Dove sei, Merlino?

di Mrs C
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dove sei, Merlino?- Parte prima ***
Capitolo 2: *** II: dove sei, Merlino? Seconda parte ***
Capitolo 3: *** III: Dove sei, Merlino? - Terza e ultima parte ***



Capitolo 1
*** Dove sei, Merlino?- Parte prima ***


Merlin Spazio autrice

Che bello, dopo un periodo assurdo sono riuscita a completare [o almeno a metà] la oneshot su Merlin. Peccato che mi sia dilungata troppo e abbia deciso di dividerla in due parti... beh, tanto meglio, avrò più da scrivere. Spero vi piaccia, è la mia prima shot su questo telefilm che amo tantissimo.
Ringrazio come sempre tutte le persone che leggono, recensiscono e aggiungono ai preferiti e alle seguite le mie storie, ne sono davvero felice.

Discaimer: i personaggi qui citati non sono miei ma di chi ne detiene i copyright. Questa shot non è scritta a scopo di lucro ma solo per far divertire me e coloro che leggono [spero], quindi questi ultimi non sono violati.



Dove sei, Merlino?
{Parte prima}





«
Mio signore...»
«Merlino...»
«Per favore... perdonatemi se potete.»
«Merlino!»


Merlino non aveva mai rivelato i suoi poteri ad Artù. Per quanto lo considerasse come il suo migliore amico non lo aveva messo al corrente del più grande segreto che avesse mai tenuto nascosto e forse era questo che faceva più male, al principe.
Eppure, nonostante questo, Arthur era venuto a conoscenza che, svariate volte gli aveva salvato la pelle senza che lui minimamente lo sospettasse. Merlino era stato il suo servo, il suo confidente e la sua guardia del corpo... gli veniva da ridere solo al pensiero che quel ragazzetto mingherlino potesse proteggere un maestro di spada com'era lui eppure, a conto del drago, a conto di Gaius e di Lancillotto, Merlino aveva rischiato la sua vita per lui fin troppe volte e l'Erede, invece di ringraziarlo gli aveva sempre dato dell'idiota per la sua goffaggine. Erano passate due settimane dal giorno in cui aveva scoperto tutto... e di Merlino non c'era più alcuna traccia.
Il principe s'era recato persino da Gaius per avere sue notizie, abbattendo il muro del suo ostinato orgoglio, ma anche il cerusico aveva scosso la testa, affranto forse quanto l'Erede. Lui non sapeva che fine avesse fatto Merlino, poteva benissimo essersi cacciato in chissà quale guaio e nessuno ne avrebbe mai saputo niente.
Artù sospirò, rigirandosi la spada fra le mani e guardando fuori dalla finestra. Tutti avevano continuato la loro vita tranquillamente... persino Gaius s'era arreso a non rivedere più il suo figlioccio. Morgana, che sembrava provare qualcosa per Merlino, era partita per una destinazione ignota il giorno successivo alla sparizione del valletto e Gwen, la migliore amica del mago non aveva più parlato di lui, come se stesse cercando di dimenticarlo.
Voltò il capo verso la porta e sospirò ancora. Non avrebbe mai immaginato di stare così a terra senza Merlino. Era il suo migliore amico... avevano condiviso tante avventure insieme e, finalmente, dopo tanto tempo non era più solo. Era arrivata una persona che gli tenesse testa e, specialmente, che gli volesse bene aldilà dell'essere o meno l'Erede di Uther Pendragon. E ora, per colpa delle stupide leggi di suo padre, quella stessa persona era dovuta scappare via. Il principe si morse il labbro, furioso, alzandosi in piedi e brandendo la spada, ruppe tutto ciò che gli capitava sotto tiro, sfogando la sua rabbia che fino a quel momento era rimasta sopita dentro di lui, troppo sconvolto per accettare quello che stava succedendo.
E' assurdo, è dannatamente ingiusto. Solo io posso dare il permesso a Merlino di sparire, nessuno deve cacciarlo se non lo dico io.
Ripeteva a sé stesso quella frase, cercando di porre fino a quello strazio, al dolore atroce che stava provando. Era di nuovo solo... e questa volta non sarebbe arrivato nessun valletto (nessuno amico) a salvarlo dal baratro in cui stava cadendo.
Lanciò la spada contro il muro, cadendo in ginocchio sul pavimento, ansimante. Le lacrime gli pungevano gli occhi per uscire. Avrebbe tanto voluto urlare, imprecare, prendere a calci chiunque gli capitasse sotto tiro. Ma no. Non poteva. Lui era l'Erede, non poteva soffrire così per la mancanza di un servo.
Si morsicò le labbra e imprecò sottovoce, asciugandosi gli occhi lucidi..
«Maledizione, maledizione. Ti odio, Merlino.» Ma odio ancora di più me stesso per averti lasciato andare via.
Arthur alzò lo sguardo, sentendo il rumore della porta che si apriva. Lady Morgana attraversò la stanza lentamente, con ancora indosso il mantello di quando era sparita. Il cappuccio dello stesso che faceva intravedere un timido sorriso e le gote arrossate per il freddo. Artù si alzò in piedi, stravolto, attraversando a grandi falcate la sua stanza. Non può essere realmente Morgana, è impossibile, continuava a ripetersi il giovane principe ma, ad ogni passo che faceva la figura della ragazza si faceva sempre più chiara e distinta e, quando finalmente fu ad una spanna dal suo viso, Morgana si tolse il cappuccio rivelando i profondi occhi chiari sorridergli accompagnati dalle labbra anch'esse piegate in un sorriso fraterno. Artù sospirò pesantemente, tendendosi verso di lei e stringendola forte in un abbraccio. Non l'aveva mai fatto in tutti quegli anni in cui avevano vissuto insieme e si conoscevano... però, in quel momento, dopo due settimane ch'era rimasto nell'angoscia più pesante che avesse mai provato, tristemente solo, senza notizia alcuna, Artù pensò seriamente che abbracciare Morgana non fosse poi quel grande sacrilegio per il suo ostinato orgoglio
