ha colpito e lusingato parecchio, grazie mille, sei gentilissima.^^
Questo aggiornamento è di nuovo sulla prima stagione, non posso farci niente, mi
ispira di più. Sono lieta che sia anche la tua preferita e spero che apprezzerai
questo altro missing moment. Quanto alle tue storie, io le trovo davvero
formidabili, non hai niente da invidiare a chicchessia, credimi. Un bacione,
Tuccin. ;)
Ary_gg: sì, a volte penso
che gli scrittori di GG non si parlino fra loro quando scrivono le puntate, o
semplicemente non rivedano quelle vecchie. Tutti i buchi nella continuity non
possono spiegarsi altrimenti. Anch’io adoro la scena del terrazzino, comunque.^^
Grazie dei complimenti, sono felice che i miei aggiornamenti ti piacciano. Spero
di ricevere ancora le tue impressioni.
Ray08: grazie mille cara,
sei troppo buona, sai? Le tue recensioni mi fanno sempre tanto contenta. Qui ho
esplorato ancora un po’ il loro rapporto amore/odio, non so, è quello che mi
viene più spontaneo. Sono una fan del conflitto e forse dovrei preoccuparmi.^^”
Mi scuso se ci ho messo tanto ad aggiornare, lo so, sono pessima da quel punto
di vista; spero comunque di non scrivere mai qualcosa al di sotto delle tue
aspettative. Ti ringrazio ancora delle belle parole, un bacio.
bruciamente: mi sento di
dire, in tutta onestà e senza fronzoli, che amo le tue recensioni. No, la tua
critica a “Le Rouge et Blair” non mi ha affatto infastidito, anzi, mi è stata
utile, in particolare nel capitolo sette di questa stessa raccolta. Quando lo
leggerai, ti spiegherò un po’ meglio cosa intendo dire (ma probabilmente lo
coglierai da te); nel frattempo, ti assicuro che una delle caratteristiche che
tanto apprezzo nei tuoi commenti è proprio questa schiettezza. Grazie, sono
lusingata da tutte le lodi sullo stile di scrittura e sui contenuti e sono più
che felice di essere riuscita a rendere bene Chuck ai tuoi occhi, sia in
“Sympathy for the Devil” che in “Persuasion”, così come sono lieta che hai
ritrovato Chuck e Blair negli scambi di battute che ho creato per loro. Ovvio
che terrò a mente la tua osservazione sulla Blair di “Persuasion” per le
prossime storie in cui la farò interagire con Nate in quel periodo. A proposito
di lui, io non riesco a portargli rancore: è piacevole da guardare e troppo
tonto per augurargli alcun male.^^ Infine, ti ringrazio davvero tantissimo per
aver segnalato questa e le altre storie per le scelte, davvero, sono rimasta
senza parole quando l’ho letto. Grazie. Spero di risentirti presto.
Honest: ti ringrazio per
le recensioni, ho apprezzato molto quello che mi hai scritto, sei davvero
gentile. Sono contenta che trovi le mie storie interessanti e i miei personaggi
in linea con quelli del telefilm. Spero che non ti dispiaccia vedere un altro
aggiornamento sulla prima stagione e che la storia non ti deluda. Fammi sapere
cosa ne pensi. Un bacio.
merediana: che bello
ricevere un’altra tua recensione, le adoro. Grazie delle osservazioni, sono
felice che hai trovato le descrizioni dei personaggi così efficaci ed evocative.
Spero di essere stata capace di renderli bene anche in questa storia. Sono
contenta che la mia versione del “caso Marcus” ti sia piaciuta e ancora di più
di essere riuscita a darti un momento di svago durante la sessione d’esami
estiva. Anch’io ne ho appena superata una piuttosto pesante (ultimo esame il
sedici luglio. Un incubo). Grazie ancora della recensione, un abbraccio.
Aki_: ciao! Ero lì lì per
aggiornare quando ho notato le tue recensioni e non ho potuto che fermare tutto
per ringraziarti. Sono lieta che tu abbia voluto passare da queste parti per
lasciare le tue impressioni e ancora di più che siano positive. Grazie dei
complimenti sulla resa di Chuck e Blair e sullo stile di scrittura, spero tanto
che anche le altre storie siano di tuo gradimento.^^
Ho finito, per oggi.
Al prossimo aggiornamento,
Melany
|
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Capitolo 9 *** The Girl Who Had Everything ***
New Page 1
#9
Titolo:
The Girl Who Had Everything
Autrice: Melanyholland
Summary: Blair sorrise,
perché finalmente Chuck era suo. Ed era tutto ciò che contava.
Rating:
arancione
Timeline:
dopo la 2x25 (The Goodbye Gossip Girl).
Pairing:
Blair/Chuck
The Girl Who Had Everything
Blair chiuse gli occhi,
lasciando che il sole le accarezzasse il viso ancora un minuto prima di cambiare
posizione, girandosi a pancia in giù sul lettino, la fronte posata sulle braccia
incrociate. Emise un sospiro di sollievo e beatitudine alla sensazione di tepore
e pace che la avvolgeva.
Giugno era arrivato e gli
Hamptons erano favolosi d’estate, in competizione con Manhattan per quanto
riguardava vita sociale ed eventi mondani. Blair poteva passare le giornate a
prendere il sole, rendendo la sua carnagione di un bel colore bronzeo, e le
serate a partecipare alle feste più glamour, sfoggiando la sua nuova
abbronzatura.
Il tutto, ovviamente, col suo
ragazzo.
Blair sorrise contro la pelle
tiepida delle braccia. Chuck era il suo ragazzo, l’amava e le aveva finalmente
aperto il suo cuore. Lei si sentiva bene come mai lo era stata. Certo, in
passato aveva già trascorso dei momenti piacevoli con lui –tutta la loro
relazione segreta era stata eccitante e divertente e anche la settimana che
avevano passato insieme l’anno prima era uno dei ricordi più cari che Blair
aveva-, ma stavolta era diverso. Non c’erano più barriere e difficoltà a
guastare l’armonia della loro relazione, né la propria ostinata fedeltà alla
favola con Nate, né l’altrettanto testardo attaccamento di Chuck alla sua
indipendenza sentimentale da chiunque, né l’ostentata reticenza di entrambi a
rendersi vulnerabili nei confronti dell’altro. Ora potevano essere Chuck e
Blair, Blair e Chuck, innamorati, liberi e felici. Sì, perché Blair
sentiva di esserlo; e forse nemmeno quella parola riusciva ad esprimere
esattamente la sensazione incredibile di gioia, conforto e completezza che
provava ogni volta che lui la guardava, la baciava o faceva l’amore con lei.
Quell’ultima cosa poi accadeva piuttosto spesso, rifletté Blair, mentre il
sorriso si tingeva di una sfumatura maliziosa. Lei e Chuck sembravano incapaci
di stare lontani l’una dall’altro; il fatto poi che avessero la residenza estiva
dei Bass tutta per loro, con Serena in viaggio per l’Europa, Lily e Rufus nel
loro nido d’amore a New York, Eric in vacanza con Jonathan a Palm Springs e i
giovani Humphrey in visita alla madre a Hudson, non faceva che favorire quella
loro insaziabile libidine. Chuck l’aveva presa praticamente su ogni mobile e
contro tutti i muri e a nulla erano valse le sue proteste –che non erano mai
molto sentite e duravano sempre troppo poco-. Fosse stato per Chuck, avrebbero
passato l’intera estate chiusi in casa, probabilmente senza niente addosso; beh,
a parte il corpo dell’altro, come le aveva fatto argutamente notare Chuck con un
sorrisetto impudico quando lei aveva dato voce a quel pensiero, esausta fra le
sue braccia.
Ma Blair era decisa a mostrare a
tutto il mondo che era riuscita a conquistare l’inconquistabile Chuck Bass, così
lo trascinava volente o nolente a passeggio per la spiaggia e alle serate di
gala, allegra e civettuola al suo braccio, e il sito di Gossip Girl era sempre
pieno di foto che li ritraevano insieme in cui Blair si vedeva bellissima e
raggiante, e allora diceva a Chuck che erano una coppia perfetta e lui le
sorrideva e ribatteva che lei era perfetta, guadagnandosi un bacio e
spesso anche qualcosa di più.
Il bello era che le fotografie,
pur nella loro bidimensionale superficialità, riuscivano davvero ad illustrare
qualche tratto del loro straordinario amore. Blair faceva scorrere gli occhi su
quegli scatti rubati da ragazzine ficcanaso, si ammirava sulla spiaggia in un
prendisole rosso a pois bianchi con un cappello di paglia a tesa larga a
trattenerle i boccoli scossi dal vento e un paio di grandi occhiali scuri a
proteggerla dal sole, mentre Chuck al suo fianco indossava una canottiera rossa
e un paio di pantaloni candidi di lino, sfoggiava un cappello panama sui
ciuffi ribelli e un paio di Ray Ban sul volto attraente e allora Blair
pensava che insieme sembravano una coppia uscita fuori da uno di quei film anni
cinquanta che tanto adorava, che se la foto fosse stata di un po’ sbiadito
bianco e nero l’illusione sarebbe stata completa e sorrideva contenta, perché
era fantastico che anche solo l’abbigliamento, sempre in sintonia, dimostrasse
che erano fatti l’uno per l’altra.
Tuttavia, anche se perdutamente
innamorata, Blair era sempre Blair, e quando erano fuori per qualche evento, si
divertiva a provocare insolente il suo ragazzo.
Una volta stavano cenando a un
tavolo del ristorante Della Femina e Blair si era di proposito sporcata
le labbra con un po’ di salsa; l’aveva poi leccata via, lentamente, lasciando
che gli occhi di lui, accesi di desiderio, seguissero avidi ogni movimento della
sua lingua; infine, gli aveva chiesto dolcemente se desiderava il dessert e
quando lui aveva risposto con voce roca che non vedeva l’ora di assaporarlo,
Blair aveva sorriso soddisfatta e represso un brivido di anticipazione.
Un’altra volta, mentre erano ad
un party organizzato da una famosa designer, Blair aveva lasciato che una delle
spalline sottili dell’abito da sera le scivolasse dalla spalla, svelando il
pizzo del reggiseno a balconcino e la soda e nivea rotondità che sosteneva;
aveva poi scoccato uno sguardo innocente al suo ragazzo, per osservare
attentamente la reazione che avrebbe avuto. Chuck era stato prima profondamente
attratto dal gesto, poi irrimediabilmente infastidito dalle altre attenzioni
maschili che esso aveva attirato; le aveva riaggiustato la spallina con un
movimento brusco e subito l’aveva portata con sé nel guardaroba, dove le aveva
infilato repentino una mano sotto la gonna e le aveva negato spietato l’orgasmo
finché lei non aveva dichiarato ripetutamente e con voce rotta di appartenere
solo a lui. Blair avrebbe voluto dirgli in seguito che la sua gelosia era del
tutto immotivata, perché ciò che l’aveva costretta ad ammettere mentre era
avvolta nelle spire del piacere era l’assoluta verità, ma non l’aveva fatto,
perché amava vederlo possessivo nei suoi confronti e perché era giusto che anche
lui soffrisse un po’, considerati tutti gli sguardi femminili rivolti a Chuck
che Blair era costretta a sopportare. Davvero, era esasperante. Quel giorno
Blair aveva deciso di abbronzarsi a bordo piscina invece che in spiaggia perché
non ne poteva più, sembrava che la nuova moda dell’estate fosse ammiccare
spudoratamente in direzione di Chuck Bass. Le svergognate sgualdrine non erano
minimamente scoraggiate dalla costante presenza di Blair al suo fianco:
sorridevano seducenti, scuotevano sensualmente le chiome, alcune muovevano le
dita in smorfiosi cenni di saluto. Una di loro, dopo un’occhiata provocante e
col pretesto di prendere il sole, era perfino arrivata al punto di togliersi con
disinvoltura la parte superiore del bikini per mostrargli i seni grossi come
meloni. Blair era rimasta allibita da quel gesto assolutamente volgare e
spudorato e stavolta era toccato a lei afferrare Chuck per il braccio e
allontanarsi con lui dalla spiaggia in tutta fretta, infuriata e ancora
vagamente incredula.
Ciò che consolava Blair era che
Chuck appariva del tutto disinteressato a quelle chiare offerte di sesso. Non si
soffermava mai a guardare nessuna di loro per più di un attimo fuggevole e
noncurante e a volte le ignorava completamente per concentrarsi su di lei. Ma la
ragazza del bikini l’aveva guardata ed era quello, più della sfacciataggine di
lei, che aveva fatto arrabbiare Blair e le aveva fatto scaturire dalla bocca un
torrente di invettive risentite prima contro la ragazza, poi contro le modelle e
infine contro gli Hamptons, mentre trascinava via il suo ragazzo. Probabilmente
sarebbe arrivata a prendersela con lo stesso Chuck se lui, conscio del profondo
turbamento che quella collera celava, non l’avesse bloccata, attirandola in un
abbraccio e baciandola con trasporto per parecchi minuti, prima di ripeterle per
l’ennesima volta che la trovava stupenda e che per lui era l’unica.
Quello l’aveva calmata, ma il
ricordo la infastidiva ancora. Non guastava la felicità che aveva provato da
quando Chuck le aveva detto “Ti amo anch’io” davanti alla limousine che aveva
visto nascere la loro storia, non avrebbe mai potuto, non una sciocchezza del
genere; ma Blair non riusciva a mandar giù che quella tizia si fosse sentita in
diritto di metter su un simile spettacolo di fronte a lei, Blair Waldorf.
Nessuno le mancava di rispetto in quel modo.
E Chuck aveva guardato.
Blair scacciò quei pensieri
scomodi, si stiracchiò e tentò di rilassarsi di nuovo.
Poco dopo, udì dei passi che si
avvicinavano al lettino, ma non alzò la testa per vedere chi era. Sapeva che
quel rumore felpato e ritmico era provocato da infradito all’ultima moda scelte
da lei e acquistate per lui da Saks, dove erano andati insieme a fare
shopping due giorni prima. A quanto pareva, Chuck si era svegliato, finalmente.
Gli orari erano una delle poche
cose in cui erano diversi: a lei piaceva alzarsi presto anche in vacanza, per
approfittare della frescura mattutina, mentre Chuck preferiva dormire e a volte
poltrire a letto oltre le undici. Quando si destava, verso le otto, Blair
sgattaiolava fuori dalla stanza che condividevano cercando di non far rumore, in
parte perché svegliarlo le dispiaceva, soprattutto perché in quel caso lui
l’avrebbe ghermita a tradimento e costretta a rimanere fra le sue braccia, a
letto. Qualche volta era capitato che facessero anche l’amore, ma per lo più lui
si limitava a stringerla, assonnato e intontito; come un bamboccio viziato
avvinghiato al suo orsacchiotto, aveva spiegato a Serena per telefono e poi
entrambe avevano riso tanto che Chuck si era affacciato in camera dal corridoio
e le aveva domandato, sorridente ma sospettoso, il motivo di quella ilarità, e
Blair gli aveva risposto con voce piena di candore che non era niente e che
Serena lo salutava, nell’orecchio ancora i risolini incontrollati della migliore
amica.
Le ci erano voluti parecchi baci
per sciogliere il cipiglio diffidente sul volto di lui, dopo.
Comunque, anche se l’idea che
Chuck la volesse sempre così vicina le trasmetteva tenerezza e gioia, Blair si
annoiava un poco a starsene a letto senza fare nulla e senza riuscire a
riaddormentarsi mentre lui sonnecchiava placidamente.
Ora lo sentì sedersi sul lettino
accanto al suo, quello che l’estate prima era stato occupato da Serena mentre
lei e Chuck bisticciavano su Marcus, allora conosciuto come James. Sembrava
passato un secolo, si accorse Blair, e il pensiero che tutte quelle pantomime e
quei drammi ormai erano alle loro spalle la rallegrò ancora di più.
Aspettandosi che Chuck le desse
il buongiorno, Blair sussultò sorpresa quando la mano di lui le scostò
delicatamente i capelli dal collo, sfiorandole la nuca sudata. Le dita scesero
con lentezza lungo la schiena, facendole venire i brividi per quel tocco
languido e leggero. Arrivate al laccio del bikini, sciolsero il fiocco con un
movimento rapido e lei sentì i lembi del costume che ricadevano ai lati del
seno, sul lettino.
“Chuck” sospirò, con un fil di
voce.
“Shh”, la redarguì lui,
continuando ad accarezzarle la schiena finché alle dita si sostituirono le
labbra, gradevolmente fresche a contatto con la pelle riscaldata dal sole. Chuck
la baciò ovunque, risalendo la spina dorsale con ardente devozione, il naso che
la sfiorava, respirando avidamente il suo odore, e i ciuffi di capelli che la
solleticavano, facendole venire la pelle d’oca. Quando percepì il viso di lui
contro il collo e il bacio adorante sulla nuca, Blair ansimò e fremette.
“Ti stai scottando, Blair.” le
sussurrò, e il calore del suo fiato le accarezzò l’orecchio un secondo prima che
Chuck le posasse un bacio anche lì.
“Mi sto abbronzando.” lo
corresse lei, quasi sulla difensiva. Sentì le labbra di lui stirarsi contro il
lobo che stava teneramente mordicchiando.
“Amo la tua pelle.” dichiarò, e
le sue mani la accarezzavano di nuovo, stavolta scesero ardite fino a palparle
le cosce nude.
“Lo dici di tutte le mie parti
del corpo.” gli ricordò lei in tono neutrale, ma il viso nascosto dalle braccia
stava sorridendo. Ogni volta che Chuck lodava il suo aspetto, lo faceva con voce
rapita e in estasi, come se non avesse mai visto niente di più affascinante,
come se lei gli mozzasse il fiato. Adorava i complimenti di Chuck.
“Perché amo ogni parte di te,
Blair.” rispose lui, con semplicità.
Stavolta Blair voltò la testa
per permettergli di vedere il suo sorriso radioso un momento prima di baciarlo
sulla bocca, cercando di infondere in quel gesto appassionato tutto l’amore che
provava per lui. La posizione era scomoda e appena si divisero, lei posò di
nuovo la fronte sulle braccia.
“Lo so. Anch’io amo ogni parte
di me.” affermò altezzosa, nel tono fiero della Regina B. Poi lanciò un
gridolino oltraggiato quando lui per tutta risposta le diede una sculacciata col
palmo della mano.
“Chuck!”.
Blair ringraziò il cielo che non
fossero in un luogo pubblico. Non le aveva fatto male, ma lo schiocco era stato
fragoroso e imbarazzante.
“A proposito, amo anche questo.”
aggiunse Chuck, stavolta in tono giocoso, massaggiandole affettuosamente la
parte che aveva appena colpito. Blair sbuffò, le guance accalorate per vergogna
e, accidenti a lui, desiderio.
“E per mia sfortuna, io amo te,
Chuck Bass.” dichiarò, come se fosse un inevitabile e assodato fatto della vita,
qualcosa che le era accaduto e a cui non poteva opporsi.
E lo era.
“Per sfortuna?” la incalzò lui,
incontentabile. Cominciò a disegnarle circoli sul sedere con le dita, baciando
poi i punti che aveva accerchiato, risalendo fino alla schiena, alle spalle, al
collo. Blair, che si sentiva benissimo mentre da sola ripensava ai momenti che
avevano passato insieme e che ora stava ancora meglio perché Chuck era di nuovo
con lei e le riservava tante attenzioni, decise che per una volta poteva anche
dargliela vinta del tutto.
“Per fortuna.” ammise, ma se ne
pentì quando ogni contatto con lui sparì all’improvviso. Si alzò sui gomiti per
cercarlo, dimenticando il costume che, slacciato, scivolò via dai seni.
Chuck, che si era allontanato
solo di qualche passo per raggiungere il tavolino e afferrare un flacone di
crema protettiva, dedicò alla sua semi nudità uno sguardo voglioso e un sorriso
compiaciuto.
“Se il buongiorno si vede dal
mattino, i tuoi seni mi hanno appena augurato una giornata fantastica.” commentò
impudente. Blair roteò gli occhi e tornò a sdraiarsi. L’accaduto forse aveva
allietato la mattinata di Chuck, ma a lei aveva fatto tornare in mente
Topless-Girl, rovinando un poco il momento.
Sentì il lettino accanto
cigolare di nuovo sotto il peso di lui. La sensazione fredda e istantanea della
crema al centro della schiena la fece trasalire, ma poi Chuck cominciò a
spalmargliela con cura e i movimenti erano piacevoli e delicati.
“Che hai, Blair?” le chiese dopo
un po’, mentre stendeva la crema protettiva sulla scapola destra.
“Improvvisamente sei rigida.”
“Non è niente.” rispose
laconica, e sapeva che Chuck non avrebbe creduto a quella bugia, ma lasciò che
aleggiasse fra loro per qualche minuto, godendo in silenzio della confortante
sensazione della mano premurosa di lui sul proprio corpo.
“Ripensavo alla ragazza di
ieri.” confessò alla fine, in un bisbiglio.
“Quale ragazza?”.
Blair sbuffò, indispettita: “Lo
sai, Chuck. La sgualdrina esibizionista.” Quella a cui hai fissato le tette,
avrebbe voluto aggiungere, ma si morsicò la lingua.
“Ah, sì”.
Chuck ridacchiò e Blair non ne
fu entusiasta.
“Perché ridi?”
“Perché me n’ero dimenticato.
Incredibile, solo un anno fa una cosa del genere mi sarebbe piaciuta. Ora che ho
te, m’importa così poco che mi sfugge di mente”.
Blair si voltò per guardarlo con
occhio critico da sopra la spalla, che era in effetti un po’ arrossata.
“Sul serio non te la ricordavi,
Chuck?”.
Lui ricambiò con quello sguardo
innamorato che la disarmava completamente, perché era vulnerabile, onesto e,
Blair lo sapeva bene, solo suo. Era un’espressione che nessun altro al mondo
aveva e avrebbe mai visto, perché apparteneva esclusivamente al suo Chuck, il
Chuck di Blair.
“L’unica a cui penso sei tu.”
“Ma l’hai guardata.” lo accusò,
non perché fosse arrabbiata o volesse litigare, ma perché era quasi convinta e
voleva che lui la liberasse di quel ‘quasi’.
“Se il cuoco arrivasse qui in
questo momento e si tirasse giù pantaloni e mutande, tu lo guarderesti, Blair.
Scioccata e non più di qualche secondo, ma lo guarderesti.”
“Tu non mi sembravi scioccato,
però”.
Chuck le sorrise con indulgenza.
“Sono Chuck Bass. Ci vuole ben
altro che un paio di tette rifatte per sconvolgermi”.
Blair lo studiò per un attimo
ancora, poi rispose al sorriso, apprezzando la rassicurazione e ancora di più il
velato insulto alle forme della sgualdrina. Si lasciò ricadere sul lettino,
soddisfatta.
“Mi hai assolto?” le domandò
lui, passando alla scapola sinistra.
“Mmm… non lo so”, ponderò lei,
in tono giocoso. “Forse, se stasera mi porti a cena in un posto davvero carino,
potrei dimenticare questa brutta faccenda”.
Lo sentì alzarsi, mollare il
flacone e chinarsi su di lei, facendole ombra.
“Altrimenti?” soffiò Chuck
contro il suo collo.
Blair sorrise maliziosa e si
girò sulla schiena fra le braccia di lui, che aveva le mani aperte poggiate sul
lettino per sostenersi e sovrastarla senza difficoltà. Lo sbirciò con dolcezza
attraverso le ciglia e gli accarezzò la mascella fresca di dopobarba, facendo
scorrere il dito smaltato di rosso fino al mento liscio.
“Altrimenti sarò costretta a
punirti.” lo minacciò, in un sussurro soave e provocante. Chuck le sorrise,
negli occhi quel luccichio bramoso e affascinato che Blair aveva incontrato per
la prima volta mentre si esibiva sul palco di un club burlesque. Si
sporse verso di lei e la baciò, intrecciandole una mano nei capelli per
spingerle il viso ancora di più contro il suo e assalirle la bocca, famelico.
Blair rispose al bacio con altrettanto ardore, aggrappandosi al braccio che
ancora sosteneva il peso di lui e percependo sotto le dita il muscolo teso e
forte; l’altra mano lo afferrò per la nuca nel momento in cui si divisero per
riprendere fiato e lo attirò di nuovo a lei con bisognosa irruenza.
Quando riuscirono a fermarsi,
erano entrambi ansimanti e accaldati. Blair si compiacque nel vedere le labbra
di lui gonfie per l’impeto dei suoi baci e i capelli arruffati per la foga della
sua mano. Chuck era ancora più sexy con i segni delle sue attenzioni sul volto.
“Che cosa avevi in mente?” le
domandò, intrigato, fra gli ansiti.
“Lo scoprirai stasera, quando
rientriamo dal ristorante.”
“Credevo che la cena mi avrebbe
risparmiato la punizione.” ribatté, ora rapito dai seni nudi di lei, che
accarezzava con dedizione ed entusiasmo, facendola rabbrividire per tutto il
corpo.
“Ho detto forse.” gli
ricordò con un sorriso furbo e Chuck le rivolse uno sguardo profondamente
divertito e ammirato, prima che i suoi occhi tornassero a scendere all’altezza
del petto.
“Allora sarò lieto di accettare
la vostra volontà, mia regina.” annunciò docile, ma lei lo udì appena, persa
nelle sensazioni straordinarie che quella mano esperta e insolente le stava
facendo provare. Quando le strofinò un capezzolo tra le dita, Blair gemette e
inarcò la schiena, premendo il seno nel palmo di lui e affondandogli le unghie
nel braccio. Chuck le scoccò un sorrisetto soddisfatto pieno di orgoglio
maschile e continuò a stuzzicarla spietatamente per qualche secondo, prima di
chinarsi e sostituire le labbra alle dita, proprio come aveva fatto prima. Un
fremito la attraversò alla sensazione di umido risucchio mentre gemeva ancora,
mordendosi il labbro inferiore.
“Che ne dici di un’abbronzatura
integrale, Blair?” le chiese quando alzò il volto e il tono era diventato
spavaldo e insinuante, da seduttore impenitente. La mano scese ad aggrapparsi
all’elastico degli slip, tirando abbastanza perché lei li sentisse tesi ma non a
sufficienza perché scivolassero giù.
“No, Chuck!” protestò lei,
bloccandogli la mano.
“Rilassati, amore, non ti vedrà
nessuno. Qui è tutto mio.” sussurrò con vigore e Blair sapeva che non si
riferiva solo alla casa e ai terreni. Imprigionata sotto di lui, tutto ciò che
poteva vedere era Chuck, gli occhi scuri che la contemplavano con implacabile
avidità, la mano ancora posata con confidenza esattamente dove lui aveva deciso
che fosse.
“Lo so”, gli concesse lei,
arrendevole. Lo sguardo di lui si ammorbidì e Blair sorrise: “Ma hai un lavoro
da portare a termine. Non vorrai che mi scotti tutta, vero?” lo provocò in tono
lezioso, sporgendo le labbra e sfiorandosi il ventre con un dito.
“No, certo che no”.
Chuck si sporse un’ultima volta
per posarle un bacio sulla bocca, casto e tenero, il bacio di un fidanzato
adorante e premuroso. Mentre si sollevava per tornare sul lettino accanto e
riprendere la confezione di crema solare lì abbandonata, Blair lo guardò
deliziata e con affetto, perché Chuck riusciva davvero a essere tutte quelle
cose: sia un amante sexy e pieno di passione, sia un innamorato dolce e attento.
C’era il momento in cui le dava baci roventi togliendole il respiro e c’era
quello in cui si accorgeva che il sole cominciava a scottarla e decideva di
spalmarle la crema protettiva sulla schiena. Con lui, Blair si sentiva
desiderata, coccolata, preziosa.
Lo amava tanto per come era e
per come la faceva sentire e sapeva che era la sua soave ed eterna condanna,
perché non avrebbe mai potuto smettere. Nei momenti in cui si sentiva
particolarmente romantica, il pensiero la faceva fantasticare su predestinazione
ed anime gemelle; le faceva immaginare un abito bianco, la Erickson Beamon
e un bouquet di peonie rosa; le mostrava una culla, un sonaglio di Tiffany
e un viso con il naso di Chuck e le labbra di Blair.
Allora sorrideva felice e
sentiva gli occhi pungere, come in quel momento e Chuck, come ogni altra volta,
le chiese, confuso:
“Tutto okay, Blair?”.
E lei annuì sicura, perché
andava davvero tutto bene. Finché Chuck fosse stato al suo fianco, finché
l’avesse amata, la risposta sarebbe sempre stata sì.
Sì, lo voglio.
Fine#9
Note dell’Autrice:
[1] “The
Girl Who Had Everything” è un film del 1953 con Elizabeth Taylor.
[2] All’inizio della terza stagione, negli Hamptons si trovano solo gli
Humphrey ed Eric; ma lì siamo già a fine estate e a me sembrava giusto che Chuck
si godesse un po’ la residenza estiva dei Bass con Blair, dato che ne è il
legittimo proprietario. Non è fastidioso come tutti gli altri approfittino degli
averi del compianto (solo dal figlio) Bart?
[3] È la prima storia che scrivo in cui questi due sono felici e
contenti, spero tanto di non aver esagerato con lo zucchero... e con il pepe.
;)
[4] Come sempre, un ringraziamento è doveroso per chi ha dedicato un po’
del suo tempo a lasciare un commento. Non sapete quanto le vostre parole mi
facciano piacere, grazie.
Ary_gg: la scena del
risveglio abbracciati piace molto anche a me, sono contenta che tu abbia
apprezzato la mia versione di come quei due sono finiti in quella posizione
“compromettente”. xD Grazie di tutti i complimenti, sei gentilissima.
Tuccin: ciao! Come
sempre, sono felicissima di ricevere le tue impressioni.^^ Ti ringrazio tanto
dei complimenti, spero di non deludere mai le tue aspettative. Ti dirò, far
parlare e pensare Chuck mi piace molto, ma allo stesso tempo è sempre una sfida,
perciò mi fa davvero piacere che le sue battute risultino divertenti e i suoi
pensieri coerenti col personaggio e con i sentimenti che prova per Blair.
Stavolta ho adottato il punto di vista di B., spero che ritroverai anche lei
nelle mie parole. Riguardo alla mia ispirazione, le idee sono tornate (belle o
brutte che siano, ci sono), ma fatico ancora un po’ a metterle nero su bianco.
Comunque, sproloqui di dubbio interesse per te a parte, xD grazie ancora della
recensione.
Ray08: lo so, scusami,
non sono mai stata brava ad aggiornare in fretta e ultimamente sto perfino
peggiorando.^^” Finalmente sono riuscita a tralasciare l’amore/odio e a scrivere
dell’amore/amore, spero di essermela cavata senza scadere nello sdolcinato. Il
fatto è che con gli spoiler (che ho smesso definitivamente di leggere qualche
settimana fa) avevo bisogno di un po’ di sano Chair. Comunque, grazie delle
belle parole e della costanza nella lettura, mi auguro che anche questa storia
ti abbia divertito.
Honest: ciao! Grazie, mi
fa molto piacere che la storia ti sia piaciuta, soprattutto se mi dici che
aspettavi da tanto questo missing moment. Anch’io avevo l’idea di scriverlo da
parecchio tempo, sai? Ti ringrazio anche dell’augurio, l’ispirazione è più o
meno tornata, mi auguro che gli esiti siano di tuo gradimento.
Aki_: ti sono veramente
grata per aver recuperato e commentato ciascun capitolo. Ho adorato ognuna delle
tue recensioni, sono dettagliate e argute. Ovviamente, sono lusingata da tutte
le osservazioni positive e i complimenti, grazie, davvero. Sono contenta anche
del tuo accenno ai titoli, che sono in effetti la parte con cui combatto di più
(ma è una bella soddisfazione che alcuni siano azzeccati e apprezzati). “Waldorf
Talking Dirty” è in effetti quello che sento più riuscito di tutti ed è curioso
e piacevole che tu abbia parlato dei titoli proprio nella recensione a quella
storia. Sono felice che le mie storie ti siano piaciute così tanto e che tu
abbia trovato i personaggi in linea con quelli del telefilm.
merediana: leggere i tuoi
commenti è sempre un piacere. Sono contenta che tu abbia trovato coerenti ai
personaggi i pensieri e le reazioni di Chuck e Blair. Sono d’accordo con te, la
scena del risveglio è adorabile; la prima stagione è piena di scene così,
peccato che andando avanti si siano un po’ perse. Ti confesso che sono un po’
sulle spine con questo capitolo, è la prima volta che descrivo il loro rapporto
post-dichiarazione d’amore. Spero che vorrai dirmi cosa ne pensi, se per te ho
centrato i personaggi o se ho esagerato in qualche punto. Nel frattempo, ti
ringrazio davvero tanto per avermi lasciato la tua molto accurata e altrettanto
apprezzata recensione. Lieta di averti fatto sorridere con l’accenno a Dorota e
all’intransigenza di Bart sugli abiti di Chuck.
Ho finito, per ora.
Al prossimo aggiornamento,
Melany
|
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Capitolo 10 *** A Devil with Women ***
New Page 1
#10
Titolo:
A Devil with Women
Autrice:
Melanyholland
Summary: “Da quel che
ricordo, stare da sola con me qui non ti è mai dispiaciuto. Vuoi che ti
rinfreschi la memoria?”.
Rating: arancione
Timeline:
1x12 (School Lies)
Pairing:
Chuck/Blair
A Devil with Women
Chuck sapeva che, considerato
tutto quello che era successo quella sera, avrebbe dovuto avere altri pensieri
per la testa; ma in fin dei conti, era sempre stato il tipo che evitava di fare
quello che doveva, se poteva indulgere in ciò che gli piaceva, e
in quel momento trovava molto più dilettevole dimenticare il piccolo incidente
di Collins –qual era poi il suo nome? Adam? Qualcosa di simile- e concentrarsi
sulla ragazza accigliata che era seduta davanti a lui.
Per Chuck, il corpo femminile
era un’opera d’arte. Da quando l’aveva scoperto, aveva adorato esplorare con le
mani e la bocca ogni linea morbida, ogni curva delicata. Labbra carnose o
sottili, seni grandi o piccoli, pelle chiara o scura, ogni donna era diversa e
affascinante, impossibile stancarsi di loro, impossibile smettere di godere di
ogni appetibile differenza.
Così aveva sempre creduto.
Finché non aveva fatto scivolare
via una sottana d’avorio e uno slip di pizzo e si era ritrovato ad ammirare il
corpo nudo di Blair, le luci di New York che disegnavano forme astratte sulla
pelle nivea mentre, molto accaldata e un poco in ansia, lei lo guardava distesa
sui sedili della limousine, le labbra tumide dischiuse e un luccichio voglioso
negli occhi. Chuck aveva sfiorato con le dita la pancia liscia e l’aveva vista
fremere sotto di sé, il rossore sempre più acceso che le colorava le guance e i
seni, il ventre che si sollevava e abbassava rapido per il respiro che
accelerava.
Quella visione aveva distrutto
tutte le sue convinzioni.
Perché Blair Waldorf era un
capolavoro. Dopo aver avuto lei, ogni altro fisico femminile era una tela
imperfetta, lo schizzo di un dilettante.
Quando lei lo aveva infine
respinto, Chuck era stato a Monaco per cercare in quella varietà che lo aveva
sempre intrigato ed eccitato un modo per dimenticare Blair, ma ciò che aveva
trovato non era stato qualcosa di diverso, bensì qualcosa di troppo. La
hostess durante il viaggio era stata troppo alta e troppo procace –Chuck aveva
sentito la mancanza di soffici boccoli scuri contro la spalla e piccoli seni
sodi racchiusi nel palmo delle proprie mani-; le gemelle della prima sera
avevano avuto le labbra troppo pallide e fini -Chuck aveva rimpianto baci
infuocati e morsi insolenti donati da labbra rosse e piene-. Non c’era stato
modo di ritrovare quel semplice piacere della scoperta e della conquista,
nemmeno spendendo fior di quattrini per le accompagnatrici più famose e
avvenenti.
Le cose non erano cambiate
tornando nell’Upper East Side. Quella stessa sera, quando Blair gli era venuta
incontro a bordo piscina, infuriata e bellissima, Chuck aveva tenuto a mente la
ragazza con cui stava flirtando quel tanto che bastava a farle cenno di
andarsene. Si era concentrato in parte sul loro battibecco e in maggior parte
sull’aspetto di Blair, rinfrescante e squisito più del cocktail che stava
sorseggiando: il bikini minuscolo che aveva scelto le aderiva addosso, i
capezzoli tendevano deliziosamente il reggiseno fradicio e Chuck era stato
sicuro che avrebbe potuto ammirare perfettamente i glutei premere nel tessuto
degli slip, se si fosse voltata. Gocce d’acqua scivolavano sulla pelle scoperta,
lasciando scie bagnate sull’addome, sulla pancia, lungo le cosce fino ai
polpacci. Chuck ne aveva seguita con gli occhi una che si era riversata
delicatamente nell’ombelico e gli era venuta voglia di assaggiarla, di far
guizzare la lingua nella cavità arrotondata per assaporare la freschezza
dell’acqua e la levigatezza della pelle di Blair. Era certo che lei avrebbe
emesso quel gemito gutturale che tanto lo faceva impazzire, aggrappandosi alle
sue spalle bisognosa, e allora lui avrebbe lasciato scivolare le mani giù fino
alle natiche rotonde e la bocca su fino ai seni morbidi, toccandola e baciandola
esattamente come piaceva a lei fino a farla rabbrividire col suo nome sulle
labbra, ad occhi chiusi e guance accalorate: Chuck, un sospiro rovente e
disperato.
Siccome non aveva potuto fare
niente di tutto ciò, si era limitato a rispondere alle sue accuse e a dichiarare
di averla scelta come vittima del momento –ma aveva mentito, certo, perché non
avrebbe mai smesso di tenerla lontana da Nate, non finché ne aveva il
potere- e poi l’aveva aggirata per allontanarsi, perché un altro minuto con
Blair in quella mise gocciolante lo avrebbe costretto a tuffarsi nell’acqua
gelata della piscina.
Il resto della serata non era
stato male; si era divertito provocando un po’ la sua futura sorellina, aveva
allentato la tensione accumulata alla vista di Blair facendosi una sveltina
negli spogliatoi con una ragazza troppo bionda e aveva scambiato due parole con
Nathaniel, riuscendo a fargli ammettere che Serena era una bomba sexy nel suo
costume da bagno nero e attillato.
Poi c’era stato l’incidente e
Chuck aveva appena trafugato la chiave della piscina perché nessuno finisse nei
guai, quando aveva udito le sirene dell’ambulanza in avvicinamento. Il che era
ottimo per Collins, ma non altrettanto per loro: farsi trovare lì sarebbe stato
un grande errore.
Purtroppo Serena, Blair e Nate
erano ancora chini intorno al ragazzo sanguinante, pallidi e preoccupati. Chuck
li aveva raggiunti in fretta e aveva afferrato Blair per il braccio.
“Andiamo.” aveva comandato.
Blair si era divincolata con un gesto di stizza, ma aveva detto:
“Chuck ha ragione. Ci penseranno
i medici a lui”.
Serena le aveva indirizzato uno
sguardo carico di agitazione.
“Ma, B…”
“Non possiamo fare niente. Vuoi
essere espulsa?” aveva sbottato Chuck e sebbene si fosse rivolto a Serena, Blair
era sembrata spaventata da quell’eventualità più della sua amica. Si era voltata
verso di lui, ogni ostilità messa da parte.
“La limousine è qui?” aveva
chiesto concitata, i grandi occhi ricolmi di apprensione tanto che sembravano
davvero quelli di una cerbiatta indifesa e intimorita. Chuck l’aveva trovato
oltremodo stuzzicante.
“Sì. Sbrighiamoci.” aveva
risposto e nonostante gli attriti fra loro e la perdita dell’immagine stimolante
di poco prima, il sollievo che era comparso sul bel viso di Blair gli aveva
fatto piacere.
Tutti e quattro avevano raccolto
in fretta i loro abiti sparsi per la piscina ed erano corsi sulla limousine.
Chuck si era sporto per dare istruzioni ad Arthur, lasciando ovviamente
l’indirizzo di casa Waldorf come ultima destinazione. Nate, seduto vicino a lui,
non ci aveva fatto caso, Serena dal sedile di fronte aveva roteato gli occhi con
un sospiro e Blair, accanto a lei, l’aveva fissato con dispetto, commentando
caustica:
“Non ha senso, Bass. Tu e Serena
scendete entrambi al Palace, è quella l’ultima destinazione.”
“Chi ha detto che voglio tornare
subito nella mia suite?” aveva ribattuto scaltro, sorridendole con insolenza.
“La notte è ancora giovane e c’è un nuovo locale proprio vicino casa tua.”
“Un ragazzo si è fatto molto
male, Chuck. Forse morirà. Come puoi avere ancora voglia di divertirti?” si era
intromessa Serena in quel tono gravido di moralità e sdegno che tanto aveva
perfezionato da quando era tornata.
“Credi che rinchiuderci tutti
nelle nostre stanze a deprimerci lo farà stare meglio? Ma chissà, forse, se
fossi stato io ad aprire la piscina e ad organizzare la festa, mi
sentirei più in colpa.” aveva commentato mellifluo, reprimendo un sorrisetto di
diabolico trionfo quando aveva notato che il colpo era andato a segno,
ammutolendo la sempre più tormentata Serena. Davvero gli dava sui nervi quando
si comportava da virtuosa sputasentenze, come se fosse al di sopra di tutti
loro; lei, che aveva sverginato il ragazzo della sua migliore amica mentre
quest’ultima era nella sala accanto e poi se l’era data a gambe, lasciando
dietro di sé Nate e Blair più infelici e complessati che mai.
Soddisfatto per la reazione
colpevole ottenuta da Serena, Chuck aveva spostato lo sguardo su Blair, che
l’aveva ricambiato con un’occhiata irritata, e poi su Nate, che placidamente
ignaro di tutto ciò che era sottinteso in quei discorsi, gli aveva
sorriso mesto: “Grazie del passaggio, comunque. Ci hai salvato”.
Quell’ingenua gratitudine gli
aveva fatto affiorare una piccola sensazione di disagio alla bocca dello stomaco
per come lo stava ingannando, ma Chuck l’aveva repressa. Dopotutto, Nate non
voleva stare con Blair, non veramente. Era soltanto un capriccio e gli
sarebbe passato presto. Chuck gli stava facendo un favore, a ben pensarci.
“Spero solo che Dan sia riuscito
a fuggire”, aveva sospirato Serena, capo chino e sguardo fisso sulle mani posate
in grembo. “Non può permettersi un’espulsione.”
