Destiny can be change di Hurrikan (/viewuser.php?uid=84842)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ricordi ***
Capitolo 3: *** Prova. E cambi di programma ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
DESTINY CAN BE CHANGE
1-PROLOGO.
Il rumore dei miei passi rimbomba mentre percorro l’asettico corridoio del quale ormai conosco ogni minuscolo angolo. I miei occhi sono fissi verso la fine del corridoio,dove una luce opaca filtra da sotto una porta chiusa. Mi avvicino a passi rapidi e veloci. I miei lunghi capelli neri ondeggiano alle mie spalle. I miei occhi viola cupo non lasciano trasparire l’agitazione che c’è dentro di me. Questa volta dev’essere una missione diversa,qualcosa di speciale.
Finalmente arrivo davanti alla porta. Come tutte nell’edificio,è blindata e il cupo grigio del ferro risplende alla luce smorta delle lampade al neon sul soffitto. Appoggio il palmo della mano ben aperto sopra allo scanner per le impronte digitali accanto alla porta e attendo i pochi secondi necessari alla risposta del macchinario. Quando una spia verde si accende illuminando il colorito candido della mia pelle,la porta si spalanca da sola.
Senza esitare varco l’ingresso e vengo inondata da una luce azzurrina proveniente dagli enormi lampadari di cristalli e lapislazzuli sul soffitto. Le pareti di bianco così candido da far quasi male agli occhi hanno come unico ornamento un quadro raffigurante un uomo con profondi occhi azzurri,capelli neri,circa quarantenne e sotto la dicitura in elegante corsivo Andrew Swan,fondatore dell’Associazione.
Fisso quel nome per un breve istante,poi i miei occhi scattano ad osservare l’uomo seduto all’imponente scrivania posta al centro della stanza. Gli occhi nero pece di Charlie Swan mi osservano. Ormai non sono più abituata a chiamarlo papà,anche se effettivamente lo è. Ma per me è come se non lo fosse. Per me lui non è nient’altri che il mio capo,punto.
« Signorina Swan,l‘ho fatta chiamare qui perché ho un compito molto importante da affidarle. Si sieda,così le illustro come si svolgeranno i giochi» . La voce del capo è tonante,capace di incutere timore anche quando è modulata in modo da risultare neutra. Mi accomodo su una delle sedie con cuscini imbottiti blu cupo davanti alla scrivania e presto attenzione alla spiegazione.
« Il suo compito è molto semplice. Lei è la nostra miglior agente e spero che non riscontri particolari difficoltà nell‘eseguire quanto richiesto da me; e cioè,l‘omicidio dell‘agente Edward Cullen,dipartimento Sicurezza Nazionale della CIA» .
Alle sue parole,un sorriso trionfante fa schiudere le mie labbra e un brivido percorre le mie braccia. Uccidere Edward Cullen. Erano 8 anni che aspettavo questo momento. Finalmente vendetta.
****
Angolo Autrice:
Salve a tutti! Ecco la mia nuova ff. Devo ammettere che quest’idea mi è venuta così,all’improvviso,e ho sentito subito il bisogno di metterla per iscritto. Si sa,quando viene l’ispirazione non bisogna lasciarsela scappare (ok,la frase mi è venuta al momento,però è carina,no?^^). Spero che abbiate voglia di commentare la mia ff,anche se volete dire che fa schifo,oppure volete darmi qualche suggerimento. Accetto tutto ^___^
Tra poco posterò il primo vero capitolo e spero che vi piacerà….
A presto!!!
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Capitolo 2 *** Ricordi ***
Salve a tutti! Ecco qui il nuovo capitolo della mia ff. Anche se
questo,più che un vero capitolo della storia,è
una raccolta di flashback che vi aiuteranno a capire quello che Bella
ha dovuto passare in agenzia.E' unvero e proprio mattone,ma spero che non vi scoraggiate xD Se vi sembra troppo lungo però non esitate a dirlo,così lo divido in due parti ^^ La vera storia comincerà nel
capitolo successivo ^^
Buona lettura ^^
Ricordi
Ero
nella mia piccola stanza in fondo al corridoio del sottolivello 3. Sul
lettino stretto era posata la mia valigia aperta e per metà
riempita. Il capo mi aveva consigliato di portare con me abiti civili
invece delle solite tute nere che uso durante le operazioni,in modo da
passare perfettamente inosservata nella scuola che mi
toccherà frequentare in modo da avvicinare Cullen.
Aprii l’armadio che si trovava in un angolo e cercai gli
abiti della mia vita passata; camice,jeans,maglioni… tutte
cose apparse un tempo così necessarie,adesso così
inutili,un semplice attrezzo di scena. All’improvviso
qualcosa attirò il mio sguardo,un fagotto blu
nell’angolo più nascosto dell’armadio.
Allungai il braccio e lo tirai fuori alla luce della lampada per
osservarlo meglio. Quando riconobbi la mia camicetta blu notte,la mia
preferita un tempo,i ricordi mi travolsero e per un attimo davanti a me
non c’era più l’armadio mezzo
vuoto,bensì le pareti del salotto di casa Swan,Forks,otto
anni fa.
Edward mi ha
lasciata. Non riesco a pensare ad altro. E come potrei? Lui era la mia
vita,l’unica cosa che avesse dato un senso alla mia monotona
esistenza. E adesso lui non c’è più. Ed
io non so cosa fare.
Dimenticare? Ne avevo
paura. Ricordare? Il dolore mi avrebbe annientata. Continuare ad
amarlo? Sempre. E per sempre. Anche se il mio futile tentativo di
amarlo aveva portato a conseguenze disastrose,che mi avevano privata
anche della misera esistenza che vivevo prima di incontrarlo.
Ma ormai non
c’è più tempo per i rimorsi. E anche se
provassi tutto ciò che è in mio potere per
riportarlo da me,non servirebbe a niente. Anzi,riceverei
un’altra pugnala di delusione perché a lui non
importa.
Lui non mi vuole. Lui
non mi ama. Questa è l’unica certezza della mia
vita.
«Bella».
La voce di Charlie mi fa per un attimo emergere dai miei cupi pensieri.
Alzo la testa e lo vedo,seduto sul bordo del bracciolo della poltrona
accanto al divano sul quale sono seduta io. I suoi occhi sono fissi nei
miei,un gesto inconsueto da parte sua. La voce è ferma,non
timida ed esitante come ogni volta che si è rivolto a me
negli ultimi cinque giorni. I cinque giorni dopo la fine. Cerco di
scrollarmi dalla mente quel pensiero e di prestare attenzione a
Charlie,che continua a fissarmi in attesa di vedere una mia risposta
alla sua chiamata.
«Bella,io devo
dirti alcune cose. So che questi giorni sono stati difficili per te,ma
è ora che tu sappia. Vedi,io so perfettamente quello che
è successo tra te ed Edward». Sussulto
al sentir pronunciare il suo nome,ma Charlie non sembra accorgersene e
prosegue,implacabile. «Vedi,io so cos‘era Edward.
L‘ho sempre saputo,da quando lui e i Cullen si sono
trasferiti a Forks. So che erano tutti vampiri».
Chiudo gli
occhi,sconvolta. Non riesco a sentire. Non voglio sentire. Non quando
la speranza di entrare a far parte di quel mondo sovrannaturale
è stata così orribilmente stroncata. Riapro gli
occhi,guardando Charlie che non sorride,ma mi fissa.
«Char….papà…
che stai dicendo? Vampiri?! Ma ti rendi conto di ciò che
stai dicendo?! A questo punto potrei dirti di essere un lupo mannaro e
tu ci crederesti?». La rabbia mi arrossa le guance e sento
gli occhi fiammeggiare.
Ma Charlie,invece di
scoppiare a ridere e dire che non era altro che una battuta per farmi
sorridere - sarebbe stato capace anche di una simile
assurdità,per come pensavo che fosse -,mi guarda serio e
viene a sedersi accanto a me,cingendomi le spalle con un braccio ma
sempre guardandomi negli occhi.
«Tesoro,io
so che tu sai che ciò che ti sto dicendo è
vero». Non arrossisce al buffo gioco di parole e nemmeno io.
