Semplicemente Oscar...

di baby80
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** capitolo 21 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Oscar si svegliò all'improvviso col cuore che le batteva fortissimo nel petto, si alzò di scatto a sedere sul letto, il lenzuolo le scivolò via e solo in quel momento si rese conto che quello che era accaduto non era un sogno, poche ore prima, il suo amico d'infanzia, il suo migliore amico le aveva confessato d'amarla.
La camicia strappata e le lacrime morte sulle guance ne erano la prova.
Oscar si alzò dal letto e fece appello a tutta la sua forza di volontà per trovare il coraggio di trascinarsi di fronte allo specchio... aveva paura, paura di guardare ciò che Andrè aveva fatto, paura di osservare ciò che lui aveva visto. Ad ogni passo il cuore sembrava scoppiarle, ma finalmente, dopo minuti interminabili si trovò di fronte allo specchio, ma tutto ciò che vedeva ora erano i suoi piedi nudi, le sue gambe lunghissime ed esili... non aveva il coraggio di guardare, si sentiva a disagio, invasa da una sensazione sconosciuta, una sensazione che aveva provato pochissime volte in vita sua, si sentiva in imbarazzo, indifesa, "piccola", lei che "piccola" non lo era mai stata, anche quando la sua età ed il suo corpo avrebbero dovuto esserlo. Sentiva perfettamente il significato della parola "vergogna" sul suo viso, ogni singola lettera marchiata a fuoco sulle guance.
Oscar si fece forza, che diamine, era o non era il capitano delle guardie reali? non era lei che fin da ragazzina aveva dato ordini a gruppi di uomini?
Alzò il viso oltre le gambe, gli occhi passarono velocemente oltre il ventre ed arrivarono decisi al busto, e li vide... vide la camicia stracciata e la pelle nuda, il collo, la spalla e il seno, quel seno pieno e candido che fino a quel momento nessuno aveva potuto vedere, ma che ora gli occhi del suo amico avevano "toccato", ed era così che lei si sentiva, toccata nel profondo.
Oscar sentì gli occhi riempirsi di lacrime, che cercò di trattenere senza riuscirci, guardò il suo viso riflesso nello specchio, guardò i suoi occhi, poggiò le mani sul freddo vetro, le battè un paio di volte e gridò, gridò contro se stessa, contro quell'immagine che le provocava sensazioni che non era in grado di capire, contro quella figura a cui non sapeva dare un nome.

Oscar si tolse la camicia che gli pesava addosso come fosse fatta di ferro, la lasciò cadere sul pavimento, ne indossò un'altra, bianca, leggera, leggera come una maschera invisibile, quel tipo di maschera che aveva portato per tutta la vita e dietro cui nessuno aveva osato guardare fino a quel giorno... indossò gli stivali e passò accanto allo specchio e con un gesto così spontaneo come potrebbe essere una carezza lo fece cadere, come se fosse l'unica cosa sensata da fare in quel momento...
Oscar uscì dalla stanza cercando di fare il meno rumore possibile così da non svegliare suo padre e l'intera servitù, era notte fonda ma aveva bisogno di uscire, aveva bisogno di respirare... attraversò il corridoio, passò prudentemente davanti alla stanza del padre, scese lungo le scale e ancora più prudentemente cercò di passar oltre la stanza della governante, e quando arrivò di fronte alla stanza di Andrè si stupì quando le sue gambe si rifiutarono di fare un altro passo, si fermarono, proprio li, davanti alla stanza del suo amico d'infanzia... volle entrare, spinta da qualcosa che sentiva bruciare sotto la pelle, rabbia? odio? vendetta? non riusciva a capirlo.
Andrè era sul letto, steso sul ventre, la schiena nuda, le gambe avvolte in pantaloni marroni e gli stivali ancora ai piedi, il viso abbandonato sul materasso e i capelli che coprivano parte del viso... stringeva il lenzuolo nella mano, in un pugno... Oscar vedeva chiaramente il torace di Andrè allargarsi per prendere fiato, per respirare, era veloce, quasi convulso... senza far rumore si avvicinò al letto, prese la spada di Andrè che era abbandonata sul pavimento e la alzò sopra di lui e... e le sue mani iniziarono a tremare, non poteva farlo, non avrebbe mai potuto fare una cosa simile, nonostante provasse rabbia per quello che Andrè le aveva fatto poche ore prima, non avrebbe potuto uccidere un uomo inerme, ma avrebbe potuto uccidere un uomo che si fosse battuto con lei ad armi pari...
poggiò la spada a terra e uscì dalla stanza.
 
Il giorno seguente Oscar incontrò Andrè nelle scuderie, non si aspettava di trovarlo ancora li, lo sguardo di lui la fece bloccare, come la sera prima, si fece forza e proseguì verso il suo cavallo, incurante di Andrè, non disse una parola, non lo guardò nemmeno, gli passò accanto come se non esistesse, ma in quel preciso istante si sentì afferrare il polso...
"che cosa stai facendo?" chiese Oscar
Andrè lasciò il polso di Oscar e disse, con una calma innaturale
"quando inizi una cosa dovresti portarla a termine... la prossima volta che entrerai nella mia stanza con l'intenzione di uccidermi dovrai uscire soltanto quando non sentirai più il mio cuore battere, altrimenti non ti permettere più di mettere piede in camera mia. sono stato chiaro?"
Oscar non disse nulla, guardò Andrè negli occhi, alzò la mano e lo schiaffeggiò, lui non reagì, ed Oscar prese a picchiarlo, riversando su di lui tutta la rabbia che aveva covato quell'intera notte... Andrè non si mosse, non reagì, prese ogni singolo schiaffo ogni singolo pugno e attese che lei sfogasse tutta la tensione che aveva in corpo...
"reagisci, avanti, non posso battermi contro un uomo che non si difende! avanti, reagisci!" urlò Oscar
Andrè non disse nulla, guardò Oscar per qualche secondo e poi se ne andò voltandogli le spalle.
"sei un vigliacco Andrè" urlò Oscar con tutto il fiato che aveva in corpo
Andrè si voltò di colpo e si diresse verso Oscar con passo deciso, con le mani strette a pugno... gli era di fronte e si avvicinava sempre di più, il suo naso era a pochi centimetri da quello di lei e non sembrava intenzionato a fermarsi, continuava ad avvicinarsi ed Oscar non poteva far altro che indietreggiare, indietreggiare ed indietreggiare ancora, fino a quando non sentì contro la schiena il legno della parete della scuderia... un sussultò le uscì dalle labbra quando il torace picchiò contro le travi... anche Andrè si fermò, poggiò le mani contro il legno della scuderia, ai lati del viso di Oscar, così da impedirle di scappar via, avvicinò la bocca al suo orecchio e disse
"non mi sfidare Oscar, non sfidare un uomo che non ha più nulla da perdere. Non mi sfidare Oscar... se non sei disposta ad andare fino in fondo." e con queste parole Andrè uscì dalle scuderie, e questa volta non tornò più indietro.

Andrè uscì dalle scuderie senza voltarsi, avrebbe voluto tornare indietro e... non sapeva nemmeno lui cosa avrebbe fatto se avesse ascoltato il suo istinto, amava Oscar, da sempre, e quel sentimento era cresciuto col passare degli anni fino a diventare un amore più consapevole, più maturo, l'amava come non avrebbe mai potuto amare nessun altro, e avrebbe fatto di tutto per lei, ma a volte, solo lei, era capace di fargli nascere dentro una rabbia folle, che era sempre riuscito a controllare, fino a quel giorno...
Il giovane si diresse verso la propria stanza con l'intenzione di mettere in un sacco pochi indumenti ed andarsene da quella casa che ormai non sentiva più sua, e da quella donna che non poteva più guardare da lontano, il suo cuore ed il suo corpo non avevano più freni, non poteva continuare a desiderare Oscar e rimanere indifferente quando lei passandogli accanto sfiorava il suo corpo... no, non poteva rimanere in quella casa, se fosse rimasto sarebbe certamente impazzito.
Andrè entrò nella stanza e gettò qualche vestito in un vecchio sacco marrone, sentiva ancora il sangue pulsargli nelle vene ma cercò di svuotare la mente, doveva solo andarsene il più velocemente possibile...
Uscì dalla stanza col sacco marrone sulla spalla e camminò in fretta lungo il corridoio di casa Jarjayes, sperando di non incrociare la nonna che avrebbe tentato il tutto e per tutto per trattenerlo.

Oscar era ancora poggiata alle travi delle scuderie, immobile, incredula di fronte alla reazione che aveva avuto Andrè, una reazione inaspettata... l'amico di sempre che credeva di conoscere completamente aveva mostrato un lato fino a quel momento rimasto celato, in quell'istante si rese conto che Andrè era un uomo e non solo il suo migliore amico, non era più quel ragazzino che aveva sempre fatto tutto ciò che lei voleva.
Era un uomo, certo, ma le aveva mancato di rispetto e questo non poteva sopportarlo, sarebbe dovuto rimanere e battersi, come è giusto che sia tra due uomini.
Oscar aveva bisogno di bere, si stava dirigendo verso le cucine quando vide in lontananza Andrè con un sacco sulle spalle, gli passò accanto con una freddezza assoluta, e quando fu alla giusta distanza disse...
"scappa, scappare è la cosa migliore che sa fare un vigliacco... e comunque non ho più bisogno del tuo aiuto Andrè. da oggi non dovrai più occuparti di me."
Andrè avrebbe preferito una pugnalata nella schiena piuttosto che sentire quelle parole, lasciò cadere a terra il sacco e corse verso di lei, strinse le mani attorno alle sue braccia e la spinse contro il muro, e mentre le dita continuavano a fare pressione, le disse...
"Sembro un vigliacco Oscar? vuoi batterti? fatti avanti, io non mi tirerò indietro!"
Oscar si liberò della presa di Andrè e lo spinse via, con tutta la forza che aveva in corpo... impugnò la sua spada, pronta a combattere.
Andrè rimase immobile davanti alla spada di Oscar
"non userò armi, combatti come un vero uomo Oscar, a mani nude"
Oscar lasciò cadere la spada a terra guardò Andrè un istante e poi gli fu addosso, senza quasi rendersene conto la sua mano colpì il volto dell'uomo... Andrè girò di scatto il viso, guardò Oscar e fece la stessa cosa, la colpì senza pensare che quella era la donna che amava...
Oscar era così accecata dalla furia da non sentire quasi dolore, respirò profondamente e fu di nuovo contro Andrè, sferrò un pugno e un altro e un altro ancora, e quando vide il giovane barcollare anche le sue mani smisero di colpire...
"mai abbassare la guardia Oscar. mai farsi impietosire." disse Andrè pochi secondi prima di colpire Oscar in viso e gettarla a terra... Oscar questo non se l'aspettava, si ritrovò stesa a terra, con la guancia che le bruciava come fosse stata colpita da un tizzone ardente, e Andrè sopra di lei... cercò di colpirlo, di divincolarsi, ma lui le bloccò le braccia con le mani, esattamente come aveva fatto qualche sera prima, nella sua stanza, poco prima di confessarle il suo amore.
Oscar tentò in ogni modo di liberarsi ma anche le gambe erano bloccate dal corpo di Andrè, era in trappola, aveva perduto...
Andrè poggiò il suo corpo contro quello di Oscar, il più possibile, avvicinò il viso al suo, tanto da sentire il respiro caldo della donna
"Non sono un vigliacco Oscar... e questo non sarebbe mai accaduto ad un uomo. Non sarai mai un uomo Oscar, puoi picchiarmi, puoi perfino uccidermi, ma questo non cambierà quello che sei." e con queste parole Andrè lasciò libera Oscar, raccolse il suo sacco e se ne andò.
Oscar si alzò, si toccò le labbra e guardò il sangue che le macchiava le dita, aveva voglia di piangere ma si trattenne, non poteva farlo, non adesso... si versò un bicchiere di vino, bevve tutto d'un fiato...
"Io sono un uomo, io..." sussurrò a se stessa e poi sparì nel buio del corridoio di casa Jarjayes.

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Erano passate due settimane da quando Andrè era andato via ed Oscar provava un senso di sollievo e tristezza allo stesso tempo... una parte di lei sentiva una rabbia incontrollata nei confronti di Andrè mentre un'altra parte si sentiva persa senza di lui, senza il suo migliore amico, la persona che per lei c'era sempre stata... e  sentiva anche la mancanza di Andrè uomo, un André più forte, un Andrè che avrebbe voluto conoscere più a fondo.
Il tempo passava ed Oscar di li a poco avrebbe assunto un nuovo incarico, comandante dei soldati della guardia, ma quella non era l'unica novità nella vita di Oscar, il giovane Girodelle aveva chiesto la sua mano e il generale Bouillé aveva organizzato una serata danzante in suo onore, avrebbero partecipato gli uomini più facoltosi di Francia, e tra di loro, Oscar, avrebbe dovuto scegliere il proprio sposo.
Oscar trovava ridicola tutta questa faccenda, Girodelle, il ballo in suo onore, l'idea stessa di sposarsi, lei che era intenzionata a diventare in tutto e per tutto un uomo, l'unica cosa sensata da fare era riderci sopra, ed Oscar rise, rise tanto quel giorno, come non gli capitava da tempo, dai tempi in cui era una bambina...
Era una mattina fredda, insolita, quando il generale Jarjayes fece chiamare sua figlia per chiedere il suo perdono per averla cresciuta come un maschio ed averla privata della sua vita di donna, e per informarla che avrebbe dovuto partecipare al ballo in suo onore, vestita da donna, a tal proposito aveva chiamato una delle sarte più famose di Francia per confezionarle un abito adatto alla serata...
"non accetterò un no come risposta Oscar, partecipare al ballo sarà per me la conferma del tuo perdono, ti prego di accettare." il generale Jarjayes stava piangendo mentre  pronunciava queste parole
"Si, padre, farò come volete" disse, a fatica, Oscar
Oscar non avrebbe voluto accettare, non voleva, ma... ma gli si lacerò il cuore vedendo suo padre piangere e decise di accontentarlo, in fondo sarebbe stata una sera soltanto, e poi avrebbe cancellato per sempre la sua parte femminile.
Andrè aveva girovagato per giorni senza una meta precisa perso tra mille pensieri, aveva dormito sull'erba, cavalcato senza sosta, bevuto fino a non ricordare nulla, tutto per dimenticare quello che era successo, tutto per soffocare il pensiero di Oscar.
Proprio durante una serata passata a bere Andrè incontrò Alain, un soldato della guardia...

Era arrivato il momento tanto temuto da Oscar, l'incontro con quella sarta che le avrebbe confezionato l'abito per il ballo, passarono ore interminabili ma finalmente l'abito fu pronto, il generale Jarjayes non stava più nella pelle, così come la vecchia governante, tutti impazienti di vedere Oscar... Era bellissima in un abito nero che lasciava le spalle e la schiena nude, il corpetto di pizzo metteva in evidenza il seno pieno... i capelli raccolti esaltavano ancora di più i suoi bellissimi occhi azzurri...
"sei stupenda Oscar, non avrei mai dovuto importi di vivere come un uomo, mai. perdonami." disse tra le lacrime il generale Jarjayes
Oscar non disse nulla, sorrise al padre e cercò soltanto di farsi forza per sopportare quella serata.
Il generale e la governante andarono via ed Oscar poté rimanere sola, si avvicinò allo specchio e si osservò attentamente... un senso di smarrimento le percorse la schiena, come una scossa...
Andrè decise di tornare a casa Jarjayes proprio quel giorno, per informare sua nonna che si sarebbe arruolato nei soldati della guardia.
La nonna accolse Andrè con le lacrime... e rimproverandolo, come al solito, per averla fatta stare in pensiero... Andrè fu felice di questa accoglienza, la nonna sapeva sempre farlo sentire a "casa", amato.
Dopo aver informato la nonna d'essersi arruolato nei soldati della guardia, e dopo la sua ennesima  sfuriata, Andrè era pronto a lasciare la casa ma...
"Andrè prima di andartene devi vedere come è bella la nostra madamigella Oscar, il generale Jarjayes ha acquistato per lei un un magnifico abito per il ballo in suo onore che si svolgerà stasera... La nostra Oscar sta per sposarsi Andrè"
Ad Andrè sembrò che il cuore gli si fosse fermato nel petto, per qualche istante, ritornò in sé soltanto quando la nonna lo trascinò nella stanza di Oscar...
Andrè rimase senza parole, aveva già visto Oscar vestita da donna la sera in cui danzò con Fersen, ma quel giorno era, se possibile, più bella.
Oscar si girò di scatto, vide Andrè ed istintivamente si diresse verso di lui trasportata dalla rabbia, lo guardò dritto negli occhi e con voce gelida disse...
"è così che dovrei essere Andrè? è questo che dovrei essere?"
Andrè non disse nulla, si avvicinò ad Oscar, portò le mani tra i suoi capelli e li sciolse... i lunghissimi capelli biondi di Oscar scivolarono sulle spalle e poi giù lungo la schiena nuda... Oscar non si mosse, non disse nulla, in quel momento le sembrava difficile anche respirare... Andrè  fece scendere le mani lungo il viso di Oscar e delicatamente passò il pollice sulle sue labbra, erano così calde, tolse ogni traccia di belletto... Oscar sentì il cuore accelerare i battiti...
La mano di Andrè  trovò quasi da sola la strada che dalle labbra giungeva al petto di Oscar e li si fermò, senza paura, senza imbarazzo, come se fosse naturale giacere su quella pelle candida, come se gli fosse permesso farlo...
"E' qui che una donna è donna, non in un abito o in un belletto... e tu lo sei Oscar, proprio qui."
Oscar tentò di dire qualcosa ma non uscì nulla dalle sue labbra se non un alito di respiro... Andrè le sorrise e uscì dalla stanza senza proferire parola.
Dopo qualche secondo di stordimento Oscar ritornò lucida e spinta da chissà quale voce dentro di lei corse fuori dalla sua stanza e poi giù lungo la scalinata di casa Jarjayes, corse a piedi nudi e le mani strette attorno all'abito, corse per raggiungere Andrè ma l'uomo era già scomparso nel buio della sera.
Oscar rimase immobile, con i pugni che ancora stringevano la stoffa dell'abito, rimase in quella posizione fino a che una folata di vento non la risvegliò, e allora si rese conto che doveva muovere almeno un passo, guardò di fronte a lei, nell'oscurità che aveva inghiottito Andrè, si voltò verso le luci accoglienti della propria casa, e una sorta di panico le montò dentro, le mancava il respiro, non sapeva che fare, non sapeva cosa voleva, non sapeva chi era... Voleva solo fuggire da tutto e tutti, fuggire da suo padre, fuggire da Girodelle, fuggire dalla serata in suo onore, fuggire da Andrè e dalle sue parole, e così fece, fuggì... fuggì nell'oscurità della notte, con i piedi nudi e l'abito ancora stretto tra le mani.


Andrè stava camminando senza fermarsi, non avrebbe potuto farlo, se si fosse fermato sarebbe tornato indietro, sarebbe tornato indietro da lei, la sua Oscar, così ordinò alle gambe di continuare finché avrebbero retto.
Camminò cercando di cancellare dalla propria mente l'immagine di Oscar che i suoi occhi avevano catturato poco prima, ma non riusciva, sentiva ancora il profumo dei suoi capelli, il calore delle sue labbra e la curva del suo seno sotto le dita... fece di tutto per non pensare, ma quel pensiero era troppo forte, come avrebbe voluto poterla guardare ancora, studiare ogni singolo dettaglio di quella nuova Oscar... la pelle delicata, l'abito che metteva in evidenza forme inaspettate, e la curiosità di scoprire cosa vi era celato al di sotto di quella raffinata stoffa di seta nera... Andrè rise, rise di se stesso, lui, un attendente, un servo, non avrebbe dovuto fare certi pensieri su madamigella Oscar... rise ancora più forte immaginando la voce della nonna, e proprio il pensiero di quella vecchina lo riportò indietro, verso casa Jarjayes, dove avrebbe salutato la nonna, ripreso il suo vecchio sacco marrone e sarebbe andato via, verso una nuova vita, forse.


Nessuna luce ad illuminare casa Jarjayes, Oscar si fece scudo del buio per rientrare, ma prima o poi, lo sapeva, avrebbe dovuto affrontare suo padre, ma non in quel momento, non quella notte.
Attraversò il cortile del  palazzo ed entrò in punta di piedi dal retro, sarebbe passata dalle cucine, senza far rumore, un passo dopo l'altro fino alla propria stanza.
Arrivò quasi alla soglia della cucina quando sentì dei passi dietro di lei, chi poteva essere? La governante? Suo padre? Si voltò per vedere chi fosse ma quel gesto fu tanto brusco da farle perdere l'equilibrio, già poco stabile tra tutta la stoffa dell'abito.
Oscar sentì il suo corpo precipitare all'indietro ed era conscia del fatto che non avrebbe potuto far nulla per arrestare quella caduta, attendeva soltanto di toccare terra, ma non fu così, una mano afferrò il suo braccio e si sentì trascinare verso quel qualcuno che le aveva risparmiato una brutta caduta.

“chi sei?”
“sono io Oscar, sono sempre io...”
“Andrè... io... grazie”
“non ringraziarmi Oscar, ero qui per caso”
“ora puoi lasciarmi Andrè, credo di riuscire a stare sulle mie gambe”

Lasciare la presa attorno al corpo di Oscar fu difficile, ma Andrè la lasciò andare, perchè era giusto così, perchè non avrebbe potuto fare altrimenti. La vide girarsi e voltargli la schiena e sentì i suoi capelli solleticargli il viso, respirò profondamente il suo profumo e poi accese una candela pronto ad andare nella sua stanza, raccogliere il sacco e andarsene.

“Andrè! Spegni immediatamente la candela!” disse Oscar con fare rabbioso
“che ti prende Oscar, sei impazzita?”
“Andrè nessuno deve sapere che sono qui. Non voglio svegliare tua nonna o peggio mio padre. Non posso affrontarlo ora”
“Oscar non capisco...”

Un cigolio di porta, dei passi, sempre più vicini, una voce...
“Oscar, Oscar, sei tu?” la voce del generale Jarjayes risuonava in tutta la casa
“non voglio vedere mio padre” disse Oscar, più a se stessa che alla persona che in quel momento era nella stanza con lei
Andrè non conosceva la natura del turbamento di Oscar ma sapeva di dover far qualcosa, spense la candela con un soffio, afferrò il polso di Oscar e la trascinò con lui fuori dal palazzo, accanto alle scuderie, la fece appoggiare al muro e si mise davanti a lei, immobile.
Il generale Jarjayes uscì dalla casa, chiamò Oscar un paio di volte, perlustrò il cortile, e quando si rese conto che non c'era nessuno rientrò in casa borbottando contro la servitù che come al solito aveva dimenticato di chiudere la porta del retro, facendo entrare così, come era già successo qualche animale in cerca di cibo.
Oscar si sentiva sollevata, respirò profondamente e ringraziò Andrè
“comincia a far freddo Oscar, è meglio se ci ripariamo nelle scuderie”
“si” fu tutto quello che disse Oscar
Nelle scuderie c'era sempre un bel tepore, il calore dei cavalli, il loro respiro, rendevano tutto più caldo, più accogliente. Andrè accese la piccola lanterna che dondolava dal soffitto e quando si voltò la vide, la sua Oscar, in piedi poco distante da lui, con i suoi bellissimi capelli biondi, che le ricadevano lungo il corpo, in contrasto con quell'abito nero che ormai stava abituandosi a vederle addosso... stava nuovamente perdendosi in quei pensieri, ma non era il momento adatto, ora voleva far luce sul perchè Oscar voleva nascondersi dal generale Jarjayes.

“Allora Oscar, adesso vuoi dirmi perchè nessuno deve sapere che sei tornata? Non aspettavano il tuo ritorno dalla serata a palazzo Bouillé?” chiese Andrè sedendosi su un mucchio di fieno
“Io...” Oscar sentiva la voce uscirle a fatica, camminava nervosamente tormentando la stoffa dell'abito con le mani
“Io... io non ci sono andata. Non sono andata alla serata organizzata per me dal generale Buie”
Andrè si sentì sollevato ascoltando quelle parole.
“Io non potevo andarci Andrè, non potevo. Io non voglio sposarmi. Io voglio vivere come un uomo”
“Oscar tu non potrai mai essere un uomo, ma credo di aver già affrontato questo discorso con te”
“non ho chiesto il tuo parere Andrè”
“Non mentire a te stessa Oscar, davvero non hai provato nulla quando ti sei guardata con quell'abito indosso?” Andrè si alzò dal mucchio di fieno e camminò fino ad arrivare di fronte ad Oscar
“No Andrè non ho provato nulla” rispose Oscar mentre le sue mani tormentavano ancora la stoffa dell'abito
“Sei una bugiarda terribile Oscar” disse Andrè ridendo “adesso però vieni a sederti, stai tremando per il freddo”

I due giovani si sedettero sulla paglia, accanto ai loro cavalli, in cerca di un po' di calore. Rimasero in silenzio a lungo fino a quando la voce di Andrè disse, timidamente
“Oscar, ricordi quando da bambini ci nascondevamo qui dentro per ore, sotto la paglia, per far impazzire mia nonna?”
“eravamo terribili Andrè” Oscar rideva, ridevano entrambi, come quando erano bambini... risero per minuti interminabili, fino alle lacrime, fino al calare di un silenzio inevitabile.
La candela nella lanterna era arrivata alla fine, il buio avvolse le scuderie, e in quel momento Oscar poggiò la testa sulla spalla di Andrè, sicura dietro la maschera della notte, ed Andrè mise la sua mano tra i capelli di Oscar, accarezzandoli
“Buonanotte Oscar”
“Buonanotte Andrè”

Era giorno, ed era ormai giorno anche nelle scuderie, i raggi di sole filtravano attraverso le travi di legno, disegnando strane forme sulla paglia.
Andrè fu il primo a svegliarsi, infastidito da una mosca che gli ronzava sul viso, aprì gli occhi e si stiracchiò portando le braccia sopra la testa e sbadigliando rumorosamente, era ancora tutto confuso dal sonno, cercò di alzarsi ma non riuscì e si sorprese nel vedere i capelli biondi di Oscar sul proprio petto, aveva quasi dimenticato che avevano passato la notte insieme nelle scuderie.
Oscar dormiva ancora, con la testa abbandonata sul petto di Andrè, stesa su un fianco, aveva avuto una nottata movimentata a giudicare da quello che gli occhi del giovane, suo malgrado, stavano guardando... l'abito nero era alzato per metà lasciando scoperta una gamba... la gamba di Oscar era avvolta in una leggerissima calza nera che arrivava a metà coscia e li si fermava bloccata da un nastrino di raso bianco...
Per Andrè fu il panico, quell'immagine aveva fatto montare dentro di lui una voglia che conosceva fin troppo bene, voglia che in giovane età aveva soddisfatto prontamente con ragazze del suo rango, ma ora non avrebbe più potuto. Ed ecco di nuovo il panico che strisciava sotto la pelle, che fare? Svegliare Oscar bruscamente e scappare via? Andrè non ebbe il tempo di agire, Oscar si mosse, si fece ancora più vicina a lui e finalmente aprì gli occhi guardandosi attorno confusa, Andrè non disse nulla, non si mosse, a malapena riusciva a respirare.
Oscar percepì il corpo caldo del suo amico sotto di lei e non avendo più la maschera della notte a nasconderla si mise a sedere, il più velocemente possibile.
“Buongiorno Andrè”
“Buongiorno Oscar” fu tutto ciò che riuscirono a dire.
Dopo qualche secondo Oscar uscì dalle scuderie diretta verso casa, verso quel padre che avrebbe dovuto finalmente affrontare.
Andrè prese il suo sacco, salì sul cavallo e cavalcò lontano da casa Jarjayes.

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Oscar salì le scale correndo, con la voglia di raggiungere la propria stanza e rintanarcisi dentro, per sempre, se solo fosse stato possibile, non aveva voglia di affrontare suo padre, non aveva nessuna voglia di parlare, ascoltare e discutere, voleva soltanto togliersi quel vestito di dosso e non pensare a niente, o quasi...
Oscar entrò nella stanza e chiuse la porta a chiave, respirava affannosamente, riprese fiato e fu subito di fronte allo specchio, si guardò, meno inquieta della sera prima, sorrise divertita all'immagine riflessa, dei fili di fieno tra i capelli e imprigionati tra i pizzi dell'abito... ripensò a ciò che le aveva ricordato Andrè quella notte, di quando erano bambini e giocavano nascosti nelle scuderie, si sentiva esattamente così in questo momento, adesso come allora... quando la governante, dopo averli trovati sotto un mucchio di fieno li riportava a palazzo strattonandoli per le braccia, Andrè chiuso nella sua camera con la promessa di mandarlo a letto senza cena e lei, la piccola madamigella Oscar, costretta ad un bagno forzato, mentre i vestiti le venivano tolti guardava divertita i fili di paglia uscire da ogni dove, una manica, dall'elastico dei pantaloni, nelle scarpe, tra le calze, senza contare quelli tra i capelli, sembravano non finire più... adesso come allora si mise a contare ogni pagliuzza di fieno mentre ancora rideva divertita.
Smise di giocare con le pagliuzze ed i suoi occhi si posarono di nuovo sullo specchio, guardava la propria immagine, così diversa dalla Oscar di sempre, perfino diversa dalla Oscar della sera prima, davanti a lei c'era un'anima confusa, strizzata dentro ad un abito nero, ormai sgualcito, i capelli arruffati ed il trucco che le rigava il viso come lacrime oscure. Si guardava e non riusciva a riconoscersi. Si guardava e per la prima volta in vita sua si trovava bella.
Lasciò cadere l'abito a terra, la pelle scoperta, nuda, aveva indosso solo le calze, Oscar diede uno sguardo veloce allo specchio e poi corse ad infilarsi una camicia, si lavò il viso e si infilò a letto, decisa a non alzarsi più, mai più... se solo avesse potuto. Ma qualcosa la svegliò, o meglio, qualcuno...

“Oscar, apri la porta!”
“Oscar, apri per favore, mi stai facendo preoccupare!”

Urla e pugni sbattuti contro la porta, questo fu il risveglio di Oscar, la governante non avrebbe smesso finché non avesse aperto.

“entra ma smettila di urlare” disse Oscar aprendo la porta, e si rimise a letto, sotto il lenzuolo
“Oscar, ma cosa succede? Stamattina tuo padre ha ricevuto la visita del generale Buille, e prima di andarsene si è raccomandato di lasciarti dormire. Cosa succede bambina mia? Mi nascondete qualcosa, lo so.”

Oscar rimase di stucco, suo padre sapeva tutto e non l'aveva trascinata giù per la scalinata e presa a schiaffi?  Ora non voleva pensarci, l'aveva scampata e questo era un bene.

“Non ti stiamo nascondendo nulla, stai tranquilla. Ma dimmi, che ore sono?”
“è tardi Oscar, è tardi, è mezzogiorno passato... ma non cambiare discorso, mi nascondete tutti qualcosa, tu, il generale, perfino Andrè! Dove sarà il mio bambino adesso? Quell'incosciente! Mi farete diventare matta” la vecchia governante stava piangendo disperata
“Non piangere, ti prego, guardami. Io e Andrè siamo grandi, siamo degli adulti, non siamo più dei bambini, non ti devi preoccupare, siamo in grado di badare a noi stessi. E credimi, non ti stiamo nascondendo nulla, non potrei mai mentirti” Oscar cercava di rassicurare la vecchia governante, si fece più vicina a lei e le poggiò la testa sulla spalla, lasciandosi accarezzare i capelli.
La governante lasciò la stanza poco dopo, più serena, Oscar si alzò a fatica dal letto, si vestì e scese di sotto.
Entrò nel soggiorno e sentì un tuffo al cuore, il generale, suo padre, era lì, seduto sulla poltrona, quando era tornato? Non l'aveva sentito rientrare.

“Ben alzato Oscar”
“Padre io... io...” Oscar non trova le parole
“Oscar non ti preoccupare, ho dato io ordine alla governante di lasciarti dormire, non ti devi scusare”
“ma...” ora, non solo non riesce a trovare le parole, non ne ha più.
“Oscar credo che tu abbia bisogno di riposarti in attesa di prendere servizio tra i soldati della guardia, sentiti libero di fare tutto ciò che vuoi, andare nella nostra villa in Normandia, ad Arras, o rimanere qui, potresti dare un ricevimento. Tutto ciò che vuoi Oscar.” il generale ha una voce dolce, quasi malinconica.
“Partirò per un un mese, io e tua madre abbiamo deciso di andare a trovare dei lontani parenti che non vediamo da tempo”
“Vi ringrazio padre. Fate buon viaggio.” anche la voce di Oscar è malinconica, suo padre non solo non l'ha punita per non essere andata al ballo in suo onore, ma addirittura la esortava a fare tutto ciò che avesse voluto, come se, improvvisamente si fosse reso conto delle costrizioni imposte alla figlia. Oscar avrebbe voluto urlare a suo padre che nessun viaggio o ricevimento avrebbe potuto cancellare la sua vita, la vita che lui aveva scelto per lei, ma non disse nulla, in fondo era felice di vedere in suo padre un briciolo di umanità, almeno una volta in tutta la sua vita.
Oscar si congedò dal padre e uscì per una lunga cavalcata. Tornò a palazzo che era già buio, aveva cavalcato senza sosta, col vento che le schiaffeggiava il viso e nessun pensiero per la testa, ma ora che era a casa i pensieri avevano ricominciato a sussurrarle all'orecchio.
La governante informò Oscar che i genitori erano partiti nel pomeriggio, questo pensiero la sollevò, sentiva il bisogno di stare sola, e la partenza di suo padre era una benedizione in quel momento.
Mangiò qualcosa molto velocemente, più per far piacere alla vecchia governante che per la fame in sé, rimase un po' in soggiorno davanti al fuoco e poi si ritirò nella sua stanza.
Si mise sul letto con un libro in mano, lesse le prime 5 righe e poi non le riuscì di andare avanti, non era in grado di concentrarsi, aveva così tante parole nella testa, parole che cercava di ignorare, ci provò anche quella sera ma perse la battaglia contro se stessa, avrebbe dovuto ascoltarsi questa volta. Buttò il libro a terra si portò le mani sugli occhi e premette forte, come a rimandare indietro le parole, le frasi, quelle maledette voci che non stavano zitte un secondo... non si ribellò più, si mise un braccio sugli occhi e ascoltò ogni voce, ogni frase, ogni parola...
Era spaventata e confusa, questo il succo di tutte quelle voci, ed era vero, aveva paura, paura di ciò che era stata, di ciò che pensava di poter essere il giorno che decise di andare ad un ballo per conquistare Fersen, e di ciò che voleva diventare ora... tutto vero... e poi c'era Andrè. Andrè che gli aveva confessato il suo amore, e quel bacio che non aveva mai nemmeno immaginato potesse accadere, con chiunque, tanto meno con lui. La paura, la rabbia, la vendetta nei suoi confronti. Andrè che l'aveva toccata, la sera prima, tra loro c'era sempre stato il contatto fisico, durante i combattimenti, i giochi, le pacche amichevoli, ma mai come la sera precedente, lui gli era stato così vicino, sentire la sua mano tra i capelli le aveva dato i brividi e la sua mano sul seno, quel seno che odiava, l'aveva fatta sentire “strana”, così strana da desiderare che lui la toccasse ancora... e lo svegliarsi sul suo petto stamattina, così vicino a lui, tanto da sentire il suo cuore battere, il calore del suo corpo e non desiderare d'essere da nessun altra parte.
“Oscar sei impazzita” le uscì piano dalle labbra. E pensò che stava perdendo la testa.
“...non posso perdonarlo, sono così in collera con lui. Non sarà mai più come prima” disse questa volta con un tono di voce più elevato.
Oscar si mise seduta sul letto e si sbarazzò di quelle stupide voci, decise che era ora di fare due passi e bere qualcosa. Aprì la porta piano per controllare che tutta la servitù fosse già a letto, non aveva voglia di rivestirsi solo per andare a prendere una bottiglia di vino, scese in cucina così com'era, con indosso solo una lunga camicia. Si sentì come una ladra, come quando da bambina scendeva per rubare i pasticcini che, sua madre e le dame con le quali si intratteneva durante il pomeriggio, avanzavano... a pensarci bene da bambina veniva sempre scoperta e punita... che diavolo, adesso era adulta... prese la bottiglia di vino e si voltò per uscire dalla cucina quando...
“Oscar”
Bum, un colpo al cuore, e le mani d'istinto lasciano la presa e in un attimo la bottiglia di vino è a terra, facendo un fracasso tremendo.
“che diavolo ci fai qui, mi hai fatto morire di paura, adesso avrai svegliato...” Oscar non riuscì a finire la frase.
“oh dio del cielo, cosa succede?” la cara vecchia governante, dal sonno superleggero, armata di mestolo e di una candela.
“Oh santo cielo, Oscar, cosa hai combinato?”
“ehm... volevo un bicchiere di vino, non riuscivo a dormire, ho inciampato e la bottiglia mi è volata via dalle mani” disse Oscar senza pensare
“vino in piena notte? Che razza di abitudini hai preso Oscar! E che dio mi assista, cosa hai indosso? Ti faccio una tazza di the e poi fili a letto. Ah guarda che disastro, devo pulire immediatamente” la vecchia governante era visibilmente spazientita
“Lascia stare, non ho più voglia di bere. Torna a dormire, è tardi, sistemerò io questo guaio, e non accetto un no come risposta, è un ordine! Sei stanca vai a riposare”
“ma... madamigella Oscar...”
“niente ma, vai, ci vediamo domattina. Buonanotte” disse Oscar passando la mano sulla spalla della governante
“Grazie Oscar, grazie. Buonanotte bambina”
Oscar aspettò di sentire la porta della camera della governante chiudersi prima di muovere un passo, e solo a quel punto facendo attenzione a dove metteva i piedi, per non ferirsi con i vetri della bottiglia, fece un passo indietro, si voltò e sbatté contro qualcosa, facendola spaventare per la seconda volta, si voltò e il viso divenne  una maschera di rabbia
“Andrè!” ringhiò Oscar
“meno male che questa volta non avevi in mano nulla”
“idiota! Che diavolo ci fai qui, e poi, solo ora compari, dove eri finito quando è piombata qui tua nonna? E sia chiaro che non pulirò io quel casino!”
“Certo, non vogliamo che madamigella Oscar si ferisca una mano... ho capito, pulirò io”
Andrè prese una pezza e raccolse il vino e i pezzi di vetro, mentre Oscar rimaneva ferma, immobile, a guardare, cercò di pulire alla bene e meglio, il vino si era sparso ovunque, sul pavimento, sui muri e... sui piedi e le gambe nude di Oscar... quale occasione migliore per colpirla...
“Oscar devo raccogliere tutto il vino?”
“Andrè che razza di domande fai, certo che devi pulire ogni traccia di vino.”
“Come vuoi Oscar, allora dovrò toglierlo anche dalle tue gambe...” disse Andrè con un sorriso malizioso
“Non provare a toccarmi” la voce di Oscar si era fatta dura, arrabbiata, e ad Andrè morì il sorriso sul volto.
“Perchè sei tornato Andrè? Pensavo avessi deciso di andartene per sempre”
“Sono tornato per prendere dei documenti di cui ho bisogno e la mia attrezzatura da stalliere, non pensavo mi sarebbe servita, e invece...”
“capisco. Ora scusami, torno a letto. Prendi quello che devi e poi vattene.” Oscar era dura, glaciale, non lo guardò quando uscì dalla cucina.
“Certo Oscar. Buonanotte”
Oscar camminò veloce su per la scalinata di casa, era arrabbiata, Andrè era di  nuovo li e questa cosa la infastidiva tremendamente, tutto è così difficile quando lui gli è attorno, specialmente quando indosso ha poco e niente, sentì bruciare le guance a quel pensiero.
Entrò nella sua stanza e si stese sul letto, le mani sugli occhi, per cercare, come poco prima, di allontanare i pensieri e la rabbia... sembrò riuscirci quando sentì un rumore.
“Oscar, perdonami, posso entrare? Ho portato una bottiglia di vino, scusa per prima, non volevo spaventarti.”
“Andrè vattene, non è davvero il momento giusto” la voce di Oscar era stanca, debole, ancora le mani sugli occhi, le premeva sempre di più, come a tentare di soffocare ogni pensiero.
Andrè non rispondeva, forse era già andato via, pensò Oscar, prima di sentire una mano posarsi sul suo braccio, che ritrasse subito, istintivamente, come fosse stata toccata dal fuoco. Era furiosa, Andrè era accanto al letto e la guardava senza dire una parola, e sopratutto non le aveva dato retta.
“Andrè ti ho detto di andartene!”
“Oscar, un bicchiere di vino. Per farmi scusare.”
“un bicchiere di vino? Bene.” Oscar strappò la bottiglia di vino ed un bicchiere dalle mani di Andrè, si versò il liquido e bevve tutto d'un fiato, e con sguardo di sfida disse
“Un bicchiere di vino, ecco fatto. Ora puoi andartene!”
“Ti comporti proprio come una bambina a volte” disse Andrè allontanandosi dal letto, diretto verso la porta.
Oscar era esasperata, “non stasera” si ripeteva, “non stasera”, cercò di controllarsi ma non ci riuscì, si alzò dal letto e in un attimo fu di fronte all'amico
“Non ti azzardare a darmi della bambina!” alzò la mano e fece per sferrargli uno schiaffo ma lui le bloccò la mano, stringeva il suo polso, forte, come quella famosa sera... la tirò verso di lui, i loro visi così vicini, i loro corpi attaccati, e lei che non reagiva a quell'affronto, mentre lui le prendeva il viso tra le mani e posava le sue labbra sulla sua fronte, in un bacio, affettuoso, e poi disse, sussurrando, ma deciso...
“Sei una bambina Oscar.” Andrè uscì dalla stanza e chiuse la porta, lasciando Oscar di nuovo senza parole.