“Oh, Humphrey se la caverà, S.”
l’aveva rassicurata Blair, in tono leggero. “Voglio dire, a guardare i suoi
vestiti si direbbe che non può permettersi nemmeno il St. Jude, eppure…”.
Serena le aveva scoccato
un’occhiata di rimprovero alla quale Blair aveva risposto con un sorrisino
impertinente. Chuck aveva ghignato, divertito e assolutamente d’accordo con lei.
Erano rimasti per lo più in
silenzio, dopo. La limousine aveva accompagnato Nate e Serena e ora, come aveva
programmato, Chuck si ritrovava da solo con Blair nel luogo in cui aveva preso
l’innocenza di lei e perso interesse per le altre. Chissà, forse quell’ambiente
le avrebbe fatto ricordare con esattezza tutti gli orgasmi che si stava perdendo
a causa della sua testarda resistenza, e le avrebbe fatto mutare atteggiamento.
Dopotutto, era proprio lì che lo aveva invocato più spesso tra gli ansiti con
voce rotta dal piacere, sì, Chuck, così, non fermarti,
ti prego ancora.
Non avrebbe mai dimenticato
l’aspetto e la voce di Blair nei momenti in cui era stata sua. Quei ricordi
tanto stimolanti costellavano i suoi pensieri diurni e notturni, deliziandolo
ogni volta con immutata efficacia.
Ma quando posò lo sguardo su di
lei, Chuck capì che Blair stava pensando a tutt’altro. Se ne stava seduta
rigida, le braccia conserte e le gambe accavallate. Non aveva avuto il tempo di
asciugarsi e, anche se si era infilata vestito e cappotto, sia il costume sotto
gli abiti che i capelli lunghi contro il collo erano bagnati, e la notte era
piuttosto fredda. Chuck aveva acceso il riscaldamento, ma era preoccupato per il
tragitto fra l’automobile e il palazzo di lei: non voleva che Blair si ammalasse
e lei era piuttosto fragile da quel punto di vista, con quella mania che aveva
di considerare yogurt, uva e insalate un pasto completo.
Formulò quei pensieri e subito
si rimproverò per essere così attento e premuroso, senza però arrivare ad
impedirselo. Così come non riuscì a frenare la lingua prima che esprimesse ad
alta voce quella considerazione così poco adatta a lui:
“Forse dovresti aspettare di
essere un po’ più asciutta, prima di scendere.”
“E passare con te più tempo di
quello che già sono costretta a trascorrere?” ribatté lei, acerba. “No grazie.”
“Ti ho salvata da una probabile
espulsione, Waldorf.” le ricordò lui, poi si sporse per accarezzarle la guancia
liscia. “Dovresti essermi riconoscente”.
Blair scostò il volto, guardando
la sua mano con tanta accanita avversione che, per un momento, Chuck fu sicuro
che lo avrebbe morsicato.
“Mi hai praticamente obbligata a
rimanere da sola con te.”
“Da quel che ricordo, stare da
sola con me qui non ti è mai dispiaciuto.” obiettò lui, voce carezzevole e
sguardo ammiccante. “Vuoi che ti rinfreschi la memoria?”.
Chuck fu lieto di vedere le
guance di lei accendersi nonostante il broncio. A quel che sembrava, Blair non
aveva bisogno di alcun ripasso: il rossore significava che stava richiamando
alla mente tutte le cose sporche ed eccitanti che lui le aveva fatto in quella
limousine e il pensiero lo mandò su di giri.
“Fra noi è finita, Chuck. Questa
è l’unica cosa che devi ricordare.”
“Non è facile, con te qui dentro
tutta bagnata.” sussurrò seducente, divorandola con gli occhi. Blair
arricciò il naso all’allusione e si mosse inquieta sul sedile, evitando di
incontrare il suo sguardo bramoso. Chuck sorrise compiaciuto e cambiò posto,
sedendosi accanto a lei.
“Che fai?” protestò Blair
all’istante.
“La limousine è mia, mi metto
dove voglio”.
Blair sospirò esasperata e aveva
l’aria di chi avrebbe desiderato essere in qualunque altro luogo. Chuck non ne
fu scoraggiato, anzi: il fatto che riuscisse a metterla tanto a disagio solo
standole accanto era la prova che Blair non era del tutto immune alla sua
presenza come cercava di dargli a intendere. Ciò che c’era fra loro era
tutt’altro che finito e sebbene l’attraente bocca di Blair si ostinasse ad
affermare il contrario, il suo tanto desiderabile corpo sembrava avere reazioni
molto più oneste al riguardo. Notando tutto questo, Chuck capì su cosa doveva
puntare se voleva riconquistarla.
“Andiamo, Blair. Noi due, soli,
in limousine… davvero non provi nulla al pensiero?” la stuzzicò in un sussurro
suadente vicino al suo orecchio, le dita che le sfioravano il ginocchio scoperto
dallo spacco della gonna in una carezza audace e provocante. “Nessuna… voglia
particolare?”
“Smettila.” disse lei ed era
poco più di un bisbiglio senza voce, esalato a palpebre serrate. Stava cercando
con tutta se stessa di respingerlo, di chiuderlo fuori. Chuck ghignò: mi
dispiace, cara Blair, non posso permettertelo. Si avvicinò ancora di più, ed ora
i loro corpi si toccavano, poteva percepire l’odore penetrante del cloro misto
al profumo delicato dei capelli.
“So che senti qualcosa. Non
combatterlo.” mormorò deciso e prima che Blair potesse ribattere, le bloccò il
viso con la mano e posò le labbra su quelle di lei, che erano perfette,
accoglienti e morbide proprio come piacevano a lui. Si dischiusero sotto il suo
implacabile assalto e Chuck riuscì a baciarla per quasi un minuto prima che
Blair ritrovasse il controllo che a lui tanto piaceva farle perdere. Allora
afferrò la mano sulla sua guancia e la allontanò da sé, voltando
contemporaneamente il capo per sfuggirgli. Le loro labbra si divisero con uno
schiocco umido.
“Ti ho detto di smetterla.”
insisté lei, fissando un punto imprecisato davanti a sé. La mano era ancora su
quella di Chuck e lui ne approfittò per intrecciare le loro dita, accarezzando
col pollice i polpastrelli di lei. Blair posò gli occhi sulle loro mani
congiunte, in silenzio, quasi incantata. Quando Chuck se le portò alle labbra
per baciarle dolcemente il dorso e le dita, una a una, adagio e con amorevole
dedizione, tremò.
“Chuck… no.”
“Perché?” sussurrò lui, con
tenerezza.
“Perché!?” ripeté lei, incredula
e Chuck capì di aver commesso un grosso errore. Gli sembrò quasi di sentire
sulla pelle il brusco cambio di atmosfera, da calda e ospitale a gelida e
recalcitrante. Blair lo guardò dritto negli occhi e non era più né nervosa né
vulnerabile: “Perché non posso fidarmi di te, perché mi stai ricattando, perché
l’unico di cui t’importa sei tu…”.
Man mano che snocciolava i
motivi del proprio risentimento, la voce di Blair si faceva più forte e sicura.
Si liberò della stretta della sua mano con un gesto brusco prima di infliggergli
il colpo finale: “Perché è con Nate che voglio stare”.
Chuck sentì lo stomaco
contorcesi dolorosamente, ma fece un sorrisetto perfido.
“Buffo. Nate è l’ultima ragione
che ti è venuta in mente.” sottolineò arguto. Blair spalancò gli occhi ed esitò,
colta in contropiede, ma ritrovò in fretta la sua algida furia:
“Comunque, non cambia il fatto
che tra noi non può esserci niente”.
Chuck aprì la bocca per
obiettare che tra loro c’era già qualcosa, un’attrazione che andava al di là
della semplice libidine, impossibile da ignorare. Purtroppo la limousine arrivò
in quel momento di fronte al palazzo di lei e Blair impugnò la maniglia della
portiera prima ancora che l’auto frenasse del tutto.
“Aspetta.” disse quindi,
afferrandole l’avambraccio. Blair si sottrasse di nuovo alla sua presa,
scontrosa e ribelle come una gatta randagia.
“Che altro vuoi?” soffiò,
spazientita.
Chuck la fissò risentito per
qualche secondo, sul punto di cambiare idea; ma il freddo s’insinuò
nell’abitacolo dalla portiera socchiusa accanto a lei e quando vide Blair
rabbrividire, Chuck si arrese e mise da parte il rancore.
“Prendi il mio, di cappotto. Ha
il cappuccio.” offrì, cominciando a sfilare i bottoni dalle asole. Lui non si
era fatto il bagno e aveva i capelli completamente asciutti, non avrebbe avuto
problemi solo con maglione e pantaloni. Blair lo guardò stupita per un attimo,
poi aggrottò le sopracciglia.
“Cos’è, un trucco per sembrare
umano?” lo accusò, sprezzante. “Guarda che non ci casco, Bass. Puoi risparmiarti
le finte premure”.
Chuck fu di nuovo sul punto di
mandarla al diavolo, ma riuscì a trattenere la rabbia. Una parte della sua mente
sospirò desolata al pensiero che si fosse ammorbidito a tal punto, con lei.
“Lo prendi o no?” domandò
freddamente, finendo di sbottonare il cappotto e facendoselo scivolare dalle
spalle. Blair lanciò una breve occhiata al Versace, poi posò gli occhi su
di lui, vigile e assorta, come se stesse cercando di carpire il più piccolo
segno sul suo volto che potesse rivelarle le vere intenzioni dietro quel gesto.
Sotto la fronte corrugata, gli incisivi candidi mordicchiarono il labbro
inferiore che, privo di rossetto, era di una naturale e invitante sfumatura di
rosa.
Gli venne voglia di baciarla
ancora.
“Okay.” accettò lei infine, col
tono di chi stava facendo un favore, più che riceverlo. Chuck sbuffò e le porse
il cappotto mentre lei si sfilava il suo, che era una cosetta color fragola
adatta più a far bella figura che a scaldare chi l’indossava.
“E stai lontana da Nathaniel. Ho
notato gli sguardi languidi che gli stavi lanciando e non mi piacciono.”
commentò severo, senza alcuna ragione se non che era irritato dall’atteggiamento
di lei e voleva fargliela pagare in qualche modo. Blair gli scoccò un’occhiata
torva, ora avvolta completamente nel suo cappotto. Chuck si chiese se lei poteva
sentire il suo odore. Di certo, lui avrebbe percepito quello di Blair quando
glielo avrebbe restituito.
“Lo sto già evitando. Piantala
di starmi addosso.” protestò, aspra.
“Strano che ti dia fastidio,
ogni volta che ti sono stato addosso non hai fatto altro che implorarmi
di non smettere.” ribatté lui salace e pensò che Blair non aveva che da
biasimare se stessa, se gli offriva appigli così facili. Lei gli rivolse
un’ultima smorfia disgustata prima di smontare dalla limousine e chiudere la
portiera dietro di sé senza alcun cenno o parola di saluto.
“Non c’è di che, baby.” mormorò
sarcastico, riflettendo che almeno un “grazie” l’intrattabile avrebbe potuto
farselo uscire, per il passaggio e per il cappotto. La osservò affrettarsi verso
l’edificio, con quel soprabito troppo grande che celava ogni tratto di lei, la
chioma rigogliosa, la figura snella, perfino le piccole mani bianche, rendendola
anonima, una sagoma imprecisata nella notte. Da dietro, tutto ciò che Chuck
riuscì a scorgere di Blair prima che sparisse dietro il portone di casa furono
le caviglie sottili e i piedi calzati nei tacchi alti.
Eppure era certo che quel poco
gli sarebbe bastato a riconoscerla, se l’avesse incontrata per caso. Come al
ballo in maschera, quando subito e senza alcun indizio era riuscito ad
individuarla, nonostante la confusione e i travestimenti; come a Central Park
da piccoli, quando appena arrivato e senza difficoltà la scorgeva fra la bambine
che giocavano, sebbene avessero tutte indosso abiti sgargianti e nastri tra i
capelli.
Chuck scosse la testa,
chiedendosi se per caso avessero sciolto qualche sostanza nei cocktail.
Accantonò quei pensieri così strani ed estranei, ordinò all’autista di tornare
al Palace e si lasciò cadere contro i sedili di pelle, passandosi una
mano fra i capelli ribelli. Blair Waldorf stava stravolgendo la sua mente, oltre
che i suoi gusti e la sua vita, e il pensiero cominciava a metterlo a disagio.
Parecchio a disagio.
*
Chuck era sul punto di andare a
letto quando bussarono alla porta della sua suite. Andò ad aprire con
infastidita riluttanza e fu non poco meravigliato di ritrovarsi davanti Blair,
con ancora indosso il cappotto che apparteneva a lui e quei tacchi vertiginosi
che le slanciavano le irresistibili gambe. Alcuni boccoli erano sfuggiti al
cappuccio e si dipanavano floridi sulle spalle, le labbra erano raggianti di
rossetto e socchiuse, appena un po’ umide.
“Che cosa vuoi?” le domandò
senza fiato, confuso e affascinato.
Blair sorrise maliziosa e si
sfilò il soprabito con un unico movimento fluido.
Sotto era completamente,
squisitamente nuda.
Chuck fu svegliato di
soprassalto da un bussare incessante alla porta e maledì l’inaspettato
visitatore per aver interrotto un sogno dagli inizi tanto promettenti. La luce
del sole filtrava dalle tende della finestra e ne dedusse che era mattina, ma la
sveglia non aveva suonato, il che significava che era molto, troppo presto.
Aveva tutte le intenzioni di ignorare il guastafeste, ma quei poderosi,
inarrestabili colpi sul legno gli stavano facendo venire mal di testa e mentre
si alzava, assonnato e rabbioso, si augurò che fosse qualcosa di davvero
importante.
Quando aprì la porta e vide
Blair, per un attimo sperò di stare ancora sognando. Poi notò la cura
impeccabile con cui era vestita, il cappotto grigio sbottonato che lasciava
intravedere il pullover a righe, la camicetta bianca e la cravatta annodata
perfettamente, gli stivali neri alti fino alle ginocchia coperte da pesanti
calze antracite sotto la gonna blu e infine l’irrinunciabile cerchietto fra i
capelli, e capì che doveva essere reale.
Blair non aveva mai addosso così
tanti indumenti quando la sognava.
“Oh, scusa, ti ho svegliato?”
cinguettò lei, dolce e innocente, ma gli occhi scintillarono di maligna
soddisfazione. Che l’intento fosse stato esattamente quello di buttarlo giù dal
letto sarebbe stato evidente perfino a uno come Nathaniel.
“Che cosa vuoi?” le domandò,
irritato. L’ironia non gli sfuggì, nonostante la mente annebbiata dal sonno.
Invece di spogliarsi, Blair gli porse la voluminosa busta con il marchio di
Bendel che teneva in una mano inguantata.
“Il tuo cappotto, Bass”.
Chuck lo prese senza aspettarsi
l’aggiunta di un ringraziamento, lo abbandonò all’ingresso e fece per chiuderle
la porta in faccia nella speranza di poter tornare a dormire, ma con un’agilità
insospettabile, Blair si era già infilata dentro la suite. Forse era lui quello
lento, rifletté. Non era mai stato un tipo mattiniero.
“Che c’è, Waldorf? Hai cambiato
idea e vuoi riprendere le nostre vecchie attività?” la provocò e la battuta
mancava di quel giusto grado di oscenità, lo sapeva, ma non sarebbe riuscito a
fare di meglio prima di colazione.
Blair lo occhieggiò da capo a
piedi e storse il naso.
“Oh sì, perché sei così sexy
con quel pigiama a quadri e gli occhi cisposi.” lo derise, spietata. Chuck le
scoccò un’occhiata torva, realizzando che tutto quello che Blair voleva, a
quanto sembrava, era tormentarlo. Una piccola rivalsa per il ricatto che la
stava costringendo a subire, probabilmente.
“Sai, Blair, mi chiedo cosa
succederebbe se qualcuno ti fotografasse mentre esci dalla mia suite di prima
mattina.” commentò in tono casuale, afferrando il proprio cellulare e
giocherellandoci.
Chuck sapeva bene che quella era
l’eventualità che più l’aveva preoccupata durante il loro affair e una
delle ragioni per cui quasi mai aveva voluto che si vedessero da lui. L’altra
era, a detta di Blair, che preferiva non farlo sullo “sporco letto dove lui si
divertiva con le sue sgualdrine”, ma Chuck era convinto che la vera motivazione,
accuratamente sorvolata da lei, fosse che la eccitava molto di più farsi
prendere sui sedili della limousine. E l’idea che Blair adorasse scopare lì,
chiaro, eccitava molto di più anche lui.
Blair lo osservava altera,
decisa a non lasciarsi intimorire dalla sottintesa minaccia.
“Allora direi semplicemente la
verità. Che ti ho riportato il cappotto.”
“Quale cappotto?” sorrise lui,
beffardo. Stavolta toccò a Blair lanciargli un’occhiata piena di rancore.
“Credi che la storia
reggerebbe?” rincarò la dose. “Non sono esattamente noto per la mia generosità.
Al contrario, sono famoso per fare alle donne quello che tu non vuoi si sappia
ho fatto a te. In più…”
“D’accordo, ho capito.” lo
interruppe lei, infastidita. Si avviò verso la porta con passi pesanti e
collerici e i rintocchi degli stivali invernali sul pavimento gli rimbombarono e
gli si amplificarono in testa, facendogli sentire ancora più male. Chuck si
sfregò le palpebre con le dita della mano e quando le sollevò, si accorse che
Blair gli stava rivolgendo uno sguardo estremamente affettuoso da sopra la
spalla:
“Mal di testa, Chuck? Povero.
Spero non sia colpa mia.” dichiarò teneramente, per poi sorridergli insolente ed
uscire. Il rumore secco della porta che veniva sbattuta con vigore gli mandò
un’altra fitta al cervello.
“Ops!” la sentì esclamare con
candore da dietro il legno.
Chuck si ripromise che si
sarebbe occupato della sua adorabile stronza più tardi, a scuola; adesso tutto
ciò che voleva era tornare a letto. Mollò il cellulare e si massaggiò le tempie
con entrambe le mani. Forse c’era davvero qualcosa di strano in quei cocktail e
certo le poche ore di sonno e il risveglio brusco non avevano aiutato. Accidenti
a Blair.
Chuck sospirò, poi raggiunse il
letto e si gettò letteralmente fra le lenzuola di seta.
Appena chiuse gli occhi, la
sveglia trillò.
Fine#10
Note dell’Autrice:
[1] “A Devil with Women” è un film del 1930 con Humphrey Bogart.
[2] Ritorno alla prima stagione, perché mi manca, ritorno
dell’ispirazione, perché questo capitolo si è scritto praticamente da solo (e a
quanto pare è più veloce di me); il che, molto comodamente, mi toglie ogni
responsabilità nel caso sia brutto, ma mi prenderò comunque i meriti se vi è
piaciuto, perché sono una cattiva persona :P. E se vi state chiedendo perché sto
parlando a vanvera, il motivo è che dovrei essere a studiare per un esame
imminente, invece sto qui e quando sento che il ghiaccio mi si sta
assottigliando sotto i piedi, invece di fare qualcosa di concreto, divento
verbosa. In politica, avrei un gran futuro.
[3] Approfitto come sempre di questo spazio per ringraziare uno a uno
tutti quelli che hanno commentato lo scorso capitolo. È inesprimibile quanto le
vostre recensioni mi siano di incoraggiamento.
Ray08: non ti prendo per
pazza, cara, io ho immaginato gran parte della storia mentre prendevo il sole al
mare e ciò ha influito parecchio sulla posizione di Blair in apertura di scena,
perciò figurati. Sono felice che ogni mio aggiornamento riesca a soddisfarti e a
farti divertire, così come sono lieta di non essere scaduta nell’eccessivamente
smielato. Grazie a te per le continue recensioni, lo apprezzo davvero tanto.
Tuccin: dopo aver letto
il tuo commento, sono stata doppiamente contenta: primo perché ho esaudito senza
saperlo la tua tacita richiesta di una storia su Chuck e Blair finalmente
insieme, secondo perché la suddetta storia ti è piaciuta.^^ Mi sono impegnata
perché il racconto fosse dolce ma anche vivace e malizioso e mi fa piacere che
tu abbia trovato i “problemi” di coppia e le situazioni che ho descritto adatti
ai personaggi di Chuck e Blair. Non so proprio come ringraziarti per tutte le
osservazioni e i complimenti che mi fai, le tue recensioni mi lusingano e mi
rallegrano sempre.
feffixoxo: grazie per la
recensione e grazie soprattutto per l’attenzione che hai voluto dedicare alla
lettura della storia, lo apprezzo molto.^^ Spero che anche questo aggiornamento
sia di tuo gradimento.
Delphinium_Love: ciao! È
stato davvero piacevole leggere il tuo commento, sono felice che le mie storie
ti siano piaciute a tal punto da decidere di lasciarmi una recensione così
positiva. Ti ringrazio tanto per le lodi che mi hai fatto, veramente. A
giudicare da quello che mi hai scritto, anche stavolta la storia è ambientata
nel tuo periodo Chair preferito, aspetterò di sapere cosa ne pensi. :)
Kaicchan: figurati, non
ti devi scusare, ma sono contenta che tu sia tornata. Per quanto riguarda “Queen
Bees and Wannabes”, mi lusinga davvero che tu l’abbia amata così tanto, grazie
per le belle parole. Sì, anche a me sarebbe piaciuto scrivere di un bacio Chair,
ma Blair è fatta così e, considerando quante gliene fa passare Chuck, fa bene a
lasciarlo a bocca asciutta, ogni tanto. :P Mi fa piacere che tu abbia trovato i
loro comportamenti in linea con i personaggi del telefilm. Ovviamente sono
contenta che ti sia piaciuta la mia versione di come Chuck e Blair sono finiti
abbracciati la mattina del matrimonio di Bart, perciò grazie anche per i
complimenti a “Memories of Fire”, gentile a lasciare un commento anche a quella.
Per quanto riguarda la tua osservazione, lo so, è colpa mia, non riesco a fare a
meno di saltare avanti e indietro nel tempo.^^” Capisco che possa creare
confusione, mi dispiace, ma cerco sempre di usare espedienti che facciano capire
in che momento siamo, ad esempio forme verbali composte per quello che è
accaduto in precedenza e forme semplici per il momento “attuale” (trapassato
prossimo invece di passato remoto, nella fattispecie). Hai ragione, usare il
corsivo è sicuramente più immediato e semplificherebbe la questione a voi e a
me, ma i flashback sono lunghi e non amo molto grosse porzioni di testo in
corsivo (gusto personale, nient’altro). Spero che l’ultimo aggiornamento risulti
più chiaro e ti ringrazio per avermi fatto notare questo particolare.
Honest: davvero l’hai
trovato uno dei più belli? Grazie, sei gentilissima.^^ Spero che ti piaccia
altrettanto questo aggiornamento, anche se sono tornata al periodo agrodolce
della storia di Chuck e Blair. Di nuovo, grazie per i complimenti, leggerli mi
ha fatto molto piacere.
Bene, ecco fatto.
Al prossimo aggiornamento,
Melany
|
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Capitolo 11 *** Two of a Kind ***
New Page 1
#11
Titolo:
Two of a Kind
Autrice:
Melanyholland
Summary: Chuck ricordava
bene la prima volta che Blair gli aveva chiesto aiuto.
Rating: arancione
Timeline: dopo la 3x02 (The
Freshman).
Pairing:
Chuck/Blair
Two of a Kind
“Non riesco a crederci!”.
Chuck alzò gli occhi dalle
statistiche sullo schermo del suo laptop per posarli sulla splendida ragazza che
era appena entrata nella suite, un uragano di seta frusciante firmata Dior
e oro bianco tintinnante con le iniziali di Cartier. Le labbra piene
erano atteggiate ad un broncio irresistibile sotto le guance accaldate mentre
misurava la stanza a passi concitati.
“È come essere in uno di quei
film-spazzatura sul college in cui le ragazze non portano il reggiseno e tutti
si ubriacano con birra scandente nei bicchieri di carta e si saltano addosso
come animali sui prati delle confraternite! Chuck”, lo invocò disperata,
saltandogli letteralmente in grembo e cingendogli il collo con le braccia: “La
mia vita non può somigliare a uno di quei film. Io sono Audrey!”.
Chuck si appoggiò allo schienale
soffice del divano su cui era seduto, posò una mano sul fianco di Blair e
l’altra salì a sistemarle con cura i capelli dietro l’orecchio. Da qualche
giorno li portava lisci e ora le ricadevano in una cascata uniforme sulle spalle
scoperte. Chuck la trovava bellissima con qualunque acconciatura, ma gli mancava
un po’ intrecciare le dita nei suoi boccoli morbidi e flessuosi. I boccoli erano
così… Blair.
“Calmati, tesoro. Non sei
costretta a frequentare quella gente.” la rassicurò in tono amorevole,
accarezzandole la guancia. Per quanto lo riguardava, in tutti i film sul college
che aveva visto le ragazze non portavano niente e tutti si saltavano
addosso ovunque. Perciò, era più che lieto che la sua Blair se ne
restasse al di fuori delle attività extra-accademiche della NYU.
“Lo so, ma è così frustrante.”
sospirò lei, disegnandogli circoli sulla camicia lilla con l’indice fresco di
manicure. Il labbro inferiore era leggermente sporto in fuori in un adorabile e
sensuale invito ad un bacio. Chuck ne fu parecchio tentato, ma sapeva che Blair
aveva prima di tutto bisogno di sfogarsi, così si limitò a darle tutta la sua
attenzione, le dita che danzavano confortanti sul fianco coperto di seta color
orchidea.
“Nessuno ha idea di chi sono,
Chuck. Tutti sembrano troppo impegnati a venerare quella brutta accattona di
Vanessa.”
“Io so chi sei.” le sussurrò lui
teneramente, baciandole il mento, “Solo qualcuno alla tua altezza può capire che
sei l’unica vera regina” la mascella, “E quei tizi, come hai ampiamente
illustrato tu” la guancia, “Non sanno distinguere un diamante da una gemma di
plastica adatta ad adornare il dito di un’altrettanto da quattro soldi cameriera
di Brooklyn”.
Blair sorrise compiaciuta e lui
la baciò finalmente sulla bocca, assaporando il contatto e stringendola ancora
di più a sé. Amava la sensazione del dolce peso di lei sulle cosce, il corpo
morbido e snello fra le sue braccia premuto contro di lui tanto da fargli
percepire i seni attraverso il tessuto.
“Sarebbe stato bello se ti
fossi iscritto anche tu”, bisbigliò Blair contro le sue labbra con voce
sognante, sfiorandogli la nuca con le unghie e facendogli venire i brividi.
“Avremmo potuto complottare insieme contro Vanessa e Georgina…”, lo baciò con
trasporto, su di giri per la sua reverie. “…saremmo stati la coppia più
potente e temuta della NYU.”
“Non hai bisogno di me per
vincere, lo sai.” la incoraggiò lui, segretamente orgoglioso che Blair lo
ritenesse tanto importante e francamente rapito dall’atteggiamento eccitato di
lei mentre gli raccontava le sue fantasie su loro due. Blair gli sorrise e
quando lo baciò ancora, Chuck pensò che non si sarebbe mai stancato della
meravigliosa sensazione di quelle labbra setose e calde sulle sue, sempre così
impazienti di impossessarsi della sua bocca.
“Certo che no.” confermò lei,
alzando il capo e accigliandosi con quella distratta presunzione che lo faceva
impazzire. “Ma averti al mio fianco sarebbe stata tutta un’altra cosa.” sospirò,
di nuovo tenera, affondando il viso nel suo collo. Chuck le baciò la testa,
respirando avidamente il profumo dei capelli di Blair. Era la stessa dolce
fragranza che ritrovava ogni mattina sui cuscini del proprio letto, una scoperta
con non mancava mai di farlo sentire l’uomo più fortunato del mondo.
“Ti ricordi quella volta con
Lizette Grant?” gli chiese, soffiandogli calore sulla gola prima di
mordicchiargli fervente la pelle sensibile. Chuck socchiuse gli occhi alla
sensazione piacevolmente stuzzicante della bocca insolente di Blair su di lui e
fece un sorrisetto perfido.
Ovviamente ricordava quella
vicenda. Era stata la prima volta che la fiera e indipendente Blair Waldorf si
era rivolta a lui perché la aiutasse con uno dei suoi piani di distruzione
sociale. Chuck aveva conservato quella memoria fra le più care anche quando
ancora non sapeva di essere innamorato di Blair. Aveva sempre avuto un debole
per il lato ambizioso e spietato della ragazza più elegante e impeccabile
dell’Upper East Side.
Accadde tutto al primo anno di
liceo. Era l’intervallo di metà mattinata e Chuck stava parlando con una ragazza
appena trasferitasi da un collegio femminile, in apparenza per spiegarle dov’era
l’aula di chimica, in realtà per condurla nel più vicino luogo isolato dove
avrebbe potuto constatare se le curve che s’intravedevano sotto la divisa della
Constance erano tanto appetitose quanto sembravano. La piccola Caroline,
che un momento prima vagava smarrita per i corridoi, lo stava guardando con le
guance cremisi e un sorriso deliziato sulla bocca scintillante di lucidalabbra.
Erano stati sufficienti un paio di complimenti sussurrati con voce carezzevole e
un sorriso affascinante e la ragazza era caduta ai suoi piedi.
Chuck adorava le
novelline.
Era sul punto di prenderle la
mano e proporre di farle da guida, quando Blair comparve inaspettatamente al suo
fianco.
“Chuck, ti ho cercato
dappertutto.” esordì con voce squillante e un sorriso radioso, posandogli una
mano sulla spalla. “Chi è la tua nuova amica?”.
Blair certamente colse
l’irritazione nello sguardo che lui le rivolse, ma non batté ciglio, allegra e
disinvolta nell’atteggiamento che era solita sfoderare durante le feste
dell’alta società.
“Sono Caroline.” si presentò la
ragazza, passandosi timidamente una mano dalle unghie mangiucchiate nel
caschetto di capelli rossi prima di tenderla a Blair, che ovviamente la ignorò.
“Caroline”, scandì invece con
estrema gentilezza, fissando sfacciatamente Chuck. “Hai notato che mani grandi
che ha?”
“C-Come?”
“Piantala, Waldorf.” sibilò lui,
squadrandola torvo.
“E che bocca grande...” continuò
Blair, imperturbata. “…ti ha già detto per cosa la usa?”.
La novellina era più confusa che
mai, gli occhi chiari che saettavano dal ragazzo che era stato tanto carino con
lei alla ragazza che blaterava cose senza senso. Chuck era infastidito
dall’interruzione, ma non poté non trovare divertente e azzeccata la sottile
metafora. Blair riusciva davvero ad essere arguta, certe volte.
E, ora che la guardava meglio,
rifletté Chuck, aveva anche un gran bel paio di gambe.
“Tornatene dalla nonna,
Cappuccetto Rosso. Io e il lupo abbiamo da fare.” concluse Blair in un tono
freddo e tagliente, mettendosi fisicamente fra loro due. La ragazza esitò,
incerta, poi si allontanò con la fronte corrugata in un’espressione di
disappunto e incomprensione.
Chuck avvertì un flebile
rimpianto per la conquista mancata, ma la fermezza di Blair lo aveva
incuriosito. Cosa poteva mai voler fare con lui esattamente la sempre
compita ragazza di Nate Archibald? Intrigato, le rivolse un sorrisetto lascivo:
“Vuoi vedere che altro ho di
grande, Waldorf?”
“Sei rivoltante.” arricciò il
naso lei.
“Mi lusinga che tu abbia subito
pensato a quello.” commentò Chuck in tono compiaciuto e il sorriso si
ampliò salace quando la vide arrossire, realizzando l’errore. “Le ragazze della
Constance non sono molto discrete se l’hanno raccontato perfino a te. Non che mi
dispiaccia.”
“Falla finita, Bass. Ti devo
parlare di una faccenda seria.”
“Bene. Che cosa posso fare per
te, B.?”.
Chuck osservò soddisfatto
l’avvicendarsi di sorpresa e stizza sul volto di Blair. Capì che aveva fatto
centro –come al solito- e che lei voleva parlargli esattamente di ciò che lui
aveva pensato.
Blair non era trasparente come
Nate o spontanea come Serena, al contrario, ogni sua mossa era accuratamente
valutata, ogni particolare del suo aspetto diligentemente studiato, ogni
reazione calcolata con scrupolosità e attenzione; Blair mostrava al mondo solo
ciò che voleva e sempre alle sue condizioni. Chi la guardava, mai con una ciocca
di capelli sfuggita alle sofisticate acconciature o una seppur minuscola
sbavatura di rossetto, chi la ascoltava, non cogliendo neppure per un istante
perplessità o titubanza nel tono fermo e spesso graffiante, si ritrovava a
pensare di avere di fronte una ragazza forte, algida e sicura di sé, troppo
perfetta. Così, finiva sempre che i suddetti spettatori dedicassero tutta la
loro attenzione all’effervescente e radiosa Serena, che appariva così naturale,
spensierata, desiderabile nella sua fresca vivacità, e ignorassero la pur
notevole bellezza di Blair.
Chuck, d’altra parte, non si
era mai fatto abbindolare dall’atteggiamento controllato della giovane Waldorf.
Era abbastanza scaltro da intuire che c’era dell’altro dietro quei modi tanto
artificiosi e abbastanza irrispettoso da scegliere di voler sbirciare proprio
tutti i sentimenti più segreti della sua anima, quelli che lei cercava tanto
affannosamente di celare.
La parte migliore era che,
ovviamente, ci riusciva. Un dono che si era rivelato molto utile in più di
un’occasione.
Lo sguardo che Blair gli stava
rivolgendo in quel momento era altezzoso e contenuto, ma il rossore sulle guance
era quasi sofferente.
“Gossip Girl ha postato un
altro pettegolezzo su Serena. È il quarto, questa settimana.”
“Ed è notevole, considerando
che è solo martedì.” commentò Chuck, godendo dell’occhiata cupa e ostile che
Blair gli lanciò. In fin dei conti, doveva pur vendicarsi per aver perso la
graziosa Caroline a causa sua.
“Comunque, domani non sarà
così. Quando avrò attuato il mio piano, tutti, compresa la ficcanaso
cibernetica, parleranno solo di me”.
Chuck era sempre più intrigato
da tutta quella storia. Serena si era guadagnata l’ultimo gossip saltando
ubriaca al collo del figlio dell’ambasciatore olandese e baciandolo con tanto di
lingua davanti alla fidanzata, all’ultimo ricevimento a cui avevano partecipato.
Per funzionare, il piano di Blair avrebbe dovuto essere altrettanto scandaloso e
lei sembrava molto fiduciosa riguardo alla riuscita.
Inoltre, il fatto che avesse
chiesto il suo aiuto lo stimolava più di quanto avrebbe mai ammesso ad alta
voce.
“E come posso aiutarti io,
hmm?” la stuzzicò, posandole con confidenza le mani sui fianchi e avvicinandosi
a distanza di bacio. “Vuoi farti trovare con me nuda nel cortile della
Constance?”
“Ti ho detto di piantarla con
le oscenità, Bass.” lo redarguì lei freddamente, sottraendosi al suo tocco con
una smorfia nauseata. “Forse quello che ho in mente è troppo delicato per un
maiale rozzo come te.”
“Parla.” la esortò serio,
ignorando il commento e guardandola dritta negli occhi.
Blair esitò quel tanto che
bastava a comunicargli di nuovo tutto il suo sdegno con un solo, fulmineo
sguardo, poi lo accontentò, descrivendogli il suo piano contro Lizette Grant,
studentessa dell’ultimo anno e attuale regina. Chuck ascoltò, sempre più
ammirato dalla mente brillante della sua inarrestabile amica d’infanzia. Era ora
che Blair tirasse fuori il suo potenziale distruttivo e lo facesse divertire un
po’, pensò con un sorrisetto appagato. Aveva sempre saputo che era solo
questione di tempo, così come era stato certo che il costante riferirsi a Blair
come ‘l’amica di Serena Van Der Woodsen’ l’avrebbe fatta infuriare a tal punto
da spingerla ad architettare qualcosa di veramente spregevole per salire alla
ribalta.
La ragazza era pura dinamite.
“Siamo d’accordo?” gli domandò
infine lei, un luccichio diabolico negli occhi che stonava con il suo bel
visetto d’angelo.
“Siamo d’accordo.” accettò lui,
poi non resistette alla tentazione di stuzzicarla ancora un po’. Era così carina
e pulita nella sua divisa scolastica, con quel grosso fiocco di velluto,
da bambola, che le adornava i capelli. Impossibile trattenersi dal provocarla e,
francamente, lui non ci provava neppure.
“Ma se non funziona, sarò più
che lieto di passare al nostro piano di riserva.”
“Bass, noi nudi nel cortile non
è un nostro piano, è una tua fantasia.”
“Beh, non dobbiamo per forza
stare all’aperto, se non ti va.” chiarì in tono vizioso, con uno sguardo
allusivo che la lambì dalle caviglie al collo, soffermandosi in particolare
sulle cosce fasciate dalla stretta gonna a tubo e sui seni sfiorati dalla seta
leggera della camicetta, insistente e bramoso come se quei capi d’abbigliamento
non ci fossero affatto e il corpo di lei fosse effettivamente nudo e vulnerabile
al suo scrutinio.
Blair roteò gli occhi e sbuffò,
ma Chuck si accorse con infame goduria della patina di disagio che lei cercava
di camuffare dietro fastidio e ribrezzo. Era così facile farla scaldare,
constatò perverso, e immaginò le dilettevoli curve di lei, dalla carnagione
tanto chiara, arrossire furiosamente sotto i costosi abiti firmati. Il pensiero
che ne fosse l’unico responsabile gli fece provare un prurito familiare ed
estremamente illecito, trattandosi della ragazza pura e illibata del caro
Nathaniel. Comunque, non se ne diede pena, perché Blair imbarazzata era un vero
spettacolo e decisamente ameno fu il modo in cui le braccia salirono ad
incrociarsi sotto i seni, in un inconscio gesto di protezione che lo fece
ghignare. Soddisfatto, tornò a guardarla negli occhi, carichi di irritazione.
“Sei indecente.”
“Per questo hai bisogno di me”.
Blair gli scoccò un sorriso
pungente e se ne andò sui tacchi, troppo intelligente per scomodarsi a
pronunciare futili smentite. Chuck si concesse qualche minuto ancora per
ammirare le provocanti calze scarlatte che avvolgevano quelle gambe da massimo
dei voti prima di tornare nei corridoi del St. Jude, dove salutò Nate con
un’amichevole pacca sulla spalla e lo invitò a farsi uno spinello.
Quella notte, una sconosciuta
nuda eccetto che per un paio di autoreggenti gli avrebbe imprigionato i fianchi
fra le cosce velate di seta rossa, ondeggiando selvaggia sopra di lui fino a
farlo svegliare sudato e con una sensazione appiccicosa nei pantaloni del
pigiama. Chuck non ci avrebbe badato troppo mentre si alzava per cambiarsi. Non
era da lui farlo.
La mattina dopo, alla fine
delle lezioni, osservò una Blair vestita con perfino più meticolosità del solito
andare incontro al gruppetto delle ragazze popolari, sul volto un sorriso aperto
e limpido. Per tutto il tempo che si trattenne lì, Lizette la guardò appena,
ascoltandola con l’aria annoiata di chi stava facendo un grande sforzo
caritatevole. Chuck ghignò, perché sapeva che quell’atteggiamento doveva essere
insopportabile per una ragazza orgogliosa come Blair, eppure lei non diede alcun
segno visibile di essersene accorta mentre parlava col sorriso incollato alle
labbra, la mano che sfilava dalla borsa i biglietti per il party esclusivo di
Teen Vogue, avuti grazie alle conoscenze nell’alta moda di Eleonor. Chuck
giurò di aver notato gli occhi delle ochette accendersi come lampadine alla
vista di quell’offerta, ma Lizette era ancora sostenuta e dedicò ai pezzetti di
carta solo un’occhiata fuggevole mentre annuiva.
Chuck camminò con noncuranza
verso di loro, le mani in tasca e lo sguardo altrove, finché non arrivò ad udire
le ultime parole uscite dalla bocca di Blair, in tono serafico: “È un evento di
classe, non potevo che invitare qualcuno che ne fosse degno. Allora a stasera,
ragazze. Vi passerò a prendere in limousine alle otto”. Cortese, servizievole,
quasi sottomessa.
Ed erano le parole che
avrebbero segnato la condanna di Lizette Grant.
Allontanandosi dal gruppo,
Blair gli passò accanto e lo salutò distrattamente senza fermarsi, ma gli occhi
castani gli scoccarono uno sguardo piuttosto eloquente nel breve momento in cui
furono vicini, che lui non ebbe difficoltà ad interpretare: È il tuo
turno, Bass. Non ti azzardare a sbagliare. Poi ridivenne tutta zucchero e
moine quando raggiunse Nate e si gettò tra le sue braccia.
Chuck bussò alla porta del
palazzo di Lizette verso le sei. Viveva da sola con suo padre, che era
attualmente in viaggio in Cina per affari.
“E per quale motivo Chuck Bass
è venuto a trovarmi?” gli domandò, distaccata, ma la posa contro lo stipite
della porta era accuratamente sensuale ed accattivante, studiata per accentuare
la linea delle anche e fargli sbirciare nella già ampia scollatura del top.
Chuck sfoderò il più fascinoso dei suoi sorrisi:
“Sono venuto a rendere omaggio
alla regina.” sussurrò seducente, prendendole la mano e posandovi un bacio,
senza mai staccare gli occhi dal volto impassibile di lei.
“E ad aggiungere un’altra tacca
sulla tua cintura? No, grazie.” lo respinse Lizette, ma non si mosse per
chiudere la porta. Chuck si ritrovò ad apprezzare la sua ostentata resistenza,
rendeva il gioco più divertente. Non che il sesso fosse indispensabile al
piano di Blair, ma di sicuro lo era per il suo orgoglio. Inoltre, Lizette Grant
sarebbe stata un gran bel colpo per la sua già invidiabile reputazione di
seduttore. Vantarsi per quella conquista lo avrebbe fatto osannare da
tutti i figli di papà del St Jude, vecchi o nuovi ricchi che fossero.
Si avvicinò finché il respiro
di lei non gli accarezzò le labbra e fece scorrere le mani dai fianchi coperti
di raso fino alle cosce lasciate nude dalla minigonna. Lei rabbrividì sotto il
suo tocco e Chuck represse un sorrisetto di trionfo.
