Viola si fa

di Tramonto_Scarlatto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedicesimo ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciassettesimo ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciottesimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Salve a tutti! Questo è il primo capitolo. Fatemi sapere se vi piace, ci tengo.
Scrivete anche se non vi piace, così so se continuare o no.
Grazie
Tramonto.





Era seduta su un sedile polveroso della corriera. La fantastia rosa sul colore blu della poltrone era veramente pessima, a completare l'opera c'era un poggiatesta giallo. Chissenefrega. Era relativamente comodo. Faceva un freddo boia in quel dicembre avanzato, il cielo era già bruno e pioveva. Lei guardava le gocce di pioggia aggrapparsi al vetro e scivolare giù, non si era accorta che il bus era pieno tranne per il posto vicino al suo. Molte signore impellicciate avevano preferito stare in piedi piuttosto che sedersi vicino a lei: aveva un'aria trasandata. Quel maglione di lana era decisamente troppo grande per lei, ci navigava dentro, era un mare di lana calda. Ad un certo punto si sedette vicino a lei un ragazzo. Aveva un odore strano, non quelle solite colonie in quantità assurda che impestavano i colli dei suoi coetanei.
Non era un profumo, ma era comunque gradevolmente dolciastro.
Aveva le classiche cuffie Apple che contraddistinguevano quasi tutte gli adolescenti, ma da quelle usciva una musica diversa...era evidentemente sparata a tutto volume. Lo stava fissando.
Lui si tolse una cuffia: "Ti serve qualcosa?"
Lei non rispose, prese la cuffietta che si era tolto e se la mise nell'orecchio destro: "Cosa ascolti?"
Sorrise: "Sono i Nirvana? Non li hai mai sentiti?"
"No. Che musica è?"
"Altra."
"Altra?"
"Shhh ascolta"
La ragazza tacque. BAM.
La musica la riempì, era strano, mai provato. Come una martellata.
Che significava complaint?
"Devo scendere!" Tirò piano la cuffietta, facendola cadere.
No, no, no ne voglio di più.
Il ragazzo si stava già sta per alzare quando lei lo trattenne e gli stampò un bacio sulla guancia: "Grazie"
Lui sorrise di nuovo e scomparve.
Scendeva in stazione dei treni, la sua era la prossima.
Nirvana, ne voglio di più.
Continuava a ripetersi questa frase fino a quando non arrivò a casa.
"Devo uscire."
"Non esiste, Viola, sei appena tornata"
"No mamma è importante."
La mamma non capiva: importante? Mha:
"Torna tra mezz'ora"
"Ok"
Correva, il vento freddo le seccava le labbra e gliele rompeva.
Al negozio di dischi. Ne prese uno nero, non capiva cosa c'era in copertina, era una foto a raggi x.
Tornò a casa e lo infilò nel lettore Cd, che non usava da tempi dello zecchino d'oro.
Questo è il pezzo più bello del disco.
No ok è questo.
No aspetta, questo è ancora meglio.
Lo pensò per tutte le 13 canzoni di Bleach. Candeggina.
Non c'era quella che aveva ascoltato col ragazzo però.

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Salve a tutti! Questo è il secondo capitolo. Fatemi sapere se vi piace, ci tengo.
Scrivete anche se non vi piace, così so se continuare o no.
Grazie
Tramonto.





Viola portava sfortuna, soprattutto a sè stessa.
Aveva tutto ciò che non amava. Aveva la stima di persone che odiava.
Andava a scuola tutte le mattine ed era accolta da sorrisi falsi che detestava, sorrisi di comodo che le erano rivolti per non creare casini. Sorrisi andiamo d'accordo e vogliamoci bene, posso dire quello che penso di te quando non ci sei.
Il giorno dopo arrivò più comatosa delle altre mattine, avrebbe voluto dormire, ma non c'era riuscita. Aveva il lettore cd con rispettive cuffie nelle orecchie, ebbene sì: Bleach a tutto volume.
Si accasciò sulla sedia e arrivò subito la sua compagna di banco saltellando:
"Cosa ascolti?"
"Nirvana"
"Che musica fanno?"
Sorrise "altra"
L'altra ragazza si portò una cuffia all'orecchio un po' perplessa e se la tolse subito
"Ma è troppo alta! Ti spacchi le orecchie! E poi fa troppo casino, non mi piace"
Viola alzò le spalle.
La saltellante Giorgia si allontanò verso le altre anoressiche in fondotinta.
A ricreazione Viola uscì in cortile, forse un po' d'aria l'avrebbe svegliata. Cuffie obbligatorie, non riusciva a smettere. Le prime 3 ore si era torta le mani in attesa di quel momento, aveva guardato la lancetta scandire i secondi. Ne voleva di più.
I glaciali gradini di cemento la accolserò volentieri, si appoggiò il lettore sulle ginocchia e stette lì per 5 minuti.
Non tardò a venirla a disturbare un ragazzo.
Oh no,  un altro scocciatore.
"Hey che ascolti?"
"Nirvana"
"Ah..."
Probabilmente era un altro cercatore di utero.
"Bleach, eh?"
Viola era leggermente sorpresa, si tolse una cuffietta:
"Già"
Il ragazzo canticchiò con voce roca una melodia vagamente simile a quella di Blew. Poi appoggiò una Lucky Strike tra le proprie labbra e si scaldò i polmoni col fumo caldo. Solo allora prese una cuffia.
"Suoni qualcosa?"
"Bhè...veramente no"
"Io suono la chitarra in un gruppo. Non è che conosci qualcuno che suona la batteria? Siamo senza batterista"
"No..."
"Accidenti, tra un mese volevamo registrare  e quello stronzo di Dario ci dice che deve studiare. Ma io lo so che c'è sotto quella troia di sua morosa."
Viola lo guardava male, aveva interrotto il suo momento di pace, il suo nirvana.
"Scusa se ti ho annoiato, sono Giovanni" Disse mentre gettava a terra il mozzicone di sigaretta e tendeva una mano.
"Viola" gliela strinse.
Lui sorrise, aveva un sorriso infantile, da bambino contento.
Lei ricambiò più per cortesia che per altro.
"Senti domani sera ti va di venire alle prove? Faremo anche pezzi dei Nirvana, te lo prometto. Alle nove al magazzino nella strada vecchia"
Bhè era relativamente vicino a casa sua. E poi questo ragazzo era stato gentile.
"Ci vediamo lì"
Driiiin.
Tornarono in classe.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Salve a tutti! Questo è già il terzo capitolo. Fatemi sapere se vi piace, ci tengo.
Scrivete anche se non vi piace, così so se continuare o no.
Grazie
Tramonto.





Erano quasi le nove.
Non perderemo tempo a descrivere com'era vestita Viola, non ci interessa e non è il caso di perdere tempo con dettagli di questo calibro.
Vi basti pensare ad una ragazza con occhi e capelli neri.
Non useremo paragoni della serie "sconvolgentemente neri e profondi come la notte" per il semplice fatto che erano un paio di occhi scuri.
Il resto di Viola potete immaginarlo, d'altronde anche io ho distorto un po' il suo personaggio secondo la mia percezione, la storia va romanzata: sennò che storia è?
Torniamo alla protagonista che stava uscendo bellamente indisturbata dalla porta di casa.
Grido d'ispezione materno:
"Dove vai a quest'ora?"
"Vado a sentire un gruppo musicale che prova"
Mha che perdita di tempo, ma del resto Viola non aveva nessuno e sua mamma avrebbe tanto voluto che la sua piccola avesse tanti amici.
Sorrise pensando che forse si era trovata qualcuno.
"Torna per le undici"
Viola si incamminò nervosamente verso la strada vecchia.
Quanto freddo nei polmoni, che male al petto.
Finalmente arrivò al magazzino. Entrò.
"Ciao Viola!" Giovanni la salutò sorridendo, ma non si alzò, stava accordando la chitarra.
Meglio così: Viola odiava le troppe effusioni tra appena conoscenti.
"Ciao" Si sedette per terra, vicino allo scaldabagno. Dio che freddo.
La portò vicino a lei si aprì
"Cazzo, cazzo, cazzo!"
Si chiuse rapidamente.
"Porca troia fa un freddo assassino!"
Ad esprimersi era stato un ragazzo con in spalla una custodia da basso.
"E lei chi è?" Aggiunse guardando Viola. Detestava che Giovanni portasse ragazze in sala, alla fine non si combinava niente perché lui doveva sfoggiare la sua coreografia per provarci. 
"Sono Viola" porse la mano
Il ragazzo sbuffò e gliela strinse:
"Johnny"
Giovanni si sentì di specificare: 
"Eh suo padre è americano quindi si chiamerebbe John"
Aveva un bel suono quel nome, Viola fece un cenno con la testa. Giusto per far capire che lo stava ascoltando.
Johnny si avvicinò all'orecchio di Giovanni:
"Dai mettiamoci a suonare, cosa vuoi che gliene freghi della storia della mia vita? E poi che ci fa qua? Suona la batteria?"
"Ehm...veramente no"
"Lo sapevo"
Attaccò il basso all'amplificatore. Era un blue cab, un po' una merda a dire il vero.
Iniziarono a suonare, erano cover. Fecero anche la canzone che diceva "complaint", quella che Viola aveva ascoltato in bus.
"Come si chiama questa?"
"Heart Shaped Box, madonna è famosissima! Non la conosci?"
Johnny era evidentemente seccato dalla sua presenza.
"A dire il vero ho solo Bleach."
"Bhè si può provvedere, ti faccio un cd" Giovanni, esageratamente gentile.
"Non si sente un cazzo della voce, alzati il microfono."
Johnny tagliò il discorso con la linea di basso della prossima canzone, non erano i nirvana.
Giovanni iniziò a cantare, faceva veramente pena: non arrivava alle note alte e non riusciva assolutamente ad intonare quelle basse.
"Forse era meglio tenere basso il volume del microfono"
Pensò Viola.
"No no, è terribie Gio. Dobbiamo trovare un cantante"
Giovanni si girò verso Viola.
"La conosci Rebel Girl delle Bikini Kill?"
"No"
"E My Brain Is Hanging Upside Down dei Ramones?"
"No"
Johnny si stava veramente chiedendo chi avesse davanti.
"Bhè e la canzone del Sole?"
Viola sorrise: 
"Questa si."
"Allora canta" Spinse l'asta verso di lei.
Cantarla? Imbarazzo al massimo, ma era peggio se si rifiutava.
Si alzò e si diresse verso il microfono.
Johnny dava veramente segni di essere seccato:
"Che cazzo di linea ti faccio sulla canzone del sole?"
"Improvvisa. Viola, parti dopo un giro"
Un giro?
Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi...
L'espressione di Johnny era mutata, non sembrava più seccato.
"Non hai una brutta voce, che ne dici?"
Johnny era serio?
Giovanni gongolava di aver trovato una cantante.
Viola non sapeva che rispondere...Però, non era stato male.
"Credo...credo di si"

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Salve a tutti! Questo è già il quarto capitolo. Fatemi sapere se vi piace, ci tengo.
Scrivete anche se non vi piace, così so se continuare o no.
Grazie
Tramonto.



RINGRAZIO L'UNICA RAGAZZA CHE HA RECENSITO, STO CONTINUANDO PERCHé LA LEGGI TU, IN SOSTANZA.