«Ti vedo in forma, Arthur.» La risata cristallina di Morgana lo fece scostare leggermente da lei, facendo in modo che tornasse il solito algido principe di sempre. Tossì per riprendere contegno e incrociò le braccia al petto.
«In forma?» Ripeté assottigliando gli occhi «Tu nemmeno immagini cos'ho passato io in queste due settimane, Morgana.»
Il sorriso si spense automaticamente sulle labbra della fata, lasciando spazio ad un'espressione cupa. Eppure, pensò il principe, lo scintillio negli occhi della ragazza lo convinceva poco... c'era qualcosa che gli teneva nascosto. Anche lei come Merlino. Un brivido freddo gli percorse la schiena. Il suo servo gli aveva tenuto nascosto il suo segreto e poi era sparito senza dirgli nemmeno una parola. Possibile che Morgana stesse facendo la stessa cosa? Il principe scosse la testa. No, lei non l'avrebbe mai fatto.
«Dove sei stata per tutto questo tempo? Mio padre è preoccupato da morire, dobbiamo andare immediatamen-»
Morgana fece un cenno di diniego con la testa, facendogli cenno di tacere. Arthur Pendragon capiva sempre meno di ciò che stava succedendo... forse erano gli effetti di due settimane di insonnia perenne. O forse era davvero perché tutto ciò che accadeva intorno a lui era ridicolo e senza un senso logico. Forse tutti e due a pensarci bene.
«Ascoltami Artù. Non abbiamo molto tempo.» Disse a bassa voce la giovane ragazza dando un'occhiata alle sue spalle. Arthur sentì dei rumori di passi provenire dal corridoio, sembrava piuttosto affrettati in verità.
«Ora non posso spiegarti ma devi fidarti di me!» Proseguì, allarmata, Morgana «Non dire a nessuno che mi trovo qui, hai capito bene? A nessuno.»
Artù fece appena in tempo a vederla sparire dentro il suo armadio quando la porta della sua stanza si aprì con uno scatto secco e, al suo cospetto comparve Uther Pendragon con al suo seguito due o tre guardie. Il re diede un rapido sguardo alla stanza, regolarizzando il respiro accelerato per poi guardare suo figlio.
E, in quel momento Arthur capì. La sua quasi-sorella gli stava veramente nascondendo qualcosa.  
«Alcune guardie hanno detto di aver visto Morgana venire da questa parte!» Proferì il re, entrando nella stanza e scrutandola da cima a fondo «Tu l'hai vista?»
Gli occhi di Uther erano quasi fiammeggianti. Non era collera e, quando rispose, Artù si sentì quasi in colpa verso suo padre... ma, in fondo, Morgana dopo avrebbe avuto tante cose da spiegare. E, questa volta, non l'avrebbe lasciata andare via senza che tutta la situazione fosse stata chiara.
«Se l'avessi vista ti avrei avvertito, padre.» Rispose il principe, cercando di avere un tono indifferente.
Uther squadrò suo figlio per un secondo. E, in quel secondo Artù pensò di essere stato scoperto, suo padre avrebbe aperto l'armadio e avrebbe scovato Morgana e quindi anche la bugia del biondo, sbattendolo immediatamente nelle segrete o, peggio per il suo orgoglio, alla gogna pubblica. La stessa in cui lui sbatteva sempre Merlino quando non obbediva agli ordini o quando faceva di testa sua, portando a termine un lavoro diversamente da come gli era stato ordinato di fare. Un rivolo di sudore freddo gli imperlò la tempia sinistra, aspettando qualche altra parola dal parte del re. Uther, per tutta risposta, sbuffò esasperato, facendo un lieve cenno alle guardie di lasciarlo solo con suo figlio e così fecero mentre Artù poté tirare un sospiro di sollievo. Non erano stati scoperti. Per ora.
«E' che ho paura le sia successo qualcosa. Morgana non è mai sparita in questo modo.» Disse il re, passandosi una mano guantata sulla tempia.
«Morgana non è una stupida. Sta bene.» Rispose il principe, lanciando una lieve occhiata allo sportello, aperto per un tratto, del suo armadio.
«E tu come lo sai?» Domandò il re, inarcando le sopracciglia.
«La conosco.» Fu la risposta criptica e schietta del ragazzo.
Uther annuì lievemente, anche se la preoccupazione del re non calava. Prese a passeggiare avanti e indietro per la stanza, facendo congetture su congetture, interpellando sporadicamente il principe che, nel frattempo, s'era seduto sul letto attendendo che lo sproloquio di suo padre finisse. Secondo i suoi calcoli non ci doveva mettere ancora molto prima di uscire dalla porta e tornare a farsi gli affari suoi. Erano due settimane che quella farsa andava avanti, Artù non ne poteva proprio più. Si buttò all'indietro, coricandosi sul letto a baldacchino, aspettando che il re smettesse di arzigogolare discorsi senza senso quando una sua frase attirò l'attenzione del principe.
«E se quel tuo servo straccione l'avesse rapita?»
Per qualche secondo la domanda aleggiò nell'aria come se nessuno dei due ne avesse colto il pieno significato. Uther si fermò in mezzo alla stanza, strofinandosi il mento pensoso, poi annuì a sé stesso.
«Sì, dev'essere andata per forza così! Quello stregone ha rapito Morgana, l'ha portata con sé per avere un lasciapassare nel caso qualcuno l'avesse riconosciuto mentre scappava!»