“Ma la conquista è tua,
Lizette. Non riesco a smettere di pensare a te. Alle tue labbra, al tuo seno, al
tuo sedere…”. Rapito, famelico, mentre le dita palpavano impudenti le parti che
nominava.
“Davvero?”
“Ti voglio.” sussurrò roco e
l’attirò in un bacio sensuale che le mozzò il fiato, un bacio che aveva fatto
capitolare molte altre donne prima di lei, anche più adulte ed esperte. Quando
si divisero, gli occhi di lei ardevano, ma il tono era ancora gelido:
“Non dovrà saperlo nessuno.”
“L’importante è che lo sappia
io.” la rassicurò lui e la porta si richiuse, ma alle spalle di entrambi mentre
entravano in casa, avvinghiati.
“Sei stata fantastica.” si
complimentò dopo, in automatico.
“Anche tu.” disse lei nello
stesso tono spassionato, ma la voce che le tremava ancora per l’ultimo orgasmo
guastò l’effetto. Chuck ne ghignò, tronfio. “Però adesso vai. Devo prepararmi,
la limousine arriverà a prendermi fra un’ora e le mie amiche non devono trovarti
qui.”
“Come desideri.” acconsentì
Chuck, pregustando il momento in cui quella puttanella piena di sé sarebbe stata
distrutta. Si rivestì con cura ma in fretta, era il momento di mettersi a
lavoro. Prima il piacere, poi il dovere.
Quando tornò in camera di lei
con due calici di champagne, Lizette era appena uscita dalla doccia, con i
capelli bagnati che le pendevano come viticci scuri intorno al volto struccato e
l’accappatoio di spugna che le copriva le curve generose. Gli lanciò un’occhiata
stupita: “Sei ancora qui?”
“Ti ho portato dello
champagne.” le disse galante, porgendole il bicchiere. “Dom del novantasei.
Ottima annata. Un incontro così indimenticabile va festeggiato come si deve, mia
regina”.
Lizette lo occhieggiò con un
sorrisetto soddisfatto a fior di labbra.
“Forse potremmo rifarlo, una
volta o due.” gli concesse, boriosa, prendendo il bicchiere. Chuck si trattenne
dal rinfacciarle che era stata lei quella che aveva avuto ben tre orgasmi
invocandolo fra gli strilli e che, per quanto lo riguardava, una volta era stata
più che abbastanza e alzò il proprio calice con un sorriso accattivante.
“Alla donna più sexy che abbia
mai conosciuto.” brindò, mentendo spudoratamente –persino Blair stessa, che era
vergine, riusciva ad essere più sexy di quella moretta slavata- e la osservò
compiaciuto inghiottire tutto il suo champagne. Un sorso sarebbe stato
sufficiente, ma così sarebbero andati sul sicuro.
Alle otto, Chuck scorse la
limousine con Blair e le ragazze che arrivava davanti al palazzo. Lizette non
uscì, per motivi che gli erano piuttosto chiari e, dopo un po’, Blair scese
dall’auto insieme a tutto il gruppo. “Potrebbe esserle successo qualcosa.”
esclamò, preoccupata, spingendo la porta. “Oh! È aperta”, come lui si era
assicurato, ovviamente.
Chuck avrebbe tanto voluto
assistere alla scoperta delle ragazze, ma farsi trovare lì avrebbe compromesso
lui e il piano di Blair, quindi si limitò ad immaginare le loro facce
scandalizzate –e segretamente compiaciute- quando avessero scorto l’impeccabile
Lizette Grant riversa priva di sensi sul pavimento della sua camera, con indosso
solo un accappatoio e intorno un mucchio di pillole sparse, polvere bianca a
strisce e una bottiglia di champagne completamente svuotata. Senza contare il
letto disfatto e la bustina di plastica di un preservativo aperta e vuota sul
comodino, proprio accanto alla foto di lei e suo padre, un bonus che Chuck aveva
regalato a Blair con estremo piacere. Sorrise crudelmente, fiero del proprio
operato: narcotizzarla e poi metter su tutta quella scenografia era stato uno
spasso. Ora Blair non doveva fare altro che scattare una foto e mandarla a
Gossip Girl; la caduta della regina sarebbe stata eclatante, ma altrettanto
scalpore avrebbe fatto la comparsa di Blair, che era solo al primo anno, alla
famosa festa di Teen Vogue in testa al gruppo delle più popolari e ricche
della Constance. Doveva solo stare attenta a giocarsela bene perché fosse
lei la nuova leader, e non semplicemente sfruttata per i biglietti dell’evento.
Ma Blair non lo deluse nemmeno
su quel punto.
“Possiamo andare senza di lei.”
stava dicendo una delle ragazze, capelli ricci e quarta di reggiseno, mentre
uscivano da casa Grant. Chuck ricordava vagamente di essersela fatta, ma non
avrebbe potuto scommetterci.
Blair non la guardò neppure,
continuando a camminare col mento sollevato.
“Non lo so. Come vi ho detto, è
un evento di classe. E forse Lizette ha bisogno delle sue amiche.”
“Non c’importa di lei.” affermò
prontamente un’altra. “Abbiamo già chiamato un’ambulanza. Starà bene.”
“Certo.”
“Non so…” le tenne sulle spine
Blair, astuta e subdola, rigirandosi fra le dita i biglietti.
Ovviamente tutte le altre
cominciarono subito a blandirla.
“Dai, Blair, andiamo. Così
domani a pranzo sugli scalini potremo parlare di tutto quello che è successo.”
“Sì, e poi hai un abito
favoloso. Devi assolutamente sfoggiarlo alla festa, sei bellissima.”
“Anche i tuoi capelli sono
stupendi. Vorrei averli io così”.
Chuck sorrise, allontanandosi.
Non aveva bisogno di ascoltare altro per sapere che il piano era stato un
completo successo. Blair era davvero incredibile, mai incontrata una ragazza
tanto furba, ambiziosa e spregiudicata, pensò compiaciuto.
La risposta di Gossip Girl non
tardò ad arrivare ai cellulari di tutti. Chuck se la godette dalla sua suite,
prendendo un’altra boccata di spinello:
Quando la rivoluzione toccò
ai francesi, i regnanti persero la testa. Sei fortunata, L. Tu hai perso solo
vestiti e… dignità. Sembra che Blair Waldorf invece non abbia perso né tempo né
l’occasione. Al party di Teen Vogue, l’accessorio che fa più scalpore è la
corona sulla sua testolina da matricola. Cosa ci aspetta, ora? Da quel che
ricordo dalle lezioni di storia, la risposta è solo una: il Terrore. So che non
mi deluderai, B. Nel frattempo, sapete di amarmi. XOXO
“Una delle nostre vittorie più
spettacolari, direi.” commentò il Chuck del presente, lieto che il ricordo
avesse restituito il buonumore alla sua affascinante ragazza. Blair annuì con
vigore e i capelli gli solleticarono il collo.
“Lizette non ha più avuto il
coraggio di ripresentarsi a scuola e tutti non facevano che parlare di me.” si
vantò lei entusiasta, sforbiciando le gambe come una bambina, poi il tono
s’incupì: “Almeno finché Serena non è stata vista al braccio del principe
Henry.”
“Comunque, sei stata grande.”
la lodò lui, passandole un braccio sotto le ginocchia per sorreggerla mentre si
alzava in piedi. Blair trasalì sorpresa e si aggrappò istintivamente alle sue
spalle, poi rise allegramente, cingendogli di nuovo il collo.
“Che stai facendo?”.
Chuck non rispose, ma la
trasportò fra le braccia fino al letto, come un marito novello con la sua
incantevole sposa. La lasciò cadere sdraiata contro i cuscini, poi s’inginocchiò
ai suoi piedi e cominciò a slacciare la fibbietta sulla caviglia di una delle
scarpe eleganti. Le sfilò un sandalo e lo abbandonò sul pavimento, per poi
occuparsi dell’altro. Blair lo osservava attentamente, le guance soffuse di
rossore e un sorriso spontaneo sulle labbra. Chuck le prese con delicatezza
entrambi i graziosi piedi, se li sistemò in grembo e quando cominciò a
massaggiarne uno, Blair sussultò, trattenendo il fiato, poi mugolò di piacere,
chiudendo gli occhi e rilassandosi.
“Ci voleva proprio.” sospirò
beata, allargando le braccia. Chuck sorrise, muovendo i polpastrelli esattamente
come aveva fatto su di lui l’avvenente geisha di Tokyo dalle mani piccole
ma molto esperte. Era stata una donna abile nel destreggiarsi in parecchie
attività che avevano a che fare con il corpo, aveva scoperto con grande diletto
durante quella stessa notte trascorsa nella capitale nipponica.
Ma quelli erano particolari che
era meglio non raccontare a Blair, rifletté con un pizzico di irriverenza,
mentre passava all’altro piede.
“Sei bravo.” lo complimentò
lei, sbirciandolo con affetto attraverso le lunghe ciglia coperte di mascara, le
palpebre socchiuse. “Mi sento così bene, ora”.
Chuck si stava prendendo cura
di una delle sue belle caviglie lattee e si chinò adagio per posarvi un bacio
adorante.
“Sono contento.” sussurrò
sincero, con un sorriso tenero. “Anch’io avevo bisogno di una pausa.”
“Vedrai che riuscirai presto ad
aprire il tuo club.” lo incoraggiò lei all’istante, con uno slancio così
schietto e sicuro che Chuck si sentì a un tempo incredibilmente felice che Blair
lo sostenesse e straordinariamente spaventato dalla possibilità di deluderla.
Quello di Blair era
l’atteggiamento che aveva sempre anelato da Bart, ma che contemporaneamente
aveva rifuggito con costanza proprio per paura di non esserne all’altezza, di
sbagliare clamorosamente. Non stavolta, però. Avrebbe dimostrato a Blair di
essere l’uomo d’affari di successo che lei vedeva nelle sue fantasie.
A qualsiasi costo.
Qualcosa sul suo viso doveva
aver fatto trapelare il turbamento che provava, perché gli occhi di Blair
divennero dolci e comprensivi, il tono confortante. O forse semplicemente non
poteva nasconderle niente: le bastava uno sguardo per capire se c’era qualcosa
che non andava in lui.
“Ho dato un’occhiata ai
progetti, è un ottimo investimento.” dichiarò lei, convinta. “Anche meglio del
Victrola, e quello lo hai messo su a diciassette anni, Chuck. Ora, so che
non sei un tipo paziente…”, il tono si fece lievemente canzonatorio a quella
frase e le labbra di lui s’incresparono di divertimento “…ma è solo questione di
tempo. Dopotutto”, e qui divenne civettuola: “Io so bene che è impossibile
resisterti.”
“E tu sei il mio critico più
severo.” citò lui e improvvisamente, ricordando quella mattina, si accorse che
Blair c’era sempre stata. Sono veramente fiera, non essere nervoso,
non mancherò. Parole proferite in tono leggero, ma così pregne di valore,
per lui. Blair lo aveva sostenuto fin da allora.
Ancora non sapevano di amarsi
ed erano già loro due.
“Grazie.” aggiunse, per quella
e per tutte le altre volte. Blair non percepì tensioni nella sua voce e tornò a
rilassarsi contro i voluminosi cuscini di piume d’oca, visibilmente contenta di
averlo fatto stare meglio.
Chuck fece scorrere le dita
sulla linea aggraziata della caviglia di lei, premendo un punto strategico che
le strappò un sospiro di beatitudine. I suoni che emetteva Blair non mancavano
mai di deliziarlo, così calorosi e afrodisiaci. Era incredibile quanto la
ragazza fosse vocale, nelle sue manifestazioni di piacere. Ai tempi di
Lizette Grant non lo avrebbe mai detto.
“Magari quando ho finito
possiamo scambiarci i ruoli.” suggerì dopo un po’, tenendo gli occhi sulla pelle
rosea e delicata del piede. Lo aveva detto in tono faceto, ma avrebbe davvero
apprezzato un massaggio. Erano state giornate difficili, con Serena che
era riuscita a bruciargli tutti i più probabili investitori e Carter Baizen che
continuava a infestare New York e la sua vita.
“Vuoi scherzare?” esclamò
Blair, sprezzante “Dovrei mettermi a toccare due piedi che sono stati tutto il
giorno chiusi in un paio di mocassini? Con il caldo che fa?”. Il tono era
giocoso e lei lo guardava con un luccichio divertito negli occhi socchiusi sopra
la bocca atteggiata al disgusto.
“Scordatelo, Bass.”
“Ah, è così?”.
“Ah-ha.” annuì Blair gaia, in
tutto il suo altezzoso splendore.
Chuck sorrise perfido e le
afferrò la caviglia, con forza. Dopodichè cominciò a farle il solletico sotto il
piede. Blair iniziò subito a ridere e protestare, il corpo che si dimenava
scompostamente sul materasso, flettendosi e guizzando e arcuandosi in movimenti
selvaggi che lui trovava straordinariamente erotici. Chuck non se la lasciò
sfuggire e continuò la sua tortura, spietato, incurante degli strilli che si
facevano sempre più supplichevoli, fra le risa.
“Chiedi scusa, Blair.” comandò,
mentre le solleticava un punto più sensibile.
Dovette dare credito alla sua
testardaggine, però. Gli ci volle ancora qualche minuto di implacabile supplizio
perché riuscisse a costringerla a scusarsi. Soddisfatto, la liberò e la osservò,
sdraiata finalmente immobile sul letto, con le guance in fiamme e il seno scosso
dagli ansiti, i capelli scompigliati sparsi sul cuscino, l’abito sgualcito e in
disordine, con la gonna sollevata tanto da concedergli la vista delle cosce.
Lo spettacolo stimolante
rinfocolò la voglia di possederla che già i gesti selvaggi gli avevano acceso.
Così trasandata e accaldata, come se effettivamente l’avesse già scopata, era
irresistibile.
Si sdraiò sopra di lei, che lo
occhieggiò inarcando un sopracciglio.
“E adesso cosa vorresti fare?”.
Chuck le rivolse un ghigno da
predatore e strattonò l’orlo della gonna per sollevarla completamente. Scoccò a
Blair un’occhiata di approvazione quando notò la scelta di biancheria intima
–fatta totalmente a suo beneficio e di nessun altro-: lo slip nero era
minuscolo, trasparente e assolutamente eccitante. Blair sorrise maliziosa mentre
gli slacciava i pantaloni e gemette quando la mano di lui la afferrò fra le
cosce, premendo con il pollice.
Chuck sorrise soddisfatto nel
vedere gli occhi di lei annebbiati di desiderio e sospirò beato quando le dita
sottili gli abbassarono la zip dei pantaloni e s’insinuarono nei suoi boxer,
accarezzandolo con una pressione decisa e un ritmo languido che lo avrebbero
presto fatto impazzire, come la dispettosa Blair sapeva bene.
Si chinò per baciarla,
famelico, ma appena le sue labbra la sfiorarono, Blair sussultò, scossa da un
violento singhiozzo, e si affrettò a coprirsi la bocca con la mano,
interrompendo anche lo stuzzicante movimento dell’altra. A Chuck dispiacque
parecchio, ma quando notò il suo lieve e irragionevole imbarazzo, non poté
impedirsi di ridere.
“Non ridere! È tutta colpa
tua!” lo rimproverò lei e lo spinse via con entrambi i palmi e le dieci dita
divaricate sul suo petto, mettendosi a sedere. “Vai subito a prendermi un
bicchiere d’acqua.” ordinò, accigliata, incrociando le braccia in attesa,
l’atteggiamento glaciale e maestoso di una regina dipinta su un quadro d’autore.
Finché non singhiozzò di nuovo.
“Vado.” disse precipitoso,
prima che la sua splendida furia si abbattesse su di lui. Tra l’altro, voleva
sbrigare in fretta quella incombenza e tornare alle loro precedenti attività.
Arrivò sulla soglia della porta e lì si voltò, occhieggiandola con lascivia e
bramosia.
“Allora?” domandò lei dopo un
po’.
“Sto pensando che non l’ho mai
fatto con una in preda al singhiozzo. Magari potremmo…”
“Chuck!” protestò Blair, e lui
sorrise sardonico e si voltò per andare a prenderle il bicchiere d’acqua.
Non fece in tempo a fare più di
qualche passo che lei aggiunse, sensuale: “Torna qui”.
Mentre raggiungeva Blair sul
letto, tutto ciò che Chuck pensò fu che quella era davvero la ragazza perfetta.
Fine#11
Note dell’Autrice:
[1] “Two of a Kind” è il titolo di un film noir del 1951 (e di svariate
altre cose).
[2] Prima di tutto scusate l’enorme attesa, ma come avrete notato la
storia è piuttosto lunga, ci ho messo un po’ a scriverla e revisionarla, in più
sono partita per qualche giorno e non avevo a disposizione il computer. Vi
confesso (senza motivo alcuno, potete tranquillamente saltare questa parte di
inutili chiacchiere se volete) che ultimamente trovo difficile simpatizzare per
il personaggio di Chuck, e di conseguenza non mi è molto facile scrivere su di
lui. Spero che le cose cambino con i prossimi episodi della quarta stagione che,
tra l’altro, anche se in apparenza sembra un controsenso, trovo davvero
intriganti e divertenti, finora.
[3] Angolo dei ringraziamenti, doverosi, perché siete tutti veramente
adorabili:
Tuccin: leggo le tue
accurate e costanti recensioni ogni volta con incredibile gioia. Mi piace come
stai attenta ai particolari e sono lieta che le mie storie ti entusiasmino
sempre così tanto. Ammetto di essere stata contenta di averti ingannato col
sogno di Chuck, l’intento era proprio quello.xD Forse dovrei preoccuparmi di
riuscire a descrivere bene fantasie sessuali maschili^^”, comunque lo prendo
come un complimento e ti ringrazio, come del resto ti sono grata di tutto il tuo
commento tanto lusinghiero. Spero di non deluderti, in futuro.
Delphinium_Love: grazie
davvero per la gentilissima recensione, mi fa felice sapere di aver scritto
qualcosa che ti ha divertito così tanto. Essere svegliati bruscamente è davvero
una scocciatura, concordo, ma io adoro il lato dispettoso di Blair, soprattutto
quando è rivolto al giovane Bass (e hai ragione, forse non era così infastidito,
dopotutto, trattandosi di lei).^^ Probabilmente scriverò altre scene di questo
tipo. Ti ringrazio di nuovo per le belle parole.
ary_gg: figurati, anche
io sono spesso un po’ sbadata. Mi ha fatto piacere sapere che ti sono piaciuti
entrambi i capitoli, grazie di avermelo fatto presente. Ovviamente ti ringrazio
anche delle lodi, sei molto carina. Spero che anche questo aggiornamento sia di
tuo gradimento.
HouseGirl: sono stata
davvero felice di aver trovato una tua recensione, ero curiosa di conoscere il
tuo parere sui miei scritti, dato che i tuoi mi piacciono molto. Mi ha fatto
piacere leggere che trovi i miei personaggi ben caratterizzati, m’impegno sempre
su quel punto. La mia preferita è Blair, ma non so perché, mi diverte raccontare
dal punto di vista di Chuck, il Chuck della prima e seconda stagione,
spregiudicato, vizioso e suo malgrado tenero, ma solo con Blair. Grazie per le
tue osservazioni e i commenti positivi, spero di ricevere ancora le tue
impressioni.
GoodGirl: le tue parole
mi hanno davvero lusingata, ti ringrazio tanto. Sono contenta di sapere che
segui la mia raccolta, così come sono veramente felice che ti appassioni. Grazie
anche per le osservazioni sullo stile di scrittura, non sai quanto tempo spendo
a revisionare, sono quasi una maniaca-ossessiva.^^” Mi auguro che le storie
continuino a piacerti e spero che vorrai ancora dirmi cosa ne pensi, nel bene e
nel male.
Ray08: che bello, mi fa
veramente piacere che la raccolta continui ad entusiasmarti e, come ti ho detto,
apprezzo tanto la tua dedizione nel commentare ogni volta. Ti ringrazio molto
per i complimenti e per le impressioni che hai voluto lasciarmi, sono contenta
che l’ultima storia sia stata di tuo gradimento. Non ti prendo per pervertita
perché ti piacciono le fantasie di Chuck, io le invento e metto su carta
(digitale), quindi figurati.^^” Infine, ci tengo a ringraziarti per avermi
augurato buona fortuna con l’esame. È andato bene, per la cronaca. L’assistente
che mi ha interrogato era una specie di santo.:P
Honest: grazie per
entrambe le recensioni.^^ Sono molto contenta che la scorsa storia ti sia
piaciuta, che tu abbia trovato Chuck in linea col personaggio del telefilm e che
i dialoghi ti abbiano divertita. Mi spiace averti fatto aspettare tanto, ma non
ho potuto evitarlo, scusami. Grazie ancora per le lodi, e grazie anche per gli
auguri, come ho già detto a Ray, l’esame l’ho superato con successo.^^ Alla
prossima.
Kaicchan: wow, leggere
la tua recensione mi ha fatto veramente felice. Sono lusingata dal tuo
entusiasmo e da tutti i tuoi complimenti, mi farai montare la testa, di questo
passo. :P Sul serio, grazie. Mi fa piacere che la scena in limousine con il NJBC
ti sia piaciuta tanto quanto le parti con solo Chuck e Blair. La prima stagione
fa sempre sentire la sua mancanza, è vero, ma a me la quarta non sta
dispiacendo, se si escludono alcuni comportamenti odiosi di un certo
personaggio. Comunque, tornando a noi, i titoli mi fanno penare parecchio, sono
contenta che vengano notati e apprezzati. Grazie ancora di tutto.
Otella: sono lieta di
sapere che hai letto tutta la raccolta, grazie per avermi lasciato le tue
impressioni su quella che ti è piaciuta di più. Ho apprezzato i commenti
positivi sulla caratterizzazione dei personaggi, sono contenta che il quadretto
che ho descritto sia stato di tuo gradimento. Spero di ricevere ancora le tue
osservazioni.
Questo è tutto.
Spero di riuscire ad aggiornare
presto, ma con Ottobre arrivano anche gli obblighi accademici e il tempo a
disposizione diminuisce drasticamente. Comunque, farò del mio meglio, promesso.
Melany
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Capitolo 12 *** Rules of Disengagement ***
New Page 1
#12
Titolo:
Rules of Disengagement
Autrice: Melanyholland
Summary: “Ho appena avuto
una visione perfetta di quello che sarebbe stato il nostro inevitabile
divorzio”.
Rating:
arancione
Timeline:
4x07 (War at the Roses). SPOILER, dunque, fino alla puntata in
questione.
Pairing: Blair/Chuck,
angst
Rules of Disengagement
“Avvocati, siete congedati”.
Mentre discutevano i termini del
negoziato di pace, Blair si era concentrata sugli accordi, aveva sfoderato un
atteggiamento da donna matura e distaccata, trattenendosi dal fare commenti
graffianti –e di occasioni ce n’erano state, come quando il suo avversario aveva
preteso di avere l’esclusiva del viola su tutti i capi d’abbigliamento- e
rendere di proposito tutto più difficile per lui –certo, aveva
temporeggiato un poco con la faccenda degli strip-club, ma era solo perché aveva
intuito, da ottima amica quale era, l’urgente bisogno di Serena di sentirsi
ripetere per la milionesima volta che stava commettendo un errore, e poi le era
venuta la gola secca e non aveva potuto rispondere prima di un bicchiere
d’acqua, tutto lì-. Blair era fiera di come si era comportata, soprattutto
perché aveva evitato per tutta la trattativa di considerare quanto freddo
fosse lo sguardo di Chuck su di lei, ricolmo di un’ostilità latente che ormai
compariva quasi sempre negli occhi di lui insieme al proprio riflesso.
La prima volta che l’aveva
scorta ne era stata tanto profondamente ferita che si era rifugiata in lacrime
fra le braccia confortanti di Serena, e mentre lei la stringeva a sé, aveva
pianto ripetendole disperata le parole cariche di minaccia e livore di lui ma
senza riuscire a spiegarle, seppur confusamente, quanto ancora più orribile
fosse stato accorgersi dell’odio nei suoi occhi. Chuck non l’aveva mai guardata
in quel modo. In tutti i suoi ricordi, gli sguardi di lui erano sempre stati
ammirati, divertiti, beffardi talvolta, lascivi spesso, vulnerabili nelle poche
occasioni in cui le aveva aperto il suo cuore e confidato i suoi timori, infine
ricolmi di amore e desiderio per tutto il tempo meraviglioso che avevano passato
insieme. C’erano state freddezza e crudeltà in quel periodo buio dopo la morte
di Bart, ma Blair aveva sempre saputo, nonostante le facesse male, che Chuck non
ce l’aveva veramente con lei, ma era sopraffatto dal dolore per la perdita e dal
disprezzo per se stesso e perciò se la prendeva con la persona che gli stava più
vicino –ingiusto, certo, e l’aveva fatta soffrire e infuriare tanto da spingerla
a prendersi una pausa da lui, ma non l’aveva colpita a fondo come l’odio che le
aveva dedicato costantemente da quella notte, perché questo, Blair purtroppo lo
capiva, era rivolto precisamente a lei. Perfino durante i loro litigi più
acri, ciò con cui Chuck l’aveva attaccata erano stati solo rabbia e
risentimento, entrambi sentimenti che Blair sapeva celavano solo dolore per
essere stato ferito e paura di perderla, di essere rifiutato. Stavolta non ne
era così sicura, non con tutti i suoi Eva mi aveva reso una persona
che ero fiero di essere e mi hai portato via la cosa a cui tenevo di più
e ancora non mi fermerò finché non avrai più niente e tutte le altre
tenerezze che Chuck le aveva spietatamente gettato contro da quando quella
storia era cominciata.
No, Blair non poteva e non
voleva pensare a come Chuck la stava guardando, e avrebbe preferito che Serena e
Nate restassero, ma c’era una faccenda di cui dovevano assolutamente discutere
in privato, lei e il suo avversario. E quando la porta del ristorante si
richiuse alle spalle dei loro rispettivi migliori amici, Blair lo fissò dritto
negli occhi e parlò in tono pratico, posando le mani sul tavolo in bella vista
per impedirsi di esternare il crescente disagio che le accelerava i battiti
giocherellando con l’anello di rubini o riavviandosi i capelli già perfettamente
trattenuti dal cerchietto azzurro. Con un angolo della mente si rese conto che
era contenta di averlo indossato, quella mattina. Alla Constance era il
simbolo del suo potere di regina e le dava un certo senso di sicurezza averlo in
testa.
“Vorrei aggiungere un punto al
paragrafo sette, Materiale da Ricatto, nella sottosezione Filmini
Compromettenti”.
Il Chuck che aveva trascorso con
lei momenti di divertente complicità a complottare contro comuni avversari e
pomeriggi interi a bere costoso champagne e a fare l’amore fra lenzuola di seta
le avrebbe scoccato uno sguardo vizioso e avrebbe fatto una battuta a sfondo
sessuale, così lei avrebbe potuto scuotere la testa e storcere il naso con
ostentato disgusto e poi entrambi avrebbero sorriso perché era solo un gioco fra
loro ed entrambi lo sapevano e lo adoravano.
Il Chuck che aveva dichiarato
pubblicamente la sua devozione ad un’altra donna mentre Blair era a pochi passi
di distanza si limitò a fissarla con gelida impazienza, in un tacito invito a
continuare.
“Parlo di Stoccolma,
l’after-party del concerto di Robyn”.
Ricordare quell’episodio le
faceva provare una pungente sensazione di amaro rimpianto alla bocca dello
stomaco. Chuck non era stato entusiasta della proposta della sua ragazza di
andare ad un concerto e lo aveva palesato tentando in tutti i modi di
convincerla a restare a casa. Dato che si trattava di Chuck Bass, la persuasione
consisteva per lo più in labbra infuocate e mani vogliose che scorrevano ovunque
sul corpo di Blair mentre lei tentava di prepararsi, sensuali assalti
punteggiati da sussurri rochi su quanto fosse morbida la pelle di lei e su come
l’amasse così tanto che avrebbe voluto rinchiuderla nella sua suite e averla
tutta per sé per sempre. Blair aveva resistito all’attacco scansandolo con
ribelle tenacia e rispondendogli impertinente che era pazzo se pensava di
impedirle di sfoggiare in pubblico la sua nuova Louis Vuitton, ma gli
aveva promesso anche una ricompensa se si fosse comportato da bravo fidanzato e
l’avesse accompagnata senza fare storie. C’era stato in effetti il sesso ad alta
quota sul jet privato delle industrie Bass -e un lieve battibecco mentre
atterravano all’aeroporto di Stoccolma perché nel tirarle su la gonna con troppa
foga Chuck l’aveva sgualcita-, ma il vero premio era arrivato dopo il concerto,
quando la mente di Blair, annebbiata dai troppi Martini, aveva concluso che
sarebbe stato un gesto davvero romantico dedicare a Chuck la canzone Stand by
your Man. Dopotutto, non era la prima volta che si esibiva per lui e sapeva
che il suo ragazzo lo avrebbe adorato. Era stata fermamente convinta di questo
anche mentre il suddetto ragazzo cercava con ogni risorsa di tirarla giù dal
palco; davvero non aveva capito in quel momento quale fosse il problema, Chuck
non si era agitato così tanto al Victrola e il pubblico sembrava godersi
ogni minuto, applaudendo e incitandola con grida e fischi. Ma l’indomani
mattina, seppur con i postumi della sbornia che le stavano martellando la testa
e facendo rivoltare lo stomaco, Blair aveva capito con dolorosa lucidità quale
era stato il problema, e aveva fatto giurare a Chuck, che tentava senza successo
di indurla a bere un frullato verde fangoso dall’aspetto scarsamente invitante,
che mai ne avrebbero fatto parola, né fra loro, né con altri, Nate e Serena
compresi.
Ora Blair non si accontentava
più della parola di lui. In fin dei conti, Chuck le aveva promesso anche di
passare il resto della vita a farsi perdonare per il male che le aveva fatto
mentre lei cercava solo di tener fede alla canzone che gli aveva dedicato, ma
non era stato così. Anzi.
“So che c’è un filmino di quella
serata… voglio che sia messo nero su bianco che non lo userai per mettermi in
ridicolo, in nessun caso.”
“D’accordo, sarà il nostro
segreto”, mormorò Chuck rassicurante, posando le labbra sulle sue per un bacio.
Blair le sentì stirarsi in un inconfondibile sorrisetto prima che
pronunciassero, dissolute: “Come la tua predilezione per i frustini.”
“Meglio per te che sia così,
Chuck Bass”, lo minacciò, percependo il calore salirle alle guance e la voce
farsi appena un po’ più acuta. Gli prese insolente il labbro inferiore fra i
denti premendo fino a farlo gemere, poi baciò dolcemente la parte lesa e
aggiunse, in tono soave: “Perché sai bene che ho anche una particolare
predilezione per la vendetta.”
Chuck si scostò da lei quel
tanto che bastava a farle sbirciare attraverso le ciglia il suo sguardo
eccitato.
“È uno dei motivi per cui
sono pazzo di te, Blair.” le sussurrò, la voce traboccante di ardente
adorazione.
Blair stava per domandargli
quali erano gli altri –perché non perdeva mai l’occasione per fargli ripetere
ancora e ancora le ragioni per cui l’amava– quando la nausea le risalì su per la
gola e la costrinse a piegarsi di nuovo verso il water. Percepì le dita di Chuck
che le scostavano con tenerezza i capelli dal viso e pensò che avrebbe dato via
metà del suo guardaroba per non mostrarsi in uno stato così pietoso di fronte a
lui. Era certa che nessuna delle favolose modelle da cui Chuck era stato
attratto in passato era mai corsa in bagno a vomitare sotto i suoi occhi, e la
considerazione la fece sentire ancora più a disagio, ma poi le sovvenne che se
anche fosse accaduto, Chuck non sarebbe stato lì con la malcapitata a tenerle i
capelli e massaggiarle la schiena, e questo la rincuorò. Erano attenzioni che
riservava solo a lei.
“Ma nei primi dieci c’è anche
l’indubitabile eleganza con cui riesci a metterti carponi.” chiarì lui, vizioso.
“Chuck! Non sei di aiuto!”
Lo sentì sghignazzare senza
pudore e quando si sollevò, stava ridendo anche lei.
Chuck abbassò gli occhi sulle
proprie mani intrecciate sul tavolo e annuì, impassibile.
Dopo aver sbrigato le pratiche,
entrambi raccolsero i fogli, infilando la loro copia del contratto in una
cartellina di plastica.
“Bene. C’è altro?”
“Fortunatamente no.” rispose
Blair, tirando un sospiro di sollievo con deliberata enfasi. “Sai, dopo oggi,
sono ancora più felice che Humphrey ti abbia interrotto, l’anno scorso.
Ho appena avuto una visione perfetta di quello che sarebbe stato il nostro
inevitabile divorzio.”
“Sono d’accordo.” commentò
Chuck, con la stessa indifferenza, mentre indossava la giacca del completo
scuro. Blair, stizzita, si affrettò a precederlo fuori dal ristorante, anche se
restò la sensazione della sua irritante presenza subito dietro di lei. Entrambi
ribadirono la loro gioia nell’essersi finalmente liberati dell’altro, ma quando
Chuck le tese la mano per salutarla, Blair fu all’improvviso combattuta fra il
forte istinto di stringerla e l’intenso timore di provare di nuovo le sensazioni
dell’ultima volta –che erano sbagliate e pericolose, perché dopo
l’accordo con Jack Bass e il sesso con Jenny Humphrey e la dichiarazione di
guerra, Chuck e il suo tocco avrebbero dovuto ripugnarla, non farla sentire
debole e indifesa- e fu estremamente lieta di avere un motivo solido e
impersonale da sbattergli in faccia per rifiutare quel contatto così
ingannevolmente innocuo.
No touching
Sperò che Chuck non scoprisse
mai il tormentoso subbuglio interiore che le scatenava la sua presenza, o come
al momento di dividersi lei avesse esitato un minuto di troppo nel guardarlo
allontanarsi verso la sua limousine.
“Devi proprio andare?”
Chuck la stava stringendo a
sé come se fosse la cosa più preziosa del mondo, forte per non lasciarla andare,
ma con cura, per non farle male. Blair aveva il viso premuto contro il collo di
lui e respirare il suo profumo la inebriava e confondeva insieme. Le accadeva
sempre, vicino a Chuck. Non importava quanto tempo passassero l’uno con l’altra
o quante volte facessero sesso. Il tocco, l’odore, il sapore di Chuck nella sua
bocca erano sempre travolgenti, anche un solo sguardo riusciva a farle battere
il cuore come una ragazzina al suo primo bacio.
“Purtroppo.” sospirò, ma
senza fare alcun tentativo di districarsi. Le lezioni all’università sembravano
così poco importanti, mentre era avvolta nell’abbraccio del suo amore. Erano
così vicini che poteva percepire il calore irradiato dalla pelle di lui, i
palpiti del suo cuore sotto il petto che si muoveva al ritmo dei suoi respiri.
Era la stessa intima melodia che la accompagnava fino al mondo dei sogni e che
le mancava le poche notti che trascorreva sola nel letto del dormitorio. Blair
chiuse gli occhi, permettendosi qualche minuto ancora di quella sensazione
meravigliosa.
“Non andare.”
Arrogante, viziato,
tirannico Chuck Bass. Così abituato che tutti facessero come voleva lui,
rifletté Blair, registrando il tono di comando e sorrise, con affetto. Era tempo
di ricordargli che aveva a che fare con una regina, fiera e indipendente. Si
ritrasse, occhieggiandolo con le sopracciglia inarcate.
“Ah, quindi io devo
rinunciare alla mia istruzione per te, e tu puoi darmi buca per Sean Mc
Pherson?” lo rimbeccò petulante, ancora fra le sue braccia.
“Beh, io dopo mi sono fatto
perdonare.” ragionò lui, posando la fronte contro la sua.
“Allora assicurati di essere
libero per pranzo”, sussurrò lei seducente, accarezzandogli delicatamente con le
dita le labbra lisce e desiderabili. “Così posso farmi perdonare anch’io. Ci
vediamo qui all’una?”
Chuck sorrise e le baciò i
polpastrelli. “Conterò le ore”, dichiarò, soffiandole calore sulle dita mentre
le braccia la liberavano, sebbene con riluttanza. Blair si concesse qualche
istante ancora per fargli scorrere le mani sui risvolti della giacca –gessato
grigio come la gonna che indossava lei-, sfiorando il fazzoletto che spuntava
dal taschino –cremisi come il suo rossetto, che ora sporcava un po’ anche le
labbra di lui- e poi si diresse sui tacchi verso l’ascensore della nuova suite
dell’Empire. Si voltò prima che le porte si chiudessero, si accorse che Chuck la
fissava e seppe con irrazionale certezza che lui non aveva smesso di guardarla
per un solo momento da quando si era allontanata, gli occhi scintillanti di
desiderio. “Mi mancherai”, vide, più che udire, le sue labbra scandire e quando
fu sola nell’ascensore, bisbigliò, sorridendo: “Anche tu”, conscia che la
telecamera di sorveglianza era su di lei, e che quando il messaggio gli sarebbe
arrivato, Chuck avrebbe risposto al sorriso, compiaciuto.
No, Chuck non doveva venire a
conoscenza della sua piccola debolezza, non quando lui sembrava così
perfettamente controllato e distaccato in ogni suo atteggiamento, non quando il
suo sguardo faceva trapelare chiaramente che ne aveva avuto abbastanza di Blair
Waldorf, la ragazza per cui in un’altra vita aveva comprato un anello di
fidanzamento.
Mentre l’automobile correva
sulle strade di Manhattan, Blair tentò di distrarsi da quei pensieri angusti su
Chuck e si concentrò sul party di compleanno, a cui lui, per fortuna, non
sarebbe stato presente.
“Sei ufficialmente non
invitato!”
“Non mi ha mai fermato”.
Le si annodò la gola e strinse i
pugni tanto da percepire le unghie nei palmi. Forse non aveva bevuto abbastanza
acqua, dopotutto.
*
La festa di
compleanno di B. è stasera, ma il mio regalo per lei arriva subito: sembra che
non sia stata soltanto una J. a mettersi tra C. e B. la scorsa estate. Jenny
Humphrey avrà pure dimostrato un po’ troppo affetto nei confronti del
fratellastro, ma Blair Waldorf non è seconda a nessuno in quanto ad attaccamento
alla famiglia. Del suo ex, ovviamente. Qualcuno ha detto zio? Eh sì, pare che
nella Ville Lumiére, B. e Jack Bass abbiano avuto un rendez-vous piuttosto
piccante. Nessuna foto ricordo purtroppo, ma niente paura: il prossimo
appuntamento è per Natale, e chissà se Babbo Natale ci lascerà qualche bella
prova sotto l’albero. Nel frattempo, sapete di amarmi.
Blair lesse il messaggio di
Gossip Girl con una smorfia irritata, mentre era ancora bloccata nel traffico di
New York. Che insulsa sciocchezza. Non vedeva Jack Bass da quella repellente
serata all’Empire, grazie al cielo, e se malauguratamente lo avesse
incontrato di nuovo, gli avrebbe consigliato caldamente una vacanza nei vicoli
malfamati di Praga.
Sospirò, spinse uno dei tasti di
chiamata rapida sul cellulare e attese.
Chuck rispose al secondo
squillo.
“Hai letto il blast?”
domandò Blair, con distratta curiosità. Senza riuscire ad impedirselo, dentro di
sé desiderava ardentemente che lui non avesse creduto a quella bugia. L’idea che
Chuck potesse pensare anche solo per un secondo che fra lei e Jack c’era
qualcosa che non fosse disprezzo e avversione, almeno da parte di Blair, la
riempiva di tristezza e malessere. La faceva sentire inspiegabilmente…
tradita.
“Sì.” confermò lui laconico, la
stessa tonalità sottozero che aveva mantenuto per tutta la trattativa. Blair
sentì gonfiarsi il nodo in gola, ma fu attenta che la voce le uscisse altezzosa
e leggermente seccata, come se quello che avevano davanti fosse un inconveniente
di poco conto.
“Gossip Girl sta scadendo nel
ridicolo, ultimamente. Prima quella voce sulle presunte malattie veneree di S.,
ora questo. Se sa sempre tutto, come mai non è al corrente che Jack era in Cile
quest’estate?”. Si accorse dell’errore troppo tardi e serrò le palpebre per un
momento, stringendo il telefono con tanta disperata forza che le nocche le
divennero bianche. Non avrebbe dovuto lasciarsi sfuggire di essere a conoscenza
di quel particolare su Jack. Chuck era paranoico, sospettoso e malfidato e ora
si era fatto anche silenzioso, il che non era mai un buon segno. Non l’avrebbe
affatto sorpresa se all’improvviso avesse messo fine all’accordo e ricominciato
a minacciarla. “Così ho sentito, ad ogni modo…” aggiunse sbadatamente, per
riempire quel silenzio tanto opprimente. Chuck si prese ancora qualche istante
per sé prima di farsi sentire di nuovo:
“Sembra che qualcuno stia
cercando di sabotarci”.
Fu con un certo disturbo che
Blair si accorse del sorriso di sollievo che le era sbocciato spontaneo sulle
labbra alle parole di lui. Si rallegrò che fosse una conversazione telefonica e
proseguì, nello stesso tono spiccio:
“Jenny Humphrey, probabilmente.
Che cosa facciamo?”
“Passa da me, e porta la tua
copia del trattato. Credo siano necessarie alcune aggiunte.”
“Okay, a fra poco”.
Quando Blair entrò nella suite
dell’Empire, Chuck era seduto in salotto a gambe accavallate. Fu
piuttosto sorpresa di notare sul tavolino davanti a lui due calici di cristallo
e un secchiello pieno di ghiaccio tritato da cui spuntava il collo di una
bottiglia di champagne. Chuck di solito preferiva lo scotch, a qualunque ora del
giorno e della notte. Lei amava lo champagne, e lui lo ordinava per farle
piacere quando stavamo insieme, soprattutto perché la mandava su di giri e
finivano sempre col fare l’amore, dopo qualche brindisi. Chuck stesso le aveva
confessato questo subdolo dettaglio l’anno prima, e lei aveva sorriso e l’aveva
colpito con un pugno giocoso sul braccio, evitando di confidargli che in realtà
non era l’alcol, ma stare con lui che la faceva essere così raggiante e
vogliosa.
Chuck notò la direzione del suo
sguardo e disse, cortese, invitandola ad accomodarsi con un gesto della mano:
“Dom del novantacinque. Serviti pure”, e sebbene lo avesse già intuito e fosse
consapevole che probabilmente non significava nulla, Blair provò una sensazione
di calore al petto nello scoprire che non era solo champagne, ma anche il suo
preferito.
“Non mi va di bere a stomaco
vuoto, ma grazie comunque.” declinò, nello stesso tono educato e formale di lui.
