Memorie di miriel67 (/viewuser.php?uid=44395)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1-introduzione ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 1 *** 1-introduzione ***
des1
-Che ore sono?-
Un crepitio, l’odore acre dello zolfo e una piccola
fiammella azzurra . Sanzo si accese una sigaretta facendo attenzione a
non svegliare nessuno. Goku ronfava pacificamente, Gojio e Hakkai erano
immobili, immersi in un sonno profondo. La luna era ancora alta
nel cielo, quindi doveva essere da poco passata la mezzanotte. Era
nervoso, non era una novità che lui fosse nervoso, ma in quei
giorni era particolarmente
nervoso. Erano accampati vicino al fiume, a quel fiume. Dove tanti anni
prima il maestro l’aveva trovato. Non ricordava nulla, era poco
più di un neonato. L’unico ricordo che aveva era il
maestro, solo il maestro.
Gojyo l’aveva stressato tutto il giorno.
-Ma perché ci dobbiamo
accampare vicino a ‘sto fiume? C’è un villaggio fra
un po’ e poi il tuo dannato convento di allegri monaci.
Perché non ci fermiamo là…-
-Piantala, kappa se non vuoi che ti spari!-
La conversazione si era fermata alla minaccia, Goku aveva
provato anche lui durante il giorno ma si era beccato l’harisen
in testa almeno tre volte ad ogni singolo tentativo di far cambiare
idea al bonzo, non c’era stato niente da fare e si era ritirato
in un angolino di Jeep brontolando sulla cena favolosa che si sarebbero
persi al villaggio. Hakkai guidava silenzioso e finalmente a un cenno
di Sanzo aveva fermato la macchina in quella radura, vicino al fiume.
Sanzo guardava le stelle, mentre il fumo saliva lento verso
l’alto. Erano alte e luminose, sembrava riflettessero il chiarore
della luna che si specchiava sul fiume.
Non si era mai posto il problema sul perché fosse stato
abbandonato. In parte. Non voleva pensarci. Era quella la
verità. Non si era mai posto il problema. Forse.
-Comunque è passato. -
Ricordava fin troppo bene le prese in giro da parte degli altri
bambini, per il suo aspetto così insolito in quella regione
dimenticata dal mondo.
-Koryu, chissà che mestiere praticava tua madre per averti fatto così, chissà con chi è andata.-
Un’eco lontana nella memoria, subita scacciata
dall’immagine del maestro che sorridendo lo rialzava dopo
l’ennesima scazzottata con gli altri piccoli allievi del convento.
-Koryu perché ti azzuffavi?-
-Mi dispiace Maestro.-
-Non ti ho chiesto se ti dispiace Koryu, ti ho chiesto perché. -
Allora come oggi, non aveva una risposta a quella domanda. Forse quello
era il motivo per cui, dopo tanto tempo era ritornato da quelle parti.
La situazione era abbastanza tranquilla. Una specie di calma prima
dell’ennesima tempesta, che alla fine si sarebbe abbattuta su di
loro. Decise che sarebbe tornato a dormire, dopo aver finito di
fumare. Guardò il fiume prima di alzarsi e fu allora che vide
con chiarezza qualcosa muoversi fra le canne vicino a riva. Lentamente
tolse la sicura alla pistola.
Sottovoce sentì Gojyo che sussurrava:
-C’è qualcosa vicino al fiume e non pensare di essere così silenzioso quando ti alzi!-
Contemporaneamente gli sfilò una sigaretta dal pacchetto e se la accese con un unico gesto e un sorriso beffardo.
Si avvicinarono all’alto canneto con circospezione, scostando silenziosamente tronchi e foglie.
C’era un vecchio con una canna da pesca che stava pescando, mentre canticchiava fra sé e sé.
-Vecchio chi diavolo sei?-
La voce di Sanzo non si fece attendere.
Il vecchietto si girò e mentre spalancava gli occhi, disse:
-Da quando non si può pescare in pace qui? Voi piuttosto chi…-
Poi ebbe un sussulto nel guardare Sanzo e disse:
-Tu dovresti essere morto, tu, la cesta.. Tu dovresti...-
Gojyo guardò Sanzo.
Era sbiancato.
1.
