Beauty and the Beast

di Iulia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Villa Malfoy ***
Capitolo 2: *** Salva ***
Capitolo 3: *** Ad uno come te ***
Capitolo 4: *** Perchè? ***
Capitolo 5: *** Segreto ***
Capitolo 6: *** Mezzosangue ***
Capitolo 7: *** La verità ***
Capitolo 8: *** Favola ***
Capitolo 9: *** Mia ***
Capitolo 10: *** La Bella e la Bestia ***
Capitolo 11: *** La Tigre d'argento ***
Capitolo 12: *** Isolde ***
Capitolo 13: *** Il fiore più bello ***
Capitolo 14: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 15: *** La fine ***
Capitolo 16: *** Lacrime di un angelo ***
Capitolo 17: *** Due rami diversi della stessa stirpe ***
Capitolo 18: *** Samuel Blackwood ***
Capitolo 19: *** Sono Draco ***
Capitolo 20: *** Rivelazioni ***
Capitolo 21: *** La Battaglia di Hogwarts ***
Capitolo 22: *** La fine dei giochi ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Villa Malfoy ***


Le vacanze di Pasqua erano iniziate da pochissimi giorni ma, purtroppo, non gli stavano dando quel tanto agognato relax. Al contrario, così solo nella sua stanza, non costretto a sopportare la altrui compagnia, aveva molto più tempo per pensare. E le cose sulle quali riflettere non erano per niente poche.
Se però quasi tutti i pensieri che affollavano la sua mente erano normali, uno era decisamente fuori luogo. Tale indesiderato pensiero aveva fattezze femminili, lunghi capelli ricci castani e grandi occhi scuri.
Sì, era decisamente fuori luogo.
Eppure dimorava nella sua mente da un bel po’ ormai e lui aveva imparato a bearsi dei ricordi e delle immaginazioni da lui stesso prodotte poiché possedere la causa di tali pensieri era improponibile. Guardò con occhi disinteressati la sua immensa camera: dal soffitto pendeva un lampadario in oro e cristallo, che illuminava le pareti rivestite in legno e creava strani giochi di luce con gli oggetti sparsi un po’ ovunque. Una parte della parete era tappezzata di poster di squadre di Quiddtch e stemmi della sua Casa ad Hogwarts.
In un angolo, ben protetti da una teca, vi erano piccoli “trofei”, quali boccini autografati, e doni di qualche stella dello sport.
Guardando quanto di prezioso vi era lì dentro- e non era poco- si rese conto che nulla di quanto possedeva lo rendeva felice.
No, la sola cosa che avrebbe forse potuto dargli un po’ di gioia, non avrebbe mai potuto varcare la porta di quella casa.
Battè un pugno con forza sul cuscino, fuori di sé dalla frustrazione. Non aveva già abbastanza problemi? Aveva provato ad allontanare quel chiodo fisso dalla sua mente, ma non aveva avuto successo.
E la notte la situazione non faceva che peggiorare: lei era sempre vicina, stretta a lui, bellissima e, cosa estremamente importante, era sua.
Si svegliava sempre madido di sudore, ansante e irritato dalla consapevolezza che una situazione del genere avrebbe potuto verificarsi solo nei suoi sogni e mai nella realtà.
E pensare che per vederla di nuovo, per poter posare i suoi occhi gelidi sul suo volto stupendo, avrebbe donato tutto ciò che possedeva.
Per lei.
Per lei che mai avrebbe ricambiato tali sentimenti.
Per lei che al solo sentire pronunziare il suo nome storceva la boccuccia in una smorfia di puro disgusto. D’altro canto, come darle torto? Fra i due, lo strano era lui che si era lasciato impossessare da un sentimento che era pura follia anche il solo pensare di provare.
Lei non avrebbe mai potuto essere sua.
Venivano da due mondi completamente diversi che mai avrebbero potuto incontrarsi.
Tali deprimenti pensieri furono riscossi dal trambusto che sentiva provenire dal piano di sotto, il che era un avvenimento più unico che raro in quella casa ove non si sentiva volare una mosca.
Cercò inizialmente di ignorarli, tornando al suo tormentoso e meraviglioso pensiero, ma il rumore non faceva che crescere, pertanto, preoccupato che qualcosa- qualunque cosa- potesse essere andata storta, scese dall’enorme letto a baldacchino e si decise ad andare a scoprire il motivo di tanto baccano.
Lasciò la sua stanza e percorse il corridoio e le scale che lo separavano dal salotto-teatro del rumore- con il cuore martellante nel petto per l’ansia.
Entrò nella sala e i suoi occhi, fra tutti coloro che erano presenti, si posarono subito su lei.
Il sollievo e la gioia di rivederla durarono solo pochi attimi, sostituiti poi dal terrore di saperla lì in casa sua e non certo come ospite gradita.
<< Dicono che hanno preso Potter. Draco vieni qui. >>
La voce di sua madre gli suonò distante: il mondo si era ridotto alla piccola figura tenuta prigioniera.
Quello doveva essere un incubo.
Un terribile, mostruoso incubo.
Non poteva assolutamente essere vero.
Lei non doveva essere lì.
I suoi splendidi occhi, i suoi lunghi capelli, il corpo che aveva visto e rivisto, accarezzato nei suoi pensieri, nulla di tutto ciò avrebbe dovuto essere lì.
Non in quel modo.
<< Allora ragazzo? >>
Quella voce ebbe il potere di riportarlo alla realtà.
Greyback.
No, quello non era un incubo: era la fine del mondo, una tragedia vera e propria.
Greyback era lì.
Lei era lì.
Nella stessa stanza.
Greyback era vicino alla sua piccola, fragile, adorata Mezzosangue.
Cercava di controllarsi, di non guardarla, di frenare l’istinto di strapparla a quelle braccia a lei nemiche e quindi da lui odiate e stringerla fra le sue, sfidando chiunque a provare a portargliela via, a osare farle del male.
<< Allora, Draco. E’ lui? E’ Potter? >>
Solo allora si costrinse a guardare gli altri nella sala.
Sì, l’idiota dalla faccia gonfissima per qualche strana ragione della quale non gliene importava nulla, era San Potter.
Aveva sempre provato un odio profondo nei confronti di Potter, ma ciò che sentiva per lui in quel momento valicava l’impossibile: aveva esposto la sua Mezzosangue ad un pericolo terribile, l’aveva trascinata vicino ad un lupo mannaro, in un covo di Mangiamorte.
Se le fosse successo qualcosa lo avrebbe ucciso con le sue mani.
Al diavolo il Signore Oscuro! Era un piacere che voleva avere solo lui.
Poi avrebbe ucciso quell’inutile di un Weasley, che non sapeva far altro che lanciare sguardi pseudo-minacciosi a destra e manca.
<< Io non…non sono sicuro. >>
Non poteva soddisfare la sua voglia di far fuori Potter senza rischiare di mettere in un pericolo ancora più grande lei.
<< Ma osservalo bene, dai! Avvicinati! >>
Possibile che avrebbe dovuto uccidere tanta gente per salvare lei?
Anche suo padre doveva perire per mano sua?
Sarebbe stato più che lieto di far fuori Lucius Malfoy se ciò avrebbe salvato la sua piccola Mezzosangue.
<< Draco, se saremo noi a consegnare Potter al Signore Oscuro, tutto sarà per… >>
<< Non ci vorremmo dimenticare chi è stato a catturarlo, spero, signor Malfoy. >>
<< Certo che no, certo che no! >>
Bene, era Potter ciò che volevano?
Che lo prendessero pure!
Che lo consegnassero a chi volevano loro, che si tenessero tutta la ricompensa!
Per quello che gli importava avrebbero potuto farlo a pezzettini o buttarlo giù da una torre: lui voleva solo e soltanto lei.
Suo padre, nel frattempo, si era avvicinato al volto di Potter e lo stava studiando.
<< Che cosa gli avete fatto? >> Chiese a Greyback. << Come si è ridotto così? >>
<< Non siamo stati noi. >>
<< A me pare più che altro una Fattura Pungente. >>
Doveva essere stata lei che, cercando di mascherare l’identità di Potter, lo aveva gonfiato come un pallone. Provò pena e tenerezza per il suo tentativo.
Quanto avrebbe voluto dirle che adorava quel suo senso pragmatico che la portava a fare il meglio che poteva anche in situazioni estreme.
<< C’è qualcosa lì, potrebbe essere la cicatrice, molto tirata… >> continuò suo padre sempre chinato, << Draco, vieni qui, guarda bene! Che cosa ne dici? >>
Se avesse potuto parlare avrebbe urlato che sì, quello era Potter, che potevano anche chiamare il Signore Oscuro ma prima avrebbe fatto giurare a tutti i presenti sull’Inferno che nessuno avrebbe osato fare del male alla Mezzosangue.
Con riluttanza e sempre più spaventato per la vita di lei, avvicinò il suo volto a quello del padre e guardò il viso gonfio di Potter.
Scoppiava dalla voglia di prenderlo a schiaffi.
<< Non so. >>
Con tale dichiarazione se ne andò verso il camino, vicino alla madre.
<< E’ meglio essere sicuri, Lucius. Completamente sicuri che sia Potter, prima di convocare il Signore Oscuro… >> Narcissa Malfoy prese una bacchetta e cominciò a studiarla. << Dicono che questa è sua, ma non corrisponde alla descrizione di Olivander… >>
Draco prestava attenzione quel tanto che bastava per capire quanto realmente in pericolo fosse lei.
<< Se ci sbagliamo, >> continuò sua madre, << se chiamiamo il Signore Oscuro per niente…ti ricordi cos’ha fatto a Rowle e Dolohov? >>
Forse avrebbe potuto salvarle la vita.
L’avrebbero sicuramente imprigionata ma lui l’avrebbe liberata.
Solo lei ovviamente.
E se avesse opposto resistenza, se si fosse ostinata a non volersene andare senza quegli idioti dei suoi amici, avrebbe fatto fuggire anche loro.
La sola idea di aiutare Potter lo ripugnava, ma per lei avrebbe fatto questo e altro.
<< E la Nata Babbana, allora? >>
Quelle poche parole ringhiate da Greyback ebbero l’effetto di una pugnalata al cuore.
Vide con la coda dell’occhio che la portavano sotto la luce e potè scorgere la paura nel suo volto.
Avrebbe preferito morire piuttosto che assistere ad una scena del genere.
<< Un momento. Sì…sì, era da Madama McClan con Potter! Ho visto la sua foto sul Profeta! Guarda, Draco, non è quella Granger? >>
Sarebbe volentieri scoppiato in lacrime.
Avrebbe supplicato tutti di risparmiarla, di fare ciò che volevano ma lasciare lei.
<< Io…forse…sì. >>
Se mai fosse sopravvissuto avrebbe dovuto fare ammenda per tutta la vita.
O meglio, se lei fosse sopravvissuta, perché se non fosse uscita viva da quella situazione, era fermamente deciso a seguirla in fretta.
<< Ma allora quello è il ragazzo Weasley! Sono loro, gli amici di Potter…Draco, guardalo, non è il figlio di Arthur Weasley, com’è che si chiama…? >>
Maledetti tutti i Weasley del pianeta!
<< Sì. Può darsi. >>
Non osava voltarsi e guardarla: se lo avesse fatto non sarebbe riuscito a sopportare la vista del suo terrore e avrebbe fatto qualche pazzia.
L’orrore però non era ancora finito: in quel momento la porta del salotto si spalancò di nuovo e fece il suo teatrale ingresso Bellatrix Lestrange la quale, dopo aver chiesto una veloce spiegazione alla sorella, cominciò a passeggiare intorno ai prigionieri.
<< Ma questa è la ragazza Mezzosangue…la Granger? >>
Era la fine.
Se c’era stata una minima speranza di salvarla era definitivamente scomparsa.
Questa sarebbe stata la fine di Hermione Granger e, con lei, quella di Draco Malfoy.
<> Raramente suo padre era stato tanto eccitato, il che rendeva Draco ancora più disperato. <> << Potter? Sei sicuro? Il Signore Oscuro dev’essere immediatamente informato! >>
Mentre sua zia si accingeva a toccare il Marchio Nero, Draco strinse nel pugno la sua bacchetta, conscio che non sarebbe stato capace di vedere la sua Mezzosangue morire e che avrebbe tentato di difenderla fino a morire lui stesso.
Era pronto a sacrificarsi per lei.
<< Stavo per chiamarlo io! Lo chiamerò io, Bella, Potter è stati portato in casa mia, e si trova quindi sotto la mia autorità… >>
<< La tua autorità! Tu hai perso l’autorità insieme alla bacchetta, Lucius! >> Ribattè prontamente Bellatrix.
<< Come osi? Toglimi le mani di dosso! >>
<< Questo non ha nulla a che vedere con te, non sei stata tu a catturare il ragazzo… >>
<< Chiedo perdono, signor Malfoy… >> Grayback si intromise nella lite fra Lucius e la cognata, << ma siamo stati noi a catturare Potter, e spetta a noi l’oro… >>
<< L’oro! Prenditi pure il tuo oro, sudicio avvoltoio, a me non serve l’oro! Io cerco solo l’onore della sua…della… >> Bellatrix si zittì all’improvviso, dando modo a suo padre di poter alzare la manica. << FERMO! Non toccarlo, moriremo tutti se il Signore Oscuro arriva adesso! >>
Draco seguì lo sguardo di sua zia fino ad incontrare quella che gli parve una spada.
<< Cos’è quella? >>
<< Spada. >>
<< Dammela. >>
<< Non è sua, signorina, l’ho trovata io. >>
Senza che Draco riuscisse a capire il perché di tale reazione, Bellatrix schiantò il gruppo di Ghermidori che crollarono a terra svenuti, eccetto Greyback che però rimaneva sotto il suo controllo.
<< Dove hai preso questa spada? >>
Bellatrix sembrava stranamente terrorizzata e la cosa colpì Draco.
<< Come osi? >>
<< Dove hai trovato questa spada? Piton l’ha rinchiusa nella mia camera blindata alla Gringott! >>
<< Era nella loro tenda. Lasciami ho detto! >>
Draco aveva ormai i brividi lungo la schiena: la situazione della sua Mezzosangue peggiorava ogni minuto di più e le speranze che uscisse viva da quella situazione diminuivano vertiginosamente.
<< Draco, porta fuori questa feccia. Se non hai il coraggio di finirli, lasciali in cortile, ci penserò io. >>
Narcissa provò a prendere le difese del figlio, ma venne subito messa a tacere dalla sorella, che urlava impazzita.
<< La situazione è più grave di quanto tu possa immaginare, Cissy! Abbiamo un problema molto serio! >>
Bellatrix guardò i prigionieri provocando terribili brividi al nipote. << Se è davvero Potter non bisogna ferirlo. Il Signore Oscuro desidera provvedere di persona a Potter…ma se scopre…devo…devo sapere… >> Si rivolse di nuovo alla sorella. << Rinchiudete i prigionieri nel sotterraneo mentre rifletto sul da farsi! >>
Le porte della speranza si spalancarono di nuovo: li avrebbe portati lui giù e li avrebbe fatti scappare.
Sì, anche Potter e Weasley, qualsiasi cosa pur di sapere lei lontana da lì.
<< Questa è casa mia, Bella, tu non dai ordini in casa… >>
<< Fai come ti dico! Non hai idea del pericolo in cui ci troviamo! >>
Draco non vedeva l’ora di ubbidire all’ordine della zia: lo giurò sulla sua vita, l’avrebbe salvata.
<< Porta questi prigionieri nel sotterraneo, Greyback. >>
<< Aspetta. Tutti tranne… >> Bellatrix fece una pausa di un millesimo di secondo che bastò per far impazzire il cuore di Draco, << tranne la Mezzosangue. >>
Perché il destino si prendeva così spudoratamente gioco di lui?
Aveva proprio deciso che quel giorno avrebbe dovuto morire?
<< No. Prendete me, tenete me! >>
Per la prima e unica volta in tutta la sua vita, provò ammirazione per Weasley e avrebbe anche assecondato la sua richiesta se Bellatrix non avesse dato a Lenticchia un sonoro schiaffo.
<< Se muore durante l’interrogatorio, tu sarai il prossimo. Un traditore del proprio sangue per me viene subito dopo un Mezzosangue. Portali di sotto, Greyback, e controlla che siano ben rinchiusi, ma non fare altro…non ancora. >>
Mentre il lupo mannaro eseguiva l’ordine con un ghigno, lei tirò fuori un pugnale d’argento, separò la Mezzosangue dagli altri prigionieri e la trascinò al centro della sala tirandola per i capelli.
<< Allora sporca Mezzosangue, dove avete preso quella spada? >> La voce di Bellatrix era tagliente come una lama, ma Draco non riusciva a guardare.
Non poteva stare accadendo una cosa del genere alla sua adorata Mezzosangue.
Non rispose alla domanda di Bellatrix la quale punì la sua impudenza scagliandole contro un Crucio che fece urlare lei di dolore e sanguinare il cuore di Draco.
<< Questo era un avvertimento: dove avete preso quella spada? >> Non rispose di nuovo e di nuovo fu costretta a subire un potente Crucio.
Draco sentiva su di sé lo sguardo della madre, ma non se ne curava: sapeva che molto presto non sarebbe riuscito più a resistere.
<< Te lo chiedo un’altra volta! Dove avete preso quella spada? Dove? >>
<< L’abbiamo trovata…l’abbiamo trovata…PER FAVORE! >>
Urlò di nuovo e stavolta Draco si voltò a guardarla.
Le guance erano rigate dalle lacrime, i begli occhi scuri gonfi e rossi, il corpo stravolto dal dolore.
Doveva salvarla.
Lo aveva giurato a se stesso e lo avrebbe fatto.
Si accorse che sua zia e la sua Mezzosangue erano esattamente sotto il lampadario: se lo avesse fatto cadere Bellatrix si sarebbe spostata lasciando stare la sua povera vittima che, se tutto fosse andato secondo i piani, sarebbe stata portata via prima che un solo cristallo la sfiorasse.
<< Stai mentendo, sudicia Mezzosangue, lo so! Siete stati nella mia camera blindata alla Gringott! Dimmi la verità, la verità! >>
Un altro urlo trafisse il cuore di Draco.
<< Che cos’altro avete rubato? Che cos’altro avete? Dimmi la verità o giuro che ti trapasso con questo pugnale! >>
Non c’era tempo da perdere.
Con un semplice incantesimo il lampadario cominciò a vibrare e poi, con un cigolio e un minaccioso tintinnio, iniziò a cadere.
<< NOOOOOO! >>
Narcissa si era accorta dello slancio del figlio e aveva provato a trattenerlo, ma Draco era deciso a non farsi fermare.
Senza troppe cerimonie, schiantò la madre, ma, quel millesimo di secondo, bastò perché il lampadario si fracassasse sopra la Mezzosangue che cadde a terra svenuta.
Bellatrix si era buttata di lato urlando e, approfittando di quell’attimo di disordine e sentendo qualcuno arrivare dai sotterranei, corse verso la sua Mezzosangue, la strinse fra le braccia e, con un ultimo sforzo si smaterializzò lontano da Villa Malfoy.
Senza lasciarla, poggiò una mano sul cuore della ragazza: batteva.
Era viva.
Era riuscito a salvarla.

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Capitolo 2
*** Salva ***


Anzitutto voglio ringraziare sinceramente coloro che stanno seguendo la mia ff e che già mi hanno dato parecchi consigli e anche qualche critica sempre ben accetta :)Non pensavo davvero che sarebbe piaciuta e mi ha fatto davvero immensamente piacere leggere le vostre recensioni e sapere che aveva affascinato. Ho finito il secondo capitolo e il terzo è già in cantiere. Spero di essere stata all'altezza della situazione e non avervi deluso^^. Leggete e recensite per sapere se vi interessa davvero.
Baci
Mena

Nella furia non si era nemmeno reso conto di dove si era smaterializzato.
Tenendo la Mezzosangue sollevata fra le sue braccia come se fosse una delicata bambola di porcellana, si guardò intorno e si stupì non poco nello scoprire di essere arrivato nella residenza Irlandese dei Malfoy.
Era un antico castello Medioevale, immerso nel silenzio di un lago dell’Irlanda occidentale: nessuno si sarebbe mai avventurato in quelle zone.
Solitamente trascorrevano in quel castello le vacanze Estive ma, da quando il Signore Oscuro era tornato, non si erano mossi dalla residenza Inglese.
Sapeva che non era un posto sicuro per nascondersi ma lei stava troppo male e, prima di spostarsi, doveva assolutamente fare qualcosa per guarirla.
Si era materializzato nell’ampio salone che, quando i proprietari erano lì, era riscaldato dal fuoco del camino, ma allora era gelido e debolmente illuminato.
Con un colpo di bacchetta accese il fuoco e accese qualche luce, ma temeva ad aprire le finestre: non voleva mettere ancora a rischio la vita della sua protetta.
Sempre tenendola fra le sue braccia- quasi che temesse che qualcuno potesse spuntare all’improvviso e portarla via- uscì dal salotto e attraversò a grandi passi il corridoio, illuminandolo al loro passaggio.
Previdente, incantò i quadri ritraenti i suoi avi, impedendo loro di uscire dalle cornici e andare ad avvertire qualche loro doppio di Villa Malfoy.
Salì l’enorme scalinata in marmo attento a ogni suo movimento perché lei non si facesse ancora male e, si diresse sicuro verso la stanza in fondo all’ala sinistra.
Aprì la porta con un incantesimo e si ritrovò in una camera completamente buia.
Agitò di nuovo la bacchetta e la stanza prese vita: un fuoco si accese scoppiettante nel camino, un lampadario tempestato di argento e smeraldi fece luce rivelando un’ampia camera da letto, luminosa e arredata con i colori dei Serpeverde.
Con una delicatezza mai mostrata prima di allora, adagiò la ragazza sulla coperta in velluto del letto e, per un momento, si bloccò a guardare il suo volto.
Se non ci fossero stati quei graffi a rovinare l’incanto, sarebbe sembrata semplicemente addormentata.
Una bellissima principessa addormentata in un castello segreto in attesa del principe azzurro.
Sorrise amaro a quel pensiero ridicolo: lui non era un principe azzurro, era il Principe delle Serpi, indegno anche solo di posare i suoi occhi glaciali sulle delicate forme di quella creatura angelica.
Si riscosse da tali futili pensieri e si chinò sulla ragazza pronunziando incantesimi per sanare le ferite ancora sanguinanti provocate dalla caduta del lampadario.
Per le ferite causate dalla zia, non c’era nulla che potesse fare, non con una bacchetta magica.
Ogni graffio che guariva, ogni ematoma che curava non faceva altro che ripetersi che era colpa sua: se fosse stato meno codardo e avesse subito fatto qualcosa per proteggerla non avrebbe mai dovuto sopportare tanto dolore.
Ma il pensiero di proteggerla, di saperla così indifesa e di essere lui in grado di difenderla lo riempiva di orgoglio e gli infondeva coraggio.
Sì, era colpa sua se era ridotta così ma da quel momento in poi avrebbe ucciso chiunque avesse osato tirarle un solo capello: nessuno si sarebbe mai più avvicinato ad Hermione Granger, nessuno le avrebbe mai più fatto provare un dolore tanto immenso, non finchè Draco Malfoy respirava.
Dopo averle curato ogni ferita e aver controllato più volte che il suo respiro fosse tornato normale, la mise sotto le coperte e si sedette sulla poltrona, avvicinandola al letto e senza staccare per un solo istante gli occhi dalla ragazza.
L’aveva salvata ma per quanto sarebbe riuscito a tenerla nascosta, lontana dal pericolo?
Sicuramente ogni membro della sua famiglia era già sulle sue tracce e, sebbene confidasse che nessuno di loro avrebbe mai potuto immaginare che si trovasse nel castello Irlandese, non sarebbe trascorso molto tempo prima che lo trovassero.
Come proteggerla? Dove andare?
Queste erano le domande che affollavano la mente di Draco, questioni alle quali non sapeva dare alcuna risposta.
Alzò la manica sinistra della camicia e osservò con disgusto il Marchio Nero: aveva bramato per averlo impresso su di sé e adesso bramava di poterlo strappare via, cancellarlo per sempre dalla sua vita. Lo aveva mostrato con orgoglio ai suoi amici, ma sapere che lei, la sua Mezzosangue, sapesse cosa era diventato lo riempiva di vergogna.
Non vedeva l’ora che si svegliasse, che aprisse gli splendidi occhi scuri e si animasse di nuovo, ma sapeva bene che quando ciò sarebbe successo avrebbe smesso di essere una principessa addormentata e si sarebbe trasformata in una furia: che lo insultasse in tutti i modi possibili e immaginabili era il minimo che potesse succedere. Non osava immaginare cosa avrebbe fatto non appena si fosse resa conto che i suoi amici, nel migliore dei casi, erano sottoposti alla stessa tortura che lei aveva dovuto subire.
Ricordò allora l’espressione folle di Weasley quando Bellatrix aveva ordinato di tenere la Mezzosangue.
Che lui provasse un forte sentimento per lei era evidente da molto tempo, ma era ricambiato?
Possibile che lei, Hermione Granger, fosse in qualche modo attratta da un’idiota ambulante come Weasley?
No, era davvero troppo orribile e disgustoso per essere vero.
Weasley era un dannato pappamolle e lei…bè, lei era lei.
Avrebbe voluto avvicinarsi a lei, accarezzare con le dita gli ingarbugliati boccoli scuri, sussurrarle che non aveva nulla da temere perché lui era lì accanto a lei e non avrebbe permesso a nessuno di farle ancora del male.
Non poteva.
Doveva limitarsi a osservarla da lontano, immaginando la morbidezza dei suoi capelli e la delicatezza della sua pelle.
Si concesse ancora parecchi minuti per guardarla, mangiandola con gli occhi, perdendosi in ogni suo particolare e, dopo aver controllato miliardi di volte che la stanza fosse sicura e aver tracciato ogni genere di incantesimi perché nessuno valicasse quella porta, decise di andare a controllare le provviste in cucina.


Quando Hermione si svegliò era sicura che, se avesse aperto gli occhi, si sarebbe trovata all’Inferno.
Sì, era certa di essere morta, ma era altrettanto sicura che quello non fosse il Paradiso- sentiva troppo dolore- pertanto concluse di essere finita fra le fiamme eterne.
Si chiese soltanto cosa avesse fatto di tanto orribile per meritare il castigo Infernale: ok, talvolta era sgarbata e di recente aveva mentito parecchio, ma bastava quello per precipitare nell’abisso?
E poi, che razza di Inferno era? Sentiva il fuoco scoppiettare ma, allo stesso tempo, aveva l’impressione di essere distesa su un comodo letto. Lottando con il dolore che le pervadeva ogni parte del corpo, uscì la mano dalle coperte che la avvolgevano- perché si erano coperte- e si ritrovò ad accarezzare velluto.
C’era decisamente qualcosa di strano in tutto ciò che stava accadendo.
Aprì gli occhi di scatto ma, anziché diavoli e dannati, vide un soffitto dalle tonalità chiare.
Sforzandosi di ignorare il dolore, si mise faticosamente a sedere e si guardò intorno sempre più dubbiosa: si trovava- stando a quanto gli occhi vedevano- in una stanza decisamente lussuosa, arredata con mobili antichissimi e dalla bellezza stupefacente, riscaldata dal fuoco allegro del camino e illuminata da un lampadario che sembrava fatto di smeraldi e argento.
Approposito di lampadari…
Facendo un piccolo sforzo di memoria cercò di ricostruire gli ultimi momenti prima di perdere conoscenza: era più che sicura che li avessero catturati, portati a Villa Malfoy e che poi, per qualche motivo che non riusciva a ricordare, qualcuno, forse Bellatrix, l’aveva torturata fino a farle perdere i sensi.
No, non era corretto: era svenuta perché il lampadario si era fracassato sopra di lei.
Questo non spiegava però dove si trovava.
Era decisamente poco probabile che i Malfoy, dopo averla torturata a morte, le avessero offerto tanta ospitalità.
Decisamente assurdo e impensabile.
La spiegazione era sicuramente un’altra ma Hermione non riusciva a capire quale potesse essere. Doveva scoprire dove era finita.
A malincuore, sollevò le pesanti coperte e poggiò per terra i piedi avvolti in calzini molto infantili, con disegni di cuoricini, che la fecero sentire una stupida.
Nonostante le fitte in tutto il corpo, cominciò a cercare le sue care vecchie Converse nere e, dopo averle trovate, le indossò e si mise faticosamente in piedi.
Sarebbe più corretto dire che provò a mettersi in piedi, poiché le gambe non la sorressero e cadde pesantemente sul letto.
<< Maledizione. >>
Borbottò a mezza voce, più per la frustrazione che per il dolore in sé per sé.
Fece un altro tentativo, ma stavolta tenne una mano poggiata sul letto e cominciò a muoversi intorno tenendosi saldamente alle lenzuola.
Giunse faticosamente dall’altra parte del letto e i suoi occhi si posarono sull’immagine riflessa in uno specchio: una ragazza con indosso jeans e maglietta strappati in vari punti, da lunghi capelli ingarbugliati ricambiava il suo sguardo con occhi spaesati e che rivelavano l’ombra di un dolore ancora troppo vicino per poterlo dimenticare.
Dio, era davvero così tremenda?
Improvvisamente dietro quell’immagine spuntò l’ultima persona che avrebbe desiderato vedere in quel momento: un ragazzo alto, biondissimo e con freddi occhi grigi era proprio…dietro di lei.
Si voltò e lo vide lì, appoggiato alla porta e con in mano…un vassoio?
Ok, non sapeva cosa fosse più scioccante, se vedere Malfoy lì o se vederlo con un vassoio fra le mani.
D’altro canto lui sembrava più sconvolto di lei, come se non si aspettasse di vederla lì.
Bè, forse era proprio così.
Forse lei non doveva stare lì.
<< Ti sei svegliata Granger. >>
Ok…stava sicuramente sognando.
<< C…co…cosa? >>
Roteò gli occhi esasperato, stringendo ancora il vassoio.
<< Vedo che sei rimasta la stessa tonta di sempre. >>
Il suo tono era sempre freddo, ma aveva come la sensazione che mancasse quel tocco di…di disgusto. Hermione non riusciva a dire nulla di sensato.
Malfoy varcò la porta e posò il vassoio su una scrivania.
<< Allora Granger? >>
Allora?
Che voleva sapere?
Non sembrava arrabbiato dal fatto che lei fosse lì.
Malfoy la guardò, inarcando un sopracciglio biondissimo.
<< Non dovresti essere già alzata, Granger. Dovresti essere a letto.>>
Il mondo era impazzito?
<< Come? >>
Malfoy sbuffò e si avvicinò un po’ a lei che, terrorizzata, indietreggiò perdendo il suo precario equilibrio e cadendo pesantemente all’indietro.
Prima che potesse realizzare quanto male si era fatta, il biondo le fu accanto e le stava porgendo una mano che Hermione si limitò a fissare fra la sorpresa e il disgusto.
<< Granger, cerca di essere meno stupida del solito e lascia che ti aiuti. >>
Cosa?
Malfoy voleva aiutarla?
No, c’era assolutamente qualcosa di strano, anzi di assolutamente irreale.
Lei non si mosse di un millimetro e Malfoy sbuffò irritato.
<< Va bene! Se proprio ci tieni a rimanere lì per terra, fa pure! >>
Si sedette in un angolo del letto e la guardò con gli occhi glaciali, incrociando le braccia al petto. Stare lì in silenzio era la cosa più stupida al mondo e, sebbene fosse sempre più convinta che tutto ciò fosse frutto di qualche stranissimo sogno, ricambiò lo sguardo di Malfoy, senza però provare ad alzarsi: sapeva che se lo avesse fatto sarebbe caduta di nuovo e l’ultima cosa che voleva era essere sostenuta da quel verme.
<< Dove siamo? >>
Malfoy sembrò apprezzare il fatto che si fosse decisa a parlare e le parve di vedere nei suoi occhi un guizzo di…gioia?
<< Nella residenza Irlandese dei Malfoy. >>
Impiegò qualche secondo per registrare quell’informazione, ma, non appena riuscì a carpirne il significato, un dubbio ancora più grande le si affacciò nella mente.
<< Bene. Ed io che ci faccio qui? >>
Impiegò qualche secondo in più per rispondere a tale domanda e Hermione ebbe l’impressione che stesse cercando di ricordare la sua battuta.
<< Ti ho salvata. >>
Se la situazione non fosse stata tanto tragica sarebbe sicuramente scoppiata a ridere: Malfoy, Draco Malfoy, aveva salvato lei, Hermione Granger, la Mezzosangue, l’amica di Potter?
Di tutte le spiegazioni che poteva darle quella era sicuramente la meno credibile.
<< Malfoy, non credo ad una parola di quello che hai detto. >>
Sentenziò senza staccare gli occhi da lui.
<< E invece dovresti, Granger. >>
Ok uno di loro due era pazzo, restava solo da capire chi, sebbene Hermione non avesse molti dubbi a riguardo.
Eppure lui sembrava davvero convinto di averla salvata.
<< Ok, Malfoy, mettiamo caso che tu mi abbia davvero salvata. >> Usò il tono accondiscendente come se si stesse rivolgendo ad un bambino. << Mi viene naturale chiedermi perché mai tu lo abbia fatto. >> Non sembrava per niente sorpreso da quella domanda ma non rispose lo stesso subito: ancora una volta sembrava incerto sulla battuta da recitare.
Abbassò gli occhi sulla coperta e prese ad accarezzare il velluto con una mano.
<< E’ difficile stare a guardare quando qualcuno sta morendo, Granger. >> Parlava a voce bassissima e Hermione dovette sforzarsi per cogliere ogni parola. << Non sono un mostro e non riesco a sopportare di assistere impotente ad un assassinio. >>
Avrebbe anche potuto credergli se non fosse stato per un piccolo particolare che smontava completamente quel bel discorso.
<< Malfoy, solo l’Estate scorsa hai permesso che Piton uccidesse Silente davanti ai tuoi occhi e non mi pare che tu abbia fatto granchè per salvarlo. >>
Si pentì quasi immediatamente di aver parlato: l’espressione di Malfoy si fece gelida, più del solito e strinse nel pugno un lembo della coperta.
<< Non mettere troppo alla prova la mia pazienza, Granger. >> Sussurrò con voce tagliente. << Non mi pento di averti salvata ma se cominci a comportarti male sarò costretto a diventare sgarbato. >>
Hermione ridusse gli occhi a due fessure. << Le tue minacce non mi spaventano. >>
Non voleva sembrare paranoica ma aveva come l’impressione che litigare con lei non fosse fra le priorità del biondo. Al contrario pareva che si stesse sforzando al massimo perché andassero d’accordo.
<< Non ti sto minacciando, Granger. >> Fece esasperato da quella conversazione. << Voglio solo che tu capisca che non è mia intenzione farti del male. >>
Poteva anche sbagliare ma le sembrava stranamente sincero, come mai lo era stato prima con lei.
Lo osservò in silenzio e colse nei suoi occhi bassi qualcosa che non riuscì ad identificare ma che era sicura non c’era stato prima di allora.
Possibile che stesse davvero dicendo la verità?
Chissà cosa ne pensavano Harry e Ron.
Quel pensiero improvviso la colpì come un fulmine a ciel sereno.
<< Dove…dove sono Harry e Ron? >>
Balbettò temendo la risposta, col cuore che le batteva talmente forte da farle male nel petto.
Malfoy la guardò di nuovo, e sembrava addolorato per quello che era costretto a riferire.
<< Ne so quanto te, Granger. Non ho idea se siano riusciti a scappare o se sono ancora prigionieri o se… >>
<< ZITTO! >> Lo interruppe tappandosi le orecchie per non sentire la terza terribile opzione. << Non possono essere…no…ne sono sicura…sono riusciti a fuggire. >> Cercò di mettersi in piedi. << Devo trovarli. >>
Ancora incapace di reggersi in piedi, sarebbe caduta di nuovo se Malfoy con uno scatto repentino non si fosse alzato e l’avesse sostenuta per i fianchi.
<< Così non puoi andare da nessuna parte, >> fece con un tono di voce che poteva quasi considerarsi dolce, << prima devi riprenderti. >>
Muovendola come se pesasse cinque chili e non cinquanta la adagiò di nuovo sul letto, mettendola appoggiata allo schienale.
Si allontanò ma solo per prendere il vassoio e poggiarlo delicatamente sulle sue gambe.
Per poco Hermione non fu colta da un infarto: c’era un piatto con della minestra, un cucchiaio, un bicchiere d’acqua e del pane.
Era semplicemente sconvolta e i suoi occhi correvano dal vassoio a Malfoy, in piedi accanto al letto e piuttosto imbarazzato.
<< Non veniamo qui da un bel po’, ma non teniamo mai la dispensa completamente vuota. >> Mormorò infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
Incapace di dire qualcosa di sensato, Hermione afferrò il cucchiaio e lo immerse nella minestra, ma, prima di portarlo alla bocca, guardò il ragazzo.
<< Non l’avrai mica avvelenata, vero? >>
Malfoy, esasperato, le tolse il cucchiaio dalle mani e mangiò la minestra, poi prese un pezzo di pane e infine bevve un sorso d’acqua.
Solo allora restituì il cucchiaio ad un’Hermione scioccata.
<< Contenta? >>
Rossa in volto, Hermione cominciò a mangiare e si rese conto che stava morendo di fame e che non mangiava niente di così buono da molto tempo ormai.
Era talmente presa dal cibo che non si accorse dello spostamento di Malfoy sulla poltrona e non fece completamente caso agli occhi gelidi di lui che la osservavano intensamente. Sentì il suo sguardo su di lei quando aveva ormai mangiato anche l’ultima briciola e bevuto ogni singola goccia d’acqua.
<< Desideri qualcos’altro? >>
Hermione scosse la testa, colpita dal tono gentile dell’altro che si affrettò a togliere il vassoio da sopra le sue gambe poggiandolo per terra.
<< Mi spiace metterti sotto pressione ma devi riprenderti in fretta. >> Le disse, serio. << Non ho l’arroganza di sentirmi più furbo del Signore Oscuro o dei miei familiari, >> non ci voleva un genio per cogliere il riferimento per niente casuale a lei e ai suoi amici, << pertanto temo sia questione di pochissimo tempo prima che scoprono che ti ho portata qui e per nulla al mondo vorrei trovarmi in questo castello quando verranno a controllare. >>
Non poteva che essere d’accordo con lui su questo punto.
<< E dove vorresti andare? >>
Si fece pensoso, come se non avesse mai davvero pensato a cosa fare. << Non lo so, ma ci penserò. >>
Prese il vassoio da terra e si alzò. << Adesso dormi, Granger. Farò io da guardia e se dovessi sentire qualcosa di strano corro subito a svegliarti e ce ne andiamo. >>
Stava per uscire quando Hermione lo chiamò.
<< Sì? >>
<< Grazie. >>
Non rispose, ma il sorriso che le rivolse valeva più di mille parole.
Quando si fu allontanato, Hermione poggiò di nuovo la testa sul cuscino: aveva ragione lui, doveva riprendersi in fretta.
Aveva una missione da compiere.
E aveva i suoi amici da trovare.

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Capitolo 3
*** Ad uno come te ***


Eccomi di nuovo qui! Voglio ancora ringraziare tutti coloro che stanno seguendo la mia fan fiction: ogni volta che leggo il numero delle visite mi sento davvero bene :)Un ringraziamento speciale va a coloro che l'hanno inserita fra i preferiti e a chi si prende la briga di lasciare qualche commentino per un'autrice un pò complessata che ha davvero bisogno di sapere se ne vale sul serio la pena perchè più si prosegue più temo di cadere nel banale e di rovinare tutto. Che altro posso dire? Sorbitevi anche questo capitolo, che a me non piace in modo particolare ma che non potevo eliminare perchè è un ponte fondamentale con il quarto già a metà che adoro davvero. E lasciate qualche commentino per me :)
Thanx
Mena


Il cuore stava di nuovo scoppiando, ma per la gioia stavolta.
Era davvero riuscito a salvarla.
L’aveva portata via da un covo di Mangiamorte, l’aveva curata e, forse, era riuscito a conquistarsi un po’ della sua fiducia.
Niente, però, valeva quanto l’averla vista sveglia, l’averla sentita parlare.
Niente valeva quel grazie.
Era più che contento di essersi messo contro la sua famiglia, i Mangiamorte e il Signore Oscuro per lei. Non si era pentito minimamente di ciò che aveva fatto.
Anzi lo avrebbe rifatto ancora e ancora.
E se lei gli avesse presto sorriso la sua vittoria sarebbe stata completa.
Oh, avrebbe venduto la sua anima al Principe degli Inferi perché lei gli sorridesse veramente come aveva fatto mille e mille volte nei suoi sogni!
E sarebbe stato ancora più bello perché la sua mente, le sue fervide fantasie non riuscivano ad eguagliare la straordinaria bellezza della sua Mezzosangue.
Ma non doveva distrarsi.
Quel più che gradito onere che si era caricato sulle spalle non era ancora al sicuro. Non completamente. Il suo compito era appena iniziato.
Il primo passo sarebbe stato il più difficile: doveva far sì che si fidasse completamente di lui.
Temeva che, se lei pensasse che lui fosse un suo nemico, avrebbe fatto qualche sciocchezza mettendo a repentaglio la sua vita.
Non poteva permetterlo.
Ma come fare per farle capire che mai e poi mai l’avrebbe tradita?
Era testarda e non credeva a niente che andasse contro la logica.
Un punto a suo sfavore visto che nessun ragionamento razionale avrebbe potuto giustificare il suo comportamento.
Rivelarle ciò che provava nei suoi confronti era fuori questione: avrebbe preferito affrontare il Signore Oscuro in persona piuttosto che dover ammettere una cosa del genere di fronte a lei, essere scrutato da quei profondi occhi scuri.
La verità è che aveva paura che lo rifiutasse e che gli scoppiasse a ridere in faccia, il che non era davvero una possibilità da escludere, anzi era il minimo che potesse succedere.
Conoscendola avrebbe anche potuto pensare che la stesse prendendo in giro, sarebbe andata su tutte le furie e addio per sempre speranze.
No, era qualcosa che non si sentiva ancora di affrontare.
E poi gli era sembrata troppo preoccupata per San Potter e Lenticchia per poter dedicare un momento ai suoi sentimenti.
Dio se quei due idioti fossero morti sarebbe diventata inconsolabile!
E, oltre questo- che non era comunque cosa da poco- il Signore Oscuro avrebbe continuato indisturbato la sua opera di distruzione e, per tenerla al sicuro, avrebbe dovuto come minimo cambiare pianeta.
Non pensava mai che avrebbe potuto accadere una cosa del genere, ma sperò che avessero messo insieme quei pochi neuroni che vagavano nelle loro zucche e fossero riusciti a fuggire.
E, approposito di fughe, doveva cominciare a pensare alla loro prossima tappa.
Sollevò la manica sinistra e osservò incuriosito il Marchio.
Da quando aveva tratto in salvo la Granger- ed era passato un bel po’ di tempo- non aveva dato alcun segno di vita.
Aveva pensato che dopo pochi minuti sarebbe stato costretto a sopportare il lancinante dolore di un richiamo al quale non doveva rispondere, ma non era successo niente del genere.
Anziché renderlo tranquillo, ciò non faceva altro che accrescere la sua agitazione: non era normale una cosa del genere.
Stava ancora riflettendo su tale angosciante stranezza quando sentì il rumore di qualcosa che si infrangeva per terra provenire dal piano di sopra.
Salì di corsa le scale, la bacchetta puntata davanti a sé pronto ad uccidere chiunque avesse osato entrare in casa sua e avvicinarsi alla sua Mezzosangue.
Si diresse verso la sua stanza correndo e, quando vi entrò, sentì il cuore andare in mille pezzi: era vuota. Il letto era ancora disfatto ma lei non c’era.
No, non poteva essere vero.
Non potevano averla strappata da lui!
Nessuno poteva entrare nella sua stanza senza che lui lo sapesse, aveva tracciato ogni singolo incantesimo di protezione che era riuscito a ricordare!
Si avvicinò al letto, sollevando la coperta e le lenzuola, quasi che sperasse che fosse nascosta lì dentro.
Non c’era, non c’era!
Il suo profumo era lì, lo sentiva ad ogni movimento della stoffa, ma l’oggetto dei suoi desideri non era lì.
Si prese la testa fra le mani e cominciò ad imprecare silenziosamente: aveva già infranto la promessa fatta a se stesso, non l’aveva protetta e se l’era fatta prendere di nuovo.
E chissà dove l’avevano portata!
Di certo l’avevano presa per punire lui, per fargli provare un dolore terribile prima di ucciderlo.
Ma non sarebbero arrivati a tanto.
No, l’avrebbe trovata, anche a costo di visitare ogni angolo della terra, ma l’avrebbe riavuta ancora fra le braccia.
Mentre ideava un piano di azione per cercarla, sentì il rumore di una porta che si chiudeva alla sua destra e, alzando gli occhi, si trovò di fronte la sua bella Mezzosangue.
Era in piedi, una mano appoggiata sulla maniglia e lo guardava dubbiosa: probabilmente stava decidendo se Draco Malfoy era vittima di una qualche strana malattia che lo aveva reso pazzo.
Aveva tutto il diritto di chiederselo, anche perché era davvero impazzito e la curiosa malattia portava il nome di Hermione Granger.
<< Si può sapere che diavolo hai fatto? >> Le sbraitò contro con veemenza. << Sei impazzita o cosa? Come… >> Ma si rendeva conto di quello che aveva provato in quei pochi minuti o forse addirittura secondi? << Come ti salta in mente di fare una cosa del genere? >>
Lei inarcò un sopracciglio in un moto di irritazione e fece una di quelle smorfiette che lui tanto adorava.
<< Scusami tanto, non l’ho mica fatto apposta! >>
Quel tono acido le si addiceva, anche se, una volta tanto, Draco avrebbe desiderato sentirle pronunziare parole più gentili.
<< Che vuol dire che non lo hai fatto apposta? >> Certo, anche lui aveva i suoi difetti, uno dei quali era continuare imperterrito a fare la voce grossa a colei che lo aveva fatto morire già due volte di terrore e che sembrava non avere altra occupazione che giocare col suo povero cuore. << Ti avevo detto di riposarti e non muoverti dal letto! >>
La sua sadica Mezzosangue spostò gli occhi sul letto, chiedendosi probabilmente se fosse passato un uragano e poi, stizzita, li riportò sul biondo.
<< Malfoy, se avevi il terrore che contaminassi il tuo lussuosissimo bagno avresti dovuto dirmelo prima! >> Sbraitò come lui aveva fatto poco prima. << E non l’ho fatta apposta a rompere quello stramaledetto vaso di cristallo! Ho fatto un movimento avventato ed è finito per terra! >>
<< Ma di che diavolo stai…oh. >>
Si bloccò appena in tempo, prima di dire qualcosa di cui si sarebbe pentito.
La sua sadica Mezzosangue era semplicemente andata in bagno, non aveva cercato di attentare alla precaria salute mentale del ragazzo.
Bè, si in effetti aveva un senso.
Adesso doveva solo trovare una scusa accettabile per giustificare la sua futile sfuriata e avrebbe fatto meglio a trovarla in fretta perché lo sguardo della sua fragile e indifesa protetta non prometteva nulla di buono.
<< Sei…sei andata in bagno. >>
Lei roteò gli occhi esasperata e storse ancora di più la bocca.
<< Non ti facevo così acuto, Malfoy. >> Fece con un sarcasmo non tanto velato.
<< E hai rotto un…vaso. >>
Non ne stava azzeccando una a giudicare dallo sguardo omicida che gli stava rivolgendo.
<< Mi sarebbe piaciuto riparare il tuo preziosissimo soprammobile, ma, purtroppo, uno dei tuoi amici mi ha fregato la bacchetta. >>
Era lieto che stesse già abbastanza bene da pungolarlo ma non si poteva dire lo stesso di lui: non dormiva da chissà quanto, non mangiava da due giorni, l’ansia e la preoccupazione lo stavano uccidendo e lei si divertiva a giocare a nascondino per casa.
Sbuffò stanco e si lasciò cadere sul letto, massaggiandosi le tempie.
<< Granger, so di chiederti davvero tanto ma potresti stare zitta e cercare di non scomparire così all’improvviso? Sai sono un tantino sul chi va là da quando ho deciso di voltare le spalle ai Mangiamorte. >>
Lei inizialmente sembrava volesse ribattere ma poi, forse vedendo le davvero penose condizioni in cui versava il suo inaspettato salvatore, decise di fare come gli aveva detto e tacere.
Draco, sempre attento ai suoi movimenti, avvertì che si mosse con passi incerti verso la poltrona e sentì i suoi occhi trapassarlo.
Rimasero fermi nelle rispettive posizioni quelle che avrebbero potuto essere ore, finchè lei non cominciò a mordicchiarsi in labbro inferiore e picchettare con le dita le gambe.
<< Devi dirmi qualcosa? >>
Non aveva bisogno di alzare lo sguardo per sapere quale fosse la sua espressione: impaziente, quasi frustrata, come quando a scuola, alzava di scatto la mano per rispondere ad una domanda dei professori e questi non le davano retta.
<< Bè, veramente sì. >> Sembrava che avesse trattenuto il fiato fino a quel momento e che avesse ripreso finalmente a respirare. << Ecco, vedi, ho come l’impressione che ti preoccupi per me, >> il cuore di Draco perse un colpo quando pronunziò quelle parole, ma, fortunatamente, lei non aveva alcuna intenzione di fermarsi lì, << ma l’idea è troppo assurda per poterla davvero tenere in considerazione, perciò sono arrivata ad un’altra conclusione. >>
Non aggiunse altro, dunque Draco interpretò che voleva fosse lui a chiederle a quale brillante e geniale conclusione fosse arrivata.
<< E quale sarebbe, Granger? >>
Aveva deciso di parlare solo per farle piacere: il vero motivo lo aveva già scartato.
Certo, sarebbe stato favoloso dire alla Sottutto che si sbagliava, contraddirla su qualcosa, ma non era quello il momento più opportuno per farlo.
<< Tu vuoi che ti riveli quello che io, Harry e Ron abbiamo scoperto. >>
Ok.
Non aveva davvero capito un tubo.
Draco, quasi provando tenerezza per lei e i suoi ragionamenti fallaci, alzò gli occhi su di lei.
Dovette fare uno sforzo titanico per non lasciar trasparire la marea di emozioni che gli provocava la vista dei suoi occhi e di quelle labbra piegate in un sorrisino soddisfatto.
<< Bè, sappi che non te lo dirò mai e poi mai! >> Continuò, appoggiando la schiena e incrociando le braccia al petto. << E non ti varrà a nulla provare a leggere nella mia mente: sono brava in Occlumazia e non permetterò ad uno come te di venire a conoscenza dei miei pensieri. >>
Cercò di non dare a vedere quanto male gli avessero fatto quelle parole: ad uno come te.
Si era illuso che potesse cambiare opinione su di lui ma una cosa del genere non sarebbe mai potuta accadere in una realtà come quella: per lei sarebbe rimasto per sempre un orrido mostro, un Mangiamorte, indegno persino di respirare l’aria sulla Terra. Figurarsi poi se si ponesse il problema della sua fiducia.
No, era stata abbastanza chiara a riguardo.
Avrebbe tanto voluto odiarla per quello, ma non ci riusciva.
Semmai ogni sua parola non faceva altro che accrescere l’odio che provava per se stesso.
E in lui nasceva l’irrazionale desiderio di provare ancora, di tentare di farle cambiare idea sul suo conto, di mostrarle che non era poi così orribile come lei lo dipingeva.
<< Granger, pensi davvero che se avessero voluto sapere qualcosa da te, avrebbero architettato un piano del genere? >> Provò a farla ragionare, sebbene non nutrisse molte speranze. Era terribilmente testarda e farle cambiare opinione non era decisamente una passeggiata. << Sarebbe stato sufficiente che Bellatrix continuasse la sua opera e se… >> deglutì << se tu non ce l’avessi fatta a resistere c’erano sempre Potter e Weasley nei sotterranei. >>
Gli occhi di lei si accesero. << Eh, no! Voi siete subdoli! Volete che io mi fidi di te e che creda che Ron ed Harry sono perduti, per poter confidare ciò che abbiamo scoperto a te! Allora mi ucciderai e correrai dal tuo padrone a riferire tutto e sarai annoverato fra i più fedeli Mangiamorte che siano mai esistiti! >>
Draco ebbe la terribile sensazione che per lei quella fosse solo una diatriba da vincere a tutti i costi.
In effetti era proprio quanto c’era da aspettarsi da Hermione Granger.
<< Io la trovo una spiegazione stupida e forzata. >> Riuscì addirittura a curvare le labbra in un ghigno.<< Mi aspettavo qualcosa di più da te, Granger. Mi hai deluso. >>
Diventò rossa di rabbia.
Si imporporò completamente, ridusse gli occhi a due fessure e si morse il labbro inferiore tanto che Draco temette che si sarebbe tagliata con i denti.
Era semplicemente adorabile.
Draco scoppiò a ridere divertito e ciò non fece altro che farla arrabbiare ancora di più, ma scelse saggiamente di tacere.
<< Bene, Granger, mi hai fatto ridere, mi ci voleva proprio. >>
Lei lo fulminò con lo sguardo, cercando sicuramente di desistere dal tentativo di strozzarlo con le sue mani. Draco, dopo un’ultima risatina, si sforzò di tornare serio.
<< Anche se adoro avere queste conversazioni con te, ci sono cose più urgenti di cui occuparsi. >> Puntò gli occhi gelidi in quelli caldi di lei. << Come ti senti? >>
Dopo che le aveva riso in faccia, quella domanda suonava decisamente fuori luogo.
Lei, come era naturale, pensò lo stesso e, in un primo momento non rispose.
<< Granger, perdonami se ho urtato la tua sensibilità, ma devo sapere come ti senti. >>
Continuò a rimanere in silenzio e Draco sospirò esasperato.
<< Santo Merlino, Granger! >> Sbottò irritato più di quanto avrebbe voluto essere. << Ti sto semplicemente chiedendo se ti sei ripresa almeno un po’! O pensi che anche questo sia un subdolo modo per sapere quanto avete scoperto tu, San Potter e Lenticchia? >>
Non era riuscito a tenersi dentro quell’ultima acida frecciatina ma, sicuramente, avrebbe dovuto sforzarsi maggiormente per farlo: la sua adorata Mezzosangue diventava particolarmente irritabile quando si tiravano in ballo quegli idioti dei suoi amici.
<< Mi sono ripresa benissimo, grazie. >>
Era possibile essere tanto acidi?
Una creaturina piccola e fragile come lei poteva contenere tanto sarcasmo?
Bè, a quanto pare sì.
<< Ascoltami, Granger, non ti rendi conto di quanto grave sia la nostra situazione. >> Cercò di farla ragionare e sperò che, almeno quella volta, decidesse di dargli retta e non contraddirlo come era solita fare. << Se rimaniamo qui per troppo tempo ci troveranno sicuramente e, non so tu, ma io non ho voglia di farmi uccidere. Questo significa che non appena starai bene e sarai in grado di reggerti in piedi senza un sostegno, ce ne andremo il più in fretta possibile. >>
Aveva sintetizzato al massimo temendo che lei lo interrompesse e non gli permettesse di aggiungere nulla ma, stranamente lo lasciò parlare.
<< Da quanto siamo qui? >>
Domandò lei dopo qualche minuto di assoluto silenzio.
<< Otto ore e ventitre minuti, per essere precisi. >>
La Granger si mise seduta in una postura più corretta e i suoi occhi corsero al braccio sinistro di Draco.
<< E da allora…non…non c’è… >>
<< Non c’è stato alcun richiamo, se è questo che intendi. >> Concluse per lei, senza staccarle gli occhi di dosso.
<< E’ impossibile. >>
Sentenziò lei, mantenendo lo sguardo fisso sul braccio- coperto dalla camicia- di Draco.
<< In effetti è strano, ma non impossibile. Ho una teoria. >>
La Mezzosangue alzò gli occhi sul viso del ragazzo, che vi lesse la tipica curiosità della sua adorata.
<< Ovvero? >>
<< Prima di smaterializzarmi con te ho sentito strani rumori provenire dal sotterraneo ma non ci ho fatto troppo caso in quel momento. Mi aspettavo che avessero cercato di richiamarmi dopo poche ore ma non è successo, perciò non posso che concludere una cosa: hanno avuto una preoccupazione maggiore. >>
Gli occhi di lei si illuminarono. Aveva capito cosa intendeva. << Credi…credi che Ron e Harry siano riusciti a scappare? >>
Come si faceva dolce la sua voce mentre pronunziava i nomi di quei due! Quanto sarebbe stato felice se avesse usato un decimo di quella tenerezza anche per il suo!
<< E’ una possibilità da non escludere. Anzi reputo sia la più probabile. >>
<< Sì, è andata così, ne sono sicura. Devono essere riusciti a liberarsi…e forse…ma che dico?...sicuramente mi stanno già cercando! Ron ha il Deluminatore ed è già sicuramente sulle mie tracce. >>
Provò un moto di forte gelosia: parlava di Lenticchia come se fosse il suo eroe e salvatore.
Non era stato lui, però a strapparla alle grinfie di una Mangiamorte al culmine della follia?
E mai, mai, per descrivere ciò che aveva fatto aveva usato un tono tanto accorato.
<< Ti riporterò da Weasley, se è davvero questo quello che vuoi. >>
<< Perché, sai dove sono andati? >>
<< Ovviamente no, Granger, ma da sola non riuscirai mai a trovarli. >>
Strizzò gli occhi irritata.
<< Mi sottovaluti, Malfoy. >>
<< Temo che sei tu a sopravvalutarti, Granger. >> La contraddisse. << Non sei decisamente al massimo della forma, hai perso la bacchetta, sei ricercata come l’amica di Potter e come Nata Babbana non registrata al censimento e, se questo non ti bastasse, sei anche una ragazza che, te lo assicuro, non resisterebbe due minuti sola. >>
Ok, adesso l’aveva ferita nel suo innato e sconfinato orgoglio. << Malfoy, devo ricordarti che ho affrontato prove durissime che la tua persona non può nemmeno immaginare? >>
<< No, Granger, ma rimango comunque del parere che una ragazza come te non deve viaggiare senza protezione, soprattutto se è completamente disarmata. >>
Impiegò qualche secondo per recepire la frase di lui e poi gli rivolse un sorrisetto molto più che intrigante. << Vorresti essere tu il mio protettore? >>
Dovette fare uno sforzo tremendo per arrestare le vampe di calore che lo sguardo con una punta di malizia di lei gli aveva procurato, ma non si sentì comunque in grado di rispondere.
Lei continuò a sorridere, sicuramente beandosi dell’aver messo a tacere Draco Malfoy, e, infatti, rimase immobile ancora qualche minuto a guardarlo.
Dopo un indefinito lasso di tempo che al biondo parve un’eternità, si alzò e si diresse di nuovo verso il bagno.
<< Ho bisogno di fare una doccia. >>
Gli spiegò e, prima di richiudere la porta dietro di lei, guardò il ragazzo stavolta davvero maliziosa.
<< E…Malfoy? Vedi di non sbirciare. >>
E, con un sorriso divertito, si chiuse dentro.
Fu allora che Draco si rese conto di avere un altro problema: doveva riuscire a non saltarle addosso.
Rimase fermo sul letto, muto, le orecchie attente a cogliere ogni minimo rumore proveniente dal bagno: sentiva che si spogliava, la avvertiva muoversi e la sua immaginazione faceva il resto.
Non c’era altro da fare.
Scappò di corsa fuori dalla stanza e scese al piano di sotto, ma ancora la vedeva sotto la doccia, l’acqua che percorreva ogni parte di quel corpo perfetto. La immaginava così e con quello sguardo malizioso.
Semplicemente stupenda.
Così l’animo di Draco Malfoy si rodeva dentro pregando di, un giorno, poter baciare quella creatura paradisiaca che si muoveva al piano di sopra e che da mesi dominava incontrastata i suoi pensieri.