Le parole di Uther Pendragon avevano sempre l'effetto di far imbestialire il figlio. Che gli chiedesse di chiamare le guardie, che gli chiedesse se stava bene, che gli chiedesse qualunque cosa, Artù Pendragon era estremamente irritabile quando suo padre gli parlava. Perché il modo in cui glielo diceva era da re e non da padre. Lui imponeva che gli venisse detto non chiedeva niente. Un Pendragon non domanda mai niente, era il suo motto e col tempo anche Arthur s'era convinto che fosse la verità, semplicemente ignorando l'atteggiamento bisbetico del padre. Solitamente riusciva a contenere il malumore che le sue parole provocavano, mettendosi la maschera di ghiaccio che aveva imparato a costruirsi con gli anni ma, quando il re aveva nominato Merlino e aveva messo nella stessa frase il suo servo, "Morgana" e "rapimento", per poco non gli saltò addosso dalla rabbia. Si alzò dal letto con un colpo di reni, stringendo i pugni furiosamente.
«Merlino non ne sarebbe mai capace.» Sillabò a denti stretti verso il padre «Merlino è una brava persona, vuole bene a Morgana. E a me.» Cosa che tu non hai mai fatto, aggiunse mentalmente ma che non disse.
Uther alzò gli occhi verso suo figlio, inarcando le sopracciglia scure in un moto di stizza.
«Stiamo parlando di un dannato stregone, Artù, mettiti in testa che ti ha sempre preso in giro fin dall'inizio.» Mormorò, alzando di un tono la voce e puntando il dito verso il principe.
«Merlino non mi ha mai preso in giro!» Urlò quest'ultimo, furioso per le accuse che il re stava rivolgendo al suo servo.
«E perché non ti ha detto che possedeva poteri magici? Me lo sai spiegare il perché, Artù?»
Il biondo schiuse le labbra pronto a replicare ma le parole gli morirono in gola esattamente come si aspettava il re che storse le labbra in una smorfia. Uther Pendragon non aveva la minima idea di come le sue parole avessero trafitto il petto del figlio... ma, in effetti, il re non si accorgeva mai di quando Artù stava male a meno che non fosse lui stesso a farglielo notare... il che non succedeva mai.
Uther voltò le spalle ad Artù, uscendo dalla sua stanza sbattendo la porta con forza, urlando alle guardie di riprendere le ricerche di Morgana da dove erano state interrotte o a pagarne sarebbero state le loro teste.
Per qualche rimbombò nell'aria solo il rumore dei passi frettolosi del re poi, solo il silenzio. Artù imprecò sottovoce, passandosi una mano fra i capelli, al limite della sopportazione. Gli faceva male la testa e non riusciva più ad articolare un pensiero decente. Era impossibile, quell'incubo doveva finire. Merlino sarebbe tornato a casa, con le buone o con le cattive.
Morgana aprì lentamente le ante dell'armadio, senza fare il minimo rumore per poi avanzare lentamente verso Arthur. Gli posò una mano sulla spalla, facendolo irrigidire di colpo e lui, per tutta risposta, si allontanò di qualche passo, sbuffando sonoramente. Non riusciva a dare un senso a tutto ciò che stava accadendo, anche se erano passate già due settimane. Se Merlino non lo avesse salvato... se lui non avesse mostrato i suoi poteri a tutto il regno solo per proteggerlo, in quel momento sarebbe stato lì con lui, a pulire la sua armatura magari e a lamentarsi di quanto fosse un asino, sì, ma reale. Gli sfuggì un lieve sorriso, massaggiandosi le tempie, scosso. Era dura ammetterlo, eppure gli mancava. Gli mancava il solito Merlino, quel ragazzo divertente che, pur andando quasi ogni giorno alla gogna per motivi più che futili, non perdeva mai il sorriso contagioso che, il principe si trovava a contraccambiare senza saperne bene il motivo. Era impossibile che gli mancasse così tanto.
«Perché non mi ha detto niente, Morgana?» Sussurrò l'Erede, lanciando una flebile occhiata alla ragazza «Non merito forse la sua fiducia? Non ho sempre cercato di difenderlo? Perché ha fatto di tutto per tenermelo nascosto?» Domandò, come un fiume in piena, riversando tutti i suo dubbi, la sua stanchezza, su Morgana che strinse i denti e socchiuse gli occhi per non permettere alle lacrime di uscire. Artù si fermò di botto, notando l'espressione malinconica della ragazza e si morse la lingua. Anche lei ci sta male. Anche lei soffre per la sua mancanza. Artù si sedette sul letto, più stanco di quando aveva iniziato a parlare.
«Chissà... forse mi ha davvero sempre mentito. Forse non è mai stato mio amico.» Sussurrò il principe, mentre un forte nodo allo stomaco gli impediva di continuare. Era troppo doloroso, tutto quello che stava accadendo non era giusto, per nessuno. Si prese la testa fra le mani, stringendo i pugni così forte da conficcarsi le unghie nella carne. Morgana inclinò la testa da un lato, avanzando verso il principe ed inginocchiandosi davanti a lui gli fece alzare la testa per poterlo guardare negli occhi con un accenno di sorriso sulle labbra.
«Se ti dicessi che so dove si trova Merlino e che voglio portartici... tu smetteresti di pensare queste stupidaggini?»
Artù sgranò gli occhi, mentre le labbra si piegavano in una smorfia di stupore. Con il cuore che batteva frenetico e l'ansia che cresceva man mano che Morgana  riuscì a balbettare qualche parola per chiedere spiegazioni ma Morgana lanciò un'altra occhiata alla porta. Di nuovo rumore di passi, forse le guardie.
Si voltò verso Arthur e lo abbracciò in uno slancio di affetto.
«Ti aspetto stanotte fuori dalle mura del castello. Non mancare.»
Detto ciò, si alzò velocemente, aprendo la finestra della camera di Artù e, sorridendo nella sua direzione, si lanciò nel vuoto senza alcuna esitazione. Arthur sbiancò alzandosi dal letto per correre alla finestra, il cuore che batteva a mille per l'agitazione, ma quando si affacciò di Morgana non c'era traccia. Artù sospirò. Non poteva far altro che aspettare quella notte per rivedere Merlino e sapere finalmente tutta la verità.