Andrè tornò di sotto, bevve un paio di bicchieri di vino, ripose tutto per bene, cercò i documenti, sistemò gli attrezzi da stalliere in una sacca e si mise a letto, in quel letto che era stato “suo” per più di 20 anni, non se la sentiva di andarsene in piena notte, sarebbe andato via con le prime luci del giorno, ora aveva solo voglia di dormire, sperando di non sognare quelle piccole gocce rosse sulle gambe bianchissime di Oscar...

Nello stesso momento Oscar si stava infilando sotto le lenzuola più confusa ed inquieta di prima, si chiedeva cosa stesse succedendo nella sua vita, la gente attorno a lei, quelle persone che aveva sempre creduto di conoscere come le sue tasche erano come impazzite, agivano in modo inaspettato, in un modo che non avrebbe mai immaginato, suo padre, Andrè, Girodell...
“sono tutti impazziti...” non faceva che ripetere sottovoce fino a che non si addormentò senza accorgersene.
Oscar stava sognando, un brutto sogno, era in un bosco, sola, attorno a lei solo buio, apriva la bocca per chiedere aiuto, per chiamare qualcuno, ma non riusciva a emettere nessun suono, poi improvvisamente delle mani, la stringono da dietro, un corpo contro la sua schiena, calore, un profumo... un tuono fortissimo svegliò Oscar in quel momento, lasciandola smarrita, spaventata, si sentiva piccola, aveva voglia di piangere.
Oscar si alzò dal letto, ancora imbambolata dal sonno e dal brutto risveglio, aprì la porta della sua stanza e scese di sotto, attraversò il corridoio oltre la cucina, mise la mano sulla maniglia ed aprì la porta della stanza di Andrè senza nemmeno porsi il dubbio che lui avrebbe potuto non trovarsi li, ma lui c'era.
Andrè aprì gli occhi e la vide sulla soglia, con indosso solo la camicia, che le lasciava scoperte le gambe, esattamente come l'aveva vista quella sera in cucina, la camicia era troppo grande per lei pensò Andrè, una manica era scesa lungo il braccio lasciandole scoperta una spalla. Andrè pensò che avrebbe potuto anche morire in quel momento, e sarebbe stato felice.
Quando Oscar si rese conto che lui non l'avrebbe mandata via si avvicinò al letto, camminando con quella buffa andatura che hanno i bambini quando corrono nella stanza dei genitori dopo un brutto sogno, un lampo illuminò la stanza e allora  Andrè la vide, vide il viso di Oscar, triste, le labbra piene, imbronciate, e lei salì sul letto e si rannicchiò accanto a lui, posò la testa sulla sua spalla e si fece ancora  più vicina al suo corpo. Nessuno dei due disse nulla, Andrè prese il braccio di Oscar guidandolo attorno alla sua vita, non sentì resistenza questa volta, ma lui tenne comunque il braccio su quello di lei, per assicurarsi che non scappasse. Nessuna parola, solo respiri. Si addormentarono così, come se non avessero fatto altro che dormire in quel modo da sempre, si addormentarono così dimenticando tutto il resto.
Andrè si svegliò per primo, come sempre, a giudicare dalla poca luce che filtrava dalle finestre doveva essere molto presto, l'ora giusta per andarsene, pensò, anche se adesso non avrebbe voluto lasciare quella casa per nessun motivo al mondo, ma doveva farlo, l'episodio di quella notte era stato solo un caso, un gesto infantile di Oscar, nient'altro, come sempre. Ed Oscar era ancora li, rannicchiata contro di lui, con la testa sul suo petto, il braccio attorno alla sua vita e una gamba piegata sopra le sue gambe, la gamba di lei completamente nuda, Andrè poteva vederne perfettamente il polpaccio, il ginocchio, la coscia, vide anche le piccole goccioline rosse che ancora macchiavano la pelle candida e d'istinto, forse l'istinto di un pazzo, gli fece compiere un gesto folle, si portò un dito alla bocca, lo succhiò bagnandolo leggermente e poi fece scorrere il dito su quelle macchie, dal ginocchio alla coscia, fino a farle scomparire, si fermò giusto in tempo per rendersi conto che non era il caso di fare quello che stava facendo, e che non era il caso che Oscar gli stesse così vicino. Il giovane scivolò fuori dal letto senza svegliarla, si vestì velocemente e uscì dal palazzo.
Oscar si svegliò lentamente, un raggio di sole le si poggiò sul viso, scaldandole le guance, aprì gli occhi e cercò di mettere a fuoco, si stiracchiò e  poi si mise seduta, ancora frastornata, si guardò attorno e in meno di due secondi si rese conto che non si trovava nella propria stanza, per un istante non ne capì il motivo poi si ricordò cosa aveva fatto durante la notte e si sentì tremendamente imbarazzata, stupida.

“Stupida! Sei una stupida Oscar” disse a se stessa mentre camminava velocemente verso la propria stanza.

Oscar scese a fare colazione, sapeva che non avrebbe trovato Andrè, era andato via come promesso, come lei gli aveva intimato di fare, era un bene, pensò, non avrebbe potuto guardarlo in faccia dopo la stupidaggine che aveva fatto durante la notte... infilarsi nel letto di Andrè... cosa gli era passato per la testa?
“sto impazzendo come tutto il resto del mondo” sussurrò
“Bambina sei già sveglia? Vieni che ti preparo la colazione” la vecchia governante era già in piedi e pimpante
“Oh ti ringrazio, ma non ho molta fame, prendo solo una tazza di the” disse Oscar sedendosi al tavolo della cucina
“Oscar che fai? Vai in sala da pranzo, ti porto il the tra un attimo”
“Lo prenderò qui, non mi va di stare tutta sola in sala da pranzo”
“Lo sai che non è un comportamento consono ad una madamigella... però mi fa piacere averti intorno bambina”
“Lo so” disse Oscar col sorriso sulle labbra, anche a lei faceva piacere stare in compagnia della sua governante, l'aveva sempre trattata come una figlia, l'aveva sempre coccolata facendola sentire amata.
“Ecco il tuo the... e qui ci sono dei biscottini che ho fatto con le mie mani, so che ti piacciono”
“Grazie, ne prenderò un paio”

Dopo aver fatto colazione Oscar prese il cavallo e fece una lunga cavalcata, pensò che forse avrebbe potuto prendere in considerazione l'idea di passare del tempo nella villa in Normandia, era da tanto tempo che non si prendeva una vacanza, sentiva il bisogno di rilassarsi, e di non pensare, sopratutto.
Stava per tornare a casa quando sentì che qualcuno chiamava il suo nome

“Oscar! Oscar! Fermatevi” conosceva quella voce, era Fersen. Non lo vedeva dalla sera in cui la  farsa della contessa straniera era stata scoperta.
“Fersen” la voce di Oscar tremava leggermente
“Oscar, pensavo non vi avrei più raggiunta! Come state?”
“Bene. Sono a riposo per un po' di tempo, in attesa di prendere servizio nei soldati della guardia. E voi come state?”
“I soldati della guardia, la Regina mi ha informato di questo vostro nuovo incarico. Io sopravvivo Oscar, giorno dopo giorno, sopravvivo a me stesso e alla vita che mi è attorno, ai cambiamenti che questa Francia che ho sempre amato sta attraversando, ma tutto sommato posso dire di stare relativamente bene”
“Mi fa piacere Fersen” Oscar non sapeva cosa dire, le uniche frasi che le passavano per la testa erano così maledettamente banali e scontate
“Sentite Oscar posso avere il piacere di cenare con voi?”
“Certo Fersen, ma permettetevi di invitarvi da me”
“Accetto volentieri Oscar”
Cavalcarono fino a palazzo Jarjayes senza dire nient'altro, c'era tensione tra i due ed un lieve imbarazzo per i fatti accaduti poche settimane prima.

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Oscar fece accomodare Fersen in salotto e disse alla governante di aggiungere un posto in più per la cena di quella sera.
Terminata la cena Fersen propose ad Oscar una passeggiata nel giardino, in fondo la temperatura era mite quella sera.

“Allora madamigella Oscar, ditemi, come si sta in vacanza?” disse Fersen ridendo
Anche Oscar rideva
“...forse la prima vacanza della mia vita! Non so che dirvi Fersen, c'è troppo tempo libero, troppo ozio... mi annoio a morte!” Oscar rideva ancora più forte
“Oscar vi annoiate perchè non sapete come divertirvi, ci sono mille modi diversi per ingannare il tempo”
“di grazia, quali sarebbero questi mille modi conte di Fersen?” Oscar lo guardava con aria divertita
“La lettura, le passeggiate, i pettegolezzi, le chiacchiere inutili, i balli, i ricevimenti... l'amore...”
“non sono cose che mi interessano, escludendo la lettura e le passeggiate, vorrà dire che cederò all'ozio” Oscar era a disagio, lo si percepiva dal tono della sua voce
“Oscar, non volevo mettervi a disagio, vogliate scusarmi”
“Non vi scusate Fersen, non ve ne è motivo” lo rassicurò Oscar
“Ditemi Oscar, mi sono stupito di non vedere il vostro attendente, Andrè, avete concesso una vacanza anche a lui?” Fersen sorrideva
“Andrè non lavora più per la nostra famiglia, ed ora, sinceramente, non so dirvi dove si trovi. Non è più affar mio” la voce di Oscar si era fatta dura
“Capisco” il conte di Fersen avrebbe voluto non aggiungere altro ma...
“...certo per lui deve essere stato difficile rimanere alle vostre dipendenze per tutti questi anni”
Oscar si fermò di colpo voltandosi verso il conte
“Non capisco cosa volete dire Fersen”
“Oscar...” il conte avrebbe voluto rimangiarsi le parole uscite dalla propria bocca poco prima
“...è evidente che il vostro attendente provi per voi un sentimento che va al di la del semplice rispetto che si nutre verso la persona a cui si presta servizio”
“Avete ragione Fersen, siamo cresciuti insieme, siamo amici” Oscar tentava con tutta se stessa di rimanere calma
“Amicizia... certo” il conte non riuscì a trattenersi, scoppiò in una risata rumorosa
“Fersen non vi permetto...” Oscar era furiosa
“Oscar aprite gli occhi, non è amicizia il sentimento che il vostro attendente prova per voi, è qualcosa di diverso, qualcosa che a volte può distruggere un uomo... è amore” Fersen era ritornato serio, quasi malinconico
“Mi stupisco che non sia fuggito prima da questa casa... Perdonate la franchezza Oscar”
Oscar non disse nulla, rimase in silenzio mentre continuava a camminare lungo il giardini del palazzo, per qualche minuto le sembrò d'essere in una bolla di sapone, lontano da tutto, in un mondo ovattato e silenzioso, e in quell'istante capì che il sentimento che aveva provato per il conte di Fersen si era fatto meno intenso, si era sciolto senza darne segnale, si sentì sollevata, libera. Fersen toccò il braccio di Oscar riportandola alla realtà.
“Oscar non volevo turbarvi, le mie parole sono state inopportune, perdonatemi”
“...Fersen non vi preoccupate, sto bene. Dimentichiamo questa conversazione, ve ne prego. Dimentichiamo tutte le stupidaggini delle ultime settimane, le parole, i balli, gli abiti da donna, le contesse straniere, tutto, ve ne prego.”
“Oscar io...”
“Fersen no, non aggiungete altro, promettetemi soltanto che continueremo a vederci da buoni amici. Volete?”
“Non chiedo altro Oscar” anche Fersen sembrò più sereno, in pace con se stesso e con Oscar.

Fersen ed Oscar tornarono a palazzo e dopo un paio di bicchieri di liquore il conte salutò Oscar.

“E' stato un piacere, buonanotte Oscar” il conte prese la mano di Oscar, chinò leggermente il capo e gliela baciò, non come aveva fatto tante volte con innumerevoli fanciulle, come provocazione, come gesto di conquista, baciò la mano di Oscar in segno di puro e semplice affetto.
“E' stato un piacere anche per me Fersen, tornate presto a trovarmi. Buonanotte”
Oscar guardò Fersen andare via, rimase sull'uscio del palazzo per un po', la temperatura era davvero piacevole quella sera, pensò Oscar mentre un venticello leggero le solleticava il viso, chiuse gli occhi e respirò profondamente, poi entrò in casa.
Si fece preparare la vasca e si concesse un lungo bagno dopo aver congedato la vecchia governante che non aveva nessuna intenzione di lasciarla sola “Oscar lascia che ti aiuti... Oscar dovrò pettinarti  i capelli dopo il bagno... Oscar una madamigella ha sempre l'aiuto di qualcuno per il bagno...”, a fatica ma riuscì a convincerla ad andare a letto.
Oscar non amava fare il bagno, o meglio, aveva sempre odiato avere davanti agli occhi il proprio corpo nudo per così tanto tempo, ed anche ora la cosa le dava fastidio, sopratutto ora che stava facendo di tutto per essere un uomo, se solo avesse potuto esserlo anche fisicamente, allora si che sarebbe stata la perfezione, ma non era possibile, aveva un corpo femminile, le gambe lunghe ed esili, i fianchi arrotondati, il seno pieno, le braccia esili... Oscar chiuse gli occhi per non vedere ciò che avrebbe voluto cancellare per sempre e si immerse completamente nell'acqua fino a quando non riuscì più a trattenere il fiato.
Rimase nell'acqua per un'ora abbondante prima di decidersi ad uscire, si vestì velocemente per la notte, tamponò i lunghi capelli e si mise seduta alla scrivania a leggere un po'... ogni tanto delle gocce scivolate lungo le ciocche di capelli bagnavano le pagine del libro che stava leggendo... rimase alla scrivania, persa nelle parole, fino a quando non sentì i capelli completamente asciutti, allora si alzò e si mise sul letto, serena, tranquilla, senza pensieri.
Dormì come un sasso tutta la notte e avrebbe dormito ancora se non fosse stata svegliata dalla governante.

“Oscar bambina mia, svegliati! Il conte di Fersen ti sta aspettando in salotto!” urlò la governante nelle orecchie di Oscar
“Accidenti, ti ho sentita, credo ti abbia sentita l'intera Francia!”
“Alzati immediatamente, non vorrai far attendere il tuo ospite!”
“Mi alzo, dannazione, ma smettila di urlare!”

Bel risveglio, pensò Oscar, davvero un bel risveglio! Si alzò a fatica dal letto, si vestì e scese in salotto, maledicendo il conte di Fersen ed il suo essere fin troppo mattiniero...

“Buongiorno Oscar” Fersen riusciva ad essere solare e bellissimo anche di prima mattina
“Buongiorno Fersen, non mi aspettavo di vedervi così  presto” disse Oscar con una leggera punta di ironia
“Mi spiace avervi svegliata così presto Oscar ma ho pensato di ricambiare la vostra cortesia invitandovi a colazione...”
“Onoratissima Fersen”
“Bene Oscar, prendete il cavallo e seguitemi” e così dicendo il conte salì sul suo cavallo, sul quale vi era poggiato un cestino da picnic e partì al galoppo... Oscar lo seguì senza chiedere nulla, riusciva soltanto a ridere... un picnic con Fersen le sembrava semplicemente buffo...
Fecero colazione seduti sull'erba, davanti ad un laghetto, mangiarono fino a scoppiare, tra una risata ed un pettegolezzo...

“Fersen siete diventato una dama molto pettegola...” Oscar non riusciva a smettere di ridere
“Madamigella Oscar, io una pettegola? Assolutamente no... è che stando alla Reggia tutto il giorno certe voci mi giungono all'orecchio senza che io possa impedirlo...” e scoppiò a ridere anche lui
“Ditemi Fersen, cosa dicono di me quelle voci?”
“Oscar avete spezzato centinaia di cuori lasciando la Guardia Reale, le dame si struggono al pensiero di non potervi più vedere alla Reggia... tutti sentono la vostra mancanza, anche la mia Regina” e su quell'ultima frase a Fersen morì il sorriso
“Manca molto anche a me la Regina, le farò visita al più presto... ma non vi rattristate conte, ve ne prego, raccontatemi altri pettegolezzi” Oscar comprendeva il dolore di Fersen, quel dolore che solo un innamorato che non può avere ciò che vorrebbe può provare
“Sono a conoscenza di un pettegolezzo che vi potrà interessare Oscar... mi sono giunte voci che il vostro attendente ha fatto domanda per entrare nei soldati della guardia”
“Andrè... cosa?” Oscar era visibilmente sconvolta
“Oscar non vi preoccupate, non è ancora stato arruolato e poi non è più affar vostro, no?”
“Si, certo... vogliamo andare Fersen? Ho degli impegni inderogabili che mi aspettano.”
“certamente Oscar, non voglio trattenervi”
Non c'era nessun impegno ad attendere Oscar, solo la voglia di tornare a casa per non mostrare al conte di Fersen la rabbia che la stava divorando.
Come aveva potuto fare domanda per entrare tra i soldati della guardia? Come aveva potuto, quell'incosciente di Andrè fare una cosa simile?
“Che faccia come gli pare” disse infine Oscar, in fondo non era più un suo problema, pensò.
Oscar cercò la vecchia governante per informarla che non avrebbe cenato, la colazione troppo abbondante le aveva fatto perdere l'appetito, entrò nella cucina ma non la trovò...
“Madamigella la governante si è recata in città con un domestico, sarà di ritorno a momenti. Mi scusi ora, torno alle mie faccende.”
“Grazie Marie”
Andò in soggiorno, si sedette sulla poltrona a sorseggiare un bicchiere di vino, l'aveva appena terminato quando riconobbe la voce della vecchia governante

“Avanti Pierre, sbrigati porta dentro tutto!” Oscar si domandava come mai ad una donnina così piccola fosse stata data una voce tanto forte... si alzò per dirle di non cucinare nulla, sapendo già che l'avrebbe rimproverata per questo...
“Pierre vuoi sbrigarti con quelle provviste?... Oscar, bambina guarda...”
Oscar non le fece finire la frase, non aveva nessuna voglia di starla ad ascoltare, sicuramente aveva qualche storia da raccontarle, qualche pettegolezzo o semplicemente un appunto da farle...
“Prima che tu dica qualcosa... volevo informarti che non cenerò questa sera la colazione di...” ad Oscar si fermarono le parole in bocca quando vide entrare Andrè dalla porta della cucina
“...la colazione di? Oscar, bambina, finisci la frase o chiudi la bocca altrimenti ci entreranno le mosche!” la riprese la governante
“la... la colazione di stamattina è stata abbondante, mi ha tolto l'appetito”  riuscì a finire Oscar
“Oscar” disse Andrè passandogli accanto e riponendo un grosso cesto sul tavolo
“Ciao Andrè” quasi sussurò abbassando gli occhi
“Oscar hai visto chi ho portato a casa, il mio Andrè, l'ho incontrato per le vie di Parigi e l'ho invitato a passare un giorno con me. Non ti spiace, vero?”
“No, no. Va benissimo, hai fatto bene. Ora se volete scusarmi.”  ed era già fuori dalla cucina.

Andrè cenò con la nonna, rimasero al tavolo a chiacchierare con gli altri domestici, Oscar sentiva il vociare e le risate dalla propria camera, ma non scese, nemmeno quando la fame iniziò a farsi sentire.
Era da poco passate la mezzanotte quando la governante si ritirò a riposare, era tardi per lei ma quella era una sera speciale, era da tanto che non passava del tempo con Andrè, ma era tardi per le sue povere ossa stanche, così disse al nipote prima di abbracciarlo forte e raggiungere la  propria stanza. Anche gli altri domestici poco dopo sparirono a riposare, ed ora sulla casa era sceso un silenzio quasi irreale.
Oscar era seduta alla scrivania tentando di leggere, tentativo vano, aveva troppa fame per riuscire a concentrarsi. Scese in cucina per mangiare qualcosa.
Andrè era sulla soglia della cucina, aveva sentito un rumore e si era alzato a controllare, vide Oscar girata di spalle che si alzava sulle punte dei piedi ed allungava le braccia per prendere il barattolo dei biscotti, la nonna lo nascondeva ancora, anche se lui ed Oscar ormai erano adulti... Pensò che sarebbe stato più opportuno andar via ma non poteva non guardarla con indosso soltanto quella camicia che stava diventando la sua ossessione notturna, non poteva non guardare le sue gambe tendersi per stare sulle punte e quei meravigliosi capelli biondi che le ricadevano lungo la schiena, non poté resistere...

“Non hai perso il vizio di rubare i biscotti” lo disse ad alta voce, di proposito,
“Dannazione Andrè” disse Oscar voltandosi di scatto verso di lui, ma tenendo ben saldo il barattolo dei biscotti
“Non sei un po' troppo cresciuta per fare queste cose Oscar?”
“Vai al diavolo” disse lei uscendo dalla cucina
“Non mi offri nemmeno un biscotto?” fece Andrè avvicinandosi lei e al barattolo
“Prendili tutti, e strozzatici” ringhiò Oscar posando il barattolo sul tavolo del salotto e allontanandosi da lui
“Adesso basta!” urlò Andrè poco dopo aver afferrato il braccio di Oscar
“Chi credi di essere Oscar? Non sono più alle tue dipendenze, sono un'ospite, e non accetto d'essere trattato in questo modo solo per aver scherzato con te. Chiaro?”
“Togli la mano dal mio braccio, subito” anche Oscar stava urlando
“E se non lo faccio cosa farai? Mi prenderai a schiaffi?”
“Andrè toglimi le mani di dosso”
Ma  Andrè non lasciava la presa, anzi, stringeva ancora di più le dita attorno al braccio di Oscar, era accecato dalla rabbia, spazientito di fronte all'ennesimo folle comportamento di lei.
“Sei soltanto una bambina viziata Oscar”
“Io sarò una bambina viziata ma tu, Andrè, sei tanto stupido da arruolarti nei soldati della guardia.” Oscar non urlava più adesso, vomitò quella frase senza alzare la voce, ma arrivò comunque dritta al cuore, come un pugnale.
Andrè le lasciò il braccio.
“E' una mia scelta Oscar e non ti deve interessare, e non importa se lo ritieni un gesto da stupidi, è la mia vita. La mia vita. Non è più affar tuo”
Entrambi tornarono nelle loro stanze senza aggiungere altro, mentre il barattolo rimase sul tavolo del soggiorno.
Oscar entrò in camera sbattendo la porta, andò a letto dimenticandosi della fame e maledicendo il giorno che Andrè mise piede nella sua vita, era così arrabbiata con lui... arrabbiata per averla baciata quella sera, arrabbiata perchè se n'era andato via, arrabbiata perchè si stava arruolando nei soldati della guardia... era una pazzia! Andrè tra i soldati della guardia, non era un posto adatto a lui, così violento, così spietato... i pensieri scorrevano veloci nella mente di Oscar e pensiero dopo pensiero si rese conto che non era solo rabbia quella che le bruciava l'anima, era paura, la paura che ad Andrè potesse succedere qualcosa, paura di perderlo per sempre, non accettava questo pensiero eppure c'era, forte, dentro di lei. Si impose di dormire pur di far tacere le voci nella testa.
Le riuscì di dormire fino a che non sentì la pioggia sbattere contro i vetri delle finestre e allora si svegliò, era ancora notte le scoppiava la testa e aveva una fame tremenda, si obbligò a scendere per riprendere il barattolo abbandonato in salotto. Scese al buio, col solo rumore della pioggia a farle da sottofondo, entrò e prese il barattolo, mangiò un paio di biscotti, in piedi di fronte alla finestra, guardando la pioggia, si sentiva meglio, anche il mal di testa stava passando.
Riportò il barattolo in cucina, al buio, conosceva perfettamente il nascondiglio “segreto” dei biscotti, lo ripose e ritornò nella propria stanza. Si mise rannicchiata su un fianco, come quando era bambina, e chiuse gli occhi ascoltando la  pioggia.
Andrè l'aveva vista davanti alla finestra del salotto, l'aveva vista entrare in cucina e scomparire  lungo la scalinata, e tutta la rabbia era scivolata via, come se il buio e la pioggia avessero il potere di inghiottire e pulire ogni traccia di rabbia e dolore, o almeno era così che lui si sentiva, ripulito da ogni brutto pensiero, ora voleva solo starle accanto come aveva fatto lei qualche notte prima, e così si ritrovò a compiere gli stessi gesti di Oscar, camminare sugli stessi passi, ed entrare furtivamente nella stanza di lei, con la speranza di non venir cacciato.
Andrè entrò nella stanza di Oscar e camminò fino al suo letto, la vide voltarsi verso di lui  e quando provò a salire sul letto e stendersi accanto a lei non ci furono ne urla ne intimidazioni, solo silenzio.
Si mise su un fianco dietro di lei, così pericolosamente vicino, e sentì il corpo di Oscar scivolare contro il suo, aderendovisi completamente. Rimasero in silenzio ad ascoltare la pioggia. Nessuno dei due aveva il coraggio di dire nulla, in quelle strane settimane le parole avevano causato solo imprevisti e dolore, mentre il silenzio, un silenzio notturno che si erano costruiti, aveva reso tutto più semplice. Di notte, nelle loro stanze erano delle persone differenti da quelle di sempre, ma prima o poi avrebbero dovuto affrontare la cosa, almeno era questo che pensava Andrè.

“Oscar...”
Oscar non rispose, rimase immobile nella propria posizione, come se non avesse sentito nulla, eppure era sveglia, Andrè la vedeva chiaramente.
“Oscar non possiamo continuare così, dobbiamo...”
Oscar si voltò lentamente verso Andrè posando la mano sulle sue labbra, bloccandogli le parole, come a ricordare all'uomo il tacito accordo che avevano stipulato con il buio della notte, le parole erano proibite.
“Oscar ti prego, smettila, io non posso farlo. Io non posso fare questo. Io non posso rimanere qui, così, con te. Scusami” disse Andrè scostando la mano di Oscar dalle sue labbra e alzandosi da quel letto che avrebbe voluto occupare per tutta la vita, ma non in quel modo, non così.
Oscar si girò su un fianco, dandogli le spalle, e non disse nulla quando lui uscì dalla sua stanza.

Andrè scese le scale trasportato dalla rabbia, come aveva potuto farsi del male di nuovo, era già umiliante essere stato ignorato per 20 anni, essere stato respinto, ma questo era troppo, essersi fatto prendere in giro ancora, il giocattolo nella mani di una bambina viziata.
“vai al diavolo Oscar” e con questa frase ancora sulle labbra l'uomo prese le sue cose e uscì da palazzo Jarjayes. Stava piovendo, quella stessa pioggia che poco prima stava ascoltando col corpo di Oscar attaccato al proprio, quella stessa pioggia che era sembrata così dolce ora sembrava entrargli nella pelle come spilli.
Oscar era ancora rannicchiata sul letto, persa in un mondo senza parole, persa in un mondo che la rendeva ancor più orgogliosa di quel che già non fosse, sentiva il viso contratto in una smorfia di rabbia, ma per quale motivo era arrabbiata? Perchè Andrè aveva infranto un suo ordine? Perché André si era arruolato nei soldati della guardia senza prima parlarne con lei? Perché André le aveva ricordato più e più volte la sua natura di donna? Non riusciva a darsi una risposta ma si rese conto che André era sempre li, in ogni suo pensiero, in ogni suo gesto di rabbia, che diavolo le stava succedendo? Come aveva potuto, un bacio rubato, aver causato così tanti dubbi? Aveva voglia di piangere. Fece un respiro profondo ed andò alla finestra e sentì un tuffo al cuore nel vedere André sotto la pioggia camminare verso le scuderie.
Non sapeva cosa le stava succedendo, decise di non domandarselo, seguì solo le proprie gambe che correvano lungo la scalinata, aprì il portone del palazzo e fu investita da una pioggia gelida, proseguì correndo verso le scuderie e quando fu a pochi passi da André si fermò
“André” la sua voce era di nuovo dura, ancora gelida, autoritaria.
André si voltò e semplicemente alzò la mano e la schiaffeggiò con tutta la rabbia che aveva in corpo, una rabbia lunga 20 anni. Non si pentì di quel gesto, aveva voglia di farlo, voleva farle male per il puro gusto di vederla soffrire.
Oscar incassò il colpo e lo rese con la stessa potenza, ma André non rispose alla provocazione, non aveva più intenzione di prendere parte a quel gioco folle, si voltò e riprese il cammino verso le scuderie.

“André non andartene, ti prego” la voce di Oscar era diversa, aveva perso tutta l'arroganza di sempre.
L'uomo fermò il suo passo, rimase fermo, senza voltarsi, con la speranza di sentire altre parole ma con la certezza che sicuramente non ve ne sarebbero state, allora avrebbe dovuto riprendere il proprio cammino, tanto valeva non perdere tempo per voltarsi.
“André io...”
“io... io sono così in collera per quello che mi hai fatto settimane fa, non avresti dovuto... non avevi il diritto di farmi del male... non avresti dovuto farmi questo... ma... adesso voglio solo dimenticare”
La voce di Oscar tremava, per il freddo e per la paura, sentiva le parole scivolare sulla lingua senza freni, si sentiva nuda, completamente indifesa.
“Oscar ti chiedo perdono per quello che ho fatto, ma adesso lasciami in pace. Voglio solo andarmene via, da te.” adesso era la sua voce ad essere gelida. André riprese a camminare verso le scuderie.
“André, non andare, ti prego” stava piangendo lo sentiva chiaramente
“Oscar non posso più sopportare di vivere così, non sono uno degli uomini a cui dai ordini ogni giorno. Non voglio più averti attorno. È finita. Troverai certamente un altro burattino da manovrare” nessuna inflessione nella voce di André, nessun tremore, era fermo, sicuro, autoritario, come non lo era mai stato, e tutto questo non sfuggì ad Oscar, e fu proprio questo che la spaventò, e fu questo che la fece crollare.
“André non andare...” un filo di voce rotto dal pianto convulso
“...perdonami... io... io non so più chi sono, non so più cosa voglio... io non so cosa sono stata in questa vita... non so più nulla, ho così tanta confusione nella testa... ma so che non voglio che tu te ne vada. Non andare, non andare via da me, non lasciarmi sola, ti prego...” il pianto di Oscar non aveva  più controllo e fu in quell'istante che André si voltò verso di lei, la vide sotto la pioggia, disperata e bellissima, Oscar, non la bambina testarda e dispettosa, non la ragazza seria e gelida, ma la donna, la donna che era rimasta nascosta per troppo tempo. Avrebbe voluto abbracciarla in quel momento ma non poteva muoversi, non voleva farlo, lui aveva fatto anche troppo in quei lunghissimi 20 anni, rimase fermo davanti ad Oscar, guardandola senza dire nulla, e allora fu lei che gli si avvicinò improvvisamente, senza preavviso e l'abbracciò come non aveva mai fatto, con  un'urgenza che nemmeno lei credeva d'avere.
“Hey” le sussurrò André nell'istante in cui le sue braccia risposero all'abbraccio
“Smettila di piangere, sei sempre stata una piagnucolona” disse stringendola ancora più forte contro di sé, la sentì ridere contro il suo petto.
Si staccarono pochi istanti dopo, ma subito la mano di André prese quella di Oscar, invitandola a seguirlo in casa.
La pioggia non aveva smesso di cadere, in lontananza il cielo notturno accoglieva piccoli lampi di luce, il temporale era vicino.

Entrarono in casa lasciando dietro si sé impronte bagnate e piccole goccioline che cadevano da ogni parte del corpo, erano completamente fradici.
Oscar sentiva la mano di André stringere, di continuo, come se avesse paura di perdere la presa, e lei faceva lo stesso con la sua, forse per rassicurarlo che non sarebbe andata da nessuna parte.
Camminavano piano tra i corridoi del palazzo, al buio, immersi nel silenzio fino all'istante in cui il cigolio di una porta li fece bloccare. Una voce
“André sei tu?” la voce della vecchia governante
“Andrè cosa stai facendo? So che sei tu, sono entrata nella tua stanza e non c'eri! André vuoi rispondere?”  André non disse nulla, strinse la mano di Oscar più forte e iniziò a correre... corsero per il palazzo cercando di evitare la nonna, corsero come due ragazzini, e dopo vari tentativi di “depistaggio” riuscirono ad entrare nella stanza di André, col fiato corto per la corsa e per il troppo ridere, ma la nonna era ancora in agguato...
“André sei li dentro? Cosa stai combinando? Apri immediatamente la porta”
Il giovane aprì la porta, ma non completamente, dietro vi era nascosta Oscar
“Nonna non mi sembra il caso di urlare in piena notte! Sono qui, ero uscito a controllare che le porte delle scuderie fossero ben chiuse, c'è un vento tremendo”
“Sei uscito con questa pioggia, incosciente, lascia che ti aiuti ad asciugarti”
“Nonna... non ho più sei anni, posso asciugarmi da solo, ora vai a riposare, è tardi. buonanotte” diede un bacio alla nonna e richiuse la porta alle sue spalle.
I due ragazzi si guardarono serissimi e un istante dopo scoppiarono a ridere senza ritegno, risero fino alle lacrime.
“Siamo bagnati fino al midollo, dobbiamo togliere questi vestiti di dosso” ad André sembrò sconveniente la frase che aveva pronunciato, sembrava così maledettamente ambigua, anche se non lo voleva essere... si avvicinò all'armadio e prese una sua camicia
“Ecco vai a cambiarti nel bagno, ti starà un  po' larga ma non ho nient'altro da darti” disse sempre più a disagio
Oscar prese la camicia ed entrò nel bagno mentre André si tolse i vestiti bagnati ed infilò a sua volta un paio di pantaloni ed una camicia asciutta, prese un asciugamano e si asciugò i capelli.
Oscar uscì dal bagno, la camicia le andava effettivamente larga, era enorme indosso a lei
“sono ridicola” mormorò Oscar, un po' imbarazzata, per lo strano abbigliamento, ed anche perchè notò che André aveva lasciato la camicia un po' aperta, in tutti quegli anni non l'aveva mai visto fuori posto, non aveva mai lasciato intravedere il proprio corpo nudo, smise di mostrarsi nudo di fronte a lei l'estate dopo aver compiuto 11 anni.
“Non sei ridicola, è che sei piccola” Andrè sorrideva
“Non sono piccola, sei tu che sei troppo grosso”
“Giusto...” Andrè non trattenne più il riso ed anche lei rideva, si sentiva decisamente meglio, se non fosse stato per il freddo
“Oscar hai freddo?” la ragazza annuì con il capo, Andrè le prese la mano e le fece cenno di salire sul letto, Oscar salì e si infilò subito sotto le lenzuola, non poteva togliere lo sguardo da lui, e lui lo notò immediatamente... spense la candela con un soffio e si infilò anch'esso nel letto, sotto le lenzuola, ci fu un attimo di imbarazzo, lo sentirono entrambi e poi così naturalmente come lo può essere un respiro si fecero più vicini.
Oscar si mise su un fianco ed invitò Andrè, col braccio, a farsi più vicino dietro di lei, lui le cinse la vita e la sentì tremare.
“Hai ancora freddo?” chiese Andrè
“un po' “ e lui si fece  più vicino, tanto da non poter andar oltre. Oscar sentiva il corpo di lui aderente al suo, sentiva perfettamente il petto contro la sua schiena, il braccio attorno alla sua vita, ogni parte del corpo di André, anche il suo essere “uomo” che premeva contro di lei... sentì le guance prendere fuoco, il freddo di poco prima aveva lasciato posto ad un calore insopportabile, ma rimase così, stupendosi di quanto in fretta si stava abituando al corpo di Andrè.
Si addormentarono un'ora più tardi, dormirono così profondamente da non rendersi conto del forte temporale che si stava abbattendo sopra di loro.
Fu Oscar a svegliarsi per prima questa volta, aprì gli occhi e fu felice di sentire il corpo dell'amico ancora addosso al suo, non si erano mossi... lentamente si girò verso Andrè lo guardò dormire per un po', osservò il suo viso, nascosto per metà dai lunghi capelli scuri, aveva sempre pensato che fosse bello, un bel bambino dagli occhioni grandi, un bel ragazzo dai lineamenti decisi ma al tempo stesso dolci, e adesso era un bell'uomo, ed era felice d'essere di nuovo “vicina” a quello che era sempre stato il suo più grande amico. Andrè si svegliò poco dopo, aprì gli occhi e sorrise mentre con la mano rimise a posto la manica della camicia che era scesa leggermente lasciando scoperta una spalla di Oscar.
“Buongiorno”
“Buongiorno Andrè”
Un rumore alla porta, qualcuno stava bussando... André aveva chiuso la porta a chiave, per sicurezza, l'avrebbero ammazzato se l'avessero sorpreso a letto con Oscar, avrebbe anche potuto morire a colpi di “mestolo” ne era certo...
“André, André! Perchè hai chiuso la porta a chiave? Apri immediatamente! André insomma, smettila di dormire e aiutami a cercare madamigella Oscar, non è nella sua stanza, e i signori Jarjayes sono tornati prima del previsto. André rispondimi! Il generale vuole vedere Oscar immediatamente, devi cercarla, subito! Mi hai sentito?” chi non avrebbe sentito la vecchia governante... forse un morto, forse.
“Si, nonna, sono sveglio. Stai calma, andrò a cercare Oscar subito, ma vedrai che sarà sicuramente andata a fare una camminata.” André cercò di non far sentire la propria agitazione
“Mio padre già di ritorno? Come è possibile, avrebbero dovuto assentati per un intero mese e sono passati solo pochi giorni. Sta succedendo qualcosa André, me lo sento. Aiutami ad uscire di qui, senza che mi vedano”

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Oscar riuscì a tornare nella propria stanza ed entrare in salotto, dove la stava aspettando suo padre, senza farsi scoprire.

