And the shadow of the day will embrace the world in grey.

di Red S i n n e r
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giostra - Everybody knows where I'm going. Yeah, I'm going down. [Na/Ki] ***
Capitolo 2: *** Pioggia - I have to fall to lose it all, but in the end it doesn't even matter. [Sess/Kag] ***
Capitolo 3: *** Gentle breeze: All the things she said running through my head. ***



Capitolo 1
*** Giostra - Everybody knows where I'm going. Yeah, I'm going down. [Na/Ki] ***


And the shadow of the day will embrace the world in grey.


#01: Giostra Everybody knows, everybody knows where I going. Yeah, I’m going down. [Naraku!Kikyou]

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All the rights moves in all the wrong faces, yeah we're going down.


Affondava e rideva. Rideva di quel suo patetico affondare, in sabbie mobili come odio viscoso.

E quando lei se ne andava ancora rideva, ma quando lui ritornava era di sé che sorrideva.

Anche se il brigante non esisteva più, anche se  il fuoco aveva creato Naraku e non Onigumo la risata restava  e cancellava ogni cosa; avrebbe voluto cancellare ogni cosa, ma non vi riusciva.

Era la schiena di Kikyou, era sempre la schiena della donna che era costretto a guardare e a ricordare, e nemmeno la sua sprezzante risata poteva cancellarla, nemmeno quel suo ridere sguaiato, al sicuro del suo castello, poteva salvarlo.

Sempre quella maledetta schiena che se ne andava via, nemmeno il viso gli faceva intravedere, nemmeno una pallida mano, nemmeno il suono della sua voce:  solo la sua schiena che se ne andava.

Com’era crudele, ma com’era stupido pensare che lo fosse!

Il ricordo di quella pelle bianca e di quei capelli scuri lo tormentavano, anelava il tocco di quelle mani pallide e la carezza dei suoi occhi scuri, bramava le cure che la donna aveva dedicato al brigante e che a lui negava con tanta soddisfazione.

Di quei suoi inconfessati desideri  Kikyou era conoscenza  e ne gioiva, freddamente, come solo un morto può fare: piegava le labbra in un sarcastico sorriso, voltandogli le spalle con disgusto.

Con disgusto.

Naraku arricciava le labbra infastidito, orgoglioso e punto sul vivo, e fatalista urlava: “Un giorno ti ucciderò!”

Ma lei rideva, rideva di lui e delle sue menzogne, rideva di Onigumo – che non voleva morire – e di Naraku, che non voleva capire, e poi se ne andava, voltandogli le spalle, senza nemmeno prestare attenzione alle mosse del nemico, senza nemmeno curarsi di lui, lui che più di ogni altro non avrebbe saputo ucciderla.

E si ritrovava a stringere il nulla tra le dita, si ritrovava a dover osservare il suo riflesso, a tendere la mano senza mai toccarla, senza mai averla; ed era stupido ed insensato, se ne rendeva conto, ma con la stessa facilità capiva che non poteva far nulla per evitarlo.

Socchiudeva gli occhi immaginando il volto austero della bella donna stravolto dal piacere e dall’eccitazione, immaginava quelle labbra bianche – che sempre gli si erano rivolte con sarcastici sorrisi – potessero urlare con vigore il suo nome, incitandolo e pregandolo; immaginava di accarezzare le sue lunghe gambe e i suoi seni freddi.  Immaginava di scoparsela e di sentire la sua inespressiva voce resa vibrante di gemiti dissoluti.

Ma era la propria mano quella che lo toccava, che tastava la propria lunghezza e durezza, era sua la voce che emetteva piccoli gemiti ed era sua la mano che si muoveva frenetica così com’era sua la voce che gridava liberatoriamente, non era Kikyou e non lo sarebbe mai stata, ma nella penombra del suo castello al riparo dalla luce – rivelatrice di quell’inganno così sporco – poteva semplicemente far finta per poi, subito dopo, fingere che non fosse mai successo.

