Memorie

di miriel67
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1-introduzione ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***



Capitolo 1
*** 1-introduzione ***


des1 -Che ore sono?-

Un crepitio, l’odore acre dello zolfo e una piccola fiammella azzurra . Sanzo si accese una sigaretta facendo attenzione a non svegliare nessuno. Goku ronfava pacificamente, Gojio e Hakkai erano immobili, immersi in un sonno profondo.  La luna era ancora alta nel cielo, quindi doveva essere da poco passata la mezzanotte. Era nervoso, non era una novità che lui fosse nervoso, ma in quei giorni era particolarmente nervoso. Erano accampati vicino al fiume, a quel fiume. Dove tanti anni prima il maestro l’aveva trovato. Non ricordava nulla, era poco più di un neonato. L’unico ricordo che aveva era il maestro, solo il maestro.
Gojyo l’aveva stressato tutto il giorno.

-Ma perché ci dobbiamo accampare vicino a ‘sto fiume? C’è un villaggio fra un po’ e poi il tuo dannato convento di allegri monaci. Perché non ci fermiamo là…-
-Piantala, kappa se non vuoi che ti spari!-

La conversazione si era fermata alla minaccia, Goku aveva provato anche lui durante il giorno ma si era beccato l’harisen in testa almeno tre volte ad ogni singolo tentativo di far cambiare idea al bonzo, non c’era stato niente da fare e si era ritirato in un angolino di Jeep brontolando sulla cena favolosa che si sarebbero persi al villaggio. Hakkai guidava silenzioso e finalmente a un cenno di Sanzo aveva fermato la macchina in quella radura, vicino al fiume.
Sanzo guardava le stelle, mentre il fumo saliva lento verso l’alto. Erano alte e luminose, sembrava riflettessero il chiarore della luna che si specchiava sul fiume.
Non si era mai posto il problema sul perché fosse stato abbandonato. In parte. Non voleva pensarci. Era quella la verità. Non si era mai posto il problema. Forse.
-Comunque è passato. -

Ricordava fin troppo bene le prese in giro da parte degli altri bambini, per il suo aspetto così insolito in quella regione dimenticata dal mondo.
-Koryu, chissà che mestiere praticava tua madre per averti fatto così, chissà con chi è andata.-
Un’eco lontana nella memoria, subita scacciata dall’immagine del maestro che sorridendo lo rialzava dopo l’ennesima scazzottata con gli altri piccoli allievi del convento.

-Koryu perché ti azzuffavi?-
-Mi dispiace Maestro.-
-Non ti ho chiesto se ti dispiace Koryu, ti ho chiesto perché. -
Allora come oggi, non aveva una risposta a quella domanda. Forse quello era il motivo per cui, dopo tanto tempo era ritornato da quelle parti. La situazione era abbastanza tranquilla. Una specie di calma prima dell’ennesima tempesta, che alla fine si sarebbe abbattuta su di loro.  Decise che sarebbe tornato a dormire, dopo aver finito di fumare. Guardò il fiume prima di alzarsi e fu allora che vide con chiarezza qualcosa muoversi fra le canne vicino a riva. Lentamente tolse la sicura alla pistola.
Sottovoce sentì Gojyo che sussurrava:
-C’è qualcosa vicino al fiume e non pensare di essere così silenzioso quando ti alzi!-
Contemporaneamente gli sfilò una sigaretta dal pacchetto e se la accese con un unico gesto e un sorriso beffardo.
Si avvicinarono all’alto canneto con circospezione, scostando silenziosamente tronchi e foglie.
C’era un vecchio con una canna da pesca che stava pescando, mentre canticchiava fra sé e sé.
-Vecchio chi diavolo sei?-
La voce di Sanzo non si fece attendere.
Il vecchietto si girò e mentre spalancava gli occhi, disse:
-Da quando non si può pescare in pace qui? Voi piuttosto chi…-
Poi ebbe un sussulto nel guardare Sanzo e disse:
-Tu dovresti essere morto, tu, la cesta.. Tu dovresti...-
Gojyo guardò Sanzo.
Era sbiancato.


1.    