“Padre, è successo qualcosa? Come mai siete rientrati così presto?”
“Oscar non ti preoccupare, sto perfettamente, così pure tua madre, siamo tornati prima per farti un regalo che spero accetterai”
“Padre io... non capisco” Oscar era confusa, suo padre che regalava qualcosa a lei... era follia pura.
In quel momento entrò in salotto sua madre, sorridente ed eccitata
“Oscar, tesoro, voglio presentarti il conte Louis, figlio dei nostri più cari amici”
“Felice di fare la vostra conoscenza madamigella Oscar” e con un inchino le prese la mano e la portò alla bocca, Oscar era senza parole, allibita da questa situazione che aveva tanto il sapore di una trappola.
“Piacere mio, conte” Oscar ritrasse la mano, infastidita
“Bene ora che le presentazioni sono state fatte mostrerò al conte la sua stanza, vogliate scusarci” madame Jarjayes era più euforica del solito. Oscar e il generale rimasero da soli in salotto.
“Oscar cosa ne pensi del conte?” chiese il generale
“Padre non capisco” Oscar capiva perfettamente, anche se sperava di sbagliarsi
“Il conte, è la mia sorpresa per te Oscar. E' un uomo colto, con idee moderne, ha girato il mondo sai, proviene da un'ottima famiglia, e come avrai potuto notare è dotato di grande fascino, e non disdegna le armi, la caccia... è un buon partito Oscar. Sono sicuro che ti piacerà.”
“In che modo, padre, dovrebbe piacermi? Come compagno di caccia? Come ospite? In che modo?” Oscar cercò di trattenersi, ci provò con tutte le forze che aveva in corpo
“Come marito Oscar”
“Mi avete mentito. La vostra comprensione quando non ho preso parte al ballo in mio onore, l'invito a prendere del tempo per me stessa, la vostra preoccupazione nei miei confronti, la gentilezza delle vostre parole, tutte menzogne! Mi avete mentito padre! E sia chiaro, io non ho intenzione di sposarmi, ne ora ne mai”
Il generale continuò a guardare dritto fuori dalla finestra, come se non ci fosse nessuno nella stanza, come se Oscar non esistesse, poi si alzò lentamente, si avvicinò alla figlia, le strinse un braccio e disse, piano ma a denti stretti
“Tu ti sposerai Oscar, e ne sarai felice. Tu sposerai il conte, perchè questo è ciò che ho deciso. Domani sera indosserai abiti femminili, cenerai col conte e accetterai la sua corte. Prova a disonorare questa famiglia e sarò costretto a...” il generale non riuscì a terminare la frase, ma non ce n'era motivo.
Oscar non disse nulla, si liberò dalla presa del padre, uscì, sali sul suo cavallo e corse via, se fosse rimasta avrebbe fatto qualcosa che non si sarebbe mai perdonata. Cavalcò a lungo cercando una soluzione a ciò che le stava accadendo, cosa avrebbe potuto fare? Scappare? Disubbidire a suo padre? Si domandò il motivo per cui non riuscisse a dirgli no, era adulta, eppure non era in grado di ribellarsi e questa cosa la faceva sentire debole, fragile, immensamente stupida.
Quando Oscar tornò a palazzo trovò suo padre e il conte parlare amabilmente in giardino, uscì dalla scuderie intenzionata ad entrare in casa senza rivolgere la parola ai presenti, ma nel tragitto che la separava dalla porta d'entrata il conte la “braccò” letteralmente.
“Oscar, come state? Avete fatto una piacevole passeggiata?”
“Si conte, è stata piacevole”
“Vostro padre mi ha raccontato tutto di voi, ero così curioso di conoscervi, una donna che ha vissuto come un uomo, una donna che non ha timore a battersi e comandare degli uomini, una donna a servizio della regina di Francia... vi immaginavo diversa” Louis era intimidito
“E cosa vi aspettavate conte?” Oscar era seccata ma curiosa
“Non vi immaginavo così... bella” il conte puntò gli occhi su quelli di Oscar e sembrava intenzionato a non distogliere lo sguardo
“La bellezza serve a  poco quando c'è da combattere, comandare i miei uomini o difendere la Regina” Oscar stava iniziando a perdere la  pazienza
“Certo, avete ragione, ma è più facile accettare ordini da una bella donna”
“...un po' meno prenderle da una bella donna, non credete, conte?” e così dicendo Oscar rientrò in casa.
Quella sera Oscar dovette cenare con il padre, la madre e il conte, cercando di sopportare la presenza imponente del generale e la frivolezza esasperante di madame Jarjayes. Mangiò pochissimo e parlò lo stretto necessario. Una serata che avrebbe voluto evitarsi, così come se l'era evitata Andrè, che non aveva più visto dopo che si erano svegliati, almeno a lui era stato risparmiato tutto questo, Oscar cercò di immaginare come André avrebbe potuto prendere questa notizia, e gli si strinse il cuore.
Arrivò finalmente la fine della cena ed Oscar si congedò accusando un mal di testa tremendo, salutò il conte invitandolo a rimanere a conversare con suo padre, il conte non ne sembrò dispiaciuto, meglio così, pensò.
Andrò dritta in camera, aveva voglia di rimanere sola e si maledisse di non essere andata nella villa in Normandia, forse, se l'avesse fatto si sarebbe evitata questa tortura, o forse l'avrebbe solo rimandata... si chiese dove diavolo fosse finito Andrè, aveva voglia di parlare con lui, di stare un po' in sua compagnia, ridere e sentirsi vicini come un tempo, smise di pensarci, si spogliò e si infilò a letto, sperando di non svegliarsi, il mattino seguente, e dover affrontare la serata col conte.
Il giorno arrivò ed Oscar fu costretta ad alzarsi e scendere per far colazione col conte, passarono poi l'intera giornata tra una passeggiata a cavallo e un racconto del generale Jarjayes.
Oscar riuscì a liberarsi solo quando suo padre la invitò a seguire la governante per prepararsi alla cena con il conte... da una tortura ad un'altra, pensò Oscar.
“hai visto André oggi?” chiese alla governante
“Ho visto André ieri sera, mi ha detto che oggi sarebbe stato via per tutto il giorno, e che se avesse fatto in tempo sarebbe rientrato stasera. Ora andiamo bambina, abbiamo un sacco di cose da fare prima della cena”
Dopo un tempo che sembrò interminabile Oscar fu pronta, ma questa volta non ebbe voglia di guardarsi allo specchio, aveva giurato a se stessa che non si sarebbe più vestita da donna, mai più, e invece era succedo di nuovo e non era stata in grado di ribellarsi.
Respirò profondamente prima di uscire dalla stanza, una sera soltanto si disse, questa sera avrebbe recitato una parte, questa sera non sarebbe stata Oscar ma soltanto una donna stupida e frivola.
Oscar scese le scale e trovò il conte ad attenderla, lo vide sbarrare gli occhi e fu subito da lei, le prese la mano e gliela baciò, un bacio umido e fastidioso, ma Oscar sorrise a questo gesto.
Si accomodarono nella sala da pranzo, imbandita solo per loro due, il conte si complimentò con Oscar per la sua bellezza e per il magnifico abito che la rendeva ancora più “radiosa”, come può un uomo usare il termine “radiosa”, Oscar non se ne capacitava...
La cena fu servita.
“Oscar è difficile per me desinare in questo momento, è così difficile distogliere lo sguardo da voi”
“Conte mangiate vi prego, non vorrei essere la causa della vostra morte per deperimento” e rise come avrebbe fatto una di quelle dame che spesso aveva visto alla Reggia, e che tanto detestava.
“Oscar ve ne prego, non chiamatemi conte, chiamatemi Louis, sarebbe un onore per me sentire il mio nome uscire dalla vostre labbra” Oscar avrebbe voluto alzarsi e infilzare il conte con la sua spada, proprio in quel momento
“Conte mi mettete in imbarazzo...”
“Accontentatemi Oscar vi  prego”
“Ma certo... Louis”
“Oh Oscar...” il conte era estasiato
Terminarono la cena e si accomodarono in salotto, il conte sorseggiava un bicchiere di liquore ed Oscar era davanti alla finestra.
“Oscar, scusate la mia intraprendenza, posso chiedervi di mostrarvi a me di nuovo, voglio ammirarvi meglio con questo meraviglioso abito” e così dicendo la fece voltare tenendole le mani e alzandogliele
“Louis mi state mettendo in imbarazzo, smettete, ve ne prego” non sapeva quanto avrebbe ancora potuto continuare quella farsa
“Oscar io non vi conosco bene ma sono certo di voler passare del tempo con voi, la mia intenzione è quella di sistemarmi, e se non sono troppo sfrontato... vorrei passare la mia vita con voi, è presto lo so, mi crederete un folle, uno sprovveduto, ma sento che siete una donna straordinaria, sono certo che quella sarà la nostra strada... accettate la mia corte Oscar” il conte poggiò le mani sulle braccia di Oscar avvicinandosi sempre di più fino ad arrivare alle sue labbra e sfiorarle con un bacio leggero. Oscar temette di fare qualcosa di sconveniente, aveva voglia di cambiare i connotati a quel damerino da strapazzo, cercò di controllarsi, si voltò verso la finestra e recitò la sua scena madre.
“Louis no, non fatelo più ve ne prego, siete troppo per me, sono una donna così inesperta e voi mi fate venire voglia di fare cose che... che non posso nemmeno dire. Conte ve ne prego, lasciatemi sola adesso, lasciatemi qui col ricordo delle vostre labbra sulle mie. A domani Louis, a domani mio conte. Buonanotte” Oscar dovette mordersi le labbra per non ridere
“Oh Oscar, mia bellissima Oscar, avete ragione sono stato troppo sfacciato, ma siete così... così... seducente stasera. Sapevo che avreste accettato la mia corte, oh Oscar, è così difficile congedarmi da voi, ma lo farò mia cara. A domani. Buonanotte Oscar” e il conte sparì nella sua stanza, tra i corridoi di palazzo Jarjayes.
Oscar corse su per la scalinata ed entrò nella propria stanza, chiuse e rimase appoggiata alla porta per qualche secondo, buttò la testa indietro e rise forte fino quasi a mancarle il fiato e così come improvvisamente era nato il riso, scomparve, si sentì tremendamente triste, patetica. Aveva voglia di piangere.
Sentì bussare alla porta, poteva essere, il conte, così intraprendente? Aprì la porta
“André” era stupita
“André dove sei stato? Mio padre ha portato con sé il figlio di un vecchio amico, un conte, vuole che diventi mio marito. È assurdo. Solo ora si è reso conto che sono nata donna? André io non voglio sposarmi, non avrei dovuto più indossare un abito da donna, l'avevo giurato a me stessa. Io voglio vivere come un uomo, ora lo so, niente potrà farmi cambiare idea, questa non è la vita che desidero, non voglio essere una donna, non voglio essere una moglie, non voglio vivere come mia madre e come qualunque altra dama stupida e frivola. Voglio essere un uomo” Oscar parlò senza prendere fiato e con le lacrime che ormai le rigavano le guance.
Andrè non disse nulla, entrò, chiuse la porta dietro di sé, a chiave, fece spostare Oscar in mezzo alla stanza, lei lo guardò perplessa... L'uomo gli si mise dietro, posò le mani sulle sue spalle e le fece scorrere fino al collo, prese la collana tra le mani e la sganciò, lasciandola  poi cadere a terra... gli tornò di fronte, mise le mani tra i suoi capelli, esattamente come aveva fatto qualche giorno prima, e li sciolse come allora... Oscar tentò di dire qualcosa, ma Andrè scomparve dalla sua vista, era di nuovo dietro di lei, sentì la sua mano spostarle i capelli di lato e poi poggiarsi sulla schiena nuda e scorrere giù lungo i fianchi, dove si era unita anche l'altra mano, Oscar ebbe solo il tempo di dire “Cosa...” prima di vedere le ampie gonne cadere ai suoi piedi... provò a terminare la frase ma le parole diventarono un sussulto quando le mani di Andrè tornarono lungo i fianchi, e attorno alla vita, quasi ad accarezzarla attraverso il tessuto, sentiva il suo respiro caldo sul collo, e ancora mani, su, verso la schiena nuda, e di nuovo giù ai lati del busto, la stava stringendo, con forza ma senza farle male... Oscar percepiva le mani dell'uomo muoversi sul corsetto che le stringeva il petto, sentì tirare, le mancò il respiro, e vide la mano di Andrè poggiarglisi davanti, col palmo aperto, ed un istante dopo il bustino aprirsi dietro di lei...  la mano di lui sul ventre impediva al corsetto la sua folle corsa lungo il pavimento, mentre l'altra le percorreva la schiena nuda in tutta la sua lunghezza, chiuse gli occhi e buttò la testa all'indietro, un gemito le uscì dalle labbra quando lui lasciò la presa liberando il seno dalla morsa dell'indumento. D'istinto si portò le mani al petto, frastornata da ciò che era accaduto in pochi minuti, non riuscì a muovere un passo, rimase immobile in attesa di riprendere il controllo di se stessa e della situazione, cosa le stava accadendo? Era in quella stanza, nuda, André l'aveva spogliata e lei non aveva gridato, non era fuggita. Cosa le stava succedendo?
Le mani di André sui suoi fianchi interruppero quei pensieri, Oscar girò leggermente la testa, e il viso di lui, ancora dietro di lei, gli fu subito vicino, la sua bocca accanto all'orecchio, il respiro caldo.
“Questo non è il corpo di un uomo...” e gli poggiò le labbra sul collo, ed Oscar, inaspettatamente portò il braccio dietro di sé, sul capo di Andrè, le dita tra i suoi capelli, un gesto carico di significato più di mille parole, un invito a continuare, un consenso a ciò che stava accadendo.
Andrè ne fu stupito, piacevolmente stupito, Oscar non stava fuggendo, non lo respingeva, era li tra le sue braccia, spogliata, non soltanto degli indumenti ma dell'involucro che per tutta la vita l'aveva imprigionata... lo voleva, lo sentiva chiaramente da quella mano tra i capelli che spingeva la testa sempre più contro il suo collo, lo voleva, voleva lui, nessun altro, non il conte Louis, non il conte di Fersen, no, lui, il suo migliore amico.
Oscar si voltò, aveva il viso di Andrè davanti, rimase a guardarlo per qualche istante e fu come se lo vedesse per la prima volta, come se l'amico di sempre fosse scomparso per lasciare il posto ad un'altra persona, con uno sguardo particolare, uno che non gli aveva mai visto negli occhi. Era di fronte a lui, spogliata, nuda, all'infuori di una cortissima sottogonna e delle leggerissime calze bianche fermate a metà coscia da un nastrino nero, nuda di fronte ad un uomo nuovo, come lo era lei stessa, una persona nuova.
Dimenticò tutto quello che era successo in quelle settimane, dimenticò i disordini che stavano nascendo in Francia, dimenticò la bugia di suo padre, il modo di vivere così assurdo della madre, dimenticò Louis, dimenticò perfino il conte di Fersen, non c'era più nulla dentro di lei, nulla che valesse la pena di ricordare in quel  momento, si scordò il desiderio di essere un uomo, ora non era ne uomo ne donna era solo Oscar, semplicemente Oscar, c'erano solo lei ed André, nessun altro.
Era ancora di fronte a lui, lo sguardo sui suoi occhi verdi, così diversi quella sera, prese coraggio e con un filo di voce tentò di dire qualcosa
“André... cosa stia...” le labbra di lui si portarono via il resto della frase, in un istante, un “shhh” sussurrato e le labbra si  posarono su quelle di Oscar in un bacio delicato ma deciso, e lei rispose, con una tale passione che non credeva di possedere, con una tale voglia di assaporare un'altra persona che non immaginava potesse provare... il suo corpo compieva gesti a lei sconosciuti in modo così naturale da stordirla...
Oscar portò le mani tra i capelli di André, spingendoselo contro, per rendere il bacio ancora più intenso, ancora più profondo, per assaporare ogni particolare di quella bocca che non aveva mai considerato sotto questo aspetto... e lui rispose a quel gesto baciandola come avrebbe voluto fare da tanto tempo e concentrando, ora, tutta la voglia di quegli anni... Le mani di lui si posarono sulla schiena di lei sfiorandola leggermente, dalla base fino ad arrivare al collo e poi su tra i capelli, glieli strinse tra le dita per un attimo, in un impeto di passione, e a questo gesto Oscar si bloccò, staccando le labbra da quelle di lui, gli occhi fissi sui suoi in uno sguardo interrogativo, la bocca ancora leggermente aperta, umida, sembrava intenzionata a voler dire qualcosa ma non lo fece e fu di nuovo nella sua bocca... André sentì le dita di Oscar tra i capelli, le sentì accarezzarlo e farsi strada verso il collo, la schiena, e soffermarsi in carezze più forti e continuare giù lungo la vita, fino a quando lei gli strinse il tessuto della camicia e gliela sfilò dai pantaloni, in pochi istanti, e subito le mani calde sotto la stoffa, sulla schiena nuda...  e il seno contro il suo petto, ne sentiva la forma piena, avrebbe voluto toccarlo ma prima che potesse fare qualsiasi movimento vide le mani di Oscar sbottonargli la camicia, percepì un leggero tremore delle dita e sorrise di questa cosa, così dolce e buffa al tempo stesso, aspettò che finisse di aprire ogni bottone e solo allora gli mise la mano sotto il mento e gli sollevò il viso, era bellissima con un leggero imbarazzo negli occhi e le labbra arrossate per i baci troppo violenti...
“Sei bellissima” André non potè fare a meno di dirglielo, e l'imbarazzo di Oscar si fece più intenso, abbassò il viso, intimidita, ma lui si fece più vicino e baciò ancora quelle caldissime labbra rosse... e nei minuti successivi le mani di Oscar si fecero più impazienti liberando il corpo di André dalla camicia, sentendo finalmente i propri corpi vicini, uno contro l'altro, pelle contro pelle, una sensazione strana, nuova, piacevole... e senza che se ne rendesse conto sentì le proprie mani poggiarsi sul petto di quello che fino a poche settimane prima era solo ed esclusivamente il suo migliore amico, percependo sotto le dita i muscoli che i suoi occhi avevano solo intravisto, qualche volta, quando André lasciava la camicia leggermente aperta, era tutto così strano, tutto così nuovo, la voglia di scoprire il corpo dell'altro e desiderarlo fino a star male, e lei desiderava di più, mentre lasciava scorrere le mani lungo il ventre e più in basso, e lei voleva scoprire di più, quando cercò di sbottonare i pantaloni di André...
“Hey...” disse André quasi sussurrando, con un tono dolce, mentre bloccava le mani di Oscar, e lei si fermò con l'espressione di chi ha fatto qualcosa che non doveva.
“Cosa stiamo facendo Oscar?” era André che lo chiedeva questa volta, e questa volta fu Oscar che risposte, con una risposta chiara e semplice, baciandolo con tutta la passione che aveva in corpo e aprendogli i pantaloni, senza trovare delle mani a fermala, questa volta. Lei lo voleva, accettava tutto ciò che stava accadendo, e voleva lui.
André era accecato da una felicità che aveva rincorso per tutta la vita, travolto da una passione così immensa che non credeva di trovare in Oscar, la voleva, l'aveva sempre voluta, ed ora era li, tra le sue braccia, si lasciò andare... la spinse contro la parete premendo il corpo contro  il suo, cercando il contatto con la sua pelle, col suo seno, la sentì gemere quando gli carezzò una coscia, la strinse nella mano e l'alzò  portandosela attorno alla vita, spingendosi sempre di più contro il suo corpo, con la precisa intenzione di dimostrargli il desiderio che aveva per lei, con l'intenzione che lei sentisse il suo essere uomo, la sua eccitazione ancora fasciata negli abiti. Oscar sentiva tutto questo e desiderava poter sentire di più, tutte quelle sensazioni che nel corso della vita gli erano state, e si era negata... ma ora sentiva... sentiva la bocca di André posarsi sul collo e scendere lungo le clavicole, le mani attorno a quel seno che aveva sempre odiato, e il suo viso sul petto, lei non potè far altro che tenergli la testa tra le mani e carezzargli i capelli mentre la sua bocca le faceva scoprire nuovi piaceri, lo sentì scendere ancora, le labbra calde sul ventre, e a quel punto lo fermò e lo fece tornare su per baciarlo ancora e ancora... e fu in quel momento che lui la sollevò facendo passare le sue gambe attorno alla vita, la prese in braccio e la fece poggiare sul letto.
I baci si interruppero, così come le carezze, solo i respiri, ancora affannosi, non cessarono, si guardarono per minuti che sembrarono interminabili...
“Oscar io... io voglio continuare... non immagini quanto io voglia tutto questo, ma non posso, non posso continuare così, sapendo che lo stai facendo per chissà quale motivo, per rabbia, per vendetta contro tuo padre...” André si dovette sforzare per dire quello che aveva detto, avrebbe potuto non farlo, avrebbe potuto approfittarne ma amava troppo Oscar per fargli una cosa simile, e farla a se stesso. Oscar non rispose, distolse lo sguardo e rimase in silenzio.
“Oscar dimmi qualcosa, qualsiasi cosa, ti prego. Io... io ti amo, lo sai, e ho sperato che accadesse questo da sempre, ma se lo stai facendo per delle ragioni sbagliate io mi fermerò, e andrò via, te lo giuro, non voglio approfittarne”
“Non chiedermi nulla André, ti prego. So benissimo che non ti stai approfittando di me, non l'ho pensato nemmeno per un secondo...”
“Oscar io non posso...” André non poté terminare la frase, lei glielo impedì, posandogli una mano sulle labbra e baciandolo subito dopo stringendolo contro il proprio corpo, l'uomo era perduto, di nuovo.
Oscar sapeva esattamente cosa stava facendo e ancor di più aveva ben chiari i sentimenti che nutriva per André, l'aveva capito qualche giorno prima, quando aveva temuto di perderlo e non rivederlo mai più, l'aveva capito quando l'affetto per Fersen era scivolato via così velocemente dopo che André l'aveva accolta nel proprio letto durante il temporale e l'aveva coccolata come aveva fatto in passato quando erano bambini, l'aveva capito, quel sentimento era sempre stato li, dentro di lei, aveva assunto varie forme durante il corso degli anni, ma sotto era rimasto immutato, era fatto di una sola essenza... amore... dirlo sarebbe stato così semplice, per chiunque, ma non per lei.
André tentò di nuovo di sapere, di chiedere, ma Oscar ebbe per lui armi affilate che lo fecero desistere dal continuare... e successe quello che doveva succedere da tempo. Il resto degli indumenti volò via in un soffio e le mani scoprirono posti sconosciuti, e sensazioni, e respiri, nuovi.
André saggiò ogni centimetro di quella pelle bianchissima che aveva sognato innumerevoli volte, ne scoprì il sapore, era sopra di lei, pelle contro pelle, fece scivolare la mano sul ventre e poi sempre più giù, e li si fermò, avvicinò il viso a quello di Oscar, si guardarono, senza imbarazzo, continuarono a guardarsi fino a quando lui gli scivolò dentro e la vide chiudere gli occhi, e allora le baciò la fronte, il viso, le sussurrò che l'amava, da sempre, e poi si perse nella sua bocca, come si stava perdendo nel suo ventre.
Si amarono per un tempo indefinito, persi l'uno nell'altro, si amarono fino a quando non poterono far di più, fino a quando non poterono andare oltre, e allora si divisero.
Oscar si lasciò andare sul corpo di André, poggiò la testa sul suo petto, il respiro era ancora convulso come quello di lui, cercò di riprendere fiato mentre passava le dita sulla pelle bagnata di André e in quel momento sentì la mano di lui poggiarsi tra i suoi capelli, rimasero così, in silenzio, gustandosi il piacere di poter stare vicini. Era notte fonda, tutto il palazzo dormiva, il generale Jarjayes accanto alla moglie, i domestici, perfino il conte Louis, tutti tranno André ed Oscar, loro non volevano perdersi un secondo di quella notte.
Oscar stava carezzando la pelle di André, tracciando strani disegni con le dita, si sentiva felice, appagata, finalmente serena, come se si fosse tolta un peso dal petto, sospirò profondamente...
“Oscar... tutto bene?” chiese André sottovoce, lei fece cenno di si con la testa, e lui continuò ad accarezzargli i capelli con un sorriso sul viso che non riusciva a togliersi di dosso.
Oscar si girò, poggiò il mento sul petto di André e rimase a guardarlo, con le labbra imbronciate e uno sguardo da bambina
“Oscar, sei sicura che vada tutto bene?” la voce di André lasciava trasparire una leggera ansia
“...se c'è qualcosa che non va ti prego di dirmelo... io non... io non vorrei essere stato troppo brusco...” André era decisamente a disagio, Oscar lo guardava con aria interrogativa
“...sono stato troppo brusco, forse ho esagerato... avrei dovuto controllarmi di più...” André era in imbarazzo ed il viso aveva assunto un'espressione buffissima, Oscar sorrise, si poggiò con la guancia sul suo petto e ciocche di capelli le si posarono sul viso, lo guardò e disse, in modo  impercettibile
“Io credo proprio di amarti...” ecco cosa le stava accadendo, si disse.
“Cosa?... cosa hai detto Oscar?”
“Niente André, niente...” Oscar non se la sentiva ancora di pronunciare quelle parole ad alta voce.
André invitò Oscar a farsi più vicina, lei gli si mise accanto, su un fianco e lui si accostò al suo corpo, abbracciandola, baciandole la spalla, il collo, e sussurrando come fossero respiri
“Sei bellissima Oscar... ti amo, lo sai?” lo ripeteva all'infinito conscio del fatto che lei non avrebbe mai risposto, ma era felice così.
Si addormentarono senza rendersene conto.


“Conte Louis, vi siete alzato presto, avete dormito bene? E ditemi, vi prego, come è andata la serata con mia figlia?” Il generale Jarjayes era impaziente di sapere l'esito di quell'incontro.
“Generale Jarjayes, ho dormito stupendamente, e per quel che riguarda la serata, che dire... vostra figlia ha colpito il mio cuore e credo di aver fatto breccia anche nel suo... rallegratevi Generale, credo proprio che in breve tempo avrete un matrimonio in questa casa”
“Dite davvero conte? Non immaginate quanto io ne sia felice, non speravo in un tale successo, ma sapevo che sareste stato l'uomo giusto per mia figlia. Conte venite con me, voglio offrivi da bere, dobbiamo festeggiare” e così dicendo il generale e il conte uscirono da palazzo Jarjayes per recarsi in uno dei tanti salotti per soli uomini.

Oscar aprì gli occhi lentamente, la luce del sole che filtrava dalle persiane le dava fastidio, si guardò attorno e vide sul pavimento i resti, come morti, degli indumenti che aveva indosso la sera precedente, quegli abiti femminili che le ricordavano ora, alla luce del mattino, cosa era successo durante la notte... e li accanto a lei c'era lui, André, il suo André, l'uomo che l'aveva fatta sentire donna con un semplice bacio.
Lo guardò dormire per un tempo infinito, osservò il suo viso disteso e tranquillo, come non lo vedeva da tempo, studiò le linee delle sue braccia, del petto, che erano sfuggite ai suoi occhi durante la notte, e lo trovò bellissimo... lo guardò ancora per qualche minuto e poi non resistette dal passargli un dito sulle labbra, quelle labbra così calde e morbide che l'avevano fatta impazzire qualche ora prima.
André si svegliò, mostrando i suoi bellissimi occhi verdi, baciò il dito che lei stava passando sulle sue labbra, poi dischiuse la bocca e lo morsicò leggermente.
“Hey, hai intenzione di mangiarmi?” Oscar rideva
“L'intenzione era proprio questa...” disse André poco prima di girare Oscar e stendersi su di lei, che iniziò a ridere un po' troppo rumorosamente.
La bocca di André le stava percorrendo il corpo, lasciando dietro di sé piccoli morsi, sul collo, le spalle, il seno, le braccia, il ventre e tanti, tantissimi sulle labbra facendole diventare rosse come il fuoco, e rendendole così, ancora più invitanti e piene.
Oscar non riusciva a smettere di ridere nonostante i “rimproveri” di André
“Oscar non ridere così forte, vuoi che qualcuno ti senta?”
“....no no... ah ah ah... ma non riesco a smettere... mi stai facendo solletico...”
“vediamo se riesco a farti smettere...” e suonò come una minaccia... in un attimo André posò le labbra su quelle di Oscar in un bacio profondo, in un lunghissimo bacio... ovviamente lei smise di ridere.
Oscar perse il controllo di sé, come era successo durante la notte, sentì le sue gambe schiudersi e posarsi attorno ai fianchi di André, sentì il proprio corpo muoversi contro quello di lui ricercando un contatto, un piacere che non tardò ad arrivare, fu presto accontentata, l'uomo fu di nuovo in lei, in un attimo... il dolore che aveva provato quella notte, quel piccolo prezzo che dovette pagare, per essere una donna, era svanito, lasciando il posto al piacere, solo al piacere... un piacere che invase entrambi lasciandoli stremati ma felici, l'uno nelle braccia dell'altro.
Sapevano che avrebbero dovuto separarsi il prima possibile, era ormai giorno inoltrato e stavano rischiando d'essere scoperti, ma nessuno dei due aveva intenzione di alzarsi.

“Oscar devo andarmene da qui...” sussurrò André mentre ancora la stava abbracciando
Oscar non disse nulla, abbracciò André ancora più intensamente, aggrappandoglisi addosso e nascondendo il viso contro il suo petto.
“Oscar non fare così, ti prego, devo andare, lo sai.” disse questa volta con un tono più deciso, mentre tentava di alzare il viso di lei, e quando finalmente ci riuscì vide che stava piangendo, tentò di dire qualcosa per rassicurarla ma lei lo precedette.
“Come farò ora André, come farò? Se ieri sera non avevo intenzione di sposare il conte, oggi la trovo una cosa inconcepibile. Come farò? Come? Io non voglio sposare il conte, non voglio sposare nessuno... io... io...” e il pianto si fece più feroce.
“Ascoltami... Oscar guardami... smetti di piangere, non pensiamo a questo adesso, troveremo una soluzione, hai capito? Ma ora smetti di piangere, ti prego” le diceva asciugandogli le lacrime dalle guance. La tenne stretta per qualche minuto e poi si obbligò ad alzarsi. Si vestì velocemente evitando di guardare quel letto che avrebbe voluto raggiungere immediatamente, si voltò soltanto quando fu pronto ad andarsene e allora la vide alzarsi, avvolta nel lenzuolo, lo teneva fermo sul seno con un braccio, i capelli le ricadevano morbidi sulle spalle e sulla schiena nuda, come avrebbe potuto uscire da quella stanza adesso, pensò André... le si avvicinò senza dire nulla, poggiando soltanto le labbra su quelle di lui e mordicchiandogliele piano...
“Dio, Oscar, se fai così come credi che potrò uscire da questa stanza?”
“Non devi necessariamente uscire da questa stanza...” disse continuando a tormentargli le labbra
“Devo uscire da questa stanza Oscar... fai la brava...” disse con poca convinzione mentre tentava di allontanarla da lui. La  prese per mano e si diressero verso la porta, passarono accanto al letto che li aveva accolti in quella notte che non avrebbero più dimenticato, e in quel momento Oscar si bloccò, André la vide fissare un punto e poi abbassare il viso imbarazzata... su quel grande letto, sulle bianchissime lenzuola di seta c'era ora un segno rosso, la pennellata di un pittore su una tela immacolata, che strano paragone era balzato nella mente di André, che non disse nulla al riguardo, si limitò a stringere Oscar tra le braccia e sussurrarle
“Quello che è successo stanotte... quello che abbiamo fatto... è stato magnifico. Ti amo Oscar” poi aprì leggermente la  porta e controllò che non ci fosse nessuno nei paraggi, uscì e scese la scalinata senza mai voltarsi.
Oscar avrebbe voluto fermarlo in quell'istante e dire ad alta voce ciò che sentiva dentro, per lui, ma la paura la fermò, di nuovo. Chiuse la porta, fece un bagno caldo e si vestì pensando a cosa  raccontare alla vecchia governante quando questa avrebbe notato il sangue sulle lenzuola... una ferita alla gamba durante un allenamento, ecco, quella poteva essere una buona giustificazione.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


Il generale Jarjayes e il conte Louis erano rientrati a palazzo dopo aver “festeggiato” l'esito positivo della serata precedente, conversavano tra loro come vecchi amici. André passò davanti a loro, salutando, ma cercando comunque di passare “inosservato”, tentativo vano, il generale lo invitò ad avvicinarsi.

“André ho bisogno del tuo servizio, devi accompagnare il Conte a Parigi”
“Certo signor Generale”
“Conte vi lascio nelle mani di André, vi mostrerà la strada per Parigi e vi condurrà ovunque vogliate” e con queste parole il generale Jarjayes si allontanò da loro.
“André, vi chiamate così giusto?”
“André Grandier, conte”
“Bene André, sellatemi un cavallo, niente carrozza, voglio cavalcare”
André sellò un cavallo al Conte chiedendosi come aveva potuto lasciarsi incastrare in quella situazione spiacevole, l'ultima persona con cui avrebbe voluto fare un viaggio era proprio quel Conte con la puzza sotto il naso che aveva intenzione di sposare Oscar.

“Conte, il cavallo è pronto, vogliamo andare?”
“Pronto, possiamo partire André”

Cavalcarono per una buona mezz'ora senza dire una parola, André ne fu sollevato, il Conte, a quanto pare era un nobile vecchio stampo, uno di quelli che non amava parlare con la servitù.

“André, perdonatemi, siete a servizio dai Jarjayes da molto tempo?” chiese il Conte improvvisamente, “a quanto pare non è un nobile di così vecchio stampo” pensò André mordendosi la lingua.
“Si può dire che io sia a servizio a palazzo Jarjayes da tutta la vita, dall'età di 6 anni”
André vide lo sguardo perplesso del Conte e cercò di spiegarsi meglio.
“Sono arrivato a palazzo dopo la morte dei miei genitori, il generale Jarjayes concesse a mia nonna, che lavorava come governante, di tenermi con lei”
“Un gesto davvero generoso da parte del generale Jarjayes”
“Molto generoso, si.” André faticò a pronunciare quelle parole “Oscar aveva bisogno di un compagno di giochi, e di una figura maschile con cui confrontarsi, da cui imparare a comportarsi... questo fu il mio primo compito a palazzo Jarjayes”
Il viso del Conte aveva assunto un'aria interrogativa.
“André, mi state dicendo che voi, un dipendente... un servo...”
“Si, conte, sono cresciuto con Oscar”
“Una situazione alquanto bizzarra direi” il conte era visibilmente stupito
“Bizzarro come educare una donna a vivere come un uomo...” il tono di André divenne duro.
Il conte rimase in silenzio, spiazzato dall'affermazione troppo esplicita di André.
“Conte siamo giunti a Parigi” spezzò il silenzio

Il Conte Louis ed André tornarono a palazzo Jarjayes nel tardo pomeriggio.
Louis scese da cavallo, stanco, indolenzito, dette ordine alla servitù di preparagli un bagno caldo, André nel frattempo portò i cavalli nelle scuderie, stremato anche lui dalla giornata col conte, aveva voglia di vedere Oscar e si chiese dove fosse in quel momento.
Oscar aveva passato la giornata suonando il piano e leggendo, aveva incrociato il generale parecchie volte ma lui ebbe per lei solo parole di saluto e nient'altro, non fece parola della serata con Louis, anche se, Oscar lo sapeva, ne aveva parlato sicuramente col Conte, un comportamento strano quello del padre, che stesse bramando qualcosa alle sue spalle? Oscar non volle pensarci, non quel giorno, quel giorno era solo per lei e André, c'era lui nella testa, nel cuore, sulla pelle, le sue parole, le sue labbra, il suo profumo, solo André e quello che c'era stato tra loro, quello che avevano fatto... avevano fatto l'amore... Oscar lo ripeteva nella mente ed aveva un suono così strano e bellissimo...
“abbiamo fatto l'amore...” Oscar non conosceva altre parole all'infuori di quelle
“Oscar...” quasi sussurrato
“André” un nome e la voglia di toccarlo, ma non poté farlo.
Il conte Louis scese in salotto, rimase sulla porta quando vide Oscar e André all'interno della stanza, uno di fronte all'altro, li osservò conversare e ridere, come avrebbero fatto due amici, due fratelli, con quella confidenza e naturalità che, pensò il conte, non avrebbe dovuto esserci tra un servo e un nobile, eppure per loro sembrava tutto così normale, come se non avessero fatto altro, come se non fossero stati altro che quello per tutta la vita. Questo fatto non piaceva al Conte, per niente.

“Madamigella Oscar, finalmente. Come state?” Louis entrò spavaldo nel salotto, prese la mano di Oscar e con un leggero inchino gliela baciò.
“Conte, vi prego” il disagio di Oscar si percepiva chiaramente
“Conte? Oscar, ve ne prego, chiamatemi soltanto Louis come avete fatto ieri sera”
“Conte... io...” la voce di Oscar si fece lieve mentre i suoi occhi si posarono per qualche istante su André, il particolare non passò inosservato al Conte.
“Perdonatemi Oscar, ho forse interrotto qualcosa?”
“Stavo giusto andando. Se volete scusarmi. Conte. Oscar” fu André a rispondere.
“Oscar ditemi, ho interrotto qualcosa, il vostro attendente mi è sembrato turbato”
“Non vi preoccupate, stavamo solo chiacchierando”
“Avete uno strano rapporto con la servitù, mia cara Oscar...”
“André è un amico, Conte, siamo cresciuti insieme” Oscar era infastidita
“...ma è pur sempre il vostro attendente”
“André è prima di tutto un amico. Scusatemi Conte debbo andare” Oscar lasciò la stanza senza aspettare il saluto del Conte, voleva raggiungere André... “sarà nelle scuderie” pensò Oscar e affrettò il passo... ma non riuscì a lasciare il palazzo, il generale, suo padre, la fermò prima che potesse uscire.

“Oscar ho bisogno di parlarti, viene nel mio studio” Oscar annuì con la testa.
“Siediti Oscar, siediti” il generale aveva un tono insolitamente calmo e gentile
“Si, padre. Ditemi” Oscar si aspettava il peggio
“Questa mattina ho conversato col Conte, ho saputo della vostra serata e... Oscar sono così felice di apprendere che hai seguito il mio consiglio... sono felice che tu abbia accettato la corte del Conte. Hai fatto la cosa giusta Oscar, credimi.”
“Padre... io...”
“Oscar non ti devi vergognare, vedrai che col tempo l'essere donna ti sembrerà naturale. Sarai felice ne sono certo”
Oscar stava per dire qualcosa ma il generale sembrava essere divenuto sordo alle sue parole.
“Presto mi recherò da Sua Maestà per chiedere il permesso di farti sposare col Conte...” Oscar sentì il cuore spaccarsi nel petto e sperò di morire in quell'istante
“...non c'è motivo d'aspettare oltre Oscar, ho già rubato anni preziosi alla tua vita di donna, voglio che tu sia felice, adesso, dandoti in sposa al Conte, il prima possibile”
Oscar fece un cenno di approvazione col capo, non era in grado di parlare in quel momento. Il generale se ne andò con un'espressione compiaciuta sul viso e lei rimase nello studio del padre maledicendosi per non aver detto semplicemente “no” all'imposizione di un matrimonio che non voleva, era adulta, aveva vissuto come un uomo e quindi con tutta la libertà che questo ruolo può avere, eppure, di fronte a questo non era riuscita a rifiutare, davanti a questa imposizione si era trasformata in una delle tante donne che aveva visto negli anni, comprese le sue sorelle, sottomesse al volere di un uomo, o forse semplicemente non voleva arrecare un altro dispiacere al padre.
“Cosa mi sta succedendo? Questa non sono io” disse a se stessa coprendosi il viso con le mani e poi uscì a cercare André.
André  era nelle scuderie intento a strigliare i cavalli, sistemare le carrozze, qualsiasi cosa per cercare di allentare la tensione che aveva in corpo dopo aver visto il Conte con Oscar, anche lui non vedeva soluzioni alla situazione che stava inghiottendo la vita di Oscar e in qualche modo anche la sua.
“Una soluzione ci sarebbe...” disse a voce bassa, la soluzione sarebbe stata di scappare con lei, lontano da tutto e tutti, ma non era sicuro che lei avrebbe accettato, anzi, ne era più che certo.
André stava ancora pensando a tutto questo quando sentì aprirsi la porta delle scuderie e la vide entrare.
“Oscar...” non fece in tempo a dire altro, Oscar lo stava abbracciando, così forte da fargli mancare il fiato.
“Oscar potrebbe vederci qualcuno” le disse tenendola, comunque, stretta a sé
“André andiamo via, prendiamo i cavalli e andiamo via...”
“Oscar non possiamo, tuo padre darà una grande cena stasera, mi ha pregato di ricevere le carrozze degli invitati... cosa ti succede Oscar?” André avrebbe voluto proporle, in quel momento, di scappare via con lui, per sempre... lei non disse nulla, continuava a tenerlo stretto.
“Oscar adesso devi andare, è pericoloso stare qui così. Verrò da te stanotte” le diede un lieve bacio sulle labbra e poi la vide andare via.
 
Oscar si presentò svogliatamente alla cena che il padre aveva organizzato, parlò lo stretto necessario, e solo se interpellata, con gli invitati, non era di buon umore quella sera se ne accorsero tutti i presenti ma solo uno di questi si prese la briga di chiedere spiegazioni.

“Oscar avete voglia di fare due passi?”
“Fersen...” Oscar era così distratta quella sera che non si accorse che anche il conte di Fersen era tra i tanti invitati
“...certo Fersen mi farebbe piacere”
“Oscar, scusatemi, ho notato un velo di tristezza sul vostro viso, cosa vi succede?” Fersen era sinceramente preoccupato, ma Oscar non rispose, rimase in silenzio camminando dietro di lui, fu lui a fermarglisi di fronte e parlare di nuovo.
“Oscar, vi prego, ditemi cosa vi turba, sapete che potete parlare liberamente con me e se mi fosse possibile esservi d'aiuto, per me sarebbe un onore”
“Fersen... io...” le parole non riuscivano ad uscirgli dalle labbra e aveva voglia di piangere, il conte allora gli si avvicinò posando le mani sulle sue braccia e guardandola dritto negli occhi.
“Oscar, avanti, respirate e... ditemi”
“Mio padre ha deciso che io debba sposarmi. Mio padre vuole che io sposi un conte, figlio di un suo vecchio amico. Fersen io... io non voglio sposare il conte, io non voglio sposarmi”
“Il generale Jarjayes vuole che vi sposiate Oscar? ...ma se vi ha sempre fatta vivere come un uomo... è paradossale!” il conte era allibito da una tale rivelazione
“Oscar non potete semplicemente rifiutarvi?”
“Fersen non è così semplice come sembra, o forse sono io che non faccio nulla per renderla meno difficile. Non lo so, è così difficile per me, ora, oppormi a mio padre. Non lo so Fersen sono così confusa, ma so che non voglio sposarmi.” Oscar sentì gli occhi riempirsi di lacrime e cercò di rimandarle indietro, non voleva piangere di fronte al conte e rendersi ancora più vulnerabile.
“Oscar vi prego non piangete, vi aiuterò io”
“Come volete aiutarmi Fersen? Nessun può aiutarmi”
“Fidatevi di me Oscar, questa sera, andrò da vostro padre e chiederò la vostra mano”
“Cosa?” Oscar era sconvolta.
“Oscar, calmatevi, non voglio davvero chiedere la vostra mano, voglio aiutarvi a prendere tempo, capite? Se vostro padre riceverà più di una proposta per voi dovrà valutare ogni pretendente, il che significa tempo, più tempo per voi, per decidere cosa fare della vostra vita. Oscar vi prego, permettetevi di aiutarvi.” Fersen ora le teneva le mani.
“Fersen io non so cosa dire. Io non posso che ringraziarvi di cuore per quello che state per fare per me. Grazie Fersen, non lo dimenticherò mai.” ora erano le mani di lei a stringere quelle del conte di Fersen.
Oscar e Fersen si separarono poco dopo, lei si confuse tra gli invitati e lui si fece strada verso il generale Jarjayes.
Anche l'ultimo invitato stava lasciando il palazzo, Oscar osservava dalle vetrate del salotto le carrozze allontanarsi, ma sopratutto guardava André e per qualche istante si dimenticò di tutto, ma quella pace durò il tempo di un respiro, sentì una mano sulla spalla, era il conte di Fersen.
“Oscar ho parlato con vostro padre, credo che accetterà la mia proposta, mi ha invitato a rimanere da voi per la notte, domattina presto andrò con lui ad una battuta di caccia, una scusa per definire la faccenda”
“Fersen vi ringrazio, ma non vorrei che questa faccenda vi possa recare danno, non me lo perdonerei mai”
“Oscar non vi date pensiero per questo, non mi arreca nessun danno, ho promesso di aiutarvi e manterrò la promessa. Ora vi saluto, a domani Oscar, vi auguro una buonanotte” Fersen le baciò la mano e ad Oscar sembrò tutto così naturale, come se quel gesto fosse stato sempre parte della loro amicizia.
“Buonanotte Fersen, a domani”

André attese che tutto palazzo Jarjayes fosse a dormire per raggiungere Oscar nella sua stanza, aveva sognato quel momento per tutto il giorno, quel pensiero aveva reso più semplice sorridere a quei nobili che non facevano che guardarlo come se fosse un mostro, da un po' di tempo gli era difficile stare accanto ai nobili, forse perchè lui, come tanta altra gente del popolo, si rendeva conto della povertà che ormai regnava in Francia, anche a causa di quelle persone ricche... brutti pensieri che cercò di scacciar via, tutto quello che voleva fare in quel momento era vedere Oscar... ed è quello che fece, salì di corsa su per la scalinata, bussò alla porta di Oscar e qualche secondo dopo scomparve dentro la stanza.
Non tutti a palazzo Jarjayes stavano dormendo, il conte di Fersen era uscito dalla propria stanza per un bicchiere di vino, si trovava in un punto buio del lungo corridoio quando vide qualcosa che non si aspettava di vedere, André entrare nella stanza di Oscar in piena notte.
“Ma cosa...?” fu tutto quello che riuscì a dire nel buio di palazzo Jarjayes.


