Semplicemente Oscar... di baby80 (/viewuser.php?uid=92588)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** capitolo 21 ***
Capitolo 1 *** capitolo 1 ***
Oscar si svegliò all'improvviso col cuore che le batteva
fortissimo nel petto, si alzò di scatto a sedere sul letto,
il lenzuolo le scivolò via e solo in quel momento si rese
conto che quello che era accaduto non era un sogno, poche ore prima, il
suo amico d'infanzia, il suo migliore amico le aveva confessato
d'amarla.
La camicia strappata e le lacrime morte sulle guance ne erano la prova.
Oscar si alzò dal letto e fece appello a tutta la sua forza
di volontà per trovare il coraggio di trascinarsi di fronte
allo specchio... aveva paura, paura di guardare ciò che
Andrè aveva fatto, paura di osservare ciò che lui
aveva visto. Ad ogni passo il cuore sembrava scoppiarle, ma finalmente,
dopo minuti interminabili si trovò di fronte allo specchio,
ma tutto ciò che vedeva ora erano i suoi piedi nudi, le sue
gambe lunghissime ed esili... non aveva il coraggio di guardare, si
sentiva a disagio, invasa da una sensazione sconosciuta, una sensazione
che aveva provato pochissime volte in vita sua, si sentiva in
imbarazzo, indifesa, "piccola", lei che "piccola" non lo era mai stata,
anche quando la sua età ed il suo corpo avrebbero dovuto
esserlo. Sentiva perfettamente il significato della parola "vergogna"
sul suo viso, ogni singola lettera marchiata a fuoco sulle guance.
Oscar si fece forza, che diamine, era o non era il capitano delle
guardie reali? non era lei che fin da ragazzina aveva dato ordini a
gruppi di uomini?
Alzò il viso oltre le gambe, gli occhi passarono velocemente
oltre il ventre ed arrivarono decisi al busto, e li vide... vide la
camicia stracciata e la pelle nuda, il collo, la spalla e il seno, quel
seno pieno e candido che fino a quel momento nessuno aveva potuto
vedere, ma che ora gli occhi del suo amico avevano "toccato", ed era
così che lei si sentiva, toccata nel profondo.
Oscar sentì gli occhi riempirsi di lacrime, che
cercò di trattenere senza riuscirci, guardò il
suo viso riflesso nello specchio, guardò i suoi occhi,
poggiò le mani sul freddo vetro, le battè un paio
di volte e gridò, gridò contro se stessa, contro
quell'immagine che le provocava sensazioni che non era in grado di
capire, contro quella figura a cui non sapeva dare un nome.
Oscar si tolse la camicia che gli pesava addosso come fosse fatta di
ferro, la lasciò cadere sul pavimento, ne indossò
un'altra, bianca, leggera, leggera come una maschera invisibile, quel
tipo di maschera che aveva portato per tutta la vita e dietro cui
nessuno aveva osato guardare fino a quel giorno... indossò
gli stivali e passò accanto allo specchio e con un gesto
così spontaneo come potrebbe essere una carezza lo fece
cadere, come se fosse l'unica cosa sensata da fare in quel momento...
Oscar uscì dalla stanza cercando di fare il meno rumore
possibile così da non svegliare suo padre e l'intera
servitù, era notte fonda ma aveva bisogno di uscire, aveva
bisogno di respirare... attraversò il corridoio,
passò prudentemente davanti alla stanza del padre, scese
lungo le scale e ancora più prudentemente cercò
di passar oltre la stanza della governante, e quando arrivò
di fronte alla stanza di Andrè si stupì quando le
sue gambe si rifiutarono di fare un altro passo, si fermarono, proprio
li, davanti alla stanza del suo amico d'infanzia... volle entrare,
spinta da qualcosa che sentiva bruciare sotto la pelle, rabbia? odio?
vendetta? non riusciva a capirlo.
Andrè era sul letto, steso sul ventre, la schiena nuda, le
gambe avvolte in pantaloni marroni e gli stivali ancora ai piedi, il
viso abbandonato sul materasso e i capelli che coprivano parte del
viso... stringeva il lenzuolo nella mano, in un pugno... Oscar vedeva
chiaramente il torace di Andrè allargarsi per prendere
fiato, per respirare, era veloce, quasi convulso... senza far rumore si
avvicinò al letto, prese la spada di Andrè che
era abbandonata sul pavimento e la alzò sopra di lui e... e
le sue mani iniziarono a tremare, non poteva farlo, non avrebbe mai
potuto fare una cosa simile, nonostante provasse rabbia per quello che
Andrè le aveva fatto poche ore prima, non avrebbe potuto
uccidere un uomo inerme, ma avrebbe potuto uccidere un uomo che si
fosse battuto con lei ad armi pari...
poggiò la spada a terra e uscì dalla stanza.
Il giorno seguente Oscar incontrò Andrè nelle
scuderie, non si aspettava di trovarlo ancora li, lo sguardo di lui la
fece bloccare, come la sera prima, si fece forza e proseguì
verso il suo cavallo, incurante di Andrè, non disse una
parola, non lo guardò nemmeno, gli passò accanto
come se non esistesse, ma in quel preciso istante si sentì
afferrare il polso...
"che cosa stai facendo?" chiese Oscar
Andrè lasciò il polso di Oscar e disse, con una
calma innaturale
"quando inizi una cosa dovresti portarla a termine... la prossima volta
che entrerai nella mia stanza con l'intenzione di uccidermi dovrai
uscire soltanto quando non sentirai più il mio cuore
battere, altrimenti non ti permettere più di mettere piede
in camera mia. sono stato chiaro?"
Oscar non disse nulla, guardò Andrè negli occhi,
alzò la mano e lo schiaffeggiò, lui non
reagì, ed Oscar prese a picchiarlo, riversando su di lui
tutta la rabbia che aveva covato quell'intera notte... Andrè
non si mosse, non reagì, prese ogni singolo schiaffo ogni
singolo pugno e attese che lei sfogasse tutta la tensione che aveva in
corpo...
"reagisci, avanti, non posso battermi contro un uomo che non si
difende! avanti, reagisci!" urlò Oscar
Andrè non disse nulla, guardò Oscar per qualche
secondo e poi se ne andò voltandogli le spalle.
"sei un vigliacco Andrè" urlò Oscar con tutto il
fiato che aveva in corpo
Andrè si voltò di colpo e si diresse verso Oscar
con passo deciso, con le mani strette a pugno... gli era di fronte e si
avvicinava sempre di più, il suo naso era a pochi centimetri
da quello di lei e non sembrava intenzionato a fermarsi, continuava ad
avvicinarsi ed Oscar non poteva far altro che indietreggiare,
indietreggiare ed indietreggiare ancora, fino a quando non
sentì contro la schiena il legno della parete della
scuderia... un sussultò le uscì dalle labbra
quando il torace picchiò contro le travi... anche
Andrè si fermò, poggiò le mani contro
il legno della scuderia, ai lati del viso di Oscar, così da
impedirle di scappar via, avvicinò la bocca al suo orecchio
e disse
"non mi sfidare Oscar, non sfidare un uomo che non ha più
nulla da perdere. Non mi sfidare Oscar... se non sei disposta ad andare
fino in fondo." e con queste parole Andrè uscì
dalle scuderie, e questa volta non tornò più
indietro.
Andrè uscì dalle scuderie senza voltarsi, avrebbe
voluto tornare indietro e... non sapeva nemmeno lui cosa avrebbe fatto
se avesse ascoltato il suo istinto, amava Oscar, da sempre, e quel
sentimento era cresciuto col passare degli anni fino a diventare un
amore più consapevole, più maturo, l'amava come
non avrebbe mai potuto amare nessun altro, e avrebbe fatto di tutto per
lei, ma a volte, solo lei, era capace di fargli nascere dentro una
rabbia folle, che era sempre riuscito a controllare, fino a quel
giorno...
Il giovane si diresse verso la propria stanza con l'intenzione di
mettere in un sacco pochi indumenti ed andarsene da quella casa che
ormai non sentiva più sua, e da quella donna che non poteva
più guardare da lontano, il suo cuore ed il suo corpo non
avevano più freni, non poteva continuare a desiderare Oscar
e rimanere indifferente quando lei passandogli accanto sfiorava il suo
corpo... no, non poteva rimanere in quella casa, se fosse rimasto
sarebbe certamente impazzito.
Andrè entrò nella stanza e gettò
qualche vestito in un vecchio sacco marrone, sentiva ancora il sangue
pulsargli nelle vene ma cercò di svuotare la mente, doveva
solo andarsene il più velocemente possibile...
Uscì dalla stanza col sacco marrone sulla spalla e
camminò in fretta lungo il corridoio di casa Jarjayes,
sperando di non incrociare la nonna che avrebbe tentato il tutto e per
tutto per trattenerlo.
Oscar era ancora poggiata alle travi delle scuderie, immobile,
incredula di fronte alla reazione che aveva avuto Andrè, una
reazione inaspettata... l'amico di sempre che credeva di conoscere
completamente aveva mostrato un lato fino a quel momento rimasto
celato, in quell'istante si rese conto che Andrè era un uomo
e non solo il suo migliore amico, non era più quel ragazzino
che aveva sempre fatto tutto ciò che lei voleva.
Era un uomo, certo, ma le aveva mancato di rispetto e questo non poteva
sopportarlo, sarebbe dovuto rimanere e battersi, come è
giusto che sia tra due uomini.
Oscar aveva bisogno di bere, si stava dirigendo verso le cucine quando
vide in lontananza Andrè con un sacco sulle spalle, gli
passò accanto con una freddezza assoluta, e quando fu alla
giusta distanza disse...
"scappa, scappare è la cosa migliore che sa fare un
vigliacco... e comunque non ho più bisogno del tuo aiuto
Andrè. da oggi non dovrai più occuparti di me."
Andrè avrebbe preferito una pugnalata nella schiena
piuttosto che sentire quelle parole, lasciò cadere a terra
il sacco e corse verso di lei, strinse le mani attorno alle sue braccia
e la spinse contro il muro, e mentre le dita continuavano a fare
pressione, le disse...
"Sembro un vigliacco Oscar? vuoi batterti? fatti avanti, io non mi
tirerò indietro!"
Oscar si liberò della presa di Andrè e lo spinse
via, con tutta la forza che aveva in corpo... impugnò la sua
spada, pronta a combattere.
Andrè rimase immobile davanti alla spada di Oscar
"non userò armi, combatti come un vero uomo Oscar, a mani
nude"
Oscar lasciò cadere la spada a terra guardò
Andrè un istante e poi gli fu addosso, senza quasi
rendersene conto la sua mano colpì il volto dell'uomo...
Andrè girò di scatto il viso, guardò
Oscar e fece la stessa cosa, la colpì senza pensare che
quella era la donna che amava...
Oscar era così accecata dalla furia da non sentire quasi
dolore, respirò profondamente e fu di nuovo contro
Andrè, sferrò un pugno e un altro e un altro
ancora, e quando vide il giovane barcollare anche le sue mani smisero
di colpire...
"mai abbassare la guardia Oscar. mai farsi impietosire." disse
Andrè pochi secondi prima di colpire Oscar in viso e
gettarla a terra... Oscar questo non se l'aspettava, si
ritrovò stesa a terra, con la guancia che le bruciava come
fosse stata colpita da un tizzone ardente, e Andrè sopra di
lei... cercò di colpirlo, di divincolarsi, ma lui le
bloccò le braccia con le mani, esattamente come aveva fatto
qualche sera prima, nella sua stanza, poco prima di confessarle il suo
amore.
Oscar tentò in ogni modo di liberarsi ma anche le gambe
erano bloccate dal corpo di Andrè, era in trappola, aveva
perduto...
Andrè poggiò il suo corpo contro quello di Oscar,
il più possibile, avvicinò il viso al suo, tanto
da sentire il respiro caldo della donna
"Non sono un vigliacco Oscar... e questo non sarebbe mai accaduto ad un
uomo. Non sarai mai un uomo Oscar, puoi picchiarmi, puoi perfino
uccidermi, ma questo non cambierà quello che sei." e con
queste parole Andrè lasciò libera Oscar, raccolse
il suo sacco e se ne andò.
Oscar si alzò, si toccò le labbra e
guardò il sangue che le macchiava le dita, aveva voglia di
piangere ma si trattenne, non poteva farlo, non adesso... si
versò un bicchiere di vino, bevve tutto d'un fiato...
"Io sono un uomo, io..." sussurrò a se stessa e poi
sparì nel buio del corridoio di casa Jarjayes.
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Capitolo 2 *** capitolo 2 ***
Erano passate due settimane da quando Andrè era andato via
ed Oscar provava un senso di sollievo e tristezza allo stesso tempo...
una parte di lei sentiva una rabbia incontrollata nei confronti di
Andrè mentre un'altra parte si sentiva persa senza di lui,
senza il suo migliore amico, la persona che per lei c'era sempre
stata... e sentiva anche la mancanza di Andrè
uomo, un André più forte, un Andrè che
avrebbe voluto conoscere più a fondo.
Il tempo passava ed Oscar di li a poco avrebbe assunto un nuovo
incarico, comandante dei soldati della guardia, ma quella non era
l'unica novità nella vita di Oscar, il giovane Girodelle
aveva chiesto la sua mano e il generale Bouillé aveva
organizzato una serata danzante in suo onore, avrebbero partecipato gli
uomini più facoltosi di Francia, e tra di loro, Oscar,
avrebbe dovuto scegliere il proprio sposo.
Oscar trovava ridicola tutta questa faccenda, Girodelle, il ballo in
suo onore, l'idea stessa di sposarsi, lei che era intenzionata a
diventare in tutto e per tutto un uomo, l'unica cosa sensata da fare
era riderci sopra, ed Oscar rise, rise tanto quel giorno, come non gli
capitava da tempo, dai tempi in cui era una bambina...
Era una mattina fredda, insolita, quando il generale Jarjayes fece
chiamare sua figlia per chiedere il suo perdono per averla cresciuta
come un maschio ed averla privata della sua vita di donna, e per
informarla che avrebbe dovuto partecipare al ballo in suo onore,
vestita da donna, a tal proposito aveva chiamato una delle sarte
più famose di Francia per confezionarle un abito adatto alla
serata...
"non accetterò un no come risposta Oscar, partecipare al
ballo sarà per me la conferma del tuo perdono, ti prego di
accettare." il generale Jarjayes stava piangendo mentre
pronunciava queste parole
"Si, padre, farò come volete" disse, a fatica, Oscar
Oscar non avrebbe voluto accettare, non voleva, ma... ma gli si
lacerò il cuore vedendo suo padre piangere e decise di
accontentarlo, in fondo sarebbe stata una sera soltanto, e poi avrebbe
cancellato per sempre la sua parte femminile.
Andrè aveva girovagato per giorni senza una meta precisa
perso tra mille pensieri, aveva dormito sull'erba, cavalcato senza
sosta, bevuto fino a non ricordare nulla, tutto per dimenticare quello
che era successo, tutto per soffocare il pensiero di Oscar.
Proprio durante una serata passata a bere Andrè
incontrò Alain, un soldato della guardia...
Era arrivato il momento tanto temuto da Oscar, l'incontro con quella
sarta che le avrebbe confezionato l'abito per il ballo, passarono ore
interminabili ma finalmente l'abito fu pronto, il generale Jarjayes non
stava più nella pelle, così come la vecchia
governante, tutti impazienti di vedere Oscar... Era bellissima in un
abito nero che lasciava le spalle e la schiena nude, il corpetto di
pizzo metteva in evidenza il seno pieno... i capelli raccolti
esaltavano ancora di più i suoi bellissimi occhi azzurri...
"sei stupenda Oscar, non avrei mai dovuto importi di vivere come un
uomo, mai. perdonami." disse tra le lacrime il generale Jarjayes
Oscar non disse nulla, sorrise al padre e cercò soltanto di
farsi forza per sopportare quella serata.
Il generale e la governante andarono via ed Oscar poté
rimanere sola, si avvicinò allo specchio e si
osservò attentamente... un senso di smarrimento le percorse
la schiena, come una scossa...
Andrè decise di tornare a casa Jarjayes proprio quel giorno,
per informare sua nonna che si sarebbe arruolato nei soldati della
guardia.
La nonna accolse Andrè con le lacrime... e rimproverandolo,
come al solito, per averla fatta stare in pensiero... Andrè
fu felice di questa accoglienza, la nonna sapeva sempre farlo sentire a
"casa", amato.
Dopo aver informato la nonna d'essersi arruolato nei soldati della
guardia, e dopo la sua ennesima sfuriata, Andrè
era pronto a lasciare la casa ma...
"Andrè prima di andartene devi vedere come è
bella la nostra madamigella Oscar, il generale Jarjayes ha acquistato
per lei un un magnifico abito per il ballo in suo onore che si
svolgerà stasera... La nostra Oscar sta per sposarsi
Andrè"
Ad Andrè sembrò che il cuore gli si fosse fermato
nel petto, per qualche istante, ritornò in sé
soltanto quando la nonna lo trascinò nella stanza di Oscar...
Andrè rimase senza parole, aveva già visto Oscar
vestita da donna la sera in cui danzò con Fersen, ma quel
giorno era, se possibile, più bella.
Oscar si girò di scatto, vide Andrè ed
istintivamente si diresse verso di lui trasportata dalla rabbia, lo
guardò dritto negli occhi e con voce gelida disse...
"è così che dovrei essere Andrè?
è questo che dovrei essere?"
Andrè non disse nulla, si avvicinò ad Oscar,
portò le mani tra i suoi capelli e li sciolse... i
lunghissimi capelli biondi di Oscar scivolarono sulle spalle e poi
giù lungo la schiena nuda... Oscar non si mosse, non disse
nulla, in quel momento le sembrava difficile anche respirare...
Andrè fece scendere le mani lungo il viso di Oscar
e delicatamente passò il pollice sulle sue labbra, erano
così calde, tolse ogni traccia di belletto... Oscar
sentì il cuore accelerare i battiti...
La mano di Andrè trovò quasi da sola la
strada che dalle labbra giungeva al petto di Oscar e li si
fermò, senza paura, senza imbarazzo, come se fosse naturale
giacere su quella pelle candida, come se gli fosse permesso farlo...
"E' qui che una donna è donna, non in un abito o in un
belletto... e tu lo sei Oscar, proprio qui."
Oscar tentò di dire qualcosa ma non uscì nulla
dalle sue labbra se non un alito di respiro... Andrè le
sorrise e uscì dalla stanza senza proferire parola.
Dopo qualche secondo di stordimento Oscar ritornò lucida e
spinta da chissà quale voce dentro di lei corse fuori dalla
sua stanza e poi giù lungo la scalinata di casa Jarjayes,
corse a piedi nudi e le mani strette attorno all'abito, corse per
raggiungere Andrè ma l'uomo era già scomparso nel
buio della sera.
Oscar rimase immobile, con i pugni che ancora stringevano la stoffa
dell'abito, rimase in quella posizione fino a che una folata di vento
non la risvegliò, e allora si rese conto che doveva muovere
almeno un passo, guardò di fronte a lei,
nell'oscurità che aveva inghiottito Andrè, si
voltò verso le luci accoglienti della propria casa, e una
sorta di panico le montò dentro, le mancava il respiro, non
sapeva che fare, non sapeva cosa voleva, non sapeva chi era... Voleva
solo fuggire da tutto e tutti, fuggire da suo padre, fuggire da
Girodelle, fuggire dalla serata in suo onore, fuggire da
Andrè e dalle sue parole, e così fece,
fuggì... fuggì nell'oscurità della
notte, con i piedi nudi e l'abito ancora stretto tra le mani.
Andrè stava camminando senza fermarsi, non avrebbe potuto
farlo, se si fosse fermato sarebbe tornato indietro, sarebbe tornato
indietro da lei, la sua Oscar, così ordinò alle
gambe di continuare finché avrebbero retto.
Camminò cercando di cancellare dalla propria mente
l'immagine di Oscar che i suoi occhi avevano catturato poco prima, ma
non riusciva, sentiva ancora il profumo dei suoi capelli, il calore
delle sue labbra e la curva del suo seno sotto le dita... fece di tutto
per non pensare, ma quel pensiero era troppo forte, come avrebbe voluto
poterla guardare ancora, studiare ogni singolo dettaglio di quella
nuova Oscar... la pelle delicata, l'abito che metteva in evidenza forme
inaspettate, e la curiosità di scoprire cosa vi era celato
al di sotto di quella raffinata stoffa di seta nera... Andrè
rise, rise di se stesso, lui, un attendente, un servo, non avrebbe
dovuto fare certi pensieri su madamigella Oscar... rise ancora
più forte immaginando la voce della nonna, e proprio il
pensiero di quella vecchina lo riportò indietro, verso casa
Jarjayes, dove avrebbe salutato la nonna, ripreso il suo vecchio sacco
marrone e sarebbe andato via, verso una nuova vita, forse.
Nessuna luce ad illuminare casa Jarjayes, Oscar si fece scudo del buio
per rientrare, ma prima o poi, lo sapeva, avrebbe dovuto affrontare suo
padre, ma non in quel momento, non quella notte.
Attraversò il cortile del palazzo ed
entrò in punta di piedi dal retro, sarebbe passata dalle
cucine, senza far rumore, un passo dopo l'altro fino alla propria
stanza.
Arrivò quasi alla soglia della cucina quando
sentì dei passi dietro di lei, chi poteva essere? La
governante? Suo padre? Si voltò per vedere chi fosse ma quel
gesto fu tanto brusco da farle perdere l'equilibrio, già
poco stabile tra tutta la stoffa dell'abito.
Oscar sentì il suo corpo precipitare all'indietro ed era
conscia del fatto che non avrebbe potuto far nulla per arrestare quella
caduta, attendeva soltanto di toccare terra, ma non fu così,
una mano afferrò il suo braccio e si sentì
trascinare verso quel qualcuno che le aveva risparmiato una brutta
caduta.
“chi sei?”
“sono io Oscar, sono sempre io...”
“Andrè... io... grazie”
“non ringraziarmi Oscar, ero qui per caso”
“ora puoi lasciarmi Andrè, credo di riuscire a
stare sulle mie gambe”
Lasciare la presa attorno al corpo di Oscar fu difficile, ma
Andrè la lasciò andare, perchè era
giusto così, perchè non avrebbe potuto fare
altrimenti. La vide girarsi e voltargli la schiena e sentì i
suoi capelli solleticargli il viso, respirò profondamente il
suo profumo e poi accese una candela pronto ad andare nella sua stanza,
raccogliere il sacco e andarsene.
“Andrè! Spegni immediatamente la
candela!” disse Oscar con fare rabbioso
“che ti prende Oscar, sei impazzita?”
“Andrè nessuno deve sapere che sono qui. Non
voglio svegliare tua nonna o peggio mio padre. Non posso affrontarlo
ora”
“Oscar non capisco...”
Un cigolio di porta, dei passi, sempre più vicini, una
voce...
“Oscar, Oscar, sei tu?” la voce del generale
Jarjayes risuonava in tutta la casa
“non voglio vedere mio padre” disse Oscar,
più a se stessa che alla persona che in quel momento era
nella stanza con lei
Andrè non conosceva la natura del turbamento di Oscar ma
sapeva di dover far qualcosa, spense la candela con un soffio,
afferrò il polso di Oscar e la trascinò con lui
fuori dal palazzo, accanto alle scuderie, la fece appoggiare al muro e
si mise davanti a lei, immobile.
Il generale Jarjayes uscì dalla casa, chiamò
Oscar un paio di volte, perlustrò il cortile, e quando si
rese conto che non c'era nessuno rientrò in casa borbottando
contro la servitù che come al solito aveva dimenticato di
chiudere la porta del retro, facendo entrare così, come era
già successo qualche animale in cerca di cibo.
Oscar si sentiva sollevata, respirò profondamente e
ringraziò Andrè
“comincia a far freddo Oscar, è meglio se ci
ripariamo nelle scuderie”
“si” fu tutto quello che disse Oscar
Nelle scuderie c'era sempre un bel tepore, il calore dei cavalli, il
loro respiro, rendevano tutto più caldo, più
accogliente. Andrè accese la piccola lanterna che dondolava
dal soffitto e quando si voltò la vide, la sua Oscar, in
piedi poco distante da lui, con i suoi bellissimi capelli biondi, che
le ricadevano lungo il corpo, in contrasto con quell'abito nero che
ormai stava abituandosi a vederle addosso... stava nuovamente
perdendosi in quei pensieri, ma non era il momento adatto, ora voleva
far luce sul perchè Oscar voleva nascondersi dal generale
Jarjayes.
“Allora Oscar, adesso vuoi dirmi perchè nessuno
deve sapere che sei tornata? Non aspettavano il tuo ritorno dalla
serata a palazzo Bouillé?” chiese Andrè
sedendosi su un mucchio di fieno
“Io...” Oscar sentiva la voce uscirle a fatica,
camminava nervosamente tormentando la stoffa dell'abito con le mani
“Io... io non ci sono andata. Non sono andata alla serata
organizzata per me dal generale Buie”
Andrè si sentì sollevato ascoltando quelle parole.
“Io non potevo andarci Andrè, non potevo. Io non
voglio sposarmi. Io voglio vivere come un uomo”
“Oscar tu non potrai mai essere un uomo, ma credo di aver
già affrontato questo discorso con te”
“non ho chiesto il tuo parere Andrè”
“Non mentire a te stessa Oscar, davvero non hai provato nulla
quando ti sei guardata con quell'abito indosso?”
Andrè si alzò dal mucchio di fieno e
camminò fino ad arrivare di fronte ad Oscar
“No Andrè non ho provato nulla” rispose
Oscar mentre le sue mani tormentavano ancora la stoffa dell'abito
“Sei una bugiarda terribile Oscar” disse
Andrè ridendo “adesso però vieni a
sederti, stai tremando per il freddo”
I due giovani si sedettero sulla paglia, accanto ai loro cavalli, in
cerca di un po' di calore. Rimasero in silenzio a lungo fino a quando
la voce di Andrè disse, timidamente
“Oscar, ricordi quando da bambini ci nascondevamo qui dentro
per ore, sotto la paglia, per far impazzire mia nonna?”
“eravamo terribili Andrè” Oscar rideva,
ridevano entrambi, come quando erano bambini... risero per minuti
interminabili, fino alle lacrime, fino al calare di un silenzio
inevitabile.
La candela nella lanterna era arrivata alla fine, il buio avvolse le
scuderie, e in quel momento Oscar poggiò la testa sulla
spalla di Andrè, sicura dietro la maschera della notte, ed
Andrè mise la sua mano tra i capelli di Oscar, accarezzandoli
“Buonanotte Oscar”
“Buonanotte Andrè”
Era giorno, ed era ormai giorno anche nelle scuderie, i raggi di sole
filtravano attraverso le travi di legno, disegnando strane forme sulla
paglia.
Andrè fu il primo a svegliarsi, infastidito da una mosca che
gli ronzava sul viso, aprì gli occhi e si
stiracchiò portando le braccia sopra la testa e sbadigliando
rumorosamente, era ancora tutto confuso dal sonno, cercò di
alzarsi ma non riuscì e si sorprese nel vedere i capelli
biondi di Oscar sul proprio petto, aveva quasi dimenticato che avevano
passato la notte insieme nelle scuderie.
Oscar dormiva ancora, con la testa abbandonata sul petto di
Andrè, stesa su un fianco, aveva avuto una nottata
movimentata a giudicare da quello che gli occhi del giovane, suo
malgrado, stavano guardando... l'abito nero era alzato per
metà lasciando scoperta una gamba... la gamba di Oscar era
avvolta in una leggerissima calza nera che arrivava a metà
coscia e li si fermava bloccata da un nastrino di raso bianco...
Per Andrè fu il panico, quell'immagine aveva fatto montare
dentro di lui una voglia che conosceva fin troppo bene, voglia che in
giovane età aveva soddisfatto prontamente con ragazze del
suo rango, ma ora non avrebbe più potuto. Ed ecco di nuovo
il panico che strisciava sotto la pelle, che fare? Svegliare Oscar
bruscamente e scappare via? Andrè non ebbe il tempo di
agire, Oscar si mosse, si fece ancora più vicina a lui e
finalmente aprì gli occhi guardandosi attorno confusa,
Andrè non disse nulla, non si mosse, a malapena riusciva a
respirare.
Oscar percepì il corpo caldo del suo amico sotto di lei e
non avendo più la maschera della notte a nasconderla si mise
a sedere, il più velocemente possibile.
“Buongiorno Andrè”
“Buongiorno Oscar” fu tutto ciò che
riuscirono a dire.
Dopo qualche secondo Oscar uscì dalle scuderie diretta verso
casa, verso quel padre che avrebbe dovuto finalmente affrontare.
Andrè prese il suo sacco, salì sul cavallo e
cavalcò lontano da casa Jarjayes.
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Capitolo 3 *** capitolo 3 ***
Oscar salì le scale correndo, con la voglia di raggiungere
la propria stanza e rintanarcisi dentro, per sempre, se solo fosse
stato possibile, non aveva voglia di affrontare suo padre, non aveva
nessuna voglia di parlare, ascoltare e discutere, voleva soltanto
togliersi quel vestito di dosso e non pensare a niente, o quasi...
Oscar entrò nella stanza e chiuse la porta a chiave,
respirava affannosamente, riprese fiato e fu subito di fronte allo
specchio, si guardò, meno inquieta della sera prima, sorrise
divertita all'immagine riflessa, dei fili di fieno tra i capelli e
imprigionati tra i pizzi dell'abito... ripensò a
ciò che le aveva ricordato Andrè quella notte, di
quando erano bambini e giocavano nascosti nelle scuderie, si sentiva
esattamente così in questo momento, adesso come allora...
quando la governante, dopo averli trovati sotto un mucchio di fieno li
riportava a palazzo strattonandoli per le braccia, Andrè
chiuso nella sua camera con la promessa di mandarlo a letto senza cena
e lei, la piccola madamigella Oscar, costretta ad un bagno forzato,
mentre i vestiti le venivano tolti guardava divertita i fili di paglia
uscire da ogni dove, una manica, dall'elastico dei pantaloni, nelle
scarpe, tra le calze, senza contare quelli tra i capelli, sembravano
non finire più... adesso come allora si mise a contare ogni
pagliuzza di fieno mentre ancora rideva divertita.
Smise di giocare con le pagliuzze ed i suoi occhi si posarono di nuovo
sullo specchio, guardava la propria immagine, così diversa
dalla Oscar di sempre, perfino diversa dalla Oscar della sera prima,
davanti a lei c'era un'anima confusa, strizzata dentro ad un abito
nero, ormai sgualcito, i capelli arruffati ed il trucco che le rigava
il viso come lacrime oscure. Si guardava e non riusciva a riconoscersi.
Si guardava e per la prima volta in vita sua si trovava bella.
Lasciò cadere l'abito a terra, la pelle scoperta, nuda,
aveva indosso solo le calze, Oscar diede uno sguardo veloce allo
specchio e poi corse ad infilarsi una camicia, si lavò il
viso e si infilò a letto, decisa a non alzarsi
più, mai più... se solo avesse potuto. Ma
qualcosa la svegliò, o meglio, qualcuno...
“Oscar, apri la porta!”
“Oscar, apri per favore, mi stai facendo
preoccupare!”
Urla e pugni sbattuti contro la porta, questo fu il risveglio di Oscar,
la governante non avrebbe smesso finché non avesse aperto.
“entra ma smettila di urlare” disse Oscar aprendo
la porta, e si rimise a letto, sotto il lenzuolo
“Oscar, ma cosa succede? Stamattina tuo padre ha ricevuto la
visita del generale Buille, e prima di andarsene si è
raccomandato di lasciarti dormire. Cosa succede bambina mia? Mi
nascondete qualcosa, lo so.”
Oscar rimase di stucco, suo padre sapeva tutto e non l'aveva trascinata
giù per la scalinata e presa a schiaffi? Ora non
voleva pensarci, l'aveva scampata e questo era un bene.
“Non ti stiamo nascondendo nulla, stai tranquilla. Ma dimmi,
che ore sono?”
“è tardi Oscar, è tardi, è
mezzogiorno passato... ma non cambiare discorso, mi nascondete tutti
qualcosa, tu, il generale, perfino Andrè! Dove
sarà il mio bambino adesso? Quell'incosciente! Mi farete
diventare matta” la vecchia governante stava piangendo
disperata
“Non piangere, ti prego, guardami. Io e Andrè
siamo grandi, siamo degli adulti, non siamo più dei bambini,
non ti devi preoccupare, siamo in grado di badare a noi stessi. E
credimi, non ti stiamo nascondendo nulla, non potrei mai
mentirti” Oscar cercava di rassicurare la vecchia governante,
si fece più vicina a lei e le poggiò la testa
sulla spalla, lasciandosi accarezzare i capelli.
La governante lasciò la stanza poco dopo, più
serena, Oscar si alzò a fatica dal letto, si
vestì e scese di sotto.
Entrò nel soggiorno e sentì un tuffo al cuore, il
generale, suo padre, era lì, seduto sulla poltrona, quando
era tornato? Non l'aveva sentito rientrare.
“Ben alzato Oscar”
“Padre io... io...” Oscar non trova le parole
“Oscar non ti preoccupare, ho dato io ordine alla governante
di lasciarti dormire, non ti devi scusare”
“ma...” ora, non solo non riesce a trovare le
parole, non ne ha più.
“Oscar credo che tu abbia bisogno di riposarti in attesa di
prendere servizio tra i soldati della guardia, sentiti libero di fare
tutto ciò che vuoi, andare nella nostra villa in Normandia,
ad Arras, o rimanere qui, potresti dare un ricevimento. Tutto
ciò che vuoi Oscar.” il generale ha una voce
dolce, quasi malinconica.
“Partirò per un un mese, io e tua madre abbiamo
deciso di andare a trovare dei lontani parenti che non vediamo da
tempo”
“Vi ringrazio padre. Fate buon viaggio.” anche la
voce di Oscar è malinconica, suo padre non solo non l'ha
punita per non essere andata al ballo in suo onore, ma addirittura la
esortava a fare tutto ciò che avesse voluto, come se,
improvvisamente si fosse reso conto delle costrizioni imposte alla
figlia. Oscar avrebbe voluto urlare a suo padre che nessun viaggio o
ricevimento avrebbe potuto cancellare la sua vita, la vita che lui
aveva scelto per lei, ma non disse nulla, in fondo era felice di vedere
in suo padre un briciolo di umanità, almeno una volta in
tutta la sua vita.
Oscar si congedò dal padre e uscì per una lunga
cavalcata. Tornò a palazzo che era già buio,
aveva cavalcato senza sosta, col vento che le schiaffeggiava il viso e
nessun pensiero per la testa, ma ora che era a casa i pensieri avevano
ricominciato a sussurrarle all'orecchio.
La governante informò Oscar che i genitori erano partiti nel
pomeriggio, questo pensiero la sollevò, sentiva il bisogno
di stare sola, e la partenza di suo padre era una benedizione in quel
momento.
Mangiò qualcosa molto velocemente, più per far
piacere alla vecchia governante che per la fame in sé,
rimase un po' in soggiorno davanti al fuoco e poi si ritirò
nella sua stanza.
Si mise sul letto con un libro in mano, lesse le prime 5 righe e poi
non le riuscì di andare avanti, non era in grado di
concentrarsi, aveva così tante parole nella testa, parole
che cercava di ignorare, ci provò anche quella sera ma perse
la battaglia contro se stessa, avrebbe dovuto ascoltarsi questa volta.
Buttò il libro a terra si portò le mani sugli
occhi e premette forte, come a rimandare indietro le parole, le frasi,
quelle maledette voci che non stavano zitte un secondo... non si
ribellò più, si mise un braccio sugli occhi e
ascoltò ogni voce, ogni frase, ogni parola...
Era spaventata e confusa, questo il succo di tutte quelle voci, ed era
vero, aveva paura, paura di ciò che era stata, di
ciò che pensava di poter essere il giorno che decise di
andare ad un ballo per conquistare Fersen, e di ciò che
voleva diventare ora... tutto vero... e poi c'era Andrè.
Andrè che gli aveva confessato il suo amore, e quel bacio
che non aveva mai nemmeno immaginato potesse accadere, con chiunque,
tanto meno con lui. La paura, la rabbia, la vendetta nei suoi
confronti. Andrè che l'aveva toccata, la sera prima, tra
loro c'era sempre stato il contatto fisico, durante i combattimenti, i
giochi, le pacche amichevoli, ma mai come la sera precedente, lui gli
era stato così vicino, sentire la sua mano tra i capelli le
aveva dato i brividi e la sua mano sul seno, quel seno che odiava,
l'aveva fatta sentire “strana”, così
strana da desiderare che lui la toccasse ancora... e lo svegliarsi sul
suo petto stamattina, così vicino a lui, tanto da sentire il
suo cuore battere, il calore del suo corpo e non desiderare d'essere da
nessun altra parte.
“Oscar sei impazzita” le uscì piano
dalle labbra. E pensò che stava perdendo la testa.
“...non posso perdonarlo, sono così in collera con
lui. Non sarà mai più come prima” disse
questa volta con un tono di voce più elevato.
Oscar si mise seduta sul letto e si sbarazzò di quelle
stupide voci, decise che era ora di fare due passi e bere qualcosa.
Aprì la porta piano per controllare che tutta la
servitù fosse già a letto, non aveva voglia di
rivestirsi solo per andare a prendere una bottiglia di vino, scese in
cucina così com'era, con indosso solo una lunga camicia. Si
sentì come una ladra, come quando da bambina scendeva per
rubare i pasticcini che, sua madre e le dame con le quali si
intratteneva durante il pomeriggio, avanzavano... a pensarci bene da
bambina veniva sempre scoperta e punita... che diavolo, adesso era
adulta... prese la bottiglia di vino e si voltò per uscire
dalla cucina quando...
“Oscar”
Bum, un colpo al cuore, e le mani d'istinto lasciano la presa e in un
attimo la bottiglia di vino è a terra, facendo un fracasso
tremendo.
“che diavolo ci fai qui, mi hai fatto morire di paura, adesso
avrai svegliato...” Oscar non riuscì a finire la
frase.
“oh dio del cielo, cosa succede?” la cara vecchia
governante, dal sonno superleggero, armata di mestolo e di una candela.
“Oh santo cielo, Oscar, cosa hai combinato?”
“ehm... volevo un bicchiere di vino, non riuscivo a dormire,
ho inciampato e la bottiglia mi è volata via dalle
mani” disse Oscar senza pensare
“vino in piena notte? Che razza di abitudini hai preso Oscar!
E che dio mi assista, cosa hai indosso? Ti faccio una tazza di the e
poi fili a letto. Ah guarda che disastro, devo pulire
immediatamente” la vecchia governante era visibilmente
spazientita
“Lascia stare, non ho più voglia di bere. Torna a
dormire, è tardi, sistemerò io questo guaio, e
non accetto un no come risposta, è un ordine! Sei stanca vai
a riposare”
“ma... madamigella Oscar...”
“niente ma, vai, ci vediamo domattina. Buonanotte”
disse Oscar passando la mano sulla spalla della governante
“Grazie Oscar, grazie. Buonanotte bambina”
Oscar aspettò di sentire la porta della camera della
governante chiudersi prima di muovere un passo, e solo a quel punto
facendo attenzione a dove metteva i piedi, per non ferirsi con i vetri
della bottiglia, fece un passo indietro, si voltò e
sbatté contro qualcosa, facendola spaventare per la seconda
volta, si voltò e il viso divenne una maschera di
rabbia
“Andrè!” ringhiò Oscar
“meno male che questa volta non avevi in mano
nulla”
“idiota! Che diavolo ci fai qui, e poi, solo ora compari,
dove eri finito quando è piombata qui tua nonna? E sia
chiaro che non pulirò io quel casino!”
“Certo, non vogliamo che madamigella Oscar si ferisca una
mano... ho capito, pulirò io”
Andrè prese una pezza e raccolse il vino e i pezzi di vetro,
mentre Oscar rimaneva ferma, immobile, a guardare, cercò di
pulire alla bene e meglio, il vino si era sparso ovunque, sul
pavimento, sui muri e... sui piedi e le gambe nude di Oscar... quale
occasione migliore per colpirla...
“Oscar devo raccogliere tutto il vino?”
“Andrè che razza di domande fai, certo che devi
pulire ogni traccia di vino.”
“Come vuoi Oscar, allora dovrò toglierlo anche
dalle tue gambe...” disse Andrè con un sorriso
malizioso
“Non provare a toccarmi” la voce di Oscar si era
fatta dura, arrabbiata, e ad Andrè morì il
sorriso sul volto.
“Perchè sei tornato Andrè? Pensavo
avessi deciso di andartene per sempre”
“Sono tornato per prendere dei documenti di cui ho bisogno e
la mia attrezzatura da stalliere, non pensavo mi sarebbe servita, e
invece...”
“capisco. Ora scusami, torno a letto. Prendi quello che devi
e poi vattene.” Oscar era dura, glaciale, non lo
guardò quando uscì dalla cucina.
“Certo Oscar. Buonanotte”
Oscar camminò veloce su per la scalinata di casa, era
arrabbiata, Andrè era di nuovo li e questa cosa la
infastidiva tremendamente, tutto è così difficile
quando lui gli è attorno, specialmente quando indosso ha
poco e niente, sentì bruciare le guance a quel pensiero.
Entrò nella sua stanza e si stese sul letto, le mani sugli
occhi, per cercare, come poco prima, di allontanare i pensieri e la
rabbia... sembrò riuscirci quando sentì un rumore.
“Oscar, perdonami, posso entrare? Ho portato una bottiglia di
vino, scusa per prima, non volevo spaventarti.”
“Andrè vattene, non è davvero il
momento giusto” la voce di Oscar era stanca, debole, ancora
le mani sugli occhi, le premeva sempre di più, come a
tentare di soffocare ogni pensiero.
Andrè non rispondeva, forse era già andato via,
pensò Oscar, prima di sentire una mano posarsi sul suo
braccio, che ritrasse subito, istintivamente, come fosse stata toccata
dal fuoco. Era furiosa, Andrè era accanto al letto e la
guardava senza dire una parola, e sopratutto non le aveva dato retta.
“Andrè ti ho detto di andartene!”
“Oscar, un bicchiere di vino. Per farmi scusare.”
“un bicchiere di vino? Bene.” Oscar
strappò la bottiglia di vino ed un bicchiere dalle mani di
Andrè, si versò il liquido e bevve tutto d'un
fiato, e con sguardo di sfida disse
“Un bicchiere di vino, ecco fatto. Ora puoi
andartene!”