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Capitolo 4
*** Perchè? ***


Come sempre devo ringraziare tutti coloro che stanno seguendo la mia fan fiction, rivelandovi che, se non ci foste stati voi, probabilmente non sarei andata oltre il primo capitolo. Questo capitolo è, finora, quello che più mi piace. Ancora una volta spero di essere stata all'altezza e di non aver deluso le vostre aspettative :) Ricordatevi di recensire.
Kisses
Mena



Bè, doveva ammetterlo, le cure di Malfoy stavano facendo velocemente l’effetto sperato: non erano passate nemmeno dodici ore da quando era stata torturata ma si sentiva già molto meglio.
E, sebbene fosse casa dei Malfoy, apprezzò di potersi finalmente rilassare un po’ con una doccia calda, lasciando che l’acqua lavasse ogni preoccupazione e, senza il timore che una serie di Mangiamorte fossero appostati fuori dalla porta, prolungò quel momento più che poteva.
Certo, probabilmente i Mangiamorte erano sulle loro tracce, ma l’essere dentro un castello le dava un forte senso di protezione.
E, nonostante sarebbe stata molto più contenta se Ron ed Harry fossero stati lì con lei, non le dispiaceva poi tanto l’idea che ci fosse Malfoy.
Indubbiamente non era mai stato giusto e leale con lei ma cominciava a credere davvero che l’avesse salvata: la doccia calda era servita anche a ricordarle alcuni particolari e, con notevole stupore, aveva scoperto che doveva essere stato proprio lui a far cadere il lampadario, sicuramente per creare un diversivo e portarla via da lì.
La domanda da porsi era un’altra: perché lo aveva fatto?
Tale irrisolvibile quesito la accompagnò fuori dalla doccia, mentre si avvolgeva un accappatoio- forse proprio quello di lui- intorno e mentre cercava fra i tanti cassetti una spazzola.
Possibile che fosse davvero un piano architettato dai Mangiamorte per carpire segreti da lei?
Scosse la testa mentre, preso possesso dell’enorme specchio sopra il mobile con due lavandini- cosa se ne facesse di due lavandini non riusciva proprio a capirlo- si pettinava e esaminava il volto per vedere se fossero rimasti cicatrici, scoprendo con sollievo che non ve ne era nemmeno una.
Come aveva detto Malfoy, quella era una conclusione terribilmente forzata e indegna di un’intelligenza come la sua.
Il problema era che le risultava è particolarmente difficile accettare che non avesse secondi fini e, il timore che ne avesse in realtà la poneva dinanzi ad una difficile situazione: come poteva portare un Mangiamorte sulle tracce di Harry e Ron? D’altro canto non poteva fuggire e, anche se lo avesse fatto, doveva dare ancora una volta ragione a Malfoy, non sarebbe andata molto lontano.
Eppure doveva trovarli!
Lo sguardo le cadde sulla borsetta di perline posata sul mucchio di vestiti che prima portava addosso: lì dentro c’era tutto quello che necessitava a Ron ed Harry, il Mantello, soldi, vestiti, libri…
Per questo doveva tornare da loro.
E anche perché voleva continuare la missione che aveva scelto di intraprendere.
Chissà come se la stavano cavando Harry e Ron senza di lei…
Sospirando indossò l’intimo e tirò fuori dalla minuscola borsetta un paio di jeans e una semplice maglietta rossa dallo scollo a V e, stupidamente cominciò a cercare un phon.
Quando realizzò dove si trovava, fece per tirar fuori la bacchetta ma ricordò con frustrazione che non l’aveva più.
Perfetto, adesso avrebbe dovuto chiedere a Malfoy che le asciugasse i capelli, sperando che non facesse nessun tiro mancino e glieli bruciasse tutti.
Risistemò il bagno esattamente come lo aveva trovato- doveva assolutamente ricordargli di aggiustare quel vaso-, prese le sue cose e le portò nell’altra stanza, dopo aver nascosto la borsetta nelle calze sotto i jeans. Malfoy non era lì, forse aveva deciso di andarsene per rispettare la sua privacy, ma, dato che aveva lasciato la porta spalancata, suppose che dovesse esserci un altro motivo che non aveva la minima intenzione di scoprire.
Indossò le sue fidatissime e sporchissime Converse e, dopo aver pensato con un sorriso che indossare una maglietta rossa fosse un abominio in una stanza tanto Serpeverde, si trascinò fuori a cercare Malfoy. Attraversò lentamente il corridoio, non riuscendo a celare il fascino che quel luogo le suscitava. Controllando che Malfoy non fosse nei paragi, si avvicinò ad una della pesanti tende di velluto e la spostò quel tanto che bastava per poter vedere fuori.
Mai, mai i suoi occhi si erano posati su qualcosa di tanto magnifico: scorgeva un lago enorme, illuminato in modo quasi irreale dalla Luna piena che si specchiava interamente in quelle acque scure.
Era circondato da una radura stracolma di fiori e intravide anche un gazebo nei pressi di tale magnificenza.
In lontananza vi erano delle montagne ma una leggera nebbia impediva di distinguerne con esattezza i contorni.
Era letteralmente un paesaggio da favola e, in quel momento, si sentì davvero una principessa.
Peccato che non avrebbe potuto fare una passeggiata in riva a quello splendido lago: di certo non era il caso di farlo con i Mangiamorte addosso e, sicuramente, lei non avrebbe mai più messo piede in quel castello.
Le dispiaceva davvero.
Con un sospiro affranto, sistemò di nuovo le tende e continuò a percorrere quell’immenso corridoio.
Quando arrivò alla scalinata in marmo bianco non potè fare a meno di sorridere estasiata: i Malfoy avevano un gusto davvero molto raffinato.
Scese soffermandosi su ogni gradino, gustando quella sensazione di sentirsi una di quelle principesse delle favole che aveva amato sin da bambina.
L’atrio era davvero regale: il lungo tappeto verde con lo stemma dei Serpeverde percorreva lo spazio fra il portone d’ingresso- che le parve decisamente inespugnabile-, sulle pareti vi erano lampadari a muro in quello che doveva essere oro bianco e quadri che si limitavano a fissarla senza proferire parola, e due porte ad archi molto grandi conducevano uno all’ala destra e uno all’ala sinistra del castello.
Quel posto doveva essere secondo solo ad Hogwarts.
L’ala sinistra era completamente al buio, mentre nell’altra vi era qualche luce accesa perciò decisa di andare da quella parte.
Purtroppo anche quelle finestre erano celate da pesanti tende e, sapendo che Malfoy era da quelle parti, non ritenne opportuno mettersi a curiosare.
Pensò che avrebbe dovuto cercare il biondo in ogni stanza ma fortuna volle che vi fosse una sola porta aperta e che, da quel punto del corridoio in poi, tutto fosse immerso nella più profonda oscurità.
<< Mal… >>
Si zittì quando i suoi occhi si posarono su una scena che mai avrebbe pensato di vedere: sul divano poco distante dal camino acceso, era disteso a pancia in giù, un ragazzo, i capelli biondi gli coprivano parte del viso, ma permettevano di intravedere un occhio chiuso. In una mano che quasi toccava terra stringeva con forza la bacchetta.
In quel momento Hermione si chiese come potesse fare creatura del genere a essere un Mangiamorte: sembrava così innocente, puro, sereno.
Provò un forte moto di tenerezza nei suoi confronti e, con un sorriso dolce e senza far rumore, si sedette dando le spalle al camino, ufficialmente per asciugare i capelli, ufficiosamente per godere in silenzio di ogni particolare di quel ragazzo che, in quel momento, le sembrava bellissimo.



Non si rese subito conto di cosa era successo: sentiva la testa stranamente appesantita e scoprì con notevole disappunto che le luci dovevano essersi spente senza che lui se ne accorgesse.
Ci mise un po’ a realizzare che doveva semplicemente aprire gli occhi.
Si era addormentato…
Si era addormentato?
Cosa?
Come aveva osato fare una cosa del genere?
Aveva commesso un errore imperdonabile: e se, mentre lui faceva il suo tranquillo sonnellino, i Mangiamorte o addirittura il Signore Oscuro fossero arrivati e avessero preso la sua Mezzosangue?
<< Granger… >>
Mormorò a mezza voce e poi si mise a sedere di scatto spalancando gli occhi senza guardare però nessun punto preciso.
<< Granger! >>
<< Malfoy, non c’è nessun bisogno di gridare. Io ci sento benissimo. >>
Non si aspettava di sentire quella voce così vicina a lui.
Abbassò gli occhi e si ritrovò a fissare la sua Mezzosangue, tranquillamente seduta per terra a gambe incrociate davanti il camino. Si stava attorcigliando fra le dita i boccoli ordinati e luminosi, mentre gli occhi, i grandi occhi scuri erano fissi su di lui.
Contrastare il desiderio di abbracciarla e passare le mani fra i suoi capelli era molto più che difficile, rasentava l’impossibile, eppure doveva assolutamente farcela.
<< Dovevi sgridarmi per qualche motivo particolare o hai urlato solo per sport? >>
Adesso aveva puntato gli occhi sulla punta di un riccio, esaminando chissà cosa.
Ma si rendeva conto che così lo avrebbe fatto impazzire davvero e non sarebbe più stato responsabile delle sue azioni?
Draco si mise a sedere e cercò di sistemarsi i capelli completamente in disordine.
<< No Granger, volevo solo sapere se eri ancora qui. >>
Riposò i begli occhi scuri su di lui, con un’espressione fra l’esasperato e il divertito.
<< Se fossero venuti i tuoi amici e parenti sicuramente ti saresti svegliato perché ti avrei avvertito della loro presenza con un urlo talmente forte che si sarebbero frantumati tutti i vetri della casa. >> Fece una pausa e tornò a guardare il riccio ancora stretto fra le sue dita. << E poi sappi che non ho nessuna intenzione di scappare. >>
Draco sarebbe anche potuto scoppiare di gioia: aveva detto davvero che non sarebbe andata via?
Sarebbe davvero rimasta con lui?
Gli avrebbe concesso l’onore di prendersi cura di lei e proteggerla?
Cercò di contenere la gioia che gli aveva dato quella notizia e la celò sotto un mezzo ghigno.
<< Hai finalmente capito che non avresti nessuna chance di sopravvivenza senza di me? >>
Odiava dovere essere tanto cinico nei suoi confronti, quando per lei sarebbe stato tutto tenerezze, ma non doveva farle sospettare niente del sentimento che provava.
Il suo terribile angelo gli rivolse un sorriso sarcastico. << Certo, Malfoy. Anzi mi sono chiesta come ho fatto a vivere fino ad adesso senza che tu mi proteggessi. >>
Se lo era chiesto anche lui, ma senza trovare una risposta.
Si era esposta a mille pericoli- il solo pensare adesso a quanto avesse sopportato da quando la aveva incontrata la prima volta lo rendeva ansioso- eppure era sempre riuscita ad uscirne miracolosamente viva.
Con qualche graffio in più e più forte dentro, ma viva.
Ricambiò il suo sorriso e si stiracchiò.
<< Sì, me lo sono sempre chiesto anche io. >>
L’espressione di lei perse il sarcasmo e divenne solamente divertita.
I loro occhi si specchiarono per pochissimi secondi, finchè lei non spostò lo sguardo sul fuoco scoppiettante nel camino.
<< Ti senti meglio? >>
Le pose quella domanda più per porre fine a quel terribile silenzio che per qualsiasi altra ragione: lo vedeva da sé che stava molto meglio.
<< Sì, ma… >>
Ma?
Non si era aspettato un ma.
Possibile che stesse male, che le fosse successo qualcosa?
Si era riaperta qualche ferita o gli effetti della Maledizione Cruciatus erano stati peggio di quanto aveva supposto?
<< Ma cosa? >>
La incalzò, con il cuore a mille per la preoccupazione.
Anche se vi era la sola luce del camino, si accorse che le si imporporavano le guance e vide che si torturava le mani come faceva quando era imbarazzata.
<< Niente. >>
Allora voleva davvero farlo impazzire!
Si alzò dal divano e si andò a sedere per terra, di fronte a lei, piegando un po’ la testa per avere la completa visione del suo volto.
<< Granger, parla. >>
Non era riuscito ad usare il solito tono acido e sprezzante: vederla in quel modo gli faceva letteralmente sciogliere il cuore.
Lei si accorse senza dubbio di quel cambiamento perché spalancò ancora più gli occhi, ma non li posò su di lui.
<< E’ solo che…insomma…non voglio…non mi sento…non sto abbastanza bene per…per andarmene. >>
La sua voce era ridotta ad un sussurro e Draco non era nemmeno tanto sicuro di aver sentito bene.
Aveva detto che voleva restare?
Cioè, voleva ritardare il ritorno da San Potter e Lenticchia e rimanere con lui, Draco Malfoy?
Non era di certo una vittoria, ma era un enorme passo avanti!
Forse c’era ancora una minima speranza per lui.
Forse gli avrebbe permesso di farsi largo nel suo cuore.
Non potè fare a meno di rivolgerle un sorriso complice.
<< Sì, credo anche io che tu non sia ancora pronta per lasciare il castello. >>
Se lei avesse voluto sarebbero rimasti chiusi là dentro per sempre: avrebbe fatto l’impossibile, rendendo quel luogo invisibile a tutti- Mangiamorte e Signore Oscuro compresi- avrebbe inventato incantesimi di protezione ancora più forti e avrebbe dedicato ogni attimo della sua vita a lei.
Lei che in quel momento non riusciva a guardarlo e che cercava di trattenere un sorriso che però le spuntava ribelle sulle labbra.
Lasciò che gli occhi si riempissero completamente di quell’immagine, di quel volto illuminato dal fuoco, la cui luce accarezzava le lunghe ciglia scure e le labbra morbide.
Lasciò che cogliessero ogni particolare dei boccoli scuri che ricadevano come seta sulla sua schiena.
Lasciò che scendessero più in basso, posandosi sulle delicate curve della sua Venere.
Permise loro di vedere troppo perché la mente cominciò a darsi ad ogni genere di fantasie.
Vedeva se stesso avvicinare il proprio volto a quello di lei fino a sentire il suo respiro caldo.
Vedeva la sua bocca posarsi su quella di lei, percependo la morbidezza delle sue labbra.
Vedeva se stesso stringerla a se e sentiva le mani di lei affondate fra i suoi capelli.
Si costrinse a fermarsi.
Se avesse concesso alla mente di vagare ancora non sarebbe riuscito a trattenersi e lo avrebbe fatto davvero.
Non se la sentiva però di rovinare quel momento, dicendo qualcosa che sarebbe stato superfluo.
Avrebbe potuto parlare solo per pronunziare quelle due parole che il cuore urlava ma che la mente si rifiutava di ascoltare.
La sua Venere decise di rompere la magia creata da quel silenzio ma la sua voce era talmente melodiosa alle orecchie di Draco che non lo considerò un gesto sgradito.
<< Posso chiederti una cosa? >>
<< Certo. >>
Lei alzò gli occhi su di lui, guardandolo con un’intensità tale che Draco ebbe l’impressione che stesse leggendo nella sua anima.
<< Perché hai scelto di unirti a Lui? >>
Era una domanda stupida all’apparenza ma Draco sapeva che in realtà non era così, e lo sapeva anche lei.
<< Era scritto nel mio destino che diventassi un Mangiamorte, ma sono sicuro che questo lo puoi capire benissimo da te. >> Fece una breve pausa passandosi una mano fra i capelli nel tentativo di cercare le parole adatte. << Sarei un bugiardo, però, se ti dicessi che non sono stato io a scegliere di unirmi ai Suoi seguaci e, subito dopo aver ricevuto il Marchio mi sono sentito davvero euforico…non puoi capire ciò che significava per me. >> Si bloccò di nuovo, permettendole di leggere nei suoi occhi che le stava dicendo nient’altro che la verità. << Credo di essermi unito soprattutto perché pensavo fosse la sola strada adatta a me. >>
Lei non disse nulla, si limitò a guardarlo.
I suoi pensieri erano imperscrutabili.
<< E quando hai capito di aver sbagliato? >>
Rispondere a questa domanda era ancora più difficile, o meglio, la risposta in sé era facile e Draco la conosceva benissimo, l’arduo era dirla ad alta voce.
Riflettè qualche secondo, cercando una risposta alternativa.
<< Quando mi ha affidato il primo compito: ho scoperto di essere particolarmente…inadatto. >> La Granger lo ascoltò in silenzio, senza staccargli per un solo istante gli occhi di dosso.
Il fuoco risplendeva nelle sue iridi scure creando un gioco di luci ed ombre che incantò Draco.
Gli fu concesso l’onore di ammirare tanto splendore solo per pochissimo poiché lei spostò lo sguardo direttamente sul fuoco.
<< Non mi stai mentendo. >>
Draco sentì il cuore gonfiarsi di gioia: aveva capito che le aveva detto la verità, che non l’aveva salvata per secondi fini.
Era più di quanto aveva osato sperare.
<< Ma… >> ecco c’era sempre un ma a smontare tutto, << ma non posso dirti lo stesso niente di quanto abbiamo scoperto. >>
Era solo questo il problema?
Non voleva dirgli ciò che aveva scoperto con quei due idioti ai quale faceva l’onore della sua amicizia?
Bè, la cosa non lo toccava minimamente: sicuramente c’entrava con il Signore Oscuro e forse avrebbe anche potuto aiutarli a sapere qualcosa di più, ma non gliene importava un granchè.
Gli bastava che lei fosse lì, seduta davanti il camino, più che bellissima, a parlare con lui e a dirgli che credeva alle sue parole.
Non riuscì davvero a trattenere un sorriso di pura gioia.
<< Granger, non mi importa assolutamente niente del fatto che tu non voglia dirmelo. Mi basta sapere che mi credi. >>
Con un movimento fulmineo, lei riposò gli occhi sul suo volto, colpita.
<< Perché? >>
Forse era mera paranoia, ma ebbe l’impressione che vi fosse una nota di supplica nella sua voce, quasi che lei stessa fosse a conoscenza della verità, ma volesse sentirla pronunziare dalla voce di lui.
Lui, però, non avrebbe potuto accontentarla.
Non questa volta.
Se gli avesse chiesto di portarle la Luna, lo avrebbe fatto: si sarebbe arrampicato fino in cielo e gliel’avrebbe donata con estremo piacere.
Ma quanto gli chiedeva- la verità, tutta la verità- era troppo.
Si limitò a una scrollata di spalle e si mise in piedi.
<< Vado a rinforzare gli incantesimi di protezione. >>
Le diede le spalle e si mosse lontano dalla sua protetta, con quella domanda ancora nella testa, rodendosi per non aver potuto dare la risposta più giusta.
Quando lei aveva chiesto “perché?”, lui avrebbe dovuto dire tre semplici parole, che la bocca mai avrebbe pronunziato ma che il cuore urlava.
Perché ti amo.

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Capitolo 5
*** Segreto ***


Vi ringrazio ancora una volta tutti coloro che seguono la mia storia e chi ha recensito. Chiedo venia per gli errori di distrazione: purtroppo la scuola mi impegna tantissimo e scrivo solamente la sera e, anche troppo spesso, quanto scrivo temo sia frutto di un delirio pre-sonno. Pertanto perdonatemi perché, se scrivessi solo quando la mia testa è completamente su questa terra, aggiungerei un capitolo all’anno.
Un'altra cosa della quale devo informarvi è il cambiamento di titolo, da “For her only” in “Beauty and the Beast”: il motivo si farà sempre più evidente.
Adesso passiamo alle considerazioni su questo capitolo: devo dire che ne sono soddisfatta anche se il quarto rimane comunque il mio preferito- fino ad adesso. Che altro dire? Leggete e recensite :)
Thanx
Mena



Aveva avuto una delle conversazioni più strane della sua vita.
No, non era abbastanza: aveva avuto una delle conversazioni più strane della sua vita con Draco Malfoy.
Possibile che quando l’aveva torturata Bellatrix aveva bruciato parte dei suoi neuroni?
Sì, altamente probabile.
Doveva essere sicuramente così perché non vi era altro modo di spiegare quella strana sensazione che aveva provato parlando con Malfoy.
E poi che cosa le passava per la testa?
Gli aveva chiesto di rimanere ancora un po’ a casa sua?
Mentre Harry e Ron rischiavano la vita lei giocava alla principessa?
Era impazzita?
Erano queste le domande che vorticavano nella testa della ragazza mentre se ne stava comodamente distesa nello stesso letto in cui aveva dormito milioni di volte quello che doveva essere uno dei suoi più acerrimi nemici.
Doveva essere, però.
Sì perché la sua opinione su Malfoy stava cambiando radicalmente e la cosa non le piaceva un granchè.
Era abituata a considerarlo un arrogante, stupido, viziato Mangiamorte, ma il modo in cui si era comportato, come le aveva parlato e quello che aveva fatto per lei cambiavano tutto.
Dio, quella situazione avrebbe finito col portarla al San Mungo reparto Cure Mentali!
Sbattè più volte la testa sul povero cuscino agitando convulsamente gambe e braccia.
Quella non era Hermione Granger, era una creatura demoniaca che si era impadronita di lei. Doveva assolutamente fare qualcosa per distrarsi e uscire da quel tunnel che la stava conducendo ad un abisso senza ritorno.
Alzò la gamba- di mettersi in piedi non se ne parlava-, sollevò un po’ i jeans e cacciò una mano dentro i calzini tirando fuori la borsetta di perline.
Facendo attenzione perché il contenuto non le cadesse addosso, cominciò a rovistare cercando qualche libro che potesse servire allo scopo.
Peccato che solo leggendo il titolo riusciva a scorrere mentalmente le pagine, percorrendo quelle righe che aveva imparato a memoria.
Ciononostante, prese un volume di Incantesimi e cominciò a leggere.
Niente.
Dopo nemmeno due pagine si rese conto che era tutto inutile: aveva più che altro l’impressione di stare recitando una poesia in testa.
Poggiò il libro accanto a sé e ne prese un altro, di Difesa contro le Arti Oscure, e aprì la prima pagina.
Un buco nell’acqua anche questa volta.
Irritata si mise seduta e prese a rovistare nella minuscola borsetta con molta più foga di prima, sperando segretamente di trovare un volume letto magari una, massimo due volte.
<< Hanno ragione, sono una dannatissima Sottutto! >>
Esclamò chiudendo la borsetta con uno scatto nervoso e resistendo alla tentazione di lanciarla contro la parete.
<< Ammetterlo è il primo passo. >>
Quella voce la fece sobbalzare per lo spavento, ma si tranquillizzò quando vide Malfoy appoggiato allo stipite della porta col solito ghigno stampato in faccia.
<< Malfoy, gradirei se evitassi di spuntare dal nulla. >>
Lui la ignorò con molta eleganza e incrociò le braccia al petto. << Cos’è quella cosa? >>
Con un cenno del capo indicò la borsetta di perline.
Bè, prima o poi avrebbe dovuto fargliela vedere ma avrebbe voluto avere un altro po’ di tempo per capire davvero le sue intenzioni.
<< E’ una borsetta, ma ho fatto un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile e sono riuscita a metterci dentro di tutto. >>
Lui guardò l’oggetto incuriosito.
<< Posso vedere? >>
Non c’era niente di male a permetterglielo: avrebbe visto solo libri, calzini, mutande, vestiti, soldi e….e il Mantello dell’Invisibilità.
Pazienza, non pensava che avrebbe potuto usarlo in qualche modo contro di lei o contro Harry e Ron.
E poi sapeva che non lo avrebbe mai fatto.
<< Certo. >>
Muovendosi elegantemente, le si avvicinò, sedendosi sul letto di fronte a lei e prese la borsetta fra le mani, studiandone il contenuto.
<< E’ il mantello di Potter, quello? >>
Disse, senza alzare gli occhi su di lei.
<< Sì. >>
<< Mmm. Sta attenta a non perderlo: molti Mangiamorte vorrebbero possederlo. >>
Hermione cercò di cogliere nel suo tono di voce un qualche accenno ad un possibile tradimento da parte sua, un segno di doppiogioco ma, fortunatamente, non ne trovò: la stava davvero semplicemente mettendo in guardia.
<< Granger, sei praticamente senza soldi! >>
Lei inarcò un sopracciglio davanti la sua accorata preoccupazione.
<< Malfoy, non mi sono serviti a granchè i soldi: anzi devo dire che se non li avesse avuti sarebbe stato lo stesso. >>
Stavolta fu lui a guardarla dubbioso ed Hermione sospirò paziente.
<< Quando non puoi oltrepassare la soglia di casa o sei costretto a vivere in una grotta, i soldi non ti sono un granchè utili. >>
Non riuscì a capire quali pensieri vorticassero nella testa del biondo: appariva, confuso, scettico e qualcos’altro che non era in grado di definire.
Scosse la testa come per allontanare un pensiero non gradito e tornò a guardare l’interno della borsetta.
<< Accresceremo comunque le tue finanze, non mi va di camminare senza uno zellino in tasca. >>
Ecco la sentenza che c’era da aspettarsi da un Malfoy.
Ma allora non aveva ascoltato una parola di quello che aveva detto?
<< Malfoy, non vuoi proprio mettertelo in testa? I soldi non ti serviranno a niente! >>
Lui sbuffò esasperato. << Ma ti da così fastidio l’idea di avere un gruzzolo da sfruttare in caso di emergenza? >>
<< No, è solo che… >>
Malfoy alzò gli occhi di ghiaccio su di lei, con un’espressione serissima. << So benissimo che non sarà una passeggiata ma è un modo come un altro per sentirmi un po’ più tranquillo. Tu hai i tuoi libri e io i miei soldi. >>
Oh, se la metteva in questi termini poteva capire perfettamente il suo bisogno.
La parola libri le richiamò alla memoria l’esasperazione provata poco prima che Malfoy entrasse in quella stanza e non potè fare a meno di posare gli occhi sui due libri che giacevano sul letto, quei libri che conosceva a memoria e che le erano del tutto inutili.
Il suo volto doveva ben esprimere la frustrazione che provava, perché Malfoy si rese conto che qualcosa non andava.
<< C’è qualcosa che non va? >>
<< No…anzi sì. >> Perché non confidarsi con lui? In fondo avrebbero dovuto condividere ancora del tempo insieme. << Avete sempre avuto ragione: sono solo una Sottutto e adesso ne pago le conseguenze. >>
Come era prevedibile, Malfoy non stava capendo un granchè: si limitò a guardarla interrogativo, alzando un sopracciglio.
Lei, per tutta risposta, afferrò con forza i due libri e li fece cadere pesantemente fra di loro.
<< Vedi questi? Avevo pensato che avrebbero potuto essermi utili! E invece mi sbagliavo! >> Era davvero furiosa. << Li so a memoria! Non mi servono a niente! A NIENTE! >>
Malfoy era chiaramente confuso, forse anche spaventato, dalla reazione della ragazza: la fissava con gli occhi spalancati come se fosse una creatura aliena che gli stesse urlando contro.
<< Granger, sei completamente squilibrata. >>
Ecco appunto.
Però che razza di cafone che era!
Prima faceva tutto il gentile e poi la liquidava così? Era proprio quello che le serviva per stare meglio!
<< Non capisco perché ti metti a urlare per cose tanto stupide quando abbiamo problemi molto più grossi. >> Allora aveva deciso di morire per mano sua? Peccato perché cominciava a starle simpatico. << Se è un libro nuovo che vuoi basta chiedere. >>
Hermione lo guardò come se fosse affetto da una pazzia peggiore della sua.
Malfoy, col suo solito sorriso, si alzò e le tese la mano.
<< Vieni dai. >>
Stavolta Hermione decise di accettare il suo sostegno e, per la prima volta in tutta la sua vita, posò la sua manina in quella più grande del ragazzo.
Aveva sempre pensato che le sue mani dovessero essere degli artigli, pronti a distruggere ogni cosa che toccavano. Si sbagliava: la stretta di Malfoy era molto forte, ma al contempo delicatissima, quasi che temesse di farle davvero del male.
La condusse fuori dalla stanza, sorridendo beato come non lo aveva mai visto, e la guidò nelle varie arterie del corridoio centrale e, per quanto Hermione provasse a raccapezzarsi, si arrese al fatto che non aveva la benché minima idea di dove stessero andando e che, se lui l’avesse lasciata lì, si sarebbe di certo persa.
<< Dove stiamo andando? >>
La guardò e Hermione rimase abbagliata da quel sorriso splendente.
<< Ti piacerà, vedrai. >>
Camminarono qualche altro minuto, finchè Draco si fermò e con la bacchetta scrisse una M e degli strani simboli sulla parete che, a quello strano comando, si rivelò essere una porta.
Guardando dentro, Hermione intravide una stretta scala a chiocciola completamente al buio e provò un brivido.
<< Vuoi portarmi nei sotterranei? >>
Lui si voltò a guardarla, senza perdere un decimo dell’allegria. << No, fifona, sta tranquilla. >> Mosse la bacchetta e illuminò la scala, cominciando a camminare e trascinandosi dietro una sempre più spaventata Hermione.
La ragazza era sempre più sicura che la stesse portando in qualche terribile prigione, rivelando così il suo vero intento, e ne era spaventata.
Le scale finirono e si ritrovarono davanti una porta in legno prezioso, con un pomello in oro.
Draco si voltò e le sorrise.
<< Chiudi gli occhi. >>
Era davvero la fine?
Dubbiosa, Hermione fece come il ragazzo le ordinava.
Sentì il rumore della porta che si apriva e si lasciò guidare avanti, dove avvertì una forte luce.
Incapace di contenere la curiosità, aprì gli occhi di scatto e si ritrovò dinanzi ad uno spettacolo sublime: era in una stanza enorme, altissima, piena zeppa di libri e illuminata dalla rassicurante luce del Sole.
Le vetrate che arrivavano quasi fino al tetto le permettevano di scorgere quel lago che aveva visto la notte prima e che, alla luce diurna, appariva persino più bello.
Non riusciva a credere ai suoi occhi.
<< Questa è la Biblioteca Privata dei Malfoy: qui sono raccolti volumi risalenti ad età antecedenti al Medioevo e sono tutti degli originali. >>
La Biblioteca Privata dei Malfoy?
Volumi antecedenti al Medioevo?
Davvero era troppo bello per poter essere vero.
Non osava fare un passo, ma si limitava a guardarsi intorno estasiata: forse solo la biblioteca di Hogwarts era superiore a quella.
Forse.
<< E’…è stupenda. >>
Balbettò incredula.
<< Puoi prendere tutto quello che vuoi. >>
Hermione pensò che presto le sarebbe venuto un infarto.
Si voltò a guardarlo e lo vide sorridente, piacevolmente colpito dalla sorpresa di lei.
<< Cosa? >>
Rise divertito e le lasciò la mano.
<< Avanti, Granger. Divertiti. >>
Si andò a sedere in una delle tante poltrone medioevali della sala e le fece cenno con un sorriso di muoversi.
Hermione non sapeva da che parte cominciare: quel posto era immenso e non aveva idea di come fossero catalogati i testi.
Si avvicinò esitante ad uno degli altissimi scaffali e cominciò a leggere i titoli: aveva ragione lui, erano pezzi unici.
E lei poteva prenderli?
<< Posso…posso davvero…prenderli? >>
Malfoy annuì con un sorriso e poi spostò gli occhi sulla finestra, mentre lei, eccitatissima, continuava ad esplorare gli scaffali.
Non avrebbe mai pensato che l’accesso per il Paradiso fosse a casa Malfoy, ma doveva ricredersi: era più di quanto lei stessa avrebbe mai sperato di vedere.
Perché Malfoy fosse così gentile con lei continuava ad essere un mistero, ma, in quel momento, non le importava un granchè.
La sola cosa che le dispiaceva era essere troppo bassa per potere vedere in tutti gli scaffali, e, dato che non aveva la bacchetta e lì intorno non c’era nemmeno una scala, avrebbe dovuto “accontentarsi” dei libri più in basso.
Chiedere aiuto a Malfoy era da escludere: temeva che avrebbe potuto farlo innervosire e che l’avrebbe costretta a lasciare quella miniera d’oro.
No, non poteva rischiare.
Molti libri erano antichissimi ed Hermione era terrorizzata dal distruggerli anche solo toccandoli, perciò si limitava a leggerne i titoli sempre più impressionata e frustrata da quella paura che le impediva di soddisfare la sua curiosità.
Riconobbe trattati di filosofi della magia, scritti in lingua originale con testi tradotti accanto, opere introvabili di storiografi e mille e più volumi di ogni genere di magia.
Dopo aver letto i titoli di una ventina di scaffali, si decise a prendere un volume di Incantesimi scritto nel Medioevo: vi erano scritte formule delle quali non aveva mai sentito parlar prima, molte delle quali potevano anche essere utili.
Erano scritte in un Inglese molto arcaico, in caratteri prettamente gotici che rendevano tutto ancora più affascinante.
Tenendo quel bene preziosissimo stretto fra le braccia, raggiunse Malfoy che, seduto ancora in quella poltrona, si divertiva a far lievitare una statuetta che a prima vista le parve molto antica.
Hermione si sedette sulla poltrona poco distante da quella di lui poggiò il librone sulle gambe.
<< Malfoy? >>
<< Mmm. >>
<< Posso farti una domanda? >>
Lui lasciò delicatamente la statuetta poggiandola su un tavolo e la guardò.
<< Dimmi. >>
Ecco, quella gentilezza e disponibilità non facevano altro che confonderla.
Sarebbe stato molto meglio se fosse stato un po’ più scontroso, così almeno avrebbe saputo come comportarsi.
<< Bè, mi chiedevo come avete fatto a creare una biblioteca tanto ricca: dovete esservi impegnati parecchio. >>
<< Veramente no. >>
Hermione inarcò un sopracciglio dubbiosa e lui le sorrise.
<< Tutti questi volumi sono qui dentro da secoli prima che noi nascessimo. >>
<< Vuol..vuol dire che avete scoperto questa biblioteca dopo aver comprato il castello? >>
Draco scosse la testa, il sorriso ancora più disteso.
<< Non abbiamo comprato questo castello: mio padre lo ha ereditato da suo padre, che lo ha ereditato dal suo e così via fino ad arrivare a colui che lo fece costruire, Lancelot Mal Foi. >>
Inutile dire che aveva toccato i tasti giusti per far salire la sua curiosità a mille.
<< Mal Foi? >>
Draco annuì e, comprendendo il desiderio di lei, si accinse a raccontarle tutto.
<< Lancelot de Point du Roi visse nella seconda metà del dodicesimo secolo nella Francia centrale: era uno dei maghi più potenti del tempo e, certamente, uno dei più ricchi. Unico figlio del conte de Point du Roi, governava sovrano nel suo feudo, ma sentiva la mancanza di una cosa: non aveva moglie e nessuna delle donne che conosceva gli sembrava degna di lui. Un giorno, però, fu costretto ad andare in Irlanda per contrattare dei possedimenti con un altro noto e ricco mago e lì vide una creatura sublime, di straordinaria bellezza: Isolde, la quarta figlia del mago Irlandese. Decise che sarebbe dovuta divenire sua moglie e, senza aspettare un solo istante, chiese la mano della ragazza al padre, il quale però lo informò che Isolde era già promessa ad un ricco barone Irlandese. Prova ad immaginare a come Lancelot reagì a quella notizia: la donna che lui aveva scelto gli veniva negata? No, non avrebbe potuto permetterlo. >> Fece una breve pausa. << Decise di prolungare la permanenza dal mago Irlandese e, senza che questi se ne accorgesse, si avvicinò sempre più al cuore di Isolde, finchè la giovane non si innamorò di lui. Fu così che, una notte, la fece fuggire con lui, portandola in Francia. Naturalmente non poteva sposarla subito ma, per evitare che suo padre o quello che avrebbe dovuto essere il suo promesso venissero a reclamarla, la fece sua. >> << Che vuol dire “la fece sua”? >>
Lui le rivolse un sorrisetto particolarmente malizioso. << Vuol dire che si prese la sua verginità quella notte stessa. >>
Hermione si imporporò, maledendo la sua innata stupidità: era proprio necessaria una domanda tanto inutile?
Malfoy, da vero gentiluomo, cancellò quel sorrisetto e proseguì con la storia. << Fu per questo fatto che venne soprannominato Mal Foi, Mala Fede. Comunque, quando il padre di Isolde scoprì ciò che aveva fatto la figlia, la diseredò e avrebbe anche ingaggiato una guerra contro Mal Foi se non fosse stato sicuro che avrebbe perso. Pertanto Lancelot potè tranquillamente sposare la sua Isolde, la quale, sin dall’inizio, diede prova di essere oltre che bellissima anche molto intelligente: divenne padrona del Francese arcaico in pochi mesi e, quando non doveva assolvere un qualche dovere, si faceva accompagnare dai servitori in lungo e in largo ricercando volumi di ogni genere, da divorare in pochissimi giorni. >> Fece un’altra breve pausa. << Devi sapere che Lancelot trattava tutti con estrema superbia, ma con la moglie era completamente diverso: la amava al di sopra di ogni cosa e la sua massima aspirazione era renderla felice. Non erano passati che pochi mesi quando si rese conto che la sua Isolde non lo era: rimpiangeva l’Irlanda e avrebbe tanto voluto poter parlare ancora almeno con la madre e le sorelle. Fu allora che ordinò la costruzione di questo castello, nel quale la moglie avrebbe potuto ricevere le sue parenti, e si occupò lui stesso di mettere in piedi questa biblioteca, raccogliendo in ogni dove libri nuovi per far felice Isolde. I segni che ho tracciato prima di entrare sono la M- era estremamente orgoglioso di aver ottenuto quell’appellativo- e un giglio, il fiore preferito di Isolde. Solo Lancelot e la moglie sapevano della biblioteca e ne rivelarono l’esistenza solo al figlio che nacque dalla loro unione, Tristan Mal Foi, ordinandogli di cercare sempre nuovi volumi e di parlarne solo a colei che sarebbe divenuta la sua sposa. Col tempo l’appellativo venne inglesizzato e divenne il cognome della mia famiglia. >>
La mente di Hermione era riuscita a recepire fino ad un certo punto: “parlarne solo a colei che sarebbe divenuta la sua sposa.”
Il cuore le martellava all’impazzata nel petto.
<< Tu ci hai portato me. >>
Sussurrò, non riuscendo a staccare gli occhi scuri da quelli chiarissimi di lui.
Malfoy, d’altro canto, sembrava non essersi ben reso conto di ciò che aveva detto e pareva persino più colpito di lei.
Sembrava fosse stato colpito da un Petrificus Totalus tanto era immobile.
Rimase tale per qualche secondo, poi con un ghigno riprese a respirare.
<< Bè, qualcuno doveva pur rompere la tradizione. >>
Perché, stranamente, il cuore fece un altro tuffo?
Hermione non sapeva- o forse non voleva- spiegarselo.
<< Sì, hai ragione. >>
Malfoy la guardò intensamente per pochi secondi, poi scattò in piedi.
<< E’ meglio se usciamo. Vuoi solo questo per adesso? >>
Per adesso?
L’avrebbe portata ancora lì?
Si sentì il cuore gonfiarsi di un’irrazionale gioia a quel pensiero.
Cercando di mascherare la felicità che le dava quella notizia, si alzò in piedi.
<< Sì, per ora va bene così. >>
Malfoy annuì e si diresse verso l’uscita.
Chiuse la porta alle spalle di lei e le camminò dietro fino a che non arrivarono all’ingresso del passaggio segreto.
Dopo averlo richiuso, guidò Hermione in quel labirinto di corridoi, senza però sfiorarla.
Non lo avrebbe mai ammesso ma la cosa le dispiacque un po’.
<< Granger? >>
<< Sì? >>
Erano arrivati nella sua stanza ed Hermione si stava già fiondando sul letto per leggere il libro.
<< Non…non parlarne a nessuno, della biblioteca, ok? >>
Lei annuì velocemente.
<< Certo. >>
Poi Malfoy la lasciò sola, ma la ragazza non riuscì a concentrarsi nella lettura.
Le era stato rivelato quello che era un segreto che i Malfoy avevano custodito per quasi mille anni.
Perché?
Non riusciva a spiegarselo, ma la sua mente- o forse il cuore- continuava a sussurrarle quella parola che le faceva svolazzare le farfalle nello stomaco: sposa.

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Capitolo 6
*** Mezzosangue ***


Wow! Sono davvero contenta che il capitolo di prima vi sia piaciuto tanto! Davvero non mi aspettavo un tale apprezzamento e devo confessarvi che non ero tanto certo della storia dei Mal Foi e che, se non lo avessi pubblicato subito, probabilmente l’avrei tagliata. Bè, meno male che non l’ho fatto :) Ringrazio sempre tutti coloro che seguono la storia e che si prendono la briga di lasciare un commentino per la sottoscritta.
Adesso veniamo a noi: questo capitolo e quello che seguirà sono di transizione. Avevo inizialmente ideato un unico capitolo ma, scrivendo, mi sono resa conto che era meglio dividere. Pertanto vi annuncio da subito che non dovrete aspettare molto per il successivo^^
Vi prego ancora di lasciare qualche piccolo commentino per me e chiedo venia per i soliti errorini xD
XoXo
Mena



Aveva fatto parecchi passo avanti con lei ma, purtroppo, portavano a nulla di fatto.
Perché?
Perché non avrebbe mai potuto confessarle ciò che provava per lei.
O meglio, non avrebbe potuto confessarglielo per ancora un bel po’ di tempo.
Certo, erano tre giorni ormai che vivevano a stretto contatto e temeva che da un momento all’altro lei gli avrebbe detto che era il momento di andare via, che voleva tornare dai suoi amici.
E lui l’avrebbe accontentata, pur sapendo che così facendo l’avrebbe persa per sempre.
Sì perché era più che certo che quando sarebbe stata di nuovo con San Potter e Lenticchia, ogni minima speranza di conquistarla gli sarebbe stata preclusa e- ci pensava con orrore- magari sarebbe stato costretto a vederla diventare la ragazza di Weasley.
Avrebbe avuto molto più senso che stare con lui, ma non riusciva a farsene una ragione: più il tempo passava più si innamorava irrimediabilmente di lei.
Lei che ancora non gli aveva chiesto di andare via.
Lei che aveva avuto come una richiesta quella di essere riaccompagnata in biblioteca.
Sorrise, mentre tracciava altri incantesimi di protezione: adorava guardarla aggirarsi fra i libri, muoversi il più silenziosamente possibile- quasi che fosse in un luogo pubblico e temesse di essere rimproverata- e accarezzare i volumi come se fossero animati.
Ma soprattutto adorava quando, dopo aver studiato ogni scaffale, tornava da lui con un libro stretto fra le braccia e un sorriso imbarazzato a dirgli che potevano andare.
Le piaceva stare lì dentro, si sentiva a suo agio e sembrava dimenticare che fosse in casa di un Mangiamorte.
Era proprio questo ciò che Draco aveva sperato di ottenere portandola lì: voleva che si sentisse a casa sua, che poteva prendere ciò che voleva senza chiedere il permesso.
Voleva che si affezionasse a quel luogo, ricordando- magari in un futuro non troppo lontano- come era stata imbarazzata le prime volte che era entrata lì, in quella biblioteca che- se tutto fosse andato come Draco segretamente sperava- sarebbe stata sua.
Sì, era il primo regalo che aveva intenzione di farle, sempre che fosse riuscito a ritagliarsi un posto nel suo cuore.
Aveva l’impressione- o forse la segreta speranza- che lei cominciasse a sentire qualcosa di diverso per lui. Di certo, era meno propensa ad attaccarlo ed insultarlo e- per la felicità di Draco- gli sorrideva molto spesso.
Ed era sicuramente più tranquilla: Draco avrebbe potuto giurare di averla sentita addirittura canticchiare un motivetto allegro, mentre leggeva seduta accanto al camino.
Inutile dire che ciò riempiva di gioia il cuore di Draco il quale aveva creduto che, in quel castello, non sarebbe mai stata felice.
<< Malfoy? >>
Draco rimase piuttosto sorpreso: era quasi mezzanotte e, a quell’ora, la sua Mezzosangue dormiva già.
Che ci faceva in piedi sulla sommità della scalinata di marmo, in pigiama, scalza e con il libro che aveva preso poche ore fa dalla biblioteca?
Non era possibile che lo avesse già finito!
Era un volume di quasi mille pagine scritto in Rune Antiche!
Se gli avesse chiesto di tornare in biblioteca a prendere un altro libro, l’avrebbe trascinata di peso in camera e l’avrebbe costretta a dormire lasciando perdere ogni genere di lettura.
<< Dimmi, Granger. >>
Lei, considerando questo invito più che sufficiente, scese le scale di corsa e, in meno di mezzo secondo fu accanto a Draco, sfogliando il libro come una matta.
<< C’era una cosa...dovevo fartela vedere…era importante! >> Ma riusciva a capirci qualcosa con quella velocità? << Uffa, ho perso il segno…no, eccolo…no non è questo… >>
<< Granger, che stai… >>
<< Zitto! Se parli mi deconcentri! >>
Va bene che era la sua unica ragione di vita, ma stavolta era palesemente torto suo.
<< Granger, è necessario che ti ricordi che sei stata tu a venire da me? >>
La sua adorata gli lanciò un’occhiata che avrebbe fatto rabbrividire persino il Signore Oscuro, ma non disse nulla: continuò a fogliare il volume cercando chissà cosa.
Che altro poteva fare se non attendere a braccia conserte che la sua bella trovasse la pagina.
<< Eccola! >> Urlò come una pazza colpendo la pagina con la mano e poi praticamente sbattè il libro in faccia a Draco. << Guarda qui! >>
Quella confidenza non poteva che fargli piacere ma era proprio necessario rompergli la faccia?
<< Granger, non so leggere le Rune. E’ inutile che mi sbatti il libro in faccia! >>
Lei non sembrò preoccuparsi troppo del tono di lui: si limitò a spostare il libro e spiegargli il contenuto.
<< Mentre leggevo mi sono imbattuta in una formula molto interessante, scoperta dai Celti tanti anni fa, ma che è stata poi dimenticata e che, a quanto pare, è contenuta solo in questo libro, che non è un vero libro, ma un diario. >> Fece una pausa per riprendere fiato dato che aveva detto tutto in meno di dieci secondi . << E’ un Incantesimo di Protezione un po’ particolare: fa in modo che , se qualcuno dovesse entrare in un luogo che si deve tenere nascosto, veda ciò che colui che lo traccia desidera. Quindi se fai in modo che anche se riescano ad entrare vedano il castello vuoto…bè, siamo a cavallo. >>
Questo voleva dire che aveva ancora intenzione di prolungare la sua permanenza lì?
Bè, se le cose stavano così, sarebbe stato più che felice di tracciare qualunque incantesimo.
<< Va bene, Granger. Dimmi cosa devo fare. >>
La adorava ma doveva ammettere che certi suoi sguardi da esaltata lo terrorizzavano parecchio.
<< E’ un po’ complicato perché tutto dipende da quanto bravo sei nel ricostruire un’immagine fedele nella tua mente e fare in modo che sia duratura. E devi specificare su chi vuoi faccia effetto questo incantesimo, altrimenti persino io non riuscirei a vedere le cose come stanno davvero. >>
Draco rimase in attesa che lei continuasse, che gli spiegasse concretamente come dovesse fare ad evocare tale incantesimo, ma la sua Mezzosangue non sembrava avere intenzione di parlare: lo guardava in attesa che facesse qualcosa.
<< E quindi? >> La incalzò Draco dopo qualche secondo, guadagnandosi un’occhiataccia.
<< Che vuol dire “e quindi”? >>
Ah, adesso era pure arrabbiata?
<< Vuol dire che se non mi dici concretamente come devo fare, posso immaginare di tutto ma non concluderò niente. >>
Lei inarcò un sopracciglio, come se non avesse idea di cosa stesse parlando il biondo.
Aveva battuto la testa da qualche parte perdendo parte dei suoi neuroni?
<< Granger, la formula! >> Fece infine esasperato passandosi una mano in faccia.
<< E cosa…oh, vero, non te l’ho detta. >>
Diventò rossa per l’imbarazzo e abbassò gli occhi sulla pagina.
<< Urael Camir Votar. >>
Inutile dire che dopo mezzo secondo aveva dimenticato ogni parola.
<< Ripeti. >>
<< Urael Camir Votar. >>
Altro secondo di silenzio.
<< Ok, ripeti di nuovo. >>
Lei, perso ogni segno d’imbarazzo, sbuffò guardandolo con occhi fiammeggianti.
<< Urael Camir Votar! E’ tanto difficile ricordare tre parole, Malfoy? >>
<< Non so tu, Granger, ma non sono parole che fanno parte del mio vocabolario quotidiano! >>
<< E allora? Non puoi almeno sforzarti di ricordarle? >>
<< Ci sto provando! >>
<< No che non ci stai provando! >> Fece lei innervosita. << Non mi stai nemmeno ascoltando! >>
<< Non sono io! Sei tu che non fai capire niente! >>
Ormai era partito in quarta e fermarsi sarebbe stato più che impossibile e sembrava fosse lo stesso per lei. << Io? >> Aveva gli occhi al di fuori delle orbite per la rabbia e aveva assunto un colorito identico ai capelli di Weasley. << Tu sei lo zuccone e la colpa sarebbe mia? >>
<< Ritira subito quello che hai detto! >>
I loro visi erano praticamente attaccati ma, in quel momento, era troppo occupato a litigare per cogliere l’attimo e fare ciò che più avrebbe desiderato.
<< Perché dovrei? E’ solo la verità! >>
Sibilava come un serpente e i begli occhi scuri erano pieni di rabbia.
<< Io potrò anche essere uno zuccone, ma tu rimarrai sempre la solita stupida, piccola Mezzosangue. >>
Gli occhi di lei cambiarono: da iracondi si fecero sempre più tristi.
Poi li abbassò.
E Draco realizzò solo in quel momento ciò che aveva detto: la aveva chiamata Mezzosangue.
No, l’aveva chiamata stupida, piccola Mezzosangue.
Avrebbe donato tutto ciò che aveva per poter cancellare quelle orribili parole che erano affiorate sulle sue labbra.
<< Scusa…mi dispiace…non volevo… >>
<< Invece volevi. >>
Aveva ancora gli occhi fissi per terra e il volto era nascosto dai lunghi capelli ricci.
<< No…davvero…non volevo insultarti… >>
Provò a sfiorarle la mano, ma lei indietreggiò senza ancora guardarlo.
<< Non mi toccare. >>
Quel gesto ferì Draco più di una coltellata in pieno petto: avrebbe davvero preferito morire piuttosto che vedersi così rifiutato dalla sola che avrebbe mai potuto amare.
<< Ascoltami… >>
La implorò ancora, ma lei scosse la testa e indietreggiò ancora di più.
<< Non c’è niente da ascoltare. >> Il suo tono era tagliente come la lama di un coltello. << Hai soltanto espresso ciò che pensi di me, ciò che sono io per te. Ti ringrazio davvero della sincerità. >>
<< No, aspetta… >>
Tutto inutile.
Lei, la sua bellissima, gli aveva dato le spalle, tenendosi il libro stretto e stava risalendo il più velocemente le scale per poi poter scomparire nel corridoio.
Rimase pietrificato per qualche secondo: non poteva essere successo davvero.
Per colpa sua le cose erano terribilmente precipitate e, ormai era certo, lei non gli avrebbe mai più concesso nemmeno di guardarla in faccia.
L’indomani mattina gli avrebbe chiesto di lasciare il castello per cercare Potter e Weasley e, quando li avrebbe trovati, si sarebbe rifugiata fra le braccia di chi meritava di ricevere il suo amore.
E non era Draco Malfoy.
Odiando se stesso per aver mandato in fumo ogni speranza, cominciò a prendere a pugni il portone.
“Ciò che io sono per te”, aveva detto.
Ma lei non poteva nemmeno lontanamente immaginare ciò che era per lui.
Era la sua vita, il solo motivo che gli dava il coraggio di andare avanti e non abbandonarsi alla disperazione.
Era la donna della sua vita.
E non sarebbe mai stata sua.



Non era mai, mai stata tanto male in tutta la sua vita.
Perché era destinata a soffrire?
Era per qualcosa che aveva fatto?
Un Inferno da scontare sulla Terra?
Non lo sapeva, ma, d’altra parte, era più che certa che c’era qualcosa di terribilmente sbagliato.
Nel corso della sua vita aveva dovuto subire più di una delusione: il primo cuore infranto risaliva alla tenera età di otto anni, quando un bambino le aveva detto molto chiaramente in faccia che sembrava una scimmia.
A questo erano seguiti le cotte ad Hogwarts.
Non si vergognava ad ammetterlo a se stessa, ma il primo anno aveva creduto di essere innamorata di niente poco di meno che Harry Potter, finchè non aveva realizzato che quello che lei aveva scambiato per amore era solo un forte legame di amicizia.
Ad Harry erano succeduti Viktor Krum e Ronald Weasley.
Bè, con Viktor le cose avrebbero anche potuto funzionare se non avesse avuto certi comportamenti che trovava terribilmente irritanti e se le avesse concesso di parlare un po’ più e baciare un po’ meno.
E con Ron…
Oh, non lo sapeva nemmeno lei!
Era insieme ad Harry il suo più caro amico, ma era, o meglio, era stata davvero innamorata di lui?
Lui provava sicuramente qualcosa per lei, questo era indubbio.
Ma lei?
Era possibile che si fosse semplicemente illusa di provare qualcosa per lui, poiché sapeva che era uno dei pochi a volerle davvero bene?
Possibile e, probabilmente, se le cose fossero andate diversamente, sarebbe già stata la sua ragazza: ma Ron si era messo con Lavanda e l’aveva fatta soffrire.
Che novità.
Ripensò al dolore provato quando aveva dovuto sopportare la vista di Ron e Lavanda insieme: un dolore che le era sembrato immenso ma che non era minimamente paragonabile a quello che stava provando in quel momento, mentre correva nel corridoio di casa Malfoy allontanandosi il più possibile da lui.
Si fiondò dentro la camera, chiudendo violentemente la porta alle spalle e, dopo aver lanciato il preziosissimo libro in Rune contro il muro, si buttò sul letto stritolando il cuscino e piangendo in silenzio.
Si odiava per quelle lacrime.
Perché diavolo piangeva?
Non era un evento così eclatante che Malfoy la chiamasse “Mezzosangue”, lo sapeva benissimo.
Ma allora perché la cosa la faceva stare malissimo?
Si era forse illusa che le cose potessero in qualche modo cambiare?
Che poi, cambiare come?
Lei sarebbe sempre rimasta una Mezzosangue e lui un Malfoy.
Quello che aveva pensato era una cosa malsana e troppo assurda anche solo per potersi realizzare.
Doveva mettere assolutamente a tacere quella voce della sua testa- o forse del suo cuore- che la induceva a provare un sentimento che avrebbe finito con l’ucciderla.
Doveva allontanarsi da lui e tornare alla sua missione, ai suoi amici, i suoi veri amici.
Non importava che fosse completamente indifesa, doveva solo andare via da quel castello e dal suo proprietario.
Si alzò dal letto, animata di nuova forza e si cambiò con un paio di jeans e una felpa.
Ripose tutte le sue cose nella borsa di perline e la infilò come al solito nei calzini, non prima però di aver tirato fuori il Mantello dell’Invisibilità, la sola protezione che le fosse concessa.
Si guardò un’ultima volta intorno, fissando nella sua mente i particolari di quella stanza che le era divenuta familiare e poi, facendosi coraggio, si smaterializzò oltre i confini del castello.
Era fuori e, ancora una volta, era sola.

