She's on me now •

di Halosydne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Could you heal my bitterness? ***
Capitolo 3: *** Whatever gets you through the pain ***
Capitolo 4: *** Discovering who you are ***
Capitolo 5: *** You lighted my fire once again ***
Capitolo 6: *** Everything changes... and stays the same ***
Capitolo 7: *** Black holes and revelations ***
Capitolo 8: *** A heavy heart's confessions ***
Capitolo 9: *** Is that worth? ***
Capitolo 10: *** Under the rain ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


 

 Prologue •

 

 

 

«Sai» disse Izzie «dovresti smettere di fumare»
Erano seduti sugli scalini d'ingresso della casa di Meredith. Izzie teneva le gambe distese ed era poggiata sui gomiti, ad occhi chiusi. Era stata una lunga giornata al Seattle Grace.
«So che lo fai solo ogni tanto» continuò, sempre senza aprire gli occhi «ma, voglio dire... sei un medico anche tu, i rischi li conosci. Fa male. Proprio non dovresti»
Alex si aggiustò il colletto della camicia, sbuffò una nuvoletta di fumo e la guardò dispandersi nell'aria.
Non rispose.
Dentro casa si sentivano George e Meredith parlare della cena e apparecchiare rumorosamente la tavola.
Izzie guardava il cielo stellato, ora, e le mille luci di Seattle. Non si aspettava una risposta. Conosceva Alex da troppo tempo, e troppo bene, per poter sottovalutare il valore di quei loro silenzi.
«Sai» fece Alex, inaspettatamente «dovresti smettere di guardare Sloan come un predatore a caccia. E' patetico. Andare a letto con il dottor Bollore non ti aiuterà a dimenticare... lui
Lo sguardo di Izzie era ferito, quello di lui freddo e imperscrutabile. Si alzò, gettò a terra la sigaretta e la spense con la punta del piede. Poi raccolse la giacca e se ne andò.

 

 

 

 

Dunque. Ho un numero di storie da aggiornare decisamente troppo alto perchè io desideri ricordarmene. Quindi, faccio lo stesso errore di sempre e inizio una long fic dal nulla.
E anche in un fandom completamente nuovo per me.
Ma bene.

Il fatto è che sto amando troppo questo telefilm *_______* tutti tutti tutti i personaggi sono così adorabili <3 aww *me sbava sulla tastiera*
Li amo tutti *________* la Bailey, Sloan, Stranamore, Burke -ok, sto all'inizio della terza stagione, chiedo venia xD- George, Izzie, Alex. Soprattutto Alex e Izzie.
E questa fic è su di loro.

La storia è ambientata dopo la morte di Danny, ovviamente, diciamo a inizio terza stagione -primissime puntate, penso che apparirà anche il mio amato Finn <3-
ma non seguirà del tutto la trama del telefilm. Come si può notare già da queste poche righe xD
Ora. So perfettamente che Izzie/Mark NON è una ship. Certo che non lo è. Ma questa non è affatto una Izzie/Mark :D
Per citare un anonimo saggio, niente è come sembra.
Mi rendo conto che come presentazione è misera, pessima e insoddisfacente. Però spero di avervi incuriosito *_______* e spinto a recensire *HEM HEM* magari :D :D
Un baciotto
_____RoS*





PS. l'immagine non è mia, ho trovato la foto di base e l'ho modificata -miseramente- su picnic.
Come pure, tutti i personaggi di questa fic appartengono a Shonda Rhymes.
Se fossero miei, dubito fortemente che sarei qui :P

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Capitolo 2
*** Could you heal my bitterness? ***


 

Could you heal my bitterness? •

 

 

 

Il trucco, per Izzie Stevens, era sempre stato puntare la sveglia dieci minuti prima.
Ti diceva che si sarebbe alzata alle otto, e alle otto meno dieci era già i piedi.
Si vestiva, truccava e pettinava in maniera impeccabile, e se era di buon umore -cosa che accadeva abbastanza spesso- ti preparava anche la colazione.
Ti sorrideva porgendoti un muffin ai mirtilli, beveva il suo cappuccino senza sedersi e usciva.
La ritrovavi già pronta ad iniziare la giornata, nello spogliatoio dell'ospedale. Capelli legati, occhiali e camice.
E se le chiedevi perchè si era alzata prima, perdendo dieci preziosi minuti di sonno, ti rispondeva che ne aveva bisogno di quei minuti. Per stare un po' da sola, a pensare, senza doversi occupare di pazienti, suture, colleghi, bisturi.
Ma questo era prima.
Ora Izzie era sempre, deliberatamente, eternamente in ritardo.
Non voleva fermarsi nemmeno un istante a pensare. Non voleva restare nemmeno un secondo da sola con se stessa.

 

«L'ottavo caffè, Karev? Non sono nemmeno le nove...» fece George, osservando il collega alle prese con l'ottavo bicchiere della mattina.
Stavano effettuando l'ennesimo giro di visite, e camminavano rapidamente per i corridoi dell'ospedale.
Izzie, in testa al gruppo, affiancava la Bailey. Quella mattina era arrivata di nuovo sul filo del rasoio in spogliatoio, aveva frettolosamente salutato tutti... e non aveva degnato Alex nemmeno d uno sguardo.
«Seriamente, Alex, dovresti dormire di più» aggiunse Meredith, guardandolo in faccia, per poi superarlo e raggiungere Christina.
«Il sonno è importante per noi medici» rincarò George.
«Avevo di meglio da fare, Bambi» sbottò Alex, maligno. Buttò giù il caffè in due sorsi, e gettò il bicchiere in un cestino. Quindi superò il collega e affiancò la Bailey dall'altro lato rispetto a Izzie.
«Buongiorno, Karev. Sei appena tornato da un viaggio nell'aldilà, per caso?» chiese la Bailey con il suo solito tono spiccio. «Hai una faccia...»
«Io... non ho dormito molto bene stanotte, dottoressa» rispose Alex, guardando però Izzie, come sperando che lei mostrasse di aver notato la sua presenza.
«Ah, mi dispiace per te, Karev... avrai modo di rilassarti in ginecologia, la dottoressa Montgomery-Sheperd ha chiesto espressamente di te» rispose la Nazista. «O' Malley, Stevens, al pronto soccorso. Grey, Sheperd mi dice che lo assisterai in un intervento importante oggi, vai a preparti. Yang, il dottor Sloan ha bisogno di una specializzanda. Veloci, presto!» ordinò poi.
Alex non provò nemmeno ad opporsi. Con le mani in tasca, si diresse verso il reparto di ostetricia. Ripassando accanto al cestino, vi buttò le otto bustine di zucchero che la macchinetta, ostinata, aveva continuato a propinargli insieme al suo caffè. Come avesse capito cosa Alex stesse cercando nel sapore amaro del caffè espresso.