Il giorno dopo pioveva.
Davanti a scuola le anoressiche bionde si coprivano i preziosi capelli con ombrelli di burberry, lamentandosi che l'umido avrebbe rovinato le loro acconciature.
Viola si faceva abbracciare dalla pioggia, le piaceva molto. Ad ogni modo anche se non le fosse piaciuto, aveva lasciato a casa l'ombrello.
Giovanni la cercò con lo sguardo fino a trovarla.
"Che cosa ci fai senza ombrello?" La riparò col suo.
"Ti ho fatto il disco" 
"Grazie mille"
"Sono possibili canzoni che faremo, lo sai l'inglese?"
"Si, certo."
"Bene i testi potresti cercarli...ti ho fatto una lista coi brani che ci sono nel disco, poi cerchi i testi su internet."
Viola non aveva la connessione, non le era mai servita prima.
"Andrò in un internet point" Sorrise. Questa cosa del gruppo iniziava a piacerle.
"Se riesci a prepararti le prime 3 canzoni per questa sera sarebbe fantastico"
Arrivò anche Johnny. Sembrava il principe degli incazzati.
"Ciao" mugunò, sapeva di caffè.
Finalmente le porte della scuola furono aperte e poterono entrare ognuno nella propria classe ad imparare nozioni che raramente avrebbero applicato nella vita vera.
***
Finalmente l'ultima ora era terminata.
Il cielo continuava a vomitare pioggia sulla città grigia.
E Viola continuava a non avere un ombrello, pioveva molto più forte di prima.
"Cazzo" Era appoggiata al muro frontale della scuola, riparata da una tettoia.
"Dai vi do un passaggio in macchina"
Johnny aveva 18 anni, aveva la patente e probabilmente era uno di quelli che abitava a 6 metri dalla scuola ma ci veniva in macchina perché faceva figo avercela.
Però Viola poteva solo ringraziare quell'orgoglio fortuito.
Giovanni era praticamente sempre con Johnny, anche sta volta era al suo seguito.
"Grazie John, non esiste che con questa pioggia me la faccio fino a casa"
La macchina di Johnny era una punto blu. Ed era anche piuttosto vecchia.
Viola salì dietro, mentre Giovanni davanti.
Puzzava di cane.
Appena accese il motore partì la radio a tutto volume: Ramones.
Era Rocket To Russia, Cretin Hop.
"Dove abiti, Viola?" Abbassò il volume.
"Abito vicino alla strada vecchia, è una laterale."
"Sei attaccata alla sala!" Arguta osservazione, Giovanni.
Il chitarrista abitava vicino ai giardini, neanche lui era troppo lontano dalla strada vecchia, in fondo la città era molto piccola ed era difficlie abitare lontani dal centro.
"Ci vediamo alle 5 al bar vicino a ristorante cinese, allora?" Chiese Johnny all'amico
"Ok, ciao!" Giovanni scese ed entrò in casa.
Perché Johnny non ripartiva?
Silenzio imbarazzante.
Ripartì.
"Senti forse è il caso che mettiamo in chiaro una cosa. La musica è quello che voglio fare, è quello che voglio per il mio futuro. Forse per te non è così. Se entri nel gruppo e decidi che vuoi veramente farne parte, devi impegnarti. Devi dare il massimo e soprattutto deve piacerti. Perché mentre per Giovanni basta avere una da farsi come cantante, io voglio qualcuno a cui piaccia quello che fa, intesi?"
Erano fermi ad uno stop e le iridi grigie di Johnny la scrutavano attraverso lo specchietto retrovisore, attendevano risposte, cercavano di scavarle dentro.
"Effettivamente prima d'ora non ho mai cantato seriamente, non ho neanche mai pensato di farlo. Ma quando ascolto musica e la riproduco sento che la mia voce esprime quello che sono e lava via almeno per un minuto tutte le cose con le quali mi devo confrontare tutti i giorni, tutte le cose che odio."
Gli occhi di Viola erano così determinati che Johnny sorrise, sì sorrise (cosa che non era solito fare, come abbiamo visto) e disse:
"Sei dentro." Ripartirono.
"Fermo, la strada è questa."
Johnny girò.
"La casa gialla" Colore orribile, per una casa.
Si fermarono.
"Grazie mille."
"Prego. A sta sera."
Viola scese e corse fino alla porta di casa.
"Con chi sei tornata? Di chi era quella macchina?"
"Vedi mamma è di uno dei ragazzi che ho visto ieri sera"
Ragazzi + macchina= mia figlia è una poco di buono.
"COOSA?"
"Mamma piove, ero senza ombrello e si è offerto gentilmente di darmi un passaggio"
"E come mai eri senza ombrello? Dove hai la testa? Potevi ammalarti!"
"Scusa. Si è messo a piovere quando stavo andando a scuola e non l'avevo previsto."
Meglio subire e non rispondere, se sta sera voleva andare alle prove.
"Da quanto guida? Quanti anni ha? Come lo conosci?"
Il dialogo non è interessante per il momento, possiamo ometterlo.
Viola le parlò del gruppo, doveva capire che aveva un impegno e che non poteva saltarlo. Doveva capire che per lei era importante, sua madre non era stupida e nemmeno troppo proibitiva.
Capì, si fidava di Viola che sembrava entusiasta di questa "cosa".

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


Alle quattro Viola si diresse verso l'internet point.
Non ci andava spesso, anzi non ci andava mai: era quella la prima volta.
Le motivazioni erano due:
Non usava quasi mai internet.
Era un posto che le metteva malinconia.
L'internet point era gestito da immigrati indiani, vendevano anche vestiti usati e cibi gustosi del loro paese.
Era un posto piuttosto desolante, come la lidl, pieno di persone povere. Diciamo pure che le signore impellicciate, quando ci passavano davanti, affrettavano il passo e guardavano da un'altra parte.
Non costava un cazzo la connessione, obiettivamente. Due euro l'ora, non era malissimo.
Camminava nervosamente, come sempre, nello zaino ballavano il quaderno dove avrebbe scritto i testi e l'astuccio.
Arrivò, era da sola coi gestori.
"Vorrei usare internet"
"Prego" la signora parlava benissimo l'italiano "Vieni da questa parte"
La condusse in una saletta piccola, ma pulita.
"Scegli un computer"
Ce n'erano tre, scelse quello a sinistra.
La prima era Rebel Girl dei Bikini Kill, la seconda My Brain is Hanging Upside Down dei Ramones,  la terza era Heart Shaped Box.
Si trascrisse i testi, li tradusse e cercò di impararseli.
Quando uscì erano le cinque.
Sì, era vicino al ristorante cinese.
Mani sugli occhi:
"Chi sono?"
Sorrise: "Ciao Giovanni"
"Hey perché non ti fermi con noi?" Il ragazzo tolse le mani dagli occhi dell'amica.
"Tanto offre Johnny al bar"
Johnny grugnì un "Come sempre"
"No vorrei provare le canzoni e poi ho promesso a mia mamma che sarei tornata..."
"Non preoccuparti, ci vediamo alle nove in sala."
"Ok ciao!"
Viola si incamminò verso casa e arrivata provò le canzoni per un bel po'.
Poi dovette studiare, noioso.
Mangiò in fretta e poco, non le piaceva mangiare.
Lo faceva perché doveva, non le piaceva un gusto in particolare.
Non sapeva dire di no però alla torta di mele di sua madre.
Era l'unica cosa che le piaceva mangiare.
Niente torta questa sera, subito dopo cena andò in sala prove.
***
"Ma porca puttana ci mancava solo questa!"
Johnny stava prendendo a schiaffi lo scaldabagno, sarebbe stata piuttosto comica come scena, se non fosse che faceva un freddo assurdo.
Viola tremava come una foglia e batteva i denti.
"Cazzo ma dal nulla ha smesso di funzionare?" Chiese preoccupata di perdere la voce.
"Eh si" Giovanni era già più rassegnato del bassista.
"Merda non ho neanche una sciarpa. Spero di non perdere la voce"
Si legò il maglione intorno al collo, tenendosi solo il giubbotto.
"Dai scema così ti prendi la morte" Giovanni le passò la propria sciarpa.
"Grazie" La prese e se la mise. 
Anche Giovanni aveva freddo, si vedeva, la abbracciò da dietro.
"Scaldiamoci un po'" Sorrideva, sembrava proprio un bambino quando lo faceva.
"Smettila di tubare come una colomba in calore e dammi una mano"
Johnny aveva più freddo di tutti, a giudicare dalla reazione.
Giovanni lasciò la presa e si accese una lucky.
"Niente da fare, proviamo lo stesso. Ma solo per un'ora, tanto abbiamo solo 3 canzoni."
Dopo alcuni tentativi riuscirono ad eseguirle correttamente tutte.
"Bhè mi sembra sia andata bene" l'infantile sorriso di Giovanni esprimeva una sincera soddisfazione.
"Già" Johnny era praticamente congelato, non è il massimo suonare il basso con sto freddo.
"Posso provare a chiedere se a casa mia c'è uno scaldabagno" Viola non aveva intenzione di continuare a provare con questo freddo.
"Sarebbe fantastico" Johnny si alitò sulle mani "Dobbiamo risolvere questa cosa, ma adesso andiamo a casa. Vi porto io che fa troppo freddo per andare a piedi."
Accompagnò prima Viola, che si addormentò quasi subito.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


Johnny era un bel ragazzo. Aveva gli occhi grigi, di solito erano piuttosto inespressivi, ma sapevano diventare glaciali. I capelli erano molto scuri.
Senza richiederlo, aveva avuto molto successo a scuola. Tante ragazze passavano più volte davanti alla sua classe per vederlo, tante anoressiche in fondotinta avrebbero voluto farselo, della serie "se potessi essere una troia lo farei, ma non mi vuole nessuno"
E sapete perché non le voleva nessuno? Non perché fossero brutte, ma perché erano finte, non si lasciavano andare.
Tornando al nostro bassista, era un tipo che piaceva. Ma allo stesso tempo intimoriva, nessuna delle oche vogliose di seme osava parlargli.
Johnny fumava come un turco, sempre meno di Giovanni, fumava Chesterfield.
Ne aveva sempre un pacchetto nella tasca del giubbotto.
Era proprio in piedi a fumare, fuori dalla porta di sicurezza che dava sul cortile della scuola, quando vide arrivare Viola correndo.
Perché Viola correva?
Non le era mai importato delle anoressiche in fondotinta, non l'avevano mai sfiorata le loro critiche, ma adesso stava piangendo.
Giorgia, credendo di fare uno scherzo simpatico, le aveva nascosto il lettore cd -sì, l'aveva perso di vista andando in bagno- e Sonia, altra colossale stronza piccoloborghese, nel prenderlo l'aveva rotto.
Come si fa a far cadere per sbaglio un lettore cd?
Semplice: l'aveva fatto di proposito.
Quando Viola era tornata e aveva visto il lettore rotto vicino ai piedi di Sonia, aveva capito subito.
Aveva raccolto i resti e ringhiato "Tenetevi le mani in tasca"
Sonia allora aveva risposto: "Non prendertela per così poco, svalvolata"
Viola non l'aveva calcolata, si era seduta al suo posto e stava cercando si riparare il lettore, capendo che non era possibile, lo sbattè sul banco, incazzata.
Sonia, che avrebbe dovuto chiederle scusa o quantomeno stare zitta, non ebbe questo buon gusto; "Oh poverina, ti si è rotto il gioco?"
Era troppo, partì una sberla.
Sonia rimase con la bocca aperta, la guancia le bruciava, era a chiazze rosse per la rabbia.
Viola corse via, ecco perché correva.
Piangeva, lei non era così. Lei non era una persona violenta, perché dovevano tirare fuori il peggio di lei?
Quelle persone non si curavano minimamente degli altri.
Avevano tirato la corda e si era spezzata.
Perché la facevano sembrare quello che non era?
Non aveva mai alzato le mani su nessuno e adesso erano riusciti a farla esplodere.
A Johnny cadde una Chesterfiel quasi a metà quando fermò la corsa di Viola, abbracciandola.
Dall'odore la persona che la abbracciava doveva essere Johnny.
Pianse senza ritegno nel cortile della scuola, tra le braccia di Johnny.
Come se fosse stato suo fratello.
Invidia da parte delle biondine, chiacchiere su una eventuale relazione.
"Shhh calma" Il tono di Johnny era stranamente dolce.
Suonò la campanella di fine ricreazione, ma rimasero in quella posizione fino a che gli occhi di Viola si sgonfiarono del tutto.
"Grazie" disse la cantante prima di tornare in classe.
Quando Johnny si sedette al suo posto, Giovanni inziò a fare battute sull'accaduto.
"Ah però hai il cuore tenero, come mai questo abbraccio così spontaneo? Meno male che ero io quello che voleva farsela..."Bla bla
"Stava piangendo, idiota."
"Oh...come mai?"
"Non lo so. Avranno inziato a rompere le palle perché sta troppo per i fatti suoi"
"Probabile, magari oggi usciamo."
Driiiiin
La tortura mattiniera finì.