“Ti comporti proprio come una bambina a volte”
disse Andrè allontanandosi dal letto, diretto verso la porta.
Oscar era esasperata, “non stasera” si ripeteva,
“non stasera”, cercò di controllarsi ma
non ci riuscì, si alzò dal letto e in un attimo
fu di fronte all'amico
“Non ti azzardare a darmi della bambina!”
alzò la mano e fece per sferrargli uno schiaffo ma lui le
bloccò la mano, stringeva il suo polso, forte, come quella
famosa sera... la tirò verso di lui, i loro visi
così vicini, i loro corpi attaccati, e lei che non reagiva a
quell'affronto, mentre lui le prendeva il viso tra le mani e posava le
sue labbra sulla sua fronte, in un bacio, affettuoso, e poi disse,
sussurrando, ma deciso...
“Sei una bambina Oscar.” Andrè
uscì dalla stanza e chiuse la porta, lasciando Oscar di
nuovo senza parole.
Andrè tornò di sotto, bevve un paio di bicchieri
di vino, ripose tutto per bene, cercò i documenti,
sistemò gli attrezzi da stalliere in una sacca e si mise a
letto, in quel letto che era stato “suo” per
più di 20 anni, non se la sentiva di andarsene in piena
notte, sarebbe andato via con le prime luci del giorno, ora aveva solo
voglia di dormire, sperando di non sognare quelle piccole gocce rosse
sulle gambe bianchissime di Oscar...
Nello stesso momento Oscar si stava infilando sotto le lenzuola
più confusa ed inquieta di prima, si chiedeva cosa stesse
succedendo nella sua vita, la gente attorno a lei, quelle persone che
aveva sempre creduto di conoscere come le sue tasche erano come
impazzite, agivano in modo inaspettato, in un modo che non avrebbe mai
immaginato, suo padre, Andrè, Girodell...
“sono tutti impazziti...” non faceva che ripetere
sottovoce fino a che non si addormentò senza accorgersene.
Oscar stava sognando, un brutto sogno, era in un bosco, sola, attorno a
lei solo buio, apriva la bocca per chiedere aiuto, per chiamare
qualcuno, ma non riusciva a emettere nessun suono, poi improvvisamente
delle mani, la stringono da dietro, un corpo contro la sua schiena,
calore, un profumo... un tuono fortissimo svegliò Oscar in
quel momento, lasciandola smarrita, spaventata, si sentiva piccola,
aveva voglia di piangere.
Oscar si alzò dal letto, ancora imbambolata dal sonno e dal
brutto risveglio, aprì la porta della sua stanza e scese di
sotto, attraversò il corridoio oltre la cucina, mise la mano
sulla maniglia ed aprì la porta della stanza di
Andrè senza nemmeno porsi il dubbio che lui avrebbe potuto
non trovarsi li, ma lui c'era.
Andrè aprì gli occhi e la vide sulla soglia, con
indosso solo la camicia, che le lasciava scoperte le gambe, esattamente
come l'aveva vista quella sera in cucina, la camicia era troppo grande
per lei pensò Andrè, una manica era scesa lungo
il braccio lasciandole scoperta una spalla. Andrè
pensò che avrebbe potuto anche morire in quel momento, e
sarebbe stato felice.
Quando Oscar si rese conto che lui non l'avrebbe mandata via si
avvicinò al letto, camminando con quella buffa andatura che
hanno i bambini quando corrono nella stanza dei genitori dopo un brutto
sogno, un lampo illuminò la stanza e allora
Andrè la vide, vide il viso di Oscar, triste, le labbra
piene, imbronciate, e lei salì sul letto e si
rannicchiò accanto a lui, posò la testa sulla sua
spalla e si fece ancora più vicina al suo corpo.
Nessuno dei due disse nulla, Andrè prese il braccio di Oscar
guidandolo attorno alla sua vita, non sentì resistenza
questa volta, ma lui tenne comunque il braccio su quello di lei, per
assicurarsi che non scappasse. Nessuna parola, solo respiri. Si
addormentarono così, come se non avessero fatto altro che
dormire in quel modo da sempre, si addormentarono così
dimenticando tutto il resto.
Andrè si svegliò per primo, come sempre, a
giudicare dalla poca luce che filtrava dalle finestre doveva essere
molto presto, l'ora giusta per andarsene, pensò, anche se
adesso non avrebbe voluto lasciare quella casa per nessun motivo al
mondo, ma doveva farlo, l'episodio di quella notte era stato solo un
caso, un gesto infantile di Oscar, nient'altro, come sempre. Ed Oscar
era ancora li, rannicchiata contro di lui, con la testa sul suo petto,
il braccio attorno alla sua vita e una gamba piegata sopra le sue
gambe, la gamba di lei completamente nuda, Andrè poteva
vederne perfettamente il polpaccio, il ginocchio, la coscia, vide anche
le piccole goccioline rosse che ancora macchiavano la pelle candida e
d'istinto, forse l'istinto di un pazzo, gli fece compiere un gesto
folle, si portò un dito alla bocca, lo succhiò
bagnandolo leggermente e poi fece scorrere il dito su quelle macchie,
dal ginocchio alla coscia, fino a farle scomparire, si fermò
giusto in tempo per rendersi conto che non era il caso di fare quello
che stava facendo, e che non era il caso che Oscar gli stesse
così vicino. Il giovane scivolò fuori dal letto
senza svegliarla, si vestì velocemente e uscì dal
palazzo.
Oscar si svegliò lentamente, un raggio di sole le si
poggiò sul viso, scaldandole le guance, aprì gli
occhi e cercò di mettere a fuoco, si stiracchiò
e poi si mise seduta, ancora frastornata, si
guardò attorno e in meno di due secondi si rese conto che
non si trovava nella propria stanza, per un istante non ne
capì il motivo poi si ricordò cosa aveva fatto
durante la notte e si sentì tremendamente imbarazzata,
stupida.
“Stupida! Sei una stupida Oscar” disse a se stessa
mentre camminava velocemente verso la propria stanza.
Oscar scese a fare colazione, sapeva che non avrebbe trovato
Andrè, era andato via come promesso, come lei gli aveva
intimato di fare, era un bene, pensò, non avrebbe potuto
guardarlo in faccia dopo la stupidaggine che aveva fatto durante la
notte... infilarsi nel letto di Andrè... cosa gli era
passato per la testa?
“sto impazzendo come tutto il resto del mondo”
sussurrò
“Bambina sei già sveglia? Vieni che ti preparo la
colazione” la vecchia governante era già in piedi
e pimpante
“Oh ti ringrazio, ma non ho molta fame, prendo solo una tazza
di the” disse Oscar sedendosi al tavolo della cucina
“Oscar che fai? Vai in sala da pranzo, ti porto il the tra un
attimo”
“Lo prenderò qui, non mi va di stare tutta sola in
sala da pranzo”
“Lo sai che non è un comportamento consono ad una
madamigella... però mi fa piacere averti intorno
bambina”
“Lo so” disse Oscar col sorriso sulle labbra, anche
a lei faceva piacere stare in compagnia della sua governante, l'aveva
sempre trattata come una figlia, l'aveva sempre coccolata facendola
sentire amata.
“Ecco il tuo the... e qui ci sono dei biscottini che ho fatto
con le mie mani, so che ti piacciono”
“Grazie, ne prenderò un paio”
Dopo aver fatto colazione Oscar prese il cavallo e fece una lunga
cavalcata, pensò che forse avrebbe potuto prendere in
considerazione l'idea di passare del tempo nella villa in Normandia,
era da tanto tempo che non si prendeva una vacanza, sentiva il bisogno
di rilassarsi, e di non pensare, sopratutto.
Stava per tornare a casa quando sentì che qualcuno chiamava
il suo nome
“Oscar! Oscar! Fermatevi” conosceva quella voce,
era Fersen. Non lo vedeva dalla sera in cui la farsa della
contessa straniera era stata scoperta.
“Fersen” la voce di Oscar tremava leggermente
“Oscar, pensavo non vi avrei più raggiunta! Come
state?”
“Bene. Sono a riposo per un po' di tempo, in attesa di
prendere servizio nei soldati della guardia. E voi come
state?”
“I soldati della guardia, la Regina mi ha informato di questo
vostro nuovo incarico. Io sopravvivo Oscar, giorno dopo giorno,
sopravvivo a me stesso e alla vita che mi è attorno, ai
cambiamenti che questa Francia che ho sempre amato sta attraversando,
ma tutto sommato posso dire di stare relativamente bene”
“Mi fa piacere Fersen” Oscar non sapeva cosa dire,
le uniche frasi che le passavano per la testa erano così
maledettamente banali e scontate
“Sentite Oscar posso avere il piacere di cenare con
voi?”
“Certo Fersen, ma permettetevi di invitarvi da me”
“Accetto volentieri Oscar”
Cavalcarono fino a palazzo Jarjayes senza dire nient'altro, c'era
tensione tra i due ed un lieve imbarazzo per i fatti accaduti poche
settimane prima.
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Capitolo 4 *** capitolo 4 ***
Oscar fece accomodare Fersen in salotto e disse alla governante di
aggiungere un posto in più per la cena di quella sera.
Terminata la cena Fersen propose ad Oscar una passeggiata nel giardino,
in fondo la temperatura era mite quella sera.
“Allora madamigella Oscar, ditemi, come si sta in
vacanza?” disse Fersen ridendo
Anche Oscar rideva
“...forse la prima vacanza della mia vita! Non so che dirvi
Fersen, c'è troppo tempo libero, troppo ozio... mi annoio a
morte!” Oscar rideva ancora più forte
“Oscar vi annoiate perchè non sapete come
divertirvi, ci sono mille modi diversi per ingannare il tempo”
“di grazia, quali sarebbero questi mille modi conte di
Fersen?” Oscar lo guardava con aria divertita
“La lettura, le passeggiate, i pettegolezzi, le chiacchiere
inutili, i balli, i ricevimenti... l'amore...”
“non sono cose che mi interessano, escludendo la lettura e le
passeggiate, vorrà dire che cederò
all'ozio” Oscar era a disagio, lo si percepiva dal tono della
sua voce
“Oscar, non volevo mettervi a disagio, vogliate
scusarmi”
“Non vi scusate Fersen, non ve ne è
motivo” lo rassicurò Oscar
“Ditemi Oscar, mi sono stupito di non vedere il vostro
attendente, Andrè, avete concesso una vacanza anche a
lui?” Fersen sorrideva
“Andrè non lavora più per la nostra
famiglia, ed ora, sinceramente, non so dirvi dove si trovi. Non
è più affar mio” la voce di Oscar si
era fatta dura
“Capisco” il conte di Fersen avrebbe voluto non
aggiungere altro ma...
“...certo per lui deve essere stato difficile rimanere alle
vostre dipendenze per tutti questi anni”
Oscar si fermò di colpo voltandosi verso il conte
“Non capisco cosa volete dire Fersen”
“Oscar...” il conte avrebbe voluto rimangiarsi le
parole uscite dalla propria bocca poco prima
“...è evidente che il vostro attendente provi per
voi un sentimento che va al di la del semplice rispetto che si nutre
verso la persona a cui si presta servizio”
“Avete ragione Fersen, siamo cresciuti insieme, siamo
amici” Oscar tentava con tutta se stessa di rimanere calma
“Amicizia... certo” il conte non riuscì
a trattenersi, scoppiò in una risata rumorosa
“Fersen non vi permetto...” Oscar era furiosa
“Oscar aprite gli occhi, non è amicizia il
sentimento che il vostro attendente prova per voi, è
qualcosa di diverso, qualcosa che a volte può distruggere un
uomo... è amore” Fersen era ritornato serio, quasi
malinconico
“Mi stupisco che non sia fuggito prima da questa casa...
Perdonate la franchezza Oscar”
Oscar non disse nulla, rimase in silenzio mentre continuava a camminare
lungo il giardini del palazzo, per qualche minuto le sembrò
d'essere in una bolla di sapone, lontano da tutto, in un mondo ovattato
e silenzioso, e in quell'istante capì che il sentimento che
aveva provato per il conte di Fersen si era fatto meno intenso, si era
sciolto senza darne segnale, si sentì sollevata, libera.
Fersen toccò il braccio di Oscar riportandola alla
realtà.
“Oscar non volevo turbarvi, le mie parole sono state
inopportune, perdonatemi”
“...Fersen non vi preoccupate, sto bene. Dimentichiamo questa
conversazione, ve ne prego. Dimentichiamo tutte le stupidaggini delle
ultime settimane, le parole, i balli, gli abiti da donna, le contesse
straniere, tutto, ve ne prego.”
“Oscar io...”
“Fersen no, non aggiungete altro, promettetemi soltanto che
continueremo a vederci da buoni amici. Volete?”
“Non chiedo altro Oscar” anche Fersen
sembrò più sereno, in pace con se stesso e con
Oscar.
Fersen ed Oscar tornarono a palazzo e dopo un paio di bicchieri di
liquore il conte salutò Oscar.
“E' stato un piacere, buonanotte Oscar” il conte
prese la mano di Oscar, chinò leggermente il capo e gliela
baciò, non come aveva fatto tante volte con innumerevoli
fanciulle, come provocazione, come gesto di conquista, baciò
la mano di Oscar in segno di puro e semplice affetto.
“E' stato un piacere anche per me Fersen, tornate presto a
trovarmi. Buonanotte”
Oscar guardò Fersen andare via, rimase sull'uscio del
palazzo per un po', la temperatura era davvero piacevole quella sera,
pensò Oscar mentre un venticello leggero le solleticava il
viso, chiuse gli occhi e respirò profondamente, poi
entrò in casa.
Si fece preparare la vasca e si concesse un lungo bagno dopo aver
congedato la vecchia governante che non aveva nessuna intenzione di
lasciarla sola “Oscar lascia che ti aiuti... Oscar
dovrò pettinarti i capelli dopo il bagno... Oscar
una madamigella ha sempre l'aiuto di qualcuno per il
bagno...”, a fatica ma riuscì a convincerla ad
andare a letto.
Oscar non amava fare il bagno, o meglio, aveva sempre odiato avere
davanti agli occhi il proprio corpo nudo per così tanto
tempo, ed anche ora la cosa le dava fastidio, sopratutto ora che stava
facendo di tutto per essere un uomo, se solo avesse potuto esserlo
anche fisicamente, allora si che sarebbe stata la perfezione, ma non
era possibile, aveva un corpo femminile, le gambe lunghe ed esili, i
fianchi arrotondati, il seno pieno, le braccia esili... Oscar chiuse
gli occhi per non vedere ciò che avrebbe voluto cancellare
per sempre e si immerse completamente nell'acqua fino a quando non
riuscì più a trattenere il fiato.
Rimase nell'acqua per un'ora abbondante prima di decidersi ad uscire,
si vestì velocemente per la notte, tamponò i
lunghi capelli e si mise seduta alla scrivania a leggere un po'... ogni
tanto delle gocce scivolate lungo le ciocche di capelli bagnavano le
pagine del libro che stava leggendo... rimase alla scrivania, persa
nelle parole, fino a quando non sentì i capelli
completamente asciutti, allora si alzò e si mise sul letto,
serena, tranquilla, senza pensieri.
Dormì come un sasso tutta la notte e avrebbe dormito ancora
se non fosse stata svegliata dalla governante.
“Oscar bambina mia, svegliati! Il conte di Fersen ti sta
aspettando in salotto!” urlò la governante nelle
orecchie di Oscar
“Accidenti, ti ho sentita, credo ti abbia sentita l'intera
Francia!”
“Alzati immediatamente, non vorrai far attendere il tuo
ospite!”
“Mi alzo, dannazione, ma smettila di urlare!”
Bel risveglio, pensò Oscar, davvero un bel risveglio! Si
alzò a fatica dal letto, si vestì e scese in
salotto, maledicendo il conte di Fersen ed il suo essere fin troppo
mattiniero...
“Buongiorno Oscar” Fersen riusciva ad essere solare
e bellissimo anche di prima mattina
“Buongiorno Fersen, non mi aspettavo di vedervi
così presto” disse Oscar con una leggera
punta di ironia
“Mi spiace avervi svegliata così presto Oscar ma
ho pensato di ricambiare la vostra cortesia invitandovi a
colazione...”
“Onoratissima Fersen”
“Bene Oscar, prendete il cavallo e seguitemi” e
così dicendo il conte salì sul suo cavallo, sul
quale vi era poggiato un cestino da picnic e partì al
galoppo... Oscar lo seguì senza chiedere nulla, riusciva
soltanto a ridere... un picnic con Fersen le sembrava semplicemente
buffo...
Fecero colazione seduti sull'erba, davanti ad un laghetto, mangiarono
fino a scoppiare, tra una risata ed un pettegolezzo...
“Fersen siete diventato una dama molto
pettegola...” Oscar non riusciva a smettere di ridere
“Madamigella Oscar, io una pettegola? Assolutamente no...
è che stando alla Reggia tutto il giorno certe voci mi
giungono all'orecchio senza che io possa impedirlo...” e
scoppiò a ridere anche lui
“Ditemi Fersen, cosa dicono di me quelle voci?”
“Oscar avete spezzato centinaia di cuori lasciando la Guardia
Reale, le dame si struggono al pensiero di non potervi più
vedere alla Reggia... tutti sentono la vostra mancanza, anche la mia
Regina” e su quell'ultima frase a Fersen morì il
sorriso
“Manca molto anche a me la Regina, le farò visita
al più presto... ma non vi rattristate conte, ve ne prego,
raccontatemi altri pettegolezzi” Oscar comprendeva il dolore
di Fersen, quel dolore che solo un innamorato che non può
avere ciò che vorrebbe può provare
“Sono a conoscenza di un pettegolezzo che vi potrà
interessare Oscar... mi sono giunte voci che il vostro attendente ha
fatto domanda per entrare nei soldati della guardia”
“Andrè... cosa?” Oscar era visibilmente
sconvolta
“Oscar non vi preoccupate, non è ancora stato
arruolato e poi non è più affar vostro,
no?”
“Si, certo... vogliamo andare Fersen? Ho degli impegni
inderogabili che mi aspettano.”
“certamente Oscar, non voglio trattenervi”
Non c'era nessun impegno ad attendere Oscar, solo la voglia di tornare
a casa per non mostrare al conte di Fersen la rabbia che la stava
divorando.
Come aveva potuto fare domanda per entrare tra i soldati della guardia?
Come aveva potuto, quell'incosciente di Andrè fare una cosa
simile?
“Che faccia come gli pare” disse infine Oscar, in
fondo non era più un suo problema, pensò.
Oscar cercò la vecchia governante per informarla che non
avrebbe cenato, la colazione troppo abbondante le aveva fatto perdere
l'appetito, entrò nella cucina ma non la trovò...
“Madamigella la governante si è recata in
città con un domestico, sarà di ritorno a
momenti. Mi scusi ora, torno alle mie faccende.”
“Grazie Marie”
Andò in soggiorno, si sedette sulla poltrona a sorseggiare
un bicchiere di vino, l'aveva appena terminato quando riconobbe la voce
della vecchia governante
“Avanti Pierre, sbrigati porta dentro tutto!” Oscar
si domandava come mai ad una donnina così piccola fosse
stata data una voce tanto forte... si alzò per dirle di non
cucinare nulla, sapendo già che l'avrebbe rimproverata per
questo...
“Pierre vuoi sbrigarti con quelle provviste?... Oscar,
bambina guarda...”
Oscar non le fece finire la frase, non aveva nessuna voglia di starla
ad ascoltare, sicuramente aveva qualche storia da raccontarle, qualche
pettegolezzo o semplicemente un appunto da farle...
“Prima che tu dica qualcosa... volevo informarti che non
cenerò questa sera la colazione di...” ad Oscar si
fermarono le parole in bocca quando vide entrare Andrè dalla
porta della cucina
“...la colazione di? Oscar, bambina, finisci la frase o
chiudi la bocca altrimenti ci entreranno le mosche!” la
riprese la governante
“la... la colazione di stamattina è stata
abbondante, mi ha tolto l'appetito”
riuscì a finire Oscar
“Oscar” disse Andrè passandogli accanto
e riponendo un grosso cesto sul tavolo
“Ciao Andrè” quasi sussurò
abbassando gli occhi
“Oscar hai visto chi ho portato a casa, il mio
Andrè, l'ho incontrato per le vie di Parigi e l'ho invitato
a passare un giorno con me. Non ti spiace, vero?”
“No, no. Va benissimo, hai fatto bene. Ora se volete
scusarmi.” ed era già fuori dalla cucina.
Andrè cenò con la nonna, rimasero al tavolo a
chiacchierare con gli altri domestici, Oscar sentiva il vociare e le
risate dalla propria camera, ma non scese, nemmeno quando la fame
iniziò a farsi sentire.
Era da poco passate la mezzanotte quando la governante si
ritirò a riposare, era tardi per lei ma quella era una sera
speciale, era da tanto che non passava del tempo con Andrè,
ma era tardi per le sue povere ossa stanche, così disse al
nipote prima di abbracciarlo forte e raggiungere la propria
stanza. Anche gli altri domestici poco dopo sparirono a riposare, ed
ora sulla casa era sceso un silenzio quasi irreale.
Oscar era seduta alla scrivania tentando di leggere, tentativo vano,
aveva troppa fame per riuscire a concentrarsi. Scese in cucina per
mangiare qualcosa.
Andrè era sulla soglia della cucina, aveva sentito un rumore
e si era alzato a controllare, vide Oscar girata di spalle che si
alzava sulle punte dei piedi ed allungava le braccia per prendere il
barattolo dei biscotti, la nonna lo nascondeva ancora, anche se lui ed
Oscar ormai erano adulti... Pensò che sarebbe stato
più opportuno andar via ma non poteva non guardarla con
indosso soltanto quella camicia che stava diventando la sua ossessione
notturna, non poteva non guardare le sue gambe tendersi per stare sulle
punte e quei meravigliosi capelli biondi che le ricadevano lungo la
schiena, non poté resistere...
“Non hai perso il vizio di rubare i biscotti” lo
disse ad alta voce, di proposito,
“Dannazione Andrè” disse Oscar
voltandosi di scatto verso di lui, ma tenendo ben saldo il barattolo
dei biscotti
“Non sei un po' troppo cresciuta per fare queste cose
Oscar?”
“Vai al diavolo” disse lei uscendo dalla cucina
“Non mi offri nemmeno un biscotto?” fece
Andrè avvicinandosi lei e al barattolo
“Prendili tutti, e strozzatici” ringhiò
Oscar posando il barattolo sul tavolo del salotto e allontanandosi da
lui
“Adesso basta!” urlò Andrè
poco dopo aver afferrato il braccio di Oscar
“Chi credi di essere Oscar? Non sono più alle tue
dipendenze, sono un'ospite, e non accetto d'essere trattato in questo
modo solo per aver scherzato con te. Chiaro?”
“Togli la mano dal mio braccio, subito” anche Oscar
stava urlando
“E se non lo faccio cosa farai? Mi prenderai a
schiaffi?”
“Andrè toglimi le mani di dosso”
Ma Andrè non lasciava la presa, anzi, stringeva
ancora di più le dita attorno al braccio di Oscar, era
accecato dalla rabbia, spazientito di fronte all'ennesimo folle
comportamento di lei.
“Sei soltanto una bambina viziata Oscar”
“Io sarò una bambina viziata ma tu,
Andrè, sei tanto stupido da arruolarti nei soldati della
guardia.” Oscar non urlava più adesso,
vomitò quella frase senza alzare la voce, ma
arrivò comunque dritta al cuore, come un pugnale.
Andrè le lasciò il braccio.
“E' una mia scelta Oscar e non ti deve interessare, e non
importa se lo ritieni un gesto da stupidi, è la mia vita. La
mia vita. Non è più affar tuo”
Entrambi tornarono nelle loro stanze senza aggiungere altro, mentre il
barattolo rimase sul tavolo del soggiorno.
Oscar entrò in camera sbattendo la porta, andò a
letto dimenticandosi della fame e maledicendo il giorno che
Andrè mise piede nella sua vita, era così
arrabbiata con lui... arrabbiata per averla baciata quella sera,
arrabbiata perchè se n'era andato via, arrabbiata
perchè si stava arruolando nei soldati della guardia... era
una pazzia! Andrè tra i soldati della guardia, non era un
posto adatto a lui, così violento, così
spietato... i pensieri scorrevano veloci nella mente di Oscar e
pensiero dopo pensiero si rese conto che non era solo rabbia quella che
le bruciava l'anima, era paura, la paura che ad Andrè
potesse succedere qualcosa, paura di perderlo per sempre, non accettava
questo pensiero eppure c'era, forte, dentro di lei. Si impose di
dormire pur di far tacere le voci nella testa.
Le riuscì di dormire fino a che non sentì la
pioggia sbattere contro i vetri delle finestre e allora si
svegliò, era ancora notte le scoppiava la testa e aveva una
fame tremenda, si obbligò a scendere per riprendere il
barattolo abbandonato in salotto. Scese al buio, col solo rumore della
pioggia a farle da sottofondo, entrò e prese il barattolo,
mangiò un paio di biscotti, in piedi di fronte alla
finestra, guardando la pioggia, si sentiva meglio, anche il mal di
testa stava passando.
Riportò il barattolo in cucina, al buio, conosceva
perfettamente il nascondiglio “segreto” dei
biscotti, lo ripose e ritornò nella propria stanza. Si mise
rannicchiata su un fianco, come quando era bambina, e chiuse gli occhi
ascoltando la pioggia.
Andrè l'aveva vista davanti alla finestra del salotto,
l'aveva vista entrare in cucina e scomparire lungo la
scalinata, e tutta la rabbia era scivolata via, come se il buio e la
pioggia avessero il potere di inghiottire e pulire ogni traccia di
rabbia e dolore, o almeno era così che lui si sentiva,
ripulito da ogni brutto pensiero, ora voleva solo starle accanto come
aveva fatto lei qualche notte prima, e così si
ritrovò a compiere gli stessi gesti di Oscar, camminare
sugli stessi passi, ed entrare furtivamente nella stanza di lei, con la
speranza di non venir cacciato.
Andrè entrò nella stanza di Oscar e
camminò fino al suo letto, la vide voltarsi verso di
lui e quando provò a salire sul letto e stendersi
accanto a lei non ci furono ne urla ne intimidazioni, solo silenzio.
Si mise su un fianco dietro di lei, così pericolosamente
vicino, e sentì il corpo di Oscar scivolare contro il suo,
aderendovisi completamente. Rimasero in silenzio ad ascoltare la
pioggia. Nessuno dei due aveva il coraggio di dire nulla, in quelle
strane settimane le parole avevano causato solo imprevisti e dolore,
mentre il silenzio, un silenzio notturno che si erano costruiti, aveva
reso tutto più semplice. Di notte, nelle loro stanze erano
delle persone differenti da quelle di sempre, ma prima o poi avrebbero
dovuto affrontare la cosa, almeno era questo che pensava
Andrè.
“Oscar...”
Oscar non rispose, rimase immobile nella propria posizione, come se non
avesse sentito nulla, eppure era sveglia, Andrè la vedeva
chiaramente.
“Oscar non possiamo continuare così,
dobbiamo...”
Oscar si voltò lentamente verso Andrè posando la
mano sulle sue labbra, bloccandogli le parole, come a ricordare
all'uomo il tacito accordo che avevano stipulato con il buio della
notte, le parole erano proibite.
“Oscar ti prego, smettila, io non posso farlo. Io non posso
fare questo. Io non posso rimanere qui, così, con te.
Scusami” disse Andrè scostando la mano di Oscar
dalle sue labbra e alzandosi da quel letto che avrebbe voluto occupare
per tutta la vita, ma non in quel modo, non così.
Oscar si girò su un fianco, dandogli le spalle, e non disse
nulla quando lui uscì dalla sua stanza.
Andrè scese le scale trasportato dalla rabbia, come aveva
potuto farsi del male di nuovo, era già umiliante essere
stato ignorato per 20 anni, essere stato respinto, ma questo era
troppo, essersi fatto prendere in giro ancora, il giocattolo nella mani
di una bambina viziata.
“vai al diavolo Oscar” e con questa frase ancora
sulle labbra l'uomo prese le sue cose e uscì da palazzo
Jarjayes. Stava piovendo, quella stessa pioggia che poco prima stava
ascoltando col corpo di Oscar attaccato al proprio, quella stessa
pioggia che era sembrata così dolce ora sembrava entrargli
nella pelle come spilli.
Oscar era ancora rannicchiata sul letto, persa in un mondo senza
parole, persa in un mondo che la rendeva ancor più
orgogliosa di quel che già non fosse, sentiva il viso
contratto in una smorfia di rabbia, ma per quale motivo era arrabbiata?
Perchè Andrè aveva infranto un suo ordine?
Perché André si era arruolato nei soldati della
guardia senza prima parlarne con lei? Perché
André le aveva ricordato più e più
volte la sua natura di donna? Non riusciva a darsi una risposta ma si
rese conto che André era sempre li, in ogni suo pensiero, in
ogni suo gesto di rabbia, che diavolo le stava succedendo? Come aveva
potuto, un bacio rubato, aver causato così tanti dubbi?
Aveva voglia di piangere. Fece un respiro profondo ed andò
alla finestra e sentì un tuffo al cuore nel vedere
André sotto la pioggia camminare verso le scuderie.
Non sapeva cosa le stava succedendo, decise di non domandarselo,
seguì solo le proprie gambe che correvano lungo la
scalinata, aprì il portone del palazzo e fu investita da una
pioggia gelida, proseguì correndo verso le scuderie e quando
fu a pochi passi da André si fermò
“André” la sua voce era di nuovo dura,
ancora gelida, autoritaria.
André si voltò e semplicemente alzò la
mano e la schiaffeggiò con tutta la rabbia che aveva in
corpo, una rabbia lunga 20 anni. Non si pentì di quel gesto,
aveva voglia di farlo, voleva farle male per il puro gusto di vederla
soffrire.
Oscar incassò il colpo e lo rese con la stessa potenza, ma
André non rispose alla provocazione, non aveva
più intenzione di prendere parte a quel gioco folle, si
voltò e riprese il cammino verso le scuderie.
“André non andartene, ti prego” la voce
di Oscar era diversa, aveva perso tutta l'arroganza di sempre.
L'uomo fermò il suo passo, rimase fermo, senza voltarsi, con
la speranza di sentire altre parole ma con la certezza che sicuramente
non ve ne sarebbero state, allora avrebbe dovuto riprendere il proprio
cammino, tanto valeva non perdere tempo per voltarsi.
“André io...”
“io... io sono così in collera per quello che mi
hai fatto settimane fa, non avresti dovuto... non avevi il diritto di
farmi del male... non avresti dovuto farmi questo... ma... adesso
voglio solo dimenticare”
La voce di Oscar tremava, per il freddo e per la paura, sentiva le
parole scivolare sulla lingua senza freni, si sentiva nuda,
completamente indifesa.
“Oscar ti chiedo perdono per quello che ho fatto, ma adesso
lasciami in pace. Voglio solo andarmene via, da te.” adesso
era la sua voce ad essere gelida. André riprese a camminare
verso le scuderie.
“André, non andare, ti prego” stava
piangendo lo sentiva chiaramente
“Oscar non posso più sopportare di vivere
così, non sono uno degli uomini a cui dai ordini ogni
giorno. Non voglio più averti attorno. È finita.
Troverai certamente un altro burattino da manovrare” nessuna
inflessione nella voce di André, nessun tremore, era fermo,
sicuro, autoritario, come non lo era mai stato, e tutto questo non
sfuggì ad Oscar, e fu proprio questo che la
spaventò, e fu questo che la fece crollare.
“André non andare...” un filo di voce
rotto dal pianto convulso
“...perdonami... io... io non so più chi sono, non
so più cosa voglio... io non so cosa sono stata in questa
vita... non so più nulla, ho così tanta
confusione nella testa... ma so che non voglio che tu te ne vada. Non
andare, non andare via da me, non lasciarmi sola, ti
prego...” il pianto di Oscar non aveva
più controllo e fu in quell'istante che André si
voltò verso di lei, la vide sotto la pioggia, disperata e
bellissima, Oscar, non la bambina testarda e dispettosa, non la ragazza
seria e gelida, ma la donna, la donna che era rimasta nascosta per
troppo tempo. Avrebbe voluto abbracciarla in quel momento ma non poteva
muoversi, non voleva farlo, lui aveva fatto anche troppo in quei
lunghissimi 20 anni, rimase fermo davanti ad Oscar, guardandola senza
dire nulla, e allora fu lei che gli si avvicinò
improvvisamente, senza preavviso e l'abbracciò come non
aveva mai fatto, con un'urgenza che nemmeno lei credeva
d'avere.
“Hey” le sussurrò André
nell'istante in cui le sue braccia risposero all'abbraccio
“Smettila di piangere, sei sempre stata una
piagnucolona” disse stringendola ancora più forte
contro di sé, la sentì ridere contro il suo petto.
Si staccarono pochi istanti dopo, ma subito la mano di André
prese quella di Oscar, invitandola a seguirlo in casa.
La pioggia non aveva smesso di cadere, in lontananza il cielo notturno
accoglieva piccoli lampi di luce, il temporale era vicino.
Entrarono in casa lasciando dietro si sé impronte bagnate e
piccole goccioline che cadevano da ogni parte del corpo, erano
completamente fradici.
Oscar sentiva la mano di André stringere, di continuo, come
se avesse paura di perdere la presa, e lei faceva lo stesso con la sua,
forse per rassicurarlo che non sarebbe andata da nessuna parte.
Camminavano piano tra i corridoi del palazzo, al buio, immersi nel
silenzio fino all'istante in cui il cigolio di una porta li fece
bloccare. Una voce
“André sei tu?” la voce della vecchia
governante
“Andrè cosa stai facendo? So che sei tu, sono
entrata nella tua stanza e non c'eri! André vuoi
rispondere?” André non disse nulla,
strinse la mano di Oscar più forte e iniziò a
correre... corsero per il palazzo cercando di evitare la nonna, corsero
come due ragazzini, e dopo vari tentativi di
“depistaggio” riuscirono ad entrare nella stanza di
André, col fiato corto per la corsa e per il troppo ridere,
ma la nonna era ancora in agguato...
“André sei li dentro? Cosa stai combinando? Apri
immediatamente la porta”
Il giovane aprì la porta, ma non completamente, dietro vi
era nascosta Oscar
“Nonna non mi sembra il caso di urlare in piena notte! Sono
qui, ero uscito a controllare che le porte delle scuderie fossero ben
chiuse, c'è un vento tremendo”
“Sei uscito con questa pioggia, incosciente, lascia che ti
aiuti ad asciugarti”
“Nonna... non ho più sei anni, posso asciugarmi da
solo, ora vai a riposare, è tardi. buonanotte”
diede un bacio alla nonna e richiuse la porta alle sue spalle.
I due ragazzi si guardarono serissimi e un istante dopo scoppiarono a
ridere senza ritegno, risero fino alle lacrime.
“Siamo bagnati fino al midollo, dobbiamo togliere questi
vestiti di dosso” ad André sembrò
sconveniente la frase che aveva pronunciato, sembrava così
maledettamente ambigua, anche se non lo voleva essere... si
avvicinò all'armadio e prese una sua camicia
“Ecco vai a cambiarti nel bagno, ti starà
un po' larga ma non ho nient'altro da darti” disse
sempre più a disagio
Oscar prese la camicia ed entrò nel bagno mentre
André si tolse i vestiti bagnati ed infilò a sua
volta un paio di pantaloni ed una camicia asciutta, prese un
asciugamano e si asciugò i capelli.
Oscar uscì dal bagno, la camicia le andava effettivamente
larga, era enorme indosso a lei
“sono ridicola” mormorò Oscar, un po'
imbarazzata, per lo strano abbigliamento, ed anche perchè
notò che André aveva lasciato la camicia un po'
aperta, in tutti quegli anni non l'aveva mai visto fuori posto, non
aveva mai lasciato intravedere il proprio corpo nudo, smise di
mostrarsi nudo di fronte a lei l'estate dopo aver compiuto 11 anni.
“Non sei ridicola, è che sei piccola”
Andrè sorrideva
“Non sono piccola, sei tu che sei troppo grosso”
“Giusto...” Andrè non trattenne
più il riso ed anche lei rideva, si sentiva decisamente
meglio, se non fosse stato per il freddo
“Oscar hai freddo?” la ragazza annuì con
il capo, Andrè le prese la mano e le fece cenno di salire
sul letto, Oscar salì e si infilò subito sotto le
lenzuola, non poteva togliere lo sguardo da lui, e lui lo
notò immediatamente... spense la candela con un soffio e si
infilò anch'esso nel letto, sotto le lenzuola, ci fu un
attimo di imbarazzo, lo sentirono entrambi e poi così
naturalmente come lo può essere un respiro si fecero
più vicini.
Oscar si mise su un fianco ed invitò Andrè, col
braccio, a farsi più vicino dietro di lei, lui le cinse la
vita e la sentì tremare.
“Hai ancora freddo?” chiese Andrè
“un po' “ e lui si fece più
vicino, tanto da non poter andar oltre. Oscar sentiva il corpo di lui
aderente al suo, sentiva perfettamente il petto contro la sua schiena,
il braccio attorno alla sua vita, ogni parte del corpo di
André, anche il suo essere “uomo” che
premeva contro di lei... sentì le guance prendere fuoco, il
freddo di poco prima aveva lasciato posto ad un calore insopportabile,
ma rimase così, stupendosi di quanto in fretta si stava
abituando al corpo di Andrè.
Si addormentarono un'ora più tardi, dormirono
così profondamente da non rendersi conto del forte temporale
che si stava abbattendo sopra di loro.
Fu Oscar a svegliarsi per prima questa volta, aprì gli occhi
e fu felice di sentire il corpo dell'amico ancora addosso al suo, non
si erano mossi... lentamente si girò verso Andrè
lo guardò dormire per un po', osservò il suo
viso, nascosto per metà dai lunghi capelli scuri, aveva
sempre pensato che fosse bello, un bel bambino dagli occhioni grandi,
un bel ragazzo dai lineamenti decisi ma al tempo stesso dolci, e adesso
era un bell'uomo, ed era felice d'essere di nuovo
“vicina” a quello che era sempre stato il suo
più grande amico. Andrè si svegliò
poco dopo, aprì gli occhi e sorrise mentre con la mano
rimise a posto la manica della camicia che era scesa leggermente
lasciando scoperta una spalla di Oscar.
“Buongiorno”
“Buongiorno Andrè”
Un rumore alla porta, qualcuno stava bussando... André aveva
chiuso la porta a chiave, per sicurezza, l'avrebbero ammazzato se
l'avessero sorpreso a letto con Oscar, avrebbe anche potuto morire a
colpi di “mestolo” ne era certo...
“André, André! Perchè hai
chiuso la porta a chiave? Apri immediatamente! André
insomma, smettila di dormire e aiutami a cercare madamigella Oscar, non
è nella sua stanza, e i signori Jarjayes sono tornati prima
del previsto. André rispondimi! Il generale vuole vedere
Oscar immediatamente, devi cercarla, subito! Mi hai sentito?”
chi non avrebbe sentito la vecchia governante... forse un morto, forse.
“Si, nonna, sono sveglio. Stai calma, andrò a
cercare Oscar subito, ma vedrai che sarà sicuramente andata
a fare una camminata.” André cercò di
non far sentire la propria agitazione
“Mio padre già di ritorno? Come è
possibile, avrebbero dovuto assentati per un intero mese e sono passati
solo pochi giorni. Sta succedendo qualcosa André, me lo
sento. Aiutami ad uscire di qui, senza che mi vedano”
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Capitolo 5 *** capitolo 5 ***
Oscar riuscì a tornare nella propria stanza ed entrare in
salotto, dove la stava aspettando suo padre, senza farsi scoprire.
“Padre, è successo qualcosa? Come mai siete
rientrati così presto?”
“Oscar non ti preoccupare, sto perfettamente, così
pure tua madre, siamo tornati prima per farti un regalo che spero
accetterai”
“Padre io... non capisco” Oscar era confusa, suo
padre che regalava qualcosa a lei... era follia pura.
In quel momento entrò in salotto sua madre, sorridente ed
eccitata
“Oscar, tesoro, voglio presentarti il conte Louis, figlio dei
nostri più cari amici”
“Felice di fare la vostra conoscenza madamigella
Oscar” e con un inchino le prese la mano e la
portò alla bocca, Oscar era senza parole, allibita da questa
situazione che aveva tanto il sapore di una trappola.
“Piacere mio, conte” Oscar ritrasse la mano,
infastidita
“Bene ora che le presentazioni sono state fatte
mostrerò al conte la sua stanza, vogliate
scusarci” madame Jarjayes era più euforica del
solito. Oscar e il generale rimasero da soli in salotto.
“Oscar cosa ne pensi del conte?” chiese il generale
“Padre non capisco” Oscar capiva perfettamente,
anche se sperava di sbagliarsi
“Il conte, è la mia sorpresa per te Oscar. E' un
uomo colto, con idee moderne, ha girato il mondo sai, proviene da
un'ottima famiglia, e come avrai potuto notare è dotato di
grande fascino, e non disdegna le armi, la caccia... è un
buon partito Oscar. Sono sicuro che ti piacerà.”
“In che modo, padre, dovrebbe piacermi? Come compagno di
caccia? Come ospite? In che modo?” Oscar cercò di
trattenersi, ci provò con tutte le forze che aveva in corpo
“Come marito Oscar”
“Mi avete mentito. La vostra comprensione quando non ho preso
parte al ballo in mio onore, l'invito a prendere del tempo per me
stessa, la vostra preoccupazione nei miei confronti, la gentilezza
delle vostre parole, tutte menzogne! Mi avete mentito padre! E sia
chiaro, io non ho intenzione di sposarmi, ne ora ne mai”
Il generale continuò a guardare dritto fuori dalla finestra,
come se non ci fosse nessuno nella stanza, come se Oscar non esistesse,
poi si alzò lentamente, si avvicinò alla figlia,
le strinse un braccio e disse, piano ma a denti stretti
“Tu ti sposerai Oscar, e ne sarai felice. Tu sposerai il
conte, perchè questo è ciò che ho
deciso. Domani sera indosserai abiti femminili, cenerai col conte e
accetterai la sua corte. Prova a disonorare questa famiglia e
sarò costretto a...” il generale non
riuscì a terminare la frase, ma non ce n'era motivo.
Oscar non disse nulla, si liberò dalla presa del padre,
uscì, sali sul suo cavallo e corse via, se fosse rimasta
avrebbe fatto qualcosa che non si sarebbe mai perdonata.