E questo rende il suo discorso sempre più terribile,ma
credibile. «Vedi,io non sono quello che tu pensi. Lavoro come
poliziotto,certo,ma non è altro che la mia copertura.
Io… so che può sembrare
impossibile,ma… io sono un agente federale. Ma non di quelli
della CIA o dell’FBI. Io sono l’opposto. Un nostro
antico parente è il fondatore dell’Associazione e
noi da generazioni ci occupiamo di mantenerla segreta e mandarla
avanti. Noi non siamo i buoni,Bella. Noi siamo quelli che loro
considerano i “cattivi”. Ma sbagliano. I nostri
progetti mirano solo ad una miglior…. organizzazione. Non
vogliamo conquistare il mondo,vogliamo soltanto farlo funzionare
meglio. Però le associazioni dei servizi segreti nazionali
non sono della stessa opinione e fanno di tutto per eliminarci.
Vedi,Edward era uno di loro. Lui doveva conquistare la tua fiducia per
arrivare a me,attuale capo dell’Associazione. Ma quando ha
capito che avevo scoperto la sua vera natura,ha rinunciato e ti ha
abbandonato. Vedi,molti vampiri lavorano nei servizi segreti. Le loro
abilità sono estremamente utili e…. Bella?Bella
?!».
La voce di Charlie mi
giunge come da una grande distanza. Davanti ai miei occhi
c’è solo una massa confusa di colori che si
fondono in una marea scura e terribile,che mi ha protetto dal dolore in
questi cinque giorni,ma che adesso mi sta abbandonando. So che Charlie
dice la verità. Perché non dovrebbe?
Perché dirmi una cosa del genere proprio quando sono
più disperata che mai?
Sbatto le palpebre fino
a quando la stanza e i colori non tornano al loro posto.
«Ti
credo»,mormoro a voce bassa. «Anche se mi sembra
una cosa assurda e senza senso io ti credo. Ma solo per un
motivo:è stato Edward stesso a dire che non mi amava
più. Quindi la tua storia può essere
plausibile… Ma io cosa c‘entro in tutto questo?
Perché me ne hai parlato proprio adesso?».
Charlie sospira di
sollievo. Adesso il suo braccio non è più intorno
alle mie spalle,ma i suoi occhi non hanno abbandonato i miei.
È strano vederlo così freddo e sicuro di
sé,non più impacciato e privo di parole.
«Ti ho svelato
adesso il nostro “segreto di famiglia” per due
ragioni diverse; innanzitutto,adesso tu hai compiuto 18 anni ed ora che
cominci il tuo addestramento. E poi,io so quanto tu sia depressa in
questo momento. Ma io posso fare in modo che la tua depressione
finisca. Non sarai più costretta a soffrire,ma potrai
odiarlo. Odiarlo per ciò che ti ha fatto e per
ciò che continua a fare. Nessun rimpianto,nessun rimorso.
Una nuova vita. Il suo amore era fittizio,Bella. Noi spie siamo gli
attori migliori del mondo. Ma non devi sentirti usata. Devi sentirti
furiosa. Devi desiderare con tutta se stessa di fargliela pagare. Non
appena entrerai nell‘Associazione tutto il mondo
perderà le tue tracce. E quando sarà finito il
tuo addestramento potrai cominciare a lavorare per noi,che sfrutteremo
al massimo le tue incredibile capacità. Potrai sentirti
speciale,non più goffa e mediocre. E sono sicuro che
supererai ben presto tutti gli altri agenti».
Quando Charlie finisce
il suo lunghissimo discorso io resto immobile,senza la forza di
rispondergli. Quello che mi ha detto ha fatto scattare qualcosa dentro
di me,qualcosa che non riesco a seppellire dei meandri della mia mente.
Odiare Edward per quello che mi ha fatto. Fino a cinque minuti fa mi
sarebbe sembrata una cosa priva di senso,ma adesso,dopo la strabiliante
rivelazione di Charlie,sento che è quello che devo fare.
Perché io non ho mai sofferto in vita mia come in questi
cinque giorni e tutto per colpa di una persona che credevo mi amasse e
invece non aveva fatto altro che usarmi.
Chiudo gli occhi e
ripercorro i momenti vissuti assieme,i baci,le
carezze,tutto… E sento il mio viso farsi rosso di rabbia,la
mia depressione che scivola via come una coperta che mi aveva avvolta
isolandomi da ciò che mi succedeva intorno. Ma ne sono
felice,perché adesso ho preso la mia decisione.
Riapro gli occhi e fisso
quelli neri di Charlie.
«Quando
comincia l‘addestramento?»,chiedo,la mia voce
fredda e controllata,il mio viso una maschera di feroce determinazione.
Riaprii gli occhi,trovandomi nuovamente nella mia stanza. Lo
scorrere dei ricordi a volte mi riportava alla mente la
felicità di passare le giornata con Cullen,ma
l’ultima conversazione con Charlie avuta prima che lui
diventasse il capo cancellava tutti i rimasugli di amore per
quell’essere rendendomi nuovamente fredda e spietata come
dev’essere ogni agente dell’Associazione. Durante
gli otto anni passati nella nostra base,qui in Alaska,avevo imparato
tutto ciò che una persona può apprendere. Sapevo
combattere,uccidere,torturare,conoscevo tutte le lingue del mondo,non
vi era arte o materia che non sapessi alla perfezione.
Misi la camicetta blu nella valigia e continuai a svuotare il mio
armadio,ripercorrendo con la mente gli anni passati alla base.
L’addestramento era stato duro,ma io ero sempre riuscita a
farcela. Era stato tutto relativamente tranquillo,almeno fino al giorno
della mutazione…
La dottoressa
Denam mi aspetta nel laboratorio genetico dell’Associazione.
Quando scendo le strette scale di ferro che conducono al cuore del
laboratorio,che occupa un intero piano,davanti ai miei occhi si parano
secoli di scienza e scoperte che solo gli agenti
dell’Associazione hanno mai visto. Appoggiate alla parete ci
sono gigantesche gabbia con gli animali più
disparati:tigri,leoni,lupi e addirittura al centro della sezione
adiacente del laboratorio una gigantesca vasca interrata nel quale
nuota uno squalo bianco di circa 9 metri.
La dottoressa
è al centro del laboratorio,appoggiata accanto ad un
bizzarro macchinario simile ad una gigantesca capsula lunga quasi
quattro metri. Mi avvicino a lei con passo sicuro. I miei occhi color
cioccolato osservano ogni minimo particolare dell’ambiente
che mi circonda,cercando di ricordare ogni cosa. Arrivata davanti alla
dottoressa osservo il suo viso ovale dalla carnagione pallidissima
incorniciato da corti capelli rossi. Il camice da laboratorio
è immacolato,mentre alla mano sinistra ha una fasciatura
sporca di sangue.
«Benvenuta
signorina Swan. È pronta?».La voce della
dottoressa è fredda ma melodiosa,mentre i suoi occhi mi
scrutano. Nonostante la tentazione sia forte,non abbasso lo sguardo. In
questi primi 9 mesi all’Associazione ho imparato che una spia
non deve temere nulle e nessuno,deve sapere sempre cosa fare e
soprattutto non deve mai perdere il controllo,nemmeno di fronte alla
prospettiva di essere il primo essere umano a testare un
complicatissimo esperimento di mutazione genetica messo a punto dopo
anni e anni di duro lavoro e ricerche.
«Dottoressa,io
sono sempre pronta. Ormai dovrebbe saperlo». Un lieve sorriso
increspa le mie labbra mentre stringo la mano fasciata della Denam. Lei
non smette di sorridere sarcastica,nonostante il dolore che deve
provocarle la mia stretta.
«Effettivamente
lo so. Mi segua,prego». La dottoressa va accanto alla capsula
e la apre. All’interno si trova quello che sembra uno stampo
gommoso per fare pasticcini e biscotti. Ma questo ha la forma di un
essere umano. La mia forma.
Senza esitare mi
accomodo all’interno di quell’enorme stampo e la
Denam si affaccia in modo che io possa vedere il suo viso illuminato
dalle lampade del soffitto.
«Allora,signorina,lei
sa già come funzionano le cose qui. Impiegherò
pochi secondi per iniettarle il siero,ma saranno i secondi
più lunghi e dolorosi di tutta la sua esistenza. La capsula
serve a contenere l‘impulso irrefrenabile di fuggire al
dolore. So che è inutile,ma le chiedo di mantenere il
controllo».