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Capitolo 7
*** La verità ***


Non riesco a credere di essere rimasta sveglia sino ad ora per finire questo capitolo, ma smettere di scrivere era un sacrilegio. Prima di questo ne avevo ideato un altro, ma non mi piaceva così ho ricominciato da capo alle 23 di oggi e è venuto fuori questo, leggermente più corto degli altri, ma del quale sono orgogliosa. Perdonate gli errori che sicuramente ci sono, ma giuro che non vedo più una lettera del pc: ho gli occhi praticamente chiusi. Con un ringraziamento per i lettori e con l’invito a recensire vi auguro una buona notte.
Mena



Si era pentita qualche minuto dopo di essere fuggita dal castello: come aveva potuto avere un’idea tanto stupida?
Come le era saltato in mente di avventurarsi nel cuore della notte in un luogo oscuro e minaccioso come le appariva quella fitta foresta?
Stava lottando con se stessa per evitare di materializzarsi di nuovo oltre i confini del castello- nessuno poteva materializzarsi dentro- correre fino al portone e implorare Malfoy di farla rientrare.
Un’allettante attrattiva visto e considerato che non aveva la benché minima idea di dove andare: non sapeva dove fossero Harry e Ron, era disarmata e non le veniva in mente nessun luogo sicuro nel quale sarebbe potuta entrare senza bacchetta.
Già perché, fra tutte le disgrazie che le erano capitate, perdere la bacchetta era sicuramente stata la peggiore: senza quell’esile oggetto in legno, era indifesa come una Babbana, anzi peggio.
Perché una Babbana con un minimo di intelligenza non si sarebbe mai avventurata in una foresta sconosciuta nel cuore della notte, nascosta solo da un Mantello che, poteva celare la sua presenza agli occhi dei mille e più abitanti di quel luogo minaccioso, ma non poteva cancellare il suo odore e il rumore dei suoi passi incerti che calpestavano rami e uccidevano tantissimi insetti- sentiva questi suoni terribili e le mettevano i brividi.
E poi aveva un freddo terribile: da stupida quale era non aveva indossato nulla sotto la felpa e il Mantello non era in grado di ripararla dalla temperatura gelida.
Ancora una volta pensò a quanto era stata stupida: a quest’ora avrebbe potuto essere al calduccio fra le coperte, con il camino acceso e la certezza che c’era qualcuno a proteggerla.
Lo stesso qualcuno a causa del quale era scappata.
<< Hermione Jean Granger non essere stupida: sapevi che sarebbe finita. E’ stato meglio così. >>
Continuava a ripetere quelle parole a bassa voce, per convincere se stessa di aver fatto la cosa giusta, ma era dura crederlo.
Poi però le ritornava alla mente quell’unica parola, sentita così tante volte, ma che aveva avuto il potere di farla crollare, perché pronunziata da chi si era conquistato un po’ della sua fiducia e l’aveva pugnalata alle spalle.
Il solo pensiero le faceva venire le lacrime agli occhi: perché lo aveva fatto?
Sarebbe stato molto meglio se non l’avesse fatta illudere perché aveva aperto una ferita difficile da rimarginare.
Ben presto, però, si rese conto di avere problemi di natura maggiore da contrastare: la debole luce Lunare che filtrava dagli alberi le aveva concesso di notare qualcosa di strano che strisciava per terra, una specie di ombra scura.
Inizialmente Hermione pensò fosse un Dissennatore ma capì subito che non poteva essere una di quelle creature: non c’era alcun sintomo che giustificasse la loro presenza.
No, non era un Dissennatore eppure…
Aguzzò la vista e con orrore vide una specie di mantello nero strisciare verso di lei.
La sua mente urlò una parola: Lethifold.
Ma no, non poteva essere uno di loro: erano diffusi nelle zone tropicali e non le pareva che l’Irlanda fosse una di queste.
Ma la sua mente le diceva che si trattava proprio di un’esemplare di quella specie.
E lei era completamente indifesa.
Il panico la assalì, paralizzandola e impedendole di muovere un passo: sapeva benissimo che avrebbe dovuto correre a gambe levate, allontanandosi il più in fretta possibile da quella creatura che avrebbe potuto divorarla in pochi secondi, ma era inchiodata al terreno.
Smaterializzarsi era poi solo n sogno lontanissimo: era talmente deconcentrata che avrebbe seriamente corso il rischio di distruggersi nel tentativo.
Quando però sentì la creatura sfiorarle il piede, il suo corpo reagì per lei: lanciò un urlo fortissimo e cominciò a correre a più non posso senza smettere un secondo di gridare.
Il mantello la impacciava ma non riusciva a coordinare le mani per toglierselo: la testa le ordinava solo di aumentare ancora la velocità, sentendo che il Lethifold dietro di lei faceva altrettanto.
Non voleva morire divorata da quel mostro!
Non poteva essere quella la sua fine!
Gridò a squarciagola quando finì per terra inciampando in una radice e, se non si fosse subito rialzata e avessi ripreso la sua folle corsa, sarebbe stata raggiunta dal Lethifold.
Sentì che aveva le guance bagnate e solo allora si rese conto del fatto che stava piangendo: il terrore era divenuto completamente suo padrone e non sarebbe riuscita a liberarsene.
Sapeva che sarebbe morta e che nessuno avrebbe saputo nulla di lei: nessuno sapeva dov’era.
Con questa triste consapevolezza nel cuore e ormai non più capace di controllare il suo corpo, continuò a correre spingendo le sue gambe al limite delle loro possibilità e pregando come mai aveva fatto in vita sua perché riuscisse a salvarsi.
Sembrò che qualcuno, avendo pietà di lei, avesse deciso di ascoltarla: il suo piede affondò e lei si sentì sprofondare.
Era finita dentro un lago, dove il Lethifold non poteva seguirla.
Lottò liberandosi del Mantello, tenendolo con una mano mentre con l’altra nuotava verso la riva opposta, lontana da quel mostro terribile.
Pianse di gioia toccando la terra fredda e, dopo essersi assicurata che il Lethifold non potesse seguirla fino a lì, fece per uscire.
Fu allora che si rese conto che c’era qualcosa di strano: avvertiva una stretta intorno alla caviglia che le impediva di uscire dal lago.
Con crescente orrore si voltò e abbassò lo sguardo ritrovandosi a fissare due enormi occhi gialli e lunghi denti affilati che splendevano minacciosi illuminati dalla Luna.
Un Avvincino.
Affondò le unghie nel terreno cercando disperatamente di uscire dall’acqua, ma il demone acquatico non solo le afferrò anche l’altra caviglia, ma cominciò a tirarla verso il basso.
Fu ancora una volta il suo istinto a reagire prontamente: con quanto fiato aveva in gola urlò, squarciando il silenzio della notte.
<< DRACOOOO!! >>
E poi l’avvincino ebbe il sopravvento facendola sprofondare.



Era inutile, non riusciva a sopportarlo: il pensiero di aver rovinato quanto aveva faticosamente costruito lo faceva impazzire.
Stava decidendo se andare a chiederle perdono in ginocchio o in lacrime, o in ginocchio piangendo.
Come gli era saltato in mente di insultarla in quel modo?
Chiamarla Mezzosangue…
Doveva essere impazzito.
L’orologio a pendolo del salotto suonò: era l’una di notte.
Di certo lei stava già dormendo ma lui poteva starsene lì a torturarsi senza fare niente per rimediare.
Ci pensò qualche minuto e, infine, decise di andarle a chiedere perdono, obbligandola ad ascoltarlo.
E le avrebbe portato dei fiori.
Animato da una folle forza, corse fuori dal salone a salì in fretta gli scalini dell’atrio.
Si avvicinò ad una delle finestre che davano sul lago e aprì giusto uno spiraglio.
<< Accio dodici gigli. >>
Non era molto romantico così, ma uscire a raccogliere i fiori era pura follia.
I gigli gli volarono in mano e Draco si affrettò a risigillare l’imposta e tracciare incantesimi di protezione.
Sentendosi terribilmente ridicolo si avviò verso la stanza della sua bellissima protetta e, bussò alla porta senza però ottenere alcuna risposta.
Non poteva aspettare sino all’indomani mattina: doveva chiarire tutto il più presto possibile.
Girò il pomello della porta, aspettandosi di trovare la camera completamente al buio, ma così non fu: le luci erano accese, il libro in Rune era buttato per terra e lei non c’era.
Potè sentire il rumore del cuore andare in mille pezzi.
Era andata via.
La sua bellissima Hermione Granger era scappata.
Ma dov’era andata?
Sola, indifesa, senza bacchetta e lontana da tutti?
E se le fosse successo qualcosa?
Se fosse stata aggredita?
Da quanto era andata via?
In ogni caso, non c’era un momento da perdere.
Si materializzò oltre i confini del castello e cominciò a correre come un pazzo nella foresta.
Non doveva essere lontana.
Non poteva essere lontana.
Se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai e poi mai perdonato: era solo colpa sua se era scappata.
<< Lumos! >>
Urlò puntando la bacchetta davanti a sé saltando ogni ostacolo, guardando in ogni dove cercandola e attento ad ogni singolo rumore.
Dio, il pensiero di lei sola in quel posto era terribile!
Se non fosse riuscito a trovarla sarebbe morto.
Sì, ne era sicuro.
Non sarebbe riuscito a sopportare un dolore tanto grande.
<< HERMIONE! >> La chiamò, troppo preoccupato per rendersi conto di aver pronunziato il suo nome per la prima volta. << HERMIONE DOVE SEI? >>
Il silenzio della foresta era micidiale, terribile.
Correva, incurante della minaccia rappresentata da quel luogo oscuro: voleva trovare lei e- non gli importava come avrebbe reagito- l’avrebbe stretta fra le braccia e costretta a tornare al castello con lui.
Girava senza sapere dove stesse andando, continuando a urlare il suo nome.
Poi, però, sentì una voce lontana chiamarlo.
Non era certo che fosse reale e non fosse un frutto della sua mente, ma, prima ancora di poterlo decidere, si stava muovendo ad una velocità impressionante verso quel suono tanto debole.
La sua corsa disperata lo condusse in una specie di laghetto e, sulla sponda, gli parve di vedere un oggetto conosciuto.
Si avvicinò in fretta e si chinò a guardarlo.
Con i palpiti al cuore, si rese conto che si trattava del Mantello di Potter.
Ma lei dov’era?
<< HERMIONE! >>
Toccò il mantello: era fradicio, come se fosse…
Ci mise due secondi a collegare tutto: quel lago era abitato da avvincini.
<< HERMIONE STO ARRIVANDO! RESISTI! >>
Il più in fretta possibile, si strappò la camicia di dosso, si tolse le scarpe e, tenendo stretta la bacchetta, si tuffò nel lago.
Scendendo sempre più in basso e illuminando la via davanti a sé la vide: lottava contro un avvincino che le teneva saldamente strette le caviglie e la trascinava sempre più in basso.
Con un incantesimo non-verbale, puntò la bacchetta contro l’avvincino e lo schiantò.
Quello lasciò la presa della ragazza, che solo allora si accorse della presenza di Draco.
Gli nuotò incontro ma lui, che non aspettava altro che portarla fuori di ì, si mosse più velocemente e, afferrandola per la vita, la portò in superficie.
Lei respirò affannosamente, tenendosi ben salda e si lasciò issare sulla sponda del lago.
Non preoccupandosi minimamente di recuperare il mantello a parecchi metri di distanza, afferrò la mano sinistra di Draco puntando i piedi per terra per aiutarlo a salire.
L’avvincino, però, aveva chiamato rinforzi e Draco sentì parecchie mani stringersi intorno alle sue gambe e delle unghie conficcarsi a fondo nella pelle.
Il biondo, cominciò a lanciare incantesimi sott’acqua, all’impazzata mentre Hermione cercava disperatamente di tirarlo fuori da lì, mettendo una mano sul braccio con il Marchio nero per aiutarsi.
<< DRACO, TI PREGO! >>
Aveva un tono isterico e sembrava sull’orlo delle lacrime.
Draco, facendosi forza, e colpendo ripetutamente gli avvincini, riuscì a issarsi sulla sponda, aiutato da lei. Non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi.
Terrorizzato com’era che qualche altra creatura potesse sbucare dalle tenebre o dal lago, si alzò in piedi, strinse la mano di Hermione e corse verso il mantello e, dopo averlo afferrato, si smaterializzò fuori dal castello.
La sentiva respirare affannosamente dietro di lui, ma non era quello il momento di fermarsi.
<< Hermione, ci siamo quasi! >> La incoraggiò senza fermarsi e senza lasciarle la mano. << Non fermarti proprio adesso! >>
Non gli rispose ma accelerò quel tanto che le consentivano le gambe stanchissime e Draco riuscì a condurla al sicuro dentro il castello.
Non appena si chiusero alle spalle il pesante portone, lei si lasciò cadere a terra, ma Draco, sebbene sarebbe volentieri crollato anche lui, cominciò a tracciare ogni genere di incantesimi di protezione. Poi si inginocchiò di fronte a lei, respirando affannosamente.
<< Stai bene? >>
I begli occhi scuri di lei si riempirono di lacrime e Draco temette il peggio.
<< So che non vuoi più stare qui, ma… >>
Non gli fu concesso finire la frase perché Hermione gli piombò addosso, poggiando la testa al suo petto e singhiozzando come una pazza.
Il cuore di Draco batteva ad un ritmo preoccupante.
Le sue braccia avvolsero completamente il morbido corpo di lei e poggiò la testa sui suoi capelli bagnati. << E’ tutto ok. >> La rassicurò dolcemente. << Non piangere. >>
Hermione cominciò a singhiozzare ancora più forte, stringendosi più a lui.
<< Non è successo niente. >>
Per fortuna no, non era successo niente di terribile.
Lei era lì, fra le sue braccia, al sicuro.
Lasciò che si sfogasse, mentre con una mano le accarezzava la schiena, resistendo alla tentazione di depositarle milioni di baci fra i capelli.
Non si staccò da lui quando smise di piangere e Draco, che non aveva la minima voglia di lasciarla, si alzò sollevandola come se fosse una bambola e la portò nel salotto, mentre lei continuava a tenere la testa poggiata al suo petto e le braccia avvolte intorno al collo di lui.
Sempre tenendola stretta a sé, si sedette davanti il camino per asciugarsi.
Certo, avrebbe potuto usare un incantesimo ma perché sprecare quei momenti?
Perché non approfittarne e tenerla stretta a sé?
Era seduto a gambe incrociate, un braccio cingeva la sua vita, mentre l’altra mano era poggiata inerte sulle gambe di lei che aveva poggiato le sue sul petto nudo di lui e affondato la testa nell’incavo del suo collo. Non vi era altro suono che il rassicurante scoppiettio del fuoco, ogni parola era superflua.
Draco avrebbe anche potuto piangere dalla gioia: aveva tutto ciò che aveva desiderato.
Lei, la donna dei suoi sogni colei che amava, era finalmente fra le sue braccia e, ormai era evidente, si fidava di lui.
Voleva provare a baciarla ma temeva di perderla ancora, perciò si limitò a bearsi del contatto del suo corpo morbido premuto contro di lui, delle sue mani sul suo petto, del suo respiro sul collo.
Non si mossero da quella posizione finchè lei non si addormentò: solo a quel punto Draco, piegò un po’ la testa avvicinando le labbra alla guancia di lei, depositandovi un bacio, e poi spostandole sul suo orecchio.
<< Ti amo. >> Sussurrò pianissimo.
E, sebbene lei dormisse profondamente, a quelle parole si strinse ancora di più a lui, come se il suo corpo rispondesse per lei.
Come se volesse rivelargli la verità.
"Ti amo anche io."

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Capitolo 8
*** Favola ***


Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo! Prima però devo assolutamente ringraziare tutte coloro che hanno recensito i precedenti e voglio mandarvi un bacio colmo di affetto. Non potete davvero immaginare quanto mi faccia piacere che la mia storia sia apprezzata :)
Adesso passiamo al suddetto capitolo. Bè, non so che cosa pensarne. Davvero, su quelli di prima avevo un’idea precisa ma su questo no. Mi sono semplicemente lasciata andare all’immaginazione. Spero che vi piaccia e sia all’altezza degli altri. Leggete e recensite!!!
Besos
Mena

P.S. hermioneharryron94 va bene il font di questa grandezza?




Aveva pensato di rimanere sveglio tutta la notte vegliando su di lei e stringendola fra le braccia.
Non aveva però fatto i conti con la terribile stanchezza che lo affliggeva e che aveva ben altro in serbo per lui.
Ad un certo punto, infatti, doveva aver chiuso gli occhi un secondo e non era più riuscito ad aprirli.
Si risvegliò sentendo la testa posata su qualcosa di duro e freddo, come tutto il corpo del resto, e si rese conto di essere sdraiato su un fianco.
Il primo pensiero fu chiedersi perché non avesse messo un braccio sotto la testa per stare più comodo, ma ben presto capì perché non lo aveva fatto: sentiva sul braccio destro qualcosa di morbido, mentre il sinistro era poggiato su qualcosa.
E poi avvertiva un movimento contro di sé, un ripetuto alzarsi e abbassarsi di qualcosa di morbido e un fiotto di aria calda gli scaldava ad intermittenza il collo.
Sentiva poi una mano delicatamente posata sulla sua spalla nuda, un tocco tanto lieve e vellutato che si sarebbe potuto scambiare per quello di una fata.
La consapevolezza di chi fosse accanto a lui lo rese euforico: era lei, la sua Hermione.
Era la sua testa poggiata sul suo braccio.
Era il suo fianco quello sul quale la mano di lui era poggiata.
Era il suo petto ad alzarsi ed abbassarsi premuto contro quello di lui.
Era il suo respiro a riscaldarlo.
Era la piccola e delicata manina di lei sulla sua spalla.
Con uno scatto improvviso spalancò gli occhi e, ciò che vide, gli riempì il cuore di una gioia mai provata prima: Hermione dormiva serena stretta a lui.
Sembrava che nessun incubo stesse turbando il suo sonno.
Draco non osava muoversi e controllava persino il suo respiro: temeva che un suo movimento avrebbe potuto svegliarla rompendo quella magia.
Le labbra si tesero in un sorriso mentre contemplava estasiato il modo in cui i raggi del Sole creavano mille riflessi dorati fra i suoi capelli e illuminavano il volto rendendolo tanto luminoso da fargli temere che in realtà fosse una creatura delle fate, destinata a scomparire nel nulla.
Cosa sarebbe successo quando avrebbe riaperto gli occhi, quando si sarebbe risvegliata e si sarebbe ritrovata fra le sue braccia?
Si sarebbe arrabbiata?
Certo, era stata lei a cercare il suo conforto, ma poteva essere stato solo un momento di debolezza in seguito alla paura che aveva provato.
Non era una possibilità da escludere e questo faceva sanguinare dolorosamente il cuore di Draco.
Come avrebbe potuto sopportare di doversi di nuovo separare da lei?
Sì perché sarebbe stato costretto ad accompagnarla lui stesso da Potter e Weasley e, pur di vederla felice, si sarebbe auto inflitto l’infinito tormento di saperla accanto a Lenticchia.
Perché era così che sarebbe andata a finire.
<< Non lasciarmi. >>
Sussurrò stringendola ancora più a sé, come se fosse il solo modo per impedirle di andare di nuovo via da lui.
Il terrore lo attanagliò quando il respiro di lei cambiò e cominciò a muoversi contro di lui.
Che avesse sentito?
Se era così era rovinato.
Rimase paralizzato finchè lei non aprì gli occhi: si guardò intorno spaesata, come se non si rendesse conto di dove si trovasse, poi gli occhi scuri si posarono su quelli chiarissimi di Draco e si paralizzò anche lei.
Il biondo non riusciva a capire se era solo il suo cuore quello che sentiva scoppiare o anche quello di lei batteva fuori controllo.
Rimasero immobili a fissarsi per quelle che a Draco sembrarono ore, finchè lei, dopo un respiro profondo, gli sorrise serena.
<< Buon giorno, Draco. >>
Non è possibile immaginare quanto quelle poche parole ebbero il potere di farlo tranquillizzare.
Non solo gli aveva sorriso, lo aveva anche salutato con un radioso “buon giorno” e lo aveva chiamato per nome.
<< Buon giorno, Hermione. >>
Il sorriso di lei si allargò ancora di più alle sue parole e gli occhi le brillavano allegri.
Si fissarono ancora in silenzio, finchè Draco, percependo il suo imbarazzo, si decise a parlare.
<< Come ti senti? >>
Lei lo guardò come se non avesse ben compreso la sua domanda, poi, rossa per chissà quale motivo, annuì.
<< Bene. >> Si mordicchiò il labbro inferiore e abbassò gli occhi. << Mi spiace di essere scappata. >>
Mormorò pianissimo. Lei era dispiaciuta?
Lei?
La colpa era tutta sua e lei si dispiaceva?
<< Sono io che sono dispiaciuto. Non avrei dovuto insultarti in quel modo. E’ stata solo colpa mia. >> Disse lottando con la tentazione di affondare una mano fra i suoi capelli che parevano invitarlo a toccarli con la loro sconvolgente morbidezza e luminosità. << Non c’è modo per scusarmi. >>
Hermione a quel punto alzò di nuovo lo sguardo e gli sorrise dolcemente. << Draco, non occorre che ti scusi in alcun modo. Mi hai salvato di nuovo la vita rischiando la tua e mi hai riportata qui. >> Fece una breve pausa. << Sono io adesso ad essere in debito con te e non potrò mai ringraziarti abbastanza. >>
Se solo avesse saputo che il concedergli di poterla tenere così stretta a lui era un ringraziamento molto più che sufficiente!
Se poi gli avesse concesso di amarla e proteggerla lui sarebbe diventato il suo schiavo, alla stregua di un elfo domestico.
O anche peggio.
<< Non devi ringraziarmi. Semplicemente non potevo permetterti di suicidarti quando avevo deciso che ti avrei protetta e mantenuta in vita. >> Le rivolse un sorrisetto. << Sarebbe stato come mancare ad una parola data. >>
Il sorriso si stese divertito.
Poi però sembrò rendersi conto di dove si trovava e come era sistemata e si mise seduta con delicatezza, senza movimenti bruschi e senza allontanare il braccio di Draco.
Fissò Draco per qualche secondo seria, poi tornò sorridente.
<< Draco, credo che abbiamo bisogno di fare entrambi un bel bagno caldo. >>
Draco si mise seduto e la guardò negli occhi, il cuore che batteva all’impazzata.
<< Che c’è? >> Fece lei stranita, inarcando un sopracciglio.
Il biondo fece un respiro profondo mentre, senza che lei se ne accorgesse, avvicinò la mano destra a quella di lei poggiata sul pavimento.
<< Dici? >>
L’espressione di lei lasciava intendere che non aveva idea di cosa fosse preso al ragazzo.
<< Bè, sì. >> Osò dire, infine, lentamente. << In fondo ci siamo buttati in un lago con degli avvincini e non credo sia tanto igienico. >>
Ritirò di scatto la mano, cercando di celare l’imbarazzo.
Il suo cervello maschile gli aveva fatto trarre assurde conclusioni che la sua Hermione non aveva nemmeno contemplato.
Lei voleva davvero fare un bagno.
Voleva fare un bagno sola.
Ecco cosa faceva perdersi nei suoi occhi!
Riduceva la sua capacità di riflettere a zero.
Ma davvero credeva che voleva fare…
Adesso sì che era un’idea stupida.
<< Draco, tutto ok? >>
Si risvegliò dai suoi pensieri: Hermione lo stava guardando preoccupata.
Sicuramente credeva fosse improvvisamente impazzito.
Lui annuì e si mise in piedi, tendendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
Gli fece più che piacere quando la sua manina strinse con forza quella di lui, usandolo come sostegno e lasciandogli il piacere e l’onere di sollevarla.
Gli dedicò un sorriso radioso e gli lasciò la mano.
<< Sei un vero gentiluomo, Draco. >>
A quelle parole lui non potè fare a meno di raddrizzare la schiena orgoglioso e di rivolgerle un sorrisetto.
<< Sì, lo so. >>
<< Molto modesto, eh? >>
Non era arrabbiata, semmai ancora più divertita di prima.
Gli diede un colpetto sulla spalla e si mosse verso la porta.
<< Forza! Non è decoroso per un Malfoy puzzare! >>
<< Io non puzzo! >>
Scoppiò a ridere a crepapelle e non smise finchè non arrivarono in quella che era diventata la sua stanza. Si sedette sul letto e si tolse le scarpe con una smorfia di disgusto.
<< Draco, dopo che le avrò lavate e disinfettate puoi aggiustarle? >>
Il ragazzo le si avvicinò e guardò le scarpe: erano di un indefinito colore a metà strada fra il nero e il grigio, strappate in vari punti, la suola era quasi staccata e i lacci erano logori.
Era inammissibile che camminasse con quelle schifezze.
<< Queste vanno bruciate. >> Sentenziò lanciandole dietro di lui. << Hai la stessa misura di mia madre. Prenderai le sue. >>
Lei era sotto shock. << Ma…io sono affezionata alle mie scarpe… >>
Sembrava che le avesse strappato dal petto un figlio.
Draco roteò gli occhi esasperato.
<< Hermione, ti prometto che quando tutto questo sarà finito te ne comprerò un paio nuovo, ma fino ad allora indosserai ciò che dico io. >>
Lei fece per ribattere ma abbassò gli occhi sconfitta e si tolse i calzini, prendendo la borsetta di perline.
E a quel punto il volto si trasfigurò con orrore: la borsetta era bucata.
<< Oh mio Dio! >>
Presa da una furia terribile, la aprì e cominciò a rovistare frenetica.
<< Allora? >>
Fece Draco dopo qualche minuto, notando che era sull’orlo delle lacrime.
Hermione fece un respiro profondo e alzò gli occhi su di lui.
<< Ho perso molti libri, i vestiti miei, di Ron ed Harry sono scomparsi e non trovo più i soldi. >>
Bè si aspettava di peggio.
<< Non c’è nessun problema, allora. >> Lei lo guardò disperata e arrabbiata. << Non c’è nessun problema, dici? >>
<< No, Hermione. >> Fece calmo. << Sicuramente in biblioteca troverai copie dei libri che hai perso, potrai usare i vestiti di mia madre modificandoli un po’ e credo di avere abbastanza soldi per entrambi. >> << Draco non ho la bacchetta! >>
Lui sbuffò esasperato: certe volte era insopportabile.
<< Userai la mia. >>
Hermione lo guardò scioccata. << Come? >>
<< Senti, so benissimo che non è la tua e che non ti ci troverai benissimo, ma è pur sempre meglio di niente no? >>
I begli occhi scuri di lei erano ancora spalancati per la sorpresa.
<< Tu…tu mi permetteresti di usare la tua bacchetta? >>
<< Certo. Anzi, ricordami che devo mostrarti bene l’accesso alla biblioteca così potrai andare anche senza di me ed io potrò rimanere qui a sorvegliare. >>
Era semplicemente scioccata.
<< Io…bè…grazie. >>
Le fece un inchino molto cavalleresco e poi le sorrise.
<< Vieni, ti porto nell’armadio di mamma. >>
Poteva essere la più studiosa, ma rimaneva pur sempre una ragazza alla quale stava per essere mostrato un armadio di dimensioni spropositate.
Trotterellò allegra accanto a Draco, scalzo come lei e ancora senza maglietta.
La stanza dei suoi genitori era esattamente nella parte opposta del castello, pertanto dovettero attraversare tutto il corridoio illuminato solo dalle tenui luci delle candele.
<< Hermione, stavo pensando una cosa… >>
<< Dimmi. >>
<< Se tracciassimo quell’incantesimo che hai trovato potremmo anche aprire le tende e, se lo padroneggiamo alla perfezione, potremmo anche andare nel giardino. >>
Lei sembrò illuminarsi a quelle parole, come se non avesse aspettato altro.
<< Sarebbe stupendo! Facciamo così: dopo esserci lavati, cambiati e aver fatto colazione cominciamo subito ad esercitarci. >>
La sua eccitazione si trasmise anche a Draco che si scoprì improvvisamente impaziente di padroneggiare quel nuovo incantesimo.
Con un sorriso aprì la porta, illuminò la stanza e incantò l’enorme dipinto dei suoi genitori perché stessero zitti e non uscissero dalla cornice.
Mentre Hermione ammirava estasiata la camera da letto dei signori Malfoy, Draco aprì un’altra porta sulla parete sinistra e accese la luce.
<< Qui c’è l’armadio mentre lì… >>, indicò la porta più in fondo, << lì c’è il bagno. >>
Poggiò la bacchetta sul letto e si avvicinò alla porta.
<< E, Hermione? >>
Lei si voltò a guardarlo e lui le sorrise.
<< Fa come se fossi a casa tua. >>
La lasciò sola e si avviò verso la sua stanza con un solo pensiero in testa.
Ormai ne era certo: un giorno, un bellissimo giorno, la ragazza dai capelli arruffati e gli occhi scuri sarebbe diventata la legittima proprietaria di quel castello.
Un giorno, un bellissimo giorno, la ragazza dai capelli arruffati e gli occhi scuri sarebbe stata sua.



Si era trasformato.
Da sgarbato, volgare era diventato piacevole, gentile.
Semplicemente incantevole.
Anche quando si fu allontanato, non riuscì a smettere di pensare a lui, alla bellissima sensazione che aveva provato fra le sue braccia: non era solo protezione.
No, era qualcosa di più al quale non se la sentiva ancora di dare un nome preciso.
Quel risveglio era stato il più bello di tutta la sua vita.
Aveva pensato che la stesse prendendo in giro quando le aveva chiesto come si sentiva.
Come poteva mai stare?
Era avvolta fra le sue braccia, talmente vicina a lui da poter sentire il suo cuore battere come un tamburo contro il proprio petto.
E lui non era mai stato più bello: i capelli arruffati, gli occhi splendenti, il petto e gli addominali scolpiti e le forti braccia intorno a lei.
E, come se ciò non fosse abbastanza, aveva messo in pericolo la sua vita per salvare lei che era scappata come una stupida e che avrebbe meritato di morire.
“E’ un principe”.
Questo pensava mentre un sorriso estasiato le solcava il volto.
Fu a quel punto che i suoi occhi incrociarono quelli di una ragazza pallida, dal volto già piccolo reso ancora più minuto a causa della chioma fuori controllo e arruffata di ricci castani, con addosso quelli che sembravano stracci e senza scarpe.
A salvarsi erano solo gli occhi vispi e le labbra tese in un sorriso che però si spense non appena si rese conto che il mostro allo specchio era lei.
Lui era di certo un principe, ma lei non era una principessa.
Più che altro la si sarebbe potuta assimilare ad una megera.
No, una cosa del genere era inammissibile: non poteva davvero farsi vedere in quello stato.
Non da lui.
Staccò gli occhi dallo specchio e si mosse con passo sicuro verso il letto, ove Draco aveva poggiato la sua bacchetta.
La strinse un po’ esitante e poi la puntò verso il camino spento.
<< Incendio. >>
Le fiamme comparirono con una velocità tale che Hermione ne rimase colpita: era certa che avrebbe avuto problemi con la bacchetta di Draco, ma era accaduto esattamente il contrario.
Era come se la bacchetta , nonostante sapesse che non fosse la sua proprietaria, avesse scelto di aiutarla lo stesso.
Com’era possibile?
Hermione non riusciva a spiegarselo.
Quando però entrò nell’armadio di Narcissa Malfoy, ogni pensiero riguardo alla bacchetta scomparve.
Era improprio definire quello un armadio: era un appartamento pieno zeppo di scarpe e vestiti.
Va bene che non era proprio il momento più adatto per lo shopping, ma una ragazza non può rimanere indifferente dinanzi ad una marea di stupendi vestiti.
Cercò di ricordare a se stessa che niente di ciò che era lì dentro le apparteneva e che, dato che si trattava di stoffe preziosissime, avrebbe fatto meglio ad avvolgersi un lenzuolo attorno, ma non riusciva a fare a meno di accarezzare gli abiti con delicatezza e ad immaginarli su di sé.
Non si rese conto del tempo che trascorse lì dentro, esaminando gli stupendi abiti di Narcissa Malfoy.
Ne scelse uno piuttosto semplice, a maniche lunghe, con un ampio scollo a barca e una trama a righe sottili bianche e nere.
Impaziente di indossarlo si fiondò in bagno e, mentre l’acqua calda riempiva la vasca, si tolse in fretta i vestiti e poi si immerse.
Era una sensazione semplicemente stupenda.
Si lavò con cura, districando con notevole pazienza tutti i nodi dei capelli- cosa non da poco, ma cercò di fare il più in fretta possibile.
Voleva indossare quel vestito, sistemarsi e tornare da lui.
Quel desiderio ossessivo non la preoccupò minimamente: non vedeva anzi l’ora di poterlo esaudire.
Uscì dalla vasca gocciolante e, dopo essersi avvolta un asciugamano intorno al corpo, tornò nella camera da letto.
Si sentiva una ladra, ma doveva assolutamente trovare l’intimo, perciò fu costretta ad esaminare ogni singolo cassetto finchè non trovò quello giusto.
Non riuscì a trattenere un sorrisetto quando si rese conto che l’intimo della signora Malfoy conosceva solo due colori: verde e argentato.
Alcuni completi portavano addirittura lo stemma dei Serpeverde.
Scelse quello più “tranquillo”, in seta verde e, dopo aver rimpicciolito il reggiseno, lo indossò.
A quel punto prese il vestito e se lo mise addosso fremente, posizionandosi davanti lo specchio.
Ok, l’effetto non era proprio quello sperato.
La signora Malfoy era un po’ più piena di lei e decisamente più alta.
C’era parecchio da fare.
Cominciò a lavorare con la bacchetta portando l’abito alla sua misura, ottenendo l’effetto sperato.
Poi passò alla lunghezza ma fece un errore di calcolo e l’abito venne più corto di quanto avesse voluto.
Oh, bè, pazienza!
Ritornò nell’armadio alla ricerca di un paio di scarpe e trovò delle semplici ballerine nere sepolte in un angolo.
Sempre lì scovò una borsetta in velluto nero che sarebbe potuta divenire un valido rimpiazzo alla borsetta di perline.
Adesso restava da fare la cosa più difficile: i capelli.
Tornò in bagno, posizionandosi davanti lo specchio e, dopo averli asciugati con la bacchetta, si prodigò per definire i boccoli con tutti gli incantesimi che conosceva e che potevano servirle allo scopo.
Bè, il risultato era stato anche migliore del previsto.
Certo era ancora lontanissima dall’essere una principessa ma almeno non era più la megera di turno.
Spense il camino e le luci e andò nella stanza di Draco, il cuore che le batteva a mille.
Ma lui non era lì.
Delusa, posò la borsetta e con passo più veloce del solito raggiunse la scalinata in marmo, rimanendo sulla sommità.
Draco era lì.
Indossava jeans scuri, eleganti scarpe nere e una camicia bianca con le maniche alzate fino al gomito.
Non l’aveva vista.
Giocherellava con due dita con un oggettino che Hermione non riusciva ad identificare da quella distanza.
“Avanti, Draco! Guardami!”
Pensò con insistenza mentre scendeva lentamente le scale, una mano poggiata sul corrimano.
E lui, come se fosse riuscito a percepire quelle parole si voltò.
Non appena gli occhi grigi si posarono sulla sua figura, la bocca di lui si aprì e non seppe fare altro che osservarla in silenzio.
Hermione, con il cuore a mille per l’emozione, continuò a scendere lentamente le scale ma, prima che potesse toccare l’ultimo scalino, Draco le si avvicinò e, senza staccarle gli occhi di dossi, strinse la mano libera di lei e la portò alle labbra, depositandovi un bacio delicatissimo.
E in quel momento Hermione capì che Draco non era un principe.
No, era molto di più.
Era il suo principe.
E quella era la sua favola.

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Capitolo 9
*** Mia ***


Mi sento terribilmente ripetitiva nel ringraziare ogni volta i miei lettori, con un particolare affetto per coloro che recensiscono, ma sento il dovere di farlo. Perciò, GRAZIE!!! :D Sono davvero contenta che quanto scrivo vi piaccia e spero di non annoiarvi mai.
Passiamo a delineare per grandi linee cosa ne penso di questo capitolo. Sarò molto breve stavolta: mi piace e credo che scoprirete il perché.
Mi raccomando i commenti!!!
Besos
Mena



Si era cambiato in fretta, ansioso di tornare da lei.
Mentre si vestiva aveva però avuto modo di pensare che doveva escogitare un modo per tenersi sempre in contatto con lei, perché Hermione potesse chiamarlo qualora avesse avuto bisogno di lui.
Come fare?
Doveva trovare un oggetto che non avrebbe destato mai sospetti, qualcosa di comune.
Ci aveva riflettuto parecchio e poi la soluzione gli giunse improvvisa e, come avveniva nella maggior parte dei casi, tremendamente semplice.
Dopo aver controllato che lei non fosse già pronta, si infilò in un’arteria del corridoio centrale e giunse in una stanza che suo padre aveva adibito a studio personale.
Era una camera rettangolare non tanto ampia, nella quale Lucius aveva raccolto vari libri di Magia Nera che non aveva osato portare nella Biblioteca Privata, quasi che temesse di profanarla.
Ma non era dei libri che Draco doveva occuparsi in quel momento.
Sperando di non sbagliare, si avvicinò ad una delle pareti e cominciò ad esaminarne la zona centrale.
Dopo qualche minuto, trovò quello che cercava: su uno dei mattoni in pietra vi era inciso un minuscolo giglio.
Vi premette contro la punta dell’indice e quello e gli otto mattoni che lo circondavano scomparvero cedendo il posto ad un piccolo scrigno in legno intarsiato.
Draco, eccitato, lo aprì e non potè fare a meno di provare ammirazione quando vide il contenuto: su un cuscino in seta erano poggiati due anelli.
Entrambi erano in oro bianco ma uno era più spesso e grande e portava l’effige di un giglio, mentre l’altro era molto più sottile e piccolo ed era tempestato da smeraldi purissimi.
Erano gli anelli di Isolde e Lancelot il quale, costantemente in ansia per la moglie e temendo che qualcuno potesse farle del male mentre lui era lontano da lei- cosa che succedeva molto raramente- aveva fatto forgiare due anelli e li aveva incantati egli stesso perché i rispettivi proprietari potessero comunicare fra loro senza dire una parola, ma semplicemente pensando.
Nessuno era mai riuscito a capire quale incantesimo avesse usato e nessuno li aveva più usati dai tempi di Hyperon e Lucretia Malfoy, più di due secoli prima: i due non erano riusciti a comunicare fra loro perché il loro amore non era abbastanza forte.
Da allora erano rimasti lì nascosti in attesa che qualcuno avesse il coraggio di mettere alla prova il proprio amore e ritirarli fuori.
Draco non avrebbe mai e poi mai immaginato che sarebbe stato proprio lui a riprenderli.
Sapeva benissimo che se non avessero funzionato ogni speranza di poter stare con lei sarebbe morta, ma doveva assolutamente provare.
E se avessero funzionato…bè, ci avrebbe pensato dopo.
Prese l’anello destinato a lui, quello col giglio, e lo infilò nel mignolo sinistro: era emozionante pensare che era stato indossato da Lancelot e che adesso era suo.
Con mano ferma afferrò anche l’anello appartenuto ad Isolde e che presto sarebbe stato al dito della sua Hermione.
Il solo pensiero che potesse davvero funzionare faceva scalpitare il suo cuore.
Delicatamente chiuse lo scrigno che, in meno di un secondo, fu di nuovo celato dai mattoni.
Tendendo ben stretto nel pugno l’altro anello, scese nell’atrio e si appoggiò ad uno dei mobili, facendosi passare l’antico monile da un dito all’altro.
Chissà se le sarebbe piaciuto…
Certo, il verde non era il suo colore e avrebbe preferito dei rubini, ma poteva farci ben poco.
Stava ancora riflettendo quando una sensazione particolare lo indusse a voltarsi.
E il suo povero cuore si fermò.
Dall’ampia scalinata in marmo bianco stava scendendo con passo regale una fata dai lunghi boccoli scuri che ricadevano ordinati sulla schiena, il volto luminoso e con un vestitino corto che lasciava poco spazio al’immaginazione segnando le sensuali curve del suo corpo e lasciando scoperte le gambe.
Era semplicemente impossibile pensare che quella creatura Paradisiaca stesse guardando proprio lui, indegno anche solo di posare gli occhi su di lei.
Lei che doveva essere semplicemente venerata come una Dea.
Se solo glielo avesse permesso si sarebbe prostrato ai suoi piedi e sarebbe divenuto il suo fedele servitore!
Avrebbe potuto trascorrere una vita intera perso nella contemplazione del suo volto e avrebbe lasciato questo mondo con un sorriso sulle labbra.
E mentre lui pensava seriamente a tale eventualità, lei continuava a scendere le scale con una grazia che non avrebbe creduto possibile.
In fretta le si avvicinò e, prima che il suo piedino potesse toccare l’ultimo scalino, strinse la sua mano e la baciò più delicatamente possibile, temendo che il suo rude tocco potesse in qualche modo offenderla.
Ma non successe.
Lei gli sorrise e le sue gote si colorarono di un meraviglioso rosso.
Come riusciva a diventare sempre più bella?
Oh, come avrebbe voluto essere quel vestito a righe: lui poteva stringere il corpo di quella Venere senza alcun timore, conoscendo anche le parti più intime di lei e celandone il mistero al mondo.
Se un giorno avesse potuto fare altrettanto avrebbe realizzato la sua più grande ambizione.
Per il momento doveva limitarsi a guardarla da lontano, specchiandosi nei bellissimi occhi scuri di lei.
E vedeva se stesso completamente incantato da lei, da quella giovane donna nel fiore degli anni che sembrava volesse avvolgere nella sua minuscola manina quella più grande di lui.
Ma lui in quel momento stava notando un’altra cosa: le morbidissime labbra rosee di lei si erano leggermente dischiuse e parevano invitarlo toccarle, mangiarle come se fossero ciliegie.
E lo avrebbe fatto, questa volta non avrebbe resistito alla tentazione.
L’avrebbe baciata, riversandole tutto l’amore che provava per lei, un sentimento troppo grande per poter rimanere confinato nel suo misero corpo.
Aveva bisogno di condividerlo con lei.
Era ormai deciso a farlo, quando lei ritirò delicatamente la mano e gli mise davanti agli occhi la bacchetta.
<< Grazie e…so che non ci crederai mai, ma ha funzionato benissimo. >>
Avrebbe voluto togliersi quel pezzo di legno dalla faccia lanciandolo lontano e fare ciò che si era prefissato ma, ormai, la ragione si stava gradualmente risvegliando, suggerendogli che non era il caso di lasciarsi andare.
Non ancora.
Le sorrise, celando il fuoco che lo bruciava dentro e prese la bacchetta dalla sua mano, sfiorando appena le dita di lei.
<< Davvero? >>
Hermione annuì allegra.
<< Sì! Come se fosse mia. >>
Non era poi così strano: lui la amava e avrebbe fatto qualunque cosa per lei.
La sua bacchetta si era limitata a fare altrettanto.
<< Meglio, no? >>
Il sorriso di lei si allargò ancora di più. << Sì. >>
Poi scese l’ultimo scalino e fece una giravolta accanto a lui.
<< Allora? Come sto? >>
<< Sei bellissima. >>
La bocca aveva parlato prima che la mente avesse avuto il tempo di frenarla.
Orma il guaio era stato fatto e tornare indietro era impossibile.
Hermione lo fissò immobile per qualche secondo, poi abbassò gli occhi e sorrise timidamente, le guance imporporate.
<< Non pensavo avresti mai detto una cosa del genere…di me. >>
<< Perché? >>
Lei si strinse nelle spalle alzando appena gli occhi. << Bè, lo sai. Perché sono una… >>
<< Non osare dire quella parola! >> La interruppe severo. <>
Hermione lo guardò dritto negli occhi con un sorriso intenerito.
<< Stavo per dire una Grifondoro. >>
Draco fece una smorfietta divertita. << Bè, si hai ragione ma negare che sei stupenda è inammissibile. >>
Un momento.
Aveva detto stupenda?
Aveva usato nel giro di pochi minuti le parole “bellissima” e “stupenda” con colei che non doveva sapere nulla dei suoi sentimenti?
<< Bè, >> ribadì lei con un ghigno, << se la metti in questi termini…anche tu non sei niente male. >>
Ok, doveva stare molto calmo.
Doveva costringersi a non saltarle addosso e porre fine a quell’eterno supplizio.
<< Grazie. >>
Riuscì a dire infine con notevole sforzo.
Trascorsero alcuni secondi in un silenzio tombale finchè Draco si rese conto che stava ancora stringendo in una mano l’anello per lei.
<< Ho una cosa per te. >> Aprì il pugno rivelandole l’anello.
Hermione ne fu decisamente colpita: faceva scorrere lo sguardo dal gioiello al volto del ragazzo con un’espressione indecifrabile.
<< E’ un anello magico. >> Le spiegò. << Se lo indossi e se vuoi, puoi far scorrere i tuoi pensieri sino al possessore dell’altro anello, cioè me. E’ molto utile in caso di pericolo. >>
Prese delicatamente la sua mano e, sorridendo, infilò l’anello nell’anulare destro.
Il sinistro se lo riservava per un anello di altro genere che sperava un giorno di farle indossare.
Hermione guardò l’anello sempre più sorpresa e poi spostò gli occhi spalancati su Draco.
<< Draco, ma sono smeraldi! >>
Lui inarcò un sopracciglio. << Preferisci i rubini? >>
<< Co…no! >> Faceva scorrere lo sguardo dalla sua mano al volto del ragazzo. << Draco, forse non ti rendi conto di quanto prezioso sia questo anello. >>
<< Me ne rendo conto benissimo. >> Ribattè prontamente.
<< E vuoi darlo a me? >>
Ma perché le sembrava una possibilità tanto remota?
Che avrebbe fatto quando, un giorno, le avrebbe regalato la Biblioteca?
<< Sì, Hermione. Voglio che lo tenga tu, perché così evito di farmi prendere dall’ansia quando non sei con me. >>
Lei sembrava sul punto di avere un infarto.
<< Sei un pazzo. >>
Disse infine, ammirando estasiata il gioiello che portava al dito.
Draco poteva ritenersi più che soddisfatto: aveva deciso di tenerlo e non glielo aveva buttato in faccia.
E, se tutto fosse andato nel modo migliore, avrebbe scoperto ciò che provava per lui.
<< Anche il tuo è così? >>
Fece dopo qualche secondo.
Draco scosse la testa e le mostrò l’anello che portava al mignolo e lei, inarcò un sopracciglio.
<< Quello è un giglio? >>
Il biondo annuì perplesso. << Sì, perché? >>
Hermione parve non cogliere la sua domanda. << E’ il giglio di Isolde? >>
Ecco, adesso aveva capito dove voleva andare a parare, ma ormai era troppo tardi per inventare una qualsiasi bugia, pertanto si limitò ad annuire guardando l’anello che portava al dito.
<< Sì è il suo giglio, ma l’anello è stato forgiato per Lancelot. >>
La ragazza lo fissava come pietrificata.
Poi, facendo uno sforzo notevole, alzò la sua mano destra guardando l’anello e poi posando gli occhi su Draco.
<< E questo… >>
<< …è l’anello di Isolde. >> Concluse Draco per lei. << Lancelot li fece forgiare perché voleva che la moglie potesse comunicare con lui anche quando era lontano. Fu lui stesso a incantarli, anche se nessuno è mai riuscito a capire come abbia fatto. >>
Lo ascoltò in un religioso silenzio, non consentendo a Draco di carpire niente di quanto si agitava dentro di lei.
Era decisamente frustrante rimanere lì fermo, scrutato attentamente da quegli occhi scuri profondi che gli era così naturale amare.
<< Draco tu non sei sincero con me. >>
Ok, di tutte le cose che si sarebbe aspettato avrebbe detto, questa era certamente la meno probabile.
Come poteva ancora pensare che le stesse mentendo?
Dopo tutto quello che aveva fatto per lei credeva ancora che stesse recitando?
<< Hermione, non ti sto mentendo! >> Si difese lui subito. << Ti ho sempre detto la verità…o meglio, da quando ti ho salvata. >>
Lei continuava a fissarlo e a scuotere la testa, le braccia incrociate al petto.
<< Non è vero. >>
Draco era semplicemente scioccato.
Lei non…non poteva trattarlo in quel modo!
Non poteva ancora dubitare di lui!
Non dopo aver urlato il suo nome nella notte.
Non dopo aver dormito fra le sue braccia.
Perché era così crudele?
Perché si divertiva a giocare con il suo cuore come se fosse fatto di pietra?
<< Come puoi dire una cosa del genere? Come puoi non fidarti di me dopo quello che ho fatto per te? >>
Non aveva un tono di accusa.
No, era più una supplica, una preghiera a quella Dea temibile che sembrava non avere altro scopo che distruggerlo lentamente.
<< Io mi fido di te, Draco. Ma tu non sei del tutto sincero con me. >>
Quella ragazza avrebbe potuto vincere il primo premio per l’assurdità.
Che diavolo voleva dire adesso?
<< Hermione, perdonami ma non riesco a seguire il tuo ragionamento. >>
Lei non si rilassò nemmeno un po’, il che preoccupò moltissimo il ragazzo.
<< Non è così difficile Draco: io mi fido di te, ma tu non ti fidi di me, perché non vuoi dirmi la verità. >>
Ah, quindi era lui quello che mentiva?
<< Hermione, non ho nessuna voglia di litigare, ma se la metti in questi termini sei tu ad avere segreti con me. >> Disse nel tono più calmo che poteva usare. << Io ti ho rivelato alcuni fra i più grandi segreti della mia famiglia, tenuti nascosti da secoli. >>
I begli occhi scuri di lei si illuminarono a quelle parole. << Mi riferivo proprio a questo. >>
Non ci stava capendo più niente: o era troppo stupido lui o troppo pazza lei, ma uno di loro aveva seri problemi.
Si passò una mano sul volto, esasperato.
<< Hermione, arrabbiati pure, ma io continuo a non capirci niente: anzi più parli mi rendo conto di avere le idee parecchio confuse. >>
A quel punto lei puntò gli occhi scuri in quelli chiarissimi di lui, guardandoli con un’intensità tale che pareva volesse ipnotizzarlo.
<< Io credo invece che tu capisca benissimo a cosa mi riferisco. >>
Il ragazzo scosse la testa. << Ti giuro che davvero non ne ho la più pallida idea. >>
Inarcò un sopracciglio e poi respirò profondamente.
<< Allora mi sono sbagliata. >>
E adesso perché aveva quel tono deluso?
<< Dimmi che cosa avevi pensato. >>
Era un ordine, ma avvolto in un alone di dolcezza.
Lei, imperterrita, scosse la testa, dandogli le spalle.
Pensava forse di passarla liscia con Draco Malfoy?
Bè, si sbagliava di grosso.
Il ragazzo le si parò davanti, costringendolo a guardarlo e facendo uno sforzo egli stesso per controllarsi.
<< Parla. >>
Lei si morse il labbro inferiore e poi si spostò, le spalle sempre rivolte al ragazzo, mentre con le mani accarezzava un mobile.
<< All’inizio, quando mi sono risvegliata e ti ho visto così gentile con me, ho creduto davvero che volessi che mi fidassi di te per rivelarti quello che avevo scoperto con Ron ed Harry. Poi, però, mi sono dovuta ricredere: eri gentile e premuroso perché volevi farlo, ma, anche se non riuscivo a comprenderne il motivo, non potevo comunque pensare nulla di male: forse era un modo per riparare al male che avevi fatto. >> Fece una pausa e la mano si bloccò. << Quando però mi hai portata nella Biblioteca privata dei Malfoy e mi hai detto che pochi avevano avuto l’onore di entrarci ed erano tutti appartenenti alla tua famiglia, mi hai parecchio confusa. Non riuscivo a capire il motivo che ti spingeva a farlo. Va bene essere gentili, ma rivelarmi un segreto che la tua famiglia custodiva da mille anni, mi sembrava un tantino esagerato. >> Respirò profondamente come se parlare le costasse una fatica tremenda, anche se quelle parole stavano avendo uno strano effetto anche su Draco, incapace di staccare gli occhi di dosso alla morbida cascata di ricci scuri. << Sei tornato negli schemi quando mi hai chiamata in quel modo poco cortese, ma mi hai stupita ancora affrontando la foresta nella notte e tuffandoti in un lago pieno di avvincini solo per salvare me. Mi hai messo poi a disposizione l’armadio di tua madre e mi hai fatto usare la tua bacchetta. E adesso mi dai l’anello appartenuto ad una delle donne più importanti della tua famiglia. >>
Si voltò con uno scatto improvviso e Draco lesse una profonda sofferenza negli occhi scuri.
Il cuore era diventato un tamburo nel petto e il suo rumore nel silenzio che era seguito alle parole di lei gli parve assordante.
Non osava parlare, temendo ciò che avrebbe potuto dire.
Hermione, d’altro canto, pareva presa dalla stessa immobilità, dalla quale però si riscosse con un respiro profondo.
<< Draco, posso farti una domanda? >>
Lui deglutì ed annuì, non fidandosi della sua bocca.
<< Mi prometti che mi dirai la verità? >>
Non poteva e non doveva dirle la verità.
Ma come avrebbe potuto mentirle quando i suoi occhi lo scrutavano tanto intensamente?
No, non aveva il coraggio di farlo.
<< Te lo prometto. >>
Lasciò passare qualche secondo interminabile, non staccando mai lo sguardo dal ragazzo immobile a pochi passi da lei.
<< Perché stai facendo tutto questo? >>
Era il momento giusto, o meglio, era il momento più opportuno per mettere in chiaro le cose una volta per tutte.
E, finalmente, si decise a pronunziare quella risposta che solo pochi giorni prima il cuore aveva urlato, ma la bocca non aveva osato ripetere.
<< Perché ti amo. >>
Non riusciva a credere di averlo detto davvero.
Si sentì inizialmente libero, quasi si fosse tolto un terribile peso dal petto, ma fu un attimo perché poi il terrore lo invase: lo aveva detto.
Le aveva detto che la amava.
E adesso sarebbe cominciata la fine.
Hermione sembrò impiegare un po’ per recepire e rielaborare il significato delle sue parole.
Furono attimi interminabili per Draco quelli che lei spese senza muovere un muscolo, ma guardandolo sempre più intensamente.
Poi, dopo quella terribile eternità, qualcosa in lei mutò: piegò un po’ il volto, gli occhi si abbassarono mettendo sensualmente in mostra le lunghe ciglia nere e le labbra si stesero in un sorriso.
<< Draco? >>
Il povero cuore del biondo sarebbe collassato a momenti se avesse continuato a fare così.
<< Dimmi, Hermione. >>
Senza che il sorriso scomparisse, si mordicchiò il labbro inferiore e alzò di nuovo gli occhi sul ragazzo.
<< Ti amo anch’io. >>
Quello non era uno dei suoi tanti sogni.
No, era la mera realtà.
Una realtà stupenda perché lei, Hermione Granger, aveva confessato a lui, Draco Malfoy, di amarlo.
E lui, prima di poterci riflettere su, l’aveva stretta fra le braccia e aveva posato le sue labbra su quelle di lei che, pronte e come se non aspettassero altro, si dischiusero aprendo a Draco le porte del piacere.
Stringendo la mano di lei si ritrovò a toccare l’anello e pensò con un sorriso che, sebbene indirettamente, erano serviti allo scopo perché lei era lì, vicina a lui come mai lo era stata prima, e, adesso ne aveva tutto il diritto, Draco non l’avrebbe mai più lasciata andare via.
Staccò le labbra da quelle di lei giusto quel tanto che gli consentiva di parlare.
<< Adesso, sei solo mia. >> Sussurrò con voce rauca e deformata da quel bacio.
Lei gli sorrise.
<< Non vedevo l’ora. >>
E, per la seconda volta, schiuse le porte del Paradiso per lui.