 

Izzie terminò la sutura e sorrise al ragazzino spaventato che aveva davanti.
«E' tutto a posto, ora. Puoi andare» gli disse, sorridendo «Solo, cerca di stare più attento la prossima volta».
Si alzò dalla sedia e si guardò intorno. Non c'era più nessuno. George aveva portato una vecchietta con un brutto livido da Callie, in ortopedia, e lei aveva suturato e incerottato tutti i ragazzini sbadati e le nonne distratte che le erano capitati tra le mani.
Iniziò a riporre con attenzione ciò che rimaneva del kit da sutura nella scatolina, disponendo in ordine tutto quanto.
Olivia le si avvicinò, titubante «Dottoressa Stevens, faccio io, lasci pure...»
«Ah, non preoccuparti Olivia, mi va di farlo» sorrise allegramente «Anzi, ho già finito» aggiunse, chiudendo l'ultima scatoletta. «Daresti tu un'occhiata al reparto, per cortesia? Ho bisogno di un caffè»
«Certo, dottoressa. La chiamerò con il cercapersone se necessario» Olivia sorrise, più sicura di prima.
Izzie si diresse verso la macchinetta, sovrapensiero. Tirò fuori gli spiccioli dalla tasca, ma nel premere il tasto per scegliere il cappuccino cambiò idea.
Sentiva un sapore amaro in bocca dalla sera prima, e non poteva sperare di contrastarlo con un thè o una cioccolata calda.
«Caffè... espresso» borbottò, scegliendo le opzioni dalla tastierina della macchinetta.
Aspettò pazientemente che il bicchiere di plastica si riempisse, lo afferrò e fece inavvertitamente cadere la bustina di zucchero che veniva sempre abbinata a qualsiasi prodotto la macchinetta sputasse fuori.
Si chinò e la raccolse, e quando fu di nuovo in piedi... Alex Karev era di fronte a lei, lo sguardo corrucciato.
«Ciao» lo salutò, in automatico. Poi si morse la lingua. Izzie Stevens, non avevamo deciso che Al... che il dottor Karev non sarebbe più esistito?
«Mi dispiace» rispose lui, guardandola dritta negli occhi. Lei evitava il suo sguardo.
Izzie stava per rispondere, quando... «Ehi, Stevens» chiamò la voce del dottor Sloan «Ti andrebbe di aiutarmi con le ustioni del paziente del 2314?» chiese, guardandola in una maniera molto poco professionale.
«Oh, certo dottore» gli occhi della ragazza si illuminarono. «Sono da lei in un attimo.» Bevve il suo caffè in un sorso e gettò il bicchiere. «Com'è amaro...» mormorò rabbrividendo. Poi corse a raggiungere il chirurgo plastico più sexy della storia della medicina.
«Già» borbottò Alex senza muoversi, guardandola andare via e iniziare a parlare a Sloan. Digitò per la nona volta la stessa sequenza sulla tastierina della macchinetta «Com'è amaro...»

 

 

Ispirazione alle ore di filosofia, matematica e scienze.
Un ringraziamento a Job, sgamata con niente e sempre amatissima, come del resto lei sa.
Enjoy it :)

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Capitolo 3
*** Whatever gets you through the pain ***


 

  Whatever gets you through the pain •

 

 

«Tutto bene, Izzie?» chiese George, apprensivo.
La bionda dottoressa era impallidita all'improvviso.
«Io... s-sì. Ho avuto solo un piccolo capogiro» rispose lei, distogliendo lo sguardo da ciò che aveva appena visto; ma non abbastanza in fretta da impedire che George capisse.
C'era un signore sui trentacinque anni, nella sala antistante al pronto soccorso. Era alto e moro, e teneva per mano una bambina rossa di capelli che piangeva sommessamente, di sicuro a causa del livido che si era procurata sul braccio.
Quell'uomo non aveva niente di speciale. Era un padre di famiglia come tanti altri.
Ma somigliava vagamente, davvero molto vagamente, a Denny. E da lontano, il maglione che indossava poteva sembrare quello che Izzie aveva fatto al suo paziente, molti mesi prima.
«Izzie. Ehi.» George le strinse una mano. «Va tutto bene. Tranquilla»
«E' sempre con me. Sempre. Non riesco a togliermelo dalla testa» sussurrò lei «E' anche per questo che io non...»
George la guardò bene negli occhi. Quegli occhi sempre pieni di luce e vita, così allegri, ora mostravano ciò che Izzie nascondeva da tanto tempo a tutti: dolore.
Dolore mascherato e profondo, dolore segreto eppure così ovvio.
Era una brava attrice. Era brava a sembrare felice, perchè spesso lo era stata.
Ma, per quanto possa essere banale a dirsi, gli occhi non mentono. Non ad un amico, comunque.
E George era decisamente l'amico di Izzie. Così fece la cosa più ovvia e giusta. La abbracciò, e la tenne stretta per qualche istante.
«Anche noi siamo sempre con te, Izzie. Anche io.» le disse.



«Bene, Karev. Tra mezz'ora sarò in sala operatoria.» Mark Sloan si accarezzò il pizzetto, e fece l'occhiolino ad un'infermiera di passaggio.
Alex si trattenne a fatica dal tirargli un pugno. Odiava quella faccetta strafottente e così dannatamente sicura del suo fascino. E la odiava ancora di più da qualche giorno. Da quando aveva capito.
«Potrò essere presente ed assisterla, dottore?» chiese, con una ammirevole nota di falsa ammirazione nella voce.
«Sì, penso di sì. Te lo sei meritato, dopotutto» rispose Sloan dopo qualche istante di riflessione. «Tu e un altro, ora che ci penso. Avrò bisogno di aiuto. Vai a cercare qualche altro specializzando che sia libero e interessato a entrare nelle mie grazie»
«Sì, signore.» Alex si girò e si avviò verso le scale, pensando che a Meredith avrebbe fatto piacere liberarsi dalla Montgomery, alla quale era stata assegnata quella mattina.
«La Stevens» fece Sloan alle sue spalle. «Chiama la Stevens. Se ti è possibile» aggiunse con il tono che voleva dire se-tieni-alla-tua-carriera-da-chirurgo-plastico, il tono che aveva obbligato Alex a visite in lavanderia e acquisti di panini alla maionese.
Alex digrignò i denti. Nemmeno se mi costringessi a lavarti l'intimo, dottor Bollito.
«Farò ciò che posso, signore»

 

Cinque minuti dopo, Alex era sulla porta della sala d'aspetto del pronto soccorso, dove O' Malley stava ancora abbracciando Izzie.
Intercettando lo sguardo di George, cercò di non far apparire il suo lo sguardo di un omicida, ma inarcò semplicemente un sopracciglio.
George fece un cenno con la testa verso quell'uomo che somigliava così tanto a Denny.
Ad Alex servirono solo pochi istanti per capire. E si odiò per quello che stava per fare.
«Ehi, Izzie» chiamò.
Lei si girò, e per una frazione di secondo lui vide il suo volto segnato da tante emozioni. Dolore. Angoscia. Rabbia. Amore. E ancora dolore.
Fu solo un attimo, perchè Izzie impiegò pochi istanti a ricomporre il suo viso nella consueta espressione allegra, e impiegò ancor meno a indossare la maschera fredda che riservava solo a lui da qualche giorno a quella parte.
Non aveva nemmeno iniziato a parlarle, che già si pentiva delle conseguenze che le sue parole avrebbero portato.
«Sloan opera una paziente tra venti minuti, e mi ha chiesto di venirti a cercare» evitò con cura i suoi occhi. Lei non doveva sapere quanto gli costasse consegnarla nelle mani del suo obiettivo e predatore. «Vuole che tu lo assista. Ci vediamo lì tra quindici minuti»
Le diede le spalle e andò via.
«Grazie» mormorò piano Izzie, guardandolo sparire dentro l'ascensore. Schioccò un bacio sulla guancia di George e corse nello spogliatoio a prepararsi.