Scoprì che era più facile giocare quando le regole erano così ben fissate, e
provò un improvviso moto di affetto e gratitudine verso Serena e Nate. Poi le
sfuggì un sorrisetto.
“Qualcosa di divertente?”
domandò Chuck, mentre afferrava la bottiglia di champagne per aprirla.
“Pensavo solo che è incredibile
che Serena e Nate abbiano avuto un’idea così geniale.” rispose, maligna. Chuck
sorrise a sua volta.
“Sembra che dopotutto anche i
biondi abbiano i loro momenti di gloria intellettuale.”
“Oh, più probabile che abbiano
copiato l’idea da qualche parte.”
“Ehi, posso sentirvi!” urlò Nate
in protesta dalla sua stanza. Il sorriso di Blair si ampliò divertito e
incontrò lo sguardo altrettanto beffardo di Chuck, ma si affrettò a distogliere
gli occhi, muovendosi per accomodarsi sul divano rosso da lui lasciato libero.
“Chuck, è incredibile, è
ancora lì davanti.” esordì Blair, rientrando in camera da letto dopo essere
stata in bagno. Si lasciò scivolare la vestaglia di raso blu dalle spalle e lo
raggiunse fra le lenzuola pregiate. Chuck, momentaneamente distratto dalla sua
nudità, la accolse fra le braccia prima di rispondere, la fronte corrugata:
“Nathaniel?”
“Beh, o è lui, o uno dei tuoi
valletti si attarda un po’ troppo nelle stanze mentre gli occupanti fanno
sesso.” ribatté mordace, e percepì il petto sudato di lui vibrare sotto la
propria guancia, scosso dal riso.
“Un valletto pervertito?
Sarebbe un’altra delle tue fantasie?”
Blair sorrise maliziosa e
ci pensò su. “Perché no?”, concluse, alla fine. “M’infilo nella vasca e mentre
mi lavo toccandomi dappertutto mi accorgo che qualcuno mi sta spiando, mi giro e
ci sei tu, che mi guardi e mi chiedi se puoi insaponarmi la schiena, io mi
arrabbio e grido e allora tu mi afferri…”
Chuck interruppe la sua
narrazione improvvisata baciandola con trasporto e rivoltandola perché fosse
sotto di lui. Si sollevò su un gomito per non gravarle addosso, mentre l’altra
mano le massaggiava amorevole la coscia.
“Sei fantastica”, sussurrò,
in tono rapito. “Se penso che sei la stessa ragazza che mi ha guardato con gli
occhioni innocenti spalancati e impauriti la prima volta che mi sono spogliato
di fronte a lei…”
“Non ero impaurita da te!” si
ribellò Blair, ferita nell’orgoglio.
“Beh, non esattamente da me,
hai ragione. Quanto piuttosto dalle notevoli dimensioni del mio…”
Stavolta fu lei a tappargli
la bocca con un bacio, mollandogli uno schiaffo sul sedere che schioccò
fragoroso e lo fece sussultare.
“Comunque”, riprese Blair,
quando si divisero. “Di là non si sentono altro che rumori di spari ed
esplosioni. Saranno tre ore che Nate è davanti a quel videogioco!”
“Più o meno lo stesso tempo
che abbiamo passato noi in questa stanza”, commentò lui, con una scrollata di
spalle. Dalla mascella contratta, Blair capì, nonostante il tono disinvolto, che
non gradiva molto che lei parlasse di Nate Archibald mentre c’era ancora odore
di sesso nell’aria. L’irragionevole gelosia la intenerì e gli accarezzò con
gentilezza i peli sul braccio.
“Il tuo migliore amico si sta
fondendo il cervello. E già ora non è proprio un Will Hunting, Chuckie”,
rimarcò, intuendo che insultare un pochino Nate avrebbe fatto rilassare il suo
ragazzo. Fu così, perché un sorrisetto gli arricciò gli angoli della bocca, ma
Chuck restava comunque il migliore amico di Nate, quindi aggiunse, vendicativo:
“Non è che la tua migliore
amica sia diversa. L’unica cosa brillante che abbia mai avuto Serena sono i
capelli. Non è certo come te.”
“Ehi! Non parlare male di S.”
fu la protesta simbolica di Blair, in segreto gongolante per il complimento
finale. Voleva bene a Serena e sapeva che non era una bionda stupida, ma ancora
non aveva totalmente superato tutti i momenti in cui si era sentita umiliata e
manchevole di fronte ai suoi cari a causa del fascino irresistibile di lei. Che
per Chuck Serena non fosse così speciale la faceva sentire incredibilmente bene.
“Nessuno è come te.” insisté
Chuck, in un sussurro. La mano di Blair salì a sfiorargli i capelli corti,
spettinandoli ancora di più.
“Come noi”, lo corresse
tenera, cingendogli il collo. Si sporse per baciarlo sulla bocca e poi si lasciò
ricadere sul letto, notando soddisfatta che ogni traccia della già fioca gelosia
verso Nate era scomparsa dagli occhi che la contemplavano, estatici. Guardò il
proprio riflesso nelle iridi di lui, la chioma sparsa sul cuscino, il leggero
sorriso, il viso struccato, e si sentì bellissima.
“Mi ami?” bisbigliò,
inclinando la testa di lato. Un ricciolo castano le solleticò la guancia.
“Con tutto me stesso.”
dichiarò lui, senza esitazione. Il sorriso di Blair si riempì di dolcezza per un
lungo momento, poi si tinse di una sfumatura giocosa.
“Credo che andrò a farmi una
doccia. Mi auguro che nessuno entri mentre sono lì, tutta nuda e insaponata.”
esclamò candidamente, facendosi scorrere l’indice in circolo sui seni e poi giù
languido fino al ventre. Gli occhi di Chuck seguirono il tragitto, bramosi, e la
lingua gli inumidì le labbra.
“Non si preoccupi, Miss
Waldorf.” mormorò, rauco. “La soddisfazione delle nostre clienti è al primo
posto, qui all’Empire”.
L’aggiunta di Chuck
consisteva in un obbligo di consulto ogni volta che usciva un pettegolezzo
deleterio che li riguardasse entrambi, per stabilire se era vero e decidere sul
da farsi. Blair accettò senza obiezioni e trascorsero solo una decina di minuti
fra l’arrivo del notaio e la sua partenza.
“Bene.” sospirò Blair, e sapeva
di dover andare via ora che le pratiche erano state portate a termine, ma per
qualche motivo restò immobile sui cuscini soffici, la gonna sollevata un poco
dalle gambe accavallate. Era quasi certa che Chuck potesse sbirciare l’orlo
ricamato delle autoreggenti. L’anno prima, quando era immerso nel lavoro davanti
al suo computer o al cellulare, Blair, sentendosi trascurata, usava trucchetti
del genere per attirare la sua attenzione: si lasciava andare sul letto o sul
divano e inavvertitamente il pizzo del reggiseno spuntava fuori dalla scollatura
del vestito e la sottana risaliva fino alle cosce, oppure si tirava su i capelli
lamentandosi del caldo in modo che lui potesse ammirare la nuca e la linea del
collo fino alle spalle nude, o più spudoratamente annunciava che andava a farsi
un bagno e cominciava a sfilarsi i vestiti fin dal salotto, lasciando una scia
di indumenti e stando attenta a non essere ancora fuori dalla visuale di lui
quando infine le mutandine le scivolavano lungo le gambe fino alle caviglie. Poi
osservava con compiaciuto trionfo e un sorrisetto irriverente sulle labbra Chuck
che si affrettava a spegnere il computer aggiustandosi nervosamente il cavallo
dei pantaloni o a chiudere la comunicazione con voce improvvisamente impastata.
Era divertente tormentarlo, e diventava tutto ancora meglio quando lui,
dimentico del lavoro, la prendeva tra le braccia e la faceva sua, che fosse sul
letto, sul divano o nella vasca da bagno.
Ora Blair azzardò un’occhiata
per controllare la direzione dello sguardo di Chuck e si accorse che
effettivamente la stava fissando, ma dritta negli occhi, un’espressione
indecifrabile ma intensa sul viso, quasi potesse leggerle dentro quei pensieri
nonostante tutto ancora piacevoli, anche se maledettamente illeciti. Si sentì un
po’ nervosa all’idea.
“Sicura di non volere un po’ di
champagne? Ci sono delle fragole in cucina.” insisté lui e Blair non poté
impedirsi di considerare –anche se era sciocco e sbagliato e comunque non doveva
interessarle- che forse nemmeno Chuck voleva che lei se ne andasse così in
fretta.
“Credo che approfitterò allora,
grazie.” rispose, affabile ma distaccata, come avrebbe parlato a un perfetto
estraneo incontrato ad un party. Ma un perfetto estraneo forse non l’avrebbe
tentata con le fragole, che lei adorava insieme allo champagne; con un
perfetto estraneo non avrebbe condiviso ricordi in cui lui le porgeva il frutto
e tratteneva il fiato quando le sue labbra lo racchiudevano, sfiorandogli le
dita.
Più di una volta i loro baci
avevano avuto il sapore di fragole e champagne.
Chuck non poteva non
ricordarlo. E quando Blair incontrò di nuovo i suoi occhi adombrati, capì che
non era l’unica ad avere quei pensieri. Lo sguardo di Chuck su di lei sembrò
quasi bramoso, per un istante.
No touching
Ma divenne presto cordiale e
freddo e mentre si alzava per andare a prendere le fragole, Blair rifletté che
si era trattato di uno scherzo della propria immaginazione. Doveva essere così.
Perciò ordinò alle proprie gambe di smettere di essere vacillanti e fu davvero
contenta nell’udire prima lo squillo del cellulare e la voce di Serena
dall’altro capo del telefono, poi i toni saccenti e falsamente casuali di
Humphrey di là con Chuck:
“Beh, visto che Blair ti ha
tradito con tuo zio, ho pensato che potresti tradirla a tua volta…”.
Blair sorrise, perfida. A quanto
pareva era tempo di prendersi gioco del caro, sciocco Dan Humphrey.
I prossimi minuti sarebbero
stati davvero divertenti.
*
La barriera fu lacerata con uno
strappo secco ed echeggiante nella casa buia che solo qualche ora prima era
stata piena di invitati e Blair si sentì maledettamente, meravigliosamente
vulnerabile.
Fu allora che Chuck la toccò.
Fine#12
Note dell’Autrice:
[1] “Rules of Engagement” è il
titolo di una sit-com della CBS del 2007.
[2] “Good Will Hunting” (in
Italia: Will Hunting, Genio Ribelle) è un film del 1997 con Matt Damon e
Ben Affleck, rispettivamente nei ruoli di Will e Chuckie, due amici. Capirete
perché non potevo non citarlo in quel contesto. :)
[3] Le risposte alle recensioni
sono state inviate con il nuovo metodo. Ancora grazie a tutti voi.
Al prossimo aggiornamento,
Melany
|
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Capitolo 13 *** An Affair to Remember ***
New Page 1
#13
Title:
An Affair to Remember
Autrice:
Melanyholland
Summary: C’erano momenti
in cui Blair davvero non riusciva a credere a quello che le stava accadendo.
Rating: arancione
Timeline: dopo la 1x08 (Seventeen
Candles).
Pairing:
Blair/Chuck
An Affair to Remember
C’erano momenti in cui Blair
davvero non riusciva a credere a quello che le stava accadendo.
Di solito succedeva quando era a
letto e stava per addormentarsi, oppure quando Serena cominciava a blaterare fin
troppo di Humphrey e la sua mente aveva bisogno di una divagazione. Siccome in
quei momenti non era distratta da nient’altro, si ritrovava a riflettere su
tutta la situazione –aveva una relazione sessuale! Segreta! Con Chuck Bass!- e
le sembrava assurdo e inverosimile. Lei, Blair Waldorf, la regina dell’Upper
East Side, che si faceva mettere le mani addosso da nient’altri che il donnaiolo
più spregiudicato di New York, uno che non aveva problemi a fumare canne davanti
a tutti, a infilare oscenità in ogni discorso e che al party Kiss on the Lips
aveva tentato di sedurre Jenny Humphrey, la piccola nullità Made-in-Brooklyn. Il
che, davvero, la diceva lunga sul grado di selettività delle scelte sessuali di
Chuck.
Poi c’erano altri momenti,
quando Chuck le lanciava sguardi affascinati mentre lei era circondata dalle
ragazze, ignorando tutte loro –Serena inclusa-, oppure quando le mandava
messaggi sul cellulare in cui la chiamava Splendore e le chiedeva di
raggiungerlo subito perché la aspettava –come se lei non avesse nient’altro da
fare che assecondare le sue voglie, pensava Blair, ma non era mai così
infastidita, in fin dei conti- o le domandava com’era vestita, e questo le
faceva arricciare il naso, ma subito dopo scriveva che di certo era
irresistibile qualsiasi cosa avesse addosso, e questo la faceva sorridere. In
quei momenti, Blair non si perdeva tanto in considerazioni sulla stranezza della
sua situazione, ma si stupiva di quanto si sentisse attraente e allegra.
Infine, c’erano momenti come
quello che stava vivendo ora, in cui Blair smetteva di pensare e si perdeva
semplicemente nei baci di Chuck, stretta fra le sue braccia sul letto della
propria camera. Blair adorava il modo in cui Chuck la baciava. L’ardore e
l’impazienza che erano evidenti quando la toccava e che la facevano sentire
incredibilmente sexy non gli impedivano di essere attento e premuroso nei
preliminari. Chuck si prendeva molto tempo per baciarla: iniziava
mordicchiandole dolcemente il labbro superiore, sfiorandole gli angoli della
bocca, poi schiudeva le labbra e approfondiva il contatto. Qualche volta si
ritraeva all’improvviso, sorridendo beffardo quando d’istinto Blair si sporgeva
per inseguirlo, e a quel punto lei lo afferrava bruscamente per i capelli e si
riappropriava della sua bocca con dispotica irruenza, azione che, accidenti a
lui, lo faceva ghignare ancora di più.
Blair era deliziata da tutte
quelle attenzioni e decisamente sorpresa, perché aveva sempre pensato a Chuck
come ad uno che preferiva andare subito al punto. Per le stesse motivazioni, si
meravigliava di tutto il tempo che Chuck insisteva a dedicarle anche dopo che
avevano fatto sesso. Sapeva che avrebbe dovuto essere infastidita da quella sua
ostinazione a starle sempre addosso, ma la verità era che non ne era
molto disturbata: le piaceva sentire su di sé le carezze e i baci di lui. La
dedizione di ogni gesto la faceva sentire preziosa, l’insolenza di ogni pizzico
divertita, la brama di ogni sguardo desiderabile. Era come se Chuck guardasse e
toccasse una Blair diversa da quella che lei stessa aveva sempre immaginato, e
questa Blair era… bella. Anche se non era bionda, alta e spigliata; anche se non
era esperta, disinvolta e procace.
Bella.
Così concedeva a Chuck il
privilegio di tenerla tra le braccia e ogni tanto, senza chiedersi il perché,
anche lei indulgeva in qualche carezza, cullata dal pigro languore che seguiva i
loro incontri amorosi. Si ritrovava a sfiorargli i capelli sulla fronte o a far
scorrere delicatamente le dita sul suo braccio e andava bene così. Per un po’,
era piacevole dimenticarsi dei ruoli.
Al momento, Chuck le stava
posando baci leggeri sul collo sudato e le soffiava calore sulla pelle umida
mentre parlava, impegnato in un elogio rapito e a tratti osceno del suo corpo.
Blair aveva sempre pensato che
il suo seno fosse troppo piccolo e guardato con celata invidia le forme perfette
di Serena. Da quella notte in limousine, Chuck non faceva che ripeterle quanto
adorasse le sue tette e che erano un capolavoro e che avrebbe voluto farci un
mucchio di porcherie, discorsi che la imbarazzavano decisamente e che finivano
con un gemito di dolore, perché di solito Blair lo colpiva per farlo star zitto.
“Quando avevamo tredici anni, mi
hai detto che le trovavi insignificanti”, gli ricordò stavolta con
stizza, per arginare il monologo. Blair ricordava fin troppo bene quel
pomeriggio d’Agosto: erano negli Hamptons e lei era stata decisamente sulle
spine a farsi vedere in bikini da Nate accanto alla formosa e longilinea Serena.
Disagio che si era trasformato in imbarazzo vero e proprio quando la sua
migliore amica, ridente e giocosa, l’aveva spinta in acqua, vicino alla riva: il
costume le si era appiccicato addosso e i capelli perfettamente acconciati in
boccoli erano diventati lucidi e increspati di salsedine. Come se non bastasse,
un’onda le era finita in faccia prima che riuscisse a rialzarsi e Blair era
stata sicura di essere sembrata ridicola, oltre che trasandata.
Quando Nate, dichiarando che
doveva vendicare la sua ragazza, si era lanciato all’inseguimento di Serena sul
bagnasciuga, Blair aveva scoccato un’occhiata accanto a sé e aveva sorpreso con
disgusto Chuck che le fissava il seno.
“Sei un pervertito, Bass!” lo
aveva accusato con una smorfia nauseata, coprendosi immediatamente il petto con
le braccia. E siccome Nate aveva appena afferrato gioiosamente Serena per
gettarla tra le onde e l’unica attenzione che lei stava ricevendo era da un
maiale con cui era stata lasciata sola, aveva aggiunto, malevola: “Nessuno ti ha
invitato, comunque. Perché sei venuto con noi?”.
Chuck l’aveva guardata dritta
negli occhi con un’intensità che le aveva fatto sbattere le palpebre e aveva
riposto, con voce fredda e tagliente:
“Rilassa pure quelle braccia,
Waldorf. Nessuno su questa spiaggia è interessato alle tue forme
insignificanti”.
Blair ricordò quanto avesse
odiato quella giornata al mare.
Chuck, che ora aveva la faccia
affondata nel suo petto per occuparsi dell’oggetto delle proprie celebrazioni,
alzò il volto e le fece un sorrisetto vizioso:
“Beh, non le avevo ancora viste
nude. E palpate, baciate, lecc-”
“Okay, okay, piantala!” si
ribellò, percependo le guance accalorarsi. “Accidenti a te, Bass. Perché devi
rendere sempre tutto così poco romantico?” sbuffò, pensando alle scene d’amore
dei suoi film preferiti. Nessun personaggio si era mai azzardato a mettere i
concetti “tette” e “leccare” nella stessa frase. In qualunque frase, a dirla
tutta.
Poi improvvisamente le sovvenne
che lei e Chuck non erano in una scena d’amore e che pertanto era più che
giusto che non vi fosse alcun romanticismo. Si chiese che diavolo le fosse preso
e si morse il labbro per la naturalezza con cui la sua mente aveva formulato
quel pensiero e soprattutto per averlo espresso a voce alta. Chuck aveva smesso
di sorridere e la stava fissando con un’espressione indecifrabile in quegli
occhi piccoli e fin troppo intelligenti. Doveva aver sicuramente colto anche lui
l’incongruente riferimento all’amore di quelle parole così spontanee.
Accidenti a Chuck, pensò Blair
sentendosi sempre più a disagio. Quando era intorno a Nate, non doveva stare
così attenta a ciò che le usciva inavvertitamente dalla bocca.
“Forse è meglio che vai,
adesso.” suggerì, con voce non del tutto stabile. Chuck parve destarsi dai suoi
ragionamenti e tornò a rivolgerle quel suo sorrisetto irritante, ma che per una
volta Blair accolse con sollievo. Anche perché, con i capelli arruffati e le
labbra gonfie, Chuck non risultava poi così sgradevole, tutt’altro. Se
Blair non avesse saputo con chi aveva a che fare, l’avrebbe giudicato quasi
carino.
“Sto benissimo dove sono,
grazie.” replicò, sporgendosi per baciarla ancora. Blair lo lasciò fare finché
non si divisero per riprendere fiato, poi gli prese il viso tra le mani per
fermarlo, posando la fronte contro la sua e cercando di non pensare a quanto
teneramente intimo le sembrasse quel gesto.
“Eleonor sarà qui tra poco.”
insisté, tracciando delicatamente con i polpastrelli la linea della mascella.
Quando le dita raggiunsero le labbra, Chuck gliele baciò e a Blair venne da
sorridere. “Non so davvero che faccia farebbe se trovasse un Chuck Bass nudo nel
mio letto. Ammesso che fra botox e lifting il suo viso riesca ancora ad
esprimere qualcosa.” aggiunse malignamente e questo fece ghignare lui.
Si rivestirono entrambi. Blair
notò che la gonna del vestito era sgualcita e sospirò, lisciando istintivamente
le grinze con la mano pur sapendo che era del tutto inutile. Forse Eleonor non
avrebbe trovato nessun Bass in costume adamitico, ma avrebbe di certo avuto da
ridire comunque se avesse visto una delle sue creazioni trattata così. Da
piccola le impediva perfino di correre se aveva indosso un Waldorf
originale, ricordò con risentimento e subito sorrise perfida, riflettendo che
non era stata la corsa a rovinare quel vestito, ma un altro genere di attività
fisica della figlia. Uno che avrebbe fatto diventare Eleonor paonazza, lifting o
no.
Con un’ultima occhiata
accigliata alla stoffa turchese stropicciata, Blair abbassò di nuovo la chiusura
lampo e lasciò che l’abito le scivolasse lungo il corpo, finché non si raggrumò
fra i suoi piedi scalzi con un morbido fruscio e lei restò solo in biancheria
intima color fiordaliso firmata LaPerla.
“Hai cambiato idea?” chiese
prontamente Chuck, posandole le mani sui fianchi scoperti. “Sono più che
disposto a trattenermi ancora un po’.” le sussurrò roco, le labbra contro
l’orecchio, le dita che pizzicavano l’elastico delle mutandine e le facevano
venire i brividi.
“Non possiamo. È tardi.” lo
spinse via lei. La scena le ricordò Romeo e Giulietta e di nuovo si rimproverò
mentalmente per quei collegamenti insensati. Se c’era un personaggio
shakespeariano a cui Chuck poteva somigliare, era solo Iago.
Lui la prese di nuovo per i
fianchi, testardo e insistente.
“So che è quasi impossibile
crederlo, Waldorf, ma so essere veloce, all’occorrenza.” sussurrò, in tono
vizioso. Blair scosse la testa, suo malgrado divertita.
“Mi proponi una sveltina, Chuck?
Sul serio?” lo prese in giro, tono incredulo e sorrisino impertinente. “È roba
da giocatori di football ubriachi dopo la partita! Credevo che Chuck Bass fosse
qualcosa di più, qualcosa di classe.”
“Mi sorprende un simile scrupolo
da parte di una ragazza con un debole per i sedili posteriori delle automobili.”
la rimbeccò lui salace, beandosi della sua espressione oltraggiata. Blair gli
diede uno schiaffo sul braccio e Chuck rise. L’afferrò con decisione per le
spalle, vincendo i suoi divincolamenti e l’attirò ancora di più contro di sé,
per poi stringerla fra le braccia e mormorarle all’orecchio, con voce suadente:
“Non vergognarti, Blair.
Adoro questo tuo lato sporco e perverso.”
“Perché sei malato.” protestò
lei, rimpiangendo di avere una carnagione così chiara. Il rossore sul suo viso
doveva essere evidente a chilometri di distanza e di certo alimentava
ulteriormente l’infame ilarità di lui. “Tu non hai un lato normale e sano,
questo è poco ma sicuro.”
“Se lo avessi, non ti ecciterei
così tanto.” replicò Chuck lascivo, mettendo a tacere ogni successiva protesta
premendo la bocca sulla sua. Blair gli piantò le mani sul petto per spingerlo
via, ma la lingua di lui continuava a insistere contro le sue labbra e alla fine
lei cedette, dischiudendole per permettergli di trascinarla in un bacio irruente
e totalmente sgraziato che in teoria avrebbe dovuto imbarazzarla e che invece le
fece scaturire un mugolio deliziato dal fondo della gola, mentre le mani
risalivano il petto di lui fino ad aggrapparsi alle spalle imbottite del blazer.
Quando si divisero, gli occhi di
Chuck brillavano di soddisfazione. Blair scosse la testa, ansimante.
“Non so proprio cosa devo fare
con te, Bass. Non c’è verso di farti comportare bene.”
“Io invece ho capito benissimo
come farti comportare male.” ghignò Chuck, compiaciuto. “A proposito, che ne
dici di passare da me domani, nel pomeriggio?”.
Le mani di lui scorrevano
tentatrici sull’orlo delle mutandine, sfiorandole provocanti l’interno coscia.
Blair fremette e quasi rimpianse di non aver accettato l’offerta di poco prima.
“Vedremo.” rispose, ostentando
indifferenza.
“Alle quattro?” insisté lui,
ignorandola. Le dita continuavano a sfregare impudenti il cotone leggero
abbastanza da farle percepire ogni pressione e ogni movimento e lei cominciava a
sentirsi vacillante e accaldata. Dannato Chuck e i suoi trucchetti da libidinoso
manipolatore.
Blair non rispose, chiudendo gli
occhi alla sensazione ora anche delle labbra di lui contro il collo. Il fatto
che Chuck fosse completamente vestito e lei mezza nuda e vulnerabile non aiutava
la sua causa. Una mano cominciò a scivolare lentamente dalla schiena scoperta
alla curva del bacino mentre le dita dell’altra ora la sfioravano in mezzo alle
cosce, indugiando un solo instante troppo breve e Blair premette il proprio
corpo contro quello di lui, con un sospiro bisognoso. Ora non voleva più che
smettesse di toccarla, quanto piuttosto che la toccasse nei punti giusti, invece
che girarci intorno per stuzzicarla senza pietà.
“Blair?” la incalzò, arrogante e
pieno di sé. Il tono la irritò, ma era una sensazione lontana nella sua mente
offuscata da altri pensieri, decisamente impuri. In un momento di maggiore
lucidità probabilmente gliel’avrebbe fatta pagare, ma in quello stato non era in
grado di fare alcunché al riguardo.
“Chuck.” emise a metà fra
l’infastidito e il supplichevole. Gli afferrò la mano per guidarlo ma l’ostinato
bastardo oppose resistenza e dato che era più forte di lei, Blair non poté che
sbuffare, esasperata.
“Alle quattro?” ripeté lui,
baciandola dietro l’orecchio e annusando avido i suoi capelli.
“Alle cinque.” concesse Blair
infine, posticipando l’incontro perché la resa non fosse totale e
ripromettendosi di arrivare con un ritardo considerevole. Che Chuck la
aspettasse pure. Così imparava a credere di poterla manipolare come una
sciacquetta qualunque.
“Bene”.
All’improvviso, non ci fu più
alcuna mano svergognata sulle sue mutandine e alcun corpo caldo e solido contro
cui schiacciare il proprio. Blair aprì gli occhi, perplessa e piuttosto delusa.
Quando vide Chuck che con noncuranza raccoglieva da terra la sua sciarpa
patchwork e se l’avvolgeva intorno al collo, aggrottò le sopracciglia e
strinse le labbra, furibonda. Sarebbe arrivata con più di un’ora di ritardo,
decise all’istante. Poi sarebbe passata e, dopo un paio di baci, gli avrebbe
detto che non aveva più voglia e lo avrebbe lasciato a bocca asciutta e braghe
calate. Oh sì, l’avrebbe fatto eccome, e augurandogli di rompersi il polso nel
tentativo di rimediare, anche.
Chuck si voltò e, notando la sua
espressione livida e inviperita, le scoccò il più affascinante –e studiato, lei
lo sapeva bene, avendoglielo visto sulle labbra svariate volte intorno alle
donne- dei suoi sorrisi.
“Andiamo, Blair. Non mettermi il
broncio adesso.” la blandì, come se non avesse programmato fin dall’inizio di
farle quell’ignobile dispetto. “Hai detto tu che tua madre sta per arrivare,
no?”, proseguì in un detestabile tono ragionevole, avvicinandosi e spostandole
una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Blair scostò il viso, senza smettere di
fissarlo con fredda ostilità.
“Mi farò perdonare domani. Sarà
un piacere.” sussurrò lui con voce profonda e un luccichio lascivo negli
occhi castani.
“Forse non vengo.” lo pungolò
lei, altera. Voleva essere sicura che Chuck tenesse a mente chi era che dettava
le regole di quel contorto affair. L’ultima cosa che Blair poteva
permettersi era lasciare il controllo nelle mani di Chuck. Certo, sotto le
lenzuola era tutta un’altra storia… ma stava divagando.
Chuck le sorrise, irriverente.
“Oh, credimi Blair: verrai.
Ancora e ancora finché non avrai più voce.” alluse con un sorrisetto impudico e
Blair roteò gli occhi, piantandogli di nuovo le mani sul petto e spingendolo
verso la porta.
“Vattene! Sei disgustoso!”
“Un momento fa eri arrabbiata
perché me ne stavo andando.” le rammentò lui, gongolante, ma la accontentò,
avviandosi verso la porta. “A domani, bellissima.” la salutò, imperturbabile.
Blair tirò un sospiro di
sollievo quando finalmente si fu liberata di lui. Si diresse verso il guardaroba
e fece scorrere lo sguardo sui vari capi per decidere cosa indossare alla cena
con sua madre. Sarebbero stati presenti vari stilisti e possibili investitori ed
Eleonor le aveva raccomandato caldamente di indossare un vestito della sua
collezione. “Ma assicurati che ti stia alla perfezione”, aveva aggiunto,
osservandola da capo a piedi con occhio critico sotto la fronte corrugata. Blair
ignorò la fitta allo stomaco che il ricordo le aveva provocato e prese un abito
di taglio modesto con un’ampia gonna di velluto fino al ginocchio.
Dopo averlo indossato, si mise
davanti allo specchio e studiò meticolosamente il proprio aspetto per notare
ogni minima pecca. All’improvviso lo squillo di un cellulare la fece sussultare,
sia perché era concentrata sul modo in cui il tessuto le accentuava fin troppo i
fianchi, sia perché non era la sua suoneria. Infatti, quando si voltò verso la
fonte di disturbo, si rese conto che Chuck aveva dimenticato lì il cellulare.
Il pensiero le fece affiorare un
piccolo sorrisetto malizioso sulle labbra. Blair aveva sempre avuto fra le mani
i telefoni di Nate e Serena, loro non avevano segreti per lei, anche perché
indovinare le loro password non era mai così difficile. Chuck, d’altro canto,
non le aveva mai permesso di curiosare nel suo; quell’unica volta che lei lo
aveva preso in un momento in cui lui era distratto, Chuck glielo aveva sfilato
dalle dita con un’occhiata divertita e le parole: “Non vorrei che ti
scandalizzassi, Waldorf”.
Ma ora il cellulare era sul suo
comodino, incustodito. Probabilmente vi avrebbe trovato solo numeri a luci rosse
e di persone che frequentava anche lei, ma a Blair non era mai andato giù che le
fosse stato negato di sbirciare, perciò il poterlo fare in sé era diventato
interessante. Inoltre, doveva ammetterlo, era curiosa di scoprire se Chuck
continuava a chiamare le sue sgualdrine anche durante la… cosa che c’era
fra loro.
Raggiunse il mobiletto accanto
al letto e afferrò il telefono proprio nell’istante in cui smise di squillare.
Notare che a chiamarlo era stato Nate le fece provare una sensazione di disagio
agrodolce. Chuck e Nate erano ancora amici, si vedevano, parlavano, scherzavano
insieme. Lei non sentiva Nate dal giorno del suo compleanno e a quanto pareva a lui non interessava fare
alcun tentativo per riallacciare i rapporti.
Chiaramente neanche Blair voleva
più frequentarlo dopo quello che era accaduto, però Nate avrebbe almeno potuto
fare uno sforzo per restare amici. Glielo doveva.
Scacciò quei pensieri angusti e
sbirciò i messaggi ricevuti, facendo una smorfia seccata quando si accorse che
era quasi vuoto, a parte alcuni suoi e del migliore amico. A quanto sembrava,
Chuck era solito cancellare i messaggi dopo averli letti, e non era una notizia
gradevole. Nessuno era così scrupoloso se non aveva niente da nascondere.
Blair sbuffò, cominciando a
scorrere la lista delle chiamate effettuate. Sorrise compiaciuta nel notare che
il suo nome era il più frequente, intervallato solo dalle telefonate all’autista
e al migliore amico. Stava quasi per lasciar perdere quando scorse una
telefonata fatta a Candy la mattina dopo il suo diciassettesimo
compleanno. Aggrottò le sopracciglia, contrariata. Non c’era nessuna Candy tra
le loro comuni conoscenze e il nome le suonava tanto come quello che avrebbe
potuto scegliere una sgualdrina di lusso per la sua inserzione su internet. Non
le piaceva per niente.
Non che fosse gelosa.
Ovviamente no. Era ridicolo. Il punto era che Blair gli stava facendo un grosso
favore a permettergli di toccarla, Chuck avrebbe dovuto esserne grato e
riservarle la sua completa attenzione, non trattarla come una delle tante. In
più, se Candy –un nome assurdo, tra l’altro, così smorfioso- avesse avuto la
mononucleosi o l’herpes o qualsiasi altra orrida malattia, c’era il rischio che
i baci di Chuck l’attaccassero anche a lei. Non era ammissibile.
Blair si sentiva furiosa. Non
riusciva a credere che Chuck le avesse fatto un affronto simile. Era meglio per
lui che avesse una spiegazione credibile e innocente oppure gliel’avrebbe fatta
pagare cara.
“Sai che mi piace quando vuoi
entrare in intimità con me, Waldorf…”.
Blair udì la voce carezzevole
del protagonista dei suoi pensieri alle spalle e si voltò, il cellulare ancora
in mano. Chuck aveva il solito sorrisetto sulle labbra mentre le si avvicinava,
però lei lo conosceva abbastanza da scorgere l’irritazione dietro la smorfia
spavalda.
“…ma spiare il mio telefono…
ora, questa sì che è una caduta di stile. Come quel vestito”.
Blair lanciò d’istinto
un’occhiata all’abito che aveva indosso, ma subito rialzò lo sguardo per posarlo
dritto nel suo, decisa a non lasciar trasparire quanto il commento l’avesse
punta sul vivo.
“O come frequentare una
prostituta che si chiama Candy.” ribatté, con gelido disprezzo. Chuck l’aveva
raggiunta ed ora si guardavano da una distanza minima. Il sorrisetto di lui si
fece divertito.
“Ti dà fastidio?”
“No.” sbottò lei, algida,
maledicendo le sue guance per il calore che si stava diffondendo. “Pensavo solo
che puoi anche evitare di venire da me, visto che hai già Candy e le altre”. Il
tono era nauseato e Blair sperò che lui non vedesse oltre il cipiglio. Prima che
potesse fermarla, la sua mente tentò d’immaginare Candy e tutto ciò che Blair
vide prima che bloccasse ostinata quei pensieri fu una cascata di capelli
dorati.
Gli occhi di Chuck erano così
intensamente puntati nei suoi, mentre la scrutava in silenzio, quasi come se
fosse in grado di leggerle la mente, che cominciava a diventare difficile non
distogliere lo sguardo. Ovviamente Blair resistette, ne andava del suo orgoglio.
Alla fine, Chuck rise:
“Prima mi parli di romanticismo,
ora spii il mio telefono e ti arrabbi per averci trovato il nome di una donna”,
ricapitolò, perfido, beandosi del crescente disagio di lei. “Stavolta sei tu
quella che sembra una fidanzata gelosa.”
“Non montarti la testa, Bass. Mi
sto solo cautelando contro le malattie con cui potresti infettarmi.” ribatté,
dura e trovò insopportabile l’incredulità che trapelava dal sorrisetto arrogante
di lui.
“Facciamo così, Waldorf: tu
ammetti che l’idea di me con qualcun’altra ti infastidisce, e io ti spiego chi è
Candy e perché l’ho chiamata.” propose, borioso.
Blair lo fissò con stizza. Stava
per rispondere che poteva anche scordarselo, quando divenne all’improvviso
consapevole del lieve peso ancora nella sua mano. Allora represse un sorriso e
sospirò, mordendosi il labbro inferiore. Quando fu certa che Chuck fosse
concentrato sul suo viso, il braccio destro passò dal ricadere lungo il fianco a
nascondere la mano con il cellulare dietro la schiena, in modo da permetterle di
spingere il pulsante di richiamata senza che lui la vedesse.
Purtroppo Chuck sembrò
realizzare ad un tratto che qualcosa non andava e cercò di afferrarle il
braccio, ma Blair indietreggiò di scatto e si portò il telefono all’orecchio:
“Sì? Cosa posso fare
per lei?” rispose una voce femminile e prima che Chuck approfittasse del
proprio vantaggio fisico per strapparle il cellulare, Blair rifletté che non era
né suadente, né provocante. Anzi, le parole erano formali e il tono freddo,
anche se cortese. Certo, lei non aveva mai telefonato ad una prostituta, ma
immaginava che fossero tutte sospiri accaldati e moine oscene anche in linea.
“Ho sbagliato numero. Buona
giornata.” disse Chuck al telefono, altro particolare che la convinse che quella
non era una squillo, nonostante il nome tanto appropriato. Quando ebbe
interrotto la comunicazione, Chuck la guardò risentito e un po’ irritato.
“Allora non è una prostituta.”
affermò Blair, sicura. “È qualcuno che lavora per te? Una cameriera del Palace?”
“Sai che cosa fare, se vuoi che
te lo dica.” ribatté Chuck, cocciuto, infilando il telefono al sicuro nella
tasca dei pantaloni beige. Blair roteò gli occhi, incrociando le braccia.
“Sono stufa, Bass. E mia madre
sarà qui a momenti, anzi, doveva già essere arrivata.”
“Motivo in più per non perdere
altro tempo”.
Blair gli avrebbe volentieri
sferrato un calcio per cancellargli quell’espressione implacabile dalla faccia,
come era solita fare quando da piccoli lui si rifiutava di giocare a quello che
decideva lei. Dopo un sofferto dibattito interiore, sbuffò:
“Certo che mi dà fastidio, io
non sono una delle tue sgualdrine, lieta di essere l’appuntamento del martedì e
incurante di chi ti fai gli altri giorni. Non osare mai mancarmi di
rispetto in quel modo, Bass. Sono stata chiara?” lo minacciò, e fu fiera di sé
per essere riuscita ad adempire alla sua parte del patto senza umiliarsi, al
contrario facendo in modo di dettare fieramente le regole, ancora una volta.
Chuck non sembrò infastidito
dalla destrezza con cui lei aveva evitato lo smacco e mescolato le carte. Le
sorrise:
“Non lo farei mai. Sei tu
l’unica.” sussurrò mellifluo, ed era di nuovo seducente ed ammiccante, mentre le
mani tornavano sulle sue anche e le accarezzavano. “Candy è la segretaria di
Bart. L’ho chiamata per sapere se era libero per pranzo.” spiegò in un mormorio
noncurante, gli occhi fissi sulla scollatura fin troppo discreta dell’abito.
Altri non si sarebbero accorti di nulla, ma Blair sperimentava ogni giorno su di
sé la solitudine derivata da genitori troppo presi da altro per occuparsi di lei
e anche se così non fosse stato, difficilmente le sarebbe sfuggito quanto amaro
dovesse essere chiamare la segretaria per avere un appuntamento a pranzo
con il proprio padre. Il pensiero le fece scaturire nel petto un’empatia che non
avrebbe mai creduto di poter provare per Chuck Bass.
Ma loro non erano tipi da
conforto e parole dolci e confidenze a cuore aperto sui rispettivi drammi
familiari. Così Blair non commentò, gli prese invece il viso tra le mani e lo
baciò con fervore, lasciando che lui la stringesse a sé e che le mani
scivolassero più in basso del dovuto, afferrandole le natiche.
“Non è che ne hai approfittato
per domandarle anche se le andava di passare da te dopo il lavoro, vero?” gli
domandò in tono sospettoso, ancora fra le sue braccia dopo che il lungo e
passionale bacio fu interrotto. Si era illusa che Chuck avesse la decenza di far
risalire le mani a quel punto, ma quelle continuavano a palparla senza ritegno.
Blair decise di concedergli un altro minuto, ma se si fosse spinto oltre,
avrebbe avuto di che pentirsene.
“Di solito apprezzo le donne
navigate, sfoderano mosse niente male. Ma cinquantotto anni…”, Blair si sentì
risollevata e Chuck ghignò: “…una notte con me, e la poverina sarebbe stata
stroncata da un infarto.”
“Oh sì, perché sei un tale dio
del sesso, Bass.” lo derise lei, con una smorfia sarcastica.
“Sai che è così.” disse lui
tronfio, e Blair roteò gli occhi di fronte a tanta indisponente tracotanza.
“Toglimi le mani di dosso e fila
via, non ti sopporto più”.
Per nulla offeso e ancora
sorridente, Chuck l’accontentò, dopo un ultimo pizzico sul sedere per cui si
beccò una violenta tirata di capelli che lo fece gemere di dolore e che
finalmente gli portò via quell’espressione spavalda e irriverente dalla faccia.
Blair ne fu più che lieta.
Poco dopo, mentre era intenta
nella scelta delle scarpe da abbinare alla pochette, il cellulare trillò
per un messaggio di Chuck: Eleonor dovrebbe ringraziarti. Su di te, perfino
quel vestito è uno splendore. Vorrei che fosse già domani. CB
Blair sorrise, scoccando
un’occhiata orgogliosa al proprio riflesso nello specchio.
Fine#13
Note dell’Autrice:
[1] “An Affair to Remember” è un film del 1957 con Cary Grant (quello da
cui quel paraculo di Chuck copia l’idea per il grande gesto romantico della
terza stagione, per intenderci).
[2] Grazie a tutti per le recensioni, siete adorabili. Le risposte
individuali sono state spedite con il nuovo metodo.
Al prossimo aggiornamento,
Melany
|
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Capitolo 14 *** Do You Want to Know a Secret? ***
New Page 1
#14
Titolo:
Do You Want to Know a Secret?
Autrice: Melanyholland
Summary: Erano amici.
Quel breve momento di trasgressione in cui erano quasi scivolati in qualcosa di
più sarebbe rimasto segreto come i loro incontri.
Rating: arancione
Timeline:
dopo la 4x08 (Juliet Doesn’t Live Here Anymore). SPOILER dunque
fino alla puntata in questione.
Pairing:
Blair/Chuck
Do You Want to Know a Secret?
You'll never know how much I really love you.
You'll never know how much I really care.
The Beatles
“Avevo quasi dimenticato quanto
il sesso fosse incredibile”, sospirò Blair con un sorriso a fior di labbra,
spostandosi su un fianco e rannicchiandosi sotto il soffice piumone. Percepì il
braccio di Chuck che le cingeva la vita e sentì il calore del suo respiro ancora
un po’ affannoso sulla nuca umida. Chiuse gli occhi, rilassandosi contro di lui.