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Capitolo 10
*** La Bella e la Bestia ***


Sono tornata!!!! Scusate se ho fatto passare più tempo del solito ma sono stata particolarmente impegnata. Chiedo umilmente perdono!!! Sono contenta che vi sia piaciuto il capitolo di prima e spero che anche questo sia all’altezza :) E’ molto romantico e temo che sarò così sdolcinata per qualche altro capitolo prima di passare ad altro…cosa lo scoprirete solo leggendo xD
Ringrazio tutti coloro che stanno leggendo e commentando e, con un bacetto, vi lascio alla lettura.
Kisses
Mena



Draco non riusciva a credere a quello che era successo: non era assolutamente possibile che quello che bramava da molto tempo ormai fosse diventato realtà.
No, non poteva crederci.
Eppure non era altro che la realtà perché lei, la sua bellissima Hermione, gli sorrideva beata cingendogli il collo con le braccia, mentre lui la attirava a sé per i fianchi.
Tanto per assicurarsi che tutto quello fosse vero, la baciò sul collo e lei con un risolino lo piegò un po’.
<< Mi fai il solletico. >>
Ancora non riusciva a far sua l’idea che non lo avrebbe respinto, che non si sarebbe allontanata, che lo avrebbe lasciato fare.
La sollevò fra le braccia e gli parve leggera come una piuma.
Si diresse con passo sicuro verso il salotto, ma non vedeva altro che lei, la sua pelle e non aveva altra occupazione che quella di baciarle il collo, il volto, le labbra, mentre lei rideva accogliendo quei baci e sgambettando.
Possibile che il mondo iniziasse e finisse in una creatura che gli appariva tanto fragile?
Possibile che quella risata fosse il solo suono rimasto?
Possibile che ogni profumo fosse stato eclissato da quello delicatissimo della sua pelle e dei capelli?
Aveva tanto agognato quei momenti e adesso si rendeva conto di una cosa: era più di quanto avesse mai osato immaginare.
Non si rese nemmeno conto di essere arrivato in salotto, né di essersi seduto poggiandola sulle sue gambe e avere cominciato a baciarla con molta più intensità mentre le loro mani si erano intrecciate.
Avrebbe sfidato chiunque a rovinare quei momenti: nemmeno il Signore Oscuro in persona avrebbe avuto la minima possibilità di resistere alla furia di Draco per avere osato rovinare quegli attimi preziosi.
Quando lei strinse i capelli biondi di lui fra le mani, baciandolo con molta più passione, Draco seppe che anche se fosse morto in quell’istante se ne sarebbe andato felice.
Il profumo di lei lo inebriava completamente, togliendogli la facoltà di pensare a qualcosa che non fosse Hermione Granger.
Dopo un’eternità troppo breve lei si staccò con delicatezza, rimanendo comunque vicinissima e sorridendogli.
Il volto era arrossato e le labbra piene come non le aveva mai viste.
Era bellissima.
Ed era sua.
Non potè resistere e la bacio di nuovo, godendo delle sue labbra per pochi secondi finchè lei non si allontanò di nuovo.
<< Non posso più nemmeno parlare? >> Era divertita, per niente arrabbiata e le mani, che avevano liberato i capelli di Draco, erano poggiate sulle braccia del ragazzo.
<< No, spiacente. >>
Fece per baciarla di nuovo ma si scontrò con la sua mano, intervenuta a fermarlo.
<< Non fare il bambino! >> Lo rimproverò divertita. << Dobbiamo pranzare, ricordi? >>
Draco le sorrise malizioso impossessandosi della sua mano.
<< Infatti sto mangiando.>>
Tentò di nuovo a baciarla ma lei cominciò ad agitarsi ridendo come una pazza, divertita da quel gioco che avevano cominciato.
E lui la adorava: voleva godere di ogni singolo istante e non perdere un solo secondo di lei, un minimo particolare.
Draco riuscì comunque a darle dei baci a fior di labbra, prima che si fermasse e lo guardasse.
<< Draco, dico sul serio: ho fame. >>
Lui sbuffò incrociando le braccia al petto.
<< Ma ti pare corretto trattarmi così, Granger? >> Si lamentò. << Dopo tutto il tempo che ho aspettato, mi dici che hai fame! >>
Lei gli sorrise e lo baciò sulla fronte, per poi alzarsi e tirarlo per un braccio.
<< Dai! Alzati su! Prima mangio prima posso ributtarmi fra le tue braccia. >>
Fu un invito più che sufficiente per indurlo ad alzarsi.
Si trascinò una Hermione particolarmente allegra e saltellante e la condusse nella cucina.
<< Non c’è nessuno che possa servirti ma se mi dici cosa vuoi penso a tutto io. >> Lei lo guardò come se fosse impazzito.
<< Draco, ma che dici? Ci penso io, non ho bisogno di servitori! >>
Lo superò in fretta e cominciò a muoversi nella cucina con una velocità impressionante aprendo e chiudendo sportelli e tirando fuori utensili che Draco non aveva mai visto prima.
<< Mi spiace che tu debba cucinare. >>
Hermione era sinceramente sconvolta: lo guardò tenendo in mano una padella e uno stranissimo arnese.
<< Draco, io sono abituata a cucinare. Quando sono a casa, almeno. >> Si mise davanti il piano di cottura e cominciò a cercare qualcosa. << I miei genitori tornano tardi dal lavoro e i miei nonni non hanno mai potuto occuparsi di me, perciò ho imparato a fare da sola. >> Fece una breve pausa. << Draco, ma come si accende? >>
Ne sapeva ancora meno di lei, pertanto si limitò a fare un Incantesimo Incendio sperando che non andasse tutto a fuoco.
Fortunatamente non successe.
Hermione mise la padella sul fuoco e poi prese delle patate- Draco non sapeva nemmeno che ci fossero- e cominciò a pelarle in gran fretta con un coltello.
E a Draco vennero le palpitazioni.
<< Hermione, usa la mia bacchetta. >>
Lei sbuffò, continuando nella sua pericolosissima occupazione.
<< Hermione! >>
<< Draco, smettila! Sto solo pelando le patate! >>
<< Ma usa la bacchetta! >>
<< Non è che per quanto tu non lo abbia mai fatto allora io non posso! >>
<< Ma quello è un coltello! >> C’era un tono isterico nella sua voce ed era sul punto di strapparle quel demoniaco arnese dalle mani prima che potesse tagliarsi, ma lei lo stringeva con forza.
<< Non è la prima volta che ne uso uno, sta tranquillo. >> Fece con tono più calmo, tornando a quel lavoro odioso. << E poi l’ho usato un sacco di volte a scuola, davanti a te, e non ti sei mai lamentato. >>
Stavolta fu lui a sbuffare. << Era diverso. >>
<< E perché? >>
Con sommo orrore di Draco aveva cominciato a tagliare la patata, e, ne era sicuro, avrebbe finito col fare a fettine anche le sue dita. << Perché non avevo capito di amarti e… >> le strappò il coltello dalle mani e le diede la sua bacchetta, << e non osare contraddirmi. >> Hermione lo guardò scioccata per qualche secondo, indecisa se arrabbiarsi o meno.
Scelse di sorridere scuotendo la testa e cominciando a tagliuzzare la patata con la magia.
<< Per oggi, dato che sono parecchio in debito con te, lascio correre, ma non credere che lo permetterò ancora. >>
Draco era in piedi accanto a lei e aveva posato il coltello nel lavandino.
La guardò, con le braccia incrociate al petto.
<< Mi spieghi perché vuoi farmi morire? >>
<< Io non voglio assolutamente che tu muoia, Draco, ma devi capire che non puoi tenermi lontana da ogni pericolo. >>
Cos’era una sfida?
Fece uno dei soliti sorrisi sghembi. << Dici di no? >> Si mosse per afferrarla per la vita ma lei si allontanò con una velocità fulminea.
<< Non ci siamo, Malfoy. >> Lo rimproverò con un sorrisetto. << Non puoi assalirmi ogni secondo o sarò costretta a schiantarti e non vorrei farlo. >> Trattenne a stento le risate nel vedere la faccia sconvolta di lui. << Adesso rimetti a posto le zampe e lasciami cucinare in pace. >>
Nessuno, nessuno aveva mai osato rivolgersi in quel modo a Draco Malfoy.
Nessuno eccetto una giovane strega dai ricci scuri e il volto angelico.
Una giovane donna che aveva il potere di controllare un Malfoy con una sola sillaba.
Se fosse stato un altro lo avrebbe ucciso con le sue mani, ma lei…
Oh avrebbe pagato, ma in modo molto più piacevole.
Draco tornò al suo posto pregustando la futura vendetta.
<< Hai vinto. Per ora. >>
Lei gli sorrise ricominciando a tagliare le patate con la magia, esibendo un sorrisetto trionfante. Povera illusa.
Pensava di avere vinto Draco Malfoy.
Si chinò a prendere dell’olio e lo versò nella padella e vi mise le patate.
<< Ma che stai…? >>
Draco era sinceramente orripilato.
Non aveva mai visto un intruglio del genere.
<< Hermione, c’è troppo olio. >>
Lei lo fulminò con un’occhiataccia brandendo in modo preoccupante la bacchetta. << Come? >>
<< C’è troppo olio. >> Ripetè non lasciandosi intimidire.
Lei fece un’adorabile smorfietta e poi si voltò dall’altra parte, decidendo di ignorare Draco il quale, con uno scatto repentino, la attiro a sé e la baciò di nuovo.
Incontrò inizialmente la sua resistenza ma, dopo pochi istanti, si sciolse fra le sue braccia.
<< Ti odio. >>
Sussurrò lei vicinissima alle sue labbra per poi ricominciare a baciarlo.
Troppo presto si staccò con violenza e ritornò alle sue patate.
Draco, sconfitto, si sedette al tavolo e sollevò le maniche della camicia fino ai gomiti.
Si godette la visione di lei che si muoveva da una parte all’altra della cucina, aprendo e chiudendo cassetti e credenze, prendendo posate.
Si scoprì a desiderare che quel luogo fosse più luminoso, più accogliente.
Più…bè non sapeva spiegarlo, ma voleva che fosse qualcosa più adatto a lei.
Hermione apparecchiò anche per lui e Draco sperò di poter assistere ad una scena del genere ogni giorno della sua vita.
<< Ti aiuto? >>
Mormorò appena provocandole un sorriso e facendole scuotere la testa.
Con la bacchetta servì le patate nei piatti e si sedette di fronte a lui, cominciando a mangiare.
<< Mi sa che avevi ragione tu: c’è troppo olio. >>
<< Sì, infatti. >>
Non si sarebbe mai aspettato quella pedata fortissima alla caviglia.
<< Ehi! Che ho fatto adesso? >>
Lei lo guardava fra l’arrabbiato e il divertito. << Dovevi dirmi qualcosa tipo “no, sono buonissime”! >> << Ma non lo sono! >>
Un’altra pedata.
<< Mi fai male! >>
<< Continua a insultare la mia cucina e ti farò male sul serio. >>
Era una situazione decisamente troppo assurda per potersi arrabbiare, pertanto riprese a mangiare in silenzio, realizzando che, se avesse continuato a criticare, era altamente probabile che lo avrebbe schiantato.
Meglio evitare.
<< Devi imparare l’incantesimo di protezione. >>
Esordì dopo nemmeno due minuti di silenzio e Draco si sforzò di ricordare a cosa si riferisse e, quando ci riuscì, annuì serio.
<< Puoi insegnarmelo dopo pranzo. >> Propose, infilandosi un’altra patata in bocca.
Lei lo guardò mezzo secondo, poi cominciò a mangiare molto più velocemente tanto che Draco temette che si sarebbe ingozzata.
<< Sbrigati, dai! >> Gli ordinò.
<< Ma che fretta hai? >>
<< Prima impari, prima posso vedere il giardino. >>
Era inutile, non riusciva ad arrabbiarsi con lei.
Non dopo averla baciata.
Si affrettò a mangiare e, quando finì, lei gli tolse letteralmente il piatto davanti e con veloci movimenti di bacchetta, lavò e mise ogni cosa al suo posto.
In meno di cinque secondi gli trotterello accanto e cominciò a tirarlo per il braccio sinistro, poggiando le mani sul Marchio Nero, ma senza provare paura.
<< Forza, pigrone! >>
Lo trascinò allegramente verso l’atrio, intrecciando le sue piccole dita con quelle lunghe di lui e sorridendo beata.
Arrivati all’ingresso, però, si fece seria e gli restituì la bacchetta.
<< Ricorda: nella tua mente deve apparire disabitata. Devi concentrarti su questo. E non dimenticare che devi specificare da chi vuoi proteggere, basterà pronunziare i nomi… >>
<< Tutti? >> Fece spalancando la bocca.
Lei ci riflettè un secondo. << Credo che basterà dire Mangiamorte e Signore Oscuro. >>
<< E come faccio a capire se ha funzionato? >>
<< Mi pare di aver capito che una specie di reticolo avvolgerà tutta la stanza. >> Fece una breve pausa. << E ricorda che non devi pensare che siamo qui: dimentica completamente la nostra presenza in questa stanza. >>
Era decisamente più facile a dirsi che a farsi, ma ci avrebbe provato comunque.
<< La formula? >>
<< Urael Camir Votar. >> Gli lasciò la mano e si allontanò quel tanto che bastava- almeno secondo lei- perché lui non percepisse la sua presenza. << Sgombra la mente da ogni pensiero. >>
Quello si che sarebbe stato difficile se non impossibile.
Aveva decisamente troppi pensieri per poterli eliminare tutti.
Chiuse gli occhi e cercò di immaginare l’atrio com’era quando c’era entrato appena scappato da Villa Malfoy, tenendo Hermione fra le braccia.
Pronunziò a voce bassa “Mangiamorte” e “Signore Oscuro” e poi disse la formula a voce più alta. Aprì di scatto gli occhi ma constatò con delusione che non era successo niente.
<< Non ti abbattere, dai. Era solo la prima volta. >>
La sua voce gli giunse troppo fiduciosa.
Riprovò ancora, ma non ottenne niente.
<< Avanti, Draco, so che puoi riuscirci. >> La guardò per niente d’accordo con quanto diceva, ma gli occhi scuri di lei gli fecero tremare il cuore tanto erano intensi. << Ho fiducia in te. >>
Chiunque abbia mai amato e si sia sentito dire queste poche magiche parole, può ben immaginare quale scarica di adrenalina gli diedero.
Poteva deludere se stesso, ma lei?
No, non se lo sarebbe mai perdonato.
Con una determinazione nuova, chiuse gli occhi e immaginò la stanza nei minimi particolari, scacciando ogni altro pensiero,sussurrò “Mangiamorte” e “Signore Oscuro” e poi pronunziò la formula.
E seppe che ce l’aveva fatta.
Sentiva la bacchetta riempirsi di potere e, quando aprì gli occhi, vide che dalla punta cadevano tantissimi fili argentati che andarono a formare una rete su ogni singolo centimetro della sala fino ad assorbirsi.
Non poteva credere di avercela fatta davvero.
Hermione gli si buttò subito fra le braccia e lo baciò.
<< Sapevo che ce l’avresti fatta! >> Lo baciò di nuovo e poi gli strinse la mano. << Te la senti di fare anche le altre stanze? Solo quelle in cui siamo stati. >>
Era impossibile non farsi trascinare dal suo entusiasmo.
Le sorrise e se la trascinò un po’ ovunque ripetendo l’incantesimo e assistendo alla stessa scena.
Hermione andava spalancando tutte le tende, lasciando entrare la luce del Sole ovunque e beandosi di quel calore sulla sua pelle.
L’unica stanza che non incantò fu la Biblioteca: nessuno ne conosceva l’esistenza eccetto gli attuali signori Malfoy e Draco dubitava che sarebbero andati a cercarli lì sotto.
Lo ripetè anche per le mura esterne del castello e, anche se fu un po’ più complicato, riuscì lo stesso.
La sola cosa che gli restava da incantare era il giardino e quello si che lo preoccupava davvero.
Aprì una delle finestre che davano sul retro e si sforzò di pensare a quel giardino come quando lo aveva visto le tante volte che era stato lì, solitario, tranquillo.
<< Mangiamorte. Signore Oscuro. >> Fece una brevissima pausa. << Urael Camir Votar. >> Ebbe l’impressione che la sua voce risuonasse forte come se avesse fatto un incantesimo su di essa. Sentì il solito potere fluire dalla bacchetta.
Ce l’aveva fatta.
Aprì gli occhi e sorrise alla sua Hermione che adesso gli stava stringendo la mano e lo guardava con un orgoglio tale che Draco ne fu quasi commosso.
L’aveva resa fiera di lui.
Tenendola vicina a sé, scese la scalinata di marmo e la condusse nel giardino del castello.
I suoi bellissimi occhi scuri non celarono minimamente la meraviglia nel posarsi sul lago e bel piccolo boschetto intorno.
<< Ti piace? >>
Le sussurrò lasciandole la mano ma solo per poterle cingere il fianco e attirarla ancora di più a sé.
Hermione fece cenno di sì con la testa. << E’ stupendo, Draco. >>
Il biondo le baciò i capelli profumatissimi. << Tu sei stupenda. >>
La condusse sulla riva del lago e la fece sedere sulle sue gambe, il volto nell’incavo del suo collo e una mano poggiata sul ginocchio nudo di lei.
<< Non ti ho detto una cosa. >>
Fece dopo qualche minuto durante il quale il solo rumore era stato l’allegro cinguettare degli uccelli.
Hermione si voltò a guardarlo preoccupata, un sopracciglio inarcato.
<< Tranquilla, non è niente di brutto. >> Si affrettò a rassicurarla sistemandole un boccolo scuro dietro l’orecchio. << Vedi quando sono diventato maggiorenne i miei genitori hanno deciso di regalarmi un posto dove potessi andare a stare un po’ tranquillo e solo. Dove, secondo loro, avrei dovuto pensare a come mettere in pratica quanto mi aveva detto il Signore Oscuro. E così mi hanno regalato questo castello. >> La guardò intensamente negli occhi. << E io voglio donarlo a te. >>
Lei sembrò non cogliere subito il significato di quelle parole e, dopo qualche secondo, fece una risatina.
<< Mi stai prendendo in giro. >>
Afferrò la sua mano e la guardò profondamente negli occhi.
<< Sono serissimo, Hermione. >> Disse. << Io ti amo. Ti amo. Non puoi nemmeno immaginare quanto. Non ho che farmene di un castello senza di te. Lancelot lo ha fatto costruire per Isolde. Io l’ho trovato già pronto e l’unica cosa che posso fare è donarlo a te, che sei e rimarrai per sempre la mia Isolde, la sola donna che riuscirò mai ad amare. Voglio che sia tutto tuo: la biblioteca, ogni stanza, questo giardino. Tutto è per te, a me non serve. Ciò di cui ho bisogno è fra le mie braccia. >>
Mentre parlava gli occhi di Hermione si erano fatti sempre più lucidi finchè non uscirono due lacrime che, Draco suppose fossero di gioia.
<< Draco, io non ho castelli da regalarti, né biblioteche e gioielli. >>Fece con voce rotta dall’emozione. << Ma c’è una cosa che posso donare a te: il mio cuore. E’ tuo. Tuo e tuo soltanto. Ciò di cui ti prego è di non trattarlo mai male perché ti ama alla follia. >>
E, a quel punto, Draco la baciò come mai aveva fatto prima, stringendola a sé.
Sì, è la realtà.
La bella e la bestia si stavano baciando sulle rive di un lago.

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Capitolo 11
*** La Tigre d'argento ***


Ehilà gente! Come va? Spero che stiate meglio della sottoscritta: un terribile bruciore di stomaco dato dallo stress è mio compagno da qualche giorno ormai e non accenna ad andarsene. Vabbè, nella norma essendo al quinto anno del liceo xD Comunque lasciamo stare il mio stupido stomaco e andiamo a qualcosa di più gradevole: vi ringrazio infinitamente per i commenti che lasciate e se potessi vi darei un bacetto :) Questo è un altro capitolo particolarmente romantico. Si farò venire il diabete a qualcuno xD Spero che- diabete a parte- vi piaccia. E volevo dirvi che, come aveva fatto zia Rowling, anch’io ho già pronto l’ultimo capitolo nella mia pennina col fiocchetto verde^^
Detto ciò, buona lettura e recensite!!!
Vi lovvo
Mena




Stava vivendo un sogno.
Il più bel sogno di tutta la sua vita.
E lo stava vivendo con Draco Malfoy.
Chissà perché ma la cosa non la turbava minimamente, ma, al contrario, le sembrava perfettamente normale che lei, Hermione Granger, la Mezzosangue, fosse la donna amata di Draco Malfoy, il Purosangue per eccellenza, colui che l’aveva mortificata sin dal primo anno.
Ripensò con un sorriso a quante cose erano cambiate da allora.
Pensò a quanto era cambiata lei.
Era stata una bambina di undici anni per niente graziosa, anzi decisamente bruttina e, se allora le avessero detto che un giorno sarebbe stata seduta sulla riva del lago di un castello Irlandese ad accarezzare i capelli biondissimi di Draco Malfoy, che, disteso sull’erba, aveva poggiato la testa sulle sue gambe, bè sicuramente sarebbe scoppiata a ridere.
Eppure era successo e lei lasciava scorrere le sue dita fra i fili d’oro finissimi di lui, beandosi del calore del Sole e della più che piacevole sensazione che gli dava il sapere lui così vicino.
Draco si era portato l’altra sua mano sul petto e la stringeva con delicatezza fra le sue, tenendo però gli occhi chiusi.
E così Hermione poteva liberamente ammirarlo senza il timore di apparire inopportuna.
Era senza nessun dubbio uno dei ragazzi più belli al mondo, perfetto con quei lineamenti affilati che si addolcivano per lei, con quel fisico scolpito che si intravedeva sotto la camicia non del tutto abbottonata e le labbra…
Come potevano quelle stesse labbra che l’avevano chiamata più e più volte Mezzosangue essere così invitanti e baciarla con tanta passione?
Non riusciva davvero a spiegarselo.
Avrebbe dovuto odiarlo con tutta sé stessa ma non poteva invece fare a meno di amarlo alla follia. E lui la amava.
La amava davvero e non stava giocando.
No, per lui era tutto serissimo e, forse, se tutto fosse andato bene, magari, un giorno sarebbe diventato qualcosa di ancora più importante.
Ma non era il momento di pensarci.
Non sapeva nemmeno se sarebbe arrivata a vedere l’alba del giorno seguente, figurarsi fare progetti anni avanti.
Decisamente troppo azzardato.
L’occhio le cadde sull’anello di smeraldi che portava al dito e il pensiero la condusse alla sua prima proprietaria.
Anche lei si era sentita così felice fra le braccia del suo amato?
Magari mille anni prima anche lei aveva accarezzato i capelli del suo sposo come Hermione stava facendo con Draco.
L’idea le piaceva parecchio.
Di certo, però, sarebbe risultata un po’ meno gradita ai suoi amici.
Ripensò con una fitta al cuore ad Harry e Ron: li aveva abbandonati al loro destino, non preoccupandosi più minimamente di loro.
Ma, nel suo sconfinato egoismo, non riusciva ancora a decidersi a cercarli, a lasciare il castello e la tranquillità di stare con Draco per rituffarsi in una lotta senza fine.
No, non era ancora pronta.
Voleva rimanere ancora in quel sogno ad occhi aperti.
In quella favola per vivere felice e contenta con il suo principe dai capelli biondi e gli occhi chiari.
<< Draco? >>
<< Mmm. >>
<< Posso chiederti una cosa? >>
<< Certo. >>
<< Quando…quando hai cominciato a provare qualcosa per me? >>
Lui aggrottò pensieroso la fronte, senza però aprire gli occhi. << Credo al quarto anno. >>
Hermione rimase un po’ sorpresa dalla risposta. << Dal quarto? >>
Lui annuì, rimanendo comunque coricato. << Sì, quando ti ho vista al Ballo del Ceppo con Krum mi si è mosso qualcosa dentro ma ho deciso di non pensarci troppo. >>
Era decisamente sorpresa.
Non avrebbe mai immaginato che già tre anni prima lui fosse stato attratto da lei, idea che non avrebbe mai potuto nemmeno sfiorarla.
<< Ma tu eri con Pansy. >> Protestò senza capire nemmeno lei cosa volesse dire davvero.
<< E allora? >>
<< Bè, insomma…non pensavo avessi occhi per un’altra che non fosse lei. >>
Draco spalancò gli occhi grigi illuminati dal Sole e le sorrise. << Infatti avevo occhi solo per te. >>
Le strinse la mano avvicinandola alle labbra e baciandola. << Eri davvero stupenda e non puoi immaginare quanto ho odiato quell’idiota di un bulgaro. >>
<< Povero Viktor. >>
Draco la guardò con un cipiglio che le ricordò parecchio quello di Ron quando pronunciava quel nome con la sola differenza che quello del biondo era ancora più severo e arrabbiato.
<< Povero? Perché mai sarebbe povero? >>
<< Perché lo trattate tutti male. >> Fece riaffondando le dita fra i suoi capelli.
<< Tutti? >>
<< Non proprio tutti, ma un bel po’ di gente non lo sopporta e davvero non capisco perché: è un ragazzo davvero simpatico. >>
Draco la guardò malissimo. << Ti avverto: sono molto geloso delle mie cose e se continui a elogiare quell’idiota sarò costretto a scovarlo anche in capo al mondo e ucciderlo. >>
Ma perché doveva per forza avere a che fare con dei pazzi gelosi ai limiti del possibile?
Aveva una specie di calamita che li attirava?
O era semplicemente sfortuna?
Sbuffò e piegò il viso in avanti per guardare il ragazzo negli occhi. << Draco, non ti sembra decisamente stupido essere geloso di Krum o di chicchessia? Mi pareva di essere stata abbastanza chiara: amo te e basta. >>
A quelle parole si rasserenò e si sollevò quel tanto che bastava per poterla baciare: un bel bacio al contrario, intrecciati come mai lo erano stati prima.
Bè, poteva anche essere geloso, ma sapeva benissimo come baciarla per farla impazzire.
<< Signor Malfoy, non ti tradirei per nessuna ragione al mondo. >>
Gli disse quando si staccò da lei.
<< Devi solo provarci: la mia ragazza che mi tradisce! La cosa più ridicola che abbia mai sentito. >>
Aveva davvero detto “la mia ragazza”?
Bè, certamente Hermione aveva capito che non erano più solo amici, ma sentirglielo dire era tutta un’altra cosa.
Lui aveva riposato la testa sulle gambe di lei che, riprese la sua occupazione facendo scorrere le dita fra i capelli biondissimi di lui.
Non serviva nessuna parola in quel momento: bastava che uno sentisse la presenza dell’altro così vicina per poter stare bene e sentirsi felice.
Hermione si perse di nuovo nella sua contemplazione e, vagando con la mente, si rese conto di non conoscerlo bene come avrebbe voluto.
Era curiosa di sapere tutto di lui e, visto il momento difficile che il mondo stava vivendo, avrebbe soddisfatto tale sete di conoscenza nell’immediato.
<< Draco? >>
<< Mmm. >>
Aveva come l’impressione che lui sperasse che riuscisse a stare zitta per più di due minuti di fila.
Vana speranza.
<< Dimmi qualcosa su di te che non so. >>
Lui ci riflettè qualche istante e poi scosse la testa.
<< Non so che dire. Fammi qualche domanda tu. >>
Hermione alzò gli occhi al cielo come se la domanda fosse scritta nell’azzurro sopra di lei.
Dopo qualche minuto tornò a guardare Draco.
<< Una cosa imbarazzante che ti è successa da bambino. >>
Era una sciocchezza ma era un modo come un altro per scoprire qualcosa in più.
Draco si fece pensieroso e mentre, con il pollice, accarezzava il dorso della mano di lei, che aveva riportato sul petto. << Credo quando mi presentai davanti al Ministro in mutande. Dovevo avere cinque o sei anni e volevo che papà mi comprasse un drago. >> Hermione non riuscì a trattenere una risatina e lui sorrise. << Bè, si, sognavo in grande. Naturalmente i miei non me lo comprarono e, per ripicca, una sera che avevano invitato il fior fiore della società scesi nella sala in mutande urlando come un pazzo che volevo un drago. >>
Hermione scoppiò a ridere senza ritegno: immaginava un baby Draco in mutande che si sgolava dinanzi ai signori Malfoy, attoniti alla vista del loro rampollo che si comportava tanto poco decorosamente.
<< Mi sarebbe piaciuto esserci! >>
Draco la guardò in modo strano. << Bè, forse ti ricapiterà di vedere una scena del genere. >>
Lei inarcò un sopracciglio, scettica. << Comincerai a urlare in mutande che vuoi un drago? >>
Lui scosse la testa sorridendo e, dopo aver fatto passare solo pochi secondi, la guardò di nuovo negli occhi.
<< E tu, invece? Cosa hai fatto di imbarazzante nella tua infanzia? >>
Oh bè, era una domanda difficile a cui rispondere: la sua infanzia era stata piena zeppa di momenti imbarazzanti.
Come poteva selezionarne solo uno?
Ci pensò un po’ si, facendosi scorrere davanti i primi anni della sua vita.
<< Forse… >> cominciò << forse quando a sei anni, quando i miei genitori mi portarono a mare, persi il costume in acqua e fui costretta a tornare a casa con un telo avvolto addosso. >>
Stavolta fu Draco a scoppiare a ridere, divertito.
<< Ma come hai fatto a perdere il costume? >>
<< Ero convinta che ci fossero gli squali e, quando un’alga o qualcosa del genere, mi sfiorò la gamba corsi come una pazza urlando fuori dall’acqua. La mutandina deve essersi scivolata dato che ero magrissima e mi stava troppo grande. E non avevo il pezzo di sopra, mi dava fastidio. >>
Il ragazzo le rivolse un ghigno malizioso.
<< Se ti dà ancora fastidio, puoi toglierlo…non mi offendo. >>
Hermione divenne bordeaux e gli diede un pugno sulla spalla. << Scemo. >>
Draco ridacchiò.
<< Era solo una proposta, non c’è bisogno di offendere! >>
Per tutta risposta lei gli diede un altro colpo sulla spalla e lui, senza smettere di ridacchiare, le riafferrò la mano e riprese ad accarezzarla.
<< Allora, volevi chiedermi solo questo? >>
Stava scherzando?
Aveva davvero tante cose da chiedergli, molte delle quali erano delle sciocchezze che però erano per lei importanti.
Decise, però, di cominciare da qualcosa di meno idiota.
<< Che forma ha il tuo Patronus? >>
Draco inarcò elegantemente un sopracciglio e portò una mano davanti agli occhi per proteggersi dal Sole e guardarla in volto.
<< Il mio cosa? >>
Hermione lo guardò scioccata.
<< Il tuo Patronus, Draco! >> Spalancò la bocca quando vide l’espressione confusa di lui. << Non dirmi che non sai fare l’Incanto Patronus! >>
<< Non lo so fare. E’ grave? >>
Per tutta risposta lei scattò in piedi facendogli sbattere la testa sul parto e cominciò a tirarlo per farlo alzare.
<< Ma sei impazzita? >>
Non c’era tempo da perdere.
Doveva insegnargli quell’incantesimo il più in fretta possibile.
<< Alzati Draco! >> Gli ordinò continuando a tirarlo per la mano. << E’ di fondamentale importanza che tu impari questo incantesimo! >> Dato che lui non si muoveva sbuffò pestando i piedi per terra. << Draco! Insomma, alzati! >>
Il ragazzo, decisamente contrariato, fece come lei gli ordinava e la guardò incrociando le braccia al petto.
<< Allora? >>
Lo amava, sì, ma quando faceva quella faccia lo avrebbe volentieri preso a schiaffi.
Fece un respiro profondo per calmarsi e spiegare a quel testone del suo ragazzo una magia complicatissima.
<< Hai mai sentito parlare dell’Incanto Patronus? >>
Lui scosse la testa, non particolarmente interessato.
<< No. Cos’è? >>
No, davvero, lo avrebbe volentieri pestato.
Era innaturale che lei lo amasse anche in quel momento, quando anche un santo avrebbe perso la pazienza.
Eppure era così.
Veramente strano.
<< E’ un incantesimo molto complesso che permette di evocare un protettore che ti proteggerà per qualche minuto. >> Spiegò sperando che la ascoltasse e non pensasse a ributtarsi per terra. << E’ particolarmente utile quando ci si trova in presenza di un Dissennatore, ma va bene anche per scacciare un Lethifold. >>
Rabbrividì pensando a quanto era andata vicina solo la sera prima ad essere divorata da uno di quei mostri.
Si riscosse dai suoi pensieri solo grazie a Draco.
<< Sembra utile. >>
Per fortuna era riuscita ad interessarlo. << Lo è, Draco. >> Fece una pausa di pochi attimi. << Puoi prestarmi la bacchetta? >>
Il ragazzo gliela porse immediatamente e lei sorrise stringendola.
Trovava straordinario come quella bacchetta così diversa dalla sua si adattasse perfettamente alle sue esigenze.
Forse era da attribuire al sentimento che Draco provava per lei.
Ma comunque non era il momento di ragionarci su.
Si concentrò sul ricordo più felice che avesse e non fu per niente difficile: doveva semplicemente pensare a quanto era successo poco prima, quando Draco le aveva detto per la prima volta che la amava.
Si aggrappò con tutta se stessa a quel ricordo e agitò la bacchetta.
<< Expecto Patronum! >>
Dalla punta della bacchetta fuoriuscì una lontra argentea che cominciò a guizzare intorno ad Hermione che rideva e ad un Draco che la guardava scioccato.
<< Cos’è? >>
<< Il mio Patronus. >> Fece Hermione osservando con orgoglio la lontra muoversi in fretta lasciando dietro di sé una scia argentea.
Il ragazzo guardò scettico l’animale. << Non è un po’ troppo piccolo per proteggerti? >>
Ok, poteva anche criticare la sua cucina ma se osava insultare la sua lontra allora l’avrebbe pagata cara.
Ridusse gli occhi a due fessure, minacciosa.
<< La mia lontra è in grado di proteggere benissimo: non conta la grandezza del Patronus, ma la potenza. >> Fece un ghigno. << E poi credo che il tuo sarà un bellissimo furetto. >>
Draco fece una risata fintissima.
<< Sei nata per essere Malfoy, lo sai? >>
Chissà mai perché, ma la cosa le faceva piuttosto piacere.
Non aveva mica specificato come avrebbe potuto essere una Malfoy, e lei aveva in mente un’idea ben precisa.
<< Lo prenderò come un complimento. >> Gli restituì la bacchetta, tornando seria. << Adesso ascoltami bene, Draco: devi concentrarti e pensare ad un ricordo molto felice, aggrappandoti ad esso con tutte le tue forze. Poi agiti la bacchetta così >>, riprodusse il movimento con la mano, << e dici in modo chiaro e sicuro Expecto Patronum. >>
Lui la ascoltò attentamente e poi fece un ghigno. << Dopo aver evocato quell’Incantesimo di Protezione su tutto il castello, questo sarà una sciocchezza. >>
L’insicurezza non era sicuramente un difetto di Draco Malfoy, anzi era fin troppo sicuro di sé.
<< Non prenderla tanto alla leggera. >> Lo ammonì Hermione. << Non è così facile come sembra. >>
<< Tu mi sottovaluti. >> Protestò il biondo.
<< No, sei tu che ti sopravvaluti. Adesso basta parlare inutilmente e prova. >>
<< Ma comandi tutti come preferisci o è una libertà che ti prendi solo con me? >>
<< Draco! >>
Lui ghignò divertito e poi si fece serio.
Lasciò passare qualche secondo e poi mosse la bacchetta.
<< Expecto Patronum! >>
Niente.
Hermione non provò nessun senso di trionfo, solo una profonda frustrazione, come se fosse stata lei a sbagliare.
<< Riprova, dai. >>
Era incredibile quanto la sua voce si addolcisse nell’incoraggiarlo.
Draco tentò di nuovo e fallì di nuovo.
<< Concentrati, Draco! >>
Non era un rimprovero, ma un’accorata incitazione.
Provò un’altra decina di volte, e poi guardò Hermione frustrato.
<< Non ce la faccio. E’ inutile. >>
L’ultima cosa che lei voleva era che si buttasse giù di morale.
<< Sì che ce la fai, Draco! >> Fece lei con occhi fiammeggianti. << Devi solo tentare ancora. >>
<< Ma… >>
<< Niente ma! >> Lo interruppe lei. << Continua a provare. >>
Draco, sebbene scettico, fece come gli ordinava la sua ragazza e, alla quarta volta, accadde qualcosa.
<< Expecto Patronum! >>
Dalla punta della bacchetta balzò letteralmente fuori una tigre argentata che atterrò con estrema eleganza sulle zampe, cominciando a guardarsi intorno.
Draco non riusciva a credere ai propri occhi, mentre Hermione, eccitata come se la avesse evocata lei, cominciò a battere le mani entusiasta.
<< Te lo avevo detto! Bravo, Draco! >>
Il ragazzo continuò ad ammirare la tigre scioccato, quasi non riuscisse a credere ai propri occhi, e mantenne lo stesso sguardo finchè non scomparve.
<< Wow. >> Mormorò quando si fu ripreso. << E meno male che doveva essere un furetto! >>
Hermione scoppiò a ridere e gli buttò le braccia al collo.
Non c’era niente da fare: più il tempo passava, più ne era innamorata.
Perché aveva sì mille ragioni per odiarlo ma una sola cosa glielo rendeva adorabile: la faceva sempre più innamorare di lui.

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Capitolo 12
*** Isolde ***


Zalve gente!!! Come va? Io, tanto per fare qualcosa di diverso, sto dormendo sulla tastiera ma mi sono impuntata che dovevo finire il capitolo e quindi…tatà!!! Si vede che non ci sto tanto con la testa, vero? Ok, la parte finale è un po’ un delirio, quindi perdonatemi :) Prima di continuare a sproloquiare approfitto di un temporaneo momento i lucidità per ringraziare coloro che continuano a leggere e a recensire. Thanx!!!
Detto ciò vi lascio alla lettura invitandovi sempre a dirmi cosa ne pensate.
Kisses
Mena

P.S. Aria mi spiace che sei stata malata e don’t worry per la recensione. Il fatto che ti piace la storia mi basta :) *Baciotto*


Rientrarono prima che si facesse buio, ma dopo essersi rincorsi come bambini per ore.
O meglio, lei scappava correndo e ridendo come una forsennata e lui le stava dietro sforzando al massimo le gambe e allungando le braccia nel tentativo di afferrarla.
Hermione era però come una gazzella e si divertiva a sfuggirgli decisa a prolungare quella corsa conscia che solo avrebbe solo accresciuto il desiderio di lui di stringerla a sé.
Arrivò persino a togliersi le scarpe correndo nella parte bassa del lago e bagnandosi fino alle ginocchia.
Era sicura che se Draco avesse voluto l’avrebbe presa in pochi minuti anche usando la magia, ma capiva quanto quel gioco affascinasse anche lui.
E la ricompensa per aver corso tanto, il premio finale, fu davvero stupendo: Draco la afferrò e, perdendo l’equilibrio, cadde sull’erba tenendola a sé, e cominciando a rotolare con le labbra premute sulle sue.
Semplicemente idillico.
Poi recuperò le scarpe e, con la mano intrecciata a quella di lui, rientrò al castello.
Il suo castello.
Non riusciva ancora a crederci che le avesse regalato quella meraviglia, che era appartenuta solo ai Malfoy.
E lei, sebbene fosse la sua ragazza ed era convinta che la loro storia non si sarebbe conclusa con un nulla di fatto, era solo una Mezzosangue indegna anche solo di posare gli occhi su quell’angolo di Paradiso.
La cosa però non la preoccupava minimante perché sapeva di essere lì in qualità di qualcosa di più di una semplice amica e il fatto che le avesse mostrato la biblioteca e le avesse donato l’anello di Isolde, alimentava ancora di più la speranza di venire associata un giorno ai Malfoy.
Attraversò l’atrio con quel pensiero e, sorridendo, si lasciò guidare da Draco verso la cucina.
Cucinarono insieme delle semplici uova strapazzate ed Hermione quasi moriva dalle risate per la disperazione del suo bellissimo ragazzo, totalmente incapace nel preparare un piatto così semplice.
Gli insegnò con tutta la pazienza e la dolcezza della quale era capace, approfittandone per posare la sua manina sopra quella grande di lui e stargli vicina.
Sì, era inutile: ormai era diventata dipendente da lui e stargli lontana anche solo per due secondi era un dolore non solo mentale, ma fisico.
Bramava continuamente il suo tocco e il suo profumo, una fragranza che non aveva mai sentito prima, la impregnava completamente.
E la cosa la faceva impazzire.
Cenarono con quella complicità che era ormai parte integrante del loro stare insieme e, terminata la cena e lavati i piatti, si diressero nella stanza di Draco.
Era stato stabilito che quel bagno sarebbe stato usato dal ragazzo mentre lei avrebbe avuto l’onore di usufruire di quello di Narcissa Malfoy, con i mille saponi e particolarissimi e costosissimi profumi.
Nel pacchetto era naturalmente incluso il libero accesso al guardaroba.
Hermione avrebbe anche potuto abituarsi a quello stile di vita.
Soprattutto avrebbe potuto abituarsi a vivere con lui.
Dopo milioni di baci, come se si stessero separando per chissà quanto tempo, lei raggiunse la camera da letto dei signori Malfoy e andò di corsa in bagno.
Mentre faceva scorrere l’acqua in attesa che diventasse calda, si spogliò e si posizionò nuda davanti lo specchio, studiandosi attentamente.
Per la prima volta dopo chissà quanto tempo si vedeva bella: le guance, di solito pallide, erano colorate di un gradevole rosso, le labbra tendenti al sorriso e gli occhi erano lo specchio della sua anima felice.
Si trovò persino decisamente migliorata anche nel fisico: le pareva che il seno fosse più florido e che il ventre si fosse appiattito, le cosce modellate.
Lasciò che i capelli le ricadessero lunghi sul davanti, coprendo parte delle sue nudità e si concesse un sorriso soddisfatto.
Sì, era bella.
Ma era bella perché lui l’aveva resa bella.
Lui che con il suo amore era riuscito finalmente a fare sbocciare quel fiore che non aspettava altro che un delicatissimo bacio per mostrare al mondo i suoi splendidi e delicatissimi petali.
Un fiore che sarebbe sempre appartenuto a colui che lo aveva fatto sbocciare.
Senza smettere di sorridere, aspettò che la vasca si riempisse con acqua non troppo calda e poi si divertì nel mescolare tanti saponi di colori diversi che esplosero in un turbinio di bolle coloratissime.
Legò i capelli perché non si bagnassero e poi si immerse, godendosi quel bagno rilassante e lasciando che la sua mente vagasse libera.
Inutile dire che i pensieri a cui approdò avevano come protagonista un bellissimo ragazzo dai capelli biondi e gli occhi grigi.
Niente di più magnifico.
Si perse nella contemplazione del Draco della sua mente e rimase immersa nella vasca più di quanto avrebbe dovuto: l’ampia vetrata a rombi decorata con argento lasciava entrare la luce della Luna Calante, ormai alta e delle miriade di stelle che riempivano il cielo notturno.
Si mise in piedi, uscì gocciolante e si avvolse intorno un morbido asciugamano di un bianco candidissimo e dall’inconfondibile e rassicurante odore di pulito.
Asciugatasi i piedi con una tovaglietta, si diresse scalza nel guardaroba, alla ricerca questa volta di un pigiama.
Se trovare qualcosa di adatto da indossare durante il giorno era stata difficile, trovare un pigiama era impossibile: non ce n’era nemmeno l’ombra.
Pareva che la signora Malfoy fosse un’appassionata sostenitrice di camice da notte di preziosissima seta che Hermione non aveva neppure considerato di indossare.
Una cosa era camminare con un vestitino, un’altra presentarsi con una camicetta sexy.
No, mai.
O meglio, non ancora.
Era decisamente troppo prematuro.
Pertanto, ferma nei suoi principi, continuò a cercare, spulciando ogni angolo dell’immenso guardaroba.
Dopo un lasso di tempo infinito, sbuffò sconfitta.
<< Ma uffa! >>
Com’era possibile che non avesse nemmeno un misero pigiama o almeno una camicia da notte che non fosse tutta pizzi e merletti?
Ma che diavolo passava per la mente di quella donna?
Un giorno le sarebbe piaciuto scambiare due chiacchiere con lei.
Adesso però aveva un grosso problema: che cosa avrebbe potuto indossare quella notte?
Non era il caso di dormire con uno di quei preziosissimi vestiti e andare a chiedere qualcosa a Draco era fuori questione.
Pertanto si decise a scegliere una di quelle cosiddette camice da notte della signora Malfoy.
Optò per quella che le parve la più tranquilla- anche se di tranquillo non aveva niente: era di morbida seta blu notte, le arrivava molto al di sopra delle ginocchia, aveva un profondo scollo a V e le bratelline e gli orli erano di pizzo.
E non aveva nemmeno la bacchetta per modificarla un po’.
Né in quello sconfinato armadio c’era traccia di una misera vestaglia: la signora Malfoy era decisamente una donna particolare.
La sola consolazione era che la camicia da notte era della sua stessa taglia: forse risaliva agli arbori del matrimonio della signora.
Sbuffando Hermione sciolse i capelli, sistemò l’asciugamano e, facendosi coraggio, avanzò a piedi nudi verso la stanza di Draco, il cuore che le batteva impazzito nel petto.
Sperava che fosse già sceso nell’atrio, così avrebbe potuto avvolgersi in una coperta e raggiungerlo molto più a suo agio.
In quel modo si sentiva nuda e temeva che avrebbe potuto fraintendere: lei non voleva ancora fare il passo successivo.
Era vergine e tale voleva rimanere per ancora un bel po’ di tempo.
O almeno così cercava di convincersi.
La verità era che la sua mente le stava giocando qualche tiro mancino, facendole accarezzare per la prima volta l’idea di concedersi ad un uomo.
Al suo uomo.
Poteva sentire le calde mani di lui posarsi sulla sua pelle provocandole brividi che non potevano essere considerati di paura.
Poteva sentire sotto le proprie mani il petto scolpito di lui e il possente battito del suo cuore.
Poteva vedere i suoi occhi grigi fissi in quelli scuri di lei e le sue labbra avvicinarsi sempre più.
Scosse la testa allontanando quei pensieri.
Non era il momento di lasciarsi andare a certe fantasie, ci sarebbe stato tempo dopo per farlo.
“Ne sei sicura?”, la stuzzicò una malefica vocina nella sua testa.
Riflettendoci però non poteva fare altro che darle ragione: non sapeva nemmeno se sarebbe arrivata all’indomani mattina e fare previsioni a lungo termine era un bel po’ azzardato.
Questo però non cambiava niente: non era ancora pronta.
Facendo un respiro profondo raggiunse la camera di Draco e entrò sicura.
Hermione notò che aveva accuratamente piegato le sue cose sistemandole su una poltrona, dando un senso di ordine in quel caos che aveva creato lei.
La stanza era immersa nella debole luce della lampada sul comodino accanto a letto.
Draco era disteso sul letto, con addosso un pigiama dai pantaloni lunghi tipo tuta e una maglietta nera a maniche corte.
Mentre un braccio era mollemente poggiato sull’addome, l’altro gli copriva gli occhi.
Hermione non poteva fare a meno di intenerirsi guardandolo dormire.
Riusciva finalmente a capire quanto prima le era apparso strano: l’amore che spingeva suo padre a rimanere accanto a lei quando ancora bambina si addormentava sul divano, oppure quando, aprendo al mattino presto la camera dei suoi genitori, trovava la madre sveglia con un sorriso dolcissimo, con gli occhi fissi sul marito addormentato.
Lei sarebbe potuta rimanere per sempre con lo sguardo fisso sul suo ragazzo e non avrebbe avuto bisogno di nient’altro per vivere.
Muovendosi più silenziosamente che potè, scivolò sul letto accanto a lui ma, quando poggiò la testa sul cuscino, Draco si voltò verso di lei e le sorrise.
<< Ciao, bellissima. >>
Hermione doveva ancora abituarsi a quei continui complimenti che le faceva, e, involontariamente arrossì. Lui si mise sul fianco e poggiò la mano sul braccio di lei.
<< Non capisco perché arrossisci ancora ma ti prego non smettere di farlo: mi fa impazzire. >>
La baciò sulle labbra, mentre la sua mano scendeva fermandosi sul fianco e accarezzando la seta.
A quel punto si staccò un po’ da lei e abbassò gli occhi sulla sua camicia da notte.
<< E’ la cosa più vicina ad un pigiama che ho trovato. >>
Si giustificò mordendosi il labbro inferiore con imbarazzo.
Draco continuava a tacere ma lei poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata, il suo respiro affannoso.
Dopo pochi istanti sentì la mano che le aveva poggiato sul fianco muoversi verso l’alto, accarezzando la seta morbida per poi fermarsi di poco sopra il seno.
Le tornarono in mente i pensieri che aveva avuto poco prima, sul concedersi o meno, e le sue convinzioni vacillarono.
In quel momento era sicura che se lui avesse fatto il primo passo, non lo avrebbe fermato.
Una parte di lei sperava che lo facesse, ma Draco non andò oltre.
Rimase fermo con la mano poggiata sul suo petto per troppo poco tempo, per poi ritirarla di scatto quasi si fosse scottato.
Puntò gli occhi grigi nei suoi dandole modo di scorgere qualcosa che non aveva mai visto prima ma che la affascinava: desiderio.
Lo stesso desiderio che lui stava leggendo nei suoi.
Si mise seduto e poi si alzò, costringendola a solleverai un po’ poggiando il gomito sul materasso.
<< E’ tardi, Hermione. >> Le disse e lei potè cogliere una nota distorta nella sua voce solitamente controllata. << Dormi serena: faccio io la guardia. >>
Lei scosse energicamente la testa, i riccioli che seguivano i suoi movimenti come animati di vita propria.
<< Faremo i turni…e non discutere. >> Lo zittì prima che potesse interromperla. << Fra tre ore tu andrai a dormire ed io farò la guardia e se non mi svegli tu, sta tranquillo che mi sveglierò da sola. >>
Draco la guardò immobile per qualche secondo, poi si rilassò e le sorrise. << Sei assurda. >>
<< No, non è vero. >> Protestò energicamente lei. << Non puoi rimanere sveglio e vigile per tutta la notte: dobbiamo alternarci. >>
Il sorriso di lui si fece ancora più intenerito.
Afferrò un lembo delle e lo sistemò sopra di lei, coprendola fino alle spalle.
Si piegò e la baciò, guardandola poi negli occhi.
<< Buona notte, Hermione. >>
<< Buona notte, Draco. >>
Lo vide abbassare ancora di più la luce della lampada e poi uscire dalla stanza.
Ascoltò i suoi passi allontanarsi nel corridoio e chiuse gli occhi, sentendo il peso della stanchezza.
E, quella notte, fece uno dei sogni più strani della sua vita.
Era sempre nel castello o meglio era nel giardino circostante, illuminato da un caldo Sole prettamente estivo.
Indossava la camicia da notte in seta ma non si sentiva minimamente a disagio, al contrario era serena come non mai.
E rese conto che stava camminando a passi lenti e misurati, sentendo la terra sotto i piedi nudi.
Non capiva tuttavia dove stesse andando: tutto era immerso nella stessa quiete che aveva regnato quando era stata fuori con Draco, ma c’era qualcosa di strano.
Aguzzando la vista, notò una figura sulla riva del laghetto.
Curiosa le si avvicinò sempre più e man mano si andavano delineando sempre più particolari: indossava un lungo abito bianco dalle maniche a campana che lasciavano vedere delle braccia candidissime.
I lunghi capelli di un biondo perlaceo erano intrecciati con qualcosa che Hermione non riusciva ad identificare.
Si avvicinò ancora più in fretta e vide: erano gigli.
A quel punto era ormai a un metro dalla figura che la guardava attraverso enormi occhi neri coronati da ciglia scurissime, le labbra erano tese in un sorriso dolcissimo.
<< Ti stavo aspettando. >>
Quella voce era tutto, un melodioso suono che conteneva tutti gli opposti, tutta la storia del mondo.
Era la voce di un angelo.
Hermione non riusciva a proferire parola tanto era rimasta sconvolta da quella presenza celestiale che ridacchiò sommessamente in maniera molto umana, ma con una grazia che la avvicinavano più ad una Dea.
<< Non guardarmi così. Sai chi sono. >>
Non era una domanda ma Hermione non potè fare a meno di annuire come se stesse rispondendo.
<< Isolde. >>
Sussurrò appena quel nome che si perse nella leggera brezza del vento.
Isolde piegò leggermente la testa, senza smettere di sorridere.
<< Non devi avere timore di me. Né devi venerarmi come hanno fatto tutte le altre. >> Fece una brevissima pausa puntando gli occhi neri in quelli nocciola della ragazza. << Sei l’unica alla quale è concesso di guardarmi negli occhi. >>
Hermione non sapeva come e se dovesse rispondere.
Si trovava dinanzi ad una figura leggendaria- non credeva fosse un sogno- e non riusciva a capire il motivo di quell’inaspettato onore.
Che diritti aveva lei rispetto “alle altre”?
Isolde si sedette incrociando le gambe ed invitò Hermione ad avvicinar lesi ancora di più e fare altrettanto. Inutile dire che ubbidì in meno di due secondi.
La donna leggendaria continuava a guardarla ed Hermione si vergognò: si sentiva una creatura inetta e sporca dinanzi a quell’essere sublime e purissimo.
Gli occhi neri si posarono sulla mano destra della ragazza, nella quale splendeva l’anello di smeraldi, il suo anello, di Isolde.
<< E’ bellissimo vederlo finalmente al dito di una donna innamorata. >> Alzò lo sguardo sul viso di Hermione, l’arco di Cupido piegato magnificamente. << Quasi non riesco a credere che tu esista davvero. >>
Ok, forse era meglio chiedere qualche spiegazione.
<< Mi perdoni, signora… >>
<< Isolde. Solo Isolde. Per te sono una sorella. >> La corresse gentilmente.
<< Perdonami, Isolde >>, quasi non riusciva a credere a quanto le stava accadendo, << ma non riesco a comprendere il motivo di tutto ciò: non sono la prima Malfoy a portare il tuo anello. Veramente non sono nemmeno una Malfoy. >>
Isolde scosse graziosamente la testa, i lunghi ricci biondi la seguivano nei movimenti con estrema eleganza.
<< Sei la seconda: la prima sono stata io. E tutte le altre donne che lo hanno indebitamente portato superbamente al dito non appartengono alla nostra famiglia: sono sporadiche macchie, punti oscuri. Tu sei la vera erede dell’anello. Non il mio anello. Il tuo anello. >>
Forse doveva cominciare a prendere in considerazione l’idea che fosse solo un parto della sua mente, la quale, a livello inconscio, aveva elaborato i suoi desideri più nascosi creando quel sogno.
<< Sto sognando? >>
Chiese incerta ad Isolde.
<< Certo. >>
Oh bè, almeno adesso ne era sicura.
<< Lo immaginavo. >>
Isolde piegò il volto osservandola stupita come una bambina. << Perché? >>
<< Perché una cosa del genere è assurda. >>
<< Infatti lo è. >> Le sorrise raddrizzandosi. << Tu stai sognando, ma io dovevo parlare con te e, pertanto, mi sono momentaneamente impadronita dei tuoi sogni. >>
Questo era anche un tantino inquietante.
<< Perdonami, mi sono espressa male: non devo parlare con te. Devo restituirti quanto ti appartiene. >>
<< Cosa? >> Fece la ragazza scioccata. << Tu devi restituire qualcosa a me? >>
Forse stava irrimediabilmente impazzendo.
Una donna morta da mille anni le si presentava in sogno dicendole che doveva restituirle una cosa. Sì era proprio fuori come un balcone.
Isolde le sorrise.
<< Ti è già stato restituito l’anello, hai riavuto il tuo castello e la tua biblioteca, ti manca l’ultima cosa. >>
Sciolse le gambe dall’intreccio e sollevò il vestito fino alle cosce tirando fuori l’ultima cosa che Hermione avrebbe mai immaginato vedere: la sua bacchetta.
Aveva spalancato occhi e bocca, del tutto incredula.
<< E’ la mia bacchetta. >>
Isolde, si risistemò il vestito coprendo le gambe e distendendole accanto a sé. << Legno di vite con l'anima di corda di cuore di drago. >> Fece, accarezzando con un dito la bacchetta. << E’ stata la mia fedele compagna per tutta la durata della mia vita. >>
Era uno shock dietro l’altro. << E’ la…è la tua bacchetta? >>
Isolde annuì sorridendole. << Perché lo trovi tanto strano? Ti ho già detto che sei la mia erede. >> Riposò gli occhi sulla bacchetta. << Ero un’ottima strega e ho evocato potenti incantesimi con questo tesoro. >> Lo disse con il tono di un’affettuosa madre.
La guardò un’ultima volta e poi la porse ad Hermione. << So che ne farai buon uso. >>
<< Io non posso accettare. >> Mormorò la ragazza con voce flebile.
Isolde, a quel punto, gliela mise fra le mani e, quando Hermione venne a contatto con lei si rese conto che non era un semplice sogno: quella donna, la morbidezza della sua pelle, erano più vivide che mai.
Come vivida era la bacchetta che stringeva nel pugno.
<< Non è un dono: è qualcosa che è destinato a te da un millennio. >>
Le sorrise di nuovo con più dolcezza. << So che lo renderai felice e lui renderà felice te. >>
Si alzò elegantemente in piedi ed Hermione fece lo stesso, tenendo ben stretta la bacchetta.
<< E non lasciarti prendere dalla disperazione e dallo sconforto, nemmeno quando ogni speranza sembra perduto: ricorda, finchè siete insieme niente e nessuno potrà sconfiggervi. >>
Isolde la abbracciò ed Hermione fu invasa dal suo profumo, un odore delicatissimo e che tuttavia la avvolse completamente.
Ricambiare quell’abbraccio fu spontaneo.
<< Grazie Isolde. >>
La donna si staccò un po’ da lei e le poggiò le labbra sulla fronte, in un bacio materno, per poi guardarla negli occhi.
<< Adesso è tardi, siamo state via troppo. Ci stanno aspettando. >>
Sentì il cuore gonfiarsi nel petto.
<< Intendi dire che sei ancora con Lancelot? Dopo tutto questo tempo? >>
Isolde sorrise scuotendo il capo, come dinanzi all’infantile errore di una figlia. << E’ un legame che non finisce con la morte: non ha mai fine. E ti assicuro mia cara che l’eternità non è abbastanza. >>
Hermione non sapeva cosa dire, ogni parola le sembrava superflua e scontata dinanzi a quell’infinita presenza racchiusa nel corpo di una Dea.
Una Dea che mormorò un “ciao” e che le passò una mano candida davanti agli occhi ed Hermione li spalancò ritrovandosi in un luogo scarsamente illuminato: era di nuovo nella camera di Draco, avvolta fra le coperte di velluto.
Possibile che fosse stato solo un sogno?
Si mise a sedere portandosi i capelli sulla schiena e poi passandosi le mani sul volto, nel tentativo di ricordare i dettagli di quella visione.
Poi poggiò la mano destra sul materasso e il cuore si fermò: stava toccando un oggetto lungo, cilindrico, in legno.
Lo strinse nel pugno con delicatezza e se lo portò davanti agli occhi sempre più scioccata.
Era la bacchetta, la sua bacchetta, la bacchetta di Isolde.
Sorrise euforica stringendo quel preziosissimo bene fra le mani e, incapace di rimare lì ferma, si liberò dalle coperte e si catapultò nel corridoio, correndo come una matta.
Doveva dirlo a Draco.
Doveva dirgli che Isolde le aveva parlato.