Oscar aprì la porta ad André e non ebbe il tempo di dire nulla che lui fu subito sulle sue labbra, la baciò così intensamente da fargli male, la prese tra le braccia e la spinse contro la porta continuando a baciarla mentre, prudentemente, chiuse a chiave... il bacio si spostò lungo il collo e le mani stavano già sbottonandogli la camicia scoprendo le curve morbide del seno...
“André...”
“Oscar mi sei mancata così tanto” 
“André... anche tu... ma...” Oscar cercava di parlare in modo chiaro ma stava ansimando
“ma?” chiese lui mentre continuava a baciarle il collo
“...ma... dobbiamo parlare André...”
“stiamo parlando Oscar...” e le sue mani si infilarono sotto la camicia ed iniziarono ad accarezzarle la schiena nuda.
“mio padre vuole farmi sposare il conte Louis... andrà da sua maestà per chiedere il permesso di sposarmi ma... André... non posso parlarti se... se fai così...” Oscar sentì le mani e le labbra di André sul seno, sposò la sua testa con le mani, cercò di avere la sua attenzione.
“André! Ascoltami! Mio padre vuole farmi sposare il conte Louis!”
“Oscar basta che tu dica di no” André era tornato serio
“André lui non me lo permetterà mai ed io... non lo so... non posso... non riesco a contraddirlo.”
“Oscar cosa ti sta succedendo? Hai sempre fatto quello che ritenevi giusto a costo di andare contro tuo padre, ed ora non riesci a dire un semplice no? Se ti costringerà a sposarti cosa farai? Cosa faremo?” André si era ormai staccato da lei.
“Non lo so cosa mi sta succedendo, sono così confusa, ho paura di... di deluderlo ancora... non lo so André, ma non ti preoccupare, qualcuno è disposto ad aiutarmi” Oscar sorrideva
“Chi ti può aiutare Oscar? E come?”
“Fersen. Si è offerto di aiutarmi, mi aiuterà a guadagnare un po' di tempo, in modo che io possa decidere cosa fare”
“In che modo, Oscar?” André era infastidito
“Ha chiesto a mio padre la mia mano” Oscar pronunciò questa frase con tranquillità
“Fersen? Oscar! Fersen?” André stava alzando la voce
“André, Fersen non mi vuole sposare, vuole solo aiutarmi”
“Certo, vuole solo aiutarti...” André posò le mani sulle braccia di Oscar e la sposò da davanti la porta e uscì senza ascoltarla, era furioso.
“André! André!”  ma lui era già scomparso nel buio della casa, Oscar chiuse la porta e ebbe ancora voglia di piangere, era una sensazione che in quell'ultimo periodo era sempre con lei.

Il conte Fersen era ancora nel corridoio quando vide uscire André dalla stanza di Oscar, era rimasto nell'ombra, a spiare, si, doveva ammetterlo, anche se questa cosa non lo faceva sentire orgoglioso di se stesso.
Il palazzo era buio ma percepì la rabbia di André quando lo vide correre per le scale e sbattere la porta della propria stanza, era successo qualcosa nella stanza di Oscar, ma Fersen non riusciva ad immaginare... l'unica cosa da fare era scoprirlo e il conte Fersen non era mai stato un uomo riservato, al contrario, era un uomo che non conosceva vergogna, ma sopratutto era un uomo curioso.
Fersen bussò alla  porta di Oscar.

Oscar si abbottonò la camicia che pochi istanti prima André le aveva aperto, era riuscita a bloccare le lacrime, non voleva piangere, voleva soltanto pensare ad una soluzione che l'avrebbe riportata ad una vita normale, stava per mettersi a letto quando sentì bussare.
“André” disse a se stessa e aprì la porta con una sicurezza e con un sorriso sulle labbra che spiazzò la persona al di fuori della stanza.
“Fersen! Cosa ci fate qui in piena notte?”
“Oscar perdonatemi, posso entrare? Ho bisogno di parlarvi”
“Conte è molto tardi e non è il caso che voi entriate nella mia stanza”
“Ho bisogno di  parlarvi, ora” la voce di Fersen era diventata decisa, quasi autoritaria
“No, Fersen, no. Andatevene.” Oscar socchiuse leggermente la porta, ma il conte la fermò con la mano.
“Oscar, ho visto entrare André nella vostra stanza ed uscirvi qualche minuto dopo. Credo che sia il caso che mi raccontiate tutto. Non credete?” era lei quella spiazzata ora, non disse nulla e si limitò ad aprirgli la porta e farlo entrare.
“Allora, Oscar, volete spiegarmi cosa sta accadendo? Sono a conoscenza della profonda amicizia che vi lega ad André, so che siete cresciuti insieme, ma un'amicizia non giustifica quello che ho visto, un attendente non entra in piena notte nelle stanze di una donna”
“Fersen non mi piace il modo in cui vi state rivolgendo a me, così come non tollero le insinuazioni che state facendo” Oscar era davanti al conte, gli occhi fissi su di lui, sicura e dura.
“Perdonatemi, ma non credo che siano solo delle insinuazioni” Fersen abbassò lo sguardo pronunciando quelle parole e non vide la mano di Oscar alzarsi e schiaffeggiarlo.
“Uscite immediatamente dalla mia stanza Fersen”
“Certo Oscar, scusatemi, ma credo di aver compreso cosa sta accadendo e mi intristisce appurare che non vi fidate di me” con queste parole ancora nell'aria Fersen uscì dalla stanza di Oscar e ritornò in quella degli ospiti, realmente rammaricato ma intenzionato a scoprire la verità.

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


André camminava nervosamente nella propria stanza chiedendosi come Oscar avesse potuto accettare un tale aiuto da Fersen e un istante dopo si ritrovava a rispondere a se stesso, pensando che fosse ovvio che lei avesse accettato immediatamente, in fondo era stata innamorata di Fersen, ed ora lui la chiedeva in sposa, tutto quello che aveva sempre desiderato. André diede un pugno alla porta, era furioso, ricominciò a camminare nella stanza.
“Perchè Oscar? Perchè accettare un aiuto simile? Tu ami ancora Fersen...” l'uomo parlava a voce alta, a se stesso, e sferrò un altro pugno contro la porta, e poi uscì, furente, doveva andare da Oscar, doveva affrontarla.
Entrò nella stanza di Oscar senza bussare, spalancò la porta e la richiuse senza curarsi che sbattesse facendo rumore, lei era in piedi davanti alla finestra si voltò di scatto quando sentì aprirsi la porta.
“André! Sei impazzito” il suo tono era di rimprovero.
“Si Oscar sono impazzito, sono così in collera che...” André cercò di trattenersi.
“Sei in collera per cosa? Perchè Fersen vuole aiutarmi? Sei ridicolo André!”
“Ridicolo? Tu eri innamorata di Fersen, hai messo in discussione la tua vita e il tuo modo d'essere per lui, eri disposta a vivere come una donna, per lui, ed ora lui vuole aiutarti fingendo di sposarti... non è questo che sognavi non molto tempo fa? Non è questo che avresti voluto per voi? Ed io sarei quello ridicolo?” gli si era fatto più vicino mentre parlava.
“André, smettila!”
“Sei forse a disagio? Cosa succede Oscar, hai  paura di ammettere che provi ancora qualcosa per il conte di Fersen?” André era di fronte ad Oscar
“André, basta!” Oscar gli voltò le spalle e camminò verso la porta, ma lui la bloccò afferrandogli il polso e tirandola verso di sé.
“Non riesci neppure a guardarmi negli occhi Oscar”
“Lasciami andare, sei veramente ridicolo André” Oscar ora lo guardava dritto negli occhi, e lui per tutta risposta la bloccò contro la parete, obbligandola a tenere il viso davanti al suo.
“Sono ridicolo, hai ragione, ma tu rispondi Oscar. Sei ancora innamorata di Fersen?”
“André non lo ripeterò un'altra volta, togliti e lasciami andare, sei fuori di te, hai perso la ragione.” Oscar cercò di spostare André ma lui mise le mani sulle sue braccia e la spinse ancora contro la parete, facendole mancare il respiro quando il corpo picchiò contro il muro.
“mi stai facendo male, lasciami!” e lui allentò la presa attorno alle sue braccia, lasciandola libera, giusto il tempo di chiederle ancora...
“Oscar rispondimi. Sei ancora innamorata di Fersen?” André sembrava aver riacquistato un briciolo di equilibrio.
“Vai al diavolo” disse Oscar guardandolo dritto negli occhi, con una tale rabbia da farle infuocare le guance, e posando le mani contro il petto di lui per allontanarlo, in quell'istante tutta la collera di André scoppiò, prese le mani di Oscar per i polsi e le bloccò con forza contro il muro, lei cercò di liberarsi, si oppose con tutta la forza che aveva in corpo, ma lui era come impazzito.
“Rispondi! Rispondi! Sei ancora innamorata di Fersen? Non aspettavi altro che ricevere una proposta del genere da lui! Dillo Oscar, dillo che ami Fersen!” André stava urlandole contro, stringendogli i polsi e sbattendoglieli contro il muro, lei si divincolò mentre lui non faceva che ripetere quella frase, guardandola negli occhi e facendole un male cane ai  polsi, ed ora anche Oscar stava gridando, le loro voci si confusero per un istante.
“Amo te, stupido idiota” ad Oscar uscirono quelle parole senza quasi rendersene conto, così come le lacrime che le scivolarono subito dopo sulle guance.
“Cosa...?” André era così accecato dalla rabbia che credette di aver capito male.
“Amo te” disse con la voce rotta dal pianto.
André lasciò i polsi di Oscar, le braccia ricadettero lungo i fianchi, non riusciva a dire nulla, poteva solo guardarla e ripetersi che non stava sognando, non si rese nemmeno conto dello schiaffo che Oscar gli diede, lo incassò e tutto quello che potè fare dopo fu spingerla di nuovo contro la parete, ma per baciarla, questa volta.
Stavano piangendo entrambi mentre le loro bocche si rincorrevano in un bacio impaziente, quel momento di pace durò un secondo, fu Oscar ad interromperlo spingendo André lontano da lei, con delicatezza, ma in modo deciso.
“Ora vai André” Oscar era ancora ferita dal suo comportamento.
“Oscar...” André sapeva il motivo per cui lei lo stava allontanando ma aveva creduto che quel bacio fosse una sorta di perdono.
“Ti prego, vai. Non me la sento di stare con te questa notte. Cerca di capire.”
“Certo Oscar, capisco perfettamente. Ti chiedo ancora scusa per...” André non finì la frase, la porta della stanza si spalancò all'improvviso.
“Oscar cosa succede? ho sentito dei rumori, delle grida... ma... cosa?” Fersen entrò nella camera di Oscar come una furia, credendo che qualcuno fosse entrato, forse qualche rivoltoso del popolo visti i disordini che vi erano in quel momento in Francia, ma ciò che vide fu più sconvolgente di quel che immaginava.
Oscar e André si voltarono verso la porta senza riuscire a dir nulla, spiazzati, con la colpa scolpita sul viso, consapevoli d'essere stati scoperti, o quasi...
“André cosa fate nella stanza di madamigella Oscar?” Fersen era allibito, non attese la risposta dell'uomo.
“Oscar ma cosa sta succedendo? Volete spiegarmi? Ho sentito dei rumori, delle grida...” Fersen rimase a distanza dai due, come se ci fosse un limite invisibile che non era dato oltrepassare, eppure poteva vedere qualcosa di strano sui loro volti, qualcosa era successo, se già era insolito che André fosse entrato nella stanza di Oscar in piena notte una volta, era ancora più insolito che ci fosse ritornato una seconda.
“Conte non vi agitate non è accaduto nulla, anch'io ho sentito dei rumori e sono salito a controllare, niente di insolito” André cercò di essere il  più convincente e sincero possibile.
“Fersen vi ringrazio per essere accorso, siete davvero premuroso, non dovete darvi tanto disturbo, siete un ospite non una guardia del corpo.” Oscar si sforzò di sorridere.
“Ma allora, le grida?”
“E' vero Fersen, ho gridato, me ne vergogno... quando André è entrato qui, come avete fatto voi, mi ha spaventata a morte e involontariamente mi è uscito un grido dalle labbra” si sforzò ancora di più per cercare di ridere.
“Oscar, sono io che dovrei vergognarmi, entrare così nella vostra stanza. Perdonatemi. Sono felice che non vi sia accaduto nulla. Vogliate scusarmi madamigella Oscar, buonanotte.” Fersen uscì dalla stanza, solo dopo aver guardato André ed Oscar dritto negli occhi, non si beveva nemmeno mezza delle parole che avevano pronunciato, non credeva a nessuno dei due, e fu un particolare a rendere questa convinzione ancora più forte, i loro visi, i loro occhi, entrambi avevano pianto.
André seguì il conte di Fersen e si diresse nella propria stanza, Oscar chiuse la porta e si buttò sul letto, voleva solo dormire e dimenticare tutto, almeno per quella notte.


Il generale Jarjayes e il conte di Fersen partirono all'alba per la loro battuta di caccia.
Il generale Jarjayes teneva il fucile stretto tra le mani, puntando tra i cespugli.
“Conte Fersen raccontatemi un po' di voi, cosa fate?”
“Generale come già saprete la mia patria è la Svezia, ma dopo un periodo passato in guerra, ho deciso di ritornare qui in Francia, un paese che amo come fosse la mia terra, ed ora sono a servizio di Sua Maestà” disse Fersen mentre impugnava il fucile svogliatamente, non amava la caccia.
Un colpo tuonò, il generale colpì una lepre, ma non si curò di raccoglierla, mirò subito ad un movimento in un altro cespuglio, con una concentrazione impeccabile.
“Ditemi conte, cosa vi spinge a chiedere la mano di mia figlia?”
“Generale Jarjayes conosco vostra figlia da molti anni, da quando avevamo 18 anni, nutro per lei un rispetto e una stima molto profondi, è stata per me come un migliore amico, ma poi col tempo ho capito che quei sentimenti andavano al di la dell'amicizia, me ne sono reso conto quando ero in guerra, in quel periodo ho sentito fortemente la mancanza di vostra figlia. Nutro per lei sentimenti d'amore.” Fersen recitò la sua parte, come previsto, in modo molto convincente, si stupì lui stesso dalla naturalità con cui parlava di Oscar, si stupì molto.
“Cosa pensate della vita che conduce mia figlia? Cosa vi aspettate da lei, se diventerà vostra moglie?” il generale aveva abbassato il fucile ora, guardava Fersen dritto negli occhi.
“Come ho già detto, generale, provo rispetto e stima per vostra figlia, come donna e come comandante. Se mai avrò l'onore di averla come sposa non le impedirò di continuare la sua vita militare, questa sua vita, questo suo modo d'essere è una delle tante cosa che mi hanno fatto innamorare di lei. Non voglio cambiare Oscar, non voglio che diventi ciò che non è o non vuole essere.” Fersen non era solo stupito questa volta, era spaventato dalle parole che aveva appena pronunciato, non era una recita, non completamente, questa volta.
“Spero siano parole sincere, Conte. E ditemi, pensate che Oscar nutra gli stessi sentimenti per voi? Sapete ha rifiutato più di un pretendente, non mi stupirei se facesse lo stesso con voi.”
“E' una domanda difficile, posso rispondervi che mi auguro che provi quello che io sento per lei, ma sono certo che nutre dell'affetto nei miei riguardi, chiaramente non si è mai dichiarata, non è da lei farlo.”
“Bene, Conte, prenderò in considerazione la vostra proposta, dopo aver parlato con Oscar. Possiamo rientrare a palazzo ora.” Jarjayes salì sul proprio cavallo e partì senza aspettare il conte. Fersen lo seguì poco dopo.
Varcata la soglia di palazzo Jarjayes il generale fece chiamare immediatamente Oscar, e lei non si fece attendere, stava andando tutto come previsto, e lei era pronta a recitare.
“Padre mi avete fatta chiamare?”
“Si, Oscar. Questa mattina ho avuto modo di parlare col conte Hans Axl di Fersen durante una battuta di caccia. Cosa pensi di lui?”
“Il conte di Fersen è un uomo piacevole, un buon amico, padre.”
“Solo un amico per te Oscar?”
Oscar abbassò lo sguardo, finse d'essere imbarazzata, la recita aveva inizio.
“Oscar, ascoltami, il conte Fersen ha chiesto la tua mano.”
“Fersen...” Oscar si mostrò stupita e lusingata, abbozzò anche un mezzo sorriso.
“Saresti felice di sposare il conte di Fersen?” il generale stava sorridendo, era quasi dolce in quel suo gesto.
“Padre io... non lo so, è tutto così nuovo per me... sono confusa. Ma provo affetto per Hans” chiamare il conte di Fersen per nome fu il colpo finale, il generale era colpito e affondato.
“Oscar non ti preoccupare, avrai tutto il tempo per far chiarezza dentro di te, ma dimmi, cosa mi dici del conte Louis, è giusto che tu sia onesta, e di conseguenza io stesso, con lui.”
“Padre, io non credo che sarei felice con il conte Louis, è un uomo piacevole, ma troppo debole per me. Mi spiace.”
“Spiace anche a me Oscar, ma non voglio darti in moglie ad un uomo che non potrebbe renderti felice, hai bisogno di qualcuno che come te ha vissuto la vita militare. Credo che il conte di Fersen sia l'uomo giusto.” il generale era sinceramente felice
“Ho bisogno di tempo, però, Padre.”
“Certo Oscar, tutto il tempo che ti occorre. Ora puoi andare.”
“Vi ringrazio padre”
Oscar uscì dallo studio del padre, salì sul proprio cavallo e si diresse a casa di Fersen, come previsto.

André si alzò presto quella mattina, doveva recarsi a Parigi per verificare se la sua domanda per entrare nei soldati della guardia fosse stata accettata.
Varcata la soglia della caserma André si sentì chiamare.
“Hey, André”
“Alain” André era felice di vederlo, Alain era un ragazzo simpatico, un vero uomo del popolo, semplice ma di gran cuore.
“Amico come stai? Ancora distrutto dai tuoi problemi di cuore?” Alain rideva
“E chi ti dice, Alain, che i miei erano problemi di cuore? Non ne abbiamo mai parlato così approfonditamente”
“André ne ho visti di uomini ubriacarsi nella mia vita, e di solito quelli che si riducono come ti eri ridotto tu, credimi, hanno sempre problemi di cuore, c'è sempre di mezzo una donna, e di solito è una bella donna”
André non rispose si limitò a ridere abbassando lo sguardo.
“Alain se vuoi scusarmi vado a controllare se hanno accettato la mia domanda”
“Non hanno accettato ancora nessuno, rimanderanno tutto tra qualche settimana quando prenderà servizio il nuovo comandante. Vieni con me, uomo disperato, andiamo a bere qualcosa e a raccontarmi della tua bella donna...” Alain diede una spinta ad Andrè e buttò la testa all'indietro in una risata rumorosa.
“Va bene Alain, ma smettila di chiamarmi disperato”
Alain e André entrarono in una taverna ed ordinarono da bere.
“Allora André raccontami della donna misteriosa...” Alain si fece vicino all'uomo con aria interrogativa.
“Alain piantala”
“Amico non me la bevo che qui non c'è di mezzo una donna”
“Va bene Alain c'è una donna...” André cedette.
“Ah Ah Ah, lo sapevo amico! Alain non si sbaglia mai su queste cose! e.. com'è questa donna?”
“E' una donna Alain, e basta”
“Andiamo André, non fare il guastafeste, racconta qualcosa al tuo caro amico Alain! ...ma forse non ne vuoi parlare perchè non è poi così bella... certo se fossi anch'io innamorato di una donna brutta non andrei in giro a raccontarlo...”
“Alain sei un idiota” André rise
“...è una bellissima donna” André aveva gli occhi fissi sul bicchiere di birra.
“Ne ero certo amico! Ma adesso racconta dettagliatamente di questa bellissima donna...”
“Ha magnifici occhi azzurri, così limpidi, e lunghi capelli biondi ed una pelle candida...” André si dovette fermare, per non rischiare di dire di più.
“Una bionda eh... uhm... e com'è messa in quanto a corpo?” Alain strizzò l'occhio e gli diede una gomitata al fianco.
“Alain sei un animale!”
“Amico lo vedo dal tuo sguardo, è messa bene eh... eh bravo il nostro André” adesso ridevano entrambi. Finirono le loro birre e si separarono.

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Il domestico di palazzo Fersen fece accomodare Oscar nel salotto in attesa del conte, che non si fece attendere molto.
“Oscar, non vi aspettavo così presto. Come state?”
“Fersen. Sono venuta a comunicarvi che mio padre ha preso in considerazione la vostra proposta, credo che la vostra sarà l'unica. Il piano è riuscito.” Oscar non sembrava così felice.
“Oscar che bella notizia. Ora sta a voi far buon uso del tempo che vostro padre vi concederà” Oscar non disse nulla.
“Oscar state bene?”
“Oh, certo Fersen, sto bene. Sono solo un po' frastornata da tutta questa storia, e ho il timore di mettervi nei guai”
“Non mi mettete nei guai Oscar, ho deciso di aiutarvi e lo farò fino in fondo” Fersen prese la mano di Oscar, accarezzandola.
“Fersen...” Oscar ritrasse la mano e  poi riprese a parlare.
“...ho timore di compromettere il vostro rapporto con la Regina... se sapesse di questa proposta ne morirebbe.”
“Oscar, ascoltatemi, la proposta che ho fatto a vostro padre non porterà da nessuna parte, lo sappiamo entrambi, non vi è pericolo che qualcuno ne rimanga ferito. Per quanto riguarda la Regina vi posso assicurare che in questi anni è diventata una persona diversa, una donna matura e consapevole d'essere la Regina di Francia e la consorte del Re di Francia, non le farebbe piacere sapere di un mio matrimonio ma non ne sarebbe distrutta come un tempo. Le nostre vite sono divise e la Regina lo sa. Quindi non vi preoccupate Oscar.”
“Forse avete ragione Fersen” ad Oscar non riusciva di sorridere quel giorno.
“Posso offrirvi qualcosa da bere Oscar?”
“Vi ringrazio Fersen ma, no, debbo andare”
“Oscar, aspettate, guardatemi” Fersen portò il proprio viso di fronte a quello di Oscar.
“State bene? Ditemi la verità. Davvero state bene? Siete così strana.”
“Sto bene. Credetemi. Ora devo proprio andare, a presto Fersen” ad Oscar si riempirono gli occhi di lacrime, si voltò subito sperando che quel particolare fosse passato inosservato al Conte.
“A  presto Oscar” disse Fersen mentre Oscar era già lontana, le lacrime della donna non erano sfuggite al suo sguardo ma non volle dirle nulla, non in quel momento almeno.
Fersen ebbe un intera notte per pensare ad Oscar, alla promessa che aveva fatto ed anche a se stesso, passò un'intera notte insonne cercando di capire perchè le parole dette al generale Jarjayes erano state così facili da pronunciare, e perchè la mancanza di Oscar si faceva sentire sempre più spesso.


Oscar tornò a palazzo giusto in tempo per vedere la carrozza del Conte Louis varcare il cancello del palazzo ed andare via, “bene” pensò, un problema in meno. Entrò in casa, attraversò il corridoio passando davanti allo studio del padre, sentì vociare, riconobbe la voce di sua madre, stava piangendo, tra un singhiozzo ed un rimprovero di suo padre riuscì a sentire “Louis”, Madame Jarjayes era più dispiaciuta della figlia per la dipartita del conte Louis. Oscar non riuscì a trattenere una risata, la prima di quella giornata. Proseguì verso le cucine, avvertì la governante che non avrebbe cenato, si nascose dietro la scusa di un forte mal di testa e si ritirò nella sua camera.
Oscar si tolse i vestiti di dosso, fece un bagno caldo e si mise a letto, si sentiva così stanca in quei giorni, una stanchezza più mentale che fisica. Si appisolò per un po' fino a quando sentì bussare alla porta, si alzò svogliatamente per andare ad aprire.
“Oscar, mia nonna mi ha chiesto di portarti del the caldo. Come ti senti?”
“Entra André, poggia il vassoio sul tavolo” disse Oscar freddamente, e chiuse la porta dietro di se.
André poggiò il vassoio sul tavolo.
“Allora, come ti senti? La nonna ha detto che non ti sentivi bene.”
“Sto benissimo André, era solo una scusa per evitare mio padre e mia madre, tutto qui.” il suo tono era gelido.
“Oscar... per quello che è successo ieri sera, volevo chiederti scusa.”
“Non fa niente André, ho già dimenticato.”
André guardava Oscar davanti a lui, così bella, avrebbe voluto stringerla tra le braccia e baciarla come la sera prima, ne aveva ancora più voglia ora che sapeva che anche lei lo amava, avrebbe osato se solo non ci fosse stato il muro che lei gli stava mettendo davanti, un muro gelido e impenetrabile.
“Bene Oscar. Allora... buonanotte”
“Buonanotte André” disse voltandogli la schiena, ma André l'aggirò e gli si mise di fronte.
“Cosa ti prende Oscar?”
“Non mi prende niente André, se non ti spiace vorrei riposare.”
“Mi spiace invece, voglio che tu mi dica cosa sta succedendo. Adesso.” André stava perdendo la pazienza ed era una scena che si ripeteva spesso nell'ultimo periodo.
“Non sta succedendo proprio niente André, ed ora ti prego di uscire dalla mia stanza.” Oscar lo guardava con una freddezza assoluta.
“Puoi recitare con tuo padre, col conte di Fersen, con l'intera Francia, ma non con me Oscar, non con me. Ma se tu vuoi davvero che me ne vada, dimmelo, guardandomi negli occhi.” era una sfida.
Oscar lo guardò dritto negli occhi, una sfida era qualcosa a cui non si era mai tirata indietro.
“Voglio che tu esca da questa stanza” lo disse con decisione.
“Certo. Buonanotte Oscar.” André gli si avvicinò e gli diede un lieve bacio sulla guancia e si ritrasse  pronto ad andarsene, ma quando Oscar sentì il suo profumo lasciò che la maschera cadesse, smise di recitare e gli si buttò tra le braccia, spingendolo contro la porta, questa volta fu lei a baciarlo, e continuò a baciarlo fino a che non ebbe più fiato.
La sfida era persa.
“Sei una pessima attrice Oscar” André rideva mentre la guardava posare il viso sulla sua spalla.
Oscar sospirò profondamente, respirò il profumo del suo collo e avvicinò le labbra al suo orecchio, facendogli solletico.
“Non vorrei che te ne andassi André, ma dobbiamo stare attenti, Fersen sospetta qualcosa, è meglio non correre rischi, va bene?” Oscar ora lo stava abbracciando.
“Va bene Oscar, ma è così difficile starti lontano, specialmente ora.” la stava stringendo, rimasero così per parecchi minuti, poi André prese il vassoio del the ed uscì dalla stanza.


Oscar aveva ancora un paio di settimane di riposo in attesa di prendere servizio come comandante dei soldati della guardia, avrebbe dovuto rilassarsi ma la sua vita aveva subito parecchi cambiamenti, piacevoli certo, ma anche molto difficili, come era difficile stare lontana da André ora che aveva capito d'amarlo.
Da un paio di giorni, Oscar e André si rivolgevano la parola solo di sfuggita, era duro mantenere le distanze, ma era quello che avevano concordato per non alimentare i sospetti di Fersen e di chiunque altro.
Oscar cercava di riempire le sue giornate allenandosi, facendo lunghe passeggiate, leggendo nuovi libri e chiacchierando con Fersen che sembrava essere tornato quello di una volta, più di compagnia e meno sospettoso. E proprio quel giorno Oscar stava conversando con Hans nel giardino di palazzo Jarjayes sotto lo sguardo felice del generale.
“Oscar vostro padre ci sta guardando, o forse sarebbe meglio dire, spiando... di nuovo.” Fersen si fece più vicino.
“Lo so Fersen e mi spiace mettervi in questa sgradevole situazione.”
“Non è poi così sgradevole Oscar, è un piacere parlare con voi.”
“Anche per me è un piacere, ma lo sarebbe ancora di più senza la presenza di mio padre.”
“Diamo a vostro padre qualcosa che in che qualche modo forse potrà dare un po' di respiro anche a noi.” così dicendo Fersen si fece ancora più vicino ad Oscar, gli prese la mano e con l'altra le scostò una ciocca di capelli dal viso, la guardò per qualche istante e senza che lei potesse obbiettare le poggiò le labbra sulla guancia, in un bacio lieve, Fersen percepì in anticipo il corpo di Oscar allontanarsi, lo bloccò.
Il conte si staccò da lei e tornò a parlare delle splendide rose che crescevano nel giardino di casa Jarjayes.
Il generale vide tutta la scena, da principio ne rimase quasi sconvolto, non aveva mai visto nessuno interessarsi ad Oscar in quel modo, non aveva mai visto quegli atteggiamenti rivolti a sua figlia, era strano ma in fondo lo rendevano felice, era quello che voleva, un matrimonio per Oscar, una vita da donna che lui le aveva negato, ed ora c'era quest'uomo che l'accarezzava, la baciava, come farebbe ogni innamorato con la donna desiderata, Fersen era l'uomo giusto, ora il generale ne era più che sicuro. Jarjayes rientrò a  palazzo col sorriso sulle labbra, cercò sua moglie.
“Preparatevi questa sera vi accompagnerò alla festa di Versailles”
Il generale Jarjayes non fu l'unico ad osservare la recita di Fersen, anche André si trovava in un posto nascosto del giardino.


Il giorno seguente Oscar ricevette, di prima mattina, una buona notizia, il che succedeva di rado in quel periodo. Il generale Jarjayes e consorte decisero di trascorrere un paio di settimane nella villa in Normandia, e fu  proprio il generale a comunicarlo ad Oscar.
“Oscar tua madre ed io trascorreremo le prossime due settimane nella nostra tenuta in Normandia”
“Bene, padre” disse rimanendo in piedi vicino alla porta dello studio del generale.
“Oscar?”
“Si, padre?”
“Voglio che tu rifletta molto attentamente durante queste settimane, voglio che tu rifletta sul conte di Fersen e sull'eventualità di sposarlo. Non voglio metterti fretta Oscar, il fatto che mi assenti ne è la prova, sento di  poter allontanarmi tranquillamente, sento che non debbo più cercare altri pretendenti, il conte di Fersen è la persona giusta.”
“Padre... io... non...” ad Oscar tremava la voce.
“Ho visto, Oscar, come il conte ti guarda ammirato quando parli, ho visto con quali modi di riguardo ti tratta, ho guardato il suo sguardo ed è uno sguardo di un uomo innamorato, credimi Oscar.” gli occhi del generale si riempirono di lacrime.
“Sei mia figlia e voglio il meglio per te, dopo tanti anni di costrizioni, di mie colpe, voglio darti il meglio Oscar. Rifletti attentamente, quando tornerò ne riparleremo.”
“Certo padre, vi ringrazio.”
“Ti saluto Oscar”
“Fate buon viaggio padre.”
Il generale uscì dallo studio e qualche minuto dopo lui e madame Jarjayes furono pronti per partire, Oscar vide la carrozza allontanarsi da palazzo, respirò profondamente e il suo primo pensiero fu per André, doveva immediatamente trovarlo.
“Oscar, Oscar!” la vecchia governante la stava chiamando, urlando, come sempre.
“Si, dimmi...” disse Oscar con una pazienza infinita nella voce.
“Oscar debbo recarmi a Parigi per le provviste, starò via l'intero pomeriggio, ho già dato ordine di servirti il pranzo in salotto e di sistemare nella tua stanza i...”
“Fermati, ti prego, starai via solo un pomeriggio, credo che il resto della servitù se la saprà cavare egregiamente, ora vai...” disse Oscar sorridendo mentre teneva le mani sulle spalle della vecchina invitandola ad uscire dalle cucine.
“Ma...” la governante insisteva.
“Niente ma... vai, sopravviveremo.”
“Ah, bambina, stavo per dimenticarmene, André mi ha pregato di riferirti che si sarebbe assentato da palazzo per l'intera giornata.” e così dicendo la vecchia governante uscì dalla cucina e salì su una carrozza diretta a Parigi.
“Grazie...” disse Oscar alla governante, senza sorridere questa volta, era dispiaciuta, avrebbe voluto passare il  pomeriggio con André, ora che suo padre era partito. Uscì dalla cucina e salì nella propria stanza, dicendosi che avrebbe visto André quella sera.
Oscar salì in camera col sorriso sulle labbra, un bellissimo grande sorriso che continuò a giacere sulle sue labbra anche quando chiuse la porta dietro di se e camminò verso la scrivania. Era felice, erano giorni che non si sentiva così tranquilla e serena, nessun timore, nessuna paura di dire o fare qualcosa di sbagliato con André in presenza del padre o chiunque altro, ma ora, per due settimane avrebbe potuto vivere tranquilla.
Si sedette alla scrivania, si sbottonò un paio di bottoni della camicia ed aprì il libro che aveva lasciato la sera prima, iniziò a leggere le prime righe quando improvvisamente sentì una mano stringersi su una spalla, gridò istintivamente e la mano che un attimo prima era sulla spalla fu sulla sua bocca, per impedirgli di gridare. Prima ancora che potesse impugnare la spada o fare qualsiasi tipo di movimento sentì una voce.
“Sono io Oscar”
Oscar spostò la mano dalle sue labbra, bruscamente.
“André! Sei impazzito? Che cosa ti passa per la testa?”
“Volevo farti una sorpresa, ma a quanto sembra non è stato apprezzato questo mio gesto.” disse André camminando verso la finestra.
“Ti comporti in modo strano André” anche Oscar si avvicinò alla finestra.
“Strano? Dici? Ti sbagli Oscar.” la voce dell'uomo era senza tono.
“Si, forse mi sto sbagliando André, ma dovresti rivedere i tuoi modi, questo è un modo un po' rude di fare una sorpresa.” disse sorridendo.
“Rude...” ripeté André voltandosi verso di lei.
“Rude... hai ragione Oscar, non ho i modi delicati e raffinati di un Conte.”
“Con questo cosa vorresti dire André?” aveva definitivamente perso il sorriso.
“Forse dovrei fare così?” e mentre pronunciava quelle parole André scostò una ciocca di capelli dal viso di Oscar e le baciò delicatamente una guancia.
“Non sono questi i gesti e i modi che ti piacciono ora?” André le prese la mano guardandola con disprezzo.
“Ma... cosa?” riuscì a dire Oscar prima di ritrarsi dalla presa di André.
“Cosa? Ti ho vista Oscar, oggi, con Fersen.”
“André sei ridicolo. Tu non hai visto niente, tu non sai nulla.” Oscar si allontanò da lui.
“Non doveva essere solamente una farsa tutta questa storia Oscar?”
“E' una farsa André, Fersen mi sta aiutando, ci sta aiutando”
“Di certo non sta aiutando me Oscar. Ho visto come ti guardava, non era lo sguardo di un uomo che sta fingendo, credimi, io conosco bene quel tipo di sguardo, l'ho avuto nei tuoi riguardi per tanti anni.” la voce di André si fece lieve, abbassò lo sguardo e aggiunse.
“Credo che Fersen provi qualcosa per te Oscar, potrebbe anche essere innamorato.”
“André tu sei impazzito, davvero!”
“Non sono pazzo Oscar, è ciò che ho visto, come ho visto che tu non ti sei ritratta a quel gesto.” la voce di André era tornata dura.
“Hai frainteso tutto André. Fersen ha azzardato quel gesto per convincere mio padre che lui fosse davvero interessato a me. Mio padre ci ha osservati per l'intero pomeriggio, dovresti aver visto anche questo, dato che sembra non esserti sfuggito nulla, se non la verità dei fatti.”
“Credimi Oscar, Fersen non sta fingendo, non più almeno.”
“André basta! Non voglio sentire una parola di più. Vai via.”
“Te ne sei accorta anche tu, vero Oscar?”
“Esci da questa stanza.”
“E' per questo che vuoi mandarmi via, per farmi tacere. Hai paura di ammettere che sei lusingata da questa cosa? Hai paura di ammettere a te stessa che anche tu...” André fu interrotto, Oscar gli diede una spinta, intimandogli di andarsene, e lui reagì avvicinandosi a lei, col viso a pochi centimetri dal suo.
“Cosa hai provato, Oscar, quando il conte ti ha baciata. Ti è piaciuto? È così vero...” André le disse quelle parole con una cattiveria che non credeva potesse esistere in lui, Oscar lo spinse via ma lui continuava ad avvicinarsi.
“Si André mi è piaciuto, mi è piaciuto! È questo che vuoi sentirti dire?” gli urlò quelle parole in faccia. André la spinse contro la parete, la fece sbattere una, due, tre volte, sentiva il respiro di Oscar uscire dalle sue labbra in sussulti dolorosi, si fermò quando la vide piangere.
“Impazzisco quando ti vedo con Fersen. È più forte di me Oscar. Non sopporto quando lui ti tocca...”
Oscar gli prese il viso tra le mani, lo baciò lievemente, e poi lo abbracciò senza dire nulla poggiando la testa sulla sua spalle, respirò il suo profumo, il profumo della sua pelle e non potè fare a meno di baciargli il collo, dapprima con leggerissimi baci che portarono inevitabilmente a baci più intensi... André chiuse gli occhi, le mani scivolarono lungo il corpo di Oscar, la schiena, sfilò la camicia dai pantaloni, lungo i fianchi, le slacciò i pantaloni e li lasciò cadere lungo le sue gambe, mentre i baci di lei divennero piccoli morsi... André abbracciò ancora di più Oscar, la sollevò leggermente e in un attimo si unì a lei, senza i riguardi della prima volta, lo fece in modo quasi violento, spingendosi contro di lei con forza e quasi si stupì che lei non lo allontanasse, la sentì ansimare sempre di più vicino al suo orecchio, e allora aumentò il ritmo dei movimenti.
“André... questo mi piace... questo... ti amo.” sussurrò Oscar.
André si fermò, la guardò, rimase a guardarla senza dire o fare altro, poteva solo stare a guardare la donna che amava e di cui era geloso, aveva paura di perderla per tanti motivi, uno su tutti la loro differenza sociale, ma ora, non poteva far altro che guardarla, la donna che amava, ed era bellissima in quel momento, con il viso bagnato dalle lacrime e la voglia, la passione, dipinta negli occhi, sulle  labbra rosse, avrebbe voluto amarla, ancora, ma non poteva muoversi, non poteva far altro che guardarla.
“...non ti fermare” Oscar sembrava supplicarlo e lui accettò la sua supplica, si mosse ancora dentro di lei, con tutta quella forza che in tanti anni non le aveva mai mostrato, fecero l'amore così, in piedi contro una fredda parete, alla ricerca di un piacere che non tardò ad arrivare, lasciandoli spossati, ansimanti  l'uno nelle braccia dell'altro.
“Ti amo Oscar... perdonami per prima.” André nascose il viso sul petto di Oscar, lei gli cinse la testa con le braccia e non disse nulla, quello bastava più di tante parole inutili.
Si spogliarono, chiusero la porta della stanza a chiave e si misero a letto, insieme, dopo tanto tempo, si addormentarono.