***

Viola stava già imboccando la strada di casa quando si sentì una mano sulla spalla, era Giovanni.
Ansimava, l'aveva rincorsa.
"Viola, come corri...Vai all'internet point anche oggi?"
"Eh si...devo prepararmi le altre canzoni"
"Alle cinque io e Johnny ci vediamo al solito bar, vieni anche tu?"
"Va bene" Aveva trovato degli amici.

***

Alle quattro era già all'internet point, la donna che lo gestiva sembrava molto contenta di avere una cliente fissa.
Mentre navigava su internet le sembrò di sentire il suono di una batteria.
"C'è qualcuno che suona?"
"Oh è il ragazzo che abita sopra il negozio...vuoi che lo faccia smettere?"
"No, no...non si preoccupi" Sorriso di rassicurazione.
Una volta finita la trascrizione dei testi, proprio mentre usciva, Viola si imbattè in un ragazzo piuttosto alto e muscoloso, aveva degli occhi azzurri chiarissimi e i capelli biondo cenere.
"Michele, evita di suonare quando ci sono i clienti" lo apostrofò la padrona.
"No signora, le ripeto che non c'è problema"
Michele sembrava dispiaciuto di aver dato fastidio alla padrona indiana e si scusò, poi uscì.
Sembrava fosse sceso solo per prendere un po' d'aria, Viola decise di approfittarne: 
"Che suonavi?"
"Mha...Ramones"
"Oh...hai un gruppo?"
"A dire il vero no"
"Al mio gruppo manca la batteria...magari si potrebbe fare una prova, se ti va" Di solito non era così diretta, ma quel ragazzo le dava un senso di labilità che cercava di colmare con la determinazione.
"Che pezzi fate?"
"Bikini Kill, Ramones, Nirvana, L7, qualcosa degli Hole"
"Bhè si può fare un tentativo" Sorrideva, era bello.
Giovanni le passò vicino
"Ciao Viola!"
"Ecco lui è Giovanni, il chitarrista...Questo ragazzo è Michele, suona la batteria"
Giovanni aveva inteso e, con un sorriso da uomo d'affari, si presentò:
"Ma davvero? Ciao Michele, sono Giovanni."
Michele gli strinse la mano
"E tu sei...Viola?"
Non si era neanche presentata
"Già"
"Adesso devo andare, quando possiamo vederci per le prove?"
"Bhè se conosci qualche pezzo dei Ramones per esempio, anche questa sera. Alle nove al magazzino in strada vecchia"
"Fatta" Michele si allontanò.
"Ahahah benissimo Viola, almeno abbiamo uno straccio di batterista"
"Magari suona da schifo" Johnny era comparso dal nulla.
"Magari no" Giovanni detestava il pessimismo cronico di Johnny, non lo concepiva, nella sua mentalità bambinesca.
Si sedettero al bar, chiacchierono abbastanza sciolti, parlarono della prova col batterista, del problema scaldabagno e di scuola.
Poi tornarono a casa.

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


Quando furono le otto e quaranta Viola prese lo scaldabagno che sua madre le aveva gentilmente donato e si incamminò verso la sala prove.
Quando arrivò c'era solo Giovanni, stava accordando la chitarra.
"Ciao"
Lui aveva la bocca aperta per la concentrazione e mugolò un saluto.
Viola attaccò lo scaldabagno alla presa di corrente e iniziò a ripetersi i testi.
Arrivò Michele in macchina e cominciò a montarsi la batteria, era mancino.
Erano le nove e venti e Johnny non arrivava.
Arrivò dopo dieci minuti, Giovanni era incazzato nero
"Dove cazzo eri?"
Johnny non rispose e cominciò a suonare.
Viola era parecchio a disagio, non capiva cos'era successo e Giovanni così gli faceva paura.
"Perché non facciamo blitzkrieg bop?"
Aggiustò il microfono sull'asta.
Giovanni si ricordò improvvisamente di Michele e lasciò perdere, gliene avrebbe parlato dopo.
One-two-three-four
Michele non tenne il tempo, rallentò.
Si fermarono, Viola guardò Johnny apsettando che sbuffasse, ma questo non scollava gli occhi dal pavimento.
Era molto strano.
Giovanni non si perse d'animo: " Riproviamo"
One-two-three-four
Questa volta venne giusta.
Finirono le canzoni dei Ramones, le provarono più volte, Michele non sapeva alcuni groove ma gli andava dietro bene, si teneva al passo.
Johnny continuava a guardare per terra.
Giovanni diede un'occhiata d'intesa a Viola
"Mi sembra che questa prova sia più che sufficiente, ti facciamo sapere noi"
"Ok. Il mio numero ce l'avete, in caso sapete dove trovarmi. Ciao a tutti!"
Smontò rapidamente la batteria e la caricò in macchina, partì sgommando.
Viola si sentiva a diagio, la situazione era tesa.
Johnny ripose lentamente il basso nella custodia.
"Sempre questa aria da rock star del cazzo. Già abbiamo due ore che non sono tantissime, l'affitto di sto magazzino costa e lo sai anche tu, cerchiamo di sfruttarlo. Cazzo c'era il ragazzo che doveva fare la prova, tu arrivi e sbagli anche a suonare. Anzi Pet Sematary non l'hai neanche suonata. Vabbè che Michele è più o meno al nostro stesso livello, ma in ogni caso non è giusto nei suoi confronti che arrivi qua scazzato e non fai neanche il minimo."
Johnny continuava a fissarsi le scarpe, aveva una maglia blu scuro.
Viola notò delle macchie più scure. Sangue.
Il bassista uscì a fumarsi una sigaretta.
Viola era tra due fuochi, se rimaneva dentro era dalla parte di Giovanni, se usciva da quella da Johnny.
"Forse...non sta bene"
"Quanto tua madre non sta bene smette di andare al lavoro?"
"...No, ma...si vede che c'è qualcosa che non va"
"Non lo giustifica" A quanto pare neanche per Giovanni il gruppo era solo un metodo per rimorchiare.
"Non sto dicendo questo...solo sono un po' preoccupata...forse dovremmo chiedergli cosa c'è che non va"
"Se lo conosco bene non ne parlerà, almeno non appena è successo, in ogni caso sono troppo incazzato per chiederglielo"
Viola arrotolò il jack del microfono e spense l'impianto voce, poi uscì.
Doveva essere già alla seconda Chesterfield.
"Hai delle macchie sulla maglia...è sangue?"
"No è succo di pomodoro."
Gli scendeva del sangue dal naso.
Viola gli porse un fazzoletto
"...il naso"
Johnny si tastò il naso e sentì il liquido caldo
"Merda"
Gettando a terra la sigaretta, prese il fazzoletto e si sedette per terra, tamponandosi il naso e guardando in alto perché il sangue smettesse di defluire.
Viola lo guardava dall'alto, gli teneva la testa.
Johnny aveva gli occhi lucidi.
"E' tanto sporca la maglia?"
"Con un po' d'acqua fredda e sapone dovrebbe andare via"
"Mia mamma di sicuro non me la lava."
Viola stava zitta, non sapeva cosa dire.
"Il sangue è del suo ragazzo."
Iniziò a piangere.
Viola si inginocchiò davanti a lui e lo abbracciò.
Era un abbraccio molto simile a quello che dà la mamma al bambino coraggioso che si è fatto togliere un dentino che stava per cadere.
"Per venire alle prove...mia mamma non mi voleva lasciare la macchina...le ho risposto di non rompere...e lui mi ha tirato uno schiaffo...io non c'ho visto più...capisci lui non è mio padre...lui non doveva toccarmi...l'ho colpito"
Erano un fiume di parole, era confuso, ma si calmò, dopo averne parlato.
Viola non parlava, gli accarezzava i capelli neri e lo baciava sulla fronte.
Giovanni uscì.
"Che succede?"
Viola si posò un dito sulle labbra e nascose il viso di Johnny sulla sua spalla.
Dopo poco si alzarono, Johnny questa volta non era venuto in macchina.
Giovanni aveva capito, ormai. Non nei dettagli, ma quando Johnny non usava la macchina per distanze più lunghe di sei metri voleva dire che o aveva litigato con sua madre o col suo compagno.
"Rock star ti fermi nel mio albergo sta notte?" L'astio era scomparso e al suo posto era tornato il più rassicurante sorriso da bambino.
"Meglio di sì" Johnny si mise il basso in spalla e tutti e tre si incamminarono verso casa di Viola.
Quando lei entrò, i due ragazzi rimasero soli a proseguire verso casa di Giovanni.
Johnny raccontò nei dettagli cos'era successo a casa e sì, gli raccontò anche di Viola e di com'era stata...materna con lui.
Giovanni sorrise e disse: "Quando troverà un uomo sarà un brutto colpo. E' brutto quando la mamma si risposa, no?"