Cavalcò a lungo cercando una soluzione a ciò che
le stava accadendo, cosa avrebbe potuto fare? Scappare? Disubbidire a
suo padre? Si domandò il motivo per cui non riuscisse a
dirgli no, era adulta, eppure non era in grado di ribellarsi e questa
cosa la faceva sentire debole, fragile, immensamente stupida.
Quando Oscar tornò a palazzo trovò suo padre e il
conte parlare amabilmente in giardino, uscì dalla scuderie
intenzionata ad entrare in casa senza rivolgere la parola ai presenti,
ma nel tragitto che la separava dalla porta d'entrata il conte la
“braccò” letteralmente.
“Oscar, come state? Avete fatto una piacevole
passeggiata?”
“Si conte, è stata piacevole”
“Vostro padre mi ha raccontato tutto di voi, ero
così curioso di conoscervi, una donna che ha vissuto come un
uomo, una donna che non ha timore a battersi e comandare degli uomini,
una donna a servizio della regina di Francia... vi immaginavo
diversa” Louis era intimidito
“E cosa vi aspettavate conte?” Oscar era seccata ma
curiosa
“Non vi immaginavo così... bella” il
conte puntò gli occhi su quelli di Oscar e sembrava
intenzionato a non distogliere lo sguardo
“La bellezza serve a poco quando c'è da
combattere, comandare i miei uomini o difendere la Regina”
Oscar stava iniziando a perdere la pazienza
“Certo, avete ragione, ma è più facile
accettare ordini da una bella donna”
“...un po' meno prenderle da una bella donna, non credete,
conte?” e così dicendo Oscar rientrò in
casa.
Quella sera Oscar dovette cenare con il padre, la madre e il conte,
cercando di sopportare la presenza imponente del generale e la
frivolezza esasperante di madame Jarjayes. Mangiò pochissimo
e parlò lo stretto necessario. Una serata che avrebbe voluto
evitarsi, così come se l'era evitata Andrè, che
non aveva più visto dopo che si erano svegliati, almeno a
lui era stato risparmiato tutto questo, Oscar cercò di
immaginare come André avrebbe potuto prendere questa
notizia, e gli si strinse il cuore.
Arrivò finalmente la fine della cena ed Oscar si
congedò accusando un mal di testa tremendo,
salutò il conte invitandolo a rimanere a conversare con suo
padre, il conte non ne sembrò dispiaciuto, meglio
così, pensò.
Andrò dritta in camera, aveva voglia di rimanere sola e si
maledisse di non essere andata nella villa in Normandia, forse, se
l'avesse fatto si sarebbe evitata questa tortura, o forse l'avrebbe
solo rimandata... si chiese dove diavolo fosse finito Andrè,
aveva voglia di parlare con lui, di stare un po' in sua compagnia,
ridere e sentirsi vicini come un tempo, smise di pensarci, si
spogliò e si infilò a letto, sperando di non
svegliarsi, il mattino seguente, e dover affrontare la serata col conte.
Il giorno arrivò ed Oscar fu costretta ad alzarsi e scendere
per far colazione col conte, passarono poi l'intera giornata tra una
passeggiata a cavallo e un racconto del generale Jarjayes.
Oscar riuscì a liberarsi solo quando suo padre la
invitò a seguire la governante per prepararsi alla cena con
il conte... da una tortura ad un'altra, pensò Oscar.
“hai visto André oggi?” chiese alla
governante
“Ho visto André ieri sera, mi ha detto che oggi
sarebbe stato via per tutto il giorno, e che se avesse fatto in tempo
sarebbe rientrato stasera. Ora andiamo bambina, abbiamo un sacco di
cose da fare prima della cena”
Dopo un tempo che sembrò interminabile Oscar fu pronta, ma
questa volta non ebbe voglia di guardarsi allo specchio, aveva giurato
a se stessa che non si sarebbe più vestita da donna, mai
più, e invece era succedo di nuovo e non era stata in grado
di ribellarsi.
Respirò profondamente prima di uscire dalla stanza, una sera
soltanto si disse, questa sera avrebbe recitato una parte, questa sera
non sarebbe stata Oscar ma soltanto una donna stupida e frivola.
Oscar scese le scale e trovò il conte ad attenderla, lo vide
sbarrare gli occhi e fu subito da lei, le prese la mano e gliela
baciò, un bacio umido e fastidioso, ma Oscar sorrise a
questo gesto.
Si accomodarono nella sala da pranzo, imbandita solo per loro due, il
conte si complimentò con Oscar per la sua bellezza e per il
magnifico abito che la rendeva ancora più
“radiosa”, come può un uomo usare il
termine “radiosa”, Oscar non se ne capacitava...
La cena fu servita.
“Oscar è difficile per me desinare in questo
momento, è così difficile distogliere lo sguardo
da voi”
“Conte mangiate vi prego, non vorrei essere la causa della
vostra morte per deperimento” e rise come avrebbe fatto una
di quelle dame che spesso aveva visto alla Reggia, e che tanto
detestava.
“Oscar ve ne prego, non chiamatemi conte, chiamatemi Louis,
sarebbe un onore per me sentire il mio nome uscire dalla vostre
labbra” Oscar avrebbe voluto alzarsi e infilzare il conte con
la sua spada, proprio in quel momento
“Conte mi mettete in imbarazzo...”
“Accontentatemi Oscar vi prego”
“Ma certo... Louis”
“Oh Oscar...” il conte era estasiato
Terminarono la cena e si accomodarono in salotto, il conte sorseggiava
un bicchiere di liquore ed Oscar era davanti alla finestra.
“Oscar, scusate la mia intraprendenza, posso chiedervi di
mostrarvi a me di nuovo, voglio ammirarvi meglio con questo
meraviglioso abito” e così dicendo la fece voltare
tenendole le mani e alzandogliele
“Louis mi state mettendo in imbarazzo, smettete, ve ne
prego” non sapeva quanto avrebbe ancora potuto continuare
quella farsa
“Oscar io non vi conosco bene ma sono certo di voler passare
del tempo con voi, la mia intenzione è quella di sistemarmi,
e se non sono troppo sfrontato... vorrei passare la mia vita con voi,
è presto lo so, mi crederete un folle, uno sprovveduto, ma
sento che siete una donna straordinaria, sono certo che quella
sarà la nostra strada... accettate la mia corte
Oscar” il conte poggiò le mani sulle braccia di
Oscar avvicinandosi sempre di più fino ad arrivare alle sue
labbra e sfiorarle con un bacio leggero. Oscar temette di fare qualcosa
di sconveniente, aveva voglia di cambiare i connotati a quel damerino
da strapazzo, cercò di controllarsi, si voltò
verso la finestra e recitò la sua scena madre.
“Louis no, non fatelo più ve ne prego, siete
troppo per me, sono una donna così inesperta e voi mi fate
venire voglia di fare cose che... che non posso nemmeno dire. Conte ve
ne prego, lasciatemi sola adesso, lasciatemi qui col ricordo delle
vostre labbra sulle mie. A domani Louis, a domani mio conte.
Buonanotte” Oscar dovette mordersi le labbra per non ridere
“Oh Oscar, mia bellissima Oscar, avete ragione sono stato
troppo sfacciato, ma siete così... così...
seducente stasera. Sapevo che avreste accettato la mia corte, oh Oscar,
è così difficile congedarmi da voi, ma lo
farò mia cara. A domani. Buonanotte Oscar” e il
conte sparì nella sua stanza, tra i corridoi di palazzo
Jarjayes.
Oscar corse su per la scalinata ed entrò nella propria
stanza, chiuse e rimase appoggiata alla porta per qualche secondo,
buttò la testa indietro e rise forte fino quasi a mancarle
il fiato e così come improvvisamente era nato il riso,
scomparve, si sentì tremendamente triste, patetica. Aveva
voglia di piangere.
Sentì bussare alla porta, poteva essere, il conte,
così intraprendente? Aprì la porta
“André” era stupita
“André dove sei stato? Mio padre ha portato con
sé il figlio di un vecchio amico, un conte, vuole che
diventi mio marito. È assurdo. Solo ora si è reso
conto che sono nata donna? André io non voglio sposarmi, non
avrei dovuto più indossare un abito da donna, l'avevo
giurato a me stessa. Io voglio vivere come un uomo, ora lo so, niente
potrà farmi cambiare idea, questa non è la vita
che desidero, non voglio essere una donna, non voglio essere una
moglie, non voglio vivere come mia madre e come qualunque altra dama
stupida e frivola. Voglio essere un uomo” Oscar
parlò senza prendere fiato e con le lacrime che ormai le
rigavano le guance.
Andrè non disse nulla, entrò, chiuse la porta
dietro di sé, a chiave, fece spostare Oscar in mezzo alla
stanza, lei lo guardò perplessa... L'uomo gli si mise
dietro, posò le mani sulle sue spalle e le fece scorrere
fino al collo, prese la collana tra le mani e la sganciò,
lasciandola poi cadere a terra... gli tornò di
fronte, mise le mani tra i suoi capelli, esattamente come aveva fatto
qualche giorno prima, e li sciolse come allora... Oscar
tentò di dire qualcosa, ma Andrè scomparve dalla
sua vista, era di nuovo dietro di lei, sentì la sua mano
spostarle i capelli di lato e poi poggiarsi sulla schiena nuda e
scorrere giù lungo i fianchi, dove si era unita anche
l'altra mano, Oscar ebbe solo il tempo di dire
“Cosa...” prima di vedere le ampie gonne cadere ai
suoi piedi... provò a terminare la frase ma le parole
diventarono un sussulto quando le mani di Andrè tornarono
lungo i fianchi, e attorno alla vita, quasi ad accarezzarla attraverso
il tessuto, sentiva il suo respiro caldo sul collo, e ancora mani, su,
verso la schiena nuda, e di nuovo giù ai lati del busto, la
stava stringendo, con forza ma senza farle male... Oscar percepiva le
mani dell'uomo muoversi sul corsetto che le stringeva il petto,
sentì tirare, le mancò il respiro, e vide la mano
di Andrè poggiarglisi davanti, col palmo aperto, ed un
istante dopo il bustino aprirsi dietro di lei... la mano di
lui sul ventre impediva al corsetto la sua folle corsa lungo il
pavimento, mentre l'altra le percorreva la schiena nuda in tutta la sua
lunghezza, chiuse gli occhi e buttò la testa all'indietro,
un gemito le uscì dalle labbra quando lui lasciò
la presa liberando il seno dalla morsa dell'indumento. D'istinto si
portò le mani al petto, frastornata da ciò che
era accaduto in pochi minuti, non riuscì a muovere un passo,
rimase immobile in attesa di riprendere il controllo di se stessa e
della situazione, cosa le stava accadendo? Era in quella stanza, nuda,
André l'aveva spogliata e lei non aveva gridato, non era
fuggita. Cosa le stava succedendo?
Le mani di André sui suoi fianchi interruppero quei
pensieri, Oscar girò leggermente la testa, e il viso di lui,
ancora dietro di lei, gli fu subito vicino, la sua bocca accanto
all'orecchio, il respiro caldo.
“Questo non è il corpo di un uomo...” e
gli poggiò le labbra sul collo, ed Oscar, inaspettatamente
portò il braccio dietro di sé, sul capo di
Andrè, le dita tra i suoi capelli, un gesto carico di
significato più di mille parole, un invito a continuare, un
consenso a ciò che stava accadendo.
Andrè ne fu stupito, piacevolmente stupito, Oscar non stava
fuggendo, non lo respingeva, era li tra le sue braccia, spogliata, non
soltanto degli indumenti ma dell'involucro che per tutta la vita
l'aveva imprigionata... lo voleva, lo sentiva chiaramente da quella
mano tra i capelli che spingeva la testa sempre più contro
il suo collo, lo voleva, voleva lui, nessun altro, non il conte Louis,
non il conte di Fersen, no, lui, il suo migliore amico.
Oscar si voltò, aveva il viso di Andrè davanti,
rimase a guardarlo per qualche istante e fu come se lo vedesse per la
prima volta, come se l'amico di sempre fosse scomparso per lasciare il
posto ad un'altra persona, con uno sguardo particolare, uno che non gli
aveva mai visto negli occhi. Era di fronte a lui, spogliata, nuda,
all'infuori di una cortissima sottogonna e delle leggerissime calze
bianche fermate a metà coscia da un nastrino nero, nuda di
fronte ad un uomo nuovo, come lo era lei stessa, una persona nuova.
Dimenticò tutto quello che era successo in quelle settimane,
dimenticò i disordini che stavano nascendo in Francia,
dimenticò la bugia di suo padre, il modo di vivere
così assurdo della madre, dimenticò Louis,
dimenticò perfino il conte di Fersen, non c'era
più nulla dentro di lei, nulla che valesse la pena di
ricordare in quel momento, si scordò il desiderio
di essere un uomo, ora non era ne uomo ne donna era solo Oscar,
semplicemente Oscar, c'erano solo lei ed André, nessun altro.
Era ancora di fronte a lui, lo sguardo sui suoi occhi verdi,
così diversi quella sera, prese coraggio e con un filo di
voce tentò di dire qualcosa
“André... cosa stia...” le labbra di lui
si portarono via il resto della frase, in un istante, un
“shhh” sussurrato e le labbra si posarono
su quelle di Oscar in un bacio delicato ma deciso, e lei rispose, con
una tale passione che non credeva di possedere, con una tale voglia di
assaporare un'altra persona che non immaginava potesse provare... il
suo corpo compieva gesti a lei sconosciuti in modo così
naturale da stordirla...
Oscar portò le mani tra i capelli di André,
spingendoselo contro, per rendere il bacio ancora più
intenso, ancora più profondo, per assaporare ogni
particolare di quella bocca che non aveva mai considerato sotto questo
aspetto... e lui rispose a quel gesto baciandola come avrebbe voluto
fare da tanto tempo e concentrando, ora, tutta la voglia di quegli
anni... Le mani di lui si posarono sulla schiena di lei sfiorandola
leggermente, dalla base fino ad arrivare al collo e poi su tra i
capelli, glieli strinse tra le dita per un attimo, in un impeto di
passione, e a questo gesto Oscar si bloccò, staccando le
labbra da quelle di lui, gli occhi fissi sui suoi in uno sguardo
interrogativo, la bocca ancora leggermente aperta, umida, sembrava
intenzionata a voler dire qualcosa ma non lo fece e fu di nuovo nella
sua bocca... André sentì le dita di Oscar tra i
capelli, le sentì accarezzarlo e farsi strada verso il
collo, la schiena, e soffermarsi in carezze più forti e
continuare giù lungo la vita, fino a quando lei gli strinse
il tessuto della camicia e gliela sfilò dai pantaloni, in
pochi istanti, e subito le mani calde sotto la stoffa, sulla schiena
nuda... e il seno contro il suo petto, ne sentiva la forma
piena, avrebbe voluto toccarlo ma prima che potesse fare qualsiasi
movimento vide le mani di Oscar sbottonargli la camicia,
percepì un leggero tremore delle dita e sorrise di questa
cosa, così dolce e buffa al tempo stesso, aspettò
che finisse di aprire ogni bottone e solo allora gli mise la mano sotto
il mento e gli sollevò il viso, era bellissima con un
leggero imbarazzo negli occhi e le labbra arrossate per i baci troppo
violenti...
“Sei bellissima” André non
potè fare a meno di dirglielo, e l'imbarazzo di Oscar si
fece più intenso, abbassò il viso, intimidita, ma
lui si fece più vicino e baciò ancora quelle
caldissime labbra rosse... e nei minuti successivi le mani di Oscar si
fecero più impazienti liberando il corpo di André
dalla camicia, sentendo finalmente i propri corpi vicini, uno contro
l'altro, pelle contro pelle, una sensazione strana, nuova, piacevole...
e senza che se ne rendesse conto sentì le proprie mani
poggiarsi sul petto di quello che fino a poche settimane prima era solo
ed esclusivamente il suo migliore amico, percependo sotto le dita i
muscoli che i suoi occhi avevano solo intravisto, qualche volta, quando
André lasciava la camicia leggermente aperta, era tutto
così strano, tutto così nuovo, la voglia di
scoprire il corpo dell'altro e desiderarlo fino a star male, e lei
desiderava di più, mentre lasciava scorrere le mani lungo il
ventre e più in basso, e lei voleva scoprire di
più, quando cercò di sbottonare i pantaloni di
André...
“Hey...” disse André quasi sussurrando,
con un tono dolce, mentre bloccava le mani di Oscar, e lei si
fermò con l'espressione di chi ha fatto qualcosa che non
doveva.
“Cosa stiamo facendo Oscar?” era André
che lo chiedeva questa volta, e questa volta fu Oscar che risposte, con
una risposta chiara e semplice, baciandolo con tutta la passione che
aveva in corpo e aprendogli i pantaloni, senza trovare delle mani a
fermala, questa volta. Lei lo voleva, accettava tutto ciò
che stava accadendo, e voleva lui.
André era accecato da una felicità che aveva
rincorso per tutta la vita, travolto da una passione così
immensa che non credeva di trovare in Oscar, la voleva, l'aveva sempre
voluta, ed ora era li, tra le sue braccia, si lasciò
andare... la spinse contro la parete premendo il corpo contro
il suo, cercando il contatto con la sua pelle, col suo seno, la
sentì gemere quando gli carezzò una coscia, la
strinse nella mano e l'alzò portandosela attorno
alla vita, spingendosi sempre di più contro il suo corpo,
con la precisa intenzione di dimostrargli il desiderio che aveva per
lei, con l'intenzione che lei sentisse il suo essere uomo, la sua
eccitazione ancora fasciata negli abiti. Oscar sentiva tutto questo e
desiderava poter sentire di più, tutte quelle sensazioni che
nel corso della vita gli erano state, e si era negata... ma ora
sentiva... sentiva la bocca di André posarsi sul collo e
scendere lungo le clavicole, le mani attorno a quel seno che aveva
sempre odiato, e il suo viso sul petto, lei non potè far
altro che tenergli la testa tra le mani e carezzargli i capelli mentre
la sua bocca le faceva scoprire nuovi piaceri, lo sentì
scendere ancora, le labbra calde sul ventre, e a quel punto lo
fermò e lo fece tornare su per baciarlo ancora e ancora... e
fu in quel momento che lui la sollevò facendo passare le sue
gambe attorno alla vita, la prese in braccio e la fece poggiare sul
letto.
I baci si interruppero, così come le carezze, solo i
respiri, ancora affannosi, non cessarono, si guardarono per minuti che
sembrarono interminabili...
“Oscar io... io voglio continuare... non immagini quanto io
voglia tutto questo, ma non posso, non posso continuare
così, sapendo che lo stai facendo per chissà
quale motivo, per rabbia, per vendetta contro tuo padre...”
André si dovette sforzare per dire quello che aveva detto,
avrebbe potuto non farlo, avrebbe potuto approfittarne ma amava troppo
Oscar per fargli una cosa simile, e farla a se stesso. Oscar non
rispose, distolse lo sguardo e rimase in silenzio.
“Oscar dimmi qualcosa, qualsiasi cosa, ti prego. Io... io ti
amo, lo sai, e ho sperato che accadesse questo da sempre, ma se lo stai
facendo per delle ragioni sbagliate io mi fermerò, e
andrò via, te lo giuro, non voglio approfittarne”
“Non chiedermi nulla André, ti prego. So benissimo
che non ti stai approfittando di me, non l'ho pensato nemmeno per un
secondo...”
“Oscar io non posso...” André non
poté terminare la frase, lei glielo impedì,
posandogli una mano sulle labbra e baciandolo subito dopo stringendolo
contro il proprio corpo, l'uomo era perduto, di nuovo.
Oscar sapeva esattamente cosa stava facendo e ancor di più
aveva ben chiari i sentimenti che nutriva per André, l'aveva
capito qualche giorno prima, quando aveva temuto di perderlo e non
rivederlo mai più, l'aveva capito quando l'affetto per
Fersen era scivolato via così velocemente dopo che
André l'aveva accolta nel proprio letto durante il temporale
e l'aveva coccolata come aveva fatto in passato quando erano bambini,
l'aveva capito, quel sentimento era sempre stato li, dentro di lei,
aveva assunto varie forme durante il corso degli anni, ma sotto era
rimasto immutato, era fatto di una sola essenza... amore... dirlo
sarebbe stato così semplice, per chiunque, ma non per lei.
André tentò di nuovo di sapere, di chiedere, ma
Oscar ebbe per lui armi affilate che lo fecero desistere dal
continuare... e successe quello che doveva succedere da tempo. Il resto
degli indumenti volò via in un soffio e le mani scoprirono
posti sconosciuti, e sensazioni, e respiri, nuovi.
André saggiò ogni centimetro di quella pelle
bianchissima che aveva sognato innumerevoli volte, ne scoprì
il sapore, era sopra di lei, pelle contro pelle, fece scivolare la mano
sul ventre e poi sempre più giù, e li si
fermò, avvicinò il viso a quello di Oscar, si
guardarono, senza imbarazzo, continuarono a guardarsi fino a quando lui
gli scivolò dentro e la vide chiudere gli occhi, e allora le
baciò la fronte, il viso, le sussurrò che
l'amava, da sempre, e poi si perse nella sua bocca, come si stava
perdendo nel suo ventre.
Si amarono per un tempo indefinito, persi l'uno nell'altro, si amarono
fino a quando non poterono far di più, fino a quando non
poterono andare oltre, e allora si divisero.
Oscar si lasciò andare sul corpo di André,
poggiò la testa sul suo petto, il respiro era ancora
convulso come quello di lui, cercò di riprendere fiato
mentre passava le dita sulla pelle bagnata di André e in
quel momento sentì la mano di lui poggiarsi tra i suoi
capelli, rimasero così, in silenzio, gustandosi il piacere
di poter stare vicini. Era notte fonda, tutto il palazzo dormiva, il
generale Jarjayes accanto alla moglie, i domestici, perfino il conte
Louis, tutti tranno André ed Oscar, loro non volevano
perdersi un secondo di quella notte.
Oscar stava carezzando la pelle di André, tracciando strani
disegni con le dita, si sentiva felice, appagata, finalmente serena,
come se si fosse tolta un peso dal petto, sospirò
profondamente...
“Oscar... tutto bene?” chiese André
sottovoce, lei fece cenno di si con la testa, e lui continuò
ad accarezzargli i capelli con un sorriso sul viso che non riusciva a
togliersi di dosso.
Oscar si girò, poggiò il mento sul petto di
André e rimase a guardarlo, con le labbra imbronciate e uno
sguardo da bambina
“Oscar, sei sicura che vada tutto bene?” la voce di
André lasciava trasparire una leggera ansia
“...se c'è qualcosa che non va ti prego di
dirmelo... io non... io non vorrei essere stato troppo
brusco...” André era decisamente a disagio, Oscar
lo guardava con aria interrogativa
“...sono stato troppo brusco, forse ho esagerato... avrei
dovuto controllarmi di più...” André
era in imbarazzo ed il viso aveva assunto un'espressione buffissima,
Oscar sorrise, si poggiò con la guancia sul suo petto e
ciocche di capelli le si posarono sul viso, lo guardò e
disse, in modo impercettibile
“Io credo proprio di amarti...” ecco cosa le stava
accadendo, si disse.
“Cosa?... cosa hai detto Oscar?”
“Niente André, niente...” Oscar non se
la sentiva ancora di pronunciare quelle parole ad alta voce.
André invitò Oscar a farsi più vicina,
lei gli si mise accanto, su un fianco e lui si accostò al
suo corpo, abbracciandola, baciandole la spalla, il collo, e
sussurrando come fossero respiri
“Sei bellissima Oscar... ti amo, lo sai?” lo
ripeteva all'infinito conscio del fatto che lei non avrebbe mai
risposto, ma era felice così.
Si addormentarono senza rendersene conto.
“Conte Louis, vi siete alzato presto, avete dormito bene? E
ditemi, vi prego, come è andata la serata con mia
figlia?” Il generale Jarjayes era impaziente di sapere
l'esito di quell'incontro.
“Generale Jarjayes, ho dormito stupendamente, e per quel che
riguarda la serata, che dire... vostra figlia ha colpito il mio cuore e
credo di aver fatto breccia anche nel suo... rallegratevi Generale,
credo proprio che in breve tempo avrete un matrimonio in questa
casa”
“Dite davvero conte? Non immaginate quanto io ne sia felice,
non speravo in un tale successo, ma sapevo che sareste stato l'uomo
giusto per mia figlia. Conte venite con me, voglio offrivi da bere,
dobbiamo festeggiare” e così dicendo il generale e
il conte uscirono da palazzo Jarjayes per recarsi in uno dei tanti
salotti per soli uomini.
Oscar aprì gli occhi lentamente, la luce del sole che
filtrava dalle persiane le dava fastidio, si guardò attorno
e vide sul pavimento i resti, come morti, degli indumenti che aveva
indosso la sera precedente, quegli abiti femminili che le ricordavano
ora, alla luce del mattino, cosa era successo durante la notte... e li
accanto a lei c'era lui, André, il suo André,
l'uomo che l'aveva fatta sentire donna con un semplice bacio.
Lo guardò dormire per un tempo infinito, osservò
il suo viso disteso e tranquillo, come non lo vedeva da tempo,
studiò le linee delle sue braccia, del petto, che erano
sfuggite ai suoi occhi durante la notte, e lo trovò
bellissimo... lo guardò ancora per qualche minuto e poi non
resistette dal passargli un dito sulle labbra, quelle labbra
così calde e morbide che l'avevano fatta impazzire qualche
ora prima.
André si svegliò, mostrando i suoi bellissimi
occhi verdi, baciò il dito che lei stava passando sulle sue
labbra, poi dischiuse la bocca e lo morsicò leggermente.
“Hey, hai intenzione di mangiarmi?” Oscar rideva
“L'intenzione era proprio questa...” disse
André poco prima di girare Oscar e stendersi su di lei, che
iniziò a ridere un po' troppo rumorosamente.
La bocca di André le stava percorrendo il corpo, lasciando
dietro di sé piccoli morsi, sul collo, le spalle, il seno,
le braccia, il ventre e tanti, tantissimi sulle labbra facendole
diventare rosse come il fuoco, e rendendole così, ancora
più invitanti e piene.
Oscar non riusciva a smettere di ridere nonostante i
“rimproveri” di André
“Oscar non ridere così forte, vuoi che qualcuno ti
senta?”
“....no no... ah ah ah... ma non riesco a smettere... mi stai
facendo solletico...”
“vediamo se riesco a farti smettere...” e
suonò come una minaccia... in un attimo André
posò le labbra su quelle di Oscar in un bacio profondo, in
un lunghissimo bacio... ovviamente lei smise di ridere.
Oscar perse il controllo di sé, come era successo durante la
notte, sentì le sue gambe schiudersi e posarsi attorno ai
fianchi di André, sentì il proprio corpo muoversi
contro quello di lui ricercando un contatto, un piacere che non
tardò ad arrivare, fu presto accontentata, l'uomo fu di
nuovo in lei, in un attimo... il dolore che aveva provato quella notte,
quel piccolo prezzo che dovette pagare, per essere una donna, era
svanito, lasciando il posto al piacere, solo al piacere... un piacere
che invase entrambi lasciandoli stremati ma felici, l'uno nelle braccia
dell'altro.
Sapevano che avrebbero dovuto separarsi il prima possibile, era ormai
giorno inoltrato e stavano rischiando d'essere scoperti, ma nessuno dei
due aveva intenzione di alzarsi.
“Oscar devo andarmene da qui...”
sussurrò André mentre ancora la stava abbracciando
Oscar non disse nulla, abbracciò André ancora
più intensamente, aggrappandoglisi addosso e nascondendo il
viso contro il suo petto.
“Oscar non fare così, ti prego, devo andare, lo
sai.” disse questa volta con un tono più deciso,
mentre tentava di alzare il viso di lei, e quando finalmente ci
riuscì vide che stava piangendo, tentò di dire
qualcosa per rassicurarla ma lei lo precedette.
“Come farò ora André, come
farò? Se ieri sera non avevo intenzione di sposare il conte,
oggi la trovo una cosa inconcepibile. Come farò? Come? Io
non voglio sposare il conte, non voglio sposare nessuno... io...
io...” e il pianto si fece più feroce.
“Ascoltami... Oscar guardami... smetti di piangere, non
pensiamo a questo adesso, troveremo una soluzione, hai capito? Ma ora
smetti di piangere, ti prego” le diceva asciugandogli le
lacrime dalle guance. La tenne stretta per qualche minuto e poi si
obbligò ad alzarsi. Si vestì velocemente evitando
di guardare quel letto che avrebbe voluto raggiungere immediatamente,
si voltò soltanto quando fu pronto ad andarsene e allora la
vide alzarsi, avvolta nel lenzuolo, lo teneva fermo sul seno con un
braccio, i capelli le ricadevano morbidi sulle spalle e sulla schiena
nuda, come avrebbe potuto uscire da quella stanza adesso,
pensò André... le si avvicinò senza
dire nulla, poggiando soltanto le labbra su quelle di lui e
mordicchiandogliele piano...
“Dio, Oscar, se fai così come credi che
potrò uscire da questa stanza?”
“Non devi necessariamente uscire da questa
stanza...” disse continuando a tormentargli le labbra
“Devo uscire da questa stanza Oscar... fai la
brava...” disse con poca convinzione mentre tentava di
allontanarla da lui. La prese per mano e si diressero verso
la porta, passarono accanto al letto che li aveva accolti in quella
notte che non avrebbero più dimenticato, e in quel momento
Oscar si bloccò, André la vide fissare un punto e
poi abbassare il viso imbarazzata... su quel grande letto, sulle
bianchissime lenzuola di seta c'era ora un segno rosso, la pennellata
di un pittore su una tela immacolata, che strano paragone era balzato
nella mente di André, che non disse nulla al riguardo, si
limitò a stringere Oscar tra le braccia e sussurrarle
“Quello che è successo stanotte... quello che
abbiamo fatto... è stato magnifico. Ti amo Oscar”
poi aprì leggermente la porta e
controllò che non ci fosse nessuno nei paraggi,
uscì e scese la scalinata senza mai voltarsi.
Oscar avrebbe voluto fermarlo in quell'istante e dire ad alta voce
ciò che sentiva dentro, per lui, ma la paura la
fermò, di nuovo. Chiuse la porta, fece un bagno caldo e si
vestì pensando a cosa raccontare alla vecchia
governante quando questa avrebbe notato il sangue sulle lenzuola... una
ferita alla gamba durante un allenamento, ecco, quella poteva essere
una buona giustificazione.
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Capitolo 6 *** capitolo 6 ***
Il generale Jarjayes e il conte Louis erano rientrati a palazzo dopo
aver “festeggiato” l'esito positivo della serata
precedente, conversavano tra loro come vecchi amici. André
passò davanti a loro, salutando, ma cercando comunque di
passare “inosservato”, tentativo vano, il generale
lo invitò ad avvicinarsi.
“André ho bisogno del tuo servizio, devi
accompagnare il Conte a Parigi”
“Certo signor Generale”
“Conte vi lascio nelle mani di André, vi
mostrerà la strada per Parigi e vi condurrà
ovunque vogliate” e con queste parole il generale Jarjayes si
allontanò da loro.
“André, vi chiamate così
giusto?”
“André Grandier, conte”
“Bene André, sellatemi un cavallo, niente
carrozza, voglio cavalcare”
André sellò un cavallo al Conte chiedendosi come
aveva potuto lasciarsi incastrare in quella situazione spiacevole,
l'ultima persona con cui avrebbe voluto fare un viaggio era proprio
quel Conte con la puzza sotto il naso che aveva intenzione di sposare
Oscar.
“Conte, il cavallo è pronto, vogliamo
andare?”
“Pronto, possiamo partire André”
Cavalcarono per una buona mezz'ora senza dire una parola,
André ne fu sollevato, il Conte, a quanto pare era un nobile
vecchio stampo, uno di quelli che non amava parlare con la
servitù.
“André, perdonatemi, siete a servizio dai Jarjayes
da molto tempo?” chiese il Conte improvvisamente,
“a quanto pare non è un nobile di così
vecchio stampo” pensò André mordendosi
la lingua.
“Si può dire che io sia a servizio a palazzo
Jarjayes da tutta la vita, dall'età di 6 anni”
André vide lo sguardo perplesso del Conte e cercò
di spiegarsi meglio.
“Sono arrivato a palazzo dopo la morte dei miei genitori, il
generale Jarjayes concesse a mia nonna, che lavorava come governante,
di tenermi con lei”
“Un gesto davvero generoso da parte del generale
Jarjayes”
“Molto generoso, si.” André
faticò a pronunciare quelle parole “Oscar aveva
bisogno di un compagno di giochi, e di una figura maschile con cui
confrontarsi, da cui imparare a comportarsi... questo fu il mio primo
compito a palazzo Jarjayes”
Il viso del Conte aveva assunto un'aria interrogativa.
“André, mi state dicendo che voi, un dipendente...
un servo...”
“Si, conte, sono cresciuto con Oscar”
“Una situazione alquanto bizzarra direi” il conte
era visibilmente stupito
“Bizzarro come educare una donna a vivere come un
uomo...” il tono di André divenne duro.
Il conte rimase in silenzio, spiazzato dall'affermazione troppo
esplicita di André.
“Conte siamo giunti a Parigi” spezzò il
silenzio
Il Conte Louis ed André tornarono a palazzo Jarjayes nel
tardo pomeriggio.
Louis scese da cavallo, stanco, indolenzito, dette ordine alla
servitù di preparagli un bagno caldo, André nel
frattempo portò i cavalli nelle scuderie, stremato anche lui
dalla giornata col conte, aveva voglia di vedere Oscar e si chiese dove
fosse in quel momento.
Oscar aveva passato la giornata suonando il piano e leggendo, aveva
incrociato il generale parecchie volte ma lui ebbe per lei solo parole
di saluto e nient'altro, non fece parola della serata con Louis, anche
se, Oscar lo sapeva, ne aveva parlato sicuramente col Conte, un
comportamento strano quello del padre, che stesse bramando qualcosa
alle sue spalle? Oscar non volle pensarci, non quel giorno, quel giorno
era solo per lei e André, c'era lui nella testa, nel cuore,
sulla pelle, le sue parole, le sue labbra, il suo profumo, solo
André e quello che c'era stato tra loro, quello che avevano
fatto... avevano fatto l'amore... Oscar lo ripeteva nella mente ed
aveva un suono così strano e bellissimo...
“abbiamo fatto l'amore...” Oscar non conosceva
altre parole all'infuori di quelle
“Oscar...” quasi sussurrato
“André” un nome e la voglia di toccarlo,
ma non poté farlo.
Il conte Louis scese in salotto, rimase sulla porta quando vide Oscar e
André all'interno della stanza, uno di fronte all'altro, li
osservò conversare e ridere, come avrebbero fatto due amici,
due fratelli, con quella confidenza e naturalità che,
pensò il conte, non avrebbe dovuto esserci tra un servo e un
nobile, eppure per loro sembrava tutto così normale, come se
non avessero fatto altro, come se non fossero stati altro che quello
per tutta la vita. Questo fatto non piaceva al Conte, per niente.
“Madamigella Oscar, finalmente. Come state?” Louis
entrò spavaldo nel salotto, prese la mano di Oscar e con un
leggero inchino gliela baciò.
“Conte, vi prego” il disagio di Oscar si percepiva
chiaramente
“Conte? Oscar, ve ne prego, chiamatemi soltanto Louis come
avete fatto ieri sera”
“Conte... io...” la voce di Oscar si fece lieve
mentre i suoi occhi si posarono per qualche istante su
André, il particolare non passò inosservato al
Conte.
“Perdonatemi Oscar, ho forse interrotto qualcosa?”
“Stavo giusto andando. Se volete scusarmi. Conte.
Oscar” fu André a rispondere.
“Oscar ditemi, ho interrotto qualcosa, il vostro attendente
mi è sembrato turbato”
“Non vi preoccupate, stavamo solo chiacchierando”
“Avete uno strano rapporto con la servitù, mia
cara Oscar...”
“André è un amico, Conte, siamo
cresciuti insieme” Oscar era infastidita
“...ma è pur sempre il vostro attendente”
“André è prima di tutto un amico.
Scusatemi Conte debbo andare” Oscar lasciò la
stanza senza aspettare il saluto del Conte, voleva raggiungere
André... “sarà nelle
scuderie” pensò Oscar e affrettò il
passo... ma non riuscì a lasciare il palazzo, il generale,
suo padre, la fermò prima che potesse uscire.
“Oscar ho bisogno di parlarti, viene nel mio
studio” Oscar annuì con la testa.
“Siediti Oscar, siediti” il generale aveva un tono
insolitamente calmo e gentile
“Si, padre. Ditemi” Oscar si aspettava il peggio
“Questa mattina ho conversato col Conte, ho saputo della
vostra serata e... Oscar sono così felice di apprendere che
hai seguito il mio consiglio... sono felice che tu abbia accettato la
corte del Conte. Hai fatto la cosa giusta Oscar, credimi.”
“Padre... io...”
“Oscar non ti devi vergognare, vedrai che col tempo l'essere
donna ti sembrerà naturale. Sarai felice ne sono
certo”
Oscar stava per dire qualcosa ma il generale sembrava essere divenuto
sordo alle sue parole.
“Presto mi recherò da Sua Maestà per
chiedere il permesso di farti sposare col Conte...” Oscar
sentì il cuore spaccarsi nel petto e sperò di
morire in quell'istante
“...non c'è motivo d'aspettare oltre Oscar, ho
già rubato anni preziosi alla tua vita di donna, voglio che
tu sia felice, adesso, dandoti in sposa al Conte, il prima
possibile”
Oscar fece un cenno di approvazione col capo, non era in grado di
parlare in quel momento. Il generale se ne andò con
un'espressione compiaciuta sul viso e lei rimase nello studio del padre
maledicendosi per non aver detto semplicemente “no”
all'imposizione di un matrimonio che non voleva, era adulta, aveva
vissuto come un uomo e quindi con tutta la libertà che
questo ruolo può avere, eppure, di fronte a questo non era
riuscita a rifiutare, davanti a questa imposizione si era trasformata
in una delle tante donne che aveva visto negli anni, comprese le sue
sorelle, sottomesse al volere di un uomo, o forse semplicemente non
voleva arrecare un altro dispiacere al padre.
“Cosa mi sta succedendo? Questa non sono io” disse
a se stessa coprendosi il viso con le mani e poi uscì a
cercare André.
André era nelle scuderie intento a strigliare i
cavalli, sistemare le carrozze, qualsiasi cosa per cercare di allentare
la tensione che aveva in corpo dopo aver visto il Conte con Oscar,
anche lui non vedeva soluzioni alla situazione che stava inghiottendo
la vita di Oscar e in qualche modo anche la sua.
“Una soluzione ci sarebbe...” disse a voce bassa,
la soluzione sarebbe stata di scappare con lei, lontano da tutto e
tutti, ma non era sicuro che lei avrebbe accettato, anzi, ne era
più che certo.
André stava ancora pensando a tutto questo quando
sentì aprirsi la porta delle scuderie e la vide entrare.
“Oscar...” non fece in tempo a dire altro, Oscar lo
stava abbracciando, così forte da fargli mancare il fiato.
“Oscar potrebbe vederci qualcuno” le disse
tenendola, comunque, stretta a sé
“André andiamo via, prendiamo i cavalli e andiamo
via...”
“Oscar non possiamo, tuo padre darà una grande
cena stasera, mi ha pregato di ricevere le carrozze degli invitati...
cosa ti succede Oscar?” André avrebbe voluto
proporle, in quel momento, di scappare via con lui, per sempre... lei
non disse nulla, continuava a tenerlo stretto.
“Oscar adesso devi andare, è pericoloso stare qui
così. Verrò da te stanotte” le diede un
lieve bacio sulle labbra e poi la vide andare via.
Oscar si presentò svogliatamente alla cena che il padre
aveva organizzato, parlò lo stretto necessario, e solo se
interpellata, con gli invitati, non era di buon umore quella sera se ne
accorsero tutti i presenti ma solo uno di questi si prese la briga di
chiedere spiegazioni.
“Oscar avete voglia di fare due passi?”
“Fersen...” Oscar era così distratta
quella sera che non si accorse che anche il conte di Fersen era tra i
tanti invitati
“...certo Fersen mi farebbe piacere”
“Oscar, scusatemi, ho notato un velo di tristezza sul vostro
viso, cosa vi succede?” Fersen era sinceramente preoccupato,
ma Oscar non rispose, rimase in silenzio camminando dietro di lui, fu
lui a fermarglisi di fronte e parlare di nuovo.
“Oscar, vi prego, ditemi cosa vi turba, sapete che potete
parlare liberamente con me e se mi fosse possibile esservi d'aiuto, per
me sarebbe un onore”
“Fersen... io...” le parole non riuscivano ad
uscirgli dalle labbra e aveva voglia di piangere, il conte allora gli
si avvicinò posando le mani sulle sue braccia e guardandola
dritto negli occhi.
“Oscar, avanti, respirate e... ditemi”
“Mio padre ha deciso che io debba sposarmi. Mio padre vuole
che io sposi un conte, figlio di un suo vecchio amico. Fersen io... io
non voglio sposare il conte, io non voglio sposarmi”
“Il generale Jarjayes vuole che vi sposiate Oscar? ...ma se
vi ha sempre fatta vivere come un uomo... è
paradossale!” il conte era allibito da una tale rivelazione
“Oscar non potete semplicemente rifiutarvi?”
“Fersen non è così semplice come
sembra, o forse sono io che non faccio nulla per renderla meno
difficile. Non lo so, è così difficile per me,
ora, oppormi a mio padre. Non lo so Fersen sono così
confusa, ma so che non voglio sposarmi.” Oscar
sentì gli occhi riempirsi di lacrime e cercò di
rimandarle indietro, non voleva piangere di fronte al conte e rendersi
ancora più vulnerabile.
“Oscar vi prego non piangete, vi aiuterò
io”
“Come volete aiutarmi Fersen? Nessun può
aiutarmi”
“Fidatevi di me Oscar, questa sera, andrò da
vostro padre e chiederò la vostra mano”
“Cosa?” Oscar era sconvolta.
“Oscar, calmatevi, non voglio davvero chiedere la vostra
mano, voglio aiutarvi a prendere tempo, capite? Se vostro padre
riceverà più di una proposta per voi
dovrà valutare ogni pretendente, il che significa tempo,
più tempo per voi, per decidere cosa fare della vostra vita.