 

 

Mmm. Non abituatevi ad aggiornamenti così rapidi, signore e signori.
Non so nemmeno io cosa mi stia succedendo di recente, perciò se per caso dovessi sparire per mesi... non preoccupatevi.
E' solo la scuola T___T

Un ringraziamento speciale ad Amy, con la quale ho davvero molto in comune xD
E al prossimo capitolo ^^

_____RoS       :]

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Capitolo 4
*** Discovering who you are ***


 

Discovering who you are •

 

 

 

«Perfetto» la voce di Mark Sloan risuonò forte e chiara nella sala operatoria, nonostante la mascherina. Non c'era alcun altro rumore, a parte il costante bip dei macchinari che segnavano i valori vitali della paziente.
Alex aveva osservato di sottecchi Izzie per buona parte dell'operazione. Sloan lo aveva relegato a compiti molto elementari e noiosi, ovviamente, e così aveva avuto modo di tenerla d'occhio. E di notare la gioia che emanavano i suoi occhi scuri. Alex era certo che, dietro la mascherina, Izzie stesse sorridendo di quel sorriso speciale che da molti mesi non si era più acceso sul suo viso. Quel sorriso che parlava di gioia di vivere, di esserci... di essere medico. Da troppo tempo Izzie non provava la sensazione di aver scelto il giusto mestiere, il giusto compito da assolvere. Ma ora i suoi occhi splendevano e trasudavano quella gioia lì. Quella speciale.
Alex era felice di aver fatto ciò che non voleva fare. Certo, ogni volta che Sloan si era avvicinato un po' troppo alla ragazza le sue mani si erano contratte, ma aveva saputo controllarsi. Solo per farla contenta. Per vederla soridere. Sorridere davvero.
«Qui abbiamo finito. Karev, prepara la paziente a lasciare la sala. Sei stato bravo» il Dottor Bollito si tolse gli occhiali che aveva usato per operare e li passò ad Olivia. Alex notò con un certo disprezzo che Olivia era arrossita. Patetico. Almeno, Izzie non arrossiva quando le mani di quell'essere subdolo la sfioravano per sbaglio -sì, per non commettere un delitto Alex doveva convincersi che non lo facesse a posta-.
«Compilerai le noiose scartoffie del caso» aggiunse il chirurgo con noncuranza. Poi si rivolse all'altra specializzanda «Ottimo lavoro, Stevens. Hai già pensato alla tua specializzazione?»
Alex trattenne rumorosamente il respiro. Un tempo, Izzie avrebbe voluto diventare un chirurgo cardiotoracico. Poi, ovviamente, aveva completamente abbandonato l'idea. Per molto tempo non aveva pensato nemmeno all'idea stessa della specializzazione. D'altronde, quella con Sloan era la prima operazione alla quale aveva davvero assistito dopo la morte di Denny.
«Io... veramente no, dottor Sloan.»
Sloan sembrò non notare la reazione della ragazza, per non parlare di quella di Alex «Beh, dovresti considerare l'opzione chirurgia plastica» le posò una mano sulla spalla e la pilotò verso l'uscita della sala. «Non avrei nulla in contrario, anzi, penso che...»
«Dottore aspetti!» esclamò Alex.
Sloan si voltò, e tolse la sua mano dalla spalla di Izzie. Non poteva immaginare quanto questo gesto lo avesse salvato da una potenziale amputazione senza anestesia. La stanza era piena di strumenti adatti.
«Dove... Dove la trovo per farle firmare i documenti?» chiese la prima sciocchezza che gli passò per la mente, sentendosi un completo idiota. Qualsiasi cosa, pur di trattenere Sloan lì.
Izzie lo fissava con uno sguardo indecifrabile.
«Cercami in giro, Karev» rispose il Dottor Bollito, strafottente come sempre. E seguì Izzie fuori dalla sala operatoria.

 

Alex vagava per i corridoi da almeno mezz'ora, brandendo i documenti per Sloan come avrebbe brandito una mazza da baseball.
Dove diavolo ti sei cacciato, Bollito?
Si stava innervosendo.
Incrocò Callie Torres dalle parti dell'accettazione.
«Dottoressa Torres, ha visto per caso il dottor Sloan?» chiese, cercando di non suonare troppo allusivo. In fondo, era stato lui a dire a O' Malley che la Torres andava a letto con Sloan.
«No, Karev» rispose lei, guardinga.
«E Izzie? Ha visto la Stevens in giro?» domandò, con tensione crescente.
«No, Karev, mi dispiace» fece lei, visibilmente più tranquilla «Penso che Meredith la stesse cercando, ua ventina di minuti fa, ma non so dirti se l'ha trovata»
Sperando di non essere impallidito troppo, borbottò un «Ok, grazie lo stesso» e corse via. Aveva fatto due più due... e mai come in quel momento, dopo anni di lotta con la matematica, si era augurato che facesse cinque.
Raggiunse lo spogliatoio correndo, e si fermò per riprendere fiato.
Abbassò la maniglia... ma la porta era chiusa a chiave.
Ringraziò mentalmente la corsa, che gli aveva fatto pulsare il cuore nelle orecchie così forte da impedirgli di udire rumori fin troppo espliciti provenienti dalla stanza.
Era abbastanza certo di sapere cosa stesse accadendo là dentro, e chi c'era. Ma voleva fare la prova del nove.
Prese il cercapersone dalla tasca del camice e digitò una sequenza di numeri.
Dall'altra parte della porta, il cercapersone di Sloan iniziò a trillare.
E ogni bree-breep era un pugno nello stomaco per Alex. Non riusciva a respirare.
Certo, sapeva benissimo cosa Sloan volesse da qualsiasi individuo di sesso femminile gli capitasse a tiro -non lo sapevano tutti, in fondo?- e aveva capito anche ciò che voleva Izzie. Quindi non era stata affatto una sorpresa, la sua scoperta. Ma ciò non le impediva di ferirlo. Cosa, cosa cercava Izzie? E perchè diavolo proprio con Sloan? Non aveva amiche che potessero starle vicino? Non c'era George a consolarla? Non le bastavano tutte queste persone? Non le bastava lui?
Cercò di riprendere fiato. E di trattenersi dal prendere a calci la porta, il muro, o Mark Sloan.
La serratura della porta dello spogliatoio scattò, e la maniglia cominciò ad abbassarsi.
Ed Alex corse via, a nascondersi nella tromba delle scale. Voleva essere assolutamente certo che la donna che sarebbe uscita di lì a poco da quella porta, insieme a Sloan, fosse Izzie.
Il Dottor Bollito si affacciò dallo spogliatoio con aria guardinga, risistemandosi il camice e chiudendosi gli ultimi bottoni della camicia. Dopo aver controllato che non passasse nessuno, fece un cenno verso l'interno e uscì. Alex trattenne il respiro... e il suo cuore perse letteralmente un battito quando Izzie apparve al fianco del dottore, sistemandosi anche lei il camice e legandosi i capelli.
Dunque la donna che amava era davvero una persona così. Cercò di calmarsi per non spaventare le due infermiere che gli stavano passando a fianco, già abbastanza turbate nel vederlo acquattato dietro la vetrata della porta delle scale con un'espressione di puro dolore dipinta in volto.
Stava per andare via, il più lontano possibile, quando vide che Sloan stava raccogliendo dei fogli da terra. I documenti che Alex doveva portargli, e che aveva lasciato cadere nel momento in cui il cercapersone di quel dongiovanni aveva iniziato a suonare. Prima che uno dei due potesse capire cosa fossero quei fogli e cosa volessero dire, Alex si precipitò giù dalle scale, verso il cortile.
Aveva bisogno di alcol, ma fino alla fine del suo turno, di lì a due ore, non avrebbe potuto bere nemmeno un goccio.
Così, decise che si sarebbe concesso la prima sigaretta dopo dieci giorni.