Poi,senza attendere una
mia risposta,abbassa il coperchio della capsula e tutto si fa nero,ma
solo per pochi istanti. All’improvviso si accende una luce
più o meno all’altezza della mia fronte. Ho appena
lo spazio necessario a respirare liberamente e non posso muovere
nemmeno un muscolo. Chiudo gli occhi,pensando di essere pronta.
Ma niente può
prepararmi a ciò che accadde un istante dopo.
Centinaia,migliaia di piccoli aghi si conficcano nel mio corpo,sulle
braccia,le gambe,il viso. Urlo disperata,ma so che la Denam non
interromperà il processo. Ma non riesco a sopportarlo. Sento
il liquido contenuto negli aghi entrare in circolo nel mio sangue a
velocità supersonica,proprio come ha detto la dottoressa. Ma
è come se ogni millimetro che il liquido percorre nelle mie
vene sia una cocente strinatura su un muscolo diverso. Come se migliaia
di artigli stiano lacerando non solo il mio corpo,ma il mio stesso
essere. Mi dibatto,con il solo risultato di far aumentare il dolore.
Poi,così come
è arrivato,il dolore svanisce. Gli aghi si ritraggono nei
loro sottilissimi scompartimenti e la capsula viene aperta. Mani abili
e veloci slacciano l’imbracatura di ferro che mi aveva tenuta
imprigionata e finalmente riesco a tirarmi su. La luce del laboratorio
mi acceca,mentre solo pochi istanti prima l’avevo trovata
smorta e inutile.
Intorno a me sento voci
concitate,tra le quali quella della professoressa che sembra gongolante
e soddisfatta. Esco piano dalla capsula e mi stiracchio per controllare
di essere tutta intera. Sento i miei arti distendersi e mi sorprendo
vedendoli bianchissimi e con riflessi arcobaleno alla luce della
lampada.
Nessuno mi aveva
informata di questo aspetto della mutazione….
Perché luccicavo come un… come un vampiro?!
«Signorina
Swan,ha ufficialmente superato la prova. L‘esperimento
è riuscito! D‘ora in avanti potrà
disporre degli strumenti di difesa e attacco dei più potenti
predatori della Terra. Vuole un paio di ali? In due secondi le
spunteranno dalla schiena. Artigli capaci di tagliare il ferro come se
fosse burro? In un battito di ciglia se li ritroverà alle
mani».
Ecco,ormai è
finita. Sono immortale,potente e indistruttibile. Nessuno
potrà più mettermi i bastoni fra le ruote.
Ecco,ancora una volta i ricordi avevano preso il
sopravvento. Ricominciai a mettere i vestiti nella valigia,aiutandomi
con la lunga e provvisoria coda di serpente che spuntava dai pantaloni
della tuta nera in pelle. Ricordavo ancora perfettamente i primi giorni
in seguito alla mutazione. Mi ritrovavo ad essere armata di denti e
artigli senza neanche averne l’intenzione. Bastava il minimo
innocuo pensiero a scatenare una reazione nel mio corpo. Per tre mesi
mi era stato vietato l’accesso al laboratorio
perché rischiavo di distruggere le centinaia di fialette
piene di siero per le mutazioni oppure i computer di ultima generazione
che regolavano l’attività di tutti i macchinari
del laboratorio con le ali che ad intervalli regolari spuntavano dalla
mia schiena. Poi mi ero abituata a quegli strani arti che a volte
venivano evocati volontariamente e a volte no. Oramai riuscivo ad
assumere le forme più disparate,quelle di qualunque animale
sulla Terra e a volte anche di animali inesistenti,generati dalla mia
mente.
Quando avevo riavuto accesso al laboratorio avevo scoperto la mia
vocazione:chimica,biologia,fisica.
Non avrei mai immaginato che materie del genere potessero essere
interessanti,eppure in soli 8 anni di studio ero diventata una
scienziata seconda solo alla Denam in fatto a bravura e conoscenze. Il
tempo che non passavo nel laboratorio lo dedicavo agli allenamenti per
sviluppare le mie capacità.
Ricordavo perfettamente la lezione per me più entusiasmante
e allo stesso tempo scioccante…
L’agente
Langrab mi aspettava all’entrata di un’ala della
base nella quale non mi era mai stato permesso di entrare. Mentre
attraverso i corridoio bianchi e freddi sento l’eccitazione
montare dentro di me. La mia cosa leonina,unica cosa che riesco ad
evocare perfettamente a piacimento,si agita sui miei fianchi in
risposta al mio nervosismo.
Finalmente arrivo
davanti alla porta blindata. L’agante è
lì,a braccia conserte,un’espressione sarcastica e
nient’affatto amichevole sul viso squadrato. Quando arrivo a
pochi passi da lui lo saluto con un cenno,al quale non si degna di
rispondere. Schiacciando a velocità incredibile i numeri
sulla tastiera che regola l’apertura della porta mi volta le
spalle,così io ho il tempo di osservare quel corridoio nel
quale,nonostante l’anno e mezzo passato alla base,non mi
è mai stato concesso entrare. A guardarlo non sembra molto
diverso dagli altri sparsi in tutta l’agenzia,a parte per le
paratie in acciaio che si trovano ad intervalli regolari nel muro.
Sentendo uno scatto
secco mi volto e vedo la porta spalancata e Langrab che mi fissa con il
solito sorrisetto strafottente sulle labbra. Senza degnarlo di una
seconda occhiata,lo supero a passi rapidi ed entro nella stanza.
Rimango a bocca spalancata. Davanti ai miei occhi si stende una
gigantesca vasca,lunga quasi 30 metri e così profonda da
apparire blu scuro. Sul perimetro corre una strana intelaiatura di
ferro e lungo i due lati,appena fuori il pelo dell’acqua,ci
sono due fessure larghe più o meno una trentina di
centimetri.
Faccio qualche passo in
avanti e mi ritrovo sul bordo della vasca. Sono impegnata ad osservare
l’acqua scura quando all’improvviso sento una mano
robusta sulla schiena che mi spinge in acqua con forza inaudita. Con un
urlo,precipito a capofitto nella piscina. Il contatto con
l’acqua è terribile,non pensavo che potesse avere
una temperatura così bassa. Annaspo disperata cercando di
risalire in superficie. Purtroppo non so nuotare per
niente,così mi ritrovo a scendere giù,sempre
più giù.
Faccio qualche bracciata
disperata verso l’alto,in cerca di un po’
d’aria e finalmente buco la superficie dell’acqua
con la testa e aspiro avida un’enorme boccata
d’aria. Mi guardo intorno e vengo inondata da un terrore
profondo:sono lontana dalla sponda della piscina,ma la cosa
più terribile sono le paratie d’acciaio che
emergono dalle fessure sul perimetro della piscina,per congiungersi al
centro,schiacciandomi se rimango con la testa fuori oppure privandomi
della possibilità di prendere aria se torno giù.
Mi giro terrorizzata e
vedo l’agente Langrab seduto a gambe incrociate sul bordo
della piscina che mi osserva.
«MI
AIUTI!!!»,grido più forte che posso. Ma lui rimane
perfettamente immobile,nonostante i suoi occhi siano fissi nei miei. E
le paratie sono a ormai meno di un metro da me. Non posso rimanere
schiacciata. Forse è una specie di prova per vedere quanto
tempo riesco a stare senza respirare e quando l’agente
vedrà che non ce la faccio più farà
ritirare le paratie.
Così prendo
un bel respiro e smetto di lottare per rimanere a galla. Un istante
dopo le paratie si chiudono con un colpo secco sopra la mia testa.
Rimango immobile a galleggiare sull’acqua,consapevole che i
movimenti richiederebbero un inutile spreco di ossigeno.
Passano
all’incirca una decina di secondi… Comincio a
deglutire… Altri cinque secondi… Il bruciore
è sempre più intenso… dopo altri
quattro secondi dimentico i miei buoni propositi,mi volto e comincio a
battere furiosa contro il metallo.
Ma le forze mi
abbandonano,non riesco più a trattenere quel poco ossigeno
che mi è rimasto,così spalanco la bocca e le
bollicine compaiono davanti ai miei occhi per svanire un istante dopo.