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Capitolo 13
*** Il fiore più bello ***


Eccomi qui, non sono morta! Questa settimana è stata decisamente piena di compiti, anche grazie alla simulazione della terza prova che si è rivelata una cavolata. Ma comunque…passiamo a cose più gradevoli :) Non so come potreste prendere questo capitolo e non voglio svelarvi niente quindi leggete e scoprite da soli XP Ringrazio ancora chi legge e recensisce sempre!!!
Kisses
Mena



Non riusciva a togliersi dalla testa quell’immagine.
Da quando aveva lasciato la sua ormai ex camera da letto, i suoi occhi vedevano ovunque seta blu notte che celava a malapena le bellissime forme della Venere che la indossava.
Sentiva il fruscio della stoffa che scivolava sulla pelle di lei.
Avvertiva ancora sotto i palmi delle mani quella pelle vellutata e perfetta.
Nelle orecchie rimbombava di quel cuore incredibilmente forte e delicato al tempo stesso.
Come aveva potuto distendersi accanto a lui con tanta leggerezza?
Come aveva potuto anche solo pensare che era in grado di controllarsi?
Ancora una volta rivide quelle gambe nude leggermente piegate e così vicine a lui.
No, non era capace di resistere.
Non riusciva anzi a spiegarsi come fosse miracolosamente riuscito ad alzarsi da quel letto senza spingersi oltre un semplice bacio.
La sola cosa che voleva fare era tornare di sopra, da lei, e farla completamente sua.
Un po’ medioevale come espressione ma rendeva bene l’idea.
E, sebbene fosse un gentiluomo e lei era per lui un fiore delicatissimo, era pur sempre un ragazzo e lei una ragazza stupenda seminuda nel suo letto.
Era decisamente troppo oltre per i suoi poveri ormoni, bombardati da quelle immagini tanto sensuali create dalla sua mente.
Se avesse continuato in quel modo era altamente probabile che sarebbe scoppiato.
Doveva assolutamente cercare di pensare a qualcos’altro, magari qualcosa di meno provocante.
Niente, tutto inutile: ogni pensiero lo riconduceva a lei, alla su curve perfette e a quelle labbra voluttuose.
Cominciò a occupare le mani spostando oggetti da una parte all’altra dell’atrio, pensando sempre a dove poterli mettere.
Era di certo una cosa molto stupida ma almeno lo distraeva.
Dopo che ebbe spostato però ogni singolo oggetto una decina di volte, non gli restò altro da fare che mettersi dinanzi la finestra accanto al portone di ingresso e fissare stancamente la notte stellata e la foresta buia.
Le cose cambiarono quando però si rese conto che la foresta non era poi così buia: vi era una strana luce.
Non era un gioco di riflessi, ma il frutto di un incantesimo: lì fuori c’era qualcuno.
Si attivarono mille campanelli d’allarme e sentì il sangue fluirgli al cervello.
Cercò di rassicurarsi che superare tutti gli scudi protettivi che aveva creato non sarebbe stato tanto facile nemmeno per un Mangiamorte, ma non ci riusciva.
Non poteva fare a meno di pensare che al piano di sopra, Hermione, la sua Hermione, dormiva serena e ignara di tutto.
E lui doveva assolutamente proteggerla, a costo della vita.
Avrebbe impedito a chiunque di farle ancora del male, non dopo quanto aveva fatto per renderla felice.
Un istinto quasi animalesco si impadronì di lui: qualcuno minacciava la tranquillità della sua casa e la vita della sua donna.
Il suo destino era segnato: sarebbe morto fra le peggiori torture.
E si sarebbe fatto uccidere in silenzio, senza osare svegliare la sua bella che dormiva di sopra.
Non l’aveva svegliata lui nemmeno quando le tre ore fissate erano già trascorse da un pezzo, figurarsi se avesse permesso ad un invasore di farlo.
Se si fosse avvicinato lo avrebbe ucciso, ma per il momento sembrava vagare sperduto oltre i confini del castello, incapace di valicare le protezioni da lui poste.
Ghignò maligno e soddisfatto a quel pensiero.
Poi però sentì dei passi frettolosi dietro di lui e si voltò giusto in tempo per vedere la sua Hermione decisamente sveglia che scendeva le scale saltando gradini, scalza e con in mano qualcosa che somigliava ad una bacchetta ma che sicuramente non lo era.
Dove avrebbe potuto prendere una bacchetta?
Eppure sembrava davvero una bacchetta.
Senza allontanarsi dalla finestra la guardò tra il curioso e il preoccupato, mentre lei gli volava fra le braccia con un sorriso a trentadue denti.
<< Non immaginerai mai quello che mi è successo. >>
Era particolarmente euforica e, sebbene Draco fosse sorpreso, era troppo preoccupato per mostrarsi interessato quanto avrebbe voluto.
<< Cosa, mia cara? >>
Fortunatamente lei era troppo entusiasta per accorgersi che c’era qualcosa di strano in lui.
Gli occhi le brillavano come quando era molto più che felice e le gote erano leggermente arrossate.
Con uno scatto fulmineo parò davanti lo sguardo di Draco un’asticina di legno scuro.
Una bacchetta.
Il biondo era semplicemente attonito, sconvolto.
Come era riuscita a procurarsi una bacchetta?
Era sicuro che in quel castello non ve ne fosse nessun’altra eccetto la sua!
Lentamente la prese fra le mani, facendo scorrere un dito lungo il legno levigato.
Non vi era dubbio alcuno che fosse proprio una bacchetta magica.
<< Hermione, da dove l’hai presa? >>
Posa la domanda giusta a giudicare dall’espressione della sua ragazza: lo sguardo di lei, se possibile, divenne ancora più euforico.
In effetti faceva quasi paura.
<< Me l’ha data Isolde. >>
Silenzio.
Ok, lo stava prendendo in giro.
Sì, doveva essere per forza così, perché altrimenti avrebbe dovuto giudicarla pazza.
Rise divertito.
<< Sì, certo, mia cara.> >
Lei sembrò offesa dal suo atteggiamento.
Gli strappò la bacchetta dalle mani e incrociò le braccia al petto, con il volto animato da un broncio degno di una bambina di cinque anni.
<< Non è uno scherzo, Draco. >> Fece stizzita. << Me l’ha data davvero Isolde. Io l’ho vista. >>
Le ultime parole furono accompagnate da uno sguardo perso e folle che lo spaventò.
Possibile che stesse perdendo il lume della ragione?
<< Hermione, Isolde è morta da mille anni. >>
Lei sbuffò esasperata.
<< Lo so benissimo, Draco, ma io l’ho vista. >> Ripetè sicura. << E’ venuta a cercarmi nei miei sogni e mi ha dato la sua bacchetta, che poi è anche la mia. >>
Adesso cominciava seriamente a preoccuparsi.
Le strinse le spalle fra le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi.
<< Hermione, mi stai spaventando: come può Isolde, una donna morta quasi un millennio fa, averti dato in sogno la bacchetta che hai in mano? >>
Lei scrollò le spalle sorridendo e sostenendo gli occhi seri e penetranti di lui senza alcuna fatica.
<< Non lo so, Draco, ma questo non cambia i fatti: ho visto Isolde e lei mi ha parlato. >>
Era impossibile: Isolde non era rimasta come fantasma e di certo lei non aveva potuto vederla.
No.
Sicuramente qualcuno si era introdotto nella sua camera e le aveva dato quella bacchetta.
Un brivido di terrore gli corse lungo la schiena e lo sguardo volò oltre la finestra dove ancora si muoveva quella strana luce innaturale.
Pensò a mille cose contemporaneamente, ideando vari piani per portarla in un luogo più sicuro di quello. Prima però avrebbe dovuto trovare un luogo del genere.
<< Che c’è, Draco? >>
L’euforia aveva ceduto il posto alla preoccupazione e gli occhi scuri erano velati da paura.
Il ragazzo la attirò a sé, protettivo, e la guardò negli occhi.
<< C’è qualcuno lì fuori, amore. Ma sta tranquilla: non permetterò che ti faccia del male. Te lo prometto. >>
Hermione lo guardò seria e poi, alzatasi sulle punte dei piedi, lo baciò intensamente, avvolgendo il suo collo in un abbraccio.
<< Non voglio essere salvata. >> Sussurrò talmente vicina che il suo respiro finiva dentro la bocca di lui. << Voglio combattere con te. Troveremo insieme il modo di venirne fuori. >>
Draco la sollevò da terra baciandola di nuovo.
Poteva dire ciò che voleva ma sarebbe stato più che felice di morire per lei.
La tenne sollevata anche quando il bacio era ormai finito e si era voltato verso la finestra, gli occhi puntati su quella luce.
<< Non dobbiamo preoccuparci, Draco. >> Fece lei, la guancia premuta contro quella di lui e la camicia da notte ancora più sollevata. << Hai tracciato tantissimi incantesimi di protezione: non riusciranno mai ad entrare. >>
Draco, però, non riusciva a stare tranquillo: temeva non per lui, ma per lei ed era cero che il cuore gli sarebbe scoppiato per il terrore che le accadesse qualcosa.
<< Temo che ci siano già riusciti:sono sempre più convinto che siano stati loro a darti quella bacchetta anche se non riesco a capire perché lo abbiano fatto. >>
A quel punto lei si liberò dal suo abbraccio, rifoggiando i piedi sul pavimento freddo e guardandolo seccata.
<< Ti ho già detto che è stata Isolde a darmi la bacchetta. >>
<< Isolde è morta! >>
<< E con ciò? Perché ti viene così difficile accettarlo? >>
E lo chiedeva pure?
<< Perché non voglio credere che tu ti sia messa a parlare con i morti! >>
La risposta la infastidì parecchio. Divenne scarlatta e si vedeva che era furibonda.
<< Mi stai dando della matta? >>
E fu così che Draco Malfoy passò dalla ragione al torto.
<< Non mi permetterei mai, Hermione, ma devi concedermi che non è normale parlare con un morto. >>
<< Tu non hai mia discusso con i fantasmi ad Hogwarts? >>
<< Quelli sono fantasmi! Isolde non lo è, invece! >>
<< Ma io l’ho vista! E mi ha dato la bacchetta! >>
Non rispose.
Distolse lo sguardo da lei e lo puntò sulla strana luce: non poteva accettare l’idea che la donna che amava fosse vittima di una qualche follia.
<< Tu non mi credi. >>
La sentì sussurrare alle sue spalle, con un tono che gli fece male.
Era delusa.
Lui l’aveva delusa.
<< E non mi ami. >>
Quelle parole gli fecero scattare qualcosa dentro.
Si voltò, in preda ad un folle raptus e la guardò negli occhi, non osando avvicinarsi e stringerla fra le braccia come avrebbe voluto.
<< Come puoi anche solo pensare una cosa del genere? >> Domandò ferito, sentendosi trafiggere da quegli occhi scuri che aveva imparato ad adorare. << Sai benissimo che ti amo più della mia stessa vita. E sai anche che mi ferisci quando dici così. >>
<< Io ferisco te? Tu mi tratti come se fossi pazza ed io ferisco te? >>
<< Mi spiace, Hermione, non volevo farti del male. >> Le disse. << E’ solo che mi è piuttosto difficile credere che Isolde ti abbia dato una bacchetta. >>
Lei abbassò lo sguardo sui piedi nudi, il volto parzialmente nascosto dai capelli.
<< Ron mi crederebbe. >>
Gli ci volle qualche secondo per essere sicuro di aver capito bene.
Aveva davvero osato nominare quell’imbecille?
<< A che gioco stai giocando? >> Fece furibondo serrando il pugno intorno alla bacchetta.
<< Dico solo la verità. >>
Oh, sì, era perfida.
La cattiveria incarnata nel corpo della più sensuale Venere.
E sapeva come giocare con lui, quali tasti toccare per farlo esplodere.
Ci stava riuscendo benissimo.
<< Crederebbe senza nessuna difficoltà che una morta ti ha dato in sogno una bacchetta? >>
Hermione annuì senza guardarlo ancora in faccia.
Se non l’avesse amata tanto l’avrebbe uccisa volentieri.
<< Oh, bè, evidentemente il nostro caro Lenticchia o ha una mente dall’intelligenza sconfinata, oppure è un bradipo in forma umana. >>
La ragazza alzò il viso di scatto, rossissima per la furia. << Ron, non è un bradipo! >>
<< E’ ammirevole il modo in cui lo difendi! Davvero molto accalorato! >>
<< E’ mio amico è naturale che lo difenda! >>
<< Oh, per piacere! >> Sbottò Draco fuori di sé. << Se avessi dato del bradipo a Potter ti saresti limitata ad un’occhiataccia! E poi sei stata tu a tirare in ballo Weasley! >>
<< Perché è vero che lui mi crederebbe! >>
Non gli era mai capitato di perdere così il controllo, ma il sentire quella che doveva essere la sua ragazza tirare in ballo un altro del quale era forse stata innamorata lo faceva impazzire.
Non era stato un caso che avesse detto proprio quel nome e non quello di Potter o di chiunque altro.
La rabbia era l’espressione esterna di qualcosa di molto più profondo e terribile: il timore di perderla quando ormai pensava che fosse solo sua.
<< Sai che ti dico? Se il tuo carissimo Ron è tanto perfetto farei meglio ad aiutarti a trovarlo così ti potresti metterti con lui e liberarti del mostro che non ti crede e non ti ama! >> Fece una brevissima pausa per riprendere fiato prima di ricominciare a parlare. << E’ terribile che tu sia costretta a sopportare una bestia che veglia su di te giorno e notte, che ti tratta come la principessa che meriti di essere e che passerebbe ogni attimo della sua vita a guardarti! Ti ha svelato i segreti della sua famiglia! Ti ha donato il suo cuore e tu cosa fai? Lo calpesti sputandogli in faccia il nome di un altro che avresti potuto facilmente amare e gli urli che non ti ama! >> Era fuori di sé e temeva che sarebbe scoppiato a piangere, perciò le diede le spalle tornando a guardare la finestra. << Ti rendi conto che così mi uccidi? >>
Era certo che avrebbe ricominciato ad urlare furiosa, ma si sbagliava.
La avvertì avvicinarsi grazie al fruscio della camicetta da notte e poi sentì le braccia avvolgergli il petto da dietro e la sua testa posata sulla schiena.
<< Scusami, amore. Non avrei dovuto dirti quelle cose, mi dispiace. >>
Avrebbe voluto tenerle il muso ancora per un po’, ma non ci riusciva.
La fece mettere davanti a lui afferrandola per un polso e la attirò a sé per i fianchi, affondandole il viso nel collo e cominciando a baciarlo mordicchiandolo di tanto in tanto.
Il profumo della sua pelle lo inebriava, così come lo facevano impazzire quei piccoli gemiti che lei tratteneva a stento.
E lo faceva impazzire sapere che era lui a procurarglieli.
Con uno sforzo notevole si costrinse a fermarsi e si allontanò dal quel collo stupendo per poterla guardare in volto: gli occhi scuri erano colmi di quello che riconobbe come desiderio.
Desiderava lui.
E, Dio ne era testimone, lui la desiderava oltre ogni limite.
L’ardore nel suo sguardo non accennò a diminuire anzi, se possibile, crebbe.
Gli si buttò addosso, lanciando la bacchetta lontano e lo baciò come mai aveva fatto prima, premendosi prepotente contro di lui.
La camicetta, ormai, le si era sollevata talmente tanto che aveva le cosce completamente scoperte.
E Draco si impadronì di quella parte di lei, accarezzandola come mai aveva osato fare prima e sollevandola da terra.
E in tutto ciò non smisero mai di baciarsi.
Hermione aveva stretto le gambe intorno alla sua vita, cosicchè lui potè stringere le mani intorno ai suoi capelli, mentre le piccole manine di lei si reggevano stringendogli le spalle in una stretta quasi violenta.
Dimenticata completamente quella strana luce, continuò quel bacio finchè si rese conto che erano andati troppo oltre per potersi fermare.
Si materializzò al piano di sopra, nella sua camera, illuminata da quella luce bassa e sensuale della lampada del comodino.
Mosso da una forza potentissima, si avvicinò al letto disfatto e si ci lasciò cadere con Hermione la quale, ritrovatasi fra le lenzuola, lo liberò dalla presa ferrea sulla vita non serrando però le gambe.
No, erano dischiuse in un invito che Draco era deciso ad accogliere.
Si tolse la maglietta lanciandola da qualche parte nella stanza e sentì subito le mani di lei impossessarsi del suo petto nudo.
Prima di liberarsi della bacchetta fece comparire silenziosamente un preservativo e lo strinse nel pugno.
Doveva averla.
Era un istinto animale che lo portava a farla completamente sua, a prenderla in quel momento.
E non aveva intenzione di ignorarlo.
Scese a baciarle il collo fino all’incavo del seno e provò puro piacere quando lei si inarcò sotto di lui per facilitargli il tutto.
<< Hermione, ti voglio. >>
Sussurrò con voce rauca per il piacere.
<< E allora che aspetti a prendermi? >>
Oh, Dio!
Non lo sfiorò neppure l’idea che potesse sbagliare qualcosa, che non lo avesse mai fatto prima e che era terribilmente inesperto.
Per qualche strana ragione, sapeva esattamente cosa fare.
Si tolse i pantaloni e solo allora le sfilò via la camicetta e, oh, avrebbe potuto piangere.
Non poteva essere più perfetta.
Nemmeno le sue fantasie più ardite erano state in grado di avvicinarsi a quel corpo candido, ai seni piccoli e sodi, al ventre piatto, alle gambe nude che lo confinavano e che nascondevano quel fiore che lui avrebbe colto.
Lui e solo lui.
Accarezzò le linee di quel corpo con l’estasi di un devoto al quale è stato concesso toccare il Santo Graal.
E quella pelle morbida era davvero la fonte della vita, della sua vita.
Era incantato dal movimento dei seni, che si alzavano e si abbassavano seguendo un ritmo tutto loro che dava vita ad una melodia fatta di respiri e battiti.
Musica dolcissima per le orecchie di Draco.
Distolse lo sguardo da quel perfetto strumento musicale e lo portò sul viso della sua lei: gli occhi da cerbiatta erano spalancati e lo guardavano colmi di paura.
Oh, no, non poteva vederla così.
Fermarsi, a quel punto, sarebbe stato un dolore fisico ma lo avrebbe fatto: non doveva essere spaventata.
Con un sorriso dolce e intenerito che avrebbe fatto solo per lei, con la mano libera le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
<< Non voglio che tu abbia paura. >> Le sussurrò piano. << Se vuoi possiamo aspettare: devi affrontare questo momento con gioia, non con timore. >>
Le gote di lei si imporporarono amabilmente e abbassò un po’ le lunghe ciglia.
<< Io non l’ho mai fatto: non so che devo fare. >>
Oh, era magnifica!
Così perfettamente umana e divina insieme in ogni piccolo movimento!
Le baciò delicatamente la fronte e poi abbassò un po’ lo sguardo per incontrare i suoi occhi.
<< Non lo so nemmeno io. >> Le svelò con un sorriso. << Se vuoi, però, possiamo imparare insieme. >>
Il cuore gli batteva all’impazzata mentre lei lo guardava senza rispondere.
Rimasero immobili, lui guardandola in volto, lei tenendo gli occhi bassi.
Poi, dopo quella che parve un’eternità, lei alzò lo sguardo e, sempre con quel rossore meraviglioso, gli sorrise un po’ imbarazzata.
<< Però se non sono brava non devi ridere, va bene? >>
Non seppe resistere ancora: la baciò e, dopo aver preso le precauzioni adeguate, fremendo dentro quanto fuori, la fece sua.
E mentre facevano l’amore, mentre lei si aggrappava alle sue spalle come se fossero un’ancora di salvezza, mentre allontanava le sue labbra solo per lasciarsi sfuggire piccoli gemiti, lui la stringeva a sé, sussurrandole che le credeva, che era stata Isolde a darle la bacchetta, che era bellissima, che era il fiore più bello, che la amava.
E, quando lei si addormentò stanca e felice sul suo petto, seppe finalmente cosa voleva dire essere davvero felici.

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Capitolo 14
*** La quiete prima della tempesta ***


Salve bella gente!!! Scusate se posto così tardi per i miei standard ma sono stata per una settimana in gita a Praga^^ Sono contenta che il colpo di scena vi sia piaciuto (non lo avevo premeditato, giuro!!!) Questo capitolo è più cortino ma perché è di transizione. Credo che il titolo sia abbastanza chiaro^^ Detto ciò leggete e commentate!!!
Besos
Mena



Quella notte Hermione dormì bene, come mai aveva dormito in vita sua.
Era riposata, serena.
Quando si svegliò non aprì gli occhi, ma si concesse qualche altro minuto per ricordare quanto aveva sognato: di certo uno dei sogni più strani ma più belli che avesse mai fatto.
E com’era vivido!Non aveva idea di come la sua mente inesperta fosse riuscita a creare ogni cosa nei minimi dettagli, senza tralasciare nemmeno un particolare.
E le emozioni che lei aveva provato...
Oh, il solo rievocarle le faceva venire la pelle d’oca.
Quei baci roventi, quei sussurri, quei gemiti trattenuti per poi esplodere…
E il piacere che aveva provato, che lui le aveva fatto provare…
No, era indescrivibile.
Troppo bello per essere vero.
Sorrise tenendo ancora gli occhi chiusi per rivedere quel Draco del sogno che le sussurrava piano che l’amava e che la definiva “il fiore più bello” mentre si impadroniva della parte più intima di lei.
Ancora non riusciva a togliersi dalla testa quel sogno che, stranamente, anziché farsi sempre meno preciso sino a svanire si arricchiva di particolari che la incantavano.
Semplicemente meraviglioso.
Quando fu sicura che quello splendido sogno non sarebbe semplicemente fuggito dalla sua mente, si stiracchiò e poi aprì gli occhi di scatto, ritrovandosi a fissare il soffitto alto della camera di Draco.
Si stava proprio abituando a quel posto straordinario, al castello dei Malfoy.
“Il tuo castello”, le ricordò l’onnipresente vocina nella sua testa, ma non la infastidì.
Quel luogo le apparteneva veramente.
Si mise a sedere e lo sguardo le cadde sulla finestra: le tende erano spalancate e la calda luce del Sole illuminava completamente la stanza.
Chissà che ore erano.
Aveva fame.
Molta fame, come se non toccasse cibo da secoli.
Strano, di solito non era così.
Alzandosi notò però una cosa molto strana: la sua camicia da notte era accuratamente piegata sulla poltrona.
Si scoprì in fretta e rimase profondamente sorpresa nel vedersi nuda.
Ma le scoperte non erano ancora finite: il lenzuolo, proprio dove lei aveva dormito, era sporco.
Sangue.
E il ciclo le era venuto appena due settimane prima.
No, quello non era il sangue della mestruazione.
Allora che…
Si bloccò, nuda seduta in mezzo al letto.
Il sogno.
Il sogno non era un sogno: aveva davvero fatto l’amore con Draco.
Quella rivelazione la stupì talmente tanto che strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca, continuando a guardare quella macchiolina rossa.
Non era pentita, però.
Oh, no, il pentimento era ben lontano da lei.
Al contrario, ripensò ancora una volta a quei momenti con un fremito più forte: era successo veramente, non era frutto della sua perversa immaginazione.
Si guardò intorno cercando il suo ragazzo, ma non lo trovò: la sua maglietta era lì, ma il resto era sparito.
Perché non aveva atteso che si svegliasse o, se aveva fretta di scendere, perché non l’aveva svegliata lui stesso?
Era terribile ritrovarsi sola in quel letto enorme con quei ricordi!
Avrebbe voluto che la prendesse fra le braccia e la cullasse sussurrandole ancora quelle dolci parole che aveva detto mentre lei gli si donava.
I suoi occhi incontrarono lo specchio posizionato sulla parete e inevitabilmente guardò la figura riflessa: una giovane donna dai lunghi capelli pettinati in ordinati boccoli scuri che le ricadevano lungo la schiena, inginocchiata sulle lenzuola, nuda, ricambiava il suo sguardo con occhi ardenti e labbra incredibilmente rosse.
Dio, era davvero così bella?
Improvvisamente dietro di lei comparve la figura di un ragazzo alto, dai capelli biondi spettinati, con indosso solo i pantaloni, il petto nudo e gli addominali scolpiti. Gli occhi grigi erano colmi d tenerezza mentre guardava la bambolina allo specchio e le labbra erano tese in un sorriso.
Tra le mani stringeva un vassoio.
<< Ti sei svegliata, amore. >>
Hermione si voltò di scatto e le girò un po’ la testa: era un dejà vu leggermente diverso.
La scena era praticamente identica a quando si era svegliata la prima volta in quel castello, ma allora le emozioni e i rapporti fra loro erano completamente diversi.
Draco le si avvicinò e poggiò il vassoio ai suoi piedi.
Aveva preparato di tutto: the, caffè, toast con burro e marmellata, zabaglione, succo d’arancia.
E poi, di lato, c’era la più bella rosa rossa che Hermione avesse mai visto: era appena sbocciata e splendeva rigogliosa sotto la luce del Sole.
Sentì le labbra di Draco posarsi sulla sua guancia e depositarvi un bacio.
<< L’ho vista dalla finestra della cucina e mi ha ricordato te: >>, sussurrò sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, << appena sbocciata eppure già bellissima. >>
Forse era troppo emotiva.
Prese la rosa, attenta a non spinarsi e la avvicinò al naso inspirando a fondo quel profumo delicatissimo.
Poi, con gli occhi umidi, si voltò verso Draco sorridendo.
<< Grazie, amore. >>
Il biondo, con una tenerezza mai mostrata prima, le sorrise e le afferrò la mano libera portandosela alle labbra e baciandola delicatamente, quasi temesse di romperla.
<< Non ringraziarmi. Sono io che devo prostrarmi ai tuoi piedi e baciarli. >> Sussurrò tenendo gli occhi fissi in quelli di lei. << Mi hai ridato la vita e niente di ciò che potrò fare sarà abbastanza per ripagarti. >>
Da quando era tanto emotiva?
Non era mai stato il tipo dalle lacrime facili, ma con lui si scioglieva come gelato al Sole.
Sentii le lacrime scorrere copiose lungo le guance e Draco le asciugò subito, preoccupato.
<< Che succede? Stai male? >> Fece una breve pausa. << Ti sei pentita? >>
Oh, stava facendo la figura della stupida!
Scosse la testa e sfoderò un sorriso sincero e felice.
<< Draco, fare l’amore con te è stata la cosa più giusta che abbia mai fatto: non mi potrei pentire né ora né mai. Non sono lacrime di tristezza, ma di gioia e commozione. >> Si bloccò per allargare il sorriso. << Sono stati i momenti più belli della mia vita. >>
Draco la attirò a sé per i fianchi e la baciò trasmettendole tutto l’amore che provava per lei.
Hermione sentiva il cuore di lui martellare contro il suo seno e seppe che avrebbe potuto passare tutta la vita ascoltando quel suono celeste senza mai stancarsi.
<< Ti amo, Draco. >>
Sussurrò premuta contro di lui, quasi che i loro corpi stessero per fondersi in uno solo.
<< Ti amo anch’io, Hermione. >>
Lei gli sorrise con un’intimità completamente nuova e seppe che si appartenevano, che si erano appartenuti da sempre e che non potevano fare altro che stare insieme.
Si alzò con un movimento fluido e, per niente infastidita dal sentirsi gli occhi di lui addosso, indossò la camicia da notte e tornò sul letto.
<< Allora, ho una gran fame. >> Esordì guardando il vassoio con l’acquolina in bocca. << Vediamo un po’… >>
Esitò qualche istante e poi prese il toast sorseggiando a tratti del the caldo.
Finito il toast ne prese subito un altro e lo addentò famelica.
<< Come mai tutto questo appetito, amore? >>
Commentò Draco che sorseggiava solo del caffè, senza staccare gli occhi grigi dalla figura della sua ragazza. Hermione scrollò le spalle e poi fece un sorrisetto maliziosa.
<< Forse perché mi hai fatta stancare stanotte. >>
Apprezzò la battuta: rise divertito e le baciò la spalla nuda.
<< Si, hai ragione: sono stato troppo bravo. >>
A questo punto fu lei a dargli un colpetto sulla spalla.
<< Sì, e sei anche troppo modesto, mio caro. >>
Draco le afferrò la mano e la baciò sorridendo.
<< Dico solo la verità. Sono o non sono bravissimo? >>
Lei fece un sorrisetto. << Non lo so. Non ho termini di paragone, quindi… >>
Il biondo la guardò scioccato.
<< Che vuol dire che non hai termini di paragone? Non deve essere questo il tuo metro di giudizio perché non vedrai altri che me in questo campo! >>
Hermione scoppiò a ridere e lo rassicurò con un bacio.
<< Sta tranquillo, amore. Non ho la benché minima intenzione di provare con altri. >>
<< Benissimo. >>
Hermione gli sorrise e gli si accoccolò al petto.
Continuò a mangiare, serena e felice, beandosi del calore di quel corpo stupendo che era divenuto suo.
<< Hai preparato una colazione fantastica. >>
Fece mentre beveva l’ultimo sorso di the e sentì le braccia di lui avvolgerla completamente e le labbra posarsi sull’incavo del suo collo.
<< Bè, in qualche modo dovevo farti capire quanto ti adoro e dovevo ripagarti per stanotte. >>
Hermione non potè fare a meno di ridere divertita.
<< La mia verginità per una colazione: un ottimo affare! >>
Draco la strinse ancora di più ridacchiando e baciandola.
Poi la strinse per i fianchi e la fece voltare in modo che i loro volti si incrociassero e con una mano le scostò i boccoli ribelli dal viso.
<< Mi spiace per te ma da ora in poi non potrai più separarti da me per nessuna ragione al mondo. >>
Hermione non chiedeva che rimanere per sempre con lui, stretta fra le sue braccia e baciata dalle sue labbra.
<< Sai non avrei mai creduto che la mia prima volta sarebbe stata con te. >>
A quelle parole lui si impietrì un po’ e la guardò in quei grandi occhi da cerbiatta che gli era naturale amare.
<< Bè, di certo non sono mai stato il primo della tua lista... >>
Lei sorrise e lo baciò sulle labbra.
<< Non eri nemmeno in lista, ma sei volato al primo posto cancellando tutti gli altri. >>
Draco la strinse più a sé e la fece distendere sul letto baciandola.
La guardò con un sorriso estasiato.
<< Dio mio, sei bellissima. >>
Hermione ridacchiò e sentì le guance imporporarsi.
<< Smettila di farmi arrossire, dai! >> Disse spostando pudicamente gli occhi di lato. << Se continui a ripetere che sono bellissima mi monto davvero la testa ed è la fine. >>
Draco rise e riprese a baciarla dicendo fra un bacio e l’altro che era bellissima e facendole bruciare la pelle.
<< Mi stai facendo impazzire! >>
Mormorò accarezzandogli le spalle mentre lui continuava a baciarla in ogni angolo del corpo, spostando anche la camicia da notte.
<< Ottimo. Allora continuo. >>
Quel ragazzo era il diavolo sotto le spoglie di un angelo: terribile.
Si liberò dalla sua stretta e si alzò dal letto con un balzo.
<< Ti sto viziando troppo: mi concedo con estrema facilità. >>
Oh, vedere la sua faccia sconvolta era favoloso!
Quel viso perfetto scioccato e al contempo stupendo.
Semplicemente meraviglioso!
Hermione scoppiò in una risata seriamente divertita e poi cominciò a cercare per la stanza la bacchetta: doveva vestirsi.
<< Amore, dove ho messo la bacchetta? >>
Draco, comprendendo forse che non avrebbe ottenuto nessun particolare piacere, rassegnato, si mise in piedi e, mosse la sua bacchetta richiamando quella della sua smemorata ragazza, che gli rivolse un ampio sorriso.
<< Sei sempre molto galante. >>
Gli si avvicinò e lo baciò quel tanto per accendere in lui il desiderio di lei e poi si allontanò ridendo e saltellando si volse verso l’armadio.
<< Sono stufa di vestitini: voglio un bel paio di jeans. >>
Draco la abbracciò da dietro e la baciò sulla spalla.
<< Sei proprio cattiva. >>
Hermione ridacchiò e poi tirò fuori un paio di jeans e una camicia bianca.
<< Non essere tanto ingiusto: mi sento una stupida a camminare sempre con quegli elegantissimi vestitini. Voglio stare un po’ più comoda. >>
Draco, ormai sconfitto su tutta la linea, si limitò a sospirare e a sorriderle.
<< Se la mia principessa vuole stare comoda, allora soffrirò in silenzio. >>
Hermione inarcò un sopracciglio, non cogliendo bene il significato di quelle parole.
<< Perché soffriresti? >>
Il biondo le rivolse un sorrisetto e lasciò scorrere una mano sulla sua vita sottile.
<< Perché ti mangio con gli occhi quando indossi quei graziosi vestitini e soffrirò terribilmente vedendoti avvolta in comuni jeans. >>
Hermione gli sorrise e lo baciò intenerita.
Poi la sfiorò un’idea non tanto…bè, un po’ insolita.
Fece un sorrisetto malizioso e si morse il labbro.
<< Stavo pensando una cosa… >>
<< Dimmi tutto. >>
Sentì il rossore salirle alle guance in vampate di calore e poggiò le mani sul suo petto scolpito guardando il suo ragazzo in quei grandi occhi grigi.
<< Pensavo che, prima di “avvolgermi in comuni jeans”, potevo fare un bel bagno… >>
Lui o non capì o si rifiutò di capire, perché continuò a guardarla stranito.
<< …e magari potevamo farlo assieme…. >>
Continuò Hermione per porre fine ad ogni incomprensione.
Il volto di Draco si illuminò.
Mentre lei rideva come una pazza la sollevò in braccio e la portò in bagno.
Aprì il rubinetto dell’acqua calda e lasciò che la vasca si riempisse mentre ridendo insieme si spogliavano di quei pochi indumenti che, per la seconda volta in poche ore, finirono per terra.
Draco chiuse il rubinetto e con estrema delicatezza la fece entrare nell’enorme vasca e lei, come una bambina, la riempì di bolle di sapone di ogni genere, colore e profumo.
Oh, si poteva essere tanto felici?
Sguazzando felice nell’acqua calda e profumata, giocando con Draco e baciandolo, era felice.
E poi, incapaci di resistere a quell’alchimia che si era instaurata fra di loro, fecero l’amore per la seconda volta.
Fu ancora meglio della prima.
Quando, dopo parecchio tempo, uscirono gocciolanti da quella vasca, si avvolsero in morbidi accappatoi e si rivestirono insieme, non vergognandosi di ritrovarsi nudi di fronte all’altro.
Hermione indossò l’intimo che aveva fatto volare dalla camera della signora Malfoy e poi sistemò i jeans e la camicia in modo che gli stessero a pennello.
Per finire indossò le ballerine nere che tanto le piacevano e si asciugò i capelli con un tocco di bacchetta.
Draco aveva messo jeans scuri e una maglietta nera che ben metteva in risalto il suo fisico scolpito facendoglielo apparire ancora più desiderabile.
Ancora non riusciva a credere che fosse davvero suo.
Stava per chiedergli di accompagnarla in biblioteca quando sentì un urlo terribile provenire da fuori. Qualcuno la stava chiamando a squarciagola.
Rimase impietrita, con gli occhi spalancati.
Lei conosceva quella voce.
Oh, la conosceva benissimo.
<< Ron… >>

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Capitolo 15
*** La fine ***


Ok…è tardi e quindi sarò breve. Ci ho messo molto perché volevo essere sicura di quello che scrivevo: ormai è fatta. Vi prego solo di una cosa: non odiatemi. Ricordate che la storia non è finita e che ho ancora delle cose da scrivere. Molte cose. Detto ciò leggete e recensite.
Notte
Mena



E’ proprio vero che una grande felicità deve essere per forza seguita da una ancora più grande sofferenza. Viene da chiedersi il perché di questa legge decisamente ingiusta e a chi mai sia venuta la brillante idea di crearla.
Non è affatto corretto far provare una gioia immensa per poi sprofondare nella sofferenza.
No, assolutamente scorretto.
Perché mai glii era stata concessa una tale felicità se poteva essere facilmente portata via da una sgradevolissima voce maschile?
Sarebbe stato molto meglio non aver provato nulla di tanto meraviglioso e continuare a crogiolarsi nella fantasia.
Come poteva, dopo aver gustato l’infinita bellezza della sua amata, sopportare di dividere i suoi occhi con qualcun altro?
Semplicemente non poteva e non voleva farlo.
Lei era sua e sua soltanto
Durante quei meravigliosi giorni trascorsi insieme aveva avuto l’infinito piacere di aver per sé tutta l’attenzione della ragazza, senza che niente potesse distrarla da lui.
Avevano persino fatto l’amore.
Due volte.
Ed era stata la cosa più bella del mondo.
Non si sarebbe mai riuscito ad abituare a quella presenza angelica nella sua vita, ma, ormai, credeva di averla ottenuta per sé per sempre.
Pensava che niente e nessuno avrebbe potuto mettere in pericolo la loro relazione.
Ovviamente si sbagliava perché il pericolo si era presentato alla porta di casa urlando il nome della sua ragazza che, dopo aver rivolto una rapida occhiata al biondo, era corsa di sotto, aveva tolto parte degli incantesimi di protezione e si era lanciata fuori dal castello buttandosi fra le braccia di due idioti.
San Potter e Lenticchia.
Avrebbe voluto ucciderli entrambi e riprendersi ciò che era suo.
Oh sì, perché lei era sua.
Sua e sua soltanto.
Non si era ancora saziato del suo sguardo, dei suoi baci e gli venivano sottratti tanto presto?
No, non poteva sopportarlo.
Eppure doveva assolutamente farlo.
Aveva lasciato che lei li conducesse dentro quel castello che aveva conosciuto i più bei momenti della loro felicità, profanando quel luogo nel quale si erano amati.
Si ripeteva che quelli erano suoi amici e che era naturale che voleva aiutarli.
Aveva sempre saputo che sarebbe successo prima o poi.
Hermione li condusse in salotto e li guardò con un affetto tale da suscitargli una profonda e terribile gelosia.
<< Sono così felice di vedervi! >>
Oh, quegli occhi scuri animati da una felicità sconfinata mentre fissavano Potter e Lenticchia, mentre lui se ne stava solo in disparte, in un angolo.
Non lo avevano ancora visto.
Weasley si sporse verso di lei e le strinse una mano con troppa foga per Draco e puntò quei vacui occhi azzurri in quelli profondi di lei.
<< Ti porterò via di qui. Te lo prometto. >>
Draco strinse i pugni: quell’idiota era innamorato della sua donna e voleva allontanarla da lui.
Per sempre.
Oh, no, non lo avrebbe permesso!
Piuttosto si sarebbe fatto uccidere!
Uscì allo scoperto e guardò il rosso con odio: non gli importava un granchè di Potter.
Finchè non provava a portargli via la ragazza, lo avrebbe trovato simpatico.
Quello che voleva uccidere era Weasley.
Quando lo vide, scattò in piedi e si parò davanti Hermione puntandogli la bacchetta contro.
Ma come osava quell’imbecille?
Come si permetteva a frapporsi fra lui e la sua Hermione?
Non era assolutamente nessuno per farlo.
Nessuno.
E come osava puntare la bacchetta contro lui, Draco Malfoy?
Il biondo reagì più per istinto che per altro, puntando la bacchetta contro quell’idiota.
Potter scattò in piedi pronto a dar man forte all’amico, ma, prima che uno dei tre potesse fare nulla, Hermione si frappose.
<< Smettetela! >> Si voltò verso Draco e il ragazzo si sentì morire.
Era chiaramente delusa.
Inizialmente si arrabbiò per quella reazione ma ben presto capì: loro non potevano sapere quanto era accaduto fra loro e vedevano ancora in lui un nemico.
Ma lui…come poteva puntare la bacchetta contro i migliori amici della donna che amava?
Oh, la odiava quando lo induceva a fare certi ragionamenti solo guardandolo!
Avrebbe voluto uccidere quei due, Weasley soprattutto, e invece no!
Doveva sopportarli!
<< Hermione, sei impazzita? Perché difendi questa serpe? >>
Per amore di Hermione lo avrebbe risparmiato ma non avrebbe sopportato di essere insultato da lui!
Si mise accanto ad Hermione e guardò Lenticchia schifato e minaccioso.
<< Se non ti faccio fuori seduta stante devi ringraziare Hermione, ma se ti permetti ad insultarmi ancora con gesti o parole non mi tratterrò più. >>
Potter e Weasley erano palesemente scioccati, forse per il fatto che avesse chiamato la loro amica per nome che per le parole in sé.
Hermione gli fece abbassare la bacchetta e, tenendo il pugno di Draco stretto per quanto poteva la sua minuscola manina, si volse a guardare quei due imbecilli.
<< Harry, Ron, voi siete i miei due migliori amici e devo dirvi che… >>
<< NO! >>
A lanciare quell’urlo portentoso era stato l’idiota rosso.
<< HERMIONE SEI SOTTO IMPERIUS! >>
O per Morgana!
Sorprendendo tutti, Draco scoppiò a ridere di gusto, senza lasciare la mano della sua ragazza.
<< Weasley sei ridicolo! Non ho bisogno di un Imperius per stare con lei. >>
Impallidì di colpo, poi diventò bordeaux e lanciando lontano la bacchetta si avventò contro Draco assestandogli un pugno in faccia e costringendolo ad indietreggiare.
<< DRACO! >>
Hermione gli fu subito accanto per soccorrerlo mentre Potter, mostrandosi più intelligente del previsto, cominciò a trattenere quell’idiota furioso.
<< LASCIAMI HARRY! >>
<< Ron, calmati… >>
<< CALMARMI? COME FACCIO A CALMARMI? >> Stava per liberarsi dalla stretta dell’amico ma Draco sarebbe stato pronto a difendersi a dispetto di quanto avrebbe potuto dire la sua ragazza: non si sarebbe fatto prendere a pugni in faccia.
<< Ron, perché ti comporti così? >>
Oh, la voce più bella del mondo carica di rabbia e delusione!
Era mai stato creato uno strumento più perfetto?
Weasley, l’imbecille, non sembrava per niente toccato da quella musica celeste e continuava ad agitarsi come un animale legato.
<< E’ MALFOY, HERMIONE! DRACO MALFOY! >>
<< Lo so chi è, Ron, e vorrei tanto che la smettessi di fare come un pazzo e di non prenderlo a pugni. >>
Forse era sul punto di staccargli la testa a morsi.
Sì, sicuramente avrebbe voluto farlo.
Tutta quella situazione divertiva estremamente Draco.
Oh sì, perché lei, Hermione, era decisamente schierata dalla sua parte.
Semplicemente magnifico.
Si concesse addirittura il piacere di stringerla per un fianco, innescando una reazione terribile in Weasley. I suoi occhi si iniettarono letteralmente di sangue.
<< OH, TI PREGO! METTITI DI NUOVO CON KRUM MA NON CON MALFOY! >>
Ok, questa era un’offesa e un ottimo motivo per farlo innervosire.
<< Weasley, ti sia chiaro, se continui ad offendermi- e bada bene che dire alla mia ragazza di mettersi con un altro è un’offesa- sarò costretto a schiantarti. >>
Hermione si staccò un po’ dal biondo, con suo enorme disappunto, e si avvicinò a Lenticchia.
<< Ron, ti prego, non farmi scegliere fra la tua amicizia e il suo amore. >>
Aveva detto la parola fatidica: amore.
Pochissime sillabe che avevano avuto il potere di far scomparire tutta la furia di Weasley.
Si era afflosciato e gli occhi, prima rossi di sangue, adesso erano gonfi.
<< Tu…tu se…sei… >>
<< Sono innamorata di lui. >>
Oh, si poteva essere più orgogliosi?
Se non avesse creduto che sarebbe stato decisamente troppo , l’avrebbe presa fra le braccia e baciata alla follia.
La tentazione di farlo era fortissima, ma si trattenne.
Weasley pareva essersi dimenticato della presenza degli altri due: il suo mondo iniziava e finiva in Hermione.
<< Perché? >>
Draco provò presto pena per lui: sebbene fosse suo rivale, rispettava la sofferenza che stava provando. Sapeva cosa voleva dire soffrire per amore.
Hermione fece un respiro profondo e guardò dolcemente il rosso.
<< Non lo so perché, Ron, ma lo amo. >>
Weasley sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
<< Lo ami? >>
Lei annuì. << Sì, Ron. Lo amo. >>
Il rosso continuava a guardarla come se fosse la sola luce in un mondo buio.
E Draco poteva ben capirlo.
Hermione era la luce.
E poteva capire benissimo cosa significasse per Weasley essere costretto a rinunciare a quella luminosa fonte di vita e gioia.
Qualcosa di terribile e insopportabile.
No, di più.
Continuò a guardarla per qualche minuto, poi spostò gli occhi oltre lei, su Draco.
<< Ti giuro che se la farai soffrire, ti ucciderò. >>
Farla soffrire?
Lui?
Avrebbe dato la vita per lei.
<< Non permetterò che soffra. Mai. >>
Weasley lo fissava con insistenza, poi tornò su Hermione.
<< Posso parlarti in privato? Ho bisogno…devo dirti alcune cose… >>
Hermione si voltò un attimo verso Draco, come per cercare il suo assenso, e poi condusse Ron fuori dal salotto, lasciando il Serpeverde in compagnia del Grifondoro.
I due si squadrano a distanza, come due predatori, e, a prendere la parola per primo fu Potter.
<< Non ho idea di come tu ci sia riuscito, ma l’hai fatta davvero innamorare di te. >> Esordì. << Non deluderla. >>
<< Piuttosto che deluderla, mi ucciderei. >>
Ci fu una lunga pausa, durante la quale continuarono a guardarsi negli occhi.
<< Perché un Malfoy dovrebbe voler stare con una Mezzosangue? >>
Draco si irrigidì. << Ti prego di non usare quel termine, ha causato fin troppi guai. >> Spostò lo sguardo sul divano, quello stesso divano sul quale si erano distesi più volte. << Io la amo, Potter. Come ha già detto lei al tuo amico, non so perché sia andata così, ma ora è tutto per me. Tutto. >>
Potter lo guardò, cercando forse la menzogna nelle sue parole.
Vana ricerca.
Non mentiva sui suoi sentimenti per quella creatura stupenda che il cielo gli aveva concesso di avere.
Perché avrebbe dovuto? Amarla era per lui più naturale che respirare.
<< Ti sei messo contro la tua famiglia per lei? >>
<< Mi metterei contro chiunque per lei. >> Ribattè prontamente.
Fece una pausa, poi guardò di nuovo il Grifondoro.
<< Che ne è stato dei miei genitori? >>
Potter ricambiò lo sguardo con fermezza. << Non sono morti, ma sono prigionieri a Villa Malfoy. >>
Sospirò sollevato: aveva temuto che il Signore Oscuro li avrebbe puniti in maniera molto più severa.
Stava per chiedergli qualcosa in merito alla loro fuga, quando udì l’inconfondibile scalpiccio delle scarpe di Hermione.
Stava correndo.
Perché?
Entrò nel salotto come una furia, stringendo il Mantello dell’Invisibilità fra le mani: il volto era una maschera di puro terrore.
<< Cos…? >>
<< E’ qui fuori, Draco. >> Lo interruppe in fretta. << Sta entrando ed è tardi per rifare gli Incantesimi di Protezione… >>
Il panico assalì Draco.
<< Chi è? >>
<< Bellatrix. >> Spostò gli occhi sui due Grifondoro. << Non sa che siete qui e non deve saperlo >>, gettò loro addosso il mantello, << quindi non fatevi scoprire e, appena potete scappate. >>
<< Non ti lasceremo qui! >>
Per una volta era d’accordo con Weasley. << Hermione, tu andrai con loro. >>
Lei scosse energicamente la testa.
<< No, Draco. Sa che siamo insieme e se non mi vede si insospettirà. >>
Non ebbe il tempo di controbattere: sentì la porta d’ingresso spalancarsi e, in meno di due secondi, la Mangiamorte fu davanti a lui.
Si ritrovò disarmato e immobile, lo stesso trattamento riservato ad Hermione.
Bellatrix, quella donna orribile, lo guardava disgustata.
<< A cosa ti sei ridotto? Fraternizzare con i Mezzosangue! >>
Sputò per terra.
<< Non so perché il Signore Oscuro sia tanto generoso con te. >>
Draco era confuso.
Generoso?
Avrebbe voluto parlare ma non poteva muovere un muscolo.
Bellatrix sollevò la bacchetta e sussurrò parole sconosciute che suonavano però oscure e minacciose. Draco sentì il sangue gelarglisi nelle vene per una terribile frazione di secondo, poi fu libero.
Non riusciva a spiegarsene il perché.
<< Che vuol dire? >>
Bellatrix fece un sorriso maligno, guardando negli occhi il nipote.
<< Vedi Draco, ti ho fatto un incantesimo molto potente: è una specie di Voto Infrangibile, per così dire. >> Il ghigno si allargò e spostò gli occhi sulla sua Hermione, ancora immobile. << Se ti rifiuti di ucciderla, morirai fra le peggiori sofferenze. >>
Si immobilizzò.
No, non poteva essere vero.
Bellatrix scoppiò a ridere, divertita.
<< Ti avverto: se proverai ad uccidere me, l’Incantesimo si ritorcerà contro di lei, mentre io rimarrò viva e in salute. >> Sempre ghignando come una pazza gli lanciò la bacchetta.
<< Fallo e si risolverà tutto: il Signore oscuro perdonerà te e i tuoi genitori e potrete tornare a servirlo come è giusto che sia. >>
Oh, doveva essere un incubo!
Il più grande della sua vita!
Perché non si svegliava?
Magari avrebbe scoperto di essere ancora fra le braccia di Hermione, avvolto fra le lenzuola con lei.
<< Sbrigati, Draco! >>
Bellatrix era impaziente: godeva della sofferenza che affliggeva il nipote.
Bramava vederlo tanto infelice.
Basta.
Quella storia doveva finire.
Deglutì, strinse la bacchetta e si mosse verso la sua ragazza.
Era bellissima, nonostante la forzata immobilità.
Bella nei capelli scuri ordinati, nel fisico perfetto, nel volto pulito.
E gli occhi…oh, gli occhi erano vivi, rossi e gonfi di pianto.
Sapeva che era finita.
La loro favola era finita per sempre.
Non ci sarebbe stato nessun “ e per sempre felici e contenti” per loro.
Ormai le era talmente vicino da riuscire a sentire il suo profumo dolcissimo.
Se c’era un Dio, non avrebbe dovuto perdonarlo: ciò che stava per fare era terribile.
Si chinò e si portò all’altezza delle sue labbra, sfiorandole appena e sentendo il sapore salato delle lacrime, le lacrime di entrambi, che scorrevano copiose e si mescolavano.
<< Perdonami, Hermione. >> Sussurrò. << Perdonami, angelo mio. Ti amo. >>
La baciò un’ultima volta.
“Dio, perdonami!”, pensava.
Sollevò la bacchetta e la mise nella mano di Hermione.
E si scatenò l’Inferno.
Stava bruciando dentro, non c’erano altre spiegazioni.
Stava prendendo fuoco nelle viscere.
Urlò come mai aveva urlato prima e le sue urla lo resero sordo alle voci che aveva attorno.
Forse si era buttato per terra, o forse no.
Era puro dolore.
Poi, come tutto era cominciato, finì.
E, in quell’istante, e fu sicuro.
Morire per chi si ama, è il modo più giusto di lasciare questo mondo.
Il suo ultimo pensiero andò a lei, che di certo lo stava guardando.
“Hermione, ti amo.”

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Capitolo 16
*** Lacrime di un angelo ***


Salve! Non pensavate di vedermi così presto vero? Bè eccomi qui!!! Il fatto è che mi sento un po’ depressa oggi quindi scrivere questo capitolo è stato molto più che facile. Non è l’ultimo. Temo anzi che dovrete sopportarmi per ancora un bel po’ xD Non so se vi sto deludendo, se mi odiate o se le cose deprimenti e tristi vi piacciono come alla sottoscritta – aria io sono capace di piangere anche pensando ad un film visto millenni fa quindi figurati- ma sto seguendo un filo che mi porterà alla fine della storia e, ve lo giuro, all’inizio avevo un’idea completamente diversa su come si sarebbe evoluto il tutto…ma comunque. Vi invito a continuare a leggere e recensire e, dopo il doveroso ringraziamento ai miei lettori e commentatori “di fiducia”, vi saluto con un bacione.
Mena




Cosa succede quando il cuore vi abbandona?
Non un malessere classificabile per un guaritore, ma un dolore profondo, sordo.
Cosa succede se il cuore muore ma si continua a sopravvivere?
Si va incontro ad una morte dell’anima, una morte eterna impossibile da arrestare.
Se poi il cuore vi lascia quando pensavate che ormai niente poteva più strapparvelo via, quando si comincia a prospettare una vita di assoluta e completa felicità, allora è davvero la fine.
Si muore.
Una morte peggiore di quella naturale, perché si è costretti ad una sofferenza priva di significato.
Era stata la morte di Hermione Jean Granger.
Oh, adesso capiva perché le aveva chiesto perdono!
Ma non c’era perdono per quello che le aveva fatto: come aveva osato fare una cosa del genere?
Perché?
Perché si era rifiutato di ucciderla in fretta?
Perché aveva deciso di condannarla a quella terribile sofferenza?
E l’orrore…aveva dovuto assistere immobile, senza emettere un suono, senza potergli correre incontro e morire con lui.
Come in un film aveva visto Ron ed Harry saltare fuori dal mantello e, dopo aver schiantato Bellatrix facendola svenire e averla legata con qualcosa, si erano fiondati su Draco.
Draco…
Il suo Draco.
Non la vedeva più, non vedeva più niente.
I begli occhi glaciali che amava erano spalancati in modo grottesco, come se volessero uscire dalle orbite, dalla bocca uscivano urla inumane e il corpo era scosso da terribili convulsioni.
No, non poteva essere vero.
Si rese conto di essere libera di muoversi, solo quando si trovò in ginocchio accanto a Draco.
Cercava di tenergli la mano, ma le dita di lui erano inarcate in modo terribile e stringevano l’aria con dolore.
<< DRACO! >>
Voleva stringerlo, fare qualunque cosa, ma non le era concesso.
Sentiva le lacrime scorrerle copiose lungo le guance e la sua voce continuava ad urlare quel nome che per lei significava tutto.
<< DRACO, AMORE MIO, TI PREGO! NON MI LASCIARE! SONO QUI! >>
Oh, ma lui non poteva sentirla.
Era completamente perso nel suo dolore sconfinato.
Tentò tutti gli incantesimi curativi che conosceva, ma nessuno fece effetto.
No, doveva salvarlo.
Poi, quando tutto sembrava perduto, il corpo di Draco si rilassò.
Ce l’aveva fatta!
Vittoriosa, si sporse prendendogli il volto fra le mani: fu allora che il cuore la lasciò.
Non aveva vinto.
No, era stata sconfitta, per sempre.
Gli occhi del suo Draco, i bellissimi occhi grigi che amava, erano vacui e inespressivi.
Quegli occhi che l’aveva guardata tanto dolcemente erano vuoti.
E’ proprio vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima: adesso non riflettevano più niente.
Sentì delle mani posarsi sulle spalle per allontanarla.
<< NOOOO! >>
Strinse al seno quel corpo priva di vita, piangendo e urlando come mai nessun essere umano aveva mai fatto.
Le urla che aveva lanciato il suo amore prima di lasciarla in confronto sembravano deboli vagiti.
<< Hermione, non c’è più… >>
<< ZITTO! NON E’ VERO! >> Con dolcezza infinita accarezzò la guancia di Draco.
Oh, era ancora caldo!
Fece scorrere le dita fra i suoi capelli.
<< Amore mio, non puoi lasciarmi. Io ti amo. >>
Era inutile.
Non poteva sentirla.
Non era lì.
<< DRACO! NON POSSO LASCIARTI ANDARE LONTANO DA ME! >>
Forse che se avesse urlato la sua voce lo avrebbe raggiunto ovunque si trovava in quel momento?
Forse che avrebbe potuto riportarlo da lei?
<< Hermione… >>
<< ANDATEVENE VIA! >>
Si voltò e, oltre i suoi due amici vide quella donna appoggiata al muro, svenuta.
Oh, era tutta colpa sua!
Animata da una furia vendicativa, dopo aver poggiato delicatamente il corpo del suo amato per terra, prese la bacchetta di lui e, scansando Harry e Ron si trovò di fronte a lei.
Non esiste una parola per definire ciò che provava in quel momento.
Trascendeva l’odio.
<< Crucio. >>
Si svegliò di soprassalto, cominciando a contorcersi e ad urlare, ma non era abbastanza.
Hermione fece più forza accrescendo ancora di più il dolore.
<< Sai che cosa hai fatto, maledetta? Hai ucciso l’uomo che amavo! LO HAI UCCISO! >>
L’odio era fortissimo e il cruciatus sempre più forte.
Non lo sarebbe stato mai abbastanza per quello che aveva fatto.
Mai.
Oh, l’avrebbe uccisa.
Sì e le sarebbe piaciuto.
<< Ava… >>
Un terribile rumore la distrasse: si voltò giusto in tempo per vedere il corpo del suo ragazzo ridursi in cenere, lasciando solo un mucchietto di vestiti e l’anello che li teneva legati.
No, era troppo.
Lanciò un urlo talmente forte che il lampadario tremò e persino i vetri sussultarono.
Si lanciò su quelle ceneri sfiorandole appena con le dita.
Non poteva sopportare una cosa del genere.
Il suo ragazzo, il suo amore, la sua vita, ridotto in cenere.
Avrebbe voluto coprirsi gli occhi, scappare lontano e fingere che nulla fosse accaduto, che Draco era ancora vivo e che sarebbe tornato da lei.
Come poteva ridursi semplicemente in cenere?
No, non poteva.
<< Draco… >>
Ma Draco non c’era più.
Ormai Draco non era più su quella terra e non sarebbe tornato da lei.
Quella consapevolezza la fece impazzire.
Urlò ancora sempre più forte, immobilizzando i presenti.
Poi si voltò verso Bellatrix.
<< CHE LA MIA MALEDIZIONE TI COLGA: PASSERAI L’ETERNITA’ FRA LE FIAMME DELL’INFERNO PER QUELLO CHE HAI FATTO A DRACO! >>
Bellatrix era terrorizzata, forse per la prima volta veramente spaventata.
Hermione le puntò la bacchetta contro.
<< Ci vediamo all’Inferno. AVADA KEDAVRA! >>
La luce sparì dai suoi occhi in una frazione di secondo e crollò sul pavimento, sbattendo pesantemente la testa sul pavimento.
Le aveva dedicato anche troppa attenzione.
Tornò alle ceneri e cominciò a bagnarle con le proprie lacrime.
<< Come hai potuto fare una cosa simile? Come hai potuto lasciarmi? >> Alzò gli occhi al soffitto. << NON MI SENTI PIANGERE DAL PARADISO? TORNA DA ME! >>
Sentì delle braccia avvolgerle le spalle ma non le importava.
Niente poteva più importarle.
Draco, il suo amore, la sua vita, era morto per sempre.
Non avrebbe mai più rivisto i suoi capelli quasi bianchi capaci di catturare la luce, gli occhi glaciali ma sempre dolci quando guardavano lei, il suo sorriso, il ghigno di quando la prendeva in giro.
Le sue braccia non ci sarebbero più state per stringerla.
La sua voce non le avrebbe più sussurrato dolci parole all’orecchio.
I suoi baci non l’avrebbero più fatta ardere.
No, non poteva essere vero.
Non poteva davvero averlo perso.
Il Sole non poteva semplicemente scomparire e privare della sua luce e del suo calore.
Non era giusto.
Non poteva farlo.
Continuava a guardare quelle ceneri quasi che si aspettasse che da un momento all’altro prendessero vita e ricostituissero il suo ragazzo.
Oh, non riusciva a credere che se ne fosse andato!
Qualcuno le stava accarezzando i capelli, cercando forse di consolare quel dolore terribile.
Non ci sarebbe riuscito.
Nessuno avrebbe potuto.
<< Hermione, non possiamo rimanere qui. >>
La voce di Harry le giunse come da un altro universo.
Non rispose nemmeno, continuava a guardare le ceneri.
<< Hermione… >>
<< Non posso lasciarlo… >>
La sua voce era un gemito di puro dolore.
Harry la strinse più forte.
<< Hermione, Draco non è in queste ceneri: ti rimarrà accanto per sempre, lo so, ma non in modo che tu possa vederlo. >> Fece una breve pausa. << Non rendere vano il suo sacrificio: se i Mangiamorte ci trovano sarà morto per niente. Devi farti forza, Hermione. Devi combattere per lui. >>
Devi farti forza.
Come avrebbe potuto?
<< Harry…io…io… >>
Si lasciò stringere e ricominciò a piangere, stavolta sommessamente.
Si sentiva sola, come mai lo era stata in tutta la sua vita.
Pianse invocando il nome di Draco fino a stancarsi, ma lui non tornava e non sarebbe tornato.
Pianse finchè non ebbe più lacrime.
Poi smise.
Deglutì e guardò un’altra volta le ceneri di Draco.
<< Vincerò questa battaglia per te, amore mio. >>
Recuperò la propria bacchetta e, facendo appello a tutti gli incantesimi che conosceva, costruì una bellissima urna di cristallo e smeraldi e poi, con un profondo sospiro, richiamò le ceneri all’interno.
Strinse quell’urna fra le braccia: era il solo modo che le era rimasto di abbracciare l’uomo che amava. Senza proferire parola raccolse da terra la bacchetta e l’anello.
Il pensiero andò inevitabilmente ad Isolde: perché non le aveva detto quanto avrebbe dovuto soffrire?
Ripensò alle parole che le aveva detto: “E’ un legame che non finisce con la morte: non ha mai fine.”
Adesso capiva.
Anche se Draco non c’era più, anche se non avrebbe mai più potuto riabbracciarlo, continuava ad amarlo.
Sapeva che non avrebbe mai smesso di amarlo.
Sapeva che avrebbe continuato a vivere per sempre in lei, che il suo ricordo non sarebbe mai morto finchè lei avrebbe avuto respiro.
Il che, se tutto fosse andato secondo i suoi piani, sarebbe durato ancora per poco.
Non poteva vivere senza di lui, ma Harry aveva ragione: doveva vincere la guerra per la quale era morto.
Allora e solo allora avrebbe potuto tornare a lui.
Incurante dei rischi e seguita in silenzio dai suoi due amici, andò in quel giardino che aveva conosciuto la loro felicità, sulle sponde di quel lago che lui aveva amato.
Harry e Ron capirono e, dopo aver fatto comparire due pale si misero a scavare.
Per tutto il tempo Hermione rimase immobile, stringendo fra le mani l’urna e gli oggetti che erano appartenuti al suo Draco.
Una leggera brezza le scompigliava i capelli e il Sole le riscaldava il volto.
Ma dentro era un pezzo di ghiaccio.
La sua mente ricreava quelle immagini felici, quei momenti di assoluta gioia e poteva rivedere sé stessa correre ridendo mentre Draco la inseguiva.
Quella gioia le era stata preclusa per sempre.
Non ci sarebbe mai più stato un giorno felice per lei.
Il Sole aveva smesso di scaldarla e illuminarla.
La tenebra era diventata la sola sovrana.
Quando la buca fu abbastanza profonda, si mosse come un automa e, come se stesse posando un bambino nella culla, adagiò l’urna sul terreno e poi vi mise accanto l’anello e la bacchetta avvolti in una lembo di seta bianca.
Lasciò che Ron ed Harry ricoprissero il tutto con la terra, finchè non rimase altro che una piccola montagnetta.
Senza badare a loro, edificò dal nulla una lapide di marmo, scolpendo in alto un giglio avvolto nelle spire di un serpente.
Poi cominciò a scrivere con cura e, dopo parecchi minuti rilesse tutto.