Cosa diavolo mi sia preso non lo,so, ma a quanto pare risco ad aggiornare con una certa costanza e frequenza.
Spero solo che ciò che scrivo vi soddisfi ^^
Un bacione alle fedelissime Tay e Job♥ e alla prossima.

xxx

________RoS :]

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Capitolo 5
*** You lighted my fire once again ***


 

You lighted my fire once again •

 

 

 

 

Alex si stava rivoltando le tasche in maniera molto poco dignitosa.
La sigaretta tra le labbra sussultava alle sue sempre più fitte imprecazioni sottovoce, ma l'accendino continuava a stare nascosto dov'era. Non riusciva a trovarlo da nessuna parte.
E ne aveva un assoluto, disperato, dannato, urgente bisogno.
Non era più come quando aveva iniziato, a scuola, per sentirsi grande e far credere agli altri di esserlo: ben sapendo quanto il fumo avrebbe potuto danneggiare la sua carriera da pugile, fumava pochissimo, tanto che non ne era affatto dipendente. Del resto, nemmeno ora, a quasi dieci anni di distanza, soffriva di dipendenza da nicotina, o da caffeina o alcol. Il suo coach era stato chiaro con lui: niente schifezze, niente fumo, poco caffè, pochissima birra. Certo, Alex era sempre stato ribelle e insofferente, e di birra e caffè -negli ultimi giorni, soprattutto di caffè- non poteva più fare a meno... ma ogni rara volta che si accendeva una sigaretta, sentiva la voce del Coach Dempton nelle orecchie, e si sentiva un po' in colpa.
Ora, invece, aveva uno spasmodico bisogno di qualcosa che lo distraesse dal pensiero di ciò che era appena accaduto. Di caffè non ne poteva più, di alcol non se ne parlava prima di due ore... l'unica alternativa rimanente era il fumo. Sicuramente non gli era d'aiuto a dimenticare Izzie, viste le ultime parole che si erano rivolti -quant'era passato? una settimana? un mese? cinque anni?- avevano proprio a che fare con il fatto che lui fumasse.
Ma che altro poteva fare? Fracassare il bel faccino del Dottor Bollito? Era un'idea, certo, ma andava limata e progettata con calma, e per calmarsi... doveva fumare.
Doveva, e sapeva che non avrebbe dovuto. Perchè glielo avevano detto tutti, il Coach, il medico sportivo, sua madre, e anche...
Dove, dove diavolo sei, dannato aggeggio?



Una mano sfiorò la spalla di Alex, leggera, come se temesse di ferirlo di nuovo.
Alex trasse un lungo, profondo respiro a occhi chiusi, e non si voltò.
Sapeva di chi era quella mano, l'aveva riconosciuta dal profumo... e per un solo, singolo istante, ringraziando di non avere le narici piene di fumo, aveva dimenticato tutto.
Tutta l'amarezza, il dolore, e la delusione, e la voglia di correre via, e il bisogno di nicotina, e quella strana sensazione, come se l'aria fosse amara da respirare.
Era tutto sparito, tutto, per qualche breve secondo in cui non era il dottor Karev, ma semplicemente Alex, in cui non era uno specializzando in chirurgia ma semplicemente un uomo innamorato, in cui non era più solo, al buio, con tutte le sue illusioni e i suoi sogni, che frantumandosi e cadendo in pezzi affilati lo ferivano come fiamme sulla pelle, come vetro.
Pochi battiti di cuore in cui Dolore non c'era più, c'era solo Amore. Straordinario quanto fosse sottile la linea che li distingueva... sottile, invisibile. Una linea piena di fuoco, e profumata di pesca e cannella. Ma oltrepassarla non gli era più possibile. Apparteneva a Dolore, ora. 
E così, non si voltò.
«Alex» la voce di Izzie non era come se l'era aspettata. Era bassa, tremante... triste? «Alexander Michael Karev» fece ancora la voce di Izzie, imperiosa, per quanto ancora molto incerta.
Lui sorrise fugacemente sotto i baffi. Solo sua madre lo chiamava così... e dal tono di Izzie, reso più sicuro dal nervosismo, capì che come sempre detestava parlargli senza guardarlo negli occhi.
«Oh, d'accordo, sei il solito cocciuto. Non girarti, se è di troppo disturbo per te. Parlerò lo stesso» La sentì prendere un respiro profondo. «Sloan era troppo impegnato a contemplarsi nella porta a vetri, ma io ti ho visto. E le carte per terra erano quelle che dovevi portare a Sloan. Cosa ti è preso?»
Alex si era ripromesso di non risponderle, se lei lo avesse trovato. Di sbuffarle un po' di fumo in faccia e di andare via. Ma non ci riuscì.
E come avrebbe potuto, dopotutto?
«Cosa mi è preso? Lo chiedi a me?» si voltò di scatto, l'espressione cattiva, gli occhi in fiamme dalla rabbia e dal dolore, la voce bassa e irosa. «Non sono io quello che muore dietro a Sloan per un po' di sesso, non sono io quello che non riconosco più, non sono io quello che si è innamorato della persona sbagliataAlmeno credo, aggiunse mentalmente.
I grandi occhi di Izzie erano pieni di lacrime. L'aveva ferita, lo sapeva. Ma stavolta, lei aveva ferito lui prima. Sperava solo che non si mettesse a piangere davanti a lui: tutta la sua risoluzione a rimanere freddo e a far finta che lei fosse trasparente sarebbe crollata, ovviamente.
Ma lei non pianse. Era troppo arrabbiata e ferita, per piangere. «Come diavolo ti permetti? Chi sei tu per giudicare? Non sei nessuno, Alex Karev, nessuno
Se Alex era stato cattivo, lei non fu da meno. L'astio di quelle parole avrebbe ferito chiunque, ma lui era così distrutto che quasi non sentì l'ennesimo frammento tagliargli la pelle.
«Spari sentenze senza poter capire, senza sapere... e se anche sapessi, non ti devo niente. Niente, hai capito? Niente!» urlò, quasi.
E andò via, i capelli biondi che sfuggivano all'elastico e le coprivano la visuale, già offuscata dalle lacrime che non riusciva più a trattenere ma che, almeno a lui, doveva, doveva, doveva nascondere. 
Si era ripromesso di non farlo, perchè sapeva già come sarebbe andata, ma non riuscì a trattenersi dal chiamarla. O almeno, non ci sarebbe riuscito, se non si fosse accorto che un accendino azzurro era caduto fuori dalla tasca del camice di Izzie.

 

 

 

Odio far soffrire il mio piccolo Alex ç___ç
Ma diciamo che tutta la storia non è esattamente pervasa di allegria, già xD
Commenti? Supposizioni? Anatemi?
Venghino signori, venghino, vi attendo!

xxx

RoS :]

 

 

 

PS. mi auguro che a nessuno di voi serva che qualcuno faccia notare che il titolo fa riferimento a una certa canzone dei Doors. .___.

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Capitolo 6
*** Everything changes... and stays the same ***


 

 Everything changes... and stays the same •

 

 

 

Alex si rigirava l'accendino azzurro tra le mani come se potesse dargli qualche risposta. Come se potesse consolarlo.
Erano passati giorni da quel giorno.
Il giorno in cui si era sentito rivolgere tutte le parole più affilate e intrise di veleno che avesse mai ascoltato.
E dire che di litigate ne aveva sopportate e causate tante. Anche con Izzie, non era sempre stato rose e fiori.
Non era mai stato rose e fiori, a dir la verità. Principalmente per colpa sua. Del suo essere un galletto, un duro, un cinico insensibile che non cercava altro che un po' di sesso. E basta.
Era stato così, per molti, molti anni. Era stato quello che dentro di sè chiamava "il Vecchio Alex". Anche con Izzie, all'inizio, era stato così.
Poi, però, era cambiato. Piano piano, poco per volta, era uscito dal suo guscio di wrestler spezzacuori e si era comportato da ragazzo normale. Normalmente innamorato. Felice. Triste. Senza paura di mostrarsi triste. O di mostrarsi felice. Era diventato "il Nuovo Alex". E tutto questo per lei.
Ma era arrivato Danny. E lui, stupidamente, si era sentito minacciato. Quel poco che era riuscito a cambiare -così poco e così gradualmente che, a dir la verità, sospettava con una certa amarezza che nessuno, nemmeno lei, si fosse accorto del cambiamento- era andato perduto. Era tornato a essere come prima: cattivo. E lei lo aveva piantato.
Le mani di Alex si strinsero forte sull'accendino, tanto che, quando riaprì i pugni, sui palmi era rimasto un bel segno rosso.
E faceva male, ma era il suo personale antidoto. Dolore fisico per scacciare il dolore più forte che sentiva dentro.