Pallide mani torturavano i capezzoli inturgiditi dell’uomo, una bocca lasciva ripercorreva con le labbra carnose e la lingua insolitamente fredda i suoi pettorali, piccoli gemiti e ansiti malcelati si mischiavano col nome della donna ripetuto centinaia di volte come un mantra.

Mani fredde gli arroventavano la pelle con i loro tocchi decisi e studiati, il membro teso e pulsante che richiedeva attenzioni, la mano che afferrava l’asta saldamente e le spinte ritmiche ed assuefanti, il piacere – il piacere puro – che si mischiava col fiato caldo e coi gemiti indecenti che fuoriuscivano dalla gola in ansiti rochi.

 Si arrischiò a guardarla, desiderò di vedere le sue guance arrossate e i suoi occhi neri resi liquidi dal piacere, ma fu il suo sorriso sarcastico quello che vide, furono i soliti occhi neri e freddi che si fusero con i propri: i capelli neri e lisci ad incorniciarle il volto, e le labbra strette in una smorfia di scherno. Inaspettatamente venne, venne forte nella propria mano calda ansimando pesantemente,  nella mente ancora il ricordo del suo sorriso derisorio.

Tese la mano, cercò di raggiungere la sua figura sempre più piccola – sempre più distante – cercò di afferrarla stupidamente con una mano, ma l’unica cosa che strinse fu il proprio odio viscoso che scivolava tra le dita, ricordo del piacere poc’anzi provato.

Era stupido ed insensato, e rise, rise osservando il proprio sperma bianco – il proprio odio viscoso – che gli urlava forte le sue colpe e la sua stupidità ricordandogli, ogni volta, che sarebbe stata la schiena di Kikyou quella che si sarebbe fissata per sempre nella sua memoria.

La schiena della donna che Onigumo aveva desiderato più dell’aria, la stessa che sorrideva sarcastica urlando senza parlare il suo disgusto, la stessa per cui si masturbava ogni notte.

La risata ruppe gli ansimi sempre più radi scoppiando letteralmente nella stanza, spadroneggiando sulla tranquilla penombra venutasi a creare; rideva forte, Onigumo, tronfio e derisorio, rideva di Naraku e del suo modo patetico di vivere.

Fu con un scatto secco e preciso che la pelle della schiena fu tagliata: un unico e preciso fendente, il sangue che gocciolava dalla katana e il marchio - il tatuaggio del ragno nero che faceva bella mostra di sé sull’epidermide lacerata -  lo sbeffeggiava, ricordandogli chi era e cosa voleva, sorrise amaro quando sentì la pelle della schiena rigenerarsi e con essa il simbolo della sua maledizione quotidiana.

Con la risata che rimbombava nella stanza vuota e ingrigita e le labbra piegate in una smorfia , Naraku si alzò accarezzando tra le dita la sfera degli Shikon, imbevendola di quell’odio nero e viscoso che solo quella donna sapeva istillare in lui, beandosi nella certezza che presto sarebbe stata sua, che l’avrebbe uccisa e imprigionata nella sfera.

Rise, e i lunghi capelli neri ricaddero sugli occhi sottili dipinti di viola, e cercò Naraku, cercò di convincersi che era la sfera che voleva, che solo quello era il suo scopo… Ma la risata continuava, rimbombando a non finire in quel silenzio imbevuto di solitudine – stupida prigione del futuro re del mondo – e lui, proprio lui, non aveva la forza di spegnerla perché lo sapeva, lo sapeva che quella risata era divenuta parte inscindibile di sé: forse la più forte, forse solo la più stupida.

Con l’immagine di lei dietro le palpebre e l’odio che lo immergeva come sabbie mobili, non seppe capire a chi fosse indirizzato quel dolore al petto, perché tutto si ripeteva ma nulla aveva più senso e lui impazziva, l e t t e r a l m e n t e, tra luci e colori morenti in una giostra di ricordi vecchi e nuovi che si frapponevano tra loro senza mai morire, restando lì a torturarlo ogni giorno di più – ogni giorno di più.