Oscar vi prego, permettetevi di aiutarvi.” Fersen ora le
teneva le mani.
“Fersen io non so cosa dire. Io non posso che ringraziarvi di
cuore per quello che state per fare per me. Grazie Fersen, non lo
dimenticherò mai.” ora erano le mani di lei a
stringere quelle del conte di Fersen.
Oscar e Fersen si separarono poco dopo, lei si confuse tra gli invitati
e lui si fece strada verso il generale Jarjayes.
Anche l'ultimo invitato stava lasciando il palazzo, Oscar osservava
dalle vetrate del salotto le carrozze allontanarsi, ma sopratutto
guardava André e per qualche istante si dimenticò
di tutto, ma quella pace durò il tempo di un respiro,
sentì una mano sulla spalla, era il conte di Fersen.
“Oscar ho parlato con vostro padre, credo che
accetterà la mia proposta, mi ha invitato a rimanere da voi
per la notte, domattina presto andrò con lui ad una battuta
di caccia, una scusa per definire la faccenda”
“Fersen vi ringrazio, ma non vorrei che questa faccenda vi
possa recare danno, non me lo perdonerei mai”
“Oscar non vi date pensiero per questo, non mi arreca nessun
danno, ho promesso di aiutarvi e manterrò la promessa. Ora
vi saluto, a domani Oscar, vi auguro una buonanotte” Fersen
le baciò la mano e ad Oscar sembrò tutto
così naturale, come se quel gesto fosse stato sempre parte
della loro amicizia.
“Buonanotte Fersen, a domani”
André attese che tutto palazzo Jarjayes fosse a dormire per
raggiungere Oscar nella sua stanza, aveva sognato quel momento per
tutto il giorno, quel pensiero aveva reso più semplice
sorridere a quei nobili che non facevano che guardarlo come se fosse un
mostro, da un po' di tempo gli era difficile stare accanto ai nobili,
forse perchè lui, come tanta altra gente del popolo, si
rendeva conto della povertà che ormai regnava in Francia,
anche a causa di quelle persone ricche... brutti pensieri che
cercò di scacciar via, tutto quello che voleva fare in quel
momento era vedere Oscar... ed è quello che fece,
salì di corsa su per la scalinata, bussò alla
porta di Oscar e qualche secondo dopo scomparve dentro la stanza.
Non tutti a palazzo Jarjayes stavano dormendo, il conte di Fersen era
uscito dalla propria stanza per un bicchiere di vino, si trovava in un
punto buio del lungo corridoio quando vide qualcosa che non si
aspettava di vedere, André entrare nella stanza di Oscar in
piena notte.
“Ma cosa...?” fu tutto quello che riuscì
a dire nel buio di palazzo Jarjayes.
Oscar aprì la porta ad André e non ebbe il tempo
di dire nulla che lui fu subito sulle sue labbra, la baciò
così intensamente da fargli male, la prese tra le braccia e
la spinse contro la porta continuando a baciarla mentre, prudentemente,
chiuse a chiave... il bacio si spostò lungo il collo e le
mani stavano già sbottonandogli la camicia scoprendo le
curve morbide del seno...
“André...”
“Oscar mi sei mancata così
tanto”
“André... anche tu... ma...” Oscar
cercava di parlare in modo chiaro ma stava ansimando
“ma?” chiese lui mentre continuava a baciarle il
collo
“...ma... dobbiamo parlare André...”
“stiamo parlando Oscar...” e le sue mani si
infilarono sotto la camicia ed iniziarono ad accarezzarle la schiena
nuda.
“mio padre vuole farmi sposare il conte Louis...
andrà da sua maestà per chiedere il permesso di
sposarmi ma... André... non posso parlarti se... se fai
così...” Oscar sentì le mani e le
labbra di André sul seno, sposò la sua testa con
le mani, cercò di avere la sua attenzione.
“André! Ascoltami! Mio padre vuole farmi sposare
il conte Louis!”
“Oscar basta che tu dica di no” André
era tornato serio
“André lui non me lo permetterà mai ed
io... non lo so... non posso... non riesco a contraddirlo.”
“Oscar cosa ti sta succedendo? Hai sempre fatto quello che
ritenevi giusto a costo di andare contro tuo padre, ed ora non riesci a
dire un semplice no? Se ti costringerà a sposarti cosa
farai? Cosa faremo?” André si era ormai staccato
da lei.
“Non lo so cosa mi sta succedendo, sono così
confusa, ho paura di... di deluderlo ancora... non lo so
André, ma non ti preoccupare, qualcuno è disposto
ad aiutarmi” Oscar sorrideva
“Chi ti può aiutare Oscar? E come?”
“Fersen. Si è offerto di aiutarmi, mi
aiuterà a guadagnare un po' di tempo, in modo che io possa
decidere cosa fare”
“In che modo, Oscar?” André era
infastidito
“Ha chiesto a mio padre la mia mano” Oscar
pronunciò questa frase con tranquillità
“Fersen? Oscar! Fersen?” André stava
alzando la voce
“André, Fersen non mi vuole sposare, vuole solo
aiutarmi”
“Certo, vuole solo aiutarti...” André
posò le mani sulle braccia di Oscar e la sposò da
davanti la porta e uscì senza ascoltarla, era furioso.
“André! André!” ma
lui era già scomparso nel buio della casa, Oscar chiuse la
porta e ebbe ancora voglia di piangere, era una sensazione che in
quell'ultimo periodo era sempre con lei.
Il conte Fersen era ancora nel corridoio quando vide uscire
André dalla stanza di Oscar, era rimasto nell'ombra, a
spiare, si, doveva ammetterlo, anche se questa cosa non lo faceva
sentire orgoglioso di se stesso.
Il palazzo era buio ma percepì la rabbia di André
quando lo vide correre per le scale e sbattere la porta della propria
stanza, era successo qualcosa nella stanza di Oscar, ma Fersen non
riusciva ad immaginare... l'unica cosa da fare era scoprirlo e il conte
Fersen non era mai stato un uomo riservato, al contrario, era un uomo
che non conosceva vergogna, ma sopratutto era un uomo curioso.
Fersen bussò alla porta di Oscar.
Oscar si abbottonò la camicia che pochi istanti prima
André le aveva aperto, era riuscita a bloccare le lacrime,
non voleva piangere, voleva soltanto pensare ad una soluzione che
l'avrebbe riportata ad una vita normale, stava per mettersi a letto
quando sentì bussare.
“André” disse a se stessa e
aprì la porta con una sicurezza e con un sorriso sulle
labbra che spiazzò la persona al di fuori della stanza.
“Fersen! Cosa ci fate qui in piena notte?”
“Oscar perdonatemi, posso entrare? Ho bisogno di
parlarvi”
“Conte è molto tardi e non è il caso
che voi entriate nella mia stanza”
“Ho bisogno di parlarvi, ora” la voce di
Fersen era diventata decisa, quasi autoritaria
“No, Fersen, no. Andatevene.” Oscar socchiuse
leggermente la porta, ma il conte la fermò con la mano.
“Oscar, ho visto entrare André nella vostra stanza
ed uscirvi qualche minuto dopo. Credo che sia il caso che mi
raccontiate tutto. Non credete?” era lei quella spiazzata
ora, non disse nulla e si limitò ad aprirgli la porta e
farlo entrare.
“Allora, Oscar, volete spiegarmi cosa sta accadendo? Sono a
conoscenza della profonda amicizia che vi lega ad André, so
che siete cresciuti insieme, ma un'amicizia non giustifica quello che
ho visto, un attendente non entra in piena notte nelle stanze di una
donna”
“Fersen non mi piace il modo in cui vi state rivolgendo a me,
così come non tollero le insinuazioni che state
facendo” Oscar era davanti al conte, gli occhi fissi su di
lui, sicura e dura.
“Perdonatemi, ma non credo che siano solo delle
insinuazioni” Fersen abbassò lo sguardo
pronunciando quelle parole e non vide la mano di Oscar alzarsi e
schiaffeggiarlo.
“Uscite immediatamente dalla mia stanza Fersen”
“Certo Oscar, scusatemi, ma credo di aver compreso cosa sta
accadendo e mi intristisce appurare che non vi fidate di me”
con queste parole ancora nell'aria Fersen uscì dalla stanza
di Oscar e ritornò in quella degli ospiti, realmente
rammaricato ma intenzionato a scoprire la verità.
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Capitolo 7 *** capitolo 7 ***
André camminava nervosamente nella propria stanza
chiedendosi come Oscar avesse potuto accettare un tale aiuto da Fersen
e un istante dopo si ritrovava a rispondere a se stesso, pensando che
fosse ovvio che lei avesse accettato immediatamente, in fondo era stata
innamorata di Fersen, ed ora lui la chiedeva in sposa, tutto quello che
aveva sempre desiderato. André diede un pugno alla porta,
era furioso, ricominciò a camminare nella stanza.
“Perchè Oscar? Perchè accettare un
aiuto simile? Tu ami ancora Fersen...” l'uomo parlava a voce
alta, a se stesso, e sferrò un altro pugno contro la porta,
e poi uscì, furente, doveva andare da Oscar, doveva
affrontarla.
Entrò nella stanza di Oscar senza bussare,
spalancò la porta e la richiuse senza curarsi che sbattesse
facendo rumore, lei era in piedi davanti alla finestra si
voltò di scatto quando sentì aprirsi la porta.
“André! Sei impazzito” il suo tono era
di rimprovero.
“Si Oscar sono impazzito, sono così in collera
che...” André cercò di trattenersi.
“Sei in collera per cosa? Perchè Fersen vuole
aiutarmi? Sei ridicolo André!”
“Ridicolo? Tu eri innamorata di Fersen, hai messo in
discussione la tua vita e il tuo modo d'essere per lui, eri disposta a
vivere come una donna, per lui, ed ora lui vuole aiutarti fingendo di
sposarti... non è questo che sognavi non molto tempo fa? Non
è questo che avresti voluto per voi? Ed io sarei quello
ridicolo?” gli si era fatto più vicino mentre
parlava.
“André, smettila!”
“Sei forse a disagio? Cosa succede Oscar, hai paura
di ammettere che provi ancora qualcosa per il conte di
Fersen?” André era di fronte ad Oscar
“André, basta!” Oscar gli
voltò le spalle e camminò verso la porta, ma lui
la bloccò afferrandogli il polso e tirandola verso di
sé.
“Non riesci neppure a guardarmi negli occhi Oscar”
“Lasciami andare, sei veramente ridicolo
André” Oscar ora lo guardava dritto negli occhi, e
lui per tutta risposta la bloccò contro la parete,
obbligandola a tenere il viso davanti al suo.
“Sono ridicolo, hai ragione, ma tu rispondi Oscar. Sei ancora
innamorata di Fersen?”
“André non lo ripeterò un'altra volta,
togliti e lasciami andare, sei fuori di te, hai perso la
ragione.” Oscar cercò di spostare André
ma lui mise le mani sulle sue braccia e la spinse ancora contro la
parete, facendole mancare il respiro quando il corpo picchiò
contro il muro.
“mi stai facendo male, lasciami!” e lui
allentò la presa attorno alle sue braccia, lasciandola
libera, giusto il tempo di chiederle ancora...
“Oscar rispondimi. Sei ancora innamorata di
Fersen?” André sembrava aver riacquistato un
briciolo di equilibrio.
“Vai al diavolo” disse Oscar guardandolo dritto
negli occhi, con una tale rabbia da farle infuocare le guance, e
posando le mani contro il petto di lui per allontanarlo, in
quell'istante tutta la collera di André scoppiò,
prese le mani di Oscar per i polsi e le bloccò con forza
contro il muro, lei cercò di liberarsi, si oppose con tutta
la forza che aveva in corpo, ma lui era come impazzito.
“Rispondi! Rispondi! Sei ancora innamorata di Fersen? Non
aspettavi altro che ricevere una proposta del genere da lui! Dillo
Oscar, dillo che ami Fersen!” André stava
urlandole contro, stringendogli i polsi e sbattendoglieli contro il
muro, lei si divincolò mentre lui non faceva che ripetere
quella frase, guardandola negli occhi e facendole un male cane
ai polsi, ed ora anche Oscar stava gridando, le loro voci si
confusero per un istante.
“Amo te, stupido idiota” ad Oscar uscirono quelle
parole senza quasi rendersene conto, così come le lacrime
che le scivolarono subito dopo sulle guance.
“Cosa...?” André era così
accecato dalla rabbia che credette di aver capito male.
“Amo te” disse con la voce rotta dal pianto.
André lasciò i polsi di Oscar, le braccia
ricadettero lungo i fianchi, non riusciva a dire nulla, poteva solo
guardarla e ripetersi che non stava sognando, non si rese nemmeno conto
dello schiaffo che Oscar gli diede, lo incassò e tutto
quello che potè fare dopo fu spingerla di nuovo contro la
parete, ma per baciarla, questa volta.
Stavano piangendo entrambi mentre le loro bocche si rincorrevano in un
bacio impaziente, quel momento di pace durò un secondo, fu
Oscar ad interromperlo spingendo André lontano da lei, con
delicatezza, ma in modo deciso.
“Ora vai André” Oscar era ancora ferita
dal suo comportamento.
“Oscar...” André sapeva il motivo per
cui lei lo stava allontanando ma aveva creduto che quel bacio fosse una
sorta di perdono.
“Ti prego, vai. Non me la sento di stare con te questa notte.
Cerca di capire.”
“Certo Oscar, capisco perfettamente. Ti chiedo ancora scusa
per...” André non finì la frase, la
porta della stanza si spalancò all'improvviso.
“Oscar cosa succede? ho sentito dei rumori, delle grida...
ma... cosa?” Fersen entrò nella camera di Oscar
come una furia, credendo che qualcuno fosse entrato, forse qualche
rivoltoso del popolo visti i disordini che vi erano in quel momento in
Francia, ma ciò che vide fu più sconvolgente di
quel che immaginava.
Oscar e André si voltarono verso la porta senza riuscire a
dir nulla, spiazzati, con la colpa scolpita sul viso, consapevoli
d'essere stati scoperti, o quasi...
“André cosa fate nella stanza di madamigella
Oscar?” Fersen era allibito, non attese la risposta dell'uomo.
“Oscar ma cosa sta succedendo? Volete spiegarmi? Ho sentito
dei rumori, delle grida...” Fersen rimase a distanza dai due,
come se ci fosse un limite invisibile che non era dato oltrepassare,
eppure poteva vedere qualcosa di strano sui loro volti, qualcosa era
successo, se già era insolito che André fosse
entrato nella stanza di Oscar in piena notte una volta, era ancora
più insolito che ci fosse ritornato una seconda.
“Conte non vi agitate non è accaduto nulla,
anch'io ho sentito dei rumori e sono salito a controllare, niente di
insolito” André cercò di essere
il più convincente e sincero possibile.
“Fersen vi ringrazio per essere accorso, siete davvero
premuroso, non dovete darvi tanto disturbo, siete un ospite non una
guardia del corpo.” Oscar si sforzò di sorridere.
“Ma allora, le grida?”
“E' vero Fersen, ho gridato, me ne vergogno... quando
André è entrato qui, come avete fatto voi, mi ha
spaventata a morte e involontariamente mi è uscito un grido
dalle labbra” si sforzò ancora di più
per cercare di ridere.
“Oscar, sono io che dovrei vergognarmi, entrare
così nella vostra stanza. Perdonatemi. Sono felice che non
vi sia accaduto nulla. Vogliate scusarmi madamigella Oscar,
buonanotte.” Fersen uscì dalla stanza, solo dopo
aver guardato André ed Oscar dritto negli occhi, non si
beveva nemmeno mezza delle parole che avevano pronunciato, non credeva
a nessuno dei due, e fu un particolare a rendere questa convinzione
ancora più forte, i loro visi, i loro occhi, entrambi
avevano pianto.
André seguì il conte di Fersen e si diresse nella
propria stanza, Oscar chiuse la porta e si buttò sul letto,
voleva solo dormire e dimenticare tutto, almeno per quella notte.
Il generale Jarjayes e il conte di Fersen partirono all'alba per la
loro battuta di caccia.
Il generale Jarjayes teneva il fucile stretto tra le mani, puntando tra
i cespugli.
“Conte Fersen raccontatemi un po' di voi, cosa
fate?”
“Generale come già saprete la mia patria
è la Svezia, ma dopo un periodo passato in guerra, ho deciso
di ritornare qui in Francia, un paese che amo come fosse la mia terra,
ed ora sono a servizio di Sua Maestà” disse Fersen
mentre impugnava il fucile svogliatamente, non amava la caccia.
Un colpo tuonò, il generale colpì una lepre, ma
non si curò di raccoglierla, mirò subito ad un
movimento in un altro cespuglio, con una concentrazione impeccabile.
“Ditemi conte, cosa vi spinge a chiedere la mano di mia
figlia?”
“Generale Jarjayes conosco vostra figlia da molti anni, da
quando avevamo 18 anni, nutro per lei un rispetto e una stima molto
profondi, è stata per me come un migliore amico, ma poi col
tempo ho capito che quei sentimenti andavano al di la dell'amicizia, me
ne sono reso conto quando ero in guerra, in quel periodo ho sentito
fortemente la mancanza di vostra figlia. Nutro per lei sentimenti
d'amore.” Fersen recitò la sua parte, come
previsto, in modo molto convincente, si stupì lui stesso
dalla naturalità con cui parlava di Oscar, si
stupì molto.
“Cosa pensate della vita che conduce mia figlia? Cosa vi
aspettate da lei, se diventerà vostra moglie?” il
generale aveva abbassato il fucile ora, guardava Fersen dritto negli
occhi.
“Come ho già detto, generale, provo rispetto e
stima per vostra figlia, come donna e come comandante. Se mai
avrò l'onore di averla come sposa non le impedirò
di continuare la sua vita militare, questa sua vita, questo suo modo
d'essere è una delle tante cosa che mi hanno fatto
innamorare di lei. Non voglio cambiare Oscar, non voglio che diventi
ciò che non è o non vuole essere.”
Fersen non era solo stupito questa volta, era spaventato dalle parole
che aveva appena pronunciato, non era una recita, non completamente,
questa volta.
“Spero siano parole sincere, Conte. E ditemi, pensate che
Oscar nutra gli stessi sentimenti per voi? Sapete ha rifiutato
più di un pretendente, non mi stupirei se facesse lo stesso
con voi.”
“E' una domanda difficile, posso rispondervi che mi auguro
che provi quello che io sento per lei, ma sono certo che nutre
dell'affetto nei miei riguardi, chiaramente non si è mai
dichiarata, non è da lei farlo.”
“Bene, Conte, prenderò in considerazione la vostra
proposta, dopo aver parlato con Oscar. Possiamo rientrare a palazzo
ora.” Jarjayes salì sul proprio cavallo e
partì senza aspettare il conte. Fersen lo seguì
poco dopo.
Varcata la soglia di palazzo Jarjayes il generale fece chiamare
immediatamente Oscar, e lei non si fece attendere, stava andando tutto
come previsto, e lei era pronta a recitare.
“Padre mi avete fatta chiamare?”
“Si, Oscar. Questa mattina ho avuto modo di parlare col conte
Hans Axl di Fersen durante una battuta di caccia. Cosa pensi di
lui?”
“Il conte di Fersen è un uomo piacevole, un buon
amico, padre.”
“Solo un amico per te Oscar?”
Oscar abbassò lo sguardo, finse d'essere imbarazzata, la
recita aveva inizio.
“Oscar, ascoltami, il conte Fersen ha chiesto la tua
mano.”
“Fersen...” Oscar si mostrò stupita e
lusingata, abbozzò anche un mezzo sorriso.
“Saresti felice di sposare il conte di Fersen?” il
generale stava sorridendo, era quasi dolce in quel suo gesto.
“Padre io... non lo so, è tutto così
nuovo per me... sono confusa. Ma provo affetto per Hans”
chiamare il conte di Fersen per nome fu il colpo finale, il generale
era colpito e affondato.
“Oscar non ti preoccupare, avrai tutto il tempo per far
chiarezza dentro di te, ma dimmi, cosa mi dici del conte Louis,
è giusto che tu sia onesta, e di conseguenza io stesso, con
lui.”
“Padre, io non credo che sarei felice con il conte Louis,
è un uomo piacevole, ma troppo debole per me. Mi
spiace.”
“Spiace anche a me Oscar, ma non voglio darti in moglie ad un
uomo che non potrebbe renderti felice, hai bisogno di qualcuno che come
te ha vissuto la vita militare. Credo che il conte di Fersen sia l'uomo
giusto.” il generale era sinceramente felice
“Ho bisogno di tempo, però, Padre.”
“Certo Oscar, tutto il tempo che ti occorre. Ora puoi
andare.”
“Vi ringrazio padre”
Oscar uscì dallo studio del padre, salì sul
proprio cavallo e si diresse a casa di Fersen, come previsto.
André si alzò presto quella mattina, doveva
recarsi a Parigi per verificare se la sua domanda per entrare nei
soldati della guardia fosse stata accettata.
Varcata la soglia della caserma André si sentì
chiamare.
“Hey, André”
“Alain” André era felice di vederlo,
Alain era un ragazzo simpatico, un vero uomo del popolo, semplice ma di
gran cuore.
“Amico come stai? Ancora distrutto dai tuoi problemi di
cuore?” Alain rideva
“E chi ti dice, Alain, che i miei erano problemi di cuore?
Non ne abbiamo mai parlato così approfonditamente”
“André ne ho visti di uomini ubriacarsi nella mia
vita, e di solito quelli che si riducono come ti eri ridotto tu,
credimi, hanno sempre problemi di cuore, c'è sempre di mezzo
una donna, e di solito è una bella donna”
André non rispose si limitò a ridere abbassando
lo sguardo.
“Alain se vuoi scusarmi vado a controllare se hanno accettato
la mia domanda”
“Non hanno accettato ancora nessuno, rimanderanno tutto tra
qualche settimana quando prenderà servizio il nuovo
comandante. Vieni con me, uomo disperato, andiamo a bere qualcosa e a
raccontarmi della tua bella donna...” Alain diede una spinta
ad Andrè e buttò la testa all'indietro in una
risata rumorosa.
“Va bene Alain, ma smettila di chiamarmi disperato”
Alain e André entrarono in una taverna ed ordinarono da bere.
“Allora André raccontami della donna
misteriosa...” Alain si fece vicino all'uomo con aria
interrogativa.
“Alain piantala”
“Amico non me la bevo che qui non c'è di mezzo una
donna”
“Va bene Alain c'è una donna...”
André cedette.
“Ah Ah Ah, lo sapevo amico! Alain non si sbaglia mai su
queste cose! e.. com'è questa donna?”
“E' una donna Alain, e basta”
“Andiamo André, non fare il guastafeste, racconta
qualcosa al tuo caro amico Alain! ...ma forse non ne vuoi parlare
perchè non è poi così bella... certo
se fossi anch'io innamorato di una donna brutta non andrei in giro a
raccontarlo...”
“Alain sei un idiota” André rise
“...è una bellissima donna”
André aveva gli occhi fissi sul bicchiere di birra.
“Ne ero certo amico! Ma adesso racconta dettagliatamente di
questa bellissima donna...”
“Ha magnifici occhi azzurri, così limpidi, e
lunghi capelli biondi ed una pelle candida...”
André si dovette fermare, per non rischiare di dire di
più.
“Una bionda eh... uhm... e com'è messa in quanto a
corpo?” Alain strizzò l'occhio e gli diede una
gomitata al fianco.
“Alain sei un animale!”
“Amico lo vedo dal tuo sguardo, è messa bene eh...
eh bravo il nostro André” adesso ridevano
entrambi. Finirono le loro birre e si separarono.
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Capitolo 8 *** capitolo 8 ***
Il domestico di palazzo Fersen fece accomodare Oscar nel salotto in
attesa del conte, che non si fece attendere molto.
“Oscar, non vi aspettavo così presto. Come
state?”
“Fersen. Sono venuta a comunicarvi che mio padre ha preso in
considerazione la vostra proposta, credo che la vostra sarà
l'unica. Il piano è riuscito.” Oscar non sembrava
così felice.
“Oscar che bella notizia. Ora sta a voi far buon uso del
tempo che vostro padre vi concederà” Oscar non
disse nulla.
“Oscar state bene?”
“Oh, certo Fersen, sto bene. Sono solo un po' frastornata da
tutta questa storia, e ho il timore di mettervi nei guai”
“Non mi mettete nei guai Oscar, ho deciso di aiutarvi e lo
farò fino in fondo” Fersen prese la mano di Oscar,
accarezzandola.
“Fersen...” Oscar ritrasse la mano e poi
riprese a parlare.
“...ho timore di compromettere il vostro rapporto con la
Regina... se sapesse di questa proposta ne morirebbe.”
“Oscar, ascoltatemi, la proposta che ho fatto a vostro padre
non porterà da nessuna parte, lo sappiamo entrambi, non vi
è pericolo che qualcuno ne rimanga ferito. Per quanto
riguarda la Regina vi posso assicurare che in questi anni è
diventata una persona diversa, una donna matura e consapevole d'essere
la Regina di Francia e la consorte del Re di Francia, non le farebbe
piacere sapere di un mio matrimonio ma non ne sarebbe distrutta come un
tempo. Le nostre vite sono divise e la Regina lo sa. Quindi non vi
preoccupate Oscar.”
“Forse avete ragione Fersen” ad Oscar non riusciva
di sorridere quel giorno.
“Posso offrirvi qualcosa da bere Oscar?”
“Vi ringrazio Fersen ma, no, debbo andare”
“Oscar, aspettate, guardatemi” Fersen
portò il proprio viso di fronte a quello di Oscar.
“State bene? Ditemi la verità. Davvero state bene?
Siete così strana.”
“Sto bene. Credetemi. Ora devo proprio andare, a presto
Fersen” ad Oscar si riempirono gli occhi di lacrime, si
voltò subito sperando che quel particolare fosse passato
inosservato al Conte.
“A presto Oscar” disse Fersen mentre
Oscar era già lontana, le lacrime della donna non erano
sfuggite al suo sguardo ma non volle dirle nulla, non in quel momento
almeno.
Fersen ebbe un intera notte per pensare ad Oscar, alla promessa che
aveva fatto ed anche a se stesso, passò un'intera notte
insonne cercando di capire perchè le parole dette al
generale Jarjayes erano state così facili da pronunciare, e
perchè la mancanza di Oscar si faceva sentire sempre
più spesso.
Oscar tornò a palazzo giusto in tempo per vedere la carrozza
del Conte Louis varcare il cancello del palazzo ed andare via,
“bene” pensò, un problema in meno.
Entrò in casa, attraversò il corridoio passando
davanti allo studio del padre, sentì vociare, riconobbe la
voce di sua madre, stava piangendo, tra un singhiozzo ed un rimprovero
di suo padre riuscì a sentire “Louis”,
Madame Jarjayes era più dispiaciuta della figlia per la
dipartita del conte Louis. Oscar non riuscì a trattenere una
risata, la prima di quella giornata. Proseguì verso le
cucine, avvertì la governante che non avrebbe cenato, si
nascose dietro la scusa di un forte mal di testa e si ritirò
nella sua camera.
Oscar si tolse i vestiti di dosso, fece un bagno caldo e si mise a
letto, si sentiva così stanca in quei giorni, una stanchezza
più mentale che fisica. Si appisolò per un po'
fino a quando sentì bussare alla porta, si alzò
svogliatamente per andare ad aprire.
“Oscar, mia nonna mi ha chiesto di portarti del the caldo.
Come ti senti?”
“Entra André, poggia il vassoio sul
tavolo” disse Oscar freddamente, e chiuse la porta dietro di
se.
André poggiò il vassoio sul tavolo.
“Allora, come ti senti? La nonna ha detto che non ti sentivi
bene.”
“Sto benissimo André, era solo una scusa per
evitare mio padre e mia madre, tutto qui.” il suo tono era
gelido.
“Oscar... per quello che è successo ieri sera,
volevo chiederti scusa.”
“Non fa niente André, ho già
dimenticato.”
André guardava Oscar davanti a lui, così bella,
avrebbe voluto stringerla tra le braccia e baciarla come la sera prima,
ne aveva ancora più voglia ora che sapeva che anche lei lo
amava, avrebbe osato se solo non ci fosse stato il muro che lei gli
stava mettendo davanti, un muro gelido e impenetrabile.
“Bene Oscar. Allora... buonanotte”
“Buonanotte André” disse voltandogli la
schiena, ma André l'aggirò e gli si mise di
fronte.
“Cosa ti prende Oscar?”
“Non mi prende niente André, se non ti spiace
vorrei riposare.”
“Mi spiace invece, voglio che tu mi dica cosa sta succedendo.
Adesso.” André stava perdendo la pazienza ed era
una scena che si ripeteva spesso nell'ultimo periodo.
“Non sta succedendo proprio niente André, ed ora
ti prego di uscire dalla mia stanza.” Oscar lo guardava con
una freddezza assoluta.
“Puoi recitare con tuo padre, col conte di Fersen, con
l'intera Francia, ma non con me Oscar, non con me. Ma se tu vuoi
davvero che me ne vada, dimmelo, guardandomi negli occhi.”
era una sfida.
Oscar lo guardò dritto negli occhi, una sfida era qualcosa a
cui non si era mai tirata indietro.
“Voglio che tu esca da questa stanza” lo disse con
decisione.
“Certo. Buonanotte Oscar.” André gli si
avvicinò e gli diede un lieve bacio sulla guancia e si
ritrasse pronto ad andarsene, ma quando Oscar
sentì il suo profumo lasciò che la maschera
cadesse, smise di recitare e gli si buttò tra le braccia,
spingendolo contro la porta, questa volta fu lei a baciarlo, e
continuò a baciarlo fino a che non ebbe più fiato.
La sfida era persa.
“Sei una pessima attrice Oscar” André
rideva mentre la guardava posare il viso sulla sua spalla.
Oscar sospirò profondamente, respirò il profumo
del suo collo e avvicinò le labbra al suo orecchio,
facendogli solletico.
“Non vorrei che te ne andassi André, ma dobbiamo
stare attenti, Fersen sospetta qualcosa, è meglio non
correre rischi, va bene?” Oscar ora lo stava abbracciando.
“Va bene Oscar, ma è così difficile
starti lontano, specialmente ora.” la stava stringendo,
rimasero così per parecchi minuti, poi André
prese il vassoio del the ed uscì dalla stanza.
Oscar aveva ancora un paio di settimane di riposo in attesa di prendere
servizio come comandante dei soldati della guardia, avrebbe dovuto
rilassarsi ma la sua vita aveva subito parecchi cambiamenti, piacevoli
certo, ma anche molto difficili, come era difficile stare lontana da
André ora che aveva capito d'amarlo.
Da un paio di giorni, Oscar e André si rivolgevano la parola
solo di sfuggita, era duro mantenere le distanze, ma era quello che
avevano concordato per non alimentare i sospetti di Fersen e di
chiunque altro.
Oscar cercava di riempire le sue giornate allenandosi, facendo lunghe
passeggiate, leggendo nuovi libri e chiacchierando con Fersen che
sembrava essere tornato quello di una volta, più di
compagnia e meno sospettoso. E proprio quel giorno Oscar stava
conversando con Hans nel giardino di palazzo Jarjayes sotto lo sguardo
felice del generale.
“Oscar vostro padre ci sta guardando, o forse sarebbe meglio
dire, spiando... di nuovo.” Fersen si fece più
vicino.
“Lo so Fersen e mi spiace mettervi in questa sgradevole
situazione.”
“Non è poi così sgradevole Oscar,
è un piacere parlare con voi.”
“Anche per me è un piacere, ma lo sarebbe ancora
di più senza la presenza di mio padre.”
“Diamo a vostro padre qualcosa che in che qualche modo forse
potrà dare un po' di respiro anche a noi.”
così dicendo Fersen si fece ancora più vicino ad
Oscar, gli prese la mano e con l'altra le scostò una ciocca
di capelli dal viso, la guardò per qualche istante e senza
che lei potesse obbiettare le poggiò le labbra sulla
guancia, in un bacio lieve, Fersen percepì in anticipo il
corpo di Oscar allontanarsi, lo bloccò.
Il conte si staccò da lei e tornò a parlare delle
splendide rose che crescevano nel giardino di casa Jarjayes.
Il generale vide tutta la scena, da principio ne rimase quasi
sconvolto, non aveva mai visto nessuno interessarsi ad Oscar in quel
modo, non aveva mai visto quegli atteggiamenti rivolti a sua figlia,
era strano ma in fondo lo rendevano felice, era quello che voleva, un
matrimonio per Oscar, una vita da donna che lui le aveva negato, ed ora
c'era quest'uomo che l'accarezzava, la baciava, come farebbe ogni
innamorato con la donna desiderata, Fersen era l'uomo giusto, ora il
generale ne era più che sicuro. Jarjayes rientrò
a palazzo col sorriso sulle labbra, cercò sua
moglie.
“Preparatevi questa sera vi accompagnerò alla
festa di Versailles”
Il generale Jarjayes non fu l'unico ad osservare la recita di Fersen,
anche André si trovava in un posto nascosto del giardino.
Il giorno seguente Oscar ricevette, di prima mattina, una buona
notizia, il che succedeva di rado in quel periodo. Il generale Jarjayes
e consorte decisero di trascorrere un paio di settimane nella villa in
Normandia, e fu proprio il generale a comunicarlo ad Oscar.
“Oscar tua madre ed io trascorreremo le prossime due
settimane nella nostra tenuta in Normandia”
“Bene, padre” disse rimanendo in piedi vicino alla
porta dello studio del generale.
“Oscar?”
“Si, padre?”
“Voglio che tu rifletta molto attentamente durante queste
settimane, voglio che tu rifletta sul conte di Fersen e
sull'eventualità di sposarlo. Non voglio metterti fretta
Oscar, il fatto che mi assenti ne è la prova, sento
di poter allontanarmi tranquillamente, sento che non debbo
più cercare altri pretendenti, il conte di Fersen
è la persona giusta.”
“Padre... io... non...” ad Oscar tremava la voce.
“Ho visto, Oscar, come il conte ti guarda ammirato quando
parli, ho visto con quali modi di riguardo ti tratta, ho guardato il
suo sguardo ed è uno sguardo di un uomo innamorato, credimi
Oscar.” gli occhi del generale si riempirono di lacrime.
“Sei mia figlia e voglio il meglio per te, dopo tanti anni di
costrizioni, di mie colpe, voglio darti il meglio Oscar. Rifletti
attentamente, quando tornerò ne riparleremo.”
“Certo padre, vi ringrazio.”
“Ti saluto Oscar”
“Fate buon viaggio padre.”
Il generale uscì dallo studio e qualche minuto dopo lui e
madame Jarjayes furono pronti per partire, Oscar vide la carrozza
allontanarsi da palazzo, respirò profondamente e il suo
primo pensiero fu per André, doveva immediatamente trovarlo.
“Oscar, Oscar!” la vecchia governante la stava
chiamando, urlando, come sempre.
“Si, dimmi...” disse Oscar con una pazienza
infinita nella voce.
“Oscar debbo recarmi a Parigi per le provviste,
starò via l'intero pomeriggio, ho già dato ordine
di servirti il pranzo in salotto e di sistemare nella tua stanza
i...”
“Fermati, ti prego, starai via solo un pomeriggio, credo che
il resto della servitù se la saprà cavare
egregiamente, ora vai...” disse Oscar sorridendo mentre
teneva le mani sulle spalle della vecchina invitandola ad uscire dalle
cucine.
“Ma...” la governante insisteva.
“Niente ma... vai, sopravviveremo.”
“Ah, bambina, stavo per dimenticarmene, André mi
ha pregato di riferirti che si sarebbe assentato da palazzo per
l'intera giornata.” e così dicendo la vecchia
governante uscì dalla cucina e salì su una
carrozza diretta a Parigi.
“Grazie...” disse Oscar alla governante, senza
sorridere questa volta, era dispiaciuta, avrebbe voluto passare
il pomeriggio con André, ora che suo padre era
partito. Uscì dalla cucina e salì nella propria
stanza, dicendosi che avrebbe visto André quella sera.
Oscar salì in camera col sorriso sulle labbra, un bellissimo
grande sorriso che continuò a giacere sulle sue labbra anche
quando chiuse la porta dietro di se e camminò verso la
scrivania. Era felice, erano giorni che non si sentiva così
tranquilla e serena, nessun timore, nessuna paura di dire o fare
qualcosa di sbagliato con André in presenza del padre o
chiunque altro, ma ora, per due settimane avrebbe potuto vivere
tranquilla.
Si sedette alla scrivania, si sbottonò un paio di bottoni
della camicia ed aprì il libro che aveva lasciato la sera
prima, iniziò a leggere le prime righe quando
improvvisamente sentì una mano stringersi su una spalla,
gridò istintivamente e la mano che un attimo prima era sulla
spalla fu sulla sua bocca, per impedirgli di gridare. Prima ancora che
potesse impugnare la spada o fare qualsiasi tipo di movimento
sentì una voce.
“Sono io Oscar”
Oscar spostò la mano dalle sue labbra, bruscamente.
“André! Sei impazzito? Che cosa ti passa per la
testa?”
“Volevo farti una sorpresa, ma a quanto sembra non
è stato apprezzato questo mio gesto.” disse
André camminando verso la finestra.
“Ti comporti in modo strano André” anche
Oscar si avvicinò alla finestra.
“Strano? Dici? Ti sbagli Oscar.” la voce dell'uomo
era senza tono.
“Si, forse mi sto sbagliando André, ma dovresti
rivedere i tuoi modi, questo è un modo un po' rude di fare
una sorpresa.” disse sorridendo.
“Rude...” ripeté André
voltandosi verso di lei.
“Rude... hai ragione Oscar, non ho i modi delicati e
raffinati di un Conte.”
“Con questo cosa vorresti dire André?”
aveva definitivamente perso il sorriso.
“Forse dovrei fare così?” e mentre
pronunciava quelle parole André scostò una ciocca
di capelli dal viso di Oscar e le baciò delicatamente una
guancia.
“Non sono questi i gesti e i modi che ti piacciono
ora?” André le prese la mano guardandola con
disprezzo.
“Ma... cosa?” riuscì a dire Oscar prima
di ritrarsi dalla presa di André.
“Cosa? Ti ho vista Oscar, oggi, con Fersen.”
“André sei ridicolo. Tu non hai visto niente, tu
non sai nulla.” Oscar si allontanò da lui.
“Non doveva essere solamente una farsa tutta questa storia
Oscar?”
“E' una farsa André, Fersen mi sta aiutando, ci
sta aiutando”
“Di certo non sta aiutando me Oscar. Ho visto come ti
guardava, non era lo sguardo di un uomo che sta fingendo, credimi, io
conosco bene quel tipo di sguardo, l'ho avuto nei tuoi riguardi per
tanti anni.” la voce di André si fece lieve,
abbassò lo sguardo e aggiunse.
“Credo che Fersen provi qualcosa per te Oscar, potrebbe anche
essere innamorato.”
“André tu sei impazzito, davvero!”
“Non sono pazzo Oscar, è ciò che ho
visto, come ho visto che tu non ti sei ritratta a quel
gesto.” la voce di André era tornata dura.
“Hai frainteso tutto André. Fersen ha azzardato
quel gesto per convincere mio padre che lui fosse davvero interessato a
me. Mio padre ci ha osservati per l'intero pomeriggio, dovresti aver
visto anche questo, dato che sembra non esserti sfuggito nulla, se non
la verità dei fatti.”
“Credimi Oscar, Fersen non sta fingendo, non più
almeno.”
“André basta! Non voglio sentire una parola di
più. Vai via.”
“Te ne sei accorta anche tu, vero Oscar?”
“Esci da questa stanza.”
“E' per questo che vuoi mandarmi via, per farmi tacere. Hai
paura di ammettere che sei lusingata da questa cosa? Hai paura di
ammettere a te stessa che anche tu...” André fu
interrotto, Oscar gli diede una spinta, intimandogli di andarsene, e
lui reagì avvicinandosi a lei, col viso a pochi centimetri
dal suo.
“Cosa hai provato, Oscar, quando il conte ti ha baciata. Ti
è piaciuto? È così vero...”
André le disse quelle parole con una cattiveria che non
credeva potesse esistere in lui, Oscar lo spinse via ma lui continuava
ad avvicinarsi.
“Si André mi è piaciuto, mi
è piaciuto! È questo che vuoi sentirti
dire?” gli urlò quelle parole in faccia.
André la spinse contro la parete, la fece sbattere una, due,
tre volte, sentiva il respiro di Oscar uscire dalle sue labbra in
sussulti dolorosi, si fermò quando la vide piangere.
“Impazzisco quando ti vedo con Fersen. È
più forte di me Oscar. Non sopporto quando lui ti
tocca...”
Oscar gli prese il viso tra le mani, lo baciò lievemente, e
poi lo abbracciò senza dire nulla poggiando la testa sulla
sua spalle, respirò il suo profumo, il profumo della sua
pelle e non potè fare a meno di baciargli il collo, dapprima
con leggerissimi baci che portarono inevitabilmente a baci
più intensi... André chiuse gli occhi, le mani
scivolarono lungo il corpo di Oscar, la schiena, sfilò la
camicia dai pantaloni, lungo i fianchi, le slacciò i
pantaloni e li lasciò cadere lungo le sue gambe, mentre i
baci di lei divennero piccoli morsi... André
abbracciò ancora di più Oscar, la
sollevò leggermente e in un attimo si unì a lei,
senza i riguardi della prima volta, lo fece in modo quasi violento,
spingendosi contro di lei con forza e quasi si stupì che lei
non lo allontanasse, la sentì ansimare sempre di
più vicino al suo orecchio, e allora aumentò il
ritmo dei movimenti.
“André... questo mi piace... questo... ti
amo.” sussurrò Oscar.
André si fermò, la guardò, rimase a
guardarla senza dire o fare altro, poteva solo stare a guardare la
donna che amava e di cui era geloso, aveva paura di perderla per tanti
motivi, uno su tutti la loro differenza sociale, ma ora, non poteva far
altro che guardarla, la donna che amava, ed era bellissima in quel
momento, con il viso bagnato dalle lacrime e la voglia, la passione,
dipinta negli occhi, sulle labbra rosse, avrebbe voluto
amarla, ancora, ma non poteva muoversi, non poteva far altro che
guardarla.
“...non ti fermare” Oscar sembrava supplicarlo e
lui accettò la sua supplica, si mosse ancora dentro di lei,
con tutta quella forza che in tanti anni non le aveva mai mostrato,
fecero l'amore così, in piedi contro una fredda parete, alla
ricerca di un piacere che non tardò ad arrivare, lasciandoli
spossati, ansimanti l'uno nelle braccia dell'altro.