«Ehi» Callie Torres sembrò materializzarsi dal nulla al suo fianco. O forse era lì da ore, ma lui non ci aveva fatto caso.
Non emise nemmeno un cupo grugnito per farle capire che aveva notato la sua presenza.
«Senti, io... non so come dirtelo. Spero non ti offenderai» bevve un sorso dal suo drink all'ananas, e lo guardò in faccia, i suoi grandi occhi scuri pieni di profondo dispiacere «Ecco, io... ho sentito quello che la Stevens ti ha detto, giorni fa. Mi dispiace, non volevo, ma ecco, ero lì e... e... insomma, ho sentito»
«Non si preoccupi, dottoressa... Non fa niente. Dopotutto, non stavamo usando toni particolarmente pacati, direi»
Lei sorrise, come per incoraggiarlo a sdrammatizzare. «In effetti... ma ciò non toglie che avrei potuto tentare di non ascoltare»
«Si figuri» fece lui, mandando giù un lungo sorso di birra. Se anche li aveva sentiti, non aveva comunque raccontato niente, quindi, che importava? Purchè non avesse intenzione di mettersi a fare la crocerossina. Gli avrebbe ricordato troppo Izzie, e questo sì, che gli sarebbe importato.
«Alex» fece Callie perentoria «non chiamarmi dottoresa Torres al di fuori dell'ospedale. E' ridicolo, ok? Sono venuta a parlarti da amica... o almeno, da conoscente»
«D'accordo... Callie.» provò a sorridere. Non lo faceva da più tempo di quanto potesse ricordare.
«Beh, comunque... è triste vederti così» fece lei dopo un po'.
Alex alzò una mano. «Callie, per favore, non fare la crocerossina. Non è il caso... e poi, ti vedo più come pugile» riprovò a stiracchiare un sorriso.
«Mmm, fai sempre di questi complimenti alle donne? Non è una tecnica particolarmente efficace»
«Nah, i complimenti non mi servono... sono più per un approccio pratico»
«Idiota»
«Pugile»
Lei gli assestò un pugno sul braccio. «Idiota»
«Che ti dicevo? Pugile»
Risero. Era un buon modo per scacciare il dolore, un antidoto migliore.
Risero ancora, per parecchio.
Forse -sicuramente- avevano bevuto un po' -un po' troppo-. Ma quanto poteva giustificare il fatto che finirono per baciarsi?

 

La mattina dopo, Alex si ritrovò avviluppato in lenzuola rosso scuro. Profumate di vaniglia.
Lenzuola decisamente non sue.
La luce del sole -molto più forte del solito- veniva dal lato sbagliato della stanza. Da una finestra enorme.
Finestra decisamente non sua.
E la mano poggiata sul suo petto aveva unghie molto curate, smaltate di bordeaux molto scuro.
Unghia decisamente -decisamente- non sue.
Alzò molto lentamente la testa dal cuscino -così alto e morbido, così poco familiare- e si ritrovò a fissare Callie, la dottoressa Callie Torres, che dormiva beata.
Alex si alzò con cautela dal letto, recuperò in fretta le sue cose, si rivestì e uscì furtivo dalla stanza d'albergo.
Ci mise troppo tempo a tornare a casa di Meredith, e trovò lei, Derek e Izzie che già facevano colazione. Aveva sperato di non essere beccato.
Ma perchè, poi?
«Buongiorno a tutti» fece, mostrando una baldanza che assolutamente non provava e che apparteneva all'Alex che aveva sperato di non essere più.
«Ehi» fece Derek, assonnato.
«Ciao, uomo della notte» salutò Meredith, sorridente. «Dove sei stato?»
«Ah, un po' in giro» rispose il Vecchio Alex, fissando Izzie, provocatorio.
Lei però sembrava molto presa dall'operazione imburra-il-toast.
«E' stata davvero una bella serata» aggiunse il Vecchio Alex, con fare irritante. «Che c'è per colazione?»

 

 

Uhmmm, questo capitolo è venuto fuori da solo.
Non avrei mai immaginato che Callie e Alex fossero una coppia, ma l'alcol fa miracoli, e la mia fantasia fa il resto.
Ad ogni modo, spero di avervi sorpreso almeno la metà di quanto questo capitolo abbia sorpreso me xD
Un grazie a Sghisa per la recensione così piena di complimenti *____*
E delle scuse a Tay__ ... dispiace anche a me di non esserci sentite, ma purtroppo non trovo mai tempo di stare al pc, in questi giorni,
e così... :( grazie mille anche a te per la recensione ^^

 

xxx
RoS :]

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Capitolo 7
*** Black holes and revelations ***


Black holes and revelations •

 

 

 

Callie Torres non sapeva se essere divertita o innervosita.
Ad essere precisi, fino a una mezz'oretta prima, era abbastanza divertita. Però, dopo due ore passate a cercare quell'idiota di Alex Karev per tutto l'ospedale -come se non avesse capito che lui appena la vedeva correva a nascondersi nel primo sgabuzzino libero, o meglio ancora in qualche bagno per gli uomini-, dalla modalità allegra era passata alla modalità infastidita. Che cavolo, lo scherzo è bello quando dura poco.
Prese un profondo respiro e bussò alla porta dello sgabuzzino del terzo piano.
«Alex» chiamò.
Nessuna risposta.
«Alex, ho praticato tre anni di boxe quando ero alle superiori. Non costringermi a scardinare la porta.»
La porta si aprì, e Callie entrò, combattendo la sua fobia degli spazi troppo chiusi e bui e l'odore poco gradevole dei vari prodotti chimici sugli scaffali.
«Lo avresti fatto davvero?» chiese Alex, sorridendo divertito.
«Beh» Callie si guardò le unghie con aria fintamente modesta «Non sarebbe stata la prima volta.»
Lo guardò negli occhi. Lui era serio, ora.
«Senti, Callie... riguardo a ciò che è successo questa notte...» evitava il suo sguardo. Un tempo, rompere con una ragazza dopo una notte insieme era una specie di hobby, per lui. Gli veniva naturale, e non si sentiva neanche tanto in colpa. Però quello era prima. Solo in quel momento capì quanto era cambiato. Era un Alex diverso, ora. Era ancora il Nuovo Alex? Pensava di averlo lasciato giù in cortile, dopo la discussione con Izzie. Ma a quanto pareva, scrollarselo di dosso era più difficile del previsto. Non sapeva ancora se questo fosse un bene. «Io...» continuò «io penso che sia stato uno sbaglio... avevamo bevuto e...»
«Alex.» Si era aspettato di vederla triste, delusa, e invece... sembrava quasi divertita. Cosa stava succedendo al mondo? I ruoli si stavano scambiando? Presto anche Sloan avrebbe fatto voto di castità, e Christina avrebbe preso a regalare caramelle ai pazienti? «Se stamattina non ti fossi affrettato a svignartela come un ladro, avresti fatto in tempo a notare tutta una serie di dettagli che ti avrebbero tranquillizzato, e non poco» lei continuava a sorridere, come se stesse ridacchiando di una qualche barzelletta che le era appena passata per la mente.
«Ad esempio?» fece lui, non sapendo cosa pensare.
«Ad esempio il fatto che indossavi ancora mutande e canottiera, e anche io. Ad esempio il fatto che i tuoi vestiti erano perfettamente piegati su una sedia, e le scarpe stavano ordinatamente sotto la sedia.»
La faccia stranita di Alex dovette risultare buffissima alla giovane dottoressa, perchè ridacchiò di cuore mentre lui si esibiva nella sua miglior espressione da ebete.
«Quindi non è successo niente?» chiese.
«Niente... solo un bacio, ma eravamo praticamente ubriachi. E, tra parentesi, non mi è nemmeno piaciuto.» scherzò lei, facendo l'occhiolino.
«Ma che divertente, dottoressa Torres. Potrebbe darsi al cabaret» ribattè lui, fingendosi piccato, ma sentendosi davvero molto, molto sollevato. «Perciò, niente sesso?»
«Niente sesso.» sorrise «Eri semplicemente troppo brillo per guidare, e così ho preferito farti dormire da me. A proposito, russi. E pure parecchio. Ti ho dovuto dare più di una spinta, stanotte.»
«Hai visto che avevo ragione quando dicevo che eri una pugile?»