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Capitolo 2
*** II ***


des2

Da qualche parte nel Tojiku, molti anni prima

-Mia signora il bambino piange!-

-Datemelo!-

La fanciulla scostò la veste lasciando libero il seno, l’ancella le porse il bambino e lei lo attaccò.

-Hai sempre fame tu, vero?-

Aveva la voce morbida e dolce mentre cantava una ninna nanna, allattando il piccolino: un bambino con i capelli biondissimi e insoliti occhi color indaco.

-Fino a quando dovremo continuare a fuggire? Sono così stanca, così stanca. -

-Mia signora vostro padre vi cerca e gli uomini del vostro promesso sposo, dovrete fuggire sempre voi e il vostro bambino, il frutto del vostro...-

La voce dell’ancella ripeteva ogni volta la stessa storia.

-Non osare serva! Mi sarei dovuta sposare con quel vecchio? Io la prima principessa del regno dello Shandong! Mai e poi mai! Non è colpa mia se mi sono innamorata, non è colpa mia!-.

Il tono della voce della ragazza si era improvvisamente alterato e il bambino si era messo a piangere.

-Non hai nessuna colpa tu, piccino mio, nessuna. -

E nel vedere sorridere la madre, il piccolo sorrise e si rimise beatamente a succhiare.

Ai-Li era di una bellezza stupefacente. Il viso piccolo e ovale, gli occhi elegantemente piegati all’insù color della giada. Bella e altera. Fin da piccola aveva dimostrato un caratterino tutto suo. Testarda come un mulo e cocciuta come un bue tibetano, ma quando sorrideva, faceva dimenticare ogni spigolo del suo carattere.

Era stata promessa in sposa appena nata, come da tradizione, per mantenere i buoni rapporti con il regno vicino. Cresciuta nel lusso, aveva conosciuto il suo promesso compiuti i quindici anni. Un vecchio.

Subito aveva puntato i piedi e detto no: no a suo padre, a sua madre e al gran ciambellano. No e poi no. Non si sarebbe sposata, sarebbe diventata una monaca buddista piuttosto, sarebbe scappata in al di là del mare, nel regno del Sol levante.

E poi c’era lui, il figlio del console di Britannia. Anche lui la guardava, di nascosto, fra le grate dei padiglioni femminili e quando durante le feste partecipava ai banchetti. Così come si guardano i fiori rari e preziosi in un giardino.

James Ewan, futuro lord di Wessex, era capitato nello Shandong per caso, al seguito di suo padre, durante l’ennesimo viaggio per stabilizzare i commerci via mare. Era successo tutto una sera, mentre stava tranquillamente fumando una sigaretta sotto un salice piangente. Un singhiozzo sommesso l’aveva distratto dai suoi pensieri. Dietro ad un cespuglio c’era una ragazza che piangeva. Da gentiluomo qual era James aveva esordito con uno “scusate signorina posso” ma la giovane aveva risposto con un secco e piagnucoloso “ No, non potete aiutarmi, nessuno può” e avrebbe incenerito con lo sguardo il suo interlocutore, solo che Ai-Li si era immediatamente persa nello sguardo quasi violetto di James e lui con stupore, si era accorto che la ragazzina non era altri che la prima principessa dello Shandong. Si erano guardati a lungo, ma non c’era voluto molto tempo per tutto il resto. James fantasticava di rapirla e portarla in Britannia, dove sarebbe diventata lady Wessex. Le parlava in continuazione di come fosse verde la sua patria e di come sarebbero stati felici. Dovevano solo scappare. Insieme. Solo che Ai-Li era scappata da sola, non appena si era accorta di essere incinta. Aveva minacciato la sua vecchia ancella e l’aveva costretta a seguirla. Due lettere, una a suo padre nella quale diceva che piuttosto che sposare quel vecchio preferiva fare la vagabonda per il mondo e una a James in cui diceva che se avessero scoperto la sua gravidanza per lui sarebbe stata morte sicura. A cavallo e con i gioielli cuciti nelle vesti e nelle bisacce della sella, aveva preso dall’armeria una pistola e anche se era scarica, era stata sufficiente mostrarla alla vecchia per convincerla a salire sul mulo al suo seguito.