“Ti amo Oscar... perdonami per prima.”
André nascose il viso sul petto di Oscar, lei gli cinse la
testa con le braccia e non disse nulla, quello bastava più
di tante parole inutili.
Si spogliarono, chiusero la porta della stanza a chiave e si misero a
letto, insieme, dopo tanto tempo, si addormentarono.
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Capitolo 9 *** capitolo 9 ***
La prima settimana trascorse velocemente, sia Oscar che
André potevano dire d'essere felici, sereni, come non
accadeva da anni, le loro giornate potevano sembrare
“monotone” ma era così bello compiere
ogni giorno gli stessi gesti, compiere ogni giorno delle azioni che
portavano ad un solo scopo, stare insieme e godere l'uno dell'altra,
senza doversi nascondere, o almeno non come se a palazzo ci fosse stato
il generale Jarjayes.
Oscar non si capacitava d'essere diventata abitudinaria e
così tremendamente melensa, così si definiva,
provocando in André grosse risate ogni volta che pronunciava
quella parola... e André non riusciva più ad
immaginare la sua vita prima di questa, si chiedeva come era stato in
grado di andare avanti giorno dopo giorno quando lei, la sua Oscar,
vedeva in lui solo un amico, ora non riusciva più a
ricordare il male che aveva provato per 20 lunghi anni, le ferite si
erano rimarginate così come le cicatrici erano svanite. Si
può dimenticare il dolore? André pensò
di si, si può cancellare il dolore.
André ed Oscar fecero una lunga passeggiata a cavallo, come
erano soliti fare in quei giorni, cavalcavano lentamente conversando
tra di loro, ridendo, incuranti del tempo, delle condizioni
meteorologiche e di chiunque passasse sulla loro strada, fino a quel
giorno almeno...
“La gente del popolo è ogni giorno più
delusa dalla Regina, è qualcosa che si percepisce in ogni
gesto, negli sguardi pieni di odio che le persone hanno nei confronti
dei nobili, ogni singola persona Oscar, dai vecchi ai bambini, l'ho
potuto vedere con i miei occhi qualche giorno fa quando ho accompagnato
mia nonna a Parigi. Non hanno tutti i torti ad avercela con la
nobiltà, ci sono persone che muoiono ogni giorno in quelle
vie di Parigi, che Conti, Contesse, Dame, percorrono per recarsi a
qualche ricevimento, sperperando denaro, noncuranti dei poveri bambini
ai margini della strada, disposti a qualsiasi cosa per un tozzo di pane
vecchio, i nobili non vedono tutto questo, portano le loro delicate
mani sugli occhi, e poi si rimpinzano lo stomaco di brioche,
“quello che non vedi non esiste...” è
più semplice se la pensi in questo modo... Ma tutto questo
non durerà molto Oscar, il popolo si ribellerà,
lo sta già facendo.” André guardava
Oscar che aveva però la testa china.
“Fino a poco tempo fa, André, anch'io ero come i
nobili che la gente del popolo disprezza, non mi rendevo
conto, non fino in fondo, di cosa stesse succedendo.” Oscar
alzò il viso, guardò André e
tentò di fare un sorriso, poco convincente.
“Sei nata nobile, sei cresciuta come una nobile, è
naturale che tu non capissi certe realtà, ma la differenza
tra te e la maggior parte degli altri nobili e che tu, Oscar, hai avuto
il coraggio di togliere la mani dagli occhi e guardare, tentando di
capire, la cosa importante è cambiare, e tu stai cambiando
Oscar. L'ottusità, l'essere arroccati sulle proprie idee non
ha mai portato a nulla.” ora sorrideva anche André.
Rimasero in silenzio a lungo ripensando alle parole appena dette, con
la tristezza nel cuore per ciò che stava accadendo al loro
paese, ma anche, egoisticamente, felici, felici nel rendersi conto che
era ancora facile parlare tra loro, di tutto, come un tempo.
Si guardarono, si sorrisero e senza dire una parola, entrambi, fecero
tornare indietro i propri cavalli, era ora di tornare a palazzo e stare
insieme, pelle contro pelle.
“Oscar! André”
“Fersen!” ad Oscar uscì un filo di voce,
mentre André fece un semplice cenno col capo.
“Oscar come state? Sono giorni che non ho il piacere di
vedervi”
André portò il proprio cavallo al trotto,
superò Oscar e subito il Conte fu accanto a lei.
“Sto bene. E voi come state Fersen?”
“Vi credo Oscar, vi trovo bene. Io non posso lamentarmi, la
mia vita procede come al solito. Sentite vorrei invitarvi a cena da me,
ditemi di si Oscar.”
“Io...”
“Madamigella vi prego, se dovrò passare un'altra
serata tra dame pettegole e damerini gelosi credo che morirò
di tedio.” Fersen scoppiò in una fragorosa risata.
“Mi spiace Fersen, questa sera devo rifiutare il vostro
invito, ho già un precedente impegno. Perdonatemi.”
“Mi avrete sulla coscienza Madamigella...” Oscar
sorrise
“Non mi credete Oscar? Domani riceverete la notizia della mia
morte...” Hans rispose al sorriso di Oscar.
“Vi lascio al vostro impegno Oscar, vi auguro una buona
serata.”
“Buona serata a voi, Fersen.” il conte
girò il cavallo e corse via, lungo la strada.
Oscar raggiunse André.
“André”
“Si Oscar”
“Stai bene?”
“Non ti preoccupare Oscar, non mi metterò ad
urlare.”
“André”
“Si Oscar”
“Vuoi cenare con me stasera?”
“Ceniamo insieme tutte le sere Oscar”
“Giusto...André, vuoi cenare con me,
nella mia stanza?”
André la guardò con aria interrogativa, ma
accettò la proposta, con un cenno di assenso della testa.
Oscar invitò André a salire nella propria stanza
cercando di passare inosservato, lei lo avrebbe raggiunto il prima
possibile.
Raggiunse le cucine in cerca della vecchia governante, le disse che
avrebbe cenato in camera quella sera, non aveva voglia di avere troppa
gente attorno, si sentiva stanca.
“Salirò a portarti la cena tra un attimo
Oscar”
“Ti ringrazio”
“Oscar”
“Si”
“André è rientrato con te?”
“Si, siamo rientrati insieme, ma ora non so proprio dirti
dove sia andato”
“Mi farà morire... un giorno quel dannato ragazzo
mi farà morire”
“Scusami, credo che salirò nella mia
stanza”
“Si, certo bambina, sarò da te tra qualche
minuto”
Oscar entrò nella stanza e trovò André
seduto alla scrivania, stava leggendo uno dei suoi libri, si mise
dietro di lui poggiando il mento sulla sua spalla.
“Devi nasconderti, tua nonna salirà a portarmi la
cena” disse sussurrando.
André girò il viso cercando la bocca di lei, ed
una volta trovata vi lasciò un leggerissimo bacio.
Si nascose e qualche minuto dopo la vecchia governante, puntualissima
portava la cena ad Oscar, un primo, un abbondante secondo, un delizioso
dolce e l'immancabile vino rosso.
Oscar chiuse la porta a chiave, si liberò degli stivali e
dei pantaloni lasciandoli ricadere, senza cura, sul pavimento.
“André” e gli fu alle spalle senza
produrre rumore.
“Questo non è l'abbigliamento adatto per la nostra
cena” e così dicendo Oscar invitò
André ad allentare la morsa della camicia sul suo corpo.
“In questo palazzo prediligiamo un abbigliamento
informale” disse Oscar salendo sul letto e facendo cenno ad
André di seguirla.
Oscar prese il piatto con la prima pietanza, lo poggiò sul
letto, infilzò il cibo e se lo portò alla bocca.
Masticò per qualche secondo, infilzò di nuovo il
cibo e lo portò alla bocca di André.
Continuarono così piatto dopo piatto, in silenzio,
fermandosi ogni tanto per gustare il sapore di quelle deliziose
pietanze dalle labbra dell'altro.
“La cena è stata di vostro gradimento
signore?” disse rivolgendosi, in tono scherzoso, ad
André.
“Madamigella non ho mai gustato miglior cibo in vita
mia”
“Ne sono lieta signore, porgerò i vostri
complimenti alla cuoca”
“Madamigella devo confessarvi, però, che non mi
sento ancora sazio”
“Ne sono desolata signore, la cuoca provvederà a
farvi avere altro cibo, immediatamente” Oscar sorrideva
pensando alla voracità che lui aveva sempre avuto, fin da
bambino.
“Oscar...”
“Si André”
“Avvicinati” il viso di Oscar era a pochi
centimetri da quello di lui.
André passò la lingua sulle labbra di lei,
mordicchiando il labbro inferiore e sussurrando in un soffio di respiro.
“E' di queste che non sono sazio...”
“Oscar... sei pentita di non aver cenato con
Fersen?”
“Assolutamente no, è qui che volevo essere. E
adesso smetti di parlare e saziati di me”
Si nutrirono delle loro labbra per un tempo indefinito, fino a non
poterne più, fino a farsi male.
Ci furono solo baci quella sera, baci e parole, non ebbero bisogno di
fare l'amore per sentirsi vicini, per sentire di appartenersi, non
quella notte.
“André... avresti mai immaginato che sarebbe
successo questo tra noi?”
“L'ho sperato negli ultimi anni, l'ho sperato con tutto me
stesso.” disse André continuando a tenere gli
occhi chiusi, seduto sul letto, mentre carezzava i capelli di Oscar,
che giaceva pesantemente sul suo petto.
“E tu Oscar, l'avresti mai immaginato?”
“No!” una risposta chiara, precisa, quasi lapidaria.
“Si, l'avevo sospettato!”
“André mi dispiace averti causato tanta
sofferenza, involontariamente. Mi spiace non aver capito prima che
l'affetto che provavo per te andava al di là della forte
amicizia che ci legava, e mi spiace soprattutto non aver potuto godere
di quello che abbiamo ora, tanto tempo fa, però forse non
era il momento, forse non ero pronta, non lo so, non te lo so
spiegare... Improvvisamente mi è stato chiaro tutto quanto,
forse troppo frettolosamente, immagino che tu abbia pensato che fossi
impazzita, una pazza che prima ti giura vendetta ed odio e poi con un
batter di ciglia ti confessa il suo amore... ha colto alla sprovvista
anche me, ma ne sono felice.”
“Non scusarti Oscar, il passato è passato, certo,
non è stato facile viverti accanto in questi 20 anni, ma
è stata una mia scelta, ero consapevole del mio dolore e
l'ho accettato, ho accettato di restare e soffrire, e a volte
è stata una piacevole sofferenza, anche star male per il
fatto di non averti era comunque un modo per
“sentirti”, c'eri, dentro di me, anche in quel
folle modo.”
Oscar alzò lo sguardo per cercare il viso di
André, l'uomo la stava guardando col sorriso sulle labbra,
un sorriso sincero e tranquillo, e lei glielo restituì e poi
si accoccolò ancora di più contro il suo corpo.
“André...”
“Si, Oscar...”
“Cosa desideravi da bambino? Cosa sognavi per la tua vita di
adulto?”
“Immaginavo di continuare a lavorare per la tua famiglia,
quel tanto da permettermi di mettere da parte dei soldi, avrei
incontrato una ragazza e avremmo costruito una nostra famiglia, una
casa, un pezzetto di terra e dei figli. Una normalissima vita da
contadino”
“Un bellissimo progetto” la voce di Oscar aveva una
lieve nota di malinconia.
“E tu Oscar, cosa desideravi da bambina?” solo
quando ebbe pronunciato questa frase André si rese conto di
conoscere perfettamente la risposta.
“Desideravo diventare come mio padre.”
André percepiva il disagio che avevano sprigionato le parole
di Oscar e tentò di sviare i pensieri su altro.
“Devo confessarti, Oscar, che ho desiderato quel tipo di vita
per un me adulto per poco tempo”
“Come mai André?”
“Perchè poi sei arrivata tu nella mia vita ed hai
stravolto ogni mio progetto. Hai sconvolto la mai vita dal momento in
cui mi sei entrata nelle vene, una dispettosa bimbetta dai capelli
biondissimi che voleva il mondo attorno a sé... e allora
tutti i progetti passati diventarono scialbi, spenti, al confronto di
una vita accanto a te, sia che fosse stata nell'amore che nel dolore di
non averti mai.”
“Sei pazzo André”
“Si, sono pazzo di te, e forse sarei diventato pazzo se non
avessi potuto averti, quasi me ne vergogno Oscar, ma qualcosa stava
sfuggendo al mio controllo, te ne sarai resa conto qualche settimana
fa... anzi perfino qualche giorno fa è scattata in me
un'ombra che non credevo d'avere... ma ora non c'è
più nulla di cui preoccuparsi perchè sei qui, con
me.”
“Dio, André, avrei voluto scoprire tutto questo
anni fa.” Oscar si strinse vicino ad André,
abbracciandolo così intensamente da impedirgli quasi di
respirare.
“André...”
“Dimmi Oscar...”
“Cosa vorresti ora?”
“Voglio te, solo te, senza fare progetti. Voglio vivere te
nel presente, dimenticando il passato ed ignorando il futuro.”
“Altre domande Oscar?” la ragazza fece cenno di no
col capo, pronunciare una sola parola avrebbe rovinato quelle che
André aveva appena lasciato uscire, pensò.
Rimasero abbracciati per l'intera notte, ma quando Oscar si
svegliò il mattino seguente André era sparito,
lasciando dietro di sé i fantasmi di una cena
indimenticabile e il profumo di certi pensieri che lei non riusciva a
togliersi dalla mente.
Oscar si vestì svogliatamente e corse nelle cucine, aveva
una tale fame, la cena era stata magnifica ma aveva dovuto dividerla
con André... era di buon umore.
“Buongiorno Oscar” la vecchia governante
notò subito il suo buon umore.
“Buongiorno a te”
“Cosa vuoi per colazione bambina?”
“Latte e una fetta di torta al cioccolato, ti
ringrazio.” Oscar non riusciva a togliersi il sorrido dalle
labbra.
“Sei di buonissimo umore stamattina Oscar”
“Si, direi di si.”
“...il conto l'aveva detto che le rose ti avrebbero fatto
immensamente piacere.” adesso era la vecchia governante ad
avere un enorme sorriso stampato sul viso.
“Il conte?” Oscar era disorientata.
“Il conte di Fersen Oscar, certo, non è per questo
motivo che sorridi da quando sei scesa dalle tue stanze?”
“Oh si, certo, è per quello...” disse
una Oscar sempre più frastornata, il conte? Le rose? Era
ridicolo. Fece colazione velocemente e poi si portò nel
salotto e li trovò le famose rose. Sul tavolo di cristallo
vi era un enorme vaso di rose rosse ed accanto una busta con lo stemma
dei Fersen.
“Con l'augurio che il vostro impegno sia stato piacevole, vi
prego di concedermi la vostra compagnia, questa sera. Un mio uomo
fidato vi attenderà per condurvi al mio palazzo.
Vogliate accettare questo invito in nome dell'amicizia che ci
lega. Fersen.”
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Capitolo 10 *** capitolo 10 ***
L'enorme vaso di rose rosse era ancora adagiato sul tavolo del salotto
ed Oscar era poco distante, il biglietto di Fersen tra le mani.
“Che magnifiche rose” la voce di André
giunse nella stanza inaspettatamente.
“Già... magnifiche”
“Chi le manda, Oscar?” André maledisse
la propria curiosità.
“Fersen” Oscar dava le spalle ad André.
“Fersen...” ripetè André
nervosamente.
“Mi ha invitata al suo palazzo, stasera, per cenare con lui,
in nome della nostra amicizia.” le parole di Oscar uscirono
dalle sue labbra come fossero una giustificazione a qualche
“colpa” che ancora non era stata commessa, una
colpa che non esisteva.
“Va bene Oscar... e magari ci andrai vestita da
donna?”
“Sei meschino!” rispose voltandosi verso l'uomo.
“Perchè ti comporti in questo modo
André? Spiegamelo... non ti fidi di me?”
“Non mi fido di Fersen. E te lo ripeto Oscar, il suo modo di
fare è quello di un uomo innamorato, credimi, ho vestito
quegli abiti per tanto tempo.”
“André, hai sempre avuto ragione su tante cose, ma
in questo caso ti sbagli, Fersen è innamorato, si, ma di
un'altra donna. Fersen è innamorato di suo maestà
Maria Antonietta.” Oscar gli si era fatta più
vicino.
“Potrei sbagliarmi... hai ragione.” disse
André poco convinto.
“Oscar”
“Si André”
“Ci andrai?”
“Si André, ci andrò”
Oscar uscì dal salotto senza quasi guardare André.
Come previsto arrivò la carrozza dei Fersen, ne discese un
elegante cocchiere che con un inchino comunicò che il suo
compito era di condurre Madamigella Oscar a palazzo.
La vecchia governante chiamò Oscar, invitandola a non far
attendere oltre l'uomo.
Giunta a palazzo Fersen Oscar fu fatta accomodare, dal maggiordomo, nel
salotto principale, dove le fu offerto un bicchiere di vino rosso
aromatizzato.
Oscar posò delicatamente le bocca sul bordo del bicchiere,
lo inclinò, dischiuse le labbra e lasciò che il
liquido le scorresse sulla lingua fino ad arrivare alla gola... un
ottimo vino, pensò, gustandone ancora l'aroma.
“Oscar! Benvenuta, sono felice che abbiate accettato il mio
invito, non ci speravo!”
“Buonasera Fersen.”
“Come state? Il vino è di vostro
gradimento?”
“Sto bene Fersen, e questo vino è
ottimo.” Oscar notava in Fersen qualcosa di diverso, forse il
tono delle voce, forse il modo di gesticolare, non riusciva a capirlo.
“Ho sentito, Oscar, che vostro padre è partito,
immagino sia un sollievo per voi. Avrete modo di pensare più
lucidamente a ciò che vorrete fare della vostra
vita.”
“Avete sentito bene conte, mio padre non tornerà
che tra una settimana, ma non ho avuto modo di interrogarmi sul mio
futuro, ho avuto altri pensieri per la testa.” Oscar distolse
lo sguardo dal conte e lo posò dentro il bicchiere di
cristallo col quale stava giocando, facendo danzare il liquido al suo
interno.
“Capisco. E immagino che non me ne vorrete parlare,
vero?”
“Vi prego di scusarmi Fersen, preferirei non
parlarne.”
“Non vi preoccupate Oscar, quando vorrete farlo io
sarò qui, sono un buon ascoltatore.” Fersen
sorrise, poggiando una mano sulla spalla di Oscar.
“Meglio cambiare discorso, non credete Oscar?”
anche Fersen prese un bicchiere di vino e cominciò a
sorseggiarlo.
“Concordo con voi Fersen, parliamo d'altro.”
“Bene... Oscar... ho notato che André vive ancora
a palazzo Jarjayes, l'ho trovato un fatto insolito, qualche tempo fa mi
avevate detto che il suo servizio alle vostre dipendenze era terminato,
ditemi Oscar, cosa è accaduto?”
La donna era visibilmente spiazzata.
“Nulla di insolito, la nonna di André ha insistito
perchè lui rimanesse fino a quando non prenderà
servizio nei soldati della guardia.” Oscar si morse la
lingua, avrebbe potuto trovare una scusa migliore di questa.
“Capisco... voglio confessarvi una cosa Oscar.”
“Ditemi”
“Ho sempre ammirato il vostro attendente, trovo che sia
una persona intelligente e preparata, un dipendente fidato ed un amico
fedele... ma...” Fersen si interruppe.
“Ma?” Oscar temette la risposta del conte.
“Ma... lo trovo anche piuttosto strano.”
“Strano? André?”
“Strano, si... raramente l'ho visto posare lo sguardo sulle
dame di Versailles o intrattenersi con la servitù del
palazzo, magari con qualche giovane e bella cameriera... insomma, da
uomo, lo trovo un comportamento insolito, voi no, Oscar?” la
voce di Fersen aveva una leggera punta di provocazione.
“No, Fersen, non vi trovo nulla di strano. André
è un uomo corretto, come già vi dissi tempo fa.
Immagino che intrattenga le sue relazioni al di fuori del lavoro, al di
fuori di Versailles e di palazzo Jarjayes, così come
dovrebbe essere.” la donna era infastidita, e la pressione
delle sue dita si fece più forte attorno al gambo del
bicchiere di cristallo.
“Immagino abbiate ragione Oscar.”
“Conte, vogliate scusarmi, la cena è in
tavola”
“Si, ti ringrazio Philippe”
“Oscar, seguitemi.”
Il conte ed Oscar cenarono tranquillamente, conversando di qualsiasi
cosa, i pettegolezzi di Versailles, la città natale di
Fersen, la situazione che stava investendo la Francia, parlarono di
tutto come vecchi amici, piacevolmente.
“Dite sul serio Oscar?” Hans rideva rumorosamente.
“E' tutto vero Fersen, ve lo giuro. Raccolsi le cose che
ritenevo importanti e scappai via, oltrepassai il cancello di palazzo
Jarjayes e camminai per ore sulle strada che pensavo mi avrebbe portata
a Parigi. Avevo 5 anni”
“Cosa spinge una bambina di 5 anni a fuggire di
casa?”
“Un terribile rimprovero di mio padre”
“Cosa avevate combinato per essere rimproverata?”
Fersen non tentava nemmeno più di arrestare le risate.
“Mi tagliai i capelli, da sola, con un paio di grosse
forbici. A mio parere erano troppo lunghi per un maschietto.”
Oscar sorrise ripensando a quell'episodio.
“ah ah ah ah ah... avrei voluto vedervi Oscar”
“Cosa successe poi Oscar?”
“Mio padre mi trovò qualche ora più
tardi, mentre vagavo per strada, col mio fagottino in una mano e la
spada di legno nell'altra. Mi riportò a casa senza dire una
parola per tutto il viaggio, ed una volta giunti a palazzo mi
punì, severamente... quella sculacciata non me la sono
più dimenticata!” la risata di Oscar era leggera,
rilassata, una risata di gusto.
“Una ribelle fin da piccola...” le labbra di Fersen
ridevano mentre gli occhi seri iniziarono a fissare quelli di Oscar,
pensò che fino a quel momento non li aveva mai guardati
attentamente, ed ora li trovava così limpidi,
così innocenti, innocenti come soltanto quelli di un bambino
possono essere.
Fersen si sorprese a pensare ad Oscar come ad una donna, e solo in quel
momento si rese conto che non l'aveva mai considerata davvero tale, non
completamente almeno. Oscar era una donna, forte, determinata,
coraggiosa, intelligente, e bellissima... Oscar è una donna
bellissima, pensò Fersen.
Oscar sentì lo sguardo del conte addosso, ne
percepì la profondità e ne fu turbata,
perchè mai Hans la stava guardando in quel modo,
così diverso da come l'aveva osservata in tutti quegli anni,
forse André aveva ragione? Fersen si stava innamorando di
lei? Oscar si diede della stupida un secondo dopo aver formulato quel
pensiero ridicolo, le insinuazioni di André la stavano
suggestionando.
“Fersen si è fatto tardi, vorrei fare ritorno a
palazzo.”
“Come volete Oscar, permettetemi di accompagnarvi.”
“Non vi disturbate, non ve ne è motivo.”
“Insisto Oscar, permettetemelo, concedetemi ancora un po'
della vostra compagnia.” Fersen sfoderò uno dei
suoi migliori sorrisi.
“Va bene Fersen, potete accompagnarmi.” si
ritrovò a dire Oscar, in fondo era stata una serata
piacevole.
Hans prese la mano di Oscar, cogliendola di sorpresa, e
l'aiutò a salire sulla carrozza.
Erano seduti uno di fronte all'altra, in silenzio, e così
rimasero fino a che non arrivarono in prossimità di palazzo
Jarjayes e allora fu il conte a parlare.
“Ho trascorso una magnifica serata Oscar, vi debbo
ringraziare per la splendida compagnia.”
“Non ringraziatemi conte, è stato un piacere anche
per me.”
“Oscar...”
“Ditemi Hans”
“Oscar io... io vi vedo sotto una luce diversa questa
sera.”
Oscar rimase in silenzio, si limitò a guardare Fersen,
chiedendo, senza parole, una risposta.
“Vi starete chiedendo in quale modo vi vedo, o in quale modo
vi ho vista per tutto questo tempo.”
Ancora silenzio dall'altro lato della carrozza, un silenzio,
però, carico di parole ed interrogativi invisibili.
“Oscar per me siete sempre stata il mio migliore amico, un
individuo al mio pari, un compagno di combattimenti, un confidente...
ora invece riesco a vedere il vostro essere donna, non che io non vi
considerassi tale, sia ben chiaro, ma per me eravate una donna a
metà, spero riusciate a comprendere ciò che vi
sto dicendo... Oscar questa sera vi vedo per quel che siete, una donna,
anche se non indossate abiti femminili, vi vedo più donna
ora che quella sera in cui danzaste con me in abito da sera. Volevo che
lo sapeste.”
“Hans io...”
La carrozza si fermò all'improvviso, cogliendo di sorpresa
entrambi.
“Non dite nulla Oscar” Fersen sorrise, prese di
nuovo la mano di Oscar e l'aiuto a scendere dalla carrozza,
chinò il capo e le baciò il dorso della mano, e
un istante prima di voltarsi ed entrare in quella carrozza che lo
avrebbe riportato al proprio palazzo, sussurrò.
“Siete una donna bellissima Oscar, non dimenticatelo
mai.”
La carrozza partì verso palazzo Fersen, lasciando Oscar
sulla soglia di casa, senza parole.
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Capitolo 11 *** capitolo 11 ***
André era nella propria stanza, al buio, attendeva Oscar, la
sentì rientrare che era già notte,
“troppo tardi”, pensò, il che
significava che la serata era stata piacevole.
Rimase seduto sul letto, le gambe divaricate, i gomiti che poggiavano
pesantemente sulle proprie cosce e le mani unite che reggevano la
fronte, sentì chiaramente il rumore degli stivali di Oscar
percorrere il pavimento del palazzo, un rumore sempre più
lontano, sempre più ovattato, continuò ad
ascoltare fino a quando vi fu solo il silenzio del palazzo dormiente,
Oscar non era andata da lui.
L'uomo si sentì morire di rabbia, di gelosia, di delusione.
Non era orgoglioso di ciò che era divenuto, un folle geloso,
un uomo meschino, un uomo insicuro, ma non era in grado di scacciare
quei sentimenti, non in quel momento almeno, ne era succube, era la
vittima di se stesso.
Si lasciò cadere sul letto e chiuse gli occhi, cercando di
soffocare il mostro che lo stava divorando dall'interno, quel mostro
che non riusciva a fidarsi di Oscar.
Oscar entrò a palazzo, percorse il grande salone volgendo lo
sguardo al corridoio alla sua sinistra, l'ala riservata alla
servitù, quella parte della casa in cui il suo
André dormiva, avrebbe voluto andare da lui ma qualcosa le
impedì di raggiungerlo, forse la paura di fargli ancora del
male, o semplicemente di dovergli mentire. Decise infine di proseguire
oltre e raggiungere la propria stanza, avrebbe parlato con lui
l'indomani.
Era ormai mattino inoltrato quando André si
svegliò, aprì gli occhi e sperò di non
sentire il mostro urlargli nella testa, rimase in silenzio, in attesa
di un segnale, nessun rumore, nessuna risata, il folle uomo meschino
era scomparso, se ne rallegrò e dopo essersi sgranchito le
ossa si tolse di dosso i vestiti del giorno prima, con i quali aveva
dormito, e ne mise di freschi, pronto ad iniziare una nuova giornata.
Stava avvicinandosi alla porta quando sentì bussare.
“Si?”
“André, sono io...” la voce di Oscar era
quasi un sussurro.
“Entra è aperto”
“Buongiorno”
“Buongiorno Oscar.”
“André volevo...” lui non la fece finire.
“Sei rientrata tardi stanotte... credevo che saresti passata
a salutarmi.”
“Non sono rientrata così tardi André.
Volevo passare a salutarti ma ho pensato che stessi dormendo.”
“Come se questo ti avesse mai fermata. Cosa è
successo? Cosa mi nascondi Oscar?”
“Non è successo nulla, sono stata da Fersen,
abbiamo cenato e mi ha riaccompagnato a palazzo.” Oscar
sentiva la propria voce uscire a fatica dalla gola.
“Fersen ti ha riaccompagnato personalmente... che nobile
gesto.”
“André ti prego.”
“Dimmi Oscar, a quando la prossima cena?”
“André smettila, ti prego.” quella di
Oscar era una supplica.
“Non ce la faccio Oscar, perdonami, non mi fido di Fersen
e...” André non riuscì a terminare la
frase, ma non ce ne fu bisogno.
“E... non ti fidi di me, vero, André?”
“Si Oscar, non mi fido di te. Se si trattasse di qualsiasi
altro uomo non avrei nessun dubbio, ma Fersen... per lui in passato hai
messo in discussione tutta la tua vita, per lui hai indossato per la
prima volta degli abiti femminili. Riesci a capirmi Oscar?”
André la guardava con la sconfitta negli occhi.
“André io... io non ti farei mai del male. Io ti
amo, non ho più nessun timore nel dirlo ad alta voce. Fersen
è stato una parentesi della mia vita, nient'altro. Fidati di
me André, te ne prego, guardami negli occhi e capirai che
non ti sto mentendo, guardami negli occhi e sono sicura che ritroverai
l'Oscar di sempre.” e dicendo questo si avvicinò
ad André, prese il suo viso tra le mani e lo
obbligò a guardarla.
“Ti credo Oscar, ti credo. Ora però raccontami
tutto della cena con Fersen.” André chiuse la
porta a chiave e si mise sul proprio letto con Oscar, rimasero
abbracciati mentre lei raccontava, dettaglio dopo dettaglio, la serata
passata col Conte.
“...e poco prima di arrivare a palazzo Fersen mi ha
confessato di vedermi in modo diverso, di vedermi per quel che sono,
una donna, anche se non indosso abiti femminili, molto più
donna della sera in cui danzai con lui.” Oscar si
fermò un istante, sicura che André avrebbe detto
qualcosa, ma l'uomo rimase in silenzio e lei si vide costretta
a proseguire.
“Giunti a palazzo, Hans, poco prima di congedarsi mi ha
sussurrato...” un altra pausa.
“Continua Oscar, sto bene.”
“...siete bellissima Oscar.”
“Va bene. Ti ringrazio, Oscar, per essere stata completamente
sincera. Lo apprezzo.” la voce di André era
gelida, non era la risposta che lei si aspettava.
“André, stai bene?”
“Si, Oscar, sto benissimo. Scendiamo a fare
colazione.” e così dicendo la fece alzare e
scesero insieme nelle cucine.
André passò il resto della giornata tra le
scuderie e qualche lavoro al palazzo, Oscar si convinse che lui la
stesse evitando di proposito, ma non disse nulla, cercò
anch'essa di ingannare il tempo, ma tutto quello che le
riuscì di fare fu leggere 10 righe di un libro.
“Dannazione!” Oscar chiuse il libro e lo ripose
sulla scrivania. Proprio non le riusciva di concentrarsi, ogni pensiero
era per André e per la sua strana reazione di quella mattina.
Oscar si rese conto che non era facile, per André, accettare
che il conte l'aiutasse, accettare che Fersen passasse con lei molto
tempo, e sopratutto con la benedizione di suo padre. Si
domandò allora cosa avrebbe potuto fare per togliere il
macigno che stava schiacciano l'uomo che amava, voleva renderlo felice,
voleva che lui percepisse tutto il suo amore, ora che per lei era
così facile accettarlo.
“C'è qualcosa che potrei fare...” disse
a voce alta Oscar, e poco dopo sparì in una delle tante
stanze di palazzo Jarjayes.
André rientrò a palazzo Jarjayes molto tardi,
come era solito fare, quando si recava alle vecchia chiesetta dove si
svolgevano le riunioni tra contadini e nobili, nelle quali discutevano
insieme della situazione della Francia, presente e futura.
Svogliatamente si trascinò lungo il corridoio che portava
alla propria stanza, era stata una giornata dura fin dalla mattinata, e
in questo momento voleva soltanto buttarsi sul letto e dormire,
cancellando la fatica da ogni singolo muscolo del proprio corpo ed ogni
ricordo del racconto di Oscar dalla propria mente.
“Ancora quel maledetto Fersen...” la frase gli
uscì dalle labbra senza quasi rendersene conto, strinse
forte i pugni fino a che non sentì le unghie procurargli
dolore nelle carni, e allora mollò la presa.
Fece un lungo respiro, mise la mano sulla maniglia della porta e... la
trovò chiusa.
“Ma...”
André tentò di fare maggior forza sulla maniglia
ma non ebbe nessun risultato.
“E' ridicolo...”
André colpì la porta, cercando di sbloccarla,
probabilmente la vecchia serratura era rimasta incastrata, un altro
colpo e finalmente sentì un rumore... il rumore che produsse
la porta non era, però, quello di una serratura che cede, il
rumore che sentì fu quello di una chiave che girava nella
toppa, lasciandola così aprirsi davanti a lui.
L'uomo entrò nella stanza con circospezione e quando fu
finalmente dentro si guardò attorno cercando qualcosa che
neanche lui era in grado di figurarsi nella mente. Ad una prima
occhiata non trovò nulla fuori posto, anche se, senza una
luce ad illuminare completamente la stanza, era difficile esserne
certi, e quando tentò di abbassare la guardia quel qualcosa
colpì.
André sentì delle mani posarglisi sugli occhi,
delicatamente, e un istante dopo una voce sussurrargli all'orecchio.
“Shhh... voltati e non dire nulla. É un
ordine.”
“Oscar...” pensò André, avendo promesso tacitamente, di non proferir parola.
André si voltò, vi era una candela ad illuminare
un po' di più la stanza, cercò di mettere a fuoco
e quando la vista tornò ad essere nitida sentì il
respiro bloccarsi.
Oscar era di fronte a lui vestita da donna, indossava un magnifico
abito di seta rosa e pizzo nero, diverso da quelli che negli ultimi
tempi gli aveva visto addosso, il corpetto rosa era bloccato da lacci
neri ed una nuvola di taffetà incorniciava il seno pieno,
che non faceva che gonfiarsi ad ogni respiro di Oscar. Le braccia erano
nude, solo delle leggerissime spalline di pizzo nero ricadevano lungo
le spalle... I suoi capelli biondi non erano, questa volta,
imprigionati nelle forcine, questa volta ricadevano liberi lungo le
spalle, erano leggermente più mossi, pettinati con una cura
che Oscar non aveva mai avuto, notò André... un
elemento che lasciò spiazzato l'uomo fu una mascherina
di pizzo nero che aveva posato sugli occhi, un piccolo vezzo,
un particolare studiato appositamente per suscitare mistero,
provocazione, seduzione... così come lo era il tocco di
lucido rosso su quelle labbra piene che André avrebbe voluto
baciare all'istante.
André non mosse un passo, rimase fermo, come paralizzato,
muto come gli era stato ordinato, ed anche volendo non sarebbe stato in
grado di parlare, tutto ciò che bastava, in quel momento,
era poterla guardare, e guardare ancora, fu Oscar ad avvicinarsi e
quando fu poco distante si voltò, per mostrare ogni
dettaglio dell'abito.
“Volete danzare con me, signore?”
“Mi è permesso parlare madamigella?”
“Avete il permesso di parlare, signore.” Oscar
continuava a stare ad una certa distanza.
André si avvicinò a lei, le prese la mano e la
portò alla bocca, vi lasciò un lieve bacio.
“Con piacere madamigella.”
I due giovani danzarono in una stanza da letto, a tempo di una musica
che non fu mai scritta, danzarono come non avevano mai potuto fare e
quando la voglia della pelle si fece più intensa la danza si
fece più intima, corpo contro corpo.
André cinse la vita di Oscar con le braccia, sentiva il suo
petto contro il proprio e il mento di lei poggiato sulla spalla, il
respiro caldo gli solleticava il collo.
“Signore...”
“Madamigella...”
“Questo è per voi.” un sussurro bollente.
“Oscar...”
“Shhh...” gli intimò Oscar.
“André, quest'abito è per te, anche il
primo che indossai, per Fersen, sarebbe dovuto spettare a te, a te che
da sempre hai scorto la donna che era nascosta dentro di me, a te che
hai saputo svegliarla. A te, André, voglio donare questa
donna, a te, André, voglio mostrare la donna che
sono.”
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Capitolo 12 *** capitolo 12 ***
Ballarono per molto tempo, sempre più stretti l'uno contro
l'altro.
“Madamigella, vogliamo fare una pausa?”
“Con piacere, signore.”
Oscar alzò il viso, che fino a quel momento aveva giaciuto
sulla spalla di André, posò gli occhi su di lui e
sorrise.
“C'è del vino, ne volete? Signore.”
“Certo, tutto questo danzare mi ha messo una gran
sete.”
“Attendete un attimo, signore, ve lo porto
immediatamente.”
“Assolutamente no, madamigella, sedetevi vi prego, mi
occuperò io del vino.” André prese la
mano di Oscar e la invitò a sedersi sul bordo del letto,
fece un inchino seguito da una risata che cercò di
soffocare, e si apprestò a versare il vino nei calici.
“Madamigella...” porse il bicchiere ad Oscar.
“Vi ringrazio, signore...”
Bevvero senza mai staccare lo sguardo dagli occhi dell'altro,
André rimase affascinato alla vista delle labbra di Oscar
poggiarsi sul bordo del calice, si stupì dell'effetto che
quel gesto, che le aveva visto compiere tante volte, ora lo
sconvolgesse tanto.
Guardò istante dopo istante le sue labbra macchiate di
belletto rosso confondersi con lo stesso colore del vino, e poi
dischiudersi lasciando scorrere all'interno della bocca il liquido,
André si chiese se fosse possibile che un gesto
così banale potesse far impazzire un uomo, forse si, forse
era possibile.
“Signore...” Oscar si accorse dello sguardo
particolare che André aveva per lei.
“Madamigella...”
“Trovo che sia inopportuno guardare una donna in quel
modo.” Oscar si sforzò di assumere un'espressione
seria, André si avvicinò continuando a tenere gli
occhi sulle sue labbra. Oscar bevve un altro sorso di vino,
provocandolo senza rendersene conto.
“Avete ragione madamigella, è inopportuno che io
vi guardi in questo modo... ma le vostre labbra sono così...
così...” André prese il calice che
Oscar aveva ancora tra le labbra, lo staccò da lei,
lasciando sulla sua bocca una bellissima espressione imbronciata, ed
aggiunse in un sussurro.
“...così... invitanti.” le labbra di
André avevano già imprigionato quelle di Oscar,
così calde, sapevano di lei e di quel delizioso vino che
qualche secondo prima aveva lasciato scorrere in gola.
Fu un bacio lungo e violento che lasciò entrambi storditi.
“Baciate sempre in questo modo le dame con le quali
danzate?” disse Oscar a fatica, quel bacio le aveva rubato il
respiro.
“Bacio solo le donne bellissime come voi,
madamigella.” André si mise seduto accanto ad
Oscar.
“André...”
“Si, Oscar...”
“Mi trovi bella? Pensi che io sia una bella Donna?”
Oscar calcò la voce su quell'ultima parola.
“Sei una donna magnifica Oscar. Per me sei sempre stata una
donna, non ti ho mai visto in altro modo. Non pensare che io ti dica
questo perchè hai indossato un abito femminile, per me. I
miei occhi, così come il mio cuore, non hanno bisogno di un
corsetto o di un belletto per ricordarmi che sei una donna, per me lo
sei sempre stata, anche quando tu non te ne rendevi conto, o non eri
pronta ad accettarlo, ma lo sei Oscar, lo sei, sei una bellissima
donna.”
“André io...” Oscar fu invasa da un
inaspettato imbarazzo, quell'abito che aveva indosso le pareva
così ridicolo dopo aver ascoltato le parole di
André.
“Oscar stai tranquilla, so che cosa ti sta passando per la
testa... non fraintendere le mie parole, per me tu sei donna anche con
indosso l'uniforme, ma ho apprezzato molto questa tua sorpresa, credo
che vederti ogni tanto con un abito da sera non mi dispiacerebbe...
anzi...” André abbassò lo sguardo e
iniziò a giocare con il taffetà attorno al seno
di Oscar.
“Vogliamo sbarazzarci di quest'abito, signore?”
sussurrò Oscar avvicinando le labbra all'orecchio di
André. L'uomo fece scivolare le mani attorno al corsetto,
sciolse i lacci che lasciò cadere a terra, raggiunti qualche
secondo dopo dall'indumento di seta e taffetà, lo stesso
destino toccò al resto dell'abito, un immensa massa di gonne
e sottogonne di stoffa preziosa.
André ammirò il corpo della sua Oscar, non poteva
fare a meno di guardarlo attentamente ogni volta che la spogliava, non
poteva fare a meno di ripetersi che era sua, che quella donna che per
tanto tempo aveva sognato era finalmente sua, soltanto sua.
Il giovane ritornò alla realtà sentendo che lei
si muoveva sotto le sue braccia, la vide portarsi le mani dietro la
testa e sollevarsi i lunghi riccioli biondi, vide le sue dita
armeggiare con la maschera che aveva sugli occhi, André
allora le bloccò i polsi con un gesto deciso.
“No, non toglierla, lasciatela addosso...” la
intimò André, ed Oscar obbedì
all'ordine del proprio uomo.
Oscar spogliò André da principio molto
lentamente, iniziò dalla camicia, avendo cura di far
scivolare fuori dalle asole di seta ogni singolo bottone, cura che
perse di intensità quando le sue dita percepirono il calore
della pelle dell'uomo, un fuoco che le scivolò dentro,
attraverso la propria pelle fino ad arrivare alle vene, stava
bruciando... lasciò cadere ogni vergogna, ogni tipo di
inibizione, lasciò scivolare a terra, assieme agli abiti, il
freddo soldato che aveva albergato in lei da tutta la vita,
scaraventò a terra la vecchia Oscar e fece emergere la donna
che per troppo tempo era rimasta sopita tra le pieghe della sua anima,
lasciò emergere la donna che aveva intenzione di amare il
proprio uomo, divorandolo, dissetandosi di lui.
André notò il cambiamento di Oscar, lo sguardo di
lei nascosto dietro alla maschera di pizzo nero aveva un qualcosa di
diverso, vide una nuova luce in quegli occhi azzurri che aveva
osservato per tutta la vita.