 

 

«Izz. Izzie. Izzie!» George era ben deciso a riportare la sua amica sul pianeta terra, dove stava per rovesciare un cappuccino addosso al suo migliore amico.
«Mh?» rispose la ragazza, come risvegliandosi da una profonda meditazione. Erano giorni che stava così. Stralunata. Sempre persa tra i suoi pensieri. E a lui non piaceva vederla così. Era troppo distante dalla Izzie Stevens che conosceva, da giorni, oramai. Precisamente, dallo stesso giorno in cui anche Karev aveva iniziato a comportarsi in modo strano. Ora, George non era un idiota. Era ingenuo, impacciato, imbranato, timido, ok. Ma non idiota. Due più due aveva fatto sempre quattro, dalle sue parti.
Prese Izzie per mano e iniziò a trascinarla verso lo sgabuzzino più vicino. Doveva parlarle. Non sopportava più di vederla così.
«George? Che c'è?» In realtà, sapeva perfettamente che cosa c'era. E sapeva altrettanto bene che non avrebbe potuto nasconderlo a George. Non a lui, al suo migliore amico, che sapeva leggerle ogni singolo pensiero sul viso. Si lasciò trasportare, indolente. Fino a che l'amico non si bloccò di colpo.
George era a due metri dalla porta dello sgabuzzino, dal quale stavano uscendo Alex e Callie, che ridevano e scherzavano, vicini.
Izzie notò il cambiamento nella stretta di George e si voltò. Callie e Alex? L'enorme buco nero che da giorni ingoiava ogni pensiero che lo riguardasse cominciò ad eruttare ricordi, immagini, suoni, odori... L'insofferenza dei primi mesi, che quel piccolo arrogante sapeva suscitare anche troppo bene. La rabbia e la frustrazione di quella volta in cui lui aveva tappezzato lo spogliatoio delle sue foto per la campagna pubblicitaria. Le settimane in cui lo aveva degnato solo di sguardi di disprezzo. E poi, quella volta. La prima in cui lo aveva sentito parlare di sè a quel ragazzo* e aveva capito che dietro la maschera di bulletto cinico e freddo c'era molto altro. E poi, le mattine passate a chiacchierare e ridere, allegri, come amici. Come Alex e Callie in quel preciso momento. E Izzie si riscoprì a desiderare di essere al posto di Callie. Cosa? si chiese. E' davvero questo che voglio?
«Voi... tu... lei... lui? ... Eh?» George sembrava incapace di formulare un pensiero coerente.
«Che avete da guardare, voi due?» fece Callie, fissandoli con sufficienza.
«Niente. Assolutamente niente» rispose Izzie, senza lasciar trapelare alcuna emozione. Certo, faceva dannatamente male. Ma era sempre meglio del dolore sordo e costante che provava da troppo tempo. Stava iniziando a reagire? Era davvero questo che voleva?
«Perfetto. Vi pregherei di tornare tutti dalla vostra responsabile. La Bailey vi starà cercando» continuò la Torres, tentando di sembrare sicura di sè, ma sentendosi in realtà piuttosto in colpa nei confronti di George. «Ci vediamo in giro» salutò. «Ciao, Alex»
Alex alzò i pugni, come si fa nei saluti degli incontri di boxe «Arrivederci, dottoressa Torres» le sorrise. Era stato bello parlare con lei.
E Izzie, guardando l'occhiata complice che intercorse tra i due, capì che questo era davvero ciò che voleva.

 

 

 

Questi aggiornamenti lampo continuano a stupirmi. Approfittatene finchè potete xD
E recensitemi
*___*

 

xxx

RoS :]

*Puntata 2x02, "Quando è troppo è troppo"

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Capitolo 8
*** A heavy heart's confessions ***


A heavy heart's confessions

 

 

«Ehi»
Callie Torres era seduta con aria pensosa su una delle panchine del viale d'ingresso del Seattle Grace Hospital. Al suono di quella voce maschile, sollevò la testa e incontrò lo sguardo di Alex, che le sorrideva porgendole una cioccolata calda alla cannella, la sua preferita. Callie sorrise e prese in mano il bicchiere, godendo del piacevole calore che emanava.
«Salve, dottor Lucifero» Callie sorrise in risposta e bevve un lungo sorso dal bicchiere di carta.
«Come sta la mia dottoressa Pugile preferita?» chiese lui sedendole accanto e sorseggiando il suo caffè amarissimo -da quanto tempo conservava le bustine di zucchero senza usarle?-
«Bene» fece lei senza guardarlo, mentre con un cenno del capo salutava Mark Sloan, che stava entrando in quel momento nell'ospedale.
«Sì, anch'io quando sto bene ho una faccia da funerale e parlo come un'automa. Molto convincente, Torres» ghignò Alex, facendo rotolare il bicchiere di carta ormai vuoto, ma ancora caldo, tra le sue mani intirizzite. Faceva freddo, quel giorno.
Callie sorrise, finì di bere la sua cioccolata come per prendere coraggio e si girò a guardarlo. «E va bene, piccolo insolente. Mi hai beccata. Parlo.»
«Ah, sei proprio un libro aperto, Call. Si vedeva da lontano un miglio che avevi un dannato bisogno di confidarti con il dottore più affascinante, comprensivo e divertente di tutta Seattle»
«Verissimo. Mi andresti a chiamare Sheperd, allora?» ridacchiò lei.
«Cosa? Mi sento offeso!» rispose Alex, melodrammatico. «E poi, Sheperd è completamente perso dietro a Meredith... il meglio che tu possa chiedere sono io, ammettilo»
«Mi accontenterò» ribattè lei con una linguaccia, e schivò la mano di Alex, pronta a scompigliarle i capelli per quell'oltraggio. «Ora ti farò una domanda, e tu risponderai sinceramente. Ok?» Era seria, ora.
«Ok» Alex annuì.
«George e Izzie...» lui si irrigidì a quel nome, ma Callie lo ignorò. «Tra di loro... c'è qualcosa? C'è stato qualcosa? Ti prego, almeno tu dimmelo Alex, sto impazzendo, George è ancora arrabiato per la storia con Sloan, e io non so come andrà a finire se non superiamo questo momento, penso che lui sia davvero importante per me, ma c'è Izzie che è così alta e bionda e bella e perfetta... e io che sono tua amica non dovrei nemmeno dirle a te queste cose, ma sto impazzendo, non posso pensare di perdere George...» Callie era in lacrime, delirava, quasi. Aveva trattenuto quelle paure, quei timori dentro di sé per così tanto tempo che ora parlarne con qualcuno era difficile.
«Ehi, ehi, ehi. Shh.» Alex la interruppe, cingendole le spalle con un braccio e strofinandole la schiena. «Stai tranquilla. Così. Brava.» 
Lei poggiò la testa sulla spalla dell'amico e tirò su col naso. «S-sì, sono calma. Ma tu rispondi.» ordinò.
Alex prese un profondo respiro. «Ascolta, so cosa provi, perchè è quello che ho pensato anch'io, tempo fa. Izzie e George fanno la spesa insieme, si dividono panini e caffè, ridono di cose che nessun altro capisce, si confidano l'uno con l'altra... si vogliono davvero bene, tantissimo. Ma sono solo amici, Call, stai serena. Sono come me e te... troppo simili perchè possa funzionare» sorrise, al pensiero della loro notte-non-notte.
La Torres sbuffò, e sistemò la testa più comoda, stringendosi ad Alex per cercare un minimo di calore. «Quello è perchè sei un idiota, Karev... dico io, non ti sei fermato nemmeno un attimino a contemplarmi, quella volta. Altrimenti saresti rimasto vittima del mio fascino e mi avresti chiesto di sposarti, lì, in mutande e canottiera com'eri.»
«Ah, certamente. Sono sempre stato attratto dalle donne pugile.»
Ridacchiarono. Era assurdo quanto i loro scambi di frecciatine riuscissero a consolarli, a distrarli. Era bello prendersi a pugni, bere un caffé sulle panchine dell'ospedale o ridere insieme di qualcosa di stupido. Era bello essere amici.
Alex sospirò. C'era stato un tempo in cui era una testa bionda quella che si poggiava sulle sue spalle. Era un'altra ragazza quella con la quale rideva e parlava di sciocchezze e di cose serie. Callie era fantastica, certo, ma Izzie gli mancava. Da morire. E faceva male vederla con un altro.
«Ehi, Alex. Non sono stata carina, non dovevo nominare Izzie» Callie aveva sollevato la testa per guardare il suo amico negli occhi. Era l'unica parte del suo corpo che non sapeva mentire, neanche un po'. «Sono stata egocentrica e menefreghista, e voglio recuperare. Tocca a te ora» sorrise, incoraggiante.
«Callie... io... io non ce la faccio. Non ce la faccio a parlare di lei. E' terribilmente frustrante.» Alex si guardava le mani. «Non ce la faccio a parlare di lei perchè io vorrei parlare con lei... Ma sono settimane che non ci guardiamo neanche. E' bruttissimo. Mi manca da morire» Si lasciò andare contro lo schienale della panchina, svuotato. Non si era mai confidato mai così con nessuno, e non sapeva ancora cosa provare al riguardo. Sperò di non sembrare ridicolo.
«Alex. Se vuoi parlare con lei, se vuoi chiarirti con lei, se vuoi dirle che ti manca... prendi il coraggio a due mani e fallo. So che tutte ti credono un uomo duro, cinico, bastardo e tutto il resto...»