Draco Malfoy
5 Giugno 1980-31 Marzo 1998
Un angelo morto per amore.
Vita e respiro di Hermione Jean Granger.


Non serviva nient’altro.
Aveva detto tutto.
Guardò Ron ed Harry, inespressiva.
<< Possiamo andare. >>
I due si incamminarono avanti a lei, permettendole di dare un’ultima occhiata alla tomba.
Poggiò la mano sulla terra che la separava dalle ceneri di Draco e alzò gli occhi al cielo.
<< Presto saremo di nuovo insieme, amore mio. Aspettami. >>
Asciugò l’ultima lacrima e raggiunse i suoi due amici.
Sulle sponde di quel lago era stato seppellito il suo cuore.

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Capitolo 17
*** Due rami diversi della stessa stirpe ***


Mi stupisco veramente di me stessa: tre capitoli molto consistenti in tre giorni. Davvero fantastico xD Ok, sono rimasta piacevolmente sorpresa dall’elevato numero di recensioni degli ultimi due e spero che anche questo riscuota successo. E’ il più lungo capitolo che abbia mai scritto e di certo il più articolato. Che dire? Leggete e fatemi sapere se ne vale la pena.
Besos
Mena



Si svegliò.
Aprì gli occhi e, contrariamente a tutte le sue aspettative, si sentì bene.
Anzi benissimo.
Non sapeva nemmeno cosa fosse il dolore.
Fece uno sforzo di memoria, cercando di ricordare cosa fosse successo.
Quando ci riuscì il panico si impadronì di lui: si era rifiutato di uccidere Hermione.
Questo voleva dire che era…era…
No, non era possibile.
Si mise a sedere di scatto e si guardò intorno: era nella sua stanza al castello ma c’era qualcosa che non andava, sebbene non fosse in grado di dire cosa.
<< Hermione? >>
Niente.
Nessuna risposta.
Che le fosse accaduto qualcosa?
Che Bellatrix…?
No, era semplicemente impossibile.
Se c’era qualcuno che avrebbe dovuto stare male quello era lui.
O per Morgana, ma che diavolo era successo?
Abbassò gli occhi e si rese conto di stare indossando solo un paio di pantaloni di lino molto larghi.
Decisamente non era il suo stile, non li aveva mai visti prima.
Si toccò il petto e si sentì più tranquillo avvertendone la consistenza materiale.
Respirò profondamente e poggiò i piedi per terra.
Il pavimento era freddo ma la cosa non lo disturbava minimamente.
La stanza era scarsamente illuminata e dalla finestra penetrava solo la debolissima luce Lunare.
Ma quanto tempo era passato dacchè era svenuto?
Non avrebbe saputo dirlo.
Con passo sicuro si mosse verso il corridoio e si stupì nel vederlo tanto buio: solitamente era illuminato dagli enormi lampadari secenteschi pendenti dal soffitto, mentre allora c’erano soltanto delle fiaccole sulle pareti.
Sempre più dubbioso, ne prese una in mano e continuò a camminare lentamente.
C’era qualcosa di terribilmente anomalo.
Non osava nemmeno parlare, ma si limitava a guardarsi intorno illuminando il corridoio con la fiamma.
Infine giunse alla scalinata e capì che c’era davvero qualcosa che non andava: le scale erano in legno e, come se non bastasse, proprio accanto a lui c’era un dipinto enorme raffigurante una giovane donna dai lunghissimi capelli biondi e gli occhi neri.
Si avvicinò per studiarla meglio, cercando di capire chi potesse essere, ma non ebbe successo: non la aveva mai vista prima.
Avrebbe ricordato sicuramente un volto del genere: era stupenda, semplicemente magnifica.
Poi ricordò la scala in legno.
Ok, ammesso e non concesso che Hermione avesse avuto l’idea di recuperare quel dipinto chissà dove dopo che lui era stato quasi ucciso, di certo non aveva potuto buttare giù la scalinata di marmo.
Fu allora che vide la figura femminile muoversi verso di lui.
<< Hermione, che cosa è successo? >>
Le corse incontro e fece per abbracciarla, ma, quando fu a meno di un metro da lei, si bloccò.
Quella non era Hermione.
No, decisamente no.
Era leggermente più alta e più magra.
La pelle, seppure illuminata dalla fiamma, sembrava molto bianca e i capelli erano talmente chiari da assorbire completamente il rosso del fuoco.
Gli occhi erano due enormi pozzi scuri, coronati da lunghissime ciglia nere.
Indossava un lungo abito bianco, con le maniche a campana.
Era la donna del ritratto.
Draco indietreggiò di qualche passo, spaventato.
<< Chi sei? >>
Lei sembrò offesa dal suo atteggiamento e, la piccola bocca carnosa si piegò in una smorfietta.
<< Perché sei spaventato? Sono tanto orribile? >>
Aveva la voce di un usignolo, uno scampanellio di fate.
Draco si sentì malissimo per averla offesa.
Si affrettò a scuotere la testa e, vincendo la paura, le si avvicinò un po’.
<< No, perdonami. Tu sei stupenda. >> Si morse il labbro inferiore. << E’ solo che mi sento un po’ confuso. Dov’è Hermione? Sai chi è? >>
Lei annuì con un sorriso dolcissimo, piegando la testa con un movimento fluido ed elegante.
<< Sì, la conosco. >>
<< Dov’è? >> La incalzò Draco, sempre più ansioso. << Le è successo qualcosa? >>
Gli occhi della giovane si velarono e Draco sentì un tuffo al cuore.
<< Che cosa le è successo? Bellatrix la ha attaccata? Dimmelo! >>
Scosse la testa, guardandolo sempre più triste. << No, nessuno la ha attaccata. >>
Aspettò che aggiungesse altro, ma lei rimase in silenzio e Draco, incapace di sopportarlo, lanciò un grido e la guardò furibondo.
<< DOV’E’ HERMIONE? E TU CHI DIAVOLO SEI? >>
La porta d’ingresso si spalancò con un tonfo facendo entrare un vento fortissimo che per poco non spense il fuoco.
<< Se ti rivolgerai ancora così a lei, giuro che non ti aiuterò. Mi costasse l’eternità. >>
A parlare era la figura imponente di un uomo sulla soglia, con un curioso accento.
Avanzò a grandi passi verso di loro e Draco potè vederlo meglio: indossava quella che sembrava una tunica da combattimento medioevale, aveva capelli neri lunghi fino alle spalle e una carnagione più scura della donna, quasi mediterranea.
Ma gli occhi, oh, quelli li conosceva benissimo: freddi, glaciali, grigi.
Gli occhi dei Malfoy.
Una consapevolezza cominciò a farsi largo nella sua mente.
<< Ch..chi siete? >>
La giovane, con ancora dipinta quell’espressione di sofferenza, gli strinse con delicatezza la mano.
<< Io sono Isolde. E lui è Lancelot. >>
Il cuore fece un tuffo.
No, non poteva essere vero.
<< E’ un sogno? Sto sognando vero? >>
I due si guardarono e il dolore di Isolde divenne quasi palpabile.
<< No. No. No, non può essere. >>
Se non era un sogno allora doveva essere…morto.
Ma lui era vivo!
<< Non sono morto, vero? >>
O Merlino, stava chiedendo a due persone morte da mille anni se era morto!
Respirò profondamente e si passò le mani sulla faccia, in attesa che rispondessero.
Ancora una volta rimasero in un religioso silenzio.
<< Oh, per Morgana! Volete rispondere? >>
I due si guardarono con intesa e poi fu lui a prendere parola.
<< Ti sei rifiutato di uccidere Hermione, quindi sei morto. >>
Sì, era decisamente un Malfoy.
Anzi il Malfoy: privo di tatto, gentilezza e sensibilità.
Era modo di dire ad una persona che era morta?
Evidentemente Isolde la pensava come lui perché si staccò dal marito e guardò Draco negli occhi.
<< Hai fatto una cosa bellissima sacrificandoti per lei, la cosa più giusta. >> Aveva una voce davvero rassicurante e molto dolce. << Non ti restava altro da fare. >>
Non riusciva a credere alle proprie orecchie.
Era morto.
Morto.
Non avrebbe mai più rivisto la sua Hermione.
No, non poteva essere vero.
Non poteva essere morto!
<< Ma io non posso morire! Hermione… >>
Isolde lo strinse fra le braccia e Draco sentì un profumo stranissimo, dolce, antico.
Ricambiò la stretta con delicatezza, affondando il viso in quei capelli biondissimi e dalla morbidezza stupefacente.
Isolde gli stava accarezzando i capelli con affetto materno.
Come poteva un morto essere tanto…vivo?
Si allontanò da lei quel tanto che bastava per poterla studiare in volto, facendo scorrere lo sguardo da lei a Lancelot.
<< Ma cos’è questo? Il Paradiso? >>
I due si scambiarono un’occhiata di intesa, al termine della quale la giovane sospirò.
<< No, Draco, questo non è il Paradiso. >>
<< E cosa? L’Inferno? >>
Scosse di nuovo la testa.
<< E’ opportuno che tu conosca la storia nella sua interezza. Solo così potrai capire. >>
Scese le scale facendo poggiandosi al corrimano e i due uomini le furono subito dietro.
Aveva un’andatura lenta e ipnotica, troppo sensuale per essere quella di una morta.
Era troppo umana, troppo legato alla Terra, troppo…carnale.
Sì, era questa la parola giusta.
Carnale.
Se fosse stata morta avrebbe dovuto essere solo uno spirito, incapace di trasmettere ancora certe sensazioni strettamente legate al corpo.
E invece lei sembrava più una creatura fatta di carne e sangue che uno spirito.
E anche l’uomo che camminava accanto a lui…
No, non era semplici spiriti, non potevano esserlo.
Anche lui dava quell’impressione?
Sembrava ancora tanto intimamente legato alla Terra da apparire più vivo che morto?
Sicuramente lei era carnale.
Con un movimento fluido, svoltò ed entrò nel salotto.
L’arredamento era completamente diverso da quello che conosceva: i divani erano molto antichi e le pareti erano tappezzate di trofei di caccia.
Draco continuava a guardarsi intorno ancora incapace di abituarsi.
Nel frattempo Isolde e Lancelot avevano preso posto sul divano e lo osservavano ansiosi.
<< Draco, siediti: dobbiamo sbrigarci prima che sia troppo tardi. >>
Il ragazzo li guardò inarcando un sopracciglio.
<< Troppo tardi? Ma non sono morto? >>
Lancelot sbuffò con un atteggiamento tipicamente umano e lo guardò spazientito.
<< Se ti siedi e presti attenzione ti spiegheremo tutto e non saranno necessarie altre domande. >>
Per non farlo innervosire ancora di più, Draco decise di ubbidire e prese posto davanti a quella coppia millenaria.
<< Come ben sai, sono stata la figlia di un potentissimo mago Irlandese. >> Cominciò Isolde, inchiodandolo con quegli occhi da gufo su un volto da bambina. << La storia, o leggenda chiamala come vuoi, non riporta il suo nome, e, sebbene non lo ritengo di fondamentale importanza, te lo rivelerò per soddisfare la tua curiosità che altrimenti si concentrerebbe su un dettaglio tanto inutile: Cianán, ultimo figlio di Braon. Dopo aver tolto di mezzo i due fratelli maggiori, non ebbe alcuna difficoltà ad ottenere il possesso di tutti i beni paterni. >> Sorrise benevola. << Non è strano che abbia ucciso i fratelli: lo facevano in molti anticamente e difatti la cosa non suscitò molto scalpore. Cianán, a soli diciassette anni, era uno dei maghi più ricchi di tutta l’Irlanda m, purtroppo, non era dotato di una spiccata intelligenza e ancora meno bellezza: il fatto che avesse accumulato tanti beni era più da attribuirsi alla sua forza bruta che ad una qualche acutezza d’ingegno. Amava vivere nel lusso e nello sfarzo e si circondava dei più prestigiosi esponenti della nobiltà Irlandese. Fu durante uno dei suoi sontuosi banchetti che conobbe mia madre, Moira, una delle donne più belle dell’Irlanda e di certo la più dolce e delicata. >>
Fece una breve pausa e un sospiro profondo.
<< Lei non seppe ribellarsi al padre quando la promise a Cianán, sebbene fosse ardentemente innamorata di un altro uomo, e lo sposò. Mise al mondo due maschi e tre femmine, nessuno dei quali aveva ereditato la sua bellezza o dolcezza: erano perfette copie paterne. >>
Draco era completamente preso da quella storia, sebbene non avesse idea di come potesse essergli utile.
<< Ciò che sto per dirti adesso ti sembrerà assurdo, ma devi crederlo: è la verità. >>
Il biondo le sorrise con amarezza. << Isolde, sono morto eppure mi trovo qui con voi: niente mi sembrerà assurdo. >>
Lei ricambiò il sorriso e proseguì col suo racconto. << Fu mia madre a raccontarmelo, quando ormai niente avrebbe potuto nuocermi. Mi disse che, una notte, mentre il marito era lontano, vide dalla finestra della sua camera, una strana figura nel giardino: la definì ‘un essere dalla forma umana ma con una luce divina’. Era molto giovane, aveva solo ventidue anni, e all’apice della sua bellezza: le gravidanze non l’avevano imbruttita. Capì che non era un umano e ne fu spaventata ma quello, come se potesse vedere la sua paura, le sorrise rassicurante, invitandola a raggiungerlo. Moira, affascinata e completamente incantata, ubbidì muovendosi in silenzio e nell’ombra e si ritrovò davanti a lui, con indosso solo la camicia da notte. La creatura le strinse la mano e le baciò la guancia con dolcezza. ‘Le sofferenze che stai patendo a causa di quell’uomo saranno ricompensate.’ Mia madre non riuscì mai a ricordare il suo volto ma di una cosa era certa: era la creatura più bella che avesse mai visto. Si lasciò condurre in un luogo ignoto a tutti gli umani, ove regnava la felicità e danzò e cantò con altre creature sotto la luce della Luna. Capì, poiché nessuno ne aveva fatto menzione, che la creatura che l’aveva portata lì era il Re e, se mai ne conobbe il nome, non riuscì più a ricordarlo in seguito. Quando fu stanca delle danze e dei canti, il Re la portò con sé, lontano da tutti. ‘Ti amo, mia bellissima.’ ‘Ti amo, anche io.’ Lo conosceva da pochissimo eppure lo amava! Giacque con lui e si addormentò fra le sue braccia. Quando riaprì gli occhi era nella sua camera al castello. Possibile che avesse sognato tutto? Continuava a pensare a quel Re, a quelle danze e divenne taciturna. Poi scoprì di essere incinta. Si era unita al marito e la notizia non la turbò se non per il comune timore di perdere il bambino, stare male o morire durante il parto. Non avvenne nessuna di queste cose: la gravidanza fu, al contrario, molto più semplice delle altre e il parto, sebbene doloroso, non tanto come le precedenti. Ciò che in realtà la sorprese fu la bambina che nacque. Non somigliava per niente al padre, era davvero bellissima. Di certo aveva ereditato più da lei ma non riusciva a capire da dove provenissero quei capelli talmente biondi da sembrare bianchi, dato che i suoi erano neri e quelli di Cianán rossi, e come fosse possibile che avesse gli occhi neri come l’oblio quando quelli dei genitori erano tanto chiari. In molti si posero tali domande, Cianán in particolar modo: temeva che quella non fosse sua figlia ma, poiché tutti i suoi servi e spie confermarono la fedeltà della sua consorte, fu costretto ad accettare la nuova arrivata in famiglia, sebbene il sospetto non lo abbandonò mai. >>
<< E faceva bene a sospettare, vero? >> La interruppe Draco, incapace di tacere. << Non eri davvero sua figlia, o sbaglio? Eri figlia di quel Re! >>
Isolde sorrise comprensiva. << Lasciami continuare, te ne prego. Risponderò a tutte le domande se mi lascerai proseguire. >> Riprese fiato. << Come hai già intuito, diedero alla bambina il nome di Isolde e, ben presto si resero conto che non era una bimba come tutte le altre: a soli otto mesi era in grado di fare incantesimi e fu precoce anche nelle normali azioni che si insegnano ai bambini, quali parlare, camminare e poi leggere e scrivere. Cianán era sempre più convinto che non fosse sua figlia, e Moira, che invece ne era sicura, riversò sulla figlia tutto l’amore che aveva in corpo e, come era naturale, il marito ne divenne geloso e cominciò ad odiare la bambina. Non osò mai, comunque, alzare un dito su di lei: una volta ci provò ma rimase veramente terrorizzato dalla furia dimostrata dalla moglie e dallo sguardo della bambina, per niente spaventata. Credo che a questo punto sia doveroso smettere di parlare di me stessa in terza persona come amava fare Cesare Augusto. >>
Respirò profondamente. << A differenza delle mie sorelle e fratelli, ero dotata di una spiccata intelligenza e riuscivo a tenere loro testa senza alcuna difficoltà, sebbene fossi la più piccola. Mia madre mi insegnò quanto sapeva e il resto lo imparai dai libri che amavo e collezionavo. Ma andavo anche oltre: riuscivo a ideare incantesimi con estrema facilità, cosa molto strana allora come adesso. E non dimenticare che ero comunque una donna, una creatura che doveva essere inferiore per intelligenza e bravura. A tredici anni conoscevo le proprietà di ogni genere di pianta, erba e fiore. A quattordici tutte le pietre. A quindici controllavo gli elementi senza l’uso della bacchetta. Per mia madre ero sinonimo di orgoglio, per i miei fratelli e sorelle di invidia, per mio padre di odio, per tutti gli altri di stupore e ammirazione. Coloro che entravano in casa nostra rimanevano talmente colpiti da me che non prestavano alcuna attenzione alle mie sorelle e, ben presto si affacciò in mio padre il timore che ricevessi una proposta di matrimonio troppo vantaggiosa, decise di darmi in sposa al barone Cadrac, un uomo della veneranda età di cinquantacinque anni, avido e bruttissimo. Naturalmente mi opposi, così come si oppose mia madre, ma lui fu inamovibile: se non lo avessi sposato mi avrebbe uccisa. Fu a quel punto che giunse al nostro castello Lancelot de Point du Roi che, portandomi via in Francia si guadagnò l’appellativo di Mal Foi. >>
<< Perdonami, Isolde, ma come può sapere questo aiutarmi? >>
<< Sei proprio un ragazzo terribile, Draco! >> Fece Lancelot, con un ghigno che era stato trasmesso ai suoi eredi per un millennio.
Isolde strinse la mano del coniuge e guardò intensamente Draco.
<< Non ho ancora finito. La nostra storia non è stata trasmessa nella sua interezza. Quando scappai, Cianán, incapace di sopportare il fatto che avessi sposato un uomo che poteva rendermi felice e ricca, mi scagliò contro una maledizione: sarei morta nel fiore degli anni e non avrei mai trovato la pace, ma sarei stata costretta a vagare per tutta l’eternità sulla Terra. Lancelot non avrebbe mai raggiunto il Valhalla, ma sarebbe morto con disonore e non ci saremmo mai più incontrati. Prova ad immaginare l’orrore di mia madre quando udì tale maledizione: sfruttando uno degli Incantesimi che le avevo insegnato, riuscì a comunicare con me sebbene fossi in Francia e mi raccontò la storia che tu hai appena udito approposito del suo incontro con il Re e della mia nascita. Mi pregò poi di tornare in Irlanda, certa che, se fossi stata lì, il Re mi avrebbe protetta e avrebbe salvato il mio spirito. Fu per tale ragione che costruimmo in fretta e furia questo castello, raccogliendo tutta la sapienza del mondo nella nostra Biblioteca Privata. >>
<< Quindi non sei stata tu a volere il castello? >>
Era più forte di lui, doveva fare domande.
Isolde scosse la testa. << No, fosse dipeso da me sarei rimasta per sempre in Francia, ma il terrore di mia madre mi aveva contagiata e non osavo allontanarmi troppo da queste mura. Cominciai invece a cercare ogni genere di notizie su questo “Re” e trascorsi addirittura diverse notti sveglia nella speranza che si rivelasse. Avevo bisogno del suo aiuto, non sapevo come rompere la maledizione del mio padre mortale e temevo per il mio spirito e per quello di Lancelot. Per di più ero costretta da un’altra sofferenza: non riuscivo a rimanere incinta. Subii tre aborti e l’ultimo fu talmente orribile che molti credevano che sarei morta. Non fu così e riuscii a portare a termine, un anno dopo, la mia gravidanza, dalla quale nacque il nostro unico figlio, Tristan. Constatai con piacere che aveva ereditato la mia abilità e il mio potere, sebbene somigliasse più a Lancelot che a me. Istruendolo e ponendolo al centro delle mie attenzioni, continuai ad arricchire la Biblioteca nel disperato tentativo di scoprire qualcosa sul Re o sul modo di contrastare la maledizione. Adesso temevo anche per mio figlio: cosa ne sarebbe stato di lui se io e Lancelot ce ne fossimo andati “nel fiore degli anni”? Chi lo avrebbe protetto? Quelle paure mi laceravano dentro e mi sentivo impotente. Una notte, però, feci un sogno strano. Ero in un luogo che non avevo mai visto prima, caratterizzato da una luce particolare: brillava nonostante fosse buio. Lì vidi un uomo, o meglio una creatura dalla forma umana, molto giovane, bellissimo: era molto alto e aveva occhi neri come l’oblio e boccoli biondi che gli scendevano fino alle spalle. ‘Da te discenderanno principi dalla bellezza divina e dalla straordinaria potenza, mia piccola Isolde. Il tuo nome e quello del tuo spirito gemello non saranno mai dimenticati, sebbene parte della storia cadrà nell’oblio. Ma verrà il giorno in cui due spiriti gemelli discendenti da due rami diversi della stessa stirpe si riuniranno e, quando nel momento del più grande terrore, tu e il tuo spirito gemello riporterete la speranza e loro saranno insieme nella felicità, allora e solo allora avrete vinto la maledizione.’ Mi svegliai sudata e sconvolta. Avevo visto il Re, ma non avevo compreso le sue parole! Come avremmo potuto vincere quella maledizione? Raccontai tutto a Lancelot, sperando che per lui tutto ciò significasse qualcosa, ma era all’oscuro quanto me. >> Posò per qualche secondo gli occhi sul consorte per poi tornare a fissare Draco. << Due giorni dopo quella rivelazione mi ammalai di un malore sconosciuto e incurabile, che mi strappò via dalla Terra e da coloro che amavo. Avevo ventisette anni e Tristan appena otto. Quando morii avvenne però qualcosa di strano: sentii che il mio spirito, qualcosa di incorporeo e dalla forma indistinta venne letteralmente risucchiato in una specie di oscurità profonda , un buco nero se così lo vuoi definire. Non so se uno spirito può svenire, né credo sia il termine più corretto da usare, ma non ne conosco altro perciò perdonami se dico che svenni. Quando riaprii gli occhi mi ritrovai distesa nel letto della mia stanza, nel castello Irlandese. Chiamai Lancelot, Tristan, le mie ancelle, ma sembravano tutti scomparsi. Mi guardai allo specchio e vidi la mia immagine terrena, non lo spirito che ero stata. Vagai per tutto il castello, ma era vuoto. Uscii fuori e camminai fino al cancello e urlai. Il castello, i confini del castello, erano delimitati da una specie di barriera di cristallo, oltre la quale vedevo lo stesso castello, ma con una sostanziale differenza: l’altro era vivo, reale, mentre quello dove mi trovavo io era morto, una mera illusione. Non riuscivo a capire: dove mi trovavo? Perché ero finita lì? Era terribile! Facendomi coraggio, oltrepassai la barriera di cristallo e subito persi la mia consistenza materiale. Mi resi conto che in quella forma soffrivo molto più perché avvertivo la necessità di salire verso l’altro, ma ero legata alla terra come se fosse un magnete. Persino muovermi era un dolore atroce da sopportare. Perciò superai ancora una volta la barriera e, in una frazione di attimo, divenni di nuovo corporea, perdendo quella sofferenza che avevo sentito prima. Ripetei quell’esperimento più e più volte finchè non capii: qualcuno, di certo il Re, aveva creato per me quel castello perché entro i suoi confini non soffrissi gli effetti della maledizione. Da quel piccolo regno del quale ero la sola sovrana e abitante, assistetti al mio funerale: la cosa mi sconvolse non poco e versai innumerevoli lacrime nel constatare il dolore di Lancelot, di Tristan e di mia madre. Provai a comunicare con loro, ma non ci riuscii. E la frustrazione rischiava di farmi impazzire! Non avvertivano la mia presenza! Sottoponendomi a quell’atroce sofferenza, tornavo nel mondo, stavo accanto a Lancelot e Tristan. Le ore peggiori le trascorsi quando mia madre morì ed io le rimasi accanto sperando che il suo spirito vedendomi mi parlasse. Non accadde: lo spirito di mia madre scomparve nello stesso istante in cui si sollevò dal corpo. Fu terribile per me. Presto mi resi conto, inoltre, che il tempo non scorreva allo stesso modo nel mio regno ultraterreno: capitava che chiudessi gli occhi per pochi attimi e che, quando li riaprivo, erano trascorsi diversi giorni nel mondo reale. Lo trovavo molto frustrante, perché non riuscivo mai ad essere tranquilla. Tre anni dopo la mia morte, Lancelot morì colpito da un Incantesimo. Credevo che il suo spirito, come era accaduto a me, giungesse nel regno ultraterreno ma così non fu. Trascorse parecchio tempo prima che riuscissi a trovare il suo spirito vagante e portarlo qui. >>
Lancelot annuì, posando gli occhi su Draco. << Avevo cominciato a vagare nel mondo, sperando di trovarla, terrorizzato dalla maledizione. Ero davvero solo un’ombra prima che lei mi trovasse e, anche dopo che mi ebbe condotto al castello ultraterreno, mi ci volle tempo per riprendermi. >>
<< Che ne fu di Tristan? >> Chiese Draco, vinto ancora dalla curiosità.
<< Dopo la morte di Isolde, avevo nominato un mio carissimo amico , stipulando con lui un Voto Infrangibile: avrebbe protetto Tristan facendo i suoi interessi qualora mi fosse successo qualcosa. >> Rispose Lancelot. << Fu di parola ed è merito suo se nostro figlio è cresciuto sano e forte, conducendo una vita serena e distante dai problemi che avevano afflitto la nostra. >>
<< Tenemmo d’occhio la nostra discendenza per quattro generazioni, poi cominciammo a preoccuparci di qualcos’altro: la nostra eternità. >> Riprese Isolde. << Discutemmo parecchio, soppesando attentamente le parole che mi aveva detto il Re e, dopo parecchio tempo di accesa diatriba, prendemmo una decisione dolorosa: avremmo lasciato il nostro piccolo regno per cercare la risposta sulla Terra. Era l’anno 1481, quando, finalmente trovammo qualcosa. Nel nostro terribile peregrinare eravamo giunti in Spagna, in un piccolo paesino ormai inesistente, nel quale si stava vivendo un terribile momento: era il periodo della cosiddetta “caccia alle streghe”. Sotto accusa vi era una giovane bellissima donna, dai tratti mediterranei e gli occhi azzurri, con la colpa di aver partecipato ad un sabba ed avere avuto rapporti carnali con il demonio, che avevano portato alla nascita di una bambina, anche lei sotto processo: possedeva i tratti materni, ma la pelle era candida come lo era stata la mia, gli occhi di un castano dalle mille sfaccettature e i capelli talmente chiari da sembrare bianchi. Ebbene quella piccola creatura emanava un’aura diversa da quella degli altri umani, non era come loro. Era come ero stata io da viva: diversa e stupenda. Era mia sorella, eravamo figlie dello stesso padre, del Re. >>
<< Due rami diversi della stessa stirpe… >> Citai, con il cuore a mille.
Isolde annuì. << Esatto. Pensavamo che la nostra sofferenza sarebbe finita, che avremmo trovato la pace eterna. Decidemmo di separarci: Lancelot sarebbe tornato in Inghilterra, tenendo d’occhio il nostro ultimo discendente, mentre io sarei rimasta con la bambina che, a differenza della madre, riuscì ad uscire miracolosamente vittoriosa dal processo e venne adottata da una buona famiglia. Rimasi con lei per ventidue anni, finchè non sposò uno spagnolo ed ebbe un figlio maschio. Non incontrò mai il mio discendente. Facendo uno sforzo terribile, riuscii a mettermi in contatto telepaticamente con Lancelot, comunicandogli il fallimento. Ma non potevo perdere di vista la discendenza di quella donna! Sapevo che era lei la chiave di tutto! Furono anni terribili: vedevo correre le generazioni senza che mai quei due rami si incontrassero ed ero costretta lontana da Lancelot, vedendolo solo per pochissimo tempo e non tornando al nostro regno per tema di perderli di vista. Avevamo perso ormai ogni speranza, anche perché la magia che si era mostrata in mia sorella era andata completamente perduta nel tempo. Intorno al 1900, Rafaèl Mondraguez, ultimo discendente dell’altra stirpe, lasciò la Spagna per raggiungere l’Inghilterra, ove sposò una ballerina, Jessica Raven, che gli diede una figlia, Maria Mondraguez, che sposò un ricco uomo d’affari di nome Jason Parker, dall’unione col quale nacque William Parker, che si unì a Elizabeth Lee, la quale partorì Monica Parker che, a ventisei anni sposò Seamus Granger, dando alla luce una bambina, Hermione Jean Granger, che non solo si dimostrò una strega superdotata ma incrociò la strada di Draco Malfoy. >>
A quel punto sorrise.
<< Siete voi l’unione delle due stirpi ed è voi che dobbiamo aiutare: la nostra felicità dipende unicamente dalla vostra. >>
Draco era semplicemente sconvolto.
Eppure tutto quadrava alla perfezione!
Oh, aveva sempre saputo che Hermione aveva qualcosa di più ma chi avrebbe mai immaginato una storia simile!
<< Ma come…come è possibile che io sia finito qui? >>
<< Semplicemente ho afferrato il tuo spirito prima che trascendesse il mondo e l’ho portato qui. >>
Ok, doveva essere arrabbiato o grato?
Lei aveva afferrato il suo spirito strappandolo all’eternità di pace per condannarlo insieme a loro?
<< E perché lo avresti fatto? >>
<< Perché non devi ancora lasciare il mondo: se muori adesso le due stirpi finiranno e noi saremo condannati per sempre in questo limbo. >>
Argomentazione davvero interessante.
Peccato che, tecnicamente, lui fosse già morto.
<< Io ho già lasciato il mondo: sono morto. >> Fece notare loro.
Lancelot sbuffò. << Lo sappiamo, ma devi tornare. >>
<< E come dovrei fare, di grazia? Torno di là e rientro nel mio corpo? >>
<< Più o meno. >>
Ok, erano pazzi.
Lo stare un millennio nel nulla li aveva fatti fondere.
<< Più o meno, Isolde? >>
Lei annuì, come se fosse una cosa normale. << Sì. Tornerai nel mondo, ma non nel tuo corpo. >>
Draco soppesò quelle parole per qualche istante. << E perché mai non nel mio corpo? >>
<< Perché è ridotto in cenere. >>
Si voltò verso Lancelot terrorizzato.
<< Cenere? >>
Poi ricordò il fuoco che lo aveva invaso e si sentì impazzire.
Isolde si sporse e gli strinse la mano.
<< Draco, ascoltami, puoi tornare nel corpo di un altro uomo. >>
<< Un…un altro uomo? Ma sei impazzita? >>
<< Non fare tanto lo schizzinoso! >> Esplose Lancelot. << Ne ho già trovato uno. >>
Lo guardò temendo che sarebbe impazzito insieme a quei due.
<< Che vuol dire “ne ho già trovato uno”? Hai intenzione di uccidere un uomo? No, non lo permetterò! >>
<< Sta già morendo da solo. >>
<< E allora perché dovrei entrarci io? Per morire di nuovo? >>
Lancelot scosse la testa. << Non è il corpo il problema: è il suo spirito. E’ impazzito quando si è visto morire davanti la fidanzata, più di un anno fa ed ora è ridotto ad uno stato vegetale. Per questo dobbiamo sbrigarci! E’ probabile che mentre noi parliamo lui sale già al cielo e il suo corpo muore con lui! >>
Draco non riusciva a credere alle proprie orecchie.
Poteva davvero tornare nel mondo?
Poteva ancora stare con Hermione?
Oh, avrebbe provato!
Avrebbe provato con tutte le sue forze!
<< Dov’è questo corpo? >>
Lancelot ghignò ed Isolde sorrise, scattando in piedi.
La vita non era ancora finita.

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Capitolo 18
*** Samuel Blackwood ***


Buon pomeriggio a tutti! Comincio con l’annunciarvi che sono particolarmente allegra oggi: sarà perché forse la Primavera si sta facendo sentire finalmente? Ba, non saprei e comunque non voglio tediarvi con questioni filosofiche riguardo il mio umore.
Sono sempre più colpita dall’interesse che state mostrando per l’evolversi della mia fan fiction e non credevo che avrebbe riscosso tanto successo! Quindi prima di tutto un grazie a tutti coloro che hanno la pazienza di seguirla e recensire. Siete davvero meravigliose :) Per rispondere ad aria riguardo a Ginny, devo dire che non è un personaggio chiave nello sviluppo della vicenda ma che di certo comparirà perché, come hai detto tu stessa, è la migliore amica di Hermione che credo avrà ben presto bisogno del suo consiglio^^
Passiamo adesso ad un rapido esame del seguente capitolo, a proposito del quale voglio lanciarvi una piccola sfida. Come avete sicuramente intuito dal titolo compare un nuovo personaggio, Samuel Blackwood. Per tale personaggio mi sono ispirata al mio attore preferito, visto il ruolo che si è trovato ad assumere nella mia fan fiction. La mia sfida è questa: vediamo chi riesce a capire chi è. Non c’è nessun premio, solo spero di aver stimolato la vostra curiosità xD
Detto ciò vi auguro buona lettura!
Mena



Seguendo Isolde e Lancelot varcò l’enorme ingresso del castello e si ritrovò fuori, nel giardino: l’aria era perfettamente immobile.
Aveva ragione quando aveva definito quel posto “morto”.
Si spinsero fino ai confini del castello e il cuore di Draco- o almeno quello che c’era lì al suo posto- sobbalzò vedendo la barriera di cristallo che lei aveva descritto e il castello al di là di essa.
<< O per Morgana! >>
Mormorò sconvolto.
Era una cosa davvero assurda, fuori da ogni schema.
<< Avanti, Draco. >>
Lo incitò Lancelot.
<< Quando saremo dall’altra parte perderai la tua consistenza materiale ma non devi avere paura, è perfettamente normale. >> Gli spiegò Isolde. << E ricorda: devi assolutamente contrastare il desiderio di ascendere al cielo, che sarà talmente forte da riempirti completamente. Pensa ad Hermione e non lasciarti vincere. >>
Cosa?
C’era la possibilità che ascendesse al cielo e perdesse l’ultima speranza di tornare da Hermione?
Ma era un incubo!
Oh no, lo avrebbe contrastato con tutto se stesso.
Annuì, serio. << Non preoccuparti, Isolde. Non ho intenzione di lasciare la Terra. >>
Lei sorrise, fiduciosa e oltrepassò la barriera, diventando pura luce.
Era bellissima.
<< Dai, Draco. Hermione ti aspetta. >>
Lancelot seguì la consorte tramutandosi anche lui in luce.
Dopo aver tratto un profondo respiro, Draco li imitò e oltrepassò la barriera.
Fu subito vittima di una forza che lo spingeva verso l’alto, ma la contrastò con tutto se stesso, aggrappandosi al pensiero della sua Hermione, ancora legata a quella terra e che lui doveva assolutamente raggiungere.
<< Bravo così, Draco. >>
La voce di Isolde appariva ovattata, più distante, sebbene la sua luce fosse a pochi passi da lui.
<< Il nostro uomo, fortunatamente, non è troppo lontano e, sotto questa forma, lo raggiungeremo in poco tempo. >> Lo informò Lancelot. << Quando però prenderai possesso del corpo per fare in fretta dovrai usare la Metropolvere o in alternativa la scopa. >>
<< E la Materializzazione? >>
<< Te lo sconsiglio, almeno all’inizio. Ti troverai in un corpo estraneo e potresti non essere in grado di materializzarti nel modo più corretto finchè non ti sarai abituato completamente. >>
Senza che se ne fosse reso conto si stavano muovendo ad una notevole velocità e, presto si trovarono oltre i confini del castello.
<< Perché possiamo muoverci così in fretta? >>
<< Siamo spiriti, luce, energia, pertanto non abbiamo materia e peso che ci rallentino. >> Spiegò Isolde, la cui voce era più sofferente.
Adesso Draco capiva perché: rimanere sulla Terra in quella forma era pura sofferenza.
Lo spirito tendeva ad ascendere e, costretto a stare lì, procurava un dolore terribile che si espandeva ovunque e riempiva completamente.
Era terribile.
Come avevano potuto sopportare un dolore simile per tutto quel tempo?
Di quale forza erano dotati quei consorti millenari?
Draco ne era sempre più stupito.
<< Ascolta attentamente, Draco. >> Fece Lancelot mentre uscivano dalla foresta. << Non usare il tuo vero nome, almeno non all’inizio, sarebbe un caso di omonimia troppo sospetto. E, quando prenderai possesso del corpo, prenditi del tempo per imparare ad usarlo in modo naturale, studialo e renditi conto che sarà il tuo corpo, non quello di qualcun altro. Quando penserai a te stesso nella tua mente, vediti in quelle membra, non con il tuo vecchio aspetto o finirai per impazzire. >>
<< Come si chiama l’uomo? >>
<< Samuel Blackwood. Ha ventitre anni e gode di perfetta salute fisica. >>
Draco assimilò quell’informazione.
Ventitre anni.
Sarebbe passato da diciassette a ventitre anni.
Bè, un notevole passo avanti.
<< Ma questo…insomma Samuel non ha una famiglia? Qualcuno che potrebbe cercarlo? >>
<< Sua madre è fuggita quando aveva appena tre anni, il padre è morto tre anni fa e ha perso ogni contatto con il mondo da quando è scomparsa la sua ragazza. >>
Ascoltò attentamente e riempì il suo essere con quelle notizie.
<< Come farò ad entrare nel suo corpo? >>
Fu Isolde a rispondere a quella domanda.
<< Dovrai fare un notevole sforzo e lanciare il tuo spirito dentro. >>
<< Lanciare? >>
<< Sì. Dovrai spingerti dentro e prendere possesso di ogni singolo membro. Quando vedrai attraverso i tuoi nuovi occhi allora il processo sarà completo e tu sarai di nuovo vivo. >>
Ormai si stavano avvicinando alla costa.
<< Come fai ad esserne sicura? >>
<< Ho visto altri spiriti farlo. Non puoi nemmeno lontanamente immaginare quanti tornino in vita in questo modo. >>
Non aveva il tempo necessario ad assorbire e far proprie tutte quelle informazioni e temeva di non riuscire a comprenderne la portata.
<< Ha frequentato Hogwarts? >>
<< No, è un babbano. >>
Draco avrebbe voluto fermarsi, ma era come sospinto a proseguire in quella corsa infinita.
<< Non posso diventare un babbano! Non voglio perdere i miei poteri! >>
Gli spiriti possono sbuffare?
Forse non proprio ma Lancelot emise un suono simile.
<< Non perderai i tuoi poteri, Draco. >>Fece spazientito. << Tu sei e rimarrai per sempre un mago. >>
Erano infine giunti in spiaggia.
<< E ora come facciamo? >>
Isolde, sebbene Draco non fosse in grado di capire in che modo, sorrise.
<< Come abbiamo fatto sino ad ora: proseguiamo. >>
E fu proprio ciò che fecero: andarono avanti, muovendosi sull’acqua senza sfiorarla.
Draco ne era stupefatto.
<< Sei uno spirito, Draco, non dimenticarlo. >>
Draco non fece altre domande per tutto il tragitto sul mare: era troppo affascinato da quanto gli stava accadendo per permettersi di disturbare il tutto.
Quando però toccarono di nuovo terra- non potevano essere trascorsi più di dieci minuti o forse anche meno- ricominciò.
<< Dove abita esattamente? >>
<< A York. >>
<< E come diavolo faccio a tornare a Londra senza una bacchetta e senza smaterializzarmi? >>
Lancelot emise di nuovo quel suono curiosamente simile ad uno sbuffo.
<< Non lo so. Avrà dei soldi babbani da parte: prendi un autobus, un treno, un aereo, quello che vuoi. >>
Tutte quelle opzioni terrorizzavano seriamente Draco, anche più del dover prendere possesso del corpo. Stava ideando un piano d’azione mentre seguiva i suoi progenitori in quel viaggio molo fuori dal comune, avvicinandosi sempre di più a quello che sarebbe diventato il suo corpo.
Senza che Draco se ne accorgesse si erano inoltrati in un centro abitato e si muovevano fra tanti visi umani, molti dei quali gli passavano attraverso procurandogli una strana sensazione.
<< Non preoccuparti, non possono farci nulla. >>
Lo rassicurò Isolde, continuando a proseguire spedita.
E, infine raggiunsero York.
Era talmente brulicante di viventi che Draco si sentì terribilmente confuso.
Isolde e Lancelot sembravano abituati a quelle immagini e non se ne lasciavano distrarre.
Condussero Draco in uno di quelli che sembrava uno dei quartieri più malfamati della città ed entrarono in una villetta dal giardino incurato e dalle mura distrutte.
Varcarono la soglia senza aprire e, spostandosi a sinistra entrarono nella sala da pranzo e lo videro.
Un ragazzo con indosso un paio di boxer, dal fisico scolpito e tuttavia non volgare, dalla carnagione chiara ma non troppo, non come quella di Isolde o di Draco.
Aveva corti capelli biondo oro tagliati a spazzola e il viso adombrato da una sottile barbetta era molto bello. Sembrava un modello di uno di quei cataloghi di intimo.
O almeno, lo sarebbe stato se non avesse avuto quella espressione folle negli occhi azzurri.
Draco capì cosa intendeva dire Lancelot quando diceva che stava morendo nello spirito: il suo sguardo era folle, eppure vuoto.
Lui era lì, ma non lo era.
Draco lo studiò e si chiese che cosa stesse facendo: aveva in mano una corda.
Dopo pochi istanti fu tutto chiaro: voleva impiccarsi.
Oh no, non avrebbe permesso che quel corpo morisse!
Lui, Samuel, poteva andare dove voleva ma il suo corpo no!
Gli serviva per tornare dalla sua Hermione!
Draco agì senza capire nemmeno cosa stesse facendo.
Come gli aveva detto Isolde, si lanciò contro quel corpo umano, ma incontrò una barriera: Samuel.
Ovvio, era lì dentro.
Ma se lui, Draco, voleva ardentemente rimanere legato a quel mondo, Samuel non vedeva l’ora di lasciarlo.
Pertanto, non fu difficile per Draco spingerlo verso l’alto con un movimento fulmineo e, quando vi riuscì, si andò a schiantare contro una roccia, una montagna.
Gli parve di sentire un botto terribilmente fragoroso che minacciò di fargli scoppiare la testa.
Come se non bastasse, si sentì cadere all’indietro e la parte destra di lui andò a sbattere contro qualcosa che gli procurò un male terribile e sentì come una lama tagliarlo.
Atterrò di peso sbattendo la parte inferiore e quella più in alto.
Era tutto un dolore terribile.
Cercò di capire cosa stesse succedendo, ma poi avvertii una nuova sensazione: sentiva il suo spirito allungarsi e stendersi, permeando qualcosa di strano.
Quel processo durò qualche secondo e lo coinvolse interamente.
Infine, rendendosi conto che era buio, aprì gli occhi e capì: era entrato nel corpo di Samuel Blackwood, nel suo corpo.
Era di nuovo vivo.
Cercò Samuel in quel corpo, aspettandosi quasi una lotta, ma non c’era: lì dentro c’era solo lui, Draco Malfoy.
<< Oh per amore di Morgana. >> Sussurrò e la sua voce gli parve strana.
Aveva la stessa cadenza, ma il timbro era diverso: un tantino più profondo, più caldo.
La sua nuova voce.
Avvertii un dolore sordo al braccio destro e quando guardò l’orrore si impadronì di lui: si era fatto un bel taglio e non aveva la bacchetta per curarlo.
Ma come diavolo se l’era fatto?
Si guardò intorno e vide un coltello insanguinato per terra.
Sicuramente Samuel doveva averlo usato per sistemare la corda per la sua impiccagione.
Oh bè, almeno gli aveva fatto procurare un taglio che se non curato subito lo avrebbe fatto morire dissanguato.
Perfetto!
Draco si mise in piedi ma, colto da un senso di vertigine, cadde di nuovo pesantemente per terra.
Si morse il labbro inferiore per non urlare per la frustrazione.
Adesso capiva cosa intendeva dire Lancelot: aveva si preso possesso di quel corpo, ma non era ancora in grado di usarlo con disinvoltura.
Doveva abituarsi, ma non ne aveva il tempo!
Stava per morire dissanguato!
E doveva cavarsela da solo.
Lancelot e Isolde non potevano aiutarlo dalla dimensione in cui si trovavano.
<< Ok, Draco, mettiti in piedi e cerca qualcosa per fasciare questa ferita. >>
Si sentiva completamente pazzo a parlare da solo in quel modo, ma che altro poteva fare?
Doveva incoraggiarsi o sarebbe morto ancora e dubitava che sarebbe potuto ritornare qualora fosse accaduto una seconda volta.
Si alzò in piedi lentamente e faticò per mantenersi in equilibrio: quel corpo era più alto di quello che aveva avuto e certamente più muscoloso.
Era stato abituato ad avere un fisico sì ben proporzionato, ma piuttosto smilzo: quello era completamente diverso.
Fece un respiro profondo e mosse il primo passo, riuscendo a non cadere.
Ok, forse poteva riuscirci.
Facendo attenzione posò un piede dopo l’altro e si spostò in un’altra stanza vicina, il bagno.
Quel Samuel era un babbano, no?
Doveva pur avere qualcosa per curare un taglio?
Alzò il braccio, il suo braccio sinistro, e aprì un armadietto pieno di strane bottigliette piccole e aggeggi degni di una stanza per le torture.
A che diavolo servivano tutte quelle cose?
Il taglio continuava a sanguinare e lui era sempre più ansioso e preoccupato.
Come avrebbe fatto?
Prese uno ad uno tutti quegli strani flaconi, leggendo le istruzioni dietro, quasi sul punto di scoppiare a piangere per la disperazione.
Infine lo trovò: un tubicino, una specie di crema dal nome talmente assurdo e privo di significato per lui che non lo registrò, ma che sul retro recava la scritta “punti sintetici: perfetti per chiudere tagli non troppo profondi ma per i quali non basta un cerotto. Spalmare bene sul taglio tenendo uniti i due lembi di pelle e poi applicare una garza.”
Poteva farcela.
Doveva farcela se non voleva morire in quello squallido bagno.
Seguì attentamente quelle istruzioni riempiendosi il braccio di quella crema puzzolente e appiccicosa e poi, completamente schifato, vi mise sopra una garza.
Curarsi con i metodi babbani faceva a dir poco orrore.
Solo a quel punto alzò il volto e si ritrovò a fissare l’immagine di un giovane uomo dai capelli biondi spettinati, la carnagione di un piacevole avorio, le sopracciglia folte e ben disegnate, il naso un po’ a patata, la bocca carnosa e le guance ricoperte da una sottile barbetta.
E gli occhi di un indefinito colore tra l’azzurro e il verde acqua erano colmi di un’espressione di disappunto che conosceva benissimo.
Era lui.
Draco Malfoy.
Con la mano toccò quel volto, il suo volto, e l’espressione divenne di profondo stupore.
Quell’uomo era lui!
Era semplicemente fantastico!
Non solo era tornato in vita dopo la morte, ma aveva fatto il suo ingresso in un corpo magnifico!
Era euforico, fuori di sé dalla gioia.
E quando realizzò che non aveva più il Marchio Nero, che quel corpo non lo aveva mai avuto, sarebbe anche potuto scoppiare a piangere.
Era libero.
Poteva ricominciare da capo!
Oh, ma non voleva farlo solo.
No, voleva ricominciare da capo con lei, con la sua Hermione.
Provò forte il desiderio di stringerla fra quelle braccia possenti, attirandola a sé.
Voleva sentirla vicina, annusare il dolce profumo della sua pelle e dei suoi capelli.
Voleva che le sue mani si posassero ancora su quel corpo che venerava.
E voleva che lei vedesse come era adesso.
Le sarebbe piaciuto?
Il timore che non lo trovasse attraente in quella nuova forma lo assalì ma fece in fretta e lo scacciò via: lei lo amava, a prescindere da quale fosse il suo aspetto.
Il desiderio di lei si impadronì di lui e, stavolta muovendosi molto più naturalmente, si spostò in un’altra stanza ancora, nella quale vi era un letto completamente disfatto e diversi vestiti per terra.
Merlino! Come aveva potuto quell’uomo vivere in un tale caos?
Davvero non riusciva a capirlo e , improvvisamente, si sentì sporchissimo.
E in effetti faceva un po’ di puzza.
Eh, no!
Era pur sempre un Malfoy e un Malfoy non puzzava!
Superando i vestiti e le bottiglie sul pavimento, attento a non sfiorarle nemmeno con un’unghia del piede, si diresse verso un cassettone e scelse i boxer più in fondo che sembravano i più puliti, anonimi calzini neri, un paio di jeans scuri che portavano ancora la targhetta e una maglietta a maniche corte grigia.
Constatò con sommo orrore che possedeva solo quel genere di scarpe che la sua Hermione amava tanto, quelle terribili Converse nere e sporche come se le avesse indossate per passeggiare nel fango.
Attento a non lasciar cadere nulla per terra, si spostò accanto al letto sudicio e puzzolente e osservò una strana cosa illuminata che segnava l’ora e il giorno.
Stando a quanto la cosa sosteneva erano le 10:47 del 29 Aprile.
Rimase interdetto.
29 Aprile?
No, era impossibile!
Quell’aggeggio doveva essere completamente rotto!
L’attacco era avvenuto a Marzo, era morto a Marzo!
Come…
Oh, giusto.
Il tempo scorreva in modo diverso nel castello ultraterreno e lui ci aveva trascorso un bel po’ di tempo.
Morgana ma era terribile!
Era passato un mese, chissà dove era finita la sua Hermione!
Come avrebbe fatto a trovarla?
Ok, non doveva farsi prendere dal panico, ma doveva comunque sbrigarsi.
Tornò di fretta in bagno, posò i vestiti sul coperchio del water e, dopo aver rovistato in cerca di un asciugamano pulito si sfilò i boxer e si infilò nella doccia.
Avrebbe voluto godersi la sensazione dell’acqua calda che scivolava su quel corpo nuovo eppure già suo, ma non poteva.
Era terribilmente preoccupato per Hermione.
Dov’era?
Stava bene?
E poi, cosa era successo mentre lui ascoltava la storia di Isolde?
Non avrebbe saputo dirlo.
Lavò anche la ferita, scoprendo che l’intruglio puzzolente aveva fatto il suo effetto e il sangue non usciva più.
Ottimo, li sarebbe dispiaciuto camminare con quella cosa addosso.
Quando si sentì perfettamente pulito, chiuse l’acqua, si asciugò con il telo che aveva rimediato e si vestì. Passò un asciugamano anche fra i capelli, che erano disordinati almeno quanto quelli di Potter.
Oh, al diavolo!
Aveva altro di cui preoccuparsi.
Tornò in quel casino che era la camera da letto e cominciò a cercare in ogni cassetto alla ricerca di soldi e di un qualche documento.
Santa Morgana, dove aveva messo tutte cose quell’uomo?
Dopo aver buttato per terra quelle poche cose che erano rimaste nei cassetti trovò un portafogli pieno di banconote babbane delle quali non conosceva minimamente il valore e di vari documenti che avrebbero potuto tornargli utili.
Ok, era pronto.
Si catapultò verso l’ingresso e, prima di uscire afferrò il lungo cappotto nero nell’attaccapanni e se lo mise addosso.
Nascose il portafogli in una tasca interna e cominciò a camminare per uscire da quel quartiere orribile dove aveva vissuto quell’uomo.
Fece appello a tutte le sue forze per ricordare la strada che aveva fatto mentre era solo spirito e la percorse a ritroso, finchè non fu fuori da quella zona malfamata e tirò un sospiro di sollievo.
Era stupendo essere di nuovo vivo, camminare ancora una volta sulla Terra, sentendo il Sole scaldare il suo viso.
E tutto sarebbe stato perfetto quando avrebbe ritrovato la sua Hermione.
Il che decise che doveva avvenire il più presto possibile.
Chiedendo informazioni a qualche babbano riuscì a raggiungere la stazione dei treni e, dopo aver fatto la sua pessima figura con il cassiere- non riusciva davvero a capirci niente con quei soldi babbani- riuscì a salire sul treno delle 11.30 diretto a Londra.
Accanto a lui prese posto un uomo dall’aspetto simpatico sulla cinquantina.
<< Un viaggio un po’ lungo, eh? >>
Draco non poteva esserne sicuro, ma, per non essere scortese, annuì con un sorriso.
<< Sì, un po’, ma ne vale la pena. >>
L’uomo gli tese la mano.
<< Jonathan Rice, lieto di conoscerti. >>
<< Samuel Blackwood, piacere. >>
Fece stringendo la mano dell’uomo con la sua stretta vigorosa.
Aveva deciso di usare il nome del precedente proprietario del corpo, temendo che potessero sorgere delle complicazioni ma, quando tutto quell’immenso casino fosse finito, aveva intenzione di cambiarlo.
Jonathan gli sorrise bonario.
<< Io sto andando nella grande Londra per noiosi motivi di affari. E tu? Cosa porta un bel giovane come te a compiere un tale viaggio? >>
Riflettè un po’ sulla risposta e infine, gonfiandosi il petto, lo guardò.
<< Devo andare a riprendere la mia fidanzata. >>
Jonathan soppesò le sue parole per qualche secondo poi ridacchiò.
<< Di certo è un motivo molto più piacevole del mio. Spero che la troverai. >>
Draco sospirò.
<< Lo spero anche io. >>
A quel punto Jonathan, tirò fuori dalla valigetta una serie di giornali e Draco individuò subito una cosa particolare: quell’uomo leggeva la Gazzetta del Profeta.
<< Sei…sei un mago? >>
Jonathan lo guardò scioccato e poi gli si fece più vicino.
<< Parla piano, Samuel. Non si è mai sicuri di chi potrebbe sentire in tempi come questi. >>
<< Scusami. E’ solo che…bè, dei problemi mi hanno assorbito completamente e non ho notizie dal mondo magico da un mese a questa parte. >> Era una mezza verità, la sola che potesse dire. << Cosa è successo? >>
Jonathan gli si fece ancora più vicino.
<< Sai chi è Bellatrix Lestrange? >>
Sì, purtroppo lo sapeva benissimo.
Era colpa sua se era morto.
Annuì.
<< Sì, che ha fatto? >>
L’uomo fece un sorrisetto. << Si è messa contro qualcuno più forte di lei che l’ha spedita all’altro mondo. >>
Non riusciva a credere alle proprie orecchie.
Bellatrix era stata uccisa?
Chi era stato?
<< Chi l’ha uccisa? >> Mormorò.
<< Si sono fatte solo delle supposizioni a riguardo. >> Si affrettò a spiegare. << Il suo cadavere è stato trovato in un castello Irlandese dei Malfoy, ma non è stata la scoperta più curiosa. Vedi è stata trovata anche la tomba del rampollo dei signori Malfoy, Draco Malfoy, e l’epitaffio, bè, era un po’ particolare. >>
Il cuore di Draco batteva talmente forte che sarebbe potuto benissimo scoppiare.
<< Che diceva l’epitaffio? >>
Chiese con un filo di voce.
Jonathan si schiarì la voce.
<< ‘Vita e respiro di Hermione Jean Granger.’ >>
Ok, sarebbe morto, per la seconda volta.
Di infarto.
<< La cosa curiosa è che questa ragazza, Hermione Granger, è la migliore amica di Harry Potter e Ron Weasley! Figlia di due babbani cosa ha avuto a che fare con Draco Malfoy, ragazzo che è sempre stato conosciuto per la sua arroganza e disprezzo per chiunque non fosse un Purosangue? >>
Wow, bella opinione che circolava su di lui.
Davvero fantastica e lusinghiera.
<< Stando a quanto hanno supposto altri, gli ultimi giorni della sua vita il ragazzo si è ricreduto, ha portato lei nel suo castello per qualche strano motivo e si sono innamorati. Quando Bellatrix ha attaccato, lui è morto e lei, per vendetta, la ha uccisa. >>
Decisamente troppe novità.
<< E che ne è stato di lei? Di Hermione intendo? L’hanno trovata? >>
Jonathan scosse la testa sorridendo estasiato.
<< No, la ragazza è riuscita a scappare e non si è più vista in giro: si dice che sia tornata da Harry e Ron. >>
Ok, quella era una buona notizia, non era sola.
<< Ormai ci siamo, amico, me lo sento: presto il Signore Oscuro sarà solo un brutto ricordo. >>
La fiducia di quell’uomo lo stupì.
<< Perdonami, Jonathan, ma cosa devi andare a fare a Londra? >>
Lui si fece ancora più cospiratore.
<< Con la scomparsa di Olivander e con i continui attacchi dei Mangiamorti, molti maghi sono rimasti senza bacchette. >> Gli mostrò il contenuto della valigetta: c’erano sei bacchette. << Io rubo ai malvagi per dare ai buoni. >>
Quello era un vero colpo di fortuna.
<< Sono abbastanza buono per te? >>
Jonathan inarcò un sopracciglio. << Non hai una bacchetta? >>
Draco scosse la testa. << No, me l’hanno rubata. >>
<< Ma certo, amico mio! >>
Ne tirò fuori una. << Nascondila subito e sta attento. >>
<< Grazie. >>
<< Figurati, Samuel. >>
Trascorse il resto del viaggio discutendo con quell’uomo sugli ultimi avvenimenti, scoprendo che i suoi genitori erano ancora vivi e che erano stati ripresi nelle grazie del Signore Oscuro e molte altre cose che sarebbe estremamente tedioso citare.
Arrivati alla stazione di Londra si salutarono come avrebbero fatto due amici di vecchia data e ognuno proseguì per la sua strada.
Adesso la missione di Draco aveva un solo nome: Hermione.