Le mani di Oscar sul petto di André, pelle contro pelle, uno
sguardo complice al proprio uomo e il sangue, il vino, l'amore, la
passione... il fuoco nelle vene... e quelli che pochi istanti prima
erano stati gesti delicati divennero pura e semplice voglia di piacere,
le mani di Oscar strapparono con tale impazienza gli abiti dell'uomo da
lasciarlo senza fiato, impotente contro quella deliziosa furia che non
vi era modo di fermare... che non voleva fermare.
Labbra contro labbra, pelle contro pelle, mani che stringono, dita che
graffiano, baci che rubano un nome gridato,
Fecero l'amore come se quella fosse stata la loro ultima notte insieme,
si amarono con una tale passione da far male al cuore, con una tale
rabbia da rasentare la violenza... quella violenza che non fa male,
quella dolce violenza che solo gli amanti conoscono.
Si svegliarono con le prime luci del mattino, infastiditi da dei
dispettosi raggi di sole. André aprì gli occhi
per primo e l'immagine che gli si presentò davanti gli
sarebbe bastata per essere felice tutta la vita, Oscar, la sua Oscar,
era distesa sul letto, pancia in sotto, poteva scorgere solo la massa
di riccioli biondi che si posavano sulla schiena nuda, e una parte
della deliziosa curva del fondo schiena, nascosto dal bianco lenzuolo
di seta... le braccia sotto il cuscino ed il viso volto verso di lui,
André sorrise quando vide che Oscar indossava ancora la
maschera di pizzo nero... quel piccolo lembo di tessuto che aveva
scatenato reazioni sconosciute, quante volte durante la notte aveva
guardato i suoi occhi sotto di essa? E quante volte, mentre facevano
l'amore, aveva visto lei, la sua Oscar, portare le braccia sotto i
capelli per poi sollevarli, tenendoli bloccati, e l'aveva poi guardato
con uno sguardo carico di seduzione, mentre non smetteva di muoversi
sopra il suo corpo? Quante volte era successo? Tante.
Oscar si svegliò qualche minuto dopo, gli occhi ancora semi
chiusi e il sorriso sulle labbra, era felice.
“Buongiorno signore...” disse Oscar con voce dolce,
un tono che André ricordava di non avergli mai sentito usare.
“Buongiorno amore...” André
posò la mano sulla schiena nuda di Oscar,
l'accarezzò, quasi solleticandola.
“...amore...” ripeté Oscar con un filo
di voce.
“Si, Oscar, amore...” ripeté lui
avvicinando il viso a quello di lei.
“Mi piace... dillo ancora...”
“Amore... amore... amore...” André le
scostò una ciocca dal viso e solo in quel momento Oscar si
rese conto di avere ancora indosso la maschera di pizzo.
“André...”
“Si, Oscar...”
“Potresti togliermi la maschera?” André
fece cenno di si col capo, gliela tolse, con una lieve amarezza nel
cuore, quel pezzetto di stoffa era stata loro complice in quella notte
di passione ed ora dovevano liberarsene, lasciando spazio alla
“realtà” di un freddo mattino.
“Vorrei che la tenessi tu André, in ricordi di
questa notte.” Oscar gli sorrise. L'uomo non disse nulla, si
limitò a baciarle le labbra di cui non riusciva
più a fare a meno.
Ancora due giorni e il generale Jarjayes e consorte avrebbero fatto
ritorno a palazzo. Oscar e André avevano cercato di passare
quegli ultimi giorni insieme, il più possibile. Fecero
lunghe cavalcate insieme, interminabile picnic sulla riva del fiume,
lunghe chiacchierate davanti al fuoco ed una tazza di cioccolata, e
naturalmente la notte, quando tutto taceva a palazzo, loro divenivano
due folli amanti costretti a soffocare il piacere, i respiri e le grida
con labbra e mani prudenti.
E così come tanto velocemente si trasformavano in amanti,
altrettanto velocemente mutavano in sciagurati innamorati, costretti a
rubare ore alla notte, cercando di ingannare la luna, pregandola di non
cedere il posto al sole, che era divenuto, per loro, un acerrimo nemico.
Tra tutto questo idillio qualcosa, o meglio qualcuno, di tanto in
tanto, spezzava la loro tranquillità. Quel qualcuno non era
altro che il conte di Fersen, che Oscar si vide costretta ad
assecondare, di tanto in tanto, invitandolo a cena, conversando
amabilmente, con lui, davanti ad un bicchiere di vino. In fondo non era
così male passare del tempo con Hans, si ripeteva spesso
Oscar, era una persona piacevole, e si era dimostrato un uomo generoso
e di cuore, si era offerto di aiutarla, e questo valeva qualche piccolo
sacrificio. André ovviamente non era dello stesso parere, la
presenza del conte lo infastidiva, faceva nascere in lui quell'antico
mostro che prendeva il nome di gelosia, e più di una volta,
André, cercò di mettere in guardia Oscar dal bel
svedese, l'uomo era convinto, sempre di più col passare del
tempo, che Fersen si stesse innamorando della sua Oscar, e lei per
tutta risposta sfoderava un grande sorriso e spesso una rumorosa
risata, anche se, anche lei, aveva scorto qualcosa di insolito negli
atteggiamenti del conte.
“Ancora due giorni amore. Solo due giorni per noi.”
“uhmm” Oscar si lamentò col viso
nascosto contro il petto di André.
“Hey...” André sollevò il
viso di Oscar con le mani, si perse nell'azzurro dei suoi
occhi le baciò la fronte.
“Rimani ancora un po'... ti prego.”
“Oscar, lo sai... non è prudente che io rimanga
qui. Questa è l'ora ideale per uscire dalla tua stanza,
quando tutto il palazzo sta ancora dormendo. Fai la brava.”
L'uomo la stava abbracciando.
“Hai ragione André, sono una sciocca.”
disse Oscar abbassando lo sguardo.
“Non sei sciocca Oscar, anch'io vorrei poter rimanere qui
senza preoccuparmi di chi potrebbe vederci. Ora devo
alzarmi.” e così dicendo André si
alzò dal letto, raccolse i vestiti e si preparò
per uscire dalla stanza e infilarsi nella propria.
Una volta pronto, André, si avvicinò alla porta,
la mano sulla maniglia, una piccola pressione verso il basso e si
sarebbe aperta, quando sentì le braccia di Oscar cingergli
la vita e il viso della donna poggiarsi contro la schiena. Non
ebbè bisogno di parlare, sapeva cosa voleva la sua Oscar, si
girò deciso, le prese il viso tra le mani e
poggiò le labbra sulle sue, un semplice bacio, un piccolo
innocente bacio. Un piccolo dazio per oltrepassare la porta.
Al giovane fu permesso di aprire la porta, era fuori, fermo a pochi
centimetri dalla soglia, si guardò attorno, Oscar fece lo
stesso prima di sostare, anch'essa, con un piede oltre la la porta, un
ultimo bacio prima di separarsi per qualche ora, un bacio
lungo, profondo, intenso, un bacio che sarebbe dovuto durare per le ore
in cui sarebbero stati distanti.
“A dopo amore.”
“A dopo André” dei passi lungo la
scalinata ed il rumore di una porta che si chiude.
Era una fresca mattina, molto presto, quando il generale Jarjayes vide
il nipote della vecchia governante, il bambino che aveva accolto in
casa propria, il ragazzo che aveva messo al fianco del suo
“erede”, uscire dalla stanza di sua figlia, e
baciarla, come un uomo bacia una donna, con la passione degli
amanti. Era una fresca mattina quando il generale Jarjayes vide il
proprio “erede”, sua figlia, contraccambiare il
bacio del suo attendente.
Quello era un giorno che il generale non avrebbe mai più
dimenticato.
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Capitolo 13 *** capitolo 13 ***
André dormì un paio d'ore e poi dovette alzarsi,
di malavoglia, per recarsi a Parigi per verificare se la sua domanda
per i soldati della guardia fosse stata esaminata.
Partì sul suo cavallo quando ancora quasi tutto il palazzo
dormiva, solo qualche cameriera, ed ovviamente sua nonna, erano
già sveglie, il resto della casa era ancora nei propri letti
caldi, sicuramente lo era la sua Oscar, la immaginò distesa
su quel letto che li aveva visti insieme poche ore prima, la
immaginò nuda e bellissima, e si rese conto di sentire la
mancanza del suo calore.
Oscar si svegliò verso le dieci del mattino, piuttosto tardi
per lei che generalmente si destava all'alba, ma questo era uno dei
tanti vizi che si era concessa durante quella sorta di vacanza che era
giunta inaspettatamente nella propria vita.
Scese da basso, con l'intenzione di fare colazione sul terrazzo,
all'aria aperta, gustando quella tranquillità che di li a
qualche giorno le sarebbe mancata, dovendo poi prendere servizio come
comandante dei soldati della guardia, e soprattutto le sarebbe mancata
col ritorno di suo padre a palazzo.
Scese col sorriso sulle labbra, era felice, si sentiva felice come non
ricordava di essere mai stata, negli ultimi giorni niente e nessuno
erano riusciti a turbare la sua serenità, né il
conte di Fersen ne il pensiero di doversi separare da André
una volta tornato suo padre.
Oscar si diresse verso le cucine, aveva voglia di conversare con la
vecchia governante, non la trovò, strano, pensò,
a quell'ora del mattino, nelle ultime settimane la vecchia Nanny
attendeva Oscar con una fetta di torta pronta a fare due chiacchiere
con lei, era un appuntamento che si erano date, senza parlarne
apertamente, era successo e basta.
Provò a chiamarla ma non ebbe risposta, poi improvvisamente
la vide sbucare da una stanza, coperta da una pila di lenzuola, correva
come una furia, con una tale agitazione da non accorgersi della
presenza di Oscar.
La donna non ci fece caso, decise che avrebbe fatto una cavalcata fino
al fiume, uscì dal palazzo e andò verso le
scuderie. La giornata era magnifica, il cielo di un azzurro irreale,
una brezza tiepida e un delicato sole, Oscar si fermò, poco
prima di giungere alle scuderie, buttò leggermente indietro
la testa, chiuse gli occhi e si lasciò accarezzare dai raggi
del sole. Pensò che non sarebbe potuta esistere giornata
migliore.
Qualcosa interruppe quel momento. Oscar si sentì afferrare
il braccio, aprì gli occhi e si voltò per
scorgere chi fosse la persona che la stava stringendo, ma il sole le
impedì di mettere a fuoco la figura che gli era di fronte,
ci mise qualche secondo per capirlo.
“Padre! Voi qui?” Oscar decisamente non si
aspettava di vederlo a palazzo, non così preso, e sopratutto
non riusciva a capire quel gesto, quel contatto che il generale stava
avendo con lei. Sentiva le sue dita stringersi sempre di più
attorno al suo braccio.
Il generale non disse nulla.
“Padre che vi prende, mi state facendo male.” la
ragazza cercò di divincolarsi, ma la presa non cessava.
“Padre. Lasciatemi!” Il tono di voce di Oscar aveva
raggiunto i toni di un grido, e solo in quel momento il generale
sembrò destarsi da un sogno, allentò leggermente
la presa e finalmente articolò qualcosa.
“Cosa pensavi di fare?” la voce del generale era
bassa ma tremendamente fredda, con leggeri picchi di palese rabbia.
“Padre non capisco. Cosa vi prende?”
“Cosa pensavi di fare Oscar? Cosa pensavate di
fare?”
“Cosa pensavamo di fare? Vi prego, padre, spiegatemi. Non
capisco di cosa stiate parlando!” Oscar era confusa, confusa
per l'arrivo inaspettato del padre, confusa dalla sua stretta attorno
al braccio, confusa da quelle parole a cui non riusciva a dare un senso.
“Da quanto va avanti questa storia Oscar?” il
generale si era fatto più vicino alla figlia, troppo.
“Padre io... io non capisco di cosa stiate
parlando.” la voce di Oscar era divenuta un lieve sussurro.
Si domandò se il padre avesse scoperto della farsa tra lei e
il conte di Fersen, si era sicuramente quello, “ci ha
scoperti”, si disse.
“Come hai potuto farmi questo! Tu, sangue del mio sangue!
Come hai potuto farlo Oscar!”
“Padre, smettetela! Lasciatemi! Cosa vi ho fatto?
Cosa?” il tono di voce di Oscar aveva raggiunto livelli
pericolosamente alti, lasciando dietro di sé la paura ed
accogliendo una rabbia bruciante.
Il generale Jarjayes si fece ancora più vicino al viso della
figlia, accostò il proprio volto a quello di Oscar,
avvicinando la propria bocca al suo orecchio, in un gesto che se visto
da chiunque passasse di li in quel momento, sarebbe stato scambiato per
un'affettuosità tra padre e figlia.
“Hai permesso ad uno sporco servo di entrare nel tuo
letto.”
Oscar sentì il respiro bloccarglisi nel petto, come poteva
sapere? Come aveva fatto suo padre a scoprire che... la sua mente non
ebbe il tempo di terminare quel pensiero.
“Vi ho visti stamane. Ho visto André, quel
maledetto bastardo, uscire dalla tua stanza. Come hai potuto farmi
questo Oscar? Come avete osato farmi questo? Da quanto va avanti questa
storia? Da quanto tempo mia figlia è diventata la sgualdrina
di quel maledetto stalliere?” Il generale Jarjayes
vomità ogni singola parola a denti stretti.
Lo sconcerto di Oscar, che l'aveva invasa qualche minuto prima si era
trasformato in una furia accecante, la donna si divincolò e
col solo braccio che era rimasto libero afferrò il colletto
dell'uniforme del padre, strinse il tessuto tra le dita,
portò il proprio viso di fronte a quello del padre, lo
strattonò un paio di volte, e con lo stesso tono, che il
generale aveva avuto per lei, gli disse.
“Chiamatemi sgualdrina un'altra volta e vi giuro padre che
non risponderò di me. Ve lo giuro. Ed ora
lasciatemi.”
Il generale non sembrò intenzionato a mollare la presa.
“...e ciò che faccio della mia vita non
è affar vostro.”
“Non posso perdonarti, hai infangato il nome della nostra
famiglia. Non posso perdonarvi. L'unica cosa che potrei fare sarebbe
ucciderti, ma questo non cancellerebbe il torto che mi hai arrecato. Se
ti uccidessi, tutti i sacrifici che ho compiuto per fare di te il mio
erede sarebbero stati vani. Quindi, Oscar, voglio risparmiare la tua
vita. Ma tu dovrai fare qualcosa per me.”
“Non potete costringermi padre, qualsiasi cosa abbiate in
mente. Non accetterò.” la mano di Oscar stringeva
ancora il colletto del generale.
“Ti sto risparmiando la vita Oscar, dovresti esserne
grata.”
“Padre io non...”
Il generale la interruppe.
“Ti sposerai Oscar. Sposerai il conte Hans Axel di
Fersen.”
La presa attorno al colletto del generale si allentò, Oscar
lasciò cadere il braccio lungo il corpo, frastornata, ma non
per questo meno determinata.
“Padre, perdonatemi. Non mi sposerò. Non
sposerò il conte di Fersen.”
“Ti sposerai Oscar. Ascoltami attentamente, oggi, domani, tra
qualche settimana, potrebbe succedere qualcosa ad André, un
incidente a cavallo, una rissa finita male, un colpo di pistola venuto
da chissà dove, una tragica fine senza un motivo
apparente...”
“Padre voi non potete farlo!”
“Ah ah ah! Pensi davvero che macchierei il mio nome con un
simile gesto, per un servo? Non mi è difficile trovare chi
potrebbe farlo per me. Sono stato chiaro Oscar? Ti sposerai. Sposerai
il conte di Fersen. È un ordine.”
Oscar non ebbe la forza di rispondere, la voce le morì in
gola, si limitò a fare un cenno di assenso con il capo, e
solo in quell'istante il padre mollò la presa attorno al suo
braccio e rientrò a palazzo, come se nulla fosse successo.
Oscar sentì il corpo svuotarsi completamente, si
sentì debole, impotente, sentì di non esistere
più.
“Cosa farò ora...” fu tutto
ciò che riuscì a dire prima di avvertire una
vertigine che la fece quasi cadere a terra.
Cercò di ritornare in sé, doveva fare qualcosa,
ma non era ancora completamente lucida, cosa poteva fare?
André, doveva cercare André.
Entrò nelle scuderie per controllare se all'interno ci fosse
il cavallo di André. Non c'era. Corse in casa e raggiunse la
vecchia governante, niente, neanche lei poté esserle
d'aiuto, non aveva idea di dove fosse andato il nipote.
Oscar sentì l'ennesima vertigine impossessarsi di lei,
dovette poggiarsi al tavolo della cucina per non rischiare di cadere.
“Oscar, dio del cielo, cosa ti succede? Stai male?”
la vecchina fu subito accanto alla donna.
“No, no. Sto bene, ho dimenticato di fare
colazione.” Oscar si forzò di sorridere per
rassicurare la governante.
“Siediti! Mangia questa fetta di torta. Non voglio che ti
alzi dalla sedia fino a quando non vedrò più
nemmeno una briciola nel piatto!”
Oscar si sforzò di continuare a sorridere, e si
forzò ancora di più per ingoiare la fetta di
torta.
Appena riprese un briciolo di controllo, Oscar si rese conto di
ciò che avrebbe dovuto fare, immediatamente, ancor prima di
trovare André. Fersen. Doveva parlare con lui.
Montò sul proprio cavallo e lo lanciò al galoppo,
intenzionata a raggiungere il palazzo di Fersen il prima possibile.
Oscar smontò da cavallo, corse verso il portone di palazzo
Fersen e vi entrò senza bussare, corse nell'immenso atrio
della casa gridando il nome di Fersen.
“Hans”
Nessuna risposta
“Fersen!”
“Ehm... perdonatemi, signore, il conte non è a
palazzo. Sarà di ritorno tra poco, posso farvi accomodare
nel salottino? Gradite qualcosa?” un altissimo e altrettanto
magro cameriere si materializzò dietro alla donna, facendola
sussultare.
“Io... si, grazie, lo attenderò nel salottino. Vi
ringrazio.” Oscar si sentì tremendamente stupida.
Si accomodò nel salotto e benedisse il bruciante liquore che
gli fu offerto. Qualche minuto più
tardì sentì il padrone di casa rientrare.
Dei passi. Delle voci.
“Oscar.” il conte non sembrava felice di vederla.
“Fersen, debbo parlarvi. Non sarà
facile...”
“Oscar...”
“Fersen no, non interrompetemi, se lo fate non
troverò il coraggio di continuare.”
Silenzio.
“Debbo avvertirvi che riceverete la visita di mio padre.
Oggi, domani, questa sera, non posso dirvi quando di preciso. Mio padre
vorrà vedervi e...”
“E dirmi che avete deciso di diventare mia moglie.”
Fersen rubò le parole di Oscar.
“Si... ma... come?” Oscar ne fu sorpresa.
“Ero a Versailles questa mattina e vostro padre mi ha fatto
chiamare.”
“Fersen perdonatemi, vi giuro che non avrei mai voluto
trascinarvi in questa situazione. Vi giuro che non avrei voluto
causarvi tanti problemi. Ora tutti sapranno, mio padre non
perderà l'occasione di rivelare a tutti che voi avete
mentito per aiutarmi. Mio dio Fersen, potete perdonarmi?” la
voce di Oscar tremava.
“Oscar, vostro padre si è presentato a me
dicendomi che voi avevate deciso, dopo lunga riflessione, di divenire
mia moglie, il prima possibile. Vi confesso che questa rivelazione
è giunta al mio orecchio come qualcosa di insolito, ho
capito immediatamente che c'era qualcosa di insolito. Ho capito che
eravate stata messa alle strette, ho capito che siete nei
guai.”
“Fersen io...”
“Non preoccupatevi Oscar. Non preoccupatevi per me, vostro
padre non avrà nulla di cui sparlare, perchè ho
accettato di sposarvi.”
“Cosa?”
“Vi sposerò Oscar. Meglio io che qualcuno che non
conoscete. Oscar, non siete l'amore della mia vita, certo, ma ho
scoperto di provare per voi dei sentimenti che vanno al di
là della semplice amicizia e dell'enorme stima che
ho per voi. Vi voglio bene Oscar. Ed ora ditemi, cosa è
successo di tanto grave per indurre vostro padre ad imporvi un
matrimonio.”
“Fersen no. Non potete sposarmi. Non potete volermi bene. Non
potete.” Oscar non trattenne più le
lacrime, pianse disperata pronunciando quelle parole e poi
scappò via.
Come avrebbe potuto spiegare tutto questo ad André?
André giunse a palazzo Jarjayes nel tardo pomeriggio, dopo
aver bevuto qualcosa con Alain, dopo aver festeggiato d'essere stato
preso nei soldati della guardia. Ce l'aveva fatta. Ne era felice, anche
se in modo differente rispetto a quando fece domanda. Ora gioiva nel
sapersi utile per il suo paese, gioiva nel sentirsi unito a quel popolo
di cui faceva parte e poter combattere per degli ideali a cui
aveva sempre creduto, oggi più intensamente che in passato.
Un mese prima avrebbe gioito poiché entrare nei soldati
della guardia avrebbe significato allontanarsi da lei, da Oscar, la
donna che lo stava distruggendo. Quella stessa donna ora lo amava, non
aveva nessun intenzione di allontanarsi da lei, ma era felice,
comunque, di combattere con la gente del popolo di cui lui
faceva parte, fin dalla nascita.
L'uomo scese da cavallo, strinse le briglie nella mano ed
accompagnò l'animale all'interno delle scuderie, e una volta
sistemato camminò velocemente verso la porta, aveva voglia
di parlare con Oscar o semplicemente poterla guardare da lontano.
Come se il suo desiderio fosse stato ascoltato da chissà
quale dio, André vide entrare nelle scuderie Oscar. Sorrise,
un sorriso pieno, ma lei non stava sorridendo, lo vedeva chiaramente.
“Mi sei mancata Oscar.” e le si avvicinò
con le braccia già pronte ad un abbraccio, ma lei lo
fermò, posandogli le mani sulle braccia e imponendogli di
abbassarle.
“André, sposerò Fersen.”
diretta e spietata.
“Tu cosa?”
“Sposerò Fersen. Mio padre è tornato a
palazzo, stamane. Sono obbligata André, devo farlo, non
c'è via d'uscita.” Oscar dovette mentire ad
André, non avrebbe potuto dirgli che suo padre li aveva
scoperti e che era intenzionato a fargli del male se lei non avesse
eseguito i suoi ordini, non avrebbe potuto dirgli la verità,
se André avesse saputo si sarebbe macchiato dello stesso
crimine di suo padre, ne era certa.
“Oscar ma... sei impazzita? No, non sposerai Fersen. Non
puoi, io non te lo permetterò.” l'uomo
strinse le braccia di Oscar e senza quasi rendersene conto si
ritrovò a scuoterla.
“Sposerò Fersen e nemmeno tu potrai
impedirlo.” le lacrime rigarono il viso di Oscar,
bruciandogli le guance come fossero state acido.
A queste parole André lasciò la stretta attorno
alle braccia di Oscar, la guardò con un tale dolore negli
occhi da far sanguinare il cuore, e con la voce che può
avere soltanto un uomo che non ha più nulla disse.
“Va bene, Oscar. Me ne andrò oggi stesso, non mi vedrai mai
più. Io, non voglio più vedere te. Mi hai ucciso.
Sono un uomo morto, non ho più nulla. Addio.”
l'uomo non versò una lacrima, sembrava essere stato privato
di ogni sentimento.
Oscar era in preda ad un pianto disperato, il volto sconvolto dalle
lacrime. Si avvicinò ad André prese il suo viso
tra le mani e posò le proprie labbra sulle sue, lo
baciò con la consapevolezza che sarebbe stata l'ultima volta.
“Ti amo André.” disse tra i singhiozzi
ed uscì dalle scuderie con la morte nel cuore.
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Capitolo 14 *** capitolo 14 ***
André non riuscì a muovere un passo, immobile
nella posizione in cui si trovava quando Oscar disse che avrebbe
sposato Fersen. L'uomo sentiva il proprio corpo leggero, privo di peso,
eppure muovere anche solo un arto sembrava un'impresa impossibile.
Non aveva versato una lacrima quando, alla sua obiezione, Oscar l'aveva
informato che nemmeno lui avrebbe potuto impedire il matrimonio col
conte, non aveva reagito quando lei l'aveva baciato, e neppure ora
riusciva a svegliarsi da quello stato catatonico in cui si trovava.
Pensò agli ultimi avvenimenti di quei giorni, le magnifiche
ore passate con Oscar, la tranquillità e l'amore che aveva
provato e che sentiva in ogni cellula del proprio essere, tutto
svanito, delle semplici parole avevano cancellato tutto in un attimo.
Come aveva potuto, la sua Oscar fare una cosa simile, come aveva potuto
essere così debole, lei che era sempre stata una donna fuori
dal comune, combattiva, ribelle, così fortemente moderna,
come aveva potuto non reagire, non combattere per lui, per loro, per
l'amore che avevano scoperto di provare l'uno per l'altra? Vi era solo
una risposta, Oscar doveva essere ancora innamorata di Fersen, come
aveva sospettato qualche settimana prima, il mostro che gli era nato
dentro, il folle meschino geloso aveva ragione, Oscar provava ancora
qualcosa per Fersen, ne era certo. Eppure qualche minuto prima, l'aveva
baciato dicendogli che l'amava. Un'altra bugia? Si, probabilmente si,
si disse André, se fosse stata sincera avrebbe semplicemente
rifiutato di sposarsi.
Doveva dimenticarla, non vi è altra soluzione.
André decise che da quel momento in poi avrebbe strappato
dal proprio cuore il ricordo di Oscar, dopo tanta sofferenza, dopo
l'ennesima sconfitta era giunto il momento di recidere il ramo infetto.
Un taglio netto e forse sarebbe sopravvissuto, forse.
André camminò a lunghi passi verso palazzo
Jarjayes, raccolse le sue cose, salutò la nonna,
montò sul suo cavallo e lasciò quella casa, per
sempre.
Il generale Jarjayes era in piedi davanti alla grande vetrata del
proprio studio, le mani dietro la schiena, il corpo dritto come un
fuso, ed un sorriso crudele sul volto. Il suo piano stava prendendo
forma, pezzo dopo pezzo, come aveva previsto, quel maledetto servo,
quello che fu, un tempo, André, aveva lasciato il palazzo, e
non vi avrebbe più fatto ritorno.
Il generale si accomodò alla scrivania, fece girare la
chiave d'orata dell'ultimo cassetto e ne estrasse una carta da lettera,
un foglio immacolato, lo poggiò sul tavolo e
iniziò a scrivere, con la sua calligrafia fine ed elegante,
e quando ebbe finito piegò accuratamente la preziosa carta,
la fece entrare in una busta e sigillò il tutto con la cera
lacca su cui impose lo stemma del proprio casato.
“Pierre... Pierre”
“Generale, mi avete chiamato?”
“Pierre, devi recarti immediatamente a Versailles e
consegnare a chi di dovere questa busta per Sua Maestà. Non
c'è bisogno che ti rammenti di usare la massima discrezione.
Giusto?”
“Certo, generale.”
“Ora puoi andare.”
“Generale. Con permesso.”
Jarjayes buttò all'indietro il capo e rise, la stanza vuota
fu inondata da quel suono gelido e carico d'odio, rise così
forte da far accorrere la moglie richiamata da quel suono insolito, e
solo quando la vide entrare nello studio cercò di darsi un
minimo di contegno, anche se, non era in grado di togliersi un orribile
ghigno dalle labbra.
“Signore, state bene?” madame Jarjayes era
evidentemente preoccupata, era insolito sentire il consorte ridere.
“Sto bene, sto magnificamente. Rallegratevi moglie, abbiamo
un matrimonio da preparare, presto, prestissimo.” Il generale
aveva ripreso a ridere.
“Cosa? Ma...?” madame Jarjayes era sconcertata,
pericolosamente pallida in viso.
“Un matrimonio... Oscar sposerà il conte Hans Axel
di Fersen.”
Oscar corse dentro casa, con gli occhi colmi di pianto, le lacrime le
impedivano di vedere. Corse nella propria stanza ed una volta giunta
all'interno si lasciò cadere sulle ginocchia, inerme, il
viso nascosto tra le mani, pianse come una bambina, in modo convulso,
con forti singhiozzi che le bloccavano il respiro in gola.
Pianse tutte le lacrime che aveva in corpo, fino a che non ne ebbe
più la forza e solo allora si alzò da terra e si
mise di fronte allo specchio. Osservò il proprio viso
sconvolto dal pianto, e non vi si riconobbe, non riusciva a scorgere il
freddo soldato che era sempre stata e neppure la fragile donna in abiti
femminili, niente di tutto ciò, di fronte a lei vi era
un'orribile traditrice, una vigliacca, una donnuncola senza un briciolo
di coraggio, era soltanto una sporca bugiarda.
Aveva mentito ad André, all'uomo che l'aveva seguita,
protetta, sostenuta per tutta la vita, l'uomo che l'amava
più della propria vita, l'aveva guardato negli occhi e aveva
avuto per lui solo bugie, dure e taglienti parole che l'avevano ucciso
a sangue freddo.
“L'ho fatto per te André, l'ho fatto per
proteggerti...” sussurrò allo specchio.
Sei una maledetta bugiarda, fu il primo pensiero che balenò
nella testa di Oscar un secondo dopo aver pronunciato quelle parole. Un
pensiero crudele, ma vero, era una tremenda bugiarda, aveva mentito,
certo, ma non solo per proteggere André, aveva mentito
perchè non aveva avuto il coraggio di confessare al proprio
uomo di non essere in grado di tener testa al proprio padre ed
affrontare le conseguenze del loro amore. Non hai il coraggio di
lottare per questo amore, si ripetè nella mente. Era vero,
non ne aveva il coraggio, non aveva la forza di affrontare un amore che
sarebbe stato difficile e complicato anche senza le minacce del
generale.
“Cosa avrei potuto fare?” Oscar sembrava rivolgersi
all'immagine riflessa di fronte a lei.
Avresti dovuto rifiutare il ricatto di tuo padre, saresti dovuta
correre dal tuo uomo e scappare con lui, pronti ad affrontare qualsiasi
difficoltà, insieme, difficoltà di ogni genere,
la differenza sociale, il disprezzo delle persone, la minaccia del
generale, qualsiasi cosa, purchè insieme. Sei una stupida
Oscar, una stupida vigliacca.
La voce nella mente di Oscar tacque.
La donna si sistemò sul letto e le lacrime ricominciarono a
scorrere lungo le guance fino a morire sul cuscino, pianse
fino a che il sonno non la raggiunse portandosi via il dolore.
Il mattino seguente, quando Oscar si svegliò dal profondo
sonno che l'aveva avvolta durante la notte sembrò non
ricordare nulla del giorno precedente, aprì gli occhi e per
qualche minuto si sentì serena, tranquilla, il primo
pensiero fu per André, come ogni mattina... ma la
realtà la colpì improvvisamente ricordandogli
ciò che era avvenuto, il ritorno di suo padre, le minacce,
il matrimonio imposto e l'addio ad André.
Chiuse gli occhi e nascose la testa sotto il cuscino, non
aveva intenzione di alzarsi, tanto meno vedere suo padre e qualsiasi
altra persona del palazzo, avrebbe dormito per sempre se solo
avesse potuto. Ma non poteva.
“Oscar! Oscar! È ora di alzarsi. Sono
così felice per te...” madame Jarjayes irruppe
nella stanza della figlia, forse per la prima volta da tanti anni a
quella parte.
“Madre!” Oscar ne fu stupita, cosa ci faceva madame
Jarjayes in camera sua?
“Oscar, tuo padre mi ha dato la bella notizia.”
“La bella notizia?” disse Oscar con
un'ingenuità che faceva quasi tenerezza.
“Oscar, non prenderti gioco di tua madre... il matrimonio, il
tuo matrimonio col conte di Fersen.”
“Oh... si, certo.” Oscar fu tentata di rimette la
testa sotto il cuscino e gridare tutto la rabbia che aveva in corpo.
“Sono così felice per te Oscar, il conte
è un uomo così affascinante, distinto, colto,
sono certa che ti renderà felice. Devo confessarti che non
credevo che un giorno ti avrei vista andare in sposa a qualcuno, ho
sempre pensato che l'educazione che tuo padre ti aveva impartito avesse
avuto la meglio su di te, invece... eccoti qui, la mia Oscar, pronta a
diventare madame Fersen.”
“Madre io...” Oscar era sul punto di confessare
tutto a sua madre.
“Basta con le chiacchiere inutili Oscar, alzati
immediatamente, abbiamo parecchie cose da fare. Prima di tutto l'abito
nuziale, la sarta più in vista di Parigi ti sta aspettando
nella stanza degli ospiti. Mettiti qualcosa addosso e
raggiungiti.”
Oscar annuì.
“Oscar...”
“Si Madre...”
“Sono così felice per te.” e
così dicendo sua madre le baciò la fronte e poi
uscì dalla stanza per raggiungere la sarta.
Oscar si portò la mano sulla fronte, nel punto in cui le
labbra di sua madre si erano posate, non ricordava l'ultima volta che
aveva avuto un gesto così affettuoso per lei, si
stupì di non ricordarne altri, si stupì
rendendosi conto che forse quello era il primo gesto d'affetto della
madre nei suoi confronti.
Oscar uscì dalla stanza degli ospiti qualche ora dopo
esserci entrata, scelse l'abito sotto consiglio della madre e di Nanny,
ci furono un susseguirsi di misurazioni, prove, aggiunte di stoffa,
ritocchi, ore interminabili durante le quali la donna maledisse
d'essere nata. Ci volle pazienza ed autocontrollo ma alla fine ce la
fece, alla fine, dopo 5 ore di tortura l'abito fu pronto, e dopo
l'ultima estenuante prova, durante la quale Oscar non volle guardarsi
allo specchio, fu libera.
Uscì di corsa da palazzo, montò a cavallo e
cavalcò lontana da tutto e tutti.
I giorni che seguirono furono frenetici per l'intero palazzo Jarjayes,
i preparativi per il matrimonio avevano tenuto occupata tutta la
servitù, il generale era stato chiaro e irremovibile, le
nozze si sarebbero svolte presto, prestissimo. E così fu.
Oscar cercò di estraniarsi da tutto ciò che le
stava capitando attorno, presenziò soltanto al
confezionamento dell'abito nuziale e alla cena che fu data per
annunciare le nozze, e fu in quell'occasione che rivide Fersen, il suo
futuro sposo.
Al termine della cena lei e Fersen furono invitati da madame Jarjayes a
concedersi da soli una passeggiata in giardino.
“Oscar, state bene?” Fersen camminava al suo fianco
tenendo però una certa distanza.
Oscar annuì col capo.
“Oscar vi prego parlatemi.”
“Perdonatemi Fersen ma non so davvero cosa dire.”
“Dite qualcosa riguardo a questo matrimonio. Dite qualcosa
riguardo noi.” Fersen si bloccò ed Oscar fece
altrettanto.
“Non c'è un noi, Fersen.” la voce di
Oscar era senza tono.
“Ci sarà un noi, Oscar, tra qualche
giorno.”
Silenzio.
“Oscar, permettetemi di volervi bene, permettetemi di
rendervi felice.” Fersen posò la mano sul braccio
di Oscar.
“Avrei fatto di tutto per sentirvi dire queste parole tanto
tempo fa, quando mi innamorai di voi Fersen.” Oscar rimase
nella stessa posizione, concedendo al conte di tenere la mano sul
proprio braccio.
“Oscar, a quel tempo non avevo capito che donna straordinaria
voi foste, a quel tempo il mio cuore non sentiva ciò che
sente ora.” il conte posò entrambe le mani sulle
spalle di Oscar.
“Cosa prova il vostro cuore adesso?”
“Vi voglio bene Oscar, credo di amarvi. Non voglio mentirvi,
non è lo stesso tipo di amore che nutro per la mia Regina,
quell'amore è destinato ad una sola persona, per sempre, ma
posso amare in altri modi, in altre forme, ed io vi amo
Oscar.” un attimo di silenzio ed Hans si avvicinò
posando le labbra su quelle di Oscar, e lei non si mosse, non
cercò di evitare quel bacio, lasciò che le labbra
del conte si chiudessero sulle sue, imprigionandole, lasciò
che la lingua dell'uomo tentasse di farsi strada nella sua bocca.
Fersen si staccò da Oscar, con un movimento repentino, e sul
proprio volto si stampò un'espressione di stupore. Nessuna
donna aveva mai resistito ai suoi baci, non ricordava dama che non
fosse caduta ai suoi piedi, nessuna, che fosse stata giovane, vecchia,
o sposata. Nessuna donna fino a quel momento aveva rifiutato il suo
corteggiamento. Tutte tranne Oscar, lei era rimasta impassibile,
immobile, così ostinatamente fredda, perfino le sue labbra
erano sembrate, al conte, gelide, rimanendo serrate nonostante il
contatto la sua bocca.
Tutto ciò era impossibile, eppure lei, madamigella Oscar,
era stata innamorata di lui. C'era qualcosa di strano, e non era dovuto
al fatto che Oscar fosse cresciuta come un uomo, no questo Fersen non
lo pensava, nonostante la sua educazione maschile Oscar sarebbe stata
in grado di amare, o quanto meno di cedere al piacere del corpo, di
questo ne era certo, allora qual era il problema?
“Oscar, perdonatemi. Forse non avrei dovuto. Forse voi non mi
trovate piacevole, ho il timore che la mia presenza, la mia
vicinanza, vi disgusti.” il conte inchiodò il
proprio sguardo su quello di Oscar.
“Fersen non dite sciocchezze, la vostra presenza non mi
disgusta, così come la vostra vicinanza, e per quel che
può valere vi trovo molto piacevole, ma... io non posso
ricambiare quel gesto.”
“Oscar, non vergognatevi, ve ne prego. Immagino sia tutto
nuovo per voi, non preoccupatevi.” il conte si era fatto
più vicino a lei.
“E' per questo che non siete riuscita a ricambiare il mio
bacio vero? Avete avuto paura...” Fersen prese le mani di
Oscar nelle sue.
“No, Fersen, non è la paura che mi ha impedito di
ricambiare il vostro bacio.”
“Allora ditemi Oscar, cosa vi impedisce di lasciarvi
andare?”
“Il mio cuore Fersen, il mio cuore.” gli occhi di
Oscar si riempirono di lacrime.
“Il vostro cuore Oscar? Cosa significa?”
“Significa che il mio cuore appartiene a qualcun altro.
Completamente.” Oscar stava piangendo, fece scivolare via le
proprie mani dalla stretta di Fersen e si incamminò, da
sola, verso casa.
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Capitolo 15 *** capitolo 15 ***
Il giorno successivo alla cena per annunciare il matrimonio, Oscar
ebbe un altro evento importante, il primo giorno come comandante dei
soldati della guardia.
Oscar era preoccupata, non tanto per l'incarico in sé, non
era la prima volta che si trovava a comandare un gruppo di
uomini, era preoccupata di trovare tra quegli uomini André,
l'uomo a cui aveva mentito, l'uomo che amava e che ora non faceva
più parte della sua vita. Ma c'era un altra cosa che faceva
crescere l'ansia in Oscar, il fatto che André non sapesse
del suo incarico come comandante dei soldati della guardia, nelle
ultime settimane passate insieme non avevano mai affrontato quel
discorso, lui sapeva soltanto che lei aveva lasciato le guardie reali e
che era in attesa di un nuovo incarico, ma non entrarono mai in
argomento, inizialmente perchè i loro rapporti si
inclinarono dopo la notte in cui lui le confessò di amarla,
ed in seguito, scoperto il loro amore reciproco, ebbero altro a cui
pensare.
Come avrebbe reagito André nel trovarsela di fronte? Oscar
avrebbe voluto evitarsi quella risposta.
André aveva preso servizio nei soldati della guardia ormai
da quattro giorni, e da quattro giorni la caserma era diventata la sua
casa, ed Alain il suo compagno di sbronze, quasi un fratello, l'unico
che era in grado di strappargli una risata.
“Hey, André da quando sei arrivato in caserma ti
ho lasciato in pace, ora però, vuoi dirmi, di grazia, cosa
ti è successo?” Alain cercò di usare un
minimo di tatto, per quanto gli fosse possibile.
“Non mi è successo niente Alain...”
André se ne stava disteso sulla propria branda, le braccia
sotto la testa e gli occhi chiusi.
“Amico, mi hai preso per uno di quegli stupidi
damerini imbellettati di Versailles? Sei arrivato a Parigi
distrutto, sono stato costretto a raccoglierti da terra come uno
straccio vecchio.”
“Non stai un po' esagerando Alain?”
“No, André, non sto esagerando... certo, forse per
te è un po' difficile ricordare, eri così ubriaco
da non reggerti in piedi, eppure carcasti di prendere a pugni un gruppo
di soldati della guardia... ho salvato la tua bella faccia, amico... e
tu per tutta risposta, invece di ringraziarmi non hai smesso un attimo
di ripetere un nome.” Alain si sedette ai piedi della branda
dell'amico.
“Un nome?” André aprì gli
occhi per un attimo.
“Si amico. Oscar, non facevi che ripetere questo nome.
André ma chi è questo Oscar? Tuo fratello? Tuo
padre? Un amico?”
André rimase in silenzio, chiuse di nuovo gli occhi e
respirò profondamente.
“André...”
“Alain, cosa?”
“Ed io che pensavo tu fossi in quello stato per una donna, la
donna di cui mi parlasti settimane fa.”
Ancora silenzio. E poi André si decise a parlare.
“Si, Alain, ero in quello stato per colpa della donna di cui
ti ho parlato. E' finita, sposa un altro uomo.”
André aprì gli occhi e puntò lo
sguardo su Alain.
“Amico, mi dispiace, le donne sanno ferirti come nessun
altro, sanno ferire più di una spada. Ora capisco tutto, si
sposa con quel Oscar, giusto?”
“No, Alain, non hai capito, è molto più
complicato di così?”
“Complicato? Spiegati meglio, ti ascolto amico.”
Alain si fece più vicino all'amico, gli posò una
mano sulla spalla.
“Oscar è la donna di cui ti ho parlato.”
“Cosa? Amico ma sei impazzito? Non credo tu stia
bene.” Alain tolse la mano dalla spalla di André
mentre continuava a guardarlo con un espressione tra lo scandalizzato
ed il confuso.
“Non sono impazzito Alain, è una lunga storia, una
lunga e complicatissima storia.”