Al loro posto un fiotto d’acqua salata inonda la mia gola e i
miei polmoni ed io non posso fare a meno di lanciare un urlo,che
però è muto e inutile. Altra acqua varca senza
pietà la soglia delle mie labbra… sento che sto
diventando matta,non capisco perché non mi liberano,sto
affogando,sto morendo… NO!! Io non morirò!! Non
prima di aver ucciso quel vile essere chiamato Edward Cullen che ancora
vaga su questa terra. Lui non deve più esserci!! Solo allora
potrò andarmene.
Cerco di pensare con
lucidità…che cosa posso fare per non morire
affogata? Oramai i miei pensieri si fanno sempre più
offuscati,il bruciore è diventato insostenibile. E quando
sto davvero per smettere di lottare,la soluzione giunge da
sola,spontanea.
Sento il familiare
dolore che inonda ogni parte del mio corpo ogni volta che questa si
tramuta in qualcos’altro e un istante dove prima
c’erano le mie gambe,adesso c’è una
lunga coda grigia,la pinna sottile e verticale… la coda di
uno squalo. Lo stesso dolore caldo e bruciante,ma allo stesso tempo
familiare e confortante,mi inonda la gola. Mi tocco il collo e sento
degli squarci che pulsano in fretta senza però disperdere
sangue. Sono branchie. E all’improvviso capisco
perché sono nella vasca. Era l’ennesimo test per
vedere fino a dove arrivavano le mie capacità di mutazione.
Infatti dopo i primi tre
mesi,assumere forme specifiche era diventato sempre più
difficile,così vari agenti avevano ricevuto dalla Denam
l’incarico di addestrarmi,in modo da poter permettermi di
richiamare a mio piacimento le infinite armi di cui il siero mi aveva
dotata.
Test. Era stato solo un
test. IO AVEVO RISCHIATO DI MORIRE PER UNO STUPIDO TEST!
In un istante rivivo il
ricordo di quegli attimi di terrore
folle,l’incapacità di respirare,l’acqua
che scorreva nella mia gola e nei polmoni… E so esattamente
cosa fare.
Con una mezza
capriola,mi giro in modo da tenere la testa rivolta verso il fondo
invisibile dell’immensa vasca e la mia enorme coda da squalo
di quasi 2 metri verso le paratie d’acciaio. Con uno scatto
veloce vado sempre più a fondo nella piscina. È
incredibile come adesso l’acqua mi sembri calda e accogliente
e come io mi senta perfettamente a mio agio nel muovermi facendo
guizzare la lucida coda grigio scuro.
Quando ormai sono
arrivata così in fondo che le paratie sono avvolte in un
alone scuro e traslucido che rende difficile notarle mi volto,la testa
puntata verso la superficie e comincio la mia velocissima risalita.
L’acqua
scivola sul mio corpo ed io mi slancio verso l’alto
utilizzando la spinta potentissima della coda. Quando ormai sono a meno
di due metri sotto le paratie,faccio una capriola e sferro un colpo
contro l’acciaio che schiocca e si piega con un gemito. Sulla
superficie rimane impressa la sagoma confusa della coda,ma la paratia
è ancora sigillata. Così,con la rabbia a fare da
impulso,carico un altro colpo,prendo lo slancio e la colpisco
nuovamente. Stavolta il metallo oppone solo una vaga resistenza
iniziale,poi si separa dall’altra paratia,lasciandomi
finalmente una via d’uscita. Ma è solo allora che
capisco la seconda parte del test.
Fino a quando ho coda e
branchie non posso uscire,rischierei di soffocare. Devo riuscire a
tornare normale. Appoggio le mani alla paratia,in modo da potermi
tirare fuori non appena le branchie scompariranno. Faccio un respiro
profondo e mi concentro sulla sensazione inversa a quella provata poco
prima. Infatti se le branchie non spariranno,sarà soffocata.
Niente aria nei polmoni,niente. Solo il respiro sempre più
affannoso alla ricerca di qualcosa che c’è,ma che
non potrò mai assaporare.
Inaspettata,la vampata
di dolore mi toglie il fiato,ma mi resta la lucidità
necessaria ad afferrare saldamente il ferro e tirarmi su,passando
attraverso la breccia aperta a colpi della mia coda adesso scomparsa e
sostituita dalle mie solite gambe,rimaste immutate tranne che per un
livido sulla caviglia destra,dove devo aver colpito il ferro.
Quando finalmente emergo
fredda e gocciolante dall’acqua,vedo Langrab che ride
spensierato mentre io mi avvicino tremante,non so se per la rabbia o
per il gelo che mi assale senza pietà.
«E brava
Bella,ce l‘hai fatta anche stavolta». La sua voce
per una volta non è superiore o strafottente,sembra
vagamente intimorito. E fa bene ad esserlo,visto quello che lo aspetta.
Quando ormai sono
accanto a lui,alzo la testa e lo squadro di sottecchi.
«Non.
Chiamarmi. BELLA!»,ruggisco. Poi,con uno scatto
così feroce che quasi non mi accorgo della vampa calda che
mi avvolge le mascelle,mordo il braccio di Langrab e lo strattono
così forte da mandarlo dritto sulle paratie
d’acciaio al centro della piscina. Lui urla di
dolore,tenendosi il braccio che sanguina copiosamente dove ho affondato
i miei denti leonini.
Mi avvio verso
l’uscita,passando la lingua sui denti affilati che tornano
alla forma originale con una sferzata di calore rovente. Mentre avanzo
lungo il corridoio,pulisco la bocca con un fazzoletto e lo butto in un
cestino,eliminando così ogni traccia di sangue di quel
torturatore da me.
Sì,all’agenzia non è stato
sempre tutto rose e fiori. Anzi,a dir la verità non lo
è stato mai. Certo,i momenti esaltanti non mancavano,ma per
arrivarci avevo dovuto sopportare le pene dell’inferno e
quella del mio quasi annegamento non era che una delle tante. Ma dopo
che avevo imparato ad assumere in pochi secondi coda e branchie,eravamo
passati alle ali. E lì la cosa era stata ancor
più difficile.
Cammino lungo
un sentiero nella foresta che circonda l’edificio
dell‘Associazione. Al mio fianco c’è la
Denam,che non la smette di osservare con aria compiaciuta la lunga coda
di tigre che si agita suoi miei fianchi percuotendo l’aria.
Intorno a noi
c’è solo silenzio,tranne per il rumore dei nostri
passi in parte soffocato dallo strato di neve che ricopre il terreno.
Nonostante sia avvolta in un giubbotto sento comunque dei brividi in
tutto il corpo. Nessuno è mai riuscito a spiegare la loro
origine:tecnicamente non dovrei provare freddo. Eppure ogni tanto non
posso fare a meno di raggomitolarmi su me stessa,magari ricoperta dalla
soffice pelliccia di un lupo artico o di una tigre siberiana. Anche se
basta il bruciore della mutazione a scacciare in fretta il freddo.
Mentre camminiamo muovo
intenzionalmente la coda,per acquistare una maggior dimestichezza.
Infatti ogni volta che faccio apparire qualcosa di nuovo è
come se dovessi nuovamente imparare a camminare. All’inizio
la coda mi rendeva completamente squilibrata e non facevo altro che
inciampare. Poi,grazie all’aiuto degli scienziati del team
della Denam,ero riuscita ad acquistare un perfetto equilibrio.
Oramai,grazie a
loro,riesco a far comparire a mio piacimento le cose più
disparate:code appartenenti a qualunque animale,pinne o intere code di
squalo o delfino,pellicce calde che ricoprono il mio corpo e a
volte,quando mi concentro,addirittura riesco a tramutare la mia testa
in quella di un lupo,per ora l’animale nel quale riesco a
tramutarmi più facilmente.
E adesso la Denam vuole
insegnarmi a far comparire un paio di ali,quanto di più
difficile ci sia. Per ora niente era stato come l’esperienza
del quasi annegamento,ma ho l’impressione che qui
sarà ancora peggio.
Finalmente la foresta
comincia a diradarsi e io e la Denam ci ritroviamo sul bordo di un
precipizio a strapiombo le cui pareti precipitano in un mare di nebbia
che impedisce di vederne il fondo.