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Capitolo 2 *** II ***
des2
Da qualche parte nel Tojiku,
molti anni prima
-Mia signora il bambino piange!-
-Datemelo!-
La
fanciulla scostò la veste lasciando libero il seno, l’ancella le porse
il bambino e lei lo attaccò.
-Hai sempre fame tu, vero?-
Aveva la
voce morbida e dolce mentre cantava una ninna nanna, allattando il piccolino:
un bambino con i capelli biondissimi e insoliti occhi color indaco.
-Fino a quando dovremo continuare
a fuggire? Sono così stanca, così stanca. -
-Mia signora vostro padre vi
cerca e gli uomini del vostro promesso sposo, dovrete fuggire sempre voi e il
vostro bambino, il frutto del vostro...-
La voce
dell’ancella ripeteva ogni volta la stessa storia.
-Non osare serva! Mi sarei dovuta
sposare con quel vecchio? Io la prima principessa del regno dello Shandong! Mai
e poi mai! Non è colpa mia se mi sono innamorata, non è colpa mia!-.
Il tono
della voce della ragazza si era improvvisamente alterato e il bambino si era
messo a piangere.
-Non hai nessuna colpa tu,
piccino mio, nessuna. -
E nel
vedere sorridere la madre, il piccolo sorrise e si rimise beatamente a
succhiare.
Ai-Li
era di una bellezza stupefacente. Il viso piccolo e ovale, gli occhi
elegantemente piegati all’insù color della giada. Bella e altera. Fin da
piccola aveva dimostrato un caratterino tutto suo. Testarda come un mulo e
cocciuta come un bue tibetano, ma quando sorrideva, faceva dimenticare ogni
spigolo del suo carattere.
Era
stata promessa in sposa appena nata, come da tradizione, per mantenere i buoni
rapporti con il regno vicino. Cresciuta nel lusso, aveva conosciuto il suo
promesso compiuti i quindici anni. Un vecchio.
Subito
aveva puntato i piedi e detto no: no a suo padre, a sua madre e al gran
ciambellano. No e poi no. Non si sarebbe sposata, sarebbe diventata una monaca
buddista piuttosto, sarebbe scappata in al di là del mare, nel regno del Sol
levante.
E poi
c’era lui, il figlio del console di Britannia. Anche lui la guardava, di
nascosto, fra le grate dei padiglioni femminili e quando durante le feste partecipava
ai banchetti. Così come si guardano i fiori rari e preziosi in un giardino.
James Ewan,
futuro lord di Wessex, era capitato nello Shandong per caso, al seguito di suo
padre, durante l’ennesimo viaggio per stabilizzare i commerci via mare. Era
successo tutto una sera, mentre stava tranquillamente fumando una sigaretta sotto
un salice piangente. Un singhiozzo sommesso l’aveva distratto dai suoi
pensieri. Dietro ad un cespuglio c’era una ragazza che piangeva. Da gentiluomo qual
era James aveva esordito con uno “scusate
signorina posso” ma la giovane aveva risposto con un secco e piagnucoloso “
No, non potete aiutarmi, nessuno può”
e avrebbe incenerito con lo sguardo il suo interlocutore, solo che Ai-Li si era
immediatamente persa nello sguardo quasi violetto di James e lui con stupore,
si era accorto che la ragazzina non era altri che la prima principessa dello
Shandong. Si erano guardati a lungo, ma non c’era voluto molto tempo per tutto
il resto. James fantasticava di rapirla e portarla in Britannia, dove sarebbe
diventata lady Wessex. Le parlava in continuazione di come fosse verde la sua
patria e di come sarebbero stati felici. Dovevano solo scappare. Insieme. Solo
che Ai-Li era scappata da sola, non appena si era accorta di essere incinta.
Aveva minacciato la sua vecchia ancella e l’aveva costretta a seguirla. Due
lettere, una a suo padre nella quale diceva che piuttosto che sposare quel
vecchio preferiva fare la vagabonda per il mondo e una a James in cui diceva
che se avessero scoperto la sua gravidanza per lui sarebbe stata morte sicura.
A cavallo e con i gioielli cuciti nelle vesti e nelle bisacce della sella,
aveva preso dall’armeria una pistola e anche se era scarica, era stata sufficiente
mostrarla alla vecchia per convincerla a salire sul mulo al suo seguito.