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


La prima settimana trascorse velocemente, sia Oscar che André potevano dire d'essere felici, sereni, come non accadeva da anni, le loro giornate potevano sembrare “monotone” ma era così bello compiere ogni giorno gli stessi gesti, compiere ogni giorno delle azioni che portavano ad un solo scopo, stare insieme e godere l'uno dell'altra, senza doversi nascondere, o almeno non come se a palazzo ci fosse stato il generale Jarjayes.
Oscar non si capacitava d'essere diventata abitudinaria e così tremendamente melensa, così si definiva, provocando in André grosse risate ogni volta che pronunciava quella parola... e André non riusciva più ad immaginare la sua vita prima di questa, si chiedeva come era stato in grado di andare avanti giorno dopo giorno quando lei, la sua Oscar, vedeva in lui solo un amico, ora non riusciva più a ricordare il male che aveva provato per 20 lunghi anni, le ferite si erano rimarginate così come le cicatrici erano svanite. Si può dimenticare il dolore? André pensò di si, si può cancellare il dolore.
André ed Oscar fecero una lunga passeggiata a cavallo, come erano soliti fare in quei giorni, cavalcavano lentamente conversando tra di loro, ridendo, incuranti del tempo, delle condizioni meteorologiche e di chiunque passasse sulla loro strada, fino a quel giorno almeno...

“La gente del popolo è ogni giorno più delusa dalla Regina, è qualcosa che si percepisce in ogni gesto, negli sguardi pieni di odio che le persone hanno nei confronti dei nobili, ogni singola persona Oscar, dai vecchi ai bambini, l'ho potuto vedere con i miei occhi qualche giorno fa quando ho accompagnato mia nonna a Parigi. Non hanno tutti i torti ad avercela con la nobiltà, ci sono persone che muoiono ogni giorno in quelle vie di Parigi, che Conti, Contesse, Dame, percorrono per recarsi a qualche ricevimento, sperperando denaro, noncuranti dei poveri bambini ai margini della strada, disposti a qualsiasi cosa per un tozzo di pane vecchio, i nobili non vedono tutto questo, portano le loro delicate mani sugli occhi, e poi si rimpinzano lo stomaco di brioche, “quello che non vedi non esiste...” è più semplice se la pensi in questo modo... Ma tutto questo non durerà molto Oscar, il popolo si ribellerà, lo sta già facendo.” André guardava Oscar che aveva però la testa china.
“Fino a poco tempo fa, André, anch'io ero come i nobili che la gente del  popolo disprezza, non mi rendevo conto, non fino in fondo, di cosa stesse succedendo.” Oscar alzò il viso, guardò André e tentò di fare un sorriso, poco convincente.
“Sei nata nobile, sei cresciuta come una nobile, è naturale che tu non capissi certe realtà, ma la differenza tra te e la maggior parte degli altri nobili e che tu, Oscar, hai avuto il coraggio di togliere la mani dagli occhi e guardare, tentando di capire, la cosa importante è cambiare, e tu stai cambiando Oscar. L'ottusità, l'essere arroccati sulle proprie idee non ha mai portato a nulla.” ora sorrideva anche André.
Rimasero in silenzio a lungo ripensando alle parole appena dette, con la tristezza nel cuore per ciò che stava accadendo al loro paese, ma anche, egoisticamente, felici, felici nel rendersi conto che era ancora facile parlare tra loro, di tutto, come un tempo.
Si guardarono, si sorrisero e senza dire una parola, entrambi, fecero tornare indietro i propri cavalli, era ora di tornare a palazzo e stare insieme, pelle contro pelle.

“Oscar! André”
“Fersen!” ad Oscar uscì un filo di voce, mentre André fece un semplice cenno col capo.
“Oscar come state? Sono giorni che non ho il piacere di vedervi”
André portò il proprio cavallo al trotto, superò Oscar e subito il Conte fu accanto a lei.
“Sto bene. E voi come state Fersen?”
“Vi credo Oscar, vi trovo bene. Io non posso lamentarmi, la mia vita procede come al solito. Sentite vorrei invitarvi a cena da me, ditemi di si Oscar.”
“Io...”
“Madamigella vi prego, se dovrò passare un'altra serata tra dame pettegole e damerini gelosi credo che morirò di tedio.” Fersen scoppiò in una fragorosa risata.
“Mi spiace Fersen, questa sera devo rifiutare il vostro invito, ho già un precedente impegno. Perdonatemi.”
“Mi avrete sulla coscienza Madamigella...” Oscar sorrise
“Non mi credete Oscar? Domani riceverete la notizia della mia morte...” Hans rispose al sorriso di Oscar.
“Vi lascio al vostro impegno Oscar, vi auguro una buona serata.”
“Buona serata a voi, Fersen.” il conte girò il cavallo e corse via, lungo la strada.
Oscar raggiunse André.
“André”
“Si Oscar”
“Stai bene?”
“Non ti preoccupare Oscar, non mi metterò ad urlare.”
“André”
“Si Oscar”
“Vuoi cenare con me stasera?”
“Ceniamo insieme tutte le sere Oscar”
“Giusto...André,  vuoi cenare con me, nella mia stanza?”
André la guardò con aria interrogativa, ma accettò la proposta, con un cenno di assenso della testa.

Oscar invitò André a salire nella propria stanza cercando di passare inosservato, lei lo avrebbe raggiunto il prima possibile.
Raggiunse le cucine in cerca della vecchia governante, le disse che avrebbe cenato in camera quella sera, non aveva voglia di avere troppa gente attorno, si sentiva stanca.

“Salirò a portarti la cena tra un attimo Oscar”
“Ti ringrazio”
“Oscar”
“Si”
“André è rientrato con te?”
“Si, siamo rientrati insieme, ma ora non so proprio dirti dove sia andato”
“Mi farà morire... un giorno quel dannato ragazzo mi farà morire”
“Scusami, credo che salirò nella mia stanza”
“Si, certo bambina, sarò da te tra qualche minuto”

Oscar entrò nella stanza e trovò André seduto alla scrivania, stava leggendo uno dei suoi libri, si mise dietro di lui poggiando il mento sulla sua spalla.
“Devi nasconderti, tua nonna salirà a portarmi la cena” disse sussurrando.
André girò il viso cercando la bocca di lei, ed una volta trovata vi lasciò un leggerissimo bacio.
Si nascose e qualche minuto dopo la vecchia governante, puntualissima portava la cena ad Oscar, un primo, un abbondante secondo, un delizioso dolce e l'immancabile vino rosso.
Oscar chiuse la porta a chiave, si liberò degli stivali e dei pantaloni lasciandoli ricadere, senza cura, sul pavimento.
“André” e gli fu alle spalle senza produrre rumore.
“Questo non è l'abbigliamento adatto per la nostra cena” e così dicendo Oscar invitò André ad allentare la morsa della camicia sul suo corpo.
“In questo palazzo prediligiamo un abbigliamento informale” disse Oscar salendo sul letto e facendo cenno ad André di seguirla.
Oscar prese il piatto con la prima pietanza, lo poggiò sul letto, infilzò il cibo e se lo portò alla bocca. Masticò per qualche secondo, infilzò di nuovo il cibo e lo portò alla bocca di André.
Continuarono così piatto dopo piatto, in silenzio, fermandosi ogni tanto per gustare il sapore di quelle deliziose pietanze dalle labbra dell'altro.
“La cena è stata di vostro gradimento signore?” disse rivolgendosi, in tono scherzoso, ad André.
“Madamigella non ho mai gustato miglior cibo in vita mia”
“Ne sono lieta signore, porgerò i vostri complimenti alla cuoca”
“Madamigella devo confessarvi, però, che non mi sento ancora sazio”
“Ne sono desolata signore, la cuoca provvederà a farvi avere altro cibo, immediatamente” Oscar sorrideva pensando alla voracità che lui aveva sempre avuto, fin da bambino.
“Oscar...”
“Si André”
“Avvicinati” il viso di Oscar era a pochi centimetri da quello di lui.
André passò la lingua sulle labbra di lei, mordicchiando il labbro inferiore e sussurrando in un soffio di respiro.
“E' di queste che non sono sazio...”
“Oscar... sei pentita di non aver cenato con Fersen?”
“Assolutamente no, è qui che volevo essere. E adesso smetti di parlare e saziati di me”
Si nutrirono delle loro labbra per un tempo indefinito, fino a non poterne più, fino a farsi male.
Ci furono solo baci quella sera, baci e parole, non ebbero bisogno di fare l'amore per sentirsi vicini, per sentire di appartenersi, non quella notte.

“André... avresti mai immaginato che sarebbe successo questo tra noi?”
“L'ho sperato negli ultimi anni, l'ho sperato con tutto me stesso.” disse André continuando a tenere gli occhi chiusi, seduto sul letto, mentre carezzava i capelli di Oscar, che giaceva pesantemente sul suo petto.
“E tu Oscar, l'avresti mai immaginato?”
“No!” una risposta chiara, precisa, quasi lapidaria.
“Si, l'avevo sospettato!”
“André mi dispiace averti causato tanta sofferenza, involontariamente. Mi spiace non aver capito prima che l'affetto che provavo per te andava al di là della forte amicizia che ci legava, e mi spiace soprattutto non aver potuto godere di quello che abbiamo ora, tanto tempo fa, però forse non era il momento, forse non ero pronta, non lo so, non te lo so spiegare... Improvvisamente mi è stato chiaro tutto quanto, forse troppo frettolosamente, immagino che tu abbia pensato che fossi impazzita, una pazza che prima ti giura vendetta ed odio e poi con un batter di ciglia ti confessa il suo amore... ha colto alla sprovvista anche me, ma ne sono felice.”
“Non scusarti Oscar, il passato è passato, certo, non è stato facile viverti accanto in questi 20 anni, ma è stata una mia scelta, ero consapevole del mio dolore e l'ho accettato, ho accettato di restare e soffrire, e a volte è stata una piacevole sofferenza, anche star male per il fatto di non averti era comunque un modo per “sentirti”, c'eri, dentro di me, anche in quel folle modo.”
Oscar alzò lo sguardo per cercare il viso di André, l'uomo la stava guardando col sorriso sulle labbra, un sorriso sincero e tranquillo, e lei glielo restituì e poi si accoccolò ancora di più contro il suo corpo.

“André...”
“Si, Oscar...”
“Cosa desideravi da bambino? Cosa sognavi per la tua vita di adulto?”
“Immaginavo di continuare a lavorare per la tua famiglia, quel tanto da permettermi di mettere da parte dei soldi, avrei incontrato una ragazza e avremmo costruito una nostra famiglia, una casa, un pezzetto di terra e dei figli. Una normalissima vita da contadino”
“Un bellissimo progetto” la voce di Oscar aveva una lieve nota di malinconia.
“E tu Oscar, cosa desideravi da bambina?” solo quando ebbe pronunciato questa frase André si rese conto di conoscere perfettamente la risposta.
“Desideravo diventare come mio padre.”
André percepiva il disagio che avevano sprigionato le parole di Oscar e tentò di sviare i pensieri su altro.
“Devo confessarti, Oscar, che ho desiderato quel tipo di vita per un me adulto per poco tempo”
“Come mai André?”
“Perchè poi sei arrivata tu nella mia vita ed hai stravolto ogni mio progetto. Hai sconvolto la mai vita dal momento in cui mi sei entrata nelle vene, una dispettosa bimbetta dai capelli biondissimi che voleva il mondo attorno a sé... e allora tutti i progetti passati diventarono scialbi, spenti, al confronto di una vita accanto a te, sia che fosse stata nell'amore che nel dolore di non averti mai.”
“Sei pazzo André”
“Si, sono pazzo di te, e forse sarei diventato pazzo se non avessi potuto averti, quasi me ne vergogno Oscar, ma qualcosa stava sfuggendo al mio controllo, te ne sarai resa conto qualche settimana fa... anzi perfino qualche giorno fa è scattata in me un'ombra che non credevo d'avere... ma ora non c'è più nulla di cui preoccuparsi perchè sei qui, con me.”
“Dio, André, avrei voluto scoprire tutto questo anni fa.” Oscar si strinse vicino ad André, abbracciandolo così intensamente da impedirgli quasi di respirare.
“André...”
“Dimmi Oscar...”
“Cosa vorresti ora?”
“Voglio te, solo te, senza fare progetti. Voglio vivere te nel presente, dimenticando il passato ed ignorando il futuro.”
“Altre domande Oscar?” la ragazza fece cenno di no col capo, pronunciare una sola parola avrebbe rovinato quelle che André aveva appena lasciato uscire, pensò.
Rimasero abbracciati per l'intera notte, ma quando Oscar si svegliò il mattino seguente André era sparito, lasciando dietro di sé i fantasmi di una cena indimenticabile e il profumo di certi pensieri che lei non riusciva a togliersi dalla mente.

Oscar si vestì svogliatamente e corse nelle cucine, aveva una tale fame, la cena era stata magnifica ma aveva dovuto dividerla con André... era di buon umore.

“Buongiorno Oscar” la vecchia governante notò subito il suo buon umore.
“Buongiorno a te”
“Cosa vuoi per colazione bambina?”
“Latte e una fetta di torta al cioccolato, ti ringrazio.” Oscar non riusciva a togliersi il sorrido dalle labbra.
“Sei di buonissimo umore stamattina Oscar”
“Si, direi di si.”
“...il conto l'aveva detto che le rose ti avrebbero fatto immensamente piacere.” adesso era la vecchia governante ad avere un enorme sorriso stampato sul viso.
“Il conte?” Oscar era disorientata.
“Il conte di Fersen Oscar, certo, non è per questo motivo che sorridi da quando sei scesa dalle tue stanze?”
“Oh si, certo, è per quello...” disse una Oscar sempre più frastornata, il conte? Le rose? Era ridicolo. Fece colazione velocemente e poi si portò nel salotto e li trovò le famose rose. Sul tavolo di cristallo vi era un enorme vaso di rose rosse ed accanto una busta con lo stemma dei Fersen.

“Con l'augurio che il vostro impegno sia stato piacevole, vi prego di concedermi la vostra compagnia, questa sera. Un mio uomo fidato vi attenderà per condurvi al mio palazzo. Vogliate  accettare questo invito in nome dell'amicizia che ci lega. Fersen.”

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


L'enorme vaso di rose rosse era ancora adagiato sul tavolo del salotto ed Oscar era poco distante, il biglietto di Fersen tra le mani.

“Che magnifiche rose” la voce di André giunse nella stanza inaspettatamente.
“Già... magnifiche”
“Chi le manda, Oscar?” André maledisse la propria curiosità.
“Fersen” Oscar dava le spalle ad André.
“Fersen...” ripetè André nervosamente.
“Mi ha invitata al suo palazzo, stasera, per cenare con lui, in nome della nostra amicizia.” le parole di Oscar uscirono dalle sue labbra come fossero una giustificazione a qualche “colpa” che ancora non era stata commessa, una colpa che non esisteva.
“Va bene Oscar... e magari ci andrai vestita da donna?”
“Sei meschino!” rispose voltandosi verso l'uomo. “Perchè ti comporti in questo modo André? Spiegamelo... non ti fidi di me?”
“Non mi fido di Fersen. E te lo ripeto Oscar, il suo modo di fare è quello di un uomo innamorato, credimi, ho vestito quegli abiti  per tanto tempo.”
“André, hai sempre avuto ragione su tante cose, ma in questo caso ti sbagli, Fersen è innamorato, si, ma di un'altra donna. Fersen è innamorato di suo maestà Maria Antonietta.” Oscar gli si era fatta più vicino.
“Potrei sbagliarmi... hai ragione.” disse André poco convinto.
“Oscar”
“Si André”
“Ci andrai?”
“Si André, ci andrò”
Oscar uscì dal salotto senza quasi guardare André.

Come previsto arrivò la carrozza dei Fersen, ne discese un elegante cocchiere che con un inchino comunicò che il suo compito era di condurre Madamigella Oscar a palazzo.
La vecchia governante chiamò Oscar, invitandola a non far attendere oltre l'uomo.
Giunta a palazzo Fersen Oscar fu fatta accomodare, dal maggiordomo, nel salotto principale, dove le fu offerto un bicchiere di vino rosso aromatizzato.
Oscar posò delicatamente le bocca sul bordo del bicchiere, lo inclinò, dischiuse le labbra e lasciò che il liquido le scorresse sulla lingua fino ad arrivare alla gola... un ottimo vino, pensò, gustandone ancora l'aroma.

“Oscar! Benvenuta, sono felice che abbiate accettato il mio invito, non ci speravo!”
“Buonasera Fersen.”
“Come state? Il vino è di vostro gradimento?”
“Sto bene Fersen, e questo vino è ottimo.” Oscar notava in Fersen qualcosa di diverso, forse il tono delle voce, forse il modo di gesticolare, non riusciva a capirlo.
“Ho sentito, Oscar, che vostro padre è partito, immagino sia un sollievo per voi. Avrete modo di pensare più lucidamente a ciò che vorrete fare della vostra vita.”
“Avete sentito bene conte, mio padre non tornerà che tra una settimana, ma non ho avuto modo di interrogarmi sul mio futuro, ho avuto altri pensieri per la testa.” Oscar distolse lo sguardo dal conte e lo posò dentro il bicchiere di cristallo col quale stava giocando, facendo danzare il liquido al suo interno.
“Capisco. E immagino che non me ne vorrete parlare, vero?”
“Vi prego di scusarmi Fersen, preferirei non parlarne.”
“Non vi preoccupate Oscar, quando vorrete farlo io sarò qui, sono un buon ascoltatore.” Fersen sorrise, poggiando una mano sulla spalla di Oscar.
“Meglio cambiare discorso, non credete Oscar?” anche Fersen prese un bicchiere di vino e cominciò a sorseggiarlo.
“Concordo con voi Fersen, parliamo d'altro.”
“Bene... Oscar... ho notato che André vive ancora a palazzo Jarjayes, l'ho trovato un fatto insolito, qualche tempo fa mi avevate detto che il suo servizio alle vostre dipendenze era terminato, ditemi Oscar, cosa è accaduto?”
La donna era visibilmente spiazzata.
“Nulla di insolito, la nonna di André ha insistito perchè lui rimanesse fino a quando non prenderà servizio nei soldati della guardia.” Oscar si morse la lingua, avrebbe potuto trovare una scusa migliore di questa.
“Capisco... voglio confessarvi una cosa Oscar.”
“Ditemi”
“Ho sempre ammirato il vostro attendente, trovo che sia una persona intelligente e preparata, un dipendente fidato ed un amico fedele... ma...” Fersen si interruppe.
“Ma?” Oscar temette la risposta del conte.
“Ma... lo trovo anche piuttosto strano.”
“Strano? André?”
“Strano, si... raramente l'ho visto posare lo sguardo sulle dame di Versailles o intrattenersi con la servitù del palazzo, magari con qualche giovane e bella cameriera... insomma, da uomo, lo trovo un comportamento insolito, voi no, Oscar?” la voce di Fersen aveva una leggera punta di provocazione.
“No, Fersen, non vi trovo nulla di strano. André è un uomo corretto, come già vi dissi tempo fa. Immagino che intrattenga le sue relazioni al di fuori del lavoro, al di fuori di Versailles e di palazzo Jarjayes, così come dovrebbe essere.” la donna era infastidita, e la pressione delle sue dita si fece più forte attorno al gambo del bicchiere di cristallo.
“Immagino abbiate ragione Oscar.”

“Conte, vogliate scusarmi, la cena è in tavola”
“Si, ti ringrazio Philippe”
“Oscar, seguitemi.”

Il conte ed Oscar cenarono tranquillamente, conversando di qualsiasi cosa, i pettegolezzi di Versailles, la città natale di Fersen, la situazione che stava investendo la Francia, parlarono di tutto come vecchi amici, piacevolmente.

“Dite sul serio Oscar?” Hans rideva rumorosamente.
“E' tutto vero Fersen, ve lo giuro. Raccolsi le cose che ritenevo importanti e scappai via, oltrepassai il cancello di palazzo Jarjayes e camminai per ore sulle strada che pensavo mi avrebbe portata a Parigi. Avevo 5 anni”
“Cosa spinge una bambina di 5 anni a fuggire di casa?”
“Un terribile rimprovero di mio padre”
“Cosa avevate combinato per essere rimproverata?” Fersen non tentava nemmeno più di arrestare le risate.
“Mi tagliai i capelli, da sola, con un paio di grosse forbici. A mio parere erano troppo lunghi per un maschietto.” Oscar sorrise ripensando a quell'episodio.
“ah ah ah ah ah... avrei voluto vedervi Oscar”
“Cosa successe  poi Oscar?”
“Mio padre mi trovò qualche ora più tardi, mentre vagavo per strada, col mio fagottino in una mano e la spada di legno nell'altra. Mi riportò a casa senza dire una parola per tutto il viaggio, ed una volta giunti a palazzo mi punì, severamente... quella sculacciata non me la sono più dimenticata!” la risata di Oscar era leggera, rilassata, una risata di gusto.
“Una ribelle fin da piccola...” le labbra di Fersen ridevano mentre gli occhi seri iniziarono a fissare quelli di Oscar, pensò che fino a quel momento non li aveva mai guardati attentamente, ed ora li trovava così limpidi, così innocenti, innocenti come soltanto quelli di un bambino possono essere.
Fersen si sorprese a pensare ad Oscar come ad una donna, e solo in quel momento si rese conto che non l'aveva mai considerata davvero tale, non completamente almeno. Oscar era una donna, forte, determinata, coraggiosa, intelligente, e bellissima... Oscar è una donna bellissima, pensò Fersen.
Oscar sentì lo sguardo del conte addosso, ne percepì la profondità e ne fu turbata, perchè mai Hans la stava guardando in quel modo, così diverso da come l'aveva osservata in tutti quegli anni, forse André aveva ragione? Fersen si stava innamorando di lei? Oscar si diede della stupida un secondo dopo aver formulato quel pensiero ridicolo, le insinuazioni di André la stavano suggestionando.

“Fersen si è fatto tardi, vorrei fare ritorno a palazzo.”
“Come volete Oscar, permettetemi di accompagnarvi.”
“Non vi disturbate, non ve ne è motivo.”
“Insisto Oscar, permettetemelo, concedetemi ancora un po' della vostra compagnia.” Fersen sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi.
“Va bene Fersen, potete accompagnarmi.” si ritrovò a dire Oscar, in fondo era stata una serata piacevole.
Hans prese la mano di Oscar, cogliendola di sorpresa, e l'aiutò a salire sulla carrozza.
Erano seduti uno di fronte all'altra, in silenzio, e così rimasero fino a che non arrivarono in prossimità di palazzo Jarjayes e allora fu il conte a parlare.

“Ho trascorso una magnifica serata Oscar, vi debbo ringraziare per la splendida compagnia.”
“Non ringraziatemi conte, è stato un piacere anche per me.”
“Oscar...”
“Ditemi Hans”
“Oscar io... io vi vedo sotto una luce diversa questa sera.”
Oscar rimase in silenzio, si limitò a guardare Fersen, chiedendo, senza  parole, una risposta.
“Vi starete chiedendo in quale modo vi vedo, o in quale modo vi ho vista per tutto questo tempo.”
Ancora silenzio dall'altro lato della carrozza, un silenzio, però, carico di parole ed interrogativi invisibili.
“Oscar per me siete sempre stata il mio migliore amico, un individuo al mio pari, un compagno di combattimenti, un confidente... ora invece riesco a vedere il vostro essere donna, non che io non vi considerassi tale, sia ben chiaro, ma per me eravate una donna a metà, spero riusciate a comprendere ciò che vi sto dicendo... Oscar questa sera vi vedo per quel che siete, una donna, anche se non indossate abiti femminili, vi vedo più donna ora che quella sera in cui danzaste con me in abito da sera. Volevo che lo sapeste.”
“Hans io...”
La carrozza si fermò all'improvviso, cogliendo di sorpresa entrambi.
“Non dite nulla Oscar” Fersen sorrise, prese di nuovo la mano di Oscar e l'aiuto a scendere dalla carrozza, chinò il capo e le baciò il dorso della mano, e un istante prima di voltarsi ed entrare in quella carrozza che lo avrebbe riportato al proprio palazzo, sussurrò.
“Siete una donna bellissima Oscar, non dimenticatelo mai.”
La carrozza partì verso palazzo Fersen, lasciando Oscar sulla soglia di casa, senza parole.

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


André era nella propria stanza, al buio, attendeva Oscar, la sentì rientrare che era già notte, “troppo tardi”, pensò, il che significava che la serata era stata  piacevole.
Rimase seduto sul letto, le gambe divaricate, i gomiti che poggiavano pesantemente sulle proprie cosce e le mani unite che reggevano la fronte, sentì chiaramente il rumore degli stivali di Oscar percorrere il pavimento del palazzo, un rumore sempre più lontano, sempre più ovattato, continuò ad ascoltare fino a quando vi fu solo il silenzio del palazzo dormiente, Oscar non era andata da lui.
L'uomo si sentì morire di rabbia, di gelosia, di delusione. Non era orgoglioso di ciò che era divenuto, un folle geloso, un uomo meschino, un uomo insicuro, ma non era in grado di scacciare quei sentimenti, non in quel momento almeno, ne era succube, era la vittima di se stesso.
Si lasciò cadere sul letto e chiuse gli occhi, cercando di soffocare il mostro che lo stava divorando dall'interno, quel mostro che non riusciva a fidarsi di Oscar.

Oscar entrò a palazzo, percorse il grande salone volgendo lo sguardo al corridoio alla sua sinistra, l'ala riservata alla servitù, quella parte della casa in cui il suo André dormiva, avrebbe voluto andare da lui ma qualcosa le impedì di raggiungerlo, forse la paura di fargli ancora del male, o semplicemente di dovergli mentire. Decise infine di proseguire oltre e raggiungere la propria stanza, avrebbe parlato con lui l'indomani.

Era ormai mattino inoltrato quando André si svegliò, aprì gli occhi e sperò di non sentire il mostro urlargli nella testa, rimase in silenzio, in attesa di un segnale, nessun rumore, nessuna risata, il folle uomo meschino era scomparso, se ne rallegrò e dopo essersi sgranchito le ossa si tolse di dosso i vestiti del giorno prima, con i quali aveva dormito, e ne mise di freschi, pronto ad iniziare una nuova giornata. Stava avvicinandosi alla porta quando sentì bussare.

“Si?”
“André, sono io...” la voce di Oscar era quasi un sussurro.
“Entra è aperto”
“Buongiorno”
“Buongiorno Oscar.”
“André volevo...” lui non la fece finire.
“Sei rientrata tardi stanotte... credevo che saresti passata a salutarmi.”
“Non sono rientrata così tardi André. Volevo passare a salutarti ma ho pensato che stessi dormendo.”
“Come se questo ti avesse mai fermata. Cosa è successo? Cosa mi nascondi Oscar?”
“Non è successo nulla, sono stata da Fersen, abbiamo cenato e mi ha riaccompagnato a palazzo.” Oscar sentiva la propria voce uscire a fatica dalla gola.
“Fersen ti ha riaccompagnato personalmente... che nobile gesto.”
“André ti prego.”
“Dimmi Oscar, a quando la prossima cena?”
“André smettila, ti prego.” quella di Oscar era una supplica.
“Non ce la faccio Oscar, perdonami, non mi fido di Fersen e...” André non riuscì a terminare la frase, ma non ce ne fu bisogno.
“E... non ti fidi di me, vero, André?”
“Si Oscar, non mi fido di te. Se si trattasse di qualsiasi altro uomo non avrei nessun dubbio, ma Fersen... per lui in passato hai messo in discussione tutta la tua vita, per lui hai indossato per la prima volta degli abiti femminili. Riesci a capirmi Oscar?” André la guardava con la sconfitta negli occhi.
“André io... io non ti farei mai del male. Io ti amo, non ho più nessun timore nel dirlo ad alta voce. Fersen è stato una parentesi della mia vita, nient'altro. Fidati di me André, te ne prego, guardami negli occhi e capirai che non ti sto mentendo, guardami negli occhi e sono sicura che ritroverai l'Oscar di sempre.” e dicendo questo si avvicinò ad André, prese il suo viso tra le mani e lo obbligò a guardarla.
“Ti credo Oscar, ti credo. Ora però raccontami tutto della cena con Fersen.” André chiuse la porta a chiave e si mise sul proprio letto con Oscar, rimasero abbracciati mentre lei raccontava, dettaglio dopo dettaglio, la serata passata col Conte.

“...e poco prima di arrivare a palazzo Fersen mi ha confessato di vedermi in modo diverso, di vedermi per quel che sono, una donna, anche se non indosso abiti femminili, molto più donna della sera in cui danzai con lui.” Oscar si fermò un istante, sicura che André avrebbe detto qualcosa, ma l'uomo rimase in silenzio e lei si vide costretta a  proseguire.
“Giunti a palazzo, Hans, poco prima di congedarsi mi ha sussurrato...” un altra pausa.
“Continua Oscar, sto bene.”
“...siete bellissima Oscar.”
“Va bene. Ti ringrazio, Oscar, per essere stata completamente sincera. Lo apprezzo.” la voce di André era gelida, non era la risposta che lei si aspettava.
“André, stai bene?”
“Si, Oscar, sto benissimo. Scendiamo a fare colazione.” e così dicendo la fece alzare e scesero insieme nelle cucine.
André passò il resto della giornata tra le scuderie e qualche lavoro al palazzo, Oscar si convinse che lui la stesse evitando di proposito, ma non disse nulla, cercò anch'essa di ingannare il tempo, ma tutto quello che le riuscì di fare fu leggere 10 righe di un libro.

“Dannazione!” Oscar chiuse il libro e lo ripose sulla scrivania. Proprio non le riusciva di concentrarsi, ogni pensiero era per André e per la sua strana reazione di quella mattina.
Oscar si rese conto che non era facile, per André, accettare che il conte l'aiutasse, accettare che Fersen passasse con lei molto tempo,  e sopratutto con la benedizione di suo padre. Si domandò allora cosa avrebbe potuto fare per togliere il macigno che stava schiacciano l'uomo che amava, voleva renderlo felice, voleva che lui percepisse tutto il suo amore, ora che per lei era così facile accettarlo.
“C'è qualcosa che potrei fare...” disse a voce alta Oscar, e poco dopo sparì in una delle tante stanze di palazzo Jarjayes.

André rientrò a palazzo Jarjayes molto tardi, come era solito fare, quando si recava alle vecchia chiesetta dove si svolgevano le riunioni tra contadini e nobili, nelle quali discutevano insieme della situazione della Francia, presente e futura.
Svogliatamente si trascinò lungo il corridoio che portava alla propria stanza, era stata una giornata dura fin dalla mattinata, e in questo momento voleva soltanto buttarsi sul letto e dormire, cancellando la fatica da ogni singolo muscolo del proprio corpo ed ogni ricordo del racconto di Oscar dalla propria mente.
“Ancora quel maledetto Fersen...” la frase gli uscì dalle labbra senza quasi rendersene conto, strinse forte i pugni fino a che non sentì le unghie procurargli dolore nelle carni, e allora mollò la presa.
Fece un lungo respiro, mise la mano sulla maniglia della porta e... la trovò chiusa.
“Ma...”
André tentò di fare maggior forza sulla maniglia ma non ebbe nessun risultato.
“E' ridicolo...”
André colpì la porta, cercando di sbloccarla, probabilmente la vecchia serratura era rimasta incastrata, un altro colpo e finalmente sentì un rumore... il rumore che produsse la porta non era, però, quello di una serratura che cede, il rumore che sentì fu quello di una chiave che girava nella toppa, lasciandola così aprirsi davanti a lui.
L'uomo entrò nella stanza con circospezione e quando fu finalmente dentro si guardò attorno cercando qualcosa che neanche lui era in grado di figurarsi nella mente. Ad una prima occhiata non trovò nulla fuori posto, anche se, senza una luce ad illuminare completamente la stanza, era difficile esserne certi, e quando tentò di abbassare la guardia quel qualcosa colpì.
André sentì delle mani posarglisi sugli occhi, delicatamente, e un istante dopo una voce sussurrargli all'orecchio.

“Shhh... voltati e non dire nulla. É un ordine.”
“Oscar...” pensò André, avendo promesso tacitamente, di non proferir parola.

André si voltò, vi era una candela ad illuminare un po' di più la stanza, cercò di mettere a fuoco e quando la vista tornò ad essere nitida sentì il respiro bloccarsi.
Oscar era di fronte a lui vestita da donna, indossava un magnifico abito di seta rosa e pizzo nero, diverso da quelli che negli ultimi tempi gli aveva visto addosso, il corpetto rosa era bloccato da lacci neri ed una nuvola di taffetà incorniciava il seno pieno, che non faceva che gonfiarsi ad ogni respiro di Oscar. Le braccia erano nude, solo delle leggerissime spalline di pizzo nero ricadevano lungo le spalle... I suoi capelli biondi non erano, questa volta, imprigionati nelle forcine, questa volta ricadevano liberi lungo le spalle, erano leggermente più mossi, pettinati con una cura che Oscar non aveva mai avuto, notò André... un elemento che lasciò spiazzato l'uomo fu una mascherina di  pizzo nero che aveva posato sugli occhi, un piccolo vezzo, un particolare studiato appositamente per suscitare mistero, provocazione, seduzione... così come lo era il tocco di lucido rosso su quelle labbra piene che André avrebbe voluto baciare all'istante.
André non mosse un passo, rimase fermo, come paralizzato, muto come gli era stato ordinato, ed anche volendo non sarebbe stato in grado di parlare, tutto ciò che bastava, in quel momento, era poterla guardare, e guardare ancora, fu Oscar ad avvicinarsi e quando fu poco distante si voltò, per mostrare ogni dettaglio dell'abito.

“Volete danzare con me, signore?”
“Mi è permesso parlare madamigella?”
“Avete il permesso di parlare, signore.” Oscar continuava a stare ad una certa distanza.
André si avvicinò a lei, le prese la mano e la portò alla bocca, vi lasciò un lieve bacio.
“Con piacere madamigella.”
I due giovani danzarono in una stanza da letto, a tempo di una musica che non fu mai scritta, danzarono come non avevano mai potuto fare e quando la voglia della pelle si fece più intensa la danza si fece più intima, corpo contro corpo.
André cinse la vita di Oscar con le braccia, sentiva il suo petto contro il proprio e il mento di lei poggiato sulla spalla, il respiro caldo gli solleticava il collo.

“Signore...”
“Madamigella...”
“Questo è per voi.” un sussurro bollente.
“Oscar...”
“Shhh...” gli intimò Oscar.
“André, quest'abito è per te, anche il primo che indossai, per Fersen, sarebbe dovuto spettare a te, a te che da sempre hai scorto la donna che era nascosta dentro di me, a te che hai saputo svegliarla. A te, André, voglio donare questa donna, a te, André, voglio mostrare la donna che sono.”

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


Ballarono per molto tempo, sempre più stretti l'uno contro l'altro.

“Madamigella, vogliamo fare una pausa?”
“Con piacere, signore.”

Oscar alzò il viso, che fino a quel momento aveva giaciuto sulla spalla di André, posò gli occhi su di lui e sorrise.

“C'è del vino, ne volete? Signore.”
“Certo, tutto questo danzare mi ha messo una gran sete.”
“Attendete un attimo, signore, ve lo porto immediatamente.”
“Assolutamente no, madamigella, sedetevi vi prego, mi occuperò io del vino.” André prese la mano di Oscar e la invitò a sedersi sul bordo del letto, fece un inchino seguito da una risata che cercò di soffocare, e si apprestò a versare il vino nei calici.

“Madamigella...” porse il bicchiere ad Oscar.
“Vi ringrazio, signore...”
Bevvero senza mai staccare lo sguardo dagli occhi dell'altro, André rimase affascinato alla vista delle labbra di Oscar poggiarsi sul bordo del calice, si stupì dell'effetto che quel gesto, che le aveva visto compiere tante volte, ora lo sconvolgesse tanto.
Guardò istante dopo istante le sue labbra macchiate di belletto rosso confondersi con lo stesso colore del vino, e poi dischiudersi lasciando scorrere all'interno della bocca il liquido, André si chiese se fosse possibile che un gesto così banale potesse far impazzire un uomo, forse si, forse era possibile.

“Signore...” Oscar si accorse dello sguardo particolare che André aveva per lei.
“Madamigella...”
“Trovo che sia inopportuno guardare una donna in quel modo.” Oscar si sforzò di assumere un'espressione seria, André si avvicinò continuando a tenere gli occhi sulle sue labbra. Oscar bevve un altro sorso di vino, provocandolo senza rendersene conto.
“Avete ragione madamigella, è inopportuno che io vi guardi in questo modo... ma le vostre labbra sono così... così...” André prese il calice che Oscar aveva ancora tra le labbra, lo staccò da lei, lasciando sulla sua bocca una bellissima espressione imbronciata, ed aggiunse in un sussurro.
“...così... invitanti.” le labbra di André avevano già imprigionato quelle di Oscar, così calde, sapevano di lei e di quel delizioso vino che qualche secondo prima aveva lasciato scorrere in gola.
Fu un bacio lungo e violento che lasciò entrambi storditi.

“Baciate sempre in questo modo le dame con le quali danzate?” disse Oscar a fatica, quel bacio le aveva rubato il respiro.
“Bacio solo le donne bellissime come voi, madamigella.” André si mise seduto accanto ad Oscar.
“André...”
“Si, Oscar...”
“Mi trovi bella? Pensi che io sia una bella Donna?” Oscar calcò la voce su quell'ultima parola.
“Sei una donna magnifica Oscar. Per me sei sempre stata una donna, non ti ho mai visto in altro modo. Non pensare che io ti dica questo perchè hai indossato un abito femminile, per me. I miei occhi, così come il mio cuore, non hanno bisogno di un corsetto o di un belletto per ricordarmi che sei una donna, per me lo sei sempre stata, anche quando tu non te ne rendevi conto, o non eri pronta ad accettarlo, ma lo sei Oscar, lo sei, sei una bellissima donna.”
“André io...” Oscar fu invasa da un inaspettato imbarazzo, quell'abito che aveva indosso le pareva così ridicolo dopo aver ascoltato le parole di  André.
“Oscar stai tranquilla, so che cosa ti sta passando per la testa... non fraintendere le mie parole, per me tu sei donna anche con indosso l'uniforme, ma ho apprezzato molto questa tua sorpresa, credo che vederti ogni tanto con un abito da sera non mi dispiacerebbe... anzi...” André abbassò lo sguardo e iniziò a giocare con il taffetà attorno al seno di Oscar.
“Vogliamo sbarazzarci di quest'abito, signore?” sussurrò Oscar avvicinando le labbra all'orecchio di André. L'uomo fece scivolare le mani attorno al corsetto, sciolse i lacci che lasciò cadere a terra, raggiunti qualche secondo dopo dall'indumento di seta e taffetà, lo stesso destino toccò al resto dell'abito, un immensa massa di gonne e sottogonne di stoffa preziosa.
André ammirò il corpo della sua Oscar, non poteva fare a meno di guardarlo attentamente ogni volta che la spogliava, non poteva fare a meno di ripetersi che era sua, che quella donna che per tanto tempo aveva sognato era finalmente sua, soltanto sua.
Il giovane ritornò alla realtà sentendo che lei si muoveva sotto le sue braccia, la vide portarsi le mani dietro la testa e sollevarsi i lunghi riccioli biondi, vide le sue dita armeggiare con la maschera che aveva sugli occhi, André allora le bloccò i polsi con un gesto deciso.

“No, non toglierla, lasciatela addosso...” la intimò André, ed Oscar obbedì all'ordine del proprio uomo.

Oscar spogliò André da principio molto lentamente, iniziò dalla camicia, avendo cura di far scivolare fuori dalle asole di seta ogni singolo bottone, cura che perse di intensità quando le sue dita percepirono il calore della pelle dell'uomo, un fuoco che le scivolò dentro, attraverso la propria pelle fino ad arrivare alle vene, stava bruciando... lasciò cadere ogni vergogna, ogni tipo di inibizione, lasciò scivolare a terra, assieme agli abiti, il freddo soldato che aveva albergato in lei da tutta la vita, scaraventò a terra la vecchia Oscar e fece emergere la donna che per troppo tempo era rimasta sopita tra le pieghe della sua anima, lasciò emergere la donna che aveva intenzione di amare il proprio uomo, divorandolo, dissetandosi di lui.
André notò il cambiamento di Oscar, lo sguardo di lei nascosto dietro alla maschera di pizzo nero aveva un qualcosa di diverso, vide una nuova luce in quegli occhi azzurri che aveva osservato per tutta la vita.
Le mani di Oscar sul petto di André, pelle contro pelle, uno sguardo complice al proprio uomo e il sangue, il vino, l'amore, la passione... il fuoco nelle vene... e quelli che pochi istanti prima erano stati gesti delicati divennero pura e semplice voglia di piacere, le mani di Oscar strapparono con tale impazienza gli abiti dell'uomo da lasciarlo senza fiato, impotente contro quella deliziosa furia che non vi era modo di fermare... che non voleva fermare.
Labbra contro labbra, pelle contro pelle, mani che stringono, dita che graffiano, baci che rubano un nome gridato,
Fecero l'amore come se quella fosse stata la loro ultima notte insieme, si amarono con una tale passione da far male al cuore, con una tale rabbia da rasentare la violenza... quella violenza che non fa male, quella dolce violenza che solo gli amanti conoscono.