Ad aspettarci ci sono
cinque uomini completamente vestiti di bianco che in nostra attesa
hanno installato una serie di schermi appoggiati a terra a pochi
centimetri dal ciglio del burrone. Al momento sono tutti neri,ma una
serie di cavi con delle ventose indica che non lo saranno a lungo.
«Ecco qui la
stella dei giochi»,annuncia la Denam con voce squillante.
«Su,signorina Swan,venga avanti»,mi incita,visto
che sono rimasta un po’ indietro,stavolta non più
con una coda di tigre,ma di serpente,che produce degli schiocchi secchi
quando la faccio scattare per il nervosismo.
Faccio qualche esitante
passo avanti,sentendomi addosso gli sguardi degli scienziati.
Soprappensiero,non mi accorgo di essere arrivata sul ciglio del
burrone. Oramai dovrei essere abituata a quello che accade un istante
dopo,ma ogni volta è sempre nuova.
E così non ho
il tempo di reagire quando qualcuno mi da una spinta sulla schiena e mi
fa precipitare giù. Prima di cadere nel vuoto vedo di
sfuggita la Denam che mi attacca una delle ventose collegate ai fili
alla caviglia. Poi non riesco a distinguere più
nella,perché gli occhi cominciano a lacrimare per via del
vento che si infiltra sotto i vestiti gonfiandoli in tutte le direzioni.
Per fortuna questa volta
so che è un test e so anche come reagire. Ma per permettere
alla mutazione di agire,devo sentirmi un tutt’uno con
l’elemento nel quale mi trovo. Così mi concentro
sull’aria fredda che mi scorre sul corpo,il vento che fischia
nelle orecchie,l’assoluta sensazione di libertà
dovuta alla caduta libera….
Poco prima di penetrare
nella cortina di nebbia e probabilmente sfracellarmi al suolo,sento una
vampata di dolore così acuto,bruciante e improvviso alla
schiena che mi inarco con un urlo. E all’improvviso la mia
caduta si arresta ed io mi ritrovo due grandi ali d’aquila
larghe più o meno 6 metri in tutto. Le batto piano per
rimanere in verticale come se fossi in piedi e le osservo
meravigliata:sono enormi,semplicemente immense. Le piume sono
così bianche e immacolate che non posso fare a meno di
sfiorarle con la punta delle dita per vedere se sono davvero
così morbide come sembrano. Verso l’altro le ali
sono marroni,anzi sono solo le piume alla base ad essere bianche.
Smetto di rimirare le
ali e decido di vedere se riesco ad utilizzarle. Punto la testa verso
l’alto,cercando di scorgere le sagome degli scienziati che mi
osservano e,con un colpo potente dei miei nuovi
“arti” scatto verso l’alto. E capisco che
è ancora più semplice di ciò che
sembra. Per me è naturale sbattere le ali con la giusta
forza in modo da dosare la velocità,oppure piegarne
leggermente una per svoltare da una parte. Arrivo sopra il burrone in
pochissimi secondi ed emergo dalla cresta rocciosa con un urlo di gioia
trionfante. Il team della Denam ride del mio entusiasmo e tutti si
stringono le mani compiaciuti.
Io continuo a volare
sempre più in alto,come se non dovessi fermarmi mai. Niente
è paragonabile a quello che sto provando:il vento che gonfia
le mie piume arruffandole oppure mi accarezza il viso. E poi
l’assoluta gioia di sentirmi completamente libera,capace di
andare dove voglio senza l’aiuto di nessuno.
Piegando le ali mi
blocco a mezz’aria,poi le ripiego sulla schiena e mi lascio
andare in picchiata. Adesso il vento è fortissimo,ho gli
occhi pieni di lacrime ma non mi fermo,voglio continuare a
cadere…
«Bella,fermati!».
L’urlo della Denam mi riscuote all’improvviso e
faccio appena in tempo a distendere le ali prima di sfracellarmi al
suolo. Sapendo di aver evitato il disastro per un pelo,decido di
fermarmi. Salgo un altro po’ e poi mi poso lentamente accanto
agli scienziati,che mi osservano con gli occhi fuori dalle orbite.
Scuoto un po’ le ali per liberarle dai pezzetti di terra e
sporcizia accumulati durante il volo,poi le distendo dietro la
schiena,in modo che non intralcino i miei movimenti.
«Signorina,ma
è impazzita? Voleva sfracellarsi?»,urla la
dottoressa venendomi incontro e agitando furiosamente le lunghe
braccia. Faccio qualche passo indietro,intimorita. Da quando mi
è stato iniettato il siero le mie reazioni sono diventate
più istintive:davanti ad una donna che urla e si agita come
un’ossessa mi viene naturale indietreggiare.
«Ok
Dakota,calmati»,continuò la Denam,stavolta
parlando da sola. Io la osservavo,le ali protese ai lati del mio corpo
in modo da tenerle pronte a volare via nel caso la Denam mi
urlasse nuovamente contro.
«Dottoressa,non
è successo niente. Volevo solo provare le mie ali. Non era
forse questo lo scopo dell‘esperimento? La ringrazio per
avermi salvata,ma non deve preoccuparsi tanto. Sono
indistruttibile,ricorda?». La dottoressa mi squadra per
qualche istante,poi sospira e fa cenno ai suoi colleghi di smontare
l’attrezzatura.
«Signorina,veda
di far scomparire in fretta quelle ali,non abbiamo tutto il
giorno»,mi ingiunge,acida come sempre. Annuisco,poi chiudo
gli occhi e cerco di concentrarmi. Ormai far scomparire tutti i miei
“arti supplementari” quando li faccio apparire
è diventato molto più semplice. Infatti dopo
pochi secondi sento nuovamente il dolore atroce invadere la mia schiena
e un istante dopo le grandi ali bianche sono scomparse.
Senza rivolgermi uno
sguardo,la Denam afferra la sua inseparabile valigetta e si avvia lungo
il sentiero. Evidentemente il fatto che fino a due minuti fa fosse
preoccupata per me devo essermelo immaginato.
Chiusi la valigia con un colpo secco,meravigliandomi del
poco tempo che avevo impiegato per riempirla. Evidentemente i miei
ricordi mi avevano notevolmente distratta. Male,molto male. Una spia
non deve mai distrarsi,soprattutto una che ha le mie
capacità. Speriamo che in missione non succeda la stessa
cosa.
Accarezzai piano la coda di serpente che scomparve con un guizzo e una
carezza bollente. Poi afferrai la mia giacca impermeabile nera e mi
avviai fuori dalla stanza,verso il laboratorio della Denam.
“E adesso manca solo la prova generale”,pensai
scendendo le ripide scalette di ferro.
***********
Se siete arrivati fin qui vuol dire che avete letto il chap
e vi ringrazio già per questo xD
Allora,adesso un po' di ringraziamenti più specifici ^^
X chi recensisce
Giuly_furettomalefico:Eccoti accontentata con il primo chappy,spero ti
piaccia ^^ Baciii
alexia__18:In questo capitolo riveverai tutte le risposte alle tue
domande ^^ Mi raccomando,continua a
recensire ^^ xxx
X chi ha messo la mia storia tra i preferiti
gegge_cullenina
haylin
mary96twilight
PATRIZIA70
E chi l'ha messa tra le seguite
alexia__18
ValeKikyo
Vi ringrazio tantissimo!!!
Al prossimo chap ^^
xxx Nessie
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Capitolo 3 *** Prova. E cambi di programma ***
2-PROVA. E CAMBI DI PROGRAMMA.
Entrai nel laboratorio,dove trovai la Denam e i suoi scienziati che
predisponevano una specie di pista al centro della stanza. Era una zona
circolare simile alle gabbie dove si esibiscono i domatori di animali
feroci,solo che qui le giunture della sbarre in acciaio e diamante
rendevano impossibile entrare o uscire liberamente e nemmeno una tigre
sarebbe riuscita a spezzarle.
«Ecco qui la nostra stella»,disse la Denam non
appena mi vide. «Finalmente è pronta per la grande
missione». Il tono sarcastico era una mia invenzione? Cercai
di rispondere con la maggior compostezza che avevo.