“Racconta, sono tutto orecchi.”
“Oscar è una donna, una donna con un nome
maschile. Il padre l'ha cresciuta come un uomo, ha fatto di lei il suo
erede, il figlio maschio che non ha mai avuto.”
“Mi prendi in giro amico?” Alain era visibilmente
irritato.
“Purtroppo no Alain, non ti sto prendendo in giro,
è tutto vero.”
“Come hai conosciuto questa Oscar?”
“Sono cresciuto in casa sua. Dopo essere rimasto orfano sono
stato affidato alle cure di mia nonna, che lavorava come domestica nel
palazzo di Oscar e...” André fu interrotto dal
vocione di Alain.
“Palazzo? Dio, André, non sarà una
nobile?”
“Si, Alain, ci stavo arrivando... sono stato accolto in
quella casa come compagno di giochi di Oscar, il padre voleva che
avesse una figura maschile al proprio fianco, con la quale
confrontarsi. Siamo cresciuti insieme, come compagni di giochi, di
duelli, di sbronze, fino a diventare il suo attendente.”
“André se questa storia fosse uscita dalla bocca
di uno di questi zoticoni che dormono con noi, non avrei creduto ad una
sola parola, ma a te, amico, credo, credo eccome!” Alain si
grattò la testa, pronto a continuare l'interrogatorio.
“Ma fammi capire André, quindi questa donna,
questa Oscar ricambiava il tuo amore, allora perchè ora
sposa un altro?”
“Si, ricambiava il mio amore, o almeno così ho
creduto per qualche tempo. Sposa un altro uomo, un conte, su
imposizione del padre, o forse, semplicemente ne è
innamorata.” André chiuse di nuovo gli occhi, come
a scacciare quel pensiero.
“Innamorata di un conte? Bè si, non mi stupirei di
questo, probabilmente amico, scusa se te lo dico, sei stato soltanto la
sua puttana.”
André continuò a tenere gli occhi chiusi ma Alain
notò chiaramente i muscoli delle mascella dell'uomo
contrarsi, in un gesto di stizza, di rabbia.
“Amico, non badare a quello che esce dalla mia boccaccia,
anch'io sono uno stupido zoticone.”
“Non fa niente Alain.” André sorrise.
“André toglimi una curiosità, cosa ha
significato per questa donna aver avuto un'educazione maschile? In che
modo, nella vita di tutti i giorni mette in pratica quegli
insegnamenti?” Alain era visibilmente incuriosito.
“Alain la tua curiosità è legittima.
Oscar vive come un uomo, ha sempre vissuto così. Veste abiti
maschili, cavalca, usa la spada e le armi, fino a poco tempo fa
comandava dei soldati.”
“Una donna che da ordini a degli uomini? A dei
soldati?” Alain non credeva alle proprie orecchie.
“E dici che è anche una bella donna, una bionda
dagli occhi azzurri... da non credere amico, da non credere!”
continuò Alain.
Tra i due uomini calò il silenzio, un silenzio insolito in
mezzo al baccano che regnava costantemente nelle camerate della
caserma, camerate piccole occupate da troppi uomini, di numero
superiore rispetto a quanti avrebbero dovuto contenerne veramente.
Anche quel giorno nella camerata vi era confusione, uomini impegnati a
giocare a carte, urla, imprecazioni, canti e spesso risse,
André cercava invano di riposare ed Alain teneva d'occhio i
propri compagni, ripensando, ogni tanto, allo sconcertante racconto del
suo nuovo amico.
Un trambusto improvviso destò Andrè e fece
drizzare in piedi Alain, tutti i soldati si concentrarono al centro
della stanza, montagne di uomini grandi e grossi si spingevano l'uno
contro l'altro creando un muro umano, il vociare era incomprensibile,
Alain cercò di capire cosa stesse succedendo,
cercò di farsi largo tra i compagni e finalmente tutto gli
fu chiaro.
“André amico, alzati, è arrivato il
nuovo comandante.” Alain tentava ancora di scorgere la figura
del nuovo comandante, e quando riuscì a crearsi un varco tra
gli uomini intravide un uomo di spalle, alto, magro, con lunghi capelli
biondi, non poteva vederne il volto, ma non gli dispiacque,
sarà certamente un pulitissimo damerino, si disse.
Alain era già stufo del nuovo comandante, ancora prima di
vederlo, si voltò con l'intenzione di rimettersi in branda,
dalla quale André si era appena alzato.
Qualcosa all'improvviso bloccò Alain, una voce, la voce del
nuovo comandante.
“Soldati sono il vostro nuovo comandante. Il mio nome
è Oscar Francois de Jarjayes!”
“Oscar...? Andrè!” disse Alain volgendo
lo sguardo verso il proprio amico, lo trovò in piedi, con
gli occhi sbarrati e la bocca dischiusa, col suo stesso stupore sul
volto.
Alain si aprì nuovamente un varco tra i compagni, questa
volta con più determinazione, fino ad arrivare quasi di
fronte al nuovo comandante, lo guardò, o meglio, la
guardò, che fosse lei? Si chiese Alain. Guardò la
figura che aveva di fronte, una figura alta, magra, lunghi riccioli
biondi, una figura con una voce dura, inflessibile, ma con delle
sfumature lievi, le sfumature che solo la voce di una donna
può avere. La figura finalmente si girò nella
direzione dell'uomo che potè finalmente vedere... vedere
degli occhi azzurri profondissimi, un volto delicato, delle labbra
morbide e piene, ed una pelle candida, Alain potè
finalmente vedere quel volto di donna. Era sbalordito. Cercò
con lo sguardo gli occhi di André, lo raggiunse.
“André ma... quella è... quella
è la tua Oscar?”
“Si Alain, quella è Oscar.”
I soldati furono invitati a mettersi in riga, di modo che il comandante
potesse vederli, Alain fianco a fianco con André vide l'uomo
trascinarsi a fatica in quella posizione ed attendere, con lo sguardo
rivolto a terra, il passaggio del comandante, il passaggio di quella
che era stata la sua donna, e quando lei gli fu di fronte e
inevitabilmente i loro sguardi si incrociarono, percerpì lo
stupore di entrambi. Nessuno parlò, il comandante
proseguì il controllo e poi uscì dalle baracche
senza fiatare.
“André, stai bene?” chiese Alain,
vedendo il ragazzo respirare a fatica.
“Sto bene Alain, non preoccuparti, ora mi passa.”
“Amico non ti fa bene soffocare la rabbia in questo modo,
bisogno lasciarla uscire in qualche modo, altrimenti ti
ucciderà.” e così dicendo Alain strinse
le mani a pugno e le agitò di fronte all'amico.
“Alain, non mi va di fare a pugni.”
“Scherzavo amico, scherzavo. Sforzati di ridere qualche
volta, non potrà che farti bene. e... dimentica quella
donna, più in fretta possibile.”
“Ci sto provando Alain, ci sto provando.”
Andrè ritornò sulla propria banda,
cercò di farsi rapire dal sonno. Alain si unì ad
un gruppo di soldati intenti a giocare a carte.
Oscar camminò velocemente verso il proprio
ufficio, ed una volta raggiunta la stanza vi si chiuse all'interno,
come se qualcuno avesse potuto entrarvi senza permesso.
Chiuse la porta dietro di sé, girò la chiave, e
finalmente fu libera di piangere, l'austero comandante dei soldati
della guardia pianse come una stupida donnicciola.
Sapeva che avrebbe trovato André tra i soldati, eppure la
sua presenza l'aveva turbata, il suo sguardo riusciva ancora ad
oltrepassare la corazza che indossava ogni giorno, il suo sguardo era
ancora così carico d'amore, un amore diverso da quello che
aveva provato in quelle settimane, era un amore che faceva sanguinare
l'anima, lo sentiva, lo sentiva chiaramente.
La donna si domandò come avrebbe fatto a presentarsi ogni
giorno in caserma sapendo che vi sarebbe stato André.
“Come potrò essere un buon comandante?
Come potrò essere credibile se uno sguardo, il suo
sguardo, ha il potere di farmi crollare in questo modo?”
Oscar non fu in grado di darsi una risposta. Non volle pensarci in quel
momento, avrebbe rimandato ogni pensiero di la a qualche settimana,
quando sarebbe ritornata tra i suoi soldati, dopo la licenza
matrimoniale.
Indossò la corazza che l'aveva accompagnata per tutta la
vita e si mise alla scrivania, pronta ad adempiere ai suoi compiti di
comandante.
Il grande giorno era giunto, per la gioia di Madame Jarjayes ed in
qualche modo dello stesso Generale.
Quella mattina, Oscar, avrebbe sposato il conte di Fersen, con la
benedizione di Sua Maestà e di suo padre.
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Capitolo 16 *** capitolo 16 ***
Era una mattina come tante altre per il resto del mondo, ma non per
Oscar, quella mattina lei si sarebbe sposata sotto il ricatto del
padre, con un uomo che non amava.
Oscar venne svegliata da una della maggiore delle sue sorelle, che
irruppe nella stanza gridando con quella vocetta stridula che Oscar
aveva sempre detestato.
“Oscar cosa ci fai ancora a letto! È tardissimo,
devi prepararti! Avanti pigrona alzati!”
“Smetti di gridare, ti prego.” fu tutto quello che
riuscì a dire Oscar.
“Oscar...”
“Si...?”
“Mi chiedevo se... forse non è compito mio
farlo... ma... certo alla tua età... qualcuno ti ha
illustrato quali saranno i tuoi doveri di moglie?” la sorella
fissava Oscar con sguardo interrogativo, senza che vi fosse traccia di
vergogna sul suo volto.
“Doveri di moglie?” Oscar volle divertirsi un po'.
“Si Oscar, i doveri che una moglie ha verso il proprio
consorte.”
“E quali sarebbero questi doveri?” Oscar si morse
il labbro per impedirsi di ridere.
“Sorellina... quei doveri che le donne svolgono al calar
della notte.” la sorella aveva sul volto un lieve imbarazzo.
“Scusami ma non riesco a capire.”
“Oscar, andiamo... quei doveri...!” la sorella
calcò la voce sulla parola “Quei”.
Oscar assunse un'espressione interrogativa, voleva vedere fino a che
punto avrebbe messo in imbarazzo la sorella.
“Possibile che Nanny o nostra madre non ti abbiano mai
raccontato nulla? Oscar è una follia, non hai più
12 anni dovresti sapere certe cose.”
“A quanto pare non le so, nessuno mi ha raccontato questa
cosa.”
“Cercherò di essere più precisa...
quello di cui ti stavo parlando è un dovere che la moglie ha
nei confronti del consorte, un dovere che si svolge al calar della
notte, un dovere che si svolge sotto le lenzuola. Hai
capito?” la sorella era sul punto di gridare,
incredula e stravolta.
“No, credo di non aver capito.”
“Oscar, mio dio, ti sto parlando di fare l'amore, fare
l'amore con il proprio consorte, soddisfare i suoi piaceri, renderlo
felice.” la sorella di Oscar arrossì
improvvisamente, e poi tirò un sospiro di sollievo e
aggiunse.
“Sorellina ora hai capito?”
“Ma davvero credi che io, a 30 anni, non sappia queste
cose?” Oscar scoppiò a ridere rumorosamente.
“Oscar!” la sorella tentò di sembrare
seria e risentita, ma un istante più tardi
scoppiò anch'essa in una forte risata.
Le due donne furono interrotte dalla vecchia governante.
“Oscar! Cosa ci fai ancora a letto? Alzati
immediatamente!”
La sorella di Oscar lasciò la stanza, intimando la
“sorellina” di non far attendere oltre la vecchia
governate e lei, l'abito nuziale e tutto ciò che ne consegue
non potevano aspettare.
Oscar si alzò dal letto trascinandosi davanti alla vetrata
della propria stanza, osservò il cortile del palazzo, il
giardino, ed il magnifico cielo azzurro di quel giorno, anche il tempo
sembrava prendersi gioco di lei, regalandole un clima splendido per una
giornata che per lei era un incubo.
La donna si ritrovò a pensare al discorso fatto poco prima
dalla sorella, sul volto le si disegnò un sorriso amaro
pensando che quella notte sarebbe dovuta essere speciale, la prima
notte di nozze, durante la quale ogni fanciulla dona se stessa al
proprio consorte, facendogli dono della parte più innocente
di se stessa. Pensò a tutte quelle fanciulle i cui sogni
riposti in quella notte vengono infranti in pochi istanti nel momento
in cui si rendono conto d'essere state date in spose a vecchi uomini, o
semplicemente a nobili per i quali non nutrono nessun tipo di affetto.
Raramente una donna nobile contrae un matrimonio d'amore, lei in fondo
era fortunata, aveva donato la sua parte più innocente e
preziosa all'uomo che amava.
Oscar si domandò cosa avrebbe fatto alla fine di quel
giorno, quando le tenebre fossero calate, nell'ora in cui, come disse
sua sorella, una donna ha il dovere di compiacere il proprio consorte,
come avrebbe fatto, lei, ad adempiere ai suoi doveri di moglie?
Sentì un brivido lungo la schiena all'idea di dover fare
l'amore con Fersen. No non avrebbe potuto.
Qualcuno bussò alla porta. I pensieri di Oscar furono
interrotti.
“Avanti.”
“Oscar vorrei parlarti prima della cerimonia.” il
generale Jarjayes indossava l'alta uniforme.
“Entrate.”
“Oscar, volevo dirti che stai facendo la cosa giusta. Mi sono
reso conto di averti fatto del male imponendoti un'educazione maschile,
avrei dovuto lasciarti vivere come la natura aveva deciso, avrei dovuto
farti crescere come una donna. Mi dispiace. Sei mia figlia e desidero
che tu sia felice.” il generale Jarjayes sembrò
aver perso la maschera d'uomo crudele e meschino che aveva sempre avuto
sul viso.
“Pensate che io stia facendo la cosa giusta? Con quale
coraggio dite una cosa del genere padre? Con quale coraggio venite qui,
oggi, a chiedere perdono per come mi avete cresciuta? Non vi
dispiacete, non ve ne è motivo, perchè io non ho
intenzione di perdonarvi per quello che mi avete fatto, per quello che
ci avete fatto, a me e André. Desiderate che io sia felice?
Per vedermi felice, padre, questo matrimonio dovrebbe avere un altro
sposo. Per vedermi completamente felice dovrei avere al mio fianco
André... e voi questo non lo volete, quindi, padre, uscite
da questa stanza, la vostra presenza non è
gradita.” Oscar si voltò dando le spalle al padre.
Era la prima volta che parlava di lei e di André,
e la cosa la fece sentire bene, forte, sicura, ma anche al tempo
stesso, tremendamente triste e sola.
Il generale Jarjayes riprese la maschera di uomo crudele e meschino,
alzò un pugno chiuso e lo agitò contro il nulla.
“Oscar io... io non ti permetto di rivolgerti a me in questo
modo, sono tuo padre, e fino a quando avrò vita non
permetterò a quel... a quel traditore di mettere piede in
casa mia! Tu sei mia figlia, e tu oggi sposerai il conte di Fersen,
altrimenti... lo sai Oscar, sei intelligente e sono certo che agirai
come si conviene. Sii felice per questo mio dono, sii felice di andare
in sposa al conte.”
“Sposerò Fersen, credo che questo sia
già sufficiente senza che voi pretendiate che sia anche
felice.” Oscar continuò a dare le spalle al padre,
mentre il generale Jarjayes uscì dalla stanza senza dire una
parola, con il fuoco negli occhi.
La vestizione di Oscar fu lunga ed estenuante, almeno per lei, a
differenza del resto delle donne presenti nella stanza in cui si
trovava, le altre donne sembravano estasiate nel compiere quei gesti,
che Oscar, aveva visto spesso nel corso della propria vita,
ogni volta che una delle sue sorelle si era sposata.
La vecchia governante, tra un pianto e l'altro si occupò
dell'abito nuziale, un bellissimo vestito di seta ed organza, con un
corsetto finemente ricamato con maniche corte in organza, e dalle ampie
gonne con un leggero strascico.
Oscar non aveva intenzione di guardare la propria immagine allo
specchio, ma fu costretta a farlo, come successe spesso in quelle ore,
si guardò e le venne da piangere, trattenne le lacrime,
cercò di restituirle ai propri occhi, ci provò
con tutta l'ostinazione e la testardaggine che l'avevano sempre
contraddistinta, provò finchè non ebbe la meglio
su quelle piccole perle salate.
Una delle sue sorelle, la maggiore, acconciò i suoi lunghi
capelli biondi, li raccolse sul capo con delicatezza, sistemandoli
ciocca dopo ciocca in una sorta di folle danza, fino a quando non vi fu
più nessun ricciolo lungo il collo di Oscar.
Un'altra sorella, quella di mezzo, ebbe l'onore di posare una preziosa
tiara di brillante tra i capelli della sposa, ostacolando, per qualche
istante, il lavoro delle rimanenti sorelle, impegnate con belletti e
profumi.
Il tocco finale spettò alla madre di Oscar, Madame Jarjayes
camminò accanto alla figlia tenendo tra le mani un cofanetto di
velluto blu, lo poggiò sul mobile della specchiera, lo
aprì con mani tremanti e ne estrasse la collana che
apparteneva alla propria famiglia da generazioni, un cimelio destinato
all'ultima sposa di ogni generazione.
La donna circondò la figlia con le braccia e delicatamente
le posò il gioiello attorno al collo, accarezzandola col
respiro. Oscar non aveva mai badato a certi particolari femminili e
nemmeno in quel momento ne fu colpita, ma il gesto della madre, quel
tocco lieve attorno al collo e la dolce vicinanza del suo viso la
fecero emozionare così intensamente da farle desiderare le
lacrime.
La sposa era pronta.
Oscar lasciò che le donne la guardassero, permise che gli
sorridessero, concedette loro di farle ogni tipo di complimento,
accettò tutto, senza fiatare, ma pretese alla fine di quella
pantomima d'essere lasciata da sola per qualche minuto. E
così fu, Oscar rimase sola. Si guardò
consapevolmente allo specchio, e vide una donna, una donna che stava
per sposare un uomo, una donna vestita con abiti candidi a
dimostrazione della sua innocenza, Oscar rise a quel pensiero, Fersen
sarebbe rimasto sorpreso rendendosi conto che di innocente, Oscar, non
aveva più nulla.
Si guardò e maledisse il riflesso che lo specchio rimandava
ai suoi occhi. Odiava essere una sposa.
“Sei una maledetta vigliacca.” disse a se stessa
poco prima di sputare all'immagine dello specchio.
Oscar uscì dalla stanza pronta ad affrontare la
sua sfida più difficile, sposare Hans Axel di Fersen.
Fersen si trovava di fronte all'altare, elegante e fiero, come sempre,
lo sguardo affascinante e furbo, le mani dietro alla schiena, in attesa
della sua futura sposa.
La chiesa era occupata da poco persone rispetto a quelle che
solitamente partecipavano ai matrimoni della famiglia Jarjayes, ma
Oscar fu categorica, una cerimonia per pochi intimi, niente di sfarzoso.
La donna fu aiutata a scendere dalla carrozza, una leggera brezza le
accarezzo il viso, chiuse gli occhi per sentire i raggi del sole
baciarle il viso, uno scossone, il generale la prese per un braccio
riportandola alla realtà, e sentì freddo,
nonostante il sole, improvvisamente sentì il proprio corpo
gelare.
Quando Oscar varcò il portone della chiesa il generale
Jarjayes, senza un motivo apparente, le strinse più forte il
braccio, e quella vicinanza provocava nella donna un senso di disgusto,
un fastidio dell'anima e fisico, come se quel contatto le bruciasse la
carne.
Un passo dopo l'altro, un sussulto del cuore dopo l'altro, ed Oscar
arrivò al fianco di Fersen sull'altare. Il suo sguardo
incrociò quello del conte e subito lo rifuggì.
“Siete bellissima Oscar, ora come non mai ho capito d'aver
preso la decisione più giusta.”
sussurrò il conte al fianco di Oscar, la quale non
ribattè a quelle parole.
La cerimonia ebbe inizio, il prete come di consueto chiese
“chi da questa donna in moglie...?” e con orgoglio
infinito la voce del generale riecheggiò nella chiesa.
“Io.”
Una donna? Ora sono una donna ai tuoi occhi? Dopo 30 anni ostenti il
tuo orgoglio sentendomi definire “donna”? Si
domandò Oscar tra i mille pensieri che albergavano nella
propria mente.
Il prete continuò la cerimonia, tra una predica e un salmo,
fino a che arrivò a quella formula che avrebbe reso Oscar
moglie di qualcuno.
“Voi, conte Hans Axel di Fersen, volete prendere la qui
presente Oscar Francois de Jarjayes come vostra sposa?” il
parroco invitò i due giovani a voltarsi, uno di fronte
all'altra, e stringersi le mani.
“Si, lo voglio.” Hans pronunciò quelle
parole senza esitazione.
“E voi, Oscar Francois de Jarjayes volete prendere il qui
presente Hans Axel di Fersen come vostro sposo?”
Oscar rimase in silenzio, gli occhioni azzurri puntati sul conte... Io
Oscar Francois de Jarjayes moglie di Hans Axel di Fersen...
“Io... io...”
Il prete ripetè la formula, in evidente imbarazzo.
“Voi Oscar Francois de Jarjayes...”
“Io...” Oscar si voltò verso il parrocco.
“Io sono Oscar Francois... io non ho più
titolo.”
A quelle parole Fersen strinse le mani di Oscar, strattonandola verso
di lui, non ebbe il tempo di rendere parola il proprio
pensiero poiché le parole di un altro uomo
tuonarono tra le volte delle chiesa.
“Oscar! io...” il generale Jarjayes aveva il viso
trasfigurato dalla rabbia. Oscar si liberò dalla stretta del
conte e camminò in direzione del padre, gli si
avvicinò, portando il proprio viso accanto a quello di lui e
con una calma quasi innaturale, scandendo parola per parola, in modo
chiaro, udibile da tutti i presenti disse.
“Voi cosa generale? Qualunque cosa avete in mente di fare
dovrete prima uccidere me, prendetevela con me, ma vi
avverto, state in guardia perchè sono pronta a difendermi e
combattere. Addio.”
Tra i presenti si alzarono voci di stupore, urla di
incredulità, lacrime e bisbigli.
Oscar divenne sorda a tutto ciò, strinse tra le mani la
stoffa dell'abito nuziale, sollevando leggermente le ampie gonne e
corse via, lungo la navata, fino a raggiungere il portone che la
condusse al di fuori di quel posto che l'avrebbe uccisa se avesse
pronunciato una sola parola.
Corse incontro al suo cavallo, che era stato usato per trainare la carrozza
che l'aveva condotta alla chiesa.
Montò sul proprio cavallo, con indosso l'abito da sposa, non
si voltò mai, incitò l'animale al galoppo e
cavalcò via, con il sorriso sulle labbra e il cuore
finalmente libero.
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Capitolo 17 *** capitolo 17 ***
Oscar aveva appena lasciato la chiesa che avrebbe dovuto vederla sposa,
cavalcava finalmente libera, col cuore leggero e con la consapevolezza
di ciò che desiderava per la propria vita. Voleva stare con
André in qualunque caso anche a costo di dover lottare per
questo. Era felice.
Cavalcare con indosso un abito femminile, un abito nuziale con una gran
quantità di gonne non era impresa facile, ad Oscar
scappò una risata rumorosa, ma continuò il suo
cammino, doveva raggiungere André, doveva assolutamente
trovarlo.
Persa nei propri pensieri non si accorse del sopraggiungere di qualcuno.
“Oscar, vi prego fermatevi.”
Oscar si voltò con espressione rabbiosa, avendo riconosciuto
la persona che la stava chiamando.
“Fersen, andatevene!”
“Oscar vi prego, fermate il cavallo.”
La donna si fermò, pensando che se non l'avesse fatto non se
lo sarebbe più levato di torno. Lo stesso fece il conte,
fermò il proprio cavallo e vi scese.
“Oscar, scendete...” così dicendo il
conte porse la mano ad Oscar.
Oscar scese rifiutando l'aiuto del conte, gli si mise davanti e con
espressione dura chiese spiegazioni.
“Cosa volete Fersen? Credevo d'essere stata piuttosto chiara
lasciando la chiesa.”
“Lo siete stata Oscar, lo siete stata eccome ma... volevo
scusarmi con voi per non aver capito e per essermi comportato come un
egoista arrogante.”
Oscar rimase in silenzio.
“Sapevo che il matrimonio era un'imposizione di vostro padre,
un ricatto, eppure non ho fatto nulla per aiutarvi davvero, se non
complicandovi ancora di più le cose. Sono uno
stupido Oscar, pensavo di poter dimenticare l'amore della mia vita,
l'amore per la mia Regina, sposandovi, ma non ho fatto altro che
prendermi in giro e rendere tutto più difficile a voi.
Però vorrei che sapeste che non vi mentivo quando vi dissi
di provare per voi dei sentimenti profondi, dovete credermi. Ora non
posso far altro che chiedervi umilmente scusa. Perdonatemi se potete
madamigella.” il conte abbassò il capo in un
inchino.
“Fersen vi prego, alzatevi, non è il
caso.” Fersen ritornò nella posizione eretta e con
un lieve imbarazzo continuò a guardare Oscar negli occhi.
“Fersen non dovete scusarvi, la colpa non è
soltanto vostra, l'artefice di tutto questo male è mio
padre, ed anch'io ho la mia parte di colpa, credetemi. Ho mentito a me
stessa, ho lasciato che la paura mi annientasse portandomi a compiere
un gesto che non è da me, e a far del male ad una persona
che non lo meritava, ma ora mi è tutto più
chiaro, è ritornata in me l'Oscar di sempre, ho ricominciato
a lottare.” Oscar accennò un sorriso.
“Oscar, posso chiedervi chi è lui?”
Fersen guardò la donna con sguardo interrogatore.
“Prego?” Oscar si mise sulla difensiva.
“Chi è l'uomo da cui vostro padre ha provato ad
allontanarvi? Chi è l'uomo che occupa il vostro cuore? E per
il quale ora siete tornata a lottare.”
Oscar guardò il conte spiazzata, stupendosi del fatto che
avesse capito la situazione, strano, generalmente Fersen non si rendeva
mai conto di nulla.
“Oscar, vuoi dirmi chi è lui?” disse
Fersen continuando a fissarla.
“Fersen ora mi date del Tu?” l'irritazione della
donna era chiaramente percepibile.
“Oscar stavi per diventare mia moglie, stavi per dividere il
letto con me, mi hai abbandonato sull'altare, credo che certi
formalismi tra di noi siano ridicoli a questo punto.” e
aggiunse.
“...e non è più un obbligo, per me,
dare del voi ad una donna del popolo, una donna senza titolo. Non ti
pare Oscar Francois?” Fersen le lanciò un sorriso
malizioso.
Oscar rise, non tentò neppure di evitarlo.
“Si Hans hai ragione, questa volta hai perfettamente
ragione.”
Risero entrambi.
“Chi è lui, Oscar?” Fersen non aveva
intenzione di mollare la presa.
“Lui è la mia famiglia, è l'amore,
è tutto per me.” Oscar abbassò lo
sguardo.
“Non avrei mai creduto di vederti così un giorno,
una donna innamorata...”
“Fersen tu non riuscivi neppure a vedermi come una donna,
fino a poco tempo fa.”
“Che sciocco che sono stato a quel tempo, un imperdonabile
sciocco.” si fermò un istante e colpì
ancora.
“Vuoi dirmi chi è quell'uomo Oscar? Un conte, un
duca, un militare delle Guardie Reali?”
“Lui mi è stato accanto tutta la vita, mi ha
sostenuta, mi ha protetta, ha accettato la mia natura senza pretese, ha
accettato me, Oscar, per quello che ero, per quello che sono... e
quest'uomo non è un nobile.” Oscar
cercò gli occhi del conte, gli sorrise dolcemente,
cercò nel suo sguardo quella risposta che sarebbe arrivata
di li a poco.
“Oscar ma... no... non può essere... non
può essere Andrè...” Fersen si
sentì quasi inopportuno a pronunciare quel nome.
“Hans chi altro potrebbe essere se non lui. Se soltanto le
persone non si fossero costantemente fermate al rango che ci divide,
che ci divideva, credo che tutti si sarebbero resi conto dell'amore che
André ha nutrito per me da sempre. Io stessa non l'avevo
capito.” in Oscar non vi era più un velo di
imbarazzo, parlare di André, parlare di loro due era
diventato così naturale.
“Oscar io... non so cosa dire... sono stato cieco davanti
all'evidenza, la superbia e l'arroganza hanno velato i miei occhi,
credendo che un uomo del popolo non avrebbe mai potuto amare una
nobile... eppure devo ammettere che nello sguardo di
André vi ho sempre visto dell'affetto profondo per te, mia
cara Oscar, ma non credevo fosse amore. Sono felice per te, sono felice
per voi. Vi auguro ogni bene.” gli occhi di Fersen si fecero
umidi.
“Hans ti ringrazio, ti ringrazio dal profondo del
cuore.” una lacrima caddè lungo la guancia di
Oscar.
“Oscar promettimi una cosa. Prometti che lotterai per questo
amore, prometti che combatterai per abbattere le barriere che questa
società impone, prometti che vi amerete sempre e comunque,
nonostante l'orribile mondo che ci è attorno. Fatelo almeno
voi. Io non potrò mai realizzare questo mio sogno con la
donna che amo più della mia stessa vita.” Fersen
non trattenne più le lacrime, ed Oscar
compì un gesto che non era da lei, che la vecchia Oscar non
avrebbe mai fatto, si avvicinò al conte e lo
abbracciò, e lui rispose all'abbraccio, senza malizia, con
semplice e puro affetto.
Si staccarono senza dire una parola, Fersen salutò Oscar
inchinandosi davanti a lei e lasciandole un lieve bacio sulla guancia.
Si salutarono come se quello fosse un addio.
Oscar salì sul proprio cavallo e partì verso
Parigi.
Oscar arrivò a Parigi che era già sera, avrebbe
voluto vedere André immediatamente ma, vestita in quel modo
le era difficile fare qualunque cosa, in caserma non sarebbe potuta
andare, avrebbe perso di credibilità se i suoi soldati
l'avessero vista in quel modo, e comunque André aveva una
licenza, quindi certamente non si trovava li, si chiese dove abitasse
ora Andrè, ora che non viveva più a
palazzo, si impose di pensarci l'indomani mattina, in quel momento
doveva solo trovare una stanza e recuperare degli abiti.
Oscar sistemò il cavallo ed entrò nella prima
locanda che trovò sulla propria strada, una volta varcata la
soglia tutti gli occhi dei presenti furono su di lei, non era
consuetudine vedere una donna in abiti nuziali girovagare per la
città.
“Buonasera signore, vorrei una stanza per questa
notte.” la voce di Oscar era forte e chiara.
“Madame, scusate se vi sembrerò indiscreto ma...
volete una stanza per voi e il vostro consorte?” l'uomo era
decisamente in imbarazzo.
“No, signore, una stanza singola. Non c'è nessun
consorte.”
“Certo Madame. Il costo della stanza per una notte
è di...”
Oscar non aveva considerato quel piccolo particolare, non aveva denaro
con sé, come avrebbe fatto a pagare la stanza? Certamente
non sarebbe mai tornata a palazzo, suo padre la stava aspettando, ne
era certa.
“Signore... credo di aver dimenticato il denaro nella
carrozza che mi ha condotta qui a Parigi.” Oscar
cercò di sembrare il più convincente possibile, e
ancora di più tentò di sembrare una povera dama
indifesa e stupida.
“Madame, niente soldi, niente stanza.” la voce
dell'uomo si era fatta più alta.
“Vi do la mia parola, domani un mio uomo di fiducia
pagherà questa stanza, ve la pagherà il doppio se
è necessario!” anche la voce di Oscar si era
fatta più forte.
“Hai sentito Jean Claude, domani verrà un Suo uomo
di fiducia a pagarle la stanza... ah ah ah ah!” l'uomo rise
fino a diventare paonazzo poi si fece di nuovo serio e aggiunse.
“Ragazza non mi interessa cosa fai per vivere, non m'importa
se sei una prostituta, quelli sono affari tuoi, ma se vuoi rimanere qui
devi pagare, e subito, altrimenti vattene!”
“Una prostituta? Vi sembro una prostituta? È un
abito da sposa quello che ho indosso, razza di idiota!... devo pagare
subito la stanza? va bene...” stava urlando, con quel tono di
voce autoritario e deciso che da anni usava per comandare i propri
soldati.
Oscar portò le mani sulla testa e le dita iniziarono ad
armeggiare tra i capelli, si tolse la tiara, e i suoi lunghi riccioli
biondi le si sciolsero lungo la schiena, sbattè con forza il gioiello sul bancone della locanda.
“Ecco, prendete, questa è una tiara d'oro e
brillanti, potrei comprarci l'intera locanda con questa... ora volete
darmi quella maledetta stanza?”
L'uomo al di là del bancone la guardò
strabuzzando gli occhi e un istante dopo scoppiò in una
risata così forte da doversi tenere il ventre con le mani.
“ah ah ah ah... Jean Claude hai sentito? Questa puttana vuole
pagarmi con un pettinino per capelli!”
anche Jean Claude, un omuncolo piccolo e magrissimo, seduto su una
sedia in un angolo accanto al bancone, iniziò a ridere senza
freni.
“Bellezza gira i tacchi ed esci da questa locanda se non vuoi
che ti faccia arrestare... o magari se davvero vuoi quella stanza
potresti essere carina con me...” l'uomo si sporse sul
bancone facendo scivolare la mano lungo il braccio di Oscar... la donna
senza quasi rendersene conto, d'istinto, come le era stato insegnato da
tutta la vita, reagì, attaccò... in una frazione
di secondo Oscar portò le mani al collo dell'uomo, gli
strinse il colletto tra le dita e lo tirò verso di
sé, il viso a pochi centimetri dal suo.
“Chiamami ancora in quel modo e ti giuro che ti cambio i
connotati!” Oscar stava urlando.
L'uomo era sorpreso e spaventato al tempo stesso, certamente non si
aspettava una reazione così violenta da una donna.
“Mi... mi scusi Madame... perdonatemi se sono stato scortese.
Ma accettiamo solo monete per il pagamento delle stanze.
Madame.” la voce dell'uomo tremava.
Oscar lasciò il colletto dell'uomo, che cadde col mento sul
bancone.
Uscì dalla locanda senza una parola, aveva una tale rabbia
in corpo da aver voglia di urlare.
Oscar camminò per le vie di Parigi in cerca di un'altra
locanda con un gestore più comprensivo, vi erano poche
persone in strada, qualche mendicante, giovani coppie, prostitute e
clienti, nonostante la situazione difficile del paese la vita della
gente sembrava continuare comunque, in qualche modo.
Si sentiva stanca, le scarpe col tacco le facevano male, l'abito era
diventato troppo pesante da trascinare, si maledisse di non aver
approfittato di Fersen, avrebbe potuto farsi ospitare nel suo palazzo,
almeno per quella notte. Si fermò un attimo, in cerca di un
po' di sollievo per i propri piedi e sentì delle persone
parlare di lei, parlare di quella strana donna vestita da sposa.
“Mamma, ma quella è una sposa?”
“Oh, piccola Marie, no non è una sposa, le spose
non vanno in giro per le vie di Parigi di notte... è una di
quelle signorine che vediamo passeggiare ogni sera, solo con un abito
diverso... ora vai, entra in casa, di corsa.”
Oscar sentì la rabbia crescere, decise di lasciare la
città, meglio giacere su dell'erba che essere scambiata, per
l'ennesima volta, per una prostituta, le fu chiaro che nessuno le
avrebbe dato una stanza conciata in quel modo e senza denaro.
Tornò sui suoi passi, attraversò in senso
contrario le strade di Parigi, tornò indietro per riprendere
il proprio cavallo.
Oscar camminava a testa bassa, con passo veloce, cercando di sostenere
con le mani le ampie gonne dell'abito... era quasi un'immagine
surreale, quasi onirica... una buia e deserta stradina di Parigi
illuminata dalla luna, percorsa da una donna dai lunghi riccioli biondi,
vestita in abiti nuziali.
Altre voci, delle risate, altri problemi pensò
Oscar, cercò di passare inosservata, per quanto questo fosse
possibile, aumentando il passo e abbassando ancora di più il
viso, sentiva le voci avvicinarsi sempre di più.
“Se vengo scambiata ancora per una prostituta non
risponderò di me.” sussurrò a se stessa.
Risate, chiacchiere, voci, voci di uomini... una voce... una voce le
parve avere un qualcosa di familiare, alzò il viso per
guardare le figure dalle quali provenivano quelle risate ma il buio
era troppo spesso, troppo pesante, le risate cessarono improvvisamente,
così come le chiacchiere, ebbe un brivido di paura.
“Oscar!”
Un tuffo al cuore, riuscì finalmente a scorgere la figura di
fronte a lei.
“Oscar ma... sei tu?”
“André... si sono io.”
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Capitolo 18 *** capitolo 18 ***
“Comandante!”
Oscar avrebbe voluto sparire, in quell'istante, pregò dio
perchè la facesse morire in quel preciso momento.
“Alain...”
“Dannazione Comandante vi avevo preso per una
putt...” una gomitata di André, dritta nelle
costole impedì ad Alain di continuare la frase.
“Ahia, amico... che diavolo ti prende... ho detto che mi
sembrava non che lo è... maledizione!” Alain era
piegato in due, col respiro corto, che però non gli
impedì di continuare a parlare, a sproposito.
“Comandante come mai siete vestita in quel modo? E cosa ci
fate a Parigi in piena notte?” Alain tentò di
rimettersi dritto, a fatica.
“Alain!” il tono di André era di
rimprovero, lo stesso tono che si usa con i bambini.
Oscar non disse nulla, si limitò a guardare il buon Alain
con sguardo di rassegnazione.
“Amico sei un po' troppo nervoso, per i miei gusti, stanotte.
Meglio che io tolga il disturbo, vi lascio soli.” Alain diede
una pacca sulla spalla all'amico e aggiunse, poco prima di
allontanarsi.
“Mi raccomando André... vai e
colpisci...”
Gli sguardi di André ed Oscar assunsero la stessa
espressione di rabbia che rivolsero entrambi ad Alain.
“Comandante...” disse prima di sparire,
fischiettando, in una stradina buia.
Calò un silenzio pesantissimo, rotto di tanto in tanto dalle
urla di qualche ubriaco e da quelle, di un piacere fasullo, che le
signorine di strada elargiscono per compiacere il proprio cliente.
Sul silenzio calò una coltre di imbarazzo, la situazione non
era delle più facili, il primo passo avrebbe portato alla
vittoria o alla morte, senza alternative.
“Io dovrei andare...” Oscar stupì se
stessa con quella frase. Sei scappata dal tuo matrimonio, hai lasciato
e forse disonorato la tua famiglia per lui, per stare con
André, ed ora che l'hai trovato vuoi andartene? Sei pazza.
Disse Oscar a se stessa.
“Si, certo. Immagino, ti staranno aspettando.”
nella voce di André vi era rassegnazione.
“No, non mi stanno aspettando...” Oscar si
stupì di quanto fosse difficile dare una spiegazione o
semplicemente dire la verità, ci stava provando ma
André non la lasciò terminare, finì
per lei la frase, convinto di aver capito tutto.
“Giusto... Ti sta aspettando. Avete preso una stanza
nell'albergo accanto all'Operà immagino, dicono sia molto
lussuoso...” André parlò a ruota
libera, come se non vi fosse più nessun freno tra la sua
anima e la sua lingua, accecato dalla gelosia e dal dolore non si pose
nemmeno il dubbio sul perchè Oscar si trovasse per strada in
piena notte, sola, senza il consorte, Fersen.
“André io...” Oscar aveva parole morte
sulla lingua. Che diavolo ti prende Oscar? Sei fuggita per cambiare la
tua vita, ed ora che potresti farlo, ora che hai davanti l'uomo che ami
non sai dire niente di meglio che i tuoi soliti
“André, io...”, la mente di Oscar aveva
iniziato una battaglia con la donna.
“Vai Oscar, non fare attendere il conte di Fersen.”
disse André quasi sussurrando.
Oscar hai intenzione di veder morire quell'uomo davanti ai tuoi occhi?
Perchè morirà credendo che tu ti sia sposata con
Fersen, morirà immaginandoti in una stanza da letto pronta a
consumare la prima notte di nozze. La donna ebbè un sussulto
quando vide André fare un cenno di saluto e scomparire alle
sue spalle.
“André, aspetta!”
L'uomo si fermò, più per abitudine che per reale
voglia di farlo.
“André io... io non ho sposato Fersen.”
Non era così difficile dirlo, la voce nella testa di Oscar
le diede la stoccata finale.
L'uomo si voltò, la bocca dischiusa in segno di stupore e il
silenzio sulla lingua.
“André...”
“Oscar tu non puoi prenderti gioco di me, non farlo, ti
prego, non lo sopporterei. Non mentire solo per regalarmi un istante di
pace, non ho intenzione di compiere un gesto insensato, stanne certa.
Indossi un abito da sposa, il matrimonio quindi deve esserci stato. Ora
se vuoi scusarmi, me ne vado.” André aveva la
morte nel cuore.
“Non ti sto mentendo, perchè dovrei farlo?
Ciò che ti ho detto è la verità, non
ho sposato Fersen. Indosso l'abito nuziale, è vero, ho
percorso la navata della chiesa accompagnata da mio padre, altrettanto
vero, ma al momento di pronunciare quella parola che mi avrebbe resa
Madame di Fersen ho capito che non avrei potuto farlo... e sono
fuggita.” Oscar si avvicinò all'uomo.
“Fuggita? Oscar ma... tuo padre? Fersen? La tua
famiglia?” anche André rese più corta
la distanza dalla donna.
“Ti ho mentito André, il giorno in cui ti dissi
che mio padre mi aveva imposto il matrimonio con Fersen, certo, lo fece
davvero, ma lo fece perchè ci vede insieme, quell'ultima
notte che passammo nella mia stanza. Ti vide uscire dalla mia camera, e
mi minacciò, minacciò di farti del male se non
avessi accettato di sposarmi...”
“Oscar...”
“No, André, fammi finire, ti prego... Solo ora mi
rendo conto che avrei dovuto raccontarti la verità fin dal
principio, ma temevo una tua reazione e non mi sarei perdonata se ti
fosse accaduto qualcosa. Per questo ho accettato di sposare Fersen, e
ho accettato anche perchè... avevo paura, avevo
tremendamente paura di questo amore, paura di non essere all'altezza,
paura di affrontare questa storia così complicata, ma nel
momento in cui ho immaginato la mia vita senza di te mi è
stato chiaro cosa volessi fare... venire a cercarti. Io...”