Non era il caso di dirlo ad alta voce, ma aveva scordato anche la piacevole
sensazione di riposare fra le braccia di Chuck, le loro gambe intrecciate, la
sua presenza solida e maschile intorno a lei mentre i battiti del cuore
rallentavano, riprendendo un ritmo regolare.
Non che stare così bene a letto
con lui significasse qualcosa. Non poteva.
“Perché, quest’estate non hai
avuto molte occasioni di ripasso?” udì Chuck mormorare in tono fin troppo
noncurante alle sue spalle. Il sorriso di Blair si tinse di maligna
soddisfazione. Povero Bass. Di certo ora rimpiangeva di non averla fatta spiare
tutta l’estate perché impegnato a interpretare la versione fuori stagione del
Canto di Natale dickensiano, più tardi arricchita con patetici spunti da
Pretty Woman (un film ridicolo che Blair aveva sempre detestato, anche se
aveva trovato apprezzabile il comportamento del personaggio della commessa di
fronte a quella squattrinata sgualdrina arrivista).
“Non direi proprio così”, lo
provocò, con disinvoltura. In fondo, erano amici. E dato che gli amici
parlano di certe cose, aggiunse, leziosa: “I ragazzi con l’accento francese
hanno quel certo je ne sais quoi… soprattutto quando fanno parte della
famiglia reale di Monaco.”
“Sei uscita con un altro
Marcus?” domandò Chuck, rigido. Che Blair e le sue fantasie da regina
riuscissero sempre a incontrare un nobile spasimante era incredibile in modo
piuttosto irritante, rifletté con rancore.
“Mmm…” lo tenne sulle spine lei,
“…una signora non parla delle sue conquiste. E al contrario di qualcuno, io
di certo non porto a casa le mie storielle estive.” concluse, pungente.
“Quindi ne hai avute?” insisté
Chuck, premendo il viso contro il collo liscio come seta di lei e respirando
Chanel Nº5, il profumo reso più penetrante dall’attività fisica appena
conclusa. Se Blair avesse interpretato la sua semplice curiosità in un altro
modo, lui non poteva farci nulla. La vita sessuale di Blair lo aveva interessato
fin da quando aveva quattordici anni e si baloccava talvolta con fantasie spinte
su come lei sarebbe stata a letto, quando finalmente avesse concesso l’onore
supremo della sua verginità al caro Nathaniel. Fredda e dominatrice gli era
sembrata la più stuzzicante, e ricordava di aver comunicato con sfrontatezza la
teoria proprio alla candida Blair, che gli aveva scoccato un’occhiata
oltraggiata e lo aveva definito un disgustoso pervertito, mentre lui godeva
spietatamente del suo malcelato imbarazzo. Blair era così innocente
allora, rifletté Chuck. Non aveva ancora avuto modo di insegnarle tutte le
tecniche con cui lei ora lo faceva impazzire, né lei si era ancora resa conto di
quanto passionale potesse essere. Benché ormai avessero fatto l’amore (no,
sesso) innumerevoli volte, Blair riusciva ancora a sorprenderlo,
deliziandolo con mosse audaci e inaspettate che le venivano d’istinto.
Blair si girò pigramente fra le
coperte, strusciandosi contro di lui in modo piuttosto stimolante, come una
gatta che fa le fusa. Quando poté guardarla in viso, Chuck si accorse che
sfoggiava un sorrisetto impertinente sulle labbra e uno scintillio malizioso
negli occhi. Il soffuso rossore che le colorava le guance donava decisamente ai
bei lineamenti del suo viso e i capelli spettinati, lungi dal farla apparire
trasandata, le davano un aspetto incredibilmente sexy. Gocce di traspirazione le
imperlavano la fronte e la gola; Chuck avrebbe voluto posarvi le labbra, sentire
sulla lingua il salato, caldo sapore della pelle di Blair.
“Te l’ho detto, Bass: ciò che
succede in vacanza, resta in vacanza. Per fortuna. Non so se avrei resistito a
vederti ancora vestito come un pezzente.”
“Ma…”
D’improvviso, Blair fu tutta
addosso a lui: la bocca insistente sulla sua, i seni premuti contro il suo
petto, la cosce ad avvolgergli i fianchi, i gomiti ai lati del suo viso, per
imprigionarlo sotto di sé dopo averlo spinto prepotente sulla schiena. Chuck non
poté che affondarle le dita fra i boccoli rigogliosi e rispondere al bacio con
altrettanta foga, dimentico di qualunque pensiero molesto su altri uomini che
l’avevano toccata, perso soltanto nella sensazione paradisiaca di Blair sopra di
lui. Smisero solo quando furono senza fiato a tal punto che i polmoni facevano
quasi male, ma Chuck non era pronto a lasciarla andare e continuò a tenerla
stretta, con la fronte posata sulla sua, mentre i loro respiri si mescolavano
fra gli ansiti. Non voleva ancora rinunciare a sentire la presenza di Blair
tutta intorno a lui, così delicata e fragile, ma allo stesso tempo familiare,
rassicurante.
Il contatto non sembrava
dispiacere neanche a lei: ora che l’impeto di passione si era placato, era
languida e docile nel suo abbraccio. Ingannevolmente docile, gli ricordò la sua
mente, perché Chuck era ben conscio di che forza della natura fosse la ragazza
che gli aveva appena posato la testa sul petto, e quanto grande fosse il potere
che aveva su di lui. Blair sapeva come salvarlo, Non sarebbe il mio mondo
senza di te, ma sapeva anche come fargli davvero male, Non ti amo più,
tutto con una sola frase pronunciata da quelle labbra tanto desiderabili, ora
prive di rossetto e gonfie per i suoi baci.
Chuck la guardava attraverso le
ciglia degli occhi socchiusi e l’intensità del suo sguardo, il tepore del suo
abbraccio, la dolcezza delle sue dita che le accarezzavano i capelli avevano un
effetto calmante su di lei. Era così tutte le volte, anche se non glielo aveva
mai detto –né avrebbe potuto farlo ora, né mai più. Forse.
Comunque, raggiunto lo scopo di
distrarlo (Chuck sapeva essere davvero testardo, certe volte) e avendo trovato
l’attuazione del piano soddisfacente quanto il risultato (oltremodo
soddisfacente), Blair si sporse per schioccargli un ultimo bacio sulle labbra e
si spostò di nuovo su un fianco per dargli le spalle, ma Chuck si mosse con lei
e restarono una tra le braccia dell’altro. Non le sarebbe dispiaciuto esplorare
ancora i benefici della sua amicizia con Chuck, ma erano già le due e mezza, di
lì a qualche ora avrebbero dovuto alzarsi ed entrambi tendevano a perdere la
cognizione del tempo quando erano molto presi, il che accadeva
puntualmente ad ogni rapporto. Blair non riusciva proprio a trattenersi, con
Chuck: i movimenti che sapeva fare con quelle mani, i posti in cui infilava
quella lingua… Blair si morse il labbro, bloccando i propri pensieri indecenti
prima che la spingessero a saltargli di nuovo addosso. Con tutti gli orgasmi a
cui lui riusciva a portarla, non c’era da stupirsi che il suo corpo reagisse
alla presenza di Chuck anche quando il contatto era una semplice stretta di
mano, o che lei lo trovasse sexy con indosso qualsiasi indumento, perfino una
vestaglia da donna. In realtà, aveva pensato che fosse attraente perfino alla
Gare du Nord, abiti da quattro soldi, ciuffo ribelle e tutto il resto.
Parecchio attraente, ad essere proprio onesta. Non che glielo avrebbe mai
confessato, e intanto ci pensava lei a spettinarlo e a sbottonargli il colletto
della camicia ogni volta che lo facevano, anche quando erano in un sottoscala e
bisognava fare in fretta e la maggior parte dei vestiti rimanevano su.
“Non ti va?” domandò Chuck in un
tono che lasciava intuire la sua delusione, mentre le scostava i capelli dietro
l’orecchio per poterla baciare in quel punto particolare sulla gola che la
faceva sempre rabbrividire. Blair serrò le palpebre e ansimò alla sensazione di
umido risucchio, appoggiandosi ancora di più contro di lui. Lo sentì
sghignazzare, sfacciato:
“Ti va, eccome”, constatò e
benché non potesse vederlo, Blair non aveva difficoltà ad immaginarselo col suo
solito sorrisetto tronfio.
“Senti chi parla, Bass.” lo
rimbeccò, infilando la mano sotto le coperte fino ad afferrare la parte di lui
che le premeva contro la natica. Chuck trattenne il respiro con un sussulto e
lei sorrise soddisfatta, lasciandolo andare.
“Non ho mai detto il contrario,
Waldorf.” obiettò, con voce roca.
“Comunque, domattina alle otto
io e Serena abbiamo appuntamento a colazione prima di andare alla Columbia.”
“Sono lusingato, Blair, ma sta’
tranquilla: se iniziamo subito, ci sono buone probabilità che tu sia libera per
le otto.” replicò lui borioso, facendola sorridere contro il cuscino.
“Non è questo il punto, idiota.”
“E qual è?”
“A: per quanto adori le borse,
quelle sotto gli occhi non si abbinano con nessuno dei miei abiti e B: già mi è
difficile prestare attenzione al dilemma Nate o Dan quando sono perfettamente
sveglia, non riesco a immaginare la mia reazione alle chiacchiere di Serena se
ho già molto sonno. Devo occuparmi anche della mia amicizia con lei, sai.”
“Ma scommetto che non è
altrettanto divertente.” ammiccò Chuck, seduttore impenitente.
“Né lo sarà il meeting con i
tuoi soci in affari, ne sono certa.” ribatté lei. “Non è previsto per domani
alle nove e mezza?”
Chuck sospirò, un soffio tiepido
contro il suo orecchio.
“Purtroppo, sì.”
“Metti la cravatta rosa a righe.
E…”
“…il completo a tre pezzi blu
scuro.” concluse Chuck per lei, sfiorandole la tempia con le labbra. Blair
sorrise e annuì.
“Sarai perfetto. Ma evita
qualunque tonalità del viola per la camicia.”
“Ora non dire assurdità, Blair.”
la rimproverò lui, in un tono così esageratamente risentito che era anche
involontariamente comico. Blair, divertita dalla sua reazione e in vena di fare
un po’ la dispettosa, si girò sulla schiena per occhieggiarlo con impudenza:
“Affronta la realtà, Chuck:
nessuno stilista ha usato il viola questo autunno.” lo punzecchiò, inarcando le
sopracciglia con l’aria di superiorità che assumeva intorno alle sue minions
quando criticava un accessorio fuori moda o semplicemente di cattivo gusto.
“Perché nessuno lo indossa bene
quanto me.” replicò vanesio e Blair rise di cuore perché sapeva che, al di là
della battuta, Chuck ne era veramente convinto.
“Non direi, io ci sto piuttosto
bene.” ribatté, civettuola. “Ricordi la sera del quattro luglio?”. La luce
maliziosa negli occhi di Chuck fu una risposta piuttosto eloquente. Di certo
stava pensando a come avessero deciso di fare il tradizionale picnic a letto
invece che su un prato (“Per non macchiare i vestiti d’erba”, aveva dichiarato
lui, solo che non c’erano stati vestiti da macchiare, durante il loro personale
picnic a base di frutta rossa, caramello e champagne d’annata) e di come, quando
erano iniziati i primi fuochi d’artificio, lei si fosse precipitata sul balcone
mettendosi addosso solo la camicia color lavanda di lui (di proposito, perché ci
voleva troppo ad abbottonarla tutta e dunque l’ombelico e la parte superiore dei
seni facevano capolino, e poi l’orlo di seta le sfiorava provocante le cosce
appena sotto l’inguine, perché Chuck non era tanto più alto di lei). Mentre
osservava i fuochi, Blair aveva sorriso, percependo lo sguardo arroventato di
Chuck su di lei invece che sullo spettacolo pirotecnico. Amava
stuzzicarlo.
“Mi ricordo.” confermò lui con
passione, poi sollevò le sopracciglia, arrogante. “Ma per quanto fossi adorabile
quella sera, Blair, continuo a pensare che il viola stia meglio a me.”
“Cosa?” protestò lei sorridente,
in tono offeso. Gli diede anche uno schiaffo sul braccio, tanto per sottolineare
l’indignazione.
“Sono comunque pronto ad
ammettere che senza niente addosso non ti batte nessuno.” la blandì lui,
accarezzandole amorevole i seni. Blair sbuffò, ma il tocco era piacevole e quel
giorno si sentiva particolarmente di buonumore, così rise, scuotendo la testa.
Quando cominciò a ridere anche
lui, Blair gli prese il volto fra le mani e lo baciò ancora, perché le era
mancato scherzare così con Chuck ed era contenta di vedere il suo sorriso: per
settimane non c’erano stati che cipigli pieni di rabbia e parole ribollenti di
odio fra loro due. Era bello poter essere di nuovo allegri in compagnia l’una
dell’altro.
Tuttavia, un angolo traditore
della sua mente non poté fare a meno di chiedersi se anche con l’ingenua
Prostituta dal Cuore d’Oro scherzasse in quel modo, magari proprio a letto, dopo
il sesso. In tutte le decine di foto che Gossip Girl e i paparazzi gli avevano
scattato con la sciatta biondina, Chuck era sempre sorridente, gioioso, gli
occhi che brillavano mentre la guardava affascinato, quasi come se fosse
innamorato…
Blair si ritrasse bruscamente e
Chuck aggrottò la fronte, confuso dal repentino cambio di atteggiamento: gli
incisivi candidi le mordicchiavano il labbro inferiore in modo nervoso e
inconscio, come tutte le volte in cui qualcosa la turbava, e le mani erano
ricadute sul letto, come se non avesse più voglia di toccarlo.
“Tutto okay, Blair?” le domandò,
e varie emozioni si avvicendarono nel castano prima che parlasse, ma accadde
tutto così rapidamente che per Chuck sarebbe stato difficile distinguerle e dare
a ciascuna un nome. Alla fine, le tornò il sorriso lezioso e rispose: “Certo”,
poi aggiunse, riprendendo la conversazione precedente come se non ve ne fossero
mai state altre:
“A Parigi ho incontrato un
principe. Mi ha detto che potevo chiamarlo Louis, che sono bellissima e mi ha
invitata ad un ballo”.
Era incredibile come una
manciata di frasi riuscissero a riassumere perfettamente il sogno di Blair fin
da quando era bambina e disegnava con i pastelli scarabocchi di re e regine sul
suo album. Chuck sentì una spiacevole acidità corrodergli le pareti dello
stomaco.
“E come è stato?” chiese, mentre
immagini di Blair raggiante al braccio di un damerino senza volto gli si
insinuavano nel cervello, inarrestabili e dolorose come un’infezione. Appena
fuori di lì avrebbe ordinato a Mike di fare una ricerca approfondita su questo
fantomatico principe Louis di Monaco, tanto per scoprire che aspetto aveva, se
nel frattempo aveva trovato qualcun'altra da invitare ai balli e, in caso
contrario, se si poteva fare qualcosa perché ciò accadesse.
Blair lo fissava in silenzio.
Chuck era consapevole che lei poteva scorgere la sua inquietudine proprio come
lui era riuscito a fare pochi minuti prima con lei, ma al momento non gli
interessava. E avrebbe riservato a dopo anche le considerazioni su quel
malessere che con prepotenza si era impossessato di lui alla menzione di un
altro uomo, perché Non ti amo più e Come potrei amarti dopo quello che
hai fatto? gli impedivano di rivelare la verità – a Blair, soprattutto, ma
anche a se stesso.
A poco a poco, la vide
rasserenarsi, seppur lievemente. La mano con l’anello di rubini salì a
scostargli dalla fronte una ciocca di capelli, poi le dita scivolarono fino alla
mascella contratta, quasi a voler accertarsi del suo disagio.
“Il ballo?”, sussurrò infine,
titubante, e c’era ancora un acceso dibattito dentro di lei su cosa rivelargli e
cosa tralasciare, Chuck poteva vederlo e non gli piaceva per niente. Forse Blair
temeva di intaccare di nuovo il loro rapporto confidandogli che aveva baciato il
principe nel salone lussuoso del suo palazzo e che si era sentita come una
principessa in una fiaba, al centro dell’attenzione e invidiata da tutte le
altre invitate, e che poi lei e il principe avevano fatto sesso in un pregiato
letto a baldacchino davanti al caminetto –e naturalmente era stato allora che
lui le aveva sussurrato all’orecchio che era bellissima e Blair lo aveva
invocato in estasi fra i gemiti, per nome, come voleva lui, e poi…
“Non ne ho idea, non ci sono
andata.” confessò Blair alla fine, e Chuck ebbe l’impressione che l’aria fosse
improvvisamente più leggera e fresca, non si sentiva più schiacciare né
soffocare.
“Non ci sei andata?” ripeté,
pieno di lieta incredulità.
“Già. Peccato. Il mio Oscar
de la Renta rosso era perfetto, per quell’occasione”.
Gli ci volle qualche secondo per
comprendere cosa Blair gli stava veramente dicendo, e quando ci riuscì, sentì un
largo sorriso stendergli le labbra senza che potesse in alcun modo fermarlo.
Blair appariva compiaciuta dalla sua reazione: lo sguardo si era addolcito,
anche se era ancora velato di tristezza.
“Hai ragione. Eri stupenda.”
sussurrò in tono adorante e in qualche modo ancora non era abbastanza.
Impossibile descrivere a parole la bellezza di Blair mentre avanzava verso di
lui in quell’abito sfarzoso, o la valanga di emozioni intense e contrastanti che
lo avevano travolto, meraviglia e angoscia, sollievo e terrore, amore (per
lei) e odio (per se stesso). Era stata Blair la prima a parlare. Non
poteva essere altrimenti, perché nel vederla, Chuck era rimasto senza fiato.
Sapeva che non avrebbe dovuto
parlarle così –le lodi che traboccavano di ammirazione e desiderio non erano
esattamente da amico- ma non ci badò: Blair era arrossita, e il rosso era il
colore che le donava di più, sulle guance, sulle labbra, e quando avvolgeva il
suo fisico seducente in drappi e onde morbide; proprio come quella sera a
Parigi, quando gli era venuta incontro e lo aveva riportato a casa sui tacchi
delle sue scarpette rosse.
Ma c’era ancora quell’ombra che
danzava nel fondo dei suoi occhi, ora rivolti altrove, che Chuck non riusciva a
spiegarsi.
“Più di lei?” bisbigliò
infine Blair, piano e senza il coraggio di guardarlo. I denti tormentavano
ancora il labbro indifeso, ma non poteva farci nulla, non riusciva a
trattenersi. Odiava essere così vulnerabile, odiava essere stata messa da parte
per un’altra bionda, essere di nuovo meno bella, meno importante… semplicemente
meno. Credeva che Chuck, fra tutti, non l’avrebbe mai trattata così.
Percepì la mano di lui sfiorarle
la guancia.
“Guardami, Blair”.
Dopo un momento di esitazione in
cui si sforzò di mandar via l’evidenza del suo tormento dal proprio viso –come
se servisse; a Chuck non sfuggiva mai niente, come gli aveva rinfacciato lei
stessa l’anno prima – obbedì e si ritrovò davanti quegli occhi scuri e ricolmi
di tenerezza in cui una volta aveva creduto che si sarebbe riflessa per il resto
della vita.
“Non le ho mai detto quelle tre
parole”.
Blair lo occhieggiò con le
sopracciglia aggrottate mentre la sua mente frugava in quei ricordi scomodi che
di solito preferiva ignorare alla ricerca di una confutazione. Non la trovò, ma
ciò non significava che Chuck non si fosse dichiarato mentre lui e quella erano
soli sotto il cielo stellato di New York. Lo sapeva, ma una parte di lei, più
grande di quanto fosse disposta ad accettare, desiderava credergli; credere che
loro due fossero ancora speciali, nonostante tutto.
“Davvero?” si ritrovò a
chiedere, speranzosa. Chuck si chinò per posarle un bacio sulle labbra, delicato
come il fruscio di una gonna di chiffon.
“C’è solo una persona a cui le
ho dette. Per cui l’ho provato.” ammise, in un sussurro. Blair scrutò nei suoi
occhi vividi per un lungo momento in cui lottò contro la propria sfiducia e alla
fine, un sorriso le affiorò alle labbra. No, non c’erano state dichiarazioni
romantiche al chiaro di luna, né a Parigi né a New York, perché anche se
Henry forse avrebbe voluto, Chuck non avrebbe mai potuto. Blair lo
lesse nel suo sguardo, nella loro storia, nel proprio cuore.
Per un attimo ebbe l’impressione
che lui volesse aggiungere qualcosa, che le parole fossero già sulle sue labbra
socchiuse, sul punto di venir fuori. Ma l’attimo passò, Chuck distolse gli occhi
e lei preferì non indagare oltre.
Erano amici. Quel breve momento
di trasgressione in cui erano quasi scivolati in qualcosa di più sarebbe rimasto
segreto come i loro incontri.
Peccato che nell’Upper East Side
i segreti non fossero mai destinati a durare.
Fine#14
Note
dell’Autrice:
[1] “Do You Want to Know a Secret?” è (ovviamente) una canzone dei
Beatles.
[2] Angolo delle chiacchiere
futili: non so voi, ma per me, Chuck e Blair alla Gare du Nord sono i
Chuck e Blair più belli che mi vengono in mente. Lui senza i capelli impomatati
e con quel look casual è sexy e lei è favolosa con quel vestito, quel trucco e
quella pettinatura. Per di più, la scena è emozionante e la colonna sonora
azzeccata. Davvero, adoro quel momento, è perfetto in tutti i suoi particolari.
[3] I ringraziamenti alle recensioni sono stati spediti con il solito
metodo. Grazie a tutti voi per il sostegno.
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Capitolo 15 *** Unlucky to be a Waldorf ***
New Page 1
#15:
Titolo:
Unlucky to be a Waldorf
Autrice:
Melanyholland
Summary: Chuck stava
bene: gli piaceva la sensazione del lieve peso sulla sua spalla e della presenza
di Blair proprio accanto a lui.
Rating:
arancione
Timeline:
2x06 (New Haven Can Wait)
Main
Characters: Chuck Bass, Blair Waldorf
Unlucky to be a Waldorf
Chuck chiuse il cellulare con
uno schiocco e se lo infilò nella tasca dei pantaloni. Era tutto pronto: le
ragazze erano già sul volo di linea che le avrebbe portate lì, per la gioia dei
lombi dei presunti futuri leader d’America, e Arthur si era incaricato di andare
a prendere le microcamere che le squillo avrebbero indossato insieme alla
lingerie, una piccola e sicuramente sgradita sorpresa per quei rampolli pieni di
sé che avevano creduto di poterlo sottomettere e comandare. Illusi. A nessuno
era permesso di impartire ordini a Chuck Bass, nemmeno ai rappresentanti della
società segreta più famosa dell’Ivy League. Lo avrebbero scoperto presto.
Non avendo più niente da fare
per il resto del pomeriggio, ed avendo perso di vista Nate già da un bel po’,
Chuck fu più che lieto di scorgere una Blair Waldorf su tutte le furie che
marciava assorta verso di lui. Era così presa dai suoi stessi pensieri, lo
sguardo fisso sul sentiero e il pugno stretto intorno al manico della borsa
premuta contro il fianco, che non si era minimamente accorta della sua presenza,
così Chuck poté prendersi tutto il tempo che voleva per squadrarla da capo a
piedi con apprezzamento. Ovviamente, Blair aveva scelto una mise che urlava
diligente studentessa da ogni piega e asola per il suo colloquio col Rettore:
scarpe basse, gonna lunga fino alle ginocchia, camicia e pullover
meticolosamente abbottonati, cravatta dal nodo perfetto. Non aveva acconciato i
capelli in un serioso chignon come l’anno prima durante il ricevimento
con i rappresentanti delle università, e almeno quelli le ricadevano sciolti e
liberi sulle piccole spalle, appena un po’ scossi dal leggero venticello del
campus, ma l’effetto d’insieme era lo stesso. Chuck, benché come era ovvio la
preferisse con abitini sexy e biancheria intima provocante (se proprio ci
teneva a essere vestita, naturalmente), trovava comunque il suo aspetto da
severa bibliotecaria piuttosto stuzzicante, e immaginò di prenderla contro gli
scaffali pieni di libri, con i volumi che cadevano a terra uno dopo l’altro a
causa delle sue spinte vigorose e i bottoni della camicetta che rimbalzavano
ovunque tintinnando dopo che lui gliel’aveva aperta impaziente con uno
strattone, per racchiudere fra le labbra uno dei suoi dolci capezzoli e sentirlo
tendersi sotto la lingua e il cotone umido del casto reggiseno bianco; la gonna
sarebbe stata sollevata fino alle cosce, rovinata e piena di grinze a causa
della foga dell’accoppiamento, e con una mano le avrebbe arruffato i capelli
prima perfettamente lisci, creando nodi in cui avrebbe intrecciato le dita per
spingerle il viso ancora più contro di sé e baciarla famelico ogni volta che ne
aveva voglia, a suo piacimento. Si chiese se sotto Blair portasse le
autoreggenti, magari di seta, con il bordo di pizzo. Per il bene della sua
fantasia, decise di sì.
Si stava ancora crogiolando in
quella deliziosa visione mentale quando Blair finalmente alzò gli occhi su di
lui e sussultò sorpresa, fermandosi di colpo. Ma è troppo tardi, pensò Chuck,
mentre un sorrisetto compiaciuto gli si formava sulle labbra. Ormai, sei mia.
“Come va, Waldorf?” la salutò,
la derisione che trapelava volontariamente dal tono cordiale.
“Ma certo, non bastava Serena!”
esclamò lei con voce sarcastica e irritata, rivolgendosi a uno studente che
aveva avuto la sventura di passare di lì in quel momento e che la guardò confuso
prima di accelerare il passo. Di solito, Blair era più controllata nelle sue
reazioni (almeno in pubblico) e dopo quella risposta tanto plateale, Chuck ebbe
la conferma che la sua cara sorellina l’avesse veramente esasperata. Non aver
ricevuto l’invito alla cena del Rettore doveva essere stato un brutto colpo, per
Blair. Comprensibile: la sua vita era pianificata con la pedanteria di un
architetto stacanovista e ogni leggera modifica significava per lei
l’irreparabile crollo di tutto l’edificio.
“Serena è qui al campus?”
domandò lui, affettando sincero stupore. I prossimi minuti sarebbero stati
piuttosto interessanti.
“Incredibile, vero? Considerando
che l’unico corso in cui può sperare di eccellere è anatomia maschile”.
Oh, e le dava della sgualdrina,
anche. Sì, rifletté Chuck, Blair era proprio fuori di sé.
“E tu che ci fai, qui?”
continuò, scontrosa. “Anche se, riflettendoci, ti consiglio di andare a parlare
con il Rettore. Visti i suoi standard, ti darà subito una laurea honoris
causa”.
Chuck rise, genuinamente
divertito. Adorava la lingua tagliente di Blair, e il modo in cui si accalorava
tutta quando era stizzita, gli occhi scintillanti e le guance rosse vivo. Era
una ragazza così focosa.
“Se non l’avessi capito, era un
insulto.” puntualizzò Blair sprezzante, infastidita dalla sua ilarità. Era di
pessimo umore e ciò significava che chiunque intorno a lei non era autorizzato
ad essere allegro.
“Lo sai che mi piace quando ti
comporti da bambina cattiva.” replicò lui vizioso, occhieggiandola da capo a
piedi con bramosia. Blair incrociò le braccia sul petto e sbuffò seccata, ma
Chuck non si lasciava ingannare dai suoi teatrini: la eccitava essere
guardata così da lui. Ne era certo, perché quello al Victrola non era
stato l’unico spogliarello che Blair gli aveva dedicato: l’anno prima,
nell’intimità delle loro camere da letto, un paio di volte Chuck aveva lasciato
che fosse lei a sfilarsi da sola uno ad uno gli indumenti che coprivano le
meraviglie del suo corpo nudo, e Blair era stata più che compiaciuta del palese
desiderio con cui lui l’ammirava, leccandosi le labbra e indugiando con sguardo
vivido su ogni curva. All’inizio, certo, era stata un po’ titubante a spogliarsi
sotto i suoi occhi mentre lui non faceva altro che osservare voglioso,
completamente vestito, e c’era stata qualche protesta (“Solo perché vengo a
letto con te non significa che mi comporterò come una sciacquetta da strip-club,
Bass”), ma alla fine Chuck era riuscita a convincerla, e anche se la prima volta
era stata tesa e un po’ meccanica nei movimenti e aveva spiato con attenzione
ogni sua reazione alla propria nudità, quando Chuck le aveva sorriso affascinato
sussurrando che era perfetta, le si era illuminato tutto il viso, e aveva
rilasciato un respiro che forse non si era nemmeno accorta di aver trattenuto.
Da quel momento in poi, era stata più sicura di sé e naturale, e si erano
divertiti entrambi a tal punto che era successo di nuovo, e stavolta era stata
Blair a prendere l’iniziativa, spingendolo sul letto e cominciando a far
scorrere giù lentamente la chiusura lampo del vestito...
“Che hai, ti sei drogato?”
sbottò Blair. Chuck fu catapultato nel presente e si accorse di averla fissata
in silenzio più a lungo di quanto intendesse, imbambolato da quei ricordi sempre
dilettevoli. Le occhieggiò le belle gambe con un sorrisetto sfrontato:
“Porti le autoreggenti?”
“Cosa? Non ti riguarda!”
brontolò, aggrottando la fronte. Chuck sospirò, scuotendo lievemente il capo.
“Peccato. Credevo che al college
si facessero conversazioni stimolanti.”
“Non hai ancora risposto alla
mia domanda.” rimarcò lei petulante, ignorandolo.
“Non mi sono drogato. Non
ancora, almeno.”
“Non quella, idiota!” lo insultò
Blair, veemente. “Perché sei qui?”.
Chuck trovava divertente
l’elevato grado di suscettibilità di lei, ma non gli sembrava il momento adatto
per manifestarlo (Blair poteva diventare oltremodo violenta, in alcuni casi),
così si limitò ad accontentarla:
“Sono qui per gli Skull and
Bones di Yale.”
“Ah, già.” annuì Blair
distrattamente, guardando un gruppo di studenti seduti a chiacchierare su una
panchina. I suoi occhi si soffermarono sul grosso girasole di plastica che una
ragazza portava sulla camicetta e una ruga sottile le si formò fra le
sopracciglia. Dedicò qualche altro secondo a fissare con disapprovazione
l’accessorio e poi si riscosse, tornando a lui: “E come è andata?”
“Non potrei parlarne.”
temporeggiò, tanto per stuzzicarla, e infatti lei gli scoccò un’occhiata torva e
spazientita assolutamente adorabile. Soddisfatto, proseguì: “Diciamo solo che
stasera arriveranno un gruppo di ragazze di fiducia pronte a sollazzare i
membri della società segreta, se capisci cosa intendo.”
“Sei disgustoso.” ribatté Blair
automaticamente, arricciando il naso. Chuck ghignò:
“Sono per loro, non per me. I
miei standard sono infinitamente più alti”.
Tese la mano per prenderle il
mento, allusivo e lei sollevò le sopracciglia, altera.
“Fossi in te, mi accontenterei.”
lo respinse, algida. Chuck decise che se Blair voleva fare la perfida e rendere
la fantasia della bibliotecaria inattuabile, lui l’avrebbe ripagata con lo
stesso atteggiamento. Soltanto in modo più subdolo, com’era nel suo
stile.
“Ma dimmi di te, sono curioso:
sei stata invitata alla famosa cena del Rettore?” domandò mellifluo,
accarezzandole la guancia con condiscendenza, e si compiacque quando la vide
irrigidirsi, a disagio.
“Lo sarò.” rispose decisa,
scacciando la sua mano.
“Credevo che i colloqui si
tenessero questa mattina.” obiettò Chuck, con disinvoltura.
“No... cioè, sì, ma...” Blair si
accorse che lui la fissava con un sorrisetto beffardo e tacque per un breve
attimo, per riprendere il controllo. Quando parlò di nuovo, non c’era più
traccia di esitazione nella sua voce: “Gli inviti vengono fatti dopo il
colloquio. È una questione di riservatezza”.
Chuck la ammirò per quella
risposta, perché era veramente furba. Blair era riuscita ad evitare di
confessargli la sua esclusione senza effettivamente mentire. Si chiese se non
fosse il caso di lasciarle passare quella piccola omissione, in fondo aveva già
avuto una giornataccia. E poi, era così carina, con quello sguardo altezzoso e
quel broncio sulle labbra colorate di rosa pastello. Non aveva scelto il
rossetto rosso, probabilmente perché aveva pensato stonasse con il look da brava
ragazza e Chuck trattenne uno sbuffo esasperato. Se Blair avesse mostrato al
Rettore il fuoco che aveva dentro, invece di rifilargli la versione edulcorata e
repressa di Blair Waldorf, probabilmente sarebbe stata invitata alla cena. Anzi,
sicuramente. Impossibile non restare colpiti da lei quando era libera,
raggiante e spontanea, e mentre l’anno prima Blair gli parlava incessantemente
di Yale, lo era stata. Elencava corsi, snocciolava premi e
riconoscimenti, raccontava come sarebbe arrivata alla laurea a pieni voti e le
brillavano gli occhi e non riusciva a stare ferma per l’emozione, tanto che
batteva le mani e gli gettava le braccia al collo e lo baciava con trasporto
ogni manciata di parole. Certo, con il Rettore quelle manifestazioni di affetto
erano fuori discussione (l’immaginazione morbosa di Chuck elaborò una scena
decisamente disturbante fra Blair e un vecchio anonimo prima che riuscisse a
scacciarla con una smorfia interiore), ma avrebbe dovuto sfoggiare tutto il suo
schietto entusiasmo, invece di soffocarlo. Sarebbe stata irresistibile.
Comunque, ormai i giochi erano
fatti e sul posto a tavola di Blair c’era il nome di Serena, la quale di certo
era stata spumeggiante e disinvolta come sempre anche con l’austero Rettore
Beruby. Tuttavia, Chuck aveva il sospetto che a garantire la riuscita della
propria attraente sorellina avessero contribuito sia la scollatura vertiginosa
della sua maglietta che la sua recente amicizia con Poppy Lifton, immortalata su
Page Six. Ma Serena e Blair forse non ci erano ancora arrivate, la prima
troppo ingenua e determinata a dimostrare al mondo di valere qualcosa al di là
del suo aspetto e delle sue frequentazioni, la seconda perché farlo avrebbe
significato mettere in discussione l’ultimo appiglio che le era rimasto, ovvero
che, almeno in campo accademico, il successo mondano di Serena Van Der Woodsen,
la bellissima e spigliata It Girl per eccellenza, avrebbe contato ben
poco a confronto della sua preparazione.
Solo che Blair era piuttosto
sveglia e quella verità scomoda era in agguato. Improvvisamente, Chuck guardò il
suo disagio e non ebbe più voglia di giocare, quanto di aiutarla.
“Beh, nel caso l’invito non
arrivi...”
“Arriverà.” lo interruppe lei,
fin troppo precipitosa.
“...non significa che tu debba
rinunciare alla cena.” finì lui, ignorandola. Se c’era una cosa che tutti loro
avevano imparato vivendo nell’Upper East Side era che nessuna lista di invitati,
per quanto esclusiva fosse la festa, era blindata. I ricchi e potenti non si
occupavano mai di certi dettagli da soli, e ai livelli più bassi della catena
sociale c’era sempre qualcuno che si poteva corrompere. Blair lo sapeva bene,
probabilmente, mentre camminava assorta, era proprio ad un modo per farsi
invitare che stava pensando, ma Chuck le ricordò comunque quel particolare,
tanto per andare sul sicuro e, come si era aspettato, Blair capì.
Anche più di quanto lui volesse,
purtroppo.
“Hai parlato con Serena.” esalò,
scandendo ogni parola, immersa nei suoi arguti ragionamenti. Poi la voce le si
riempì di collera e gli puntò addosso uno sguardo accusatorio: “Sapevi che non
sono stata invitata quando me lo hai chiesto. L’hai fatto di proposito, ti stavi
prendendo gioco di me.”
“Non esagerare, adesso.” si
difese, turbato dal tono di lei, che era più che semplicemente risentito, era
tradito. Gli sembrava di rivivere la sera del Cotillon e non era
stata una delle sue esperienze preferite già la prima volta. Ricordò che aveva
anche rivelato a Serena la risposta di Blair alla domanda del Rettore e si
ritrovò a desiderare che lei non lo scoprisse mai.
“Oh, scommetto che tu e Serena
avete riso alle mie spalle perché lei è stata invitata e io no. Non ti è bastato
farla diventare regina, non è così? Ora la aiuti anche a distruggere il mio
futuro. Sei spregevole!” lo apostrofò, le sopracciglia aggrottate, le guance
paonazze, lo sguardo ribollente di rabbia. Chuck cercò di interromperla per dire
qualcosa che la arginasse, ma era troppo forte, troppo infervorata,
inarrestabile. “Pensi che quando sarò infelice come te ci rimetteremo insieme?
Ti illudi, Bass. Non sarò mai così patetica, e anche se lo fossi, saresti
l’ultima persona da cui andrei. Del resto, lo sei per tutti”.
Chuck accusò il colpo da lei
inferto con tanta spietata destrezza e si rabbuiò. Ferito, si ritrovò d’istinto
a ribattere, crudele: “Non direi, eri piuttosto patetica l’anno scorso, quando
sei venuta a implorarmi di riprenderti nel mio letto dopo che tutti ti avevano
voltato le spalle”.
Vide riflesso negli occhi di
Blair lo stesso dolore che gli aveva provocato lei prima che si riprendesse e
ribattesse, gelida: “Sei stato il più grosso errore della mia vita, Chuck.
Credimi, non accadrà più”. Gli rivolse un ultimo sguardo di disprezzo e poi si
girò per andarsene su quei tacchi quasi inesistenti, lasciandolo solo.
Non aveva fatto nemmeno un
accenno al suo suggerimento, si ritrovò a considerare e, stranamente, fu quell’ultimo
pensiero che lo riempì di amarezza. Niente sorrisi complici o occhiate d’intesa
che erano soliti scambiarsi ogni volta che si aiutavano a vicenda, in quel loro
modo personale di dirsi grazie che condividevano da sempre. Per di più,
era convinto che gran parte della furia di Blair fosse alimentata dai suoi
problemi irrisolti con Serena, non con lui, e Chuck detestava quando gli
scaricavano addosso veleno accumulato per altri, solo perché era facile
prendersela con lui. Facile odiarlo. Sentì montare la collera, e rimpianse che
Blair non fosse più lì per poter contrattaccare ancora un po’.
Sbuffò, s’infilò le mani in
tasca e s’incamminò verso i dormitori.
*
Alla fine dei conti, Chuck si
sentiva piuttosto soddisfatto della serata: grazie alla propria notevole astuzia
era riuscito a non tradire Nate e a vendicarsi di Humphrey, tutto in un colpo
solo e senza sporcarsi le mani. Sorrise crudele al pensiero di quello che
avrebbero fatto quei bastardi rancorosi al pezzente, credendolo l’unico figlio
di quell’Archibald che aveva fatto perdere tanti soldi ai loro padri. Se l’era
meritato, comunque. Nessuno usava Chuck Bass e ne usciva illeso, soprattutto non
dopo averlo spinto a confessare uno dei suoi segreti più dolorosi sfruttando la
sua (momentanea e insignificante) sensibilità per scriverci su un racconto
mediocre.
Mentre meditava trionfante su
questo, scorse una figura familiare seduta sotto un albero, le gambe piegate
verso sinistra, una sopra l’altra, le mani in grembo a giocherellare mogie con
un cerchietto foderato di raso viola e il capo chino ad osservarle con occhi
spenti. Blair non stava piangendo, non lo avrebbe mai fatto in un luogo dove
chiunque poteva passare e vederla, Chuck lo sapeva, ma gli era altrettanto
chiaro che si era seduta lì proprio perché, se fosse stata sola, si sarebbe
lasciata andare alle lacrime. E forse aveva paura di non riuscire più a smettere
per un bel po’.
Le si avvicinò, cauto. Blair
sollevò gli occhi per un momento, poi tornò a guardare l’oggetto che aveva fra
le mani. La gonna del vestito verde che indossava era spiegazzata e sulla manica
c’era uno strappo. Notando quei particolari, Chuck dimenticò di essere
arrabbiato con lei e sentì invece un fiotto intenso di preoccupazione invadergli
il petto: che l’avessero aggredita? Non era ferita, però, almeno non a giudicare
dai lembi di pelle lasciati scoperti dal tessuto. Mentre le ipotesi più
agghiaccianti si affollavano nella sua mente, sperò con tutto il cuore che non
le avessero fatto del male. Altrimenti, avrebbe trovato i colpevoli e
gliel’avrebbe fatta pagare molto cara, rifletté con un guizzo acuto d’ira.
Blair accarezzò con le dita il
fiocco liscio sul cerchietto, poi si spostò adagio una ciocca di capelli dietro
l’orecchio. Quando quella ricadde subito in avanti, sfiorandole la guancia,
Blair fece spallucce.
“Senza uno specchio, non posso
rimetterlo bene.” commentò a bassa voce, indicando l’accessorio. “Quello che
avevo nella borsa si è rotto”.
Blair era la persona più forte
che Chuck avesse mai conosciuto, non c’era ostacolo che non riuscisse ad
affrontare con determinazione ferrea, o battuta perfida alla quale non sapesse
ribattere con altrettanta cattiveria. Per questo vederla triste e senza difese
lo colpiva sempre profondamente. Nella sua vulnerabilità, Blair era così dolce
da intenerire chiunque, perfino lui. Dolce, un aggettivo che nessuno
avrebbe mai creduto potesse descrivere Blair Waldorf. Ma Chuck l’aveva vista
quando suo padre era scappato con un modello, talvolta era stato con lei mentre
si prendeva cura di Serena nei suoi momenti più bui e sapeva che lo era. La
dolcezza faceva parte di quel carattere complesso e pieno di sfaccettature che
lo aveva irrimediabilmente sedotto, tanto quanto la malizia e l’arguzia.
“Davvero?” sussurrò, non perché
gli interessasse la sorte dello specchietto di Blair, ma perché per spingerla ad
aprirsi doveva rispettare i suoi tempi e le sue regole, tenendo a bada, anche se
con uno sforzo enorme, la propria fremente ansia.
Blair sospirò. “È accaduto
quando ho lanciato la borsa contro Serena, probabilmente. O quando ci siamo
cadute sopra insieme”. Sorrise, una smorfia effimera e senza gioia.