«Grazie mille, Call. Tu sì che sai risollevarmi il morale» fece Alex caustico.
«Vuoi farmi finire? Stavo per aggiungere che è solo una maschera che ti sei creato per nascondere la parte più bella di te -voi uomini siete così sciocchi a volte!- ... e non devi permettere che l'unica donna che lo ha capito ti lasci andare. Nè tu devi lasciare andare lei. Perchè tu la ami, la ami tantissimo... e non ti perdonerai mai se la perdi. E io non ti permetterò di farlo. Perciò, Alexander Michael Karev, ti comunico che oggi tu parlerai alla donna della tua vita, vi chiarirete... e io sarò la tua testimone di nozze, un giorno.» Sorrise con aria sorniona.
Alex era senza parole. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte. Poi scosse la testa come per schiarirsi le idee, e finalmente riuscì a collegare la lingua al cervello. «Su una cosa ti sbagli» disse, fissandola serio.
Callie lo guardò con aria interrogativa, e lui continuò: «Evidentemente, non è l'unica ad avere capito la storia della maschera e della parte bella e tutto il resto» sorrise e le strinse una mano. «Grazie»
«Lo dicevo io, se ti fossi fermato a contemplarmi...» Callie rise e abbracciò il suo amico. «Ti voglio bene, Lucifero»
«Ti voglio bene anch'io, Pugile... Ahia

 

 

 

 

Ce l'ho fatta ad aggiornare *__________*
Sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo, mi piace pensare a questi due come amici, sono troppo forti insieme :D
Beh, che dire, doveva essere un unico capitolo col successivo ma sarebbe troppo lungo, è tardi e devo vedere Grey's Anatomy ù_ù
So, see you soon :)



xxx


RoS :]

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Capitolo 9
*** Is that worth? ***


 Is that worth? •

 

 

 

Alex Karev camminava spedito e determinato per il corridoio principale del piano di Chirurgia.
Parlare con Callie aveva tirato fuori il suo orgoglio, il vero Alex, il combattente appassionato che per troppo tempo aveva tenuto nascosto.
Avere un obiettivo gli era sempre stato di aiuto, lo aveva sempre aiutato a non perdersi per la strada e a rimanere se stesso.
Callie gli aveva dato quell'obiettivo.
Parlare a Izzie. Dopo settimane di astio e silenzi, dopo giorni di incomprensioni e sguardi di sufficienza, dirle tutto.
Che gli dispiaceva, di aver insinuato quelle cose su lei e Sloan. Di essere stato così cattivo con lei quando le sue insinuazioni si erano rivelate vere.
E poi le avrebbe spiegato perchè ci era rimasto così male.
Non era solo perchè una delle sue più care amiche si stava rendendo ridicola davanti all'intero ospedale con il suo comportamento nei confronti di Sloan. Semplicemente perchè per lui Izzie non era più un'amica, da molto, moltissimo tempo.
Lui ne era innamorato -il suo passo quasi marziale ebbe un attimo di incertezza nel momento in cui lo ammise a se stesso- e sul serio, e voleva solo che lei lo amasse, e che fosse felice con lei. Soprattutto, che fosse felice. Che scacciasse tutti i demoni del suo passato e vivesse la sua vita nel modo più meraviglioso possibile.
Tutto animato dal filmato che nella sua mente gli mostrava il momento della sua dichiarazione -aveva sempre l'accortezza di riavvolgere il nastro prima di inquadrare il volto di Izzie, perchè aveva una paura matta di quello che avrebbe detto lei-, arrivò all'accettazione, e andò a sbattere contro George O'Malley che, al centro del corridoio, stava immobile come uno stoccafisso, perso nella contemplazione di uno spettacolo evidentemente molto avvincente. Il giovane medico non sembrò accorgersi di essere appena stato urtato. Alex, curioso, sbriciò al di sopra della sua spalla... e provò la stessa sensazione pugno-allo-stomaco di qualche settimana prima, quando un cercapersone aveva iniziato a squillare dall'altra parte del muro.
Dritto davanti a lui e a George, il dottor Bollito, nella sua miglior posa sexy, stava appoggiato al bancone dell'accettazione, e parlava con Izzie, che dava loro le spalle. La guardava con la sua faccia da gran divo, le stava vicino, le sfiorava il braccio.
Alex sentì qualcosa rompersi dentro di lui. Perchè Izzie continuava a svendersi? Perchè non reagiva, invece di lasciarsi passivamente trasportare dalla sua stessa forza distruttiva e dal fascino di quel bel faccino da schiaffi?
«...Perchè?» senza accorgersene, formulò la domanda ad alta voce.
George sembrò finalmente notare la sua presenza. Non chiese a cosa Alex si stesse riferendo, non ce n'era bisogno.
«Hai mai guardato Denny Duquette negli occhi?» gli domandò, fissandolo.
«Eh?» fece Alex, abbastanza stupito da questa domanda da distogliere lo sguardo dallo spettacolo offerto dalla ditta Il Piccolo e il Grande Sloan, dagli anni '80 sempre al vostro servizio.
«No, probabilmente non ci hai fatto caso. Denny Duquette aveva gli occhi esattamente del tuo stesso colore. Castano scuro. Izzie adora gli occhi così, me lo ha detto tanto tempo fa. La stessa sera in cui ha detto che gli occhi azzurri sono inespressivi e cattivi e che non dovevo offendermi perchè i miei occhi azzurri erano proprio da tenerooooone e lei era abbastanza ubriaca quindi era sicura che la mattina dopo non si sarebbe ricordata di avermi quasi insultato» Sorrise, ricordando quella lontana serata passata davanti al camino e ad una bottiglia di tequila, cercando di fingere di non sentire gli eloquenti rumori provenienti dalla stanza di Meredith e Derek.
«Sloan però ha gli occhi azzurri... e non sono decisamente occhi da tenerone» fece Alex, lentamente. «Ma allora...»
«Allora» lo interruppe George «lei sta semplicemente cercando di distrarsi con Sloan, che è così totalmente diverso da Denny e da te da permetterle di dimenticare di aver amato lui e di essere innamorata di te»
Alex pensò di aver capito male. Probabilmente uno degli scappellotti di Callie lo aveva stupidito del tutto.
Aprì la bocca, ci pensò un po' e la richiuse. Non sapeva cosa dire. La riaprì, e borbottò, piuttosto confuso «E adesso?»
«Adesso lei ha capito che Sloan non potrà mai distrarla da tutto questo, e inoltre che la sua dignità non è il prezzo adeguato per un po' di sesso. E glielo sta dicendo, come le consigliavo di farle da un bel po'»
In effetti, Izzie si stava scostando dal chirurgo, e gli aveva preso la mano che le stava carezzando il viso per poggiarla delicatamente sulla scrivania. Sloan sembrava abbastanza stupito.
Izzie disse qualcosa che i due non potevano sentire e poi si voltò per andare via.
Incontrò lo sguardo di George e fece un mezzo sorriso, come a dire "Grazie per avermi fatto ritrovare la persona che sono". I suoi occhi scuri si legarono a quelli castani di Alex per un lungo istante, poi lei se ne andò in direzione del cortile interno.
Alex si sentiva come se gli avessero messo la testa in una lavatrice. Non aveva di certo ricevuto cattive notizie, ma la consapevolezza di aver pensato tutto il male possibile di Izzie quando lei stava soffrendo non gli aveva fatto particolarmente bene. «E adesso?» chiese di nuovo.
«Adesso» rispose pazientemente O'Malley «tu la rincorri con tutta la dignità che sei in grado di ostentare, la raggiungi e le parli. Le dici tutto quello che le devi dire, e la rendi falice, chiaro? Non ho intenzione di vederla stare male di nuovo.»
«Rincorrerla, raggiungerla, parlare. Sì, ok. Perfetto» Alex si avviò nella stessa direzione di Izzie.
Fatti pochi passi, si fermò come se ci avesse ripensato, si voltò e chiamò «Ehi, George!»
«Sì?»
«Si tratta di Callie.»
George lo fissò con aria abbastanza attonita. Certo, lui era stato fino a quel momento a parlargli di Izzie, ma perchè era la sua migliore amica. Non aveva mai parlato di certe cose con Alex Karev -non aveva mai parlato quasi di niente con Alex, a dirla tutta- e questo accenno alla sua vita personale lo scioccava non poco.
«Lei è una che ne vale la pena. Vai, e dille tutto quello che devi. E rendila felice.»
George annuì, sempre più scioccato.
«E, George?»
«Sì?!?»
«Grazie.»
George si chiese se quella sera da Joe Christina non gli avrebbe dichiarato il suo imperituro amore. Alla fiera del Regala uno schock a O'Malley non mancava altro.