«Sì sono pronta. Anzi non vedo
l‘ora». Accennai un sorrisetto e poi andai a
stringere la mano agli scienziati. La Denam rimase immobile accanto
alla porta per qualche istante,poi parve scuotersi da una trance e si
fece avanti a passi rapidi e sicuri. Urlò qualcosa al suo
team e poi mi fece segno di prendere posto al centro
dell’arena improvvisata.
Mi posizionai immobile e con gli occhi chiusi. Per prevenzione feci
spuntare una lunga coda di drago,simile a quella di un serpente ma con
letali punte d’osso che spuntavano ad intervalli regolari
dalla pelle squamosa.
Nonostante non vedessi avvertii il rumore di una saracinesca che si
alzava e poi passi pesanti che fecero vibrare il terreno accompagnati
da un inquietante cigolio metallico. Aprii gli occhi e vidi un robot
alta circa sette metri con una spia rossa accesa su quella che doveva
essere la testa. La massa assurda di metallo accumulata in
quell’unico macchinario lo faceva apparire immenso ai miei
occhi. Ma naturalmente non abbastanza da spaventarmi.
Si comincia.
Prima che il robot potesse reagire in qualunque modo balzai in aria e
feci schioccare la lunga coda in modo da far conficcare le punte cornee
nel suo torace di metallo. Poi la tirai indietro lasciando al suo posto
una serie di profondi buchi dai quali spuntavano cavetti recisi e
sfrigolanti. Ma adesso il robot era attivo e pronto a combattere.
Abbatté l’enorme mano chiusa a pugno sopra di me.
O almeno quella doveva essere la sua intenzione. Infatti con uno scarto
velocissimo lo schivai e poi saltai sulla gamba di metallo. In pochi
secondi scalai il mostro metallico ritrovandomi sopra alle sue spalle.
Il robot fece girare la testa a 360° e mi puntò la
spia rossa in faccia. Con una mano,che non aveva più
fattezze umane ma leonine,graffiai quella liscia superficie in
diamante. Dopo essermi assicurata di aver lasciato delle scheggiature
profonde,balzai giù tra i piedi del robot,che adesso pareva
molto più intontito. Scattai in fretta verso la sbarre della
gabbia e con pochi agili balzi mi arrampicai fino in cima. Osservai
quell’ammasso di ferraglia che si agitava per la pista
girando a destra e a sinistra la sua spia rossa. Mi schiarii la gola e
lanciai un richiamo acutissimo,un mix tra il canto delle balene,che
raggiungeva note così alte da far male alle orecchie degli
esseri umani e quello di un rapace.
Il macchinario si accese interamente di rosso,le luci che vorticavano
per la stanza in segno di allarme. Mancava solo il colpo di grazia per
mettere a tacere quell’ammasso di ferraglia. Ancora ancorata
in cima alle sbarre della gabbia,piegai le ginocchia e,dandomi una
spinta così forte da piegare quelle sbarre
indistruttibili,balzai sul petto del robot alla velocità di
un fulmine e lo sbattei a terra. Le luci lampeggiarono
un’ultima volta e poi si spensero definitivamente.
Mi alzai spazzolando i pantaloni della tuta impolverati e sentii
qualcuno che batteva lentamente le mani.
«Davvero molto bene signorina Swan. Vedo che oggi si sente
ispirata». Ovvio. Era la Denam.
«Sì dottoressa,effettivamente oggi mi sento
davvero bene»,le risposi sorridendo nella maniera
più angelica possibile. Lei non smise di guardarmi con
superiorità neanche alla vista della mia prodigiosa
dentatura da tigre.
«Si risparmi i suoi giochetti. Non è
finita»,mi redarguì la dottoressa con uno sguardo
gelido. Io continuavo a sorriderle tranquilla,ovviamente sapevo che non
era finita. Mentre stavo per tornare a concentrarmi notai una
scienziata che mi fissava con i grandi occhi color cioccolato
spalancati e fissi sulla mia lunga coda e sulle zampe leonine. Quando i
suoi occhi incontrarono i miei,di una curiosa colorazione viola cupo
dal momento della trasformazione,abbassò subito lo
sguardo,imbarazzata. La guardai impassibile per altri due secondi,poi
fui distratta da una vibrazione del pavimento sotto di me.
Con un veloce scatto,quasi involontario,balzai verso l’alto e
dalla mia schiena spuntarono due grandi ali membranose,quasi
trasparenti,con un’intelaiatura ossea che correva sul bordo.
In poche parole,ali di drago,dalle squame lucide e nere.
Sbattei un paio di volte le ali e mi sollevai fin quasi a toccare il
soffitto del laboratorio. Sotto di me,il pavimento si aprì
lentamente,rivelando una grande massa tumultuosa di acqua scura agitata
dall’enorme squalo che vi nuotava dentro. Questo è
facile,pensai. Con due rapidi colpi d’ala calai di qualche
metro in modo da sfiorare l’acqua con la punta della coda che
si agitava. La ragazza che avevo notato prima prendeva furiosamente
appunti,scrivendo sul taccuino a velocità incredibile. La
osservai di sfuggita per un decimo di secondo,poi passai alla lotta con
l’enorme animale che si agitava ai miei piedi.
Lo squalo saltò fuori dall’acqua con le
gigantesche mascelle spalancate e cercò di afferrare la mia
coda. Ma io,naturalmente pronta a quella mossa,fui più
veloce e mi buttai a capofitto su di lui. Con un colpo d’ala
mi ritrovai alle sue spalle e abbracciai il muso con le
braccia,serrando le sue mascelle in una presa ferrea. Al posto delle
mani,fino all’avambraccio avevo potenti zampe squamose e
artigliate. Affondai il più possibile quegli artigli
affilatissimi nella pelle cartilaginea della squalo,che emise uno
strano gorgoglio e si tuffò in acqua. Io rimasi saldamente
aggrappata alla sua schiena. Al posto della testa feci comparire il
grosso muso di un’orca,naturalmente proporzionato alla stazza
di un essere umano,ma non per questo dai denti meno forti e aguzzi.
Mollai lo squalo e con un colpo della mia coda da orca scesi nelle
profondità della grande piscina.
Lo squalo rimase disorientato,gli squarci profondi dei miei artigli ben
visibili sul muso. Per attaccare decisi di usare una delle tecniche
utilizzate dalle orche per uccidere le loro prede. Andai ancora
più a fondo,badando che lo squalo continuasse a nuotare
lentamente in superficie. Quando arrivai così in
profondità da distinguere a malapena la sua figura
scura,comincia la mia velocissima risalita. Con movimenti rapidi e
appena accennati della coda,mi avvicinai sempre più allo
squalo. Puntavo dritta allo stomaco. Quando ormai ci separavano solo
pochi metri,spalancai le mie fauci e diedi un ultimo guizzo di coda.
L’impatto con l’animale fu
potentissimo,così tanto che non mi fu facile far esplodere
il suo stomaco.
Era proprio questa la mia idea:giungere a velocità
così elevata da far esplodere gli organi
dell’animale.
Lo squalo lanciò un cupo lamento,me per alleviare le sue
sofferenze,affondai in fretta i denti nella sua carne e sentii il suo
corpo afflosciarsi tra le mie mascelle. Lo lasciai e quello
cominciò lentamente a scivolare verso il fondo,lasciandosi
dietro una scia rossa.
Con un guizzo emersi fuori dall’acqua. Il muso di orca era
scomparso,ma la coda era ancora al suo posta. La Denam mi fece un cenno
e bloccò il cronometro che stringeva nella mano
sinistra,mentre con la destra appuntava qualcosa sul suo blocco. Mossi
piano la coda e andai fin sul bordo della vasca. Rimasi appoggiata
lì,facendo ondeggiare pigramente la coda dietro di me,in
attesa di un verdetto dal capo. Notai la giovane scienziata che mi
aveva osservata prima,fissare nuovamente con gli occhi sgranati la
lunga coda che a tratti emergeva dall’acqua. Quando si
accorge che la stavo osservando arrossì,ma non
abbassò lo sguardo.
Ammirevole,pensai. Di solito nessuno riusciva a sostenere le mie
occhiate gelide per più di qualche secondo.
«Molto bene,Swan,ha battuto il suo
record»,annunciò la Denam. Sbattei la coda
sull’acqua,entusiasta. Il mio ultimo record nelle prove di
mutazione era stato meraviglioso,ma adesso era ora di andare avanti.