E nella giostra, nulla si fermava, tutto vorticava, ogni cosa si ripeteva e la sua mente impazziva di risate folli e sciocchi desideri;  tutto svaniva e si disfaceva col calar del sole, quando un nuovo giro iniziava e il mondo veniva cancellato per qualche istante, solo qualche istante, il tempo necessario a far finta che la menzogna fosse la vita vera.

“Ti ucciderò.” Pregando affinché quella fosse la verità.

Ma  sul pavimento, ogni notte, v’erano sangue e sperma ed una katana sporca d’entrambi.

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Salve! °ç° Ritorno  a rompere con una raccolta di crack pairing, mi son detta: perché non dar spazio alla coppie inusulai o semplicemente dimenticate? Detto fatto. XD

Questa Naraku/Kikyou mi girava in testa da un po', finalmente ora sono riuscita  ascrivere qualcosa che, comunque, non si avvicina molto alla mia idea di base - oh beh, pazienza. XD

Duunque, spero sentitamente che vi sia piaciuta e che i due siano IC, mi hanno fatto penare e non poco! Non so quante Shot verrano fuori da questo mio esperimento ma credo non più di dieci e sarà un progetto a lungo termine... credo. *riot*

Beh, aspettatevi un po' di crack pairing [molto crack e poco pairing a dirla tutta XD] sia etero che yaoi *ç*, e perchè no? Anche yuri.

Credo che la prossima sarà una Sesshoumaru/Kagome, che non è propriamente un crack pairing nei siti inglesi ma il fandom italiano è completamente invaso da InuYasha/Kagome che non c'è proprio spazio per il bel fratellone. Ma che problema c'è? Ci penso io! *ç*

Ah, aggiornerò la mia raccolta di drabble quanto prima, parola di boyscout! +__+

Red.

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Capitolo 2
*** Pioggia - I have to fall to lose it all, but in the end it doesn't even matter. [Sess/Kag] ***


Storia ispirata a "Raindrops" di YoukaiYume. Ringrazio sentitamente rosencrantz per avermelo ricordato.
Purtroppo dato che sono molto rincoglionita e avevo all'attivo due Sesshoumaru/Kagome ho invertito le introduzioni e quella con i credits ce l'ho nella storia che sto scrivendo da poco.
Scusate ancora l'inconveniente, non sono una plagiatrice e ci terrei a precisarlo.
Non me ne vogliate male, vi prego.

And the shadow of the day will embrace the world in grey.

Pioggia_ I have to fall to lose it all, but in the end it doesn’t even matter.  [Sesshoumaru!Kagome]

(It starts with) 
One thing / I don’t know why 
It doesn’t even matter how hard you try.

 

Sinceramente, a pensarci bene, non sapeva come era successo tutto quello.

Non sapeva dire se fosse stata una cosa graduale e lenta, come una goccia d’acqua, oppure veloce e scatenata come una piccola cascata. No, non riusciva a capirlo - o almeno a deciderlo – e più ci pensava più la confusione aumentava, quindi, aveva semplicemente deciso di non pensarci: semplicemente, senza affanno. E s’accorse, d’un tratto, che quella era davvero una bella parola: semplicemente.

Scorreva via come un torrente, ma con calma, la stessa che può avere una goccia d’acqua, senza affanno, ma scavando a fondo, come la più turbolenta delle cascate: semplicemente.

Pioveva fuori, di quella pioggerellina lenta e instancabile che indispettisce tutti per la sua debolezza: insomma, perché non manifestarsi tutta insieme come una violenta tempesta, eh? Perché sempre poco per volta, perché?

Tutti si rinchiudevano in casa, guardando con astio il cielo bianco come cotone, contando il tempo a suon di sbuffi spazientiti. Kagome era l’unica che guardava quella pioggia senza affanno e senza ribellarsi, anzi, decise che le piaceva, decise che tutta quella calma la rilassava proprio.