Oscar aveva le lacrime agli occhi.
“Oscar, avresti dovuto parlarmene, non hai idea del dolore
che ho provato, ero intenzionato a dimenticarti, volevo odiarti, con
tutto me stesso, ma non ne sono stato capace ed ho continuato ad amarti
di quell'amore che ti avvelena il cuore, giorno dopo giorno. Pensavo
che non ti avrei più potuta toccare...”
André, quasi timidamente, passò la mano sul viso
di Oscar, accarezzandola.
“Ed ora Oscar? Tuo padre? Fersen?”
“Fersen ha capito, ha compreso me, noi, il nostro amore, ed
ha confessato di volermi bene, ma di amare ancora, e sempre, Sua
Maestà. In fondo il conte di Fersen è un
brav'uomo.” André sorrise continuando ad
accarezzare la pelle di Oscar.
“Mio padre... non lo è più da questo
momento in poi... da oggi non ho più titolo, da oggi sono
Oscar Francois, da oggi sono semplicemente Oscar.”
André prese le mani della donna, gli carezzò le
braccia nude e poi di nuovo prese le mani tra le sue.
“Da questo momento in poi sarai Oscar Grandier...”
Oscar fece un cenno di approvazione col capo.
“André...”
“Si, Oscar...”
“Quest'abito non può andar sprecato... Credo che
ci spetti la nostra notte di nozze...”
I due si abbracciarono, li, in una solitaria stradina di Parigi... e fu
di nuovo un'immagine surreale... un soldato della guardia unito ad una
sposa dai capelli d'oro, circondati da un alone di fragile
felicità in mezzo al dolore di una Francia distrutta.
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Capitolo 19 *** capitolo 19 ***
André e Oscar rimasero abbracciati a lungo come a voler
recuperare il tempo perduto, in quei pochi giorni che li avevano visti
separati.
“André...”
“Si...”
“Dove vivi ora che te ne sei andato da
casa?” chiese Oscar rimanendo abbracciata all'uomo,
col viso poggiato sulla sua spalla.
“Vivo con Alain...”
Oscar si alzò dalla spalla di André e
puntò il proprio viso dritto di fronte a quello di lui.
“Da Alain? André!” le parole di Oscar
suonarono come un rimprovero.
“Oscar per giorni ho vissuto in caserma, non sapendo dove
andare, fino a che Alain mi ha convinto a trasferirmi da lui, non
è male sai? Ha l'aria d'essere burbero e maleducato ma ti
assicuro che è un bravo ragazzo, di gran cuore.”
André sorrise.
“André io non ho dove andare, ma di certo non
voglio stare da Alain!” Oscar assunse un'espressione che
André ricordava di avergli visto sul viso tante volte,
quando erano bambini, un'espressione di testardaggine e
fragilità al tempo stesso, l'uomo trattenne una risata.
“Nemmeno io voglio stare da Alain, non questa notte almeno...
per il momento prenderemo una stanza in una locanda, ce n'è
una poco più avanti...” André
indicò la locanda col dito, quella stessa locanda dove Oscar
aveva spaventato a morte il proprietario.
“Non credo di poter entrare ancora in quella locanda
André, ho avuto da ridire col proprietario, un uomo
maleducato e volgare...”
“Oscar, cosa hai fatto per...”
“Per?... non starai insinuando che sia stata necessariamente
colpa mia se ho avuto un diverbio con quell'uomo?” Oscar era
contrariata.
“Oscar... sei sempre stata un'attaccabrighe...”
André lasciò libera la risata.
“André! Quel tizio mi ha dato della
prostituta!” Oscar lasciò il corpo dell'uomo e
portò le braccia davanti al viso, strinse le mani in pugni,
lo faceva sempre quando era in collera per qualcosa.
André strinse i polsi di Oscar fermandole le mani, le
abbassò delicatamente le braccia e gliele bloccò
dietro la schiena.
“Sei un'attaccabrighe Oscar!” sussurrò
André con fare malizioso.
“Ti sbagli io non...” Oscar protestava con la bocca
ma non col corpo, che restava immobile sotto il controllo di
André.
“Shhhh... stai zitta Oscar.” la voce dell'uomo era
profonda e tremendamente convincente.
Oscar dischiuse le labbra nel tentativo di pronunciare una parola, la
ragazza è testarda, pensò André, ma
lui lo era diventato ancor di più durante quegli anni, e in
un attimo fu con le proprie labbra su quelle di lei, si impose su
quella bocca con la stessa forza con cui le stringeva i polsi dietro la
schiena, dimostrando tutto l'amore e la voglia che aveva di lei.
Le diede un bacio così intenso, così profondo,
così dolorosamente violento da farle perdere la testa.
“André... portami via di qui.”
sussurrò Oscar all'orecchio dell'uomo, senza muovere un
muscolo, lasciando che le sue braccia la tenessero bloccata, aveva
scoperto di amare questa sorta di sottomissione, quell'imposizione
fisica di lui, amava la sua forza, e moriva di piacere nel sentirsi
sotto di essa.
I due si incamminarono alla ricerca di una locanda dove poter
trascorrere la notte.
Dopo un paio di rifiuti per mancanza di stanze finalmente riuscirono a
trovarne una, modesta, niente di lussuoso, ma accogliente e pulita.
“Ecco a voi la chiave signore, la stanza è la
numero 4, la nostra camera più bella, adatta a degli sposi
freschi di giornata. Vogliate accettare le mie congratulazioni e una
bottiglia del vino della casa . Vi auguro una buona notte.”
Il proprietario strinse la mano ad André e gli porse una
bottiglia di vino rosso.
“Vi ringrazio Signore, siete davvero cortese. Ora se volete
scusarci, mia moglie è piuttosto stanca.”
André si ritrovò a definire Oscar sua moglie, con
una naturalezza infinita, la parola gli era scivolata dal cuore alle
labbra come un alito di respiro, facendogli bene al cuore.
Oscar rimase stupita della sua reazione ad una semplice parola, una
singola parola, “moglie”, sentì le
pulsazioni del cuore aumentare e far scorrere il sangue più
velocemente, lo sentiva nelle vene, sotto la pelle, correre
all'impazzata fino a giungere in un unico punto del proprio corpo,
sulle gote, dove arrestò la propria corsa e si espanse
macchiandole di un rosso intenso.
Salirono lungo la scalinata ed una volta giunti davanti alla stanza
numero 4 si fermarono, all'unisono, imbarazzati, impacciati come se
quella fosse stata davvero la loro prima notte di nozze.
Si guardarono e scoppiarono a ridere, come due ragazzini.
André infilò la chiave e aprì la
porta, lasciandola scorrere all'interno della stanza, si
chinò di fronte ad Oscar in un inchino.
“Madame... prego, dopo di voi.”
“Come siete galante, mio signore...” Oscar
entrò nella stanza, voltando le spalle ad André,
che entrò poco dopo.
André osservò Oscar, finalmente illuminata da una
luce più forte della semplice luna, e la trovò
bellissima, una bellissima sposa. La sua sposa.
“André... cosa stai facendo?” Oscar si
sentì osservata, lo sguardo di André aveva il
potere di turbarla.
“Ti guardo Oscar...”disse André
continuando a tenere gli occhi su di lei, con uno sguardo che alternava
la dolcezza con il desiderio.
“Bè smetti di farlo...”
“Perchè Oscar? Non ti piace che io ti
guardi?” André non si mosse di un passo, rimase
dall'altro lato della stanza, ma non smise di fissarla.
“Mi piace ma...” Oscar abbassò lo
sguardo.
“Ma...?” chiese André.
“Ma... mi turba... è come se i tuoi occhi
toccassero la mia pelle, bruciandola... come se il tuo sguardo mi
entrasse dentro.” Oscar arrossì di nuovo, ma non
per l'imbarazzo questa volta, era eccitazione il sentimento che le
sporcava le guance.
André camminò da una parte all'altra della
piccola camera, raggiungendo Oscar, continuando a bruciarle
la pelle con i suoi occhi verdi.
Uno di fronte all'altra, così vicini senza però
che i loro corpi si toccassero.
André poteva vedere chiaramente la sua Oscar respirare
affannosamente, il petto gonfiarsi nella morsa dell'abito ad ogni
respiro, aveva voglia di toccarla, ma non più con lo sguardo.
“Vieni qui...” Una richiesta chiara ed autoritaria,
la prima, forse, da parte di André.
“Sono qui...” rispose Oscar con uno sguardo
provocatore negli occhi.
André raccolse la sfida, duellava con Oscar da tutta la
vita, con la spada, ed ora sarebbe stato un
combattimento di pelle.
L'uomo allungò il braccio verso l'abito nuziale di Oscar,
infilò la mano oltre il bordo del bustino e
trascinò la donna verso il proprio corpo, con un
solo ed unico gesto.
Un gemito carezzò le labbra di Oscar.
“Cosa vuoi fare ora?” chiese Oscar con un filo di
voce.
“Voglio consumare la mia notte di nozze... voglio fare
l'amore con mia moglie.” André parlò
con le labbra che già stavano sfiorando quelle di Oscar.
“Non sono la moglie di nessuno...” disse Oscar
respirando sulle labbra di André. Attacco.
“Ma indossi un abito da sposa.” ribattè
André bloccando il colpo.
“Un abito da sposa destinato ad un altro uomo.”
disse Oscar affondando il colpo.
“Sei crudele Oscar...” colpito. André
strinse tra le mani la stoffa dell'abito, un gesto che non
sfuggì ad Oscar che prontamente avvicinò le
labbra all'orecchio dell'uomo.
“Strappalo...” un sussurro che arrivò,
come fuoco, alle viscere di André.
L'uomo baciò Oscar con passione, profondamente, con un gesto
della mano estrasse un coltello dalla tasca, le cinse la vita con le
braccia ed imprigionò, affondandola, la lama tra i lacci del
corsetto di pizzo, un taglio deciso e l'indumento cadde sul pavimento.
Oscar prese il viso di André tra le mani e lo
invitò a baciarla con maggior passione.
Le mani di André scivolarono oltre la vita della donna, fino
ad arrivare ai fianchi e in quel punto le dita si strinsero attorno
alla stoffa, un gesto di rabbia e l'indumento cedette come fosse stato
fatto di niente.
“Credo di aver vinto... come sempre...” disse Oscar
con un sorriso soddisfatto sulle labbra.
“Come sempre, Oscar, ti ho lasciato vincere...”
rispose André lasciando la donna spiazzata, e poi aggiunse.
“Ho cercato di limitarmi in questi anni, ho sempre avuto
paura di usare con te la mia forza fisica...”
Andrè lo disse con una tale dolcezza da risultare quasi
fastidiosa.
“Ed io non mi sono mai accorta di questa cosa...”
Oscar si sentì quasi in colpa.
“Oscar, mi spiace dirlo ma, ti sono sfuggite parecchie cose
in questi anni...” André rise stringendo Oscar tra
le braccia, con parte di quelle forza che le aveva nascosto per tutta
la vita.
“André...” disse Oscar cingendo con le
braccia il collo dell'uomo e guardando le sue labbra, che aveva voglia
di baciare.
“Si, amore...”
“Amo la tua forza” Oscar avvicinò le
labbra a quelle di André senza toccarle, infiammandole col
proprio respiro.
“Lo so...” rispose André sulle labbra di
Oscar.
Oscar si stupì, ancora una volta, dell'effetto che
André aveva su di lei, sul proprio cuore e sul corpo,
provava per lui un amore smisurato, che mai avrebbe immaginato di poter
sentire, e soprattutto provava per l'uomo una pericolosa attrazione
fisica, una passione così forte da sentirsi bruciare se non
soddisfatta, come aveva fatto, il suo corpo, a nascondere questo
desiderio in tutti gli anni passati? Possibile che non si fosse mai
resa conto dell'affinità che era evidente, esisteva, tra lei
e il suo amico d'infanzia? Oscar pensò che, ora, non sarebbe
più potuta tornare indietro, amava l'uomo che la stava
stringendo tra le braccia, così infinitamente dolce e
così altrettanto infinitamente forte e passionale, Oscar non
riusciva più ad immaginare la sua vita senza
André, senza quest'uomo che le completava l'anima.
Oscar si strinse di più contro il corpo di André,
era nuda, ma non sentiva freddo, un fuoco che ormai conosceva bene
stava divampando sotto la pelle.
“Oscar... scotti...” disse Andrè
sentendo le labbra della donna bruciare nella sua bocca.
“E' colpa tua...” Oscar gli sorrise, guardandolo
con la malizia negli occhi.
“Cosa vuoi fare adesso André?”
“Voglio fare l'amore con te... voglio amarti fino a
consumarti l'anima.”
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Capitolo 20 *** capitolo 20 ***
Ringrazio tutti per i commenti a questa storia, che
terminerà con il prossimo capitolo, che spero di riuscire a
pubblicare domani.
E con la conclusione ringrazierò per bene tutti :)
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Fecero l'amore, e si consumarono, anima e cuore, fino a non poterne
più.
Si svegliarono presto, non erano abituati ai rumori della
città.
Si svegliarono con quella voglia di pelle ancora sulle labbra, dolce
come zucchero.
André aprì gli occhi e la prima cosa che
cercò fu la bocca di Oscar, come se da quelle labbra rosse
dipendesse la propria esistenza.
Fu un bacio dolce e provocatorio, un semplice bacio labbra
contro labbra a cui Andrè aggiunse un piccolo gesto, che
sapeva, avrebbe dato un esito piacevole... l'uomo dischiuse le labbra
su quelle di lei e aspirò leggermente carezzandole con la
lingua... il contatto durò pochissimo, ma come aveva
immaginato André, sortì l'effetto che sperava....
Oscar fu immediatamente sulle labbra dell'uomo, con l'intenzione di
avere ciò che lui le aveva concesso, a suo parere, troppo
poco... e questa volta il bacio fu lungo e profondo.
Questa volta fu Oscar a prendere il comando, mettendo, in
questa situazione così intima, quella natura che l'aveva
contraddistinta per tutta la vita... era lei a dominare il proprio
uomo, e ad André sembrò non dispiacere.
Fecero l'amore con passione, lasciando a riposo, per un po', la
dolcezza della notte appena trascorsa.
I due erano stremati dal piacere.
“Lo sai che ti amo così tanto?”
sussurrò André mentre disegnava il profilo di
Oscar con le dita.
“Lo so...” rispose Oscar alzando lo sguardo verso
l'uomo, che ora le stava tracciando la linea del naso.
“Hai un naso perfetto...” André
indugiò con una piccola carezza sulla punta del naso di
Oscar.
“Grazie...” Oscar cercò una posizione
più comoda sul petto di André.
“...un bambino dovrebbe avere questo naso, non come il mio,
troppo grande...” André si stupì delle
proprie parole.
“Bambino?” Oscar alzò di nuovo lo
sguardo, cercando quello dell'uomo.
“Si, un bambino Oscar... sai, quelle piccole personcine
basse...” rispose André con un tono ironico.
“Smettila di ridere. André, seriamente. Un
bambino? Tu vorresti un bambino?” Oscar era seria.
“Mi piacerebbe... si... ho sempre desiderato dei
figli.”
“Un figlio con me, André? Un figlio mio e
tuo?” Oscar pronunciò quelle parole con la stessa
semplicità e lo stesso ingenuo stupore di una bambina.
“E con chi altrimenti, Oscar? Si, mi piacerebbe avere un
bambino da te.” André iniziò a giocare
con i riccioli di Oscar.
“Oh...” fu tutto quello che riuscì a
dire la donna, e André cercò di rassicurarla,
rendendosi conto che quel suo legittimo desiderio l'aveva spaventata a
morte.
“Oscar non ti sto chiedendo di farlo in questo preciso
momento... rilassati.”
“André io...”
“Oscar, non iniziare con i tuoi... André io... ti
prego, dimentichiamo questa conversazione. È ora di alzarci,
pigrona.” e così dicendo abbandonò il
letto lasciando che la testa di Oscar ricadesse sul materasso.
“André...”
“Oscar...”
“Se non troviamo dei vestiti non credo che potrò
lasciare questa stanza.” Oscar sorrise.
“Maledizione, i vestiti! Resta qui, tornerò
tra poco.” le baciò la fronte e
uscì dalla stanza.
Oscar ripensò alle parole di André, a quel suo
fantasticare su un figlio loro, e ne fu rapita anch'essa, trascinata in
un mondo futuro, dove, anche lei cercava di immaginare la fisionomia di
una creatura che ancora non c'era.
La donna si addormentò.
André tornò alla locanda due ore dopo averla
lasciata, tornò con un pacco di abiti che era riuscito a
racimolare da Alain, lui e la sorella erano stati così
gentili da mettere insieme degli indumenti per lui e qualcosa per
Oscar, tutto questo dopo una doverosa spiegazione, una dettagliata
spiegazione da parte di André.
Alain si congratulò con l'amico, con una sonora pacca sulla
spalla e l'augurio di una vita finalmente felice, con il suo
“comandante biondo”.
“Oscar... Oscar...” André
cercò di svegliarla il più
delicatamente possibile.
“uhmm...”
“Oscar, svegliati... ti ho portato i vestiti.”
“Uhm... ora mi alzo... dove hai preso i vestiti?”
chiese Oscar sedendosi sul letto.
“Alain e Diane... sono stati così
gentili...” André sorrideva.
“Spero non ci siano abiti da donna li dentro... ne ho avuto
abbastanza!”
“No, niente vestiti da donna. Camicie e pantaloni.”
Oscar prese gli abiti e si vestì con quelle vesti che
sentiva sue, come una seconda pelle, finalmente se stessa.
Era pronta, pronta per qualcosa a cui ancora non aveva pensato, cosa
avrebbe fatto ora?
“Oscar, cosa hai intenzione di fare ora?”
“Io... io so soltanto che non voglio tornare da mio padre.
Voglio stare con te, non mi interessa altro.”
“Capisco Oscar, ma credo che dovresti parlarci, affrontarlo,
in modo da evitare che commetta qualcosa di irreparabile,
capisci?” André strinse le braccia di Oscar
invitandola a guardarlo.
“Si, capisco cosa vuoi dire. Andrò... Andremo a
parlare con mio padre, solo questa volta, e poi non mi vedrà
mai più. Prima però devo recarmi a
Versailles.” Oscar ora guardava André dritto negli
occhi.
“A Versailles?” André non riusciva a
comprenderne il motivo.
Oscar varcò la soglia della Reggia di Versailles come non vi
era mai entrata, in abiti inusuali, con delle vesti semplici.
Entrò a Versailles come Oscar, semplicemente Oscar, senza
grado e senza titolo.
Entrò a Versailles per vedere Maria Antonietta, una donna a
cui era legata da un'amicizia profonda.
Sua Maestà la Regina ricevette Oscar senza domande, non
volle sapere il motivo della sua visita.
“Sua Maestà.” Oscar si chinò
ai piedi della Regina.
“Oscar, vi prego alzatevi.”
“Maestà io...” Oscar sentì le
parole morirgli in gola, avrebbe voluto scusarsi con lei per aver
accettato di sposare il conte di Fersen, avrebbe voluto spiegare il
motivo per cui avevano, lei e Fersen, messo in scena un simile teatro,
avrebbe voluto raccontare l'amore che Fersen ancora provava per lei, ma
non ebbe il tempo di ritrovare le parole morte.
“Oscar, non dite una parola. So tutto, Fersen mi ha
raccontato ogni cosa. Non ce l'ho con voi, e anzi, vi ringrazio per
aver lasciato libero l'uomo che...” la Regina ebbe un attimo
di esitazione.
“...l'uomo che amo. Ma che non potrò amare. Mai
più.” Maria Antonietta pianse, senza nascondersi,
pianse come farebbe una donna qualunque.
“Maestà vi prego, non piangete.” Oscar
si avvicinò alla Regina, le prese la mano.
“Maestà... Fersen vi ama più della sua
vita, credetemi.”
“Lo so Oscar, lo so. Ed è lo stesso per
me.” la Regina tentò di ritornare in
sé, ed Oscar vide in lei una donna nuova, matura.
“Maestà, vi ho chiesto udienza per porgervi le mie
scuse, e vi ringrazio per avermi concesso il vostro perdono. Ma devo
confessarvi che sono qui anche per farvi una richiesta, la prima che vi
porgo, per me stessa.” Oscar abbassò il capo.
“Ditemi Oscar, vi ascolto.”
Oscar raccontò alla Regina di lei e André, del
padre, degli impedimenti oggettivi di quell'amore.
“Oscar farò tutto ciò che è
in mio potere per aiutarvi.”
“Vi ringrazio Maestà, vi ringrazio dal profondo
del cuore.”
“Grazie a Te Oscar.” la Regina parlò
come una donna parlerebbe ad una sua pari, in modo informale,
rivolgendosi ad Oscar dandole del tu.
Oscar rimase stupita, ma con la gioia nel cuore, sentiva
così vicino quella donna, si quella donna, perché
ai suoi occhi non era più la Regina di Francia, ma soltanto
una donna uguale a lei.
Oscar si congedò dalla Regina con un inchino, come aveva
sempre fatto, ma qualcosa di diverso si intrufolò nei gesti
di sempre, le mani della Regina si posarono sulle braccia di
Oscar, la fece alzare, e dopo averle sorriso l'abbraccio,
così forte da farle mancare il respiro.
“Sii felice Oscar. Combattete per il vostro amore, non
lasciate che qualcuno vi impedisca di stare insieme. Amatevi. Buona
fortuna, mia cara Oscar.”
Quando queste parole si posarono sull'orecchio di Oscar, la donna,
spinta da una complicità, da un affetto che durava da 20
anni, ricambiò l'abbraccio della Regina.
“Lo farò. Lo faremo, io e André. Te lo
prometto.”
Non esisteva più nessuna Oscar Francois de Jarjayes, non
esisteva nessuna Sua Maestà Maria Antonietta di Francia.
C'erano semplicemente Oscar e Maria Antonietta, due donna vissute in
involucri troppo stretti, che solo l'amore era stato in grado di
spezzare.
Oscar lasciò Versailles e si diresse con André
verso palazzo Jarjayes.
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Capitolo 21 *** capitolo 21 ***
Il generale Jarjayes non aveva smesso di urlare e imprecare da quando
Oscar aveva abbandonato l'altare, se la prese con chiunque gli fosse a
tiro, la moglie, i valletti, perfino con il prete.
Il generale mandò via, con modi tutt'altro che gentili,
tutti gli invitati, e poi riversò la propria rabbia sul
Conte di Fersen.
“Cosa state facendo? Che razza di uomo siete? Riportate
immediatamente qui Oscar.”
“Generale, perdonatemi, ma non credo che se riportassi qui
Oscar cambierebbe idea su questo matrimonio.”
“Siete un inetto Fersen! Non siete stato in grado di tenere
testa alla vostra futura moglie, non siete fatto per essere un marito,
tanto meno per Oscar. Non mi stupisce che a voi riesca bene solo
la parte dell'amante della Regina di Francia. Sparite della
mia vista!” e così dicendo si
lasciò il conte di Fersen alle spalle.
La famiglia Jarjayes ritornò a palazzo senza rivolgersi
la parola durante il viaggio, Madame Jarjayes e la vecchia
governante non smisero di piangere un attimo, rimproverate ad
intervalli regolari dal generale. Le sorelle di Oscar rimasero in
silenzio, guardandosi l'un l'altra con sguardi interrogativi, senza
badare alle urla del padre, quelle urla che avevano accompagnato
l'infanzia di ognuna di loro, quelle stesse urla che ora provocavano
solo indifferenza.
Giunti a palazzo videro scomparire il generale Jarjayes nel proprio
studio.
Le urla cessarono e iniziò ad aleggiare una coltre di paura,
nessuno ebbe il coraggio di dirlo apertamente, ma tutti temevano da un
momento all'altro un gesto folle del generale.
La sorella maggiore di Oscar si divise dalle altre donne e raggiunse il
giardino di casa, sentiva il bisogno di pensare, di riflettere sul
gesto sconsiderato, di quella altrettanto sconsiderata sorella.
Si domandò come, Oscar, avesse potuto lasciare il conte
sull'altare, quale motivo l'aveva spinta a gettar via
un'opportunità del genere? Un uomo come Fersen,
pensò la donna, era un raro dono per una donna
“particolare” come Oscar, era un raro dono per
qualsiasi donna, si corresse.
Il conte era dotato di fascino, era colto, aveva modi garbati ed era un
uomo bellissimo.
La donna non riusciva a darsi pace cercando di capire cosa stesse
accadendo alla sorella.
“Dove sei Oscar?” questa preoccupazione
scappò alla sua mente e si perse sulle labbra, in un
sussurro.
La donna decise di rientrare a palazzo, ma un rumore di zoccoli, sempre
più vicini, la fece desistere.
Oscar.
Si rallegrò nel vederla in buono stato, sana e salva,
nonostante la notte trascorsa chissà dove.
“Oscar! Oscar! Dove sei stata tutta la notte? Stai
bene?” la sorella stava correndo incontro ad Oscar quando
vide giungere André. Cosa ci faceva André con
Oscar? Un tempo sarebbe stato normale vederli insieme, ma negli ultimi
tempi erano stati piuttosto distanti, tant'è che non
vedevano André, a palazzo, da settimane.
“Sto bene. Non ti preoccupare. Ho bisogno di vedere nostro
padre.” Oscar scese da cavallo.
“Oscar, cosa sta succedendo? Perché
hai...” la sorella di Oscar non ebbe il tempo di formulare la
domanda.
“Non potevo sposarmi.” Oscar abbassò lo
sguardo.
“Perché Oscar? Parlami.”
“Non potevo. Non chiedermi di più, non ora. Ho
bisogno di parlare con nostro padre, ti prego.” Oscar
guardò la sorella con sguardo severo.
“Non credo che sia il caso che tu veda nostro padre. Il
generale è fuori di sé. Vai via Oscar, torna
domani, quando si sarà calmato.”
“Ma... io...”
“Dobbiamo parlare con tuo padre Oscar, adesso.”
André comparve alle spalle di Oscar, pronunciò
quelle parole con tono deciso, quasi autoritario cercando il suo
sguardo.
La prese per mano.
Oscar fu attirata dallo sguardo dell'uomo, e vi si perse, e vi
trovò pace, mentre la sua mano strinse la mano che la stava
stringendo.
La sorella di Oscar rimase spiazzata da ciò che i suoi occhi
le stavano mostrando, per un istante non volle crederci... No non
poteva essere, cercò di convincersi, ma l'evidenza le era di
fronte, in tutta la sua chiarezza.
“Oscar... ma... cos'è questa storia?”
“Questo è il motivo che mi ha impedito di
sposarmi.” confessò Oscar, con una dolcezza che la
sorella non ricordava di aver mai sentito in lei.
André strinse ancora di più la mano di Oscar, e
insieme entrarono a palazzo Jarjayes.
La sorella di Oscar non aveva potuto dir nulla, ci aveva provato, con
tutta se stessa ma il respiro non volle collaborare, lasciandola muta e
impietrita di fronte a quelli, che un tempo, erano stati la sua piccola
sorellina e il suo amichetto d'infanzia, una bambina nobile col destino
segnato da un padre folle, e un bambino cresciuto con il solo compito
di servire e proteggere la figlia del padrone.
Quei bambini che ora si amavano, sfidando il rango, il pregiudizio, le
differenze.
La donna provò un'improvviso senso di vuoto e d'invidia, per
la prima volta invidiava la sorella, invidiava l'amore di
quell'uomo che le era stato accanto tutta la vita, un amore vero,
ricambiato, differente da quello che era toccato a lei.
Oscar e André varcarono la soglia del palazzo insieme,
ancora mano nella mano, immuni da qualsiasi timore.
Furono sorpresi dalla famiglia quasi al completo, riunita in salotto.
Entrarono creando maschere di ghiaccio sui visi dei presenti.
Nessuno dei presenti si aspettava l'arrivo di Oscar, tanto meno quello
di André, ancora meno Oscar e André mano nella
mano, palesemente “intimi”.
Un silenzio pesante come fosse fatto di roccia riempiva la stanza,
nessuno osava proferir parola, avevano occhi puntati, come fucili, sui
due giovani.
Solo la vecchia governante, tra le lacrime, trovò il
coraggio di parlare.
“André! Per l'amor di dio, cosa hai
fatto?”
Subito dopo, anche Madame Jarjayes trovò la forza.
“Oscar! Sei impazzita? Hai mandato a monte il matrimonio col
conte di Fersen per... mio dio, dammi la forza... Oscar, ti prego,
rassicura tua madre, dimmi che sto solo immaginando...”
“Cosa state immaginando madre?” disse Oscar con un
tono di sfida.
“Oscar non ti permetto di parlarmi in questo modo!...
io...”
“Voi cosa Madre? Non riuscite nemmeno a dirlo... Non riuscite
nemmeno a pronunciare il suo nome.”
Madame Jarjayes si portò la mano alla fronte, in segno di
malessere, ma Oscar non si fece impietosire.
“Ho mandato a monte il matrimonio con Fersen
perché amo un altro uomo, e quell'uomo è
André. Avete sentito madre? Non vi state immaginando nulla,
è la pura e semplice realtà dei fatti. Ed ora, se
volete scusarci.”
Madame Jarjayes cadde a terra in preda ad una crisi, in preda ad uno
dei suoi famosi svenimenti.
Le figlie le furono subito accanto.
Solo Nanny non si curò del malessere della padrona,
dimenticò il suo ruolo in quel palazzo e corse incontro ai
due ragazzi, i bambini che aveva cresciuto come fossero stati suoi, si
avvicinò e pianse appoggiandosi al corpo del nipote.
“Siete degli incoscienti! Ah, e tu André, avresti
dovuto prenderti cura di Oscar!” disse la vecchia governante
colpendo con poca convinzione il petto del nipote.
“E' quello che ho fatto nonna... e che farò, per
sempre.” André carezzò la schiena della
vecchia nonna.
“Amo Oscar più della mia vita, non può
essere un male tutto questo amore, non credi nonna?”
“I miei due bambini...”
Nanny pianse, senza freni, pianse lacrime dolci, pianse lacrime di
felicità.
Dopo aver rassicurato la vecchia governante i due ragazzi lasciarono il
salotto, era giunto il momento di affrontare il generale Jarjayes.
Oscar lasciò la mano di André e bussò
alla porta del padre.
Silenzio.
Oscar bussò ancora.
“Andatevene! Lasciatemi in pace, maledizione!” il
tono del generale lasciava trasparire tutta la sua rabbia.
“Padre, sono Oscar. Fatemi entrare, devo parlarvi.”
Silenzio.
Oscar mise la mano sulla maniglia e la porta le si aprì
davanti, senza alcun sforzo.
Oscar entrò nello studio seguita da André,
trovarono il generale seduto alla scrivania, un bicchiere di liquore
sul tavolo e l'uniforme aperta, lui che era sempre stato impeccabile,
sempre in ordine, distinto, anche nelle occasioni più
difficili, che fosse in battaglia o ad un ricevimento, ora era di
fronte a loro, stravolto dalla rabbia.
Oscar sentì una morsa allo stomaco.
Il generale alzò lo sguardo dal bicchiere.
“Come osi venire qui? Come osate presentarvi in casa
mia!” il generale si alzò di scatto dalla sedia,
scaraventandola per terra.
“Non mi tratterrò a lungo, padre. Sono venuta a
dirvi che...” Oscar quasi non si accorse dell'arrivo del
generale di fronte lei.
“Cosa vuoi dirmi Oscar? Che te ne vai con quel servo? Sei una
stupida Oscar.” la mano del generale si chiuse attorno al
braccio della figlia.
Oscar rimase immobile, non si scompose.
“Dite bene padre, sono venuta a dirvi che vado via con questo
servo, questo servo che è più nobile di voi che
lo siete di nascita.”
Il generale rivolse lo sguardo verso André, senza mollare la
presa attorno al braccio di Oscar.
“Vuoi portarmela via, vero? E magari vorresti anche
sposarla?”
“Si.” deciso non aggiunse altro.
“Sei un illuso André, un servo non
potrà mai sposare una nobile, un nobile prima di
sposarsi deve chiedere il permesso a sua Maestà!”
sul volto del generale si accese un sorriso soddisfatto.
Oscar infilò in tasca l'unica mano libera e ne estrasse una
lettera, che porse al padre, con lo stesso sorriso soddisfatto.
Il generale lasciò il braccio di Oscar, giusto il tempo di
aprire la lettera. Una lettera di Sua Maestà la regina Maria
Antonietta.
Il volto del generale mutò in una maschera di rabbia.
In quella lettera la Regina concedeva ad Oscar il permesso di sposarsi
con un uomo senza titolo, e faceva dono, ai due ragazzi, di una dimora,
modesta, a Parigi, in segno della lunga amicizia che la legava ad Oscar.
La lettera si concludeva con i più sinceri auguri di Sua
Maestà.
Il generale accartocciò la lettera in un pugno.
“Credete di aver vinto? Vi sbagliate, vi sbagliate di grosso.
Avete vinto la battaglia, ma non vincerete la guerra. Non
permetterò tutto questo, finché avrò
vita.”
“Vi avverto padre, non esiterò a reagire come voi
mi avete insegnato da tutta la vita, se proverete a
ostacolarci.” Oscar non tolse mai lo sguardo dagli occhi
del padre.
“Sei mia figlia e non ti permetterò di uscire da
questa casa!” il generale strinse con entrambe le mani le
braccia di Oscar.
André d'istinto si portò al fianco di Oscar,
posò la mano sul braccio del generale, pronto a
spezzarglielo pur di liberare la donna.
Oscar si rivolse ad André.
“No, lascialo andare.” il giovane fu sorpreso da
quelle parole.
Gli occhi della donna si posarono per l'ennesima volta sul viso del
padre.
“No, vi sbagliate, da questo momento non sono più
vostra figlia. Da questo momento non ho più titolo. Da
questo momento vi rinnego. Sono Oscar, semplicemente Oscar.”
Il generale fu colpito in pieno petto dalle parole della figlia, parole
inaspettate.
“Senza di me non sei nessuno Oscar, ricordatelo.”
Oscar si divincolò per togliersi di dosso le mani del padre,
che sembrava intenzionato a non allentare la presa, fu grazie all'aiuto
di André che finalmente, quelli che un tempo erano stati
padre e figlia, si divisero.
“Non ti perdonerò mai Oscar, mai!... Te la
farò pagare maledetto servo!... Ve la farò
pagare, maledirete d'essere nati!” il generale si fece ancora
vicino ad Oscar.
La donna prese il colletto dell'uniforme del generale tra le mani,
strattonandolo verso di sé e lo spinse via, gettandolo a
terra.
“Provo solo compassione per voi. Siete un uomo finito. Addio
generale.”
Oscar uscì dallo studio senza mai voltarsi, André
le era accanto, come sempre.
Oscar non tornò indietro, nemmeno quando sentì le
grida disperate del generale, invocare il suo nome.
Uscirono da palazzo Jarjayes e respirarono un aria nuova, frizzantina,
candida, respirarono come se un peso enorme fosse sparito dai loro
cuori.
Si voltarono una sola volta per guardare la casa che li aveva visti
crescere e innamorarsi.
Si voltarono una sola volta per dire addio a quel palazzo che li aveva
uniti ma che era stato, al tempo stesso, una gabbia per entrambi.
Salirono sui cavalli e galopparono fuori dalle mura di palazzo
Jarjayes, galopparono sulla strada che li avrebbe portati a Parigi,
verso una nuova vita, senza sbarre.
Quella notte, André e Oscar giunsero nella dimora che la
Regina aveva donato loro.
Era una casa modesta, senza lo sfarzo e l'opulenza di palazzo Jarjayes,
l'ideale per la nuova vita che si apprestavano ad affrontare.
La regina aveva fatto in modo che Oscar e André
continuassero a lavorare in campo militare, insieme, come sempre.
Erano felici, ma non potevano dire di sentirsi pienamente tranquilli,
sentivano su di loro l'ombra del generale, anche se, speravano d'averlo
fatto desistere dal compiere qualsiasi brutto gesto.
Se lo auguravano.
I due si imposero, tacitamente, di dimenticare il passato e di vivere
pienamente il presente.
“Oscar...”
“André...”
“Madamigella Oscar, vuole diventare mia moglie?”
“Uhm...”
“Oscar!”
“Ah ah ah”
“Non sei divertente Oscar...”
Oscar ritornò seria, si fece vicina all'uomo e con un filo
di voce disse.
“Si, voglio diventare tua moglie.”
“Voglio che ci sposiamo presto, non voglio più
aspettare.” André prese il viso di Oscar tra le
mani.
“Presto, André... presto.”
Un bacio lieve, un altro, ed un altro ancora...
Finirono inevitabilmente nella camera da letto.
“André...”
“Si...”
“Ti amo.” Oscar aveva pronunciato quelle due parole
forse un paio di volte da quando avevano scoperto di amarsi.
“Dovresti dirlo di più, Oscar... fa bene al
cuore.” André cinse le spalle di Oscar, poggiata
sul suo petto.
“Ti amo... André. Ti amo così tanto. Ti
amo in un modo che non so spiegare. Ti amo di quell'amore che non
credevo di avere.” Oscar sentì le lacrime bagnarle
le guance.
“Non piangere amore, ti prego. Siamo insieme, siamo liberi e
ci amiamo, ci dovranno essere solo lacrime di gioia d'ora in
poi.”
“Si, comandante.” Oscar sorrise.
“Comandante? Non sapevo d'essere stato promosso.”
anche Andrè ritrovò il sorriso.
“Sei stato un bravo soldato, non potevo far altro che darti
una promozione. Te la sei meritata, soldato Grandier... ehm...
Comandante Grandier.”
Risero entrambi.
Oscar si voltò in modo da guardare André in viso.
“André...”
“Oscar...”
Oscar posò le dita sulle labbra di Andrè,
carezzandole, disegnandone i contorni.
“Mi piacciono le tue labbra...”
“Credo di averlo capito, Oscar...”
La donna passò le dita sulla fronte dell'uomo, ne
tracciò la linea delle sopracciglia, gli occhi...
“André... vorrei che il nostro bambino avesse i
tuoi occhi...” Oscar si distese di nuovo sul petto dell'uomo,
con una tranquillità stupefacente, come se le parole appena
pronunciate non l'avessero toccata.
“Mi piace sentirti dire queste cose Oscar... sono felice che
anche tu pensi ad un figlio nostro... mi riempie di gioia sentirti
fantasticare su come potrebbe essere.”
“...come sarà, André.”
“Cosa?” André invitò Oscar a
guardarlo, e vide sul volto della donna un sorriso meraviglioso.
“Ho tentato di dirtelo stamattina, André, ma... mi
hai zittita, e...”
“Un bambino Oscar... aspetti un bambino?... Noi aspettiamo un
figlio?” André era fuori di sé dalla
gioia.
“Si, André, aspettiamo un figlio... un bambino che
avrà il mio naso e i tuoi bellissimi occhi
verdi...”
I due giovani rimasero abbracciati per tutta la notte, fantasticando su
come sarebbe stato il loro bambino, quel figlio che André
aveva solo sperato di poter avere, da tutta la vita, quel figlio che
Oscar non avrebbe mai immaginato di concepire.
I due giovani passarono l'intera notte a fare progetti per la loro
nuova vita, appena iniziata, con l'amore e la gioia nel cuore e una
spada di Damocle sulla testa.
Con il fiato del generale sul colle, sarebbero dovuti stare in allerta,
sempre in guardia, ora più che mai, con una nuova creatura
che sarebbe venuta al mondo di li a poco.
Quella stessa notte, a palazzo Jarjayes, il generale si spense
stroncato da un attacco di cuore, morì da solo, seduto alla
scrivania del suo studio, con la lettera di Sua Maestà
stretta tra le mani, quella lettera che uccise per sempre il suo unico
figlio maschio, Oscar Francois de Jarjayes, quell'involucro che
plasmò attorno all'anima di sua figlia, portandola quasi
alla morte.
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Eccomi giunta alla fine!
Questa storia è nata all'improvviso nella mia testa, si
è figurata davanti ai miei occhi senza una precisa richiesta
da parte mia, ed è stato qualcosa di inaspettato. Qualcosa
di piacevole.
Questa storia mi ha riportato su una strada che tempo fa percorrevo
spesso, la scrittura, l'amore per la scrittura. Quindi credo che io
debba un doveroso ringraziamento ai nostri cari Oscar e
André. :)
Che dire, ci sono stati dei capitoli per me facili da scrivere ed altri
più impegnativi, ho zoppicato qua e la, ho commesso degli
errori (sono molto critica con me stessa in fatto di scrittura), e
qualche volta li ho superati tirando fuori qualcosa di piacevole,
almeno per me.
Spero vi sia piaciuta, spero vi sia piaciuto il finale... un po'
particolare, lo so... la morte del generale potrà suscitare
dei sentimenti contrastanti tra di voi, ma... Il generale non
è mai stato uno dei miei personaggi preferiti, mi
è sempre stato sullo stomaco... un po' come il conte di
Fersen, belloccio eh, però... delicatezza al pari di un
elefante! :D e soprattutto era uno “sveglio”, uno
che arrivava alle cose in un attimo... Quella benedetta ragazza, la
nostra Oscar, si infila un vestito da donna e raccoglie semplicemente i
capelli e lui... “oh mi sembra di avervi già
vista...” , ma dai?????
Scusate sto divagando... ehm... il capitolo è stato scritto
forse un po' troppo velocemente, ma volevo terminarlo oggi, perdonate
se non è venuto benissimo.
Grazie a tutti per le recensioni, e la pazienza che avete avuto nel
seguire 21 capitoli!
Volevo ringraziare:
LADY IN BLUE, per le sue costanti recensioni, il suo sostegno, grazie
mille per le parole carinissime che mi hai scritto ed anche per avermi
fatto notare certi “errori”.
NINFEA306, grazie anche a te per le costanti recensioni e per le
“critiche” costruttive, quegli appunti che servono
in qualche modo per migliorare, per correggersi.
PRY, grazie per le recensioni sempre dettagliate, spiritose, e
stupendamente dirette :)
ARTE, un ringraziamento speciale a te, che probabilmente stai ancora
finendo di leggere la ff, mi chiedo dove tu abbia trovato la forza di
sorbirti interi capitoli tutti insieme... ti ringrazio particolarmente
per l'ultima bellissima recensione che mi hai scritto.
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