«E adesso dottoressa,che si fa? La prova è
terminata?». Lei non rispose,ma fece un cenno ad uno dei suoi
uomini,che pigiò un pulsante rosso sulla sequela di schermi
e tastiera della parete del laboratorio.
Il pavimento cominciò a ritornare al suo posto,mentre io ero
ancora nella vasca. Uffa,ormai dovrebbero cambiare metodo,le paratie a
scomparsa sono superate. Con uno scatto mi librai in aria,senza coda ma
con grandi ali d’aquila che spuntavano dalla schiena. Le
sbattei un paio di volte e mi librai su,fino a sfiorare il soffitto
della stanza con la testa. Quando il pavimento tornò
completamente al suo posto,scesi a terra e attesi con i muscoli
contratti l’arrivo del mio nuovo avversario.
Alzai gli occhi appena in tempo per vederla calare su di me. Scartai
lateralmente,cercando di colpire la creatura volante con la lunga coda
di drago che feci spuntare appena in tempo e riuscii a ferirla al
fianco. Lei lanciò un acuto grido di dolore,ma non
abbandonò l’attacco. Mi librai anche io in aria,al
posto della mia solita testa umana quella elegante ma dalle mascelle
letali di un drago. Ormai dell’essere umano non mi rimaneva
altro che il busto,perché anche i miei arti avevano assunto
fattezze animalesche.
Gli occhi rossi della chimera mi fissarono,imbestialiti dalla rabbia e
dal folle desiderio di uccidermi. Ok bellezza,vediamo che sai fare.
Smisi di battere le ali e mi lanciai verso il basso,sicura che il
bestione mi avrebbe seguito; e infatti così fece. Un istante
prima che mi schiantassi al suolo,mi voltai sulla schiena e artigliai
il petto della chimera oramai sopra di me. Lei lanciò un
urlo di dolore e franò al suolo,mentre io risalii aprendo le
ali.
Guardai in basso e vidi la bestia alzarsi tremante sulle zampe,il
sangue dalla strana tonalità nerastra che gocciolava dalle
ferite sul petto macchiando il pavimento immacolato. Alzò le
tre teste e ruggì infuriata,mentre il serpente che aveva al
posto della coda sibilava per il dolore e la rabbia. Sapevo che non
dovevo ucciderla,dopo tutti gli anni di esperimenti serviti per
crearla,ma soltanto intontirla. Calai a terra e feci scomparire le
ali,sviluppando maggiormente le zampe artigliate. La chimera
ringhiò,senza tuttavia avere la forza necessaria per
slanciarsi verso di me. Con un balzo le saltai addosso,inchiodandola al
suolo. Il ringhio si era trasformato in un mugolio soffocato. Passai la
lingua sui denti,adesso tramutati in quelli di un serpente. Li affondai
nella spalla della creatura,lasciando che il veleno contenuto in essi
entrasse in circolo nel suo sangue. Non l’avrebbe uccisa,solo
messa KO per qualche ora. Pian piano il dibattersi della chimera si
placò fino a quando il suo corpo sedato dal mio veleno si
abbandonò al suolo.
Mi alzai in piedi,le fattezze del tutto umane. La tuta era lacerata in
più punti per via della coda e delle ali che si erano
susseguite così in fretta sul mio corpo. Le sbarre della
gabbia si illuminarono di luce rossa,mentre cominciavano a calare
lasciandomi libera. Mi avviai per uscire dalla gabbia,ma un sibilo mi
fece bloccare. Prima che potessi fare un qualunque movimento,dalle
giunture in diamante delle sbarre partirono dei sottili raggi rossi che
al contatto con la mia pelle lasciarono segni simile a scottature,ma
molto più dolorose. Non mi rimase altro da fare che levarmi
in volo per sfuggire al vortice dei raggi.
Quelli però puntarono anche verso l’alto,mentre le
sbarre si sollevarono impedendomi nuovamente la fuga. Ecco
perché inizialmente le avevano abbassate,in modo da farmi
credere che la prova fosse finita e farmi abbassare la guardia,per poi
cogliermi di sorpresa. L’unica via di fuga che vidi era una
apertura che si andava allargando sul soffitto. Mi ci infilai in fretta
e quella si richiuse a un soffio dei miei piedi. All’interno
la luce era inesistente e il buio mi avvolgeva completamente. Feci
scomparire le ali e atterrai sul terreno freddo in punta di piedi. In
posizione rannicchiata,aspettai,perché sapevo che doveva
succedere qualcosa.
La prima cosa che avvertii fu un fruscio proveniente da un punto
imprecisato alle mie spalle. Mi voltai di scatto e vidi uno scintillio
verde nell’oscurità.
Indietreggiai,perché avevo riconosciuto a quale animale
potevano appartenere quelle pupille verticali e quegli occhi
smeraldini. Ma erano le dimensioni ad essere sbagliate. Quando il
fascio di luce improvvisa proveniente dal soffitto illuminò
il serpente davanti a me,non potei fare a meno di rimanere a bocca
aperta. La sua testa sfiorava il soffitto,mentre le spire occupavano
praticamente tutta la stanza. Il corpo lungo e squamoso doveva avere
una circonferenza di quasi un metro e mezzo.
La cosa si preannuncia difficile. Per prima cosa mi tramutai
completamente in un drago,cercando di assumere le dimensioni massime
consentite dallo spazio ristretto della stanza di per se ampia ma
occupata in gran parte dall’enorme rettile,ancora intontito
dalla luce improvvisa delle lampade al neon.
Con due rapidi battiti d’ala raggiunsi il soffitto della
stanza per avere una posizione privilegiata nel combattimento. Ma il
serpente sembrò anticipare i miei movimenti e
allungò il collo colpendomi in pieno. Nonostante
l’intontimento provocato dal colpo,riuscii ad affondare gli
artigli nel muso di quel mostro un istante prima che questi si
ritraesse. Sbattei piano le ali e mi spostai a destra,cercando di
giungere alle spire dell’animale. Lui le allungò
per avvolgermi,proprio come avevo presupposta,così con un
battito d’ali le evitai e mi aggrappai al collo del
rettile,arrampicandomi in fretta verso la sua testa.
Lui la scosse per farmi cadere,ma riuscii a rimanere aggrappata e nello
stesso tempo riuscii a ferire il rettile affondando gli artigli nella
sua pelle morbida. Non appena quello si fermò per riprendere
fiato,ricominciai la mia scalata e finalmente giunsi dietro la nuca.
Con la zampa ben aperta e gli artigli sguainati,la abbattei sulla pelle
carnosa dell’animale. Quello sibilò infuriato e
scattò in avanti,ma riuscii a rimanere aggrappata. Quello
cominciò a dibattersi per la stanza,mentre io continuavo a
ferirlo sulla testa,il suo punto debole. Quando capii che non avrei
retto ancora per molto sballottata qua e là,mollai il
rettile e volai sul soffitto. Poi,fatta spuntare una lunga coda,la feci
schioccare sul muso dell’animale,accecandolo per averlo
colpito in un occhio con la punta coriacea della coda. Capii che anche
il serpente cominciava ad essere affaticato,così affondai il
corpo di grazia. Abbattei la coda dietro la nuca della bestia e gliela
avvolsi intorno al collo,stringendo fino a quando il serpente non si
accasciò al suolo esanime. Nell’istante in cui il
suo cuore smise di battere,nel pavimento della stanza
cominciò a formarsi un’apertura. Mi ci infilai in
fretta e non appena atterrai sul pavimento del laboratorio fui
circondata da una schiera di scienziati che cominciarono ad osservare i
lividi e i graffi sul mio corpo,che si rimarginarono automaticamente in
pochi minuti sotto il loro sguardo stupito.
«E neanche il serpente è riuscito a farla
fuori… ormai è pronta per la
missione,Swan»,mi disse la dottoressa.
Annuii con un lieve sorriso di trionfo e mi avviai verso la scala per
tornare ai piani superiori dell’agenzia.
Stavo salendo i gradini in ferro quando mi accorsi che qualcuno mi
stava seguendo.