Uscì all’aperto, schermandosi dalla pioggia fine col fidato ombrello: nella capanna regnava un clima sonnacchioso e nessuno s’accorse della sua insolita passeggiata.

Sorrideva Kagome, sentendo nell’aria molto più dell’odore della terra bagnata, sorrideva Kagome, ed in silenzio annuiva.

Il ritmico ‘plic’ delle gocce sull’ombrello era l’unico ritmo dei suoi passi, con una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come un presentimento e una quieta certezza, come la paura che potesse non realizzarsi e l’ansia se invece accadesse. 

Percorrendo passi già fatti, Kagome arrivò ai piedi di un grosso albero, e sorrise, senza che il peso allo stomaco si spostasse.

Occhi ambrati e tuttavia così freddi la scrutarono attenti, rispondendo al suo sguardo senza capirlo davvero.

“Sesshoumaru-sama,” esordì, mordendosi le labbra e con esse le parole.

L’altro spostò lo sguardo tra le fronde dell’albero sulle cui radici si era seduto. Freddo e distaccato continuò ad osservare il cielo bianco e candido, non preoccupandosi di far caso a lei.

A lei che, senza volere, era divenuta una costante. Ed era stupido e un po’ ipocrita pensare che fosse solo un caso.

Lei rimaneva lì, tenendo forte l’ombrello e guardandolo con un po’ di paura e apprensione, pensando a tante cose ma, in definitiva, sperando che almeno la guardasse.

E lui lo faceva, almeno per qualche istante, qualche manciata di secondi per capire che non si era trattato di uno sbaglio; e poi tutto ritornava come prima ma senza tristezza. Tutto tornava come prima ed era quasi un piacere, un modo col quale il cuore batteva regolare e c’era solo il cielo bianco di cui preoccuparsi.

Kagome sorrise incontrando il suo sguardo e Sesshoumaru si chiese per quale motivo i suoi occhi risultassero così caldi.

 Era forse per questo che, InuYasha, impediva, ogni volta, che si chiudessero per sempre?

Si alzò, si alzò con affanno a dir la verità, e fu subito preso di mira dalla pioggia che intaccò, irrispettosa, i suoi capelli candidi, come il cielo che l’aveva generata.

E poi smise, d’un tratto, e l’odore dell’umana si fece quasi insopportabile. Abbassò lo sguardo e lei era lì, proteggendolo dalla pioggia e da un mondo che, probabilmente, mai l’aveva capito.

Era lì, e con lei il suo sguardo: forte e determinato; dolce, anche, ma soprattutto caldo. Lo guardava senza paura e senza apprensione, li aveva lavati via dal suo volto, anche se la pioggia non l’aveva mai intaccata [almeno lei].

“Puoi tenerlo, se vuoi.” Lo guardò di nuovo, porgendogli quello strano affare.

Lui la guardò un attimo stranito, e la guardò veramente forse per la prima volta. Si chiese il perché di quella gentilezza e s’arrabbiò, s’arrabbiò perché lui non aveva mai avuto bisogno di nulla e di nulla aveva bisogno anche in quel momento.

La scostò da sé con freddezza, tornando ad amare la presenza della pioggia sulla pelle, e le voltò le spalle perché il suo sguardo era troppo simile a quello di Rin e, come il suo, proprio non lo capiva.

Iniziò a camminare, lo sguardo della donna fisso alla sua schiena, e cercò di non pensare, di non volere. Cercò consolazione in quella pioggia che scendeva senza affanno, colorando il mondo di bianco e umidità, cercò invano.

 “Tornerò.”

 

E capì che la donna, a differenza della pioggia, gli era entrata dentro.