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Capitolo 2
*** II: dove sei, Merlino? Seconda parte ***


Dove sei Merlino? seconda parte
Spazio autrice


Eccomi tornata alla carica, anche con questa shot che si sta rivelando più lunga del previsto! Doveva terminare con questa parte ma non sono riuscita a trattenermi e ho scritto troppo... veramente troppo! Non sono molto soddisfatta dell'ultima parte ma spero vi piaccia. Ah, per dire, purtroppo non è stata colpa se ho aggiornato così tardi, il mio amato pc ha deciso di farsi una bella vacanza, per un mese e mezzo circa, quindi eccomi qui, in palese ritardo a chiedervi perdono, spero questo capitolo vi piaccia.

Hay_chan: eccoti accontentata, chiedo scusa per il ritardo, come ho già detto, fosse stato per me avrei aggiornato dopo nemmeno due giorni ma il mio pc, evidentemente, non era molto d'accordo, ecco quindi qui a proporti il secondo, mi farebbe piacere sapere che ne pensi, baci.

IcePrincess_: guarda, inizialmente era sì intenzionale ma mi hanno fatto notare che può essere un po' incasinato il tutto, così ho deciso di mettere solo 'Artù' e 'Merlino' così è più flessibile la storia. Ti ringrazio tanto per i complimenti, ti chiedo scusa io per il ritardo, fammi sapere che ne pensi, mi farebbe tanto piacere, un bacio.

GinnyX: ti ringrazio moltissimo per i tuoi complimenti, quella parte (dello scontro fra Artù e Uther) è stata quella che ho scritto più  velocemente, ho sempre immaginato un possibile scontro fra i due, con argomento Merlino in questo modo, quindi non è stato difficile. Ti ringrazio tanto per avermi fatto notare quell'errore, mi fa sempre piacere che me li segnalino, così posso correggerli, ti chiedo anzi scusa per il ritardo, purtroppo il mio pc mi ha abbandonato quando stavo per aggiornare. Spero mi dirai che ne pensi di questo capitolo, grazie mille per tutto, baci.

Eye7: ti ringrazio molto per i tuoi complimenti, ecco qui il secondo capitolo, spero ti piaccia e miraccomando fammi sapere che ne pensi, chiedo scusa se ho tardato così ad aggiornare purtroppo non è stata colpa mia. Aspetto una tua recensione allora, un bacio e grazie ancora.

Grazie anche a chi legge e a chi aggiunge ai preferite e alle seguite, gli avvertimenti li trovate al capitolo precedente, ora vi lascio al capitolo, un bacio a tutti,


see you.