Questa è la prima cosa che scrivo da quel giorno.
So che è una cosa stupida e indegna di te, Amica mia. Ma è qualcosa da cui incominciare.
Perciò, te la dedico.
Mi manchi, da impazzire.

Rò.

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Capitolo 10
*** Under the rain ***


 

 

Under the rain ♥

 

 

 

«Izzie! Ehi, Izzie, aspetta!» Alex riuscì a raggiungerla solo in cortile, dove la trovò seduta su una panchina a fissare il cielo nuvoloso che minacciava pioggia da un istante all’altro. «Eccoti qui, allora» fece lui, con il fiatone, non sapendo bene da dove cominciare. Cos’è che doveva fare? La voce di George gli risuonò nella testa. Rincorrerla, raggiungerla, parlarle. Ah, sì. Rincorrerla: fatto. Raggiungerla: fatto. Parlarle… beh, ora veniva la parte difficile.
«Ti devo parlare» disse, deciso. Soprattutto dopo ciò che Bambi gli aveva detto, sentiva di essere sul punto di esplodere. Ringraziò mentalmente il brutto tempo, perché almeno non erano circondati da infermiere pettegole e chirurghi morbosamente interessati agli affari altrui.
«Ah, davvero? Si da il caso che io non voglia parlare con te» ribatté Izzie, avendo cura di guardare il nome di Alex ricamato sul camice, e non la sua faccia.
Un tuono abbastanza minaccioso scosse l’aria, ma i due non si mossero.
«Izz, senti… So di essere stato un idiota…»
«Sì, è vero. Lo sei stato, e lo sei tuttora» lo interruppe Izzie rivolta al taschino del camice.
«D’accordo, lo sono tuttora. Ma devi capire, per me non è stato facile…»
Izzie scattò in piedi. Con il contorno di nuvoloni neri e tuoni cavernosi, era abbastanza inquietante. «Per TE? Non è stato facile per TE?» domandò, furiosa, guardando Alex in faccia senza però incrociare il suo sguardo «Mi sono innamorata di un mio paziente, ho commesso un reato per salvargli la vita, l’ho ucciso il giorno in cui mi ha chiesto di sposarlo, sono stata cacciata, ho dovuto riniziare da capo, tutto, continuo a vedere il mio fidanzato morto, a volte, e TU mi vieni a dire che non è stato facile per TE?» Sembrava sul punto di prenderlo a schiaffi.
«SÌ! Non è stato facile neanche per me, chiaro? Vedere la donna di cui sono innamorato lasciarmi, solo per colpa mia… vederla soffrire immensamente, e poi… stare a guardare mentre ti svendevi per Sloan, senza poter capire, perché non me lo hai permesso!» rispose Alex, arrabbiato, avvicinandosi a lei, mentre cominciavano a cadere le prime gocce di pioggia. «Io stavo male, lo capisci? Sto male anche adesso… perché tu hai sofferto, e io non ho potuto fare niente per aiutarti! E quando ci ho provato, quando ti ho detto che secondo me stavi sbagliando, beh… non avevo capito perché lo facevi, non avevo capito… ma adesso sì. Adesso ho capito.» respirava affannosamente, e aveva già dimenticato tre quarti di quanto aveva detto. Si disse che probabilmente era meglio così.
Izzie era immobile, come congelata, e lo fissava, lo guardava negli occhi, finalmente. I suoi erano pieni di lacrime. «N-non… cosa… tu… innamorato?» articolò a fatica.
«Sì, Izzie, anche se avevo paura di ammetterlo persino a me stesso, io so di essermi innamorato di te. E voglio potermi dire responsabile di te. Voglio poter essere io a farti stare bene, voglio essere io a consolarti se qualcosa ti tormenta. Voglio stare con te, Izzie Stevens.»
La pioggia cadeva forte, ora. Creava come una barriera tra i due, i contorni erano sfocati… ma quello che Alex vide in fondo agli occhi di Izzie fu quella luce speciale, la luce della felicità. E quando le loro labbra si incontrarono sotto il temporale e lui poté di nuovo inebriarsi dell’odore di lei, di pesca e cannella, e stringerla forte a sé… fu allora che il Nuovo Alex prese definitivamente il posto di quello Vecchio, e tutto sembrò splendere di un bagliore nuovo.

 

 

· · L'angolino di Rò · ·

Questa pseudo schifezza vuole essere il capitolo finale della fic.
Manca solo l'epilogo, che credo posterò a breve, e poi potrò dire di aver concluso la mia prima long fiction.
Non mi convince affatto, però purtroppo temo di aver perso un pochino il filo della storia.
Se dovete tirare i pomodori... beh... sceglieteli maturi che almeno sono morbidi ^___^"
Un bacio e a presto, spero.
Vostra,
Rò. 

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