Prima in
montagna, poi verso il deserto e poi ancora in montagna. E poi era nato il
piccolo Xuànzang.
Ai-Li
era diventata meno prudente. Non si fidava a lasciare il bambino alla vecchia e
scendeva nei villaggi a comprare il cibo e tutto quello che le poteva servire.
Nascondeva il piccolo vicino alle piccole edicole votive del Buddha nei
dintorni del villaggio e velocemente faceva acquisti. Poi recuperava il suo
piccolo e tornava dalla vecchia che aveva fatto accampare nelle vicinanze. Non poteva
passare inosservata, nonostante Ai-Li vestisse abiti dimessi da povera
contadina. Era sempre la prima principessa dello Shandong. Fu una pattuglia di
mercenari a scoprirla. Vicino a un fiume, mentre cullava il piccolo Xuàn.
Il capo
dei mercenari quando la vide capì ogni cosa: sapeva che se avessero scoperto
Ai-Li con il bambino sarebbero morti entrambi. A lui però serviva la principessa
viva per la ricompensa.
-Principessa, potete salvare voi
stessa e sperare per questo bambino, ma non potete sperare di salvare entrambi
tornando a Palazzo.-
Ai-Li
sapeva che aveva ragione. Pianse, urlò mentre prendevano Xuànzang e lo
mettevano dentro ad una cesta, per affidarlo alla corrente del fiume. Nella
cesta Ai-Li mise la pistola che aveva rubato nell’armeria di suo padre. Non
volle guardare mentre il mercenario affidava la cesta al fiume. Ostinatamente rimase
con le spalle girate, mentre il fiume si prendeva suo figlio.
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Capitolo 3 *** III ***
des3
-Senti vecchio, non so di che
stai parlando, ma se vuoi che il mio amico non ti spari faresti meglio a
spiegarti. -
Gojyo si
accese una sigaretta, mentre Sanzo abbassava la pistola puntata contro il
vecchio pescatore.
-Molti anni fa abbandonai in
questo fiume un neonato in una cesta, ero un mercenario al servizio del gran
ciambellano di Shandong. Salvai la madre
e ottenni la mia ricompensa nel riportarla a palazzo-.
Il
pescatore tacque e abbassò gli occhi a terra. Ricordava la scena, le urla e poi
l’improvviso silenzio della ragazza. Non aveva versato una lacrima, la bella
Ai-Li. Era montata a cavallo e non aveva più parlato.
-Palazzo, quale palazzo? Sanzo
partiamo? Si! E dove andiamo? Ho una
fame!-
Goku si
era avvicinato silenziosamente al fiume e aveva captato frammenti di
conversazione, senza capirne un granché.
-Taci scimmia!-
Il bonzo
cominciava a sentire le tempie pulsare dolorosamente, stava per avere uno dei
suoi micidiali attacchi di mal di testa.
-Non sono certo io quel bambino.-
Sanzo
infine girò le spalle al vecchio, infilando la pistola nella cintura della
tunica.
-Non ne ero sicuro, ma quella
pistola è la stessa che Ai-Li mise nella cesta.-
-Non mi interessa. -
Il bonzo
si avviò verso il campo, con la testa che gli scoppiava. Emicrania fulminante. Avrebbe ammazzato il primo che avesse parlato.
-Ai-Li, la principessa dello
Shandong? E cosa c’entrerebbe con noi? Chi mi dice che succede?-
-Hakkai, merda, non potevi
continuare a dormire, ti ci metti anche tu…-.
Gojyo
cercò di zittire l’amico, ma ormai la frittata era fatta e la tensione nell’aria
si poteva tagliare a fette belle grosse.
Sanzo
continuò a muoversi verso il loro accampamento. La testa in fiamme.
Goku
saltellò felice verso Hakkai, conscio solo che aveva una gran fame.
-Hakkai io non ci capisco niente,
ma siccome ti sei alzato, non è che metteresti su la colazione, ho una fame e
poi guarda! Sta sorgendo il sole!-
Era
l’alba. I raggi incendiarono a poco a poco di riflessi la superficie
dell’acqua, facendo risaltare i flussi della corrente del fiume. Una coppia di
aironi si alzò in volo rompendo il silenzio che era calato in mezzo al canneto.