Prima in montagna, poi verso il deserto e poi ancora in montagna. E poi era nato il piccolo Xuànzang.

Ai-Li era diventata meno prudente. Non si fidava a lasciare il bambino alla vecchia e scendeva nei villaggi a comprare il cibo e tutto quello che le poteva servire. Nascondeva il piccolo vicino alle piccole edicole votive del Buddha nei dintorni del villaggio e velocemente faceva acquisti. Poi recuperava il suo piccolo e tornava dalla vecchia che aveva fatto accampare nelle vicinanze. Non poteva passare inosservata, nonostante Ai-Li vestisse abiti dimessi da povera contadina. Era sempre la prima principessa dello Shandong. Fu una pattuglia di mercenari a scoprirla. Vicino a un fiume, mentre cullava il piccolo Xuàn.

Il capo dei mercenari quando la vide capì ogni cosa: sapeva che se avessero scoperto Ai-Li con il bambino sarebbero morti entrambi. A lui però serviva la principessa viva per la ricompensa.

-Principessa, potete salvare voi stessa e sperare per questo bambino, ma non potete sperare di salvare entrambi tornando a Palazzo.-

Ai-Li sapeva che aveva ragione. Pianse, urlò mentre prendevano Xuànzang e lo mettevano dentro ad una cesta, per affidarlo alla corrente del fiume. Nella cesta Ai-Li mise la pistola che aveva rubato nell’armeria di suo padre. Non volle guardare mentre il mercenario affidava la cesta al fiume. Ostinatamente rimase con le spalle girate, mentre il fiume si prendeva suo figlio.

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Capitolo 3
*** III ***


des3

-Senti vecchio, non so di che stai parlando, ma se vuoi che il mio amico non ti spari faresti meglio a spiegarti. -

Gojyo si accese una sigaretta, mentre Sanzo abbassava la pistola puntata contro il vecchio pescatore.

-Molti anni fa abbandonai in questo fiume un neonato in una cesta, ero un mercenario al servizio del gran ciambellano di Shandong.  Salvai la madre e ottenni la mia ricompensa nel riportarla a palazzo-.

Il pescatore tacque e abbassò gli occhi a terra. Ricordava la scena, le urla e poi l’improvviso silenzio della ragazza. Non aveva versato una lacrima, la bella Ai-Li. Era montata a cavallo e non aveva più parlato.

-Palazzo, quale palazzo? Sanzo partiamo? Si!  E dove andiamo? Ho una fame!-

Goku si era avvicinato silenziosamente al fiume e aveva captato frammenti di conversazione, senza capirne un granché.

-Taci scimmia!-

Il bonzo cominciava a sentire le tempie pulsare dolorosamente, stava per avere uno dei suoi micidiali attacchi di mal di testa.

-Non sono certo io quel bambino.-

Sanzo infine girò le spalle al vecchio, infilando la pistola nella cintura della tunica.

-Non ne ero sicuro, ma quella pistola è la stessa che Ai-Li mise nella cesta.-

-Non mi interessa. -

Il bonzo si avviò verso il campo, con la testa che gli scoppiava. Emicrania fulminante.  Avrebbe ammazzato il primo che avesse parlato.

-Ai-Li, la principessa dello Shandong? E cosa c’entrerebbe con noi? Chi mi dice che succede?-

-Hakkai, merda, non potevi continuare a dormire, ti ci metti anche tu…-.

Gojyo cercò di zittire l’amico, ma ormai la frittata era fatta e la tensione nell’aria si poteva tagliare a fette belle grosse.

Sanzo continuò a muoversi verso il loro accampamento. La testa in fiamme.

Goku saltellò felice verso Hakkai, conscio solo che aveva una gran fame.

-Hakkai io non ci capisco niente, ma siccome ti sei alzato, non è che metteresti su la colazione, ho una fame e poi guarda! Sta sorgendo il sole!-

Era l’alba. I raggi incendiarono a poco a poco di riflessi la superficie dell’acqua, facendo risaltare i flussi della corrente del fiume. Una coppia di aironi si alzò in volo rompendo il silenzio che era calato in mezzo al canneto.