Si svegliarono con le prime luci del mattino, infastiditi da dei dispettosi raggi di sole. André aprì gli occhi per primo e l'immagine che gli si presentò davanti gli sarebbe bastata per essere felice tutta la vita, Oscar, la sua Oscar, era distesa sul letto, pancia in sotto, poteva scorgere solo la massa di riccioli biondi che si posavano sulla schiena nuda, e una parte della deliziosa curva del fondo schiena, nascosto dal bianco lenzuolo di seta... le braccia sotto il cuscino ed il viso volto verso di lui, André sorrise quando vide che Oscar indossava ancora la maschera di pizzo nero... quel piccolo lembo di tessuto che aveva scatenato reazioni sconosciute, quante volte durante la notte aveva guardato i suoi occhi sotto di essa? E quante volte, mentre facevano l'amore, aveva visto lei, la sua Oscar, portare le braccia sotto i capelli per poi sollevarli, tenendoli bloccati, e l'aveva poi guardato con uno sguardo carico di seduzione, mentre non smetteva di muoversi sopra il suo corpo? Quante volte era successo? Tante.
Oscar si svegliò qualche minuto dopo, gli occhi ancora semi chiusi e il sorriso sulle labbra, era felice.

“Buongiorno signore...” disse Oscar con voce dolce, un tono che André ricordava di non avergli mai sentito usare.
“Buongiorno amore...” André posò la mano sulla schiena nuda di Oscar, l'accarezzò, quasi solleticandola.
“...amore...” ripeté Oscar con un filo di voce.
“Si, Oscar, amore...” ripeté lui avvicinando il viso a quello di lei.
“Mi piace... dillo ancora...”
“Amore... amore... amore...” André le scostò una ciocca dal viso e solo in quel momento Oscar si rese conto di avere ancora indosso la maschera di pizzo.
“André...”
“Si, Oscar...”
“Potresti togliermi la maschera?” André fece cenno di si col capo, gliela tolse, con una lieve amarezza nel cuore, quel pezzetto di stoffa era stata loro complice in quella notte di passione ed ora dovevano liberarsene, lasciando spazio alla “realtà” di un freddo mattino.
“Vorrei che la tenessi tu André, in ricordi di questa notte.” Oscar gli sorrise. L'uomo non disse nulla, si limitò a baciarle le labbra di cui non riusciva più a fare a meno.


Ancora due giorni e il generale Jarjayes e consorte avrebbero fatto ritorno a palazzo. Oscar e André avevano cercato di passare quegli ultimi giorni insieme, il più possibile. Fecero lunghe cavalcate insieme, interminabile picnic sulla riva del fiume, lunghe chiacchierate davanti al fuoco ed una tazza di cioccolata, e naturalmente la notte, quando tutto taceva a palazzo, loro divenivano due folli amanti costretti a soffocare il piacere, i respiri e le grida con labbra e mani prudenti.
E così come tanto velocemente si trasformavano in amanti, altrettanto velocemente mutavano in sciagurati innamorati, costretti a rubare ore alla notte, cercando di ingannare la luna, pregandola di non cedere il posto al sole, che era divenuto, per loro, un acerrimo nemico.
Tra tutto questo idillio qualcosa, o meglio qualcuno, di tanto in tanto, spezzava la loro tranquillità. Quel qualcuno non era altro che il conte di Fersen, che Oscar si vide costretta ad assecondare, di tanto in tanto, invitandolo a cena, conversando amabilmente, con lui, davanti ad un bicchiere di vino. In fondo non era così male passare del tempo con Hans, si ripeteva spesso Oscar, era una persona piacevole, e si era dimostrato un uomo generoso e di cuore, si era offerto di aiutarla, e questo valeva qualche piccolo sacrificio. André ovviamente non era dello stesso parere, la presenza del conte lo infastidiva, faceva nascere in lui quell'antico mostro che prendeva il nome di gelosia, e più di una volta, André, cercò di mettere in guardia Oscar dal bel svedese, l'uomo era convinto, sempre di più col passare del tempo, che Fersen si stesse innamorando della sua Oscar, e lei per tutta risposta sfoderava un grande sorriso e spesso una rumorosa risata, anche se, anche lei, aveva scorto qualcosa di insolito negli atteggiamenti del conte.

“Ancora due giorni amore. Solo due giorni per noi.”
“uhmm” Oscar si lamentò col viso nascosto contro il petto di André.
“Hey...” André sollevò il viso di Oscar con  le mani, si perse nell'azzurro dei suoi occhi le baciò la fronte.
“Rimani ancora un po'... ti prego.”
“Oscar, lo sai... non è prudente che io rimanga qui. Questa è l'ora ideale per uscire dalla tua stanza, quando tutto il palazzo sta ancora dormendo. Fai la brava.” L'uomo la stava abbracciando.
“Hai ragione André, sono una sciocca.” disse Oscar abbassando lo sguardo.
“Non sei sciocca Oscar, anch'io vorrei poter rimanere qui senza preoccuparmi di chi potrebbe vederci. Ora devo alzarmi.” e così dicendo André si alzò dal letto, raccolse i vestiti e si preparò per uscire dalla stanza e infilarsi nella propria.
Una volta pronto, André, si avvicinò alla porta, la mano sulla maniglia, una piccola pressione verso il basso e si sarebbe aperta, quando sentì le braccia di Oscar cingergli la vita e il viso della donna poggiarsi contro la schiena. Non ebbè bisogno di parlare, sapeva cosa voleva la sua Oscar, si girò deciso, le prese il viso tra le mani e poggiò le labbra sulle sue, un semplice bacio, un piccolo innocente bacio. Un piccolo dazio per oltrepassare la porta.
Al giovane fu permesso di aprire la porta, era fuori, fermo a pochi centimetri dalla soglia, si guardò attorno, Oscar fece lo stesso prima di sostare, anch'essa, con un piede oltre la la porta, un ultimo bacio  prima di separarsi per qualche ora, un bacio lungo, profondo, intenso, un bacio che sarebbe dovuto durare per le ore in cui sarebbero stati distanti.

“A dopo amore.”
“A dopo André” dei passi lungo la scalinata ed il rumore di una porta che si chiude.

Era una fresca mattina, molto presto, quando il generale Jarjayes vide il nipote della vecchia governante, il bambino che aveva accolto in casa propria, il ragazzo che aveva messo al fianco del suo “erede”, uscire dalla stanza di sua figlia, e baciarla, come un uomo bacia una donna, con la passione degli amanti. Era una fresca mattina quando il generale Jarjayes vide il proprio “erede”, sua figlia, contraccambiare il bacio del suo attendente.
Quello era un giorno che il generale non avrebbe mai più dimenticato.

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


André dormì un paio d'ore e poi dovette alzarsi, di malavoglia, per recarsi a Parigi per verificare se la sua domanda per i soldati della guardia fosse stata esaminata.
Partì sul suo cavallo quando ancora quasi tutto il palazzo dormiva, solo qualche cameriera, ed ovviamente sua nonna, erano già sveglie, il resto della casa era ancora nei propri letti caldi, sicuramente lo era la sua Oscar, la immaginò distesa su quel letto che li aveva visti insieme poche ore prima, la immaginò nuda e bellissima, e si rese conto di sentire la mancanza del suo calore.


Oscar si svegliò verso le dieci del mattino, piuttosto tardi per lei che generalmente si destava all'alba, ma questo era uno dei tanti vizi che si era concessa durante quella sorta di vacanza che era giunta inaspettatamente nella propria vita.
Scese da basso, con l'intenzione di fare colazione sul terrazzo, all'aria aperta, gustando quella tranquillità che di li a qualche giorno le sarebbe mancata, dovendo poi prendere servizio come comandante dei soldati della guardia, e soprattutto le sarebbe mancata col ritorno di suo padre a palazzo.
Scese col sorriso sulle labbra, era felice, si sentiva felice come non ricordava di essere mai stata, negli ultimi giorni niente e nessuno erano riusciti a turbare la sua serenità, né il conte di Fersen ne il pensiero di doversi separare da André una volta tornato suo padre.
Oscar si diresse verso le cucine, aveva voglia di conversare con la vecchia governante, non la trovò, strano, pensò, a quell'ora del mattino, nelle ultime settimane la vecchia Nanny attendeva Oscar con una fetta di torta pronta a fare due chiacchiere con lei, era un appuntamento che si erano date, senza parlarne apertamente, era successo e basta.
Provò a chiamarla ma non ebbe risposta, poi improvvisamente la vide sbucare da una stanza, coperta da una pila di lenzuola, correva come una furia, con una tale agitazione da non accorgersi della presenza di Oscar.
La donna non ci fece caso, decise che avrebbe fatto una cavalcata fino al fiume, uscì dal palazzo e andò verso le scuderie. La giornata era magnifica, il cielo di un azzurro irreale, una brezza tiepida e un delicato sole, Oscar si fermò, poco prima di giungere alle scuderie, buttò leggermente indietro la testa, chiuse gli occhi e si lasciò accarezzare dai raggi del sole. Pensò che non sarebbe potuta esistere giornata migliore.
Qualcosa interruppe quel momento. Oscar si sentì afferrare il braccio, aprì gli occhi e si voltò per scorgere chi fosse la persona che la stava stringendo, ma il sole le impedì di mettere a fuoco la figura che gli era di fronte, ci mise qualche secondo per capirlo.

“Padre! Voi qui?” Oscar decisamente non si aspettava di vederlo a palazzo, non così preso, e sopratutto non riusciva a capire quel gesto, quel contatto che il generale stava avendo con lei. Sentiva le sue dita stringersi sempre di più attorno al suo braccio.
Il generale non disse nulla.
“Padre che vi prende, mi state facendo male.” la ragazza cercò di divincolarsi, ma la presa non cessava.
“Padre. Lasciatemi!” Il tono di voce di Oscar aveva raggiunto i toni di un grido, e solo in quel momento il generale sembrò destarsi da un sogno, allentò leggermente la presa e finalmente articolò qualcosa.
“Cosa pensavi di fare?” la voce del generale era bassa ma tremendamente fredda, con leggeri picchi di palese rabbia.
“Padre non capisco. Cosa vi prende?”
“Cosa pensavi di fare Oscar? Cosa pensavate di fare?”
“Cosa pensavamo di fare? Vi prego, padre, spiegatemi. Non capisco di cosa stiate parlando!” Oscar era confusa, confusa per l'arrivo inaspettato del padre, confusa dalla sua stretta attorno al braccio, confusa da quelle parole a cui non riusciva a dare un senso.
“Da quanto va avanti questa storia Oscar?” il generale si era fatto più vicino alla figlia, troppo.
“Padre io... io non capisco di cosa stiate parlando.” la voce di Oscar era divenuta un lieve sussurro. Si domandò se il padre avesse scoperto della farsa tra lei e il conte di Fersen, si era sicuramente quello, “ci ha scoperti”, si disse.
“Come hai potuto farmi questo! Tu, sangue del mio sangue! Come hai potuto farlo Oscar!”
“Padre, smettetela! Lasciatemi! Cosa vi ho fatto? Cosa?” il tono di voce di Oscar aveva raggiunto livelli pericolosamente alti, lasciando dietro di sé la paura ed accogliendo una rabbia bruciante.
Il generale Jarjayes si fece ancora più vicino al viso della figlia, accostò il proprio volto a quello di Oscar, avvicinando la propria bocca al suo orecchio, in un gesto che se visto da chiunque passasse di li in quel momento, sarebbe stato scambiato per un'affettuosità tra  padre e figlia.
“Hai permesso ad uno sporco servo di entrare nel tuo letto.”
Oscar sentì il respiro bloccarglisi nel petto, come poteva sapere? Come aveva fatto suo padre a scoprire che... la sua mente non ebbe il tempo di terminare quel pensiero.
“Vi ho visti stamane. Ho visto André, quel maledetto bastardo, uscire dalla tua stanza. Come hai potuto farmi questo Oscar? Come avete osato farmi questo? Da quanto va avanti questa storia? Da quanto tempo mia figlia è diventata la sgualdrina di quel maledetto stalliere?” Il generale Jarjayes vomità ogni singola parola a denti stretti.
Lo sconcerto di Oscar, che l'aveva invasa qualche minuto prima si era trasformato in una furia accecante, la donna si divincolò e col solo braccio che era rimasto libero afferrò il colletto dell'uniforme del padre, strinse il tessuto tra le dita, portò il proprio viso di fronte a quello del padre, lo strattonò un paio di volte, e con lo stesso tono, che il generale aveva avuto per lei, gli disse.
“Chiamatemi sgualdrina un'altra volta e vi giuro padre che non risponderò di me. Ve lo giuro. Ed ora lasciatemi.”
Il generale non sembrò intenzionato a mollare la presa.
“...e ciò che faccio della mia vita non è affar vostro.”
“Non posso perdonarti, hai infangato il nome della nostra famiglia. Non posso perdonarvi. L'unica cosa che potrei fare sarebbe ucciderti, ma questo non cancellerebbe il torto che mi hai arrecato. Se ti uccidessi, tutti i sacrifici che ho compiuto per fare di te il mio erede sarebbero stati vani. Quindi, Oscar, voglio risparmiare la tua vita. Ma tu dovrai fare qualcosa per me.”
“Non potete costringermi padre, qualsiasi cosa abbiate in mente. Non accetterò.” la mano di Oscar stringeva ancora il colletto del generale.
“Ti sto risparmiando la vita Oscar, dovresti esserne grata.”
“Padre io non...”
Il generale la interruppe.
“Ti sposerai Oscar. Sposerai il conte Hans Axel di Fersen.”
La presa attorno al colletto del generale si allentò, Oscar lasciò cadere il braccio lungo il corpo, frastornata, ma non per questo meno determinata.
“Padre, perdonatemi. Non mi sposerò. Non sposerò il conte di Fersen.”
“Ti sposerai Oscar. Ascoltami attentamente, oggi, domani, tra qualche settimana, potrebbe succedere qualcosa ad André, un incidente a cavallo, una rissa finita male, un colpo di pistola venuto da chissà dove, una tragica fine senza un motivo apparente...”
“Padre voi non potete farlo!”
“Ah ah ah! Pensi davvero che macchierei il mio nome con un simile gesto, per un servo? Non mi è difficile trovare chi potrebbe farlo per me. Sono stato chiaro Oscar? Ti sposerai. Sposerai il conte di Fersen. È un ordine.”
Oscar non ebbe la forza di rispondere, la voce le morì in gola, si limitò a fare un cenno di assenso con il capo, e solo in quell'istante il padre mollò la presa attorno al suo braccio e rientrò a palazzo, come se nulla fosse successo.
Oscar sentì il corpo svuotarsi completamente, si sentì debole, impotente, sentì di non esistere più.

“Cosa farò ora...” fu tutto ciò che riuscì a dire prima di avvertire una vertigine che la fece quasi cadere a terra.
Cercò di ritornare in sé, doveva fare qualcosa, ma non era ancora completamente lucida, cosa poteva fare?
André, doveva cercare André.
Entrò nelle scuderie per controllare se all'interno ci fosse il cavallo di André. Non c'era. Corse in casa e raggiunse la vecchia governante, niente, neanche lei poté esserle d'aiuto, non aveva idea di dove fosse andato il nipote.
Oscar sentì l'ennesima vertigine impossessarsi di lei, dovette poggiarsi al tavolo della cucina per non rischiare di cadere.

“Oscar, dio del cielo, cosa ti succede? Stai male?” la vecchina fu subito accanto alla donna.
“No, no. Sto bene, ho dimenticato di fare colazione.” Oscar si forzò di sorridere per rassicurare la governante.
“Siediti! Mangia questa fetta di torta. Non voglio che ti alzi dalla sedia fino a quando non vedrò più nemmeno una briciola nel piatto!”
Oscar si sforzò di continuare a sorridere, e si forzò ancora di più per ingoiare la fetta di torta.

Appena riprese un briciolo di controllo, Oscar si rese conto di ciò che avrebbe dovuto fare, immediatamente, ancor prima di trovare André. Fersen. Doveva parlare con lui.
Montò sul proprio cavallo e lo lanciò al galoppo, intenzionata a raggiungere il palazzo di Fersen il prima possibile.
Oscar smontò da cavallo, corse verso il portone di palazzo Fersen e vi entrò senza bussare, corse nell'immenso atrio della casa gridando il nome di Fersen.

“Hans”
Nessuna risposta
“Fersen!”
“Ehm... perdonatemi, signore, il conte non è a palazzo. Sarà di ritorno tra poco, posso farvi accomodare nel salottino? Gradite qualcosa?” un altissimo e altrettanto magro cameriere si materializzò dietro alla donna, facendola sussultare.
“Io... si, grazie, lo attenderò nel salottino. Vi ringrazio.” Oscar si sentì tremendamente stupida. Si accomodò nel salotto e benedisse il bruciante liquore che gli fu offerto. Qualche minuto  più tardì sentì il padrone di casa rientrare.
Dei passi. Delle voci.

“Oscar.” il conte non sembrava felice di vederla.
“Fersen, debbo parlarvi. Non sarà facile...”
“Oscar...”
“Fersen no, non interrompetemi, se lo fate non troverò il coraggio di continuare.”
Silenzio.
“Debbo avvertirvi che riceverete la visita di mio padre. Oggi, domani, questa sera, non posso dirvi quando di preciso. Mio padre vorrà vedervi e...”
“E dirmi che avete deciso di diventare mia moglie.” Fersen rubò le parole di Oscar.
“Si... ma... come?” Oscar ne fu sorpresa.
“Ero a Versailles questa mattina e vostro padre mi ha fatto chiamare.”
“Fersen perdonatemi, vi giuro che non avrei mai voluto trascinarvi in questa situazione. Vi giuro che non avrei voluto causarvi tanti problemi. Ora tutti sapranno, mio padre non perderà l'occasione di rivelare a tutti che voi avete mentito per aiutarmi. Mio dio Fersen, potete perdonarmi?” la voce di Oscar tremava.
“Oscar, vostro padre si è presentato a me dicendomi che voi avevate deciso, dopo lunga riflessione, di divenire mia moglie, il prima possibile. Vi confesso che questa rivelazione è giunta al mio orecchio come qualcosa di insolito, ho capito immediatamente che c'era qualcosa di insolito. Ho capito che eravate stata messa alle strette, ho capito che siete nei guai.”
“Fersen io...”
“Non preoccupatevi Oscar. Non preoccupatevi per me, vostro padre non avrà nulla di cui sparlare, perchè ho accettato di sposarvi.”
“Cosa?”
“Vi sposerò Oscar. Meglio io che qualcuno che non conoscete. Oscar, non siete l'amore della mia vita, certo, ma ho scoperto di provare per voi dei sentimenti che vanno al di là della semplice amicizia  e dell'enorme stima che ho per voi. Vi voglio bene Oscar. Ed ora ditemi, cosa è successo di tanto grave per indurre vostro padre ad imporvi un matrimonio.”
“Fersen no. Non potete sposarmi. Non potete volermi bene. Non potete.” Oscar non trattenne più le lacrime,  pianse disperata pronunciando quelle parole e poi scappò via.
Come avrebbe potuto spiegare tutto questo ad André?


André giunse a palazzo Jarjayes nel tardo pomeriggio, dopo aver bevuto qualcosa con Alain, dopo aver festeggiato d'essere stato preso nei soldati della guardia. Ce l'aveva fatta. Ne era felice, anche se in modo differente rispetto a quando fece domanda. Ora gioiva nel sapersi utile per il suo paese, gioiva nel sentirsi unito a quel popolo di cui faceva parte e poter combattere  per degli ideali a cui aveva sempre creduto, oggi più intensamente che in passato. Un mese prima avrebbe gioito poiché entrare nei soldati della guardia avrebbe significato allontanarsi da lei, da Oscar, la donna che lo stava distruggendo. Quella stessa donna ora lo amava, non aveva nessun intenzione di allontanarsi da lei, ma era felice, comunque, di combattere con la gente del popolo di cui  lui faceva parte, fin dalla nascita.
L'uomo scese da cavallo, strinse le briglie nella mano ed accompagnò l'animale all'interno delle scuderie, e una volta sistemato camminò velocemente verso la porta, aveva voglia di parlare con Oscar o semplicemente poterla guardare da lontano.
Come se il suo desiderio fosse stato ascoltato da chissà quale dio, André vide entrare nelle scuderie Oscar. Sorrise, un sorriso pieno, ma lei non stava sorridendo, lo vedeva chiaramente.

“Mi sei mancata Oscar.” e le si avvicinò con le braccia già pronte ad un abbraccio, ma lei lo fermò, posandogli le mani sulle braccia e imponendogli di abbassarle.
“André, sposerò Fersen.” diretta e spietata.
“Tu cosa?”
“Sposerò Fersen. Mio padre è tornato a palazzo, stamane. Sono obbligata André, devo farlo, non c'è via d'uscita.” Oscar dovette mentire ad André, non avrebbe potuto dirgli che suo padre li aveva scoperti e che era intenzionato a fargli del male se lei non avesse eseguito i suoi ordini, non avrebbe potuto dirgli la verità, se André avesse saputo si sarebbe macchiato dello stesso crimine di suo padre, ne era certa.
“Oscar ma... sei impazzita? No, non sposerai Fersen. Non puoi, io non te lo  permetterò.” l'uomo strinse le braccia di Oscar e senza quasi rendersene conto si ritrovò a scuoterla.
“Sposerò Fersen e nemmeno tu potrai impedirlo.” le lacrime rigarono il viso di Oscar, bruciandogli le guance come fossero state acido.
A queste parole André lasciò la stretta attorno alle braccia di Oscar, la guardò con un tale dolore negli occhi da far sanguinare il cuore, e con la voce che può avere soltanto un uomo che non ha più nulla disse.
“Va bene, Oscar. Me ne andrò oggi stesso, non mi vedrai mai più. Io, non voglio più vedere te. Mi hai ucciso. Sono un uomo morto, non ho più nulla. Addio.” l'uomo non versò una lacrima, sembrava essere stato privato di ogni sentimento.
Oscar era in preda ad un pianto disperato, il volto sconvolto dalle lacrime. Si avvicinò ad André prese il suo viso tra le mani e posò le proprie labbra sulle sue, lo baciò con la consapevolezza che sarebbe stata l'ultima volta.
“Ti amo André.” disse tra i singhiozzi ed uscì dalle scuderie con la morte nel cuore.

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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


André non riuscì a muovere un passo, immobile nella posizione in cui si trovava quando Oscar disse che avrebbe sposato Fersen. L'uomo sentiva il proprio corpo leggero, privo di peso, eppure muovere anche solo un arto sembrava un'impresa impossibile.
Non aveva versato una lacrima quando, alla sua obiezione, Oscar l'aveva informato che nemmeno lui avrebbe potuto impedire il matrimonio col conte, non aveva reagito quando lei l'aveva baciato, e neppure ora riusciva a svegliarsi da quello stato catatonico in cui si trovava.
Pensò agli ultimi avvenimenti di quei giorni, le magnifiche ore passate con Oscar, la tranquillità e l'amore che aveva provato e che sentiva in ogni cellula del proprio essere, tutto svanito, delle semplici parole avevano cancellato tutto in un attimo.
Come aveva potuto, la sua Oscar fare una cosa simile, come aveva potuto essere così debole, lei che era sempre stata una donna fuori dal comune, combattiva, ribelle, così fortemente moderna, come aveva potuto non reagire, non combattere per lui, per loro, per l'amore che avevano scoperto di provare l'uno per l'altra? Vi era solo una risposta, Oscar doveva essere ancora innamorata di Fersen, come aveva sospettato qualche settimana prima, il mostro che gli era nato dentro, il folle meschino geloso aveva ragione, Oscar provava ancora qualcosa per Fersen, ne era certo. Eppure qualche minuto prima, l'aveva baciato dicendogli che l'amava. Un'altra bugia? Si, probabilmente si, si disse André, se fosse stata sincera avrebbe semplicemente rifiutato di sposarsi.
Doveva dimenticarla, non vi è altra soluzione. André decise che da quel momento in poi avrebbe strappato dal proprio cuore il ricordo di Oscar, dopo tanta sofferenza, dopo l'ennesima sconfitta era giunto il momento di recidere il ramo infetto. Un taglio netto e forse sarebbe sopravvissuto, forse.
André camminò a lunghi passi verso palazzo Jarjayes, raccolse le sue cose, salutò la nonna, montò sul suo cavallo e lasciò quella casa, per sempre.


Il generale Jarjayes era in piedi davanti alla grande vetrata del proprio studio, le mani dietro la schiena, il corpo dritto come un fuso, ed un sorriso crudele sul volto. Il suo piano stava prendendo forma, pezzo dopo pezzo, come aveva previsto, quel maledetto servo, quello che fu, un tempo, André, aveva lasciato il palazzo, e non vi avrebbe più fatto ritorno.
Il generale si accomodò alla scrivania, fece girare la chiave d'orata dell'ultimo cassetto e ne estrasse una carta da lettera, un foglio immacolato, lo poggiò sul tavolo e iniziò a scrivere, con la sua calligrafia fine ed elegante, e quando ebbe finito piegò accuratamente la preziosa carta, la fece entrare in una busta e sigillò il tutto con la cera lacca su cui impose lo stemma del proprio casato.

“Pierre... Pierre”
“Generale, mi avete chiamato?”
“Pierre, devi recarti immediatamente a Versailles e consegnare a chi di dovere questa busta per Sua Maestà. Non c'è bisogno che ti rammenti di usare la massima discrezione. Giusto?”
“Certo, generale.”
“Ora puoi andare.”
“Generale. Con permesso.”

Jarjayes buttò all'indietro il capo e rise, la stanza vuota fu inondata da quel suono gelido e carico d'odio, rise così forte da far accorrere la moglie richiamata da quel suono insolito, e solo quando la vide entrare nello studio cercò di darsi un minimo di contegno, anche se, non era in grado di togliersi un orribile ghigno dalle labbra.

“Signore, state bene?” madame Jarjayes era evidentemente preoccupata, era insolito sentire il consorte ridere.
“Sto bene, sto magnificamente. Rallegratevi moglie, abbiamo un matrimonio da preparare, presto, prestissimo.” Il generale aveva ripreso a ridere.
“Cosa? Ma...?” madame Jarjayes era sconcertata, pericolosamente pallida in viso.
“Un matrimonio... Oscar sposerà il conte Hans Axel di Fersen.”

Oscar corse dentro casa, con gli occhi colmi di pianto, le lacrime le impedivano di vedere. Corse nella propria stanza ed una volta giunta all'interno si lasciò cadere sulle ginocchia, inerme, il viso nascosto tra le mani, pianse come una bambina, in modo convulso, con forti singhiozzi che le bloccavano il respiro in gola.
Pianse tutte le lacrime che aveva in corpo, fino a che non ne ebbe più la forza e solo allora si alzò da terra e si mise di fronte allo specchio. Osservò il proprio viso sconvolto dal pianto, e non vi si riconobbe, non riusciva a scorgere il freddo soldato che era sempre stata e neppure la fragile donna in abiti femminili, niente di tutto ciò, di fronte a lei vi era un'orribile traditrice, una vigliacca, una donnuncola senza un briciolo di coraggio, era soltanto una sporca bugiarda.
Aveva mentito ad André, all'uomo che l'aveva seguita, protetta, sostenuta per tutta la vita, l'uomo che l'amava più della propria vita, l'aveva guardato negli occhi e aveva avuto per lui solo bugie, dure e taglienti parole che l'avevano ucciso a sangue freddo.

“L'ho fatto per te André, l'ho fatto per proteggerti...” sussurrò allo specchio.

Sei una maledetta bugiarda, fu il primo pensiero che balenò nella testa di Oscar un secondo dopo aver pronunciato quelle parole. Un pensiero crudele, ma vero, era una tremenda bugiarda, aveva mentito, certo, ma non solo per proteggere André, aveva mentito perchè non aveva avuto il coraggio di confessare al proprio uomo di non essere in grado di tener testa al proprio padre ed affrontare le conseguenze del loro amore. Non hai il coraggio di lottare per questo amore, si ripetè nella mente. Era vero, non ne aveva il coraggio, non aveva la forza di affrontare un amore che sarebbe stato difficile e complicato anche senza le minacce del generale.

“Cosa avrei potuto fare?” Oscar sembrava rivolgersi all'immagine riflessa di fronte a lei.

Avresti dovuto rifiutare il ricatto di tuo padre, saresti dovuta correre dal tuo uomo e scappare con lui, pronti ad affrontare qualsiasi difficoltà, insieme, difficoltà di ogni genere, la differenza sociale, il disprezzo delle persone, la minaccia del generale, qualsiasi cosa, purchè insieme. Sei una stupida Oscar, una stupida vigliacca.
La voce nella mente di Oscar tacque.
La donna si sistemò sul letto e le lacrime ricominciarono a scorrere lungo le guance fino a morire sul cuscino,  pianse fino a che il sonno non la raggiunse portandosi via il dolore.

Il mattino seguente, quando Oscar si svegliò dal profondo sonno che l'aveva avvolta durante la notte sembrò non ricordare nulla del giorno precedente, aprì gli occhi e per qualche minuto si sentì serena, tranquilla, il primo pensiero fu per André, come ogni mattina... ma la realtà la colpì improvvisamente ricordandogli ciò che era avvenuto, il ritorno di suo padre, le minacce, il matrimonio imposto e l'addio ad André.
Chiuse gli occhi e nascose la testa sotto  il cuscino, non aveva intenzione di alzarsi, tanto meno vedere suo padre e qualsiasi altra  persona del palazzo, avrebbe dormito per sempre se solo avesse  potuto. Ma non poteva.

“Oscar! Oscar! È ora di alzarsi. Sono così felice per te...” madame Jarjayes irruppe nella stanza della figlia, forse per la prima volta da tanti anni a quella parte.
“Madre!” Oscar ne fu stupita, cosa ci faceva madame Jarjayes in camera sua?
“Oscar, tuo padre mi ha dato la bella notizia.”
“La bella notizia?” disse Oscar con un'ingenuità che faceva quasi tenerezza.
“Oscar, non prenderti gioco di tua madre... il matrimonio, il tuo matrimonio col conte di Fersen.”
“Oh... si, certo.” Oscar fu tentata di rimette la testa sotto il cuscino e gridare tutto la rabbia che aveva in corpo.
“Sono così felice per te Oscar, il conte è un uomo così affascinante, distinto, colto, sono certa che ti renderà felice. Devo confessarti che non credevo che un giorno ti avrei vista andare in sposa a qualcuno, ho sempre pensato che l'educazione che tuo padre ti aveva impartito avesse avuto la meglio su di te, invece... eccoti qui, la mia Oscar, pronta a diventare madame Fersen.”
“Madre io...” Oscar era sul punto di confessare tutto a sua madre.
“Basta con le chiacchiere inutili Oscar, alzati immediatamente, abbiamo parecchie cose da fare. Prima di tutto l'abito nuziale, la sarta più in vista di Parigi ti sta aspettando nella stanza degli ospiti. Mettiti qualcosa addosso e raggiungiti.”
Oscar annuì.
“Oscar...”
“Si Madre...”
“Sono così felice per te.” e così dicendo sua madre le baciò la fronte e poi uscì dalla stanza per raggiungere la sarta.
Oscar si portò la mano sulla fronte, nel punto in cui le labbra di sua madre si erano posate, non ricordava l'ultima volta che aveva avuto un gesto così affettuoso per lei, si stupì di non ricordarne altri, si stupì rendendosi conto che forse quello era il primo gesto d'affetto della madre nei suoi confronti.
Oscar uscì dalla stanza degli ospiti qualche ora dopo esserci entrata, scelse l'abito sotto consiglio della madre e di Nanny, ci furono un susseguirsi di misurazioni, prove, aggiunte di stoffa, ritocchi, ore interminabili durante le quali la donna maledisse d'essere nata. Ci volle pazienza ed autocontrollo ma alla fine ce la fece, alla fine, dopo 5 ore di tortura l'abito fu pronto, e dopo l'ultima estenuante prova, durante la quale Oscar non volle guardarsi allo specchio, fu libera.
Uscì di corsa da palazzo, montò a cavallo e cavalcò lontana da tutto e tutti.

I giorni che seguirono furono frenetici per l'intero palazzo Jarjayes, i preparativi per il matrimonio avevano tenuto occupata tutta la servitù, il generale era stato chiaro e irremovibile, le nozze si sarebbero svolte presto, prestissimo. E così fu.
Oscar cercò di estraniarsi da tutto ciò che le stava capitando attorno, presenziò soltanto al confezionamento dell'abito nuziale e alla cena che fu data per annunciare le nozze, e fu in quell'occasione che rivide Fersen, il suo futuro sposo.
Al termine della cena lei e Fersen furono invitati da madame Jarjayes a concedersi da soli una passeggiata in giardino.

“Oscar, state bene?” Fersen camminava al suo fianco tenendo però una certa distanza.
Oscar annuì col capo.
“Oscar vi prego parlatemi.”
“Perdonatemi Fersen ma non so davvero cosa dire.”
“Dite qualcosa riguardo a questo matrimonio. Dite qualcosa riguardo noi.” Fersen si bloccò ed Oscar fece altrettanto.
“Non c'è un noi, Fersen.” la voce di Oscar era senza tono.
“Ci sarà un noi, Oscar, tra qualche giorno.”
Silenzio.
“Oscar, permettetemi di volervi bene, permettetemi di rendervi felice.” Fersen posò la mano sul braccio di Oscar.
“Avrei fatto di tutto per sentirvi dire queste parole tanto tempo fa, quando mi innamorai di voi Fersen.” Oscar rimase nella stessa posizione, concedendo al conte di tenere la mano sul proprio braccio.
“Oscar, a quel tempo non avevo capito che donna straordinaria voi foste, a quel tempo il mio cuore non sentiva ciò che sente ora.” il conte posò entrambe le mani sulle spalle di Oscar.
“Cosa prova il vostro cuore adesso?”
“Vi voglio bene Oscar, credo di amarvi. Non voglio mentirvi, non è lo stesso tipo di amore che nutro per la mia Regina, quell'amore è destinato ad una sola persona, per sempre, ma posso amare in altri modi, in altre forme, ed io vi amo Oscar.” un attimo di silenzio ed Hans si avvicinò posando le labbra su quelle di Oscar, e lei non si mosse, non cercò di evitare quel bacio, lasciò che le labbra del conte si chiudessero sulle sue, imprigionandole, lasciò che la lingua dell'uomo tentasse di farsi strada nella sua bocca.
Fersen si staccò da Oscar, con un movimento repentino, e sul proprio volto si stampò un'espressione di stupore. Nessuna donna aveva mai resistito ai suoi baci, non ricordava dama che non fosse caduta ai suoi piedi, nessuna, che fosse stata giovane, vecchia, o sposata. Nessuna donna fino a quel momento aveva rifiutato il suo corteggiamento. Tutte tranne Oscar, lei era rimasta impassibile, immobile, così ostinatamente fredda, perfino le sue labbra erano sembrate, al conte, gelide, rimanendo serrate nonostante il contatto la sua bocca.
Tutto ciò era impossibile, eppure lei, madamigella Oscar, era stata innamorata di lui. C'era qualcosa di strano, e non era dovuto al fatto che Oscar fosse cresciuta come un uomo, no questo Fersen non lo pensava, nonostante la sua educazione maschile Oscar sarebbe stata in grado di amare, o quanto meno di cedere al piacere del corpo, di questo ne era certo, allora qual era il problema?

“Oscar, perdonatemi. Forse non avrei dovuto. Forse voi non mi trovate  piacevole, ho il timore che la mia presenza, la mia vicinanza, vi disgusti.” il conte inchiodò il proprio sguardo su quello di Oscar.
“Fersen non dite sciocchezze, la vostra presenza non mi disgusta, così come la vostra vicinanza, e per quel che può valere vi trovo molto piacevole, ma... io non posso ricambiare quel gesto.”
“Oscar, non vergognatevi, ve ne prego. Immagino sia tutto nuovo per voi, non preoccupatevi.” il conte si era fatto più vicino a lei.
“E' per questo che non siete riuscita a ricambiare il mio bacio vero? Avete avuto paura...” Fersen prese le mani di Oscar nelle sue.
“No, Fersen, non è la paura che mi ha impedito di ricambiare il vostro bacio.”
“Allora ditemi Oscar, cosa vi impedisce di lasciarvi andare?”
“Il mio cuore Fersen, il mio cuore.” gli occhi di Oscar si riempirono di lacrime.
“Il vostro cuore Oscar? Cosa significa?”
“Significa che il mio cuore appartiene a qualcun altro. Completamente.” Oscar stava piangendo, fece scivolare via le proprie mani dalla stretta di Fersen e si incamminò, da sola, verso casa.

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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


Il giorno successivo alla cena per annunciare il matrimonio, Oscar ebbe un altro evento importante, il primo giorno come comandante dei soldati della guardia.
Oscar era preoccupata, non tanto per l'incarico in sé, non era la prima volta che si trovava a  comandare un gruppo di uomini, era preoccupata di trovare tra quegli uomini André, l'uomo a cui aveva mentito, l'uomo che amava e che ora non faceva più parte della sua vita. Ma c'era un altra cosa che faceva crescere l'ansia in Oscar, il fatto che André non sapesse del suo incarico come comandante dei soldati della guardia, nelle ultime settimane passate insieme non avevano mai affrontato quel discorso, lui sapeva soltanto che lei aveva lasciato le guardie reali e che era in attesa di un nuovo incarico, ma non entrarono mai in argomento, inizialmente perchè i loro rapporti si inclinarono dopo la notte in cui lui le confessò di amarla, ed in seguito, scoperto il loro amore reciproco, ebbero altro a cui pensare.
Come avrebbe reagito André nel trovarsela di fronte? Oscar avrebbe voluto evitarsi quella risposta.

André aveva preso servizio nei soldati della guardia ormai da quattro giorni, e da quattro giorni la caserma era diventata la sua casa, ed Alain il suo compagno di sbronze, quasi un fratello, l'unico che era in grado di strappargli una risata.