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Capitolo 19
*** Sono Draco ***


Eccomi di nuovo qui, mie carissime! Stamattina mi sono alzata e mi sono detta che dovevo assolutamente postare un altro capitolo. Pertanto, dopo il solito the mattutino, mi sono messa davanti la mia scatola infernale e ho terminato quanto avevo iniziato ieri sera.
Prima di tutto vi tolgo la curiosità sull’attore, mettendo il link della foto che ho sempre tenuto davanti agli occhi mentre descrivevo il mio Samuel Blackwood. Sicuramente conoscerete il suo nome^^ Cliccami! Che ne dite? Carino vero? xD
Bene, mi autocensuro o scriverò un poema epico su questa creatura. xD
Che dire di questo capitolozzo? Bah, non saprei…Leggete e fatemi sapere voi se è all’altezza degli altri o se è banale.
Dopo il solito ringraziamento a tutte voi, vi mando un bacio e vi auguro buona Pasqua.
Mena



Non era abituato a camminare nella Londra babbana, anzi di solito la frequentava pochissimo.
Che motivo aveva avuto di passeggiare lì?
Tutti i suoi acquisti li faceva a Diagon Alley e a Nocturn Alley!
Eppure adesso si ritrovava lì, a gironzolare per Londra mescolandosi ai babbani.
Doveva decidere come proseguire, cosa fare, quale strategia adottare per trovare Hermione.
Non aveva idea da dove iniziare a cercarla.
Si maledì mentalmente per non averle chiesto qualcosa riguardo alla missione che aveva intrapreso con Potter e Lenticchia, prima che giungessero a Villa Malfoy.
Che cosa cercavano?
Non lo sapeva, davvero non riusciva nemmeno ad immaginarlo.
Rendendosi conto di essere affamato, prese un hot dog da uno dei venditori ambulanti e si fermò a mangiarlo all’Hide Park.
Si sedette sul prato verde, guardando distrattamente i passanti e pensando solo ad una cosa, anzi ad una persona.
Oh, lo ossessionava!
Doveva trovarla, subito!
Sarebbe impazzito se non l’avesse tenuta fra le sue braccia!
Il desiderio di averla era persino più forte di quanto fosse mai stato nel suo corpo precedente: forse era da attribuire al fatto che in quella forma non possedeva nessun ricordo di lei, materialmente parlando.
Ancora una volta si lasciò vincere dai ricordi, permettendo alla sua mente di tornare indietro, ripensando al primo bacio, a quando l’aveva tenuta stretta a sé, a quando avevano fatto l’amore.
Rivide il vecchio sé, distendersi su di lei e prenderla, procurandole e procurandosi piacere.
Era una follia, ma si rese conto di essere geloso: sì, non riusciva a sopportare il pensiero della sua Hermione con il vecchio Draco.
Rise fra sé come un’idiota.
Merlino, era assurdo!
Eppure…eppure nella sua assurdità aveva un senso.
Tecnicamente il Draco che la aveva posseduta era morto, ridotto in cenere come gli aveva garbatamente annunciato Lancelot.
Adesso doveva rifarla sua.
Doveva averla di nuovo.
Perché quella ragazza gli ispirava certi pensieri animaleschi?
La amava, amava il suo spirito, la sua anima.
Sarebbe potuto rimanere ore e ore immobile e zitto- cosa che aveva fatto- semplicemente guardandola, senza nemmeno sfiorarla.
Ma sentiva anche il primitivo bisogno di possederla, di farla sua.
Era anormale?
Non lo sapeva, e, sinceramente, non gli importava.
Era abituato ad ottenere ciò che voleva ed Hermione non faceva eccezione.
E poi, non erano forse destinati a stare assieme da mille anni?
Non era stato il Re a profetizzarlo?
Ripensò ancora una volta alla storia di Isolde e non potè fare a meno di esserne colpito.
Hermione, la figlia di due semplici dentisti babbani, era l’ultima discendente, insieme a lui, della stirpe del Re.
Era qualcosa di semplicemente incredibile.
Oh, ma in un certo senso l’aveva sempre saputo.
Lei era una principessa, anzi no, una regina.
La sua regina.
Doveva mettersi subito sulle sue tracce.
Andare a Diagon Alley?
Non era proprio una gran idea, anche perché sarebbe sembrato piuttosto sospetto: nel mondo magico, lui non esisteva e, come se ciò non fosse abbastanza, non aveva neppure uno zellino e non c’era modo di accedere al conto di famiglia.
Che poteva fare?
Non conosceva nessuno che potesse aiutarlo.
Trascorse tutto il pomeriggio vagando per Londra, alla disperata ricerca di un segno che gli rivelasse la posizione della donna che amava.
Merlino, avrebbe dato qualsiasi cosa per trovarla!
La cercò in tutti i volti, sperando di scorgerla da qualche parte, ma era tempo sprecato: lei non era lì. Dio non poteva essere semplicemente scomparsa!
Se avesse avuto ancora l’anello avrebbe potuto rintracciarla con estrema facilità!
Un’idea gli attraversò candidamente la mente: e se fosse tornato al castello a recuperarlo?
Certo era rischioso: Lancelot lo aveva avvertito di non provare subito a smateriallizarsi, ma non poteva semplicemente aspettare che Hermione gli cadesse dal cielo!
Certo, c’era anche il considerevole rischio che il castello fosse costantemente sorvegliato, ma non gli importava: sarebbe stato attento e non si sarebbe fatto prendere.
La cosa più importante da fare in quel momento era tentare l’impossibile per ritrovare Hermione.
Ok, ma non poteva semplicemente smaterializzarsi rischiando di perdere per sempre quel corpo al quale si stava velocemente affezionando.
No, doveva agire con calma.
Individuò un ristorante Italiano e, senza pensarci due volte, entrò e si sedette nel tavolo meno in vista, in un angolo lontano.
Era un locale piccolo, in stile antico, illuminato in modo tale da ottenere un effetto più da pub, con delle luci rossastre.
Incontrò il gusto del biondo, che, anche in situazioni estreme, non smetteva di apprezzare l’eleganza.
Dopo pochi attimi saltellò verso di lui la cameriera, una ragazza sui venticinque anni dai capelli biondo platino legati in un’alta coda di cavallo, occhi azzurri e labbra colorate da un rossetto rosa, stesso colore dello smalto che brillava nelle unghie.
Indossava un’aderente camicia bianca che la segnava e una cortissima minigonna nera.
Il tutto coronato da scarpe col tacco a spillo.
Avrebbe potuto essere attraente se non avesse avuto quell’aria da bambola di plastica.
La cosa, però, non importava per niente a Draco: si sarebbe potuta presentare in qualunque modo e non se ne sarebbe curato.
La sola cosa che avrebbe potuto scuoterlo era vedere una ragazza dagli occhi nocciola e i boccoli scuri.
<< Ciao, mi chiamo Chloe e sarò la tua cameriera per stasera. >> Si presentò lei con una voce decisamente squillante. << Cosa ti porto da bere? >>
<< Acqua. >>
Non aveva la minima intenzione di ubriacarsi: doveva assolutamente mantenersi sobrio e vigile, pronto ad ogni evenienza.
Chloe gli sorrise e, dopo avergli messo davanti un Menù, si allontanò ondeggiando sui tacchi.
Draco scosse la testa divertito a quel tentativo di farsi notare.
Povera, non sapeva che non l’avrebbe degnata di nessuna particolare attenzione nemmeno se si fosse spogliata davanti a lui.
I suoi gusti in merito a donne erano decisamente difficili: gli piaceva solo Hermione, tutte le altre erano niente.
Aprì il Menù e cominciò a leggere, facendo, per la prima volta in tutta la sua vita, attenzione ai prezzi.
Optò per una Caprese, una delle cose più economiche e che sembrava comunque appetitosa.
Non appena chiuse il menù, Chloe arrivò come un fulmine sorridendo, e stringendo un taccuino fra le mani e una bottiglia che posò sul tavolo.
<< Cosa ti porto? >>
<< Una caprese, grazie. >>
Lei prese nota e poi lo guardò piegando un po’ la testa.
<< Nient’altro? >>
Sarebbe anche potuto morire dalle risate.
Facendo appello a tutta la sua forza, si trattenne e scosse la testa.
<< No, sono apposto così. >>
Lei sembrò delusa e, dopo aver afferrato con un movimento repentino il menù, girò i tacchi indispettita e si allontanò.
Draco non aveva tempo di occuparsi di una ragazzina ferita perché un ragazzo non voleva filarsela!
Aveva ben altro per la testa.
Accaldato si tolse il cappotto, mettendolo sullo schienale della sedia e, tirò fuori dal portafogli un paio di banconote e monete, scervellandosi nel disperato tentativo di raccogliere la somma necessaria a pagarsi la cena.
Perché non si era mai fatto spiegare qualcosa in più in merito ai babbani?
Almeno avrebbe evitato di fare certe figuracce!
Sembrava un emerito idiota mentre esaminava ad una ad una monete e banconote.
Sicuramente Chloe pensò che fosse pazzo quando gli mise davanti il piatto di caprese: lo squadrò dall’alto in basso, con un’espressione di sconcertato stupore.
Mangiò in pace, gustando la mozzarella e il pomodoro e mordendo il pane morbido.
Era davvero ottimo.
Quando finì l’orologio su una delle pareti segnava le otto e quindici di sera e il locale cominciava a riempirsi di coppiette e famiglie.
Li invidiava tutti, indistintamente perché avevano ciò che a lui mancava.
Innervosito chiese il conto e, dopo aver riflettuto parecchio sulle banconote e sulle monete da lasciare, pagò con un sospiro di sollievo e uscì nella fresca aria serale di Londra.
Quello che gli serviva adesso era un posto dove passare la notte: aveva deciso che sarebbe stato molto più saggio giungere al castello con la luce del giorno, dopo essersi un po’ esercitato con la sua nuova bacchetta e dopo una bella dormita.
Sarebbe stato ben poco utile completamente addormentato e incapace di fare un solo incantesimo.
Passeggiò studiando attentamente i palazzi intorno a lui finchè non individuò quello che faceva al caso suo: era un modesto Bed&Breakfast, pulito e, stando a quel poco che aveva potuto capire e mettendo in relazione con quanto aveva speso quel giorno, non troppo dispendioso.
Non aveva perso il suo atteggiamento da Malfoy, capace di dare ordini senza far discutere e, in meno di cinque minuti, si ritrovò ad aprire la camera che gli era stata riservata al secondo piano.
Era abbastanza grande, con un letto singolo al centro, un mobiletto accanto e una scrivania sulla quale troneggiava una strana scatola nera che non aveva la minima voglia di esaminare.
La sola cosa che desiderava era lanciarsi su quel letto e dormire, ma non poteva, non ancora.
Si tolse il cappotto appendendolo all’armadio davanti la porta e poi si tolse le scarpe e i jeans.
Infine andò in bagno armato di bacchetta, si spogliò completamente e compì il suo primo incantesimo con quella bacchetta nel suo nuovo corpo.
Purtroppo non era niente di eroico, ma un semplicissimo incantesimo per insaponare e lavare i boxer. In ogni caso, funzionò e Draco si sentì fiero di sé stesso.
Lo ripetè per i calzini e la maglietta e, dopo aver pronunziato un altro incantesimo per asciugare tutto, li piegò sul letto e, tornato in bagno si concesse una bella doccia rilassante.
L’acqua calda gli sciolse i muscoli e sentirsela scorrere su tutto il corpo era una vera benedizione. Doveva rilassarsi in previsione dello sforzo che avrebbe dovuto compiere dopo.
Quando uscì, si avvolse nel morbido accappatoio fornito dall’hotel e, se lo tolse solo dopo aver messo i boxer.
A quel punto prese la bacchetta e cominciò a darsi da fare.
Come prima cosa tracciò diversi Incantesimi di Protezione, passando dai più facili a quelli sempre più complessi.
Poi insonorizzò la stanza e cominciò a schiantare più volte il cuscino, con grande successo.
Aveva un controllo perfetto della bacchetta.
Provò molti altri incantesimi di ogni genere, per prepararsi ad ogni evenienza e, ogni volta, riuscì nel suo intento.
Quando si ritenne soddisfatto, l’orologio sul comodino segnava le undici e un quarto.
Adesso veniva la parte più difficile: doveva materializzarsi.
Quello fu decisamente più complicato.
Riuscì a compiere la prima materializzazione dopo mezz’ora e il risultato fu comunque pessimo: si spaccò lasciando dietro di sé un orecchio.
Fortuna che sapeva come riattaccarlo o sarebbe impazzito.
Ripetè l’esperimento più volte, accumulando più fallimenti che successi, arrivando persino a perdere una gamba.
Tentò e ritentò, fino a sfinirsi, ma non mollò finchè non riuscì a materializzarsi alla perfezione in vari punti della stanza, il che avvenne verso le due e mezza.
A quel punto crollò sul letto sfinito e si addormentò.
Naturalmente sovrana assoluta dei suoi sogni fu Hermione: era lì, accanto a lui, nel suo nuovo corpo e lo baciava, lo accarezzava, gli sfiorava la pelle con quelle labbra morbide e calde.
Lo faceva impazzire come solo lei sapeva fare.
Niente di strano, quindi se quando si svegliò era sudato e affaticato come se avesse corso.
La cosa peggiore era però accettare il fatto che Hermione non era lì e che le sue labbra erano al momento irraggiungibili.
Oh, doveva riaverla assolutamente.
Sarebbe impazzito altrimenti, continuando a pensarla e immaginarla.
Con sommo orrore si rese conto che erano le dieci e mezza.
Per Merlino e Morgana era tardissimo!
Si vestì in fretta e furia e, dopo aver tolto ogni incantesimo dalla stanza, scese giù nella hall e saldò il conto. Adesso non gli restava altro da fare se non tornare al castello e riprendere l’anello.
A quel punto avrebbe solo dovuto mettersi in contatto con Hermione.
Londra era un caos di gente e non c’era un posto adatto per materializzarsi.
Infine si inoltrò in un vicolo stretto e, quando fu certo che nessuno lo vedesse, tirò un profondo respiro e, come aveva fatto mille volte la notte prima, si materializzò, lasciandosi alle spalle tutte le ansie e le paure che lo avrebbero fatto fallire.
Ci riuscì.
Avvertì la solita opprimente e soffocante sensazione provocata dalla materializzazione e, quando i suoi piedi toccarono di nuovo terra, riaprì gli occhi e lo vide: il castello, il suo castello, il castello di Hermione.
E chissà dove c’era l’ingresso per l’altro castello ultraterreno, dominio incontrastato di Lancelot e Isolde.
Al momento, però non doveva preoccuparsi di quello.
Doveva sbrigarsi, prendere l’anello e trovare Hermione.
Contrariamente ad ogni sua aspettativa, il castello era completamente privo di protezione: possibile che nessuno se ne preoccupasse?
A quanto pare pareva proprio così perché riuscì a varcare l’enorme portone di ingresso senza nessuna difficoltà, ritrovandosi nell’atrio.
Era proprio strano ritrovarsi lì in quella nuova forma!
Non era comunque il momento di pensarci: aveva fretta e non sapeva dove Hermione avesse nascosto l’anello.
Salì in fretta nella sua stanza e cominciò a cercare in ogni cassetto, e, quando non trovò nulla, esaminò ogni altra camera.
Scese persino in biblioteca ma non ebbe maggiore successo.
Ma dove lo aveva messo?
Improvvisamente l’illuminazione.
La tomba.
La sua tomba, o meglio quella del suo corpo.
Era probabile, se non praticamente certo, che Hermione avesse seppellito lì l’anello!
Euforico e ansioso, si catapultò in giardino e, proprio lì, sulle sponde del lago, vide eretta una pietra tombale.
Doveva mantenere la calma e non farsi prendere dall’isteria.
Lui era vivo, non c’era nulla di cui preoccuparsi.
Procedendo a passi lenti e misurati, arrivò alla tomba e, quando lesse quanto vi era scritto, il suo cuore perse un colpo.

Draco Malfoy
5 Giugno 1980-31 Marzo 1998
Un angelo morto per amore.
Vita e respiro di Hermione Jean Granger.

<< Amore mio.. >>
Sussurrò quando i suoi occhi incontrarono quel nome che significava tutto per lui.
Lei lo aveva definito “vita e respiro”.
Per lui, lei era anche di più: era tutto.
Il desiderio di trovarla si fece sempre più prepotente e, incapace di voler resistere ancora e ripetendosi che non stava facendo nulla di male, pronunziò un incantesimo che servì a rimuovere la terra al di sotto della pietra tombale.
Si chinò e fece un respiro profondo.
Lì sotto c’era un’urna, contenente le ceneri del suo vecchio corpo.
Non doveva pensarci.
No, doveva lasciar perdere l’urna, dimenticarla completamente.
Non doveva importargliene nulla: lui era vivo e il suo corpo era quello che adesso era lì al Sole piegato. Nell’urna c’erano solo ceneri.
Doveva concentrarsi invece sul pezzetto di stoffa accanto all’urna.
Quello si che doveva essere interessante.
Sì, ne era certo: l’anello era là.
Si sporse per prenderlo ma, fu allora che venne schiantato lontano e finì in mezzo all’acqua.
Rispondendo ad un riflesso incondizionato, si rialzò in fretta in piedi e puntò la bacchetta davanti a sé, pronto a colpire.
Questo finchè i suoi occhi non videro.
A poca distanza da lui, c’era una ragazza vestita di un paio di jeans, una maglietta a maniche corte nera con lo scollo a V, e un paio di ballerine nere.
Nella mano sinistra, sull’anulare, brillava un anello tempestato di smeraldini.
La pelle era chiara, eccetto per le guance, ove era rossissima.
Le labbra erano piccole, rigide e del colore di una delicata rosa pesca.
Il volto perfetto era incorniciato da boccoli scuri che le ricadevano sulla schiena ed era reso luminoso dai grandi occhi scuri che brillavano come gemme preziose.
Il suo cuore perse un colpo e poi cominciò a battere frenetico.
<< Hermione… >>
Mormorò appena.
<< Hermione… >>
Fece più forte e lei, per tutta risposta, lo schiantò di nuovo.
<< Chi sei? >>
Oh, quanto aveva desiderato sentire di nuovo quella voce!
Ma perché aveva quel tono incolore, freddo?
Non si era mai rivolta a lui in quel modo!
Poi ricordò: lei non lo conosceva, o meglio, non conosceva quel corpo.
E lo aveva visto profanare una tomba.
Ancora una volta avevano iniziato col piede sbagliato.
Sollevò le mani sopra la testa, in segno di resa e la guardò.
<< Ok, manteniamo la calma. >> Disse abbastanza forte perché lei potesse sentirlo. << Lascia che ti spieghi… >>
<< Non c’è niente da spiegare. >>
Lo interruppe incolore e gelida.
I suoi occhi, quei bellissimi occhi scuri lo guardavano furiosi.
<< Invece c’è parecchio da spiegare. >>
<< Sei soltanto un basso e volgare ladro di tombe, non c’è niente da spiegare. >>
Draco fece un respiro profondo, mantenendo le mani sopra la testa.
<< Non sono un ladro, credimi. >> Avanzò qualche passo verso di lei, che subito si irrigidì e gli puntò contro la bacchetta.
<< No, stai tranquilla. Non voglio farti del male. >>
Hermione ghignò in modo talmente simile al suo, con tanta perfidia e malizia che ne rimase profondamente colpito.
<< Se c’è qualcuno che rischia seriamente di farsi male, quello sei tu. >>
Oh, la adorava!
Non potè fare a meno di ghignare anche lui, avvicinandosi.
<< Sono contento che tu sia in grado di difenderti, ma ti assicuro che non hai motivo di farlo con me, né tantomeno vorresti farmi del male. >>
Gli occhi di lei si ridusse a due fessure.
<< Questo è ancora da decidere. >>
Draco avanzò lentamente e, sebbene avrebbe voluto più di ogni altra cosa, prenderla fra le braccia e baciarla, si costrinse a fermarsi ad un metro da lei, accontentandosi soltanto di guardarla.
Notò che i capelli erano più lunghi di quando l’aveva vista la prima volta, era più magra e profonde occhiaie le appesantivano le palpebre.
Era stato il perdere lui che l’aveva ridotta così oppure il ritorno alla vita da fuggiasca?
Qualcosa gli suggeriva che la spiegazione era la prima e il cuore gli si strinse nel petto.
C’era qualcosa di terribilmente ingiusto: lui era il ritratto della salute, mentre lei appariva stanca e debilitata.
Eppure rimaneva sempre bellissima.
Anche in quello stato avrebbe vinto qualsiasi altra donna.
La sua bellezza eguagliava quella di Isolde, anzi per lui la superava perché era innamorato di lei.
<< Cosa hai rubato dal castello? >>
Come?
Credeva davvero che fosse un semplice e volgare ladro?
<< Non sono un ladro. >>
Lei, con quella smorfietta che Draco adorava, guardò malissimo il suo cappotto.
Esasperato se lo tolse e lo lasciò cadere ai suoi piedi, con un bel tonfo visto che era completamente bagnato.
<< Se vuoi puoi controllare: non troverai niente di niente. >>
Non si fidava.
Gli si avvicinò e, guardinga, prese il cappotto e cominciò ad esaminare tutte le tasche.
Infine tirò fuori il portafogli e ne inarcò un sopracciglio.
<< Soldi babbani? >>
Draco si limitò a scuotere le spalle, senza proferire parola.
Ora che gli era così vicina poteva studiarla, riempiendosi di lei.
Non gli era mai apparsa più piccola e fragile e ciò era dovuto al fatto che lui torreggiasse su di lei e che il suo fisico fosse molto più possente.
Quelle piccole mani che tante volte lo avevano accarezzato, tirarono fuori il documento e gli occhi lo studiarono.
<< A quanto pare sei Samuel Blackwood. >>
Fece, rialzando lo sguardo.
Lui scosse la testa con un sorriso.
<< No, Hermione. Quello è solo il mio nome. >> Inchiodò i suoi occhi in quelli scuri di lei. << Io sono l’uomo che ami. Sono Draco. >>

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Capitolo 20
*** Rivelazioni ***


Buona sera, egregie signore! Sì, lo so che non mi potete sopportare più ma a quanto pare la fatina dell’ispirazione si è posata sulla mia spalla e non vuole andarsene, perciò prendetevela con lei xD
Questo capitolozzo è più corto e, devo dirvelo, ormai siamo quasi alla fine. Se devo essere sincera un po’ mi spiace perché mi sono affezionata a questa storia. Ma comunque…
Leggete e recensite
Baci
Mena

P.S. L’attore si chiama Hayden Christensen



Le sue parole furono seguite da un silenzio tombale.
Hermione, stringendo ancora fra le mani il cappotto e il documento, si limitava a fissarlo: impossibile dire cosa stesse pensando.
I suoi occhi scuri fungevano da sipario per i suoi pensieri e, finchè non avesse voluto rivelarli, nessuno, nemmeno lui, avrebbe potuto capire quali fossero.
Non parlava, non muoveva un solo muscolo.
Era zitta, immobile.
Lo studiava come solo lei era in grado di fare.
Il cuore di Draco, nel frattempo, batteva forte come un tamburo, tanto che temeva sarebbe saltato fuori dal petto.
<< Non mi hai fatta ridere. >>
Gli scagliò contro quelle parole come se fossero pietre, con una voce gelida, incolore.
Come era naturale, non gli credeva.
<< E, se non vuoi che ti uccida subito, ti conviene non pronunziare più quel nome. >>
O per Morgana, come era possibile?
Come aveva fatto quella creatura dolcissima e piena di gioia a tramutarsi in un essere tanto freddo?
Era colpa sua?
Avrebbe meritato ogni castigo Infernale per aver tolto quel guizzo ai suoi occhi!
Si sarebbe inginocchiato ai suoi piedi se non avesse temuto di farla arrabbiare.
<< Hermione, non ti sto prendendo in giro… >>
Se possibile, lei si fece ancora più fredda.
<< Ti consiglio caldamente di sparire immediatamente dalla mia vista, o giuro che non sarò responsabile delle mie azioni. >>
Oh, ma quello era un incubo!
Non aveva nemmeno contemplato l’idea che lei lo scacciasse!
Le si avvicinò, ma Hermione indietreggiò puntandogli di nuovo la bacchetta contro.
<< No, ti prego, lasciami spiegare… >>
<< Stammi lontano. Tu non sei lui. Lui non c’è più. >>
Perché non voleva pronunziare il suo nome?
Perché lo definiva semplicemente “lui”?
<< Hermione, ti prego, ascoltami. >>
<< No, non voglio sentire. >>
Stava indietreggiando sempre più.
Possibile che fosse spaventata?
<< Lascia che ti spieghi: lo so che è strano, lo è anche per me, ma devi credermi. Sono io, Draco! >>
<< Tu non sei Draco! >>
Si fermò, colpita dalle sue stesse parole.
Forse dal fatto che avesse pronunziato quel nome.
Lasciò cadere per terra il cappotto e il documento e indicò la tomba scoperta.
<< Quello è Draco! Lui è lì, in quell’urna! >> Gli occhi si gonfiarono di lacrime. << Io stessa ho messo le sue ceneri là dentro! >>
Oh, quale dolore era stata costretta a sopportare?
Quale terribile sofferenza le aveva causato?
Provò a mettersi nei suoi panni, costretto a vedere colei che amava ridotta in cenere.
Costretto a seppellirla ed andare avanti.
No, era troppo orribile.
Lui non sarebbe riuscito a sopportarlo.
Deglutì con forza e la guardò.
<< Hermione, voglio che tu mi ascolti. >> Cominciò sicuro e tuttavia preoccupato. << Ti proverò che sono davvero io, Draco, farò qualsiasi cosa tu mi chieda per dimostrarlo. >>
<< Tu non sei Draco. >>
Perché continuava ad avere quella voce fredda?
Dio, voleva stringerla, consolarla, rassicurarla!
<< Non nel corpo, ma lo spirito sì! >> Disse. << Come posso...? >> Battè un pugno nel palmo aperto. << Certo, ti dirò cose che solo io posso sapere. >>
Lei abbassò gli occhi, il bel volto trasfigurato da una terribile sofferenza.
<< Perché ti diverti a tormentarmi? Cosa ti ho fatto di male per meritarlo? >>
Meritava di morire fra le peggiori agonie.
Non era capace di sopportare la vista della sua amata sofferente.
Colmò la distanza fra di loro e si inginocchiò di fronte a lei, le mani giunte in preghiera come se fosse la Madonna e lui un terribile peccatore.
Avrebbe voluto sfiorarla ma era davvero terrorizzato.
Non osava nemmeno alzare un dito su di lei.
<< Hermione, ti imploro, smettila. Torturami, schiantami, uccidimi, fa ciò che vuoi, ma ti prego non piangere. >>
Lei sembrò sinceramente sconvolta dalle sue parole.
Puntò su di lui i bellissimi occhi castani e, poi distolse di nuovo lo sguardo.
<< Alzati, per favore. >>
Draco ubbidì senza pensarci due volte e il suo naso sfiorò una ciocca dei suoi capelli.
Niente, niente valeva quanto il poter sentire anche per pochissimi secondi il loro profumo.
Se ne riempì le narici e poi i polmoni: era una linfa vitale che gli scorreva in corpo.
<< Perché dici di essere lui? Cosa vuoi? >>
Non era più fredda, ma carica di sofferenza e dolore.
Era semplicemente terribile.
<< Io non dico di essere lui: io sono Draco. >> Ripetè forse per la millesima volta, ma sempre con lo stesso ardore. << E cosa posso volere se non te? Sono tornato solo per te. >>
Hermione piegò un po’ la testa di lato e lo studiò.
<< Lo sai che non ti credo, vero? >>
Oh, le avrebbe fatto cambiare idea!
Era riuscito a tornare in vita, entrando in un altro corpo, sarebbe riuscito a convincerla della verità!
<< Non fermarti al corpo, Hermione: guarda oltre. >> Disse facendosi più vicino. << Tu mi conosci, lo senti. Non conosci questo corpo, ma sai di conoscere me, non è così? >>
Lei era come abbacinata, con i bellissimi e profondi occhi scuri fissi in quelli chiari di lui.
Il viso era rivolto verso l’alto per guardarlo e il collo era scoperto e teso.
Oh, l’istinto vampiresco di baciare quella carne seducente era troppo forte per poter essere messo a tacere!
Respirò profondamente cercando di calmarsi.
Se si fosse spinto a posare le sue labbra su di lei, o anche solo a sfiorarla, gli sarebbe sfuggita dalle mani e recuperarla sarebbe stato pressocchè impossibile.
<< Io non riesco capire… >>
Bè, era un notevole passo avanti: almeno non gli aveva sputato contro una qualche sentenza.
Se non capiva, forse era disposta ad ascoltarlo.
<< Concedimi di aiutarti, allora. >> Fece, stringendo i pugni per impedire alle mani di fare di testa loro e perdersi fra quei boccoli scuri. << Sai cosa stavo cercando dentro la tomba? >>
Lei scosse la testa, continuando a guardarlo dritto negli occhi.
<< L’anello, Hermione. L’anello forgiato da Lancelot per Isolde. La metà dell’anello di smeraldi che porti al dito. >> Disse. << Lo volevo per poterti trovare. >>
Sapeva che con quelle brevi frasi aveva rivelato molto: le aveva mostrato di sapere di Lancelot e Isolde e, per di più, di conoscere uno dei segreti che la famiglia Malfoy custodiva da mille anni, quello degli anelli. Lei era immobile e sembrava incapace di muoversi o parlare, pertanto Draco decise di continuare su quella linea.
<< L’ho cercato ovunque: nella mia stanza che è stata tua per tutto il tempo che abbiamo trascorso insieme in questo castello; nel salotto dove abbiamo dormito abbracciati davanti al camino quando ti ho salvata dagli avvincini di quel lago; nella cucina dove hai cucinato quelle cose orribili piene zeppe di olio. >> Fece una breve pausa. << Sono sceso anche in Biblioteca, varcando il passaggio segreto nella parete del corridoio, ma non l’ho trovato. Poi ho pensato che forse lo avevi seppellito insieme alle ceneri e lo stavo appunto cercando quando sei arrivata tu e mi hai schiantato. >>
Rimase in silenzio, in attesa che lei dicesse qualcosa, ma sembrava non averne la minima intenzione.
Se il suo piccolo racconto aveva fatto un qualche effetto in lei, non lo diede a vedere.
Continuava a guardarlo con gli occhi fissi.
<< Non mi credi ancora? >>
La sofferenza nella sua voce non era simulata.
Il fatto che lei, la sua Hermione fosse così distante da lui lo faceva stare malissimo.
E che rimanesse in silenzio era ancora peggio.
<< Cos’altro posso dire per convincerti che sono io, Draco? >> Ci pensò un momento, senza smettere di guardarla. << Vuoi che ti dica tutte le parole che ci siamo detti quando ci siamo baciati la prima volta? Vuoi che ti racconti la tua figuraccia da bambina al mare, quando hai perso il costume? >> Fece una brevissima pausa per riprendere fiato. << Oppure vuoi che rievochi quando abbiamo fatto l’amore la prima volta, dopo che mi avevi accusato di non amarti? >>
Le rivolse un dolce sorriso.
<< Mi hai ordinato di non ridere perché temevi di non essere brava. Bè, sappi che sei stata anche troppo brava e che il ricordo di quella notte mi ha ossessionato ogni attimo. >>
La guardò negli occhi, che si stavano spalancando sempre più.
<< Non ti basta? Vuoi che parli ancora? Io ti conosco meglio di chiunque altro, al mondo: adoro la smorfietta che fai quando sei nervosa, il modo in cui ti si colorano le guance quando sei imbarazzata, come ti sposti i capelli dietro l’orecchio… >>
Merlino, sarebbe impazzito!
<< Hermione, io ti amo. Ti amo e ora so che nemmeno la morte può cancellare quello che provo per te. >>
Lei rimase ferma, ancora muta, guardandolo fisso.
Infine i suoi occhi si riempirono di lacrime.
<< Non puoi essere tu…tu sei morto…io ti ho visto morire… >>
Non doveva farsi vincere dall’emozione.
Scosse la testa e la guardò negli occhi, sperando che quelle lacrime scomparissero.
<< Sono tornato, Hermione. Sono entrato in un altro corpo, questo corpo, ed ora sono qui, con te. >>
Stavolta fu lei a scuotere la testa, indietreggiando e riprendendo vita.
<< No, non è possibile…Ci..ci deve essere una spiegazione diversa… >>
<< Perché non vuoi accettarlo? Sono io, Draco! Sono tornato da te! Per te! >>
Lei era terrorizzata.
Sì, era il termine più appropriato.
Aveva una paura sconfinato, sebbene non sarebbe stato in grado di dire di cosa.
<< No, non è vero…non ci credo… >>
No, era lui a non credere alle sue orecchie.
Perché si stava comportando così?
<< Hermione, ti prego, ascoltami. >> Cominciò cercando di non farsi prendere dalla disperazione. << Ho incontrato Isolde e Lancelot, mi hanno raccontato la storia così come è andata veramente e se mi lasci fare, lo dirò anche a te… >>
<< No! Smettila! >> Lo interruppe lei. << Tu non hai visto nessuno! Non so chi o cosa sei, ma non sei il mio Draco! >>
Indietreggiava sempre più velocemente tanto che cadde, ma si rialzò prima che lui potesse aiutarla.
<< Hermione, ascoltami! >>
Troppo tardi.
Lo aveva guardato un’ultima volta e poi era scomparsa, materializzandosi chissà dove.
No, non poteva essere vero.
Perché non aveva voluto ascoltarlo?
Non era da lei!
Lanciò un urlo terribile, che riempì completamente l’aria e si lasciò cadere in ginocchio per terra.
Era fuggita via da lui!
L’aveva persa di nuovo!
Perché, in nome di Dio?
Cominciò a battere i pugni per terra, sfogando così tutta la sua rabbia.
Strappò l’erba, urlò maledicendo chiunque gli passasse per la testa, persino le ceneri che erano custodite dentro quell’urna.
Cosa poteva fare adesso che lei si era rifiutata di credergli?
Era scomparsa!
Dio, era fuggita da lui!
Rimase a pensare lì per ore e ore, finchè giunse il tramonto.
A quel punto si mise in piedi, ormai privo di qualsiasi emozione e raccolse dalla tomba il pezzo di stoffa che aveva visto prima.
Come aveva supposto lì c’era l’anello e la sua bacchetta.
Che cosa avrebbe dovuto farci, adesso?
Lei non voleva essere trovata.
Risistemò il terreno sopra quel mucchio di ceneri vuote e poi rientrò al castello.
Non aveva nessuna intenzione di spostarsi da lì.
Sperava che lei tornasse, che lo ascoltasse.
Ancora non riusciva a capire perché mai fosse scappata così da lui.
Davvero non ci riusciva.
Perché non lo aveva ascoltato?
Accese il fuoco e si sedette davanti al camino, sentendosi più che mai solo.
Dopo averlo guardato per ore, infilò l’anello al dito.
‘Hermione, amore mio, perché non vuoi credermi?’
Sperava che quel messaggio giungesse fino a lei, ma non era certo che lo avrebbe ascoltato o tenuto in qualche modo in considerazione.
Possibile che Lancelot e Isolde si erano sbagliati?
Che il Re avesse sbagliato?
No, era assolutamente impensabile.
Ci doveva essere un modo per riconquistarla.
Dio, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di poterla riavere!
E doveva riaverla.
Lei gli apparteneva.
Era sua, sua e basta.
Non importava in quale corpo fosse perché lei gli apparteneva nell’anima.
L’avrebbe riavuta, e, se non ci fosse riuscito, bè allora sarebbe andato a prendere a schiaffi i suoi santissimi progenitori per avergli causato altra sofferenza inutile.
Il solo pensiero di dover stare senza di lei sarebbe stato sufficiente ad ucciderlo.
La rivide ancora una volta davanti a sé, bellissima anche nel momento del dolore, perfetta in ogni particolare.
Non aveva nemmeno potuto toccarla.
Chissà quando in quei momenti terribili in cui la sua mente ricreò la copia perfetta della sua amata, crollò in un sonno profondo, del quale Hermione fu regina incontrastata.
Quando si svegliò l’indomani era quasi mezzogiorno.
Lei non era venuta.
Si sentì distrutto a quella constatazione.
Non era venuta, non sarebbe tornata da lui.
Si mosse come un automa per tutto il pomeriggio, vagando da una stanza all’altra, come un pazzo, cercando ogni segno di lei, qualunque cosa.
La morte fisica era stata meno dolorosa.
In biblioteca accarezzò tutti i libri che le delicate mani della sua Hermione avevano toccato e, andando nella stanza dei suoi genitori, scoprì un asciugamano che lei aveva lasciato lì per terra.
Era un comportamento maniacale.
Fu così che si fecero le otto di sera e lui era di nuovo nel salotto, seduto sul divano.
Adesso era estremamente simile al Samuel Blackwood che aveva visto.
Adesso capiva cosa lo aveva spinto a tentare l’impiccagione.
Purtroppo, però, era troppo codardo per decidere di morire se non era per salvare la sua Hermione, perciò se ne stava fermo a fissare il fuoco.
Poi però avvertì qualcosa di strano: un soffio di aria fredda accanto a lui, vicino l’orecchio.
<< E’ ad Hogwarts e se non vai da lei non ce la farà. >>
Non era una vera e propria voce, ma aveva parlato e aveva riconosciuto il tono.
Era Isolde.
Quell’aria fresca scomparì con la stessa velocità con cui era apparsa, ma, a quel punto, Draco era già in piedi.
Gli avvertimenti di Isolde non erano da prendersi alla leggera.
Non gli importava che non gli credesse o che non volesse ascoltarlo: doveva limitarsi a lasciarsi proteggere da lui.
Così, senza pensarci due volte, si materializzò ad Hogsmade, non sapendo a cosa stava andando incontro: la battaglia finale.

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Capitolo 21
*** La Battaglia di Hogwarts ***


Buona Pasqua!!! Sono tornata di nuovo con un nuovo capitolo molto molto lungo…E’ stato un po’ difficile scriverlo quindi perdonate gli errori e le imprecisioni di cui è sicuramente disseminato. Mi sembra parecchio inutile commentarlo visto che il titolo è già abbastanza esplicativo, pertanto mi limito ad augurarvi buona lettura e rinnovo ancora una volta l’invito a recensire!!!
Besos
Mena


Quando i suoi piedi toccarono terra un urlo terribile riempì l’aria: non ci mise molto a capire che aveva fatto scattare l’Incanto Gnaulante e che, con tutta probabilità, presto un elevato numero di Mangiamorte si sarebbe riversato nella strada facendolo fuori prima del previsto.
Rimase in attesa, con la bacchetta alla mano, pronto a contrastare chiunque gli si parasse davanti. Stranamente, però, non arrivò nessuno.
Strano, molto molto strano.
<< Ma si può sapere che diavolo vi è preso a tutti, stasera? >>
Draco si girò di scatto, giusto in tempo per vedere un uomo dai lunghi stopposi capelli grigio ferro e la barba. Portava degli occhiali, al di là dei quali vi erano occhi di un azzurro vivido e penetrante, molto diverso dal suo.
Sapeva di averlo già visto, ma dove?
Fece un piccolo sforzo di memoria e poi schioccò le dita.
<< Il barista della Testa di Porco! >>
L’uomo prima lo guardò scioccato e poi applaudì.
<< Bravo. Bravo. Bravo. Sei veramente un giovane acuto e intelligente. >>
Inutile sottolineare che la voce roca era carica di sarcasmo.
Draco non era abituato a sopportare tali insulti, ma, intuendo che quel vecchio scontroso era l’unico in grado di dirgli cosa stesse succedendo lì, evitò di offenderlo di rimando.
Fece un respiro profondo e gli andò più vicino.
<< Fermo là giovanotto. >> Gli ordinò puntandogli la bacchetta contro. << Nome, prego. Non ti ho mai visto prima qui. >>
Ok, quella era la presentazione da fare ad un membro del mondo magico: doveva decidere in fretta il suo nome.
<< Draco de Point du Roi. >>
Sì, gli piaceva e non era così lontano dalla realtà.
Temeva che non avrebbe più potuto portare il suo cognome, e comunque non era una cosa di cui preoccuparsi in un momento come quello.
Il barista lo guardò di sottecchi.
<< Sei francese? >>
<< Sì. >>
Quello fece una smorfia disgustata.
Per Morgana, che aveva contro i francesi?
<< Hai frequentato quella scuola per femminucce? >>
Ok, quell’uomo era completamente matto.
<< Sì, ho frequentato Beauxbatons. E’ un problema? >>
Il barista continuò a mostrare quell’espressione schifata.
<< Sì vede che sei stato lì. Hai l’aria…francese. >>
Oh, per l’amor di Dio!
Non aveva tempo da perdere in quelle sciocchezze.
<< Ok, ho l’aria francese. Adesso per favore, ascoltami: hai visto passare una ragazza? >>
Quello si inalberò di nuovo.
<< Una? Solo una? Ti assicuro che se ne fosse passata solo una sarei il mago più felice del mondo! >>
Che voleva dire adesso?
<< Che intendi dire? >>
Il mago sbuffò di nuovo.
<< Intendo dire, monsieur, che il mio pub ha avuto più clienti stanotte che in tutta l’arco della sua esistenza! >>
Draco cominciava ad avere un fortissimo mal di testa: quell’uomo sembrava non avere altra occupazione che martellarlo con un tono di voce decisamente più alto del normale.
<< E perché mai, monsieur? >>
Inutile, era più forte di lui: lo aveva sopportato anche troppo per i suoi standard.
<< Perché a quanto pare oggi Potter e compagnia hanno deciso di pareggiare i conti con il Santissimo Signore Oscuro e hanno dato appuntamento nel mio locale! >>
Ok, piano.
Aveva detto Potter e compagnia?
Decise di tralasciare la seconda parte della frase per evitare di farmi venire un terribile esaurimento nervoso, ma la prima gli interessava parecchio.
<< Potter è stato qui? Con lui c’era anche una ragazza? Magra, non troppo alta, con capelli ricci scuri e occhi castani? >>
Il barista alzò esasperato gli occhi al cielo.
<< Perché hai deciso di punirmi? Che ho fatto di male? >> Poi tornò a guardare Draco che a questo punto stava decidendo se schiantarlo o ucciderlo direttamente. << Certo che era con lui. Hermione. Come fai a conoscerla? >>
Non c’era tempo.
Il cuore gli martellava nel petto come un tamburo.
Hermione era lì e, se quanto il vecchio pazzo aveva detto a proposito delle loro intenzioni era vero, allora era in grave pericolo.
<< Dov’è adesso? >>
Evidentemente la sua espressione era abbastanza dura da impedirgli di fare ulteriori battute.
Gli fece cenno di seguirlo dentro il pub, ma prima che potessero varcare la soglia d’ingresso una voce li inchiodò.
<< So che vi state preparando a combattere. I vostri sforzi sono futili. Non potete fermarmi. Io non voglio uccidervi. Nutro un enorme rispetto per gli insegnanti di Hogwarts. Non voglio versare sangue di mago. Consegnatemi Harry Potter e a nessuno verrà fatto del male. Consegnatemi Harry Potter e lascerò la scuola intatta. Consegnatemi Harry Potter e verrete ricompensati. Avete tempo fino a mezzanotte. >>
Né lui né il barista osarono muoversi o respirare.
La voce di Voldemort li aveva immobilizzati e pietrificati.
Fu Draco a scuotersi per primo.
<< Sbrigati. Non possiamo permetterci di perdere tempo. >>
Il barista sembrò risvegliarsi da un sonno profondo e, dopo averlo guardato per qualche istante, lo fece entrare nel pub.
Ciò che colpì subito Draco fu la vista di un tunnel in un quadro sopra la mensola.
<< Dove conduce? >>
<< Ad Hogwarts, nella Stanza delle Necessità. >>
Perché non ne aveva mai sentito parlare prima?
<< Ci vediamo, amico. >>
Draco salì sulla mensola e varcò l’apertura del quadro, trovandosi a camminare in un passaggio illuminato da lampade d’ottone.
Chissà da quanto tempo era lì…
Lo attraversò velocemente e giunse in una rampa di scalini.
Li salì e si rese conto di essere ad Hogwarts, nella Stanza delle Necessità.
Da fuori proveniva ogni genere di rumore.
Si guardò intorno e vide messa davanti la porta una ragazza dai lunghi capelli rossi.
<< Weasley… >>
Lei si girò e Draco fu terribilmente sollevato nel vedere che era davvero lei.
Lei doveva pur sapere dove si trovava Hermione!
<< Chi sei? Ci conosciamo? >>
Le si avvicinò di corsa.
<< Sì, ma non mi crederesti, quindi ti basti sapere che mi chiamo Draco. >>
Lei inarcò un sopracciglio, ma non fece domande, attendendo che fosse lui a parlare.
Era decisamente più simpatica del fratello.
<< Dov’è Hermione? >>
La Weasley si limitò a scuotere la testa ed alzare le spalle.
<< Giuro, non ne ho idea. Lei e mio fratello parlavano di un bagno, ma davvero non so che volessero dire. >>
Un bagno?
O per Merlino, era completamente impazzita?
<< Ottimo. >> Commentò sarcastico. << E tu perché sei qui? >>
A quel punto lei fece una smorfia.
<< Me lo sono chiesta anch’io e, non avendo trovato nessuna ragione sufficientemente valida per rimanere, stavo proprio per uscire. >>
Draco non potè fare a meno di ridacchiare.
Perché aveva sempre insultato quella ragazza?
Non era stupida, per niente.
Adesso capiva perché la sua Hermione l’aveva eletta propria migliore amica.
<< Andiamo, allora. >>
Si portò avanti a lei e aveva appena spinto la porta quando dal tunnel comparve una donna dai capelli di un rosso talmente vivo da sembrare finto.
La conosceva: era sua cugina, Ninfadora Tonks.
Il suo volto era una maschera di preoccupazione.
<< Avete visto Remus? >>
Ginny- era stranissimo pensare a lei con il suo nome e non con qualche appellativo poco carino- scosse la testa.
<< No, Tonks: io sono rimasta qui tutto il tempo e Draco è appena arrivato. >>
La donna inarcò un sopracciglio nella sua direzione, squadrandolo dalla testa ai piedi.
<< Draco? >>
Lui annuì.
<< Sì, Draco de Point du Roi. >>
Fortunatamente lei era troppo in ansia per la sorte del marito perché non gli fece altre domande.
Pochi secondi dopo sbucò fuori dal tunnel il barista che li sorpassò senza degnarli di uno sguardo ed uscì di corsa dalla Stanza.
<< L’uomo più simpatico che abbia mai conosciuto. >>
Commentò Draco asciutto, facendo sorridere Ginny.
<< Sì, in effetti è un tantino scorbutico, ma in fondo ha un cuore d’oro. >>
Non aveva nemmeno terminato la frase che un’altra persona sbucò fuori dal tunnel.
Si trattava di una signora anziana, che Draco riconobbe come la nonna di Neville Paciock e che portava un curioso cappello mangiucchiato dalle tarme.
L’arzilla vecchietta camminò sicura verso di loro.
<< Salve, Ginny. Tonks. Salve anche a te, giovanotto. Che cosa sta succedendo? >>
Ancora una volta fu Ginny a rispondere.
<< Ne sappiamo, quanto lei, signora. Non siamo ancora usciti di qui. >>
La signora sbuffò e fece una smorfia.
<< Che sofferenza… >>
Draco sapeva che non si riferiva ad un qualche malore ma all’essere completamente all’oscuro della situazione.
Bè, era una sofferenza che condivideva alla perfezione.
<< Io esco. >>
Annunziò infine sicuro.
Ginny lo guardò e annuì: sarebbe stata la sua alleata e la cosa non gli dispiaceva.
In fondo, anche lei era lontana da colui che amava.
Gli avrebbe fatto forza.
La afferrò per un polso e insieme uscirono dalla Stanza delle Necessità.
Come aveva immaginato, lì fuori regnava il caos supremo.
Vi era polvere ovunque e il castello era scosso da violenti tremori.
<< Spostiamoci verso le scale! >>
Urlò Ginny dietro di lui e Draco, seguendo il suo consiglio, cominciò a camminare.
<< O per Morgana! >>
Non aveva mai immaginato di poter assistere ad un caos simile ad Hogwarts: il castello era un covo di urla e fragori.
La sua compagna si staccò da lui, avvicinandosi ad una finestra e, dopo averla rotta, cominciò a scagliare fatture contro una folla di combattenti di sotto.
<< Aiutami! >>
Draco non se lo fece ripetere due volte.
Tutti i Mangiamorte avevano il cappuccio alzato, pertanto non poteva scorgerne i volti e, in ogni caso, era troppo in alto per riuscirvi.
Sperò solo che i suoi genitori non fossero fra quelli.
Dio, se solo un anno prima gli avessero detto che sarebbe stato accanto a Ginny Weasley a scagliare fatture sui Mangiamorte lo avrebbe preso come un insulto.
E invece, adesso, ne era orgoglioso.
Stare dalla parte di Ginny, voleva dire stare dalla parte di Hermione e quando l’avrebbe trovata- perché era certo che ciò sarebbe avvenuto- avrebbe potuto usare anche quello come punto a proprio favore per riconquistarla.
Scagliò con notevole precisione un’altra fattura, guadagnandosi una pacca sulla spalla da parte della sua alleata.
<< Bravissimo, Draco: facciamoli tremare, quei bastardi incappucciati. >>
Sembravano due pazzi: ridevano e urlavano ogni volta che le fatture andavano a segno e si congratulavano fra loro.
Draco arrivò a dirle addirittura, << Vai così, Ginny! Sei grande! >>
Poi, voltandosi per mezzo secondo di lato, vide qualcosa di strano: davanti l’ingresso della Stanza delle Necessità c’erano Tiger e Goyle, intenti a confabulare fra loro.
Richiamò l’attenzione di Ginny su di loro e, dopo pochi secondi, i due scomparvero dentro.
<< Che ci fanno qui? >>
Draco la guardò inarcando un sopracciglio.
<< Che intendi dire? >>
<< Tutti i Serpeverde sono andati via, insieme agli studenti che non volevano combattere. >> Gli spiegò. << Non capisco perché loro sono rimasti. >>
Se le cose stavano così come aveva detto lei era molto più che sospetto.
Conosceva quei due da sette anni e dubitava che sarebbero passati molto facilmente dalla parte dei buoni. Anzi, si sarebbe preoccupato se una cosa del genere fosse successa.
<< Ginny, è troppo sospetto. >>
La rossa lo guardò per un attimo negli occhi e, dopo aver lanciato un’ultima potente fattura di sotto, lo afferrò per un polso e lo trascinò davanti la Stanza delle Necessità.
Fu Draco, però, ad aprirla e, quando lo fece si ritrovò in quella caotica stanza dove aveva trascorso la maggior parte dell’anno prima: la Stanza delle cose Nascoste.
<< Che cos’è? >>
Non ebbe la possibilità di risponderle perché là dentro qualcuno stava combattendo.
Si mosse furtivo, seguito da Ginny, mentre tentava di capire da dove provenissero quelle voci.
Infine li trovarono: Tiger e Goyle avevano le bacchette puntate contro Potter.
Temendo che facesse qualche azione avventata, Draco trattenne Ginny per un polso, ma poi le cose cambiarono.
Dietro le spalle di Potter era comparsa la figura di una ragazza con la canottiera bianca sporca di fuliggine, i jeans strappati in varie parti e un paio di stivali consumati.
I boccoli scuri erano ingarbugliati, il viso sporco e con qualche taglietto e gli occhi furiosi.
Era lei.
Hermione.
Il sollievo di vederla viva e vegeta non durò che pochi secondi.
Aveva scagliato uno Schiantesimo contro Tiger, mancandolo solo perché Goyle lo strattonò via.
<< E’ la sporca Mezzosangue! Avada Kedavra! >>
Hermione si spostò di lato, evitando il lampo di luce verde.
Un’incontrollabile rabbia si impadronì di Draco: Tiger aveva tentato di uccidere Hermione, la sua Hermione.
<< Stupeficium! >>
Urlò puntandogli contro la bacchetta e poi spostandola su Goyle.
<< Ginny! >>
Potter si era risvegliato e adesso fissava terrorizzato la rossa, la quale disarmò prontamente Goyle e poi raggiunse il suo ragazzo.
Purtroppo per Draco le cose non andavano bene: la sua Hermione sembrava decisa a farsi ammazzare, cercando di Schiantare Goyle e Tiger.
A darle man forte arrivò anche Weasley che scagliò un Incantesimo Petrificus contro Tiger, mancandolo però di un soffio.
Per tutta risposta Tiger tentò di ucciderlo.
<< Ginny, esci immediatamente di qui! >> Urlò Potter alla sua ragazza e poi si volse verso Hermione. << E’ qui da qualche parte! Cercala, io vado ad aiutare R… >>
<< HARRY! >>
Qualcosa esplose alle spalle del ragazzo e Draco vide Weasley e Tiger correre velocemente nello stretto corridoio.
<< Ti piace caldo, feccia? >>
C’era però qualcosa che non andava.
Tiger aveva scatenato un fuoco di proporzioni smisurate e le fiamme altissime li inseguivano incenerendo tutto ciò che trovavano sulla loro strada.
<< Aguamenti! >>
L’incantesimo di Potter si rivelò completamente inutile e in Draco si fece largo il terrore di morire avvolti dalle fiamme.
Agendo di istinto si portò avanti e afferrò la mano di Hermione, la quale non si ritrasse ma lo strinse forte e cominciò a correre senza lasciarlo.
Ginny era vicina ad Harry, mentre Weasley chiudeva la fila e Tiger la apriva.
Dov’era Goyle?
Si fermò di botto e lo vide un pò più indietro, svenuto.
Guardò Hermione dritta negli occhi, lasciandole la mano.
<< Và avanti! Devo salvare Goyle! >>
Non le diede nemmeno il tempo di rispondere: si catapultò indietro, voltandosi appena in tempo per vedere la sua ragazza urlante sulla spalla di Weasley.
Gli dava pugni sulla schiena e gridava in direzione del biondo.
Sarebbe tornato da lei, ma non poteva lasciare morire Goyle.
Se lo caricò sulle spalle, rendendosi conto con piacere che era abbastanza forte da sorreggerlo, e cominciò a correre.
Il fuoco, nel frattempo, si era trasformato in un branco di bestie feroci: serpenti fiammeggianti, Chimere, draghi sorsero e ricaddero e risorsero, fagocitando tutto ciò che vi era nella stanza.
Draco spronò al massimo le proprie gambe, allontanandosi il più velocemente possibile dalle fiamme. Era l’Inferno e non riusciva a vedere niente.
<< DRACO! DRACO, DOVE SEI? >>
Quella voce era talmente forte da riuscire a sovrastare il terribile rombo del fuoco.
Tentò di capire da dove provenisse ma non ci riusciva.
<< HERMIONE! >>
Dio, non voleva morire di nuovo!
E non di nuovo bruciato!
No, era troppo orribile.
Fu allora che la vide: era su una scopa, dietro Weasley e gli occhi erano gonfi di lacrime e rossissimi.
Quando lo individuò lanciò un urlo terribile e costrinse Weasley a abbassarsi e, quando fu abbastanza vicino, tese la mano a Draco.
<< SALI! >>
Oh, ma Goyle era troppo pesante!
<< DALLO A ME! >>
Erano comparsi anche Potter e Ginny la quale si chinò e si fece passare Goyle, riprendendo subito quota insieme al fidanzato.
<< DRACO, TI PREGO! >>
Hermione sembrava sul punto di una crisi isterica e si sporgeva verso di lui tanto che temeva sarebbe caduta.
Il ragazzo afferrò la sua mano e, facendo leva, riuscì ad issarsi sulla scopa dietro di lei.
Weasley si alzò subito e, sfuggendo ai mostri di fuoco, volò fuori dalla Stanza delle Necessità con tanta forza che andarono a sbattere e caddero pesantemente per terra.
Draco sputacchiò ma si riprese subito e si voltò verso Hermione, messa a carponi a poca distanza da lui. La raggiunse in fretta e le si inginocchiò accanto, facendola mettere seduta e scostandole i capelli bruciacchiati dal volto sporco.
Respirava affannosamente e si vedeva che era terrorizzata.
<< E’ tutto ok. Ce l’abbiamo fatta. >>
Lei sembrò rendersi conto solo allora di chi aveva accanto.
Girò lentamente il viso verso di lui e lo guardò, gli occhi scuri rossi per le fiamme e per le lacrime che aveva versato.
<< Mi dispiace. >> Mormorò. << Non dovevo scappare, ma avevo paura. >>
<< Paura di cosa? >>
<< Che fosse solo una mia follia e che non appena ti avessi creduto saresti scomparso e io sarei stata di nuovo sola. >>
Draco la strinse a sé con tutte le sue forze e la baciò sulla fronte.
<< Non sarai mai più sola. Mai. >>
Stava per dire qualcosa ma l’arrivo tormentato di Potter, Ginny e Goyle la distrasse.
Draco si mosse verso Goyle, ancora privo di sensi, mentre Hermione, Potter e Weasley cominciarono a confabulare qualcosa a proposito di una specie di coroncina che si distrusse fra le mani del ragazzo.
<< Per Morgana, Goyle! Svegliati! >>
Ginny gli fu accanto e cominciò a darsi da fare per svegliare il ragazzo, ma era inutile.
Ad un tratto il corridoio fu riempito da urla e grida e dal fragore di un duello.
I Mangiamorte erano entrati ad Hogwarts.
Draco riconobbe due fratelli di Ginny, uno dei gemelli e quello che lavorava al ministero che stavano combattendo contro due uomini incappucciati.
<< Ginny, nasconditi lì con Goyle. >>
Le sussurrò Draco e lei, stranamente, ubbidì e trascinò il corpo inerte del ragazzo dietro ad una colonna. Draco corse al fianco di Hermione per aiutare lei e i suoi amici.
Il fratello più grande dei Weasley era riuscito a disarmare uno dei due Mangiamorte, il Ministro.
<< Ah, Ministro. Le ho detto che do le dimissioni? >>
<< Hai davvero fatto una battuta, Perce… >>, fece il gemello, << l’ultima volta che ti avevo sentito fare era… >>
Fu a quel punto che qualcosa esplose.
Draco riuscì miracolosamente ad afferrare Hermione prima di volare lontano e la strinse, proteggendola col proprio corpo.
Le urla riecheggiavano ovunque e, quando finalmente riuscì a risollevare la testa, si rese conto che il fianco del castello era esploso.
Riuscì a rimettersi faticosamente in piedi e, dopo aver aiutato Hermione a fare altrettanto, avanzò con lei barcollando.
<< No…no…no! No! Fred! No! >>
Il fratello più grande, Percy, scuoteva il gemello e Weasley era inginocchiato accanto a loro.
Gli occhi di Fred li fissavano vuoti, senza vederli.
Dovette sorreggere Hermione, che aveva cominciato a piangere copiosamente, seppellendo il viso nel petto di Draco.
Poi lei si staccò e si inginocchiò accanto a Fred.
Fu a quel punto che Draco ricordò un particolare: Ginny e Goyle.
<< Hermione, sto tornando. >>
Le sussurrò stringendola per un attimo per le spalle.
Non era sola e, sebbene sarebbe voluto rimanere lì con lei, non poteva lasciare Ginny e Goyle soli.
Li raggiunse a fatica e trovò la ragazza piena zeppa di cenere, che cercava disperatamente di risvegliare Goyle.
<< Draco, non vuole svegliarsi! Che è successo? >>
Oh, perché doveva essere lui a darle una notizia tanto orribile?
Si chinò accanto a lei e cominciò a prendere a schiaffi Goyle, ma Ginny lo costrinse a guardarla negli occhi.
<< Che è successo? >>
Ripetè con un tono che non ammetteva repliche.
Era forte.
Ce l’avrebbe fatta.
<< Si tratta di tuo fratello…Fred… >>
I suoi occhi si allargarono e Draco capì che aveva capito.
Poi ci fu un altro boato: Draco si buttò su Ginny per proteggerla e ci furono una serie di esplosioni, che gli fecero sentire l’aria premere sulla schiena.
Quando finirono Draco si mise in piedi e, con sommo orrore si rese conto che Hermione e gli altri non erano più lì.
Nel frattempo Goyle si era svegliato e Ginny, in lacrime, lo stava aiutando a mettersi in piedi.
<< Dobbiamo andare via da qui. >>
Fece e, prima che uno dei due potesse avere qualcosa da ridire, si catapultò fuori da quel corridoio, trascinandosi dietro i due.
Ormai il caos regnava sovrano nel castello e Draco si stava facendo in quattro nel tentativo di proteggere sé stesso, Goyle ancora disarmato e Ginny, incapace di bloccare le lacrime.
Draco si fermò, in mezzo a quella confusione assurda e la strinse per le spalle, guardandola negli occhi.
<< Ginny, ci uccideranno se non mi aiuti. Solo non ce la posso fare. Piangeremo assieme, quando questo sarà finito. >>
Lei lo fissò per qualche istante, poi, con un gesto secco, si asciugò le ultime lacrime e sollevò la bacchetta cominciando a mandare fatture in ogni direzione.
Goyle stava fra loro, terrorizzato all’idea di non potersi difendere da solo.
<< Avete combattuto valorosamente. Lord Voldemort sa apprezzare il coraggio. >>
La voce di Voldemort riempiva di nuovo tutte le mura del castello, inducendo ad un silenzio irreale.
<< Ma avete subito pesanti perdite. Se continuerete a resistermi, morirete tutti, uno per uno. Io non desidero che ciò accada. Ogni goccia di sangue magico versata è una perdita e uno spreco. Lord Voldemort è misericordioso. Ordino alle mie forze di ritirarsi, immediatamente. Avete un’ora. Disponete dei vostri morti con dignità. Curate i vostri feriti. >>
Goyle tremava come una foglia e i denti gli battevano talmente forte che il rumore era insopportabile.
<< Ora, Harry Potter, mi rivolgo direttamente a te. Tu hai consentito che i tuoi amici morissero piuttosto che affrontarmi di persona. Io ti aspetterò nella Foresta Proibita. Se entro un’ora non ti sarai consegnato a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi prenderò parte io stesso, Harry Potter, e ti troverò e punirò fino all’ultimo uomo, donna o bambino che abbia cercato di nasconderti a me. Un’ora. >>
La voce si spense e fu sostituita dal suono di tante persone che si smaterializzavano: i Mangiamorte avevano ubbidito.
<< Dove andiamo? >>
Chiese rivolto a Ginny, ma non ci fu bisogno di alcuna risposta.
I rimasti si stavano muovendo come un fiume verso la Sala Grande e Draco, Goyle e Ginny si unirono a loro. Mai in vita sua Draco aveva pensato di poter assistere ad un tale orrore.
I tavoli della Sala Grande erano scomparsi e la stanza era gremita di gente. I sopravvissuti si abbracciavano e piangevano. Alcuni erano davanti la porta, scrutando nella speranza di vedere chi avevano perso di vista. Quasi subito arrivò Madama Chips con un gruppo di volontari e cominciò a darsi un gran da fare per curare i feriti, fra i quali vi era Fiorenzo.
Draco e Goyle aiutarono a sistemare i morti al centro della Sala, mentre Ginny stava come un’ombra dietro di loro.
Poi però, Draco la sentì lanciare un urlo terribile e fiondarsi su un gruppetto di persone dai capelli rossi appena entrati.
Il Signor Weasley, teneva fra le braccia il corpo di Fred, mentre la moglie, accanto a lui, piangeva e invocava il nome del figlio a gran voce.
Goyle, estraneo a quel dolore, si andò a sedere appoggiato al muro, ma non Draco.
Si unì a quella famiglia che aveva tanto odiato prima e si rese conto dell’orrore.
Aveva conosciuto quel ragazzo: era stato vivace, allegro, lo aveva preso in giro parecchie volte.
Non poteva credere che fosse morto.
La Signora Weasley si era buttata sul peto del figlio, il marito le accarezzava i capelli con il volto inondato di lacrime, mentre l’altro gemello era inginocchiato accanto alla testa del fratello defunto.
Gli altri fratelli, eccetto Ron, erano lì e c’era anche la moglie del maggiore.
Draco passò un braccio intorno alle spalle sottili di Ginny e pianse con lei.
Ma il dolore non era ancora finito: arrivarono i corpi di Remus e Tonks, sua cugina.
Un bambino era rimasto orfano.
Pianse per tutte quelle anime coraggiose alle quali non era stata data una seconda possibilità, come era stata data a lui.
Pianse perché avrebbe dovuto chiedere scusa a ciascuno di loro per come si era sempre comportato.
E, poi, arrivò lei.
La vide correre nella Sala Grande e buttarsi fra le braccia dell’amica, che si staccò da lui per stringere Hermione a sé.
Potter e Weasley…no…Harry e Ron erano proprio dietro di lei e presto si unirono al dolore dei Weasley. Draco rimase in attesa e, quando Hermione si staccò da Ginny, la prese fra le sue braccia.
La tenne stretta a sé, accarezzandole i capelli bruciacchiati e sentendo la pressione del suo corpo minuto premuto contro quello vigoroso di lui.
E si aggrappò alla sua presenza evitando di naufragare in quel mare di dolore nel quale era stato catapultato con la Battaglia di Hogwarts.

