Growing Up [Rain, Wind, Sun, Snow] di newborn (/viewuser.php?uid=88932)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rain ***
Capitolo 2: *** Wind ***
Capitolo 3: *** Sun ***
Capitolo 1 *** Rain ***
Note a fondo.
Pioggia che scorre lenta sul vetro della finestra, appannato dal
respiro caldo che sfugge alle labbra del bambino. Incuriosito, fissa il
paesaggio circostante.
Si è sempre chiesto come mai esistessero così
tanti colori, in natura: le foglie verdi, il cielo blu, il sole giallo.
Non l’aveva mai visto con i suoi occhi direttamente, ma
sapeva che era giallo. Sua madre – e lei non mentiva mai
– gliel’aveva detto tempo prima, quando il piccolo
aveva cominciato a incuriosirsi riguardo a ciò che lo
circondasse, smettendo di preoccuparsi solamente di se stesso come un
qualunque essere umano di otto anni farebbe.
Nota con disappunto che l’atmosfera sembra tingersi di
grigio, coprendo ogni colore vivace che aveva imparato tempo prima,
rendendo il paesaggio austero e per niente divertente. Si ritrae dalla
finestra, e torna a sedersi sul divano, osservando il disegno
cominciato quella mattina. Sta male, si sente la testa pesante, eppure
vuole disegnare: riprodurre la realtà, sbizzarrendosi con i
colori, cercando di incanalare in un’unica sfumatura uniforme
tutta la varietà del mondo che ha imparato a osservare solo
da poco.
Riflette qualche secondo sul colore da utilizzare. Fissa la scatola in
cartone leggero, quasi vuota, e cerca dentro con la mano pasticciata.
Finalmente trova il pennarello grigio, toglie il tappo e si prepara a
ritoccare un po’ il suo paesaggio astratto e soleggiato.
Comincia a dipingere il cielo di grigio, cercando di conferire la
stessa aria triste al suo disegno come fuori dalla finestra, ma senza
successo. Si accorge presto che non fa che coprire il colore
originario, ucciderlo senza pietà… senza poterlo
smorzare lievemente come succede fuori. Si arrabbia, riordina alla
peggio i pennarelli nella scatola ormai a pezzi e accartoccia il foglio
rettangolare, sentendolo umido sotto le mani a causa della pressione
utilizzata nel dipingere.
La madre lo chiama, e lui obbediente va da lei. Lo guarda sorridente,
accarezzandogli la testa e abbassandosi alla sua altezza, per
abbracciarlo.
"La pioggia non mi piace, mamma." si
lamenta, stringendosi forte al petto della madre. Lei lo guarda. Occhi
azzurri, a prima vista freddi come il ghiaccio, in realtà
caldi come l’affetto materno che lega la giovane donna al suo
pargolo.
"A volte le cose che non ci piacciono possono farci
stare meglio. Pensa alla medicina: è cattiva, ma dopo che
l’hai presa, non hai più la febbre,
giusto?" spiega paziente lei, accarezzando la fronte del
figlio, le dita ruvide di una persona la cui più grande
passione è evidentemente la botanica.
Il piccolo annuisce, la segue afferrandola per mano. Sa che la medicina
non è buona: è come la pioggia, ha intuito quella
piccola similitudine mentre cercava di accartocciare il disegno
rovinato. Fa male, ma è pur sempre il preludio a un nuovo
sole, più forte del precedente.
"Si è imbambolato ancora."
Fa mente locale, realizza di non trovarsi più nel corpo di
un bambino. Quasi s’intristisce nel vedere le mani vuote,
aspettandosi magari di star stringendo un pennarello grigio o un foglio
accartocciato.
Alza lo sguardo, Matthew.
Si chiede perché la gente perda tempo a riflettere sulla
pioggia, la poesia che scaturisce nel vederla infrangersi al suolo e
modellare a suo piacimento ogni cosa… colori compresi. La
pioggia è solamente acqua, proveniente dal cielo, niente
più. Non ci trova nulla di romantico o poetico, non vale la
pena pensarci, si dice. Poi ci ripensa, e torna bambino.
"Matt?" Dominic ritenta, spostandosi
accanto a lui.
"Uh?"
"Smettila di mangiare quei funghi. Ti fanno
male." Sentenzia, con fare materno.
Matthew si volta verso l’interlocutore. Lo vede, sorride,
dimentica.
È facile scordarsi delle proprie priorità, tanto
quanto è facile ricordarsi di anteporre a esse delle vere e
proprie puttanate.
Piccola one-shot senza pretese. Spero vi piaccia. :)
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Capitolo 2 *** Wind ***
Note a fondo ;)
Il vento soffiava forte, quella mattina: ma, a giudicare dallo stato
d’animo del giovane, non abbastanza forte da spazzare via
ansie e incertezze.
Era la solita immotivata ansia che provava ogni mattina primaverile,
quando il vento soffiava tenace e la temperatura non era tra le
migliori; Matthew ricordava di passare il tempo a guardare fuori dalla
finestra, in quei periodi. Posava lo sguardo sull’erba,
scossa inevitabilmente dalla fredda brezza mattutina, che non accennava
a resistere; la siepe verde e rigogliosa che sua madre curava con tanto
amore seguiva lo stesso destino, piegandosi al volere del vento.
Matt desiderava ardentemente che non piovesse. Quel giorno sarebbe
dovuto andare fuori con Seline: il primo appuntamento propriamente
detto della sua giovinezza era ormai alle porte. Lo stomaco era in
subbuglio, pareva avesse ingoiato un tritacarne.
Decise di allontanarsi dalla finestra, abbandonando il vento ai suoi
reclami di potere, e dirigendosi in camera della madre. Quella grande e
illuminata, con lo specchio addossato all’armadio, che gli
permetteva di controllarsi da capo a piedi prima di un’uscita.