-Caffè per tutti?-
Hakkai
fece cenno a tutti di andare verso il campo. Il vecchio non si mosse da dove
era, fino a quando Goku non gli si mise accanto.
-Signore, venite anche voi.
Stavate raccontando qualcosa vero?-
Gojyo si
passò nervosamente la mano nei capelli, prima di accendersi una sigaretta. -La giornata si preannuncia
interessante oggi. - si lasciò sfuggire fra le labbra, mentre una nuvoletta
di fumo azzurrino saliva verso l’alto.
Il profumo
del caffè si sparse nell’aria. Il vecchio borbottò un grazie, mentre Hakkai gli
porgeva la tazza fumante.
-Stavate dicendo che pensate che
Sanzo sia il bambino che abbandonaste nel fiume tanti anni fa, vero?-
Gojyo si
stupiva ogni volta di come Hakkai riuscisse a dire le cose più terrificanti con
la leggerezza di una libellula. Sanzo continuava a dormire o a fingere, disteso
poco più in là.
-Ne sono sicuro, la
pistola che ha in mano è la stessa che l’ambasciatore di Britannia regalò al
principe di Shandong, un’arma che ha la particolarità di poter essere caricata
con proiettili di diverso calibro e materiale.-
Il vecchio
tacque, ripensò velocemente a quando aveva riportato Ai-Li a palazzo. Al suo
muto e ostinato silenzio. Aveva scoperto dopo tutti i retroscena della storia.
Alla vecchia serva della principessa erano bastate una bottiglia di vino di
riso e qualche moneta, per sciogliere la lingua. Aveva spiattellato tutto. Sul
bambino, sulla principessa e su James, che era stato imbarcato a forza sulla
prima nave in partenza per la Britannia. La scusa ufficiale era stata che
doveva proseguire gli studi in madrepatria, ma era stata sin troppo evidente la
vera causa. Quando Ai-Li era fuggita, James si era messo al suo inseguimento.
Il vecchio lord Wessex, a sua volta, aveva pagato due della scorta di James perché
non appena lontani dallo Shandong, gli dessero una bella botta in testa e lo
mettessero sul primo veliero britannico. James si era svegliato in alto mare,
che le coste si distinguevano a malapena. Di lui non si era saputo più nulla.
-E quindi Sanzo è figlio di una
vera principessa!-
Goku
sgranò gli occhi, mentre cercava di prendere l’ultima fetta di pane
abbrustolito. Il vecchio annuì mentre Hakkai gli versava l’ultimo goccio di
caffè.
-Maestro io ho una madre?-
- Come tutti noi, Koryu, non sei
nato dal fiume.-
- Perché mi ha abbandonato?-
Sanzo
richiuse gli occhi, facendo finta di dormire. Le parole del maestro Komyo gli
rimbalzavano in testa. Sapere il perché non l'aveva mai interessato, aveva
sempre pensato al fatto di essere stato abbandonato come ad un gesto di estremo
rifiuto e in tutto quel tempo, non aveva mai pensato che potesse essere altro.
Da certi punti di vista, sua madre gli aveva dato una possibilità e lui era
diventato quello che era. Sanzo si alzò, prese il bricco del caffè. Era vuoto.
-È ancora viva?-
-Si, credo di si .-
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Capitolo 4 *** IV ***
dese4
-È inutile che guardi quella
cartina, Hakkai, ti sei perso!-
-No, non mi sono perso, forse
l’ho letta al contrario.-
Gojyo
rovesciò gli occhi all’indietro, trattenendo una risata.
-Se Sanzo ti ha sentito, ti
ammazza!-
-Ho sentito.-
Sanzo
non aprì neanche gli occhi. Da quando era cominciata quella storia, i mal di
testa si erano fatti molto più frequenti. Ormai il viaggio verso lo Shandong
durava da qualche giorno e l’emicrania andava e veniva che era una bellezza.
Secondo la cartina che aveva in mano Hakkai, avrebbero dovuto raggiungerlo in
circa due settimane di viaggio. Stavano attraversando una regione molto verde e
del tutto diversa dal solito deserto al quale erano abituati. Non c’erano molti
villaggi ma in tutti, la convivenza fra umani e demoni, sembrava pacifica. Una
specie di Eden che li lasciava perplessi e inconsapevolmente inquieti. Sembrava
tutto così perfetto: il verde, i sorrisi e la convivenza.