-Caffè per tutti?-

Hakkai fece cenno a tutti di andare verso il campo. Il vecchio non si mosse da dove era, fino a quando Goku non gli si mise accanto.

-Signore, venite anche voi. Stavate raccontando qualcosa vero?-

Gojyo si passò nervosamente la mano nei capelli, prima di accendersi una sigaretta. -La giornata si  preannuncia interessante oggi. - si lasciò sfuggire fra le labbra, mentre una nuvoletta di fumo azzurrino saliva verso l’alto.

Il profumo del caffè si sparse nell’aria. Il vecchio borbottò un grazie, mentre Hakkai gli porgeva la tazza fumante.

-Stavate dicendo che pensate che Sanzo sia il bambino che abbandonaste nel fiume tanti anni fa, vero?-

Gojyo si stupiva ogni volta di come Hakkai riuscisse a dire le cose più terrificanti con la leggerezza di una libellula. Sanzo continuava a dormire o a fingere, disteso poco più in là.

-Ne sono sicuro, la pistola che ha in mano è la stessa che l’ambasciatore di Britannia regalò al principe di Shandong, un’arma che ha la particolarità di poter essere caricata con proiettili di diverso calibro e materiale.-

Il vecchio tacque, ripensò velocemente a quando aveva riportato Ai-Li a palazzo. Al suo muto e ostinato silenzio. Aveva scoperto dopo tutti i retroscena della storia. Alla vecchia serva della principessa erano bastate una bottiglia di vino di riso e qualche moneta, per sciogliere la lingua. Aveva spiattellato tutto. Sul bambino, sulla principessa e su James, che era stato imbarcato a forza sulla prima nave in partenza per la Britannia. La scusa ufficiale era stata che doveva proseguire gli studi in madrepatria, ma era stata sin troppo evidente la vera causa. Quando Ai-Li era fuggita, James si era messo al suo inseguimento. Il vecchio lord Wessex, a sua volta, aveva pagato due della scorta di James perché non appena lontani dallo Shandong, gli dessero una bella botta in testa e lo mettessero sul primo veliero britannico. James si era svegliato in alto mare, che le coste si distinguevano a malapena. Di lui non si era saputo più nulla.

-E quindi Sanzo è figlio di una vera principessa!-

Goku sgranò gli occhi, mentre cercava di prendere l’ultima fetta di pane abbrustolito. Il vecchio annuì mentre Hakkai gli versava l’ultimo goccio di caffè.

 

-Maestro io ho una madre?-

- Come tutti noi, Koryu, non sei nato dal fiume.-

- Perché mi ha abbandonato?-

 

Sanzo richiuse gli occhi, facendo finta di dormire. Le parole del maestro Komyo gli rimbalzavano in testa. Sapere il perché non l'aveva mai interessato, aveva sempre pensato al fatto di essere stato abbandonato come ad un gesto di estremo rifiuto e in tutto quel tempo, non aveva mai pensato che potesse essere altro. Da certi punti di vista, sua madre gli aveva dato una possibilità e lui era diventato quello che era. Sanzo si alzò, prese il bricco del caffè. Era vuoto.

-È ancora viva?-

-Si, credo di si .-

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Capitolo 4
*** IV ***


dese4

-È inutile che guardi quella cartina, Hakkai, ti sei perso!-

-No, non mi sono perso, forse l’ho letta al contrario.-

Gojyo rovesciò gli occhi all’indietro, trattenendo una risata.

-Se Sanzo ti ha sentito, ti ammazza!-

-Ho sentito.-

Sanzo non aprì neanche gli occhi. Da quando era cominciata quella storia, i mal di testa si erano fatti molto più frequenti. Ormai il viaggio verso lo Shandong durava da qualche giorno e l’emicrania andava e veniva che era una bellezza. Secondo la cartina che aveva in mano Hakkai, avrebbero dovuto raggiungerlo in circa due settimane di viaggio. Stavano attraversando una regione molto verde e del tutto diversa dal solito deserto al quale erano abituati. Non c’erano molti villaggi ma in tutti, la convivenza fra umani e demoni, sembrava pacifica. Una specie di Eden che li lasciava perplessi e inconsapevolmente inquieti. Sembrava tutto così perfetto: il verde, i sorrisi e la convivenza.