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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo ***


Il giorno prima delle vacanze di Natale, Viola non andò a scuola.
Non aveva avvertito nè Giovanni nè Johnny. Semplicemente non si era fatta viva.
A dire il vero i due ragazzi avevano perso le sue tracce per quel giorno.
Dopo scuola Giovanni aveva provato a chiamarla, ma era spento.
Johnny era passato a casa sua, ma non c'era nessuno. Sua madre a quell'ora era al lavoro e lei sarebbe dovuta essre da sola in casa.
Era sparita.
Giovanni aveva addirittura chiesto a Michele se l'avesse vista all'internet point: negativo.
Giovanni aveva costretto Johnny a perlustrare la città in macchina.
"Ma lascia stare, vorrà stare da sola." Il bassista voleva andarsene a casa, gli sembrava anche piuttosto normale che ogni tanto qualcuno si prendesse del tempo per sè.
"Ci avrebbe avvisato" Giovanni stava praticamente saltando sul sedile.
"Facciamo così: tu la aspetti davanti a casa sua e io vado a casa mia, casomai dovesse venire eh"
"Non sei preoccupato? Te ne vai tranquillamente a casa?"
"Dai Giovanni smettila con queste pare mentali. Io me ne vado" 
Si fermò davanti a casa di Viola
"O scendi o vieni a casa con me"
Giovanni scese e si mise ad aspettare Viola seduto sotto il portico di casa sua.
Alle sei era buio pesto e Viola tornò a casa.
Aveva una brutta cera e gli occhi gonfi, camminava più in fretta del solito e sembrava non vedesse l'ora di tornare a casa.
Solo quando aveva già infilato la chiave nella toppa si accorse di Giovanni
"Viola! Dov'eri?"
"Cosa fai, mi spii adesso?" Era un'acidità diversa dal solito, un'acidità detta con cattiveria, che feriva.
"Ero solo preoccupato per te."
"Smettila di fare il fratello maggiore, nessuno te l'ha chiesto. E nessuno ti ha chiesto di darmi tutte queste premure, sei...soffocante"
Entrò in casa, ma lasciò la porta socchiusa.
Non lo fece apposta, ma il suo subconscio voleva che l'amico la seguisse.
Era molto pallida, si era seduta al tavolo tondo della cucina e piangeva, passandosi un mano nei capelli.
Giovanni entrò e rimase a guardarla, appoggiato allo stipite della porta della stanza.
Quando Viola si accorse di lui, premette con forza i palmi delle mani sui propri occhi.
"Hey...che cosa succede? Con me ne puoi parlare"
Viola non rispose, guardò tristemente una fotografia appena accanto al frigorifero.
Nella foto c'era un uomo sorridente, un sorriso alla Jaco Pastorius.
Aveva gli occhi piuttosto grandi e, benchè la foto fosse in bianco e nero, si intuiva che fossero azzurri.
Chi era?
Non ci volle molto a Giovanni, che era piuttosto sensibile, per capire che quello era il padre di Viola.
In effetti non l'aveva mai visto, Viola non ne parlava mai.
Non ci aveva mai fatto caso.
Se n'era andato con un'altra donna?
"Avevo sette anni. Avevo una sorta di Edipo non risolto, allora."
Viola aveva lo sguardo fisso sulla foto, gli occhi bruni non si schiodavano di lì.
"Ero in macchina con lui, sai? Stavamo andando a fare la spesa. Ci divertivamo sempre un sacco. Quel giorno ci venne addosso. Un frontale. Hai presente quelli che per suicidarsi vanno contromano? Ecco quello che guidava la jeep era uno di quelli. Solo che lui alla fine non si è fatto niente, è mio padre che ci ha lasciato le penne"
Ora singhiozzava.
Giovanni le si sedette vicino e le accarezzò i capelli.
Che brutto vedere i suoi occhi pieni di lacrime, ci stava male.
Era come quando sua sorella prendeva una sberla dai suoi e piangeva e lui la guardava e non sapeva cosa fare, ci rimaneva male e basta.
Era la stessa identica cosa, era di una tristezza disarmante.
La guardò finchè non si calmò.
"Guardiamo un film?" Bella cazzata, ma magari si distraeva.
Viola si alzò e si sedettero sul divano.
Classico film di Natale: Mamma ho perso l'aereo.
Ovviamente italia uno proponeva sempre quei film in quel determinato periodo dell'anno.
Dopo 20 minuti di visione entrambi si addormentarono.

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Capitolo 9
*** Capitolo Nono ***


Salve care lettrici, ossia voi 2 xD, ringrazio per aver aspettato questo capitolo. Scusate il ritardo. Nafasa, si spiegano i tuoi dubbi che, mi scuso, erano poco chiari nel capitolo scorso.
Tramonto


Era il mattino della Vigilia di Natale quando Viola si svegliò era appoggiata alla spalla di Giovanni.
Premurosamente lui non se n'era andato, quando lei si era addormentata, ben prima della fine di "Mamma ho perso l'aereo". Che si fosse addormentato anche lui?
Lo svegliò con un bacio sulla guancia.
Giovanni doveva aver dormito di gusto, perché sorrise.
"Ciao Viola"
"Grazie per essere restato. Vuoi da mangiare?"
"Aspetta...posso chiederti quando è successo?"
"Cosa?"
Giovanni fece un cenno alla foto appesa vicino al frigorifero.
"La Vigilia di Natale"
Viola si alzò e andò a prendere il latte freddo e i biscotti.
La ragazza guardò ancora una volta la foto.
Quando tornò da Giovanni era molto seria
"Ti va di accompagnarmi in cimitero, prima di pranzo?"
Giovanni sorrise e annuì.
Consumarono in fretta la colazione e, senza parlare, si diressero verso il cimitero.
C'era ancora buio alle sette di mattina e solo sporadiche macchine si azzardavano a rompere la quieta di quel blocco di ghisa avvolto in un torpore soporifero.
Il cimitero era chiuso, scavalcarono il cancello.
Viola non piangeva, aveva gli occhi gonfi dalla sera prima.
Quando ti addormenti piangendo, ti svegli con due occhi come due uova sode.
Trovata la tomba Viola si sedette a fissare la lapide e Giovanni lesse l'epitaffio almeno sei volte:
"Amato marito, padre e figlio"
Banale, ma a che serve avere fantasia per un epitaffio?
Ad un certo punto Viola si alzò e prese per mano Giovanni. Camminarono per tutto il cimitero, più volte.
Tornarono alla tomba solo prima di andarsene.
Alle nove uscirono e si incamminarono verso casa.
"Ho fatto così poco."
Era vero, Viola aveva fatto "così poco".
C'erano un sacco di cose che non sapeva.
Quanti tipi di caffè c'erano? Quale le piaceva di più?
Qual'era la differenza tra un latte macchiato e un cappuccino?
Quanti tipi di cocktail esistono?
Long drink?
"Che intendi?"
"Non so neanche quanti tipi di alcolici esistono, quale mi piace di più."
Giovanni sorrideva, certo era una cosa stupida.
"A questo si può rimediare."
Che intendeva?
"A mezzanotte sono sotto casa tua"
"Ma sei impazzito? è Natale!"
"Appunto, dopo la cena i miei vanno subito a letto. Non si accorgeranno che manco".
"Ma mia madre sì".
"Faremo piano".
Erano le nove.
"Torno a casa, sto morendo di sonno".
"Ciao".
Giovanni stava morendo davvero di sonno.
No. Non aveva dormito bene.
Anche Viola tornò a casa e parlò a lungo con sua madre.
Diciamo che cucinarono assieme, non era delicato sfiorare con le dita ruvide le ferite non ancora richiuse.
Johnny stava andando a comprarsi un pranzo precotto.
Sua madre lavorava all'ospedale quel pomeriggio, anche di sera.
Sì, le malattie non vanno in vacanza.
Fuori dal supermercato aperto 24 ore su 24 trovò il chitarrista.
"Cazzo ci fai in giro a quest'ora?"
"Sono stato da Viola." Giovanni era in stato comatoso.
"Così presto?"
"No, veramente ci sono andato di sera."
Ah. Bhè grazie per avermi avvisato.
"Allora hai raggiunto il tuo scopo, alla fine."
"Che vuoi dire?"
"Finalmente te la sei fatta, no?"
Giovanni era ormai abituato alle frecciatine di Johnny.
Si, era vero. All'inizio aveva avvicinato Viola solo per vedere se ci stava. Ma adesso, cazzo gli sembrava di essere suo padre, suo fratello.
"Niente dettagli piccanti, ci siamo solo addormentati nel suo scomodissimo divano".
Johnny emise una quantità di fiato tra uno sbuffo e un sospiro.
"Peccato" Rise.
"Ho un'idea per sta sera. Tanto tu hai la casa libera, no?"
"Oddio che cazzo vuoi fare? L'ultima volta i vicini stavano per chiamare la polizia. Niente prove."
"No è solo che...ho voglia di sbronzarmi. Sai i miei sono pieni di alcol che non bevono mai."
Johnny si ricordava bene come finivano quelle serate: Giovanni vomitava e collassava sul suo divano.
"Come vuoi."
Alla fine lo divertiva.
"Ci vediamo a mezzanotte circa"
Si salutarono e Giovanni andò a recuperare le ore di sonno, Johnny a prendere un risotto ai quattro formaggi, due porzioni pronte in 10 minuti.

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Capitolo 10
*** Capitolo Decimo ***


Ho scritto questa fic molto tempo fa.
Ci sono delle cose che possono risultare forse stupide o immature ma ho preferito non modificarla troppo perché è comunque un pezzo di me.
Se diventa troppo stupida o infantile, fatemelo sapere.