_Lily_



Dove sei, Merlino?
{Parte seconda}


Se qualcuno avesse visto l'Erede al trono di Camelot aggirarsi per il castello a notte fonda, si sarebbe senz'altro convinto di essere malato e di aver bisogno di un cerusico. Uno bravo.
"Merlino, se non sei morto per mano di mio padre giuro che ti faccio fuori io appena ti trovo."
Artù Pendragon pensava seriamente che il suo valletto avesse deciso di andarsene solo per la soddisfazione di vederlo sgattaiolare via dal castello come un comune ladro, lui, il principe del paese che un giorno avrebbe governato al posto di suo padre. Un brivido percorse la schiena del ragazzo, mentre si nascondeva dietro una colonna, per non farsi vedere dai suoi soldati: se Uther l'avesse visto fare una cosa del genere gli avrebbe fatto lo scalpo, diseredandolo seduta stante. Si sporse in avanti, notando che le guardie di turno, quella notte, erano passaste oltre senza tanti problemi. Sospirò, sollevato, accelerando il passo decisamente più a disagio per tutta la situazione. Oltre ai vari perché c'era una domanda che lo stava tormentanto da quel pomeriggio, quando tutta quella storia era iniziata e a cui non riusciva a venire a capo: Morgana che diavolo c'entrava con ciò che era successo? Erano passati pochissimi mesi da quando era tornata, dopo essere stata rapita da Morgouse e sembrava volesse stare sola con sé stessa, l'unica di cui si potesse realmente fidare. Non tornava: Morgana s'era esposta solo in quel momento. Con Merlino. Storse le labbra, aprendo il portone in legno battuto cercando di non far rumore. C'era qualcosa che gli sfuggiva e, quella notte, a costo di metter mano alla sua arma avrebbe capito cosa.
«Artù?» un brivido «Artù, per gli dei, cosa ci fai qui a quest'ora?»
Vista l'ora tarda, l'Erede avrebbe benissimo potuto pensare che si trattasse di un'allucinazione uditiva, visto ch'era di schiena, ed era sicuro che se si fosse voltato, non avrebbe visto nessuno. Volse leggermenteil capo, la mano ancora sul portone e il terrore negli occhi che si accentuò maggiormente quando, la spazientita figura di Uther Pendragon entrò nel suo campo visivo, Decisamente non era un allucinazione.
Merda.
Artù deglutì, chiudendo il portone dietro di sé, l'ombra di un sorriso terrorizzato sulle labbra e il cuore che pompava a velocità folle.
«Padre» bisbigliò «c-cosa ci fai qui?» domandò.
«Non riuscivo a dormire e ho pensato di fare una passeggiata» rispose il re «e tu, Artù? Sembri in procinto di partire.» Notò il sovrano, squadrando la figura del principe.
Il biondo aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di rispondere. La situazione (già di per sé complicata) iniziava a diventare tragicomica.
Più tragica che comica, pensò il principe.
Doveva immediatamente escogitare qualcosa prima che suo padre intuisse la verità e lo facesse sorvegliare dalle guardie reale come aveva già fatto in passato.
«Ah, ecco, io non riuscivo a chiudere occhio così sto andando a chiedere un rimedio a Gaius, domani ho una battuta di caccia e non vorrei addormentarmi sul cavallo.» Rispose, la voce leggermente più acuta.
«Con la spada attaccata alla cintura e i vestiti da sella?» osservò più che scettico il re.
«Non si sa mai chi puoi incontrare per strada, padre e non fuori non potevo certo uscire in mutande.» Sibilò piccato il principe.
Le bugie non erano il suo forte ma, quando vide il re annuire distratto, sospirò rincuorato: forse era riuscito a giocargliela. Si guardò intorno per qualche secondo, poi decise di andare. Il raggio della luna si stava facendo più debole, segno evidente che era palesemente in ritardo. L'incontro con Morgana doveva avvenire quando la luna era alta ma, proprio mentre stava uscendo dalla sua stanza, le voci delle guardie che si fermavano davanti ad essa l'avevano costretta ad aspettare. Ad aspettare parecchio e se avesse mai scoperto chi aveva deciso di battere la fiacca davanti alla sua stanza li avrebbe messi alla gogna per il resto della loro patetica esistenza.
«Allora io andrei, buonanotte padre.» Borbottò il biondo, aprendo nuovamente il portone.
«Artù.» Il principe rabbrividì, guardando il re di sottecchi.
Aveva un'espressione cupa, pensierosa, quasi stesse ponderando se dire o meno qualcosa. E Artù pensò seriamente che suo padre stesse macchinando un motivo per trattenerlo. Quell'espressione nel viso del re la conosceva fin troppo bene: Uther aveva capito qualcosa, eppure non disse nulla se non sciogliersi in un sorriso quasi malinconico.
«Fai un saluto a Gaius da parte mia, figliolo.»
Artù guardò suo padre negli occhi e, lentamente annuì, scomparendo oltre il portone che si chiuse con un rumore secco e senza esitazione alcuna. Dalle stalle di corte, recuperò il suo cavallo ma non si preoccupò di sellarlo, non poteva perdere altro tempo. Mentre oltrepassava Camelot, nel silenzio più totale, il principe Artù pensò a suo padre, alla sua espressione e alla sua frase.
Fai un saluto a Gaius da parte mia.
Sì, suo padre aveva capito che non stava andando affatto dal cerusico ma piuttosto da Morgana, ecco perché non l'aveva fermato o rinchiuso. Quello che Uther non aveva capito era che, sì, avrebbe incontrato la ragazza ma non solo lei e se avesse saputo che lei lo avrebbe accompagnato da un mago molto probabilmente, pur di impedirglielo, lo avrebbe rinchiuso nelle segrete e, conoscendolo, non avrebbe esitato un attimo a farlo pur essendo suo figlio.
«Pensavo che il re ti avesse scoperto e impedito di venire, Artù.»
La voce beffarda e vagamente sarcastica della fata, raggiunse le orecchie dell'Erede arrivando come una manna dal cielo. Non era andata via, aveva aspettato per ore al freddo ma, no, non era andata via. Quello che gli spuntò sulle labbra fu il primo vero sorriso da decine di giorni orribili, passati fra mille se e mille ma, costellati da incubi e preghiere. Sorrideva perché, se fino a cinque secondi prima il novanta per cento del suo timore era che Morgana l'avesse preso in giro, ora quella stessa paura aveva probabilità di avverarsi praticamente nulle.
«Contrattempi» bofonchiò il principe, montando a cavallo «ora, vogliamo andare? E' già molto tardi, Morgana.»
La ragazza non fece commenti ma salì dietro il principe, dandogli un leggero colpetto alla spalla: poteva andare.
Nel silenzio di Camelot, se qualcuno avesse ascoltato i rumori nell'aria, quella notte, avrebbe sentito il nitrito di un cavallo che veniva mandato al galoppo.