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Salve! Torno dopo un bel po' di tempo sul fandom InuYasha con una raccolta cominciata... cominciata troppo tempo fà. XD

Ritorno con una flash Sesshoumaru/Kagome, veramente molto inutile. -ç-

Ho voglia di approfondire il pairing, quindi, è probabile che continuerò a scrivere shot legate a questa. E ovviamente scriverò di altri pairing assurdi e improbabili, nella speranza di rimanere sempre e comunque IC. *king*

La prossima shot penso proprio che sarà una Sango/Kagome. XDD

Bellatrix_Indomita: Grazie infinite! ** Te l'ho detto, mi sono impiccata con l'IC ma se tu dici che è perfettamente riuscito io sono very happy. Grazie per tutti i tuoi fantastici commenti e complimenti, davvero.

Black virgo: Grazie anche a te! Mi fa davvero piacere che lo sdoppiamento di personalità tra i due ti sia piaciuto, l'ho pensata così dall'inizio e mi fa piacere essere riuscita a renderlo almeno un po'. XD Spero continuerai a  seguirmi, grazie ancora. **

 Grazie anche a Nicole221095 [Se a coppia è tra le tue preferite spero davvero che questa ti piaccia. -ç-]  e a Dioni.

Alla prossima!

Red.

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Capitolo 3
*** Gentle breeze: All the things she said running through my head. ***


And the shadows of the day will embrace the world in grey

Gentle breeze_ All the things she says running through my head, 
running through my head
.
[Sango/Kagome]

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If I'm asking for help it's only because 
Being with you has opened my eyes 
Could I ever believe such a perfect surprise?

“Sei sicura che non ci sia quel pervertito di Miroku, in giro?” Sango assottigliò gli occhi, scrutando le ombre tra gli alberi con sguardo assassino.
Kagome agitò la mano benevola, “E’ andato via con InuYasha e Shippo” rassicurò l’amica con tranquillità, “sono andati a cercare un’altra fonte d’acqua calda, di certo non vorranno che succeda di nuovo quel è successo la scorsa volta!” Asserì convinta Kagome, stringendo il pugno rabbiosa.
L’aria della sera era piacevole e portava con sé una brezza tiepida e profumata, la primavera era arrivata col suo carico di profumi e fiori dalle corolle profumate e le ragazze, stanche dal tanto peregrinare, avevano accolto con gioia l’idea di farsi un meraviglioso bagno ristoratore.

Avevano scoperto la fonte d’acqua calda per caso e ne avevano reclamato subito il possesso, come poter fare altrimenti? Kagome, per ovviare qualsiasi tipo di situazione spiacevole, aveva suggerito caldamente ad InuYasha di portare Miroku e Shippo con sé, alla ricerca di una fonte d’acqua calda diversa dalla loro e sicuramente molto lontana. 
Il tutto si era concluso con un paio di strepiti da parte di InuYasha, lamenti convulsi da parte di Miroku e un deciso “Osuwari!” da parte di Kagome. I due erano stati visti allontanarsi, con Shippo alle calcagna, verso lidi più appartati, diciamo così.
L’ultima volta che si era presentata un’occasione del genere, Miroku - e chi altri sennò? – si era appostato dietro i cespugli selvatici per poter osservare in tutta tranquillità le forme generose e benevole della divina Kagome e della dolce Sango, per ritrovarsi in seguito l’Hiraikotsu in testa e i timpani perforati da urla inumane. InuYasha, a onor del vero, in tutto ciò non c’entrava poi molto, ma Kagome, infuriata come non mai, aveva deciso che dargli un paio di “osuwari” non sarebbe poi stata una così cattiva idea.
Le due ragazze sorridendo rilassate entrarono in acqua sospirando di piacere al calore e alla nebbiolina di condensa che le abbracciava, quasi.

L’Hiraikotsu giaceva dimenticato sul bordo roccioso di quella pozza d’acqua naturale accanto all’arco e alle frecce di Kagome. Almeno per una volta potevano dimenticare la loro missione ed essere semplicemente due ragazze.

Ridacchiarono tranquille nel silenzio della sera, con il cielo che si faceva sempre più scuro, Sango aveva gli occhi chiusi ed era appoggiata al bordo roccioso, tranquilla, i capelli bagnati le ricadevano sul petto, inusualmente sciolti.