C’erano moltissimi mezzi demoni, Gojyo aveva detto che se quel posto era reale, gli avrebbe mandati tutti a quel paese e si sarebbe trasferito non appena questa storia di Sanzo sarebbe finita.

Beh era un diversivo piacevole farsi gli affari del bonzo, soprattutto perché Sanzo sapeva la storia di ognuno di loro e da certi punti di vista, aveva salvato loro la vita. Rendergli il favore aveva un non so ché di tremendamente piacevole e contemporaneamente, ironico.

-Sanzo ma quando incontrerai tua madre cosa gli dirai, eh?-

La risposta a Goku fu l’ennesimo colpo di harisen in testa e uno sta zitto mormorato a denti stretti.

-Maledetta scimmia.-

Sanzo non voleva pensare a niente. Si stava facendo trascinare in quell’avventura senza avere la forza di reagire.

“Sono tornato un neonato nella cesta”

La cosa gli faceva venire l’emicrania, per questo cercava di pensarci il meno possibile e aspettava in grazia che tutta quella dannata storia fosse finita.

-Un villaggio! Si mangia!-

Goku fece una capriola sbattendo la testa contro i fianchi di Jeep.

-Siamo in viaggio da quasi dieci ore, io mi fermerei, Jeep è stanco e ha bisogno di riposare anche lui.-

Hakkai entrò nel villaggio ordinato e pulito che si apriva davanti a loro. Assomigliava a tutti quelli che avevano già attraversato. La piazza circolare con la fontana, i negozi e i locali d’intorno e le case dietro, disposte su file, ogni casa uguale all'altra, alcune più grandi ma tutte uguali, bianche e con il tetto di tegole rosse. Come nei disegni dei bambini.

La gente andava e veniva, pacificamente e con una specie di sorriso stampato in viso.

-Ramen guarda e udon con le costolette! Andiamo andiamo, che fame che ho!-

-Senti scimmietta datti una calmata, che se continui a saltare ci rovesciamo. Ah però! Che curve pericolose!-

Gojyo aveva fissato lo sguardo su una delle innumerevoli belle donne che passeggiavano ben vestite sui marciapiedi della piazza.

-Zitti che ho mal di testa! Chiudete quella dannata bocca voi due!-

-Ora ci fermiamo Sanzo, così potrai riposare un pochino. Mi sembra bella quella locanda là: ha anche un bel giardino.-

Hakkai fermò Jeep vicino a un piccolo e grazioso albergo a pochi passi dalla piazzetta. Appena furono smontati tutti,  Hakuryu  svolazzò esausto sulla spalla del suo padrone.

-Bravo piccolino, ci hai portato tutti anche questa volta.-

L’ingresso della locanda era semplice e non appena suonarono il campanello, furono accolti da una sorridente e prosperosa matrona che li accolse con un grande sorriso e un tonante “cosa posso fare per voi?”.

Sanzo emise uno strettissimo “due camere con il bagno” mentre Goku saltellando chiedeva alla donna dove fosse il migliore ristorante del paese.

-Beh se veramente volete gustare le specialità locali, c’è il ristorante appena voltato l’angolo qui a destra. Fanno delle meravigliose costolette e il loro Ramen non ha eguali in paese. Sarete sicuramente soddisfatti.-.

In effetti, non appena furono entrati nel locale, un soave profumo di carne e di spaghetti, li avvolse per intero. Era un locale non molto affollato e come sempre, scelsero un tavolo appartato.

-Bene. Io voglio una porzione abbondante di Ramen, un piatto di costolette alla brace e mezzo pollo ai ferri, patate per iniziare e cosa avete di dolce?-

Goku riprese fiato non appena la cameriera gli porse la lista dei dolci.

Sanzo si guardava attorno. Umani, demoni e mezzo demoni, tranquillamente insieme. Un paradiso o l’inferno. Secondo i punti di vista.

 

-Voi siete il venerabile Genjio Sanzo Hoshi, vero?-

-Lo sono.-

Sanzo fissò lo sguardo sulla donna che gli aveva posto la domanda.