C’erano moltissimi
mezzi demoni, Gojyo aveva detto che se quel posto era reale, gli avrebbe
mandati tutti a quel paese e si sarebbe trasferito non appena questa storia di
Sanzo sarebbe finita.
Beh era
un diversivo piacevole farsi gli affari del bonzo, soprattutto perché Sanzo
sapeva la storia di ognuno di loro e da certi punti di vista, aveva salvato
loro la vita. Rendergli il favore aveva un non so ché di tremendamente
piacevole e contemporaneamente, ironico.
-Sanzo ma quando incontrerai tua
madre cosa gli dirai, eh?-
La
risposta a Goku fu l’ennesimo colpo di harisen in testa e uno sta zitto mormorato a denti stretti.
-Maledetta scimmia.-
Sanzo
non voleva pensare a niente. Si stava facendo trascinare in quell’avventura
senza avere la forza di reagire.
“Sono tornato un neonato nella
cesta”
La cosa
gli faceva venire l’emicrania, per questo cercava di pensarci il meno possibile
e aspettava in grazia che tutta quella dannata storia fosse finita.
-Un villaggio! Si mangia!-
Goku
fece una capriola sbattendo la testa contro i fianchi di Jeep.
-Siamo in viaggio da quasi dieci
ore, io mi fermerei, Jeep è stanco e ha bisogno di riposare anche lui.-
Hakkai
entrò nel villaggio ordinato e pulito che si apriva davanti a loro.
Assomigliava a tutti quelli che avevano già attraversato. La piazza circolare
con la fontana, i negozi e i locali d’intorno e le case dietro, disposte su
file, ogni casa uguale all'altra, alcune più grandi ma tutte uguali, bianche e
con il tetto di tegole rosse. Come nei disegni dei bambini.
La gente
andava e veniva, pacificamente e con una specie di sorriso stampato in viso.
-Ramen guarda e udon con le
costolette! Andiamo andiamo, che fame che ho!-
-Senti scimmietta datti una
calmata, che se continui a saltare ci rovesciamo. Ah però! Che curve
pericolose!-
Gojyo
aveva fissato lo sguardo su una delle innumerevoli belle donne che
passeggiavano ben vestite sui marciapiedi della piazza.
-Zitti che ho mal di testa!
Chiudete quella dannata bocca voi due!-
-Ora ci fermiamo Sanzo, così
potrai riposare un pochino. Mi sembra bella quella locanda là: ha anche un bel
giardino.-
Hakkai
fermò Jeep vicino a un piccolo e grazioso albergo a pochi passi dalla piazzetta.
Appena furono smontati tutti, Hakuryu svolazzò esausto sulla spalla del suo padrone.
-Bravo piccolino, ci hai portato
tutti anche questa volta.-
L’ingresso
della locanda era semplice e non appena suonarono il campanello, furono accolti
da una sorridente e prosperosa matrona che li accolse con un grande sorriso e
un tonante “cosa posso fare per voi?”.
Sanzo
emise uno strettissimo “due camere con il
bagno” mentre Goku saltellando chiedeva alla donna dove fosse il migliore
ristorante del paese.
-Beh se veramente volete gustare
le specialità locali, c’è il ristorante appena voltato l’angolo qui a destra.
Fanno delle meravigliose costolette e il loro Ramen non ha eguali in paese.
Sarete sicuramente soddisfatti.-.
In
effetti, non appena furono entrati nel locale, un soave profumo di carne e di
spaghetti, li avvolse per intero. Era un locale non molto affollato e come
sempre, scelsero un tavolo appartato.
-Bene. Io voglio una porzione
abbondante di Ramen, un piatto di costolette alla brace e mezzo pollo ai ferri,
patate per iniziare e cosa avete di dolce?-
Goku
riprese fiato non appena la cameriera gli porse la lista dei dolci.
Sanzo si
guardava attorno. Umani, demoni e mezzo demoni, tranquillamente insieme. Un
paradiso o l’inferno. Secondo i punti di vista.
-Voi siete il venerabile Genjio
Sanzo Hoshi, vero?-
-Lo sono.-
Sanzo
fissò lo sguardo sulla donna che gli aveva posto la domanda.