«Isabella! Aspetta,aspetta». Mi girai e vidi la
giovane scienziata che mi osservava durante la prova con lo squalo che
adesso correva su per le scale. Mi bloccai ad aspettarla e quando me la
trovai davanti potei osservarla meglio:aveva un viso a cuore,grandi
occhi color cioccolato e corti capelli castano scuro raccolti in una
piccola coda. Non era molto alta,ma muscolosa. La pelle scura aveva una
tonalità caffelatte.
«Ciao,io sono Trudy. La Denam mi ha detto che devo dirti
alcune cose riguardo alla missione… Tu ora cosa devi
fare?»,mi chiese. Aveva parlato con voce ferma,senza
interruzioni. Gettai un’occhiata all’orologio.
«Adesso pensavo di andare a mettere in ordine le ultime cose
prima della partenza»,dissi.
«Perfetto,posso venire con te,così ti spiego e
magari ti aiuto anche a prepararti». La ragazzina si
aprì in un largo sorriso,mostrando una schiera di denti
candidi. Io invece alzai un sopracciglio:aiutarmi?
«Senti,forse non sai che io devo partire per
un‘importantissima missione che necessita di una mente fredda
e concentrata. E le chiacchiere di una ragazzina non mi aiuteranno di
certo». La vidi cambiare completamente espressione. Un attimo
prima era felice e contenta,mentre adesso mi guardava con
un’espressione indignata e offesa.
«A parte il fatto che io non sono una ragazzina,ma
è stata la Denam a mandarmi qui. E ti conviene
ascoltarmi,visto che la dottoressa è stata piuttosto
categorica». La osservai per qualche istante,poi le feci
cenno di seguirmi e mi avviai lungo il corridoio. La ragazza mi venne
dietro,quasi correndo per stare al passo della mia lunga camminata. Nel
frattempo cercavo di calmare i miei nervi. Che diavolo credeva di fare
la Denam? Certo,lei era il capo del team scientifico
dell’Associazione,ma di certo non la comandante generale. E
adesso mi appioppava questa tizia che molto probabilmente voleva solo
sapere particolari di prima mano sulle trasformazioni.
Sbuffai,infastidita da quei pensieri. Negli anni all’agenzia
avevo imparato a non lasciarmi travolgere dalle emozioni,ad essere
sempre concentrata e adesso avevo commesso l’errore di
arrabbiarmi. Perfetto.
«Ti piace trasformarti?». L’improvvisa
domanda di Trudy mi riscosse dai miei pensieri. Mi voltai verso di lei
e vidi che mi osservava,come se cercasse di sondare la mia anima.
Nessuno mi aveva mai rivolto una simile domanda e non sapevo come
rispondere. Cercai di abbozzare qualcosa che somigliasse ad una
risposta.
«Non ho mai pensato alle trasformazioni come a qualcosa di
divertente. Era solo lavoro. Certo,quando sperimentavo qualche nuova
abilità era eccitante e anche piacevole,ma poi tutto
diventava un semplice lavoro». Mi guardò ancora
con quello sguardo penetrante prima di parlare di nuovo.
«Io al posto tuo sarei felicissima di possedere
un‘abilità simile. Potersi trasformare in
qualunque animale tu voglia… Per me sarebbe fantastico.
Perché sei così indifferente?».Troppe
domande. Decisamente troppe.
«Scusa,ma questo cos‘è,un
interrogatorio? Saranno pure fatti miei quello che faccio e non
faccio,o no?!»
Diavolo,ancora la rabbia. Ultimamente il mio autocontrollo faceva
cilecca. Distolsi lo sguardo da quello improvvisamente freddo di Trudy.
Non mi andava di ricevere le sue accuse silenziose.
Finalmente arrivammo davanti alla mia camera. Entrai,aspettai Trudy e
chiusi la porta a chiave.
«Allora,cosa volevi dirmi?»,domandai,un
po’ esitante alla prospettiva di dover sottostare ad un altro
strampalato ordine della Denam.
«Verrò con te in
missione,per…».Non le do il tempo di rispondere.
In un istante Trudy è appesa vicino al muro,inchiodata dalla
mia mano che la regge per la gola. Agita convulsamente le
gambe,colpendomi,ma naturalmente senza procurarmi dolore.
«F-Fammi… scendere…. D-devo
spiegarti…»,gorgogliò,stringendo
convulsamente le dita vicino alle mie,ancora strette intorno alla sua
gola. Le lanciai un’occhiata infuocata e la mollai la presa.
Lei cadde a terra in ginocchio,tossendo. Le tesi una mano e lei vi si
aggrappò per tirarsi su.
«La Denam ha detto che devo accompagnarti,così
potrò controllare le tue trasformazioni,vedere se
è tutto a posto. E poi pensaci,due persone danno meno
nell‘occhio di una sola. Forks è piccola. Pensa a
cosa direbbe la gente venendo a sapere che una ragazza di appena
diciotto anni si è trasferita nella loro sperduta cittadina
per frequentare proprio lì l‘ultimo anno di liceo?
Io potrei dire di essere tua sorella maggiore».
Lanciai un’occhiata critica a Trudy,osservando che con la
sommità della testa sfiorava appena il mio naso.
«Inutile che mi guardi così,so che la mia altezza
può ingannare ma guardando il mio fisico posso perfettamente
passare per una ventenne».Aveva ragione. Dannatamente
ragione. Sospirai sconsolata. Dopotutto sapevo che era inutile opporsi
agli ordini della Denam.
«E sia. Puoi venire. Ma sappi che non ti voglio tra i piedi
quando dovrò vedermela con Cullen»,le dissi acida.
Lei parve illuminarsi dall’interno e per un attimo mi parve
di sentirmi soddisfatta per tutta quella felicità ad opera
mia. No,ma che diavolo dico? La ragazzina mi sta facendo perdere il
senno,pensai tra me e me. La osservai correre via,urlando di dover
andare a fare rapporto alla Denam.
Sospirai,buttandomi sul letto. Giocherellavo piano con la lunga coda di
giaguaro che sbucava da sotto di me. La punta si muoveva qua e
là,segno del mio nervosismo. Per calmarmi,cominciai a
fissarla,seguendo a malapena con la testa i suoi movimenti improvvisi.
Dopo un po’ sentii un rumore strano e ruvido provenire dalla
mia gola. La toccai piano e sentii che vibrava. Diavolo,ma da quando
facevo le fusa?! Feci scomparire in fretta la coda,sostituendola con
una di lupo. All’istante anche le fusa si placarono. Chiusi
gli occhi e cercavo di raggiungere lo stato di pace necessario prima di
ogni missione. Il giorno dopo sarei partita per Forks,al cui liceo ero
già iscritta. Ero rimasta basita nel sapere che i Cullen
erano ancora a Forks. Davo per certo che fossero come minimo nella base
dell‘FBI,intenti a programmare le loro missioni. E invece
erano ancora lì,in quella cittadina dove tutto era finito e
dal quale era risorta una nuova me.
Preparati Edward
Cullen,perché dal momento in cui metterò piede
nello stato di Washington non sarai mai più al sicuro.
Desidererai non avermi mai incontrata. E ancor di più non
avermi mai lasciata.
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||Angolo Autrice||
Salve a tutti! Lo so,ho aggiornato dopo una vita…vi prego di
perdonarmi ^^’ Spero che questo capitolo vi piaccia. Io
personalmente non ne sono molto soddisfatta,ma aspetto il vostro
verdetto ^^
E adesso un grazie speciale a chi ha messo tra le seguite:
-alexia__18
-cesarina89
-Chanellina94
-Giulia miao
-Marghy
-Mitika81
-PrincessRory
-reecetaylor
-tate89
Poi a chi ha aggiunto la mia ff ai preferiti:
-gegge_cullenina
-haylin
-InnamorataPerSoffrire
-mary96twilight
-PATRIZIA70
Ed ecco le risposte alle vostre recensioni:
InnamorataPerSoffrire:Sono contenta che la ff ti sia piaciuta,sore!
Ecco qui il nuovo chappy ^^ Baciiii (L)
alexia__18:Ciao! Ecco qui il nuovo chappy. No,Bella non è un
robot,ha solo la capacità di assumere la forma di qualunque
animale lei voglia ^^ Vedremo come reagirà Edward,penso tra
un paio di chap… xxx
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