-Avremmo bisogno di un esorcismo, da un paio di settimane accadono fatti strani nel nostro paese e chiediamo la vostra benedizione.-

-Fatti di che genere?-  Gojyo si accese la sigaretta, quella cosa puzzava di imbroglio lontano un chilometro.

-Le vacche non danno più latte, e sono spariti parecchi oggetti dalle case dei paesani.-

Sanzo inarcò appena il sopracciglio. Non aveva voglia di recitare preghiere per un ladruncolo di paese.

-Non vi preoccupate signorina, ci pensiamo noi!-

Hakkai sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e cominciò a chiedere particolari sulle sparizioni di oggetti e di cose dalle case. Sanzo non aveva neanche voglia di brontolare. Si alzò di scatto spiaccicando un “Torno in albergo”, smollando la carta di credito ad un esterrefatto Gojyo.

Sanzo aspirò il fumo acre della sigaretta appena accesa. Non ne poteva più. Non gliene fregava niente se sua madre era viva o no. Voleva tornare indietro, punto.

Non si accorse neanche quando gli buttarono un sacco addosso. Percepì solo lo spostamento d’aria prima di essere colpito alla nuca.

-Merda.-

Mormorò,  prima di svenire.

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Capitolo 5
*** V ***


pri55

Un dondolio leggero. Buio. E la testa che scoppiava. Sanzo aprì a fatica gli occhi. Un’ emicrania micidiale e un bel bernoccolo sulla testa.

-Dove cazzo sono?-

Pian piano gli occhi si abituarono a quella penombra. Dall’alto filtrava decisa la luce del sole. Sanzo si mise a sedere, non riusciva a capire se gli girava la testa o se era la stanza che rullava dolcemente. Lo stomaco sottosopra.  Provò ad alzarsi. Era una stanza minuscola, perfettamente arredata. Un letto, tavolino e un lume a petrolio. Persino una piccola libreria e il catino per lavarsi con la brocca piena di acqua. Socchiuse più e più volte le palpebre per cercare di mettere a fuoco dov’era. La porta era appena sopra tre gradini.

-Gradini?-

Il bonzo non si fece più domande e con passo malfermo si avvicinò alla scaletta per aprire la porta. Fu inondato dalla luce e da un fischio prolungato.

-Passeggero in coperta!-

Sanzo si appoggiò al pomolo della porta, fece per cercare la pistola, ma al posto delle ampie maniche della tunica, incrociò il polsino di una camicia Oxford bianca allacciato con dei gemelli in oro giallo.

Un uomo tutto impettito venne verso lui a passi lunghi, gli si parò di fronte e con un breve inchino si presentò

-Sono il capitano Worthington, vostra grazia. Spero che il vostro risveglio sia stato piacevole.-

Sanzo lo guardò per un lunghissimo istante.

-Dove siamo?-

- Quasi nel Golfo del Bengala, signore, faremo tappa in India, presso la sede della Compagnia a Calcutta e a Vizgapatam, per poi andare verso Bombay e puntare decisi verso Suez. Se tutto va bene saremo a Londra per le feste.-.

Sanzo fece due passi verso l’uomo.

-Riportami subito indietro. -

Il capitano lo guardò con stupore, prima che il bonzo si accasciasse a terra.

-Sir Simon sta ancora male, abbiamo promesso a lord Wessex di portarlo sano e salvo a Londra e glielo porteremo!-

Worthington si accese la pipa, mentre il medico di bordo auscultava il cuore del paziente. Il dottore sospirò e poi  scosse la testa

-Non è niente di grave William, quei dannati pirati cinesi l’hanno riempito di laudano per farlo stare buono, prima che lo consegnassero. Ci vuole tempo per smaltirlo, ma sir Simon mi sembra di una fibra forte. –

Sanzo dormiva un sonno profondo, senza sogni, mentre la goletta fendeva le onde.

 

 

Gojyo si accese una sigaretta, era la penultima, Da quando Sanzo era scomparso, le contava. Non poteva più scroccargliele di nascosto e cercava di fumare con parsimonia. Era passato più di un mese, l’avevano cercato dappertutto. Alla fine erano saltati letteralmente al collo di un tipo losco che abitava nel paese dove avevano rapito Sanzo. Era stato venduto a dei pirati cinesi che a sua volta lo avevano venduto a qualcuno più grosso di loro.