***

Passarono diverse ore dalla partenza, Camelot non era più visibile da un pezzo e la luna era quasi completamente scomparsa, lasciando il posto al primi raggi del sole. Morgana e Artù non accennavano a parlare, tranne per scambiarsi informazioni sulla strada da percorrere. L'argomento Merlino, ora che la meta era vicina, si rivelò essere un tabù. Artù sospirò, allentando la presa sulle briglie del cavallo, mandandolo al trotto. L'animale era stanco... e anche lui.
«Morgana ci vuole ancora molto per arrivare? Non sento più le gambe.» Grugnì il giovane Pendragon.
Morgana non rispose e Artù sbuffò, scuotendo la testa. Iniziava a sentire un formicolio fastidioso alla schiena oltre che ad un forte mal di testa. D'altro canto erano quasi due giorni che non chiudeva occhio, il suo corpo iniziava a risentirne.
Improvvisamente, Artù sobbalzò, voltando lentamente il capo verso Morgana.
La fata aveva la testa bassa, il cappuccio calcato sul volto e le labbra stese, inespressione, mentre puntava uno stuletto sulla base della colonna vertebrale del ragazzo.
«Morgana, cosa sta-»
«Perdonami. Ma devo essere sicura che tu non denuncerai il luogo in cui si trova Merlino a Uther» lo interruppe, lei «Giuralo su Ygraine, principe di Camelot, giura che non rivelerai niente di ciò che vedrai da questo momento in poi.» Disse la fata, gli occhi finalmente alzati che lanciarono lampi sul giovane Pendragon.
Artù la guardò di sottecchi e, per un secondo, ponderò l'idea di fare dietrofront e tornare a casa: nemmeno Morgana si fidava di lui, possibile che fosse tanto simile a suo padre da non meritare la fiducia di nessuno? Artù annuì lievemente, ignorando quel pensiero. Morgana cercava solo di proteggere Merlino, in gioco c'era la sua vita, in fondo: non poteva fidarsi di nessuno, tantomeno del figlio del re.
«Lo giuro su mia madre, Morgana. Voglio solo vedere quell'idiota, non consegnarlo.»
La fata sorrise, allontanando la lama dal giovane Pendragon e riponendola nella cavigliera. Scese da cavallo, invitando Artù a fare lo stesso e lui lo fece senza commentare. La ragazza si allontanò bruscamente dalla strada segnata, inoltrandosi nel bosco che stavano attraversando da quasi mezzora; fu talmente veloce che, Artù, fatico a vedere in che direzione fosse andata. Le corse dietro, lasciando il cavallo esattamente dove s'erano fermati, seguendo il fruscio del mantello verde oliva che si confondeva facilmente con la boscaglia, rendendo difficile il riconoscimento.
«Morgana, rallenta!»
La voce del principe si perse nel vuoto, come se non avesse mai parlato. Quando l'Erede dei Pendragon stava per urlare nuovamente, il bosco finì, lasciando il posto ad un piccolo lago, limpido come la rugiada. Un piccolo fagotto, proprio sotto l'albero, ai piedi dell'acqua, attirò l'attenzione del ragazzo. Di Morgana, però, nessuna traccia.
Artù si avvicinò alla riva, sguainando la spada, non particolarmente tranquillo per l'intera situazione. Con la punta della lama scostò gli abiti osservandosi attentamente, trattenendo il fiato: erano gli abiti di Merlino, il foulard rosso era un elemento riconoscibile ovunque. Sentì, improvvisamente, l'urgenza di trovare quell'idiota, di prenderlo a pugni, di minacciarlo, anche, che quando sarebbero tornati a Camelot l'avrebbe messo per un mese alla gogna per poi abbracciarlo forte, dando sfogo alla sua frustrazione durata per più di due settimane. Sempre con la spada alla mano si guardò intorno, il fiato corto e i brividi lungo tutto il corpo, agitato come non lo era mai stato in vita sua. L'avrebbe preso a pugni, sì, l'avrebbe fatto.
«Ma che... o per gli dei.»
Artù sobbalzò. Quella voce l'avrebbe riconosciuta fra milioni. Quell'accento contadino, appena accennato, il tono alto e sorpreso ma non impaurito. Lui non aveva mai paura di niente, per quanto mingherlino e scheletrico potesse essere, lui non s'era mai fatto intimidire da tutti gli avvenimenti capitati a Camelot, il giovane allievo di Gaius più volte s'era rivelato un ottimo combattente.
E un ottimo amico, aggiunse mentalmente il principe.
«Artù.»
Il principe si voltò lentamente verso il lago, un'espressione indecifrabile sul volto e il respiro affannoso. Merlino lo guardava con la medesima espressione, immerso nell'acqua fino a metà busto. La spada, ancora stretta nel pugno del principe, gli cadde di mano schiantandosi a terra. Artù pensò che assieme alla sua arma fosse piombata a terra anche la sua mandibola, provocando un rumore molto più fastidioso di quello dell'arma.
«Merlino.»
Il mago sbatté le palpebre un paio di volte per poi aprirsi, inevitabilmente in un sorriso incerto e malinconico. Ignorando la sua nudità, il freddo pungente che gli attanagliava le viscere e tutto ciò che lo circondava, esattamente come stava facendo Artù in quel preciso istante, s'incamminò verso la riva. Artù lo guardò, il respiro affannoso e la voglia contrastante di stringerlo e piangere di sollievo per poi prenderlo a schiaffi per avergli fatto passare due settimane invernali.
«Merlino!»
Continuava a ripetere il suo nome, come un mantra, come se avesse paura che la figura dell'amico potesse scomparire. Il futuro re di Camelot se ne infischiò altamente di risuonare ridicolo: in quel momento vedeva solo Merlino e la sua incertezza su cosa fare. Proprio quando fu davanti al mago, zuppo d'acqua fino al midollo, invece di abbracciarlo o quanto meno urlargli in faccia per vederlo sano e salvo, la sua prima reazione fu di tirargli un sonoro gancio destro dritto sul naso, con il risultato di farlo cadere all'indietro.
«Dannazione! Merlino sei un idiota!»
Urlò Artù, massaggiandosi la mano dolorante. Ci fu un minuto, forse due, in cui entrambi non si guardarono né accennarono a dire una sola parola. Artù non credeva affatto di aver esagerato, appena l'avesse trovato s'era ripromesso di farlo giusto per fargli capire cosa aveva passato lui in tutto quel tempo, con la sola differenza che il suo dolore era molto superiore ad un innocuo pugno in pieno viso. Tutto per colpa di Merlino che se n'era andato. Non voleva ammetterlo (e non l'avrebbe mai fatto) ma raramente gli era capitato di stare così male ed era inaccettabile che stesse così male a causa di un servo. A causa del suo migliore amico.
«E voi siete, come sempre, un asino.»
Artù sgranò gli occhi, alzandoli verso il giovane mago che sorrideva, incerto, come se quella frase stesse testando la reazione del biondo e se doveva aver paura di qualcosa. Artù capì in quell'istante, dai suoi occhi, che il terrore di Merlino non era affatto che decidesse di denunciarlo e metterlo rogo ma piuttosto che nessuno si fidasse più di lui, dimenticando tutto ciò che era sempre stato in quei mesi, a Camelot.
Forse fu la consapevolezza che, in fin dei conti niente era cambiato e che loro due erano rimasti gli stessi di sempre, poco importava che fossero un furuto, figlio di Uther Pendragon e un mago, promettente astro della magia. No, in quel momento, zuppi d'acqua fino all'ultimo dei capelli, erano solo Artù e Merlino, il resto contava poco o niente.
Artù sorrise, sentendosi rincuorato da quei pensieri. Per una volta, forse, poteva permettersi di lasciarsi andare un po': dopo settimane di agonia aveva ritrovato il suo migliore amico, e non era mai stato più felice di così.
«Davvero... sei uno stupido per essertene andato.»
Sorrise il giovane Pendragon, schizzando il mago davanti a lui, confidenziale come non lo era mai stato mentre Merlino rideva più felice e sorpreso quasi si fosse tolto un peso dallo stomaco. Il peso di aver deluso Artù e i suoi ideali.
Quella notte, qualcuno aveva visto Artù di Camelot sgattaiolare furtivo fuori dalle mura del castello, diretto chissà dove.
Quella mattina una giovane ragazza dai capelli neri, nascosta dietro un albero, vide due ragazzi giocare nel lago dopo essersi presi a pugni e insultati.
Importava solo quello, le domande sarebbero venute dopo, c'era tutto il tempo del mondo, in fondo, per ritornare alla realtà.