-Avremmo bisogno di un esorcismo,
da un paio di settimane accadono fatti strani nel nostro paese e chiediamo la
vostra benedizione.-
-Fatti di che genere?-
Gojyo si accese la sigaretta, quella cosa puzzava di imbroglio lontano
un chilometro.
-Le vacche non danno più latte, e sono
spariti parecchi oggetti dalle case dei paesani.-
Sanzo
inarcò appena il sopracciglio. Non aveva voglia di recitare preghiere per un
ladruncolo di paese.
-Non vi preoccupate signorina, ci
pensiamo noi!-
Hakkai
sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e cominciò a chiedere particolari sulle
sparizioni di oggetti e di cose dalle case. Sanzo non aveva neanche voglia di
brontolare. Si alzò di scatto spiaccicando un “Torno in albergo”,
smollando la carta di credito ad un esterrefatto Gojyo.
Sanzo
aspirò il fumo acre della sigaretta appena accesa. Non ne poteva più. Non
gliene fregava niente se sua madre era viva o no. Voleva tornare indietro,
punto.
Non si
accorse neanche quando gli buttarono un sacco addosso. Percepì solo lo
spostamento d’aria prima di essere colpito alla nuca.
-Merda.-
Mormorò,
prima di svenire.
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Capitolo 5 *** V ***
pri55
Un
dondolio leggero. Buio. E la testa che scoppiava. Sanzo aprì a fatica gli
occhi. Un’ emicrania micidiale e un bel bernoccolo sulla testa.
-Dove cazzo sono?-
Pian
piano gli occhi si abituarono a quella penombra. Dall’alto filtrava decisa la
luce del sole. Sanzo si mise a sedere, non riusciva a capire se gli girava la
testa o se era la stanza che rullava dolcemente. Lo stomaco sottosopra. Provò ad alzarsi. Era una stanza minuscola,
perfettamente arredata. Un letto, tavolino e un lume a petrolio. Persino una
piccola libreria e il catino per lavarsi con la brocca piena di acqua.
Socchiuse più e più volte le palpebre per cercare di mettere a fuoco dov’era.
La porta era appena sopra tre gradini.
-Gradini?-
Il bonzo
non si fece più domande e con passo malfermo si avvicinò alla scaletta per
aprire la porta. Fu inondato dalla luce e da un fischio prolungato.
-Passeggero in coperta!-
Sanzo si
appoggiò al pomolo della porta, fece per cercare la pistola, ma al posto delle
ampie maniche della tunica, incrociò il polsino di una camicia Oxford bianca
allacciato con dei gemelli in oro giallo.
Un uomo
tutto impettito venne verso lui a passi lunghi, gli si parò di fronte e con un
breve inchino si presentò
-Sono il capitano Worthington,
vostra grazia. Spero che il vostro risveglio sia stato piacevole.-
Sanzo lo
guardò per un lunghissimo istante.
-Dove siamo?-
- Quasi nel Golfo del Bengala,
signore, faremo tappa in India, presso la sede della Compagnia a Calcutta e a
Vizgapatam, per poi andare verso Bombay e puntare decisi verso Suez. Se tutto
va bene saremo a Londra per le feste.-.
Sanzo
fece due passi verso l’uomo.
-Riportami subito indietro. -
Il
capitano lo guardò con stupore, prima che il bonzo si accasciasse a terra.
-Sir Simon sta ancora male,
abbiamo promesso a lord Wessex di portarlo sano e salvo a Londra e glielo
porteremo!-
Worthington
si accese la pipa, mentre il medico di bordo auscultava il cuore del paziente.
Il dottore sospirò e poi scosse la testa
-Non è niente di grave William,
quei dannati pirati cinesi l’hanno riempito di laudano per farlo stare buono,
prima che lo consegnassero. Ci vuole tempo per smaltirlo, ma sir Simon mi
sembra di una fibra forte. –
Sanzo
dormiva un sonno profondo, senza sogni, mentre la goletta fendeva le onde.