Mancava poco prima di cena.
La madre di Viola quella sera non doveva andare a lavorare.
Da quando lavorava di sera?
Gli orari del supermercato sempre aperto erano ben diversi.
Si, poteva capitare che andasse a lavorare di notte.
Però di solito iniziava a mezzanotte e finiva alle 10.
Mai di sera.
"Mamma, ma ieri sera eri al lavoro? Non ti ho vista. Ti hanno allungato di nuovo il turno?"
La mamma di Viola aveva la stessa espressione di un bambino che è stato colto con due dita nella marmellata.
Si sedette e sospirò.
"No la sera sono uscita"
"Con un uomo".
Era già successo, per Viola la prima volta era stato un grosso problema.
Si ricordava di quanto aveva pianto, di quanto aveva pregato sua madre di mandare via dalla loro casa quell'estraneo.
Poi lui se n'era andato da solo, senza che nessuno se lo chiedesse.
Da allora avevano stabilito che non sarebbe più entrato nessun uomo nella loro casa, che se sua madre doveva uscirci doveva farlo fuori.
"Credevo mi dicessi tutto"
Era vero. Sua madre le aveva sempre detto tutto, le aveva sempre spiegato tutto.
"Pensavo che...non l'avresti presa troppo bene"
Oh questo era un motivo più che valido.
"Ah e pensavi di avvisarmi con l'anello già al dito"
"Non è vero. Te ne avrei parlato"
"Si quando?"
Viola se ne andò. Prese la bici e corse.
Non c'era nessuno ovviamente, tutti erano a preparare da mangiare o già a consumare il pasto.
Viola corse, corse, corse.
Non voleva fermarsi, anche se il vento le seccava e rompeva le labbra, un po' come quel giorno in cui aveva comprato bleach.
Si sentiva tradita, le era già successo ma non con sua madre.
Avevano un meraviglioso rapporto.
Quando era arrivata al magazzino dove provavano era molto più calma.
Non le sembrava più una cosa così grave, ma era troppo tardi per tornare a casa.
Erano le nove e sua mamma aveva di sicuro già mangiato.
Aveva le chiavi, entrò e si avvicinò allo scaldabagno.
Fece per accenderlo ma qualcuno l'aveva già fatto.
Accese la luce: era Johnny, col basso in mano.
"Che porco cavolo vuoi?"
"Arancia meccanica."
Ma perché quel ragazzo parlava a citazioni?
"Cosa ci fai qua? Non sei a casa con tua madre?"
"Bhè no. Abbiamo litigato"
Silenzio imbarazzante
"E tu?"
"Io non ho nessuno da cui stare"
Eh?
"Come? E tua madre e il suo compagno?"
"Eh appunto. Mia madre è col suo compagno, in montagna."
"E perché non sei con loro?"
"Lo odio."
Ah bhè giusto.
Johnny mise giù il basso e si sedette per terra.
Viola lo imitò, ma fu scossa da un brivido appena si sedette.
"Freddo, eh?"
Johnny si alitò sulle mani.
"Eh già".
"Troppo per stare fermi"
Johnny si alzò di nuovo.
"Proviamo qualcosa?"
"Ok".
Provarono per circa due ore e mezza, era quasi Natale. Intendo il giorno effettivo di Natale.
Viola avvisò Giovanni che non era a casa.
Silenziosamente misero al loro posto gli strumenti e si avviarono verso casa di Johnny.
Niente macchina, freddo cane.
Per fortuna Johnny abitava non troppo lontano dalla loro sala prove.
Una volta arrivati iniziò a nevicare.
Si sedettero sul divano e guardarono la neve cadere, senza parlare.
Mezzanotte.
"Buon Natale"
"Buon Natale?"
Johnny guardò l'ora e abozzò un sorriso
"Anche a te"
 In quel momento un infreddolito Giovanni suonò il campanello.
"Hi portato l'alcol!"
Si. E devi anche aver già cominciato a berlo.
"Cocktail?" Giovanni barcollava.
"Eccolo!"
Prese circa 5 bottiglie di vodka diverse e ne versò un po' per ogni tipo in due bicchieri.
Poi si attaccò alla bottiglia di quella alla pesca, che Viola detestava, e la finì.
Viola rise e bevve d'un fiato il bicchiere.
Johnny la imitò.
Insieme finirono quasi tutte le bottiglie.
Giovanni era sul divano, secchio per il vomito a portata di mano, anche se era già mezzo pieno, e si stava addormentando.
Viola non aveva bevuto tantissimo, abbastanza ma senza esagerare.
Si sentiva le gambe pesare e non si reggeva stabilmente in piedi.
Ma non stava nè per vomitare, nè per cadere.
Johnny? Una roccia.
Aveva bevuto molto, ma evidentemente teneva benissimo l'acol.
Fuori nevicava ancora.
"Questo farà un casino boia tutta la notte tra vomitare e russare. Vieni di là che ci facciamo un caffè?"
La casa di Johnny aveva un solo piano.
C'era il salotto molto grande, la cucina piuttosto piccola, poi camera sua e quella di sua madre, divise dal bagno.
Era come se la casa fosse divisa in due:
In mezzo il salotto e il bagno, a destra la camera di Johnny e la cucina, a sinistra camera di sua madre.
La cucina comunicava col salotto e con la camera del bassista, questa comunicava con il bagno e la cucina, il bagno ovviamente col salotto e le due camere da letto.
Dopo questa analisi Viola rispose
"Si, ne ho bisogno".
Johnny andò in cucina e fece del caffè per entrambi, era molto forte.
Una volta finito di berlo, interrogò Viola, che doveva ancora consumarlo del tutto.
"Divertita?"
"Si, non sono cose che faccio spesso."
"Ah no? Reggi abbastanza l'alcol, vedo."
"Si credo di si"
Finì il suo caffè e si alzò per andare alla finestra.
"Nevica ancora, hai visto?"
Johnny rimase seduto, ma spostò lo sguardo verso la finestra.
"Vieni che ti mostro una cosa"
Si alzò e andò in camera sua.
Viola ovviamente lo seguì, era curiosa.
Appena entrò, chiudendo la porta per non svegliare Giovanni, vide una grande finestra.
C'era un grandissimo albero spoglio sul quale la neve si era posata, era molto tetro, la luce della luna illuminava pallidamente la scena.
Era affasciante.
Johnny era di schiena e scrutava fuori dalla finestra, poi si girò.
"Non è bellissimo?"
Si avvicinò a lei per sentire meglio la risposta.
Viola posò lo sguardo su di lui, ancora appoggiata alla porta.
Non si era mossa.
"Già."
Johnny si avvicinò ancora di più, come per abbracciarla e, in un certo senso, lo fece.
Le avvolse un braccio intorno alla vita e la baciò.
Era un bacio leggero, senza lingua, un bacio affettuoso.
Viola non aveva chiuso gli occhi e sembrava molto stupita.
Se lo era? Sì, immagino di sì.
Non si erano mossi, il suo braccio era ancora intorno alla vita di lei.
Solo le loro bocche non erano più attaccate, solo vicine.
Era un peccato che rimanessero così.
Viola gli diede un bacio, un altro così, delicato e impercettibile.
Allora si diedero un terzo Bacio, si un vero bacio. Un bacio di quelli dati contro la porta, di quelli che con la testa senti la durezza del legno, contrastata dalla dolcezza del bacio ricevuto.
Non so per quanto continuarono, non credo per molto.
"Ti voglio molto bene, sai" Johnny giocava coi capelli di Viola, sembrava lo stesse dicendo a loro, più che a lei.
"Anche io" Gli passò una mano tra i capelli.
Poi si sedettero sul letto, analizzarono con cura le foto che lui aveva appeso alla parete e si addormentarono.

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Capitolo 11
*** Capitolo Undicesimo ***


Prima di tutto ci tengo a ribadire che è una storia reale, che mi è stata raccontata, l'ho semplicemente un po' adattata.
Poi, ringraziamenti a chi legge:

Nafasa: Commenti con straordiaria velocità e apprezzo che la storia ti piaccia, ti ringrazio perché mi fai notare le piccole falle che, pur rileggendo, non trovo. Grazie dei neuroni xD
Ah, Johnny è anche il mio preferito.

Angel Texas Ranger: Apprezzo che ti piaccia la mia storia e spero di non deluderti in futuro.

ReaderNotViewer: Consigli veramente molto utili, il capitolo che sto per inserire è stato quasi del tutto rivisto per cercare di eliminare le imperfezioni, fammi sapere se è migliorato e grazie ancora.

Prinzesschen: Mi fa piacere che ti piaccia la storia, cerco di aggiornare con regolarità, nella speranza che continui la lettura.

Ora parliamo d'affari xD


Quella mattina nella casa di Johnny aleggiava un torpore post sbornia, tagliato dalla luce del sole che si rifletteva sulla neve e picchiava sulle palpebre dei dormienti.
Il primo a scegliarsi fu Giovanni che, cercando di mettersi in piedi, ricadde mollemente sul divano.
Decise di fare una cosa per volta:
Prima  si mise seduto, constatando di avere un mal di testa atroce.
Poi si alzò lentamente e si trascinò fino a bagno, dove preferì evitare lo specchio, per dirigersi verso l'armadietto dei medicinali e prendere una tachipirina.
Solo dopo aver preso la pastiglia iniziò a interrogarsi su dove fossero i suoi amici.
La porta di Johnny era chiusa, sorrise: sapeva che sarebbe finita così.
Era piuttosto contento che la cosa si fosse così risolta, gli avrebbe dato fastidio se Viola si fosse messa con uno che lui non conosceva e non approvava.
O magari Viola era andata a casa, o magari non era successo niente e la malizia era puramente nella sua mente.
Effettivamente c'era stato solo quel bacio, i due ragazzi si erano addormentati e si stavano svegliando proprio in quel momento, grazie al sole di mezzogiorno che riempiva la stanza.
Viola era appoggiata al petto di Johnny e sì, come tutte le persone normali, stava sbavando copiosamente.
Ah, aveva anche la bocca aperta.
Johnny era sveglio da poco e guardava con un po' di schifo la macchia di bava che si era creata sulla sua maglietta preferita, quella dei Rolling Stones, quando Viola si svegliò.
"Hey"
"Ciao" Johnny le diede un bacio sulla fronte, sembrava strano.
"Potresti...spostarti, per favore?"
Solo allora Viola si accorse della maglia bagnata e si spostò, evidentemente a disagio.
"Hey dai non c'è problema" Johnny si alzò ridendo e si tolse la maglia. Poi si girò verso di lei e sorrise.
Fu allora che Viola notò qualcosa.
Proprio dove c'è il cuore, a sinistra del suo petto, c'era un tatuaggio.
Non era un disegno, era una semplice scritta: "Sappy"
Come la canzone dei Nirvana,
"Come mai quella scritta?" Si avvicinò al tatuaggio per osservare meglio.
"Perché è la nostra parte sdolcinata il cuore, no?"
Bhè era vero.
Viola sfiorò con le labbra l'iscrizione nera, si baciarono ancora.
Poi Johnny si cambiò la maglia e andarono in cucina.
Giovanni  si era attaccato al cartone del latte e adesso li guardava con sguardo inquisitorio.
"Io dovrei tornare a casa, già"
"Eh già dovresti...si dovresti proprio andare, tua madre sarà preoccupata"
"Si, si" Imboccò la porta.
"Ti accompagno?"
"No, no vado a piedi".
Viola se ne andò, lasciando da soli i due ragazzi.
"Ahahaha alla fine te la sei fatta tu"
Johnny era uno che di solito scherzava, non si era mai lamentato delle battute di Giovanni, ma questa volta lo guardò serio e setenziò:
"E' una cosa a cui tengo, non mi va che ci scherzi, mi mette dà fastidio".
"Oh non dirmi che finalmente ti impegni di nuovo?!"
"Forse"
"Io torno a casa, che sto di merda e cerco di riprendermi un attimo. Ciao vecchio".
Anche Giovanni andò a casa.
Non so con precisione quello che Viola e sua madre si dissero, ma so che il loro screzio si risolse. Anche se la ragazza deve essersi beccata uno schiaffo per aver passato la notte fuori senza dare notizie di sè.

***

Quella sera anticiparono le prove, in modo da finire per le otto.
Fu in quel magazzino ammuffito che scrissero il loro primo pezzo.
Giovanni aveva degli accordi pronti da secoli e Johnny un testo.
Fu piuttosto facile per Viola trovare una melodia che calzasse con gli accordi, in realtà anche lei aveva molti testi a casa, ma non aveva mai avuto coraggio di portarli, dopo quella canzone fu tutto più semplice.
Michele? Michele sembrava sapesse dire solo "Ok". Sì, gli interessava il gruppo, magari anche come mestiere, però voleva che tutti fossero d'accordo e nessuno litigasse, quindi diceva sempre di si.
La canzone si chiamava "Valium", non ci interessa il testo: è più bello immaginarselo.
Finite le prove, si sentivano tutti molto soddisfatti: quando scrivi un pezzo, anche se col senno di poi ti farà forse schifo, ti senti il re del mondo. Hai addosso quell'odiosa aria da rock star, è una specie di ebrezza che ti fa sentire sicuro di te ed è molto bello, finchè dura.
"Dai dai una birra per festeggiare!" Giovanni, ovviamente, che con la sua risata infatile riempiva il magazzino malmesso.
"No ragazzi devo tornare a casa, la mia ragazza mi aspetta per cena di Natale". Michele, declinava sempre gentilmente.
Dopo aver smontato la batteria se ne andò.
"Vuoi bere ancora, tu?"
"Eh dai Johnny"
"Magari una coca" Viola si avvicinò a Johnny.
"Uhm...si può fare" Il bassista stava rivalutando l'idea di andare a casa dell'amico.
Così si diressero a casa di Giovanni, da brave rock star illusorie si scolarono coca cola e birra, per poi tornare a casa, canticchiandosi la canzone scritta.
Non poteva durare.

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodicesimo ***


Scusate il ritardo ma ho avuto delle urgenze che non  mi hanno lasciato neanche il tempo di trascrivere i capitoli sul pc e pubblicarli. Sono in arrivo due capitoli, in ogni caso. Spero vi piacciano.
Tramonto Scarlatto.