 

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Capitolo 3
*** III: Dove sei, Merlino? - Terza e ultima parte ***


IV Faceva freddo. Fu la prima considerazione che Artù fece davanti allo strepitio delle fiamme, avvolto in una coperta calda e accogliente. Merlino aveva acceso il fuococ con uno schiocco prepotente delle dita, sussurrando parole proibite e per lui incomprensibili. Aveva colto il sollievo sul volto del mago nel mostrarsi davanti a lui per come era davvero e Artù rimase afffascinato dai suoi occhi d'ambra, poi tornati al loro colore naturale. Non parlavano fra loro, e Morgana non dicevaa nulla. Li guardava insieme, com'era stato tempo prima, immaginando forse un futuro in cui potevano rimanere di nuovo così, alla luce del sole. Senza Uther.
«Uther avrà capito che sei scappato, ormai.» Mormorò il mago, indicando l'alba ormai sorta.
Il principe annuì, senza accennare al fatto che suo padre sapeva già che non era nelle sue stanze. In quel momento, seminare il panico, non era davvero necessario.
«Non ci hanno seguito, Merlino» lo rassicurò Morgana, posandogli una mano sulla spalla «sono stata ben attenta, mentre tornavo
Il mago annuì, stringendole una mano. Artù se ne accorse in quel momento. Era una cosa che aveva già sospettato e che ora tornava più prepotente che mai, ai suoi occhi. La complicità della sorella e del suo migliore amico era palese e anche se raramente si sfioravano, sembravano in simbiosi. Perfetti.
«Perché non mi hai mai detto nulla, Merlino?»
Era una domanda legittima, si disse il principe. Era suo diritto sapere perché il suo segreto l'avesse rivelato a Morgana e non a lui. Perché aveva taciuto per tutto il tempo in cui erano stati assieme. Credeva forse che lo avrebbe denunciato a suo padre? Nel pensare che Merlino non si fidas/se di lui, Artù snet una fitta allo stomaco. Lui si fidava del mago, perché non era anche il contrario? Certo, forse l'aveva trattato peggio di quanto meritasse, ma la loro era un'amicizia stabile e sincera. Era solo lui a pensarla così?
«Mi dispiace di essere scappato.»
Artù alzò lo sguardo, mentre il mago abbassava il proprio. Il principe fu tentato di alzarsi e scuoterlo e prenderlo a schiaffoni. A ben pensarci aveva già avuto troppa pazienza, sicuramente più di quanto ne disponesse.
«Ma che altro potevo fare?» lo disse con maggior foga «Non volevo fare del male a Uther, e rimanere lì avrebbe sicuramente significato una condanna sicura!»
A mente lucida, Artù avrebbe sicuramente detto che un cavaliere non sarebbe scappato ma avrebbe affrontato la morte a testa alta, che sicuramente si sarebbe salvato proprio grazie a questo suo estremo atto di coraggio ma, trattandosi di Merlino, l'unica cosa certa era che avrebbe seriamente rischiato di lasciarci la pelle. Stizzito, però, il principe alzò le sopracciglia.
«Cerco di ignorare il fatto che tu ti credi superiore a un intero esercito» mormorò, con disappunto «ma non è quello che ti ho chiesto, stupido mago!»
Merlino sbatté le sopracciglia davanti all'espressione corrucciata e arrabbiata del futuro re di Camelot.
«Perché non mi hai detto chi eri? Credevi forse che ti avrei venduto a mio padre?» Mormorò con fatica quelle parole, l'erede di Uther, ignoiando bile e l'orgoglio che ormai aveva perso per strada. Pensandoci bene, già il fatto che fosse stato lui a rincorrere il ragazzo era un chiaro segno di come nel corso del tempo fosse cambiato. E pensare che era stato tutto grazie a quell'omuncolo senza capo né coda lo mandava in bestia. Non si rendeva forse conto di come le cose era cambiate? Di come lui era cambiato?
«Avevo paura, va bene? Sei talmente un asino che non capisci neanche questo!»
Artù rimase stupito, ascoltando il cambio di tono del ragazzo che ormai si era alzato in piedi, facendo cadere la coperta a terra e rimanendo con quei pochi stracci che anche a Camelot aveva sempre indossato. Non gli aveva mai dato del tu, mai, anche quando litigavano non si era mai permesso di togliere le barriere che il loro status sociale aveva imposto fin dall'inizio. Ma in quel momento non erano nient'altro che due amici, né principe né servo. Solo amici.
«Paura di cosa, se è dato saperlo?» Si alzò in piedi anche lui, rabbrividendo dal freddo e dalla rabbia «Se in così tanto tempo non ti ho tagliato la testa perché avrei dovuto farlo sapendo una cosa del genere?»
«Solo un asino come voi, poteva ignorare una cosa tanto importante!» Gli sputò a pochi palmi dal suo viso, rosso in faccia.
«Oh adesso siamo tornati al voi, è troppo tardi stupido mago!» Replicò il principe di Camelot, afferrandolo per il bavero della giacca.
«Non volevo deluderti, va bene?» lo disse, Merlino, quasi urlando anche se non era nelle sue corde reagire in quel modo