“Sango” la richiamò l’altra ragazza, “Sango, cosa credi di fare una volta che sarà tutto finito?” Kagome sembrava stranamente ansiosa, attorcigliava una ciocca di capelli attorno all’indice e non la guardava in volto.

Sango la guardò perplessa, “Be’, Kagome, lo sai. Spero di liberare Kohaku una volta per tutte e uccidere Naraku.”

“Sì, questo lo sapevo” replicò Kagome con un breve sorriso, “ma mi chiedevo… dopo tutto questo, tu te ne andrai, vero?” si attorcigliò di nuovo una ciocca di capelli intorno all’indice, non la guardava e la nebbiolina impalpabile e calda era una sorta di muro, tra di loro.

“Sì, me ne andrò.” Le diede ragione Sango, risoluta.

“Mi mancherai tanto.” Sussurrò Kagome piano, “Tanto. Tu sei stata la mia sola vera amica da due anni a questa parte e…” si morse un labbro, a disagio.

Non sapeva esattamente cosa le passava per la testa, né perché si sentisse così a disagio – insomma, era Sango, quella! – ma l’idea che se ne potesse andare, le faceva rimpiangere di essere così vicino alla fine di tutto, alla resa dei conti.

Sango era stata la sua unica amica, molto più di Eri e Ayumi, e con lei aveva parlato di tutto, riso e pianto. Lei era stata il suo unico punto fermo quando InuYasha correva da Kikyo, la spalla su cui piangere e la propria ancora sicura.

Inconsapevolmente, l’aveva sempre ammirata per la sua forza, e un po’ anche per la sua bellezza, e sapere che di lì a pochi mesi – giorni, forse – se ne sarebbe andata, la destabilizzava nel profondo.

“Mi mancherai” ripeté con la voce tremante, stavolta guardandola negli occhi, la guardò anche Sango con le guance rosse per il calore e Kagome non poté frenarsi dal pensare che era bella. Bella come lei non sarebbe mai stata, con i capelli lunghi e morbidi a lambirle la schiena, liscia e forte al tempo stesso.

Senza nemmeno che se ne accorgesse – colpa della nebbiolina perché, no, lei non stava piangendo – Sango fu davanti a lei e l’abbracciò stretta, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo.

“Saremo sempre amiche” replicò con forza, ma anche la sua voce tremava un po’, “Sempre.”

Anche Kagome l’abbracciò, stringendola per i fianchi sottili, un po’ goffa e impacciata, i loro seni si schiacciarono e i suoi capezzoli si inturgidirono per il freddo – sì, era sicuramente il freddo.

Sango iniziò ad accarezzarle la schiena con movimenti concentrici e gentili e Kagome singhiozzò un po’, le lacrime  che si mischiavano con l’acqua calda.

Kagome strinse più forte i fianchi dell’amica e dopo poco smise di piangere, senza però lasciarla: appoggiò la testa sulla sua spalla e tirò su col naso ancora una volta.

Sango non aveva smesso di carezzarle la schiena e i suoi movimenti concentrici ora la imbarazzavano un po’, i loro seni erano ancora pressati tra di loro e tutto quello che Kagome riusciva a pensare è che non si era sentita mai così al sicuro in vita sua.

La mano di Sango scese più in basso, quasi fino a raggiungere le sue natiche in una carezza leggera e forse distratta, ma Kagome trattenne a stento un gemito, c’era l’odore di Sango intorno a lei ed era buono e familiare.

Il suo abbraccio era diverso da quelli che raramente le aveva dato InuYasha: quelli erano goffi e protettivi e lui sapeva di vento e bosco, Sango invece l’abbracciava con sicurezza e affetto e il suo odore era buono, anche se non sapeva di vento e non era un po’ pungente. Forse era tutta la sua sicurezza, quella che InuYasha non aveva mai avuto con lei, a farla sentire così bene.