-Non ci capisco niente Hakkai

Goku guardava sconsolato il piatto fumante di carne e patate che aveva davanti. Non aveva fame. Dalla scomparsa di Sanzo aveva perso l’appetito. Hakkai lo invitava gentilmente a mangiare, ma Goku non sembrava più lo stesso dalla scomparsa del monaco.

Erano accampati appena fuori dal villaggio, davanti al fuoco, con pochissima voglia di parlare. Non sapevano come agire e come poter aiutare Sanzo.

Era stata tutta una trappola, ben congeniata. Da anni cercavano Sanzo: il vecchio lord Wessex aveva lasciato questo mondo gonfio di gotta e di rimorsi. A James aveva lasciato una lettera in cui aveva spiegato per filo e per segno ogni cosa. James si era messo sulle tracce prima di Ai-Li e poi di Xuàn.  Aveva perso le speranze quando qualcuno gli aveva riferito della Shorejiyu, quella vecchia Smith and Wesson, fatta modificare tanti anni prima dall’armaiolo. Il manico in madreperla e il tamburo forgiato a mano, con l’incisione EoW* vicino al marchio. La possedeva un ragazzo, biondo alto e magro. Era stato fin troppo semplice individuarlo. Il gruppo di Sanzo aveva una certa fama da quelle parti e non passavano mai del tutto inosservati. Ma erano veramente in gamba. Ci voleva una trappola. James sapeva che Sanzo ritornava ogni tanto al vecchio convento dove era stato allevato. Bastava solo sapere dove e quando e soprattutto indirizzarlo verso lo Shandong, dove i Wessex avevano ancora agganci commerciali. Il resto era stato facile.

Gojyo dov’è la Britannia?-

-Silenzio scimmietta! Sta arrivando qualcuno!-

Hakkai e Gojyo si alzarono di scatto in piedi, ma sicuramente il gruppo di persone che stava arrivando non lo faceva silenziosamente.

Erano almeno una decina, armati di tutto punto. Dietro di loro seguiva una portantina chiusa da pesanti tende di stoffa azzurra. I soldati circondarono i tre lasciando solo lo spazio per far passare la portantina, che fu posata con delicatezza a terra. Un soldato velocemente porse la mano per far scendere il passeggero.

-Nessuno di voi è il mio piccolo Xuàn.-

La voce proveniva da una donna minuta, vestita di seta e broccato rosso. Bella e con un tono di voce familiare.

Gojyo fece un passo avanti.

-E voi signora sareste? –

Un soldato scattò in avanti e con voce tonante dichiarò

-Inchinati mezzo demone alla principessa regnante dello Shandong!-

 

 

 

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Capitolo 6
*** VI ***


Sanz1

Ai-Li sorseggiava lentamente il caffè che Hakkai le aveva offerto. Gojyo non riusciva a capacitarsi che quella bella e piccola signora era la madre di Sanzo. Se ne rendeva conto solo quando apriva la bocca. Aveva una voce insolitamente bassa per una donna, gradevole, fino a quando non assumeva un insopportabile tono autoritario. Avevano lo stesso naso e nonostante la differenza di colore, gli occhi erano identici.

-Smettila di guardarmi, sono troppo vecchia per te ragazzo!-

Gojyo arrossì mentre Goku continuava a saltellarle intorno tempestandola di domande.

-Sei la mamma di Sanzo, si? Sei una principessa? Sai chi ha rapito Sanzo? Sai dov’è?-

-Scimmia taci una buona volta!-

Hakkai non ebbe più alcun dubbio, quella era sicuramente la madre di Sanzo. Goku le si afflosciò vicino e tacque. Ai-Li appoggiò la tazza del caffè e fece una lunga carezza sui capelli del ragazzo.