Viola ora sentiva una strana sensazione quando cantava: le mani diventavano fredde e avvertiva invece del calore nelle altre parti del corpo.
Le prove lenivano la sua amarezza costituita dall'esistenza in un posto che non le piaceva, un posto grigio ghisa intriso di ipocrisia, per farla evadere in un posto più bello.
Suonare faceva bene a tutti.
Ormai alle prove facevano spesso loro pezzi: Viola scriveva pezzi suoi, Giovanni aveva molti accordi e per Johnny era facile costruirci sopra una linea di basso.
Michele? Michele si limitava a fare quello che gli si diceva.
Tutti pensavano che potesse diventare una cosa seria.
Giovanni un giorno arrivò alle prove particolarmente esaltato, era il 12 Gennaio, il girono prima del compleanno di Viola.
"Abbiamo una serata da Mauro, domani sera!"
Cosa? E perchè aveva tirato fuori solo adesso il discorso?
"Suoneranno gruppi tutta la notte, gira voce che sarà presente Rob, quello della casa discografica. Mauro me l'ha assicurato"
Johnny sembrava piuttosto scettico
"Che cazzata è? Se te l'ha detto Mauro, ci credo poco. L'avrà messo in giro per attirare più gente  asuonare nel suo locale."
"Ma chi cazzo è Mauro?"
Viola iniziava a stancarsi di essere tenuta all'oscuro di cose così importanti.
"è il tizio del locale dove andiamo a suonare, quello appena fuori dal centro"
Giovanni era sempre cortese.
"Per me domani va bene...quando suoniamo?"
Impossibile che Michele non fosse d'accordo.
"A mezzanotte, ovvio che alle nove dobbaimo essere lì"
"Deciso allora."
Johnny non mostrava molto entusiasmo, al solito.
"Ma certo!"
Viola...Viola invece sì.
Cazzo una serata!
Sembra una frase da film disney con la Loan, ma nella mente di un'adolescente quasi maggiorenne alla quale piace fare musica è l'esclamazione più stupidamente naturale che può comparire.
"Bisogna festeggiare!"
Ovviamente Giovanni trovava sempre l'occasione per ubriacarsi.
"No, un cazzo: bisogna provare. Domani sera abbiamo la serata e non siamo del tutto pronti."
Eccome se Johnny aveva ragione.
Adorava la sua schiettezza.
"Uffa"
Giovanni prese controvoglia la chitarra e iniziò a suonare.
Porvarono tutte le canzoni: sì, erano solo sei, ma bastavano per quei minuti sul palco.
I giorno dopo fecero delle prove nel primo pomeriggio, poi Viola rimase con sua madre.
Stupidi 18 anni, non cambiava niente dal giorno prima, solo burocraticamente era diverso.

                                 ***

Alle nove c'erano già alcune persone: erano quelli degli altri complessi.
Fecero un soundcheck che ritennero piuttosto inutile, visto che non erano i primi a suonare, ma poi capirono che sarebbe servito.
Alle undici la gente inziò ad arruvare.
C'erano veramente molti ragazzi.
Bhè la cittadina e le sue frazioni non offrivano trante dorme di intrattenimento oltre a quel bar; in aggiunta quella sera c'era musica dal vivo: cosa rara.
L'attesa era veramente tremenda, Giovanni si stava agitando fuori di maniera nel vedere come gli altri gruppi suonavano.
Johnny, anche se non lo dava a vedere, era estremamente agitato.
Era pieno di persone, tutte della sua scuola: persone che indossavano la maschera della rettitudine e che poi potevano costituire un incontro poco piacevole la sera, quando non c'era nessuno.
Vedere tutta quella gente faceva a Johnny, misantropo incallito, un effetto non troppo bello, Viola lo sapeva.
"Vado fuori a fumare, vieni?"
Viola gli prese la mano e lo seguì.
Andarono nel retro del locale, dove non c'era nessuno.
Con Johnny non si era risolto niente: la situazione era quella che c'era a Natale.
Uscivano tutti insieme e, quando Giovanni se ne andava, restavano da soli a parlare. Oltre a quello di Natale, c'erano stati altri baci, ma non erano insieme, almeno non ufficialmente.
Nel nervoso tentantivo di Johnny di estrarre una sigaretta, questa si spezzò.
"Merda"
Ne tirò fuori un'altra e questa volta la accese senza problemi.
"Stai calmo, così peggiori e basta."
"Non ha detto una cazzata?"
"Chi?"
"Mauro. C'è davvero il tipo della casa discografica: l'ho visto. Era uno che ha inziato scrivendo critiche sui dischi che uscivano, leggevo roba sua. So che faccia ha"
Merda. Bhè in fondo era un'opportunità.
"Giochiamocela"
Viola aveva un sorriso rassicurante e l'effetto calmante del fumo caldo nei polmoni stava facendo effetto.
Si abbracciarono e rimasero con le labbra serrate per un bel pezzo, tranne per qualche bacio, poi tornarono dentro.
Stava suonando il gruppo prima del loro.
Mancava poco.
Toccava a loro.

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredicesimo ***


Il gruppo finì di suonare. Era il loro turno.
Viola tremava quando salirono sul palco. Il tecnico del suono si ricordava tutto del precedente soundcheck: volumi, effetti. Fantastico, era servito a qualcosa. Fecero per prima Valium, sembrava piacere: la gente non si muoveva da sotto il palco, applaudiva.
C'era anche, però, il solito gruppo di coglioni: quelli che avrebbero fatto tutto quello che veniva loro chiesto, pur di vedere una ragazza nuda.
Ovviamente i 5 che lo componevano erano già ubriachi da un pezzo.
"Fuori le tette!"
Viola era assai perplessa...e anche un po' disgustata direi, ma non in imbarazzo.
Johnny in quel momento staccò il jack da basso, si avvicinò  al microfono di Viola e la spostò:
"O avete un po' di rispetto per chi sta facendo il proprio lavoro, o ve la vedete con me"
Johnny era piuttosto muscoloso, senza esagerare, ma più che altro aveva precedenti poco piacevoli che erano a tutti ben noti.
"Caro, difende la sua ragazza" Scherno da parte del solito gruppo.
"Esattamente" Segue occhiata glaciale. Gli occhi di Johnny erano veramente in grado di pietrificare. Quel grigio così freddo, così minaccioso a volte, era ora puntato sui quei ragazzi, zittendoli.
Viola era stranita: aveva detto in pubblico una cosa che non era riuscito a chiarire con lei?
Intervenne Giovanni:
"La prossima canzone si chiama Lola and her demons"
Suonarono tutte le canzoni previste.
Al pubblico erano piaciuti, ma non sembravano aver fatto più successo degli altri gruppi.
Non erano stati i ragazzi nel bar ad essere meravigliati, ma un uomo piuttosto alto e molto magro, i cui capelli impomatati erano tirati all'indietro. Era un uomo piuttosto ricco e un sacco di band emergenti avrebbero pagato oro pur di baciargli il culo: Richard Smithson era diventato, all'età di 30 anni, il talent scout della sede italiana della Alien Records (Nome falso nda).
Di certo non aveva scordato i tempi in cui era un impacciato diciassettenne che cercava di ottenere interviste da inserire nelle proprie critiche musicali.
Ma ora che poteva vantarsi di essere schifosamente ricco e della sua posizione non capiva che bisogno ci fosse di non approfittarne.
Giovanni si sedette proprio vicino a lui
"Oh ragazzi abbiamo spaccato"
"Se"
Johnny era realista: effettivamente avevano sbagliato alcune cose.
"4 Terens, offro io"
"Terens? Ma vuoi sbronzarti subito?"
Michele era il più prudente e non approvava del tutto il gusto che Giovanni provava nel bere.
"Ma dai! Dobbiamo festeggiare! E' il primo concerto!"
Viola si sentiva piuttosto elettrica, ma non vedeva l'ora di stare da sola con Johnny per chiarire quella più che strana dichiarazione.
"Dai beviamoci sta birra"
Richard portava degli occhiali con lenti fotosensibili, in quel momento li tolse:
"Posso offrirvi io la birra?"
Il barista posò le 4 bottiglie di Terens davanti ai ragazzi.
Viola pensò che fosse il solito vecchio pedofilo.
Johnny lo riconobbe, invece.
"R...Richard Smithson?"
"In persona ragazzino"
Michele dissimulava l'ignoranza in merito.
Giovanni guardava interrogativo Johnny e Viola si chiedeva chi cazzo fosse il vecchio gay con le lenti fotosensibili arancioni e i pantaloni bianchi. Forse un parente di Johnny?
"Talent scout della Alien Records"
"Oh santissima merda"
Raffinato come sempre, Giovanni si lasciò cadere la bottiglia.
Michele e Viola avevano un'espressione piuttosto stupita.
Johnny mantenne la calma, o così sembrò.
Tese cordialmente la mano
"Sono Johnny e suono il basso nei Rotten People"
Il nome era nato da un sarcastico commento di Johnny sul marciume che li circondava.
"Si vi ho sentiti, i miei complimenti"
 Smithson sorrise mostrando il premolare placcato d'oro.
"Tu come ti chiami, ragazzina?"
"Viola. Loro sono Giovanni e Michele."
"Chi scrive i pezzi?"
"Bhè i testi sono di Viola, la parte musicale è scritta da me e Giovanni"
Johnny sembrava l'unico in grado di parlare normalmente.
"Sembrano belli. Vorrei che mi lasciaste i vostri numeri...non si sa mai."
Johnny dettò il suo numero, poi si salutarono e Richard si spostò dall'altra parte del locale, più vicino alle casse.
"Cazzo faremo un disco"
"No, Giovanni. Abbiamo solo dei contatti"
"Che balle dai era interessatissimo! Michele la finisci la birra?"
"No. Ma forse non dovresti..."
Era già nello stomaco del chitarrista.
Dieci minuti dopo era fuori dal locale insieme a qualche succo gastrico.
"Vieni a casa con me?"
Johnny sembrava volerle parlare.
"Certo".
Per Michele e Giovanni quella strana serata si era conclusa.

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordicesimo ***


Mi scuso per i trascorsi e gli eventuali ritardi, in particolare con l'utente nafasa, che ha sempre seguito e recensito aspettando anche i miei lunghi tempi.
Il fatto è che nella mia sbadataggine ho perso alcuni capitoli della storia e dopo aver tentanto di cercarli disperatamente, mi sono rassegnata a riscrivere quelli perduti.
Sono desolata.

Tramonto


Viola aveva avuto il permesso di passare la notte fuori, in fin dei conti aveva 18 anni adesso e sua mamma doveva riconoscerle una certa prudenza avuta in passato, inoltre sembrava fidarsi dei ragazzi della band.
E così, mentre Michele portava a casa Giovanni e si dirigeva nel suo bilocale sopra l'internet point, Viola e Johnny andavano a portare gli strumenti nel vecchio magazzino.
La notte era gelida e illuminata unicamente dai lampioni: una notte senza luna.
Era inutile restare in silenzio o parlare d'altro, Viola voleva spiegazioni.
"Che storia è?"
Non aveva trovato un modo meno scortese.
"Che storia?"
"Non mi risultava di essere la tua ragazza"
Johnny fermò la macchina davanti al magazzino e la guardò negli occhi con un mezzo sorriso
"Non mi risulta che non ti vada"
In effetti lei l'aveva assecondato nei contatti fisici che avevano avuto.
"Non mi risulta di dispiacerti, non me l'hai mai dimostrato. Avevo inteso tutto come un tacito assenso"
Si avvicinava sempre di più dicendo queste parole, ormai era molto vicino al suo viso.
Viola non era una persona forte, non sapeva resistere.
"Se non vuoi, basta che tu me lo dica"
Come dire di no a quelle labbra sottili piegate in un sorriso di compiacimento pronto a sciogliersi in un bacio?
"Non ho certo detto questo"
Anche Viola sorrideva, stava al gioco.
Il loro riso si trasformò in bacio.
Portarono gli strumenti nel magazzino e si chiusero dentro.
Viola rimase in piedi, appoggiata al muro, vicino all'unica fonte di calore.
"Non ho voglia di tornare a casa da mia madre, si starà scopando il suo compagno"
Johnny accese lo scaldabagno e la luce al neon.
Viola gli prese una mano
"Non andare allora"
Lo tirò a sè e si baciarono ancora.
Quella notte tutti ebbero la loro piccola soddisfazione.
Richard tornò a casa piuttosto contento della band che aveva trovato e contento di essere stato ancora una volta trattato come un re dai ragazzini in cerca di fama.
Michele, nel fare l'amore con la ragazza di turno, si rese conto che suonare per il pubblico lo faceva stare bene: come un orgasmo.
Giovanni si addormentò come un bambino nel proprio letto, dopo aver fatto il proprio spettacolino ed aver vomitato il vomitabile, con un sorriso compiaciuto stampato in faccia.
E Viola e Johnny? Bhè credo che a loro sia toccata una soddisfazione fisica e psicologica pari, se non superiore, a quelle degli altri.