Non che a Matt paresse opportuno vestirsi bene.
Sbuffò rumorosamente, sistemandosi una ciocca ribelle di
capelli dietro l’orecchio sinistro: li odiava. Erano di un
– secondo lui – insulso incrocio tra castano e
biondo, e non se n’era mai fatto una ragione.
Spostò lo sguardo verso il basso, e percorse con gli occhi
tutto il proprio corpo riflesso allo specchio. Sbuffò
più rumorosamente, incrociando le braccia sul petto fin
troppo magro, pensando seriamente di mettersi un cuscino sotto la
maglietta per apparire più robusto di quanto non fosse.
Aveva paura del vento, temeva che magro com’era potesse
portarlo via.
Una paura infantile, ma del resto nessuno gli vietava di restare ancora
bambino. Almeno nella mente.
Scacciando gli ultimi pensieri da adolescente scontento, Matt
tornò alla finestra, appiattendo il naso troppo grande al
vetro.
Pioggia: il vento era così subdolo da voler coinvolgere
altri eventi atmosferici, pur di dimostrare la sua
superiorità. Un terzo sospiro fuoriuscì dalle
sottili e screpolate labbra di Matt, facendo appannare il vetro dove
pochi secondi prima si erano posate. Non intendeva assolutamente uscire
con quel putiferio…
Il giorno dopo, a scuola, Seline non lo salutò nemmeno. Matt
sorrise a quel pensiero: in fondo, per lui era solamente una ragazza. E
decise di voler consultare meglio la voce
“Meteoropatia” sul dizionario.
Secondo capitolo di questa piccola storia, incentrata sui cambiamenti atmosferici in relazione alla crescita del nostro Maffo ;) sarò sincera: non mi aspettavo già due recensioni per il capitolo Rain! *-*
Stregatta: Graaazie *__* ma credo che ogni Matt bambino sia carinissimo <3 (Dom ha sempre ragione v.v) grazie ancora!
skypirate: Davvero gentile, grazie mille *-* è un onore ^-^ (MUSE forevah ùù).
Grazie anche a chiunque abbia solamente letto ;)
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Capitolo 3 *** Sun ***
Il sole italiano è diverso da quello inglese.
Matthew respira a pieni polmoni l’aria leggermente frizzante
del pomeriggio, che si fa prepotentemente spazio nelle sue narici, fino
a invaderlo tutto, corpo e mente. Sorride, perché
quell’atmosfera gli piace molto. Sa che non deve aspettarsi
la solita pioggia umida che è consuetudine a Teignmouth,
perciò si gode poco alla volta la luce perpetua che cercava
da un pezzo, come per paura di consumarla e non poterne più
fare uso.
Si sistema sul ceppo umido sul quale si è seduto, mentre
fissa il lago di Como, bello come non mai. Non vuole tornare in casa,
fosse per lui, dormirebbe nel prato fresco e verde che circonda la sua
casa: mai decisione poteva essere più giusta.
Gaia lo raggiunge, e si rallegra nel vederlo sorridere. Gli posa una
mano sulla spalla, e lui si volta, ammirandola. La ragazza arrossisce:
non si è ancora abituata a sostenere lo sguardo puro e
limpido dei suoi occhi azzurrissimi. "Ti vedo sollevato:
hai chiarito con Dominic?".
Il sorriso si smorza, su quel volto squadrato. "Non
ancora."
"Capisco… forse dovresti
parlargli."
"Amo l’atmosfera italiana,
sai?" Matthew evita il discorso. Non vuole pensare al
diverbio che c’è stato qualche giorno prima col
suo migliore amico, riguardo al trasferimento del cantante dei Muse a
Como con la fidanzata.
Gaia sospira. È sorpresa ancora una volta da quanto possa
essere infantile una rockstar di trent’anni suonati.
"Non cambiare argomento, Matt.".
L’inglese si morde il labbro, sorridendo amaramente.
"Non posso farci niente: è il mio carattere.
Sono fatto così, preferisco godermi le cose belle e
lasciarmi alle spalle quelle che mi fanno male."
"Ti sarai accorto che non è esattamente
ciò che dovresti fare… Dominic è il
tuo migliore amico, non puoi ignorarlo."
"Non intendevo quello…".
"Tu parlagli. Non ce la faccio più a vedervi
così… sembrate due bambini!"
sbotta l’italiana, suscitando le risate di Matt.
"Gaia, effettivamente noi siamo due bimbi. Solo, un
po’ cresciutelli.".
"Di questo me ne sono già
accorta.".
Cala il silenzio tra i due, e Matthew ne approfitta per respirare
l’ultima boccata d’aria di quel pomeriggio. Pensa
che in fondo Gaia ha ragione, e dovrebbe chiarire con Dom. Si alza,
risoluto, tastandosi il retro dei pantaloni inumiditi dal ceppo sul
quale era seduto, e afferra per mano la sua amata.
"Gli parlerò, allora."
Gaia annuisce, sollevata. "Ti godrai meglio
l’atmosfera italiana, avendo totalmente il cuore in pace.
È una sensazione di benessere che non ha eguali, te lo
assicuro.".
"Hai sbagliato tempo verbale, scema!"
esclama l’inglese, scoppiando a ridere. La risata sguaiata e
contagiosa prende subito possesso di Gaia, suscitando anche in lei la
stessa ilarità del fidanzato.
Un lungo bacio, e improvvisamente il sole sembra farsi più
forte sulla pelle lattea e delicata del cantante. Adora
l’Italia, mai come prima.
Terzo capitolo della storia, dove incontriamo un Matt più grandicello. A breve il quarto capitolo ;) grazie di cuore a chiunque impieghi il suo tempo per leggere questa modesta storia :*
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