Gojyo si
accese una sigaretta, era la penultima, Da quando Sanzo era scomparso, le
contava. Non poteva più scroccargliele di nascosto e cercava di fumare con
parsimonia. Era passato più di un mese, l’avevano cercato dappertutto. Alla
fine erano saltati letteralmente al collo di un tipo losco che abitava nel
paese dove avevano rapito Sanzo. Era stato venduto a dei pirati cinesi che a
sua volta lo avevano venduto a qualcuno più grosso di loro.
-Non ci capisco niente Hakkai
Goku
guardava sconsolato il piatto fumante di carne e patate che aveva davanti. Non
aveva fame. Dalla scomparsa di Sanzo aveva perso l’appetito. Hakkai lo invitava
gentilmente a mangiare, ma Goku non sembrava più lo stesso dalla scomparsa del
monaco.
Erano accampati
appena fuori dal villaggio, davanti al fuoco, con pochissima voglia di parlare.
Non sapevano come agire e come poter aiutare Sanzo.
Era
stata tutta una trappola, ben congeniata. Da anni cercavano Sanzo: il vecchio
lord Wessex aveva lasciato questo mondo gonfio di gotta e di rimorsi. A James
aveva lasciato una lettera in cui aveva spiegato per filo e per segno ogni
cosa. James si era messo sulle tracce prima di Ai-Li e poi di Xuàn. Aveva perso le speranze quando qualcuno gli
aveva riferito della Shorejiyu, quella vecchia Smith and Wesson, fatta
modificare tanti anni prima dall’armaiolo. Il manico in madreperla e il tamburo
forgiato a mano, con l’incisione EoW* vicino al marchio. La possedeva un
ragazzo, biondo alto e magro. Era stato fin troppo semplice individuarlo. Il
gruppo di Sanzo aveva una certa fama da quelle parti e non passavano mai del
tutto inosservati. Ma erano veramente in gamba. Ci voleva una trappola. James
sapeva che Sanzo ritornava ogni tanto al vecchio convento dove era stato
allevato. Bastava solo sapere dove e quando e soprattutto indirizzarlo verso lo
Shandong, dove i Wessex avevano ancora agganci commerciali. Il resto era stato
facile.
Gojyo dov’è la Britannia?-
-Silenzio scimmietta! Sta arrivando
qualcuno!-
Hakkai e
Gojyo si alzarono di scatto in piedi, ma sicuramente il gruppo di persone che
stava arrivando non lo faceva silenziosamente.
Erano
almeno una decina, armati di tutto punto. Dietro di loro seguiva una portantina
chiusa da pesanti tende di stoffa azzurra. I soldati circondarono i tre
lasciando solo lo spazio per far passare la portantina, che fu posata con
delicatezza a terra. Un soldato velocemente porse la mano per far scendere il
passeggero.
-Nessuno di voi è il mio piccolo
Xuàn.-
La voce
proveniva da una donna minuta, vestita di seta e broccato rosso. Bella e con un
tono di voce familiare.
Gojyo
fece un passo avanti.
-E voi signora sareste? –
Un
soldato scattò in avanti e con voce tonante dichiarò
-Inchinati mezzo demone alla principessa
regnante dello Shandong!-
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Capitolo 6 *** VI ***
Sanz1
Ai-Li sorseggiava
lentamente il caffè che Hakkai le aveva offerto. Gojyo non riusciva a capacitarsi
che quella bella e piccola signora era la madre di Sanzo. Se ne rendeva conto
solo quando apriva la bocca. Aveva una voce insolitamente bassa per una donna,
gradevole, fino a quando non assumeva un insopportabile tono autoritario.
Avevano lo stesso naso e nonostante la differenza di colore, gli occhi erano
identici.
-Smettila di guardarmi, sono
troppo vecchia per te ragazzo!-
Gojyo
arrossì mentre Goku continuava a saltellarle intorno tempestandola di domande.
-Sei la mamma di Sanzo, si? Sei
una principessa? Sai chi ha rapito Sanzo? Sai dov’è?-
-Scimmia taci una buona volta!-
Hakkai
non ebbe più alcun dubbio, quella era sicuramente la madre di Sanzo. Goku le si
afflosciò vicino e tacque. Ai-Li appoggiò la tazza del caffè e fece una lunga
carezza sui capelli del ragazzo.
-Non so dove sia Xuàn, Sanzo,
come lo chiamate voi. Non sapevo neanche che fosse vivo fino a poco tempo fa.