“Vi siete accapigliate?”
domandò, incuriosito, capendo la ragione dello squarcio sulla manica di lei e
della chioma in disordine con un silenzioso sospiro di sollievo. Nessuno
studente alticcio e in fregola aveva toccato la sua Blair, per fortuna.
Alleggerito dal peso di quella supposizione stomachevole, si concentrò sul fatto
che la discussione con la sua sorellina doveva essere stata piuttosto accesa e,
nonostante tutto, rimpianse di non essere stato presente: Blair e Serena che si
saltavano addosso e si strappavano i vestiti era una scena con notevoli
potenzialità erotiche. Quando Blair gli scoccò un’occhiata per studiare la sua
reazione, Chuck ne approfittò per rivolgerle con irriverenza un sorriso lascivo.
Fu ripagato da un’altra smorfia di lei, stavolta appena un po’ più naturale.
“Avevo vinto io. L’avevo
bloccata e, guarda caso, lei ha realizzato solo in quel momento che era stupido
e che dovevamo smettere.”
“Quando dici ‘bloccata’, intendi
che le hai imprigionato il viso fra le cosce, oppure...”
“Chuck!” lo redarguì Blair, e
Chuck fu lieto di vederla scuotere la testa e alzare gli occhi al cielo, gli
angoli della bocca arricciati in un piccolo sorriso. Compiaciuto, si mosse per
sedersi accanto a lei. L’erba bagnata dall’umidità della notte gli avrebbe
macchiato i pantaloni del completo D&G, ma non ci badò. E smise di
pensarci del tutto quando Blair, evidentemente molto provata dalla giornata
disastrosa, gli posò la testa sulla spalla.
“Abbiamo deciso di non essere
più amiche.” confessò, con un fil di voce. Che una cosa del genere si potesse
decidere, Chuck ne dubitava profondamente. Non che avesse molta esperienza
nel campo delle amicizie, ma quell’estate lui aveva deciso di dimenticarsi di
Blair per tornare a essere il vecchio se stesso ed era stato un fiasco completo.
Per cui, non credeva che la faccenda fosse così semplice.
“L’ha deciso lei.”
rettificò Blair, e la voce le si spezzò sull’ultima parola. Si schiarì la gola,
poi proseguì, con orgoglio: “E io le ho risposto che va bene. Perché va bene.
Benissimo. Anzi, ne sono felice. Sono stufa di vederla divertirsi senza
preoccuparsi di niente e di nessuno, rubandomi tutto quello che può alla prima
occasione, per poi venire da me a piangere ogni volta che ha un problema. È
ingiusto, non si merita ciò che ha. Tutti sono così ansiosi di darle
qualunque cosa voglia, solo perché lei è Serena Van Der Woodsen”. Pronunciò quel
nome con repulsione, come se fosse una volgarità, ma la voce aveva ripreso a
tremolare un poco e quindi si schiarì di nuovo la gola. “Io non farò più parte
della sua schiera di fan devoti. Sì, mi sono tolta un bel peso. E una volta al
college, avrò delle amicizie più alla mia altezza. Ammetterai che,
intellettualmente, Serena è piuttosto manchevole”. Il lungo sproloquio aveva il
suono monotono di una cantilena imparata a memoria e Chuck fu certo che Blair si
fosse ripetuta le stesse identiche frasi nella testa fin da quando lei e Serena
si erano divise, nella speranza che ad un certo punto suonassero vere. La sentì
ridere, sprezzante. “Probabilmente è ancora convinta che Les Fleurs du Mal
sia un profumo di Chanel. Sai che una volta, mentre facevamo shopping, ha
chiesto al commesso della profumeria se ce l’avevano in negozio?”
Chuck fece una breve risata
asciutta. “Probabilmente era ubriaca. O fatta.”
“O semplicemente stupida.”
replicò Blair, che quella sera non era dell’umore di concedere alcun alibi alla
vecchia amica.
“A proposito di persone
manchevoli, hai per caso visto Humphrey, di recente?”, magari con un occhio
nero, pensò maligno, ma non lo disse.
“Anche fosse, mi sarei voltata
dall’altra parte. Lo sai.” ribatté Blair sdegnosa, strappandogli un sorriso. Era
più che lieto che Serena non le avesse attaccato la sua insana passione per i
bassifondi. “Perché ti interessa? Non dirmi che siete diventati amici.” calcò
sull’ultima parola con sprezzo. Chuck era offeso che lei avesse avuto bisogno
anche solo di chiedergli una smentita. Lui e Humphrey amici era...
impensabile. Stava per sbuffare con indignazione quando gli venne un’idea
migliore.
“Beh, almeno per stasera, direi
che è il mio migliore amico”.
Blair sollevò un poco il capo
per scoccargli un’occhiata penetrante.
“Che cosa vorresti dire?”.
Chuck ghignò e le raccontò in
breve il piano per incastrare Humphrey. Quando ebbe finito, lei gli posò di
nuovo la testa sulla spalla.
“Astuto, Bass”, concesse,
laconica. Il fatto che non avesse incluso nel giudizio alcuno scrupolo morale
era una delle caratteristiche di Blair che lo facevano impazzire.
“Sì.”
“Come mai ce l’hai tanto con
Dan?”.
Il fatto che avesse capito
subito che proteggere Nate non era la sua unica motivazione era una delle
caratteristiche di Blair che sovente lo mettevano di in difficoltà.
“Non basta che sia banale,
insignificante e di Brooklyn?”
“Jenny Humphrey ha le stesse
caratteristiche, anzi, è molto peggio di suo fratello, e non gliel’hai mai fatta
pagare per averti lasciato in mutande al ballo in maschera. Dunque, Bass, no,
non ti credo.” obiettò lei, con acume.
“Non ricordo di aver mai punito
una ragazza perché ha desiderato vedermi nudo.” replicò lui, soave. “Se così
fosse, passerei la vita a prendermela con te, Waldorf”.
Uno sbuffo fu tutto ciò che lei
riuscì ad elaborare come risposta e Chuck sorrise, gongolante. Se non altro,
Blair non aveva la faccia tosta di negare la propria attrazione per lui. Gli
mancava il bisogno con cui lei gli schiacciava addosso il corpo snello e
morbido, l’ardore con cui gli faceva scivolare le mani dappertutto e il
desiderio con cui gli lasciava scie di baci roventi sul viso, sul collo e sul
petto. Qualche volta, si era ritrovato tracce di rossetto in posti che non aveva
mai creduto Blair potesse anche solo considerare di sfiorare con le sue
preziose labbra, prove tangibili che ciò che era accaduto con lei non era stato
solo un frutto particolarmente succoso della sua immaginazione. E nei giorni in
cui era particolarmente fortunato, un’altra prova dormiva sfinita nel suo letto,
formando linee sinuose e curve delicate sul lenzuolo che l’avvolgeva e rendendo
concreta una fantasia altrimenti letteralmente troppo bella per essere vera.
Sospirò. Gli mancava così tanto,
il sesso.
“Allora? Qual è stata la colpa
dell’ex giocattolino di Serena?”.
Chuck fu tentato di sviare la
conversazione, ma sapeva che Blair non ci sarebbe cascata, soprattutto perché
gli era impossibile applicare le sue principali tecniche di distrazione.
Tuttavia, non le avrebbe raccontato il suo momento umiliante in quella lurida
cella del commissariato. Nemmeno Blair conosceva il segreto della morte di sua
madre, e Chuck voleva che continuasse ad essere così. Si sentiva già
estremamente vulnerabile di fronte a quella ragazza, non era necessario che lei
venisse a sapere anche ogni dettaglio intimo e doloroso della sua vita. Blair
poteva essere una perfida stronza quando voleva e quella era un’arma troppo
potente da consegnare nelle sue mani.
Perciò, optò per una mezza
verità:
“Mi è stato troppo tra i piedi,
ultimamente.”
“Nient’altro?”.
Chuck annuì, e sebbene fosse
chiaramente incredula, Blair non insisté. Di certo aveva percepito la sua
riluttanza a trattare dell’argomento ed era troppo stanca e abbattuta per
lottare contro la sua recalcitrante resistenza. Così tacque, e lui tirò un
sospiro di sollievo.
Restarono in silenzio per un
po’. Chuck stava bene: gli piaceva la sensazione del lieve peso sulla sua spalla
e della presenza di Blair proprio accanto a lui. La brezza notturna gli
rinfrescava la fronte e gli faceva arrivare alle narici il profumo fruttato
dello shampoo di lei. Si permise di passarle il braccio dietro la schiena per
accarezzarle la spalla e Blair non protestò, quieta. Forse si era addormentata,
spossata dallo stress degli avvenimenti diurni. Nel caso, avrebbe dovuto
svegliarla, certo, ma... dopo. Per ora, era contento così. Gli era
mancato poterla abbracciare, e anche se era da bastardi approfittare del suo
momento di debolezza, Chuck non poteva farne a meno. Aveva bisogno di
Blair, anche nella forma di un innocuo contatto come quello, e se lo sarebbe
goduto finché poteva, moralmente giusto o sbagliato che fosse. Usò la presa
sulla spalla per attirarla più vicina, con delicatezza, poi le posò un bacio
leggero sulla testa.
Purtroppo per lui, Blair non
stava dormendo e quando la nuova posizione fece in modo che un seno di lei gli
premesse contro, lo dimostrò sollevando la testa e mormorando: “Così può
bastare, Bass”, nel tono più dispotico che conosceva. Chuck obbedì a malincuore,
ritirando il braccio e la osservò attentamente: Blair fissava dritto di fronte a
sé con sguardo appannato, e stritolava con le mani il cerchietto viola. Gonfiò
il petto in un respiro profondo, accentuando la curva del seno, poi si voltò
verso di lui e lo stupì con una domanda a bruciapelo:
“Non sei venuto in Toscana
perché ti avevo stancato?” parlò in fretta e distolse gli occhi subito dopo aver
finito.
“Cosa?”. Colto di sorpresa dal
repentino cambio di argomento e turbato dall’improvviso focalizzarsi su di lui e
sui suoi sentimenti, fu l’unica risposta che riuscì a pronunciare. Blair sbuffò
e si alzò in piedi di colpo, spolverandosi il fondo della gonna con una mano.
“Lascia perdere, Bass. Non era
importante.” commentò con freddezza. Si chinò per raccogliere da terra la borsa
e lui la precedette, afferrando la pochette e alzandosi in piedi a sua
volta, perché lo infastidiva che la gente torreggiasse su di lui, fosse anche
soltanto la sua irritabile amica d’infanzia e occasionalmente di sesso. Blair lo
fissò interrogativa e lui le sorrise, accattivante:
“Preferirei tenerla finché la
conversazione non è conclusa, se non ti dispiace. Non vorrei che me la lanciassi
contro”. Ci pensò su e aggiunse, vizioso: “Anche se sarei lieto di vederti usare
ancora su di me la tua famosa presa di cosce.”
“La conversazione è
conclusa.” ribatté lei con astio, dedicando alla non tanto velata allusione alla
loro passata vita sessuale solo uno sguardo nauseato. Peccato che non potesse
controllare il rossore che le si diffondeva sulle guance, pensò Chuck con un
ghigno.
“Non per me.” obiettò, con un
tono categorico che lasciava intendere che era lui a decidere. Blair percepì
l’arroganza nella sua voce e fece una smorfia stizzita, ma non replicò. Chuck
sfruttò il silenzio per soppesare accuratamente la prossima mossa. Non gli
andava di confidarle di nuovo come si era sentito tutta l’estate (era già stato
difficile e penoso al White Party, e lei lo aveva ricompensato montando
sulla decappottabile di un altro e mollandolo lì), ma non voleva nemmeno farla
andare via delusa di nuovo da lui.
“Non ero stanco di te”, confessò
alla fine, spiccio. Lo sguardo di lei era così intenso da essere quasi
insopportabile, così si affrettò a spostare l’attenzione su qualcun altro: “E
nemmeno Serena lo è. Risolverete i vostri problemi, come sempre”.
Blair fece un verso scettico.
“Ora che hai avuto modo di
pronunciare questa imperdibile perla di saggezza, posso riavere la mia borsa?”
Chuck le porse la pochette.
Le loro dita si sfiorarono per un momento mentre Blair la prendeva e lui ricordò
che qualche volta le avevano intrecciate mentre si muoveva dentro di lei. Era
stata così morbida e stretta, pensò, mentre percepiva un prurito familiare
sbocciare fra le gambe. Pretendeva di essere baciata continuamente, tanto che
gli soffiava sempre gemiti e ansiti caldi contro la bocca; e poi c’era il modo
in cui gli si aggrappava e tremava tutta mentre veniva... semplicemente
indimenticabile.
Avrebbe tanto voluto riaverla, e
non per una notte, come le aveva chiesto la sera del blackout. Una sola notte
non sarebbe mai stata abbastanza. Blair gli scoccò un’occhiata incerta e Chuck
si accorse del suo imbarazzo. Forse non era l’unico ad avere pensieri impuri,
rifletté compiaciuto.
“Vuoi che ti accompagni fino
alla tua camera?” chiese provocante, perché tentare non costava nulla, e lui
avrebbe messo in gioco perfino tutto il suo patrimonio per sedurla.
“Oh, non ti disturbare”.
Chuck scosse la testa. Non
capiva perché Blair dovesse essere così cocciuta da negare ad entrambi quel
rilascio tanto agognato. Ad ogni modo, si consolò, era soltanto questione di
tempo prima che lei tornasse nel suo letto, sudata e vogliosa. Nessuna donna
poteva resistergli a lungo, nemmeno l’altezzosa Blair.
“Allora buonanotte, Waldorf.”
“Sì, altrettanto.” ricambiò lei
distrattamente, sventolando la mano, poi ruotò su se stessa e si allontanò.
Chuck era sicuro che lei e Serena avrebbero fatto pace. I loro litigi non
duravano mai molto (a meno che una delle due non spariva per mesi in un collegio
del Connecticut, ma dubitava che sarebbe accaduto di nuovo). La seguì con lo
sguardo finché non girò l’angolo, poi s’incamminò a sua volta. Tanto per
assicurarsi che arrivasse a destinazione sana e salva, si disse fra sé e sé. E
se nel frattempo poteva godersi la vista del suo delizioso lato B, tanto meglio.
Fine#15
Note dell’Autrice:
[1] “Lucky to be a Woman” è la traduzione del titolo “La fortuna di
essere donna”, un film del 1956 con Sophia Loren.
[2] Il finale è un po’ da stalker, lo so.^^ Ma Chuck talvolta è
uno stalker, dunque...
[3] I ringraziamenti alle recensioni sono stati spediti col solito
metodo. Vi sono davvero grata per il vostro sostegno.
Alla prossima storia,
Melany
|
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Capitolo 16 *** The Queen of Schemes ***
New Page 1
#16:
Titolo:
The Queen of Schemes
Autrice: Melanyholland
Summary: Da settimane
passava di nascosto informazioni a Chuck, e Blair non se n’era mai accorta. Di
certo non era così astuta come la sua fama pretendeva.
Rating:
arancione
Timeline:
dopo la 4x08 (Juliet Doesn’t Live Here Anymore). SPOILER fino
all’episodio in questione, dunque.
Main
Characters: Altro personaggio, Chuck Bass, Blair
Waldorf.
The Queen of Schemes
Zoey Foster si sentiva molto
fiera di se stessa. Aveva tutto: bellezza, soldi e soprattutto un gusto
infallibile per abiti e accessori. Una ragazza come lei, che per di più
frequentava la Columbia riuscendo a mantenere una media discreta, era
praticamente destinata al successo. Era solo una bambina di undici anni
quando sua madre, davanti allo specchio del comò e intenta ad armeggiare con la
chiusura della collana di perle regalatale dal marito, le aveva assicurato
sorridente che servendosi con astuzia delle carte che le erano state date dalla
natura e dalla sua posizione sociale, avrebbe potuto ottenere tutto ciò che
desiderava senza sforzo. “Tutto tutto?” aveva chiesto Zoey con tanto d’occhi,
presa da un’ingenua e trepidante avidità. Sua madre aveva annuito, sfiorando
distrattamente le perle della collana. “Tutto, tesoro”. E aveva ragione,
naturalmente. Soltanto un mese dopo, Zoey si era ritrovata in sella ad un pony
bianco da far invidia ad una principessa, e tutto ciò che aveva dovuto fare era
stato piangere un po’ di fronte al suo papà. La tecnica infantile era stata
negli anni perfezionata e infine sostituita con stratagemmi più elaborati, ma il
concetto era rimasto invariato nel cuore della ragazza. La sua vita sarebbe
stata invidiabile, perché tutti avrebbero fatto qualunque cosa per compiacere la
ricca e bellissima figlia di Richard Foster.
Tale convinzione era stata
inesorabilmente distrutta nel momento in cui Blair Waldorf le aveva lanciato il
suo primo, calcolato sorriso, per poi spostarle premurosamente il cerchietto
sulla testa con un sussurro dispotico la cui tenerezza non ammetteva repliche:
“Il fiocco va a destra”. Zoey era stata così emozionata dall’incontro che il
pungolo di fastidio provato a quelle parole era passato inosservato, sepolto da
entusiasmo e riverenza. Aveva sempre letto delle vicende e dello stile
impeccabile di Blair su Gossip Girl; sapeva che frequentandola avrebbe attirato
anche lei l’attenzione della blogger, diventando famosa in tutta la New
York che contava. In più, avrebbe avuto modo di partecipare ad eventi glamour
che prima le erano preclusi, come le sfilate di moda di stilisti del calibro di
Dolce e Gabbana e Manolo Blahnik, e magari di finire perfino su Page Six,
fotografata accanto alla straordinaria Serena Van Der Woodsen.
Insomma, quando si era
avvicinata a Blair, aveva pensato di ottenere in cambio solo vantaggi. Ma a
qualche mese dall’avvenimento, aveva scoperto che frequentarla significava
soprattutto obbedire ad ogni suo ordine, per quanto fosse faticoso o degradante,
ed essere trattata in continuazione con sprezzo e sufficienza. Odiava
l’alterigia con cui Blair la guardava, come se lei le fosse superiore. Nessuno
si era mai permesso di guardarla così, né i ragazzi con cui usciva, né le sue
vecchie compagne di liceo. Zoey era la figlia di un facoltoso industriale e di
un’attraente modella, tutti la trattavano con rispetto e deferenza. Blair,
viceversa, la ammoniva arricciando il naso a non spargere la voce che suo padre
si era arricchito grazie al commercio delle sigarette, perché era “talmente
squallido”, e commentava che Zoey avrebbe fatto meglio a seguire l’esempio di
sua madre e puntare tutto sull’aspetto fisico, perché sarebbe stato “poco saggio
contare su qualunque altra presunta qualità”. Ovviamente questo genere di
battute venivano pronunciate in tono squillante e in luoghi pubblici, così
Jessica e Penelope non erano le sole a ridere di lei. Era così umiliante. E Zoey
non aveva dimenticato quella volta che Blair le aveva impedito di andare ad un
party con loro solo perché si era vestita di colori che non le piacevano (“Verde
e arancione? Hai forse deciso di lavorare alla Fabbrica di Cioccolato?”).
Dopo tutte queste esperienze
degradanti, Zoey era sempre più convinta di aver fatto uno sbaglio a decidere di
frequentare Blair Waldorf. Al contrario, era persuasa che accettare la proposta
di Chuck Bass di allearsi con lui, facendo il doppio gioco contro la sua
aguzzina, era stata la scelta migliore che potesse fare. Avrebbe giocato le sue
carte per ottenere tutto, come sua madre le aveva insegnato. Le angherie
sarebbero finite e Zoey avrebbe potuto assistere alla mortificazione e alla
distruzione della ragazza che l’aveva trattata in modo tanto indegno. Inoltre,
quando si fosse saputo in giro che ne era in parte responsabile (e che Chuck
Bass aveva scelto lei, non Penelope, non Jessica, come sua complice),
Zoey era certa che le altre l’avrebbero ammirata, e ben presto sarebbe diventata
lei quella che dettava gli stili, quella a cui obbedire. In fondo, era giusto
che fosse così, dato che Zoey era molto più bella di Blair, e anche più
intelligente: da settimane passava di nascosto informazioni a Chuck e non
era mai stata scoperta. Se Blair fosse stata davvero così astuta come la sua
fama pretendeva, avrebbe dovuto rendersene conto. E invece niente. Probabilmente
era sempre stata sopravvalutata.
Zoey aveva sudato freddo quando
la notizia del trattato di pace fra Chuck e Blair era comparsa sullo schermo del
suo computer, e aveva pregato con tutto il cuore che fosse una faccenda
temporanea. Infatti, se quei due fossero tornati amici, il suo piano di
rivincita sarebbe finito nella spazzatura insieme al vestito verde e arancione
che le era costato prima un’umiliazione pubblica e poi l’esclusione dal party.
Fortunatamente, la detestabile Blair aveva fatto una sfuriata a Chuck durante il
suo compleanno e lui aveva telefonato in seguito a Zoey per tranquillizzarla,
informandola che l’accordo di pace era stato fatto a pezzi (“letteralmente”,
aveva aggiunto con il sorriso nella voce).
Ora, mentre l’ascensore
dell’Empire saliva a velocità costante verso la suite di Chuck Bass, Zoey
avvertì un fremito di trepidante anticipazione: aveva una notizia parecchio
succulenta da dare al suo alleato e non vedeva l’ora di sapere come lui
l’avrebbe sfruttata. Chuck, al contrario della sua ex, era decisamente
all’altezza delle chiacchiere che aveva sentito su di lui, così scaltro, subdolo
e spietato. E, Zoey doveva ammetterlo, anche molto sexy. Non le sarebbe
dispiaciuto portare la loro coalizione ad un altro livello, soprattutto perché
si sarebbe goduta l’espressione oltraggiata e ferita di Blair nel momento in cui
l’avesse scoperto (e Zoey si sarebbe accertata che ciò accadesse, ovviamente in
luogo pubblico, per ricambiarle il favore). Era già stato esilarante guardarla
disperata dopo la rivelazione su Jenny Humphrey, ma comunicarle che lei e Chuck
erano amanti, oltre che alleati per distruggerla, sarebbe stato impagabile.
Sì, decise risoluta mentre le
porte dell’ascensore si aprivano con uno scampanellio, avrebbe flirtato un po’
con Chuck, e sarebbe stata a guardare che cosa succedeva. Penelope le aveva
detto che al liceo era stata proprio la comune passione per i complotti che
aveva avvicinato Chuck e Blair e, dato che quest’ultima si era rivelata tutt’altro
che insostituibile negli affetti del primo, non era da escludere che Zoey
potesse diventare la sua nuova complice preferita. Chissà, magari Chuck si
sarebbe perfino innamorato di lei. Perché no? Quello sì che avrebbe ucciso
Blair, si era sempre vantata spavalda di essere stata l’unica a far cadere ai
suoi piedi il donnaiolo impenitente dell’Upper East Side (e quando una volta
Penelope aveva alluso maligna a quella ragazza francese con la ricrescita, Blair
ne era stata visibilmente irritata). Per di più, le sarebbe veramente piaciuto
apparire sui giornali e ricevere in regalo un esclusivo orologio di Cartier.
Così, quando Chuck la salutò con
un cenno del capo da dietro il bancone dove stava preparando i loro drink, Zoey
si stampò in viso il più accattivante dei suoi sorrisi:
“Buon pomeriggio, Chuck.”
“Accomodati pure. Arrivo
subito.” la esortò lui mellifluo, mentre tuffava in un bicchiere un’oliva verde.
Zoey annuì e si lasciò cadere sul divano, facendo in modo che la gonna le
risalisse fino a mostrare conturbante la coscia avvolta nella seta nera dei
collant. Il vestito corto era deliziosamente attillato e fasciava le curve del
suo corpo in drappi blu scuro che mettevano in risalto la pienezza del seno e la
sporgenza tondeggiante dei fianchi. I capelli erano arricciati in boccoli molto
più folti e lucenti di quelli di Blair, che ultimamente avevano riflessi
rossicci davvero sgradevoli, e anche se portava ancora il cerchietto, Zoey aveva
già deciso che nel momento in cui fosse diventata lei la leader, avrebbe imposto
alle altre di abbandonare quell’accessorio da bambine in favore dei fermagli a
forma di fiocco, che trovava semplicemente adorabili.
Chuck aggirò il tavolino e si
sedette accanto a lei prima di porgerle il bicchiere di Martini, tenendo per sé
lo scotch. Che le stesse così vicino era un vantaggio, e il sorriso di Zoey si
ampliò.
“Devo dedurre che hai buone
notizie per me?” domandò Chuck, soave. Zoey temporeggiò, portandosi il bicchiere
alle labbra e bevendo un piccolo sorso, mentre con l’altra mano accarezzava
distrattamente l’orlo della gonna. Lui, come previsto, abbassò gli occhi per
godersi la vista delle sue cosce sfiorate in modo allusivo dalle dita leziose,
poi li fece risalire, lentamente, soffermandosi sul seno, sulla scollatura, e
infine sulla bocca socchiusa. Zoey trattenne un ghigno di trionfo e si passò la
punta della lingua sul labbro inferiore, per tentarlo.
“Ottime, in effetti.” confermò,
abbassando il bicchiere ora macchiato di rossetto. “Blair ha messo gli occhi su
qualcos’altro. Il che significa...”
“...che noi abbiamo
qualcos’altro da portarle via.” finì Chuck per lei, e Zoey adorò la complicità
nel finire l’uno le frasi dell’altra, quanto le piacque quel compiaciuto noi.
“Sì.” concordò, con dolcezza.
“Di cosa si tratta,
esattamente?” volle sapere lui, in un sussurro vellutato. Mentre parlava, si era
avvicinato ancora di più, tanto che Zoey poté sentire nelle narici il profumo
del suo dopobarba e il calore del suo corpo. Doveva ammetterlo, Chuck era
attraente e, Blair e orologi a parte, non le sarebbe dispiaciuto scoprire se
anche le sue altre qualità erano all’altezza della fama che gli aveva
dato Gossip Girl. Sorrise sorniona, accavallò le gambe e fece scivolare un dito
lungo il risvolto della giacca elegante che lui indossava.
“Vuole succedere a Anne
Archibald come volto dell’associazione G.I.R.L.S. Inc.” bisbigliò, con uno
sfarfallio seducente delle lunghe ciglia. La sua mano era arrivata al primo
bottone della giacca e lo fece sgusciare agilmente fuori dall’asola, per poi
dedicarsi al secondo. Chuck sorrise, intrigato dalla notizia e dal gesto, e
appoggiò il braccio sullo schienale del divano, dietro di lei.
“Interessante”.
Zoey annuì e, più sicura di sé,
slacciò i restanti bottoni fino a scoprire la camicia di seta rosa a righe
viola. Gli fece scorrere la mano aperta sul ventre, adagio, fino posargli il
palmo sul petto.
“Che hai in mente di fare?”
sussurrò lui roco, e lei sapeva che non era solo ai progetti di Blair che si
stava riferendo. Gli rivolse uno sguardo arguto e un sorriso malizioso,
continuando ad accarezzarlo tentatrice. Era praticamente suo. Poteva
vederlo negli occhi socchiusi che la fissavano, lustri di eccitazione, poteva
sentirlo sotto la mano, nel respiro più secco e breve. Oh sì, Blair si sarebbe
pentita di averla trattata così male.
“Tu che ne dici?” lo stuzzicò
con voce flautata, e si sporse per baciarlo, chiudendo gli occhi. Solo che il
contatto previsto non arrivò, e udì invece la voce che ormai aveva imparato ad
odiare apostrofarla con sdegno:
“Zoey, Zoey, Zoey, prima di fare
la Hannah Baxter con Chuck, avresti almeno dovuto accertarti che il vostro
accordo fosse ancora valido”.
Zoey spalancò gli occhi,
ritrovandosi davanti lo sguardo adorante di Chuck –ma rivolto oltre la sua
spalla, a Blair. Si voltò, sentendo il rossore che le invadeva le guance
e il cuore che le batteva rapido, permettendo all’umiliazione di scorrerle in
tutto il corpo attraverso le vene.
Blair era in piedi vicino al
bancone, occhi scintillanti di derisione, labbra distese in un sorrisetto
maligno, spalle all’indietro e mento sollevato in un atteggiamento fiero e
sicuro di sé. I tratti aristocratici del suo viso erano accentuati dal regale
chignon dietro la testa e la posa già altezzosa era enfatizzata dall’abito
decorato di pizzi e merletti. Suo malgrado, Zoey dovette ammettere che, in quel
momento, Blair sembrava davvero una regina.
“C-cosa?” balbettò, odiandosi
per l’incertezza che le fece tremare la voce. Disorientata, non poté impedirsi
di mormorare, sfiatata: “Chuck ha detto...”
“...che l’accordo di pace fra me
e Blair è stato fatto a pezzi.” concluse Chuck per lei, ma stavolta Zoey non
sentì quel guizzo di piacere al pensiero. Me e Blair. “È la verità. Non è
così, Waldorf?”.
“Certo, Bass.” concordò Blair
con gran cortesia, e Zoey si rese conto in uno slancio di bruciante
consapevolezza che era un gioco fra loro, e che il suo ruolo era quello di farli
divertire. Le parole seguenti di Blair le ferirono le orecchie come un
pungiglione di ape, benché fossero sciolte nel miele più dolce:
“Ma mia cara, questo non
significa che il vostro accordo sia ancora valido. Come ho detto, avresti
dovuto chiederglielo direttamente, invece di darlo scioccamente per scontato”.
Sospirò, plateale. “È così poco stimolante giocare con i principianti, Chuck”.
Zoey lo udì ridere sommessamente
e, insieme alla vergogna, cominciò a insinuarsi nel suo cuore una sferzata
affilata di collera. Chuck l’aveva usata e ora, solo perché Blair se lo portava
di nuovo a letto (non aveva dubbi su questo, era talmente evidente), entrambi
l’avrebbero derisa e poi messa da parte come una borsa della stagione
precedente. I suoi sogni di gloria e rivalsa stavano andando in frantumi,
schiacciati sotto il tacco da dieci centimetri delle Fendi rosa chiaro di
Blair. Arricciò le labbra, furibonda:
“E tu, allora? Vai di nuovo a
letto con lui, dopo che ha cercato di distruggerti, e dici a me che...”
“Quello che accade fra me e
Chuck non sono affari tuoi.” la interruppe Blair, tagliente. Il sorriso beffardo
era scomparso, e Zoey se ne compiacque facendone uno a sua volta. Emozionata
dalla piccola vittoria, proseguì, sull’impeto di un’idea improvvisa e brillante:
“Manterrò il vostro segreto,
comunque. Ma ad un prezzo”.
Blair aprì la bocca con sguardo
furente e oltraggiato, ma la risposta arrivò nel tono languido e vagamente
annoiato di Chuck:
“Quale?”.
Zoey si voltò verso di lui con
un sorrisetto trionfante, che comunque lui non poté ammirare, dato che stava
fissando pigramente lo scotch sul fondo del suo bicchiere.
“Sono stanca di ricevere ordini.
Sarò io la regina, da oggi in poi.” stabilì, algida. Ci pensò su e aggiunse: “E
ovviamente non ci sarà alcuna ritorsione da parte vostra”.
Chuck stirò le labbra in un
sorriso divertito che non le piacque affatto, inghiottì d’un fiato l’ultimo
sorso di scotch e si alzò, allacciandosi il primo bottone della giacca con la
mano libera.
“Un altro Martini, baby?”.
Zoey fece per rispondere di sì,
ma Blair l’anticipò:
“Certo, visto che hai dato il
mio a questo impiastro”.
Chuck annuì, sempre sorridente,
e la raggiunse vicino al bancone. Zoey tacque, decidendo che era la migliore
strategia: aveva già dettato le sue condizioni una volta e ribadirle l’avrebbe
solo fatta sembrare insicura.
Quando Chuck finì di preparare
il drink, lo porse a Blair mentre la baciava sulla guancia con rilassata
indolenza, indugiando più del dovuto. Lei abbassò le palpebre per un istante,
con un piccolo sorriso a fior di labbra.
“Scusa. È arrivata mentre eri di
là e ho dovuto improvvisare.” mormorò Chuck all’orecchio di lei, così piano che
Zoey lo udì a stento.
“Saprai farti perdonare.”
ribatté Blair a voce più alta e gaia, e si sorrisero con dolcezza prima che lui
si spostasse perché fossero fianco a fianco, entrambi rivolti verso Zoey.
“Ti dico cosa succederà,
Suzanne.” esordì Blair, serafica e condiscendente, sorseggiando il suo
Martini. “Quando uscirai da qui, non farai parola a nessuno della mia
rinnovata... alleanza con Chuck. In cambio, noi eviteremo di
distruggerti.”
“Come, scusa?” replicò,
incredula. Era lei ad avere tutti gli assi, non si sarebbe fatta minacciare in
quel modo. “Voi non potete...”
“Non fare la sciocca. Possiamo e
lo faremo, se osi darci fastidio in qualche modo.”
“Credi davvero che ti abbiamo
invitata qui facendoci scoprire, senza avere niente contro di te?”, Chuck scosse
la testa e scoccò un’occhiata a Blair: “Hai ragione, con i principianti non c’è
gusto.”
“Ho sempre ragione, Bass.”
“Sì, fa parte del tuo fascino.”
la lodò lui seducente, passandole un braccio dietro la schiena per accarezzarle
con affetto il fianco coperto di seta candida a pois gialli e rosa.
“Io non ho niente da
nascondere.” ribatté Zoey, ma il disagio le pulsava nel petto e nella voce.
Sentì una vampata di calore assalirle il collo e la faccia. Loro erano là,
uniti, tronfi, a spalleggiarsi e a scherzare l’uno con l’altra a proprio agio, e
lei era sola sull’ampio divano, attirata con l’inganno in una trappola
congegnata perché fosse indifesa e impreparata contro i loro ben studiati
attacchi. Era talmente sleale che dovette trattenersi dal digrignare i
denti e mettersi a piangere dalla frustrazione e dalla rabbia. Ma non avrebbe
dato a quei due meschini opportunisti la soddisfazione di versare lacrime,
questo dettaglio era insindacabile.
“Che mi dici della notte del
ballo di fine anno, al liceo?” la sfidò Blair, e benché avesse appena iniziato,
sfoggiava già il sorriso presuntuoso di chi è certo di vincere.
“Non so di che parli.”
“Oh, è probabile. Dopo tutto
quel punch corretto, devi avere ricordi vaghi della serata. Ma l’ex di Jessica,
Morgan Pratt, ricorda benissimo il balletto che gli hai fatto sul cofano della
sua auto.”
“Conserva ancora il ricordino
che gli hai lanciato, mutandine Victoria’s Secret in pizzo nero. Molto
provocanti, devo ammetterlo.” commentò Chuck lascivo, e Blair gli sferrò una
gomitata alle costole che lo fece protestare, indignato:
“Ahi!”
“Chuck! Te le sei fatte
mostrare?”
“Solo per avere la prova che
quel Pratt non stesse mentendo.” si giustificò con un sorrisetto sfrontato.
Blair roteò gli occhi e sbuffò, incredula e seccata, poi tornò a Zoey, che
cominciava a provare vertigini e una violenta nausea.
“Uno spettacolo del genere è già
degradante da solo, ma farlo a quello che era il ragazzo della tua migliore
amica? Veramente deludente, Suzanne.”
“È una bugia. Non è vero!”
“Forse.” intervenne Chuck, che
aveva posato il bicchiere e smesso di abbracciare Blair per frugare al di là del
bancone. “Ma che tua madre se la faccia con il suo autista... quello
posso dimostrarlo. Ho le foto”.
Zoey raggelò, guardandolo
estrarre da una busta di carta color senape una serie di istantanee in cui sua
madre baciava avidamente Stefan, l’autista di famiglia. In una, lui le aveva
infilato la mano nella camicetta mentre la bloccava contro il muro di un
ascensore e le mordicchiava il collo. Le dita di sua madre erano fra i capelli
biondi di Stefan, e si vedeva chiaramente l’anello di smeraldi che suo padre le
aveva regalato il natale prima.
“No.” soffiò, senza fiato.
Chuck e Blair erano insensibili
al suo disagio, e la guardavano divertiti. La busta venne abbandonata
sbadatamente accanto al bicchiere di scotch, ma Zoey non aveva dubbi sul fatto
che ci fossero altre copie delle fotografie e che quindi fosse inutile cercare
di impossessarsi di quelle. Si sentiva svuotata e inerme, aveva la fronte
sudaticcia e il cuore le rimbombava fastidiosamente nelle orecchie.
“Secondo il contratto
prematrimoniale, in caso di tradimento, tuo padre non le dovrà un centesimo se
divorziano.” proseguì Chuck, accarezzandosi il labbro inferiore con il pollice,
mentre l’altra mano era tornata a stringere protettiva il fianco di Blair.
“Quindi, se le foto entrano in
circolazione, la tua famiglia finirà in uno scandalo e tua madre in miseria.
Vuoi davvero questo?” cinguettò Blair, facendo scorrere l’indice sul bordo
circolare del bicchiere.
Zoey era sull’orlo delle
lacrime. Per trattenersi, strinse i pugni fino a sentire le unghie affilate
dalla manicure pungerle i palmi.
“Io... non...”
“Tu non avresti mai
dovuto metterti contro di me”, la interruppe Blair, abbandonando il tono
zuccheroso. “Non voglio più vederti alla Columbia. Non m’interessa se la
frequenti, ma stammi lontana. Se la riconciliazione fra me e Chuck salta fuori,
e io sospetto che tu c’entri qualcosa, le foto finiscono su Gossip Girl e sulla
scrivania del primo giornalista del Post che mi viene in mente.”
“È Chuck che mi ha proposto di
mettermi contro di te!” protestò Zoey, veemente. Sapeva che era puerile e
inutile, ma non poté impedirsi di dar voce all’ingiustizia straziante che stava
subendo.
“E tu avresti dovuto rifiutare”,
scrollò le spalle Blair, noncurante. “Hai voluto immischiarti e questo è il
risultato.”
“Adesso, se non ti dispiace,
dovresti lasciare la suite.” disse Chuck nella parodia di un invito educato,
facendo un gesto eloquente con la mano. Zoey restò a fissarli con odio cocente
per qualche altro istante, poi si alzò di scatto, raggiungendo a passi veloci
l’ascensore con il viso accartocciato nello sforzo di non mettersi a piangere.
“Peccato. Non era male, aveva
del potenziale.” commentò Chuck, quando Zoey scomparve dietro le porte
metalliche.
“Vuoi che la richiami, così tu e
lei potete finire quello che avevate cominciato sul divano?” ribatté Blair
infastidita, e Chuck si godé la sfumatura gelosa nella sua voce. Usò la presa
sul fianco per attirarla contro di sé con uno strattone, facendola volteggiare
fra le sue braccia.
“Perché avere una pallida
imitazione?” replicò in tono ragionevole, togliendole di mano il bicchiere
affinché non lo intralciasse durante l’assalto alle sue deliziose virtù. Blair
seguì con gli occhi il tragitto del drink fino al bancone, poi li sollevò sulle
sue labbra.
“Mmm... però non aveva tutti i
torti: sei stato tu a convincerla a tradirmi.” bisbigliò con una punta di
biasimo, accarezzandogli leziosa il lato del viso. Chuck piegò la testa di lato,
osservandola rapito.
“Sono stato cattivo con te,
tesoro.” ammise, in un sussurro. Le labbra di Blair erano socchiuse e appena un
po’ protese, come in attesa di un bacio. Quelle labbra lo stavano stuzzicando di
proposito, Chuck lo sapeva, ma era anche ben conscio che se avesse tentato di
porre fine al proprio supplizio unendo le loro bocche, Blair si sarebbe
ritratta, dispettosa e insolente.
“Sì”. Occhioni innocenti ricolmi
di rimprovero, labbra rosse tentatrici.
“Dovrò farmi perdonare.”
“Hai molto da farti
perdonare, a quanto sembra.” lo prese in giro lei, con un sorrisino.
“Beh, meglio per te.” ribatté
lui, e le catturò la bocca d’improvviso, stringendola a sé con entrambe le mani
sulla schiena. Percepì le dita di Blair che s’intrecciavano dietro il suo collo,
mentre lei gli schiacciava addosso il corpo snello e desiderabile e ricambiava
il bacio con altrettanta passione.
“Nate?” gli soffiò contro le
labbra tumide, e Chuck si tirò indietro, le sopracciglia aggrottate in una
smorfia di disappunto. Blair fece un risolino e gli ravviò i capelli con le
dita, spettinandolo giocosa.
“Intendo dire: dov’è? E se
torna?” spiegò, e Chuck si rasserenò.
“È a una partita di calcio.
Abbiamo almeno altri quarantacinque minuti.”
“Mi piace come suona.” rispose
lei civettuola, riprendendo fervente il bacio interrotto.
Chuck sentì la soffice pressione
del suo seno contro il petto e sospirò, per l’eccitazione e per il fastidio di
tutti quegli indumenti che lo separavano dal corpo caldo e accogliente di Blair.
Avrebbe voluto strapparle via il vestito come aveva fatto con le calze e le
mutandine che indossava al suo compleanno, ma Blair si sarebbe infuriata se
avesse rovinato in quel modo il bel Dior nuovo. Per la lingerie
lacerata, lo aveva punito mordendogli la gola fino a lasciargli un segno rosso
ben evidente e graffiandogli avambracci e spalle come una gatta ribelle.
Raggiunsero il divano ancora
abbracciati e vi si lasciarono cadere. Blair gli agganciò i fianchi fra le
cosce, continuando a baciarlo, e ondeggiò seducente su di lui mentre le mani lo
esploravano con impazienza, insinuandosi nella camicia. Chuck gemette e non ce
la fece più. Al diavolo, pensò, mentre afferrava le spalline dell’abito e del
reggiseno insieme e le tirava giù con uno strattone violento. Le avrebbe
ricomprato il vestito. Anzi, ne avrebbe comprati altri mille, se fosse
stato necessario, ma doveva averla nuda, subito. Blair intuì in qualche modo i
suoi pensieri perché interruppe il bacio per scoccargli un sorriso pieno di
orgoglio femminile, gli occhi scintillanti di malizia.
“Tutto okay, Chuck?” bisbigliò
impertinente, e di nuovo mosse languida i fianchi per farlo impazzire.
“Non ancora.” ribatté lui roco,
e per la seconda volta strattonò il vestito, incastrato fra i loro corpi, fino
ad udire il rumore acuto e frastagliato dello strappo.