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Capitolo 15
*** Capitolo Quindicesimo ***


Quando Johnny si svegliò doveva essere circa mezzogiorno, ma non c'erano finestre nel magazzino quindi poteva solo indovinarlo.
Erano vicino allo scaldabagno, ma erano per terra, non più in piedi.
Viola era in uno stato di dormiveglia, e nonostante non sentisse freddo, il suo respiro si condensava nell'aria.
Johnny la svegliò, l'aveva guardata dormire già per troppo tempo per i suoi gusti
"E' già tardi" le sussurrò, facendole il solletico con il fiato dietro l'orecchio.  Poi le baciò il collo.
Un risveglio più piacevole del solito meccanico suono della sveglia delle sette e venti.
Quando aprì gli occhi vide Johnny che aveva già preso in mano il basso e s'era messo a suonare una canzone che lei non aveva mai sentito.
"Che è?"
"L'ho pensata prima, mentre dormivi"
Viola provò a cantarci qualcosa sopra, seguendo la linea. Le parole le venivano senza pensarci, si sentiva un po' come quando ascoltava una canzone di un gruppo che adorava.
Si sentiva in un altro mondo, stava bene, come quando avevano scritto la prima canzone. Era come in trance.
Johnny si fermò:
"Ma che, ti fai?"
Viola ci mise un po' a rispondere.
"Perché?"
"Guardati"
Effettivamente sembrava fatta di lsd, le pupille erano piuttosto dilatate per la scarsa luce e pareva in trance.
"Non di droga...di musica"
Johnny appoggiò il basso sul portachitarra.
"Uhm ammetti che sono la tua massima fonte di ispirazione"
"Stronzo megalomane" Sorrise.
Sembravano una di quelle coppiette da due settimane e mezzo che sono convinte che staranno insieme per sempre.
Fu allora che ricevettero una chiamata.
"Chi cazzo è?"
"Dai rispondi, sarà Giovanni che sta male e vuole sapere dov'è il suo fidanzatino" Viola accusava sempre i due ragazzi di essere molto attaccati, come una coppietta.
"Pronto?"
"Hey ragazzo! Spero di non aver disturbato"
"Chi è? Chi è?" Viola sussurrava insistentemente.
Johnny coprì il ricevitore.
"Shhh! Cazzo è Richard Smithson!"
"Oh" Bella sorpresa.
"No no figurati! Nessun disturbo."
"Ce l'hai ancora un band, figliolo?"
"Bhè...ma certamente"
"Vi interessa un incontro con il direttore? Ho messo una buona parola per voi"
"Cosa? Grazie, grazie mille! Quando?"
"Domani mattina alle 9, portate un demo"
Riattaccò.
"Merda!"
"Che succede?"
"Abbiamo un incontro col direttore domani mattina"
"Allora avere 18 anni serve, almeno posso giustificarmi da sola"
"Non è quello"
"E allora dov'è il problema?"
"Vuole che portiamo un demo"
"Ma noi...noi non abbiamo un demo, non abbiamo neanche registrato una canzone"
"Però le canzoni le abbiamo" Johnny sembrava aver perso la sua razionalità.
"Dove troviamo una sala prove che ci fa registrare senza prenotazione alla domenica mattina di San Valentino?"
"Forse...forse si può fare"
Montarono velocemente in macchina e si diressero verso casa di Giovanni.
Avevano meno di 24 ore per registare come minimo 4 canzoni.

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Capitolo 16
*** Capitolo Sedicesimo ***


Arrivare a casa di Giovanni fu una cosa che occupò solo 5 minuti della giornata.
All'una e mezza erano già lì e lo stronzo stava mangiando, mentre loro avevano fame ma mancava il tempo materiale per mangiare.
Johnny suonò freneticamente il campanello.
"Eh che cazzo arrivo!"
Giovanni arrivò quasi subito, col boccone ancora in bocca
"Che fhè?"
"Ingoia e chiama Francesco"
Il ragazzo deglutì
"Perché?" ma
"Ci serve un demo per domani, 4 canzoni minimo"
"Ma sei deficiente? Francesco non ci apre la sala e lo studio di domenica perché a te gira di registrare"
"Ti dico solo che mi ha chiamato quello della Alien e domani alle nove dobbiamo andare non so ancora dove a fare un cazzo di colloquio con il presidente, almeno quello della sede italiana"
"Ma è fantastico!"
"No è un casino"
Viola guardava la collisione di due personalità completamente diverse piuttosto spazientita: con quest'anda non ce l'avrebbero mai fatta.
"Muoviamoci e andiamo a chiamare Michele piuttosto"
Poi la ragazza spostò lo sguardo su Giovanni
"Tu mettiti dei pantaloni che ripassiamo insieme l'intonazione di alcune canzoni"
"Ok capo"
Il chitarrista fu sorprendentemente rapido.
"Sono qua"
"Bene io vi porto in magazzino e poi vado a chiamare Michele. Giovanni cerca in tutti i modi di ottenere qualcosa da Francesco. Quando dico tutti i modi, intendo tutti"
Salirono in macchina rapidamente, Johnny sorrideva all'idea dell'amico che prometteva favori sessuali a Francesco, il fine uomo omosessuale che gestiva la sala prove con studio di registrazione del paese.
Quando Giovanni e Viola furono lasciati al magazzino si misero subito al lavoro, dovevano sistemare qualche piccola cosa in cui avevano peccato anche dal vivo.
Il chitarrista avea uno strano sorrisetto malizioso, dovuto all'odore che aveva sentito appena entrato: quell'odore misto di uomo e donna, un odore piuttosto pungente a dire la verità, ma che solo chi sa cos'è sa cogliere.
Quando furono le due Giovanni decise di chiamare Francesco, Johnny e Michele dovevano ancora tornare.
L'elegante voce che rispose dopo qualche squillo apparteneva ad un uomo calvo, molto magro, sempre vestito in maniera raffinata, sembrava un classico omosessuale da sit com americana, rientrava pienamente nello stereotipo.
"Giovanni! Qual buon vento?"
Il tono del ragazzo si fece supplichevole:
"Ho bisogno di un grande, grandissimo favore."
"Vedo cosa posso fare, spara"
Francesco era molto disponibile, sembrava di buon umore. In effetti aspettava, per festeggiare San Valentino, l'arrivo del suo nuovo compagno, cosa che non deponeva a favore del colloquio dei Rotten People.
"Dovremmo registrare assolutamente entro domani, ci servirebbe lo studio. Per favore"
"Proprio oggi? Ho altri impegni ragazzi, mi dispiace"
Francesco guardò la bottiglia di buon vino bianco pronta ad essere stappata.
"Domani abbiamo un colloquio importante, per favore"
"Ma ragazzi non potevate prendervi in anticipo?"
Un altro sguardo alla bottiglia, più rassegnato, non sapeva dire di no.
"L'abbiamo saputo solo adesso"
"Facciamo che vengo ad aprirvi e poi vi lascio le chiavi. Se anche solo un piatto si crepa vengo a cercarvi per uccidervi"
Scoppiò in una risatina nervosa.
"Grazie! Grazie mille! Ti dobbiamo un favore"
"Non più tardi delle tre vi voglio lì. Sapete usare tutto vero?"
"Si certo, a dopo"
Riattaccarono. In effetti avevano già registrato una voltà lì, con il vecchio batterista, sapevano usare quelle apparecchiature piuttosto bene.
"Fatta!"
Viola si sentiva oppressa, sentiva di non avere neanche il tempo di essere contenta. Profondamente insicura delle sue capacità canore.
Johnny si era trovato di fronte un Michele morto di sonno che era reduce da una nottata nella quale non aveva certamente dormito. Aveva spiegato brevemente cos'era successo e aveva mandato via bruscamente la ragazza dal letto del batterista. Poi l'aveva esortato a vestirsi e ora si dirigevano verso il magazzino.
"Ma che cazzo ti ha avvisato oggi, lo stronzo?"
"Si, speriamo di farcela"
"Speriamo"
Michele aveva la voce ancora impastata dal sonno e si era reso conto solo parzialmente della giornata che lo aspettava.
Quando arrivarono Giovanni li informò della grazia concessagli da Francesco.
Trovo inutile raccontare nei dettagli come andarono le registrazioni, che durarono fino alle undici di sera.
Certo riuscirono a registrare 4 canzoni, erano piuttosto grezze come suono, non c'era stato il tempo di aggiungere effetti.
Rese le chiavi a Francesco tornarono tutti a casa, stanchi morti ma piuttosto soddisfatti della riuscita dell'impresa.
Michele fu solo seccato dal dover annullare un altro incontro, previsto per quella sera.

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Capitolo 17
*** Capitolo Diciassettesimo ***


Ringraziamento particolare a Readernotviewer che fornisce sempre delle critiche costruttive e che mi aiutano a migliorare, rivedere i capitoli.