Dopo averlo lasciato nella cesta, sono stata rinchiusa nelle mie stanze, a
Palazzo. Non potevo parlare con nessuno. Mi portavano da mangiare e da bere.
Ero imprigionata in casa mia. Alla morte di mio padre, quando ho assunto il
comando del regno, l’ho fatto cercare, con discrezione, ma nulla. Sparito,
scomparso, svanito. Ho cominciato a sentire un paio di anni fa le storie che circolavano
sul “gruppo di Sanzo”, sul monaco dai capelli color oro. Vi spostavate troppo
velocemente e avevamo avuto problemi ai confini. Non potevo impiegare uomini
nella ricerca di un sogno. Poi, pochi giorni fa, mi ha chiesto udienza uno dei
vecchi mercenari che pagava mio padre. Ha detto di essere sicuro che Sanzo sia
mio figlio, mi ha parlato della pistola che avevo lasciato nella cesta ed
eccomi qui.-
Ai-Li
tacque guardando negli occhi i ragazzi, uno per volta. Hakkai si schiarì la
voce.
- Sanzo è stato rapito da suo
padre, almeno così ci ha detto un tipo nell’ultimo paese, dove ci siamo
fermati, ma non sappiamo perché l’ha fatto. Sappiamo invece che l’hanno
imbarcato a forza e lo stanno portando in Britannia.-.
- James mi deve delle
spiegazioni, lo inseguiremo, andremo in Britannia anche noi. –
Sanzo
guardava il mare, un infinito blu macchiato dal bianco della spuma che la
goletta lasciava dietro di sé.
-Terra in vista!-
Il grido
dall’alto dell’albero maestro lo scosse dai suoi pensieri. Si incamminò
lentamente verso prua, lasciando la poppa dell’imbarcazione e con essa parte
dei suoi pensieri.
Le
scogliere erano alte e bianchissime, con piccole lingue di sabbia chiara e
centinaia di gabbiani che si alzavano a stormi in volo, gracidando prima di
tuffarsi in acqua.
-Sir Simon queste sono le
scogliere di Dover, siamo quasi arrivati a destinazione-
Il
capitano Worthington guardò il passeggero. Sanzo annuì mentre il vento gli
scompigliava i capelli.
Aveva
preso una risoluzione interiore. Era inutile ribellarsi mentre i suoi piedi
poggiavano su di un legno in mezzo al mare. Era in grado di controllarsi.
Poteva farlo. Anche se era tremendamente in collera.
Rivoleva
il Sutra, la pistola e un pacchetto di sigarette. Al resto ci avrebbe pensato
quando i suoi piedi avrebbero toccato terra.
-Entro sera avremmo ormeggiato a
Dover e domani in carrozza potremmo raggiungere Londra e poi il castello di
Marleborough , dove vostro padre vi attende.-
-Padre...-
Sanzo
non replicò. Lui non aveva padri e se ne aveva avuto uno era stato il suo
maestro Komyo. Sicuramente non voleva
avere nulla a che fare con questo James. Non avrebbe mai riconosciuto alcuna
autorità a quest’uomo. Di nessun tipo.
Il bonzo
si girò. Non gli interessava vedere quella terra, non era sua. Allungando il
passo rientrò in cabina e non si mosse fino a quando la nave non ormeggiò a
tarda sera nel porto.
Suoni,
colori, odori. Tutto era diverso. Una nebbia leggera avvolgeva la campagna,
mentre la carrozza avanzava in mezzo a colline frammezzate a campi coltivati.
La permanenza a Dover era stata breve, ma sufficientemente lunga per procurarsi
un pacchetto di Dunhill Light. Fumare di nuovo lo aiutava a pensare e quelle
bionde non erano male. Scostò la tenda della carrozza.
-Quello deve essere il dannato
castello di Marleborough.-
Come un
pugno fortissimo avvertì la potente aura demoniaca che permeava la zona. Fu un
attimo sufficiente a mozzargli il fiato. Poi l’aura scomparve, così come era
comparsa. Sanzo chiuse gli occhi.
-Sir Simon, vi sentite bene?-
Worthington
guardò il giovane. Minuscole gocce di sudore si erano formate sulla pelle
chiara del viso.
Sanzo
respirò profondamente.
-Ho bisogno del mio Sutra.-
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