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Capitolo 22
*** La fine dei giochi ***


Salve! Non so come accoglierete questa notizia: è il penultimo capitolo, domani posterò l’epilogo. Rimando ogni mio commento all’ultimo fatidico post e vi lascio leggere in pace.
Baci
Mena



Dopo parecchi minuti trascinò Hermione fuori dalla sala Grande e cominciò ad esaminare i vari tagli che aveva sulle braccia e le bruciature.
<< Non è niente, Draco. >> Gli diceva lei per rassicurarlo. << Sto bene. >>
Ma lui continuava imperterrito a studiare ogni centimetro della pelle nuda, accarezzando le miriadi di lividi e tagli che ne avevano offuscato la purezza.
Lei lo lasciò fare per un po’, Draco sentiva i suoi occhi addosso.
La cosa gli piaceva anche più del dovuto.
Infine sentì la mano sinistra di lei accarezzargli i capelli e costringerlo a sollevare il viso.
Si ritrovò a fissare quegli enormi occhi scuri, che brillavano anche in quel volto sporco di fuliggine.
Hermione lo accarezzò, passò le dita sulle palpebre, sulle labbra, sul naso e poi si limitò a fissarlo.
<< Sei proprio tu. >>
Eccola: la luce brillare nell’oscurità più profonda, nelle tenebre peggiori.
Le sorrise dolcemente, beandosi del tocco delicato delle sue mani sul suo volto.
<< Sì, sono io. E, quando tutto questo finirà avrò tante, tante cose da raccontarti… >>
Il volto di Hermione si distese in un sorriso che illuminò Draco come nient’altro avrebbe potuto fare.
Oh, quanto gli era mancata!
<< Sì, ci credo, ma cosa ti fa pensare che tutto questo finirà? >>
Draco la guardò negli occhi, serio.
<< Hermione, sono morto e sono ritornato e non voglio credere che l’ho fatto solo per un giorno. >>
Lei fece un sorriso dolce e gli passò di nuovo la mano fra i capelli.
<< Stavolta sarà diverso: se dovrà finire, finirà per entrambi. >>
Dio, non voleva sentirle fare quei discorsi!
No, non poteva assolutamente sopportarlo.
<< Hermione, non finirà. Non moriremo, lo so. Ne sono sicuro. >>
Hermione gli sorrise di nuovo e poi gli strinse la mano.
<< Sai, cosa? Anche se dovesse finire adesso, sarei felice… >>
<< Hermione… >>
<< No, lasciami finire. >> Lo zittì lei imperiosa. << Sarei felice perché ti ho rivisto ancora una volta. >> Fece un mezzo sorriso. << Anche se sarebbe più opportuno dire che ti ho visto: hai scelto un bellissimo corpo, Draco. >>
Draco abbassò gli occhi sulla sua maglietta ormai strappata in vari punti e le sorrise.
<< Veramente lo ha scelto Lancelot. Io l’ho soltanto preso. >>
Hermione spalancò gli occhi, animandosi come non succedeva da tantissimo tempo.
<< Lancelot? Hai visto Lancelot? >>
Draco annuì, sorridendo.
<< Sì, ma te lo racconterò dopo, con calma, quando saremo seduti al tavolo di un ristorante e staremo festeggiando. >>
Hermione sospirò e poggiò la testa sul suo petto, lasciando che lui la cingesse per la vita.
<< Voglio che tu lo sappia, Draco. Ti sei sempre preoccupato di lasciarmi sola ed è solo per questo che ho pregato che rimanessero, ma il tuo ricordo mi ossessionava. >> Prese una sua mano e se la portò alle labbra, sfiorandola appena. << Non riuscivo a fare altro che pensare a te, a quello che avevo avuto e che avrei potuto avere e che invece era andato perduto. E sei stato crudele con me: sono morta con te quando i tuoi occhi sono diventati vitrei. >>
La strinse ancora più forte a sé, baciandole i capelli.
<< Perdonami, amore. Non ti lascerò mai più. Mai più. >>
Hermione si voltò rimanendo comunque avvinghiata a lui e alzò i begli occhi scuri sul suo viso.
<< Bene, perché se lo farai ti verrò a cercare ovunque tu sia e te la farò pagare carissima. >>
Sebbene la situazione non fosse delle più felici, Draco sorrise e le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
<< Cosa ci facevi al castello quando ci siamo visti? >>
Sotto la polvere che le ricopriva il volto, arrossì e abbassò le lunghe ciglia scure.
<< Mi serviva un capello…di tua madre. >>
Ok…cosa?
Draco inarcò un sopracciglio, stranito.
<< Un capello di mia madre? >>
Hermione annuì sempre più rossa.
<< Sì…ecco…vedi…dovevamo entrare nella…nella vostra camera…nella camera blindata alla Gringott… >>
Draco era scioccato.
<< Perché? >>
Fece un respiro profondo e lo guardò negli occhi.
<< Te lo dirò quando tutto questo sarà finito. Te lo prometto. >>
Bè, non poteva insistere.
E non gli importava poi tanto.
In fondo, tecnicamente, quella camera blindata, quella dei Malfoy, non gli apparteneva più.
Si scoprì a pensare che il fatto di essere completamente al verde e solo al mondo non gli causava troppa sofferenza.
Ma lei?
Come poteva stare con uno che, sempre in teoria, nemmeno esisteva in quel mondo?
<< Hermione, devo dirti un paio di cose… >>
Lei lo guardò, in attesa.
Morgana come era bella!
Aveva dimenticato quanto fosse appagante stringerla fra le braccia, perdersi nei suoi occhi e nella fitta trama della sua pelle.
<< Dimmi Draco. >>
E le labbra…
Così morbide, appena dischiuse per parlare…
Prima di poter capire cosa stava facendo, posò un dito su quei petali di rosa delicatissima e li accarezzò.
Lei non solo lo lasciò fare, ma anzi soffiò su quel dito scaldando con il proprio respiro.
Dio, quanto la amava!
Quanto adorava il suo essere così irrimediabilmente calda e sensuale, così vitale anche quando erano circondati dalla morte e dalla sofferenza.
<< Dio…sei bellissima… >>
Lei sorrise, in quel modo dolcissimo che solo lei conosceva.
<< Lo dici solo per adularmi: so di essere orribile. >> Protestò. << Sono tutta sporca e piena di graffi… >>
Draco non riusciva a staccare il dito da quelle labbra morbidissime.
<< Credimi, amore: saresti stupenda anche piena di fango o vestita di stracci. >>
Oh, per amor di Dio!
Perché era così bella?
Se lo chiedeva sempre e, adesso, poteva finalmente darsi una risposta: era la sola discendente ad avere in sé la magia della figlia del Re.
In sé recava la stessa bellezza di Isolde, ma, come aveva già notato, lei era molto più bella.
Draco le sorrise e avvicinò il suo volto a quello di lei.
Hermione, però, si allontanò un po’ e Draco se ne sentì un po’ ferito, ma non disse nulla. Sollevò invece una mano e le accarezzò delicatamente il volto.
<< Scusami. Non avrei dovuto farlo. >>
Hermione scosse vigorosamente la testa.
<< No, non c’entri. E’ colpa mia…è solo che…non riesco ancora ad accettare che ci sei tu e non un estraneo. >>
Bè, era perfettamente comprensibile.
Quel corpo le era completamente sconosciuto.
Draco le sorrise comprensivo.
<< Lo capisco, amore. Non preoccuparti, non abbiamo nessuna fretta. >>
Hermione abbassò di nuovo gli occhi, imbarazzata, le mani però erano poggiate al petto di Draco.
<< Sono una stupida. >>
Draco scosse la testa e si chinò un po’ per poterla guardare negli occhi.
<< Non sei stupida, amore mio. E’ normale. >>
Fu lei stavolta ad alzare lo sguardo e portare una mano sulle labbra di lui, studiandole e accarezzandole.
<< Draco…Draco… >> Fece un respiro profondo e la mano tremò sopra le labbra di Draco. << Draco, non posso perderti! Non voglio che tutto finisca! >>
Draco la strinse con più forza ma sempre con delicatezza.
<< Non finirà, amore. Non finirà mai. >>
Hermione si lasciò stringere e poggiò la testa sul suo petto.
Draco sentiva le sue dita sottili sopra la maglietta sudicia e distrutta.
<< Draco… >>
<< Dimmi, tesoro. >>
<< Draco, non è giusto. >>
<< Cosa, amore? >>
Hermione alzò lo sguardo su di lui. << Non è giusto che mi sento così felice quando ovunque c’è morte e dolore. >>
Draco depositò un casto bacio sulla sua fronte e la strinse a sé.
Fece per dire qualcosa ma comparve Ginny sulla soglia.
Li guardò, imbarazzata, ma Hermione si staccò presto da Draco e la raggiunse abbracciandola.
<< Avete visto Harry? >>
Hermione scosse la testa e le accarezzò i capelli rossi bruciacchiati.
<< Scusami per non esserti stata vicina, Ginny. >>
La rossa guardò spostò gli occhi su Draco e poi li ricondusse sull’amica.
<< Non devi sprecare questi attimi preziosi con me. Se sapessi dov’è Harry starei con lui. >>
Hermione la abbracciò di nuovo e si lasciò vincere dalle lacrime.
Fu Ginny, stavolta, ad accarezzarle i capelli per consolarla.
<< Hermione, amica mia, non piangere. >>
Ma la sua Hermione continuava ad essere scossa dai singhiozzi, le fragili spalle si alzavano e si abbassavano ritmicamente.
Ben presto anche Ginny si unì a lei e Draco, incapace di stare lì a guardare, le abbracciò entrambe, sperando che le sue braccia vigorose potessero confortarle dal dolore sordo che stavano provando i loro piccoli e delicati cuori.
Vide anche Ron venire fuori dalla Sala Grande e anche lui si unì a quell’abbraccio, baciando i capelli della sorella e di Hermione.
Aveva smesso di piangere e solo allora Draco si rese conto che dietro quegli occhi che tanto spesso aveva considerato vacui, c’era un animo coraggioso, capace di sacrificarsi per coloro che amava.
Se fossero rimasti vivi, gli avrebbe chiesto scusa per gli anni di vergognose e infamanti offese.
Poi però il castello tremò e le mura vibrarono.
<< Harry Potter è morto. E’ stato ucciso. Stava fuggendo, per mettersi in salvo mentre voi davate la vostra vita per lui. Vi portiamo il suo corpo a dimostrazione che il vostro eroe è caduto. Abbiamo vinto la battaglia. Avete perso metà dei vostri combattenti. I miei Mangiamorte vi superano in numero e il Ragazzo Che E’ Sopravvissuto è morto. La guerra deve finire. Chiunque continui a resistere, uomo, donna o bambino, verrà ucciso insieme a tutti i membri della sua famiglia. Uscite dal castello, ora, inginocchiatevi davanti a me e verrete risparmiati. I vostri genitori e i vostri figli, i vostri fratelli e sorelle vivranno saranno perdonati, e vi unirete a me nel nuovo mondo che costruiremo insieme. >>
Il castello si fece improvvisamente muto.
Non un lamento, non un pianto…niente.
Tutti stavano cercando di dare un senso alle parole di Voldemort.
Possibile che Harry Potter fosse davvero morto?
Nessuno osava muoversi.
La prima ad animarsi fu Ginny Weasley che, liberatasi dall’abbraccio di Hermione, di Draco e di Ron, corse verso il portone d’ingresso con la bacchetta in mano e urlando come se fosse una Valchiria.
Un esercito le fu subito dietro.
Draco correva tenendo ben salda la mano di Hermione.
Avrebbe combattuto e, se fosse morto di nuovo, lo avrebbe fatto sapendo di aver lottato per sconfiggere il male.
Oh, ma non sarebbe morto!
No, ne era certo.
Avrebbero vinto quella guerra, dovevano vincerla!
Non poteva finire così!
Lui doveva sposare Hermione, costruire con lei una famiglia!
Dovevano vivere insieme!
Pensava a questo mentre si disponeva in fila accanto agli altri, nella notte così serena a dispetto degli eventi ai quali stava assistendo.
E poi arrivarono.
La McGranitt urlò e a lei si unirono tutti gli altri, anche lui.
Il corpo morto di Harry Potter giaceva inerme fra le braccia di Hagrid.
<< SILENZIO! >> Tuonò Voldemort, provocando un lampo di luce chiara. << E’ finita! Posalo ai miei piedi, Hagrid, dov’è giusto che stia! >>
Hagrid ubbidì e continuò a singhiozzare.
<< Visto? Harry Potter è morto! Lo capite adesso, illusi? Non è mai stato altro che un ragazzo che contava sul sacrificio degli altri! >>
<< Ti ha sconfitto! >>
Ad urlare era stato il ragazzo accanto a lui, Ron Weasley.
E Draco gli diede subito man forte seguito da tutti gli altri, ma, una seconda esplosione molto più potente li zittì di nuovo.
<< E’ stato ucciso mentre cercava di scappare di nascosto dal parco del castello. Ucciso mentre tentava di mettersi in salvo… >>
<< Dobbiamo uccidere il serpente, Draco. >> Gli sussurrò Hermione. << Uccidiamo il serpente e solo allora potremo uccidere lui. >>
Draco guardò Nagini e stava pensando a come ucciderla, quando Neville Paciock si scagliò urlando contro Voldemort, ma questi lo colpì con un lampo di luce facendolo grugnire di dolore.
<< E chi è costui? Chi si è offerto volontario per dimostrare che cosa accade a coloro che continuano a combattere quando la battaglia è perduta? >>
Una donna dai lunghi capelli biondi si fece avanti, i suoi occhi azzurri erano freddi e, chi la conosceva, sapeva che le labbra sottili erano tese in una smorfia di rabbia e disgusto.
Sua madre, Narcissa Malfoy, gli appariva molto più magra e debole eppure, se possibile, in lei splendeva una forza interiore che non aveva mai mostrato prima.
<< Neville Paciock, mio Signore. >>
Possibile che nessuno notasse la deformazione con la quale aveva pronunziato quel “mio Signore”?
Sembrava che lo stesse prendendo in giro e la cosa colpì profondamente Draco.
In questo frangente Draco vide che la sua ragazza aveva le mani giunte e, con gli occhi alzati al cielo, mormorava parole che per lui suonavano strane.
<< Mio Dio, mio Dio, Ti prego. Salvaci dalla nostra ora finale. >>
<< Hermione, che hai? >>
Lei non sembrava averlo sentito, perché continuò imperterrita con quella litania.
<< Non vedi che la follia dilaga intorno a noi? >>
Nel frattempo Voldemort stava chiedendo a Neville Paciock di diventare un Mangiamorte.
<< Mi unirò a te quando l’Inferno gelerà! >>
Hermione continuava a mormorare incessantemente, quasi fosse una formula magica. << Meritiamo questo, mio Dio? Non c’è modo di porre fine a questa orribile agonia? >>
<< Esercito di Silente! >>
Un urlo si levò in risposta al grido di Neville, un urlo che nemmeno Voldemort riuscì a placare.
<< Molto bene. Se questa è la tua scelta, Paciock, torneremo al piano originale. L’hai voluto tu. >>
Voldemort agitò la bacchetta e da una delle finestre del castello volò uno strano oggetto che Voldemort tenne sollevato per la punta: il Cappello Parlante.
<< Non vi saranno altri Smistamenti alla scuola di Hogwarts. Non vi saranno più Case. Lo stemma e i colori del mio nobile antenato, Salazar Serpeverde, basteranno per tutti, non è vero, Neville Paciock? >>
Puntò la bacchetta contro Neville, il quale si irrigidì, e poi gli mise in testa il Cappello facendoglielo scivolare sugli occhi.
<< Il nostro Neville ora dimostrerà che cosa accade a chiunque sia così sciocco da continuare ad opporsi a me. >>
Mosse di nuovo la bacchetta e incendiò il Cappello.
Draco si mosse prima di poter riflettere.
Senza curarsi delle miriadi di bacchette dei Mangiamorte che gli furono addosso mosse un passo avanti, l’espressione disgustata.
<< SEI UN MALEDETTO BASTARDO! >>
Urlò in direzione di Voldemort e sputò per terra.
Voldemort, più che arrabbiato, sembrava sorpreso.
Bloccò con un gesto i Mangiamorte che si erano preparati ad attaccare e avanzò verso Draco.
<< E tu chi sei? >>
Draco si drizzò sulla schiena: era molto più alto e robusto di Voldemort e provò l’assurdo desiderio di schiacciarlo.
<< Draco de Point du Roi. >>
Ci fu un movimento nelle schiere dei Mangiamorte: Lucius e Narcissa Malfoy, lo stavano guardando sotto una nuova luce.
Loro conoscevano la storia, sapevano che de Point du Roi era il cognome di Lancelot e si stavano chiedendo se quella poteva essere considerata una semplice coincidenza.
Voldemort alzò la bacchetta per punirlo.
Draco sentì Hermione urlare e correre verso di lui, pronta a farla finita insieme, ma delle figure si pararono di fronte a loro, comparendo dal nulla.
Erano un uomo dai tratti mediterranei, con lunghi capelli neri e vestito alla maniera Medievale.
Non poteva vedere gli occhi ma sapeva quale fosse il loro colore: grigi.
Stava in mezzo a due donne, una dai lunghi capelli biondissimi e l’altra dai capelli lisci scuri.
La bionda indossava un candido abito bianco, principesco, con le maniche a campana, mentre la mora un abito da popolana.
Non riusciva a credere ai propri occhi.
Vide distintamente le due figure femminili sollevare le mani e scacciare Voldemort lontano dai due.
I Mangiamorte non osarono muoversi e poi la bionda si voltò verso i due, mostrando un sorriso degno di una Regina e i grandi occhi neri come l’oblio allegri come se si trovasse ad una festa.
<< Adesso arrivano i nostri. >>
E poi accaddero molte cose contemporaneamente.
Dai confini del parco si levò un terribile frastuono: centinaia di persone correvano lanciando alte grida di guerra e c’era anche un piccolo gigante che urlava il nome di Hagrid.
Fra i tanti c’erano anche una serie di uomini e donne, o meglio creature maschili e femminili, dalla eterea bellezza, vestiti di luce e talmente veloci che sembrava stessero volando.
Seguivano un uomo che andava molto più veloce di loro: aveva biondi capelli lunghi e occhi neri come la notte.
Guardò nella loro direzione e levò un grido di guerra misto ad un sorriso.
Il Re.
E quello era il suo popolo.
Si scatenò il caos più tremendo.
Draco strinse Hermione, ma, accanto a lei, si era posizionata anche la donna dai capelli scuri e gli occhi castani .
La somiglianza fra le due era semplicemente incredibile.
In quel caos terribile Draco vide come in un film Neville liberarsi dal Petrificus, togliersi il Cappello in fiamme, estrarne una specie di spada e, con un solo colpo, decapitò l’enorme serpente.
La battaglia infuriava intorno a loro ma, Isolde, Lancelot e la progenitrice di Hermione, non si allontanarono mai troppo dai due, stando sempre attenti che nessun incantesimo li colpisse.
Draco teneva stretta Hermione, continuando a lanciare fatture e Maledizioni ai Mangiamorte e cercando in quella terribile folla i suoi genitori: dovevano salvarsi.
<< LA SALA GRANDE! >>
Urlò Hermione e cominciò a tirare Draco.
Nel correre le loro mani si lasciarono, ma il ragazzo non aveva fatto in tempo a gridare che la donna dai lunghi capelli scuri si lanciò in avanti sorpassando tutti e, ne era sicuro, si portò accanto ad Hermione.
Lui sentiva dietro di sé Isolde e Lancelot.
<< Ma voi non eravate morti? >>
Lancelot, dopo aver scagliato un Incantesimo che Draco non conosceva che decapitò un Mangiamorte- molto medioevale- gli rivolse un sorriso feroce.
<< Il Re ha ricreato momentaneamente i nostri corpi rendendoli immuni agli Incantesimi e ha fatto tornare Claudia per salvare i suoi figli ancora sulla Terra! >>
Draco suppose che Claudia fosse l’altra figlia del Re, la progenitrice di Hermione.
Lancelot menò un altro terribile colpo decapitando un altro uomo.
Isolde combatteva con altrettanta ferocia, ma senza tagliare teste a destra e a manca.
<< Devo trovare i miei genitori! >>
Era certo che, se non li avesse raggiunti in tempo, sarebbero potuti morire per mano di uno degli amici che si era fatto in quel breve lasso di tempo ed era una cosa che voleva assolutamente evitare.
Isolde annuì e, facendo cenno ai due uomini di seguirla e facendosi largo con fatture e Incantesimi, cominciò a correre per il campo di battaglia cercando in quel caos terribile i coniugi Malfoy.
Per Morgana, come sarebbero riusciti a trovarli?
I Mangiamorte intorno a lui cadevano come foglie d’autunno e il cielo era rischiarato dalle luci che fuoriuscivano dalla bacchette.
Vide anche più esponenti del Popolo in azione: bellissime figure con il volto trasfigurato dall’estasi della battaglia, che uccidevano con estrema violenza.
Era uno spettacolo agghiacciante.
Sperava che Hermione stesse bene, che Claudia stesse facendo bene il suo dovere, e che i suoi genitori fossero ancora vivi, cosa che appariva decisamente improbabile.
Gli sfrecciarono accanto centauri, sentì le urla stridule di creature bassissime, gli elfi domestici, e, più volte dovette tuffarsi di lato per evitare che un cadavere volato da chissà dove gli atterrasse sulla testa.
<< DRACO! >>
Com’era possibile distinguere quell’urlo fra i tanti rimaneva per lui un mistero, eppure lo avvertì. Una voce femminile lo stava chiamando a gran voce.
<< MAMMA! >>
Corse verso di lei con tutta la determinazione possibile, seguito da Isolde e Lancelot che non faticavano a stargli dietro e, finalmente, la vide.
Una donna dai lunghi capelli biondi, gli occhi spalancati, stava ritta accanto ad uomo che, come lei, urlava il suo nome.
<< MAMMA! >>
Quando la donna lo vide, gli corse incontro e lo strinse fra le braccia, scoppiando a piangere.
<< Come hai fatto? Come hai fatto? >>
Suo padre arrivò subito e si unì all’abbraccio, poi, però, guardò le figure dietro Draco.
<< Siete…siete…? >>
Draco non sapeva cosa avessero risposto, ma Lucius, ora più basso di lui, guardò quel corpo riconoscendo in lui il figlio.
Purtroppo, però, non era ancora il momento degli abbracci.
<< Mamma, papà non è il momento. Dobbiamo uccidere Voldemort e dobbiamo farlo noi. >>
Sua madre ghignò in maniera estremamente malefica.
<< Non lo faremo noi: lo farà Harry Potter. >>
Draco inarcò un sopracciglio.
<< Mamma, Harry è morto. >>
Narcissa scosse la testa, sempre ghignando.
<< No, non lo è. >>
Oh bè, chi era lui per dubitare?
Insieme ai genitori e a Isolde e Lancelot, si lanciò verso l’interno del castello.
Adesso doveva ritrovare Hermione.
Stranamente l’interno del castello era silenzioso, ma, avvicinandosi di più, Draco riuscì ad individuare una voce, quella di Harry Potter.
<< La vera padrona della Bacchetta di Sambuco era Hermione Granger. >>
Si erano riusciti a portare abbastanza avanti da vedere cosa stava succedendo.
Harry Potter e Lord Voldemort si stavano fronteggiando, le bacchette pronte a colpire.
Draco cercò Hermione e la vide dalla parte opposta, intenta ad osservare i due combattenti.
<< Ma che importanza ha? >> Fece Voldemort. << Anche se tu avessi ragione, Harry Potter, non farebbe alcuna differenza per te e per me. Non hai più la bacchetta di fenice: il nostro sarà un duello di pura abilità…e dopo che avrò ucciso te, potrò occuparmi di Hermione Granger… >>
<< E’ troppo tardi. Hai perso l’occasione. Perché vedi, fortunatamente, sono stato costretto a disarmare la mia amica…quindi è tutto qui, capisci? La bacchetta che hai in mano sa che il suo ultimo proprietario è stato Disarmato? Perché se lo sa…sono io il vero padrone della Bacchetta di Sambuco. >>
Nel frattempo il Sole stava sorgendo, illuminando i volti dei due combattenti e fu allora che urlarono contemporaneamente.
<< Avada Kedavra! >>
<< Expelliarmus! >>
Avvenne tutto talmente in fretta che Draco non riuscì a capire come fosse successo.
Il lampo di luce verde fuoriuscito dalla Bacchetta di Voldemort si scontrò con quello dorato di Harry e, in maniera del tutto inaspettata, si ritorse contro colui che l’aveva scagliato.
Harry afferrò la Bacchetta di Voldemort, mentre quello cadeva al’indietro, le braccia spalancate, le pupille a fessura degli occhi scarlatti che si giravano verso l’alto.
Fu così che Voldemort cadde all’indietro, le mani bianche e vuote.
Inizialmente vi fu solo stupore.
Tutti guardavano quel corpo vuoto, morto.
E poi esplose il boato.
Draco si lanciò in avanti, raggiungendo Harry urlandogli che ce l’aveva fatta e poi arrivò Hermione e la strinse con tanto ardore da sollevarla da terra.
Lei urlava che era finita, che ce l’avevano fatta e altre mille cose che non erano né scontate né banali.
Strinse anche i suoi genitori, ridendo come un pazzo e abbracciò anche Ginny, i Weasley, Ron, Neville, i professori…
Si unì agli altri per sollevare con le braccia il corpo di Voldemort e portarlo fuori dalla Sala Grande, lontano dai cadaveri degli eroi.
La McGrannit risistemò i tavoli della Sala Grande ma nessuno prese posto nel modo giusto: erano tutti mescolati.
Isolde, Lancelot e Claudia semplicemente scomparvero in un fascio di luce.
Il Re e il suo Popolo ritornarono nella Foresta senza che nessuno potesse seguirli.
Draco, stanco ma felice, prese posto nella Sala con i genitori ed Hermione.
Avevano così tante cose da dirsi, ma ci sarebbe stato tempo, giorni, mesi, anni…
Accarezzò i capelli di Hermione e guardò i genitori, seduti di fronte a loro.
I loro volti scorrevano da lui ad Hermione, rossissima ma felice.
<< E’…è stupendo. >>
Mormorò sua madre.
Draco ridacchiò senza lasciare Hermione, niente lo avrebbe più costretto a farlo.
Narcissa spostò gli occhi su Hermione e poi sorrise rivolta al figlio.
<< D’ora in poi le cose andranno diversamente, te lo prometto, tesoro. >>
Lucius, a quel punto, si schiarì la voce e guardò Hermione.
<< Signorina Granger, credo di doverti chiedere scusa per…bè… >>
Hermione sorrise. << Non si preoccupi, signor Malfoy. E’ acqua passata. >>
Lucius sembrava imbarazzato e non riusciva a guardare in faccia la ragazza.
A quel punto Ron Weasley sussurrò qualcosa all’orecchio di Hermione e quella, dopo aver sorriso ai signori Malfoy e aver dato un bacio sulla guancia a Draco e aver detto un “a dopo”, si allontanò con il rosso.
Draco rimase lì con i genitori.
<< Come faremo, ora? >> Fece suo padre. << Sei in un altro corpo, con un altro cognome, come facciamo? >>
Fu allora che un suono completamente nuovo giunse alle orecchie di Draco: sua madre, la fredda Narcissa Malfoy, stava ridendo di gusto, indicando il marito.
Non era mai stata più bella in tutta la sua vita.
<< Oh, Lucius! E’ così semplice: ricominciamo tutto da capo, come è giusto che sia! >>
E Draco non poteva che essere d’accordo: quel giorno sarebbe cominciata una nuova vita.
Una vita migliore.



Kingsley Shacklebolt fu stato nominato Ministro della Magia, le celle di Azkaban furono svuotate dei tanti innocenti che vi erano stati rinchiusi per poter essere riempite dei pochissimi Mangiamorte rimasti in vita. I signori Malfoy evitarono tale sorte solo perché, stando a quanto era stato detto dopo e confermato da Harry Potter, Narcissa aveva mentito al Signore Oscuro quando gli aveva annunziato l’effettivo decesso del ragazzo.
Quando le chiesero perché l’avesse fatto la risposta fu semplicissima.
<< Perché è per causa sua se mio figlio è morto. >>
Sì, perché, naturalmente, per il mondo Draco Malfoy era morto, ucciso dalla zia Bellatrix che, senza saperlo, era stata per pochi attimi la detentrice della Bacchetta di Sambuco, passata ad Hermione Granger quando questa aveva vendicato la morte dell’amato e infine ad Harry Potter il quale, per un motivo noto solo a pochi, aveva disarmato l’amica diventandone il legittimo proprietario.
Curiosi di conoscere il motivo?
Bè, la ragazza aveva tentato di suicidarsi e l’amico l’aveva prontamente disarmata.
Ma era una vecchia storia.
Adesso, Hermione Jean Granger era considerata una delle ragazze più fortunate del mondo, invidiate da tutte le altre.
Le aveva raccontato l’intera storia il giorno stesso della morte di Voldemort, quando l’aveva portata con sé a Villa Malfoy, dove aveva ricevuto un trattamento degno della principessa che era.
Naturalmente ne fu un po’ colpita, ma non per un solo istante dubitò che quella fosse la verità: in fondo, Claudia, la seconda figlia del Re, aveva combattuto al suo fianco.
I Malfoy avevano insistito per farle un “piccolo” dono: il castello Irlandese, come avrebbe voluto il loro caro Draco.
La ragazza, ovviamente, rifiutò inizialmente ma, dinanzi alle pressioni continue dei biondi coniugi, accettò divenendo l’ufficiale proprietaria di una delle più imponenti e lussuose dimore di tutto il mondo magico.
La sua fortuna, però, non finì lì.
Richiamato dalla morte del giovane Malfoy, e provato da quella dei suoi genitori, aveva deciso di partecipare alla lotta contro Voldemort un giovane parente dei Malfoy, un ragazzo ben piantato, alto, biondo e dai modi eleganti, un ventitreenne che poteva esibire un diploma della scuola di Beauxbatons giunto misteriosamente sulla scrivania di villa Malfoy: Draco de Point du Roi.
I signori Malfoy lo presero subito sotto la loro custodia, trattandolo come se fosse il figlio che avevano perduto.
Presto- anche troppo a detta di molti- monsieur de Point du Roi si era assicurato il cuore della signorina Granger.
Fortunata non solo economicamente, ma anche in amore.
Il nuovo Draco, a differenza del suo ormai defunto omonimo, poteva vantare una migliore reputazione: aveva partecipato alla battaglia contro Voldemort combattendo per i buoni e, fra i suoi amici, si poteva annoverare niente poco di meno che Harry Potter in persona.
Aveva partecipato con solenne impegno ai funerali dei più di cinquanta caduti per la causa del bene e si era dato da fare per la ricostruzione di quanto i Mangiamorte e Voldemort avevano distrutto.
In particolare si unì al dolore dei Weasley per la perdita del giovane Fred e divenne un grande amico per Ginny Weasley, la quale era fra le cinque persone a conoscere il grande segreto di Draco de Point du Roi.
Un segreto che, in fondo, non aveva poi una così grande importanza.

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Capitolo 23
*** Epilogo ***


Eccomi qua. Sono arrivata alla fine della mia fan fiction. Devo essere sincera con voi: un po’ mi dispiace perché mi ero affezionata a questa storia. Sono contenta del successo che ha avuto e credetemi quando vi dico che è solo grazie a voi che vi siete impegnati a leggere e recensire il mio lavoro che sono riuscita ad andare avanti. Sono una ragazza piuttosto insicura e sento il bisogno di aver un parere estraneo per misurare quanto faccio. Davvero grazie infinite per il sostegno che mi avete dato. Grazie mille. Spero di essere riuscita a suscitare in voi quelle emozioni che sentivo io mentre scrivevo: gioia, dolore, amore, sofferenza. Spero di non avere deluso le vostre aspettative riguardo alla fine di questa storia.
A presto
Mena




Sì, finalmente un po’ di meritatissimo riposo.
Era in Paradiso.
Niente, niente avrebbe potuto costringerlo ad alzarsi dal suo letto.
Niente.
Era davvero stanchissimo e se ne stava beatamente avvolto fra le lenzuola, in quel curioso stato fra il sonno e la veglia.
Uno stato dal quale non contava di uscire molto presto.
No, come minimo sarebbe rimasto lì per altre due ore.
Sì, prospettiva più che allettante.
La camera erano completamente al buio e niente minacciava la quiete di Draco de Point du Roi.
Oh, si meritava un po’ di riposo, no?
Crogiolandosi in quella certezza sprimacciò il cuscino e riaffondò la testa.
E poi, l’orrore.
Sentì la porta aprirsi lasciando entrare la terribile luce del giorno, ma non si diede per vinto.
Rimase immobile, continuando a respirare pesantemente, come se stesse ancora dormendo.
Se tutto fosse andato secondo il verso giusto, il Disturbatore sarebbe andato via e avrebbe richiuso quella stramaledetta porta.
Ovviamente, le cose non andarono così.
Il Disturbatore non se ne andò, né tantomeno ebbe la decenza di chiudere la porta.
Anzi, si mosse verso di lui- Draco sentiva lo scalpiccio delle sue scarpe- e salì sul letto.
No, non avrebbe vinto.
Lui voleva dormire!
Ma ormai il Disturbatore era vicinissimo e Draco sentì le sue mani sulla spalla.
<< Papà? Papà, sei sveglio? >>
Ecco, quella sì che era una domanda estremamente intelligente.
<< Secondo te? Sono al buio a letto e stavo dormendo finchè qualcuno non mi ha svegliato! >>
Questo è ciò che avrebbe voluto rispondere ma sapeva che se lo avesse fatto avrebbe dovuto scontare le pene dell’Inferno, perciò mormorò un “sì” stanco senza sollevare la testa dal cuscino.
Bastò per incoraggiare il terribile Disturbatore che balzò giù dal letto e, con un unico veloce movimento, scostò le tende lasciando entrare la luce del Sole.
Draco nascose la testa sotto il cuscino, sperando che ciò scoraggiasse quel piccolo demonietto e che potesse tornare a dormire.
Ovviamente si sbagliava.
Il demonio in questione si lanciò nel senso letterale della parola su di lui e ridendo allegramente fece volare il cuscino lontano.
<< Ciao, papino. >>
Era umanamente impossibile resistere a quella delicata vocina.
Draco aprì gli occhi, si girò un po’ e si trovò a fissare uno dei visi che più amava al mondo: piccolo, rotondo, paffutello, con due guance rosee, labbra delicate come un bocciolo di rosa, enormi occhi azzurri contornati da lunghe ciglia scure e una massa di boccoli biondi che le ricadevano oltre le spalle.
Eccola lì, la sua bellissima bambina di cinque anni.
Isolde de Point du Roi.
Il suo bellissimo angelo.
Non poteva essere arrabbiato con lei.
Le sorrise e le diede un affettuoso bacio sulla guancia.
<< Ciao, tesoro. >>
La bambina indossava il suo pigiamino estivo: un paio di pantaloncini rosa e una canotta bianca con il disegno di una fatina del mondo dei cartoni animati Babbani della quale non ricordava mai il nome.
Trolly, forse…
Draco guardò l’orologio sul comodino e si rese conto con infinito dolore che non erano nemmeno le dieci e lui era già sveglio.
Con un sospiro profondo si mise seduto e si passò una mano sul viso e fra i capelli dello stesso biondo di quelli della figlia.
Draco spostò lo sguardo sulla bambina seduta accanto a lui e si stupì ancora una volta di quanto potesse essere meravigliosa, piccola e delicata.
Le sorrise dolcemente e le prese una manina accarezzandola e si piegò verso di lei.
<< Non mi hai dato nemmeno un bacino, Isolde. >>
Lei sorrise e gli depositò un tenero bacio sulla guancia.
<< Pungi, papà! >>
Draco rise e, prendendo la piccola in braccio, si liberò dalle coperte e mise i piedi nudi sul pavimento freddo.
Uscito dalla sua camera si preoccupò seriamente che i Mangiamorte fossero tornati alla carica e avessero messo sottosopra casa sua: il corridoio era disseminato di pupazzi, giocattoli vari e, cosa che notò con orrore, di calzini che sapeva bene a chi appartenevano.
<< Amore, mamma ha visto come è ridotta casa nostra? >>
Isolde fece cenno di sì con la testa, tenendo sempre quell’adorabile sorrisino sulle labbra.
<< Sì, papino. Per questo mi ha detto di svegliarti. >>
E fu così che tutta l’allegria si volatilizzò nel nulla.
Come un condannato al patibolo e facendo attenzione a dove metteva i piedi, attraversò quel corridoio, e scese le scale.
Cominciò a sentire una voce femminile cantare attraverso una radio.

Someday I'll wish upon a star
Wake up where the clouds are far behind me ee ee eeh
Where trouble melts like lemon drops
High above the chimney tops that’s where you'll find me oh
Somewhere over the rainbow bluebirds fly
And the dream that you dare to,why, oh why can't I? i iiii

Tenendo sempre in braccio Isolde entrò nella stanza dalla quale proveniva quella musica allegra e dolce e, inevitabilmente, il suo cuore si sciolse e il suo umore si risollevò di nuovo.
Una donna dai capelli scuri raccolti in una coda improvvisata, con addosso una semplicissima camicia da notte in seta azzurra stava con la schiena curva in avanti, le grandi mani stringevano delicatamente quelle di un bambino dai capelli ricci biondi e in pantaloncini.
I loro occhi erano dello stesso marrone dalle mille sfaccettature e le loro voci si univano a quella della ragazza alla radio, interrompendosi solo per ridere.
Poi la donna sollevò il bambino stringendoselo al petto, fece una piroetta e gli stampò un bacione sulla guancia paffutella.
Quale uomo non si sarebbe commosso davanti a tale scena?
Chi sarebbe rimasto impassibile nel vedere la moglie e il figlio di appena tre anni ridere, cantare e ballare tanto spensierati?
Nessuno.
Lui rimase lì, sull’uscio, sentendo il dolce e lieve peso della figlia contro di sé, finchè la moglie non si accorse di loro e sorrise.
Tutto il Sole del mondo non avrebbe potuto eguagliare la luce che emanò Hermione de Point du Roi con quel semplice gesto.
<< Buon giorno, Draco. >>
Si avvicinò a lui danzando, tenendo in braccio il bambino biondo e gli diede un bacio a fior di labbra.
<< Che schifo! >>
Fece il piccolo con una smorfia di disgusto identica alla sua e Draco gli sorrise.
<< Cambierai idea troppo presto, Nicki. >>
Hermione strinse più a sé il figlio e lo baciò, come se volesse marcare ciò che era di sua proprietà.
Nicki si lasciò coccolare dalla mamma, ma Draco aveva una cosa da dire.
Mise per terra Isolde, che sgambettò subito sul divano per raggiungere una bambola, e Draco incrociò le braccia sul petto nudo guardando severo il figlio.
Aveva trentadue anni ma, se possibile, la sua bellezza anziché sfiorire era aumentata, come d’altronde quella della sua straordinaria consorte.
<< Nicholas Lancelot de Point du Roi, mi spieghi perché hai disseminato il corridoio di calzini e giocattoli? >>
Il piccolo si strinse più alla madre, ma doveva comunque affrontare papà.
<< Perché…perché…perché… >>
<< Te lo dico io perché. >> Fece Draco. << Perché sei un bimbo monello e ti comporti male. >>
Nicki nascose il viso nel petto materno e niente di ciò che Draco fece potè costringerlo a voltarsi.
<< Nicholas, se non vai subito a sistemare non vieni con noi. Ti lasciamo a casa di nonno Seamus e nonna Monica. >>
<< NO! >>
Il grido di protesta giunse ovattato, perché era ancora attaccato alla madre che, sebbene fosse d’accordo con il marito, non faceva niente per dargli manforte.
Draco le lanciò un’occhiata eloquente e lei, sospirando, staccò il bambino da sé e lo poggiò per terra.
<< Nicki, fai come ti dice papà o non potrai venire con noi. >>
Il piccolo con i lacrimoni agli occhi, uscì di corsa dalla cucina e si fiondò su per le scale.
Hermione sembrava anche lei sull’orlo delle lacrime e Draco la abbracciò, fra il divertito e il nervoso.
<< Per l’amor del cielo, Hermione! Non puoi fare così ogni volta che li rimproveriamo! >>
Ero il primo a viziare i miei figli, ma sapevo essere severo quando l’occasione lo richiedeva.
Hermione era sì severa ma poi si sarebbe volentieri buttata ai piedi dei figli e implorato perdono.
Sorrise al marito facendo spallucce come a dire “è inutile, sai che farò sempre così” e lo guardò negli occhi.
<< La macchina è pronta? >>
Chiese senza staccarsi da lui.
Draco annuì liberandole i capelli dalla coda e lasciandoli fluire liberi sulla sua schiena.
Li aveva sempre trovati bellissimi.
Hermione si sollevò sulle punte visto che era parecchi centimetri più bassa di lui e lo baciò.
Durò solo pochi secondi perché presto- troppo presto- si staccò e andò a sedersi accanto alla figlia: se non fosse stato per i colori sarebbero state identiche.
Hermione le diede una bacio fra i capelli biondo oro e le offrì la mano.
<< Andiamo a farci belle. >>

Non era passata nemmeno un’oretta che l’intera famiglia de Point du Roi era riversata nel giardino e, mentre Draco sistemava i bagagli nel cofano della loro Mercedes- opportunamente ingrandito dalla moglie- Hermione discuteva con la figlia su una favola che Isolde aveva letto e si lasciava accarezzare i capelli dal piccolo Nicki, perennemente in braccio a lei.
<< Hermione, ma servono proprio tutte queste valige? >>
Domandò Draco, che stava sudando terribilmente sotto la maglietta a maniche corte.
La donna, che invece indossava un fresco vestitino estivo, annuì.
<< Ho preso solo il minimo indispensabile. >>
<< Mamma, c’è Albus! >>
Draco si voltò giusto in tempo per vedere Ginny Potter, seguita da quattro pesti, andare verso di loro mentre il suo consorte, dopo aver salutato il biondo con uno sguardo d’intesa cominciò a caricare i suoi bagagli.
<< Buon giorno! >>
Li salutò allegramente Ginny e diede un bacio ad Hermione e ai bambini.
<< Sempre in braccio, Nicki? >>
Com’era prevedibile, Nicki si nascose nel petto della mamma.
<< Amore, guarda ci sono James, Albus, Lily e Teddy: non vuoi giocare con loro? >>
I grandi occhi scuri di Nicki si posarono sui tre chiamati in causa e si fece mettere giù, cominciando a correre con gli altri.
<< Non riesce a staccarsi da me. >>
Spiegò Hermione guardando i bambini giocare.
<< Bè, come il padre, vero Draco? >>
Il biondo simulò una risata in direzione dell’amica.
<< Simpaticissima. >>
Aveva finito di caricare i bagagli e stava per avvicinarsi ad Harry, quando la loro attenzione fu attratta da quanto stava succedendo nella casa accanto a quella dei Point du Roi- i Potter abitavano dall’altro lato della strada.
Un uomo dai capelli rossi carico come un mulo era uscito dalla porta e si dirigeva a passo d’elefante verso la sua macchina.
Dietro di lui comparve una donna dai capelli neri e gli occhi violetti.
<< Ron, ma non puoi fare tutto con più calma? >>
Lui non si degnò nemmeno di risponderle, ma cominciò a borbottare fra sé.
La donna, dopo aver alzato gli occhi al cielo, rientrò in casa ma solo per uscirne poco dopo tenendo sollevati due passeggini portatili, dove due bambine dai capelli rossi e gli occhi violetti se la ridevano come le matte. Poche falcate ed era davanti al gruppetto e riposò le bimbe per terra.
<< Buon giorno. >>
<< Grace, che ha mio fratello? >>
Chiese Ginny.
Grace, la Babbana più paziente che Draco avesse mai conosciuto, scosse la testa.
<< Si è offeso perché gli ho detto che non ha fatto altro che stare seduto sul divano senza alzare un dito per aiutarmi. >>
Tipico di Ron.
Ginny scosse la testa, affranta e poi si inginocchiò portandosi all’altezza delle piccole.
<< Come stanno le piccole Mena e Miriam? >>
<< Io vado ad aiutare Ron. >>
Anche Harry si era sbrigato a sistemare le sue cose e si era lanciato in soccorso dell’amico, temendo che avrebbe distrutto i bagagli.
Dopo nemmeno dieci minuti le famiglie erano già salite in macchina, dirette tutte alla stessa destinazione: il castello Irlandese, dove avrebbero trascorso in santa pace quindici giorni di vacanza.
Erano stati fatti notevoli progressi nel campo delle auto volanti e ormai quasi tutti i maghi avevano una macchina del genere.
Draco premette il pulsante e la sua Mercedes cominciò a librarsi per aria.
Guardò con un sorriso la sua famiglia, sua moglie, la sua anima gemella, e i loro due bellissimi figli.
Non si poteva desiderare altro.
Posizionò gli occhi azzurri in quelli scuri della moglie.
<< E’ l’avventura più bella che potessi vivere. >>
Hermione gli sorrise e posò una mano sul braccio di lui.
<< Lo so. La penso come te. >>
E, dopo un altro sorriso, accelerò gradualmente seguito da altre due macchine.
L’abitacolo prese vita, animato dalle voci allegre delle tre persone più importanti della sua vita che cominciarono a cantare la stessa canzone che aveva suonato alla radio poco prima.
Well I see trees of green and
Red roses too,
I'll watch them bloom for me and you
And I think to myself
What a wonderful world
Oh si, avevano ragione.
Il mondo era meraviglioso e lo sarebbe stato per sempre.

FINE

…per ora xD

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