“Non avresti dovuto farlo.”
dichiarò Blair severa, ma era ancora sorridente e lo stava ancora stuzzicando
con l’ondulazione lenta del bacino. Chuck le mise una mano dietro la testa,
sciolse lo chignon e i capelli le ricaddero morbidamente sulle spalle
nude in seducenti onde color mogano. Così, a cavalcioni su di lui, con le guance
soffuse, gli occhi brillanti, la chioma indomita e i seni scoperti, Blair era da
mozzare il fiato.
“Sei così sexy” mormorò,
estasiato.
“I complimenti non ti serviranno
a nulla, Bass.” ribatté lei, sbottonandogli la camicia. “Papà e Roman mi avevano
spedito l’abito dalla Francia”.
Chuck sorrise impenitente e la
afferrò per baciarla ancora, ma lei resistette serrando le labbra e spingendolo
giù con entrambe le mani sul petto. Chuck sospirò e lasciò ricadere busto e
braccia, docile, e Blair sorrise, compiaciuta per la sua resa. Si sporse verso
di lui, con le lunghe ciocche scure che le pendevano ai lati del bel viso,
solleticandogli le guance, e posò la fronte sulla sua.
“Sei un arrogante bastardo,
Chuck.” sussurrò, amorevole.
“E tu sei una vera rompiscatole,
Blair.” la rimbeccò lui, la voce traboccante di adorazione. “Adesso sta’ zitta
e baciami”.
Blair aggrottò le sopracciglia
offesa, ma subito dopo rise allegra e obbedì. Chuck si godé la sensazione
meravigliosa delle labbra e della lingua di lei, ma non si faceva illusioni per
quella effimera concessione. La punizione sarebbe arrivata, prima o poi.
Perché Blair era davvero una
rompiscatole.
E, per Chuck, assolutamente
irresistibile.
Fine#16
Note dell’Autrice:
[1] “The Queen of Spades”, oltre ad essere una carta da gioco, è
un’opera lirica in tre atti di Pyotr Ilyich Tchaikovsky.
[2] Hannah Baxter è la protagonista di “Diario di una Squillo Perbene”,
una serie televisiva britannica tratta dall’omonimo libro di Brooke Magnanti.
[3] Confesso di aver inventato i nomi delle due nuove minion di
Blair. Ho rivisto gli episodi in cui compaiono ma non mi pare vengano mai
nominate. Se qualcuno di voi è stato più attento, mi scuso per l’inesattezza.
[4] Non è strano che non si sia
più parlato della minion doppiogiochista, dopo la riappacificazione fra
Chuck e Blair? O sono l’unica che si fa certe domande su personaggi del tutto
secondari mentre quelli principali sono impelagati in storyline assurde e
soporifere (Bass Industriezzzzzz), su cui tanto ci sarebbe da
criticare?
Al prossimo aggiornamento,
Melany
EDIT: I veri nomi delle
due minion sono Zoey (la bruna) e Jessica (la bionda). Grazie di cuore a
Tuccin per aver svelato il mistero. :) Siccome sono folle e i nomi
inventati ormai li sentivo stonati, ho modificato la storia divertendomi con la
funzione “sostituisci” di word.
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Capitolo 17 *** The Private Memoirs and Obsession of a Justified Sinner ***
New Page 1
#17
Title:
The Private Memoirs and Obsession of a Justified Sinner
Autrice: Melanyholland
Summary: Chuck si voltò e
quando vide chi si era seduta accanto a lui, capì che la serata era del tutto
rovinata.
Rating: arancione
Timeline: dopo la 1x15 (Desperately
Seeking Serena)
Main
Characters: un po’ tutti.
The Private Memoirs and Obsession
of a Justified Sinner
Quella era la parte della serata
che preferiva, il momento della scelta. Se ne stava seduto su uno dei divanetti
nella penombra del locale, la mano intorno a un bicchiere di scotch, mentre i
suoi occhi vagavano pigramente tra la folla chiassosa e multicolore. Adorava
quel momento – c’erano così tante possibilità. Una sala piena di donne
attraenti, e lui non doveva fare altro che sceglierne una, o più di una, se
proprio era in vena, e non c’era pericolo che le cose non andassero come
desiderava, perché naturalmente chiunque avrebbe accettato di passare la notte
con lui, era Chuck Bass. Il sesso era divertente, ovvio, ma il momento della
scelta era sublime. Lo faceva sentire libero, potente, con in mano il
mondo.
Così, guardava ad una ad una le
avventrici del locale, e non si limitava a decidere soltanto se avere una
bionda, una bruna o una rossa. Chuck valutava i seni che s’intravedevano
attraverso le scollature, abbassando un poco le palpebre e chiedendosi se erano
doni di Madre Natura o di un padre che cercava di comprare l’affetto della
figlia; faceva scorrere l’occhio esperto sulle gambe nude o velate di nylon e
seta, sui sederi fasciati da gonne aderenti e pantaloni attillati, soppesando i
pro e i contro di andare a letto con una venere giunonica dalle cosce imponenti
oppure con una bambolina dalla vita sottile. Anche il viso aveva la sua
importanza: poteva scegliere fra i lineamenti delicati di una ragazza acqua e
sapone e quelli pesantemente marcati dal trucco di una seduttrice, fra la
bellezza fresca di un’adolescente e quella più matura di una donna.
Possibilità. Giovinezza o esperienza, sveltina o lungo accoppiamento, due o
più giocatori. Chuck era assolutamente inebriato dal potere che aveva sul futuro
in quel momento, lo mandava su di giri più di tutto l’alcol che consumava.
Per questo il fatto che il suo
pensiero continuasse ad andare incontrollabile a Blair Waldorf lo stava
veramente innervosendo.
Non si parlavano da settimane,
ed era giusto che fosse così, dopo il modo in cui lei lo aveva trattato,
credendo di poterlo usare come un giocattolo sessuale e buttarlo via dopo
essersi stufata, credendo di poterla fare franca, di essere superiore a lui. La
principessina forse si era dimenticata chi aveva davanti mentre lo respingeva
con altezzosa sufficienza, ma Chuck aveva fatto in modo che lo ricordasse,
per sempre; le aveva mostrato che non stare più al suo gioco non significava
non esserne coinvolta. Difficile guardare dall’alto in basso qualcuno quando
perfino una ragazzina di Brooklyn ha più successo di te, aveva pensato di dirle
beffardo (insieme a molte altre cose), solo che non si parlavano, e dunque non
aveva potuto. Non parlava nemmeno più con Nate, e anche quello era colpa di
Blair. Considerato tutto ciò, era veramente seccante che il pensiero di lei gli
stesse rovinando il suo momento preferito. Chuck era lì, che occhieggiava
compiaciuto le cosce di una donna che sorseggiava un cocktail alla pesca, e
all’improvviso gli tornò in mente il rosso acceso delle calze di Blair il giorno
delle prove per il Cotillon, e il modo in cui la seta liscia gli
scivolava sotto la mano mentre si baciavano sul letto. Non aveva più messo
quelle calze, Chuck aveva notato, ma in compenso ne aveva indossato un paio
arancione niente male (arancione come il cappotto che portava lui lo stesso
giorno, non che Chuck badasse a simili sciocchezze). Infastidito
dall’intromissione di quei pensieri, spostò lo sguardo su una bella ventenne dai
lunghi capelli lisci, trattenuti dietro la testa da un fermaglio a forma di
fiore, e corrugò la fronte perché la vista in qualche modo era disturbante, come
se fosse sbagliata. Poi ricordò la rosa nera sul cerchietto di Blair qualche
giorno prima, il modo in cui si incastonava perfettamente fra i boccoli
flessuosi, che le ondeggiavano morbidi sulle spalle mentre saliva con passo
fiero gli scalini del Met sui tacchi degli stivaletti Prada, per nulla
intimorita dagli sguardi contrariati delle sue vecchie ‘amiche’ (perché Blair
era fatta così, non si lasciava spaventare da nessuno) e sbuffò, distogliendo di
nuovo lo sguardo e bevendo un lungo sorso di scotch che gli fece ardere la gola
e si riversò caldo nello stomaco. Con la sua mente che continuava a vorticare
ossessiva intorno ad un’unica ragazza non c’era più alcun potere, perché ogni
alternativa era inevitabilmente manchevole. E questo era abbastanza per mandarlo
su tutte le furie. Sarebbe finito con qualcuna, certo, ma non sarebbe stato
altrettanto soddisfacente e, ancora una volta, era tutta colpa di Blair.
Giocherellava col bicchiere e
osservava cupo i cerchi che increspavano il liquido ambrato espandendosi e
scomparendo, quando una zaffata di profumo da donna costoso e un sobbalzo del
divanetto di pelle gli comunicarono che qualcuna aveva deciso di fare una scelta
al posto suo, particolare di cui di solito non era molto contento, a meno che
non si trattasse di attraenti gemelle disponibili a cimentarsi in giochi di
vario tipo. Si voltò, domandandosi se era stato fortunato e si trattava davvero
di una coppia di gemelle e quando vide chi era l’indesiderata ospite, si rabbuiò
ancora di più: lunghi capelli castani, sorriso falsamente dolce, occhi brillanti
di spietata intelligenza.
Ora sì che la serata era del
tutto rovinata.
“Che vuoi?” sbottò scontroso,
tornando a fissare il suo scotch.
“Ma come, non sei felice di
vedermi?” cinguettò lei, e quando tese la mano per toccargli i capelli, Chuck
ebbe il forte istinto di schiaffeggiargliela via. Ma non lo fece, ovviamente.
Chi si lascia sopraffare dalle emozioni è un debole, come Bart gli ricordava
sempre (mettendolo tacitamente nella categoria con un unico sguardo di algida
disapprovazione, ovvio). Le dita di lei gli accarezzavano i ciuffi sulla fronte
con stomachevole tenerezza.
“Ormai dovresti saperlo: nessuno
lo è.”
“Non sei carino, Chuckie.”
protestò lei con una voce da bambina, e le dita tirarono con crudeltà i capelli
un momento prima di lasciarli andare, facendogli sbattere le palpebre per
l’inatteso pungolo di dolore. Chuck rimase impassibile, si portò di nuovo il
bicchiere alle labbra, poi ci ripensò e lo abbassò, lentamente, perché era
meglio essere il più possibile lucidi quando si aveva a che fare con quella
stronza psicotica (ma lei sapeva cosa lui stava pensando, poteva vederla
ghignare con la coda dell’occhio). Con la stessa indolenza, Chuck si voltò verso
di lei, incontrando adagio ma senza esitazione il suo sguardo canzonatorio.
“Che c’è, Serena ti ha mollato?”
la provocò, con acume.
“Serena è diventata una noia.
Non c’è più gusto a uscire con lei.” scrollò le spalle con sprezzante
noncuranza, facendo ciondolare i grandi orecchini color zaffiro, e stavolta fu
Chuck a stirare le labbra in un ghigno di trionfo, perché sapeva che lei stava
fingendo, e neanche tanto bene. Georgina Sparks era ossessionata da
Serena, fin dalla prima volta che si erano ubriacate insieme ed erano finite a
fare sesso con una coppia di perdenti nel guardaroba di un club dell’Upper West
Side. Doveva bruciarle da morire, che lei non volesse più essere la sua compagna
di festini indecenti.
“È quasi come uscire con Blair”,
aggiunse Georgina, stizzita dalla sua espressione compiaciuta, e poi sorrise con
dolcezza: “Oh, dimenticavo: a te piace Blair, non è così, Chuckie?”
“Non so di che parli. Non ci
vediamo neanche più.” rispose, freddo, ignorando per la seconda volta quel
nomignolo irritante, perché protestando avrebbe fatto il gioco di Georgina, e
Chuck Bass non era la marionetta di nessuno, soprattutto non di una sgualdrina
con evidenti turbe psichiche.
“Sì, ho saputo”, annuì lei con
un sorriso sornione, accavallando in modo provocante le gambe coperte dai
leggins neri di pelle. Il vestito blu le arrivava a stento alle cosce, e i
piedi erano calzati in sandali dorati dal tacco a spillo. “Sono così fiera di
te, tesoro. Finalmente sei riuscito a portarti a letto la reginetta, e non solo,
dopo l’hai anche umiliata di fronte a tutti. Wow, e io che pensavo che in fondo
fossi un rammollito”. Chuck serrò in una morsa il pesante bicchiere di vetro
pieno per un quarto e lei proseguì: “Perché non mi racconti tutti i dettagli
mentre ci facciamo un paio di drink? Sono proprio curiosa”. La voce era allegra
e squillante, la mano era di nuovo su di lui, stavolta ad accarezzargli il
braccio con strisciante confidenza.
“Preferirei di no.” rispose
Chuck distaccato e poi aggiunse, in un sussurro tagliente foderato di velluto:
“Non riuscirò a farmi nessuna, se tutte vedono che sono già con una puttana”.
Il guizzo di rabbia negli occhi
azzurri di Georgina fu davvero godibile, ma non sarebbe stato così facile
liberarsi di lei e Chuck non fu sorpreso di notare che il sorriso sulle sue
labbra scintillanti di lip-gloss non era vacillato nemmeno per un
secondo. Doveva ammetterlo: nell’arte della dissimulazione, Georgina era brava
quasi quanto lui.
“Dai, non farti pregare. Come
sei riuscito a farle togliere le mutandine per te? L’hai fatta bere e hai
approfittato di lei? Oppure le hai fatto credere di essere speciale,
riempiendola di paroline sdolcinate da film?”. Annuì, deliziata dalla sua stessa
ipotesi. “Sì, Biancaneve cadrebbe decisamente in un trucco del genere. È sempre
così affamata di attenzioni, povera piccola. Qualche tenerezza e diventa
subito il tuo cagnolino. O, in questo caso, la tua cagnetta in calore”.
Ascoltare Georgina era come
avere un ferro appuntito che premeva contro il timpano. Chuck non era mai stato
un tipo aggressivo (la violenza era roba da bassifondi, e lui non si sarebbe mai
abbassato a fare a pugni come un qualsiasi squattrinato Daniel Humphrey) ma in
quel momento sentiva un bisogno quasi incontrollabile di colpirla per farla
tacere, magari proprio su quella bocca tanto velenosa. Anche i ragazzi al St.
Jude erano andati da lui bramosi di conoscere i particolari, dopo che la sua
liason con Blair era divenuta di dominio pubblico, e di certo non erano
stati più diplomatici, dato che Chuck si era sempre vantato delle sue conquiste
senza rispetto per il pudore o la galanteria (gli avevano chiesto com’era stato,
in che posizioni se l’era fatta, uno, con sguardo lustro di eccitazione e la
lingua che gli umettava il labbro inferiore, aveva domandato perfino se lei si
era lasciata “cavalcare a pelo”), ma Chuck non aveva avuto problemi a metterli a
tacere con una solo occhiata tagliente e le parole: “Non sono affari che vi
riguardano”. Probabilmente la sua reazione tanto inconsueta aveva dato adito a
chiacchiere che avrebbero potuto danneggiare la sua reputazione, ma non una era
arrivata alle sue orecchie (perché nessuno dei suoi compagni di scuola era tanto
sciocco da sfidarlo, facendosi beccare a sparlare di lui) e per Chuck andava
bene così. Aveva altro a cui pensare che l’opinione di quei viziati figli di
papà, sempre pronti ad adularlo spudoratamente quando il Lost Week-End era
imminente, disperati per un invito.
Con Georgina non sarebbe stato
così semplice. Era libero di alzarsi e andare via, ovviamente, ma la fuga era
fuori discussione, soprattutto contro di lei. Così, le rivolse un sorriso di
scherno:
“Sembri saperne molto di queste
cose, Georgie. È così che tu hai perso la verginità?” insinuò, mellifluo.
“Ah, ma certo che no. Con te, sarà bastato prometterti una striscia di coca per
averti in ginocchio, nuda e pronta a tutto”. Il sorriso si ampliò crudele quando
vide che stavolta la rabbia nel suo sguardo fu molto più che un semplice guizzo.
“Non mi piace che mi parli così,
Chuckie. E lo sai come divento se mi fai arrabbiare”.
Chuck scrollò le spalle,
ostentando indifferenza, reazione che la irritò ancora di più.
“Mi chiedo perché te la prendi
tanto se parlo male di Blair.” riprese lei in tono falsamente pensoso, e Chuck
si irrigidì, sentendosi colpito sul vivo. Georgina, che poteva sentire i suoi
muscoli tesi sotto i polpastrelli delle dita laccate di nero, sorrise, tenera, e
la mano salì a sfiorargli il viso in un tintinnio di braccialetti. Si avvicinò
ancora di più, tanto che il profumo gli arrivò con prepotenza alle narici,
pungente. Era la stessa fragranza di cinque anni fa, quella che lo aveva avvolto
mentre per la prima volta era venuto fra le braccia di una donna, e che ogni
volta gli faceva pizzicare ruvidamente la gola.
Georgina gli bisbigliò
all’orecchio: “Conosco il tuo segreto, Chuckie. Credi che non mi sia mai accorta
di come la guardi? Credi che non sappia di tutte le volte che ti sei toccato
pensando a lei, nella solitudine della tua bella suite? Dimmi la verità: non sei
stato tu ad usare lei, vero?”.
Chuck si scansò con rabbia prima
che il suo autocontrollo glielo impedisse e Georgina scoppiò in una risata che
era come il suono di tanti campanellini d’argento, ma la luce nei suoi occhi era
maligna e trionfante.
“Beh, allora come è stato? Come
te lo immaginavi nei tuoi sogni bagnati? È stata brava? Ho sempre creduto che
avesse grandi potenzialità, con quelle labbra tumide e quel feticcio per
gancetti e trine.”
“Ora mi hai stancato”. Le
afferrò il polso, stringendo forte, brutale. “Vattene, Georgina. E intendo da
New York, non dal locale. Lascia in pace Serena.”
“E te e la tua preziosissima
Blair, giusto?”
“Di lei non m’interessa.”
affermò gelido, e Georgina scosse la testa, incredula, ma lui non aveva mentito.
Blair poteva tenere testa a quella psicopatica da sola, non aveva bisogno della
sua protezione come Serena, ingenua e assolutamente incapace di vedere un
complotto finché non ci sbatteva contro il suo nasino da diva del cinema,
facendosi male.
“Sta’ tranquillo, l’ho detto
anche a Serena: sono in partenza. Potete smettere tutti di sudare freddo”.
Chuck sbuffò e le lasciò
bruscamente il polso, notando compiaciuto il rossore che cominciava a sbocciare
sulla pelle diafana di lei.
“Ero solo passata a farti un
salutino prima di andare.” continuò Georgina innocente, e non fece alcun
tentativo di massaggiarsi la parte lesa. Lodevole.
“Mi hai salutato, perciò…” fece
un gesto eloquente con la mano, scacciandola come una prostituta i cui servigi
non erano più richiesti.
“Non vuoi che ti saluti in modo
carino?” ammiccò lei seducente, sporgendosi di nuovo verso di lui in modo che la
scollatura gli offrisse una vista perfetta della parte superiore dei seni
pallidi. “Quell’unica volta con me sei stato… pietoso”, commentò
impudente. Chuck sentì un fiotto puro e incontrollabile di odio invadergli il
petto, poi la mano di lei lo afferrò rudemente in mezzo alle gambe e, suo
malgrado, avvertì anche una scarica inaspettata di piacere. “Ma se è vero che la
pratica rende perfetti, dovresti essere molto più bravo adesso… sarei lieta di
vedere i tuoi progressi, e magari insegnarti qualcosa. Che ne dici?”.
Chuck prese la mano di lei e la
allontanò di nuovo da sé con uno strattone, fissandola con rabbia. Georgina
sorrise e abbassò la voce in un sussurro confidenziale: “Se ti va, puoi
chiamarmi Blair”, e all’improvviso premette le labbra sulle sue e in un
palpito, prima che lui potesse reagire, non ci furono più, mentre con una risata
divertita Georgina si alzava e si allontanava dal separè, un turbinio di
capelli castani e gioielli tintinnati e abito blu frusciante.
“Bye bye, Chuckie”.
Chuck fece una smorfia
disgustata e finì lo scotch tutto d’un fiato per togliersi dalla bocca il sapore
dolciastro del lucidalabbra di lei. Sarebbe stato meglio che Whoregina
mantenesse la sua promessa, o l’avrebbe distrutta. La odiava per essersi
intromessa nei suoi affari, per essere riuscita a prendersi gioco di lui –di
nuovo, gli ricordò la sua mente, traditrice, mentre l’immagine di Georgina
che lo fissava con derisione mentre s’infilava gli slip affiorò con prepotenza
dalle sue memorie. Erano rosa. Si annodavano ai fianchi con due fiocchi
di seta. Chuck le aveva quasi strappate nella foga di toglierle e lei aveva riso
della sua goffaggine prima di aiutarlo e tappargli di nuovo la bocca con la sua.
Il fiato di Georgina aveva avuto un vago sapore di crème brûlée, uno dei
dolci che era stato servito durante il party e senza motivo alcuno, mentre lei
gli slacciava i pantaloni con le dita agili e gli esplorava la bocca con la
lingua umida, Chuck si era ricordato del bacio che si erano scambiati Nate e
Blair a tavola, e aveva pensato che quel bacio aveva avuto invece il
sapore della torta ai lamponi, di quella fetta ancora per metà nel piattino da
dessert di Blair.
Una volta finito, Georgina gli
aveva dato un pizzicotto sulla guancia e aveva riso: “E questo sarebbe il tuo
meglio, Chuckie? Avrei voluto farti le congratulazioni per essere diventato un
uomo, ma alitarmi in faccia e sbattermi freneticamente addosso per un minuto o
due non è fare sesso, caro. Torna a giocare con i bambolotti”. Dopodichè si era
allontanata, sempre con quel suo sorrisetto compiaciuto sulle labbra, e non
appena si era chiusa la porta dello stanzino alle spalle, Chuck era corso in
bagno e aveva vomitato. Per aver bevuto troppo champagne, si sarebbe detto fra
gli ansiti acquosi e rochi.
Uscito di lì, aveva notato
Georgina che bisbigliava qualcosa all’orecchio di Carter Baizen e poi entrambi
che ridacchiavano, scoccandogli occhiate di scherno. Carter aveva alzato
lievemente il bicchiere di champagne che aveva tra le dita in una parodia di un
brindisi.
“Che ti prende, Chuck?” aveva
domandato subito Blair, fissandolo da capo a piedi mentre lui si sedeva di nuovo
al loro tavolo.
“Niente”, aveva ribattuto
brusco, e quando il cipiglio sospettoso di lei si era approfondito, Chuck aveva
fatto un sorrisetto e le aveva rubato lesto un pezzetto di dolce, infilandosi la
forchetta in bocca prima che lei potesse protestare. Non che questo l’avesse
fermata dal farlo dopo.
“Ma come ti permetti? Era mio!”
Per tutta risposta, Chuck aveva
leccato ostentatamente i rimasugli di marmellata e crema sulla posata d’argento
e Blair aveva sbuffato, per poi tirargli un calcio vigoroso da sotto il tavolo.
“Ahi!”
“Oh, scusa tesoro!” aveva
esclamato Blair con voce caramellata, rivolta a Nate che si era appena beccato
il suo calcio. Serena aveva trillato la sua risata vivace e Chuck aveva
pontificato, soave:
“La guerra fa sempre vittime fra
i civili, purtroppo.”
“Sta’ zitto, Chuck! Come al
solito è tutta colpa tua!” aveva esclamato Blair, risentita.
“Cosa? Non è l’impronta delle
mie Gucci che Nate ha sul polpaccio.”
“Mi verrà un livido.”
“Un livido firmato!” aveva
ribattuto Serena sorridente, gettandosi dietro la spalla la lunga chioma dorata.
“È tutta colpa di Chuck.” aveva
ribadito Blair imbronciata, tanto per mettere in chiaro le cose, incrociando le
braccia sui seni ancora in sboccio.
“Non sono io che ho dato in
escandescenze, Waldorf.”
“Smettila di insistere!”
E Chuck l’aveva accontentata,
perché aveva intorno i suoi amici d’infanzia e in bocca un sapore di lampone.
Per il momento, andava tutto bene.
In seguito, aveva raccontato
spavaldo a tutti la sua prima volta, ammirato dai coetanei perché era stato il
primo a perdere la verginità, e con una ragazza decisamente carina. Era così che
era iniziata la sua fama di seduttore, di cui era sempre stato orgoglioso. Ciò
che mai avrebbe rivelato era che il ricordo non gli aveva mai procurato
particolare piacere, perché Georgina era bella, ma era anche la ragazza più
disturbante che avesse mai incontrato. Lui non era certo una brava persona,
anzi, aveva compiuto azioni nella sua vita che avrebbero fatto impallidire un
imprudente ascoltatore, ma c’era qualcosa in Georgina Sparks, qualcosa di
sbagliato. Per quanto fosse ossessionata da Serena, non si sarebbe fatta
scrupoli a farle del male pur di riaverla sul palmo della mano, a danzare
secondo la sua musica. Non c’era affetto nella loro amicizia, non da parte di
Georgina. Serena se n’era accorta troppo tardi, spensierata e fiduciosa com’era,
ma Chuck l’aveva visto subito, e anche Blair.
Blair.
Credi che non mi sia mai
accorta di come la guardi?
Georgina delirava. O mentiva,
cosa molto probabile. Prima della fatidica notte in limousine, Chuck non aveva
mai avuto particolari attenzioni per Blair. Certo, era divertente complottare
con lei, e a volte si era divertito a provocarla con battutine maliziose, ma
solo per il gusto di vederla imbarazzata. Forse qualche volta se l’era
immaginata nuda e c’erano stati dei sogni un po’ spinti, ma era normale, Chuck
aveva sedici anni e Blair era bellissima. Georgina voleva solo indispettirlo.
Gli tornò in mente una notte di
un paio di anni prima: Blair e Serena avevano litigato perché quest’ultima aveva
invitato un gruppo di ragazzi al tavolo da Butter, flirtando con loro
tutta la sera invece di fare compagnia alla sua migliore amica mentre Nate era
fuori in barca con il Capitano per il fine settimana. Dopo un’ora a fare da
spettatrice mentre Serena ammaliava frizzante tutti e tre i ragazzi e si faceva
ammirare da Kati e Iz per la sua disinvoltura, Blair l’aveva piantata lì e aveva
chiamato lui, perché, aveva detto irritata, “si rifiutava di passare il venerdì
sera da sola”. Chuck era stato tentato di non raggiungerla (aveva di meglio da
fare che assecondare i capricci di Blair Waldorf), ma aveva già trascorso un
paio d’ore interessanti con una ragazza piuttosto disinibita e si era fumato un
intero spinello di hashish fra una performance e l’altra, perciò si sentiva
particolarmente rilassato e accondiscendente. Era passato a prenderla ed erano
finiti al bar del Palace, dove la solitamente controllata Blair aveva
ingoiato uno dopo l’altro svariati bicchieri di Martini, con uno sguardo
risoluto, pian piano sempre più sfocato.
“La adorano, Chuck.”
aveva sospirato infine, stringendo le labbra.
“Chi?”
“Serena”, rispose, poi corrugò
la fronte in uno sforzo di concentrazione. “Tutti”, aggiunse, evidentemente non
molto sicura di quale fosse stata la domanda. Gli lanciò un’occhiata di
rimprovero:
“Anche tu.”
“Io preferisco le brune”, aveva
ribattuto Chuck con un sorriso seducente, e lei aveva sbuffato scettica,
ordinando un altro drink.
Più tardi, mentre la
riaccompagnava a casa in limousine (“Non ce n’è alcun bisogno, Bass”, aveva
protestato lei, e aveva ragione naturalmente, Arthur era un autista fidato e
l’avrebbe portata a casa sana e salva, ma a Chuck era sembrato più...
opportuno così), Blair si era addormentata, cullata dai lievi sobbalzi
dell’automobile e probabilmente dall’alcol in circolo nel suo corpo, e Chuck si
era ritrovato a fissarla: le lunghe ciglia nere posate sugli zigomi, le guance
arrossate, le labbra dischiuse, la curva aggraziata del collo fino alla spalla,
nuda, perché la spallina del vestito era scivolata giù, i piccoli seni nascosti
dal corpetto rigido del Waldorf nero... Chuck era in grado di rievocare
senza difficoltà ogni dettaglio del suo aspetto quella sera, e avrebbe potuto
fare lo stesso per molte altre sere. La considerazione gli fece venir voglia di
un altro bicchiere di scotch, così gesticolò eloquente verso il cameriere.
Intorno al polso, Blair aveva avuto un braccialetto di corallo; i capelli erano
tirati su in uno stretto chignon a conchiglia, e non una ciocca era
andata fuori posto in tutta la sera. Mentre lui la guardava, Blair aveva
sollevato un poco le palpebre, dimostrando che o aveva il sonno leggero o non
stava veramente dormendo fin dall’inizio, e aveva sibilato, nel suo tono più
minaccioso: “Smettila di fissarmi, Bass. Qualsiasi oscenità ti sia venuta in
mente, prova a toccarmi e te ne pentirai” e il ricordo lo fece suo malgrado
sorridere, perché solo Blair era così sfacciata da non avere problemi a
comportarsi da stronza anche mentre lui le stava facendo un favore.
Dimenticavo, a te piace
Blair, non è così?
Il sorriso si spense. Lo scotch
arrivò e Chuck bevve un primo, lungo sorso. No, Blair non gli piaceva, il suo
rapporto con lei era acqua passata. Era stato divertente farsela per un po’,
Blair si era rivelata un trastullo niente male, ma era tutto lì. Doveva
essere tutto lì.
Oppure le hai fatto credere
di essere speciale, riempiendola di paroline sdolcinate da film?
Le aveva detto che era speciale,
questo sì. Lo aveva sussurrato adorante nell’orecchio di Blair mentre la
stringeva a sé dopo la loro prima volta insieme e respirava l’odore acre della
sua pelle sudata combinato alla fragranza dolce del suo profumo, un mix
afrodisiaco che gli stava dando alla testa.
Blair si era scostata un po’ per
sorridergli e per baciarlo, piano, perché era esausta e un pochino insonnolita.
Il suo corpo nudo schiacciato contro quello di Chuck era così caldo, e
lui aveva sperato che quel momento non finisse mai.
“Grazie.” aveva bisbigliato lei,
con le palpebre socchiuse sugli occhi scintillanti, soffiandogli calore sulla
bocca. “È stato bello.”
E normalmente a quel punto Chuck
avrebbe fatto una battuta, qualcosa di arrogante come “Lo so, Waldorf” oppure
vagamente offensivo, come “Ero certo che alla fine saresti caduta anche tu ai
miei piedi”, ma no, tutto ciò che aveva detto era stato un onesto: “Sono
contento”, e poi l’aveva baciata ancora, assaporandola, per non perderne il
ricordo.
Non le avrebbe rivelato nemmeno
sotto tortura che, malgrado la sua maggiore esperienza, era stato in ansia quasi
quanto lei. La conosceva abbastanza da intuire che non averlo fatto con Nate,
come dettava il copione sulla sua vita che tanto scrupolosamente aveva redatto,
l’avrebbe presto scombussolata. Per questo donarle una prima volta che avrebbe
ricordato per sempre col sorriso sulle labbra e la luce negli occhi era stato
essenziale per Chuck. Non perfetta, perché solo con Nate per lei sarebbe stata
perfetta, lo sapeva purtroppo, ma bella... sì, quello poteva farlo.
E a quanto pare, lo aveva fatto.
“A te è... piaciuto?” aveva
chiesto lei disinvolta dopo un po’, tuttavia il viso nascosto nell’incavo della
sua spalla e la voce flebile gli avevano fatto capire che era insicura su
quell’argomento, come lo era sempre irragionevolmente stata sul proprio aspetto.
Allora Chuck le aveva preso il mento fra le dita, costringendola gentilmente ma
con fermezza a guardarlo, e le aveva sorriso.
“È stato incredibile”.
Il lampo di orgoglio negli occhi
castani di lei aveva inspiegabilmente aumentato il suo benessere.
Chuck sbuffò, deciso a scacciare
quei pensieri che, dopo Addio errore ed è così lontano che nemmeno me lo
ricordo e Non puoi toccarmi, erano diventanti inaccettabili.
Un po’ per distrarsi dalle
memorie su Blair, un po’ perché sentiva di doverlo fare, sfilò il telefono dalla
tasca e schiacciò uno dei tasti di chiamata rapida, sorseggiando il drink mentre
aspettava. Dopo un po’, la voce di Serena gli riempì l’orecchio:
“Spero tu non abbia chiamato per
dirmi qualche porcheria, Chuck. Non ho tempo da perdere, devo riuscire a parlare
con Dan e ho bisogno del telefono.”
“Anche per me è bello sentirti,
sorellina.” ribatté lui, serafico. “E, lasciatelo dire, ultimamente sei troppo
tesa. Io saprei bene come farti sciogliere: un bel letto comodo, una bottiglia
di champagne, le mie mani sul tuo corpo...”
“Forse dovrei andare da lui.
Parlargli di persona.” disse lei come se non lo avesse udito, a quel che pareva
riflettendo ad alta voce. Normalmente Chuck non amava essere ignorato, ma gli
piaceva l’atteggiamento noncurante di Serena di fronte alle sue provocazioni.
Era uno dei motivi per cui con lei si era sempre trovato a suo agio: ci voleva
un bel po’ per scandalizzarla, giocavano alla pari.
“Beh, potrai farlo senza doverti
più preoccupare di Georgina. Mi ha detto che è in partenza.”
“Sì, l’ha detto anche a me.”
dichiarò Serena e, dopo una manciata di secondi, realizzò: “Le hai parlato?
Quando?”
“Poco fa.”
“Oddio!” esclamò, la voce
ricolma di preoccupazione. Chuck corrugò la fronte a quella reazione,
sinceramente confuso: tanto affetto nei suoi confronti non era proprio da
Serena. La faccenda di Georgina doveva averla davvero messa sottosopra,
emotivamente.
“Non è successo niente. So
badare a me stesso.” ribatté, con arroganza.
“Chi se ne importa di te,
Chuck!” sbottò lei, e Chuck si chiese divertito se dovesse sentirsi offeso.
“Credi che Georgina abbia intenzione di parlare anche con Blair? O peggio, con
Dan?”
“Manderò Mike a sorvegliare il
loft di Humphrey tutta la notte. Se Georgina si fa viva, mi avvertirà subito”,
la tranquillizzò, in tono pratico. “Quanto a Blair...”
...la tua preziosissima
Blair, giusto?
Posò il bicchiere sul tavolino e
si sfregò gli occhi con le dita, cercando di restare concentrato. Non era
facile, con la voce irritante di Georgina che gli risuonava nella mente. “...vai
a dormire da lei. Domattina, mi accerterò che Georgina abbia fatto il check-out
in albergo.”
“Sì, giusto. Magari domani Dan
si sarà anche calmato un po’ e mi ascolterà.” approvò Serena, con slancio. Poi,
dopo qualche attimo di pausa: “Grazie, Chuck.”
“Qualche volta potresti venire a
dormire anche da me, sai”, suggerì, lascivo. “Sarei più che lieto di
mettere a tacere quella voce di Gossip Girl sul fatto che non sei una bionda
naturale. Dopo essermene accertato personalmente, ovvio.”
“Ritorna a fare qualunque cosa
perversa tu stessi facendo, Chuck. Ci sentiamo domani.” lo salutò Serena in tono
esasperato, e lui capì che stava sorridendo. Soddisfatto, sorrise a sua volta.
“A domani, sorellina”.
Si mise di nuovo il telefono in
tasca e contraccambiò l’occhiata seducente che gli stava lanciando una donna dai
capelli scuri seduta al bancone.
Io preferisco le brune
E quello, doveva ammetterlo, era
vero.
Fine#17
Note
dell’Autrice:
[1] “The
Private Memoirs and Confessions of a Justified Sinner” è un romanzo del 1824 di
James Hogg.
[2] La qualità delle stagioni è
in caduta libera, quindi io torno ai fasti della prima. ;)
[3] Grazie, grazie, grazie a
tutti per le stupende recensioni. Le risposte individuali... beh, immagino
sappiate già il seguito della frase.
Alla prossima storia,
Melany
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Capitolo 18 *** Out of Control ***
New Page 1
#18
Title:
Out of Control
Autrice:
Melanyholland
Summary: “Sei venuta.”
sussurra una voce roca alle sue spalle, e Blair sussulta, perché tutto intorno a
Chuck è così buio che non si era accorta ci fosse.
Rating:
arancione
Timeline:
4x20 (The Princesses and the Frog)
Pairing:
cenni Blair/Louis, Blair/Chuck.
Out of Control
È così buio.
Il primo pensiero che le viene
in mente. Chuck mi ha tenuto nella sua oscurità così a lungo, ha detto
poco fa a Serena. Serena che dovrebbe essere dalla sua parte e che invece non lo
è. Serena che si scusa, Serena che si sente orribile, Serena che, a quanto pare,
non sopporta di vederla felice.
Buio. E silenzio.
Aria viziata, predigerita,
calda.
“Che ne pensi?”. Chuck la guarda
con un sorriso a fior di labbra, ma è nervoso. Blair se ne accorge subito, e non
solo perché sposta il peso da un piede all’altro e si sfrega le mani in
continuazione. Blair sa sempre cosa prova Chuck. Le sue emozioni la raggiungono
come il profumo leggero dei fiori freschi che decorano la nuova suite
dell’Empire –narcisi gialli- e la musica lenta dell’I-pod collegato allo
stereo -Frank Sinatra-. Blair fa un sorrisetto e lo tiene sulle spine,
guardandosi intorno e muovendosi per la stanza con deliberata lentezza. Perché
lo ama tanto, certo, ma è pur sempre Blair Waldorf, e ogni tanto le piace essere
dispettosa. Ogni rintocco dei tacchi sul pavimento in parquet è
attentamente calibrato per scandire severo l’analisi scrupolosa di ciascun
mobile, quadro e ornamento.
“Il divano è carino”, commenta,
sostenuta. “Ma una motocicletta in salotto, Bass? Sul serio?”. Gli scocca
un’occhiata pungente da sopra la spalla, inarcando le sopracciglia.
“È un pezzo da collezione.”
obietta lui, lievemente offeso. Sull’onda di un’affettuosa indulgenza Blair
decide di non insistere, ma intanto pensa, con un sospiro rassegnato: Maschi.
Solo loro possono pensare che una motocicletta parcheggiata in soggiorno sia una
buona idea. Più tardi ha appuntamento con Serena e non vede l’ora di
raccontarglielo, così potranno riderci su insieme davanti a un caffé.
Sbircia nella camera da letto, e
nota che Chuck ha fatto appendere al muro il ritratto della pin-up con
gli occhiali da sole che adornava anche la sua vecchia stanza. Quel quadro non è
mai stato di suo gusto, perché non le piace chiedersi che cosa di quell’immagine
abbia attratto Chuck: i capelli biondi? Le labbra fini? Le guance magre? Così
arriccia il naso con disappunto. Tuttavia, il malumore si affievolisce un poco
quando avverte le braccia di Chuck cingerla da dietro e il viso affondarle fra i
boccoli.
“Dovevi proprio appenderlo anche
qui?” domanda seccata, gesticolando verso il dipinto, ma le attenzioni delle
labbra di Chuck, che le sfiorano la nuca con baci adoranti, le strappano un
sorriso.
“Te l’ho detto, Blair”, ribatte
lui suadente, rievocando una conversazione fatta un pigro pomeriggio di agosto,
mentre mangiavano grosse fragole al cioccolato fondente tra le lenzuola. “Quando
finalmente mi permetterai di farti delle foto artistiche, lo sostituirò
con il tuo ritratto.”
“Oh, e quale sarebbe la tua
definizione di foto artistica, Chuck?” chiede lei con voce candida e uno
sfarfallio ingenuo delle ciglia, piroettando tra le sue braccia in un fruscio
della gonna a pieghe Stella McCartney giallo chartreuse. Chuck sfoggia
quel ghigno malizioso che le fa venire voglia di segregarlo in camera da letto
per tutta la giornata mentre le stringe possessivo i fianchi.
È il loro gioco preferito: lui
il diavolo tentatore e lei l’innocente sedotta. Diverte Blair soprattutto perché
sa bene quanto sia vero il contrario. È stata lei a farlo cadere ai suoi piedi,
subito e irrimediabilmente. Tutto ciò che ha dovuto fare per legarlo a sé è
stato baciarlo una volta, e da quel momento, Chuck ha smesso per sempre di
desiderare i baci di tutte le altre.
“Semplice: una foto a figura
intera in cui sei tu ad indossare solo gli occhiali da sole.” risponde
disinvolto, poi abbassa la voce in un sussurro carezzevole: “Devi ammetterlo,
sarebbe un capolavoro”.
Allora Blair ride, perché il
complimento la lusinga ed è una bella giornata e ormai ha smesso definitivamente
di chiedersi se dureranno. Lo bacia con entusiasmo ed è un bacio un po’
impacciato, con i denti che si scontrano perché non riesce a smettere di
sorridere.
“Scordatelo, Bass.”
“Se proprio insisti, puoi tenere
anche le perle e le autoreggenti di pizzo.” insiste lui con voce svergognata e
sognante, mentre le mani scorrono viziose a palparle la schiena nuda sotto la
sottile barriera della camicetta di seta.
“Di’ la verità: ci hai
fantasticato parecchio su questa faccenda della foto, vero?” lo prende in giro
lei con un sorriso furbo, mentre le dita lisciano la cravatta punteggiata di
pere.
“Se quando dici fantasticare
immagini me, sotto la doccia, le mattine in cui non mi raggiungi e quindi devo
insaponarmi da solo...”
“Sei irrecuperabile.” lo
interrompe Blair briosa, allacciandogli le mani dietro il collo e baciandolo
ancora, mentre schiaccia il proprio corpo contro quello di lui abbandonandosi
completamente al suo abbraccio e alle sensazioni che le dona la sua bocca.
“La suite è bella, Chuck. Mi
piace.” bisbiglia finalmente, sbirciandolo fiera attraverso le ciglia degli
occhi ancora socchiusi, ed è commossa dal largo sorriso che gli illumina
improvvisamente tutto il volto, ringiovanendolo di qualche anno. Da quando Bart
ha avuto l’incidente, quel genere di sorriso è raro e quindi estremamente
prezioso.
“Sì?”
“Sì.” lo rassicura lei,
scostandogli un ciuffo di capelli dalla fronte prima di posargli la mano sulla
guancia liscia e perfettamente sbarbata.
La adora, per la verità. Certo,
deve soprassedere sul fatto che l’arredamento urli nuovo ricco da ogni
angolo e mensola, ma ciò che conta è che Chuck ha comprato l’Empire perché Blair
crede in lui, e quella suite sarà il loro nido d’amore, il suo rifugio
dalle squallide mura della NYU. Un luogo in cui sentirsi una regina, amata e
protetta.