Alle otto mezza del giorno del colloquio Viola si era presentata a casa di Johnny con il disco registrato il giorno prima.
Aveva dormito da dio, il ragazzo no. Stava infatti bevendo una tazza di discreta grandezza di caffè nero, molto forte e senza zucchero.
"Hey! Stai bene?" Viola entrò nella casa del bassista.
"Si, è che non ho dormito molto, ero un po' agitato."
Alla ragazza fece un po' di tenerezza, non si mostrava mai volubile e, in quel momento, sembrava proprio che qualsiasi cosa avrebbe potuto spezzarlo.
Anche lei era tesa
"Se non gli piace, ce ne faremo una ragione".
Come poteva promettergli che sarebbe andata bene, quando neanche lei ne era sicura?
Arrivarono Giovanni e Michele pochi minuti più tardi, anche loro erano nervosi.
Arrivarono dieci minuti in anticipo davanti alla sede della casa discografica.
Dopo una sigaretta decisero di entrare dalle porte automatiche di vetro.
La segretaria che era dietro ad una scrivania tondeggiante, che indossava un elegante tallieur grigio, sorrise gentilmente e gli chiese cosa desiderassero.
Come al solito, fu Johnny a parlare
"Abbiamo un appuntamento con il direttore"
"Nome?"
"Rotten People".
La donna scrutò un'agenda in pelle nera, poi spostò lo sguardo e disse cordialmente
"La seconda porta nel corridoio a sinistra"
Lo studio dove entrarono era estremamente pulito ed ordinato.
Era tutto in bianco e nero, i mobili erano moderni e apparivano costosi.
La scrivania era occupata solamente da un computer, un portapenne e un temperamatite elettrico.
Il tutto stonava con la persona che possedeva la stanza.
Il direttore, Gianmaria Zarone, era infatti un omino untuoso, ma incredibilmente affascinante, non sembrava aver faticato più di tanto nella sua vita, era uno che otteneva facilmente quello che voleva.
La alien records italiana era di suo padre che, alla morte, gliel'aveva ceduta.
"Accomodatevi, prego"
Fece un grande sorriso e accennò a delle sedie piuttosto ridicole, rispetto alla grande poltrona reclinabile di pelle nera dove lui si era "accomodato".
Presero posto sulle sedie e mentre Viola si guardava intorno, un po' stupita dallo stile eccessivamente elegante dello studio, entrò Richard a presenziare al colloquio.
"Buongiorno ragazzi, direttore"
Il signor Zarone non si alzò neppure in quel momento, ma si limitò, come prima, a sorridere e a salutare.
"Sono Gianmaria Zarone, lieto di conoscervi"
Strinse la mano a ciascuno di loro, attraverso la scrivania.
Viola si sentiva un po' in imbarazzo, si sentiva osservata, ma non poteva confermarlo: infatti Zarone aveva un lieve strabismo di Venere.
Michele teneva tra le mani una copia del demo e sembrava momentaneamente concentrato solo su quella, infatti il suo sguardo non si schiodava dal disco.
"Bhè Richard mi ha parlato piuttosto bene di voi, avete qualcosa da farmi sentire?"
Visto che Michele tardava a rispondere, Viola si impossessò del disco e lo mostrò a Gianmaria.
"Sono solo quattro canzoni"
"Vanno più che bene, lo stereo è lì" fece un gesto con la mano "se tu fossi così gentile da farmi ascoltare..."
"Non c'è problema" Viola mise il disco nello "stereo". Chiamarlo così infatti era un po' riduttivo visto che si trattava di un impianto niente male.
Le canzoni finirono presto, in meno di venti minuti.
"Richard aveva ragione ma, ragazzi, quattro canzoni sono veramente poche. Voglio di più"
Johnny intervenì
"A dire il vero ci sarebbero altre canzoni pronte che non abbiamo registrato, arriveremmo a quota dieci."
"Facciamo che per fine mese arriviamo a quota quindici e ne riparliamo?"
Adesso Gianmaria sorrideva affabile e lanciava occhiate di approvazione a Richard.
Giovanni trasudava entusiasmo infantile
"Grazie mille, per fine mese saranno tutte pronte"
"Prego ragazzi, è sempre un piacere parlare con gente così interessante"
Viola si sentì addosso una lunga, unta occhiata.
"Bhè ho i vostri numeri, ci sentiamo per il 28 di Febbraio temo, se non più tardi"
Giovanni continuava a ringraziare nervosamente
"Ma certo, grazie le faremo sapere. Grazie mille, arrivederci, grazie ancora"
Stava per aggiungere qualcosa ma fu bloccato da una glaciale occhiata lanciata da Johnny che prese per mano Viola e uscì salutando a denti stretti.
"Che ti prende?"
"Non mi piace quel tipo"
Eh già, non gli piaceva quel tipo. Però era un possibile datore di lavoro e non poteva neanche comportarsi come il principe degli stronzi.
Viola evitò di esprimersi, lanciò solo un'occhiata eloquente che però sapeva Giovanni avrebbe espresso ulteriormente.
"Ma che ti succede? Sei fuori di testa? Questo ci offre un lavoro e tu ti comporti così di merda?"
"Bhè quantomeno io non gli ho leccato il culo ringraziandolo dell'opportunità almeno sessanta volte."
"Evidentemente la cosa mi entusiasma più che a te"
"O forse io ho la maturità necessaria per evitare di esternare la mia felicità in maniera così infantile e smisurata"
Le parole di Johnny erano gelide e taglienti come la lama di un pugnale ben affilato e penetrarono nelle tenere carni di Giovanni, il bambino.
"Sei solo una lastra di ghiaccio."
Johnny strinse un po' la mano di Viola e poi la lasciò andare.
"Vado a casa, ho sonno, vuoi un passaggio?"
"Si, certo, vengo con te"
Viola lo seguì in macchina.
Michele tornò a casa dove lo aspettava una ragazza ben più importante di quella di ieri sera: la batteria.
Giovanni andò a casa, davanti alla televisione, arrabbiato per il litigio che aveva avuto con l'amico, ma sognando sempre stadi gremiti di fans urlanti.
Johnny non si fermò a casa di Viola, andò direttamente a casa sua.
"Non dovevi accompagnarmi a casa?"
"Non preferisci venire a casa con me?"
"Avviso mia madre"
Scrisse rapidamente un messaggio e poi, quando furono nel sereno ambiente di camera di Johnny gli disse molto chiaramente che era in torto
"Hai sbagliato"
"A che ti riferisci?" Prese il basso e iniziò a suonicchiare
"Non ci possiamo permettere la tua maleducazione"
"Non possiamo neanche permetterci che Giovanni baci dove Zarone cammina"
"Questo è un altro discorso, in ogni caso il suo atteggiamento danneggia meno il gruppo di quanto lo faccia il tuo...e lo sai."
SI sentiva solo il rumore delle corde che battevano sui pick up.
"Giovanni può scordarsi le mie scuse"
Viola sbuffò
"Non è questo il punto. Non è questione di chiedere scusa, ma non dovevi dirgli quelle cose, tu più di tutti apprezzi il suo modo di fare ingenuo e bambinesco."
"Non ti ho portata qui per un'analisi psicologica e neanche per sentirmi dire cosa devo o non devo fare"
"O dirti quello che non volevi sentirti dire?"
"Quando la smetterai con l'analisi psicologica?"
"Quando accetterai un minimo di critica"
Viola si avviò a grandi passi verso la porta, si girò quando era sull'uscio della camera.
Johnny la guardò e disse soltanto
"Dai non andare"
Si alzò e la raggiunse, non aveva voglia di litigare.
"Mi dispiace, sono agitato. Non credo riusciremo a scrivere cinque canzoni e a perfezionare le altre nel giro di così pochi giorni"
Viola lo abbracciò
"Basterà provare tutte le sere e alcuni pomeriggi, se riusciamo"
"Mi sento una merda per come ho trattato Giovanni, poi lui dà sempre molto peso a quello che gli si dice"
"Vedrai che gli passa"
"Lo chiamo"
"Adesso?"
Viola si strinse di più a lui
"Non puoi chiamarlo dopo?"
Fecero la pace, saldando le crepe aperte dal litigio come solo il contatto fisico, totalmente privo di parole, sa fare.

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Capitolo 18
*** Capitolo Diciottesimo ***


l tempo scivolava rapido sul ghiaccio. Il caffè nero scendeva caldo nella gola di Johnny. Era già il terzo di quel giorno, ed erano solo le sette. Era stato veramente pesante per tutti quel mese. Avevano registrato il disco ma era costato loro molto. A livello di spesa e a livello di fatica. La scuola non dava certo una mano, era tutto così difficile. Il suo sguardo grigio si posò su uno di quei calendari costituiti da un foglietto per giorno, mania di sua madre, il numero rosso sembrava guardarlo in maniera impertinente: 28. Gianmaria Zarone era stato puntuale come la morte, purtroppo. L'appuntamento era fissato per le dieci. Strinse i pugni. Non gli piaceva, era unto di perbenismo e sotto nascondeva viscidume.
Il cellulare squillò nell'altra stanza. Era facile indovinare chi fosse. La voce di Giovanni trillò dall'altro capo del telefono:
"Hey mi passi a prendere?"
"Sono le sette"
"Appunto!"
Johnny si passò una mano tra i capelli neri.
"Alle nove sono da te"
"Ma..."
Click.

***
Viola si accese una sigaretta, il fumo denso si disperdeva nella nebbia mattutina che aleggiava fuori dalla suo balcone. Erano solo le otto e mezza eppure era già sveglia. La cenere cadeva giù dalla terrazza e si mischiava alla terra umida del giardino. Inspirò il fumo. Tra mezz'ora circa Johnny sarebbe stato lì. Le scappò un sorriso. Oggi era il gran giorno. E' brutto quando si fa il meglio e non si sa mai se sia abbastanza. I mezzi erano quelli che erano. Giochiamocela. Piacevoli ricordi le riaffiorarono in mente. Andò a farsi una doccia.

***
Giovanni era sveglio già da due ore. Dalle cinque non era più riuscito a chiudere occhio. Pensava a tante cose. Agli stadi colmi di gente che urlava il nome della band, a Michele che sparava assoli da una batteria professionale, Johnny un po' nascosto a suonare il suo basso e Viola, incantatrice di anime con la sua voce. Aveva una visione un po' distorta della realtà, come tutti gli infantili sognatori. Ma era così buono, sapeva sempre mettersi da parte. L'aveva fatto da sempre per Johnny. Non gli era pesato farlo neanche quest'ultima volta.

***
Michele aveva la bocca impastata dal sonno. Una ragazza bionda era avvolta nelle bianche lenzuola del suo letto e lui cercava di uscire lentamente senza svegliarla. Quale diavolo era il suo nome? Poco importava. Erano le nove e lui doveva ancora farsi una doccia. Scivolò silenzioso e salì in macchina. Alle dieci meno un quarto era alla Alien Records.

***
"Non siete eccitati? Non siete eccitati? Non è il massimo? Eh? Eh? Eh?"
"Ciao Giovanni" Viola sorrise.
Johnny si limitò ad alzare il volume dell'autoradio. L'agitazione del chitarrista gli metteva nervoso.
Erano quasi le dieci quando varcarono di nuovo la sede della Alien Records. Alle dieci in punto Zarone li accolse untuosamente nel suo studio minimal.
"Prego prego ragazzi, sedetevi"
Già così gentile? I Rotten People presero posto.
"Allora" sorrise, ancora "Avete il MIO disco?"
Johnny trattenne un'occhiata che avrebbe incenerito la loro possibilità di far colpo sull'untuoso omino che era seduto davanti a loro.
"Certo, certo" Giovanni porse il disco a Zarone, come un cane che riporta la pallina al proprio padrone.
Più lo stereo riproduceva le canzoni, più Viola sentiva che c'erano degli errori. Qui aveva cantato troppo di naso, lì si sentiva che non aveva intonato bene.
Quando il disco finì era già sicura che tra non meno di venti minuti sarebbe stata a casa, delusa.
Ma Gianmaria si inumidì le labbra, soddisfatto.
"E ci avete messo solo un mese, sono molto, molto sorpreso"
Si rivolse a Johnny:
"Come mai quella faccia scura ragazzo?" Gli porse la mano "Vi va di rifare la registrazione con apparecchiature più professionali, così posso lanciarlo sul mercato"
Johnny abbozzò un sorriso, magari non era tanto male quel tizio, strinse la mano.
Giovanni urlò di gioia. E di nuovo non la finiva più di ringraziare.
"Domani, stessa ora inziano le registrazioni. Non mi va di perdere tempo."
Zarone sorrideva, come sempre.
"Bhè potete andare"
Viola non ci credeva. Tutto così in fretta, avrebbe potuto fare quello che più le piaceva, così da un giorno all'altro.
Ma il tempo andava ancora più in fretta e i mesi passavano e il disco faceva successo. Il successo dà alla testa, cambia le persone. Illude di essere invicibile, ma l'uomo è carne e sangue, non diamante. Tutti avevano lasciato la scuola e la vita del tour è dura. Eppure a New York cadeva la neve. Ed era bellissima. Viola non l'aveva mai vista e dietro i vetri oscurati della limousine sembrava una bambina a Natale. Ormai erano conosciuti in tutto il mondo. E tutto era bello, il successo indora il mondo, anche se è solo una crosta, sotto rimane spazzatura.

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