“Hey, André da quando sei arrivato in caserma ti ho lasciato in pace, ora però, vuoi dirmi, di grazia, cosa ti è successo?” Alain cercò di usare un minimo di tatto, per quanto gli fosse possibile.
“Non mi è successo niente Alain...” André se ne stava disteso sulla propria branda, le braccia sotto la testa e gli occhi chiusi.
“Amico, mi hai preso per uno di quegli stupidi damerini  imbellettati di Versailles? Sei arrivato a Parigi distrutto, sono stato costretto a raccoglierti da terra come uno straccio vecchio.”
“Non stai un po' esagerando Alain?”
“No, André, non sto esagerando... certo, forse per te è un po' difficile ricordare, eri così ubriaco da non reggerti in piedi, eppure carcasti di prendere a pugni un gruppo di soldati della guardia... ho salvato la tua bella faccia, amico... e tu per tutta risposta, invece di ringraziarmi non hai smesso un attimo di ripetere un nome.” Alain si sedette ai piedi della branda dell'amico.
“Un nome?” André aprì gli occhi per un attimo.
“Si amico. Oscar, non facevi che ripetere questo nome. André ma chi è questo Oscar? Tuo fratello? Tuo padre? Un amico?”
André rimase in silenzio, chiuse di nuovo gli occhi e respirò profondamente.
“André...”
“Alain, cosa?”
“Ed io che pensavo tu fossi in quello stato per una donna, la donna di cui mi parlasti settimane fa.”
Ancora silenzio. E poi André si decise a parlare.
“Si, Alain, ero in quello stato per colpa della donna di cui ti ho parlato. E' finita, sposa un altro uomo.” André aprì gli occhi e puntò lo sguardo su Alain.
“Amico, mi dispiace, le donne sanno ferirti come nessun altro, sanno ferire più di una spada. Ora capisco tutto, si sposa con quel Oscar, giusto?”
“No, Alain, non hai capito, è molto più complicato di così?”
“Complicato? Spiegati meglio, ti ascolto amico.” Alain si fece più vicino all'amico, gli posò una mano sulla spalla.
“Oscar è la donna di cui ti ho parlato.”
“Cosa? Amico ma sei impazzito? Non credo tu stia bene.” Alain tolse la mano dalla spalla di André mentre continuava a guardarlo con un espressione tra lo scandalizzato ed il confuso.
“Non sono impazzito Alain, è una lunga storia, una lunga e complicatissima storia.”
“Racconta, sono tutto orecchi.”
“Oscar è una donna, una donna con un nome maschile. Il padre l'ha cresciuta come un uomo, ha fatto di lei il suo erede, il figlio maschio che non ha mai avuto.”
“Mi prendi in giro amico?” Alain era visibilmente irritato.
“Purtroppo no Alain, non ti sto prendendo in giro, è tutto vero.”
“Come hai conosciuto questa Oscar?”
“Sono cresciuto in casa sua. Dopo essere rimasto orfano sono stato affidato alle cure di mia nonna, che lavorava come domestica nel palazzo di Oscar e...” André fu interrotto dal vocione di Alain.
“Palazzo? Dio, André, non sarà una nobile?”
“Si, Alain, ci stavo arrivando... sono stato accolto in quella casa come compagno di giochi di Oscar, il padre voleva che avesse una figura maschile al proprio fianco, con la quale confrontarsi. Siamo cresciuti insieme, come compagni di giochi, di duelli, di sbronze, fino a diventare il suo attendente.”
“André se questa storia fosse uscita dalla bocca di uno di questi zoticoni che dormono con noi, non avrei creduto ad una sola parola, ma a te, amico, credo, credo eccome!” Alain si grattò la testa, pronto a continuare l'interrogatorio.
“Ma fammi capire André, quindi questa donna, questa Oscar ricambiava il tuo amore, allora perchè ora sposa un altro?”
“Si, ricambiava il mio amore, o almeno così ho creduto per qualche tempo. Sposa un altro uomo, un conte, su imposizione del padre, o forse, semplicemente ne è innamorata.” André chiuse di nuovo gli occhi, come a scacciare quel pensiero.
“Innamorata di un conte? Bè si, non mi stupirei di questo, probabilmente amico, scusa se te lo dico, sei stato soltanto la sua puttana.”
André continuò a tenere gli occhi chiusi ma Alain notò chiaramente i muscoli delle mascella dell'uomo contrarsi, in un gesto di stizza, di rabbia.
“Amico, non badare a quello che esce dalla mia boccaccia, anch'io sono uno stupido zoticone.”
“Non fa niente Alain.” André sorrise.
“André toglimi una curiosità, cosa ha significato per questa donna aver avuto un'educazione maschile? In che modo, nella vita di tutti i giorni mette in pratica quegli insegnamenti?” Alain era visibilmente incuriosito.
“Alain la tua curiosità è legittima. Oscar vive come un uomo, ha sempre vissuto così. Veste abiti maschili, cavalca, usa la spada e le armi, fino a poco tempo fa comandava dei soldati.”
“Una donna che da ordini a degli uomini? A dei soldati?” Alain non credeva alle proprie orecchie.
“E dici che è anche una bella donna, una bionda dagli occhi azzurri... da non credere amico, da non credere!” continuò Alain.
Tra i due uomini calò il silenzio, un silenzio insolito in mezzo al baccano che regnava costantemente nelle camerate della caserma, camerate piccole occupate da troppi uomini, di numero superiore rispetto a quanti avrebbero dovuto contenerne veramente.
Anche quel giorno nella camerata vi era confusione, uomini impegnati a giocare a carte, urla, imprecazioni, canti e spesso risse, André cercava invano di riposare ed Alain teneva d'occhio i propri compagni, ripensando, ogni tanto, allo sconcertante racconto del suo nuovo amico.
Un trambusto improvviso destò Andrè e fece drizzare in piedi Alain, tutti i soldati si concentrarono al centro della stanza, montagne di uomini grandi e grossi si spingevano l'uno contro l'altro creando un muro umano, il vociare era incomprensibile, Alain cercò di capire cosa stesse succedendo, cercò di farsi largo tra i compagni e finalmente tutto gli fu chiaro.

“André amico, alzati, è arrivato il nuovo comandante.” Alain tentava ancora di scorgere la figura del nuovo comandante, e quando riuscì a crearsi un varco tra gli uomini intravide un uomo di spalle, alto, magro, con lunghi capelli biondi, non poteva vederne il volto, ma non gli dispiacque, sarà certamente un pulitissimo damerino, si disse.
Alain era già stufo del nuovo comandante, ancora prima di vederlo, si voltò con l'intenzione di rimettersi in branda, dalla quale André si era appena alzato.
Qualcosa all'improvviso bloccò Alain, una voce, la voce del nuovo comandante.

“Soldati sono il vostro nuovo comandante. Il mio nome è Oscar Francois de Jarjayes!”

“Oscar...? Andrè!” disse Alain volgendo lo sguardo verso il proprio amico, lo trovò in piedi, con gli occhi sbarrati e la bocca dischiusa, col suo stesso stupore sul volto.
Alain si aprì nuovamente un varco tra i compagni, questa volta con più determinazione, fino ad arrivare quasi di fronte al nuovo comandante, lo guardò, o meglio, la guardò, che fosse lei? Si chiese Alain. Guardò la figura che aveva di fronte, una figura alta, magra, lunghi riccioli biondi, una figura con una voce dura, inflessibile, ma con delle sfumature lievi, le sfumature che solo la voce di una donna può avere. La figura finalmente si girò nella direzione dell'uomo che potè finalmente vedere... vedere degli occhi azzurri profondissimi, un volto delicato, delle labbra morbide e piene, ed una  pelle candida, Alain potè finalmente vedere quel volto di donna. Era sbalordito. Cercò con lo sguardo gli occhi di André, lo raggiunse.

“André ma... quella è... quella è la tua Oscar?”
“Si Alain, quella è Oscar.”

I soldati furono invitati a mettersi in riga, di modo che il comandante potesse vederli, Alain fianco a fianco con André vide l'uomo trascinarsi a fatica in quella posizione ed attendere, con lo sguardo rivolto a terra, il passaggio del comandante, il passaggio di quella che era stata la sua donna, e quando lei gli fu di fronte e inevitabilmente i loro sguardi si incrociarono, percerpì lo stupore di entrambi. Nessuno parlò, il comandante proseguì il controllo e poi uscì dalle baracche senza fiatare.

“André, stai bene?” chiese Alain, vedendo il ragazzo respirare a fatica.
“Sto bene Alain, non preoccuparti, ora mi passa.”
“Amico non ti fa bene soffocare la rabbia in questo modo, bisogno lasciarla uscire in qualche modo, altrimenti ti ucciderà.” e così dicendo Alain strinse le mani a pugno e le agitò di fronte all'amico.
“Alain, non mi va di fare a pugni.”
“Scherzavo amico, scherzavo. Sforzati di ridere qualche volta, non potrà che farti bene. e... dimentica quella donna, più in fretta  possibile.”
“Ci sto provando Alain, ci sto provando.”
Andrè ritornò sulla propria banda, cercò di farsi rapire dal sonno. Alain si unì ad un gruppo di soldati intenti a giocare a carte.


Oscar camminò velocemente verso il  proprio ufficio, ed una volta raggiunta la stanza vi si chiuse all'interno, come se qualcuno avesse  potuto entrarvi senza permesso. Chiuse la porta dietro di sé, girò la chiave, e finalmente fu libera di piangere, l'austero comandante dei soldati della guardia pianse come una stupida donnicciola.
Sapeva che avrebbe trovato André tra i soldati, eppure la sua presenza l'aveva turbata, il suo sguardo riusciva ancora ad oltrepassare la corazza che indossava ogni giorno, il suo sguardo era ancora così carico d'amore, un amore diverso da quello che aveva provato in quelle settimane, era un amore che faceva sanguinare l'anima, lo sentiva, lo sentiva chiaramente.
La donna si domandò come avrebbe fatto a presentarsi ogni giorno in caserma sapendo che vi sarebbe stato André.
“Come potrò essere un buon comandante? Come  potrò essere credibile se uno sguardo, il suo sguardo, ha il potere di farmi crollare in questo modo?”
Oscar non fu in grado di darsi una risposta. Non volle pensarci in quel momento, avrebbe rimandato ogni pensiero di la a qualche settimana, quando sarebbe ritornata tra i suoi soldati, dopo la licenza matrimoniale.
Indossò la corazza che l'aveva accompagnata per tutta la vita e si mise alla scrivania, pronta ad adempiere ai suoi compiti di comandante.


Il grande giorno era giunto, per la gioia di Madame Jarjayes ed in qualche modo dello stesso Generale.
Quella mattina, Oscar, avrebbe sposato il conte di Fersen, con la benedizione di Sua Maestà e di suo padre.

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Capitolo 16
*** capitolo 16 ***


Era una mattina come tante altre per il resto del mondo, ma non per Oscar, quella mattina lei si sarebbe sposata sotto il ricatto del padre, con un uomo che non amava.
Oscar venne svegliata da una della maggiore delle sue sorelle, che irruppe nella stanza gridando con quella vocetta stridula che Oscar aveva sempre detestato.

“Oscar cosa ci fai ancora a letto! È tardissimo, devi prepararti! Avanti pigrona alzati!”
“Smetti di gridare, ti prego.” fu tutto quello che riuscì a dire Oscar.
“Oscar...”
“Si...?”
“Mi chiedevo se... forse non è compito mio farlo... ma... certo alla tua età... qualcuno ti ha illustrato quali saranno i tuoi doveri di moglie?” la sorella fissava Oscar con sguardo interrogativo, senza che vi fosse traccia di vergogna sul suo volto.
“Doveri di moglie?” Oscar volle divertirsi un po'.
“Si Oscar, i doveri che una moglie ha verso il proprio consorte.”
“E quali sarebbero questi doveri?” Oscar si morse il labbro per impedirsi di ridere.
“Sorellina... quei doveri che le donne svolgono al calar della notte.” la sorella aveva sul volto un lieve imbarazzo.
“Scusami ma non riesco a capire.”
“Oscar, andiamo... quei doveri...!” la sorella calcò la voce sulla parola “Quei”.
Oscar assunse un'espressione interrogativa, voleva vedere fino a che punto avrebbe messo in imbarazzo la sorella.
“Possibile che Nanny o nostra madre non ti abbiano mai raccontato nulla? Oscar è una follia, non hai più 12 anni dovresti sapere certe cose.”
“A quanto pare non le so, nessuno mi ha raccontato questa cosa.”
“Cercherò di essere più precisa... quello di cui ti stavo parlando è un dovere che la moglie ha nei confronti del consorte, un dovere che si svolge al calar della notte, un dovere che si svolge sotto le lenzuola. Hai capito?” la sorella era sul  punto di gridare, incredula e stravolta.
“No, credo di non aver capito.”
“Oscar, mio dio, ti sto parlando di fare l'amore, fare l'amore con il proprio consorte, soddisfare i suoi piaceri, renderlo felice.” la sorella di Oscar arrossì improvvisamente, e poi tirò un sospiro di sollievo e aggiunse.
“Sorellina ora hai capito?”
“Ma davvero credi che io, a 30 anni, non sappia queste cose?” Oscar scoppiò a ridere rumorosamente.
“Oscar!” la sorella tentò di sembrare seria e risentita, ma un istante  più tardi scoppiò anch'essa in una forte risata.
Le due donne furono interrotte dalla vecchia governante.

“Oscar! Cosa ci fai ancora a letto? Alzati immediatamente!”

La sorella di Oscar lasciò la stanza, intimando la “sorellina” di non far attendere oltre la vecchia governate e lei, l'abito nuziale e tutto ciò che ne consegue non potevano aspettare.
Oscar si alzò dal letto trascinandosi davanti alla vetrata della propria stanza, osservò il cortile del palazzo, il giardino, ed il magnifico cielo azzurro di quel giorno, anche il tempo sembrava prendersi gioco di lei, regalandole un clima splendido per una giornata che per lei era un incubo.
La donna si ritrovò a pensare al discorso fatto poco prima dalla sorella, sul volto le si disegnò un sorriso amaro pensando che quella notte sarebbe dovuta essere speciale, la prima notte di nozze, durante la quale ogni fanciulla dona se stessa al proprio consorte, facendogli dono della parte più innocente di se stessa. Pensò a tutte quelle fanciulle i cui sogni riposti in quella notte vengono infranti in pochi istanti nel momento in cui si rendono conto d'essere state date in spose a vecchi uomini, o semplicemente a nobili per i quali non nutrono nessun tipo di affetto. Raramente una donna nobile contrae un matrimonio d'amore, lei in fondo era fortunata, aveva donato la sua parte più innocente e preziosa all'uomo che amava.
Oscar si domandò cosa avrebbe fatto alla fine di quel giorno, quando le tenebre fossero calate, nell'ora in cui, come disse sua sorella, una donna ha il dovere di compiacere il proprio consorte, come avrebbe fatto, lei, ad adempiere ai suoi doveri di moglie? Sentì un brivido lungo la schiena all'idea di dover fare l'amore con Fersen. No non avrebbe potuto.
Qualcuno bussò alla porta. I pensieri di Oscar furono interrotti.

“Avanti.”
“Oscar vorrei parlarti prima della cerimonia.” il generale Jarjayes indossava l'alta uniforme.
“Entrate.”
“Oscar, volevo dirti che stai facendo la cosa giusta. Mi sono reso conto di averti fatto del male imponendoti un'educazione maschile, avrei dovuto lasciarti vivere come la natura aveva deciso, avrei dovuto farti crescere come una donna. Mi dispiace. Sei mia figlia e desidero che tu sia felice.” il generale Jarjayes sembrò aver perso la maschera d'uomo crudele e meschino che aveva sempre avuto sul viso.
“Pensate che io stia facendo la cosa giusta? Con quale coraggio dite una cosa del genere padre? Con quale coraggio venite qui, oggi, a chiedere perdono per come mi avete cresciuta? Non vi dispiacete, non ve ne è motivo, perchè io non ho intenzione di perdonarvi per quello che mi avete fatto, per quello che ci avete fatto, a me e André. Desiderate che io sia felice? Per vedermi felice, padre, questo matrimonio dovrebbe avere un altro sposo. Per vedermi completamente felice dovrei avere al mio fianco André... e voi questo non lo volete, quindi, padre, uscite da questa stanza, la vostra presenza non è gradita.” Oscar si voltò dando le spalle al padre. Era la  prima volta che parlava di lei e di André, e la cosa la fece sentire bene, forte, sicura, ma anche al tempo stesso, tremendamente triste e sola.
Il generale Jarjayes riprese la maschera di uomo crudele e meschino, alzò un pugno chiuso e lo agitò contro il nulla.
“Oscar io... io non ti permetto di rivolgerti a me in questo modo, sono tuo padre, e fino a quando avrò vita non permetterò a quel... a quel traditore di mettere piede in casa mia! Tu sei mia figlia, e tu oggi sposerai il conte di Fersen, altrimenti... lo sai Oscar, sei intelligente e sono certo che agirai come si conviene. Sii felice per questo mio dono, sii felice di andare in sposa al conte.”
“Sposerò Fersen, credo che questo sia già sufficiente senza che voi pretendiate che sia anche felice.” Oscar continuò a dare le spalle al padre, mentre il generale Jarjayes uscì dalla stanza senza dire una parola, con il fuoco negli occhi.


La vestizione di Oscar fu lunga ed estenuante, almeno per lei, a differenza del resto delle donne presenti nella stanza in cui si trovava, le altre donne sembravano estasiate nel compiere quei gesti, che Oscar, aveva visto spesso nel corso della  propria vita, ogni volta che una delle sue sorelle si era sposata.
La vecchia governante, tra un pianto e l'altro si occupò dell'abito nuziale, un bellissimo vestito di seta ed organza, con un corsetto finemente ricamato con maniche corte in organza, e dalle ampie gonne con un leggero strascico.
Oscar non aveva intenzione di guardare la propria immagine allo specchio, ma fu costretta a farlo, come successe spesso in quelle ore, si guardò e le venne da piangere, trattenne le lacrime, cercò di restituirle ai propri occhi, ci provò con tutta l'ostinazione e la testardaggine che l'avevano sempre contraddistinta, provò finchè non ebbe la meglio su quelle piccole perle salate.
Una delle sue sorelle, la maggiore, acconciò i suoi lunghi capelli biondi, li raccolse sul capo con delicatezza, sistemandoli ciocca dopo ciocca in una sorta di folle danza, fino a quando non vi fu più nessun ricciolo lungo il collo di Oscar.
Un'altra sorella, quella di mezzo, ebbe l'onore di posare una preziosa tiara di brillante tra i capelli della sposa, ostacolando, per qualche istante, il lavoro delle rimanenti sorelle, impegnate con belletti e profumi.
Il tocco finale spettò alla madre di Oscar, Madame Jarjayes camminò accanto alla figlia tenendo tra le mani un cofanetto di velluto blu, lo poggiò sul mobile della specchiera, lo aprì con mani tremanti e ne estrasse la collana che apparteneva alla propria famiglia da generazioni, un cimelio destinato all'ultima sposa di ogni generazione.
La donna circondò la figlia con le braccia e delicatamente le posò il gioiello attorno al collo, accarezzandola col respiro. Oscar non aveva mai badato a certi particolari femminili e nemmeno in quel momento ne fu colpita, ma il gesto della madre, quel tocco lieve attorno al collo e la dolce vicinanza del suo viso la fecero emozionare così intensamente da farle desiderare le lacrime.
La sposa era  pronta.
Oscar lasciò che le donne la guardassero, permise che gli sorridessero, concedette loro di farle ogni tipo di complimento, accettò tutto, senza fiatare, ma pretese alla fine di quella pantomima d'essere lasciata da sola per qualche minuto. E così fu, Oscar rimase sola. Si guardò consapevolmente allo specchio, e vide una donna, una donna che stava per sposare un uomo, una donna vestita con abiti candidi a dimostrazione della sua innocenza, Oscar rise a quel pensiero, Fersen sarebbe rimasto sorpreso rendendosi conto che di innocente, Oscar, non aveva più nulla.
Si guardò e maledisse il riflesso che lo specchio rimandava ai suoi occhi. Odiava essere una sposa.
“Sei una maledetta vigliacca.” disse a se stessa poco prima di sputare all'immagine dello specchio.
Oscar  uscì dalla stanza pronta ad affrontare la sua sfida più difficile, sposare Hans Axel di Fersen.

Fersen si trovava di fronte all'altare, elegante e fiero, come sempre, lo sguardo affascinante e furbo, le mani dietro alla schiena, in attesa della sua futura sposa.
La chiesa era occupata da poco persone rispetto a quelle che solitamente partecipavano ai matrimoni della famiglia Jarjayes, ma Oscar fu categorica, una cerimonia per pochi intimi, niente di sfarzoso.
La donna fu aiutata a scendere dalla carrozza, una leggera brezza le accarezzo il viso, chiuse gli occhi per sentire i raggi del sole baciarle il viso, uno scossone, il generale la prese per un braccio riportandola alla realtà, e sentì freddo, nonostante il sole, improvvisamente sentì il proprio corpo gelare.
Quando Oscar varcò il portone della chiesa il generale Jarjayes, senza un motivo apparente, le strinse più forte il braccio, e quella vicinanza provocava nella donna un senso di disgusto, un fastidio dell'anima e fisico, come se quel contatto le bruciasse la carne.
Un passo dopo l'altro, un sussulto del cuore dopo l'altro, ed Oscar arrivò al fianco di Fersen sull'altare. Il suo sguardo incrociò quello del conte e subito lo rifuggì.

“Siete bellissima Oscar, ora come non mai ho capito d'aver preso la decisione più giusta.” sussurrò il conte al fianco di Oscar, la quale non ribattè a quelle parole.

La cerimonia ebbe inizio, il prete come di consueto chiese “chi da questa donna in moglie...?” e con orgoglio infinito la voce del generale riecheggiò nella chiesa.
“Io.”
Una donna? Ora sono una donna ai tuoi occhi? Dopo 30 anni ostenti il tuo orgoglio sentendomi definire “donna”? Si domandò Oscar tra i mille pensieri che albergavano nella propria mente.
Il prete continuò la cerimonia, tra una predica e un salmo, fino a che arrivò a quella formula che avrebbe reso Oscar moglie di qualcuno.

“Voi, conte Hans Axel di Fersen, volete prendere la qui presente Oscar Francois de Jarjayes come vostra sposa?” il parroco invitò i due giovani a voltarsi, uno di fronte all'altra, e stringersi le mani.

“Si, lo voglio.” Hans pronunciò quelle parole senza esitazione.
“E voi, Oscar Francois de Jarjayes volete prendere il qui presente Hans Axel di Fersen come vostro sposo?”
Oscar rimase in silenzio, gli occhioni azzurri puntati sul conte... Io Oscar Francois de Jarjayes moglie di Hans Axel di Fersen...
“Io... io...”
Il prete ripetè la formula, in evidente imbarazzo.
“Voi Oscar Francois de Jarjayes...”
“Io...” Oscar si voltò verso il parrocco.
“Io sono Oscar Francois... io non ho più titolo.”
A quelle parole Fersen strinse le mani di Oscar, strattonandola verso di lui, non ebbe il tempo di rendere parola il proprio pensiero  poiché le parole di un altro uomo tuonarono tra le volte delle chiesa.
“Oscar! io...” il generale Jarjayes aveva il viso trasfigurato dalla rabbia. Oscar si liberò dalla stretta del conte e camminò in direzione del padre, gli si avvicinò, portando il proprio viso accanto a quello di lui e con una calma quasi innaturale, scandendo parola per parola, in modo chiaro, udibile da tutti i presenti disse.
“Voi cosa generale? Qualunque cosa avete in mente di fare dovrete prima uccidere me, prendetevela con me, ma vi avverto, state in guardia perchè sono pronta a difendermi e combattere. Addio.”
Tra i presenti si alzarono voci di stupore, urla di incredulità, lacrime e bisbigli.
Oscar divenne sorda a tutto ciò, strinse tra le mani la stoffa dell'abito nuziale, sollevando leggermente le ampie gonne e corse via, lungo la navata, fino a raggiungere il portone che la condusse al di fuori di quel posto che l'avrebbe uccisa se avesse pronunciato una sola parola.
Corse incontro al suo cavallo, che era stato usato per trainare la carrozza che l'aveva condotta alla chiesa.
Montò sul proprio cavallo, con indosso l'abito da sposa, non si voltò mai, incitò l'animale al galoppo e cavalcò via, con il sorriso sulle labbra e il cuore finalmente libero.

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Capitolo 17
*** capitolo 17 ***


Oscar aveva appena lasciato la chiesa che avrebbe dovuto vederla sposa, cavalcava finalmente libera, col cuore leggero e con la consapevolezza di ciò che desiderava per la propria vita. Voleva stare con André in qualunque caso anche a costo di dover lottare per questo. Era felice.
Cavalcare con indosso un abito femminile, un abito nuziale con una gran quantità di gonne non era impresa facile, ad Oscar scappò una risata rumorosa, ma continuò il suo cammino, doveva raggiungere André, doveva assolutamente trovarlo.
Persa nei propri pensieri non si accorse del sopraggiungere di qualcuno.

“Oscar, vi prego fermatevi.”
Oscar si voltò con espressione rabbiosa, avendo riconosciuto la persona che la stava chiamando.
“Fersen, andatevene!”
“Oscar vi prego, fermate il cavallo.”
La donna si fermò, pensando che se non l'avesse fatto non se lo sarebbe più levato di torno. Lo stesso fece il conte, fermò il proprio cavallo e vi scese.
“Oscar, scendete...” così dicendo il conte porse la mano ad Oscar.
Oscar scese rifiutando l'aiuto del conte, gli si mise davanti e con espressione dura chiese spiegazioni.
“Cosa volete Fersen? Credevo d'essere stata piuttosto chiara lasciando la chiesa.”
“Lo siete stata Oscar, lo siete stata eccome ma... volevo scusarmi con voi per non aver capito e per essermi comportato come un egoista arrogante.”
Oscar rimase in silenzio.
“Sapevo che il matrimonio era un'imposizione di vostro padre, un ricatto, eppure non ho fatto nulla per aiutarvi davvero, se non complicandovi ancora di  più le cose. Sono uno stupido Oscar, pensavo di poter dimenticare l'amore della mia vita, l'amore per la mia Regina, sposandovi, ma non ho fatto altro che prendermi in giro e rendere tutto più difficile a voi.
Però vorrei che sapeste che non vi mentivo quando vi dissi di provare per voi dei sentimenti profondi, dovete credermi. Ora non posso far altro che chiedervi umilmente scusa. Perdonatemi se potete madamigella.” il conte abbassò il capo in un inchino.
“Fersen vi prego, alzatevi, non è il caso.” Fersen ritornò nella posizione eretta e con un lieve imbarazzo continuò a guardare Oscar negli occhi.
“Fersen non dovete scusarvi, la colpa non è soltanto vostra, l'artefice di tutto questo male è mio padre, ed anch'io ho la mia parte di colpa, credetemi. Ho mentito a me stessa, ho lasciato che la paura mi annientasse portandomi a compiere un gesto che non è da me, e a far del male ad una persona che non lo meritava, ma ora mi è tutto più chiaro, è ritornata in me l'Oscar di sempre, ho ricominciato a lottare.” Oscar accennò un sorriso.
“Oscar, posso chiedervi chi è lui?” Fersen guardò la donna con sguardo interrogatore.
“Prego?” Oscar si mise sulla difensiva.
“Chi è l'uomo da cui vostro padre ha provato ad allontanarvi? Chi è l'uomo che occupa il vostro cuore? E per il quale ora siete tornata a lottare.”
Oscar guardò il conte spiazzata, stupendosi del fatto che avesse capito la situazione, strano, generalmente Fersen non si rendeva mai conto di nulla.
“Oscar, vuoi dirmi chi è lui?” disse Fersen continuando a fissarla.
“Fersen ora mi date del Tu?” l'irritazione della donna era chiaramente percepibile.
“Oscar stavi per diventare mia moglie, stavi per dividere il letto con me, mi hai abbandonato sull'altare, credo che certi formalismi tra di noi siano ridicoli a questo punto.” e aggiunse.
“...e non è più un obbligo, per me, dare del voi ad una donna del popolo, una donna senza titolo. Non ti pare Oscar Francois?” Fersen le lanciò un sorriso malizioso.
Oscar rise, non tentò neppure di evitarlo.
“Si Hans hai ragione, questa volta hai perfettamente ragione.”
Risero entrambi.
“Chi è lui, Oscar?” Fersen non aveva intenzione di mollare la presa.
“Lui è la mia famiglia, è l'amore, è tutto per me.” Oscar abbassò lo sguardo.
“Non avrei mai creduto di vederti così un giorno, una donna innamorata...”
“Fersen tu non riuscivi neppure a vedermi come una donna, fino a poco tempo fa.”
“Che sciocco che sono stato a quel tempo, un imperdonabile sciocco.” si fermò un istante e colpì ancora.
“Vuoi dirmi chi è quell'uomo Oscar? Un conte, un duca, un militare delle Guardie Reali?”
“Lui mi è stato accanto tutta la vita, mi ha sostenuta, mi ha protetta, ha accettato la mia natura senza pretese, ha accettato me, Oscar, per quello che ero, per quello che sono... e quest'uomo non è un nobile.” Oscar cercò gli occhi del conte, gli sorrise dolcemente, cercò nel suo sguardo quella risposta che sarebbe arrivata di li a poco.
“Oscar ma... no... non può essere... non può essere Andrè...” Fersen si sentì quasi inopportuno a pronunciare quel nome.
“Hans chi altro potrebbe essere se non lui. Se soltanto le persone non si fossero costantemente fermate al rango che ci divide, che ci divideva, credo che tutti si sarebbero resi conto dell'amore che André ha nutrito per me da sempre. Io stessa non l'avevo capito.” in Oscar non vi era più un velo di imbarazzo, parlare di André, parlare di loro due era diventato così naturale.
“Oscar io... non so cosa dire... sono stato cieco davanti all'evidenza, la superbia e l'arroganza hanno velato i miei occhi, credendo che un uomo del popolo non avrebbe mai potuto amare una nobile... eppure devo ammettere che nello sguardo di  André vi ho sempre visto dell'affetto profondo per te, mia cara Oscar, ma non credevo fosse amore. Sono felice per te, sono felice per voi. Vi auguro ogni bene.” gli occhi di Fersen si fecero umidi.
“Hans ti ringrazio, ti ringrazio dal profondo del cuore.” una lacrima caddè lungo la guancia di Oscar.
“Oscar promettimi una cosa. Prometti che lotterai per questo amore, prometti che combatterai per abbattere le barriere che questa società impone, prometti che vi amerete sempre e comunque, nonostante l'orribile mondo che ci è attorno. Fatelo almeno voi. Io non potrò mai realizzare questo mio sogno con la donna che amo più della mia stessa vita.” Fersen non trattenne  più le lacrime, ed Oscar compì un gesto che non era da lei, che la vecchia Oscar non avrebbe mai fatto, si avvicinò al conte e lo abbracciò, e lui rispose all'abbraccio, senza malizia, con semplice e puro affetto.
Si staccarono senza dire una parola, Fersen salutò Oscar inchinandosi davanti a lei e lasciandole un lieve bacio sulla guancia. Si salutarono come se quello fosse un addio.
Oscar salì sul proprio cavallo e partì verso Parigi.


Oscar arrivò a Parigi che era già sera, avrebbe voluto vedere André immediatamente ma, vestita in quel modo le era difficile fare qualunque cosa, in caserma non sarebbe potuta andare, avrebbe perso di credibilità se i suoi soldati l'avessero vista in quel modo, e comunque André aveva una licenza, quindi certamente non si trovava li, si chiese dove abitasse ora  Andrè, ora che non viveva più a palazzo, si impose di pensarci l'indomani mattina, in quel momento doveva solo trovare una stanza e recuperare degli abiti.
Oscar sistemò il cavallo ed entrò nella prima locanda che trovò sulla propria strada, una volta varcata la soglia tutti gli occhi dei presenti furono su di lei, non era consuetudine vedere una donna in abiti nuziali girovagare per la città.

“Buonasera signore, vorrei una stanza per questa notte.” la voce di Oscar era forte e chiara.
“Madame, scusate se vi sembrerò indiscreto ma... volete una stanza per voi e il vostro consorte?” l'uomo era decisamente in imbarazzo.
“No, signore, una stanza singola. Non c'è nessun consorte.”
“Certo Madame. Il costo della stanza per una notte è di...”
Oscar non aveva considerato quel piccolo particolare, non aveva denaro con sé, come avrebbe fatto a pagare la stanza? Certamente non sarebbe mai tornata a palazzo, suo padre la stava aspettando, ne era certa.
“Signore... credo di aver dimenticato il denaro nella carrozza che mi ha condotta qui a Parigi.” Oscar cercò di sembrare il più convincente possibile, e ancora di più tentò di sembrare una povera dama indifesa e stupida.
“Madame, niente soldi, niente stanza.” la voce dell'uomo si era fatta più alta.
“Vi do la mia parola, domani un mio uomo di fiducia pagherà questa stanza, ve la pagherà il doppio se è necessario!” anche la voce di Oscar si era fatta  più forte.
“Hai sentito Jean Claude, domani verrà un Suo uomo di fiducia a pagarle la stanza... ah ah ah ah!” l'uomo rise fino a diventare paonazzo poi si fece di nuovo serio e aggiunse.
“Ragazza non mi interessa cosa fai per vivere, non m'importa se sei una prostituta, quelli sono affari tuoi, ma se vuoi rimanere qui devi pagare, e subito, altrimenti vattene!”
“Una prostituta? Vi sembro una prostituta? È un abito da sposa quello che ho indosso, razza di idiota!... devo pagare subito la stanza? va bene...” stava urlando, con quel tono di voce autoritario e deciso che da anni usava per comandare i propri soldati.
Oscar portò le mani sulla testa e le dita iniziarono ad armeggiare tra i capelli, si tolse la tiara, e i suoi lunghi riccioli biondi le si sciolsero lungo la schiena, sbattè con forza il gioiello sul bancone della locanda.
“Ecco, prendete, questa è una tiara d'oro e brillanti, potrei comprarci l'intera locanda con questa... ora volete darmi quella maledetta stanza?”
L'uomo al di là del bancone la guardò strabuzzando gli occhi e un istante dopo scoppiò in una risata così forte da doversi tenere il ventre con le mani.
“ah ah ah ah... Jean Claude hai sentito? Questa puttana vuole pagarmi con un pettinino per capelli!”
anche Jean Claude, un omuncolo piccolo e magrissimo, seduto su una sedia in un angolo accanto al bancone, iniziò a ridere senza freni.
“Bellezza gira i tacchi ed esci da questa locanda se non vuoi che ti faccia arrestare... o magari se davvero vuoi quella stanza potresti essere carina con me...” l'uomo si sporse sul bancone facendo scivolare la mano lungo il braccio di Oscar... la donna senza quasi rendersene conto, d'istinto, come le era stato insegnato da tutta la vita, reagì, attaccò... in una frazione di secondo Oscar portò le mani al collo dell'uomo, gli strinse il colletto tra le dita e lo tirò verso di sé, il viso a pochi centimetri dal suo.
“Chiamami ancora in quel modo e ti giuro che ti cambio i connotati!” Oscar stava urlando.
L'uomo era sorpreso e spaventato al tempo stesso, certamente non si aspettava una reazione così violenta da una donna.
“Mi... mi scusi Madame... perdonatemi se sono stato scortese. Ma accettiamo solo monete per il pagamento delle stanze. Madame.” la voce dell'uomo tremava.
Oscar lasciò il colletto dell'uomo, che cadde col mento sul bancone.
Uscì dalla locanda senza una parola, aveva una tale rabbia in corpo da aver voglia di urlare.
Oscar camminò per le vie di Parigi in cerca di un'altra locanda con un gestore più comprensivo, vi erano poche persone in strada, qualche mendicante, giovani coppie, prostitute e clienti, nonostante la situazione difficile del paese la vita della gente sembrava continuare comunque, in qualche modo.
Si sentiva stanca, le scarpe col tacco le facevano male, l'abito era diventato troppo pesante da trascinare, si maledisse di non aver approfittato di Fersen, avrebbe potuto farsi ospitare nel suo palazzo, almeno per quella notte. Si fermò un attimo, in cerca di un po' di sollievo per i propri piedi e sentì delle persone parlare di lei, parlare di quella strana donna vestita da sposa.

“Mamma, ma quella è una sposa?”
“Oh, piccola Marie, no non è una sposa, le spose non vanno in giro per le vie di Parigi di notte... è una di quelle signorine che vediamo passeggiare ogni sera, solo con un abito diverso... ora vai, entra in casa, di corsa.”
Oscar sentì la rabbia crescere, decise di lasciare la città, meglio giacere su dell'erba che essere scambiata, per l'ennesima volta, per una prostituta, le fu chiaro che nessuno le avrebbe dato una stanza conciata in quel modo e senza denaro.
Tornò sui suoi passi, attraversò in senso contrario le strade di Parigi, tornò indietro per riprendere il proprio cavallo.
Oscar camminava a testa bassa, con passo veloce, cercando di sostenere con le mani le ampie gonne dell'abito... era quasi un'immagine surreale, quasi onirica... una buia e deserta stradina di Parigi illuminata dalla luna, percorsa da una donna dai lunghi riccioli biondi, vestita in abiti nuziali.
Altre voci, delle risate, altri  problemi pensò Oscar, cercò di passare inosservata, per quanto questo fosse possibile, aumentando il passo e abbassando ancora di più il viso, sentiva le voci avvicinarsi sempre di più.

“Se vengo scambiata ancora per una prostituta non risponderò di me.” sussurrò a se stessa.

Risate, chiacchiere, voci, voci di uomini... una voce... una voce le parve avere un qualcosa di familiare, alzò il viso per guardare le figure dalle quali provenivano quelle risate ma il buio era troppo spesso, troppo pesante, le risate cessarono improvvisamente, così come le chiacchiere, ebbe un brivido di paura.

“Oscar!”
Un tuffo al cuore, riuscì finalmente a scorgere la figura di fronte a lei.
“Oscar ma... sei tu?”
“André... si sono io.”

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Capitolo 18
*** capitolo 18 ***


“Comandante!”
Oscar avrebbe voluto sparire, in quell'istante, pregò dio perchè la facesse morire in quel preciso momento.
“Alain...”
“Dannazione Comandante vi avevo preso per una putt...” una gomitata di André, dritta nelle costole impedì ad Alain di continuare la frase.
“Ahia, amico... che diavolo ti prende... ho detto che mi sembrava non che lo è... maledizione!” Alain era piegato in due, col respiro corto, che però non gli impedì di continuare a parlare, a sproposito.
“Comandante come mai siete vestita in quel modo? E cosa ci fate a Parigi in piena notte?” Alain tentò di rimettersi dritto, a fatica.
“Alain!” il tono di André era di rimprovero, lo stesso tono che si usa con i bambini.
Oscar non disse nulla, si limitò a guardare il buon Alain con sguardo di rassegnazione.
“Amico sei un po' troppo nervoso, per i miei gusti, stanotte. Meglio che io tolga il disturbo, vi lascio soli.” Alain diede una  pacca sulla spalla all'amico e aggiunse, poco prima di allontanarsi.
“Mi raccomando André... vai e colpisci...”
Gli sguardi di André ed Oscar assunsero la stessa espressione di rabbia che rivolsero entrambi ad Alain.
“Comandante...” disse prima di sparire, fischiettando, in una stradina buia.
Calò un silenzio pesantissimo, rotto di tanto in tanto dalle urla di qualche ubriaco e da quelle, di un piacere fasullo, che le signorine di strada elargiscono per compiacere il proprio cliente.
Sul silenzio calò una coltre di imbarazzo, la situazione non era delle più facili, il primo passo avrebbe portato alla vittoria o alla morte, senza alternative.

“Io dovrei andare...” Oscar stupì se stessa con quella frase. Sei scappata dal tuo matrimonio, hai lasciato e forse disonorato la tua famiglia per lui, per stare con André, ed ora che l'hai trovato vuoi andartene? Sei pazza. Disse Oscar a se stessa.

“Si, certo. Immagino, ti staranno aspettando.” nella voce di André vi era rassegnazione.
“No, non mi stanno aspettando...” Oscar si stupì di quanto fosse difficile dare una spiegazione o semplicemente dire la verità, ci stava  provando ma André non la lasciò terminare, finì per lei la frase, convinto di aver capito tutto.

“Giusto... Ti sta aspettando. Avete preso una stanza nell'albergo accanto all'Operà immagino, dicono sia molto lussuoso...” André parlò a ruota libera, come se non vi fosse più nessun freno tra la sua anima e la sua lingua, accecato dalla gelosia e dal dolore non si pose nemmeno il dubbio sul perchè Oscar si trovasse per strada in piena notte, sola, senza il consorte, Fersen.

“André io...” Oscar aveva parole morte sulla lingua. Che diavolo ti prende Oscar? Sei fuggita per cambiare la tua vita, ed ora che potresti farlo, ora che hai davanti l'uomo che ami non sai dire niente di meglio che i tuoi soliti “André, io...”, la mente di Oscar aveva iniziato una battaglia con la donna.

“Vai Oscar, non fare attendere il conte di Fersen.” disse André quasi sussurrando.

Oscar hai intenzione di veder morire quell'uomo davanti ai tuoi occhi? Perchè morirà credendo che tu ti sia sposata con Fersen, morirà immaginandoti in una stanza da letto pronta a consumare la prima notte di nozze. La donna ebbè un sussulto quando vide André fare un cenno di saluto e scomparire alle sue spalle.

“André, aspetta!”
L'uomo si fermò, più per abitudine che per reale voglia di farlo.
“André io... io non ho sposato Fersen.” Non era così difficile dirlo, la voce nella testa di Oscar le diede la stoccata finale.
L'uomo si voltò, la bocca dischiusa in segno di stupore e il silenzio sulla lingua.
“André...”
“Oscar tu non puoi prenderti gioco di me, non farlo, ti prego, non lo sopporterei. Non mentire solo per regalarmi un istante di pace, non ho intenzione di compiere un gesto insensato, stanne certa. Indossi un abito da sposa, il matrimonio quindi deve esserci stato. Ora se vuoi scusarmi, me ne vado.” André aveva la morte nel cuore.
“Non ti sto mentendo, perchè dovrei farlo? Ciò che ti ho detto è la verità, non ho sposato Fersen. Indosso l'abito nuziale, è vero, ho percorso la navata della chiesa accompagnata da mio padre, altrettanto vero, ma al momento di pronunciare quella parola che mi avrebbe resa Madame di Fersen ho capito che non avrei potuto farlo... e sono fuggita.” Oscar si avvicinò all'uomo.
“Fuggita? Oscar ma... tuo padre? Fersen? La tua famiglia?” anche André rese più corta la distanza dalla donna.
“Ti ho mentito André, il giorno in cui ti dissi che mio padre mi aveva imposto il matrimonio con Fersen, certo, lo fece davvero, ma lo fece perchè ci vede insieme, quell'ultima notte che passammo nella mia stanza. Ti vide uscire dalla mia camera, e mi minacciò, minacciò di farti del male se non avessi accettato di sposarmi...”
“Oscar...”
“No, André, fammi finire, ti prego... Solo ora mi rendo conto che avrei dovuto raccontarti la verità fin dal principio, ma temevo una tua reazione e non mi sarei perdonata se ti fosse accaduto qualcosa. Per questo ho accettato di sposare Fersen, e ho accettato anche perchè... avevo paura, avevo tremendamente paura di questo amore, paura di non essere all'altezza, paura di affrontare questa storia così complicata, ma nel momento in cui ho immaginato la mia vita senza di te mi è stato chiaro cosa volessi fare... venire a cercarti. Io...” Oscar aveva le lacrime agli occhi.
“Oscar, avresti dovuto parlarmene, non hai idea del dolore che ho provato, ero intenzionato a dimenticarti, volevo odiarti, con tutto me stesso, ma non ne sono stato capace ed ho continuato ad amarti di quell'amore che ti avvelena il cuore, giorno dopo giorno. Pensavo che non ti avrei più potuta toccare...” André, quasi timidamente, passò la mano sul viso di Oscar, accarezzandola.
“Ed ora Oscar? Tuo padre? Fersen?”
“Fersen ha capito, ha compreso me, noi, il nostro amore, ed ha confessato di volermi bene, ma di amare ancora, e sempre, Sua Maestà. In fondo il conte di Fersen è un brav'uomo.” André sorrise continuando ad accarezzare la pelle di Oscar.
“Mio padre... non lo è più da questo momento in poi... da oggi non ho più titolo, da oggi sono Oscar Francois, da oggi sono semplicemente Oscar.”
André prese le mani della donna, gli carezzò le braccia nude e poi di nuovo prese le mani tra le sue.
“Da questo momento in poi sarai Oscar Grandier...”
Oscar fece un cenno di approvazione col capo.
“André...”
“Si, Oscar...”
“Quest'abito non può andar sprecato... Credo che ci spetti la nostra notte di nozze...”
I due si abbracciarono, li, in una solitaria stradina di Parigi... e fu di nuovo un'immagine surreale... un soldato della guardia unito ad una sposa dai capelli d'oro, circondati da un alone di fragile felicità in mezzo al dolore di una Francia distrutta.