“Bene. Perché tutto ciò che è
mio, è anche tuo.” dichiara Chuck, e lei gli crede, entrambi ci credono, mentre
riprendono a baciarsi arrancando abbracciati verso il letto e il profumo
fragrante dei narcisi li circonda.
A Louis piace Le Déjeuner sur
l'Herbe, ricorda Blair all’improvviso. Lei e il principe hanno legato grazie
alla comune passione per Manet. E il burlesque, forse. Louis ha ben finto
di essere un autista al loro primo appuntamento, e non è quello uno dei principi
base del burlesque? Il travestimento?
Da piccola mi piaceva vestirmi
da principessa, pensa Blair altrettanto repentinamente, e corruga la fronte
perché la considerazione è così fuori luogo.
Avanza per la suite con
circospezione, e il rumore dei tacchi sul parquet risuona sordo per la
stanza, mettendola a disagio. L’aria è gravida di alcol, un lezzo che le
aggredisce le narici e le fa lacrimare gli occhi.
“Sei venuta.” sussurra una voce
roca alle sue spalle, e Blair sussulta, perché tutto intorno a Chuck è così buio
che non si era accorta ci fosse.
Gli chiede spiegazioni, con voce
rotta. Il modo in cui l’ha umiliata di fronte a tutti è stato meschino ed è
arrabbiata con lui per averla deliberatamente coinvolta in una scenata da
filmaccio di serie B, per averla esposta al pubblico biasimo di quei nobili che
alla festa sono rimasti educatamente impassibili e hanno evitato parole
offensive, ma che di certo hanno riso di lei alle sue spalle, magari commentando
sprezzanti che Louis se l’è proprio cercata, e che gli è passato per la testa
quando ha invitato al party quella volgare americana?
Blair sa bene quanto maligna
possa essere un’elite nei confronti di chi non ne fa parte. Lei stessa si
è compiaciuta più volte di pronunciare simili battute a spese di ragazzine come
Jenny Humphrey, senza mai provare il più piccolo pungolo di rimorso.
Ma Blair Waldorf non è Jenny
Humphrey -oh no, assolutamente- e odia che Chuck, fra tutti, l’abbia fatta
sentire così, un aneddoto riprovevole che le dame di corte avrebbero ricordato
scuotendo la testa all’ora del tè, la fine porcellana cinese delle tazze a
nascondere le labbra piegate in un sorriso di compiaciuta derisione. Proprio
Chuck, consapevole di quanto le stia a cuore la propria reputazione, Chuck che
una volta ha baciato Blair mentre aveva ancora sulla lingua il sapore della
bocca di Jenny, sulla schiena i graffi delle unghie di Jenny, sul petto il
profumo del corpo di Jenny.
“Come hai potuto farmi una cosa
simile, Chuck?”.
Chuck si scusa, ma le parole
seguenti e l’atteggiamento sprezzante smentiscono anche quella pallida e
noncurante ammissione di colpa. Non è dispiaciuto affatto, Blair lo conosce
troppo a fondo per illudersi. Al contrario, è contento di averla umiliata, se
questo è servito a riportarla da lui. A quella considerazione, un fiotto di
collera le irrora il petto e le fa stringere le labbra.
Un’altra parte di lei, una parte
fastidiosa e abbastanza coriacea da sopravvivere a tutti i numerosi tentativi
che Blair ha fatto per assassinarla, così dolce, paziente e generosa da essere
quasi incompatibile col suo carattere, quella parte che una volta le ha fatto
stringere a sé il corpo tremante di Chuck nonostante il crudele Che peccato
seguito alla sua prima faticosa dichiarazione d’amore, è invece profondamente
preoccupata per lui. Da tempo Chuck non si riduceva in uno stato così pietoso:
ubriaco, instabile, con gli occhi annebbiati, l’andatura claudicante e gli abiti
sgualciti.
“Ho bisogno di te, Blair”,
biascica lui disperato, perché sono passati due anni ed ora è capace di dirlo,
ora non le rivolge più solo uno sguardo smarrito e pieno di dolore. Ma stavolta,
Blair non corre a consolarlo, non lo accoglie nel suo abbraccio, perché sono
passati due anni e ora lei è capace di resistergli.
Ci tiene a lui, questo non è
cambiato. Quando Chuck sorride felice, illudendosi che sia davvero tornata per
amarlo e sostenerlo, Blair si sente trafiggere dolorosamente da sconforto e
senso di colpa, e forse è per questo che gli permette di stringerla e di
baciarle il collo per qualche secondo. Ma non sono i baci che ricorda, quelli
sensuali e adoranti che la fanno sospirare a palpebre serrate mentre distende le
labbra in un sorriso di estasi e i brividi le percorrono la schiena. Chuck è
irruente e sgraziato, le sue labbra schioccano umidicce a contatto con la pelle
e ogni volta che le ansima sulla gola le arriva una zaffata maleodorante e
acetosa di scotch.
Louis non beve scotch, e i suoi
baci sempre dolci sono in tenero contrasto con l’acre sapore di champagne e
chardonnay che talvolta Blair riconosce nel suo fiato. Ricorda il loro risveglio
insieme, come lui le ha solleticato giocoso il collo mentre bisticciavano sul
Louvre e il Met. Blair ha riso così tanto tra le braccia del bel principe, fino
ad ora aveva quasi dimenticato cosa volesse dire stare bene con qualcuno, senza
drammi epici e inevitabili affascinanti solo quando ad averci a
che fare è l’eroina di un film o un libro, perché nessun osservatore è in grado
di capire fino in fondo quanto straziante e annichilente possa essere.
Quando Louis le ha detto Je
t’adore con il suo irresistibile accento francese, baciandola innamorato di
fronte alla di certo invidiosa Serena, a Blair è sembrato di uscire da una
pellicola drammatica dalle tinte scure per entrare in una commedia romantica a
lieto fine, barattando così un Heathcliff per un Joe Bradly. Infatti, Louis è
sempre così premuroso con lei. Lo è stato anche durante la loro prima notte
insieme, chiedendole di continuo con sguardi incerti o con sussurri pieni di
tenerezza se andava bene, se le piaceva, come si sentiva, finché Blair gli ha
tappato la bocca con un bacio e ha preso l’iniziativa. A quel punto, Louis le ha
bisbigliato semplicemente “Sei stupenda” e dopo l’ha tenuta tra le braccia e le
ha accarezzato i capelli fino a farla addormentare.
Louis è il fidanzato perfetto,
si dice, e deve inghiottire il nodo gonfio che le blocca la gola per mormorare:
“Louis mi ha chiesto di
sposarlo”.
Chuck raggela, interrompendo le
sue rozze effusioni, e quando si scosta abbastanza da permetterle di guardarlo,
Blair si accorge che anche quel piccolo barlume che ancora brillava flebile in
fondo ai suoi occhi si è estinto. Ora non c’è altro che buio, castano scuro
divenuto nero.
“Non sposerai nessun altro. Sei
mia.” dichiara, duro. Non la guarda, è come se lei non ci fosse. Come se non
contasse.
“Volevo esserlo. Lo volevo così
tanto... ma ora non più.” bisbiglia Blair accorata, e spera che Chuck la guardi
perché c’è anche lei, ma Chuck non lo fa. Proprio come quella sera rivoltante,
quando Blair ha ribattuto in lacrime a tutte le sue scuse spregevoli ed egoiste
finché non ce l’ha fatta più a sopportarlo e l’ha colpito, e allora lui ha
smesso di guardarla, oltre che di parlarle. Vigliacco. Come al solito, perché
quella coraggiosa ha sempre dovuto farla lei.
Ma Louis è un principe. Si
prenderà cura di lei, come nelle fiabe che le raccontava Harold dopo averle
rimboccato le coperte e prima di darle il bacio della buonanotte.
“Tu sei mia, Blair.” ripete
Chuck feroce e stavolta la guarda ma Blair non ha il tempo di rallegrarsene
perché sente la pressione delle sue mani addosso che stringono, stringono mentre
la strattonano e la spingono giù, nel buio, dove i diamanti sul vestito non
brillano e dove nessuno può vederla, non con Chuck sopra di lei che la schiaccia
con forza ancora più giù.
Chuck la spinge sul letto e
Blair rimbalza leggera sul materasso, ridendo vivace e scostandosi i capelli dal
viso. “Chuck! Ho appuntamento con Serena, lo sai!”.
Si sdraia sopra di lei,
impedendole di alzarsi.
“Mmm, vorrà dire che farai
tardi”, sussurra, baciandole il collo mentre le dita agili fanno sgusciare fuori
i bottoni di madreperla dalle asole della camicetta.
“Dico sul serio!” brontola
lei, smentita dal sorriso che le inarca le labbra. Spiana le dita sul petto di
lui per fermarlo e ride quando Chuck per tutta risposta le afferra la mano e la
bacia.
“Basta, Chuck!”
Chuck si ferma subito, ma Blair
sente le lacrime pizzicarle gli occhi e il petto scosso dal batticuore e dagli
ansiti e i punti in cui l’ha stretta fanno male e vorrebbe solo che tutto questo
smettesse. Sa che è turbato e fuori di sé, ma deve farlo, per il suo
bene, per il bene di entrambi:
“Ti amo.”
“Ti amo anch’io. E sono
ottantuno.”
“Bugiardo! Non puoi aver
continuato a contare finora!” lo smentisce lei, ma è deliziata alla prospettiva
di credergli.
“Questo mi offende, Waldorf.
E perché tu lo sappia, tengo il conto anche delle volte in cui abbiamo fatto
l’amore, di quelle in cui ti ho leccato la...”
“Chuck!”
“Ho detto che è finita”.
Dopo è tutto confuso. Sente il
grido di Chuck e chiude d’istinto gli occhi al rumore di vetri rotti ed è un
bene, perché una pioggia di frammenti affilati le piove sul viso e sente un
bruciore acuto sulla guancia. Blair si divincola e corre, sorpassa la
motocicletta, il vaso vuoto, il quadro della pin-up che fa capolino dalla
porta socchiusa della stanza di Chuck. Preme frenetica il pulsante.
Qui, con te, mi sento a casa.
Quando le porte dell’ascensore
si chiudono, Blair si tampona il sangue sulla ferita e pensa che tutto ciò che
desidera è tornare a casa.
Fine#18
Note dell’Autrice:
[1] “Out of Control” è una canzone dei Rolling Stones del 1997.
[2] Heathcliff è il protagonista di “Wuthering Heights” (Cime
Tempestose), romanzo di Emily Brontë da cui sono stati tratti gli omonimi
film. La sua tormentata e fortemente gotica storia d’amore con Catherine
Earnshaw è molto famosa.
Joe Bradly è invece il
giornalista interpretato da Gregory Peck nel film “Roman Holiday” (Vacanze
Romane) che s’innamora di Audrey Hepburn nei panni della principessa Ann.
[3] La cravatta a pere l’ho inventata io. Ho sghignazzato cinque minuti
solo a immaginarmela e non potevo che farla indossare a Chuck.
[4] Puntata difficile da affrontare, ma mi piaceva l’idea di approfondire
il punto di vista di Blair.
Grazie a tutti i lettori e in
particolare a chi ha commentato. Le risposte alle recensioni sono state inviate
col solito metodo.
Partirò fra una settimana,
dubito che riuscirò a postare qualcosa prima di tale data. Per cui, auguro a
tutti fin da ora buone vacanze!
Melany
|
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Capitolo 19 *** Ladies Should Listen ***
New Page 1
#19
Title:
Ladies Should Listen
Autrice: Melanyholland
Summary: È perfetta,
pensò, occhieggiandola con invidia e cominciando a mordicchiarsi l’unghia del
pollice destro senza accorgersene, un vecchio vizio che sembrava non sparire mai
del tutto.
Rating: giallo
Timeline: dopo la 1x05 (Dare
Devil)
Main
Characters: Blair Waldorf, Chuck Bass (cenni
Blair/Nate)
Ladies Should Listen
A Elise piaceva lo Starbuck’s
sulla Fifth Avenue, perché poteva bere il suo cappuccino circondata da libri di
ogni genere, e poi uscire in strada e guardare le vetrine dei negozi, ammirando
gli abiti migliori messi in mostra da Bergdorf e Bendel, per poi
mangiare con gli occhi i coni gelato dietro i vetri di Tiffany. Solo con
gli occhi, però. Penelope le aveva detto solo qualche settimana prima che le sue
guance erano troppo paffute, scatenando risolini da tutte le ragazze, e anche se
Blair non aveva riso e si era limitata a scoccarle un’occhiata assente, il suo
cipiglio era stato anche peggio dell’ilarità delle altre. Elise era convinta che
Blair fosse ancora dubbiosa riguardo alla sua ammissione nel loro gruppo,
perfino in quel ruolo sottomesso in cui doveva pulire le scarpe delle altre e
andare a restituire i loro libri in biblioteca e portare le loro borse fino in
classe, anche quando la sua lezione era in un’aula dall’altra parte
dell’edificio e alla stessa ora.
“Non dire sciocchezze, Elise. Se
Blair ti ha ammessa significa che ti vuole, e vedrai che presto smetteremo di
fare tutte quelle commissioni odiose. Entreremo nel giro.” la incoraggiava
Jenny ogni volta che ascoltava Elise ripeterle le sue segrete paure, e le
brillavano sempre gli occhi quando pronunciava l’ultima frase, come se
riuscisse già a vedersi sugli scalini del Met a ridere con Blair
chiamandola “B” e a discutere dell’ultimo party a cui erano andate insieme,
sotto gli sguardi invidiosi di tutte le altre ragazze. A Elise piaceva Jenny,
anche se viveva a Brooklyn. Jenny sembrava sempre determinata e sicura di sé,
qualità che Elise avrebbe tanto voluto avere. Chissà, magari sarebbe finita
davvero sullo stesso gradino di Blair, un giorno, anche se indossava quegli
strani vestiti senza targhetta e doveva prendere i mezzi pubblici per
raggiungere la Constance.
Jenny era così bella, bionda,
alta e longilinea, a volte quando le correva incontro da lontano Elise la
scambiava per la mitica Serena Van der Woodsen, che una sera le aveva sorriso
quando lei l’aveva salutata timidamente con la mano.
Ogni tanto Jenny –non Serena,
mai Serena, purtroppo- le faceva compagnia da Starbuck’s, e insieme
spettegolavano sull’ultimo articolo di Gossip Girl, o sfogliavano Seventeen
e Teen Vogue scegliendo gli abiti che avrebbero voluto indossare,
giocando ad abbinarci scarpe e borse. Elise si divertiva parecchio con Jenny,
era la sua prima vera amica, e sospettava che fosse lo stesso anche per lei. A
parte suo fratello, non la vedeva mai trascorrere il tempo con altre persone. A
Elise sembrava strano, perché Jenny era simpatica, intelligente e molto carina.
“Ho letto di te su Gossip Girl
una volta”, l’aveva informata eccitata una mattina, in parte per farla contenta,
dato che l’amica moriva palesemente dalla voglia di essere bersagliata dalla
perfida blogger, in parte per scoprire cosa era realmente successo, dato
che gli scandali più succosi erano proprio quelli più vaghi, ed Elise aveva
rimuginato sui particolari di quella particolare notizia a lungo: “C’era scritto
che al Kiss on the Lips party tu e Chuck Bass vi siete appartati. Cos’è
successo?”. Elise sfoggiava un sorriso di anticipazione sulle labbra, ma quello
di Jenny, smagliante quando entrambe avevano commentato le ridicole calze a rete
di Lady Gaga a pagina settantasette, si era spento a poco a poco.
“Niente di che. Sul serio.”
“È fico che abbia notato proprio
te fra tutte le ragazze della festa!”. Elise non si sarebbe arresa facilmente.
Come tutte, adorava spettegolare. “Che ti ha detto? Vi siete baciati?”
Jenny si era portata il
bicchiere di caffé fumante alle labbra e ne aveva preso un lungo sorso. Poi lo
aveva posato di nuovo sul tavolo e aveva sfoggiato un sorrisetto enigmatico:
“Forse.”
“Dai, prometto che non lo dirò a
nessuno!”.
Jenny aveva scosso la testa, la
luce si era riflessa in luccichii dorati sui suoi capelli lunghi.
“Non mi va di parlare di Chuck
Bass. Indovina che cosa mi ha regalato Blair quando sono andata a casa sua?”.
Blair Waldorf era uno degli
argomenti che Jenny preferiva. A volte, Elise l’aveva beccata a copiare il modo
in cui Blair stava seduta o portava la borsa contro il fianco. C’erano stati
perfino momenti in cui nello sguardo di Jenny era baluginato un lampo freddo e
altezzoso perfettamente da Blair, ma era sempre strano pensarci quando Jenny ti
fissava di rimando al di là del tavolo con quegli occhioni azzurri innocenti e
dolci.
Benché fosse sempre piacevole
passare il tempo con Jenny, quella mattina Elise era contenta che lei non ci
fosse. Mentre sorseggiava il cappuccino, si accorse di colpo che un solo tavolo
la divideva da Blair, che era seduta a leggere con aria assorta un libro di cui
Elise non riusciva a capire il titolo, coperto dalle dita sottili di lei che lo
reggevano. Probabilmente Blair non si era accorta di lei, che se ne stava in un
angolino del bar in penombra, il suo posto preferito quando non c’era l’amica a
trascinarla in mezzo alla sala, e comunque la gente era solita non notarla quasi
mai, come se fosse invisibile. Elise pensò che era un’occasione per osservarla
come faceva Jenny, copiandone gli atteggiamenti e il portamento. Non riusciva a
guardare Blair a lungo quando erano in gruppo, la metteva troppo a disagio
l’idea di essere sorpresa a scrutarla, così poi Blair e le altre avrebbero
pensato che era una “strana”, e sarebbe stata cacciata via perché faceva venire
la pelle d’oca a tutte, con quella mania che aveva di fissarle.
No, il solo pensiero la
demoralizzava. Per lo più, Elise teneva gli occhi sulle punte delle proprie
scarpe quando le permettevano di gironzolare con loro per la scuola. Ora però
Blair non sapeva che era a pochi passi da lei, ed Elise poteva guardarla quanto
le pareva senza rischi. Il pensiero la emozionò per ragioni che faticava a
capire a livello conscio, ma non se ne curò. Voleva assaporare il momento.
Il primo dettaglio che la colpì
fu che Blair indossava un paio di jeans. Aderenti e sicuramente firmati, con una
cinta D&G dalla fibbia dorata tra i passanti, ma pur sempre jeans. Era
insolito vederla così casual, Blair sembrava adorare drappeggiarsi in
abiti pieni di merletti e trine che Elise immaginava ci volesse chissà quanto
tempo per indossare a dovere. Il suo stile era “molto Maria Antonietta”, o così
aveva detto sbadatamente Jenny una volta, e Jenny sicuramente s’intendeva di
vestiti, perciò Elise aveva registrato la definizione nella memoria. Chissà che
non le sarebbe servita, un giorno. Magari l’avrebbe buttata lì con fare
noncurante a portata di orecchio di Blair, che si sarebbe voltata sorridente e
avrebbe esclamato che Elise aveva centrato in pieno il punto, e poi magari
sarebbe stata lei ad avere il permesso di chiamarla “B”, magari prima di Jenny.
Magari.
I capelli di Blair erano
acconciati in una coda elaborata che si attorcigliava su se stessa in onde
castano scuro, donandole quel tocco di eleganza e ricercatezza a cui la ragazza
non sembrava mai disposta a rinunciare, quasi volesse sottolineare in ogni
istante che non era come tutte le altre, che era qualcosa di più, perfino
quando sorbiva un caffé; l’immancabile cerchietto le incorniciava la testa di
azzurro come una corona di zaffiri; il trucco sul viso sembrava leggero, quasi
accennato, ma Elise ne sapeva abbastanza da capire che per dare
quell’impressione di naturalezza occorrevano montagne di cosmetici; una singola,
delicata ciocca di capelli sfuggita di proposito alla coda e al cerchietto le
sfiorava la guancia destra, liscia e senza imperfezioni. Elise riconobbe la
camicetta della linea autunnale Waldorf, bianca e a pois magenta,
con un sottile nastro di raso che si legava dietro la schiena in modo da far
aderire la seta ai fianchi, accentuandone la linea deliziosamente sporgente.
È perfetta, pensò,
occhieggiandola con invidia e cominciando a mordicchiarsi l’unghia del pollice
destro senza accorgersene, un vecchio vizio che sembrava non sparire mai del
tutto. C’era stata un po’ di pioggia un’ora prima che aveva increspato i capelli
di Elise, ma Blair sembrava appena uscita dal parrucchiere in una giornata
assolata. Inoltre sembrava così intelligente, immersa nel suo libro, con una
piccola ruga di concentrazione fra le sopracciglia ben delineate e il labbro
inferiore appena un po’ sporto in fuori, lucido di rossetto. Elise si chiese
cosa si provasse ad essere così palesemente attraenti e impeccabili. Di certo,
solo guardare il proprio riflesso allo specchio rendeva Blair felice. Non era un
caso se il bellissimo Nate Archibald era innamorato di lei, pensò con un pungolo
acuto di rammarico Elise, che aveva una cotta segreta per il ragazzo, come quasi
tutte le sue compagne di classe, dal primo momento che lo aveva visto. In più di
un’occasione gli occhi azzurri e il sorriso gentile di Nate erano apparsi nei
suoi sogni, ma quando li incontrava nella realtà, erano sempre rivolti verso
Blair. Certe ragazze avevano proprio tutte le fortune.
Sospirò e smise di tormentarsi
l’unghia. Doveva avere fiducia nelle parole confortanti di Jenny e aspettare di
essere ammessa definitivamente nel gruppo, poi forse anche lei avrebbe avuto un
fidanzato affascinante come Nate che la guardava e la baciava, eleggendola a
centro del suo mondo.
“Finalmente!”.
Elise sobbalzò alla voce
tagliente e seccata di Blair. Solo allora si accorse che un ragazzo si era
avvicinato al tavolo. Per un momento sperò fosse Nate, che era piacevole anche
solo da guardare, con quella frangetta biondo cenere che gli sfiorava la fronte
e i bottoni del colletto sempre slacciati a mostrare un accenno del petto. A
Elise piaceva Nate anche perché non era vanitoso come la maggior parte degli
studenti del St. Jude, che si abbigliavano meticolosamente con abiti
firmati, ostentando la loro ricchezza e il loro bell’aspetto. Nate andava
tranquillamente in giro anche con capelli arruffati, maglioni sformati e jeans,
incurante degli sguardi infuocati dell’universo femminile. Era quasi come se non
si accorgesse di essere così terribilmente carino, il che lo rendeva ancora più
terribilmente carino, ovvio.
Ma appena i suoi occhi si
posarono sul viso del nuovo arrivato, Elise dovette ricredersi: si trattava di
Chuck Bass, vanitoso e di certo ben consapevole degli sguardi impudichi che le
donne gli lanciavano. Elise se ne meravigliò, perché non credeva che lui
frequentasse posti del genere, soprattutto di mattina. Nella sua immaginazione,
Chuck Bass era inscindibile da feste, prostitute e alcol e lì c’erano solo libri
e caffé.
“Non vedevi l’ora di vedermi?
Come sei dolce.” sussurrò il ragazzo in tono provocante, rivolgendo a Blair il
suo solito sorrisetto impudente. Elise non l’aveva mai visto senza. Chuck
sembrava prendersi continuamente gioco del mondo. O tentare di sedurlo.
Blair sbuffò, posando il libro
aperto sul tavolo a faccia in giù –Madame Bovary di Flaubert, lesse Elise
finalmente- e incrociando le braccia.
“No, ho solo poco tempo da
perdere con te. Devo iniziare a organizzare il ballo in maschera, lo sai.”
“O meglio, devi iniziare a dare
ordini alle tue tirapiedi per il ballo in maschera.” la corresse Chuck, e c’era
una certa compiaciuta ammirazione nel suo tono. Questo strappò un sorrisino al
cipiglio severo di Blair.
“La piccola J non avrà tempo di
respirare. Così impara a lasciare la mia soirée in anticipo”.
Il cuore di Elise sprofondò.
Sapeva già che Jenny era stata invitata al famoso pigiama party annuale a casa
Waldorf, ma ogni volta che ci pensava diventata triste. In fondo, Jenny aveva
iniziato la gavetta solo qualche giorno prima di lei, non era giusto che avesse
avuto quell’occasione incredibile. Per di più, Elise aveva sentito che era stata
grandiosa, riuscendo perfino a vincere al gioco Obbligo o Verità, il che non era
da tutti, visto che Blair ne era la campionessa indiscussa.
E ora c’era pure il fatto che
Blair aveva menzionato Jenny, ma non lei. Come se non si ricordasse nemmeno la
sua esistenza.
“Ah, la dolce Jenny. Ho capito
subito che aveva delle potenzialità.” mormorò Chuck estasiato e viscido, ed
Elise si mise attentamente in ascolto, sporgendosi sul proprio cappuccino. Forse
avrebbe finalmente scoperto cosa era accaduto quella sera al Kiss on the Lips.
Blair scoccò al suo
interlocutore un’occhiata che avrebbe terrorizzato Elise, spingendola a
nascondersi nel rifugio più vicino. Era puro veleno.
“Quello che hai capito subito,
Bass, è che è abbastanza sciocca da farsi trascinare in un luogo buio da uno
come te.” ribatté Blair, caustica. Chuck ghignò, divertito.
“Dovresti provare a farti
trascinare in un luogo buio anche tu qualche volta, Waldorf. Sono certo che ti
piacerebbe”. Chuck si chinò verso di lei, abbastanza perché il suo respiro le
accarezzasse le labbra: “Se il caro Nathaniel non si offre volontario, posso
farlo io.”
“Ah, come vorrei che una
tempesta ti avesse buttato giù dalla nave, Bass!”.
Blair lo allontanò da sé con una
spinta e Chuck indietreggiò, posando la cartellina che aveva sottobraccio sul
tavolo per poi sedersi. Non aveva smesso di ghignare, benché le parole di Blair
fossero chiaramente offensive.
“Avresti pianto per me in un
delizioso abito nero di Dior, con una veletta a coprirti gli occhi gonfi?”
“No, avrei organizzato un party
e avrei donato i proventi a un’associazione per la cura delle malattie veneree.”
ribatté Blair pungente, ma gli angoli della bocca le si erano arricciati un
poco.
“Mi ferisci, dolcezza.” sussurrò
mellifluo Chuck, che non sembrava affatto ferito. “Tutto questo astio nei miei
confronti potrebbe essere messo a frutto, però. Sarei lieto di mostrarti come
nella mia suite. Mai sentito parlare di bondage?”.
Elise non sapeva molto di sesso,
ma il tono e la reputazione di Chuck erano al di là di ogni fraintendimento. Era
incredibile che avesse il coraggio di parlare in quel modo a Blair Waldorf, la
regina casta e pura della Constance, per di più fidanzata ufficialmente
con il suo migliore amico.
“Sei repellente, Chuck.”
“E tu sei così sexy quando fai
la cattiva.” rispose lui compiaciuto, senza perdere un colpo. I suoi occhi
cominciarono a scivolare sul corpo di Blair in modo invadente, tanto che fu
Elise a sentirsi arrossire, benché non fosse lei il bersaglio delle sue
spudorate attenzioni.
“Jeans?”
“Beh, avevo un appuntamento con
te.” spiegò Blair fredda, ed Elise capì che si riferiva alla teoria sui jeans
come abbigliamento anti-stupro. Chuck evidentemente colse l’allusione, perché
ribatté:
“Mi spiace deluderti Blair, ma
vedere le tue belle cosce strizzate nel denim è ancora più stuzzicante.”
“Vuoi dirmi perché siamo qui o
no?” sbottò Blair spazientita, accavallando le gambe sotto il tavolo e facendo
un cenno eloquente con la mano.
“Hai proposto tu Starbuck’s,
Waldorf. Io volevo incontrarti in camera tua.” ribatté lui, e nonostante
tutto Elise sorrise, perché Blair sembrava esasperata come non l’aveva mai vista
e Chuck continuava placidamente a fraintendere di proposito le sue parole.
Chissà perché poi si ostinava tanto a temporeggiare. “Avresti potuto accogliermi
in uno dei tuoi completi LaPerla. Sai quanto adoro tanga e autoreggenti
di pizzo.”
“Hai cinque minuti. Non li
sprecare.” dichiarò Blair dispotica, a quanto pareva ricorrendo alla tattica di
ignorare le provocazioni di Chuck. Elise l’ammirò per il tono con cui gli
parlava, nessuno a scuola aveva il coraggio di dare ordini a Chuck Bass. Perfino
alcuni professori lo trattavano con deferenza.
Per la prima volta in vita sua,
Elise vide Chuck esitare e abbassare gli occhi, per la precisione sulla
cartellina che aveva posato sul tavolo. Sbirciò l’espressione di Blair e si
accorse che anche lei era sorpresa, il che probabilmente aveva aumentato la sua
curiosità, perché fissava avidamente il suo interlocutore.
“Guarda.” mormorò lui soltanto,
facendo scivolare la cartellina verso di lei. Blair l’afferrò, l’aprì e cominciò
a scorrere con gli occhi i fogli e le fotografie che vi erano contenuti. Dopo un
interludio in cui il piede di Chuck cominciò a muoversi nevrotico su e giù –Chuck
Bass nervoso?, pensò Elise stupita- Blair sollevò lo sguardo e disse:
“Un locale in vendita?”
“Ho pensato di acquistarlo e
rinnovarlo con i soldi del mio fondo fiduciario”.
Chuck non aggiunse Cosa ne
pensi?, ma a Elise parve chiaro che scoprirlo era ciò che voleva da Blair.
Sembrava che il suo parere contasse per lui, anche se, per quanto ne sapeva lei,
Blair aveva studiato economia per un solo semestre e per l’unico motivo che le
servivano i crediti.
“Sarà Nate a preoccuparsi del
patrimonio di famiglia, quando saremo sposati.” aveva dichiarato a voce alta e
sicura, mentre Kati e Isabel annuivano solennemente.
“Gli ambienti interni sembrano
spaziosi.” commentò Blair ora con un’alzata di spalle. “Anche l’esterno non è
male. Hai in mente qualcosa di particolare?”
“Ho un paio di idee.” rispose
Chuck vago, e Blair gli scoccò un’occhiata penetrante, aggrottando le
sopracciglia e ribattendo in tono irritato:
“Prima mi chiedi consiglio e poi
non vuoi sbottonarti?”
“Certo che voglio, Waldorf. Puoi
sbottonarmi dove ti pare, sempre che tu sia pronta a ricambiare il favore,
ovvio.” dichiarò lui vizioso, tornando a sfoggiare il suo solito sorrisetto e
indugiando con gli occhi sulla camicetta di lei. Blair sbuffò e incrociò le
braccia sul petto quasi a volersi proteggere da quello scrutinio lascivo.
“Ti restano due minuti e mezzo,
Bass. Se vuoi qualcosa di preciso, dovrai chiedermelo direttamente.” stabilì
Blair, ed Elise capì che era un colpo ben sferrato, perché Chuck sembrava non
voler riconoscere ad alta voce che aveva bisogno di qualcosa da Blair.
“E farai tutto quello che voglio
se te lo chiedo, B.?” la stuzzicò lui canzonatorio con una luce svergognata
negli occhi. Elise si chiese chissà quali pensieri perversi stesse formulando
quella mente depravata e di nuovo le si accalorarono le guance.
Ma stavolta Blair non si
arrabbiò, anzi, sorrise con aria saputa.
“Avanti, Chuck. Non crederai
davvero di incantarmi con questi giochetti. E il tuo tempo sta quasi per
scadere.” gli ricordò serafica, facendo scivolare l’indice intorno al bordo del
bicchiere di caffé con deliberata lentezza. Chuck la guardò di rimando, restò in
silenzio per un’altra manciata di secondi, poi incassò il colpo con un sorriso
tirato e si arrese:
“Ti andrebbe di venirci, quando
sarà il momento? Dare un’occhiata in giro, leggere il prospetto.”
“Perché non assumi un consulente
di marketing? Ti darà le dritte giuste.” suggerì Blair, ed Elise vide che Chuck
era di nuovo a disagio. Chissà perché, l’idea non sembrava male.
“Bart lo verrebbe a sapere.
Voglio fare da solo e... proporglielo come investimento. Quando sarà pronto.”
spiegò, senza guardarla. Blair al contrario studiò il suo viso con attenzione,
apparentemente immersa in profondi ragionamenti. Alla fine, scrollò le spalle.
“Beh, non ci vedo niente di male
a farci un salto. Se diventa un locale di successo, devo essere stata la
prima a entrarci.” esclamò altezzosa, e Chuck alzò gli occhi su di lei,
sorridente. Sembrava sinceramente contento, un’espressione che Elise non gli
aveva mai visto.
“Non ‘se’. Lo diventerà,
Waldorf.” obiettò, in tono offeso e arrogante. Blair rise, poi aggiunse,
inflessibile:
“Ovviamente mi devi un favore,
Bass.”
“Qualunque cosa vuoi, mia
regina”, sussurrò Chuck suadente, prendendole la mano che ancora giocherellava
col bicchiere e accarezzandole le dita col pollice, adagio, con cura. “Sarà un
piacere mettere le mie più grandi capacità al tuo servizio”.
Si chinò per posarle un bacio
sul dorso della mano ed Elise trovò il gesto dolce e tremendamente sensuale allo
stesso tempo. Jenny le aveva raccomandato di stare lontana da Chuck, ma forse
era soltanto gelosa. In quel momento, Chuck le parve così sexy.
“Non vedo come la tua abilità
nell’essere irritante e disgustoso possa aiutarmi.” commentò Blair, freddamente
derisoria, sfilando la mano dalla sua. A Elise parve che le sue guance fossero
di un rosa più acceso, ma non poteva esserne certa. Magari era solo fard.
“Non disprezzare ciò che non
conosci, Blair”. Gli occhi di Chuck brillavano maliziosi. Abbassò il tono in un
sussurro carezzevole prima di aggiungere, roco: “Potrei portarti in paradiso”.
Elise si morse il labbro
inferiore e strinse le gambe. Oh sì, decisamente sexy. Ammirò Blair per
la noncuranza con cui lo trattava, lei si sarebbe già sciolta a quel punto,
disponibile a farsi portare dove voleva lui. In quel momento, poco le importava
della cattiva reputazione di Chuck, o delle raccomandazioni calorose di Jenny
–Jenny che, da parte sua, aveva accettato eccome le avances di Chuck, e
chissà cosa si era lasciata fare su quel tetto deserto, pensò Elise con invidia
e una piccola stilettata di risentimento.
“Beh, ora devo andare al campo
da Lacrosse. Nate finisce gli allenamenti fra dieci minuti e voglio fargli una
sorpresa.” annunciò, alzandosi in piedi di scatto e facendo strusciare
rumorosamente le gambe della sedia sul pavimento di legno. Alla menzione del suo
migliore amico, Chuck sospirò e si accomodò meglio contro lo schienale,
incrociando le mani sul ventre.
“Buon divertimento. Sarà sudato
e maleodorante, una vera delizia da guardare e abbracciare.” commentò con un
ghigno beffardo. Blair arricciò il naso e rettificò, probabilmente per non
dargliela vinta:
“Allora lo aspetterò all’uscita
delle docce.”
“È esattamente questo che non va
fra voi due, Waldorf.” sospirò Chuck, affettando impazienza. “Perché non
nelle docce? Quello sì che lo sorprenderebbe, credimi. In senso buono.”
“Oh, ne sono certa. Lui e
l’intera squadra di Lacrosse, direi”.
Chuck rise come se avesse appena
sentito la battuta più divertente del mondo. Sembrava davvero a suo agio con
Blair, e c’era una strana luce nei suoi occhi quando la guardava che Elise non
aveva mai notato prima.
“Dovresti davvero avere più
riconoscimenti per la tua arguzia”, rimuginò adulatorio, poi aggiunse: “Touché,
ma chère. Anche perché mi offenderei se mostrassi le tue grazie a quei
tizi e non a me. Credo di essermi guadagnato la precedenza.”
“Cosa?”.
Ora le guance di Blair erano
chiaramente accese, notò Elise con un sorriso. Se non altro, dimostrava che era
umana. Qualche volta stentava a crederci.
“Ricordi la partita a
strip-poker che abbiamo fatto al primo anno? Hai perso e ti sei comunque
rifiutata di toglierti reggiseno e mutandine. Sto ancora aspettando.”
“Io ricordo che era una partita
a poker normalissima finché tu non hai cominciato a blaterare che era
strip-poker e Serena ubriaca ci ha creduto, sfilandosi il vestito.” obiettò
Blair asciutta, ma questo alimentò soltanto l’ilarità di Chuck.
“Beh, quando da solita noiosa
guastafeste l’hai portata via prima che si togliesse il resto, hai abbandonato
il gioco, quindi tecnicamente hai perso. Quante volte devo dirtelo?”
“Accettalo, Bass: è probabile
che tu mi veda nuda tanto quanto che Georgina Sparks si redima e finisca in
mezzo a un gruppo religioso.” dichiarò Blair veemente, inarcando le
sopracciglia.
“Allora le regalerò
personalmente una Bibbia.”
“Non puoi. Se la tocchi, ti
bruci.” ribatté Blair con un sorriso dolce e una vocetta angelica, mentre
indossava il trench che aveva posato sullo schienale della sedia. Dopodichè
afferrò il libro e girò sui tacchi alti delle decoltè magenta per allontanarsi.
Chuck rise e scosse la testa.
Estrasse una fiaschetta dalla tasca interna del cappotto beige a quadri e versò
un po’ del contenuto in ciò che restava del caffé di Blair, senza smettere di
avere un’aria soddisfatta. Fu in quel momento che i suoi occhi si posarono
lentamente ma inesorabilmente su Elise, che trasalì con uno squittio, sentendosi
come una ladra colta con le mani nella cassaforte. Percepì il viso scaldarsi
fino alle orecchie.
Chuck ghignò senza smettere di
fissarla, come se il suo disagio fosse una goduria per lui, poi alzò la
fiaschetta e la agitò nell’aria, incurante degli sguardi di disapprovazione
degli altri clienti:
“Ne vuoi un po’, passerotto?”.
Elise dischiuse le labbra,
boccheggiò, poi le serrò di nuovo e deglutì. Si sentiva una completa idiota, ma
non riusciva a spiccicare parola. Se Chuck avesse detto a Blair che lei aveva
origliato la loro conversazione, allora sì che sarebbe stata cacciata via e
additata come stalker pazzoide. Oppure, se Chuck si fosse arrabbiato e avesse
deciso di vendicarsi contro di lei, non avrebbe saputo proprio come proteggersi.
Non era in grado nemmeno di farlo in quel momento, e se ne stava lì, ammutolita
e con il volto paonazzo, ad apparire colpevole.
“Come desideri.” scrollò le
spalle Chuck, mettendo via la fiaschetta e trangugiando il caffé corretto in un
unico sorso. Poi si leccò le labbra a occhi chiusi, assaporandole. Sembrava non
avesse mai assaggiato niente di più buono.
Elise era ancora pietrificata
quando Chuck si alzò e raggiunse il suo tavolo. Il cuore le salì in gola,
mozzandole il respiro.
“Ho sempre odiato gli uccellini
che vanno in giro a raccontare i discorsi degli altri.”
“Non lo dirò a nessuno.” promise
Elise, lieta di aver ritrovato un filo di voce. Chuck sorrise e le prese il
mento fra le dita. La sua mano profumava di sapone alla lavanda.
“Brava ragazza”, mormorò
condiscendente, come se si stesse rivolgendo a un animaletto. La accarezzò per
un istante, facendole correre un brivido su per le braccia, poi ritrasse la mano
e si diresse verso l’uscita.
Elise tirò un sospiro di
sollievo quando lo vide sparire. Pregò che Chuck non dicesse nulla a Blair, ed
ebbe una voglia improvvisa di confidarsi con Jenny. Lei l’avrebbe consolata e
incoraggiata, ma se Chuck avesse scoperto che aveva spifferato tutto, chissà
cosa sarebbe accaduto. La prospettiva la terrorizzava.
Decise che l’avrebbe tenuto per
sé. Avrebbe anche svolto in modo impeccabile tutti i suoi compiti per il ballo
in maschera, senza mai lamentarsi e senza sbagliare. Avrebbe spiccato per la sua
solerzia, perfino rispetto a Jenny. Così forse Blair si sarebbe ricordata il suo
nome, e l’avrebbe finalmente ammessa nel gruppo, e Chuck non le avrebbe più dato
fastidio.
Annuì, lieta di avere un
obiettivo preciso in mente.
Da un altro punto della
caffetteria, una ragazza sorrise e si portò alle labbra il bicchiere di tè ben
zuccherato. Non ci metteva mai il dolcificante, come erano solite fare le
viziate figlie di papà dell’Upper East Side da quanto Blair Waldorf aveva
dichiarato lo zucchero così anni novanta, arricciando il suo nasino snob.
Tanta superficialità la faceva sempre ridere.
A proposito di Blair Waldorf,
non le erano certo sfuggiti gli sguardi che l’arrogante Chuck Bass le aveva
rivolto per tutto il loro improvvisato appuntamento, e se il suo istinto non
sbagliava –e non sbagliava mai-, presto avrebbe avuto uno scandalo davvero
succoso tra le mani. C’erano due cose certe riguardo a Chuck Bass: che otteneva
sempre quello che voleva e che non lo teneva mai dentro i pantaloni per più di
cinque minuti.
Il sorriso si ampliò mentre le
sue dita tornarono a danzare sui tasti del laptop.
E poi le domandavano perché
adorava questi ragazzi.
Fine#19
Note dell’Autrice:
[1] “Ladies should listen” (in italiano: La Signorina Curiosa) è
una commedia americana del 1934 con Cary Grant.
[2] Lo Starbuck’s descritto nella storia esiste veramente. C’è una
libreria grandissima e l’ho adorato.
[3] Jenny Humphrey mi manca, lo ammetto. Era un bel personaggio, e
trovavo le sue storie sempre coinvolgenti. Credo che la sua ascesa a regina e
successiva lotta contro Blair, ovviamente vittoriosa in ultima battuta, sia una
delle storyline più belle di Gossip Girl. Ammetto che, prima di diventare fan di
Chuck e Blair, era proprio per questo genere di plot che guardavo il telefilm,
di cui mi sono innamorata per l’appunto durante la 1x05.
[4] Grazie a tutti per gli adorabili commenti. Ci tengo a ringraziare in
particolare bruciamente, CryWilliams, Ray08 e Tuccin
per aver segnalato Purple Suits and Red Lips per le Storie Scelte. È un
vero onore per me e ve ne sono grata.
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