-Non so dove sia Xuàn, Sanzo, come lo chiamate voi. Non sapevo neanche che fosse vivo fino a poco tempo fa. Dopo averlo lasciato nella cesta, sono stata rinchiusa nelle mie stanze, a Palazzo. Non potevo parlare con nessuno. Mi portavano da mangiare e da bere. Ero imprigionata in casa mia. Alla morte di mio padre, quando ho assunto il comando del regno, l’ho fatto cercare, con discrezione, ma nulla. Sparito, scomparso, svanito. Ho cominciato a sentire un paio di anni fa le storie che circolavano sul “gruppo di Sanzo”, sul monaco dai capelli color oro. Vi spostavate troppo velocemente e avevamo avuto problemi ai confini. Non potevo impiegare uomini nella ricerca di un sogno. Poi, pochi giorni fa, mi ha chiesto udienza uno dei vecchi mercenari che pagava mio padre. Ha detto di essere sicuro che Sanzo sia mio figlio, mi ha parlato della pistola che avevo lasciato nella cesta ed eccomi qui.-

Ai-Li tacque guardando negli occhi i ragazzi, uno per volta. Hakkai si schiarì la voce.

- Sanzo è stato rapito da suo padre, almeno così ci ha detto un tipo nell’ultimo paese, dove ci siamo fermati, ma non sappiamo perché l’ha fatto. Sappiamo invece che l’hanno imbarcato a forza e lo stanno portando in Britannia.-.

- James mi deve delle spiegazioni, lo inseguiremo, andremo in Britannia anche noi. –

 

 

Sanzo guardava il mare, un infinito blu macchiato dal bianco della spuma che la goletta lasciava dietro di sé.

-Terra in vista!-

Il grido dall’alto dell’albero maestro lo scosse dai suoi pensieri. Si incamminò lentamente verso prua, lasciando la poppa dell’imbarcazione e con essa parte dei suoi pensieri.

Le scogliere erano alte e bianchissime, con piccole lingue di sabbia chiara e centinaia di gabbiani che si alzavano a stormi in volo, gracidando prima di tuffarsi in acqua.

-Sir Simon queste sono le scogliere di Dover, siamo quasi arrivati a destinazione-

Il capitano Worthington guardò il passeggero. Sanzo annuì mentre il vento gli scompigliava i capelli.

Aveva preso una risoluzione interiore. Era inutile ribellarsi mentre i suoi piedi poggiavano su di un legno in mezzo al mare. Era in grado di controllarsi. Poteva farlo. Anche se era tremendamente in collera.

Rivoleva il Sutra, la pistola e un pacchetto di sigarette. Al resto ci avrebbe pensato quando i suoi piedi avrebbero toccato terra.

-Entro sera avremmo ormeggiato a Dover e domani in carrozza potremmo raggiungere Londra e poi il castello di Marleborough , dove vostro padre vi attende.-

 

-Padre...-  

Sanzo non replicò. Lui non aveva padri e se ne aveva avuto uno era stato il suo maestro Komyo. Sicuramente non  voleva avere nulla a che fare con questo James. Non avrebbe mai riconosciuto alcuna autorità a quest’uomo.  Di nessun tipo.

Il bonzo si girò. Non gli interessava vedere quella terra, non era sua. Allungando il passo rientrò in cabina e non si mosse fino a quando la nave non ormeggiò a tarda sera nel porto.

Suoni, colori, odori. Tutto era diverso. Una nebbia leggera avvolgeva la campagna, mentre la carrozza avanzava in mezzo a colline frammezzate a campi coltivati. La permanenza a Dover era stata breve, ma sufficientemente lunga per procurarsi un pacchetto di Dunhill Light. Fumare di nuovo lo aiutava a pensare e quelle bionde non erano male. Scostò la tenda della carrozza.

-Quello deve essere il dannato castello di Marleborough.-

Come un pugno fortissimo avvertì la potente aura demoniaca che permeava la zona. Fu un attimo sufficiente a mozzargli il fiato. Poi l’aura scomparve, così come era comparsa. Sanzo chiuse gli occhi.

-Sir Simon, vi sentite bene?-

Worthington guardò il giovane. Minuscole gocce di sudore si erano formate sulla pelle chiara del viso.

Sanzo respirò profondamente.

-Ho bisogno del mio Sutra.-

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