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Capitolo 19
*** capitolo 19 ***


André e Oscar rimasero abbracciati a lungo come a voler recuperare il tempo perduto, in quei pochi giorni che li avevano visti separati.

“André...”
“Si...”
“Dove vivi ora che te ne sei andato da casa?”  chiese Oscar rimanendo abbracciata all'uomo, col viso poggiato sulla sua spalla.
“Vivo con Alain...”
Oscar si alzò dalla spalla di André e puntò il proprio viso dritto di fronte a quello di lui.
“Da Alain? André!” le parole di Oscar suonarono come un rimprovero.
“Oscar per giorni ho vissuto in caserma, non sapendo dove andare, fino a che Alain mi ha convinto a trasferirmi da lui, non è male sai? Ha l'aria d'essere burbero e maleducato ma ti assicuro che è un bravo ragazzo, di gran cuore.” André sorrise.
“André io non ho dove andare, ma di certo non voglio stare da Alain!” Oscar assunse un'espressione che André ricordava di avergli visto sul viso tante volte, quando erano bambini, un'espressione di testardaggine e fragilità al tempo stesso, l'uomo trattenne una risata.
“Nemmeno io voglio stare da Alain, non questa notte almeno... per il momento prenderemo una stanza in una locanda, ce n'è una poco più avanti...” André indicò la locanda col dito, quella stessa locanda dove Oscar aveva spaventato a morte il proprietario.
“Non credo di poter entrare ancora in quella locanda André, ho avuto da ridire col proprietario, un uomo maleducato e volgare...”
“Oscar, cosa hai fatto per...”
“Per?... non starai insinuando che sia stata necessariamente colpa mia se ho avuto un diverbio con quell'uomo?” Oscar era contrariata.
“Oscar... sei sempre stata un'attaccabrighe...” André lasciò libera la risata.
“André! Quel tizio mi ha dato della prostituta!” Oscar lasciò il corpo dell'uomo e portò le braccia davanti al viso, strinse le mani in pugni, lo faceva sempre quando era in collera per qualcosa.
André strinse i polsi di Oscar fermandole le mani, le abbassò delicatamente le braccia e gliele bloccò dietro la schiena.
“Sei un'attaccabrighe Oscar!” sussurrò André con fare malizioso.
“Ti sbagli io non...” Oscar protestava con la bocca ma non col corpo, che restava immobile sotto il controllo di André.
“Shhhh... stai zitta Oscar.” la voce dell'uomo era profonda e tremendamente convincente.
Oscar dischiuse le labbra nel tentativo di pronunciare una parola, la ragazza è testarda, pensò André, ma lui lo era diventato ancor di più durante quegli anni, e in un attimo fu con le proprie labbra su quelle di lei, si impose su quella bocca con la stessa forza con cui le stringeva i polsi dietro la schiena, dimostrando tutto l'amore e la voglia che aveva di lei.
Le diede un bacio così intenso, così profondo, così dolorosamente violento da farle perdere la testa.
“André... portami via di qui.” sussurrò Oscar all'orecchio dell'uomo, senza muovere un muscolo, lasciando che le sue braccia la tenessero bloccata, aveva scoperto di amare questa sorta di sottomissione, quell'imposizione fisica di lui, amava la sua forza, e moriva di piacere nel sentirsi sotto di essa.
I due si incamminarono alla ricerca di una locanda dove poter trascorrere la notte.
Dopo un paio di rifiuti per mancanza di stanze finalmente riuscirono a trovarne una, modesta, niente di lussuoso, ma accogliente e pulita.

“Ecco a voi la chiave signore, la stanza è la numero 4, la nostra camera più bella, adatta a degli sposi freschi di giornata. Vogliate accettare le mie congratulazioni e una bottiglia del vino della casa . Vi auguro una buona notte.” Il proprietario strinse la mano ad André e gli porse una bottiglia di vino rosso.
“Vi ringrazio Signore, siete davvero cortese. Ora se volete scusarci, mia moglie è piuttosto stanca.” André si ritrovò a definire Oscar sua moglie, con una naturalezza infinita, la parola gli era scivolata dal cuore alle labbra come un alito di respiro, facendogli bene al cuore.
Oscar rimase stupita della sua reazione ad una semplice parola, una singola parola, “moglie”, sentì le pulsazioni del cuore aumentare e far scorrere il sangue più velocemente, lo sentiva nelle vene, sotto la pelle, correre all'impazzata fino a giungere in un unico punto del proprio corpo, sulle gote, dove arrestò la propria corsa e si espanse macchiandole di un rosso intenso.
Salirono lungo la scalinata ed una volta giunti davanti alla stanza numero 4 si fermarono, all'unisono, imbarazzati, impacciati come se quella fosse stata davvero la loro prima notte di nozze.
Si guardarono e scoppiarono a ridere, come due ragazzini.
André infilò la chiave e aprì la porta, lasciandola scorrere all'interno della stanza, si chinò di fronte ad Oscar in un inchino.

“Madame... prego, dopo di voi.”
“Come siete galante, mio signore...” Oscar entrò nella stanza, voltando le spalle ad André, che entrò poco dopo.
André osservò Oscar, finalmente illuminata da una luce più forte della semplice luna, e la trovò bellissima, una bellissima sposa. La sua sposa.

“André... cosa stai facendo?” Oscar si sentì osservata, lo sguardo di André aveva il potere di turbarla.
“Ti guardo Oscar...”disse André continuando a tenere gli occhi su di lei, con uno sguardo che alternava la dolcezza con il desiderio.
“Bè smetti di farlo...”
“Perchè Oscar? Non ti piace che io ti guardi?” André non si mosse di un passo, rimase dall'altro lato della stanza, ma non smise di fissarla.
“Mi piace ma...” Oscar abbassò lo sguardo.
“Ma...?” chiese André.
“Ma... mi turba... è come se i tuoi occhi toccassero la mia pelle, bruciandola... come se il tuo sguardo mi entrasse dentro.” Oscar arrossì di nuovo, ma non per l'imbarazzo questa volta, era eccitazione il sentimento che le sporcava le guance.
André camminò da una parte all'altra della piccola camera, raggiungendo Oscar, continuando a  bruciarle la pelle con i suoi occhi verdi.
Uno di fronte all'altra, così vicini senza però che i loro corpi si toccassero.
André poteva vedere chiaramente la sua Oscar respirare affannosamente, il petto gonfiarsi nella morsa dell'abito ad ogni respiro, aveva voglia di toccarla, ma non più con lo sguardo.

“Vieni qui...” Una richiesta chiara ed autoritaria, la prima, forse, da parte di André.
“Sono qui...” rispose Oscar con uno sguardo provocatore negli occhi.
André raccolse la sfida, duellava con Oscar da tutta la vita, con la spada, ed ora sarebbe stato un combattimento di pelle.
L'uomo allungò il braccio verso l'abito nuziale di Oscar, infilò la mano oltre il bordo del bustino e trascinò la donna verso il  proprio corpo, con un solo ed unico gesto.
Un gemito carezzò le labbra di Oscar.

“Cosa vuoi fare ora?” chiese Oscar con un filo di voce.
“Voglio consumare la mia notte di nozze... voglio fare l'amore con mia moglie.” André parlò con le labbra che già stavano sfiorando quelle di Oscar.
“Non sono la moglie di nessuno...” disse Oscar respirando sulle labbra di André. Attacco.
“Ma indossi un abito da sposa.” ribattè André bloccando il colpo.
“Un abito da sposa destinato ad un altro uomo.” disse Oscar affondando il colpo.
“Sei crudele Oscar...” colpito. André strinse tra le mani la stoffa dell'abito, un gesto che non sfuggì ad Oscar che prontamente avvicinò le labbra all'orecchio dell'uomo.
“Strappalo...” un sussurro che arrivò, come fuoco, alle viscere di André.
L'uomo baciò Oscar con passione, profondamente, con un gesto della mano estrasse un coltello dalla tasca, le cinse la vita con le braccia ed imprigionò, affondandola, la lama tra i lacci del corsetto di pizzo, un taglio deciso e l'indumento cadde sul pavimento.
Oscar prese il viso di André tra le mani e lo invitò a baciarla con maggior passione.
Le mani di André scivolarono oltre la vita della donna, fino ad arrivare ai fianchi e in quel punto le dita si strinsero attorno alla stoffa, un gesto di rabbia e l'indumento cedette come fosse stato fatto di niente.
“Credo di aver vinto... come sempre...” disse Oscar con un sorriso soddisfatto sulle labbra.
“Come sempre, Oscar, ti ho lasciato vincere...” rispose André lasciando la donna spiazzata, e poi aggiunse.
“Ho cercato di limitarmi in questi anni, ho sempre avuto paura di usare con te la mia forza fisica...” Andrè lo disse con una tale dolcezza da risultare quasi fastidiosa.
“Ed io non mi sono mai accorta di questa cosa...” Oscar si sentì quasi in colpa.
“Oscar, mi spiace dirlo ma, ti sono sfuggite parecchie cose in questi anni...” André rise stringendo Oscar tra le braccia, con parte di quelle forza che le aveva nascosto per tutta la vita.
“André...” disse Oscar cingendo con le braccia il collo dell'uomo e guardando le sue labbra, che aveva voglia di baciare.
“Si, amore...”
“Amo la tua forza” Oscar avvicinò le labbra a quelle di André senza toccarle, infiammandole col proprio respiro.
“Lo so...” rispose André sulle labbra di Oscar.
Oscar si stupì, ancora una volta, dell'effetto che André aveva su di lei, sul proprio cuore e sul corpo, provava per lui un amore smisurato, che mai avrebbe immaginato di poter sentire, e soprattutto provava per l'uomo una pericolosa attrazione fisica, una passione così forte da sentirsi bruciare se non soddisfatta, come aveva fatto, il suo corpo, a nascondere questo desiderio in tutti gli anni passati? Possibile che non si fosse mai resa conto dell'affinità che era evidente, esisteva, tra lei e il suo amico d'infanzia? Oscar pensò che, ora, non sarebbe più potuta tornare indietro, amava l'uomo che la stava stringendo tra le braccia, così infinitamente dolce e così altrettanto infinitamente forte e passionale, Oscar non riusciva più ad immaginare la sua vita senza André, senza quest'uomo che le completava l'anima.
Oscar si strinse di più contro il corpo di André, era nuda, ma non sentiva freddo, un fuoco che ormai conosceva bene stava divampando sotto la pelle.
“Oscar... scotti...” disse Andrè sentendo le labbra della donna bruciare nella sua bocca.
“E' colpa tua...” Oscar gli sorrise, guardandolo con la malizia negli occhi.
“Cosa vuoi fare adesso André?”
“Voglio fare l'amore con te... voglio amarti fino a consumarti l'anima.”

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Capitolo 20
*** capitolo 20 ***


Ringrazio tutti per i commenti a questa storia, che terminerà con il prossimo capitolo, che spero di riuscire a pubblicare domani.
E con la conclusione ringrazierò per bene tutti :)


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Fecero l'amore, e si consumarono, anima e cuore, fino a non poterne più.
Si svegliarono presto, non erano abituati ai rumori della città.
Si svegliarono con quella voglia di pelle ancora sulle labbra, dolce come zucchero.
André aprì gli occhi e la prima cosa che cercò fu la bocca di Oscar, come se da quelle labbra rosse dipendesse la propria esistenza.
Fu un bacio dolce e  provocatorio, un semplice bacio labbra contro labbra a cui Andrè aggiunse un piccolo gesto, che sapeva, avrebbe dato un esito piacevole... l'uomo dischiuse le labbra su quelle di lei e aspirò leggermente carezzandole con la lingua... il contatto durò pochissimo, ma come aveva immaginato André, sortì l'effetto che sperava....
Oscar fu immediatamente sulle labbra dell'uomo, con l'intenzione di avere ciò che lui le aveva concesso, a suo parere, troppo poco... e questa volta il bacio fu lungo e profondo.
Questa volta fu Oscar a  prendere il comando, mettendo, in questa situazione così intima, quella natura che l'aveva contraddistinta per tutta la vita... era lei a dominare il proprio uomo, e ad André sembrò non dispiacere.
Fecero l'amore con passione, lasciando a riposo, per un po', la dolcezza della notte appena trascorsa.
I due erano stremati dal piacere.

“Lo sai che ti amo così tanto?” sussurrò André mentre disegnava il profilo di Oscar con le dita.
“Lo so...” rispose Oscar alzando lo sguardo verso l'uomo, che ora le stava tracciando la linea del naso.
“Hai un naso perfetto...” André indugiò con una piccola carezza sulla punta del naso di Oscar.
“Grazie...” Oscar cercò una posizione più comoda sul petto di André.
“...un bambino dovrebbe avere questo naso, non come il mio, troppo grande...” André si stupì delle proprie parole.
“Bambino?” Oscar alzò di nuovo lo sguardo, cercando quello dell'uomo.
“Si, un bambino Oscar... sai, quelle piccole personcine basse...” rispose André con un tono ironico.
“Smettila di ridere. André, seriamente. Un bambino? Tu vorresti un bambino?” Oscar era seria.
“Mi piacerebbe... si... ho sempre desiderato dei figli.”
“Un figlio con me, André? Un figlio mio e tuo?” Oscar pronunciò quelle parole con la stessa semplicità e lo stesso ingenuo stupore di una bambina.
“E con chi altrimenti, Oscar? Si, mi piacerebbe avere un bambino da te.” André iniziò a giocare con i riccioli di Oscar.
“Oh...” fu tutto quello che riuscì a dire la donna, e André cercò di rassicurarla, rendendosi conto che quel suo legittimo desiderio l'aveva spaventata a morte.
“Oscar non ti sto chiedendo di farlo in questo preciso momento... rilassati.”
“André io...”
“Oscar, non iniziare con i tuoi... André io... ti prego, dimentichiamo questa conversazione. È ora di alzarci, pigrona.” e così dicendo abbandonò il letto lasciando che la testa di Oscar ricadesse sul materasso.
“André...”
“Oscar...”
“Se non troviamo dei vestiti non credo che potrò lasciare questa stanza.” Oscar sorrise.
“Maledizione, i vestiti! Resta qui, tornerò tra  poco.” le baciò la fronte e uscì dalla stanza.
Oscar ripensò alle parole di André, a quel suo fantasticare su un figlio loro, e ne fu rapita anch'essa, trascinata in un mondo futuro, dove, anche lei cercava di immaginare la fisionomia di una creatura che ancora non c'era.
La donna si addormentò.
André tornò alla locanda due ore dopo averla lasciata, tornò con un pacco di abiti che era riuscito a racimolare da Alain, lui e la sorella erano stati così gentili da mettere insieme degli indumenti per lui e qualcosa per Oscar, tutto questo dopo una doverosa spiegazione, una dettagliata spiegazione da parte di André.
Alain si congratulò con l'amico, con una sonora pacca sulla spalla e l'augurio di una vita finalmente felice, con il suo “comandante biondo”.


“Oscar... Oscar...” André cercò di svegliarla  il più delicatamente possibile.
“uhmm...”
“Oscar, svegliati... ti ho portato i vestiti.”
“Uhm... ora mi alzo... dove hai preso i vestiti?” chiese Oscar sedendosi sul letto.
“Alain e Diane... sono stati così gentili...” André sorrideva.
“Spero non ci siano abiti da donna li dentro... ne ho avuto abbastanza!”
“No, niente vestiti da donna. Camicie e pantaloni.”

Oscar prese gli abiti e si vestì con quelle vesti che sentiva sue, come una seconda pelle, finalmente se stessa.
Era pronta, pronta per qualcosa a cui ancora non aveva pensato, cosa avrebbe fatto ora?

“Oscar, cosa hai intenzione di fare ora?”
“Io... io so soltanto che non voglio tornare da mio padre. Voglio stare con te, non mi interessa altro.”
“Capisco Oscar, ma credo che dovresti parlarci, affrontarlo, in modo da evitare che commetta qualcosa di irreparabile, capisci?” André strinse le braccia di Oscar invitandola a guardarlo.
“Si, capisco cosa vuoi dire. Andrò... Andremo a parlare con mio padre, solo questa volta, e poi non mi vedrà mai più. Prima però devo recarmi a Versailles.” Oscar ora guardava André dritto negli occhi.
“A Versailles?” André non riusciva a comprenderne il motivo.

Oscar varcò la soglia della Reggia di Versailles come non vi era mai entrata, in abiti inusuali, con delle vesti semplici.
Entrò a Versailles come Oscar, semplicemente Oscar, senza grado e senza titolo.
Entrò a Versailles per vedere Maria Antonietta, una donna a cui era legata da  un'amicizia profonda.
Sua Maestà la Regina ricevette Oscar senza domande, non volle sapere il motivo della sua visita.

“Sua Maestà.” Oscar si chinò ai  piedi della Regina.
“Oscar, vi prego alzatevi.”
“Maestà io...” Oscar sentì le parole morirgli in gola, avrebbe voluto scusarsi con lei per aver accettato di sposare il conte di Fersen, avrebbe voluto spiegare il motivo per cui avevano, lei e Fersen, messo in scena un simile teatro, avrebbe voluto raccontare l'amore che Fersen ancora provava per lei, ma non ebbe il tempo di ritrovare le parole morte.
“Oscar, non dite una parola. So tutto, Fersen mi ha raccontato ogni cosa. Non ce l'ho con voi, e anzi, vi ringrazio per aver lasciato libero l'uomo che...” la Regina ebbe un attimo di esitazione.
“...l'uomo che amo. Ma che non potrò amare. Mai più.” Maria Antonietta pianse, senza nascondersi, pianse come farebbe una donna qualunque.
“Maestà vi prego, non piangete.” Oscar si avvicinò alla Regina, le prese la mano.
“Maestà... Fersen vi ama più della sua vita, credetemi.”
“Lo so Oscar, lo so. Ed è lo stesso per me.” la Regina tentò di ritornare in sé, ed Oscar vide in lei una donna nuova, matura.
“Maestà, vi ho chiesto udienza per porgervi le mie scuse, e vi ringrazio per avermi concesso il vostro perdono. Ma devo confessarvi che sono qui anche per farvi una richiesta, la prima che vi porgo, per me stessa.” Oscar abbassò il capo.
“Ditemi Oscar, vi ascolto.”
Oscar raccontò alla Regina di lei e André, del padre, degli impedimenti oggettivi di quell'amore.

“Oscar farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarvi.”
“Vi ringrazio Maestà, vi ringrazio dal profondo del cuore.”
“Grazie a Te Oscar.” la Regina parlò come una donna parlerebbe ad una sua pari, in modo informale, rivolgendosi ad Oscar dandole del tu.
Oscar rimase stupita, ma con la gioia nel cuore, sentiva così vicino quella donna, si quella donna, perché ai suoi occhi non era più la Regina di Francia, ma soltanto una donna uguale a lei.
Oscar si congedò dalla Regina con un inchino, come aveva sempre fatto, ma qualcosa di diverso si intrufolò nei gesti di sempre, le mani della Regina si  posarono sulle braccia di Oscar, la fece alzare, e dopo averle sorriso l'abbraccio, così forte da farle mancare il respiro.
“Sii felice Oscar. Combattete per il vostro amore, non lasciate che qualcuno vi impedisca di stare insieme. Amatevi. Buona fortuna, mia cara Oscar.”
Quando queste parole si posarono sull'orecchio di Oscar, la donna, spinta da una complicità, da un affetto che durava da 20 anni, ricambiò l'abbraccio della Regina.
“Lo farò. Lo faremo, io e André. Te lo prometto.”
Non esisteva più nessuna Oscar Francois de Jarjayes, non esisteva nessuna Sua Maestà Maria Antonietta di Francia.
C'erano semplicemente Oscar e Maria Antonietta, due donna vissute in involucri troppo stretti, che solo l'amore era stato in grado di spezzare.
Oscar lasciò Versailles e si diresse con André verso palazzo Jarjayes.

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Capitolo 21
*** capitolo 21 ***


Il generale Jarjayes non aveva smesso di urlare e imprecare da quando Oscar aveva abbandonato l'altare, se la prese con chiunque gli fosse a tiro, la moglie, i valletti, perfino con il prete.
Il generale mandò via, con modi tutt'altro che gentili, tutti gli invitati, e poi riversò la propria rabbia sul Conte di Fersen.

“Cosa state facendo? Che razza di uomo siete? Riportate immediatamente qui Oscar.”
“Generale, perdonatemi, ma non credo che se riportassi qui Oscar cambierebbe idea su questo matrimonio.”
“Siete un inetto Fersen! Non siete stato in grado di tenere testa alla vostra futura moglie, non siete fatto per essere un marito, tanto meno per Oscar. Non mi stupisce che a voi riesca bene solo la  parte dell'amante della Regina di Francia. Sparite della mia vista!”  e così dicendo si lasciò il conte di Fersen alle spalle.
La famiglia Jarjayes ritornò a palazzo senza rivolgersi la  parola durante il viaggio, Madame Jarjayes e la vecchia governante non smisero di piangere un attimo, rimproverate ad intervalli regolari dal generale. Le sorelle di Oscar rimasero in silenzio, guardandosi l'un l'altra con sguardi interrogativi, senza badare alle urla del padre, quelle urla che avevano accompagnato l'infanzia di ognuna di loro, quelle stesse urla che ora provocavano solo indifferenza.
Giunti a palazzo videro scomparire il generale Jarjayes nel proprio studio.
Le urla cessarono e iniziò ad aleggiare una coltre di paura, nessuno ebbe il coraggio di dirlo apertamente, ma tutti temevano da un momento all'altro un gesto folle del generale.
La sorella maggiore di Oscar si divise dalle altre donne e raggiunse il giardino di casa, sentiva il bisogno di pensare, di riflettere sul gesto sconsiderato, di quella altrettanto sconsiderata sorella.
Si domandò come, Oscar, avesse potuto lasciare il conte sull'altare, quale motivo l'aveva spinta a gettar via un'opportunità del genere? Un uomo come Fersen, pensò la donna, era un raro dono per una donna “particolare” come Oscar, era un raro dono per qualsiasi donna, si corresse.
Il conte era dotato di fascino, era colto, aveva modi garbati ed era un uomo bellissimo.
La donna non riusciva a darsi pace cercando di capire cosa stesse accadendo alla sorella.
“Dove sei Oscar?” questa preoccupazione scappò alla sua mente e si perse sulle labbra, in un sussurro.
La donna decise di rientrare a palazzo, ma un rumore di zoccoli, sempre più vicini, la fece desistere.
Oscar.
Si rallegrò nel vederla in buono stato, sana e salva, nonostante la notte trascorsa chissà dove.

“Oscar! Oscar! Dove sei stata tutta la notte? Stai bene?” la sorella stava correndo incontro ad Oscar quando vide giungere André. Cosa ci faceva André con Oscar? Un tempo sarebbe stato normale vederli insieme, ma negli ultimi tempi erano stati piuttosto distanti, tant'è che non vedevano André, a palazzo, da settimane.
“Sto bene. Non ti preoccupare. Ho bisogno di vedere nostro padre.” Oscar scese da cavallo.
“Oscar, cosa sta succedendo? Perché hai...” la sorella di Oscar non ebbe il tempo di formulare la domanda.
“Non potevo sposarmi.” Oscar abbassò lo sguardo.
“Perché Oscar? Parlami.”
“Non potevo. Non chiedermi di più, non ora. Ho bisogno di parlare con nostro padre, ti prego.” Oscar guardò la sorella con sguardo severo.
“Non credo che sia il caso che tu veda nostro padre. Il generale è fuori di sé. Vai via Oscar, torna domani, quando si sarà calmato.”
“Ma... io...”
“Dobbiamo parlare con tuo padre Oscar, adesso.” André comparve alle spalle di Oscar, pronunciò quelle parole con tono deciso, quasi autoritario cercando il suo sguardo.
La prese per mano.
Oscar fu attirata dallo sguardo dell'uomo, e vi si perse, e vi trovò pace, mentre la sua mano strinse la mano che la stava stringendo.
La sorella di Oscar rimase spiazzata da ciò che i suoi occhi le stavano mostrando, per un istante non volle crederci... No non poteva essere, cercò di convincersi, ma l'evidenza le era di fronte, in tutta la sua chiarezza.
“Oscar... ma... cos'è questa storia?”
“Questo è il motivo che mi ha impedito di sposarmi.” confessò Oscar, con una dolcezza che la sorella non ricordava di aver mai sentito in lei.
André strinse ancora di più la mano di Oscar, e insieme entrarono a palazzo Jarjayes.
La sorella di Oscar non aveva potuto dir nulla, ci aveva provato, con tutta se stessa ma il respiro non volle collaborare, lasciandola muta e impietrita di fronte a quelli, che un tempo, erano stati la sua piccola sorellina e il suo amichetto d'infanzia, una bambina nobile col destino segnato da un padre folle, e un bambino cresciuto con il solo compito di servire e proteggere la figlia del padrone.
Quei bambini che ora si amavano, sfidando il rango, il pregiudizio, le differenze.
La donna provò un'improvviso senso di vuoto e d'invidia, per la  prima volta invidiava la sorella, invidiava l'amore di quell'uomo che le era stato accanto tutta la vita, un amore vero, ricambiato, differente da quello che era toccato a lei.

Oscar e André varcarono la soglia del palazzo insieme, ancora mano nella mano, immuni da qualsiasi timore.
Furono sorpresi dalla famiglia quasi al completo, riunita in salotto.
Entrarono creando maschere di ghiaccio sui visi dei presenti.
Nessuno dei presenti si aspettava l'arrivo di Oscar, tanto meno quello di André, ancora meno Oscar e André mano nella mano, palesemente “intimi”.
Un silenzio pesante come fosse fatto di roccia riempiva la stanza, nessuno osava proferir parola, avevano occhi puntati, come fucili, sui due giovani.
Solo la vecchia governante, tra le lacrime, trovò il coraggio di parlare.

“André! Per l'amor di dio, cosa hai fatto?”
Subito dopo, anche Madame Jarjayes trovò la forza.
“Oscar! Sei impazzita? Hai mandato a monte il matrimonio col conte di Fersen per... mio dio, dammi la forza... Oscar, ti prego, rassicura tua madre, dimmi che sto solo immaginando...”
“Cosa state immaginando madre?” disse Oscar con un tono di sfida.
“Oscar non ti permetto di parlarmi in questo modo!... io...”
“Voi cosa Madre? Non riuscite nemmeno a dirlo... Non riuscite nemmeno a  pronunciare il suo nome.”
Madame Jarjayes si portò la mano alla fronte, in segno di malessere, ma Oscar non si fece impietosire.
“Ho mandato a monte il matrimonio con Fersen perché amo un altro uomo, e quell'uomo è André. Avete sentito madre? Non vi state immaginando nulla, è la pura e semplice realtà dei fatti. Ed ora, se volete scusarci.”
Madame Jarjayes cadde a terra in preda ad una crisi, in preda ad uno dei suoi famosi svenimenti.
Le figlie le furono subito accanto.
Solo Nanny non si curò del malessere della padrona, dimenticò il suo ruolo in quel palazzo e corse incontro ai due ragazzi, i bambini che aveva cresciuto come fossero stati suoi, si avvicinò e pianse appoggiandosi al corpo del nipote.

“Siete degli incoscienti! Ah, e tu André, avresti dovuto prenderti cura di Oscar!” disse la vecchia governante colpendo con poca convinzione il petto del nipote.
“E' quello che ho fatto nonna... e che farò, per sempre.” André carezzò la schiena della vecchia nonna.
“Amo Oscar più della mia vita, non può essere un male tutto questo amore, non credi nonna?”
“I miei due bambini...”
Nanny pianse, senza freni, pianse lacrime dolci, pianse lacrime di felicità.
Dopo aver rassicurato la vecchia governante i due ragazzi lasciarono il salotto, era giunto il momento di affrontare il generale Jarjayes.


Oscar lasciò la mano di André e bussò alla porta del padre.
Silenzio.
Oscar bussò ancora.

“Andatevene! Lasciatemi in pace, maledizione!” il tono del generale lasciava trasparire tutta la sua rabbia.
“Padre, sono Oscar. Fatemi entrare, devo parlarvi.”
Silenzio.
Oscar mise la mano sulla maniglia e la porta le si aprì davanti, senza alcun sforzo.
Oscar entrò nello studio seguita da André, trovarono il generale seduto alla scrivania, un bicchiere di liquore sul tavolo e l'uniforme aperta, lui che era sempre stato impeccabile, sempre in ordine, distinto, anche nelle occasioni più difficili, che fosse in battaglia o ad un ricevimento, ora era di fronte a loro, stravolto dalla rabbia.
Oscar sentì una morsa allo stomaco.
Il generale alzò lo sguardo dal bicchiere.

“Come osi venire qui? Come osate presentarvi in casa mia!” il generale si alzò di scatto dalla sedia, scaraventandola per terra.
“Non mi tratterrò a lungo, padre. Sono venuta a dirvi che...” Oscar quasi non si accorse dell'arrivo del generale di fronte lei.
“Cosa vuoi dirmi Oscar? Che te ne vai con quel servo? Sei una stupida Oscar.” la mano del generale si chiuse attorno al braccio della figlia.
Oscar rimase immobile, non si scompose.

“Dite bene padre, sono venuta a dirvi che vado via con questo servo, questo servo che è più nobile di voi che lo siete di nascita.”
Il generale rivolse lo sguardo verso André, senza mollare la presa attorno al braccio di Oscar.
“Vuoi portarmela via, vero? E magari vorresti anche sposarla?”
“Si.” deciso non aggiunse altro.
“Sei un illuso André, un servo non potrà mai sposare una nobile, un nobile  prima di sposarsi deve chiedere il permesso a sua Maestà!” sul volto del generale si accese un sorriso soddisfatto.
Oscar infilò in tasca l'unica mano libera e ne estrasse una lettera, che porse al padre, con lo stesso sorriso soddisfatto.
Il generale lasciò il braccio di Oscar, giusto il tempo di aprire la lettera. Una lettera di Sua Maestà la regina Maria Antonietta.
Il volto del generale mutò in una maschera di rabbia.
In quella lettera la Regina concedeva ad Oscar il permesso di sposarsi con un uomo senza titolo, e faceva dono, ai due ragazzi, di una dimora, modesta, a Parigi, in segno della lunga amicizia che la legava ad Oscar.
La lettera si concludeva con i più sinceri auguri di Sua Maestà.
Il generale accartocciò la lettera in un pugno.

“Credete di aver vinto? Vi sbagliate, vi sbagliate di grosso. Avete vinto la battaglia, ma non vincerete la guerra. Non permetterò tutto questo, finché avrò vita.”
“Vi avverto padre, non esiterò a reagire come voi mi avete insegnato da tutta la vita, se proverete a ostacolarci.” Oscar non tolse mai lo sguardo dagli occhi del  padre.
“Sei mia figlia e non ti permetterò di uscire da questa casa!” il generale strinse con entrambe le mani le braccia di Oscar.
André d'istinto si portò al fianco di Oscar, posò la mano sul braccio del generale, pronto a spezzarglielo pur di liberare la donna.
Oscar si rivolse ad André.
“No, lascialo andare.” il giovane fu sorpreso da quelle parole.
Gli occhi della donna si posarono per l'ennesima volta sul viso del padre.
“No, vi sbagliate, da questo momento non sono più vostra figlia. Da questo momento non ho più titolo. Da questo momento vi rinnego. Sono Oscar, semplicemente Oscar.”
Il generale fu colpito in pieno petto dalle parole della figlia, parole inaspettate.
“Senza di me non sei nessuno Oscar, ricordatelo.”
Oscar si divincolò per togliersi di dosso le mani del padre, che sembrava intenzionato a non allentare la presa, fu grazie all'aiuto di André che finalmente, quelli che un tempo erano stati padre e figlia, si divisero.
“Non ti perdonerò mai Oscar, mai!... Te la farò pagare maledetto servo!... Ve la farò pagare, maledirete d'essere nati!” il generale si fece ancora vicino ad Oscar.
La donna prese il colletto dell'uniforme del generale tra le mani, strattonandolo verso di sé e lo spinse via, gettandolo a terra.
“Provo solo compassione per voi. Siete un uomo finito. Addio generale.”
Oscar uscì dallo studio senza mai voltarsi, André le era accanto, come sempre.
Oscar non tornò indietro, nemmeno quando sentì le grida disperate del generale, invocare il suo nome.
Uscirono da palazzo Jarjayes e respirarono un aria nuova, frizzantina, candida, respirarono come se un peso enorme fosse sparito dai loro cuori.
Si voltarono una sola volta per guardare la casa che li aveva visti crescere e innamorarsi.
Si voltarono una sola volta per dire addio a quel palazzo che li aveva uniti ma che era stato, al tempo stesso, una gabbia per entrambi.
Salirono sui cavalli e galopparono fuori dalle mura di palazzo Jarjayes, galopparono sulla strada che li avrebbe portati a Parigi, verso una nuova vita, senza sbarre.

Quella notte, André e Oscar giunsero nella dimora che la Regina aveva donato loro.
Era una casa modesta, senza lo sfarzo e l'opulenza di palazzo Jarjayes, l'ideale per la nuova vita che si apprestavano ad affrontare.
La regina aveva fatto in modo che Oscar e André continuassero a lavorare in campo militare, insieme, come sempre.
Erano felici, ma non potevano dire di sentirsi pienamente tranquilli, sentivano su di loro l'ombra del generale, anche se, speravano d'averlo fatto desistere dal compiere qualsiasi brutto gesto.
Se lo auguravano.
I due si imposero, tacitamente, di dimenticare il passato e di vivere pienamente il presente.

“Oscar...”
“André...”
“Madamigella Oscar, vuole diventare mia moglie?”
“Uhm...”
“Oscar!”
“Ah ah ah”
“Non sei divertente Oscar...”
Oscar ritornò seria, si fece vicina all'uomo e con un filo di voce disse.
“Si, voglio diventare tua moglie.”
“Voglio che ci sposiamo presto, non voglio più aspettare.” André prese il viso di Oscar tra le mani.
“Presto, André... presto.”

Un bacio lieve, un altro, ed un altro ancora...
Finirono inevitabilmente nella camera da letto.

“André...”
“Si...”
“Ti amo.” Oscar aveva pronunciato quelle due parole forse un paio di volte da quando avevano scoperto di amarsi.
“Dovresti dirlo di più, Oscar... fa bene al cuore.” André cinse le spalle di Oscar, poggiata sul suo petto.
“Ti amo... André. Ti amo così tanto. Ti amo in un modo che non so spiegare. Ti amo di quell'amore che non credevo di avere.” Oscar sentì le lacrime bagnarle le guance.
“Non piangere amore, ti prego. Siamo insieme, siamo liberi e ci amiamo, ci dovranno essere solo lacrime di gioia d'ora in poi.”
“Si, comandante.” Oscar sorrise.
“Comandante? Non sapevo d'essere stato promosso.” anche Andrè ritrovò il sorriso.
“Sei stato un bravo soldato, non potevo far altro che darti una promozione. Te la sei meritata, soldato Grandier... ehm... Comandante Grandier.”
Risero entrambi.
Oscar si voltò in modo da guardare André in viso.
“André...”
“Oscar...”
Oscar posò le dita sulle labbra di Andrè, carezzandole, disegnandone i contorni.
“Mi piacciono le tue labbra...”
“Credo di averlo capito, Oscar...”
La donna passò le dita sulla fronte dell'uomo, ne tracciò la linea delle sopracciglia, gli occhi...
“André... vorrei che il nostro bambino avesse i tuoi occhi...” Oscar si distese di nuovo sul petto dell'uomo, con una tranquillità stupefacente, come se le parole appena pronunciate non l'avessero toccata.
“Mi piace sentirti dire queste cose Oscar... sono felice che anche tu pensi ad un figlio nostro... mi riempie di gioia sentirti fantasticare su come potrebbe essere.”
“...come sarà, André.”
“Cosa?” André invitò Oscar a guardarlo, e vide sul volto della donna un sorriso meraviglioso.
“Ho tentato di dirtelo stamattina, André, ma... mi hai zittita, e...”
“Un bambino Oscar... aspetti un bambino?... Noi aspettiamo un figlio?” André era fuori di sé dalla gioia.
“Si, André, aspettiamo un figlio... un bambino che avrà il mio naso e i tuoi bellissimi occhi verdi...”

I due giovani rimasero abbracciati per tutta la notte, fantasticando su come sarebbe stato il loro bambino, quel figlio che André aveva solo sperato di poter avere, da tutta la vita, quel figlio che Oscar non avrebbe mai immaginato di concepire.
I due giovani passarono l'intera notte a fare progetti per la loro nuova vita, appena iniziata, con l'amore e la gioia nel cuore e una spada di Damocle sulla testa.
Con il fiato del generale sul colle, sarebbero dovuti stare in allerta, sempre in guardia, ora più che mai, con una nuova creatura che sarebbe venuta al mondo di li a poco.

Quella stessa notte, a palazzo Jarjayes, il generale si spense stroncato da un attacco di cuore, morì da solo, seduto alla scrivania del suo studio, con la lettera di Sua Maestà stretta tra le mani, quella lettera che uccise per sempre il suo unico figlio maschio, Oscar Francois de Jarjayes, quell'involucro che plasmò attorno all'anima di sua figlia, portandola quasi alla morte.



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Eccomi giunta alla fine!
Questa storia è nata all'improvviso nella mia testa, si è figurata davanti ai miei occhi senza una precisa richiesta da parte mia, ed è stato qualcosa di inaspettato. Qualcosa di piacevole.
Questa storia mi ha riportato su una strada che tempo fa percorrevo spesso, la scrittura, l'amore per la scrittura. Quindi credo che io debba un doveroso ringraziamento ai nostri cari Oscar e André. :)
Che dire, ci sono stati dei capitoli per me facili da scrivere ed altri più impegnativi, ho zoppicato qua e la, ho commesso degli errori (sono molto critica con me stessa in fatto di scrittura), e qualche volta li ho superati tirando fuori qualcosa di piacevole, almeno per me.
Spero vi sia piaciuta, spero vi sia piaciuto il finale... un po' particolare, lo so... la morte del generale potrà suscitare dei sentimenti contrastanti tra di voi, ma... Il generale non è mai stato uno dei miei personaggi preferiti, mi è sempre stato sullo stomaco... un po' come il conte di Fersen, belloccio eh, però... delicatezza al pari di un elefante! :D e soprattutto era uno “sveglio”, uno che arrivava alle cose in un attimo... Quella benedetta ragazza, la nostra Oscar, si infila un vestito da donna e raccoglie semplicemente i capelli e lui... “oh mi sembra di avervi già vista...” , ma dai?????
Scusate sto divagando... ehm... il capitolo è stato scritto forse un po' troppo velocemente, ma volevo terminarlo oggi, perdonate se non è venuto benissimo.
Grazie a tutti per le recensioni, e la pazienza che avete avuto nel seguire 21 capitoli!

Volevo ringraziare:
LADY IN BLUE, per le sue costanti recensioni, il suo sostegno, grazie mille per le parole carinissime che mi hai scritto ed anche per avermi fatto notare certi “errori”.
NINFEA306, grazie anche a te per le costanti recensioni e per le “critiche” costruttive, quegli appunti che servono in qualche modo per migliorare, per correggersi.
PRY, grazie per le recensioni sempre dettagliate, spiritose, e stupendamente dirette :)
ARTE, un ringraziamento speciale a te, che probabilmente stai ancora finendo di leggere la ff, mi chiedo dove tu abbia trovato la forza di sorbirti interi capitoli tutti insieme... ti ringrazio particolarmente per l'ultima bellissima recensione che mi hai scritto.

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