“Sango…” sussurrò contro il suo collo, “ti voglio bene,” disse e voltò appena la testa per guardarla, lo fece anche Sango e per caso le loro labbra si sfiorarono in una carezza leggera, data dalla troppa vicinanza.

Arrossirono entrambe, ma non si spostarono, si guardarono negli occhi e poi Sango sorrise, di quel suo sorriso dolce che scaldava gli occhi.

“Anche io,” disse e le loro labbra si sfiorarono ancora, e ancora. Sango le prese il volto tra le mani e le accarezzò le labbra con le proprie, trovandole umide e arrendevoli. Kagome strinse gli occhi con forza, imbarazzata e confusa, ma non si allontanò e non riuscì nemmeno a pensare che fosse sbagliato, perché non lo era. Niente di così bello poteva essere sbagliato, era impossibile.

In una carezza leggera, Kagome le sfiorò la schiena e poi le spalle affondando le mani nei suoi capelli umidi e scuri, trovandoli morbidi come aveva sempre immaginato.

Sango strinse con i denti il suo labbro, ma piano, con una delicatezza che forse solo una donna poteva avere e sentì Kagome gemere per la prima volta. La strinse di più e i loro seni vennero di nuovo a contatto, con più forza, i loro capezzoli turgidi si scontrarono di nuovo e un brivido le fece tremare entrambe –  Kagome non pensò più che fosse per il freddo della sera perché, ormai, sentiva tanto caldo.

Si staccarono lentamente dal bacio e si guardarono negli occhi, entrambi liquidi, poi sorrisero e Kagome si avvicinò di nuovo, in una carezza ancora leggera, ma meno indecisa. Le loro lingue vennero a contatto e Sango mugolò nella sua bocca.

La cacciatrice non aveva mai baciato Miroku, ma era quasi certa che con lui non sarebbe stato lo stesso. Con Kagome era… morbido, non trovava altre parole, e l’affetto che la legava a lei era diverso, molto diverso rispetto alla gelosia imbarazzata e un po’ possessiva che la legava al monaco.

Con Kagome non aveva paura di essere lasciata indietro, come invece succedeva con Miroku,  non aveva paura di essere la seconda scelta. Sango si fidava di lei, perché Kagome c’era sempre stata, perché  Kagome era la sua migliore amica e quindi era giusto.

Doveva essere giusto.

L’abbracciò stretta e la baciò ancora, le sfiorò piano il volto, le guance, e quando si staccò da lei la trovò sorridente e con un po’ di rossore a colorarle le guance e gli zigomi.

Nemmeno Kagome aveva mai baciato InuYasha ed anche lei sapeva – ne era sicura – che non sarebbe stato lo stesso. InuYasha l’aveva lasciata sola tante volte per correre dietro ad un fantasma, e Sango c’era stata sempre, perché Sango era sicura della loro amicizia e Kagome vi era rifugiata sempre. Sango era la sua preziosa amica, e lo sarebbe stata sempre.

L’abbracciò stretta, sorridendo tranquilla e sentì Sango sospirare contro il suo collo. “Promettimelo” le disse piano, “promettimi che saremo amiche per sempre.”

Sango la guardò negli occhi, sorridendo complice, “Te lo prometto,” disse, accarezzandole il volto, “saremo amiche per sempre,” la gentile brezza della sera le fece rabbrividire e ne risero, insieme.

E non c’era niente di sbagliato.

 

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Salve! Visto che non mi sono dimenticata di questa raccolta?
Ritornerò sicuramente su questa coppia, per ampliarla e spiegarla di più, rendendola credibile. Il titolo è tratto dall’omonima canzone delle T.a.T.u, e io ho poco altro da dire.
È una piccola flash, senza pretese, ma spero sia piaciuta e che io sia rimasta IC.
Adesso lavorerò sulla Miroku/InuYasha, magari come spin off di questa. *LOL*
A presto!

Red.

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