«Più di Uther, avevo paura di perdere la nostra amicizia.»
Il viso di Merlino era talmente rosso che Artù pensò che tutto il sangue nel suo corpo fosse affluito nelle guance. Gli lasciò il bavero, rimanendo tanto vicino all'amico dal sentire la sua agitazione nell'affrontare un demone che aveva costellato i suoi sogni per molto tempo.
«Io... non avevo paura di morire, Uther avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva con me» uno scintillio negli occhi «mi sarei salvato con una sola parola, Artù.»
Un brivido percorse la schiena del principe. Era la prima volta che vedeva Merlino in quel modo. Il timido e impacciato, oltre che maldestro, servitore non esisteva più. Ora era un mago, un potente mago, qualcuno che avrebbe potuto distruggere il castello con un solo movimento del polso. Rabbrividì.
«Ma tu sei tu, Artù, sei un asino» ridacchiò, riprendendo l'atteggiamento sbarazzino di quando l'aveva conosciuto «se dal principio avessi saputo che ero un mago che cos'avresti fatto?»
Artù inarcò le sopracciglia, incrociando le braccia.
«Ti avrei sbattuto nelle segrete.» Disse sincero.
Merlino rise.
«Appunto. Quando ti ho detto che eri un asino, non immaginavo che fosse uno reale.» Citò se stesso, osservando il sole ormai alto.
Ci fu una pausa. Morgana si alzò in piedi, stringendosi nella sua mantelle verde oliva e socchiudendo gli occhi. Artù invece si limitò a constatare come ora il suo animo fosse decisamente più rilassato. Era come essere a casa, anche se in realtà si trovava ovunque tranne che lì.
«Forse ti avrei sbattuto nelle segrete» riprese il discorso, il principe
«ma ti avrei fatto uscire. Magari ti avrei messo alla gogna, ma saresti uscito. E poi ti avrei costretto a pulire la stanza da cima a fondo. E le mie armi. E il cavallo.»
Merlino sorrise. Artù, impacciato, non disse più nulla. Tirò solo una pacca sulla spalla del ragazzo e la cosa si chiuse così. Sembrava tutto così complicato che per un momento tutti avevano pensato che sarebbe andata a finire in un'altro modo, forse peggio. Ma ora, tutto era ok. Tutto andava bene. Uther avrebbe potuto scatenare un esercito, ma sarebbe comunque andato tutto bene. Artù inspirò profondamente. Non respirava così bene da troppo tempo.
«Soldati. A poca distanza da qui.» Mormorò Morgana senza particolare emozione. Probabilmente era la ricognizione o chissà quale armata per portare a termine i capricci di Uther.
Nessuno dei tre si scompose. Merlino sospirò, Artù digrignò i denti.
«Non permetterò a mio padre di farti del male.» Mormorò il principe, sfiorando la spada con la punta delle dita «Altrimenti chi pulirà la mia stanza? Non posso fare sempre tutto da solo! Hai idea di come sia diventata la mia stanza da quando te ne sei andato?»
«Immagino che il posto di mago di corte posso scordarmelo.» Replicò il mago, con ironia.
Tornare al castello non era nei piano di nessuno dei tre. Ma anche scappare non era contemplato, per cui dovevano optare per una delle due cose. Tornare al castello era la cosa meno stupida da fare. E a Uther ci avrebbero pensato in un secondo momento. Tutti e tre, a testa alta, si avviarono nella strada principale, allontanandosi dalla fitta boscaglia e dal lago. Il cavallo di Artù era ancora lì, e le guardie iniziavano già a vedersi da lontano.
«Non fare stupidaggini Merlino, capito?» 
«Dovrei dirlo io a voi, asino reale.»
«Smettetela di battibeccare, voi due.»
Entrambi sbuffarono mentre Morgana rideva, tenendo la mano al mago e sfiorando con quella libera le briglie del cavallo. Il sole era alto. Si prospettava una bella giornata.



«Mi aspetto che questo mago fannullone ci salvi, se le guardie tenteranno di ucciderci. Morgana dì al tuo ragazzo di darsi da fare.»
«Sicuramente non lo farò per voi, asino reale.»
«Smettetela, ho detto!»




Spazio Scribacchina


Mettere la parola fine a questa oneshot che mi porto dietro da un anno un po' mi dispiace. Ma è come essermi tolta un peso dallo stomaco, sono contenta di averla conclusa. Il mio stile è molto cambiato in così poco tempo, che non sono soddisfatissima di come l'ho conclusa, ma sono anche consapevole di non poter scrivere di meglio perché è una storia scritta molto tempo fa. Mi scuso infinitamente con chi la seguiva, chi magari non leggerà il finale andrà avanti comunque senza per forza morire nel non leggerlo, ma mi sento comunque piuttosto in colpa. Spero bastino le mie scuse (non bastano, eh?) per farmi perdonare anche per questo schifo di finale. A rileggerci, se mai tornerò in questo fandom (anche se la passione per Merlin non è mica passata).



Jess

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